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Il genocidio degli armeni


Quella del popolo armeno è una tragedia dimenticata, un genocidio in piena regola, il
primo dell’era moderna.
Ad oggi gli armeni nel modo sono circa dieci milioni, tre dei quali vivono nell’ex
repubblica sovietica dell’ Armenia, ma il moderno stato dell’Armenia rappresenta soltanto
il 10% dell’Armenia storica una regione storico-geografica che si estendeva per circa
300.000 chilometri quadrati, dal Mar Nero alla Cilicia, dal Caucaso all’Asia Minore.
Occupava il vasto altopiano tra i mille e i duemila metri che si trova a sud della catena del
Caucaso, nel punto di collegamento tra Asia ed Europa.
Dopo la rovinosa caduta dell’impero Ottomano a seguito della sconfitta nella prima guerra
mondiale la Turchia si riorganizza come stato laico ed unitario e fa dell’integrità dello
stato un punto fermo e indiscutibile della sua costituzione.
Le fonte storiche sul numero degli armeni uccisi sono discordanti e variano da 1 milione
ad 1 milione e mezzo. Benché l’impero ottomano fosse plurietnico le minoranze venivano
spesso discriminate in particolare quelle che ambivano all’indipendenza delle loro regioni,
e gli armeni erano tra questi.
L’espressione genocidio armeno, talvolta chiamato anche olocausto armeno o massacro
degli armeni si riferisce a due eventi distinti ma connessi tra di loro: il primo accadde tra il
1894-96 ed relativo alla campagna condotta dal sultano ottomano Abdul-Hamid II; il
secondo, più efferato e crudele, è collegato alla deportazione e allo sterminio delle
popolazioni armene ad opera del governo dei giovani turchi negli anni 1915-16. Il
termine genocidio è associato soprattutto al secondo episodio, commemorato il 24 di
Aprile. Le grandi potenze dell’epoca non si interessarono minimamente a questa faccenda ,
il popolo armeno per contrastare il loro sterminio ad opera dei turchi intraprese azioni di

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guerriglia, viene creato il Dachnak, una federazione rivoluzionaria con basi nella vicina
Armenia russa.
Nel 1909 avvengono in Cilicia i primi massacri; trentamila armeni vengono trucidati dalle
forze del Partito “Unione e Progresso”, un partito di ideologia panturchista e turanista.
L’unione tra dipendenza nazionale e purezza razziale furono la premessa per la conquista
dell’allora provincia russa dell’Azerbaijan; tra essa e la Turchia vi erano però proprio in
mezzo le terre armene. Gli armeni rappresentavano un pericolo e dovevano essere
annientati.
Nel 1914 i turchi attaccano la Russia per strapparle l’Azerbaijan , ma la terza armata turca
male equipaggiata fu distrutta dai russi, di questa disfatta furono accusati gli armeni che
paradossalmente avevano dato alla Turchia appoggio nella guerra contro i russi.
Il Partito “Unione e Progresso” decide la soppressione totale del popolo armeno; vengono
creati speciali battaglioni paramilitari irregolari, detti tchètè, in cui militano molti detenuti
appositamente liberati; essi hanno addirittura autorità sui governi ed sui prefetti locali,
godendo pertanto di un potere assoluto.
Nel 1915 i battaglioni armeni facenti parte dell’impero ottomano vengono disarmati,
riuniti in campi di lavoro e qui soppressi fisicamente,il piano turco, pensato e diretto dal
ministro dell’interno Talaat, prosegue con la soppressione della comunità di Costantinopoli
ed in particolare della ricca ed operosa borghesia armena.
Inizia così la persecuzione degli armeni in tutta l’impero, solo gli armeni della provincia di
Van riusciranno a salvarsi fuggendo nella vicina Russia, complice l’avanzata dell’esercito
dello Zar in terra Turca.
In seguito nelle città di tutta la Turchia viene diffuso un bando che intima a tutte le persone
di etnia armena a prepararsi per essere deportate. Si formano grandi colonne dove gli
uomini validi vengono raggruppati portati fuori le mura delle città e qui sterminati. Il
resto della popolazione viene indirizzato verso Allappo attraverso il famigerato deserto

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syriano, la maggior parte degli armeni facenti parte tali colonne muore di stenti e i pochi
sopravvissuti vengono sterminati dai nomadi curdi e dai tchètè.
La seconda parte del piano prevedeva il genocidio della popolazione armena restante
sparsa su tutto il resto del territorio. Gli armeni catturati vengono riuniti in carovane e,
malgrado le condizioni inumane a cui vengono sottoposti riescono a raggiungere quasi
senza perdite Aleppo, mentre un’altra parte dei deportati viene diretta verso Deir es Zor in
Mesopotamia. Lungo il cammino, i prigionieri, lasciati senza cibo ne acqua muoiono a
migliaia. Per i pochi sopravvissuti la sorte non sarà migliore: periranno di stenti nel
deserto o bruciati vivi rinchiusi in caverne. A questi massacri scamperanno solo gli armeni
di Costantinopoli, rifugiatisi nelle ambasciate europee; quelli di Smirne protetti dal
generale tedesco Liman Von Sanders; gli armeni libanesi e quelli palestinesi.
Circa centomila bimbi vengono sottratti alle loro famiglie e affidati a famiglie turche e
curde, smarrendo così la propria fede, lingua e cultura di appartenenza.
Soltanto seicentomila armeni anatolici scamperanno al massacro.
La Turchia oltre a non voler ammettere alcuna responsabilità riguardo al genocidio, rifiuta
categoricamente la restituzione anche parziale dei territori da loro occupati. Attualmente il
genocidio armeno è stato riconosciuto come realtà storica di cui la Turchia dovrà farsi
carico in diverse sedi. L'ONU, anche se in sordina, lo ha fatto il 29 agosto del 1985 mentre
il Parlamento Europeo si pronunciò in proposito il 18 giugno 1997. Tra le nazione
attivatesi in questo senso tra le prime è stato l'Uruguay ed alcuni stati degli USA, mentre ne
il Governo statunitense, ne il Consiglio di Stato hanno preso iniziative simili. Anche la
Duma della Federazione Russa ha ufficialmente riconosciuto quanto accaduto agli armeni.
Per quanto riguarda l'Italia sono state prese iniziative a livello comunale quali quelle di
Milano, nel novembre '97, e di Roma.

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