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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA

LA SAPIENZA

Dottorato di Ricerca in Ingegneria dei materiali,
delle materie prime, metallurgia e protezione ambientale
XVII ciclo


Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici
a basso tenore di Nickel


RELAZIONE CONCLUSIVA





Tutor Dottorando
Prof.T.Valente Dott.Federico Ruffini


2
Indice


Motivazioni del lavoro pag. 5


PARTE I DEFINIZIONE DELLA PROBLEMATICA pag. 7


Capitolo 1. Introduzione pag. 8
1.1. Premessa " 8
1.2. Diagrammi costitutivi degli acciai inossidabili austenitici " 9
1.2.1. Modalit di solidificazione primaria " 11
1.3. La sostituzione del Ni " 12
1.3.1. Solubilit dellazoto " 13
1.3.2. Stabilit della fase austenitica " 14
1.3.3. Precipitazione di seconde fasi " 17
1.3.4. Resistenza meccanica " 18
1.3.5. Resistenza alla corrosione " 19
1.3.6. Resistenza allossidazione " 20
1.4. Panorama brevettuale " 21
Bibliografia del capitolo " 27

Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione pag. 29
2.1. Introduzione " 29
2.2. Variabili del processo di solidificazione " 29
2.2.1. Velocit di crescita " 29
2.2.2. Gradiente termico " 31
2.2.3. Velocit di raffreddamento " 31
2.2.4. Sottoraffreddamento " 32
2.3. Nucleazione " 33
2.3.1. Evoluzione della struttura nucleata " 35
2.4. Strutture di solidificazione " 37
2.4.1. Solidificazione dendritica " 37
2.4.1.1. Instabilit di un fronte planare di solidificazione " 38
2.4.1.2. Morfologie di solidificazione " 44
2.4.1.3. Redistribuzione del soluto " 48
2.4.2. Solidificazione eutettica " 51
2.4.2.1. Accrescimento della struttura eutettica " 53
2.4.2.2. Condizioni di accrescimento " 55
2.5. Crescita competitiva " 59
Bibliografia del capitolo " 61

Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici pag. 62
3.1. Introduzione " 62
3.2. Il sistema Fe-Cr-Ni " 62
3.3. Morfologie di solidificazione " 65
3.3.1. Solidificazione in austenite primaria " 65

3
3.3.2. Solidificazione in ferrite primaria " 67
3.3.2.1. Ferrite vermicolare " 68
3.3.2.2. Ferrite lamellare " 70
3.3.2.3. Ferrite aciculare e tipo-Widmanstatten " 71
3.4. Criccabilit a caldo " 72
Bibliografia del capitolo " 74


PARTE II STUDIO DELLA SOLIDIFICAZIONE DEGLI ACCIAI
INOSSIDABILI A RIDOTTO TENORE DI NICKEL pag. 75


Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria pag. 77
4.1. Introduzione " 77
4.2. Mappe di selezione di fase degli acciai inossidabili austenitici " 77
4.3. Modello di selezione della fase primaria " 81
4.3.1. Descrizione del modello " 82
4.3.2. Definizione della relazione R=f(G,V) " 84
4.3.2.1. Criterio semplificato " 88
4.3.2.2. Estensione al sistema multicomponente " 89
4.3.2.3. Stabilit assoluta " 90
4.3.2.4. Concentrazione del liquido allinterfaccia " 91
4.3.3. Cinetica dei processi di solidificazione rapida " 93
4.3.3.1. Continuous Growth Model " 93
4.3.3.2. Espressione della relazione T=f(V) " 97
4.4. Taratura del modello " 101
4.4.1. Definizione dei parametri di input " 101
4.4.2. Calcolo di R " 103
4.4.3. Calcolo del sottoraffreddamento " 105
Bibliografia del capitolo " 109

Capitolo 5. Attivit sperimentale " 111
5.1. Introduzione " 111
5.2. Definizione delle composizioni " 111
5.3. Materiale sperimentale e metodi di analisi " 112
5.3.1. Realizzazione dei lingotti " 112
5.3.1.1. Analisi chimica " 114
5.3.1.2. Trasformazione e qualificazione dei lingotti " 115
5.3.2. Rifusioni laser " 115
5.4. Solidificazione a basse velocit di raffreddamento " 117
5.4.1. Previsioni termodinamiche " 117
5.4.1.1. Diagrammi pseudo-ternari " 117
5.4.1.2. Cammini di solidificazione " 121
5.4.2. Esame macrostrutturale " 122
5.4.3. Analisi microstrutturale " 125
5.4.4. Propriet meccaniche " 131
5.4.5. Sintesi dei risultati " 134
5.5. Solidificazione ad alte velocit di raffreddamento " 136
5.5.1. Previsioni in condizioni di fuori equilibrio " 136
5.5.2. Microstrutture dei cordoni di saldatura " 143
Indice

4
5.5.3. Sintesi dei risultati " 150
5.6. Mappe di selezione di fase " 151
Bibliografia del capitolo " 158

Capitolo 6. Conclusioni pag. 159

Lista dei simboli pag. 164

Ringraziamenti pag. 166

5
Motivazioni del lavoro

Nellambito della produzione industriale degli acciai inossidabili, le quote di mercato pi rilevanti
sono attualmente legate ad alcuni prodotti ben consolidati, tra i quali in particolare la classe degli
austenitici tipo AISI 304, la cui diffusione dovuta allottimo compromesso tra prestazioni,
versatilit di impiego e costi. Tale famiglia di acciai abbina infatti, oltre alle propriet di resistenza
alla corrosione ed allossidazione ad elevata temperatura proprie delle leghe inossidabili, elevate
caratteristiche in termini di formabilit e di saldabilit, con ci giustificando lelevata percentuale
di consumi (65-70%) nel mercato dei laminati piani in acciaio inossidabile. Con specifico
riferimento alla famiglia AISI 304, la caratteristica peculiare della struttura austenitica a
temperatura ambiente conferita dallelevato tenore di nickel presente (8-12%), cui demandato il
compito di bilanciare il potere ferritizzante del cromo, garantendo in tal modo anche la lavorabilit
a caldo della lega attraverso il contenimento della trasformazione austenite-ferrite entro tenori
tecnologicamente accettabili. Ciononostante, le controindicazioni alluso di ingenti quantit di
nickel sono diverse, legate essenzialmente alla scarsit di tale elemento, il cui elevato costo inoltre
soggetto a sensibili oscillazioni, ed alla sua recente classificazione in ambito europeo come
elemento carcinogenico C3 o sensibilizzante, che ne pu precludere numerosi impieghi, almeno per
le applicazioni a diretto contatto con luomo.
Al momento attuale, prospettive interessanti per gli acciai austenitici si sono aperte riguardo alla
parziale sostituzione del nickel con altri elementi austenitizzanti, primi fra tutti manganese ed azoto.
A tal proposito, lutilizzo di tali elementi schiuderebbe scenari potenziali in cui nuove leghe
inossidabili austenitiche, con minor incidenza del costo del nickel, potrebbero progressivamente
sostituirsi al tipo AISI 304 almeno per una consistente gamma di applicazioni, e, nel caso degli
acciai ad alto N, rappresentare una valida alternativa agli acciai da costruzione negli impieghi
strutturali.
Tuttavia, la parziale sostituzione del Ni con Mn e N presenta concrete difficolt sia di carattere
metallurgico che tecnologico. Infatti, se da un lato il potere austenitizzante del manganese non
stato ancora definito in modo univoco, ed essendo comunque tale elemento deleterio in tenori
elevati per quel che concerne la resistenza a corrosione, dallaltro lazoto un elemento
scarsamente solubile nellacciaio liquido almeno per tutte le soluzioni impiantistiche che non
ricorrano a sovrapressioni parziali dazoto, e non pu essere impiegato per sopperire completamente
alla diminuzione del tenore di Ni in quanto, formando soluzioni solide interstiziali, determinerebbe
un indesiderato incremento delle caratteristiche resistenziali con conseguente perdita di formabilit.
Per tali ragioni, la metallurgia di queste leghe e i legami struttura-propriet di impiego sono ancora
oggi oggetto di studio a livello internazionale, e del tutto aperto il campo della metallurgia
associata a nuove tecnologie di fabbricazione che ormai sono in fase di industrializzazione nel
campo degli acciai inossidabili, quali il colaggio in bramma sottile e/o Strip Casting.

Uno specifico tema che risulta sostanzialmente inesplorato quello del comportamento in
solidificazione degli acciai inossidabili a basso tenore di nickel, che tuttavia riveste unimportanza
fondamentale per le diverse implicazioni metallurgiche e tecnologiche sottese. La modalit di
solidificazione primaria (Primary Solidification Mode: PSM) condiziona infatti direttamente alcuni
fenomeni che risultano critici nella prospettiva di una produzione industriale degli acciai
inossidabili ad alto N-Mn. Il primo di essi consiste nella gi menzionata solubilit dellazoto in fase
liquida; tale elemento, durante la solidificazione, si ripartisce preferenzialmente nel liquido residuo
in equilibrio con la fase solida in accrescimento. Tale fenomeno tanto pi consistente nel caso di
una solidificazione primaria ferritica, essendo lazoto un elemento scarsamente solubile in questa
fase; nel liquido contenuto allinterno degli spazi interdendritici possono quindi determinarsi le

6
condizioni di una soprasaturazione di azoto, con conseguente nucleazione di bolle di gas. Tale
evento del tutto indesiderato in quanto determina da un lato un limite superiore alla
concentrazione di azoto disciolto nella fase solida, con le conseguenze che ci comporta sul
bilanciamento analitico a favore dellausteniticit dellacciaio, ma soprattutto provoca la
formazione di difettosit strutturali che pregiudicano lintegrit e/o lattitudine allimpiego dei
prodotti di solidificazione.
La conoscenza del PSM consente inoltre di stimare lentit della microsegregazione, in termini di
accumulo di elementi basso-fondenti negli ultimi stadi della solidificazione. La rilevanza di tale
problematica risiede nel fatto che i medesimi problemi di criccabilit a caldo, noti nelle saldature e
negli altri processi di solidificazione rapida degli acciai inossidabili austenitici convenzionali e
legati alla microsegregazione di fosforo e zolfo dalla fase primaria austenitica, possono verificarsi
anche nella solidificazione degli acciai a ridotto tenore di nickel.
Infine, il cammino di solidificazione si riflette su alcune propriet fisiche tecnologicamente
rilevanti, in particolare il tenore percentuale di ferrite- ad alta temperatura, che condiziona la
duttilit, e la microstruttura a temperatura ambiente, da cui dipendono direttamente le propriet di
impiego del materiale e le modalit di trattamento termomeccanico. Limportanza di tali aspetti
rende ancor pi necessaria per gli acciai inossidabili a ridotto tenore di nickel, dei quali il
bilanciamento analitico attualmente oggetto di studio, la predisposizione di modelli previsionali
opportunamente tarati, che leghino gli aspetti della solidificazioni (fase primaria, scala della
microstruttura, partizione degli elementi) alle caratteristiche di tali acciai in intervalli di
temperatura differenti e critici per la loro trasformazione ed applicazione.

Scopo del presente lavoro stato pertanto lo sviluppo e lapprofondimento delle conoscenze sui
fondamenti di metallurgia degli acciai inossidabili austenitici a basso Ni, con particolare riguardo
agli aspetti che afferiscono al processo di solidificazione.
Lattivit di ricerca stata strutturata partendo dalla definizione dello stato dell' arte relativo al
panorama bibliografico e brevettuale degli acciai inossidabili a basso tenore di Ni. Essa proseguita
con lo studio delle modalit di solidificazione proprie di tale classe di acciai inossidabili, in range
compositivi dei principali elementi austenitizzanti sostituitivi del Ni (Mn, N) comprendenti
teoricamente sia leghe alternative alla famiglia AISI 304, sia acciai ad elevata resistenza meccanica
per impieghi strutturali. Lattivit ha contemplato sia colate in laboratorio di lingotti di ridotte
dimensioni, sia la loro rifusione tramite saldatura laser in condizioni controllate di avanzamento del
fronte di solidificazione, allo scopo di simulare cicli di fabbricazione sia convenzionali che
innovativi (colaggio in bramma sottile, Strip Casting, etc.).
Lattivit stata finalizzata alla definizioni di correlazioni fra le composizioni investigate, le
condizioni di solidificazione, e alcune caratteristiche metallurgiche fondamentali, quali la modalit
di solidificazione primaria, leffetto austenitizzante di Mn e N (e quindi contenuto di ferrite- a
temperatura ambiente), ed il grado di solubilizzazione di questultimo elemento. A tale scopo, sono
stati impiegati i modelli metallurgici e microstrutturali definiti in condizioni di solidificazione
prossime allequilibrio, dei quali si provveduto a definire una valutazione dellattendibilit nel
dominio delle composizioni investigate. E stata inoltre sviluppata ed implementata una
modellistica della solidificazione in condizioni fuori equilibrio, in grado di facilitare la previsione
dellevoluzione microstrutturale dalla fase liquida in condizioni di raffreddamento riconducibili sia
a processi di solidificazione convenzionali, sia confrontabili con le tecnologie di processo
innovative indicate.

7
PARTE I


Definizione della problematica

La trattazione svolta nella presente parte della tesi si resa necessaria allo scopo di introdurre la
problematica della solidificazione degli acciai inossidabili a ridotto tenore di nickel, affrontata
successivamente attraverso lapplicazione di strumenti di previsione degli equilibri termodinamici
gi disponibili, seppur tarati nel campo degli acciai inossidabili convenzionali, lapprontamento di
un modello predittivo per lo studio della solidificazione in condizioni lontane dallequilibrio, ed
infine attraverso una parte sperimentale di esame di microstrutture di solidificazione di acciai
inossidabili a ridotto tenore di nickel realizzate in differenti condizioni di raffreddamento.
Per un appropriato inquadramento della problematica, in questa parte presentata unintroduzione
relativa al panorama bibliografico e brevettuale degli acciai inossidabili a ridotto tenore di nickel,
allo scopo di evidenziare linteresse industriale che ruota intorno a tale famiglia di acciai e le
principali problematiche di carattere metallurgico e tecnologico ad essa associate.
Nel successivo capitolo, stato poi definito il substrato di relazioni e principi che governano i
processi di solidificazione, in un contesto comprendente sia i fenomeni di nucleazione ed
accrescimento, sia i temi legati alla determinazione ed alla competizione delle morfologie di
accrescimento delle strutture di solidificazione.
A completamento della prima parte, sono state prese in rassegna le morfologie di solidificazione
caratteristiche degli acciai inossidabili austenitici, classificate in base alla fase primaria di
accrescimento, e le interpretazioni su scala microstrutturale delle problematiche tecnologiche
connesse alla solidificazione di tale classe di acciai.

8
Capitolo 1. Introduzione


1.1. Premessa

Gli acciai inossidabili austenitici contengono generalmente nickel in tenori superiori al 3% ed, in
tale ambito, la famiglia dellAISI 304, che rappresenta il prodotto inossidabile maggiormente
diffuso, caratterizzata da una tenore di nickel non inferiore all8%. Il ruolo di tale elemento risiede
nella stabilizzazione della fase austenitica, prevenendo la formazione di ferrite- durante le fasi di
lavorazione ad alta temperatura e contenendo la trasformazione dellaustenite in martensite nei
processi di deformazione a freddo.
Il nickel, tuttavia, presenta il notevole svantaggio di essere un elemento costoso, le cui quotazioni
sul mercato sono soggette a notevoli fluttuazioni; inoltre, a causa della sua classificazione in ambito
europeo come elemento carcinogenico e sensibilizzante, si sta confermando la tendenza ad
eliminare il nickel da tutte le applicazioni in cui sia previsto il contatto umano (settori chimico,
alimentare, etc.).
Per tali ragioni, negli ultimi anni cresciuto linteresse nei confronti degli acciai inossidabili
austenitici con ridotto o nullo tenore di Ni, la cui assenza parziale o totale viene compensata in tali
prodotti dallaggiunta di altri elementi austenitizzanti, primi fra tutti azoto e manganese.
Laspettativa, in tal senso, rappresentata dalla possibilit di sostituire in alcune applicazioni la
famiglia dellAISI 304 con prodotti dalle propriet simili ma meno costosi, e di sfruttare le
potenzialit in termini di incremento delle caratteristiche meccaniche legate allalligazione con
azoto per fabbricare acciai inossidabili alto-resistenziali per applicazioni strutturali.
La ricerca in tale ambito tuttora rivolta verso la definizione di composizioni in grado di
assicurare soddisfacenti caratteristiche in termini di stabilit della fase austenitica nelle diverse fasi
di lavorazione, di propriet meccaniche e di resistenza alla corrosione. Tale bilanciamento tuttavia
di difficile realizzazione, in primo luogo perch si rivelano sovente inadeguati i modelli previsionali
definiti, nel corso dei decenni, nel dominio degli acciai inossidabili austenitici convenzionali allo
scopo di fornire ai tecnologi indicazioni riguardo alle applicazioni industriali di tali leghe. Pertanto,
tali modelli possono essere utilizzati soltanto previa validazione o taratura nel range di
composizioni afferente alle leghe inossidabili a basso tenore di Ni, processo che il pi delle volte
richiede onerose attivit di laboratorio consistenti nellindagine metallografica condotta su un
consistente numero di colate sperimentali.
Considerando i vantaggi economici derivanti dallintroduzione sul mercato di una nuova famiglia
di acciai in grado, potenzialmente, di sostituirsi al prodotto inossidabile maggiormente diffuso, si
comprende quindi lo sforzo compiuto dai maggiori gruppi siderurgici nel promuovere la ricerca
volta allapprofondimento della conoscenza metallurgica delle leghe a basso Ni che ha condotto,
negli ultimi anni, al brevetto di diverse composizioni appartenenti a tale famiglia.
Il presente capitolo introduttivo ha lo scopo di ripercorrere il cammino concettuale che ha portato,
sulla base dellesigenza di mercato sopra descritta, alla pubblicazione di brevetti di acciai
inossidabili a basso tenore di nickel, partendo da una sintesi dellattivit di modelling condotta sulle
leghe austenitiche convenzionali e delle indicazioni rese da essa disponibili, proseguendo con un
approfondimento della ricerca pi specifica condotta in tale settore, ed illustrando infine il
panorama brevettuale attualmente esistente in merito. Ci allo scopo di fornire un substrato
concettuale ed applicativo allattivit di ricerca oggetto del presente lavoro, che comunque stato in
seguito di volta in volta ripreso ed approfondito nella descrizione delle varie fasi dellattivit
secondo gli specifici temi affrontati.
1. Introduzione

9
1.2. Diagrammi costitutivi degli acciai inossidabili austenitici

Gi prima della seconda guerra mondiale erano noti i benefici in termini di saldabilit degli acciai
inossidabili austenitici derivanti dalla presenza, nel cordone di saldatura, di un certo tenore di
ferrite- residua: rispetto alle leghe inossidabili che, a temperatura ambiente, risultavano
completamente austenitiche, il grado di ferriticit determinava un netto miglioramento nei confronti
della suscettibilit alle cricche a caldo. A tal proposito, risale al 1941 il primo brevetto riguardante
saldature di acciai inossidabili austenitici non criccabili a caldo, ottenute attraverso un opportuno
bilanciamento della composizione per conseguire, nella struttura as welded, un tenore di ferrite-
compreso fra il 5 ed il 35%.
Limportanza tecnologica di tale propriet spinse, negli anni successivi, numerosi ricercatori a
tracciare dei diagrammi costitutivi su base empirica per la previsione del comportamento delle
leghe inossidabili austenitiche soggette a saldatura. Schaeffler [1 ], in tal senso, fu il primo nel
1949 ad introdurre i concetti di cromo e nickel equivalenti, basati sulla classificazione dei diversi
elementi in base al loro potere austenitizzante o ferritizzante, grazie ai quali egli pot riportare su di
un semplice diagramma bidimensionale Cromo equivalente/Nickel equivalente leffetto degli
elementi alliganti sulla microstruttura finale del cordone di saldatura. In particolare, nel diagramma
di Schaeffler, riportato in fig.1.1, il dominio delle leghe bifasiche austeno-ferritiche fu suddiviso da
linee isoferrite, concepite come costitutive di un fascio proprio di rette, ed estese parzialmente
anche alla regione di presenza contemporanea di martensite e ferrite-.
Figura 1.1. Diagramma di Schaeffler originale

Successivamente, il diagramma di Shaeffler venne pi volte ripreso e modificato, sia per
migliorare laccuratezza delle stime da esso fornite, sia per estenderne la validit anche ad acciai
inossidabili austenitici con un numero maggiore di elementi alliganti. La prima modifica essenziale
risale al 1956 e fu introdotta da De Long [2 ], il quale modific la posizione delle linee isoferrite,
che non risultavano pi uscenti da un medesimo punto bens parallele fra loro, anche tenendo conto
del potere austenitizzante dellazoto ed impiegando per la prima volta misure con metodo
magnetico, pi ripetitivo e standardizzabile della tecnica per via metallografica. Nonostante le
modifiche apportate, tuttavia, i concetti di Cr
eq
e Ni
eq
non furono mai abbandonati, ed anzi furono
applicati anche ad altri ambiti non concernenti strettamente le tecnologie di saldatura. Irvine et al.,
[3 ], nel 1959, adottarono un approccio analogo nello studio di leghe austenitiche a
1. Introduzione

10
trasformazione controllata per applicazioni aeronautiche, nel quale fu quantificato separatamente
leffetto dei diversi elementi di lega sul grado di ferriticit della microstruttura a temperatura
ambiente e sulle temperature caratteristiche di trasformazione martensitica. Pryce ed Andrews [4
], nel 1960, tracciarono un diagramma di Schaeffler modificato per la previsione del tenore di
ferrite- nelle leghe inossidabili austenitiche durante i trattamenti ad alta temperatura, nello
specifico 1150C, sulla base dellesigenza di previsione della duttilit a caldo di tali leghe. In tale
ambito i concetti di Cr
eq
e Ni
eq
furono impiegati anche per la previsione dellattitudine delle leghe
inossidabili austenitiche alla formazione di fase , infragilente, per effetto di prolungati trattamenti
termici ad alta temperatura. Hull [5 ], nel 1973, svolse infine unattivit sistematica di
caratterizzazione su 70 colate sperimentali di leghe inossidabili con tenori differenti di ben tredici
elementi alliganti, potendo in tal modo redigere una versione particolarmente accurata del
diagramma di Schaeffler; in tale circostanza venne anche introdotta una funzione , espressa in base
al potere austenitizzante di tutti gli elementi considerati, in grado di fornire unimmediata
indicazione circa la stabilit della fase austenitica di una lega di prefissata composizione. Tale
funzione esprimeva il tenore di Ni, da aggiungere alla lega, necessario per leventuale ristabilimento
della condizione di completa stabilit dellaustenite, essendo tale condizione gi verificata nel caso
di negativit del valore assunto dalla funzione .
Attualmente, le versioni pi aggiornate del diagramma di Schaeffler risalgono ai lavori
commissionati dal Welding Research Council (WRC), che si basano sullelaborazione dei risultati
della caratterizzazione di oltre 950 cordoni di saldatura eseguiti con metalli base e dapporto noti sia
per composizione che per rapporto di diluizione [6-7 ]. Tali lavori, pubblicati in due periodi
successivi, il 1988 ed il 1992, e di cui la versione pi aggiornata riportata in fig.1.2, sono
contraddistinti da una validit dichiarata sino a valori della percentuale in volume della ferrite pari
al 65% e, nel caso dellultima versione, tenuto in considerazione per la prima volta anche leffetto
austenizzane del Cu, sovente aggiunto negli acciai inossidabili austenitici per migliorarne le
caratteristiche di lavorabilit a freddo.

Figura 1.2. Diagramma WRC1992

1. Introduzione

11
1.2.1. Modalit di solidificazione primaria

In realt, gi dagli anni 80 [8 ] sinizi a comprendere come in realt non fosse il tenore di
ferrite- in s a determinare la resistenza alla criccabilit a caldo degli acciai inossidabili austentici,
quanto la modalit di solidificazione primaria di cui la ferrite- residua a temperatura ambiente
costitutiva il ricordo. Tale conclusione derivava dalla constatazione che, ad esempio, acciai
completamente austenitici come lAISI 310 erano in ogni condizione suscettibili alla formazione di
cricche a caldo e che, nel caso dellAISI 304, la medesima suscettibilit era funzione del rapporto
(Cr/Ni)
eq
attraverso il modo di solidificazione, e del contenuto di impurit, come zolfo e fosforo,
presenti nei metalli base e dapporto.
Ci era consistente con le teorie [9-10 ] secondo cui la criccabilit a caldo nelle leghe
inossidabili era imputabile alla presenza, negli ultimi stadi della solidificazione, di film liquidi
bassofondenti lungo i bordi di grano della struttura in corso di formazione, per effetto dei quali, in
combinazione con lo stato tensionale dovuto al ritiro di solidificazione, la stessa struttura era
soggetta a decoesione. A supporto di tali teorie giungevano gli esiti delle analisi condotte attraverso
microsonda su cordoni di saldatura realizzati in AISI 310 [11 ], i quali rivelavano la presenza
nelle regioni intergranulari sedi della solidificazione dellultima fase liquida fortemente segregata,
di elementi come zolfo, fosforo, silicio e manganese. Altri test analoghi [12 ] nei quali lAISI
310 fu utilizzato in condizioni ultra-pure, ovvero con mimimi tenori di zolfo e fosforo, ebbero come
risultato che la suscettibilit alle cricche a caldo risultava nettamente migliorata. Diveniva per tali
ragioni via via pi evidente il nesso fra la criccabilit a caldo e la modalit di solidificazione
primaria, in quanto alla differente struttura primaria era direttamente associabile il tenore e la
tipologia di segregazioni presenti. Durante la solidificazione in ferrite primaria, infatti, una minor
quantit di zolfo e fosforo veniva rigettata verso la fase liquida, con la possibilit inoltre di fissare
tali elementi in forma di fosfuri e solfuri attraverso il manganese ed il silicio segregati, ci
risultando in una minor suscettibilit alle cricche a caldo.
Per limportanza, la complessit e le possibilit di approfondimento di tali concetti nello studio
delle leghe inossidabili a basso tenore di Ni, essi sono stati diffusamente ripresi nei successivi primi
due capitoli. In questa sede si vuol semplicemente evidenziare come, essendo la modalit di
solidificazione primaria identificabile attraverso il tenore e la morfologia della ferrite- residua a
temperatura ambiente, gi nei primi lavori in cui tale aspetto venne affrontato, i diagrammi
costitutivi degli acciai inossidabili vennero completati sovrapponendo alle linee iso-ferrite anche i
contorni delle regioni identificative delle diverse modalit di solidificazione, distinguendo fra
completamente ferritica (F), completamente austenitica (A) e mista con ferrite (FA) od austenite
primaria (AF). Tali linee di demarcazione sono presenti, ad esempio, nei diagrammi redatti per
conto del Welding Research Council, ove si pu riscontrare una buona coerenza dei campi con la
possibilit di effettuare stime molto accurate della suscettibilit alle cricche a caldo attraverso la
distinzione delle leghe caratterizzate da solidificazioni di tipo AF ed FA.
Lultima citazione di un argomento che stato comunque affrontato nel prosieguo del lavoro
riguarda linfluenza della velocit di raffreddamento sulla modalit di solidificazione primaria: tal
effetto divenne oggetto di studio in seguito allevoluzione tecnologica che port alla diffusione di
apparati per la saldatura laser. Essendo possibile raggiungere velocit di passata notevolmente
maggiori, con il risultato di uno spostamento della solidificazione primaria verso il modo AF, si
determin un brusco deterioramento della resistenza alla criccabilit dei cordoni. I primi lavori in
tal senso portarono alla definizione di diagrammi costitutivi specifici per ciascun processo di
saldatura, razionalizzati successivamente da David [13 ] in un diagramma tridimensionale,
riportato in fig.1.3, nel quale i diagrammi costitutivi relativi al contenuto di ferrite- in funzione
della composizione vennero sovrapposti su un terzo asse avente come coordinata appunto la
velocit di solidificazione. Allo stato attuale stato compreso come in effetti la transizione da un
modo di solidificazione primario allaltro sia funzione del grado di sottoraffreddamento dellapice
1. Introduzione

12
delle dendriti di ciascuna delle fasi in competizione (austenite, ferrite ed eutettico delle due fasi):
per linteresse derivante dalle applicazioni di tali modelli previsionali, esiste unintera branca della
scienza della solidificazione dedita alla determinazione delle mappe di selezione di fase attraverso
lo studio delle IRFs (interface response functions).
Figura 1.3. Diagramma sintetico di David rappresentativo del legame fra il contenuto di
ferrite- a temperatura ambiente e la velocit di raffreddamento

1.3. La sostituzione del Ni

La disponibilit di modelli microstrutturali previsionali affidabili diviene di fondamentale
importanza nel momento in cui sintenda intervenire sulla composizione di una lega per migliorarne
le caratteristiche o per ridurne i costi di fabbricazione. In tal senso, la parziale o totale sostituzione
del nickel finalizzata alla realizzazione di prodotti sostitutivi dellAISI 304 o innovativi nel campo
degli inossidabili strutturali si rivela alquanto difficoltosa, essendo la maggior parte dei modelli
tarati su valori di tale elemento tipici dei prodotti commercialmente diffusi. Ci rende quindi critico
il bilanciamento degli elementi austenitizzanti e ferritizzanti necessario a compensare la riduzione
del tenore di Ni per le non facilmente prevedibili conseguenze su aspetti essenziali quali la
solubilit dellazoto, la stabilit della fase austenitica, e le caratteristiche meccaniche e di resistenza
alla corrosione. In linea generale, lassenza del Ni negli acciai inossidabili austenitici non pu che
essere compensata da un adeguato tenore di altri elementi -geni, i principali dei quali sono: C, N,
Mn e Cu. Ciascun elemento, tuttavia, non pu da solo sostituire il Ni, poich per varie ragioni ci
andrebbe a detrimento delle diverse caratteristiche se confrontate con quelle della famiglia
dellAISI 304.
Il carbonio, ad esempio, pur essendo un forte stabilizzatore della fase austenitica, non pu essere
impiegato in tenori superiori allo 0.07% per non determinare uneccessiva diminuzione della
resistenza a corrosione intergranulare e creare problemi di saldabilit. Per ottenere un
comportamento simile al 304 nel campo della corrosione bene che il tenore di carbonio non superi
lo 0.05%.
Lazoto, pur essendo forte austenitizzante e stabilizzatore della fase austenitica, e determinando
inoltre un miglioramento della resistenza a pitting, non pu essere introdotto nella lega con metodi
1. Introduzione

13
di colata convenzionali in tenori sufficienti a compensare lassenza del nickel. Se abbinato al C,
inoltre, il rafforzamento indotto dalla soluzione solida interstiziale dei due elementi avrebbe come
effetto il conseguimento di caratteristiche resistenziali tendenzialmente pi elevate le quali, se non
rispondenti a specifiche di impiego nel campo strutturale, avrebbero come conseguenza difficolt
sia in sede di lavorazione che di successivo impiego. Per tali ragioni, in un ipotetico prodotto
sostitutivo dellAISI 304 il tenore di N non deve essere superiore allo 0.2% e il tenore complessivo
di C+N limitato comunque allo 0.3%.
Il manganese, oltre ad essere uno stabilizzatore della fase austenitica e migliorando in tal senso la
deformabilit a freddo, aumenta anche la solubilit dellazoto. Tuttavia, tale elemento un
austenitizzante piuttosto debole, producendo effetti soddisfacenti per tenori non inferiori al 6.4%;
inoltre, se presente in quantit superiori all8% il manganese diviene modestamente ferritizzante,
deprimendo per ci la lavorabilit a caldo per leccessiva formazione di ferrite-. Per tale ragione, il
range ottimale del tenore di Mn dovrebbe risultare compreso tra 6.4 ed 8%, compatibilmente con la
quantit di azoto presente in soluzione.
Il rame, oltre a promuovere la formazione di fase austenitica e contribuire alla sua stabilit,
migliora la resistenza degli acciai inossidabili nei confronti della corrosione generalizzata. Sotto tale
aspetto, per ottenere un comportamento simile al 304, il rame dovrebbe essere contenuto in tenore
superiore al 2%, ma comunque non superiore al 3%, sia per lattenuazione delleffetto
austenitizzante oltre tale valore, sia per il decadimento della lavorabilit a caldo.
Daltra parte, possibile entro un certo margine intervenire sul tenore di elementi -geni per
compensare il minor contenuto di nickel.
Il cromo un elemento necessario per garantire unottimale resistenza alla corrosione
generalizzata, al pitting ed alla crevice; per evitare un eccessivo contenuto di ferrite- necessario
che il cromo non sia contenuto in tenori superiori al 17%; tuttavia, esso deve essere presente in
tenori non inferiori al 16,5% per assicurare, proprio in tema di corrosione, un comportamento simile
a quello della famiglia dellAISI 304 o di alcuni acciai ferritici stabilizzati, ad es. lAISI 430.
Il silicio un elemento importante sia per leffetto fluidificante che esercita sul bagno metallico,
sia per la resistenza allossidazione; per il suo carattere -geno esso deve essere limitato all1%,
mentre tenori superiori allo 0.7% pu creare problemi in sede di decapaggio, ma necessario che
sia presente comunque in tenori superiori allo 0.1% per una buona colabilit dellacciaio; inoltre,
per evitare la formazione di ossidi bassofondenti durante la laminazione a caldo, preferibile che il
silicio sia presente in quantit non inferiore a circa lo 0.5%.
Definiti i limiti compositivi allinterno dei quali possibile intervenire per la sostituzione parziale
o totale del Ni, opportuno esaminare in dettaglio come in tali ambiti conservino efficacia i modelli
previsionali delle principali caratteristiche fisico-meccaniche definiti per le composizioni
convenzionali, ad iniziare da un aspetto tecnologicamente molto rilevante, quale la solubilit
dellazoto, per proseguire con il contenuto di ferrite- a temperatura ambiente, gi trattato allinizio
del presente capitolo introduttivo. Successivamente a tali aspetti, stata discussa la tendenza alla
formazione di fasi infragilenti, per terminare infine con le stime delle caratteristiche di resistenza
meccanica ed allossidazione.


1.3.1. Solubilit dellazoto

Un aspetto importante associato alla parziale o totale assenza del Ni negli acciai inossidabili
austenitici legato al fatto che il principale elemento -geno candidato alla sua sostituzione
lazoto, che tuttavia presenta stringenti limiti di solubilit in fase liquida, tali da limitarne limpiego
almeno nei processi di colaggio convenzionali.
1. Introduzione

14
La solubilit dellazoto nellacciaio segue la pi generale legge di Sievert, che nello specifico di
tale elemento assume espressione:

(1) { } [ ] N N
2
2
1


la cui costante di equilibrio data dalla:

(2)
[ ]
( )
5 . 0
2
%
N
N
p
N f
K =

dove f
N
il coefficiente di attivit e p
N2
la pressione parziale di azoto che insiste sul sistema.
Mentre sussiste un generale accordo in letteratura sui valori assunti dalla solubilit dellazoto nel
ferro puro sia liquido che solido in fase , gi pi controverso si presenta il panorama di risultati per
quel che concerne gli effetti anche di secondo e terzo ordine sul valore di f
N
per i diversi elementi
di lega. In generale si pu affermare che un aumento del tenore di Cr aumenta il limite di solubilit
dellazoto da parte del ferro liquido, sin quando tuttavia la modalit di solidificazione primaria
rimane austenitica, in quanto la fase ha una struttura in grado di sciogliere interstizialmente una
quantit notevolmente inferiore di tale elemento [14 ]. Un miglioramento della solubilit nel
ferro liquido si riscontra anche per un aumento del contenuto di Mn. Per quel che concerne in modo
specifico i sistemi Fe-Cr-Mn-N, stato riscontrato, in leghe 18%Cr-18%Mn [15 ], che la
solubilit dellazoto segue la legge di Sievert fino a circa l1% di azoto. Altri valori misurati in
sistemi Fe-Cr-Mn liquidi e solidi [16 ], si sono rivelati invece scarsamente in accordo con quanto
previsto dai modelli disponibili in letteratura, dimostrando quindi come questi ultimi debbano
essere impiegati con molta accortezza.
Dal punto di vista delle conseguenze impiantistiche, bene accennare alleffetto di S ed O sulla
solubilit dellazoto. Normalmente tali elementi sono trattati come impurezze ed eliminati nei
processi AOD, in cui lalligazione con N avviene successivamente alla desossidazione ed alla
desolforazione tramite insufflazione di N
2
gassoso ad elevata pressione. Sia lossigeno che lo zolfo,
tuttavia, sono superficialmente attivi e possono inibire il desorbimento dellazoto dal bagno
metallico se presenti in quantit modeste, con leffetto quindi di aumentarne la solubilit. In tal
senso, un opportuno compromesso potrebbe essere trovato tra, da una parte, i limiti entro i quali tali
impurezze possono essere tollerate, e dallaltra, i benefici derivanti dalle possibilit di raggiungere
tenori pi elevati di N senza ricorrere a soluzioni impiantistiche che prevedano sovrapressioni
dazoto. Unulteriore soluzione potrebbe essere costituita dai processi di solidificazione rapida,
quali stripcasting e thin-slab casting. Come riportato in seguito, la solubilt dellazoto strettamente
legata alla possibilit di formazione di bolle in fase liquida, la quale pu essere efficacemente
limitata, per ragioni legate alle tensioni dinterfaccia solido/liquido, dalla riduzione degli spazi in
cui esse dovrebbero nucleare [17 ]. In tal senso, essendo la scala degli spazi interdendritici tanto
inferiore quanto maggiore la velocit di raffreddamento, i processi di solidificazione rapida
possono rappresentare un valido mezzo attraverso il quale conseguire lalligazione con azoto senza
ulteriori costi impiantistici e prevenendo la formazione di porosit nella struttura finale.


1.3.2. Stabilit della fase austenitica

Come noto per gli acciai inossidabili convenzionali, un modesto contenuto di ferrite-
auspicabile poich, oltre a prevenire il rischio di criccature a caldo nei cordoni di saldatura, migliora
1. Introduzione

15
la resistenza a snervamento ed a rottura, ed anche la resistenza alla tensocorrosione; daltro canto,
quantit elevate di ferrite- comportano invece una diminuzione della duttilit a caldo, una perdita
di resilienza nei prolungati esercizi ad alta temperatura dovuta al maggior rateo di formazione di
fase , e risultano in generale indesiderate in quelle applicazioni dove richiesta una bassa
permeabilit magnetica. E quindi di fondamentale importanza saper prevedere la percentuale di
tale fase alle diverse temperature.
In tab.1.1 riportato un prospetto riassuntivo dei poteri austenitizzanti o ferritizzanti dei diversi
elementi di lega, in termini di equivalenti di Ni e Cr, secondo i modelli attualmente disponibili e in
parte gi menzionati.


Autori C N Cu Mn Mo Si Metodo
Schaeffler 30 - - 0.5 -1 -1.5 Welding
De Long 30 30 - 0.5 -1 -1.5 Welding
Hull 24.5 18.4 0.44 0.11-0.0086Mn -1.21 -0.48 Chill casting
Pryce and Andrews 21 11.5 - 0.5 -1 -3 Annealed Ingots
Guiraldenq 30 20 - - -1 -1.5 Casting
Schoefer 30 26(N-0.02) - 0.5 -1 -1.5 Casting
Hammar and
Svensson
22 14.2 1 0.31 -1.37 -1.5 Thermal analysis
WRC 35 20 0.25 - -1 - Welding
Sanchez 27.4 22.7 0.35 -0.05 -1.23 -0.7 Chill casting
Tabella 1.1. Potere -geno o -geno dei principali elementi di lega secondo i diversi Autori

Nello specifico, dei modelli proposti quelli specificatamente tarati su acciai inossidabili a ridotto
tenore di Ni sono quelli avanzati da Hull [5 ] e Sanchez [18 ]. Il primo adatt il diagramma di
Schaeffler a leghe ad elevato tenore di N, in range compositivi variabili per il Ni fra 0 e 22%, per il
Mn fra 0 e 20%, e per N fra 0 e 0.15%: il diagramma proposto da Hull riportato in fig.1.4. I poteri
-geni o -geni dei singoli elementi calcolati da Hull, riportati in tab.1.1, consentono di stabilire la
seguente condizione per la formazione di strutture austenitiche completamente stabili:

(3) ( ) 8 >
eq eq
Cr Ni

La relazione (3) presenta tuttavia dei limiti di validit in quanto, nellintervallo di concentrazione
del Cr compreso fra 12% e 18%, prevede per tenori di elementi austenizzanti inferiori al 10% di
Ni
eq
la presenza di martensite, ma tale indicazione non trova un riscontro nelle evidenze
sperimentali.
Il modello elaborato da Sanchez si basa invece sulla regressione di valori di ferrite- misurati a
temperatura ambiente su 50 campioni da 50g realizzati attraverso chill-casting aventi composizioni
variabili negli intervalli riportati in tab.1.2.


C Si Mn Cr Ni Mo Cu N
0.13 0.15 5-14.5 14-20 0.5-8 0.3 0.5-4 0.08-0.54
Tabella 1.2. Limiti compositivi della sperimentazione condotta da Sanchez sul potere -geno
degli elementi di lega


1. Introduzione

16
Figura 1.4. Diagramma di Hull per acciai a basso tenore di Ni

Tale modello prevede tenori di ferrite- a temperatura ambiente generalmente superiori a quelli
stimati in base alle teorie degli altri Autori. Nel medesimo lavoro fu esaminato anche leffetto della
velocit di raffreddamento sulla struttura finale, attraverso la realizzazione di lingotti da 50kg delle
medesime composizioni: in condizioni di solidificazione pi lenta, il contenuto di ferrite- risultava
sovrastimato soltanto nel caso di modesto contenuto di elementi alliganti.
Venne valutato inoltre leffetto di un trattamento termico sul network ferritico presente nelle
strutture as-cast, pi fine nei campioni realizzati attraverso chill-casting che nei lingotti: ci che
emerse fu una scarsa tendenza alla solubilizzazione della ferrite- nei campioni differenti dalla
classe dellAISI 300, in particolare nei casi di campioni alto-legati prodotti in forma di lingotti, con
il solo risultato di una globulizzazione di tale fase. Tale comportamento venne attribuito ad una
minor diffusivit allo stato solido dovuta alla presenza di elevati tenori di Mn e N, accentuata da
coefficienti di partizione pi elevati nel caso di strutture di partenza pi grossolane.
Figura 1.5. Diagrammi proposti da Carney riguardo alla stabilit della fase austenitica

Altri modelli disponibili in letteratura adottano invece un approccio diverso alla problematica, non
essendo perci riconducibili allo schema riportato in tab.1.1. Carney [19 ], ad esempio, elabor
dei diagrammi in cui i campi di stabilit dellaustenite erano riportati, a varie temperature in
funzione dei tenori di Cr, Mn e N, come illustrato in fig.1.5. In base a tali modelli, sarebbe possibile
prevedere un modesto comportamento ferritizzante del manganese per tenori crescenti di N, ed una
minor stabilit dellaustenite allaumentare della temperatura.
1. Introduzione

17
Un ulteriore criterio per la definizione dei limiti di stabilit della fase austenitica in acciai a ridotto
contenuto di Ni stato proposto da Hsiao [20 ], secondo cui, per tenori di Mn compresi fra il 5
ed il 14%, la percentuale complessiva in peso di C e N necessaria per conseguire una struttura
formata da sola austenite data dalla seguente espressione:

(4) ( ) ( ) 5 . 12 % 078 . 0 % = + Cr N C

Recenti studi sulla termodinamica del sistema Fe-Cr-Mn hanno evidenziato che il Mn da solo non
pu compensare lassenza totale di Ni nella realizzazione di strutture austenitiche stabili per tenori
di Cr superiori al 13% [21 ]. A tale scopo, in leghe con 18%Cr e 0.1%C, quindi necessario
parzializzare la diminuzione del Ni o aggiungere N, secondo un criterio in base al quale ciascun
punto percentuale in peso del primo elemento pu essere recuperato con lo 0.05% del secondo
[22 ].
Un ulteriore aspetto concernente la stabilit della fase austenitica quello legato alla
trasformazione martensitica per effetto di una deformazione a freddo. Uno studio comparativo
condotto a tal proposito [20 ] conferma lindicazione dei modelli previsionali tarati sui prodotti
convenzionali, secondo i quali leffetto dellazoto circa 40 volte superiore a quello del Ni nella
determinazione del parametro M
d30
, rappresentativo del grado di stabilit dellaustenite: molto pi
blando invece leffetto del Mn.


1.3.3. Precipitazione di seconde fasi

Una problematica rilevante nelle leghe ad elevato contenuto di N rappresentato dalla tendenza
alla precipitazione di carburi-nitruri di cromo per effetto di trattamenti ad alta temperatura che pu
avere drastici effetti sia sulla stabilit della fase austenitica che sulle caratteristiche di duttilit e
tenacit [23 ].
Le forme in cui tale precipitazione pu avvenire sono rappresentate dalla presenza, in funzione del
rapporto C/N di carburi tipo Cr
23
C
6
a bordo grano e/o transgranulari e di nitruri lamellari tipo Cr
2
N.
In questultimo caso, la precipitazione sovente accompagnata dalla formazione di fase
infragilente, dovuta al depauperamento di N nella matrice ed alla conseguente destabilizzazione
della fase austenitica. In entrambi i casi, inoltre limpoverimento di elementi alliganti dovuto alla
formazione di seconde fasi durante un trattamento termico pu determinare un innalzamento della
temperatura M
s
, con conseguente rischio di trasformazione martensitica in seguito a
raffreddamento.
Per quel che concerne la precipitazione di nitruri lamellari, essa dovuta ad una lacuna di
miscibilit fra la fase , costituita appunto da Cr
2
N, e la fase austenitica, che a 920C in una lega
Fe-18%Cr-18%Mn si estende in un intervallo compreso fra 0.5 e 2.5%N. La forma e la posizione di
tale lacuna dipendono fortemente dai tenori di Cr e N, e risulta spostata verso temperature pi basse
per una diminuzione del contenuto del primo elemento e diviene via via pi estesa allaumentare del
secondo.
Poich il deterioramento delle propriet meccaniche per effetto di permanenze prolungate in
intervalli compresi fra i 550 ed i 920C rappresenta un effettivo limite allimpiego della classe di
acciai ad elevato tenore di N, sono state proposte diverse soluzioni in merito, una delle quali
fondamentalmente consistente nellalligazione con elementi pi affini del Cr nei confronti
dellazoto, per promuovere la formazione di nitruri pi stabili. Studi in tal senso [24 ] hanno
condotto allindividuazione di Nb e V come elementi potenzialmente utili nella sottrazione di N alla
formazione di Cr
2
N e conseguentemente al ritardo nella formazione di fase , nonostante comunque
la precipitazione di tale fase non sia stata comunque impedita totalmente. Un altro tentativo tuttora
1. Introduzione

18
oggetto di studio riguarda lassociazione del trattamento termico ad alta temperatura con uno stato
di deformazione, cos da favorire una distribuzione dei nitruri in posizione transgranulare, meno
deleteria, indotta della tendenza alla minimizzzione dei gradienti di concentrazione.


1.3.4. Resistenza meccanica

La tematica riguardante la determinazione delle caratteristiche meccaniche rappresenta un aspetto
fondamentale negli acciai inossidabili austenitici a basso contenuto di nickel, poich il
bilanciamento compositivo necessario a garantire la stabilit della fase pu generare una
consistente variabilit delle propriet resistenziali, che deve essere valutata attentamente in funzione
delle caratteristiche dimpiego attese per i prodotti finali. I principali elementi austenitizzanti
sostitutivi del Ni sono infatti C e N, entrambi solubili in forma interstiziale e perci in grado di
indurre un effetto di rafforzamento sensibile a modeste variazioni del contenuto dei due elementi.
Recentemente stato proposto [14 ] un modello di regressione della popolazione di dati
disponibili in letteratura relativa a test condotti su leghe con tenore di Ni<0.8%, comprensivo quindi
di un altrettanto vario panorama di condizioni sperimentali e differenziato a seconda del fatto che
siano contemplati o meno fattori quali la dimensione del grano o il tasso di riduzione a freddo. I
risultati di tale elaborazione, che ha dimostrato un ragionevole accordo con i dati sperimentali
essendo affetta da un errore medio 40MPa, sono riportati in funzione delleffetto di ciascun
elemento in tab.1.3, in termini di coefficienti moltiplicativi dei rispetti tenori percentuali in peso,
unitamente agli intervalli di variabilit degli elementi stessi per cui tali fattori risultano validi.

C N Mn Cr Si P S Mo Ni Cu V
grano
(m)
Tasso
di riduzione
a freddo (%)
Costante
Min 0.01 0.01 12 12 0.2 0
Range
Max 0.06 0.15 22 21 1.15
- -
3
0.8 - 0.1 - - -
3.03 335.6 5.08 8.41 -9.39 -172.71 -94.95 -21.94 15.19 -94.2 3188 - - 176.62
257.69 479.49 5.74 1.46 92.58 -449.09 7354 - - - - -1.07 - -234.57
Carico di
snervamento
(MPa) 952.39 655.23 34.28 1.56 -7.41 -736.13 7829 -9.95 - - - - 22.36 -535.48
121.2 337.04 -0.2 7.74 4.14 -303.47 -2962 -3.63 -73.4 -46.2 -267 - - 647.29
266.08 441.1 32.41 21.92 -54.7 -602.23 1156.2 - - - - -0.82 - 235.17
Carico di
rottura
(MPa)
680.35 603.27 -19.3 -5.05 -19.1 102.73 -3066 -75.08 - - - - -16.33 904.8
Tabella 1.3. Effetto degli elementi di lega sulle propriet meccaniche
negli acciai a basso tenore di Ni

Per quel che concerne leghe caratterizzate da tenori pi elevati di Ni, leffetto degli elementi di
lega sulle propriet meccaniche e sulla durezza di tale classe dacciai, stato valutato da Sanchez
[25 ] in uno studio condotto nellintervallo compositivo riportato in tab.1.4, nella quale sono
riportati anche i coefficienti derivanti dalla regressione multilineare dei risultati ottenuti.

C Si Mn Cr Ni Mo Cu N Costante
Min 0.02 0.1 5.4 15.5 3.1 0.5 0.3 0.11
Range
Max 0.08 1.4 14.3 19.9 8.12 3.1 3.7 0.53
-
Carico di snervamento (MPa) - 35.5 3.2 11.2 -3.7 17.1 -3.3 533.7 36.7
Carico di rottura (MPa) - 38.9 3.1 12.4 -4.9 25.9 -2.8 436 336.9
Durezza (HV) 70.7 16.1 -1 5.5 -7.2 17.2 -2.2 135.9 73.1
uniforme - -0.014 -0.003 -0.004 -0.002 -0.02 -0.016 -0.051 0.476
Tabella 1.4. Effetto degli elementi di lega sulle propriet meccaniche determinato da Sanchez
e relativi limiti compositivi
1. Introduzione

19
Lassenza dei valori relativi alleffetto del carbonio dovuta allelevata incertezza associata alla
loro valutazione. Lultima riga di tab.4 si riferisce allallungamento uniforme, in corrispondenza del
quale si verifica luguaglianza fra laumento del carico dovuto alla riduzione della sezione resistente
e laumento della resistenza del materiale dovuto allincrudimento. In tal senso si pu notare come
lazoto eserciti linfluenza maggiore nella riduzione del valore dallungamento.
E importante infine notare che gli acciai ad elevato tenore dazoto presentano una transizione
duttile/fragile al diminuire della temperatura desercizio, normalmente non osservata negli
inossidabili austenitici convenzionali. Ci dovuto al fatto che lelevata presenza di un elemento in
soluzione solida interstiziale determina una riduzione del modulo di Young ed un aumento della
spaziatura planare: ci, unitamente al fatto che si modifica il campo di deformazione, pu condurre
ad una prevalenza della rottura per clivaggio sulla condizione di flusso plastico.
Tale transizione, confermata in altri lavori, espressa dalla seguente relazione:

(5) ( ) ( ) 30 % 300 = Ni K DDBT

in cui la DDBT rappresenta proprio la temperatura di transizione duttile/fragile (Ductile to Brittle
Temperature Transition).


1.3.5. Resistenza alla corrosione

Per quel che concerne alla resistenza alla corrosione, noto che negli acciai inossidabili
convenzionali azoto, molibdeno e cromo sono gli elementi che maggiormente concorrono a
determinare il potenziale di pitting.
Unespressione empirica diffusa in letteratura a tal proposito, e valida sia per gli acciai
inossidabili austenitici sia per gli acciai duplex, la seguente:

(6) % 3.3% 16% PRE Cr Mo N = + +

in cui compare lacronimo PRE (Pitting Resistance Equivalence), che indica sinteticamente la
resistenza alla corrosione per pitting.
In uno studio condotto da Sanchez [25 ] nel medesimo intervallo compositivo riportato in
tab.1.4, espressioni analoghe alla (6) sono state ricavate sia per acciai inossidabili di tipo
convenzionale, sia a ridotto contenuto di Ni.
Relativamente alla prima classe dacciai, i risultati sono sintetizzati dal seguente sistema
dequazioni, in cui il termine E
n
rappresenta il potenziale di pitting:

(7)
728.75 43.92
% 3.6% 29.78%
n
E PRE
PRE Cr Mo N
= +

= + +



Le relazioni che compaiono in (7) indicano un sostanziale accordo con la (6), mentre differente
stata la valutazione per quanto riguarda laltra classe dacciai. Per acciai ad alto tenore di N e ridotto
tenore di Ni, il sistema (7) si trasforma in:

(8)
1502.32 68.84
2.59% 22.95%
n
E PRE
PRE Cr Mo N
= +

= + +



1. Introduzione

20
Il sistema (8) indica che per tali leghe necessario un maggior contenuto di Cr, Mo e N per
conseguire una resistenza alla corrosione uguale, in termini di potenziale di pitting, agli acciai
inossidabili convenzionali.


1.3.6. Resistenza allossidazione

Negli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di Ni, la differenza compositiva rispetto ai
prodotti convenzionali legata essenzialmente alla presenza di Mn, modifica il comportamento nei
confronti della resistenza allossidazione nei trattamenti, ciclici e non, ad alta temperatura. A tal
proposito, si riportano i risultati desami condotti su campioni laminati a freddo, ricotti e decapati,
in AISI 304 ed in una lega a ridotto tenore di nickel, aventi le composizioni riportate in tab.1.5
[26 ].

Cr Ni Mn Cu Co Mo Si C P S N Sn Nb
AISI 304 18.36 8.11 1.45 0.23 0.2 0.25 0.44 0.064 0.03 0.001 0.056 0.012 0.01
Low-Ni 17.08 2.64 10.51 1.97 0.01 0.02 0.19 0.081 0.052 0.001 0.172 0.008 0.002
Tabella 1.5. Composizioni degli acciai utilizzati per il confronto
nelle prove di resistenza allossidazione

Prove di permanenza a 900C con rampe di salita e discesa di 100C/min hanno rivelato una
cinetica dossidazione pi rapida nellacciaio non convenzionale, associata alla formazione di uno
strato dossido circa doppio in termini di spessore a parit di tempo desposizione, ed una
susseguente perdita di peso per spallation altrettanto maggiore. Il dettaglio dei risultati in ogni
modo riportato in tab.1.6.


Aumento di peso
mg/cm
Spessore finale
dello strato dossido
(m)
Spallation
(%)
AISI 304 1.62 10.4 7.5
Low-Ni 0.92 5.9 0.7
Tabella 1.6. Risultati della prova dossidazione isoterma condotta sugli acciai di tab.1.5

Lesame SEM-EDS degli strati dossido ha rivelato composizioni differenti per i due tipi dacciaio:
nellAISI 304 esso costituito da ossidi ricchi in Cr disposti su due strati, nel pi interno dei quali
sono presenti ossidi Cr
1.7
Fe
0.3
O
3
, ed in quello esterno ossidi Cr
1.3
Fe
0.7
O
3
. Sopra tale strato,
compaiono wafers precursori dellossido pi interno, contenenti cristalli ottaedrici formati da
spinelli tipo MnCr
2
O
4
, con parziale sostituzione di Cr con Fe e di Mn con Cu.
Nellacciaio a ridotto contenuto di Nickel, stato ancora riscontrato un doppio strato dossidi, ma
di natura diversa. Il pi interno, costituito da diversi sottostrati, ha allinterfaccia con la matrice una
composizione Cr
1.3
Fe
0.7
O
3
verso lesterno si arricchisce progressivamente di Mn e Fe. Lo strato
esterno ha una composizione nettamente diversa, costituita in prevalenza da ossidi Mn
2
O
3
, con
presenza di Fe e Cr, e cristalli ottaedrici costituiti da spinelli
(Mn
0.85
Cu
0.14
Ni
0.01
)(Fe
0.84
Cr
0.7
Mn
0.46
)O
4
, nel quale sono dispersi noduli di ossidi di Mn e Fe.
E quindi evidente che il Mn gioca un ruolo decisivo nel modificare la composizione di strato
dossido che si forma ad alta temperatura, essendo i composti che si formano meno protettivi nei
confronti della diffusione esterna degli elementi responsabili dellossidazione. Per tale ragione
necessario unopportuna correzione con elementi a carattere passivante in grado di rallentare le
cinetiche di diffusione dalla matrice verso lambiente esterno.
1. Introduzione

21
1.4. Panorama brevettuale

Nei precedenti paragrafi sono stati esaminati i vincoli composizionali che attengono la parziale o
totale sostituzione del nickel negli acciai inossidabili austenitici. E stata successivamente vagliata
lattendibilit dei modelli previsionali tarati sui prodotti convenzionali nella stima delle propriet
microstrutturali e dimpiego di quella che dovrebbe essere la futura generazione di tali acciai,
esponendo dove esistenti modelli specificatamente disegnati sulla classe dei low-Ni. Nel presente
paragrafo sono citati sinteticamente i brevetti rilasciati in tale ambito, suddivisi per gruppi
siderurgici proprietari. In tale ambito sono stati inoltre illustrati gli estremi di ciascun brevetto in
termini di intervalli di composizione, riportandone ove menzionato le finalit.
Si pu osservare come la maggior parte delle invenzioni si riferisca ad acciai che godono delle
medesime propriet dei prodotti convenzionali, in termini di saldabilit, resistenza alla corrosione e
propriet meccaniche, con il vantaggio tuttavia di essere meno costosi in virt della sostituzione,
totale o parziale, del nickel. Tale finalit conseguita attraverso un accurato controllo del
bilanciamento degli elementi di lega, in termini di tenore di ferrite- nei vari stadi di lavorazione,
spesso valutato attraverso relazioni empiriche appositamente definite.
Un tema particolarmente evidenziato inoltre la possibilit di impiego degli acciai a ridotto
tenore di nickel nelle applicazioni a diretto contatto con luomo, ad esempio gioielli o protesi
sanitarie. Altri brevetti rimarcano invece lattitudine allimpiego per la realizzazione di componenti
strutturali, ad esempio in costruzioni civili o come dispositivi di contenimento in rotori per la
generazione di potenza elettrica.
1. Introduzione

22
UGINE SA USINOR
Composition Patent
number
date title
C Cr Ni Si Mn N Cu Mo B S P Other
note
JP
11-092885
06/04/99
Austenitic stainless steel
with extremely low nickel
content
<0.1
13
-
19
0.1
-
2
- 5-9
0.1
-
0.4
1
-
4
-
5*10
-4
-
50*10
-4

<0.01 <0.05
As:0.1-1
Al:<50*10
-4
Ca: 50*10
-4

Mechanical
properties and
weldability equal to
or higher than those
of an austenitic
stainless steel with
high nickel content
EP
0969113A1
17/06/99
Acier inoxydable
basse teneur en nickel
JP
2000-034546
20/01/00
Austenitic stainless steel
reduced in nickel
content and excellent
in corrosion resistance
BR
9902524A
02/02/00
Aco inoxidavel austenitico,
comportando um biaxo
teor em niquel
e resistente a corrosao
FR
2780735B1
22/01/01
Acier inoxydable
austenitique comportant
une basse teneur en nickel
et resistant a la corrosion
US
6274084
14/08/01
Corrosion resistant
low-nickel austenitic
stainless steel
0.01
-
0.08
15
-17.5
1
-
4
0.1
-
1
5
-
11
0.1
-
0.3
1
-
4
- <5*10
-4

1*10
-4
-
20*10
-4

0.005
-
0.1
Al:0-0.03

Ca: 1*10
-4
-5*10
-4

O:<0.01
-
AU
3575799A
20/01/00
Corrosion-resistant
low-nickel austenitic
stainless steel

US
6056917
02/05/00
Austenitic stainless steel
having a very low nickel
content
<0.01
13
-
19
0.1
-
0.4
0.1
-
1
5
-
9
0.1
-
0.4
1
-
4
-
5*10
-4
-
50*10
-4

<0.01 <0.05
Al:< 50*10
-4


Ca: < 5*10
-4

Mechanical
properties and
weldability equal to
or higher than those
of an austenitic
stainless steel with
high nickel content
1. Introduzione

23
ACERINOX S.A.

Composition Patent
number
date title
C Cr Ni Si Mn N Cu Mo B S P Other
note
EP
0694626A1
31/01/96
Austenitic stainless steel with
very low nickel content
<0.1
16
-
18
1.5
-
3.5
<0. 5
9
-
11
0.1
-
0.2
<3 <3 - - - - Good weldability
ES 2142756 16/04/00
Austenitic stainless steel with
low nickel content and high
contents of manganese,
nitrogen and copper
- - <7 - <14 0.35 <3 - - - - -
High resistance to pitting
corrosion and good
mechanical properties



BASF AKTIENGESELLSCHAFT

Composition
Patent number date title
C Cr Ni Si Mn N Cu Mo B S P Other
note
US
6682582B1
27/01/04 Nickel-poor austenitic steel
0.08
-
0.3
16
-
22
<2 <9
0.3
-
0.7
- - -
Useful for applications in
building construction and
civil engineering, and for
load-bearing components
1. Introduzione

24
ALLEGHENY LUDLUM STEEL CORPORATION

Composition Patent
number
date title
C Cr Ni Si Mn N Cu Mo B S P Other
note
US
3615365
26/10/71
Manganese, chromium, nickel,
carbon, silicon, copper austenitic
stainless steel
Good hot workability
US
3861907
21/01/75
Wear resistant low-alloy valve
steel
0.25
-
0.55
15
-
20
-
0.2
-
1.5
10
-
14
0.05
-
0.45
- -
0.0008
-
0.005
- - Al:<1
Particularly adapted for the
manifacture of valves for
internal combustion engines
operating on low-lead or
lead-free gasoline
US
4533391
06/08/85
Work-hardenable substantially
austenitic stainless steel
<0.08
12
-
15
2
-
3.5
-
6.5
-
8.5
<0.25 - - - - - -
Less than 15%
ferromagnetic phase in the
cast and hot-processed
conditions
US
4568387
04/02/86
Austenitic stainless steel for low-
temperature service
<0.03
16
-
17.5
4
-
5
<1
6.4
-
7.5
0.13
-
0.2
<1 - - - - -
Adapted for low-
temperature applications and
having good low
temperature properties
(Md
30
=-10C)
US
5286310

CA
2105199
15/02/94
Low nickel, copper containing
chromium-nickel-manganese-
copper-nitrogen austenitic stainless
steel
<0.15
16.5
-
17.5
2.5
-
5
<1
6.4
-
8
<0.2
2
-
3
- - - - -
1. Introduzione

25
ARMCO STEEL CORPORATION

Composition Patent
number
date title
C Cr Ni Si Mn N Cu Mo B S P Other
note
US
833536
16/05/57 Austenitic stainless steel
0.2
-
1.5
12
-
30
2
-
7

4
-
16
<0.75 <4 <4 - - -
V:0.5-2
W:<4
Co:<1.5
Hardenable by heat-treating
methods
US
3615366
26/10/71 - <0.15
15
-
19
3.5
-
6
0.15
-
1
3
-
10
0.07
-
4
0.5
-
4
- - <0.03 <0.06 -
Stainless steel characterized
by a combination of
ductility and low-working
hardening rate
US
3645725
29/02/72
Austenitic steel combining
strength and resistance to
intergranular corrosion
<0.04
17.5
-
22.5
5
-
9.5
-
2.5
-
7
0.2
-
0.4
- <3 - - - Co:<1
Good hot rolling and good
cold-rolling properties, good
strength and ductility, and
good welding properties
US
3989474
20/10/75 Austenitic stainless steel
0.01
-
0.12
15.5
-
20
1.1
-
3.75
<1
11
-
14
0.2
-
0.38
- - - <0.04 <0.06
High strength at low
temperature, good stability
when severely worked, good
cryogenic strength and
toughness resistance,
excellent fusion welding
characteristics





BALTIMORE SPECIALTY STEELS CORPORATION

Composition
Patent number date title
C Cr Ni Si Mn N Cu Mo B S P Other
note
US
4946644
07/08/1990
austenitic stainless steel
With improved castability
0.05
-
0.2
13
-
17
<1.5 <1
8
-
12
0.15
-
0.23
<1 <1 - - - Suitable for cold-drawn wire
1. Introduzione

26
NIPPON STEEL CO.

Composition
Patent number date title
C Cr Ni Si Mn N Cu Mo B S P Other
note
US
3893580
26/03/73
Nickel free austenitic
stainless steel
0.06
-
0.15
13
-
16
-
0.3
-
1
7
-
12
0.05
-
0.15
1
-
4
- - - - -
JP 52024914 24/02/77
Nickel saving austenitic
stainless steel
- - - - - - - - - - - -
Inexpensive, Ni-saving
stainless steel having
workability, corrosion
resistance and weldability
comparable to AISI 304
JP
03002357A
31/05/89
Nickel economized austenitic
stainless steel
0.08
15
-
20
2-5 1
2
-
10
0.05
-
0.2
1
-
3.5
- - 0.03 0.04 -
Properties equal to those of
304



KAWASAKI STEEL CO.

Composition Patent
number
date title
C Cr Ni Si Mn N Cu Mo B S P Other
note
JP
61124556A
20/11/84
Low nickel austenitic stainless
steel sheet and its manifacture
0.15
14
-
19
3 1.5
6
-
13
0.05
-
0.2
1
-
3.5
- - - -
Ca:
0.001
-
0.005
-
1. Introduzione

27
Bibliografia del capitolo

[1 ] A.L.Schaeffler, Metal Progress, 1949, 680B
[2 ] W.T.Delong, G.A.Ostrom, Welding Journ., 35(11), 1956, 521-528
[3 ] K.J.Irvine, D.T.Lllewellyn, F.B.Pickering, Journal of the Iron and Steel Institute, 1959, 218-
237

[4 ] L.Pryce, K.W.Andrews, Journal of the Iron and Steel Institute, 1960, 415-417
[5 ] F.C.Hull, Welding Research Supplement, 1973, 193-203
[6 ] T.A.Siewert, C.N.McCowan, L.Olson, Welding Research Supplement, December 1988,
289s-297s

[7 ] D.J.Kotecki, T.A.Siewert, Welding Research Supplement, May 1992, 171s-178s
[8 ] S.Katayama, T.Fujimoto, A.Matsunawa, Trans. JWRI, vol.14, 1, 1985, 123-137
[9 ] J.A.Brooks, A.W.Thompson, International Material Reviews, 36, 1, 1991, 16
[10 ] N.Suutala. Metallurgical Transactions, 14A, 2 (9), 1983
[11 ] J.A.Brooks, A.W.Thomson, J.C.Williams, Weld.J., 63, 1983, 71s-83s
[12 ] V.Kujanpaa, N.Suutala, T.Takalo, Weld. Res. Int., 9 (2), 1979, 55-76
[13 ] S.A.David., J.M.Vitek, Int. Met. Rev., 34 (5), 1989, 231-245
[14 ] G.Balachandran, M.L.Bathia, N.B.Ballan, P.K.Rao, ISIJ: 9, 2001, 1018-1027
[15 ] D.R.Anson, R.J.Promfret,.A.Hendry, ISIJ, 36 (7), 1996, 750
[16 ] F.C.Langenberg, M.J.Day, Proc. of Electric Furnace Steel Conf, Warrendale, PA, 7, 1957
[17 ] M. R.Ridolfi, O. Tassa, "Formation of nitrogen bubbles during the solidification of 16-18
Cr high nitrogen austenitic stainless steels" Proc. TOFA 2002, published in "Intermetallics" Vol.
11, Dec. 2003, p. 1335

[18 ] R.Sanchez, T.Fernandez, C.Campo, J.Botella, High Nitrogen Stainless Steel Conf., 1996,
353-360

[19 ] D.J.Carney, Blast Furnace & Steel Plant, 1995, 1337
[20 ] C.M.Hsiao, E.J.Dulis, Trans.Am.Soc.Met., 50, 1958, 773
[21 ] R.A.Lula, Manganese Stainless Steels, The Manganese Centre, France, 1986, 29, 30, 31
1. Introduzione

28
[22 ] B.R.Nijhawan, P.K.Gupta, S.S.Bhatnagar, B.K.Guha, and Dhanjlan, J.Iron Steel Inst., 205,
1967, 292

[23 ] M.Ogawa, K.Hiraoka, Y.Katada, M.Sagara, S.Tsukamoto, ISIJ Int., vol.42, 12, 2002, 1391-
1398

[24 ] K.Miyahara, J.Inami, Y.Shimoide, Y.Hosoi, ISIJ Int., 1991, 771
[25 ] M.A.Heredia, R.Sanchez, V. Matres, C.Campo, J.Botella, High Nitrogen Stainless Steel
Conf., 1996, 343-346

[26 ] M.A.Heredia, M.J.Ruiz, J.F.Almagro, J.Botella, High Nitrogen Stainless Steel Conf., 1996,
33-32

29
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione


2.1. Introduzione

La conoscenza del modo di solidificazione e dellevoluzione in fase solida della struttura di
solidificazione rappresenta un aspetto fondamentale per la previsione del comportamento degli
acciai inossidabili austenitici sia in fase di colaggio, sia durante la saldatura. La rilevanza
tecnologica di tale problematica giustifica la quantit di studi condotti in merito, che hanno
permesso di comprendere i fenomeni fisici e chimici alla base della solidificazione e di definire
modelli microstrutturali specifici ed accurati, sulla base dei quali stato possibile progettare acciai
ad elevata resistenza nei confronti della criccabilit a caldo.
Poich plausibile ritenere che i medesimi aspetti si ripropongano anche nelle leghe inossidabili a
basso tenore di nickel, nel presente capitolo stata svolta una trattazione della modellistica di
solidificazione, ripresa nel successivo capitolo con una pi specifica discussione delle applicazioni
di tale disciplina agli acciai inossidabili austenitici convenzionali. Ci ha consentito quindi di
disporre degli strumenti e dei riferimenti necessari nello studio della solidificazione delle leghe a
basso tenore di nickel in differenti condizioni di raffreddamento.


2.2. Variabili del processo di solidificazione

Premessa fondamentale per lo studio della solidificazione, la definizione dei parametri fisici
impiegati per descrivere tale fenomeno, in virt della cui validit generale possibile confrontare
fenomeni di solidificazione che avvengono in processi anche molto differenti, come la colata
continua e le saldature.
Nel presente paragrafo sono stati definiti i seguenti parametri fisici: velocit di crescita, gradiente
termico, velocit di raffreddamento e sottoraffreddamento allinterfaccia liquido/solido. Per
ciascuno di essi, sono state discusse dipendenze e intervalli di variazione, con riferimento ai valori
previsti e/o misurati nelle principali applicazioni industriali.


2.2.1. Velocit di crescita

Fra i parametri rilevanti nel processo di solidificazione, il primo ad essere preso in considerazione
la velocit di crescita V (m/s), definita come la velocit davanzamento dellinterfaccia
solido/liquido; tale parametro pu variare di diversi ordini di grandezza prendendo in
considerazione pozze di saldatura o colate di lingotti. Proprio nel caso delle saldature in condizioni
stazionarie, per le quali la forma della pozza rimane invariata, V pu essere posta in relazione con la
velocit davanzamento della sorgente termica, come descritto in fig.2.1, e determinato localmente
nei diversi punti dinterfaccia [1 ]; essendo, infatti, la velocit di crescita diretta nella direzione
di massimo gradiente termico, che normale allinterfaccia stessa, si pu scrivere:

(1) cos
B B
V n V V = =

dove n il vettore normale al fronte di solidificazione e V
B
il vettore rappresentativo della
velocit davanzamento della sorgente termica. In base alla (1), possibile quindi prevedere la
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

30
variazione di V da un valore nullo in corrispondenza della linea di fusione ( =0, cfr. fig.2.1) ad un
valore massimo pari a V
B
lungo la linea centrale della saldatura ( =90). In realt, il computo di V
deve tener conto anche di considerazioni cristallografiche, secondo le quali lesistenza di direzioni
di crescita preferenziali (<100> nelle strutture cubiche) determina una selezione per effetto della
quale i grani aventi tali direzioni parallele alla normale al fronte di solidificazione si accrescono pi
rapidamente.
Per una generica direzione cristallografica [hkl], in condizioni di solidificazione dendritica, si pu
scrivere quindi:

(2) cos
hkl hkl
V n V V = =

dove langolo compreso fra la normale allinterfaccia solido/liquido e la direzione [hkl].
Combinando la (1) con la (2) si pu quindi scrivere:

(3)

cos
cos
B hkl
V V =

Tale relazione, ricavata in modo similare anche in altri lavori [2 ], ha trovato riscontro
nellesame di saldature con fascio elettronico di leghe Fe-15Cr-15Ni ad elevata purezza [3 ].

Figura 2.1. Legame dei principali parametri di solidificazione alla geometria
della pozza di saldatura

E stata dimostrata lesistenza di un rateo di solidificazione critico oltre il quale la morfologia
delle pozze di solidificazione cambia da ellittica a tear drop [4 ], in conseguenza del fatto che
V non raggiunge il valore del modulo della velocit davanzamento della sorgente termica. Ci
dovuto al fatto che lungo la linea centrale di saldatura, ovvero nella zona caratterizzata dal maggior
carico termico dovuto alla sorgente e quindi dalle temperature pi elevate nel solido appena
formato, il gradiente termico raggiunge i valori pi bassi dellintera interfaccia solido/liquido e non
pu quindi garantire indefinitamente lo smaltimento del calore latente di solidificazione. Si visto
che, se tale flusso termico aumenta oltre un valore critico, il rateo di crescita si arresta e la forma
della pozza di solidificazione cambia (lestensione dellinterfaccia aumenta) assumendo una forma
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

31
rastremata con un angolo al vertice calcolabile in base alla relazione (1). In queste condizioni non
pi possibile la misura diretta della velocit davanzamento dellinterfaccia a partire dalla velocit
della sorgente laser.


2.2.2. Gradiente termico

Il gradiente termico allinterfaccia (K/m) pu essere riferito sia alla fase solida (G
s
) che a quella
liquida (G
l
), anche se proprio G
l
il parametro prevalentemente influente nella determinazione della
morfologia dellinterfaccia solido/liquido. Esso assume valori positivi nella solidificazione
direzionale e, normalmente, anche nelle saldature, ma pu anche essere negativo nel caso in cui il
flusso termico sia uscente dalla fase solida: tale evento, tipico nella fase di crescita equiassica che si
verifica nella parte centrale dei lingotti e dei prodotti di colata continua, associato a quello che
stato in seguito definito sottoraffreddamento termico.

Il gradiente termico generalmente aumenta al decrescere della conducibilit termica del metallo o
della lega, ed funzione crescente della densit denergia nei diversi processi di saldatura: in quelli
a bassa densit, allaumentare dellapporto termico si nota una maggior dimensione della pozza di
saldatura ed un minor gradiente termico. Proprio in tale ambito, come gi descritto nel precedente
sottoparagrafo, si visto che G varia lungo linterfaccia di una pozza passando da un valore minimo
in corrispondenza della linea centrale ad un massimo lungo la linea di fusione. Per citare un
esempio, in saldature TIG di piastre sottili in AISI 304 sono stati calcolati [5 ] valori di G pari a
500 Kcm
-1
in corrispondenza dellapice della pozza (nel caso di morfologia tear drop della stessa)
e di 2250 Kcm
-1
lungo la linea di fusione.


2.2.3. Velocit di raffreddamento

La velocit di raffreddamento T
&
(K/s) il prodotto della velocit di solidificazione e del gradiente
termico e la sua variabilit nei vari processi di solidificazione rispecchia la vastit dellinsieme delle
condizioni possibili di crescita del fronte solido. Nei processi industriali di colata continua, infatti,
T
&
varia fra 10
-2
e 10
2
K/s, mentre in quelli di solidificazione rapida, come la termospruzzatura, esso
pu raggiungere 10
4
-10
7
K/s.
Associati alle tecnologie di saldatura, invece, vi sono dei valori intermedi di velocit di
raffreddamento, compresi fra 10 e 10
3
K/s.
La velocit di raffreddamento pu essere posta in relazione, e quindi determinata qualora non
siano disponibili misure dirette, dalle caratteristiche microstrutturali al termine della solidificazione.
Nel caso di morfologie dendritiche, infatti, la spaziatura interdendritica secondaria
2

proporzionale al tempo di solidificazione t
f
secondo una relazione del tipo [6 ]:

(4)
3
1
2 f
t

dove t
f
dipende direttamente dalla velocit di raffreddamento secondo la seguente relazione:

(5)
T
T
t
f
&
'
=

Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

32
con T pari alla differenza di temperatura fra lapice della dendrite e la sua radice. La misura di
2

pu quindi fornire unindicazione immediata, ancorch approssimativa, delle condizioni di
solidificazione.
Non hanno invece trovato riscontro sperimentale relazioni fra la velocit di raffreddamento e la
spaziatura interdendritica primaria
1
del tipo:

(6)
1
n
K T =
&


essendo invece state dimostrate dipendenze funzionali distinte di
1
dai singoli parametri R (raggio
di curvatura dellapice della dendrite) e G.


2.2.4. Sottoraffreddamento

Il sottoraffreddamento T, nella sua accezione pi generale, definito come la differenza fra la
temperatura di liquidus (T
liq
) di una lega avente una determinata composizione nominale, e la
temperatura effettiva del liquido durante la solidificazione. Esso pu essere posto in relazione sia ai
fenomeni di crescita che di nucleazione, anche se questultimo aspetto trascurabile in molti
processi industriali, fra cui la saldatura per via della crescita prevalentemente epitassiale.
Nei fenomeni d'accrescimento, il sottoraffreddamento pu essere suddiviso in quattro termini:

(7)
th c r
T T T T T = + + +

dove:

T
th
(sottoraffreddamento termico) si manifesta in quei casi in cui sussiste una
condizione di flusso termico uscente dallinterfaccia solido/liquido, come ad esempio nel
caso daccrescimento di dendriti equiassiche in un liquido sottoraffreddato. In tale
situazione, per via del campo termico esistente, una qualsiasi perturbazione che si
propaga a partire dallinterfaccia interessata da una temperatura locale inferiore a quella
dinizio solidificazione. Il sottoraffreddamento termico si manifesta in quei casi in cui vi
sia una consistente barriera alla nucleazione della fase solida, ed per questo infrequente
nei processi di saldatura. Laddove sia presente, tuttavia, T
th
ha una profonda influenza
sulla morfologia di solidificazione.

T
c
(sottoraffreddamento costituzionale), presente soltanto nelle leghe, rappresenta la
variazione della temperatura di liquidus dovuta ad effetti di redistribuzione del soluto, ed
il principale termine che contribuisce alla determinazione del sottoraffreddamento
totale. Si verifica per effetto della partizione di soluti fra liquido e solido allinterfaccia e
del loro conseguente aumento di concentrazione nel liquido: deviando la composizione
di questultima fase da quella di bulk, si determina localmente un abbassamento della
T
liq
, per cui tale fase viene a trovarsi costituzionalmente raffreddata rispetto alla
temperatura effettiva imposta dal gradiente termico.

T
r
rappresenta il sottoraffreddamento dovuto ad effetti di curvatura. La formazione e
laccrescimento di una nuova fase, nel caso specifico quella solida, prevedono infatti la
formazione di uninterfaccia cui associata unenergia, proporzionale alla sua estensione,
esprimibile come variazione della T
liq
in base alla relazione:
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

33

(8) = K T
r


dove K la curvatura e il coefficiente di Gibbs-Thomson. Nei metalli nellordine
di 10
-7
Km, ragion per cui T
r
diviene rilevante soltanto quando la scala dei fenomeni
inferiore ai 10 m, ovvero nei casi di nucleazione, daccrescimento allapice delle
dendriti e di perturbazioni di fronti planari, delle quali si trattato successivamente.

T
k
rappresenta il sottoraffreddamento cinetico, associato alla forza motrice dei processi
di solidificazione. Esso legato alla rapidit con cui gli atomi si aggiungono alla fase
solida e normalmente assume valori inferiori ad 1 K, ragion per cui spesso trascurato
nelle trattazioni.

Dei quattro termini elencati, come accennato, il sottoraffreddamento costituzionale il pi
importante oltre che per entit, anche per il ruolo decisivo nella determinazione delle strutture di
solidificazione. Assumendo una condizione dequilibrio allinterfaccia liquido/solido, T
c
pu
essere calcolato direttamente in base ai diagrammi di stato.


2.3. Nucleazione

La nucleazione il fenomeno alla base dei cambiamenti di fase, e nello specifico della
solidificazione consiste nella formazione di nuclei di fase solida a partire dal liquido preesistente.
Come avviene nelle reazioni chimiche, il passaggio di stato un fenomeno controllato da
fluttuazioni termiche, per cui esso avviene quando la probabilit di trasferimento di atomi dalla fase
originaria alla finale maggiore che nel processo inverso. Nei metalli liquidi, la casuale
aggregazione di atomi che forma microcristalli avviene in realt anche a temperature superiori a
quella di liquidus, ma i germi della fase solida non sono stabili, e rimangono metastabili anche in
condizioni di sottoraffreddamento. Dal punto di vista termodinamico, infatti, la formazione di tali
nuclei associata ad una variazione di energia libera totale data dal bilancio di un termine
superficiale ed uno di volume, secondo la seguente espressione [7 ]:

(9)
, S V s l
G G G A gV = + = +

dove
s,l
rappresenta lenergia interfacciale solido/liquido e g la variazione di energia libera fra
liquido e solido per unit di volume.
Nel caso di nuclei di forma sferica, lespressione (9) pu essere espressa in funzione del raggio:

(10)
2 3
,
4
4
3
s l
G r g r = +

Si pu dimostrare, per sostanze pure e assumendo in prima approssimazione che non via siano
differenze di calore specifico fra solido e liquido, che g dipende direttamente dal
sottoraffreddamento secondo la relazione:

(11)
f
g S T =

Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

34
dove S
f
rappresenta la differenza di pendenza delle curve energia libera/temperatura delle due
fasi.
La combinazione della (10) e della (11) indica quindi che non tutti i nuclei della nuova fase
formatisi per effetto di fluttuazioni in seno alla fase liquida sono stabili, in quanto la variazione di
energia superficiale ad essi associata pu essere superiore in modulo alla variazione di energia
libera di volume, come indicato dalle curve riportate in fig.2.2.

Figura 2.2. Andamento delle energie libere in funzione della temperatura

Per una dato sottoraffreddamento, esiste quindi una dimensione critica dei nuclei di fase solida
oltre la quale essi sono stabili, poich il rapporto superficie/volume diminuisce in modo tale da
rendere la variazione di energia libera totale negativa. Tale raggio critico r
0
dato dalla condizione:

(12)
( )
0
d G
dr

=

Allaumentare del sottoraffreddamento, il modulo di G aumenta, rendendo quindi la dimensione
critica del nucleo minore.
Quella sinora descritta la nucleazione omogenea, che avviene senza il supporto di fasi solide
esterne preesistenti, quali ad esempio inclusioni o substrati (nucleazione eterogenea). In questi casi,
leffetto del supporto di abbattere la barriera necessaria alla formazione di nuovi nuclei, che nel
caso delle nucleazione omogenea comporterebbe gradi di sottoraffreddamento molto elevati. Dal
punto di vista termodinamico, si pu infatti esprimere lequilibrio fra le energie superficiali
coinvolte nel seguente modo:

(13)
, , ,
cos
m l s m s l
= +

dove
m,l
,
s,m
e
s,l
sono rispettivamente le energie superficiali di interfaccia
metallo(substrato)/liquido, solido/metallo e solido/liquido, e langolo di contatto fra la particella
di solido formatasi ed il substrato. Lenergia libera critica di formazione di nuclei stabili
*
SUB
G ,
relativa alla nucleazione eterogenea, nellipotesi che le particelle formatesi siano riconducibili a
sezioni sferiche, inferiore a quella prevista in condizioni omogenee di un fattore ( ) f che
dipende dallangolo di contatto secondo la relazione:

(14) ( )
( )
( )
2
2 cos
1 cos
4
f


+
=
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

35
Per 180 risulta ( ) 1 f < , per cui
* *
SUB
G G < , essendo G
*
lenergia libera critica di
formazione di nuclei stabili nel caso di nucleazione omogenea.

Le relazioni precedenti valgono per sostanze pure: nel caso di leghe le condizioni di stabilita dei
nuclei di fase solida non sono concettualmente differenti ma devono tener conto anche della
dipendenza dellenergia libera totale dalla composizione. Per tale ragione, il valore di
*
G (o
*
SUB
G nel caso di nucleazione eterogenea) si ottiene dal seguente sistema:

(15)
( )
( )
0
0
l
G
r
G
C

=



dove C
l
appunto la concentrazione del generico soluto della lega.
I processi di saldatura autogena rappresentano casi particolari di nucleazione eterogenea, in
quanto il substrato che fa da supporto ha la medesima composizione della fase in via di
solidificazione: ci assicura la perfetta bagnabilit (0) e rende sostanzialmente nullo il termine

s,m
. Conseguentemente, in base alla (13), cos assume valore unitario ed il termine ( ) f tende a
zero: il sottoraffreddamento necessario affinch i nuclei risultino stabili si annulla e la
solidificazione avviene spontaneamente immediatamente al di sotto della T
liq
, generalmente in
condizioni epitassiali. Nel caso delle saldature non autogene, invece, il termine
s,m
non si annulla
perch il metallo dapporto ha una composizione differente dal metallo base: tali processi rientrano
quindi nella casistica pi generale della nucleazione eterogenea.


2.3.1. Evoluzione della struttura nucleata

La solidificazione avviene in virt di un flusso termico in grado di variare le energie libere delle
fasi e conseguentemente la loro stabilit termodinamica. Tale flusso garantisce una velocit di
raffreddamento che soltanto durante i primi stadi della nucleazione non influenzata dalla
formazione della fase solida. In seguito al superamento della soglia di sottoraffreddamento
necessaria per la nucleazione, si verifica infatti un rapido aumento della frequenza di formazione
dei nuclei I e della loro velocit di accrescimento V (riferita nel caso delle dendriti alla velocit di
avanzamento dellapice), che comportano entrambi il rilascio di una notevole quantit di calore
latente. Tale fenomeno, chiamato recalescenza, fa s che il flusso termico interno al bagno
raggiunga e superi quello uscente, e che la velocit di raffreddamento diventi quindi negativa. In
corrispondenza della condizione 0 T =
&
, I e V raggiungono i massimi valori, e tendono poi
rapidamente a diminuire, ragion per cui la popolazione dei nuclei rimane invariata sino al termine
della solidificazione.
Anche se in modo qualitativo, le precedenti considerazioni rendono conto della suddivisione della
solidificazione in tre stadi: mentre inizialmente il processo si basa sulla nucleazione dei germi della
nuova fase, successivamente il calore latente liberato fa s che la nucleazione cessi e che il processo
prosegua attraverso laccrescimento dei grani esistenti. Quando si verifica il contatto fra i grani in
crescita, la velocit di avanzamento delle dendriti V si annulla, e da quel momento, non variando
pi il numero e la dimensione dei grani, si verifica unultima evoluzione della struttura consistente
nel ripening, durante il quale le ramificazioni delle dendriti diventano pi grossolane per il
progressivo consumo del liquido residuo negli spazi fra esse compresi.
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

36
E possibile effettuare una stima semplificata del valore massimo di I sulla base di considerazioni
termodinamiche riferite a clusters di nuclei dispersi in un bagno della stessa composizione [8 ].
In generale, per ogni valore di temperatura esisteranno agglomerati di atomi di varia dimensione, la
cui stabilit si raggiunge soltanto in condizioni di sottoraffreddamento e per un numero di atomi
superiore ad una determinata soglia. Si pu dimostrare che il numero di clusters stabili
0
n
N aventi
dimensione dei nuclei n inversamente proporzionale al quadrato del sottoraffreddamento e che il
rateo di nucleazione I (ritenuto costante) assume unespressione del tipo:

(16)
0
0
exp
n d
B
G G
K T
I I

+



=

dove I
0
un termine costante legato ad
0
n
N ,
0
n
G lenergia libera critica di formazione di
agglomerati stabili,
d
G un termine energetico di attivazione legato al trasferimento di atomi
attraverso linterfaccia solido/liquido, e K
B
la costante di Boltzmann.


Figura 2.3. Andamento del rateo di nucleazione e del suo inverso in funzione della temperatura

La relazione (16) permette di stimare leffetto concomitante dei due fenomeni, ovvero il numero
di clusters termodinamicamente stabili e la mobilit degli atomi, aventi dipendenze opposte dalla
temperatura. Esiste un massimo della frequenza di nucleazione I, compreso fra la temperatura di
fusione o lo zero assoluto, sensibile alle variazioni di
0
n
G , come indicato nella parte superiore di
fig.2.3: una diminuzione di tale termine per effetto, ad esempio, di un valore ( ) f , determina un
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

37
brusco aumento di I ed un avvicinamento della temperatura di nucleazione al punto di fusione. Per
rappresentare tale andamento, utile riportare nella forma di un diagramma CCT linverso di I, che
ha la dimensione di un tempo, in funzione della temperatura (parte inferiore di fig.2.3). La curva di
inizio formazione della fase cristallina presenta un naso corrispondente al tempo minimo necessario
per la nucleazione (massimo della frequenza), che pu essere spostato verso tempi inferiori e
temperature pi elevate intervenendo su
0
n
G . E interessante notare che per velocit di
raffreddamento molto elevate la mobilit degli atomi soppressa in modo tanto rapido da non
permettere laggregazione degli stessi in modo ordinato; la regione di formazione della fase
cristallina non viene attraversata e la struttura di solidificazione risulta quindi amorfa.


2.4. Strutture di solidificazione

La morfologia di una struttura solidificata dipende sia dalla composizione che dalle condizioni in
cui avvenuta la solidificazione, in termini di velocit di crescita e di gradiente termico. Esistono
essenzialmente due morfologie alle quali possono essere ricondotte le strutture di tutte le leghe: una
di tipo dendritico, nella quale rientrano anche le leghe peritettiche e caratterizzata dalla formazione
di cristalli primari monofasici, ed una di tipo eutettico determinata dal contemporaneo
accrescimento nel liquido di due o pi fasi. In generale, tuttavia, le strutture di solidificazione sono
formate da una miscela delle due morfologie.
Per importanza e differenza, le due morfologie sono state oggetto di separate trattazioni, aventi
comunque entrambe come cardine la definizione di criteri di correlazione fra le condizioni di
solidificazione e la scala della struttura finale.


2.4.1. Solidificazione dendritica

La formazione di una struttura dendritica strettamente legata alle condizioni di scambio termico
allinterfaccia solido/liquido.
Un flusso termico entrante nel solido, ovvero avente verso opposto rispetto alla direzione di
crescita, genera nelle sostanze pure uninterfaccia liquido/solido di forma planare, mentre la
solidificazione procede con una struttura di tipo colonnare nel caso di una lega (parte sinistra di
fig.2.4); una morfologia colonnare pu assumere carattere dendritico per ragioni di instabilit
interfacciali, come successivamente esposto.
La presenza intorno alla struttura in corso di formazione di un liquido a temperatura pi bassa
(parte destra di fig.2.4), quindi con flusso termico uscente dal solido, induce invece una libera
crescita, sia nelle sostanze pure che nelle leghe, di formazioni dendritiche equiassiche che si
accrescono radialmente fino ad entrare in reciproco contatto.
Per fornire un riscontro alle precedenti considerazioni, utile addurre lesempio della
solidificazione di un lingotto, durante la quale si instaurano localmente in zone diverse entrambe le
condizioni di flusso termico e che portano alla formazione di tre microstrutture differenti. Adiacente
allo stampo, per effetto dellelevato sottoraffreddamento, si formano numerosi grani di piccola
dimensione ed aventi unorientazione casuale. La solidificazione procede successivamente in modo
colonnare verso linterno del bagno per effetto del flusso termico assorbito dalla parete attraverso la
zona corticale equiassica. Nel caso di una lega, la struttura colonnare di tipo dendritico per via
della competizione in termini di orientazione cristallografica che si instaura allinterfaccia
solido/liquido, per cui le dendriti aventi le direzione cristallografiche di crescita preferenziale
parallele al flusso termico si accrescono pi rapidamente delle altre. Una terza zona equiassica, pi
grossolana rispetto a quella adiacente allo stampo, infine, si forma generalmente nella parte pi
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

38
interna della struttura solidificata, dovuta allaccrescimento in un liquido dal modesto grado di
sottoraffreddamento di ramificazioni di dendriti distaccate dalla zona colonnare e trasportate in seno
al liquido da fenomeni convettivi.
Al di l dellesempio riportato, le condizioni che inducono la formazione delle dendriti in una lega
e la relazione di queste con i parametri del processo di solidificazione G, V, T
&
sono entrambi aspetti
complessi, per la cui spiegazione necessario ricorrere alla teoria matematica dellinstabilit del
fronte planare, essendosi rivelati limitati gli strumenti forniti dalla termodinamica classica. Alcuni
fondamenti della teoria dellinstabilit sono quindi illustrati in modo funzionale agli scopi del
presente lavoro nei successivi sottoparagrafi, con particolare riguardo ai concetti di limiti di stabilit
che interessano la crescita delle dendriti e la determinazione delle morfologie di solidificazione.
Tali concetti sono stati poi ripresi ed approfonditi nel successivo capitolo, interamente dedicato
allimplementazione di un modello previsionale dellevoluzione di una struttura di solidificazione in
condizioni di accrescimento competitivo.
Figura 2.4. Rappresentazione schematica delle condizioni di estrazione del calore nella
solidificazione equiassica e colonnare


2.4.1.1. Instabilit di un fronte planare di solidificazione

Le condizioni di instabilit del fronte di solidificazione di una sostanza pura sono direttamente
dipendenti dal gradiente termico esistente. Come discusso in precedenza, una crescita di tipo
planare o colonnare determinata da un flusso termico diretto dal liquido al solido, ragion per cui la
temperatura aumenta procedendo dallinterfaccia verso linterno della fase liquida e linterfaccia
stessa si trova in corrispondenza dellisoterma avente temperatura pari al punto di fusione T
m
.
Ipotizzando un fronte planare di solidificazione, la presenza di una perturbazione
1
determina,
trascurando gli effetti di curvatura e dovendo essere rispettata la condizione per cui linterfaccia si
trova alla temperatura T
m
[9 ], unalterazione del campo termico per cui il gradiente diviene
superiore nel liquido e inferiore nel solido.

1
ovvero di uno scostamento locale della superficie di interfaccia dalla condizione planare, che avviene cos rapidamente
che la temperatura rimane fissa al valore T
m

Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

39
La perturbazione risulta quindi instabile perch il calore entrante nel solido, maggiore di quello
smaltito, ne provoca la fusione (fig.2.5 parte sinistra).
Viceversa accade per una depressione, in corrispondenza della quale la velocit di crescita
aumenta fino al ripristino della condizione planare (fig.2.5 parte sinistra, curva 2). Nel caso in cui
G<0, ovvero per un flusso termico uscente dal solido, una qualsiasi perturbazione diretta verso il
liquido risulta stabile perch viene a trovarsi in una zona a temperatura pi bassa e quindi in
condizioni di scambio termico pi favorevoli, tali da aumentarne la velocit di accrescimento
(fig.2.5 parte destra).

Figura 2.5. Rappresentazione schematica del concetto di instabilit

Nelle leghe lo scenario reso pi complesso dallinstaurarsi di fenomeni diffusivi fra le fasi che
determinano una variazione della temperatura locale di liquidus.
E qui descritto il concetto di limite di stabilit costituzionale di un fronte planare di
solidificazione, introdotto in via semplificata nel caso di una lega binaria diluita.
A tal proposito, necessario introdurre alcuni parametri riferiti ai diagrammi di stato che sono
stati impiegati nel prosieguo della trattazione. Il primo di essi [10 ], nellipotesi di equilibrio
termodinamico locale allinterfaccia, costituito dal coefficiente di distribuzione k
e
, definito come
il rapporto fra la concentrazione del solido a temperatura e pressione costanti e la concentrazione
del liquido in equilibrio con esso, nel seguente modo:

(17)
P T
l
s
e
C
C
k
,

=

un ulteriore parametro frequentemente ricorrente rappresentato dalla pendenza della linea di
liquidus m, definita come:

(18)
l
l
dC
dT
m =

Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

40
k ed m vengono spesso ritenuti costanti nellipotesi che le linee dei diagrammi di fase possano
essere approssimate, almeno localmente, a delle rette.
Altri due importanti parametri, fra loro legati, sono rappresentati da T
0
e C
0
, pari
rispettivamente alla differenza fra la temperatura di liquidus e di solidus di una lega di data
composizione e la differenza di concentrazione fra liquido e solido in equilibrio alla temperatura di
solidus della lega.
Per T
0
si pu scrivere:

(19)
s l
T T C m T = =
0 0


mentre per C
0
vale la seguente relazione:

(20)
e
e
k
k C
C
) 1 (
0
0

=

Sulla base delle definizioni precedenti, possibile quindi analizzare quantitativamente i fenomeni
diffusivi che avvengono durante la solidificazione dendritica delle leghe binarie.

Landamento della concentrazione nel liquido antistante linterfaccia solido/liquido viene derivato
dalla seconda legge di Fick sulla diffusione. Tale legge deve essere espressa in riferimento ad un
sistema in movimento, qual linterfaccia liquido/solido nei processi di accrescimento. Supponendo
che i fenomeni diffusivi si riferiscano ad un sistema che avanza con velocit costante V nella
direzione z ed ha origine sullinterfaccia, ed in assenza di fenomeni convettivi che possano
influenzare la diffusione, rispetto ad un osservatore fisso la legge di Fick assume espressione:

(21) 0
2
2
=

z
C
D
V
z
C
l
l
l


La soluzione dellequazione differenziale omogenea (21) del tipo:

(22) ( ) ) exp( ) exp(
2 1
z B z A z C
l
+ =

dove
1
,
2
sono le soluzioni dellequazione polinomiale che si ottiene dalla (21) e che valgono, nel
caso specifico:

(23)

=
=
l
D
V
2
1
0



La (22) assume quindi espressione:

(24) ( ) ) exp( z
D
V
B A z C
l
l
+ =

La determinazione delle costanti A e B resa possibile dallapplicazione delle condizioni al
contorno. La prima (condizione di Dirichlet) definisce il valore assoluto che la soluzione deve
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

41
assumere ad un contorno. Nel sistema considerato, essa rappresentata dal fatto che la
concentrazione del liquido, lontano dallinterfaccia, deve assumere il valore della composizione
nominale della lega, ovvero non essere influenzata dal moto dellinterfaccia che avanza. Tale
condizione si esprime nel seguente modo:

(25) ( )
0
C z C
l
= per z

e si traduce in A=C
0
.

Unulteriore condizione che deve essere soddisfatta riguarda il valore di gradiente che la
soluzione deve assumere allinterfaccia (condizione di Robin). La condizione data dal fatto che
alla velocit di avanzamento dellinterfaccia, imposta dalle condizioni di solidificazione,
corrisponde la formazione di una quantit di soluto ( )
* *
s l
C C V nellunit di tempo, che deve essere
smaltita da un opportuno gradiente di concentrazione nel liquido, che si ottiene nel seguente modo
(equilibrio diffusivo):

(26) ) 1 (
*
0
e l
z
l
l
k VC
z
C
D =

=


dove
*
l
C rappresenta la concentrazione del liquido allinterfaccia. La (26) impone che la quantit
di soluto che viene rigettata verso il liquido deve essere da questultimo smaltita per via diffusiva.
Essa si traduce nella condizione:

(27)
0 0
1
C
k
k
C B
e
e
=

=

Pertanto, in condizioni stazionarie, il campo di concentrazione di un soluto nella zona antistante
un fronte di solidificazione planare espresso dalla relazione:

(28)

+ =
l
l
D
Vz
C C C exp
0 0


Lo strato limite interessato dallarricchimento di soluto ha unestensione teoricamente infinita:
tuttavia di maggior significato pratico la definizione di uno strato limite equivalente nel quale il
gradiente di concentrazione costante e la differenza di concentrazione pari a C
0
. Lo spessore
dello strato si ottiene del rapporto tra lintegrale della (28) fra 0 ed e C
0
, pari a:

(29)
V
D
l
c
2
=

Il gradiente di concentrazione nel liquido allinterfaccia pu essere calcolato differenziando
lespressione (28) in z=0, ottenendo cos la seguente espressione:

(30)
0
C
D
V
G
l
c

=

Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

42
che, reintrodotta nella (28) porta ad una sua espressione equivalente:

(31)

=
l
l c
l
D
Vz
V
D G
C C exp
0


Ci che si verifica, quindi, in condizioni di solubilit in fase solida inferiore rispetto al liquido
(k
e
<1), che durante la solidificazione di una lega si ha un rigetto del soluto dalla prima fase
verso la seconda con conseguente incremento della sua concentrazione nel volume liquido
antistante linterfaccia con il solido. Ci, attraverso la (18), si traduce in una diminuzione della
temperatura di fusione locale che prende il nome di sottoraffreddamento costituzionale.
Lespressione esplicita degli andamenti di temperatura nelle fasi solida T
s
e liquida T
l
pu essere
ricavata ripercorrendo il procedimento sopra descritto, applicato tuttavia alla legge di Fourier per la
trasmissione del calore.
Per un sistema solidale allinterfaccia, nel liquido e nel solido valgono le seguenti relazioni:

(32) 0
2
2
=

z
T
K
V
z
T
l
l
l


(33) 0
2
2
=

z
T
K
V
z
T
s
s
s



le cui soluzioni possono essere ricavate imponendo nuovamente la verifica delle condizioni al
contorno, rappresentate da:

(34) ( )
0
) 0 ( 0 T z T z T
s l
= = = =

(35)
l
z
l
G
z
T
=

=0

(36)
s
z
s
G
z
T
=

=0


dove T
0
la temperatura di solidus della lega considerata e G
s
e G
l
rappresentano i gradienti di
temperatura nel solido e nel liquido imposti dal flusso termico. In alcuni casi, nel prosieguo della
descrizione del modello, stato pi utile ricorrere ad un gradiente termico medio complessivo, dato
dalla media ponderale di G
s
e G
l
essendo pesi le conducibilit termiche delle due fasi.
Applicando il medesimo procedimento, si ottengono le seguenti relazioni, analoghe nella forma
alla (31):

(37)

+ =
l
l l
l
K
Vz
V
K G
T T exp 1
0


(38)

+ =
s
s s
s
K
Vz
V
K G
T T exp 1
0


Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

43
Figura 2.6. Concentrazione del soluto nello strato limite diffusivo e relativa influenza sulla T
liq


Leffetto della diminuzione della temperatura di liquidus dovuta allincremento della
concentrazione di soluto nel dominio antistante linterfaccia solido/liquido pu tradursi, nel caso di
flusso di calore entrante nel solido (crescita direzionale), nella stabilizzazione di uneventuale
perturbazione del fronte planare di solidificazione. Confrontando infatti il profilo della T
liq
riportato
in fig.2.6, che pu essere determinato direttamente dalla (31) in base al diagramma di stato della
lega, con leffettiva distribuzione delle isoterme associata al flusso termico allinterfaccia, pu
accadere che una protuberanza formatasi nel fronte di solidificazione planare si ritrovi in una
condizione di temperatura che alla concentrazione corrispondente alla posizione assunta pi bassa
di quella di liquidus. La sua velocit di crescita quindi maggiore rispetto allinterfaccia planare
imperturbata con conseguente instabilit della stessa. Su scala microscopica, la condizione di
instabilit nel caso di solidificazione colonnare di leghe, pu essere espressa quindi direttamente in
termini di gradienti di concentrazione sulla base della seguente relazione:

(39)
c l
mG G <

La differenza fra mG
c
e G
l
, solitamente indicata con il simbolo , costituisce dal punto di vista
termodinamico la forza motrice dellinstabilit del fronte di solidificazione. In termini di velocit di
accrescimento, la condizione (39) pu essere espressa in modo esplicito in base alla (30) nel
seguente modo:

(40)
0
T
D G
V
l l
C

=

Nel caso di solidificazione equiassica di leghe (G
l
<0) la (39) certamente soddisfatta: la stabilit
delle formazioni dendritiche quindi dovuta alleffetto concomitante del sottoraffreddamento
termico e di quello costituzionale.
Riepilogando quanto detto in precedenza, le condizioni di stabilit sono riassunte, per sostanze
pure e per leghe, in condizioni di crescita colonnare ed equiassica, nella tab.2.1.

Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

44




Tabella 2.1. Criteri di stabilit di un fronte di solidificazione planare


2.4.1.2. Morfologie di solidificazione

Nel precedente sottoparagrafo sono stati definiti i limiti di stabilit di un fronte di solidificazione
planare. Accade in realt che, superato il periodo transitorio immediatamente seguente la rottura del
fronte di solidificazione, la pi agevole redistribuzione del soluto da parte dei picchi delle
perturbazioni che si inoltrano nel liquido, ed al contrario laccumulo di soluto nelle depressioni,
determinino localmente velocit di accrescimento differenti. Per tale ragione, una perturbazione
evolve rapidamente fino alla formazione di strutture allungate, reciprocamente competitive, a
carattere cellulare o dendritico. La prima delle due morfologie si sviluppa a ridosso del limite di
stabilit e si accresce in modo antiparallelo al flusso termico senza presentare ramificazioni; la
solidificazione dendritica segue invece determinate direzioni cristallografiche e, se la spaziatura
interdendritica primaria sufficientemente grande, pu mostrare ramificazioni del 2 ed anche del
3 ordine.
Per comprendere le cause che determinano lo sviluppo di una morfologia o dellaltra necessario
far riferimento alle relazioni che intercorrono fra le condizioni di solidificazione e due parametri
discriminanti, il raggio di curvatura dellapice della struttura colonnare R e la spaziatura
interdendritica primaria
1
. Una struttura cellulare risulta caratterizzata da
1
R > , mentre per le
dendriti verificata la condizione opposta, con strutture via via pi fini allaumentare della
differenza dei due parametri.
Per quel che concerne la relazione che lega R alle condizioni di solidificazione, un criterio che
stato oggetto di una pi approfondita trattazione nel 4 capitolo, e che pu essere esplicitato in
forma semplificata, dato dalla seguente relazione valida nel caso di una lega binaria [11 ]:

(41)
2
2
0
4
l
D
R V
T k

=



Il criterio espresso dalla (41), in cui tutti i termini sono noti, valido nellipotesi di dendriti
isolate e per condizioni di accrescimento non a ridosso del limite di stabilit, ovvero per dimensioni
del raggio di curvatura R piccole rispetto allo spessore dello strato limite diffusivo
c
. La relazione
espressa dalla (41) illustrata graficamente in fig.2.7 per valori differenti di gradiente termico. In
prossimit del limite di stabilit V
c
, la (41) perde significato in quanto si ripristinano gradualmente
le condizioni di stabilit del fronte planare.
La relazione (41) consente, anche se in modo qualitativo, di prevedere la morfologia di
solidificazione, che a basse velocit di accrescimento, per via degli elevati raggi di curvatura
allapice, presumibilmente cellulare; per velocit pi elevate, essendo il raggio di curvatura
decrescente, invece possibile che si verifichi la condizione
1
R < , con conseguente assunzione da
parte della struttura di una morfologia dendritica.
In base alla (41) possibile valutare anche altri importanti aspetti della solidificazione dendritica,
ovvero la concentrazione e la temperatura del liquido presente allinterfaccia con il solido. Al
diminuire di R, e quindi per valori di V crescenti, la capacit di redistribuzione del soluto
maggiore, per cui la concentrazione del liquido allinterfaccia tende al limite inferiore C
0
. Tale
condizione non risulta tuttavia verificata per velocit di accrescimento elevate, prossime cio al
Crescita equiassica (G
l
<0) Crescita colonnare (G
l
>0)
sostanze pure Instabile Stabile
leghe Instabile Stabile (G>mG
c
)
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

45
limite di stabilit assoluta V
a
, in quanto la rapidit del processo di solidificazione tale da inibire i
processi di diffusione, determinando quindi linnalzamento della concentrazione di soluto nel
liquido allinterfaccia. In corrispondenza di V
a
, il solido formato ha quindi la composizione
nominale C
0
, e si trova in equilibrio con un liquido di composizione
0
e
C
k
.
Figura 2. 7. Andamento del raggio di curvatura dellapice di una dendrite isolata
in funzione della velocit di accrescimento V


Analogo effetto, determinato tuttavia dalla grande curvatura dellinterfaccia, si verifica per
velocit tendenti al limite di stabilit, per cui la concentrazione del liquido in equilibrio con il solido
tende al valore assunto in regime di accrescimento planare.
Sulla base di tali considerazioni, e di quanto indicato dal diagramma di stato, possibile quindi
stimare la temperatura dellapice della struttura cellulare o dendritica, che in condizioni di stabilit
del fronte planare assume il valore minimo corrispondente alla T
sol
, mentre per velocit di
accrescimento intermedie prossima alla T
liq
. Entrambi gli andamenti, relativi alla temperatura ed
alla concentrazione del liquido di interfaccia, sono raffigurati in fig.2.8.

Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

46
Figura 2.8. Concentrazione e temperatura dellapice della dendrite
al variare della velocit di accrescimento

La spaziatura interdendritica primaria pu essere espressa in funzione delle condizioni di
solidificazione [12 ] assumendo che linviluppo delle strutture colonnari possa essere
approssimato ad unellisse. Secondo tale modello, quindi, il legame fra il raggio di curvatura
legato geometricamente alle lunghezze dei semiassi a e b dellellisse dalla relazione:

(42)
2
b
R
a
=

dove b proporzionale a
1
secondo un fattore che, nellipotesi di arrangiamento esagonale delle
dendriti, vale circa 0.58. Per quanto riguarda la lunghezza del semiasse a, invece, essa
direttamente legata allestensione della mushy zone, ovvero della zona di coesistenza di fase solida e
liquida, per cui si pu scrivere:

(43)
* '
s
T T T
a
G G

= =

dove T
*
la temperatura dellapice della dendrite e
'
s
T quella della radice, usualmente pari, in
presenza di microsegregazione, alla temperatura eutettica se esiste tale punto caratteristico nel
sistema in considerazione. Dalla combinazione della (42) e della (43), si pu scrivere la seguente
espressione:

(44)
1
2
1
3 ' T R
G


=




Essendo, per quanto detto in precedenza, T
*
dipendente dalla velocit di solidificazione, per cui in
prossimit delle regioni di stabilit del fronte planare raggiunge il valore minimo corrispondente a
T
s
, anche la spaziatura interdendritica primaria presenta unanaloga variabilit.


Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

47
Figura 2.9. Confronto degli andamenti di R e di
1
in funzione della velocit

di accrescimento

Confrontando gli andamenti di R e di
1
in funzione di V, come riportato in fig.2.9, si pu trovare
conferma alle considerazione qualitative svolte precedentemente in base alla (41). Infatti, a ridosso
del limite di stabilit, la misura della spaziatura interdendritica primaria diviene effettivamente
inferiore al raggio di curvatura con conseguente formazione di una struttura di tipo cellulare. Nella
zona dove invece sperimentalmente si rileva una morfologia dendritica,
1
si mantiene sempre
costantemente superiore ad R, entrambi i parametri risultando decrescenti allaumentare della
velocit di accrescimento con conseguente affinamento della struttura di solidificazione.
Nuovamente, in corrispondenza del limite di stabilit assoluta, le due curve tendono a intersecarsi: il
raggio di curvatura comunque molto ridotto, associato ad una spaziatura delle dendriti ad esso
confrontabile, determina quindi il ripristino di condizioni di solidificazione cellulare.
Dallesame delle (41) e (44) possibile inoltre effettuare una previsione delleffetto combinato
della scala e della morfologia di solidificazione; tenendo conto anche delle considerazioni riportate
in 2.3 concernenti il legame fra la spaziatura interdendritica secondaria ed i parametri T e T
&

possibile quindi tracciare una mappa delle morfologie di solidificazione in funzione della velocit di
accrescimento e del gradiente termico (fig.2.10). Essendo la velocit di raffreddamento pari al
prodotto V G , in tale diagramma bi-logaritmico il fascio di rette inclinate a 45, dirette dal vertice
in alto a sinistra verso quello in basso a destra, indica condizioni di isovelocit, con una scala della
microstruttura descrescente allaumentare di T
&
. Il rapporto G/V rappresentativo invece della
modalit di solidificazione, per cui procedendo dal vertice in alto a sinistra verso quello in basso a
destra si verifica la transizione da una struttura dendritica equiassica, ad una cellulare/dendritica
sino a giungere nel dominio di stabilit del fronte planare di solidificazione.








Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

48
Figura 2.10. Scala della morfologia in funzione della velocit di crescita e del gradiente termico


2.4.1.3. Redistribuzione del soluto

Nelle leghe, laccrescimento di una struttura di solidificazione in forma dendritica strettamente
legata, come gi discusso precedentemente, ai fenomeni di diffusione che avvengono allinterfaccia
solido/liquido, per effetto dei quali le concentrazioni della fase solida e del liquido allequilibrio
sono poste in relazione attraverso il coefficiente di distribuzione k
e
, espresso dalla (17). Tale
differenza compositiva conduce a quella che viene definita microsegregazione, ovvero una
variazione delle concentrazioni degli elementi su scala microscopica, e che pu essere responsabile
di precipitazione di seconde fasi nelle regioni interdendritiche ricche di soluto o di porosit nel caso
in cui venga superato il valore di solubilit di un dato elemento. Considerata limportanza
metallurgica di tali fenomeni, sono stati definiti differenti modelli per lo studio della redistribuzione
del soluto, le cui conclusioni variano sostanzialmente in base alla diffusivit allo stato solido. Per
gli scopi del presente lavoro, essi sono in questa sede brevemente esposti con lobiettivo di fissare i
limiti e le condizioni per il verificarsi dei fenomeni microsegregativi.
A tale scopo, conveniente riferire la trattazione ad un sistema monodimensionale rappresentato
da una barra di sezione costante A che solidifica allinterno di un apparato di Bridgman, ovvero un
crogiolo in movimento con velocit V, che risulta pertanto pari alla velocit di avanzamento del
fronte di solidificazione, allinterno di un campo termico caratterizzato da un gradiente noto e
costante [13 ]. In tali condizioni, ci che si verifica la presenza di due transitori corrispondenti
allinizio ed alla fine del processo di solidificazione, fra i quali laccrescimento procede in
condizioni stazionarie secondo le relazioni definite nei sottoparagrafi precedenti. Una
rappresentazione schematica dei due periodi, e dei relativa profili di concentrazione nel liquido e
nel solido riportata in fig.2.11, nella quale i transitori di inizio e fine solidificazione si riferiscono
rispettivamente agli schemi a e c.

Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

49
Figura 2.11. Andamento delle concentrazioni del liquido e del solido durante i transitori
ad inizio (a) e fine (b) solidificazione

Il primo transitorio dovuto alla creazione dello strato limite diffusivo e la sua durata legata al
tempo che la concentrazione del liquido allinterfaccia impiega ad aumentare dal valore di inizio
solidificazione pari a C
0
, al valore
0
e
C
k
caratteristico dello stato stazionario. Nello specifico tale
intervallo di tempo necessario perch venga stabilita la condizione di equilibrio fra il flusso
uscente dallinterfaccia:

(45) ( )
*
1
1
l e
J VC k =

e il flusso allinterno del liquido dovuto allaumento della concentrazione di soluto allinterfaccia:

(46)
( )
*
2 0 l
J V C C =

Nella (45), per z=0, dove per z si intende la direzione di massimo gradiente termico e di
avanzamento dellapparato, risulta
*
0 l
C C = .
La differenza dei due valori di flusso, responsabile dellaccumulo di soluto che si verifica
allinterfaccia solido/liquido, pu essere calcolato differenziando lespressione ottenuta sottraendo
J
2
a J
1
: risolvendo si ottiene la seguente espressione per landamento di
*
l
C :

(47) ( )
* 0
1 1 exp
e
l
k zV
D
l e
e
C
C k
k










Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

50
il secondo membro della (47) diviene unitario quando 1 >>
l
e
D
zV k
, in pratica quando la lunghezza
solidificata diviene pari a
4
l
e
D
Vk
. Tale lunghezza, per leghe caratterizzate da un coefficiente di
distribuzione k
e
modesto (ad es. 0.1), che solidificano con ridotte velocit di avanzamento
(10
-3
mm/s), pu divenire molto rilevante, raggiungendo valori anche superiori ai 100mm.
Il secondo transitorio, corrispondente al termine del processo di solidificazione, invece dovuto
allinterazione con la parete del crogiolo, la presenza della quale associata ad una condizione di
annullamento dei moto diffusivi. Qualitativamente, ci che si verifica in tale transitorio la
deposizione del soluto mancante nella fase formatasi nel primo stadio della solidificazione,
avente composizione
0
e
C
k
, per effetto della quale il liquido al termine del processo si arricchisce
sino ad una composizione ben superiore a
0
e
C
k
. Ipotizzando che tale periodo sia scarsamente
influenzato dalla diffusivit in fase liquida, diviene fondamentale il processo di retrodiffusione del
soluto che si verifica nel solido a causa dellaumento di concentrazione del liquido nello strato
limite antistante linterfaccia.
Impostando un bilancio di massa fra il volume infinitesimale di solido formatosi df
s
, e gli
incrementi di concentrazione nel liquido (nel quale, per quanto ipotizzato, i gradienti sono
trascurabili) e nello strato limite diffusivo del solido, possibile scrivere:

(48)
( )
* *
2
s
l s s l l s
C C df f dC dC
L

= +

assumendo, che la posizione dellinterfaccia segua un andamento esponenziale nel tempo,
possibile, integrando la (48), ottenere la seguente espressione per il valore della concentrazione del
liquido residuo in funzione della frazione di fase solida f
s
formatasi:

(49) ( )
1
1 2 '
0
1 1 2 '
e
e
k
l
k
e s
C
k f
C

=



nella (49), dipendente dal numero di Fourier riferito alla fase solida, il quale in generale un
parametro estremamente rappresentativo del processo di solidificazione, in quanto dato dal rapporto
fra due tempi caratteristici, il tempo di solidificazione complessivo ed il tempo di diffusione.
Quando tale numero molto maggiore dellunit, il processo di solidificazione avviene in
condizioni di equilibrio, essendo i tempi di diffusione rapidi sia nella fase solida che in quella
liquida: nello specifico, 0 >> ' 0.5 = e la (49) assume unespressione caratteristica
denominata lever rule [14 ]:

(50)
( )
0
1
1 1
l
e s
C
C k f
=



Viceversa, quando il numero di Fourier tende a zero, non si verifica retrodiffusione nel soluto, per
cui il liquido teoricamente si arricchisce in modo indefinito. Numericamente, 0 ' 0 << , per
cui la (49) si trasforma nellespressione nota come equazione di Gulliver-Scheil [15 ]:

Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

51
(51)
( )
1
0
1
1 1
e
l
k
s
C
C
f

=



Analizzando le espressioni (50) e (51), si pu notare che per f
s
=1, C
l
assume nella (50) un valore
finito pari a
0
e
C
k
, mentre nella (51) esso tende allinfinito, come indicato dalle curve riportate nel
grafico di fig.2.12.

Figura 2.12. Concentrazione del liquido al procedere della solidificazione
secondo i diversi modelli proposti

Pur nei limiti di un simile modello, la (50) e la (51) rappresentano i limiti allinterno dei quali si
verifica il processo di microsegregazione. Ci che si riscontra realmente nelle strutture dendritiche
che la regione effettivamente interessata da un arricchimento della concentrazione del liquido
quella compresa negli spazi interdendritici secondari; pu accadere, ad esempio, che se il
diagramma di stato del sistema prevede la presenza di un eutettico ad una composizione C
e
>C
0
e il
valore di per la fase solida non elevato, la composizione del liquido finale superi nel periodo
conclusivo della solidificazione il valore di C
e
, per cui negli spazi compresi fra le ramificazioni
secondarie si verifica la crescita di una certa frazione volumetrica f
e
di eutettico.
Per quel che riguarda la modellizzazione di tale fenomeno, il computo del numero di Fourier per
gli spazi interdendritici secondari molto complesso e richiede una procedura numerica iterativa
[16 ]. Per quanto attiene agli scopi del presente lavoro, si pu affermare che sufficiente
conoscere i parametri macroscopici di solidificazione (G e V) per poter effettuare una stima sia della
scala della struttura, per quanto affermato in precedenza, sia del grado di disomogeneit
compositiva.


2.4.2. Solidificazione eutettica

A differenza della struttura dendritica, la morfologia di solidificazione eutettica determinata dal
contemporaneo accrescimento nel liquido di due o pi fasi. Tale generalit di definizione giustifica
il vasto insieme di tipologie di strutture eutettiche, che possono presentarsi in forma fibrosa o
lamellare, ed in ciascuna di tali classi, regolari ed irregolari (cfr.fig.2.13, [17 ]).
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

52
Figura 2.13. Morfologie di solidificazione eutettica

Per la descrizione di tali morfologie, e per semplicit di trattazione, opportuno far riferimento a
sistemi costituiti da due sole fasi, essendo peraltro riconducibili a tale caso la maggior parte delle
leghe eutettiche di interesse industriale.
La distinzione fra strutture lamellari o fibrose semplicemente legata al rapporto delle frazioni
volumetriche X
A
e X
B
delle fasi presenti: tale criterio legato ad una condizione di minimizzazione
dellenergia interfacciale, che per valori della frazione volumetrica della seconda fase X
B
inferiori o
superiori a 0.3, rende preferenziali rispettivamente la struttura fibrosa o la lamellare. La
suddivisione fra eutettici regolari ed irregolari invece pi complessa e legata al tipo di interfaccia
della seconda fase. Nel caso tale fase sia costituita da metalli o polimeri, che presentano una
struttura dellinterfaccia solido/liquido rugosa su scala atomica ma a livello microscopico
complessivamente liscia, leutettico risulta essere regolare: la morfologia diviene invece irregolare
in presenza di una seconda fase di tipo intermetallico o semiconduttore, che presenta uninterfaccia
piatta su scala atomica ma nellinsieme sfaccettata. Un opportuno criterio di classificazione in tal
senso rappresentato [18 ] dallentropia specifica di fusione della seconda fase, espressa dal
parametro (entropia adimensionale di fusione):

(52)
f
S
R

=

Tale parametro rappresentativo della tipologia di interfaccia della fase in accrescimento in quanto
un suo elevato valore (nello specifico: >2) denota una modalit di accrescimento su scala atomica
secondo un rigido criterio di ottimizzazione dei legami fra gli atomi provenienti dalla fase liquida e
linterfaccia esistente, per effetto del quale i siti di incorporamento degli atomi provenienti dal
liquido non sono energeticamente equivalenti e laccrescimento pu avvenire soltanto lungo ben
definiti piani cristallografici, dando quindi origine ad una morfologia di interfaccia sfaccettata.
Rientra nella classe degli eutettici irregolari il sistema Fe-C, che presenta una struttura lamellare
nonostante la frazione volumetrica del C sia sensibilmente inferiore a 0.3. Definite le diverse
tipologie di sistemi eutettici, nei successivi sottoparagrafi sono stati illustrati altri aspetti
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

53
fondamentali di tale struttura di solidificazione, con particolare riguardo alla correlazione fra la
scala della struttura e le condizioni in cui essa si forma.


2.4.2.1. Accrescimento della struttura eutettica

Laccrescimento di una struttura eutettica pu essere descritto facendo riferimento [19 ] ad un
sistema costituito da due elementi di lega A e B che solidificano formando lamelle alternate di fasi
e : tale modello valido in generale per una solidificazione della struttura eutettica sia in forma
equiassica che colonnare, essendo la scala di riferimento dei moti diffusivi pari alla spaziatura delle
lamelle , normalmente circa un decimo della spaziatura primaria delle dendriti in condizioni
analoghe di crescita.
Ipotizzando che la solidificazione avvenga in un crogiolo in movimento con una velocit V
allinterno di un campo termico noto, per cui tale velocit diviene pari a quella di accrescimento
della struttura, il fenomeno di crescita simultanea delle due fasi pu essere descritto in due
dimensioni considerando per simmetria due sole semilamelle formanti con il liquido uninterfaccia
ortogonale alla direzione di V. In condizioni sperimentali corrispondenti alla situazione descritta,
ci che si misura [20 ] una temperatura dellinterfaccia T* molto prossima al valore eutettico
T
e
, il che indicativo di una solidificazione con un modesto grado di sottoraffreddamento.
Ci contrasta con quanto sarebbe prevedibile in base alla forma dellinterfaccia di ciascuna delle
lamelle, aventi modesta curvatura. Secondo quanto gi discusso per la solidificazione dendritica,
essendo lo strato limite diffusivo proporzionale al raggio di curvatura dellinterfaccia liquido/solido
ed essendo il gradiente di concentrazione inversamente proporzionale allo spessore dello strato
limite stesso, per una morfologia simile a quella delle lamelle, sarebbe attesa una concentrazione del
liquido allinterfaccia molto elevata, con un consistente grado di sottoraffreddamento e con un C
dei due elementi costituenti il sistema altrettanto ampio fra lamelle adiacenti.
La giustificazione di quanto avviene in realt risiede nellinterazione dei moti diffusivi
interessanti ciascuna lamella, dovuta al fatto che il soluto espulso da una fase necessario per
laccrescimento dellaltra.
In tal modo, gli elevati ed opposti gradienti di concentrazione nel liquido antistante ciascuna
lamella che sarebbero ipotizzabili se le lamelle stesse crescessero indipendentemente, sono
profondamente attenuati dai moti diffusivi che si instaurano parallelamente allinterfaccia
solido/liquido, come indicato rappresentativamente in fig.2.14.

Figura 2.14. Effetto dellinterazione degli strati limite diffusivi nei sistemi eutettici


Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

54
Per effetto della riduzione dello spessore degli strati limite, il sottoraffreddamento necessario a
sostenere la crescita delle lamelle si riduce e conseguentemente la temperatura del liquido
allinterfaccia si avvicina a T
e
. In base al diagramma di stato del sistema eutettico, possibile
stimare la variazione massima di concentrazione del liquido fra gli strati limite diffusivi antistanti le
lamelle delle due fasi, espresso dalla relazione:

(53)
l l
C C C

=

prolungando le curve di liquidus al di sotto dellisoterma eutettica e intersecandole con lisoterma
relativa a T
*
(cfr. parte destra fig.2.14).
Quanto descritto non tiene tuttavia conto di un altro aspetto che risulta complementare al
sottoraffreddamento costituzionale nella determinazione del sottoraffreddamento complessivo che
caratterizza laccrescimento di una struttura eutettica. Mentre infatti i moti diffusivi dei soluti in
direzione parallela allinterfaccia solido/liquido tendono a comprimere le lamelle favorendo la
diminuzione della spaziatura , opposto leffetto della capillarit in quanto laccrescimento della
struttura con una maggiore curvatura dellinterfaccia, associata a valori decrescenti di , richiede un
contributo energetico via via pi consistente. Ci si traduce in una spinta verso laumento di , che
si oppone a quella dovuta ai moti diffusivi: il sottoraffreddamento complessivo misurabile si
compone quindi di due termini, e pu essere espresso nel seguente modo:

(54)
c r
T T T = +

la (54) riconducibile alla (7) ove si trascuri il sottoraffreddamento termico. La relazione (54)
quindi rappresentativa della ripartizione esistente allinterfaccia fra i due sottoraffreddamenti,
essendo il termine a primo membro costante. Se il bilanciamento dei due contributi tale da
produrre una somma algebrica costante in direzione parallela allinterfaccia, i singoli addendi
variano invece in conseguenza del fatto che la concentrazione dei soluti, e di conseguenza il
sottoraffreddamento costituzionale, assume un massimo (o un minimo a seconda della fase
considerata) in corrispondenza della mezzeria di ciascuna lamella, dove il gradiente in direzione
laterale massimo, e un valore medio prossimo al valore eutettico C
e
circa allinterfaccia delle
lamelle. Essendo il raffreddamento dovuto alla curvatura complementare a
c
T , noto questultimo
possibile quindi prevedere il profilo delle interfacce delle lamelle: qualora
c
T superi in una zona
il valore di T, per effetto della (54)
r
T cambia localmente segno conferendo quindi alla lamella
una curvatura negativa. In fig.2.15 riportato un esempio riferito allandamento della
concentrazione di B e dei due termini
c
T e
r
T , essendo il valore C
B
direttamente traducibile in un
valore di temperatura attraverso le curve di liquidus del diagramma di stato estese nel campo di
sottoraffreddamento.



Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

55
Figura 2.15. Composizione del sottoraffreddamento nella solidificazione eutettica


2.4.2.2. Condizioni di accrescimento

Per stabilire un legame fra le condizioni di accrescimento della struttura eutettica e la sua
dimensione caratteristica, ovvero la spaziatura delle lamelle , necessario definire il legame che
sussiste fra tale parametro e ciascuno dei due termini che compongono il sottoraffreddamento.
Per quel che concerne il sottoraffreddamento costituzionale conveniente, al fine di applicare le
leggi descrittive dei moti diffusivi, ricorrere ad un modello semplificato [21 ] dei campi di
concentrazione dei soluti allinterfaccia solido/liquido. Facendo ancora riferimento ad un sistema
costituito da due semilamelle che si accrescono con uninterfaccia ortogonale alla direzione di V
(nel prosieguo della trattazione: direzione z), si pu ipotizzare che il valore di C, espresso dalla
(53), sia schematizzabile secondo un andamento a dente di sega che assume i valori massimi in
corrispondenza della mezzeria delle lamelle: conseguentemente i flussi laterali (direzione y) dei
soluti sono interessati da un cammino caratteristico pari a
2

. In virt di tale flusso, inoltre, il


profilo del gradiente di concentrazione diviene via via meno accentuato al crescere della distanza
dallinterfaccia solido/liquido, e si pu ipotizzare che esso divenga piatto in corrispondenza dello
spessore dello strato limite diffusivo, che nella realt ha una dimensione circa pari a
2

.
Le condizioni al contorno per la descrizione dei moti diffusivi nello strato limite possono quindi
essere espresse dal sistema:

Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

56
(55)
( ) 0
2
2
0
z
z
dC C
dy
dC
dy

=
=

=



Ipotizzando unattenuazione lineare del gradiente di concentrazione, il valore medio di C
responsabile dei fenomeni di diffusione diviene quindi pari a:

(56)
dC C
dy

=

per cui il flusso allinterno dallo strato limite, assumendo unaltezza delle lamelle pari ad h e
conseguentemente una dimensione dellinterfaccia pari a
( )
2
h
, diviene pari a:

(57)
2
t
C
J D h


=




Quanto espresso dalla (57) va confrontato con il flusso di soluto uscente dallinterfaccia
solido/liquido di ciascuna lamella, dovendosi i due valori eguagliare in condizioni stazionarie. Il
flusso di soluto uscente, assumendo una concentrazione del liquido allinterfaccia media rispetto al
valore in corrispondenza della mezzeria della lamella, e nellipotesi di un sistema eutettico
simmetrico, pu essere espresso nel seguente modo:

(58)
*
4
R l
J VC h

=

La (58) si pu semplificare ulteriormente considerando che sperimentalmente il grado di
sottoraffreddamento in una solidificazione eutettica molto modesto, nellordine dell1% del valore
di T
e
, per cui lecita anche lapprossimazione:

(59)
*
l e
C C

Sostituendo nella (58) il valore della concentrazione del liquido allinterfaccia indicato dalla (59),
si giunge alla seguente espressione:

(60)
( ) 1 2
e
C V
C k D

=



Il termine a 2 membro della (60) pari al rapporto fra la dimensione caratteristica del sistema,
pari a
2

, e la scala su cui avvengono i fenomeni diffusivi


D
V
. Tale rapporto, indicato come
numero di Pclet, ha un significato fisico particolarmente rilevante ed ricorso frequentemente
nella modellizzazione della solidificazione dendritica. La (60) esprime quindi il legame esistente fra
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

57
il grado di soprasaturazione, indicato dal 1 membro della relazione, ed il numero di Pclet del
sistema.
La (60) esplicitabile inoltre in termini di sottoraffreddamento trasformando i valori di
concentrazione in temperatura attraverso le pendenze delle curve di liquidus del diagramma di stato
del sistema eutettico. Raggruppando tutti i termini costanti in un unico termine K
c
, si pu quindi
giungere ad una relazione sintetica del legame esistente fra , V e T
c
:

(61)
c c
T K V =

Per quanto riguarda il sottoraffreddamento dovuto alla curvatura, oltre alla condizione espressa
dalla (54), sussiste un ulteriore vincolo dovuto al fatto che nel punto di contatto fra le due fasi solide
e ed il liquido, deve essere rispettata una condizione di equilibrio meccanico delle tensioni di
interfaccia /, /l e /l. Ci si traduce in determinati valori di curvatura delle lamelle in
corrispondenza del punto di contatto e conseguentemente in un valore energetico esprimibile in
forma di sottoraffreddamento in base allespressione:

(62)
r
T K =

dove la curvatura K calcolata in base al valore medio delle curvature delle singole interfacce /l e
/l. Essendo la curvatura inversamente proporzionale alla spaziatura della lamelle, possibile
trasformare la (62) nel seguente modo:

(63)
r
r
K
T

=

dove K
r
il coefficiente di proporzionalit fra la curvatura media K e .
Definite le dipendenze di ciascuno dei due valori di sottoraffreddamento da , possibile quindi
esplicitare la relazione (54):

(64)
r
c c
K
T K V

= +

che esprime il legame esistente fra sottoraffreddamento, velocit di accrescimento e spaziatura delle
lamelle. Landamento della (64) in funzione di riportato in fig.2.16.
Figura 2.16. Diagrammi delle relazioni che legano T, e V nella crescita eutettica
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

58
Riportando in grafico nel dominio T--V la superficie che soddisfa la relazione (64) (cfr.parte
destra di fig.2.16), si pu notare come per V costante, ovvero in caso di solidificazione direzionale,
esista un valore di che minimizza il grado di sottoraffreddamento, corrispondente quindi alla
condizione di accrescimento energeticamente pi favorevole. Viceversa per un sottoraffreddamento
costante, qual nei primi stadi della solidificazione durante i quali la crescita equiassica, esiste un
valore di in corrispondenza del quale la velocit di accrescimento massima. Tale valore pu
essere calcolato derivando la (64) rispetto a e imponendo che lespressione della derivata sia pari
a zero. Sostituendo nella (64) il valore di che soddisfa tale condizione, si ottiene quindi la
seguente espressione:

(65)
r
c
K
K
V =
2


o, in modo equivalente:

(66) 2
r
T K =

che rappresenta il massimo della curva riportata nella parte sinistra di fig.2.16..
Al di sotto di tale valore la crescita diviene instabile in quanto la maggior curvatura richiede un
grado di sottoraffreddamento progressivamente pi elevato, tale da sopprimere la crescita. La
condizione espressa dalla (66) valida anche per le trasformazioni eutettoidiche, nelle quali tuttavia
si riscontra un valore di spaziatura delle lamelle inferiore rispetto alla crescita eutettica a parit delle
altre condizioni. La ragione di tale fenomeno dovuta al fatto che, avvenendo in fase solida, i
processi diffusivi sono pi lenti, per cui il sistema si adatta riducendo il cammino dei soluti.
Figura 2.17. Variabilit della spaziatura lamellare negli eutettici irregolari

La relazione (66) verificata solo localmente negli eutettici irregolari, nei quali sperimentalmente
si rileva una spaziatura media delle lamelle molto pi ampia di quanto sarebbe prevedibile dal
modello descritto. In tali sistemi, infatti, il meccanismo di ramificazione delle lamelle, attraverso il
quale avviene ladattamento della scala della struttura alle condizioni locali di solidificazione,
inibito dalle strette condizioni di accrescimento che caratterizzano le seconde fasi ad elevata
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

59
entropia di fusione. Per tale ragione, anzich cambiare direzione in funzione del flusso termico, le
lamelle degli eutettici irregolari possono continuare a crescere in direzioni convergenti o divergenti.
Nel primo caso, se la distanza delle lamelle scende al di sotto del punto di estremo, il progressivo
aumento della curvatura delle lamelle dovuto al minor grado di sottoraffreddamento costituzionale,
pu determinare condizioni di crescita instabili per effetto delle quali il processo di crescita si
arresta, essendo lintero sottoraffreddamento speso nel contributo dovuto alla curvatura. Nel
secondo caso, invece, laumento della distanza delle lamelle pu determinare un aumento del
sottoraffreddamento costituzionale tale da non essere compensato dalla diminuzione di curvatura: in
tali condizioni (
b
= ) pu quindi venir meno la condizione di isotermia dellinterfaccia
liquido/solido, per il ripristino della quale risulta energeticamente pi favorevole al sistema la
ramificazione di ciascuna lamella.
Quanto qualitativamente descritto, riportato in fig.2.17, rende conto della complessa modalit di
accrescimento degli eutettici irregolari, resa tale dalla rigidit di solidificazione della seconda fase:
essendo quindi la misura della spaziatura lamellare compresa fra il valore espresso dal criterio di
estremo ed il valore di ramificazione, essa risulta generalmente maggiore rispetto a quanto
riscontrato negli eutettici regolari.
Concludendo la descrizione delle modalit di solidificazione delle strutture eutettiche, si pu
accennare alle condizioni di instabilit dellaccrescimento di tali sistemi. Esse sono sostanzialmente
dovute a due cause, la prima delle quali consistente nella presenza di un terzo elemento,
generalmente unimpurit, che modifica il campo di diffusione antistante linterfaccia
solido/liquido, e che pu condurre alla formazione di strutture eutettiche in forma dendritica o
cellulare. La seconda, altrettanto frequente, associata invece a composizioni diverse da C
e
, per
effetto delle quali la struttura si sviluppa in forma di dendriti di una fase, nello specifico quella
interessata dal maggior sottoraffreddamento in prossimit dellisoterma eutettica, alternate a
strutture eutettiche interdendritiche.


2.5. Crescita competitiva

Come gi accennato nella parte conclusiva del paragrafo dedicato alla modellizzazione della
solidificazione eutettica, in tali sistemi pu accadere che, per composizioni differenti dal valore
eutettico, si formino, insieme alla struttura lamellare ed alternatamente ad essa, dendriti di una delle
due fasi in virt dellelevato sottoraffreddamento che interessa questultima in corrispondenza
dellisoterma T
e
.
In realt, pu verificarsi che la solidificazione in forma dendritica si riscontri anche in sistemi
binari di composizione pari esattamente a C
e
. La ragione risiede nel fatto che ciascun tipo di
struttura, eutettica o dendritica di entrambe le due fasi, si accresce con un certo grado di
sottoraffreddamento al variare della velocit di avanzamento del fronte di solidificazione. Per
ciascun valore di V, pertanto, esiste sempre un tipo di struttura in grado di accrescersi con il minor
grado di sottoraffreddamento, ovvero nella condizione energetica pi favorevole. In base a tale
criterio, quindi, possibile tracciare delle mappe di selezione delle strutture, individuando sia i
domini di solidificazione in forma dendritica, sia quello della cosiddetta zona accoppiata, ovvero il
range di composizioni e temperature nel quale favorita la crescita della struttura eutettica.
Nel caso di eutettici regolari, e per diagrammi binari sufficientemente simmetrici, la zona
accoppiata assume una forma ad anfora, che per elevati gradi di sottoraffreddamento si estende in
un range di composizioni via via pi ampio, come illustrato nella parte sinistra di fig.2.18.
Al diminuire della temperatura di solidificazione, che per quanto esaminato in precedenza un
fenomeno legato direttamente alla velocit di crescita, si riscontra un progressivo mutamento della
morfologia assunta dalla struttura eutettica. Infatti, immediatamente al di sotto T
e
, il sistema si
Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

60
accresce in forma lamellare con uninterfaccia planare; al crescere del sottoraffreddamento, il fronte
diviene progressivamente instabile, generalmente per la presenza di impurit che estendono lo strato
limite diffusivo, e si osserva la formazione di eutettici in forma cellulare o, per T ancora maggiori,
dendritica.
Nel caso di eutettici irregolari, la zona accoppiata diviene asimmetrica, come indicato nella parte
destra di fig.2.18, spostandosi verso la fase caratterizzata dallelevata entropia di fusione. In tale
condizione, quindi, a seconda della velocit di accrescimento necessario variare la composizione
rispetto a C
e
per far s che la solidificazione avvenga in forma eutettica.
Fig.2.18. Forma della zona accoppiata in diagrammi eutettici regolari ed irregolari

Capitolo 2. Fondamenti di solidificazione

61
Bibliografia del capitolo

[1 ] S.A.David, J.M.Vitek, International Material Reviews, vol.34 n5, 1989, 213-245

[2 ] H.Nakagawa, M.Kato, F.Matsuda e T.Senda, Trans. Jpn. Weld. Soc., 1, 1970, 94

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[4 ] N.Suutala, Metall.Trans., 14, 1983, 191

[5 ] H.G.Kraus, Welding Journal, 6, 1987, 353s

[6 ] U.Feurer, R.Wunderlin, Fachbericht der Deutschen Gesellschaft fr Metallkunde,
Oberursel, FRG, 1977

[7 ] R.Becker, W.Dring, Annalen der Physik, 24, 1935, 719

[8 ] B.Cantor, R.D.Doherty, Acta Metallurgica, 27, 1979, 33

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[10 ] R.Trivedi, W.Kurz, Acta Metallurgica, 34, 1986, 1663

[11 ] J.S.Langer, H.Mlller-Krumbhaar, Journal of Cryst. Gr., 42, 1977, 11

[12 ] W.Kurz, D.J.Fisher, Acta Metallurgica, 29, 1981, 11

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[14 ] W.A.Tiller, K.A.Jackson, J.W.Rutter, B.Chalmers, Acta Metallurgica, 1, 1953, 428

[15 ] E.Scheil: Z.Metallkd., 34, 1942, 70

[16 ] T.W.Caldwell et al.: Metallurgical Transactions, 8B, 1977, 261

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[21 ] R.Trivedi, P.Magnin, W.Kurz, Acta Metallurgica, 35, 1987, 971


62
Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici


3.1. Introduzione

Nel precedente capitolo sono stati esposti alcuni fondamenti della teoria della solidificazione, con
particolare riferimento ai modelli di nucleazione e accrescimento delle strutture dendritiche ed
eutettiche sia delle sostanze pure sia delle leghe. Su tale base quindi possibile affrontare lo studio
della solidificazione degli acciai inossidabili austenitici di tipo convenzionale, attraverso la
classificazione delle diverse microstrutture ottenibili a seconda della composizione e delle
condizioni di formazione, e la correlazione delle stesse alle previsioni termodinamiche.
Per gli scopi del presente lavoro, la tematica trattata nel presente capitolo risultata di particolare
importanza sia perch ha costituito un riferimento concettuale alle evidenze sperimentali emerse nel
proseguimento del lavoro, sia perch essa ha fornito utili criteri per rapportare quanto indicato dai
modelli previsionali alle condizioni reali di solidificazione.


3.2. Il sistema Fe-Cr-Ni

Gli acciai inossidabili austenitici in commercio sono sistemi molto complessi costituiti da un
elevato numero di elementi, alcuni dei quali essenziali a garantirne le caratteristiche peculiari, altri
la cui presenza indotta dalla pratica di fabbricazione dellacciaio, altri ancora introdotti per
migliorare le propriet dimpiego dei materiali stessi.
Per loggettiva difficolt legata allo studio della solidificazione di un sistema multicomponente,
che comunque stato affrontato successivamente nella sezione dedicata ai processi di
accrescimento rapido, conveniente in prima istanza far riferimento al sistema ternario formato
soltanto da Fe, Cr e Ni: nonostante la riduzione della problematica a soli tre elementi, le studio di
tale diagramma rappresenta un supporto essenziale alla comprensione delle modalit di
solidificazione degli acciai inossidabili austenitici, per lampio spettro di morfologie di
solidificazione che possono in tale ambito essere originate al variare della composizione e delle
condizioni di accrescimento. Considerando il diagramma riportato in fig.3.1 [1 ], nel quale sono
riportate le proiezione delle superficie di liquidus e di solidus nella parte del sistema relativa alla
parte pi ricca di Fe, si pu notare lesistenza di un curva peritettica, caratterizzata da
solidificazione L + , che procede verso tenori decrescenti di Fe e si trasforma in una curva
eutettica, avente cammino di solidificazione L + per una composizione pari a 17%Cr,
9.5%Ni [2 ]. Ci consente quindi di prevedere, per leghe di composizione con tenori di Cr che
ricadono sopra tali linee di equilibrio, una solidificazione in ferrite primaria, mentre nella regione
opposta la fase primaria di accrescimento rappresentata dallaustenite.
Per la definizione delle modalit di solidificazione, utile concentrare lo studio del sistema sulle
regioni del diagramma ternario Fe-Cr-Ni che ricadono oltre la transizione fra la regione peritettica
ed eutettica; facendo riferimento a questultima, ed osservando le sezione verticali del diagramma
ternario, riportate in fig.3.2, ottenute a concentrazioni di Fe costanti per due diversi valori di tale
parametro e tali da intersecare la regione eutettica, possibile individuare cinque modalit di
solidificazione primaria a seconda della collocazione del rapporto Cr/Ni:

Solidificazione primaria completamente austenitica (modo A), con un percorso:
L L +
Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici

63
Figura 3.1. Diagramma Fe-Cr-Ni. Proiezione delle superficie di liquidus e di solidus

Solidificazione austenitica con presenza di struttura eutettica + (modo AE), con un
percorso: L L L + + + +

Solidificazione eutettica (modo E), con un percorso: L L + + +

Solidificazione ferritica, con presenza di struttura eutettica + (modo FE), con un
percorso: L L L + + + +

Solidificazione primaria completamente ferritica (modo F), con un percorso L L +

Il cammino di solidificazione delle leghe Fe-Cr-Ni nella regione indicata in ogni caso
riconducibile ad una delle cinque modalit descritte: in realt la semplice lettura delle sezioni
verticali del diagramma ternario come sistemi quasi-binari pu indurre errori di valutazione anche
consistenti, a causa del fatto che le superficie di liquidus e di solidus sono praticamente ortogonali
alle sezioni stesse. Per tale ragione la concentrazione del liquidus si muove non lungo le linee di
equilibrio riportate in fig.3.2, bens perpendicolarmente ad esse, per cui pu verificarsi ad esempio
che una lega di composizione peritettica completi la propria solidificazione nella regione eutettica a
valori sensibilmente inferiori della concentrazione di ferro.
Sarebbe quindi un opportuno accorgimento nella stima delle modalit di solidificazione far
riferimento al procedere della transizione liquido/solido a diagrammi con concentrazioni differenti
di Fe.
Nella regione peritettica, in cui ricade ad esempio la composizione dellacciaio inossidabile AISI
304, linsieme delle modalit di solidificazione si restringe a soli quattro casi:

Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici

64
Solidificazione primaria completamente austenitica (modo A), con un percorso:
L L +

Solidificazione austenitica con presenza di ferrite intercellulare (modo AF), con un percorso:
L L L + + + +

Solidificazione ferritica, con presenza di austenite interdendritica (modo FA), con un
percorso: L L L + + + +

Solidificazione primaria completamente ferritica (modo F), con un percorso L L +

In entrambe le categorie di solidificazione, sia eutettica sia peritettica, per quel che concerne le
trasformazioni allo stato solido e tranne nei casi di riconducibili al modo A, la morfologia ed il
contenuto della ferrite- a temperatura ambiente dipendono della velocit di raffreddamento con cui
viene attraversata la curva di solvus che delimita i campi di stabilit di e +. Nel caso della
solidificazione in modalit eutettica, come illustrato in fig.3.2, si pu notare che landamento di tale
curva differente a seconda del contenuto complessivo dei due elementi: nelle leghe pi ricche di
Fe, la curva di solvus pi sensibile alle variazioni del tenore di Ni. Ci denota pertanto, per valori
della concentrazione di Fe decrescenti, uno slittamento della trasformazione allo stato solido verso
temperature inferiori, con conseguente minor efficacia dei processi diffusivi e maggiori possibilit
di ritenzione nella struttura a temperatura ambiente di ferrite- primaria (od eutettica) non
trasformata in austenite [3 ].

Figura 3.2. Sezioni verticali del diagramma ternario Fe-Cr-Ni a valori di %Fe costanti

Per trasferire le indicazioni fornite dallesame del sistema ternario Fe-Cr-Ni alle leghe inossidabili
industrialmente prodotte, possibile far riferimento ai diagrammi basati sul concetto introdotto da
Schaeffler, consistente nella riconduzione del tenore degli elementi di lega a due valori di Cr
eq
e
Ni
eq
. Riportando in funzione dei due tenori equivalenti i modi di solidificazione ottenuti in
condizioni analoghe ma in ambiti differenti, corrispondenti comunque a strutture realizzate
attraverso saldature TIG, stato possibile [4 ] individuare dei limiti allinterno di tale diagramma
per valori costanti del rapporto Cr
eq
/Ni
eq
;

un esempio di tale diagramma riportato in fig.3.3. Il
modi di solidificazione in austenite primaria corrispondono a valori di Cr
eq
/Ni
eq
<1.5, mentre i modi
in ferrite primaria sono contraddistinti da rapporti superiori, fino a giungere al modo F caratteristico
di Cr
eq
/Ni
eq
>1.95. Il fatto che i limiti dei diversi domini corrispondano a valori costanti di tale
rapporto giustificabile sulla base del fatto che nel ternario Fe-Cr-Ni la curva eutettica assume con
ottima approssimazione un andamento radiale uscente dallangolo relativo al 100%Fe con una
Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici

65
pendenza pari proprio al rapporto Cr/Ni=1.5. In realt, come si avuto modo di considerare in
seguito, tale suddivisione dei campi di crescita primaria strettamente legata alle condizioni di
solidificazione, per cui nei processi ad elevata densit di energia, come ad esempio le saldature
laser, i domini individuati possono spostarsi sensibilmente.
Figura 3.3. Diagramma del modo di solidificazione degli acciai inossidabili generalizzato

3.3. Morfologie di solidificazione

Sulla base della classificazione stabilita, possibile descrivere in dettaglio le possibili morfologie
microstrutturali assunte per ciascun modo di solidificazione dal sistema Fe-Cr-Ni. Per la
nomenclatura e il raggruppamento delle morfologie provenienti da un medesimo o da prossimi
modi di solidificazione si fatto riferimento alle definizioni fornite in altri lavori [5 ], in
particolare per quel che concerne le illustrazioni [6 ] delle morfologie stesse realizzate attraverso
la tempra di cordoni di saldatura eseguiti con tecnica TIG.


3.3.1. Solidificazione in austenite primaria

Rientrano nei casi di solidificazione in austenite primaria sia il modo A (solidificazione
completamente austenitica), che i modi AE (solidificazione austenitica con ferrite eutettica) ed AF
(solidificazione austenitica con ferrite intercellulare). A tali modalit di solidificazione, cui si
riferiscono le composizioni del sistema Fe-Cr-Ni ad elevato contenuto di Nickel rispettivamente al
di fuori ed allinterno della regione eutettica ed in generale acciai austenitici con rapporti
Cr
eq
/Ni
eq
<1.5, corrispondono morfologie microstrutturali costituite da una matrice di strutture
colonnari di austenite in forma cellulare, contenenti ferrite- nelle regioni intercolonnari, ad
eccezione del caso del modo di solidificazione A in cui presente soltanto la fase austenitica.
Per la descrizione del processo di accrescimento secondo la modalit in austenite primaria, la cui
microstruttura schematizzata in fig.3.4, sono stati applicati diversi modelli [7-8 ] riconducibili
comunque a quello di re-distribuzione dei soluti di Gulliver-Scheil (cfr par.2.4.1.3). Il comune
denominatore di tali modelli rappresentato dal ritenere trascurabile lomogeneizzazione per
diffusione nella fase austenitica in accrescimento, il che plausibile per via dei modesti coefficienti
di diffusione nellaustenite; per inciso, tali coefficienti risultano di circa due ordini di grandezza
inferiori rispetto agli analoghi calcolati nella fase ferritica, ragion per cui i medesimi modelli non si
rivelano appropriati nel descrivere la modalit di solidificazione primaria di tipo F.

Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici

66
Figura 3.4. Schema del modo di solidificazione A (sinistra)
ed AE/AF e relativa microstruttura (destra)

Le differenze si basano invece sulle ipotesi di diffusivit in fase liquida, variabili fra la condizione
di completo equilibrio (che riproduce quindi perfettamente il modello di Scheil) e quelle di
omogeneizzazione per sola diffusione o per diffusione e convezione combinate. Secondo i diversi
modelli, dopo un transitorio necessario affinch la composizione del liquido allinterfaccia aumenti
dal valore C
0
a
k
C
0
, laccrescimento della fase austenitica procede in condizioni stazionarie sino a
che non si verifica linterazione degli strati diffusivi presenti negli spazi intercellulari. In tale
transitorio, corrispondente agli ultimi stadi della solidificazione, previsto un accumulo di soluto
con unintensit ed unestensione dipendenti dalla condizione ipotizzata per la diffusione in fase
liquida. I risultati delle previsioni sono sensibili ai valori dei coefficienti di partizione scelti per i
due soluti principali, Ni e Cr. Previsioni basate sui valori dei coefficienti di partizione per Cr e Ni
rispettivamente minori e maggiori dellunit, come sarebbe desumibile dallosservazione del
diagramma Fe-Cr-Ni, stimerebbero profili opposti della concentrazione dei due elementi allinterno
della struttura cellulare, con un arricchimento di Ni (ed un impoverimento di Cr) nella zona centrale
ed un suo depauperamento ai bordi di ciascuna struttura (contestuale ad un incremento della
concentrazione di Cr).
Evidenze sperimentali [8 ] di analisi STEM condotte su campioni Fe-21Cr-14Ni, riportate in
fig.3.5, rivelano invece andamenti dei due profili simili anzich opposti, con arricchimenti di
entrambi gli elementi in corrispondenza dei bordi della struttura, pi marcati tuttavia per il Cr.
Lattendibilit di tali risultati, ed il diretto riscontro con i modelli propositi, dovuta al fatto che
nella solidificazione primaria austenitica, non intervengono durante il raffreddamento reazioni allo
stato solido in grado di mutare profondamente la condizione di microsegregazione, per cui ci che
si osserva effettivamente quello che avvenuto durante la solidificazione. I profili illustrati in
fig.3.5 sono indicativi quindi di un errore commesso nel computo dei valori di k a partire alle
sezioni semibinarie del ternario Fe-Cr-Ni, poich in realt, come dimostrato anche in altri lavori [3-
8 ], i coefficienti di distribuzione di Cr e Ni risultano entrambi negativi, nonostante k
Ni
sia molto
pi prossimo allunit rispetto a k
Cr
(i.e. 0.98 contro 0.92).


Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici

67
Riguardo alle modalit di solidificazione AE e AF, landamento dei profili trasversali di
concentrazione nelle strutture colonnari austenitiche del tutto analogo a quanto illustrato per il
modo A: lunica differenza morfologica consiste in uneffettiva presenza di fase ferritica nelle zone
intercellulari, secondo un aspetto tipico, differente da quanto successivamente descritto per la
solidificazione in ferrite primaria. E utile sottolineare il fatto che ferrite eutettica pu essere
osservata anche negli spazi interdendritici di strutture vermicolari solidificate in ferrite primaria.
Ci dovuto alla mutazione della microsegregazione successivamente allinizio della
trasformazione della ferrite primaria in austenite, per cui si verifica nel liquido residuo un accumulo
di soluto con una concentrazione tale da indurre la nucleazione e laccrescimento di germi di ferrite
eutettica.


Figura 3.5. Analisi STEM condotte su sezioni trasversali delle strutture cellulari austenitiche


3.3.2. Solidificazione in ferrite primaria

La solidificazione in ferrite primaria caratteristica delle leghe aventi rapporto Cr
eq
/Ni
eq
superiore
a 1.5: tale modalit differisce da quelle di solidificazione in austenite primaria per il fatto che la fase
ferritica subisce una successiva trasformazione in austenite, per cui la microstruttura finale deriva
dalla combinazione del processo di accrescimento della ferrite- primaria con quello di
trasformazione di questultima in austenite, in parte in presenza di liquido residuo, in parte allo stato
solido.
Come gi accennato in precedenza, allaumentare del valore del rapporto Cr
eq
/Ni
eq
, il tenore e la
morfologia della ferrite- residua a temperatura ambiente cambiano notevolmente, per cui
possibile identificare diverse strutture di solidificazione. Per valori del rapporto 1.5<Cr
eq
/Ni
eq
<1.95
la ferrite- assume una configurazione vermicolare o lamellare, rappresentative entrambe di un
processo di accrescimento dellaustenite in presenza di fase liquida (modo di solidificazione FE e
FA); per valori superiori (Cr
eq
/Ni
eq
>1.95) la morfologia della ferrite- diviene aciculare o tipo-
Widmansttten, indicative di una trasformazione avvenuta completamente allo stato solido
(modo di solidificazione F). Per quanto riguarda le prime due morfologie di ferrite, il parziale
sviluppo dellaustenite a spese della ferrite- quando ancora la fase liquida non esaurita, come
Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici

68
appurato in estesi studi condotti in merito [3-8 ], denota un fenomeno di accrescimento tipico dei
sistemi peritettici, anche nei casi di tenori complessivi degli elementi di lega inferiore al 75% per
cui in base ai diagrammi di stato sarebbe prevedibile un cammino di solidificazione di tipo
eutettico. E bene tener quindi presente che il modo di solidificazione FE rappresenta in realt
soltanto una convenzione per identificare le leghe di composizione che ricadono nella regione
eutettica ad alti valori di Cr, essendo effettivamente il loro percorso di solidificazione riconducibile
ad una trasformazione peritettica. Al di fuori della regione eutettica, invece, il percorso di
solidificazione che contraddistingue la modalit F risulta invece appropriato a descrivere lo
sviluppo delle microstrutture riscontrabili.
Per laspetto caratteristico di ciascuna delle morfologie menzionate, ciascuna di esse stata
quindi esaminata in dettaglio, con lausilio delle documentazioni STEM e TEM disponibili in
letteratura.


3.3.2.1. Ferrite vermicolare

Questa tipica morfologia, definita tale per la presenza di ferrite- lungo lo scheletro delle dendriti
come raffigurato in fig.3.6, deriva da un processo di accrescimento di dendriti ferritiche primarie,
che progressivamente ma non del tutto vengono consumate dalla trasformazione per la
diffusione che avviene sia in presenza di fase liquida residua che allo stato solido. Non hanno
invece trovato riscontro altri studi [5-10 ] in cui era stato ipotizzato che tale trasformazione
procedesse esclusivamente in fase solida, in virt dei gradienti di concentrazione indotti dalla
solidificazione primaria ferritica. Secondo tali ipotesi, le variazioni di concentrazione di Cr e Ni fra
il cuore delle dendriti e lo spazio compreso tra esse, corrispondente allultimo stadio della
solidificazione, sarebbero responsabile di un massivo processo di trasformazione allo stato
solido, per effetto del quale linterfaccia / avanzerebbe verso lo scheletro delle dendriti
arrestandosi in prossimit di esso per il venir meno della spinta diffusiva.


Figura 3.6. Schema del modo di solidificazione FE in ferrite lamellare e relativa microstruttura

Analisi STEM [8-11-12 ] dei tenori di Ni e Cr in strutture ferritiche vermicolari hanno invece
smentito tale ipotesi per lassenza del transitorio che dovrebbe verificarsi nello stadio finale di
Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici

69
solidificazione delle dendriti ferritiche primarie. Limpoverimento di Cr negli spazi interdendritici
che ne deriverebbe non trova infatti riscontro nellomogenea distribuzione di tale elemento
osservata in tali regioni. Quello che si riscontra, riportato in fig.3.7, invece un incremento del
contenuto di Ni nella regione compresa fra i rami delle dendriti, indicativo di un processo di
partizione fra austenite e ferrite, che avviene nel movimento dellinterfaccia / .

Figura 3.7. Analisi STEM condotte nella regione compresa fra due dendriti primarie ferritiche


La trasformazione allo stato solido susseguente allesaurimento della fase liquida assume
unimportanza fondamentale nella determinazione della morfologia finale della ferrite-.
Considerato che la diffusivit di Cr e Ni in sono circa 100 volte pi elevate dei corrispettivi valori
in , ci determina una rilevante omogeneizzazione delle strutture durante il raffreddamento. Ad
esempio, uno studio del processo di solidificazione in ferrite primaria svolto con un modello agli
elementi finiti comprensivo della diffusione in fase solida ha dimostrato che [13 ], anche
nellipotesi approssimata di coefficienti di distribuzione di Cr e Ni rispettivamente maggiori e
minori dellunit, con una conseguente notevole differenza di composizione del Cr (pari al 7%) fra
lasse di una struttura dendrite colonnare ed il suo bordo, che tali gradienti di concentrazione si
annullerebbero molto rapidamente. Nel modello descritto, stata valutata la solidificazione di celle
della composizione di 23%Cr e 12%Ni, della dimensione di 2.5m, raffreddate a 5000K/s; il tempo
previsto per la completa omogeneizzazione stato in tal caso valutato in appena circa 0.75 secondi.
Per quanto esposto, la struttura vermicolare pu essere ricondotta ad un cammino di
solidificazione che, a partire dalla formazione di dendriti ferritiche, vede gi in presenza di fase
liquida la nucleazione di austenite allinterfaccia /liquido e il progressivo accrescimento della
stessa a spese della fase primaria. La struttura che si osserva a temperatura ambiente determinata
successivamente dalla ripartizione degli elementi che avviene fra e , il cui effetto tuttavia
notevolmente attenuato dal processo di omogeneizzazione che avviene nella fase durante il
raffreddamento.


Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici

70

3.3.2.2. Ferrite lamellare

Nellambito delle strutture di solidificazione riconducibili al modo FE/FA, la ferrite lamellare
probabilmente la pi caratteristica e la pi diffusa, potendosi ottenere in un ampio spettro di
composizioni e di condizioni di solidificazione. La denominazione lamellare deriva dallaspetto
bidimensionale della struttura, nella quale la ferrite- disposta in lamelle parallele a formare isole
pi o meno distinte fra loro, come illustrato in fig.3.8.
Figura 3.8. Schema del modo di solidificazione FE in ferrite lamellare e relativa microstruttura

Come gi descritto per la ferrite vermicolare, la struttura lamellare evolve in austenite quando
ancora la fase liquida non del tutto esaurita: ci che distingue tale morfologia di solidificazione
rispetto alla precedente, oltre al fatto di presentarsi in leghe di composizione con valori
tendenzialmente pi elevati del rapporto Cr
eq
/Ni
eq
, tuttavia soprattutto la prevalenza della
trasformazione allo stato solido, per effetto della quale la ferrite lamellare presenta alcuni aspetti
caratteristici.
Lorientazione parallela delle singole lamelle infatti indicativa di una corrispondenza
cristallografica con la fase , secondo le relazioni di Kurdjumov-Sachs [14 ] e Nishiyama-
Wasserman [15 ], che sono state entrambe riscontrate in cordoni di saldatura di acciai
inossidabili austenitici [16-17 ].
Unulteriore caratteristica data dalla spaziatura regolare delle lamelle, che suggerisce un
avanzamento dellinterfaccia / con un fronte planare tendenzialmente instabile e quindi in
grado, secondo i modelli descritti nel precedente capitolo, di avanzare in modo perturbato con uno
specifico passo. Alcuni studi sui processi diffusivi allo stato solido [18 ] in tal senso sembrano
trovare conferme in esami TEM condotti su strutture di ferrite lamellare [19 ], ma non ancora
del tutto chiaro se tale morfologia evolva quando laustenite presente come prodotto secondario di
solidificazione o se essa nuclei direttamente ai bordi della struttura colonnare ferritica
progressivamente meno stabile durante il raffreddamento.
Infine, i profili di concentrazione di Cr e Ni eseguiti trasversalmente alla struttura [8 ] riportati
in fig.3.9, forniscono unindicazione precisa riguardo la rilevanza dei processi diffusivi allo stato
solido, per cui le differenze di concentrazione che si riscontrano a temperatura ambiente sono da
attribuire prevalentemente a questi ultimi piuttosto che alla microsegregazioni legata agli stadi
iniziali della solidificazione.

Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici

71

Figura 3.9. Analisi STEM condotte su una sezione trasversale di lamelle ferritiche


3.3.2.3. Ferrite aciculare e tipo-Widmansttten

Queste morfologie di solidificazione sono le sole direttamente riferibili al modo di solidificazione
F, caratterizzato da una trasformazione completamente allo stato solido. La caratteristica di
tali microstrutture risiede nel fatto che la transizione di fase avviene a partire dai bordi di grano di
una struttura completamente sviluppata, come illustrato nelle rappresentazioni schematiche e nelle
micrografie riportate in fig.3.10.


Figura 3.10. Schema del modo di solidificazione F in ferrite aciculare, con relativa microstruttura,
e austenite tipo Widmansttten, anchesso con relativa microstruttura
Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici

72

Lestesa diffusione allo stato solido che alla base della trasformazione implica una
composizione finale molto uniforme allinterno delle due fasi, come stato infatti dimostrato
[16 ]. E stata rilevata inoltre lesistenza di determinati piani di habitus per la trasformazione
, consistente nella relazione fra la giacitura {111} e la {225} [16 ].


3.4. Criccabilit a caldo

Per quel che concerne gli acciai inossidabili, uno degli aspetti ingegneristicamente pi rilevanti
dellapplicazione del concetto di selezione della modalit di solidificazione primaria rappresentato
dalla tendenza alla criccatura a caldo delle strutture di saldatura. E ormai noto che tale fenomeno
da imputarsi alla segregazione di impurezze quali S e P in grado di formare, negli ultimi stadi della
solidificazione, film liquidi a bassa temperatura ai bordi delle strutture colonnari: leffetto
decoesivo indotto dalla presenza di una fase bassofondente associato alle tensioni di
raffreddamento, particolarmente rilevanti, ad esempio, nei processi di solidificazione rapida,
determinano quindi la criccatura delle strutture.
E stato altres dimostrato che la presenza di una certa quantit di ferrite- residua risulta benefica
nella prevenzione di tale fenomeno: in realt, per quanto considerato in precedenza, ci che va
associato a tale evidenza nella microstruttura un modo di solidificazione differente, per cui la
resistenza alla criccabilit a caldo va attribuita essenzialmente ad un accrescimento primario
ferritico anzich austenitico.
In leghe Fe-Cr-Ni drogate con tenori crescenti di P e S, stato riscontrato [20 ] che strutture di
solidificazione primaria austenitica presentavano fosfuri disposti come inclusioni lungo i bordi delle
strutture cellulari ed in forma di film ai bordi grano, come riportato nella micrografia di fig.3.11, e
solfuri in forma di sole inclusioni di tipo CrS nelle medesime posizioni.

Figura 3.11. Micrografia SEM di una struttura cellulare austenitica
con presenza ai bordi di ferrite- e fosfuri

Nei casi di accrescimento primario ferritico, a fronte di solfuri disposti lungo i bordi delle
strutture colonnari ed anche allinterno delle stesse in corrispondenza dellinterfaccia /, molto
meno evidente stata la presenza di fosfuri.
Tale comportamento va associato alle diverse solubilit di fosforo e zolfo nelle fasi e , essendo
il primo elemento solubile al 2.8% nella ferrite a 1050C ed al 0.25% nellaustenite a 1150C, ed il
secondo allo 0.18% nella ferrite a 1365C ed al 0.05% nellaustenite a 1356C [21 ].
Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici

73
Le evidenze sperimentali sono consistenti con i valori riportati, poich essi indicano un grado di
segregazione comunque pi accentuato dello zolfo rispetto al fosforo, essendo i limiti di solubilit
generalmente inferiori per il primo elemento, ma soprattutto denotano una minor tendenza alla
partizione delle impurezze da parte della ferrite-, essendo tale fase capace di solubilizzare tenori
pi elevati sia di S che di P.
La ragione della differente disposizione delle impurezze, presenti ai bordi delle strutture cellulari
austenitiche o allinterno delle dendriti ferritiche in corrispondenza dellinterfaccia /, dovuta ad
una tendenza diversa allintrappolamento delle seconde fasi che funzione del rapporto delle
reciproche tensioni interfacciali, espresso dalla:

(1)
s l p l
p s

+


e dalla velocit di avanzamento del fronte di solidificazione. Tale tendenza, per quanto evidenziato
sperimentalmente, maggiore durante laccrescimento di piuttosto che di . Nella ferrite
vermicolare, quindi, la presenza di solfuri allinterfaccia / da attribuirsi ad un intrappolamento
degli stessi da parte della ferrite durante il suo accrescimento, con successivo loro rigetto da parte
dellaustenite durante il suo avanzamento a spese della fase ferritica primaria.
Per quel che concerne la presenza di film o inclusioni lungo i bordi, laustenite primaria risulta
scarsamente bagnata dalle fase bassofondente ricca in S che si forma negli ultimi stadi della
solidificazione, ragion per cui tale impurezza si presenta in forma di inclusioni ai bordi delle
strutture cellulari o dei grani, mentre lopposto di verifica per la solidificazione delle fasi ricche in
P, molto pi bagnabili dallaustenite e quindi presenti come film lungo i bordi di grano. La struttura
ferritica primaria, daltro lato risulta allo stesso modo scarsamente bagnata sia dai solfuri che dai
fosfuri, nonostante questi ultimi siano pi difficilmente rilevabili, anche per le dimensioni
tendenzialmente inferiori.

Alla luce di quanto esposto, i benefici derivanti da una solidificazione che preveda la formazione
di ferrite, sia primaria che secondaria per effetto di una trasformazione eutettica o peritettica, sono
quindi molteplici.
Il primo di essi, come gi menzionato, deriva dalla minor tendenza della fase ferritica alla
segregazione delle impurezze, data dalla maggior solubilit di questultime nella fase .
Inoltre, certo il beneficio indotto da una trasformazione eutettica o peritettica, dovuto alla
formazione di un interfaccia /. Ci innanzitutto per la possibilit di minimizzare leffetto delle
inclusioni, che risultano mediamente pi disperse in quanto distribuite su una superficie pi elevata.
In secondo luogo, per un effetto tenacizzante indotto dalla presenza di una discontinuit
microstrutturale, che rappresenta una vera e propria barriera alla propagazione delle cricche. Infine
per una minor bagnabilit nei confronti dei liquidi bassofondenti, per cui eventuali film non
interessano comunque linterfaccia / nella sua interezza, ma esistono sempre tratti in cui essa
salda.
Negli acciai inossidabili a ridotto tenore di nickel, plausibile che lelevato tenore di manganese
svolga un effetto tenacizzante, in quanto la partizione di tale elemento dalla fase solida in
accrescimento, in particolare se ferritica, pu determinare un arresto della microsegregazione
attraverso la combinazione dello zolfo con il manganese stesso, con formazione di solfuri.




Capitolo 3. Solidificazione degli acciai inossidabili austenitici

74
Bibliografia del capitolo


[1 ] E.Schurmann, I Brauckmann, Arch. Eisenhttenwes., 48, 1978, 3-8

[2 ] C.D. Lundin, D.F.Spond, Welding J., vol.55, n11, 1976, 356-367

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[20 ] J.A.Brooks, A.W.Thompson, Welding Journal., 62, 1983, 220-225

[21 ] M.Hansen, K.Anderko, Costitution of binary alloys, 2nd ed., 1958, New York, McGraw-
Hill

75
PARTE II


Studio della solidificazione
degli acciai inossidabili a ridotto tenore di nickel


Nella parte introduttiva del presente lavoro stato illustrato il panorama bibliografico e
brevettuale relativo agli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, a partire
dallesigenza industriale e commerciale di sostituire parzialmente il nickel negli acciai inossidabili,
per poi evidenziare gli aspetti principali di natura metallurgica, tecnologica ed applicativa legati a
questa nuova famiglia dacciai, e presentare quindi una panoramica delle composizioni e degli usi
finali dei prodotti gi presenti sul mercato.
Successivamente, sono stati introdotti alcuni concetti relativi ai fondamenti della scienza della
solidificazione ed alle applicazioni di tale disciplina agli acciai inossidabili, con particolare riguardo
alle implicazioni tecnologiche degli argomenti esaminati. Si posto in evidenza come la capacit di
prevedere la modalit di solidificazione primaria rappresenti una necessit per tutti quei processi
industriali nei quali le propriet del prodotto finale, prima fra tutte la sua integrit fisica, siano
attribuite al materiale dalla solidificazione. Un esempio tipico rappresentato dallesecuzione di
cordoni di saldatura di acciai inossidabili austenitici, in cui la determinazione della fase primaria di
solidificazione ( o primaria) in funzione delle condizioni di smaltimento del calore, risulta critica
per il conseguimento di strutture esenti da cricche.
La trattazione svolta costituisce quindi il riferimento adatto per procedere allesposizione della
parte premiante del presente lavoro, in cui sono state investigate le modalit di solidificazione degli
acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, in condizioni variabili di raffreddamento e
per diversi tenori degli elementi che maggiormente contraddistinguono tali leghe, ovvero
manganese ed azoto.
A tale scopo, la parte concettualmente pi rilevante dellintero lavoro di tesi rappresentata dallo
sviluppo ed implementazione di un modello di selezione della fase primaria, il cui obiettivo la
determinazione del modo di solidificazione di un generico sistema metallico multicomponente in
quei casi in cui possa verificarsi la crescita competitiva di diverse fasi stabili e metastabili.
Lesigenza che ha spinto alla formulazione di un modello rispondente alle specifiche indicate,
stata dettata dalla scarsa affidabilit delle previsioni fornite dai modelli di studio degli equilibri
termodinamici in contesti in cui la solidificazione avviene in condizioni effettivamente lontane
dallequilibrio, che si manifestano attraverso gli elevati gradi di sottoraffreddamento con cui le fasi
solide si accrescono rispetto alle proprie temperature di liquidus, ed eventualmente
nellaccrescimento di fasi teoricamente metastabili. Riprendendo e sviluppando i concetti esposti
nei capitoli precedenti, si potuto quindi disporre di un utile strumento per lo studio dei modi di
solidificazione anche di acciai non convenzionali, quali sono appunto gli inossidabili austenitici a
ridotto tenore di nickel.
Nel prosieguo del lavoro, riportata la parte sperimentale dellattivit di ricerca, consistente
nellesame di strutture di solidificazione di acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel
ottenute in diverse condizioni di raffreddamento. Sono state in prima istanza prese in
considerazione condizioni di raffreddamento prossime allequilibrio, in modo tale da poter
effettuare anche unanalisi critica delle possibilit, e dei limiti, di applicazione in tali ambiti dei
modelli termodinamici come strumenti di previsione dei modi e delle microstrutture di
solidificazione.

76
In secondo luogo, sono stati investigati gli effetti di condizioni di estrazione del calore molto pi
rapide, cos da poter effettuare una taratura del modello sviluppato nel campo delle composizioni di
interesse del presente lavoro.
La conclusione dellattivit riportata nella presente parte del lavoro, infine, consistita nella
sintesi delle considerazioni di carattere previsionale e delle evidenze sperimentali, attraverso la
redazione di mappe di selezione della fase primaria degli acciai inossidabili austenitici a ridotto
tenore di nickel.

77
Capitolo 4. Sviluppo del modello di selezione della fase primaria


4.1. Introduzione

Nel presente capitolo illustrato lo sviluppo di un modello di selezione della fase primaria,
applicato nel prosieguo del lavoro per lo studio della solidificazione degli acciai inossidabili a
ridotto tenore di nickel in condizioni di raffreddamento lontane dallequilibrio. Tale modello
rappresenta il contenuto maggiormente innovativo dellintero lavoro di tesi e nel, presente capitolo,
ne sono illustrati i presupposti teorici e le scelte metodologiche, attraverso unesposizione critica
della documentazione bibliografica di riferimento.
Di tale modello stata proposta unapplicazione relativa ad acciai inossidabili convenzionali, al
fine di valutare la correttezza della procedura di calcolo ed i risultati finali in un contesto noto, e
poter quindi esaminare criticamente la sensibilit stessa del modello rispetto ai parametri di input.
Come introduzione alla sezione del capitolo relativa alla descrizione del modello di selezione
della fase primaria, il paragrafo seguente dedicato allesposizione dei risultati pi salienti relativi
allapplicazione di modelli analoghi agli acciai inossidabili austenitici convenzionali.


4.2. Mappe di selezione di fase degli acciai inossidabili austenitici

Nel paragrafo 2.4.1.2, relativo alle morfologie di solidificazione associate ad un accrescimento in
forma dendritica, stato illustrato come tali morfologie dipendano dalle condizioni di estrazione
del calore, ed in particolare dalla velocit di avanzamento del fronte di solidificazione. Si visto
come le morfologie a carattere colonnare (cellulare o dendritico) siano stabili in un intervallo di
velocit compreso fra il limite costituzionale V
c
e quello assoluto V
a
, oltre i quali lavanzamento del
fronte solido avviene in modalit planare. A ciascuna morfologia corrisponde una temperatura di
interfaccia T
*
, che deriva dalle condizioni di gradiente di concentrazione dei soluti nel liquido
antistante il fronte di solidificazione e che pu essere per questo desunta dalle curve di liquidus dei
diagrammi di stato. In condizioni di stabilit del fronte planare, T
*
assume il valore minimo
corrispondente alla T
sol
, mentre per velocit di accrescimento intermedie T
*
prossima alla T
liq
.
In generale, la modalit di solidificazione primaria ed i concetti stessi di limite di stabilit
possono essere ricondotti ad un criterio che si basa proprio sullo studio delle temperature di
interfaccia. La formazione di una struttura di solidificazione avviene, infatti, in modo tale per cui la
fase che si accresce preferenzialmente quella per la quale il sottoraffreddamento del sistema
risulta minimizzato. Tale principio pu essere tradotto pi appropriatamente in un criterio di
massimizzazione della temperatura di interfaccia solido/liquido delle varie fasi presenti nel sistema,
ritenendo ciascuna fase competitiva teoricamente indipendente ed avente una propria T
liq

desumibile dai diagrammi di stato estesi anche alle condizioni metastabili.
Il criterio di massimizzazione della temperatura di interfaccia pu essere quindi sintetizzato nella
cosiddetta IRF (interface response function), che indica in funzione di V la morfologia della
struttura solidificata:

(1) ( ) ( ) ( )
/
,
d c p
IRF V Max T V T V =



in cui T
d/c
esprime la temperatura di interfaccia di una morfologia colonnare a carattere dendritico o
cellulare e T
p
la temperatura di accrescimento del fronte planare.
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

78
La (1) pu essere risolta per via numerica determinando le temperature di interfaccia delle
strutture in competizione, e generalizzata ad un sistema n-fasico considerando a secondo membro
della (1) altrettante funzioni aventi espressioni analoghe. Il computo della IRF relativamente al
sistema Fe-Cr-Ni reso complesso dalla competizione di ben cinque strutture, costituite da dendriti
(o celle) di austenite e ferrite, da fronti planari di entrambe le fasi, e dal relativo eutettico, secondo
quanto riportato nel paragrafo 3.3 relativamente alle strutture di solidificazione degli acciai
inossidabili austenitici.
Figura 4.1. Diagramma della funzione IRF relativa ad una lega Fe-Cr-Ni

Un esempio dellandamento della IRF relativa ad una lega Fe-17.9%Cr-11.5%Ni, e per un
gradiente di 15 K/mm, riportato in fig.4.1 [1 ]; dallesame del grafico riportato si pu notare
come, per i modesti valori di V, la morfologia di solidificazione sia di tipo eutettico con una
temperatura di interfaccia intermedia fra la temperature di liquidus e di solidus dellacciaio. Per
valori di V crescenti, la struttura eutettica muta a favore di una fase primaria ferritica in forma
dendritica, con un aumento della temperatura di interfaccia che progressivamente raggiunge valori
prossimi alla T
liq
di tale fase.
Il maggior sottoraffreddamento della fase ferritica rispetto allaustenite cellulare fa s che avvenga
la transizione verso una modalit di solidificazione primaria in cellule di austenite; la temperatura di
interfaccia della fase diminuisce poi allapprossimarsi del proprio limite di stabilit, in
corrispondenza del quale la morfologia di accrescimento torna ad essere di tipo planare. In
corrispondenza di V
a
, la struttura cineticamente pi favorevole ritorna ad essere quella planare,
essendo ripristinata la condizione
/ p d c
T T > . Per valori della velocit di accrescimento compresi fra
V
a
e il massimo della curva della temperatura associata alla morfologia planare, questultima
struttura rimane solo parzialmente stabile, dando luogo a strutture bandeggiate dovute a fenomeni
di instabilit a carattere oscillatorio. Oltre il massimo della curva associata a T
p
, la struttura
austenitica planare ritorna invece incondizionatamente stabile.
Applicando il medesimo criterio espresso dalla (1), e tracciando molteplici grafici analoghi a
quanto riportato in fig.4.1, sono state tracciate mappe di selezione di fase relativamente ad acciai
inossidabili austenitici a diverso rapporto Cr/Ni
,
nelle quali la modalit di solidificazione primaria
indicata in funzione di tale rapporto e della velocit di avanzamento del fronte solido. Un esempio
di tali mappe di selezione di fase riportato in fig.4.2, in cui sono stati investigati e verificati
sperimentalmente i mutamenti delle strutture di solidificazione in diverse condizioni di gradiente
termico G [2 ].
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

79
Figura 4.2. Mappe di selezione di fase di leghe Fe-Cr-Ni
per diverse condizioni di gradiente termico: G=15K/mm (a) e G=700K/mm (b)

Si pu notare come il maggior gradiente termico innalzi il limite di stabilit previsto oltre il quale
il fronte di solidificazione eutettico in forma lamellare diviene instabile a favore di strutture cellulari
di austenite o dendritiche di carattere ferritico. Allaumentare della velocit di crescita prevista
inoltre una stabilizzazione delle cellule austenitiche, indipendente dal valore di gradiente termico,
che si raggiunge per velocit crescenti allaumentare del rapporto Cr/Ni; tale indicazione
consistente con le evidenze secondo cui strutture dendritiche ferritiche possono solidificare in
austenite primaria metastabile allaumentare della velocit di crescita (ad es. saldature laser
confrontate con TIG). Per elevati valori di V, infine, le mappe indicano un ripristino dei fronti
planari, di fase o a seconda del rapporto Cr/Ni, preceduti dalla formazione di strutture
bandeggiate.
La verifica sperimentale delle indicazioni fornite da tali mappe stata svolta in base ad indagini
metallografiche condotte su cordoni di saldatura laser e su campioni solidificati nellapparato di
Bridgman (solidificazione direzionale con V costante in un campo termico con G costante e noto),
cui si riferiscono le due condizioni di gradiente termico sopra indicate. La scelta dei due processi
deriva dalle condizioni profondamente diverse di accrescimento che si instaurano, in quanto
nellapparato di Bridgman si possono raggiungere valori di V non superiori a 10mm/s e modesti
gradienti termici (nellordine, appunto, dei 15 K/mm), mentre la saldatura laser caratterizzata da
un ripido gradiente termico fra la pozza liquida ed il metallo base che pu raggiungere lordine delle
a
b
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

80
centinaia di K/mm (nei cordoni realizzati, stata stimato un valore in base alla spaziatura dendritica
secondaria pari a 500250 K/mm) e da velocit di crescita tendenzialmente superiori (sino a
250mm/s).
Un primo riscontro relativo alla spaziatura lamellare delle strutture eutettiche + risultato
congruente con le indicazioni derivanti dalla (I-65) applicata ad entrambi i processi di
solidificazione. Effettivamente
e
diminuisce con la velocit di accrescimento secondo una legge
del tipo = V
e
2
cost, con un ordine di grandezza poco diverso da quanto previsto teoricamente
( s m K
sper
10 9 . 5
15
= contro s m K
teor
10 5 . 1
15
= ).
Un buon accordo sperimentale stato trovato inoltre con le previsioni generali delle mappe di
selezione di fase, con lievi scostamenti relativamente alla transizione / al crescere della velocit,
probabilmente indotti dallinfluenza sui rispettivi sottoraffreddamenti costituzionali degli elementi a
carattere molto partitivo come C e N, inevitabilmente contenuti nelle leghe utilizzate nella
sperimentazione. Tenendo conto anche degli elementi presenti a livello di impurezze e
riconducendo quindi il rapporto Cr/Ni ad un pi realistico Cr
eq
/Ni
eq
laccordo fra le previsioni
teoriche ed i rilevi migliora sensibilmente, come illustrato dal grafico di fig.4.3 [3-4].

Figura 4.3. Velocit di transizione / di una lega Fe-Cr-Ni-C in funzione del rapporto Cr
eq
/Ni
eq


Il calcolo relativo al ternario Fe-Cr-Ni pu essere in generale esteso a sistemi multicomponenti,
rendendo il computo della IRF pi complesso ma senza che ci muti il fondamento concettuale
della definizione della funzione. Negli acciai inossidabili austenitici ci risulta utile per tener conto
anche degli altri elementi che sono presenti nelle leghe prodotte industrialmente, per cui grafici
come quello di figura 4.3 possono essere tracciati in funzione del rapporto Cr
eq
/Ni
eq
nella sua
accezione pi estesa.
Uno studio simile stato ad esempio condotto in riferimento alle problematiche di solidificazione
degli acciai inossidabili austenitici convenzionali nel processo di colata continua in strip-casting
[5 ]. In tale lavoro, stata evidenziata la criticit del modo di solidificazione primario nella
determinazione della resistenza alla criccabilit della prima pelle solidificata. Attraverso uno studio
termo-tensionale, sono state individuate le condizioni microstrutturali in grado di minimizzare le
tensioni associate alla solidificazione rapida. In particolare, stata indivuata negli acciai aventi una
trasformazione peritettica in prossimit della T
liq
, la condizione migliore per attenuare le tensioni di
ritiro in un intervallo di tempo pi ampio, e distribuirle su una struttura intrinsecamente pi
resistente. Daltro canto, la struttura maggiormente suscettibile alle cricche risultata la ferrite
lamellare, per la rapidit del passaggio di fase liquido/solido e del conseguente ripartirsi delle
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

81
tensioni su una struttura sottile ed a temperatura relativamente pi elevata. Di tale lavoro si riporta
in fig.4.4 la mappa di selezione della fase primaria, in funzione del rapporto Cr
eq
/Ni
eq
secondo gli
equivalenti definiti da Hammar e Svensson [6 ], impiegata come input del codice di calcolo
termotensionale. La mappa di fig.4.4 stata, nel prosieguo del lavoro, utilizzata come termine di
confronto relativamente allanalogo diagramma di selezione della fase primaria relativo agli acciai
inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, redatto in base ai risultati del modello di
solidificazione rapida sviluppato nel presente capitolo.
Figura 4.4. Mappa di selezione di fase
degli acciai inossidabili austenitici convenzionali tipo AISI 304 [5 ]

4.3. Modello di selezione della fase primaria

Nella sezione comprendente il presente ed i successivi paragrafi, sono illustrati i presupposti
teorici e le dimostrazioni delle relazioni impiegate per implementare il modello di selezione della
fase primaria.
Il modello fisico descritto si applica alla crescita competitiva di un fronte planare o
cellulare/dendritico in condizioni di solidificazione direzionale (G>0). Il modello riprende e collega
studi condotti da autori diversi in vari ambiti della solidificazione, e si basa su un approccio
prevalentemente numerico, cercando quindi di superare determinate ipotesi semplificative che
compaiono nelle formulazioni analitiche prese in considerazione. Il modello stato implementato in
un foglio di calcolo in ambiente Windows-Excel.
La parte centrale del modello costituita dalla definizione di un criterio per la determinazione
della scala della microstruttura (nello specifico rappresentata dal raggio di curvatura dellapice della
dendrite R) in funzione delle condizioni di solidificazione (gradiente termico G, velocit di
accrescimento V, velocit di raffreddamento T
&
). I parametri (G, V, T
&
), come descritto nel
paragrafo 2.2, rappresentano delle grandezze indipendenti, che possono essere valutate a priori, ad
esempio attraverso lapplicazione di modelli termo-meccanici esterni che prevedano levoluzione
del campo termico esistente in un processo di solidificazione.
La determinazione di R avviene attraverso un algoritmo numerico di iterazione, che giunge ad
una stima ottimizzata dei valori di R per ciascuna fase del sistema presa in considerazione. Sulla
base di tale conclusione parziale, vengono calcolati i contributi al sottoraffreddamento delle diverse
1
10
100
1000
1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2 2,1 2,2 2,3
Cr
eq
/ Ni
eq
G
r
o
w
t
h

r
a
t
e

(
m
m
/
s
)
planar austenite
dendritic ferrite cellular
austenite
planar ferrite
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

82
fasi e di conseguenza le relative temperature di interfaccia solido/liquido. In base al criterio
espresso dalla (1), che come si visto nel precedente paragrafo ha trovato ottimo riscontro
sperimentale nel caso degli acciai inossidabili austenitici convenzionali, si determina infine la fase
primaria di solidificazione, ovvero quella che si accresce alla temperatura pi elevata.
Il modello stato applicato, per verificarne la correttezza, in riferimento ad un acciaio tipo AISI
304 avente rapporto Cr
eq
/Ni
eq
pari a 1.79 secondo la definizione di tale rapporto fornita da Hammar-
Svensson. Per la determinazione dei parametri termodinamici necessari, si fatto ricorso alla
modellistica disponibile (Thermocalc, IDS, CDG) ed a dati di letteratura.


4.3.1. Descrizione del modello

Come menzionato, il cardine del modello costituito dalla definizione di un criterio per la
determinazione della scala della microstruttura (nello specifico rappresentata dal raggio di curvatura
dellapice della dendrite R) in funzione delle condizioni di solidificazione (gradiente termico G,
velocit di accrescimento V, velocit di raffreddamento T
&
), applicato ad una sistema
multicomponente.
Il metodo di calcolo funziona secondo il seguente algoritmo:

Vengono fornite in input le coppie di valori G e V che descrivono il processo di
solidificazione esaminato. Tali parametri sono del tutto generali e possono essere
ricavati da rilievi sperimentali, da modelli termo-tensionali o pi semplicemente estratti
dalla letteratura

E eseguita una prima stima del valore R per ogni coppia G,V e per tutte le fasi possibili
del sistema (stabili e metastabili), mediante una formulazione semplificata del criterio
di definizione della scala della microstruttura. Sulla base del valore di R stimato e
attraverso un algoritmo numerico di iterazione riferito al criterio pi generale, il
modello giunge ad una stima ottimizzata dei valori di R di ciascuna fase.

In base al valore di R ottimizzato, possibile calcolare i diversi contributi al
sottoraffreddamento di ciascuna fase considerata e di conseguenza le relative
temperature di interfaccia solido/liquido che concorrono alla definizione della IRF del
sistema considerato.

Larticolazione del modello schematicamente riassunta in fig.4.5.


Per chiarezza di esposizione, e per approfondire adeguatamente i presupposti teorici che ne sono
alla base, alcuni punti dellalgoritmo descritto sono stati affrontati separatamente nel prosieguo
dello sviluppo del modello. In particolare, sono stati discussi:

1) Il criterio per la determinazione del legame R=f(G,V) applicato ad un sistema
multicomponente;

2) Lo studio degli effetti cinetici della solidificazione per la composizione dei termini di
sottoraffreddamento;

Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

83
Figura 4.5. Schema del modello di selezione della fase primaria
Definizione dei parametri di input:
1) Condizioni di solidificazione (G, V, T)
2) Propriet allequilibrio di ciascuna fase della lega considerata
(T
sol
, H
f
, T
m
, k, m, diffusivit dei diversi elementi, etc.)
1 stima di R per
ciascuna delle fasi
considerate
Ottimizzazione iterativa dei valori di R
Calcolo dei coefficienti
k e m fuori equilibrio
Calcolo dei gradienti di
concentrazione dei
soluti nel liquido
allinterfaccia
Calcolo di R per
ciascuna delle fasi
considerate
Determinazione dei termini di sottoraffreddamento
di ciascuna fase
Individuazione della fase primaria di solidificazione
.
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

84
4.3.2. Definizione della relazione R=f(G,V)

Nel paragrafo I.4.1 stato introdotto il concetto di criterio di stabilit costituzionale nella
solidificazione direzionale, espresso dalla relazione (2-40) qui di seguito riportata:

(2)
0
T
D G
V
l l
C

=

che indica il valore di velocit di avanzamento di un fronte di solidificazione in corrispondenza del
quale la morfologia planare diviene instabile, ed oltre il quale una perturbazione che si propaga dal
fronte planare medesimo pu accrescersi per il sottoraffreddamento costituzionale cui soggetta. Il
criterio espresso dalla (2) presenta tuttavia dei limiti, in quanto non fornisce indicazioni riguardo la
scala e la morfologia di accrescimento di un fronte di solidificazione in condizioni di instabilit
della morfologia planare.
A tal proposito, superando i limiti insiti nellelaborazione basata sulla termodinamica classica,
esposta in 2.4.1.1, la teoria delle perturbazioni consente di ricavare un criterio generale per
determinare univocamente il legame fra le condizioni di solidificazione, in questo caso riferite
allaccrescimento in forma colonnare di una lega, e la scala della microstruttura, espressa dal raggio
di curvatura dellapice della dendrite.
La teoria [8 ] prende in considerazione un modello di perturbazione sinusoidale di un fronte
planare avente ampiezza e lunghezza donda .

Figura 4.6. Sistema di riferimento di un fronte planare perturbato

In tali condizioni, in un sistema di riferimento in due dimensioni come riportato in fig.4.6, avente
asse x parallelo al fronte di solidificazione e asse z ortogonale ad esso con verso positivo uscente
dalla fase solida, la posizione dellinterfaccia espressa dalla relazione:

(3) ) sin( x z =

con , numero donda, pari a:

Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

85
(4)

2
=

Le espressioni differenziali (2-21, 2-32 e 2-33), che rappresentano rispettivamente le equazioni di
Fick per la diffusione e di Fourier per la trasmissione del calore applicate ad un sistema in
movimento con velocit costante V parallela alla direzione z, tenendo conto dellestensione in due
dimensioni del problema, divengono:

(5) 0
2
2
2
2
=

z
C
D
V
z
C
x
C
l


(6) 0
2
2
2
2
=

z
T
K
V
z
T
x
T
l
l
l l


(7) 0
2
2
2
2
=

z
T
K
V
z
T
x
T
s
s
s s



Le soluzioni delle (5,6,7) per il fronte perturbato, possono essere ottenute aggiungendo un termine
alle soluzioni relative alla configurazione planare (2-31, 2-37, 2-38), che abbiano la stessa forma
della perturbazione, a meno di costanti che debbono essere determinate applicando nuovamente le
condizioni al contorno. Vanno cio ricercate soluzioni che abbiano la forma:

(8) ) exp( ) sin( exp
1 1 0
z B x A
D
Vz
V
D G
C C
l
l c
l
+

+ =
(9) ) exp( ) sin( exp 1
2 2 0
z B x A
K
Vz
V
K G
T T
l
l l
l
+

+ =
(10) ) exp( ) sin( exp 1
3 3 0
z B x A
K
Vz
V
K G
T T
s
s s
s
+

+ =

E necessario determinare quindi, attraverso la verifica delle condizioni al contorno, sei costanti.
Il fatto che le soluzioni (8,9,10) debbano soddisfare le (5,6,7) si traduce nelle condizioni:

(11)
2
1
2
2
1
2 2

+ =
l l
D
V
D
V
B

(12)
2
1
2
2
2
2 2

+ =
l l
K
V
K
V
B

(13)
2
1
2
2
3
2 2

+ =
s s
K
V
K
V
B
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

86
Per la determinazione di A
1
-A
3
, le altre condizioni al contorno che debbono essere soddisfatte
consistono in:

1) la temperatura delle fasi liquide e solide, espresse dalle (9,10) devono coincidere
allinterfaccia, ovvero per z= sin(x) (tale condizione del tutto analoga alla (2-34)
relativa alla soluzione del caso planare semplice);

2) una condizione di accoppiamento, che permette di associare la posizione sullinterfaccia
alla sua temperatura T*, ipotizzando che i campi di temperatura e concentrazione nel
liquido non siano modificati dalla presenza della piccola perturbazione del fronte di
solidificazione. Nellipotesi di equilibrio locale, linterfaccia ha una temperatura espressa
da:

(14) ( ) x mC T K mC T T
l m l m
sin
2 * * *
+ = + + =

(Lespressione (14) tiene conto sia della capillarit, attraverso il coefficiente di Gibbs-
Thomson e la curvatura dellinterfaccia sinusoidale il cui prodotto si traduce in un
sottoraffreddamento di curvatura, sia del fatto che la T
liq
variabile con la concentrazione
del liquido attraverso la pendenza m della curva di liquidus);

3) una condizione al contorno equivalente termicamente alla (2-26), che esprime
luguaglianza tra la quantit di calore prodotto dalla trasformazione del solido nellunit
di tempo ed il calore smaltito dal flusso termico entrante nel solido ed uscente dal liquido
allinterfaccia. Tale velocit deve corrispondere, come nel caso della (2-26) alla
condizione di conservazione di massa, per cui il soluto rigettato dallinterfaccia verso il
liquido deve essere pari alla quantit smaltita da questultimo per via diffusiva


(15)
( ) ( ) ( )
( )
( ) x z e x z
l
x z
l
l
x z
s
s
z
C
k C
D
z
T
K
z
T
K
Hf
V
sin sin sin sin
1
1
= = = =

= ;

In questa sede si tralascia la trattazione matematica, peraltro solo laboriosa, che porta alla
determinazione delle tre costanti A
1
-A
3
, e che consente di esprimere in forma esplicita i campi di
concentrazione dinanzi al fronte planare perturbato e di temperatura nelle fasi solida e liquida. Qui
si riporta un fondamentale corollario di tale teoria, consistente nella determinazione del valore di
& , ovvero del rateo di sviluppo della perturbazione, espresso in rapporto alla sua ampiezza . Il
segno di tale rapporto costituisce il discrimine per laccrescimento o la scomparsa di una
perturbazione che si crea in un fronte solido. La sua espressione pu essere ricavata considerando
che la velocit di avanzamento della perturbazione pu essere espressa come:

(16) ( ) x V V
p
sin & + =

Tale espressione deve soddisfare la parte termica della relazione (15). Perci, tenendo conto
delle relazioni che esprimono i campi di temperatura nelle fasi solida e liquida, qui non esplicitate, e
la cui derivata rispetto a z deve essere calcolata in z=sin(x), si giunge alla relazione:


Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

87
(17)

( ) ( ) ( )
( ) ( )
c e
l
l s
l
c e
l
l s e
l
mG k
D
V
G G
D
V
mG k
D
V
G G k
D
V
V

2 1 *
* 2 1 * 1 * 2
2
+


=
&


dove:

(18)
2
1
2
2
1
2 2
*

= =
l l
D
V
D
V
B

Introducendo il termine:

(19) ) 1 ( *
~
e
l
k
D
V

=

e raccogliendolo a numeratore e denominatore nella (17), possibile riscrivere questultima in
forma pi compatta:

(20)
( )
( )

~
2
~
*
2 2
2
.
c
l s
l
c l s
mG
G G
D
V
mG G G
V
+

+ +
=


Figura 4.7. Domini di stabilit di una perturbazione di un fronte planare in funzione della sua
lunghezza donda (esempio relativo ad un acciaio AISI 304, con G=3.5K/mm e V=1mm/s)
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

88
Le relazioni (17) e (20) presentano un andamento caratteristico rispetto a (o ), riportato in
fig.4.7, avente unintersezione con lasse delle ascisse, che individua il dominio di instabilit
dellinterfaccia planare, ed un massimo in tale dominio associato alla curvatura ideale della
perturbazione, per la quale si verificano le condizioni ottimali di diffusione e di minimizzazione
dellenergia interfacciale.
Lespressione (20) si annulla quando il termine moltiplicativo a numeratore assume valore uguale
a zero. Ci si verifica per:

1) , corrispondente alla cosiddetta stabilit assoluta, ovvero la condizione in
corrispondenza della quale i fenomeni di capillarit prevalgono su quelli di
redistribuzione del soluto;

2)
i
= , ovvero per un valore caratteristico di che rappresenta la lunghezza donda
minima della perturbazione di un fronte di solidificazione tale per cui, in condizioni di
sottoraffreddamento costituzionale ( = mG
c
-G
l
>0), il fronte stesso risulta instabile. Per
0, ovvero in prossimit del limite di stabilit costituzionale, si verifica che

i
(raggio di curvatura della perturbazione infinito), per cui effettivamente la
morfologia pi stabile del fronte quella planare.

Limportanza della determinazione di
i
in funzione delle condizioni di solidificazione risiede nel
fatto che, con buona affidabilit, il suo valore corrisponde al raggio di curvatura dellapice di
dendriti in accrescimento nelle condizioni indicate [8 ]. In altri termini, data una composizione
chimica ed un gradiente di temperatura positivo, una struttura dendritica avanza con una morfologia
che direttamente correlabile alla dimensione caratteristica di instabilit di un fronte planare che
solidifica nelle medesime condizioni di estrazione del calore.
Il criterio che costituisce il cardine del presente modello rappresentato quindi dalla seguente
relazione:

(21)
i
R =

dove
i
assume il valore minimo che annulla la relazione (21) (limite di stabilit marginale), ed R
il raggio di curvatura della punta della dendrite.


4.3.2.1. Criterio semplificato

Attraverso alcune ipotesi semplificatrici [9 ], possibile addivenire ad unespressione
approssimata di
i
di notevole utilit per il prosieguo dello sviluppo del modello. Tale espressione
gi stata menzionata in 2.4.1.2 per confrontare qualitativamente landamento di R e della spaziatura
dendritica primaria in funzione di V, e determinare cos la distribuzione delle morfologie di
solidificazione in diverse condizioni di accrescimento.
Ipotizzando che il gradiente di temperatura nelle fasi solida e liquida sia uguale (K
s
=K
l
per cui
G
l
=G
s
=G) e che il valore di k
e
sia molto piccolo, si ottiene la seguente espressione semplificata
della (20):

(22)
( )
c
c
l
mG
mG G
D
V
V +

=
2
.
*


Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

89

Il valore di
i
approssimato quello per cui la
i
annulla il termine fra parentesi tonde nella (22).
Ci si traduce nella seguente relazione:

(23) G mG
c
=
2


la quale, tenuto conto della (4), diviene:

(24)
2
1
2

=
G mG
c
i


La relazione (24) pu essere ulteriormente trasformata tenendo conto del fatto che, in normali
condizioni di solidificazione dendritica, il gradiente termico diviene trascurabile rispetto a mG
c

(
c
mG G << ). Attraverso la (2-19) e la (2-30) si pu quindi giungere alla stima approssima di
i
:

(25)
2
1
0
2

=
T V
D
l
i


equivalente alla (2-41).
La prima stima del valore di
i
, formulata attraverso il criterio semplificato espresso dalla (25),
tale per cui si ricade nel campo di stabilit della morfologia planare, ovvero la funzione

&

espressa dalla (20), calcolata per
i
i

2
= , dove
i appr
R R = =
1
, assume segno negativo. Tale
risultato sistematico, in quanto derivante delle approssimazioni insite nella semplificazione del
criterio generale. Ipotizzando che 1 <<
e
k e che G mG
c
>> , si modificano entrambi i contributi che
compaiono nella relazione (20), da cui stata dedotta la (25). In particolare, il denominatore della
frazione risulta incrementato per il fatto che, in base alla prima approssimazione, il termine mG
c

non viene pi moltiplicato per un fattore che sarebbe risultato positivo ma inferiore allunit, ed in
base alla seconda approssimazione, viene considerato trascurabile il termine G che avrebbe reso pi
piccola a numeratore la somma algebrica con il risultato della sommatoria. Per tali ragioni, quindi,
la prima stima di R risulta di certo inferiore rispetto al valore vero, e tale da ricadere nel dominio di
stabilit nella morfologia di avanzamento planare.


4.3.2.2. Estensione al sistema multicomponente

Le relazioni sin qui illustrate sono riferite ad un sistema binario, in cui presente un unico soluto.
La validit della teoria tuttavia di carattere generale ed agevolmente estendibile ad un sistema ad
n-componenti. A tale scopo, si deve tener conto che ciascun elemento, rispetto al solvente
principale, presenta caratteristiche proprie di diffusivit nel liquido.
Nel presente modello, quindi, si ipotizza che per ciascun componente del sistema si instauri un
campo di concentrazione nel volume antistante linterfaccia solido/liquido, con un relativo gradiente
di concentrazione allinterfaccia. La condizione (20) si estende quindi ad un sistema
multicomponente nel seguente modo:

Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

90
(26)
( )
( )
( )

=
=
+

+ +
=
n
i i
i c i
l s
n
i i
i
i
i c i l s
G m
G G
D
V
G m G G
V
1
,
1
*
,
2
.
~
2
~
2 2



in cui:

(27) ) 1 (
~
,
*
i e
i
i i
k
D
V

=

e
(28)
2
1
2
2
*
2 2

=
i i
i
D
V
D
V


Analogamente, anche il criterio semplificato pu essere esteso ad un sistema multicomponente,
per cui la (24) si trasforma in:

(29)
( )
2
1
1
,
2

=
G G m
n
i
i c i
i



4.3.2.3. Stabilit assoluta

Dal punto di vista fisico, la condizione di avanzamento del fronte di solidificazione in
corrispondenza della quale si verifica il ripristino della stabilit della morfologia planare, per cui
lespressione (20) si annulla nuovamente dopo il limite di stabilit marginale, si raggiunge in
conseguenza del fatto che, ad alte velocit di avanzamento dellinterfaccia, i processi diffusivi che
consentono lo smaltimento dei soluti espulsi dalla fase solida in accrescimento, sono meno efficaci;
per tale ragione, il grado di soprasaturazione aumenta e cos pure la concentrazione del liquido
antistante linterfaccia medesima.
Per effetto della contestuale diminuzione dello spessore dello strato limite diffusivo, e
dellaumento della concentrazione dei soluti nel liquido allinterfaccia, i gradienti di concentrazione
aumentano quindi notevolmente, il che richiederebbe alla microstruttura di adeguarsi riducendo la
propria dimensione caratteristica R; tale tendenza tuttavia contrastata dal fatto che una riduzione
di R comporterebbe un innalzamento del contributo energetico dovuto alla capillarit. Nella somma
algebrica che compare a numeratore nelle (20,26), in cui il secondo addendo relativo al gradiente
termico risulta in effetti trascurabile, il contributo di capillarit, rappresentato dal primo termine,
diviene quindi preponderante sul terzo, associato alla redistribuzione del soluto ed in cui compaiono
proprio i gradienti di concentrazione, nonostante sia aumentato in virt dei fenomeni appena
descritti.
In riferimento alla trattazione svolta, la condizioni di stabilit assoluta si traduce nellimpossibilit
di individuare alcun valore di che riesca a rendere positiva o nulla la somma algebrica a
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

91
numeratore delle (20,26), ovvero a far s che tale funzione cada allinterno del dominio di
instabilit.
Unespressione approssimata del limite di stabilit assoluta, in funzione dei principali parametri
termodinamici, pu essere ricavata attraverso unelaborazione dellespressione (20) riferita ad un
sistema binario. La condizione di stabilit assoluta pu essere associata, per quanto detto in
precedenza, ad un segno costantemente negativo della funzione (20), che si limita, ipotizzando che
G
s
=G
l
=G e che quindi il denominatore sia sempre positivo, allimposizione della medesima
condizione al solo numeratore. Il termine che moltiplica il terzo addendo, per valori di piccoli,
pu essere approssimato alla sua espansione in serie di Mac Laurin al primordine, per cui:

(30)
( )
2
2
1
2 *
*
1
2 1
2
1
2
1
1

+
=

V
D
k
k
V
D
k
k
D
V
D
V
l
e
e
l
e
e
l
l


In base a tale approssimazione, la condizione di segno negativo del numeratore della (20) pu
essere espressa, trascurando il contributo associato al gradiente termico, nel seguente modo:

(31) 0
2
2 2
2
< +
V k
D
mG
e
l
c



che si pu sviluppare a sua volta tenendo conto delle considerazioni precedenti riguardanti
lincremento dei gradienti di concentrazione allinterfaccia; ipotizzando che ( )
0
*
1 C k C
e l
, il
valore di G
c
pu essere approssimato alla sua espressione nel caso di accrescimento del fronte di
solidificazione in forma planare, rappresentata dalla (2-30), per cui la (31) diviene:

(32) 1
2
2
0
<

+
V k
D
C
D
V
m
e
l
l


che, attraverso la (2-19), pu essere esplicitata rispetto a V nel seguente modo:

(33)

>
e
l
a
k
D T
V
0


La (33) rappresenta quindi lespressione semplificata del valore di stabilit assoluta, che tornato
poi utile nel prosieguo del lavoro per confrontare qualitativamente il comportamento fuori
equilibrio delle diverse fasi dei sistemi presi in considerazione.
Si pu notare come il valore di velocit assoluta diminuisca per fasi aventi un ristretto intervallo
di solidificazione ed un elevato coefficiente di Gibbs-Thompson, proporzionale a sua volta, per
quanto si avr modo di vedere, alla tensione interfacciale solido/liquido.


4.3.2.4. Concentrazione del liquido allinterfaccia

Note le relazioni R=f(G,V), sia in forma estesa che semplificata, per arrivare a determinare la
temperatura della punta della dendrite deve essere esplicitato il legame fra la concentrazione di
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

92
ciascun soluto nel liquido antistante linterfaccia ed il raggio di curvatura della dendrite. Piuttosto
che partire dalla (8), si pu ricorrere ad un modello matematico, elaborato sulla base del concetto
secondo cui la forma di una dendrite pu essere semplificata con un inviluppo di in un paraboloide
di rivoluzione [10 ], che permette relativamente a tale configurazione geometrica di definire i
campi di concentrazione dei soluti. A tale scopo, necessario introdurre alcuni parametri utili al
prosieguo della trattazione. Il primo di essi il numero di Pclet, gi definito implicitamente nella
trattazione sinora svolta, definito come il rapporto fra la dimensione caratteristica del fenomeno in
oggetto e la distanza di diffusione, che in questo caso espressa dallo spessore dello strato limite
c
.

(34)
c
c
L
P

=

Nel caso considerato, L=R e
c
funzione di V e D secondo quanto espresso dalla (2-29)
relativamente a ciascun soluto preso in considerazione.
Il secondo parametro il grado di soprasaturazione , espresso dal rapporto fra lincremento di
concentrazione C che si instaura allapice della dendrite, legato al sottoraffreddamento
costituzionale, e C
0
(differenza tra la concentrazione nel liquido e nel solido alla temperatura di
solidus relativa alla concentrazione C
0
). La soprasaturazione rappresenta la driving force dei
fenomeni diffusivi che si instaurano nello strato limite dinanzi alla punta della dendrite: al tendere
di tale rapporto verso lunit, migliora la capacit di diffusione del soluto e di conseguenza aumenta
la velocit di accrescimento della fase solida. La determinazione di in condizioni di crescita
stazionaria un problema complesso, dal momento che la diffusione del soluto dipende dalla forma
della dendrite, ed a sua volta il raggio della dendrite dipende dal campo di concentrazione che si
instaura nel volume circostante il suo apice. Tale problema stato risolto in forma numerica,
considerando laccrescimento di una dendrite isolata con un inviluppo riconducibile appunto ad un
paraboloide di rivoluzione. In tali ipotesi, la soprasaturazione si esprime nel seguente modo:

(35) ( )
c
P I =

dove P
c
il numero di Pclet e I(Pc) lintegrale di Ivantsov, espresso dalla:

(36) ( ) ( ) ( )
c c c c
P E P P P I
1
exp =

ed E
1
(P
c
) la funzione integrale esponenziale la cui espressione la seguente:

(37) ( )
( )

=
c
P
c
du
u
u
P E
exp
1


Sulla base delle relazioni (2-19, 35 e 37) la concentrazione del generico soluto nel liquido antistante
linterfaccia di una dendrite pu essere espressa dalla:

(38)
( ) ( )
i c i e
i
i l
P k
C
C
, ,
, 0 *
,
1 1
=




Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

93
4.3.3. Cinetica dei processi di solidificazione rapida

Per limplementazione del modello di selezione della fase primaria necessario, oltre alla
definizione del criterio di correlazione R=f(G,V) espresso dalla (21) e dallespressione di
*
,i l
C (38),
definire, nota la scala della microstruttura, la temperatura di accrescimento di ciascuna delle fasi del
sistema in funzione dei parametri di crescita, ovvero la composizione del sottoraffreddamento di
ciascuna di esse rispetto alla propria temperatura di fusione. A tale scopo, necessario introdurre
preliminarmente alcuni fondamentali aspetti della teoria cinetica della solidificazione, attraverso i
quali definire il coefficiente di partizione in condizioni di non-equilibrio. Successivamente,
attraverso la medesima teoria, si giunger ad una formulazione esplicita della relazione T=f(V).


4.3.3.1. Continuous Growth Model

La trattazione sin qui svolta parte dal presupposto che sussistano condizioni di equilibrio locale
allinterfaccia solido/liquido. Tale assunzione, tuttavia, decade nei processi di solidificazione rapida
in cui divengono preponderanti fenomeni di natura cinetica per cui ad elevate velocit di
avanzamento dellinterfaccia si verifica un incremento del coefficiente di partizione (in caso di
ripartizione dal solido al liquido), che si allontana dal valore di equilibrio e tende al valore unitario.
In tali condizioni, la solidificazione avviene con poca ripartizione di soluto fra le fasi solida e
liquida, con la conseguente formazione di strutture fortemente soprasature.
Sono stati proposti in letteratura diversi modelli per lo studio delle cinetiche interfacciali in
condizioni di non-equilibrio [11,12 ]. Fra questi, quello che ha trovato maggior riscontro
sperimentale e generalit di applicazione il Continuous Growth Model (CGM) senza re-
diffusione di soluto (solute drag), elaborato da Aziz e Kaplan [13 ] ed attualmente ritenuto
basilare nello studio dei processi di solidificazione rapida.
Si riporta qui di seguito la descrizione del modello CGM senza solute drag, ritenuto trascurabile
per processi di solidificazione [14 ], relativamente ad una lega binaria composta da un solvente
A ed un soluto B. Il sistema di riferimento uninterfaccia planare fra le fasi solida e liquida in
movimento con una velocit costante V rispetto al reticolo cristallino, con una temperatura
dinterfaccia T e volumi atomici di A e B nel solido e nel liquido assunti per semplicit uguali e pari
ad . Definita C
s
la frazione molare di B nel solido immediatamente adiacente linterfaccia, il
numero di atomi di A e di B che vengono incorporati nel reticolo cristallino per unit di tempo e di
area espresso dalle seguenti relazioni:

(39) ( )

=
V
C J
s A
1

(40)

=
V
C J
s B


J
A
e J
B
rappresentano i flussi netti, ottenuti dal bilanciamento tra le quantit di soluto e solvente
che vengono incorporati dalla solidificazione del liquido antistante linterfaccia, alla composizione
C
l


(si omette lasterisco che definisce i valori allinterfaccia poich in questa parte di trattazione
tutti i valori devono intendersi riferiti proprio allinterfaccia), e quanto invece diffonde attraverso
linterfaccia per via della differenza di solubilit. Le espressioni esplicite di tali flussi diffusivi
data da:

(41) ( )
A l AD
J
V
C J

= 1
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

94

(42)
B l BD
J
V
C J

=

Combinando le espressioni (39-42) si ottiene quindi un flusso diffusivo complessivo J
D
pari a:

(43) ( )
D BD s l AD
J J
V
C C J = =

=

Attraverso considerazioni di dinamica molecolare [13 ], si pu giungere ad unespressione
differente del flusso diffusivo, che pu essere comparata con la (43) per ottenere lespressione del
coefficiente di partizione fuori equilibrio.
Lipotesi su cui si basa il prosieguo della trattazione, illustrata dalla fig.4.8, che la diffusione
degli elementi attraverso linterfaccia, sia di solvente che di soluto, avvenga verso una condizione di
minor potenziale chimico, ma necessiti del superamento di una barriera energetica, che pu essere
espressa in termini di unenergia di attivazione pari a Q
D
.

Figura 4.8. Configurazione di riferimento del modello CGM

In tali condizioni il flusso diffusivo positivo (attraverso linterfaccia , uscente dal solido verso il
liquido), pu essere espresso come:

(44) ( )

=
RT
Q
l
s
D
D
C
C
f J exp 1

in cui f un fattore geometrico, una frequenza legata alla vibrazione degli atomi intorno alla
posizione di equilibrio, e gli altri termini esprimono la probabilit che avvenga il salto energetico,
proporzionale alla frazione molare di soluto nel solido, di solvente nel liquido, ed allaltezza della
barriera energetica.
Analogamente, il flusso diffusivo nel verso opposto espresso da:

(45) ( )
( ) [ ]

=
RT
Q
s
l
D
B A D
C
C
fV J
' '
exp 1



Nella relazione (45) ed in fig.4.8 compare il potenziale chimico di redistribuzione , dato dalla
differenza tra il potenziale chimico ed il contributo entropico di miscela:
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

95

(46) ( ) ( ) C RT T C T C ln , , ' =

Il potenziale chimico cos definito differente da quello chimico standard, ed tale per cui in
condizioni di equilibrio il flusso diffusivo complessivo non nullo (allequilibrio non vi sarebbe
differenza di potenziale chimico fra le fasi solida e liquida n per il solvente n per il soluto). Il
flusso diffusivo netto diviene quindi pari a:

(47) ( ) ( ) [ ]
s l e l s
D
D D D
C C C C
V
J J J

= =
+
1 1

in cui compare la velocit diffusiva V
D
, che definita esplicitamente nel seguente modo:

(48)

=
RT
Q
D
D
fv V exp

Il parametro di partizione
e
racchiude invece il termine esponenziale dove compaiono i
potenziali di redistribuzione:

(49) ( )

=
RT
s l e
A B
T C C
' '
exp , ,



e rappresenta la misura della driving force per la redistribuzione allinterfaccia del soluto e del
solvente. Il coefficiente
e
corrisponde inoltre al rapporto fra i coefficienti di ripartizione del soluto
e del solvente allequilibrio:

(50) ( )
( )
( )
s
l
l
s
eA
e
e
C
C
C
C
T k
T k
T

= =
1
1


Confrontando la (43) e la (47) si ottiene lespressione che consente, per una lega binaria
concentrata, di determinare landamento del coefficiente di ripartizione
l
s
C
C
in funzione della
velocit di accrescimento e del parametro di ripartizione allequilibrio:

(51)
( )
l e
D
D
e
C
V
V
V
V
V k

+
+
=
1 1
) (

Per leghe diluite la relazione (51) si semplifica, in quanto il termine
e
si riduce al solo k
e
del
soluto (il coefficiente di ripartizione del solvente diviene unitario) ed il valore di concentrazione
del soluto a denominatore diviene trascurabile. In tale ipotesi, che peraltro stata giudicata una
buona approssimazione anche per concentrazioni di soluto pari al 9% nel caso di leghe Si-As
[14 ], la (51) diviene:

Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

96
(52)
D
D
e
V
V
V
V
k
V k
+
+
=
1
) (

Questa la conclusione, peraltro elegante, del modello CGM che stata adottata nello sviluppo
del modello di previsione della fase primaria di solidificazione, e di cui una rappresentazione
grafica riportata, sulla base di dati teorici, in fig.4.9.
Figura 4.9. Andamento dei coefficienti di partizione di C e Ni secondo il modello CGM in funzione
della velocit di avanzamento del fronte planare e delle rispettive velocit diffusive
(esempio relativo alla fase di un acciaio AISI 304)

Questa teoria, utile ricordarlo, consente di modellizzare i fenomeni di solute trapping che si
verificano nei processi di solidificazione rapidi, in cui lavanzamento dellinterfaccia solido/liquido
tanto rapida da non consentire la redistribuzione dei soluti. Il parziale o totale congelamento
della diffusione allinterfaccia viene rappresentato attraverso una dipendenza del coefficiente di
ripartizione k dalla velocit interfacciale, per cui molto al di sotto della soglia rappresentata dalla
velocit diffusiva V
D
, k assume il valore di equilibrio, e molto al di sopra tende invece allunit.
Il modello CGM senza solute drag cos definito stato validato attraverso misure eseguite con
tecnica di pulsed laser melting [14-15 ], che consentono la determinazione accurata nella
solidificazione susseguente la fusione operata dal fascio laser, della posizione dellinterfaccia, della
sua temperatura e del profilo di distribuzione del soluto, in condizioni di velocit di accrescimento
molto elevate (nellordine dei 15 m/s per leghe binarie). Il parametro critico di tale teoria la
velocit diffusiva V
D
, che rappresenta la soglia in corrispondenza della quale diviene significativo lo
scostamento di k dal valore di equilibrio. Fisicamente, V
D
corrisponde alla massima velocit di
diffusione atomica nella regione di interfaccia ed definita, in base alla (48), dal rapporto fra la
costante di diffusione atomica interfacciale D
i
(pari a

RT
Q
D
fv exp
2
) e la dimensione
dellinterfaccia . Non sono noti a priori i termini che compongono lespressione di V
D
, per cui, allo
stato dellarte, tale parametro deve essere determinato per ogni coppia soluto/solvente attraverso la
regressione di dati sperimentali di correlazione fra k e V. A conforto di ci, si menziona che in un
caso in cui stato determinato su base analitica il valore di D
i
attraverso criteri di dinamica
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

97
molecolare [16-17 ], il valore di V
D
derivato non si scostato da quello individuato su base
sperimentale.
Per comodit di trattazione, a volte in letteratura [18 ] riportata unespressione differente di
V
D
, data dal rapporto fra la diffusivit nel liquido ed una fittizia larghezza dinterfaccia L, che
risulta essere un parametro indipendente da determinare sperimentalmente, essendo noto D
l
, per
ricavare valutare V
D
.


4.3.3.2. Espressione della relazione T=f(V)

Unaltra conclusione fondamentale del CGM la definizione di una relazione univoca fra la
velocit di avanzamento dellinterfaccia e la sua temperatura. Si tratta di un modellizzazione
fenomenologia, che stata definita sulla base di evidenze sperimentali ed tuttora oggetto di
validazione teorica attraverso approfondimenti di dinamica molecolare. Le relazioni qui si seguito
riportate sono una diretta derivazione della teoria dellaccrescimento elaborata da Turnbull [19 ]
per sostanze pure, secondo la quale la velocit di avanzamento dellinterfaccia data da:

(53)
( )
* *
0
1 exp
G
RT
V fV T




=





in cui f una frazione dei siti interfacciali interessati dalla solidificazione (nei metalli circa
unitario), V
0
la velocit limite di accrescimento che presenta un andamento tipo Arrenhius e G
la variazione di energia libera di Gibbs associata al cambiamento di fase, che rappresenta la driving
force per il processo di accrescimento. Per G - si verifica la condizione per cui V=fV
0
, ovvero
si raggiunge la velocit limite di cristallizzazione che determinata dal numero di collisioni di
atomi in fase liquida contro linterfaccia, ed ben approssimata dalla velocit di propagazione di
unonda sonora.
Le relazione (53) stata estesa al caso delle leghe binarie ipotizzando che la driving force del
processo di accrescimento sia costituita dalla variazione allinterfaccia dei potenziali chimici di
redistribuzione del solvente e del soluto precedentemente indicata come
B
-
A
. In altri termini,
si ritiene che la velocit di accrescimento di una lega sia pilotata dalla tendenza spontanea degli
atomi di entrambi i componenti a disporsi nella fase solida o liquida per il raggiungimento di una
configurazione energetica minima. E stato quindi introdotto un G
eff
da introdurre nella relazione
(53), dove il pedice eff sta per efficace, la cui espressione data da:

(54) ( )
A s B s eff
C C G + = 1

in cui C
s
la frazione atomica di soluto nella fase solida e
A
e
B
sono le variazioni di
potenziale chimico di redistribuzione del solvente e del soluto associate alla solidificazione.
Nella relazione (53), il fenomeno di solute drag non viene preso in considerazione. Tuttavia, in
altri processi di accrescimento diversi dalla solidificazione, tale aspetto stato dimostrato avere un
peso tale da non poter essere trascurato. Il modo di tenere in considerazione il solute drag quello
di introdurre un ulteriore termine energetico che va a decremento della driving force per
laccrescimento e che rappresenta lenergia dissipata allinterfaccia per far avvenire i processi di re-
diffusione. In questa sede, tenendo conto del fatto che la re-diffusione del soluto un fenomeno
trascurabile in solidificazione, si fatto sempre riferimento al CGM senza solute drag.
Attraverso la definizione della (53), possibile quindi giungere ad una relazione, pur se implicita,
che lega la velocit di avanzamento dellinterfaccia alla sua temperatura:
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

98

(55)
( ) ( )
( )
*
1
* *
, , 1 exp
s B s A
C C
RT
s l C
V T C C V T
+





=




Anche nel caso delle leghe, la velocit limite di cristallizzazione ben approssimata dalla velocit
del suono in fase solida V
s
, che nellordine dei 4000m/s [20 ]. Poich tale condizione non viene
mai raggiunta, ovvero nei processi di solidificazione reali 1 <<
s
V
V
, lecito linearizzare la
relazione (55), che diviene quindi:

(56)
( )
*
1
s B s A
S
C C
V V
RT
+
=




La (56) pu essere ulteriormente sviluppata [21 ] esplicitando il numeratore, ovvero la G
eff

indicata dalla (54). Attraverso la definizione del potenziale chimico standard si pu infatti scrivere:

(57) ( )
( )
( )
( )
*
1 1
1 ln ln
1 1
e
l l
eff l l e
l e l e
k V C k V C
G RT k V C k V C
C k C k

= +






che, dopo alcune semplificazioni, appropriate nel caso di soluzioni binarie diluite, permette di
giungere ad una relazione compatta:

(58)
{ }
*
1
'
e e
eff l l
k
G RT C m C m
m

=




in cui
e
l
C la concentrazione del soluto nel liquido allinterfaccia in condizioni di equilibrio (k=k
e
),
m la pendenza della curva di liquidus ed m un analogo parametro per condizioni di non-equilibrio
definito nel seguente modo:

(59)
( ) ( )
( )
e
e
k
k
V k
V k V k
m m

+
=
1
ln 1
'

Introducendo la (58) nella (56), si ottiene quindi:

(60) ( ) m C m C
m
k
V
V
e
l l
e
s

= '
1


Tenendo conto del fatto che allequilibrio, per una lega binaria,
* e
m l
T T mC = + e che il rapporto
( )
m
k
e
1
si pu esplicitare nel seguente modo in funzione di propriet fisiche e termodinamiche
note della lega:

Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

99
(61)
2
1
m
f
m
f
e
RT
H
RT
S
m
k




Si giunge quindi ad unespressione esplicita dellandamento della temperatura di interfaccia di un
fronte planare in condizioni di non equilibrio in funzione della velocit di avanzamento
dellinterfaccia:

(62)
*
2
'
f
m l
f s
H
V
T T m C
RT V

= + +

Lestensione della (62) a strutture non planari prevede linserimento di un ulteriore termine di
energia libera legato ai fenomeni di capillarit, per cui la creazione di uninterfaccia con una certa
curvatura necessita di un consumo energetico che va quindi a sottrarsi nella (54) alla driving force
effettiva per laccrescimento. La capillarit, quindi, svolge un ruolo stabilizzante della morfologia
di solidificazione planare. Lespressione di tale contributo energetico deriva dalla nota relazione di
Laplace:

(63) P v G
m r
=

in cui v
m
il volume molare della fase solida e P lincremento di pressione associato alla
formazione della fase solida. A sua volta P dato dal prodotto dellenergia specifica dinterfaccia
(assunta pari alla tensione interfacciale solido/liquido ) per la curvatura K.
La trattazione estesa dei passaggi termodinamici che tengono conto della capillarit stata
affrontata in forma estesa [22 ]. In realt, per gli scopi del presente lavoro e mutuando una
consuetudine ampiamente diffusa in letteratura che ha trovato ottimo riscontro sperimentale
[23-24 ], il contributo della capillarit pu essere semplicemente aggiunto in forma lineare nella
(62) che diviene quindi:

(64)
*
2
2
'
f
m L
m s
H
V
T T m X
RT V R

= + + +

dove il coefficiente di Gibbs-Thompson, ricavato a partire dalla (63) e che ha espressione:

(65)
f
m m
H
T v



Estesa allaccrescimento dendritico di un sistema multicomponente, la (62) diviene quindi, nella
accezione pi generale che stata adottata nella implementazione del presente modello:

(66)
( )
* ' '
, , 2
1
2
n
f
m i l i i l i
i
m s
H
V
T T mC mC
RT V R
=

= + + +



in cui i parametri indipendenti sono il raggio di curvatura della dendrite R, che pu essere calcolato
in base alla (21), ed i termini C
l,i
possono essere desunti per ciascun soluto dalla (38). Il termine fra
parentesi tonde della (66) comprende la formulazione esplicita della temperatura di fusione del
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

100
sistema multicomponente. Per chiarezza, nelle relazioni (61,62, 65 e 66) H
f
stato riportato in
forma algebrica, assumendo in realt valore negativo.
Complessivamente, nelle relazioni (64 e 66) possono essere quindi individuati tre termini che
compongono il sottoraffreddamento, ovvero la differenza fra la temperatura di fusione della lega e
la temperatura dinterfaccia. Questi termini altro non sono che la formulazione esplicita dei diversi
contributi al sottoraffreddamento menzionati nel paragrafo 2.2.4..


R
T
r

=
2
che rappresenta il sottoraffreddamento dovuto alla capillarit.

s
m
f
k
V
V
RT
H
T
2

= che rappresenta il sottoraffreddamento cinetico


( )

=
+ =
n
i
i l i i l i m c
C m C m T T
1
,
'
,
'
ovvero il sottoraffreddamento costituzionale, che
rappresenta la variazione della temperatura di liquidus per effetto di redistribuzione
del soluto.

Lespressione (66) pu essere estesa anche allaccrescimento di strutture equiassiche, per le quali
G
l
<0 tenendo conto di ulteriore termine di sottoraffreddamento, definito termico (T
th
). Esso
presente anche nei casi di solidificazione direzionale in cui vi sia una consistente barriera alla
nucleazione delle fasi solide, eventualit che non stata contemplata nel presente modello,
assumendo che la nucleazione sia abbondante per ciascuna fase in competizione e che, pertanto, la
selezione della fase primaria avvenga soltanto sulla base del criterio di massimizzazione della
temperatura di interfaccia espresso dalla (1).
Per completezza di trattazione, si riporta la definizione riportata in letteratura [25 ] di un
ulteriore contributo di sottoraffreddamento, associato alla diffusione, che diviene preponderante nei
regimi di velocit prossimi al limite di stabilit costituzionale, in corrispondenza del quale la
morfologia di accrescimento colonnare assume carattere cellulare. La definizione di tale
sottoraffreddamento la seguente:

(67)
l
s
GD
T
V
=

La (67) diviene ininfluente lontano dal limite di stabilit costituzionale, e non interviene quindi
nel computo delle transizioni che caratterizzano le IRFs ad alti valori di V. Tuttavia, rende conto
della diminuzione della temperatura di interfaccia che si verifica per
c
V V , per cui,
correttamente, viene attribuita alla struttura cellulare una temperatura di interfaccia che
progressivamente si approssima alla T
sol
, stabilendo quindi una continuit con la condizione di
accrescimento della morfologia planare al di sotto del limite di stabilit V
c
. Il termine T
s
elimina
quindi la discontinuit della IRF in corrispondenza del limite di stabilit costituzionale, ma, per
lininfluenza sulle velocit di transizione fra le diverse morfologie di solidificazione, non sempre
stato menzionato o incluso nellespressione (66) per il computo del sottoraffreddamento
complessivo.





Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

101
4.4. Taratura del modello

Il presente capitolo si conclude con la proposizione di unapplicazione del modello descritto,
attraverso la quale sono stati esposti i risultati di ciascuno dei passi dellalgoritmo riportato nel
paragrafo 3.1, e potranno inoltre essere valutati i pesi dei diversi parametri di input sul risultato
finale.
Lapplicazione presentata, relativa ad un acciaio inossidabile austenitico convenzionale tipo AISI
304, particolarmente significativa perch i risultati sono stati confrontati con loutput di un
modello analogo, il Constrained Dendrite Growth (CDG, [26 ]) sviluppato dallUniversit di
Helsinki sulla base di un database termodinamico appositamente definito per tale classe di acciai, e
pertanto ritenuto il miglior riferimento possibile.
La composizione chimica del sistema investigato riportata in tab.4.1.


Fe Cr Ni Mn N C Si Cu Mo
72.05 18 8 1.35 0.05 0.05 0.4 0.25 0.1
Tabella 4.1. Composizione dellacciaio oggetto della simulazione

La lega in oggetto un acciaio inossidabile appartenente alla famiglia dellAISI 304 avente
rapporto Cr
eq
/Ni
eq
=1.79, e nei processi di solidificazione rapida soggetto a crescita competitiva
fra la ferrite dendritica () e laustenite cellulare (). Allequilibrio, tale acciaio solidifica in ferrite
primaria.


4.4.1. Definizione dei parametri di input

Il primo passo per lapplicazione del modello al sistema considerato, consiste nella definizione dei
parametri termodinamici di input. Per lacciaio della famiglia AISI 304, la cui composizione
indicata in tab.4.1, le grandezze sono state in prevalenza reperite dallapplicazione di modelli
termodinamici disponibili in commercio, quali il Fe-DATA di ThermoCalc ed IDS.
In tab.4.2 sono riportati i parametri termodinamici caratteristici di entrambe le fasi, cos come
sono stati desunti dalle varie fonti:

Dati termodinamici Fonte del dato Ferrite () Austenite ()
T
liq
(C) CDG 1458.2 1446.78
H
f
(J/mol) ThermoCalc 11862.7 12143.8
T
liq-sol
(C) ThermoCalc 67.71 26.01
Tensione interfacciale con il liquido (mJ/m) Bobadilla et al.[27 ] 260 358
Tabella 4.2. Principali parametri termodinamici delle due fasi

In tab.4.3 sono riportati i parametri necessari a determinare le diffusivit [28 ] dei diversi
elementi di lega nelle due fasi competitive e nel liquido. I valori di diffusivit sono stati calcolati,
per le varie fasi attraverso un relazione di tipo Arrhenius:

(68)
0
exp
Q
RT
D D



=

in cui la temperatura di riferimento stata per ciascuna fase la rispettiva temperatura di liquidus,
assumendo quindi trascurabili le variazioni di diffusivit legate al sottoraffreddamento.
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

102

Ferrite () Austenite () Liquido

D
0

(cm/s)
Q
(J/mol)
D

(cm/s)
D
0

(cm/s)
Q
(J/mol)
D

(cm/s)
D
0

(cm/s)
Q
(J/mol)
D
l
(cm/s)
C 0.013 81400 4,532E-05 0.96 171500 5,945E-06 7.67E-02 100600 7,037E-05
N 0.008 79100 3,272E-05 0.91 168500 6,950E-06 9.76E-03 72800 6,186E-05
Ni 1.6 240000 9,076E-08 0.2 272000 1,099E-09 1.30E-02 89200 2,635E-05
Cr 1.5 229700 1,741E-07 0.077 251000 1,837E-09 2.51E-03 66900 2,398E-05
Cu 2.6 240000 1,475E-07 0.7 286000 1,445E-09 5.30E-05 0 5,300E-05
Mn 0.76 224400 1,275E-07 0.412 264000 3,960E-09 4.60E-03 70300 3,469E-05
Si 8 248900 2,444E-07 0.3 260000 3,814E-09 5.10E-04 38300 3,558E-05
Mo 3.47 241400 1.809E-7 0.068 246900 2.159E-9 5.82e-4 41800 3.190E-5
Tabella 4.3. Parametri di diffusivit dei soluti nelle diverse fasi

In tab.4.4 sono invece riportati i valori, per la composizione indicata in tab.4.1, dei coefficienti di
partizione allequilibrio degli elementi considerati, dei valori dei coefficienti m e della velocit
diffusiva presa come riferimento per la determinazione delle funzioni k(v).

Ferrite () Austenite ()
k
e
(CDG) m (CDG)
V
D
(IDS)
(mm/s)
k
e
(CDG) m (CDG)
V
D
(IDS)
(mm/s)
C 0,154 -104 90640,00 0,385 -52.5 11890,00
N 0,250 -80.5 65440,00 0,588 -15.5 13900,00
Ni 0,788 -5.085 181,52 1,025 -0.57 2,20
Cr 1,014 -0.21 348,20 0,861 -3.735 3,67
Cu 0,559 -8.975 295,00 0,928 -3.275 2,89
Mn 0,776 -4.35 255,00 0,819 -4.81 7,92
Si 0,822 -9.725 488,80 0,794 -12 7,63
Mo 0.891 -2.315 361,85 0.587 -5.684 4,32
Tabella 4.4. Costanti di riferimento relative ai diversi sistemi pseudo-binari con il Fe

I diversi parametri sono stati calcolati attraverso lo studio di sistemi pseudo-binari con il ferro
definiti per ciascuno degli elementi considerati, e tracciati considerando variabile un soluto alla
volta. In particolare, i valori di m sono stati calcolati derivando parzialmente, rispetto alla
concentrazione in peso di ciascun elemento, la funzione che descrive la superficie di liquidus del
sistema considerato calcolata in corrispondenza della composizione fissata. In altri termini, il
problema di definire i parametri termodinamici per un sistema multicomponente, stato affrontato
per quanto riguarda i coefficienti m attraverso una linearizzazione della funzione
( )
1 2
, ,.....,
n
T f C C C = .
Per quel che concerne i valori della velocit diffusiva per ciascun elemento, non avendo
disponibili dati di letteratura, stata fatta una ragionevole assunzione per cui il valore di diffusivit
interfacciale fossero pari a quella nella rispettiva fase solida, con una dimensione dellinterfaccia
pari a 5
o
A. Tale ipotesi supera una delle consuetudini diffuse in letteratura per cui, in assenza di
dati sperimentali, V
D
viene definita dal rapporto fra la diffusivit del soluto considerato nel liquido
ed una fittizia larghezza dinterfaccia L, che funge da parametro indipendente. Nello sviluppo del
presente modello, laver scelto come base per il computo di V
D
la diffusivit nel solido, consente di
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

103
differenziare la partizione dei soluti dalle fasi in competizione, assumendo quindi che lo
scostamento dalle condizioni dequilibrio allinterfaccia possa avvenire per velocit differenti nelle
fasi considerate. Il parametro indipendente del presente modello diviene quindi il valore
rappresentativo della dimensione dellinterfaccia solido/liquido.
Per lesecuzione dei calcoli, stata selezionata una condizione di solidificazione corrispondente
ad un accrescimento direzionale alla velocit V=0.1mm/s, in presenza di un gradiente termico
G=3.5K/mm, corrispondenti quindi ad una velocit di raffreddamento T
&
pari a 0.35K/s. Tale scelta
compatibile con le condizioni di estrazione del calore che si riscontrano in un apparato Bridgman.
E stato inoltre ipotizzato che le conducibilit termiche delle diverse fasi fossero uguali, in modo
tale da poter applicare nei calcoli ununica condizione di gradiente termico, pari al valore fissato.


4.4.2. Calcolo di R

Definiti i dati di input, possibile procedere al secondo passo dellalgoritmo, consistente nel
computo del raggio di curvatura dellapice della dendrite per ciascuna delle fasi considerate.
Applicando il criterio semplificato riferito ad un sistema multicomponente, espresso dalla relazione
(25), in cui stata introdotta una diffusivit nel liquido corrispondente alla media pesata delle
diffusivit dei singoli soluti, i risultati ottenuti sono stati quelli riassunti in tab.4.5.

Ferrite () Austenite ()
1.84m 3.42m
Tabella 4.5. Computo del valore di R di prima approssimazione per lacciaio AISI 304 nelle
condizioni di solidificazione V=0.1mm/s, G=3.5K/mm

Sulla base dei risultati parziali illustrati in tab.4.1, stato effettuato un calcolo iterativo finalizzato
alla ricerca degli zeri della funzione (26), con lobiettivo di individuare la condizione
corrispondente alla stabilit marginale (dimensione minima di instabilit di un fronte planare nelle
medesime condizioni di estrazione del calore). Nello specifico, i valori di R di prima
approssimazione sono stati moltiplicati per un fattore correttivo crescente fino al raggiungimento
della condizione ( )

&
= f . Il calcolo reso complesso dalla necessit di aggiornare, per ogni
nuovo valore del raggio R, le costanti che compaiono nella funzione ( ) f espressa dalla (26).
Dal valore di R dipende infatti il numero di Pclet, attraverso cui si determinano le condizioni di
gradiente di concentrazione dei soluti nel liquido allinterfaccia G
c,i
che compaiono sia a
numeratore che a denominatore della (26). Durante literazione, quindi, il valore della funzione di
cui si sono ricercati gli zeri stato calcolato sia per valori crescenti di R, sia per espressioni di volta
in volta differenti della funzione ( ) f . Una rappresentazione grafica del concetto espresso
riportata in fig.4.10, relativamente allottimizzazione del valore di R per le fasi e del sistema
considerato.
In base alliterazione numerica attraverso cui sono stati ricercati gli zeri della funzione (26), sono
stati quindi individuati i valori ottimizzati del raggio di curvatura di entrambe le fasi considerate. I
risultati della procedura sono riportati in tab.4.6.

Ferrite () Austenite ()
4.136m 5.37m
Tabella 4.6. Valori ottimizzati di R per lacciaio AISI 304 nelle condizioni di solidificazione
V=0.1mm/s, G=3.5K/mm
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

104
Figura 4.10. Rappresentazione grafica del percorso di ottimizzazione dei raggi di curvatura delle
fasi (diagramma superiore) e (diagramma inferiore)

Lo studio dei domini di stabilit della funzione consente inoltre di individuare la condizione di
stabilit assoluta, ovvero il limite superiore di stabilit della morfologia colonnare oltre il quale la
solidificazione muta nuovamente in modalit planare.
Tale condizione pu essere individuata, sulla base delle considerazioni riportate nel paragrafo
3.2.3, ricercando quel valore di V oltre il quale lespressione ( ) 0 = f non ha pi soluzioni reali,
ovvero lintero diagramma della funzione ( ) f cade nel semipiano negativo.
Dal punto di vista del calcolo, tale condizione si traduce nel fatto che, nelle condizioni G,V
fissate, per quanto sincrementi il valore di R di prima approssimazione non si ottengono mai valori
nulli o positivi dellespressione (26).
Un esempio grafico di quanto descritto, relativamente alla composizione di tab.4.1 e ad una
condizione di estrazione del calore corrispondente a G=3.5K/mm, V=200mm/s, illustrato in
fig.4.11.



Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

105
Figura 4.11. Condizione di stabilit assoluta per lacciaio AISI 304 nelle condizioni di
solidificazione V=200mm/s, G=3.5K/mm


4.4.3. Calcolo del sottoraffreddamento

Determinati i valori di R ottimizzati per ciascuna delle fasi considerate, corrispondenti alle
relative condizioni di stabilit marginale, possibile procedere quindi al calcolo dei contributi al
sottoraffreddamento complessivo, sulla base di quanto espresso nella relazione (62). Nel calcolo
stato incluso anche il contributo T
s
che compare nella relazione (63).
Il dettaglio dei diversi contributi e dei valori complessivi dei sottoraffreddamenti riportato in
tab.4.7.

Ferrite () Austenite ()
C 0.255 0.125
N 0.198 0.027
Ni 1.154 0.020
Cu 0.074 0.006
Cr 0.009 1.630
Mn 0.143 0.156
Si 0.076 0.133
Mo 0.003 0.037
T
c

somma 1.893 2.093
T
r
0.105 0.108
T
k
0.0001 0.0001
T
s
0.094 0.093
T 2.092 2.294
Tabella 4.7. Contributi alla definizione dei sottoraffreddamenti per lacciaio AISI 304 nelle
condizioni di solidificazione V=200mm/s, G=3.5K/mm

Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

106
In base ai risultati ottenuti, possibile quindi prevedere il modo di solidificazione del sistema
considerato nelle condizioni di raffreddamento fissate. Le temperature dinterfaccia delle due fasi
corrispondono, infatti, a:

*
*
1458.2 2.092 1456.108
1446.78 2.294 1446.486
T
T

= =

= =



Per cui, in base alla definizione della IRF fornita dalla (1), lacciaio considerato solidifica in
modalit primaria ferritica.
Il risultato pu essere generalizzato, allo scopo di individuare eventuali punti di transizione della
IRF del sistema considerato, ipotizzando differenti condizioni di solidificazione, con V variabile in
modo discreto nellintervallo 10
-4
-10
3
mm/s e gradiente di temperatura costante pari a G=3.5K/mm
(con una velocit di raffreddamento compresa quindi tra 3.5E-4 e 3500 K/s).
Eseguendo il calcolo per linsieme delle coppie (V,G) cos definite, si ottengono in output i
diagrammi di figg.4.12 e 4.13, in cui gli andamenti dei valori di R ottimizzati e della temperatura di
interfaccia per ciascuna fase considerata sono riportati in funzione di V.
Dallesame del diagramma di fig.4.13, si evince come il modello preveda una transizione del
modo di solidificazione primario da ferrite dendritica ad austenite cellulare in corrispondenza della
velocit di 101mm/s (contro 89mm/s previsti nelle medesime condizioni da CDG), con un
ristabilimento della morfologia planare (austenitica) a 170.8mm/s (contro 171mm/s previsti da
CDG). La differenza di temperatura di transizione / fra il modello implementato e CDG risultata
pari a 2C.
Costruendo linviluppo delle massime temperature dinterfaccia, riportate nel diagramma di
fig.4.13, possibile quindi definire la IRF del sistema considerato, riportata in fig.4.14.
Per il sistema considerato, quindi, il modello implementato risultato un efficace strumento nel
prevedere landamento dei sottoraffreddamenti delle fasi in accrescimento competitivo.
Questo risultato non stato raggiunto immediatamente, ma attraverso successive correzioni
dellunico parametro indipendente definito nel modello, la dimensione dellinterfaccia. Tale
parametro si rivelato particolarmente critico, poich piccole variazioni nellintorno del valore di
5
o
A comportano riflessi consistenti nella definizione delle velocit diffusive e di conseguenza nel
computo dei termini che contribuiscono al sottoraffreddamento.
Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

107
Figura 4.12. Andamento dei valori di R ottimizzati calcolati dal modello
per lacciaio AISI 304 in condizioni di G=3.5K/mm

Figura 4.13. Andamento dei valori delle temperature dinterfaccia calcolate dal modello
per lacciaio AISI 304 in condizioni di G=3.5K/mm


Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

108
Figura 4.14. IRF dellacciaio AISI 304 in condizioni di G=3.5K/mm
















Capitolo 4. Sviluppo di un modello di selezione della fase primaria

109
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111
Capitolo 5. Attivit sperimentale


5.1. Introduzione

Nei precedenti capitoli sono stati approntati gli opportuni strumenti previsionali per lo studio della
solidificazione in condizioni di raffreddamento lontane dallequilibrio e, attraverso lesame delle
morfologie caratteristiche di solidificazione degli acciai inossidabili austenitici, stata acquisita la
capacit di correlazione delle microstrutture finali alla modalit di solidificazione primaria.
E qui riportata la parte sperimentale dellattivit, definita in sede preliminare, costituita
dallesame delle modalit di solidificazione proprie della classe di acciai inossidabili a ridotto
tenore di nickel in funzione delle diverse condizioni di raffreddamento. Il comportamento di tale
famiglia di acciai innovativa stato valutato estendendo lesame a range compositivi dei principali
elementi sostituitivi del Ni (Mn, N) comprendenti teoricamente sia leghe alternative alla famiglia
AISI 304, sia acciai ad elevata resistenza meccanica per impieghi strutturali.
Lattivit ha contemplato in una prima fase la realizzazione in laboratorio di colate di lingotti di
ridotte dimensioni, e la loro caratterizzazione macro e microstrutturale, per lo studio delle modalit
di solidificazione in condizioni di raffreddamento prossime allequilibrio, e comunque riconducibili
a cicli convenzionali di colata continua. Successivamente sono state eseguite rifusioni tramite
saldature laser in condizioni controllate di avanzamento del fronte di solidificazione, allo scopo di
riprodurre cicli di fabbricazione innovativi (thin-slab casting, strip casting, laser welding, etc.) in
cui la solidificazione molto pi rapida.
Le microstrutture sono state quindi confrontate con le previsioni dei modelli di volta in volta pi
appropriati. Per lo studio delle condizioni prossime allequilibrio, si fatto riferimento
allapplicazione del codice di calcolo termodinamico allequilibrio Thermocalc, mentre per lesame
dei cordoni di saldatura laser, il termine di paragone stato costituito dai risultati del modello di
selezione della fase primaria, il cui sviluppo riportato nel precedente capitolo.
Lobiettivo, come gi indicato, stata la definizione di relazioni fra le composizioni investigate, le
condizioni di solidificazione, e alcune caratteristiche metallurgiche fondamentali, quali la modalit
di solidificazione primaria, leffetto austenitizzante di Mn e N (e quindi contenuto di ferrite- a
temperatura ambiente), ed il grado di solubilizzazione di questultimo elemento.


5.2. Definizione delle composizioni

La classe dacciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel che stata investigata nel
presente lavoro corrisponde allintervallo di composizioni riportato in tabella 5.1.

C Ni Si Cr S Cu N Mn
0.06 3 0.35 18.1 <0.03 2.1 0.15-0.55 4-12
Tabella 5.1. Composizioni della classe di acciai inossidabili a ridotto tenore di nickel investigata
(tenori degli elementi di lega espressi come percentuale in peso)

Lo spettro di composizioni individuato, per quanto esaminato in sede introduttiva, corrisponde ad
una classe di acciai dai quali sono attese diverse caratteristiche, prima fra tutte una microstruttura
austenitica a temperatura ambiente, con limitati o nulli tenori di ferrite- residua, buone propriet di
resistenza alla corrosione, saldabilit e propriet meccaniche variabili in un intervallo tale da
Capitolo 5. Attivit sperimentale

112
ricadere nelle possibilit di applicazione sia in sostituzione degli acciai inossidabili convenzionali,
sia in impieghi strutturali, per i quali sono richieste propriet tensili elevate (R
p0.2
>400MPa).


5.3. Materiale sperimentale e metodi di analisi

Per lo studio delle modalit di solidificazione in diverse condizioni di raffreddamento, sono stati
utilizzati acciai inossidabili a ridotto tenore di nickel sia prodotti in laboratorio attraverso colate di
lingotti di piccole dimensioni, sia di provenienza industriale in forma di laminati piani.
Lo studio delle propriet relative agli acciai di composizione compresa nellintervallo di
composizioni definito in tab.5.1, stato in generale effettuato tramite un approccio di tipo statistico,
grazie al quale stato ottimizzato il numero delle prove. In particolare, la scelta delle composizioni
allinterno dellintervallo indicato stata compiuta in base ad un piano di sperimentazione,
appositamente definito, rispondente ad una metodologia di analisi a risposta superficiale. Secondo
tale criterio, i fattori numerici che costituiscono le variabili oggetto della sperimentazione, ovvero i
tenori di Mn e N, sono stati fatti variare secondo uno schema pentagonale, come illustrato in fig.5.1.
In tal modo stato possibile valutare gli effetti lineari e secondari della variazione di ciascun
fattore, nonch i relativi termini dinterazione, sulle variabili obiettivo misurabili, quali ad esempio
il contenuto residuo di ferrite- o le velocit di transizione da un modo di solidificazione allaltro.


5.3.1. Realizzazione dei lingotti

Per lo studio dei modi di solidificazione e delle caratteristiche microstrutturali associati a
condizioni di raffreddamento lente, ovvero riconducibili a cicli di colata continua convenzionale,
stata realizzata su scala di laboratorio una serie di lingotti di composizione variabile allinterno della
forcella indicata in tab.5.1, congruentemente alla distribuzione illustrata in fig.5.1.

Figura 5.1. Schema della distribuzione dei tenori di azoto e manganese
in accordo al piano di sperimentazione statistico adottato
Capitolo 5. Attivit sperimentale

113
Figura 5.2. Lingottiera utilizzata per la fabbricazione dei lingotti


I lingotti sono stati prodotti utilizzando a tale scopo una lingottiera in ARMCO non raffreddata,
raffigurata in fig.5.2. Limpianto di colaggio utilizzato invece raffigurato in fig.5.3.
Figura 5.3. Impianto di colata utilizzato per la fabbricazione dei lingotti

Per la fabbricazione di ciascun lingotto, la pratica operativa utilizzata consistita nellimmissione
in un crogiolo vuoto in allumina, di C (in forma di grafite), Cr metallico, Ni, Cu, Fe e nella
successiva evacuazione dellaria presente attraverso la decompressione dellambiente sino a
raggiungere la pressione di 1mbar.
La carica stata quindi riscaldata per induzione sino ad inizio fusione, momento in cui le pompe
da vuoto sono state disattivate e, se necessario, stato immesso Ar sino ad una pressione di
200mbar per evitare ribollimenti del bagno. Completata la fusione sono state operate le aggiunte
degli elementi ossidabili e/o volatili, Si e Mn nello specifico, ed innalzata la pressione attraverso
ulteriore insufflaggio di Ar allinterno del sistema sino a raggiungere la pressione di 800mbar
nominali. Raggiunta una condizione stazionaria stato successivamente introdotto N nella carica
impiegando una ferro-lega ricca di Cr e N (tenore nominale 5%), ed stata poi innalzata
ulteriormente la pressione sino al valore atmosferico. La carica fusa stata quindi colata nella
lingottiera, realizzando in tal modo lingotti cilindrici aventi diametro 60mm, altezza 250mm e peso
di circa 5-6 kg.
Capitolo 5. Attivit sperimentale

114
Alcune immagini dei lingotti sono riportate in fig.5.4, in cui si pu notare gi una differenza
macroscopica nel cono di ritiro indotta dal diverso contenuto dazoto.

Figura 5.4. Aspetto di alcuni dei lingotti fabbricati

Ciascun lingotto stato campionato per lo svolgimento dellanalisi chimica ricavando una sezione
trasversale in corrispondenza della base inferiore, ovvero quella a diretto contatto con la parete della
lingottiera. Non disponendo dinformazioni dirette inerenti alla velocit di raffreddamento, stato
ritenuto opportuno utilizzare tali campioni per la successiva caratterizzazione metallografica
essendo stati interessati da condizioni di solidificazione omogenee. Da ciascuna sezione sono stati
ricavati provini per lanalisi metallografica, prelevati trasversalmente rispetto a ciascuna delle
sezioni. Le indagini metallografiche sono state eseguite attraverso microscopia ottica, dopo
lucidatura superficiale dei campioni e successivo attacco elettrolitico con acido ossalico al 10%.


5.3.1.1. Analisi chimica

Lanalisi chimica condotta sui campioni prelevati alla base dei lingotti, riportata in tab.5.2, denota
uno certo scostamento dai valori previsti per alcuni degli elementi di base della lega, in particolare
un contenuto lievemente inferiore di rame ed una pi elevata percentuale in peso di carbonio.

Obiettivo
Lingotto C S Ni Cr Cu P Si N Mn
N Mn
A 0.100 0.005 3.03 18.23 1.90 0.004 0.36 0.18 5.63 0.19 5.65
B 0.090 0.005 3.03 18.13 1.95 0.006 0.42 0.40 4.3 0.41 4.20
C 0.093 0.004 3.05 18.09 1.95 0.005 0.38 0.18 10.06 0.19 10.35
D 0.085 0.005 3.08 18.12 1.90 0.005 0.39 0.37 7.87 0.35 8.00
E 0.093 0.005 3.12 18.73 1.91 0.006 0.4 0.40 7.91 0.35 8.00
F 0.100 0.005 3.08 18.29 1.90 0.005 0.4 0.37 7.87 0.35 8.00
G 0.100 0.005 3.11 18.56 1.95 0.005 0.43 0.41 11.27 0.41 11.80
H 0.092 0.005 3.08 19.32 1.98 0.007 0.42 0.58 7.73 0.55 8.00
media 0.090 0.005 3.07 18.43 1.93 0.01 0.40
dev.st.
(range)
0.005 0.0003 0.03 0.424 0.03 0.001 0.023
0.18
-
0.58
4.3
-
11.27
0.19
-
0.55
4.2
-
11.8
Tabella 5.2. Analisi chimica dei campioni prelevati alla base dei lingotti

Capitolo 5. Attivit sperimentale

115
Per quel che concerne gli elementi variabili, manganese ed azoto, sono state invece conseguite
composizioni variabili con una congruenza pi che soddisfacente rispetto alla distribuzione
illustrata in fig.5.1, tale quindi da consentire il mantenimento del tipo dapproccio statistico
stabilito. La distribuzione dei tenori dazoto e manganese rilevata nei campioni prelevati dai lingotti
riportata in fig.5.5.

Figura 5.5. Distribuzione dei tenori dazoto e manganese nei lingotti
rispetto a quanto previsto dal piano di sperimentazione


5.3.1.2. Trasformazione e qualificazione dei lingotti

I lingotti fabbricati sono stati sottoposti ad una trasformazione in laboratorio consistente in un
trattamento termico domogeneizzazione, sbozzatura e laminazione a caldo, in modo tale da poter
disporre di materiale idoneo alla qualificazione meccanica ed effettuare quindi una valutazione delle
propriet dimpiego dei materiali.
La sbozzatura e la successiva laminazione sono state svolte utilizzando sezioni longitudinali dei
lingotti, al fine di consentire il raggiungimento di uno spessore finale idoneo alla caratterizzazione
senza dover ricorrere a riscaldi intermedi. In particolare, lomogeneizzazione consistita in un
riscaldamento in forno a muffola alla temperatura di 1250-1260C per un tempo di circa 40, al
termine del quale i semi-lingotti sono stati sottoposti a sbozzatura e laminazione a caldo ad una
temperatura di 1050-1100C, con una temperatura di fine laminazione non inferiore a 900-950C. I
prodotti cos ottenuti sono stati sottoposti a tempra.
La qualificazione meccanica stata effettuata in seguito a ricottura di ricristallizzazione dei
laminati a caldo, consistita in un riscaldo con permanenza a 1220C per 10s, attraverso prove di
durezza e di trazione uni-assiale eseguite conformemente alla norma ISO 80.


5.3.2. Rifusioni laser

Lo studio delleffetto di condizioni di raffreddamento rapide sugli aspetti connessi alla
solidificazione dacciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, stato effettuato attraverso
Capitolo 5. Attivit sperimentale

116
rifusioni locali tramite saldatura laser, in diverse condizioni davanzamento del fronte di
solidificazione, di campioni di laminati piani di provenienza industriale.
La scelta di impiegare materiale differente da quello prodotto in laboratorio stata motivata dalla
necessit di disporre di quantit consistenti di campioni, per ottimizzare le condizioni di saldatura
prima di poter variarne i parametri operativi. Gli acciai sono stati forniti dallo stabilito siderurgico
ThyssenKrupp-Acciai Speciali Terni e, per motivi di riservatezza, le composizioni sono riportate
solamente in forma parziale. In particolare, sono riportati i tenori dazoto e manganese, mentre tutti
gli altri elementi, in ogni caso riconducibili al sistema indicato in tab.5.1, sono stati sintetizzati
attraverso un rapporto Cr
eq
/Ni
eq
in accordo alla definizione degli equivalenti di Cr e Ni avanzata da
Sanchez [1 ], specificatamente definita per gli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di
nickel.

Laminato N Mn Cr
eq
Ni
eq
Cr
eq
/Ni
eq
A-1 0.19 7.21 19.070 10.025 1.902
B-1 0.33 8.01 18.939 13.391 1.414
C-1 0.32 7.89 19.047 12.659 1.505
D-1 0.18 9.72 17.656 11.206 1.576
Tabella 5.3. Composizioni dei laminati piani utilizzati per le rifusioni laser

Linsieme dei dati relativi alle composizioni chimiche riportati in tab.5.3 rappresentativo di uno
spettro dindagine ampio, se si tiene conto della variazione del rapporto Cr
eq
/Ni
eq
fra i quattro
acciai. E bene evidenziare come le composizioni considerate possano essere suddivide in due
sottoinsiemi, corrispondenti ad altrettanti ristretti intervalli dazoto, il primo dei quali comprendente
i laminati A-1 e D-1 (0.18-0.19%N) e laltro costituito dagli acciai B-1 e C-1 (0.32-0.33%N).
Allinterno di ciascun sottoinsieme, si osserva una significativa variazione del rapporto Cr
eq
/Ni
eq
,
ragion per cui stato possibile far rientrare tale parametro allinterno dei fattori oggetto di studio
per quel che concerne linfluenza sulla modalit di solidificazione primaria.
Lo studio delle modalit di solidificazione stato svolto attraverso indagini metallografiche
condotte nelle zone fuse di cordoni di saldatura laser, realizzati su campioni di laminati piani dei
diversi acciai indicati in tab.5.3. I cordoni sono stati realizzati impiegando una sorgente laser con
una potenza costante di 1.3kW, in atmosfera protetta da Argon, ed una velocit desecuzione delle
passate variabile in un intervallo compreso fra 10 e 200mm/s. Ciascun cordone stato
successivamente sottoposto ad indagine metallografica realizzando sezioni in pianta e trasversali
rispetto alla direzione di passata. Le indagini metallografiche sono state eseguite, anche per la serie
di campioni cos prodotta, attraverso microscopia ottica, dopo lucidatura superficiale e successivo
attacco elettrolitico dei campioni con acido ossalico al 10% o per colorazione di tipo Beraha. La
metodologia dindagine relativa a questultimo attacco si basa su un principio di selezione chimica,
per cui le zone a differente composizione, come le isole di ferrite- o gli arricchimenti delementi
nobili, come il nickel, sono evidenziate con colori differenti.
La correlazione delle condizioni di solidificazione alle microstrutture osservate avvenuta in
conformit a quanto descritto nel paragrafo 2.2.1, in riferimento alla distribuzione, lungo
linterfaccia solido/liquido della pozza di saldatura, dei valori di velocit davanzamento del fronte
solido e di gradiente di temperatura. Losservazione delle microstrutture avvenuta lungo lasse
longitudinale del cordone, corrispondente alla posizione in cui la velocit daccrescimento V
coincide con quella davanzamento della sorgente termica V
b
. Non sono state invece effettuate stime
concernenti il gradiente termico, in quanto, come si gi avuto modo di considerare, tale parametro
di scarsa influenza sulle velocit critiche di transizione da un modo di solidificazione allaltro.


Capitolo 5. Attivit sperimentale

117
5.4. Solidificazione a basse velocit di raffreddamento

La solidificazione degli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenori di nickel stata valutata, in
questa parte dellattivit sperimentale, in relazione a condizioni di modeste velocit di
raffreddamento, riconducibili a processi industriali quali la solidificazione direzionale, la colata
continua convenzionale o la solidificazione in lingotto. In particolare, la velocit di raffreddamento
attesa per queste condizioni destrazione del calore dellordine di 10
-1
-10
1
K/s.
Lattivit sperimentale qui di seguito illustrata, consistita nellesame macro/microstrutturale dei
lingotti sperimentali dacciai austenitici a ridotto tenore di nickel, la cui composizione riportata in
tab.5.2. I risultati delle caratterizzazioni sono stati confrontati con le previsioni termodinamiche
deducibili dal codice termodinamico di calcolo degli equilibri Thermocalc, essendo le condizioni
sperimentali investigate quelle che pi si approssimano a tale riferimento di natura teorica.
Il paragrafo si conclude con la caratterizzazione meccanica dei prodotti di trasformazione dei
lingotti, realizzata per poter compiere una stima dellattitudine allimpiego degli acciai investigati.


5.4.1. Previsioni termodinamiche

Nel presente paragrafo sono riportate le previsioni termodinamiche allequilibrio relative
allintervallo di composizioni riportato in tab.5.1, oltre ch dei singoli sistemi costituiti dalle
composizioni dei lingotti riportate in tab.5.2. Tali previsioni sono state realizzate attraverso luso
del codice di calcolo Thermocalc e del database Fe-DATA, e sono state impiegate quale riferimento
alle evidenze sperimentali che emergeranno successivamente dalle indagini metallografiche.
Ci allo scopo di valutare tendenze e limiti nellapplicazione dei modelli termodinamici
previsionali, relativamente a sistemi complessi quali gli acciai inossidabili a ridotto tenore di nickel,
in condizioni di solidificazione prossime allequilibrio.


5.4.1.1. Diagrammi pseudo-ternari

Allo scopo di definire adeguatamente lambiente termodinamico cui fanno riferimento gli acciai
inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, sono qui riportate alcune considerazioni relative
allo studio del comportamento in solidificazione del sistema pseudo-ternario Fe-Mn-N. Il prefisso
pseudo indica che il sistema considerato non propriamente un ternario, poich ne fanno parte
anche altri elementi di lega, e specificatamente quelli riportati in tab.5.1; le variazioni dazoto e
manganese sono state quindi effettuate considerando fisse le percentuali in peso di C, Ni, Cr, Cu, Si,
e bilanciate modificando il tenore di ferro in modo tale da conservare costante la quantit di massa
del sistema.
In tal modo sono state realizzate delle sezioni isoterme, a temperature decrescenti di 10C
nellintervallo 1420C-1310C, in cui stata valutata levoluzione delle quattro fasi prese in
considerazione, ovvero liquido, gas, -austenite (fcc) e -ferrite (bcc). Linsieme dei diagrammi cos
realizzato riportato in fig.5.6a-b, in cui la fase liquida residua, eventualmente contenente gas al
suo interno, indicata in grigio, e il campo di (co)esistenza della fase austenitica (fcc) stato invece
colorato in rosa.

Dallesame delle diverse sezioni isoterme scaturiscono diverse considerazioni:

Il sistema considerato solidifica allequilibrio in modalit ferritica primaria (di tipo
FA o FE) nellintero spettro di valori dazoto e manganese considerato. Nei primi
Capitolo 5. Attivit sperimentale

118
stadi della solidificazione leffetto di un aumento del tenore dazoto si riflette
principalmente nel superamento del suo limite di solubilit nel liquido, per cui
prevista la nucleazione di una fase gassosa nel liquido in equilibrio con la fase
ferritica gi formatasi. Leffetto di un incremento del manganese, oltre a spostare la
superficie di liquidus verso temperature inferiori, analogamente a quanto accade per
lazoto, quello di aumentare la solubilit di tale elemento attraverso la riduzione
della sua attivit nel bagno, per cui il campo di stabilit del liquido, privo di fase
gassosa al suo interno, diviene pi ampio.

Laustenite si forma come prodotto di solidificazione secondario, e la quantit
presente di tale fase risulta influenzata prevalentemente dal tenore dazoto, ed in
misura minore da quello del manganese. In particolare, dallesame della sezione a
1390C, si evince come la comparsa della fase austenitica si osservi muovendosi in
una direzione pressoch parallela a quella dincremento del tenore dazoto. Leffetto
del manganese, oltre certi tenori, invece quello di restringere larea corrispondente
alla sezione della regione peritettica con il piano isotermo. Tale effetto ben
evidenziato anche dalle sezioni isoterme a 1380C e 1390C, in cui si pu osservare
un andamento del secondo ordine nella curva dequilibrio fra laustenite e la ferrite,
sia in presenza di liquido (area peritettica) che allo stato solido; per tenori di
manganese fino al 3-6%, con la tendenza ad un aumento di tale soglia al decrescere
della temperatura, tale equilibrio si sposta a favore della stabilit della fase
austenitica, mentre per valori superiori il campo desistenza della fase ferritica si
estende poi con andamento monotono. In tal senso trovano riscontro alcune
indicazioni presenti in letteratura [2 ] circa un effetto moderatamente
austenitizzante del manganese sino a valori di tale elemento pari al 6%, e stabilizzante
della ferrite per tenori superiori.


La solidificazione prosegue con la trasformazione peritettica L+ , con presenza di
gas allinterno del liquido nel caso di elevati tenori dazoto e modesti valori
percentuali di manganese. Per alti valori di azoto, e tenori intermedi di manganese, la
trasformazione peritettica giunge a completamento in presenza di liquido residuo, per
cui la solidificazione prosegue con accrescimento della sola fase austenitica. A
1310C la solidificazione quasi del tutto completa, mentre minime quantit di
liquido residuo ancora da solidificare sono previste solamente nel caso di tenori di
manganese superiori al 14%.
Capitolo 5. Attivit sperimentale

119



Figura 5.6-a. Sezioni isoterme del sistema pseudo-ternario Fe-Mn-N riferito alla composizione di tab.5.1
Capitolo 5. Attivit sperimentale

120

































Figura 5.6-b. Sezioni isoterme del sistema pseudo-ternario Fe-Mn-N riferito alla composizione di tab.5.1
Capitolo 5. Attivit sperimentale

121
5.4.1.2. Cammini di solidificazione

Vengono di seguito riportate le previsioni termodinamiche dei cammini di solidificazione dei
sistemi rappresentati dagli acciai colati in laboratorio, aventi le composizioni riportate in tab.5.2.
Anche in questo caso si fatto ricorso al codice di calcolo Thermocalc, ed al database Fe-DATA.
Le fasi prese in considerazione sono state le medesime riportate nel sottoparagrafo precedente,
ovvero liquido, gas, -austenite (fcc) e -ferrite (bcc).
Linsieme delle previsioni, unitamente alle temperature caratteristiche del percorso di
solidificazione, riportato in tab.5.4.

Lingotto Percorso di solidificazione teorico
T
liq

(C)
T
aus

(C)
T
sol

(C)
A LL+L+++ 1432.26
1384.24
(67.82%)
1359.15
(45.44%)
B
L+gasL++gasL+++gas
++gas+gas
1430.31
1388.17
(73.67%)
1370.49
(36.87%)
C LL+L+++ 1412.09
1366.24
(62.64%)
1336.60
(39.15%)
D
L+gasLL+L++gas
L+++gasL+++
1409.70
1382.65
(51.92%)
1355.53
(9.44%)
E
L+gasLL+L++gas
L+++gasL+++
1405.99
1378.47
(51.58%)
1350.35
(8.69%)
F
L+gas L++gasL+++gas
L+++
1406.61
1381.82
(48.47%)
1352.44
(3.02%)
G LL+L+++ 1388.70
1373.60
(22.23%)
1331.83
(2.67%)
H
L+gas L++gasL+++gas
L++gas +gas
1404.28
1373.59
(55.37%)
1348.52
Tabella 5.4. Previsioni del cammino di solidificazione degli acciai colati in laboratorio,
le cui composizioni sono riportate in tab.5.2

Lesame delle previsioni riportate in tab.5.4 consente di svolgere alcune considerazioni, la prima
delle quali utile a confermare lindicazione gi emersa nello studio del sistema pseudo-ternario Fe-
Mn-N, secondo cui nellintero spettro di composizioni considerato la modalit di solidificazione
primaria di tipo ferritico, con formazione di austenite per trasformazione peritettica.
In secondo luogo, la nucleazione di fase gassosa allinterno del liquido esclusa soltanto in tre
degli otto sistemi considerati, corrispondenti alle composizioni con il minor tenore dazoto ed una
sola con un contenuto maggiore di tale elemento (lingotto G, 0.41%N), alla quale tuttavia
associato il tenore di manganese in assoluto pi alto. La condizione di nucleazione superata in
larga misura gi a temperature superiori alle rispettive T
liq
nei sistemi corrispondenti ai lingotti B
ed H, in cui la fase gassosa supera durante la solidificazione la percentuale in peso dello 0.2%. In
alcuni dei sistemi considerati (D ed E), la condizione di nucleazione di verifica invece solo in
presenza di un certo tenore di fase solida, come conseguenza del previsto arricchimento dazoto
nel liquido residuo per effetto della partizione delementi austenitizzanti dalla fase ferritica.
Tale situazione pu essere riassunta in modo rappresentativo dal grafico di fig.5.7, in cui nel
diagramma N-Mn stata sovrapposta, rispetto ai tenori dei due elementi, anche la curva del limite
di solubilit dellazoto, calcolata rispetto alla composizione media degli altri elementi di lega
riportata in tab.5.2. Nel diagramma di fig.5.7, la curva limite di solubilit stata tracciata
Capitolo 5. Attivit sperimentale

122
intersecando la superficie corrispondente al limite di solubilit dellazoto nel sistema considerato
con la superficie di liquidus. La posizione dei punti rispetto a tale curva risulta pertanto indicativa
della presenza di fase gassosa al momento dinizio solidificazione; rispetto agli specifici sistemi
considerati, tale indicazione si scosta lievemente da quanto riportato in tab.5.4 per i sistemi a
ridosso del limite, associati alle composizioni dei lingotti D,E ed F. La rappresentazione di fig.5.7
va ritenuta quindi di carattere qualitativo, e nel proseguimento della trattazione, per una previsione
pi corretta, si fato comunque riferimento ai cammini di solidificazione riportati in tab.5.4.


Figura 5.7. Posizione del limite di solubilit rispetto ai tenori dazoto e manganese del sistema
considerato

.
5.4.2. Esame macrostrutturale

I lingotti fabbricati sono stati sezionati longitudinalmente e sottoposti ad esame macrografico,
per la valutazione deventuali effetti della nucleazione dazoto in forma gassosa durante la
solidificazione.
Linsieme delle documentazioni relative alle sezioni dei lingotti riportata in fig.5.8. Da esse si
pu evincere come le previsioni termodinamiche siano congruenti con ci che si manifestato
nella solidificazione dei diversi acciai.
Gli unici casi in cui la porosit interna pu essere attribuita alla sola formazione del cono di ritiro
del lingotto, sono quelli riconducibili alle composizioni A,C e G le quali, rispetto al diagramma di
fig.5.7, sono associate ai punti pi distanti dal limite di solubilit dellazoto.
Nei lingotti B ed H, ed in misura minore anche il D, la nucleazione dellazoto in forma gassosa si
manifestata invece in modo molto evidente, determinando la formazione di pori uniformemente
distribuiti nella struttura del lingotto, in sovrapposizione alla cavit da ritiro osservata nella parte
superiore. Nel diagramma di fig.5.7, i punti B ed H corrispondono alle composizioni che superano
ampiamente il limite di solubilit dellazoto in fase liquida.
Una condizione intermedia stata invece riscontrata nel caso dei lingotti E ed F, le cui
composizioni sono poste a ridosso del limite di solubilit di fig.5.7, e nei quali la porosit dovuta
alla formazione di bolle di gas nel liquido presente ma localizzata in corrispondenza dellasse
longitudinale del lingotto e prevalentemente disposta nella parte superiore.
2
4
6
8
10
12
14
0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40 0,45 0,50 0,55 0,60
N (wt %)
M
n

(
w
t

%
)
nitrogen
solubility
limit
C
A
G
D-F
E
B
H
Capitolo 5. Attivit sperimentale

123
Figura 5.8. Macrostrutture dei lingotti
Capitolo 5. Attivit sperimentale

124
La localizzazione della porosit dovuta alla nucleazione dazoto in forma gassosa pu essere
giustificata in base alla legge di Sievert, citata in sede introduttiva, che deriva dallequilibrio
chimico:

(1) { } [ ] N N
2
2
1


per il quale la costante dequilibrio data dalla:

(2)
[ ]
( )
5 . 0
2
%
N
N
p
N f
K =

Affinch lazoto soprasaturo possa formare una nuova fase in seno al liquido, occorre che la sua
attivit sia tale per cui la pressione parziale associata superi la somma della pressione locale e della
tensione interfacciale del liquido stesso [3-4 ]. Lattivit dellazoto funzione della sua
concentrazione nel liquido attraverso il coefficiente f
N
, che dipende a sua volta dal tenore degli altri
elementi in soluzione [5 ]. Il cromo ed il manganese, oltre a Ti, Zr, e V, che tuttavia non fanno
parte del sistema considerato, sono gli elementi che maggiormente concorrono a ridurre lattivit
dellazoto nel bagno per effetto di una riduzione del coefficiente f
N
.
Per quel che concerne il valore di pressione locale con cui lattivit dellazoto deve essere
confrontata, esso pu essere determinato attraverso la somma dei contributi della pressione
atmosferica p
a
, e della pressione ferrostastica locale p
fer
. Laltro termine che interviene
nellequilibrio, la tensione interfacciale associata alla nucleazione della fase gassosa, pu essere
espresso attraverso la nota relazione di Laplace nella forma
,
2
g l
r

.
Sulla base di tali considerazioni, nelle condizioni reali di solidificazione dei lingotti, si pu
costatare che la porzione di volume corrispondente alla loro base costituisce la regione dove le
condizioni di nucleazione si raggiungono con pi difficolt. La ragione risiede nel fatto che
localmente la pressione ferrostatica raggiunge i valori pi elevati, per via della quantit di liquido
che vinsiste sopra. Inoltre lacciaio in contatto con la lingottiera solidifica comunque in condizioni
relativamente rapide, per cui la scala della microstruttura degli strati corticali sufficientemente
fine da limitare la nucleazione della fase gassosa al proprio interno, giacch la tensione
interfacciale, associata alla formazione di bolle con raggi di curvatura molto piccoli, sarebbe in
ogni caso cos elevata da superare la pressione parziale locale dellazoto. Tale considerazione vale
per lintera superficie del lingotto, per cui effettivamente la zona pi favorevole alla nucleazione
dazoto in forma gassosa rimane la parte centrale e superiore dei lingotti, dove la pressione
ferrostatica si approssima al valore atmosferico e la scala della microstruttura cos grossolana da
consentire la formazione di bolle con ampi raggi di curvatura, e quindi con relativamente modesta
tensione interfacciale.
Le considerazioni precedenti consentono quindi di giustificare la distribuzione delle porosit
nelle strutture dei lingotti. Nel caso degli acciai relativi alle composizioni E ed F, che si collocano
a ridosso del limite di solubilit dellazoto in fase liquida, la nucleazione si verifica solo dove le
condizioni fisiche e microstrutturali sono pi favorevoli alla formazione della nuova fase, ovvero
la parte alta e centrale dei lingotti. Per le composizioni dei sistemi B ed H, tali condizioni sono
ampiamente superate anche nelle regioni teoricamente pi sfavorevoli, nel primo caso poich il
modesto tenore di manganese non riduce adeguatamente lattivit dellazoto nel bagno metallico,
nel secondo caso perch il tenore dazoto stesso cos elevato che la pressione parziale legata alla
sua attivit comunque tale da vincere la tensione interfacciale e superare i diversi contributi alla
determinazione della pressione locale del liquido.
Capitolo 5. Attivit sperimentale

125
5.4.3. Esame microstrutturale

In fig.5.9 riportata la documentazione relativa allindagine metallografica condotta sui
campioni prelevati alla base dei lingotti [6 ]. Non riportata la documentazione relativa al
campione del lingotto H, in quanto lattacco non ha evidenziato alcuna differenza microstrutturale.
Dalla natura e morfologia della microsegregazione evidenziata dallattacco metallografico, si
pu evincere come i campioni relativi ai lingotti A-G siano caratterizzati da una struttura
austenitica, con tracce di ferrite- residua, solidificata in modalit ferritica primaria. La
disposizione della fase ferritica evidenziata dallattacco metallografico, infatti, corrisponde agli
assi della struttura, ed perci indicativa del fatto che tale fase quella che si accresciuta per
prima nel liquido.
La morfologia della microstruttura apparsa chiaramente risolta soltanto nel caso dei campioni
provenienti dai lingotti A e C, e la ferrite- osservata in questi casi stata rispettivamente di natura
lamellare (A) e dendritica a carattere vermicolare (C). A riscontro di tale evidenza, sono state
svolte misure della presenza di fase magnetica, che hanno rivelato valori positivi della percentuale
in volume di tale fase soltanto nel caso dei lingotti A e C, in tenori rispettivamente del 6.6% e
6.1%. Poich in nessun caso, durante lindagine metallografica, stata riscontrata la presenza di
martensite , alla quale si sarebbe potuto attribuire il ferromagnetismo rilevato nei campioni dei
lingotti A e C, si pu affermare che in questi due casi, e limitatamente ad essi, la microstruttura
rivelata dallattacco risulta costituita da austenite ed isole di ferrite- residua. Negli altri casi, ci
che lattacco metallografico ha evidenziato stata solamente una microsegregazione
rappresentativa dei primi istanti della solidificazione; durante il raffreddamento si in altri termini
raggiunto il completamento della trasformazione , sebbene i processi diffusivi contestuali e
successivi alla solidificazione non siano stati in grado, ad eccezione plausibilmente del lingotto H,
di omogeneizzare la partizione degli elementi legata allaccrescimento della fase ferritica primaria.
Per quanto concerne la velocit di raffreddamento cui sono associate le microstrutture osservate,
lesame della micrografia del campione prelevato dal lingotto C consente di effettuarne una stima
attraverso la misura della spaziatura dendritica secondaria, proporzionale al valore di T
&
(K/s)
secondo la seguente relazione, analoga a quanto riportato in 2.2.3:

(3)

= T k
&
2


in cui i valori delle costanti e k sono stati definiti da vari autori in seguito ad osservazione di
strutture di solidificazione di differenti acciai inossidabili prodotti in colata continua. In base ai
parametri di Sugiyama [7 ], per cui =0.45 e k=68, ad una SDAS misurata nel campione del
lingotto C pari a 17.782.15m, corrisponderebbe una velocit di raffreddamento di
19.635.45K/s. Impiegando i parametri di Wolf [8 ], definiti per la colata continua di AISI 310,
per cui =0.38 e k=44, alla medesima misura di SDAS pu essere associato un valore di velocit
di raffreddamento pari a 10.833.59K/s. Entrambi i valori medi risultano quindi comparabili e,
sebbene determinati attraverso relazioni tarate per strutture di solidificazione di acciai inossidabili
convenzionali, consentono di affermare con un sufficiente grado di approssimazione che la
caratterizzazione microstrutturale qui esposta si riferisce a velocit di raffreddamento non superiori
a 10
1
K/s, che ricadono quindi nellintervallo di condizioni di estrazione del calore attese per i
processi di solidificazione direzionale o di colata continua convenzionale, tipicamente fra i pi
lenti.
Esaminando i risultati della caratterizzazione metallografica alla luce delle variazioni dei tenori
di azoto e manganese nelle colate sperimentali, a fronte di una sostanziale invarianza del modo di
solidificazione primario nello spettro di composizioni investigato, ci che emerge un forte effetto
Capitolo 5. Attivit sperimentale

126
austenitizzante dellazoto, ed un contributo molto pi blando del manganese, ai fini della
determinazione della microstruttura finale a temperatura ambiente.
Nonostante la scarsit di valori utili misurati, stata compiuta una regressione statistica delle
percentuali in volume di ferrite- rilevate, al fine di correlare tale parametro microstrutturale con le
variazioni dei tenori di azoto e manganese allinterno delle forcelle riportate in tab.5.2. Il risultato
delloperazione la seguente relazione lineare (R=0.83):

(4) ( ) % 8.24 19.33% 0.042% Ferrite vol N Mn = +

Il risultato della relazione (4) significativamente sensibile solo ad una variazione del tenore di
azoto. In particolare, in base alla (4) si pu prevedere il conseguimento, nelle medesime condizioni
di raffreddamento che hanno interessato localmente la base dei lingotti, di una struttura
completamente austenitica per tenori di azoto superiori allo 0.43-0.45%, in corrispondenza dei
quali la (4) assume segno negativo, e minime tracce di ferrite- (2%) nella struttura per tenori
superiori allo 0.33-0.35%.
In letteratura, come discusso in sede introduttiva nel paragrafo 3.2, sono riportati dei modelli di
previsione della microstruttura a temperatura ambiente, la cui validit si estende anche al campo
degli acciai inossidabili austenitici ad alto tenore di azoto, che risultano tuttavia definiti in
condizioni di raffreddamento significativamente diverse da quelle sperimentate nella presente
parte di attivit sperimentale. Tenendo presenti le differenze in termini di scala delle
microstrutture, e quindi di efficacia dei processi diffusivi tra le diverse condizioni operative, si pu
comunque effettuare una panoramica delle previsioni ottenibili attraverso i vari modelli, utile a
verificarne la coerenza nello spettro di composizioni investigato.
Per la formulazione di previsioni del comportamento in solidificazione di acciai della famiglia
degli austenitici a ridotto tenore di nickel, si pu in prima istanza prendere in esame il modello di
Hull [2 ], definito attraverso lesame di microstrutture realizzate con la tecnica di chill-casting.
Hull sfrutt il criterio gi introdotto da Schaeffler, secondo cui acciai di composizione differente
possono essere confrontati attraverso la definizione di equivalenti del nickel e del cromo.
Nellinsieme degli elementi investigati, Hull incluse anche lazoto, sebbene il limite superiore di
variazione di tale elemento negli acciai esaminati non fosse superiore allo 0.15%.
Hull arriv a definire nuovi coefficienti per la determinazione di Ni
eq
e Cr
eq
:

(5)
( )
2
% % 0.1% 0.01 % 18% 30%
% 1.5% 1.5% 0.5% 2.3% 1.75%
eq
eq
Ni Ni Co Mn Mn N C
Cr Cr Mo W Si V Nb

= + + + +

= + + + + +



Si pu notare come, fra gli elementi che contribuiscono alla determinazione del Ni
eq
, compaia il
manganese, sebbene con un coefficiente in assoluto modesto e che presenta inoltre un andamento
del secondordine. Secondo Hull, la condizione per la formazione di strutture completamente
austenitiche pu essere riassunta dalla seguente relazione:

(6) ( ) 8 >
eq eq
Cr Ni

Relativamente allinsieme di composizioni riportato in tab.5.2, prendendo in considerazione i
valori medi di tutti gli elementi ad eccezione di azoto e manganese, in base alle relazioni (5)
prevista una variazione del Ni
eq
, in funzione del tenore di questi due elementi, in un intervallo
compreso fra 8.75% e 15.9%, essendo il Cr
eq
costante e pari al 18.75%. Tale variabilit del Ni
eq

da attribuirsi prevalentemente alleffetto dellazoto, ed in misura molto minore del manganese.

Capitolo 5. Attivit sperimentale

127



Figura 5.9. Micrografie dei campioni prelevati alla base dei lingotti dopo attacco metallografico con acido ossalico al 10%.
Capitolo 5. Attivit sperimentale

128
Secondo quanto affermato da Hull, nella famiglia di acciai considerata nel presente lavoro,
sarebbe prevedibile il conseguimento in solidificazione di unampia serie di microstrutture in
funzione del Ni
eq
.
Per i valori inferiori di tale parametro, prevista una struttura costituita da austenite, martensite
e ferrite-; al crescere del Ni
eq
dovrebbe essere osservata prima una scomparsa della martensite, e
successivamente della ferrite-. Tali previsioni trovano solo parziale riscontro sperimentale, dal
momento che in nessun caso stata osservata nei campioni esaminati la presenza di martensite,
mentre tenori di ferrite- residua sono stati effettivamente riscontrati negli acciai con il minor
tenore di azoto.
Trascurando linconsistenza relativa alle previsioni microstrutturali associate ai valori minimi di
Ni
eq
, alcune ulteriori considerazioni possono essere svolte attraverso lapplicazione della relazione
(6) alla famiglia di acciai considerata nel presente lavoro, tenendo comunque presente che si tratta
di unestrapolazione ad un intervallo di variabilit del tenore di azoto notevolmente superiore al
range in cui le relazioni (5) risultano tarate. Inserendo nella (6) i valori medi degli altri elementi di
lega, riportati in tab.5.2, si giunge alla condizione:

(7)
2
0.1% 0.01%
% 0.27
18
Mn Mn
N

>

in base alla quale, per il conseguimento di una struttura completamente austenitica, possibile
individuare una soglia del tenore di azoto pari allo 0.28-0-29%, soglia che risulta ben poco
influenzata (0.013%) da una variazione del tenore di manganese nellintervallo compreso fra il 4
ed il 12%.
Un ulteriore modello cui si pu far riferimento, quello elaborato da Sanchez [1 ], anche in
questo caso definito sulla base di analisi di campioni prodotti attraverso la tecnica di chill-casting.
Relativamente agli scopi del presente lavoro, tale modello gode del beneficio di essere tarato in un
insieme di intervalli compositivi dei principali elementi di lega che comprende interamente il
sistema indicato in tab.5.2. Analogamente ad altri autori, Sanchez giunse a definire nuovi
coefficienti per il calcolo degli equivalenti del cromo e del nickel:

(8)
% 0.35% 22.7% 27.4%
% 1.25% 0.7% 0.05%
eq
eq
Ni Ni Cu N C
Cr Cr Mo Si Mn
= + + +

= + + +



in base ai quali al manganese, inserito nel novero degli elementi che concorrono alla
determinazione del Cr
eq
, attribuito un modesto effetto ferritizzante. Sanchez giunse inoltre a
definire una relazione sperimentale per la previsione del tenore percentuale in volume di ferrite-
residua:

(9) ( ) % 35.2 3.6 2.75
eq eq
Ferrite vol Cr Ni = +

La relazione (9), in base a studi paralleli condotti da Sanchez su lingotti di composizione analoga
ma di dimensione maggiore, trova validit anche nel caso in condizioni di raffreddamento pi lente
del chill casting, limitatamente tuttavia ad acciai aventi rapporto Cr
eq
paragonabile alla famiglia
degli AISI 316. Nel caso di acciai meno legati, in condizioni di solidificazione lenta, la relazione
(9) sottostima invece i valori di ferrite- residua effettivamente misurati.
Una conferma di tale indicazione proviene dallapplicazione della relazione (9) ai singoli sistemi
rappresentati dalle composizioni dei lingotti A e C, per i quali sono previsti tenori di ferrite-
residua pari rispettivamente al 3.4% e 4.2%. Tali valori risultano effettivamente sottostimati
Capitolo 5. Attivit sperimentale

129
rispetto a quanto misurato sperimentalmente nel presente lavoro, in ragione dellinfluenza sulla
microstruttura finale della velocit di raffreddamento, molto pi blanda nel caso della colata in
lingotto rispetto ad un processo come il chill casting.
La relazione (9), applicata alla famiglia di composizioni dei lingotti sperimentali, pu essere
esplicitata nuovamente attraverso i valori medi degli altri elementi presenti, giungendo ad
unespressione analoga alla (7) per la previsione di una microstruttura completamente austenitica:

(10) % 0.248 0.0028% N Mn > +

La relazione (10) indica una soglia non molto differente da quanto emerso applicando il modello
di Hull. Considerando infatti il tenore pi elevato di manganese previsto dallintervallo di tab.5.2,
al quale secondo Sanchez pu essere quindi associato il massimo effetto ferritizzante, la relazione
(10) assume valori negativi per tenori percentuali di azoto superiori allo 0.27%, coerentemente
quindi con la previsione di Hull.
Un ulteriore modello applicabile per la definizione dei limiti di stabilit della fase austenitica,
definito tuttavia relativamente ad acciai inossidabili austenitici nickel-free, stato proposto da
Hsiao [9 ], secondo cui, per tenori di Mn compresi fra il 5 ed il 14%, la percentuale complessiva
in peso di C ed N necessaria per conseguire una struttura formata da sola austenite data dalla
seguente espressione:

(11) ( ) ( ) 5 . 12 % 078 . 0 % = + Cr N C

La relazione (11) va poi confrontata con i diagrammi di stabilit, tracciati dallo stesso Hsiao,
attraverso i quali possibile individuare una relazione fra il tenore di carbonio e quello di cromo
per il conseguimento di una struttura esente dalla precipitazione di carburi ad alta temperatura
(1150). Un esempio di tali diagrammi riportato in fig.5.10.

Figura 5.10 .Stabilit degli acciai Fe-C-Cr-Mn nei confronti della precipitazione dei carburi

Unulteriore relazione definita da Hsiao riguarda la stima della presenza di fase martensitica
nelle microstrutture a temperatura ambiente degli acciai inossidabili austenitici privi di nickel,
valutata attraverso il computo del parametro M
s
in base alla seguente espressione:

(12) ( ) ( ) ( ) ( ) 0.56{75 14.6 110 8.9 60 1.33
s
M C Cr Ni Mn = + +
( ) ( ) 50 0.47 3000 0.068 32} Si C N + + +



La relazione (11), applicata al sistema indicato in tab.5.2 sostituendo i tenori medi di carbonio e
di cromo, fornisce il valore di 0.37%N come soglia per il conseguimento di una struttura
Capitolo 5. Attivit sperimentale

130
completamente austenitica. Tale valore pu essere confrontato solo qualitativamente sia con
quanto emerso dalla sperimentazione condotta, sia con i risultati dei modelli esaminati, in quanto
non sono stati presi in considerazione due elementi fortemente austenitizzanti come il nickel ed il
rame. Ipotizzando, ad esempio, che tali elementi possano essere sostituiti allazoto attraverso
appropriati equivalenti, plausibile che la soglia indicata del tenore percentuale di azoto pari allo
0.37% diminuisca, avvicinandosi a quella di 0.27-0.28% indicata dagli altri modelli esaminati.

La panoramica dei risultati dei modelli previsionali considerati, applicati nellambito degli acciai
inossidabili a ridotto tenore di nickel oggetto del presente lavoro, consente di affermare che esiste
una convergenza circa lesistenza di una soglia del tenore di azoto necessaria al conseguimento di
una microstruttura a temperatura ambiente completamente austenitica. Tale valore si colloca
nellintorno dello 0.27% in peso di azoto e non significativamente influenzato dal tenore di
manganese.
Rispetto alla regressione statistica dei valori misurati di ferrite- residua nei campioni prelevati
alla base dei lingotti, espressa dalla relazione (4), tale soglia inferiore per circa lo 0.1-0.15% in
peso del tenore di azoto. E importante sottolineare come tuttavia, nel caso dei modelli esaminati,
le condizioni sperimentali che hanno condotto alla realizzazione delle strutture di solidificazione
siano ben differenti, essendo state ricercate, nella presente parte di attivit sperimentale,
condizioni di raffreddamento lente, al limite confrontabili con lequilibrio.
Si pu ritenere che leffetto di un aumento della velocit di raffreddamento di uno o due ordini di
grandezza, riscontrabile nel confronto fra la solidificazione in lingotto e quella che si verifica nel
processo chill casting, sul quale si basano i riferimenti esaminati, consista in una significativa
riduzione della scala della microstruttura, per cui al medesimo modo di solidificazione sono
associate microstrutture via via pi fini. In un simile contesto, in cui i processi diffusivi sono pi
efficaci per via della riduzione delle dimensioni lungo le quali avvengono, il grado di
omogeneizzazione delle microstrutture che si consegue nel raffreddamento maggiore per le
tecniche di colata relativamente pi rapide. Di conseguenza, in tali condizioni, il tenore di elementi
austenizzanti, ed in particolare lazoto, necessario a stabilizzare completamente la struttura a
temperatura ambiente, risulta inferiore, in quanto sono maggiori le quantit di ferrite- che
possono essere trasformate fino al raggiungimento della temperatura ambiente. Ci permette di
giustificare le differenze del tenore minimo di azoto, necessario a rendere completamente
austenitica la struttura, riscontrata nella presente parte di attivit sperimentale rispetto a quanto
deducibile dagli specifici modelli previsionali presi in considerazione.

Ulteriori considerazioni, riguardanti la previsione della microstruttura a temperatura ambiente
degli acciai sperimentali colati in laboratorio, possono essere effettuate, relativamente a
condizioni di raffreddamento prossime allequilibrio, confrontando i percorsi di solidificazione
teorici riportati in tab.5.3.
Si pu notare infatti che il tenore di azoto influenza significativamente gli equilibri / nei primi
stadi della solidificazione. Nel caso delle composizioni dei lingotti A e C, cui associato il minor
tenore di azoto nellintero spettro investigato, la trasformazione peritettica prevista aver inizio ad
una temperatura relativamente bassa rispetto allestensione dellintervallo di solidificazione, con la
conseguenza che la frazione di fase ferritica primaria gi presente risulta elevata (>60%) e la quota
parte pi consistente della sua trasformazione in austenite avviene non attraverso la reazione
peritettica, in quanto ancora il 40% di fase presente alla T
sol
, ma allo stato solido e perci a
temperature inferiori. In tutti gli altri casi, la reazione peritettica ha inizio a temperature pi
prossime alla T
liq
, in presenza di quantit inferiori di fase ferritica primaria; ci consente quindi
una trasformazione di tale fase quasi completa gi nellintervallo di solidificazione, demandando
quindi alla reazione allo stato solido la trasformazione solo della modesta quantit di fase- residua
(<10%) in corrispondenza della temperatura T
sol
. Una rappresentazione grafica di tali
Capitolo 5. Attivit sperimentale

131
considerazioni riportata in fig.5.11, in cui su diagrammi pseudo-binari Fe-N riportato il
cammino di solidificazione dei sistemi aventi le composizioni corrispondenti ai lingotti A e G.

Figura 5.11. Percorsi di solidificazione degli acciai corrispondenti alle composizioni A e G

Quanto espresso fornisce una quindi chiave di lettura alle evidenze sperimentali, in quanto
consente di ipotizzare che, nel caso dei lingotti A e C, la fase ferritica primaria non sia stata
completamente trasformata durante il raffreddamento, permanendone quindi tracce a temperatura
ambiente, a causa sia della sua grande quantit, sia del fatto che i processi diffusivi sono avvenuti
prevalentemente in intervalli di temperatura di molto inferiori alla T
liq
, dove gli stessi processi
risultano meno efficaci. Negli altri casi, invece, le reazioni hanno interessato quantit inferiori di
fase primaria, e, per quel che concerne la trasformazione / allo stato solido, essa ha potuto aver
luogo a temperature dove la diffusione non soppressa, con la conseguenza di una dissoluzione
completa della ferrite- durante il raffreddamento sino a temperatura ambiente.
Per quel che concerne il blando effetto ferritizzante attribuito al manganese nel corso di questa
parte dellattivit sperimentale, una spiegazione pu essere fornita attraverso il riesame dei
diagrammi pseudo-ternari di fig 5.6a-b, relativamente alle temperature inferiori investigate.
Sebbene tali diagrammi si riferiscano al sistema nominale di tab.5.1, e per tale ragione la posizione
delle curve di equilibrio si scosti leggermente da quanto sarebbe prevedibile per linsieme reale di
composizioni riportate in tab.5.2, si pu notare come laumento del tenore di manganese, oltre a
contrarre lestensione dellarea peritettica, modifichi lequilibrio / allo stato solido, trasferendo
la trasformazione della fase ferritica primaria in austenite verso temperature pi basse.
Sotto tale punto di vista, quindi, un aumento del tenore di manganese responsabile di una pi
difficoltosa trasformazione della fase durante il raffreddamento e quindi indirettamente di una
sua stabilizzazione, che si manifesta macroscopicamente a temperatura ambiente in un modesto
effetto ferritizzante.


5.4.4. Propriet meccaniche

A completamento della caratterizzazione degli acciai inossidabili a ridotto tenore di nickel
esaminati, si riporta nel presente paragrafo la qualificazione meccanica dei laminati ottenuti dopo
sbozzatura, laminazione a caldo e ricottura di ricristallizzazione dei lingotti. Tale attivit, come
Capitolo 5. Attivit sperimentale

132
citato precedentemente, non direttamente collegata agli studi del comportamento in
solidificazione di tale famiglia di acciai, ma stata condotta per disporre di una stima
dellattitudine allimpiego dei materiale investigati.
In tab.5.5 riportato lesito della caratterizzazione meccanica dei diversi campioni. Per le prove
di trazione, oltre ai carichi unitari di snervamento e rottura ed ai valori di allungamento uniforme
ed a rottura, sono riportati il coefficiente di incrudimento n ed il coefficiente di anisotropia planare
r.

Lingotto test
Spessore
(mm)
HRB
R
p0.2

(MPa)
R
m

(MPa)
A
g

(%)
A
(%)
n r
1 4.88 359.3 678.9 38.5 52.2 0.336 1.290
2 4.94 355.7 670.8 39.3 50.1 0.340 1.280 A
media
90.9
357.5 674.8 38.9 51.1 0.338 1.285
1 5.1 513.6 769.7 20.2 23.3 0.263 1.080
2 5.1 467.3 670.9 32.4 37.9 0.304 0.000 B
media
99
490.5 720.3 26.3 30.6 0.284 0.540
1 4.7 360.1 676.0 38.0 54.1 0.329 1.010
2 4.7 360.7 668.1 34.1 41.5 0.327 1.180 C
media
89.2
360.4 672.0 36.1 47.8 0.328 1.095
1 4.9 423.3 737.4 35.0 43.3 0.352 1.000
2 4.9 387.4 628.1 19.6 23.4 0.328 0.580 D
media
92.1
405.4 682.7 27.3 33.3 0.340 0.790
1 4.93 441.0 760.0 36.4 51.0 0.350 1.030
2 4.93 436.5 752.3 36.8 50.1 0.349 1.060 E
media
92.1
438.8 756.2 36.6 50.5 0.350 1.045
1 4.65 417.9 716.0 33.6 39.1 0.352 0.700
2 4.65 433.7 752.1 35.3 46.1 0.353 1.050 F
media
91.7
425.8 734.1 34.4 42.6 0.353 0.875
1 5.33 466.8 789.6 34.6 45.3 0.345 1.080
2 5.33 455.4 740.4 27.1 31.1 0.325 1.090 G
media
94.6
461.1 765.0 30.8 38.2 0.335 1.085
1 4.9 442.8 703.6 27.5 31.1 0.320 0.980
2 4.9 534.0 847.9 37.6 45.0 0.325 1.070 H
media
97.1
488.4 775.7 32.5 38.0 0.323 1.025
Tabella 5.5. Risultati della caratterizzazione meccanica dei laminati ottenuti
dalla trasformazione dei lingotti sperimentali

Lesame dei risultati riportati in tab.5.5 indica che le propriet meccaniche degli acciai
investigati rientrano prevalentemente nellambito dei materiali per impieghi strutturali,
considerando che il carico di snervamento minimo misurato stato di 350MPa. A determinare una
cos elevata resistenza meccanica ha indubbiamente contribuito lelevato tenore di carbonio
mediamente contenuto nei lingotti sperimentali, superiore al tenore nominale del sistema indicato
in tab.5.1, e la cui conseguenza stata un rafforzamento della struttura cristallina per soluzione
solida interstiziale. E plausibile inoltre ritenere che, per conseguire carichi di snervamento
inferiori, riconducibili a quelli tipici degli acciai inossidabili austenitici convenzionali (R
p
=250-
280MPa per lAISI 304), non sia sufficiente ridurre soltanto tenore di carbonio, ma sia necessario
limitare in certa parte il contenuto di azoto a tenori inferiori allo 0.18%.
Per completezza, si riporta qui di seguito una regressione statistica delle misure di durezza e
resistenza meccanica in funzione dei tenori di azoto e di manganese.
Capitolo 5. Attivit sperimentale

133
Per ciascuna variabile obiettivo, ovvero durezza HRB, R
p0.2
e R
m
, stata eseguita unanalisi
statistica per stabilire quale, fra il lineare ed il quadratico, fosse il miglior modello di regressione dei
risultati di tab.5.5. Lanalisi si basata sulla valutazione, nellambito degli effetti del primo e del
secondo ordine, del peso dei termini quadratici e quindi della loro eventuale complessiva
trascurabilit. In tab.5.6 sono riportati i parametri statistici di maggior rilievo dei confronti.

Grandezza Modello Sum of squares
Degrees of
Freedom
Mean
Square
F
value
Prob>F
Predicted
R-squared
Scelta
Lineare 53.58 2 26.79 5.94 0.0477 0.1113
Durezza HRB
Quadratico 21.88 2 10.94 82.70 0.0119 -76.1609
Lineare 15505.38 2 7752.69 11.74 0.0129 0.3859
R
p0.2

Quadratico 2846.62 2 1423.31 9.13 0.0988 -262.4000
Lineare 9436.79 2 4718.39 8.20 0.0264 0.5733
R
m

Quadratico 195.23 2 97.61 0.083 0.9231 -4003.071
Tabella 5.6. Confronto statistico dei modelli di regressione

Dallesame dei risultati si evince come la migliore regressione dei dati sia fornita da un modello
lineare per i valori di resistenza allo snervamento ed alla rottura, e di tipo quadratico per la durezza.
La riprova del fatto che i modelli selezionati siano adeguati alla regressione dei risultati
sperimentali illustrata dai diagrammi di fig.5.12, in cui sono riportati i plot-normali dei residui.
Non potendosi evidenziare particolari tendenze, risulta dimostrato come rientrino fra gli errori
casuali quelli che si commettono assumendo validi i modelli stessi.
Figura 5.12. Plot normale dei residui dei diversi modelli di regressione

Concludendo, le equazioni che regrediscono i dati sperimentali, e che permettono quindi di
formulare delle previsioni nellinsieme di composizioni investigato, sono le seguenti:

(12) ( )
0.2
325.1 356.79083% 3.26050%
p
R MPa N Mn = +

(13) ( ) 591.91 272.47315% 4.11873%
m
R MPa N Mn = + +

(14)
( ) ( ) ( )
2 2
108.70 17.88% 5.56% 16.16 % 0.34 % 1.097% % Durezza HRB N Mn N Mn N Mn = + + +

Capitolo 5. Attivit sperimentale

134
5.4.5. Sintesi dei risultati

A conclusione della prima parte dellattivit sperimentale, relativa allo studio della solidificazione
in condizioni di raffreddamento prossime allequilibrio, di acciai inossidabili austenitici a ridotto
tenore di nickel appartenenti allinsieme di composizioni indicato nominalmente in tab.5.1, i
risultati conseguiti attraverso la caratterizzazione dei lingotti colati in laboratorio possono essere
cos riassunti:

Il sistema individuato dallintervallo di composizioni di tab.5.1, in condizioni di
velocit di raffreddamento blande od eventualmente prossime allequilibrio, solidifica
interamente in modalit ferritica primaria; la formazione della fase austenitica
avviene successivamente per effetto della trasformazione peritettica + L . Tale
conclusione avvalorata sia da considerazioni di natura teorica basate sullo studio del
comportamento in solidificazione del sistema pseudo-ternario Fe-Mn-N, sia
dallevidenza sperimentale scaturita dallesame microstrutturale dei campioni di
lingotti sperimentali prodotti in laboratorio, associati a condizioni di raffreddamento
comunque non superiori a 10
1
K/s, ed il cui scostamento nel tenore nominale di alcuni
elementi, comunque non oggetto della sperimentazione, non inficia la trasferibilit
delle considerazioni svolte al sistema nominale di acciai inossidabili a ridotto tenore
di nickel definito in tab.5.1.

La macrostruttura a temperatura ambiente affetta da porosit laddove siano superate
le condizioni termodinamiche per la nucleazione dellazoto in forma gassosa
allinterno della fase liquida, e sussistano quelle fisiche affinch tale nucleazione
possa avvenire. La prima condizione legata ai tenori di azoto e manganese nel
liquido, per cui ad ogni valore di questultimo elemento, pu essere associato un
limite massimo del tenore di azoto, variabile con la temperatura e le fasi solide
formatesi nel sistema, che pu essere mantenuto in soluzione nel liquido. Le
condizioni fisiche sono invece connesse al superamento, da parte della pressione
parziale di azoto, sia della pressione del liquido, ovvero il battente ferrostatico, sia
della tensione interfacciale liquido/gas imposta dalla scala locale della microstruttura,
per cui le bolle di gas nucleano pi facilmente, oltre che in condizioni di modesto
battente ferrostatico, soprattutto laddove la struttura pi grossolana, ovvero nelle
regioni che esperimentano le velocit di raffreddamento pi basse.

La microstruttura a temperatura ambiente del sistema investigato, costituita
completamente da austenite, con isole di ferrite- residua presenti solo nel caso dei
valori di azoto pi bassi allinterno dellintervallo di tab.5.1. E stata documentata
lesistenza di un valore di soglia di tale elemento, influenzata solo in minima parte dal
tenore di manganese, necessaria al conseguimento di una struttura completamente
austenitica. Il valore di soglia individuato, pari allo 0.43% in peso di azoto, stato
confrontato con quanto deducibile attraverso il confronto con specifici modelli di
previsione microstrutturale, riportati in letteratura e validi nellambito degli
inossidabili a ridotto tenore di nickel; il risultato del confronto indica valori di soglia
confrontabili, con differenze legate allordine di grandezza della velocit di
raffreddamento dei processi tecnologici adottati nelle singole sperimentazioni; ci si
riflette su una differente efficacia dei processi di omogeneizzazione attraverso
diffusione, per cui, a parit di composizione, in strutture pi o meno fini la
dissoluzione della ferrite- primaria raggiunge diversi gradi di completamento.
Capitolo 5. Attivit sperimentale

135
Ai fini della determinazione della microstruttura a temperatura ambiente, stato
rilevato un blando effetto stabilizzatore della ferrite da parte del manganese;
analizzando tale dato alla luce delle previsioni termodinamiche, esso pu essere
interpretato sottolineando linfluenza di tale elemento sullequilibrio / sia in
presenza di fase liquida, sia allo stato solido, per cui un aumento del tenore di
manganese restringe la regione peritettica e sposta verso temperature pi basse il
campo di stabilit dellaustenite, con leffetto di una pi difficoltosa trasformazione
della ferrite primaria ed una maggior tendenza alla ritenzione di tale fase nella
microstruttura finale.

La caratterizzazione meccanica dei laminati ricotti, ottenuti dalla trasformazione a
caldo eseguita sui lingotti, consente di affermare che le composizioni sperimentali
investigate, di acciai inossidabili a ridotto tenore di nickel, afferiscono
prevalentemente alle classi di materiali adatte ad impieghi strutturali; nella
prospettiva di definire anche composizioni atte alluso finale dei materiali come
prodotto sostitutivo degli acciai austenitici convenzionali, ipotizzabile che si debba
ricadere in intervalli del tenore di azoto inferiori rispetto a quanto investigato nel
presente lavoro.



























Capitolo 5. Attivit sperimentale

136
5.5. Solidificazione ad alte velocit di raffreddamento

Nel presente paragrafo riportata la parte sperimentale pi innovativa dellintero lavoro,
consistente nello studio della solidificazione rapida degli acciai inossidabili a ridotto tenore di
nickel. In questo contesto, atteso che si verifichino variazioni significative del modo di
solidificazione primario per linstaurazione di consistenti sottoraffreddamenti, e che per tale ragione
venga meno lattendibilit delle previsioni basate sui modelli termodinamici allequilibrio, rivelatesi
adeguate in situazioni reali di raffreddamento blando.
Attraverso la caratterizzazioni metallografica di cordoni di saldatura laser realizzati con velocit
di passata fino a 200mm/s, cui plausibile debbano essere associate velocit di raffreddamento
nellordine di 10
2
10
6
K/s, si potuto quindi osservare il comportamento in solidificazione della
famiglia di acciai oggetto del presente lavoro in condizioni lontane dallequilibrio.
A supporto di tale indagine, stato estesamente applicato il modello di selezione della fase
primaria il cui sviluppo stato descritto nel capitolo 4. In tal modo, oltre a valutarne lattendibilit
nellambito di composizioni non convenzionali, si potuto disporre sia di una linea guida per la
conduzione della sperimentazione, sia della chiave di interpretazione dei risultati ottenuti.


5.5.1. Previsioni in condizioni fuori equilibrio

Nel presente paragrafo sono illustrati i risultati dellapplicazione del modello di selezione della
fase primaria relativamente allinsieme di composizioni dei laminati piani A-1/D-1.
In condizioni prossime allequilibrio, si potuto osservare che la famiglia di acciai austenitici a
ridotto tenore di nickel oggetto del presente lavoro, negli intervalli di composizione definiti in
tab.5.1, solidifica in modalit primaria ferritica e cha la fase austenitica si forma successivamente
come prodotto della reazione peritettica + L . Nei processi di raffreddamento veloce
possibile invece ipotizzare che si instauri, per effetto di diversi gradi di sottoraffreddamento, una
competizione fra le fasi e in termini di accrescimento primario. Per tale ragione, il modello
stato applicato, nei calcoli qui di seguito illustrati, considerando come fasi competitive proprio la
ferrite- e laustenite-.
Il modello stato applicato in relazione a condizioni di raffreddamento in cui il gradiente termico
medio ipotizzato stato di 500K/mm. Tale condizione si riferisce alla stima effettuata in condizioni
analoghe [10 ] durante lesecuzione di cordoni di saldatura laser in acciai austenitici
convenzionali tipo AISI 304. Inoltre, in assenza di pi specifici riferimenti, sono stati mantenuti
invariati i valori di tensione interfacciale
/l
e
/l
gi applicati in sede di validazione del modello al
caso dellAISI 304, attinti da riferimenti bibliografici [11 ]. Infine, stata inserito lintero set di
velocit diffusive dei diversi elementi riportato in tab.4.3, derivante dallottimizzazione della
dimensione di interfaccia al valore di 5
o
A.
I parametri di input, per ciascuno degli acciai investigati, sono stati determinati attraverso
lapplicazione del codice di calcolo Thermocalc e del database Fe-DATA, sfruttando le
metodologie di approssimazione lineare per il computo dei valori di m gi definite in precedenza e
ritenute adeguate per i sistemi multicomponente.
I principali parametri termodinamici di input relativi agli acciai A-1/D-1 sono riportati in tab.5.7;
nello specifico sono indicati, per ciascun sistema considerato, le temperature di liquidus delle fasi
e , i relativi intervalli di temperatura ed entalpie specifiche di solidificazione, ed i volumi molari
delle fasi in corrispondenza delle rispettive temperature di solidus.


Capitolo 5. Attivit sperimentale

137

Acciai inossidabili a ridotto tenore di nickel

A-1 B-1 C-1 D-1
Propriet

T
liq
(C) 1440,15 1413,26 1415,33 1402,62 1421,08 1404,99 1415,92 1401,65
T
0
(C)
125,43 32,64 206,33 37,41 198,24 36,15 166,64 41,09
H
f
(J/mole)
14490 12800 17430 13190 17160 13110 16180 13430
V
m
(m/mole) 6,579E-06 6,324E-06 6,359E-06 6,324E-06 6,417E-06 6,378E-06 6,288E-06 6,254E-06
Tabella 5.7. Principali parametri termodinamici degli acciai utilizzati utilizzati per lapplicazione
del modello di selezione della fase primaria singoli sistemi considerati (fonte Thermocalc)


Sulla base dellinsieme dei parametri riportati, e delle condizioni ipotizzate, sono stati tracciati gli
andamenti delle temperature dinterfaccia dei quattro sistemi considerati, in base ai quali stato
possibile determinare le rispettive Interface response functions. In figg.5.13-16, sono illustrati i
diagrammi relativi alle temperature dinterfaccia delle fasi ferritica ed austenitica di ciascun acciaio
considerato.

Figura 5.13. Andamento delle temperature dinterfaccia calcolate dal modello per lacciaio A-1

1350
1360
1370
1380
1390
1400
1410
1420
1430
1440
1450
1,E-01 1,E+00 1,E+01 1,E+02 1,E+03
V (mm/s)
T

(

C
)
Dendritic Ferrite
Ferrite (equlibrium)
Cellular Austenite
Austenite (equilibrium)
Capitolo 5. Attivit sperimentale

138
Figura 5.14. Andamento delle temperature dinterfaccia calcolate dal modello per lacciaio B-1

Figura 5.15. Andamento delle temperature dinterfaccia calcolate dal modello per lacciaio C-1
1350
1360
1370
1380
1390
1400
1410
1420
1430
1440
1450
1,E-01 1,E+00 1,E+01 1,E+02 1,E+03
V (mm/s)
T

(

C
)
Dendritic Ferrite
Ferrite (equlibrium)
Cellular Austenite
Austenite (equilibrium)
1350
1360
1370
1380
1390
1400
1410
1420
1430
1440
1450
1,E-01 1,E+00 1,E+01 1,E+02 1,E+03
V (mm/s)
T

(

C
)
Dendritic Ferrite
Ferrite (equlibrium)
Cellular Austenite
Austenite (equilibrium)
Capitolo 5. Attivit sperimentale

139




















Figura 5.16. Andamento delle temperature dinterfaccia calcolate dal modello per lacciaio D-1

In tab.5.8 sono riportate le velocit di transizione delle Interface Response Functions determinate
attraverso lindividuazione dei punti critici dei diagrammi di figg.5.13-16.
A titolo di confronto, i medesimi calcoli sono stati effettuati anche applicando il modello
Constrained Dendrite Growth [12 ], sviluppato dallUniversit di Helsinki sulla base di un
database termodinamico appositamente definito per gli acciai inossidabili austenitici convenzionali,
e gi impiegato in III.4 come riferimento per la validazione del modello di selezione della fase
primaria. I risultati dellapplicazione del modello CDG sono riportati nella parte inferiore di tab.5.8.

Acciai inossidabili
a ridotto tenore di nickel
A-1 B-1 C-1 D-1
Modello
V
cr

d
/
c
(mm/s)
V
cr

c
/
p
(mm/s)
V
cr

d
/
c
(mm/s)
V
cr

c
/
p
(mm/s)
V
cr

d
/
c
(mm/s)
V
cr

c
/
p
(mm/s)
V
cr

d
/
c

V
cr

c
/
p
(mm/s)
Modello di selezione della
fase primaria
sviluppato nel presente lavoro
-
287.8
(
d
/
p
)
38.4 202.5 61.6 159.5 63 260.6

Constrained Dendrite Growth

151.4 173.8 8.1 156.7 18.2 130.3 22.9 239.9
Tabella 5.8. Velocit di transizione delle IRFs dei quattro acciai considerati
(confronto con i risultati del modello Constrained Dendrite Growth)

Per porre in evidenza le differenze nelle previsioni formulate dai due modelli, una
rappresentazione grafica dei risultati riportata in figg.5.17-18, in cui sono stati evidenziati gli
intervalli di velocit corrispondenti alle diverse modalit di solidificazione primaria.
1350
1360
1370
1380
1390
1400
1410
1420
1430
1440
1450
1,E-01 1,E+00 1,E+01 1,E+02 1,E+03
V (mm/s)
T

(

C
)
Dendritic Ferrite
Ferrite (equlibrium)
Cellular Austenite
Austenite (equilibrium)
Capitolo 5. Attivit sperimentale

140
Figura 5.17. Estensione degli intervalli di velocit corrispondenti alle diverse modalit di
solidificazione primaria, calcolate dal modello di selezione della fase primaria sviluppato nel
presente lavoro per i quattro acciai considerati






















Figura 5.18. Estensione degli intervalli di velocit corrispondenti alle diverse modalit di
solidificazione primaria, calcolate dal modello CDG per i quattro acciai considerati



1,E-01 1,E+00 1,E+01 1,E+02 1,E+03
A-1
B-1
C-1
D-1
A
c
c
i
a
i
o
V (mm/s)
Dendritic ferrite Cellular austenite Planar austenite
1,E-01 1,E+00 1,E+01 1,E+02 1,E+03
A-1
B-1
C-1
D-1
A
c
c
i
a
i
o
V (mm/s)
Dendritic ferrite Cellular austenite Planar austenite
Capitolo 5. Attivit sperimentale

141
Sulla base delle previsioni formulate attraverso lapplicazione del modello di selezione della fase
primaria sviluppato nel presente lavoro, e del confronto con lanalogo output del modello
Constrained Dendrite Growth, possibile svolgere alcune considerazioni, la prima delle quali
relativa allevidenza secondo cui in tutti i casi considerati, e per entrambi i modelli messi a
confronto, prevista una transizione del modo di solidificazione primario al crescere della velocit
davanzamento del fronte di solidificazione, dalla fase ferritica a carattere dendritico verso
laustenite cellulare. In altri termini, entrambi i modelli convergono nel prevedere per la famiglia
dacciai considerata, in condizioni di solidificazione lontane dallequilibrio, un minor grado di
sottoraffreddamento della fase austenitica, rispetto alla fase ferritica primaria. I modelli applicati
prevedono inoltre, per tutti i sistemi considerati, unevoluzione della fase austenitica primaria dalla
struttura cellulare alla morfologia planare, per effetto del sopraggiungere delle condizioni di
stabilit assoluta; solo in un caso, relativo allacciaio A-1 ed al modello sviluppato nel presente
lavoro, prevista una transizione diretta dalla ferrite dendritica allaustenite in forma planare.
Nellapplicazione di entrambi i modelli, si riscontra un buon grado di correlazione fra i valori
della velocit di transizione del modo di solidificazione primario dei vari sistemi considerati,
corrispondenti alla stabilizzazione della fase austenitica, ed il rapporto Cr
eq
/Ni
eq
secondo gli
equivalenti definiti da Sanchez; in particolare si riscontrano valori via via inferiori di tale velocit al
diminuire del rapporto Cr
eq
/Ni
eq
. Ci si pu giustificare in considerazione del fatto che tale
transizione associata principalmente al grado di sottoraffreddamento della fase ferritica, che
determinato a sua volta in larga parte dalla partizione delementi da tale fase nel liquido. Una
riduzione del rapporto Cr
eq
/Ni
eq
determinata altres da un maggior tenore delementi
austenitizzanti e, nellambito della presente indagine, soprattutto da una maggior presenza dazoto;
poich tali elementi hanno sistematicamente un coefficiente di partizione dalla ferrite- modesto, e
pi elevato dallaustenite, un loro aumento percentuale determina di conseguenza un incremento del
sottoraffreddamento costituzionale della fase , ovvero del principale contributo al suo
sottoraffreddamento complessivo. In base a tali considerazioni, si comprende quindi come al
diminuire del rapporto Cr
eq
/Ni
eq
si riduca la velocit di transizione dalla modalit di solidificazione
primaria ferritica verso quella austenitica, a causa della pi rapida diminuzione della temperatura
dinterfaccia della prima delle due fasi.
In merito a questultima analisi, un importante approfondimento rappresentato dal confronto
dellentit della partizione dalle fasi solide in competizione, dei due elementi definiti come variabili
nel corso della sperimentazione, ovvero azoto e manganese. Prendendo in considerazione i
contributi dei due elementi al sottoraffreddamento costituzionale delle fasi in competizione, in
condizioni di solidificazione rapida (<1000mm/s) si pu osservare come lazoto ripartisca in modo
differenziato, determinando un elevato sottoraffreddamento della ferrite- rispetto allaustenite; tale
differenza di comportamento invece molto meno pronunciata nel caso del manganese.
In base ai parametri introdotti impiegati come input del modello sviluppato nel presente lavoro,
tale differenza trova giustificazione nel diverso andamento dei coefficienti di partizione degli
elementi in condizioni di fuori equilibrio. Per lazoto stata introdotta una velocit diffusiva
notevolmente superiore a quella di tutti gli altri elementi, in ragione della sua pi elevata diffusivit
nelle fasi solide; per tale ragione, in condizioni di velocit davanzamento del fronte di
solidificazione dellordine di grandezza di quelle in corrispondenza delle quali sono state previste le
transizioni del modo di solidificazione primario, la variazione del coefficiente di partizione rispetto
al suo valore dequilibrio ancora poco rilevante.
Per il manganese, invece, la velocit diffusiva allinterfaccia tra il liquido e le fasi e , proprio
del medesimo ordine di grandezza rispetto alle velocit di transizione previste, per cui i
coefficienti di partizione si approssimano entrambi al valore unitario, attenuando le differenze di
comportamento di tale elemento rispetto alle due fasi in competizione.
Tali considerazioni sono ben rappresentate dallistogramma di fig.5.19, in cui riportato
landamento dei termini di sottoraffreddamento costituzionale dazoto e manganese, valutati in un
Capitolo 5. Attivit sperimentale

142
caso specifico di solidificazione rapida (V=100mm/s, G=500K/mm) per tutti e quattro i sistemi
considerati. Si pu notare come la partizione dellazoto contribuisca per circa il 40-50% al
sottoraffreddamento complessivo della fase ferritica, mentre tale contributo diviene marginale nel
caso dellaustenite. Il manganese, invece nelle condizioni considerate di solidificazione, si
differenzia assai poco tra le due fasi.

Figura 5.19. Entit dei sottoraffreddamenti costituzionali dazoto e manganese in rapporto al
sottoraffreddamento complessivo per i quattro acciai considerati (V=100mm/s, G=500K/mm)

Listogramma di fig.5.19 fornisce unulteriore indicazione, riguardante il comportamento fuori
equilibrio dellacciaio A-1, per il quale entrambi i modelli prevedono una transizione del modo di
solidificazione primario per velocit sensibilmente maggiori rispetto agli altri sistemi considerati. Si
pu osservare come tale differenza non sia giustificabile solo in termini di sottoraffreddamenti
costituzionali delle fasi in competizione, essendo complessivamente confrontabili tutti i
sottoraffreddamenti totali dei quattro acciai considerati. Una marcata diversit emerge invece nei
dati di input riportati in tab.5.7, dal momento che al sistema A-1 corrisponde il divario fra le
temperature di liquidus delle fasi ferritica ed austenitica pi elevato che in tutti gli altri casi
considerati. La connessione di tale dato con la difficolt con cui lacciaio A-1 raggiunge condizioni
di solidificazione metastabili, risiede nel fatto che le condizioni di equilibrio, rispetto alle quali si
valutano i sottoraffreddamenti, sono per tale sistema pi distanti e pertanto, a fronte di una tendenza
gi di per s blanda della ferrite a sottoraffreddarsi per il relativamente basso tenore di azoto, il gap
di temperatura che deve essere recuperato nei confronti dellaustenite per indurre la transizione del
modo di solidificazione primario, pi elevato.
Daltronde, per acciai come quelli considerati, che solidificano allequilibrio in ferrite primaria e
per i quali laustenite un prodotto secondario della solidificazione generato dalla trasformazione
peritettica, la relazione fra la temperatura di liquidus dellaustenite rispetto allanalogo calcolato per
la ferrite, altro non rappresenta che il posizionamento della temperatura dinizio della
trasformazione peritettica allinterno dellintervallo di solidificazione, cos come desumibile dallo
studio dei cammini di solidificazione teorici. La vicinanza della T
aus
rispetto alla T
liq
influenzata,
come gi avuto modo di osservare in precedenza, dal tenore di azoto in soluzione, e pi in generale
-45
-40
-35
-30
-25
-20
-15
-10
-5
0
A-1 B-1 C-1 D-1
T

(

C
)
Delta T-
N in
ferrite
Delta T-
Mn in
austenite
Delta T
ferrite
Delta T-
N in
austenite
Delta T-
Mn in
austenite
Delta T
austenite
Capitolo 5. Attivit sperimentale

143
dal rapporto Cr
eq
/Ni
eq
di un dato sistema, per cui la T
aus
si approssima alla T
sol
quanto pi tale
rapporto risulta elevato.
Pertanto, il parametro Cr
eq
/Ni
eq
, ed in tale ambito il tenore di azoto rappresenta un fattore
preponderante, svolge un duplice ruolo nellinfluenzare la tendenza alla metastabilit in
solidificazione degli acciai austenitici a ridotto tenore di nickel: un modesto tenore di azoto da un
lato deprime la capacit della fase ferritica di sottoraffreddarsi, dallaltro aumenta lampiezza
dellintervallo iniziale fra le temperature di liquidus delle fasi in competizione, con un effetto
sinergico che, nel caso dellacciaio A-1, contraddistinto dal rapporto Cr
eq
/Ni
eq
pi elevato, ha
indotto un innalzamento della velocit di transizione del modo di solidificazione primario. Il
contrario invece previsto nel caso del sistema B-1, avente il rapporto Cr
eq
/Ni
eq
in assoluto pi
basso.
Per quel che concerne lattitudine al raggiungimento della condizione di stabilit assoluta, che
prevista solo per la fase nel range considerato di velocit di accrescimento, per i quattro sistemi
considerati il confronto dei valori di V
a
previsti dal modello sviluppato nel presente lavoro, consente
di evidenziare un buon grado di correlazione fra linnalzamento di tale limite e lampiezza
dellintervallo di solidificazione della fase austenitica, congruentemente con lindicazione espressa
dalla relazione 4.33. A parit di tenore di azoto, lampiezza di tale intervallo aumenta, seppur in
misura molto contenuta, con il tenore di manganese, come si pu desumere ad esempio dal
confronto dei comportamenti dei sistemi A-1 e D-1. Per esplicitare tale confronto, bene
sottolineare come, nel caso dellacciaio A-1, prima ancora che divenga la fase primaria di
accrescimento, laustenite transisce in condizioni di stabilit assoluta gi a 178mm/s, mentre ci si
verifica per il sistema D-1 solo a 260.6mm/s. Ci pu essere giustificato dagli oltre 10C di
differenza nel T
0
relativo alla fase austenitica, cui contribuisce loltre 2.5% di tenore percentuale
in peso in pi di manganese nella composizione dellacciaio D-1.
Infine, un confronto specifico fra i risultati dei due modelli mostra come, a fronte di output che
sono del medesimo ordine di grandezza, il modello CDG preveda in generale, per i sistemi presi in
considerazione, una maggior tendenza al raggiungimento di modalit di solidificazione metastibili
in austenite primaria, rispetto a quanto desumibile dallapplicazione del modello sviluppato nel
presente lavoro. Pertanto si pu ipotizzare che non sia tanto la strutturazione dei modelli, anche in
termini di equazioni scelte per descrivere i fenomeni investigati, a costituire lorigine dei differenti
risultati, quanto ladozione di database termodinamici differenti per lestrazione dei parametri di
input.


5.5.2. Microstrutture dei cordoni di saldatura

Completato e discusso il panorama previsionale del comportamento in solidificazione rapida
dellinsieme di acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel rappresentato dai sistemi A-
1/D-1, viene di seguito riportata la caratterizzazione delle microstrutture dei cordoni di saldatura
realizzati sui campioni di laminati piani. Come gi illustrato, le passate laser hanno consentito la
ri-solidificazione del metallo base in condizioni controllate di avanzamento del fronte di
solidificazione, e la metodologia di indagine ha permesso la diretta correlazione dei parametri
operativi alle condizioni di accrescimento delle microstrutture osservate.
La campagna sperimentale stata impostata sulla base delle indicazioni emerse in sede
previsionale, individuando per ciascun acciaio considerato un intervallo di velocit di passata a
cavallo dei valori stimati di velocit di transizione. In particolare, lindagine stata mirata
allindividuazione delle condizioni di transizione dalla struttura primaria ferritica a morfologia
dendritica alla fase austenitica cellulare, trascurando la verifica della stabilit assoluta per la
difficolt sperimentale di osservare strutture planari.
Capitolo 5. Attivit sperimentale

144
Sulla base delle previsioni riportate in tab.5.8, stato individuato un insieme di velocit di passata
illustrato graficamente in fig.5.20.

Figura 5.20. Impostazione del piano di sperimentazione tramite saldatura laser. Velocit di passata
selezionate in rapporto alle previsioni formulate.

Linsieme delle micrografie relative allindagine microstrutturale condotta sui cordoni di saldatura
realizzati sui diversi cordoni raccolta in figg.5.21-24. Dal loro esame possono essere ricavate le
seguenti indicazioni in riferimento ad ogni singolo sistema:

Acciaio A-1. Dalle micrografie di fig.5.21 non emerge alcuna variazione del modo di
solidificazione primario per velocit di avanzamento del fronte di solidificazione fino a
200mm/s. Ci che si osserva una struttura ferritica di aspetto lamellare
progressivamente pi fine.

Acciaio B-1. La documentazione di fig.5.22 la pi sintetica in quanto gi il cordone
realizzato a 30mm/s presenta una microstruttura con minime tracce di austenite
cellulare lungo lasse longitudinale del cordone; tale fase diviene la sola localmente
presente a 40mm/s.

Acciaio C-1. Lesame della documentazione di fig.5.23 mostra come a velocit
relativamente basse (10mm/s), tale acciaio solidifichi in modalit primaria ferritica a
carattere dendritico. Tale morfologia evolve poi in lamellare con minime tracce di
struttura cellulare a 30mm/s e subisce una transizione in austenite cellulare che si
completa a 50mm/s.

Acciaio D-1. Le immagini di fig.5.24 sono le pi leggibili, e mostrano una struttura
costituita da ferrite in forma lamellare sino a 50-60mm/s; compare poi, da 70-80mm/s
in poi, una struttura austenitica perfettamente sviluppata;

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 170 180 190 200 210 220
V (mm/s)
A
c
c
i
a
i
o
Punti sperimentali
Previsoni modello sviluppato nel
presente lavoro
Previsioni CDG
A-1
B-1
C-1
D-1
Capitolo 5. Attivit sperimentale

145









Figura.5.21. Micrografie in sezione dallalto dei cordoni relativi al laminato A-1.
Attacco elettrolitico con acido ossalico al 10%
50 mm/s
130 mm/s 150 mm/s
b
V
uuur

100 mm/s
200 mm/s
Capitolo 5. Attivit sperimentale

146










Figura.5.22. Micrografie in sezione dallalto dei cordoni relativi al laminato B-1.
Attacco elettrolitico con acido ossalico al 10%
30mm/s
40mm/s
b
V
uuur

austenite
cellulare
ferrite
lamellare
Capitolo 5. Attivit sperimentale

147

Figura 5.23. Micrografie in sezione dallalto dei cordoni relativi al laminato C-1.
Attacco elettrolitico con acido ossalico al 10%
b
V
uuur


10mm/s

50mm/s

30mm/s
ferrite
vermicolare
austenite cellulare
completamente
sviluppata
ferrite lamellare
mista a tracce di
austenite cellulare
Capitolo 5. Attivit sperimentale

148





Figura 5.24. Micrografie in sezione dallalto dei cordoni relativi al laminato D-1.
Attacco elettrolitico con acido ossalico al 10% (20-40-50mm/s)
e per colorazione di tipo Beraha (60-70-80mm/s)
40mm/s 20mm/s
50mm/s 60mm/s
b
V
uuur

70mm/s 80mm/s
Capitolo 5. Attivit sperimentale

149
Sintetizzando le osservazioni delle microstrutture di solidificazione delle zone fuse dei cordoni di
saldatura laser, le velocit osservate di transizione del modo di solidificazione primario possono
essere quindi riassunte in ununica tabella, nella quale si riporta per confronto anche linsieme delle
previsioni dei modelli applicati:


V
cr

d
/
c
dei diversi acciai inossidabili
a ridotto tenore di nickel (mm/s)
Modello
A-1 B-1 C-1 D-1
Modello di selezione della
fase primaria
sviluppato nel presente lavoro
- 38.4 61.6 63

Constrained Dendrite Growth

151.4 8.1 18.2 22.9
Velocit di transizione
osservata sperimentalmente
>200 30<V
cr
<40 40<V
cr
<50 70<V
cr
<80
Tabella 5.9. Risultati delle misure sperimentali di velocit di transizione del modo di solidificazione
primario, confrontati con le previsioni

La tab.5.9 mostra quindi come le previsioni pi attendibili, per la loro prossimit con le
osservazioni sperimentali, siano quelle formulate dal modello sviluppato nel presente lavoro.
Il merito di tale rispondenza risiede nella scelta dellopportuno database termodinamico per
lestrazione dei parametri di input. Mentre il modello CDG risulta tarato specificatamente su acciai
inossidabili austenitici convenzionali, e limitatamente a tali ambiti consente di formulare previsioni
particolarmente accurate, il database Fe-DATA di Thermocalc ha una validit pi generale, che ne
permette lapplicazione anche al calcolo di equilibri di sistemi con convenzionali, come sono gli
acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, e ad alto N-Mn.
Inoltre, laccuratezza delle previsioni formulate dal modello sviluppato nel presente lavoro
fornisce una conferma della correttezza delle ipotesi formulate per lintegrazione delle varie teorie
che supportano la struttura del modello stesso. In particolare, si dimostrata appropriata lipotesi di
mantenere inalterate le velocit diffusive dei diversi soluti nelle fasi e definite per sistemi
convenzionali, e nuovamente ragionevole lipotesi semplificatrice di linearizzazione della funzione
che descrive la superficie T
liq
in funzione dei tenori dei soluti presenti.
Il modello sviluppato si quindi rivelato adeguato nel prevedere il comportamento in
solidificazione fuori equilibrio degli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, e lo si
potuto quindi applicare per lo scopo ultimo del presente lavoro, ovvero la redazione delle mappe di
selezione della fase primaria in funzione della composizione e delle condizioni di raffreddamento.










Capitolo 5. Attivit sperimentale

150
5.5.3. Sintesi dei risultati

A conclusione della seconda parte dellattivit sperimentale, relativa allo studio della
solidificazione in condizioni di raffreddamento lontane dallequilibrio degli acciai inossidabili
austenitici a ridotto tenore di nickel, possibile svolgere la seguente sintesi dei risultati:

Linsieme degli acciai investigati, di provenienza industriale ma comunque aventi una
composizione riconducibile alla famiglia degli austenitici a ridotto tenore di nickel
indicata in tab.5.1, interessata da una transizione del modo di solidificazione
primario per velocit crescenti di avanzamento del fronte di solidificazione, ed
indipendentemente dal gradiente termico locale. Tale transizione avviene dalla
modalit di solidificazione primaria ferritica a carattere dendritico verso una struttura
austenitica, di natura cellulare. Solo in un caso, il passaggio ad una modalit di
solidificazione metastabile si potuto associare, su base previsionale, alla formazione
diretta di austenite planare.

La misura sperimentale delle velocit di transizione del modo di solidificazione
primario, attraverso lesame di microstrutture realizzate attraverso rifusioni laser in
condizioni controllate di avanzamento della sorgente termica, e quindi di moto
dellinterfaccia liquido/solido, ha mostrato un ottimo accordo con le previsioni
formulate attraverso lapplicazione del modello sviluppato nel presente lavoro, che si
rivelato quindi un adeguato strumento predittivo della solidificazione rapida della
famiglia di acciai investigata.

Il confronto delle previsioni sia con i dati sperimentali, sia con quanto deducibile
dallapplicazione del modello Constrained Dendrite Growth, mostra come
questultimo modello, impiegato come riferimento, non sia tarato nellambito degli
acciai inossidabili austenitici convenzionali. Il CDG prevede infatti una stabilit della
fase austenitica, in condizioni fuori equilibrio, pi ampia di quanto sia emerso dalla
caratterizzazione delle microstrutture di solidificazione.

Per gli acciai investigati, la velocit di transizione dalla modalit primaria ferritica
allaustenite cellulare, aumenta al crescere del rapporto Cr
eq
/Ni
eq
, per la cui
definizione si dimostrata appropriata la definizione degli equivalenti fornita da
Sanchez. Tale rapporto, la cui variazione nellambito del presente lavoro dipesa
soprattutto dal differente tenore di azoto negli acciai utilizzati, modifica sia la
posizione della temperatura di inizio della trasformazione peritettica allinterno
dellintervallo di solidificazione, cui corrisponde la distanza delle temperature di
liquidus delle fasi in competizione, sia il grado di sottoraffreddamento della fase
ferritica, e quindi la capacit di questultima di raggiungere una temperatura
dinterfaccia inferiore rispetto allaustenite.

Il manganese svolge un ruolo marginale nel determinare la velocit di transizione del
modo di solidificazione primario degli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore
di nickel, in quanto alle velocit di raffreddamento in corrispondenza delle quali si
manifesta la metastabilit, il suo contributo al sottoraffreddamento costituzionale si
differenzia poco fra le fasi in competizione. Un aumento del tenore di manganese,
daltra parte, innalza moderatamente il limite di stabilit di assoluta della fase
austenitica, attraverso lestensione dellintervallo di solidificazione di tale fase.

Capitolo 5. Attivit sperimentale

151
5.6. Mappe di selezione di fase

Con il presente paragrafo si conclude lo studio delle modalit di solidificazione degli acciai
inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel. La sezione della parte sperimentale relativa
alla solidificazione in condizioni fuori equilibrio di tale famiglia di acciai, ha permesso di
evidenziare ladeguatezza delle previsioni formulate dal modello sviluppato nel presente
lavoro, riguardanti le transizioni del modo di solidificazione primario.
In questa parte del lavoro, quindi, il modello stato applicato specificatamente allinsieme di
composizioni riportato in tab.5.1, al fine di redigere mappe di solidificazione in funzione dei
tenori degli elementi oggetto della sperimentazione, e delle condizioni di raffreddamento. Tali
mappe, bene sottolinearlo, non godono di una verifica sperimentale, ma la loro attendibilit
resa plausibile dalla rispondenza del modello impiegato per tracciarle nella previsione di
condizioni reali di solidificazione rapida di sistemi analoghi.
Per la redazione delle mappe di selezione di fase stato applicato nuovamente un approccio
di tipo statistico, prendendo a riferimento un insieme di composizioni variabili nel dominio
Mn-N e regredendo i risultati del modello relativi a ciascun sistema individuato. In particolare,
tutti i sistemi presi in considerazione per generare la base di dati da elaborare, sono
caratterizzati da tenori degli elementi non variabili pari a quanto riportato in tab.5.1, mentre la
variazione delle percentuali in peso di azoto e manganese avvenuta secondo la metodologia
gi descritta nel paragrafo 5.3, rappresentata graficamente in fig.5.1.
Lapplicazione del modello ai complessivi sei sistemi cos generati ha fornito in output le
velocit di transizione dei modi di solidificazione illustrata in tab.5.10:

Sistema N Mn
V
cr

d
/
c
(mm/s)
V
cr

c
/
p
(mm/s)
1 0.19 5.65 185,8 203,4
2 0.41 4.20 30,1 181
3 0.19 10.35 147,7 210,4
4 0.35 8.00 35,8 194,2
5 0.41 11.80 21,7 200,9
6 0.55 8.00 6,8 190,1
Tabella 5.10. Velocit di transizione dei sistemi considerati per la redazione delle mappe di
selezione di fase (corrispondenti allo schema pentagonale di fig.5.1)

La regressione dei dati secondo un modello quadratico, consente di ricavare le seguenti relazioni
empiriche:

(15)
( )
( ) ( )
2 2
596.12 1965.7747% 29.428% 1744.9916 % 0.965 % 31.2852% % N Mn N Mn N Mn V
cr d c
= + + +

(16)
( )
( ) ( )
2 2
226.07 208.52% 1.182% 164.086 % 0.04 % 5.04281% % N Mn N Mn N Mn V
cr c p
= + + +

Le relazioni (15,16) possono essere rappresentate graficamente in diagrammi iso-livello , che
mostrano landamento dei valori delle due velocit in funzione dei tenori di azoto e manganese. Tali
diagrammi sono riportati in figg.5.25-26.
Capitolo 5. Attivit sperimentale

152
Figura 5.25. Diagramma iso-livello relativo alla velocit di transizione dal modo di solidificazione primario ferrite-/austenite
4
5
6
7
8
9
10
11
12
0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 0,45 0,5 0,55 0,6
N (wt %)
M
n

(
w
t

%
)
25 mm/s
50 mm/s
100 mm/s
150 mm/s
200 mm/s
Faster growing rates
Primary

Primary

nitrogen
solubility
limit
Capitolo 5. Attivit sperimentale

153
Figura 5.26. Diagramma iso-livello relativo alla velocit di transizione dal modo di solidificazione in austenite planare
4
5
6
7
8
9
10
11
12
0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40 0,45 0,50 0,55 0,60
N (wt %)
M
n

(
w
t

%
)
180 mm/s
190 mm/s
200 mm/s
210 mm/s
Faster growing
rates
Planar
Columnar
structure
nitrogen
solubility
limit
Capitolo 5. Attivit sperimentale

154
La rappresentazione di figg.5.25-26 illustra molto bene il concetto di metastabilit.
Nellintero spettro di composizioni indicato nei diagrammi, la solidificazione in condizioni
di raffreddamento blando avverrebbe in modalit ferritica primaria, con una trasformazione
peritettica pi o meno prossima alla temperatura di solidus in funzione dei tenori di azoto e
manganese. In particolare, una consistente parte del diagramma interessata dalla presenza
di fase gassosa in seno al liquido durante la solidificazione, con le conseguenze che ci
comporta in termini di integrit delle strutture finali.
Allaumentare della velocit di accrescimento, che pu essere inoltre direttamente tradotta
in velocit di raffreddamento essendo i gradienti termici poco influenti, il modo di
solidificazione primario in ferrite- lascia progressivamente il posto allaustenite cellulare.
Per velocit di avanzamento dellinterfaccia nellordine dei 200mm/s, previsto che anche
acciai austenitici con relativamente modesti tenori di azoto, che allequilibrio solidificano in
ferrite primaria con una minima percentuale di fase austenitica formatasi attraverso la
reazione peritettica, possano accrescersi in austenite primaria. Da un altro punto di vista, si
pu osservare come la solidificazione fuori equilibrio consenta di ottenere strutture
austenitiche primarie senza dover ricorrere a tenori di azoto tali da superare il limite di
solubilit in fase liquida.
La velocit di transizione del modo di solidificazione primario da ferrite- dendritica ad
austenite cellulare dipende prevalentemente dal tenore di azoto nel sistema. Il manganese,
nei confronti della metastabilit, mostra un effetto del secondo ordine che risulta rilevante
prevalentemente alle basse velocit di accrescimento. In generale, per i valori percentuali di
manganese pi bassi nello spettro investigato, la soglia di transizione si sposta verso tenori di
azoto leggermente crescenti; ci dovuto al fatto che, per modesti tenori di manganese in
soluzione, il coefficiente di partizione dellazoto dalla fase ferritica pi elevato, in quanto
la sua solubilit nel liquido tende a diminuire: essendo la ripartizione di tale elemento meno
pronunciata, anche il sottoraffreddamento costituzionale della fase diviene inferiore, con la
conseguenza di un innalzamento della velocit di transizione in austenite primaria. In altri
termini, modesti tenori di manganese stabilizzano la solidificazione in modalit ferritica, con
la conseguente necessit di dover innalzare il tenore di azoto per raggiungere la transizione
in austenite primaria.
A relativamente basse velocit di accrescimento (~10mm/s), si osserva un effetto
stabilizzatore della ferrite- primaria anche per alti tenori di manganese. Ci dovuto al fatto
che, a tali velocit, il contributo del manganese al sottoraffreddamento costituzionale delle
due fasi ancora significativo, divenendo altres poco rilevante nei confronti di quello
dellazoto a velocit superiori. A bassi regimi di accrescimento, un aumento del tenore di
manganese determina un incremento del sottoraffreddamento non solo della ferrite, ma anche
della fase austenitica, traslando quindi le condizioni di transizione verso velocit superiori.
Per tenori di manganese intermedi, landamento dei due sottoraffreddamenti raggiunge il
massimo divario, per cui diviene elevato quello della ferrite- pur rimanendo ancora modesto
quello dellaustenite: tale concetto si risolve nel diagramma di fig.5.25 in un minimo nella
stabilit della fase ferritica al variare del tenore di manganese.
Il diagramma di fig.5.26 mostra landamento della condizione per cui la struttura di
solidificazione primaria diviene austenitica con morfologia planare. Si pu notare
uninfluenza del tenore di azoto, per cui la struttura planare si stabilizza per velocit inferiori
allaumentare della percentuale in peso di tale elemento; tale effetto si pu giustificare non
tanto alla luce di una variazione dellintervallo di solidificazione della fase allequilibrio,
quanto per un effetto indiretto del tenore di carbonio. Per tenori di azoto crescenti, il
coefficiente di partizione allequilibrio del carbonio progressivamente aumenta; ci si
traduce quindi in una riduzione dei gradienti di concentrazione di tale elemento
Capitolo 5. Attivit sperimentale

155
allinterfaccia /liquido, pi rilevante in assoluto dellaumento previsto relativamente
allazoto. Conseguentemente, allaumentare del tenore di azoto, nella funzione ( ) f che
definisce i domini di stabilit della morfologia di accrescimento planare, il bilancio
complessivo fra il termine dovuto alla capillarit e quelli associati alla redistribuzione dei
soluti, carbonio ed azoto prevalentemente, volge a favore del primo di essi, con leffetto di
una stabilizzazione della morfologia planare. Il contrario accade invece per quanto riguarda
il tenore del manganese, in quanto un aumento del tenore di tale elemento induce minori
gradienti di concentrazione interfacciali di carbonio, e relativamente pi elevati di azoto, con
la conseguenza di una stabilizzazione della morfologia colonnare. Tale effetto, unitamente
allaumento dellintervallo di solidificazione allequilibrio della fase , fa s che un
incremento del tenore di manganese, a parit di altre condizioni, innalzi il valore di velocit
corrispondente alla transizione verso laustenite planare.
Le considerazioni precedenti possono essere riassunte in un unico diagramma,
comprensivo delleffetto sia dellazoto che del manganese, ed in cui figurano le diverse
transizioni della modalit di solidificazione primaria. Una simile rappresentazione
corrisponde concettualmente alla mappa di selezione di fase gi illustratata in fig.4.4, relativa
ai modi di solidificazione degli acciai inossidabili austenitici convenzionali in condizioni di
solidificazione rapida [13 ]; si deve tuttavia tener conto che, per acciai non convenzionali
come gli austenitici inossidabili a ridotto tenore di nickel, pi appropriato sintetizzare la
composizione chimica del sistema attraverso la definizione del relativo rapporto Cr
eq
/Ni
eq
,
secondo gli equivalenti definiti da Sanchez.
Riportando in grafico le regressioni dei risultati di tab.5.10, in funzione dei rapporti
Cr
eq
/Ni
eq
di ciascuno dei sistemi indicati, possibile quindi tracciare la mappa riportata in
fig.5.27, nella quale, per completezza, sono riportati anche i valori di velocit di transizione,
dalla ferrite dendritica primaria allaustenite cellulare, relativi ai quattro sistemi indicati in
tab.5.3, secondo quanto emerso nel corso della parte dellattivit sperimentale di
caratterizzazione delle strutture di solidificazione, di acciai inossidabili a ridotto tenore di
nickel, realizzate in condizioni di raffreddamento rapide.

Figura 5.27. Mappa di selezione di fase
degli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel
1
10
100
1000
1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2
Cr
eq
/Ni
eq
(Sanchez)
G
r
o
w
i
n
g

r
a
t
e

(
m
m
/
s
)
Observed transitions
planar austenite
cellular austenite
dendritic ferrite
Capitolo 5. Attivit sperimentale

156
Le mappe di selezione di fase di figg.5.25-26 completano quindi il panorama dello studio
della solidificazione degli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, sia in
condizioni di equilibrio che lontano da esso.
La valenza tecnologica di tali mappe particolarmente rilevante, in quanto consente di
formulare previsioni sulle propriet delle strutture di solidificazione in relazione alla
composizione chimica ed al processo tecnologico adottato. In primo luogo, il modello di
selezione della fase primaria pu essere interfacciato con codici di calcolo termo-tensionale,
attraverso i quali stimare le condizioni locali di raffreddamento, in termini dei parametri G e
V; ci al fine di determinare, attraverso la definizione della struttura di solidificazione
primaria, la resistenza meccanica a caldo della struttura in accrescimento.
In secondo luogo, la disponibilit delle mappe di selezione di fase consente di progettare
la composizione chimica della lega in funzione delle condizioni di estrazione del calore del
processo di solidificazione adottato.
Nelle saldature laser, ad esempio, possono essere prevenuti fenomeni di criccabilit a caldo
legati agli aspetti microsegregativi propri di una solidificazione in modalit completamente
austenitica. E noto, infatti, che nella saldatura degli acciai inossidabili austenitici
convenzionali, una trasformazione peritettica durante la solidificazione minimizza la
tendenza alla formazione di cricche, per i benefici effetti indotti dalla modifica dei fenomeni
segregativi e dalla creazione di uninterfaccia fra le due fasi solide. In particolare,
questultimo aspetto minimizza gli effetti decoesivi sulla struttura della microsegregazione
degli elementi bassofondenti, come P e S, attraverso una loro distribuzione su una maggior
superficie, ed una differente morfologia dei depositi dovuta alla minor bagnabilit di tali
elementi. Il beneficio associato alla creazione di uninterfaccia / inoltre tanto pi
considerevole quanto maggiore la frazione di fasi coinvolte, per cui la trasformazione
peritettica dovrebbe avvenire ad una temperatura circa intermedia rispetto allintervallo T
liq-
sol
.
Nei processi di colata continua convenzionale, invece, una trasformazione peritettica di
notevole entit indesiderata, poich comporta una contrazione della struttura di
solidificazione tale da indurre il rischio di formazione di cricche superficiali, per il venir
meno della condizione destrazione del calore latente attraverso il film di scoria lubrificante.
In tale contesto, bene che la reazione peritettica avvenga in presenza di una modesta
quantit di fase primaria, ovvero in prossimit della T
liq
, per far s che le deformazioni dovute
alla contrazione siano annullate dalla fase liquida ancora presente. Se la trasformazione
peritettica, daltro canto, avvenisse in presenza di una quantit molto maggiore di fase
primaria, ed a temperature prossime alla T
sol
, le sollecitazioni meccaniche sulla struttura
aumenterebbero, e sarebbero deleterie in quanto sarebbero assorbite da una struttura quasi
completamente solida, e come tale in grado di criccarsi.
Infine, come si gi avuto modo di evidenziare, nel processo di strip-casting, una
solidificazione in ferrite lamellare risulta dannosa per lintrinseca debolezza strutturale di
tale fase, ed bene quindi che la solidificazione avvenga in modalit austenitica primaria o
comunque ferritica con una consistente trasformazione peritettica, per estendere lintervallo
di solidificazione e consentire la distribuzione delle tensioni di raffreddamento su una
struttura pi spessa e resistente.
Le problematiche menzionate possono essere trasposte alla solidificazione degli acciai
inossidabili a ridotto tenore di nickel ipotizzando che, a fronte danaloghe problematiche
riconducibili alla microsegregazione di elementi basso-fondenti e/o di distribuzione delle
sollecitazioni meccaniche, si debba ricercare una condizione, in termini di composizione
chimica, per cui la condizione di raffreddamento imposta dal processo abbia un opportuno
collocamento rispetto alla velocit di transizione del modo di solidificazione primario. Ci
assicurerebbe quindi il verificarsi della trasformazione peritettica nei modi in cui essa
Capitolo 5. Attivit sperimentale

157
garantisce il massimo beneficio in termini di incremento di resistenza a caldo della struttura,
a seconda del processo di solidificazione considerato.
In alternativa, qualora la composizione chimica della lega non possa essere definita in
funzione delle condizioni di estrazione del calore, possibile prevedere, attraverso le mappe
di selezione di fase, la prossimit alle condizioni di transizione verso la solidificazione
metastabile. Qualora tale limite fosse lontano, la trasformazione peritettica avverrebbe solo
in minima parte, ed quindi prevedibile che si debba intervenire, nei processi in cui tale
condizione risulta maggiormente critica, adottando appropriati accorgimenti di natura
analitica, come la minimizzazione degli elementi segreganti, o di processo volti a prevenire
linsorgenza delle cricche nella struttura di solidificazione.


Capitolo 5. Attivit sperimentale

158
Bibliografia del capitolo


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Solidification and crack formation in twin-roll strip casting, Proceedings of the 4
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159


Capitolo 6. Conclusioni



Gli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel rappresentano una famiglia di prodotti
innovativi intorno ai quali ruotano grandi interessi commerciali, per le prospettive legate alla
sostituzione, eventualmente anche totale, di tal elemento come principale stabilizzatore della fase .
La ragione economica di tale interesse risiede nella possibilit di introdurre sul mercato prodotti
aventi un costo di fabbricazione ridotto, essendo il nickel notoriamente una materia prima costosa
ed il cui prezzo soggetto inoltre a notevoli fluttuazioni, garantendo allo stesso tempo propriet
dimpiego analoghe a quelle degli acciai inossidabili convenzionali, in termini di resistenza
meccanica, alla corrosione, e di saldabilit. Da una prospettiva differente, il medesimo problema
di stretta attualit e provoca dirette ripercussioni sul mercato globale, alla luce della continua
espansione del sistema economico cinese, nel quale lapprovvigionamento del nickel non copre il
fabbisogno interno dacciaio inossidabile del paese; per tale ragione la ricerca nazionale si muove
nella direzione di sopperire a tale deficit attraverso lo sviluppo di leghe alternative ad alto
manganese ed azoto. Infine, esiste, anche per effetto del riconoscimento di tale problematica da
parte della normativa comunitaria europea, la necessit di contenere limpiego del nickel negli
acciai inossidabili in tutte quelle applicazioni in cui previsto il contatto diretto con luomo, per il
suo effetto sensibilizzante.
Le molteplici esigenze citate giustificano lampio panorama brevettuale esistente nel campo degli
acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, costituito da un insieme di prodotti
diversificati per caratteristiche e attitudini allimpiego. I brevetti citati in sede introduttiva sono
rappresentativi, pertanto, dellinteresse strategico, da parte dei maggiori gruppi siderurgici mondiali,
a competere nella produzione di tale famiglia dacciai innovativi. A supporto della variet di
brevetti, si sviluppato nel corso degli anni un filone di ricerca volto allapprofondimento delle
conoscenze in merito agli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, indirizzato a
valutarne sia gli aspetti metallurgici sia di processo. Lobiettivo che si potuto individuare nella
maggior parte dei lavori pubblicati, ed in questa sede esaminati, stato quello di determinare
leffetto degli elementi di lega impiegati in sostituzione del nickel, vale a dire azoto e manganese
principalmente, rame e carbonio in misura inferiore, sulle caratteristiche microstrutturali dei
prodotti e sulle loro propriet dimpiego. Nello specifico, sono stati presi in rassegna lavori
riguardanti la previsione, in funzione della composizione chimica, della solubilit dellazoto nel
bagno metallico, del grado di austeniticit della microstruttura a temperatura ambiente, delle
propriet meccaniche, della resistenza alla corrosione ed allossidazione.
Un aspetto complessivamente trascurato risultato essere lo studio del comportamento in
solidificazione di tali acciai, nonostante le problematiche che riguardano tale fase del processo
produttivo siano numerose e tutte meritevoli di attenzione. Come si avuto modo di costatare in
ambiti analoghi, di fondamentale importanza saper prevedere la modalit di solidificazione
primaria in funzione della composizione chimica e delle condizioni di raffreddamento, poich tale
caratteristica microstrutturale determina in modo rilevante, attraverso la natura e lentit della
microsegregazione associata, la resistenza a caldo della struttura nei diversi processi di
solidificazione, pi o meno rapidi essi siano. Tale problematica, gi di per s complessa se riferita
agli acciai inossidabili austenitici convenzionali, diviene ancor pi critica nei prodotti a ridotto
tenore di nickel, poich esistono pochi riferimenti, peraltro non univoci, sulleffettivo potere
austenitizzante degli elementi alternativi impiegati, e tali riferimenti divengono evanescenti se
applicati a condizioni di solidificazione lontane dallequilibrio. Un ulteriore aspetto riguarda la
solubilit dellazoto, che rappresenta un forte vincolo allindustrializzazione degli inossidabili
6. Conclusioni


160


low-Ni in quanto, in assetti impiantistici in cui non siano previsti dispositivi atti ad operare in
sovrapressione, tale elemento solubile in tenori limitati e comunque ben lontani dalla possibilit di
sopperire completamente allassenza del nickel. Daltro canto, la solubilit dellazoto dipende anche
da altri fattori, fra cui la presenza di altri elementi in soluzione in grado di modificarne lattivit, e
soprattutto legata alla struttura di solidificazione, in termini sia di fase cui demandata la
solubilizzazione di tale elemento, sia di dimensioni degli spazi interdendritici entro i quali dovrebbe
eventualmente nucleare la fase gassosa di azoto. Infine, il modo di solidificazione primario, da cui
dipendono leventuale verificarsi di una reazione peritettica e la misura in cui essa avviene in
termini di percentuali in volume di fasi coinvolte, unitamente alla scala della microstruttura,
condizionano levolvere della stessa durante il raffreddamento ed i successivi trattamenti termo-
meccanici, con diretti riflessi sulle scelte operative che riguardano le varie fasi del processo
produttivo.
Data limportanza di tali tematiche, e le parziali lacune di conoscenza intorno ad esse, nel presente
lavoro, dedicato allo studio degli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, sono stati
affrontati proprio i principali temi legati al processo di solidificazione, con specifico riguardo agli
effetti che, su di essi, hanno i tenori degli elementi impiegati in sostituzione del nickel, ovvero azoto
e manganese. Laspetto qualificante e caratterizzante dellattivit svolta stato laver sviluppato
uno specifico strumento predittivo della solidificazione rapida, sviluppato al fine di fornire
indicazioni non solo sulla natura della microstruttura, in termini di fase primaria di solidificazione,
ma anche sulla scala dimensionale delle dendriti, e sul sottoraffreddamento con cui esse si
accrescono. In modo complementare a tale parte del lavoro, si fatto ricorso anche ai modelli
termodinamici esistenti e diffusi in commercio, la cui possibilit di applicazione con buona
attendibilit si dimostrata tuttavia limitata solo in riferimento a condizioni di raffreddamento
blande o comunque riconducibili allequilibrio. Attraverso luso dei modelli, sia appositamente
definiti che gi disponibili, si potuto disporre quindi degli strumenti interpretativi idonei
allanalisi dei risultati della parte sperimentale del lavoro di tesi, in cui sono state esaminate
strutture di solidificazione di acciai a ridotto tenore di nickel di composizioni differenti e realizzate
in diverse condizioni di raffreddamento, variabili in uno spettro molto ampio di ordini di grandezza,
comprendente sia processi di colata convenzionale che di solidificazione rapida, come il laser
welding e lo strip casting.
Il modello sviluppato ha impiegato come base teorica il compendio di un insieme di teorie
riportate in letteratura, ciascuna delle quali valutata criticamente in relazione alla funzionalit, ed
alladeguatezza, nei diversi passaggi in cui il modello stesso strutturato. Il cardine rappresentato
dal criterio di stabilit marginale, attraverso cui possibile determinare il raggio di curvatura
allapice di una struttura colonnare in accrescimento, una volta fissate le condizioni di gradiente
termico e di velocit di avanzamento dellinterfaccia solido/liquido.
Tale criterio riprende unapplicazione della teoria delle perturbazioni, e si basa sullipotesi che il
raggio di curvatura ricercato corrisponda alla lunghezza donda minima di una perturbazione che
rende instabile laccrescimento di un fronte planare nelle medesime condizioni di estrazione del
calore. La ricerca di tale uguaglianza di risolve nello studio dei domini di stabilit di un fronte
planare in funzione della lunghezza donda della sua perturbazione interfacciale, sulla cui
estensione, come si avuto modo di approfondire, i fenomeni di capillarit e lentit dei gradienti di
concentrazione dei soluti, che si instaurano nel liquido antistante linterfaccia, esercitano
uninfluenza opposta.
Un ulteriore tassello del modello rappresentato dalle teorie cinetiche che sono state utilizzate per
la determinazione sia della pi appropriata espressione dei coefficienti di partizione in condizioni
lontane dallequilibrio, sintetizzate nel Continuous Growth Model, sia di una relazione in grado di
definire esplicitamente i contributi al sottoraffreddamento complessivo con cui avviene
laccrescimento della struttura solida in un sistema multicomponente. Per la generale validit delle
teorie individuate, il modello sviluppato gode quindi di unapplicabilit molto estesa, poich
6. Conclusioni


161


consente lo studio della solidificazione di un qualsiasi sistema multicomponente, con particolare
riguardo a quei casi in cui possano verificarsi fenomeni di accrescimento competitivo fra due o pi
fasi. Nel presente lavoro stato infatti applicato dapprima alla solidificazione rapida degli acciai
inossidabili austenitici convenzionali, per verificarne la correttezza dellimplementazione ed
effettuarne la taratura rispetto a sistemi complessivamente noti, e poi pi diffusamente agli acciai
inossidabili a ridotto tenore di nickel, rispetto ai quali si rivelata di fondamentale importanza, ai
fini dellaccuratezza delloutput, la scelta del database termodinamico per la generazione dei
parametri di input.
Il modello di selezione della fase primaria sviluppato nel presente lavoro, rivelatosi
particolarmente adeguato in termini di correttezza delle previsioni fornite, ha inoltre il merito di
prestarsi a sviluppi ulteriori, dal momento che possibile prevedere una sua interfaccia con codici
di calcolo termotensionale allo scopo di valutare la risposta delle strutture in accrescimento, in
termini di resistenza meccanica, alle sollecitazioni indotte dal processo di solidificazione. Inoltre, il
modello risulta allo stesso tempo complementare, e funzionale, alla definizione delle condizioni al
contorno, nei riguardi delle teorie che investigano i fenomeni microsegregativi, dai quali dipendono
molte delle propriet fisiche e metallurgiche delle strutture di solidificazione.
Quanto detto pone quindi in evidenza la peculiarit del lavoro svolto, che non si limitato alla
caratterizzazione di strutture di solidificazione della famiglia di acciai di interesse, realizzate in un
insieme anche vasto di condizioni sperimentali, ma ha inteso spiegare i fenomeni osservati alla luce
delle teorie costitutive della disciplina che studia la solidificazione, secondo le metodologie e le
nozioni che ne costituiscono i fondamenti, raccolte e strutturate in modo organico attraverso lo
sviluppo di un proprio modello.
Entrando nel merito dei risultati conseguiti, ci che si potuto verificare nella solidificazione
degli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, la rilevanza di fenomeni differenti a
seconda delle condizioni di raffreddamento. E bene precisare, anche in questa sede, che nel
presente lavoro lattenzione stata rivolta verso unampia famiglia di acciai, contraddistinta da uno
spettro di tenori di azoto e manganese comprendente, in ragione del panorama brevettuale
esaminato, sia prodotti afferenti il campo degli acciai inossidabili austenitici general purpose,
ovvero proponibili in sostituzione dei prodotti convenzionali, sia leghe alto-resistenziali per
impieghi strutturali.
In condizioni prossime allequilibrio e nellintervallo di variabilit degli elementi considerato, il
modo di solidificazione primario degli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel una
caratteristica non alterabile, in quanto in tutti i casi sperimentali osservati, e congruentemente con le
previsioni compiute attraverso il codice di calcolo termodinamico allequilibrio Thermocalc, le
microstrutture sono risultate costituite da austenite, prodotta dalla trasformazione di una struttura di
solidificazione primaria di tipo ferritico. Leffetto dei tenori di azoto e di manganase, e
principalmente del primo dei due elementi, quello di modificare la temperatura di inizio della
reazione peritettica, per cui tenori di azoto crescenti innalzano tale parametro verso la T
liq
,
determinando pertanto una formazione della fase austenitica in presenza di una scarsa quantit di
fase ferritica primaria ed in un intervallo di temperatura elevato. Entrambi gli aspetti concorrono a
rendere pi efficaci i processi diffusivi che sono alla base della trasformazione peritettica, per cui
questultima ha modo di giungere a completamento, e la microstruttura a temperatura ambiente che
ne consegue risulta formata completamente da austenite, con al pi un pattern microsegregativo non
omogeneizzato dalla diffusione allo stato solido, memoria della partizione di elementi avvenuta
durante laccrescimento della struttura ferritica primaria. Leffetto osservato del manganese, stato
quello di una modesta stabilizzazione della fase ferritica, ed stato spiegato, attraverso luso di
Thermocalc, alla luce del restringimento indotto da tale elemento sullestensione della regione
peritettica e sullo spostamento della trasformazione stessa verso temperature inferiori, alle quali i
processi diffusivi sono meno efficaci. Tali aspetti sono stati inoltre affrontati prendendo a
riferimento la specifica modellistica di previsione dellevoluzione microstrutturale, riportata in
6. Conclusioni


162


letteratura, definita in relazione agli acciai inossidabili a ridotto tenore di nickel, e sono stati
analizzati proponendone una chiave interpretativa di carattere quantitativo, per cui stata
individuata una soglia del tenore di azoto, nellintervallo di composizioni investigato, necessaria al
conseguimento di una struttura completamente austenitica a temperatura ambiente. I risultati emersi
nel corso di questa parte dellattivit sperimentale sono stati divulgati nel corso della conferenza
internazionale dedicata agli acciai ad alto azoto, lHNS 2004.
Nei processi di solidificazione in condizioni prossime allequilibrio, un ulteriore aspetto che
emerso con particolare significativit, peraltro prevedibile, risultato essere quello della solubilit
dellazoto, il cui superamento pu determinare la formazione di porosit nelle strutture di
solidificazione, indesiderata in qualsiasi processo produttivo perch compromette lintegrit dei
manufatti e ne comporta necessariamente un condizionamento, costoso e riduttivo della resa
complessiva dei processi medesimi. I modelli previsionali allequilibrio consentono con buona
confidenza di prevedere la nucleazione di azoto in forma gassosa nel liquido, in base alla
determinazione dellenergia libera di tale fase; su tale equilibrio hanno influenza sia, ovviamente, il
tenore di azoto presente, sia tutti gli altri elementi che concorrono a modificarne lattivit nel bagno
metallico: fra questi compare il manganese, come uno dei principali elementi che riducono lattivit
dellazoto e ne aumentano quindi la solubilit. Trasferite ai casi reali, tali considerazioni di carattere
termodinamico, sebbene costituiscano la condizione necessaria affinch si verifichi la nucleazione,
non sono tuttavia sufficienti ad indurre linsorgenza di porosit. Una teoria che stata ripresa ed
approfondita nel corso del presente lavoro, e presentata recentemente ad un workshop sugli acciai
alto-resistenziali, affronta tale problematica considerando la condizione fisica affinch la
nucleazione possa aver luogo, in termini di superamento, da parte della pressione parziale dazoto,
della pressione locale del liquido e della tensione interfacciale necessaria alla formazione di una
nuova fase.
La formazione di pori pu essere soppressa, pur sussistendo i requisiti termodinamici affinch ci
avvenga, nei casi in cui il battente ferrostatico sia elevato, e/o gli interstizi della microstruttura siano
sufficientemente piccoli da comportare un innalzamento del contributo di pressione, legato alla
tensione interfacciale, tale da superare la pressione parziale dazoto. Ci si verifica, ad esempio, nei
processi industriali di colata continua caratterizzati da una solidificazione molto rapida, come lo
strip casting, per cui la spaziatura interdendritica, che costituisce il limite geometrico alla
formazione di bolle di gas, cos ridotta da far s che la nucleazione sia inibita proprio dai vincoli
indotti dalla tensione interfacciale liquido/gas. E per tale ragione, quindi, che le maggiori speranze
di industrializzazione dei prodotti inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel appare legata
allapplicazione di processi tecnologici anchessi innovativi, come lo strip casting, nei quali si
raggiungono le condizioni di raffreddamento pi rapide rispetto al panorama della colata continua.
Nella sperimentazione condotta, tale teoria ha permesso quindi la comprensione delle
macrostrutture di solidificazione dei lingotti prodotti, nei quali si osservata una porosit di volta in
volta differente per entit e distribuzione, e sulla quale hanno influito appunto sia la scala
microstrutturale locale, indotta dalla variazione delle condizioni di raffreddamento, sia landamento
del battente ferrostatico.
Nella solidificazione rapida degli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, gli effetti
documentati ed interpretati sono stati di natura diversa. In condizioni di raffreddamento lontane
dallequilibrio, il sottoraffreddamento con cui si accresce la struttura ferritica pu rendere tale fase
cineticamente sfavorita rispetto allaustenite. Tale eventualit comporta quindi una transizione del
modo di solidificazione primario dalla ferrite- in forma dendritica allaustenite cellulare, sotto
opportune condizioni di velocit di avanzamento del fronte di solidificazione, ed indipendentemente
dal gradiente termico locale. Per velocit di avanzamento dellinterfaccia ancor pi elevate si pu
verificare infine la transizione del modo di solidificazione primario verso laustenite in forma
planare.
6. Conclusioni


163


Sulle condizioni di transizione
d
/
c
, la maggior influenza esercitata dal rapporto Cr
eq
/Ni
eq
che
esprime sinteticamente il bilanciamento fra gli elementi austenitizzanti e ferritizzanti presenti nel
sistema considerato; fra questi, nella famiglia di acciai investigata, il ruolo pi rilevante svolto dal
tenore di azoto, in quanto elemento fortemente stabilizzante della fase . Agli effetti della
solidificazione rapida, una riduzione del rapporto Cr
eq
/Ni
eq
, indotto da un incremento del tenore
percentuale in peso di azoto, comporta una riduzione del valore di velocit di transizione verso la
solidificazione in modalit austenitica primaria. Il manganese ha uninfluenza meno pronunciata
sulle velocit critiche di transizione
d
/
c
, e ci che si osservato una modesta stabilizzazione
della fase ferritica in corrispondenza dei tenori estremi di tale elemento nellintervallo investigato.
La transizione verso laustenite planare invece condizionata in modo opposto dai tenori di azoto
e manganese, aumentando rispettivamente per una riduzione del primo ed un incremento del
secondo.
Le transizioni della modalit di solidificazione primaria che si osservano ad alte velocit di
avanzamento dellinterfaccia, rappresentano condizioni critiche per il processo di solidificazione, in
quanto condizionano la morfologia della microstruttura, i fenomeni microsegregativi ad essa
associati, e conseguentemente la resistenza meccanica della struttura solida in accrescimento. La
possibilit di fornire previsioni attendibili, soprattutto nellambito di prodotti non convenzionali
come gli inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, rappresenta quindi un supporto
indispensabile per lindividuazione delle condizioni opportune atte a garantire, in riferimento ai
diversi processi di solidificazione, la prevenzione del rischio di insorgenza di difetti strutturali,
come le cricche. A tal fine, i risultati dello studio della solidificazione rapida degli acciai
inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel, sono stati sintetizzati in mappe di selezione di fase
specifiche per tale famiglia di prodotti, differenziate in funzione dei parametri indipendenti di volta
in volta pi appropriati, ovvero i tenori di azoto e manganese, od il rapporto Cr
eq
/Ni
eq
del sistema
considerato.
La conclusione del lavoro, che sar prossimamente oggetto di pubblicazione dedicata,
rappresentata quindi da uno strumento appropriato per la valutazione del comportamento in
solidificazione rapida degli acciai inossidabili austenitici a ridotto tenore di nickel. La consultazione
delle mappe di selezione di fase consente infatti di individuare, in relazione agli specifici processi
industriali, di colata continua o di saldatura, la prossimit delle condizioni di transizione del modo
di solidificazione primario. In tal modo, possibile indirizzare le condizioni operative, ed
eventualmente anche correggere analiticamente il sistema che solidifica, verso quelle condizioni che
di volta in volta si sono dimostrate pi opportune nel conseguimento di strutture esenti da difetti
strutturali.
Il lavoro svolto, quindi, ha avuto una duplice finalit: da un lato sono stati approfonditi gli aspetti
di base legati alla solidificazione di una famiglia di acciai innovativi, come gli inossidabili
austenitici a ridotto tenore di nickel. Dallaltro, secondo le specificit di unattivit di natura
ingegneristica, si concretizzato in uno strumento di supporto tecnologico, in grado di fornire
direttive sullindividuazione delle condizioni operative pi appropriate per i diversi processi
industriali in cui ha luogo la solidificazione.


164


Lista dei simboli


Simbolo Significato Unit di misura

C
e
concentrazione eutettica wt%
C
l
concentrazione del liquido wt%
C
l
*

concentrazione del liquido allinterfaccia wt%
C
s
concentrazione del solido wt%
C
s
*

concentrazione del solido allinterfaccia wt%
D
i
coefficiente di diffusione allinterfaccia m/s
D
l
coefficiente di diffusione nel liquido m/s
D
s
coefficiente di diffusione nel solido m/s
G gradiente di temperatura allinterfaccia K/m
G
c
gradiente di concentrazione nella fase liquida allinterfaccia wt%/m
G
l
gradiente di temperatura nella fase liquida K/m
G
s
gradiente di temperatura nella fase solida K/m
I frequenza di nucleazione s
-1

J
A
flusso atomico del solvente allinterfaccia atomi/ms
J
B
flusso atomico del soluto allinterfaccia atomi/ms
J
D
+

flusso atomico totale uscente dallinterfaccia atomi/ms
J
D
-

flusso atomico totale entrante nellinterfaccia atomi/ms
K
B
costante di Boltzmann J/K
K
l
conducibilit termica del liquido W/mK
K
s
conducibilit termica del solido W/mK
N
n
0
numero di clusters stabili
Pc numero di Pclet
Q
D
energia di attivazione per la diffusione attraverso linterfaccia J/molK
R raggio di curvatura della dendrite m
V
ur
velocit di movimento dellinterfaccia m/s
V
a
velocit limite di stabilit assoluta m/s
V
c
velocit limite di stabilit costituzionale m/s
V
D
velocit diffusiva allinterfaccia m/s
V
B
velocit di avanzamento della sorgente termica nelle saldature m/s
hkl
V
uuur
velocit di accrescimento nella generica direzione cristallografica m/s
V
s
velocit di propagazione di unonda sonora m/s
T
*
temperatura dellinterfaccia liquido/solido K
T
e
temperatura eutettica K
T
m
temperatura di fusione K
T
l
temperatura della fase liquida K
T
liq
temperatura di liquidus K
T
s
temperatura della fase solida K
T
sol
temperatura di solidus K
T
&
velocit di raffreddamento K/s

f fattore geometrico interfacciale
f
s
frazione di fase solida
k

coefficiente di ripartizione fuori equlibrio (C
s
/C
l
)


165


k
e
coefficiente di ripartizione allequlibrio (C
s
/C
l
)
m pendenza locale della superficie di liquidus allequilibrio K/wt%
m pendenza locale della superficie di liquidus fuori equilibrio K/wt%
r raggio del germe di solidificazione m
t
f
tempo di solidificazione s
v
m
volume molare della fase solida m/mol
z coordinata perpendicolare allinterfaccia planare solido/liquido m

numero di Fourier, entropia adimensionale di fusione
angolo di contatto rad
spessore dellinterfaccia solido/liquido m

c
strato limite diffusivo allinterfaccia m
ampiezza della perturbazione del fronte planare m
grado di sottoraffreddamento costituzionale K/m
tensione superficiale N/m

e
parametro di partizione

i
lunghezza donda corrispondente

al limite di stabilit marginale m

e
spaziatura delle lamelle in un sistema eutettico m

1
spaziatura dendritica primaria m

2
spaziatura dendritica secondaria m
angolo compreso fra le direzioni normale al fronte di rad
solidificazione e della sorgente termica
energia specifica dinterfaccia J/m
potenziale chimico standard J/mol
potenziale chimico di redistribuzione J/mol
numero donda di una perturbazione sinusoidale m
-1

angolo compreso fra la normale allinterfaccia e la generica rad
direzione cristallografica [hkl]

C
0
differenza di concentrazione fra liquido e solido in equilibrio
alla temperatura di solidus wt%
g variazione di energia libera per unit di volume J/m
G variazione di energia libera J
G
d
energia di attivazione per il trasferimento di atomi allinterfaccia J
G
n
0
energia libera critica di formazione di agglomerati stabili J
H
f
calore molare latente di fusione J/mol
S
f
entropia molare di fusione J/molK
T sottoraffreddamento totale K
T
c
sottoraffreddamento costituzionale K
T
k
sottoraffreddamento cinetico K
T
r
sottoraffreddamento dovuto alla capillarit K
T
s
sottoraffreddamento di diffusione K
T
th
sottoraffreddamento termico K
T
0
intervallo di solidificazione alla concentrazione C
0
K
T differenza di temperatura fra lapice e la radice della dendrite K
grado adimensionale di soprasaturazione
coefficiente di Gibbs-Thompson Km


166


Ringraziamenti

Al termine di tre anni dattivit, lautore sente il bisogno di rivolgere un sentito ringraziamento a
tutti coloro che, in tempi e modalit differenti, hanno dato il loro contributo a far s che essa
giungesse appropriatamente a completamento.

In primo luogo, il riconoscimento va a chi intervenuto perch lattivit di collaborazione con la
facolt di Ingegneria dellUniversit La Sapienza di Roma, formalizzata nella frequentazione del
corso di Dottorato di Ricerca, avesse inizio, individuandone sin da allora meriti e prospettive. In tal
senso i ringraziamenti vanno al Prof.T.Valente, ed internamente al Centro Sviluppo Materiali, al
Dr.Bruno, all.Ing.Abbruzzese, allIng.Segala, al Dr.Barteri ed al Dr.Granati.

Lautore esprime poi il pi sentito apprezzamento verso i ricercatori che, nel corso dellattivit, lo
hanno assistito, indirizzato e consigliato, sia nella fase di impostazione del lavoro, sia nel suo
svolgimento, sia infine nella redazione del presente documento. Lesperienza maturata al loro
fianco stata veramente preziosa, in quanto ha consentito allautore il raggiungimento di obiettivi
significativi ed una crescita professionale considerevole. Un profondo ringraziamento, nonch la
dedica del presente lavoro, va quindi alle colleghe Dr.ssa Tassa ed Ing.Ridolfi.

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