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“Quando l'uomo non ha sentimento di alcun bene o male

particolare,sente in generale l'infelicità nativa dell'uomo,e questo


è quel sentimento che si chiama noia”.

“I migliori momenti dell'amore sono quelli di una quieta e dolce


malinconia , dove tu piangi e non sai di che,e quasi ti rassegni
riposatamente a una sventura e non sai quale”.

Giacomo Leopardi

IL DISAGIO ESISTENZIALE
“…Dimmi, o luna: a che vale
al pastor la sua vita,
la vostra vita a voi? Dimmi: ove tende
questo vagar mio breve,
il tuo corso immortale?…”

 Canto notturno di un pastore errante dell'Asia è considerato come il miglior canto del “dolore
universale” Il poeta immagina che un pastore interroghi la luna sul mistero della vita e della
morale e invidi il proprio gregge incosciente che non soffre, concludendo con una desolata
constatazione sull'infelicità universale.
 Il poeta qui non parla in prima persona. Il primitivo è “filosofo” come gli uomini civilizzati e
sente fortemente l'infelicità sua propria e quella universale. È l'indizio più chiaro del passaggio
ad un “pessimismo cosmico.
 Questo canto è l’ultimo dei Grandi Idilli e segna la fine della loro stagione, la chiusura del cuore
del poeta all’atteggiamento sentimentale di rievocazione dei sogni dell’adolescenza. E’ pure
l’unico degli idilli cui non fa da sfondo e da presenza sentimentale il paesaggio recanatese, ma
una natura favolosa e irreale.
 Nell’immaginazione del Leopardi il pastore diventa un personaggio-simbolo, la voce del poeta e
di tutta l’umanità. Il discorso poetico è tutto interiore nella persona di un pastore nomade che
dialoga con la luna nel silenzio della notte e proietta sullo sfondo della landa deserta e desolata
dell’Asia e nel cielo la propria meditazione sconsolata e la tragica conclusione che in qualunque
forma e in qualunque condizione, umana o animale, ”è funesto a chi nasce il dì natale”.
L'operetta è costruita sulla finzione letteraria del manoscritto
ritrovato tra carte antiche; in questo caso, un testo dal
carattere di esotica leggenda ,tracciato su cartapecora in
lettere ebraiche e in una curiosa miscela di lingue.
Il cantico ricorda agli uomini che “l'ultima causa dell'essere non
è la felicità” e la stessa vita è un lento appassire.
I temi centrali legati alla trama dell'operetta sono: la
contrapposizione tra sogno e verità, l'essere delle cose che ha
come suo unico fine la morte, il processo inarrestabile di
decadimento che accompagna gli esseri nel corso di tutta la
loro vita.
Il Cantico del gallo silvestre si conclude con la grandiosa
immagine di un universo infinito dominato dalla “quiete
altissima” della morte, in cui trova
soluzione,annullandosi,”l'arcano mirabile e spaventoso
dell'esistenza universale”.
SCHOPENHAUER:IL PESSIMISMO

“Il mondo è la mia rappresentazione”.


 Per Schopenhauer ciascun uomo ha la propria rappresentazione del mondo, che lo
caratterizza e che vale soltanto per lui. Nella sua visone del mondo afferma che la
vita è dolore per essenza; infatti volere significa desiderare e desiderare significa
trovarsi in uno stato di tensione per la mancanza di qualcosa che si vorrebbe
avere.
 Per di più ciò che gli uomini chiamano “godimento” e “gioia” non sono nient'altro
che una cessazione di dolore che assume l’aspetto di stato positivo, universale
della realtà.
 Il piacere invece non costituisce che uno stato negativo, il momentaneo
appagamento del bisogno.
 La volontà così come si è incarnata nel mondo non possiede nulla di divino. La
vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia.
Il dolore,però,non riguarda soltanto l'uomo, ma investe ogni creatura.
 L'individuo è un mero strumento al servizio della specie e l'unico fine della natura
è quello di perpetuare la vita e, con essa, il dolore; anche l'amore è vana illusione:
l'unico fine dell'amore è solo l'accoppiamento, responsabile dei maggiori delitti
(procreazione di altre creature destinate a soffrire).
“L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non
dovremo mai togliere il segnalibro della memoria”
Shoah è il termine ebraico che significa “sterminio” col quale si indica la persecuzione e il
programmatico genocidio degli ebrei detto anche “olocausto”. Nella notte tra il 9 e il 10
novembre 1938,la Notte dei Cristalli, in Germania furono incendiate tutte le sinagoghe e
infrante le vetrine dei negozi di proprietà ebraica, mentre nei giorni successivi le SS arrestarono
e deportarono migliaia di ebrei. Molti di loro decisero di abbandonare il paese senza ulteriori
indugi; centinaia di migliaia di persone trovarono rifugio all’estero, ma altrettante si videro
costrette o scelsero di rimanere. Nel 1938 anche il re d’Italia Vittorio Emanuele III ratificò leggi
razziali come quelle tedesche dal regime fascista di Mussolini. Ne conseguì un esodo di cittadini
italiani di origine ebraica. I tedeschi occupando la Polonia sottomisero gli ebrei a restrizioni
ancora più severe di quelle vigenti in Germania. Furono infatti costretti a trasferirsi in ghetti
circondati da mura e filo spinato; ogni ghetto aveva il proprio consiglio ebraico cui era affidata
la responsabilità degli alloggi sovraffollati, della sanità e della produzione. Quanto era prodotto
al loro interno veniva scambiato con generi di prima necessità, come carbone e cibo in misura
rigidamente razionata.
A partire dal settembre 1941 gli ebrei tedeschi furono costretti a
portare ben visibile una stella gialla; nei mesi seguenti decine di
migliaia di ebrei furono deportati nei ghetti in Polonia e nelle
città sovietiche occupate. Fu poi la volta delle deportazioni nei
campi di concentramento, i cosiddetti Lager,alcuni già esistenti
prima della guerra,altri appositamente costruiti a partire dal
1941 adibiti alla funzione di campi di sterminio.
Bambini,vecchi,e tutti gli inabili al lavoro venivano condotti
direttamente nelle camere a gas; gli altri invece erano costretti a
lavorare in officine private o interne ai campi e, una volta
divenuti inadatti alla produzione per le terribili fatiche e
privazioni subite venivano eliminati. Il trasferimento nei campi
di sterminio avveniva generalmente in treno. I treni sprovvisti di
tutto,persino di prese d’aria, viaggiavano lentamente verso la
destinazione, e molti deportati morivano lungo il tragitto. Le
destinazioni più tristemente famose, fra le tante, furono Bergen-
Belsen, Flossemburg,Auschwitz. Quest’ultimo era il più grande
tra i campi di sterminio; vi trovarono la morte oltre un milione
di ebrei, molti dei quali furono prima usati come cavia umane in
esperimenti di ogni tipo. Per una rapida eliminazione dei
cadaveri nel campo vennero costruiti grandi forni crematori. Al
termine della guerra, si potè calcolare che nei campi di
sterminio avevano trovato la morte più di sei milioni di ebrei,
oltre a slavi, zingari, omosessuali, testimoni di Geova e
comunisti.
“ Et je m'en vais
Au vent mauvais
Qui m'emporte
Deçà, delà,
Pareil à la
Feuille morte.”
Chanson d’automne, comme l’ensemble des Poèmes
saturniens (1866), est une œuvre de jeunesse de Verlaine.
Il offre un exemple poignant de la mélancolie qui assaillait
le poète, qui se croyait sous l’influence néfaste de Saturne.
Le thème est celui de la fuite du temps. Le poème prend
donc une valeur symbolique mais aussi prophétique
puisqu’il suggère déjà le drame que sera l’existence
de Verlaine.  Le sons de violons, qui ressemblent à des
sanglois, blesse le cœur du poète qui épreuve mélancolie.
Dans ce poème Verlaine sent l'angoisse de l'abandon, la
tristesse; il sent l'inquiétude dans son ame et la nostalgie
du passé. Le poète se sent victime de la vie. L'automne est
symbole de la mort et de la tristesse intérieur du poète.
Verlaine se cache derrière une saison pour nous donner le
reflet de son état d'âme. Dans ce poème Verlaine tente
d'exorciser par la musique l'inquiétude de son âme.

Dans ce poème, la tristesse est plus précise: nostalgie du


passé, inquiétude de se sentir emporté, sans pouvoir réagir
par "un vent mauvais". Le poème traduit ce sentiment
complexe fait d'angoisse et d'abandon.
"Involuntarily I
glanced seaward—and
distinguished nothing
except a single green
light, minute and far
away, that might have
been the end of a dock.”
The theme of loneliness is addressed to The Great Gatsby from the very start. There are many
instances where the book hints at loneliness or depression. The book does this through its
characters. The characters hints at loneliness from the words that they use and their reactions to
life. The narrator, Nick, has a distorted view of the world. He considers himself an outsider, just
a spectator, and not part of anything. This shows that Nick is a very lonely person; He is always
on the wrong side of the glass. Gatsby, although a rich and prosperous business man, also
experiences loneliness. This is clearly seen when Nick first sees Gatsby: in fact we discover that
he has lost his “true” love, Daisy. In order to understand the intense loneliness that Gatsby feels
during his life and to understand why his death is so depressing, we must understand the
relationship between Gatsby and Daisy. They had been intense lovers split by World War I.
During this separation, Gatsby creates a "perfect Daisy" in his mind, and desperately tries to win
her back from the man that she eventually marries. He spends his life being alone and making
money, with the intent of being reunited with the woman he believes will always love only him.
His dream finally comes true, and, at first, Daisy promise to Gatsby that she will leave Tom for
him. Before she takes the initiative, Gatsby is killed.  The finality of Gatsby's loneliness is seen
at the funeral, when the "love of his life” fails to even send flowers. Gatsby is alone in the grave
with only his father and Nick taking a moment to remember him. Of all the people in Gatsby's
lifetime who took advantage of his house, cars, money, and parties, none of them participate at
his funeral.
Gatsby’s life started out lonely,he became a lonely wanderer:in fact,he dedicates his life to be
reunited with the illusion he creates but he comes to the realization that it is all a lie. He was born
lonely, lived lonely, and died alone.
“¡Oh pena de los
gitanos!
Pena limpia y
siempre sola.
¡Oh pena de cauce
oculto
y madrugada
remota!”
El poema está dedicado a José Navarro Pardo, miembro del grupo, junto con Lorca, que dio vida
a la revista literaria Gallo. En esta composición se nos relata las consecuencias que sufre la
gitana Soledad Montoya. Estas consecuencias se pueden reducir en una sola: la Pena. Esta Pena
que siente la protagonista es el dolor esistencial de todos los gitanos. En efecto Lorca con el
“gitano”quiere representar a la minoria.El gitano simboliza perfectamente el sentimiento tragico
de la vida,el drama de ser marginado,perseguido y, por lo tanto,diferente.En este poema podemos
ver el sentimiento de frustacion,de imposibilidad de realizacion y el tema del destino tragico de
la vida;tambien el tono de esta composicion es angustiado y desperado.El poeta nos habla del
destino tragico de Soledad: Ella habla con su interlocutor de la insoportable tristeza en la que
vive y de su gran deseo de amar. También el nombre es simbólico:Soledad es la condena,
inexplicada y permanente de pueblo marginado. Lorca lo condensa en un solo personaje,
femenino. Tambien el color negro se asocia al luto, al dolor. La pena negra, en el poema es la
pena que anuncia, anticipa o sigue a la muerte. Este poema tiene como tema principal a la muerte
y la incompatibilidad de la sociedad gitana,en la que Lorca se identifica, con el resto de gente.
“Dopo l’ operazione chiesi di vederlo. A colpo d’ occhio sembrava
una pallina di marmo, innocua, quasi graziosa. Dopo alcuni giorni lo
esaminai al microscopio, e mi resi conto di che cosa fosse capace
riproducendosi.
Capii che avevo un nemico dentro di me: un alieno, che ha invaso il
mio corpo per distruggerlo”.
Il cancro è stato definito il male del secolo,le statistiche dicono che sta aumentando il
numero di persone che ogni anno si ammalano di cancro allo stesso modo di come
stanno aumentando i fattori di rischio. Amianto,fumo,campi
elettromagnetici,nucleare,inquinamento,prodotti chimici sono solo alcuni dei fattori
conclamati che scatenano la malattia.

Tutti i tumori hanno origine da una cellula. Nei tessuti normali le cellule si
riproducono dividendosi, in modo da sopperire alle varie necessità dell'organismo.
Nei tumori questo delicato equilibrio è compromesso. La cellula continua a riprodursi
senza freni e vengono meno anche i processi con cui le cellule danneggiate vanno
incontro a una morte programmata, detta apoptosi.
All'origine di tutti questi fenomeni ci sono alterazioni geniche, dette mutazioni, che,
sommandosi l'una all'altra, fanno saltare i meccanismi di controllo.Alcuni di queste
mutazioni sono ereditarie, mentre altre sono provocate da fattori esterni.

Alcuni geni  che,se alterati,possono contribuire allo sviluppo del cancro sono gli
oncogéni (o geni oncògeni): Sono i geni che in condizioni normali si attivano per
spingere la cellula a replicarsi quando occorre, per esempio per riparare il tessuto di
cui fa parte. Sono come un acceleratore, che nei tumori è bloccato "a tavoletta" e
segnala quindi alla cellula di continuare a moltiplicarsi senza controllo.
Studi degli ultimi anni hanno inoltre messo in rilievo
l'importanza per la genesi del cancro di piccole molecole
regolatorie dette microRNA (miRNA), frammenti di acidi
nucleici che modulano l'espressione di diversi geni.

Non esiste quasi mai, tranne in alcune rare forme


ereditarie, un'unica causa che possa spiegare l'insorgenza
di un tumore. Al suo sviluppo concorrono diversi fattori,
alcuni dei quali non sono modificabili, come i geni
ereditati dai propri genitori o l'età, mentre su altri si può
intervenire per ridurre il rischio di andare incontro alla
malattia.

Le abitudini della vita quotidiana non causano direttamente


il cancro, ma aumentano le probabilità di svilupparlo: per
questo sono detti fattori di rischio. Gli stili di vita che più
influiscono sul rischio di sviluppare un tumore sono:il
fumo,l'alcol,sole e raggi ultravioletti mentre diversi  studi
hanno dimostrato che il sovrappeso e l'obesità sono
strettamente connessi al cancro al colon, al seno e alla
cistifellea;altri fattori possono essere la sedentarietà e
l'inquinamento atmosferico.

Quasi un terzo delle morti per cancro si potrebbero evitare


solo abolendo l'uso di tutti i prodotti a base di tabacco, e
con una dieta sana, accompagnata da una regolare attività
fisica, molte altre vite potrebbero essere salvate.
“Camminavo sulla strada con due amici,il sole
tramontava,sentii come una vampata di malinconia,il cielo
divenne improvvisamente rosso sangue. Mi arrestai. Mi
appoggiai al parapetto stanco da morire… Rimasi lì,
tremando d’angoscia e sentivo come un grande interminabile
grido che attraversava la natura”.
 Centro dell’interesse di Munch è l’uomo, il dramma del suo esistere,del suo essere solo
di fronte a tutto ciò che lo circonda, i suoi conflitti psichici, le sue paure. Infatti l’artista
esprime in immagini il proprio tormento interiore. Ciò che conta è che queste immagini
non siano una semplice illustrazione didascalica, ma diventino opere d’arte compiuta in
sé. Lo conferma una delle sue opere più note, ”Il Grido”.
 Il titolo è significativo:indica l’espressione interiore attraverso il grido; esso è la
reazione istintiva, è l’”urlo originario”,primordiale, antico come l’uomo, che esprime un
complesso inestricabile di sentimenti, di paure, o meglio,di insicurezza, di smarrimento,
di angoscia.

 Nel “Grido” è come se anche la natura partecipasse al dolore interiore dell'uomo


impotente di fronte alle tragedie del mondo; è un grido sovrannaturale, di paura, di
disperazione che deforma ogni cosa e tormenta l'uomo sempre più solo in un mondo
oramai estraneo e ostile; è un grido senza risposta, di cui nessun altro si accorge e per
questo ancora più angosciante e drammatico.

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