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Monetazione Greca Antica
Indice
Introduzione
1.1 Il baratto
1.2 La moneta
3. Monetazione greca
4. La coniazione a martello
Bibliografia
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Monetazione Greca Antica
Introduzione
1.1 Il baratto
Nel baratto, il valore dei beni oggetto dello scambio viene considerato
sostanzialmente equivalente fra le parti, senza ricorrere esplicitamente ad un'unità di
misura di valore monetario dei beni stessi. Il valore di equivalenza si raggiunge
attraverso la considerazione qualitativa e quantitativa delle merci scambiate, secondo
l'accordo delle parti, che talvolta può confidare negli usi, ma più spesso si richiama a
ragioni di mutuo fabbisogno.
Anche nel baratto, dunque, il valore delle merci scambiate corrisponde al punto di
incontro fra la domanda e l'offerta.
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1.2 La moneta
Per moneta si intende ogni oggetto materiale o entità astratta che svolga le funzioni di
misura del valore (moneta come unità di conto), mezzo di scambio nella
compravendita di beni e servizi (moneta come strumento di pagamento), fondo di
valore (moneta come riserva di valore) e riferimento per pagamenti dilazionati
(funzione implicita nelle tre precedenti).
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Monetazione Greca Antica
δa moneta fu inventata nel regno di δidia, nell’attuale Turchia, intorno alla metà del
VII sec. a.C.. La monetazione si diffuse molto rapidamente prima nelle città-stato
della Ionia sulle coste del mare Egeo e poi nel resto del mondo greco, che allora si
estendeva dal mar Nero fino alla Sicilia ed all’Italia meridionale (Magna Grecia)
La storia delle monete greche antiche può essere suddivisa, come peraltro la maggior
parte delle forme d’arte greche, in tre periodiμ il periodo arcaico, quello classico e
quello ellenisticoέ Il periodo arcaico inizia con l’introduzione della moneta nel mondo
greco (ca. 600 a.C.) fino alle Guerre persiane (ca. 480 a.C.), poi si passa al periodo
classico, che termina con le conquiste di Alessandro Magno (ca. 330 a.C.), infine ha
inizio il periodo ellenistico che arriva fino all’assorbimento da parte dell’Impero
Romano del mondo greco nel I secolo a.C., ma nonostante la conquista romana,
molte città greche continuarono a produrre le loro monete per molti secoli.
Si ritiene che già nel periodo del Tardo Bronzo (ca. 1300 a.C.) in Europa si fosse in
grado di estrarre l’argento dalla galena o solfuro di piombo ricorrendo prima alla
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cottura del minerale, coppellandolo poi per recuperare sia l’argento sia il piombo
ossidato (litargirio)έ I Greci e gli Etruschi riuscivano ad abbassare il tenore d’argento
dal piombo fino allo 0,02%; i Romani a valori addirittura inferiori allo 0,01%. Le più
antiche tracce di questa operazione sono state rinvenute nelle miniere d’argento del
Laurion, presso Atene, sfruttate già nel VI sec. a.C.
Altri tipi di minerale d’argento utilizzabili dai primi metallurgi erano quelli nativi,
“neri” o “rossi”, che si presentavano in forma di ramoscelli, ed i cloruri, bromuri e
ioduri d’argento facilmente fusibili e già abbastanza puriέ
δ’estrazione dell’oro non presentava particolari difficoltà dal momento che veniva
raccolto in natura allo stato pressoché puro e quando risultava legato ad alte
percentuali d’argento, lo si ritenne in principio un altro metallo e cioè l’elettro,
denominato così a causa del suo colore simile a quello dell’ambraέ Successivamente
si scoprì che l’elettro non era altro che la lega dei due metalli nobiliέ Le prime monete
conosciute, coniate intorno alla metà del VII sec. a.C., sono infatti di elettro, ma a
causa della difficoltà che presentava questa lega nello stabilire le percentuali dei due
metalli contenuti, e quindi del valore, si preferì ricorrere direttamente al metallo
raffinato e così, apparte qualche emissione cartaginese del III secέ aέCέ, l’elettro
venne destinato a usi di oreficeria e toreutica.
δ’unica fonte diretta che possediamo sulla tecnologia della lavorazione dei metalli
nel mondo antico è costituita dalla Naturalis Historia, trattato naturalistico in forma
enciclopedica scritto da Plinio il Vecchio tra il 23 ed il 79 d.C., che può fornire
tuttavia solo una parte delle informazioni richieste dalla moderna ricerca.
I sistemi di indagine sviluppati dagli anni ’50 del secolo scorso si basano sulle analisi
fisiche, le quali non producono alterazioni ai campioni analizzati e stabiliscono le
componenti caratteristiche di ciascun metallo attraverso cui si può arrivare alla
determinazione delle miniere di provenienza.
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L’unica conoscenza sulla raffinazione dei metalli nota, illustrata in ogni particolare
per le sue complesse fasi, è stata trasmessa da Francesco Balducci Pegolotti,
mercante fiorentino della Compagnia dei Bardi, che scrive la sua opera Libro di
divisamenti di paesi e di misuri di mercatanzie e daltre cose bisognevoli di sapere a
mercatanti, comunemente conosciuta come Pratica della mercatura, tra il 1335 e il
1343. In quest’opera egli espone con precisione i sistemi per la raffinazione dell’oro e
dell’argento, gli strumenti utilizzati, la quantità degli elementi e il modo per creare o
scomporre le leghe.
3. Monetazione greca
Durante il periodo arcaico le monete erano relativamente grezze rispetto agli standard
successivi. Erano principalmente masselli di metallo prezioso a forma di fagiolo,
marcate con un disegno geometrico o con un simbolo impresso che indicava il peso e
il titolo. Con il miglioramento delle tecniche di produzione, le monete divennero più
standardizzate, a forma di piccoli dischi metallici. Divenne abituale la pratica di porre
una rappresentazione della divinità protettrice della città o animali simbolici come la
civetta sacra ad Atena nelle monete ateniesi. Il mondo greco era diviso in un migliaio
di città (πο ι ) indipendenti e la maggior parte di queste emisero le proprie monete.
Tuttavia per facilitare il commercio tra le città con il tempo le monete furono battute
in valori standard, anche se contrassegnate ognuna con i simboli della città che le
aveva emesse.
d’argento e d’oro, che per lo più presentavano da una parte il ritratto della divinità
protettrice oppure un eroe leggendario e dall’altra un simbolo della cittàέ Alcune
monete usavano un’immagine che rappresentava il nome della città: una rosa
(rhodon) per Rodi, un granchio (akragas) per Agrigento.
In questo periodo comincia l’uso delle iscrizioni, di solito il nome della città o
preferibilmente con l’etnico (il genitivo plurale del nome degli abitanti)έ δe ricche
città della Sicilia produssero monete particolarmente belle. I grandi decadrammi
(dieci dracme) d’argento di Siracusa sono considerati da molti collezionisti come le
più belle monete prodotte nel mondo antico o forse le più belle mai battute in
assoluto.
4. La coniazione a martello
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Fig.3 - Didracma di Selinunte (ca. 540/530-510 a.C.) al dritto l'emblema della città la foglia di sélinon
(sedano selvatico - Apium graveolens) al rovescio un quadrato incuso (in incavo anziché in rilievo)
Fig.4 e 5 – A sinistra: denario di T. CARISIVS (46 a. C.) raffigurante gli strumenti della coniazione; a
destra: un'intera scena di coniazione nell'affresco che decora la casa dei Vettii a Pompei.
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Il conio di incudine aveva dunque questa caratteristica per far si che il tondello non si
spostasse durante l’operazione di battitura, ma anzi che si stabilizzasse sotto i colpi
ripetuti con il conio di martelloέ Quest’ultimo, penetrando nel metallo, comprimeva il
tondello verso la matrice sottostante, quindi doveva avere necessariamente una
superficie convessa per poter assottigliare il tondello che di conseguenza risultava
avere una delle due facce leggermente concava (di solito il rovescio).
Inoltre il fusto del conio di martello di età classica era più corto di quello di età
medievale, per evitare distorsioni durante il lavoro di battitura, che ne avrebbero
compromesso la durata. Esso tuttavia era comunque il più esposto all’usura, dal
momento che, ricevendo direttamente i colpi del martello, poteva facilmente
deformarsi o fratturarsi. Successivamente, intorno al I sec. a.C., questi problemi
vennero in parte risolti incassando il conio superiore in manicotti di metallo i quali
assorbendo l’impatto del martello, evitavano la deformazione immediata del conio.
δ’incisione dei conii è strettamente collegata con il metodo di incisione delle gemme
e dei sigilli e con la tecnica dello sbalzo, documentata fin dall’VIII secέ aέCέ, che
consisteva nel preparare un’immagine in negativo su un pezzo di legno duro, pietra o
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Altri strumenti usati per l’incisione erano il bulino e il ceselloμ il primo è un’asticella
di metallo con punta acuta, tonda o triangolare e lavora per pressione continua e
graduale; il secondo è un piccolo scalpello con punta di varie forme che lavora per
percussione. Questi due strumenti erano usati per incidere figure e lettere. In seguito
furono introdotti i punzoni mobili. Spesso le lettere avevano carattere accessorio
rispetto al ruolo principale delle figure che occupavano la maggior parte della
superficie disponibile, mentre le lettere avevano dimensioni molto ridotte e
occupavano spazi marginali. A volte le uniche iscrizioni presenti sulla moneta erano
l’iniziale o le prime tre lettere della città che l’aveva coniata come ad esempio
succede nella lunga serie arcaica degli argenti di Atene.
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Fig.9 – Tetradracma Ateniese (V secέ aέCέ) riportante le tre lettere iniziali ΑΘ , la civetta, il ramo di ulivo e
la luna crescente all’interno del quadrato incusoέ
Il metallo prezioso era pesato prima della fusione e poi colato in stampi singoli, che
in seguito venivano aperti, o multipli, già aperti, di uguali dimensioni.
Nel corso del VI sec. a.C. si preferì l’uso di stampi chiusi di forma globulare per
assicurare l’uniformità di peso e dimensioni del tondelloέ Verosimilmente era questa
forma che schiacciata fra i due conii dava origine all’aspetto circolare delle prime
monete che in seguito ne divenne caratteristica peculiare. Per far si che il globetto
facesse presa tra i due conii, veniva preventivamente spianato con colpi di martello i
quali, agendo lungo la linea di sutura delle due emisfere, cancellavano il codolo
residuo di fusioneέ δ’esecuzione di tondelli in metallo prezioso erano generalmente
ben eseguite, mentre per il bronzo, considerato di minor valore, l’esecuzione a volte
era più trascurata lasciando indizi sul processo di produzione. Tutta la monetazione
greca è caratterizzata dall’alto spessore dei pezzi ad eccezione delle serie incuse di
Sibari, Crotone, Metaponto, Caulonia e Poseidonia.
Non sempre le tecniche usate per la creazione dei tondelli erano le stesse nelle
diverse zecche, ma variavano a seconda di alcuni fattori tra i quali il costo delle
materie prime o il volume di circolante richiesto; tuttavia tra il V e il I sec. a.C. si
individuano tre metodi fondamentali: stampo chiuso, stampo aperto e ritaglio da
lastra.
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Fig.12 e 13 – Esempio di stampo chiuso multiplo della fine del XIX secolo usato per la fusione di proiettili in
piombo.
Un altro sistema nato in ambiente greco, ma usato raramente fino all’età imperiale,
consisteva nel ritagliare tondelli da lastre metalliche. Questa operazione consisteva
nel ridurre un lingotto di metallo ad un determinato spessore e ricavare da questo dei
pezzi il cui peso era aggiustato staccando dal bordo il materiale in eccesso per mezzo
di scalpelli e dandogli allo stesso tempo la forma circolare. Questo metodo, usato
pochissimo per l’argento, fu ampiamente utilizzato per le monete in bronzo. Una
volta ritagliati, i tondelli erano martellati sui bordi per imprimere loro una forma
tondeggiante. Un ulteriore metodo era quello di staccare i tondelli dalla lastra
attraverso stampi circolari dai bordi taglienti battuti sul metallo caldo, simili alle
odierne fustelle, che si ritiene fosse in uso già in età greca.
Il problema maggiore sollevato da questo metodo in età greca è quello relativo alla
legalità di queste emissioni, vale a dire se ci troviamo di fronte ad operazioni di
carattere inflazionistico o a prodotti di comuni falsari.
Un secondo metodo, più complesso, era basato sulla foderatura del dischetto di rame
con una lamina d’argento che lo fasciava come in un incarto ed il punto di sutura che
si trovava necessariamente su una faccia era saldato attraverso una lega eutettica (dal
greco eu = buono, facile; tettico = da fondere)έ δ’ulteriore riscaldamento e il colpo di
conio avrebbero cancellato ogni irregolarità delle superfici.
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Un ultimo metodo era quello attraverso cui il tondello di rame era ricoperto da due
lamine d’argento, una per il dritto e una per il rovescio, e la linea di sutura sul bordo
era saldata con un forte riscaldamento dopo la coniazione o prima per mezzo della
lega eutettica.
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Bibliografia
*Laum, Bernhard. Origine della moneta e teoria del sacrificio / Bernhard Laum
; a cura di Nicola F. Parise. Roma : Istituto Italiano di Numismatica, 1997
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Monetazione Greca Antica
*Gabrici, Ettore. Tecnica e cronologia delle monete greche dal VII al V sec.
A.Cr / Ettore Gabrici. Roma : Santamaria, 1951
*Bellocchi, Lisa. Le monete greche / [a cura di] Lisa Bellocchi. Reggio Emilia
: [s.n.], [1974]
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Monetazione Greca Antica
Fig.2 - http://www.summagallicana.it/lessico/s/Selinunte.htm
Fig.3 - http://www.coloniaiuliafanestris.com/riti/la-monetazione/
Fig.4 e 5 - http://www.uniroma2.it/eventi/monete/n_mag_1d.htm
Fig.6 - http://monetaoro.unicatt.it/laconiazione.asp
Fig.7 - http://www.luigiboschi.it/?q=node/37371
Fig.8 - http://www.romanoimpero.com/2009/10/strumenti-romani.html
Fig.9 - http://www.tourtripgreece.gr/view_of_greece/faq.php
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