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Parmenide

La via della notte e la porta che immette alla via del giorno

INDICE
1
2
3
4
4.1
4.2
4.3

Il poema sulla natura


Le vie della ricerca
Le rivelazioni della dea
I significati del concetto di essere
Il significato ontologico
Il significato logico
Il significato gnoseologico
Conclusioni sui significati di
4.4
essere
5. Il Dualismo di Parmenide

1. Il poema: Sulla Natura


Nel prologo (vv. 1-32), viene chiarito il contenuti del poema: la narrazione autobiografica del
viaggio che compie il filosofo dalle case della notte (la parte bassa della citt di Elea), che
simboleggiano lignoranza ed il non essere (in quanto la zona della citt quella popolare ed
avvolta dalle tenebre), allAcropoli (la citt alta), avvolta nella luce del sole. Sede del tempio e del
governo, che conferiscono unit politica alla citt e sono quindi ci che rende possibile lesistenza,
lessere, di essa, lAcropoli simboleggia lunit dellessere.
Il filosofo giunge davanti alla porta che immette allacropoli e divide la strada in due percorsi: il
sentiero della notte (i sensi, la via che dice che non ) ed il sentiero del giorno (il logos, la via che
dice che ). Il passaggio dalle tenebre alla luce, allude al superamento della condizione di
ignoranza dei mortali per ascendere alla verit assoluta. Sulla soglia della porta che divide il
sentiero Dke, dea della giustizia, che rivela a chi ne degno le parole della verit. Il contesto in
cui si compie questa ascesa alla verit di tipo sacrale e rivela una concezione aristocratico
iniziatica del sapere, tuttavia la dottrina esposta da Parmenide non riceve la sua validit dal fatto di
essere frutto di una rivelazione divina, ma dalla intrinseca necessit logica con cui Parmenide
costruisce la dimostrazione delle sue tesi. Pertanto la verit fondata, secondo Parmenide, non
sullautorit (in questo caso quella religiosa della dea), ma sulla razionalit.

2. Le vie della ricerca

La problematica filosofica affrontata nellopera di Parmenide Sulla Natura, si riferisce a quella


che P. chiama la molto dibattuta questione. Tale questione su cui era incentrato il dibattito
filosofico dellepoca era costituita dallesigenza di individuare la via o il metodo che potesse
guidare lindagine filosofica verso la verit, cio verso un sapere che fosse certo e necessario. Infatti
dopo lesperienza della filosofia ionica, si avverte la necessit di definire in modo chiaro i criteri in
base ai quali fosse possibile costruire un sapere tale da essere:
Universale: valido in tutti i luoghi e in tutti i tempi. La verit viene infatti ritenuta tale solo a
condizione di non variare col variare dei tempi e dei luoghi (in altri termini un dato sapere
vero se ritenuto tale da tutti gli uomini di tutti i tempi e in qualsiasi luogo essi vivano);
Necessario: inoltre la validit di un sapere funzione della possibilit di definire la sua
validit secondo una procedura dimostrativa razionale. In altri termini una proposizione
ritenuta vera solo se partendo da certe premesse (da tutti accettate come vere), si pu
dimostrare che laccettazione di quelle premesse conduce automaticamente, attraverso una
serie di passaggi logici, ad accettare le proposizioni che sono conseguenze inevitabili delle
premesse assunte. Il concetto di dimostrazione necessaria che viene adoperato da P. lo
stesso che viene utilizzato nella dimostrazione dei teoremi matematici, in questi la tesi cui si
giunge una conseguenza cui necessariamente si giunge partendo dalle premesse (ipotesi)
date.
In conclusione il problema centrale affrontato da P. quello di chiarire la possibilit e le
condizioni del sapere vero, la risposta verr da lui ricercata nella definizione di un metodo logico
e razionale come si comprende dalle parole della dea: col solo pensiero risolvi la molto dibattuta
questione

3. La Rivelazione della Dea


Due sono le vie per le quali pu indirizzarsi la ricerca filosofica. Una la via della verit
(altheia), laltra la via dellopinione (doxa), esse sono nettamente contrapposte:
a) la via della verit: la prima la via che dice che , e non possibile che non sia. Essa
fondata sul logos che inteso da P. come il puro pensiero, privo di qualsiasi riferimento alla
realt sensibile fenomenica. Tale via ulteriormente caratterizzata come la via dellessere,
la cui principale caratteristica la necessit intrinseca della sua natura.
b) la via dellopinione: quella che dice che non , e non possibile che sia. Tale via
quella del non essere inteso in senso assoluto, cio come nulla o non esistenza
A queste due vie, nellultima parte del poema, Parmenide aggiunge una terza via:
c) la via delle opinioni dei mortali: detta anche la via del divenire. Tale via costituita dalla
congiunzione di essere e non essere e corrisponde al mondo fenomenico di cui gli
uomini hanno opinione (doxa), lopinione un sapere illusorio e non vero.

4. I significati del concetto di essere in Parmenide


Per comprendere le definizioni delle due vie della ricerca sopra riportate, necessario chiarire quali
significati attribuisca P., nelle formule con cui definisce le due vie, al verbo essere. Egli usa la
terza persona singolare del presente indicativo del verbo essere: , in greco est. Tale
espressione quella che ricorre nelle formule che , e che non possibile che non sia (lessere) e
che non , e che non possibile che sia (il non essere). In tali formule lespressione assume
tre principali significati: ontologico, logico e gnoseologico.

4.1. Il significato ontologico di Essere

Il termine ontologia ha il significato di scienza che studia lessere, ovvero la struttura ultima
della realt. Le scuole filosofiche precedenti avevano concepito la realt come composta da una
molteplicit di cose la cui esistenza era testimoniata dai sensi. Per tale motivo queste cose
verranno in seguito definite con il termine di fenomeni (dal greco phanesthai, che significa
apparire, manifestarsi). I fenomeni sono dunque ci che si manifesta attraverso i sensi come
costitutivo della realt. Lessere veniva quindi concepito come formato da una aggregazione di
molti elementi, di natura sensibile-fenomenica, che venivano designati con lespressione t enta ,
che in greco significa: le cose che sono ed traducibile con il termine enti, ovvero essenti, dal
participio presente del verbo essere.
Con Parmenide si attua un processo di astrazione che consente di passare dal piano dei molti enti
o fenomeni sensibili, ad un concetto unitario, quello di essere. Il procedimento di astrazione
realizzato da Parmenide secondo una procedura logica, mira ad individuare quella propriet che tutti
gli enti possiedono. Gli enti divergono, infatti, per tutte le loro propriet, anzi proprio il fatto che
possiedano propriet diverse che li caratterizza e permette di distinguerli luno dallaltro e li rende
molteplici. Ma vi una caratteristica che tutti gli enti possiedono per poter essere definiti tali, cio
esistenti, ed quella di esistere. Ogni ente ha in comune con ogni altro lesistenza, tutti gli enti
sono . Parmenide definisce la totalit degli enti come un insieme di elementi accomunati tutti
dalla stessa propriet, quella di essere.
Dunque lessere ci che accomuna tutti gli enti e li rende membri di un unico insieme:
linsieme di ci che . sullessere ottenuto attraverso tale procedimento logico, che si sofferma
lattenzione di Parmenide. Ma questo essere non qualcosa che possa essere percepito con i sensi,
questi possono percepire qualcosa che , ma non lessere, proprio come nel caso di un colore i
sensi possono percepire qualcosa di giallo, ma non il giallo.
Questo significa che il concetto di essere non di origine empirico-sensibile, ma logicorazionale, quindi le sue propriet non possono essere scoperte attraverso i sensi, ma dedotte
attraverso un procedimento logico che sia necessario e coerente.
Lessere cos ottenuto viene definito da P. con il termine t en, importante osservare come
lUnit si riveli quale caratteristica principale dellessere, Non avrebbe senso parlare di molti
esseri, perch P. con tale termine in dica ci che tutti gli enti hanno in comune: lesistere; lessere
uno poich la propriet che ogni ente, in quanto esiste, possiede.
Prima conclusione: dal discorso fin qui svolto appare chiara la prima interpretazione che pu
essere avanzata sul significato della formula di P., essa significa, da un punto di vista ontologico,
che ci che , e non possibile che non sia, lessere. Infatti, necessariamente, qualsiasi cosa che
esista, pu esistere, solo a condizione di possedere lessere quale sua propriet. In altri termini ci
che esiste non sono i molti esseri, ma lessere. La vera realt quindi costituita dallessere, mentre i
fenomeni o enti che i sensi ci mostrano hanno unesistenza solo illusoria, apparente.

4.2. Il significato logico di Essere


Si detto che P. costruisce il concetto di essere attraverso un procedimento logico. Quello di essere
quindi un concetto logico. Per P. la via per conoscere la vera realt, cio le caratteristiche
dellessere quindi il logos, il ragionamento. Parmenide definisce anche quella che la legge
fondamentale che qualsiasi ragionamento e discorso devono possedere per poter essere giudicati
validi. Questa legge il principio di non contraddizione, come verr chiamato pi tardi da
Aristotele.
Tale principio viene da P. espresso attraverso la parole con cui la dea indica la via della verit ci
che , e non pu non essere. Questa formula esprime, in termini generali, il principio di non
contraddizione. Infatti, da un punto di vista logico, essa asserisce: non si pu attribuire a qualcosa
(il ci della formula), contemporaneamente, tanto la propriet di essere, quanto quella di non
essere. quindi impossibile attribuire propriet contraddittorie ad una stessa cosa , se una cosa

, allora necessariamente esister, sarebbe impossibile attribuirle la propriet opposta di non


essere
Da un punto di vista logico la formula di Parmenide definisce la caratteristica essenziale che
qualsiasi ragionamento deve possedere per essere vero: la coerenza o non contraddittoriet.
In questo modo P. riesce anche a trovare la risposta al problema da cui era partito. Uno dei suoi
principali obiettivi era infatti quello di individuare il metodo (la via) che occorre seguire per
costruire un sapere universale e necessario, tale da sottrarsi a qualsiasi dubbio e poter essere definito
come verit assoluta. Sar, infatti, lapplicazione del principio di non contraddizione che
consentir a P. di dedurre in modo logicamente necessario tutte le principali caratteristiche che
lessere deve possedere.

4.3. Il significato gnoseologico e la definizione di verit


Un terzo significato che la formula parmenidea esprime quello gnoseologico. Per cogliere le
propriet fondamentali dellessere, oggetto della ricerca di Parmenide, necessario procedere
seguendo il principio di non contraddizione, quindi seguendo il puro pensiero razionale, di cui tale
principio la legge fondamentale. P. esclude la via dei sensi ed individua nel logos la via per
accedere alla verit, in quanto i sensi pongono il soggetto di fronte a una realt che
contraddittoria.
Ma la formula di P. serve anche a definire il concetto di verit come corrispondenza tra quanto
viene asserito intorno alla realt da una proposizione e la realt medesima. Anche da un punto di
vista intuitivo appare infatti evidente che una certa proposizione vera se le cose che essa asserisce
intorno alla realt corrispondono a come le cose sono nella realt; ad esempio, la proposizione
Iglesias una citt, sar vera se e solo se nella realt esiste una localit chiamata Iglesias e se
tale localit sar una citt; infatti solo a tali condizioni la proposizione dir qualcosa che . Se si
ritorna alla formula di Parmenide si pu notare come essa asserisca che la via della verit quella
che dice che , mentre la via dellopinione quella che dice che non . Si tratta quindi della
prima formulazione della teoria della verit come corrispondenza: sar vero quel discorso che dice
cose che sono in quanto descrive la realt cos come essa effettivamente . Sar invece falso quel
discorso che dice cose che non sono, in questo caso infatti quanto viene affermato non
corrisponde a quelli che sono i fatti.

4.4. Conclusioni sulla formula di Parmenide


Lesame fin qui svolto ha dimostrato al complessit della formula parmenidea che possiede almeno
tre principali interpretazioni:

fornisce una definizione di cosa debba intendersi per essere;

individua quella che la legge fondamentale del pensiero;

elabora una precisa concezione e definizione di verit.

5. Il Dualismo di Parmenide
Parmenide identifica il vero essere ed il vero sapere con il principio di non contraddizione,
conseguenza di tale premessa la frattura del sapere in un sapere vero e uno solo apparente o falso
e dellessere in una realt vera ed in unaltra solo apparente.
REALT: tutto ci che appare attraverso i sensi costituisce il campo dei fenomeni sensibili. Tutti i
fenomeni si presentano come contenuti entro un dato spazio e un dato tempo. Spazio e Tempo sono
le principali coordinate che caratterizzano i fenomeni fisici. La tesi di Parmenide che spazio e

tempo siano contraddittori in quanto comprendono sia lessere che il non essere. La dimostrazione
di tale tesi consente a Parmenide di sostenere che tutti i fenomeni sensibili, in quanto sono compresi
entro lo spazio e il tempo, siano a loro volta contraddittori, ma, come si visto in precedenza, ci
che contraddittorio non pu esistere. Quindi tutta la realt costituita dai fenomeni sensibili non ha
una vera esistenza, tali fenomeni sono illusori, la loro una apparenza di realt che non va confusa
con la vera realt: lessere, ma lessere non si vede o si tocca, lessere si pensa.
CONTRADDITTORIET DEI FENOMENI SENSIBILI:
1. Contraddittoriet relativa allo spazio: i sensi ci mostrano una realt formata da molteplici
enti o cose, ma secondo P. proprio questa molteplicit ad essere qualcosa di
contraddittorio. Infatti ciascuna cosa se stessa a condizione di non essere ogni altra, quindi
ciascuna cosa quello che perch non ciascuna delle altre, quindi la molteplicit dei
fenomeni sensibili comporta che essi siano contemporaneamente considerati come
esistenti e come non esistenti, ma ci contraddittorio, quindi la loro esistenza solo
apparente.
2. Contraddittoriet relativa al tempo: laltra dimensione entro la quale i fenomeni appaiono
il tempo. Caratteristica generale di tutti fenomeni infatti il mutamento, nel caso degli esseri
viventi si ha il processo di nascita e morte. Nel caso della nascita e della morte abbastanza
evidente il presentarsi del non essere, infatti nascere significa che qualcosa che prima non
era comincia ad essere, morire che qualcosa che prima era cessa di essere. Pertanto nascita e
morte sono processi contraddittori (ammettano il non essere come esistente) e perci la loro
realt solo apparente. Ma anche il semplice mutamento (e tutto ci che esiste soggetto a
mutamento, ogni cosa cambia ad ogni istante che passa) contraddittorio. Infatti asserire
che qualcosa cambia, significa sostenere che ora non pi come era prima, quindi il
mutamento conduce a porre contemporaneamente lessere e il non essere: tutto ci che esiste
quello che , ma non pi quello che era prima.
3. Conclusione: Il tempo dunque contraddittorio come contraddittoria la percezione di ogni
cosa che nel tempo muta. A differenza della illusoria realt sensibile, la realt propria
dellautentico essere non ammette n nascita, n morte, n alcun tipo di cambiamento o di
movimento.

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