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Convegno Scientifico Nazionale - ”S I C U R E Z Z A N E I S I S T E M I C O M P L E S S I“ - Bari, 19 – 21 Ottobre 2005

SVILUPPO ACCIDENTALE DI OSSIDI DI AZOTO: STUDIO DI UN CASO


F.Dattilo 1, A.Carrolo 2, F.Antonello 3, G.Fiocca3, M.Nicoletto 4
SOMMARIO
Un errore nello scarico di un’autocisterna ha comportato l’introduzione di acido cloridrico in un
serbatoio contenente acido nitrico. È noto che dalla miscelazione di questi acidi si forma un composto
altamente corrosivo che, in quest’occasione, ha causato la foratura del serbatoio con rilascio del
liquido nel bacino di contenimento.
Il contatto di questa miscela con materiali ferrosi ha generato vapori tossici di ossidi di azoto, i quali
hanno formato una nube che ha interessato la zona circostante causando allarme e preoccupazione.
L’intervento di squadre del Corpo VVF e del personale tecnico dell’ARPA, allarmati dall’azienda,
permetteva di minimizzare gli effetti, mantenendo sotto controllo le fasi di travaso della soluzione
contenuta nel serbatoio, e di determinare le concentrazioni di ossidi in atmosfera in modo da poter
gestire al meglio l’emergenza.
DESCRIZIONE DELL’EVENTO
Nel pomeriggio di un venerdì di agosto 2004, presso lo stabilimento di un’azienda che effettua
procedimenti per il recupero di metalli da sottoprodotti dell’industria orafa si iniziava lo scarico di
un’autocisterna di acido cloridrico in soluzione al 32%. L’operazione veniva svolta, per prassi
consolidata, dall’autista del vettore e fornitore dell’acido, al quale era affidato il compito di collegare la
manichetta alla tubazione fissa di invio al serbatoio dedicato all’acido.
La sistemazione del serbatoio di HCl, accanto ad un altro contenente acido nitrico al 67% è illustrata
nelle figure 1 e 2.

Fig. 1 Fig. 2
Nell’operazione di collegamento della manichetta dell’autocisterna al circuito delle tubazioni, l’autista
scambiava la linea del HNO3 per quella del HCl ed iniziava a travasare l’acido cloridrico nel serbatoio di
HNO3.
La miscela di questi due acidi, in proporzioni definite di 3 volumi di acido cloridrico al 37% peso ed 1
volume di acido nitrico al 65% peso, è nota come acqua regia ed è un composto altamente aggressivo
che attacca moltissimi materiali, tra cui il ferro, con sviluppo di ossidi di azoto.
L’operazione condotta ha comportato un progressivo arricchimento di HCl nell’acido nitrico, con
aumento della temperatura e attacco del materiale del serbatoio (acciaio inox).

1 Corpo Nazionale VVF – Comandante Provinciale VVF – Via S. Fidenzio 3, 35100 Padova – tel. 0497921711
2 Corpo Nazionale VVF – Comandante Provinciale VVF – Via Interna 14, 33170 Pordenone – tel. 0434391111
3 ARTES S.r.l. – Via C. Battisti 2/A, 30035 Mirano Venezia – tel 0415727854 mail franco.a@artes.191.it

4 Dipartimento di Prevenzione ASL 16 SPISAL – Via Ospedale 22 Padova – tel 0498214249

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Inizialmente lo sviluppo di NOx e l’aumento della temperatura non venivano notati dall’autista, anche
perché i vapori di NOx venivano erano aspirati dal sistema di polmonazione/captazione dei vapori del
serbatoio. Dopo qualche tempo, tuttavia, l’aggressione della miscela dei due acidi al materiale del
serbatoio comportava la lacerazione del mantello del serbatoio stesso con fuoriuscita del liquido nel
bacino di contenimento. L’effetto di questa corrosione è illustrato nelle figure 3 e 4 seguenti.

Fig. 3 Fig. 4
La presenza, sul pavimento del bacino, di altri materiali metallici, ha enfatizzato la formazione di ossidi
di azoto con formazione di una nube di vapori di colore arancione che ha determinato l’allarme anche
nella zona circostante lo stabilimento.
L’intervento delle squadre del Comando Provinciale VVF e dell’ARPA permetteva un contenimento ed
un controllo della situazione: veniva immessa acqua nel serbatoio e nel bacino per diluire la miscela e
nel contempo, mediante getti d’acqua frazionata si provvedeva a diluire ed abbattere i vapori.
Nel frattempo, il personale della ditta e quello del fornitore dell’acido cloridrico tentavano di
recuperare la miscela fuoriuscita nel bacino travasandola in contenitori in materiale plastico resistente;
le operazioni richiedevano alcune ore per la necessità di disporre di materiali resistenti all’aggressione
della miscela, per cui il recupero terminava verso le 20,10, circa 4 ore dopo che era iniziato il travaso
del HCl dall’autobotte nel serbatoio di HNO3.
L’evoluzione della situazione, dal momento in cui sono intervenute le squadre dei VVF ed i tecnici
dell’ARPA, è stata mantenuta sotto controllo anche mediante misurazioni delle concentrazioni di NOx
nell’area, provvedendo cautelativamente anche a far evacuare i residenti di alcune abitazioni poco
lontane dallo stabilimento.
Gli effetti dell’evento sono stati limitati al danneggiamento di materiali; le misurazioni delle
concentrazioni di ossidi di azoto in atmosfera hanno fornito dati rassicuranti per quanto riguarda il
rischio nell’area circostante, risultando inferiori alle soglie predefinite di pericolo.
Riferendosi al biossido di azoto (NO2), che risulta il più pericoloso per la tossicità tra gli ossidi di azoto,
le soglie di pericolo comunemente adottate sono:
3 ppm (TLV-TWA) soglia di pericolo per ambienti di lavoro per 40 ore settimanali
20 ppm (IDLH) soglia di esposizione per 30 minuti per subire danni irreversibili
Le rilevazioni effettuate hanno indicato concentrazioni dell’ordine di o inferiori a 1 ppm all’esterno dello
stabilimento, a distanze di 50-60 m dalla sorgente dei vapori. Le misurazioni erano tuttavia riferite ad
un tempo di campionamento dell’ordine di alcuni minuti, per cui queste soglie appaiono poco
rappresentative del rischio potenziale generato dall’evento, anche considerando che le misure sono
riferite ad una fase in cui lo sviluppo di ossidi era controllato.
Per ottenere ulteriori indicazioni si è ricostruito l’evento e le varie fasi in cui può suddividersi
l’evoluzione dei fatti mediante l’applicazione di modelli di calcolo della dispersione.
RICOSTRUZIONE DELL’EVENTO
Si considera che la prima fase di attacco del serbatoio, con sviluppo di ossidi che sono stati aspirati dal
sistema di captazione vapori, è iniziata quanto si è incominciato il travaso (si suppone poco prima

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delle 16,30) ed ha avuto termine verso le 17,15, quando si è forato il serbatoio (circa 45 minuti, pari a
2700 secondi).
La seconda fase ha avuto inizio con il rilascio nel bacino (alle 17,15) ed è terminata verso le 18,
quando l’immissione di acqua nel bacino ha diluito la miscela di acidi in modo tale da ridurre
drasticamente lo sviluppo di ossidi.
La durata di queste due fasi assomma a poco più di un’ora e mezza.
Dopo l’aggiunta di acqua, tuttavia, l’emissione di ossidi è continuata, anche se con entità molto
inferiore rispetto alla seconda fase (perché la miscela era talmente diluita da non comportare una
reazione veloce, ovvero un attacco, con il materiale ferroso); questa terza fase è perdurata per circa
due ore, fino alle 20,10 quanto terminava lo svuotamento del bacino. Alle 19,40, in occasione di una
variazione della direzione del vento, si eseguiva una misurazione delle concentrazioni di NO2 in
atmosfera rilevando valori di circa 4 ppm a 20 m ed inferiori ad 1 ppm a distanza di circa 65 m con
velocità vento bassa o molto bassa.
La durata totale dell’emissione di ossidi di azoto è stata di circa 3,5 ore, ma il rateo di sviluppo ha
subito le seguenti variazioni qualitative che possono essere così sintetizzate:
fase 1 fase 1 – sviluppo (rateo) massimo e vapori captati dal sistema di aspirazione (emissione
trascurabile),
fase 2 fase 2 – sviluppo massimo e vapori dispersi in atmosfera,
fase 3 fase 3 – sviluppo ridotto dalla diluizione e vapori dispersi in atmosfera.
Le uniche rilevazioni dell’entità delle concentrazioni di NO2 in aria si hanno verso il termine della terza
fase (ore 19,40), per cui non è possibile stabilire con sufficiente precisione l’andamento della
formazione di ossidi, quindi la portata di NO2 in atmosfera per ciascuna fase.
Per avere indicazioni dai modelli di simulazione della dispersione si sono fatte le seguenti supposizioni
Riferendosi al massimo potenzialmente sviluppabile con miscelazione di 2000 L (pari a circa 374 kg) e
supponendo uno sviluppo graduale in un tempo di 3,5 ore si avrebbe una portata media di NO2 pari a
374 kg/12600 secondi = 0,0296 kg/s
Ragionevolmente però, la maggior parte di ossidi si è sviluppata durante le prime due fasi.
Supponendo che in 1,5 ore si sia sviluppata una frazione pari a 2/3 del totale si ha:
374∙0,666/1,5 h = 249 kg/5400 secondi = 0,046 kg/s.
Nella terza fase pertanto la portata media risulta:
(374-249)/7200 = 125/7200 = 0,0173 kg/s.
Con quest’ultimo dato stimato si è effettuata una prima simulazione della dispersione in aria di NO2,
utilizzando due modelli di calcolo, uno per evaporazione da pozza (codice di calcolo AHEGA ricavato
dal modello HeGaDAS – Heavy Gas Dispersion Area Source [1] [2]) ed il secondo per emissioni da
sorgenti lineari (codice di calcolo AHUANG basato sulla teoria non gaussiana di Huang [3]) e
riferendosi alle dimensioni del bacino di contenimento (nel primo caso la superficie, pari a 2,1x5 m,
nel secondo la larghezza – 2,1 m - e l’altezza del muro – 0,8 m). Nel caso del modello AHEGA si è
anche utilizzata una routine che consente di tener conto della presenza del muro del bacino e di
fabbricati od ostacoli presenti nelle adiacenze della sorgente.
La simulazione è stata condotta considerando vari aspetti per tener conto delle indicazioni provenienti
dalle testimonianze: sono state scelte due velocità del vento (2 m/s e 1,5 m/s), con due classi di
stabilità: neutrale (D) e leggermente instabile (C), adottando un tempo di campionamento di 5 minuti.
Per quanto riguarda le classi di stabilità, la scelta è stata fatta in base all’ora (nelle fasi intorno al
tramonto – da ½ prima a ½ dopo la sparizione del sole all’orizzonte - in genere è presente la classe
neutrale, mentre in precedenza appare verosimile una classe instabile per cielo sereno e condizioni di
insolazione medie).

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I principali risultati sono riportati nella seguente tabella 1

Concentrazioni (ppm vol)


Distanza (m) Hu C/2 Hu D/2 Hu C/1,5 Hu D/1,5 AH C/2 AH D/2 AH D/1,5 AH C/1,5
5 555 870 1034 2600 830 870 1140 1200
10 87 161 160 488 510 520 650 680
20 11 23 21 70 280 380 410 420
30 3,4 7 6 21 146 280 232 310
40 1,4 3 2,5 9 90 220 138 240
50 0,74 1,5 1,3 4,8 62 129 92 190
60 0,3 0,8 0,74 2,8 45 83 67 160
Tab. 1
Da tali risultati è possibile dedurre che solo il modello per sorgenti lineari e nelle condizioni C/2
fornisce risultati rappresentativi, con indicazione di una concentrazione di 6 ppm a fronte di un rilievo
di 4 ppm alla distanza di 20 m e di concentrazione inferiore ad 1 ppm a 65 m.
L’utilizzo della routine che tiene conto della presenza di ostacoli alla dispersione, quale il muro del
bacino o altri fabbricati vicini ed inserita nel modello AHEGA, pur fornendo risultati più in linea con le
osservazioni, risulta non dare indicazioni conformi alle osservazioni.
Sulla base di tali indicazioni si è stimata la concentrazione che poteva esser presente in atmosfera
durante la prima fase di sviluppo degli ossidi, utilizzando solo il modello per sorgenti lineari, basandosi
sulla portata di 0,0296 kg/s e su varie condizioni atmosferiche.
I risultati sono illustrati nel grafico della seguente figura 5.

10000

1000
CONC. (ppm)

100

10

0,1
0 10 20 30 40 50 60 70 80

DISTANZA (m)

C/2 C/1.5 D/2 D/1.5

Fig. 5
Per avere un quadro dei rischi connessi con una situazione di questo tipo è necessario considerare le
soglie di pericolo usualmente adottate nel settore degli incidenti rilevanti per il NO2:
LC50: concentrazione di una sostanza in aria che è risultata letale per inalazione nel 50% dei soggetti
esposti per un tempo definito. Il valore della concentrazione associata a questa soglia viene
determinato in funzione del tempo di esposizione mediante la tecnica del probit.
IDLH soglia generalmente associata al rischio di ospedalizzazione, ricavata dall’Immediately
Dangerous to Life and Health – NIOSH USA, e rielaborata in funzione del tempo di esposizione
previsto sulla base della metodologia proposta dall’Ente inglese HSE per la valutazione della soglia
SLOT (Specified Level Of Toxicity).

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LOC (Level of Concern):Concentrazione di una sostanza in aria alla quale, per una esposizione
relativamente breve, possono prodursi effetti di danno reversibili, irritazioni, disagi. In genere assunta
pari al 10% del IDLH.
Nella seguente tabella 2 sono riportate le concentrazioni corrispondenti alle soglie sopracitate in
funzione del tempo di esposizione.

Concentrazioni (ppm vol)


Tempo (min) LC50 IDLH LOC
5 367 49 5
10 260 35 3,5
15 212 28 2,8
20 184 24 2,4
25 164 22 2,2
30 150 20 2
Tab. 2
Dalla simulazione condotta appare che, pur rimanendo limitate a distanze contenute, le tre soglie di
pericolo avrebbero potuto essere superate, pur se a distanze limitate e, per le soglie più alte,
comprese nella zona interna allo stabilimento.
Ipotizzando una variabilità nelle concentrazioni e nella persistenza delle stesse, tenori di 50 ppm
correlati ad un rischio di ospedalizzazione per esposizioni all’aperto di 5 minuti risultavano poter essere
presenti fino a distanze di 15-20 m, mentre le soglie di disagio o irritazione potevano giungere fino a
circa 35 m. Queste informazioni appaiono utili per il piano di emergenza dello stabilimento e per la
relativa formazione degli addetti.
CONCLUSIONI
L’azienda in questione non rientra tra le attività contemplate nella legislazione sui rischi di incidente
rilevante, in quanto non vi sono quantitativi di sostanze pericolose che superano le soglie previste
dalla norma. Va osservato che, anche ipotizzando lo sviluppo accidentale di tali sostanze, come in
effetti è avvenuto, i quantitativi ragionevolmente ipotizzabili non superano comunque le soglie per
rientrare negli obblighi degli articoli 6, 7 od 8 del Decreto Lgs. 334/99 comunemente noto come
Seveso 2, né in quelli previsti dalla recentemente approvata Seveso 3.
Occorre tuttavia rilevare come, in base alla ricostruzione eseguita ed anche sulla scorta di quanto
verificatosi, non sia trascurabile un certo rischio potenziale anche in attività di questo tipo, che non
rientrano tra quelle classificate a rischio di incidente rilevante.
L’applicazione dell’analisi di rischio appare pertanto una pratica auspicabile al fine di conoscere meglio
le implicazioni e le potenziali conseguenze in caso di incidente.
BIBLIOGRAFIA
[1] A Mathematical Model for the Transient Behaviour of Dense Vapor Cloud - G.W. Colenbrander -
Loss Prevention Symposium - Basle (9/1980)
[2] HEGADAS (Heavy Gas Dispersion Program 1988) – US EPA R-1681
[3] A Theory of Dispersion in Turbulent Shear Flow - C.H. Huang - Atmospheric Environment
vol. 13 (1979)

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