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L’esilio

L’etimologia

->Dal latino: exilium, derivato da exul esule, che secondo l'etimo classico era composto da ex
fuori e solum terra. Lontano, via dalla (propria) terra.

Oggi l'esilio è una pena che non esiste più. Forse esiste, in nuove forme, per i fuoriusciti dalle
dittature, dai paesi in guerra, dai paesi troppo poveri ,dai paesi che non offrono possibilità ai
giovani. Ma l'esilio, per essere esilio, necessita del legame con la propria terra.
Ovidio:Esilio o relegatio?
La relegatio in insulam, nell'antico ordinamento giuridico romano era la pena a cui erano sottoposti
i colpevoli di determinati delitti come l'adulterio, lo stupro, il lenocinio, l'omicidio
preterintenzionale causato per l'uso di filtri amorosi o abortivi o per maltrattamenti.
Essa consisteva nell'allontanamento temporaneo del soggetto in un luogo isolato o in particolare in
un'isola, mantenendo lo status di cittadino romano, previsto invece dalla deportatio in insulam.
La relegazione era una specie di soggiorno obbligato in un luogo piuttosto lontano da Roma,
imposto a personaggi considerati pericolosi dalle autorità romane. Diversamente dall'esilio, la
relegatio non prevedeva la confisca dei beni e la perdita permanente dei diritti civili. Il
provvedimento aveva di solito un limite di tempo: il condannato, ricevuto il perdono, poteva
ritornare a Roma. In particolare, il poeta Publio Ovidio Nasone subì la relegatio nell'8 d.C.: egli fu
esiliato a Tomi, colonia romana sulle rive del Mar Nero (oggi in Romania) dall’imperatore Augusto.
Ovidio rimase sempre vago rispetto a questo avvenimento, affermando di aver commesso duo
crimina, carmen et error (Tristia, II, v. 212). Nel caso del poeta, tuttavia, la pena non fu mai
revocata, nonostante le numerose suppliche di amici e parenti. Secondo taluni interpreti Ovidio
aveva avuto corrispondenze e amicizie politiche avverse al regime imperiale .
L’error
Le cause dell’esilio di Ovidio restano un’incognita. Lo stesso poeta fornisce, in modo enigmatico, due ragioni per spiegare
la sua relegatio: carmen et error, ovvero «una poesia e un errore». Per quanto riguarda la prima, possiamo immaginare che
si riferisca al carattere immorale di una delle sue opere, L’arte di amare. In effetti, Augusto aveva approfittato della sua
carica di pontefice massimo e di “addetto alle leggi e ai costumi” (curator legum et morum) per cercare di controllare tutte
le questioni religiose, sociali e morali della società. In tal modo si propose di ristabilire gli antichi mores maiorum, che a
suo parere avevano reso Roma forte e potente. In particolare, si preoccupò di rafforzare il matrimonio, considerato fino al I
secolo a.C. la base della morale romana. A tale scopo modificò e promulgò nuove leggi sull’adulterio e sulla castità e
pose un limite ai divorzi. Fece inoltre ricostruire più di ottanta templi e ripristinò i principali ordini sacerdotali.

Non deve perciò sorprendere la condanna delle opere amatorie di Ovidio, poichè incitavano all’adulterio. Ovidio parlava dei
templi come di luoghi adatti alla socializzazione, degli adulteri fra gli dèi come di esempi da seguire e dava consigli su
come conquistare la donna altrui. Tuttavia, lascia pensare il fatto che l’imperatore avesse deciso di esiliare il poeta a causa
di una poesia composta sette-otto anni prima.
L’error probabilmente poteva riferirsi addirittura a un coinvolgimento del poeta nello scandalo che travolse la nipote di
Augusto, Giulia Minore. Si pensava avesse avuto una relazione extraconiugale con Giulia Maggiore, figlia di Augusto e sposa
di Tiberio. Negli Amores si crede si sia riferito a Giulia utilizzando il personaggio di Corinna, un modo forse di mettere in
cattiva luce Tiberio e impedirgli di salire al potere. Infine, si può forse riferire al fatto che abbia probabilmente partecipato alla
congiura di Agrippa contro Tiberio.
Esilio nel Risorgimento: Giuseppe Mazzini
Nel periodo risorgimentale una figura molto importante che subì l’esilio come pena fu Giuseppe Mazzini.Nel
1827, Mazzini si iscrive alla Carboneria per poi uscirne e iniziare il suo progetto della Giovine Italia, che si
proponeva di superare i limiti della carboneria e creare nuove strategie insurrezionali.

La notizia della rivoluzione parigina del luglio 1830, che in tre giorni di combattimenti - le cosiddette trois
glorieuses - aveva abbattuto i Borbone per favorire Luigi Filippo d’Orléans, mostra al giovane tutta
l’inefficacia della politica carbonica. Alla fine dello stesso anno, tuttavia, Mazzini è arrestato proprio per la sua
affiliazione alla società segreta e, dopo un breve processo, è sciolto per insufficienza di prove ma costretto con
una misura di polizia a lasciare il Regno di Sardegna per recarsi in esilio, nel gennaio successivo, prima in
Svizzera e poi in Francia, in particolare a Marsiglia.

Giunto a Marsiglia, il giovane esule, riunendo alcuni elementi più radicali della Carboneria, decide di creare
una nuova formazione politica che non sia, però, l’ennesima società segreta del tipo di quelle che avevano
caratterizzato i primi trenta anni del secolo. Nel 1831 fu accusato di contumacia e scappò nel 1834 a Grenchen,
in Svizzera, dove generò il progetto della Giovine Europa, ma in seguito dovette lasciare il paese. Nel 1837
stette per un lungo periodo a Londra dove incontrò illustri personaggi come John Stuart Mill e Charles Dickens.
esilio nel risorgimento: Giuseppe Garibaldi

Tra i padri del risorgimento italiano che furono vittime dell’esilio, troviamo anche Giuseppe
Garibaldi. Alla fine del 1833 Giuseppe Garibaldi si arruola nella marina del regno di
Sardegna, col nome di battaglia di Cleòmbroto. Si era arruolato con uno scopo preciso:
prendere parte ad un ammutinamento e suscitare una rivoluzione repubblicana a Genova, e poi in
tutto il regno di Sardegna. Genova però rimane assolutamente tranquilla, e Garibaldi deve
rifugiarsi a Marsiglia, mentre un tribunale di Genova, in sua assenza, lo condanna “alla pena di
morte ignominiosa”. Giuseppe Garibaldi conferma la sua adesione alla Giovine Italia,
riprendendo a navigare per il Mediterraneo. NeI settembre del 1835, tuttavia, si imbarca per Rio
de Janeiro e rimarrà in Sud America dal 1836 al 1848. In questi anni, il continente americano
stava attraversando un periodo di rivolte. A Laguna Giuseppe Garibaldi conosce la diciottenne
Anna Maria Ribeiro da Silva, una donna già sposata da quattro anni. Se ne invaghisce a tal
punto da decidere di portarla con sé ,colpito dal suo temperamento audace. I due si sposeranno in
Uruguay nel 1842, e Anita resterà compagna di vita di Giuseppe Garibaldi fino alla morte.

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