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Libro descrive il legame tra arte fede e vita sottolineando che la esperienza l'arte cristiana può avere un ruolo fecondo nella vita della chiesa solo quando si ricollega alla esperienza di Dio nella vita del artista testimone del mistero.
Libro descrive il legame tra arte fede e vita sottolineando che la esperienza l'arte cristiana può avere un ruolo fecondo nella vita della chiesa solo quando si ricollega alla esperienza di Dio nella vita del artista testimone del mistero.
Libro descrive il legame tra arte fede e vita sottolineando che la esperienza l'arte cristiana può avere un ruolo fecondo nella vita della chiesa solo quando si ricollega alla esperienza di Dio nella vita del artista testimone del mistero.
Intervista a Marko Ivan Rupnik su arte, fede ed evangelizzazione presentazione di Mons. Luis Ladaria "E' if tempo quando fiorisce il tiglio" Lipa T 2013 Lipa Srl, Roma prima edizione: rnarzo 2013 Lipa Edizioni via Paolina, 25 00184 Roma (() 06 4747770 fax 06 485876 e-mail: info.lipa@lipaonline.org www.lipaonline.org A u t o n ~ Natasa Govekar Titolo: ll rosso della piazza d' oro Sottotitolo: Intervista a Marko Ivan Rupnik su arte, fede ed e- vangelizzazione Co/lana: Betel Formato: 105x200 mm Pagine: 284 In copertina: particolare di una tessera di "oro Aletti" realizzata dall' Atelier d' Arte del Centro Aletti Stampato nd marzo 2013 da Graficapuntoprint Roma Proprietilletteraria riservata Printed in Italy codice ISBN 978-88-89667-50-7 "II ross a e it fuoco della risurrezione, I' oro e Ia luce che penetra Ia terra. Ilmondo diverlfa cia che e - cioe euwristia". Olivier Clement II rosso della piazza d' oro Presentazione di i'vlons. Luis Ladaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 Primo giorno: I' esodo dal soggettivismo....................................... 17 Secondo giomo: !a chiesa esprime !a Chiesa.................................... 65 Terzo giomo: anche l'arte entrain chiesa attraverso il battesimo.. 99 Quarto giorno: illinguaggio proprio all'arte liturgica........................ 121 Quinto giomo: I' orizzonte escatologico della creativita cristiana .. .. 165 Sesto giorno: 1' arte della comunione .... .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. 231 Settimo giomo: !a via alia trasfigurazione .. .. .... .... .. .... .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. . 248 Padre A1arko Rupnik e ormai un artista apprezzato a liuello internazionale. I suoi piu di cento rnosaici deco- rano grandi cattedrali, santuari frequentati, chiese e cap- pelle di caratteristiche diuerse in numerosi Paesi. E diue- nuto conosciuto in tutto il mondo quando ha decorato in Vaticano, per incarico del beato Giouarmi Paolo II, Ia cap pella Redemptoris Mater. Si mitre e si ispira all' an- fica tradizione spirituale e artistica del periodo paleocri- stiano e deii'Oriente bizantino, che ha studiato ap- senza dimenticare il romanico; 1na sa anche dare aile sue opere un tocco di modern ita, che fa s che la tradizione diuenti realrnente uiua. La sua arte non e frutto del caso. E sostenuta da una concezione teologica coerente e articolata, legata alia spiritualita e all' esperienza persona/e. In questi colloqui di M. Rttpnik con N Gouekar si incrociano aspetti diuersi che, molto simbolicarnente, si snodano, allneno nella loro forma letteraria, per il perio- do di una settimana. Impossibile percorrere, anche som- mariamente, tutti i temi che si intrecciano in queste den- se pagine. J\lfi accontento di a/ami spunti sugli aspetti che hanna richiamato di pit4 Ia mia attenzione. E, come questi dialoghi prendono e riprendono le diuerse ternati- che senza ridurle a sistema, nemmeno io 1ni preoccupo di _{ctre una sintesi sistematica del tutto. Il primo giorno inizia con Ia r{flessione sulla fede e if suo primato nella vita cristiana, l'incontro viuo con Cri- 9 AU. Rupnik - II rosso della pia.zza d 'oro sto, if Figlio, che cifa vivere in filiazione, il prima to del- l' essere sull 'aLqire, if prinwto della persona e la sua rela- zionalita, a partire dal Dio Uno e Trino. Si sottolinea la necessita di superare la soggettivita per entmre nell' ambito dell'amore che ci attrae, che precede e ci abbraccia. L'e- vangelizzazione e cos[ attrazione. E tutto questo - secondo giorno - nella Chiesa, della quale la chiesa e icona. E qui entrianw gia pir4 diretta- lnente nella riflessione sull' arte. L' arte era per <qli antichi legata necessariamente alla bellezza, che allarga if respi- ro, che unisce all'altro, che fa s[ che l'esperienza della bellezza sia un 'esperienza di unite!. Arte astratta o figu- rativa? Rupnik non ha dubbi: perclu qtwlcosa sia spiri- tuale, non deve rendersi astratto, ne etereo, altrimenti Dio non si sarebbe incarnato. Lo Spirito e il rivelatore del volto di Cristo, nello Spirito si compie if passaggio del Verbo etemo a/ Verbo fatto uonzo da !v1aria vergine, ed e lo Spirito ad indurci alia preghiera davanti a/ volto di Gest!i, che ci rive/a il Padre. Tornando alla Chiesa e aile chiese, if vuoto delle chiese moderne impedisce che siano iconc della Chiesa, spazi sacri. L'ediftcio in cui si celebra Ia liturgia deve avere il'!fcztti un rapporto mganico con il Cotpo di Cristo chc in essa si radurw, e Ia sua vi- sibilita devc csscre "leggibilc". L'artc deve partccipare della bcllczza che e Ia came del Logos, per cos[ esprimcrc Ia fedc della Chiesa. Bisogna dunque arrivarc al uolto di Cristo - e siarno gia al terzo giomo. Si tratta del ptmto di arrivo, e non di partenza. Cristo, if Figlio, ci fa Jigli. L' arte dcvc en- trarc in chicsa attraverso il battcsinw, attraverso l' mnore e l 'obbedimza della Jed c. Percia l' artc cristiana dei pri- mi secoli non ha cercato Ia peifczione formalc del mondo 10 Presentazione ellenistico, come non han no fat to 1' arte bizantina, ne quella sirnbolica nel romanico, ne le cattedrali gotiche. E qucsto perche bisogna sempre lasciarc lo spazio all'inter- uento di Dio. Rive/arc Cristo, ccco Ia prcoccupazione dell' arte cristiana: ncl periodo paleocristiano, un 'arte molto semplice siJi.mda sui realismo, sul contcnuto ideate chc questa realta comunica, e sulla cormmicazione di Cristo stesso che sifiz prcsente. L'arte tutta Ia persona: per questo i prirni cristiani hanno fatto leva su di cssa. Adesso c' e bisogno di _fare lo stcsso, ricupcrare if tutto c l'm;ganicita, un linguaggio capace di comtmicare Ia conosccnza chc ci porta alla vita cterna. Un 'arte che tent a di esprimere l 'oggettivita del Credo della Chiesa come bellezza. Iluero c il bello si rivelano nella carne di Gestl Cristo e si r!flettono anche in noi, Ia Chiesa, suo corpo. 1ittto cia chc c'e nella Chiesa deve wstodire l'an- ticipo del mondo traifrgurato; di csso ci rende partecipi la litw;gia, che percia e cia che rcnde possibile l' evangeliz- zazionc. L' arte liturgica devc seguire lc norme del lin- guagq_io litur,_qico, l'essenzialita, non la ricercatezza. Quarto,giorno: bisocqna cercare illinguaggio dcll'arte liturgica. E un linguaggio che tiene insieme il mondo presente e il futuro, quello di quaggit4 e quello del paradiso. E il linguaggio del simbolo, chc s(qnifica Ia tras.figurazione ad una qua/ita superiore, a una realta scmpre viua, che mi coinvolge. II simbolo par/a per se stcsso, non lo si deve spiegare. II simbolo svela, rivela, comunica c coinvolge. Per questo e connaturale alia fede, dove colgo che tutta Ia mia vita ha un nesso con Cristo. L' acco,glicnza del simbolo porta all a bellezza e all' a mo- re, al sentirci - il bisogno phi che tutti spcrimentiamo. E l'mnore a creare 1m vero linguagqio, il 11 1\!I.l. Rttprtik [/ rosso della piazza d 'oro cui contenuto e l 'a more di Dio per l' rwmo. II linguaggio dell' arte liturgica rive/a il mondo dal pun to di vista della redenzione che Cristo ha compiuto. La chiesa e il luogo dove si celebra Ia salvezza. II linguaggio adatto a questo luogo e il linguaggio suggerito dallo Spiri.to to: C' un legmne fra Ia vita nello Spirito, Ia vrta linguaggio artistico. L' icona ne e forse l pru chiara. L' arte di Rupnik vuole alia Clues a dr og- gi, con le immagini di oggi, Ia tnemoria di del mo millennio. L' arte sacra in Occidente - e qur Rupmk si rifa a Joseph Ratzinger- potra ritornare ad essere tale solo con l'incontro con /'Oriente. Si direbbe che il quinto ,giorno sia pir4 lungo degli al- tri. Vi si par/a del senso della creativita cristiana: essa 11 iene dalla Pasqua, dal Cristo risorto, dunque si muove in un orizzonte escatologico. Qualsiasi "creazione" uma- na ha Sei!SO se e una rivefazione defla sa/vezza def/'uo- mo. Torniamo dunque a Cristo. Non c'e altro compi- mento dell'umano se non il "divinoumano": questa e [a vera misura dell'umano. L'umano, da solo, non porta fa salvezza, perche tutto do che noi facciamo e sempre sot- tomesso alia morte. La vera bellezza fa trasparire qua/co- sa che rimane, e le cose si vedono belle quando c' e in loro il vero e il bello che non tramontano. Senza escludere al- tre possibilita, il cristiano sa che l 'orizzonte della sua creati11ita e l'escatologia, e percic) nella liturgia sperimenta Ia capacita di creare secondo una qua/ita, nuo11a. che non si crea dal nulla, ma la realta creaturale rn Cristo passa dalla corruzione all'incorruzione, e traiftgu- rata. L' a more del Padre e l 'ambito in cui questa trasfor- mazione puo aver luogo. E il Padre che ci ha fatti rivive- re in Cristo. Noi siamo gia dove. e il Cristo, questa e Ia 12 Presentazione nostra patria. Egli ci apre al mondo diftnitivo, del quale abbiarno gia Ia primizia. L' arte sacra partecipa gia in un certo tnodo del 1nondo ji.tturo, ci fa vedere le cose cotne si vedono in Cristo. Guardiarno le cose dal traguardo, dalla fine, non come si vedono da questo mondo, doue ci sono il peccato e la morte. L' eucaristia e il luogo do11e questa anticipazione si fa pili evidente. L' arte culrnina cos{ nel- l' arte liturgica. Interessante un inciso sulfa terza dimen- sione: fovorisce la visione delle cose da questo mondo ver- so l'alto. 1\!la la liturgia rovescia !a prospettiva: si va da Cristo a noi, sedianw alta sua mensa, non Lui alla no- stra. II punto di partenza dell'arte deve essere allora l'oc- chio del Pantocratore, non il nostro. Con il linguaggio di questo tnondo, le nostre opere tnanifestano so/tanto noi stessi. II linguaggio dell' arte sacra -deve far 11edere allo stesso ternpo l'intervento di Dio e Ia realta creaturale, Ia verita secondo Dio, Ia realta umana compiuta nella co- munione con Dio. II tnistero si rende presente vedendo l'uomo debole e tnortale che accoglie I' azione di Dio. II senso del creato e nutrire il rapporto dell'uomo con Dio e Ia sua trasji,r<,ttrazione si da nell'innesto nella vita di Cristo. Questo e fondarnentale, non la pe[{ezione della forma. Perche Cristo non aggirmge alta realta un signifi- cato dal difuori, 1na porta a compirnento cia che da sent- pre si trova nella creazione, sorta dal nulla per mezzo di Lui e in Lui; in Cristo il creato arriva alta sua pienez- za. Se l'arte conumica questo, contribuisce alia vita della fede e alia della uita morale. Bisogna aiutare le persone a contemplare if senso spirituale dell' e11ento Cristo, della sua passione e risurrezione, cioe in Gest1 che so.ffre si deve contemplare il SaltJatore del 1nondo. L' arte cristiana fa vedere Ia portata della sqtferenza, Ia 13 AU. Rupnik II rosso della piazza d'oro sua dimensione "trasfigurata e traiftgurante ". Non si eli- mina i[ dolore, ma nernmeno si fa vedere solo l'aspetto tragico della realta, piuttosto si svela anche meta. della via della croce. Si deve scoprire il sensa deglt eventt sotto la supeificie, 11011 so/tanto cercare Ia peifezione delle for- 1m. La formate non e di questa IHOI!do, cio [a peifezione mi illude, diventa un ostacolo per.tl mw. cmnmino. La peifezione va compi11ta alia nwmera dt Dio, 11011 alia nostra. Dio ha salvato l'umanita cor! Ia nwrte di suo Figlio, dove non c' e spazio per Ia peifezwne formale. Solo con Ia visione escatologica [a salvezza di Dio e nella potenza della Spmto nit porta nel luogo dove tutto si vede in modo difrnitivo. innestati in Cristo, nella Chiesa e con 1' opera della Spt- rito, possiamo godere della sua vittoria, della novita di. vita che si vive e non si vede sol tanto. Nell' arte non st deve solo rappresentare 1m episodio biblico, ad esempio la crocifissione, nella sua struttura fenomenica. Cio che deve apparire e che Gest4 crocifisso e il Figlio di Dio. La Jigu- razione nell' arte sacra non e di Iibera scelta, 1na deve es- ser fatta nell' ob/Jedienza allo Spirito che ci Ia. visione spirituale, perc he soltanto l' occltio dello Spmto a pw) far contemplare l'invisibile nel visibile. Una plazione che non deve essere delle idee, ma deglt eventt; una lettura spirituale della storia, in particolare della sto- ria di Cristo. La comunione e il terna del sesto giorno. Rupnik par/a della sua esperienza personate e degli artisti del Centro Aletti, che sono di nazionalita e di provenienze diverse, uniti pero nella preghiera, nella celebrazione dell'eucaristia, nella consapevolezza di essere membra del Corpo di Cristo. Con questa dinamica, si puo dise- . 14 Presentazione gnare il volto di Cristo e dei santi. In questi volti sono specialrnente importanti gli occhi, grandi perche ci guar- dano. Prima di vedere, siamo noi ad essere visti. Isanti, redenti da Cristo, ci guardano dalle pareti. Il volta di Cristo tenero, ma anche austero, che possiamo guardare nelle diverse circostanze della uita, ci in qual- siasi situazione in cui ci troviamo. Ecco if perche dei tratti dellinguaggio delmosaico: lajigum semplificata, il volta puro, aperto e huninoso. Il lavoro degli artisti, nei diversi cantieri, inizia sempre con l'eucaristia; senza il dono dello Spirito le abilita 11111ane non possono arrivare a toccare i cuori. E percio anche if lavoro cresce con la coopemzione di tutti, del corpo, non secondo zm progetto completamente determinato, perche if "proget- to" e if Corpo di Cristo, l'edificazione della Chiesa. La settimana :1i chiude con "Ia via alia traiftgurazio- ne". Tittto if creato C chianwto a essere Se- condo Paolo M Rm 8, 19-22). Percio tutta la materia, anche Ia pietra, porta il "codice del vuol essere scenario della ril!elazione dell' a more di Dio in Cristo. Perci() anche la teologia deve parlare attmverso la mate- ria. La rnateria e varia, percio anche il mosaico t; vario, crea I' armonia della divers ita. Se la 1nateria e pres a con amore, allora si corne succede con l'uomo pre- so da Cristo. Cos{ le diverse pietre del mosaico esprimo- no la conzunione, tutte dicono lo stesso, rna ciascuna a modo suo. Rupnik spiega if perche delle scene e delle fi- gure priferite nei rnosaici: l'Annunciazione, Giovanni Battista, if costato traj!tto di Gest1, il processo di realiz- zazione di un mosaico, Ia scelta dei colori, in particolare il significato dell' oro. Anche per i poveri e importante La bellezza ... Elementi diversi che si intrecciano senz'ordi- 15 lvl.I. Rup 11 ik II rosso della piazza d 'oro ne apparente, conte se in quest'ultimo giomo quio dovesse apparire quanto non era net gwmt precedenti. Ed ecco il riassunto del setttmo gwrno che, .a sua volta, lo e di tutta la settimana: "Se, nella di Dio possiamo prift<<sttrare per mezzo della del. mondo e della luce della tra4igurazione qualcosa 111 traspare Ia misteriosa figura del re,iJIW, rtoi non sianw tn grado di far trapassare questo mondo nel regno. Deve ve- nire if dito della 1 nano di Dio e toccare tutte queste cose perche coincidano con la foro realta vera, come l'immagi- ne esatta coincide con il suo originate". Nei colloqui di questa intensa settimana, il lettore trovera abbondanti spunti che lo aiuteranno a capire l' ar- te di JVIarko Rupnik e del suo Atelier e a contemplare meglio i suoi mosaici. Vale la pen a immergersi nell' av- che portera con se grandi sorprese. +Luis F Lad aria 16 Primo giorno: l'esodo dal
soggetttvtsmo Quando nel 1999 hai consegnato la cappella Redempto- ris Nfater al co1nmittente, dicendo: "Santo Padre, grazie a Dio abbianw Jinito!", il papa ribatte scherzando: "Ma lei non ha fin ito, ha appena continciato!" Erano parole profeti- che, perche o,ggi possiamo contare piu di mlto spazi liturgici in tanti Paesi del1nondo rivestiti dai mosaici dell'Atelier del Centro Aletti. E si 1noltiplicano le visite dei pellegrini in queste chiese, come pure le richieste eli a verne almeno una fo- to "per la pre,<shiera personale" ... Sembra che quest' arte venga a rispondere ad una fome e sete, ad un 'attesa che si era creata nella nostra Chiesa dopo un lunghissimo ternpo di "d(giuno", dopo tm periodo nel quale Ia fede e I' arte e co1ne se non si fossero piu capite. Giovanni Paolo II vi vee/eva di quella teolo- gia a due polmoni dalla quale pw) attingere nuova vita/ita Ia Chiesa del terzo nzillennio", come si espresse nell'omelia della dedicazione della Redemptoris Mater. E Benedetto XVI, dieci anni dopo, alia celebrazione eucaristica con Ia co- munita del Centro Aletti in occasione del 90 compleanno del cardinale Tomas Spidlfk, ripete questa frase sottolineando che La ''piccola discendenza spirituale" raccoglie l'insegna- 17 1\!I.I. Rupnik- II r'Osso della piazza d'oro mento di SpidUk facendolo fntttificare attrauerso la Yi!ffigr:tra- zione artistica. E, con gli armi che passano, dobbiamo dare sempre ragione a Crispino valenziano clze, scrivendo .Ia ntonianza per if libro n colore della luce, mtuwa che rl tuo impeQno nell' arte liturgica non era soltanto una fase della tua 'vicenda di artista e di sacerdote, ma un 'arte che e "silex index, 'pietra di paragone' dell' arte ecclesiale", per- che rappresenta un esodo "da nmsa soggettiva dell' artista a vissuto oggettiuo nella conumita". . Padre 1\!Iarko, come e awemtto il trw esodo dal soggettz- vo all' ecclesiale? Sono partito da un'arte sentita e concepita come una forte espressione dell' artista, letteralmente tuf- fandomi dentro alle correnti del XX secolo, queUe che mi erano pili congeniali. . . , Ero anivato all' Accademia di Belle Art1 dopo gu qualche anno di vita religiosa- il noviziato .e stu- dio della filosof1a. Entrando nella Compagma d1 Ge- stl, si era risvegliata in me una forte vita spirituale, interiore come se avessi ritrovato il legame con Ia mia infa;1zia. Infatti, sono cresciuto in una famiglia in cui c'era una forte compenetrazione tra Ia fede e la vita. Andavamo a messa cinque chilometri lonta- no, a piedi, e mi ricordo ancora che aspettavo questa momenta come una cosa bellissima. Nel noviziato e riapparso in me questa vivace fiume carsico. Mi interessava tanto il mondo dello Spirito, rna ho trovato diffi- colta nel comunicare le mie intmzlom, le m1e espe- rienze spirituali, che quella volta ritenevo mie conquiste. Cosi cresceva man mano dentro d1 me un rivoluzionario ... 18 Primo giorno Guardando indietro, vedo che cercavo, si, lo spi- rituale, rna lo cercavo da protagonista. Questa era il clima che respiravo ... E oserei dire che continua ad essere il clima che respira Ia maggior parte dei cri- stiani. Pensiamo di essere noi, con Ia nostra intelli- genza e il nostro impegno morale, a dare inizio ad una svolta spirituale. Ma, pili siamo convinti di que- sta, piu ci troviamo dentro al vortice di noi stessi il vortice dell'io, del nostro mondo psicologico, che cerca di essere espresso, sana to, affermato ... Il mio esodo? Penso che sia legato a degli incon- tri provvidenziali. Durante Liinia formazione ho co- nosciuto due uomini di grande statura intellettuale e spirituale che mi hanno aiutato a gestire il vulcano che era dentso di me: padre Vladimir Truhlar e pa- dre Marijan Sef. Truhlar era un poeta e un teologo di fama internazionale, professore alla Gregoriana. E stato lui a scoprire il mio talento artistico. Nelle sue visite al noviziato ha considerate che le mie pitture non erano solo il capriccio di un giovane. Padre Sef era allora il mio superiore. E stato lui a mandarmi all' Accademia di Belle Arti. Il giorno della mia par- tenza per Roma, mi ha detto: "Non so esattamente perche ti man do all' Accademia, rna sen to che e bene cosi, e che solo Dio sa quando e dove questa sara utile per Ia sua Chiesa". All'Accadem.ia, ho assorbito velocemente tutte le correnti dell'avanguardia che affermavano Ia forza del- l' espressione, 1' energia di un soggetto cap ace di dar vi- ta agli stili pitt diversi, di creare espressioni per tradur- re il proprio stato d'animo in un linguaggio pittorico. l9 1\;f.l. Rupnik II rosso della piazza d'oro Ho vissuto in modo esistenziale questa voglia di espri- mermi, e di farlo in un n1.odo unico e irripetibile, per proteggere cosi il soggetto come qualcosa di prezioso, di irriducibile a qualsiasi oggettivazione. L' irruenza della creativid era cosi forte che anche il mio profes- sore si meravigliava. Gia da studente avevo allo stesso tempo pili di una mostra personale. L'impadronirsi delle scoperte dell'arte moderna avveniva per me qua- si automaticamente. Tutto cia che e successo con la pennellata - da Van Gogh fmo a Franz Klein o a Emi- lio Vedova - mi sGmbrava di averlo gia dentro. Tutta la genesi del colore da Kandinskij, a Nicolas de Stael fino a Karel Appel passando per Montanarini - mi sembrava qualcosa che mi apparte- nesse. Muovevo la spatola senza sporcare i colori, co- me se questa agilit:l mi fosse del tutto connaturale. Ho passato mesi ad approfondire la materia come linguag- gio autonomo, mentre studiavo Rauschenberg, Jaspers Johns, Lucio Fontana, Alberto Burri e cercavo di co- gliere la gestualit:l del pennello come segno in Ma- thieu e Tapies. Ma, pian piano, ho cominciato a percepire il ri- schio di tutto quello che stavo vivendo. I1 campanello di allarme erano i rapporti cor1 gli altri. I1 mio relazio- narmi con 1' oggettivid degli altri cominciava a rivela- re che qualcosa non andava. Allo stesso tempo, il cuo- re stesso si faceva sentire come se stessi esagerando da qualche parte, come se in me soffrisse 1' armonia dell'insieme. Mi rendevo conto anche che questo non era il modo in cui mi relazionavo con Dio. Comin- ciavo ad avvertire che l'arte intesa in questo modo ' come un drago: credi di saperla cavalcare, ma da ur 20 Primo giomo momento all'altro ti puo anche scaricare, calpestare e distruggere. Soprattutto accanto a padre Spidlik ecco il terzo incontro provvidenziale - ho cominciato ad avvertire in me una specie di incompatibilit:l tra questo modo di concepire l'arte e la vita nello Spirito, la fede. Proprio padre S)yidlik si divertiva ripetendo di averti "convertito" dal pittore astmtto che eri all' artista figurativo che poi sei diventato ... Si, uno dei giorni felici nella vita di padre Spidlik e stato sicuramente quello in cui sono venuto a dirgli che mi era diventato totalmente chiaro un errore dif- fuso, un errore che anche nella Chiesa e general- mente accettato, cioe che per essere spirituale 1' arte essere astratta e che, quanto pili e astratta, a-fi- gurativa, tanto pitl e spirituale. Sono convinto che sotto questa convinzione si nasconda una variante dello gnosticismo, 1' eresia pill tenace, pill dura a mo- rire e pitl avversa alla fede cristiana che sia mai esisti- ta. Proprio padre Spidlik, con il suo tipico sorriso, commentava: "Eh gia, gratta, gratta e vedrai come da un cattolico salta fuori uno gnostico". Eravamo vicini a Pasqua quando cominciai con tanto calore, con tanta grazia, a capire che il proble- ma fondamentale del nostro tempo e proprio un an- tropocentrismo radicale, un soggettivismo esasperato, un Io esageratamente affermato. Se l'Io e l'epicentro assoluto, praticamente la fede non vi puo far breccia. Non solo la fede, ma rimane estraneo all'Io ogni amore, ogni relazione sana verso le persone, verso gli 21 AI.I. Rupnik Ihosso della piazza d'oro oggetti e, paradossalmente, anche verso se stessi, per- che siamo persone, che, al contrario degli individui, emergono dalle relazioni. E, se l'Io e il centro da cui parte ogni iniziativa, ogni conoscenza, ogni azwne, allora il mondo non puo che finire nell'atomismo conflittuale, in una guerra di antagonismi. Padre Spidlik mi ha rnesso in contatto con i mae- stri giusti al momenta giusto. Mi ricordo come leg- gevo per la prima volta Berdjaev, Vladimir Solov'ev e avvertivo con la certezza del cuore che la connaturalita che sentivo ora con quanta leggevo era molto diversa da quella con le correnti inforrnali for- ti, espressioniste, materiche, gestuali, di cui mi ero imbevuto. Qualcosa di pitl profondo, di pitl integra, di pitl complesso, ma allo stesso tempo di pili sem- plice, si svegliava in me. Sentivo muoversi dentro il cuore di nobile,di bello, di amabile ... di umile, semplice e caldo. Avvertivo con chiarezza co- me nascevano in me desideri di bond, di onesta, di umilta, di ritmo, di disciplina, di digiuno delle forme affinche queste stesse forme potessero acquistare pi6 sempliciti, pill autenticiti, pitl intensiti. Ricardo an- cora con tanta chiarezza il respiro a pieni polmoni che percepivo quando leggevo in Solov'ev che la ci- ma del bene e del vero e la bellezza. Il mio pensiero si scaldava sentendo che questa mondo e chiamato alla sacramentaliti. E quanta non solo in- tellettuale, rna di vita, rni portava la lettura spirituale della storia fatta da Berdjaevl Ma era soprattutto nel- la visione del sirnbolo proposta da Solov'ev che po- tevo intuire un rnondo di uniti e di sintesi, un supe- ramento degli antagonismi, degli idealismi, e degli 22 Primo giomo analogismi che fino ad allora avevo sentito nella stu- dio della filosofia: il sirnbolo non e un segno arbitra- rio che mi parla dell'aspetto pi{I profondo della realta - il noumeno, direbbe la filosofia -, ne una sua so- miglianza indiretta, rna il ponte che mi mette in co- munione con la realti che per mezzo di esso si fa presente ... Il simbolo mi fa partecipare all'uniti dei .due mondi. Questa visione spero avremo occasio- di parlarne - andava di gran lunga oltre tutto quello che avevo sentito prima e mi sernbrava sem- pre pill corrispondere al linguaggio proprio dell' e- sperienza cristiana. Nell'arte cominciavo a cogliere imrnediatamente il valore del rapporto di quantita tra i colori. Ho ca- pita che, per dare il prirnato assoluto a un colore, non bisognava renderlo onnipresente, trovargliil suo posto in relazione agli altri. Corninciava cosi a formarsi in me uno sguardo ecclesiale, di armonia, di sinergia, secondo la visione dell' organismo di san Paolo. Insomma, ho cominciato a imparare che, per sentire il canto, non devono gridare tutti. E intuivo che verra il tempo in cui, per dire le cose forti e im- portanti, veramente significative, bisogner<l sussurrarle a bassa voce. E all ora che 1' ascolto diventa pill to tale, pill attivo. Ricardo ancora, in questa ricerca artistica e spiri- tuale, incoraggiato da padre Spidlik, di essere andato un giorno alle catacombe. Non come ci ero gia an- data prima, ma con il desiderio di sintonizzarmi con il mondo spirituale dei primi cristiani cercando di cogliere che cosa pensavano, sentivano, vedevano, credevano, amavano quelli che avevano dipinto le 23 1\I.l. Rupnik II rosso della piazza d'oro pitture che ancora si trovano 11. E, con questa desi- derio di mettermi in comunione con una parte della Chiesa, del suo Corpo, e successo che un giorno mi sono spontaneamente fatto il segno di croce davanti a queste pitture. Era allora che hai cominciato a dipingere tanti pesci? Proprio cosi. Ad un tratto ho scoperto che il pe- sce che stavo dipingendo era diventato praticamente un occhio. Qui il mio mondo e cambiato: all'im- provviso non ero pitl io che guardavo e cercavo di possedere il mondo come un soggetto predace, ma mi sono scoperto vista, guardato. Era una grande no- viti: in un modo cosi concreto, com' e conneta una pittura materica, con i colori decisi, vedi un occhio che ti guarda! La concretezza di uno sguardo che, forse, da bambino avevo sentito posato su di me, ma poi avevo smarrito. E allora e nato questa cammino, questa ricerca ... Questa exodus, questa "conversione", come la chiamava padre Spidlik, e stato un periodo che e du- rato diversi anni e che ha attraversato tutta l'arte pa- leocristiana, per arrivare soprattutto ai momenti forti del prim() e del romanico. Ma non ho pili abbandonato quegli autori che hanna suscitato in me quel sensa di universaliti e di concretezza, di umilta e di forza, che mi hanna saputo riscaldare il cuore per Dio. Padre Spidlik mi ha tenuto sempre in com- pagnia di Solov'ev e dei suoi discepoli, insieme agli antichi Padri della Chiesa. Ne ho letti tanti, lenta- mente, e sempre parlando con lui di quello che leg- 24 Primo giomo gevo. E Spidlik si interessava di ogni nuovo quadro, di ogni passo ne abbiamo sempre parlato... una conversazione ininterrotta per 30 anni. Poi c'e stato un quarto incontro provvidenziale, quello con Giovanni Paolo II. Quando mi chiese di cominciare a pensare alla cappella Redemptoris JVlater, mi si e dischiuso un modo nuovo di vivere la voca- zione ... Tutto quello che una volta desideravo, l'e- spressione per la quale combattevo, i progetti che avevo e per i quali lottavo, tutte queste cose lungo gli anni pian piano avevano passato il Calvaria ed erano state deposte una dopo l'altra sull'altare. E poi, ad un tratto, era Ia Chiesa a chiamarmi ... Tutto era radical- mente diverso! Tante volte in questi ultimi anni, con tanta gratitudine per Giovanni Paolo II, ho pensato alla storia di Mose come ad un messaggio salvifico ('f:'ier ine. Mose comincia in Egitto da protagonista. E 'lui a decidere che cos a bisogna fare ... M{l.,r;l,()i, nel deserto, davanti al roveto ardente, e chiamato ed e Questo e il passaggio obbligato per ogni vocazione, affinche non sia basata su di noi, lll'1 mllil e cosi divenga anche una realti di comu- Nella Chiesa, nessun dono puo essere isolato e immaginato a prescindere dagli "altri". Tener con- to degli altri fa parte dell'essenza del dono, come pu- re .la comunione e 1\mit:l. Per questo i doni, i cari- smi, emergono nella Chiesa, cioe in un contesto personale, fatto di rapporti concreti e della comu- nione. Sono sempre pitl grato della grazia che mi e stata data di comprendere questa cosa e di passare pian piano da un' arte dove io ero il centro e 1' arte il 25 AI. I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro mezzo e il campo per esprimermi, ad un'arte che e un servizio, come ogni altro servizio. Ho vissuto questa come un processo di liberazione, che e cul- minato nell'incontro con Giovanni Paolo II. Credo che uno dei doni pi6 grandi in questa cammino di esodo sia stata una visione sempre pi6 chiara probabilmente sia a causa dell' esperienza spirituale che della sua comprensione intellettuale che di pari passo padre Spidlik mi faceva fare , una visione veramente spirituale, come la chiamava lui, che la questione della e dunque della salvezza dell'uomo, e in ultima istanza la que- stione della mentalita. Che cosa signiftca concretamente che Ia questione della saluezza e Ia questione della menta/ita? La nostra mentalita, come anche la cultura, e con- dizionata da una dinatnica di fonda che potremmo sintetizzare come la dinamica tra indiuiduo e natura, che va distinta dalla dinamica tra persona e comunione. che cosa si basa questa differenza? Su come r"''"nrPn diamo il mistero trinitario. Ad un certo punta storia, abbiamo cominciato a spiegare 1\mit:l ria carne "essenza", ossia come "natura divina", che ci ha permesso di sviluppare un pensiera LlJIILcc- tualmente molto logico e preciso, perche pi6 to, in quanta la natura si presta ad essere definita cettualmente. Mentre all'inizio i Padri - sia q orientali che sant' Agostino preferivano parlare la "Trinita partendo dal mistera delle tre Persone nella lora recipraca adesione, fondata sull'amore 26 Primo giomo Padre, formano un'unita assoluta. Su questa sfondo, Ull solo Dio e questa comunione delle tre Persone che rivelano la lora identitii personale proprio tramite le Ioro relazioni, a partire da quella fondante con il Padre. E che cosa si comunicano le Persone divine? La lora natura, che essi hanno in comune, rna ciascu- no la dona all'altra con il timbra personale con cui la possiede. La persona e costituita dunque anzitutto da una realta, da una dimensione che fa si che essa sia del tutto unica e insostituibile. Questa dimensione e proprio il principia agapico, d' am ore. L' altra realta che costituisce la persona e la natura che ogni perso- na possiede. La natura divina e una e indivisibile e ogni persona divina la possiede integralmente dando- le la propria impronta personale: il Padre la paternita, i1 Figlio la figliolanza ... L'amore e personale, libera e percio e un grande mistero, mentre la natura si offre alla speculazione. E infatti presto siamo arrivati ad af- ferrnare che la natura e conoscibile ed accessibile alla ragione. Essendo una realta oggettiva, la natura ha le sue leggi intrinseche, che si possono conoscere. In modo certo pitt esauriente nel creato, ma anche nel mondo metafisico si giunge ad una certa conoscenza della natura metafisica. Ma gli antichi Padri proprio per questo davano la precedenza alla persona. Atier- mavano come prima cosa il principia agapico e Iibera della persona che non puo essere riducibile alla tlatu- ra e pertanto rimane un mistera che fino in fondo nonpuo essere scrutabile. Questo vale in modo asso- per le Persone divine, ma in modo creaturale va- le anche per la persona utnana, creato secondo l'im- magine di Dio. 27 AU. Rupnik - II rosso della piazza d 'oro In questa visione, e la persona che imprime la sua ipostasi cia che di essa e inconfondibile - nella na- tura che possiede. La persona si esprime nella sua na- tura, dandole sempre pitt un'impronta agapica, poiche la dimensione fondante di ogni personae l'amore. Se invece prendiamo come principia di unit:l 1 natura - cioe parlare di un solo Dio non perche le tre Persone divine so no unite cos! tanto nell' am ore del Padre da fare una cosa sola, ma perche hanna un sola natura -, ecco che la natura si puo esprimer 1 con delle leggi che sono razionalmente formulabili e che si prestano all'intellettualizzazione, perche la na- tura e sempre qualcosa di oggettivabile, che ha le sue regole, che possiamo conoscere. Una natura conce- pita cosi si esprime nell'individuo, secondo una logi-- ca necessaria e causale che esclude la libertii, perch' conoscendo la natura posso conoscere tutti gli indi vidui della stessa natura, dal momenta che l'indivi duo si realizza facendo emergere in se la sua natura, Conoscendo la natura del coniglio, conosco tutti conigli. Mentre, certamente non si puo dire quest per la persona umana. Benche abbiamo tutti la natur umana ci vuole ben altro per conoscerci l'un l'altro. Quando partiamo dalla comunione, cioe dalle re lazioni nell'amore, non abbiamo pitt individui razi nalmente conoscibili, ma persone che sono un miste ro e che si rivelano per essere conosciute. Se non parte da qui, diventa molto difficile collocare e giu stificare il mistero di ogni persona, far vedere che persona e irripetibile, insostituibile e non riduc.ibil alla natura. Lo spazio per il personalG, che e assoluta mente imperscrutabile dato che e mistero -, dimi 28 Pri111o giorno nuisce, diventa qualcosa di accidentale, perche l'indi- viduo e semplicernente un'espressione della natura. Quindi, se si parte dalla persona, si il princi- pio del mistero, mentre quando si parte dalla natura il mi- stero vierze in qualche modo rimpiazzato da una dialettica tra natura e indidduo ... Si, e proprio questa impostazione di fonda a fa- vorire quella dialettica tra natura e individuo di cui continuamente paghiamo lo scotto. Infatti, dal mo- menta che l'uomo non e semplicemente un indivi- duo, ma una persona irripetibile, non potra mai ac- cettare di essere considerato uno tia tanti, e cerched. di imporsi e di affermare qualcosa di completamente unico. E proprio la dialettica natura-individuo quella che da adito allo scontro continuo tra l'autoafferma- zione dell'individuo da una parte e dall'altra la Iegge della natura che cerca di gestire gli individui. Questa dialettica, come sappiamo, ha prodotto da un lato un soggettivismo esasperato e dall' altro lato la necessita di regolare la ribellione individualista a cui il sogget- tivismo da esito con un sistema che riconduca ad una qualche unita, basandosi sulle idee, sulla filoso- fia, o sulla Iegge, sull' obbligatorieta di certi compor- tamenti... Ma questo continuo richiamo magari addirittura con la forza - perche l'individuo si sotto- metta ai principi dell'unita, sara sempre sperimentato come qualcosa di astratto, di coercitivo e di esterno. 29 M.I. Rupnik II rosso della piazza d'oro Ma questa ricerca di una sintesi tm le esigenze dell'in- dividuo e della societa, in fimdo, non fa parte da sempre della nostm civilta? Una volta si sottolinea di pit't l'aspetto della conwne Iegge morale e sociale, e l'individuo e sacriji- cato su questo a/tare, un'altra si sottolinea di pitt l'aspetto della liberta indiuiduale e si cade nell' anarchia ... E Berdjaev a sottolineare proprio come il conti- nuo bilanciamento fra i due estremi, fra 1' esigenza di un ordine maggiore e quello di una piu perfetta li- berta, non puO su questo piano, ma ha una soluzione cristologica:' Per questo e fondamentale cogliere il concetto di natura in relazione alia perso- na, proprio come menzionavo riguardo alia Santis- sima Trinita. Altrimenti ricadiamo nella stessa dialet- tica che si puo osservare gia nella mentaliti classica, tutta basata sul principia che prima bisogna elaborare l'ideale e poi realizzarlo. E come si elabora l'ideale? L'ideale si ottiene facendo emergere la natura delle cose attraverso un processo di astrazione a partire dal- la loro ,osservazione e potenziandone l'idea di perfe- zione. E come se dalle cose si tirasse fuori la loro na- tura e la si correggesse evidenziando la sua petfezione formale, per poi tornare alla realta e correggerla in ogni individuo di quella natura proprio sulla base di questa natura perfezionata. Cos! si elabora; ad esem- pio, l'idea della donna perfetta, della donna come do- vrebbe essere secondo la perfezione della sua natura, e poi si offie questo modello ad ogni donna concreta. Andando avanti con una mentalita basata su que- sto schema, si sono creati dei cl.fches di perfezione che sono divenuti obbligatori e costrittivi, veri e propd 30 Primo giorno criteri di uniti del pensiero e del comportamento. Ora, nel nostro contesto culturale, questa elaborazio- ne ideale e stata purtroppo spesso presentata sullo sfondo della religione cristiana. Di conseguenza, e fa- cile comprendere la ribellione che si e condensata nell'individuo e che ha provocato anche il rigetto della tede. Quando l'individuo ha cominciato a svin- colarsi dal domino di questo ideale della natura im- posto come criterio di uniti, probabilmente nessuno poteva immaginare tutto cio che tale liberazione si sarebbe tirata dietro. Stiamo assistendo ormai da mol- to tempo al processo con cui l'individuo si sta libe- rando da ogni legame con la comunita, con la so- cieti... E ogni volta che si pensa di essere ormai giun- ti alia fine, si scopre di nuovo la lotta dell'individuo che sta ancora tagliando i legami con l'insieme, con la societi e le sue norme, oppure che accetta solo queUe che gli vanno bene, cambiandole e sostituendole al- l' occorrenza. Questo conduce ad una frantumazione ad il!fini- tum delle mentaliti, delle autonomie dei linguaggi, delle affermazioni unilaterali dei gusti, dei modi di essere, di agire ... La voglia dell'individuo di esprimere la sua unicita sembra insaziabile! Ma non c'e dubbio che, proprio proseguendo in questa direzione, si sta verificando un dramma antropologico, dal momento che all'interno della dialettica natura-individuo l'in- dividuo non riuscid mai ad affenlk1re la sua unicita come un trionfo della vita. Ed e chiaro anche che il continuo richiamo alla cultura delle relazioni, della solidarieti, della convivenza, della tolleranza, dell'im- portanza della comunita ecc., non puo portare nessun 31 1\II.I. Ruprlik- II rosso della piazza d'oro vero i ~ u t t o fino a quando non si avra il coraggio di ripensare lo schema di fondo che genera questa dia- lettica e che non permette nessuna via d'uscita. Purtroppo anche lo sforzo nelle comunita cristiane di vivere veramente la comunione approda continua- mente ad un fallimento pitt o meno palese, malgrado le persone si sforzino sinceramente di vivere la comu- nita. Infatti, e abbastanza evidente che non si puo giungere alia vera comunione, se la mentalid dei membri permane quella opposta alia comunione, cioe quella dell'individuo, che cerca di affermarsi facendo emergere con forza la sua natura, tentando di darle un'impronta assolutamente individuale, radicalmente opposta alia comunione. Non appartiene alia natura umana sacrificare se stessi. La comunione si realizza con il gesto personale, con un'intelligenza agapica che illumina la persona e la conferma nel senso del sacrificio di se. La persona emerge dalle relazioni, e quindi si realizza nelle rela- zioni, nelle quali coinvolge anche la sua natura come amore e comunione. Invece, solo a partire dalla na- tura, l'individuo non puo convincersi del sacrificio di se. Sullo sfondo di questa dialettica natura-indivi- duo non e possibile realizzare la comunione. E infatti non e l'appartenenza alia stessa natura che ci fa fra- telli, ma il riconoscerci figli dello stesso Padre ... Dopo che nel primo millennia esisteva un'imme- diatezza esperienziale e concettuale che identificava la Chiesa come comunione, tanto che alcuni teologi parlano dell"'ecclesiologia eucaristica" dei Padri, nel Secondo millennia, per secoli, quando si e perso ille- game che san Paolo stabilisce tra la dotttina della 32 Primo giorno Chiesa e quella dell'Eucaristia, non abbiamo avuto praticamente un' ecclesiologia di comunione. II Vati- cano II ha recuperato la centralita della celebrazione liturgica come culto di una comunita che realizza se stessa come Corpo di Cristo, Corpo di comunione, ma certamente non e sufficiente decidere semplice- rnente di cominciare a vivere la comunione. Bisogna cogliere tutta la profondita del Concilio e compren- dere che 1' ecclesiologia di comunione presuppone una svolta dellafimna mentis, una conversione genera- le di mentalid che parte soprattutto da una rinnovata visione della Trinita, perche e da qui che scaturisce la comumone. Percio 1\mica via d'uscita dalla dicotomia tra l'af- fermazione dell'individuo e il desiderio di comunio- ne e una radicale conversione della mentalid. Ma la conversione della mentalita e una questione squisita- mente spirituale ... O,egi sianw in i rnbara.zzo quando dobbiamo spiegare che cosa s(i!,n{fica Ia sa!Pezza. Forse anche questo ha a che fare con il problema dell'individuo che si qJJerma e che non sente nessun bisogno di essere salPato? In1tti, uno dei campi in cui questo problema del- la mentalita e pili visibile e proprio la questione del peccato e della salvezza. La salvezza non puo essere una salvezza dai peccatucci, perche ho rubato la mar- mellata ... Ad un certo pun to questa impostazione non ha retto e l'uomo moderno non ci ha creduto pitl. Allora, per spiegare la salvezza, abbiamo comin- ciato a tradurla con i bisogni dell'uomo nei vari cam- 33 AU. Rupnik II rosso della piazza d'oro pi dal campo sociale, a quello economico, medico, culturale, ecc. - e si e pensato che la risposta a queste necessita fosse la salvezza. Ma la salvezza e e rimarr<1 ed oggi e pill che mai urgente affermare questa la salvezza dal peccato. Ma cosa e il peccato? i1 padre di tutti i peccati, e quello che 1i nutre tutti: ritenere se stessi il centro, g1i artefici di tutto, anche della vita spiritua1e e della fede. Siamo stati in grado di spiegare differenze minuziose tra i peccati e di fare attenzione a tanti dettag1i, ma non eravamo abituati a pensare che tutti i peccati derivano in fonda da un unico peccato - quello per i1 qua1e l'uomo si sente 1' epicentro anche della fede, perche e fondamenta1- mente solo. E questa peccato ha ta1mente permeato la nostra menta1ita che neanche ci accorgiamo pi6 che siamo noi con la nostra capacita a gestire tutto, persino Dio. Per questa motivo diamo tanta sottoli- neatura alia nostra opera, al nostro impegno e, in fon- da, anche ai nostri meriti. Ed e chiaro poi che alia fi- ne presentiamo anche i1 canto di questa: si esigono gli appagamenti, i premi e 1e 1odi, perche siamo noi a fare, e quindi noi meritiamo ... II noccio1o della sa1vezza e 1iberare 1'uomo da se stesso, sollevarlo da un ruo1o che si e prescritto da solo e che esige da se stesso, ma che in realta non gli appartiene: quell a di auto-sa1varsi. Perche, se 1' epi- centro so no io, devo pensarci io ... Proprio questa e 1a mentalita del peccato. Infatti, se l'uomo afferma se stesso come epicentro asso1uto, significa che dal suo orizzonte e gia scom- parso Dio. Ossia, ha gia sistemato anche Dio dentro ad un sistema dove 1'uomo e il centro e Dio al massi- 34 Primo giomo rna puo rappresentare un'assolutezza solamente a li- vello ideale, pensato, comp1etamente astratto rispetto alia vita di quell'uomo. Ma ormai questa presunto ap- proccio intellettua1e non sfocia pill neanche nel mora- lismo. Rimane puramente una questione concettuale. A monte di questa maniera di ragionare c'e l'antago- nismo tra Dio e l'uomo - l'inganno pi6 diabolico che la Bibbia ci riveli. Anche noi cristiani cadiamo in que- sta inganno, quando sentiamo il bisogno di insistere sullo sviluppo dell'uomo, magari con un complesso di inferiorita, per non rimanere indietro rispetto aile tendenze cu1turali di turno. Credo che questa sia 1a trappola della quale non ci siamo resi canto. Oggi si pensa di dover dare spazio all'uomo per- che prima e stato schiacciato da una divinita astratta, rna anche questo significa perpetuare 1' antagonismo tra Dio e l'uomo. Mentre per noi dovrebbe essere cosi chiaro che, grazie all'incarnazione di Cristo, non si puo pi6 pensare l'umano senza l'unione con il divino! Questa unione tra Dio e l'uomo e compiuta da una Persona divina, dal Figlio di Dio, all'interno di un amore filiale, all'interno di un rapporto con i1 Padre, percio e una libera adesione, perche e agapica. Se non contempliamo costantemente la nostra umanit:l come divinoumanid, come umanid vissuta da Dio, cominciamo ad importare nella Chiesa la mentalid del mondo. Tanto che poi non ci distin- guiamo pi6 dal mondo. E, quando si prende co- scienza di questa e si comincia a temere per la pro- pria identita, ci aggrappiamo aile case forrnali, ai piccoli dettagli che mettiamo come paletti di confine tra i cristiani e il mondo. Ma il vero confine e uno 35 M.l. R11pnik- II rosso della piazza d'oro solo, quello che distingue la fede in Cristo da una religione qualsiasi: la rivelazione della vita nuova. Ma, quando si sente il bisogno di garantire la propria identid. stabilendo un confine culturale formale, e chiaro che l'identid non e pitl esistenziale. Si vive la stessa vita che esiste fuori della Chiesa e si crede che basti marcare la frontiera istituzionale per stabilire la differenza dal mondo. Fino a quando non avviene una conversione della mentalit:l, non e possibile una nuova primavera della fede. Una nuova evangelizzazione all'interno del no- stro contesto culturale avverra solo attraverso donne e uomini che partiranno dall' esperienza della salvez- za, cioe dall'accoglienza della vita di Dio, e dunque da una mentalita radicalmente diversa da quella della quale siamo tuttora innamorati. Oggi nella Chiesa si parla ancora tanto del nostro im- P ~ s n o per Ia promozione dei LJalori umani, della formazio- ne prinw "umana" e poi "spirituale", della "umanizza- zione" delli ambiti ecclesiali ... Anche Benedetto XVI nel- la Porta fidei awertiva if pericolo che i cristiani siano phi preoccupati per le conseguenze sociali, culturali e politiche del foro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto owio, benche debbano continuamente constata- ' I re co1ne non sw cost. Questa, Secondo me, e iJ decadere della fede a dottrina, a insegnamento. Puo essere qualcosa anche utile per una vita migliore dell'uomo e della societ:l, rna solo per poco. I "valori" tanto declamati oggi so- no come le stalattiti sulla volta di una caverna. Pen- 36 Primo giorno dono finche ci sono minerali e acqua che umidificano !a copertura della grotta. Quando si secca tutto, non ci sono neanche le stalattiti. E, inf:1tti, la crisi della fede oggi va di pari passo anche con un regresso di civilta. E l'assenza della rivelazione della vita nuova, cioe del- l'umanit:l vissuta al modo di Dio, la mancanza della rivelazione della nostra umanit:l come umanita di Cristo, si accompagna alia crisi espressa dalla nostra mentalit:l corrente. In altri termini: fino a quando non ci diventa completamente connaturale il fatto che noi non possiamo considerare l'umano se non come divinoumano cioe umano e divino non separati, ma uniti in un amore personale, nella Iibera adesione reci- proca compiuta in Cristo - noi continueremo ad es- sere non redenti. L' assenza della divinoumanita di Cristo sia nella nostra teologia che nella nostra menta- lid quotidiana indica che ci manca ancora I' esperienza della salvezza. Infatti, considerare ancora umano e di- vino come separati rivela in qualche modo il nostro giacere nel peccato. Fino a quando l'umano non cessa di essere preso isolatamente, ossia fino a quando l'u- mano e il divino non smettono di essere considerati astrattamente, filosoficamente, ma a partire da una persona concreta, che e Cristo, noi abbiamo ancora bisogno di essere salvati. Essere salvati significa non pater pili rinchiudere il divino e l'umano nel campo dell'astrazione filoso- fica o teologica, perche, se siamo in Cristo, lo Spi- rito Santo ci comunica tutto il sensa e la verita della divinoumanita di Cristo come una realta nostra, mia. 37 AI.l. R11pt1ik II rosso della pia.zza d'oro Quando siamo raggiunti dalla salvezza, siamo rag- giunti da Cristo. Anzi, come direbbe san Paolo, venia- mo trovati in Cristo. E, trovandoci in Cristo, l'unione divinoumana diventa anche la nostra esperienza. In- corporati in Cristo, cioe a partire dall' esperienza della vita in Cristo, cominciamo a comprendeie Tunione divinoumana. Ma, se stiamo fuori, tutto rimane un di- scorso astratto e allora si oscilla tra l'uno e l'altro estre- mo. Rimanendo fuori da Cristo, la fede cristiana resta semplicemente una religione, soggetta a qualsiasi uso ideologico, come ogni religione. E questa permea la mentaliti, quella pratica, quella che normalmente si usa nel vissuto quotidiano. C' e solo una via alia cono- scenza dell'unid divinoumana, ed e soltanto quella esperienziale-razionale, cioe quella che parte dall' espe- rienza personale della redenzione in Cristo. Ed e per questa che l'assenza della divinoumanit;1 nel nostro orizzonte teologico e spirituale pratico indica la non esperienza della redenzione. Questa si capisce molto bene tornando a quanta dicevamo prima: una cultura basata sui concetto e sulla dinamica natura-individuo non puo che portare all'auto-salvezza. Ma questa non e la salvezza dell'uomo intero. Stianw parlando dunque della d!f{erenza tra Ia menta- /ita della fede e Ia menta/ita della religione. Ma - per non rischiare di prendere per owio quello che non lo e -, che cos a dobbiarno intendere quando diciamo 'Jede"? La fede e l' accoglienza di un dono gratuito, cioe e la vita di Cristo. Quindi e l'accoglienza di Cristo. Questa accoglienza della vita avviene nell' esperienza 38 Primo gion1o della morte a quella vita che ritenevo 1nia. L' acco- alienza di Cristo avviene cioe nel passaggio dalla mia t> morte al risvegliarmi ad una vita che e molto pili mia, ma e di Dio; una vita nella quale io mi scopro unito al Padre. Non sono pitl da solo, ma sono vera- mente un figlio amato. Ma ci vuole la morte: la fede nasce attraverso l'esperienza drammatica di far mori- re l'uomo vecchio che accentra tutto e fagocita tut- to. Solo nella morte dell'uomo segnato dal peccato si puo incontrare Dio, perche quella volond che vor- rebbe meritare Dio con il proprio sforzo o magari solo attraverso la ragione e proprio quanta pili si op- pone all'unione sia con Dio che con gli altri. AI Padre si accede come figli, evidentemente. Ma que- sta non puo essere un' opera mia, perc he io non mi posso auto-generare come figlio, posso solo essere genera to. II peccato impedisce questa processo facendo leva sui fatto che la mia realizzazione dipende dalla mia bravura e dal mio impegno. Percio il pili grande im- pedimenta alia fede e il protagonismo dell'uomo, an- che quello nascosto sotto le etichette sacrosante della verita e del bene. L'uomo si convinced della propria conoscenza - ma anche questa scaturisce gia dal pec- cato descritto nel terzo capitola della Genesi - e sara lui solo l'unico protagonista della conoscenza. Percio una ragione non redenta avra sempre difficolti con la verita che le viene incontro rivelandosi. II modo di agire di una ragione non redenta e infatti quello della conquista, non della contemplazione, che e sempre <lCCoglienza. La ragione e in grado di elaborare men- talmente tutto quello che con il peccato ha perduto, 39 Af.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro ma fraintende la sua elaborazione con la conoscenza reale. Cio che pensera, che elabored, lo scambied sempre per la verita. E capace di fare questa anche ri- guardo a Dio. Ma un' elaborazione del genere e tradita dall'assenza deli'amore, cioe dalla radicale separazione tra la conoscenza e l'amore, tra la verita e l'amore. Percio, come dice san Paolo ai Romani, si puo anche arrivare ad una conoscenza di Dio, ma questa non si- gnifica ancora riconoscerlo come Signore e adoire li- beramente a Lui. Questa scisma tra conoscere e ade- rire, che e conseguenza del peccato, troved un'allean- za forte lungo tutta la storia nella cultura, nella men- talita, in tante scuole filosofiche. Tanto e vero che non mancheranno mai le idee, le proposte, la proget- tualita. Cio che manca e la vita, l'amore, la gioia ... I1 nemico, alia fine, rimane sempre la morte. Se si aderi- sce fuori dall'amore siamo neli'ideologia, nel fonda- mentalismo, nel fanatismo. Questa accade con la co- noscenza a tutti livelli non solo riguardo a Dio -, ma nessuna di queste conoscenze favorisce la vita. Il peccato ha destinato ogni vivente alla morte. Solo la fede ta si che questa tragico cammino verso la tomba possa diventare il passaggio al Padre, perche questa passaggio e stato vissuto e realizzato in pienez- za dal Figlio di Dio che ha varcato 1' abisso del pecca- to e della morte; e entrato nel peccato, subendo tutta la tragedia del peccato fino alia morte, e da risuscitato e tomato al Padre. Con Lui 1a morte diventa la meta- morfosi pasquale di morte-risurrezione. E la morte- risurrezione battesimale diventa il ritmo stesso della nostra vita. Il battesimo ci innesta in questa Figlio di Dio fatto uomo, per percorrere in Lui la stessa strada. 40 Primo giomo Lafede e di .Crist,o passaggio dalla morte alia vita fihal:, e 1 dell'amore di Dio che riesce ad umre la nua uma- za ll' ''dl 't' peccaminosa e dunque mortale, a urnamta e ma , Fi lio che vive al modo di Dio tutte le conseguenze g . . 1 . del peccato che appesantiscono a nua vita. Lui e venuto di qua, nella nostra valle di morte, mandata dal Padre, per recuperare gli uomini di nuo- vo come figli. Lui e venuto per amore del Padre - un am ore che si traduce nell' obbedienza al Padre. E percio, anche nel punta pili lontano dal nella morte, Cristo none solo, ma nell'amore con Il Lui non e entrato nella morte da solo, ma per una h- bera adesione al progetto del Padre. Ha fatto della morte un' offerta ... percio non diciamo che si e rialza- to dalla morte, ma che e stato risuscitato dal Padre. Anzi, stando a cio che dice la Lettera agli Ebrei, Cri- sto si e offerto al Padre nella Spirito Santo e il Padre lo ha risuscitato con il suo Spirito. Questo evento tri- nitario e la "struttura" che agisce nel battesimo, cioe nel nostro passaggio al Padre. Il peccato ha cambiato totalmente la struttura l'uomo, distruggendo il rapporto fondante che quello con Dio. Dio ha creato tutte le nutrissero il rapporto dell'uomo con Lui, perche tnt- to diventasse una vita in Dio. Qualsiasi cosa l'uomo tocca con le mani, il suolo sul quale cammina, qual- siasi co sa abbraccia con il suo occhio ... tutto trova il suo sensa nel nutrire il rapporto dell'uomo con il suo Signore. Tutto dovrebbe essere un permanente ricordo di Dio, un dono affinche l'uomo sia felice, 41 i'vl.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro perche unito a Dio. Ma, con il peccato, Dio sparisce e l'uomo rimane il centro dell'universo. II peccato e entrato nel mondo attraverso il La men- talita del peccato, come abbiamo visto, significa fare dell'uomo il protagonista, qualcuno al quale le cose sono dovute. E siccome l'uomo ha cancellato Dio dalla sua vita ed e rimasto l'unico, si considera il pa- drone di tutto e prende le cose a suo piacimento. Dall' orizzonte urnano e sparito il dono, il "riceve- re". sparita l'accoglienza e si e affermato il gestire, l'impadronirsi, il realizzarsi ... Percio la salvezza con- siste nel conoscere Dio come Padre che dona il suo Figlio nelle nostre mani. Ma, proprio a causa del peccato, l'uomo e incapace di accoglierlo: si impos- sessed di Lui e lo tratted come un oggetto. Nell'incarnazione, Dio non fa un intervento sul- l'uonJo, ma si fa uonw e accoglie tutto cio che e l'uo- mo. Dal punto di vista di Dio, l'incarnazione e l'ac- coglienza del non-Dio, dell'uomo, del peccato e della morte. Solo la morte spegne nell'uomo la sua voglia di prendere... Per questo il passaggio alia salvezza e il battesimo, evento in cui noi ci troviamo accolti da Dio nell'umanita del suo Figlio e cominciamo a vi- vere la vita come un dono da accogliere e non come un progetto da realizzare: questa e la fede. Usciamo dalle acque del battesimo o dal sacrarnente della ri- conciliazione come vivi tornati dai morti. La fede e una sorpresa, non una conquista! Sapendo di essere in una tomba, d'improvviso scopro che qualcuno mi fa uscire e soffia su di me un calore che da la vita. Noi ci troviamo in Cristo e Cristo vive in noi. La 42 Primo giomo fede fa abitare Cristo nei nostri cuori, come dice Paolo. La fede e dunque una relazione forte, concre- ta pitl di quanto e concreta la morte. Di so/ito, quando dai le istruzioni nei corsi degli eserci- zi spirituali, parli delle due dimensioni della Jede: fides quae e fides qua ... ossia dell'unit,1 tra i contenuti della fe- de e ['atto con cui decidiamo di Iffidarci totalrnente a Dio, con tutta Ia nostra liberta. Si, la fede riguarda soprattutto due dimensioni. In primo luogo si tratta di questa accoglienza, di questo relazionarmi a Dio: dunque la fede come relazione, come apertura, dove riconosco Dio come primo ed assoluto e dove la mia identita consiste nel considerare me stesso insieme alia relazione con Dio che agisce in me. In Secondo luogo, la fede e 1' accoglienza di Cristo in tutta la sua oggettivita, in tutto cio che Cristo e - quindi la fede con1e contenuto. E il contenuto e la sua vita da Figlio, che Lui mi comunica. E questo conte- nuto, il contenuto stesso della fede, essendo legato alia vita del Figlio, sprofonda da un lato nel mistero trini- tario e dall'altro nel mistero della Chiesa. E immediatamente chiaro allora che il contenuto della fede e inaccessibile al di fuori di questa relazione con Dio, di questa accoglienza di Cristo nella mia vi- ta, che coincide per me con l' opera della redenzione. II :lttO di scoprire che la mia vita, di per se destinata alia morte, viene assorbita nella vita nuova, che e quella del Cristo pasquale che ha passato la morte, questo fatto suscita in me un' accoglienza, una lib era adesione. Questa e la fede: un'adesione libera e totale 43 M.I. Rupnik- II rosso della piaz.za d'oro al dono della redenzione che ho ricevuto. Credo che occorra parlare della fede in questi termini, altrimenti si rischia che il contenuto sia inteso solo in modo dottrinale, come una teoria spiegata razionalmente, da realizzare poi attraverso un impegno personale. In- fatti, quando abbiamo cominciato a dare la preceden- za solo al contenuto e il contenuto e stato concepito in modo ideale e concettuale, la fede non e stata pili intesa come una relazione con Dio che ha la sua ori- gine in Lui, non e stata pitt 1' accoglienza di un volta concreto che e quello di Cristo, l'accoglienza del do- no della vita nuova, ma si e trasformata piuttosto nel pensare e nell'imparare delle verita, delle definizioni dottrinali, da realizzare poi con un grande impegno. Gia il fatto che parliamo cosi tanto della separazione della fede dalla vita mostra che abbiamo frainteso la fede e che gia da molto tempo la comprendiamo in un modo riduttivo, dualista e ideologico. Nella sua lettera a{ tmnine del Grande Giubileo, Gio- Fanni Paolo II sottolineaFa molto co1ne non sia una formula a sa!Farci, ma una persona. "C' e una tentazione -- scriue che da sempre insidia o,r;ni cammino spirituale e Ia stessa azione pastorale: quella di pensare che i risultati dipendano dalla nostra capacita di }are e di programmare". Sembra che questa tentazione sia diFentata per noi del tutto abituale ... Negli ultimi secoli e avvenuto uno scivolamento che ha consolidate nell'uomo esattamente la menta- lira prodotta dal peccato, cioe il pensare di essere noi i protagonisti, anche nel bene, anche nella fede. Par- liamo di cose spirituali, teologiche, ecclesiali, evan- 44 Primo giomo geliche, ma l'impianto della nostra mente e della no- stra volonta e radicalmente basato sul protagonismo. E usiamo senza farci tanti problemi un linguaggio che 1' even to di Cristo e la sua salvezza hanna total- mente superato. In questa sensa si puo costatare come spiega lucidamente Schmemann, ma anche al- tri autori russi - che la fede cristiana diventa un'i- deologia o una religione qualsiasi. Tutto il mondo divino diventa un mondo soprannaturale, pensato intellettualmente, spiegato concettualmente, e poi il sensa della vita dell'uomo consiste nel conquistare con il suo impegno cio che ha conosciuto di questa mondo soprannaturale. Siccome la questione si tra- sforma soprattutto in una questione intellettuale - cioe come presentare questa soprannaturale, questa grande ideale -, ecco che si sottolinea con forza l'a- spetto dell' argomentazione. Dall' argomentazione facciamo dipendere la giustezza del contenuto. L'altro grande capitola che ne deriva e quello eti- co. Un contenuto del genere dovrebbe provocare il cambiamento della vita grazie all'impegno dell'uo- mo ... Da qui il grande problema del moralismo. L'uomo si e servito in modo straordinario della ra- gione per il suo protagonismo, comportandosi da pa- drone del mondo. La sua maniera di usare la ragione lo porta anche ad usare del mondo. Ma questa e una razionalita soggetta alia passione, cioe alla possessiviti e all'autoafiermazione. Ma una ragione usata come uno strumento di potere porta progressivamente an- che ad incrinare l' equilibria stesso della natura del nostro pianeta. Una mentalita del genere ha comple- tamente estromesso la contemplazione, e diventata del 45 At. I. Rupnik II rosso della piaz.za d'oro tutto incompatibile con un'intelligenza contemplati- va. Non c'e pil1 il mistero, non c'e pitll'Altro ... In1tti non si parla pil1 della contemplazione, ne delmondo, ne tantomeno della storia. La contemplazione attiva un'intelligenza relazionale, che cerca di cogliere il si- gnificato in relazione al sensa delle case e degli even- ti. Ma oggi pensiamo di conoscere una marea di det- tagli, mentre in realt:l, proprio perche non conoscia- mo il sensa dell'insieme, anche quei dettagli sono in fonda un capitale morto, come diceva Solov'ev ... Vedi come tutto combacia: una ragione cosi capi- sce la proposta della fede come un "salta nel buio", di cui non si riesce a vedere il motivo, il sensa. Mentre per i Padri era ovvio che la contemplazione si accompagna ad un'intelligenza che si innalza con le ali dell'amore, perche l'amore e un dono di Dio che fa dell'uomo il suo interlocutore. Invece qui l'uomo e solo. AI massimo e lui che si costruisce un "dio" come proprio interlocutore. E poi, che fine ha fatto tutta l'argomentazione ra- zionale della religione con la quale volevamo dimo- strare la grande logicit:l e la coerenza del nostro ra- gionamento? Non mi sembra che abbia convinto granche l'uomo moderno. E infatti anticamente la questione era pasta in un modo radicalmente diverso, come ha fatto vedere Yves Cougar. All'inizio, per i cristiani, la fede non era una questione intellettuale, ma di vita. C' era !a vita, c' era !a grande scoperta di trovarsi incorporati in Cristo, nell'organismo di un mondo nuovo, dove si poteva constatare la nuova qualit:l di tutto cio che si trova in Cristo, tanto da di- 46 Primo giorno ventare nuova creatura. Allora i cristiani prima vive- vano e poi cercavano la comprensione di questa evento, Ia comprensione della salvezza nella quale si erano trovati, di Cristo, della sua unione con il Padre e lo Spirito Santo, dal momenta che tutto questa era un data di fatto della vita nella quale si erano trovati. La lora ricerca intellettuale partiva dalla nuova esi- stenza che scoprivano di vivere. La Chiesa come co- munione dei redenti nel Corpo di Cristo e come mondo trasfigurato e stata il principia e !'ambito di questa novit:l. Percio la grande preoccupazione dei Padri non era anzitutto una discussione con il pensie- ro del mondo, rna !a cura della comprensione giusta di cio che era la Chiesa e la sua vita, di cio che e Cristo e, attraverso Cristo, la Trinit:l. La fede ci unisce a Cristo, ci rende partecipi per mezzo della Spirito Santo della vita filiale di Cristo. E questa vita noi !a accogliamo proprio risuscitando dalla morte dell'isolamento alia comunione nel Cor- po ecclesiale. La fede ci realizzJ come immagine di Dio, perche ci rende partecipi della vita trinitaria. Si aderisce personalmente a Cristo, rna questa adesione si vive come un tessuto organico di comunione. La fede e un'affermazione radicale dell'uomo come per- sona, perche e improntata alia comunione, data che e proprio il passaggio da quella dialettica individuo-na- tura di cui parlavamo alla realizzazione della persona nella comunione. La fede supera il concetto di indivi- duo e afferma il personalismo trinitario, o, se si vuo- le, I' aspetto ecclesiale. Gli individui si sommano, le persone si amana ... La comunit:l non e la "somma" degli indiyidui, rna la comunione. Cosi l'adesione 47 lvl.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro verticale coincide con l' adesione tra gli uomini. La fede fa emergere l'amore, e l'amore non conosce sci- smi, ma e un unico amore verso Dio, verso gli altri, verso il creato e verso di se. E lo Spirito Santo che ci fa vedere gli altri non solo in rapporto a Cristo, ma con Lui e in Lui. Altrimenti "vedere Cristo negli al- tri" diventa un imperativo pesante, un giogo insop- portabile e l'illusione di un idealismo invivibile. Solo I' occhio illuminato dallo Spirito Santo vede questa unit:l di tutto con Cristo. Eppure noi ci imbattianw continuamente nella tenta- zione dello scisma tra credere e amare, e scmnbiamo per fe- de il semplice pensare a Dio o protJare qualche emozione ... La fede e I' am ore si compenetrano, perc10 non esiste fede senza amore. Vjaceslav Ivanovic Ivanov di- ceva che la fede cresce dall'amore. E questo ci apre uno sguardo che supera vecchie e nuove tensioni tra la fede come atteggiamento e la fede come contenu- to. Solo la fede per opera dello Spirito Santo ci apre all' accoglienza del dono, cioe di Cristo, della sua vita. Ma con questa accoglienza della sua persona si acco- glie tutta la concretezza di Cristo, soprattutto il suo rapporto col Padre e la sua partecipazione alia vita della comunione trinitaria con lo Spirito Santo. E con questo si dischiude a noi il grande mistero im- perscrutabile del contenuto della fede. Ecco la grande sintesi solov'eviana: la fede come atteggiamento e gia la partecipazione al contenuto della fede. La cono- scenza di Dio diventa partecipazione alia vita divina. 48 Primo giorno Non si puo avere l'una senza l'altra. Percio la fede co- me conoscenza della veriti e possibile solo attraverso la transustanziazione dell'uomo, diceva Florenskij, cioe attraverso la sua divinizzazione, non semplice- mente attingendo la forma esteriore della Veriti, ma consegnandosi nelle sue mani. Se si ha solo una delle due dimensioni, non si tratta della fede, ma di una nostra costruzione ideologica. Se 1' am ore verso Dio e verso I' altro e !'indole co- stitutiva della fede, si deve ammettere che l'amore trinitario e il contenuto fondamentale della nostra fede. Da questo viene da se che l'annuncio della fede e soprattutto la testimonianza della fede, perche non si puo separare l'annuncio dall'amore. Da ci<l che dici ancora una volta che, se non prendiamo sul serio la tmgedia del peccato, se non awiene un carnbiarnento radicale nell'uomo, cioe se non c'e un'e- sperienza personale della redenzione, non si puo parlare della Jede, dal mom en to che il peccato ha danneg_(!iato nel- l'uonw proprio la capacita di relazionarsi, di amare ... Infatti e cosi: con la redenzione avviene davvero un radicale cambiamento dell'uomo. II peccato, come abbiamo detto, ha talmente cambiato la struttura del- l'uomo che ora, per corrispondere a quanto era nel disegno del Creatore, ha bisogno della salvezza. Percio non basta la creazione: ci vuole la redenzione. II pec- cato ha fi:antumato l'uomo corrompendo cio che e la sua realti pitl essenziale - le relazioni, confondendole e pervertendole. Solo con il battesimo l'uomo si ri- compone. L'uomo emerge dalle acque battesimali co- 49 ALI. Rupnik- II rosso della piazza d'oro me una persona unita, proprio perche intessuta nella comunione. Tutto cio che ha ricevuto con 1a creazio- ne, con i1 battesimo viene purificato e trasfigurato, perche assunto da Cristo nella sua divinoumanita. E pertanto con 1a redenzione che siamo abilitati a collaborare con Dio. La redenzione fa si che io possa aderire a questa novita: io posso riconoscere 1a mia umanita come quella di Cristo, e questa e la mia co1- laborazione. I Padri amavano parlare della sinergia, che non significa solo una collaborazione tra Dio e l'uomo, ma una convergenza di tutte le mie capaciti verso novita, verso la avvenuta nel battesimo. Infatti, questa sta opera frutto delle energie congiunte di Dio e del- l'uomo in Cristo, e un'azione della Spirito che ci conforma a Cristo. Percio 1' attivita pili squisita del- l'uomo redento e esattamente l'accoglienza, data che nell'accoglienza si rivela il carattere divino dell'amore. Infatti Dio, nella storia della salvezza, sin dall'Antico Testamento, si rivela come il Dio della misericordia, dell'accoglienza infinita. II Dio santo e fedele riesce ad accog1iere esattamente 1' opposto di se: il peccato e la morte. Tanto che suo Figlio assorbe pienamente questa realta. La fede svi1uppa soprattutto questa ca- pacita dell'accoglienza. Purtroppo, la nostra cultura ormai da secoli non considera l'accoglienza come un'attiviti, ma come qualcosa di passivo. Anzi, nel nostro vocabolario abbiamo persino confuso l'acco- glienza con la tolleranza, che esprime una realta com- pletamente diversa. In che cosa consiste l'attivit:l della fede? Dogma- ticamente potremmo esprimerla cosi: i1 fatto che 50 Primo giomo Cristo abbia assunto tutta 1'umanita e un dato ogget- tivo che non dipende da noi; ma la mia libera adesio- ne a questa data oggettivo e un'accoglienza della per- sona di Cristo e significa 1a "mia parte" nella fede. Allora la mia attivita significa aderire, curare, non ostacolare, permettere che questa convergenza siner- getica davvero funzioni. Possiamo dire quindi che 1a fede dipende, si, dall' opera dello Spirito Santo che mi dischiude 1' opera della salvezza di Cristo, ma dall' altro lata e totalmente dipendente da me, perche, se io non aderisco, se non accolgo, e come se non fosse successo niente. La redenzione non e automatica. Dio ha creato l'uomo senza consu1tarlo. Ma, per incarnarsi, ha chie- sto ad una donna di rendere questa possibile. E per redimere l'uomo, ogni uomo, Dio chiede la sua colla- borazione, 1a sua libera adesione. L'incarnazione espri- me gia que1 supremo atto della sinergia divinoumana che e l'accoglienza. Proprio perche e una dimensione costitutiva del- l'amore, 1'accoglienza ci protegge dal diventare pro- tagonisti. L' accoglienza crea una relazione, anzi si realizza all'interno di una relazione cosi forte che converte e trasfigura chi accoglie. E con cio si apro- no mondi sconfinati. Si tratta infatti di accogliere un volto come realta personale e comunionale. Acco- gliere Cristo come volta dei volti significa accogliere la sua re1azione con il Padre, il che vuol dire acco- gliere tutto i1 contenuto della fede, dal momenta che il volta apre alle relazioni e le relazioni coinvolgono nel contenuto della vita. L' accoglienza e un' attivit:l 51 lvi.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro integra, perche appartiene all'amore e porta al massi- mo sviluppo tutte le capacita dell'uomo. La cultura che respiriamo offusca continuamente con una serie di tentazioni questa sguardo limpido sulla realti della fede come amore, perche ci vorreb- be sempre come protagonisti. Siamo continuamente provocati a pensare che la nostra attivita consista nel- l' avere pi6 spazio, e che la "collaborazione" si risolva in una maggiore realizzazione di me come protago- nista. Ma cosi cadiamo in un modo subdolo nella tentazione di intendere anche la fede come una cosa nostra, come un progetto individuale. Ma, quando crolla una visione della fede, tutto cio che riguarda l'accoglienza - non solo di Dio, rna anche dell'altro diventa problematico. Da artista hai sperimentato in modo _fiJrte questo accen- tramento sull'indiuidualisnw e sul protagonismo all'interno delle correnti dell' arte contemporanea. Sernbra che questa sia diventata per te anche una ~ f i d spirituale e teologica, una iftda che hai cercato di condiuidere con gli altri attra- uerso le lezioni sulfa lettura spirituale dell'arte moderna o ancora attraverso quel capitolo della Teologia pastorale, dove, a partire dall 'arte, cere hi di far vedere che cos a e suc- cesso tra l'uomo e Dio negli ultimi secoli ... Ho cercato solo di far vedere come leggere spiri- tualmente il "pendolo della storia". Detto in sintesi, se 1' espressionismo afferma con violenza l'unicita del soggetto, il suo valore indiscusso, il valore della sua emotiviti, questa si puo leggere come una reazione a pendolo a tutto cio che il formalismo razionalista 52 Primo giorno aveva prima calpestato. Per approfondire il tema, bi- sognerebbe risalire indietro e vedere che a monte c' e una esagerata globalizzazione religiosa che non affer- ma pil1 il vero principia della fede- che e l'amore -, ma comincia a trascurare e addirittura ad eliminare la libera adesione. Allora, si cerca una prima difesa di fronte a questa situazione facendo appello a tutto cio che l'uomo ha creato con la sua intelligenza, con la sua genialita, in modo da salvaguardare l'uomo eli fronte ad un Dio invadente, che schiaccia e che prati- camente impedisce lo sviluppo libero della sua crea- tura. Ma, ironia della sorte, questa mentaliti e pene- trata per prima soprattutto negli ambienti cristiani. Quasi tutto cio che la fede rappresentava era riducibi- le all'uomo e quasi tutto dipendeva da lui. Abbiamo sviluppato un'infinita di pratiche, eli devozioni, di ce- rimonie, di osservazioni, eli dettagli intellettuali da imparare per saperli ripetere, rna non ci siamo resi canto che era sempre l'uomo il centro eli tutto. Quando l'atteggiamento di fonda dell'uomo non e 1' accoglienza, ma una progettualita a partire da se, la fede non puo essere altro che una proiezione reli- giosa eli dottrine, precetti, usatlZe ... Si possono anche pretendere da noi pensieri, sentimenti e azioni esi- genti, ma tutto questa non puo far altro che rinchiu- derci in una auto-proiezione dove rimaniamo fonda- mentalmente da soli. Non e la stessa cosa accogliere un Dio vivo che e amore e ti raggiunge auche negli inferi, e l'impegno per una conoscenza alta e per un elenco di valori etico-morali. Una cosa e accogliere la vita, un' altra e pensarla, volerla e impegnarsi per diventare come si pensa di dover essere. In questa 53 M. l. Rupnik- II rosso della piazza d'oro modo avviene infatti uno scisma inevitabile tra la vi- ta e l'idea, ossia tra la vita e la tede, ormai intesa co- me un insieme di idee. Siamo diventati degli specialisti a filtrare i mosce- rini, rna non ci siamo accorti di ingoiare i cammelli. Abbiamo analizzato tutto, giudicato tutto, ma non ci siamo resi canto che il protagonista della fede e l'uo- mo con le sue capacita. II prima attore della cono- scenza, della preghiera, dell' ascesi, della morale e sempre l'uomo. Ed e curiosa, infatti, che uno dei trattati pill problematici in teologia sia stato proprio quello sulla grazia, perche ormai 1' antagonismo tra Dio e l'uomo era diventato un fatto culturale. L'an- tropocentrismo unilaterale e il punta pil1 debole della nostra teologia. Questa e il cammello che abbiamo inghiottito! Anche nella teologia tutto si e concentra- to sull'uomo, dimenticando che quest'uomo qualcu- no lo deve generare alia vita nuova. E siccome l'uo- mo non puo produrre da solo cio che e dono di Dio, la fede e diventata una questione prevalentemente in- tellettuale, astratta, o un problema etico-morale. Ma quanta consapevolezza c' e nella Chiesa di questa situazione? Si e proprio concluso da pochi rnesi il sinodo dei vescoui sui/a nuova evangeliz.zazione, a cui hai partecipato come e.lperto. Quale il tipo di r[flessione che uienefatta? Se oggi parliamo di "nuova evangelizzazione", vuol dire che qualcosa nella precedente non e riusci- to. Forse per la prima volta nella storia, 1' evangelizza- zione si lascia alle spalle un esplicito rifiuto del mes- sagg10 cristiano, un' allergia causata da qualcosa nel 54 Primo "qiorno nostro modo di ragionare e di agire. Eppure e rara una umile lettura critica, sapienziale, veramente spiri- tuale della nostra evangelizzazione negli ultin1i sette- otto secoli. Ma se non siamo in grado di leggere spi- ritualmente la storia, non si impara niente dal passato, o comunque troppo poco per convertire la mentaliti e il modo di procedere. Oggi siamo in difficolti, per- che vogliamo di nuovo evangelizzare, ma sembra che non sappiamo ne come, ne con quali strumenti e, ad un livello pill inconsapevole, forse non sappiamo neppure in che cosa consista Ia salvezza ... La vera evangelizzazione e la vita dei cristiani. Ma, ormai da tempo e con una velociti sorprendente, que- sta vita si e del tutto conformata al mondo. La vera sfi- da e proprio la vita nuova, la radicale noviti in tutti gli ambiti dell'umano di fronte a quello che e uno stile di vita conformato ad una cultura del mondo che ormai ha invaso quasi tutte le sfere anche della vita dei cri- stiani. Se vogliamo dare qualcosa ai nostri contempo- ranei, questa e proprio la qualiti della vita, cioe la vita nuova, la rivelazione della divinoumaniti di Cristo. Percio e ovvio che questa vita, per essere trasmessa, va prima vissuta, accolta, ... Oggi costatiamo lo smantellamento di una religio- ne cristiana che gia da molto tempo non era pill vis- suta Possiamo continuare a proporre idee, ma il mondo non si dimostra af1tto interessato. Pos- siamo proporre grandi opere sociali, caritative, ma questa non basta per smuovere la dimensione spiritua- le delle persone. E infatti il mondo non comincia a lodare il Padre nei cieli al vedere le nostre opere buo- ne... Questa perche la mentalita di fonda, come ab- 55 J'vf.I. R11pnik- II rosso della piazza d'oro biamo detto, ingombra la via delio Spirito, la via alia vita di Dio. Come dal Quattrocento in poi 1' artista cominciava a mettere la firma sulla sua opera, cosi fac- ciamo noi con questa mentalita malata di protagoni- smo. E questa "fede--religione", basata ormai sul no- stro impegno, sulla nostra opera, negli ultimi tempi vive una sconfitta, un faliimento. Percia e sempre in agguato la tentazione di volere la rivincita: siamo stati disarcionati, ma ci possiamo riprendere, rimetterci in sella, rafforzare i metodi, precisare il discorso, curare l'immagine, farci notare, far vedere al mondo che non e vero che siamo in crisi, perche siamo ancora in tan- ti ... Ma e proprio 1' esito finale dell' evangelizzazione precedente a suggerirci di farci qualche domanda sulie epoche gloriose costellate di grandi opere, collegi, ospedali, ecc.: tutto questo non ha tenuto alia prova della storia, tranne alcuni esempi straordinari, ma cer- to non come impostazione generale. D'altra parte, proprio in questi ultimi tonpi, noi m- stiani abbiamo muto tanti santi, testinwni e tnartiri ... Si, ma sono proprio loro a trasmetterci un'altra vi- sione, un altro approccio: una fede viva che ascolta cia che lo Spirito Santo sta dicendo aile Chiese. Dio parla nella storia e, dunque, per noi cristiani, gli even- ti che accadono sono un suo messaggio. Cosi tanti santi, anche in tempi recenti, soprattutto i martiri del- le persecuzioni del XX secolo e ormai anche del XXI, ci trasmettono un'eredita estremamente prezio- sa: ci aiutano a vedere che viviamo in un tempo di grazia, perche la storia ci sta liberando da cia da cui 56 Primogiomo noi stessi non eravamo pill in grado di affrancarci, da cia che non e essenziale e che man mano e diventato un impedimento per poter rivelare il volto di Cristo. Aile volte sembra che non sappiamo pensare 1' e- vangelizzazione se non attraverso le opere apostoliche divenute convenzionali - le scuole, gli ospedali, i cen- tri culturali o la classica struttura della parrocchia con il campo sportivo, la sala del biliardino, ecc. E che persi- no i religiosi non sappiano che cosa fare, tranne alzarsi al mattino e infilarsi in una di queste istituzioni ... Mentre, ad esempio, i decenni di comunismo nel cen- tro-est Europa o le situazioni di minoranza che i cristiani in Asia vivono normalmente - testimoniano che non e affatto cosi e che lo Spirito Santo suscita un' evangelizzazione forte e una cura spirituale total- mente estranea alle strutture e ai metodi usati negli ul- timi secoli in Occidente. Anzi, paradossalmente !'an- nuncio e !a testimonianza si sono rivelati cosi molto pi6 unitari, umili, amorevoli. Certo, in quei luoghi, lo Spirito Santo ha detto qualcosa di forte alia Chiesa. Tanto e vero che Giovanni Paolo II ha voluto un sino- do speciale nel quale i cristiani dell'Est europeo pote- vano comunicare alia Chiesa universale il dono di Dio e cia che e maturato tra di loro in questo tempo. Questa riflessione tuttavia non ha avuto 1' ampiezza che avrebbe potuto ~ w e r e E uno dei motivi di cia e stato, a mio avviso, nel fatto che il centro-est europeo, invece di accogliere il dono di Dio durante i decenni del re- gime e di fare un' approfondita riflessione teologica sulla propria esperienza, per diversi motivi, tra cui un senso di inferiorita culturale, e corso in Occidente a copiare i modelli per recuperare il pill velocemente 57 M.I. Ruzmik Ilrosso de/L1 piazza d'oro possibile quanto sotto il comunismo non poteva vive- re. Una volta ne parlavo con un professore di teologia nella Repubblica ceca e mi ricordo che questo collo- quia e arrivato ad una situazione di stallo, quando ho cercato, ripetendo la sua afl:ennazione, di spostare la domanda: bisogna ricuperare cia che non si poteua tJiuere sotto il comunismo, 0 sviluppare e maturare ci<fche e cresciuto proprio sotto il comunismo? Purtroppo oggi il centro-est Europa si e ormai quasi del tutto uniformato all'Occidente ed ha assun- to progetti e metodi pastorali che in questi decenni hanno gia sufficientemente rivelato la loro inadegua- tezza e la loro Eppure si continua ad insi- stere ... Molti di questi metodi si basano praticamente su uno scisma divinoumano. Si lavora tanto per pro- muovere l'umano, ma il famoso salto allo spirituale non avviene mai. E questo rende particolarmente frustrante ogni sforzo per la nuova evangelizzazione. La vera forza dell'evangelizzazione e la vita nuova dei cristiani, delle donne e degli uomini redenti che vivono un'umanita che rivela l'amore di Dio. Chi ha la vita di Cristo, avd anche il pensiero di Cristo. Percio la nostra preoccupazione di essere cultural- mente a livello, di essere in grado di parlare con il mondo_, e spontaneamente orientata a quei membri del Corpo di Cristo che con la loro vita hanno testi- moniato che appartengono al Signore, che vivono la vita di Cristo e con illoro modo di agire svelano che hanno il pensiero e il sentimento di Cristo. Per questo bisogna soprattutto chiedere la grazia di poterci rinnovare nella nostra mente, come dice san Paolo ai Romani, cioe di far nostra la sapienza di 58 Primo giorno Cristo crocifisso e risorto. Anche oggi, come in ogni tempo, ci sono tantissimi cristiani che vivono la vita di Cristo in maniera appartata, in silenzio. Ci sono tante famiglie, tanti religiosi, religiose e sacerdoti che vivo- no quotidianamente il mistero pasquale, che vivono la loro vita stessa come un sacramento e che sono abitati dalla gioia del regno. Se vogliamo davvero imparare un'intelligenza della fede e creare nuovamente una cultura, uno stile di vita che possano suscitare appetito nel mondo, bisogna rivolgerci a queste persone, biso- gna imparare dai martiri e dai testimoni silenziosi. Cristo e stato sconvolgente per la gente perche non era solo, ma con il Padre. Lo stesso vale per la Chiesa. Se continuiamo a proporre una nostra visione, forse sad accettata anche piu facilmente perche e no- stra, oppure suscited una dialettica ... In ogni caso po- td essere un messaggio di salvezza solo quando noi cristiani riveleremo che non siamo soli. Se agiamo da protagonisti, appare al massimo la nostra bravura, ma non puo emergere il mistero, che attira e coinvolge. Cristo ha cercato di coinvolgere l'umanita rivelando il Padre. L' evangelizzazione, infatti, e una rivelazione: ri- velazione di un'umanita teofanica, rivelazione dei figli che vivono la vita del Figlio e nel Figlio, e dunque so- no capaci di dire qualcosa di affascinante e di bello sui Padre. L' evangelizzazione e una questione di attrazio- ne, un'attrazione che si attiva con la carita che agisce tramite tutta la persona, non solo attraverso alcune sue azioni. Anche intellettualmente, la fede fa vedere che una persona, proprio perche redenta e partecipe della conoscenza relazionale con il Padre, ragiona diversa- 59 AI. I. Rupnik II rosso della piaz.za d'oro mente, creando la bellezza e non un asciutto elenco di valori e di concetti con un unico verbo: "devi". E questa attrazione scaturisce dalla rivelazione della ji- gliolanza? Proprio in questo consiste 1' efiicacia della testimo- nianza cristiana! Se viviamo da figli nel Figlio, realiz- zando cos! 1' opera dello Spirito Santo che ci dona la figliolanza e grida in noi "Abba, Padre", noi viviamo lo stesso itinerario di Cristo. Cristo era unito nell'a- more con il Padre e con l'umanita. E questo amore si e realizzato in modo drammatico nella sua Pasqua. Se la Chiesa non e sola, se noi cristiani non realizziamo i nostri progetti di evangelizzazione, allora siamo nel- l' am ore con Dio Padre e con il mondo e !a nostra evangelizzazione avra lo stesso itinerario di Cristo. I1 dramma dei cristiani nel mondo e il dramma pasqua- le. Percio e una forza irresistibile di attrazione. Se invece pensiamo di poter evangelizzare senza passare il triduo pasquale, rna semplicemente con le opere ben organizzate e strutturate per promuovere il bene e per farlo, potremo anche realizzare qualcosa di formalmente perfetto, rna non attired nell'amore, non coinvolged nella storia di Dio ... Esiste una visione ideale del bene che in fondo e pagana. Per noi cristiani il bene non e separabile dal- 1' am ore di Dio, che nella storia si realizza attraverso il sacrificio di se. Anche la nuova evangelizzazione, per suscitare l'attenzione dei nostri contemporanei a Cristo, non puo eludere questa via maestra. 60 Primo giomo Per concludere questo prima round di intewista: dove vedi lo Spirito sofjiare in questo nostro tempo? La prima cosa che vedo e che siamo in un tempo di grazia. Vedo la grazia soprattutto nel crollo di mol- te certezze, di molte convinzioni e di molti sentieri abituali nella Chiesa. Vedo questo tempo come prov- videnziale, perche e sempre pill esplicito il bivio in cui ci troviamo: o rimaniamo una religione che con- tinued a cercare i suoi spazi di influenza, che cioe in nome delle proprie convinzioni religiose e spirituali cerchera di migliorare il mondo, di far vivere meglio l'umanita, di promuovere i "valori fondamentali"; oppure faremo emergere la fede, che rivela l'umanita di Cristo e continua attraverso la storia la missione della trasfigurazione dell'uomo, accogliendo realmen- te la novitJ. della vita ... non cercando di scappare alla morte, ma di vivere, grazie alla risurrezione, dalla morte, "come vi vi tornati dai morti", come dice la Lettera ai Romani. Di per se questo bivio era gia sta- to indicato dallo Spirito Santo al concilio Vaticano II. Vedo la grandezza dell' opera che lo Spirito tesse nel nostro tempo proprio in questo evento, da cui ci se- para ormai mezzo secolo. Mi pare che lila Chiesa ab- bia compreso la trappola nella quale si e trovata con il fatto di aver sposato man mano una mentalitJ. che rendeva il cristianesimo una religione. Questa menta- lira, benche religiosa, poggiava su una struttura pre- cristiana, o comunque estranea alla fede cristiana. I teologi che hanno preparato il Concilio hanno intui- to che !a novitJ. e Cristo e che la santissima Trinita non e una convenzione intellettuale. Percio hanno ri- 61 M.I. Rupnik- II rossc> della piazza d'oro tenuto che la Chiesa sia una continua sorpresa per il mondo e non una sua rivale, sempre in antagonismo con lui. La Chiesa non lotta con il mondo, rna e il suo principia di salvezza. Il metropolita dd Monte Libano, Georges Khodr, diceva che la Chiesa e il cuore del mondo, anche se il mondo ignora il suo cuore. I padri del concilio Vaticano II non si sono dunque messi a discutere con la mentalita contempo- ranea, rna sono semplicemente tornati ad ispirarsi e a recuperare la sapienza. del cristianesimo antico, tanti secoli prima della modernita. Ma non si trattava di una citazione, di una nostalgia ... Era un flusso nuovo, irruento, fresco e sorprendente di vitalid, di un lin- guaggio coinvolgente, di una visione profetica, inte- gra. Hanno colto che tra il nostro tempo e quello de- gli antic hi cristiani c' era qualche somiglianza. Come i cristiani dei primi secoli erano immersi in una cultura razionalmente forte, cosi noi oggi siamo reduci da se- coli del dominio della ragione, della scienza, dell'indi- vidualismo ... e tutto cia ha preparato un terreno ass e- ta to. La Chiesa dei primi secoli ha reagito proponen- do la vita, esemplificando la novid di Cristo come vi- ta del cristiano. Il martirio prima e poi il monachesi- mo hanno esplicitato la vita battesimale. Allora fu svi- luppata un'intelligenza del simbolo capace di cogliere l'unita tra 1' elaborazione intellettuale, la vita e la co- munione nello Spirito. II linguaggio del simbolo era capace non solo di trasmettere la conoscenza, rna di iniziare a quella conoscenza che e la vita eterna e che trasfigura lo stile di vita. Percia, sulla scia di quei cri- stiani, sono nate anche grandi epoche artistiche, come quella del primo bizantino, del romanico, del gotico ... 62 Primo giorno Ecco, il Vaticano II ha intuito l'urgenza di far e- mergere la fede, espressa nella concretezza della vita dei cristiani come teofania, e per questo ha sbloccato la memoria della Chiesa, aprendosi alla Tradizione. Oggi si avverte ancora con pitl urgenza la necessita del primato della novita di vita, una noviti di vita che esprimeri pian piano la sua creativiti in tutte le di- mensioni dell' esistenza. Mi sembra che esattamente in questa primavera della Chiesa si inseriscano le in- tuizioni di padre Spidlik con il suo amore per i Padri, per ilmonachesimo antico e per il pensiero e la spiri- tualiti russa, soprattutto a partire dalla scuola del grande Solov'ev. Solov'ev e i suoi discepoli potevano essere molto pitl profetici rispetto a tanti loro con- temporanei in Occidente proprio perche la Russia non aveva ancora subito la modernita. Anche i pensa- tori russi la scoprono, ma non la subiscono. Percia riescono a porsi rispetto ad essa in una dinamica mol- to pil!libera e creativa, reagendo soprattutto a partire dal deposito della Sapienza e della Memoria della Chiesa. E questo dona loro una creativita unica ed eccezionale, che oggi si pua considerare, per chi guarda senza pregiudizi, come un'alternativa ricca e organica a quell'impostazione che ci ha portati fino alla situazione attuale. Solov'ev si pone in modo crea- tivo di fronte la modernita e con il principia religioso - che per lui significa soprattutto il principia vivifi- cante - non si mette mai in una dialettica di idealiz- zazione o di demonizzazione, ma veramente in una prospettiva spirituale, cioe cercando di cogliere cia che Pio ci vuole dir,e. 63 M.I. Rupnik- Ilrosso della piazza d'oro Proprio insieme a questi pensatori padre Spidlik ha riflettuto sulla questione culturale e spirituale dell'Europa con una visione estremamente attuale. La sintesi europea e stata fatta nel prima millennia a tire da tre componenti: quella biblica, la greca e la ro- mana - cioe il principia religioso, di fede, il riflessivo-intellettuale e quell a dell' organizzazione, del diritto, della legge. Nel secondo millennia in questa sintesi europea, che di per se e una sintesi cri- stiana, si manifestano delle crepe sempre pili forti che possono essere anche 1tali per !'Europa. II principia del pensiero e quello della legge si staccano da quello della fede e si rendono autonomi e totalizzanti, nel sensa che vogliono, a lora modo cioe razionale e giuridico - occupare anche lo spazio della fede, ren- dendola una religione, destinata cos! a svaJt1tarsi e a sparire. Anche perche, quando la fede diventa preva- lentemente un sistema filosofico-ideale e aiuridico- . 0 et1co, ne esce cos! stravolta che suscita il rifiuto. In base a questa lettura padre Spidllk, sulla scia di Solov'ev, aflerma che oggi e urgente un principia di fede permeato d' am ore, di Spirito Santo, che non esige per se di occupare spazi, di affermare precise forme di esistenza, rna nell'umilta, lantana da ogni spirito di dominio, vivifica cio che l'uomo moderno ha prodotto e che rimane sterile nella sua solitudine. Oggi lo Spirito Santo sta tessendo il mosaico di quei cristiani che testimoniano Cristo, e lo fanno nel suo modo, in una Iibera adesione dell'umano e del divi- no. Non una concorrenza, non una sopraffazione, non un domini a, rna una lib era unita nell' am ore. 64 Secondo giorno: la chiesa esprime la Chiesa Ieri, parlando dell'evangelizzazione come attrczzione, abbiamo praticamente gia Ia questione della bellez- za e dell' arte, che era come amcwa ricordare padre SpidUk - il prima arnore della teologia. Da Paolo VI, con il stto "noi dobbianw tomare alleati'', a Giovanni Paolo II con Ia rnernorabile Lettera agli artisti, fino all'incontro de- gli artisti con Benedetto XVI del 2009, si consolida if de- siderio di una rinnovata sintonia tra percorso di fede e iti- nerario artistico. Come uedi questo rapporto tra arte efede? Io credo a cio che sosteneva Vjaceslav Ivanovic Ivanov: quando si parla dell'arte, si parla comunque della bellezza. L'arte e nata come bellezza e, in questa sensa, l'arte era un'espressione dell'uomo elaborata in modo da far emergere una speranza, una vita di una qualita migliore. Percio l'arte dilatava i cuori, faceva respirare e, in un certo sensa, era una consolazione. L'arte consolava l'uomo in mezzo alia fatica della sua vita, della sua creaturalita, del suo limite ... Lo faceva sostare ed esclamare: "Ah, che meraviglia!" In mezzo a tutto cio che, anche a causa del peccato, costituisce 65 i'vf. I. Rupnik- II rosso della piazza d 'oro il dramma, la tragedia dell'umanita, l'arte in qualche modo apriva degli spiragli e indicava i passi verso un exodus. Dunque, pil1 che una questione filosofico-esteti- ca, l'arte e una questione l ~ g ~ ~ ~ ~ ~ a vitadell'l1omo. E qui tocchiamo un altro argomer1to d1eci.aiuta a capire meglio che cosa intendiamo quando parliamo dell'arte che evoca la bellezza. La bellezza e la carne del vero e del bene. Ora, per i cristiani, era chiaro sin dall'indo che la veriti non e qualcosa di astratto, di etereo, ma e una realti viva che appartiene ad una dimensione personale e comunionale appartiene a Dio che e comunione, che e Amore. La veriti e legata alia vita+-. E siccome l'arte e legata alia bellezza e la bellezza e la carne della verita, necessariamente l'arte e legata al- Ia Verita. E la Veriti e cio che vive senza venir meno. L'arte dunque attinge a cio che rimane, che non vie- ne meno, che ha un contenuto solido, consistente, cioe la Veriti. L'arte partecipa a un mistero inzuppato di vita, della vita che fa sperare, che illumina ... L' arte, proprio perche attinge alia vita vera, alla vita del bene, dandole la "carne", cioe dando l'espressione a questa contenuto, diventa veicolo di una comunicazione che coinvolge, che tocca la vita delle persone. In questa sensa, 1' arte ha una straordinaria forza comunicativa ed e capace di sintetizzare tutti gli altri linguaggi del- l'uomo, proprio perche lo coinvolge pil1 integralmen- te, il che si traduce in una comunicazione pil1 imme- diata. L'arte mi coinvolge in un contenuto che mi apre uno spiraglio di luce, mi dischiude cio che il mio occhio normalmente non vede, e cosi mi fa speri- 66 Secondo giomo mentare una specie di exodus ... E quando uno si lascia coinvolgere, sperimenta la bellezza... Hai presente quello che dice Solov'ev, che l'esperienzadella bellez- za e sempre un' esperienza di uniti? Quando mi sen to unito all'altro, lo percepisco bello! Pero, tutto questa oggi suona come qualcosa fuori dal tempo, perche l'artista non cerca pil1 da qualche secolo queste cose. L' epoca moderna non accetta pil1 questa spiegazione dell'arte come bellezza, come con- solazione. L'artista si muove ormai su un altro oriz- zonte e l'arte moderna non vuole pil1 essere bella. Oggi pensiamo addirittura che ogni espressione sia gii automaticamente un' opera d'art e. Io posso anche esprimere me stesso, ma se poi questa non parla a nessuno? E, infatti, tu puoi entrare in una galleria piena di pitture ed uscire senza aver mai det- to "Ah, che bello!" Ma l'arte che non suscita mera- viglia e stupore e ancora arte? L'epoca moderna dice di si... ma, se chiedi a me, penso che avessero ragio- ne gli anti chi: l' arte dovrebbe apr ire il respiro, do- vrebbe farti esclamare: "La bellezza e il sensa!" Nel passaggio dall'epoca antica al moderno, e cambiato il ruolo stesso dell'arte. E, in questa passag- gio, 1' arte ha perso anche il suo luogo proprio. Una volta abitava in mezzo alla gente, cioe dove l'uomo entrava in contatto con le sue dimensioni pil1 profonde nei templi, nei santuari ... La si concen- travano anche le migliori espressioni artistiche. Poi l'arte e migrata dal santuario ai palazzi. Oggi si ac- contenta di stare nelle gallerie o nei musei, quindi lontano dalla vita delle persone ... In un certo sensa 67 ivf.I. Rupnik - Ilrosso della piazza d'oro la galleria e un luogo che gia di per se esprime lo smarrimento dell'arte, il suo allontanamento dalla vi- ta, e dunque da tutto cia che e vero. l'lifa questa separazione tra l'arte e fa uita non ha forse le stesse radici della separazione tra la fede e la vita di cui parlaui ieri? . In fonda si, perche entrambe hanna alla radice il crollo di una visione organica, imbevuta di vita. Quando questa organicita non c' e pitl, cia che si smarrisce e proprio la bellezza. E, quando si smarri- sce la bellezza - nel sensa teologico della parola -, anche 1' arte diventa problematica. C' e un forte nesso tra la crisi dell' arte e la crisi della fede. Per cap ire questa nesso penso che sia molto utile cogliere come e cambiata la comprensione cristiana del "l6c<Sos". Per i cristiani, il hlgos non e un'idea astratta. I cristiani hanna preso questa parola dai greci, ma vi hanna trovato un significato assolutamente nuovo, legato a Cristo. Gia san Giovanni contempla nel 16,\?os il Figlio di Dio incarnato, e per i Padri il 16gos saG1.sempre una realta personale, agapica. In Cristo, quindi, an- che l'idea ha un volta personale. Il 16gos e il volta del Figlio, e 1' apertura alla relazione trinitaria. N el corpo del L6,gos incarnato confluiamo persino noi con il battesimo. Per i cristiani, il L6gos non solo non pua essere un'idea astratta, ma ha un volta, e un amore pasquale, e la comunione trinitaria, la comunione degli uomini redenti e del creato trasfigurato. E que- sto L6gos, cosi personale e cosi concreto, incarnato, costituisce poi anche il fondamento teologico del- 68 Secondo giomo l'arte cristiana, perche ha un volta che si pua dipin- gere. Ma gia da parecchi secoli la cultura ha riportato in auge una comprensione del l6gos come idea astrat- ta. E questa e penetrato anche in ambito teologico, determinando non pochi danni, perche, quando la teologia comincia ad operare con un 16gos pre-cri- stiano, si verifica un processo di ideologizzazione. E questo comporta un distacco dalla vita, perche scusa se lo ripeto - non e nella natura delle idee e dei concetti trasmettere la vita, l'amore, la fede. La conseguenza ulteriore qual e? Che, per una teologia ormai sempre piu circoscritta al mondo razionale, l'unico aggancio alla vita rimane il moralismo. Man- ca la comunione, manca 1' am ore, manca la bellezza e, non ultimo, manca la fede. Quando praticamente l'unico vero interlocutore della teologia rimane il pensiero della filosotla e delle scienze moderne, la teologia non e piu una forza in grado di fecondare. La teologia speculativa alla quale eravamo abituati nella nostra manualistica pian piano ci ha prosciugati. E, sotto 1' aspetto dell' arte, dopo un' onda manierista seguita da quella barocca, anche la Chiesa si e trovata senza bellezza. Questa assenza di bellezza non e atte- stata solo dall' architettura, dalle arti figurative, dalla musica, dalla poesia, dove e evidente che ad un certo punta noi cristiani non eravamo piu in grado di ispi- rare la cultura, ma e confermata anche dalla mancan- za di comunione: le nostre opere pastorali non han- no potuto creare la bellezza, perche e venuta meno cia che e 1' essenza della Chiesa - la comunione delle persone in Cristo. 69 !VI. I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro Quindi, quando il logos torna ad essere cio che era nel mondo pre-cristiano, quando cioe anche per i cristiani il logos si riduce a un'idea o a un sistema di concetti, e ovvio che si verifica un divorzio tra fede e vita. Anzi, piu che parlare di separazione tra fede e vita, sarebbe giusto dire che abbiamo a che fare con una decadenza della fede, ridotta ormai a una reli- gione qualsiasi, mentre a! posto della vita nuova, bat- tesimale, ritorna prepotentemente la vita pre-cristia- na, quella dell'uomo naturale. Questa si vede anche nell' art e. Quando il Loi!,OS torna ad essere un'idea, evidentemente non puo ge- nerare la bellezza nell' art e. Se la bellezza e la carne del vera e del bene, quando il bene e il vero si ren- dono autonomi e si staccano dalla bellezza, rimanen- do un'idea 0 un imperativo etico, significa che si e spezzato illoro legame con il mondo materiale e che in un certo sensa si so no "disincarnati". Di conse- guenza, noi facciamo tanto sforzo per collocare il vera e il bene nella realti della vita, ma questa e gia falso, perche il processo e inverso: sono la verita e il bene in quanta uniti alla vita, quella vera ad es- sere vivificanti e a trasfigurare la nostra esistenza. Cio che dice Solov'ev riguardo all'impotenza dell'idea che non e in grado di creare la bellezza tramite la sua incarnazione, noi lo sperimentiamo quotidianamen- te. Forse mai come oggi abbiamo lavorato per 1' e- vangelizzazione e forse mai siamo andati gitl cosi ra- pidamente. Tutte le nostre idee, i nostri progetti, le nostre convinzioni rimangono realra astratte e sterili. Se il vero e il bene non appartengono piu a una realta viva, personale, ma al mondo astratto delle 70 Secondo giorno idee, anche la bellezza si riduce semplicemente al ri- vestimento di queste idee, e diventa quindi solo una forma estetica. Infatti tutto questo processo di impo- verimento della bellezza e iniziato proprio quando abbiamo cominciato a sposare una bellezza estetica, l'arte come forma di un ideale. Questa arte non e pi6 una comunicazione del divino, ma di una nostra idea. Forse intendeva questa Evdokimov quando, nella sua Teologia della bellezza, diceva che, mentre Ia verita e sempre bella, la bellezza non sempre e wra? Anche sulla verita sempre bella avrei qualche pro- blema ... Come puo essere bella una verita ideologi- ca, asettica, oggettivante e spersonalizzata? Florenskij fa vedere come si aniva alla verita con un'uscita del conoscente da se stesso, perche la verita non e l'im- possessarsi di un oggetto morto, rna una comunione in cui noi partecipiamo alla verita stessa, e non sem- plicemente attingiamo idealmente alla sua forma e- steriore. Per cui la conoscenza della verita e pensabi- le solo nell'amore, e solo attraverso l'amore si mani- festa la conoscenza della verita. Questa e la verita, ed e l'unica verita che sia bella. In modo analogo, se la bellezza non e la carne - cioe la materialita - del vera e del bene, della vita ve- ra, quella senza tramonto, rimane semplicemente il rivestirnento seduttore di un'idea inconsistente. Di- venta una realta ambigua e ingannatrice che non cer- ca la sua perfezione in quella vita che supera la rnor- te, il dramma, ma ferrna tutto a se stessa, tutt'al pi6 riuscendo ad elaborare delle regole estetiche, che pe- 71 M.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro ro necessariamente si fermano alia forma. Ma Ia for- ma, slegata dal contenuto della vita, prima o poi si esaurisce e smaschera il suo inganno ... II concetto di bellezza, una volta sganciato dal suo significato genuinamente teologico, come avviene quando si smembra l'unitarieta del pensiero filosofi- co nell'epoca moderna e nasce l'estetica come scien- za autonoma, e stato poi completamente rigettato dall'arte del XX secolo. Non ci pensiamo, non ci facciamo caso, rna c'e un ininterrotto fllo rosso che lega le pitture di Leonardo, i ritratti di Tiziano, le bagnanti di Ingres con le figure de formate dell' e- spressionismo tedesco o, pitl tardi, di Karel Appel e Francis Bacon ... Con Leonardo si comincia a dipin- gere il corpo umano studiando il cadavere, e con il passare del tempo si arriva ad esporre veri e propri cadaveri, come fa oggi ad esempio Gunther von Hagens. E la parabola dall'idealismo formale fino al suo esatto opposto. Se dietro all'ideale della perfezio- ne formale dipinto nel rinascimento c'era solo un'i- dea, non la vita, adesso 1' arte vuole smantellare quel- la costruzione formale, esprimendo un contenuto crudo, senza ritocchi, ne abbellimenti. E infatti, se quella bellezza era solo formale, e non la carne del vero e del bene, e ovvio che prima 0 poi si doveva sbriciolare, anzi, putrefare. E siccome si reagisce a questa idealismo formale sul suo stesso piano della forma, ogni artista cerca una forma di espressione to- talmente sua, soggettiva, inventando un suo codice, una sua grammatica, un suo modo di esprimere se stesso. Un'arte del genere non si pone neanche il problema della comunicazione. 72 Secondo giomo Oggi e veramente complicato dire che cosa sia 1' arte, perc he bisognerebbe definirla fuori dalla bel- lezza, come una realt:l separata dalla bellezza. L' arte puo essere intesa come contestazione a una bellezza idealista, romantica, disincarnata, formale, puo essere espressione della disperazione a causa della bellezza smarrita, l'angoscia di non possedere nulla di solido, puo essere un cuore che piange ... In una cultura dove il primato assoluto della conoscenza va al concetto, al metoda scientifico, non solo 1' arte viene messa da parte come inutile, ma diventa problematico anche tutto cia che riguarda la materia. Nell'arte infatti si rispecchia il nostro rapporto con la materia. Come non ci sono pitl fiumi puliti e boschi sani, cosi anche 1' arte diventa un grido che esprime questa realt:l spezzata. Oggi l'arte esprime questa tragedia dell'uo- mo che e anche una tragedia della materia. Vai in una galleria e guarda come l'artista usa la materia: la mal- tratta ... L'arte esprime quello che e successo con l'uo- mo. Le rimane solo il grido, l'urlo di protesta o di dolore, rna non riesce ad indicare una via d'uscita, un cammino, perche ha perso il nesso organico con la bellezza, cioe con la carne del vero e del bene. E di- ventata piuttosto una den uncia del male ... 0 una "discesa agli il!fcri", come diceua 0/ir;ier Cle- ment. 0 ancora, un "corifessionale" doue l'uorno si cotifes- sa, doue alJl!iene un rouesciamento del wore, conte scriwui in Teologia pastorale ... In un certo sensa l'arte ha sempre avuto una di- mensione di confessione. Per essere un vero artista, 73 AI.l. Rup11ik- II rosso della piazza d'oro non basta guardare da lontano cio che vuoi esprime- re. Devi averne 1' esperienza. L' artista ha il dono del- l'intuizione, il dono di penetrare "oltre la corteccia", di essere attirato verso una realta e di sperimentarla anche in tutta la sua drammaticita, il suo lato tragico. In questo senso, l'artista compie veramente la sua di- scesa agli inferi. E proprio questo che fa la differenza tra l'arte e il kitsch: l'arte rivela. la tensione .tra la morte e la vita, tra il male e il bene, mentre il kitsch cerca di evitare questa tensione, di camuffarla, di ren- dere facili cose che non lo sono. Ma aile volte questa tensione tra la morte e la vita e troppo forte e, se il tessuto personale dell'artista non riesce a reggerla, questi rischia di esserne spezzato, di rimanere chiuso nella tragicita del male senza riuscire ad individuare anche la via d'uscita, senza scoprire che al di la della violenza c' e un mondo redento, un superamento del male. Ma, da quando si e frantumato quell' orizzonte unitario, quell' organicita del vero, del buono e del bello di cui parlavamo, anche l'artista, esprimendo se stesso, da voce a questa realta frantumata. Percio e ditlicile che la sua arte possa avere una portata di spe- ranza, possa aprire degli spiragli di luce dove c' e il buio, possa portare consolazione dove ci sono le la- crime ... Riesce a cogliere l'uomo nel suo aspetto drammatico, ma non riesce ad introdurlo nella luce. Non e un caso se i pili grandi artisti hanno spesso una vita personale tragica. L'arte, quando e vera, non puo essere separabile dall' artista. E, se guardiamo 1' arte contemporanea in questa dimensione di confessionale, dove l'uomo rovescia il cuore e alle volte urla, esprimendo con prepotenza 74 Secondo giorno cio che sta succedendo, questo aspetto deve suscitare in noi anche rispetto e cornpassione. In questo senso c'e una "sacralita" nell'arte conternporanea, proprio perche e un cuore versato, e il cuore dell'uorno e il luogo pili sacro del rnondo. Mi ricordo che, gia da giovane artista, spesso tornavo a casa dopo aver visi- tato delle rnostre sofferente per cio che 1' arte rni ave- va comunicato riguardo all'uomo e alla vita. L'arte esprirne, confessa una realta che l'uorno vive, che gli appartiene, rna che non dice tutta la sua verita, per- che l'uomo vero e l'uorno redento in Cristo. Non e suffic.ic:nte il dato creaturale. Ci vuole la redenzione. Ma se l'arte non dice tutto questo non e un motivo di disprezzo, di snobismo o di moralisrni di vario ge- nere, piuttosto e !'ambito dell'incontro ... Un incon- tro che tante volte si fa nelle lacrime, nel dolore ... Da confessore, so che nessun peccato e bello, che tutti i peccati sono brutti. I peccatori sono diversi, rna i peccati sono pitl o rneno tutti uguali, non solo simili. Allo stesso modo anche 1' arte contemporanea, cosi sensibile fino alla patologia per la difesa dell'uni- cid del soggetto e della sua espressione, e in un certo senso tutta livellata. Le espressioni sono molto diver- se, rna cio che dicono e quasi sempre uguale ... Quanfo piu fa forma C iJUOta di contenuto sensato, tan- to piu e illitnitata nelle sue cornbinazioni, direbbe setnpre Evdokimov, che vedeva nell' arte astratta una specie di gioco che varia all 'itiftnito i co fori dell' arcobaleno, senza mai ri- conoscervi l 'alleanza tra il cielo e Ia terra. 1\!Ia il fenomeno dell' arte astratta pti(J essere vis to anche come una prowi- 75 lvl.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro denza, se questa abbandono della jigura nell' arte moderna e stato necessaria in qualche modo per purificarci da tutte le immagini che rq:ffiguravano il mistero in una 1naniera trop- po banale. Come vedi il rap porto tra Ia jigura e I' astratto nell' arte? Bisogna domandarci perche ad un certo punto della storia l' arte abbia rigettato la figura. Uno dei motivi e sicuramente il fatto che, dal rinascimento in poi, ci siamo riempiti di una figurazione cos! perfetta da un punto di vista formale e concentrata sulla su- perficie, che era chiusa ogni possibilid di vedere qualcosa al di la della figura. L'unico "aldila" era una specie di analogia intellettuale, cioe un tentative di spiegare razionalmente quello che significano le cose. Abbiamo curato la figura Qei minimi particolari, ab- biamo elaborate la superficie secondo il gusto di un'estetica formale. Ma, per andare oltre la superficie, bisognava creare tutto un mondo intellettuale di spie- gazioni. Era abbastanza logico che questa impostazio- ne finisse per non reggere ... Ma in realta l'alternativa tra figura e astrazione e falsa. E qualcosa di tipico di una religiosita antica che vuole essere moderna, che pensa di trasportarsi da un mondo concreto, materico, ad un mondo pseudo- spirituale, dove tutte le cose sono tluide, senza forma, luminose, ecc. Invece la novid cristiana sta nel fatto che Cristo e entrato nel mondo assumendo tutto cia che e creaturale - compresi i suoi limiti, la tragedia del peccato, ecc. - e vivendo tutto questa come un passaggio al Padre. L' am ore filiale, un am ore di obbe- dienza, non lo ha porta to a sfuggire a questa mondo, 76 Secondo ~ i o r n o rna a penetrarlo per trasfigurarlo e renderlo filiale. La nostra fede e basata sull'incarnazione e sulla trasfigu- razione, e quindi per noi non puo val ere 1' assioma che piu una cosa e astratta piu e spirituale, altrimenti Dio non si sarebbe incarnate. Per noi cristiani e chia- ro che, per essere spirituale, una cosa non deve ren- dersi eterea, astratta, ideale, sottraendosi alle figure di questa mondo materiale. L'uomo nella sua integrita e chiamato a esporsi allo Spirito e il suo corpo stesso, nelle sue strutture e nei suoi ritmi, e fatto per rivelare !'impasto materiale del Logos con la creazione e per- cia la vocazione a diventare "tempio dello Spirito". Il Cristo cosmico persino nei ritmi della vita, nel respi- re e nel sangue, come insegna la pratica della pre- ghiera di Gesu. E con questa partecipa non ad una cosmificazione della persona, ma una personificazio- ne radicale del creato. La novita cristiana e la trasfigu- razione della materia a partire dall'incarnazione di Cristo, cioe a partire dalla discesa dello Spirito ... Penso che occorra prendere seriamente in considera- zione il collegamento tra la mancanza della pneuma- telogia negli ultimi secoli da una parte, il grande svi- luppo del pensiero filosofico e scientifico dall'altra, e il passaggio da una figurazione formalmente perfetta alia distruzione di qualsiasi figura e la fuga in un mondo non figurative. Per i cristiani non e ammissi- bile una fuga dal creato, dalla creaturalita, anche se segnata dal peccato che la rende drammatica. Ma non ha senso neanche un abbellimento di questa mondo correggendo le sue forme in vista di una perfezione maggiore. Non e tipicamente Cristiano fare un'arte cos!, anche se i temi vengono presi dalla Bibbia o se 77 Af.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro si vuole comunicare un contenuto religioso con que- sta linguaggio ideale modulato tutto sulle forme esterne. Cia che interessa i cristiani e che l'arte faccia vedere il nesso di tutto con Cristo e come si trasfigu- rano le case e le persone nella lora relazione con Dio nella Spirito Santo. Questa e cia che avviene nella li- turgia, al servizio della quale e orientata 1' arte della spazio liturgico, ma gia ogni arte secondo la visione cristiana si trova sulla via verso questa apertura. Percia non ha sensa realizzare un'arte che impedisca o escluda questa via, perche significherebbe considerare l'uomo come una realta chiusa, ossia senza la possibi- lita dell'amore, senza estasi verso l'altro. Evdokimov osserva irifatti che la tendenza non figurati- va va di pari passo con la secolarizzazione della societc1. Invece, non puo esistere un'arte liturgica senza la figura e senza il volto, come aj{ermavi, tra l'altro, nell' articolo: "Applicazione del Concilio: quale arte per la liturgia". Quindi, secondo te, if venir meno delle _figure dei santi nel- le nostre chiese, inc/usa l' assenza del volto di Cristo - ad eccezione di quello del Crocifisso - e da collegare con la mancanza di una dimensione E chiaro, perche e proprio lo Spirito il rivelatore del volta di Cristo! 11 passaggio dal Verba preesisten- te al Verba incarnato e opera della sinergia tra lo Spirito Santo e la Vergine di Nazareth. E un'azione divinoumana. Noi vogliamo fare il passaggio dal Logos alla carne attraverso un processo filosofico e un impegno morale, come se bastasse dire: "ho capita, e adesso devo solo fare cosi". Mail passaggio dal Logos 78 Secondo giorno alia carne e frutto della sinergia tra lo Spirito Santo e l'accoglienza dell'uomo. L'assenza dell'arte liturgica .. denuncia senz'altro una debole pneumatologia. Se constatiamo che l'Occidente e in difficolta con l'arte liturgica, bisogna anche ammettere che la teologia della Spirito Santo non e stata proprio il nostro pun- to di forza lungo i secoli ... Come e sbagliato pensare che l'arte sia tanto pitt spirituale quanta piu e astratta, perche - lo abbiamo gia detto - si tratta di una variante della gnosticismo, allo stesso modo e altrettanto sbagliato pensare che si possa creare uno spazio liturgico senza volti. La nostra fede riguarda la persona, il volta, perche il nostro Dio e prima di tutto Dio Padre. Padre Spidlik diceva sem- pre che, quando pronunciamo il Credo, non dovrem- mo mai mettere la virgola dopa "Credo in un solo Dio", ma dopa "Credo in un solo Dio Padre". Quando si e formato il Credo, non c' erano "atei", perche tutti, in epoca tardoantica, credevano in qual- che divinid. Quindi, non si trattava di sottolineare la fede nell' esistenza di qualche dio. 11 prima articolo del Credo riguarda la paternita di Dio, e questa fa la difl:erenza. Se io credo in un Dio senza volta, e chia- ro che me lo spiego filosoficamente come un essere assoluto trascendente, un' oggettivid anonima. Ma davanti ad un Dio anonimo, impersonale e molto dif- ficile pregare. La maggioranza dei cristiani si lamenta che la preghiera non va: "non riesco a pregare", "mi dimentico", "so no deconcentrato", ecc. Ma in realta la questione e: dove prego, davanti a Chi prego, cioe chi e Colui che sto pregando, e chi e colui che prega, cioe chi sono io? 79 l'vU. Rupnik- II rosso della piazza d'oro Dicevamo che la fede significa essere trovat1 m Cristo. Allora non sono pili "io" il soggetto. Io non prego pit'1 come "io", rna in quanto incorporato in Cristo, in quanto la mia umanita e unita all'umaniti di Cristo. Allora io prego come figlio nel Figlio, e quindi prego il Padre. E siccome prego in Cristo e per mezzo di Cristo, prego perche lo Spirito Santo in me muove la mia identiti verso una coscienza filiale sempre piu piena, perche incide sempre pili piena- mente nel mio cuore le parole "Abba, Padre". Allora la rnia preghiera e la preghiera al Padre, il rnio Credo e il "credo inDio Padre". Quando lo dico, dico chi e Dio, rna dico anche chi sono io: sono figlio. Su que- sto sfondo e chiaro che si va verso il volto, perche sia- rno in un contesto di relazione, di cornunicazione. La Bibbia e piena di questa nostalgia del volto: "Fino a quando rni nasconderai il tuo volto?"; "quando vedra il volto di Dio?"; "il tuo volto, Signore, io cerco" , ecc. Nel linguaggio biblico, il volto indica proprio questo relazionarsi, questo rivolgersi all'altro. La ric- chezza del volto sta nella comunicazione, nella rela- zione. Cristo dice: "chi vede me, vede il Padre mio". Questo vale anche per noi. 7it es e1go sum. Credo in Dio Padre, nel Figlio contemplo il suo volto, e lo Spirito mi rivela che anch'io sono figlio, percio an- ch'io ho un volto ... Ma qui si apre anche tutto il discorso sulla corpo- reiti del nostro Dio incorporeo. Questo nostro Dio Padre Creatore gia dalla creazione del rnondo vede il creato nell' ottica di suo Figlio; contempla il Figlio gia incarnato e tutto il creato in vista della sua incar- 80 Secondo ,giomo nazione. Si tratta di un processo nel quale Dio assu- me la carne. Dio vive un movimento, una kenosi, verso l'assunzione della carne umana, dell'urnaniti come tale. L'uomo invece e nel processo della divi- nizzazione, e per lui il processo di divinizzazione coincide con la cristoformiti, perche e Cristo che svela l'uomo all'uomo. L'uomo e veramente uorno soltanto in Dio. L'uomo si divinizza, va verso Dio, il che significa che la mia vita sari sempre pili identifi- cata con quella di Cristo. Siccome il nostro Dio non e un Dio astratto, rna il Padre, che ha un volto che ci viene rivelato nel Figlio, noi, quando ci divinizzia- mo, non ci "disincarniamo", perdendo il corpo, la materialiti, ma avviene un processo di trasfigurazio- ne di questo nostro corpo. E una trasfigurazione che passa attraverso la rnorte e la risurrezione. Come il chicco si trasforma nel gerrnoglio, cosi la nostra cor- poreiti si trasforrna nella corporeiti spirituale. Per questo non andiamo verso un astrattismo, ma verso un volto sempre pi6 cristoforme. Il che vuol dire non solo il volto storico di Cristo, rna anche il volto del Corpo di Cristo che e la Chiesa. E Ia Chiesa e simboleggiata dalla chiesa, dall'edificio ecclesiale, conte ci insegna la tradizione ... o, come si e espresso un autore moderno, Richard Giles, in uno dei con- f!egni liturgici a Bose, "lo :spazio liturgico e Ia tela su cui la Chiesa f!if!ente dipinge un suo autoritratto". Che cosa si- gn[fica a/lora per Ia percezione della nostra identita di corpo ecclesiale, if f!Uoto delle nostre chiese, che cosa s(gnifica il fatto che promuOf!ianw un 'architettura spog/ia? 81 lvf. I. Rttpnik- Tl rosso della piazza d'oro La cosa e molto seria, perche si tratta veramente di una questione di identita. Uno spazio cosi non su- scita nessun sensa religioso, perche non evoca alcuna presenza. Questa astrattismo dell' arte, favorito dal clima culturale generale, e sostenuto proprio dall'ar- chitettura delle chiese moderne, un'architettura che favorisce il vuoto, 1' assenza, e questa di soli to in no- me di un'idea di trascendenza e di spiritualit:l. Per un' architettura del genere sembra quasi inaccettabile cia che per noi cristiani e una questione fondamen- tale. Per noi non si tratta semplicemente di far emer- gere l'idea dalla materia, dal corpo. Per noi la que- stione fondamentale e il Corpo glorioso, ossia il Corpo del Logos che e la Chiesa trans-temporale e universale. Sembra che queste due questioni siano incomprensibili per chi non e all'interno del vissuto ecclesiale e non riesca ad assumerle come principia creativo e progettuale dell' edificio ecclesiale. Ecco allora che si crea uno spazio che non e sacra, perche non e abitato dal Logos, ma da un'idea, anche se questa idea si chiama "trascendenza". E 1' edificio ec- clesiale diventa semplicemente la corteccia di un'idea - vuoi dell'architetto, del parroco, o di qualche commissione. In questa modo, purtroppo, la chiesa dipende da una visione molto soggettiva, prova ne e che le persone dentro non ci si sentono bene. Quanta e diverso, invece, se entriamo in uno spa- zio che non e semplicemente la forma di un'idea, ma esprime un organismo vivo. Abbiamo vista che, se il Logos e Cristo, con cia abbiamo un'apertura alla Trinid - perc he Cristo e il Figlio di Dio - e un' aper- tura all'ecclesialid - perche Cristo ha il suo Corpo 82 Secondo giomo che siamo noi, la Chiesa. Se io sono la carne del Logos, perche sono parte del Corpo di Cristo, allora partecipo al sacrificio pasquale, alia risurrezione, alla comunione trinitaria ... Tutto questa e il Logos cristia- no, il che e molto diverso dall' essere la forma 0 1' a- zione di un'idea. E questa differenza si percepisce, perche quando entro in chiesa, non trovo niente di quello che e il Logos-Figlio di Dio, che e anche la mia identit1. Negli ultimi tempi abbiamo creato degli spazi li- turgici che non partono da una vita ecclesiale, cioe che non sono veramente immagine del Corpo, pro- prio perche non nascono dal Corpo. Il trend attuale e quello di affidare il lavoro ad un architetto che, al- . l'interno del suo stile consolidato per tutti gli edifici di altro genere, crei la chiesa apportando semplice- mente qualche ritocco a questa suo stile. Cosi oggi le chiese non esprimono pitl l'identiti dei cristiani che, edificando i muri e decorandoli con pitture, affreschi e mosaici, scrivono la loro veriti. E che oggi praticamente non abbiamo pili spazi sacri lo dimostra, ad esempio, il fatto che i preti devono con- tinuamente sgridare l'assemblea e richiamare al silen- zio per ricordare alla gente che siamo in chiesa, per- che onnai lo spazio non dice questa da solo. Mentre e interessante constatare come le chiese di una volta erano cosi fortemente immagine della Chiesa che, quando capitava che qualcuno volesse usarle per altri scapi - come al tempo delle invasioni turche, ad esempio -, doveva prima distruggere tutti i segni della Presenza, che per i non cristiani comportavano 83 i\1.1. Rttpnik II rosso della piazza d'oro un disturbo insopportabile. Quando i comunisti da noi hanno confiscata le chiese e le hanno volute pro- fanare destinandole ad altri usi, erano cosi infastiditi dagli altari e dagli affreschi che hanno dovuto di- struggere i primi e imbiancare i secondi. Oggi tutta questa fatica non sarebbe pili necessaria, perche le chiese che abbiamo costruito so no senza identitL. Si potrebbero trasformare in uno show-room per le au- tomobili o per i pianoforti praticamente senza nessun intervento. Che significa questa? Che il nostro agtro- pocentrismo radicale e penetrato fino alle fondamen- ta a tal punto che non stiamo pili formando i fedeli ad una fede capace di incidere su tutta la loro vita, ad una fede che e rivelazione di una novit:l radicale del- l'umanit:l, rna li educhiamo ad una specie di religione che vada bene per tutto e per tutti. La formazione che queste chiese esercitano sui fedeli non favorisce la maturazione della novit:l e della forza del battesimo. Questa, purtroppo, e la conseguenza, quando le cose non sono fatte a partire dalla Chiesa e per la Chiesa. Percio penso che queste chiese dovranno essere "evangelizzate", ecclesializzate ... L'imbarazzo che i tedeli normalmente sentono di fronte all'architettura delle chiese contemporanee esprime un disagio oggettivo, che riguarda il fonda- menta stesso di una tale architettura, dal momenta che 1' architettura mode rna non ha come suo intento quello di elaborare un'architettura organica. Tutt'al- tro. L'architettura moderna e un'architettura che ren- de fortemente esplicita la linearit:l geometrica e ma- tematica, a differenza di un' architettura ispirata alla 84 Secondo giorno teologia del tempio, del santuario, dove non si tratta di matematica, rna della corporeit:l, dell'umanit:l di Cristo. Quando si crea dalla Chiesa per la Chiesa, allora c' e una dinamica tra le membra e il capo del Corpo, e lo spazio creato rispecchiera questa organicit:l. Lo spazio architettonico funzionerii come un prolunga- mento del corpo. Gli antichi sapevano che il corpo ha nel suo nucleo una struttura geometrica, matema- tica, ma questa e nascosta dal muscolo, cioe dal cor- po, dalla vita. Cia che vedo immediatamente e un organismo. Solo dopo intuisco anche che, per poter stare in piedi ed essere dinamico, questa organismo deve aver dentro una geometria, un calcolo matema- tico. Mentre l'architettura moderna ha aperto la car- ne e tirato fuori la geometria, il calcolo! Gia Gaud!, un grande genio profetico, volendosi opporre a que- sta tendenza dell' architettura moderna, perche la per- cepiva come un' aggressione alia vita e al mistero, ha cominciato di nuovo a nascondere la geometria den- tro al "muscolo", dentro all'organismo. Lui avvertiva una grande incompatibilitii tra la Chiesa e questa ar- chitettura razionalista, tecnocrate. Una tale architet- tura non promuove la vita, rna fa leva sulla struttura stessa, una struttura che si rivela al suo massimo quando lo spazio e disabitato. E questa, c' e poco da fare, e una contraddizione in termjni per un edificio ecclesiale: risplende al massimo della sua forma quan- do non c'e nessuno! Si crea uno spazio idealrnente e formalmente perfetto, rna non ha anima, perche non c' e il Lc1gos incarnato. Manca la corporeita, manca il volto, manca i1 Corpo del nostro Signore Gesli Cristo, 85 M.I. Rupnik II rosso della piazza d'oro il Corpo che siamo noi. Percio le persone non si sen- tono bene dentro. Questi sono spazi creati per le idee, per il catalogo di una mostra, ma non per essere abitati. Irifatti, e interessante che nelle riviste di architettura gli spazi litrllgici vengano norma/mente Joto,l!,rajati vuoti, sen- za le persone dentro ... Se 1' edificio ecclesiale e il ritratto della Chiesa- Corpo di Cristo, allora e evidente che uno spazio vuoto, senz'anima, senza vita, dice. che s i ~ o ancora smarriti, perche senza il volta del Padre. Non si tratta di creare spazi che come ho sentito dire pitl volte dagli architetti aiutino a pacificarsi, a concentrarsi, a raccogliersi. "C'e bisogno di uno.. ~ p z i o vuoto, spo- glio - dicono - perche la gente oggi e gia piena di immagini." La questione e che questa spazio non de- ve servire ad una pacificazione psicologica, ma ad in- contrarsi con Dio e, in Dio, con gli altri. Si tratta di incontro, non di concentrazione e raccoglimento! Anche qui si vede questa protagonismo: io mi con- centro, io penso, io medito ... sempre io. Questa non serve a niente. Che cosa si intende per incontro? Non si tratta di un incontro con me stesso, perche io non mi posso incontrare con me stesso da solo. 7h es, etgo sum: io vedo chi so no di fronte all' Altro. La persona, a immagine della Trinid, emerge dalle relazioni. Spesso, dietro ad un'architettura del genere, si na- sconde anche uno smarrimento personale. Benche credenti, alcuni architetti insistono con testardaggine su queste correnti architettoniche minimaliste, asciut- 86 Secondo giomo te, deserte, aggiungendovi un lungo verbalismo di spiegazioni. Una volta, uno di questi architetti mi ha detto francamente: "Io non sopporto la tua arte con questi volti limpidi e questi colori solari, perche pen- so che sia tutta una fantasia. Preferisco fare degli spazi deserti e austeri, perche credo che dopo la morte non ci sia niente e io saro li, sdraiato nel vuoto". E fondamentale allora il fatto di essere veramente innestati in un organismo; non solo pensare di esser- lo, ma scoprirsi con sorpresa dentro lo spazio dei re- denti che e il Corpo di Cristo. E questa spazio poi lo riconosciamo nelle nostre relazioni, nei nostri sguardi, nei nostri incontri. Perche tutto sara Secon- do quest'unico tempio abitato dallo Spirito, del qua- le noi siamo pietre vive. Vedi, il fatto che noi non siamo pili in grado di costruire uno spazio sacra e in qualche modo il segno della nostra incapacita di in- tessere relazione personali. Se qualcosa non funziona, sono infatti proprio le relazioni tra le persone. E di conseguenza anche lo spazio sacra, uno spazio in cui uno entra in punta di piedi e che e il segno per ec- cellenza della nostra realta di Corpo, non esiste pili ... Puoi dire ancora qualche parola sui rapporto tra cia che intendiamo come "spazio sacro" - cia che riguarda Ia co- struzione del tempio nell'Antico Testamento e il "tem- pio del Nuovo Testamento" che riguarda il Corpo ecclesiale di Cristo? Per approfondire questa rapporto basterebbe me- ditare gia un solo brano, quello del secondo Libra di Samuele, dove Davide si consulta con Natan in meri- 87 AU. Rrtp11ik II rosso della piazza d'oro to alla costruzione del tempio come abitazione di Dio. In un primo momento Natan acconsente alia proposta di Davide. Ma poi, durante la notte, si fa sentire il Signore. Natan allora torna da Davide e in questa occasione pronuncia la straordinaria profezia: dalla discendenza di Davide verra il Messia, per il quale Dio sara Padre e Lui gli sari Figlio. Gia da que- sto brano biblico e evidente che il tempio come di- mora di Dio non puo essere una costruzione fatta da un uomo, ma e anzitutto l'umanita stessa, in quanto abitata dal Figlio di Dio. I primi cristiani avevano chiaro questo. Minucio Felice dice che noi cristiani aras non habentus, non abbiamo altari, perche ogni realta cultuale della storia sacra - la Pasqua e il suo agnello, il tempio, il suo sacrificio e il suo sacerdote e stato assunto nella persona di Cristo incarnato, rias- sunto e personalizzato in Lui. La liturgia nel tempo di Natale ci presenta a una distanza ravvicinata questa profezia, il racconto della Nativira di Luca e il Prologo di Giovanni. Nel verset- to 14 del Prologo viene detto che il Verbo si e "at- tendato", ha fatto la sua tenda. L' esegesi mode rna, ci- tan do diversi passi dell' Antico Testamento, ci ricorda il significato profondo di questa immagine. Quando l'arca dell'alleanza e spostata nel tempio, viene detto addirittura che Dio e entrato nel tempio come nella tenda, perche "attendarsi" significa proprio questo: "posare la tenda e mettersi dentro". Ma siccome que- sta tenda in realta e l'umanita, questo significa che Dio ha gia creato l'umanita secondo il Verbo, per mezzo del Verbo e in vista del Verbo come Figlio. 88 Secondo siorno Quando poi a Betlemme la Vergine partorisce Cristo, vero Dio e vero uomo, Dio abita l'umanita. L'uma- nita viene cosi vissuta al modo di Dio! Dio posa la tenda e si mette dentro, cioe all'inizio dei tempi crea l'umanita, per poi abitarla con l'incarnazione del Figlio. Percio non si tratta di costruire il tempio e poi metterci dentro Dio. E Dio che crea l'uomo e nel- l'incarnazione prende la dimora in questo uomo, co- me vero Dio e vero uomo, non come un'energia ex- traterrestre posata dentro la sua creatura. Gia nel capitolo 25 dell'Esodo, quando Mose ri- ceve da Dio la rivelazione sulla tenda che ha il com- pito di riprodurre sulla terra, e nascosto il mistero dell'umanita di Cristo preesistente in Dio e rivelata storicamente con l'incarnazione. Anzi, san Gregorio di Nissa nella sua Vita di Mose esplicita che si tratta non solo dell'umanita storica e personale di Cristo, ma anche della Chiesa. Ecco uno spaccato sulle di- mensioni del Tempio vivo che e l'uomo, la Chiesa. Si potrebbe infatti continuare con 1' ecclesiologia di san Paolo, inscindibilmente unita alla cristologia. Per Paolo e del tutto ovvio che noi siamo il Corpo di Cristo, che e l'unico santuario, l'unico tempio, l'uni- co sacerdote, e noi siamo le sue membra. Oppure si potrebbe citare ancora la prima Lettera di Pietro e le pietre vive dell'unico tempio che e Cristo ... E il fat- to stesso che Cristo riassuma e personalizzi ogni realra cultuale dimostra che il vero culto gradito al Padre e la vita, morte e risurrezione di Cristo. E sic- come, grazie al battesirno, noi entriarno in Cristo, la nostra liturgia, il nostro culto e la sua vita sacrificale in noi, la nostra vita vissuta nella dinamica pasquale. 89 iVI.l. Rupnik- Ilr'Osso della piazza d'oro Bastano gia questi pochi accenni per intuire quan- ta e difficile che un'architettura moderna, profonda- mente razionalista, pragmatica, tecnocratica e icono- clasta possa creare qualcosa in grado di far vedere e sperirnentare lo spazio stesso come l'umanita di Cristo, che e anche la Chiesa, che siamo anche noi. Ma il testa piu importante e la Lettera agli Ebrei, ai capitoli otto, nove e dieci. Li e definitivamente chiaro che Cristo nella sua umanita attraversa la morte, strappa il velo ed entra nel Santuario non fatto con le mani d'uomo, cioe nel Santuario vera nei cieli di Dio Padre. La Pasqua di Gesu Cristo apre per sempre pro- prio tramite la sua umanita la via al Santuario. Nel Cristo morto e risorto questa passaggio rimane aper- to e per noi e accessibile nella liturgia della Chiesa che, come Corpo di Cristo, e lo spazio del passaggio al Padre. Questa struttura era e rimane attraverso i se- coli la struttura fondante della costruzione dell' edifi- cio ecclesiale, perche rende chiaro che la comunita dei battezzati forma nella sua comunione il passaggio dell'umanita redenta, resa ormai filiale, alla escatolo- gia, alla piena partecipazione alla comunione trinita- ria. Cristo e il passaggio, lo Spirito Santo ce lo rende possibile e, in Cristo, ci fa riconoscere e amare il Padre insieme a tutti i santi del corpo glorioso di Cristo. Da questa realta cristologica ed ecclesiologica san Massimo il Confessore trae anche la visione di un'antropologia redenta. La prima tenda, la navata, e il nostro corpo e il santuario e il cuore. Se l'architettura, come anche l'arte all'interno di questa architettura, non ha come suoi pilastri un' ec- 90 Secondo giomo clesiologia e una cristologia su uno sfondo trinitario, puo darsi che voglia esprimere tutta un' altra cosa, ma- (rari concettualmente molto elaborata. Ma, qualsiasi I:> altra cosa voglia dire, se non parte da questi fonda- menti, sad esposta alle correnti culturali, ai gusti sog- gettivi e non avd a che fare con il mistero che vi si celebra all'interno. Ma capisci gia com'e dannoso e fuorviante propone dei dettagli e delle ottiche parziali e soggettive come il modo in cui la Chiesa presenta cio che la identifica. Questa e oggi tanto piu perico- loso perche, come abbiamo detto, siamo in un tempo senza una visione dell'insierne, dove manca l'educa- zione ad una sintesi teologica, culturale e spirituale, e percio non si sa dove collocare i dettagli, qual e illoro posto nell'insieme. Inoltre, penso che sarebbe molto grave se oggi volessimo dire che per noi la chiesa e semplicemente un edificio che ci protegge dalle intemperie e che, per sfuggire all' anonimato, va arricchita dalla creati- vid degli architetti del nostro tempo. Se questa fosse vero e purtroppo in molti oggi lo affermano al- lora si aprirebbero preoccupanti questioni ulteriori. Si tratterebbe infatti di una sociologizzazione e di una secolarizzazione tragica della fede e della Chiesa come tale. Da un lato, la Chiesa vorrebbe agire nel mondo come sacramento del mondo, che opera per la trasfigurazione della societa, della cultura, dell'uo- rno, ma dall' altro lato si fa vedere che persino il sa- cramento stesso, con tutta la forza della liturgia, e una realta a se stante, inerte, incapace di un'azione reale, circoscritta dentro ai suoi confini precisi, che sono quelli dove la comunita si raduna e dove anche 91 AU. Rrtprtik II rosso della piazza d'oro la sua forza si esaurisce. Invece la Tradizione ci fa ve- dere che il sacramento agisce sull' altare, rna non si ferma 11. Agisce sulla comunita e questo si vede sulle pareti e nello spazio della chiesa stessa, perche 1' edifi- cio sacro e l'autoritratto della comunid., cioe della Chiesa. Se l'ambiente stesso della liturgia non e segnato dalla reald. liturgico-sacramentale che vi si celebra, stiamo affermando l'impotenza del sacramento stesso. Lo spazio liturgico e infatti un testimone autorevole della trasfigurazione che avviene nel sacramento e che coinvolge la comunit:l e tutto il creato, che atten- de con ansia la rivelazione dei figli di Dio. Percia l'architettura, le pietre, illegno, il vetro, l'iconografia dei santi, degli eventi della storia della salvezza nella !oro narratio plena, dall"'in principia Dio crea il cielo e la terra" fino alla fine dei tempi - rivelano e testi- moniano questa azione salvifica, trasfigurante e vivifi- cante della liturgia. Rinunciando a questa testimonianza, sottolineia- mo che Ia liturgia ha effetto solo sulla comunita, e che questo effetto per il mondo, per quelli fuori del- la Chiesa, rimane illeggibile, anche se potrebbe esse- re visibile. Come se si trattasse di un effetto solo psi- co-morale, e non ontologico ed esistenziale. Ma questa e gia una falsificazione dei sacramenti e della liturgia. La dimensione materiale della fede e di fon- damentale importanza, perche nella liturgia e l'uomo intero ad essere interpellato e, tramite l'uomo, anche il cosmo. La liturgia - spero che ci torneremo - ha un carattere cosmico, ecclesiologico ed escatologico. 92 Secv11do giorno Vorrei che ritornassi sulla distinzione tra visibilita e leg- gibilita ... Per leggere Ia Parola di Dio ci vuole sempre una si- nergia con lo Spirito Santo affinche il Libro sacro di- venga una parola che mi parla. Lo stesso vale per un'immagine sacra o addirittura per il Corpo di Cri- sto che e la Chiesa. Si tratta di un'immagine che e vi- sibile pera in maniera diversa dalle lettere di una paro- la. La parola e comunque sottomessa alla conoscenza di una lingua, mentre l'immagine e certamente piu immediata.Tuttavia, affinche questa inunagine non sia solo visibile, ma anche leggibile, comprensibile, l'im- magine stessa esige una particolare attenzione. Un'at- tenzione alla comunicabilita. Siccome cia che la Chie- sa dice e divinoumano, e importante !'opera dello Spirito Santo rna anche una particolare attenzione a cia che siamo nel Corpo che e la Chiesa, afi'inche cia che e si Iegge nell'immagine sia comunicazione di Cristo, di cui siamo il Corpo. Infatti, siccome cia che e visibile non sono le lettere, ma un'Immagine, anzi il Corpo della Parola, c'e bisogno dello Spirito Santo per dischiudercene la lettura. La Chiesa non e solo Ia visibilita di Cristo, rna una visibilid. leggibile anche come l' amore del Padre che ama e agisce oggi. E in- fatti, come l' edificio in cui si celebra Ia liturgia non ha un nesso organico con queste cose, cioe non e leggi- bile come Corpo di Cristo, dunque ne come Chiesa, ne come amore del Padre, allo stesso modo e scarsa anche la leggibilid. della comunid. cristiana. E infatti il nostro agire, le nostre opere buone, il nostro impegno 93 J\II.I. Rupnik II rosso della piaz.za d'oro socio-culturale, caritativo, non suscita negli altri la lo- de a Dio Padre. Mi ricordo un colloquio con il presidente di una grande fondazione cristiana che ormai da qualche se- colo sostiene tante opere benefiche della Chiesa. E- ravamo di fronte ad una di queste chiese opera di qualche genio architettonico contemporaneo, ma pri- va di un nesso organico con cio che si celebra nella li- turgia e nel sacramento. Questo signore mi ha sorpre- so. Ad un tratto, 1ttosi improvvisamente serio, appog- giando la mano sul volto, ha detto: "Questa chiesa mi ricorda la nostra fondazione. Dentro ci sono persone che fanno cose di estrema importanza, ma ormai, sia per !oro che per chi e destinatario della !oro benefi- cienza, e difficile vedere il passaggio dal bene che vie- ne fatto alia sua fonte, che e Dio. Il nostro modo di procedere e quello aziendale, finanziario, bancario. Siamo all'interno delle categorie filantropiche della nostra cultura. Siamo ben nascosti e, anche se sem- briamo qualcosa di straordinario, proprio come que- sto edificio, e praticamente impossibile che qualcuno possa comprenderlo come una scoperta importante per la sua vita, perche si tratta di lavorare in un flusso di carita che passa da Dio aile persone in tante zone del mondo, tingendosi anche dei nostri colori. Non e infatti possibile lavorare nell'amore di Dio senza farsi coinvolgere". Proprio con 1' edificio ecclesiale, infatti, e accadu- ta una cosa interessante. Una volta, a partire dalla chiesa, intorno si costruiva il monastero, e dal mona- stero il villaggio, la citta, 1' abitazione degli uomini. 94 ,,.,. Secondo ~ i o r n o Oggi il processo e esattamente opposto, e questo movimento all'inverso non si e fermato semplice- mente all' edificio liturgico, ma e entrato pure nella liturgia. Anche li abbiamo cominciato a dare la pre- cedenza al gusto pili accettato, piLl comune: baste- rebbe fare una ricognizioni dei canti usati nella litur- gia, dell'intercalare di continue spiegazioni, dell'in- troduzione di gesti e simbologie inventati per 1' occa- sione ... E non cambia se si sottomette la liturgia ai gusti e alle tendenze delle mode culturali di stampo nostalgico, perche si tratta ugualmente di modi arbi- trari e soggettivisti, come certe onde della post-mo- dernita. Oggi vogliamo costruire la chiesa affermando le correnti culturali di turno, caricando di una spiega- zione teologica, ecclesiale o persino liturgica gli ele- menti che vogliamo sottolineare, rna che in realt:l so- no un'invenzione soggettiva, applicata su un dato culturale, su uno stile architettonico. Crediamo cosi di essere vicini alia cultura del tempo, non sapendo pero che in questa maniera azzeriamo la nostra pos- sibilita di dare qualcosa al mondo, di ispirare e so- prattutto di comunicare la vita, la salvezza, che a sua volta diventa la forza creatrice e trasfiguratrice del- l'umano, e dunque della cultura. Aile volte mi succede di entrare in una casa reli- giosa dove mi fanno vedere, con una certa fierezza, gli spazi ristrutturati o la cappella nuova. Ma spesso si tratta di un'immagine triste, che fa vedere come il mondo sia entrato nelle nostre case e ne costituisca 1' asse portante. Se non riusciamo a dare neanche al nostro spazio vitale l'impronta della fede e della sal- 95 LV!. I. R11p11ik- II rosso della piaz.za d'oro vezza, e chiaro che il mondo e riuscito a neutralizza- re la nostra forza creatrice, rendendo la fede un'idea sterile, invece di viverla come esuberanza di vita e di creativid. Se non siamo capaci di creare uno spazio agapico e spirituale a casa nostra, e chiaro che !a no- stra azione nel mondo e al massimo un evento me- diatico, ma inincidente per quanto riguarda la vita della gente e soprattutto per la vita eterna. Diven- tiamo semplicemente un'associazione tra le altre ... Se la liturgia, come dice Florenskij, e 1' articola- zione interna della vita della Chiesa, quella che co- stituisce la Chiesa dal di dentro, il cuore della vita ecclesiale, allora e impossibile che qualsiasi spazio va- da bene per la liturgia. Ma oggi ci troviamo nella si- tuazione in cui e 1' architettura a gestire anche una delle realta pitl profonde e intrinseche della fede, co- me lo spazio liturgico. Florenskij sosteneva anche che 1' arte e il "tu" dell' architettura, e viceversa. Ma oggi - e lo posso confermare dalla mia modesta esperienza di collaborazione con gli architetti e molto difficile trovarne uno che consideri il suo la- voro in dialogo con l'arte figurativa, perche normal- mente e 1' architetto a decidere e determinare dove e come sad inserita l'arte nella "sua" chiesa. Questo e particolarmente grave perche interferisce con cio che e !'indole essenziale della fede, della liturgia e della vita spirituale di ogni credente. Come diceva il cardinal Luciani, nella Chiesa siamo tutti ospiti. Percio nessun'arte e autonoma, nessuno e indipen- dente. Se 1' architettura non considera 1' arte, e una dittatura, e quindi sopprime la vita, e invivibile. Ma 96 Secondo giomo anche l'architettura e il "tu" dell'arte. E, se non abita una struttura architettonica, si deve accontentare del- la parete della galleria, e questo significa che e gia fuori dalla vita. L' architettura vive se considera l' arte e 1' arte vive se vive nell' architettura. Questa coscien- za dialogica che porta alla vita e oggi rnolto proble- matica, perche gli architetti sono formati in maniera tale da avere un' autoriti della quale so no pienamente coscienti. E sono pochissimi quelli disponibili a mo- rire a questo. E siccome sono gli architetti a determinare quello che entred in un edificio ecclesiale, abbiamo parec- chie chiese che ospitano al loro interno opere d' arte dei pitl famosi artisti secondo i criteri della critica d'art e. Si tratta di un' arte dal linguaggio forte e dal contenuto soggettivo, che i fedeli non capiscono o non riconoscono come loro. Come reazione a que- sta situazione, allora accade spesso che la gente porti in un ambiente cosi sterile una statua qualsiasi o una pittura kitsch. Infatti, chi conosce un po' la questio- ne della teologia spirituale, sa che e certamente pitl facile pregare davanti ad un kitsch, che almeno allu- de ad un certo contenuto della fede, anche se smor- zandolo, piuttosto che davanti ad un'immagine com- pletamente soggettiva. Il risultato e che l'assenza di un' architettura organica e di un' arte spirituale non favorisce il teologare della preghiera, ma la racchiude solo in un mondo emotivo, soggettivo. Bisogna tornare a considerare che, se 1' arte non e la carne del vero e del bene, cioe del L6gos, sad solo espressione di un'idea, e di conseguenza ci vord 97 M.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro sempre uno che, in nome dell' artista, la spieghi. Se invece l'arte partecipa della bellezza, che e la carne del Logos, allora esprime la fede della Chiesa. E l'ar- tefice qui non e ne 1' architetto, ne 1' artista, ma lo Spirito Santo. E interessante che oggi noi cristiani siamo dispo- sti a discutere, ad avere convegni e incontri di studio, ma cia che facciamo con fatica e proprio pregare. Ma l'assenza di preghiera testimonia semplicemente 1' assenza della fede. 98 Terzo giorno: anche l'arte entrain chiesa attraverso i1 battesimo Ma a te, persona/mente, che cosa ha aiutato ad arrivare al volta di Cristo? ~ p i a m o che, tra l'altro, hai seguito anche i corsi di padre SpidUk sulla teologia dell'icona ... Ho seguito i corsi di padre Spidlik fino a tre o quattro volte, anche quando praticamente sapevo gia quello che avrebbe detto, perche questa mi perrnet- teva di creare delle sintesi personali mentre lo ascol- tavo. Ma, per arrivare al volta di Cristo, pil1 che la teologia dell'icona, e stato importante soprattutto cia che e successo nella mia vita spirituale grazie alla pa- ternid spirituale di padre Spidlik. Non si pua arrivare al volta di Cristo senza una vera esperienza della figliolanza. E un grande proble- ma della nostra fede, legato anch'esso sempre all'as- senza della pneumatologia. Quando abbiamo optato per un linguaggio concettuale e astratto, non e rima- sto pitl nessun ambito per acquisire la categoria della paternita, della figliolanza e della conoscenza della 99 ivl.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro persona attraverso la relazione, anche perche la rela- zionaliti veniva considerata come qualcosa di acci- dentale, di secondario, oppure di rinchiuso semplice- mente nel mondo socio-psichico. Come dicevamo il primo giorno, ilnostro approccio al mistero trinitario a partire dalla natura divina, e non dalla comunione delle tre Persone, ci ha portato pian piano a concen- trarci solo su Cristo, isolandolo sia dallo Spirito Santo che dal Padre. Cristo pen) non si puo conoscere iso- latamente, ma solo insieme alla sua relazione con il Padre e lo Spirito, e soltanto lo Spirito mi puo con- fmmare a Cristo e farmi incontrare il Padre. Ma la categoria della figliolanza non si acquisisce leggendo un libro. Mi e accessibile solo attraverso un'intelli- genza spirituale-esperienzale. L' even to Cristo nella mia vita consiste nello sco- prirmi figlio nel Figlio. Ci vuole un pensiero trinita- rio, e questo pensiero non puo partire da una nozio- ne filosofica, ma da un' esperienza ecclesiale, cioe dalla dimensione della figliolanza e della fratellanza. La Chiesa come comunione fallisce proprio perche la fratellanza non puo stare in piedi, se non e fondata sulla figliolanza. Non posso essere fratello se prima non sono figlio. Infatti, nella parabola del figlio pro- digo, il figlio maggiore non chiama suo fratello "fra- tello" e non chiama il padre "padre", ma dice "tuo figlio e to rna to" ... e continua a percepire se stesso come schiavo. Bisogna avere un' esperienza filiale, al- trimenti si rimane schiavi. Personalmente ho vissuto quest' esperienza filiale gia con mio padre, che era un uomo pieno di sa- pienza, di umorismo e di praticiti. Padre Spidlik co- 100 Terzo giorno me padre spirituale e entrato esattamente da questa porta. E penso che ho potuto cominciare a lavorare sul volto di Cristo in quanto ho iniziato a scoprire che ho un punto di riferimento che e il Padre. Per questo motivo credo che, per 1' artista, 1' arrivo al volto di Cristo sia, precisamente, un arrivo, e non un punto di partenza. Infatti, quando mi raggiunge la redenzione, quando nella mia vita sono toccata da Cristo e in Lui avviene la trasfigurazione, la morte e la risurrezione della mia vita, della mia persona, di tutte le mie realta, non colgo immediatamente tutta la ricchezza del volto del Redentore. Scopro pro- gressivamente dei piccoli tratti che solo pian piano compongono il ritratto di Cristo. E questo probabil- mente sad illavoro di tutta la vita ... Questa pro,<:ressiva riccrca del uolto di Cristo c molto uisibile se uno Il colore della luce, dove setnbra quasi di trouare nei tuoi quadri un perwrso un po' simile all' arte paleocristiana: a par tire dai sirnboli e dai racconti cari anche ai primi cristiani - con1e if pesce, o Ciona ti incammini uerso Ia scoperta del volta. Con1e mai nei tuoi quadri appariva cos[ tante volte proprio Ciona? Giona era un personaggio che raggruppava moltis- sime questioni esistenziali, intellettuali, spirituali che vivevo. E certamente una delle cose pill profonde, pill velate, meno percepite era proprio la questione del- l'obbedienza: obbedienza a un disegno di Dio, che urtava con una visione che da giovane potevo aver elaborato; obbedienza a una chiamata, a una missione, dove 1' arte non sarebbe stata pill 1' espressione di me 101 ;\I. I. Rup11ik- II rosso della piazza d'oro stesso, rna un servizio urnile alia comunita, nel quale avrei dovuto affrontare delle lotte, delle solitudini, delle incomprensioni. Giona aveva paura degli abitanti di Ninive ... e io percepivo qualcosa di simile dal gior-
no in cui i superiori rni hanno chiesto di dedicanni all' arte p'er le chiese. Da quel giorno, infatti, ho co- min cia to a sperimentare anche 1' esigenza, la durezza, l'impegno gravoso di una tale vocazione. Affrontare seriamente nell'Occidente l'arte dello spazio liturgico significa battere una strada per molti versi controcor- rente. Bisogna avere il coraggio della tedeld alia voca- zione, alia Memoria, cioe alla Tradizione della Chiesa, ma anche al senso dei fedeli. Ci vuole coraggio per cominciare a fare un'arte che segua il criteria della li- turgia, e non dell' esposizione e della galleria. Ci vuole proprio fede - come per Giona per poter essere sottomesso a questa voce, a questa vocazione, a questa compito, e non fuggire pitl, non fare altre cose. In- fatti, la "nave" sulla quale io ero imbarcato stava affon- dando: quell'arte fatta di espressionismo violento non e sopravvissuta, perche e un'arte che prima 0 poi arri- va al cadavere. Credo di aver avuto la grande grazia di poter per- correre queste tappe di purificazione e di scoprire che, in fondo, si tratta di un itinerario di conversione che riguarda il cammino di fede di ciascuno di noi. Infatti, dicePamo che Ia fede, oltre ad essere accoglienza, e anche obbedienza ... Il nocciolo della nostra fede sta nel vivere la vita di Cristo, che e un amore assoluto del Figlio al 102 Terzo giomo Padre. E questa amore si realizza attraverso l'obbe- dienza. Ma, se isoliamo 1' obbedienza dal contesto dell'amore, entriamo in una deviazione teologica, che prima o poi diventa anche una patologia psico- logica. E, se dall'amore escludiamo l'obbedienza, succede lo stesso. Mi spiego: quando nella storia si comincia a stac- care la fede dalla vita - cioe la verita e il bene dalla persona - e si colloca tutto in un contesto filosofico, la fede diventa di conseguenza una grande dottrina che sta a noi realizzare nella vita. E qui il termine chi ave e 1' obbedienza: bisogna impegnarsi per vivere cio che si e capita e abbiamo continuamente qualcu- no che ci dice cio che dobbiamo o non dobbiamo fare. Questa tipo di obbedienza suscita una reazione che, dopo qualche generazione, puo diventare anche violenta. Allora, per evitare questa reazione violenta, che facciamo? Si smette di parlare dell' obbedienza. Non si tratta pero di fare questa, ma di collocare l' obbedienza al posto giusto. Altrimenti ci ritrovia- mo con un concetto pagano dell'amore: un amore dove non si richiede il sacrificio di se. E proprio 1' obbedienza che ti aiuta a morire alla tua volonta, mentre un amore senza obbedienza puo rimanere eg01smo ... Torniamo all'arte paleocristiana: norrnalrnente, usando i parametri della storia dell' arte, le espressioni artistiche dei primi cristiani vengorw giudicate conte una decadenza ri- spetto a cia che c'era prima. LVfa, dal punta di Pista teologi- co, abbiamo invece a cite fare, come dicef!a l 'allora cardinal 103 M. I. R11p11ik ll rosso della piazza d 'oro ne/l'Introduzione allo spirito della liturgia, con delle opere nelle quali si e 1nessv in atto un vero e pro- prio processo spirituale e culturale, percio si e trattato di creare opere che avessero se1npre un carattere di mistero e andassero ben oltre l'elementv didattico della illustrazione delle storie bibliche. In che cosa consiste questo "straordina- rio processv" che hanno compiuto i cristiani nel campo del- l'arte? Quando i cristiani entrano nel campo culturale e artistico, tutto il bacino mediterraneo e governato dal mondo greco-romano, anche se, almena nell'ar- te, c'e una certa compresenza della periferia, dell'E- gitto, della Siria. Il principia del mondo ellenistico e questa: indi- viduare un'idea di perfezione e poi avere una grande abilid per realizzarla nella materia del mondo. L'in- telletto conosce l'idea perfetta, all'inizio con l'intui- zione, poi sottolineera sempre di pit1 anche la via lo- gica della conoscenza. Siccome il mondo cosmico non corrisponde alia perfezione dell'idea conosciuta, l'artista corregge le forme che trova nel cosmo e le abbellisce secondo le idee che ha conosciuto. Ma i cristiani non erano attratti da questa. La lora arte non cercava una perfezione formale, ne stilistica ne tecnica, ma voleva in qualche modo evocare una memoria viva - non di qualche valore, idea o dot- trina, ma di una persona precisa, di Gest1 Cristo, morto e risorto. Percio si abbandona questa modo "greco" di fare 1' arte, tanto che, dal pun to di vista della petfezione della forma, l'arte dei cristiani e ve- ramente una decadenza. Ma ai cristiani non interessa 104 Terzo giomo la forma - non perche non fossero in grado di rea- lizzarla, ma perche questa impostazione classica non e connaturale alla fede cristiana. L'arte dei cristiani cerca di 1r vedere le cose, il creato e l'umaniti, cosi come sono in Cristo e se- condo Cristo, e non secondo qualche idea. Qui va ricordato quanta dicevamo riguardo al se la creazione e fatta Secondo il Logos, per mezzo del L(J,i,f,OS e in vista del all ora 1' arte cerca di far emergere dal creato questa sua veriti, che l'occhio naturale, a causa del peccato, non riesce pil1 a vedere. Se tosse stato possibile per una visione cristiana ac- cogliere la mentaliti classic a, i cristiani 1' avrebbero fatto, ma evidentemente le due cose erano incompa- tibili. E interessante che nessuna delle grandi epoche dell'arte liturgica abbia seguito la perfezione formale classica: ne quella massimamente teologica come 1' arte bizantina, ne quella massimamente simbolica come 1' arte romanica, ne un' arte massimamente spi- rituale, improntata alla realizzazione della civitas Dei di Agostino, come le cattedrali gotiche. Per i cristiani una eccessiva concentrazione sulla forma era qualcosa che sfociava nel paganesimo. Per dire la salvezza erano interessati piuttosto all' essenzia- le e all'incontro tra la luce e la materia. La loro preoc- cupazione principale era vedere le cose nella luce giusta ed esprimere 1' essenziale che lascia lo spazio all'intervento di Dio. Non e quindi un caso neanche che troviamo I' arte cristiana soprattutto in ambito funerario. La novid assoluta del cristianesimo infatti e la vita eterna in Cristo. Percio la prima arte cristiana si concentra in- 105 1\!I.I. Rupnik II rosso della piaz.za d'oro torno aile tombe, soprattutto quelle dei martiri, per- che proprio 11 si poteva esprimere al meglio la loro fede come manifestazione di Cristo. Nell'epoca delle catacombe, quindi nell' epoca delle persecuzioni, i cristiani non erano ancora in grado di spiegare con- cettualmente la loro fede, ma erano in grado di ren- dere testimonianza, di far vedere Cristo con il loro martirio. La precedenza andava alla testimonianza. Quello era il clima che si respirava: il cristiano intuiva che la sua vocazione si compie rivelando Cristo. Non era in grado di spiegare verbalmente Cristo, ma pote- va farlo vedere consegnandosi nelle mani degli ucci- sori. All ora 1' arte dei primi cristiani si concentra su questa manifestazione, su questa testimonianza, eva- cando in modo molto semplice la vera, realistica apertura alla vita eterna, perche con Cristo morto e risorto anche a me e accessibile la comunione con il Padre in eterno. Si tratta di un'arte estremamente semplice, che pen) rispetta tre elementi. Anzitutto il realismo - si vede che il pesce e un pesce, che un cesto di pane e un cesto di pane ... Il reale e rispettato nella sua es- senzialid, ma non se ne fa un' elaborazione dettaglia- ta, dal momenta che il dettaglio disturberebbe. Il Secondo elemento e il contenuto ideale, comu- nicato in questa realta. Ad esempio, il pesce e il pane comunicano l'idea dell'eucaristia. Non si tratta di un'idea astratta, ma dell'idea nel sensa del Liigos, quindi di un mistero di Cristo che ci e partecipato. Il reale e legato al L(igos. Il terzo elemento e la comunicazione. I primi due aspetti si fondano sull'asse portante della comu- 106 Ti:rzo giorno nicazione. Che cosa si comunica? Si tratta di una do- manda sbagliata, perche attraverso quest'arte passa la memoria di una Persona viva. La domanda giusta e allora: chi si comunica? E la comunicazione di una memoria che rende presente Cristo. 0 meglio, Cristo e presente, percio la memoria e efficace. E poi bisogna ricordare che nel modo di fare un'arte formalmente perfetta, l'uomo e troppo protagonista, e il vero epicentro di tutto il processo creativo. E non potrebbe essere sufficiente semplicemente cam- biare il terna dell' opera - invece delle sirene greche 1re l'Annunciazione, come e avvenuto dopo -, per- che cio che non e compatibile e proprio 1' antropo- centrismo radicale che davvero non puo essere preso in considerazione, se la pil1 grande novita dei cristia- ni era proprio l'uomo che vive in Cristo con la vita di Cristo, cioe con la divinoumanita del Figlio di Dio. L'arte non poteva rivelare niente se non la me- moria efficace di Colui che e tanto presente che l'uomo lo testimonia anche con il sangue. Non va dimenticata questa vicinanza tra il sangue versato e l'arte dei cristiani. L'icona di Stefano fa vedere che lui versa il sangue mentre contempla il santuario aperto. Il sangue e il santuario nei cieli, rosso e oro. Non c'e spazio peril superfluo, per l'effimero, peril capriccio dellusso. Si tratta del vero, vissuto e rivela- to come amore di Dio. Questa vale per la vita e per l'arte. Mi sembra che il nostro tempo sia molto simi- le a quello dei primi cristiani. I cristiani vengono di nuovo uccisi quotidianamente e questa mette in evi- denza la veriti come vita e amore. Tutto il resto non ha forza e non resisted alla bufera della storia. 107 lvl.l. R11puik- II rosso della pia.zza d'oro Questa menwria quindi funziona solo per chi ha gia incontrato Cristo e per chi conosce gicl Ia sua Parola conte- nuta nel T1mgelo? Esattamente. Una volta trovatomi in Cristo, essen- do parte di Cristo, del suo Corpo che e la Chiesa, nella potenza della Spirito io riesco a vedere la di- mensione sacramentale di tutto l'universo. Tutto mi narra Cristo, tutto me lo comunica - rna solo perche io sono con Cristo e in Cristo. Allora posso vedere "dal di dentro" come le diverse realta sono collegate con Lui. Non riesco pero a vederlo a partire dalle mie capacita. Percio e cosi importante la dimensione orante, l'invocazione della Spirito Santo affinche scenda, perche solo per opera della Spirito io posso vedere i nessi con Cristo di tutto cio che esiste. San Paolo specifica che tutta la creazione e fatta per mezzo di Cristo, in Lui e in vista di Lui. Ma que- sta lo possiamo comprendere solo a partire dalla re- denzione operata da Cristo. Il cristocentrismo del creato per noi diventa manifesto solo quando siamo redenti. E allora, stando dentro al Corpo di Cristo, trovandomi in Lui, che mi si dischiude il significato di tutte le case. Perche pensi che Paolo ripeta fino al pa- rossismo 1' espressione en Christo, in Cristo? Perc he e quanta contraddistingue l'esistenza cristiana. Io mi trovo nella comunione con Dio perche vi sono intra- datto tramite la morte e la risurrezione di Cristo. E questa e la salvezza, perche e la comunicazione della vita che non muore, la sconfitta della morte, un' esi- stenza centrata su Cristo, e non pi6 un io chiuso su se stesso. 108 Terzo giorno E siccome a causa della vita scoperta in Cristo, della redenzione, della vita nuova ricevuta, i cristiani riscoprono anche il creato in una nuova dimensione, ecco che cercano anche una nuova espressione grazie alla quale pater realmente comunicare il mistero, 1' o- pera della redenzione, lo stile della vita nuova. Per questa non bastava semplicemente prendere il lin- guaggio dai greci ... Vediamo lo stesso processo anche nei Padri greci, per tutti gli altri aspetti della cultura. Pensa a san Basilio, a Gregorio di Nazianzo, a tanti Padri istruiti nel meglio che la cultura del lora tem- po poteva offtire. Ma hanna dovuto far morire que- sta cultura dentro di se per farla risorgere trasformata e in grado di trasmettere le verita della fede. Per par- lare della novita di Cristo si possono usare solo que- gli elementi della propria cultura che sono passati at- traverso una purificazione, un battesimo, un processo di morte e risurrezione. Lo stesso vale per 1' arte. /Perc he oggi si avverte il bisogno di un ritorno del- l'arte nella Chiesa? Proprio perche siamo in una situa- zione che ha qualcosa di simile a quella dei cristiani dei primi secoli. I cristiani si dovevano inculturare in un mondo che aveva dimostrato tutta la sua forza pre- valentemente per la sua capaciti intellettuale di acce- dere al mondo delle idee. Allora i cristiani, per far ve- dere che la fede non puo essere inquadrata semplice- mente con le idee, hanna fatto leva sull'arte e sulla li- turgia, perche sono due realta che riguardano la vita e interpellano tutta la persona, non solo una sua dimen- sione. Cos! dal cristianesimo "greco" si e sviluppata la grande visione artistico-liturgica bizantina per affer- mare la vita, l'incarnazione del Ldgos e la trasfigurazio- 109 M.I. Rupnik II rosso della piazza d'oro ne dell'universo nella bellezza. Alla fine della moder- nita, ci troviamo in una situazione per certi versi assai simile. Aile nostre spalle abbiamo le conseguenze se- colari della riproposta del mondo greco operata dal ri- nascimento, un mondo concentrato sulle idee, sul pensiero, sulla conoscenza, che ha elaborato soprattut- to il metoda empirico-scientifico. Oggi avvertiamo tutta la gravid dei dualismi che possono condizionare la nostra fede, degli scientismi, che hanna un' efficacia immediata nella loro applicazione concreta proprio perche si basano su un rapporto di separazione tra il conoscente e il conosciuto e aggrediscono un detta- glio trattandolo come un oggetto. Come nella medi- cina era diventato abituale che, per studiare l'uomo, bisognasse vivisezionare il cadavere, cosi in tutti i cam- pi ci siamo abituati a studiare le cose dopo averle sepa- rate dal resto e quindi, in un certo sensa, dopo averle uccise. Tutto e impregnato di analisi. E mentre anche il mondo stesso della scienza avverte i limiti dolorosi di queste separazioni e comincia ad aprire spiragli ver- so un recupero di organiciti, della totalita dell'insie- me, noi, da testardi, avanziamo ancora come abbiamo imparato dal mondo, secondo modaliti che nel man- do non sono ormai piu di moda. Credo che oggi si avverta il bisogno dell'arte per- che ci manca la vita. Sono falliti diversi matrimoni: quello con la filosofia, quello con le scienze naturali, quello con psicologia e la pedagogia ... Adesso, dopo che tutto il resto e fallito, sembra che sia il turno dell' arte. Ma anche questa puo diventare un' occasio- ne persa, perc he rischiamo di fame un' altra tendenza della moda, invece di considerare seriamente e in 110 Terzo giorno modo approfondito il bisogno dell' arte, dei colori, dei volti che il popolo di Dio avverte. E palese or- mai la necessita di riscoprire la vita come mistero, la fede come presenza del mistero di Dio e dell'uomo ... Si avverte fortemente la necessiti di riscoprire un linguaggio che possa comunicare allo stesso tempo il contenuto ideale e la vita, la comunicazione della vi- ta e di cia che la vita suscita e produce: la sfida e l'u- niti di questi due aspetti. Altrimenti tutto il grande bagaglio della conoscenza che abbiamo elaborato non giova per la sapienza della vita. Ma 1' originalita dei cristiani era proprio nell' elaborare un linguaggio capace di comunicare la conoscenza che da la vita eterna ... Ci stiarno dunque rendendo canto che la Chiesa non puo fare a me no dell' arte. D' altra parte, sembra che ci sia- no ancora diversi .fraintendimenti su "quale arte". Si puo tracciare qualche criteria per dire che cosa e e che cosa non e un 'arte per la Chiesa? Direi che intanto possiamo tracciare qualche di- stinzione nell'uso dei termini. Una cosa e l'arte in generale, cioe, come dicevamo prima, quell' espres- sione dell'uomo che suscita la meraviglia, lo stupore, che dilata il cuore e vi versa la speranza, che fa per- cepire il vero e il bene come bellezza, come fascino, come un mondo gia salvato, un mondo attraente. Poi c'e un'arte che coni suoi contenuti vuole su- scitare delle mozioni, delle esperienze, delle parteci- pazioni intime a un mondo spirituale, religioso nel sensa generate, cioe qualcosa che mira verso 1' oriz- 111 AI. I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro zonte della spiritualita. E quella che potrernrno chia- rnare "arte religiosa". E poi c'e un'arte che qualcuno chiama arte sa- cra e qualcun altro arte liturgica, arte per la liturgia, per lo spazio liturgico - che fa parte della liturgia stessa e per questa e un' espressione della fede della Chiesa, dove la verita e il bene sono assolutamente personalizzati, perche rivelati nella persona di Gestl Cristo, e dove quindi la bellezza diventa apertamente cristologica, dove avviene una trasfigurazione dell'u- mano. Percio qui c' e una dimensione di epiklf:sis, dell'invocazione della discesa e dell'azione della Spirito Santo, che agisce trarnite la Chiesa come prolungarnento dell' opera della redenzione in Cristo. L' arte liturgica non e un' arte orgogliosa che si innal- za sopra le altre, mae un'arte che testimonia la mise- ricordia di Dio. Quest' arte esprime nelle forme arti- stiche 1' oggettivita del Credo della Chiesa. E lo esprime come bellezza, come una specie di identita della Chiesa stessa. In che sensa? La bellezza, diceva- rno, e la carne del vero e del bene. Ora, se il vero e il bene si rivelano come Gestl Cristo, la carne di que- sta vero e bene siamo anche noi, la Chiesa, suo Corpo. All ora c' e un' ecclesialita nell' arte liturgica che supera 1' arte nel sensa generale. E sup era anche l'arte semplicemente religiosa, spirituale, che, se su- scita devozione, sentimento, tuttavia non contribui- sce alla partecipazione all' even to con cui io so no messo in comunione. Quest'arte e considerata parte integrante della liturgia. Fa talmente parte della litur- gia che, anche quando la liturgia non e in atto, l'arte 112 Terzo giorno continua a rivelare e rendere presente in quello spa- zio lo stesso Mistero che si e celebrato nella liturgia. Per che cosa si distingue quest'arte? E un'arte che non puo dipingere o scolpire qualsiasi cosa, ma solo cio che fa parte di questa spazio ecclesiale, che e lo spazio dell'umanita trasfigurata in Cristo. Non e det- to che quest' arte susciti ammirazione, piuttosto su- scita devozione, venerazione. Davanti all'arte in ge- nere, se e arte, io rimango meravigliato. Davanti al- l'arte sacra invece mi inchino, mi inginocchio, mi segno con la croce, mi metto la mano sul petto e eli- co: "Santo, santo, santo sei tu, Signore". La verifica pitl seria se 1' arte presente in uno spazio ecclesiale e adatta a quel luogo e quella se li la comunit<1 cristia- na prega, se davanti ad essa le persone percepiscono il mistero, la presenza di Cristo come Signore e Redentore ... Quest'arte, infatti, evoca una presenza, rivela una Persona, la indica. Questa e lo scopo del- l'arte sacra. Non si tratta solo di creare uno spazio dove io mi concentro e vivo una pacificazione, ma lo scopo e l'incontro con il nostro Signore e Sal- vatore. Detto cio, e evidente che non ogni arte puo en- trare a far parte della spazio liturgico. La liturgia cele- bra il mondo trasfigurato e percio nessuna cosa puo entrarvi allo stesso modo in cui si trova fuori. Quan- do nella liturgia bizantina al momenta del piccolo ingresso il diacono proclama "Le porte, le porte!", che un tempo era !'invito per i catecumeni ad uscire, e un segno che il battesimo costituisce la frontiera tra !a comunita eucaristica e il mondo, non nel sensa di una separazione dalla creazione, ma di una crisi all'in- 113 lvl.I. R11pnik- II rosso della piazza d'oro terno della creazione per la salvezza del mondo, co- me sottolinea bene Zizioulas. L'Eucaristia deve far vedere il mondo alla luce dell'ottavo giorno. E questa la sua missione. Percio deve custodire gelosamente le "porte chiuse" fino alla venuta del Signore, questa partecipazione al mondo trasfigurato e questa capa- citi di farlo vedere. E chiaro allora perche nella chiesa possono entrare solo le cose trasfigurate. Tutto cio che sta nella Chiesa e per la liturgia, nessuna cosa sta li per affermare se stessa, ma e in funzione di cio che li si celebra e che ha lo scopo di custodire questa an- ticipo del mondo trasfigurato, della vita del regno, di cui la liturgia ci rende partecipi e che costituisce an- che il punta di partenza della missione. Se la Chiesa, infatti, non avesse 1' esperienza della salvezza, del mondo nel suo stato definitivo, di come e in Dio, che cosa avrebbe da testimoniare al mondo? Ma questa non sign!fica in qualche modo anche una "regola di essenzialitcl" dell' arte liturgica? SL Se non si rispetta questa semplice dato della fede che nella liturgia troviamo il mondo trasfigura- to, si ostacola la forza e la vitaliti del sacramento che agisce nella sua sempliciti, essenzialid, quella sempli- citi ed essenzialid che hanna caratterizzato 1' even to e la Persona di Cristo dalla sua nascita e per tutta la vita, soprattutto nella Pasqua. Tutte le decorazioni mondane ricamate intorno alla liturgia aumentano la distanza con la Pasqua di Cristo e con la vera vita che si consuma e si trasfigura nell'amore che lo Spirito Santo versa nei nostri cuori. L' arte che abita 114 Terzo giomo la chiesa non puo dunque essere un' arte che ha lo scopo semplicemente di decotare lo spazio, ma un'arte che rende leggibile l'evento che vi si celebra e che ne e l'identiti. Non puo essere neanche un'ar- te scenografica, poiche la vera scenografia del sacra- mento e della liturgia e l'uomo stesso, l'umanid con tutta la sua storia, con tutto cio che e l'uomo nella sua unione con Dio. Non puo essere neanche un'ar- te che esprime un uomo ideale, classico, oscurando cosi il fatto che la salvezza viene per ciascuno, e non per qualche superdotato. Se invece una persona umi- liata, ma consumata nella cariti, in qualsiasi angola sperduto del mondo viene aiutata nella lettura espe- rienziale-razionale della salvezza che la raggiunge, al- lora quell' arte e autorizzata ad essere presente dove si celebra la liturgia, perche significa che e giii segnata dalla liturgia. I criteri sono dunque abbastanza ovvi: il primato della divinoumanitii, l'umiltii dellinguag- gio, la discrezione del corpo e del vestito per non af- fermare l'uomo solo nella sua individualiti, ma piut- tosto nel suo relazionarsi a Dio, una luce che traspare attraverso tutti i colori e che crea con le linee e le forme una tuttunid. Un'arte cosi rivela quella vita nella Spirito che abita l'umanitii della Chiesa come Corpo di Cristo. E evidente quindi che l'arte non puo ritornare direttamente dalla galleria neUe chiese. E curiosa ve- dere che, pil1 danno le committenze per gli spazi li- turgici ai grandi artisti, pitl Ia gente si rifugia in un' arte estremamente povera - non per cattivo gu- sto, questa sarebbe un giudizio pesante - ma perche 115 AI. I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro chi prega percepisce che cosa gli giova, che cosa fa- vorisce l'incontro con Dio e che cosa no. Prima di entrare in chiesa, l'arte dovrebbe vivere un passaggio, una purificazione, una trasfigurazione. Ma come si entra nella Chiesa? Ritorniamo sempre li: attraverso il battesimo. All ora, anche 1' arte deve essere battezzata? Eh, si, deve proprio essere battez- zata! Ed essere battezzati significa morire per risusci- tare ad una vita nuova. Tutti noi entriamo nella Chiesa attraverso la morte, come vivi tornati dai morti. Non si entra nella Chiesa con un biglietto d'ingresso, ne per diritto, ma in punta dei piedi, umilmente. Anche Evdokintov era chiaro su questo punto, precisan- do che l' arte deve scegliere tra viuere per nwrire o morire per vivere .. . Proprio cosi. Poi, una volta chiarito questo, va detto che anche quest'arte - che e entrata in Chiesa in questo modo "battesimale" e che fa parte della li- turgia che vi si celebra - ha due dimensioni, proprio come la liturgia. C'e una dimensione assolutamente oggettiva - perche nella liturgia celebriamo Cristo come e veramente, non come lo vorrei io - e una dimensione soggettiva, che dice come io vivo Cristo in questa liturgia. Faccio un esempio: quando pre- ghiamo il Padre nostro, si tratta di una preghiera che non abbiamo inventato noi, eppure ognuno di noi si rivolge al Padre in un modo totalmente personale. Cosi e anche con 1' arte liturgica: c 'e qualcosa che appartiene totalmente a Cristo, alla Chiesa, al mon- 116 Terzo giomo do trasfigurato in Cristo, e c' e qualcosa di nostro, perche ogni epoca e ogni luogo ha un certo gusto, qualcosa che ci accomuna al nostro tempo. Proprio da questo equilibria tra cia che e oggettivo e cia che e soggettivo nasce 1' arte sacra. Il modo di trattare lo spazio, la figura, il colore, la materia ... in questo ci possono essere tanti risultati delle avanguardie del XX secolo ... Ma la dimensione oggettiva non la pos- so inventare, la devo attingere dalla Chiesa: dai suoi sacramenti, dalla sua tradizione, dalla sua memoria. E proprio in questa cucitura organica tra il contenuto oggettivo e il dato culturale che io porto con me in quanto figlio di un tempo e di un contesto preciso, come direbbero i russi, contribuisco alla "ecclesializ- zazione della cultura". All ora la cultura non entra piLl come un frammento grezzo nello spazio eccle- siale, e non si giustappongono in un modo immedia- to e meccanico linguaggi e stili della cultura da una parte e dall'altra dei contenuti "sacri". Mala cultura e i tratti specifici che pua assumere nei diversi perio- di storici, collocata tramite questa acquisizione orga- nica nello spazio abitato dalla Triniti, dalla comunio- ne, "sacramentalizzata" nella misura in cui si esprime in gesti e in parole di comunione, diventa anche la rivelazione di cia che nel deposito della fede non eravamo ancora riusciti a scorgere, la manifestazione del Corpo di Cristo nascosto nella storia e che pro- gressivamente si fa vedere da lati diversi. 117 L'vl.I. Ruprzik- II rosso della piazza d'oro Attingere alia tradizione per nutrire Ia Jede oggi: forse questa e uno dei doni piu preziosi che ti ha e ci ha lasciato in eredita padre Spidlfk ... Padre Spidlik non mi ha mai detto questa esplici- tamente, ma mi ha guidato - anche col proprio esempio - in modo tale da farmi mettere in ascolto della Memoria, della grande Sapienza di Cristo che parla attraverso i tesori della Chiesa, per imparare pian piano un linguaggio suggerito dallo Spirito. Cosi la nlia ricerca si e concentrata su quello spazio essenziale che e il rapporto tra l'uomo e Dio. Da un lata, nel ministero pastorale, mi sono sempre pi6 de- dicato agli esercizi spirituali, che nil spronano a pro- curare continuamente il nutrimento spirituale per le persone, per aiutarle ad incontrasi con il Redentore e a rimanere con Lui. Questa incontro non avviene a livello individuale, ma personale. E, quando dico per- sonale, dico comunionale, perche la persona si realiz- za in comunione con gli altri. Percio lavorare all'in- contro tra la persona e Dio significa lavorare sui regi- stro dell' ecclesialiti. Dall'altro lata mi sono trovato impegnato nell'arte degli spazi liturgici, e con il tempo mi e sempre stato pi6 chiaro che c' e un nesso organic a indissolubile tra il camm.ino spirituale di ogni persona, intima e del tutto irripetibile, e la liturgia della Chiesa come Cor- po di Cristo. Mi sembra che il nucleo di tutto stia proprio nel curare la fede delle persone, cioe della Chiesa. Al- trimenti tutti gli altri sforzi saranno vani, perche manchera la vita vissuta come Corpo di Cristo, come 118 1erzo giorno rnanifestazione di Cristo. Se c'e un impegno forte per la fede, quindi per l'incontro tra Dio e l'uomo, que- sta garantisce l'ampiezza anche a tutte le altre dimen- sioni umane. Come nell'arte: se nella spazio dove la Chiesa vive la liturgia c'e un'arte che esprime visiva- mente cia che vi accade, che ci orienta a quanta vi si celebra e ci aiuta a purificare i nostri sensi e la nostra intelligenza, allora sapremo gustare anche qualsiasi al- tra arte, in tutti i luoghi dove la troveremo. L'arte per la liturgia e un tutt'uno con la liturgia. Percio e un'arte essenziale, libera dai dettagli, priva di un immaginario troppo realistico. E quindi un'ar- te con una figurazione spoglia, semplice, ma profon- damente curata, dove le linee sono tracciate con ob- bedienza alla verita, con un'ascesi di sobried, dove i colori sono puri e la materia e illuminata dal di den- tro. E siccome i nostri sensi sono abituati a cercare le case piacevoli di cui godere, un' arte del genere si presenta con un aspetto "quaresimale", come qual- cosa che magari a prima vista puo anche non piace- re. Ma, frequentandola, proprio attraverso il digiuno, i sensi cominciano a gustare le case pi6 purificate, pi6 raffinate. L'arte liturgica deve seguire in tutto il percorso del linguaggio liturgico, che e quello della preghiera. I principianti nella preghiera pensano di essere esauditi per la moltitudine o la ricercatezza delle parole o per la lora formulazione poetica, ma pi6 si matura nella vita spirituale, pi6 ci si purifica, e pi6 rimane 1' essenziale. E lo stesso anche nella vita della persona. Da giovani abbiamo gli occhi spalan- cati su tutto e si vedono tanti dettagli, si viene attrat- ti da tutto e tutto ci sembra importante. Ma, man 119 lVI. [. Rupnik- [/ rosso della piazza d'oro mano che si invecchia, gli occhi cominciano a soc- chiudersi e vedono solo 1' essenziale, solo cia che e veramente importante. Cosi l'arte liturgica, se elabora un dettaglio - sia nel gesto, che nel vestito o in un oggetto - lo fa solo perc he questo dettaglio fa parte dell' essenziale e non si tratta di un di pit!. In questo modo il fedele co- mincia a leggere spiritualmente 1' arte, le immagini, dunque anche la vita. Come diceva tante volte padre Spidlik, si tratta di una cosa che oggi e particolar- mente ditlicile, ma anche straordinariamente urgen- te. Siamo in un contesto segnato da un'inflazione di immagini, anche nelle sue forme digitali, fortemente sensoriali e sensuali, ma e sbagliato pensare, come fanno alcuni, che tutto questo inevitabilmente por- ted alla saturazione, e poi desidereremo il vuoto. Come se il vuoto potesse purificarci! 11 vuoto pua solo riposare l'immaginario perche sia di nuovo un cestino disponibile per qualsiasi immondizia... Solo l'immagine spirituale purifica l'immagine passionale e sensuale e la sconfigge. Occorre allora molta vigi- lanza affinche non entrino in chiesa immagini che possano prestarsi ad essere cibo per un immaginario sensuale o siano caratterizzate da un estetismo di starnpo classico, perche cia che accade nella liturgia e incompatibile con un'arte ideata per il palazzo, piuttosto che per la chiesa. Se noi, in nome dell'a- pertura e del dialogo con il mondo, mettiamo attor- no all'altare un'arte qualsiasi, rischiarno di trasforma- re le chiese in gallerie, come purtroppo sta infatti spesso accadendo ... 120 Quarto giorno: illinguaggio proprio all' arte liturgica Jeri dicevi che il bisogno di arte che o,_qgi si awerte cos Jorternente nella Chiesa c' entra con Ia necessita di riscoprire un lin/5uaggio che unisca la conoscenza e la vita. L'ultimo libro che hai pubblicato insieme a padre SpidUk, e che e uscito poche settimane prima della sua rnorte, era proprio La conoscenza integrale - la via del simbolo. Se si dwes- se esprimere in una parola l' del linguag_(!io cri- stiano, quella parola certamente sarebbe proprio il sintbolo. Perclu?? Perche solo il simbolo si avvicina a cia che i cri- """'_._........__._____ ..._._. __ ..----......,_ ... '""". '" """ stiani .. hannQ. .. .. poi (passatQ ... nei sacramenti. 11 sinlb()JQ.Jler i cristiani e fondato in Cristo: mr;, 11 simbolo presuppo- ne 1' esistenza di due mondi e che unisce questi due mondi. E l'unit:l indissolubile dei due mondi. 11 simbolo e la rivelazione, nel fenome- 110, dello strato pili profondo della realt:l, la manife- stazione e la presenza in esso di cia che e a fonda- 121 i\!J.l. Rup11ik- II rosso della piazza d'oro mento del simbolo, della realta nascosta nelle cose, il loro punto interiore di trasparenza. Questa unione, questo passaggio reale tra 1' ontologico e 1' epifanico, tipica del simbqlo, e inseparabile dalla fede cristiana. E una unid che e gia data nella creazione del mondo, perche tutto e creato per mezzo di Cristo, in Lui e in vista di Lui. E, quando il peccato distrugge questa unita relazionale dei due mondi, l'incarnazio- ne e la redenzione la riafl:ermano ad un livello supe- riore. I sacramenti portano avanti questa unita e ci preparano alla pienezza nell'escatologia, dove Cristo ormai sad tutto in tutti. Il simbolo ha dunque il suo fondamento nella creazione e nella redenzione e si ri- vela in pienezza nell' escatologia. Il simbolo ha una dimensione cosmica, che e riconoscibile perche e presa da questo mondo, ma e indissolubilmente unita al mondo che sta al di la della corteccia e che e il fondamento di questo mondo. Il nostro fondamento e nei cieli, in Cristo. Percia per i cristiani tutto con- fluisce al sacramento: tutto il cosmo, la creazione, la storia, gli eventi ... Tutto e unito a un organismo vivo, indivisibile. La Chiesa stessa e 1\mita dei due mondi. Non per niente il Concilio ha riaffermato fortemente la sacra- mentalita della Chiesa. Percia e ovvio che illinguag- gio pili proprio alla Chiesa e quello che riesce a tene- re continuamente uniti i due mondi, ad esprimere questa compenetrazione. In questa compenetrazione avviene una comunicazione dell' am ore pasquale e della trasfigurazione ad una qualita superiore. Questo e il linguaggio connaturale alla Chiesa. Percia gli an- tichi cristiani amavano illinguaggio poetico, artistico. 122 Qllarto siomo E non stupisce allora che gli intellettuali pi{l acuti tra i Padri fossero persone che erano allo stesso tempo teologi, vescovi e poeti. I1 simbolo cosi come lo intendono i cristiani e del tutto originale. Infatti, non si tratta di una "cosa" che diventa simbolica perche le e attribuito il riman- do ad un' altra, rna del fatto che una reald e simbolo in quanto parte di Cristo, in quanto noi. riconoscia- mo il suo nesso con Cristo. Percia una cosa oscura, negativa non pua essere simbolica. Il demonio non pua far vedere le cose nella maniera del simbolo, perche il diavolo divide diaballo -, mentre il simbo- lo unisce - syrnbdllo. Solo il mondo redento in Cristo pua comunicarsi al modo del simbolo. Questa visio- ne e molto originale, perche non si tratta della com- prensione delle singole "cose", ma del nesso di tutto con Dio in Cristo. Si capiscono le reald create in quanto fanno parte del tessuto organico della carne di Cristo. Il simbolo significa scoprire in una realta un'altra pili profonda. E questa realta pili profonda, che affon- da nel mondo dell' am ore trinitario che vivifica tutto cia che esiste, mi fa sperimentare me stesso come par- te di questo tessuto. La realta pili profonda che colgo nel simbolo e una reald viva, capace di coinvolgermi in una relazione. In ultima istanza possiamo sintetizza- re, con Jean Corbon, che Cristo e il significato di tnt- to cia che esiste e che succede e lo Spirito Santo me lo rivela e me lo 1 conoscere unendomi a Lui perso- nalmente, ma come parte di quel tessuto organico che e la Chiesa, svelandomi il significato del mondo come simbolo .. 123 AI. I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro Quindi fa persona puo accedere alia conoscenza simbo- lica solo in quanta riconosce andte se stessa come simbolo, carne ttno spazio dove si rive/a qualcosa di pit't grande di cio che si vede ... E cosi. Infatti, non posso entrare in questa dina- mica dei due mondi, se io stesso non appartengo a questi due mondi. Come io non posso conoscere il Padre, se non vivo da fi.glio, perche solo da fi.gli si ri- conosce il Padre, lo stesso vale per la conoscenza simbolica. Per uno che ha una mentalita empirica, scientifi.ca, analitica, concettuale, il simbolo resta chiuso. Se uno non ha un padre, puo capire forse il concetto di "padre", ma se non vive con lui, se non ha nessun rapporto con lui, a che serve? E come se avesse in mano la mappa o delle cartoline di una citra e pensasse di averla gia vista. Se ho sete e dipin- go un bicchiere d' acqua e lo guardo, rimarro asseta- to ... Inoltre, il simbolo cresce con chi lo contempla. Proprio quando scopro dentro di me questa unita dei due mondi che si corrispondono, che si richia- mano, che si compenetrano, allora il simbolo comin- cia ad agire e dischiude realta sempre nuove. Ma questo avviene solo con la redenzione dell'uomo. Percio il simbolo fa parte della novita dei cristiani, perche e la novita dell'umanita redenta. Fino a quando non c' e la redenzione, non si rie- sce a vedere il nesso organico di tutto cio che e uma- no con il divino. Questo si vede solo nel Figlio di Dio. Solo quando vivo da fi.glio nel Figlio, scopro co- me tutto cio che e umano e stato assunto da Cristo e 124 Quarto giorno unito al Padre. E questo nesso, questa unid si realizza nell'amore. Percio il simbolo dipende dalla mia puri- ficazione, dal grado di umilta in cui mi trovo, dall'a- rnore e dalla mia sempre pili cosciente appartenenza alla Chiesa come comunione delle persone redente in Cristo, come la carne del suo Corpo, come la sua umanita, unita liberamente a Dio nell' am ore filial e. Non e un caso che i Padri abbiano chiamato il Credo "Simbolo della fede" e come la sua recita fosse un momento dell'itinerario battesimale, proprio per sot- tolineare che lo si puo proclamare solo incorporati al- la Chiesa, nel Corpo di Cristo. Solo avendo questa vita divinoumana, solo vivendo questa unione spon- sale dell'umanid con Dio, io posso recitare il Credo. Ma quando abbiamo assunto un linguaggio pre- cristano - pitt preciso, ma allo stesso tempo pitt reifi- cato -, non siamo pitt stati in grado di custodire una mentalita sacramentale, liturgica, una mentalita imbe- vuta di vita. Ci siamo rifugiati nelle analogie, che in nessun modo possono sostituire un'intelligenza litur- gica, simbolica, dove si riesce a dire allo stesso tempo il pane, il Corpo di Cristo e la Chiesa. Ci siamo ac- contentati dell' analogia, ma il simbolo ha una qualita diversa dall'analogia. Il simbolo non indica, non ri- manda a qualche significate fuori di se - questo e so- lo un suo fraintendimento razionalista. Il simbolo rende presente e rivela: non s(qnifica, ma svela, ren- dendo testimonianza alla presenza. Oggi si cerca di recuperare un linguaggio simbo- lico, ma non e un processo semplice, perche siamo abituati a ragionare con le metodologie della scienza 125 M.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro e facciamo anche del simbolo qualcosa da analizzare e da spiegare. E quando dico: "Questa simbolo si- gnifica questa e questa", ho gia svuotato il simbolo della sua potenza. Il simbolo infatti non si spiega. E lui stesso a rivelare, comunicare, far sperimentare, rendere presente e coinvolgere ... Il simbolo si comu- nica coinvolgendoti e poi, si, dopo fa appello alla tua intelligenza, chiedendoti di dare un nome a cia che stai sperimentando. E un contenuto che entra dentro di te e comincia a cambiarti, anche se non sai ancora nominarlo. Bisogna essere rigorosi e non patteggiare con nes- suna visione filosofica del simbolo elaborata nell' epo- ca moderna, perche ci devia da questa grandiosa vi- sione organica tipicamente cristiana. Bisogna partire piuttosto da cia che siamo come Corpo di Cristo, come persone inabitate dal suo Spirito, suo tempio privilegiato. La Chiesa ha elaborato questa mentalita liturgica, simbolica e sacramentale per dire se stessa. Padre Spidlik non si stancava di ripetermi continua- mente: "Marko, sappi che il vero lavoro intellettuale e quello che parte dalla vita della Spirito". Se 1' espe- rienza della Chiesa e quella di essere tempio della Spirito Santo, Corpo di Cristo nella storia, allora per dire se stessa o le cose della Spirito non pua dipende- re o essere vincolata dal metoda di una scienza qual- siasi. La Chiesa ha amato il linguaggio del simbolo perche e stato il suo modo di evangelizzare. Come il simbolo rivela la dimensione pil1 profonda e coinvol- ge in questa contenuto, cosi la Chiesa rivela nella no- stra umanita la dimensione divina della Spirito Santo e ci coinvolge con essa. Solov'ev direbbe che persino 126 Quarto giomo 1' organizzazione della vita alla quale e chiamata la Chiesa dovrebbe esprimere questa impronta divina, trinitaria. Dalla sua st111ttura, si capisce perclu il simbolo e cos{ connaturale alla fede. II sitnbolo indica una relazione, un coinvolgimento. Tra i significati del verbo symballein c' e anche quello di "aeare ospitalita". Il simbolo quindi 4fre accoglienza -proprio cio che e la logica tipica della fed e ... Ed e infatti proprio la fede a generare e a plasma- re questa mentalita del simbolo. Fuori da questa vi- sione del simbolo, e difficile collocare la fede. La fe- de significa infatti che la persona sperimenta e com- prende intellettualmente che la sua vita, in tutta la concretezza umana, ha un nesso organico con Cri- sto. La fede significa accogliere questa come mia ve- rita. Avere una visione simbolica significa avere una visione unitaria del mondo. E questa che ha portato i cristiani a sviluppare le grandi epoche d' arte, come il bizantino 0 il romanico, dove tutto e stato basato su questa visione unitaria del simbolo. E, come abbiamo gia detto, 1' esperienza di unira e un' esperienza di bellezza. La bellezza e un'unita lib e- ra, un'unita realizzata nell'amore. E la verita, cia che e solido, che rimane, realizzato come unita d'amore. Se, come direbbe Florenskij, la verid rivelata e l'amore e 1' am ore realizzato e la bellezza, all ora la bellezza e 1' a- mare accolto, quindi 1' am ore corrisposto. L' acco- glienza del simbolo porta alla bellezza, perche instaura un rapporto di amore con il conosciuto. E siccome 127 !'vi. I. Rupnik II rosso della piazza d'oro nella conoscenza simbolica il nesso tra il conoscente e il conosciuto e una relazione vivificata dall'amore, si tratta di una relazione Iibera. Il simbolo crea sempre questa spazio di libera adesione, percio e una cono- scenza libera: il simbolo si rivela a chi lo accoglie, e chi non lo accoglie non viene dichiarato stupido, ma semplicemente lasciato in silenzio. Penso che oggi, quando an cora non si e calmata 1' allergia verso un ti- po di cristianesimo caratterizzato da una pastorale "forte", la Chiesa e chiamata a promuovere una co- noscenza libera su uno sfondo agapico. Le persone cambiano quando si sentono amate, non quando si percepiscono umiliate o costrette. Dio attende il no- stro sacrificio libero, fatto con amore e per amore, e non perche obbligate. La reazione arrabbiata di rifiuto che affronta il cristianesimo anche in molte zone dell'Europa esprime il bisogno non di permissivismo, ne di indifferenza 0 di un ripiegamento per paura, ma di una proposta agapica che susciti desiderio e !asci lo spazio per la libera adesione. Quando sian10 passati dal simbolo alla summa, al trattato che e anche utile per certi aspetti culturali -, abbiamo cominciato a sostituire una conoscenza esperienziale-comunionale-razionale con una cono- scenza per certi versi pitl facile, ma meno integra. Infatti, se io mi rapporto al mondo con una menta- lira simbolica, so che per arrivare alla vera conoscen- za devo essere in comunione. Per vivere la comunio- ne devo vivere l'amore, e per vivere l'amore devo passare la Pasqua. La qualiti della mia conoscenza di- pende dunque dalla Pasqua. Di conseguenza, anche 128 Q11arto giorno quando provo a spiegare quanta ho conosciuto, sono segnato da questa itinerario e non potro farlo in un modo superbo, prepotente e violento. In che cosa consiste una conoscenza solo concet- tuale? Io elaboro un metoda e, attraverso quel meta- do, anivo a conquistare certe idee. In fondo, e un processo abbastanza semplice. Cosi la conoscenza di- venta solo una scuola, dove non conta la vita, la co- munione, l'amore, l'ascesi, la fatica, ma solo un sape- re morto che si trasmette in un modo morto. Ma cosi si prosciuga la vita, perche, come abbiamo gia visto, non e nella natura del concetto il trasmettere la vita, la fede, l'amore. E qui si apre il grosso problema dello sdoppiamento che vivono i cristiani, perche si riferiscono alla Chiesa solo per alcune idee generali, mentre la loro vita e ormai nutrita e gestita altrove. Ne un linguaggio teologico che si esprime solo in termini concettuali, ne un pietismo devozionale, che viene ad alimentare le secche di una teologia arida puo promuovere e alimentare la vita nuova. "La fonna bella che procura emozione e incanto a buon mercato non ha niente a che fare con Ia grazia a caro prez- zo del Risorto", scrive in un articolo Pierangelo Sequeri, con il quale ti accomuna una lunga ricerca per riscoprire la visibilita, Ia sensitivita, Ia forma, il linguaggio della fede. ,o/Ja da doue, secondo te, si pucl partire per far maturare di nuovo un che possa veramente comunicare Cristo e, soprattutto, il Cristo pasquale? Bisogna dire, anzitutto, che non si tratta di un lin- guaggio "fatto da uomo" - come direbbe san Paolo 129 1\!f.I. Rupnik- II wsso della piaz.za d'ow -, perc he un linguaggio umano non puo esprimere ne contenere la conoscenza spirituale. Ci siamo total- mente disabituati a dire le cose spirituali in termini spirituali, perche abbiamo quasi sempre riportato cio che e divino alia nostra portata. Ma, per comunicare la fede, la Chiesa non puo usare un linguaggio sugge- rito dalla sapienza umana, dalle sue scienze o dalle sue arti, rna un linguaggio insegnato dallo Spirito Santo. Questa linguaggio spirituale viene accolto dall'uomo in un processo lungo e umile di sinergia con lo Spi- rito. Il foglio sul quale lo Spirito Santo scrive bene e la verginita, cioe un nostro dare spazio, un nostro re- trocedere per amore di Dio. E il sacrificio della nostra volonta. A causa del peccato, e molto difficile per l'uomo aderire a Dio, alia conoscenza della sua rivela- zione e dunque assorbire il suo modo di pensare, di vedere, di volere e di esprimersi. La redenzione infatti consiste proprio nel nostro progressivo assumere que- sta modo divinoumano, il modo di Cristo. Ma gii uno sguardo veloce alia storia dei secoli recenti ci fa vedere come ci siamo orientati al solo umano. In que- sta contesto, abbiamo cercato di far vedere come Dio si sia fatto vicino a noi uomini, ma scordando che Lui ha fatto questa affinche noi potessimo diventare divi- ni. Con questa approccio, ci siamo scordati, per esempio, che l'essenza dell'eucaristia consiste nell'esse- re commensali di Cristo nel regno, finendo cosi per riempirci di un nostro linguaggio anche se per voler esprimere le cose di Dio. Ma se il linguaggio stesso non comincia a trasfigurarsi mentre sta dicendo Dio e le realti della Spirito Santo, e indice che qualcosa non funziona. Lo stesso vale anche per il pensiero e per 130 Quarto giorno ogni linguaggio. Se il linguaggio dell' arte che vuole rivelare la presenza e dire il contenuto del mistero nel- la liturgia non comincia a cambiare, cioe a convertirsi in un linguaggio imparato dallo Spirito Santo, allora qualcosa non va. Se 1' arte stessa, insieme all' artista, non e segnata dalla Pasqua dell'amore di Dio, finisce per trattare il mistero in un modo troppo umano o, come direbbe san Paolo, solo umano, cioe secondo il nostro modo di vedere e di pensare, anche se magari formalmente verniciato di una patina religiosa. Sono molto conscio che cio che sto dicendo e lontano dal trend attuale, rna se 1' arte come la cul- tura in genere - vuole davvero essere viva e favorire una nuova qualiti della vita, se vuole aprire degli spi- ragli di speranza, e necessaria che l'artista compia il suo sacrificio spirituale, come direbbe Solov'ev, cioe offia la propria volonti a Colui che e l'unico in gra- do di dare corpo al vero e al bene. La questione del linguaggio e in gran parte una questione della volonti. E la questione della volonti sta in un rapporto dinamico, reciproco con la cultura. Che cosa voglio dire? Noi siamo figli di una cultura che ha elaborato la propria struttura mentale sullo sfondo del pensiero classico. Questa pensiero e riu- scito a creare intellettualmente un mondo e ad ab- bracciarlo da tutti i lati. La scultura o l'architettura dei templi greci e romani, ad esempio, non e altro che la resa pratica del possesso spaziale del calcolo geometri- co. Con la terza dimensione in pittura io creo uno spazio totalmente gestito dall'artista, dove il fatto che tutte le linee sono ricondotte al punta di fuga esem- plifica con una chiarezza lampante che l'uomo e al 131 M.I. Rttpnik II rosso della piazza d'oro centro di tutto. Ma queste esemplificazioni fatte sul- l'arte valevano anche per le idee. Si creavano grandi sistemi di pensiero che avevano la stessa _fim1w mentis della prospettiva pittorica, cioe con un unico epicen- tro -l'uomo. Tutto questo ci ha portati ad un dominio sul mondo, ad un enorme sviluppo della scienza e della tecnica. Ma, piano piano, ci siamo resi conto che questo mondo ratligurato nella prospettiva della cen- tralid. dell'uomo era elaborato cosi perfettamente da risultare migliore di quello che potevamo incontrare nella vita. Cosi, abbiamo cercato sempre pil1 di sosti- tuire il mondo esistente con quello virtuale, immagi- nario. E oggi siamo arrivati a! punto che i grandi e- sperti dei fenomeni culturali cominciano a suonare tutti i campanelli d' allarme perche il mondo digitale acquista un'importanza tale da sconfiggere la storiciti degli eventi e la concretezza della materia. Se la tele- visione non ha fatto vedere una cosa, e come se non fosse successa! II turista guatda tutto attraverso la sua videocamera, senza mai incontrare direttamente con gli occhi quello che filma ... So no drammatiche le scene quando ti visita una famiglia e i figli, dal mo- mento in cui sono arrivati fino al congedo, non si staccano mai dal videogioco. Se non sei attaccato alia rete non esisti. Anzi, tu esisti con una nuova identita quella della rete. 0 ancora pill drammatico e quando senti di seminaristi o di religiosi che dedica- no tante ore al giorno ai contatti digitali, mentre la gente della loro comuniti si lamenta amareggiata perche con queste persone non si riesce a instaurare un rapporto normale ... 132 Q11arto gionw Il mondo si e praticamente coperto di una "tra- punta" digitale e le persone cominciano a muoversi quasi esclusivamente su questa superficie, convinte che sia il vero suolo della nostra esistenza, con le sue icone non pill sacre, ma digitali, virtuali, inconsi- stenti, eppure tanto sensuali e per questo assoluta- mente coinvolgenti. In questa continua intetferenza tra me e il mondo immaginario, gia un bambino piccolo impara ad usare l'intelligenza totalmente al servizio del suo volere, perche tutti i videogiochi che usa, contrariamente all'esperienza vera, obbedi- scono immediatamente ad un suo comando. Si svi- luppa cosi una cultura che, sotto l'aspetto spirituale, corre un grande rischio antropologico, che non sap- piamo pil1 come collegare all'insegnamento classico di tutta la tradizione cristiana, che ha sempre propo- sto una grande ascesi rispetto all' affermazione della propria volonti. Il sacrificio della propria volonti era sempre collocato all'interno di una relazionalita vera con un Dio vivo, con gli altri, con il lavoro e il suo ambiente, con la materia, con gli strumenti di lavo- ro ... e con se stessi. Mentre il mondo digitale funzio- na e si regge proprio su un'intelligenza che riesce a riprodurre una realti immaginaria che soddisfa im- mediatamente la propria volonti e che non trova nessun ostacolo che le resista. L'aspetto pill grave e senza dubbio quello che ri- guarda tutto il mondo relazionale e, in ultima istanza, il mistero della persona stessa. Le persone vivono per- manentemente inserite in una rete di rapporti irreali, di comunicazioni superficiali, di informazioni gonfia- te, talvolta anche condite da una patina di semi-reli- 133 A!J. I. Rup11ik II rosso della piazza d 'oro giosit't. Ma, nonostante tutta questa enfasi sui rappor- ti, la reale tenuta relazionale del nostro tempo e tragi- camente fragile. Non c' e dubbio che un eventuale crollo di questa "trapunta" digitale porterebbe a un atterraggio traumatico delle ultime generazioni sul terreno della vita reale, con tutta la sua durezza. E an- che il mondo religioso comincia esplicitamente a fare i conti con i fraintendimenti venutisi a creare secoli fa. Infatti, come non collegare la sostituzione di un Dio ideal-pensato ad un Dio personale con la confu- sione riscontrabile in questa grande iconografia vir- tuale di metafisica e religiosid? Tutto questo mondo digitale ha acquisito un'importanza che ha dimensioni religiose: le persone possono vivere in condizioni di grande precaried, addirittura nella mancanza di cibo e di vestiti, ma non possono rimanere senza i mezzi che permettono loro di inserirsi in questa "trapunta". Certo e che la visione cristiana non puo partire da un atteggiamento di sfiducia verso il mondo e verso la cultura contemporanea. Non si tratta di di- sprezzare questa "trapunta" e poi magari, nel segreto della nostra camera, rimanervi attaccati anche noi per ore e ore. Come anche non si tratta di essere in- fantili e di illudersi su chissa quante possibilita di evangelizzazione vi si nascondano, perche gia la sto- ria della televisione, sulla quale abbiamo investito tante aspettative, ci insegna. Noi cristiani siamo nel mondo per benedire il mondo, per illuminare e rive- lare l'umanid di Cristo, percio siamo invitati a lava- rare - senza clamore, senza richiamare l'attenzione su di noi - su queUe basi che un domani potranno accogliere questa "trapunta", quando si sad sgonfia- 134 Quarto giorno ta, perche trovi un posto dove appoggiarsi e vitaliz- zarst. Per noi la verid e nello sguardo di Cristo sul mondo e sulla storia, o meglio su come sono il mon- do e la storia in Cristo. Ma a questa verid i linguaggi di questo genere non hanno accesso, perche non so- no in grado di trasmettere e di confessare la Pasqua, cioe la trasfigurazione attraverso la morte. Questo av- viene solo nel rapporto tra le persone, nella rinuncia alla propria filautia per affermare la vita in comunio- ne, solo attraverso 1' esperienza della materia che sci- vola attraverso le mie mani, che resiste sotto i miei piedi e che mi da il sapore e il gusto della vita, perche mi permette di amare, in quanto senza la materia e il corpo non c'e l'amore. Per noi cristiani, illinguaggio che non puo comunicare la Pasqua non puo essere considerato il linguaggio che fonda la nostra espres- sione e la nostra creativita. Dicevi che la questione del linguagc.;io e in gran parte una questione della volonta. Cosa intendi? Ogni linguaggio vero quello della comunione e non solo della comunicazione - affonda le sue radici nella volond di Dio Padre che vuole rivelare il suo am ore. Solo 1' am ore e quella forza giusta della vo- lond che puo creare un linguaggio. Ed e ovvio che non si puo creare un linguaggio pasquale c10e un linguaggio che superi l'isolamento e la morte - usan- do la volond dell'autoaffermazione e dell'amor pro- prio. Con una mentalid e una volond da protagoni- sti non e possibile creare un linguaggio della fede e 135 M. I. Rupnik- II rosso della pia.z.za d'oro dell' a more di Dio. E, se un linguaggio non e impre- gnato d'amore, non sara mai un linguaggio della bel- lezza, perche la bellezza, come abbiamo visto, e l'a- more realizzato. Un linguaggio formulato da una volonta che ha rinunciato a se stessa, quindi da una volontii d'amore, include la possibilita - proprio perche e un linguag- gio d'amore- di non avere "successo" da un punto di vista fonnale. Dio Padre ha espresso il proprio amore nel suo Figlio. Ma il Figlio non ha comunicato agli uom.ini cia che voleva in una "forma bella", rna solo attraverso la propria Pasqua! Negli ultimi tempi abbia- mo fatto tanto per cambiare il linguaggio, rna questo urta con il fatto che linguaggio e contenuto non sono del tutto separabili. Se il Contento e l'amore di Dio per l'uomo, illinguaggio non pua essere un'altra cosa. Bisogna stare molto attenti allora quando ci si lascia prendere dal bisogno di spiegarsi e si usa il linguaggio degli altri per essere capiti, perche si rischia di non co- municare pili cia che siamo chiamati a trasmettere. La forza di Cristo consiste proprio nell'unitii tra cia che dice e il linguaggio con cui lo dice. Il suo linguaggio esprime sempre l'unitii di tutta la sua per- sona, la sua unita con il Padre, e suscita l'adesione a questa unita tra Padre e Figlio. Tanto e vero che, alla fine, Cristo sad crocifisso proprio per questa unita del contenuto e dellinguaggio ... Se prima nil chiedevi i criteri per un'arte liturgica, ecco, vanno attinti proprio qui: un'arte che fa da am- biente alia liturgia e al sacramento deve rivelare quel- 1\mitii che Cristo ha compiuto, deve rivelare il mon- do visto dal punto di vista della redenzione, cioe il 136 Quarto giomo mondo dalla Pentecoste in poi. In concreto, questo significa che, se 1' altare e il luogo dove noi siamo coinvolti nella Pasqua di Cristo - quella storica che ci apre a quella eterna nel cielo, con il Padre lo stondo di questo altare non pua essere dipinto, affrescato o mosaicato con un linguaggio che non partecipi al mi- stero pasquale. Se mettiamo li un'arte che parla illin- guaggio classico-idealista, costruiamo uno scenario che sta ancora aspettando la redenzione, cioe uno sce- nario pre-cristiano. Uno scenario che pua stare in un palazzo, rna non nella chiesa, perche la chiesa e l'im- magine della salvezza e illuogo in cui si celebra la sal- vezza, e uno spazio segnato dalla fede, cioe da questa accoglienza che Dio trova nell'uomo. La Chiesa e un luogo di trasfigurazione e tutto cia che vi entra deve essere trasfigurato, anche le forme, le espressioni. Si diventa Chiesa perche si rinasce alla vita nuova. Lo stesso vale per l' arte che si trova nell' edificio ec- clesiale: non pua avere in se un dualismo non reden- to, cioe non pua parlare un linguaggio pre-cristiano e voler esprimere con esso la vita nuova, l'uomo nuovo. Allo stesso modo, non possiamo mettere in chiesa un' arte segnata da un soggettivismo tragi co, deformante, perche sarebbe semplicemente l'altra sponda del pendolo. La questione del linguaggio e la questione dell'unitii con la liturgia, con il sacramento e con la verita della Chiesa. Abbiamo visto come la ricerca di un nuovo linguaggio abbia portato i cri- stiani dei primi secoli a sviluppare anche un' arte pro- pria che non era pili un' arte ne di modello, ne di narrazione, rna una comunicazione, una presenza ... 137 M.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro II dei cristiani nasce quindi in con lo Spirito Santo e si costruisce soprattutto intomo alia liturgia, al sacramento, che e 1 'ambito dove la Chiesa comunica la stessa unita tra il contenuto e il che e propria a Cristo. Potresti dire ancora qualche parola su come riconosce- re un artistico insegnato dallo Spirito e dalla li- turgia? Forse e pitt facile capire cosa non e insegnato dal- lo Spirito ... Un linguaggio artistic a con una raffigu- razione deformata in modo aggressivo, oppure sdol- cinata e cosmetica non puo essere un linguaggio in- segnato dallo Spirito Santo. Allo stesso modo, nean- che una forma idealmente pedetta e un linguaggio donato dallo Spirito, perche lo Spirito si esprime be- ne nella Pasqua. Nessuna di queste tre esemplifica- zioni appena fatte regge la Pasqua. La conoscenza di Dio e la realizzazione dell'uo- mo ci e comunicata nella Pasqua. E il triduo pasqua- le e incompatibile con la perfezione classica, dove praticamente non esiste lo spazio per 1' accoglienza, rna tutto e elaborato dall'uomo, anche se in nome di qualcosa di superiore all'uomo, cioe in nome di un ideale di perfezione. La perfezione formale non e compatibile con la Pasqua perche non ha nessuno spazio per il dono, non riceve il dono della conoscenza, rna la la conquista da solo. La visione ideale delle case che sta a monte dell' opera classic a non e una visione do- nata dallo Spirito Santo che ci fa vedere le case se- condo 1' occhio di Dio, rna e una visione guadagna- ta, elaborata da noi, a partire dal nostro occhio. 138 Quarto giorno Un'arte che ha questa retroscena accentua radical- mente 1' antropocentrismo, il protagonismo della mente umana, ed elimina lo spazio dell' accoglienza, del ricevere il dono, cancella quella verginit:l che e il terreno nel quale il L6gos puo prendere il corpo e diventare figura. N el cuore del sacramento c' e il sacrificio di se stessi per am ore. E al cuore del sacrificio c' e la ri- nuncia alla volonti propria. Penso che anche l'arte che entra nell'ambito del sacramento vi puo fare il suo ingresso solo in quanta il suo linguaggio respira gia questa verit:l pasquale. Non e indifferente a que- sta livello anche il luogo nel quale si fa una tale arte e il clima in cui la si fa. Lavorare direttamente sulla parete del presbiterio tenendo con to dell' altare e del- l'insieme della spazio della liturgia crea un tutt'uno con il lavoro artistico. Questa vicinanza e una realt:l indispensabile attinche il linguaggio sia impregnato di quel contenuto che e anche atteggiamento liturgi- co. C' e un nesso profondo, vi tale, tra il sacramento e illinguaggio artistic a ... Percio un linguaggio ispirato dallo Spirito e un linguaggio che richiede l'ascesi. E l'ascesi non e qual- cosa di piacevole per i sensi. Una visione ideale delle forme, elaborata dall'intelligenza dell'uomo, da lui pensata, avd sempre un marchio di protagonismo che inevitabilmente cerca la soddisfazione, ossia l'appaga- mento per l'io che ha prodotto qualcosa. La forma dovra essere cosi piacevole per i sensi da soddisfare il soggetto che l'ha prodotta. Percio deve appagare im- mediatamente, deve rap ire 1' attenzione. Diventa un 139 1\!I.l. Rupnik- II rosso della piazza d'oro vanto dell'intelligenza che l'ha pensata, dell'abilita manuale che l'ha realizzata, un appagamento sensuale e sensoriale. Un linguaggio di questo tipo non viene generato da una dinamica trinitaria - che e la vera struttura tipica della liturgia - e per questo non e la sua asse essenziale la dinamica dell'amore divinouma- no, cioe la dinamica del triduo pasquale. Per questo c'e in esso una sorta di impazienza e deve ottenere immediatamente il compiacimento. Il linguaggio suggerito dallo Spirito Santo agisce invece secondo una dinamica quasi opposta. Accade lo stesso come con il linguaggio della liturgia: fre- quentando la liturgia, comincia una purificazione che solo in un secondo tempo fa scoprire la bellezza, la profonditi, la sublimiti delle parole e dei gesti pili semplici. Un linguaggio con una forma perfetta piace agli occhi, appaga i sensi, rna e troppo chiuso su di se, troppo elaborato per lasciare lo spazio affinche Dio possa ancora dire qualcosa, possa ancora redimere. Manca Ia dimensione dell' ascesi. E un linguaggio troppo forte, troppo perfetto, esteticamente troppo convincente per poter essere il linguaggio della co- municazione della fede. Urta troppo con cia che dice san Paolo nella prima Lettera ai Corinzi: non rni sono presentato ad annunziarui la testirnonianza di Dio con su- blimita di parola o di sapienza. Paolo parla non con un linguaggio persuasivo che metta in rilievo la sua capa- citi aratoria e la sua forza di convinzione, rna con ti- more e trepidazione, perche la fede dei Corinzi sia basata non sulla sapienza umana, rna sulla potenza di Dio. 140 Q1wtogiomo Lo stesso si potrebbe dire per un' evangelizzazione portata avanti basandoci sulle opere. In un passato non troppo lontano, quanta pitl le opere erano per- fette, forti, complete, tanto pi6 pensavamo di essere convincenti. Ma cosi si riduceva sempre di pi6 lo spazio per una fede basata sulla potenza di Dio, e non sulle nostre capaciti. Ci siamo innamorati del rinascimento, cioe di una visione classica, e la nostra mentalid pian piano se ne e lasciata penetrare. Penso che si potrebbero davvero vedere tanti paralleli tra il linguaggio di un' opera d' arte rinascimentale e il nostro modo di concepire e di portare avanti nella pastorale un' opera apostolica. E, proprio come una forma classica non riesce a comunicare la potenza di Dio, perche il lin- guaggio parla piuttosto della nostra bravura, cosi an- che una tale impostazione pastorale alla lunga e di- ventata afona. Un linguaggio artistico che realizza un nesso pr(ifondo con la uita nello Spirito e con la liturgia e sicuramente quello dell'icona bizantina. 1\![a, nonostante il suo littqttaggio cos[ purificato, non e detto che tm'icona, rnessa da sola in una parrocchia occidentale, riesca a parlare alta gente. Abbiamo uisto con i gruppi del nostro Atelier di teologia che ci llltale tm'iniziazione per poter ilnparare a leggere il linguaggio dell'icona. Ed e uero che, solo dopo questa iniziazione, spesso reai5iscono dicendo: "Solamente ora mi accorgo che non mi piace phi quell'irnmagine rinascimentale". Le im- maLqini di questi periodi forti dell' arte liturgica aiutano an- che a creare un gusto e cos{ ad attivare un discernimento. 141 i'vU. Ruprzik [/ rosso della piazza d'oro Potresti commentare un po' questa capacita cornunicativa che rm'opera d'arte ha o non ha? Fin da quando ho avuto la possibilid di conoscere l'icona, ho potuto cogliere che si tratta forse dellin- guaggio pili riuscito dei cristiani, perche la teologia e la liturgia sono la sua struttura di fonda. Quest'arte e autenticamente liturgica, vive solo con un continuo bagno di preghiere. Tant' e vero che Kondakov, gran- de storico d'arte russo, arriva a dire che, vedendo lo sviluppo dell'arte in occidente, non sappiamo se sia ancora giusto chiamare arte cia che fa parte della spazio liturgico. Lo sviluppo dell'arte e andato cosi tanto nella direzione di un umanesimo radicale, che un'arte strutturata su un'impronta teologica e liturgi- ca potrebbe quasi essere non considerata arte. Oso pensare che e quasi meglio cosi, se il risultato del ri- nascimento si vede nelle correnti che si sono susse- guite fino ai nostri giorni. Dal rinascimento ad oggi non si e mai pili avuta una corrente artistica capace di quell' arte organic a carica di un simbolismo realista, denso come i gesti della liturgia stessa. Mai pili dopo il rinascimento abbiamo vista apparire quell'arte claustrale, come la chiamava Ivanov. Anzi, nell'arte del XX secolo e in quella di oggi diventa progressiva- mente pili evidente che quest' arte e incompatibile con la liturgia, pitl evidente di come lo fosse per l'ar- te rinascimentale, che pure l'ha generata. Mentre e abbastanza ovvio che, se la storia testimonia come l'arte sia diventata cia che oggi colleghiamo ad esem- pio al nome di Picasso, un'arte che Bulgakov chiama- va il "cadavere della bellezza"' all ora e chiaro che e 142 rneglio che non si chiami arte cia che si trova nel- l' ambito della liturgia. L'icona rappresenta un linguaggio squisitamente cristiano - dogmatico, spirituale, poetico - molto integra. Ma noi non siamo capaci di leggere questa linguaggio spiritualmente ... Infatti, leggiamo tutte le irnmagini alia maniera della storia dell'arte, dove si fa una lettura storiografica, stilistica, estetica ... rna non spirituale, teologica. AI massimo si arriva alla Biblia pauperum, cioe si spiega il valore catechetico e de- scrittivo dell'icona. Nell'icona invece e possibile trovare un vero e proprio codice, un codice teologico-artistico. Come la liturgia ha un codice, cosi anche l'icona ha un co- dice, che ogni battezzato prima o poi riesce a deci- frare, perche glielo rivela la vita stessa che ha ricevu- to quando e stato innestato nel Corpo di Cristo, nel- l' organism a della Chiesa. In mezzo a questa Corpo, tale codice gli diventa pian piano familiare, intima, suo. Non c'e bisogno di spiegare: "questa significa questa". No, e all'interno dell'organismo della Chie- sa che esso pian piano si rivela. Personalmente non ho mai fatto copie di icone e non vedo il senso di copiare un'icona per una chiesa in Italia, in Francia o in Slovenia, dato che l'icona e liturgicamente, storicamente e culturalmente troppo lantana dal mondo occidentale di oggi. Ma credo che sia molto utile copiare le icone come un itinerario spirituale. Penso che, oltre agli esercizi di sant'Ignazio di Loyola, per noi occidentali non esista una via rni- gliore per una profonda purificazione di noi stessi, per una riconciliazione con Dio e per una riappro- 143 M. I. Rupnik - II rosso della piaz.za d 'oro priazione della fede come relazione, come unione con Dio, rna anche come contenuto teologico. Anzi, forse ripetere, imitare, copiare le icone accanto ad un vera maestro, che non sia solo un tecnico, rna un ico- nografo vera, potrebbe per certi aspetti essere un iti- nerario ancora piu forte degli esercizi spirituali di sant'Ignazio. II rischio e pen) che facciamo con le icone quello che facciamo con il judo o il kung-fu: che li riduciamo ad una tecnica. Ma l'icona, come ben sappiamo, in prima luogo non e questione di tecnica, rna di un orizzonte spirituale di vita. Questa e il motivo per cui il prima esercizio dell'apprendista iconografo normalmente era proprio l'icona della trasfigurazione, in modo da pater verificare se il pit- tore partecipa a quella trasfigurazione che hanna vis- suto gli occhi dei discepoli sui Monte Tabor. Comunque, anche se non ho mai fatto copie di icone, ho cercato di lasciarmi fortemente ispirare da lora, e padre Spidlik mi e stato di guida in questa. E sono convinto che, se c'e un ambito in cui un catto- lico oggi pua trovare realta teconde, ricche, intense e gia organiche alia tradizione cristiana a cui potersi ispirare, queste sono certamente le tradizioni artisti- che antiche: 1' affresco paleocristiano, l'icona bizanti- na, i portali romanici, le poesie dei padri siriaci ... Per questa nei nostri mosaici troviamo spesso la struttura dell' episodio che parte dall'icona, rna la raffigurazio- ne forse ricorda piu il romanico, e le aperture teolo- giche sono suggerite dalle poesie di Efrem il Siro, o di Giacomo di Sarug, o di Romano il Melode ... Ho sempre creduto piu in questa ispirazione a partire dalla Memoria della Chiesa, che nel cercare 144 Quarto giorno stimoli creativi tra i pensatori moderni. Anche per- che, alia scuola di padre Spidlik, vivendo insieme a lui, mi sono sempre pili convinto che tutto cia che e di Cristo e nostro, anche se e nato in tempi e luoghi geografici distanti dai nostri. E proprio la tensione vi- va tra la grande memoria sapienziale della Chiesa e l'oggi, intrecciata con le nostre relazioni, che instaura quella dinamica creativa che mi incoraggia ad osare di tentare un'arte organicamente unita ai gesti e aile pa- role creatrici della liturgia, quindi ad essere integral- mente liturgic a nell' arte. Voglio ispirarmi alla litur- gia, che porta con se gesti e parole carichi di memo- ria, eppure sta comunicando il Mistero oggi, sempre a nuove generazioni. La liturgia e attuazione piena di questa antinomia tra 1' attenzione a comunicare il de- posito della memoria e 1' attenzione alia comunit:l concreta che vi partecipa. E cia che e interessante e che questa antinomia si realizza nella piena attenzione al Signore, ed e Lui che realizza la dinamica tra la memoria e 1' oggi. Ogni altro tentativo sarebbe artifi- ciale. Ne abbiamo degli esempi con i vari tentativi che si etichettano come "nco-". Anchc sc non hai rnai fatto copic dcll'icona bizantina, la tua arte a qualwno scn1bra troppo "orientale" ... E a qualcun altro potrebbe sembrare troppo "oc- cidentale" ... Ma cosa significa "orientale" o "occi- dentale", se tutto quello che e di Cristo e nostro? Mi ricordo che, quando abbiamo finito l'abside nella chiesa ortodossa della Trasfigurazione a Cluj, e venuto il metropolita Bartolomeu con alcuni suoi 145 M.l. Ritpnik -llrosso della piazza d'oro preti, monaci, teologi e nella chiesa, dopo la prima preghiera davanti alla Madre di Dio che campeggia nel Catino absidale, si e rivolto a loro domandando: "Che ve ne pare, e un'arte cattolica o ortodossa? Puo stare da noi, si o no?". La risposta e stata unanime- mente si. Anzi, c' e stato addirittura un professore che ha insinuato che forse quest' arte, ispirandosi al primo millennio, potrebbe essere una via di purificazione per 1' attuale iconografia diffusa nei Paesi ortodossi, spesso troppo manierista e sdolcinata. A quel punto nil ricordo che ho risposto in un modo un po' pro- vocatorio: "Maio non volevo mettere qui un'imma- gine del primo millennio ... " E il pr?fessore ha repli- cato: "No, non volevo dire questo. E molto evidente che questa immagine e stata finita proprio ieri, ma si percepisce che trasmette lo stesso respiro di fede che troviamo in un'opera del primo millennio". Vorrei che potessero dido di tutti i nostri mosaici, perche questa e la meta della nostra ricerca: che la memoria della Chiesa possa respirare oggi, con illinguaggio di oggi, con il coraggio di oggi ... Acquistare lo sguardo artistico di tede degli antichi e far vedere con un lin- guaggio odierno cia che si vede. In questo atto av- viene anche un discernimento sulla memoria e sul linguaggio. Non mi stupisce che ci possano essere anche quelli che brontolano, perche quest'arte non corri- sponde al "nostro gusto culturale". Ma anche questo rivela la poverta della nostra ecclesiologia. Che cosa voglio dire? Se la fede e la manifestazio- ne di Cristo, del suo Corpo, io non posso non rivela- 146 Quarto giomo re il Corpo di Cristo insieme a tutti i battezzati. Com' e possibile all ora che la tradizione apostolica di una Chiesa possa essere per me culturalmente piu [ontana di quanto lo sia l'arte moderna presa dalla galleria? Come puo essermi piu estranea l'icona del cemento armato delle chiese moderne? Ma spuntano anche da noi questi rigurgiti. Sono cose molto tristi, perche rivelano che siamo pi{; vicini ad una realta pa- gana che ad una cristiana. E preoccupante che un cristiano percepisca piLl familiarita con una reald. pa- gana, con un artista che si dichiara apertamente ateo, piuttosto che con un'espressione di fede di una Chiesa cristiana, per di piLl di tradizione apostolica. Cosi si svela anche la fragiliti della fede, perche e ov- vio che, quando questa e debole, per uno sia pi6 si- gnificativa nel senso esistenziale la cultura che respira della vita nuova che, di per se, e il vero contenuto della vita non solo esistenziale, ma persino ontolo- gico. E per questo che alle volte emerge un banale etnocentrismo, un nazionalismo esasperato. D 'altra parte, sappiamo che nella modernita proprio queste due realta sono ancora in attesa di essere evangelizza- te. Non e possibile che un dato culturale o nazionale sia prioritario sulla comunione creatasi con il battesi- mo, che ci ha innestati nel Corpo di Cristo. Nella comunione del Corpo, le nazioni sono i colori della festa e non una rivalid. Nell' Introduzione allo spirito della liturgia, Ratzinger diceva esplicitamente che non sara possibile un recu- pero dell'arte sacra in Occidente senza un incontro fe- condo con !'Oriente. E io aggiungerei: anche senza l'incontro con la memoria dell'Occidente stesso, cioe 147 M. I. Rupnik - II rosso della pia.zza d 'oro con la memoria del romanico, del gotico, ecc. Ma oc- corre essere molto cauti, perche siamo in una fase di estrema debolezza, e percio ci appoggiamo sulle "ri- letture": la rilettura di san Tommaso, di Cartesio, di Kant, ecc. E, nell'arte, il reuiual del neogotico, del neo- barocco, del neoclassico ... Ma e come l'arte nella specchio, e su questa non ci possiamo illudere molto ... Nel rinascimento, questa innamoramento del classico era an cora un _flirt, non un vera e proprio adulterio; e la creazione di una bellezza formale poteva essere afL1- scinante, perche tutto era ancora sonetto da un clima di fede, ereditato dai secoli precedenti. Dietro a Mi- chelangelo c' erano secoli e secoli di veglie, di preghie- re, digiuni, pellegrinaggi ... Ma noi, che cosa abbiamo aile spalle? E che sensa ha oggi riproporre uno stile classicheggiante e rinascimentale, se il nostro tempo manifesta esattamente 1' esaurimento del rinascimento e il suo rifiuto? E questa il rnotiuo per cui non hai mai cercato ispira- zione nel rinascinunto, ma solo nelle epoche precedent!? Vorrei non essere frainteso. Ho trovato sempre degli aspetti belli e arricchenti nei maestri rinasci- mentali, tant' e vera che nel mio atelier ho da decen- ni un poster del volta della Sibilla Delfica di Miche- langelo. Non ce l'ho con il rinascimento, tanto me- no con quelli che stravedono per il rinascimento. Per quanta mi riguarda, non mi sono mai sentito attirato dal rinascimento, e mai un'opera rinascimentale mi ha cosi coinvolto da essere abitata da me, da sentire che il mio cuore mi invitasse ad abitarla. Ma c' e an- 148 Quarto giorno che una questione che riguarda non il mio personale giudizio estetico sui rinascimento, rna quella se il ri- nascimento sia un 'arte adeguata allo spazio liturgico, per la quale non sono certo il prima ne l'unico ad esprimere perplessiti. Sono stato certamente pitt di cento volte nella Sistina e non n1i ricordo di aver vi- sta una sola volta le persone segnarsi con il segno di croce. Ma, come ho detto, il compito dell'arte none questa. Percio non avrei nessuna obiezione al rina- scimento se non avesse occupato lo spazio della litur- gia. Le opere rinascimentali possono avere dei con- tenuti discorsivi catechetici - e alcuni li sanno tirar fuori in un modo straordinario -, oppure possono commuovere e ispirare delle intuizioni a lora volta artistiche con grandi slanci e aperture spirituali, co- me ad esempio testimonia Wojtyla. Ma il limite e- stremo affinche una tale arte possa essere sacra nel sensa stretto, cioe liturgico, lo ha messo in evidenza Michelangelo stesso sia nella cappella Paolina che con le sue ultime Pied incomplete, che con questa gia divengono interessanti sotto l'aspetto di cia che deve dire 1' arte della Chiesa. Personalmente, sin dall'inizio avvertivo una certa distanza con quest'arte. Gia da giovane non riuscivo a gustare le lora opere cosi come potevo gustarne al- tre di difterenti epoche, perche vi percepivo un vela ideologico, qualcosa di non veramente libero. II ri- nascimento mi presentava un uomo con il quale non ero capace di trovare nessuna parentela. II mio cuore non solo non era in grado di trovare una vicinanza con l'uomo delle opere rinascimentali, ma avvertiva 149 M.I. Rup11ik- II rosso della piazza d'oro un qualcosa di non genuino in quella umanita. Non riusciva a trovare quella bellezza calda che sentiva alia sera durante la preghiera del rosario, o la maestosita quasi liturgica che vedevo sui volti e sulle mani dei contaelini che riempivano la chiesa eli elomenica an- che sotto un regime ateo e dittatoriale. C'era qual- cosa che non riusciva ad entrare in sintonia con il mio cuore, con la mia sensibilid spontanea. Gia da bambino ho imparato da mio padre il senso di cia che sta al eli la di quello che si vede e che si percepi- sce nell'immediato; un amore per tutto cia che e umano e per tutto cia che l'uomo fa con amore: il lavoro, l'arte, la cucina, una camminata sulla neve, qualsiasi co sa ... Mi ricordo che, da giovane gesuita, condividevo con padre Truhlar delle autentiche esperienze spiri- tuali guardando i salti di sci o lo sci alpino, ad esem- pio. Truhlar ha semplicemente soffiato su questa fuoco. Lui mi faceva sperimentare quanta pua essere spirituale il canto degli zingari attorno al tl.wco ... I1 primo piccolo articolo che ho scritto e che gli ho fatto vedere per verifica cercava di descrivere, con questi occhi, il pattinaggio artistico sul ghiaccio. Gia da bambino, infatti, mi sentivo attirato dalla danza sul ghiaccio. Mi sembrava di sprofondare in una bellezza infinita, in un'armonia senza ombre. Pitt tardi, quando ormai ero un ragazzino, provavo le stesse sensazioni quando facevo i salti di sci: mi sem- brava di sdraiarmi sulla consistenza dell' aria, come se ci fosse qualcosa di solido, di invisibile, ma torte, che mi sosteneva e mi faceva volare. Era un' esperienza di intimita con il cosmo vivo, con una presenza che ti 150 Quarto giomo portava e ti avvolgeva con il suo mistero. E stato mio padre con i suoi gesti - sempre carichi di qualcosa di solenne, di liturgico -, ad orientarmi all'ammirazio- ne di tutti questi aspetti cosi concretamente umani, ma cosi belli, perche aperti a qualcosa di insondabile. Mentre guardavo mio padre, imparavo a gustare il fa- scino del lavoro, del sudore. La mano con i calli era la mana vera ... Sentivo con chiarezza che il lavoro e !a corteccia di qualcosa di infinito e di creativo, che partecipa all' opera che attraversa misteriosamente tutta la terra, l'universo, e contluisce al Creatore e Redentore del mondo. Tutte le cose, anche gli even- ti che succedevano, mi si dischiudevano come delle fessure che lasciano intravedere la luce di un mondo ulteriore, pitt grande, libero, caldo, luminoso, che mi coinvolgeva con la sua bond e umilti. Si trattava di una presenza alla quale rivolgere la preghiera ... Ecco, non ho mai trovato tutto questa nel rinasci- mento e non lo trovo ancora. Li tutto e concluso, petfetto, non c' e bisogno di ness uno spiraglio aperto. L'unica via per perforare la scorza del mondo e quella di conoscere le idee, cioe le cosiddette narrazioni soggettive, denudate ormai dai postmoderni. E que- sta e successo proprio perche abbiamo perduto la mentalid del simbolo. Una vera mentaliti del simbo- lo coglie gia anche cia che e al di la della corteccia, cioe il vero contenuto, la vera perfezione, la parte piLl reale delle cose, realiora in rebus, diceva Ivanov, che pen) rimane un mistero - un mistero perche presen- za di Dio. E, come direbbe Florenskij, si impara da bambini a spiare il noumeno attraverso i fenomeni. 151 M.l. Rup11ik II rosso della piaz.za d'oro Ciascuno di noi e pil1 sensibile ad un aspetto dell' esi- stenza, e attraverso quello puo imparare a cogliere il mistero come vera contenuto della vita che non pas- sa, che non tradisce. Per un bambino questa aspetto puo essere il nuo- to, l'acqua, per un altro la neve, per un'altro il ghiac- cio e i pattini, per uno il violoncello, per un altro il canto e per un altro ancora la corsa, o una mana for- te, il muscolo di uno sportivo ... ma per tutti un gesto di tenerezza, la mensa preparata, le persone intorno alla tavola con gli sguardi morbidi e benevoli le une verso le altre. In fonda, quello che gia da giovane av- vertivo nel rinascimento era la mancanza di mistero, di fascino. L'ignoto e la vita del mondo, dice Flo- renskij, e per questa il desiderio dei bambini e cono- scere il mondo proprio in quanta incognito, senza violare il suo mistero. Ma il rinascimento ti comunica la sensazione che non c' e nessun mistero. Pil1 tardi, studiando la storia dell'arte, queste intuizioni mi sono state confermate, perche nel rinascimento il mistero si riduce a qualcosa di esoterico. E vera che il pathos dei poeti e dei f!losofi della natura rinascimentali sta proprio nella penetrazione della natura pervasa tutta da un sensa divino, ma e come se questa natura, sia quella empirica che quella interime, esaurisse e limi- tasse Dio, e percio lo rendesse conforme aile leggi e alle necessita del mondo. E che quimii, per gli iniziati che ne possiedono le chiavi di lettura, possa comin- ciare un approfondimento ininterrotto e infinito del divino. Ma tutto rimane nei limiti del nostro mondo, e SU questa Strada che in fin dei COnti e una dilata- ZlOne dell'immanente sul versante di cio che fino a 152 Quarto giomo quel momenta era trascendente - non e possibile in- contrare Dio nel mondo. Anzi, allargando il mondo, lo si racchiude ancora di pil1 su se stesso. Se il grande Pan e marta con la fine del mondo pagano, come di- ceva Bulgakov, quando il rinascimento vuole tonure al naturalismo precedente al cristianesimo non ascolta ali dei nella natura, ma gli spiriti seduttori, che ren- t> dono vittime di un'illusione religiosa. Dio non e pri- gioniero del mondo. Tra Lui e il mondo c'e un abisso ontologico, come lo chiamerebbe sant'Efrem, colma- to solo dalla sua rivelazione. L' esperienza umana del "nascosto" di Dio e possibile solo la dove Dio si e, in diversi modi, rivelato Lui stesso. E questa !a differenza tra una "religione a tea"- passami 1' espressione un po' forte e il realismo religioso. Qualche volta mi trovo a pensare come sarebbe stato divers a 1' andamento della storia se il rinasci- mento, con tutto cio che lo ha seguito, non fosse en- trato nella spazio liturgico, se non avesse ridotto sot- to il proprio dominio la dimensione della fede, cioe se l'uomo non avesse optato per un'affermazione tal- mente antropocentrica da sottomettere tutto a se stesso e da non rimandare pit! aldil:l di se. Se questa approccio non avesse occupato lo spazio liturgico, ma si fosse fermata prima, l'umano sarebbe ancora aperto al mistero, all' am ore misterioso che salva il fragile, il piccolo, il rigettato, il peccatore ... Gli antichi padri e i monaci dei primi secoli han- no capita bene il pericolo che il rinascimento ha poi incarnato. Sapevano qual e veramente la relazione tra l'umano e il divino. Sapevano che la Chiesa sta al [53 i\1.!. Rupnik II rosso della piaz.za d'oro centro perche e la forza vivificante e l'apertura alla vita trinitaria. La Chiesa e il luogo dove si supera la morte e percio da 11 viene la luce che illumina tutto con il sensa definitivo, con il vera significato. Proprio come 1' edificio ecclesiale, che ne e il simbo- lo, collocato al centro del villaggio. Uno spazio aper- to che confina solo con la libera adesione. La sua unica soglia e 1' am ore, cioe lo spazio della lib era ade- sione. E ogni attivita che si fa davanti alia chiesa ha la possibiliti di essere presentata ali'altare, di partecipare in qualche modo al sacramento, e dunque di entrare nell'eterniti. Tuttavia e dalia luce che emana da den- tro che si dischiudono i significati ed il sensa vera, ultimo, di tutto cio che si fa. Anzi, li si intravede la reale possibilita che il nostro lavoro, cio che si studia e si ricerca, abbia un fondamento. II Concilio di Calcedonia ci ricorda che la natura divina e la natura umana sono unite perche l'unione avviene nella persona di Cristo, cioe nell'amore e nella liberti del Figlio. II divino e l'umano sono uni- ti in Cristo tramite 1' am ore, liberamente e in modo personale, perche l'uniti avviene nella persona di Cristo. Tutto cio che e genuinamente umano rice- vera volentieri la luce dalia Chiesa, il suo sensa dal- 1' altare e la benedizione di vita dalla liturgia, senza sentirsi offeso se non sta gia li, tale e quale com' e, perche nella liturgia vede che lo aspetta ancora la sua trasfigurazione e il suo compimento. Ma se si appe- santisce questa spazio con delle idee - siano pure al- tissime, ma completamente nostre - che non riesco- no a far sentire il vento della Spirito che vi soffia, al- lora si crea un equivoco che alia fine causa un anta- 154 Quarto giorno gonismo che elimina Dio come amore e illude l'uo- mo con una religiositi che non e vera, perche e in- capace di rendere partecipi della vita divina. Chiu- dendo 1' orizzonte con delle idee per quanta belle ed elevate siano -, dovremo alia fine constatare l'i- nefficacia di una religione del genere, perche queste idee comunque non potranno mai trasformare un peccatore in un santo. I misteri della fede non si pos- sono rappresentare con un linguaggio solo umano, con una elaborazione solo nostra, perche tutto quel- lo che nell'uomo riguarda la fede e divinoumano. I danni procurati da questa approccio antropocentrico in cui siamo noi i protagonisti, anche della fede, so- no grandissimi e li vediamo davanti 'ai nostri occhi. Quando per secoli abbiamo ridotto la fede ad una ontologia, dando la precedenza ad un approccio filo- sofico, abbiamo allontanato la fede dalla vita e creato un solco tra le due che poi abbiamo pensato di supe- rare con ilmoralismo. Abbiamo ridotto il contenuto della vita nuova ad un linguaggio asciutto, sterile, astratto, ma siamo rimasti poveri proprio del respiro di Dio, della sua vita, del suo calore, come direbbe il poeta Dragotin Kette. Dopo la filosofia e stata la vol- ta delle scienze, della sociologia, della psicologia ... : sempre con lo stesso approccio di gestire il data della fede a partire da quello che di volta in volta sottoli- neava la tendenza culturale di moda in quel momen- ta. Ma senza rendersi canto che, dando un vestito umano a un contenuto spirituale, posso ottenere an- che l' effetto opposto. 155 ALI. Rupnik II rosso della piaz.za d'oro Non ti seguo p l ~ ... mi aiuti a cap ire nlei.:lio? Mi spiego con un esempio: se dipingo in un mo- do classico i santi, non sto solo "umanizzando" i con- tenuti religiosi, ma sto anche dando un'identita reli- giosa all'uomo, alia donna, a tutto quanta sto dipin- gendo. Ora, finche si tratta di gestire la sfera religiosa, 1' epoca mode rna lo puo anche accettare, ma non puo accettare che tramite questa si voglia dare un'identid religiosa all'uomo. Il linguaggio artistico di stampo classico, rinascimentale, presuppone una mentaliti in questa stile, cioe secondo un radicale antropocentri- smo. L'uomo con la sua ragione e il centro della pro- spettiva, dunque della conoscenza, della visione e della elaborazione. Se dunque io dipingo una scena biblica secondo un linguaggio del genere, rivelo im- plicitamente che 1' epicentro so no io e che in qualche modo il dato religioso e gestito da me. La terza pro- spettiva, come e stato tante volte dimostrato lungo i secoli, fa vedere un mondo sottomesso a me, alla tnia visione, alia mia conoscenza e alla mia gestione. Ora, fino a quando si vede che e solo il mondo religioso ad essere dipinto secondo questa stile, l'uomo mo- derno non ha niente da obiettare. Infatti, si e total- mente sottomesso la religione: o l'ha eliminata dal suo orizzonte, o le ha attribuito uno spazio preciso. Alla ragione e al metoda scientifico ha sottomesso tutta quanta la religione, inclusa la Bibbia. Ma, se io rappresento in questa maniera una sce- na biblica, sto dicendo allo stesso tempo anche un'al- tra cosa. Ho dipinto Mose, i pastori, gli egiziani, Pilato, Cristo, la Vergine Madre, gli apostoli, persino 156 Q1wrto giomo Dio Padre, tutti allo stesso modo. In pratica, ho defi- nito i personaggi, anzi l'uomo come tale. Alcuni hanna voluto con forza rivelare questa aspetto, de- nunciando cio che secondo loro era lo "smaschera- mento" di cio che questa visione portava con se, una visione che l'uomo moderno non sara mai pill pron- to ad accettare. Dire che la verita dell'uomo e reli- giosa, che la religione ci fa vedere l'uomo vera, l'uo- 1110 nei suoi pill autentici valori e infatti ormai im- possibile se non suscitando un' allergia e una reazione ormai aggressive. Ma c' e anche un terzo aspetto. Ormai, non c' e pil1 nessuna differenza tra come si dipinge una scena bibli- ca, una mitologica o la rappresentazione di un salotto borghese. Questa e possibile perche l'uomo con la sua idea e il pun to di vista di tutto, 1' epicentro di tutto. Ma con cio in reald si e gia anm1essa quella inarresta- bile secolarizzazione che si e ormai consumata. Tutto dipende dall'uomo e lui diventa il protagonista indi- scusso, anche se si tratta del mistero della vita, della mm'te, della fede, dei sacramenti, della Bibbia, ecc. Le parole possono essere religiose, le inm1agini nella pit- tura possono raffigurare personaggi della Bibbia, ma il modo e il linguaggio usato ormai non parlano pill re- ligiosamente, rna dicono 1' antropocentrismo. Tutto questa rende chiaro che, quando si tratta della fede, il linguaggio non e indifferente. Non si puo semplicemente prenderlo dalla cultura del man- do e portarlo cosi com' e nel presbiterio. Solo passan- do la morte si entra nella risurrezione in Cristo. Vedi, l'insufficienza di un linguaggio mondano per il di- scOtso spirituale e affermata da Cristo stesso. Nel de- 157 M.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro serto, il demone gli propane di compiere la missione con un linguaggio del mondo e secondo il mondo, proprio per far bene la sua missione. E la tentazione poggia proprio sul fatto che Cristo e Figlio di Dio. Proprio in quanta Figlio di Dio, potrebbe fare secon- do Ia proposta del demonio. Ma Cristo rigetta radi- calmente questa via e, nel colloquia con il Padre, aderisce a una via pasquale, agapica, di trasfigurazione del mondo e dellinguaggio stesso. Anche verso il suo discepolo che cerca di persuaderlo di non parlare del- la passione e di non entrarvi, Cristo reagisce con for- za dandogli del tentatore satanico. Percio, vedi che una sf era "religiosa", intesa in un modo cosi concettualmente e filosoficamente circo- scritto, si e rivelata un vero boomerang. :E diventata vincolante per l'uomo e la sua cultura, e stata perce- pita come un ostacolo al suo sforzo di liberarsi da tutti i limiti. E chiaro all ora perche 1' epoca moderna abbia ingaggiato una battaglia per liberarsi dalla tute- la della religione. Nel suo saggio II nuovo medioevo, Berdjaev dice che nella slancio orgoglioso e fiero di un umanesimo indipendente da un fondamento di tede si nasconde- va gia il suo tragico declino. Un uomo che e in gra- do di ideare e realizzare il proprio mondo non accet- ted lezioni da nessuno e non ammetted la presenza di un mistero cosi assoluto che anche lui ne deve te- ner canto. Un umanesimo del genere si sente padro- ne dell'inizio e della fine della vita dell'uomo. Cosi abbiamo ingaggiato un contlitto con la scien- za e con tutta la razionalita moderna, che ci ha reca- to danni spirituali ancora pitl ingenti. E il modo in 158 Quarto ,giomo cui lo si affronta non sad mai risolto a favore della vita, quella vera, quella che dura. La battaglia etica non e sufficiente. Se oggi la scienza esce dall' orbita morale ed etica, non abbiamo praticamente nessuna possibiliti di un dialogo costruttivo, proprio perche c' e in atto un contlitto e una tensione. Ma il danno principale consiste nel fatto che, da quando le istanze della sfera religiosa sono sentite in contlitto con queUe del nostro tempo, i cristiani non possono anm'tnciare la salvezza a questa mondo della ragione e della scienza. E qui forse c'e bisogno di un atto di umilti e di ammettere che tutti questi secoli di un trionfo apparente della religione, seguito dal suo rapido sgretolarsi, indicano la necessiti urgente di ri- scoprire quella verita e quella bond che sono la bel- lezza della vita a causa della redenzione, e non a causa delle nostre conquiste. Bisogna far emergere l'amore e Ia benevolenza per pater annunciare Cristo. Solo creando un clima di testimonianza e d'amore si puo anche annunciarlo. Ritorniamo ad un punta che ab- biamo gia affrontato: la veriti e l'amore sono inscin- dibili. Come sarebbe oggi urgente e benvenuta per tutti, non solo per i credenti, ma soprattutto per le scienze, una visione organica, agapica e percio libera, non obbligante e costrittiva, che crea quello spazio di Iibera adesione tipica del simbolo! L' antagonismo tra divino e urnano, il cotiflitto tra Jede e le scienze si rispecchiano quindi nell' arte rinascimentale? Vedi, se guardiamo le cose in un modo spirituale, seguendo l'impostazione di Solov'ev, allora il contlit- 159 AJ.I. Rupnik - II rosso della piazza d 'oro to non c'e. Che male c'e se in una realta sene scopre una pitl profonda, piL! spirituale, che affonda nel mi- stero di quella vita che non e pitl soggetta alia mor- te? In questa impostazione e evidente come tra la ra- gione, la scienza e la fede non esista nessun conflitto, ma una compenetrazione. Se tutte queste realta si trovassero libere e non ridotte formalmente ad un predominio della religione, allora avverrebbe cia che sarebbe potuto avvenire se il rinascimento non fosse entrato nel presbiterio e nel palazzo allo stesso tem- po. Se la stessa arte si trova nelle chiese e nei palazzi, allora e facile vedere che abbiamo fatto un grosso er- rore. 0 Dio e gia tutto in tutti, o e piuttosto l'uomo ad essere tutto in tutto. Siccome la prima afferma- zione appartiene all' escatologia, 1' altra rivela un fraintendimento della relazione tra il divino e l'uma- no, perche si tratta di un antagonismo riduttivo, dove Dio non e pili cia che e e l'uomo e un illuso che prima o poi si sveglied nella tragedia della propria identita smarrita. Leggendo a ritroso questi secoli, potremrno dire che il rinascirnento ha preparato l'andamento di oggi. Ho visitato chiese costruite in questi anni che ripetono il modulo rinascimentale. In una zona di fabbriche metallurgiche, la chiesa e costruita nella stesso stile delle fabbriche, lasciando all'interno, a vista, tutti i tubi e le traverse di ferro. E poi, in questa stessa chiesa, si mette dentro la stessa arte che sta nella galleria. Dopo qualche decennia di studio e di lavoro, cre- do di pater dire con una ferma certezza che, come 1' arte della galleria ha un suo codice, cosi ce l'ha an- che l'arte sacra. L'arte della galleria si e elaborata lun- 160 Quarto giomo go i secoli secondo un tacito codice, a volte proble- matico, in quanto intrecciato alla moda, al giornali- smo, alia critica, al mercato, all' economia ... Ma e ugualmente vero che anche l'arte liturgica ha un suo statuto stabilito dall' estetica del sacramento, dall' am o- re di Dio, rivelato storicamente come una reald trini- taria e realizzato in Cristo, per mezzo della Spirito, nella Chiesa come Corpo di Cristo, reald divinou- mana, Corpo storico ed escatologico. Sono sempre pitt convinto che, se qualcuno non si degna di chia- mare questa arte "arte", non irnporta. L'importante e che possa esistere per aiutare la liturgia in questa suo compito di far partecipare alla comunione con Dio, di 1r vivere la conversione e l' esperienza della salvez- za. Poi magari la stessa persona che oggi la snobba, nel momenta pitl delicato ed esistenziale della vita si trovera a pregare davanti ad una sacra immagine e si accorged quale missione incomparabile aveva l'arte nella liturgia e come non toglieva niente agli altri tipi di arte, ma costituiva il fondamento delloro sensa. Non bisogna aver paura di essere selettivi, come se si venisse meno ad una conquista dell' epoca mo- derna secondo la quale tutti possono tutto, come se ogni arte ed ogni artista potessero lavorare nel pre- sbiterio. Purtroppo proprio qui abbiamo abbassato la guardia gia molti secoli fa, e con cia non abbiamo fatto un grande favore ne all' arte, ne all' arte sacra. Infatti, introducendo in chiesa un'arte che non cor- risponde ai criteri dell' arte sacra, abbiamo livellato tutta l'arte, abbiamo perso la bussola e siamo arrivati cosi lontano che, come abbiamo visto, oggi per de- 161 !VI. I. Rupnik II rosso della piazza d'oro scrivere l'arte non si puo pitl neanche usare la "bellezza", tanto meno "verita". Bisogna guardare all'arte che entra nella spazio turgico con una logica simile a quella del A causa dell' eucarestia, dove io gusto 1' am ore di non comincio di conseguenza a disprezzare il grana il pane. Al contrario, ne vedo il vero sensa. Allo so modo e anche con l'arte: affermando un'arte con un suo proprio statuto, tracciando dei criteri circoscriverla a partire dalla teologia e dalla non si toglie niente a tutto il resto della c umana. Anzi, le si dischiude un significato piu fonda. Come 1' ostia irradia una luce benedicente solo sui grana e sui pane, ma anche su tutti c che vi hanna partecipato con illoro lavoro, cosi dal- l'arte sacra arriva una umile e silenziosa benedizione non solo su ogni espressione artistica e su ogni sua creativiti, ma anche su tutti gli artisti, dovunque la- vorano, cercano e creano. Non si tratta di confini o di recinti, ma di servizio, del ministero "sacerdotaie" della vocazione spirituale universale dell'arte. Abbiamo azzerato il passaggio tra il presbiterio e il palazzo in un modo sbagliato. Se questa non fosse successo, si vedrebbe meglio come la liturgia offre in modo libero il. significato sacramentale del mondo, rende salida la ricerca dell'uomo, perche fa cogiiere la vera esistenza di tutto cio che si crea, si studia, si pro- duce nell'ottica dell'aidila. Ed e dall'aidila chela litur- gia illumina lo sforzo dell'uomo. Un approccio au- tenticamente simbolico secondo la piti grande tradi- zione cristiana e una libera illuminazione della Spi- rito che non limita, non esclude, ma include, tesse 162 Quarto xiorno insieme. Tutto cio che si puo dire sui grana, sui pane e sui Iavoro che accompagnano ii percorso fino alia pagnotta sfornata, .e illun1inat?, e fondato dall' edificio eccles1ale, dove s1 celebra 1l sacramento del pane. E chiaro invece che nasce una tensione se, sui percorso che va dalla semina del grana, alia rac- colta, alla tnietitura e allavoro nel panificio mettiamo delle norme esplicitamente religiose per regolare illa- voro, magari espresse con linguaggio concettualmen- te preciso, con la pretesa di una valenza ,universale e assoluta secondo la razionalita umana. E ovvio che l'uorno rnoderno, stufo del potere religioso, si ribella. Ma il problema principale di questa modo di fare e il danno arrecato alla fede e all'uomo che non riesce a trovare il modo di trasformare la vita che riceve dal mondo in vita in Dio, in comunione. E invece e proprio intrinseco alia fede dischiude- re ilmistero in modo che ogni uomo possa vedere la luce che illumina il lavoro della semina, della mieti- tura, nel panificio e alla mensa. Quando si confon- dono le cose, non aiutiamo i cristiani a tornare dalla liturgia e a vivere "segnati" dal sacramento, diventan- do loro stessi quello spazio di luce e di trasfigurazio- ne che e la liturgia ... Solo questa unid di liturgia ce- lebrata e liturgia vissuta, che abolisce la separazione tra il culto e la liturgia dei nostri carpi nella quoti- dianid, permette alla liturgia eterna di penetrare il nostro mondo e di farlo entrare nel giorno senza tra- monto della vita. II dramma del rinascimento storico, se volessimo sintetizzare, sta proprio nell' aver esaurito in se la vi- sione della perfezione. E questa visione e penetrata 163 1\!I.I. Rttpnik II rosso della piazza d'oro anche nella chiesa, cioe nella spazio in cui dovre essere leggibile che il mondo attende il e la perfezione della Pasqua di Cristo di cui qui, nella spazio liturgico, possiamo fare e Purtroppo questa e accaduto perche prima c' era ta una ideologizzazione religiosa della vita zante. Cosi e cominciata una reazione a pendolo. Si farebbe realmente un grande favore all'uomo alla fede, alla sua salvezza, se si lasciasse il to fuori dal presbiterio. Se il rinascimento fosse canto dell'uomo che si esprime, che si mette prova, che si lancia nella sua grandezza per tutte le risorse umane, allora farebbe parte di cia e il vera simbolo: sarebbe interiormente aperto Fonte della vita, alla Luce, all'intelligenza agapica, mistero dell' am ore di Dio. E ogni uomo te a qualsiasi strata sociale o culturale, in qualsiasi si- tuazione personale, potrebbe trovare in questa un sapore che riconoscerebbe come familiare. canto del genere lascerebbe ancora uno spazio percorrere prima di arrivare al luogo della liturgia, dove troveremmo un'arte intessuta pil! unc,uJLll. ""LucJ.J- te e integralmente con la celebrazione, costituita sul- l'amore divino dell'intero area pasquale. E proprio nella spazio lasciato da percorrere, dunque da com- piere ancora, sarebbe visibile la grandezza del rina- scimento, perche si dimostrerebbe ancora aperto al suo compimento. 164 Quinto giorno: 1' orizzonte escatologico della creativita
crtsttana Jeri abbianw ~ f i o r t o la questione della creativita unzana che riceve luce e senso dalla liturgia. Ma che cosa si intende per creativita utnana? Si pucl - come per l'arte sacra tracciare qualche orizzonte, qualche criterio anche per una creativita cristiana in generale? Quando parliamo di creativita, e qualcosa che ha a che fare con la qualiti della vita, che la migliora. E gia qui sorge una domanda a cui non e cosi scontato rispondere: come si puo migliorare la qualita della vita? Se vogliamo essere creativi, possiamo esserlo solo partecipando alla creazione divina - gia le paro- le creazione-creativita dicono che c' e una parentela. La creativid vera e allora quella che ci fa partecipare alla creazione divina. La creazione umana, cioe, e ta- le solo se partecipa all' opera del Creatore. Ma come crea il Creatore? Dio Padre crea con- templando il Figlio, quindi per mezzo del Figlio e in vista del Figlio: mentre crea, gia contempla l'incar- 165 iH.I. Rupnik Il rosso della piazza d'oro nazione. Adamo e un bambino che doveva cresc fino alla statura di Cristo, dicevano i Padri. B dice addirittura che, di tutti gli esseri della creazio l'uomo e l'unico che non sia gia fatto, ma che nuamente deve nascere con il suo assenso a questa gliolanza che porta in se. Di tutte le creature 1' e l'unica che sia "proposta", perche Dio non "Sia l'uomo!", ma "Facciamo l'uomo", una nrr,nr._ sta, appunto. In questa creazione dell'uomo, il gia contempla l'umanizzazione, l'incarnazione suo Figlio. Ma, con il peccato, questa incarnazione, cioe 1' manizzazione del Figlio di Dio, avri un ris drammatico. Infatti l'incarnazione del Figlio sari per l'umaniti ormai la redenzione. Cosi che la ri ne definitiva di Dio coincided con la redenzio dell'umaniti, quando Dio libera l'uomo dal suo stato di peccato e di morte, che si manifesta proprio in una volonta ostile all'incontro, alla comunione, che gli impedisce di partecipare creativamente - con questa creativiti divina al suo stesso farsi. Percia possiamo dire che il culmine della creazio- ne di Dio e la redenzione. Ma questa significa, allo stesso tempo, che dopo la redenzione di Cristo no1 non possiamo pitt parlare semplicemente della prima creazione, ma del suo ulteriore st.;1dio, cioe la reden- zione: e qui che si manifesta non solo la verita della creazione come e uscita dalle mani di Dio, ma anche tutta la sapienza spirituale che l'uomo ha imparato questa storia segnata dal male e dalla misericordia Dio. Mi stai seguendo? Allora e chiaro che essere creativi significa che cia che stiamo realizzando par- 166 Quinto giomo tecipa in qualche modo al processo di incarnazione della Parola, all'umanizzazione di Dio e alla diviniz- zazione dell'uomo, cioe alla sua redenzione. Non ba- sta partire solo dalla creaturalita, perche la creazione e stata ferita mortalmente dal peccato, incluso l'uomo. Ma da morti si fanno opere morte. Basta uno sguardo veloce a tutto cia che la creativita umana realizza per vedere che ci sono tante cose - prendi, ad esempio, la tecnica - che poi si rivoltano contra l'uomo. E, nel- l' arte, quanta creativita solo per esprimere proprio quella dimensione passionale, carnale, tragica, che ci rinchiude nel nostro destino di morte! In tutta questa abbondanza, quanta e difficile trovare un'opera che ti sollevi, che ti dia respiro, ti apra gli orizzonti, ti ac- cenda la Speranza! Ma e chiaro: non e possibile fare opere che testimoniano un miglioramento della qua- lid della vita, se chi le realizza e morto. Percia, vedi, non e possibile creme niente a cui si possa realmente attribuire il nome di "creazione" che non sia una ri- velazione della redenzione dell'uomo. Una vera ope- ra creativa e solo quella che partecipa alla salvezza. La creativiti e percia 1' opera dell'uomo redento, salvato. Detto in sintesi: Ia creativita umana e verantente creati- vita se partecipa alia redenzione dell'uonw e del creato ope- rata da Cristo. Se una creativita non prende sui serio if peccato e Ia redenzione, sara una creativita ideale o illuso- ria ... Bulgakov, osservando proprio Ia pittura di Vrubel', ci riconosceva l'intuizione che sottostare ad un mondo soMet- to al male uccide l'artista e manifesta una vera e propria 167 i\LI. Rupnik- II rosso della piazza d'oro indigenza, un vuoto, che si maschera con le piume di pavone ... Il problema e che quando ci siamo concentrati l'umano soltanto, senza pitl vedere che il co dell'umano e il divinoumano, che la misura dell' nita non e l'uomo chiuso in se stesso, ci siamo . gionati in una dinamica tra l'ideale e la realizzazio dell'ideale. Se non c'e piu il Dio-uomo come della mia realizzazione alla quale giungo perche mi donato di partecipare alla sua vita, io mi figuro alla mia immanenza dei traguardi per auto-.. ' ' ' u ~ l mi. Fino a quando nel rinascimento soffia ancora vento spirituale della fede, fino a quando si la memoria di una tradizione cristiana, la creativita ar- tistica ha ancora delle aperture verso Dio. Questa si vede almena nella scelta dei soggetti tematici, nell' og- getto della narrazione, che rimane ancora un conte- nuto della fede: abbiamo ancora nativiti, madonne con bambino, san giovannini, maddalene, santi che pregano ... , ma gia il modo di realizzarli scivola nella perfezione formale, e con questa il linguaggio usato esprime sempre di pitl qualcosa di diverso dal nucleo interiore di cio che raffigura: non c' e pil1la relazione, che era il punta di forza espresso dalle immagini dei secoli precedenti, ma e l'uomo il protagonista. E. lui 1' epicentro che ha pensato idealmente la scena e poi e stato in grado di realizzarla pittoricamente nella perfe- zione delle forme e dei colori. La sua visione e la ma- niera in cui la realizza sono cosi don1inate da lui che il contenuto di fede intrinseco al soggetto che rappre- senta non ha piu lo spazio per esprimersi, dal mo- 168 Qui11to giomo rnento che un linguaggio che vuole esprimere la fede dovrebbe essere un linguaggio che contiene lo spazio per l'azione di Dio, per la sua visione, come abbiamo gia vista. Quando poi si perde una visione di fede, la creati- vita non ha piu sbocchi in una dimensione spirituale e si rinchiude all'interno dell'uomo. Allora il conte- nuto dell'opera si adegua a questa linguaggio formal- mente perfetto, individuando nuovi soggetti. Pian piano si abbandonano i temi della fede, sempre meno interessanti e conformi a questa codice autoreferen- ziale, e si adottano soggetti che provengono dal man- do pre-cristiano o dall'immaginazione dell'artista. Cosi, ad un linguaggio soggettivo cominciano a cor- rispondere dei contenuti per i quali non e necessaria l'accoglienza dell' Altro nella sua oggettiviti e liberta, ma possono essere completamente elaborati e gestiti dall'artista. Non credi che questa sia la parabola della cultura degli ultimi secoli tout-court, e non solo del- l' arte? Ma l'umano, da solo, non puo attingere alla vita infinita, Iibera dalla morte. All01a, per evitare di pen- sare alla catastrofe della fine che ci aspetta, si preme fortemente sull'ideale. Si pensa di sfuggire al limite della creaturaliti se si gonfiano le nostre possibiliti. Queste possibilita ci sembrano infinite, ma intrinse- camente c'e un inganno, perche l'umaniti none infi- nita, la sua intelligenza non e sconfinata, non puo produrre la vita. E siccome non attinge al contenuto della vita, dell' am ore, Ia sua creativiti puo pure spro- nare la fantasia, l'immaginazione, il desiderio, l'illu- sione ed esprimersi in un'enorme possibiliti di solu- 169 lvi. I. t ~ p n i k - II rosso della piaz.za d 'oro zioni formali, che tuttavia solo essere vivi e coprono il vuoto. Proprio come le me di pavone di Vrubel' che menzionavi ... Ma q soluzioni formali si esauriscono nella noia e alla vengono sperimentate anche come alienaz{one. E si nasce una ribellione al formalismo ideale. E dalla fine del XIX secolo in poi, soprattutto nel secolo, c' e stata un' esplosione di contestazioni al malismo e ogni artista ha proposto una forma diatamente riconducibile al suo stato interiore, quale si riconosce e riesce ad esprimersi. Ma anche questo non puo mai esprimere la ricchezza della per- sona, perche la ricchezza della persona si comunica nella relazione, non nelle forme illusorie. Attraverso le relazioni passa il contenuto della vita, della sapien- za, perche li si trasmette l'amore. Invece, nella crea- zione di forme pensate idealmente, non passa altro che l'uomo psichico. La relazione e qualcosa di dina- mica, che si esprime e agisce in modo simbolico, mentre la forma agisce da sola. La ricerca di una for- ma unica e rara, assolutamente individuale, riducibile al soggetto, porta alia fine all'incomunicabilita. Infatti, una forma completamente soggettiva, un linguaggio tutto tuo, nessuno lo puo leggere. Cosi, al posto"di una creativit't che innalza la qua- lid della vita, ci ritroviamo con una produzione che esprime il grave disagio dell'uomo sganciato dalla sua fonte. E, quando l'artista si stacca dalla fonte, gli ri- mangono solo due possibilita: o la sua arte denuncia il male, la tragedia, l'incapacit:l di rovesciare Ia situazio- ne, oppure cade in un grande idealismo, in un'ideolo- gia che pretende di cambiare la realta. Ma ne la prima 170 Qt1into giorno possibilid ne l'altra corrispondono al vero processo della creativid. Si capisce immediatamente che non e sufficiente denunciare il disastro, e neanche lanciare l'uomo nell'illusione di un ideale che non rompe la sua solitudine, per unirlo a cio che veramente gli fa gus tare la vita ... Quindi Ber4faev ha mgione a dire che l'uonw, nella sua esistenza terrena, lilnitata e relativa, pud creare cose belle e preziose solo quando ere de in un 'altra esistenza, il- limitata, assoluta e irnmortale ... Infatti, una bellezza e una perfezione che non sia- no un ideale fasullo, rna una meta reale, anche se al di fuori della portata dell'uomo, possono essere soltanto qualcosa che e al di la della morte e della corruzione. Fino a quando tutto cioche elaboriamo, per quanto petfezionato possa essere e continuamente in un pro- cesso di perfezionamento, e ancora soggetto alla mor- te, non e realmente "bello", non e di una qualita su- periore. La bellezza non puo avere scadenza, non puo essere "per un certo tempo". Una cosa e bella perche in lei traluce qualcosa che rimane. Lo abbiamo gia detto, no?, che le cose si vedono belle perche sono impregnate di vero e di bene, e il vero e il bene sono tali proprio perche non tramontano. Percio in qualche modo e realmente creativa solo la Chiesa, perche nel battesimo riesce a trapiantarti dalla vita destinata alia morte nella vita nuova, nel Corpo di Cristo. L'uomo come tale non e capace di nessuna creativid, perche e soggetto alla corruzione. 171 i'vl.I. Rupnik II rosso della piaz.za d 'oro A questo punto perd qualmno potrebhe capire cite mi che nessun artista jiwri della Chiesa sia capace di 1111'opera d'arte uera ... Non ho detto questa. Non si tratta di giudicare cultura secondo un criterium canonum, che facilme scade in scenografie d'apparato. Un'arte pua a interi codici, concerti religiosi, immagini sacre, dire di conoscere Cristo, ma non e detto che nella sfera di un'arte viva e vivificante. E ci pua anche un'arte fi.wri dalla Chiesa segnata dallo e da Cristo perche capace di accoglienza, di ri scimento dell' altro ... Non si pua pensare che i co visibili della Chiesa esauriscano la sua forza e la azione. I confini dell'umanita che partecipa di sono pi6 ampi di quello che possiamo vedere. come ricordava Giovanni Paolo II, lo Spirito vive in ogni persona e nessuno conosce le vie more che lo Spirito percorre e in cui ciascuno accogliere la sua azione. Cia che si sa e che, se ha avuto un'accoglienza all'azione della Spirito, comunque cambiato. Il cambiamento si nota dal fatto che rimane una persona aperta, che la ca e ormai una sua nota costante e che gli approcci le difese ideologiche sono definitivamente caduti. Per questa e importante capire da dove il contenuto dell'arte e, di conseguenza, da dove tingiamo la forma. U n cristiano sa che 1' orizzo teologico della sua creativita e nell' escatologia e, seguentemente, nei sacramenti, dal momenta che sacramenti sono il centro stesso della comprensione dell' esperienza escatologica della Chiesa. Nella gia noi partecipiamo alla potenza creatrice della 172 Qui11togiomo del Signore, per cui e proprio li che sperimentiamo la capacid di creare secondo una qualita nuova, non co- me idealismo, ma come un reale passaggio alla salvez- za. E la liturgia la vera per usare una parola ca- ra a Solov'ev, che poi rende noi stessi teurghi, capaci di realizzare questa principia della vita divina nell' es- sere stesso della natura. La parola della liturgia parteci- pa della potenza della Parola che Dio ha pronunciato all'inizio dei tempi e con la quale ha fatto esistere le cose: il pane e il vino si trasformano nel Corpo e Sangue di Cristo, un peccatore ritorna integra come prima del peccato, la malattia, la sofferenza, l'amore umano diventano un'ascensione alla vita nuova del re- gno. Nel sacramento contemplo l'umiliazione di Dio che si identifica con Adamo smarrito nel peccato e nella morte e liberamente aderisco alla mia identifica- zione con Cristo morto e risorto. C' e questa doppio movimento: da un lato la kenosis, la discesa del Figlio di Dio, e dall'altro lato la nostra ascesa al Padre in Lui. Quando Cristo dice "io sono la via", sta parlando proprio della via che Dio ha percorso dopo il peccato e che diventa la nostra via del ritorno al Padre. II sa- cramento esprime cosi che noi, solo in quanta raa- giunti da Dio, partecipiamo alla risalita di Cristo :1 Padre. Per questa nel sacramento il mondo diventa trasparente, non piLI reso opaco dalla nostra possessio- ne, e di nuovo un mezzo di comunione con Dio. E un'utopia pensare che l'uomo possa fare della propria vita una vita nuova, migliore, semplicemente correggendo questa vita creaturale e ferita dal pecca- to. Questa vita porta in se il pungiglione della mor- te ... Tutto cia che facciamo per migliorare questa 173 AI. I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro stato finisce in un'amara illusione, esprimendo plicemente il veleno del pungiglione. Con il battesimo noi siamo stati risuscitati morti. E di una potenza evocativa straordinaria spressione di san Paolo secondo la quale siamo ' tornati dai morti"! Malgrado tutto lo sforzo per dalla nostra condizione mortale sulla base dei sforzi, ci voleva un intervento radicale. Non bastava sforzo di cambiare, di correggere qualcosa della vita, ma ci voleva proprio la partecipazione alia nuova che da soli non potevamo darci! Bisognava traversare il destino di quella vita ferita c10e la morte e ritrovarci con una vita dopo la morte, cioe la vita da risorti. Qui si rende evidente quanta sia illusoria una tivid artistica che semplicemente abbellisce questa creaturale, idealizza le forme, rendendo il conforme all'idea di miglioramento. Non si dunque di sognare di pater creare dal nulla qualcosa migliore di quello che gia esiste - perche solo crea dal nulla -, ne di correggere lo stato creaturale tanto da pater evitare la morte. Si tratta piuttosto di vivere la creaturaliti fino in fonda accogliendo in il Figlio che il Padre ci manda incontro. In questa modo si entra nella morte, ma con Cristo, in Lui. questo determina la differenza radicale tra cio che sia- mo fuori di Cristo e cio che siamo trovandoci in Lui. Non si tratta di creare una sorta di sovra-natura del creato, di un superuomo. E proprio la stessa realti creaturale che, trovandosi in Cristo, come nel sacra- mento, passa dal corruttibile all'incorruttibile. Miglio- rare la qualiti della vita non significa pensarla in modo pitl ideale. Cosi non cambia la situazione, ma 174 Quinto giomo solo abbiamo l'illusione di un miglioramento. L'unico innalzamento reale, non solo pensato o desiderata, av- viene quando una realti entra in Cristo, dove non e annullata e sostituita, ma trasfigurata. L'ambito in cui accade tutto questa e l'amore del Padre. Nel secondo capitola della Lettera agli Efesini e scritto che il Padre, "per il grande anwre con cui ci ha amati, da morti che erauamo per i peccati, ci ha fatti riuiuere in Cristo". Siamo rinati e ci siamo ritrovati con una vita in Cristo, non pil! da soli! Noi, di per se merite- voli di condanna, eravamo morti, ma ci siamo risve- gliati ad una vita nuova, non pil! da soli, ma con Cristo, il Figlio del Padre. Ci siamo trovati con Cristo e in Cristo. E siccome siamo in Cristo, siamo dove si trova Lui, nei cieli. Dio ci ha fatti sedere "nei cieli in Cristo", continua infatti la Lettera agli Efesini. Non solo siamo stati salvati, ma facciamo parte del Figlio, al quale e affidato il giudizio della storia. Prendi l'im- magine del Pantocratore, il Signore di tutto che tutto abbraccia, che tutto mantiene nell' esistenza e tutto ri- capitola in se, attirando la terra al cielo: non esprime esattamente questa realti? Lui e il "Signore dei vivi e dei morti". Questo non significa pero che l'immagine del Pantocratore sia l'icona di un "imperialismo spiri- tuale". Cristo e onnipotente perche e tutto rivolto al Padre, e un sacrificio di obbedienza al Padre, a causa dell'amore filiale al Padre che lo porta fino alla Pasqua, e che pertanto e sulla terra l'immagine della sua vittoria sul mondo e della sua investitura regale su di esso, come attesta anche la scritta che sulla croce fece mettere Ponzio Pilato. Ma questa investitura re- gale non riguarda ora solo il regno che il Padre da al Figlio Unigenito nella santissima Triniti, ma il regno 175 M.I. Rttpnik- II rosso della piazza d'oro del Dio-Uomo, che ha unito il cielo e Ia terra. E regno che e gia iniziato con Ia sua risurrezione, deve ancora essere posto in atto, tanto che questo gno di Cristo nel mondo ha il modo della kenosi, sta "non di questa mondo" fino a! suo ritorno alia ne dei tempi, quando questa regno si manifested che nel mondo, perche il dito della mano di Dio ched ogni cosa e Ia fad coincidere con Ia sua gine vera cost come e nel regno. Ma noi siamo gia in questo regno, perche membra di Cristo. La patria del Cristiano e 11 dove e Figlio e noi siamo gia nei cieli con Lui. Egli e che ci a pre all' escatologia, percio in Lui ci s gia nei cieli. Quando ci riconosciamo in Cristo, ve- di<uno la nostra umanid gia risuscitata, resa gloriosa, perche glorifica il Padre. A noi non spetta altro che mostrare la ricchezza di questa grazia, cioe lasciar tra- sparire la grazia che ci e stata donata di poter vivere questa anticipazione dell' eschaton. In questa visione paolina si colloca la creativita artistica dei cristiani, la loro attivid evangelizzatrice nel mondo, e anche illo- ro personale divenire spirituale. Non dobbiamo sem- pre 1re qualcosa, creare qualcosa, ma semplicemente far vedere che cosa e successo con noi, essere testimo- ni di "queste case", come dice il Vangelo, del dono dell'anticipo del regno che ci ha raggiunti. E da 11, dove e la nostra patria, dove sono le nostre radici, che noi viviarno, guardiamo aile case del mondo, ci for- miamo una visione, prendiamo il contenuto e anche Ia sobried della forma per rendere visibile cio che e stata I' opera della grazia, I' opera della salvezza - cioe 176 Q11into giorno quanta il Padre ha fatto per noi per mezzo di suo ~ ~ . . . La creativiti cristiana e una teofama, una nvelazw- ne dell'intervento salvifico del nostro Signore. Il re- no non e solo qualcosa di promesso, ma qualcosa che g ossiamo gustare gia ora, di modo che in tutta Ia no- p b t I stra vita noi dob iamo portare testm10manza, mar yna, non solo della nostra fede, ma del nostro possesso di cia in cui crediamo. Per noi cristiani quindi il punta di partenza e necessariamente Ia dimensione escatolo- gica, perche I' esperienza della "pace e gioia" del regno e Ia verifica che parliamo da redenti. Solo l'uomo re- dento ha accesso all' eschaton, e solo lui pertanto puo vivere Ia creativiti, che significa attingere "di Ia", nel mondo futuro, per rivelare "di qua", nell'hic et nunc. Si prende H dove le cose sono :iste in ~ r i ~ t o nel loro stato definitivo, compiuto, e s1 cerca d1 nvelarle qua, nella storia. Quando e cost, in qualche modo l'arte sa- cra partecipa gia del mondo futuro. La sua vocazione e di far vedere le cose come si vedono in Cristo, e non con il nostro occhio appesantito dall'opacid del peccato. Ora capisco perche Solou'ev da come diftnizione dell'o- pera d' arte proprio questa: ogni rappresentazione sensi- bile di qualsiasi oggetto o fenomeno dal punta di vi- sta del suo stato definitivo, ossia alia luce del mondo futuro. A questo punta, pero, non solo Ia creativita cristia- na, non solo l' arte strettamente liturgica, rna anche 1' arte in generale ha questo compito di essere una profezia del morufo futuro! 177 lvi.I. R11pnik- II rosso della piazza d 'oro Proprio per questo Solov'ev dice che la uuJ.I.../.n dell'arte e superiore alla bellezza della natura. il peccato, noi non siamo piu in grado di vedere creato cosi come e uscito dalle mani del Con 1' arte andiamo invece ad attingere alla ne. Il compito dell'arte non e quindi imitare la lezza della natura, ma rivelare una bellezza supe a quella del creato, una "pregustazione del c Non si tratta di riprodurre le forme viste nella ra, e neanche di abbellirle, ma di far vedere come e creato quando e liberato dalla corruzione del to, dunque quando e redento. Ora, tutto ques comporta una dinamica, di cui l'arte deve tener to,. tra la redenzione del creato e quella di colui lo guarda. Il fatto che 1' arte attinga ma riveli qui in questo mondo quello che ha significa che deve far vedere cia che 1' occhio malmente non vede, perche dopo il peccato tutte cose sono diventate opache per noi, tutti i nessi sono nascosti. Noi cristiani guardiamo le cose dalla fine, meta, dal traguardo, dal futuro in qua. Il nostro zio sui fenomeni del mondo e dal punto di vista fine della storia e percio non conta piu di tanto q lo che l'occhio vede in questo momento. Tutto che e "di qua" e in uno stadio transitorio e, . la sua maturazione verso la pienezza e qualcosa di rituale, non ne e data la piena evidenza. Nella prensione del vero valore dei fenomeni siamo ancora soggetti all'inganno, all'illusione, all'' di vedere tutte le forze che vi so no all' opera, presi gli angeli attraverso l'ispirazione e la """.c''"'ll 178 Quinto giorno come pure le forze oscure ... Questo allarga, per cosi dire, i confini dei fenomeni e delle !oro possibilita e li rende ancora pitl indeterminati e inaccessibili alia comprensione dell'uomo, se per questo non meno reali ... Nell' eschaton invece non ci sono pitl in- ganni, perche tutto sara svelato e la realta avril rag- giunto il suo stato definitivo. L' eschaton infatti non va in nessun modo frainteso con l'ideale. Proprio come il sacramento non e 1' ideale, cosi 1' eschaton rivela le reald come sono defenitivamente in Cristo. n compito dell'arte non e ne di farci desiderare qualche co sa "di qua", ne di farci sognare un ideale "aldiLi". In un certo senso proprio questo e illimite del barocco. Non per niente ci sono dei critici che l'hanno paragonato alia televisione: entri in una chiesa barocca e vedi come tutto si muove - le co- lonne, gli arc hi, le nuvole, gli angeli ... fino al cielo. Ma, se salgo su, sbatto la testa nel sofiitto. E un' allu- sione che si trasforma in un'illusione! Quando la mia intelligenza elabora una sorta di metafisica, un "mon- do spirituale" in nome del quale cerco di elaborare una forma piu perfetta di quella che trovo nel creato, e molto facile scivolare dalla vita e trasferirsi nell'a- strazione. Desidero una cosa che e fuori dalla vita ' che non esiste, che non e vivibile, anche se poi, pre- sentandosi come un modello, mi sproned a realiz- zarla con tutti i volontarismi di cui sono capace. Nell'eucarestia, invece, io attingo realmente all'e- scatologia, perc he 1' eucarestia e un viaggio nel re- gno, come ha fatto vedere Schmemann con tanta evidenza. Tutta la liturgia eucaristica e articolata co- me un cammino e un movimento, una processione 179 i\1.1. R11pnik Ilrosso della piazza d'oro della Chiesa nella dimensione del regno, il suo gresso sacramentale nella vita del Cristo risorto. gusto la vita eterna, la vivo come una partecipazio reale e, con questo gusto, torno a vivere il '-"luuuut che ho ancora da completare qui sulla terra. A quindi alia vita, al Cristo glorioso, alla comunione tutti quelli che sono in Cristo, e anche al cosmo sfigurato - il pane e il vino della nostra offerta sono diventati il Corpo e il Sangue di Cristo sono stati assunti e accettati nel regno, dove Cristo realmente la vita di tutto. Dobbiamo ascendere cielo, in Cristo, per vedere e capire la creazione suo vero essere come glorificazione di Dio, come sposta all'amore di Dio. E solo allora noi e il diventiamo cia che Dio vuole che siamo: 1L11Ullllc;u to di grazie, eucaristia. ll senso del creato e la comunione con Dio, e qui lo vedo e ne partecipo. quando l'arte riesce a far vedere il creato o la come comunione con Dio, e un' arte che partecipa rnistero del sacramento. E importante capire bene di che si tratta. Spero riuscire a spiegarmi. I1 punto di vista esca non significa l'allusione a un altro mondo, come barocco, ma 1a capacita di vedere questo mo questa vita, vissuta in un modo definitivo, to, dove la comunione con Dio non si spezza piu, di parteciparvi. Quello che rappresenta la liturgia accade realmente e la liturgia e il nostro IJd''""""'l nel tempo nuovo donato a noi dall'incarnazione Cristo, dalla sua morte, dalla sua risurrezione . ascensione. Ecco perche l'arte culmina nell'arte turgica, perche esprime il mondo secondo la li 180 Quinto giorno E questa arte secondo la liturgia evita le illusioni, an- che l'illusione dello spazio, della terza dimensione, favorisce una visione spirituale della realti .. Come si esprime juan Plazaola, I' arte cristiana denun- cia /'errore della vista sensibile e si attiene ad una flisione potente e prq{imda, qffennando una prospettiua gerar- che attraf!ersa le frontiere dello spazio rea/e. A partire questo punto di flista escatologico, sembra chiaro irifatti per l'arte cristiana cambia anche Ia percezione dello e del tempo. Timto che - come possiamo osserf!are, esempio, negli antichi mosaici rornani - pian piano si IW l'illusione dello spazio tridimensionale e lo si isce con uno sfimdo rmitario - lo sfimdo del cielo o, - - u tardi, lo d'oro. Andre Grabar dice che questo di scartare il peso, if f!olume, Ia terza dimensione, tale, aiuta lo spettatore a staccarsi dal sensibile e a rm 'altra flisione. Sembrerebbe, dunq ue, che Ia terza 'one non f!ada troppo d 'accordo con l 'orizzonte esca- La terza dimensione ... si, e qualcosa di problemati- dal punto di vista della liturgia. Favorisce una vi- umana, una visione dal punto di vista dello quindi da "qua" a "la''. La liturgia, invece, un rovesciamento forte della prospettiva: se la cele- v'"-". JUl. eucaristica e queStO Viaggio nella dimensio- del regno, non e Cristo che siede alla nostra men- rna siamo noi ad essere resi suoi commensali. La li- . ci coinvolge nel Cristo glorioso, e la sua pro- diventa la nostra. E siccome Cristo e Dio-uo- e unito a noi e allo stesso tempo uno con il 181 i\1. I. Rupnik II rosso della piazza d'oro Padre, non c'e pi6 solo la prospettiva umana o solo prospettiva divina, e neppure un annullamento prospettiva. Non esiste solo la visione da "la" a "q o da "qua" a "la", e neanche la semplice naliti, rna noi in Cristo siamo in un passaggio - pasqua - incessante da qua a la e torniamo con sguardo di la a qua. Il nostro tempo diventa poroso 1' escatologia, al regno. Ogni dicotomia e superata la prospettiva comunionale, cioe dal nostro c mento nella comunione trinitaria. E questo e anc uno dei criteri pi6 autentici per un'arte adatta all'am bito liturgico-sacramentale. Nellinguaggio artistico, si favorisce questa ne scartando la terza dimensione, per sottolineare che le dimensioni storiche, segnate dalla frag creaturale e dalla peccaminositi, sono assorbite stato definitivo di vita. Se noi elaboriamo un oggetto secondo la terza dimensione, e capace di assorbire tutta la nostra attenzione e di inchiodarci nell'"al- diqua". Se invece gli oggetti di questa mondo so no elaborati in modo definitivo, perfetto, ci rimane solo la prospettiva da "la" a "qua", ma ci manca il passag- gio. Ma questo dualismo e proprio quanto il cristia- nesimo ha superato. Per la fede, i due mondi sono uniti in Cristo, secondo l'immagine che ci offre il quarto capitola dell' Apocalisse, dove il cielo ha or- mai la porta aperta, o il nono capitola della Lettera agli Ebrei, dove Cristo ha unito i due santuari. Siccome, grazie al battesimo, io sono incorporato in Cristo, in Lui ho 1' accesso reale al santuario del cielo alia presenza del Padre. E la via e Lui, perche io arri- 182 Quinto giomo vo li, a coincidere come Dio mi vede dall' eterniti, nella rnisura in cui, nello Spirito, mi conformo all'u- manita di Cristo, che e anche la mia, rna bella, lumi- nosa, trasfigurata. Il Figlio e la porta e lo Spirito Santo e il portinaio, dice Agostino. Il passaggio e aperto per sempre in Cristo, nella sua umanita, e questa ascensione-discesa e proprio la liturgia che si vive nel Corpo di Cristo. Qualche volta abbiamo citato san Paolo, secondo il quale tutto e stato creato in vista di Cristo. Dopo il peccato, noi non siamo pitt in grado di vedere le co- se in vista di Cristo, rna le vediamo o in vista di noi 0 in vista di qualche idea. Percio solo dalla redenzio- ne si apre lo sguardo giusto sulla creazione. Quando trovo le cose in Cristo nella loro vita definitiva, le trovo libere dalla corruzione, non pi6 soggette al peccato e le vedo in perfetta comunione tra di loro. Se invece tutto parte dal mio punto di vista, non rie- sco a tenere le cose insieme. Le affermo unilateral- mente e nasce sempre un conflitto. La prospettiva da "qua" a "la" sara sempre ingombrante, perche il pro- tagonista e sempre l'uomo, anche se in nome di qualcosa di religioso. Se uno Iegge i testi degli at/tori rinascitnentali, ad esem- pio gli scritti artistici di Leonardo, si accotge infatti che ttttto consiste nell'osservare Ia natura, le dijferenze dellafigum in base alia distanza, alle ornbre, ecc ... comunqtte, ttttto parte dal mio occhio. II centro e il mio occhio e tutto sta nel ripor- tare le cose il pit1 fedelmente possibile alrnio punta di vista, che poi dir;enta quello di chi guarda i miei quadri. Mentre 183 M.l. Rupnik- II rosso della piaz.za d'oro prima l' occhio era quello di wz Altro, if pun to di uista quello del Pantocratore, doe di Colui che tiene tutto to ... E proprio cosi. E la famosa prospettiva delle icone, cosi in stridente contraddizione con regale formali della rappresentazione prospettica, che corrisponde a un particolare sistema di perc ne della reald, a un metoda che cosciente vuole sottolineare un altro principia di ,.,,r,hrP<P" zione. Florenskij dice che la prospettiva rovesciata e prospettiva lineare corrispondono a due esp del mondo - quella umana in senso lato, e q "kantiana", "scientifica" - e a due tipi di rappo con la vita - quello interiore e quello esteriore. ad un certo punto, nella storia dell'arte, l'ambito creativita e stato circoscritto ad una dinamica tra chio e la ragione. Eppure prima non era cosi. Il to di partenza era 1' occhio del Pantocratore, al io giungo attraverso lo Spirito Santo e l'azione mentale della Chiesa. Non sono in grado di da solo a quello sguardo, rna e lo Spirito nella che me lo comunica. Allora la prospettiva si , . . , . . . , ' ~ ~ perche non sono pil1 io che guardo, rna partecipo visione di Colui per mezzo del quale e in vista quale sono state create tutte le cose, e cosi scopro nessi, l'armonia, 1\mita che tiene tutto insieme. Per capire meglio la differenza tra queste due spettive, prendiamo un esempio concreto: il di Monreale. Tutto quello che sta in questa chiesa il suo posto giusto quando cogli lo sguardo Pantocratore. Dal suo punto di vista, vedi la prosp 184 Qui11to giomo tiva giusta della creazione del mondo e dei singoli della storia. Lo stesso vale per ogni chiesa hi- tina, romanica o gotica. Ancora sui quadri di bue tutto funziona in un modo unitario: c' e !'angelo che vola su uno sfondo d'oro, e non sulla campagna toscana, e !'aureola circonda di luce il del santo, anziche essere appoggiata sulla sua .. testa come uno strano berretto ... Ma, quando abbiamo recuperato la visione del- classica e siamo tornati ad un linguaggio, per cosi dire, pre-cristiano, queste cose sono diventate po' strane. Guarda ad esempio il Battesimo di Cri- del Ghirlandaio nella Capella Sistina. Qui vera- l'arte sacra e diventata problematica, perche si resa semplicemente una scenografia che descrive temi religiosi, rna il linguaggio di questa pit- non comunica pil1 il nucleo delle scene raffigu- E una scenografia esteticamente perfetta, dove i , le pettinature, i vestiti, le cinture, i sandali, le degli alberi sono lavorati nei minimi dettagli. con 1' occhio tutti questi particolari, rna so- cosi carichi da impedirmi di vedere il contenuto mi voleva comunicare la scena. Come entrera in questa scenografia? Allora faccio una man- . dorla, ma realizzata con lo stesso linguaggio artistico di tutto quanta la circonda, cioe ricorro ad un espe- . ancora una volta puramente formale per allu- dere alla sfera religiosa. E chiaro che, nel contesto di un linguaggio cosi elaborato, Dio Padre diventa ne- cessariamente una figura tra le tante, uno degli og- tti dipinti. Gli angeli che svolazzano, vestiti alla stessa maniera delle donne sotto di !oro, reggono la 185 M.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro mandorla per alludere all'irruzione mondo, ma la cosa non funziona, e talvolta addirittura ridicola. E anche quelle aureole sul di Cristo e di Giovanni Battista, dentro ad un gio di prospettiva spaziale tridimensionale, non si sa in che modo poggiarle ... Tutte queste soluzioni non partono dal centro ro - quello della fede -, ma la considerano come narrazione che non crea un linguaggio prop piuttosto ne subisce uno che non e il suo. A proposito della rappresentazione della spazio in do tridimensionale, mi vietu in mente anche Ia . della rivalita tra Dio e l'uomo ... Gli storici dell'arte notare che, da i\!Iasaccio in poi, anche la jlgura di Padre e Ycftfigurata secondo le llOStre coordinate spazio- porali. Occupa uno spazio, e questo spazio e uno storico, uno spazio prospettico. Nla il fatto che Dio uno spazio" nella pittura rinascimentale non coincide co11 quella menta/ita di antagonismo tra Dio e l'uomo, hai gia p i t ~ volte menzionato? E evidente che c'e un nesso. Se io percepisco cosi, e chiaro che e invadente, che ruba lo spazio l'uomo, che e suo concorrente ... E allora nasce la valid tra Dio e l'uomo. Dio e l'uomo si devo "spartire il terreno". Come fanno i contadini con terra: se un contadino ne prende di pil1, all'altro rimard meno per vivere. Se Dio prende tutto, all mo non rimane niente. A partire da questa idea di Dio che occupa lo spazio, si arriva a dover l'autonomia dell'uomo, e questa si puo fare solo 186 Quinto giorno ducendo lo spazio posseduto da Dio. u t ~ o questa e avvenuto contemporaneamente a1 processo di razio- nalizzazione della fede, dove Dio si e esaurito in una questione intellettuale, in un'idea, un concetto. Dio diventa un oggetto da studiare, da dipingere, di cui tener con to tra altri oggetti ... In questa contesto, quando si tratta di ratiigurare Cristo, diventa difficile presentare la sua relazione al Padre e allo Spirito Santo. Se infatti la struttura del- l'opera d'arte e solo una dinamica tra l'idea e la for- ma che cerca di corrispondervi in modo perfetto, al- lora e chiaro che la relazione mi sfugge. Come posso far vedere la sua relazione con il Padre? Una figura di Cristo cosf non rimanda pitl oltre se stessa. Ma il Padre e il Figlio dovrebbero continuamente rimanda- re l'uno all'altro, e questa rimando dovrebbe sprofon- dare nell'abisso del mistero. E, se Cristo non e in re- lazione con il Padre e lo Spirito Santo, allora e un maestro, un filantropo, un eroe... ad ogni modo uno che si esaurisce in se stesso. Capisci allora la necessiti di proporre un' arte che sia in grado di cogliere Cristo nella sua relazione con il Padre e con lo Spirito. Ma per questa ci vuole una visione di fede. Il fatto che nell'arte cristiana moderna sia scomparso ogni riferi- mento al Padre e un forte punto interrogativo sulla nostra fede ... Questa questione si lega alla nostra mancanza di una dimensione simbolica, che e quella, appunto, della vita e della fede. Perche in una mentalita di fe- de, in una mentaliti sacramentale, il problema del- l"'occupazione dello spazio" non esiste. Dio e Amo- re, e l'amore e l'unica realti che riesce ad essere pre- 187 lvU. Rupnik - [[ rosso della piazza d 'oro sente alla maniera dell' assente, cioe senza territori, senza reclamare spazi per se. In una lita di fede, la presenza di Dio non urta contra te e non occupa nessuno spazio. Nicola Cusano ceva Detts est omne ens, sed non entiter, Dio e ogni sere, ma non al modo di quell' essere ... Ma c'e anche un'altra questione: in quest' di "occupazione della spazio", quale credibilita fede? II contenuto della fede sparisce e si nella narrazione di una favola. Si dipinge uno che e una trasposizione illusoria della spazio le, e vi facciamo comparire Dio Padre, come uno degli uomini, solo che sta per aria. locare tra nuvole del cielo le figure dei santi, rate neUe fonne voluminose suggerite dalla terza mensione e con tratti talvolta assai naturalistici, fica usare un linguaggio che rende il messaggio loso, privo della consistenza della verita e quindi . capace di trasfigurare il mondo. In questa sensa, me qualcuno ha gia fatto notare, questa e mente una prima arte virtuale. E infatti, dimmi non e un po} vero che nella storia prima 1 H HU<f> fotografica, poi quella televisiva e dopo quella le hanna rimpiazzato questa tipo di arte Queste immagini non suscitavano pitl un menta di fede, non portavano pit'1 l'uomo mo all'unione con Dio. E oggi quest'uomo si creare innumerevoli immagini digitali e di fade re nelle nuvole in rete di uno spazio iuuu"l'>'"'" consapevole che e solo un divertimento sensuale. 188 Q1dnto giomo Questa linguaggio artistico da l'idea di qualcosa di naturale, di forzato. Proprio quello che l'uomo ha pian piano sperimentato di fronte alla .,_,. .. v una presenza forzata e ingombrante nella so- Il nostro modo di fare era diventato cosi, e !'ar- lo aveva reso visibile gia da qualche secolo. Tor- sempre al solito punta: se noi nel nostro agire o un linguaggio completamente identico a del mondo, e chiaro che la comunicazione fede, la rivelazione del mistero diventa proble- In questa contesto diventa difficile manifestare siarno "opera sua", come dice la Lettera agli cioe destinatari della sua grazia, trasfigurati suo intervento... In quest' arte so no gia visibili i ti del tremendo urto che si verifiched tra modernita e il cristianesimo. Dimmi se esagero, mi sembra che, come con questa linguaggio arti- e difficile comunicare la presenza di Dio, cosi una scuola o un ospedale cattolico fanno malta a trasmettere che siarno noi !"'opera sua", che noi !'opera del Signore, che con la nostra pre- e con quanto facciamo rnanifestiamo il dono Dio. Tante volte le nostre opere manifestano solo stessi. Ma con questa non voglio dire niente sul- persone che vi lavorano, semplicemente richiarna- 1' attenzione sui modo di fare dell' opera stessa che, nostro contesto, e talmente intrecciata con il mo- di fare del mondo da non essere conforme al che vuole esprimere. 189 i'vl.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro Ma allora come si traduce oggi questa prospettiva fede, questo orizzonte escatologico in forme visibili che corrispondano e siano diverse, percio, dal lin,quaggio mondo, ma non irnpossibili a capirsi? Attraverso un linguaggio che faccia vedere sia realta creaturale che l'intervento di Dio! Non un naturalismo fotografico, perche abbiamo vista il peccato ci ha resi incapaci di riconoscere la della natura. Attraverso la contemplazione della ra, posso magari arrivare anche a conoscere che un Dio, rna - come dice la lettera ai Romani - automatico che lo riconosca come Signore, cioe instauri con Lui un rapporto come mio Signore, cominci ad adorarlo e a ringraziarlo. Una cosa e noscere Dio, un' altra e riconoscerlo. Senza lo Santo, la conoscenza rimane teorica, astratta. Non bastano quindi le forme di questo tali e quali, perche la scena di questo mondo D'altro canto, va evitato anche di raffigurare mondo formalmente idealizzato. L'intervento di in noi, nel mondo, non e un intervento formale, perfezionamento delle forme. L' arte cristiana evita quindi sia il naturalismo grafico che 1' idealismo, rna sceglie un linguaggio ve e piu esplicitamente possibile vedere la verit:l condo Dio. La dimensione creaturale non viene tata alla perfezione formale (come sarebbe nel men to) e non viene nemmeno lasciata nel suo strappato (come sarebbe in un espressionismo co), rna e semplicemente presentata nella sua zialita e Uffiilta. L'arte Sacra e quella che Si \.,VJ,lLI..l>' 190 Quinto giomo essenziale, che fa vedere l'uomo fragile. Non le e ria ne una forma petfetta, impeccabile, e nean- un espressionismo deformante, rna qualcosa di ' ' ' ' ' ~ ... e che tuttavia ha bisogno di essere completa- da Dio, a cui da lo spazio per agire. Percia le per- sona sempre in relazione, perche solo cos! vivo- e solo cos! possono compiere la loro vocazione. In linguaggio artistico, il gesto dell'uomo rimane purificato; l'uomo non cerca di affermare le idee, rna lascia umilmente lo spazio per l'a- di Dio. Ma questo e proprio quanto avviene nell' eucare- che e la massima espressione dell'umilt;l. e dell' es- Noi portiamo semplicemente il cibo la piu usuale, ma pil1 indispensabile. Offriamo il e il vino - cose povere e umili - e con loro la vita, che e insufficiente, mortale. La creazione e stata data come luogo e nutrimento della nostra ne con Dio, perche, ricevendo il mondo dalle di Dio, lo ringraziamo e trasformiamo questa naturale che ci viene tramite il mondo in vita in II peccato ha reso questo impossibile, rna la re- ne ci ha riaperto la strada, in modo che questo cibo, questo stesso pane e vino, diventando ci vengono donati di nuovo come il cibo vero unione col Padre. Quando riceviamo la comu- i nostri sensi sentono ancora il grano, rna allo tempo percepiamo la comunione con Dio. E lo pane che offro e che mi e restituito. Ma quan- lo offro dice solo cia che e. Quando lo ricevo, di- il suo senso pil1 profondo: dice Cristo, anzi, e il Corpo. Ma !'ostia pua essere cia che e perche c'e 191 1\il.l. R11pnik- II rosso della piazza d'oro il Cristo nella gloria, il Cristo dell' eschaton. semplicita di qua e necessaria per indicare il menta che avverra a causa di Cristo e in Cristo. ripetiamolo, questa e 1' opera della sinergia Spirito Santo. Nell'arte sacra, l'immagine deve essere in modo da permettere di vedere - sia pure su piano non sacramentale - qualcosa di analogo cambiamento di qualita che c' e tra il pane offerto la comunione ricevuta. Nella realta umana, ere le, che l'arte raffigura, deve esserci lo spazio per zione di Dio, in modo da pater contemplare stessa realta umana gia compiuta nella con Dio. Pet-cia l'immagine artistica deve rappresentare propri contenuti teologici in modo tale che i possano intuire e riconoscere come questa op rappresenta una realta redenta, trapiantata in C trasportata sulla piazza d' oro della Gerusalemme leste alia quale si accede grazie alia liturgia. La ricerca artistica e architettonica dei cristiani sviluppa su questa fondamento della liturgia e teologia, come e stato in certi periodi, quando 1 era fortemente segnata da questa divinoumanita, questa opera di redenzione. Non descriveva il ro, ma lo rendeva presente. !via come si rende presente ilrnistero? Proprio facendo vedere questa passaggio: ""'' 0 "'n- tando l'uomo fragile, mortale, ma che accoglie 1 zwne di Dio. Rendere presente significa cogli 192 Q11into giomo uesto atto della sinergia. Cogliere sia 1' apertura del- q h 1'' d. D. ' 1' l'uorno c e mtervento 1 10: questa e essenza dell'arte dei cristiani! Abbiamo detto che 1' arte liturgic a attinge all' escha- ton, per far vedere le case qui nel lora sensa pil1 profondo, nel o r ~ stato definitivo, e aiutare a viverle in questa prospetttva. Ma, per far questa, devo presen- tare solo 1' essenziale. Qualsiasi co sa aggiungi, sarebbe una cosa ingombrante. L' arte liturgica e 1' arte dell' es- senziale. I dettagli ci sono solo se sono legati in modo fondamentale al contenuto. Infatti, la bellezza si rea- lizza come essenzialita. Evdokimov dice che il bello non e tanto quello al quale non puoi pil1 aggiungere niente, ma quello al quale non puoi pill togliere nien- te. Lo stesso nella vita spirituale: il monaco e l'"anzia- no bello", co lui che ha gia perso tutto, e gia stato pu- rificato dagli anni di vita e di ascesi, e quella pace che possiede ness uno gliela puo togliere. L' essenzialita e la trasparenza, dove non sei pil1 protagonista, dove non hai pill niente di cui vantarti. E, come nella vita spiri- tuale, cosi anche nell'arte, col tempo, si aniva all'es- senzialita. La forma vera, infatti, cresce lentamente ... bisogna avere tanta pazienza! N oi cristiani ad un certo punta non abbiamo avuto la pazienza di aspettare che maturasse la nostra forma e abbiamo imitato il man- do. Proprio come il popolo di Dio dell'Antico Testa- mento - il vitello d' oro era una questione di pazien- za. Avevano vagato tutti quegli anni nel deserto, non potevano aspettare ancora quei 40 giorni che Mose scendesse dal monte? In un data periodo storico, non abbiamo avuto pill ne la pazienza ne la fede che la forma espressiva che stava maturando in mezzo a noi 193 M.I. Rupnik- ll rosso della piazza d'oro potesse giungere ad una piena maturita. mo piu la capaciti di ascesi, perche l'attesa e l'ascesi basano sulla comunione: si attende un Altro! E cosi siamo lasciati vincere dalla sensualit:l, proprio l'uomo nel giardino delle origini. Siccome non mo pitt avuto quella fede viva, semplice, orientata l'integriti dell' eschaton, abbiamo cominciato a giare con le forme del mondo. Ci siamo lasciati strarre dalle forme sensuali, il nostro sguardo e attirato dalla superficie, che ha occupato i nostri Tutta la nostra attenzione e stata rapita li. E questa cupazione ha gonfiato cosi tanto il soggetto, da rire tutto il suo compiacimento nelle scoperte lettuali che questa sensualit;'l rivestiva. Non pitt avvertito il bisogno di andare oltre, non a piu cercato 1' Altro ... La questione della forma tocca il modo in cui si tratta corpo. Una delle problematiche piu interessanti per riguarda Ia traduzione del contenuto teologico nelle visive e siwramente quella del corpo umano ... Dal rinascimento in poi, il corpo rimane mente uno dei principali probletni non risolti. rappresentare il corpo, ci siamo serviti di un gio artistico molto efficace ed elaborato nel far re il corpo ideale, rna assai debole quando si tratta raffigurare il corpo del Cristo risorto e glor Anche se sembra che 1' arte rinascimentale sia un' esaltazione del corpo, in realta non risolve il blema che il corpo solleva. Infatti, quando sulle reti delle chiese sono raffigurate immagini di 194 Quinto ~ i o r n o pe 1 fetti, si apre un profondo dualismo, con conse- guenze assai funeste. Le figure rappresentate possono anche essere personaggi biblici, santi, angeli questa di per se non importa, rna il modo in cui viene raffi- gurato il loro corpo e qualcosa di formalmente per- fetto, in tutto aderente a un ideale classico. Nasce al- lora la domanda sul significato del corpo, e comincia anche un divario tra il corpo dipinto e il soggetto che vorrebbe rappresentare. Infatti, come hanna vis- suto la loro corporeiti i santi, la Vergine Madre, san Giuseppe, sant' Antonio, Francesco, ecc.? In un mo- do sacramentale: il corpo e lo spazio in cui prendo coscienza di una vita che mi abita ed e pitt grande di me. Ora, se l'arte di uno spazio liturgico non e in grado di rappresentare la corporeiti in modo da po- terla tenere insieme alia corporeita sacramentale di Cristo, e un urto non solo con la liturgia, ma anche con il sensa della vita dell'uomo. Nel rinascimento la corporeiti e trattata in modo da non suscitare piu neanche il pudore. E coinvolta nell'ambito della fede e della liturgia senza ogni velo. Sf, tant'e che ci sono anche casi curicJSi, come l'esempio di que! pittore, Daniele da Vi>lterra, che poi e rirnasto nella storia solo con il soprannome di "Braghettone", perche Ju chiamato a coprire le nudita dei santi e dei dannati nell' af fresco del Giudizio Universale di 1\!Iichelangelo nella Cappella Sis tina. Evidentemente si percepiva che nell' qffi'e- sco c'era qualcosa che non andava ... Non si tratta solo della morale. Il problema non e che veda qualche corpo nudo, ma che cosa trasmet- 195 M.I. R11pnik- II rosso della piazza d'oro to sul senso del corpo. Questa modo che il mento ha di trattare il corpo e intrinsecamente lenato dal paganesimo. ll rinascimento idealizza corpo, lo idealizza formalmente e matericamente, un modo che non prevede e quindi neanche ve - la debolezza, la malattia, il dolore, la tutto cia che e conseguenza del peccato. Come volesse rappresentare una corporeiti gia dopa morte, oppure prima del peccato, potenziando forma ideale ed evitando qualsiasi imperfezione fragilitii. Tant' e che, come uno strascico di questa . zazione, oggi abbiamo elaborate tutta una cultura benessere, della salute che - se ha un lato positivo sano - dall'altro rappresenta una forte ideo Quasi tutto e vissuto nella chiave della salute rea, anche se per questa l'uomo si am:nala mente, moralmente e spiritualmente. E l'ultima di questa eresia del corpo classico e ideale: la zione dell'uomo spirituale, morale e psichico, a c dell'idolatria del fisico. E su questa stessa scia che mo giunti all' eliminazione del do lore, della della morte ... Questa ha portato non solo ad un' norme produzione farmacologica, rna ha dete to anche un'importante svolta culturale. Non come la nostra cultura ha eliminato tutto cia che fragile? Non si possono presentare pil1 nemmeno pagine del Vangelo sulla passione di Cristo per impressionare i bambini, che, per lo stesso non devono venire in contatto con la nonna sul di rnorte ... I1 roves cia del tappeto pera e che stesse persone che scaricano i moribondi in , '"'""'L,.V 196 Qui11to giomo ni create allo scopo e si avvalgono di altrettante isti- tuzioni per dissimulare 1' aspetto traumatizzante della rnorte, navigano senza problemi nell' abbondanza di una offerta massmediatica che non risparmia violen- za su violenza, crudeltii su crudeltii e morte su morte - anzi, le potenzia come spettacolo. Se questa corporeitcl che trouiamo dal rinascirnento in poi rq{figura un corpo idealizzato, incapace di presentare il corpo di una persona redenta, come si allora un corpo redCFJto, rm corpo Anzitutto, un corpo redento, un corpo che ha at- traversato la morte nel sacrificio dell' am ore e fa parte del Corpo glorioso di Cristo non e pitt protagonista, rna vive una adesione piena e totale, unitaria, a tutta Ia persona. Non e possibile far vedere il significate del corpo redento come corpo dell'individuo, ma solo come corpo della persona, perche il corpo del- l'individuo sad sempre schiavo dell'amore di se, e quindi non conosced neanche 1a risurrezione dei corpi. Non esiste una legge di questa natura, corrot- ta dal peccato, dove gli individui sacrificano se stessi e muoiono al pasta degli altri. Il corpo dell'indivi- duo sara quindi sempre l' affermazione di qualcosa di questa natura, con la quale l'individuo cerca di assi- curare se stesso. Proprio come nella cultura classica, che ha sviluppato esattamente questa dialettica del- l'affermazione dell'individuo con il suo concetto dell' eroe, dell'uomo reso divino, del campione, del disco bolo ... A questa proposito, e interessante ricor- dare che nelle culture che non hanno avuto il nostro 197 i\!I.I. Rupnik- fl rosso della piazza d'oro percorso strettamente intrecciato al classico, questione ha dei risvolti molto diversi. Ad in India, quando si aniva alla massima e,n,-,_."'"n dell'umano, non si produce il discobolo, ma tutto esprime con la danza, che non e una gara, ~ ~ d e sua petfezione nei movimenti pi{I impercettlbth, fine concentrati praticamente solo sulle dita. Per noi cristiani, il corpo cerched di esprimere mistero della persona e la sua unicid nella umana, ma sempre in rapporto agli altri, in rap alla comunione. I1 corpo della persona redenta assolutamente unito alla sua persona e fad vedere sua santiti, ossia cia che piti ha reso tale questa sona. Infatti, che cosa l'ha resa persona? L' con Dio, che e la Persona per eccellenza, perche e relazione con tutti e con tutto. Per questa il corpo non va trattato in modo appaia come protagonista, ma cosi da far e m e r g ~ r e mistero agapico della persona, ilmistero c le. Il corpo esprimed percia una specie di una modestia penetrata dall' am ore, dal desiderio la comunione. Il corpo sara segnato dalla rinuncia occupare lo spazio, ad invadere, ad attirare su di l'attenzione, proprio per far emergere la persona attraverso il corpo, attraverso la psiche, attra tutto cia che e la natura umana, esprime l'amore, comunione, 1' atteggiamento della relazione con 1' tro. E un corpo umile, ma non deformato, delle sue linee, essenziale, pulito da tutti quei che potrebbero attirare 1' attenzione su di se sep mente dalla sua persona, il che significherebbe re l'attenzione sulla natura umana, ma non sulla p 198 Quinto giorno sana che la possiede e vi si esprime. Percia si tratta di un corpo che, piti della forma, cura la trasparenza, !a luce e l'atteggiamento d'insieme, un atteggiamento che chi guarda coglie subito come un'intuizione su wtta la persona e non come 1' attrazione focalizzata su un dettaglio. Un corpo quindi che fa cogliere la cia che la costituisce come persona re- E i vestiti? Piu volte ti ho sentito fare commenti ironici sui drappeggi che, a cominciare dal tardo gotico, uuztano a [a [oro comparsa ... E qualcosa che si sviluppa in continuiti con que- concezione del corpo. Il vestito va fatto in modo da far emergere il gesto. II vestito in se stesso non ha importanza, rna acquista il suo sensa come una strut- tura per il corpo, come una sorta di involucra del che lo fa intuire, rna in maniera che il corpo concentri su di se, piuttosto faccia confluire l'at- .LC:LLL"'!LLL al gesto e al volta. In questa modo, guar- la figura, il vestito delinea l'atteggiamento di del corpo, velandolo nel mistero, che si svela gesti e culmina nel volta. Ma questa e anche la dell'edificio ecclesiale. L'architettura e come vestito e il corpo. La liturgia che si celebra dentro i gesti che fanno emergere il volta e lo rivelano lo sguardo e la parola. Non si tratta quindi di pe[{ezionare Ia bellezza della Se il co1npito dell' arte fosse questa rifletteva gia 199 AU. Rupnik I/iosso della pia.z.za d 'oro Solov' ev - sarebbe gia stato porta to a co1npimento anticlzi e noi /lOll avren11110 pill nulla da aggiungere. L cristiana quindi non cerca Ia nella forma. Ma puo comunque par/are di una "pedezione cristiana"? Ti faccio un esem.pio per farti capire perche la tura, il creato non abbia la sua perfezione nella Prendiamo una spiga di grana, di queUe che vedi campo a fine giugno, prima della mietitura. Tu sei artista, passi di Et, vedi la spiga, decidi di dipingerla cominci a farlo nella terza dimensione, i suoi chicchi di grana perche siano formalme perfetti. Ma la perfezione cristiana non sta li. E sta neanche nella bella pagnotta, fatta della farina questa grana e sfornata al punta giusto. Posso c minciare a perfezionare la forma del pane, per far dere che un grana petfetto si riconosce da un perfetto, rna neanche questa e la perfezione . . Oggi la cosa e ancora pi(t interessante. In q ricerca della perfezione formale, siamo in grado fare un passo ulteriore, perche siamo in grado solo di migliorare il creato dipingendolo meglio, anche di intervenire geneticamente in modo sulla natura e di correggerla. Una volta il pi prendeva una spiga di grana e la dipingeva molto perfetta di come si trava in natura. Oggi, con la nologia, siamo in grado di intervenire e corre la spiga stessa. Il sogno espresso nell' arte si puo lizzare. Dobbiamo concludere che siamo pi(t alla perfezione della natura? No, perche la spiga giunge la sua perfezione solo quando corrisponde suo sensa. E la perfezione del grana sta nel 200 Q11i111o giorno il Corpo di Cristo. Lo diceva Daniel Varujan, grande poeta armeno, in quei suoi versi straordinari: "Semi- na, contadino, in nome dell' ostia del Signore, in cia- scuna delle spighe bianche di latte maturera domani il suo corpo ... " La perfezione consiste nel vedere i nessi, quando viene corrisposto il sensa del creato. E qual e il sensa del creato? Quello su cui siamo ritor- nati pitt volte: essere un cibo per l'uomo che nutre il suo rapporto con Dio. Il sensa del grana quindi non si esaurisce nella sua forma e nemmeno nella pa- gnotta, ma quando diventa cibo della comunione con Dio. E siccome questa lo diventa in Cristo, lo diventa cioe nel sacramento, quando mangio il sacra- mento, mangio anche il cibo per il mio corpo. Ma non potrebbe essere che la lode a Dio e suscitata in me anchc dal vcdcre Ia peifezione di una forrna? Questa mi potrcbbe far csclamare: quanto deve essere bello Dio che ha creato una cosa cos peifctta! Forse, rna ho seri dubbi, perche rischio 1' astrazio- ne. Mentre il grana diventa veramente cibo, un cibo per l'uomo intera. Nel sacramento il grana diventa cibo per il corpo, per la mente, per la vita, quella che sup era la morte ... I1 sacramento e sempre una reald integra, che non puo essere svincolata dalla vi- ta. La perfezione percio non puo essere una cosa " t " 1 d 11 d . "d d " accan o a sensa e e cose, a cm e uco que- sta sensa, rna coincide con l'unita del sensa. La logica e quella del sacramento, cioe quella di Cristo: Cristo e allo stesso tempo vera Dio e vera uo- mo, e Ia sua umanita e quella che ha preso da noi, 201 M.I. Rttprzik- II rosso della piazza d'oro quella crocifissa, ma anche risorta e La fezione e la pertezione dell' amore. E chiaro all ora la perfezione per i cristiani non puo che essere Cristo. La perfezione e 1' am ore del Figlio verso Padre e verso l'umanita. E questa amore in Cristo non si e rivelato in una forma petfetta, ma la Pasqua. Quando abbiamo riaperto le porte alia me greca classica, alia dialettica tra idea e forma, questa e diventato problematico. Il mistero della sfigurazione, della pasqua, del sacramento e mentale per avere uno sguardo reale sul creato e che sull'uomo. La forma dei cristiani e quella Pasqua. Ma questa urta con la mentalid classica, to e vera che, nei periodi in cui si opta per la zione della forma, nasce la questione dove e in modo collocare la croce, la sofferenza, la ferita ... si tratta di una mentalid di tutta la cultura, non dell' arte ... Anche se leggi i nostri programmi rali, puoi vedere quanta sia presente questa HH.HL<UJ della forma, della realizzazione dell'ideale ... S che tutto sia scritto senza considerare !a fragilid l'uomo e sia rivolto a un superuomo. Questa e mentalita pagana, perche progettiamo le case se fossimo sempre Vincenti. Non e previsto il pee to, non e previsto il fallimento, non e prevista la squa ... Invece bisogna far vedere la trasfigurazione te l'innesto in una vita completamente nuova che Cristo, che e il sensa vera del grana ... Questa significa snaturare la realta di una cosa: come se grana il suo sensa consistesse nel diventare un' 202 Quinto giomo cosa differente dalla sua natura. No. Cristo non ag- giunge un significato, ma porta a compimento cio che da sempre e scritto nella carne della creazione ' creata per mezzo del Verba e in Lui, nella sua ten- sione verso la trasfigurazione. Svela l'implicito e lo compie, dando voce alla dossologia del cosmo. In che cosa consisterebbe la novid del cristianesimo se togli questa passaggio dal grana a Cristo? Se non facciamo vedere questa passaggio, non solo rimania- mo rinchiusi all'interno di questa mondo, dove proiettiamo un ideale immaginario che poi dobbia- mo realizzare, rna non cogliamo neanche Ia natura delle case. Le case sono immagini, evocazioni questa pienezza, e il nostro compito e collaborare fade venir fuori come veramente sono, nella lora zza cristica. E questa e la lora natura, non la azione che vede il nostro occhio ferito dal .. Se non riveliamo questa passaggio, il cri- Stianesimo e solo un'altra religione, un aiuto per una nnJm.oz1'c me umana, soprattutto sotto l'aspetto etico- che fondamentalmente corrisponde a petfe- le forme della convivenza umana. Se invece facciamo vedere la petfezione del crea- nel sensa sacramentale, cristico, come cibo del rto con Dio, se esprimiamo questa in forme ed essenziali, se riveliamo che la vera realiz- del mondo, il suo vera compimento passa la sofferenza e il mistero pasquale, con apriamo a tutta l'umanid la possibilid di vi- una dimensione nuova. In questa modo l'arte una visione che vale per la liturgia e con- alia perfezione della vita di fede, alla perfe- 203 iVI.I. Rupnik II rosso della piazza d'oro zione della vita spirituale, alla perfezione della morale, della vita del lavoro, della vita sociale, e Diventa una visione di tutto cia che e la vita dell mo come tale ... La .V'Ida pil4 grande per I' arte e forse proprio questa sione tra if do/ore e Ia sua co1ne vi parlando della differenza tra /'arte e il kitsch. A questa vale per ogni comunicazione della fed e. Come padre Schmemann nelle sue riflessioni sul Credo, il nesinw non lw nessun senso e non ha nicnte da dire uomini se non si parte dalla nostra condizione di e di morte. Ma sembrerebbc che, ancl!e da questa punto vista, siamo passati secondo Ia classica reazionc a p lo - da un 'arte idealista cite vorrebbc all' tra,r,;ico della vita ad un 'arte brutale che sembra volerci tere in faccia tutta Ia crudelta della sofferenza umana ... La sofferenza la incontriamo dappertutto, non e possibile ignorarla. Non serve nessuno sforzo colare per evidenziare la croce, perche prima o poi vita stessa ce la fad assaporare. I cristiani del millennia non amavano mettere il verismo della ferenza nelle chiese. Perche? Perche non basta far dere la sofferenza come tale, rna bisogna farla dal punta di vista del mondo trasfigurato. L'arte stiana aveva il compito di far vedere qual e la della sofferenza, qual e la sua dimensione e trasfigurante. Per questa e chiaro che la prima da eliminare e il naturalismo artistico, il verismo, perrealismo, la "fotografia" ... Proprio questa superare, perche la sotferenza come tale la inc 204 Qrdnto giorno mo gia fuori, mentre in chiesa dobbiamo trovare il suo sensa spirituale. Non ha nessun sensa raffigurare in chiesa la crocifissione come la vediamo nei film. Questa tipo di raffigurazione fa leva sul sentimento, ma non dice ancora la verita spirituale di quell'even- to. Anche sul Golgota la scena era crudele, rna quan- te persone, vedendo questa "spettacolo" - come lo chiama il Vangelo di Luca - hanna capita che 1i e crocifisso il Figlio di Dio? Solo il centurione. Non vale la pena all ora ripetere nell' arte la stessa scena, perche cosi non aiutiamo le persone a contemplare il sensa spirituale del fatto. L' arte sacra deve aiutare a contemplare nel Gesu che soffre sulla croce il Sal- vatore del mondo. L'arte deve aiutare a vivere l'espe- rienza spirituale della sofferenza e non velare la sua veriti con il verismo o con l'idealismo. La storia dell' arte conosce anche casi nei quali, portando avanti questa prospettiva verista, siamo giunti a raffigurare Cristo putrefatto nella tomba o con le ossa slegate. Ed e inutile dire quanta si tratti di una prospettiva lantana dalla fede che professia- mo ... L'altro pericolo che corriamo e di interpretare il dolore attraverso un'idea. Come abbiamo vista, que- sta e il principia del mondo classico, che elabora, corregge, vuole migliorare il mondo attraverso un'i- dea. Ma questa e solo un altro modo di velare la ve- rita. Invece, 1' arte sacra mi dovrebbe aiutare a trovare il sensa della mia vita. Nella chiesa, dovunque guar- di, dovrei trovare il sensa di cia che sto vivendo. Ma, se guardo un crocifisso con un corpo perfetto, come 205 LV[. I. Rup11ik- II rosso della piazza d'oro se fosse un atleta delle olimpiadi, e una llsita. stesso e se guardo una Madonna petfetta secondo canoni dell' estetica ... Questo non rappresenta il so della mia vita. Io non san) mai cosi, nessuna na sad mai cosi ... Se una volta io san) costretto a to da un tumore, quella perfezione estetica dell' delle olimpiadi non mi aiutera molto, perche tra e me non c' e niente in comune. L'arte sacra non fa vedere l'idea di una cosa, rna relazione di ogni cosa con Cristo, con lo Spiri Santo, con il Padre. Un'arte idealista, che elimina croce di Cristo, non puo essere una vera arte Lo stesso vale per un' arte che elabora solo 1' tragico della realta. Non basta una pedagogia del lore, non basta la "via della croce". Bisogna far re anche dove porta questa via, scoprire che la cro e, appunto, una via, non il punto d'arrivo. Studiosi come, ad esempio, Eugenio Garin vedono rinascimento come un'epoca nella quale di per se non si nuncia ai valori cristiani, ma si cerca di reintegrali in nuova sintesi con i valori classici. Berdjaev, al contrario, che il Quattrocento e piuttosto un'epoca di sdoppi nella quale si verifi.ca una violenta collisione tra principi stiani e principi pagani. Forse da quest'epoca possiamo parare qualcosa sui pericolo di "abbeverarsi a due sorgenti cioe sul pericolo di vivere Ia novita cristiana e poi tornare cibarsi delle cose vecchie? Berdjaev era un russo e, come tanti russi, un senso apocalittico. Non lo dico in senso Il dono di questi caratteri e di rendere evidente 206 Quinto giomo che e nascosto, in maniera che tutti si trovino davanti ad una sola possibilita di scelta, senza piu pericolo di inganno: accettare Cristo pienamente e liberamente 0 respingerlo, e quindi ti mettono davanti a questa scelta definitiva. Che male c'e a fare una madonna come una bella contadina formosa, secondo i criteri della bellezza rinascimentale? E che male c'e oggi a farla filiforme come una modella dei nostri tempi, giacche i criteri estetici sono cambiati? Ma lo sguar- do capace di scoprire il senso degli accadimenti na- scosti sotto la superficie, di vedere le forze in atto in cose che a noi sembrano di nessuna importanza, ti da uno spirito di discernimento, capace di capire quale cibo ti fa bene e quale ti fa male ... Un'arte che isola e abbellisce i dettagli di questo per attirare la nostra attenzione inchiodando- la, ha delle conseguenze anche sull' antropologia, perche la convinzione che la compiutezza del creato consista neUe forme porta l'uomo a cadere nella trap- pola della perfezione formal e. L' arte sacra non puo es- sere una procedura simile alla correzione tramite toshop di uno scatto fotografico venuto maluc- cw ... Se mi immagino una forma perfetta di vita, co- mincio a sforzarmi per realizzare questa perfezione. siccome questa petfezione non e presa dalla vita, rna e pensata, mi illude. E questo diventa un ostacolo per il m.io cammino ... Quante persone so no in grado di realizzare questo ideale? L' arte non dovrebbe far cio che e impossibile vivere, rna quanto pv.,oHuuv vivere tutti! E poi, anche se uno riesce a formalmente perfetto, per quanto tempo lo 207 M.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro sara? Che significa per una donna raggiungere perfezione formale di una Venere, o di un' attrice mosa, se poi diventa una seduttrice? E poi, q mi aniva una malattia o la vecchiaia, non avro pili forma classica ... E, se una perfezione non e per stato definitivo, e un'illusione. Si tratta di un ne tragica, devastante per Ia vita secondo la fe perche impegna le mie forze in quello che e Se non c' e la risurrezione dei morti, e vana la fatica, direbbe Paolo. D'altra parte, non c' e U10'V<C11\J di insistere su quanta possano essere dannosi ideali, perche le patologie che hanna creato nostra societ:'t sono sotto gli occhi di tutti! L' sione della salute ideale, della forma perfetta, diete salutistiche e uno dei motori pitl forti della stra econatma ... Lungo i secoli, abbiamo acquisito questa lit:'t che agisce secondo lo schema di elaborare un ideale e poi di realizzarlo. L'ideale puo anche sere sacrosanto, ma il modo in cui lo realizziamo tradisce, perche li si vede che non si tratta di una nergia, non si compie al modo di Dio. Quando fatti c'e un ideale da realizzare nella materia mondo, noi diventiamo protagonisti assoluti. il Cristiano e gratuitamente redento da Cristo. Cristo che fa, e il cristiano semplicemente accoglie. Quindi, tutto quello che rappresenta Ia p ne formale non puo essere la compiutezza della dell'uomo ne nel sensa generale, ne nel sensa le, tantomeno come vita spirituale. Nella visione cristiani, Ia perfezione significa 1' imperfezione l'uomo, la sua fragiliti, ma unita all'interPento di 208 Quinto giomo La petfezione dell'uomo e tutta la sua realt:'t aperta all'azione di Dio, che interviene, agisce, salva, trasfi- gura. La perfezione e una perfetta sinergia, dove l'uomo riconosce il suo stato creaturale come invo- cazione per 1' azione di Dio e accoglie la sua azione: questa e il sensa della vita dell'uomo. Questa petfezione vale per ogni aspetto della vita dell'uomo e per ogni uomo. Mentre la storia ci inse- gna che l'idealismo e sempre parziale e, se una cosa deve valere per tutti, a livello concettuale questa si- gnifica scendere di livello. Come se la perfezione della pittura significasse il livello di Raffaello da un lata e dall' altro una pittura che tutti possono fare. La perfezione si deve cornpiere alla maniera di Dio, non dell'uomo. E la maniera di Dio e quella agapica, che nella storia si realizza nella forma pa- squale. Dio ha realizzato il suo ideale di salvare l'u- manita in un modo tremendo, dove non c' e spazio . nessuna perfezione formale: il Figlio nella sua 'ti e entrato in tutta la tragedia dell'uomo fino all'estrema identificazione con Adamo, attraverso una morte spirituale e corporale. L' a more di Dio vi- ve nella storia in modo pasquale, non idealistico! Vedi all ora com' e vera che non ogni arte e adatta esprimere questa contenuto! Solo se un'arte ha visione escatologica sara un'arte essenzializzata, fad trasparire il messaggio, rended presente il di Dio che salva gli uomini, mi trasported potenza della Spirito Santo su quella piazza d' a- dove tutte le case si vedono nelloro stato definiti- E li mi sorprendero a scoprire come queUe case che qui si vedono come fallimenti e ferite, li invece si 209 i\U. Rupuik II rosso della piazza d'oro svelano come causa di salvezza mia e degli altri. Ecco perche non e possibile here a due pozzi. A sa di Cristo non e pitl possibile considerare Dio e l'uomo. E, se li tratto separatamente, non cio il favore a nessuno: li tratto nella loro verita se uniti. Potresti dire qualcosa proprio su questa aspetto, su [' arte ci puo aiutare a Jormare uno sguardo di Jede anche queUe cose che noi percepiamo come fallimenti: le ferite, peccato, la morte ... Se 1' arte impara a vedere a partire mondo futuro, dall'escatologia, diventa un nutrimento la Jede, che e prova delle cose che non si vedono cora, come dice la Lettera agli Ebrd, e una saw/a di templazione, visto che Ia contemplazione conoscere gli esseri nella loro verita ultima. In che I' arte litut;gica puo aiutare i cristiani ad esercitarsi nell della contemplazione, alla quale tutti siamo chiamati? Quando si parla di contemplazione, penso che zitutto vada riscoperta una dimensione teologica damentale senza la quale non se ne pua p Quando abbiamo affrontato la questione del abbiamo vista che Dio ha creato il mondo servisse all'uomo per vivere la comunione con Ma il peccato ha creato un muro che distoglie i dell'uomo da una visione spirituale e li racchiude una percezione esclusivamente fenomenica del do, orientando a se stessi. Con 1' opera della rec1en.zw. ne, tramite la quale si identifica con il vee Adamo, Cristo recupera l'uomo perduto nella della morte e lo riporta alla comunione con 210 Quinto giorno aprendo anche tutto cia che costituisce l'uomo e il suo mondo a questa comunione. L'unita e ricreata nella persona di Gestl Cristo. Ma questa opera di Cristo a noi rimane inaccessibile senza lo Spirito Santo e senza la Chiesa. Leone Magno dice che quan- ta Cristo ha realizzato e passato nei sacramenti. La . Chiesa con la santa liturgia al suo cuore e questa Corpo di Cristo vivente che, per mezzo della Spi- continua l'opera della redenzione. Solo 1i a noi e veramente accessibile l'opera della redenzione, perche si tratta di un accesso partecipato. Veniamo innestati in Cristo, dove possiamo godere di questa vittoria di di questa novita di vita, di questa unione col Infatti, si tratta di vivere, non di capire soltan- Se capisco tutto questa intellettualmente, ma ri- . mane fuori di me, conformemente a quella cono- "facile", cosi diversa dalla conoscenza simboli- ca che invece e una conoscenza per partecipazione, coinvolgente, dove mi trovo "visitato" dal contenuto che conosco, non serve a niente. Percia ho cominciato a rispondere a questa tua domanda dicendo che ci vuole una premessa teolo- gica alla contemplazione: non si pua parlare della contemplazione senza lo Spirito Santo. E solo nella Spirito che riesco a scoprire i nessi tra cia che vivo, guardo, contemplo, e Cristo. Questa e possibile solo sinergia con lo Spirito Santo. E siccome la conoscenza simbolica - e di conse- guenza la capacit1 di contemplare - dipende dalla mia purificazione, a noi tocca solo conservare la nostra pu- rificazione, cioe vigilare affinche 1' opera della reden- zione rimanga viva in noi. Se prendiamo la struttura 211 M.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro tricotomica classica, quella di san Paolo o di reneo - l'uomo composto di corpo, anima e che partecipa allo Spirito Santo -, vigilare sulla purificazione significa verificare che questi passaggi il corpo, l'anima, lo spirito e lo Spirito Santo siano beri. Dovresti fare un esempio per Jarti seguire tne<<;lio ... Bene. Facciamone uno classico. Quando ""'''.'"u' il "Padre nostro", l' orecchio percepisce il suo no parole, psichicamente diamo un significate a parole, ma solo lo spirito aperto allo Spirito comprende che si tratta del Padre del Signore Gesu Cristo, che anche noi riconosciamo come stro Padre. E lo Spirito Santo trasmette sia alla psiche che al nostro corpo il messaggio di chi si ta, arrivando cosi ad una partecipazione inte Non sono io che arrivo a questa comprensione verso una disciplina psichica e fisica. Se veda sull re il calice e il pane, i miei occhi fisici vedono questa realti, la mia psiche puo anche pensare cosa di spirituale sul pane e sul vino, ma non "gettare il ponte". Solo il mio spirito, parte alia Spirito Santo, comprendera in modo esp le che si tratta di Gesu Cristo, del suo Corpo, e tratta anche di noi che siamo il suo Corpo Se c' e in noi questa vita spirituale aperta, cresce anche la nostra capacid contemplativa, seguiamo lo Spirito che ci istruisce e fa noi un'intelligenza spirituale. 212 Quinto giorno Ma questa ha delle conseguenze anche per l'arte. Significa infatti che nell' arte la precedenza va data al- Ia Spirito Santo e alla memoria della Chiesa, in mo- do che, se si tratta ad esempio di raffigurare un epi- sodio biblico, non sia presentato solo nella sua sce- nografia fenomenica. Abbiamo gia detto che, per raffigurare la crocifissione, non importa far vedere come si e svolta storicamente, fornendo dettagli na- turalistici, perche chi era presente al fatto non ha colto cio che realmente succedeva. Bisogna far vede- re che era Crocifisso il Figlio di Dio ... Ma anche "interpretare" la scena attraverso delle idee, ad esem- pio facendo vedere che e crocifisso un filantropo e la Madonna piange per un dolore straziante puo fuorviante, perche non tiene canto della tota- di Cristo. Lo stesso e una crocifissione con il o di Cristo straziato, martirizzato, deformato ... che deve apparire e che questo uomo crocifisso e il di Dio. E, quando ascolto lo Spirito, compren- quali sono le case che la Chiesa ha messo in evi- nella crocifissione, affinche apparisse immedia- che il Crocifisso e il nostro Signore e vera uomo e vero Dio, veramente morto e risorto. Un prima livello della contemplazione infatti e della visione delle realia. Ma poi bisogna cer- incamminarsi verso lo stadia ulteriore, che e le case teologicamente, cioe con gli occhi del re, partecipando alla sua vita, il che fa si che il suo sguardo, che a sua volta diventa la mia llliJLCll>l. one della vita e dunque il mio modo di e di agire, di mettermi nelle sue mani. 213 M.I. Rupnik- II rosso della pia.zza d'oro Per questa motivo, nell' arte sacra la non e lasciata alia lib era scelta, ma e un' obbe allo Spirito. Se 1' arte vuole rendere visibile quanto invisibile, lo deve cogliere attraverso l'unico che puo vedere l'invisibile, che e quello de Spirito. E lo Spirito Santo che ci comunica la ne spirituale. E lo Spirito che rivela cio che 1' corporeo vede ancora velato. Per questa e cosi portante che 1' arte liturgic a sia fatta da uomini donne che si sforzano, pur con tutti i loro <--VJ.HUdl.U menti e le loro debolezze, di essere persone e nasca dalla liturgia. Perche nella liturgia e nentemente aperta la preghiera di epiclesi. Qui Chiesa vive continuamente la discesa dello Spirito cio che essa suscita. Solo nella forza dello Spirito sco a vedere che ricevo il pane come Corpo Cristo, come cio che mi unisce al Padre. Solo 1' cacia dello Spirito Santo riesce a darmi la che il mio peccato e stato perdonato quando ho cevuto 1' assoluzione. Spesso ti sentiamo parlare anche della contan della storia, cioe del racconto come di un altro modo di citarsi nella contemplazione ... Quando e sorto il cristianesimo, Mediterraneo abbiamo avuto due stili abituali per linguaggio religioso: quello greco, piu legato all'' alla filosofia, e quello ebraico, legato al racconto. greci hanno conosciuto il discorso religioso a p dall' osservazione della natura, gli ebrei hanno sciuto Dio nella loro storia. Dio chiama ... percio 214 Quinto fondamento della fede c'e una vocazione, un cam- tnino, una storia. E siccome Dio chiama e interviene nella storia, tu lo incontri negli eventi di questa sto- ria. Noi cristiani abbiamo assunto questa tradizione. Anche noi abbiamo un racconto e il racconto e sem- pre legato alla vita, che nel suo nocciolo ha un even- to fondante - Ges6 Cristo. Lo dice la Lettera ai Co- lossesi: quando si man[festera Cristo, la uostra vita - la nostra vita e 1' attesa della piena manifestazione di Cristo. Cristo che ha condiviso in tutto, eccetto il pecca- to, la vita dell'uomo, ha vissuto tutte le vicende della sua vita terrena come un passaggio al Padre e ha rac- chiuso questa passaggio, con tutta la sua vita, nell' eu- caristia. Nell'eucaristia, dunque, ci e comunicata la possibilita che la nostra vita divenga partecipe dell' e- vento di Cristo, e quindi ritorni al Padre. Percio con- templare significa leggere la propria storia - come an- che la storia pi6 generale - eucaristicamente. In que- sta modo il Cristiano e continuamente iniziato alla sa- . pienza della storia, alla lettura degli eventi che accado- no. Questa e l'indole pi6 tipica dell'arte contemplativa dei cristiani: vedere la storia anche nei suoi aspetti tra- gici e drammatici - conseguenza del fatto che si svol- ge nel mondo creaturale ferito dal peccato e dalla morte - come un ritorno al Padre, come la conoscen- za della figliolanza. Purtroppo la storia ha pian piano trascurato que- sta dimensione della conoscenza di Dio nella storia e ha ridotto la contemplazione soprattutto alia con- templazione delle cose. Lo stesso processo si e verifi- cato anche nella comprensione dell' eucarestia: dall' e- 215 AI.[. Rupnik- II rosso de/1<1 piazz<1 d'oro vento, ci siamo progressivamente concentrati su che succede con il pane e con il vino. E, con q la contemplazione si e ridotta sempre di pili e il posto e stato occupato da un'intellettualizzazione pili tardi, da una psicologizzazione della fede. Mail cristiano non pua prescindere dall'evento dal leggere la propria storia come il racconto propria partecipazione a Cristo. Quest'aspetto del racconto mi interessa molto. ha sempre colpito come gli Atti degli Apostoli cino con 1' espressione ton proton l<igon, che mente e tradotta "nel mio prima libra,' ma si be anche rendere "nel mio prima racconto". E cosa molto interessante, perche il prima racconto Luca, cioe il Vangel a, ha al suo nocciolo 1' even to Pasqua di Cristo. Il Vangelo si conclude con che invita i discepoli ad essere testimoni di even to e con la scena dell' ascensione. In questa sc i discepoli fissano lo sguardo su Cristo che sale - richiamo evidente al secondo Libra dei Re, Eliseo, per ottenere i due terzi della spirito di deve fissare lo sguardo su di lui mentre e trasportato alto su un carro di fuoco. Cristo dice ai discepoli ticamente questa: voi sarete miei testimoni se fissate sguardo su di me e ricevete lo Spirito. Allora raccontare la vostra storia ... E infatti gli Atti Apostoli sono intessuti proprio dei racconti degli stoli che nanano la loro storia. E la !oro storia e di Cristo; la !oro storia ha nel suo nocciolo 1' della pasqua. 216 Q11into giomo Quando ad un certo punta non siamo pitl stati in grado si sostenere il racconto, ma ci siamo serviti del concettuale, della filosofia, cia che ne e andato di mezzo e stata proprio la vita. Un tempo la teologia si studiava in questa continuo intreccio tra vita del Corpo di Cristo che vive nella storia e il tentativo di ragionare su quanta emerge da questa con una mente conforme a questa Corpo. Poi, , si cominciava a studiare a tavolino. E cos! ci e la vita. Mentre il racconto e sempre qualcosa irnpastato alla vita e il pensiero e l'intelligenza che intrecciano con questa racconto sono imbevuti di il che li rende molto diversi da quelli astratti. Senza il racconto, noi non siamo pili in grado di la storia, perche non riusciamo a vedere cia sta succedendo veramente tra l'uomo e Dio. Ma proprio l'atteggiamento contemplativo che ci per- di accedere al racconto. Per pater fare questa impararlo da qualche parte. E anche qui la li- e una straordinaria scuola. Pensa ad esempio liturgico, con i suoi tempi di sobried, di atte- Poi arriva il compimento, la festa... e tutta una per imparare a contemplare le diverse realta vita per scoprirvi Cristo. E questa vale anche Ia nostra microstoria. Ma siccome nessuno ci in- a leggere la nostra storia in modo contemplati- cioe mettendoci in grado di leggervi Cristo e la pasqua, allora si va dallo psicanalista per farci aiu- a capire che cosa ci e successo. Ma Ia vera com- '"u'''v''" e possibile solo con la contemplazione - tutto il tempo tiro i nessi di cosa Dio mi ha dire con cia che ho vissuto. E proprio questa 217 M.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro incapacita di una lettura spirituale della storia a strarci come abbiamo perduto il vero contenuto vita. !via quello che stai dicendo non e esattarnente quanto . vede nello sviluppo dell' arte attrauerso i secoli? Esattamente. Prima 1' arte dei cristiani era il conto dell'evento-Cristo in un modo tale che vi leggibile l'intervento di Dio. Dopo siamo stati diventare i protagonisti e abbiamo avuto un ideale noi pensato che abbiamo fatto di tutto per Vorremmo che la reald e gli eventi della storia rispondessero a cio che abbiamo elaborato e la ra della storia diventasse un'interpretazione eventi dal nostro punta di vista. Invece di cercare semplicemente di cogliere i si della storia umana con Dio, esprimiamo le idee, i nostri stati d' animo, i nostri cerchiamo delle forme inconfondibili per la nostra soggettivid: e il percorso che va da che nel Quattrocento rappresenta il rigore della rna, alle migliaia di stili, di linguaggi e di "'f-'L'-'">L' che vediamo adesso. Una conseguenza di qu mentalid rinascimentale e che cerchiamo c mente di cambiare le forme, come se sperassimo da questa pot esse nascere la vita ... L'arte dei cristiani riusciva a creare uno spazio . ve il fedele poteva contemplare l'unita di tutto, sieme di tutto. E proprio questa si e Quando 1' arte si stacca dalla contemplazione, dal canto, e si concentra sull' elaborazione della 218 Quinto giorno per ogni particolare, nasce il problema dell'unid. Elaborando la terza dimensione si fa emergere il valo- re di ogni dettaglio, rna nasce la questione di quale dettaglio sia il pili importante e chi li unisca tutti. Questa unid non la puo produrre ne un sistema di idee, ne un codice di leggi; questa unita la puo creare solo un organisrno vivente, personale, capace di gesti . di comunione. Solo all'interno di questa organisrno e Cristo, che e il significato di tutto, io, in siner- con lo Spirito, trovo l'unita di tutto. Ma quando si rompe la visione contemplativa 'unita, 1' arte stessa si spezza, perc he non riesce a comunicare una visione dell'insieme, rna viene dall' orizzonte soggettivo. Dal rinascimento in poi, questo orizzonte so'"\[gettiuo di parli e cos{ abituale che, per fruire bene di lin 'opera cominciamo ad interessarci soprattutto dell' artista: sua della sua psicologia, ecc. Questo approc- diventa cos{ abituale che sembra piu importante Ia tecni- lo stile ... , tutto cio che riguarda /' artista, prima del con- to dell'opera artistica. Tanto che, anche quando si tmt- di scriuere un cornmento a una miniatura annena o a 'icona russa, non si sa dire altro che a quale scuola ap- ' mentre il contenuto e come se non con- nulla ... Questa passaggio per quanta riguarda le icone si nelle polemiche tra Kondakov e la generazione giovane. Kondakov, che pure e un filologo di quindi uno che usa un metoda storico caprsce ancora l'importanza del filone 219 Af.I. Rupnik II rosso della piazza d'oro iconografico per studiare le icone, perche si tratta un'arte che nasce strettamente unita al suo co to dogmatico. Ma la generazione successiva, zata attorno alia figura, ad esempio, di Pavel tov, si concentred sullo stile e sulla forma, perche punta di vista contenutistico l'icona gli sembred. me un'immagine atemporale senza evoluzione. allora in poi, anche nel campo delle icone, quindi un'arte fortemente ancorata al data liturgico, ha valso questa studio stilistico. Immagina quanta questa vale per un'arte che e emigrata dalla nella galleria. Non solo l'attenzione si e cone sull'artista, ma anche ha cominciato ad avere dei gnificati ideati dall' artista, dei quali solo alcuni possono godere. E diventata qualcosa di eso . solo gli addetti ai lavori saranno in grado di una conoscenza pitt completa del messaggio che tista vi ha comunicato ... Cosi ci siamo abituati a cercare nemmeno un contenuto nell'arte. Come questa declassasse l'arte ed umiliasse l'artista, che tal modo diventerebbe solo l' esponente di ideologia. Infatti, e molto frequente leggere tervista nella quale l'artista sottolinea che non comunicare niente se non cia che e strettamente gato alia sua individualid, al suo sentimento, alia espenenza. Per lo stesso motivo non siamo attrezzati per niziazione alla lettura dell'arte sacra o degli spazi gici come tali. E diventa irnbarazzante quando diarno che bisogna "usufruire" spiritualmente dei culturali per una evangelizzazione e, in vista di q si mandano le persone a studiare la storia dell 220 Quinto giomo purtroppo non esistono molti luoghi in em s1 possa studiare l'arte superando questi cliches. Al massimo si a considerare la teologia e la fede come un si- ideale, concettuale, di valori, rna questa non e . Anzi, puo essere addirittura fuorviante per ad una lettura interpretativa e comunicativa un'icona, di un capitella romanico, di una cattedra- gotica, di una basilica romanica, di un mosaico bi- Siccome ormai da secoli abbiamo trascurato l'arte me . oggi non abbiamo neanche gli ambiti in cui iniziati all'opera d'arte. Abbiamo ridotto tutto un elenco di dati storico-critici o all'interpretazione secondo la tecnica artistica. Il problema e che, pater accedere al contenuto di un'opera d'arte li- bisogna avere tanta 1nriliarid non solo con la Scrittura, rna anche con i Padri, con gli antichi liturgici, con la dotttina spirituale trasmessa dalla LdUJ.LlVH'-', e via dicendo. E questa non si improvvisa. Il magistero della Chiesa ha pi{l volte espresso que- preoccupazione per la formazione alia conoscenza 'arte. Mi torna in mente un discorso che Bene- XVI ha tenuto qualche anna fa al clero di Ro- dove diceva che per noi e un dovere conoscere e bene l'arte. Non tuttavia come gli storici del- rna entrando nel contenuto presente nell'arte e rivivere questa ricchezza. Altrimenti questa teologico rischia di rimanere muto ... 221 JH.I. Ruprzik- II rosso della piazza d'oro Ormai da tempo ci siamo resi canto di questa zio" tra arte e teologia, tra arte e Jede, e abbiamo di riparare a questa invitando gli artisti a lavorare chiese per Jar "dialogare" la Chiesa con l' arte. Poi abb cominciato a capire che c' e bisogno di una degli artisti, e si sono cominciati ad degli contri. JV[a la cosa non e cos{ semplice. Se tu, pur tm sacerdote e un religioso, descrivi il tuo percorso come facile e ti rendi canto dell'importanza del padre spirituale, quanta travaglio ci vuole per un artista perche possa tare un artista dell'arte liturgica, perche possa il suo lavoro artistico come un servizio e non come un spressione di se? Purtroppo questa oggi non si capisce ca'-'UUL'-' Siccome per secoli abbiamo identificato la fede l'insegnamento di una dottrina, siamo convinti basti fare un corso di architettura sacra o sulla sacra e il problema sia risolto. Ma la vera svolta verd, come era convinto Giovanni Paolo II, s quando la Chiesa si prenderi cura pastoralmente artisti, in modo che l' artista possa avere un' esp personale della redenzione ... Non basta la c zione degli artisti con i teologi e i liturgisti. questa si capisce meglio se faccio un esempio con poesia. Un poeta non riesce a scrivere una po guidato da un teologo. Se per ipotesi se ne uno disposto a prestarsi a questa gioco, potri fo mettere insieme un po' di parole belle, ma non una poesia che scalded il cuore, non sari una opera d'arte. Allo stesso modo ci si puo chiedere: che sensa ha che un grande artista sia guidato da due 222 Quinto siorno turgisti che gli dicono cosa dovrebbe fare, se questa cosa non e la vita della sua vita, carne della sua carne, sangue del suo sangue? Probabilmente uscid fuori una cosa anemica ... Perche, vedi, non si tratta solo di un percorso artistico, ma di un cammino spirituale. Non si diventa artista dell'arte sacra dopo un corso, ma quando dalla tua opera trasuded la tua esperienza personale di Cristo. La creazione artistic a per l' arte sacra e evidentemente una partecipazione alla reden- zione. Se uno sperimenta che e un peccatore perdo- nato, prima o poi sapd dirlo. Se uno sperimenta che anche gli altri lo hanna perdonato, allo stesso modo lo sapd dire. E se lui stesso ha perdonato, imparera molto bene a dire il perdono, la redenzione. Solo al- lora trasuda cio che e il mio orizzonte, la visione del- la meta della mia vita, che e una esperienza nella co- munione, e non un'esperienza soggettiva intimistica, tanto meno un corso serale. lr!fatti, uno si domanda: qualeforte comunione dovreb- be esse rei tra il liturgista e I' artista, '!ffinche un contenuto possa passare dalla visione del prima, attraverso le mani dell'altro, nella materia, nell'immagine? L' arte liturgic a ha i suoi criteri nella teologia e nella liturgia. Ma questi criteri non si imparano a ta- volino: e una questione di partecipare alla vita in Cristo, perche non si puo avere il pensiero di Cristo senza avere la vita di Cristo. Non si tratta di sbanare l'accesso a nessuno, per- che lo Spirito soffia dove vuole. Ci puo essere un ar- tista che non appartiene alla Chiesa, ma che vive una 223 M.I. Rupnik II wsso della piaz.za d'oro Pentecoste fortissima proprio mentre crea un' op cosi fuori dai "suoi" criteri, che forse lui stesso bisogno di tanti anni per far suo cio che gli e so mentre la creava. Ma questa si vede subito, in questa caso la persona sad cosi sconvolta dall ra che e uscita dalle sue mani che si metted in mino ... C' e un'ispirazione, un' opera nella quale partecipi ad un contenuto che ti supera, che ti all'universale e ti porta ad una sacra inqui L' artista che fa questa esperienza non sad pi6 q che era prima, perche qualcosa e successo con Esiste infatti una conoscenza che ti fa rnuovere - me i re Magi che, sentendo dove e nato Gesti, corsi subito li, rnentre gli scribi sono rirnasti fermi Gerusalemme. Gli scribi sarebbero un po' come artista che fa semplicernente cio che gli si e per cui viene pagato e va tranquillamente avanti me sempre ha fatto. E come it!{atti succede. JV!i lliene in rnente un'i che ho letto di recente con alcuni artisti che lumno fa per Ia chiesa del volta santo a Roma. Alla domanda rapporto con il sacra, uno di loro ha risposto che il sacra l' arte sacra non han no per lui ness una rilellanza e semmai, dol!rebbe essere il sacro ad occuparsi di lui ... Questa e solo una conferma in pitt che non in nome di una malcompresa apertura al mondo, vitare artisti rinomati a lavorare per gli spazi ec li, pensando che cosi susciteremo un interesse largo. Si rischia di ottenere proprio il con Penso che chi non ha vissuto l'esperienza della 224 Q11into giorno denzione semplicemente non puo capire queste case e neanche noi possiarno pretendere che le capisca. La questione sta proprio nell' essere dentro o nell' es- sere fuori: essere dentro il mistero e parlarne dal di dentro, essere tu stesso il luogo in cui il mistero si manifesta, oppure pensare di essere capace di farlo per la tua bravura. Se l'artista non ha mai sperimen- tato che cosa significa la liturgia, e difficile che la sua arte ne possa far parte. Ma quando un artista sente di aver vissuto una Pentecoste, che lo Spirito e entrato in lui e lo orienta a Cristo, inizia a svegliarsi in lui la dimensione filial e ... Allora cominced un itinerario che, se da un lata sad artistic a, perche legato all' opera, dentro ci sara tuttavia anche un'autobiografia, un racconto della propria te- de, della propria purificazione, della propria ascesi. Ci sari l'itinerario del figlio prodigo. Oggi l'arte non puo diventare di nuovo arte sacra se non attraverso il cam- mino del figlio prodigo. In questa nostro tempo, in- fatti, nessun artista nasce nell' ambito dell' arte sacra. Tutti siamo nati nel contesto di un'arte estremamente problematica e dentro di noi si svolge una latta per poterne uscire ... Abbiamo detto che l'arte ha trasloca- to dalla chiesa nel palazzo e poi nella galleria e, in questa trasloco, e cambiata moltissimo. Ora non puo tornare direttamente dalla galleria nella chiesa. Deve passare il battesimo. E il battesimo passa attraverso 1' e- vangelizzazione degli artisti. Come cio che dicevamo il terzo giorno a propo- sito di Giona: ci vuole il coraggio di affrontare que- sta latta, questa itinerario di purificazione per uscire dal protagonismo dell'arte moderna, dal suo sogget- tivismo. !VI. I. Rupnik II rosso della piazza d'oro 0' altronde, nella Chiesa tutti siamo su q cammino, perche nessuno e un eroe senza sbagli. qui si pua anche intuire che l'arte potrebbe molti spazi per esprimersi e maturare. Non concentrarsi solo sullo spazio liturgico. La Chiesa mille ambiti dove sviluppare l'arte e il dialogo con artisti. It!fatti, nel tuo percorso di artista, si puo leggere in grana if tuo cammino spirituale. Ancl1e nel trw ultimo L' arte della vita, sia il titolo che il contenuto - che dell'immaginazione, del vestito, dello .1pazio ... - tutto pensare all'arte come paradigma della nostra vita o del stro cammino spirituale. Come sostiene Florenskij, se l' sta coriferisce bellezza al mondo, l'Artista de<rsli artisti dia nell'universo Ia bellezza delle bellezze. 0 come Diadoco di Fotica in uno dei suoi Cento capitoli stici, descrivendo come la grazia di Dio fa su di noi specie di lavoro artistico: "Ia grazia di Dio comincia nel tesimo con il riportare l'immagine a quello che era q l'uomo venne all'esistenza. Poi, quando ci vede aspirare tutto il nostro animo alta bellezza della somiglianza ... , sciando fiorire virtu s11 virtu, elevando Ia bellezza dell' ma di splendore in splendore, le aggiunge a/lora 1 della so1niglianza". Potresti dire qualcosa su questo: in senso ognuno di noi e artista della propria vita spirituale? Il paragone di Diadoco e molto felice, perche . effetti non siamo noi i protagonisti, rna la grazia Dio - sia per quanta riguarda la vita spirituale per illavoro artistico. L' artista non e uno che ha visione e la realizza - questa significherebbe al posto di Dio. L' artista e come Adamo, che 226 Q11into giorno contemplare il creato e nominarlo, ewe dire il suo senso, conoscerlo dall'interno, nella sua essenza pro- fonda. Ma, come abbiamo visto, il peccato ha offu- scato questo sensa del creato e lo ha sostituito con un sapere relativo al mondo, cioe con quella cono- scenza oggettiva, esteriore, che si moltiplica e ci frantuma. Ci vuole la redenzione perche l'uomo possa di nuovo trovare i veri nomi delle cose, ossia il !oro significato, la loro conoscenza integrale. Quando Gesl1 guarisce il sordomuto, la gente e presa dallo stupore e commenta: "Ha fatto bene ogni cosa". Come vedi, e una chiara allusione alle parole che seguono la creazione del mondo: "E Dio vide che era cosa buona". Solo che, alla creazione, queste parole non erano pronunciate da nessuno. Lo scritto- re sacra riferisce semplicemente come Dio stesso guarda cia che ha fatto. E infatti noi non dobbiamo far altro che dire cia che Dio fa e vede, perche solo cosi vediamo le cose nella loro verita e nelloro nesso con tutto. Questa e la conoscenza integrale che non solo da la conoscenza, rna anche la vita. Ma questa lo pua fare solo l'uomo redento, tant'e che la redenzione e una nuova creazione. Il sordo- muto e praticamente l'immagine dell'umanita che viene ricreata, redenta. Percia ora, a partire da questa ri-creazione, la gente pua finalmente dire: "Ha fatto bene ogni cosa". Noi non possiamo creare nessuna opera degna di questa nome se non raccontando cia che ha fatto la . con noi. E questa e bello, perche taglia fuori ogni superbia. In questa modo si acquista l'umilta vera - non la falsa umilta, quella del genere: "io mi 227 AI.!. Rupnik - II rosso della pia.zza d 'oro faccio umile"' che e un altro tipo di protagonismo -, ma l'umild vera, che parte dall'esperienza della re- denzione, cioe dalla consapevolezza di chi sono io senza Dio. Siccome so che ero morto e adesso vivo, che ero nel buio e adesso sono nella luce, io sempli- cemente rivelo Chi ha fatto questa e come e Lui. Non c' e spazio per ness una superbia, per presunzione. Tutto quello che posso fare e solo la continuazione dell' opera della redenzione, di que- st' opera pasquale nella quale noi, sgombrando pro- gressivamente il terreno dal nostro "io" che sempre di affermarsi, permettiamo che si affermi 1' pera che Dio ha compiuto, perche anche le opere umane facciano trasparire 1' Artefice che e 1' origine di tutto. A questa proposito, mi vengono in mente due tri brani biblici, quello della torre di Babele e della Pentecoste. Nel prima caso la situazione manita e la non comprensione, mentre a Pente stranamente, tutti si capiscono. Uno dei mid sulla Torre di Babele spiega 1' accaduto con la della possessione delle terre. Gli uomini conquistare sempre pil1 terre, quindi andavano sem pre pil1 lantana, ma poi non sapevano tornare a casa, perche si perdevano. Allora decisero di costruire grande torre, in modo da poterla vedere da lantana, cosi tornare. Chi portava pitl pietre per la ne della torre aveva diritto a pil1 terreno. Ma, non farsi capire dai concorrenti, quando con le pietre, si inventavano dei linguaggi lora. Alla Dio si stufa e dice: va bene, cosi avete voluto, nmanga. Questa midrash fa vedere bene come 1' 228 Quinto giomo comprenswne nasce proprio dalla passionalit:'t della possesswne. Nella Pentecoste accade esattamente 1' opposto: sono presenti dodici nazioni e il racconto sottolinea come ciascuno parla la sua lingua, ma tutti capiscono le lodi di Dio. L'umanid comincia a comprendersi non perche si parlano tutte le lingue del mondo, ma perche tutti parlano della stessa cosa. Cia che si vuo- le dire, unisce tutti. E che cosa si vuole dire? Si vo- gliono lodare le grandi opere di Dio non le mie, rna di Dio. Cosi ci si capisce! II capitola 2 della Lettera agli Efesini che abbiamo gia rammentato dice lo stesso: noi dobbiamo sempli- cemente far vedere la grazia che Dio ci ha data. Allora nasce un consenso! Perche? Perche lamia ope- ra non e pi(I letta come l'affermazione unilaterale di un mio punta di vista, di una mia genialit:'t, di un rnio merito, ma esprime la fede della Chiesa. Non si tratta di esprimere le idee di Rupnik, ma la fede di tutti colora che appartengono al Corpo di Cristo. Devo allora dire qualcosa che i cristiani sperimente- ranno come proprio, a lora intima, a lora caro ... Quando io mi sono spossessato dal desiderio di dire qualcosa di mio, per mettere quello che Dio mi ha dato al servizio di qualcosa che appartiene alia comu- nione, allora avviene una specie di "si" corale. Uno guarda 1' opera e dice: "si, proprio questa io volevo dire, questa e anche la mia esperienza!" E quando noi, attraverso 1' opera d' arte, suscitiamo questa con- sensa "questa l'ho sentito anch'io nel cuore" apriamo il cammino dal cielo a noi. Perche tutto questa riguarda il nostro rapporto con Dio e il rap- 229 11.1.1. Rupnik- II rosso della piazza d'oro porto di Dio con noi. Se l'ispirazione proviene da ha questa carica di umilta, dove l'artista si mette parte - non per schiavitu o servilismo, non per umilta, ma perche proprio cosi realizza anche il glio di se, se le persone emergono dalle relazioni quanta abbiamo di piu personale e inconfond 1 ' viene fuori nella comunione. L'opera d'arte in questa modo e come l'amore: quando si ama, cosa piu importante e il bene dell'altro e si che ci realizziamo domdo la precedenza all' altro. do faccio un gesto d' a more, in qualche modo cio a me stesso, ma allo stesso tempo esprimo il glio di me. E pitl esprimo questa "meglio di me pitr l'amore e personale come gesto, pitr e puro, l'altro lo percepisce come universale. Questa vale per la vita spirituale, che per la missione della e per I' opera d'arte. Allora collaboriamo veramente a quello che dice Paolo, che noi siamo "opera sua, creati in Cristo Ges6 per le opere buone che Dio ha predisposto perche noi le praticassimo". Siamo opera sua ... questa e straordinario! Perc he l'autore di un'opera d'arte non e importante? Perche il vero au tore e Co lui verso il quale 1' opera vuole muovere le persone che la incontrano. Allora anche la nostra opera buona non e altro che rivelare quel- l' opera che siamo noi, cioe muovere le persone verso la vita eterna, verso la vita di Cristo. 230 Sesto giorno: 1' arte della
comuntone Come nasce oggi un volto santo nell' Atelier del Centro Aletti? Partirei da una cosa un po' curiosa: ogni volta che realizziamo ha un che di autoritratto. Per il san- tuario di Lourdes, ad esempio, abbiamo fatto una decina di volti della Madre di Dio col Bambino. Anche se il disegno era uguale, ogni artista che lo realizzava vi ha messo la sua impronta. Ma si capisce! Quando fai un volta e scopri degli occhi che ti guar- dano, quando ti accorgi di essere vista, nasce un dia- logo con la persona che raffiguri. Qualcosa di suo passa a te e qualcosa di tuo passa li. E molto interes- sante, se guardi diacronicamente le opere di un arti- sta, come il volta sia la cosa meno statica. Li si vede in modo palese il suo diario spirituale. Infatti, e chiaro che non puoi fare un volta carico di significa- to, di purificazione, se tu stesso non hai passato que- sta purificazione. Altrimenti non e possibile. Tant' e che, se prendi alia leggera questi passi, o non ce la fai ad arrivare in fonda alia figura, o entri in una fortis- sima dinamica spirituale. Non e possibile giocare, al- 231 AJ.l. Rupnik - ll rosso della piazza d 'oro trimenti il volta non riuscid e le persone che lo v ~ dranno rimarranno indifferenti. L' arte figurativa non e come la poesia 0 la musica. A 21 anni il poeta pua scrivere la poesia che r la sua massima espressione per tutta la vita, ma n l ~ 1' arte figurativa si matura lentamente, perche il tipo di arte con cui hai a che fare esige la materia, richie- de la partecipazione del corpo alla veritii della perso- na ... Se il sensa della nostra vita e conoscere Dio e giungere a Lui, il volta e forse proprio il punta di. arrivo. La questione di disegnare un volta o di zarlo in mosaico e qualcosa che supera semplice- mente il dato del talento o della tecnica acquisita. Non si tratta, infatti, solo di disegnare un volta, rna di comunicare una presenza che gli altri percepiran- no. 11 volta deve avere una luce di trasparenza, di rificazione, di comunione, deve esprimere questa lu- minosita che viene dal di dentro. 11 mosaico c tale vorrebbe essere un'arte che ha la luce dentro e il. volta e dove tutto questa si concentra. E questa accade quando il volta che raffiguro sempre di pil1 quello di Cristo, o di un santo, e non un'opera nlia. Ma, per arrivare a questa, bisogna re una forte e viva esperienza di Cristo e della che lo Spirito ci dona. E la vera esperienza di Cristo e quella di essere suo Corpo, di scoprirsi dentro ad un organismo. 11 volta di Cristo, della Madre di Dio, di un santo sad allora necessariamente co 1U1.<G1V'"'"'v dalla mia percezione di questa Corpo. Se e forte consapevolezza di essere parte del Corpo di Cristo; allora mi sara familiare il suo volta e il volta di colora che gli appartengono, tanto pil1 che, come 232 Sesto giomo biarno detto pi{l volte, cia che esiste di pitl personale viene fuori nella comunione, giacche la persona, se- condo il modulo trinitario, emerge dalla relazione. Percia penso che, per la nostra esperienza come equipe di artisti del Centro Aletti, sia fondamentale l'ecclesialita. Proveniamo da una decina di nazioni di- verse, apparteniamo a Chiese diverse ... Siamo vera- mente una realtii variopinta! Per il nostro lavoro arti- stico, e fondamentale vivere questa esperienza della caritii di Cristo, in modo che la verifica sia costante- mente quella della vita: se tra di noi c' e una vita bella, si riveled nella creazione artistica. E quando abbiamo una vita bella? Quando siamo nella caritii, nella co- munione. Percia per me e molto importante che si lavori, soprattutto in cantiere, cominciando al matti- no con 1' eucarestia, perche li prendiamo atto di cia che siamo veramente. Li partiamo con 1' attica giusta, sacramentale, su questa unita. Li sappiamo che cia che siamo lo siamo in quanta Corpo di Cristo. E poi, quando saliamo sull'impalcatura, tutta la giornata reg- ge fino a quando regge la consapevolezza che siamo cia che abbiamo vissuto al mattino nell' eucarestia. Questa verifica fa si che il volta che componiamo sia vivo e le pietre che noi stendiamo sulla parete siano abitate dal Signore, perche dove c' e la carita li c' e Dio. L'unica fonte della caritii e Dio. Fino a quando tra di noi c'e questa clima, i volti diranno quello che devono dire. II volta del Signore, i volti dei santi, sono espres- sione di noi come Corpo di Cristo, espressione di noi come SUe 111embra. Questa e la dinamica che per- mette di disegnare i volti. E chiaro che si tratta di 233 ;'vl.I. Rupnik II rosso della piazza d'oro qualcosa che non e automatico, ma richiede una pu- rificazione. La nostra capacitii di raccontare cio che significa Cristo nasce da questa dinamica dell' ecclesialita. Non serve avere un santuario fatto da grandi nonti, se questi non rappresentano il Corpo di Cristo. Penso che stia arrivando il tempo in cui i cristiani non vonanno pili fare grandi case - grandi secondo le misure del mondo. Faranno le case in piccolo, ma con lo spirito giusto. I volti esprimono quindi Ia comrmione nella quale ven- gono generati. 1\!la come viene concretarnente composto volto di Cristo? Le persone norma/mente si 1neravigliano di questi occhi cosi grandi ... L' occhio e la parte pili importante del volta. E proprio H che si coglie la presenza. Non e un che, quando si vogliono distruggere le immagini sa..: ere pensa per esempio a tanti episodi della c versia iconoclasta -, si sia preoccupati soprattutto distruggere gli occhi, di spegnere lo sguardo. E cesso persino con la nostra Via Crucis a Mengore, Slovenia, dove qualcuno nella notte di Halloween tentato - secondo la polizia con almena sedici - di scavare 1' occhio dal volta di Cristo ... Ma 1' occhio e indubbiamente anche la parte difficile da realizzare. Se e fatto di pitl pezzi, puo sere problematico, puo essere gia falso, come se scondesse qualcosa. Un occhio non luminoso, spirituale, diventa un occhio di possessione. Percio meglio fare un occhio semplice, come dice il gelo: il tuo occhio sia semplice, puro. Normalmente, 234 riusciamo ma non ci riusciamo sempre -, cerchia- rno di spezzare lo smalto per la pupilla con un colpo solo. Se dobbiamo fare una pupilla di dieci centimetri di diametro, e chiaro che non ci riusciamo. In quel caso facciamo la pupilla composta, ma e, appunto, un'eccezione. Gli occhi sono volutamente scuri, fatti di uno smalto quasi nero, perche su una pietra scura troveremo sempre un riflesso di luce. Se guardi un occhio scuro, si colgono facilmente dei bellissimi scorci luminosi, una piccola luce che scalda. E poi gli occhi sono grandi perche cosi si favori- sce l'incontro. Quando entri in chiesa, prima ancora di vedere, sei vista: e cosi avviene subito un incon- tro. Ma, se non desidero questa incontro, saranno proprio questi occhi a darmi fastidio. Una volta mi ha scritto un giovane frate raccontando la sua espe- rienza degli esercizi spirituali in una cappella con i nostri mosaici: questi occhi grandi lo disturbavano finche non ha cominciato a pregare sul serio, finche il suo cuore non ha smesso di resistere allo sguardo del Signore ... Quando poi e entrato seriamente nella preghiera, questi stessi occhi gli sono diventati fami- liari, vicini, eloquenti, sono diventati un luogo di in- contra. Perche il nostro Dio ha degli occhi, ha un volta, e una Persona. Anzi, il suo volta e composto dai tanti volti dei santi, ha tanti occhi. La chiesa di- venta cosi come quegli esseri dell' Apocalisse che hanna tanti occhi, perche tutti i santi ci guardano dalle pareti. E ci guardano per quello che sono: re- denti in Cristo, ricolmi di Cristo. Negli occhi si co- munica veramente lo Spirito e la verita spirituale della persona. 235 ALI. Rupnik- II rosso della piazza d'oro E il resto del volto? Su quali criteri lo imposti? Come e composto il volta di Cristo? No mente presenta due parti: una parte piu severa, piu stera, e una piu tenera e mite. La vera questione stico-spirituale e proprio 1' equilibria tra queste parti. Quando uno entra in chiesa, vede 11, sui volta Cristo, il proprio stato d'animo. II volta di Cristo sponde a cio che la persona si porta dentro. Se uno spiritualmente trascurato, negligente, sensuale, za lo sguardo verso Cristo e vedra il lato austero Signore. E interessante che, per lo stesso volta che alcuni sembrava severo, altri mi abbiano detto: ' sguardo tenero, ma allo stesso tempo sobrio, maturo Se sui volta di Cristo vedo l'austerit:l, questa mi ned a rispondere. Allora la mia persona puo cresce:re davanti a Cristo in questa dialogo. E magari la ma volta, tra qualche tempo, lo stesso volta mi dera dolcemente. Nell'arte sacra, il volta deve venire incontro persona, deve incontrarla in cio che la persona nella sua verit:l. Percio i volti sono fatti mente con un velo di tristezza. Cosi, quando uno gioioso, quel velo di tristezza non gli dad fastidio, la sua gioia e spirituale, ma lo contermera nella Se invece uno e gioioso in modo sensuale, ' te"' questa velo di tristezza sara un richiamo alia briet:l. E quando arrived 11 una persona che quel velo di tristezza sad per lui uno sguardo compassione che lo incontrera proprio li dove si va. Ma, fermandosi a contemplare quel volta, che, oltre il velo di tristezza, la figura emana un so di forza e tanta luce. 236 Sesto giomo Una volta e venuto da me un ragazzo mentre di- pingevo un volta di Cristo e mi ha chiesto: "Ma per- che i tuoi Cristi sono tutti piuttosto tristi?" Gli ho ri- sposto: "Vuoi che faccia un Cristo con il sorriso?" E ho cercato di spiegargli che l'immagine di Cristo de- ve essere fatta in modo tale che tutti possano incon- trarlo. E la sosta obbligatoria di ciascuno di noi e la sotferenza. Prima o poi una cosa ti fad piangere: la rnorte di una persona cara, un incidente, una malat- tia ... Prima o poi una cosa andra male. Ti immagini di entrare in chiesa e trovare un Cristo che ti sorride? Penserai: "Facile per te, tu sorridi, ma a me e marta la mamma!" Percio la Chiesa con 1' arte sacra ti raggiunge li dove e inevitabile la sosta della carne umana, vulne- rabile, sofferente, imperfetta. Ti incontra li, ma poi comincia ad agire 1' altro aspetto. Ad un tratto co- mincerai a vedere che questa Cristo triste e anche forte, ha un colla potente, pieno di Spirito. E magari scoprirai che il volta di Cristo ti ha preso nella tri- stezza e ti porta pian piano nella speranza e nella pa- ce; ti ha preso nell'angoscia e ti porta nella luce del- l'aurora; ti ha preso nella notte e ti porta al mattino ... Questa e il passaggio! Questa e Lute del volta di Cristo. Con i volti dei mosaici e successa una cosa molto interes- sante. Quando, dopo pilj di dieci anni, abbiamo rivisto il mosaico della Sedes Sapientiae, dono che Giovanni Paolo II ha voluto fare a lie universita cattoliche e che sta Ju:endo il pellegrinaggio di tutto if mondo, abbiamo potuto vedere sulfa Madonna c sui Bambino - che erano Jatti ancora nel tuo 237 lvf.I. Rupnik- II rosso della piaz.za d'oro stile iniziale, co11 tutte le pietre lien distinguibili - che /a materia dei volti si sta ritirando per le tante che hanna ricevuto dai fedeli e che Ia /oro espressione ta sempre pil'l impregnata di luminosita. In qualche modo conte se i fedeli continuassero l' opera dell' artista, perche il !oro gesto di venerazione aggiungono al mosaico anche !oro adesione, il /oro am ore persona/e ... Non e sempre stato cosi con le immagini Mi ricordo che padre Spidlik amava tanto quel p di Kireevskij dove il filosofo ricorda come era in ginocchio davanti ad una vecchia icona che sentito letteralmente carica di tutte le preghiere che fedeli lungo le generazioni avevano rivolto alia di Dio li raffigurata. L'icona si era cosi imbevuta flusso dei movimenti dei cuori, che ora 1' energia che ne usciva fuori. Si, la venerazione fedeli e proprio la continuazione dell' opera. L' "vernice", il tocco definitivo sull'arte sacra e il delle preghiere dei fedeli. Anche da padre Pio o Lourdes succede cosi: nell'arco di pochi mesi, gliaia di pellegrini hanna lasciato sul mosaico pronta della loro fede. Tutti questi gesti fanno di quel bagno di preghiera che i fedeli fanno alia immagine. Percio questa "unzione" della pietra, attraverso i gesti di tenerezza, attraverso le carezze baci, e cia che davvero completa l'opera, perche sprime che questa opera, generata dalla Chiesa, e veramente consegnata alla Chiesa. E questa non automatico. E un fenomeno sorprendente, p non segue coordinate che si possano calcolare. c' e una rivelazione, un mistero, una presenza, li cede qualcosa ... La preghiera dei fedeli e la risposta un dono ricevuto. Ed e a sua volta il dono piu p 238 Sesto giorno zioso e commovente che puo capitare ad un artista che lavora per l'arte sacra. Questa preghiera dei Jedeli, come insegnava padre Spi- d/{k, e anche ['ultimo criteria che attesta se tm'opera d'arte e veramente arte sacra. Ed e proprio questa preghiera che au- menta Ia potenza conu.micativa di un'immagine. Ci puoi raccontare qualcosa sull 'eco che ricevi dalla gente che incon tra i mosaici del Centro Aletti? Penso che 1' espressione che piu ci commuove, quando finiamo un lavoro, sia quella di chi dice: "adesso siamo entrati in chiesa, ora percepiamo che c' e la chiesa". Per noi questa e il massimo. Perc he - come dicevo - quando cominciamo le giornate di lavoro con 1' eucarestia, il nostro desiderio piu profon- do e di pater lasciare con il mosaico un'impronta di cio che siamo alla mattina alla messa - il Corpo di Cristo. Devo dire che, sia da parte dei fedeli che da parte dei non credenti che cercano, abbiamo delle riso- nanze molto significative. Poi c'e sempre anche il gruppetto degli "intenditori", che un mio ami co chiama i "signori-rna". Questi dicono ad esempio: "Ma come mai questa Cristo ha un piede cosi gros- so? Non mi piace". "Non lo so - rispondo io -, forse perche ha fatto tanta strada per venire qua a trovarti nella tua parrocchia". Credo che su alcune cose veramente non abbia senso discutere ... Quando abbiamo lavorato in un seminario, e ve- nuto da me un sacerdote, non pitt tanto giovane. Mi ha detto: "E bellissimo. Siamo tutti presi da quest' o- pera, ci aiuta a pregare. Porto qui preti e laici a vede- re la cappella e tutti rimangono colpiti. Ma mi rima- 239 i\i.I. Rttpnik Ilrosso della piazza d'oro ne il dubbio se le figure non sono forse po' grandi. Se fossero pil1 piccole ... " "Guardi gli ho sposto - siamo in un' epoca dove Ia Chiesa e ca, debole, divisa, presa da tanti dettagli insignificanti, mentre le cose fondamentali ci stanno sfuggendo. noi oggi vogliamo rievangelizzare l'Europa, mo far vedere - come facevano nel romanico - la figura pil1 importante e quella pil1 grande, che la grandezza corrisponde a cia che si vuole dire. una generazione cosi distratta come la nostra e glio venire incontro con un'immagine che tamente viene colta come quella fondamentale". ' risponde - se volevi dire questa, ci sei proprio riu sci to". Un' eco mol to significativa veniva da un u n ~ ' di sacerdoti che, per diversi motivi, avevano dei p giudizi verso la nostra arte. Sono andati a molto prevenuti i mosaici di San Giovanni ,_,,nvllu' Ma, dopo un'ora in mezzo a questi mosaici, co ciava a succedere qualcosa di molto forte dentro loro. Mi hanna scritto una lettera piena di c zione profonda, che per me e per tutti noi e una stimonianza della grazia di Dio ... Abbiamo ricevuto anche tanti messaggi da di vescovi e di sacerdoti che alia GMG del 2011, Madrid, hanna portato i giovani nella cappella Santissimo della Cattedrale e sono rimasti loro stupiti di come i giovani siano ammutoliti in cappella, nonostante la grande confusione che c' fuori. Questa per me e un segno della "spazio cro", la potenza di una presenza che ti sup era e ti scia in silenzio ... 240 Sesto giomo Nel mosaico tutto cerca di contribuire ad un lin- guaggio immediato: la figura semplificata al massi- 1110, il gesto pulito, chiaro, esplicito, con il volta sempre pitt puro, luminoso, aperto, gli sfondi di ma- teria vera, reale e le parti decorative realizzate con un grande dinamismo. Sono pero convinto di una cosa, e ogni volta la ridico agli artisti: possiamo esse- re anche abilissimi nel disegnare, nell' eseguire il mo- saico con tutti i metodi, possiamo usare tutti i colori, far confluire le materie, far scivolare le pietre su e gitl. .. rna queste cose diventano vive solo per opera della Spirito Santo, l'unico che da la vita e che versa nei nostri cuori 1' am ore del Padre! Per questa inau- guriamo sempre un cantiere con la preghiera dentro alia chiesa, davanti alla parete ancora vuota, chieden- do al Padre che ci mandi lo Spirito Santo per donar- ci la carid. Senza un' epiclesi, niente di significativo si puo compiere su questa terra. E li che comincia l'unzione della pietra con la preghiera ... Quando siamo nei cantieri, io presiedo Ia messa ogni giorno e gli altri sacerdoti concelebrano. Sento che, come padre del gruppo, e mia la missione di of- frire ogni giorno concretamente con il pane e il vino anche il lavoro di tutto il gruppo. Mi preparo alia messa e la celebro insieme agli artisti. E con il pane e il vino offro il lavoro di ciascuno: di Manuela, di Svetozar, di Stella, di Silvana, di Renata, di Bostjan, di Eva... di tutti. Perche credo che, se ogni giorno offriamo quel pezzo di mosaico che abbiamo fatto e lo uniamo al pane che si fondera a Cristo e rimarra Cristo, allora, quando completiamo I' opera con !'ulti- ma messa e offriamo il mosaico alia Chiesa delluogo, 241 lvl.I. Rupnik- Ilrosso della piazza d'oro noi stiamo offrendo un pane eucaristico. Offriamo la Chiesa cio che, come dicevamo ieri, e il grana suo rapporto all' ostia e a Cristo. Abbiamo preso pietre provenienti da tutto il mondo e, attraverso lavoro e 1' eucarestia, queste pietre so no veramente ferte a Dio. Se il credente viene toccata e se chi c Dio viene invitato, e quindi solo perche li c' e cuno che lo tocca e lo invita. C'e stata qualche esperienza particolare in questa che ti piacerebbe raccontare? Raccontero una delle esperienze pili forti per - rna credo anche per gli altri artisti della squadra: cantiere della concattedrale ortodossa di Cluj, Romania. Gia quando con il mio assistente ab portato la un pezzo del mosaico - il volta della gine, che era comunque molto grande, perche presbiterio della chiesa e altissimo - e successa cosa del tutto inaspettata. Volevo che il vedesse il volta prima di proseguire con il unJoaJ.'-' intero. Volevo essere sicuro che percepissero st'arte come un'arte per la loro chiesa, perche era scontato che una cosa fatta da un artista andasse bene per loro. Abbiamo appoggiato st'immagine su una tavola di legno davanti all'' stasi. Avevo la stanza vicino alia chiesa. Alla sera, di, sento un canto. Mi sono affacciato - era il co che stava pregando davanti alla Madonna! Poi, mattina, trovo una processione che entra in chiesa - com'e abitudine tra i cristiani d'Oriente che, trando in chiesa, si inchinano davanti alle icone e 242 Sesto giorno baciano - i fedeli andavano a baciare il nostro volta. Mi ha colpito soprattutto una donna anziana, tutta curva, che si inchinava con fatica per pater dare un bacia alla Madre di Dio. Era una scena commoven- te ... perc he con questa si compie il sensa di noi arti- sti: qualcuno ha riconosciuto qui la presenza! Questa bagno di preghiera e l'ultimo tocco e, con esso, l'o- pera non e pi6 nostra. Senza quest' tocco, 1' pera rimane incompiuta. E la ch: oggt ci siano tante opere incompmte, propno perche nes- suno ci prega davanti. L' altro episodio che ha segnato un' esperienza molto importante per tutta la nostra squadra e suc- cesso sempre nella stessa chiesa, quando siamo arri- vati li per la seconda volta per fare 1' arco trionfale, dopo che, nel 2006, avevamo completato il mosaico nell'abside. Anche se c'era il cantiere, il parroco non voleva chiudere la chiesa del tutto per non impedire ai fedeli di entrarvi, secondo la loro abitudine, per un breve saluto. Allora abbiamo messo una transenna nella navata per rispettare le norme di sicurezza ed evitare che i fedeli si avvicinassero troppo all'impal- catura, che comunque era stata messa solo lungo l'arco, in modo che l'abside rimanesse visibile. Cosi noi lavoravamo sull'impalcatura, mentre la gente ve- niva a pregare sotto. E ogni tanto vedevo qualcuno degli artisti che si fermava come rapito e guardava giu. Dall'impalcatura, infatti, si poteva cogliere lo sguardo di chi guardava la Madre di Dio nel presbi- terio. Vedere gli occhi, alle volte in lacrime, di que- sta gente che pregava, i loro volti ... Penso che i no- stri artisti non potranno mai scordarlo. Questa e 243 AU. R11p11ik II rosso della piazza d'oro troppo forte, quando vedi che cosa significa Ia Ia preghiera, Ia Chiesa! E tutto converge a una nita, perche quelli che pregano davanti all'' diventano per noi una memoria di cio che noi, che al mattino, prima di cominciare il abbiamo pregato e celebrato l'eucaristia e che te la giornata abbiamo portato il peso dellavoro, cando di conservarci nella carid. II vostro lavoro "dalla Chiesa e per la Chiesa" si cepisce anche dal modo di procedere nel cantiere, dove vuoi nwi seguire un p r o ~ e t t o prestabilito, ma consideri zi tutto chi so no i collaboratori presenti e che cos a potete re insieme. Aile volte l'assenza o Ia malattia di un ar puo sign(ficare che il nwsaico sara diverso da come lo maginavi. Come se if direttore del coro decidesse di delle variazioni sui programma del concerto, se il suo glior tenore non si sente bene, piuttosto che cercare ora trovera un altro in grado di realizzare quello che nizio pensava ... Questa e solo un altro aspetto di cio che mo sull' ecclesialid. Il mosaico e diventato presto delle tecniche pil! presenti neUe chiese, anche e un'opera corale e, dunque, ecclesiale. Nel coro deve essere un direttore, nella Chiesa c'e un Le membra funzionano perche c' e il capo. co sa funziona spontaneamente se c' e una vita siale, se si concretizza nella nostra vita cio che Corpo di Cristo, se cio che si celebra nella liturgia mattino poi si prolunga nel cantiere. Se c' e una ecclesiale tra gli artisti, allora il passaggio ad 244 Scsto giorno artisti di Chiesa, anziche autoaffermarsi, e gi<'t fatto. Si vive spontaneamente cio che Secondo Solov'ev e 1' ecclesialita, che cioe l'individuale entra liberamente nella comunione, il particolare si sottomette libera- mente all'armonia dell'insieme. Ma anche il mio ruolo di dirigente del coro si e pian piano trasfigurato: se all'inizio ero un artista che, come un maestro, magari ha anche trasmesso la sua arte agli altri, iniziandoli, correggendoli, coinvolgen- doli, preparandoli, ora il mio ruolo e sempre pil1 quello di padre - e infatti gli artisti mi chiamano co- sl. Questa significa anzitutto una fiducia reciproca. Loro possono sperimentare da parte mia una seried, una visione posata, non capricciosa, una visione che li considera, che non li prende in giro ... Loro si fida- no di me come io ho fiducia che loro potranno fare cio che affido loro nella visione dell'insieme, che cia- senna puo fare Ia sua parte e che, quando !'ultimo giorno scenderemo dall'impalcatura e la butteremo gi{t, ci sara una grande armonia. Loro si fidano di questa e io mi fido totalmente che loro possano cor- rispondervi. Anche quando una cosa non e venuta come 1' avevo chiesta e disegnata, Ia lascio, pure he non ci sia uno strappo all'armonia dell'insieme. Si ri- nuncia ad una visione, si muore ad una piccola cosa, perche il principia del lavoro e Ia comunione, il dia- logo. Percio non voglio mai fare un progetto sulla carta. Con questa si rischia di sopprimere 1' ecclesia- lita. Il nostro "progetto" e il Corpo di Cristo, e il Corpo e un organismo. Puo anche cambiare, mentre un progetto prestabilito lo renderebbe statico. Cosi, durante illavoro, Ia piccola Chiesa che siamo noi di- 245 AI. I. Rup11ik- II rosso della pia.zza d'oro venta cio che e... Quasi non posso immaginarmi di non il progetto 11 direttamente sulle pareti. Tanto. e vera c!1e, anche con colora che insistono per avere 1 bozzettt, metto sempre le mani avanti dicendo che il mosaico sara una cosa totalmente diversa. Ma veda che non e consueto un modo ecclesiale di pro- cedere cosi, dove cioe il progetto viene elaborato in una dinamica orante a partire dalla comunita, da pianificazioni teoriche. Questa '!f!ldamento reciproco si allarga anche alla co- ecclesiale attende quest' opera e che da la sua fi- dtwa ... If conumttente alle volte ti fascia sa;gliere anche soggetto del mosaico? Ci sono diverse possibilita. Alcuni dicono: "Noi vogliamo questa e questa," e hanna gia tutte le idee elaborate. Da parte mia, io accolgo queste idee e co- mincio a creare. Ma e chiara che, appena si c a creare, vengono tante aperture nuove. Poi ci si par- la e nasce un bellissimo dialogo. L' altra possibilita e che, ad esempio, ti dicano "Noi vogliamo una chiesa dedicata al Sacra Cuore. Ma, padre, faccia lei un progetto iconografico basato sulla teologia del Sacra Cuore". E anche qui una bella ricerca in dialogo. E poi ci sono anche quelli che dicono: "Noi ab- biamo questa presbiterio, faccia lei ... " Quando ci chiamano a lavorare in una chiesa o una cappella, cerchiamo di partire in un modo siale, cioe coinvolgendo la comunita per creare me lo spazio per lora. La mia esperienza e che il 246 Sesto giomo do in cui si fa 1' opera e gia parte integrante del conte- nuto. Un lavora cmale in uno spirito di serenita, di gioia, di amicizia e quello stile che fa gia parte dell' o- pera. Siamo sempre colpiti nel vedere che il modo in cui si lavora e contagioso. Tanti parroci, tanti vescovi ci hanno scritto che il cantiere e stato per le lora co- munid un carnmino di evangelizzazione, una sorta di corso di esercizi spirituali nella parracchia, nella co- mi.mid. Normalmente le comunid cristiane dove abbiamo lavorato erano coinvolte nella progettazione e nella realizzazione dell' opera, e percio il mosaic a e diventa- to un' espressione della Chiesa. Gia la preparazione al cantiere neUe parracchie, neUe diocesi, nei conventi, nei seminari e molto coinvolgente. Quando poi le persone ci vedono allavoro, c' e an cora un passo ulte- riore della partecipazione. Ma quando alla fine della- vora presentiamo 1' opera e con un' eucarestia la conse- gniamo alia Chiesa locale, ci capita sempre di percepi- re questa "si corale", come lo chiamava Ivanov, cioe come molti hanno travato nel mosaico il cibo spiri- tuale, il lora spazio, un elemento della loro identita in riferimento a Dio. Tante persone ci hanno fermata dicendo: "Sapete, li dentro ci sono anch'io. Questa e anche la mia storia, questa e anche la mia speranza!" Sono consolazioni molto forti per chi lavora nell'arte sacra ... 247 Settimo giorno: Ia via alia trasfigurazione Jeri abbianw parlato delle rela.zioni tra le persone nella co1nposizione delle opere 111ltsiue, 1na questa tipo di lauoro itnplica anche Ia relazione con Ia materia del mondo. Per quanto riguarda il tuo percorso artistico, sembrerebbe come se con if mosaico auessi finalrnente scoperto quella tecnica che ti e pit1 connaturale. Come se quella matericita che si uedeua gia nelle tue prime pitture, quella massa che sogna- ui, cotne dici nel Colore della luce, l'auessi finalmente trouata co1ninciando a cotnporre con le pietre ... iVIa Ia pietra ha insegnato qualcosa anche a padre Rupnik
Moltissimo! Perche, come dice Jean Lacroix, "l'a- more ha bisogno della materia". Non si ama solo a parole o astrattamente, ma con i gesti, con le cose concrete. La materia dunque trova il suo sensa nel diventare regalo, ossia nel trasformarsi nel dono che noi possiamo farci nei nostri incontri. La materia vorrebbe diventare parte dell'amore tra le persone. La materia ha una sua volonta, perche ha un suo sensa. Per me e molto importante cio che abbiamo 248 Sctti111o giomo detto in questi giorni sul Logos. La materia non e una massa amotfa. Siccome e creata da un Dio per- sonale per mezzo del suo Figlio, che e il Verba con cui il Padre ha fatto il mondo, e chiaro che anche la materia ha in se una predisposizione al personale. Se il mondo e creato da Dio Padre per mezzo del Figlio - che e la Parola creatrice -, e evidente che in un certo sensa la creazione e marcata da questa princi- pia dialogico con il quale e stata fatta. A questa pro- posito mi ha aiutato molto a illuminare teologica- rnente il lavoro del mosaico la visione di Sergej Bulgakov, un grande genio della teologia moderna. Bulgakov, riprendendo l'insegnamento di san Paolo e di san Massimo il Confessore, spiega che in tutto il creato esiste una specie di codice del LLigos. Se noi apriamo la materia e andiamo a vedere questa codi- ce, troveremo che in esso sta gia scritto il sensa e 1' o- rientamento della materia stessa. Aiutami a cap ire di pitt .. Il Corpo di Cristo! L'uomo, in quanta pneuma- toforo, in quanta portatore della Spirito, partecipa al Corpo di Cristo. Percio anche la materia, per non rimanere condannata alla corruzione, vorrebbe par- tecipare, tramite l'uomo, a questa Corpo che riesce a trasportarla aldila della morte. Se il peccato ha reso tutto opaco e rnorto, con la redenzione di Cristo an- che la materia riacquista la possibiliti di essere cio che era nella visione del Creatore. Se si apre la mate- ria, se si dischiude la pietra, si trova in essa il codice del Verba, del Logos. Si trova cioe scritto nella mate- 249 AI. I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro ria il suo orientamento, la sua volond, la direzione del movimento verso la realizzazione del suo vero sensa cioe l'uomo. Bulgakov dice che la materia vorrebbe diventare corpo, perche il corpo e portato- re della Spirito, e quindi partecipa all'amore di Dio e alla possibilita di essere a servizio dell' am ore, di es- sere assorbito dall' am ore. La materia vuole essere quello scenario della rivelazione dell' am ore di Dio che per eccellenza si manifesta nel Corpo di Cristo. Percio il mosaico rappresenta anche un bellissimo itinerario per cogliere tutti i dogmi, dalla creazione alla redenzione, perche permette di far vedere come il creato diventa un'impronta dell'amore personale, fino al volta: dalla creazione fino a Cristo, Figlio di Dio, fino all'umanita divinizzata nel Figlio, per mez- zo della Spirito. Bisogna che l'uomo tocchi la materia del mondo come il sacerdote tocca la materia del sacramento. C'e una similitudine, un nesso con il sacramento, che fa si che la materia del mondo partecipi al racconto della verita come bellezza. Nelle Chiese d'Oriente questa consapevolezza e ancora presente tra i fedeli. Basta pensare che in una parrocchia di Belgrado una signo- ra, ogni volta che incontra la nostra Renata, le bacia le mani, perche - le dice - con queste mani tu lavori per la chiesa ... Proprio come si usa baciare la mano al sacerdote... C' e una certa sacramentalid nelle mani e nei gesti di chi lavora con la materia con l'amore e nella sinergia con lo Spirito Santo. Una persona che ha 1' occhio luminoso, coglie questo aspetto in tutti i gesti di qualsiasi lavoro, perche vede che la reald non e piu la stessa quando viene toccata dall'amore. 250 Settimo giorno Credo che sia necessaria che la teologia parli an- che attraverso la materia, che nel teologo, come nel- l'artista, si uniscano la mente e le mani. Se vogliamo cambiare la teologia, bisogna essere familiari con il creato, con la materia del mondo. e r c l u ~ giudichi cos{ importante questa aspetto? Per evi- tare le astrattezze nel pensare? Questo e un primo risvolto, perche si comincia dalla vita, non dai principi astratti. Ed e la vita che poi, pian piano, trovera le forme culturali in cui e- sprimersi, e mai viceversa. Ma per la teologia c' e un' altra co sa da sottolineare. La teologia non e 1' eser- cizio di un'attivita. intellettuale sulle cose di Dio, un sistema strutturato di verid, uno studio di formula- zioni dottrinali, ma e una reald molto piu ampia, che vuole comunicare una conoscenza spirituale che e una partecipazione alla vita stessa di Dio. Allora e chiaro che bisogna tornare a quella mentalid simboli- ca che non riesce a dire Cristo senza la materia. Pen- so che parlare teologicamente, non solo con le paro- le, ma con la materia del mondo, significa acquistare questo linguaggio tipico della Chiesa, perche anche le parole partecipano di questa dimensione simbolica. C' e sempre piu di quanto salta agli occhi, quando consideriamo la vita umana, le cose, ma anche i con- cetti, le parole ... Non solo. N essuno, isola to dagli altri e dal mondo, puo mai esaurire la pienezza della ve- rita. Non si puo allora dire Cristo senza il pane, senza il vino, senza i fratelli, senza la terra, senza il legno ... Non si puo dire lo Spirito Santo senza l'olio, senza il 251 AU. Rupnik- II rosso della piazza d'oro fuoco, senza 1' acqua ... La materia non dovrebbe esse- re esclusa dalla conoscenza e dalla comunicazione del Conosciuto. Quando si prende in considerazione che la fede e la manifestazione della vita di Cristo attraverso di noi, ossia la nostra partecipazione - nella potenza della Spirito Santo a Cristo morto e risorto, allora tutto cio che e stato creato da Dio riacquista lo splendore della redenzione. Allora si passa dal grana al vera grana, dall' acqua alla vera acqua e dalla crea- zione dell'uomo all'uomo redento. E cos! il cristiano non puo parlare solo a voce, solo con i concetti, con le idee, rna con la materia del mondo. Purtroppo, negli ultimi secoli e sparito dal nostro orizzonte il concetto teologico della trasfigurazione. Non e un caso che, anche nell'arte, sia sparita la sce- na della trasfigurazione. Ma oggi persino la scienza comincia a scoprire che le case riflettono il contesto umano che le circonda, tanto che qualcuno mi ha raccontato che sono stati condotti degli esperimenti che facevano vedere come la benedizione cambia la struttura molecolare dell'acqua. Eppure, mentre la scienza si lascia interrogare da questi fenomeni, sem- bra che noi cristiani non crediamo pil1 neppure che una cena preparata con amore sia diversa. Non cre- diamo che 1' am ore trasfigura la materia e che quindi la bellezza significhi un cambiamento reale della ma- teria. Io credo che una cena benedetta non sia la stessa di una cena non benedetta. Per questa offro ogni giorno, insieme al pane e al vi no dell' eucaristia, il lavoro di ognuno della squadra. Sono totalmente 252 Sectimo giorno convinto che questa cambia 1' opera. Il mosaic a di- venta diverso. Oggi, considerando 1' arte del XX secolo e le sue avanguardie che hanna richiamato l'importanza del linguaggio materico, e considerando che anche la scienza studia il rapporto tra materia ed energia inte- sa come principia vitale, noi cristiani siamo chiamati a recuperare una visione integra della materia, che include la creazione e la trasfigurazione e che pensa il ruolo della materia come indispensabile per la vita spirituale dell'uomo. Solo l'uomo spirituale puo ac- quisire quello sguardo che vede 1' orientamento di fonda della materia, perche altrimenti la materia e continuamente soggetta alla possessione, data che l'uomo la usa per nutrire la propria passionalita. Dopa intere epoche di idealismo e di materialismo, oggi mi sembra importante far vedere nelle chiese la materia come canto, come luce, come gloria, traspa- renza, dinamismo, come una cosa viva. La materia del mondo e variopinta e con cio e gia una bella im- magine della Chiesa. Il mosaico, che in sostanza na- sce dal creare un'armonia dei diversi, e gia immagine della Chiesa, che e proprio 1' armonia delle alterita. Percio mi sembra importante far vedere ampi spazi di decorazione musiva molto dinamica, viva, lumi- nosa, trasparente, per ricordare che la Chiesa e que- sta mondo trasfigurato. I nostri ultimi mosaici sono sempre pitl materici e luminosi, perche cerchiamo di far vedere la materia del mondo come lo scenario della teofania attraverso la redenzione dell'uomo. Vogliamo tar vedere che la materia e arnica dell'uo- 253 AI. I. Rupnik II rosso della piazza d'oro mo, che la materia chiede all'uomo di essere presa nelle sue mani con amore per essere salvata dalla possessione. E, quando la materia e presa con amore, succede cio che e successo con l'uomo quando lo ha preso Cristo: quando noi moriamo nel battesimo e lo Spirito Santo si posa su di noi e ci unisce a Cristo ci fa passare nella tomba di Cristo e ci fa uscire fuori rinati in Lui. Questo passaggio dalla tomba alia risur- rezione come vita in Cristo e cio che accade alia materia quando l'uomo la prende con am01e. La materia vive allora una specie di exodus: dalla men- zogna in cui e spinta, che non le fa vivere cio per cui e stata creata, al suo vero senso. Da tanti colloqui con ~ l i artisti del Centro Aletti si puo intuire che non c' e solo una tra.ifigurazione della materia attraverso Ia persona e le sue mani, ma che awiene anche il contrario: 1nolti si sono resi conto che il lavoro quotidiano con Ia pietra li sta cambiando, perch(: !a pietra non obbedi- sce alla tua volonta co1ne ti potrebbe obbedire la matita o il pennello o, meglio ancora, il "touch-screen", e cos{ e la pie- tra stessa che ti insegna Ia pazienza, che ti umilia, ti eser- cita nella rinuncia alla tua volonta ... Si, la questione della volonta e fondamentale. I1 male del mondo, in realta, e il nostro stesso male. Ha un'unica radice: quella di imporre la nostra volond alia nostra vita, a chi mi vive accanto, alia materia, a cio che mi circonda ... Invece la fede, cioe la rivela- zione di Cristo, e 1' offerta della volonta. La fede non e un'ideologia, l'elaborazione di un progetto ideale, per poi impegnare la mia intelligenza e la mia vo- 254 Settimo giomo Ionti nel compierlo e nel sottomettere tutto a que- sta. Tutta la vita di Cristo e, al contrario, una rivela- zione dell' offerta della propria volonta. Come insegna Solov'ev, non e sufficiente cono- scere il bene e volerlo. Questa puo essere ancora una cosa molto impotente. Bisogna essere immersi nel bene, essere penetrati dal bene. E siccome noi non possediamo il bene, l'unico modo per fare il bene e di offrire la propria volont:l a Colui che non solo vuole il bene, rna lo possiede, perche e il Bene e percio lo puo anche realizzare. I1 mosaico giova a questa ascesi interiore del tener conto dell'altro, fino a! punto di sacrificare la propria volonta. In questo senso, sen to un' enorme gratitudi- ne nel trovarmi inserito in quest' opera, con queste persone, con le quali mi e donato di vivere insieme, di lavorare, di creare. Tante volte, ultimando un mo- saico, nella preghiera conclusiva invito gli artisti ad esprimere nella profondid del cuore la gratitudine a Dio e alla Chiesa perche in questi tempi ci e data la grazia di lavorare con la materia, con i martelli, con le pinze, con i collanti, sulle irnpalcature, attaccati al- le pareti ... in una rete di rapporti gustosi e belli, non perche sempre facili, rna perche pasquali. Bisogna es- sere grati di poter lavorare nella Chiesa, a fianco di tanti sacerdoti, di poter ricevere la benedizione di tanti vescovi, di poter vedere i bambini che vengono alla sera a prendere i pezzettini d' oro e delle pietruz- ze che ci sono caduti durante illavoro e che, con gli occhi pieni di gioia, ci vengono a far vedere che co- sa hanno raccolto e a chiedere se possono portarlo a casa. Bisogna essere grati in questi tempi di poter 255 AU. Rupnik- II rosso della piazza d'oro viaggiare per migliaia di chilometri per tutta l'Euro- pa, di poter cantare e pregare, di poter immagazzina- re una memoria dei luoghi concreti, dei volti con- creti, delle chiese, delle preghiere, della stanchezze piacevoli a lavoro compiuto ... Tanti ricordi che ren- dono immediatamente il cuore gioioso e grato. La nostra di quattro o cinque macchine si e gia messa m moto tante volte, e ormai in quasi tutti i paesi d'Europa abbiamo memorie delle nostre soste dove Manuela istancabilmente in tutti questi anni non ha finito di stupirci in quanti modi e con quanta diversita si puo creare un pranzo, o una cena ... E quando, in occasioni del genere, mi sorprendo a i volti della squadra, non e possibile non mnalzare lodi a Dio e benedire nel cuore silen- ziosamente ciascuno di loro. Nella vita si puo giocare ed illudersi su molte co- se, ma quando fai una cosa cosi concreta come ilmo- saico, non ci riesci. II mosaico e pil1 difficile della scultura, perche nella scultura devi ricavare l'immagi- ne da una sola pietra. II mosaico e la pil1 rigida tra le perche devi comporre un'immagine con diverse p1etre. Per questo motivo nei mosaici antichi si possono osservare poche variazioni sui volti; il mo- saico non e un'arte del ritratto. Ma il flttO che com- pone tante tessere fatte di pietre diverse esprime an- cora pil1 fortemente 1' opera della redenzione, perc he esprime 1' ecclesialita. Per creare il mosaico, la materia deve passare la comunione! Sono pietre diverse, di- verse membra che insieme dicono la stessa cosa ... Ma questa e proprio la Chiesa, il Corpo di Cristo, che e composto di tante membra dove - come sottolinea 256 Settimo giomo san Paolo - ci si prende pil1 cura di quelle piti fragili. Pil1 e forte la coscienza della comunione, meno la persona e esposta al male e pitl e rafforzata la sicurez- za di ciascuno. Questo e possibile solo nell'amore, nella libera adesione. E quando anche la materia vie- ne coinvolta in questa comunione, e lei stessa ad esprimere la cura del dettaglio. Se ci sono tante pietre che insieme devono esprimere il volto, sara la pie- truzza stessa che ti chiamed a elaborarla ulteriormen- te, perche altrimenti il volto non sara completo ... La vocazione che viviamo ci cambia, ci converte conti- nuamente. Cercando con 1' occhio tutto il giorno di trovare la pietruzza giusta al posto giusto, di vedere come aggiustare la forma per creare l'armonia, ci tro- viamo anche noi a metterci al posto giusto. Diven- tando amici si sta bene insieme e si e felici. Lo stesso accade con le pietre. Ma cosi e la Chiesa ... Un gusto pasquale della vita. Quante volte i momenti che vi- viamo ci inumidiscono gli occhi con lacrime di com- mozione. Quando, alia fine del lavoro, ciascuno di noi ringrazia l'altro per la collaborazione, per Ia pa- zienza, per l'aiuto, per aver dato la propria pietruzza al mosaico, e la rivelazione di cio che e la Chiesa. Persino le persone che per caso si trovano 11 e vedono come ci ringraziamo vengono toccate. Questo sono le pietre che esprimono il volto. Proprio riguardo al uolto c'e stato u11 cmnbiamento note- uole - Jorse grazie all' apporto degli artisti che si so no awi- cendati nell' equipe. Insierne siete arriuati a questo stile del uolto sui quale Ia 1nateria sparisce, perche uince l'espressione 257 AU. Rupnik- II rosso della piazza d'oro persona/e. Si ptul dire che, proprio grazie alia collaborazio- ne, alia comunione tra di voi, si e "rqfforzata" anche Ia co- /nunione delle pietre sui volti, tanto che Ia pietra non si vede pitl? E 1' esercizio monastico, cioe quotidiano, che cer- tamente fa il suo effetto... Seguendo gli artisti, ve- dendo le inclinazioni dell'uno e dell'altro, seguivo la loro ricerca e tentavo di favorire cio che anche loro in qualche modo andavano cercando - cioe una sempre maggiore pulizia del volta, una pi6 grande semplicitii, una pi6 grande attenzione a due o tre dettagli nei quali si concentra tutta 1' espressione. Lungo gli anni siamo arrivati a questi passaggi in- teressanti nel mosaico: c'e la parte decorativa, dove cerchiamo di far vedere la bellezza della materia, che e viva, che non e opacita allo Spirito, rna che e il movimento stesso della Spirito. Per questa bisogna giocare sull' armonia tra i diversi: diversi materiali, di diverse misure, di diversa preziositi ... La parte deco- rativa trova il suo sensa nel trasmettere al fedele una serenitii luminosa nel cuore, perche l'armonia delle diversita suscita sempre qualcosa di dinamico, di vita- le e di bello. Con questa disposizione del cuore, il fedele e preparato ad accogliere i contenuti della li- turgia, come anche della parte dogmatica che nel- l' arte e espressa dalle figure e dagli episodi. Sulle figure poi bisogna far vedere la semplicit:l del vestito, per far emergere che siamo rivestiti di Cristo, di modo che i gesti che compiono i perso- naggi del mosaico siano gesti che in qualche modo richiamano il rapporto con Cristo. Percio il vestito 258 Settimo giorno non deve ingombrare, rna deve conconere ad espri- mere 1' essenzialitii del gesto. E, quando si an iva al corpo - cioe al volta e aile mani -, non si deve pitl far vedere la materia, rna la sua trasfigurazione, cioe l'impronta che viene data alia materia dall'amore. Attenti a queste dinamiche, cerchiamo di giocare con i materiali. Cosi, se guardi il mosaico da qualche metro di distanza, percepisci nettamente i contorni delle pietre sugli sfondi. Poi si comincia a perdere la percezione della materia sui vestito, le fughe s ~ l l tes- sere quasi spariscono, mentre sui volta scompawno del tutto, tanto che non sembra 1tto di pietra. Sui volta la materia cede all' espressione della persona. Lo stesso e quando tu guardi una persona in carne ed ossa: quan- do guardo il volta di una persona cara, non penso che e fatto di muscoli, di nervi, di pelle ecc., rna vince l'e- spressione d'amore. Cosi su questi volti. I nostri v ~ l t i non sono fatti solo di pelle, muscoli e ossa, rna lasCia- no trasparire l'amore che abita in noi. Quando incon- tri una persona che ti dona con amore qualcosa, quella cosa rimane inseparabile dal volta, diventa parte del volta, di un volta dove la materia e giii trasfigurata perc he impregnata dall' am ore. L' am ore e quella luce che 1 la differenza tra il carbone e il diamante, direbbe Solov'ev, tra una materia opaca, ribelle e resistente, perche spinta dall' egoism a nella menzogna, e una ma- teria penetrata dalla luce, mossa dall'amore, unita al volta che dice la bontii. Pi6 ci si purifica, pi6 si va avanti negli anni, pitl si percepisce che cosa e fonda- mentale. Pil! si cresce nella sapienza, pi6 guardiamo il mondo con gli occhi socchiusi e cogliamo 1' essenzia- le. E l'essenziale e l'impronta dell'amore con cui la 259 i'vl.I. Rupnik II rosso della piazza d'oro persona segna Ia propria carne. Lo stesso e con Ia teria del mondo ... Tutta Ia materia vorrebbe di volta, perche vorrebbe dire Cristo. Puoi dire ancora qualche para/a sulla scelta dei Se uno scorre l 'elenco dei mosaici per tema, si rende canto che ci sono alcune scene privilegiate. Ci sono, esempio, pit4 di 20 Annunciazioni. Come mai? E tnai cos{ tanti angeli e cos{ tante volte la .figura di Giovanni Battista? I soggetti sono un po' legati a quanta Ia gente ci chiede, ma e anche vera che questa richiesta dipende dalle opere che vedono gia finite e sulla base delle quali fanno le richieste per nuove opere. I tanti angeli testimoniano che vogliamo prendere sui serio I' esistenza del mondo spirituale, cercando di rendere testimonianza all'amicizia tra l'uomo e questi esseri spirituali. L'Annunciazione e uno dei temi pil1 ricorrenti perche esattamente qui e l'inizio della fede. In uno degli ultimi mosaici, nel Collegia San Lorenzo da Brindisi, abbiamo messo 1' Annunciazione sulla porta della chiesa, proprio per ricordare che Cristo non e il LL1gos "greco", ma il Logos che ha ass unto Ia carne e di questa sua carne anche noi facciamo parte. La stessa immagine - 1' Annunciazione, appunto - si trova anche sulla porta del tabernacolo per ricordarci che il Corpo di Cristo e il Corpo del nostro Signo- re, ma allo stesso tempo e anche Ia nostra identita. Agostino diceva che, quando riceviamo Ia comunio- ne, aile parole "Corpo di Cristo" rispondiamo "A- 260 Settimo giorno men", e questa Amen e Ia firma che mettiamo sotto Ia dichiarazione della nostra identita: "Si, io sono parte del Corpo di Cristo". N el sacramento con- templiamo anche Ia Chiesa, cioe Ia nostra comunio- ne. Cosi, entrando in chiesa, ti ricordi subito del Corpo di Cristo e, trovandoti davanti a! tabernacolo, ti ricordi che anche tu sei questa Corpo di Cristo. Nelle scene dell'Annunciazione, cerchiamo sem- pre di indicare il passaggio dalla Parola alia carne. Dopa l'incarnazione, infatti, non basta pil! l'udito per ascoltare Ia Parola di Dio, rna ci vuole anche !'occhio, perche Ia Parola si e fatta Immagine, si e fatta volta ... e percio tutta Ia materia ten de al volta, come abbiamo vista. Ma, al di Ia delle scene dell' Annunciazione, non c' e dubbio che Ia Madre di Dio sia una delle nostre figure pil! amate, e un motivo forte di questa ha a che fare con cia che stiamo dicendo. In Maria si vede per eccellenza che 1' opera della redenzione e un' ope- ra che avviene grazie alia sinergia tra Dio e l'uomo. Nella Vergine Madre si vede che il principia della vi- ta non viene dall'uomo, ma dallo Spirito Santo quindi proprio 1' opposto di quella mentalita antropo- centrica che fa dell'uomo il centro anche della reli- gione. Le coppie sterili dell'Antico Testamento sono proprio I' attestazione pil1 evidente che l'uomo non puo produrre Ia vita, perche Ia vita appartiene al Signore. La Vergine e il Giardino chiuso, Ia Fontana sigillata, che viene fecondata dall'interno, cioe dallo Spirito, che e l'unica realta pitl intima all'uomo di lui stesso. Nella Vergine Madre si contempla Ia fonte di ogni vera creativita - Ia sinergia divinoumana. 261 lvl.I. Rupllik - II ross a della piazza d 'ow Anche Giovanni Battista e una figura da noi mol- to amata, perche e il testimone di cui oggi abbiarno bisogno. Abbiamo bisogno di qualcuno che mostri Cristo, di un gesto che Lo indichi! D'altra parte, quello di Giovanni e un gesto discreto, fatto per es- sere vista quasi di sfuggita, perche subito rimanda a Chi vuole indicare, senza mettersi lui in mostra. Giovanni Battista, inoltre, rappresenta il passaggio dall'Antico Testamento alla novita di Cristo, il pas- saggio da una mentalita religiosa alla fede, dove non contano i valori e le idee, ma la persona del Signore. Giovanni Battista e colui che riconosce Cristo e lo fa riconoscere. Percio nei nostri mosaici lo rappresen- tiamo come una figura esile, ascetica, quasi come se di lui rimanesse solo 1' occhio per vedere e ricono- scere Cristo e la mana per indicarlo come 1' Agnello che toglie il peccato del mondo. E poi c'e tanta Pasqua ... La Pasqua di Cristo non e presente solo nelle scene esplicite che riguardano gli episodi del triduo pasquale, rna spesso viene evocata anche dove uno non se l 'aspetterebbe - ad esempio alle Nozze di Cana o nell'incontro di Cristo con Ia Samaritana - attraverso il costato trafitto di Cristo. La ferita era presente gia nelle tue pitture e conti- nua ad essere un data ricorrente anche nei mosaici: anche nella Redernptoris Mater sono molto evidenziate le ferite su Cristo che sale al Padre o anche sui risorti della parete della parusia, tutti segnati dalle stigmate. Perche Ia ferita ha un ruolo cos{ irnportante nella tua arte? 262 Settimo giorno Penso che ognuno di noi abbia una ferita. E fino a quando non scopri la tua ferita su quella di Cristo, non farai altro che cercare di curartela. Quante volte capita di vedere come le persone, a causa di una feri- ta, leggono tutto in un modo distorto: Ia storia, gli incontri, le parole, i gesti, tutto cio che le circonda ... Tutto e vista nell'ottica della ferita. L'unico modo di uscirne e scoprire che questa ferita partecipa della ferita di Cristo, e quindi del suo passaggio al Padre. Questa e la prima cosa fondamentale per quanta ri- guarda la ferita. Noi con il battesimo veniamo innestati in Cristo attraverso il passaggio obbligatorio nel nostro percor- so di figli di Adamo - cioe la morte. Cristo ci rag- giunge nella morte e fa della nostra morte una mor- te simile alla sua. E, come moriamo con Lui, cosi anche risuscitiamo in modo simile a Lui. Dalle acque battesimali noi ci alziamo con le ferite di Cristo. Anche se queste stigmate non si vedono, le sentiamo ogni volta che viviamo l'amore. E ci riempiono di speranza e ci confermano sulla via giusta, perche ci convincono della nostra partecipazione alla Pasqua di Cristo, dunque del nostro aderire al vera amore di Dio. Per questa, nel nostro passaggio verso la Pasqua definitiva, le nostre ferite diventano le cicatrici della risurrezione. E, per confermarci sui cammino attra- verso le difficolta della vita, lo Spirito Santo suscita ogni tanto nella Chiesa dei santi con le stigmate visi- bili, per renderli testimoni che il modo vera dell' a- mare di Cristo e il cammino pasquale. 263 JVf.l. Rupnik II rosso della piazza d'oro La ferita ... La ferita di Cristo rimane, percio la sua ferita rende visibile che 1' am ore e eterno, che tutto passa, rna l'amore rimane. La risurrezione fa vedere Cristo in una forma diversa la sua figura e cambiata al punta che nessuno lo ha riconosciuto immediatamente, rna la ferita e rimasta e non e un caso che sia stato riconosciuto proprio da quella. Cos! anche noi ci riconosceremo tramite il prezzo dell' am ore. Perche, quando 1' am ore e vera, passa il triduo pasquale e lascia una traccia. E sad proprio quella traccia a farci riconoscere. Ecco, vorrei che tutto questa fosse visibile nei nostri mosaici. E poi noi siamo generati dalla ferita. Molte volte ho disegnato la Madre sotto la croce che indica il costato aperto. La nuova Eva, la Chiesa e generata dalnuovo Adamo. Da dove prendi Ia !Jisione dell'unita del mistero pa- squale e in che modo cerchi di tradurla ne/le irnrnagini? Grazie a Dio, gia nella mia famiglia, da bambino, ho sperimentato che l'umano e bello proprio perche appartiene a Dio. Mio padre mi ha fatto gustare fin dall'infanzia la bellezza di una vita di lavoro tutta pe- netrata dalla preghiera, dai rapporti belli, intercalata dalle feste, dove pero la festa non ubbidiva solo al rit- mo fisiologico di alternare lavoro e riposo. Questa ri- poso si trasfonnava nella gioia vera della festa, che si- gnifica godere insieme del frutto delle proprie fati- che, riconoscerne il sensa e gioirne. Silenzio, fatica, canto, festa ... Un lavoro intrecciato a un tessuto orga- nico di feste che clava ad ogni stagione dell'anno una 264 Settimo giorno particolare sfumatura: la luce di san Nicola e del Natale, la seria profondita della Quaresima da cui, come sotto terra, maturava il seme gioioso della Pasqua, il Corpus Domini e la festa di sant'Emica, piena del sole dell' estate, il presentimento autunnale dell' Assunta e di sant'Elena... Penso che proprio il ritmo tra il feriale e il festivo abbia creato nel mio cuore uno sfondo di unita tra il divino e l'umano. E quando tornavo a casa dalle prime classi di scuola, dove gli insegnanti cercavano di distruggere il mondo interiore che ci avevano trasmesso in famiglia e di imporci l'ideologia atea, mio padre si sedeva accanto a me davanti alla casa e cercava di ricordarmi la bel- lezza della domenica, del Natale, della Pasqua e il eli- rna luminoso con il quale si chiudeva da noi ogni sera la preghiera accanto al camino. E io percepivo con tanta chiarezza che papa aveva ragione: che Dio esiste ed e Lui che rende bella la vita dell'uomo. E che l'uomo, senza Dio, non puo vivere. Questa tessuto esperienziale ha poi trovato il suo punta di forza in una teologia come quella che ci ha trasmesso padre Spidlik, fortemente radicata nella li- turgia. Una parola chiave della liturgia e anamnesis. Non solo come parola tecnica, che rimanda ad una parte precisa della messa. La liturgia e sempre la me- moria, la commemorazione completa del mistero di Cristo, compresa la sua morte, la risurrezione, la sua ascensione al cielo e persino il giudizio futuro. E an- che ogni realta umana consumata nell' am ore entra nell' eterno presente di Dio, nell' anamnesi di Cristo, nella "liturgia celeste"' dove tutto e compresente, vive insieme. Personalmente trovo molte soluzioni 265 M.I. Rupnik- II rosso della piazza d'oro iconografiche anche ispirandomi all'arte del primo millennia che non ha mai separato le cose. Fino a quando non abbiamo lasciato la porta aperta a una visione solo umana, fino a quando per noi l'umanita era solo quella di Cristo, fino ad allora tutto era or- ganicamente unito. Quando abbiamo acceso un faro solo umano, le cose hanno cominciato a sbriciolarsi. Ti vorrei fare ora qualche domanda sul processo di rea- lizzazione di un mosaico. Comincianw dal disegno, che fate col carboncino. Non c' e un disegno che nasce pedetto, ma si vede gia nel cartone tutta una ricerca - linee abbozzate, poi cancellate, alle volte riprese ... Di tutte le linee rirnane una traccia, e quello che poi non fa parte del disegno finale ha comunque contribuito a trovarlo. Le persone che IJisitano !'Atelier del Centro Aletti di so/ito rimangono colpite da questo stile di disegno, che e molto vicino alia vita. Perch!: nella 11ita si cerca, si sbaglia, si torna sui propri passi ... SL Penso che noi cristiani abbiamo una sapienza che e basata sulla redenzione, il che vuol dire che, nella vita, dal passo precedente impariamo il passo successivo. E una specie di genesi, dove una cosa se- gue 1' altra. E la forza dei cristiani sta nel perdono. Che cosa voglio dire? Il perdono significa che io mi ricordo il peccato che ho vissuto non piu come un fatto isolato, ma come un elemento sul volto di Cristo, come una realta assunta da Cristo che adesso mi ricorda Lui, e non piu la mia colpa. Lo stesso e qui: se uno disegna, non puo pensare di tratteggiare la figura che vuole fare gia con la prima linea di car- boncino. Allora si cancella. Ma e impossibile cancel- 266 Settimo giorno lare del tutto. Rimane una traccia, e questa e suffi- ciente per il tentativo successivo. Rimane tanto qu<m- to serve per una linea che sia guida al nuovo passo. E, quando l' opera e compiuta, tutti i passi sbagliati sono integrati in cia che e riuscito, tutti i tentativi precedenti vivono nella figura finale, tutti hanno il loro peso. Mentre fare un bozzetto preciso e pensare che solo quando sara perfetto comincero a realizzare 1' opera e lontano dalla vita. Anche Cristo e nato pic- colo ed e cresciuto in mezzo a noi. La storia lo ha plasmato ... E, lungi da qualsiasi perfezione classica, I' ultima impronta gliel' abbiamo data con il nostro peccato. Anche la nostra vita e cosi: nessuno ha una vita lineare, ma si cammina tentando, sbagliando e poi riprovando. E inutile pensare che siamo in pale- stra e che poi un giorno, quando avremo imparato, cominceremo a vivere. E chiaro che uno che comin- cia fa degli errori, ma e la vita stessa che ti insegna. Il vice-panoco non puo imparare a predicare nella sua stanza - impared a farlo in mezzo alla gente! La vita e cosi: e un cammino, dove un passo ti aiuta a fare quello successivo. Sempre piu spesso ti viene chiesto di progettare tutto lo spazio liturgico, non solo la parte iconografica. Cos{ ti trovi a realizzare anche progetti per le vetrate, ad esempio, e an- che qui cerchi di evitare il puro astrattismo, optando per le parole, che forniscono una chiaue di lettura in pitt per lo spazio sacro ... Se nel medioevo hanno costretto la luce a rifran- gersi attraverso le figure dei santi, nelle nostre vetrate 267 Af.I. Rupnik II rosso della piaz.za d'oro obblighiamo la luce a rifrangersi attraverso le parole spirituali. A causa delle lettere, che spesso sono quel- le della Parola di Dio, 1' artista e costretto a tener conto di una oggettivita che provoca il ritrangersi della luce in modo nuovo e diverso. Mi sembra che con cio si eviti l'eccessivo soggettivismo che l'astrat- tismo puo portare con se. L'astratto infatti e problematico solo a causa del principia della forma assolutamente soggettiva. La carid, la mentalita simbolica, la mentalita pasquale sprona invece la volonti a uscire da se stessa e a crea- re una forma che si rapporta agli altri, che e come una tessera dentro al mosaico. II rischio dell' astratto sta qui: nel favorire il sog- gettivismo e gonfiare 1' ego. L' astratto non ha passato il sacrificio di se e per questa non favorisce cio che e intrinseco alia fede, cioe la cariti, la comunione. Che cosa significa questa perle vetrate? Le forme soggettive rifrangono la luce in modo diverso dalle forme che tengono conto di qualcosa di oggettivo. Lo stesso e con la vita personale. Se uno vive in fa- miglia e fa le cose secondo la sua volonti, ci sad lo scontro, il conflitto, il disagio, perche manca il passo verso la comunione. Se si intende la liberti come autoaftermazione unilaterale cioe faccio quello che voglio -, se una persona non deve obbedienza a nessuno, vive lo stesso rischio dell' artista astratto, perche non deve tener conto di niente. Quando in- vece la liberd e una dimensione dell' am ore, gli im- pulsi soggettivi si sacrificano sull'altare della carita e della comunione. 268 Settimo giomo Una parola sulla scelta dei materiali. Come per l'icona bisogna prendere una tauola di lauorarla, poi scegliere dei pigrnenti dalla natura, tritarli, ecc. e tutto questo en- trercl nello spazio tra.l}lgurato dell'icona, cos{, an- che raccogliendo i diuersi marmi, graniti, ciottoli che si Ltsa- no nelmosaico, si scopre una parola che porta no den fro. .. Anche qui ritorniamo al solito punto, perche an- che la questione della materia richiede una visione integra, della quale l'uomo da solo non e capace. Qui tocchiamo di nuovo quella sfera sacramentale, ecclesiale, escatologica, dove non sei pitt tu, ma e un oraanismo - la Chiesa - che ti presenta questa visio- o . . . ne. E, a partire da questa visione, appare chtaro che tutta la materia, per poter entrare nello spazio sacro, deve prima pass are attraverso un' elaborazione, una trasfigurazione, una Pasqua. Nessuna cosa allo stato crrezzo puo essere spostata direttamente in chiesa. Non si possono prendere le cose tali e quali e met- terle nella spazio liturgico. Tutte le pietre che sono entrate in chiesa sono state lavorate dall'uomo. Ma e interessante che queste pietre abbiano subito un pro- cesso di trasformazione gia in natura. I marmi, ad esempio, provengono da una fusione termica, i gra- niti da un urto, i ciottoli sono modellati dall'acqua che scorre ... Dunque, ogni pietra ha gia passato un processo per diventare bella. Ma diventa veramente bella quando l'uomo la prende tra le mani e la lavo- ra. Quella pietra avd veramente trovato il suo posto e detto il suo sensa quando si troved nel mondo tra- sfigurato che e il Corpo di Cristo. Come dice Ber- djaev, la Chiesa e il campo dove, sotto il vento dello 269 lvU. Rupnik- II rosso della piazza d'oro Spirito, cresce 1' erba e sbocciano i fiori, perche la Pasqua ha dato inizio alla nuova creazione, al cosmo cristianizzato. Questa vale anche per 1' argilla che usiamo negli ultimi anni. La terra cotta e 1' argilla che ha passato il fuoco. E il fuoco e simbolo della Spirito. Quando l'argilla-terra passa dal fuoco, diventa praticamente pietrificata e cosi le possiamo applicare la foglia d' oro. Quel fuoco che l'ha pietrificata, che l'ha resa salida, adesso rimane in lei come luce dell'oro. E una trasfi- gurazione simile a quella dei fiori nell'incenso. I fiori si seccano, muoiono, ma dopo essere diventati incen- so, con il fuoco - con lo Spirito Santo cominciano di nuovo a fiorire e ora ci mno sentire solo l'essen- ziale - il lora profumo. Cosi come la terracotta: ora vediamo solo 1' essenziale della terra, cia che pua usci- re dal buio, dalle tenebre, che pua far trasparire la lu- ce. L' oro sulla terracotta e veramente il passacrcrio bb dall'uomo all'uomo redento. Percia usiamo questa ti- po di oro, che abbiamo chiamato "oro Aletti", preva- lentemente per rivestire quegli spazi che dicono la Gerusalenune celeste. N el santuario di Fatima, per la piazza d'oro della nuova Gerusalemme, abbiamo fatto 500 mq tutti in questa tecnica - anche perche li le condizioni stabilite dall' architetto erano talmente ri- strette che dovevamo completamente rinunciare al nostro modo solito di lavorare. Ma, con questa ri- nuncia, con questa Pasqua, si e aperta una strada nuo- va e inaspettata. Ci vuole sempre una dose di espe- rienza pasquale, e solo cosi possiamo sperare che cia che facciamo sia di Dio. 270 Settimo giorno Abbiamo vissuto un' esperienza fortissima nella cripta di padre Pio, dove abbiamo messo le tessere di terracotta sui soffitto, che ha una metratura ancora pitt grande del presbiterio di Fatima. In pitl, qui si trattava di lavorare in piedi, ma inclinati all'indietro, attaccati al soffitto per diverse settimane. Ma per tnt- to il tempo ci sosteneva questa frase di padre Pio che e rimasta scritta all'ingresso della cripta: "Confidate e sperate nei meriti di Ges6 e cos! anche l'umile ar- gilla diventera oro finissimo da risplendere nella reg- gia del Re dei cieli". Era come se fosse lui stesso a dirci quella parola che la materia porta dentro ... Capita spesso che proprio l'uso dell'oro venga messo in questione. Cosa rispondi aile persone che ti interpellano? Perdu cosi tanto oro? Perche la tradizione della Chiesa insegna che ci vuole l'oro! Mi ricordo un colloquia con una perso- na che, proprio a San Giovanni Rotondo, si lamen- tava di tutto quell'oro con la solita obiezione che pa- dre Pio non l'avrebbe voluto, perche aveva scelto la povert:l. Allora ho chiesto a questa persona: "Ma dov'e padre Pio adesso?" "In cielo." "Bene - ho ri- preso - e qui e la cripta dove riposa il suo corpo. Che cosa dovrebbe ricordare questa cripta ai fedeli?" "Che lui sta in cielo". "E come presenterebbe lei il cielo, dove c' e Cristo in gloria, libero dalla morte, il Dio Santo, Forte, Immortale?" Allora mi ha stretto la mano dicendo semplicemente: "Ho capita". L' oro in chiesa non l'ho inventato io, ma fa parte fin dagli inizi della tradizione iconografica. La Chie- 271 Af.I. Rupnik II rosso della pia.zza d'oro sa ha riconosciuto nell' oro quella materia che pil1 di tutto esprime la santiti e la fedelti di Dio, la sua mi- sericordia, perche e il materiale pill luminoso e pil1 duraturo che esista. E allo stesso tempo simboleggia anche l'offerta di quanto di pil1 prezioso l'uomo do- na a Dio. N oi siamo il Corpo di Cristo e 1' edifi.cio ecclesia- le ne e il simbolo. Se facciamo questa chiesa come Corpo di gloria, facciamo l'immagine di cio che noi stiamo diventando. Questa non e la chiesa dei cap- puccini, la chiesa di padre Pio, rna e di tutti noi bat- tezzati e deve in qualche modo aiutarci ad alzare gli occhi a cio che e la meta del nostro cammino. Ma dobbiamo riconoscere che non siamo pil1 abituati a vedere chiese che esprimono la Chiesa. Da quando l'arte e emigrata dalla chiesa nel palazzo, da quando cioe Ia bellezza si e svincolata dalla fede ed e diventata un' estetica dell' arte, noi ci siamo persuasi che Ia bellezza e legata alla ricchezza. Chi era ricco poteva permettersi le cose belle. Ma per noi cristiani non era e non e cosi. La bellezza, come ci ricordano i fedeli dell'Oriente Cristiano, non e unita alla ric- chezza, rna alla santiti. Solo il Dio trino e la bellezza assoluta! Per questo motivo anche le popolazioni po- vere, a costo di grandi rinunce, costruivano chiese belle. Anche se loro non avevano niente, l'importan- te era che Ia chiesa fosse bella, perche cosi i fedeli venivano consolati e rafforzati nella santita, perche potevano scorgere che il Santo abita in mezzo a loro, che il Santo ha visitato il suo popolo. Per un fraintendimento culturale, e successo che, per contestare la ricchezza, noi abbiamo eliminato 272 Setti111o giorno anche Ia bellezza. Ma il problema e ancora pil1 pro- fondo perche, avendo smarrito dal nostro orizzonte il Santo e la santit:l nel loro senso ontologico, non solo morale, abbiamo perduto anche la bellezza. I grandi autori spirituali, come EFagrio, ad esempio, ci insegnano a cercare le YaJ?ioni spirituali dell' esistenza del- l' oro, il suo sign{ficato sirnbolico, a chiederci per quale moti- FO l 'oro sia stato ere a to, sia nascosto sotto terra e come nwi lo si trovi con tanta fatica, come mai debba essere lavato e poi pass a to a! fuoco ... Infatti, quando lo usiamo nelle chiese per cantare la gloria di Dio e far vedere il mondo trasfigurato e ricoperto di luce, !'oro ha trovato il suo posto. Dio ha creato 1' oro proprio per questo. E dove dovrebbe stare 1' oro se non nello spazio liturgico? Dio ha per- messo all'uomo di usare l'oro per questo. Come gli ha permesso di farsi il pane per 1' eucarestia, cosi gli ha permesso di usare !'oro. E, come peril pane vale che, se non si trasforma in eucarestia, diventa motivo di lotte fratricide, cosi e anche per 1' oro. Proprio per lavare l'umanit:l da tutto il sangue causato dalle guer- re per 1' oro, forse dovremmo costruire tante chiese con 1' oro che invece viene do nato per am ore di Dio. L' oro nello spazio liturgico diventa il testimone del- l'amore di Dio per noi e della nostra risposta a que- sto amore. Basta un solo raggio di luce, un solo fiammifero per far risplendere 1' oro ... come basta una sola invocazione dell'uomo peccatore e tutta Ia mise- ricordia divina si riversa su di lui. 273 i\1.1. Rupnik II rosso della piazza d'oro Prima raccontavi quegli episodi della Romania, che da- vano molto il senso esistenziale di quello che prima auevi spiegato. Ci sono degli episodi particolari legati questa volta alta cripta di padre Pio? Moltissimi. Uno dei pili forti riguarda una bambi- na. Ho la sua foto nel breviario. Un giorno, mentre eravamo in cripta per concludere i lavori sulla colon- na, ho trovato due persone giovani, marito e moglie, che piangevano. Mi sono avvicinato discretamente dicendo che ero un sacerdote, anche se ero vestito in tuta da lavoro. Mi hanno raccontato che sono venuti qui molto addolorati perche poco tempo prima ave- vano sepolto la loro bambina, morta di leucemia. "Oggi mi dicevano - per la prima volta piangiamo non di disperazione, ma di speranza, perche se la no- stra figlia ora sta in una luce cosi, se il cielo e un po- sto ancora pili bello di questa, noi non possiamo pili piangere". Li ho veramente percepito che tutto e compiuto, perche qualcuno ha trovato il suo senso, la sua fede, in questa spazio pieno di presenza. I brontoloni ci saranno sempre. Ce li aveva intor- no gia Cristo. Quando e stato unto a Betania, subito qualcuno ha fatto i conti, pretendendo che 1' olio che era stato ofierto al Signore dovesse essere dato ai po- veri. Ma, se fosse vero che quando non si da a Dio si da agli uomini, nel nostro tempo dovrebbe esserci un benessere straordinario nel mondo, perche a Dio in questa secolo si sono offerte ben poche cose. Invece e una catastrofe, perche in realta vale 1' opposto: se si raffredda l'amore per Dio, muore anche l'amore per l'uomo. La fonte della carita e una sola! Se si offre a 274 Settimo giorno Dio, si offrira anche all'uomo. E infatti, normalmen- te, la gente che offre per la chiesa e gente semplice, che risparmia dal poco che ha. E queste persone san- no quanto e prezioso cia che appartiene a Dio! Ma se si comincia a brontolare perche uno ha offerto una catenina per Dio, come ci possiamo lamentare che oggi non ci siano vocazioni? Chi offrira la vita a Dio, se non si pua offrire neanche un anello? Oltre all' oro, testimone per eccellenza della luce di Dio, ci sono anche i colori a rendere testirnonianza alia luce. "Nel wore dell'universo, Ia luce evidenzia due colori parti- colarmente intensi"- scrivevi nel Colore della luce - "il rosso e il blu". lvla anche nell'uso dei colori si vede un tuo camrnino, da quei quadri che erano un'esplosione di tinte forte e decise, passando per i primi mosaici, doue abbonda- rMno ,'Sli smalti rossi, _fino ad una sempre maggiore lumino- sita intessuta con i colori della terra. Che cosa ci comunica- no qrtesti colori e a che cosa e dovuto qttesto cmnbiamento? Il cambiamento e dovuto senz'altro a questa pro- gressive riconoscersi parte di un organismo. Ad un certo momento uno non pua pitl ascoltare solo il proprio senso estetico o le tendenze artistiche che passano, ma deve umilmente chiedere alla tradizione che cosa dicono i colori. Bisogna chiedere alla me- moria della Chiesa, perche di cia che sta nella me- moria della Chiesa prima o poi si "ricordera" ogni battezzato. Se invece una cosa sta solo nella mia testa, non e detto che un battezzato la scoprira. e, se anche dovesse scoprirla, forse non gli dira niente di Gesli Cristo. 275 M.I. R11pnik II rosso della piazza d'oro Allora si va a chiedere, aile volte quasi a supplica- re, che la memoria della Chiesa ti apra i suoi tesori ... Come nel film di Tarkovskij, dove que! ragazzo, che prendono come !'ultimo in grado di fonciere le cam- pane, in realtii non le sapeva fare. Allora, nel mo- mento in cui bisognava fonderle, si rivolge all' argilla per supplicare che la terra stessa gli sveli il segreto di come si fa. C' e infatti una sapienza divina nel creato, che penetra dappertutto e cerca gli amici di Dio per svelarsi a loro. Questa sapienza ci illumina nel cam- mino dalla creazione alla vera creazione, cioe dalla creazione alla redenzione. Per cia che comunicano i colori, credo che valga lo stesso principia. I cristiani hanno guardato come si impiegano i colori e li hanno "battezzati". Le grandi epoche dell' arte liturgica hanno sempre usa to colori intensi, puri, ma armonici, non in lotta. Tra i diversi colori, come tra i vari materiali, deve esserci una giusta tensione tra le diversid: se la tensione e troppa, c'e uno strappo, se e troppo poca, c'e mono- tenia e tutto diventa noioso. Anche in questa si per- cepisce un principia ecclesiale, perche la Chiesa e la comunione nell'alterita, senza che queste si mutilino a vicenda per creare 1\mita. La Chiesa non e una monotonia, ma 1' armonia dei diversi. Nei secoli si e consolidato l'uso del bianco come colore dello Spirito Santo, perche lo Spirito e la per- sona pili nascosta della Trinitii. Lo Spirito e sempre al servizio e in funzione dell' altro, e per rivelare 1' al- tro: o il Padre, o il Figlio, o l'uomo, o il creato. Il bianco e quell'assenza di colore che permette ai co- 276 Settimo giomo lori di esprimersi meglio. Per questo il bianco e il colore dello Spirito, perche fa emergere 1' altro. II rosso e il colore della divinita, perche e il colore pili intenso che ci sia in natura. Inoltre e il colore del sangue. Nel Levitico leggiamo che la vita di ogni es- sere vivente risiede nel sangue, che il sangue e la sede della vita. II sangue non si puo versare, non si puo he- re, perche la vita appartiene al Signore. E il Signore della vita e uno solo. Lui e l'autore e il custode della vita. Allora il sangue ricorda Dio, al quale appartiene la vita. E il complementare del rosso - il blu e il co- lore dell'umanid, perche l'uomo e l'unica creatura che cammina in piedi e guarda verso !'alto, verso il cielo. I cristiani del primo millennia riconoscevano nel rosso il divino e nel blu l'umano. La divinoumanita di Cristo, il Figlio di Dio, si esprimeva nel suo vesti- to rosso e blu. Con il rinascimento questi colori si rovesciano, perche vince il principia razionale. Cosi il cielo viene attribuito a Dio, perche Dio abita nei cieli, mentre il sangue e umano, quindi il rosso e l'u- maniti. Infatti, oggi il sangue ci ricorda la morte, le guerre, gli incidenti ... non ci ricorda pili il Signore della vita. Anche qui si possono vedere in modo sin- tetico i passaggi che sono avvenuti nell'arte: all'inizio si fa vedere la grandezza dell'uomo in quanta imma- gine di Dio, dal rinascimento in poi si vuole far ve- dere la grandezza dell'uomo come tale, rna proprio cosi l'uomo si "sbriciola". Il rosso indicava prima il Signore, poi l'uomo, infine la morte ... 277 lvf.l. Rupnik II rosso della piazza d'oro "Ho imparato che il nero e un colore che el!idenzia il rosso e if btu", scrillelli ancora nel Colore della luce, e ultimamente, soprattutto nella Cappella del Santissimo della Cattedrale di Madrid, questo colore nero e riapparso. Per indicare Ia tensione tra le tenebre e Ia luce? Il nero ha un ruolo molto importante. A Madrid, concretamente, tutta la cappella e molto luminosa, ma poi ci sono quei sette, otto metri quadrati di ne- ro, messi sulla parete che fa da sfondo alla torre euca- ristica. Si tratta di un contrasto molto forte che aiuta a evidenziare il luogo per eccellenza della presenza del mistero di Cristo-eucarestia. Nell'Ultima Cena Cristo ha racchiuso nel pane e nel vino il suo passag- gio al Padre. Tutta !'opera della redenzione che il Padre nel suo amore ha realizzato per mezzo del Figlio e racchiusa nell' eucarestia. E qual e lo sfondo per la rivelazione dell'amore di Dio e della redenzio- ne dell'uomo? Dio rivela il suo amore salvifico per l'uomo nel dramma della storia. A causa del peccato, tutto il mondo giace nel male. Il peccato ha portato nel mondo la notte e la morte. Percio lo sfondo della torre eucaristica e la notte, che richiama le varie "notti" della storia della salvezza: nella notte avviene l'alleanza di Dio con Abramo; nella notte Giacobbe lotta con Dio; nella notte Mose porta il popolo d'Israele fuori dall'Egitto; nel mezzo della notte la Parola si Iancia dal cielo sulla terra; nella notte Cristo e nato a Betlemme; nella notte ha mangiato la cena con i suoi discepoli ed e stato tradito; nella notte ri- suscito dai morti ... Ma questa 1scia nera che ponia- mo come sfondo alia rivelazione dell'amore di Dio e 278 Settimo giorno circondata dall' oro, perche, come dice il Vangelo di Giovanni, la notte non puo inghiottire la luce. Cosi spero proprio che anche i fedeli che pregano davanti al Santissimo possano essere confermati che, qualun- que circostanza attraversino, le loro tenebre non pos- sono mai vincere 1' am ore di Cristo, che nella loro vita non ci puo mai essere niente di cosi nero, pec- caminoso o drammatico da non poter essere pene- trato dall'amore di Dio, che dissipa la notte, purifica il cuore e, con il perdono, converte il peccato nel ri- cordo grato di Dio. Vorrei che le persone che sosta- no in questa cappella vedessero lo splendore della lu- ce che accerchia il buio della notte; vorrei che tutti potessimo scoprire che i nostri tristi scenari sono co- me lo sfondo favorevole perche Dio ci raggiunga con il suo amore. Questa dinamica del rapporto tra Ia persona umana e Dio e sirnboleggiata anche dalle aureole dei santi, che indi- cano un cammino dal bianco all' oro ... Le aureole non devono essere statiche. In questo modo si fa vedere che la santita e una cosa dinamica, progressiva, un itinerario che e di tutti, perche nes- suno nasce santo, ma lo diventa. E poi non c' e un termine nella santita. Gregorio di Nissa dice che la perfezione anche nell' eternita consiste in un progres- so e in una tensione senza fine. Il miglior modo per potersela raffigurare e l'immagine della corsa di cui fa uso Paolo nella Lettera ai Filippesi. Il bianco dice la vita nello Spirito, che e una progressiva santifica- zione o divinizzazione. Si va dal bianco all' oro. Ma si 279 iYI.I. Rupnik- II rosso della piazza d'orv puo vedere anche qui il rovescio: non e solo il bian- co della vita spirituale ad an dare verso 1' oro della san tid di Dio, ma e piuttosto 1' escatologia, 1' oro del- la "piazza d'oro" che mi viene incontro e mi avvol- ge, cioe quella visione definitiva che Dio ha di me sin dalle acque battesimali e che io progressivamente accolgo nella rnia vita quotidiana. Cosi, cio che con- templiamo su questi volti santi e cio che anche noi stiamo ancora diventando. E tardi e bisogna smettere. Ma abbiamo fatto questa in- tervista in diversi tnomenti fungo sette giorni e sarebbe bello pater dire qualcosa domani - l 'ott avo giorno: sarebbe il giorno peifetto per jinire! Eh, no, Natasa. Se questa e il settimo giorno, ci fermiamo qui. Se, nella grazia di Dio possiamo prefi- gurare per mezzo della materia del mondo e della luce della trasfigurazione qualcosa in cui traspare la misteriosa figura del regno, noi non siamo in grado di far trapassare questa mondo nel regno. Deve veni- re il dito della mano di Dio e toccare tutte queste cose perche coincidano con la loro realta vera, come l'immagine esatta coincide con il suo originale. Noi lavoriamo dentro la settimana e solo con l'epiclesi avviene la liturgia dell'ingresso nell'ottavo giorno. Noi contribuiamo alia venuta del regno solo nella misura in cui siamo in grado di accogliere ogni espressione di bellezza, ogni sguardo buono, ogni ge- sto di comunione ... Noi stessi nella nostra identita ve- ra, in cio che abbiamo di pit! personale, siamo segnati dalla comunione, siamo fatti dalla comunione. In que- 280 Settimo giomo sto sensa, mi piacerebbe dedicare questa intervista a tutti gli artisti che partecipano alia nostra squadra, ai collaboratori stabili - Manuela Viezzoli, Bostjan Rav- nikar, Silvana Radaelli, Yevhen Andrukhiv, Svetozar Zivkovic, Joze Avsec, Stella Secchiaroli, Renata Trif- kovic, Eva Osterman, Lea Lampe, Radu R o ~ u Paolo Marciani -, a quelli in formazione - sr. Samuelle Che- ron, Andrea Cerioni, don Zhiming Yan, padre Juan Carlos Garcia, Isabella De Chiara, padre Geraldo Tri- nidade Furlaneto, padre Oscar Gutierrez Gonzalez, Marco Piazzolla, Anastasyj Smereka, don Luigi Raz- zano, sr. Lucy Im -, e quelli che sono passati, mici ca- ri, artisti straordinari che, condividendo la fede, la creativiti e la fatica quotidiana mi hanna aiutato a maturare queste riflessioni. 281 Tra i libri di Lipa, possono essere utili per approfondire le tematiche inerenti agli argomenti dellibro: - M.I. Rupnik, II colore della luce, 1a ediz.: ottobre 2003 M.I. Rupnik, L'arte della vita, Ia ediz.: novembre 2011 M.I. Rupnik, lVIosaici dellalVIadre di Dio, la ediz.: marzo 2009 - M.I. Rupnik, "Guarderamw a Colui che hanna trq{ttto". Via Cruds coni mosaici dell'Atelier del Centro Aletti, la ediz.: febbraio 2009 - N. Govekar, II Natale con i mosaici dell' Atelier del Centro Aletti, 1a ediz.: novernbre 2009 - M.I. Rupnik, I racconti di Boguijub, 1a ediz.: rnarzo 2006 - T. Spidlik - M.I. Rupnik, Una conoscenza integra/e. La via del sim- bolo, la ediz.: novembre 2009 T. Spidlik, In principia era l'arte, Ia ediz.: settembre 2006 T. Spidlik, M.I. Rupnik, M. Campatelli, M. Tenace, M. Zust, Teologia pastorale. A partire dalla bellezza, 1 a ediz.: luglio 2005 T. Spidlik - M.I. Rupnik, La fede secondo le icone, la ediz.: otto- bre 2000 A. Schmemann, Per Ia vita del mondo. II mondo come sacramento, la ediz.: luglio 2012 Inoltre: II colore dell' amore. L' arte di Marko Ivan Rupnik e del suo atelier, DVD video, regia di Maria Amata Calo lingue: italiano, inglese e sloveno sottotitoli: ceco, croato, francese, portoghese, serbo, spagnolo.