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numero 15 anno V 24 aprile 2013


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Luca Beltrami Gadola IL TERREMOTO A SINISTRA: FARE COME IN FRIULI O COME ALLAQUILA PaoloMottana GIUDICARE I GIOVANI: IL BRAND EDIPICO UN SEMPREVERDE Giuseppe Ucciero NAPOLITANO 2 IL PRIMO PASSO VERSO IL CESARISMO Giorgio Origlia DA UFFICI A CASE: L'UOVO DI COLOMBO STAR IN PIEDI? Fiorello Cortiana I PARTITI. COSA DOPO BARCA, RENZI E M5S? Giuseppe Longhi MILANO SMART: ASPETTANDO IL SINDACO Giacomo Marossi IL 25 APRILE PER CHI OGGI HA TRENT'ANNI Giovanna Franco Repellini BREVE ITINERARIO FRANCESCANO A MILANO Riccardo Lo Schiavo FACCIAMO DI LINATE UN GIGANTESCO CAMPO DA GOLF? Alessandro Rosina
M5S IL VENTO IN POPPA A UN MOVIMENTO ANCORA IMMATURO

VIDEO MATTEO RAGNI: SALONE E FUORI SALONE

suggerimento musicale AINDA (LISBON STORY) Complesso Madredeus

rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero SIPARIO E. Aldrovandi e D.G. Muscianisi CINEMA Marco Santarpia e Paolo Schipani www.arcipelagomilano.org

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IL TERREMOTO A SINISTRA: FARE COME IN FRIULI O COME ALLAQUILA Luca Beltrami Gadola
Che si fa dopo il terremoto? Che cosa fanno i terremotati? I Friulani nel 1976 accolsero i ricostruttori con un orgoglioso fasim be soi, facciamo da soli dipinto sui muri ancora in piedi e in gran parte fu cos. Gli Aquilani si fidarono delle promesse (Berlusconiane) e si trovarono gli ilari ricostruttori amici di Bertolaso, la beffa del G8 e oggi sappiamo come se la passano. Che cosa far la sinistra milanese dopo il terremoto che ha distrutto il Pd ma soprattutto ha azzerato la direzione del partito? Penser di fare da s o aspetter il commissario romano? Avr un sussulto di orgoglio e generosamente tutti si metteranno in gioco senza lasciarsi andare alla tentazione di cercare ognuno laffiliazione romana che riterr salvifica per il suo piccolo o grande potere? Da quel che si vede sembra proprio di s, speriamo non sia un fuoco di paglia. Una delle peggiori caratteristiche della sinistra e in particolare di quella che discende pi direttamente dal PCI la pavidit politica che si rifugia nelle sottili strategie delle alleanze, dei compromessi, della strumentalizzazione della cosiddetta base, lo zoccolo duro. Questa volta per la base, gli elettori, sono cambiati: loro s. Bisogna tenerne conto. tardivo evocare Grillo, e colpevolizzare la forza e il ruolo del Web perch il cambiamento era nellaria da tempo: prima di lui in Svezia nel 2006 era gi nato il Piratpartie, un partito politico nato per iniziativa di Rickard Falkvinge, tutto costruito su Internet e che nel 2012 in diversi Land della Germania raggiunse ragguardevoli percentuali attorno all8%. E pensare che era una specie di partito di scopo con lorizzonte limitato alla libert nel Web. Si sapeva gi tutto, bastava non girare la testa dallaltra parte e non rifugiarsi nel vecchio modo di fare politica. Dunque i partiti della sinistra milanese (ammesso che vogliano essere un laboratorio e non una provincia dellimpero) non si trovano a giocare con i circoli, le assemblee, i delegati ai congressi per la nomina delle segreterie ma devono confrontarsi con unopinione pubblica mobile, imbufalita e, per nostra fortuna, non ancora rassegnata. Dunque una base che vuole affrontare seriamente le questioni: lo statuto del partito e la democrazia interna e i criteri di eleggibilit anche negli incarichi di partito, i meccanismi di partecipazione, la comunicazione verso lesterno e il rapporto tra eletti ed elettori. Non resta fuori il problema del finanziamento della politica e dei partiti, problema che per essere affrontato seriamente non pu che partire da una operazione, magari dolorosa, di trasparenza sul passato, sulle fondazioni e sulle eredit, chi le gestisce e come. (Cirino Pomicino qualche tempo fa pare abbia detto: se vuoi capire davvero quel che agita i partiti follow the money). Ci sono problemi non solo per i partiti della sinistra, Pd in testa, ma anche per i movimenti della societ civile. Vogliono strutturarsi in modo da diventare attori non occasionali del dibattito politico? Possono volerlo e per loro la progettualit organizzativa potrebbe essere pi facile: partono da zero. Ma i problemi della reale partecipazione degli elettori e del rapporto tra questi e gli eletti non sono eludibili n annacquabili in forme di para assemblearismo web. Le scadenze: le elezioni europee del giugno 2014, il primo banco di prova, e pi lontane ma gi allorizzonte le prossime comunali. Nel frattempo, a Milano, per Giuliano Pisapia da un lato c una maggioranza di consiglieri del tutto sciolti da eventuali vincoli di mandato da parte di segreterie per il momento inesistenti, dallaltro la gestione in condominio con il centro destra dellevento Expo senza poter contare su unopposizione in Regione coesa nella sua componente Pd e dove ciascuno tentato di fare il suo gioco. Mai come ora dovr navigare tra gli scogli. Se avessimo voluto del materiale da laboratorio politico siamo stati accontentati: non sono per certo tempi da renitenti al rischio.

GIUDICARE I GIOVANI: IL BRAND EDIPICO UN SEMPREVERDE Paolo Mottana


Avere degli schemi, pi o meno essenziali, ma ferrei e radicati nella tradizione, di grande conforto per chi li usa. E inoltre blandisce e rassicura, generando un sicuro successo. Gli schemi piacciono, specie quando confermano le semplificazioni, o quando possiedono unintrinseca normativit. Oggi le opinioni prevalenti sono quasi sempre quelle che si avvalgono e si fondano su schemi ormai acquisiti, anche quando questi sono ampiamente superati o perlomeno contestati, confutati, criticati. La dozzinalit delle opinioni dominanti, sapientemente amministrate da una piccola comunit di sedicenti esperti, spesso ormai arruolati nelle vesti appunto di opinionisti, al limite dellinsostenibile. Eppure la norma che consente a unopinione, oppure anche di un parere effettivamente esperto, di candidarsi a posizioni di diffusione dominanti, proprio quella che impone di mostrare il suo radicamento in schemi riconoscibili, meglio se ampiamente riconosciuti, nonostante talora ampiamente in decadenza. Cos assistiamo, sui giornali o comunque nei media, cio sugli organi che poi effettivamente modellano le opinioni diffuse, alla ripetizione costante di tesi, sui pi diversi argomenti, erette sopra una modesta serie di schemi in media vecchi di almeno cinquantanni se non di pi. Per quanto mi riguarda, occupandomi di tematiche legate alla educazione, non finisco mai di stupirmi nel leggere articoli o nellascoltare interviste o rubriche, come oggi si definiscono, a cura di riconosciuti esperti, che ripetono come un mantra letture di fenomeni innervate dallo stesso vetusto bagaglio di categorie della cui fondatezza, anche solo storica, vi sono ottime ragioni perlomeno di dubitare. Ma tutto questo non stupisce affatto. una legge, una legge del potere, dei poteri, che si appoggiano sempre sulle letture facili, leggibili, e soprattutto rassicuranti. Si prenda per esempio la proliferazione di articoli, interviste televisive, rubriche che hanno a oggetto i comportamenti giovanili. Qui oscilliamo spaventosamente tra letture puramente corrive, che attaccano la nuova ignoranza, il nuovo analfabetismo, la nuova violenza e cos via

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(che di solito si appoggiano su rilievi statistici cos riduttivi e capziosi da sfiorare la comicit: il 50% degli intervistati non conosce il significato della parola usbergo o cose del genere) a letture pi colte e ampollose, sature di metafore e espressioni tecniche, che tuttavia confermano le medesime diagnosi, solo appoggiandosi su schemi sicuri. Sotto questo profilo, per esempio, mai come in questo periodo, adoprato con indicibile sicumera lo schema del complesso dEdipo come grimaldello per sentenziare pi o meno a morte sulla nuova giovent. Dopo che per molti anni la psicoanalisi stata piuttosto malvista nel mondo dellopinione diffusa, oggi che diventata una teoria normativa come unaltra, ecco che improvvisamente lEdipo troneggia sui giornali anche pi classicamente conservatori. E, si badi bene, non un caso. Perch quando lEdipo, ormai un vero e proprio brand - che notoriamente ribadisce la necessit di figure genitoriali riconoscibili, di codici normativi cui sottostare, di castrazioni salvifiche e purtroppo non pi somministrate con sufficiente tempismo, viene evocato, tutta unideologia sociale molto precisa che viene implicitamente confermata. Unideologia sociale che rassicura molto che non gradisce lo sfaldarsi dellautorit, della famiglia, dei confini tra ruoli e generazioni, il nomadismo sessuale e cos via. Allo stesso modo le diagnosi che, sempre sullo stesso terreno, enfatizzano, sempre in ragione delle frane edipiche, laffermarsi di soggetti narcisisti, fragili, incapaci di elabora-

re i fallimenti e che dunque implicitamente reclamano il ritorno a una normativit pi decisa, a una maggiore sorveglianza verso la nefasta deriva che conduce a scegliere il godimento anzich la fatica, chiaro che tutto ci non pu che riempire di gioia chi si augura di poter amministrare soggetti pi consapevoli del limite, del dovere, del sacrificio necessario a quella conformazione sociale cui non si sfugge senza pagare gravissimi prezzi. Come dire: vecchi schemi e vecchie intramontabili politiche. Eppure sono decenni che si sono affermate, nei pi diversi contesti disciplinari, dalla psicologia alla filosofia, alla sociologia allantropologia, letture molto meno prescrittive intorno alla famiglia, sia sul fronte della contestazione dellalone appunto ideologico e deterministico dellimpostazione edipica, sia sul fronte di forme di vita del tutto irriducibili a tali formule e schemi. Letture che non assumono le nuove libert dei soggetti e dei loro processi di soggettivazione sotto i paradigmi che hanno consentito di riconoscere i processi di antropogenesi europei dei secoli passati, ma che sono aperti al riconoscimento positivo di ipotesi di costruzione sociale che provengono da quella che, sotto gli occhi di tutti, diventata una societ plurale, in via di ampia contaminazione etnica, culturale, sessuale. Curiosamente sui quotidiani e nelle grandi arene televisive capita molto di rado di ascoltare letture di marca antiedipica, o decostruzionista, o etnopsichiatrica, o queer sui destini della famiglia, della castrazione, del

desiderio. A parlare, in un sol epico e marziale coro, dagli scrittoriinsegnanti incollati alle mitologie di una scuola e di unadolescenza (peraltro solo nella loro privata autobiografia), tutta libri e belle lettere, politicamente attrezzata e serafica nellolocausto dei propri godimenti a pro di carriere folgoranti, agli psicoanalisti convertiti definitivamente alla norma, che pilotano lEdipo come una macchina da guerra allincontrario, siamo costretti, sono costretto, a continuamente veder esecrata una giovent che, personalmente, trovo molto meglio della mia, molto pi informata, libera, meno dipendente, meno inibita, meno ideologica, una generazione che, anche grazie a cellulari e social network, scrive, scrive moltissimo e non solo poesie o diari lacrimosi e disperati, e che forse ci regaler un mondo, me lo auguro, che ridimensioni definitivamente la famiglia come la conosciamo, e con essa una scuola che ha ancora gli stessi muri dei manicomi e delle carceri e che arranca da sempre a costruire interesse intorno alla cultura. Per rimpiazzarle, mi auguro, con altre forme societarie e con luoghi dellimparare finalmente scelti, consapevolmente, in cui ci che si fa sia desiderabile, immediatamente godibile e, alla lunga in grado di suscitare non odio ma amore, amore per il sapere e per lemancipazione che da un autentico sapere diffuso pu derivare. Oltre gli schemi vetusti e il moralismo e il normativismo che cola dai nostri media asserviti, con i suoi testimoni - pochi, cattivi e privilegiati -, come pece bollente.

NAPOLITANO 2. IL PRIMO PASSO VERSO IL CESARISMO Giuseppe Ucciero


Sul cesarismo ha scritto pagine pressoch definitive Antonio Gramsci. Quando una societ non trova un equilibrio alle sue dinamiche e il conflitto politico mina le sue istituzioni, allora viene il tempo di Cesare. Chi Cesare? una forma della politica, prima ancora che una specifica personalit storica. Si manifesta con l'emergere di una soluzione apparentemente distinta, per non dire avversa, diversa, superiore, alle forze in gioco fino a quel momento, ma in realt, poich non nasce dalla mente di Minerva, connessa a esse, ma in forme nuove. Dove la forma, non superfluo dire, sostanza. Sempre Gramsci specifica che Cesare, proprio come mediazione, come frutto e superamento del conflitto irrisolvibile che lo giustifica, appare come arbitro ma in realt a sua volta gioca, eccome, la sua partita: Ci pu essere un cesarismo progressivo e uno regressivo e il significato esatto di ogni forma di cesarismo, in ultima analisi, pu essere ricostruito dalla storia concreta e non da uno schema sociologico. Inevitabilmente quindi, pur con tutte le innovazioni, le finzioni e le mediazioni, le mosse di Cesare orientano il gioco, di cui appare arbitro, verso una o l'altra delle fazioni in lotta tra loro. Chi stato Cesare finora? Certamente Napoleone e Bismarck, ma anche Peron e pure De Gaulle per venire a tempi pi vicini. Tutte personalit straripanti, certo, ma tutte emerse e legittimate dalla crisi irrimediabile delle istituzioni del tempo, crisi a sua volta connessa e determinata dall'incapacit delle forze politiche e sociali in campo di affermare autonomamente la propria prevalenza. Di qui, l'empasse, tanto pi pericolosa quanto pi intrecciata con una gravissima crisi sociale. Dunque Cesare arriver in Italia, anzi per certi versi gi arrivato, basta saperlo vedere. Ve ne sono ormai i presupposti: una gravissima crisi sociale, l'indebolimento inarrestabile dei partiti come forma di partecipazione alla cosa pubblica, la caduta verticale di credibilit del Parlamento come luogo centrale della decisione, il prevalere ormai inarrestabile dei particolarismi a tutti

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www.arcipelagomilano.org i livelli, massime nei partiti, il protagonismo grillino, come sintomo se non come esito. La dissoluzione dei luoghi e delle forme del Discorso Democratico su base rappresentativa, la liquefazione dei soggetti collettivi, ha da molto tempo aperto la strada a forme di leadership fortemente personalistica: la moltitudine, specie quando diventa folla, ha bisogno di un leader carismatico, non importa che sia Berlusconi o Grillo, o al limite anche Di Pietro, Emiliano o, perch no, Renzi. Questo pu piacere o dispiacere, ma un fatto. La crisi del sistema politico partitico italiano, del resto, ha gi introdotto nell'ultimo biennio alcune importanti forme di cesarismo, imponendole anche a chi per condivisione e per storia ne sarebbe pur ben lontano. Cos' stata la figura del Monti decretomane se non un'inedita figura di Cesare tecnocratico? E quanto sono state potenti le spinte del sistema se hanno portato perfino un lealissimo servitore della Repubblica parlamentare come Giorgio Napolitano ad assumere via via ruolo, compiti e modalit di esercizio delle sue prerogative istituzionali, sempre pi vicine a un profilo di attore pi che di garante? (*) Ma vi di pi, sempre per chi voglia vedere. Mentre a Roma il sistema politico istituzionale paralizzato da una forma della rappresentanza incapace di dare spazio alla decisione, sul territorio, nei Comuni e nelle Regioni, si imposto da molti anni un modello istituzionale che assegna alla figura centrale del sistema (il Sindaco e il Presidente della Regione) una sua potente forza, autonoma dalle dinamiche partitiche. Da dove viene questa forza? Principalmente dal mandato diretto conferito con il voto dai cittadini. Qui si tocca con mano come la forma cesaristica si possa declinare al giorno d'oggi anche con i principi dell'estensione della partecipazione della democrazia, piuttosto che con quelli della compressione dei diritti e dell'agibilit democratica. A noi tocca di scegliere se inquadrare il suo potente dinamismo in un contesto istituzionale che ne fondi democraticamente legittimazione e vincoli, o restare fermi in una ridotta sempre pi martoriata, piena zeppa di idealit desiderabili in s ma sempre meno efficaci nel proteggere effettivamente diritti e persone. Dunque Cesare gi tra noi. Il problema vero che abbiamo di fronte non decidere se accoglierlo o meno, ma dove e come orientare il suo profilo istituzionale e quindi il suo profondo segno politico, se, a dirla con Gramsci, con il segno progressivo o regressivo. Di fronte alla crisi irrimediabile della Seconda Repubblica, in un quadro che vede la delegittimazione della forma partito giungere ai livelli del parossismo a cui purtroppo ci ha consegnato il tragico epilogo del Partito Democratico, la questione sul tavolo e chiede decisioni ora. In Italia, il presidenzialismo sempre stato bandiera della destra e del resto in un Paese uscito dalla catastrofe fascista il solo accennare a modifiche del dettato costituzionale faceva rizzare, e giustamente, il pelo all'opinione democratica. Oggi, la questione va seriamente riconsiderata, e la figura di un Presidente della Repubblica direttamente scelto dai cittadini appare la chiave di volta su cui rifondare, in un nuovo quadro di pesi e contrappesi, l'architettura istituzionale della societ italiana. Lo spettro di Berlusconi al Quirinale non deve fare velo: per quanto sia ancora potente rappresenta il passato e del resto, come gi avvenne per la DC, non vorremmo passare i prossimi decenni a rimpiangerlo. Cesare verr indipendentemente da noi, quale Cesare dipende anche da noi. (*) La sua rielezione comprova e certifica l'evoluzione cesaristica del ruolo del Presidente della Repubblica.

DA UFFICI A CASE: L'UOVO DI COLOMBO STAR IN PIEDI? Giorgio Origlia


Se la proposta dell'assessore De Cesaris avr un seguito operativo, tra poco a Milano sar forse possibile aumentare l'offerta di abitazioni a basso costo con investimenti relativamente modesti, senza consumare risorse pubbliche per la creazione dei relativi servizi e infrastrutture, e senza aumentare il consumo del suolo. Questo "miracolo" potrebbe avvenire grazie alla trasformazione in abitazioni dei numerosi edifici per uffici vuoti che costellano la citt e le sue periferie. L'idea semplice ed efficace come l'uovo di Colombo. Per parliamo di "miracolo" perch le condizioni indispensabili affinch ci avvenga sono molte, e gli ostacoli da superare sono notevoli. Il problema non n la domanda n l'offerta potenziale. Da un lato perdura la carenza di abitazioni economiche, che ad esempio consentano ai giovani di formare una famiglia quando giusto farlo, dall'altro lofferta di spazio per uffici esuberante, sicch molti edifici di questo tipo rimangono vuoti o semivuoti per lungo tempo. La contrazione congiunturale dell'occupazione ha influito su ci, ma non basta: siamo di fronte a un calo fisiologico della domanda di spazi per il terziario iniziato due decenni fa, innescato dallo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche e dalla diversa organizzazione del lavoro che ne conseguita. Oggi possiamo stimare che nel mondo lofferta di edilizia terziaria superi di almeno il 10% il tasso fisiologico, e tale forbice probabilmente ancora maggiore a Milano, dove lillusione del progresso infinito si coniugata con la lentezza dei processi insediativi, lasciandola farcita di palazzi vuoti e di cantieri spettrali. Ma il surplus anomalo anche causato dal lassismo verso la logica speculativa, che nei decenni passati ha consentito la realizzazione di complessi per uffici di bassa qualit e in zone malservite. La prima critica che le agenzie immobiliari specializzate nel terziario muovono alledilizia per uffici milanese infatti proprio la scarsa qualit dellofferta. L'ostacolo burocratico alla trasformazione d'uso non dovr essere un problema, visto che destinato ad abbassarsi da noi come in molti paesi, proprio per consentire un migliore sfruttamento del patrimonio edilizio esistente. Recentissimo il caso del Regno Unito dove per il suo indiscusso interesse nazionale la possibilit di convertire uffici in abitazioni sar presto garantita in tutto il paese, almeno in via sperimentale e per un periodo di tre anni. Resta il dubbio sullattitudine o m eno di questi edifici a essere trasformati in residenze. Quali e quante modifiche sarebbero necessarie, considerando non solo i servizi ma anche le differenze di standard richieste (basti pensare al rapporto aeroilluminante, o ai diversi standard urbanistici)? vero che "il mattone pi ecologico che c' quello che sta gi in un muro", e dal punto di vista del consumo di risorse comunque ristrutturare meglio che

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demolire e ricostruire, per l'ubicazione o la conformazione di un certo edificio per uffici pu non essere idonea alla trasformazione in uso residenziale. Ma se anche solo un decimo degli edifici per uffici sottoutilizzati o vuoti fosse disponibile e convertibile si potrebbero ricavare centinaia di appartamenti. Certo, occorrer lavorare prima su alcuni casi pilota, e farlo con fantasia: ad esempio le facciate in vetro sembrano poco adatte alla residenza, ma perch non trasformarle in una facciata-serra, arretrando la parete perimetrale e creando cos un sistema a recupero di calore? Il vero problema per sar un altro. Sta nell'opacit degli interessi che

legano le imprese immobiliari al capitalismo finanziario, visto che nel mondo dell'alta finanza il confine tra il lecito e l'illecito molto poroso, soprattutto quando per decenni si pescato nel Pozzo di San Patrizio delle rendite di posizione. Svendere un palazzo per uffici poco commerciabile, o prendersi carico della sua conversione in residenza, consentirebbe al proprietario di fare comunque cassa, ma dovrebbe chiedere ancora soldi accettando nel contempo di ridurre al rustico il valore dell'asset sul quale ha continuato a essere finanziato, mettendo in crisi se stesso, ma anche chi lha finanziato sopravvalutando i beni messi a garanzia, come spesso accade.

In questa situazione, con risorse finanziarie pubbliche e private sempre pi ridotte, se si riuscir a mettere in atto questa politica di riequilibrio del patrimonio immobiliare sar, appunto, un miracolo. Se il miracolo non avverr, troveremo una nuova conferma del fatto che ci che si potrebbe benissimo fare nell'economia reale semplicemente rispettando le regole del mercato, non si pu fare perch il capitalismo finanziario il mercato l'ha manipolato e distorto. Per far stare in piedi l'uovo di Colombo bisogna rompergli il guscio, ma in questo caso il guscio sembra essere maledettamente duro.

I PARTITI. COSA DOPO BARCA, RENZI E M5S? Fiorello Cortiana


La questione della forma e della natura dei partiti odierni sta emergendo come un prepotente fattore di conservazione. Un insieme di destini personali abituati a trarre reddito e potere dalla funzione decisionale sulla vita delle istituzioni e sulle loro scelte spesso occupano direttamente articolazioni pubbliche, quali societ / enti / consorzi ecc., esterne alle assemblee elettive. Questo blocco sociale autoreferenziale e sostanzialmente parassitario produce l'omeostasi del nostro sistema pubblico, rispondendo attraverso simulazioni alle domande/necessit di cambiamento espresse per via referendaria o elettorale. Una necessit posta anche da coloro che hanno votato M5S cui non deve fare velo la modalit Broadcasting Grillo/Casaleggio e le contraddizioni parlamentari conseguenti. Barca pone la questione del partito come insieme cognitivo, capace di riflessione e visione. C implica una proposta e una pratica, non rinviabili, sulla forma partito, cio sulle modalit della partecipazione collettiva alla politica pubblica. Una forma di partecipazione allo Spazio Pubblico che vive una straordinaria estensione e intensit interattiva con/nella rete digitale, un ecositema cognitivo. Credo che occorra sottrarsi al dualismo proposto: Barca/apparato PD - Renzi/innovatore, con il M5S e coloro che li hanno votati come segno transitorio che succede ai Radicali Verdi - Alleanza Democratica- Rete. Barca, Renzi e tutti e due segnano la necessit di un profondo cambiamento di metodo e di merito. I tempi storici conoscono processi lunghi, i nodi emersi negli anni 60 ed esplosi nel 68 sono oggi pienamente dispiegati dentro il mercato globale e nei problemi ambientali del pianeta che lo ospita. Liberi dalle narrazioni ideologiche dello scorso secolo e dalle cattedrali delle grandi concentrazioni operaie e impiegatizie nelle quali prendevano corpo in tempi e spazi comuni, compresi quelli televisivi, oggi possiamo vedere larticolazione e la fluidit sociale delleconoma della conoscenza. Una classe dirigente agisce nel contesto relazionale che forma il senso comune dellagire collettivo nella nostra societ rifuggendo dalla presunzione autoreferenziale che riconduce tutto dentro alle pratiche, alle procedure e ai luoghi omeostaticamente presidiati ed esclusivi. Ci sono una infinit di comitati a tema, associazioni, centri culturali, gruppi di discussione che sono mossi non da logiche compensative ma da una volont di partecipazione attiva. C Internet che ha esteso lo Spazio Pubblico in modalit interattive collettive. Una funzione dirigente, una classe dirigente quella che connette, mette in rete e condivide esperienze, bisogni, desideri, allinsegna dellinteresse generale di queste e delle future generazioni con unetica della responsabilit. Una classe dirigente quella che propone modalit inclusive, aperte, di partecipazione informata alla politica pubblica, alle riflessioni e alla definizione delle proposte. Sono la qualit del metodo che pratica e la qualit dello sguardo strategico che propone a definirne lautorevolezza. Nuove forme e nuovi contenuti per la partecipazione politica. Non fermiamoci. Il senso del Patto Civico proposto da Ambrosoli questo e credo sia anche il senso dei meet up del M5S, delle aspettative che ha alimentato la candidatura di Renzi e delle suggestioni che inducono le riflessioni di Barca. Non fermiamoci.

MILANO SMART: ASPETTANDO IL SINDACO Giuseppe Longhi


Ricondurrei la questione di Milano smart a tre ambiti: questioni di governance o del ruolo del pubblico a fronte della dimensione cibernetica; questioni di produzione e gestione della ricchezza, ossia il contributo di Milano a una riconversione economica guidata dalla regola del decoupling; questioni di reti, riconducibili al flusso di relazioni in cui si inserisce lo spazio della megalopoli lombarda.

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Questioni di governance. evidente la dicotomia tra un sistema di governo, gestito secondo lo storico modello dei club, basato sulla rappresentanza passiva degli eletti, che operano in discreto con tempi lunghi, e il comportamento sempre pi smart dei cittadini, paragonabili secondo Toyo Ito a tanti Tarzan in the media forest che, grazie alla pelle ricoperta da bit, operano scelte in tempo reale, con logiche di flusso, organizzati secondo il modello instabile dello sciame. Entrambe queste entit, il governo e i cittadini, sono sovrastate dalla nuvola, ossia da un nucleo di grandi imprese (ne ricordo alcune: General Electric per la fornitura di hardware e per internet industriale, IBM per Smarter city, Siemens ABB Eriksson per le nuove infrastrutture, Microsoft Google CORSERA MIT per i nuovi modelli di istruzione,.....) che organizzano la memoria cibernetica. Esse propongono unofferta integrata (dagli apparati industriali fino ai sistemi organizzativi-gestionali) per la gestione smart della citt e di alcune sue funzioni chiave (fra cui: istruzione, sanit, energia, sicurezza) grazie allutilizzo di strumenti di intelligenza aumentata. Semplificando, queste imprese sostengono che con i loro strumenti e servizi le citt hanno: a) modelli di governo pi affidabili rispetto a quelli tradizionali, perch i moderni modelli complessi di governo, che operano per feedback, possono funzionare solo grazie alla cibernetica; b) pi democrazia, grazie alla possibilit di iperscelte e alla reale interattivit dei processi; c) una pi alta qualit, grazie al livello dei contributi che circolano sulla rete; d) minori costi, per il basso costo unitario di servizi le cui economie di scala sono misurabili a livello globale. Le argomentazioni delle imprese cibernetiche sono robuste, dal punto di vista tecnologico e della valutazione economica di breve momento, ma la gestione sociale dellinnovazione non n semplice n lineare, e non pu essere ridotta a un problema di costi marginali. Dalla sinergia fra i due momenti, tecnico economico e sociale, dipende infatti la capacit di innovare il nostro modello di democrazia. In questa dimensione Milano la metropoli italiana deputata, per la dimensione della massa critica del suo capitale umano, a essere di guida alla rigenerazione nazionale, nei suoi aspetti sociali, economici e di rigenerazione della citt.

La questione centrale, quindi, la visione politica: oggi il cittadino della megalopoli lombarda confuso, avverte linsufficienza del modello gestionale dellamministrazione, lofferta delle imprese cibernetiche qui poco organica, non gli rimane che giocare coi social net, povero Tarzan con una casa comune sempre pi obsoleta. un disagio che viene da lontano, con il deficit interpretativo del paradigma della sostenibilit e la prima esperienza di governance basata sulla gestione di flussi costituita dallelaborazione delle Agende 21 locali. Qualcuno ricorda la faticosa esperienza milanese in questo campo (governava Formentini) e limpreparazione culturale degli stakeholder a gestire propositivamente un tavolo comune (con la meritevole eccezione della Caritas). Ancora l siamo, con la delega smart data a un assessorato, in una visione funzionale dello sviluppo della citt, in continuit con il mito ottocentesco della citt elettrica. Ma il cittadino vuole essere rassicurato sulla strategia e partecipare attivamente al rinnovo dellidea di democrazia, aspetta la leadership del sindaco, una sua convincente spiegazione sui vantaggi che lintelligenza accresciuta apporta allidea di cittadinanza, sulla crescita di capacit e opportunit grazie ai nuovi strumenti, su come la storica idea di accoglienza lombarda uscir rafforzata grazie alla nuova dimensione smart. Il cittadino lombardo, una volta coinvolto nel disegno strategico, chiede che finalmente anche il Comune di Milano si doti di software open source, quindi gratuiti, che gli permettano di interagire creativamente con la pubblica amministrazione. La Pubblica Amministrazione si dia una botta di contemporaneit, si doti di un flusso programmatorio adeguato (piano per la resilienza, per contrastare il cambiamento climatico, per la green economy,...), permetta ai cittadini di interagire: questa la smart city alla nostra portata ed auspicabile che il Sindaco aggiorni in questa direzione la sua agenda. Questioni di produzione e gestione della ricchezza. Legata alla dimensione smart la questione centrale del nuovo produrre. Su questo argomento si pu sostenere che, malgrado la tradizione industriale e industriosa della nostra metropoli, malgrado il suo sistema articolato della ricerca e dellerogazione del sapere, mai messaggio sia stato tanto ignorato quanto quello di inno-

vare il modo di pensare la produzione, materializzatosi attraverso linvito (un po perentorio) dellUE ad allinearsi alla regola del decoupling. E questo penso sia uno dei fattori che pi hanno contribuito e contribuiscono al declino della nazione e della metropoli. Ma il decoupling (aumentare la produttivit dei fattori diminuendo il consumo delle risorse naturali) un obiettivo fondamentale della citt smart, capace di proporre: a) nuovi ruoli economicamente attivi per la fruizione delle risorse naturali, in quanto produttrici di beni e di servizi essenziali, in una visione che ci allineerebbe alla convenzione Millennium; b) una citt tendenzialmente autosufficiente, o comunque meno dipendente, per quanto riguarda la produzione alimentare ed energetica, aumentando nel contempo la biodiversit; c) nuove frontiere occupazionali legate alla green economy e alla creativit come fattore generatore dello sviluppo. Una conferenza sul tema dellinnovazione nel produrre sembra essenziale per una sferzata di ripensamento creativo sul tema strategico del nuovo modo di produrre metropolitano. Questioni di reti. La dimensione smart della citt implica alcune innovazioni infrastrutturali. La prima, ovvia, richiede che le sue attivit e i suoi centri di interesse siano dotati di memoria accresciuta e sappiano distribuire socialmente questa memoria. Su questa infrastruttura si basa la rivoluzione cibernetica urbana, ossia dellorganizzazione della citt in data base, o piattaforme, che permettono la distribuzione gratuita o a basso prezzo di servizi. Uninnovazione che parte dalla scuola, coinvolge la fabbrica e rivoluziona lerogazione dei servizi, anche di quelli civici. Il risultato ad esempio la rivoluzione in corso nellerogazione del sapere, per ora limitata al long life learning, ma ormai aperta a tutti i gradi di insegnamento. Infatti, con lavvento della cibernetica nel campo dellistruzione si affacciano nuovi interlocutori (quelli gi citati allinizio: IBM, Microsoft, Google,....); quelli storici, come le universit, si riorganizzano in piattaforme ampie (alcune intercontinentali) e tutti offrono gratuitamente corsi interattivi a livello di master. Urge un inventario delle nostre memorie metropolitane, del loro grado di interconnessione e di pervasivit; senza un bilancio dellorganizzazione dellintelligenza cyber

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della metropoli non si pu parlare di smart city. La seconda implica che i data base, o piattaforme, siano connessi in rete, ossia siano strumenti per un dialogo interattivo con il mondo. questa una sfida per permettere alla metropoli lombarda di uscire dal torpore del suo declino postindustriale e chiedersi in quale direzione investire il suo rilevante ruolo

di metropoli guida. un invito a non vedere la smart city come strumento di rafforzamento locale, nella direzione tradizionale dellinvestimento urbano a servizio delle posizioni di rendita (oggi insostenibili a causa della recessione) ma di reinventare lo storico ruolo di Milano esportatrice di fondaci. Un approfondito documento della municipalit sulle tappe o fondaci

con cui la nostra metropoli agevoler la costruzione di nuove relazioni euro-asiatiche sar la miglior ricetta per uscire dalla recessione e un omaggio allintelligenza smart dei cittadini lombardi. In fondo il mondo sta aspettando una nuova smart lombard street.

IL 25 APRILE PER CHI OGGI HA TRENT'ANNI Giacomo Marossi


Cittadini, lavoratori, sciopero generale contro loccupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Il 25 aprile 1945, queste parole di Sandro Pertini danno il via allinsurrezione milanese contro gli occupanti nazisti. Dopo tre giorni di battaglia Milano viene liberata dai partigiani e Benito Mussolini ucciso. Appeso al distributore della Esso di piazzale Loreto angolo Buenos Aires, dove adesso c il Mc Donalds. Piazzale Loreto non una piazza, tuttal pi uno svincolo per le auto che noi milanesi attraversiamo imprecando dietro al tamarro col SUV che sta giocando a Ruzzle sullIpad, guidando e chiacchierando al telefonino in contemporanea o al peruviano col camioncino dellSDA in tripla fila. C la fretta dei pendolari che si calpestano a vicenda o la flemma dei vari spacciatori e dei vecchietti che snocciolano calici di bianco al bar. Stupisce per un attimo fermarsi e immaginare esattamente a questo incrocio di viali la Milano che in quelle giornate daprile si spintonava per assistere alla grande storia del mondo che passava proprio di qua. Pu sembrare un gioco mentale fine a se stesso, ma non lo pi di tanto se pensiamo che il problema della memoria storica non tanto dimenticare i fatti, ma ricordarli come si ricordano le tabelline, senza unintegrazione fra le informazi oni e le azioni. Senza farli vivere costantemente trasformandoli in domande etiche e in abiti comportamentali, i dati della memoria perdono di senso e si trasformano in cantilene o miti vuoti, in cui non vediamo che delle belle avventure da raccontare. Limmaginario del nazifascismo che ci viene passato quello di una nube nera che si addensa su unEuropa fondamentalmente innocente. La narrazione ci parla di unumanit ingenua su cui malvagi poteri oscuri si sono scatenati per colpa di pochi, ingannandola e rendendola schiava. Una sorta di male buio che avanza laddove fino a un attimo prima cera la luce, un indistinto grigio che annichilisce ogni colore e che fa appassire i fiori al suo passaggio. Un orrore contro cui pochi formidabili eroi si sono erti in una battaglia campale che alla fine hanno vinto, come era giusto e scontato che fosse. Ma stato veramente cos? Non forse di ciascun europeo, o della stragrande maggioranza, in particolare di noi italiani, la terribile responsabilit di quei milioni di morti e di quegli orrori che a raccontarli sentiamo ancora paura? Chi sono state le vittime e i carnefici di quel periodo se non persone normalissime come quelle che incontriamo sul tram o in piazzale Loreto, un giorno qualsiasi della settimana? Riflettiamoci bene, perch non lo facciamo quasi mai. Credo che lunico modo che la maggior parte delle persone ha per pensare al male pensarlo come altro da s e dalla propria quotidianit. Una difesa psicologica inconscia, un anticorpo verso lorrore, un marchio a fuoco per rendere palese il suo non essere parte dellumanit cui sentiamo di appartenere di diritto. Ma il male parte delluomo. Il male si accompagna da sempre alla nostra esistenza, probabilmente anche come meccanismo di sopravvivenza. la nostra parte pi animale che ci viene naturale rimuovere o mascherare ma che c sempre, un inconscio preistorico che ci spinge a compiere crudelt impensabili con la naturalezza di un clic di accendino. Il rimosso ci impedisce di realizzarlo consciamente. Ci fa sempre nascondere questi avvenimenti e queste pulsioni in un sarcofago di pietra, in uno scrigno dove il male pu essere rinchiuso in puro stile Harry Potter. O lo neghiamo o lo rendiamo raccontabile. Lo mitizziamo. Lo dotiamo di ragioni plausibili e lo neutralizziamo. Eppure nellesperienza di tutti la rabbia o la foga che ci fa affrontare una rissa o un litigio e renderci conto che eravamo fuori di noi. Quante volte lo diciamo come scusa? Quante volte la accettiamo, pur non sapendogli dare un significato preciso? Sappiamo che alla fin fine siamo sempre noi a compiere certi gesti, ma ci piace pensare di no. Ci piace soprattutto dirlo a noi stessi e agli altri. Allo stesso modo agiamo sul collettivo, creiamo degli eroi per dimostrarci che, anche nel caos e nel buio, la fiammella dellumanit e della ragione illuminava di s le magnifiche sorti e progressive dellumanit. Questo ci serve come laria o lacqua. Non pensabile una memoria senza mito ed giusto che sia cos. Ma stiamoci attenti. Ci dimentichiamo troppo spesso di come le cose siano andate. Non ricordiamo lo sbandamento di una intera generazione di fronte alle sirene esaltanti dello Stalinismo e del Nazifascismo. Non pensiamo mai al rischio che lumanit ha corso e che corre di continuo ogni qual volta si travalicano certi confini. Il male parte di noi e ci accompagna sempre, come una malattia cronica che rispunta a ogni abbassarsi delle difese immunitarie, rideclinato nelle forme e nelle tecnologie di ogni epoca. Basta poco per farci tornare bestie e, dimenticati tutti gli imperativi kantiani di questo mondo, trattare laltro come una preda, un oggetto, un qualcosa che si pu tranquillamente eliminare. Io non so se settantanni fa avrei avuto la forza di ritagliarmi lautonomia necessaria per dire no al buio morale e imbracciare lo sten sulla via della montagna, ma mi piace

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www.arcipelagomilano.org pensare che s, lavrei fatto anchio e che s, lavrebbe fatto anche i miei amici. Io vivo il 25 aprile cos, come uno dei rari momenti in cui un ponte tra cittadini di ogni et ci unisce, nella consapevolezza di aver conquistato un bene prezioso qual la libert, in un sacrificio collettivo profondo e durissimo che andr sempre ricordato nei secoli e nelle generazioni a venire. La libert un sistema basato sullequilibrio precario delle diversit reciprocamente tollerate. Tutto il resto male e violenza, in gradi diversi e in diverse forme. Ma la libert no, esiste ed in un solo modo, in un solo labile equilibrio costantemente a rischio, che va difeso e custodito come un fuoco sacro, o qualcosa di molto simile. La difesa di questo focolare comune compito di tutti e dei giovani prima e pi di tutti. Siamo e saremo pronti a farlo? Non lo so, ma io ci credo.

BREVE ITINERARIO FRANCESCANO A MILANO Giovanna Franco Repellini


Oggi si parla molto di San Francesco e della chiesa dei poveri ma in questo dibattito, suscitato dal nuovo Papa e dalla situazione economica legata alla crisi, non dobbiamo dimenticare che i Francescani furono coloro che chiamarono Giotto e i massimi artisti della loro epoca mettendo le basi di una cultura estetica fondativa tuttora vigente, anche a livello internazionale, e che furono grandi costruttori non solo di chiese e conventi, ma anche di centri di alta cultura. interessante, anche se un tema vastissimo che qui possiamo solo accennare in modo incompleto, crearci un percorso milanese per capire linfluenza di questo ordine nella nostra citt e magari per trascorrere una piacevole giornata di turismo a kilometro 0. LOrdine dei Frati Minori, come li chiam lo stesso San Francesco, inizialmente pellegrini senza fissa dimora, giunsero a Milano nel 1212; divisi in varie sottofamiglie si diffusero in tutta la provincia, accanto alle sorelle Clarisse, conoscendo nei secoli fortune alterne con una grande diffusione fino al XVI secolo, cui segu un periodo di stasi sino alla soppressione degli ordini e dei conventi nellepoca napoleonica. Dalla fine dellOttocento lOrdine vide un grande rilancio culminato quando San Francesco venne nominato patrono dItalia nel 1938 da Pio XII. Del periodo medioevale ricordiamo SantAmbrogio in Nemus, primo monastero eremitico dOccidente, vicino a corso Sempione ma allora nel bosco (nemus); in realt della chiesa primitiva resta poco e oggi si chiama Fondazione don Guanella, ma conserva un grazioso chiostro ogivale che vale la pena di vedere. San Bernardino alle Monache, in via Lanzone, piccolo gioiello dellarte dei Solari con campanile quattrocentesco integro. In San Gottardo in Corte, costruita da Azzone Visconti, dietro Palazzo Reale e ristrutturata allinterno ai tempi del Piermarini, si trova un affresco di una Crocefissione (in fase di restauro) considerata lunica traccia di Giotto o della sua scuola a Milano. La chiesa di San Francesco Grande, oggi non pi esistente, edificata nei pressi di SantAmbrogio, era la pi grande chiesa milanese prima che fosse costruito il Duomo. Sede centrale dei Minori Osservanti che, nel periodo del ducato sforzesco, furono guidati da un personaggio controverso, visionario e trascinante di origine portoghese; uomo dotto, teologo, responsabile di venti comunit religiose: il Beato Amedeo Menez de Sylva, che fond anche la chiesa di Santa Maria alla Pace dietro il Palazzo di Giustizia del cui convento restano quattro piccoli chiostri eleganti. La Sopraintendente di Brera, Sandrina Bandera, ritiene che tra i suoi affiliati ci fosse tutta l'intellighentia di Milano, tra cui, negli anni Ottanta del Quattrocento, anche Bramante e Leonardo che per la cappella della Immacolata Concezione di San Francesco Grande, dipinse la Vergine delle rocce nel 1483. Il complesso, dove era sepolto Bonvesin della Riva, fu sconsacrato nel 1898 dalla Repubblica Cisalpina, utilizzato come ospedale, magazzino, orfanotrofio e nel 1906 fu infine demolito per far posto alla caserma che noi ben conosciamo perch si trova a lato dellUniversit Cattolica. Numerosi furono i conventi abbattuti in quel periodo influenzato dalla rivoluzione francese che con una ventata riformatrice e anticlericale riorganizz completamente la forma urbana e le istituzioni pubbliche della citt. La forza dei francescani riprese verso la fine dellOttocento e si rafforz per tutto il Novecento anche questa volta con la collaborazione di architetti e artisti tra cui soprattutto Giovanni Muzio. Ricordiamo qui solo i centri pi importanti oggi noti ai milanesi soprattutto per le iniziative caritatevoli e culturali. In via Farini si trova il convento di SantAntonio da Padova (anchegli famoso santo francescano che aveva conosciuto in prima persona Francesco) fondato nel 1870 come Ospizio di Terra Santa. La chiesa, progettata dallarchitetto Luigi Cesa Bianchi in stile tardo Rinascimento fu consacrata nel 1906. Nel Secondo dopoguerra fu ampliata in varie fasi, con interventi sia dell'architetto Caccia Dominioni che di Muzio. Nei pressi in via della Moscova vediamo la chiesa di Santa Maria degli Angeli e San Francesco. Progettata da Domenico Giunti, architetto del governatore spagnolo Don Ferrante I Gonzaga, fu iniziata nel 1552 in collaborazione con i migliori artisti dellepoca. Il convento, che in origine presentava tre chiostri, tutti decorati con grandi cicli pittorici, and perduto in seguito alla soppressione. La sede attuale venne costruita su progetto dell'architetto Giovanni Muzio. Tutto questo complesso di lavori di ripristino che comprendeva anche il rifacimento della piazza antistante curato dal Comune di Milano (1982) si complet nel 1984 quando il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, consacr il nuovo altare dellarchitetto Lodovico Belgiojoso. Sempre di Muzio il monastero di Santa Chiara in piazza dei Piccoli Martiri e loriginale chiesa di San Giovanni Battista alla Creta (Inganni) costruita come una vela gonfia, tutta in mattoni a vista posati a motivi ornamentali. A proposito di Muzio non dimentichiamo che anche padre Agostino Gemelli, fondatore dellUniversit Cattolica fu francescano e promotore della cultura francescana, infatti non a caso le prime facolt furono filosofia e scienze sociali. Proseguendo con il nostro elenco sbrigativo troviamo il Sacro Cuore di Ges collegato al convento di viale Piave. Il progetto della chiesa fu del frate francescano Angelo Osio da Cassano dAdda in uno stile tra il Liberty e il Neomedievale. La chiesa fu inaugurata nel 1878 e, come curiosit storica, ricordiamo che durante i tumulti del 1898, il convento fu preso a cannonate da Bava Beccaris e furono arrestati venitnove frati accusati di aver nascosto i rivoltosi.

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www.arcipelagomilano.org Santa Maria degli Angeli e San Francesco in piazza Velasquez fu costruito su disegno dellingegner Cesare Nava in stile definito lombardo moderno con accanto un grande convento che accoglie lo Studentato Teologico della Provincia Cappuccina. Tra le molteplici attivit e iniziative fiorite in questa sede francescana va segnalato il Centro Culturale Rosetum, qui iniziato nel 1956. Il convento disegnato nel piano regolatore redatto da Angelo Pavia e Giovanni Masera tra il 1909 e il 1910 dove si legge chiaramente il tracciato della strada Vercellese e il futuro assetto di questa parte di citt. Sempre dei fratelli Nava la chiesa dellImmacolata e SantAntonio di Padova che tra laltro, come nota sempre il professor Marco Romano, ha un importante ruolo urbano perch funziona come fondo prospettico a chiusura del grande viale Corsica. Il Santissimo Sacramento, nel piazzale del Cimitero Maggiore stupisce per la variet delle pietre con cui stata costruita (architetto Varcher). In realt si tratta di tutte le lapidi provenienti dal cimitero accanto, bombardato durante la guerra (oggi le getterebbero tutte in discarica). Leffetto sorprendente e, soprattutto allinterno, piuttosto originale. Per concludere in ordine di data di costruzione, segnaliamo la scenografica San Francesco al Fopponino con i grandi finestroni esagonali progettata dal parrocchiano Gio Ponti negli anni Sessanta. Infine un ultimo accenno ai monumenti a San Francesco che a Milano sono ben tre: due fontane, una in piazza degli Angeli e laltra in via Farini e la grande statua con il Santo a braccia aperte dello scultore Domenico Trentacoste in piazza Risorgimento, realizzata con il bronzo raccolto con la partecipazione di migliaia di cittadini.

FACCIAMO DI LINATE UN GIGANTESCO CAMPO DA GOLF? Riccardo Lo Schiavo


Uscendo da Milano sulla Rivoltana SP14 ci si imbatte sulla destra nel parco Forlanini. un grande parco verde che si estende per 3.100.628 mq, un parco privo di recinzione inaugurato nel 1970 che ha preservato e tutelato quella zona della citt dalla speculazione edilizia. Stanno scavando alcune buche di un campo di golf, orrore! Ma prima di parlare del golf parliamo un attimo del parco. Il parco attuale era stato progettato dagli architetti Mercandino e Beretta come un monumento alla campagna lombarda e come un vuoto urbano simile a un immenso spazio teatrale dove la scena della vita rurale viene contrapposta a quella industriale dellintorno. Forse il suo maggior difetto di essere ai margini della citt, in una zona dove si passa, non ci si ferma, si va all'aeroporto di Linate e per chi ci va una grossa macchia verde sulla sinistra, ma non ci si ferma a vedere questo bel polmone di verde: fretta tipica milanese. Di tuttaltro avviso i frequentatori del parco, dallaltra parte della barricata, che vedono le macchine sfrecciare sul viale Forlanini. Il parco stato realizzato abbinando a zone naturali zone costruite. la rappresentazione vivente del paesaggio lombardo. Di sabato ci vanno spesso i vecchi compagni di classe a giocare al calcio. Frotte di emigrati portano i bambini nel verde e magari accendono fumosi barbecue . Tanti milanesi fanno passeggiare, spesso senza guinzaglio, i propri cani. Ci sono infine gli immancabili runners e i ciclisti. In una zona nei pressi di viale Forlanini stato inaugurato nel 2002 il Bosco dei Faggi a ricordo delle vittime del disastro di Linate del 2001, un luogo di meditazione e della memoria. Sempre nei pressi del viale suddetto, nel 2008 stato inaugurato una struttura comunale per l'accoglienza di cani e gatti randagi e per ospitare la sezione veterinaria del vecchio canile municipale di via Lombroso. In inverno passeggiando tra i suoi viali si respira la tipica aria della campagna lombarda con i vapori che salgono dai piccoli corsi dacqua che solcano il parco. In primavera c un simpatico baretto dove poter andare a godersi un tiepido sole. In estate possibile vedere nei pressi dello splendido laghetto dotato di cigni le signore prendere il sole sui prati. Forse un po cheap perch non in centro ma un bel parco. Ma veniamo al campo da golf, gi da anni presente una struttura ricreativa minigolf, che sta l e non crea problemi a nessuno, ora stanno creando delle vere e proprie buche da golf.Era necessario? Come mai gli ambientalisti non urlano, i comitati di zona tacciono? Cosa mai succeder? In provincia di Milano abbiamo 23 campi di golf tra campi pratica, campi promozionali, e campi da 9 a 36 buche. Una buona offerta commerciale che da lavoro a varie persone . Come ci dice il sito della Federgolf: Il gioco del golf, a differenza degli altri sport, non si pratica in impianti sportivi dotati di dimensioni e caratteristiche costruttive standard. Gli impianti golfistici nascono nel paesaggio e di conseguenza sono permeati dalla storia delluso del suolo e dallecologia del territorio. Richiedendo superfici anche piuttosto vaste, hanno unintima relazione con lambiente circostante da cui dipendono. I percorsi di golf, quando progettati e gestiti secondo i principi dellecosostenibilit, hanno una funzione potenzialmente considerevole nella protezione-ricostruzione ambientale e diventano parte integrante nella programmazione delluso del territorio e nelle politiche ambientali locali. Ecco sarebbe interessante destinare laeroporto di Milano Linate a un gigantesco campo di golf, perfettamente integrato con la citt prolungando la linea gialla che dista poche centinaia di metri dallattuale pista, o usando la nuova metropolitana che verr magari inserendovi il solito centro commerciale di turno disegnato e immerso nella brughiera lombarda dalla solita Archistar. Una gigantesca area verde con tante buche in modo da dare ai milanesi unalternativa pan socialista allo sport delite, il golf per tutti. La piscina non serve c gi lidroscalo. Magari facciamo fare un bel ponte di vetro tipo quello di Calatrava a Venezia. Poi un bellalbergo ecologico al centro del parco, immerso nel verde, infine qualche palazzina (cos facciamo contenti anche i palazzinari), rigorosamente bio, in modo da soddisfare la richiesta di case.Tanto i ricchi rimarranno a vivere in centro e andranno al golf Club Milano, quello che sta Monza ed chic.

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M5S. IL VENTO IN POPPA A UN MOVIMENTO ANCORA IMMARTURO Alessandro Rosina


Il Movimento 5 Stelle ha spiegato bene le vele catturando il forte vento di cambiamento nella popolazione e soprattutto nelle nuove generazioni. Gli attuali ventenni e trentenni fanno parte della generazione dei Millennials, che viene ritratta in modo omogeneo da ricerche in tutto il mondo con tre C. Oltre a essere molto sensibili alle esigenze di cambiamento sono molto disponibili a mobilitarsi combattivamente per obiettivi di interesse comune. La loro partecipazione per fluida, legata a temi specifici e poco irreggimentabile nelle tradizionali forme di appartenenza ai partiti. Con essi funziona molto di pi il movimento: il mettersi in moto tutti assieme per creare unonda e vedere leffetto che fa (quanto pu diventare travolgente). Non a caso Grillo ha usato lespressione tsunami tour per la sua campagna elettorale. C infine la c di connessi. E anche questa caratteristica dei Millennials stata acquisita come specificit dal M5S, tanto da aver fatto del web il pressoch unico strumento di informazione, incontro, confronto (sperimentando, per ora senza grande successo, anche forme di democrazia partecipativa). Su questo aspetto va considerato che, come confermano i dati Istat e lindagine Rapporto giovani dellIstituto Toniolo, la fruizione della rete tra i ventenni italiani del tutto in linea con la media europea mentre luso tra i nostri cinquantenni e oltre sensibilmente pi bassa. Non si tratta per solo di una questiona quantitativa, anche la qualit diversa. I Millennials considerano linformazione online pi libera e autorevole, non solo rispetto a quella televisiva ma anche a quella cartacea. soprattutto tra essi che crescono i cittadini 2.0, quelli cio che non usano il web solo per informarsi ma anche come forma di interazione e di e-partecipation. Insomma nei suoi aspetti distintivi il Movimento 5 Stelle si in modo specifico rivolto ai giovani e alle loro emergenti sensibilit e caratteristiche. Non che non possa essere votato per protesta anche dagli adulti e dai pi maturi, ma la spinta maggiore e pi convinta arriva dai ventenni e dai trentenni. I dati disponibili lo confermano, sia che si prenda in considerazione lelettorato attivo che quello passivo. In uno dei paesi pi gerontocratici del mondo sviluppato, con una classe dirigente fatta in larga parte di over 60 anni, let media del nuovo Parlamento scesa a 45 anni alla Camera (9 in meno rispetto alla precedente legislatura) e 53 per il Senato (4 in meno). Un Parlamento, quindi, che grazie al M5S ora meno generazionalmente squilibrato e anagraficamente pi vicino agli elettori (let media dei cittadini italiani pari a 43 anni). Se si guarda alle liste elettorali, la differenza tra tale movimento e gli altri partiti di circa 15 anni. Che questa nuova e anomala realt politica si sia rivolta soprattutto ai giovani e lo abbia fatto in modo efficace, lo testimonia let dei votanti. Il M5S stato in assoluto il pi votato tra gli under 30. Questo significa che Grillo stato in grado di seminare dove i partiti tradizionali hanno lasciato largamente incolto, sia in termini di politiche che di coinvolgimento alla partecipazione. Interessante il caso di realt come Milano, dove invece la partecipazione che si era raccolta attorno allelezione di Pisapia ha fatto da argine rispetto alla deriva generazionale verso il grillismo (che qui ha pescato pi dalla Lega che dal centrosinistra). I motivi del successo elettorale del Movimento 5 Stelle sono per in larga parte gli stessi che gli impediscono di governare con successo. Perch incarna la protesta ed sempre difficile mantenere il consenso passando alla fase propositiva. Perch si tratta di una protesta trasversale (sia rispetto al territorio che alle classi sociali) ed difficile soddisfare le aspettative di tutti. Perch novit, spiccata presenza di giovani, crescita repentina, vanno a scapito dellesperienza e della solidit delle competenze da spendere (non sempre compensabili con freschezza e buona volont). Perch i temi del programma elettorale sono molto schiacciati sulle rivendicazioni e le sensibilit delle nuove generazioni, con proposte spesso vaghe o difficilmente realizzabili se non controproducenti. Poco si trova su come gestire in modo positivo due grandi sfide nella societ italiana, di impatto cruciale per lo sviluppo economico e il benessere sociale dei prossimi decenni: linvecchiamento attivo e lintegrazione degli immigrati. Ma gli esiti dellelezione del Capo dello Stato consentono a Grillo di non scoprire le sue carte e continuare a cavalcare il crescente malessere degli italiani. Che la cosa che sa fare meglio. Senza un governo credibile che convinca con i fatti sar difficile contenerlo. Ma nel frattempo il M5S potrebbe anche diventare pi maturo.

MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org I quartetti di Beethoven


A distanza di ventanni (ottobrenovembre 1993) dalla celeberrima esecuzione del Quartetto di Tokyo alla Scala, la Societ del Quartetto di Milano sta riproponendo - in occasione del 150 anniversario dalla n.15 V 24 aprile 2013 sua fondazione - una nuova integrale dei 16 Quartetti per archi di Beethoven - in realt 17 con la Grande Fuga opera 133 - affidandoli questa volta a una giovane compagine italiana che, nonostante i suoi pochi anni di vita ( stata fondata nel 2000), si gi affermata in tutto il mondo come erede del grande Quartetto Italiano: si tratta del Quartetto di Cremona costituito da Cristiano Gualco e Paolo Andreoli vio10

www.arcipelagomilano.org lini, Simone Gramaglia viola e Giovanni Scaglione violoncello che grazie anche agli straordinari strumenti di cui dispongono - sono tuttuno con quella citt, con le sue celebri liuterie e con lAccademia Stauffer che ne tiene viva la memoria e le tradizioni. Quella di marted scorso era la seconda serata - delle sei in cui si suole organizzare lintegrale dei quartetti beethoveniani - e, come da tradizione, metteva insieme alcune opere giovanili con altre dellet matura; in questo caso si trattava del terzo e del quarto quartetto dei sei di cui si compone lopera 18 - scritti negli anni fra 1798 e il 1800 e primo cimento in questo genere dellAutore non ancora trentenne - e del quartetto n. 12 opera 127, del 1824-25, primo degli ultimi (che seguiranno con i numeri dopera 130, 131, 132, 133 o Grande Fuga, e 135, praticamente il lavoro estremo, terminato cinque mesi prima della morte). Poter mettere a confronto due epoche tanto lontane della vita di Beethoven gi in s unesperienza straordinaria; fra le due et vi il passaggio del secolo, la meteora e la delusione napoleonica, il trattato di Vienna, soprattutto quel testamento di Heiligenstadt (ottobre 1802) con cui Beethoven prende atto della sua definitiva e irrimediabile condanna alla sordit. Fra i primi e gli ultimi quartetti il mondo intero cambiato intorno a lui ma soprattutto cambiato il suo mondo interiore; lo si sente prima concludere lepoca classica e poi entrare con determinazione nella modernit. Anche la struttura del Quartetto cambia radicalmente fra le due stagioni: nellopera 18 i movimenti sono quelli canonici delle Sonate e delle Sinfonie (Allegro, Lento, Scherzo o Minuetto e un veloce Finale, come quasi tutti i quartetti di Mozart e di Haydn), mentre nellopera 127 lincipit un Maestoso, subito dopo c un Allegro seguito da un Adagio ma non troppo e molto cantabile, poi un Andante con moto e ancora un Adagio ma questa volta molto espressivo; il terzo movimento uno Scherzando vivace ma poi diventa Presto mentre il finale un inusuale Allegro comodo. Il tutto a signif icare quanti, diversi e complessi, fossero i sentimenti che il Grande Vecchio (ma aveva solo cinquantaquattro anni!) intendeva esprimere. Dicono Poggi e Vallora che il Quartetto darchi sia la pi elevata e difficile delle forme musicali il genere aristocratico per fini intenditori il momento della verit di ogni compositore e il fatto stesso per cui Beethoven gli abbia riservato lestrema attenzione, quando gi si sentiva mancare la vita, la dice lunga sul significato che doveva attribuire a questo genere musicale; al di l dellinteresse squisitamente musicale immaginiamo, che abbia avuto il senso dellintima e profonda ricerca di un momento di raccoglimento o di confessione, una sorta di autoanalisi, forse addirittura di preghiera. Ma la maga del quartetto racchiusa anche nella purezza del suono, omogeneo ma articolato, che sembra scaturire da un unico strumento con quattro voci in mirabile equilibrio fra loro; quattro diverse voci concordi, o ununica voce che si dilata e rappresenta le sfaccettature e la complessit dei sentimenti pi nascosti. Questa complessit e questa compattezza proprio la cifra che caratterizza le esecuzioni dei quartettisti di Cremona; ascoltarli come immergersi nella profondit del pensiero musicale senza sentire i dubbi che assillano limpegno interpretativo n le difficolt che accompagnano la fatica dellesecuzione. Una grande lezione di professionalit e di seriet che lascia pregustare la serata del 14 maggio, quando il Quartetto di Cremona torner per la terza tornata dellintegrale con lesecuzione di uno dei massimi capolavori beethoveniani, quei tre quartetti dellopera 59 universalmente noti come i Razumovskij dal nome dellambasciatore russo a Vienna cui furono dedicati. Una serata che non si potr perdere.

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org La pop art di Warhol e le stampe a diamanti
Settimana scorsa, come gi anticipato, al Museo del 900 c stata lapertura a ingresso gratuito della mostra Andy Warhols Stardust. Stampe dalla collezione Bank of America Merrill Lynch, a cura di Laura Calvi. Protagoniste le brillanti, e preziosissime, stampe di Andy Warhol, artista sopra le righe e padre della Pop Art americana. Lo stardust indicato nel titolo richiama davvero la polvere di diamante usata per rendere brillanti e uniche queste stampe, ma anche tutta quellallure che da sempre circonda il nome e il lavoro di Warhol stesso. Dagli anni 60 agli anni 80, la mostra ripropone i soggetti pi noti creati dallartista di Pittsburgh. Imperdibili i Flowers in tonalit fluo, le indimenticabili Campbells Soup, i divertenti Fruits e i meno noti, ma altrettanto vivaci, Sunset. Un procedimento di lavoro, quello di Warhol, molto simile a quello dellartista contemporaneo Damien Hirst. Entrambi hanno affidato, e affidano, la produzione dei loro lavori ad assistenti specializzati, nel caso di Warhol cera addirittura la famosa Factory a servirlo, e solo alla fine i due m aestri ritoccano e aggiustano dei dettagli con il loro tocco personale. Tocco che fa lievitare le loro opere a diversi milioni di dollari. Ma daltra parte quelle di Warhol erano opere Pop, nate e pensate per essere vendute e riprodotte in gran quantit, in linea con la produzione di massa, anche artistica. Oltre ai fiori e ai frutti, da ammirare anche i celebri volti ritratti da Warhol: Mohammed Al, Marylin, e le copertine di Interview create appositamente dallartista, che sponsorizza, tra laltro, i suoi Velvet Underground e la loro famosa banana-simbolo. Personaggi reali ma non solo. Nella serie dei Myths Warhol rappresenta Topolino e gli eroi dei fumetti, dando loro la stessa effimera concretezza dei personaggi di Hollywood e dello spettacolo, mettendo insieme la collezionista Gertrude Stein, Babbo Natale, Einstein, Superman e i fratelli Marx. Nuove nel taglio anche le didascalie, non pi banali cartellini descrittivi ma etichette a muro in colori fluo, con interessanti citazioni dellartista e dei suoi contemporanei che ne spiegano e approfondiscono il lavoro, dando anche un quadro generale su quegli anni e sulle difficolt economiche, razziali o semplice-

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www.arcipelagomilano.org mente raccontando aneddoti legati alle opere. Lallestimento intero, a cura di Fabio Fornasari, ricorda la corsia di un supermercato, in cui le opere darte sono esposte con la stessa freddezza e precisione dei prodotti di consumo quotidiani, in cui possibile, virtualmente, comprare le lattine Campbell e i frutti di stagione, insieme alle riviste di musica rock, con una spolverata di polvere di diamanti. Andy Warhols Stardust. Stampe dalla collezione Bank of America Merrill Lynch, Museo del 900, Fino all8 settembre Orari luned 14.30 19.30 marted, mercoled, venerd e domenica 9.30 19.30 gioved e sabato 9.30 22.30 Ingresso intero 5 euro ridotto 3 euro

La libert dal dopoguerra a oggi


Che cosa significa libert oggi? Com cambiato questo vocabolo dallIlluminismo alle tragedie sociopolitiche che hanno accompagnato la seconda met del Novecento? C ancora posto per una libert artistica che sia azione concreta? Che cosa potrebbe significare oggi questa parola letta da artisti europei diversi tra loro per et, percorso, Paese e storia politica? Queste risposte prova a darle Desire for freedom. Arte in Europa dal 1945, mostra collettiva che affronta lidea di libert in Europa dal dopoguerra in avanti, attraverso 200 opere darte che esprimono il pensiero e le creazioni di 94 artisti contemporanei provenienti da 27 diversi Paesi europei. Realizzato su iniziativa del Consiglio dEuropa e con il sostegno finanziario della Commissione europea, il progetto frutto della collaborazione internazionale di 36 Paesi membri del Consiglio stesso, che hanno coinvolto artisti, studiosi, curatori, musei, gallerie e importanti collezionisti privati. Il progetto nasce con lobiettivo di superare la visione di unEuropa del dopoguerra come teatro dellostilit tra due blocchi di potere contrapposti, assumendo invece come punto di partenza lidea che entrambe le parti affondino le radici comuni nellIlluminismo e nei suoi valori: ragione, libert, giustizia, uguaglianza. Il percorso non ha un senso cronologico o geografico, ma si apre invece con un percorso circolare (reso ancora pi arduo dalle labirintiche sale e corridoi di Palazzo Reale), che si sviluppa in 12 sezioni, ognuna dedicata a un tema. Si inizia con il Tribunale della Ragione, in nome della quale spesso sono state commesse le peggiori violazioni dei diritti delluomo e sul cui ruolo gli artisti si interrogano; si prosegue con le utopie in La rivoluzione siamo noi, ispirata allopera omonima di Joseph Beuys del 1972; la terza tappa il Viaggio nel paese delle meraviglie, che racconta la capacit dellarte di riscrivere la narrazione e la storia, ridefinendo anche la nostra coscienza storica collettiva. In Terrore e tenebre larte mette il visitatore di fronte al regime del terrore e alla violenza delle torture che arrivano a privare la societ dei principi di fratellanza e solidariet. Con Realismo della Politica larte misura il ruolo dellazione politica nel bilanciare gli interessi della societ civile e la sua capacit (o incapacit) di risolvere i conflitti pacificamente; mentre la Libert sotto assedio, dimostra la fragilit di questa parola, colpita ieri come oggi da orrori e violazioni dei diritti umani. In 99 Cent gli artisti si confrontano con il difficile rapporto tra la vita incentrata su valori immateriali e la spinta verso il consumismo che pervade la nostra societ, a discapito di tutto, come raccontano le grandi fotografie di Andreas Gursky. Con Centanni gli artisti fanno riferimento alleternit per ridimensionare il presente e sottolineare limportanza della cura dellambiente e delle risorse che ci circondano, legandosi alla sezione precedente. Il rapporto dellarte con il concetto dellabitazione, fonte di sicurezza e riparo ma anche canale di comunicazione con lesterno, invece il nucleo di Mondi di vita; cos come Laltro Luogo, al contrario, analizza i mondi creati dallarte come vie di fuga, nuovi orizzonti possibili in opposizione a ci che ci circonda. Esperienza di s e del limite entra nel merito della conoscenza dei propri limiti e dei confini tra s e laltro, cercando di definire cosa ci rende umani e come vorremmo essere nel prossimo futuro. Con Il mondo nella testa la mostra chiude il cerchio testimoniando come la fonte delle nostre idee, Ragione compresa, e della conoscenza della realt e rimane anche per lartista la nostra mente. Le opere in mostra serviranno quindi a mostrare la visione di ciascun artista sul tema e a rispondere agli interrogativi connessi al tema della libert individuale e collettiva, che poi un invito pi ampio a riflettere sul senso stesso dell'arte in unepoca cos travagliata. I nomi sono quelli di alcuni grandi protagonisti degli ultimi decenni, come Gerhard Richter, Mario Merz, Christo, Richard Hamilton, Niki de Saint Phalle, Alberto Giacometti, Damien Hirst, Arman, Jannis Kounellis, Yves Klein, Emilio Vedova e molti altri. Desire for freedom. Arte in Europa dal 1945 Palazzo Reale, fino al 2 giugno. Orari: Lun: 14-30-19.30, Mar-Dom: 9.30-19.30, Giov e Sab: 9.30-22.30. Biglietti: 9,50/ 6,50 comprensivi di audioguida

I tre crocifissi di Foppa


Dal 19 marzo il Museo Diocesano ospita un dipinto prezioso, proveniente dallAccademia Carrara di Bergamo, e ben adatto alla imminente Pasqua: I Tre Crocifissi di Vincenzo Foppa. Lopera, data generalmente dalla critica al 1456, stata invece attualmente riletta al 1450, come sembrerebbe essere scritto sui parapetti marmorei che circondano la scena, e farebbe dunque diventare questa tavola, fatta per la devozione privata, un importante anticipo sullevoluzione del gusto artistico in Lombardia. Vincenzo Foppa, bresciano, artista innovativo che ha lavorato anche per gli Sforza tra Milano e Pavia, in questa tavola, il cui committente ci rimane ignoto, ha creato una scena sacra che va oltre le abituali visioni del fatto, e anzi aggiunge un clima di reale sospensione, rendendolo quasi una scena quotidiana e umana. Affidandosi ai Vangeli sinottici, lascia il Cristo abbandonato a se stesso, senza le pie donne o san Giovanni, generalmente rappresentati, ma solo circondato dai terribili due ladroni. Composto quello di sinistra, colui che alla fine credette, con una posa ritorta e disperata quello di destra, tormentato nel fisico e nellespressione, pressato da un demonio sopra la sua croce. Quello che colpisce davvero la tridimensionalit dei corpi, che ri-

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www.arcipelagomilano.org prendono sfacciatamente le novit padovane di Donatello, costruiti con un gioco di chiaroscuri decisamente in anticipo sui tempi. E in effetti la cultura figurativa di Foppa sembra essere davvero di ascendenza veneta: c memoria non solo dello Squarcione, maestro di Andrea Mantegna, ma anche e soprattutto di Jacopo Bellini e dei suoi disegni, nel monumentale arco che inquadra la scena e nelle teste di antichi imperatori romani. Altra interessante notazione sulluso della prospettiva. Una prospettiva che fa emergere i corpi, in particolare quello del Cristo, che sembra quasi arrivare a toccare la cima dellarco, e che si impone subito agli occhi dello spettatore. Una prospettiva per ritenuta per alcuni anni anche sbagliata, come pu sembrare se si osserva il paesaggio sullo sfondo, ancora bidimensionale e favolistico, di gusto ancora tardogotico, e per il quale si proposto un confronto con il nome di Gentile da Fabriano. In realt la tavola si avvale di una doppia prospettiva, che oltre a creare le diagonali delle croci, ha anche un punto di fuga rialzato, pensato per una visione dal basso da parte del fedele, che avrebbe dovuto meditare, inginocchiato, davanti ai Sacri Misteri. Ecco perch la datazione diventa fondamentale. Anticipando al 1450 lopera, si pu rendere meglio lidea della precocit delle invenzioni foppesche, facendolo rientrare nel clima artistico padovano e non ancora in quello mantegnesco. Foppa fu un grande maestro del Rinascimento lombardo, cosa che si pu vedere anche grazie agli affreschi della Cappella Portinari (1464 - 1468), presso la chiesa di SantEustorgio, attigua al complesso del Museo Diocesano. Vincenzo Foppa. I tre crocifissi, Museo Diocesano, corso di Porta Ticinese 95, fino al 2 giugno, orari: mar-dom: 10.00-18.00. La biglietteria chiude alle ore 17.30 Biglietti: marted: 4.00, intero: 8.00 ; r idotto: 5.00

Una App per la Milano di Costantino


Il Museo Diocesano, ideatore della mostra Costantino 313 d.C., insieme a Midapp, col contributo di Regione Lombardia, ha da poco presentato una APP davvero interessante relativa a Costantino e alla Milano del tempo. Basta cercare negli app store di Android o IPhone la dicitura la Milano di Costantino per avere gratuitamente una app ricca di informazioni e contenuti, che permetter un viaggio nel tempo, nel IV sec d.C., per conoscere meglio i luoghi della Milano romana. Milano fu la citt dellEditto di toll eranza, sede imperiale dal 286 d.C. e crocevia di traffici, imperatori ed eserciti. Lapp La Milano di Costantino permette di rivivere, area per area, i luoghi pi significativi della citt antica. Si inizia con una mappa interattiva di Milano, che sovrappone la cartografia attuale (basata su dati Open Street Map) alla pianta delle aree archeologiche del tempo, con la segnalazione di numerosi luoghi dinteresse. Tre sono gli itinerari che si possono percorrere e che permettono di scoprire venticinque luoghi dinteresse, corredati da schede ricche di informazioni, orari di apertura, contatti e approfondimenti. Il primo, dal titolo Milano al tempo di Costantino fa conoscere, attraverso resti archeologici, la Mediolanum romana: il Foro, il teatro, il circo, le terme, il mausoleo imperiale ecc. Con il secondo itinerario, Le basiliche cristiane, si scoprono i primi edifici di culto cristiano eretti dopo lEditto di Milano per volere di Costantino, dei suoi successori e di SantAmbrogio, vescovo di Milano, come San Nazaro, san Simpliciano, il complesso episcopale e altre. Il terzo, Costantino ed Elena nella memoria di Milano, propone un percorso insolito sulle tracce di monumenti e dediche voluti dai cittadini milanesi in ricordo dellimperatore e della sua storia. I contenuti dellapp sono visibili anche off line, senza accesso a internet. Con il GPS invece, camminando per la citt si potranno facilmente localizzare i luoghi dinteresse intorno a s con lindicazione della direzione e della distanza. Un utile aiuto per conoscere Milano antica e integrare meglio i luoghi e i reperti presentati alla mostra di Palazzo Reale.

Leonardo e le macchine ricostruite


Come faceva Leonardo Da Vinci a progettare le sue macchine volanti? Potevano davvero volare? Che cosera il famoso Leone Meccanico? Perch non venne mai portato a termine il colossale monumento equestre di Francesco Sforza? Queste sono solo alcune delle domande che potranno avere risposta grazie allinnovativa - e unica nel suo genere - mostra che si appena aperta in una location deccezione: gli Appartamenti del Re nella Galleria Vittorio Emanuele. Tutto nasce dallidea di tre studiosi ed esperti, Mario Taddei, Edoardo Zanon e Massimilano Lisa, che hanno saputo mettere insieme e creare un centro studi e ricerca dedicato a Leonardo, alle sue invenzioni e alla sua attivit, con risultati sorprendenti sia sul fronte delle esposizioni, sia su quello della divulgazione. Leonardo3 (L3) parte di un progetto pi ampio, di un innovativo centro di ricerca la cui missione quella di studiare, interpretare e rendere fruibili al grande pubblico i beni culturali, impiegando metodologie e tecnologie allavanguardia. Sia i laboratori di ricerca sia tutte le produzioni L3 (modelli fisici e tridimensionali, libri, supporti multimediali, documentari, mostre e musei) sono dedicati allopera di Leonardo da Vinci. E i risultati sono stati straordinari: L3 ha realizzato il primo prototipo funzionante al mondo dellAutomobile di Leonardo, hanno ricostruito il Grande Nibbio e la Clavi-Viola, il primo modello fisico della Bombarda Multipla, il primo vero modello del Pipistrello Meccanico, il Leone Meccanico e il Cavaliere Robot, oltre a interpretazioni virtuali e fisiche inedite di innumerevoli altre macchine del genio vinciano. Non solo macchine per. Fondamentali per la riscoperta e la creazione dei prototipi sono stati i tanti codici leonardeschi, tra cui il famoso Codice Atlantico interamente digitalizzato, cos come il Codice del Volo, presentato in Alta Definizione, in cui ogni singolo elemento interattivo. E queste tecnologie diventeranno, in futuro, sempre pi utili per studiare manoscritti antichi e fragilissimi, come i diversi Codici e taccuini, gi molto rovinati dallusura e dal passare dei secoli. Una mostra che divertir grandi e bambini, che potranno toccare con mano le macchine e i modellini ricostruiti, testarsi sui touch screen per comporre, sezionare o vedere nel dettaglio, tramite le ricostruzioni 3D,

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www.arcipelagomilano.org i vari pezzi delle macchine di Leonardo, far suonare la Clavi-Viola e costruire, davvero, un mini ponte autoportante. Una delle ultime sezioni poi dedicata ai dipinti di Leonardo, su tutti la famosa Ultima Cena. Una ricostruzione digitale e una prospettica permettono di ricostruirne strutture e ambienti, di capirne perch Leonardo sbagli di proposito la prospettiva e di approfondire alcuni dettagli. I modelli sono stati costruiti rispettando rigidamente il progetto originale di Leonardo contenuto nei manoscritti composti da migliaia di pagine, appunti e disegni. Il visitatore avr anche la possibilit di leggere i testi di Leonardo invertendo la sua tipica modalit di scrittura inversa (da destra a sinistra). L3 si gi fatto conoscere nel mondo, le mostre sono state visitate da centinaia di migliaia di persone in citt e Paesi come Torino, Livorno, Vigevano, Tokyo, Chicago, New York, Philadelphia, Qatar, Arabia Saudita e Brasile. Occasione imperdibile. Leonardo3 Il Mondo di Leonardo -piazza della Scala, ingresso Galleria Vittorio Emanuele II, fino al 31 luglio, orari: tutti i giorni dalle ore 10:00 alle ore 23:00, biglietti: 12 intero, 11 studenti e riduzioni, 10 gruppi, 9 bambini e ragazzi, 6 gruppi scolastici.

Modigliani, Soutine e la Collezione Netter


Di Modigliani si detto e scritto di tutto. A iniziare dal suo soprannome, Mod, gioco di parole tra il suo cognome e lespressione peintre maudit, il pittore folle. Si sa della sua dipendenza cronica da alcol e droghe, si sa del suo grande amore, leterea Jeanne, si sa della loro tragica fine. Esponente di rilievo della cosiddetta Scuola di Parigi, Modigliani ha davvero segnato unepoca, pur nella sua breve esistenza, influenzando artisti e generazioni future. Un artista incompreso, come molti altri allinizio della carriera, e che pot sopravvivere soprattutto grazie allaiuto di generosi e lungimiranti mecenati. Dopo Paul Alexandre e Paul Guillaume, entra in gioco un collezionista atipico, schivo e riservato, che aiuter Mod nei suoi anni pi cruciali: Jonas Netter. Industriale ebreo emigrato a Parigi, Netter negli anni riuscir a mettere insieme una straordinaria collezione di opere darte, pi di duemila, scegliendo gli artisti pi promettenti e interessanti, affidandosi al suo gusto personale ma anche a quello di un uomo completamente diverso da lui per stile di vita e carattere, Leopold Zborowski. Polacco, arriva a Parigi nel 1914 insieme alla moglie, per tentare la carriera artistica. La ville lumire lo trasformer invece, a suo dire, in poeta. E in un mercante. Grazie alle conoscenze e alle frequentazioni dei caff e dei locali di Montparnasse, Zborowski conosce e frequenta gli studi degli artisti pi talentuosi, e poveri, che stipendia e compra per Netter, con il quale aveva precisi rapporti commerciali. Un sodalizio lungo pi di un decennio, interrotto in brusco modo nel 1929, e che condurr Netter ad avere 50 dipinti di Modigliani, 86 Soutine e 100 Utrillo. Ed proprio Maurice Utrillo, figlio della ex modella e pittrice Suzanne Valadon, a essere stato il grande amore di Netter. In mostra molti paesaggi, declinati nei diversi periodi e momenti della sua vita. La precoce dipendenza di Utrillo dallalcol non gli ha impedito di lavorare tantissimo, a scopo terapeutico, e di ispirarsi alla pittura impressionista, soprattutto di Pissarro. Netter amava i suoi artisti come dei figli, sostenendoli in ogni modo: pagava stipendi, studi e materiali, pagava anche alcol e cliniche di disintossicazione. Ma in realt la collezione molto variegata. Oltre agli artisti maledetti per eccellenza, Mod e Soutine -con i suoi paesaggi espressionisti e i materici quarti di bue- presenta anche fauve come Derain con le fondamentali Grandi bagnanti del 1908, e de Vlaminck; molte opere di Suzanne Valadon, il neoplasticista Helion, Kisling, Kikoine, Kremegne e altri artisti dellEst- e non soloscappati da una vita di miseria per approdare a Parigi, citt ricca di promesse, di collezionisti e simbolo, con Montmartre, Montparnasse e i loro caff, di una vita bohemien e ribelle. Certo non tutto al livello delle opere di Modigliani, sono presenti anche pittori minori e nomi forse poco conosciuti. Ma daltra parte la coll ezione il frutto del gusto e dellestetica personale di Netter, che ha saputo riunire tutti quegli artisti, diversi per storia, cultura e Paese, e che hanno segnato la storia dellarte europea. Dice il curatore, Marc Restellini: Questi spiriti tormentati si esprimono in una pittura che si nutre di disperazione. In definitiva, la loro arte non polacca, bulgara, russa, italiana o francese, ma assolutamente originale; semplicemente, a Parigi che tutti hanno trovato i mezzi espressivi che meglio traducevano la visione, la sensualit e i sogni propri a ciascuno di loro. Quegli anni corrispondono a un periodo demancipazione e di fermento che ha pochi eguali nella storia dellarte. Di Jonas Netter, uomo nellombra, oggi non rimane quasi niente, solo un suo ritratto fatto da Moise Kisling e qualche lettera. La sua eredit pi grande sono senza dubbio le opere darte che oggi, dopo pi di settanta anni, tornano a essere esposte insieme per ricreare una delle epoche doro della pittura europea. Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti - Palazzo Reale, fino all8 settembre 2013 - Orari: Luned: 1430 - 19.30. Dal marted alla domenica: 9.30-19.30. Gioved e sabato: 9.30-22.30 - Costo: Intero 9 euro, ridotto 7,50 euro.

LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Alberto Salza Elena Bissaca Eliminazioni di massa.
Tattiche di controgenocidio illustrazioni di Victoria Musci, Sperling & Kupfer, 2012,

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pp. 497, 18,50


Il profittatore una figura tipica nelle eliminazioni di massa. Senza intervenire direttamente continua a fare i propri affari e, business as usual, si limita a sfruttare la situazione, convinto di non essere in qualche modo complice dello sterminio. E non dobbiamo ritenere che il profittatore sia distante da noi. Si aggira tra di noi, anzi pu essere in noi. Agghiacciante il dubbio che ci insinuano gli autori di questo libro, sanamente provocatorio e fuori dal coro, ricordandoci una vicenda tragica e non ancora conclusa, a noi pressoch sconosciuta e sostanzialmente ignorata dai nostri eurocentrici mass-media: Tutti hanno il telefono cellulare. Allinterno c il coltan, minerale strategico che ha causato il genocidio in Rwanda e la guerra mondiale dAfrica in Congo. Guerra che dal 1998 [] ha causato oltre quattro milioni di morti. Il profittatore uno dei ventun personaggi che si aggirano sulla scena delle grandi eliminazioni di massa. Dal perpetratore al collaborazionista, dallignorante allindifferente, dallincerto allinterventista, dal pi etoso al negoziatore, e cos via, non escludendo gli ormai onnipresenti social network. La scena sempre stata affollata, nella Shoah come nel Rwanda, in Armenia come in Bosnia, nella Namibia degli herero come nel Darfur. Il catalogo di queste figure costituisce la parte centrale del libro con cui Alberto Salza, in collaborazione con Elena Bissaca e Victoria Musci, conclude il suo viaggio attraverso la disumanit, iniziato nel 2009 con Niente. Come si vive quando manca tutto. Antropologia della povert estrema e proseguito nel 2010 con Bambini Perduti. Quando i piccoli non hanno bisogno dei grandi. Storie della parte migliore del genere umano. Salza, antropologo freelance, ha alle spalle decenni di missioni sul campo che, in varie aree del mondo e in particolare in Africa, gli hanno permesso di conoscere in profondit le culture delle popolazioni e di coglierne con acutezza le dinamiche e le tensioni rispetto ai meccanismi della modernit. E laver dedicato negli ultimi anni la sua esperienza a monitorare, per conto di ONG e Organizzazioni Internazionali, situazioni di crisi in Africa lo ha portato a interrogarsi sul che fare? per prevenire, impedire e contrastare le eliminazioni di massa che, da sempre presenti nella storia umana, hanno raggiunto livelli sconvolgenti di efficienza proprio nella nostra epoca. Questo carattere militante, dichi arato apertamente nel sottotitolo Tattiche di controgenocidio, fa s che lindagine qui sviluppata nel libro si ponga i seguenti obiettivi: pro-vocare il lettore a scavare in se stesso e nella societ, a non aver paura di usare lempatia per entrare nella mente dello sterminatore, e per capire fino in fondo il ruolo che nello sterminio hanno tutte le figure, anche chi crede di esserne incolpevole spettatore, per individuare i germi genocidari nella quotidianit e da ci attivare gli specifici anticorpi; fornire gli strumenti interpretativi che rendano visibili modalit e attori delle eliminazioni di massa prima dei genocidi, in modo da identificarli e agire di conseguenza. Le modalit, in particolare, possono non apparire evidenti: non necessariamente le eliminazioni di massa si presentano come eliminazioni fisiche, ma spesso assumono un carattere culturale e sociale. Tale lannientamento socio-economico che la crisi fa incombere sui nostri giovani e sul nostro futuro ci suggeriscono gli autori, con una lettura davvero sconvolgente. proporre una sorta di manuale, con linee-guida e istruzioni comportamentali da porre in atto da soli e/o con gli altri, senza attendere che lennesima tragedia annunciata diventi realt conclamata. Solo cos lo spettatore passivo avendo rotto la spirale dellapatia pu trasformarsi in soccorritore e interrompere la spirale di odio generata dal disprezzo. Nella messa a punto di questa strategia di controgenocidio fondamentale per gli autori non pensare al genocidio come a unanomalia della storia ed essere convinti del fatto che un genocidio si pu prevedere, a patto di prevenirlo e capirlo. Per cui, il giorno in cui questa tragica eventualit si realizzasse, nessuno di noi potrebbe chiamarsi fuori da ogni responsabilit. Il nostro per chi suona la campana deve quindi tradursi gi oggi, nella vita di tutti i giorni, in un atteggiamento lucido e continuo di lotta contro tutte le forme di disprezzo, di esclusione, di sopraffazione, anche le pi insignificanti. Occorre aprire gli occhi e addestrarsi a leggere i segnali della cultura genocidaria. Una cultura di cui gi partecipe il tifoso che inneggia alla distruzione della squadra avversaria basti pensare che nella guerra civile jugoslava gli ultras dello Stella Rossa di Belgrado furono il nucleo fondativo delle famigerate Tigri di Arkan come pure il bullo che umilia il compagno di scuola. Per dare maggiore sostanza a questo approccio empatico, una narrazione a tratti metafora e a tratti koan accompagna capitolo per capitolo le argomentazioni degli autori. Il teatro una spiaggia, che lincertezza dei confini, continuamente variati dal mutevole gioco delle onde, promuove a simbolo di quella zona grigia in cui sfumano i contorni etici, le responsabilit, le consapevolezze dellagire umano. La metafora del genocidio la mattanza dei granchi, milioni di granchi confinati in questa vera e propria zona del Male. Una mattanza che procede inesorabile mentre sulla scena si avvicendano esecutori e spettatori, alcuni esplicitamente complici, altri opportunisti, altri ancora distratti, ma in ogni caso tutti partecipi del male incommensurabile che vi si sta consumando. (Marco Di Marco)

SIPARIO questa rubrica a cura di E. Aldrovandi e D.G. Muscianisi rubriche@arcipelagomilano.org Aspettando Giselle... Ancora Giselle, sempre Giselle
Dopo centosettanta anni, gioved 26 aprile torna al Teatro alla Scala Giselle, il balletto di Jean Coralli e Jules Perrot sulle musiche di Adolphe Adam che ha segnato la storia, non solo del balletto, ma della danza nella sua totalit. Il balletto andato in scena per la prima volta il 28 giugno 1841 al Thtre de l'Acadmie Royale de Musique di Parigi con il ruolo della

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protagonista interpretato da Carlotta Grisi, la grande ballerina milanese (d'adozione) per la quale il balletto stato creato e che in questo ruolo ha calcato i palchi dei teatri europei pi importanti e prestigiosi, tra i quali il palco del Teatro di Sua Maest di Londra e del Teatro Bol'oj di Mosca nel 1842, per approdare il 17 gennaio dell'anno successivo a Milano sul palco scaligero, nella citt e nel teatro che la hanno cresciuta, formata ed educata. Il successo stato clamoroso, allora come oggi, sempre. Il motivo? Perch "Giselle is a classic", scrive il famoso coreografo George Balanchine, perci ciascuno si aspetta di veder danzare i ballerini come sempre si fatto dalla prima rappresentazione, per riuscire a scoprire nella 'ripetizione' qualcosa che non si era notata prima, per imparare. I classici si (ri)leggono e si (ri)guardano per imparare. Giselle si divide in due atti. Il primo introduce la vicenda in una festa paesana nel quale il principe Albrecht si intrufola sotto le spoglie di

un popolano, attirato dalla nomea di bellezza di Giselle, della quale si innamora ricambiato; la rivelazione dell'identit di Albrecht sopraggiunge con l'arrivo nel villaggio di Bathilde e il suo corteo, cio della promessa sposa del principe: sconvolta dal dolore, Giselle impazzisce e si uccide con la spada del principe di fronte a tutti tra le braccia delle madre. Il secondo atto l'atto 'bianco', dove il magico e l'etereo prendono il posto del reale e del concreto. l'atto delle Villi, ninfe della mitologia centroeuropea e slava che derivano dalle anime delle vergini che hanno danzato prima delle nozze, costrette ora a danzare per l'eternit di notte nei boschi come vendicatrici d'amore, dette anche "danzatrici della notte" o "dei boschi"; la figura della Vila viene scoperta da Thophile Gauthier (librettista e ideatore di Giselle) dopo la lettura del poemetto di Heinrich Heine ber Deutschland. Elementrgeister und Dmonen (La Germania. Spiriti primitivi e demoni). Le Villi guidate dalla loro regina Myrtha accolgono Giselle nella loro

schiera danzante; nel frattempo Albrecht arriva sulla tomba di Giselle chiedendo perdono, ma le implacabili ninfe non vogliono sentire ragioni: Albrecht deve morire. Giselle, allora, disobbedisce alla propria regina e memore del suo amore per il principe, danza con lui difendendolo dagli attacchi delle compagne in pas de deux che esprimono tutta la tenerezza del rapporto d'amore. Giselle resta con lui fino all'alba, quando ormai le Villi spariscono e sparisce anche lei dando l'ultimo addio al suo amore, che salvo. Il balletto, che commuove ogni cuore da quasi due secoli in ogni parte del globo, ritorna in una nuova classica versione sul palco scaligero con le sue toiles Roberto Bolle e Svetlana Zacharova per le prime serate e con le nuove 'stelline' debuttanti Lusymay Di Stefano e Claudio Coviello per le parti dei protagonisti nelle serate successive. In scena presso il Teatro alla Scala di Milano dal 26 aprile al 4 maggio. Domenico G. Muscianisi.

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org Come pietra paziente di Atiq Rahimi [Syngu Sabour, Francia, Germania, Afghanistan, 2012, 103'] con Golshifteh Farahani, Hamid Djavadan, Massi Mrowat, Hassina Burgan
A Kabul, in una casa ai piedi delle colline, un eroe di guerra (Hamid Djavadan) giace in coma dopo essere stato colpito alla testa da una pallottola. La sua giovane moglie (Golshifteh Farahani) prega ininterrottamente che lui resti in vita mentre la guerra fratricida domina e sconvolge la citt. La donna, temendo per l'incolumit delle due figlie, costretta a rifugiarsi nella casa di tolleranza gestita dalla zia (Hassina Burgan) ma la volont di prendersi cura del marito e di confidargli le sue paure e la sua solitudine la spingono ad attraversare quotidianamente la citt. Il suo fingersi prostituta riesce a salvarla dagli anziani miliziani in cerca di vergini ma non dal pi giovane tra loro (Massi Mrowat), al quale costretta a concedersi per sopravvivere. Contro ogni previsione, questa inattesa e feroce consapevolezza del proprio corpo libera il desiderio di raccontare al marito i ricordi, i desideri pi intimi e i segreti inconfessabili. La sua voce, inizialmente timida e flebile, acquista tono e profondit. L'uomo sdraiato di fronte a lei diventa, suo malgrado, la sua Syngu Sabour, la pietra paziente; una pietra magica che raccoglie tutti i segreti e le sofferenze per poi frantumarsi a causa del peso insostenibile. Atiq Rahimi, grazie all'aiuto dell'amico Jean-Claude Carrire come cosceneggiatore, ha messo in scena il suo romanzo vincitore del premio Goncourt nel 2008. In questo piccolo appartamento di Kabul, la giovane donna senza nome distrugge l'oscurantismo e il maschilismo tirannico che l'hanno costretta a una vita di privazioni. La telecamera non si separa mai dal suo viso, asseconda con gentilezza i suoi movimenti generando un faccia a faccia con lo spettatore che viene pervaso dalla gioia, dal piacere, dalla vergogna e dall'orgoglio che l'attrice esprime magnificamente durante questa liberazione intima e coinvolgente. Marco Santarpia In sala a Milano: Eliseo.

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