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Il linguaggio politico ha una precisa forma- funzione che è quella atta a produrre effetti
sui comportamenti e sulle decisioni politiche e quindi ad interagire con il sistema
politico.
CAP. I
L’analisi del linguaggio politico non può prescindere dal rapporto tra pensiero-
discorso-testo e contesto.
Dal punto di vista metodologico occorre tener presenti due visioni che caratterizzano lo
studio del linguaggio politico nell’ambito della scienza politica:
Secondo Habermas, l’atto della scelta politica può avvenire solo dopo che si è trovato
un accordo lessicale sui termini e sul modo di interpretare le parole con le quali
vengono descritte ad esempio le leggi vigenti. Tuttavia questa teoria ha dei punti deboli,
2[2] Indipendentemente dal fatto che questo rappresenti una vera minaccia o
no.
perché si è rivelata insufficiente per spiegare il fenomeno della comunicazione politica
nell’epoca attuale.
Noam Chomsky ha analiz 656b15g zato le tecniche utilizzate per manipolare l’opinione
pubblica. Nelle moderne democrazie il ruolo del cittadino sta diventando sempre più
quello dello spettatore.
Con lo sviluppo tecnologico è andata sempre più consolidandosi una pratica della
comunicazione politica legata alla diffusione del linguaggio politico attraverso il mezzo
televisivo. Linguaggio basato sulle immagine, sulla spettacolarità più che sui contenuti.
Si è andato a recuperare un linguaggio semplice, da gente comune.
CAP. II
L’ANALISI CONCETTUALE
Esistono diverse forme di linguaggio politico, che differiscono tra loro per il diverso
livello di operatività che rappresentano e per il contesto in cui si svolgono e si
realizzano.
- centrali
- adiacenti
Sulla base di una prospettiva storica si possono individuare numerosi esempi di analisi
concettuale. Fra questi:
La stretta relazione tra linguaggio e politica4[4] viene affermata a proposito della polis
greca.
La rivoluzione
evento politico che pone il problema di un nuovo inizio. La rivoluzione punta sia alla
libertà che alla liberazione.
Il totalitarismo
I mezzi di cui si serve sono l’ideologia, che costituisce un mondo fittizio, e il terrore,
che ha il compito di tradurre tale mondo in realtà.
Dal punto di vista organizzativo si realizza con il partito unico e la polizia segreta, ma il
totalitarismo manca di una struttura definita ed unica, essendo caratterizzato dalla
volontà assoluta del capo o dittatore.
Nell’ambito della filosofia politica italiana, Augusto Del Noce ha utilizzato il metodo
dell’analisi concettuale in termini diversi da quelli di Bobbio. Egli parte dall’esperienza
della caduta del fascismo nel 1943. Il suo metodo consiste nella presentazione delle
opinioni comuni u un determinato argomento di carattere politico e nella ricerca dei loro
fondamenti filosofici. L’analisi del linguaggio politico consente di rilevare ed
interpretare i mutamenti in corso nella politica e nella società.
L’ANALISI DESCRITTIVA
Coincide generalmente con l’analisi del contenuto. Gli aspetti fondamentali dell’analisi
del contenuto sono:
4[4] Sottolineato da Hannah Arendt
- la qualità dei documenti utilizzati
- la stabilità
- la riproducibilità
L’analisi del contenuto parte dal presupposto che il linguaggio sia trasparente e che si
possa ridurre l’indagine alle singole unità che formano il lessico in questione,
contandole.
1) l’analisi pragmatica à che classifica i segni in base al numero delle volte in cui
vengono utilizzati
LA SEMANTICA QUANTITATIVA
La proposizione corrisponde alla frase come compare nel teso e viene considerata in
riferimento al significato prevalente che essa esprime.
1) associazione
2) opposizione
3) equivalenza
4) identità
5) incomparabilità
Il discorso si compone di enunciati, di frasi. Quanto agli elementi minori non hanno
autonomia agli effetti del discorso. Ogni messaggio verbale viene considerato come un
tessuto di enunciati che può essere compreso solo nel suo complesso. Interdipendenza
fra linguaggio e discorso politico.
Il discorso politico è un insieme di enunciati che può essere esaminato e compreso solo
nel suo complesso, in ragione delle relazioni che lo determinano e della situazione in cui
viene espresso. Il discorso politico ha come scopo quello di determinare delle azioni
conseguenti, e si compone di più atti linguistici che assegnano ai diversi soggetti il
compito della costruzione del mondo esterno.
L’analisi del discorso riguarda anche i fenomeni che sottostanno alle frasi.
Originariamente l’analisi del discorso deriva dalla linguistica distribuzionale di Harris.
Essa riprende e integra 3 diversi tipi di approccio:
- sociolinguistico
- pragmatico
- enunciativo
L’ANALISI PRAGMATICA
Si occupa degli scopi del comunicare , come unità di analisi si utilizza l’atto
comunicativo (una frase, un discorso, un gesto).
Il lessico è l’insieme delle parole che compongono una frase, mentre la morfologia è
dada da quelle parti di parole che sono portatrici di specifici significati.
Si sta assistendo al passaggio da una fase logocentrista della comunicazione ad una che
mette in risalto la comunicazione non verbale (come gesti, mimica facciale, sguardo,
postura).
La cinestesica si occupa dell’attività gestuale. Uno dei primi studi in questo campo è
quello di David Efron, in cui viene scientificamente provato che i gesti non sono un
fattore ereditario, ma un fattore culturale. Un altro studio fondamentale per la
cinestesica è quello di Jurgen Ruesch e Weldon Kees, in cui viene tipizzata la gestualità
dei francesi, dei tedeschi e dei nordamericani. La postura è la chiave non verbale più
semplice per scoprire l’attitudine e la personalità di un individuo.
Oggi, studiare la postura di un politico raffigurato in un manifesto può essere utile per
comprendere il posizionamento elettorale, ad esempio, soprattutto se la sua postura non
è congruente con quella del suo avversario. I dibattiti televisivi ci offrono numerosi
esempi invece di posture congruenti5[5]. I mutamenti posturali possono essere rilevatori
non solo del carattere e della personalità , ma anche del comportamento e delle opinioni
di un politico.
5[5] posizioni assunte da persone che imitano le attitudini fisiche del vicino.
Il gesto può essere definito in base a 2 dimensioni, una percettiva ed una mentale.
• modalità verbale à parole e frasi con cui il parlante formula i suoi atti
linguistici
• modalità prosodico- intonativaà insieme delle caratteristiche
fonologiche del parlato (ritmo, pause, tono, intensità e durata)
• modalità gestualeà movimenti delle mani compiuti dal parlante durante
l’interazione
• modalità facciale
• modalità corporea
L’analisi critica del discorso considera il linguaggio come una pratica sociale e viene
generalmente applicata ai discorsi pubblici, istituzionali e politici. La metodologia
adottata da questo gruppo di studiosi ha come oggetto non solo i testi, ma anche i
processi sociali e le strutture in cui gli individui o i gruppi come soggetti storici
agiscono nella formulazione e nella creazione di significati.
CAP. III
STILI E FUNZIONI
La funzione rituale
6[6] Da un lato danno alla massa dei cittadini l’illusione che esista una
definizione automatica, precisa, oggettiva della legge e , dall’altro, forniscono un
lessico con il quale i gruppi organizzati giustificano le loro azioni perché questi
si uniformino a questa opinione della gente comune.
Durkheim, il quale, attraverso lo studio degli aborigeni australiani, mostra le funzioni
del rituale. Il rituale esprime secondo Durkheim il sentimento di dipendenza del singolo
nei confronti della società conferendo a quest’ ultima un’aura di sacralità agli occhi dei
suoi membri. La funzione rituale è atta a produrre conformismo politico (v. G.
Orwell7[7]). Il rituale politico è il mezzo più efficace per creare miti politici, sui quali si
impernia ogni discorso politico. Forme di rituale politico sono le elezioni, così come i
discorsi di insediamento del presidente della Repubblica, o le formule altamente
regolate in termini procedurali che servono ad evocare una risposta acritica ed
incondizionata.
Il rituale politico è importante non solo per i detentori del potere, ma anche per i loro
avversari: nelle società in cui la legittimità del potere è fortemente contestata, il rito può
essere parte intefrante di tale processo di opposizione.
La funzione simbolica
- capitale economico
- capitale culturale.
Possiamo individuare almeno 2 variabili analitiche in base alle quali osservare i simboli
politici :
I leader compiono gesti simbolici, per stimolare nel pubblico un senso di identificazione
personale nei loro confronti. L’identificazione dipende dal grado in cui i significati
metalinguistici e connotativi trasmessi dai simboli si riferiscono a qualità apprezzate
dagli individui. I simbolo possono servire ad esprimere anche dissenso (ribellione).
La funzione persuasiva
7[7] Il suo saggio "Politics and the English Language" stabilisce un nesso fra la
decadenza del discorso politico e del linguaggio che usa por diffonderlo.
E’ svolta principalmente dalla retorica8[8]. La teoria classica della retorica divide lo stile
secondo uno schema diviso in 4:
1) inventio
2) dispositio
3) elocutio
4) actio
Le metafore politiche
9[9] metafora della “casa”, utilizzata inizialmente nei discorsi politici dopo il crollo
del muro di Berlino per identificare la “casa comune europea” in funzione della
creazione di un nuovo spazio di convivenza politica, a cui è successa la nuova
metafora nazionale di “casa delle libertà”, coniata per identificare la coalizione
di centrodestra, ridefinendo così uno spazio politico parzialmente diverso
rispetto alle elezioni del 1996, e utilizzata ultimamente anche dal centro sinistra
nel passaggio di definizione identitaria dalla “cosa” alla “casa”.
La metafora è insostituibile nel linguaggio politico, e ciò la espone al rischio delle
deformazioni.
Gli stereotipi
La nozione di metafora può essere meglio specificata nella distinzione rispetto ad altri
elementi di origine metaforica come lo stereotipo. Non tutti gli stereotipi sono metafore.
Lo stereotipo aiuta a semplificare il mondo, porta una ripetitività non creativa. Lo
stereotipo, in ultima analisi, schematizza e cristallizza una realtà in movimento
rifiutandosi, nel contempo, di cogliere l’evoluzione che contraddistingue lo stesso
gruppo bersaglio. Percezione generalizzata, semplificata e distorta di un aspetto della
realtà, che favorisce il sorgere e il mantenimento di pregiudizi. Le persone si servono di
stereotipi riprodotti fissamente, che permettono di "economizzare" il pensiero, per
mantenere il proprio sistema di valori ed acquisire una guida di comportamento.
Si può parlare di stereotipo sociale quando tale visione viene condivisa da un gruppo. In
questo caso gli stereotipi (su caratteri nazionali, sociali, razziali, di sesso) possono
condurre a ideologie discriminatorie10[10].
La funzione legittimante
CAP. IV
I LINGUAGGI RIVOLUZIONARI
Hunt:
I LINGUAGGI TOTALITARI
Alcuni mesi più tardi Amendola parla già di spirito totalitario. La parola “totalitario” si
diffonde sui giornali e le riviste dell’opposizione per tutto l’anno successivo,
specialmente in occasione delle elezioni parlamentari.
11[11] Nella Francia a fine del XVIII secolo, nel momento genetico del linguaggio
rivoluzionario.
Il primo ad utilizzare il termine “totalitarismo” come sostantivo fu il socialista Lelio
Basso in un articolo del gennaio 1925, in cui indica il nuovo ordine statale derivante
dall’identificazione dello Stato con il fascismo stesso. Quindi il termine ha nella sua
prima applicazione politica un significato tecnico e allo stesso tempo teorico-politico.
Naturalmente l’apprezzamento ed il giudizio di valore inclusi in questa parola sono
originariamente negativi.
Il fascismo, nella persona di Mussolini, tramite una di quelle operazioni del linguaggio,
si appropria di questo termine sorto proprio nell’ambito dell’antifascismo rovesciandone
l’aspetto valutativo negativo in positivo. Fino alla ricerca di Petersen si ritenne che
fosse stato Mussolini a coniare il neologismo “totalitarismo”.
Del resto, il fascismo è stato giustamente definito come fenomeno unico, come una
novità. L’unicità del fascismo: divenne il capostipite e modello per altri partiti e regimi,
in Europa e anche fuori dall’Europa, nel periodo fra le 2 guerre mondiali.
E’ opportuno fare attenzione ad alcuni aspetti del linguaggio totalitario a cui il fascismo
diede origine appropriandosi del termine “totalitarismo” ed applicandolo alla sua
visione della politica e del potere.
Nel discorso del 22 giugno 1925 all’Augusteo, il primo in cui Mussolini utilizza il
termine totalitario, il capo del fascismo parla di volontà totalitaria. Il fascismo come
soluzione totalitaria significa che lo Stato “rivendica a sé tutto l’uomo”. E’ un
totalitarismo che ha un carattere quasi di religione laica.
La Chiesa non vuole vedersi sottrarre potere e con Pio XI afferma: “e in questo caso ci
sarebbe una grande usurpazione, perché se c’è un regime totalitario- totalitario di fatto e
di diritto- è il regime della Chiesa, perché l’uomo appartiene totalmente alla Chiesa.
[…] Allora la Chiesa ha veramente il diritto e il dovere di reclamare la totalità del suo
potere sugli individui”12[12].
Lo sviluppo del termine “totalitarismo” segue dei percorsi emblematici in alcuni autori
italiani, mantenendo in alcuni casi il significato originario tecnico e politico
amendoliano, in altri addirittura accogliendo la possibilità di una sua funzione valutativa
positiva esplicitamente contro il fascismo ed in chiave non cattolica13[13] e in altri
ancora esemplificando il percorso del rovesciamenti del suo valore apprezzativi dopo la
fine della seconda guerra mondiale. Varietà di utilizzo del termine.
12[12] Ossia della funzione totalitaria dell’istituzione ecclesiastica.
I LINGUAGGI DELLA CRISI
Edelman:
“Una crisi è una creazione del linguaggio usata per descriverla, e la comparsa di una
crisi rappresenta un atto politico, non il riconoscimento di uno stato di fatto o di una
situazione eccezionale.”
Nel caso italiano, il linguaggio della crisi si esprime attraverso il lessico del
“nuovismo”, in quanto rovescia il contenuto delle parole vecchie, per cui quando si dice
una parola si deve intendere il suo contrario, come nel caso del “federalismo”, che nel
linguaggio leghista è servito ad indicare, in un primo momento, “secessione”.
Il linguaggio della Lega14[14] è una delle forme del linguaggio della crisi, ossia della
frattura, nel senso che riflette e costituisce al tempo stesso una rottura di natura sociale e
territoriale che prende forma nella palese rottura dei codici in uso nelle precedenti forme
di linguaggio politico.
Si tratta inoltre di un linguaggio che può far a meno dei media, e che si rispecchia nella
crudezza e durezza di formule, slogan, motti. Usando anche un linguaggio dialettale
fuori dalle rigide griglie sintattiche e grammaticali; turpiloquio. Il punto fondamentale è
che la comunicazione della lega non “fa notizia,ma è la notizia”. La lega usa molto i
canali tradizionali della propaganda. Il suo linguaggio è di rottura, di minaccia, di
insofferenza. Si stabilisce con il pubblico un contatto fisico, senza mediazioni. Usa il
linguaggio della gente comune che non ha il tempo di pensare, che non elabora ma
ripete le sue formulazioni.
La rottura con lo stato centrale è l’originario obiettivo strategico della lega, un obiettivo
che in questa tornata elettorale è stato ridimensionato a causa dell’alleanza elettorale
con la casa delle libertà che ha condizionato la propaganda leghista soprattutto in
quest’ultima tornata elettorale. E’ solo attraverso il linguaggio diretto ed immediato che
il mezzo può diventare il messaggio. Sacralità fasulla. Bossi si è riappropriato della
piazza , ha recuperato la dimensione face-to-face, del passaparola.
• reazionario
• conservatore à ben nota formula della disobbedienza fiscale.
14[14] Esclusione, anti… Berlusconi nelle elezioni del 1994 utilizzo fra tutte la
formula “anticomunismo”, così come avvenne nella propaganda postbellica
della dc, un anticomunismo che attualmente non trova più ragione di esistere
ma che, tuttavia, esprime un potenziale differenziale rispetto alla sinistra.
Se poi ci si cimenta nell’analisi del lessico di Forza Italia si troveranno numerose parole
polisemiche che rimandano a formule politiche mistiche. Il linguaggio politico di forza
Italia presenta, nelle forme e nei contenuti, un forte elemento di continuità con la
tradizione politica precedente, al punto che si può individuare un fattore che più degli
altri ha funzionato nella strategia comunicativa forzista: si tratta del meccanismo
denominato “CRIPTOMNESIA”, per cui si è identificato come nuovo qualcosa che già
si conosceva e si era visto e sentito da qualche parte, ma che si era dimenticato e che ha
agito a livello di archetipi preesistenti. I valori e le issues a cui si richiama Forza Italia
sono pur sempre i valori tradizionali (famiglia, libertà, sicurezza, lavoro), ripresi ed
utilizzati al fine di ottenere l’adesione immediata da parte dei destinatari.
Dopo gli eventi dell’11 settembre stiamo sperimentando una nuova forma di
propaganda di guerraà guerra globale, totale…
CAP. V
16[16] E’ proprio con la prima guerra mondiale che iniziano a sorgere le prime
istituzionalizzazioni della propaganda (ministeri, commissioni…).
Lazarsfeldà influenza limitata sugli elettori dei mezzi di comunicazione di massa.
Altro gruppo di teorie è quello caratterizzato dall’accento posto sugli usi e sulle
gratificazioni17[17].
Esistono diverse definizioni e classificazioni dei tipi di propaganda, tra queste alcune
sottolineano il suo carattere di processo di formazione di mentalità collettive.
Si può inoltre distinguere fra una propaganda ufficiale ed una non ufficiale, a seconda
dei canali e degli organismi che la promuovono (governativi o non governativi). E’
possibile anche individuare diversi tipi di propaganda a seconda del pubblico a cui si
rivolge e delle attività collettive che intende promuovere o influenzare: propaganda
politica e sociale. Con altre sottocategorie.
TECNICHE DI PROPAGANDA
17[17] Secondo tale teoria la situazione sociale genera bisogni nelle persone e i
media sono considerati da ciascun membro del pubblico capaci di soddisfare
alcuni di questi bisogni e per questo vengono “usati”; dall’uso dei mass media in
vista della soddisfazione dei bisogni derivano al pubblico “gratificazioni” che
aiutano ad affrontare la situazione sociale e ad alleviare eventuali condizioni di
disagio.
Inoltre, esistono due tipi di propaganda:
persuasiva
•
• emotiva à tramite stimoli o azioni che impressionano i sensi
La croce uncinata18[18] nazista era più vantaggiosa rispetto al fascio littorio del
fascismo (più semplice, di grande forza impressiva). I simboli evocano stati d’animo
che possono pendere la forma di riti (culto del milite ignoto19[19]).
19[19] Nel 1920 anche l'Italia celebrò il Milite Ignoto e la salma del soldato venne
sepolta nel Vittoriano a Roma, costruito per commemorare l'Unità d'Italia, a
simboleggiare ancora una volta l'unione tra patria e guerra.
L’attitudine è una cerca disposizione mentale o disposizione attiva nei riguardi di certi
oggetti e di situazioni determinate che rende il soggetto più o meno favorevole a questi
oggetti e situazioni e la cui analisi consente di ricavare quale sarà l’atteggiamento di un
individuo di fronte ad eventi analoghi o differenti. L’attitudine si forma con l’esperienza
personale e serve anche a spiegare le opinioni.
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DEFINIZ15614.php