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Le origini di Napoli ed il mito di Partenope

a cura di Fara Misuraca e Alfonso Grasso


Napoli una citt antichissima, bench oggi aperta a tutti i venti della modernit. La
fondazione sull'altura del Monte Echia di Palaepolis (la citt antica) risale con molta
probabilit al IX secolo a. C. La stessa Neapolis (la citt nuova) mostra ancora ben leggibile il
tracciato insediativo del V secolo a. C. La straordinariet della permanenza di questo tracciato
nel corso dei millenni ha rappresentato un motivo di ammirazione fin dall'et rinascimentale,
quando vari umanisti, tra i quali il dottissimo Fra' Giocondo da Verona, dedicarono studi
minuziosi al rilievo della citt per verificare l'attendibilit dei principi insediativi dei greci, in
seguito rielaborati da Vitruvio e dalla trattatistica classica.
L'impianto della nuova citt fu delineato infatti con rigore geometrico esemplare per l'armonica
proporzione dei rapporti metrici, ben calibrati in relazione al luogo ed articolati su un nitido
reticolo ortogonale di cardini e decumani. Sarebbe tuttavia un equivoco interpretare tale
perfezione tecnica come aspirazione ad una razionalit assoluta. Anzi, fin dall'origine la citt
del logos fu avvolta nelle spirali labirintiche del mito.
Molta attenzione fu prestata ai misteri del paesaggio. Se vero che le dimore furono adagiate
con meticoloso ordine su un terreno in leggero declivio, resta altres innegabile che tale
insediamento (cinto da mura) era consapevolmente collocato nel bel mezzo di due (magici)
fenomeni vulcanici: la grande montagna di fuoco del Vesuvio ad est e le "terre ardenti" dei
Campi Flegrei ad ovest. A nord la citt era protetta dalle alture montuose, simili a scudi di
pietra contro i venti pi freddi, ma aperta a sud sull'azzurro del mare per l'approdo delle navi,
delle merci, degli aromi, dei linguaggi e delle genti provenienti dalle pi variegate terre del
Mediterraneo. Non sfugg all'immaginativa osservazione dei fondatori ellenici la suggestiva
metafora del sole che sorge dietro il gigantesco cono lavico del Vesuvio e tramonta nei Campi
Flegrei, quasi immergendosi nel cerchio d'acqua dell'Averno, l dove la leggenda vuole che si
dischiudesse il varco iniziatico per la discesa negli Inferi.
"Gli antichi - ha scritto Italo Calvino rappresentavano lo spirito della citt, con quel tanto di
vaghezza e quel tanto di precisione che l'operazione comporta, evocando i nomi degli dei che
avevano presieduto alla sua fondazione: nomi che equivalevano a personificazioni di elementi
ambientali, un corso d'acqua, una struttura del suolo, un tipo di vegetazione, che dovevano
garantire della sua persistenza come immagine attraverso tutte le trasformazioni successive,
come forma estetica ma anche come emblema di societ ideale. Una citt pu passare attraverso
catastrofi e medioevi, vedere stirpi diverse succedersi nelle sue case, vedere cambiare le sue
case pietra per pietra, ma deve, al momento giusto, sotto forme diverse, ritrovare i suoi dei".
Napoli ha metaforicamente trasfigurato il senso della sua fondazione nel mito di Partenope,
desunto da un pi antico culto della sirena radicato nella preesistente citt di Palaepolis. Come
in altre leggende, diversi significati allegorici si sono fusi e confusi con enigmi esoterici, in un
groviglio semantico difficile da districare in chiave scientifica.
Tuttavia tutt'altro che inutile tentare l'ermeneutica dei miti, non foss'altro perch sotto
l'apparente ingenuit delle favole si celano valori antropologici profondi dell'onirico collettivo.
Nella versione pi arcaica del mito, Partenope era un ibrido di gentilezza umana e di belluinit
animale: il volto di una fanciulla (vergine) connesso al corpo di un uccello (e non gi di un
pesce, come nella successiva e pi nota leggenda). La vergine alata sarebbe nata dal dio-fiume
Acheloo e dalla madre-terra Persefone. Nella crisalide di questa fantasia racchiusa una foresta
di simboli che rinvia agli elementi primari della Natura: il cielo, la terra, l'acqua, il sottosuolo.
Ma c' dell'altro. Vivendo tra le rocce e tra i boschi lungo le coste del mare, Partenope aveva
tentato invano di sedurre Ulisse, propinandogli con la dolcezza del suo canto l'inganno della
rappresentazione idilliaca del passato. Respinta dall'astuto "eroe della conoscenza", deciso a

proseguire a tutti i costi la rotta esplorativa nell'arcipelago delle civilt mediterranee, spinto
dall'incontenibile volont di nuove esperienze, la sirena si era suicidata, lanciandosi dall'alto di
una rupe (katapontisms), ed il suo corpo, trainato dalle onde del mare, era rimasto imbrigliato
tra gli scogli del golfo napoletano.
Nel mito arcaico il corpo di Partenope fu sepolto a Megaride, l'isolotto di approdo dell'antica
Palaepolis, ma nei racconti posteriori il sepolcro della vergine venne traslato dentro le mura di
Neapolis, in assonanza con la diffusa credenza dei riti di fondazione. Resta incerta l'esatta
ubicazione del sepolcro. Alcune fonti indicano un antro sottostante all'attuale Chiesa di San
Giovanni Maggiore, ma altre lo collocano nel cuore stesso della nuova citt, vale a dire in un
naos racchiuso tra le mura isodome (V secolo a.C.) che funsero poi da basamento del Tempio
dei Dioscuri (I secolo d.C.). Questo Tempio dominava lo scenario dell'agor-foro con il suo
spettacolare pronao esastilo, che sembrava destinato a sfidare il tempo per la sua forza
simbolica, tant' che era stato preservato anche in et cristiana come allegorico ingresso alla
chiesa teatina e ritratto come paradigmatico reperto dell'antichit classica da Andrea Palladio
nei Quattro Libri dell'Architettura. Solo il 5 giugno del 1688 un violento terremoto distrusse
l'antico pronao del quale permangono tuttavia ancora due colonne corinzie incastonate nella
bella facciata settecentesca dell'attuale Chiesa di San Paolo Maggiore. Il luogo dove sorse
l'antica agor (oggi denominato Piazza San Gaetano), resta a dir poco mirabile, non foss'altro
perch nei suoi monumenti sono sedimentati duemila e cinquecento anni di storia.
A ridosso del chiostro grande del convento teatino sono riconoscibili i resti del Teatro del 62 d.
C. e lo stesso andamento sinuoso di via San Paolo (in direzione di via Anticaglia) lascia
percepire l'impianto del coevo Odeon. Si tratta di due significative testimonianze d'et romana
per le quali previsto un piano di recupero atto a liberarle dalle superfetazioni edilizie che le
sovrastano. Al di sotto della cattedrale gotica di San Lorenzo si possono per gi visitare gli
scavi ipogei delle strade con botteghe che giungevano nel foro, in una densa stratificazione
archeologica verticale unica in Europa.

Ritornando ai miti sulla genesi della citt, la favola pi suggestiva resta quella che descrive la
metamorfosi di Partenope, dissoltasi nella morfologia stessa del paesaggio, distesa lungo tutto
l'arco del golfo, con il "capo" poggiato a oriente nell'altura di Capodimonte, il "corpo"
delimitato dalle mura urbane ed il "piede" (o coda) ad occidente, immerso nel mare ed
affiorante nel promontorio collinare di Posillipo. Cos il rito della fondazione urbana si estese al
culto del paesaggio, in armonia con gli ideali ellenici di venerazione della natura.
Per ironia della storia, anche la reale crescita urbana sembra aver seguito il tracciato di questa
immaginaria metamorfosi. Il nocciolo storico pi antico - racchiuso all'origine nel nitore
euclideo del suo tracciato, ancora ben visibile dall'alto della Certosa di San Martino -
cresciuto distendendo come una pianta la rete delle sue lunghe radici sulle adiacenti colline, in
uno sviluppo apparentemente senza ordine. Vista dal mare, per, la citt appare a suo modo
armonica, adagiata sulla cavea naturale delle sue alture collinari simile ad un teatro ellenico
aperto sullo spettacolo del golfo. la natura insomma ad aver offerto la base orografica del
fascino urbano di Napoli. Non a caso l'immagine da cartolina per antonomasia ritrae la citt
racchiusa nell'intervallo tra un pino e lo sfondo del Vesuvio, mentre in altre citt europee viene
eletto quasi sempre un monumento a fungere da simbolo. Si pensi alla Tour Eiffel per Parigi, al
Big Ben per Londra o a San Pietro per Roma.
Certo, nel secolo che si appena concluso l'espansione edilizia e lo sviluppo industriale hanno
recato ferite difficilmente rimarginabili alla bellezza del paesaggio naturale. Valga da esempio
l'installazione a Bagnoli nel 1905 della fabbrica siderurgica, poi ingigantitasi con la

ridenominazione di Italsider. tuttavia in atto un piano per correggere il paradosso urbanistico


novecentesco di aver eretto uno stabilimento industriale inquinante in un luogo di innegabile
seduzione ambientale, su una spiaggia (Coroglio) prospiciente l'isolotto di Nisida che
rappresenta la metaforica porta d'ingresso ai Campi Flegrei.
Si potrebbero menzionare anche altri esempi di ripristino del rapporto della citt con il mare, tra
i quali l'abbattimento della barriera portuale a Piazza Municipio o la riqualificazione ad oriente
dell'altro complesso industriale dismesso (Corradini).
Ma quel che pi conta il senso di questa nuova fase urbana. Dopo anni di oblio, la citt
sembra aver ritrovato i suoi di.
Articolo tratto da Benedetto Gravagnuolo, Preside della Facolt di Architettura dell'Universit
di Napoli, su Ulisse, la Rivista di bordo dell'Alitalia.

La Napoli greco-romana
L'attuale centro storico della citt di Napoli, dichiarato nel 1995 Patrimonio Mondiale dell'Unesco,
si sovrappone in maniera incredibilmente precisa all'assetto urbanistico dell'antica citt di Neapolis,
come questa si presentava nel periodo di suo massimo sviluppo. Visitando il centro storico, cos
possibile oggi individuare un'infinit di siti ricchi di tracce del prestigioso passato (vedi mappa); il
viaggio alla scoperta della Napoli delle origini pu poi essere completato nei musei cittadini, in
primis nel Museo Archeologico Nazionale.
Bench la Napoli greco-romana si sarebbe sviluppata prevalentemente nell'area dell'attuale centro
storico, il primo avamposto della citt, fondato da un gruppo di navigatori Rodiesi nell'800 a.C. e
poi ampliato e abitato da coloni greci di Cuma a partire dal 680 a.C., corrispondeva alla zona
compresa tra l'isoletta di Megaride (dove oggi sorge il Castel dell'Ovo) e la collina di Monte Echia
(Pizzofalcone). Questo primo nucleo abitativo fu chiamato Parthenope, in onore della sirena vinta
da Ulisse, il cui corpo, secondo il mito, sarebbe stato trascinato dalle onde fino alle spiagge
dell'isolotto di Megaride. In quest'area, rimangono pochi resti della pi antica storia di Napoli: in
particolare, sul Monte Echia, si trovano resti di una necropoli dell'epoca cumana, oltre alle rovine
della villa del patrizio romano Lucullo, di epoca successiva.
Intorno al 530 a.C., inizia per una fase di declino di Parthenope, dovuto al sopravvenuto
predominio commerciale e militare degli etruschi nell'area; la rinascita della citt giunge dopo il
474 a.C. quando le colonie della Magna Grecia, sconfitti gli Etruschi in mare, riaffermarono la loro
egemonia sull'Italia meridionale. A questo punto, i greci di Cuma poterono ripopolare il vecchio
borgo, che assunse il nome di Palepolis (citt vecchia), mentre a pochi chilometri di distanza, verso
est, veniva fondata Neapolis (citt nuova), un nuovo e pi grande centro, fortificato e dotato di un
ampio porto.
La struttura di Neapolis, conservatasi fino ai nostri giorni, si ispirava ai fondamenti dell'urbanistica
ateniese, con uno schema viario basato su tre ampie strade parallele longitudinali (plateiai in greco,

decumani in latino) intersecate ad angolo retto da una serie di strade pi strette (stenopoi in greco,
cardini in latino), che con le prime formavano isolati (insulae) comprendenti edifici di varia natura.
Le spesse mura difensive, formate da una doppia cortina di blocchi tufacei, attorniavano la citt
seguendo il profilo di colline e valloni, e su di esse si aprivano frequenti porte, in corrispondenza
delle strade principali. Un tratto delle antiche mura oggi visibile in uno scavo a cielo aperto in
piazza Bellini; il livello, pi basso di quello della strada attuale, dimostra come la citt di Napoli si
sia sviluppata, nei secoli, per stratificazioni successive, per cui in molte aree la citt odierna sorge
sui resti di quella romana, che a sua volta era stata edificata su quella greca.
Nel 326 a.C., a seguito della II guerra sannitica, Neapolis cinta d'assedio e conquistata
dall'esercito romano; pur restando da quel momento sotto l'egemonia di Roma, alla citt per
attribuito lo status di "civitas foederata", il che le consentir di mantenere una certa autonomia, e di
poter diventare un punto di incontro e di confronto di culture differenti, nei secoli successivi.
Nel I secolo a.C. la citt raggiunge il suo massimo sviluppo, al punto da richiedere un'espansione
urbanistica oltre i confini delle originarie mura: ne sono testimonianza i ritrovamenti in
corrispondenza del chiostro di Santa Chiara, e gli insediamenti ad ovest, nelle zone di Chiaia e
Posillipo e, pi oltre, nell'area flegrea, resa accessibile dall'apertura della galleria conosciuta come
Crypta Neapolitana. Dopo l'82 a.C., a seguito di infelici scelte strategiche nel corso della guerra
civile tra Mario e Silla, Neapolis punita con lo spostamento di molte delle attivit commerciali
verso Puteoli, il che coincide con l'inizio della decadenza della citt, che comincia a diventare citt
degli otia (i dintorni, da Baia, a Pompei, a Capri divengono sedi privilegiate delle ville dei ricchi
patrizi romani e di alcuni imperatori) e sempre pi crocevia di razze, culture e religioni (nel II e III
secolo d.C. fioriscono le comunit orientali, specialmente quella alessandrina, ma forte anche la
presenza cristiana, di cui sono testimonianza le tante catacombe ed ipogei).
Nel IV-V secolo d.C., il declino dell'impero romano si affianca all'indebolimento della citt,
continuamente sottoposta alle scorrerie dei goti. Nel 476, l'ultimo imperatore Romolo Augustolo
spodestato dai barbari, ed esiliato sull'isola di Megaride, dove la storia di Napoli aveva avuto inizio.

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