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IGIENE DEGLI ALIMENTI

Prof. Marco Guida


3°lezione 22 maggio 2008

Ripetizione della lezione precedente

Le analisi devono essere eseguite presso laboratori specializzati che devono avere l’autorizzazione della
Regione, tale autorizzazione viene concessa solo se sono soddisfatti i criteri della certificazione ISO 17025
(condicio sine qua non). È una certificazione di procedure che descrive passo per passo tutto ciò che viene
eseguito in laboratorio, da chi viene eseguito (le sue competenze) e con quali metodi. Vengono riportate
anche le manutenzioni ordinarie e straordinarie che vengono svolte sugli strumenti e come gli stessi
vengono tarati e verificati. Se applichiamo la ISO 17025 contemporaneamente siamo anche certificati ISO
9000, che non è una certificazione relativa all’esecuzione delle analisi bensì al processo di gestione di tutta
la filiera legata all’analisi del campione: quindi dalla valutazione della qualità dei prodotti che noi utilizziamo
in laboratorio alla affidabilità dei fornitori fino ad arrivare alla capacità dell’amministrativo di gestire la
parte cartacea. Quindi quello che noi facciamo nei laboratori universitari è una valutazione analitica
dell’attrezzatura pressoché perfetta poiché ognuno ad es. valuta la taratura della micro pipetta, ognuno sa
la temperatura effettiva del termometro, le temperature dei frighi, vengono rilevati i cali di tensione che
possono provocare i distacchi di corrente … Insomma tutta una serie di parametri affinché tutto si svolga
alla perfezione e, quand’anche ciò non avvenga, si è in grado di stabilire il momento e quindi di annullare la
prova. Quest’attività di certificazione diventa determinante per l’accuratezza dell’analisi, la precisione e
l’attendibilità.

Per poter proteggere la salute pubblica, l’individuo non dovrebbe ingerire né MO patogeni, né sostanze
chimiche potenzialmente dannose. Per quanto riguarda il primo punto è impensabile andare a ricercare la
presenza di MO patogeni in ogni alimento, allora s’individua la possibilità di valutare la presenza/assenza di
patogeni attraverso la ricerca di alcuni indicatori. È ovvio che gli alimenti più complessi (come quelli solidi)
necessitano di essere controllati in maniera più approfondita e gli indicatori sono in numero maggiore (ad
es. abbiamo visto nel corso di igiene che gli indicatori per la contaminazione anche di origine fecale per le
acque destinate al consumo umano sono gli E.coli e gli enterococchi).

La volta scorsa abbiamo visto la classificazione dei campioni in esame m, M… Abbiamo anche visto che per
alcuni alimenti come il latte esistono vere e proprie leggi che indicano tali valori, in altri casi invece ci sono
delle ordinanze ministeriali.

Fine della ricapitolazione

TERRENI DI COLTURA
Per far crescere un MO abbiamo bisogno di un terreno di coltura. Esistono vari tipi di terreni e un errore
frequente per gli studenti è quello di dire che esiste un terreno chiamato “agar”. L’agar non è altro che uno
strumento che serve alla preparazione dei terreni, è un ingrediente. Esso lo rende liquido al di sopra di una
certa temperatura e solido al di sotto (solidifica a 42 °C). ha una funzione di supporto e per il MO non è
indispensabile, in quanto il terreno è costituito sostanzialmente da elementi nutrizionale ed eventualmente
sostanze inibenti. Aggiungiamo agar per rendere un terreno con determinate caratteristiche:
1. non viene digerito dai batteri (rimane tal quale)
2. forma una serie di trabecolature (maglie) quando si solidifica, e all’interno di queste maglie è
possibile far crescere il MO garantendo gli scambi di ossigeno.
3. Solidifica a 42 °C, questa proprietà è importante perché alcune tecniche di laboratorio prevedono
prima la necessità di un terreno liquido e poi uno solido. Nei primi i batteri si trovano meglio, hanno
una migliore capacità di riprendersi. Un terreno liquido stimola maggiormente la ripresa dei batteri
injured (stressati, debilitati, che non avrebbero la capacità di moltiplicarsi nel caso in cui si
trovassero invece in un terreno solido). In altre parole, il terreno liquido restituisce una maggiore
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“freschezza riproduttiva” ai batteri debilitati (nelle donne la freschezza riproduttiva è a 20 anni, a 40
sono vecchie). Ecco che esistono delle schede di controllo della qualità della produzione dei terreni
di coltura, imprescindibile nel momento in cui reidratiamo un terreno. Infatti, preparare un terreno
significa proprio aggiungere acqua agli elementi nutritivi ed eventualmente sostanze inibitrici
necessarie allo sviluppo dei batteri. Oggi è molto più semplice di un tempo in quanto esistono dei
terreni precostituiti (contenenti magari estratto di carne, glucosio, solfato di alluminio, ecc.) a cui
bisogna aggiungere solo acqua (quindi si fa un’unica pesata e si riso spende in acqua). Per fare ciò è
però necessario compilare la scheda sottostante (vedi lucido p 11).

SCHEDE DI CONTROLLO DELLE OPERAZIONI PER LA PREPARAZIONE DEI TERRENI DI COLTURA


Analizziamo le voci più significative:
pH
Una cosa fondamentale ma che non viene misurata di default in laboratorio è il valore di pH. Infatti il pH
può influenzare la crescita microbica.

Eventuali supplementi aggiunti


Alcuni terreni tuttavia non possono essere completamente disidratati, allora c’è la necessità di aggiungere
alcuni componenti aggiuntivi. Ad es. per alcuni Stafilococchi è necessario aggiungere al terreno del tuorlo
d’uovo che non può essere disidratato o messo in autoclave (facciamo una bella frittata!). Allora tali
componenti vengono aggiunti a posteriori.

Prova di sterilità (controllo negativo?)


Significa svolgere tutta la procedura analitica così come previsto dal disciplinare senza aggiungere il
campione, ovvero il prodotto da analizzare. Alla fine ci aspettiamo che non vi sia crescita batterica in quanto
il terreno è supposto sterilizzato correttamente. Così per verificare ciò si prepara una piastra su cui testare
l’avvenuta sterilizzazione.

Prova di qualità
Viene eseguita dopo la prova di sterilità, ci consente di stabilire se il terreno prodotto possiede
delle caratteristiche di produttività, selettività e riconoscibilità (o caratterizzazione della colonia
che cresce) tali da minimizzare il rischio di errore. Facciamo un esempio (lucido successivo, non da
sapere i nomi) nel terreno denominato Baird Parker agar per la crescita dello Staphylococcus
aureus. Si eseguono tutta una serie di operazioni preliminari come l’ osservazione dell’aspetto
prima di idratarlo, la misura il pH dopo reidratazione, e poi si esegue il vero e proprio controllo di
qualità che consiste nell’analisi della produttività. Produttività significa che il terreno che abbiamo
prodotto è in grado di far crescere più batteri che non altri terreni. Ciò è reso possibile grazie ad un
terreno di confronto. In questo caso il confronto lo si esegue con il Hearth Infusion Agar (un terreno
di coltura “di massima”, in grado di far crescere un po’ tutti i MO).
Criterio di valutazione: La differenza si saggia con un MO test messo in eguali concentrazioni in
entrambi i terreni e il risultato finale fornisce un dato che è un indice della produttività del nostro
terreno. Quest’ultimo in particolare deve consentire la crescita di un numero di colonie non
inferiore a mezzo logaritmo (0,5 log) rispetto al numero di colonie cresciute su Hearth Infusion
Agar. Il MO test è un MO geneticamente modificato (infatti nella scheda compare una sigla dopo il
nome del MO, es CMCC 2526) che ha le stesse caratteristiche del MO wild type (selvatico) ma è
reso non patogeno, e lo si può manipolare tranquillamente in laboratorio.
 Selettività: capacità che ha il terreno di far crescere la specie di nostro interesse e non altre. In
questo caso si utilizzano sempre due terreni (il nostro e uno di confronto) ma si utilizza un pool di
MO per verificare la loro proliferazione nei due terreni. In questo controllo ci aspettiamo invece che
nel nostro terreno cresca il minor numero di batteri (selettività elevata) nel senso che il nostro
terreno dovrebbe sfavorire la crescita di altri MO in maniera tale da dare la possibilità di far
crescere solo i MO di nostro interesse e non altri che potrebbero darci dei falsi positivi all’atto della

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prova reale. Criterio di valutazione: la differenza in questo caso è di 3 log: il Baird Parker agar
dovrebbe essere inferiore di 3 log rispetto al numero di colonie cresciute su Hearth Infusion Agar.
 Caratteristiche delle colonie il terreno deve formare colonie caratteristiche: es in questo caso le
colonie devono essere nere brillanti di oltre 3 mm di diametro (dopo 48 h) circondate da un
margine biancastro continuo e da un alone di chiarificazione. La presenza di tali colonie è indice di
un efficace isolamento. Esistono delle prove biochimiche per determinare il tipo di MO che si è
sviluppato così come è possibile effettuare una PCR per il riconoscimento genetico, ma tempi e
costi si allungano e spesso non vengono eseguite.

L’IMPIEGO DEI METODI ANALITICI NON IDONEI PUÒ COMPORTARE ...

Non sempre è bene affermare che siamo in presenza di un falso positivo (dire che il campione è
contaminato quando non lo è) che affermare il contrario, in quanto questo può avere pesanti ripercussioni
sull’economia di un’azienda. Tempo fa fu trovato un positivo nel mascarpone della Cirio (di proprietà
Cragnotti) che fu ritirato dal commercio. Dalle controanalisi emerse che si trattava in realtà di un falso
positivo che avrebbe potuto creare un danno per l’immagine dell’azienda notevole. In realtà ci fu un errore
ad opera dell’analista dell’ARPAC il quale scambiò le piastre del mascarpone della Cirio con quelle di alcune
uova di produzione familiare.

TECNICA DELLE MEMBRANE FILTRANTI


È la tecnica più semplice. Essa si basa sulla dimensione dei MO, che si aggirano nell’ordine dei micron (µ).
La membrana funziona da filtro, ha cioè una porosità tale da trattenere sulla sua superficie dei batteri che
possono essere dispersi all’interno di un mezzo liquido. Tali membrane, hanno un diametro di 50 mm,
mentre i loro pori hanno una dimensione di 0,45 µ (per gli indicatori usati di routine). Se invece si è
interessati a trattenere batteri come E. coli si usano membrane coi pori più piccoli: 0,26 µ. Infine, per le
Legionelle i pori sono di 0,22 µ. Per facilitare il lavoro, per le legionelle si utilizzano delle membrane di
colore nero, perché risalta di più la crescita microbica.
L’apparato filtrante è molto semplice. È costituito da una beuta a vuoto sulla quale è collocato un supporto
forato su cui si appoggia la membrana. Al di sopra di essa si colloca saldamente un bicchiere dal fondo
forato contenente il liquido che s’intende filtrare. Quando la filtrazione è terminata, la membrana viene
prelevata in modo asettico e deposta in una capsula Petri contenente il terreno di coltura. Questa viene poi
messa in termostato a temperatura e tempi ottimali di crescita capovolta altrimenti l’acqua contenuta nel
terreno di coltura evapora, condensa sul coperchio e nel ricadere giù finisce sulla membrana, causando una
distribuzione dei batteri che non vengono più a trovarsi in singole colonie. Si hanno cioè delle colonie
confluenti e questo falsa la conta batterica (ricorda i valori m e M). Se invece stiamo lavorando con i miceti
la capsula non viene messa capovolta perché in questo caso le ife potrebbero staccarsi e contaminare il
resto della piastra. Quindi in questo caso conviene di più “rischiare” che ci sia una contaminazione da parte
dell’acqua che non la certa contaminazione da parte delle ife.

MEMBRANE FILTRANTI VANTAGGI


 Rapidità dei risultati (24/48h)
 Maggiore accuratezza e precisione nel conteggio. Vedi la differenza fra “accuratezza e precisione”
 Riduzione dello spazio occupato perché analizziamo grossi volumi di campioni liquidi che vengono
concentrati in piastre che occupano poco spazio.
 < laboriosità di esecuzione, è cioè una procedura semplice
 Esami di volumi maggiori di acqua o cmq di ogni altro campione liquido, molto più elevati rispetto
ad altre tecniche.
 Possibilità di rilevare la presenza di batteri diversi da quelli ricercati. Per es un terreno detto “emme
endo” (?) è in grado di far crescere E. coli e , in assenza di questo, è in grado di far crescere anche
altri MO come Aeromonas idrophyla. Quindi è facile con una sola analisi escludere entrambi i MO.

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MEMBRANE FILTRANTI SVANTAGGI
 Eccessiva selettività dei terreni (e temperature)
 Interferenza da materiale in sospensione. Cioè quando il liquido da analizzare è molto torbido i pori
si otturano. Inoltre se non si elimina l’eccesso di acqua che si può depositare sulla membrana si può
formare un film di crescita.
 Più batteri formanti una colonia (U.F.C.). Può succedere che due batteri sono talmente vicini che
quando crescono risulta un’unica colonia. Infatti il risultato che questa tecnica fornisce viene
espresso come U.F.C./100 mL.
 Errori di laboratorio. Bolle d’aria quando si deposita la membrana sul terreno di coltura (è l’errore
più frequente). La presenza di bolle impedisce al batterio di venire in contatto col terreno di coltura
=> non cresce e non forma la colonia.

METODO DELLA CONTA IN PIASTRA


O meglio, metodo della conta in piastra per inclusione, poiché il campione viene incluso nel terreno di
coltura solido. Il primo passo è quello di diluire il campione. La diluizione è funzione della presuntiva
presenza dei MO. È ovvio che più MO ci sono e più occorre diluire. Nel lucido sono state effettuate delle
diluizioni di 1/10 (detta in gergo uno a dieci o 10 -1) e cioè 1mL del campione in un volume finale di 10 mL
(=1 del campione stesso + 9 di acqua distillata o soluzione fisiologica ). Se si procede per diluizioni
successive avremo diluzioni 1/100, 1/1000 e così via (ovvero 10 -2 , 10-3 , … ).
Normalmente si preleva 1 mL di questa diluizione, lo si pone in una piastra e vi si aggiunge il terreno di
coltura. La piastra viene agitata saldamente con movimenti rotatori, orizzontali e verticali al fine di
distribuire uniformemente il campione. Vengono utilizzate piastre Petri da 90 o 100 mm di diametro. Per
poter giudicare la prova riuscita ci aspettiamo di trovare un range di MO compreso fra i 300 e i 10 o 15. Se
ne troviamo di più di 300  il sovraffollamento non ha consentito a tutti i MO di crescere e formare colonie
in quanto potrebbero essersi verificati fenomeni di inibizione o competizione. In questo caso la piastra
viene definita “non contabile”. Anche se ne troviamo di meno di 10-15 la piastra viene definita “non
contabile” perché potrebbero essersi verificate delle piccole contaminazioni.
Se non abbiamo nessuna cognizione della concentrazione dei batteri nel campione bisognerà fare molte
diluizioni. Poi una volta capito il range entro il quale è possibile contare i batteri applicheremo solo le
diluizioni necessarie.
Per semplicità accettiamo come valido il risultato di nr 5 colonie nel lucido in alto a p. 14 relativo alla
diluizione 10-4 , nella diluizione 10-3 ci aspettiamo invece di trovare invece un numero di 50 colonie (più o
meno, nell’ambito di una variabilità statistica, diciamo fra 40-60). Da ciò nasce l’esigenza di dover
quantificare in maniera statistica la compatibilità dei dati relativi a due diluizioni. A tal fine applichiamo la
formula di Poisson. Ad es. se i miei valori sono ad es. 5 e 70  l’analisi è stata fatta bene?

FORMULA DI POISSON (1.12.28)


Consente di stabilire se due dati sono compatibili poiché fornisce il numero più probabile.

X=
∑Ci
∑ ¿∙ Zi
Al numeratore compare una sommatoria (il numero di colonie) e al denominatore compare un’altra
sommatoria data dal prodotto del numero di piastre utilizzate per ogni diluizione per la propria diluizione.
Cioè nell’es. precedente, abbiamo utilizzato 1 piastra per la diluizione 10-3 quindi Ni ∙ Zi = 1 ∙ 10-3 = 0,001 mL.
In altre parole, il volume di campione utilizzato per insemenzare la piastra 10-3 è 0,001 mL poiché abbiamo
diluito 1/1000; quindi 1 ∙ 0,001 = 0,001. Siccome è una sommatoria dobbiamo sommare questo valore
all’altra diluizione (1/10 000). Siccome anche qui abbiamo fatto 1 piastra, il secondo addendo è 1 ∙ 0,0001 =
0,0001. Quindi:

0,001 + 0,0001 = 0,0011. Questo è il denominatore

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Eseguendo il rapporto otteniamo il numero di batteri stimato per mL. Se vogliamo sapere per 100 mL
moltiplichiamo per 100.

VALUTAZIONE DELL’ATTENDIBILITÀ DELLA CONTA SECONDO LE MEDIE DI POISSON


Solitamente noi non eseguiamo una sola piastra della stessa diluizione, ma almeno 3 o 4 per ottenere un
dato statisticamente più reale. Allora si osserva la compatibilità non solo fra due diluizioni diverse, ma
anche all’interno della stessa diluizione. Prendiamo ad es. la diluizione 10-4. Indico con C1 e C2 le conte
batteriche con maggior e minor numero di CFU, rispettivamente, e applico la seguente formula:

C 1−C 2
√C 1 +C2
Se il risultato è: ≤ 2  il valore è accettabile e le conte delle due piastre sono compatibili
Compreso fra 2,0 e 2,6  è accettabile con riserva, dobbiamo rivedere le procedure.
≥ 2,6  non è accettabile. Bisogna ripetere la prova.

Analogamente quando dobbiamo confrontare non la stessa diluizione ma due diluizioni successive i valori
non saranno pari all’unità, ma alle decine: moltiplico per un fattore 10 i valori precedenti e ottengo quindi:
≤ 20  il valore è accettabile; compreso fra 20 e 26  è accettabile con riserva; ≥ 26  non è accettabile.

questo lucido è soltanto accennato, lo approfondisce nella prossima lezione

MOST PROBABLE NUMBER (MPN o, in italiano NUMERO PIÙ PROBABILE, NPP)


È un altro metodo di conta batterica considerato per anni quello d’eccellenza. Esso prevede non un terreno
solido, ma uno liquido. Ricordiamo che i tempi di crescita dei MO in terreni liquidi sono più rapidi perché
essi si riprendono meglio.
È una tecnica statistica che si svolge in più fasi (da tre a cinque) e presuppone la necessità di svolgere
analisi in più repliche per più diluizioni del campione. Abbiamo cioè un campione liquido che viene
suddiviso in quantità note e distribuito in più provette o beute in aggiunta a terreni di coltura idonei per il
MO d’interesse.
In figura viene mostrato un MPN per la ricerca di E. coli. Il campione viene distribuito in tre concentrazioni a
quantità differenti: 10 mL, 1 mL e 0,1 ML, eseguendo la prova in quintuplicato (cioè ripetuto cinque volte
per ogni volume). All’interno delle provette è presente il terreno. Per E. coli noi aggiungiamo all’interno
della provetta anche una piccola provetta detta campanula di Duran, che serve a raccogliere i gas che
provengono dalla fermentazione del lattosio presente nel terreno e fermentato dal batterio. Quindi la
presenza di gas nella campanula è un ulteriore indizio che il batterio ricercato è proprio E. coli. Il primo
indizio della crescita batterica è legato all’intorbidimento del terreno. Talvolta la produzione di gas è così
elevata che la campanula galleggia sul liquido. Quindi la positività della nostra prova è data non solo
dall’intorbidimento ma anche dalla presenza di gas nella campanula.

Per approfondimenti/chiarimenti vai al link http://www.federica.unina.it/corsi/microbiologia-degli-


alimenti/ corso e-learning Microbiologia degli alimenti (facoltà di Agraria) su Federica:

NOTA. per il programma del corso vedi la seconda slide

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