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tecnologia meccanica
A cura di
Michele Monno
www.cittastudi.it
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Anno:
2014 2015 2016 2017 2018
INDICE
Prefazione XI Bibliografia 58
I revisori XII Bibliografia box 59
Domande di ripasso 59
1 Introduzione e panoramica
della produzione 3 Proprietà dei materiali industriali
1.1 Che cos’è la produzione? 4 3.1 Stati di sforzo e deformazione 62
1.1.1 La definizione della produzione 4 3.1.1 Resistenza alla trazione 62
1.1.2 Industrie manifatturiere e prodotti 4 3.1.2 Proprietà di compressione 70
1.1.3 Capacità di produzione 6 3.1.3 Flessione e prove dei materiali fragili 72
1.1.4 I materiali impiegati nella produzione 8 3.1.4 Proprietà di taglio 72
1.2 I processi di produzione 9 3.2 Durezza 74
1.2.1 Operazioni di lavorazione 10 3.2.1 Prove di durezza 74
1.2.2 Operazioni di assemblaggio 13 3.2.2 Durezza dei materiali 76
1.2.3 Macchinari e attrezzature 14 3.3 Effetti della temperatura sulle proprietà
1.3 Organizzazione del libro 14 meccaniche 78
Bibliografia 15 3.4 Proprietà dei fluidi 79
Domande di ripasso 16 3.5 Comportamento viscoelastico dei polimeri 82
3.6 Proprietà volumetriche e di fusione 84
I Materiali per applicazioni industriali 3.6.1 Densità ed espansione termica 85
e proprietà dei prodotti 3.6.2 Caratteristiche di fusione 85
2 Materiali per applicazioni industriali 3.7 Proprietà termiche 87
3.7.1 C alore specifico e conducibilità
2.1 Metalli e leghe metalliche 19 termica 87
2.1.1 Acciai 26
2.1.2 Ghise 32 Bibliografia 88
2.1.3 Metalli non ferrosi 33 Domande di ripasso 89
2.1.4 Superleghe 38 Problemi 89
2.2 Ceramiche 39 4 Dimensioni, tolleranze e superfici
2.2.1 Ceramiche tradizionali 39
4.1 Quotatura e tolleranze 91
2.2.2 Ceramiche avanzate 41
4.1.1 Quote e tolleranze 91
2.2.3 Vetri 42
4.1.2 Altri descrittori geometrici 92
2.3 Polimeri 45
4.2 Superfici 93
2.3.1 Polimeri termoplastici 48
4.2.1 Caratteristiche delle superfici 93
2.3.2 Polimeri termoindurenti 49
4.2.2 Finitura superficiale 94
2.3.3 Elastomeri 51
4.2.3 Integrità superficiale 96
2.4 Compositi 53
2.4.1 Tecniche e classificazioni dei materiali 4.3 Effetti dei processi di produzione 97
compositi 53 Bibliografia 98
2.4.2 Materiali compositi 55 Domande di ripasso 99
VI Indice
18.12 Considerazioni sulla progettazione 19.9 Inserti di stampaggio e fissaggi integrali 568
delle saldature 537 19.10 Progettazione dell’assemblaggio 570
Bibliografia 538 19.10.1 Principi generali della progettazione
Domande di ripasso 538 dell’assemblaggio 570
Problemi 539 19.10.2 Progettazione dell’assemblaggio
automatico 571
19 Brasatura, brasatura dolce, incollaggio Bibliografia 572
e assemblaggio meccanico Domande di ripasso 573
19.1 Brasatura 543 Problemi 574
19.1.1 Giunti brasati 544
19.1.2 Metalli di apporto e fondenti 546
19.1.3 Metodi di brasatura 546
VII S
istemi di produzione
19.2 Brasatura dolce 548 20 Sistemi di produzione e pianificazione
19.2.1 Progettazione dei giunti nella brasatura dolce 549 dei processi
19.2.2 Metalli di apporto e fondenti 550 20.1 Panoramica dei sistemi di produzione 579
19.2.3 Metodi di brasatura dolce 551 20.1.1 Impianti di produzione 579
19.3 Incollaggio 553 20.1.2 Sistemi di supporto alla produzione 582
19.3.1 Progettazione del giunto 554 20.2 Pianificazione di processo 583
19.3.2 Tipi di adesivi 555 20.2.1 Pianificazione di processo tradizionale 584
19.3.3 Tecniche di applicazione degli adesivi 555 20.2.2 Scelta di Make or buy 587
19.4 Assemblaggio meccanico 557 20.2.3 Pianificazione di processo computer-aided 589
19.5 Elementi di fissaggio filettati 557 20.2.4 Problem solving e miglioramento
19.5.1 Viti, bulloni e dadi 557 continuo 591
19.5.2 Altri elementi di fissaggio filettati 559 20.3 Concurrent engineering e producibilità 591
19.5.3 Tensioni e resistenze dei giunti imbullonati 560 20.3.1 Design for manufacturing e Design for assem-
19.5.4 Utensili per gli elementi di fissaggio filettati bly 592
e loro utilizzo 562 20.3.2 Concurrent enegineering 593
19.6 I rivetti 563 Bibliografia 595
19.7 Metodi di assemblaggio basati Domande di ripasso 595
sull’interferenza 564
19.8 Altri metodi di fissaggio meccanico 567 Indice analitico 597
prefazione
Le tecnologie di lavorazione meccanica costituiscono, pure Si è dovuto inoltre affrontare il tema dei supporti mul-
in un periodo di crisi globale, la base della produzione mani- timediali che possono rendere più efficace l’apprendimento
fatturiera, pilastro fondamentale dell’economia industriale della materia. II lavoro che ne è derivato è stato molto piu
del nostro Paese. complesso di quanto inizialmente si potesse immaginare e
Per lo stesso motivo la conoscenza dei processi tecno- continuerà nel tempo con l’obiettivo di mantenere viva l’at-
logici, partendo da quelli tradizionali, costituisce un essen- tualità dei contenuti aggiornandoli continuamente .
ziale elemento nella formazione dell’ingegnere industriale. Per l’edizione italiana si è deciso di dare maggiore rilie-
II mondo che ci circonda è largamente popolato da “manu- vo alle tecnologie di trasformazione per fusione, deforma-
fatti” ovvero da oggetti che derivano dall’ancestrale desiderio zione plastica e asportazione di truciolo, ma anche di mante-
dell’umanità di migliorare le proprie condizioni di vita dotandosi nere i contenuti relativi alle lavorazioni non convenzionali,
di strumenti, attrezzi, utensili, e poi di tecnologie di trasforma- alle tecnologie di lavorazione dei materiali quali ceramiche
zione in grado di lavorare con materiali sempre piu complessi. e polimeri, ai processi di saldatura, alla qualità e ai sistemi
A partire dal legno e dalle selci, attraversando le ere ca- di produzione.
ratterizzate dalla trasformazione di metalli e leghe a tempe- Altri capitoli del volume originale sono disponibili sul
rature di fusione sempre piu elevate, e giungendo infine ai sito, tra cui i processi di lavorazione del vetro e di formatu-
materiali di sintesi, ai ceramici, ai sinterizzati e agli smart ra per gamma e composti di matrice polimerica, insieme ai
materials, le tecnologie di lavorazione sono oggetto di una supporti multimediali.
evoluzione continua che un testo con finalita didattiche I curatori dell’edizione italiana e l’editore saranno grati
come il Groover ben rappresenta. a quanti vorranno segnalare, attraverso il sito, errori sfuggi-
L’edizione italiana, che l’editore ci ha richiesto di curare, ti alla nostra attenzione, ma anche suggerimenti e osserva-
rappresenta un equilibrio tra piu esigenze concomitanti: sulla zioni su come migliorare e rendere maggiormente efficace
necessità di rispettare l’impostazione omnicomprensiva data il volume per l’apprendimento.
dall’autore del volume con i contenuti previsti dai programmi
degli insegnamenti di tecnologia meccanica per allievi inge- luglio 2014,
gneri meccanici e, piu in generale,per gli studenti di corsi di Michele Monno
laurea che si richiamano all’ingegneria industriale.
I revisori
II progetto della versione italiana del testo è stato curato coinvolgendo Professori e Ricercatori della Sezione di Tecno-
logie Meccaniche e Produzione del Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano.
Paolo Albertelli
Massimiliano Annoni
Marcello Colledani
Bianca Maria Colosimo
Andrea Matta
Michele Monno
Giovanni Moroni
Alessandra Pighi
Barbara Previtali
Lara Rebaioli
Matteo Strano
tecnologia meccanica
Introduzione e panoramica
Capitolo 1
della produzione
Realizzare e costruire sono state le attività essenziali della civiltà umana prima ancora
che la storia iniziasse a essere documentata.
Oggi, il termine produzione industriale indica proprio questa attività. Per ragioni sia
tecniche che economiche e sociali, il settore manifatturiero ha assunto nel tempo un
rilievo sempre più importante per garantire il livello di benessere dei Paesi sviluppati e di
crescita per quelli in via di sviluppo.
Con il termine tecnologia definiamo l’utilizzo delle conoscenze scientifiche a vantaggio
della società. La tecnologia influisce sulla nostra vita quotidiana direttamente e indiret-
tamente in moltissimi modi: si consideri l’elenco dei prodotti riportati in Tabella 1.1, essi
rappresentano una vasta gamma di applicazioni tecnologiche volte al miglioramento del-
la vita. Che cosa hanno in comune questi prodotti? Sono tutti il risultato di un processo di
produzione e non sarebbero disponibili per gli utenti se non ci fossero state le condizioni
per fabbricarli. La produzione è il fattore cruciale che rende possibile l’impiego delle
tecnologie.
Dal punto di vista economico, la produzione è un importante mezzo tramite il quale una
nazione crea ricchezza. Negli USA, per esempio, l’industria manifatturiera genera circa
il 12% del prodotto interno lordo (PIL). Anche le risorse naturali di un Paese, come gia-
cimenti minerari e riserve di petrolio o terreni agricoli creano ricchezza. Negli Stati Uniti
i settori agricolo, minerario e simili rappresentano meno del 5% del PIL (l’agricoltura da
sola è l’1%). L’edilizia e i servizi pubblici costituiscono circa il 5%. Il resto è legato al set-
tore dei servizi, tra cui attività commerciali, trasporti, attività finanziarie, comunicazione,
istruzione e amministrazione. Il settore dei servizi rappresenta attualmente oltre il 75%
del PIL degli Stati Uniti. Le sole attività amministrative rappresentano una quota del PIL
analoga a quella dell’intero settore manifatturiero, ma di per sé queste attività non pro-
ducono ricchezza.
Nell’economia globale moderna una nazione necessita di una forte base manifatturiera
(o di notevoli risorse naturali) se vuole avere un’economia solida e un elevato standard di
vita per i cittadini. In questo capitolo introduttivo verranno analizzati alcuni argomenti ge-
nerali relativi alla produzione. Cos’è la produzione? Com’è organizzata nelle industrie?
Quali sono i processi che la compongono?
4 Tecnologia meccanica
TABELLA 1.1 Prodotti che rappresentano diverse tecnologie, molti dei quali interessano un grande numero di utilizzatori.
Per meglio definire la produzione si usa spesso il termine manifattura, che deriva da
due parole il cui significato è “fatto a mano”. Il termine anglosassone manufacturing
risale a diversi secoli fa ed è nato per descrivere i metodi manuali di fabbricazione uti-
lizzati in quel tempo. La produzione moderna invece avviene, in generale, con l’impiego
di macchinari automatizzati e computerizzati.
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Prodotti I prodotti finali realizzati dalle industrie possono essere suddivisi in due ca-
tegorie principali: beni di consumo e beni strumentali. Si definiscono beni di consumo i
Varietà di prodotto
la varietà di prodotti e la
Bassa numerosità dei lotti pro-
duzione nella produzione
discreta o per parti. (Fon-
Media
te: Fundamentals of Mo-
dern Manufacturing, 4th
Alta Edition by Mikell P. Gro-
over, 2010. Ristampato
con il permesso di John
Quantitativo di produzione Wiley & Soneves, Inc.)
un elevato livello di efficienza e qualità per rimanere competitiva nel suo settore. La
capacità produttiva si riferisce ai limiti tecnici e fisici di un’impresa e dei suoi impianti.
Si possono analizzare diverse tipologie di capacità: (1) la capacità tecnica, (2) i limiti di
capacità legati a dimensioni e peso del prodotto e (3) la capacità produttiva.
cità produttiva misura quanto output può produrre la fabbrica. La capacità produttiva
di un impianto viene di solito misurata in termini di unità di prodotto finito, come le
tonnellate annue di acciaio prodotte da un’acciaieria, o il numero di vetture prodotte
da una catena di montaggio. In questi casi gli output sono omogenei. Nei casi in cui le
unità di prodotto finito non siano omogenee, per esempio nelle aziende che producono
vari pezzi automobilistici, si possono usare altre misure più appropriate, come le ore di
lavoro impiegate nella produzione.
Metalli I metalli usati in produzione di solito sono leghe, cioè composti da due o
più elementi, di cui almeno uno metallico. Metalli e leghe possono essere divisi in due
gruppi: ferrosi e non ferrosi.
I metalli ferrosi sono a base di ferro e in questo gruppo rientrano l’acciaio e la
ghisa. Questi metalli sono estremamente importanti dal punto di vista economico e
rappresentano più dei tre quarti dei metalli globalmente utilizzati nell’industria.
Il ferro puro ha un uso commerciale limitato, ma se legato al carbonio diventa miglio-
re di tutti gli altri metalli. Leghe di ferro e carbonio danno origine all’acciaio alla ghisa.
L’acciaio può essere definito come una lega ferro-carbonio contenente dallo 0,02%
al 2,11% di carbonio e può anche includere altri elementi di alligazione, quali mangane-
se, cromo, nichel o molibdeno, per migliorarne le proprietà. È il metallo ferroso più im-
portante per la grande quantità di applicazioni nelle costruzioni (ponti, travi e strutture
metalliche), nei trasporti (camion, rotaie e binari per le ferrovie) e nei beni di consumo
(automobili ed elettrodomestici).
La ghisa è una lega ferro-carbonio contenente dal 2% al 4% di carbonio, usata nei
processi di colata (principalmente colata in sabbia). Nella lega è presente anche il silicio
(dallo 0,5% al 3%) e spesso sono aggiunti altri elementi per ottenere particolari pro-
prietà. La ghisa è disponibile in diverse forme, tra cui la più comune è la ghisa grigia.
Esempi di applicazioni della ghisa sono i pezzi di grandi dimensioni per macchinari (dai
grandi motori diesel alle macchine operatrici).
I metalli non ferrosi sono tutti gli altri metalli e loro leghe. Quasi sempre le leghe
hanno un valore economico maggiore dei metalli puri. Esempi di metalli non ferrosi sono
l’alluminio, il rame, l’oro, il magnesio, il nichel, l’argento, lo stagno, il titanio e lo zinco.
(carburi metallici, quali carburo di tungsteno e carburo di titanio, molto utilizzati come
materiali per utensili da taglio) e nitruri (nitruri metallici e semimetallici come il nitruro
di titanio e il nitruro di boro, utilizzati come utensili da taglio e nelle macchine affilatrci).
La ceramica può avere struttura cristallina o vetrosa. Le ceramiche cristalline si
producono partendo da polveri trattate in vari modi e poi cotte (riscaldate ad una tempe-
ratura inferiore al punto di fusione per ottenere l’aggregazione dei granuli). Le cerami-
che vetrose possono essere fuse e poi modellate attraverso processi simili alla soffiatura
del vetro tradizionale.
Polimeri Un polimero è un composto formato da unità strutturali ripetute, i cui ato-
mi condividono elettroni formando molecole molto grandi. I polimeri di solito sono
composti da carbonio e uno o più elementi tra cui l’idrogeno, l’azoto, l’ossigeno e il
cloro. I polimeri si possono dividere in tre categorie: (1) polimeri termoplastici, (2) po-
limeri termoindurenti e (3) elastomeri.
I polimeri termoplastici sopportano diversi cicli di riscaldamento e raffreddamen-
to senza alterare la loro struttura molecolare. Esempi di polimeri termoplastici comuni
sono il polietilene, il polistirene, il polivinilcloruro (identificato dalla sigla PVC) e il
nylon. I polimeri termoindurenti, dopo una fase iniziale di rammollimento per riscal-
damento, induriscono formando una struttura rigida durante la fase di raffreddamento,
diventando così termostabili e insolubili. La struttura reticolare ottenuta a seguito del
raffreddamento e a reazioni di reticolazione viene conservata, se tali polimeri vengono
riscaldati dopo l'indurimento non tornano più a rammollire, da cui il nome termoin-
durenti, ma si decompongono. I materiali di questo tipo includono composti fenolici,
resine amminoacide e resine epossidiche. Nonostante il nome termoindurente, alcuni di
questi polimeri si possono ottenere con meccanismi diversi dal riscaldamento. Gli ela-
stomeri sono polimeri che presentano un comportamento molto elastico, da cui deriva
il nome. Includono la gomma naturale, il neoprene, il silicone e il poliuretano.
I compositi I compositi in realtà non costituiscono una categoria distinta di materia-
li, ma sono miscele dei materiali appartenenti alle precedenti tipologie. Un composito
è un materiale prodotto attraverso due o più fasi che vengono lavorate separatamente e
poi unite per ottenere proprietà migliori di quelle dei singoli componenti. Il termine fase
si riferisce ad una massa omogenea di materiale, come un aggregato di molecole con la
stessa struttura in un metallo solido. La struttura di un composito costituito da parti-
celle o fibre si dice matrice. I compositi si trovano in natura (ne è un esempio il legno)
o possono essere prodotti sinteticamente: fibre di vetro in matrice polimerica, plastica
rinforzata con fibre, fibre di un polimero in matrice di un altro polimero (per esempio il
Kevlar) e ceramica in matrice metallica (come un carburo di tungsteno in un legante di
cobalto per realizzare utensili da taglio in carburo).
Le proprietà di un composito dipendono dai materiali che lo compongono, dalle
forme fisiche dei componenti e dal modo in cui questi sono combinati per formare il
composito stesso. Alcuni compositi sono molto leggeri pur essendo molto resistenti, e
sono quindi adatti per impieghi nelle costruzioni aeronautiche, nelle carrozzerie, nella
realizzazione di scafi, attrezzature sportive (racchette da tennis, sci e canne da pesca).
Altri compositi sono più resistenti e in grado di sopportare temperature elevate, quindi
sono più adatti ad altri scopi, come nel caso di utensili per il taglio dei metalli duri.
Solidification
processes
Particulate
processing
Shaping
processes
Deformation
processes
Material
removal
Processing
operations
Property Heat
enhancing processes treatment
Cleaning and
surface treatments
Surface processing
operations
Coating and
Manufacturing deposition processes
processes
Welding
e caricare o scaricare le parti prima e dopo ogni ciclo di lavorazione. Il modello generale
di un’operazione di lavorazione è illustrato in Figura 1.1 (a). Il materiale viene immesso nel
processo, si applica dell’energia ai macchinari e alle attrezzature di lavorazione, infine il
pezzo ultimato esce dal processo. La maggior parte delle operazioni di lavorazione produce
materiali di scarto o sfridi, sia come conseguenza naturale del processo (per esempio il
truciolo nei processi di asportazione di materiale) sia come pezzi difettosi o non conformi.
Di solito la trasformazione del materiale in prodotto finito richiede più di un’ope-
razione. Le operazioni vengono eseguite secondo una sequenza opportuna che serve a
raggiungere la forma e le proprietà del pezzo definite nella fase di progettazione.
Si distinguono tre tipi di operazioni di lavorazione: (1) operazioni di modellazio-
ne, (2) operazioni di modifica delle proprietà fisiche e (3) trattamenti di superficie. Le
operazioni di modellazione alterano la geometria del materiale di partenza attraver-
so diversi metodi, per esempio la fusione o la forgiatura. Le operazioni di modifica
delle proprietà fisiche migliorano le caratteristiche del materiale modificando le sue
proprietà, per esempio attraverso un trattamento termico. I trattamenti di superficie
si eseguono per pulire, trattare, ricoprire o depositare altro materiale sulla superficie
esterna del pezzo, come nelle operazioni di verniciatura o placcatura.
sono molto simili. La tecnica comune consiste nella pressatura e nella sinterizzazione,
come illustrato in Figura 1.5, in cui le polveri sono prima compresse in uno stampo e poi
riscaldate in modo da aggregarle tra loro.
Nei processi di deformazione plastica, il pezzo di partenza è modellato mediante
l’applicazione di forze che superano il punto di snervamento del materiale. Il materia-
le deve essere sufficientemente duttile per evitare fratture durante la deformazione.
Per aumentarne la duttilità, spesso viene riscaldato prima della deformazione ad una
temperatura inferiore rispetto al suo punto di fusione. I processi di deformazione sono
operazioni di solito svolte per la lavorazione dei metalli e comprendono le operazioni di
forgiatura ed estrusione, come mostrato in Figura 1.6.
I processi di asportazione sono operazioni che rimuovono il materiale in eccesso del
pezzo per raggiungere la forma desiderata. I processi più importanti di questa categoria sono
le operazioni di lavorazione quali la tornitura, foratura e fresatura, come mostrato in
Figura 1.7. Le operazioni di asportazione sono usualmente eseguite su materiali solidi utiliz-
zando utensili da taglio che hanno caratteristiche tecnologiche (durezza, resistenza meccanica
ecc.) superiori rispetto a quelle dei materiali da lavorare. Anche la rettifica è un processo che
rientra in questa categoria. Altri processi di lavorazione sono noti come processi non-con-
venzionali perché utilizzano laser, fasci di elettroni, erosione chimica o meccanica, scariche
elettriche o energia elettrochimica per rimuovere il materiale anziché strumenti di taglio.
Forza
Pistone
superiore
Figura 1.5 Metallurgia
delle polveri: il materiale
di partenza è polvere (1); Stampo Pezzo
il processo consiste nel durante
pressare il materiale (2) e la sinterizzazione
aggregarlo per sinterizza-
zione. (Fonte: Fundamen- Pistone
tals of Modern Manufactu- inferiore
ring, 4th Edition by Mikell
P. Groover, 2010. Ristam-
Forza
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
of Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P. Stampo
Groover, 2010. Ristampa-
to con il permesso di John Inizio della billetta
Wiley & Sons, Inc.)
Introduzione e panoramica della produzione 13
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D E F
Figura 1.7 Alcune operazioni di lavorazione: (a) tornitura, in cui un utensile monotagliente rimuove del metallo riducendo il dia-
metro della barra messa in rotazione dal mandrino; (b) foratura, in cui una punta elicoidale rotante viene fatta avanzare verso il
pezzo per realizzare un foro; (c) fresatura, in cui il pezzo viene lavorato da un utensile a taglienti multipli messo in rotazione dal
mandrino della macchina utensile.
a ottone, la brasatura e l’incollaggio. Questi metodi uniscono i componenti in modo che non
siano facilmente separabili. Ci sono altri metodi di assemblaggio meccanico che permettono
di fissare due (o più) parti in modo che possano essere smontate più facilmente. L’uso di viti,
bulloni e altri elementi di fissaggio filettati sono i metodi più tradizionali utilizzati in questa
categoria. Altre tecniche di assemblaggio meccanico danno origine a un collegamento perma-
nente, tra cui rivetti, ribattini, montaggi a stampa o incastri con linguette a espansione.
Lavorazione a macchina Macchinario Utensile da taglio (per rimuovere del materiale) Supporto (per reggere
il pezzo) Maschera (per trattenere il pezzo e guidare la lavorazione)
Materiali per applicazioni industriali e proprietà dei prodotti, si compone di quattro ca-
pitoli (2,3,4,5). I Capitoli 2 e 3 trattano le principali categorie e le proprietà dei materiali
che vengono usati nei processi descritti nel libro. Il Capitolo 4 presenta una rassegna
delle proprietà dei prodotti, cioè le dimensioni, le tolleranze e la caratterizzazione delle
superfici; un’appendice al capitolo tratta la misurazione di questi attributi. L’ultimo
capitolo della prima parte è dedicato al controllo di qualità e all’ispezione.
La parte II inizia a trattare le categorie di processi di lavorazione. Si compone di tre
capitoli (6,7,8) sui processi di solidificazione che includono la colata dei metalli e la forma-
tura della plastica. La parte III coincide con il Capitolo 9 e si occupa della lavorazione delle
polveri (di metalli e ceramiche). La parte IV, dal titolo Formatura dei metalli e lavorazione
della lamiera, comprende tre capitoli (10,11,12) che introducono ai processi di deformazione
dei metalli. La parte V esamina i processi di rimozione del materiale: si compone di cinque
capitoli (13,14,15,16,17): i primi due si occupano dell’asportazione di truciolo e delle mac-
chine utensili utilizzate per tale operazione; il Capitolo 15 è dedicato agli utensili da taglio;
gli ultimi due analizzano altri metodi di asportazione del materiale. I processi di giunzione
e assemblaggio sono descritti nella parte VI, che è organizzata in due capitoli (18 e 19); in
particolare, il Capitolo 18 si concentra sui concetti e sui processi della saldatura, mentre il
Capitolo 19 affronta brasatura, incollaggio e assemblaggio meccanico. L’ultima parte, la
VII, è costituita dal Capitolo 20 e affronta i sistemi di produzione.
Bibliografia
[1] Black, J., and Kohser, R. DeGarmo’s Materials and Processes in Manufacturing, 10th ed.
John Wiley & Sons, Inc., Hoboken, New Jersey, 2008.
[2] Flinn, R. A., and Trojan, P. K. Engineering Materials and Their Applications, 5th ed. John
Wiley & Sons, Inc., New York, 1995.
[3] Groover, M. P. Automation, Production Systems, and Computer Integrated Manufactu-
ring, 3rd ed. Pearson Prentice-Hall, Upper Saddle River, New Jersey, 2008.
[4] Kalpakjian, S., and Schmid S. R. Manufacturing Processes for Engineering Materials, 6th
ed. Pearson Prentice Hall, Upper Saddle River, New Jersey, 2010.
16 Tecnologia meccanica
Domande di ripasso
1. Quale percentuale di PIL raggiunge l’industria mani- 10. Qual è la differenze tra un polimero termoplastico e
fatturiera negli Stati Uniti? uno termoindurente?
2. Definire la produzione. 11. I processi produttivi di solito sono eseguiti come
3. A quale settore appartengono le industrie manifattu- operazioni unitarie. Definire un’operazione unitaria.
riere? (a) primario, (b) secondario, (c) terziario 12. Qual è la differenza tra un’operazione di lavorazio-
4. Qual è la differenza tra un bene di consumo e uno ne e una di assemblaggio?
strumentale? Dare qualche esempio di entrambi. 13. Le operazioni di modellazione sono usate per de-
5. Qual è la differenza tra alta variabilità di produzione finire o alterare la forma di un pezzo. Quali sono le
e bassa variabilità di produzione? quattro categorie in cui si dividono tali operazioni?
6. Una delle dimensioni della capacità produttiva è la 14. Qual è la differenza tra processi net-shape e pro-
capacità tecnica. Definire a parole il significato di tale cessi near net-shape?
dimensione. 15. Elencare i quattro tipi di processi di assemblaggio
7. Quali sono le quattro categorie di materiali usati nel- permanente.
la produzione? 16. Che cos’è un utensile?
8. Come si definisce l’acciaio? 17. Qual è la differenza tra macchinari special-purpose
9. Quali sono le applicazioni tipiche dell’acciaio? e general-purpose?
I Materiali per applicazioni industriali
e proprietà dei prodotti
Materiali per Applicazioni
Capitolo 2
Industriali
Alcuni metalli hanno precise proprietà che li rendono adatti ad applicazioni più
specifiche. Inoltre i metalli più noti hanno un costo relativamente basso e questo giusti-
fica il loro largo utilizzo.
Anche se alcuni metalli sono usati allo stato puro (oro, argento, rame), la maggior
parte delle applicazioni industriali necessita di migliorare le proprietà dei metalli puri
combinandoli in leghe. Una lega è un metallo composto da due elementi di cui almeno
uno è un metallo. Attraverso la formazione delle leghe metalliche è possibile migliorare
la resistenza, la durezza e altre proprietà rispetto ai metalli puri.
Le proprietà meccaniche dei metalli possono essere modificate attraverso i trat-
tamenti termici, ovvero tramite l’applicazione al materiale di diversi tipi di cicli di
riscaldamento e raffreddamento. I trattamenti termici operano alterando la microstrut-
tura originale del metallo, che a sua volta ne determina le proprietà meccaniche. Alcuni
trattamenti termici si possono applicare solo a determinati tipi di metalli. Ad esempio,
il trattamento di tempra è specifico per l’acciaio, la struttura martensitica risultante è
infatti una fase ottenibile solo dall’acciaio.
Ricottura
La ricottura consiste nel riscaldare il metallo a una certa temperatura, mantenerlo a quella temperatura per un certo
tempo (chiamato mantenimento) e raffreddarlo lentamente. La ricottura viene eseguita per uno dei seguenti motivi: (1)
ridurre la durezza e la fragilità del metallo, (2) alterare la microstruttura per ottenere le opportune proprietà meccani-
che, (3) diminuire la resistenza del metallo per migliorarne la lavorabilità o la formabilità, (4) modificare le dimensioni
dei grani nel metallo precedentemente lavorato a freddo (e quindi incrudito) e (5) ridurre le tensioni residue indotte
dai processi di lavorazione precedentemente eseguiti. Esistono diverse modalità di ricottura, a seconda della tipologia
del processo applicato e della temperatura applicata rispetto alla temperatura di ricristallizzazione del metallo che
subisce il trattamento.
La ricottura completa è applicata ai metalli ferrosi (acciai con quantità di carbonio bassa o media) e comporta il
riscaldamento della lega nella regione austenitica, seguita da un raffreddamento lento in forno per produrre perlite gros-
solana. La normalizzazione comporta dei cicli di riscaldamento e mantenimento simili, ma le velocità di raffreddamento
sono più veloci. L’acciaio viene lasciato raffreddare in aria sino a temperatura ambiente. Questo produce una struttura
perlitica più fine, ovvero maggiore resistenza meccanica e durezza, ma duttilità inferiore rispetto a quella risultante della
ricottura completa.
I pezzi ottenuti per stampaggio a freddo vengono spesso ricotti per ridurne gli effetti dell’incrudimento e aumen-
tarne la duttilità. Il trattamento termico permette al metallo incrudito di ricristallizzare parzialmente o completamente,
a seconda della temperatura, dei tempi di mantenimento e delle velocità di raffreddamento. Quando la ricottura viene
Materiali per Applicazioni Industriali 21
eseguita per consentire un’ulteriore deformazione a freddo del pezzo, viene detto ricottura da lavorazione. Quando è
eseguita sul componente alla fine delle lavorazioni (stampaggio a freddo) per eliminare gli effetti dell’incrudimento è
semplicemente chiamata ricottura. Il processo è praticamente lo stesso, ma i nomi diversi servono a indicare il diverso
scopo del trattamento.
Per ottenere la ricristallizzazione è necessario che le condizioni di ricottura consentano di riportare le dimensioni
dei grani del metallo lavorato a freddo alla loro struttura originale. Dopo questo tipo di ricottura, il componente ha assun-
to una nuova forma, conseguenza dall’operazione di formatura, ma la struttura dei grani e le proprietà ad essa associate
sono essenzialmente le stesse precedenti lo stampaggio a freddo. Le condizioni che tendono a favorire la ricristallizza-
zione sono temperature elevate, tempo di mantenimento più lungo e cicli di raffreddamento lenti. Se il processo di ricot-
tura consente solo il parziale recupero della struttura dei grani originale, si definisce ricottura parziale. La ricottura
parziale permette al metallo di mantenere la maggior parte dell’incrudimento risultante dalla deformazione a freddo, ma
la tenacità del pezzo aumenta.
Le operazioni di ricottura, sino a qui descritte, sono effettuate principalmente per introdurre cambiamenti diversi
dall’alleviamento delle tensioni. La ricottura tuttavia può anche essere eseguita solo per ridurre le tensioni residue nel
pezzo. In questo caso prende il nome di ricottura di distensione e serve a ridurre le distorsioni e le variazioni dimensio-
nali che potrebbero altrimenti verificarsi nei pezzi lavorati.
Austenite, γ
800
A1 = 723°C (1333°F) 1400
700 Ps
γ
io 1200
niz Pf Perlite P
Po
600
I
e
Fin
ssib
1000
Temperatura °C
Temperatura °F
γ+α
ile
500 α + Fe3C
traie
800
ttori
400 γ Bf Bainite B
Bs
di ra
200
Bs ne del tempo e della temperatura. La
nto
γ+M
200 traiettoria di raffreddamento mostrata
100 Mf
produce la martensite. (Fonte: Funda-
Martensite, M mentals of Modern Manufacturing, 4th
Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ri-
1.0 10 102 103 104 stampato con il permesso di John Wi-
Tempo s ley & Sons, Inc.)
22 Tecnologia meccanica
logaritmica) e la temperatura sull’asse verticale. Il grafico si legge partendo al tempo zero nella regione dell’austenite
(in qualche punto sopra la linea di temperatura A1 a seconda della specifica composizione) e procedendo verso il basso
e verso destra lungo una traiettoria che rappresenta il raffreddamento del metallo in funzione del tempo. La curva TTT
mostrata in figura è per una specifica composizione di acciaio (0.80% di carbonio). Per altre composizioni si ha una curva
diversa.
Per velocità di raffreddamento basse, la traiettoria procede attraverso la regione che indica la trasformazione in
perlite o bainite, che sono forme alternative della miscela ferrite-cementite. Poiché queste trasformazioni richiedono del
tempo, il diagramma TTT mostra due linee, l’inizio e la fine della trasformazione con il passare del tempo, indicate per
le regioni delle diverse fasi dai pedici s ed f, rispettivamente. La perlite è una miscela delle fasi di ferrite e cementite in
forma di sottili lamelle. Si ottiene mediante il raffreddamento lento dell’austenite, in modo che la traiettoria di raffredda-
mento passi attraverso Ps sopra il «naso» della curva TTT. La bainite è un’altra miscela delle stesse fasi che è prodotta da
un raffreddamento iniziale rapido ad una temperatura sopra Ms, evitando il naso della curva TTT; questo è seguito da un
raffreddamento molto più lento di passaggio attraverso Bs e nella regione di ferrite-cementite. La bainite ha una struttura
aghiforme costituita da regioni sottili di carburo.
Se il raffreddamento avviene ad una velocità sufficientemente elevata (indicata dalla linea tratteggiata in Figura
B.1), l’austenite si trasforma in martensite. La martensite è una fase costituita da una miscela di ferro e carbonio la cui
composizione è la stessa dell’austenite da cui deriva. La struttura cubica a facce centrate dell’austenite si trasforma nella
struttura a corpo centrato tetragonale della martensite quasi istantaneamente, senza il processo di diffusione dipendente
dal tempo che serviva per separare la ferrite e la cementite nelle trasformazioni precedenti.
Durante il raffreddamento, la trasformazione martensitica inizia ad una certa temperatura Ms, e finisce ad una
temperatura Mf inferiore, come mostrato nel diagramma TTT. Nei punti compresi tra questi due livelli, l’acciaio è una
miscela di austenite e martensite. Se il raffreddamento viene interrotto ad una temperatura tra Ms e Mf, l’austenite si tra-
sforma in bainite man mano che la traiettoria tempo-temperatura attraversa la soglia Bs. Il livello della linea Ms dipende
dagli elementi nella lega, compreso il carbonio. In alcuni casi, la linea Ms è inferiore alla temperatura ambiente, rendendo
impossibile la formazione di martensite per questi acciai usando i trattamenti termici tradizionali.
L’estrema durezza della martensite è causata della deformazione che si è creata dagli atomi di carbonio intrappolati
nella struttura a corpo centrato tetragonale, che impedisce lo scorrimento. La Figura B.2 mostra l’effetto significativo che
ha la trasformazione martensitica sulla durezza dell’acciaio all’aumentare del contenuto di carbonio.
Il processo di tempra
Il trattamento termico per formare la martensite consiste di due fasi: l’austenitizzazione e la tempra. Questi passaggi
sono spesso seguiti da un rinvenimento che dà origine alla martensite rivenuta. L’austenitizzazione consiste nel riscal-
damento dell’acciaio ad una temperatura sufficientemente elevata affinché venga convertito interamente o parzialmente
70
60
50
Durezza Rockwell C
Martensite
40
30
Perlite (ricotta)
20
10
in austenite. Questa temperatura è determinata dal diagramma di fase per la particolare composizione della lega. La tra-
sformazione in austenite comporta un cambiamento di fase, che richiede tempo e calore. Di conseguenza, l’acciaio deve
essere mantenuto a temperatura elevata per un periodo di tempo sufficiente a consentire la formazione della nuova fase
e a raggiungere l’omogeneità di composizione richiesta.
La fase di tempra prevede il raffreddamento dell’austenite in modo sufficientemente rapido da evitare il passaggio
attraverso il «naso» della curva TTT, come indicato nella traiettoria di raffreddamento mostrata in Figura B.1. La velocità
di raffreddamento dipende dal mezzo con cui si esegue la tempra e dalla velocità di trasferimento di calore. Si usano vari
mezzi per eseguire la tempra nei processi industriali: (1) acqua additivata di sale e agitata, (2) acqua dolce, ferma, non
agitata, (3) olio e (4) aria. La tempra in acqua salata è il metodo che produce il raffreddamento più veloce della superficie
del pezzo, mentre la tempra in aria è il più lento. Il problema è che, più è efficace il metodo di tempra per il raffreddamen-
to, più è probabile che si verifichino tensioni interne, distorsioni e cricche nel prodotto finale.
La velocità di trasferimento di calore del pezzo dipende molto dalla sua massa e dalla sua forma. Una forma prisma-
tica ad esempio si raffredderà molto più lentamente di una lastra sottile. Anche il coefficiente di conducibilità termica k
dell’acciaio specifico utilizzato determina la trasmissione di calore. Si registrano delle notevoli differenze tra le conduci-
bilità termiche tra i diversi acciai; ad esempio, l’acciaio al carbonio ha un valore tipico di k pari a 0.046 J/s-mm-C, mentre
un acciaio altolegato può avere anche solo un terzo di questo valore.
La martensite è dura ma fragile. Il rinvenimento è un trattamento termico che si applica agli acciai temprati per ridurne
la fragilità, aumentare duttilità e la tenacità e ridurre le tensioni nella struttura martensitica. Prevede il riscaldamento e il
mantenimento a una temperatura inferiore alla temperatura di austenitizzazione per circa un’ora, seguiti da un raffredda-
mento lento. Questo causa la precipitazione di finissime particelle di carburo provenienti dalla struttura martensitica, che
trasforma a poco a poco la struttura cristallina da corpo tetragonale a cubico. Questa nuova struttura si chiama martensite
rinvenuta. Il miglioramento della duttilità e della tenacità è accompagnato da una lieve riduzione della resistenza e della
durezza. Poichè il cambiamento da martensite a martensite rinvenuta avviene grazie alla diffusione del carbonio, la tempe-
ratura e il tempo del trattamento di rinvenimento determinano il grado di addolcimento dell’acciaio temprato.
Nel loro insieme, le tre fasi del trattamento termico dell’acciaio che danno origine alla martensite rinvenuta possono
essere rappresentate come mostrato in Figura B.3. Ci sono due cicli di riscaldamento e di raffreddamento, il primo per
produrre la martensite e il secondo per rinvenire la martensite.
Temprabilità
La temprabilità si riferisce alla capacità di un acciaio di venire indurito mediante la trasformazione in martensite. È una
proprietà che si può valutare come la profondità a cui l’acciaio viene indurito al di sotto della superficie temprata, o come
severità del mezzo di tempra necessario ad ottenere una certa profondità di tempra. Gli acciai con buona temprabilità
possono essere induriti più profondamente e non richiedono delle elevate velocità di raffreddamento. La temprabilità non
si riferisce alla durezza massima che può essere raggiunta nell’acciaio, che al contrario dipende dal contenuto di carbonio.
La temprabilità di un acciaio è aumentata attraverso l’aggiunta di elementi di lega. Gli elementi della lega che hanno
più effetto sono cromo, manganese, molibdeno e, in misura minore, nichel. Il meccanismo attraverso cui operano questi
elementi è quello di aumentare il tempo prima dell’inizio della trasformazione da austenite a perlite nel diagramma TTT.
La curva TTT si sposta verso destra, permettendo così di avere delle velocità di tempra più basse. Quindi, la traiettoria di
raffreddamento segue un percorso meno ripido verso la linea Ms, evitando più facilmente il naso della curva.
Austenitizzazione
800 1500
Tempra
Temperatura °C
Temperatura °F
600
Rinvenimento 1000
400
500
200 Figura B.3 Trattamento termico tipico dell’acciaio:
austenitizzazione, tempra e rinvenimento. (Fonte:
Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il
Tempo permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
24 Tecnologia meccanica
Campione di prova 60
Lunghezza
Durezza Rockwell C
di 102 mm
Diametro 50
di
25.4 mm
40
Acqua
24°C (75°F)
30
Distanza dall’estremità
temprata
(a) (b)
Figura B.4 La prova di Jominy: (a) l’esecuzione della prova, che mostra la tempra di un’estremità del campione e (b) la let-
tura tipica della durezza in funzione della distanza dall’estremità temprata. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Il metodo più comune per misurare la temprabilità è la prova Jominy. Questa prova prevede di riscaldare un campio-
ne standard di diametro di 25.4 mm e lunghezza 102 mm sino alla completa austenitizzazione e poi temprare un’estremità
con un getto di acqua fredda, mentre il campione è in posizione verticale, come mostrato in Figura B.4 (a). La velocità di
raffreddamento del campione diminuisce all’aumentare della distanza dall’estremità temprata. La temprabilità è indicata
come la durezza del campione in funzione della distanza dall’estremità temprata, come mostrato in Figura B.4 (b).
Temperatura
ambiente Temperatura ambiente
Tempo
Figura B.5 Indurimento per precipitazione: (a) diagramma di fase di una lega costituita dai metalli A e B, che possono es-
sere induriti per precipitazione, (b) trattamento termico: (1) trattamento di soluzione, (2) tempra e (3) trattamento di precipi-
tazione. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso
di John Wiley & Sons, Inc.)
Materiali per Applicazioni Industriali 25
Durezza
una temperatura che dissolve una delle due fasi. La composizione C soddisfa questo requisito. Il trattamento termico
consiste di tre fasi, illustrate in Figura B.5 (b): (1) trattamento di soluzione, in cui la lega viene riscaldata ad una tempe-
ratura Ts sopra la linea di solvus nella regione di fase alfa che viene mantenuta per un periodo di tempo sufficiente a scio-
gliere la fase beta, (2) tempra alla temperatura ambiente per creare una soluzione solida sovra-satura e (3) trattamento
di precipitazione, in cui la lega viene riscaldata ad una temperatura Tp, inferiore a Ts, per causare la precipitazione di
particelle fini della fase beta. Questo terzo passaggio è chiamato invecchiamento e per questo motivo l’intero trattamen-
to termico viene anche chiamato indurimento per invecchiamento. Tuttavia, visto che l’invecchiamento può verificarsi
a temperatura ambiente per alcune leghe, il termine indurimento per precipitazione è più preciso per rappresentare le
tre fasi del processo descritto. Se la fase di invecchiamento viene eseguita a temperatura ambiente, si chiama invecchia-
mento naturale, invece se viene eseguita ad una temperatura più elevata, come quella riportata nella nostra figura, si usa
il termine invecchiamento artificiale.
È durante la fase di invecchiamento che la lega assume la sua elevata resistenza e durezza. La combinazione di
temperatura e tempo durante il trattamento di precipitazione (invecchiamento) è fondamentale nel conferire alla lega le
proprietà desiderate. A temperature di precipitazione più elevate, come in Figura B.6 (a), la durezza raggiunge il suo picco
in un tempo relativamente breve; a temperature più basse, come in Figura B.6 (b), è necessario più tempo per indurire la
lega, ma la sua durezza massima sarà probabilmente maggiore che nel primo caso. Come si vede nel grafico, se si con-
tinua con il processo di invecchiamento si provoca una nuova riduzione delle proprietà di durezza e resistenza, a causa
dell’effetto chiamato sovra-invecchiamento. Il suo effetto finale è simile alla ricottura.
Indurimento superficiale
L’indurimento superficiale si riferisce a tutti i vari trattamenti termochimici applicati agli acciai che alterano la composizio-
ne della superficie del pezzo aggiungendo carbonio, azoto o altri elementi. I trattamenti più comuni sono la cementazione, la
nitrurazione e la carbonitrurazione. Questi processi sono comunemente applicati a componenti in acciaio a basso contenuto
di carbonio per ottenere uno strato superficiale (pelle) duro e resistente pur mantenendo un nucleo interno tenace.
La cementazione è il trattamento di indurimento superficiale più comune. Consiste nel riscaldamento di un pezzo
di acciaio a basso contenuto di carbonio in un ambiente ricco di carbonio in modo che il carbonio penetri nella superficie
del pezzo tramite diffusione. La superficie viene così convertita in acciaio ad alto contenuto di carbonio, con potenzialità
di temprabilità superiori rispetto al nucleo. L’ambiente ricco di carbonio può essere creato in diversi modi. Uno di questi
è l’impiego di materiali carboniosi come il carbone o il coke chiusi in un contenitore assieme al pezzo. Questo processo,
chiamato cementazione in cassetta, produce uno strato indurito relativamente spesso sulla superficie del pezzo, che va
da circa 0.6 a 4 mm. Un altro metodo, chiamato cementazione a gas, utilizza degli idrocarburi come il propano (C3H8)
all’interno di un forno sigillato per diffondere il carbonio nel pezzo. Lo spessore che si ottiene da questo trattamento è
più sottile, tra 0.13 e 0.75 mm. Un altro processo è la cementazione liquida, che usa un bagno di sale fuso contenente
cianuro di sodio (NaCN), cloruro di bario (BaCl 2) e altri composti per diffondere il carbonio nell’acciaio. Questo proces-
so produce uno strato superficiale di spessore compreso tra i due precedenti. Le temperature tipiche della cementazione
sono tra gli 875°C e i 925°C, all’interno del range di esistenza dell’austenite.
La cementazione seguita da tempra produce un indurimento superficiale di circa 60 HRC. Tuttavia, poiché le regioni
interne del pezzo sono costituite da acciaio a basso contenuto di carbonio e quindi a bassa temprabilità, esse sono poco
influenzate dalla tempra e rimangono relativamente tenaci e duttili per resistere agli urti e alla sollecitazione a fatica.
La nitrurazione è un trattamento per diffondere l’azoto nelle superfici di alcune leghe di acciaio per produrre un
sottile strato superficiale indurito senza effettuare il processo di tempra. Affinché risulti più efficace, l’acciaio deve
contenere alcuni elementi leganti come l’alluminio (0.855-1.5%) o il cromo (dal 5% in su). Questi elementi formano com-
26 Tecnologia meccanica
posti di nitruro che precipitano in particelle molto fini sulla superficie e induriscono l’acciaio. I metodi di nitrurazione
includono: la nitrurazione a gas, in cui i pezzi di acciaio sono riscaldati in un’atmosfera di ammoniaca (NH3) o un’altra
miscela ricca di azoto, e la nitrurazione liquida, in cui i pezzi sono immersi in bagni di sali di cianuro fusi. Entrambi i
processi si svolgono a circa 500°C. Gli spessori vanno da 0.025 mm a 0.5 mm, con durezze fino a 70 HRC.
Come suggerisce il nome, la carbonitrurazione è un trattamento in cui la superficie di acciaio assorbe sia carbonio
che azoto, solitamente mediante riscaldamento in un forno contenente carbonio e ammoniaca. Gli spessori vanno gene-
ralmente da 0.07 a 0.5 mm, con durezze comparabili con quelli degli altri due trattamenti.
2.1.1 Acciai
L’acciaio, assieme alla ghisa, appartiene alla categoria delle leghe ferrose (a base di fer-
ro, Fe). Gli acciai e le ghise costituiscono circa l’85% in peso del metallo e delle leghe
utilizzate negli Stati Uniti [10]. È utile iniziare la trattazione dei metalli ferrosi esami-
nando il diagramma di stato ferro-carbonio mostrato in Figura 2.1. Il ferro puro fonde
a 1539°C. Con l’aumentare della temperatura, esso subisce diverse trasformazioni allo
stato solido, come indicato nel diagramma. Iniziando dalla temperatura ambiente si tro-
va la fase alpha (α), chiamata ferrite. A 912°C, la ferrite si trasforma nella fase gamma
(γ), chiamata austenite. Questa a sua volta a 1394°C si trasforma nella fase delta (δ) che
si mantiene sino a quando si raggiunge la fusione.
I limiti di solubilità del carbonio nel ferro sono molto bassi: nel reticolo del fer-
ro possono alloggiare piccole quantità di carbonio in fase ferritica (solo lo 0.022% a
723°C). Nella fase austenitica la percentuale aumenta fino a circa il 2.1% a 1130°C
(2066°F). Questa differenza nella solubilità del carbonio nel ferro tra fase alpha e fase
gamma permette di aumentare la resistenza degli acciai attraverso un trattamento ter-
mico (i dettagli sono riportati nel box 2.1). Anche senza trattamenti termici, la resisten-
za del ferro aumenta significativamente all’aumentare della concentrazione del carbo-
nio, che lo porta a trasformarsi in acciaio. Più precisamente, l’acciaio è definito come
una lega ferro-carbonio contenente dallo 0.02% al 2.11% di carbonio1. La maggior parte
degli acciai hanno percentuali di carbonio tra lo 0.05% e l’1.1%. Alle fasi citate si ag-
giunge la cementite o Fe3C: un composto metallico di ferro e carbonio duro e fragile.
1
Questa è la definizione standard dell’acciao, ma esistono delle varianti. Un acciaio sviluppato di recente per
la laminazione, detto acciaio privo di interstiziali (IF, interstitial free), ha un contenuto di carbonio solo dello
0.005%.
Materiali per Applicazioni Industriali 27
1800
3200
Liquido (L)
δ
2800
1400
2400
γ γ+L L + Fe3C
Temperatura, °C
Temperatura, °F
2000
1130°C (2066°F)
1000 α+γ
α 1600
γ + Fe3C Solido A1
723°C (1333°F) 1200 Figura 2.1 Diagramma
600
di fase del sistema fer-
800 ro-carbonio sino ad un
α + Fe3C contenuto di carbonio
Solido
pari al 6% (Fonte: Fun-
200 400 damentals of M odern
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
0 1 2 3 4 5 6 2010. Ristampato con il
Fe C permesso di John Wiley
% Carbone (C) & Sons, Inc.)
Acciai non legati Queste leghe contengono carbonio come elemento principale e
solo piccolissime quantità di altri elementi (circa lo 0.4% di manganese, più altre quanti-
tà minori di silicio, fosforo e zolfo). La resistenza di questi acciai aumenta all’aumentare
della percentuale di carbonio. Questa relazione è illustrata in Figura 2.2. Come già ri-
portato in Figura 2.1, a temperatura ambiente l’acciaio è un misto di ferrite (α) e cemen-
tite (Fe3C). La cementite in mezzo alla ferrite oppone resistenza alla deformazione: più
carbonio significa maggiore resistenza ovvero un acciaio più resistente.
Come riportato nello schema di denominazione sviluppato dall’American Iron and
Steel Institute (AISI) e la Society of Automotive Engineers (SAE), gli acciai non legati
sono identificati da un sistema di numerazione a quattro cifre: 10XX, dove 10 indica che
l’acciaio è di tipo non legato e XX indica la percentuale di carbonio in 1/100 di punti
percentuali. Ad esempio, il codice 1020 è un acciaio che contiene lo 0.20% di carbonio.
Gli acciai non legati si possono classificare in base alla percentuale di carbonio che
contengono:
1. Gli acciai a basso contenuto di carbonio contengono meno dello 0.20% e sono di
gran lunga i più usati, ad esempio per la carrozzeria della automobili, le lamiere per
le costruzioni e le rotaie. Questi acciai sono relativamente facili da lavorare, e quin-
di molto usati quando non è richiesta una grande resistenza meccanica. Gli acciai
da fonderia di solito rientrano in questa categoria.
28 Tecnologia meccanica
240 120
800
Durezza, HB
alla trazione e durezza
Durezza
in funzione del conte-
160 400 60
nuto di carbonio negli
acciai non legati (lami-
nati a caldo, non trattati 120 40
termicamente). (Fonte:
200
Fundamentals of Modern
80 20
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover, ~
~
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0
& Sons, Inc.) % Carbone (C)
Acciai bassolegati Gli acciai bassolegati sono leghe ferro-carbonio che conten-
gono altri elementi di lega in quantità minori del 5% del peso totale. La presenza di
altri elementi di lega comporta un miglioramento delle proprietà meccaniche rispetto
agli acciai non legati. Le proprietà fanno riferimento soprattutto a maggior resistenza,
durezza, durezza a caldo, resistenza all’usura, tenacità e a combinazioni di queste. Ge-
neralmente è necessario un trattamento termico per ottenere questi miglioramenti. Gli
elementi che si aggiungono all’acciaio (talvolta individualmente o spesso combinati)
sono il cromo, il manganese, il molibdeno, il nichel e il vanadio. Questi elementi for-
mano una soluzione solida con il ferro e composti metallici con il carbonio (carburi),
se il contenuto di carbonio è sufficiente per dare il via alla reazione. Gli effetti dei vari
elementi di lega sulle proprietà dell’acciaio si possono riassumere nel modo seguente.
Il cromo (Cr) migliora la resistenza, la durezza, la durezza a caldo e la resistenza
all’usura. È uno degli ingredienti più efficaci per incrementare la durezza della lega. Se
presente in percentuali molto alte, il cromo migliora la resistenza alla corrosione.
Il manganese (Mn) migliora la resistenza e la durezza dell’acciaio. Se l’acciaio è
stato sottoposto ad un trattamento termico di tempra, la sua durezza aumenta all’au-
mentare della concentrazione di manganese. Per queste proprietà il manganese è molto
usato nelle leghe d’acciaio.
Il molibdeno (Mo) migliora la tenacità e la durezza a caldo. Migliora anche la pro-
pensione alla temprabilità e dà origine a carburi che migliorano la resistenza all’usura.
Il nichel (Ni) migliora la resistenza e la tenacia. Migliora anche la durezza, ma tale
miglioramento è inferiore a quello ottenibile con altri elementi. In quantità significative
Materiali per Applicazioni Industriali 29
migliora la resistenza alla corrosione ed è uno degli altri maggiori ingredienti (dopo il
cromo) in alcuni tipi di acciaio inossidabile.
Il vanadio (V) limita la crescita dei grani durante le lavorazioni ad alte temperature
e i trattamenti termici e aumenta la resistenza e la tenacia dell’acciao. Anch’esso forma
i carburi che aumentano la resistenza all’usura.
La denominazione AISI-SAE di alcuni degli acciai bassolegati è riportata in Tabel-
la 2.1, dove sono indicate le loro composizioni chimiche. Come prima, il contenuto di
carbonio è specificato dal termine XX espresso in 1/100% di carbonio. Per completezza
sono inclusi anche gli acciai non legati (10XX). Le proprietà dei vari acciai e degli altri
metalli sono definite in dettaglio nel Capitolo 3.
Gli acciai bassolegati non si saldano facilmente, specialmente se contengono quan-
tità di carbonio medio-alte. Già dagli anni Sessanta, si è tentato di sviluppare acciai
bassolegati a basso contenuto di carbonio che avessero un rapporto resistenza-peso più
alto degli acciai non legati e fossero saldabili più facilmente. I prodotti sviluppati di
conseguenza sono chiamati acciai debolmente legati ad alta resistenza (high-strength
low-allow, HSLA). Generalmente hanno basso contenuto di carbonio (tra lo 0.10% e lo
0.30%) e una quantità relativamente bassa di altri elementi di lega (attorno al 3% del
totale). Un esempio di composizione chimica è 0.12 C, 0.60 Mn, 1.1 Ni, 1.1 Cr, 0.35 Mo
e 0.4 Si. Gli acciai HSLA sono laminati a caldo in condizioni controllate per ottenere
una resistenza meccanica maggiore rispetto agli acciai non legati senza sacrificarne la-
vorabilità e la saldabilità. La maggiore resistenza meccanica è dovuta agli altri elementi
in lega; non si possono applicare trattamenti termici agli acciai HSLA a causa del loro
basso contenuto di carbonio.
Acciai inossidabili Gli acciai inossidabili sono un gruppo di acciai altolegati pro-
gettati per avere un’alta resistenza alla corrosione. Il cromo è l’elemento principale degli
acciai inossidabili, solitamente in quantità superiore al 15%. A contatto con l’ossigeno
contenuto nell’aria, il cromo in queste quantità forma una pellicola di ossido sottile e
impermeabile, che protegge la superficie dalla corrosione. Il nichel è un altro elemento
usato in alcune tipologie di acciai inossidabili per aumentarne la resistenza alla corro-
sione. Il carbonio è utilizzato invece per rafforzare e indurire il metallo. È da sottolinea-
re, allo stesso tempo, che un aumento eccessivo della quantità di carbonio ha l’effetto di
ridurre la protezione alla corrosione perchè causa la formazione del carburo di cromo
riducendo la quantità di cromo libero presente nella lega.
Oltre alla resistenza dalla corrosione, gli acciai inossidabili sono noti per la loro
combinazione di resistenza meccanica e duttilità. Anche se queste proprietà sono utili
in molte applicazioni, di solito rendono le leghe inossidabili difficilmente lavorabili.
Inoltre gli acciai inossidabili sono molto più costosi degli acciai non legati o bassolegati.
Gli acciai inossidabili si dividono in tre gruppi, il cui nome dipende dalla fase pre-
valente presente nella lega a temperatura ambiente:
1. Gli acciai inossidabili austenitici hanno una composizione tipica di circa il 18% di
cromo e l’8% di nichel e sono i più resistenti alla corrosione. Data la loro composi-
zione, vengono identificati comunemente come acciai 18-8. Sono amagnetici e mol-
to duttili, ma presentano anche un significativo incrudimento. Il nichel ha l’effetto
di allargare la regione austenitica nel diagramma di fase ferro-carbonio, rendendola
stabile a temperatura ambiente. Gli acciai inossidabili austenitici si usano per fab-
bricare prodotti e macchinari nel settore chimico e per l’industria alimentare e per
tutti i prodotti che richiedono un’alta resistenza alla corrosione.
2. Gli acciai inossidabili ferritici hanno dal 15% al 20% di cromo, poco carbonio e
niente nichel. Questo garantisce una fase ferritica stabile a temperatura ambiente.
Gli acciai inossidabili ferritici sono magnetici, meno duttili e meno resistenti alla
corrosione rispetto agli austenitici. Si usano per realizzare prodotti che vanno dagli
utensili in cucina a parti dei motori degli aerei.
3. Gli acciai inossidabili martensitici hanno un contenuto di carbonio maggiore dei
ferritici e quindi possono essere soggetti a trattemnti termici che ne aumentano la
resistenza meccanica e durezza (come descritto nel Box). Contengono circa il 18%
di cromo ma non hanno nichel. Hanno buona resistenza statica e alla fatica nonchè
durezza ma solitamente non hanno pari resistenza alla corrosione come gli altri due
gruppi. Prodotti tipici sono posate e strumenti chirurgici.
La maggior parte degli acciai inossidabili sono designati secondo una denominazione
AISI a tre cifre. La prima indica il tipo generale e le altre due rappresentano il grado
specifico all’interno del tipo. La Tabella 2.2. riporta la composizione tipica di alcuni
acciai inossidabili standard.
Acciai per utensili Gli acciai per utensili sono una categoria di acciai di solito alto-
legati e usati per utensili da taglio industriali, matrici e stampi. Per essere utilizzati per
questi scopi, essi devono possedere propietà molto alte di resistenza, durezza, durezza
a caldo, resistenza all’usura e tenacia sotto sforzo. Per ottenerle, gli acciai per utensili
sono sottoposti a trattamenti termici. Le ragioni principali dell’alto contenuto di ele-
menti in lega sono la maggior durezza, la ridotta propensione alla distorsione durante
il trattamento termico, la maggior durezza a caldo, la formazione di carburi metallici
resistenti all’abrasione e la maggior tenacia.
Gli acciai per utensili sono classificati secondo la loro composizione e le applica-
Materiali per Applicazioni Industriali 31
Analisi chimica %
Tipo Fe Cr Ni C Mn Altroa
Austenitico
301 73 17 7 0.15 2
302 71 18 8 0.15 2
304 69 19 9 0.08 2
309 61 23 13 0.20 2
316 65 17 12 0.08 2 2.5 Mo
Ferritico
405 85 13 – 0.08 1
430 81 17 – 0.12 1
Martensitico
416 85 13 – 0.15 1
440 81 17 – 0.65 1
a
Tutti gli acciai riportati in Tabella contengono circa l’1% (o meno) di silicio, più piccole quantità (molto inferiori
all’1%) di fosforo, zolfo e altri elementi come l’alluminio.
zioni per cui vengono usati. Per identificarli l’AISI usa un sistema basato su una lettera
che identifica l’applicazione secondo il seguente schema:
T, M Gli acciai super-rapidi sono usati per gli utensili da taglio nei processi di aspor-
tazione di truciolo. La loro composizione è formulata perché abbiano elevata
resistenza all’usura e alta durezza a caldo. Questi acciai si svilupparono attorno
al 1900 e permisero di raggiungere velocità di taglio molto maggiori rispetto a
quelle degli utensili tradizionali: da qui deriva il loro nome. Le lettere con cui
sono indicati rappresentano gli elementi principali della lega: T per tungsteno e
M per molibdeno.
H Gli acciai per lavorazioni a caldo (hot, da cui la letera H) sono usati per matrici
e punzoni nelle lavorazione di deformazione a caldo (forgiatura, estrusione, inie-
zione).
D Gli acciai per lavorazioni a freddo sono usati nelle operazioni di lavorazione
di deformazione a freddo come lo stampaggio di lamiere, l’estrusione a freddo e
alcune operazioni di forgiatura. La lettera D deriva dalla parola die, cioè stampo.
Altre denominazioni simili sono la A e la O, che stanno per tempra ad aria (A) o
olio (O). Tutti questi acciai hanno una buona resistenza all’usura.
W Gli acciai da tempra in acqua hanno un elevato contenuto di carbonio senza
o quasi altri elementi nella lega. Possono essere temprati solo raffreddandoli in
acqua (in inglese water, da cui la lettera W). Sono molto comuni perchè poco
costosi, ma sono limitati ad applicazioni a bassa temperatura, quali la formatura
delle teste dei chiodi e bulloni.
S Gli acciai resistenti agli urti (dal termine inglese shock) si usano in applicazio-
ni in cui serve una grande tenacità, tra questi molti processi di lavorazione della
lamiera quale tranciatura, punzonatura e piegatura.
P Gli acciai per stampi sono utilizzati per realizzare stampi per l’iniezione della
plastica e gomma.
L Gli acciai debolmente legati (low-alloy) sono di solito riservati per applicazioni
speciali.
32 Tecnologia meccanica
Gli acciai per utensili non sono gli unici materiali usati per fabbricare utensili. In questo
testo si tratterà dei diversi processi di lavorazione degli stampi e dei materiali corrispon-
denti che oltre agli acciai per utensili comprendono gli acciai non legati, i basso-legati,
le ghise e le ceramiche.
2.1.2 Ghise
Le ghise sono una lega di ferro contenente dal 2.1% al 4% di carbonio e dall’1% al 3%
di silicio. La loro composizione le rende un’ottima lega da fusione. Infatti la quantità di
ghisa prodotta mediante fusione è molto superiore a quella di tutte le altre leghe fuse
messe insieme (con l’eccezione dell’acciaio che viene fuso per ottenere i lingotti da cui
su ricaveranno barre, piatti e semi-lavorati simili da deformazione plastica).
Ci sono diversi tipi di ghise, il più importante è la ghisa grigia. Altri tipi sono la
ghisa duttile, la ghisa bianca e la ghisa malleabile. Le ghise duttili e malleabili hanno
proprietà chimiche simili rispettivamente alle ghise grigie e bianche, ma sono il risul-
tato di speciali trattamenti descritti di seguito. La Tabella 2.3 presenta le composizioni
chimiche dei tipi principali di ghise.
Ghisa grigia La ghisa grigia è la ghisa più diffusa. Contiene carbonio in percentu-
ali dal 2.5% al 4% e silicio dall’1% al 3%. Questa composizione è responsabile della
formazione di lamelle di grafite all’interno del pezzo che solidifica. Tali lamelle fanno
assumere alla superficie del metallo fratturato un colore grigio da cui deriva appunto
la denominazione ghisa grigia. La presenza delle lamelle di grafite disperse nella ghisa
grigia è responsabile di due buone proprietà: (1) buon smorzamento delle vibrazioni,
che è utile nei motori e in altri macchinari e (2) auto-lubrificazione interna, che rende
particolarmente lavorabile la ghisa grigia dalle macchine utensili.
L’ASTM (American Society for Testing of Materials) usa un metodo di classifica-
zione delle ghise grigie basato sul valore della resistenza minima a trazione (TS) per le
varie classi: Classe 20 con TS pari a 138MPa, Classe 30 con TS 207MPa e così via. La
resistenza alla compressione della ghisa grigia è molto maggiore che la sua resistenza
TABELLA 2.3 Composizione chimica delle ghise.
Fonte [16]. Le ghise possono essere identificate in diversi modi. Si è cercato di indicare il grado della ghisa usan-
do l’identificazione più comune per ogni tipo.
a
Le ghise contengono anche fosforo e zolfo in quantità minori dello 0.3%.
Materiali per Applicazioni Industriali 33
alla trazione. Le proprietà del pezzo possono essere controllate in qualche misura attra-
verso un trattamento termico. La ghisa grigia è un materiale fragile caratterizzato da
duttilità molto bassa. La ghisa grigia ad esempio si usa per realizzare blocchi e testate di
motori di automobili, alloggiamenti di motori e basamenti per macchine utensili.
Ghisa duttile Questa ghisa ha la stessa composizione della ghisa grigia, ma il metal-
lo fuso è trattato chimicamente prima della colata per causare la formazione di sferoidi
di grafite anziché lamelle. Questo produce una ghisa più resistente e più duttile da cui
il suo nome. Le sue applicazioni includono componenti meccanici che richiedono una
buona resistenza meccanica e resistenza all’usura.
Ghisa malleabile Quando le ghise bianche sono trattate termicamente per separare
il carbonio dalla soluzione e formare aggregati di grafite il metallo risultante si chiama
ghisa malleabile. La nuova microstruttura mostra una duttilità maggiore in confronto al
metallo da cui deriva. Esempi di prodotti fatti di ghisa malleabile sono raccordi e flange
per tubi, alcuni componenti di macchinari e parti di materiale ferroviario.
L’allumio e le sue leghe Alluminio e magnesio sono metalli leggeri e per questa
caratteristica vengono spesso usati in applicazioni industriali. Anche se non sempre
facilmente estraibili, entrambi gli elementi sono abbondanti in natura, l’alluminio sul-
la terra (il minerale principale da cui si estrae è la bauxite) e il magnesio nel mare.
L’allumio ha un’alta conduttività elettrica e termica e la sua resistenza alla corrosione
è eccellente a causa della formazione di un sottile e duro strato di ossido superficiale.
34 Tecnologia meccanica
TABELLA 2.4(a) Denominazioni delle leghe di alluminio per lavorazioni da deformazione plastica
e per fonderia.
Fonte [17].
L’alluminio è un metallo molto duttile ed è noto per la sua deformabilità. L’allumio puro
non ha molta resistenza meccanica, ma può essere impiegato sotto forma di lega o sot-
toposto a trattamenti termici nel caso in cui debba competere per resistenza meccanica
con gli acciai, specialmente quando la riduzione di peso è un fattore rilevante.
Il sistema di identificazione delle leghe di alluminio è un codice numerico a quat-
tro cifre. Il sistema ha due parti, una per l’allumio da deformazione plastica e una per
l’alluminio da fonderia. La differenza è che un punto decimale segue la terza cifra per
l’alluminio da fonderia. La Tabella 2.4(a) riporta queste denominazioni.
Visto che le proprietà delle leghe di alluminio sono così influenzate dall’incrudimen-
to e dai trattamenti termici, il trattamento di rinvenimento (un trattamento che aumenta
la resistenza meccanica, se presente) deve essere indicato a parte rispetto al codice della
composizione. Le principali designazioni per il trattamento di rinvenimento sono ripor-
tati nella Tabella 2.4(b). Questi codici sono aggiunti ai numeri a quattro cifre, separati
da un trattino, per indicare la presenza o assenza del trattamento. Ad esempio, 2024-T3.
Trattamento Descrizione
F Grezzo di colata - nessun trattamento
H Incrudito (alluminio per lavorazioni plastiche). La lettera H è seguita da due
cifre, la prima indica il trattamento temico, se presente, e la seconda il grado di
incrudimento. Ad esempio H1X significa che non ci sono stati trattamenti termici
dopo l’incrudimento e X è un numero compreso tra 1 e 9 a seconda del grado di
incrudimento.
O Ricotto per distendere a seguito dell’incrudimento, migliorare la duttilità e ridurre
la resistenza meccanica.
T Trattamento termico per produrre un rinvenimento stabile a partire dai trattamenti
F, H e O. La lettera è seguita da un numero che indica lo specifico trattamento.
Ad esempio T1 = raffreddato da un’elevata temperatura e invecchiato natural-
mente; T2 = raffreddato da un’elevata temperatura, lavorato a freddo e invec-
chiato naturalmente; T3 = solubilizzato a caldo, lavorato a freddo e invecchiato
naturalmente ecc.
W Solubilizzato a caldo, applicato alle leghe che induriscono per invecchiamento
durante l’esercizio, ma è un rinvenimento non stabile.
Fonte [17].
Materiali per Applicazioni Industriali 35
Composizione tipica % a
Codice Al Cu Fe Mg Mn Si
1050 99.5 0.4 0.3
1100 99.9 0.6 0.3
2024 93.5 4.4 0.5 1.5 0.6 0.5
3004 96.5 0.3 0.7 1.0 1.2 0.3
4043 93.5 0.3 0.8 5.2
5050 96.6 0.2 0.7 1.4 0.1 0.4
Fonte [17].
a
Oltre agli elementi indicati, la lega può contenere tracce di altri elementi come il rame, il magnesio, il mangane-
se, il vanadio e lo zinco.
Il magnesio e le sue leghe Il magnesio (Mg) è il più leggero dei metalli struttura-
li, con un peso specifico di 1.74 kg/dm3. Il magnesio e le sue leghe sono disponibili sia
in semilavorati da deformazione plastica sia da fonderia. Sono abbastanza facili da lavo-
rare per asportazione di truciolo. Tuttavia in tutti i processi in cui si producono piccole
scaglie di metallo (come nel caso del truciolo prodotto dall’asportazione) bisogna fare
attenzione ai rischi d’incendio, poiché tali particelle si ossidano rapidamente.
Come metallo puro il magnesio è relativamente poco resistente per la maggior parte
delle applicazioni meccaniche. Tuttavia può essere utilizzato in forma di lega o trattato
termicamente fino a raggiungere una resistenza comparabile a quella delle leghe di
alluminio. In particolare il suo rapporto resistenza/peso è un vantaggio soprattutto nei
componenti di aerei e missili.
Lo schema di denominazione delle leghe di magnesio segue un codice alfanume-
rico da tre a cinque caratteri. I primi due caratteri sono lettere che identificano l’ele-
mento principale della lega (nel codice si possono specificare fino a due elementi, in
ordine di quantità decrescente o alfabetico in caso di pari quantità). Ad esempio, A
per alluminio (Al), K per zirconio (Zr), M per Manganese (Mn), Z per zinco (Zn). Le
lettere sono seguite da un numero a due cifre che indicano le quantità dei due elementi
approssimate alla percentuale più vicina. L’ultimo carattere è una lettera che indica
qualche variazione nella composizione o semplicemente l’ordine cronologico in cui è
stato standardizzato per la commercializzazione. Le leghe di magnesio richiedono di
specificare il trattamento di distensione, secondo lo stesso schema delle leghe di allu-
minio, riportato in Tabella 2.4(b). Esempi di denominazioni di leghe di magnesio sono
riportate in Tabella 2.6.
TABELLA 2.6 Composizione di alcune leghe di magnesio.
Composizione tipica %
Codice Mg Al Mn Si Zn Altro
AZ10A 98.0 1.3 0.2 0.1 0.4
AZ80A 91.0 8.5 0.5
ZK21A 97.1 2.3 6 Zr
AM60 92.8 6.0 0.1 0.5 0.2 0.3 Cu
AZ63A 91.0 6.0 3.0
Fonte [17].
36 Tecnologia meccanica
Il nichel e le sue leghe Il nichel (Ni) è simile al ferro per diversi aspetti. È magne-
tico e ha la stessa rigidità del ferro e dell’acciaio. Però è molto più resistente alla cor-
rosione e le proprietà ad alte temperature delle sue leghe sono generalmente superiori.
Per la sua caratteristica di resistenza alla corrosione è molto usato come elemento nelle
leghe di acciaio, come ad esempio negli acciai inossidabili, e come metallo da placcatu-
ra su altri metalli come l’acciaio non legato.
Le leghe di nichel sono importanti dal punto di vista economico e note per la re-
sistenza alla corrosione e le buoni prestazioni ad alta temperatura. Le composizioni di
alcune leghe di nichel sono riportate in Tabella 2.8. Anche un certo numero di superle-
ghe sono basate sul nichel.
Composizione tipica %
Codice Cu Be Ni Sn Zn
C10100 99.99
C11000 99.95
C17000 98.0 1.7 a
Composizione tipica % a
Codice a
Ni Cr Cu Fe Mn Si Altro
270 99.9 a a
Fonte [17].
a
Tracce.
b
Altri elementi della lega di codice 230 sono 5% Co, 2% Mo, 14% W, 0.3% Al e 0.1% C.
peso specifico del titanio è 4.7 kg/dm3, circa a metà tra l’alluminio e il ferro. La sua
importanza è aumentata negli anni recenti per le sue applicazioni aerospaziali che ne
sfruttano il poco peso e il buon rapporto resistenza-peso.
La dilatazione termica del titanio è relativamente ridotta tra quelle dei metalli. È
più rigido e resistente dell’alluminio e mantiene una buona resistenza alle temperature
elevate. Il titanio puro è reattivo, quindi presenta dei problemi nella lavorazione, spe-
cialmente allo stato fuso. Tuttavia, a temperatura ambiente, si forma uno strato sottile di
ossido (TiO2) che fornisce un’eccellente resistenza alla corrosione. Queste proprietà dan-
no luogo a due principali aree di applicazione per titanio: (1) il titanio commercialmente
puro viene utilizzato per realizzare componenti resistenti alla corrosione, quali compo-
nenti marini e impianti protesici e (2) le leghe di titanio sono usate come componenti ad
alta resistenza a temperature comprese tra la temperatura ambiente e i 550°C (1000°F),
in particolare quando si può trarre vantaggio dal suo eccellente rapporto resistenza mec-
canica-peso. Applicazioni di questo tipo includono componenti aeronautici e missilisti-
ci. Gli elementi usati nelle leghe di titanio sono l’alluminio, il manganese, lo stagno e il
vanadio. Le composizioni di alcune leghe di titanio sono riportate in Tabella 2.9.
Composizione tipica %
Codicea Ti Al Cu Fe V Altro
R50250 99.0 0.2
R56400 89.6 6.0 0.3 4.0 b
Composizione tipica %
Codice a
Zn Al Cu Mg Fe Applicazione
Z33520 95.6 4.0 0.25 0.04 0.1 Pressofusione
Z35540 93.4 4.0 2.5 0.04 0.1 Pressofusione
Z35635 91.0 8.0 1.0 0.02 0.06 Lega da fonderia
Z35840 70.9 27.0 2.0 0.02 0.07 Lega da fonderia
Z45330 98.9 1.0 0.01 Lega da laminazione
rame e zinco, in rapporto di circa 2/3 di Cu e 1/3 di Zn. Infine potrebbe essere curioso
sapere che il centesimo di dollaro (penny) è fatto di zinco. Il penny è coniato in zinco
e poi placcato con rame, in modo che le proporzioni finali siano 97,5% Zn e 2,5% Cu.
Il costo per la Zecca degli Stati Uniti è di circa 1,5 centesimi per la produzione di ogni
penny.
2.1.4 Superleghe
Le superleghe costituiscono una categoria a cavallo tra i metalli ferrosi e non ferrosi.
Alcune di esse sono a base di ferro, mentre altre sono a base di nichel o cobalto. Mol-
te delle superleghe contengono quantità rilevanti di tre o più metalli, anziché essere
composte da un metallo di base più elementi di lega. Sebbene il tonnellaggio di questi
metalli non sia significativo rispetto alla maggior parte degli altri metalli di cui abbiamo
parlato, essi sono comunque sia commercialmente importanti, perché molto costosi, sia
tecnicamente importanti per le loro potenzialità.
Le superleghe sono un gruppo di leghe ad alte prestazioni progettate per soddisfare
requisiti molto severi di resistenza meccanica e resistenza al degrado superficiale (cor-
rosione e ossidazione) a temperature elevate. La resistenza meccanica a temperatura
ambiente non è un parametro importante per questi metalli e la maggior parte di essi
possiede caratteristiche di buona resistenza a temperatura ambiente. Le superleghe si
distinguono per le proprietà ad alta temperatura: resistenza alla trazione, durezza a
caldo, resistenza allo scorrimento (creep) e resistenza alla corrosione. Temperature di
esercizio sono spesso attorno ai 1100°C. Questi metalli sono ampiamente utilizzati in
sistemi di turbine a gas (motori di jet e razzi, turbine a vapore e impianti per l’energia
nucleare) in cui l’efficienza di lavorazione aumenta all’aumentare della temperatura.
Le superleghe si possono dividere in tre gruppi a seconda del loro elemento princi-
pale: ferro, nichel o cobalto.
Le leghe a base di ferro hanno il ferro come elemento principale (anche se in
alcuni casi raggiunge meno del 50% del totale). Altri elementi nella lega sono nichel,
cobalto e cromo.
Le leghe a base di nichel di solito hanno una miglior resistenza alle alte tempera-
ture che le leghe di acciaio. Il nichel è il metallo di base e gli altri elementi principali
della lega sono cromo e cobalto. Elementi minori sono alluminio, titanio, molibdeno,
niobio e ferro.
Le leghe a base di cobalto sono fatte principalmente di cobalto (dal 40% al 50%) e
di cromo (dal 20% al 30%). Altri elementi nella lega sono nichel, molibdeno e tungsteno.
In quasi tutte le superleghe, comprese quelle a base di ferro, si può ottenere un raf-
forzamento attraverso l’indurimento per precipitazione. Le superleghe a base di ferro
non usano la formazione di martensite per il rafforzamento.
Materiali per Applicazioni Industriali 39
2.2 Ceramiche
L’importanza delle ceramiche come materiali industriali deriva dalla loro abbondanza
in natura e dalle loro proprietà meccaniche e fisiche, che sono molto diverse da quelle
dei metalli. Una ceramica è un composto inorganico costituito da un metallo (o semi-
metallo) e uno o più non metalli. Esempi di importanti materiali ceramici sono la silice,
o biossido di silicio (SiO2), l’ingrediente principale nella maggior parte dei prodotti di
vetro, l’allumina, o ossido di alluminio (Al2O3), utilizzato in applicazioni che vanno da-
gli abrasivi alle ossa artificiali, e composti più complessi quali idrossilicato di alluminio
(Al2Si2O5(OH)4), noto come caolinite, l’ingrediente principale nella maggior parte dei
prodotti di argilla (per esempio mattoni e ceramiche). Gli elementi di questi composti
sono i più comuni nella crosta terrestre. Il gruppo delle ceramiche comprende molti altri
composti, alcuni dei quali esistono naturalmente, mentre altri sono fabbricati dall’uomo.
Le proprietà generali che rendono utili le ceramiche come prodotti industriali sono
l’elevata durezza, le buone caratteristiche di isolamento elettrico e termico, la stabilità
chimica e l’elevata temperatura di fusione. Alcune ceramiche sono trasparenti, come i
vetri delle finestre. Sono però anche fragili e per niente duttili, quindi possono causare
problemi sia nella lavorazione sia nelle prestazioni in esercizio dei prodotti ceramici.
La classificazione delle ceramiche si riferisce a tre tipologie fondamentali: (1) le
ceramiche tradizionali, cioè silicati utilizzati per i prodotti di argilla come terracotta e
mattoni, abrasivi comuni e cemento, (2) le ceramiche nuove, sviluppate più di recente
basate sui non-silicati come ossidi e carburi, che in genere possiedono proprietà mec-
caniche e fisiche superiori o uniche rispetto alle ceramiche tradizionali e (3) i vetri,
sostanzialmente a base di silice e distinti dalle altre ceramiche per la loro struttura non
cristallina. Oltre ai tre tipi di base, ci sono anche le vetroceramiche, cioè vetri trasfor-
mati in una struttura largamente cristallina mediante un trattamento termico. I processi
di fabbricazione di questi materiali sono trattati nei Capitoli 7 (lavorazione del vetro –
on-line) e 11 (trattamento particolato di ceramiche tradizionali e nuove).
essere modellata mentre è bagnata e morbida e poi cotta per ottenere il prodotto finale
in ceramica dura.
La silice (SiO2) è un’altra materia prima per la ceramica tradizionale. È il compo-
nente principale del vetro e un elemento importante in altri prodotti ceramici tra cui
vasellame, oggetti refrattari e abrasivi. La silice è disponibile in natura in varie forme,
la più importante delle quali è il quarzo. La principale fonte di quarzo è l’arenaria.
L’abbondanza di arenaria e la sua relativa facilità di lavorazione consentono di avere
molta silice e a basso costo. La silice è anche dura e chimicamente stabile. Queste carat-
teristiche spiegano la sua diffusione nei prodotti ceramici. È generalmente miscelato in
varie proporzioni con l’argilla e altri minerali per ottenere le caratteristiche desiderate
nel prodotto finale. Il feldspato è un altro minerale molto usato. Il feldspato si riferisce a
un gruppo di minerali a struttura cristallina costituiti da silicato di alluminio combinato
con potassio, sodio, calcio o bario. Le miscele di argilla, silice e feldspato sono usate per
fare gres, porcellane e altro vasellame.
Un’altra materia prima importante per le ceramiche tradizionali è l’allumina. La
maggior parte di allumina viene estratta dalla bauxite, che è una miscela impura di
ossido di alluminio idrato, idrossido di alluminio e altri composti simili di ferro o man-
ganese. La bauxite è anche il minerale principale da cui si estrae l’alluminio. Una forma
più pura, ma meno comune di Al2O3, è il corindone, che contiene allumina in quantità
massicce. Forme leggermente impure di cristalli di corindone sono le pietre preziose di
zaffiro e rubino. La ceramica di allumina viene utilizzata per gli abrasivi delle mole e
per i mattoni refrattari dei forni.
Il carburo di silicio, anche utilizzato come abrasivo, non si forma naturalmente,
ma è prodotto riscaldando miscele di sabbia (silicio) e di coke (carbonio) ad una tempe-
ratura di circa 2200°C, in modo che la reazione chimica formi carburo di silicio (SiC) e
monossido di carbonio.
• Terrecotte e vasellame Questa categoria è una delle più antiche, risalente a miglia-
ia di anni fa, ma è ancora una delle più importanti. Comprende vasellame che tutti
usano: maiolica, gres e porcellana. Le materie prime per questi prodotti di solito
sono argille combinate con altri minerali come silice e feldspato. La miscela umida
viene sagomata e poi cotta per produrre il pezzo finito.
• Mattoni e piastrelle Mattoni, tubi di argilla, tegole e piastrelle sono realizzati da
varie argille a basso costo contenenti silice e materie granulose ampiamente dispo-
nibili nei depositi naturali. Questi prodotti sono modellati attraverso stampaggio e
cotture a temperature relativamente basse.
• Prodotti refrattari Le ceramiche refrattarie, spesso sotto forma di mattoni, sono
fondamentali in molti processi industriali che richiedono forni e crogioli per ri-
scaldare e fondere materiali diversi. Le proprietà dei materiali refrattari sono la
resistenza alle alte temperature, l’isolamento termico, e la resistenza alle reazioni
chimiche con il materiale riscaldato (di solito metallo fuso). Come accennato in
precedenza, l’allumina viene spesso utilizzata come ceramica refrattaria. Altri ma-
teriali refrattari includono ossido di magnesio (MgO) e ossido di calcio (CaO).
• Prodotti abrasivi Le ceramiche tradizionali utilizzate per prodotti abrasivi come
mole e carta abrasiva, sono l’allumina e il carburo di silicio. Sebbene quest’ultimo
Materiali per Applicazioni Industriali 41
sia più duro, la maggior parte delle mole sono fatte di allumina perché dà risultati
migliori nella molatura dell’acciaio, il metallo più utilizzato. Le particelle abrasive
(grani di ceramica) sono distribuite in tutta la mola grazie alla presenza di un legan-
te come gommalacca, resina polimerica o gomma. Il processo di rettifica è descritto
nel Capitolo 16.
Ossidi L’ossido più importante delle ceramiche avanzate è l’allumina. Anche se già
descritta nel contesto della ceramica tradizionale, l’allumina viene oggi prodotta sin-
teticamente dalla bauxite, utilizzando un forno elettrico. Attraverso il controllo della
dimensione dei grani e delle impurità, il perfezionamento dei metodi di lavorazione e il
miscelamento con piccole quantità di altri elementi ceramici, la resistenza e la tenacità
dell’allumina sono state molto migliorate rispetto al suo omologo naturale. L’allumina
ha anche una buona durezza a caldo, una bassa conducibilità termica e una buona re-
sistenza alla corrosione. Questa combinazione di proprietà la rende utilizzata in una
varietà di applicazioni, tra cui [20]: abrasivi (come grana nelle mole da rettifica), bioce-
ramiche (ossa e denti artificiali), isolanti elettrici, componenti elettronici, elemento di
lega in vetri, mattoni refrattari, inserti di utensili da taglio, candele d’accensione e vari
componenti tecnici (si veda la Figura 2.3).
Figura 2.3 Componen-
ti in allumina (Foto per
gentile concessione di
Insaco Inc.) (Fonte: Fun-
damentals of M odern
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
42 Tecnologia meccanica
Nitruri I nitruri più importanti sono il nitruro di silicio (Si3N4), il nitruro di boro (BN)
e il nitruro di titanio (TiN). I nitruri sono duri e fragili e fondono a temperature elevate
(ma non elevate come i carburi). Sono solitamente buoni isolanti elettrici ad eccezione
del TiN.
Il nitruro di silicio è usato in applicazioni strutturali ad alta temperatura. Ha una
bassa dilatazione termica, una buona resistenza agli shock termici e alla deformazione,
e resiste alla corrosione dei metalli non ferrosi ad alte temperature. Grazie a queste
proprietà viene utilizzato nella realizzazione di turbine a gas, motori di razzi e crogioli
di fusione.
Il nitruro di boro esiste in diverse strutture simili al carbonio. Le più importanti
sono: esagonale, simile alla grafite, e cubiche, come il diamante. Infatti, la sua durezza
è paragonabile a quella del diamante. Questa ultima struttura prende il nome di nitruro
di boro cubico o borazon, rappresentato dal simbolo cBN. Grazie alla sua estrema
durezza, le applicazioni principali del cBN sono gli inserti degli utensili da taglio e le
mole abrasive. È interessante tuttavia notare che non è in concorrenza con gli inserti da
taglio e mole in diamante. Il diamante infatti è adatto per la lavorazione di asportazione
di truciolo e rettifica di parti non in acciaio, mentre il cBN è adatto per la lavorazione
dell’acciaio.
Il nitruro di titanio ha proprietà simili a quelle degli altri nitruri, ad eccezione
della sua conducibilità elettrica. Esso infatti è un buon conduttore. Il nitruro di titanio
ha un’alta durezza, resistenza all’usura e ha un basso coefficiente di attrito verso i me-
talli ferrosi. Questa combinazione di proprietà lo rende il materiale ideale come rivesti-
mento della superficie degli utensili da taglio. Il rivestimento è spesso solo circa 0,006
millimetri (0,0003 pollici), in modo che le quantità di materiale utilizzato in questa
applicazione siano basse.
2.2.3 Vetri
Il termine vetro può generare confusione poiché è usato per descrivere uno stato della
materia oltre che un tipo di ceramica. Come stato della materia, esso si riferisce alla
Materiali per Applicazioni Industriali 43
Prodotti di vetro Di seguito sono riportati i gruppi principali dei prodotti di vetro,
assieme alla descrizione delle funzioni dei vari elementi riportati in Tabella 2.11.
• Vetro per finestre Questo vetro è costituito dalle prime due composizioni chimi-
che della Tabella 2.11: vetro sodico-calcico e vetro per finestre. La formula del vetro
sodico-calcico risale all’industria del vetro soffiato del 1800 e precedente, in cui il
vetro era (ed è tuttora) fatto da miscela di soda (Na2O) e calce (CaO) con la silice
(SiO2). La miscela si è evoluta fino a raggiungere un buon punto di equilibrio tra
stabilità chimica ed evitare la cristallizzazione durante il raffreddamento. I moder-
ni vetri per finestre e le tecniche per realizzarli hanno richiesto dei leggeri aggiu-
stamenti della composizione originale. Si è aggiunto ossido di magnesio (MgO) per
ridurre la devetrificazione.
• Vetro per contenitori Tempo fa lo stesso vetro sodico-calcico lavorato tramite sof-
fiatura manuale era usato per le bottiglie e altri contenitori. I processi moderni per
modellare i contenitori in vetro raffreddano il vetro più rapidamente rispetto ai
vecchi metodi, i cambiamenti nella composizione hanno ottimizzato la proporzione
di calce (CaO) e soda (Na2O3). La calce migliora la fluidità. Essa aumenta anche la
devetrificazione, ma dal momento che il raffreddamento è più rapido, questo effetto
44 Tecnologia meccanica
2.3 Polimeri
Quasi tutti i materiali polimerici utilizzati oggi nell’industria sono prodotti sintetici
(un’eccezione è la gomma naturale). Le stesse materie prime sono realizzate mediante
trasformazioni chimiche e la maggior parte dei prodotti sono realizzati tramite processi
di solidificazione. Un polimero è un composto costituito da molecole a catena lunga,
in cui ogni molecola è costituita da unità ripetitive collegate insieme. Ci possono essere
migliaia, addirittura milioni di unità in una molecola di polimero singolo. La parola
deriva dal greco poli, che significa molti, e meros, che significa parte. La maggior parte
dei polimeri è a base di carbonio e pertanto i polimeri sono considerati prodotti chimici
organici.
I polimeri possono essere suddivisi in materie plastiche e gomme. Con l’obiettivo
di trattare i polimeri come materiale per prodotti industriali, è opportuno dividerli nelle
tre categorie seguenti, in cui (1) e (2) sono materie plastiche e (3) è la categoria gomma.
I polimeri termoplastici sono commercialmente i più importanti tra i tre tipi e costitui-
scono circa il 70% del tonnellaggio di tutti i polimeri sintetici prodotti. I polimeri ter-
moindurenti e gli elastomeri si dividono il restante 30% in modo abbastanza uniforme. I
TP più comuni includono il polietilene, il polivinilcloruro, il polipropilene, il polistirene
e il nylon. Esempi di TS sono invece i composti fenolici, le resine epossidiche e alcuni
poliesteri. L’esempio più comune degli elastomeri è la gomma naturale (vulcanizzata),
anche se le gomme sintetiche sono prodotte in quantità superiori della gomma naturale.
Anche se la classificazione dei polimeri nelle categorie TP, TS, ed E si adatta alle
nostre esigenze, si può notare che i tre tipi a volte si sovrappongono. Certi polimeri che
sono normalmente termoplastici possono anche essere termoindurenti. Alcuni polimeri
possono essere sia termoindurenti che elastomeri (infatti le loro strutture molecolari
sono simili). E infine alcuni polimeri sono sia elastomeri che termoplastici. Tuttavia,
queste sono solo eccezioni dello schema di classificazione generale.
La crescita delle applicazioni dei polimeri sintetici è stata impressionante. Ci sono
diverse ragioni per l’importanza commerciale e tecnologica dei polimeri.
Per ciò che riguarda gli aspetti negativi i polimeri in generale hanno le seguenti limita-
zioni: resistenza bassa rispetto ai metalli e le ceramiche, modulo di elasticità o rigidezza
bassi (ma questo nel caso degli elastomeri è un vantaggio), temperature di utilizzo limi-
tate a poche centinaia di gradi a causa del rammollimento dei polimeri termoplastici o
della degradazione dei polimeri termoindurenti e degli elastomeri e il fatto che alcuni
polimeri si deteriorano se esposti alla luce solare o ad altre fonti di radiazione.
I polimeri sono sintetizzati unendo molte molecole insieme per formare molecole
molto grandi, chiamate macromolecole, che possiedono una struttura concatenata. Le
Materiali per Applicazioni Industriali 47
unità, dette monomeri, sono generalmente semplici molecole organiche insature come
l’etilene C2H4. Gli atomi in queste molecole sono tenuti insieme da legami covalenti.
Quando le molecole vengono unite per formare il polimero, il legame covalente stesso
tiene insieme le maglie della catena. Così ogni macromolecola è caratterizzata da una
forza legante. La sintesi della molecola di polietilene è rappresentata in Figura 2.4.
Come descritto, la polimerizzazione forma delle macromolecole a struttura conca-
tenata, chiamate polimeri lineari. Questa è la struttura caratteristica di un polimero
termoplastico. Altre strutture sono rappresentate in Figura 2.5. Una possibilità è il for-
marsi di rami laterali lungo la catena, dando origine a un polimero ramificato come
quello riportato in Figura 2.5 (b). Nel polietilene, questo si verifica perché gli atomi di
idrogeno sono sostituiti da atomi di carbonio in punti casuali lungo la catena, cosa che
avvia la crescita di un nuovo ramo della catena in ognuno di questi punti. Per certi po-
limeri il legame principale avviene tra i rami e altre molecole nei punti di collegamento
e quindi si formano dei polimeri reticolati come illustrato in Figura 2.5 (c) e (d). La
reticolazione avviene perché una certa proporzione dei monomeri usati per formare il
polimero è in grado di legarsi ai monomeri adiacenti su più di due parti, consentendo ai
rami di altre molecole di attaccarsi. Gli elastomeri presentano strutture poco reticolate.
Quando il polimero è molto reticolato ci si riferisce ad esso come avente una struttura
H H H H H H H H H H
n C C C C C C C C n C C
H H H H H H H H H H n
(a) (b)
(c) (d)
Figura 2.5 Varie strutture di molecole polimeriche: (a) lineare, caratteristica dei termoplastici; (b) ramificata; (c) debolmente
reticolata come negli elastomeri; (d) fortemente reticolata o struttura a rete come nei termoindurenti. (Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
48 Tecnologia meccanica
a rete, come quello rappresentato in Figura 2.5 (d), dove l’intera massa è una macro-
molecola gigantesca. Le plastiche termoindurenti assumono questa struttura dopo la
polimerizzazione.
La presenza di ramificazioni e reticolazioni nei polimeri ha un effetto significativo
sulla loro proprietà, infatti è alla base della differenza tra le tre categorie di polimeri TP,
TS ed E. I polimeri termoplastici possiedono sempre strutture lineari o ramificate, o un
mix tra le due. La ramificazione aumenta il mescolamento delle molecole, rendendo di
solito il polimero più resistente allo stato solido e più viscoso allo stato plastico o liquido.
Le plastiche termoindurenti e gli elastomeri sono polimeri reticolati. La reticolazio-
ne rende il polimero chimicamente stabile e la reazione non può essere invertita. L’ef-
fetto è quello di modificare permanentemente la struttura del polimero. Riscaldandolo,
esso si degrada o brucia anziché fondersi. I polimeri termoindurenti possiedono un alto
grado di reticolazione, mentre gli elastomeri possiedono un basso grado di reticolazione.
Infatti i termoindurenti sono duri e fragili, mentre gli elastomeri sono elastici e resilienti.
• Acrilici. Gli acrilici sono polimeri derivati dall’acido acrilico (C3H4O2) e composti
provenienti da esso. Il termoplastico più importante nel gruppo acrilico è poli-
metilmetacrilato (PMMA) o Plexiglas (il nome commerciale per PMMA). La sua
proprietà più importante è l’eccellente trasparenza, che lo rende competitivo con il
vetro nelle applicazioni ottiche. Gli esempi includono lenti dei fari delle automobili,
strumenti ottici e finestrini degli aerei.
• Acrilonitrile-butadiene-stirene. È il nome di un tecnopolimero dall’eccellente
combinazione di proprietà meccaniche. Il nome di questa plastica è derivato da
tre monomeri di partenza che possono essere miscelati in proporzioni diverse. Le
applicazioni tipiche includono componenti per automobili, elettrodomestici, mac-
chine per ufficio e tubi.
• Poliammidi. Una famiglia di polimeri importante che forma legami ammidici ca-
ratteristici (CO-NH) durante la polimerizzazione è il poliammide (PA). Il membro
più importanti della famiglia dei PA è il nylon, che è resistente, molto elastico, te-
nace, resistente all’abrasione e autolubrificante. La maggior parte delle applicazioni
del nylon (circa il 90%) sono fibre per tappeti, abbigliamento e parti di pneumatici.
Il resto (10%) riguarda componenti meccanici, quali cuscinetti, ingranaggi e parti
simili in cui servono una buona resistenza e un basso attrito. Un secondo gruppo
di poliammidi sono le aramidi (poliammide aromatica) di cui Kevlar (il nome
commerciale di DuPont) è importante come fibra in plastica rinforzata. Il Kevlar
Materiali per Applicazioni Industriali 49
2.3.3 Elastomeri
Gli elastomeri sono polimeri capaci di una grande deformazione elastica se soggetti a
deformazioni relativamente basse. Alcuni elastomeri possono sopportare estensioni del
500% o più e poi tornare alla loro forma originale. Il termine più popolare per elasto-
mero è naturalmente gomma. Gli elastomeri possono essere suddivisi in due categorie:
(1) gomme naturali, ottenute da piante e (2) gomme sintetiche, prodotte da processi di
polimerizzazione simili a quelle utilizzate per i polimeri TP e TS.
La fase di curing è necessaria per effettuare la reticolazione negli elastomeri. Il
termine utilizzato per curing nel caso delle gomme naturali (e di alcune sintetiche) è
vulcanizzazione, che comporta la formazione di legami chimici tra le catene polime-
riche. La reticolazione tipica della gomma va da 1 a 10 link per 100 atomi di carbonio
nella catena polimerica lineare, a seconda del grado di rigidità desiderato nel materiale.
Questa quantità è notevolmente inferiore alla reticolazione nei polimeri termoindurenti.
Gomma naturale La gomma naturale (natural rubber, NR) è costituita principal-
mente da poliisoprene, un polimero di isoprene (C5H8). Deriva dal lattice, una sostanza
lattiginosa prodotta da varie piante, la più importante delle quali è l’albero della gomma
(Hevea brasiliensis) che cresce in climi tropicali. Il lattice è un’emulsione acquosa di
poliisoprene (circa un terzo in peso), più vari altri ingredienti. La gomma viene estratta
dal lattice attraverso vari metodi che rimuovono l’acqua.
La gomma cruda naturale (senza vulcanizzazione) è appiccicosa quando fa caldo,
ma rigida e fragile quando fa freddo. Per dare origine a un buon elastomero, la gomma
naturale deve essere vulcanizzata. Tradizionalmente la vulcanizzazione si effettuava
miscelando la gomma grezza con piccole quantità di zolfo e riscaldandola. L’effetto
della vulcanizzazione è la reticolazione, che aumenta la resistenza e la rigidità, pur
mantenendo l’estensibilità. Il cambiamento drastico della proprietà causato dalla vul-
canizzazione si nota analizzando la curva sforzo-deformazione riportata in Figura 2.6.
Lo zolfo da solo potrebbe dare origine alla reticolazione, ma il processo è lento e richie-
derebbe molte ore. Quindi oggi vengono aggiunti allo zolfo altri prodotti chimici du-
rante la vulcanizzazione per accelerare il processo e migliorare altre proprietà. Inoltre
Gomma dura
Deformazione
la gomma può essere vulcanizzata usando altri prodotti chimici al posto dello zolfo. In
questo modo i tempi si sono ridotti in modo significativo rispetto alla vulcanizzazione
originale a base di solo zolfo. Come materiale industriale, la gomma vulcanizzata è nota
tra gli elastomeri per la sua elevata robustezza, resistenza allo strappo, resilienza (capa-
cità di recuperare la forma dopo la deformazione) e resistenza all’usura e alla fatica. I
suoi punti deboli sono che degrada a contatto con fonti di calore, con la luce solare, con
l’ossigeno, con l’ozono o con l’olio. Alcune di queste limitazioni possono essere ridotte
attraverso l’uso di additivi.
Il più grande mercato per la gomma naturale è quello degli pneumatici per autovei-
coli. Negli pneumatici, il nerofumo è un additivo importante, che rafforza la gomma,
aumentando la resistenza meccanica e la resistenza allo strappo e all’abrasione. Altri
prodotti fatti di gomma naturale sono le suole delle calzature, le boccole, le guarnizioni,
e i componenti degli ammortizzatori.
Gomma sintetica Oggi il tonnellaggio di gomme sintetiche è più di tre volte quel-
lo della gomma naturale. Lo sviluppo di questi materiali sintetici è stato motivato in
gran parte dalle guerre mondiali, quando la gomma naturale era difficile da ottenere.
Come con la maggior parte dei polimeri, la materia prima predominante nelle gomme
sintetiche è il petrolio. Le gomme sintetiche di maggiore importanza commerciale sono
discusse di seguito.
2.4 Compositi
Oltre ai metalli, alle ceramiche e ai polimeri, esiste una quarta categoria di materiali: i
compositi. Un composito è un materiale costituito da due o più fasi fisicamente distinte
la cui combinazione porta ad alcune proprietà che risultano differenti da quelle dei suoi
componenti. L’interesse tecnologico e commerciale dei materiali compositi deriva dal
fatto che le loro caratteristiche non sono solo diverse dai loro componenti ma spesso
sono molto superiori. Di seguito riportiamo alcuni esempi.
• I compositi possono essere progettati per essere molto resistenti e rigidi, ma anche
molto leggeri, fornendo dei rapporti resistenza-peso e rigidità-peso molto maggiori
di quelli dell’acciaio o dell’alluminio. Queste proprietà sono molto utili per applica-
zioni nel settore aerospaziale e per le attrezzature sportive.
• La resistenza a fatica è generalmente migliore rispetto ai metalli industriali e anche
la tenacità è spesso maggiore.
• I compositi possono essere progettati in modo che non si corrodano come l’acciaio,
fattore molto importante per le applicazioni automobilistiche e altre.
• Attraverso i materiali compositi è possibile ottenere delle combinazioni di proprietà
non raggiungibili da metalli, ceramiche o polimeri da soli.
Oltre a questi vantaggi, è possibile individuare alcuni svantaggi e limitazioni associati ai
materiali compositi, ad esempio: (1) molti compositi importanti sono anisotropi, il che si-
gnifica che le proprietà differiscono a seconda della direzione in cui vengono misurate, (2)
molti dei compositi a base polimerica sono soggetti ad attacchi chimici o solventi, come lo
sono gli stessi polimeri (3) i materiali compositi sono generalmente costosi e (4) alcuni dei
metodi di fabbricazione per formatura di materiali compositi sono lenti e costosi.
Combinando le fasi, utilizzando metodi non ancora descritti, si crea un nuovo materiale con
prestazioni complessivamente superiori a quella delle sue parti. L’effetto è sinergico.
sostiene molto bene il carico. In realtà questo è difficile da ottenere a causa delle diso-
mogeneità nel materiale della fibra e dei processi di lavorazione. Le fibre discontinue
(elementi tagliati da fibre continue) sono molto più brevi. Vari materiali vengono uti-
lizzati come fibre in compositi rinforzati da fibre, tra cui vetro (vetro E e vetro-S della
Tabella 2.12), carbonio, boro, Kevlar, ossido di alluminio e carburo di silicio.
Una seconda forma in cui si presentano le fasi secondarie è quella di particolati,
cioè polveri che variano dimensionalmente dal micron al millimetro. Le polveri sono
una forma importante in cui si presentano i metalli e le ceramiche (la caratterizzazione
e la produzione di polveri industriali sono discusse nei Capitoli 10 e 11). La distribuzio-
ne delle particelle nella matrice composita è casuale e quindi la resistenza meccanica e
le altre proprietà del materiale composito sono generalmente isotropiche.
Le scaglie non sono altro che particelle bidimensionali di piccole dimensioni. Due
esempi di questa forma sono i minerali mica (silicati di Al e K) e talco (Mg3Si4O10(OH)2),
usati come agenti rinforzanti per la plastica. Sono generalmente materiali a basso costo
rispetto ai polimeri e aggiungono resistenza e rigidità a composti usati nello stampaggio
della plastica.
I polimeri espansi sono una forma di composito in cui delle bolle di gas vengono
inserite in una matrice polimerica. Il polistirolo e la schiuma di poliuretano ne sono un
classico esempio. La combinazione di un gas a bassissima densità e di una matrice a
densità relativamente bassa rende questi materiali estremamente leggeri. La miscela di
gas assicura anche una conducibilità termica molto bassa, fornendo quindi una proprie-
tà sfruttabile in applicazioni in cui è richiesto un buon isolamento termico.
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Domande di ripasso
1 Quali sono le proprietà generali che distinguono i 15 Quali sono le caratteristiche principali del titanio?
metalli dalla ceramica e dai polimeri? 16 Elencare le applicazioni più importanti dello zin-
2 Quali sono i due gruppi principali di metalli? Dare la co.
loro definizione. 17 Le superleghe si dividono in tre gruppi di base,
3 Che cos’è una lega? a seconda del metallo base che utilizzano. Quali
4 Qual è l’intervallo di percentuali di carbonio che de- sono i nomi dei tre gruppi?
finisce una lega ferro-carbonio come acciaio? 18 Che cos’hanno di speciale le superleghe? Cosa le
5 Qual è l’intervallo di percentuali di carbonio che de- distingue dalle altre leghe?
finisce una lega ferro-carbonio come ghisa? 19 Che cos’è la ceramica?
6 Elencare alcuni degli elementi comunemente pre- 20 Che differenza c’è tra le ceramiche tradizionali e le
senti oltre al carbonio negli acciai bassolegati. ceramiche nuove?
7 Qual è l’elemento legante predominante in tutti gli 21 Qual è la caratteristica che distingue il vetro dalle
acciai inossidabili? ceramiche tradizionali e innovative?
8 Perché l’acciaio inossidabile austenitico è chiamato 22 Quali sono le proprietà meccaniche dei materiali
con quel nome? ceramici?
9 Oltre ad avere un alto contenuto di carbonio, quale 23 Che cos’hanno in comune la bauxite e il corindone?
altro elemento legante è caratteristico delle ghise? 24 Che cos’è l’argilla utilizzata nella realizzazione di
10 Identificare alcune delle proprietà per le quali è prodotti in ceramica?
noto l’alluminio. 25 Quali sono le principali applicazioni dei metalli duri,
11 Quali sono le proprietà principali del magnesio? come il WC-Co?
12 Qual è la proprietà industriale più importanti del 26 Qual è una delle applicazioni più importanti del ni-
rame, che determina la maggior parte delle sue ap- truro di titanio?
plicazioni? 27 Qual è il minerale primario nei prodotti di vetro?
13 Quali elementi sono in lega con il rame per formare 28 Cosa significa il termine devetrificazione?
(a) il bronzo e (b) l’ottone? 29 Che cos’è un polimero?
14 Quali sono le applicazioni più importanti del nichel? 30 Quali sono le tre categorie di base dei polimeri?
60 Tecnologia meccanica
31 In cosa sono diverse le proprietà dei polimeri ri- 46 I carburi cementati a quale classe di materiali com-
spetto a quelle dei metalli? positi appartengono?
32 Cos’è la reticolazione in un polimero, e qual è il suo 47 Quali sono i punti deboli della ceramica che pos-
significato? sono essere corretti nei compositi fibro-rinforzati a
33 Di quale categoria di polimeri fa parte il nylon? matrice ceramica?
34 Qual è la formula chimica dell’etilene, il monomero 48 Qual è la fibra più comune nelle plastiche fibrorin-
del polietilene? forzate?
35 In cosa differiscono le proprietà dei polimeri termo- 49 Elencare le proprietà più importanti dei compositi
indurenti da quelle dei termoplastici? plastici fibro-rinforzati.
36 La reticolazione delle plastiche termoindurenti si 50 Elencare le applicazioni più importanti dei FRP.
può ottenere in tre modi. Quali? 51 Perché le leghe metalliche vengono sottoposte a
37 Gli elastomeri e polimeri termoindurenti hanno en- trattamento termico?
trambi struttura reticolata. Come mai le loro pro- 52 Descrivere i motivi per cui i metalli vengono ricotti.
prietà sono diverse? 53 Qual è il trattamento termico più importante per in-
38 Qual è l’elemento polimerico principale nella gom- durire gli acciai?
ma naturale? 54 Qual è il meccanismo con cui il carbonio aumenta
39 In cosa differisce un elastomero termoplastico dal- la durezza dell’acciaio durante il trattamento ter-
le gomme convenzionali? mico?
40 Che cos’è un materiale composito? 55 Quali informazioni sono racchiuse nella curva TTT?
41 Elencare le proprietà caratteristiche dei materiali 56 Perché si esegue il rinvenimento della martensite?
compositi. 57 Definire la temprabilità.
42 Qual è il significato del termine anisotropo? 58 Elencare gli elementi che influenzano la temprabi-
43 Elencare le tre categorie di base dei materiali com- lità dell’acciaio.
positi. 59 Descrivere come gli elementi in lega dell’acciaio in-
44 Quali sono le forme più comuni delle fasi seconda- fluenzino la temprabilità nella curva TTT.
rie nei materiali compositi? 60 Definire l’indurimento per precipitazione.
45 Che cos’è un cermet? 61 Come funziona la cementazione?
Proprietà dei materiali
Capitolo 3
industriali
Ci sono tre stati tensionali fondamentali a cui possono essere quasi-staticamente sotto-
posti i materiali: trazione, compressione e taglio. Le sollecitazioni (o sforzi) di trazione
agiscono stirando il materiale, le sollecitazioni di compressione lo schiacciano e il taglio
comporta scorrimenti di porzioni adiacenti di materiale una contro l’altra. La curva
sforzo-deformazione è la relazione di base che descrive le proprietà meccaniche dei
materiali per i tre tipi di sollecitazioni.
Traversa fissa
Colonna Provino
Traversa
Traversa
fissa
fissa Traversa mobile
Tavola
Base
e attuatore
Figura 3.1 Prova di trazione: (a) forza di trazione applicata a (1) che causa l’allungamento del materiale (2); (b) tipico provino
cilindrico e (c) configurazione della prova di trazione. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Proprietà dei materiali industriali 63
S (3.1)
dove s è la tensione espressa in MPa, F è la forza applicata in N ed So è l’area originale
del provino in mm 2. La deformazione è data da
(3.2)
Carico massimo
Rm
Punto di frattura
Rs
s (MPa)
Regione plastica
6WUHVVVVHOELQ
Tensione,
s = Ee(3.3)
dove E è il coefficiente di elasticità (o modulo elastico) in MPa, cioè la misura della ri-
gidezza intrinseca di un materiale. È una costante di proporzionalità il cui valore dipen-
de dal materiale. La Tabella 3.1 riporta i valori tipici per diversi materiali, sia metallici
che non metallici.
TABELLA 3.2 Carico di snervamento e carico di rottura in trazione monoassiale per alcuni metalli.
Lf – L
A= 0 (3.4)
L0
S0 – Su
Z= (3.5)
S0
66 Tecnologia meccanica
(3.6)
S
Dove σ è la tensione reale in MPa, F la forza in N ed S l’area effettiva (istantanea) che
resiste al carico in mm 2.
Analogamente, la deformazione reale fornisce una valutazione più realistica
dell’allungamento “istantaneo” per unità di lunghezza del materiale. Il valore della de-
formazione reale in una prova di trazione può essere determinato dividendo l’allunga-
mento totale in piccoli incrementi, calcolando la tensione ideale per ogni incremento
sulla base della sua lunghezza iniziale e poi sommando i valori di deformazione. Ten-
dendo al limite, la deformazione reale è definita come
ε (3.7)
L0
TABELLA 3.3 Duttilità come allungamento % massimo (valori tipici) per alcuni materiali.
ε (3.8)
(3.9)
Nella Figura 3.4 si può notare che la tensione aumenta costantemente nella regione
plastica fino a quando inizia la strizione. L’aumento della tensione reale significa che
Proiezione
della curva
se non avviene
la strizione
Inizio strizione
Tensione reale,
Punto di snervamento inizio della regione plastica Figura 3.4 Curva sfor-
zo-deformazione reale
corrispondente alla cur-
va tensione-deformazio-
Regione elastica: ne ideale di Figura 3.3.
ε (Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4 th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
Tensione reale, ε John Wiley & Sons, Inc.)
68 Tecnologia meccanica
il metallo sta diventando sempre più resistente man mano che si deforma. Questa pro-
prietà viene chiamata incrudimento ed è posseduta dalla maggior parte dei metalli in
diversa misura.
L’incrudimento è un fattore importante in alcuni processi industriali soprattutto dei
metalli. Consideriamo come il comportamento di un metallo viene influenzato da que-
sto fenomeno. Se la porzione della curva tensione-deformazione reale rappresentante la
regione plastica fosse tracciata in scala logaritmica, il risultato sarebbe una relazione
all’incirca lineare, come mostrato in Figura 3.5. Poiché in questa trasformazione essa ri-
sulta una linea retta, la relazione tra tensione e deformazione reali nella regione plastica
può essere espressa come
ε (3.10)
Questa equazione è una delle tante possibili rappresentazioni matematiche della cosid-
detta curva di flusso plastico. Essa fornisce una buona approssimazione del compor-
tamento dei metalli nella regione plastica, compresa la loro capacità di incrudimento.
La costante K è detta coefficiente di resistenza espresso in MPa, ed è pari al valore di
tensione raggiunto per avere una deformazione reale pari a uno. Il parametro n è detto
esponente di incrudimento ed è la pendenza della linea in Figura 3.5. Il suo valore
esprime direttamente alla tendenza di un metallo ad incrudire. Valori tipici di K ed n per
alcuni metalli sono riportati nella Tabella 3.4. Si noti che n è solitamente ≤0.5. I materia-
li che presentano i valori più elevati di n (il rame ricotto, l’acciaio inox austenitico ecc.)
sono solitamente più duttili, cioè per essi il fenomeno della strizione durante la prova di
trazione avviene per valori più elevati di deformazione. In altre parole l’incrudimento
favorisce la duttilità dei materiali nella deformazione a freddo.
Inizio strizione
Tensione reale,
TABELLA 3.4 Carico di snervamento e carico di rottura in trazione monoassiale per alcuni metalli.
ε ε ε
Figura 3.6 Le tre categorie di rapporti tensione-deformazione: perfettamente elastico (a), elastico e
perfettamente plastico (b), elastico con incrudimento (c). (Fonte: Fundamentals of Modern Manufac-
turing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
70 Tecnologia meccanica
(3.11)
S0
S0 è l’area originale del provino. È la stessa definizione della tensione ideale usata nella
prova di trazione. La deformazione ideale è definita da
(3.12)
S0 S
F i g u r a 3 .7 P r o va d i
compressione: (a) forza Traversa mobile
di compressione appli-
Piastra superiore
cata al provino (1) che
causa la sua riduzione di Provino
altezza (2) e (b) configu- Piastra inferiore
razione della prova, con
provino ingrandito. (Fon- Tavola
te: Fundamentals of Mo-
dern Manufacturing, 4 th
Edition by Mikell P. Gro-
over, 2010. Ristampato
con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
Dove h è l’altezza del provino in ogni istante del test in mm e h0 è l’altezza iniziale in mm.
Visto che l’altezza diminuisce durante la compressione, il valore di e è negativo e anche lo
sforzo principale, essendo di compressione, dovrebbe essere rappresentato a valori negati-
vi. Tuttavia, si preferisce rappresentare anche in questo caso il legame sforzo-deformazio-
ne nel primo quadrante, usando cioè valori positivi per entrambe le grandezze. Si utilizza
dunque una rappresentazione non in termini dello sforzo s o della deformazione e nella
direzione di compressione, ma in termini dei cosiddetti “sforzo equivalente” e “deforma-
zione equivalente”, cui si farà nuovamente cenno nel Capitolo 10.
Il grafico tensione-deformazione reali in una prova di compressione è simile a quel-
lo riportato in Figura 3.8. La curva è divisa in regione elastica e plastica, come prima,
ma la forma della parte plastica della curva è diversa da quella nella prova di trazione.
Poiché la compressione provoca l’aumento della sezione trasversale (anziché la diminu-
zione come nella prova di trazione), il carico aumenta più rapidamente. Ciò si traduce in
un maggior valore di tensione applicata.
Un altro fenomeno nel test di compressione contribuisce all’aumento del valore
medio dello sforzo. Quando il provino cilindrico viene schiacciato, l’attrito delle super-
fici a contatto con le piastre tende ad impedire alle estremità superiore e inferiore del
cilindro di allargarsi. Una parte di energia viene consumata da questo attrito durante
la prova e questo si traduce in una maggiore forza applicata e quindi in una maggiore
Proprietà dei materiali industriali 71
Tensione,
tensione ideale. Un’altra conseguenza dell’attrito tra le superfici è che l’area vicino al
centro del provino aumenta molto di più che alle estremità. Ciò comporta la distorsione
del campione, come mostrato in Figura 3.9 secondo una caratteristica forma a barile.
Anche se esistono differenze tra le curve tensione-deformazione ideali di trazione e
compressione, quando i rispettivi dati sono riportati sui grafici tensione-deformazione
reali, i rapporti sono quasi identici (per quasi tutti i materiali). Poiché i risultati delle
prove di trazione sono più diffusi in letteratura, i valori dei parametri della curva di
flusso (K ed n) possono essere derivati dalla prova di trazione e applicati con la stessa
validità ad un’operazione di compressione. Se si usano i risultati della prova di trazione
per un’operazione di compressione bisogna solo ignorare l’effetto della strizione, un
fenomeno che è peculiare della deformazione indotta da tensioni di trazione. Nella com-
pressione infatti non avviene tale fenomeno di instabilità plastica del pezzo. Nei grafici
precedenti di tensione-deformazione reali, i dati sono stati proiettati oltre il punto di
strizione mediante linee tratteggiate. Tali linee rappresentano il comportamento del ma-
teriale durante la compressione più che i dati effettivi della prova di trazione.
Le operazioni di compressione nella formatura dei metalli sono molto comuni. I
processi di compressione industriali più importanti sono la laminazione, la forgiatura e
l’estrusione (Capitolo 11).
Figura 3.9 Distorsione
del provino durante la
prova di compressione:
(1) forma iniziale del pro-
vino, (2) forma assunta
dopo una considerevole
compressoine. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
72 Tecnologia meccanica
Rf (3.13)
(3.14)
S
Tensioni
e deformazioni
di compressione
Tensioni
e deformazioni
di trazione
Figura 3.10 Risultati della piegatura di una sezione rettangolare attraverso tensioni di trazione e di compressione del materiale: (1)
carico iniziale, (2) provino sottoposto ad alte tensioni di trazione e compressione, e (3) provino piegato. (Fonte: Fundamentals of Mo-
dern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Proprietà dei materiali industriali 73
Area S
trasversale
Figura 3.11 Tensione
(a) e deformazione (b) da
taglio. (Fonte: Fundamen-
tals of Modern Manufactu-
ring, 4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristampa-
to con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
(3.15)
τ (3.18)
t0
θ Figura 3.12 Configura-
zione della prova di torsio-
t ne. (Fonte: Fundamentals
t
r of Modern Manufacturing,
t0 4th Edition by Mikell P. Gro-
over, 2010. Ristampato
con il permesso di John
Sezione A–A Wiley & Sons, Inc.)
74 Tecnologia meccanica
3.2 Durezza
(3.19)
omesse. Per i materiali più duri (con HB>500), si usa una sfera di carburo cementato
perché la sfera di acciaio subirebbe una deformazione elastica che comprometterebbe la
precisione della misura. I carichi più elevati (1500 e 3000 kg) sono tipicamente utiliz-
zati per i materiali più duri. Visto che si possono ottenere risultati diversi a seconda del
carico usato, è buona norma indicare sempre il carico usato nella prova oltre al valore
dell’HB.
Prova di durezza Rockwell È un’altra prova molto utilizzata che prende il nome
dal suo ideatore. È semplice da usare e i miglioramenti apportati negli anni l’hanno resa
adatta a una grande varietà di materiali. Nella prova di durezza Rockwell, il penetratore
è a forma di cono (o piccola sfera) con diametro di 1,6 o 3,2 mm e viene premuto con-
tro il campione con un carico minore di 10 kg, causando una leggera penetrazione nel
materiale. Poi viene applicato un carico maggiore, per esempio 150 kg e la penetrazione
continua fino a una certa distanza oltre la posizione iniziale. Questa seconda distanza
di penetrazione d viene convertita in un valore di durezza Rockwell. La sequenza di
operazioni è mostrata in Figura 3.13 (b). Le differenze di carico e forma del penetratore
forniscono diverse scale Rockwell a seconda del tipo di materiale. Le scale più comuni
sono indicate in Tabella 3.5.
Prova di durezza Vickers Questa prova, sviluppata agli inizi del 1920, utilizza
un penetratore piramidale di diamante. Si basa sul principio che le impronte lasciate
da questo penetratore sono geometricamente simili indipendentemente dal carico. Si
applicano carichi di varie dimensioni a seconda della durezza del materiale da misurare.
Il valore di durezza Vickers (HV) viene determinato dalla formula
(3.20)
Prova di durezza Knoop Anche la prova Knoop, sviluppata nel 1939, utilizza un
penetratore piramidale di diamante, ma la piramide ha un rapporto lunghezza-larghezza
di circa 7:1, come mostrato in Figura 3.13 (d) e i carichi applicati sono generalmente più
leggeri di quelli della prova Vickers. Questa è una prova di microdurezza, nel senso che
è adatta per misurare campioni sottili o materiali fragili che potrebbero fratturarsi se
sottoposti a un carico più pesante. La forma del penetratore facilita la lettura dell’im-
pronta lasciata dai carichi leggeri utilizzati in questa prova. Il valore di durezza Knoop
(HK) è dato dalla formula
(3.21)
Campione
Posizione iniziale Posizione finale
Durezza Durezza
Durezza Rockwell Durezza Rockwell
Metallo Brinell (HB) (HRa) Metallo Brinell (HB) (HRa)
Leghe di alluminio 20 Leghe di magnesio ricotteb 70 35B
Alluminio lavorato a caldo 35 Nichel ricotto b
75 40B
Leghe di alluminio ricotte b
40 Acciaio basso C laminato 100 60B
a caldob
Leghe di alluminio temprateb 90 52B Acciaio alto C laminato 200 95B, 15C
a caldob
Leghe di alluminio fuseb 80 44B Leghe di acciaio ricotteb 175 90B, 10C
Ghisa grigia fusa b
175 10C Leghe di acciaio trattate 300 33C
termicamenteb
Rame ricotto 45 Acciaio inossidabile 150 85B
austeniticob
Leghe di rame: ottone ricotto 100 60B Titanio quali puro 200 95B
Piombo 4 Zinco 30
Il valore di durezza Brinell (HB) presenta una stretta correlazione con il carico di rottu-
ra degli acciai, determinando la relazione [10], [16]:
Rm = KhHB(3.22)
TABELLA 3.7 Durezze di alcune ceramiche e altri materiali duri, in ordine di durezza crescente.
Polimeri I polimeri hanno la durezza più bassa tra i tre tipi di materiali industriali.
La Tabella 3.8 riporta alcuni dei polimeri sulla scala di durezza Brinell, anche se di
solito non si usa questa prova per questi materiali. In questo modo però è possibile fare
il confronto con la durezza dei metalli.
TABELLA 3.8 Durezza di alcuni polimeri
Durezza a caldo Poiché sappiamo che durezza e resistenza sono tra loro correlate,
la proprietà usata per caratterizzare più semplicemente il comportamento meccanico a
temperature elevate è la durezza a caldo. Di solito si esprime come un elenco di valori
di durezza a temperature differenti o come il grafico della durezza in funzione della
temperatura, come in Figura 3.15. Le leghe di acciaio di solito presentano una buona du-
rezza a caldo, come mostrato in figura. Le ceramiche sono i materiali che presentano le
Forza
di trazione Ceramica
Punto di
Forza e duttilità
Durezza
Acciaio
Acciaio alto C
basso (HT)
legato
Duttilità
(% allungamento)
Temperatura Temperatura, °C
Figura 3.14 Effetto generale della temperatura su re- Figura 3.15 Durezza in funzione della temperatura
sistenza e duttilità. (Fonte: Fundamentals of Modern per materiali diversi. (Fonte: Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.) Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Proprietà dei materiali industriali 79
migliori proprietà a temperature elevate. Infatti, vengono spesso usate per applicazioni
ad alte temperature, come parti di turbine e applicazioni refrattarie. Anche negli utensili
utilizzati in produzione una buona durezza a caldo è auspicabile, poiché nei processi di
lavorazione dei metalli vengono generate elevate quantità di energia termica e utensili e
stampi devono essere in grado di sopportare temperature molto elevate.
I fluidi si comportano in modo molto diverso rispetto ai solidi. Un fluido scorre e pren-
de la forma del contenitore che lo contiene. Un solido non scorre e possiede una forma
geometrica propria. I fluidi comprendono i liquidi e i gas, ma in questo paragrafo tratte-
remo solo i liquidi. Molti processi di produzione sono realizzati con materiali che sono
stati convertiti dallo stato solido allo stato liquido mediante riscaldamento. I metalli
sono formati allo stato fuso, il vetro è formato dopo essere stato riscaldato e diventato
altamente fluido e i polimeri sono quasi sempre formati da fluidi densi e viscosi.
Viscosità Sebbene tutti i fluidi scorrano, la facilità di scorrimento varia a seconda del
fluido e la viscosità è la proprietà che determina il fenomeno. È una misura dell’attrito
interno che si manifesta quando dei gradienti di velocità sono presenti nel fluido: più
viscoso è il fluido, più alto è l’attrito interno e maggiore la resistenza allo scorrimento. Il
reciproco della viscosità è la fluidità, definita come la facilità con cui un fluido scorre.
Della viscosità può essere data una definizione più precisa considerando la con-
figurazione riportata in Figura 3.16, in cui due piastre parallele sono separate da una
distanza d. Una delle piastre è ferma, mentre l’altra si muove a una velocità v e lo spazio
tra le piastre è occupato da un fluido. Si scelga un sistema di riferimento cartesiano tale
per cui d risulta essere diretto come y e v come l’asse x. Al movimento della piastra
superiore si oppone la forza F, che risulta dall’azione di taglio del fluido. Questa forza
può essere ridotta a una tensione di taglio dividendo F per l’area piastra S:
80 Tecnologia meccanica
F
τ= (3.23)
S
dove τ è lo sforzo di taglio in N/m 2 o Pa. Questa tensione di taglio è correlata alla velo-
cità di taglio, che è definita come la variazione di velocità dv relativa a dy, cioè:
(3.24)
S (3.25)
(3.26)
Viscosità nei processi industriali Per molti metalli la viscosità allo stato fuso
si può confrontare con quella dell’acqua a temperatura ambiente. Alcuni processi in-
dustriali, in particolare di colata e saldatura, sono eseguiti su metalli allo stato fuso, e
affinché queste operazioni abbiano successo è necessario che il metallo abbia una vi-
scosità bassa in modo che il metallo fuso riempia la cavità dello stampo o il cordone di
saldatura prima di solidificarsi. In altre operazioni, come lo stampaggio e la lavorazione
dei metalli, vengono usati dei lubrificanti o dei refrigeranti e anche in questi casi il buon
funzionamento di questi fluidi dipende dalla loro viscosità.
Le ceramiche vetrose non fondono immediatamente come i metalli puri, ma su-
biscono una transizione graduale dallo stato solido allo stato liquido man mano che la
Proprietà dei materiali industriali 81
Coefficiente Coefficiente
di viscosità di viscosità
Materiale Pa-s Materiale Pa-s
Vetro , 540°C
b
1012
Sciroppo per pancake 50
(temperatura ambiente)
Vetrob , 815°C 105 Polimeroa , 151°C 115
Vetro , 1095°C
b
10 3
Polimero , 205°C
a
55
Vetrob , 1370°C 15 Polimeroa , 260°C 28
Mercurio, 20°C 0.0016 Acqua, 20°C 0.001
Olio motore (temperatura 0.1 Acqua, 100°C 0.0003
ambiente)
Varie fonti.
a
Il polietilene a bassa densità è usato come polimero di riferimento; molti altri polimeri hanno viscosità legger-
mente superiori.
b
La composizione del vetro è per la maggior parte SiO2, le composizioni e le viscosità possono variare, i valori
riportati sono indicativi.
temperatura aumenta. Questo effetto si nota dai valori di viscosità del vetro a tempera-
ture diverse riportati in Tabella 3.9. A temperatura ambiente, il vetro è solido e fragile,
non presenta alcuna tendenza a scorrere: in pratica la sua viscosità è infinita. Quando il
vetro viene riscaldato, si rammollisce gradualmente e diventa sempre meno viscoso (più
fluido), finché può essere formato mediante soffiaggio o stampaggio a circa 1100° C.
La maggior parte dei processi di formatura dei polimeri sono eseguiti a temperature
elevate, in cui il materiale è in uno stato liquido o plastico. I polimeri termoplastici sono
i più semplici da formare e sono anche i polimeri più comuni. A basse temperature, i po-
limeri termoplastici sono solidi; quando la temperatura aumenta, in genere si trasforma-
no prima in un materiale gommoso e poi in un liquido denso. Se la temperatura continua
ad aumentare, la viscosità diminuisce gradualmente, come riportato in Tabella 3.9 per
il polietilene, il polimero termoplastico più utilizzato. Il comportamento dei polimeri
è influenzato anche da altri fattori, per esempio dalla velocità del flusso. La viscosità
Solido plastico
Figura 3.17 Comporta-
Fluido pseudo plastico mento viscoso dei fluidi
Newtoniani e pseudopla-
Tensione di taglio,
pseudoplastico. Si ri-
porta anche il compor-
tamento di un materiale
solido plastico. (Fonte:
Fluido newtoniano
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
Velocità di deformazione, g & Sons, Inc.)
82 Tecnologia meccanica
(3.27)
Figura 3.18 Confronto
Tensione
Tensione
Deformazione
La funzione f(t) può essere vista come un coefficiente di elasticità che varia nel tempo.
Potrebbe essere scritta come E(t) e indicata come un coefficiente viscoelastico. Il gra-
fico di questa funzione può essere molto complesso, perché può includere un fattore di
deformazione. Senza approfondire le formule matematiche, possiamo analizzare l’effet-
to della dipendenza dal tempo. Un effetto comune è quello riportato in Figura 3.19, che
mostra la curva tensione-deformazione di un polimero termoplastico a diverse velocità
di deformazione. A velocità di deformazione basse il materiale presenta un comporta-
mento viscoso. A velocità di deformazione alte si comporta in modo molto più fragile.
Anche la temperatura è un fattore nella viscoelasticità. All’aumentare della tempe-
ratura, il comportamento viscoso diventa sempre più preponderante rispetto al compor-
tamento elastico. Il materiale diventa gradualmente più simile a un fluido. La Figura
3.20 illustra questa dipendenza dalla temperatura per un polimero termoplastico. A
basse temperature il polimero mostra un comportamento elastico. All’aumentare della
temperatura oltre la temperatura di transizione vetrosa Tg, il polimero diventa viscoe-
lastico. Se la temperatura continua a crescere, il polimero diventa gommoso. A tem-
perature ancora più elevate diventa viscoso. Le temperature a cui si osservano questi
comportamenti variano a seconda del materiale. Anche i grafici dei coefficienti rispetto
alle temperature variano a seconda della proporzione tra le strutture cristalline e amor-
fe all’interno del polimero termoplastico. I polimeri termoindurenti e gli elastomeri si
comportano in modo diverso rispetto a quanto mostrato in figura: dopo l’indurimento
questi polimeri non si ammorbidiscono come i termoplastici. Al contrario, a tempera-
ture elevate si degradano.
Comportamento elastico
Queste proprietà si riferiscono al volume dei solidi e a come questo viene influenzato dalla
temperatura. Tali proprietà includono la densità, la dilatazione termica e il punto di fusione.
Sono illustrate di seguito e la Tabella 3.10 ne elenca i valori tipici per alcuni materiali.
Coefficiente
Densità, ρ di espansione termica, a Punto di fusione, Tm
Materiale g/cm 3
°C × 10
–1 –6
°C
Metalli
Alluminio 2.70 24 660
Rame 8.97 17 1083
Ferro 7.87 12.1 1539
Piombo 11.35 29 327
Magnesio 1.74 26 650
Nichel 8.92 13.3 1455
Acciaio 7.87 12 a
Stagno 7.31 23 232
Tungsteno 19.30 4.0 3410
Zinco 7.15 40 420
Ceramiche
Vetro 2.5 1.8–9.0 b
Allumina 3.8 9.0 NA
Silicio 2.66 NA b
Polimeri
Resine fenoliche 1.3 60 c
Nylon 1.16 100 b
Teflon 2.2 100 b
Gomma naturale 1.2 80 b
Polietilene (bassa densità) 0.92 180 b
Polistirene 1.05 60 b
Fonti [8], [11] e altri.
a
Le caratteristiche di fusione dell’acciaio dipendono dalla composizione.
b
Si ammorbidisce a temperature elevate e non ha un punto di fusione ben definito.
c
Degrada chimicamente ad alte temperature. NA = non disponibile: non è stato possibile reperire il valore della
proprietà.
Proprietà dei materiali industriali 85
Nei processi descritti in questo contesto, la fusione di un elemento metallico ad una tem-
peratura specifica avviene in condizioni di equilibrio. In natura si possono verificare delle
eccezioni. Per esempio, quando un metallo fuso viene raffreddato, può rimanere allo stato
liquido anche al di sotto del punto di congelamento se non si avvia immediatamente la nu-
cleazione dei cristalli. Quando questo accade, il liquido è detto essere sottoraffreddato.
A differenza dei metalli puri, le leghe metalliche non hanno un unico punto di
fusione. La fusione inizia ad una certa temperatura, detta solidus, e continua all’au-
mentare della temperatura finché tutta la lega si è trasformata nello stato liquido, ad una
temperatura detta liquidus. Per temperature comprese tra le due, la lega è una miscela
di metalli solidi e liquidi, l’ammontare dei quali è inversamente proporzionale alla loro
distanza relativa dal punto di solidus e dal punto di liquidus. La maggior parte delle
leghe si comportano in questo modo, tranne le leghe eutettiche che fondono (e solidifi-
cano) ad un’unica temperatura, come se fossero metalli puri.
Un altro comportamento ancora è tipico dei materiali non-cristallini, come il vetro.
In questi materiali, vi è un passaggio graduale dallo stato solido allo stato liquido. Il
materiale solido si rammollisce gradualmente all’aumentare della temperatura, fino a
diventare liquido al suo punto di fusione. Durante l’ammorbidimento il materiale ha una
consistenza plastica che diventa più marcata (come un fluido) man mano che si avvicina
al punto di fusione.
Le differenze nel processo di fusione tra i metalli puri, le leghe e il vetro sono
mostrati nella Figura 3.21. I grafici mostrano la variazione di densità in funzione della
temperatura per tre materiali ipotetici: un metallo puro, una lega e il vetro. In figura è
riportata la variazione volumetrica, che è il reciproco della densità.
L’importanza della fusione nella produzione è evidente. Nella colata dei metalli (Capi-
toli 6 e 7), i metalli vengono fusi e poi versati in una cavità di stampo. I metalli con punti di
fusione più bassi sono generalmente più facili da colare, ma se la temperatura di fusione è
troppo bassa il metallo non può essere usato per applicazioni industriali. Le caratteristiche
di fusione dei polimeri sono importanti per lo stampaggio della plastica e altri processi
di formatura dei polimeri (Capitolo 8). La sinterizzazione dei metalli e della ceramica
in polvere richiede la conoscenza dei rispettivi punti di fusione. Anche se il processo di
sinterizzazione non fonde completamente i materiali, le temperature utilizzate devono
avvicinarsi al punto di fusione affinché i grani di polveri si uniscano tra loro.
Liquido
Liquido (lega)
Temperatura
Volume specifico (Densità) –1
Il capitolo precedente riguardava gli effetti della temperatura sulla proprietà volume-
triche dei materiali. Qui si descrivono ulteriori proprietà termiche, che riguardano la
conservazione e il flusso del calore all’interno di una sostanza. Le proprietà di interesse
sono il calore specifico e la conducibilità termica, i cui valori sono riportati in Tabella
3.11 per alcuni materiali.
TABELLA 3.11 Valori delle proprietà termiche di alcuni materiali, che dipendono dalla temperatura. I valori sono dati a tempe-
ratura ambiente.
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[13] Metals Handbook, Vol. 8, Mechanical Testing and Evaluation, ASM International. Ma-
terials Park, Ohio, 2000.
[14] Morton-Jones, D. H. Polymer Processing. Chapman and Hall, London, 2008.
[15] Schey, J. A. Introduction to Manufacturing Processes, 3rd ed. McGraw-Hill Book Com-
pany, New York, 2000.
[16] VanVlack, L. H. Elements of Materials Science and Engineering, 6th ed. Addison-Wesley
Publishing Company, Reading, Massachusetts, 1991.
[17] Wick, C., and Veilleux, R. F. (eds.). Tool and Manufacturing Engineers Handbook, 4th
ed. Vol. 3, Materials, Finishing, and Coating. Society of Manufacturing Engineers, Dearborn,
Michigan, 1985.
Domande di ripasso
fragili come le ceramiche. Qual è la prova che si
1. Qual è il dilemma tra progettazione e produzione in usa per determinare le proprietà di resistenza di
termini di proprietà meccaniche? questi materiali?
2. Quali sono i tre tipi di sollecitazioni statiche a cui 12. Qual è la relazione tra il coefficiente di taglio G e il
sono sottoposti i materiali? coefficiente di elasticità tangenziale E?
3. Enunciare la Legge di Hooke. 13. Che cos’è la durezza e come viene testata di solito?
4. Qual è la differenza tra tensione ideale e tensione 14. Perché sono necessarie diverse prove e diverse
reale in una prova di trazione? scale di durezza?
5. Definire la resistenza alla trazione di un materiale. 15. Definire il concetto di temperatura di ricristallizza-
6. Definire il punto di snervamento di un materiale. zione di un metallo.
7. Perché non è possibile fare una conversione di- 16. Definire la viscosità di un fluido.
retta tra le misure di aumento di lunghezza e ridu- 17. Qual è la caratteristica peculiare di un fluido newto-
zione dell’area sotto l’assunzione di mantenere un niano?
volume costante? 18. Che cos’è la viscoelasticità, intesa come proprietà
8. Che cosa è l’incrudimento? di un materiale?
9. In quali circostanze il coefficiente di resistenza ha 19. Definire la densità di un materiale.
lo stesso valore del punto di snervamento? 20. Quali sono le differenze tra le caratteristiche di fu-
10. Come cambia la sezione trasversale di un provino sione di un metallo puro e di una lega?
in una prova di compressione rispetto alla sua se- 21. Definire il calore specifico di un materiale.
zione in una prova di trazione? 22. Che cos’è la conducibilità termica?
11. La prova di trazione non è adatta per i materiali 23. Definire la diffusività termica.
Problemi
lunghezza di 67,3 mm, determinare la percentuale di
1. Una prova di trazione utilizza un provino che ha una allungamento (d). Sapendo che il provino si riduce a
lunghezza di 50 mm e un’area di 200 mm2. Durante un’area di 92 mm2 durante la strizione, determinare la
la prova, il provino si snerva sotto un carico di 98.000 riduzione percentuale di area (e).
N. La lunghezza corrispondente è 50,23 mm. Questo 2. In una prova di trazione su un provino metallico si ha
è il punto di snervamento allo 0,2%. Il carico massi- una deformazione reale dello 0,08% sotto una ten-
mo di 168.000 N viene raggiunto ad una lunghezza sione di 265 MPa. Quando la tensione reale è a 325
di 64,2 mm. Determinare (a) la forza di snervamen- MPa, la deformazione reale vale 0,27. Determinare
to, (b) il coefficiente di elasticità e (c) la resistenza il coefficiente di resistenza e l’esponente di incrudi-
alla trazione. Sapendo che la frattura avviene ad una mento nell’equazione della curva di flusso.
90 Tecnologia meccanica
3. La prova di trazione per un certo metallo fornisce i 10. Il provino di una prova di torsione ha un raggio di
seguenti parametri della curva di flusso: esponente 25 mm, uno spessore di 3 mm e una lunghezza di
di incrudimento pari a 0,3 e coefficiente di resisten- 50 mm. Una coppia di 900 Nm viene applicata nella
za pari a 600 MPa. Determinare (a) la tensione di prova, che produce un angolo di deflessione di 0.3°.
flusso ad una deformazione reale pari a 1,0 e (b) Determinare (a) la tensione di taglio, (b) la deforma-
la deformazione reale ad una tensione di flusso di zione di taglio e (c) il fattore di taglio, assumendo che
600 MPa. il provino non si sia ancora snervato. Sapendo che la
4. Un provino di trazione viene allungato fino al doppio rottura del provino avviene sotto una coppia di 1200
della sua lunghezza iniziale. Determinare la tensio- N-m e che la corrispondente flessione angolare è di
ne ideale e reale usate in questa prova. Se il metallo 10°, qual è la resistenza al taglio del metallo?
fosse stato sottoposto a compressione, determinare 11. In un test di durezza Brinell, un carico di 1500 kg
la lunghezza finale del campione in modo che (a) viene premuto su un provino con una sfera di ac-
la deformazione ideale sia uguale a quella ottenuta ciaio temprato da 10 mm di diametro. La cavità ri-
nella trazione (sarà un valore negativo a causa della sultante ha un diametro di 3,2 mm. Determinare il
compressione) e (b) la deformazione reale sia ugua- numero di durezza Brinell per il metallo (a). Sapen-
le a quella ottenuta nella trazione e (di nuovo, sarà do che il provino è in acciaio, stimare la resistenza
un valore negativo a causa della compressione). Si alla tensione dell’acciaio (b).
noti che la risposta al punto (a) è impossibile. La 12. Uno degli ispettori del reparto di controllo di qualità
deformazione reale è quindi la misura migliore della ha utilizzato le prove di durezza Brinell e Rockwell
deformazione durante una trasformazione plastica. per cui le attrezzature sono disponibili in azienda.
5. Dimostrare che la deformazione reale è uguale a ln Egli afferma che la prova Rockwell è basata sullo
(1+e), essendo e la deformazione ideale. stesso principio della prova Brinell, cioè che la du-
6. Un filo di rame di diametro 0.80 mm cede ad una rezza si misura sempre dividendo il carico applica-
tensione ideale di 248,2 MPa. La sua duttilità è to per l’area della cavità lasciata dal penetratore.
misurata come il 75% di riduzione dell’area. Deter- Questa affermazione è corretta? Se no, in cosa si
minare i valori di tensione e deformazione reali al differenzia la prova Rockwell?
punto di cedimento. 13. Due lastre piane, separate da uno spazio di 4 mm,
7. Una lega metallica è testata in una prova di trazione si spostano una rispetto all’altra ad una velocità di
con i seguenti risultati per i parametri della curva 5 m/sec. Lo spazio tra di esse è occupato da un
di flusso: coefficiente di resistenza = 620,5 MPa e fluido di viscosità sconosciuta. Al movimento delle
esponente di incrudimento = 0,26. Lo stesso metal- piastre si oppone una tensione di taglio di 10 Pa a
lo viene testato in un test di compressione in cui l’al- causa della viscosità del fluido. Supponendo che il
tezza iniziale del provino è 62,5 millimetri e il diame- gradiente di velocità del fluido sia costante, deter-
tro di 25 mm. Supponendo che la sezione aumenti minare il coefficiente di viscosità del fluido.
uniformemente, determinare il carico necessario 14. Il diametro di un’asta è 25,00 mm. Quest’asta deve
per comprimere il campione ad una altezza di (a) 50 essere inserita in un foro in un’operazione di as-
mm e (b) 37,5 mm. semblaggio per espansione. Per essere inserito
8. I parametri della curva di flusso per un acciaio inos- facilmente il diametro deve essere ridotto tramite
sidabile sono un coefficiente di resistenza di 1100 raffreddamento. Determinare la temperatura alla
MPa e un esponente di incrudimento di 0,35. Un quale l’asta deve essere portata dalla temperatura
provino cilindrico di sezione trasversale di 1000 ambiente (20°C) in modo che il diametro sia ridotto
mm2 e altezza 75 mm è compresso ad una altez- a 24,98 mm. Fare riferimento alla Tabella 3.10.
za di 58 mm. Determinare la forza necessaria per 15. L’alluminio ha una densità di 2,70 g/cm3 a tempera-
ottenere questa compressione, supponendo che la tura ambiente (20°C). Determinare la sua densità
sezione trasversale aumenti uniformemente. a 650°C utilizzando come riferimento i dati della
9. Una prova di piegatura viene usata su un certo ma- Tabella 3.10.
teriale duro. Se la resistenza alla rottura trasversa- 16. Facendo riferimento alla Tabella 3.11, determinare
le del materiale è pari a 1000 MPa, qual è il carico la quantità di calore necessaria per aumentare la
previsto in cui il provino si frattura, sapendo che la temperatura di un blocco di alluminio di 10 cm x
sua larghezza è 15 mm, lo spessore 10 mm e la 10 cm x 10 cm dalla temperatura ambiente (21°C)
lunghezza 60 mm? a 300°C.
Dimensioni, tolleranze
Capitolo 4
e superfici
Oltre alle proprietà dei materiali d’interesse ingegneristico, altri fattori che determinano
le prestazioni di un prodotto sono le dimensioni e le superfici dei suoi componenti. Le
dimensioni di un oggetto sono le grandezze lineari o angolari specificate a disegno. Le
dimensioni sono importanti perché determinano come le parti componenti un prodotto
si accoppieranno tra loro in fase di montaggio. Quando si realizza un oggetto, è pratica-
mente impossibile, nonché molto costoso, ottenere esattamente le sue dimensioni nomi-
nali. Solitamente è consentita una limitata variazione dalle dimensioni nominali, questa
variazione ammessa prende il nome di tolleranza.
Anche le superfici di un oggetto sono importanti, perché influenzano le sue prestazioni,
la sua assemblabilità e il suo aspetto estetico così come percepito dai potenziali clienti.
Per superficie s’intende l’elemento di confine che delimita un oggetto dal suo esterno,
che può essere un altro oggetto, un fluido, lo spazio o una loro combinazione. La su-
perficie delimita il volume di un oggetto e influenza tutte le sue proprietà meccaniche e
fisiche.
In questo capitolo si parlerà delle dimensioni, delle tolleranze e delle superfici dei pro-
dotti, che sono tre attributi che vengono specificati dal progettista e ottenuti mediante i
processi di fabbricazione utilizzati per realizzare i prodotti e i loro componenti. In Appen-
dice A4 si riporta come questi attributi siano valutati utilizzando dispositivi di misura.
Figura 4.1 Tre modi per specificare i limiti di tolleranza per una quota nominale di 2,500 unità
lineari: (a) tolleranza bilaterale, (b) tolleranza unilaterale, (c) quote limite. (Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
variare una quota specifica. La tolleranza è la differenza tra il limite massimo e il limite
minimo».
Le tolleranze possono essere specificate in vari modi, come illustrato in Figura 4.1.
Probabilmente il più comune è la tolleranza bilaterale, in cui si consente una variazio-
ne in direzione sia positiva che negativa rispetto alla quota nominale. Per esempio, in
Figura 4.1 (a), si ha una quota nominale di 2,500 unità lineari (per esempio mm) con una
variazione ammissibile di 0,005 unità in entrambe le direzioni. Gli oggetti che eccedo-
no questi limiti non sono accettabili. Una tolleranza bilaterale può anche essere asim-
metrica, ad esempio 2,500 (+0.010; –0.005) unità. La tolleranza unilaterale consente
un’unica variazione dalla quota nominale: solo in direzione positiva, come mostrato in
Figura 4.1 (b), o solo in direzione negativa. Le quote limite sono un metodo alternati-
vo per specificare la variabilità ammessa e corrispondono ai valori massimo e minimo
consentiti per la dimensione considerata, come mostrato in Figura 4.1 (c).
Angolarità – L’attributo di angolarità di un elemento geome- una superficie cilindrica e un foro circolare, è il grado di
trico, come una superficie o un asse, rispetto ad un ele- scostamento rispetto all’avere lo stesso asse.
mento geometrico di riferimento è il grado di scostamento Cilindricità – L’attributo di cilindricità di una superficie di rivo-
dell’angolo fra i due elementi considerati rispetto all’an- luzione cilindrica è il grado di scostamento di tutti i punti del-
golo desiderato. Se l’angolo è di 90°, l’attributo prende il la superficie dall’essere equidistanti dall’asse di rivoluzione.
nome di perpendicolarità o ortogonalità. Parallelismo – L’attributo di parallelismo è il grado di scosta-
Circolarità o Rotondità – Per una superficie di rivoluzione mento di tutti i punti di una superficie, linea o asse dall’es-
come un cilindro, un foro circolare o un cono, l’attributo di sere equidistanti da un piano, linea o asse di riferimento.
circolarità è il grado di scostamento di tutti i punti dell’inter- Perpendicolarità o ortogonalità – L’attributo di perpendi-
sezione tra la superficie e un piano perpendicolare all’as- colarità è il grado di scostamento di tutti i punti di una su-
se di rivoluzione rispetto all’esatta equidistanza dall’asse. perficie, linea, o asse dall’essere a 90° rispetto a un piano,
Per una sfera, l’errore di circolarità è il grado di scosta- linea o asse di riferimento.
mento di tutti i punti dell’intersezione tra superficie della Planarità – L’attributo di planarità è il grado di scostamento
sfera e un qualunque piano passante per il suo centro ri- di tutti i punti di una superficie dal giacere su di un’unica
spetto all’esatta equidistanza dal centro stesso. superficie piana.
Concentricità – L’attibuto di concentricità (o coassialità) fra Rettilineità – L’attributo di rettilineità è il grado di scosta-
due o più caratteristiche geometriche di un oggetto, quale mento di tutti i punti di una linea o asse da una linea retta.
Dimensioni, tolleranze e superfici 93
4.2 Superfici
(1) motivi estetici: le superfici lisce e prive di graffi e macchie sono percepite meglio
dal cliente;
(2) le superfici influiscono sulla sicurezza;
(3) l’attrito e l’usura dipendono dalle caratteristiche superficiali;
(4) le superfici influenzano le proprietà meccaniche e fisiche, per esempio le cricche
superficiali possono diventare punti di concentrazione di tensione;
(5) l’assemblaggio di componenti è influenzato dalle loro superfici, ad esempio la forza
dei giunti adesivi aumenta quando le superfici sono leggermente rugose;
(6) le superfici lisce permettono di realizzare contatti elettrici migliori.
Finitura superficie
Strato alterato
Figura 4. 2 Ingrandimento
Substrato
di una sezione trasversale di
una superficie di un oggetto
metallico.
94 Tecnologia meccanica
Passo di ondulazione
Cratere (difetto locale)
Traccia della lavorazione
Cricca (difetto
Ampiezza
locale)
di ondulazione
trattamenti termici e altri fattori simili. La rugosità si sovrappone all’ondulazione. La Figura 4.4 Possibili trac-
traccia della lavorazione è l’orientamento preferenziale dei solchi o la struttura della ce della lavorazione su
di una superficie (Fonte:
finitura superficiale. È determinata dal metodo di produzione utilizzato per creare la
Fundamentals of Modern
superficie, solitamente dall’azione degli utensili da taglio. La Figura 4.4 mostra le ti- Manufacturing, 4th Edi-
pologie di tracce della lavorazione più frequenti che una superficie può avere, assieme tion by Mikell P. Groover,
al simbolo usato dai progettisti per specificarle. Infine, i difetti locali sono irregolarità 2010. Ristampato con il
che si verificano occasionalmente sulla superficie, come cricche, graffi, inclusioni e permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
simili. Anche se alcuni dei difetti riguardano la finitura superficiale, si possono riper-
cuotere sull’integrità di tutta la superficie.
Lm
Ra
Lm (4.1)
Superficie reale
Figura 4.5 Deviazioni
Deviazione verticale
Superficie nominale dalla superficie nomina-
le usate nella definizione
di rugosità superficiale.
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
96 Tecnologia meccanica
Ra
(4.2)
C’è una grande varietà di possibili alterazioni e danni che possono verificarsi in que-
sto strato durante la produzione, causate dall’applicazione delle varie forme di energia:
meccaniche, termiche, chimiche e elettriche. L’energia meccanica è la forma di energia
più comunemente utilizzata durante le lavorazioni; viene applicata all’oggetto in lavora-
zione da processi come la deformazione plastica (ad esempio forgiatura e estrusione), la
lavorazione delle lamiere e l’asportazione di materiale. Sebbene la sua funzione primaria
in questi processi sia quella di modificare la forma dell’oggetto, l’energia meccanica può
anche causare tensioni residue, incrudimento e cricche negli strati superficiali.
Bibliografia
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Society of Mechanical Engineers, New York, 1978.
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1980, Ch. 18.
Dimensioni, tolleranze e superfici 99
Domande di ripasso
10. La rugosità è una proprietà misurabile della finitura
1. Che cos’è una tolleranza? superficiale: che cosa s’intende per rugosità?
2. Qual è la differenza tra tolleranza bilaterale e tolle- 11. Indicare alcune delle limitazioni nell’utilizzo della
ranza unilaterale? rugosità come misura della finitura superficiale.
3. Che cos’è l’accuratezza di una misura? 12. Che cosa provoca i vari tipi di cambiamenti che si
4. Che cos’è la precisione di una misura? verificano nello strato alterato appena sotto la su-
5. Perché le superfici sono importanti? perficie?
6. Definire cosa si intende per superficie nominale. 13. Elencare alcuni processi di produzione che gene-
7. Definire cosa si intende per finitura superficiale. rano finiture superficiali scarse.
8. In cosa differiscono finitura e integrità superficiale? 14. Elencare alcuni processi di produzione che gene-
9. Nell’ambito della finitura superficiale, come si distin- rano finiture superficiali molto buone o eccellenti.
gue la rugosità dall’ondulazione?
100 Tecnologia meccanica
La misurazione è una procedura in cui una quantità incognita viene confrontata con
una quantità di riferimento nota, utilizzando un sistema di unità di misura riconosciuto
e coerente. Due sistemi di unità di misura si sono diffusi nel mondo: (1) il sistema sta-
tunitense (U.S.C.S., da U.S. Customary System) e (2) il Sistema Internazionale di unità
di misura (SI, da «Système Internationale d’Unités»), anche conosciuto come sistema
metrico decimale. Il sistema metrico decimale è molto usato in quasi tutto il mondo in-
dustrializzato, ad eccezione degli Stati Uniti che rimangono ostinatamente legati al loro
USCS. Ma, a poco a poco, anche gli Stati Uniti stanno adottando il SI.
La misurazione fornisce un valore numerico della quantità di interesse, entro certi
limiti di accuratezza e precisione. L’accuratezza è il grado con cui il valore misurato
rispecchia il valore vero della quantità di interesse. Un procedimento di misurazione è
accurato quando non ci sono errori sistematici, cioè deviazioni positive o negative dal
valore vero che sono consistenti in tutte le misurazioni. La precisione è il grado di ripe-
tibilità nel processo di misurazione. Una buona precisione significa che gli errori casua-
li nella procedura di misurazione sono minimizzati. Gli errori casuali solitamente sono
associati alla presenza del fattore umano nell’esecuzione del processo di misurazione.
Esempi includono variazioni nella configurazione del sistema, nella lettura imprecisa
della scala, negli arrotondamento e approssimazioni. Altre cause degli errori casuali,
non dipendenti dal fattore umano, sono ad esempio le variazioni di temperatura, l’usura
progressiva e/o i disallineamenti negli elementi che costituiscono il dispositivo per la
misura.
In questa sezione dell’appendice sono descritti vari strumenti di misura manuali utiliz-
zati per valutare dimensioni, come lunghezza e diametro, oltre ad altre caratteristiche
come angoli, rettilineità e rotondità. Questi tipi di apparecchi si trovano nei laboratori di
metrologia, nelle aree dedicate all’ispezione e alla messa a punto degli utensili. Il punto
di partenza logico di questa sezione è la descrizione dei blocchetti pianparalleli.
loro, con una precisione di un milionesimo di metro, e sono lucidate a specchio. Esistono
blocchetti di varia qualità: un grado di precisione maggiore corrisponde a tolleranze più
strette. Il grado massimo, detto master standard di laboratorio, arriva a una tolleranza
di ±0,00003 mm (± 0,000001 in). A seconda del grado di durezza desiderato e del prezzo
che l’utente è disposto a pagare, i blocchetti sono fatti di diverse tipologie di materiali, ad
esempio acciaio per utensili, acciaio al cromo, carburo di cromo o carburo di tungsteno.
I blocchetti sono disponibili in misure standard e possono essere forniti in insiemi
di diverse dimensioni. Le dimensioni di tale insieme sono, solitamente, determinate in
modo sistematico per poter ottenere qualsiasi dimensione fino a 0,0025 mm.
Per ottenere risultati migliori, i blocchetti devono essere utilizzati su una superficie
di riferimento piana, come un piano di riscontro. Un piano di riscontro è un largo blocco
massiccio la cui superficie superiore è rifinita secondo un piano. La maggior parte dei pia-
ni di riscontro oggi è fatta di granito. Il granito ha il vantaggio di essere duro, non magne-
tico, resistente alla corrosione e all’usura, termicamente stabile e di facile manutenzione.
I blocchetti piano-paralleli e gli altri strumenti di misura ad alta precisione devono
essere utilizzati in condizioni di riferimento note per la temperatura e gli altri fattori
che possono influenzare negativamente la misura. La temperatura di riferimento è pari
a 20°C (68°F), come stabilito da un accordo internazionale. I laboratori di metrologia
eseguono le misurazioni a questa temperatura di riferimento. Se i blocchetti o gli al-
tri strumenti di misurazione sono usati in un ambiente industriale dove la temperatura
è diversa da quella di riferimento, può essere necessario eseguire delle correzioni per
considerare l’espansione o la contrazione termica. I blocchetti utilizzati per le misure
quotidiane in officina sono soggetti a usura e devono essere calibrati periodicamente
confrontandoli con quelli da laboratorio che sono più precisi.
Figura A4.1 Due calibri per misure esterne di diverse dimensioni. (Per Figura A4.2 Calibro a corsoio, viste delle due facce
gentile concessione di L.S. Starrett Co.) (Fonte: Fundamentals of Mo- principali dello strumento. (Per gentile concessione
dern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato di L.S. Starrett Co.) (Fonte: Fundamentals of Modern
con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.) Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Esistono diversi calibri graduati a seconda delle varie finalità della misura. Il più
semplice è il calibro a corsoio che consiste in una riga di acciaio a cui vengono aggiunte
due aste (o becchi), una fissata ad un’estremità della riga e l’altra mobile, come illustrato
in Figura A4.2. Il calibro a corsoio può essere utilizzato per misurazioni interne o esterne,
a seconda che vengano usate le facce per la misura interna o esterna dei becchi. Durante
l’uso, i becchi sono messi a contatto con le superfici del pezzo da misurare e la posizio-
ne dell’asta mobile indica la dimensione misurata. I calibri a corsoio eseguono misure
più accurate e precise delle semplici righe. Una versione perfezionata di questo calibro è
chiamata calibro vernier ed è mostrata in Figura A4.3. In questo strumento, che prende
il nome da P. Vernier (1580-1637), il matematico francese che l’ha inventato, l’asta mo-
bile comprende un nonio. Il nonio contiene una scala graduata di 0,01 mm nel sistema SI
(0,001 in nella scala USCS), quindi è molto più preciso rispetto al calibro a corsoio.
Il micrometro è un altro strumento di misura molto utilizzato e molto preciso, nel-
la sua forma più comune è costituito da un perno e da un’incudine a forma di C, come
mostrato in Figura A4.4. Il perno viene spostato rispetto all’incudine fissa mediante una
vite di precisione. In un tipico micrometro americano, ad ogni rotazione il perno si spo-
Figura A4.3 Calibro di Vernier. (Per gentile concessione di Figura A4.4 Micrometro per esterni, campo di misura di 1 in,
L.S. Starrett Co.) (Fonte: Fundamentals of Modern Manufactu- con lettore digitale. (Per gentile concessione di L.S. Starrett
ring, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il Co.) (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edi-
permesso di John Wiley & Sons, Inc.) tion by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
Dimensioni, tolleranze e superfici 103
sta linearmente di 0,025 in. Attaccato al perno si trova un tamburo con 25 graduazioni
lungo la sua circonferenza, ognuno corrispondente a 0,001 in. La bussola del microme-
tro è di solito dotata di un nonio, permettendo risoluzioni di 0,0001 in. Su un microme-
tro con scala metrica, le graduazioni sono di 0,01 mm. I micrometri moderni (e i calibri
graduati) sono forniti di dispositivi elettronici che visualizzano la lettura digitale della
misura (come in figura). Questi strumenti sono più facili da leggere ed eliminano gran
parte dell’errore umano associato alle letture convenzionali dei dispositivi graduati.
I tipi più comuni di micrometri sono (1) il micrometro per esterni, mostrato in
Figura A4.4, che viene prodotto per misure in differenti campi dimensionali, (2) il mi-
crometro per interni, che consiste di un corpo centrale e un insieme di aste di diversa
lunghezza per misurare le varie dimensioni interne e (3) il micrometro di profondità,
simile ad un micrometro per interni, ma adattato per misurare la profondità di una cavità.
Comparatore a quadrante
Contatto
Pezzo cilindrico
Asse di rotazione
Superficie
del piano
di riscontro
Figura A4.5 Comparatore a quadrante: a destra il qua- Figura A4.6 Configurazione di un comparatore a quadrante per mi-
drante con la scala graduata, a sinistra il retro dello stru- surare l’oscillazione; quando il pezzo viene ruotato intorno al proprio
mento senza la piastra di copertura. (Per gentile conces- asse, le variazioni nella distanza tra la superficie esterna e il centro
sione di L.S. Starrett Co.) (Fonte: Fundamentals of Modern sono indicate sul quadrante.
Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ri-
stampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
104 Tecnologia meccanica
in un formato adatto ad una lettura digitale, come quello mostrato in Figura A4.4. Le
applicazioni dei comparatori elettronici sono aumentate rapidamente negli ultimi anni,
grazie ai progressi nelle tecnologie dei microprocessori, e stanno gradualmente sosti-
tuendo molti degli strumenti di misura convenzionali. I vantaggi dei comparatori elet-
tronici includono (1) la buona sensibilità, accuratezza, precisione, ripetibilità e velocità
di risposta, (2) la capacità di misurare dimensioni molto piccole, fino a 0,025 µm (1 µ–
in.), (3) la facilità di funzionamento, (4) la riduzione dell’errore umano, (5) la possibilità
di visualizzare in vari modi il segnale elettrico e (6) la capacità di essere interfacciabili
con i sistemi informatici di elaborazione dei dati.
Le caratteristiche principali di una superficie sono: (1) la finitura superficiale e (2) l’in-
tegrità superficiale. Questa sezione tratta la misurazione di queste due caratteristiche.
Direzione di traslazione
Testa
del tastatore
Moto verticale
del tastatore Tastatore
Pezzo
Tecniche ottiche La maggior parte degli altri strumenti di misura delle superfici
utilizza tecniche ottiche per valutare la rugosità. Queste tecniche si basano sulla rifles-
sione della luce dalla superficie, sulla dispersione o diffusione della luce, o sulla tec-
nologia laser. Sono utili per applicazioni in cui si vuole evitare il contatto del tastatore
con la superficie. Alcune delle tecniche permettono un’alta velocità di funzionamento,
rendendo così fattibile l’ispezione al 100%. Tuttavia le tecniche ottiche possono portare
ad ottenere misure non sempre coerenti con le misure di rugosità fatte da strumenti a
tastatore.
1
Nel sistema USCS i blocchi tipici hanno superfici con valori di rugosità pari a 2, 4, 8, 16, 32, 64 o 128 µ–in.
106 Tecnologia meccanica
• Ispezione visiva. L’ispezione visiva può rivelare diversi difetti superficiali, come
cricche, crateri, sopradossi e bave. Questo tipo di valutazione può essere migliorata
mediante l’utilizzo di tecniche basate sulla fluorescenza e fotografiche.
• Esame microstrutturale. Viene eseguito tramite tecniche metallografiche conso-
lidate di preparazione di sezioni delle superfici da analizzare e di esecuzione di mi-
crofotografie per esaminare la microstruttura degli strati superficiali in confronto
con quella del substrato.
• Profilo di micro durezza. Le differenze di durezza vicino alla superficie possono
essere rilevate utilizzando le tecniche di misura della micro durezza, come Knoop
e Vickers. Il pezzo viene sezionato e si traccia il grafico della durezza rispetto alla
distanza dalla superficie ottenendo il profilo di durezza della sezione trasversale.
• Profilo di tensione residua. Le tecniche di diffrazione a raggi X possono essere
impiegate per misurare tensioni residue negli strati superficiali di un oggetto.
Controllo di qualità
Capitolo 5
e ispezione
del progetto, ridurre al minimo i costi del prodotto, entro i limiti definiti dal progetto,
significa evitare i difetti, le deviazioni dalle tolleranze e gli altri errori che si possono ve-
rificare durante la produzione. Questi difetti possono causare dei costi aggiuntivi per una
serie di cose: pezzi scartati, dimensioni dei lotti maggiori per compensare i pezzi scartati,
rilavorazioni, nuove ispezioni, smistamenti, lamentele dei clienti e pezzi resi, costi delle
garanzie, sconti per i clienti, mancate vendite e riduzione della quota di mercato.
Quindi, le caratteristiche del prodotto sono l’aspetto della qualità di cui è respon-
sabile il reparto di progettazione del prodotto e quelle che determinano grossomodo il
prezzo a cui un’azienda può vendere i suoi prodotti. Invece l’assenza di difetti è l’aspetto
della qualità di cui sono responsabili i reparti di produzione. La capacità di minimizzare
questi difetti ha un impatto importante sul costo del prodotto. Queste generalizzazioni
semplificano molto il reale funzionamento delle cose perché la responsabilità della qua-
lità del prodotto in un’azienda va molto oltre le funzioni di progettazione e di produzione.
In ogni operazione di produzione esiste una variabilità nel risultato del processo. In
un’operazione di lavorazione per asportazione di truciolo, che è uno dei processi più ac-
curati, i pezzi lavorati possono sembrare identici ma un’ispezione accurata può rivelare
delle differenze nelle dimensioni tra un pezzo e l’altro. Le variazioni nella produzione
possono essere divise in due categorie: casuali e assegnabili.
Le variazioni casuali possono essere causate da molti fattori: variabilità umana
all’interno di ogni ciclo produttivo, differenze nei materiali grezzi, vibrazioni e così via.
Individualmente, questi fattori possono non incidere molto, ma collettivamente possono
causare dei problemi, qualora le tolleranze del pezzo non vengano rispettate. Le varia-
zioni casuali tipicamente hanno una distribuzione normale: il risultato del processo
tende a concentrarsi attorno al valore medio della dimensione di interesse del prodotto
(come lunghezza o diametro). Se le uniche variazioni nel processo sono casuali, il pro-
cesso si dice in controllo statistico. Questo tipo di variabilità continua finché il pro-
cesso funziona normalmente. Quando il processo devia dalle sue normali condizioni di
funzionamento allora si ha il secondo tipo di variabilità.
Le variazioni assegnabili indicano il verificarsi di un’anomalia rispetto alle normali
condizioni di lavoro. Significa che nel processo è successo qualcosa che non può essere
considerato una variazione casuale. Le ragioni di una variazione assegnabile possono in-
cludere gli errori degli operatori, i difetti dei materiali grezzi, i guasti degli utensili im-
piegati, i malfunzionamenti dei macchinari e così via. Le variazioni assegnabili di solito
sono evidenziate da un risultato che si discosta dalla distribuzione normale individuata
quando agiscono solo le variazioni casuali. Il processo non è più in controllo statistico.
La capacità di processo dipende dalle variazioni dei risultati della lavorazione
quando il processo è in controllo statistico. La capacità di processo è misurata da
diversi indici, il principale dei quali è dato dal rapporto tra l’intervallo di tolleranza (o
intervallo di specifiche) e 6 volte la deviazione standard,
LSS – LSI
Cp = (5.1)
6σ
dove Cp è l’indice di capacità di processo, LSS e LSI sono i limiti di specifica superiore
e inferiore, rispettivamente (nel caso di tolleranza bilaterale), e σ è la deviazione stan-
dard del processo. Questa definizione assume che (1) il processo sia in una condizione
di regime e in controllo statistico, che (2) il risultato della lavorazione segua una distri-
buzione normale e che (3) la media del processo sia a metà dell’intervallo di specifica.
Sotto queste ipotesi, se il Cp è pari a 1 significa che il 99.73% dei pezzi prodotti sarà
Controllo di qualità e ispezione 109
UCL
CL
verifica per determinare il motivo per cui il processo non è più in controllo statistico e
poi applicare le adeguate azioni correttive per eliminarne la causa. Con un ragionamen-
to analogo, se il processo risulta essere in controllo statistico e non vi è alcun compor-
tamento anomalo nei dati, non è necessario né opportuno applicare correzioni in quanto
introdurrebbero variazioni assegnabili nel processo. In parole povere, con le carte di
controllo si applica la regola “Se non è rotto, non aggiustarlo”.
Esistono due tipi fondamentali di carte di controllo: (1) le carte di controllo per
variabili e (2) le carte di controllo per attributi. Le carte di controllo per variabili ri-
chiedono la misurazione della dimensione della qualità di interesse, mentre le carte di
controllo per attributi mostrano la stabilità del numero di difettosi (non conformi) o del
numero di difetti (non conformità) nel campione analizzato.
3. Calcolare –R–, che è la media dei valori di range R calcolati per gli m campioni; questa
sarà la linea centrale della carta R.
4. Determinare i limiti di controllo superiore e inferiore, UCL e LCL, per le carte
–– ed R. L’approccio si basa su costanti statistiche riportate in Tabella 5.1, che
X
sono state ricavate appositamente per il calcolo dei limiti di controllo delle carte
–– ed R. I valori delle costanti dipendono dalla cardinalità n dei campioni. Per la
X
–– si ha:
carta X
–––– ––––
X e X (5.2)
e per la carta R:
e (5.3)
Carta R
–
Dimensione del campione n Carta X D3 D4
3 1.023 0 2.574
4 0.729 0 2.282
5 0.577 0 2.114
6 0.483 0 2.004
7 0.419 0.076 1.924
8 0.373 0.136 1.864
9 0.337 0.184 1.816
10 0.308 0.223 1.777
Fonte [11].
–
Esempio 5.1 Carte X – R
Da un processo produttivo in controllo statistico sono stati raccolti otto campioni (m
= 8) di dimensione 4 (n = 4), e si è misurata la grandezza di interesse per ogni pezzo.
Si vogliono determinare i valori della linea centrale e dei limiti LCL e UCL per le carte
– –
X ed R. I valori X calcolati (riportati in centimetri) per gli otto campioni sono 2.008,
1.998, 1.993, 2.002, 2.001, 1.995, 2.004 e 1.999. I valori di R calcolati (in cm) sono,
rispettivamente, 0.027, 0.011, 0.017, 0.009, 0.014, 0.020, 0.024 e 0.018.
–
Soluzione: Il calcolo dei valori X ed R si effettua seguendo il punto 1 della nostra
procedura. Al punto 2 si calcola la media delle medie dei campioni.
–
X = (2.008 + 1.998 + ... + 1.999)/8 = 2.000
Al punto 3, si calcola il valore medio di R.
–
R = (0.027 + 0.011 + ... + 0.018)/8 = 0.0175
Al punto 4, si determinano i valori di LCL e UCL in base ai fattori riportati in Tabella
–
5.1. Prima, utilizzando l’Equazione (5.2) per la carta, X, si ottiene:
LCL = 2.000 – 0.729(0.0175) = 1.9872
UCL = 2.000 + 0.729(0.0175) = 2.0128
e poi per la carta R utilizzando l’Equazione (5.3) si ottiene:
LCL = 0(0.0175) = 0
UCL = 2.282(0.0175) = 0.0399
Le due carte di controllo sono riportate in Figura 5.2 con i dati di esempio evidenziati
sulle carte.
112 Tecnologia meccanica
UCL
CL
Carta –
x
LCL
UCL
(5.4)
dove il pedice i è usato per identificare il campione. Se i valori pi sono disponibili per
un numero sufficientemente elevato di campioni, il valore medio è una stima ragione-
Controllo di qualità e ispezione 113
vole del vero valore di difettosità p del processo. La carta p è basata sulla distribuzione
binomiale, dove p è la probabilità che il processo generi un’unità non conforme. La
linea centrale CL della carta p è il valore medio calcolato sulla base di m campioni di
uguale dimensione n, raccolti mentre il processo si suppone operi in controllo statistico:
(5.5)
I limiti di controllo sono calcolati sommando e sottraendo alla CL tre volte la deviazio-
ne standard della statistica riportata sulla carta (proporzione di elementi difettosi nel
campione). Quindi,
(5.6)
Carta c La carta c (in cui c sta per conteggio) rappresenta il numero di difetti o non
conformità nel campione nel tempo. Il campione può essere composto da un unico pro-
dotto come un’automobile e in quel caso c è il numero di componenti difettosi nell'au-
tomobile rilevati durante l’ispezione finale. Oppure il campione può essere una certa
lunghezza di un profilato per carpenteria metallica prima del taglio e c è il numero di im-
perfezioni rilevate su quella lunghezza. La carta c è basata sulla distribuzione di Poisson,
in cui c è il parametro che rappresenta il numero di eventi che si verificano all’interno
di un dato campione (difetti per auto, imperfezioni per quella lunghezza del profilato).
La migliore stima possibile del valore vero di c è il valore medio su un gran numero di
campioni considerati, mentre il processo è in controllo statistico:
(5.7)
Il valore è usato come linea centrale CL della carta di controllo. Per una variabile che
segue la distribuzione di Poisson, la deviazione standard è la radice quadrata del para-
metro c. Quindi, i limiti di controllo sono:
(5.8)
cercare comportamenti che indicano che il processo non è in controllo statistico. Il segno
–– o R (o entrambi) che si trovano al di fuori dei limiti LCL o
più evidente è un valore di X
UCL. Una possibile causa di questo comportamento può essere un materiale di partenza
danneggiato, un nuovo operatore, un utensile rotto o altri fattori simili. Un valore fuori dai
–– indica un possibile cambiamento della media del processo. Un valore
limiti della carta X
fuori dai limiti della carta R indica che la variabilità del processo è probabilmente cam-
biata. L’effetto più comune è un aumento di R, che indica che la variabilità potrebbe essere
aumentata. Anche altre situazioni meno evidenti possono rivelare problemi nel processo,
anche se i punti campionati si trovano entro i limiti di controllo. Questi casi sono: (1) deri-
ve o andamenti ciclici dei dati, che possono indicare la presenza di usura o altri fattori che
si verificano in funzione del tempo, (2) improvvisi cambiamenti nel valore medio dei dati
e (3) punti consistentemente prossimi al limite superiore o inferiore.
–– e R si possono applicare anche
Le stesse osservazioni che si applicano alle carte X
alle carte p e c.
team di lavoro organizzati per risolvere i problemi specifici che vengono individuati
nella fase di produzione. I problemi affrontati non riguardano solo la qualità. Essi pos-
sono riguardare la produttività, i costi, la sicurezza o qualsiasi altra area di interesse per
l’azienda. I membri dei team sono selezionati in base alle loro conoscenze e alle loro
competenze sullo specifico problema da affrontare. Essi vengono selezionati dai vari re-
parti e collaborano part-time con il team, incontrandosi più volte al mese fino a quando
non sono in grado di formulare delle raccomandazioni e/o di risolvere il problema. Al
termine dell’incarico il team viene sciolto.
Base statistica del Sei Sigma Un assunto base del Sei Sigma è che in ogni pro-
cesso si possono misurare e quantificare i pezzi difettosi. Una volta quantificati i pezzi
difettosi, si passa a identificare le cause dei difetti e i miglioramenti da apportare per
eliminarli o ridurli. Gli effetti degli eventuali miglioramenti possono essere valutati
utilizzando le stesse misure effettuate in precedenza e confrontando i valori misurati
prima e dopo l’intervento. Il confronto viene spesso riassunto come livello sigma, per
esempio specificando che dopo il miglioramento il processo opera a 4.8 sigma, mentre
prima operava solo a 2.6 sigma. La relazione tra il livello di sigma e i pezzi difettosi
al milione (defects per million, DPM) è riportata in Tabella 5.2 per un programma Sei
Sigma. Per il nostro esempio, si vede che il DPM si riduce da 135,666 a 483 pezzi
difettosi al milione.
La misura tradizionale di una buona qualità del processo è ± 3 σ (livello tre sigma).
Questo significa che se il processo è stabile e sotto controllo statistico, se la variabile
di output del processo segue una distribuzione normale con media centrata al valore
target, il 99,73% della produzione sarà nell’intervallo ±3 σ, e lo 0.27%, o 2700 pezzi
al milione, si troverà al di fuori di questi limiti (0.135% o 1350 parti al milione oltre il
limite superiore e la stessa quantità al di sotto del limite inferiore). Ma se guardiamo il
valore DPM corrispondente a 3.0 sigma in Tabella 5.2, notiamo che riporta 66,807 di-
fetti al milione. Perché c’è una differenza tra il valore di difettosità attesa che si calcola
considerando una distribuzione normale (2700 DPM) e il valore riportato in Tabella
5.2 (66,807 DPM)? I motivi di questa discrepanza sono due. Il primo è che i valori in
116 Tecnologia meccanica
TABELLA 5.2 Valori di sigma e corrispondenti pezzi difettosi al milione in un programma Sei Sigma.
Livello sigma Difetti per milione (DPM)a Livello sigma Difetti per milione (DPM)a
6.0σ 3.4 3.8σ 10,724
5.8σ 8.5 3.6σ 17,864
5.6σ 21 3.4σ 28,716
5.4σ 48 3.2σ 44,565
5.2σ 108 3.0σ 66,807
5.0σ 233 2.8σ 96,801
4.8σ 483 2.6σ 135,666
4.6σ 968 2.4σ 184,060
4.4σ 1,866 2.2σ 241,964
4.2σ 3,467 2.0σ 308,538
4.0σ 6,210 1.8σ 382,089
Fonte [3]
Tabella 5.2 si riferiscono a una sola coda della distribuzione, quindi per fare un corretto
confronto con le tabelle standard normali bisognerebbe considerare una sola coda della
distribuzione (cioè 1350 DPM). Il secondo, e molto più importante, è che quando Mo-
torola ha ideato il programma Sei Sigma, ha esaminato il funzionamento dei processi
per lunghi periodi, e nei lunghi periodi la media dei processi tende a spostarsi dal valore
originale. Per compensare questi effetti, Motorola ha deciso di considerare la media di
processo spostata di 1.5 σ rispetto al valore nominale. In sintesi, la Tabella 5.2 riporta
solo una coda della distribuzione normale e considera uno spostamento della media del-
la distribuzione di 1.5 σ rispetto alla distribuzione normale di riferimento. Questi effetti
sono rappresentati in Figura 5.3.
Misurare il livello sigma In un progetto Sei Sigma, il livello delle prestazioni del pro-
cesso di interesse è sintetizzato dal valore di sigma. Questo valore viene valutato due volte
durante il progetto: (1) all’inizio per misurare il livello attuale di prestazioni del processo
e (2) dopo aver introdotto le azioni di miglioramento, per valutarne l’effetto. Questo per-
mette di fare un confronto tra prima e dopo. Valori alti di sigma indicano che il processo
ha delle buone prestazioni, mentre valori bassi indicano che le prestazioni sono scadenti.
Figura 5.3 Distribuzione normale traslata di 1.5 σ dalla media originale, considerando una sola coda della distribuzione (a
destra). Legenda: µ1 = media della distribuzione originale, µ2 = media della distribuzione traslata, σ = deviazione standard.
(Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
Controllo di qualità e ispezione 117
(5.9)
(5.10)
(5.11)
dove Ndu è il numero di unità difettose nella popolazione e gli altri termini sono gli stessi
introdotti nell’Equazione (5.9). Una volta che i valori di DPMO, DPM e DUPM sono stati de-
terminati, si può usare la Tabella 5.2 per convertire i valori in corrispondenti livelli di sigma.
Soluzione: Riassumendo i dati sono Nu = 9056, No = 23, Nd = 479, e Ndu = 226. Quindi,
479
DPMO = 1,000,000 = 2300
9056(23)
Il valore corrispondente del livello di sigma è circa 4.3 dalla Tabella 5.2
479
DPM = 1,000,000 = 52,893
9056
Il valore corrispondente del livello di sigma è circa 3.1
226
DUPM = 1,000,000 = 24,956
9056
Il valore corrispondente del livello di sigma è circa 3.4
118 Tecnologia meccanica
5.5 Principi di ispezione
L’ispezione comporta l’uso di varie tecniche di misura per determinare se un prodotto,
i suoi componenti, i suoi sottoinsiemi o i suoi materiali sono conformi alle specifiche
di progetto. Le specifiche di progetto sono stabilite dal progettista e per i prodotti mec-
canici riguardano dimensioni, tolleranze, finitura superficiale e caratteristiche simili.
Le dimensioni, le tolleranze e la finitura superficiale sono state definite nel Capitolo 4
e molti degli strumenti di misura per misurare queste specifiche sono già stati descritti
nell’appendice al Capitolo 4.
L’ispezione viene eseguita prima, durante e dopo la fabbricazione. I materiali in
ingresso e i componenti in ingresso vengono ispezionati appena ricevuti dai fornitori, le
unità di lavoro vengono ispezionate in vari momenti durante la produzione e il prodotto
finale viene ancora ispezionato prima della spedizione al cliente.
Bisogna chiarire la differenza tra ispezione e collaudo, che sono termini molto cor-
relati. Mentre l’ispezione determina la qualità del prodotto in relazione alle specifiche di
progetto, il collaudo si riferisce di solito agli aspetti funzionali del prodotto. Il prodotto
funziona come dovrebbe funzionare? Continuerà a funzionare per un periodo di tempo
ragionevole? Funzionerà in ambienti con condizioni estreme di temperatura e umidità?
Nel controllo qualità, il collaudo è una procedura in cui un prodotto, un sottoinsieme
di pezzi, un pezzo singolo o un materiale vengono osservati nelle stesse condizioni che
si potrebbero verificare durante il loro uso. Per esempio, un prodotto può essere collau-
dato utilizzandolo per un certo periodo di tempo per determinare se funziona bene. Se
passa il collaudo, è approvato e può essere spedito al cliente.
Il collaudo di un componente o di un materiale può anche essere dannoso o distruttivo.
In questi casi, gli elementi devono essere testati a campione. I costi di un collaudo distruttivo
sono spesso rilevanti e quindi sono stati ideati dei metodi che non distruggono il prodotto.
Questi metodi sono chiamati collaudi non distruttivi o verifiche non distruttive.
Controllo di qualità e ispezione 119
Le ispezioni si dividono in due tipi: (1) le ispezioni per variabili, in cui vengono
misurate le dimensioni del prodotto o dei pezzi di interesse tramite appositi strumenti
di misura e (2) le ispezioni per attributi, in cui si controllano i pezzi per vedere se
sono nonconformi (ossia non rispettano i limiti di tolleranza). Il vantaggio di misurare
una dimensione è che i dati ottenuti si riferiscono al valore effettivo della dimensione.
I dati possono essere registrati nel tempo ed essere utilizzati nelle carte di controllo per
analizzare gli andamenti del processo di fabbricazione. Il processo può essere quindi
regolato sulla base dei dati misurati in modo che i pezzi futuri siano prodotti con di-
mensioni più vicine al valore nominale di progetto. Quando invece si valutano solo gli
attributi, tutto quello che si sa è se il prodotto rispetta la tolleranza. Questo metodo però
ha il vantaggio di essere veloce e a basso costo.
Le procedure di ispezione sono spesso eseguite manualmente. Il lavoro è noioso e
monotono, ma serve essere molto precisi e accurati. A volte servono delle ore per mi-
surare le dimensioni principali di un singolo pezzo. A causa del tempo impiegato e del
costo delle ispezioni manuali, di solito si applicano delle procedure di campionamento
statistico per ridurre il numero di pezzi da ispezionare.
quello di posizionare una o più ispezioni lungo la linea di lavorazione, che poi inviano
le istruzioni a una stazione di smistamento alla fine della linea per indicare le azioni
necessarie per ogni pezzo.
Avere un feedback sui dati dell’ispezione durante il processo di produzione per-
mette di effettuare delle regolazioni sul processo stesso per ridurne la variabilità e mi-
gliorare la qualità. Se le misure di controllo indicano che l’output si è spostato verso uno
dei limiti (per esempio, a causa dell’usura dell’utensile), si può applicare un’azione cor-
rettiva modificando i parametri per riportare l’output verso il valore nominale. L’output
può essere mantenuto in un intervallo di variabilità minore rispetto a quello ottenibile
con i soli metodi di ispezione a campionamento.
ra deve essere rigida per minimizzare inflessioni che contribuiscono all’errore di misura.
La macchina in Figura 5.4 ha una struttura a ponte, che è una delle strutture più comuni.
Il componente più importante di una CMM è la sonda di contatto e il suo funzionamento.
I “sensori a contatto” moderni hanno un contatto elettrico sensibile che emette un segnale
quando la sonda devia dalla sua posizione neutra anche se solo in minima entità. In caso
di contatto, le coordinate della sonda vengono registrate dal controllore della CMM, che
corregge il dato acquisito considerando l’extracorsa e le dimensioni della sonda.
Il posizionamento della sonda rispetto al pezzo può essere eseguito manualmente
o sotto il controllo di un computer. La modalità di funzionamento di una CMM si clas-
sificano in (1) controllo manuale, (2) manuale assistito da computer, (3) motorizzato
assistito da computer e (4) sotto controllo diretto del computer.
Nel controllo manuale, un operatore muove fisicamente la sonda lungo gli assi
mettendola in contatto con il pezzo e registrandone le misure. La sonda è libera di muo-
versi per facilitare il posizionamento. Le misure sono riportate in digitale e l’operatore
può registrare la misura manualmente o automaticamente (stampandola su carta). Gli
eventuali calcoli trigonometrici devono essere effettuati dall’operatore. Nella modalità
manuale assistita da computer, la CMM è in grado di elaborare in automatico i dati ed
eseguire i calcoli. I calcoli comprendono anche le semplici conversioni da unità ameri-
cane a sistema metrico, il calcolo dell’angolo tra due piani e la determinazione del cen-
tro dei fori. La sonda è sempre libera di muoversi per consentire all’operatore di portarla
a contatto con le superfici del pezzo.
Nella modalità motorizzata assistita da computer è la CMM che guida la sonda lun-
go gli assi della macchina sotto la guida dell’operatore. Un dispositivo tipo joystick è usato
per controllare il movimento. Motori passo-passo a bassa potenza e frizioni sono utilizzati
per ridurre l’effetto delle collisioni tra la sonda e il pezzo. La CMM che opera sotto con-
trollo diretto del computer funziona come una macchina utensili a controllo numerico. È
una macchina di ispezione che opera sotto il controllo di un programma. La funzionalità di
base della CMM consiste nel determinare i valori delle coordinate dei punti in cui la sonda
entra in contatto con la superficie del pezzo. Il controllo del computer permette alla CMM di
compiere misure e ispezioni più sofisticate, come (1) la determinazione del centro di un foro
o di cilindro, (2) la definizione di un piano, (3) la misura della planarità di una superficie o
del parallelismo tra due superfici e (4) la misura dell’angolo tra due piani.
I vantaggi dell’uso delle macchine di misura a coordinate rispetto ai metodi ma-
nuali di ispezione sono: (1) una maggiore produttività, perché una CMM è in grado
di eseguire procedure di ispezione complesse in molto meno tempo rispetto ai metodi
manuali tradizionali, (2) una maggiore precisione e accuratezza intrinseche rispetto ai
metodi tradizionali e (3) un errore umano ridotto attraverso l’automazione della proce-
dura di ispezione e dei relativi calcoli [8].
Acquisizione e Processamento
digitalizzazione e analisi Interpretazione
dell’immagine dell’immagine
Decisioni e azioni
TABELLA 2.9 Valori dei pixel in un sistema di visione binaria per l’immagine della Figura 5.6.
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1 1 1 0 0 0 1 1
1 1 1 1 1 1 0 1 1 0 1 1
1 1 1 1 1 0 0 1 1 0 1 1
1 1 1 1 0 0 0 0 0 0 1 1
1 1 1 0 0 0 0 0 0 0 1 1
1 1 1 0 1 0 0 0 0 0 1 1
1 1 1 1 0 0 0 0 0 0 1 1
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
124 Tecnologia meccanica
risoluzione. Tuttavia, il costo del sistema aumenta con l’aumentare del numero di pixel.
Inoltre, il tempo necessario per leggere gli elementi dell’immagine e per elaborare i
dati aumenta con il numero di pixel. Oltre ai sistemi di visione binari, esistono sistemi
di visione più sofisticati che distinguono i vari livelli di grigio: questo permette loro di
determinare delle caratteristiche superficiali come la trama. Questi sistemi sono chia-
mati visione a scala di grigi e usano tipicamente 4, 6 o 8 bit di memoria. Altri sistemi
di visione sono anche in grado di riconoscere i colori.
La seconda funzione della visione artificiale è l’elaborazione e analisi dell’imma-
gine. I dati raccolti per ogni fotogramma devono essere analizzati nel tempo necessario
per completare un ciclo di scansione (1/30 s o 1/25s). Sono state sviluppate diverse tec-
niche per analizzare i dati delle immagini, compreso il rilevamento dei bordi e l’estra-
zione delle caratteristiche. Il rilevamento dei bordi consiste nel determinare la posi-
zione dei confini tra l’oggetto e l’ambiente circostante. Questo si ottiene identificando il
contrasto dell’intensità della luce tra i pixel adiacenti ai bordi dell’oggetto. L’estrazione
delle caratteristiche si occupa invece di determinare i valori delle proprietà di un’im-
magine. Molti sistemi di visione identificano un oggetto nell’immagine mediante le sue
caratteristiche. Le caratteristiche di un oggetto sono l’area, la lunghezza, la larghezza, il
diametro, il perimetro, il centroide e l’aspect ratio ecc. Gli algoritmi di estrazione delle
caratteristiche servono a determinare queste caratteristiche basandosi sulla superficie e
sui bordi dell’oggetto. Per esempio l’area di un oggetto può essere determinata contando
il numero di pixel che formano l’oggetto e la lunghezza misurando la distanza (in pixel)
tra due bordi opposti.
L’interpretazione delle immagini è la terza funzione e viene realizzata basandosi
sulle caratteristiche estratte. L’interpretazione di solito riguarda il riconoscimento de-
gli oggetti, cioè l’identificazione dell’oggetto nell’immagine mediante il confronto con
modelli predefiniti o valori standard. Una tecnica comune di interpretazione infatti è il
confronto con un modello, che si riferisce ai metodi che confrontano una o più carat-
teristiche dell’immagine con le corrispondenti caratteristiche di un modello (template)
memorizzato nel computer.
La funzione di interpretazione nella visione artificiale di solito è legata alle appli-
cazioni, che si dividono in quattro categorie: (1) ispezione, (2) identificazione dei pezzi,
(3) guida visiva e controllo e (4) monitoraggio della sicurezza.
L’ispezione è la categoria più importante e rappresenta circa il 90% di tutte le
applicazioni industriali. Le sue applicazioni riguardano la produzione di massa, in
cui il tempo necessario per programmare e installare il sistema può essere ammor-
tizzano su molte migliaia di unità prodotte. I compiti tipici dell’ispezione sono: (1) la
misura delle dimensioni, che comporta la misura di alcune dimensioni di prodotti che
si muovono lungo un nastro trasportatore, (2) le funzioni di verifica, che consistono
nel verificare che tutti i componenti di un prodotto assemblato siano al loro posto o
che in una certa posizione di un pezzo ci sia un foro o operazioni simili, e (3) l’indivi-
duazione delle imperfezioni e difetti, come un’etichetta stampata male o con numeri
o testi non leggibili.
Le applicazioni di identificazione dei pezzi includono il conteggio dei pezzi che
scorrono su un nastro trasportatore, lo smistamento dei pezzi e il riconoscimento dei
vari tipi. La guida e controllo visivo prevede un sistema di visione interfacciato con
un robot (o simile) per controllare il movimento della macchina. Per esempio si usa per
la tracciabilità del cordone nella saldatura ad arco, per il posizionamento dei pezzi, per
l’orientamento dei pezzi o per prelevare i pezzi da un contenitore. Nelle applicazioni di
monitoraggio della sicurezza, il sistema di visione controlla il processo produttivo al
fine di rilevare le irregolarità che potrebbero indicare una condizione pericolosa, sia per
gli esseri umani che per le attrezzature.
Controllo di qualità e ispezione 125
Bibliografia
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126 Tecnologia meccanica
Domande di ripasso
11. Perché la tabella statistica della distribuzione nor-
1. Quali sono i due aspetti principali della qualità di male utilizzata in un programma Sei Sigma è diver-
un prodotto? sa dalle tabelle statistiche standard che si trovano
2. Quali sono le differenze tra un processo che è in in testi di probabilità e statistica?
controllo statistico e uno che non lo è? 12. Per valutare le prestazioni di un certo processo, un
3. Definire il termine capacità di processo. programma Sei Sigma utilizza tre misure diverse
4. Cosa sono i limiti naturali di tolleranza? per i difetti per milione (DPM). Elencare queste tre
5. Qual è la differenza tra le carte di controllo per va- misure di DPM.
riabili e le carte di controllo per attributi? 13. L’ispezione automatizzata può essere integrata
6. Descrivere i due tipi di carte di controllo per variabili. con il processo di produzione durante l’esecuzio-
7. Quali sono i due tipi fondamentali di carta di con- ne di alcune azioni. Quali sono queste possibili
trollo per attributi? azioni?
8. Guardando una carta di controllo, che cosa si deve 14. Dare un esempio di tecnica di ispezione senza
cercare per identificare problemi? contatto.
9. Quali sono i tre obiettivi principali della qualità to- 15. Che cos’è una macchina di misura a coordinate?
tale (TQM)? 16. Che cos’è un sistema di visione binario?
10. Qual è la differenza tra i clienti esterni e i clienti in- 17. Descrivere alcune delle tecnologie usate da
terni nella TQM? In quale società è stato utilizzato sensori senza contatto non ottici disponibili per
per la prima volta il programma Sei Sigma? l’ispezione.
Problemi
6. Dieci campioni di dimensione n = 8 sono stati raccolti
1. Si usa un processo di tornitura automatica per produr- da un processo in stato di controllo statistico, per mi-
re pezzi con un diametro medio di 6.255 cm. Il proces- surare una dimensione di interesse l’oggetto prodot-
–
so è in controllo statistico e l’output ha una distribuzio- to. I valori di X calcolati per ogni campione sono (in
ne normale con deviazione standard pari a 0.004 cm. mm) 9.22, 9.15, 9.20, 9.28, 9.19, 9.12, 9.20, 9.24, 9.17
Determinare l’intervallo di tolleranza naturale. e 9.23. I valori di R sono (in mm) 0.24, 0.17, 0.30, 0.26,
2. Un’operazione di piegatura della lamiera realizza i 0.26, 0.19, 0.21, 0.32, 0.21 e 0.23, rispettivamente.
pezzi con un angolo medio uguale a 92.1°. Il pro- (a) Determinare i valori della linea centrale e dei limiti
–
cesso è in controllo statistico e i valori dell’angolo LCL e UCL per le carte X-R. (b) Costruire le carte di
seguono una distribuzione normale con una devia- controllo riportando i valori sulle carte.
zione standard di 0.23° . La specifica di progetto 7. Sette campioni di 5 pezzi ciascuno sono stati rac-
dell’angolo è 90° ± 2. Determinare la capacità di colti da un processo di estrusione che è in controllo
processo. statistico e si è misurato il diametro del prodotto
–
3. Un processo di estrusione di plastica produce un estruso. I valori X calcolati per ogni campione sono
estruso tubolare con un diametro esterno medio (in mm) 1.002, 0.999, 0.995, 1.004, 0.996, 0.998
pari a 28.6 mm. Il processo è in controllo statistico e 1.006. I valori di R sono (in mm) 0.010, 0.011,
e l’output segue una distribuzione normale con de- 0.014, 0.020, 0.008, 0.013 e 0.017 rispettivamente.
viazione standard uguale a 0.53 mm. Determinare (a) Determinare i valori della linea centrale dei limiti
–
l’intervallo di tolleranza naturale del processo. LCL e UCL per le carte X-R. (b) Costruire le carte
4. In 12 campioni di dimensione n = 7 il valore medio di controllo e riportare i valori osservati sulle carte.
–
della media dei campioni è X = 6.860 cm per la di- 8. Per costruire una carta p si raccolgono sei campio-
–
mensione di interesse e la media dei range è R = ni di 25 pezzo ciascuno e il numero medio di difetti
0.027 cm. Determinare (a) i limiti di controllo inferio- per campione è 2.75. Determinare la linea centrale
–
re e superiore della carta X e (b) i limiti di controllo e i limiti LCL e UCL per la carta p.
inferiore e superiore per la carta R. 9. Per costruire una carta p si raccolgono dieci cam-
5. In 9 campioni di dimensione n = 10, la grande me- pioni di dimensioni uguali. Il numero totale di parti
–
dia della caratteristica di interesse è pari a X = 100, in questi dieci campioni è 900 e il numero totale di
–
mentre la media dei range risulta R = 8.5. Determi- parti difettose è 117. Determinare la linea centrale
nare (a) i limiti di controllo inferiore e superiore della e i limiti LCL e UCL per la carta p.
–
carta X e (b) i limiti di controllo inferiore e superiore 10. Si sa che in una certa operazione di lavorazione
per la carta R. del silicio per produrre circuiti integrati la resa del
Controllo di qualità e ispezione 127
processo è in media di 91% chip conformi. Il nume- livello di 5.0 sigma in tutte e tre le misure di DPM,
ro di chip per piastra è 200. Determinare la linea quanti difetti e quante unità difettose produrrà con-
centrale e i limiti LCL e UCL per la carta p che po- siderando una produzione annua di 15.000 pezzi?
trebbe essere usata per questo processo. Si supponga che si usino sempre le stesse otto
11. Dodici auto sono state ispezionate dopo l’assem- caratteristiche per valutarne la qualità.
blaggio finale. Il numero di difetti trovati varia tra 14. Il reparto di ispezione in un impianto di assem-
87 e 139 difetti per auto con una media di 116. blaggio finale di automobili ispeziona le auto che
Determinare la linea centrale e limiti LCL e UCL escono dalla linea di produzione considerando 55
per la carta c che potrebbe essere usata in questa caratteristiche di qualità ritenute importanti per la
situazione. soddisfazione del cliente. Il reparto conta il numero
12. Una fonderia che stampa pale per turbine ispezio- di difetti riscontrati ogni 100 auto, che è lo stesso
na otto caratteristiche che sono considerate criti- tipo di metrica usata da un’agenzia nazionale a di-
che per la qualità. Nel corso del mese precedente, fesa del consumatore. Nel corso di un mese, un
sono stati prodotti 1236 pezzi. Durante l’ispezione, totale di 16.582 auto sono uscite dalla catena di
sono stati rilevati 47 difetti in relazione alle otto ca- montaggio. Queste auto comprendono un totale di
ratteristiche e 29 pezzi avevano uno o più difetti. 6.045 difetti tra le 55 caratteristiche considerate,
Determinare i valori di DPMO, DPM, e DUPM in un che si traduce in 36,5 difetti ogni 100 auto. Inoltre,
programma Sei Sigma e convertire ogni valore al si sa che 1955 vetture avevano uno o più dei difetti.
suo livello sigma corrispondente. Determinare i valori di DPMO, DPM, e DUPM in un
13. Nel caso del problema precedente, se la fonderia programma Sei Sigma e convertire ogni valore al
volesse migliorare le sue prestazioni di qualità al suo livello sigma corrispondente.
II Processi di solidificazione
Fondamenti della colata
Capitolo 6
dei metalli
1
Tra le ceramiche, solo il vetro viene lavorato per solidificazione; le ceramiche tradizionali e innovative sono
lavorate attraverso processi che partono da polveri (Capitolo 11).
132 Tecnologia meccanica
si, i rischi per la sicurezza dell’uomo durante la lavorazione dei metalli alle alte tempera-
ture e i problemi ambientali non sono trascurabili.
I pezzi realizzati mediante processi di colata variano nelle dimensioni, da componenti piccoli
che pesano solo poche decine di grammi fino a prodotti di grandi dimensioni che pesano
tonnellate. Esempi di componenti realizzati mediante colata sono corone dentali, gioielli,
statue, stufe, blocchi motore e telai per autoveicoli, ruote di treni, padelle, tubi e corpi pompa.
Tutti i metalli, sia ferrosi che non ferrosi, possono essere colati.
La colata può essere utilizzata anche per altri materiali come i polimeri e le ceramiche, tuttavia, i
principi di questi sono molto diversi e ne giustificano la trattazione in capitoli successivi. Questo
capitolo e il successivo trattano esclusivamente della colata dei metalli. In questo capitolo ven-
gono discussi i concetti fondamentali applicabili sostanzialmente a tutti i processi di colata. Nel
capitolo seguente sono descritti i singoli processi di colata, insieme ad alcune problematiche di
progettazione che devono essere considerate nella realizzazione di parti con questa tecnica.
Come processo di produzione, la colata solitamente viene effettuata nelle fonderie. Una fonde-
ria è una fabbrica attrezzata per realizzare stampi, fondere e movimentare un metallo fuso, re-
alizzare il processo di colata e attuare le conseguenti operazioni di pulizia e finitura del grezzo.
I lavoratori che svolgono le operazioni di colata in queste fabbriche sono chiamati fonditori.
Canale distributore
Contenitore Staffa inferiore
Stampo
Figura 6.1 Due diverse tipologie di stampo: (a) uno stampo aperto, ovvero un semplice contenitore con la forma del pezzo e (b)
uno stampo chiuso, in cui la forma dello stampo è più complessa e richiede un sistema di colata che porta il metallo fuso alla
cavità dello stampo. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Fondamenti della colata dei metalli 133
la cavità dello stampo. Nel caso di uno stampo aperto, come quello riportato in Figura 6.1
(a), il metallo liquido viene versato semplicemente fino a riempire la cavità. In uno stampo
chiuso, come quello riportato in Figura 6.1 (b), viene realizzato un percorso, detto sistema
di colata, per consentire al metallo fuso di fluire dall’esterno dello stampo verso la cavità. Lo
stampo chiuso è di gran lunga il tipo più usato nei processi di colata industriali.
Quando il metallo fuso entra nella cavità, comincia a raffreddarsi. Quando la tempe-
ratura diventa sufficientemente bassa (ad esempio, arriva al punto di solidificazione di un
metallo puro), inizia la solidificazione. La solidificazione comporta un cambiamento di fase
del metallo. Il cambiamento di fase richiede del tempo per completarsi e il processo rilascia
una quantità considerevole di calore. È in questa fase del processo che il metallo assume la
forma solida della cavità dello stampo e molte delle sue proprietà e caratteristiche.
Una volta che il pezzo si è sufficientemente raffreddato, viene rimosso dallo stampo. A
seconda del metodo di colata, e del metallo utilizzato, possono servire delle lavorazioni ag-
giuntive. Ad esempio la tranciatura delle bave in eccesso, la pulizia della superficie, l’ispezione
del prodotto e il trattamento termico per migliorarne le proprietà. Può essere necessaria anche
una lavorazione meccanica per asportazione di truciolo (Capitolo 14) per ottenere tolleranze
più strette di certe parti funzionali o per ridurre la rugosità tipica delle superfici fuse.
I processi di colata si dividono in due grandi categorie, a seconda del tipo di stampo
utilizzato: colata in forma transitoria e colata in forma permanente. Colata in forma tran-
sitoria significa che lo stampo in cui il metallo fuso si solidifica deve essere distrutto per
rimuovere il pezzo. Queste forme possono essere fatte di sabbia, gesso o materiali simili,
uniti a leganti di vario genere. La colata in sabbia è l’esempio più importante delle colate
in forma transitoria. Nella colata in sabbia, il metallo liquido viene versato in uno stampo
di sabbia. Dopo che il metallo indurisce, lo stampo deve essere rotto per estrarre il pezzo.
Nelle colate in forma permanente, lo stampo può essere utilizzato più volte per pro-
durre diversi pezzi. Di solito è fatto di un metallo (o, meno frequentemente, anche di un
materiale ceramico refrattario) in grado di resistere alle alte temperature della colata. Nella
colata in stampo permanente, lo stampo è costituito da due (o più) parti che possono essere
aperte per consentire la rimozione del pezzo finito. La pressofusione è il processo più comu-
ne in questa categoria.
Le forme geometriche più complesse di solito si realizzano con i processi di colata
in forma transitoria, perché le geometrie utilizzate nei processi in forma permanente
sono limitate dalla necessità di aprire lo stampo dopo la solidificazione per estrarre il
grezzo. Tuttavia i processi in forma permanente presentano dei vantaggi economici se
usati per operazioni ad elevato tasso di produzione.
Per eseguire un’operazione di colata, il metallo deve essere riscaldato a una temperatura
leggermente superiore al suo punto di fusione e poi versato nella cavità dello stampo af-
finché solidifichi. In questa sezione verranno trattati i diversi aspetti di queste due fasi.
(6.1)
dove H è il calore totale necessario per aumentare la temperatura del metallo fino a
raggiungere la temperatura di colata in J, ρ è la densità in g/cm3, Cs è il calore specifico
per il metallo solido in J/g-°C, Tm è la temperatura di fusione del metallo in °C, To è la
temperatura iniziale (di solito la temperatura ambiente) in °C, Hf è il calore latente di
fusione in J/g, Cl il calore specifico del metallo liquido in J/g-°C, Tp la temperatura di
colata in °C e V il volume del metallo da riscaldare in cm3.
Fondamenti della colata dei metalli 135
L’Equazione (6.1) ha alcuni limiti a causa dei seguenti motivi: (1) il calore specifico e le
altre proprietà termiche di un metallo variano al variare della temperatura, specialmen-
te se il metallo subisce un cambiamento di fase durante il riscaldamento, (2) il calore
specifico di un metallo può essere diverso a seconda che si trovi nello stato solido o
liquido, (3) visto che la maggior parte dei metalli da fondere sono leghe e che la maggior
parte delle leghe fonde ad una temperatura compresa tra i punti di solidus e liquidus an-
ziché ad un unico punto di fusione, il calore latente di fusione non può essere calcolato
in modo così semplice come indicato, (4) i valori dei parametri usati nell’equazione non
sono facilmente disponibili per molte leghe, (5) si verificano delle significative perdite
di calore dovute all’ambiente durante il riscaldamento.
(6.2)
136 Tecnologia meccanica
(6.3)
Questa formula può essere usata per determinare la velocità del metallo fuso alla base
del canale di colata. Si posizioni il punto 1 all’inizio del canale di colata e il punto 2
alla sua base. Usando il punto 2 come piano di riferimento, l’altezza in questo punto è
zero (h2 = 0) e h1 è l’altezza del canale di colata. La velocità iniziale del metallo quando
viene versato nel bacino di inserimento è pari a zero (v1 = 0). Quindi, l’Equazione (6.3)
si semplifica ulteriormente a
(6.4)
dove v è la velocità del metallo liquido alla base del canale in cm/s, g = 981 cm/s/s, h è
l’altezza del canale in cm.
Un’altra relazione importante per la colata è la legge di continuità che stabilisce
che la portata volumetrica di un flusso è sempre costante. La portata volumetrica è pari
alla velocità moltiplicata per la sezione trasversale del canale attraversato dal liquido.
La legge di continuità può essere espressa come:
(6.5)
dove Q è la portata volumetrica del flusso in cm3/s, v è la velocità come prima, A è l’area
della sezione trasversale del canale attraversato dal liquido in cm2 e i pedici si riferi-
scono sempre a due punti qualsiasi del flusso. Quindi un aumento dell’area causa una
diminuzione della velocità e viceversa.
Le Equazioni (6.4) e (6.5) indicano che il canale di colata deve essere conico. Siccome
il metallo accelera durante la sua discesa verso il fondo del canale di colata, la sezione
trasversale del canale si deve restringere. In caso contrario, visto che la velocità del metal-
lo fuso aumenta verso la base, l’aria verrebbe aspirata nel liquido e condotta nella cavità
dello stampo. Per evitare questo problema il canale presenta una rastremazione, per cui la
portata volumetrica vA è uguale sia nella parte superiore che inferiore del canale di colata.
Supponendo che il canale di distribuzione dalla base del canale di colata fino alla
cavità di stampo sia orizzontale (e quindi l’altezza h sia uguale a quella del canale di
colata), la portata volumetrica del flusso all’ingresso della cavità dello stampo rimane
uguale a vA della base. Di conseguenza, si può stimare il tempo necessario per riempire
una cavità di uno stampo di volume V come
TMF (6.6)
Fondamenti della colata dei metalli 137
dove TMF è il tempo di riempimento dello stampo in s, V è il volume della cavità dello
stampo in cm3 e Q è la portata volumetrica del flusso come prima. Il tempo di riem-
pimento dello stampo calcolato secondo l’Equazione (6.6) deve essere considerato un
tempo minimo, perché quest’analisi non considera le perdite dovute all’attrito e le even-
tuali costrizioni del flusso nel sistema di colata. Il tempo effettivo di riempimento dello
stampo sarà quindi sempre maggiore di quello calcolato tramite l’Equazione (6.6).
Soluzione: (a) La velocità del metallo che scorre alla base del canale di colata è dato
dall’Equazione (6.4):
−−−−−−−−−−
v = √ 2(981) (20) = 198.1 cm/s
(b) La portata volumetrica è
Q = (2.5 cm2) (198.1 cm/s) = 495 cm3/s
(c) Il tempo necessario per riempire la cavità dello stampo di 1560 cm3 a questa
portata è:
TMF = 1560/495 = 3.2s
Il metallo fuso, dopo essere stato versato nello stampo, si raffredda e solidifica. In questa
sezione si esaminerà il processo fisico di solidificazione che si verifica durante la colata.
Gli aspetti legati alla solidificazione includono il tempo di solidificazione del metal-
lo, il ritiro, la solidificazione direzionale e la progettazione della materozza.
Temperatura di colata
solidificazione
Temperatura di solidificazione
Tempo F i g u r a 6 . 2 C u r va d i
solidificazione raffreddamento per un
locale metallo puro durante la
Raffreddamento colata. (Fonte: Funda-
Tempo del solido mentals of Modern Ma-
solidificazione nufacturing, 4th Edition
totale by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
Tempo & Sons, Inc.)
138 Tecnologia meccanica
Metalli puri Un metallo puro solidifica a temperatura costante pari alla sua tempera-
tura di solidificazione, che coincide con il suo punto di fusione. I punti di fusione dei
metalli puri sono ben noti (Tabella 3.10). Il processo si verifica in un certo intervallo di
tempo, come mostrato nel grafico riportato in Figura 6.2, che è detto curva di raffred-
damento. La solidificazione effettiva richiede del tempo, chiamato tempo di solidifica-
zione locale, durante il quale il calore latente del metallo viene rilasciato nello stampo
circostante. Il tempo di solidificazione totale è il tempo che intercorre tra la colata e
la solidificazione completa. Al termine della solidificazione, il raffreddamento continua
ad un tasso indicato dalla pendenza della curva di raffreddamento.
Grazie all’azione di raffreddamento della parete dello stampo, immediatamente dopo
la colata si forma uno strato sottile di metallo solido sulla parete. Lo spessore dello strato
aumenta formando un guscio intorno al metallo fuso man mano che la solidificazione
progredisce verso il centro della cavità. Il tasso al quale procede la solidificazione dipende
sia dal trasferimento di calore nello stampo sia dalle proprietà termiche del metallo.
È interessante esaminare la formazione e la crescita dei grani metallici durante questo
processo di solidificazione. Il metallo che forma lo strato iniziale si raffredda velocemente
a causa della rapida sottrazione di calore esercitata dalla parete dello stampo. Questa azione
di raffreddamento fa sì che i grani nella parte esterna siano fini e orientati in modo casuale.
Man mano che il raffreddamento continua, la crescita e la formazione di nuovi grani conti-
nua in direzione opposta rispetto a quella di trasferimento del calore. Poiché il trasferimento
del calore avviene attraverso lo strato solido e la parete dello stampo, i grani crescono verso
il centro dello stampo in forma di aghi o spine di metallo solido. Man mano che questi aghi
si ingrandiscono, si formano delle ramificazioni laterali che quando crescono causano la
formazione di altri rami perpendicolari ai primi. Questo tipo di crescita dei grani viene indi-
cato come crescita dendritica e si verifica non solo nel raffreddamento dei metalli puri, ma
anche nelle leghe. Queste strutture ad albero vengono progressivamente riempite di metallo
solidificato per il continuo deposito di metallo aggiuntivo fino alla completa solidificazione
della dendrite. I grani risultanti da questa crescita dendritica assumono un orientamento
specifico, tendenzialmente a grana grossa e ad allineamento colonnare rispetto al centro del
getto. La formazione risultante è illustrata in Figura 6.3.
Temperatura
Soluzione liquida Temperatura di colata
Raffreddamento liquido
Inizio della solidificazione
Fine della
solidificazione
Temperatura
Raffreddamento
Tempo di solido
Soluzione solida solidificazione
totale
Tempo
% Rame
Figura 6.4 (a) Diagramma di fase per una lega rame-nichel e (b) curva di raffreddamento associata
alla composizione 50% Ni-50% Cu durante la colata. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufactu-
ring, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
zona pastosa. A seconda delle condizioni del raffreddamento, la zona pastosa può essere
relativamente stretta, o può estendersi alla maggior parte della colata. Quest’ultima con-
dizione è causata da fattori come il trasferimento lento del calore dal metallo caldo verso
l’esterno e dalle grandi differenze tra le temperature di liquidus e solidus. Gradualmente
anche le isole liquide nella matrice dendritica si solidificano man mano che la temperatura
scende al di sotto della temperatura di solidus.
Un altro fattore che complica la solidificazione delle leghe è che all’inizio le dendriti si for-
mano nel metallo che ha il punto di fusione più elevato. Man mano che prosegue la solidifica-
zione e le dendriti crescono, si sviluppa uno squilibrio nella composizione tra il metallo che si
è solidificato e il metallo fuso rimanente, che si manifesta alla fine del processo nel fenomeno
della segregazione degli elementi. La segregazione è di due tipi, microscopica e macroscopica.
A livello microscopico, la composizione chimica è diversa per ogni singolo grano. Ciò è dovu-
to al fatto che le ramificazioni iniziali delle dendriti contengono una quantità maggiore di uno
degli elementi della lega. Quando la dendrite si espande nel suo intorno, è costretta a usare il
metallo liquido rimanente che risulta parzialmente impoverito del primo componente. Infine,
l’ultima parte di metallo che solidifica in ogni grano è quella che era rimasta intrappolata dai
rami della dendrite, che presenta una composizione fortemente diversa. Alla fine si ha una
variazione nella composizione chimica tra i singoli grani del pezzo finale.
A livello macroscopico, la composizione chimica varia lungo tutta la colata. Poiché
le regioni che solidificano prima (quelle esterne, vicino alle pareti dello stampo) con-
tengono maggiore presenza di un componente rispetto all’altro, la lega fusa rimanente Figura 6.5 Struttura dei
risulta privata di tale componente per il tempo che occorre a solidificarsi. Pertanto si grani caratterista di una
forma una macro segregazione visibile attraverso la sezione trasversale del getto, chia- colata di una lega, che
mata anche segregazione a lingotto, come illustrato in Figura 6.5. mostra la segregazio-
ne dei componenti della
lega al centro della co-
Leghe eutettiche Le leghe eutettiche si comportano in modo diverso rispetto alla lata. (Fonte: Fundamen-
modalità standard di solidificazione delle altre leghe. Una lega eutettica è una lega con tals of Modern Manu-
composizione particolare per cui il solidus e il liquidus sono alla stessa temperatura. facturing, 4th Edition by
Quindi la solidificazione avviene a una temperatura costante (chiamata temperatura Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il per-
eutettica) anziché in un intervallo di temperature. Esempi di leghe eutettiche usate nel- messo di John Wiley &
le colate sono le leghe alluminio-silicio (11,6% Si) e la ghisa (4,3% C). Sons, Inc.)
140 Tecnologia meccanica
TTS (6.7)
dove TTS è il tempo di solidificazione totale in minuti, V è il volume del getto in cm3, A è
la superficie del getto in cm2, n è un esponente di solito pari a 2 e Cm è la costante dello
stampo. Dato che n = 2, le unità di misura di Cm sono in min/cm2. Il suo valore dipende
dalle condizioni specifiche della colata, compreso il materiale dello stampo (per esempio il
suo calore specifico e la sua conducibilità termica), le proprietà termiche del metallo colato
(per esempio il suo calore latente di fusione, il suo calore specifico e la sua conducibilità
termica) e la temperatura a cui viene effettuata la colata in relazione al punto di fusione del
metallo. Il valore di Cm per una specifica colata può essere determinato sulla base di dati
sperimentali di operazioni precedenti eseguite utilizzando lo stesso materiale per lo stam-
po, lo stesso metallo e la stessa temperatura di colata, anche con forme diverse del pezzo.
La regola Chvorinov dice che una colata con un rapporto volume-superficie maggiore
si raffredda e solidifica più lentamente di una con un rapporto inferiore. Questo principio
si usa nella progettazione delle materozze negli stampi. Per svolgere la sua funzione di ali-
mentare la cavità principale con il metallo fuso, il metallo nella materozza deve rimanere
nella fase liquida più a lungo di quello nello stampo. In altre parole, il TTS della materozza
deve essere maggiore del TTS della colata principale. Poiché le condizioni dello stampo e
della materozza sono uguali, le loro costanti di stampo sono uguali. La materozza deve
essere progettata per avere un elevato rapporto volume-superficie, per essere sicuri che la
colata principale solidifichi prima e per riuscire quindi a minimizzare gli effetti di ritiro.
Prima di considerare come progettare la materozza usando la regola di Chvorinov, analiz-
ziamo il fenomeno del ritiro, che è la ragione per cui sono necessarie le materozze.
6.3.3 Ritiro
La nostra discussione sulla solidificazione ha finora tralasciato l’importanza del ritiro che
si verifica durante il raffreddamento e la solidificazione. Il ritiro avviene in tre fasi: (1)
contrazione del liquido, durante il raffreddamento prima della solidificazione; (2) con-
trazione, durante il cambiamento di fase da liquido a solido, chiamato ritiro di solidifi-
cazione e (3) contrazione termica del pezzo fuso solidificato durante il raffreddamento,
sino a temperatura ambiente. Le tre fasi possono essere spiegate facendo riferimento ad
una colata cilindrica realizzata in uno stampo aperto, come quella mostrata in Figura 6.6.
Il metallo fuso appena versato è mostrato nell’immagine (0). La contrazione del metallo
liquido durante il raffreddamento dalla temperatura di colata alla temperatura di inizio
solidificazione provoca una riduzione dell’altezza del liquido come mostrato nell’immagi-
ne (1). Questa quantità di contrazione del liquido è intorno allo 0.5%. Il ritiro di solidifica-
zione, mostrato nell’immagine (2), ha due effetti: il primo causato dalla contrazione, che
provoca un’ulteriore riduzione dell’altezza, il secondo che consiste nella riduzione della
quantità di metallo liquido a disposizione per alimentare la porzione centrale nella parte
alta del getto. Questa è di solito l’ultima regione che si solidifica e l’assenza di metallo
crea un vuoto in questa posizione. Questa cavità dovuta al ritiro è chiamata cono di ritiro
dai fonditori. Una volta solidificato, il pezzo subisce un’ulteriore contrazione in altezza
e diametro durante il raffreddamento, come mostrato nell’immagine (3). Questo ritiro è
Fondamenti della colata dei metalli 141
determinato dal coefficiente di dilatazione termica del metallo solido, che in questo caso
è applicato al contrario per determinare la contrazione.
Il ritiro di solidificazione avviene in quasi tutti i metalli perché la fase solida ha una
densità maggiore rispetto alla fase liquida. La trasformazione di fase che accompagna
la solidificazione provoca una riduzione del volume per unità di peso del metallo. La
ghisa rappresenta un’eccezione perché contiene un alto contenuto di carbonio, la cui
solidificazione durante le fasi finali del congelamento è caratterizzata da una fase di
grafitizzazione; questa che si traduce in un’espansione che tende a contrastare la ri-
duzione volumetrica associata al cambiamento di fase [7]. Si può compensare il ritiro
di solidificazione in diversi modi a seconda della tipologia di processo di colata. Nella
colata in sabbia, il metallo liquido viene alimentato per mezzo delle materozze. Nella
pressofusione, il metallo fuso viene applicato sotto pressione.
I costruttori dei modelli gestiscono il ritiro in fase solida aumentando le dimensio-
ni dello stampo. La quantità di cui lo stampo viene ingrandito è chiamata tolleranza
di ritiro del modello. Anche se il ritiro è volumetrico, le dimensioni del grezzo sono
espresse linearmente, quindi le tolleranze devono essere applicate di conseguenza. Per
questo motivo si usano dei “metri di ritiro” speciali, con scale leggermente allungate,
per costruire i modelli e gli stampi di dimensioni più grandi rispetto alle dimensioni
del pezzo reale. La Tabella 6.1 elenca i valori tipici di ritiro lineare per diversi metalli
in fase solida: questi valori possono essere utilizzati per dimensionare correttamente
le dimensioni dei modelli nelle forme transitorie o la cavità dello stampo nelle forme
permanenti.
Riduzione di livello
Livello di partenza
dovuta alla contrazione
del metallo fuso
del liquido
appena versato
Figura 6.6 Contrazione
di un getto cilindrico du-
Solidificazione rante la solidificazione
iniziale ai bordi e il raffreddamento: (0)
Metallo fuso
dello stampo livello iniziale del metal-
lo fuso appena versato;
(1) riduzione del livello di
metallo fuso causata dal-
la contrazione del liquido
durante il raffreddamen-
to; (2) riduzione in altezza
e formazione della cavità
di ritiro causate dal ritiro
di solidificazione; (3) ulte-
Riduzione in altezza riore riduzione in altezza
Contrazione termica
dovuta al ritiro e diametro a causa della
in fase solida
di solidificazione contrazione termica du-
rante il raffreddamento
del metallo solido. Per
Cavità maggior chiarezza, le di-
di ritiro mensioni delle riduzioni
Metallo fuso sono volutamente esage-
rate nelle immagini. (Fon-
Metallo solido te: Fundamentals of Mo-
dern Manufacturing, 4th
Edition by Mikell P. Gro-
over, 2010. Ristampato
con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
142 Tecnologia meccanica
TABELLA 6.1 Tipici valori di ritiro lineare per diversi metalli fusi a causa della contrazione termica in fase solida.
Soluzione: In primo luogo, determiniamo il rapporto V/A per la piastra. Il suo volume
è V = 7.5 cm x 12.5 cm x 2.0 = 187.5 cm3 e la sua superficie è A = 2 (7.5 cm x 12.5 cm
+ 7.5 cm x 2.0 cm + 12.5 cm x 2.0 cm) = 267.5 cm2. Dato che TTS =1.6 min, siamo in
grado di determinare la costante di stampo Cm nell’Equazione (6.7), usando un valore
di n = 2:
TTS 1.6
Cm = = = 3.26 min/cm2
(V/A)2 (187.5/267.5)2
Poi dobbiamo progettare la materozza in modo che il suo tempo di solidificazione
totale sia 2.0 min, utilizzando lo stesso valore di costante dello stampo Cm. Il volume
della materozza è dato da:
πD2h
V=
4
2πD 2
e la superficie A è data da: A = πDh +
4
Dato che stiamo usando un rapporto D/H pari a 1.0, allora significa che D= H.
Sostituendo D in H nelle formule di volume e di superficie, otteniamo
V = πD 3/4
e
A = πD2 + 2 πD2/4 = 1.5 πD 2
Quindi il rapporto V/A è pari a D/6. Utilizzando questo rapporto nell’equazione Chvo-
rinov, otteniamo
D
TTS = 2.0 = 3.26 = 0.09056 D2
6
D 2 = 2.0/0.09056 = 22.086 cm2
D = 4.7 cm
Dato che H=D, si ha che anche H è uguale a 4.7 cm.
Bibliografia
[1] Amstead, B. H., Ostwald, P. F., and Begeman, M. L. Manufacturing Processes. John Wiley
& Sons, Inc., New York, 1987.
144 Tecnologia meccanica
Domande di ripasso
1. Elencare i vantaggi più importanti dei processi di colata. 8. Cosa si intende con il termine di surriscaldamento?
2. Quali sono i limiti e gli svantaggi dei processi di co- 9. Perché si deve evitare il flusso turbolento del me-
lata? tallo fuso nello stampo?
3. Come si chiama una fabbrica dove si eseguono pro- 10. Qual è la legge di continuità e come si applica al
cessi di colata? flusso di metallo fuso durante la colata?
4. Qual è la differenza tra uno stampo aperto e uno 11. Che cosa si intende per calore latente di fusione?
stampo chiuso? 12. In cosa si differenzia la solidificazione delle leghe
5. Elencare i due tipi di stampi di base che contraddi- rispetto alla solidificazione dei metalli puri?
stinguono i processi di fusione. 13. Cos’è una lega eutettica?
6. Qual è il processo di fusione più importante com- 14. Cos’è la regola Chvorinov?
mercialmente? 15. Elencare i tre tipi di ritiro che subisce un metallo
7. Qual è la differenza tra un modello e un’anima nelle fuso dopo essere stato versato nello stampo.
forme in sabbia?
Problemi
zione trasversale nella parte superiore del canale di
1. Il canale di colata che conduce al canale di distribu- colata è 800 mm2 e la sua lunghezza 175 mm. Che
zione di una certa forma in terra ha una lunghezza di area deve essere usata alla base del canale di colata
175 mm. L’area della sezione trasversale alla base per evitare l’aspirazione del metallo fuso?
del canale è di 400 mm2. La cavità della forma ha 3. Un metallo fuso può essere versato nel bacino di co-
un volume di 0,001 m 3. Determinare (a) la velocità lata di una forma in sabbia ad una velocità costante di
del metallo fuso che scorre attraverso la base del 1000 cm3/s. Il metallo fuso scorre attraverso il bacino
canale di colata, (b) la portata volumetrica e (c) il ed entra nel canale di colata. La sezione trasversale
tempo necessario per riempire la cavità della forma del canale di colata è rotonda, con un diametro su-
in sabbia. periore pari a 3.4 cm. Sapendo che il canale è lungo
2. La velocità di flusso del metallo liquido nel canale di 25 cm, determinare la sezione alla base in modo da
colata di una forma in sabbia è 1 l/s. L’area della se- mantenere la stessa portata volumetrica.
Fondamenti della colata dei metalli 145
4. Determinare il metro del fonditore da usare nella 8. Trovare il tempo di solidificazione totale del pro-
progettazione di modelli in ghisa bianca. Utilizzan- blema precedente, usando per n un valore pari a
do il valore di ritiro riportato in Tabella 6.1, esprime- 1.9 nella regola Chvorinov invece che a 2.0. Quali
re la risposta in termini di frazione decimali di polli- aggiustamenti occorre effettuare nelle unità della
ci di allungamento per piede di lunghezza rispetto costante dello stampo?
ad una scala standard di un piede. 9. Si deve effettuare la colata di un disco di alluminio.
5. Determinare il metro del fonditore che deve es- Il diametro del disco è di 500mm e lo spessore di
sere usata nella progettazione di modelli per la 20 mm. Se la costante dello stampo è 2,0 sec/mm2
pressofusione dello zinco. Utilizzando il valore di nella regola Chvorinov, quanto tempo impiegherà il
ritiro riportato in Tabella 6.1, esprimere la rispo- grezzo a solidificare?
sta in termini di decimi di mm di allungamento per 10. Da esperimenti eseguiti utilizzando una certa lega
300 mm di lunghezza rispetto ad una scala stan- e un certo tipo di forma in sabbia, un grezzo dalla
dard di 300 mm. forma di un cubo impiega 155 sec a solidificare. Il
6. Si deve effettuare la colata di una piastra in uno lato del cubo misura 50 mm. (a) Determinare il va-
stampo aperto il cui fondo ha una forma quadrata lore della costante dello stampo nella regola Chvo-
di 200 mm per 200 mm. Lo stampo è profondo 40 rinov. (b) Usando la stessa lega e lo stesso stam-
mm. Un totale di 1,000,000 mm3 di alluminio fuso po, trovare il tempo totale di solidificazione per un
viene colato nello stampo. Si sa che il ritiro volu- grezzo cilindrico in cui il diametro è pari a 30 mm e
metrico di solidificazione è pari al 6.0%. La Tabella la lunghezza 50 mm.
6.1 riporta che il ritiro lineare a causa della solidi- 11. Bisogna confrontare i tempi di solidificazione totale di
ficazione termica dopo la solidificazione è pari a tre forme: (1) una sfera, (2) un cilindro il cui rapporto
1.3%. Determinare la dimensione effettiva finale lunghezza-diametro è pari a 1.0 e (3) un cubo. Per tut-
della piastra, sapendo che la disponibilità del me- ti e tre il volume è 1000 cm3 e si usa la stessa lega. (a)
tallo fuso nello stampo permette di mantenere le Determinare i tempi di solidificazione per ogni forma.
sue dimensioni originali di 200 mm × 200 mm fino (b) Sulla base dei risultati del punto (a), determinare
al completamento della solidificazione. quale forma geometrica è più adatta per una mate-
7. In una colata di acciaio in certe condizioni dello rozza. (c) Sapendo che la costante dello stampo è 3.5
stampo, sulla base di precedenti esperienze si sa min/cm2 nella regola di Chvorinov, calcolare il tempo
che la costante di stampo nella regola di Chvorinov totale di solidificazione per ogni grezzo.
è pari a 4.0 min/cm2. La colata riguarda una piastra 12. Si deve usare una materozza cilindrica per una for-
piana la cui lunghezza è 30 cm, la larghezza 10 cm ma in sabbia. Determinare, per un dato volume della
e lo spessore 20 mm. Determinare il tempo neces- materozza cilindrica, il rapporto diametro-lunghez-
sario per la solidificazione. za tale da massimizzare il tempo di solidificazione.
Processi di colata
Capitolo 7
A seconda del tipo di forma utilizzata, i processi di colata si dividono in due categorie:
(1) colata in forma transitoria e (2) colata in forma permanente. Nei processi di colata
in forma transitoria, la forma, dopo essere stata utilizzata, viene distrutta per estrarre il
grezzo. I tassi di produzione di questa categoria, quindi, non sono tanto limitati dal tempo
impiegato per ottenere il grezzo stesso, ma dal tempo necessario per preparare la for-
ma, dato che per ogni grezzo è necessaria una forma nuova. Tuttavia per alcuni compo-
nenti realizzati in forme in sabbia, il tasso di produzione può superare i 400 pezzi all’ora,
considerando sia la produzione delle forme che l’ottenimento dei grezzi. Nei processi
di colata in forma permanente, lo stampo è realizzato in metallo (o in un altro materiale
maggiormente durevole) e può essere usato per più colate. Tali processi presentano
intrinseci vantaggi in termini di tassi di produzione più elevati.
I processi di colata descritti in questo capitolo sono suddivisi in (1) colata in sabbia, (2)
altri processi di colata in forma transitoria e (3) processi di colata in forma permanente.
Nel seguito, vengono descritte le attrezzature e le procedure usate nelle fonderie e quin-
di vengono trattati gli argomenti relativi ai controlli e alla qualità. Nell’ultima sezione sono
presentate alcune considerazioni sulla progettazione del prodotto realizzato mediante
processi di colata.
Realizzazione
Realizzazione
dell’anima
del modello
(se necessaria)
Preparazione Realizzazione
Sabbia
della sabbia della forma
Rimozione
Metallo Solidificazione Pulitura Pezzo
Fusione Colata della forma in
crudo e raffreddamento e ispezione finito
sabbia
Figura 7.1 Fasi del processo di produzione nella colata in sabbia. Le fasi includono non solo l’operazione di colata, ma anche
la preparazione del modello e della forma. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Sistema
di colata
Modello della
piastra inferiore
Figura 7.2 Tipi di modelli usati nella colata in sabbia: (a) pezzo unico, (b) modello diviso, (c) modello su piastra, (d) modello
su due piastre superiore e inferiore. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Processi di colata 149
I modelli divisi in due parti, invece, sono composti da due parti, che dividono il
pezzo da produrre lungo un piano coincidente con la linea di separazione della for-
ma. Tali modelli sono più adatti per realizzare geometrie complesse e quantitativi di
produzione medio-alti. Visto che la linea di separazione della forma è predeterminata
dalle due metà del modello, non è necessario ricorrere al giudizio dell’operatore per
determinarla.
Per quantitativi di produzione più elevati, vengono usati i modelli su piastra. Nei
modelli a piastra i due pezzi del modello sono fissati ai lati opposti di una piastra di
legno o metallo. I fori presenti nella piastra consentono di allineare perfettamente la
parte superiore e quella inferiore. I modelli su due piastre sono simili al precedente con
la sola differenza che le due metà sono fissate a piastre diverse, in modo da poter essere
fabbricate indipendentemente. La Figura 7.2(d) mostra un esempio di modello su due
piastre, che include anche i sistemi di colata e delle materozze.
Il modello serve a definire la forma delle superfici esterne del grezzo. Se il pezzo da
produrre ha delle superfici interne, occorre realizzare anche il modello della cosiddetta
anima. L’anima rappresenta il modello delle superfici interne ed è inserita nella cavità
dello stampo prima della colata, in modo che il metallo fuso possa scorrere e solidifi-
care tra essa e la cavità di stampo per formare sia le superfici esterne sia quelle interne.
L’anima di solito è fatta di sabbia modellata nella cassa d’anima. Come per il modello,
la dimensione effettiva dell’anima deve considerare il ritiro volumetrico in fase di so-
lidificazione e le successive lavorazioni meccaniche. A seconda della geometria del
pezzo, l’anima può richiedere o meno dei supporti per essere tenuta in posizione nella
cavità della forma durante la colata. Questi supporti, chiamati perni di supporto, sono
realizzati in un metallo con temperatura di fusione superiore a quella del metallo colato.
Per esempio, per grezzi in ghisa possono essere utilizzati perni di supporto in acciaio.
Durante la solidificazione, i supporti vengono inglobati nel pezzo. Un esempio di dispo-
sizione di anima in uno stampo usando i perni di supporto è rappresentato in Figura 7.3.
Le porzioni dei supporti sporgenti dal pezzo vengono successivamente tagliate.
Canale di colata
Linea di divisione
Stampo
Cavità
Figura 7.3 (a) Anima tenuta in posizione nella cavità dello stampo attraverso i perni di supporto, (b) esempi di possibili perni
di supporto (c) grezzo con una cavità interna. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
150 Tecnologia meccanica
altre proprietà della sabbia, come la dimensione dei grani, la distribuzione dei grani di
diversa dimensione nella miscela, e la forma dei singoli grani. Una granulometria fine
permette una migliore finitura superficiale del pezzo, ma se i grani hanno dimensione
maggiore, l’impasto risulta più permeabile (per la fuoriuscita del gas durante la colata).
Forme fatte con grani di forma irregolare tendono a essere più robusti di forme a grani
rotondi per via della maggior facilità di compattamento, anche se un alto livello di com-
pattamento tende a limitare la permeabilità.
Nella realizzazione della forma, i grani di sabbia sono legati tra loro da una mi-
scela di acqua e argilla. Una tipica miscela si ottiene mettendo il 90% del volume di
sabbia, 3% di acqua e 7% di argilla. Al posto dell’argilla si possono usare anche altri
leganti, come le resine organiche (per esempio le resine fenoliche) o leganti inorganici
(per esempio il silicato di sodio e fosfato). Oltre alla sabbia e al legante, possono essere
aggiunti degli additivi per migliorare le proprietà di robustezza e/o permeabilità della
forma.
Per formare la cavità della forma, il metodo tradizionale consiste nel compattare in
un contenitore la sabbia intorno al modello. La ricopertura può essere eseguita in vari
modi. Il metodo più semplice è la pigiatura a mano, eseguita da un operatore. Si possono
utilizzare, inoltre, sistemi automatizzati di formatura. Tali sistemi funzionano secondo
diversi meccanismi, per esempio (1) la compressione della sabbia intorno al modello
mediante pressione pneumatica, (2) l’azione di scuotimento in cui la sabbia nel conteni-
tore viene compattata mediante vibrazione attorno al modello e (3) il getto dei grani di
sabbia sul modello ad alta velocità.
In alternativa ai metodi tradizionali che usano le staffe di formatura, si può utiliz-
zare la formatura “senza staffe”, che consiste nell’usare un unico stampo master in un
sistema di produzione automatizzato. Ogni forma di sabbia viene prodotta utilizzando
lo stampo master. Usando questo metodo automatico è possibile raggiungere velocità di
produzione fino a 600 stampi all’ora [8].
Per determinare la qualità della forma in sabbia si possono utilizzare diversi indi-
catori [7]: (1) la robustezza, cioè la capacità della forma di mantenere la sua forma e
resistere all’erosione causata dal flusso di metallo fuso; tale indicatore dipende dalla
forma del grano di sabbia e dalle proprietà adesive del legante; (2) la permeabilità,
cioè la capacità della forma di lasciar fuoriuscire l’aria calda e i gas prodotti durante
la colata attraverso i micro-vuoti nella sabbia; (3) la stabilità termica, cioè la capacità
della sabbia sulla superficie della cavità della forma di resistere all’incrinatura e alla
frantumatura a contatto con il metallo fuso; (4) la cedevolezza, cioè la capacità della
forma di cedere e permettere al grezzo di contrarsi senza rompersi, o anche la facilità
di rimozione della sabbia dal pezzo durante la pulitura, e (5) la riutilizzabilità, cioè la
possibilità di riutilizzare la sabbia per altre fusioni. Queste grandezze possono essere
talvolta incompatibili tra loro, occorre allora raggiungere un buon punto di equilibrio
in funzione delle applicazioni. Per esempio, una forma con alti valori di robustezza sarà
meno cedevole.
Le forme in sabbia si dividono nelle seguenti categorie: forme in sabbia al verde,
forme in sabbia essiccata. Le forme in sabbia al verde sono costituite da una miscela di
sabbia, argilla e acqua. Sono dette verdi perché la forma contiene una certa percentuale
di umidità. Le forme in sabbia al verde presentano una buona robustezza (sufficiente
per la maggior parte delle applicazioni), buoni valori di cedevolezza, permeabilità e
riusabilità e sono le meno costose. Sono le forme più utilizzate, anche se non sono esenti
dai problemi. Infatti l’umidità presente nella sabbia può causare dei difetti nei pezzi a
seconda del tipo di metallo usato e dalla geometria. Le forme in sabbia a secco sono
realizzate con leganti organici al posto dell’argilla e la forma è cotta in forno a tempe-
rature comprese fra i 200°C e i 320°C (400°F e 600°F) [8]. La cottura in forno rafforza
Processi di colata 151
7.1.3 Colata
Dopo aver posizionato l’anima (se presente) e aver serrato insieme le due metà dello
stampo, si può procedere con la colata. Essa consiste nelle operazioni di versamento, so-
lidificazione e raffreddamento (come descritto nelle sezioni 5.2 e 5.3). I sistemi di colata
e di alimentazione devono essere inseriti nello stampo per poter immettere il metallo
liquido nella cavità e fornire un sufficiente serbatoio di metallo fuso per il ritiro durante
la solidificazione. Bisogna anche garantire che l’aria e il gas possano fuoriuscire.
Dopo la solidificazione e il raffreddamento, la forma di sabbia viene rotta per estrarre
il grezzo. Successivamente, il grezzo viene pulito, cioè si eliminano i sistemi di colata e di
alimentazione, la sabbia viene rimossa dalla superficie e il grezzo ispezionato.
Modello
riscaldato
Sabbia
con Contenitore
legante Guscio
di resina
Due
semi-gusci Graniglia
di metallo
Contenitore
Morsetto
Figura 7.4 Fasi nel processo shell molding: (1) un modello su piastra di metallo viene riscaldato e posto sopra un contenitore
contenente sabbia miscelata con resina termoindurente; (2) il contenitore viene capovolto in modo che la sabbia mista a resina
vada a contatto del modello caldo, creando un guscio duro; (3) il contenitore è rimesso nella sua posizione originaria in modo
che le particelle sciolte, che non si sono indurite, si distacchino; (4) il guscio viene riscaldato in forno per alcuni minuti per com-
pletare l’indurimento; (5) il guscio viene rimosso dal modello; (6) le due metà del guscio sono sostenute in un contenitore per
mezzo di sabbia o graniglia metallica e poi si effettua la colata. Il grezzo così ottenuto dopo aver eliminato il canale di colata è
mostrato in (7). (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il per-
messo di John Wiley & Sons, Inc.)
Sabbia compattata
attorno al modello
Figura 7.5 Processo di colata in polistirolo espanso: (1) il modello in polistirolo è rivestito con un composto refrattario; (2) il
modello viene posizionato nel contenitore dello stampo e si compatta la sabbia attorno a esso; (3) si versa il metallo fuso nella
parte del modello corrispondente al bacino di immissione e al canale di colata. Quando il metallo entra nello stampo, il polistiro-
lo espanso si vaporizza, permettendo così il riempimento della cavità della forma. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufactu-
ring, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Per pezzi unici, il polistirene è tagliato manualmente da grandi fogli e assemblato per
formare il modello. Per grandi quantità, si possono utilizzare processi di stampaggio
automatizzato dei modelli prima di effettuare la colata. Il modello è normalmente ri-
vestito con un composto refrattario per fornire una superficie liscia e migliorare la sua
resistenza alle alte temperature. Le sabbie usate per le forme di solito utilizzano degli
agenti leganti. In alcuni casi si utilizza anche della sabbia priva di leganti per favorirne
il recupero e il riutilizzo.
Un vantaggio significativo di questo processo è che il modello non deve essere
rimosso dalla forma, fatto che semplifica e accelera la costruzione degli stessi. Per
una forma convenzionale in sabbia al verde occorre definire le due metà della forma,
identificare la linea di separazione, aggiungere gli angoli di sformo, inserire le anime
e aggiungere i sistemi di colata e alimentazione. Per un modello in polistirolo espanso,
questi passi sono integrati nel modello stesso. Visto che a ogni colata è necessario un
modello, il rendimento della colata in polistirolo espanso dipende in gran parte dal costo
di produzione dei modelli. Questo processo è stato applicato alla produzione di massa
di componenti di motori per automobili, in cui si utilizzano sistemi automatizzati per
realizzare i modelli in polistirolo.
7.2.3 Microfusione
Nella microfusione, un modello in cera viene rivestito da un materiale refrattario per
creare un guscio. Il modello poi si scioglie prima della colata del metallo fuso. Il termi-
ne inglese usato per definire questa tecnica è casting e deriva da una delle definizioni
meno familiari della parola invest, che è quella di “ricoprire completamente”, riferen-
dosi al rivestimento del materiale refrattario attorno alla modello di cera. Si tratta di un
processo di fusione di precisione, in quanto in grado di produrre colate ad alto grado di
precisione e di dettaglio. Il processo risale all’antico Egitto ed è anche conosciuto come
colata a cera persa, poiché il modello in cera fuoriesce dallo stampo prima della colata.
Le fasi della colata a cera persa sono descritte in Figura 7.6. Poiché il modello in
cera si scioglie dopo aver creato il guscio ceramico, occorre creare un nuovo modello
per ogni colata. La produzione dei modelli in cera è fatta solitamente attraverso un
processo di formatura che prevede di versare o iniettare la cera fusa in una stampo,
realizzato secondo le dimensioni corrette per il ritiro sia della cera che del metallo
154 Tecnologia meccanica
Canale di
colata in cera
Modello
in cera
Calore
Cera
Figura 7.6 Fasi del processo microfusione: (1) si fabbricano i modelli in cera; (2) si collegano diver-
si modelli a un canale di colata formando un modello ad albero (grappolo); (3) il grappolo viene rive-
stito con un sottile strato di materiale refrattario; (4) si crea il guscio refrattario rivestendo il grappo-
lo con sufficiente materiale refrattario da renderlo rigido; (5) il guscio viene capovolto e riscaldato
per fondere la cera e consentire la sua fuoriuscita dalla cavità; (6) il guscio viene preriscaldato a
una temperatura elevata, per eliminare tutti gli agenti contaminanti e consentire al metallo fuso di
scorrere più facilmente nella cavità; il metallo fuso viene colato e poi si solidifica; (7) il guscio viene
rotto e si estrae il pezzo finito, separando le varie parti dal canale di colata. (Fonte: Fundamentals
of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
colato. Nel caso in cui il pezzo presenti una geometria più complicata, il modello viene
costruito unendo diversi pezzi di cera. Per i lotti produttivi elevati, più modelli in cera
sono collegati a un canale di colata centrale, sempre di cera, a formare un modello ad
albero, rappresentante la geometria che sarà riempita dalla colata.
Il ricoprimento con materiale refrattario (fase 3) di solito avviene immergendo il grappolo
di cera in un impasto di silice a grana molto fine o di altro materiale refrattario (in polvere)
misto a gesso. La granulometria ridotta del materiale refrattario fornisce una superficie liscia e
riproduce i dettagli più fini del modello in cera. Il guscio finale (fase 4) si ottiene immergendo
ripetutamente il grappolo nell’impasto o compattando delicatamente l’impasto intorno a esso.
Poi il guscio è lasciato ad asciugare all’aria per circa 8 ore affinché si indurisca.
I vantaggi della colata a cera persa sono: (1) la possibilità di realizzare pezzi molto
complessi e precisi, (2) la possibilità di raggiungere un buon controllo dimensionale e
una buona tolleranza (± 0,075 mm), (3) la possibilità di ottenere una buona finitura su-
perficiale, (4) la possibilità di poter recuperare la cera per un nuovo utilizzo e (5) il fatto
che di solito non sono necessarie lavorazioni successive per rifinire il pezzo, trattandosi
di un processo near net shape. Tuttavia si tratta di un processo relativamente costoso,
perché richiede molte operazioni spesso manuali. Di solito i pezzi da realizzare sono
Processi di colata 155
di piccole dimensioni, anche se la microfusione è stata usata con successo anche per
realizzare pezzi con geometrie complesse e peso fino a 34 kg.
Tutti i tipi di metalli, compresi gli acciai al carbonio, gli acciai inossidabili e altre
leghe ad alta temperatura possono essere colati in microfusione. Vari oggetti possono
essere realizzati con questa tecnica, come componenti meccanici complessi, le palette o
altri componenti dei motori a turbina, i gioielli e le protesi dentali. La Figura 7.7 illustra
una forma piuttosto complessa che può essere realizzata con la microfusione.
di circa il 50% di sabbia miscelata con gesso, il riscaldamento della forma in autoclave
(un forno che utilizza vapore surriscaldato sotto pressione) e poi l’asciugatura. La forma
risultante ha una permeabilità decisamente superiore a un tradizionale forma di gesso.
Le forme in gesso non sono in grado di sopportare le temperature elevate sopportate
dalle forme in sabbia. Sono pertanto limitati a metalli a basso punto di fusione, come le-
ghe di alluminio, magnesio e alcune leghe di rame. Le applicazioni comprendono stampi
per plastica e gomma, pompe, turbine e altre parti a geometria relativamente complessa.
Le dimensioni dei pezzi variano da circa 20 g a più di 100 kg, ma quelle più comuni sono
di peso inferiore a 10 kg. I vantaggi delle colate in gesso sono la buona finitura superficia-
le, la buona accuratezza dimensionale, e la possibilità di realizzare sezioni sottili.
La colata in ceramica è simile a quella in gesso, solo che la forma è fatta di ma-
teriali ceramici refrattari in grado da sopportare temperature più elevate del gesso. La
colata in ceramica può quindi essere usata per acciai, ghise e altre leghe ad alta tempe-
ratura. Le sue applicazioni sono simili a quelle della colata in gesso (parti relativamente
complesse), così come i suoi vantaggi (buona precisione e finitura).
Sezione
mobile Sezione fissa
dello dello stampo
Cilindro idraulico stampo
per aprire e chiudere
lo stampo Ugello Cavità
del distaccante
Anima
Figura 7.8 Fasi del processo di colata in forma permanente: (1) lo stampo viene preriscaldato e spruzzato di distaccante; (2)
dopo aver inserito l’anima (se utilizzata), lo stampo viene chiuso; (3) il metallo fuso viene colato nello stampo; (4) lo stampo
viene aperto. Il pezzo finito è mostrato in (5). (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
a grana più fine, che corrisponde a una maggior robustezza del pezzo. Il processo si applica
generalmente solo a metalli con basso punto di fusione. Le limitazioni rispetto alle forme
in sabbia sono il poter creare geometrie meno complesse (a causa della necessità di aprire lo
stampo ed estrarre il pezzo) e il costo dello stampo più elevato. A causa di quest’ultima limi-
tazione, i processi a stampi permanenti sono di solito usati per alti volumi di produzione, che
quindi consentono una forte automazione. Esempi di grezzi realizzati con questo processo
sono i pistoni delle automobili, i corpi delle pompe e alcuni parti di aerei e missili.
è usata per fabbricare pezzi in cui l’aspetto delle superfici esterne è importante, mentre la
robustezza e l’aspetto delle superfici interne è meno importante, come statue, piedistalli di
lampade e giocattoli in metallo a bassa temperatura di fusione (zinco e stagno).
Nella colata in forma permanente e nella colata a rigetto, il flusso del metallo nella
cavità è determinato dalla gravità. Nella colata in bassa pressione il metallo fuso viene
iniettato nella cavità a una pressione di circa 0,1 MPa dal basso verso l’alto, come illu-
strato in Figura 7.9. Il vantaggio di questo approccio rispetto alla colata tradizionale è
che il metallo fuso viene introdotto nello stampo direttamente dal crogiolo senza essere
esposto all’aria. In questo modo si minimizzano la porosità e i difetti di ossidazione e
anche le proprietà meccaniche del grezzo di conseguenza sono migliori.
La colata sotto vuoto è una variazione della colata in bassa pressione in cui si utilizza
il vuoto per iniettare il metallo fuso nella cavità dello stampo. La configurazione generale
è simile a quella della colata in bassa pressione. La differenza è che si utilizza la riduzione
della pressione dell’aria causata dal vuoto nello stampo per fare entrare il metallo liquido
nella cavità, anziché usare una pressione positiva proveniente dal basso. I vantaggi di que-
sta tecnica rispetto a quella in bassa pressione sono che la porosità e i difetti dovuti a essa
sono ulteriormente ridotti e che il pezzo ha una robustezza maggiore.
7.3.3 Pressofusione
La pressofusione è un processo di colata in forma permanente in cui il metallo fuso viene
iniettato nella cavità dello stampo ad alta pressione (tipicamente da 7 a 350 MPa). La pres-
sione è mantenuta costante durante la fase di solidificazione e al termine lo stampo viene
aperto per rimuovere il pezzo. Gli stampi in questione sono chiamati dies, da cui deriva
il nome “die casting”. La caratteristica che distingue questo processo dagli altri che uti-
lizzano stampi permanenti è l’uso dell’alta pressione per iniettare il metallo nella cavità.
Le fasi della pressofusione si svolgono in sistemi di iniezione progettati per contenere e
chiudere accuratamente le due metà dello stampo e tenerle chiuse mentre il metallo liquido
viene iniettato nella cavità. L’architettura generale di queste presse da pressofusione è illu-
strata in Figura 7.10. Esistono due tipi di macchine per la pressofusione, (1) a camera calda e
(2) a camera fredda, che si differenziano da come il metallo fuso viene iniettato nella cavità.
Nelle macchine a camera calda, il metallo viene fuso in un crogiolo collegato alla
macchina e poi un pistone inietta il metallo fuso ad alta pressione nello stampo. I valori
Figura 7. 9 C o l at a i n
Sezione superiore
bassa pressione. Il dia-
retraibile dello stampo
gramma mostra come la Colata
pressione dell’aria viene
usata per forzare il me- Sezione inferiore
Tubo refrattario
tallo fuso nel crogiolo ad dello stampo
andare verso l’alto nella
cavità dello stampo. La
pressione viene mante- Metallo fuso
Camera stagna
nuta fino a quando il get-
to si è solidificato. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edi- Crogiolo Pressione
e
tion by Mikell P. Groover, dell’aria
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
Processi di colata 159
Semi-stampo mobile
Barre
Piastra mobile di guida
Semi-stampo fisso
Meccanismo di attivazione Piastra frontale Figura 7.10 Configura-
Cilindro Camera di iniezione zione generale di una
mobile per Foro di iniezione macchina per pressofu-
la chiusura sione a camera fredda.
dello stampo Cilindro (Fonte: Fundamentals of
di iniezione Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
160 Tecnologia meccanica
Estrattori
Cavità
stampo preriscaldato, mentre la matrice superiore viene chiusa a solidificazione già iniziata
per formare il componente. Questo costituisce la principale differenza rispetto al processo
base di colata in forma permanente, in cui lo stampo viene chiuso prima della colata a inie-
zione. A causa della sua natura ibrida, questo processo è anche noto come forgiatura di
metallo liquido. La pressione esercitata dallo stampo superiore forza il metallo a riempire
completamente la cavità, permettendo una buona finitura superficiale e un basso ritiro. Le
pressioni impiegate sono significativamente inferiori rispetto alla forgiatura di una billetta
di metallo solido e può essere raggiunto un livello di dettaglio maggiore rispetto alla forgia-
tura. Lo squeeze casting può essere utilizzato per leghe ferrose e non ferrose, ma quelle di
alluminio e magnesio sono le più comuni a causa della loro bassa temperatura di fusione. Il
processo è usato comunemente per realizzare parti di automobili.
La colata di metalli semisolidi è una famiglia di processi “net-shape” e “near net-
shape” eseguiti su leghe metalliche a temperatura compresa tra quella di solidus e di li-
quidus. Durante la colata la lega è una miscela di metallo solido e liquido: è in uno stato
pastoso. Per poter fluire, la miscela deve essere formata di globuli di metallo solido im-
mersi in un liquido, anziché delle tipiche forme dendritiche che si formano durante il
raffreddamento di un metallo fuso. Questo si ottiene applicando una forte agitazione per
prevenire le formazioni dendritiche e agevolare le forme sferiche, che a loro volta riduco-
no la viscosità del metallo da lavorare. I vantaggi della colata di metalli semisolidi sono
[15]: (1) le geometrie complesse, (2) le pareti sottili, (3) le tolleranze ridotte e (4) la porosità
nulla o molto bassa, con conseguente elevata robustezza del pezzo.
Esistono diverse modalità di colata di metalli semisolidi. Se applicate all’alluminio,
si usano il thixocasting e il rheocasting, che utilizzano apparecchiature simili alla
pressofusione. Se applicate al magnesio, si usa il thixomolding e le apparecchiature
sono simili allo stampaggio a iniezione.
(7.1)
(7.2)
La velocità v può essere espressa come 2πRN/60 = πRN/30, dove N è la velocità di rota-
zione in giri/min. Sostituendo questa espressione nell’Equazione (7.2), otteniamo
(7.3)
(7.4)
7.4.1 Forni
I tipi di forni più comunemente utilizzati nelle fonderie sono (1) forni a cupola, (2) forni
a combustibile a riscaldamento diretto, (3) forni a crogiolo, (4) forni elettrici ad arco e (5)
forni a induzione.
La scelta del tipo di forno più adatto dipende da diversi fattori, come il tipo di lega
da colare, le sue temperature di fusione e colata, i requisiti di capacità del forno, i costi di
investimento, gestione e manutenzione e le considerazioni di inquinamento ambientale.
Interno Esterno
Bocca di carico
Superficie di carico
Figura 7.14 Cub il ot to
usato per la fusione del-
Rivestimento refrattario Lamina d’acciaio la ghisa. Il disegno illu-
Carico stra un tipico forno per
Ventilatore una piccola fonderia. I
dettagli del sistema di
Camera a vento controllo delle emissio-
Metallo fuso pronto ni presenti nei moderni
Scorie per essere spillato cubilotti sono omessi.
Canale di fuoriuscita (Fonte: Fundamentals of
delle scorie Tappo
Modern Manufacturing,
Fondo di sabbia 4th Edition by Mikell P.
Canale di fuoriuscita Groover, 2010. Ristam-
Supporti
del metallo fuso pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
164 Tecnologia meccanica
Forni a crogiolo Questi forni fondono il metallo senza che si verifichi un contatto
diretto con la miscela combustibile. Per questo motivo, sono anche chiamati forni a
combustibile a riscaldamento indiretto. Nelle fonderie si utilizzano tre tipi di forni a
crogiolo: (a) estraibili, (b) fissi e (c) ribaltabili, come illustrato in Figura 7.15. Tutti uti-
lizzano un contenitore (crogiolo) fatto di un apposito materiale refrattario (per esempio,
una miscela di grafite e argilla) o una lega di acciaio resistente ad alta temperatura per
contenere il carico. Nei forni a crogiolo estraibile, il crogiolo viene posto in un forno
e riscaldato a sufficienza per fare fondere il carico metallico. I combustibili tipici per
questi forni sono il petrolio, il gas e la polvere di carbone. Quando il metallo è fuso,
il crogiolo viene estratto dal forno e utilizzato come siviera di colata. Gli altri due tipi
presentano il forno di riscaldamento e il contenitore integrati in un singolo pezzo. Nei
forni a crogiolo fisso, il forno è fermo e il metallo fuso viene colato dal crogiolo. Nei
forni a crogiolo ribaltabile l’intero gruppo può essere inclinato per versare il metallo
fuso. I forni a crogiolo sono utilizzati per i metalli non ferrosi come il bronzo, l’ottone
Copertura
Copertura
Canale
di colata Maniglia
Rivestimento per inclinare
Crogiolo estraibile in acciaio
Combustibile
Forno a crogiolo
Struttura
Combustibile
Carburante
Figura 7.15 I tre tipi di forni a crogiolo: (a) crogiolo estraibile, (b) crogiolo fisso e (c) crogiolo ribaltabile. (Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Processi di colata 165
Forni elettrici ad arco In questo tipo di forno, il carico viene fuso dal calore ge-
nerato da un arco elettrico che scorre tra due o tre elettrodi e il metallo del carico. Il
consumo di energia è molto alto, ma i forni elettrici ad arco possono essere progettati
per raggiungere capacità di fusione elevate (da 23.000 a 45.000 kg/ora o da 25 a 50 ton-
nellate/ora) e sono utilizzati principalmente per la fusione dell’acciaio.
Forni a induzione Un forno a induzione utilizza la corrente alternata che passa at-
traverso una bobina per sviluppare un campo magnetico nel metallo. La corrente indotta
risultante causa il rapido riscaldamento e la fusione del metallo. Le caratteristiche di un
forno a induzione per fonderia sono illustrate nella Figura 7.16. Il campo di forza elet-
tromagnetico provoca un’azione di miscelazione nel metallo liquido. Inoltre, affinché il
metallo non venga a contatto diretto con gli elementi che provocano il riscaldamento,
l’ambiente in cui avviene fusione deve essere molto controllato. Tutto questo si traduce
in metalli fusi di alta qualità e purezza, infatti i forni a induzione sono utilizzati per la
maggior parte delle colate di leghe, quando questi requisiti sono importanti. Le fusioni
di leghe di acciaio, ghisa e alluminio sono tra le più comuni.
Copertura
Bobine a induzione
in rame Figura 7.16 Forno a in-
Metallo fuso (le frecce
duzione. (Fonte: Funda-
indicano l’azione
mentals of Modern Ma-
di mescolamento)
nufacturing, 4th Edition
by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
Materiale refrattario permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
166 Tecnologia meccanica
Gancio
per la gru
Vista dall’alto
Beccuccio
di versata
Figura 7.17 Due tipi co- Scatola
muni di siviere: (a) sivi- del cambio
era da gru e (b) siviera
“a due uomini”. (Fonte: Maniglia per Manici
Fundamentals of Modern l’inclinazione
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il Vista frontale
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.) (a) (b)
Dopo che il pezzo è solidificato e rimosso dallo stampo, di solito sono richiesti un
certo numero di passaggi aggiuntivi. Questi includono (1) la sbavatura, (2) la rimozione
dell’anima, (3) la pulizia della superficie, (4) l’ispezione, (5) la riparazione, se necessa-
ria, e (6) il trattamento termico. I passaggi da (1) a (5) vengono indicati collettivamente
in fonderia sotto il nome di “finitura”. La misura in cui sono necessarie queste opera-
zioni aggiuntive varia a seconda del processo di colata e del metallo. Quando richieste,
queste operazioni sono di solito ad alta intensità di manodopera e costose.
La sbavatura comporta la rimozione dei canali di colata, canali di distribuzione, ma-
terozze, bave causate dalla linea di divisione degli stampi, alette, portate d’anima e qualsiasi
altro componente metallico in eccesso rispetto al pezzo finale. Nel caso di metalli fragili e se
le sezioni sono relativamente piccole, queste appendici sul pezzo possono essere rimosse spez-
zandole. Altrimenti si possono rimuovere mediante processi di taglio quali martellamento,
tranciatura, taglio mediante sega, molatura, taglio mediante torcia plasma o ossitaglio.
Se sono state usate delle anime anch’esse devono essere rimosse dal grezzo dopo la
colata. La maggior parte delle anime in sabbia sono legate chimicamente o a olio e spesso si
sgretolano appena il legante si deteriora. In alcuni casi sono rimosse mettendo in vibrazione
il pezzo, manualmente o meccanicamente. In altri casi più rari le anime vengono rimos-
se eliminando chimicamente il legante utilizzato nella sabbia che le costituisce. Le anime
metalliche devono essere rimosse mediante martellamento o spinte meccanicamente fuori.
La pulizia delle superfici è molto importante nel caso di colate in sabbia. In molti de-
gli altri metodi di fusione, in particolare i processi in forma permanente, questo passo può
essere evitato. La pulizia superficiale comporta la rimozione della sabbia dalla superficie
del getto e serve a migliorare l’aspetto della superficie. I metodi utilizzati per pulire la
superficie comprendono la burattatura, la sabbiatura ad aria con graniglia di sabbia grossa
o graniglia di metalli, la spazzolatura e il decapaggio chimico.
È possibile che durante la colata si verifichino dei difetti, per questo è necessaria
un’ispezione del pezzo per rilevarne la presenza. Questi problemi relativi alla qualità
sono trattati nella sezione seguente.
I getti vengono spesso trattati termicamente per migliorare le loro proprietà, sia per
le successive operazioni di asportazione di truciolo sia per ottenere le proprietà funzio-
nali richieste al componente.
Difetti nei grezzi Alcuni difetti sono comuni a tutti i processi di fusione. Questi
difetti sono illustrati in Figura 7.18 e brevemente descritti di seguito.
(a) Le colate incomplete sono getti che solidificano prima di riempire completamente la
cavità dello stampo. Alcune cause tipiche di questo difetto sono (1) l’insufficiente flui-
dità del metallo fuso, (2) la temperatura di colata troppo bassa, (3) la velocità di colata
troppo lenta e/o (4) lo spessore sottile nelle sezioni trasversali della cavità dello stampo.
(b) I giunti freddi si verificano quando due porzioni del grezzo scorrono una verso
l’altra ma solidificano prima di saldarsi causando una discontinuità. Le loro cause
sono simili a quelle delle colate incomplete.
(c) Le gocce fredde sono causate dagli schizzi durante la colata, che danno origine
alla formazione di inclusioni sferiche di metallo solido che vengono intrappolate nel
grezzo. Alcune procedure di colata e l’opportuna progettazione dei sistemi di colata
che evitano gli schizzi possono prevenire questo difetto.
(d) Le cavità di ritiro sono delle depressioni nella superficie o dei vuoti interni al
grezzo, causati dal ritiro di solidificazione che limita la quantità di metallo fuso
disponibile per la solidificazione della parte finale del getto. Queste si verificano
spesso vicino alla parte superiore del getto, nel qual caso si parla di coni di ritiro,
come mostrato in Figura 5.6 (3). Il problema può spesso essere risolto progettando
adeguatamente le materozze.
(e) La microporosità consiste nella presenza di piccoli vuoti distribuiti su tutto il getto
causati dal ritiro di solidificazione del metallo fuso nella struttura dendritica finale.
Questo difetto è maggiormente presente nelle leghe metalliche più che nei metalli
puri, poiché la loro solidificazione avviene in un tempo prolungato.
(f) Le cricche a caldo si verificano quando al getto viene impedito di contrarsi a causa
di uno stampo non cedevole durante le fasi finali della solidificazione o i primi stadi
del raffreddamento dopo la solidificazione. Il difetto si manifesta come una cricca o
frattura del metallo (da qui, i termini cricca) in un punto molto sollecitato a trazione
per via dell’incapacità del metallo di potersi ritirare naturalmente. Nella colata in
sabbia e altri processi in forma transitoria, questo difetto non si verifica se si rende
lo stampo cedibile. Nei processi in forma permanente, si può ridurre l’effetto delle
cricche a caldo rimuovendo il grezzo dallo stampo subito dopo la solidificazione.
Giunto Gocce
Colata freddo fredde
incompleta
Anima
Alcuni difetti sono specifici delle colate in sabbia perché sono legati all’uso delle
forme in sabbia. In misura minore anche altri processi in forma transitoria sono soggetti
a questi problemi. I difetti causati principalmente dagli stampi in sabbia sono illustrati
in Figura 7.19 e descritti qui di seguito.
(a) La porosità superficiale consiste nella formazione di porosità da gas provocate dal
rilascio di gas dalla forma durante la colata. Si verifica in corrispondenza o subito
al di sotto della superficie della parte superiore del getto. Le cause più comuni di
questo difetto sono la bassa permeabilità, la scarsa ventilazione e l’alto contenuto di
umidità della forma di sabbia.
(B) Anche le punture di spillo sono causate dall’emissione di gas durante la colata e
sono costituiti da numerose piccole cavità di gas formatesi in corrispondenza o
leggermente al di sotto della superficie del getto.
(c) I cedimenti della forma sono delle irregolarità nella superficie del getto causate
dall’erosione della sabbia della forma durante la colata. Il contorno dell’erosione
diventa la superficie del pezzo finale.
(d) Le inclusioni sono aree ruvide sulla superficie del getto causate da incrostazioni
di sabbia e metallo. Sono causate da porzioni della superficie della forma che si
sfaldano durante la solidificazione e vengono inglobate nella superficie del pezzo.
(e) La penetrazione è un difetto superficiale che si verifica quando il metallo liquido
ha una fluidità molto elevata e penetra nella sabbia della forma o dell’anima. Sopra
la superficie solificiata vi è una miscela di granuli di sabbia e metallo. Una migliore
compattazione della sabbia della forma può diminuire questo problema.
(f) Il disallineamento della forma si riferisce a un difetto causato dal disallineamento
tra le due metà della forma, il cui risultato è la formazione di un gradino nel grezzo
in corrispondenza della linea di divisione.
(g) Lo spostamento dell’anima è simile al disallineamento della forma, ma riguarda l’ani-
ma, che di solito si sposta verticalmente. Lo spostamento dell’anima è causato dalla
spinta del metallo fuso e dalla sua tendenza a sollevare l’anima, che è più leggera.
(h) L’incrinatura della forma avviene quando la resistenza dello stampo non suffi-
ciente e si sviluppa una crepa in cui metallo liquido può penetrare e formare una
“pinna” sul pezzo finale.
Punte
Porosità di spillo
superficiale Inclusioni
Forma
Figura 7.19 Difetti comu-
ni nelle colate in sabbia:
(a) porosità superficiale,
(b) punture di spillo, (c) Forma Forma Inclusioni
cedimento della forma,
(d) inclusioni, (e) penetra-
zione, (f) disallineamento
della forma, (g) sposta- Anima che Incrinatura
mento dell’anima e (h) Disallineamento tra forma si è spostata della forma
Penetrazione in alto
incrinatura della forma. superiore e inferiore
(Fonte: Fundamentals of Forma Linea di
Modern Manufacturing, superiore separazione
4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam- Forma
pato con il permesso di inferiore
John Wiley & Sons, Inc.)
Processi di colata 169
Leghe ferrose da fonderia: ghisa La ghisa è la più importante tra tutte le le-
ghe da fonderia. Il tonnellaggio delle colate in ghisa è superiore a quello di tutti gli
altri metalli messi insieme. Ci sono diversi tipi di ghise: (1) ghisa grigia, (2) ghisa
nodulare, (3) ghisa bianca, (4) ghisa malleabile e (5) altre leghe di ghisa. Le tipiche
temperature di colata per la ghisa sono intorno ai 1400°C, a seconda della composi-
zione chimica.
Leghe da fonderia non ferrose I metalli da fonderia non ferrosi includono le leghe
di alluminio, magnesio, rame, stagno, zinco, nichel e titanio. Le leghe di alluminio sono
generalmente considerate molto adatte alla colata. Il punto di fusione dell’alluminio puro
è 660°C, quindi le temperature di colata per le leghe di alluminio sono basse rispetto
alla ghisa e all’acciaio. Le loro caratteristiche, come il peso ridotto, la vasta gamma di
valori di resistenza meccanica ottenibili attraverso il trattamento termico e la facilità di
lavorazione per asportazione di truciolo, le rendono importanti nelle fonderie. Le leghe di
magnesio sono le più leggere e presentano una buona resistenza alla corrosione, nonché
un elevato rapporto resistenza-peso e rigidità-peso.
Le leghe di rame includono il bronzo, l’ottone e il bronzo-alluminio. Le proprietà che le
rendono interessanti includono la resistenza alla corrosione e l’aspetto estetico. L’elevato costo
del rame è una limitazione all’utilizzo delle sue leghe. Le applicazioni includono accessori per
tubi, pale di eliche marine, componenti di pompe e gioielli ornamentali. Lo stagno ha il punto
di fusione più basso tra i metalli da fonderia. Le leghe a base di stagno sono generalmente
facili da colare. Hanno una buona resistenza alla corrosione ma poca resistenza meccanica,
cosa che limita le loro applicazioni alle tazze di peltro e prodotti simili che non richiedono alta
resistenza. Le leghe di zinco sono comunemente utilizzate nella pressofusione. Lo zinco ha
un basso punto di fusione e una buona fluidità, il che lo rende adatto per la colata mediante
pressofusione. Il suo limite principale è la bassa resistenza alla deformazione, per cui i suoi
prodotti non possono essere sottoposti a sollecitazioni forti e prolungate.
Le leghe di nichel hanno una buona resistenza al calore e alla corrosione, che li ren-
dono adatti per applicazioni ad alta temperatura, come componenti di motori di aerei e
di razzi, scudi termici e oggetti simili. Le leghe di nichel hanno anche un punto di fusio-
ne elevato e non sono facili da colare. Le leghe di titanio sono resistenti alla corrosione
e possiedono un rapporto resistenza-peso molto elevato. Tuttavia, il titanio ha un punto
di fusione alto, una bassa fluidità e una propensione a ossidarsi ad alte temperature.
Queste proprietà rendono le sue leghe difficili da colare.
• Semplicità geometrica. Anche se la fusione è un processo che può essere utilizzato per
produrre forme complesse, la semplificazione del disegno del pezzo lo rende più adatto a
essere ottenuto mediante fusione. Evitare inutili complessità semplifica la produzione de-
gli stampi o delle forme, riduce la necessità delle anime e migliora la resistenza del getto.
• Angoli. Spigoli e angoli appuntiti dovrebbero essere evitati, perché sono fonti di
concentrazioni di tensione e possono causare incrinature e cricche a caldo nel grez-
zo. Ampi raccordi devono essere progettati per gli angoli interni mentre gli spigoli
vivi devono essere smussati.
• Spessore di sezione. Deve essere uniforme per evitare i ritiri da solidificazione. Le
sezioni più spesse creano dei punti caldi nel getto, in quanto un maggiore volume
richiede più tempo per solidificare e raffreddare. Queste sono le posizioni più pro-
babili per la formazione di cavità da ritiro.
• Sformo. Le pareti verticali di un pezzo rispetto al piano di separazione degli stampi do-
vrebbero avere un certo angolo di sformo o inclinazione, come illustrato in Figura 7.20.
Nelle colate in forma transitoria, lo scopo di questa inclinazione è quello di facilitare
la rimozione del modello dalla forma. Nelle colate in forma permanente, il suo scopo è
Processi di colata 171
quello di facilitare la rimozione del pezzo dallo stampo. Inclinazioni simili devono es-
sere progettate anche nel caso delle anime usate nella colata. L’inclinazione necessaria
è solo di circa 1° per la colata in sabbia e da 2° a 3° per i processi in forma permanente.
• Uso di anime. Piccole modifiche al disegno di un pezzo possono spesso ridurre la
necessità di un’anima, come mostrato in Figura 7.20.
• Tolleranze dimensionali. Vi sono differenze significative nelle accuratezze di-
mensionali che possono essere raggiunte dai diversi processi di fusione. La Tabella
7.1 elenca una serie di tolleranze tipiche di vari processi di colata per diversi metalli.
• Finitura superficiale. La rugosità superficiale tipica raggiunta nella colata in sab-
bia è di circa 6 µm. Finiture scarse di quest’ordine si ottengono con la colata in
conchiglia, mentre la colata in gesso e a cera persa hanno valori di rugosità miglio-
ri: 0.75 µm. Tra i processi in forma permanente, la pressofusione è nota per le sua
buona finitura superficiale di circa 1 µm.
• Sovrametallo. Le tolleranze ottenibili da molti processi di colata non sono suffi-
cienti a soddisfare le esigenze funzionali in molte applicazioni. La colata in sabbia
è l’esempio più importante di questa carenza. In questi casi, le parti funzionali del
getto devono essere lavorate per asportazione di truciolo per ottenere le dimensioni
richieste. Quasi tutti i getti in sabbia devono essere lavorati per renderli funzionali.
Pertanto, nel getto viene lasciato del materiale aggiuntivo, denominato sovrame-
tallo, per effettuare lavorazioni sulla superficie dove necessario. Le quantità tipiche
di sovrametallo per la colata in sabbia sono tra 1.5 mm e 3 mm.
Figura 7.20 Definizione
Angolo Angolo
Staffa dell’angolo di sformo e mo-
di sformo di sformo
superiore difica del disegno per eli-
minare la necessità di uti-
lizzare l’anima: (a) design
Staffa Anima originale e (b) riprogetta-
Staffa
superiore zione. (Fonte: Fundamen-
inferiore
tals of Modern Manufactu-
Staffa ring, 4th Edition by Mikell P.
inferiore Linea di separazione Angolo Groover, 2010. Ristampato
Linea di separazione
di sformo con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
TABELLA 7.1 Tolleranze dimensionali tipiche per vari processi di colata e vari metalli
Tolleranza Tolleranza
Processo di colata Dimensione mm Processo di colata Dimensione mm
del pezzo del pezzo
Colata in sabbia Colata in forma permanente
Alluminioa Piccola ±0,5 Alluminioa Piccola ±0.25
Ghisa Piccola ±1,0 Ghisa Piccola ±0.8
Grande ±1,5 Leghe di rame Piccola ±0.4
Leghe di rame Piccola ±0,4 Acciaio Piccola ±0.5
Acciaio Piccola ±1,3 Pressofusione
Grande ±2,0 Alluminioa Piccola ±0.12
Colata in conchiglia Leghe di rame Piccola ±0.12
Alluminioa Piccola ±0,25 Colata in cera persa
Ghisa Piccola ±0,5 Alluminioa Piccola ±0.12
Leghe di rame Piccola ±0,4 Ghisa Piccola ±0.25
Acciaio Piccola ±0,8 Leghe di rame Piccola ±0.12
Colata in gesso Piccola ±0,12 Acciaio Piccola ±0.25
Grande ±0,4
Bibliografia
[1] Amstead, B. H., Ostwald, P. F., and Begeman, M. L. Manufacturing Processes. John Wiley
& Sons, Inc., New York, 1987.
[2] Beeley, P. R. Foundry Technology. Newnes-Butterworths, London, 1972.
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[4] Datsko, J. Material Properties and Manufacturing Processes. John Wiley & Sons, Inc.,
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[5] Decker, R. F., Walukas, D. M., LeBeau, S. E., Vining, R. E., and Prewitt, N. D. ‘‘Advances in
Semi-Solid Molding,’’ Advanced Materials & Processes, April 2004, pp. 41–42.
[6] Flinn, R. A. Fundamentals of Metal Casting. American Foundrymen’s Society, Inc., Des
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[7] Heine, R. W., Loper, Jr., C.R., and Rosenthal, C. Principles of Metal Casting, 2nd ed.
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[8] Kotzin, E. L. Metalcasting & Molding Processes. American Foundrymen’s Society, Inc.,
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[9] Metals Handbook, Vol. 15, Casting. ASM International, Materials Park, Ohio, 2008.
[10] Mikelonis, P. J. (ed.). Foundry Technology. American Society for Metals, Materials Park,
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[11] Mueller, B. ‘‘Investment Casting Trends,’’ Advanced Materials & Processes, March 2005,
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[12] Niebel, B. W., Draper, A. B., and Wysk, R. A. Modern Manufacturing Process Enginee-
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[13] Perry, M. C. ‘‘Investment Casting,’’ Advanced Materials & Processes, June 2008, pp.
31–33.
[14] Wick, C., Benedict, J. T., and Veilleux, R. F. Tool and Manufacturing Engineers Handbo-
ok, 4th ed. Vol. II, Forming. Society of Manufacturing Engineers, Dearborn, Michigan, 1984,
Chapter 16.
[15] www.wikipedia.org/wiki/semi-solid_metal_casting.
Domande di ripasso
1. Elencare le due categorie di base dei processi di colata. 7. Quali macchine di pressofusione hanno di solito un
2. Ci sono vari tipi di modelli utilizzati nella colata in tasso di produzione più elevato tra quelle a camera
sabbia. Qual è la differenza tra un modello diviso e fredda o camera calda e perché?
un modello su piastra. 8. Come si formano le bave in pressofusione?
3. Che cosa è una portata d’anima? 9. Cos’è il cubilotto?
4. Quali proprietà determinano la qualità di una forma 10. Quali operazioni sono richieste nella colata in sab-
in terra per la colata in sabbia? bia dopo che il pezzo viene rimosso dalla forma?
5. Cos’è il processo di Antiochia? 11. Quali sono i difetti di carattere generale che si ri-
6. Quali sono i metalli più comuni utilizzati nella pres- scontrano nei processi di fusione? Elencarne tre e
sofusione? descriverli brevemente.
Problemi
ti dimensioni: lunghezza 10 cm, diametro esterno
1. Si utilizza un’operazione di colata centrifuga per 15 cm, diametro interno 12 cm. (a) Determinare
fabbricare tubi in rame. La lunghezza dei tubi è di la velocità rotazionale per ottenere un Fattore G
1.5 m, il diametro esterno di 15.0 cm e il diametro in- pari a 70. (b) Nel funzionamento a questa velocità,
terno 12.5 cm. Sapendo che la velocità di rotazione qual è la forza centrifuga per metro quadrato (Pa)
è 1000 giri/min, determinare il Fattore G. applicata dal metallo fuso sulla parete interna del-
2. Si utilizza un processo di colata centrifuga per lo stampo, sapendo che la densità dell’ottone è di
realizzare delle boccole in ottone con le seguen- 8.62 g/cm3?
Processi di colata 173
3. Si utilizza un’operazione di colata centrifuga in con- trazione del liquido è dello 0.5%, il ritiro di solidifica-
figurazione orizzontale per realizzare delle grandi zione del 3%, e la contrazione solida dopo la solidi-
sezioni di tubi in rame. I tubi hanno una lunghez- ficazione del 7.2%.
za di 1.0 m, un diametro di 0.25 m e uno spessore 7. Si utilizza un’operazione di colata centrifuga in con-
di 15 mm. (a) Sapendo che la velocità di rotazione figurazione orizzontale per realizzare un tubo di
del tubo è di 700 giri/min, determinare il Fattore G piombo per impianti chimici. Il tubo ha lunghezza di
del metallo fuso. (b) La velocità di rotazione è suf- 0,5 m, un diametro esterno di 70 mm e uno spesso-
ficiente a evitare la caduta “a pioggia”? (c) Qual è il re di 6,0 mm. Determinare la velocità di rotazione
volume di metallo fuso da versare nello stampo per che causa un Fattore G pari a 60.
la colata considerando il ritiro di solidificazione e la 8. L’alloggiamento di un certo macchinario è costituito
contrazione di solidificazione, sapendo che il ritiro di da due componenti, entrambi in alluminio. Il com-
solidificazione del rame è del 4.5%, e la contrazione ponente più grande ha la forma di un lavello piat-
termica solida del 7.5%. to, mentre il secondo è un coperchio piatto che si
4. Se un’operazione di colata centrifuga dovesse es- collega al primo per creare uno spazio chiuso per
sere eseguita in una stazione spaziale attorno alla il macchinario. Si utilizza una colata in sabbia per
Terra, come sarebbe influenzato il processo dall’as- produrre i due componenti, che risultano entrambi
senza di gravità? afflitti da difetti di colata incompleta e giunti freddi. Il
5. Si utilizza un processo di colata centrifuga in con- caporeparto si lamenta che i componenti sono trop-
figurazione orizzontale per realizzare degli anelli po sottili e questo ha causato i difetti. Tuttavia, è
in alluminio con le seguenti dimensioni: lunghezza noto che gli stessi componenti sono realizzati con
5 cm, diametro esterno 65 cm e diametro interno successo in altre fonderie. Quale può essere un’al-
60 cm. (a) Determinare la velocità di rotazione che tra spiegazione per la formazione di quei difetti?
causa un Fattore G pari a 60. (b) Supponiamo che 9. Una grande colata in sabbia in acciaio mostra i se-
gli anelli debbano essere realizzati in acciaio invece gni caratteristici del difetto di penetrazione: una su-
che in alluminio. Sapendo che è stata utilizzata la perficie formata dalla miscela di sabbia e metallo.
velocità di rotazione calcolata al punto (a) nell’ope- (a) Quali misure si possono adottate per correggere
razione di fusione di acciaio, (c) determinare il Fatto- questo difetto? (b) Quali altri eventuali difetti potreb-
re G la forza centrifuga per metro quadrato (Pa) sulla bero derivare adottando queste misure?
parete dello stampo. (d) Questa velocità di rotazione
è sufficiente a garantire il successo dell’operazione
sapendo che la densità dell’acciaio è di 7.87 g/cm3?
6. Considerando l’anello di acciaio del Problema 7.6
(b), determinare il volume del metallo fuso che deve
essere versato nello stampo, sapendo che la con-
Processi di formatura
Capitolo 8
della plastica
La plastica può essere modellata per ottenere un’ampia varietà di prodotti, come pezzi
stampati, sezioni estruse, lastre e film, rivestimenti isolanti di cavi elettrici e fibre per
tessuti. Inoltre, le materie plastiche sono spesso i componenti principali di altri materiali,
come pitture e vernici, adesivi e altri materiali compositi a matrice polimerica. In questo
capitolo, saranno trattate le tecnologie con le quali vengono realizzati questi prodotti,
rimandando a capitoli successivi la discussione su pitture, vernici, adesivi e compositi.
Molti processi di formatura della plastica si possono adattare anche alle gomme e ai
compositi a matrice polimerica.
La rilevanza commerciale e tecnologica di questi processi deriva dalla crescente im-
portanza delle materie plastiche, le cui applicazioni nel corso degli ultimi 50 anni sono
aumentate ad un ritmo molto più veloce rispetto ai metalli e alle ceramiche. Infatti, molti
componenti che in passato erano realizzati in metallo oggi sono realizzati in plastica o in
compositi a matrice polimerica. Lo stessa tendenza si verifica per il vetro: i contenitori di
plastica hanno già ampiamente sostituto bottiglie e i contenitori di vetro nel confeziona-
mento dei prodotti. Il volume totale di produzione dei polimeri (plastiche e gomme) oggi
risulta maggiore rispetto a quello dei metalli.
Possiamo identificare diversi motivi per cui i processi di formatura della plastica sono
importanti:
• La flessibilità dei processi di formatura e la facilità con cui i polimeri possono essere
lavorati permettono di produrre una varietà quasi illimitata di forme geometriche.
• Molti prodotti di plastica sono realizzati tramite stampaggio, che è un processo «net
shape» e quindi non necessitano di ulteriori lavorazioni.
• La formatura della plastica implica un certo grado di riscaldamento ma occorre meno
energia rispetto a quella necessaria per i metalli, poichè le temperature di lavorazio-
ne sono decisamente più ridotte.
• La gestione dei prodotti durante la lavorazione è semplificata rispetto a quella neces-
saria per i metalli, in quanto le temperature di processo sono più basse e i processi
di lavorazione della plastica sono tipicamente costituiti da un’unica operazione (per
esempio nel processo di stampaggio).
• Solitamente non serve rifinire i pezzi di plastica con vernici o placcature (ad eccezio-
ne di particolari applicazioni).
Come discusso nel Paragrafo 2.3, i materiali plastici si dividono in: termoplastici e
termoindurenti. La differenza è che, durante il riscaldamento e la formatura, i materiali
termoindurenti subiscono un processo di polimerizzazione, che provoca una modifica
chimica permanente (cross-linking) nella loro struttura molecolare. Una volta induriti,
questi non possono essere nuovamente fusi tramite riscaldamento, senza subire una
degradazione chimica di carbonizzazione. Al contrario, i materiali termoplastici non po-
limerizzano e la loro struttura chimica rimane sostanzialmente invariata dopo il riscal-
176 Tecnologia meccanica
damento, anche se subiscono la trasformazione dallo stato solido a quello fluido. Dei
due tipi, dal punto di vista commerciale i materiali termoplastici sono sicuramente i più
importanti e costituiscono più dell’80% della produzione totale delle plastiche.
I processi di formatura della plastica possono essere classificati in base alla geometria
del prodotto finale: (1) prodotti estrusi in continuo a sezione costante, diversi da lastre,
film e filamenti, (2) lastre e film continui, (3) filamenti continui, ovvero fibre, (4) pezzi
stampati, che sono per lo più solidi, (5) pezzi cavi con pareti relativamente sottili, (6)
pezzi provenienti da lastre o film termoformati, (7) colate e (8) prodotti espansi. Questo
capitolo prenderà in esame ciascuna di queste categorie.
I processi più importanti dal punto di vista industriale sono quelli associati ai materiali
termoplastici e i due processi di maggior rilievo sono l’estrusione e lo stampaggio ad
iniezione. La nostra discussione inizia esaminando le proprietà dei polimeri fusi, poiché
quasi tutti i processi di formatura dei materiali termoplastici hanno in comune la fase di
riscaldamento della plastica, necessaria per renderla fluida e lavorabile.
Viscosità A causa del suo alto peso molecolare, il fuso polimerico è un fluido denso
ad alta viscosità. Come già definito nella Sezione 3.4, la viscosità è la proprietà di un
fluido che mette in relazione la tensione di taglio osservata durante il flusso del fluido
con il gradiente di velocità, anche detto velocità di deformazione. La viscosità è un
fattore importante nella lavorazione dei polimeri poichè la maggior parte dei metodi di
formatura implica il flusso del polimero fuso attraverso piccoli canali o aperture degli
stampi. Le portate sono spesso grandi, causando quindi alti gradienti di velocità. Lo
sforzo di taglio aumenta all’aumentare del gradiente di velocità; pertanto il processo
richiede pressioni significative.
La Figura 8.1 mostra l’andamento della viscosità in funzione del gradiente di ve-
locità per due tipi di fluidi. Per un fluido Newtoniano (che comprende i fluidi più
semplici come acqua e olio), la viscosità è costante ad una data temperatura e non varia
rispetto al gradiente di velocità. Il rapporto tra sforzo e gradiente è proporzionale e la
costante di proporzionalità è pari alla viscosità:
(8.1)
Figura 8.1 Grafico della viscosità per un fluido Newtonia- Fluido Newtoniano
no e un polimero fuso. (Fonte: Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. .
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.) Gradiente di velocità, γ
Processi di formatura della plastica 177
(8.2)
Acrilico
Viscosità, Ns/m2 o Pas
Nylon
Polipropilene
Viscosità
apertura della matrice, non si allentano subito. Quando il materiale esce dal foro e la
restrizione è rimossa, le tensioni residue causano l’espansione della sua + trasversale.
Per sezioni circolari, i rigonfiamenti si possono misurare facilmente usando il rap-
porto di rigonfiamento, definito come
(8.3)
8.2 Estrusione
L’estrusione è uno dei processi fondamentali di formatura per i metalli, per i ceramici
e anche per i polimeri. L’estrusione è un processo di compressione in cui il materiale è
costretto a fluire attraverso l’apertura di una matrice per creare in continuo un prodotto,
la cui sezione trasversale è determinata dalla forma dell’apertura stessa. Nell’ambito
dei polimeri, tale processo di formatura è ampiamente utilizzato per i materiali termo-
plastici e gli elastomeri (raramente per i termoindurenti) per produrre elementi in serie
come tubi, condutture, tubi flessibili, forme strutturate (come finestre e porte), fogli e
pellicole, filamenti continui o fibre, rivestimento di fili elettrici e cavi. Per questo tipo
di prodotti, l’estrusione viene realizzata come processo in continuo e l’estruso (il pro-
dotto finale dell’estrusione) viene successivamente tagliato nelle lunghezze desiderate.
Questa sezione illustra il processo di base dell’estrusione mentre le tre sezioni successi-
ve esamineranno processi basati sull’estrusione.
Tramoggia di carico
Pellet di materie plastiche Polimero fuso Breaker plate
Riscaldatori Vite rotante
Cilindro Breaker plate
Matrice
Figura 8.4 Componenti e caratteristiche di un estrusore (monovite) per materie plastiche e elastomeri. (Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
litamente compresi tra 10 e 30. Il rapporto L/D è stato ridotto in Figura 8.4 per rendere
più chiaro il disegno. Rapporti L/D maggiori sono utilizzati per i materiali termopla-
stici, mentre per l’estrusione di elastomeri si usano rapporti minori. La tramoggia con-
tenente il materiale di alimentazione si trova all’estremità opposta del cilindro rispetto
alla matrice. I pellet vengono alimentati sfruttando la forza di gravità e la rotazione del-
la vite causa lo spostamento del materiale lungo tutto il cilindro. I riscaldatori elettrici
sono usati per fondere inizialmente i pellet solidi, mentre la successiva miscelazione e
lavorazione meccanica del materiale genera del calore supplementare, che serve a man-
tenere fuso il materiale. In alcuni casi non è necessario avere dei riscaldatori esterni in
quanto l’azione di miscelazione e di taglio forniscono già il calore necessario. Di fatto,
in alcune situazioni il cilindro deve essere raffreddato dall’esterno per evitare il surri-
scaldamento dei polimeri.
Mediante l’azione della vite, che ruota con velocità di circa 60 giri/min, il materiale
viene convogliato lungo tutto il cilindro verso l’apertura della matrice. La vite rotante
ha diverse funzioni ed è suddivisa in diverse sezioni corrispondenti a tali funzioni: (1)
la sezione di alimentazione, in cui il carico viene immesso dalla tramoggia e viene
preriscaldato, (2) la sezione di compressione, dove il polimero assume una consistenza
fluida, l’aria intrappolata tra i pellet fuoriesce dal materiale fuso e il materiale viene
compresso e (3) la sezione di dosaggio, dove il materiale fuso viene omogeneizzato e si
crea una pressione sufficiente per spingerlo attraverso il foro della matrice.
Il funzionamento della vite è determinato dalla sua forma e dalla sua velocità di
rotazione. Una geometria tipica delle viti per estrusori è illustrata in Figura 8.5. La vite
consiste in una filettatura a spirale che lascia dei canali liberi attraverso cui fluisce il poli-
mero fuso. Il canale ha una larghezza wc e una profondità dc. Quando la vite ruota, i filetti
spingono il materiale in avanti attraverso il canale, dalla base della tramoggia lungo tutto
il cilindro, verso la matrice. Sebbene non si riesca a distinguere nella figura, il diametro
del filetto è minore del diametro del cilindro D, determinando un gioco di entità ridotta,
pari a circa 0.05 mm; ciò limita la fuoriuscita del materiale fuso e il suo flusso di ritorno
verso il canale. Il filetto ha una larghezza wf ed è realizzato in acciaio temprato per resi-
stere all’usura causata dalla rotazione e dallo sfregamento contro la superficie interna del
cilindro. La vite ha un passo di valore simile al diametro D. L’angolo d’inclinazione dei
filetti A è l’angolo dell’elica della vite e può essere determinato dalla relazione
(8.4)
180 Tecnologia meccanica
Cilindro
Passo p
Vite
1
Sfortunatamente p è il simbolo solitamente usato per due diverse variabili in questo capitolo. Qui e in
diversi capitoli rappresenta il passo della vite; più avanti in questo stesso capitolo questo simbolo p sarà usato
per indicare la pressione.
Processi di formatura della plastica 181
(8.5)
(8.6)
(8.7)
(8.8)
(8.9)
(8.10)
Se non fossero presenti forze che oppongono resistenza al movimento in avanti del
fluido, questa equazione fornirebbe una descrizione ragionevole del flusso di materiale
fuso all’interno dell’estrusore. Tuttavia, la compressione del polimero fuso attraverso
la matrice, a valle dell’estrusore, genera una contropressione nel cilindro che riduce
la quantità del materiale spostata per trascinamento dell’Equazione (8.10). Questa ridu-
zione del flusso, detta flusso di contropressione, dipende dalle dimensioni della vite,
dalla viscosità del polimero fuso e dal gradiente di pressione lungo il cilindro. Queste
dipendenze possono essere riassunte nell’equazione seguente [12]:
182 Tecnologia meccanica
(8.11)
(8.12)
(8.13)
(8.14)
Fine
Fine della tramoggia di alimentazione
della matrice
Gradiente
Pressione, p
di pressione tipico
Figura 8.6 Il gradiente di pressione tipico
in un estrusore; la linea tratteggiata indi-
ca l’andamento lineare approssimato per
semplificare i calcoli. (Fonte: Fundamen- Approssimazione
tals of Modern Manufacturing, 4th Edition
by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con
il permesso di John Wiley & Sons, Inc.) Posizione nel cilindro
Processi di formatura della plastica 183
(8.15)
D’altra parte, se la contropressione fosse tale da non consentire il flusso, allora il flusso
di contropressione sarebbe uguale al flusso di trascinamento, cioè,
quindi (8.16)
(8.17)
I due valori di Qmax e pmax sono rappresentati come punti lungo gli assi di un diagramma
noto come caratteristica dell’estrusore (o caratteristica della vite), come mostrato in
Figura 8.7. Tale diagramma definisce la relazione tra pressione e portata, in una macchi-
na di estrusione, per determinati parametri di progettazione ed operativi.
Definita la matrice e una volta che il processo di estrusione è in esecuzione, i valori
effettivi di Qx e p saranno compresi tra i valori estremi, con una posizione nella caratte-
ristica determinata delle proprietà della matrice. La portata attraverso la matrice dipen-
de dalla dimensione e dalla forma dell’apertura e dalla pressione applicata per forzare
il materiale fuso ad uscire attraverso di essa. Questa portata può essere espressa come:
(8.18)
(8.19)
184 Tecnologia meccanica
Caratteristica
della matrice
Figura 8.7 Caratteristica dell’estru-
Portata, Q
sore (anche detta caratteristica della Punto di funzionamento
vite) e caratteristica della matrice. Il
punto di funzionamento del sistema Caratteristica
si trova all’intersezione delle due li- dell’estrusore
nee. (Fonte: Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristampato con il per-
messo di John Wiley & Sons, Inc.) Pressione
Profili solidi I profili solidi possono avere sia forme regolari, come cerchi e quadrati,
sia forme irregolari come forme strutturate, bordi di porte e finestre, guarnizioni di au-
tomobili e rivestimenti di case. La vista della sezione laterale di una matrice per queste
forme solide è illustrata in Figura 8.8. Appena oltre l’estremità della vite e prima della
matrice, il polimero fuso passa attraverso le reti metalliche e il «breaker plate» così
da raddrizzare le linee di flusso. Successivamente fluisce in un raccordo, solitamente
convergente, la cui forma è progettata appositamente per mantenere il flusso lamina-
re ed evitare «punti morti» negli angoli che altrimenti si genererebbero in prossimità
dell’apertura. La massa fusa scorre infine attraverso l’apertura della matrice.
Breaker plate
Barra di estrusione Ingresso convergente della matrice
Figura 8.8 (a) Vista laterale di una matrice di estrusione per forme solide regolari, come pezzi circolari. (b) Vista frontale di una
matrice, con relativo profilo dell’estruso. Il rigonfiamento da estrusione è evidente in entrambe le viste. (Alcuni dettagli costruttivi
sono stati semplificati o omessi per chiarezza). (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
186 Tecnologia meccanica
Profili cavi L’estrusione dei profili cavi, come tubi, condotti, tubi flessibili e altre
sezioni contenenti fori, richiede una spina o mandrino per formare la forma cava. Una
configurazione tipica della matrice è mostrata in Figura 8.10. Il mandrino è tenuto in
posizione usando un sistema «a ragno», visibile nella sezione A-A della Figura 8.10.
Il polimero fuso fluisce attorno alle «zampe di ragno» che supportano il mandrino
per riunirsi successivamente in una parete del tubo compatta. Il mandrino spesso in-
clude anche un canale attraverso cui viene soffiata aria per mantenere la forma cava
dell’estruso durante l’indurimento. I tubi vengono raffreddati a spruzzo con acqua o
immergendo l’estruso ancora non totalmente solidificato in un serbatoio pieno d’acqua
con dimensioni tali da limitare l’OD del tubo mentre la pressione dell’aria viene man-
tenuta all’interno.
Rivestimento di fili e cavi Il rivestimento di fili e cavi per l’isolamento è uno dei
più importanti processi di estrusione dei polimeri. Come mostrato in Figura 8.11 per il
rivestimento dei cavi, il polimero fuso viene applicato al filo quando esso è tirato ad
alta velocità attraverso la filiera. Si forma un leggero vuoto tra il filo e il polimero per
favorire l’adesione del rivestimento. Il filo fornisce rigidità durante il raffreddamento,
che viene normalmente effettuato facendo passare il filo rivestito in una vasca d’acqua.
Il prodotto è poi avvolto su bobine di grandi dimensioni con velocità fino a 50 m/s.
Breaker plate
Sezione
B-B
Reti metalliche «Zampe
di ragno» (3)
Direzione del flusso
Reti metalliche
Direzione del flusso fuso
Reti metalliche
mediatamente prima e durante il suo flusso attraverso la matrice, sono così elevate da
causare un cedimento, che si manifesta sotto forma di un’alta irregolarità superficiale
dell’estruso. Come indicato dalla Figura 8.12, la frattura del fuso può essere causata da
una brusca riduzione all’ingresso della matrice che genera un flusso turbolento che spez-
za il fuso. Questo comportamento è in contrasto con il flusso laminare e allineato otte-
nuto con una graduale forma convergente della matrice, come mostrato in Figura 8.8.
Un difetto molto comune nell’estrusione è lo shark skin, in cui la superficie del pro-
dotto diventa rugosa all’uscita dalla matrice. Quando il fuso scorre attraverso l’apertura
188 Tecnologia meccanica
Estruso
Figura 8.12 Frattura del fuso causata dal flusso turbolento del fuso attraverso un ingresso della ma-
trice molto ridotto. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
della matrice, l’attrito sulla superficie di contatto causa un profilo di velocità lungo la
sezione trasversale come quello mostrato in Figura 8.13. Sulla superficie si sviluppano
quindi delle tensioni di trazione, poiché il materiale tende ad allungarsi per raggiungere
il nucleo centrale, che si muove più velocemente. Queste sollecitazioni causano delle
fratture minori che irruvidiscono la superficie. Se il gradiente della velocità aumen-
ta troppo, sulla superficie dell’estruso si manifestano dei segni prominenti, dandogli
l’aspetto di un palo di bambù: da qui il nome di difetto a bambù.
I fogli e i film termoplastici sono prodotti attraverso una serie di processi tra cui i più
importanti sono due metodi basati sull’estrusione. Il termine foglio si riferisce a una
lastra con uno spessore compreso tra gli 0.5 mm e i 12.5 mm che viene utilizzata per
prodotti come vetrate per finestre e materiale per la termoformatura. Il termine film
si riferisce a spessori inferiori a 0.5 mm. I film sottili sono utilizzati per l’imballag-
gio (materiali per l’imballaggio di vari prodotti, sacchetti della spesa e sacchetti per
l’immondizia), mentre film più spessi sono utilizzati per le coperture e i rivestimenti
(coperture per piscine e rivestimenti di canali di irrigazione).
Tutti i processi descritti in questa sezione sono processi continui ad elevati tassi di
produzione. Più della metà dei film prodotti oggi sono in polietilene, principalmente PE
a bassa densità. Gli altri materiali principali sono il polipropilene, il cloruro di polivinile
e la cellulosa rigenerata (il cellophane). Tutti questi sono polimeri termoplastici.
Direzione del
flusso fuso
Figura 8.13 (a) Profilo di velocità del metallo fuso che scorre attraverso l’apertura della matrice, che
può portare a difetti chiamati shark skin e (b) a bambù. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufactu-
ring, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Processi di formatura della plastica 189
Estrusione con matrice a fessura per fogli e film Fogli e film di vario spes-
sore sono prodotti attraverso estrusioni convenzionali, utilizzando una fessura stretta
come apertura della matrice. La fessura può essere larga fino a 3 m e sottile fino a circa
0.4 mm. Una possibile configurazione di matrice è illustrata in Figura 8.14. La matrice
comprende un collettore che distribuisce il polimero fuso lateralmente, prima di farlo
fluire attraverso la fessura (foro della matrice). Una delle difficoltà di questo metodo
di estrusione è ottenere un’uniformità di spessore lungo tutta la larghezza del pezzo.
Questo problema deriva dal drastico cambiamento di forma a cui viene sottoposto il
polimero fuso durante il suo flusso attraverso la matrice e anche dalle variazioni di tem-
peratura e pressione nello stampo. Generalmente, i bordi del film devono essere tagliati
poiché tendono ad assumere spessore maggiore.
Per raggiungere elevati tassi di produzione, occorre integrare nel processo di estru-
sione un metodo efficiente di raffreddamento e di raccolta del film. Generalmente que-
sto viene realizzato dirigendo immediatamente l’estruso in un bagno di raffreddamento
di acqua o su rulli di raffreddamento, come mostrato in Figura 8.15. Il metodo dei rulli
freddi sembra essere quello più diffuso. Il contatto con i rulli freddi raffredda e solidi-
fica rapidamente l’estruso; in effetti, l’estrusore agisce come un dispositivo di alimen-
tazione per i rulli di raffreddamento che poi di fatto formano il film. Il processo è noto
per l’alta velocità di produzione, pari a 5 m/s. Inoltre, si possono raggiungere tolleranze
Sezione A-A
Direzione del flusso fuso
Sezione B-B
Collettore
Collettore Figura 8.14 Una delle
diverse configurazioni
Fessura di matrice per estrudere
della fogli e film. (Fonte: Fun-
Film matrice damentals of Modern
estruso Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley &
Sons, Inc.)
Barra di estrusione
Barra di estrusione
Fessura della matrice
Fessura della matrice
Verso l’asciugatura e la raccolta
Film estruso
Verso la raccolta
Figura 8.15 Utilizzo di (a) bagno di acqua per il raffreddamento e (b) rulli di raffreddamento per accelerare la solidificazione del
film fuso dopo l’estrusione. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato
con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
190 Tecnologia meccanica
ridotte sullo spessore del film. Questo processo prende il nome di estrusione a rullo
freddo, dal metodo di raffreddamento utilizzato.
Rulli di presa
Rulli di collasso
Rulli di guida
Linea di gelo
Film di plastica soffiato
Matrice a tubo
Estrusore
Figura 8.16 Processo di
soffiaggio per produzioni
elevate di film tubolare
sottile. (Fonte: Funda-
mentals of Modern Ma-
nufacturing, 4th Edition by
Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il per-
messo di John Wiley &
Sons, Inc.)
Processi di formatura della plastica 191
soffiato può essere lasciato in forma tubolare (ad esempio, per i sacchet- Carico in ingresso
ti dell’immondizia) oppure può essere tagliato in corrispondenza dei
bordi per ottenere due film sottili paralleli.
Figura 8.20 Diagramma della macchina per lo stampaggio con vite di iniezione (alcuni dettagli meccanici sono stati semplificati).
(Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
Piano
Cavità mobile Polimero fuso
Valvola di non ritorno
Figura 8.21 Tipico ciclo di stampaggio: (1) lo stampo viene chiuso, (2) il fuso viene iniettato nella cavità, (3) la vite si ritrae e (4) lo
stampo si apre e il pezzo viene estratto. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
8.6.2 Lo stampo
Lo stampo è l’attrezzatura fondamentale dello stampaggio a iniezione, ed è progettato
e fabbricato appositamente per il pezzo specifico da produrre. Quando il ciclo di pro-
duzione per quel pezzo è finito, lo stampo in uso viene sostituito con un altro stampo
per il pezzo successivo. In questa sezione esaminiamo i diversi tipi di stampo per lo
stampaggio a iniezione.
Stampo a due piani Lo stampo convenzionale a due piani, illustrato in Figura 8.22,
consiste in due metà fissate ai due piani del gruppo di chiusura della macchina di stampag-
gio. Quando il gruppo di chiusura è aperto, le due metà dello stampo sono aperte, come
mostrato in Figura 8.22 (b). La caratteristica più evidente dello stampo è la cavità, che di
solito è formata rimuovendo parte del metallo dalle superfici accoppiate delle due metà.
Gli stampi possono contenere una cavità singola o delle cavità multiple per produrre più
pezzi in un unico ciclo. Nella Figura 8.22 viene rappresentato uno stampo a due cavità.
La superficie di divisione (o linea di separazione, vista dalla sezione trasversale dello
stampo) coincide con l’apertura dello stampo quando si deve rimuovere il pezzo (o i pezzi).
Oltre alla cavità, lo stampo possiede altre caratteristiche indispensabili durante il
ciclo di stampaggio. Uno stampo deve avere un canale di distribuzione attraverso il
quale il polimero fuso scorre dall’ugello del cilindro di iniezione nella cavità di stampo.
Il canale di distribuzione comprende (1) un canale di iniezione, che porta dall’ugello
nello stampo (2) i distributori, che conducono dal canale di iniezione alla cavità (o le
194 Tecnologia meccanica
Piano stazionario
Canale per l’acqua
Alloggiamento dell’espulsore
Stampo
Piano dell’espulsore
(cavità)
(detto anche piano di knock-out)
Distributore
Ugello
Canale di entrata Boccola del
Gate Piano dei perni canale di colata
di espulsione
Figura 8.22 Dettagli di uno stampo a due piani per lo stampaggio a iniezione termoplastica: (a) chiuso e (b) aperto. Lo stampo
presenta due cavità per produrre due pezzi a forma di tazza ad ogni iniezione (in figura è mostrara la sezione trasversale). (Fonte:
Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons,
Inc.)
cavità) di stampo e (3) i gate che comprimono il flusso della plastica nella cavità. La
compressione provoca un aumento del gradiente di velocità e di conseguenza una ridu-
zione della viscosità del polimero fuso. Per ogni cavità di stampo ci sono uno o più gate.
Per espellere il pezzo stampato dalla cavità al termine del ciclo di stampaggio è necessa-
rio un sistema di espulsione. Solitamente, i perni espulsori, incorporati nella parte mobile
dello stampo, hanno questa funzione. La cavità è divisa tra le due metà dello stampo in modo
tale che il naturale ritiro dello stampaggio lo faccia aderire alla metà dello stampo mobile.
Quando lo stampo si apre, i perni espulsori spingono il pezzo fuori della cavità dello stampo.
È inoltre necessario prevedere un sistema di raffreddamento per lo stampo. Que-
sto consiste in una pompa esterna connessa ad opportuni canali ottenuti nello stampo,
all’interno dei quali viene fatta circolare acqua per raffreddare la plastica calda.
L’aria presente nella cavità dello stampo deve essere evacuata al momento dell’inie-
zione del polimero. Ciò avviene principalmente grazie al passaggio dell’aria attraverso
i giochi dei perni di espulsione dello stampo. Inoltre, vengono solitamente inserite delle
piccole prese d’aria sulla superficie di divisione, spesse solo 0.03 mm e larghe da 12
a 25 mm. Questi canali permettono all’aria di fuoriuscire verso l’esterno e presentano
sezione troppo piccola perché il polimero fuso viscoso possa attraversarli.
Per riassumere, uno stampo è costituito da: (1) una o più cavità che determinano la
geometria del pezzo, (2) i canali di distribuzione attraverso cui il polimero fuso scorre
fino alla cavità (alle cavità), (3) un sistema di espulsione per la rimozione del pezzo (dei
pezzi), (4) un sistema di raffreddamento e (5) presa d’aria per consentire la fuoriuscita
dell’aria dalla cavità (dalle cavità).
Altri tipi di stampo Uno stampo alternativo a quello a due piani è lo stampo a tre
piani, mostrato in Figura 8.23, per realizzare lo stesso pezzo discusso in precedenza.
Questa configurazione dello stampo presenta diversi vantaggi. Innanzitutto, il flusso di
plastica fusa attraversa un gate situato alla base del pezzo anziché al lato: ciò permette
una distribuzione più uniforme della massa fusa sui due lati del pezzo. Nella configu-
razione con l’ingresso nello stampo a due piani laterale, in Figura 8.22, la plastica deve
Processi di formatura della plastica 195
Canale
Piano dei perni
di entrata
di espulsione
Figura 8.23 Stampo a tre piani: (a) chiuso e (b) aperto. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
fluire attorno al nucleo e ricongiungersi sul lato opposto, cosa che può dare origine ad
una zona a minore resistenza in corrispondenza della linea di saldatura. In secondo
luogo, lo stampo a tre piani consente una gestione più automatica della macchina di
stampaggio. Quando lo stampo si apre, si divide in tre piani con due aperture tra loro.
Quest’azione separa il canale di distribuzione dai pezzi, che cadono per effetto della
gravità in contenitori posti sotto lo stampo.
Il canale di colata e quello di distribuzione in uno stampo convenzionale a due o
tre piani costituiscono materiale di scarto. In molti casi essi possono essere macinati
e riutilizzati, anche se in alcuni casi il pezzo finito deve essere prodotto con plastica
«vergine» (plastica che non è stata precedentemente stampata).
Lo stampo a canale caldo elimina il problema della solidificazione del canale di
colata e distribuzione, posizionando dei riscaldatori intorno ai canali. Sebbene la pla-
stica nella cavità dello stampo solidifichi, il materiale presente nei canali di colata e di
distribuzione rimane fuso, pronto per essere iniettato nella cavità al ciclo successivo.
Soluzione: Dalla Tabella 8.1 si sa che il ritiro per il polietilene è S = 0.025. Utilizzando
l’Equazione (8,19), si ha che il diametro della cavità dello stampo deve essere:
(8.20)
TABELLA 8.1 Valori di ritiro tipici per lo stampaggio a iniezione di alcuni termoplastici.
ma uno strato che man mano cresce verso le zone centrali del pezzo. Ad un determinato
punto durante il processo di solidificazione, il gate solidifica e isola il materiale nella
cavità dal canale di distribuzione e dalla pressione di compattazione. Quando questo ac-
cade, il polimero ancora fuso all’interno delle zone già solidificate è responsabile della
parte maggiore del ritiro marginale che subisce il pezzo. Una sezione più spessa subisce
dunque un ritiro maggiore perché contiene una maggiore percentuale di materiale fuso
al suo interno.
Oltre al ritiro, nello stampaggio si possono verificare altri problemi. Di seguito si
riportano i difetti più comuni che si possono verificare nei pezzi stampati a iniezione.
Mancato riempimento dello stampo Come accade nella colata, può succedere
che anche uno stampaggio solidifichi prima che il materiale fuso abbia riempito com-
pletamente la cavità. Il difetto può essere corretto aumentando la temperatura e/o la
pressione. Il difetto può anche derivare dall’uso di una macchina con capacità di im-
missione del materiale fuso insufficiente; in questo caso è necessario sostituirla con una
macchina più grande.
Sbavature Le sbavature si verificano quando parte del polimero fuso si insinua nella
superficie di divisione tra le piastre dello stampo o intorno ai perni di espulsione. Il
difetto è di solito causato da (1) dimensioni troppo grandi delle prese d’aria e dei giochi
dello stampo, (2) pressione di iniezione troppo elevata rispetto alla forza di chiusura,
(3) temperatura del fuso troppo elevata o (4) eccessiva quantità di materiale immesso.
ciale esterno denso che circonda un nucleo leggero in schiuma. Questi pezzi hanno un
alto rapporto rigidezza-peso che li rende adatti per applicazioni strutturali.
Una parte in schiuma strutturale può essere prodotta sia introducendo un gas nella
plastica fusa nell’unità di iniezione, sia mescolando con i pellets di partenza un elemen-
to reagente in grado di generare gas. Durante l’iniezione, una quantità di fuso insuffi-
ciente a riempire la cavità viene immessa nello stampo; essa si espande (schiuma) fino a
riempirla. I nuclei di schiuma a contatto con la superficie fredda dello stampo collassa-
no formando una pellicola densa, mentre il materiale interno conserva la sua struttura
a cella. Alcune parti realizzate in schiuma comprendono i case elettronici, componenti
per mobili e le vasche delle lavatrici. I vantaggi dello stampaggio di schiume sono legati
alle minori pressioni di iniezione e forze di chiusura e quindi alla capacità di produrre
componenti di grandi dimensioni, come evidenziato dall’elenco di prodotti precedente.
Uno svantaggio di questo processo è che le superfici del pezzo tendono ad essere ru-
gose, con presenza di vuoti occasionali. Se per l’applicazione finale serve una buona
finitura superficiale è quindi necessario effettuare un’ulteriore lavorazione, come ad
esempio la sabbiatura, la verniciatura o l’applicazione di un rivestimento.
Vasche di raccolta
Componente A Componente B
Pistone di iniezione
Figura 8.24 Sistema di
stampaggio a iniezione di
reazione (RIM), rappre-
sentato subito dopo che
i componenti A e B sono
stati pompati nella testa
di miscelazione, prima
Pompa dell’iniezione nella cavità
Cilindro di misurazione
dello stampo (alcuni det-
tagli delle apparecchia-
ture del processo sono
Testa stati omessi). (Fonte:
di miscelazione Stampo Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edi-
Cavità tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
Perno di espulsione
(2) e (3)
Figura 8.25 Stampaggio a compressione di materie plastiche termoindurenti: (1) il carico viene sistemato, (2) e (3) il carico viene
compresso e si indurisce, (4) il pezzo viene espulso e rimosso (alcuni dettagli sono stati omessi). (Fonte: Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
meno parti da scartare e (3) i pezzi stampati contengono tensioni residue minori. Uno Figura 8.26 (a) Stam-
svantaggio tipico è dato da tempi di produzione più lunghi e quindi da tassi di produzio- paggio per trasferimento
ne inferiori rispetto allo stampaggio a iniezione. da recipiente e (b), stam-
paggio per trasferimento
a stantuffo. Il ciclo in en-
8.7.2 Stampaggio per trasferimento trambi i processi è il se-
guente: (1) il carico viene
In questo processo, un carico di materiale termoindurente viene inserito in una camera immesso nel contenitore,
posta immediatamente sopra la cavità dello stampo, dove viene riscaldato. Successiva- (2) il polimero ammorbi-
mente, viene applicata una pressione necessaria per forzare il polimero ammorbidito a dito viene pressato nel-
la cavità dello stampo
fluire nello stampo riscaldato dove si verifica l’indurimento. Ci sono due varianti del e indurito e (3) il pezzo
processo, che sono illustrati in Figura 8.26: (a) lo stampaggio per trasferimento da re- viene espulso. (Fonte:
cipiente, in cui il carico viene iniettato da un serbatoio attraverso un canale di colata ver- Fundamentals of Modern
ticale fino alla cavità, e (b) lo stampaggio per trasferimento a stantuffo, dove il carico Manufacturing, 4th Edi-
viene immesso tramite un pistone da una camera riscaldata fino alla cavità dello stampo tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
attraverso dei canali laterali. In entrambi i casi, ad ogni ciclo sono prodotti degli scarti permesso di John Wiley &
dovuti al materiale residuo nei canali laterali, chiamati scarti di stampaggio (cull). Sons, Inc.)
Pistone Scarto
di trasferimento Canale
di colata
Recipiente
di trasferimento Carico (preforma)
Cavità
Pezzo
stampato
Perno espulsore
Pistone
Cavità
Perno espulsore
202 Tecnologia meccanica
Inoltre, nello stampaggio per trasferimento da recipiente il canale di colata del poli-
mero fuso è materiale di scarto. Poiché i polimeri sono termoindurenti, questo non può
essere recuperato e riciclato.
Lo stampaggio per trasferimento è molto simile allo stampaggio a compressione, poiché
viene utilizzato per gli stessi tipi di polimeri (elastomeri e termoindurenti). Si può anche no-
tare la somiglianza con lo stampaggio a iniezione, in quanto il carico viene preriscaldato in
una camera separata e poi iniettato nello stampo. Lo stampaggio per trasferimento è in gra-
do di dare origine a forme geometriche più complesse rispetto a quelle che si ottengono con
lo stampaggio a compressione, ma non così articolate come quelle ottenute nello stampaggio
a iniezione. Lo stampaggio per trasferimento è adatto anche in presenza di inserti: in que-
sto caso l’inserto di metallo o di ceramica viene collocato nella cavità dello stampo prima
dell’iniezione, in modo tale che la plastica calda si leghi all’inserto durante lo stampaggio.
• Resistenza e rigidità. Le plastiche non sono così resistenti e rigide come i metalli. Non
devono essere utilizzate in applicazioni in cui si prevedono elevati sforzi e anche la
resistenza allo scorrimento è limitata. Le proprietà di resistenza variano però in modo
significativo tra plastiche, per alcune tipologie di plastiche e per specifiche applicazioni,
il rapporto forza-peso può risultare competitivo rispetto a quello dei metalli.
• Resistenza agli urti. La capacità delle materie plastiche di assorbire gli urti è gene-
ralmente buona; in questo specifico aspetto le plastiche reggono bene il confronto
con la maggior parte dei metalli.
• Le temperature di utilizzo delle materie plastiche sono limitate rispetto a quelle
dei metalli industriali e delle ceramiche.
• La dilatazione termica per le plastiche risulta maggiore rispetto ai metalli e quindi
i cambiamenti dimensionali dovuti alle variazioni di temperatura risultano molto
più significativi per le plastiche.
• Molti tipi di plastica sono soggetti a degradazione se esposti alla luce solare o ad
altre forme di radiazione. Inoltre, alcune plastiche degradano in presenza di ossigeno
e ozono e risultano solubili in molti solventi comuni. D’altra parte le plastiche sono
resistenti ai tradizionali agenti corrosivi che attaccano invece molti metalli. I limiti di
specifiche materie plastiche devono essere valutati in modo attento dal progettista.
L’estrusione è uno dei processi di formatura della plastica più utilizzati. Di seguito si ri-
portano diverse raccomandazioni per la progettazione dell’estrusione convenzionale [3].
• Spessore delle pareti. La sezione trasversale di un estruso dovrebbe avere uno spessore
uniforme. Le variazioni nello spessore delle pareti generano un flusso non uniforme
della plastica e un raffreddamento non bilanciato, che tendono a deformare l’estruso.
• Le sezioni cave complicano la progettazione degli stampi e ostacolano il flusso
della plastica. È opportuno usare sezioni non cave ma che soddisfino comunque le
esigenze funzionali del prodotto.
Processi di formatura della plastica 203
• Angoli. Gli spigoli vivi, sia interni che esterni, devono essere evitati nelle sezioni
trasversali, in quanto durante la lavorazione provocano un flusso irregolare e una
concentrazione di tensione nel prodotto finale.
Le linee guida seguenti si applicano allo stampaggio a iniezione, lo stampaggio a
compressione e lo stampaggio per trasferimento [3], [10].
• Quantità economiche di produzione. Per ogni pezzo stampato è necessario uno
stampo e lo stampo può risultare molto costoso per ognuno di questi processi, in
particolare per lo stampaggio a iniezione. I quantitativi di produzione minimi per lo
stampaggio a iniezione di solito sono circa 10.000 pezzi, mentre per lo stampaggio
a compressione sono circa 1.000 pezzi, poichè sono necessari stampi più semplici.
Lo stampaggio per trasferimento presenta valori intermedi tra questi due processi.
• Complessità del pezzo. Anche se forme più complesse significano stampi più costo-
si, può comunque risultare conveniente progettare uno stampaggio complesso, piut-
tosto che assemblare più componenti singoli. Un vantaggio dello stampaggio è che
permette la combinazione di molteplici caratteristiche funzionali in un unico pezzo.
• Spessore delle pareti. Di solito è sconsigliabile progettare parti caratterizzate da pareti
spesse, poiché rappresentano uno spreco di materiale, si hanno maggiori probabilità
di causare deformazioni dovute al ritiro e, inoltre, impiegano più tempo a indurire. Si
possono usare quindi delle nervature di rinforzo per ottenere una maggiore rigidità
senza aumentare troppo lo spessore. Le nervature dovrebbero essere più sottili rispetto
alle pareti che rinforzano, per minimizzare i punti di cedimento sulla parete esterna.
• Spigoli. Gli spigoli vivi, sia esterni che interni, sono negativi per i pezzi stampati,
in quanto interrompono il flusso regolare del fuso e tendono a creare difetti super-
ficiali e a provocare punti di concentrazione di tensioni nel pezzo finale.
• I fori sono realizzabili nello stampaggio, ma complicano la progettazione degli
stampi e la rimozione dei pezzi. Inoltre possono anche causare delle interruzioni
nel flusso del fuso.
• Sformo. Un pezzo stampato deve essere progettato con una certo angolo di sformo
sui suoi lati per facilitarne la rimozione dallo stampo. Questo è particolarmente
importante sulla parete interna di una parte arrotondata, perchè la plastica stampata
si contrae contro la forma dello stampo positivo. L’inclinazione consigliata per i
materiali termoindurenti va da circa 1/2° a 1° e per i termoplastici da 1/8° a 1/2°. I
fornitori dei composti di materie plastiche per lo stampaggio forniscono i valori di
sformo più adatti per i loro prodotti.
• Le tolleranze specificano le variazioni dimensionali ammissibili per un pezzo
durante la produzione. Anche se il ritiro è prevedibile in condizioni strettamente
controllate, è meglio impostare tolleranze abbastanza ampie per lo stampaggio a
iniezione, a causa delle variazioni dei parametri di processo che influiscono sul
ritiro. La Tabella 8.2 elenca alcune tolleranze tipiche in base alle dimensioni di parti
stampati e alla tipologia di materia plastica.
TABELLA 8.2 Tolleranze tipiche dei pezzi stampati per alcune tipologie plastiche.
I valori rappresentano le pratiche tipiche dello stampaggio commerciale. Fonti [3], [7], [14] e [19].
a
Per dimensioni più piccole le tolleranze possono essere ridotte, per dimensioni più grandi servono invece tolleranze maggiori.
204 Tecnologia meccanica
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Chapter 18.
Domande di ripasso
7 Descrivere brevemente il processo di estrusione
1. Quali sono i motivi per cui i processi di formatura della plastica.
della plastica sono importanti? 8 La barra e la vite di un estrusore sono generalmente
2. Identificare le principali categorie di processi di for- suddivisi in tre sezioni: descrivere queste sezioni.
matura della plastica, secondo la classificazione ba- 9 Quali sono le funzioni delle maglie metalliche e del
sata sulla geometria del prodotto risultante. breaker plate alla fine della matrice di estrusione?
3. La viscosità è una proprietà importante dei fusi po- 10 Quali sono le varie forme degli estrusi e delle matri-
limerici nei processi di formatura della plastica. Da ci corrispondenti?
quali parametri dipende la viscosità? 11 Qual è la distinzione tra foglio di plastica e film?
4. In cosa differisce la viscosità di un fuso polimerico 12 Cos’è il processo di soffiaggio per la produzione di
rispetto alla maggior parte dei fluidi Newtoniani. film?
5. In cosa consiste la viscoelasticità di un polimero 13 Descrivere il processo di calandratura.
fuso? 14 Descrivere brevemente il processo di stampaggio
6. Definire il rigonfiamento da estrusione. a iniezione.
Processi di formatura della plastica 205
15 Una macchina di stampaggio a iniezione è divisa in paggio a iniezione di materiali termoplastici e quello
due componenti principali. Elencarli. di termoindurenti?
16 Qual è la funzione dei gate negli stampi a iniezione? 20 Che cos’è lo stampaggio a reazione?
17 Quali sono i vantaggi dello stampo a tre piani rispet- 21 Quali tipi di prodotti si realizzano tramite lo stam-
to a quello a due piani nello stampaggio a iniezione? paggio a soffiaggio?
18 Discutere alcuni dei difetti che possono verificarsi 22 Quali sono alcune delle considerazioni generali che
nello stampaggio a iniezione delle materie plastiche. i progettisti deve tenere a mente durante la proget-
19 Quali sono le differenze significative nelle apparec- tazione di componenti di plastica?
chiature e nelle procedure operative tra lo stam-
problemi
1 Il diametro di un barra di estrusione è di 65 mm e la 7 Un estrusore ha un diametro della barra e una lun-
sua lunghezza di 1.75 m. La vite ruota a 55 giri/min. ghezza di 100 mm e 2.8 m rispettivamente. La ve-
La profondità del canale della vite è 5.0 mm e l’an- locità di rotazione della vite è 50 giri/min, la profon-
golo di inclinazione di 18°. La pressione alla matrice dità canale 7.5 mm e l’angolo di inclinazione di 17°.
alla fine della barra è di 5.0 × 106 Pa. La viscosità del La plastica fusa ha una viscosità pari a 175 Pa-s.
polimero fuso è 100 Pa-s. Individuare la portata volu- Determinare: (a) la caratteristica dell’estrusore, (b) il
metrica del materiale plastico nella barra. coefficiente di forma Ks per una matrice ad apertura
2 Una barra di estrusione ha un diametro di 110 mm e circolare di diametro pari a 3.0 mm e lunghezza di
una lunghezza di 3.0 m. La profondità del canale del- 12.0 mm e (c) il punto di lavoro (Q e p).
la vite è 7.0 mm e il suo passo di 95 mm. La viscosità 8 Consideriamo un estrusore in cui il diametro della
del polimero fuso è 105 Pa-s e la pressione alla testa barra è di 114,3 mm e la lunghezza di 3352,8 mm. La
della barra è di 4.0 MPa. Quale velocità di rotazione vite ruota a 60 giri/min, ha una profondità di canale
della vite è necessaria per ottenere una portata volu- di 8.89 mm e un angolo di 20°. La plastica fusa ha
metrica di 90 cm3/s? una viscosità di 86,18 Pa⋅s. Determinare: (a) Qmax e
3 Un estrusore ha un diametro di 80 mm e una lun- p max, (b) il coefficiente di forma Ks per una matrice ad
ghezza di 2.0 m. Il canale della vite ha una profondità apertura circolare in cui Dd = 7,92 mm Ld = 19,05 mm,
di 5 mm, un angolo di inclinazione di 18 gradi, e la e (c) i valori di Q e p al punto di lavoro.
vite ruota a 1 giro/sec. La massa fusa plastica ha una 9 La dimensione specificata per un certo componen-
viscosità di 150 Pa-s. Determinare la caratteristica te stampato a iniezione in ABS è pari a 225.00 mm.
dell’estrusore calcolando Qmax e p max e poi trovando Calcolare la dimensione corrispondente alla cavità
l’equazione della linea retta che passa per essi. dello stampo che deve essere prodotto, utilizzando il
4 Determinare l’angolo di inclinazione della spirale A valore di ritiro riportato in Tabella 8.1.
tale che il passo p della vite sia uguale al diame- 10 La dimensione di un certo componente stampato
tro della vite D. Questo è detto l’angolo «quadro» a iniezione di policarbonato viene specificato come
nell’estrusione delle materie plastiche, cioè l’ango- 92.25 mm. Calcolare la dimensione corrispondente
lo che provoca un avanzamento pari al diametro ad a cui la cavità dello stampo deve essere prodotto,
ogni rotazione della vite. utilizzando il valore di ritiro riportato in Tabella 8.1.
5 Una barra di estrusione ha un diametro di 63.5 mm. 11 Il capo del reparto di stampaggio a iniezione sostiene
La vite gira a 60 giri/min, la profondità del canale del- che un pezzo di polietilene prodotto in una delle ope-
la vite è di 0.20 e il suo angolo di inclinazione è di razioni ha una contrazione maggiore rispetto a quella
17.5°. La pressione alla matrice alla fine della barra ottenuta con i calcoli. La dimensione del pezzo era
è di 5,52 MPa e la lunghezza della barra è di 1270 indicata come 112.5 ± 0.5 mm. Invece, il pezzo reale
mm La viscosità del polimero fuso è 84,12 Pa⋅s. Deter- stampato misura 112.02 mm. (a) Come primo pas-
minare la portata volumetrica del materiale plastico so, si deve controllare la corrispondente dimensione
nella barra. della cavità dello stampo. Calcolare il valore corretto
6 Una barra di estrusione ha un diametro di 101,6 mm e della dimensione dello stampo, sapendo che il valore
un rapporto L/D di 28. Il canale di profondità della vite di contrazione del polietilene è 0.025 (dalla Tabella
è di 6.35 mm e suo passo di 121.92 mm. Essa ruota a 8.1). (b) Quali adeguamenti dei parametri di processo
60 giri/min. La viscosità del polimero fuso è di 69 Pa⋅s. potrebbero essere fatti per ridurre il ritiro?
Quali pressione di testa è necessaria per ottenere una 12 La matrice di estrusione di un parison di polietilene
portata volumetrica di 4,097⋅10(–5)m 3/s? usata per uno stampaggio a soffiaggio ha un diame-
206 Tecnologia meccanica
tro medio di 18.0 mm. La dimensione dell’apertura Qual è lo spessore della corrispondente parete del
del foro nello stampo è di 2.0 mm. Il diametro medio contenitore? (b) Recuperare un vuoto di bottiglia da
del parison si gonfia fino a una dimensione di 21.5 2 litri di plastica e tagliarla (prestando molta atten-
mm dopo l’uscita dal foro. Sapendo che il diametro zione) lungo il diametro. Utilizzando un micrometro,
del contenitore soffiato è di 150 mm, determinare misurare lo spessore della parete e confrontarla con
(a) lo spessore corrispondente della parete del con- la risposta al punto (a).
tenitore e (b) lo spessore della parete della parison. 14 Si utilizza un’operazione di estrusione per produrre
13 Un parison viene estruso da uno stampo con diame- un parison il cui diametro medio è di 27 mm. I diame-
tro esterno di 11.5 mm e diametro interno di 7.5 mm. tri interno ed esterno della matrice che lo ha prodotto
Il rigonfiamento osservato è di 1.25. Il parison viene sono 18 mm e 22 mm rispettivamente. Sapendo che
utilizzato per stampare per soffiaggio un contenitore lo spessore minimo della parete del contenitore sof-
di bevande il cui diametro esterno è di 112 mm (for- fiato dev’essere 0.40 mm, qual è il diametro massi-
mato standard di una bottiglia da 2 litri di soda). (a) mo possibile dello stampo per il soffiaggio?
III Lavorazione di polveri
di metalli e ceramiche
Metallurgia delle polveri,
Capitolo 9
cercamiche e cermets
Questa parte si occupa della lavorazione dei metalli e delle ceramiche sotto forma di pol-
veri, cioè particelle solide molto piccole. Nel caso delle ceramiche tradizionali, le polveri
sono prodotte attraverso frantumazione e macinazione di materiali comuni presenti in
natura, come i silicati (l’argilla) e il quarzo. Nel caso dei metalli e delle ceramiche di nuo-
va generazione (basate principalmente su ossidi e carburi), le polveri vengono prodotte
attraverso una varietà di processi industriali. La prima parte del Capitolo 9 copre i pro-
cessi di produzione delle polveri e i metodi utilizzati per formare i prodotti partendo dalle
polveri; la seconda parte descrive la metallurgia delle polveri e i processi di lavorazione
delle polveri di ceramica e dei cermets.
La metallurgia delle polveri (powder metallurgy, PM) è una tecnica di lavorazione dei
metalli che serve a produrre degli oggetti partendo da polveri metalliche. Nella normale
sequenza di produzione, le polveri vengono compresse nella forma desiderata e poi
riscaldate affinché si comprimano in un’unica massa dura e rigida. La compressione,
chiamata pressatura, viene eseguita da una pressa che utilizza degli utensili progettati
appositamente per il pezzo da produrre. Gli utensili, che consistono generalmente in una
matrice e uno o più punzoni, possono essere costosi, quindi la metallurgia delle polveri
è più adatta per le produzioni medio-alte. Il trattamento termico, detto sinterizzazione,
viene effettuato ad una temperatura inferiore al punto di fusione del metallo. Alcune con-
siderazioni che rendono la metallurgia delle polveri una tecnologia importante dal punto
di vista commerciale sono riportate di seguito.
• I pezzi realizzati sono net shape o near net shape, quindi vi è una necessità molto
ridotta di effettuare lavorazioni successive.
• Il processo PM causa pochissimo spreco di materiale: circa il 97% delle polveri
di partenza sono usate per il prodotto finale. Questo rende il processo preferibile
rispetto ai processi di fonderia in cui i canali e le materozze sono scartati durante il
ciclo produttivo.
• La natura del materiale di partenza agevola la creazione di pezzi aventi un certo
livello di porosità. Questa caratteristica si presta alla produzione di pezzi metallici
porosi, come i filtri i cuscinetti e gli ingranaggi impregnati d’olio.
• Alcuni metalli che sono difficili da fabbricare con altri metodi possono essere for-
mati attraverso la metallurgia delle polveri. Il tungsteno è un esempio: i filamenti di
tungsteno utilizzati nelle lampadine ad incandescenza sono realizzati con questa
tecnologia.
• La metallurgia delle polveri può produrre delle combinazioni di leghe metalliche e
cermet che non possono essere prodotte con altri metodi.
• La PM di solito raggiunge risultati migliori della maggior parte dei processi di fonde-
ria in termini di accuratezza dimensionale del pezzo. Le tolleranze che si ottengono
sono ± 0.13 mm.
• I metodi di produzione possono essere automatizzati per la produzione di massa.
210 Tecnologia meccanica
Ci sono delle limitazioni e degli svantaggi legati alle lavorazioni PM: (1) i costi delle
attrezzature e degli utensili sono elevati, (2) le polveri metalliche sono costose e (3) ci
sono dei problemi nello stoccaggio e nello spostamento delle polveri metalliche (come la
degradazione del metallo nel tempo e i rischi di incendio per particolari metalli). Inoltre,
(4) esistono delle limitazioni sulla geometria del pezzo finale che si può ottenere perché
le polveri metalliche non scorrono facilmente nello stampo durante la pressatura, e de-
vono essere previsti degli appositi meccanismi di espulsione del pezzo dallo stampo.
Infine, (5) le variazioni di densità del materiale nel pezzo, soprattutto se di geometria
complessa, possono costituire un problema.
Tramite la metallurgia delle polveri si possono produrre pezzi che pesano anche
fino a 22 kg, ma la maggior parte dei prodotti pesano meno di 2.2 kg. Alcuni pezzi che di
solito vengono prodotti tramite PM sono mostrati in Figura 9.1. Il più grande quantitativo
di metalli per PM è costituito da leghe di ferro, di acciaio e di alluminio. Altri metalli uti-
lizzati sono il rame, il nichel e i metalli refrattari come il molibdeno e il tungsteno. Anche
i carburi metallici, come il carburo di tungsteno, vengono di solito inclusi nel campo di
applicazione della metallurgia delle polveri, tuttavia, dal momento che questi materiali
sono ceramiche, rimandiamo la loro trattazione al Paragrafo 9.6.
Il successo della metallurgia delle polveri dipende in larga misura dalle caratteri-
stiche delle polveri di partenza. Anche per le ceramiche (tranne il vetro), il materiale di
partenza è in polvere e i metodi per la caratterizzazione delle polveri ceramiche sono
molto simili a quelli usati per le polveri metalliche.
Anzitutto è utile notare che i produttori di polveri metalliche non sono le stesse aziende
che producono i pezzi finiti. I produttori di polveri sono i fornitori, mentre gli impianti
che producono i componenti a partire dalle polveri metalliche sono i clienti. In questa
sezione sono descritti i processi utilizzati dai fornitori, mentre nelle due sezioni succes-
sive quelli utilizzati dai produttori dei pezzi finali.
Teoricamente qualsiasi metallo può essere trasformato in polvere. Ci sono tre me-
todi commerciali con cui le polveri metalliche sono prodotte, ciascuno dei quali pre-
vede un apporto di energia per aumentare la superficie del metallo. I metodi sono (1)
Figura 9.1 Esempi di
pezzi prodot ti tramite
metallurgia delle polveri.
Foto per gentile conces-
sione di Dorst America,
Inc. (Fonte: Fundamen-
tals of Modern Manu-
facturing, 4th Edition by
Mikell P. Groover, 209.
Ristampato con il per-
messo di John Wiley &
Sons, Inc.)
Metallurgia delle polveri, cercamiche e cermets 211
l’atomizzazione, (2) metodi basati su processi chimici e (3) l’elettrolisi [13]. A volte si
possono usare anche dei metodi meccanici per ridurre la dimensione delle polveri, ma
questi sono più comunemente associati alla produzione di polveri di ceramiche e quindi
sono trattati nel Paragrafo 9.7.
9.1.1 Atomizzazione
Questo metodo consiste nella conversione del metallo fuso in uno spruzzo di goccioline
che poi solidificano formando le polveri. Ad oggi questo è il metodo più versatile e più
usato per la produzione di polveri metalliche, perché è applicabile a quasi tutti i metal-
li, le leghe e i metalli puri. Ci sono diversi modi per realizzare lo spruzzo di metallo
fuso, alcuni dei quali sono illustrati in Figura 9.2. Due dei metodi riportati sono basati
sull’atomizzazione a gas, in cui un flusso di gas (aria o gas inerte) ad alta velocità
viene usato per atomizzare il metallo liquido. In Figura 9.2 (a), il gas passa attraverso
un ugello di espansione e la sua azione fa salire il metallo fuso in un sifone e lo spruzza
in un contenitore. Le goccioline solidificano poi in polveri. In un metodo molto simile,
mostrato in Figura 9.2 (b): il metallo fuso fluisce per gravità attraverso un ugello e
all’uscita viene atomizzato da getti d’aria. Le polveri metalliche risultanti, che tendono
ad essere sferiche, sono raccolte in una camera sottostante.
L’approccio illustrato in Figura 9.2 (c) è simile a quello dell’immagine (b), a parte
per il fatto che viene usato un flusso d’acqua ad elevata velocità al posto dell’aria. Que-
sto metodo prende il nome di atomizzazione ad acqua ed è il più comune tra i metodi
Metallo fuso
Ugello Spruzzo
Gas Gas
Gas
Camera
Sifone di raccolta
Polveri metalliche
Polveri
Metallo fuso
metalliche
Metallo fuso
Metallo fuso
Figura 9.2 Vari metodi di
atomizzazione per la pro-
duzione di polveri metal-
Acqua Acqua liche: (a) e (b) due metodi
di atomizzazione a gas,
(c) atomizzazione ad ac-
qua e (d) atomizzazione
Getto
Polveri centrifuga con il metodo
d’acqua
Disco del disco rotante. (Fonte:
metalliche
Camera rotante Fundamentals of Modern
di raccolta Acqua Manufacturing, 4th Edi-
Camera
di raccolta tion by Mikell P. Groover,
Polveri Albero
2010. Ristampato con il
metalliche di trasmis-
permesso di John Wiley
sione
& Sons, Inc.)
212 Tecnologia meccanica
Una volta prodotte le polveri metalliche, la tipica sequenza utilizzata dai produttori per
la loro lavorazione è costituita da tre fasi: (1) miscelazione e combinazione delle polveri,
(2) compattazione, in cui le polveri sono pressate nella forma del pezzo desiderato e (3)
sinterizzazione, che prevede il riscaldamento ad una temperatura inferiore al punto di
fusione per creare dei legami tra le particelle nello stato solido e irrobustire il pezzo. Le
tre fasi, anche denominate operazioni primarie di PM, sono raffigurate in Figura 9.4.
A volte sono necessarie anche delle operazioni secondarie per migliorare la precisione
dimensionale, aumentare la densità o ottenere altri miglioramenti.
Vite Pala
Figura 9.5 Vari dispositivi di miscelazione e combinazione: (a) tamburo rotante, (b) doppio cono rotante, (c) miscelatore a vite, e
(d) miscelatore a pale. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
9.2.2 Compattazione
Durante la compattazione viene applicata alle polveri una pressione elevata per poterle
formare nella forma desiderata. Il metodo convenzionale usato per la compattazione è
la pressatura, in cui due punzoni opposti comprimono le polveri contenute in una ma-
trice. Le fasi del ciclo di pressatura sono mostrate in Figura 9.6. Il pezzo dopo la pres-
satura è chiamato il verde, per indicare che non è stato ancora lavorato completamente.
Il risultato della pressatura è che la densità del pezzo, detta densità del verde, è molto
maggiore della densità di partenza. La resistenza del verde al termine della pressatura
è abbastanza grande da poterlo trasportare, ma molto minore di quella raggiunta con la
sinterizzazione.
All’inizio, la pressione applicata durante la compattazione causa il raggruppamento
delle polveri in una disposizione più efficiente, eliminando i «ponti» formatisi durante
il riempimento del contenitore, riducendo lo spazio dei pori e aumentando il numero dei
punti di contatto tra le particelle. All’aumentare della pressione, le particelle vengono
deformate plasticamente, causando l’aumento dell’area di contatto interparticellare e il
contatto tra le particelle. Questo processo è accompagnato da un’ulteriore riduzione del
volume dei pori. Questa sequenza è illustrata nelle tre immagini della Figura 9.7 riferite
a particelle inizialmente di forma sferica. Nella stessa figura è riportata anche la densità
associata ai tre stati in funzione della pressione applicata.
Le presse utilizzate nella compattazione tradizionale sono meccaniche, idrauliche o
una combinazione delle due. La Figura 9.8 mostra un’unità idraulica da 450 kN. A causa
delle differenze nella complessità del pezzo e nelle relative esigenze di diverse pressatu-
re, le presse si possono distinguere in (1) presse che agiscono in una sola direzione, dette
presse a singola azione, oppure (2) presse che agiscono da due direzioni, che possono
Metallurgia delle polveri, cercamiche e cermets 215
Punzone
superiore
Figura 9.6 Sequenza
di pressatura, il metodo
Polveri di compattazione delle
polveri metalliche più
Alimentatore comune: (1) riempimento
della cavità dello stampo
con polvere, realizzato
in produzione tramite in-
Matrice serimento automatico,
posizione iniziale (2) e
finale (3) del punzone
superiore e inferiore du-
Punzone
rante la compattazione, e
inferiore
(4) espulsione del pezzo.
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
Densità reale
Densità
Pressione di compattazione
Figura 9.7 (a) Effetto della pressione applicata durante la compattazione: (1) polveri sparse iniziali dopo il riempimento, (2) rag-
gruppamento e (3) deformazione delle particelle; (b) grafico della densità delle polveri in funzione della pressione. La sequenza ri-
portata corrisponde alle fasi 1, 2 e 3 in Figura 9.6 (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
(9.1)
9.2.3 Sinterizzazione
Dopo la pressatura, il verde non è molto duro e né molto resistente e si sbriciola fa-
cilmente se sottoposto a leggere sollecitazioni. La sinterizzazione è un’operazione di
trattamento termico che viene effettuato per legare le particelle metalliche del composto
e aumentare così la sua resistenza e la sua durezza. Questo trattamento viene di solito
effettuato a temperature comprese tra lo 0.7 e lo 0.9 del punto di fusione del metallo
(su scala assoluta). A volte si usano i termini sinterizzazione allo stato solido o sinte-
rizzazione in fase solida per indicare questo tipo comune di sinterizzazione perché il
metallo non si fonde a queste temperature di trattamento.
Un fatto universalmente accettato tra i ricercatori è che la causa principale della
sinterizzazione è la riduzione dell’energia superficiale [6], [16]. Il verde è composto da
diverse particelle distinte, ciascuna con la propria superficie e quindi la superficie totale
del composto è molto alta. Sotto l’influenza del calore, la superficie si riduce attraverso
la formazione e la crescita dei legami tra le particelle, con una corrispondente riduzione
dell’energia superficiale. Più fine diventa la dimensione della polvere iniziale, maggiore
sarà la superficie totale di conseguenza anche la forza nel processo.
Le immagini riportate in Figura 9.9 mostrano su scala microscopica i cambiamenti
che si verificano durante la sinterizzazione delle polveri metalliche. La sinterizzazione
comporta lo spostamento della massa per creare i colli che poi si trasformano nei bordi
dei grani. Il meccanismo principale tramite cui avviene è la diffusione; altri meccani-
smi comprendono il flusso plastico. Il ritiro del pezzo si verifica durante la sinteriz-
zazione in seguito alla riduzione delle dimensioni dei pori. Questo dipende in larga
misura dalla densità del verde, che a sua volta dipende dalla pressione esercitata durante
la compattazione. Il ritiro di solito è prevedibile se le condizioni di lavorazione sono
strettamente controllate.
Poiché le applicazioni PM sono usate per produzioni medio-alte, la maggior parte
dei forni di sinterizzazione sono progettati con metodi di trasporto meccanico dei pezzi.
Il trattamento termico consiste di tre fasi, realizzate in tre camere nei forni continui:
(1) il preriscaldamento, in cui vengono bruciati i lubrificanti e i leganti, (2) la sinteriz-
zazione e (3) il raffreddamento. La sequenza del trattamento è illustrata in Figura 9.10.
Valori tipici di temperatura e tempo di sinterizzazione di alcuni metalli sono riportati
in Tabella 9.1.
Metallurgia delle polveri, cercamiche e cermets 217
Preriscal- Sinteriz-
damento zazione Raffreddamento
Tempo
TABELLA 9.1 Valori tipici di temperatura e tempo di sinterizzazione per alcune polveri metalliche.
Temperature di sinterizzazione
Metallo °C Tempistiche
Ottone 850 25 min
Bronzo 820 15 min
Rame 850 25 min
Ferro 1100 30 min
Acciaio inossidabile 1200 45 min
Tungsteno 2300 480 min
Nella sinterizzazione moderna, l’atmosfera nel forno è controllata ai fini di (1) pro-
teggere il metallo dall’ossidazione, (2) fornire un’atmosfera riducente per rimuovere gli
ossidi esistenti, (3) fornire un’atmosfera di carburizzazione e (4) aiutare a rimuovere i
lubrificanti e i leganti usati nella pressatura. Le atmosfere tipiche nei forni di sinteriz-
zazione sono gas inerti, a base di azoto, ammoniaca dissociata, idrogeno e gas naturale
[6]. Per alcuni metalli, come l’acciaio e tungsteno, si usano anche atmosfere sotto vuoto.
verniciatura), usando gli stessi processi utilizzati su pezzi prodotti per fusione e altre
lavorazioni dei metalli. Bisogna fare particolare attenzione ai trattamenti termici a cau-
sa della porosità: ad esempio, per riscaldare i pezzi PM non si possono usare i bagni di
sale. Le operazioni di placcatura e rivestimento vengono eseguite sui pezzi sinterizzati
a scopo estetico o per migliorare la resistenza alla corrosione. Anche in questo caso oc-
corre prendere delle precauzioni per evitare l’intrappolamento delle soluzioni chimiche
nei pori; le operazioni di impregnazione e infiltrazione sono spesso usate per questo
scopo. I materiali tipici usati nella placcature di pezzi PM includono il rame, il nichel,
il cromo, lo zinco e il cadmio.
Recipiente
a pressione Nucleo
solido (perno)
Fluido
pressurizzato
Stampo
in gomma
Carico
(polveri)
Figura 9.11 Pressatura isostatica a freddo: (1) le polveri sono immesse nello stampo flessibile, (2) viene applicata una pressione
idrostatica contro lo stampo per compattare le polveri e (3) la pressione viene ridotta e il pezzo viene rimosso. (Fonte: Fundamen-
tals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
vata di particolato, tipicamente dal 50% al 85% del volume. Quando il processo viene
utilizzato nella metallurgia delle polveri, si usa il termine di stampaggio a iniezione
di metallo (metal injection molding, MIM). Il processo più generale prende il nome di
stampaggio a iniezione di polveri (powder injection molding, PIM), che comprende le
polveri sia metalliche sia ceramiche. I passi del MIM sono i seguenti [7]. (1) Le polveri
metalliche sono miscelate con un apposito legante e (2) dalla miscela si formano dei pel-
let granulari. (3) I pellet vengono riscaldati a temperatura di stampaggio, iniettati nella
cavità dello stampo e poi il pezzo viene raffreddato ed estratto dallo stampo. (4) Il pezzo
viene trattato con metodi termici o a solvente per rimuovere il legante. (5) Il pezzo viene
sinterizzato. (6) Altre operazioni secondarie vengono eseguite a seconda delle esigenze.
Il legante nello stampaggio a iniezione di polveri agisce come supporto per le par-
ticelle. Le sue funzioni sono di fornire le adeguate caratteristiche di flusso durante lo
stampaggio e di mantenere le polveri nella forma da stampare fino alla sinterizzazione.
I cinque tipi di base di leganti usati nel PIM sono (1) i polimeri termoindurenti, come le
resine fenoliche, (2) i polimeri termoplastici, come il polietilene, (3) l’acqua, (4) i gel e
(5) i materiali inorganici [7]. I polimeri sono quelli più utilizzati.
Lo stampaggio a iniezione di polveri è adatto per le stesse forme dello stampaggio
a iniezione di materie plastiche. Non è competitivo dal punto di vista economico per la
realizzazione di pezzi semplici ad assi simmetrici, perché in quei casi è meglio usare
il processo tradizionale di pressatura e sinterizzazione. Il PIM sembra più conveniente
per pezzi più piccoli, complessi e costosi. La precisione dimensionale è limitata dalla
contrazione che accompagna l’addensamento durante la sinterizzazione.
Carico
(polveri)
Figura 9.12 Laminazio-
Rulli di
ne delle polveri: le polveri
compattazione
vengono (1) immesse
Forno di Laminatoio Forno di tramite rulli di compat-
sinterizzazione a freddo risinterizzazione tazione per formare una
striscia verde, (2) sinte-
rizzate, (3) laminate a
Striscia
freddo e (4) risinterizzate.
Striscia finale
(Fonte: Fundamentals of
verde Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
talliche sono compattate tra rulli in una striscia verde che viene immessa direttamente
in un forno di sinterizzazione. Poi viene laminata a freddo e risinterizzata.
Le materie prime usate nella metallurgia delle polveri sono più costose di quelle usate
nelle altre lavorazioni dei metalli a causa dell’energia aggiuntiva necessaria per ridurre
il metallo in forma di polvere. Quindi la PM è competitiva solo in una certa gamma di
applicazioni. In questa sezione vengono descritti i materiali e i prodotti che sono più
adatti per la metallurgia delle polveri.
Materie prime Dal punto di vista chimico, le polveri metalliche possono essere classi-
ficate in elementari o prelegate. Le polveri elementari sono costituite da un metallo puro
e vengono utilizzate in applicazioni in cui è importante avere una purezza elevata. Ad
esempio, il ferro puro può essere utilizzato quando è importante mantenere le sue proprie-
tà magnetiche. Le polveri elementari più comuni sono quelle di ferro, alluminio e rame.
Le polveri elementari possono essere mischiate con altre polveri metalliche per
produrre leghe speciali che sono difficili da ottenere con i metodi tradizionali, come ad
esempio gli acciai per utensili. La PM permette la miscelazione di alcuni elementi che
sarebbe difficile o impossibile da ottenere usando tecniche di legatura tradizionali. Uti-
lizzare le miscele di polveri elementari per formare una lega fornisce dei benefici nella
lavorazione, anche se non sono usate delle leghe speciali. Poiché le polveri sono metalli
puri, non sono forti come i metalli prelegati. Infatti si deformano più facilmente durante
la pressatura, in modo tale da rendere la densità e la resistenza del verde superiori a
quelle dei compatti prelegati.
Nelle polveri prelegate, ogni particella è una lega con una determinata composizio-
ne chimica. Le polveri prelegate vengono utilizzate per le leghe che non possono essere
Metallurgia delle polveri, cercamiche e cermets 223
L’utilizzo delle tecniche di PM è generalmente adatto per una certa categoria di processi
di produzione e di progettazione di pezzi. In questa sezione cerchiamo di definire le ca-
ratteristiche di questa categoria di applicazioni per le quali la metallurgia delle polveri
è più appropriata. Per prima cosa presentiamo un sistema di classificazione per i pezzi
PM e poi forniamo alcune linee guida sulla progettazione dei componenti.
La Metal Powder Industries Federation (MPIF) definisce quattro classi di proget-
tazione di pezzi nella metallurgia delle polveri, a seconda del livello di difficoltà della
pressatura convenzionale. Il sistema è utile perché indica le limitazioni di forma che
possono verificarsi con le tecniche PM convenzionali. Le quattro classi sono illustrate
in Figura 9.13. Il sistema di classificazione MPIF fornisce alcune indicazioni relative
Direzione Direzione
di pressatura di pressatura
Figura 9.13 Le quattro classi dei pezzi PM; la sezione dei pezzi è circolare e sono visti lateralmente:
(a) classe I - forme semplici sottili che possono essere pressate da una sola direzione, (b) classe II
– forme semplici ma più spesse che richiedono la pressatura da due direzioni, (c ) classe III – forme
con due livelli di spessore, pressate da due direzioni e (d) classe IV – forme a diversi livelli di spesso-
re, pressate da due direzioni con comandi separati per ogni livello per raggiungere il livello di densità
appropriato nel pressato. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
224 Tecnologia meccanica
alle geometrie che sono adatte alle tecniche convenzionali di pressatura PM. Ulteriori
approfondimenti sono dati dalle linee guida seguenti [3], [13] e [17].
• L’economia dei processi PM richiede di produrre grandi quantità di pezzi per giu-
stificare il costo delle attrezzature e degli utensili speciali richiesti. I quantitativi
minimi suggeriti sono di 10.000 unità [17], anche se possono esserci delle eccezioni.
• La metallurgia delle polveri è unica nella sua capacità di produrre pezzi ad un livel-
lo controllato di porosità. È possibile ottenere un grado di porosità fino al 50%.
• La metallurgia delle polveri può essere usata per realizzare pezzi in metalli o leghe non
comuni - materiali che sarebbe difficile, se non impossibile, fabbricare con altri mezzi.
• La forma del pezzo deve permetterne l’espulsione dallo stampo dopo la pressatura;
questo generalmente significa che il pezzo deve avere i lati verticali o quasi verticali,
anche se sono ammessi dei gradini, come mostrato nel sistema di classificazione MPIF
(Figura 9.13). Alcuni elementi, come i sottosquadri e i fori laterali, devono essere evitati,
come illustrato in Figura 9.14. Invece i sottosquadri e i fori verticali, come quelli mo-
strati in Figura 9.15, sono ammissibili perché non interferiscono con l’espulsione. I fori
verticali possono avere sezione trasversale anche non circolare (ad esempio quadrata o
scanalata), senza aumenti significativi nella difficoltà degli utensili o della lavorazione.
• Le filettature non possono essere realizzate tramite pressatura PM. Se necessarie,
devono essere prodotte tramite una lavorazione meccanica dopo la sinterizzazione.
• Gli smussi e i raggi di raccordo si possono realizzare tramite pressatura PM, come
mostrato in Figura 9.16. Se gli angoli sono troppo acuti si possono riscontrare dei
problemi per la rigidità dei punzoni.
• Lo spessore alle pareti del pezzo deve essere almeno di 1.5 mm tra i fori o tra un
foro e la parete esterna del pezzo, come indicato in Figura 9.17. Il diametro minimo
del foro deve essere di 1.5 mm.
Direzione
Figura 9.14 Geometrie di pressatura
da evitare nei pezzi PM
perché rendono impos-
sibile l’espulsione del
pezzo: (a) fori laterali e
(b) sottosquadri laterali.
(Fonte: Fundamentals of Sotto-
Modern Manufacturing, Foro squadro
4th Edition by Mikell P. laterale
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
Angolo acuto
45° minimo
Raggio di
Raggio
raccordo
Raggio esterno
interno
Figura 9.16 Gli smussi e i raggi di raccordo si possono realizzare, ma ci sono alcune regole da seguire: (a) evitare angoli acuti di
smusso, (b) preferire angoli più grandi a causa della rigidità del punzone, (c) i raggi interni devono essere piccoli, (d) i raggi degli
angoli esterni sono difficili da realizzare perché il punzone è fragile ai bordi degli angoli, (e) i problemi degli angoli esterni si pos-
sono risolvere combinando un raggio di raccordo e uno smusso. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by
Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Vista dall’alto
Figura 9.17 Lo spesso-
re minimo di una parete
Spessore mini- tra due fori (a) o tra un
mo delle pareti foro e una parete ester-
na (b) dovrebbe esse-
re di 1.5 mm (0.060 in).
Vista della (Fonte: Fundamentals of
sezione Modern Manufacturing,
trasversale 4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
delle ceramiche di nuova generazione si usano altre sostanze come leganti durante la
formatura. Dopo la formatura, i verdi vengono sinterizzati. Questo processo è spesso
chiamato cottura per le ceramiche, ma la sua funzione è analoga a quella che si ha in
metallurgia delle polveri: indurre una reazione allo stato solido che consente al materia-
le di legarsi in una massa dura.
I metodi di lavorazione trattati in questo capitolo sono importanti sia commercial-
mente che tecnologicamente perché quasi tutti i prodotti ceramici sono realizzati at-
traverso questi processi (ad eccezione ovviamente dei prodotti in vetro). La sequenza
di produzione è simile per entrambi i tipi di ceramiche perché la forma del materiale
di partenza è la stessa, cioè la polvere. Tuttavia, visto che i metodi di lavorazione sono
abbastanza diversi, le due categorie vengono trattate separatamente.
In questa sezione viene descritta la tecnica di produzione usata per fabbricare prodotti
ceramici tradizionali come le stoviglie, i mattoni, le piastrelle e i refrattari in ceramica.
Anche le mole per rettifica sono prodotte con gli stessi metodi di base. Quello che hanno
in comune tutti questi prodotti è il fatto di essere costituiti principalmente di ceramiche
silicate, cioè argille. La sequenza di lavorazione per la maggior parte delle ceramiche
tradizionali consiste nelle fasi indicate in Figura 9.18.
Pori d’aria
Aria Acqua
Figura 9.18 Fasi della lavorazione delle ceramiche tradizionali: (1) preparazione delle materie prime, (2) modellazione, (3) essic-
cazione e (4) cottura. Le immagini in (a) mostrano il pezzo durante la sequenza, mentre le immagini in (b) mostrano la configu-
razione delle polveri. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Metallurgia delle polveri, cercamiche e cermets 227
trito. Per indicare queste tecniche, particolarmente adatte per i materiali fragili come
il cemento, i minerali metallici e i metalli fragili, si usa il termine comminuzione. Si
possono distinguere due categorie generali per le operazioni di comminuzione: la fran-
tumazione e la macinazione.
La frantumazione si riferisce alla riduzione dei grossi pezzi provenienti dalle mi-
niere in dimensioni più piccole per una successiva riduzione a polveri di granulometria
più fine. Possono essere necessarie varie fasi (ad esempio, una frantumazione primaria
e una frantumazione secondaria), il cui fattore di riduzione varia da 3 a 6. I minerali
vengono frantumati attraverso un’azione di compressione contro delle superfici rigide o
attraverso un urto contro una superficie usando un moto rigido vincolato [1].
La macinazione consiste nel ridurre in polveri fini i pezzi prodotti dalla frantu-
mazione. La macinazione si ottiene sottoponendo il materiale frantumato all’azione di
abrasione e urto dovuta al movimento libero di oggetti duri come sfere, ciottoli o barre
[1]. Esempi di macinazione includono (a) il mulino a sfere, (b) il mulino a rulli e (c) la
macinazione a impatto, illustrati in Figura 9.19.
La pasta ceramica necessaria per la formatura consiste di polveri ceramiche e ac-
qua. L’argilla di solito è il principale ingrediente della pasta perché ha le caratteristiche
ideali per la formatura. Più acqua c’è nella miscela, più la pasta di argilla è plastica
Rulli di macinazione
Contenitore
Carico
Tavola rotante
Rullo motore
Contenitore
Eccentrico
Albero motore
Sfere
Cilindri
Figura 9.19 Metodi meccanici per produrre polveri ceramiche: (a) mulino a sfere, (b) mulino a rulli e (c) macinazione a impatto.
(Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
228 Tecnologia meccanica
Formatura plastica Questa categoria comprende una varietà di metodi, sia manuali
che meccanici. Tutti richiedono che la miscela di partenza abbia una consistenza pla-
stica, che generalmente si ottiene con il 15% - 25% di acqua. I metodi manuali general-
mente fanno uso di argilla (a più alto contenuto di acqua) perché fornisce un materiale
che è più facilmente modellabile, anche se questo causa una maggiore contrazione du-
rante la fase di essiccazione. I metodi meccanici generalmente usano una miscela con
un contenuto di acqua inferiore, per fare in modo che l’argilla di partenza sia più rigida.
L’estrusione viene utilizzata nella lavorazione delle ceramiche per produrre pezzi
lunghi a sezione trasversale uniforme, che vengono poi tagliati delle misure giuste. L’ap-
parecchiatura per l’estrusione utilizza l’azione di una vite per mescolare l’argilla e spinge-
re il materiale plastico attraverso l’apertura della matrice. Questa sequenza di produzione
è ampiamente utilizzata per realizzare mattoni forati, tegole, tubi di scarico e isolanti.
Volume dell’argilla
umida
Volume complessivo
Acqua
Aria
9.7.3 Essicazione
L’acqua svolge un ruolo importante nella maggior parte dei processi di formatura della
ceramica tradizionale. Dopo la formatura però non è più necessaria e deve essere rimos-
sa dal pezzo prima della cottura. Il ritiro rappresenta un problema durante questa fase
della sequenza di lavorazione perché l’acqua fa parte del volume del pezzo, e quando
viene rimossa il volume si riduce. Questo effetto è mostrato in Figura 9.21. Quando l’ac-
qua viene aggiunta inizialmente all’argilla secca, essa semplicemente sostituisce l’aria
nei pori tra i grani di ceramica e non vi è alcuna variazione volumetrica. Aumentando il
contenuto di acqua oltre un determinato punto, i grani si separano e il volume aumenta,
con conseguente formazione dell’argilla umida che diventa pastosa e può essere forma-
ta. Se si aggiunge ancora più acqua, alla fine la miscela diventa una sospensione liquida
di particelle di argilla in acqua.
Nell’essicazione si verifica l’inverso di questo processo. Quando l’acqua viene ri-
mossa dall’argilla umida, il volume del pezzo diminuisce. Il processo di essiccazione
avviene in due fasi, come illustrato in Figura 9.22. Nella prima fase, la velocità di essic-
cazione è rapida e costante: l’acqua evapora dalla superficie dell’argilla nell’aria circo-
stante e quella all’interno migra per azione capillare verso la superficie per sostituirla.
È in questa fase che avviene il ritiro, con il rischio di causare deformazioni e rotture del
pezzo. Nella seconda fase dell’essiccazione, il contenuto di umidità si riduce fino a far
entrare in contatto i grani di ceramica, quindi non si verifica più altro ritiro. Il processo
di essiccazione rallenta, come si vede dall’andamento decrescente nel grafico.
La maggior parte delle ceramiche tradizionali sono a base di argilla, che possiede una
capacità unica di assumere uno stato plastico quando viene mescolata con acqua, ma
duro quando viene essiccata e cotta. L’argilla consiste di varie composizioni di allumi-
nio idrosilicato, solitamente miscelato con altri materiali ceramici, che formano una
composizione chimica piuttosto complessa. Le ceramiche di nuova generazione sono
basate su composti chimici semplici, come gli ossidi, i carburi e i nitruri. Questi mate-
riali non possiedono la plasticità e la formabilità delle ceramiche tradizionali quando
sono mescolate con l’acqua. Occorre quindi combinare queste polveri ceramiche con
altri elementi per raggiungere la plasticità e le altre proprietà necessarie nella formatu-
ra. Le ceramiche di nuova generazione sono generalmente progettate per applicazioni
che richiedono alta resistenza, alta durezza o altre specifiche proprietà non presenti nei
materiali ceramici tradizionali..
La sequenza di produzione per le ceramiche di nuova generazione può essere rias-
sunta nei seguenti passaggi: (1) preparazione del materiali di partenza, (2) formatura,
(3) sinterizzazione e (4) finitura.
9.8.2 Formatura
Molti dei processi di formatura per le ceramiche di nuova generazione derivano dalla
metallurgia delle polveri (PM) e dalle ceramiche tradizionali. I metodi di pressatura e
di sinterizzazione discussi nel Paragrafo 9.2 sono stati adattati alle ceramiche di nuova
generazione. Alcune delle tecniche di modellazione delle ceramiche tradizionali sono
utilizzate anche per modellare le ceramiche di nuova generazione.
I processi descritti di seguito non sono impiegati per la formatura delle ceramiche
tradizionali, anche se molti sono usati nella PM.
zione del pezzo avvenga simultaneamente alla pressatura. Questo elimina la necessità
di una fase di cottura separata nella sequenza di lavorazione. In questo modo si ottengo-
no densità più elevate e granulometrie più fini, ma anche una riduzione della vita utile
dello stampo, causata dall’abrasione delle particelle ad elevata temperatura contro le
sue superfici.
Processo a racla Questo processo viene utilizzato per realizzare fogli di ceramica
sottili, ad esempio quelli impiegati nell’industria elettronica come materiale di supporto
per i circuiti integrati. Il processo è schematizzato in Figura 9.23. Si introduce un im-
pasto ceramico su una pellicola di supporto in movimento, ad esempio di cellophane.
Lo spessore della ceramica sul supporto è definito da un elemento sporgente, chiamato
racla. Man mano che l’impasto avanza lungo la linea, viene essiccato a formare una
lastra flessibile di verde. Alla fine della linea, una bobina di avvolgimento raccoglie
la lastra per il successivo utilizzo. Nello stato di verde, la lastra può essere tagliata o
formata in altro modo prima di essere cotta.
9.8.3 Sinterizzazione
Visto che nel caso delle ceramiche di nuova generazione la plasticità necessaria alla
modellazione non si ottiene mediante l’aggiunta di acqua alla miscela, la fase di essic-
cazione, che serve a rimuovere l’acqua dal verde nelle ceramiche tradizionali, non è
più necessaria. Al contrario, la fase di sinterizzazione serve ancora per ottenere elevati
livelli di resistenza e durezza. Le funzioni della sinterizzazione sono come preceden-
temente illustrato: (1) legare i grani individuali in una massa solida, (2) aumentare la
densità e (3) ridurre o eliminare la porosità.
Durante la sinterizzazione di solito si utilizzano temperature pari a circa l’80%
o il 90% della temperatura di fusione del materiale. I meccanismi di sinterizzazione
delle ceramiche di nuova generazione differiscono da quelli delle ceramiche tradizio-
nali, dal momento che le prime sono formate principalmente da un singolo composto
chimico (come ad esempio Al2O3), mentre le seconde, a base di argilla, risultano spesso
costituite da diversi composti caratterizzati da diversi punti di fusione. Nel caso delle
ceramiche di nuova generazione, il meccanismo di sinterizzazione consiste nella dif-
fusione allo stato solido attraverso le superfici di contatto delle particelle, accompa-
gnato probabilmente da un flusso plastico. Questo meccanismo fa sì che i centri delle
particelle si avvicinino, con conseguente aumento della densità del materiale finale.
Nella sinterizzazione delle ceramiche tradizionali, questo meccanismo è complicato
dalla fusione di alcuni costituenti e dalla formazione di una fase vetrosa che agisce da
legante tra i grani.
9.8.4 Finitura
I pezzi realizzati usando ceramiche di nuova generazione a volte richiedono una finitu-
ra. In generale, queste operazioni sono fatte per i seguenti scopi: (1) aumentare la pre-
cisione dimensionale, (2) migliorare la finitura superficiale e (3) effettuare delle piccole
modifiche alla forma del pezzo. Le operazioni di finitura di solito sono la rettifica o
altri processi abrasivi. Per asportare materiale dai ceramici finiti occorre infatti usare
abrasivi diamantati.
in nichel (Ni-Cr3C2). Questi compositi sono stati descritti nel Paragrafo 2.4.2, mentre gli
elementi alla base dei carburi sono stati presentati nel Paragrafo 2.2.2. In questo para-
grafo ci concentriamo sul trattamento delle polveri di carburo cementato.
Per realizzare un pezzo resistente e privo di pori, le polveri di carburo devono es-
sere sinterizzate con un legante metallico. Il cobalto funziona bene con il WC, mentre
per il nichel è meglio il TiC e il Cr3C2. Di solito la percentuale di metallo legante va dal
4% al 20% circa. Le polveri di carburo e il legante vengono accuratamente miscelati in
umido in un mulino a sfere (o altro macchinario analogo) per formare un impasto omo-
geneo. Si esegue anche una fresatura per rifinire la dimensione delle particelle. L’impa-
sto viene poi essiccato sotto vuoto o in atmosfera controllata per evitare l’ossidazione in
preparazione della compattazione.
Compattazione Per modellare la miscela delle polveri in un verde della forma desi-
derata si usano diversi metodi di compattazione. Il processo più comune è la pressatura
a freddo, già descritta in precedenza, che viene utilizzata per la produzione di pezzi di
carburo cementato in grandi quantità, come gli inserti degli utensili da taglio. Le matri-
ci utilizzate nella pressatura a freddo devono essere sovradimensionate per tenere conto
del ritiro durante la sinterizzazione. Il ritiro lineare può arrivare anche al 20% o più.
Per tassi di produzione elevati, le matrici stesse sono rinforzate con WC-Co per ridurre
l’usura dovuta alle particelle abrasive di carburo. Per produzioni più basse, in genere
vengono prima pressate delle sezioni grandi piatte che poi vengono ridotte in pezzi di
dimensione desiderata.
Altri metodi di compattazione utilizzati per prodotti di carburo cementato inclu-
dono la pressatura isostatica e la pressatura a caldo per pezzi di grandi dimensioni,
come le matrici da tiraggio e le sfere dei mulini a sfere e l’estrusione per pezzi lunghi
a sezione circolare, rettangolare o altra forma. Ciascuno di questi processi è già stato
descritto in questo capitolo o nel precedente.
Intervallo di composizione
Typical dei prodotti
composition range
oftipici
cemented carbide
di carburo products
cementato
Liquido
Liquid
1800 3200
WC
WC++liquido
liquid
1600
°C
°F
Temperatura °C
Temperatura °F
γ+
γ +liquido
liquid 2800
Temperature,
Temperature,
I materiali ceramici hanno particolari proprietà, che li rendono interessanti per deter-
minate applicazioni. Le seguenti linee guida per la progettazione, provenienti da Bralla
[2] e da altre fonti, si applicano sia alle ceramiche di nuova generazione che a quelle
tradizionali, anche se nella produzione è più probabile avere a che fare con le prime. In
generale, le stesse linee guida si applicano ai carburi cementati.
• I materiali ceramici sono molto più resistenti alla compressione che alla trazione; di
conseguenza, i componenti ceramici devono essere progettati per essere sottoposti
a tensioni di compressione e non di trazione.
Metallurgia delle polveri, cercamiche e cermets 237
• Le ceramiche sono fragili e hanno una duttilità quasi nulla. Gli oggetti di ceramica
non devono essere utilizzati in applicazioni che comportano urti o forti sollecitazio-
ni che potrebbero causarne la rottura.
• Sebbene molti dei processi di formatura della ceramica permettano di realizzare
forme complesse, è meglio usare forme semplici per ragioni sia economiche che
tecniche. È meglio evitare fori profondi, canali e sottosquadri, come anche grandi
zone a sbalzo.
• I bordi esterni e gli angoli devono avere raggi larghi o smussi, come anche gli an-
goli interni. Questa regola ovviamente non serve per gli utensili da taglio, in cui lo
spigolo del tagliente deve essere affilato per poter svolgere la sua funzione. Lo spi-
golo dei taglienti è spesso realizzato con un raggio di raccordo o uno smusso molto
piccoli, per proteggerlo da scheggiature microscopiche che potrebbero causarne la
rottura.
• Il ritiro del pezzo durante l’essiccazione e la cottura (per le ceramiche tradizionali)
o la sinterizzazione (per le ceramiche di nuova generazione) può essere significa-
tivo e deve essere tenuto in considerazione dal progettista per la definizione delle
dimensioni e delle tolleranze. Questo è un problema per lo più per gli ingegneri di
produzione, che devono identificare le dimensioni adeguate a fare in modo che le
dimensioni finali (dopo ritiro) siano interne ai limiti di tolleranza specificati.
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Domande di ripasso
Capitolo 10
formatura dei metalli
La formatura dei metalli comprende diversi processi di produzione che usano la defor-
mazione plastica per modificare la forma dei pezzi metallici. La deformazione è causata
da un sistema di utensili, genericamente chiamati stampi, che applicano uno stato ten-
sionale capace di superare la resistenza allo snervamento del metallo. Il metallo quindi
si deforma e assume permanentemente la forma imposta dagli stampi, che prendono il
nome di matrice se di forma concava o punzone se di forma convessa. La formatura
dei metalli è la classe più numerosa tra le operazioni di formatura introdotte nel Capitolo
1 sotto il nome di processi di deformazione (Figura 1.3).
Gli sforzi applicati per deformare plasticamente il metallo di solito sono di compres-
sione, soprattutto nel campo della deformazione plastica cosiddetta massiva, che si
contrappone alla deformazione di materiali a spessore sottile (lamiere e tubi). Nella
formatura di lamiere sono invece prevalenti gli sforzi di trazione, che allungano il me-
tallo, o di piegatura. Per permettere una buona formatura, il metallo deve possedere
determinate proprietà, tra cui una bassa resistenza meccanica e un’alta duttilità. Que-
ste proprietà dipendono dal tipo di materiale lavorato e, principalmente, dalla tem-
peratura di lavorazione. La duttilità aumenta e la resistenza si riduce se aumenta la
temperatura di lavorazione. L’effetto determinante della temperatura rende evidente un
secondo criterio di classificazione, potendo distinguere tra lavorazioni a freddo, a tiepi-
do e a caldo. Le lavorazioni a caldo solitamente avvengono su pezzi massivi, mentre
quelle a freddo sono più frequenti su pezzi a spessore sottile. L’attrito e la velocità di
deformazione sono due altri fattori che influiscono sulle prestazioni della formatura dei
metalli. In questo capitolo verranno esaminati tutti questi aspetti dopo aver fornito una
panoramica sui diversi processi.
Cilindro
Pezzo
Stampo inferiore
Forgiatura Nella forgiatura, il pezzo viene compresso tra due stampi contrapposti,
in moto relativo di avvicinamento, in modo che il pezzo assuma la loro forma. La forgia-
tura è tradizionalmente un processo di lavorazione a caldo, ma molti tipi di forgiatura
vengono eseguiti a freddo, specie per pezzi di piccole dimensioni e materiali teneri.
Premilamiera Punzone
Punzone
Pezzo
Pezzo
Matrice
Matrice
Figura 10.2 Operazioni
di base nella lavorazione
della lamiera: (a) piega-
tura, (b) imbutitura e (c)
tranciatura: (1) contatto
del punzone con il fo-
glio prima del taglio e (2)
Punzone dopo il taglio. La forza e
Azione di taglio lo spostamento relativi a
tali operazioni vengono
indicati rispettivamente
con F e v. (Fonte: Fun-
Pezzo damentals of M odern
Matrice Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
244 Tecnologia meccanica
in cui i tre valori indicati dai pedici 1, 2 e 3 rappresentano gli sforzi nelle 3 direzioni
principali. Si rimanda a un testo di meccanica dei solidi per la definizione di “direzioni
principali”. Analogamente, quando lo stato tensionale è triassiale anche le deformazioni
lo saranno, per cui Yf non può essere espresso tramite un semplice legame con un valore
unidirezionale e di deformazione. Piuttosto, lo sforzo di flusso che, lo ricordiamo, è
istantaneo ed equivalente, dovrà essere legato ad una deformazione equivalente e*:
2
𝜖𝜖e ∗ = e𝜖𝜖! − e𝜖𝜖! ! + 𝜎𝜎! − e𝜖𝜖! ! + e𝜖𝜖! − e𝜖𝜖! !
(10.3)
3
Il legame costitutivo di un materiale, che lega lo sforzo di flusso plastico Yf alla deforma-
zione equivalente e* tramite le costanti K e n.
L’analisi di alcuni processi può essere basata piuttosto che sul valore istantaneo di sforzo
di flusso (sia esso uniassiale o equivalente), sul suo valore medio, come nel caso della trafila-
tura riportata in Figura 10.1 (c). Quando la sezione trasversale della billetta viene ridotta per
passare attraverso l’apertura della matrice di estrusione, il metallo incrudisce gradualmente
fino a raggiungere un valore massimo nella sezione di uscita. Piuttosto che determinare una
sequenza di valori istantanei di tensione-deformazione durante la riduzione della sezione,
che sarebbero non solo difficili da ottenere ma anche poco interessanti, è più utile analizzare
il processo usando la tensione di flusso media durante la deformazione.
Tensione di flusso media Lo sforzo di flusso medio è il valore medio della tensione sulla
curva tensione-deformazione dall’inizio della deformazione fino al valore finale (massimo) che
si verifica durante la deformazione. Il valore è illustrato nel grafico della tensione-deformazio-
ne in Figura 10.3. La tensione di flusso media si determina facendo l’integrale dell’equazione
della curva di flusso, l’Equazione (10,1), tra zero e il valore di deformazione finale. Nel caso in
cui la legge di flusso plastico sia regolata dalle costanti K e n, si ottiene l’equazione:
e
(10.4)
sione-deformazione che
indica la posizione della
tensione di flusso media
in relazione alla tensione
di snervamento R s e alla
tensione di flusso fina-
le (massimo) Yf. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
e permesso di John Wiley
Tensione reale & Sons, Inc.)
246 Tecnologia meccanica
in cui l’esponente n è molto piccolo (delle volte può essere posto n=0), mentre l’espo-
nente m è detto sensibilità del materiale alla velocità di deformazione e assume valori
solitamente compresi tra 0.01 e 0.4, a seconda dei materiali.
Tuttavia, poiché il pezzo permane ad alta temperatura anche dopo che il processo
è finito, alla fine la ricristallizzazione si verifica comunque: immediatamente dopo il
processo di formatura o durante il lento raffreddamento del pezzo.
248 Tecnologia meccanica
Formatura isotermica Alcuni metalli, come molti acciai altolegati, le leghe di titanio
e alcune leghe di nichel, possiedono una buona durezza a caldo, proprietà che li rende utili
per essere usati ad alte temperature. Tuttavia, questa proprietà che per alcune applicazioni
è molto utile, li rende anche difficili da formare e da lavorare con metodi convenzionali.
Il problema è che quando questi metalli vengono riscaldati alle loro alte temperature di
lavoro e poi entrano a contatto con gli utensili da formatura relativamente più freddi, il
calore viene rapidamente asportato dalle superfici di contatto, aumentando così la forza
necessaria alla lavorazione. Le variazioni di temperatura e di forza nelle varie regioni del
pezzo causano percorsi irregolari di flusso nel metallo durante la deformazione plastica,
causando delle elevate tensioni residue e delle possibili crepe nella superficie.
La formatura isotermica si riferisce a operazioni di formatura che si svolgono
in modo tale da eliminare il raffreddamento superficiale e il conseguente gradiente
termico nel pezzo. Si realizza attraverso un preriscaldamento di stampi e attrezzature
che vengono a contatto con il pezzo per portarli alla stessa temperatura del metallo da
lavorare. Questo indebolisce gli utensili e ne riduce la durata, ma evita i problemi ap-
pena descritti per questi metalli non formabili con metodi convenzionali. In alcuni casi
la formatura isotermica rappresenta l’unico modo per poter formare questi materiali.
Nella formatura dei metalli, l’attrito deriva dal contatto tra l’utensile e la superficie del pezzo
e dalle pressioni elevate che agiscono sulle superfici in queste operazioni. Nella maggior
parte dei processi di formatura dei metalli, l’attrito va evitato per le seguenti ragioni:
(1) il flusso di metallo nel pezzo viene rallentato, causando tensioni residue e possibili
difetti nel pezzo finale.
(2) La deformazione plastica avviene con maggiori distorsioni del materiale. Il lavoro di defor-
mazione plastica può essere concettualmente suddiviso in tre aliquote: a) un lavoro ideale (o
rettangolare), quello strettamente necessario alla deformazione plastica del materiale senza
distorsioni (Fig. 10.4); b) un lavoro di attrito, necessario appunto a vincere le forze di attrito;
c) un lavoro cosiddetto ridondante (o di distorsione), che nasce proprio a causa delle forze di
attrito e che genera una indesiderata distorsione dei materiali in lavorazione.
(3) Le forze e la potenza necessarie per eseguire le operazioni aumentano.
(4) L’usura degli utensili può portare alla diminuzione della precisione dimensionale, causan-
do pezzi difettosi, e alla necessità di sostituzioni frequenti. Dato che gli utensili in metallo
per la formatura di solito sono costosi, l’usura degli utensili è uno dei principali problemi.
L’attrito e l’usura degli utensili si verificano soprattutto nella lavorazione a caldo.
L’attrito che si verifica nella formatura dei metalli è diverso da quello dei cinematismi
meccanici, come ingranaggi, alberi, cuscinetti e altri componenti che coinvolgono un
movimento relativo di superfici rigide. Questi casi sono generalmente caratterizzati
da basse pressioni di contatto, temperature basse o moderate e lubrificazione abbon-
dante per minimizzare il contatto diretto tra i metalli. Al contrario, l’ambiente di
formatura del metallo comprende elevate pressioni tra un utensile duro e un pezzo
molto più tenero, spesso rammollito dalle temperature elevate (nella lavorazione a
caldo). Queste condizioni possono provocare dei coefficienti di attrito molto elevati
nella lavorazione dei metalli, anche in presenza di lubrificanti. I valori del coefficien-
te di attrito per le tre categorie di formatura sono elencati in Tabella 10.1; sono però
da considerarsi del tutto indicativi, poiché i valori effettivi dipendono da numerosi
fattori, tra cui la temperatura d’interfaccia, l’eventuale presenza di ossidi superficiali
sui pezzi in lavorazione, la finitura e la durezza superficiale degli stampi (che spesso
sono rivestiti di strati micrometrici anti-usura e anti-attrito), la pressione di contatto,
il tipo di lubrificante impiegato.
Se il coefficiente di attrito diventa molto grande, si verifica un fenomeno noto con il
nome di aderenza. L’aderenza nella formatura dei metalli è la tendenza di due superfici
in moto relativo ad incollarsi l’una sull’altra anziché scorrere. Questo significa che la
tensione di attrito tra le superfici è maggiore della tensione di taglio di flusso plastico
del metallo in lavorazione, cosicché il materiale si deforma per taglio sotto la superficie
di contatto anziché scivolare su di essa. L’aderenza si verifica specie nelle operazioni di
formatura a caldo dei metalli.
Per ridurre gli effetti dannosi dell’attrito, si applicano dei lubrificanti sugli utensili.
I benefici dei lubrificanti sono la riduzione dell’incollaggio, delle forze, della potenza e
dell’usura degli utensili e l’ottenimento di una migliore finitura superficiale del pezzo.
I lubrificanti svolgono anche altre funzioni, come la rimozione del calore dagli utensili.
Le considerazioni da fare per scegliere un lubrificante adeguato alla particolare lavora-
zione del metallo sono (1) il tipo di processo di formatura (laminazione, fucinatura, im-
butitura ecc.), (2) il tipo di lavorazione (a caldo o a freddo), (3) il materiale da lavorare,
(4) la reattività chimica con i metalli del pezzo e degli utensili (di solito il lubrificante
deve aderire bene alle superfici per essere più efficace nel ridurre l’attrito), (5) la facilità
di applicazione, (6) la tossicità, (7) l’infiammabilità e (8) il costo.
Esempi di lubrificanti utilizzati nelle operazioni di lavorazione a freddo sono gli
oli minerali, i grassi solidi e oleosi, le emulsioni a base di acqua e i saponi [4], [7]. La
lavorazione a caldo per certe operazioni e per certi materiali viene eseguita a secco
(ad esempio la laminazione a caldo dell’acciaio e l’estrusione dell’alluminio). Quando
necessari, i lubrificanti utilizzati nella lavorazione a caldo sono gli oli minerali, la
grafite e il vetro. Il vetro fuso è un efficace lubrificante per l’estrusione a caldo di
leghe di acciaio. La grafite contenuta nell’acqua o nell’olio minerale è un lubrificante
usato comunemente per la forgiatura a caldo di vari materiali. Una descrizione più
dettagliata dell’uso dei lubrificanti nella lavorazione dei metalli si può trovare nei
riferimenti [7] e [9].
TABELLA 10.1 Valori tipici di temperatura (riferiti al punto di fusione Tf) e coefficiente di attrito
nella lavorazione a freddo, a tiepido e a caldo.
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Domande di ripasso
1. Quali sono le differenze tra i processi di deformazio- 5. Indicare i vantaggi della lavorazione a freddo rispet-
ne di massa e i processi di lavorazione della lamiera? to a quella a caldo e a tiepido.
2. Qual è la differenza tra trafilatura e imbutitura? 6. Che cos’è la formatura isotermica?
3. Descrivere l’equazione matematica della curva di flusso. 7. Perché in generale l’attrito va evitato nelle operazio-
4. In che modo l’aumento della temperatura influenza ni di formatura dei metalli?
i parametri del cosiddetto legame costitutivo, cioè 8. Che cos’è l’attrito di aderenza nella lavorazione dei
l’equazione della curva di flusso? metalli?
Problemi
1. Per un certo metallo il coefficiente di resistenza è alla lunghezza finale e la tensione di flusso media a cui
pari a 550 MPa e l’esponente di incrudimento a 0.22. il metallo è stato sottoposto durante la deformazione.
Durante un’operazione di formatura, la deformazione 4. Il coefficiente di resistenza e l’esponente di incrudi-
reale finale del metallo è 0.85. Determinare la tensio- mento di un certo metallo sono rispettivamente 400
ne di flusso a questa deformazione e la tensione di MPa e 0.19. Un campione cilindrico del metallo con
flusso media del metallo durante l’operazione. diametro di partenza di 25 mm e altezza di 30 mm
2. Un metallo ha una curva di flusso con coefficiente viene compresso fino a raggiungere un’altezza di 15
di resistenza pari a 850 MPa e un esponente di in- mm. Determinare la tensione di flusso alla lunghez-
crudimento pari a 0.30. Un campione di trazione di za finale e la tensione di flusso media a cui il metallo
lunghezza pari a 100 mm viene tirato fino ad una è stato sottoposto durante la deformazione.
lunghezza di 157 mm. Determinare la tensione di 5. Per un certo metallo, il coefficiente di resistenza è
flusso alla lunghezza finale e la tensione di flusso pari a 700 MPa e l’esponente di incrudimento a 0.27.
media a cui il metallo è stato sottoposto a durante Determinare la tensione di flusso media del metallo,
la deformazione. sapendo che viene sottoposto a una tensione pari al
3. Un certo metallo ha una curva di flusso con coeffi- suo coefficiente K.
ciente di resistenza pari a 350 MPa ed esponente di 6. Determinare il valore dell’esponente di incrudimento
incrudimento pari a 0.26. Un campione di trazione di di un metallo che comporta una tensione di flusso
lunghezza pari a 20 mm viene tirato fino ad una lun- media pari ai 3/4 della tensione di flusso finale dopo
ghezza di 33 mm. Determinare la tensione di flusso la deformazione.
Nozioni di base sulla formatura dei metalli 251
7. Per un metallo utilizzato in un’operazione di for- = 217 Mpa e deformazione reale = 0.35 e (2) tensio-
matura in cui si riduce per stiramento la sezione ne reale = 259 MPa e deformazione reale = 0.68.
trasversale del pezzo, il coefficiente di resistenza Sulla base di questi dati, determinare il coefficiente
è pari a 350 MPa e l’esponente di incrudimento a di resistenza e l’esponente di incrudimento.
0.40. Sapendo che la tensione di flusso media sul 9. Durante una prova di trazione effettuata su un nuovo
pezzo è 200 MPa, determinare la quantità di riduzio- metallo sperimentale, i seguenti valori di deformazione
ne della sezione trasversale del pezzo. sono stati misurati nella regione plastica: (1) tensione re-
8. In una prova di trazione, due coppie di valori di ten- ale = 436.08 MPa e deformazione reale = 0.27 e (2) ten-
sione e deformazione sono stati misurati per il me- sione reale = 520.48 MPa e deformazione reale = 0.85.
tallo campione dopo il cedimento: (1) tensione reale Sulla base di questi dati, determinare i coefficienti K e n.
Processi di deformazione
C a p i t o l o 11
plastica massiva dei metalli
11.1 Laminazione
I blumi sono laminati in forme strutturali (travi) e rotaie per i binari delle ferrovie. Le
billette sono spesso laminate e trasformate in barre. Queste forme sono le materie prime
per le operazioni successive di trafilatura, forgiatura e gli altri processi di lavorazione
dei metalli. Le bramme sono laminate in lastre, fogli e strisce. Le lastre laminate a caldo
sono utilizzate nelle costruzioni navali, nei ponti, nelle caldaie, nelle strutture saldate di
vari macchinari pesanti, nei tubi e in molti altri prodotti. La Figura 11.2 illustra alcuni
di questi prodotti laminati. Di solito si esegue un’ulteriore assottigliamento delle lastre
e dei fogli già laminati a caldo mediante una laminazione a freddo, fino a ottenere dei
prodotti a spessore sottile (lamiere e piastre), della cui lavorazione ci occuperemo nel
Capitolo 12. La lamiera può essere fornita in forma piana (quadrotti, bandelle, fogli di
lamiera) oppure arrotolata in bobine che vanno sotto il nome di coils (per larghezze più
elevate) o nastri (per larghezze più contenute). La laminazione a freddo incrudisce il
metallo e permette di ottenere un controllo più preciso sulle dimensioni dello spesso-
re. Inoltre, la superficie della lamiera laminata a freddo non contiene incrostazioni e
ossidi ed è di solito di qualità superiore della corrispondente laminata a caldo. Queste
caratteristiche rendono i laminati a freddo ideali per pezzi stampati, pannelli esterni,
carrozzerie e carpenterie per molti settori, dai veicoli agli elettrodomestici, ai mobili e
accessori per ufficio.
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 255
Cilindro di laminazione
Dh t0 (11.1)
Forme strutturali
Blumi
Rotaie
Bramme Nastri
Piastre, lamiere
dove vu è la velocità finale (di uscita) del pezzo in m/s e vc è la velocità tangenziale del
cilindro in m/s.
La deformazione reale subita dal pezzo durante la laminazione si calcola unicamen-
te grazie alla conoscenza degli spessori iniziali e finali, poiché si suppone che non vi sia
deformazione nel senso della larghezza Db:
en
(11.7)
La deformazione reale può essere utilizzata per determinare la tensione di flusso media appli-
cata al materiale in laminazione piana. Ricordiamo dal capitolo precedente l’Equazione 10.4
(11.8)
Lo sforzo di flusso medio può essere utilizzato per stimare la forza e la potenza di lami-
nazione.
L’attrito nella laminazione ha un ruolo determinante. La forza di compressione eser-
citata dai cilindri, moltiplicata per il coefficiente di attrito, provoca una forza di attrito
tra i cilindri e il pezzo. A monte del punto neutrale, la forza di attrito agisce in direzione
tale da favorire l’accelerazione del laminando, mentre all’uscita l’attrito si oppone al
moto relativo tra cilindro e pezzo, agendo così da freno. Le risultanti delle due forze di
attrito nei due archi di ingresso e uscita non sono però bilanciate. La forza di attrito che
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 257
agisce su tutto l’arco di ingresso è maggiore, in modo che la forza risultante attiri il pez-
zo attraverso i cilindri, garantisca cioè la cosiddetta «condizione di imbocco». Se non
fosse così, la laminazione non sarebbe possibile, il pezzo verrebbe rifutato dalla gabbia
di laminazione. C’è però un limite alla riduzione massima consentita in laminazione
piana, per un dato coefficiente di attrito. Tale limite è definito da:
Dhmax = μ2R(11.9)
dove Dhmax è la luce massima in mm, µ è il coefficiente di attrito ed R è il raggio del ci-
lindro in mm. L’equazione 11.8 esprime proprio la condizione di imbocco e indica che in
assenza di attrito sarebbe impossibile realizzare l’operazione di laminazione.
Dh
µ=
R
Tenendo conto dell’equazione 11.5.
258 Tecnologia meccanica
F = b⋅L⋅ ∫ o p(a)da(11.10)
α
Pressione
massima
Punto neutro
renza tra la pressione massima e i suoi valori di ingresso e di uscita aumenta. Se l’attrito
diminuisce, il punto neutrale si sposta più lontano dall’ingresso e più vicino all’uscita
per mantenere una forza netta di trazione nella direzione della laminazione, cioè per
rispettare la condizione di imbocco.
Si può calcolare un’approssimazione dell’Equazione (11.10) basandosi sulla tensio-
ne di flusso media del materiale in lavorazione nella luce tra i cilindri, cioè:
F = Y–f bL(11.11)
M = 0.5F L(11.12)
La potenza necessaria per azionare ciascun cilindro è il prodotto della coppia e della ve-
locità angolare. La velocità angolare è 2πN, dove N è la velocità di rotazione del cilindro
espressa in 1/s (o giri/min). Quindi la potenza di ogni cilindro è pari a 2πNM. Sostituen-
do l’Equazione (11.12) in questa espressione, e raddoppiando il valore per tenere conto
del fatto che un laminatoio è costituito da due cilindri motorizzati, si ottiene la seguente
espressione:
(11.13)
Dh = 25 – 22 = 3 mm
Dhmax= (0.12)2(250) = 36 mm
Visto che la luce massima è maggiore del draft richiesto, si può asserire che l’opera-
zione di laminazione è fattibile. Per calcolare la forza dei cilindri occorre conoscere la
260 Tecnologia meccanica
Dall’esempio si può notare che nella laminazione occorrono forze e potenze notevo-
li. Le Equazioni (11.11) e (11.13) indicano che la forza e/o la potenza necessarie a lami-
nare una striscia di una certa larghezza e di un certo materiale possono essere ridotte
in uno di questi modi: (1) usando la laminazione a caldo piuttosto che la laminazione
a freddo per ridurre la resistenza del materiale, (2) riducendo la luce in ogni fase, (3)
usando cilindri di piccolo raggio per ridurre la forza o (4) usando una velocità inferiore
per ridurre la potenza.
11.1.2 Calibratura
Nella laminazione di forma, il pezzo viene deformato in una sezione trasversale sago-
mata. I prodotti realizzati tramite calibratura includono forme strutturali come le travi
a I e a L, i canali a U, le rotaie dei binari ferroviari, le barre tonde e quadrate (fare rife-
rimento alla Figura 11.2). Il processo si esegue facendo passare il pezzo attraverso una
successione di gabbie di laminazione. In ciascuna gabbia i cilindri (calibri) hanno forma
complementare a quella desiderata. Nella lavorazioni di calibratura se la sezione è ripar-
tita fra i due cilindri si parla di calibri aperti, si parla invece di calibri chiusi quando la
parte sporgente di un cilindro penetra nella gola dell’altro.
La maggior parte dei principi applicabili alla laminazione sono applicabili anche
allo shape rolling. I cilindri di formatura sono più complicati, perchè il pezzo parten-
do da una forma quadrata richiede una trasformazione graduale attraverso cilindri di
forma diversa per ciascuna gabbia. La definizione della sequenza di forme intermedie
del pezzo e dei cilindri corrispondenti si chiama progetto dei rollpass. Il suo scopo è
quello di realizzare una deformazione uniforme lungo tutta la sezione trasversale ad
ogni riduzione. Altrimenti, alcune parti sarebbero ridotte più di altre, causando un mag-
giore allungamento. Una riduzione non uniforme può causare inflessioni o cricche nel
prodotto laminato. Per ottenere la giusta riduzione del materiale in lavorazione si usano
sia cilindri orizzontali sia verticali.
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 261
Ai–1 = λ1 Ai
A0 = λ1 An
da cui si ricava:
λ mn
λt
e quindi si può determinare il numero di passaggi sapendo che generalmente è 1.25 < lm < 1.8:
lnλ t lnA0 – lnAm
npassaggi = =
lnλ m lnλ m
11.1.3 Laminatoi
Sono disponibili diverse configurazioni di laminatoi per affrontare la varietà di applica-
zioni e i diversi problemi tecnologici del processo di laminazione. Il laminatoio di base
è costituito da due cilindri contrapposti, come mostrato in Figura 11.5 (a). I cilindri di
questi laminatoi hanno il diametro nell’intervallo 0.6-1.4 m. La configurazione a due
cilindri sovrapposti può essere reversibile o non reversibile. Nel laminatoio non rever-
sibile, i cilindri ruotano sempre nella stessa direzione e il pezzo passa sempre dallo stes-
so lato. Il laminatoio reversibile consente invece di invertire la direzione di rotazione
dei cilindri in modo che si possa eseguire una serie di riduzioni con la stessa coppia di
cilindri, semplicemente passando più volte attraverso la gabbia da direzioni diverse.
Lo svantaggio della configurazione reversibile è l’elevato momento angolare che hanno
cilindri rotanti di grosse dimensioni e le relative difficoltà tecniche per invertirne la
direzione.
La Figura 11.5 illustra altre configurazioni alternative. Nella configurazione a
tre cilindri sovrapposti, l’immagine (b), ci sono tre cilindri in verticale e la dire-
zione di rotazione di ogni cilindro rimane invariata. Per ottenere riduzioni succes-
sive della sezione, il pezzo viene fatto passare da entrambi i lati alzando o abbas-
sando la striscia dopo ogni passaggio. L’attrezzatura per i laminatoi a tre cilindri
sovrapposti è più complicata, perché serve un meccanismo per sollevare e abbassare
il pezzo.
Come indicato dalle equazioni precedenti, si possono ottenere dei vantaggi ridu-
cendo il diametro dei cilindri, perché si riduce la lunghezza dell’arco di contatto e di
conseguenza si riducono forze, coppie e potenze di laminazione. La configurazione a
quattro cilindri sovrapposti utilizza due cilindri di diametro piccolo a contatto con il
pezzo e due cilindri più grandi dietro, come mostrato in Figura 11.5 (c). A causa delle
grandi forze in gioco, i cilindri più piccoli subirebbero un’inflessione durante il passag-
262 Tecnologia meccanica
F i g u r a 11. 5 D i v e r s e gio del materiale se non fossero supportati e irrigiditi dai cilindri di supporto. Un’altra
configurazioni dei lami- configurazione che utilizza dei cilindri di piccolo diametro a diretto contatto con il pez-
natoi: (a) a due cilindri so-
zo è il laminatoio in cluster, riportato in Figura 11.5 (d).
vrapposti, (b) a tre cilindri
sovrapposti, (c) a quattro Per raggiungere tassi di produzione superiori, si può anche usare un laminatorio in
cilindri sovrapposti, (d) in tandem. Questa configurazione consiste di una serie di gabbie di laminazione, come
cluster e (e) in tandem. mostrato in Figura 11.5 (e). Anche se nell’immagine sono presenti solo tre gabbie di
(Fonte: Fundamentals of laminazione, un tipico laminatoio in tandem ne può avere anche otto o dieci, ognuna
Modern Manufacturing,
dedicata ad effettuare una riduzione di spessore o un perfezionamento della forma del
4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam- pezzo. Ad ogni passo di laminazione, la velocità del pezzo aumenta e la sincronizzazio-
pato con il permesso di ne delle velocità dei cilindri in ogni gabbia diventa un problema molto rilevante.
John Wiley & Sons, Inc.)
Laminazione con cilindri filettatori (thread rolling) Il thread rolling viene usa-
to per eseguire filettature su pezzi cilindrici facendoli rotolare tra due matrici contro-
rotanti. È il processo commerciale più importante per la produzione di massa di com-
ponenti filettati esternamente (come bulloni e viti). Il suo processo concorrente è la
filettatura per asportazione (Capitolo 14). La maggior parte delle operazioni vengono
eseguite a freddo. Le matrici sono di forma, cioè dedicate al singolo tipo di filetto, di cui
determinano dimensione e forma. Le matrici sono di due tipi: (1) le matrici piane, dotate
di moto relativo di traslazione, come illustrato in Figura 11.6, e (2) le matrici circolari,
che ruotano una rispetto all’altra per realizzare l’azione di laminazione.
I tassi di produzione della laminazione con cilindri filettatori possono essere eleva-
ti, raggiungendo anche gli otto pezzi al secondo nel caso di bulloni e viti di piccole di-
mensioni. Rispetto alla filettatura, non solo si hanno tassi molto più elevati, ma si hanno
anche altri vantaggi: (1) sfridi di lavorazione molto ridotti, (2) produzione di filetti più
resistenti per via dell’incrudimento, (3) superficie più liscia e (4) una migliore resistenza
a fatica per le tensioni di compressione residue introdotte dalla laminazione.
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 263
Matrice fissa
Matrice mobile
Figura 11.6 Laminazione con cilindri filettatori con matrici piane: (1) inizio del ciclo e (2) fine del ciclo. (Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Cilindro tenditore
Cilindro
principale
Cilindri
Alimentazione
da bordatura
Figura 11.6 Laminazione di un anello utilizzata per ridurre lo spessore e aumentare il diametro di un pezzo: (1) inizio e (2)
completamento del processo.
264 Tecnologia meccanica
Cilindri laminatori
Forza di compressione
Cilindro di partenza
Tensioni di trazione Mandrino
Tubo finale
Figura 11.7 Laminazione Mannesmann: (a) formazione delle tensioni interne e della cavità per la compressione del pezzo
cilindrico e (b) configurazione del laminatoio Mannesmann per la produzione continua di tubi. (Fonte: Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
11.2 Forgiatura
La forgiatura è un processo di deformazione in cui il pezzo viene premuto tra due stam-
pi. È la più antica delle operazioni di formatura dei metalli, risalente circa al 3000 a.C.,
cioè all’età del bronzo, in cui armi e utensili metallici venivano prodotti comprimendo il
materiale riscaldato tra incudine e martello. Oggi, la forgiatura è un processo industria-
le importante usato per realizzare una varietà di componenti ad alta resistenza soprat-
tutto per il settore automobilistico e aerospaziale. Questi componenti comprendono gli
alberi a gomiti del motore, le bielle, gli ingranaggi, i componenti strutturali degli aerei e
parti dei motori a turbina dei jet. Inoltre, la siderurgia e altre industrie di metalli di base
utilizzano la forgiatura per dare una forma grezza ai componenti di grandi dimensioni
che poi vengono lavorati nelle forme e dimensioni definitive.
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 265
Figura 11.8 Laminazio-
ne a passo di pellegrino:
sequenza del processo
con moto assiale alter-
nato della barra interna,
solidale al tubo in lavora-
zione [7].
La forgiatura viene eseguita in molti modi diversi. Un modo per classificare le ope-
razioni è dividerle in base alla temperatura di funzionamento. La maggior parte delle
operazioni di forgiatura vengono eseguite a tiepido o a caldo, a causa della deformazio-
ne significativa richiesta dal processo e della necessità di ridurre la resistenza e aumen-
tare la duttilità del metallo da lavorare. Però in alcuni casi si utilizza anche la forgiatura
a freddo, per pezzi di piccole dimensioni. Il vantaggio della forgiatura a freddo è la
maggiore resistenza del pezzo dovuta all’incrudimento e le migliori tolleranze dimen-
sionali di lavorazione.
Nella forgiatura si usa un impatto (come farebbe un fabbro) o una pressione gradu-
ale. La distinzione deriva più che altro dal tipo di macchinario utilizzato che dalla tec-
nologia di processo. Una macchina da forgiatura che applica un carico impulsivo viene
chiamata maglio, mentre una che applica una pressione graduale è chiamata pressa di
forgiatura.
Un’altra differenza tra le operazioni di forgiatura è il grado in cui il flusso del
metallo viene vincolato e controllato geometricamente dagli stampi. Secondo questa
classificazione, ci sono tre tipi di operazioni di forgiatura, illustrati in Figura 11.10:
(a) forgiatura a stampi aperti, (b) forgiatura a stampi chiusi con bava e (c) forgiatura a
stampi chiusi senza bava (flashless). Nella forgiatura a stampi aperti, il pezzo viene
compresso tra due matrici piatte (o comunque non completamente sagomate sul pezzo
da ottenere), lasciando quindi il metallo libero di fluire senza vincoli lungo la direzio-
ne ortogonale al moto dello stampo superiore. Nella forgiatura con bava, le superfici
degli stampi contengono la forma da dare al pezzo durante il processo, limitando signi-
266 Tecnologia meccanica
Pezzo
Punzone
Stampo inferiore (stazionario)
Pezzo
Pezzo Matrice
Stampo (stazionaria)
superiore
Sbavatura
Stampo inferiore (stazionario)
Figura 11.9 Illustrazione ficativamente il flusso laterale del metallo. In questo tipo di operazione, una parte di
delle sezioni trasversali metallo fluisce comunque oltre la forma della matrice e forma una bava (flash), come
di tre tipi di operazioni di
mostrato in figura. La bava è del metallo in eccesso che deve essere successivamente
forgiatura: (a) forgiatura
a matrice aperta, (b) for- tagliato. Nella forgiatura senza bava, il pezzo è completamente vincolato all’interno
giatura a stampi chiusi della matrice, quindi non possono formasi bave. Il volume del pezzo di partenza deve
con bava e (c) forgiatura essere controllato rigorosamente in modo che corrisponda al volume della cavità dello
a stampi chiusi senza stampo per non avere pezzi difettosi o sovraccarichi della pressa o maglio.
bava. (Fonte: Fundamen-
tals of Modern Manu-
facturing, 4th Edition by 11.2.1 Forgiatura a stampi aperti
Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il per- Il caso più semplice della forgiatura a stampi aperti comporta la compressione di un
messo di John Wiley & pezzo di sezione trasversale circolare (o rettangolare) tra due matrici piane, in modo
Sons, Inc.)
molto simile a quanto avviene nelle prove di compressione (Capitolo 3). Questa opera-
zione di forgiatura, nota anche con il termine di upsetting, riduce l’altezza del pezzo e
ne aumenta il diametro (o i lati, se a sezione rettangolare).
ε* = ln(hh )(11.14)
0
F = Yf A(11.15)
ne aumentano la sua resistenza alla deformazione. Il metallo caldo centrale scorre più
facilmente del metallo freddo alle estremità. Questi effetti diventano più significativi
per geometrie con elevato rapporto diametro/altezza, a causa della maggiore area di
contatto tra il pezzo e la matrice.
Tutti questi fattori causano una forza effettiva di forgiatura maggiore di quanto pre-
visto dall’Equazione (11.15). In prima approssimazione, si può applicare un coefficiente
di forma all’Equazione (11.15):
F = k pYf A(11.16)
dove F, Yf, e A sono definiti come in precedenza e kp è il coefficiente di forma della for-
giatura, definito come
(11.17)
Soluzione: Il volume del pezzo è V = 75π (502/4) = 147.262 mm3. Prima dell’inizio la
forza è 0 e il contatto con la matrice superiore è a 75 mm. All’inizio dello snervamento,
h è leggermente inferiore a 75 mm e si può assumere che la deformazione sia pari a
0.002, e quindi la tensione di flusso è
0.4(0.1)(50)
Kf = 1 + = 1.027
75
La forza di forgiatura è
F = 1.027(121.7)(1963.5) = 245,410 N
All’altezza h = 62 mm,
75
= In = In(1.21) = 0.1904
62
Yf = 350(0.1904)17 = 264.0 MPa
4(2375.2)
A = 147,262/62 = 2375.2 mm2 e D = = 55.0 mm
p
0.4(0.1)(55)
Kf = 1 + = 1.035
62
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 269
F = 1.035(264)(2375.2) = 649,303 N
1500
N) N)
(1000
1000
force (1000
di forgiatura
d e l l ’a l t e z z a h e d e l -
la riduzione di altezza
(h 0 – h). (Fonte: Funda-
mentals of Modern Ma-
0 nufacturing, 4th Edition by
75 62 49 36 h (mm) Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il per-
messo di John Wiley &
0 13 26 39 (ho – h) Sons, Inc.)
Stampo
Pezzo iniziale superiore
Bava
Stampo
inferiore
Figura 11.13 Sequenza della forgiatura a in stampo chiuso: (1) subito prima del contatto con il
pezzo iniziale, (2) compressione parziale e (3) chiusura definitiva della matrice che causa la for-
mazione di bava nell’appostico canale e nella camera di bava. (Fonte: Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley &
Sons, Inc.)
stenza al flusso laterale di metallo nello spazio. In altre parole la camera scarta-bava e
soprattutto la zona periferica di minima distanza tra i due stampi funge da argine al ma-
teriale, forzandolo a rimanere per la maggior parte nella cavità dello stampo. Nella for-
giatura a caldo, il flusso del metallo è ulteriormente limitato in quanto la bava sottile si
raffredda rapidamente nella matrice, aumentando così la sua resistenza alla deformazio-
ne. Limitare il flusso di metallo nello spazio causa un aumento significativo degli sforzi
di compressione sul pezzo, costringendo così il materiale a riempire anche i recessi più
intricati e stretti della cavità dello stampo per garantirne un completo riempimento. Se
non ci fosse il canale scartabava di piccolo spessore, cioè se gli stampi fossero completa-
mente chiusi, per garantire il completo riempimento occorrerebbe calcolare con grande
precisione la massa della billetta da forgiare, per evitare eccessi o lacune di materiale.
Possono essere necessari diversi passaggi di forgiatura per trasformare il semilavo-
rato di partenza nella forma finale desiderata. Ad ogni passaggio servono stampi diffe-
renti o cavità differenti entro un unico stampo, il che fa naturalmente lievitare il costo
totale delle attrezzature. I passaggi iniziali sono progettati per distribuire il metallo nel
pezzo in maniera da ottenere nei passaggi successivi una deformazione uniforme e la
giusta struttura metallurgica. Le fasi finali conferiscono al pezzo la sua forma finale.
Inoltre, quando si usa una forgiatura al maglio, possono essere necessari diversi colpi di
maglio per ciascun passaggio del materiale entro una coppia di stampi.
A causa della formazione di bave e della maggiore complessità delle forme realiz-
zate con queste matrici, le forze richieste da questo processo sono significativamente
maggiori e più difficili da analizzare di quelle della forgiatura a matrice aperta. Spesso
per stimare le forze in questo tipo di forgiatura si usano formule semplificate e fattori di
correzione. La formula della forza è la stessa dell’Equazione (11.16) per la forgiatura in
stampi aperti, ma la sua interpretazione è leggermente diversa:
TABELLA 11.1 Valori tipici di kp per varie forme nella forgiatura a matrice semi-chiusa e senza
bave
k p(11.18)
dove F è la forza massima dell’operazione in N, A l’impronta del pezzo sul piano di bava,
compresa la bava stessa in mm 2, Yf la tensione di flusso del materiale in MPa e k p il co-
efficiente di forma della forgiatura. Nella forgiatura a caldo, il valore di Yf è il carico di
snervamento del metallo a temperatura elevata. In altri casi è più difficile determinare il
valore corretto della tensione di flusso perché la deformazione varia attraverso il pezzo
nel caso di forme complesse. k p nell’Equazione (11.18) è un coefficiente che tiene conto
degli aumenti della forza necessari a forgiare forme di varia complessità. La Tabella 11.1
indica l’intervallo di valori di k p per forme diverse. Ovviamente, il problema di specifi-
care il valore corretto di k p per un certo pezzo limita la precisione della stima della for-
za. Nel caso di stampaggio con bava, esistono delle formule empiriche per la determina-
zone di kp che dipendono proprio dalle dimensioni (altezza minima l e lunghezza m) del
canale di bava, poiché questo determina la zona a massima resistenza allo scorrimento.
L’Equazione (11.18) si applica alla forza massima durante l’operazione, poiché que-
sto è il carico che determina la capacità che deve avere la pressa o il maglio utilizzato
nell’operazione. La forza massima viene raggiunta però solo al termine della corsa di
forgiatura, quando la superficie di contatto tra pezzo e stampi è massima e di conse-
guenza sono massime le forze di attrito.
La forgiatura con bava non è in grado di ottenere tolleranze molto strette e spes-
so serve una lavorazione meccanica successiva per ottenere le dimensioni giuste. Dal
processo di forgiatura si ottiene quindi una forma grezza del pezzo, e poi si esegue una
lavorazione più accurata delle parti che richiedono una certa precisione di finitura (ad
esempio fori, filetti o superfici di accoppiamento con altri componenti).
I miglioramenti nella tecnologia di forgiatura con bava permettono sempre più di
produrre pezzi con sezioni più sottili e geometrie più complesse, di ridurre i requisiti sui
progetti degli stampi, di avere tolleranze più strette e di eliminare quasi completamente
la necessità di successive lavorazioni meccaniche. I processi di forgiatura con queste
caratteristiche prendono il nome di forgiature di precisione. A seconda che sia più o
meno necessaria una lavorazione meccanica per completare la forma del pezzo, le for-
giature di precisione sono classificate come processi net shape o near net shape. I me-
talli comunementi utilizzati nella forgiatura di precisione sono l’alluminio e il titanio.
Figura 11.14 Forgiatura
senza bava: (1) appena
prima del contatto inizia-
le con il pezzo, (2) com-
pressione parziale e (3)
compressione finale e
chiusura della matrice. I
simboli v ed F indicano Punzone
rispettivamente lo spo-
stamento (v = velocità) e
la forza applicata. (Fonte:
Fundamentals of Modern Pezzo iniziale
Pezzo finale
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
Matrice
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
imprimere sulle superfici superiore e inferiore del pezzo i dettagli presenti sulla matri-
ce. Nella coniatura c’è poco flusso di metallo, ma le pressioni necessarie a riprodurre
i dettagli della superficie della cavità dello stampo sono molto alte, come indicato dal
valore di kp nella Tabella 11.1. Ciò è dovuto ad un rapporto molto alto tra superficie di
contatto e altezza del pezzo, quindi ad un rilevante effetto dell’attrito. Un’applicazio-
ne comune della coniatura è, ovviamente, la produzione di monete, mostrata in Figura
11.16. Il processo è utilizzato anche per fornire una buona finitura superficiale e preci-
sione dimensionale su pezzi prodotti con altre tecniche.
Punzone
Pezzo finito
Semilavorato
iniziale
Matrice Fermo
Figura 11.15 Operazione di coniatura: (1) inizio del ciclo, (2) compressione e (3) espulsione del pezzo finito. (Fonte: Fundamen-
tals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 273
Magli I magli funzionano applicando un carico d’urto contro il pezzo e sono mostrati
nelle Figure 11.16 e 11.17. I magli sono usati soprattutto nella forgiatura con bava. La
parte superiore della matrice è collegata alla mazza della macchina e la parte inferiore è
collegata all’incudine. Durante il funzionamento, il pezzo viene posizionato sullo stam-
po inferiore e la mazza viene sollevata e poi rilasciata. Quando la matrice superiore col-
pisce il pezzo, l’energia d’urto spinge il pezzo ad assumere la forma della cavità formata
tra gli stampi. Spesso servono diversi colpi di maglio per ottenere la forma completa de-
siderata. Uno degli svantaggi dei magli è la trasmissione di una grande quantità di ener-
gia d’urto attraverso l’incudine al pavimento della fabbrica. Sono macchine ad energia
limitata, poiché ad ogni colpo di maglio è nota appunto l’energia massima disponibile,
mentre la forza effettivamente applicata e la corsa dello stampo superiore dipendono
dalla forma del pezzo e dalle specifiche condizioni di lavoro.
Testa
Head (containing
(contenente
cylinder)
il cilindro)
Biella
Piston rod
Struttura
Frame
Ram
Pistone
Anvil
Incudine
dello stampo superiore relativamente bassa e possono fornire una forza costante per
tutta la corsa. Queste macchine sono quindi adatte per la forgiatura e altre operazioni di
formatura che richiedono una lunga corsa.
Piano di bava Detto anche piano di separazione degli stampi. Il suo posizionamento
entro il pezzo influenza significativamente il flusso del materiale nel pezzo, il fenome-
no di formazione della bava e di conseguenza il carico massimo richiesto dal processo.
Sformo Lo sformo è la quantità di inclinazione necessaria sui lati del pezzo per po-
terlo rimuovere facilmente dalla matrice. Il termine si applica anche alla rastremazione
sui lati della cavità dello stampo. Gli angoli di sformo tipici sono di 3° per pezzi di allu-
minio e magnesio e da 5° a 7° per pezzi di acciaio. Gli angoli di sformo per forgiature di
precisione sono vicini allo zero.
Web e nervature Un web è una parte sottile della forgiatura parallela al piano di
bava, mentre una nervatura è una parte sottile perpendicolare al piano di bava. Entram-
be queste parti causano delle difficoltà al flusso del metallo se diventano troppo sottili.
Raccordi I raccordi concavi e convessi sono illustrati in Figura 11.19. Raggi piccoli
tendono a limitare il flusso di metallo e ad aumentare le tensioni sulle superfici della
matrice durante la forgiatura.
Camera
Raccordo Raccordo scarta-
Figura 11.18 Terminolo- concavo convesso bava Stampo superiore
gia usata nella forgiatu-
ra in stampo chiuso con
bava . (Fonte: Funda- Piano di bava
mentals of Modern Ma-
nufacturing, 4th Edition by Nervatura Bava
Mikell P. Groover, 2010. Web
Ristampato con il per- Stampo inferiore
Canale
messo di John Wiley & di bava
Sons, Inc.)
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 275
termina la superficie lungo cui avviene il flusso laterale del metallo, controllando in tal
modo l’aumento della pressione all’interno della matrice. La camera permette al metallo
in eccesso di fuoriuscire dalla cavità, scaricandone le tensioni.
Morsetto
Arresto
Punzone
Immis-
sione
Filo
Figura 11.19 Un’operazione di ricalcatura per formare la testa di un bullone o elementi simili. Il ciclo è il seguente: (1) il filo
viene immesso fino al punto di arresto, (2) le matrici vengono chiuse attorno al filo e l’arresto viene rimosso, (3) il punzone si
muove in avanti e (4) arriva fino al fondo per formare la testa. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by
Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Punzone Matrice
Pezzo (filo)
Figura 11.20 Diversi esempi di operazioni di ricalcatura: (a) testa di un chiodo con matrici aperte, (b) testa rotonda formata da un
punzone, (c) e (d) teste formata da una matrice e (e) testa di una vite formata da un punzone e una matrice. (Fonte: Fundamentals
of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
276 Tecnologia meccanica
Matrice
Pezzo
Figura 11.21 Processo di conifica per ri-
durre il diametro di un albero; le matrici
ruotano mentre colpiscono il pezzo. Nella
forgiatura radiale il pezzo ruota mentre Diametro
le matrici rimangono fisse nella loro po- Diametro iniziale
finale
sizione. (Fonte: Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4 th Edition by Mikell P.
Direzione di avanzamento
Groover, 2010. Ristampato con il per-
messo di John Wiley & Sons, Inc.)
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 277
Pistone
della pressa
Figura 11. 2 2 O p e r a -
zione di tranciatura per
Bava
rimuovere la bava dopo
forgiatura. (Fonte: Fun-
Matrice damentals of M odern
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
Bordi taglienti & Sons, Inc.)
Tranciatura La tranciatura è un’operazione che serve per rimuovere le bave dai pez-
zi prodotti mediante forgiatura. Nella maggior parte dei casi, la tranciatura viene rea-
lizzata tramite un’azione di taglio, come illustrato in Figura 11.23, in cui un punzone
spinge il pezzo in una matrice di tranciatura, che ha bordi affilati delle dimensioni del
pezzo finale. Di solito la tranciatura viene fatta mentre il pezzo è ancora caldo, il che
significa che in ogni maglio o pressa da forgia è inclusa anche una pressa da trancia. Nei
casi in cui il pezzo rischia di subire dei danneggiamenti durante il processo di trancia-
tura, questa può essere effettuata con metodi alternativi, come la rettifica o la fresatura.
11.3 Estrusione
Camera di estrusione
Uno dei problemi dell’estrusione diretta è l’attrito molto elevato che si verifica tra la
superficie in lavorazione e le pareti della camera, quando la billetta scorre verso l’aper-
tura della matrice. Questo attrito provoca un notevole aumento della forza necessaria
al pistone ed è causa di distorsione del materiale con conseguente lavoro ridondante.
Nell’estrusione a caldo, il problema dell’attrito è aggravato dalla presenza di uno strato
di ossido sulla superficie della billetta. Questo strato di ossido può causare dei difetti nel
prodotto estruso. Per risolvere questi problemi, spesso si posiziona un blocco aggiunti-
vo tra il pistone e la billetta, avente un diametro leggermente più piccolo di quello della
billetta, in modo che l’anello esterno del metallo in lavorazione (in pratica lo strato di
ossido) rimanga nel contenitore, lasciando il prodotto finale privo di ossidi. Questa ope-
razione viene definita estrusione con pelatura.
I profilati cavi (ad esempio i tubi) possono essere realizzati tramite estrusione diret-
ta tramite il processo mostrato in Figura 11.25. Si prepara la billetta di partenza facendo
un foro parallelo al suo asse. Questo permette il passaggio di una spina attaccata al bloc-
co di appoggio. Quando la billetta viene compressa, il materiale è costretto a fluire nello
spazio tra la spina e l’apertura della matrice. La sezione trasversale risultante è tubolare.
Anche le sezioni trasversali semi-cave vengono estruse nello stesso modo.
La billetta di partenza nell’estrusione diretta è generalmente a sezione circolare, ma
la forma finale è determinata dalla forma dell’apertura della matrice. Ovviamente, la
dimensione dell’apertura della matrice deve essere inferiore al diametro della billetta.
Camera di estrusione
Spina
Figura 11.24 (a) Estru-
sione diretta per produrre Billetta iniziale
Matrice
una sezione trasversale
cava o semi-cava; se-
zioni trasversali cave (b)
e semicave (c). (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 279
Nell’estrusione inversa, Figura 11.26 (a), la matrice è posizionata sul pistone anzi-
chè dalla parte opposta del contenitore. Quando il pistone penetra nel pezzo, il metallo è
costretto a fluire attraverso lo spazio libero in direzione opposta rispetto al movimento
del pistone. Poiché la billetta non deve muoversi rispetto al contenitore, se non nella
zona immediatamente adiacente alla matrice, il lavoro speso per attrito è molto inferiore
e quindi la forza richiesta dal pistone è inferiore rispetto all’estrusione diretta. I limiti
dell’estrusione inversa sono causati dal fatto che il pistone cavo ha una rigidezza infe-
riore e dalla necessità di sostenere il prodotto estruso all’uscita della matrice.
L’estrusione inversa può produrre anche sezioni trasversali cave (tubolari), come
mostrato in Figura 11.26 (b). In questo metodo, il pistone viene spinto nella billetta,
costringendo il materiale a fluire attorno ad esso e prendere la forma di una coppa. Ci
sono delle limitazioni pratiche sulla lunghezza degli estrusi che si possono realizzare
con questo metodo. Il supporto del pistone diventa un problema all’aumentare della lun-
ghezza del pezzo.
Camera Camera
F, v
v, F
Forma finale Matrice Billetta iniziale Forma finale Matrice Billetta iniziale
del pezzo del pezzo
(a) (b)
Figura 11.25 Estrusione inversa per produrre (a) una sezione trasversale piena e (b) una sezione trasversale cava. (Fonte: Fun-
damentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
280 Tecnologia meccanica
(11.21)
en
superficie della billetta. L’effetto dell’attrito è quello di aumentare la tensione subita dal
metallo. Quindi la pressione effettiva è maggiore di quella data dall’Equazione (11.21)
che non considera l’attrito.
Ci sono vari metodi per calcolare la deformazione effettiva reale e la relativa pres-
sione del pistone nell’estrusione [1], [3], [6], [12], [13] e [20]. L’equazione empirica se-
guente è stata proposta da Johnson [12] per stimare la deformazione nell’estrusione ed è
universalmente accettata come valida:
ex (11.22)
Figura 11.27 Distrosio-
ne crescente del materia-
a le al crescere dell’angolo
matrice.
a
as
b a
c
a
282 Tecnologia meccanica
La pressione del pistone per effettuare l’estrusione può essere stimata sulla base
della formula di Johnson come segue:
ex(11.23a)
dove è calcolato sulla base della deformazione ideale dell’Equazione (11.20) anzichè
su quella dell’Equazione (11.22). L’Equazione (11.23a) fornisce una stima mediamen-
te corretta della pressione nel caso dell’estrusione inversa, ma sottostima leggermente
la pressione necessaria all’estrusione diretta. Nell’estrusione diretta, l’effetto dell’at-
trito tra le pareti del contenitore e la billetta richiede infatti una pressione del pisto-
ne superiore. Sulla base di questo ragionamento, per calcolare la pressione del pistone
nell’estrusione diretta si può usare la formula empirica seguente:
(11.23b)
A0 (11.24)
(11.25)
dove P è la potenza in J/s, F la forza del pistone in N e v la velocità del pistone in m/s.
Naturalmente nell’estrusione a caldo, un aumento di temperatura del massello fa dimi-
nuire la forza F di estrusione (poiché diminuisce lo sforzo di flusso) e di conseguenza
Estrusione diretta
Pressione del pistone
Figura 11.28 Grafici della pressione rispetto alla corsa del pi-
Formazione
stone (e alla lunghezza rimanente della billetta da estrudere)
Estrusione inversa del calcio
per l’estrusione diretta e inversa. I valori più elevati dell’estru-
sione diretta sono dovuti all’attrito con la parete della camera.
L’incremento iniziale di pressione delle curve dipende dall’an- Inizio effettivo dell’estrusione
golo della matrice (angoli maggiori causano rampe di pressio-
ne più ripide). L’aumento della pressione alla fine della corsa Corsa del pistone
è dovuto alla formazione del calcio. (Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Lunghezza della billetta rimanente, L
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 283
e = In rx = In 4.0 = 1.3863
– 415(1.3863)0.18
Yf = = 373 MPa
1.18
Per L = 75 mm: avendo un angolo di 90°, si può supporre che il metallo passi attra-
verso l’apertura della matrice quasi immediatamante, quindi la pressione massima
viene raggiunta alla lunghezza iniziale della billetta a 75 mm. Per angoli minori di 90°
la pressione sarebbe aumentata fino al valore massimo che viene raggiunto quando
la billetta ha occupato tutta la sezione conica della matrice, come nel grafico di Figura
11.29. Utilizzando l’Equazione (11.23b),
75
p = 373 2.8795 + 2 = 3312 MPa
25
50
L = 50 mm : p = 373 2.8795 + 2 = 2566 MPa
25
25
L = 25 mm : p = 373 2.8795 + 2 = 1820 MPa
25
(11.26)
Figura 11.30 Sezione
trasversale di un estruso
complesso per un dis-
sipatore di calore. Foto
per gentile concessione
di Aluminum Company
of America. (Fonte: Fun-
damentals of M odern
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
Estrusione a impatto L’estrusione a impatto viene eseguita a velocità più elevate e con
corse più brevi rispetto all’estrusione convenzionale ed è usata per realizzare componenti
286 Tecnologia meccanica
singoli. Come suggerisce il nome, il punzone colpisce il pezzo anzichè applicare una pres-
sione graduale. L’impatto può essere effettuato come estrusione diretta o inversa o attraver-
so una combinazione delle due. Alcuni esempi rappresentativi sono mostrati in Figura 11.32.
L’estrusione a impatto viene eseguita a freddo per diversi metalli. L’estrusione in-
versa è quella più comune. Alcuni prodotti realizzati tramite questo processo sono i
tubetti di dentifricio e gli involucri delle batterie. Come indicato da questi esempi, sugli
estrusi a impatto si possono ottenere delle pareti molto sottili. L’alta velocità consente di
ottenere notevoli riduzioni di sezione e tassi elevati di produzione, rendendo questo tipo
di estrusione un importante processo commerciale.
Punzone
Punzone
Pezzo
estruso
Pezzo
Matrice
iniziale
Pezzo
iniziale Matrice
Pezzo estruso
Punzone
Pezzo estruso
Figura 11.31 Vari esempi di estrusione a impatto: (a) diretta, (b) inversa e (c) una combinazione delle due. (Fonte: Fundamen-
tals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 287
Camera
Pistone
Figura 11.32 Estrusio-
ne idrostatica. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Forma estrusa
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
Matrice 2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
Fluido in pressione Billetta iniziale & Sons, Inc.)
Come anticipato nel Capitolo 10, la pressione idrostatica sul pezzo aumenta la dut-
tilità del materiale. Pertanto, questo processo può essere utilizzato su metalli che sareb-
bero troppo fragili per operazioni di estrusione tradizionali. Anche i metalli duttili si
possono estrudere idrostaticamente, raggiungendo degli alti rapporti di riduzione. Uno
degli svantaggi di questo processo è la preparazione della billetta iniziale, che deve es-
sere rastremata ad un’estremità per adattarsi all’angolo di entrata della matrice. Questo
serve ad impedire al fluido di fuoriuscire dal foro della matrice quando all’inizio del
processo il contenitore viene pressurizzato.
(a) Rotture interne. Questo difetto consiste in una sorta di crepa interna a forma di
V che si sviluppa a seguito di tensioni di trazione lungo la linea centrale del pez-
zo durante l’estrusione. Sebbene le tensioni di trazione sembrino irrilevanti in un
processo di prevalente compressione come l’estrusione, esse tendono a verificarsi
in particolari condizioni che provocano grandi deformazioni nelle regioni lontane
dall’asse centrale. Lo spostamento significativo di materiale in queste regioni ester-
ne stira il materiale lungo la linea centrale fino alla rottura nel caso le sollecitazioni
siano abbastanza forti. Condizioni che portano alla formazione di queste crepe sono
valori elevati di angolo matrice, rapporti di estrusione bassi e la presenza di impuri-
tà nel metallo in lavorazione che agiscono come punti di innesco di cricche. La cosa
difficile di questi difetti è la loro identificazione, perchè essendo interni non sono
rilevati da un’ispezione visiva.
(b) Cavità di ritiro. Questo è un difetto tipico dell’estrusione diretta. Come mostrato
in Figura 11.34 (b), si tratta della formazione di una cavità alla fine della billet-
ta, dovuta alla maggiore velocità di estrusione delle zone centrali, meno soggette
all’azione frenante dell’attrito. L’uso di un dummy block sagomato in maniera con-
cava aiuta a compensare questo ritiro.
(c) Cricche superficiali. Questo difetto è causato, come già anticipato, dalle tempe-
rature troppo elevate del pezzo, che provocano delle cricche sulla superficie del
pezzo, immediatamente a valle della matrice, per uno stato tensionale di trazione
causato dall’attrito. Spesso il problema si aggrava a velocità di estrusione alta, per-
chè causa un’elevata velocità di deformazione e la generazione rapida di calore con
ulteriore surriscaldamento del pezzo. Altri fattori che contribuiscono alla rottura
superficiale sono l’attrito elevato e il raffreddamento della superficie delle billette
ad alte temperatura nell’estrusione a caldo.
Filiera
Pezzo iniziale
Figura 11.34 Trafilatu-
ra di barre, alberi o tubi.
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4 th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.) Dimensione del pezzo finale
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 289
dove A0 e Af sono le aree iniziale e finale della sezione trasversale del pezzo come defi-
nite in precedenza e r è la riduzione di trafilatura come riportato nell’Equazione (11.28).
La tensione che deriva da questa deformazione ideale è data da
A0
e (11.30)
A0
(11.31)
D
0,88 ± 0,12 (11.32)
Lc
(11.33a)
290 Tecnologia meccanica
(11.33b)
dove F è la forza in N e gli altri termini sono quelli già definiti in precedenza. La poten-
za necessaria in una operazione di trafilatura è pari alla forza moltiplicata per la velocità
di uscita del pezzo.
2.25
φ = 0.88 + 0.12 = 1.16 MPa
0.966
Le aree prima e dopo la trafilatura sono A0 = 4.91 mm2 e Af = 3.14 mm2. La deforma-
zione reale risultante è = ln(4.91/3.14) = 0.446 e la tensione di flusso media:
– 205(0.446)0.20
Yf = = 145.4 MPa
1.20
0.07
σd = (145.4) 1 + (1.16)(0.446) = 94.1 MPa
tan15
Infine, la forza di trafilatura si calcola moltiplicando questa tensione per l’area della
sezione trasversale del filo in uscita:
F = 94.1(3.14) = 295.5 N
A0 A0
Questo significa che ln(A0 /Af) = ln (1/(1 – r)) = 1. Cioè, emax = 1.0. Per rendere emax pari a
zero, A0 /Af = 1/(1 – r) deve essere pari al logaritmo naturale in base e. Di conseguenza, il
rapporto massimo possibile tra le aree è
A0
(11.35)
(11.36)
Il valore dato dall’Equazione (11.36) è calcolato sotto due ipotesi stringenti, di seguito
discusse.
1) Assenza di incrudimento. Il valore teorico di rmax aumenterebbe se si considerasse
l’effetto del determinante ruolo che l’incrudimento assume nel processo, che viene
eseguito a freddo. L’incrudimento fa aumentare la riduzione massima possibile per-
ché il filo in uscita è più resistente di quello di partenza. Per un materiale metallico
con n>0 è facile dimostrare che si avrebbe:
1
rmax = 1 – (11.37)
e(n + 1)
2) Assenza di attrito e lavoro ridondante. Gli effetti dell’attrito e del lavoro ridondante
riducono drasticamente il valore massimo possibile, perché il lavoro compiuto dallo
sforzo di trafilatura deve eguagliare non soltanto il lavoro di deformazione ideale,
ma anche le componenti di lavoro ridondante e di atttrito. Questo richiede un valore
di sd più alto del teorico e un conseguente minor valore di riduzione massima am-
missibile. Questo aumento è difficile da stimare analiticamente.
I limiti di riduzione usati nella pratica industriali sono di 0.50 per la trafilatura di barre
e 0.30 per la trafilatura di fili.
zione economica discreta che di massa. Nei conduttori in rame si osserva anche una
diminuzione di resistenza elettrica nel materiale trafilato rispetto a quello originale. Le
velocità di trafilatura arrivano ai 50 m/s per i fili molto sottili. Nel caso di trafilatura
di barre per fornire i semilavorati per la lavorazione meccanica, l’operazione migliora
anche la lavorabilità della barra.
Preparazione del pezzo Prima di essere trafilato, il pezzo iniziale deve essere pre-
parato adeguatamente. La preparazione comprende tre fasi: (1) ricottura, (2) pulitura
e (3) preparazione della punta. Lo scopo della ricottura è quello di aumentare la dut-
tilità del pezzo per migliorare la deformazione durante la trafilatura. Come già detto
in precedenza, a volte è necessaria una ricottura tra i vari passaggi nella trafilatura
continua. La pulitura del pezzo è necessaria per evitare danni alla superficie del pezzo e
alla matrice. Essa comporta la rimozione dei contaminanti (come il calcare e la ruggine)
mediante decapaggio o sabbiatura. In alcuni casi, dopo la pulitura viene eseguita una
prelubrificazione della superficie da lavoro.
La preparazione della punta comporta la riduzione del diametro dell’estremità ini-
ziale del pezzo in modo che possa essere inserito attraverso la matrice all’inizio del
processo. Questo viene effettuato di solito tramite ricalcatura, laminazione o tornitura.
L’estremità appuntita del pezzo viene poi inserita nelle morse del carro o di un altro di-
spositivo per avviare il processo di trafilatura.
Barre estruse
Carro
Cilindro idraulico
Figura 11.35 Trafilatrice
ad azionamento idrauli- Binario di uscita
co per barre metalliche.
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4 th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 293
produce una certa riduzione del filo, in modo che alla fine della serie si raggiunga la
riduzione totale desiderata. A seconda del metallo da lavorare e della riduzione da effet-
tuare, a volte è necessaria una ricottura del filo tra i gruppi di matrici di una serie. Prima
di ogni filiera il filo viene lubrificato nel passaggio attraverso una scatola contenente
appunto del lubrificante. Questo serve a ridurre lo sforzo di trafilatura, aumentare il
rapporto di riduzione e ridurre il rischio di difetti.
Figura 11.36 Trafilatura continua di fili. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
294 Tecnologia meccanica
mentati. Le matrici per la produzione di fili ad alta velocità utilizzano spesso inserti in
diamante (sia sintetico che naturale) per le superfici che si usurano in fretta.
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[14] Kalpakjian, S., and Schmid, S. R. Manufacturing Processes for Engineering Materials,
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[15] Lange, K. Handbook of Metal Forming. Society of Manufacturing Engineers, Dearborn,
Michigan, 2006.
[16] Laue, K., and Stenger, H. Extrusion: Processes, Machinery, and Tooling. American So-
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[17] Mielnik, E. M. Metalworking Science and Engineering. McGraw-Hill, Inc., New York, 1991.
[18] Roberts, W. L. Hot Rolling of Steel. Marcel Dekker, Inc., New York, 1983.
[19] Roberts, W. L. Cold Rolling of Steel. Marcel Dekker, Inc., New York, 1978.
[20] Schey, J. A. Introduction to Manufacturing Processes, 3rd ed. McGraw-Hill Book Com-
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[21] Wick, C., et al. (eds.). Tool and Manufacturing Engineers Handbook, 4th ed., Vol. II, For-
ming. Society of Manufacturing Engineers, Dearborn, Michigan, 1984.
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 295
Domande di ripasso
13. Cosa si intende per rifilatura nel contesto della for-
1. Quali sono le ragioni per cui i processi di deforma- giatura a matrice semi-chiusa?
zione massivi sono importanti commercialmente e 14. Q uali sono i due tipi fondamentali di attrezzatura
tecnologicamente? per la forgiatura?
2. Elencare i quattro processi fondamentali della de- 15. Che cos’è la forgiatura isotermica?
formazione massiva. 16. Cosa si intende per estrusione?
3. Cos’è la laminazione nel contesto dei processi di 17. Spiegare la differenza tra l’estrusione diretta e in-
deformazione massivi? versa.
4. Elencare alcuni dei prodotti realizzati in un laminatoio. 18. Citare alcuni prodotti che vengono realizzati me-
5. Che cos’è la luce in un’operazione di laminazione? diante estrusione.
6. Che cos’è l’incollaggio in un’operazione di lamina- 19. Perché bisogna considerare l’attrito nel determi-
zione a caldo? nare la forza del pistone nell’estrusione diretta ma
7. Identificare i modi con cui si può ridurre la forza nel- non in quella inversa?
la laminazione piana. 20. Cosa si intende per trafilatura di barre e trafilatura
8. Che cos’è un laminatoio a due cilindri contrapposti? di fili?
9. Che cos’è un laminatoio reversibile? 21. Anche se il pezzo in un’operazione di trafilatura è
10. Che cos’è la forgiatura? ovviamente sottoposto a tensioni di trazione, che
11. Un modo per classificare le operazioni di forgiatura ruolo svolgono le tensioni di compressione nel pro-
è il grado in cui viene vincolato il pezzo nella matri- cesso?
ce. Elencare le classi delle operazioni di forgiatura 22. In un’operazione di trafilatura, perché la tensione
secondo questa classificazione. non deve mai superare il carico di snervamento del
12. Perché nella forgiatura a matrice semi-chiusa è uti- metallo lavorato?
le la formazione del flash?
Problemi
efficiente di attrito tra i cilindri e il pezzo è di 0.15. La
1. Una piastra di acciaio a basso contenuto di carbonio luce è uguale ad ogni passaggio. Determinare (a) il
spessa 42.0 mm viene ridotta a 34.0 mm in un’uni- numero minimo di passaggi necessari e (b) la luce
ca laminazione. Poiché lo spessore si riduce, la lar- per ogni passaggio.
ghezza della piastra aumenta del 4%. La resistenza 4. Nel problema precedente, si supponga che ad ogni
allo snervamento della lamiera di acciaio è 174 MPa passaggio sia uguale la riduzione percentuale anzi-
e la resistenza alla trazione di 290 MPa. La velocità chè la luce. (a) Qual è il numero minimo di passaggi
di ingresso della piastra è 15.0 m/min. Il raggio del richiesto? (b) Qual è la luce ad ogni passaggio?
cilindro è 325 mm e la velocità di rotazione di 49.0 5. Una piastra larga 250 mm e spessa 25 mm viene
giri/min. Determinare (a) il coefficiente di attrito mi- ridotta ad uno spessore di 20 mm in un unico pas-
nimo richiesto per rendere possibile questa opera- saggio in laminatoio a due cilindri contrapposti. Il
zione di laminazione, (b) la velocità di uscita della cilindro ha un raggio di 500 mm e la sua velocità è
piastra e (c) lo slittamento in avanti. di 30 m/min. Il materiale in lavorazione ha un coef-
2. Una lastra è spessa 20 mm, larga 100 mm e lunga ficiente di resistenza di 240 MPa e di un esponente
120 mm. Lo spessore viene ridotto in tre passaggi in di incrudimento esponente di 0.2. Determinare (a) la
una operazione di laminazione a caldo. Ogni passo forza del cilindro, (b) la coppia del cilindro e (c) la
riduce la lastra al 75% del suo spessore preceden- potenza necessaria ad eseguire questa operazione.
te. Si sa che la lastra si allarga del 3% ad ogni pas- 6. Risolvere il Problema 11.5 per un cilindro di raggio
saggio. Se la velocità di ingresso della lastra nella di 250 mm.
prima passata è di 40 m/min e la velocità del cilindro 7. Un’unica passata di laminazione riduce una piastra
è la stessa per i tre passaggi, determinare: (a) la lun- da 20 mm a 18 mm. La piastra di partenza era larga
ghezza e (b) la velocità di uscita della lastra dopo la 200 mm. Il raggio del cilindro è 250 mm e la veloci-
riduzione finale. tà di rotazione 12 giri/min. Il materiale in lavorazione
3. Una serie di operazioni di laminazione a freddo ven- ha un coefficiente di resistenza di 600 MPa e un un
gono utilizzate per ridurre lo spessore di una piastra esponente di incrudimento di 0.22. Determinare (a)
da 50 mm fino a 25mm in un laminatorio inverso a la forza del cilindro, (b) la coppia del cilindro e (c) la
due cilindri. Il diametro dei cilindri è 700 mm e il co- potenza necessaria per questa operazione.
296 Tecnologia meccanica
8. Una pezzo cilindrico è forgiato a tiepido in uno attrito è 0.1. Si consiglia di usare un foglio di calcolo
stampo aperto. Il diametro iniziale è di 45 mm e per risolvere il problema.
l’altezza iniziale di 40 mm. L’altezza dopo la for- 13. Un’asta di collegamento è progettata per essere
giatura è di 25 mm. Il coefficiente di attrito tra il forgiata a caldo in matrice semi-chiusa. La proie-
pezzo e la matrice è 0.20. La resistenza allo zione dell’area del pezzo è 6500 mm2. La forma
snervamento del materiale in lavorazione è di della matrice causa dei flash durante la forgiatura
285 MPa e la sua curva di flusso è definita da un e la proiezione dell’area comprensiva dei flash è
coefficiente di resistenza di 600 MPa e un espo- 9000 mm2. La forma del pezzo è considerata com-
nente di incrudimento di 0.12. Determinare la for- plessa. Se riscaldato, il materiale cede a 75 MPa e
za dell’operazione (a) quando viene raggiunto il non ha la tendenza a indurire. Determinare la forza
punto di snervamento (snervamento per deforma- massima necessaria per eseguire l’operazione.
zione = 0.002), (b) ad una altezza di 35 mm, (c) ad 14 U na billetta cilindrica lunga 100 mm di diame-
una altezza di 30 mm e (d) ad una un’altezza di 25 tro di 50 mm viene ridotta per estrusione indiretta
mm. Si consiglia di usare un foglio di calcolo per (all’indietro) ad un diametro di 20 mm. L’angolo di
risolvere il problema. inclinazione della matrice è di 90°. Nell’equazione
9. Un’operazione di ricalcatura a freddo viene esegui- di Johnson, a = 0.8 e b = 1.4. Nella curva di flusso
ta per produrre la testa di un chiodo d’acciaio. Si sa del metallo in lavorazione, il coefficiente di resisten-
che il coefficiente di resistenza di questo acciaio è za è 800 MPa e l’esponente di incrudimento 0.13.
di 600 MPa e il suo esponente di incrudimento è Determinare (a) il rapporto di estrusione, (b) la de-
0.22. Il coefficiente di attrito tra il pezzo e la matrice formazione reale (deformazione omogenea), (c) la
è 0.14. Il filo di partenza da cui si produce il chio- deformazione dell’estrusione, (d) la pressione del
do ha un diametro di 5.00 mm. La testa deve avere pistone e (e) la forza del pistone.
un diametro di 9.5 mm e uno spessore di 1.6 mm. 15. Una billetta lunga 75 mm di diametro di 35 mm vie-
La lunghezza finale del chiodo è di 120 mm. (a) Di ne ridotta per estrusione diretta ad un diametro di
che lunghezza deve sporgere il filo dalla matrice in 20 mm. La matrice di estrusione ha un angolo di
modo da fornire un volume sufficiente di materiale 75°. Per il metallo in lavorazione, K = 600 MPa e
per questa operazione di forgiatura? (b) Calcolare n = 0.25. Nell’equazione di Johnson, a = 0.8 e b =
la forza massima che deve applicare il punzone per 1.4. Determinare (a) il rapporto di estrusione, (b) la
formare la testa del chiodo. deformazione reale (deformazione omogenea), (c)
10. Reperire un grosso chiodo comune (a testa piatta). la deformazione dell’estrusione e (d) la pressione
Misurare il diametro e lo spessore della testa, così e la forza del pistone a L = 70, 60, 50, 40, 30, 20 e
come il diametro del chiodo. (a) Che lunghezza del 10 mm. Si consiglia di usare un foglio di calcolo per
filo deve sporgere dalla matrice per avere materia- risolvere il punto (d).
le sufficiente per produrre il chiodo? (b) Utilizzando 16. Un pezzo a forma di tazza viene ottenuto per estru-
valori adeguati di resistenza ed esponente di incru- sione indiretta a partire da uno slebo di alluminio di
dimento per il metallo con cui è fatto il chiodo (Ta- 50 mm di diametro. Le dimensioni finali della tazza
bella 3.4), calcolare la forza massima nell’operazio- sono: OD = 50 mm, ID = 40 mm, altezza = 100 mm
ne di ricalcatura per formare la testa. e spessore della base = 5 mm. Determinare (a) il
11. Un’operazione di forgiatura a caldo viene eseguita rapporto di estrusione, (b) il coefficiente di forma
in uno stampo aperto. Il pezzo di partenza ha un e (c) l’altezza dello slebo di partenza necessaria a
diametro di 25mm e un’altezza di 50 mm. Il pez- raggiungere le dimensioni finali. (d) Sapendo che il
zo viene forgiato fino a raggiungere un diametro metallo ha come parametri della curva di flusso K
medio di 50 mm. Il metallo in lavorazione a questa = 400 MPa e n = 0.25, e le costanti dell’equazione
temperatura elevata cede a 85 MPa (n = 0). Il coef- di Johnson sono a = 0.8 e b = 1.5, determinare la
ficiente di attrito tra il pezzo e la matrice è di 0.40. forza dell’estrusione.
Determinare (a) l’altezza finale del pezzo e (b) la 17. D eterminare il coefficiente di forma per ognuna
forza massima dell’operazione. delle forme dei fori delle matrici di estrusione in Fi-
12. U na pressa idraulica da forgiatura è in grado di gura P11.24.
esercitare una forza massima di 1.000.000 N. Si 18. U n’operazione di estrusione diretta produce la
deve forgiare a freddo un pezzo cilindrico, che ini- sezione trasversale mostrata in Figura P11.24 (a)
zialmente ha un diametro 30 mm e un’altezza di 30 a partire da una billetta in ottone di diametro 125
mm. La curva di flusso del metallo è definita da K = mm e lunghezza 350 mm. I parametri della curva
400 MPa e n = 0.2. Determinare la riduzione massi- di flusso dell’ottone sono K = 700 MPa e n = 0.35.
ma di altezza a cui la pezzo può essere compresso Nell’equazione di Johnson, a = 0.7 e b = 1.4. Deter-
con questa pressa, sapendo che il coefficiente di minare (a) il rapporto di estrusione, (b) il coefficien-
Processi di deformazione plastica massiva dei metalli 297
Figura P11.24 Forme delle sezioni trasversali per il Problema 11.24 (le dimensioni sono in mm): (a) barra rettangolare, (b)
tubo, (c) canale e (d) alette di raffreddamento. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
te di forma, (c) la forza necessaria per azionare il 21. Un’operazione di estrusione diretta produce la se-
pistone in avanti durante l’estrusione al punto in cui zione trasversale mostrata in Figura P11.24 (d) a
la lunghezza della billetta rimanente nel contenito- partire da una billetta di alluminio di diametro di
re è 300 mm e (d) la lunghezza del pezzo estruso 150 mm e lunghezza di 900 mm. I parametri della
alla fine dell’operazione sapendo che il volume del curva di flusso per l’alluminio sono K = 240 MPa
calcio nel contenitore è di 600,000 mm3. e n = 0.16. Nell’equazione di Johnson, a = 0.8 e
19. Un’operazione di estrusione diretta produce la se- b = 1.5. Determinare (a) il rapporto di estrusione,
zione trasversale mostrata in Figura P11.24 (b) a (b) il coefficiente di forma, (c) la forza necessaria
partire da una billetta di rame di diametro di 100 per azionare il pistone in avanti durante l’estrusio-
mm e di lunghezza di 500 mm. Nella curva di flusso ne al punto in cui la lunghezza della billetta rima-
per il rame, il coefficiente di resistenza è 300 MPa nente nel contenitore è 850 mm e (d) la lunghezza
e l’esponente di incrudimento 0.50. Nell’equazione del pezzo estruso al termine dell’operazione sa-
di Johnson, a = 0.8 e b = 1.5. Determinare (a) il rap- pendo che il volume del calcio nel contenitore è di
porto di estrusione, (b) il coefficiente di forma, (c) 600,000 mm3.
la forza necessaria per azionare il pistone in avan- 22. Un rocchetto di filo ha un diametro iniziale di 2.5
ti durante l’estrusione al punto in cui la lunghezza mm. Esso viene fatto passare attraverso una matri-
della billetta rimanente nel contenitore è 450 mm ce con una apertura di 2.1 mm. L’angolo di ingresso
e (d) la lunghezza del pezzo estruso al termine della matrice è di 18°. Il coefficiente di attrito tra il
dell’operazione sapendo che il volume del calcio pezzo e la matrice è di 0.08. Il metallo in lavorazio-
nel contenitore è di 350,000 mm3. ne ha un coefficiente di resistenza di 450 MPa e
20. U n’operazione di estrusione diretta produce la un esponente di incrudimento di 0.26. La trafilatura
sezione trasversale mostrata in Figura P11.24 (c) viene eseguita a temperatura ambiente. Determi-
a partire da una billetta di alluminio di diametro di nare (a) la riduzione dell’area, (b) la tensione della
150 mm e lunghezza di 500 mm. I parametri della trafilatura e (c) la forza necessaria per l’operazione.
curva di flusso per l’alluminio sono K = 240 MPa 23. Una barra con diametro iniziale di 90 mm viene tra-
e n = 0.16. Nell’equazione di Johnson, a = 0.8 e filata con una riduzione di 15 mm. La matrice ha un
b = 1.2. Determinare (a) il rapporto di estrusione, angolo di ingresso di 18°. Il coefficiente di attrito tra
(b) il coefficiente di forma, (c) la forza necessaria il pezzo e la matrice è 0.08. Il metallo si comporta
per azionare il pistone in avanti durante l’estrusio- come un materiale perfettamente plastico con ten-
ne al punto in cui la lunghezza della billetta rima- sione di snervamento di 105 MPa. Determinare (a)
nente nel contenitore è 400 mm e (d) la lunghezza la riduzione dell’area, (b) la tensione della trafilatu-
del pezzo estruso al termine dell’operazione sa- ra, (c) la forza necessaria per l’operazione e (d) la
pendo che il volume del calcio nel contenitore è di potenza per poter eseguire l’operazione sapendo
600,000 mm3. che la velocità di uscita è 1.0 m/min.
Lavorazione della lamiera
Capitolo 12
La lavorazione della lamiera consiste nelle operazioni di taglio e di formatura eseguite
su fogli di metallo relativamente sottili. Gli spessori tipici delle lamiere sono tra gli 0.4
mm e i 6 mm. Quando lo spessore supera i 6 mm, la lamiera prende il nome di lastra. I
g- fogli e le lastre utilizzate nella lavorazione della lamiera sono prodotti mediante lamina-
li. zione. Il metallo più usato per le lamiere è l’acciaio a basso tenore di carbonio (di solito
di dallo 0.06% allo 0.15%). Il suo basso costo e la sua buona formabilità, combinati con la
resistenza sufficiente per molte applicazioni, lo rendono un materiale di partenza ideale.
ia La lavorazione della lamiera è molto significativa dal punto di vista economico. Si con-
sideri il numero di prodotti di consumo e industriali che includono pezzi fatti con lamiere
La
metalliche: parti di automobili e camion, aerei, vagoni, locomotive, macchinari da terra
la e agricoli, elettrodomestici, mobili per ufficio e molti altri. In questi prodotti l’uso delle
z- lamiere è evidente perché sono all’esterno, ma anche molti dei loro componenti interni
te sono realizzati in lamiere o lastre metalliche. I pezzi in lamiera di solito sono caratteriz-
ni zati da un’elevata resistenza, una buona precisione dimensionale, una buona finitura su-
e- perficiale e un costo relativamente basso. Per i componenti che devono essere realizzati
in in grandi quantità, si possono progettare delle operazioni di produzione di massa piut-
4) tosto economiche per realizzare i pezzi. Le lattine in alluminio sono un ottimo esempio.
le Il processo di lavorazione della lamiera di solito è eseguito a temperatura ambiente (la-
o vorazione a freddo), a eccezione di quando il pezzo è troppo spesso, se il metallo è fra-
gile o se serve raggiungere una notevole deformazione: in questi casi le lavorazioni sono
comunque eseguite a tiepido ma non a caldo. Infatti a caldo il materiale diventa troppo
tenero e dato lo spessore sottile tende a assottigliarsi e fratturarsi molto facilmente nei
processi convenzionali per deformazione di lamiere.
La maggior parte delle operazioni sulle lamiere vengono eseguite da macchine utensili
si- chiamate presse. Per distinguerle da quelle di estrusione o forgiatura, si usa il termine
he presse da stampaggio. L’utensile che esegue la lavorazione delle lamiere è chiama-
il to punzone o matrice, a seconda del ruolo e della forma. Le lamiere prodotte sono
mo chiamate stampaggi. Per facilitare la produzione di massa, le lamiere vengono spesso
usate in strisce lunghe o rotoli. I vari tipi di utensili e di presse di stampaggio sono de-
scritti nel Paragrafo 12.5. I paragrafi finali del capitolo riguardano varie operazioni che
a- non utilizzano gli utensili convenzionali e che per la maggior parte non sono eseguiti su
ta presse. Le tre categorie principali dei processi di lavorazione della lamiera sono (1) di
taglio, (2) di piegatura e (3) di imbutitura. Il taglio viene utilizzato per dividere i fogli di
ae
grandi dimensioni in pezzi più piccoli, per preparare gli spezzoni semilavorati prima di un
ce successivo processo, oppure per eliminare, dopo la formatura, delle parti esterne (tran-
in ciatura) o interne (punzonatura) al pezzo. La piegatura e l’imbutitura sono i due processi
fondamentali usati per modellare i pezzi di lamiera nelle forme richieste.
300 Tecnologia meccanica
12.1 Operazioni di tranciatura
La tranciatura della lamiera viene effettuata attraverso un’apposita azione di taglio tra
due bordi taglienti, illustrata nelle quattro immagini di Figura 12.1: il profilo tagliente
superiore (punzone) penetra all’interno di un profilo di taglio inferiore fisso (matrice).
Quando il punzone inizia a fare pressione sul pezzo, si verifica una deformazione pla-
stica sulla superficie della lamiera. Man mano che il punzone si muove verso il basso, si
verifica la fase di penetrazione in cui il punzone comprime la lamiera e infine comin-
cia a tagliare il metallo. Questa zona di penetrazione di solito è a circa un terzo dello
spessore della lamiera. Dopo la fase di penetrazione con deformazione inizia la fase di
formazione della superficie di frattura tra i due taglienti, con una cricca che inizia da
entrambi i taglienti e procede verso il centro. Se la distanza tra il punzone e la matrice è
corretta, le due linee di frattura si incontrano, causando una netta separazione del pezzo
in due parti.
I bordi della lamiera tagliata appaiono come mostrato in Figura 12.2. Nella parte
superiore della superficie di taglio c’è una regione arrotondata (detta anche “caduta”),
che corrisponde alla fase di pressione del punzone prima del taglio, cioè dove avviene
la deformazione plastica iniziale del pezzo. Appena sotto l’arrotondamento vi è una
regione relativamente liscia, che deriva dalla penetrazione del punzone nel pezzo prima
della frattura. Ancora più sotto vi è la zona di frattura, una superficie relativamente
ruvida del bordo di taglio, dove la discesa del punzone ha causato la frattura del metallo.
Infine, nella parte inferiore del bordo è presenta una bava, causata dall’allungamento
del metallo durante la separazione finale tra le due parti.
v v, F v, F v, F
Punzone
Punch
Deformazione
Plastic
Penetrazione
Penetration
deformation
plastica
gc Frattura
Fracture
Matrice
Die
(1) (2) (3) (4)
Figura 12.1 Taglio di una lamiera tra due profili taglienti: (1) appena prima che il punzone entri in contatto con la lamiera, (2)
il punzone comincia a fare pressione sulla lamiera, causando una deformazione plastica, (3) il punzone comprime e penetra
nella lamiera provocando una superficie liscia di taglio e (4) inizia la frattura ai due lati opposti dei bordi taglienti che separano
la lamiera. I simboli v ed F indicano rispettivamente la direzione di movimento e la forza applicata, t0 è lo spessore del pezzo
e c il gioco tra il punzone e la matrice. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Arrotondamento
Brunitura
Zona di frattura
Bava
Figura 12.2 Forma del bordo di un pezzo di lamiera tagliato. (Fonte: Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley &
Sons, Inc.)
Lavorazione della lamiera 301
Figura 12.3 Operazione
di cesoiatura: (a) vista la-
terale dell’operazione di
Punzone cesoiatura, (b) vista fron-
di cesoiatura tale di una cesoia elettri-
ca con la lama di taglio
superiore inclinata. Il sim-
bolo v indica il movimen-
to. (Fonte: Fundamentals
of Modern Manufacturing,
Matrice 4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristampa-
to con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
Striscia (scarto)
Pezzo
Figura 12.4 Tranciatu-
ra (a) e punzonatura (b).
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
Pezzo grezzo 4th Edition by Mikell P.
Sfrido
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
302 Tecnologia meccanica
Forze di taglio Le stime della forza di taglio sono importanti perché questa forza
determina le dimensioni (tonnellaggio) della pressa necessaria. La forza di taglio F nella
lavorazione della lamiera è calcolata come
Fmax = Rt t0 l(12.4)
dove Rt è la resistenza al taglio della lamiera in MPa, t0 è lo spessore del pezzo in mm
ed l è la lunghezza del solco di taglio in mm. In tranciatura, punzonatura e operazioni
analoghe, l è la lunghezza del perimetro del pezzo o del foro da tagliare. L’effetto del
gioco nel determinare il valore di l può essere trascurato. Se la resistenza al taglio non è
nota, si ricordi che Rt è pari a circa 0.7 ÷ 0.8 Rm (la resistenza a trazione).
Queste equazioni per la forza di taglio Fmax ipotizzano che il taglio dell’intero perime-
tro di lunghezza l venga fatto in simultanea. In questo caso la forza di taglio assume il suo
TABELLA 12.1 Valori di gioco tra punzone e matrice per le tre categorie di metalli
Categoria di metalli Ac
Leghe di alluminio 1100S e 5052S, tutti i trattamenti 0.045
Leghe di alluminio 2024ST e 6061ST, tutti i trattamenti dell’ottone, acciaio tenero laminato a freddo, acciaio 0.060
inox tenero
Acciaio incrudito laminato a freddo, acciaio inox duro 0.075
Fonte [3].
Lavorazione della lamiera 303
Punzone
Lamiera
dimensione
Matrice
del punzone
= dimensione
della matrice
Pezzo tranciato
Figura 12.5 Le dimensioni della matrice determinano le dimensioni del pezzo tranciato D b e le
dimensioni del punzone determinano le dimensioni del foro Dh; g = gioco. (Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
valore massimo. È possibile ridurre la forza necessaria usando un bordo di taglio inclinato Parte dritta (per l’affilatura)
sul punzone o sulla matrice, come in Figura 12.3 (b). L’angolo (chiamato angolo di taglio),
distribuisce il taglio in un intervallo di tempo più lungo e riduce così la forza usata in un
singolo istante. Tuttavia, l’energia totale necessaria per il funzionamento è la stessa, sia Matrice Matrice
che sia concentrata in un momento sia che sia distribuita su un periodo di tempo più lungo,
ed è proporzionale al prodotto tra Fmax e t0. Nella punzonatura ad angolo retto la corsa del Gioco angolare
punzone è circa pari allo spessore del pezzo t0. Se invece il tagliente è inclinato, la corsa
dovrà essere leggermente più lunga, di una quantità che possiamo indicare col simbolo H Figura 12.6 Gioco ango-
lare. (Fonte: Fundamen-
(mm). In questo caso, la forza massima si riduce, diventando pari a:
tals of Modern Manufac-
F’max = Fmax t0 (12.5) turing, 4th Edition by Mikell
(H+ t0) P. Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
Esempio 12.1 Gioco e forza di tranciatura
Si deve tranciare un disco di 150 mm di diametro da una striscia di 3.2 mm di acciaio
semiduro laminato a freddo la cui resistenza al taglio è 310 MPa. Determinare (a) le
opportune dimensioni di matrice e punzone e (b) la forza di tranciatura.
Soluzione: (a) Dalla Tabella 12.1 si ha che la variazione del gioco per l’acciaio semi-
duro laminato a freddo è Ac = 0.075. Di conseguenza,
c = 0.075(3.2 mm) = 0.24 mm
Il pezzo tranciato deve avere un diametro di 150 mm, quindi si ha che:
Diametro dell’apertura della matrice = 150.00 mm
Diametro del punzone = 150 – 2(0.24) = 149.52 mm
(b) Per determinare la forza di tranciatura, si assume che l’intero perimetro venga
tranciato in una sola volta. La lunghezza della linea di taglio è
L = pD b = 150p = 471.2
e la forza è
F = 310(471.2)(3.2) = 467,469 N (~ 53 tons)
304 Tecnologia meccanica
12.1 Operazioni di piegatura
Nella lavorazione della lamiera la piegatura è definita come la deformazione del metallo
intorno a un asse rettilineo, come mostrato in Figura 12.7. Durante l’operazione di pie-
gatura, il metallo interno rispetto al piano neutro (intradosso) subisce una compressio-
ne, mentre il metallo esterno (estradosso) subisce un allungamento. Queste condizioni
di deformazione sono mostrate in Figura 12.7 (b). Il metallo si deforma plasticamente e
rimane nella nuova condizione anche dopo che le tensioni che hanno causato la piega-
tura vengono rimosse. La piegatura produce una variazione trascurabile dello spessore
della lamiera.
Fbh Fbh
Punzone Punzone
Premilamiera
Matrice Matrice
Figura 12.8 Due metodi diffusi di piegatura: (a) piegatura a V e (b) flangiatura; (1) prima e (2) dopo la piegatura. Simboli: v =
movimento, F = forza di piegatura applicata, Fbh = Forza di contrasto. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Lavorazione della lamiera 305
(12.6)
(12.6)
dove SB è il ritorno elastico (o springback), α’ l’angolo del pezzo piegato in gradi e α’b
l’angolo dell’utensile di piegatura in gradi. A causa del ritorno elastico si verifica anche
un aumento del raggio di curvatura, da Rp (raggio utensile di piegatura) ad R, con un
rapporto tra Rp ed R circa pari al rapporto tra α’b ed α’. Il ritorno elastico aumenta all’au-
mentare del modulo di elasticità E e della resistenza allo snervamento R s del materiale.
Ci sono vari metodi per compensare gli effetti del ritorno elastico, quelli più comuni
sono la sovrapiegatura (overbending) e la stiro-piegatura. Nella sovrapiegatura, l’angolo
e il raggio del punzone sono leggermente inferiori all’angolo che deve avere il pezzo finale
306 Tecnologia meccanica
così che il pezzo assuma l’angolo giusto dopo il ritorno elastico. La stiro piegatura richie-
de la sovrapposizione di sforzi di trazione sul pezzo alla fine oppure durante la piegatura,
in modo da aumentare la componente plastica della deformazione. Un altro modo per
aumentare la plasticizzazione del materiale è aumentare la corsa del punzone, in modo che
esso comprima verticalmente la lamiera, schiacciandola contro la matrice.
Forza di piegatura La forza necessaria per eseguire la piegatura dipende dalla for-
ma del punzone-matrice e dalla resistenza, dallo spessore e dalla lunghezza della lamie-
ra. La forza di piegatura massima può essere calcolata mediante la seguente equazione:
Rm
b 0
(12.8)
Punzone
Matrice
Figura 12.9 Il ritorno elastico nella piegatura si manifesta come un aumento dell’angolo di piega-
tura e del raggio di curvatura: (1) durante l’operazione, il pezzo è costretto ad assumere il raggio
R p e l’angolo interno α’b determinati dallo strumento di piegatura (il punzone nella piegatura a V),
(2) dopo che il punzone viene rimosso, il pezzo assume il raggio R e l’angolo finale α’. Il simbolo F
indica la forza di piegatura applicata. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition
by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Punzone
38 w = 44.5
120°
(Vista
(Sidelaterale)
view) (Vista
(End finale)
view)
Figura 12.10 Dimensione D dell’apertura della matrice: (a) Figura 12.11 Lamiera dell’esempio 12.2 (misure in mm).
matrice a V, (b) matrice ad angolo. (Fonte: Fundamentals of (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edi-
Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. tion by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permes-
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.) so di John Wiley & Sons, Inc.)
Lavorazione della lamiera 307
Soluzione: (a) Il pezzo di partenza ha una larghezza di 44.5 mm. La sua lunghezza è 38 + A b
+ 25 (mm). Per l’angolo α’ = 120°, l’angolo di piegatura è α = 60°. Il valore di Kba nell’Equazione
(12.6) è 0.33 perché R/t0 = 4.75/3.2 = 1.48 (che è minore di 2.0).
F = 1.33(450)(44.5)(3.2) = 10,909 N
2
2.5
12.3 Imbutitura
g = C t0 (12.9)
dove C è una costante empirica che dipende dal materiale in lavorazione che vale circa 1.1. Il
punzone applica una forza F verso il basso per realizzare la deformazione del metallo e una for-
za di ritenuta verso il basso Fbh viene applicata dal premilamiera, come mostrato nell’immagine.
Man mano che il punzone procede verso la sua posizione finale, il pezzo subisce
una complessa sequenza di tensioni e deformazioni che lo formano nella forma definita
della cavità tra il punzone e la matrice. Le fasi del processo di deformazione sono illu-
strati in Figura 12.15. Quando il punzone inizia a premere sul pezzo, il metallo viene
sottoposto a un’operazione prevalente di piegatura. La lamiera viene piegata lungo
l’angolo del punzone e quello della matrice, come in Figura 12.15 (2). In questa prima
fase il perimetro esterno del pezzo comincia a spostarsi verso il centro.
Man mano che il punzone procede nella sua corsa, si verifica un’azione di raddrizza-
tura del metallo precedentemente piegato all’angolo della matrice, come mostrato in Figura
12.15 (3). Il metallo al fondo del bicchiere, nonché quello lungo il raggio del punzone, viene
spostato verso il basso assieme al punzone, ma il metallo che si era piegato lungo il raggio
della matrice a questo punto viene raddrizzato all’interno del gioco per formare la parete del
cilindro. Contemporaneamente nuovo materiale viene alimentato dalla zona della flangia
della matrice, per rimpiazzare quello che va a costituire la parete del cilindro. Questo tipo di
flusso di metallo attraverso uno spazio ristretto dà il nome di imbutitura al processo.
Durante questa fase del processo, l’attrito e la compressione giocano ruoli importanti
sulla flangia del pezzo iniziale. Affinché il materiale nella flangia si sposti verso l’aper-
tura della matrice, occorre che esso vinca l’attrito che si forma a contatto con le super-
Raddrizzatura
Piegatura
Compressione
e ispessimento
delle flange
Figura 12.15 Fasi della deformazione del pezzo nell’imbutitura: (1) appena prima del contatto iniziale tra il punzone e il pezzo,
(2) piegatura, (3) raddrizzatura, (4) attrito e compressione e (5) pezzo finale a forma di bicchiere che mostra gli effetti dell’assot-
tigliamento delle pareti. I simboli sono: v = movimento del pistone, F = forza del punzone, Fh = forza di ritenuta del premilamiera.
(Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
310 Tecnologia meccanica
fici del premilamiera e della matrice. Inizialmente, si tratta di attrito statico prima che il
metallo inizi a scorrere; dopo l’inizio dello scorrimento, esso diventa attrito dinamico. Il
valore della forza di ritenuta applicata dal premilamiera, così come quello dell’attrito alle
due interfacce, sono i fattori determinanti per il successo di questa fase dell’imbutitura.
Per ridurre le forze di attrito di solito si usano dei lubrificanti. Oltre all’attrito tangenzia-
le, si verifica anche un fenomeno di compressione sulla flangia del pezzo, in direzione
verticale, cioè normale al piano della lamiera, e in direzione circonferenziale. Quando
il metallo viene imbutito verso il centro, il perimetro esterno diventa infatti sempre più
piccolo. Poiché il volume di metallo deve rimanere costante, man mano che il perimetro
si riduce il metallo viene schiacciato e tende a inspessire. Questo stato di compressione
circonferenziale può anche provocare la formazione di grinze sulla flangia, specie quando
si lavora una lamiera sottile, o quando la forza del premilamiera è troppo bassa. Questa è
una situazione che non può essere corretta a posteriori e le grinze possono anche essere
attirate nella parete cilindriche, rendendo il pezzo sicuramente difettoso. Gli effetti dell’at-
trito e della compressione sono illustrati in Figura 12.15 (4).
La forza del premilamiera diventa un fattore critico dell’imbutitura. Se è troppo
bassa, rischia di provocare grinze. Se è troppo alta, aumentano le forze di attrito che
impediscono al metallo di scorrere correttamente verso la cavità della matrice, provo-
cando un possibile eccessivo assottigliamento o addirittura la frattura della lamiera.
Occorre quindi determinare la forza Fbh corretta per trovare un compromesso tra questi
comportamenti opposti.
Lo spostamento progressivo verso il basso del punzone fa continuare il flusso del
metallo causato dall’imbutitura e dalla compressione, e causa anche un assottiglia-
mento della parete del cilindro, come mostrato in Figura 12.15 (5). La parete cilindrica
del pezzo si trova quindi in stato di sforzo di trazione in direzione verticale, perché è
soggetto alla spinta del punzone ma è frenato dall’attrito e dal premilamiera. In una nor-
male operazione di imbutitura, può verificarsi un assottigliamento della parete laterale
fino al 25%, soprattutto in prossimità del raggio del punzone.
Forze La forza di imbutitura necessaria per eseguire una certa operazione può es-
sere stimata approssimativamente tramite la formula seguente:
Rm (12.11)
Definizione delle dimensioni del pezzo iniziale Per poter realizzare il pezzo fi-
nale delle giuste dimensioni, bisogna correttamente dimensionare il pezzo iniziale. Esso
deve essere sufficientemente grande per fornire metallo sufficiente a formare completa-
mente il bicchiere, ma non così grande da venire sprecato. Anche per realizzare forme non
cilindriche c’è sempre il problema di stimare la dimensione del pezzo iniziale, solo che la
sua forma può essere diversa da quella tonda (rettangolare, ovale o sagomata).
Un metodo ragionevole per valutare il diametro del pezzo iniziale per un’operazione
di imbutitura che produca una pezzo circolare (per esempio una tazza cilindrica o tron-
co-conica, ma anche forme più complesse purché siano assialsimmetriche) è il seguente.
Poiché il volume del pezzo finale deve essere uguale a quello della lamiera di partenza, il
diametro del pezzo iniziale può essere calcolato impostando il volume iniziale uguale al
volume finale e risolvendo l’equazione per trovare il diametro D. Per facilitare il calcolo,
spesso si assume che l’assottigliamento delle pareti sia trascurabile. In realtà la variazione
di spessore localmente non è mai trascurabile: le zone più esterne del disco iniziale si
ispessiscono e le zone più interne si assottigliano per effetto dell’imbutitura; complessiva-
mente si può approssimare lo spessore medio di tutto il pezzo come costante.
Re-imbutitura Se la forma del pezzo richiesta dal progetto è troppo distante dalla
forma iniziale (cioè il rapporto di imbutitura è troppo alto), la formatura completa del
pezzo può richiedere più di una fase di imbutitura. La seconda fase di imbutitura e le
eventuali fasi successive sono indicate come re-imbutiture. Un’operazione di re-imbu-
titura è illustrata in Figura 12.16.
Un’operazione simile è l’imbutitura inversa, in cui un pezzo già imbutito viene po-
sizionato ribaltato sulla matrice in modo che la seconda operazione di imbutitura produca
una forma come quella mostrata in Figura 12.17. Anche se può sembrare che l’imbutitura
inversa produca una deformazione maggiore rispetto alla re-imbutitura, in realtà è più
facile da eseguire. La ragione è che nell’imbutitura inversa la lamiera viene piegata nella
stessa direzione sugli angoli esterni e interni della matrice, mentre nella re-imbutitura la
lamiera è piegata in direzioni opposte ai due angoli. A causa di questa differenza, il metal-
lo subisce meno incrudimento nell’imbutitura inversa e la forza di imbutitura è inferiore.
Figura 12.18 Difetti comuni dei pezzi imbutiti: grinze che possono verificarsi sia (a) nella flangia che (b) nel pezzo, (c) frattura,
(d) irregolarità del bordo (earing), (e) graffi e rigature superficiali. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by
Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
(a) Grinze sulla flangia. La grinzatura di un pezzo consiste di una serie di pieghe che
si formano radialmente nella flangia non utilizzata dal pezzo a causa di instabilità
plastica, dovuta a un eccesso di sforzo di compressione circonferenziale.
(b) Grinze sulle pareti. Se una flangia grinzata viene imbutita, cioè attirata dentro la
matrice, le grinze appariranno anche nella parete verticale.
(c) Frattura. Una cricca si può aprire nella parete verticale, di solito in prossimità del
fondo del bicchiere, a causa delle tensioni di trazione elevate che causano un assotti-
gliamento e un cedimento del metallo in quella posizione. Questo tipo di difetto può
verificarsi anche in prossimità dell’imbocco della matrice, se il raggio di spigolo in
matrice non è stato ben progettato, cioè è troppo piccolo.
(d) Irregolarità del bordo. Questo difetto riguarda la formazione di irregolarità (chia-
mate earing) sul bordo superiore di un bicchiere imbutito, causate dalla anisotropia
planare nella lamiera. Si ha anisotropia planare quando i valori di anisotropia nor-
male r0, r45 ed r90 sono diversi tra loro. Un materiale con r0 = r45= r90≠1 esibisce
certamente anisotropia normale, ma non planare, per cui non forma earing.
(e) Graffiature superficiali. Le graffiature superficiali si possono verificare se le super-
fici del punzone o della matrice non sono lisce o se la lubrificazione è insufficiente.
Stiratura Nell’imbutitura le parti più esterne della flangia tendono a inspessirsi, men-
tre le zone prossime al raggio punzone si assottigliano. Quindi lo spessore risultante del
pezzo non è uniforme. L’operazione di stiratura (ironing) serve a calibrare lo spessore del
bicchiere, rendendolo costante, eseguendo un’operazione di imbutitura, con gioco ridotto.
Molto spesso la stiratura viene eseguita come una fase separata che segue l’imbu-
titura. Questo caso è illustrato in Figura 12.19. La stiratura rende lo spessore di parete
del bicchiere cilindrico più uniforme. Il pezzo imbutito si allunga e il processo risulta
anche più efficiente in termini di consumo di materiale. Le lattine per le bevande e gli
involucri dei proiettili, due articoli di altissima produzione, includono la stiratura nelle
loro fasi di lavorazione per economizzare l’uso di materiale.
Figura 12.20 Coniatura:
(a) sezione trasversale
della configurazione di
punzone e matrice duran-
te la pressatura, (b) pezzo
finale con le nervature in
rilievo. (Fonte: Fundamen-
tals of Modern Manufactu-
ring, 4th Edition by Mikell
P. Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
Idroformatura dei tubi L’idroformatura viene anche utilizzata per produrre tubi
deformati plasticamente dall’interno, in cui il fluido esercita una pressione fino a 400
MPa, costringendo il tubo ad assumere la forma dello stampo in cui esso è contenuto.
Le due estremità del tubo sono sigillate da dei pistoni idraulici, che comprimono assial-
mente il tubo durante il processo, favorendone l’espansione.
Valvola di apertura
Cavità
Diaframma
di gomma Fluido
idraulico
Pistone
Premilamiera
Figura 12.23 Processo di idroformatura (flexforming): (1) all’inizio nella cavità non c’è nessun liquido, (2) dopo che la pressa si
chiude, la cavità viene pressurizzata con un fluido idraulico, (3) il pistone effettua una pressione sul pezzo per formarlo. I sim-
boli sono: v = velocità, F = forza applicata, p = pressione idraulica. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition
by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
12.5.1 Stampi
Quasi tutte le precedenti operazioni di lavorazione della lamiera vengono eseguite con gli
utensili convenzionali punzone-matrice, a cui ci si riferisce con il solo nome di stampo. Lo
stampo viene progettato su misura per il pezzo specifico da produrre. Si usa anche il termine
matrice di stampaggio per gli stampi usati nelle alte produzioni. I materiali tipici con cui
vengono realizzate le matrici di stampaggio sono gli acciai per utensili (Paragrafo 2.1.1).
Collegamento
al pistone
Boccola Punzone
Perni di guida Estrattore Figura 12.24 Compo -
nenti di una matrice di
Striscia di lamiera stampaggio per un’ope-
iniziale razione di tranciatura.
Dispositivo di arresto (Fonte: Fundamentals of
Matrice
Modern Manufacturing,
Supporto della matrice 4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam-
Base della pressa
pato con il permesso di
Pezzo finale John Wiley & Sons, Inc.)
318 Tecnologia meccanica
fissati alle parti superiore e inferiore dello stampo, dette rispettivamente supporto del
punzone (o staffa superiore) e supporto della matrice (staffa inferiore). Lo stampo
comprende anche dei perni di guida e delle boccole per garantire il corretto allineamen-
to tra il punzone e matrice durante l’operazione di stampaggio. Il supporto della matrice
è attaccato alla base della pressa e il supporto del punzone è collegato al pistone. L’azio-
namento del pistone compie l’operazione di stampaggio.
In aggiunta a questi componenti, una matrice usata per la tranciatura o la punzo-
natura deve avere un sistema per evitare alla lamiera di attaccarsi al punzone quando
questo viene retratto verso l’alto dopo l’operazione. Infatti il pezzo tagliato ha la stessa
dimensione del punzone e tende ad attaccarsi a esso mentre si ritira. Il dispositivo nella
matrice che separa la lamiera dal punzone è chiamato estrattore, e spesso non è altro
che una semplice piastra fissata allo stampo con un foro leggermente più grande del
diametro del punzone, come mostrato in Figura 12.24.
Per gli stampi che lavorano strisce o rotoli di lamiera, serve anche un dispositivo per fer-
mare l’avanzamento continuo della lamiera sulla matrice tra un ciclo e l’altro. Questi disposi-
tivi di arresto possono essere dei semplici perni sul percorso della striscia che bloccano il suo
movimento in avanti, o dei meccanismi più complessi sincronizzati per alzarsi e abbassarsi in
base al funzionamento della pressa. Quello più semplice è mostrato in Figura 12.24.
Ci sono anche altri componenti nelle matrici di stampaggio, ma questa descrizione
fornisce un’introduzione sufficiente alla terminologia.
12.5.2 Presse
Una pressa per la lavorazione della lamiera utilizzata è una macchina utensile con una
base fissa e un pistone (o slitta) che può essere movimentato verticalmente sulla base per
Lavorazione della lamiera 319
Slitta
Punzoni (4)
Striscia
Matrice
Piastra inferiore
Striscia iniziale
eseguire varie operazioni di taglio e formatura. I componenti principali di una pressa sono
schematizzati in Figura 12.26. Le posizioni relative tra la base e il pistone sono stabilite
dal telaio e il pistone è azionato da una forza meccanica o idraulica. Quando nella pressa
viene montato uno stampo, il supporto del punzone viene collegato al pistone e il supporto
della matrice viene attaccato a una piastra di sostegno nella base della pressa.
Le presse sono disponibili in una varietà di capacità, sistemi di alimentazione e tipi di te-
laio. La capacità di una pressa indica quanta forza ed energia può erogare per realizzare l’ope-
razione di stampaggio, ed è determinata dalla dimensione fisica della pressa e dal suo sistema
di alimentazione. Il sistema di alimentazione si riferisce alla potenza meccanica o idraulica
che viene usata e al tipo di dispositivo utilizzato per trasmettere la potenza al pistone. Anche
il tasso di produzione è un aspetto importante della capacità. Il tipo di telaio si riferisce alla
struttura fisica della pressa. Di solito vengono usati due tipi di telai: telaio a C e telaio chiuso.
Impulso Volano
Telaio
Pistone Figura 12.26 Compo -
nenti di una pressa di
Piastra stampaggio (a trasmis-
di sostegno sione meccanica). (Fon-
te: Fundamentals of Mo-
Base dern Manufacturing, 4th
Edition by Mikell P. Gro-
over, 2010. Ristampato
con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
320 Tecnologia meccanica
Presse con telaio a C Questo telaio ha la forma della lettera C, da cui prende il
nome. Le presse con telaio a C forniscono un facile accesso allo stampo e sono solita-
mente aperte nella parte posteriore per agevolare l’espulsione dei pezzi stampati e degli
scarti. I tipi di presse con telaio a C sono (a) le presse a telaio monolitico, (b) le presse a
telaio inclinabile con apertura posteriore, (c) le presse piegatrici e (d) le presse a torretta.
La pressa a telaio monolitico (che viene chiamata semplicemente pressa a C)
è fatta di un unico pezzo, come mostrato in Figura 12.26. Le presse con questo tipo
di telaio sono rigide, ma la forma a C consente di accedere lateralmente per inserire
le strisce o i rotoli di lamiera. Queste presse sono disponibili in un’ampia gamma di
dimensioni, con capacità fino a 9.000 kN (1,000 tonnellate). La pressa inclinabile con
apertura posteriore ha un telaio a C assemblato a una base in modo tale che il telaio
possa essere inclinato di vari angoli cosicché i pezzi stampati possano uscire attraverso
l’apertura posteriore per gravità. Le capacità delle presse inclinabili oscillano tra una
tonnellata e circa 2.250 kN (250 tonnellate). Possono operare a velocità molto alte, fino
a circa 1.000 colpi al minuto.
La pressa piegatrice è una pressa a C con una base molto ampia. Il modello riportato
in Figura 12.27 ha una base molto lunga 9.15m. Questo consente di fissare alla base diversi
stampi separati (tipicamente semplici matrici di piegatura a V), per poter realizzare in modo
economico delle piccole quantità di pezzi. Queste piccole quantità di pezzi, che possono
richiedere curve multiple ad angoli diversi, richiedono anche delle operazioni manuali o
robotizzate. Infatti se un pezzo richiede una serie di piegature, serve un operatore o un robot
che sposti il pezzo di lamiera da uno stampo all’altro e azioni la pressa a ogni stampo.
Le presse piegatrici sono molto adatte per svolgere sequenze di operazioni di piegatura,
mentre le presse a torretta sono più adatte per sequenze che includono varie operazioni di
punzonatura, intaglio e altre operazioni di taglio della lamiera, come mostrato in Figura 12.28.
Le presse a torretta hanno un telaio a C, anche se in quella riportata in Figura 12.29 non è così
evidente. Il pistone e il punzone tradizionali sono sostituiti da una torretta contenente diversi
punzoni di varie forme e dimensioni. La torretta funziona ruotando fino a raggiungere la po-
sizione del punzone necessario a eseguire la specifica operazione. Sotto la torretta dei punzoni
c’è la corrispondente torretta delle matrici, che fa corrispondere la giusta apertura a ogni pun-
zone. Tra il punzone e la matrice viene inserita la lamiera che viene posizionata attraverso un
sistema di posizionamento x-y comandato da un controllo numerico computerizzato. Il pezzo
viene spostato nelle coordinate richieste per ciascuna operazione di taglio.
Figura 12.28 Pezzi di lamiera prodotti da una pressa a torretta, Figura 12.29 Pressa a torretta a controllo numerico compu-
che mostrano le varie forme dei fori che si possono ottenere. terizzato. Foto per gentile concessione di Strippit, Inc. (Fon-
Foto per gentile concessione di Strippit, Inc. (Fonte: Fundamen- te: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by
tals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John
2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.) Wiley & Sons, Inc.)
Presse a struttura chiusa Per i lavori che richiedono un alto tonnellaggio, ser-
vono dei telai con una struttura più rigida. Infatti le presse a C tendono a deflettere
elasticamente in maniera eccessiva, ad aprirsi, sotto l’azione del carico di stampaggio.
Queste presse hanno una forma compatta e scatolata, come quella mostrata in Figura
12.30. Questa struttura aumenta la resistenza e la rigidità del telaio, e permette di rag-
giungere delle capacità fino a 35.000 kN (4.000 tonnellate). Le presse di questo tipo di
grandi dimensioni sono usate anche per la forgiatura.
Ganasce
Matrice
v, Fdie
Figura 12.32 Formatura per stiramento: (1) all’inizio del processo e (2) quando la matrice viene
premuta contro il pezzo a una forza Fdie, causando l’allungamento e la piegatura sopra la forma del-
la matrice. F è la forza di stiramento. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by
Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
duale. Il pezzo viene fissato con due o più ganasce su ogni lato e poi stirato e piegato su
una matrice positiva contenente la forma desiderata. Il metallo viene sottoposto a una ten-
sione superiore al suo punto di snervamento. Quando il carico di trazione viene rilasciato,
il metallo si è deformato plasticamente. La combinazione di allungamento e piegatura
causa un ritorno elastico minimo nel pezzo. È quindi un processo adatto a realizzare raggi
di curvatura particolarmente ampi, dove il ritonro elastico in un processo convenzionale
sarebbe eccessivo. Una stima della forza richiesta nella formatura per allungamento si
ottiene moltiplicando la sezione trasversale della lamiera nella direzione di trazione per la
tensione di flusso del metallo. In forma di equazione:
Rs (12.13)
dove forza F è la forza delle ganasce in N, L la lunghezza della lamiera nella direzione
perpendicolare all’allungamento in mm, t lo spessore istantaneo del pezzo in mm ed R s
la tensione di flusso del metallo in MPa. La forza della matrice Fdie mostrata in figura
può essere determinata bilanciando il componente verticale della forza.
Usando la formatura per allungamento si possono anche realizzare forme più com-
plesse di quella mostrata nella figura, ma ci sono delle limitazioni alle curve che si
possono fare. La formatura per allungamento è molto usata nelle industrie aeronautiche
e spaziali per produrre in modo economico grandi pezzi di lamiera nelle basse quantità
caratteristiche di queste industrie.
Figura 12.34 Rullatura di un profilato continuo: (1) rulli diritti, (2) forma parziale e (3) forma finale. (Fonte: Fundamentals of Mo-
dern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Mandrino
Chiusura
può essere controllata da un operatore umano, utilizzando un fulcro fisso per fare leva,
oppure da un controllo numerico automatico. Queste due alternative sono dette spin-
ning manuale e spinning elettrico. Nel processo controllato elettricamente si possono
applicare forze superiori, con conseguenti tempi ciclo più rapidi e capacità di fabbricare
pezzi più grandi. Il processo è naturalmente anche più controllabile e ripetibile.
Lo spinning tradizionale piega il metallo attorno a un asse circolare in movimento per
conformarsi alla superficie esterna del mandrino assialsimmetrico. Lo spessore del metallo
quindi rimane (più o meno) invariato rispetto allo spessore del disco di partenza. Il diametro
del disco deve essere molto più grande del diametro del corrispondente pezzo finale. Il dia-
metro iniziale può essere calcolato assumendo un volume costante prima e dopo il processo.
Le applicazioni dello spinning riguardano la produzione di forme coniche o curve
in piccole quantità. Attraverso l’imbutitura al tornio si possono realizzare pezzi di dia-
metro molto grande, fino a 5 m o più. I metodi alternativi di lavorazione della lamiera
richiederebbe costi troppo elevati per gli stampi. Il mandrino può essere fatto di legno o
altri materiali morbidi facili da modellare ed è quindi un utensile a basso costo rispetto
ai punzoni e alle matrici usate nell’imbutitura, uno dei suoi processi concorrenti.
Formatura per esplosione La formatura per esplosione usa una carica esplosiva per
formare le lamiere metalliche in una cavità di stampo. La Figura 12.36 mostra un esempio di
applicazione di questo processo. Il pezzo viene posto sopra la matrice e sigillato, e poi viene
creato un vuoto nella cavità sottostante. Questo sistema viene poi posto in un recipiente
pieno d’acqua e una carica esplosiva viene posizionata a una certa altezza sopra di esso. La
detonazione della carica causa un’onda d’urto la cui energia si trasmette attraverso l’acqua e
provoca la rapida formatura del pezzo nella cavità. La dimensione della carica esplosiva e la
distanza a cui porla vanno scelte accuratamente in base ai calcoli e all’esperienza. La forma-
tura per esplosione è riservata ai pezzi di grandi dimensioni, tipici del settore aerospaziale.
Formazione Pennacchio
Carica esplosiva della bolla di gas d’acqua dovuto
Onda d’urto alla bolla di gas
Chiusura
Matrice
Figura 12.36 Formatura per esplosione: (1) configurazione iniziale, (2) esplosione della carica e (3) onda d’urto che forma il
pezzo e pennacchio d’acqua che esce dalla superficie. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
326 Tecnologia meccanica
Bibliografia
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bobina è inserita nel pez-
zo tubolare circondato Dearborn, Michigan, 1984.
dalla matrice, (2) pezzo [4] Hosford, W. F., and Caddell, R. M., Metal Forming: Mechanics and Metallurgy, 3rd ed.
finale. (Fonte: Funda- Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom, 2007.
mentals of Modern Ma- [5] Kalpakjian, S., Manufacturing Processes for Engineering Materials, 4th ed. Prentice Hall/
nufacturing, 4th Edition Pearson, Upper Saddle River, New Jersey, 2003.
by Mikell P. Groover, [6] Lange, K., et al. (eds.)., Handbook of Metal Forming. Society of Manufacturing Engineers,
2010. Ristampato con il Dearborn, Michigan, 1995.
permesso di John Wiley [7] Mielnik, E. M., Metalworking Science and Engineering. McGraw-Hill, Inc., New York,
& Sons, Inc.)
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[8] Schey, J. A., Introduction to Manufacturing Processes, 3rd ed. McGraw-Hill Book Com-
pany, New York, 2000.
[9] Spitler, D., Lantrip, J., Nee, J., and Smith, D. A., Fundamentals of Tool Design, 5th ed. So-
ciety of Manufacturing Engineers, Dearborn, Michigan, 2003.
[10] Wick, C., et al. (eds.)., Tool and Manufacturing Engineers Handbook, 4th ed., Vol. II,
Forming. Society of Manufacturing Engineers, Dearborn, Michigan, 1984.
Domande di ripasso
7. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi delle presse
1. Descrivere i tre tipi fondamentali di operazioni di la- meccaniche e delle presse idrauliche nella lavora-
vorazione della lamiera. zione della lamiera?
2. Nelle operazioni di lavorazione della lamiera tradi- 8. Cos’è il ritorno elastico nella piegatura della lamiera?
zionali, (a) quali sono i nomi degli utensili e (b) qual 9. Descrivere il processo di imbutitura.
è il nome della macchina utensile utilizzata? 10. Quali sono le misure più semplici usate per valuta-
3. Nella tranciatura di una pezzo di lamiera circolare, il re la fattibilità di un’operazione di imbutitura?
gioco è applicato al diametro del punzone o a quello 11. Descrivere le differenza tra la re-imbutitura e l’im-
della matrice? butitura inversa.
4. Descrivere le differenze tra calandratura e rullatura. 12. Quali sono i difetti che possono verificarsi nei pez-
5. Cos’è il processo Guerin? zi imbutiti?
6. Descrivere i due tipi di piegatura della lamiera: la 13. Che cos’è la piegatura per stiramento?
piegatura a V e la piegatura ad angolo. 14. Quali sono le due categorie principali di telai utiliz-
zati nelle presse di stampaggio?
Lavorazione della lamiera 327
Problemi
6 mm. Determinare (a) la tolleranza di piegatura e
1. Una cesoia elettrica viene utilizzata per tagliare un (b) la lunghezza dell’asse neutro del pezzo dopo la
acciaio tenero laminato a freddo spesso 4.75 mm. piegatura. (Suggerimento: la lunghezza dell’asse
Che gioco deve essere impostato tra le cesoie per neutro prima della piegatura è 100.0 mm)
ottenere il taglio migliore? 11. Determinare la forza di piegatura per il Problema 8
2. Si deve eseguire un’operazione di tranciatura su una nel caso in cui la piegatura venga eseguita da una
lastra di acciaio laminato a freddo (semiduro) spes- matrice a V con un’apertura di 30 mm. Si sa che
sa 2.0 mm. Il pezzo è circolare con diametro di 75.0 il materiale ha una resistenza alla trazione di 600
millimetri. Determinare le opportune dimensioni di MPa e una resistenza al taglio di 430 MPa.
matrice e punzone per realizzare questa operazione. 12. Risolvere il Problema 11, con la differenza che l’ope-
3. Si usa una matrice composta per tranciare e forare razione viene eseguita utilizzando una matrice scor-
una rondella in lega di alluminio spessa 3.50 mm. Il revole con un’apertura di 22 mm.
diametro esterno della rondella è 50.0 mm e il dia- 13. Un pezzo di lamiera spesso 3.0 mm e lungo 20.0
metro interno 15.0 mm. Determinare (a) le dimensio- mm viene piegato a un angolo interno di 60° e un
ni di punzone e matrice per realizzare l’operazione raggio di curvatura di 7.5 mm in una matrice a V. Il
di tranciatura e (b) le dimensioni di punzone e matri- metallo ha una resistenza allo snervamento di 220
ce per realizzare l’operazione di perforatura. MPa e una resistenza alla trazione di 340 MPa.
4. Si deve progettare una uno stampo di tranciatura Calcolare la forza richiesta per piegare il pezzo,
per tagliare un pezzo rettangolare di 105 mm x 37.5 sapendo che l’apertura della matrice è 15 mm.
mm. La lamiera è spessa 4 mm ed è in acciaio inox 14. Scrivere una formula per esprimere la riduzione r
(semiduro). Determinare le dimensioni del punzone in funzione del rapporto di imbutitura DR.
e l’apertura della matrice. 15. Si deve realizzare un bicchiere mediante un’opera-
5. Determinare la forza di tranciatura necessaria per il zione di imbutitura. L’altezza del bicchiere è 75 mm
Problema 2, sapendo che la resistenza al taglio dell’ac- e il suo diametro interno di 100 mm. Lo spessore
ciaio è 325 MPa e la resistenza alla trazione 450 MPa. della lamiera spessore è 2 mm. Sapendo che il
6. Determinare il tonnellaggio minimo della pressa ne- diametro iniziale è 225 mm, determinare (a) il rap-
cessario a eseguire l’operazione di tranciatura e di porto di imbutitura, (b) la riduzione e (c) il rapporto
punzonatura del Problema 3. La lamiera di alluminio spessore-diametro (d). L’operazione è fattibile?
ha una resistenza alla trazione di 310 MPa, un coeffi- 16. Risolvere il problema di 15 per un diametro iniziale
ciente di resistenza di 350 Mpa e un esponente di in- di 175 mm.
crudimento di 0.12. (a) Si supponga che la tranciatura 17. Si esegue un’operazione di imbutitura in cui il dia-
e punzonatura si verifichino simultaneamente. (b) Si metro interno è di 80 mm e l’altezza di 50 mm. Lo
supponga che i punzoni siano sfalsati in modo che spessore del pezzo è di 3.0 mm e il diametro di
prima si verifichi la punzonatura e dopo la tranciatura. partenza di 150 mm. Il raggio d’angolo del punzone
7. Determinare il requisito di tonnellaggio per l’opera- e della matrice è 4 mm. Per questa lamiera la resi-
zione di tranciatura del Problema 4, sapendo che stenza alla trazione è 400 MPa e il carico di sner-
l’acciaio ha una resistenza allo snervamento di 500 vamento di 180 MPa. Determinare (a) il rapporto di
MPa, una resistenza al taglio di 600 MPa e una imbutitura, (b) la riduzione, (c) la forza di trazione e
resistenza alla trazione di 700 MPa. (d) la forza del premilamiera.
8. Si deve eseguire un’operazione di tranciatura sul 18. Si esegue un’operazione di imbutitura su una
pezzo mostrato in Figura 12.13, ma con le dimen- lamiera spessa 3.0 mm per realizzare un bicchiere
sioni seguenti: spessore = 5.0 mm anziché 3.2 cilindrica di altezza 50 mm e diametro interno 70
mm, raggio di curvatura interno = 8.0 mm anziché mm. Si supponga che il raggio d’angolo del pun-
4.75 mm e angolo interno di 65° anziché 120°. Le zone sia nullo. (a) Determinare la dimensione del
altre dimensioni rimangono invariate. Determinare pezzo iniziale D e (b) se l’operazione è fattibile.
la dimensione del pezzo finale. 19. Risolvere il problema 18 per un’altezza di 60 mm.
9. Risolvere il Problema 8 per un raggio di curvatura 20. Risolvere Problema 19 per un raggio d’angolo del
interno R = 11.0 mm. punzone di 10 mm.
10. Si deve eseguire un’operazione di piegatura su 21. Il caposquadra della sezione di imbutitura del nego-
acciaio laminato a freddo spesso 4.0 mm, largo zio vi porta diversi campioni di pezzi che sono stati
25 mm e lungo 100 mm. La lamiera viene piegata imbutiti nel negozio. I campioni hanno vari difetti. Uno
lungo la direzione di 25 mm, in modo che la piega ha il bordo irregolare, un altro è grinzato e un terzo
sia lunga 25 mm. La parte di lamiera risultante ha ha una spaccatura alla base. Quali sono le cause di
un angolo acuto di 30° e un raggio di curvatura di ognuno di questi difetti e quali rimedi proporresti?
V Processi per asportazione
di truciolo
Teoria della lavorazione
Capitolo 13
per asportazione di truciolo
1
Alcune delle forme di energia meccanica nei processi non tradizionali prevedono l’utilizzo di particelle
abrasive, che asportano il materiale per erosione, quindi si sovrappongono ai processi abrasivi descritti nel
Capitolo 18.
332 Tecnologia meccanica
Figura 13.1 (a) Vista della sezione trasversale del processo di asportazione di truciolo. (b) Utensile con angolo di spoglia su-
periore ortogonale negativo, a differenza di (a) in cui l’angolo di spoglia superiore ortogonale è positivo. (Fonte: Fundamentals
of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
fori e le forme cilindriche. Introducendo delle variazioni nelle forme degli utensili e
nei metodi di lavorazione, si possono creare anche forme irregolari, come filettature
e forme a T. Combinando varie operazioni di lavorazione in sequenza, si possono
ottenere forme di complessità a varietà praticamente illimitate.
• Precisione dimensionale. I pezzi ottenuti presentano tolleranze molto strette. Al-
cuni processi consentono di raggiungere tolleranze di ± 0.025 mm, che sono migliori
di quasi tutti gli altri processi industriali.
• Buone finiture superficiali. I valori di rugosità che si possono ottenere risultano
inferiori a 0.4 micron e grazie ad alcuni processi abrasivi si possono ottenere finiture
ancora migliori.
Nonostante gli aspetti positivi sopra elencati, i difetti associati alle lavorazioni per aspor-
tazione di truciolo sono i seguenti:
Movimento
Speed di taglio(tool)
motion (utensile)
Pezzo
Work Superficie
New surfacelavorata Punta
Drill
Movimento di taglio Movimento
Feed bit trapano
del
Speed motion (work)
(pezzo) di avanza-
motion
(tool)
mento
(utensile)
separare il truciolo dal pezzo principale, come mostrato in Figura 13.1. Al tagliente
sono collegate due superfici dell’utensile: il petto e il fianco. Il petto, che dirige il flusso
dei trucioli che si formano, è inclinato di un certo angolo chiamato angolo di spoglia
superiore ortogonale g0, misurato rispetto a un piano perpendicolare alla superficie
di lavoro. L’angolo di spoglia superiore può essere positivo, come in Figura 13.1 (a),
o negativo come in Figura 13.1 (b). Il fianco dell’utensile ha il compito di mantenere
una distanza tra l’utensile e la nuova superficie del pezzo generata, proteggendola così
dall’abrasione che ne degraderebbe la finitura. La superficie del fianco è orientata di un
angolo chiamato angolo di spoglia inferiore ortogonale a0.
La maggior parte degli utensili da taglio ha delle forme più complesse di quelle
mostrate in Figura 13.1. Ci sono due tipi di base di utensili, di cui la Figura 13.3 mostra
degli esempi: (a) monotagliente e (b) a taglienti multipli. Un utensile monotagliente ha
un solo tagliente ed è usato ad esempio nella tornitura. Oltre alle caratteristiche mostra-
te in Figura 13.1, questi utensili hanno una punta, da cui prendono il nome, che penetra
nella superficie del pezzo durante la lavorazione. La punta viene arrotondata secondo
un certo raggio, che prende il nome di raggio di punta. Gli utensili a taglienti multipli
hanno più di un bordo di taglio e di solito eseguono una rotazione relativa al pezzo.
La foratura e la fresatura usano utensili a taglienti multipli rotanti. La Figura 13.3 (b)
mostra una fresa elicoidale utilizzata nella fresatura periferica. Sebbene la forma sia
molto diversa da quella dell’utensile monotagliente, molti elementi dei due utensili sono
simili. I dettagli sugli utensili monotaglienti e a taglienti multipli, compresi i materiali
con cui sono realizzati, sono discussi nel Capitolo 15.
Parametri di taglio Per eseguire una lavorazione per asportazione di truciolo oc-
corre che l’utensile e il pezzo siano in movimento uno rispetto all’altro. Il moto pri-
mario avviene ad una certa velocità di taglio vc. Inoltre, l’utensile si deve spostare
lateralmente attraverso il pezzo. Questo è un movimento molto più lento, chiamato
avanzamento f. L’ultima dimensione da considerare è la penetrazione dell’utensile nel-
la superficie del pezzo, definita profondità di passata ap. La velocità, l’avanzamento
e la profondità di passata sono quantità che prendono il nome di parametri di taglio.
Essi costituiscono le tre dimensioni del processo di lavorazione per asportazione di
truciolo, e per certe operazioni (come la maggior parte di quelle eseguite mediante
utensili monotaglienti) possono essere utilizzati per calcolare il tasso di asportazione
di materiale (material removal rate, MRR) del processo:
QMR = vcfd(13.1)
Bordo tagliente
Stelo
dell’utensile
Petto Direzione
di rotazione
Bordo tagliente
Figura 13.3 (a) Un utensile monotagliente su cui è possibile notare il petto, il fianco e la punta e (b) una fresa elicoidale, come
esempio di utensile a taglienti multipli. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Teoria della lavorazione per asportazione di truciolo 335
Macchine utensili Le macchine utensili sono usate per sostenere il pezzo, posi-
zionare l’utensile rispetto al pezzo e fornire l’energia al processo di lavorazione per
raggiungere la velocità, l’avanzamento e la profondità che sono stati impostati. Con-
trollando l’utensile, il pezzo e i parametri di taglio, le macchine utensili permettono di
realizzare i prodotti finali con grande precisione e ripetibilità, arrivando a tolleranze
di 0.025 mm o inferiori. Il termine macchina utensile si applica a qualsiasi macchina
elettrica che esegue una lavorazione per asportazione di truciolo, compresa la rettifica.
Il termine si applica anche a macchine che eseguono operazioni di formatura del me-
tallo e pressatura.
Velocità di taglio vc
Le operazioni svolte nelle lavorazioni per asportazione di truciolo sono piuttosto com-
plesse. Esiste un modello semplificato di lavorazione per asportazione di truciolo, che
trascura molte delle complessità geometriche, ma descrive bene la meccanica del pro-
cesso. Si chiama modello di taglio ortogonale, ed è illustrato in Figura 13.5. Sebbene un
processo reale di lavorazione per asportazione di truciolo sia tridimensionale, il modello
ortogonale considera per l’analisi solo due dimensioni.
g0
hch
Truciolo Utensile
Truciolo
Utensile
ao
hch hD φ
b
Pezzo
hD ls
Pezzo
Figura 13.5 Taglio ortogonale: (a) visto come un processo tridimensionale e (b) approssimato in due dimensioni (vista latera-
le). (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
Teoria della lavorazione per asportazione di truciolo 337
che può essere ridotto alla seguente definizione di deformazione di taglio nella lavora-
zione per asportazione di truciolo dei metalli:
g0
Spessore
Truciolo = serie di piastre della piastra
parallele
Utensile
φ
φ φ – g0
g0
Figura 13.6 Deformazione di taglio durante la formazione del truciolo: (a) formazione truciolo rappresentata come una serie di
piastre parallele scorrevoli una rispetto all’altra, (b) rappresentazione di una delle piastre per illustrare la definizione di defor-
mazione di taglio su questo modello a piastre parallela e (c) triangolo di deformazione di taglio utilizzato per derivare l’Equazio-
ne (13.4). (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso
di John Wiley & Sons, Inc.)
millimetro. Poiché la zona di deformazione è così sottile, non vi è una grande perdita di
precisione facendo riferimento ad essa come a un piano.
In secondo luogo, oltre alla deformazione che si verifica nella zona di deforma-
zione, c’è un’altra azione di taglio che si verifica nel truciolo dopo che è stato formato.
Questo taglio è denominato taglio secondario per distinguerlo dal taglio primario. Il
taglio secondario deriva dall’attrito tra il truciolo e l’utensile, mentre il truciolo scorre
lungo il petto dell’utensile. Il suo effetto aumenta all’aumentare dell’attrito tra l’utensile
e il truciolo. Le zone primarie e secondarie di taglio sono riportate in Figura 13.7.
In terzo luogo, la formazione di truciolo dipende dal tipo di materiale da lavorare
e dai parametri di taglio dell’operazione. Si possono distinguere quattro tipi di base di
trucioli, illustrati in Figura 13.8:
Tagliente di riporto
Questi tipi di truciolo sono stati classificati da Ernst [13] alla fine del 1930. Visto che da
allora le tipologie di metalli disponibili, i materiali degli utensili e le velocità di taglio
sono aumentati, adesso si può identificare un quarto tipo di truciolo:
Rispetto al modello di taglio ortogonale si possono definire varie forze, sulla base delle
quali è possibile definire la tensione di taglio, il coefficiente di attrito e diverse altre
quantità.
2
Una descrizione più completa del tipo di truciolo segmentato si può trovare in Trent & Wright [13], pp 348-
367.
Teoria della lavorazione per asportazione di truciolo 341
Truciolo
Utensile
g0 Truciolo
Fg
φ Utensile
b
FgN
Fsh Fc
Figura 13.9 Forze di taglio: (a) le forze che agiscono sul truciolo nel taglio ortogonale e (b) le forze che agiscono sull’utensile
che possono essere misurate. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
(13.6)
Oltre alle forze che l’utensile applica sul truciolo, ci sono anche due componenti di forza
applicate al truciolo dal pezzo: la forza sul piano di scorrimento e la forza normale al piano
di scorrimento. La forza sul piano di scorrimento Fsh è la forza che causa la deformazio-
ne di taglio sul piano di scorrimento e la forza normale al piano di scorrimento FshN è la
forza perpendicolare alla forza sul piano di scorrimento. Basandoci sulla forza sul piano di
scorrimento, possiamo definire lo sforzo di taglio che agisce lungo il piano di scorrimento
tra il pezzo e il truciolo: (tensione tangenziale media sul piano di scorrimento)
Fsh
rsh = (13.7)
Ash
dove Ash è l’area del piano di scorrimento. Quest’area del piano di scorrimento può es-
sere calcolata come:
ho b
Ash = (13.8)
sinϕ
La tensione di taglio nell’Equazione (13.7) rappresenta il livello di sforzo richiesto per
eseguire la lavorazione. Questo sforzo, quindi, è uguale alla resistenza al taglio del ma-
teriale da lavoro (τsh = τmax) nelle condizioni in cui avviene il taglio.
La somma vettoriale delle due componenti della forza Fsh e FshN dà la forza risultan-
te R’. Affinché le forze che agiscono sul truciolo si equilibrino, questa forza risultante
R’ deve essere uguale in valore assoluto, e in direzione opposta, alla forza R.
Nessuna delle quattro componenti della forza Fg, FgN, Fsh, e FshN può essere misurate
direttamente in una lavorazione, perché le direzioni in cui sono applicate variano a se-
conda della forma dell’utensile e dei parametri di taglio. Tuttavia, è possibile usare un
dispositivo di misurazione della forza chiamato dinamometro per poter misurare due
componenti di forza aggiuntive che agiscono sull’utensile: la forza di taglio e la forza di
342 Tecnologia meccanica
avanzamento. La forza di taglio Fc è nella direzione del moto di taglio, la stessa direzio-
ne della velocità vc di taglio, e la forza di avanzamento Ff è perpendicolare alla forza di
taglio e dipende dallo spessore del truciolo indeformato ho. La forza di taglio e la forza
di avanzamento sono mostrate in Figura 13.9 (b) assieme alla loro forza risultante R’’.
Le direzioni di queste forze sono note, quindi i trasduttori di forza del dinamometro
possono essere allineati di conseguenza.
Si possono quindi derivare le seguenti equazioni per correlare le quattro componen-
ti della forza che non possono essere misurate alle due forze che invece possono essere
misurate:
Fg Fc go Ff go (13.9)
FgN Fc go Ff go (13.10)
Fsh Fc Ff (13.11)
FshN Fc Ff (13.12)
hD b go Fsh go
Fc (13.13)
go go
e
hD b go Fsh go
Ft
go go (13.14)
Queste equazioni permettono di stimare la forza di taglio e la forza di avanzamento in
un’operazione di taglio ortogonale conoscendo la resistenza al taglio del materiale.
Tra le ipotesi dell’equazione di Merchant c’è il fatto che la resistenza al taglio del ma-
teriale lavorato sia una costante, influenzata dalla velocità di deformazione, dalla tem-
peratura e da altri fattori. Dato che questa ipotesi non è valida nelle reali lavorazioni,
l’Equazione (13.16) deve essere considerata come un rapporto approssimativo e non
un’equazione matematica precisa. Prendiamo comunque in considerazione la sua appli-
cazione nel seguente esempio.
hD φ hD φ
Pezzo Pezzo
Figura 13.10 Effetto dell’angolo del piano di scorrimento φ: (a) se φ è maggiore, l’area del piano di scorrimento è inferiore, (b)
se φ è minore, l’area del piano di scorrimento maggiore. Si noti che l’angolo del piano di scorrimento aumenta all’aumentare
dell’angolo di spoglia superiore ortogonale (in (a) è maggiore) secondo l’equazione di Merchant. (Fonte: Fundamentals of Mo-
dern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Teoria della lavorazione per asportazione di truciolo 345
Pezzo
Fc
Truciolo
hD
vc
Ff
Pezzo
Fc
ap
Ff
vc
Utensile
Utensile
Figura 13.11 Approssi-
TABELLA 13.1 Conversioni tra tornitura e taglio ortogonale.
mazione della tornitura
con il modello ortogo-
Operazione di tornitura Modello di taglio ortogonale
nale: (a) tornitura e (b)
Avanzamento f = Spessore del truciolo taglio ortogonale corri-
Profondità di passata a p = Larghezza di taglio indeformato h D spondente. (Fonte: Fun-
Velocità di taglio vc = Velocità di taglio vc damentals of M odern
Manufacturing, 4th Edi-
Forza di taglio Fc = Forza di taglio Fc
tion by Mikell P. Groover,
Forza di avanzamento Ff = Forza di avanzamento Ff 2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
prodotto della forza e della velocità di taglio costituisce la potenza (energia per unità di tempo) & Sons, Inc.)
necessaria ad eseguire un’operazione di lavorazione per asportazione di truciolo:
Pc = Fcvc(13.17)
dove Pc è la potenza di taglio in N-m/s o W, Fc la forza di taglio in N, vc la velocità di
taglio in m/s .
La potenza lorda necessaria al funzionamento della macchina utensile è maggiore
della potenza fornita al processo di taglio a causa delle perdite meccaniche del motore
e della trasmissione alla macchina. Queste perdite possono essere valutate con il rendi-
mento meccanico della macchina utensile:
Pc
Pg = (13.18)
E
dove Pg è la potenza lorda del motore della macchina utensile in W ed E l’efficienza mecca-
nica della macchina utensile. I valori tipici di E per macchine utensili sono circa del 90%.
Spesso è utile convertire la potenza in potenza per unità di volume di materiale
asportato. Questa grandezza viene chiamata potenza di taglio per unità di volume Pc
ed è definita come:
346 Tecnologia meccanica
Pc
pc = R (13.19)
Q
Le unità di misura per la pressione di taglio di solito sono i N/mm 2 (o anche i Nm/mm3
= J/mm3).
155,700 155,700
kc = = = 1038 N/min2
100(103)(3.0)(0.5) 150,000
TABELLA 13.2 Valori di potenza di taglio per unità di volume e pressione di taglio per
alcuni materiali lavorati con utensili da taglio a spigolo vivo e con uno
spessore del truciolo indeformato pari a 0.25 mm.
Anche lo spessore del truciolo indeformato (ho) influisce sulla pressione di taglio e
sulla potenza di taglio per unità di volume. Se ho si riduce, la potenza unitaria richiesta
aumenta. Questa relazione viene indicata come effetto di scala. Ad esempio, la rettifi-
ca, in cui i trucioli sono molto piccoli rispetto a quelli delle altre operazioni di lavorazio-
ne per asportazione di truciolo, richiede dei valori molto elevati di pressione di taglio.
I valori in Tabella 13.2 possono essere usati per calcolare la potenza e l’energia anche
quando lo spessore ho non è 0.25 mm, applicando un fattore di correzione per tenere
conto della differenza di spessore del truciolo indeformato. La Figura 13.12 fornisce i
valori di questo fattore di correzione in funzione di ho. I valori della potenza di taglio
per unità di volume e dell’energia specifica della Tabella 13.2 devono essere moltiplicati
per il fattore di correzione appropriato quando lo spessore iniziale non è 0.25 mm.
Oltre all’affilatezza dell’utensile e all’effetto di scala, ci sono altri fattori che in-
fluenzano i valori della potenza di taglio per unità di volume e pressione di taglio di una
certa operazione. Questi fattori includono l’angolo di spoglia superiore, la velocità di
taglio e il fluido di taglio. Se l’angolo di spoglia superiore o la velocità di taglio aumen-
tano, o se si usa un fluido di taglio, i valori di U si riducono leggermente. Per i nostri
scopi, negli esercizi alla fine del capitolo, gli effetti di questi fattori aggiuntivi possono
essere ignorati.
Dell’energia totale consumata nella lavorazione per asportazione di truciolo, quasi tutta
(~ 98%) viene convertita in calore. Questo calore provoca una temperatura molto eleva-
ta sulla superficie di contatto tra l’utensile e il truciolo, spesso oltre i 600° C. L’energia
residua (~ 2%) viene trattenuta come energia elastica dal truciolo.
348 Tecnologia meccanica
Chip thickness before cut to (in.)
0.005 0.010 0.015 0.020 0.025 0.030 0.040 0.050
1.6
1.4
1.2
di correzione
Figura 13.12 Fattore di
factor
correzione per la poten-
1.0
za di taglio per unità di
Correction
volume e la pressione 0.8
di taglio nel caso in cui
lo spessore del truciolo Fattore 0.6
indeformato sia diver-
so da 0.25 mm. (Fonte: 0.4
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edi- 0.2
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il 0.125 0.25 0.38 0.50 0.63 0.75 0.88 0.1 1.25
permesso di John Wiley Spessore del truciolo indeformato h o (mm)
Chip thickness before cut to (mm)
& Sons, Inc.)
Le temperature di taglio sono importanti da considerare perché una temperatura alta (1)
riduce la durata dell’utensile, (2) produce dei trucioli caldi che possono rappresentare un pe-
ricolo per l’operatore e (3) può causare delle imprecisioni nelle dimensioni dei pezzo a causa
della dilatazione termica del materiale lavorato. In questa sezione vengono discussi i metodi
per calcolare e misurare le temperature nella lavorazione per asportazione di truciolo.
0.4(1.038) 1667(0.5)
DT = °C = (138.4)(2.552) = 353°C
3.0(10 –3) 50
Titanio RC-130B
RC-130B Titanium (T
(T =
= 479v
0.182
479v 0.182) )
1600
°F
di taglio °F
Acciaio
18-8 inossidabile
Stainless steel (T18-8 (T =0.361
= 135v 135v
)
0.361
) rature di taglio misurate
sperimentalmente a varie
velocità di taglio nella la-
Temperatura
3
Le unità riportate nell’articolo ASME di Loewen e Shaw [9] sono in °F per la temperatura di taglio e in ft/min
per la velocità di taglio. Le stesse unità di misura sono state mantenute nei grafici e nelle equazioni della figura.
350 Tecnologia meccanica
Bibliografia
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[2] Black, J, and Kohser, R. DeGarmo’s Materials and Processes in Manufacturing, 10th ed.
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ASME Transactions, Vol. 73, No. 1, January 1951, pp. 57–68.
Domande di ripasso
8. Che cos’è una macchina utensile?
1. Quali sono le tre categorie di base dei processi di 9. Che cos’è un’operazione di taglio ortogonale?
rimozione di materiale? 10. Perché il modello di taglio ortogonale è utile
2. Cosa distingue le lavorazioni per asportazione di nell’analisi della lavorazione dei metalli per aspor-
truciolo dagli altri processi produttivi? tazione di truciolo?
3. Elencare i motivi per cui le lavorazioni per asporta- 11. Elencare e descrivere brevemente le quattro tipo-
zione di truciolo sono importanti dal punto di vista logie di truciolo che si possono ottenere dal taglio
commerciale e tecnologico. dei metalli.
4. Descrivere i tre processi di lavorazione per asporta- 12. Descrivere le quattro forze che agiscono sul trucio-
zione di truciolo più comuni. lo nel modello ortogonale che non possono essere
5. Quali sono le due categorie fondamentali di utensili misurate direttamente in un’operazione.
da taglio usati nella lavorazione per asportazione 13. Descrivere le due forze che possono essere misu-
di truciolo? Per ciascuna delle due categorie, dare rate nel modello di taglio ortogonale.
due esempi di operazioni di lavorazione che la uti- 14. Qual è il rapporto tra il coefficiente di attrito e l’an-
lizzano. golo di attrito nel modello di taglio ortogonale?
6. Quali sono i parametri di una lavorazione per aspor- 15. Descrivere a parole il significato dell’equazione di
tazione di truciolo che si riferiscono all’operazione Merchant.
di taglio? 16. Qual è la relazione tra la potenza e la forza di taglio?
7. Spiegare la differenza tra sgrossatura e finitura nel- 17. Cos’è la pressione di taglio nella lavorazione dei
la lavorazioni per asportazione di truciolo. metalli?
Teoria della lavorazione per asportazione di truciolo 351
18. Che cosa significa il termine effetto di scala nel ta- 19. Che cos’è una termocoppia utensile-truciolo?
glio dei metalli?
Problemi
taglio = 30 m/min, spessore del truciolo indeforma-
1. In un’operazione di taglio ortogonale, l’utensile ha to = 0.4 mm e larghezza di taglio = 4 mm. Il fattore
un angolo di spoglia superiore ortogonale di 15°. Lo di ricalcamento risultante è 0.50. Determinare (a)
spessore del truciolo indeformato è 0.30 mm e il ta- l’angolo del piano di scorrimento, (b) la forza di ta-
glio produce un truciolo spesso 0.65 mm. Calcolare glio, (c) la forza di taglio misurabile e la forza di
(a) l’angolo del piano di scorrimento e (b) la defor- avanzamento e (d) la forza di attrito.
mazione di taglio dell’operazione. 8. Una barra di acciaio al carbonio di diametro di 194
2. In un’operazione di taglio ortogonale, l’utensile è mm ha una resistenza alla trazione di 448 MPa e
largo 6.4 mm e ha un angolo di spoglia superiore or- una resistenza al taglio di 310 MPa. Il diametro vie-
togonale di 5°. Il tornio è impostato su uno spessore ne ridotto mediante un’operazione di tornitura ad
del truciolo indeformato di 0.25 mm. Dopo il taglio, una velocità di taglio di 122 m/min. L’avanzamento
lo spessore del truciolo diventa 0.7 mm. Calcolare è di 0.28 mm/giro e la profondità di taglio è 3 mm.
(a) l’angolo del piano di scorrimento e (b) la defor- L’angolo di spoglia superiore ortogonale dell’uten-
mazione di taglio dell’operazione. sile nella direzione del truciolo è 13°. I parametri di
3. In un’operazione di tornitura, la velocità del mandrino taglio danno origine a un fattore di ricalcamento del
viene impostata per fornire una velocità di taglio di 1.8 truciolo di 0.52. Utilizzando il modello ortogonale
m/s. L’avanzamento e la profondità di taglio sono ri- come approssimazione della tornitura, determina-
spettivamente 0.30 mm e 2.6 mm. L’angolo di spoglia re (a) l’angolo del piano di scorrimento, (b) la forza
superiore ortogonale è 8°. Dopo il taglio, lo spessore di taglio, (c) la forza di taglio misurabile e la forza di
del truciolo è 0.49 mm. Determinare (a) l’angolo del avanzamento e (d) il coefficiente di attrito tra l’uten-
piano di scorrimento, (b) la deformazione di taglio e sile e il truciolo.
(c) la velocità di asportazione del materiale. Utilizzare 9. Un acciaio a basso contenuto di carbonio aven-
il modello di taglio ortogonale come approssimazione te una resistenza alla trazione di 300 MPa e una
del processo di tornitura. resistenza al taglio di 220 MPa viene tagliato me-
4. In una operazione di taglio ortogonale, la forza di diante un’operazione di tornitura con una velocità di
taglio e la forza di avanzamento sono rispettivamen- taglio di 3.0 m/s. L’avanzamento è di 0.20 mm/giro e
te 1470 N e 1589 N. L’angolo di spoglia superiore la profondità di taglio è di 3.0 mm. L’angolo di spo-
ortogonale è 5°, la larghezza di taglio è 5.0 mm, lo glia superiore ortogonale dell’utensile è di 5° nella
spessore del truciolo indeformato è 0.6 mm e il fat- direzione di scorrimento del truciolo. Il fattore di ri-
tore di ricalcamento del truciolo è 0.38. Determinare calcamento risultante è 0.45. Utilizzando il modello
(a) la resistenza al taglio del materiale lavorato e (b) ortogonale come approssimazione della tornitura,
il coefficiente di attrito nell’operazione. determinare (a) l’angolo del piano di scorrimento,
5. In una operazione di taglio ortogonale, la forza di taglio e (b) la forza di taglio, (c) la forza di taglio misurabile e
la forza di avanzamento sono rispettivamente 1335 kg e la forza di avanzamento.
1295 kg. L’angolo di spoglia superiore ortogonale è 10°, la 10. Un’operazione di tornitura ha un angolo di spoglia
larghezza di taglio di 5 mm, lo spessore del truciolo inde- superiore ortogonale di 10°, un avanzamento di
formato di 0.4 mm e il fattore di ricalcamento del truciolo 0.25 mm/giro e una profondità di taglio di 2.5 mm.
0.4. Determinare (a) la resistenza al taglio del materiale ai La resistenza al taglio del materiale è 345 MPa e
lavoro e (b) il coefficiente di attrito nell’operazione. il fattore di ricalcamento del truciolo misura 0.40.
6. In una operazione di taglio ortogonale, l’angolo di Determinare la forza di taglio misurabile e la forza
spoglia superiore ortogonale è –5°, lo spessore del di avanzamento. Utilizzare il modello di taglio or-
truciolo indeformato è 0.2 mm e la larghezza di taglio togonale come approssimazione del processo di
di 4.0 mm. Il fattore di ricalcamento del truciolo è 0.4. tornitura.
Determinare (a) lo spessore del truciolo dopo il taglio, 11. In un’operazione di tornitura di acciaio inossidabile
(b) l’angolo di taglio, (c) l’angolo di attrito, (d) il coeffi- con durezza 200 HB, velocità di taglio 200 m/min,
ciente di attrito e (e) la deformazione di taglio. avanzamento 0.25 mm/giro e profondità di taglio
7. La resistenza al taglio di un certo materiale è 345 MPa. 7.5 mm. Quanta potenza è richiesta dal tornio, sa-
Un’operazione di taglio ortogonale viene eseguita utiliz- pendo che la sua efficienza meccanica è del 90%.
zando un utensile con angolo di spoglia superiore orto- Utilizzare la Tabella 13.2 per avere il valore appro-
gonaledi 20° alle condizioni di taglio seguenti: velocità di priato della pressione di taglio.
352 Tecnologia meccanica
12. Facendo riferimento al Problema 11, calcolare i taglio viene misurato il fattore di ricalcamento, che
requisiti di potenza del tornio se l’avanzamento di- è pari a 0.45. (a) Utilizzando il valore appropriato di
venta 0.50 mm/giro. pressione di taglio dalla Tabella 13.2, calcolare la
13. In un’operazione di tornitura di alluminio, la veloci- potenza del motore di azionamento, sapendo che
tà di taglio è 274 m/min, l’avanzamento 0.5 in/giro il tornio ha un’efficienza dell’85%. (b) Sulla base
e la profondità di taglio 0.64 mm. Quanta potenza della potenza calcolata, dare la migliore stima pos-
serve nel motore di azionamento, sapendo che il sibile della forza di taglio richiesta per questa ope-
tornio ha un’efficienza meccanica dell’87%? Utiliz- razione di tornitura. Utilizzare il modello di taglio
zare la Tabella 13.2 per avere il valore appropriato ortogonale come approssimazione del processo di
della potenza unitaria. tornitura.
14. In un’operazione di tornitura su acciaio a carbonio 20. In un’operazione di tornitura su un pezzo in lega
semplice, la cui durezza Brinell HB è pari a 275, di alluminio, l’avanzamento è di 0.5 mm/giro e la
la velocità di taglio è fissata a 200 m/min e la pro- profondità di taglio di 6.4 mm. La potenza del mo-
fondità di taglio a 6.0 mm. Il motore del tornio ha tore del tornio è 15 kW e il rendimento meccanico è
una potenza di 25 kW e la sua efficienza mecca- del 92%. Il valore della potenza unitaria per questo
nica è del 90%. Utilizzando il valore appropriato di tipo di alluminio è 0.7 N-m/mm3. Qual è la velocità
pressione di taglio dalla Tabella 13.2, determinare di taglio massima che può essere raggiunta in que-
l’avanzamento massimo che può essere imposta- sta operazione?
to per questa operazione. Si raccomanda l’uso di 21. Si esegue un taglio ortogonale su un metallo il cui
un foglio di calcolo per svolgere i numerosi calcoli calore specifico è 1.0 J/g-C, la cui densità è 2.9
richiesti. g/cm3 e la cui diffusività termica è 0.8 cm2/s. La
15. Un’operazione di tornitura deve essere eseguita velocità di taglio è 4.5 m/s, lo spessore del truciolo
su un tornio 15 kW con efficienza 87%. Il taglio di indeformato è 0.25 mm e la larghezza di taglio è
sgrossatura viene effettuato su un acciaio legato 2.2 mm. La forza di taglio misurata è 1170 N. Utiliz-
con durezza nell’intervallo 325-335 HB. La velo- zando la formula di Cook, determinare la tempera-
cità di taglio è di 375 m/min, l’avanzamento 0.8 tura di taglio sapendo che la temperatura ambiente
mm/giro e la profondità di taglio 4 mm. In base a è 22°C.
questi valori, verificare se l’operazione può essere 22. Si consideri un’operazione di tornitura eseguita su
eseguita sul tornio da 15 kW. Utilizzare la Tabella un acciaio la cui durezza è 225 HB a velocità di 3.0
13.2 per ottenere il valore appropriato della poten- m/s, con un avanzamento di 0.25 mm e una pro-
za unitaria. fondità di 4.0 mm. Usando i valori delle proprietà
16. In un’operazione di tornitura di acciaio a basso te- termiche che si trovano nelle tabelle e nelle defini-
nore di carbonio (175 BHN), la velocità di taglio è zioni delle Sezioni 3.6 e 3.7, e il valore di pressione
122 m/min, l’avanzamento 0.25 mm/giro e la pro- di taglio dalla Tabella 13.2, calcolare la temperatu-
fondità di taglio di 1.9 mm. Il tornio ha un’efficien- ra di taglio usando l’equazione di Cook. Si assuma
za meccanica di 0.85. Sulla base dei valori della che la temperatura ambiente sia 20°C.
potenza unitaria in Tabella 13.2, determinare (a) 23. Un’operazione di taglio ortogonale viene eseguita
la potenza richiesta dalla tornitura e (b) la potenza su un certo metallo il cui calore specifico volume-
che deve essere generata dal tornio. trico è 0.0024 Nm/mm3-C e la cui diffusività termi-
17. Risolvere il Problema 16 per un avanzamento di ca è 12.25 mm2/sec. La velocità di taglio è 107 m/
0.19 mm/giro e con un acciaio inox come materiale min, lo spessore del truciolo indeformato 0.2 mm
lavorato (durezza Brinell = 240 HB). e la larghezza di taglio 2.5 mm. La forza di taglio
18. Un’operazione di tornitura viene eseguita su allu- misurata è 890 N. Utilizzando la formula di Cook,
minio (100 BHN). La velocità di taglio è 5.6 m/s, determinare la temperatura di taglio sapendo che
l’avanzamento 0.25 mm/giro e la profondità di ta- la temperatura ambiente è 21°C.
glio 2.0 mm. Il tornio ha un’efficienza meccanica 24. Durante un’operazione di tornitura, si usa una ter-
di 0.85. Sulla base dei valori di energia riportati in mocoppia utensile-truciolo per misurare la tempe-
Tabella 13.2, determinare (a) la potenza di taglio e ratura di taglio. I dati della temperatura seguenti
(b) la potenza lorda nella tornitura in Watt. corrispondono a tagli a tre diverse velocità di ta-
19. Un’operazione di tornitura viene eseguita su un glio (l’avanzamento e la profondità rimangono co-
tornio a motore che utilizza un utensile con angolo stante): (1) vc = 100 m/min e T = 505°C, (2) vc =
di spoglia superiore pari a zero nella direzione di 130 m/min e T = 552°C, (3) vc = 160 m/min e T =
scorrimento dei trucioli. Il materiale lavorato è una 592°C. Determinare un’equazione della tempera-
lega di acciaio di durezza Brinell pari a 325. L’avan- tura in funzione della velocità di taglio nella forma
zamento è di 0.4 mm/giro, la profondità di taglio di dell’equazione di Trigger (Equazione 13.22).
3.2 mm e la velocità di taglio di 91 m/min. Dopo il
Lavorazioni per asportazione
Capitolo 14
di truciolo e macchine
utensili
La lavorazione per asportazione di truciolo è il processo più versatile e accurato tra tutti i
processi di produzione per la sua capacità di produrre una varietà di forme e caratteristiche
geometriche dei pezzi. Anche la fonderia può produrre una grande varietà di forme, ma non
ha la stessa precisione e accuratezza. In questo capitolo vengono descritte le principali
operazioni di lavorazione per asportazione di truciolo e le macchine utensili utilizzate per
eseguirle.
suo moto di avanzamento viene impartito alla superficie di lavoro in modo da creare la
forma. Esempi di operazioni di generazione sono la tornitura cilindrica, la tornitura co-
nica, la tornitura di copiatura, la fresatura periferica e la fresatura frontale, tutte opera-
zioni illustrate in Figura 14.2. In ognuna di queste operazioni, l’asportazione viene ese-
guita dal moto di taglio, ma la forma del pezzo è determinata dal moto di avanzamento.
La traiettoria di avanzamento può comportare delle variazioni di profondità o larghezza
di taglio durante l’operazione. Per esempio, nella tornitura di copiatura e nella fresatura
frontale indicate in figura, il movimento di avanzamento provoca delle variazioni di
profondità e di larghezza mentre il taglio procede.
Nelle operazioni di formatura, la forma del pezzo viene creata dalla forma
dell’utensile usato nel taglio. In effetti, il tagliente dell’utensile ha una forma comple-
Figura 14.2 Operazioni mentare rispetto al pezzo da produrre. Esempi di queste operazioni sono la tornitura
di generazione di forme con utensili di forma, la foratura e la brocciatura. In queste operazioni, illustrate in
nella lavora zione per Figura 14.3, la forma dell’utensile da taglio viene trasmessa al pezzo. Le condizioni di
asportazione di truciolo: taglio di formatura di solito comprendono un moto primario di taglio combinato con
(a) tornitura cilindrica,
un moto di avanzamento che è diretto all’interno del pezzo (lavorazione «a tuffo»). La
(b) tornitura conica, (c)
tornitura di copiatura, (d) profondità di passata di solito si riferisce alla penetrazione finale nel pezzo alla fine del
fresatura periferica e (e) movimento di avanzamento.
fresatura frontale. (Fonte: Formatura e generazione a volte si combinano in una sola operazione, come illustrato
Fundamentals of Modern in Figura 14.4, ad esempio nel caso di una filettatura eseguita su un tornio o la realizzazio-
Manufacturing, 4 th Edi-
ne di una cava di forma su una fresatrice. Nella filettatura, la forma appuntita dell’utensile
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il di taglio determina la forma dei filetti, ma è il moto di avanzamento che li genera. Nella
permesso di John Wiley & realizzazione di cave di forma («slot milling» o «slotting»), la larghezza dell’utensile de-
Sons, Inc.) termina la larghezza della cava mentre il moto di avanzamento crea la cava.
vc vc
vc
Pezzo Pezzo
Pezzo
Superficie generata
Pezzo
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 355
Superficie finale
vc
Utensile
di forma
vc
Figura 14.3 Operazioni di formatura nella lavorazione per asportazione di truciolo: (a) tornitura
con utensile di forma, (b) foratura e (c) brocciatura. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
vc Figura 14.4 Combina-
zione di generazione e
formatura per creare la
Fresatrice per cave a T forma del pezzo finale:
(a) filettatura su un tor-
nio e (b) realizzazione
Superficie formata di una cava di forma su
e generata una fresatrice. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley &
Sons, Inc.)
Pezzo
14.2 Tornitura
vc
n (14.1)
Do
Df Do ap(14.2)
vf nf (14.3)
Df n
Do
Figura 14.5 Operazio-
ne di tornitura. (Fonte:
Fundamentals of Modern Truciolo
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover, Utensile monotagliente
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley &
Sons, Inc.)
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 357
Il tempo impiegato per lavorare il pezzo da un’estremità del cilindro all’altra è dato da:
Tm (14.4)
vf
dove Tm è il tempo di lavorazione in min e L la lunghezza del cilindro in mm. Una for-
mula più diretta del tempo di lavorazione è data dalla seguente equazione:
Do
Tm (14.5)
vc
Q = vc fap(14.6)
(a) Sfacciatura. L’utensile avanza radialmente nel pezzo per creare una superficie pia-
na alla sua estremità.
(b) Tornitura conica. L’utensile non avanza parallelamente all’asse di rotazione del
pezzo, ma avanza secondo una direzione angolata rispetto ad esso, creando così una
forma conica.
(c) Tornitura di contornatura (o di copiatura). L’utensile non avanza parallelamente
all’asse di rotazione del pezzo come nella tornitura cilindrica, ma segue un contor-
no sagomato che dà la forma al pezzo finale.
(d) Tornitura di forma. In questa operazione, chiamata anche formatura, viene usato
un utensile che impartisce la propria forma al pezzo mediante un moto radiale di
avanzamento (operazione a tuffo).
(e) Smussatura. Si usa lo spigolo tagliente dell’utensile per eliminare l’angolo sul bor-
do del cilindro, creando il cosiddetto «smusso».
(f) Troncatura (cutoff). L’utensile viene fatto avanzare radialmente (a tuffo) a partire
da una certa posizione lungo il pezzo allo scopo di tagliarne un’estremità. Questa
operazione viene anche chiamata separazione.
(g) Filettatura. Un utensile a punta di forma avanza linearmente lungo la superficie
esterna del pezzo lungo una direzione parallela all’asse di rotazione a una velocità
di avanzamento molto alta, creando così la filettatura nel cilindro.
358 Tecnologia meccanica
Avanzamento
Avanzamento Avanzamento
Figura 14.6 Altre lavo- (h) Barenatura. Un utensile monotagliente avanza linearmente in direzione parallela
razioni per asportazione all’asse di rotazione sul diametro interno di un foro preesistente nel pezzo.
di truciolo eseguite su un
(i) Foratura. La foratura può essere eseguita su un tornio facendo avanzare una punta
tornio oltre alla tornitura
cilindrica: (a) sfacciatu- a forare nel pezzo in rotazione lungo il suo asse. Anche l’alesatura si può eseguire
ra, (b) tornitura conica, in modo simile.
(c) tornitura di contor- (j) Godronatura. Questa non è un’operazione di lavorazione per asportazione di tru-
natura (o di copiatura), ciolo vera e propria perché non comporta l’asportazione di materiale. È comunque
(d) tornitura di forma, (e)
un’operazione di formatura dei metalli usata per produrre una zigrinatura sulla su-
smussatura, (f) tronca-
tura, (g) filettatura, (h) perficie del pezzo lavorato.
barenatura, (i) foratura e
(j) godronatura. (Fonte: Gran parte delle operazioni al tornio utilizza un utensile monotagliente, come la sfac-
Fundamentals of Modern ciatura, la tornitura conica, la tornitura di contornatura, la smussatura e la barenatura.
Manufacturing, 4 th Edi-
L’operazione di filettatura viene eseguita utilizzando un utensile monotagliente che ha
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il una forma apposita per realizzare i filetti. Alcune operazioni richiedono utensili diversi
permesso di John Wiley & da quelli monotaglienti. La tornitura di forma viene eseguita con un utensile apposita-
Sons, Inc.) mente progettato, chiamato utensile di forma. Il profilo dell’utensile stabilisce la forma
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 359
Testa motrice
Mandrino
Controllo della velocità
Avanzamento
Portautensili
Contropunta
Controllo
dell’avanzamento Figura 14.7 Schema di
un tornio parallelo con in-
dicazione delle sue com-
ponenti principali. (Fonte:
Slitta trasversale Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4 th Edi-
Carro tion by Mikell P. Groover,
Guide 2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
Vite madre (filettata) Basamento & Sons, Inc.)
360 Tecnologia meccanica
grande rispetto alla sua lunghezza e il pezzo è pesante, è conveniente orientare il pezzo
in modo da ruotare attorno ad un asse verticale; per questo si usano i torni verticali.
La dimensione di un tornio si indica usando due valori, il diametro di tornitura e la
distanza tra le punte. Il massimo diametro di tornitura (swing) è il diametro massimo
del pezzo che può essere fatto ruotare dal mandrino, determinato come il doppio della
distanza tra l’asse del mandrino e le guide del tornio. In realtà la dimensione massima di
un pezzo cilindrico lavorato sul tornio è minore dello swing perché bisogna considerare
lo spazio occupato dal carro e dalla slitta trasversale. La distanza tra le punte indica la
lunghezza massima dei pezzi che si possono montare tra la testa motrice e la contropun-
ta. Ad esempio, un tornio 350 mm × 1.2 m indica che il diametro massimo vale 350 mm
e la distanza massima tra le punte 1.2 m.
Metodi di bloccaggio dei pezzi sul tornio Nella tornitura ci sono quattro meto-
di possibili per fissare il pezzo al tornio. Questi metodi sono costituiti da vari meccani-
smi per afferrare il pezzo, centrarlo e supportarlo in posizione lungo l’asse del mandrino
Figura 14.8 Quattro me-
todi di bloccaggio utiliz-
facendolo ruotare. I metodi, illustrati in Figura 14.8, sono (a) il montaggio del pezzo tra
zati nei torni: (a) montag- le punte, (b) l’utilizzo di una pinza a griffe autocentranti, (c) l’utilizzo di una pinza ela-
gio tra le punte con brida stica e (d) l’utilizzo di una piattaforma a griffe indipendenti.
e menabrida, (b) pinza a Montare il pezzo tra le punte si riferisce all’uso di due punte, una sulla testa motri-
tre griffe autocentranti, ce e l’altra sulla contropunta, come in Figura 14.8 (a). Questo metodo è adatto per pezzi
(c) pinza elastica e (d)
piattaforma a griffe indi-
caratterizzati da grandi rapporti lunghezza-diametro. Sul mandrino viene montato un
pendenti per pezzi non dispositivo chiamato menabrida, utilizzato per spingere un altro dispositivo chiama-
cilindrici. (Fonte: Funda- to brida fissato all’esterno del pezzo; in questo modo il pezzo viene fatto ruotare dal
mentals of Modern Ma- mandrino. La contropunta ha una forma conica appuntita, che viene inserita in un foro
nufacturing, 4th Edition by rastremato all’estremità del pezzo. La contropunta può essere «viva» o «morta». Una
Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il per-
punta viva ruota in un cuscinetto nella contropunta, in modo che non vi sia alcuna rota-
messo di John Wiley & zione relativa tra il pezzo e la punta viva e, di conseguenza, nessun attrito tra la punta e
Sons, Inc.) il pezzo. Al contrario, una punta morta è fissata alla contropunta e non ruota, mentre il
Piattaforma (solidale
al mandrino)
Pezzo
Ghiera (si sposta per stringere o allargare la pinza) Staffe o griffe (4)
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 361
pezzo ruota su di essa. A causa dell’attrito e dell’accumulo di calore che si forma, questa
configurazione viene normalmente utilizzata solo per basse velocità di rotazione. Una
punta viva invece può essere utilizzata a velocità più elevate.
La pinza raffigurata in Figura 14.8 (b), è disponibile in diverse versioni, con tre o
quattro griffe per afferrare il diametro esterno di un pezzo cilindrico. Le griffe sono
spesso progettate in modo che possano anche afferrare il diametro interno di un pezzo
tubolare. Una pinza autocentrante ha un meccanismo per poter muovere le griffe verso
l’interno o verso l’esterno contemporaneamente centrando il pezzo sull’asse del man-
drino. Altri tipi di pinze consentono il funzionamento indipendente di ogni griffa. Le
pinze possono essere utilizzate con o senza una contropunta. Per pezzi caratterizzati da
bassi rapporti lunghezza-diametro, di solito per resistere alle forze di taglio è sufficiente
fissare il pezzo a sbalzo nella pinza. Per pezzi più lunghi serve una contropunta.
Una pinza elastica è costituita da una boccola tubolare con fessure longitudinali
lungo metà della sua lunghezza e uniformemente distribuite lungo la sua circonferen-
za, come mostrato in Figura 14.8 (c). Il diametro interno della pinza può contenere un
pezzo cilindrico come una barra. Grazie alle fessure, il diametro della pinza può essere
ridotto per garantire un afferraggio sicuro del pezzo. Poiché vi è un limite alla riduzione
di diametro ottenibile, si deve disporre di pinze di diverse dimensioni in funzione delle
dimensioni dei pezzi da lavorare.
Una piattaforma, mostrata in Figura 14.8 (d), è un dispositivo di bloccaggio che si
fissa al mandrino del tornio e viene utilizzato per afferrare pezzi di forma irregolare, su
cui non si possono usare gli altri metodi di bloccaggio. La piattaforma è dotata di griffe
appositamente progettate per la forma specifica del pezzo.
Utensile di forma
Punta da centro
Punta a forare
Utensile da troncatura
vorazione più complessi e un più elevato numero di operazioni automatiche rispetto alle
macchine tradizionali. Il tornio a controllo numerico è un esempio di applicazione di
questa tecnologia nella tornitura. È particolarmente utile per le operazioni di tornitura
di profili e per pezzi con tolleranze strette. Oggi i torni automatici e a morsetti sono
equipaggiati con controllo numerico.
Pezzo
Pinza (azionata dal mandrino) Brida (per ruotare la barra
Barra di barenatura
di barenatura)
(supportata
Pezzo
tra le punte)
Barra di barenatura (fatta
avanzare all’interno
del pezzo)
Moto di avanzamento Utensile
da taglio
Utensile da taglio Staffe
Tavola Moto di
avanzamento
Figura 14.10 Due forme di barenatura orizzontale: (a) la barra di barenatura avanza all’interno di un pezzo rotante e (b) il pezzo
avanza verso la barra di barenatura rotante. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Figura 14.11 Barra di
barenatura in carburo
di tungsteno (WC- Co)
che utilizza inserti inter-
cambiabili in carburo di
tungsteno. Per gentile
concessione di Kenna-
metal Inc. (Fonte: Fun-
damentals of M odern
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
364 Tecnologia meccanica
14.3 Foratura
La foratura (Figura 14.3 (b)) è una lavorazione che si usa per creare un foro circolare
in un pezzo. Questa operazione è diversa dalla barenatura, che può essere utilizzata
solo per allargare un foro preesistente. La foratura viene generalmente eseguita con un
utensile rotante cilindrico dotato di due taglienti sulla faccia frontale. Questo utensile
si chiama punta a forare. La punta più comune è la punta elicoidale. La punta rotante
Slitta trasversale
Colonna laterale
Testa portautensile
Pezzo
Figura 14.12 Barena-
trice verticale. (Fonte: Testa portautensile
Piano di lavoro
Fundamentals of Modern laterale
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.) Basamento
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 365
avanza nel pezzo fermo per realizzare un foro il cui diametro è uguale al diametro della
punta. La foratura di solito viene svolta su un trapano a colonna, anche se esistono altre
macchine utensili che eseguono questa operazione.
vc
n (14.7)
dove vc è la velocità di taglio in m/min e D il diametro della punta in mm. In alcune ope-
razioni di foratura è il pezzo che ruota e non l’utensile, ma la formula rimane invariata.
L’avanzamento al giro in foratura f è espresso in mm/giro. Gli avanzamenti con-
sigliati sono approssimativamente proporzionali al diametro della punta; a punte con
diametri maggiori corrispondono avanzamenti maggiori. Dato che la punta è dotata (di
solito) di due taglienti, l’avanzamento visto da ogni tagliente (avanzamento al dente fz) è
pari alla metà dell’avanzamento al giro. L’avanzamento può essere convertito in velocità
di avanzamento utilizzando la stessa equazione usata nella tornitura:
vf nf (14.8)
Tm (14.9)
vf
ε (14.10)
Tm (14.11)
vf
vf (14.12)
Q
Questa equazione è valida soltanto a regime, dopo che la punta raggiunge il diametro
completo, e non considera il transitorio di ingresso nel pezzo.
(a) Alesatura. L’alesatura si usa per allargare leggermente un foro, per fornire una mi-
gliore tolleranza sul suo diametro e per migliorarne la finitura superficiale. L’uten-
sile si chiama alesatore e di solito ha flute rettilinei.
(b) Maschiatura. Questa operazione viene eseguita tramite un utensile chiamato ma-
schio ed è utilizzata per filettare internamente un foro già esistente.
(c) Lamatura. La lamatura produce un foro a gradini in cui un diametro maggiore
segue un diametro minore. Un foro lamato viene utilizzato per inserire la testa di un
bullone nel pezzo in modo che la testa non sporga dalla superficie.
(d) Svasatura. È un’operazione simile alla lamatura, ma il gradino nel foro è a forma
conica per viti e bulloni a testa piatta.
(e) Centrinatura. Questa operazione, chiamata anche foratura da centro, realizza un
foro di partenza per stabilire con precisione la sua posizione per una successiva fo-
ratura. L’utensile si chiama punta da centro.
(f) Sfacciatura. La sfacciatura è simile alla fresatura e viene utilizzata per ottenere
una superficie piana in una zona precisa del pezzo.
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 367
Figura 14.14 O p e r a -
zioni di lavorazione per
asportazione di truciolo
legate alla foratura: (a)
alesatura, (b) maschiatu-
ra, (c) lamatura, (d) sva-
satura, (e) centrinatura
e (f) sfacciatura. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
14.3.3 Trapani
La macchina utensile standard usata nella foratura è il trapano. Ci sono vari tipi di tra-
pani; quello di base è il trapano a colonna verticale, illustrato in Figura 14.15. Il trapano
a colonna si appoggia al pavimento e comprende un tavola di lavoro che supporta il
pezzo, una testa di foratura con un mandrino motorizzato per muovere la punta, un ba-
samento e una colonna di sostegno. Un trapano simile, ma più piccolo, è il trapano da
banco, che è montato su un tavolo o un bancone anziché sul pavimento.
Il trapano radiale (o trapano a bandiera), mostrato in Figura 14.16, è un trapano
di grandi dimensioni progettato per eseguire fori in pezzi di grandi dimensioni. Ha un
braccio radiale lungo il quale si può muovere e bloccare la testa di foratura. La testa può
Testa
(potenza)
Testa regolabile
Colonna
Mandrino
Figura 14.15 Trapano a
colonna. (Fonte: Funda-
Tavola mentals of Modern Ma-
di lavoro nufacturing, 4th Edition by
Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il per-
messo di John Wiley &
Basamento Sons, Inc.)
368 Tecnologia meccanica
Figura 14.16 Trapano
radiale. Per gentile con-
cessione di Willis Machi-
nery and Tools. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
quindi essere posizionata lungo il braccio in posizioni anche distanti dalla colonna per
lavorare pezzi di grandi dimensioni. Il braccio radiale può anche essere ruotato attorno
alla colonna per eseguire fori su entrambe le estremità del piano di lavoro.
Il trapano a gruppo di foratura è essenzialmente un trapano a colonna composto
da diverse punte verticali (da due a sei) disposte in linea. Ogni mandrino è azionato e
gestito in modo indipendente e condivide il piano di lavoro con gli altri, in modo da
poter fare in sequenza diverse forature o altre operazioni (ad esempio, centrinatura, fo-
ratura, alesatura e maschiatura) semplicemente facendo scorrere il pezzo lungo il piano
di lavoro da un mandrino all’altro. Una macchina simile è il trapano multimandrino,
che ha diversi mandrini collegati per forare contemporaneamente il pezzo.
Esistono anche dei trapani a controllo numerico computerizzato per controllare
il posizionamento dei fori nel pezzo. Questi trapani sono spesso dotati di torrette conte-
nenti vari utensili che possono essere selezionati usando degli appositi programmi. Per
indicare queste macchine utensili si usa il termine di trapano a torretta a controllo
numerico.
I pezzi vengono bloccati sul trapano con una morsa, un’attrezzatura di bloccaggio
o una maschera di foratura. Una morsa è un dispositivo di bloccaggio ad uso generale
che possiede due ganasce che tengono il pezzo in posizione. Un’attrezzatura di bloc-
caggio è un dispositivo solitamente progettato su misura per il pezzo specifico. Questo
dispositivo può essere progettato per ottenere una maggiore accuratezza nel posiziona-
mento del pezzo per la lavorazione, dei tempi di produzione più rapidi e una maggiore
comodità dell’operatore. Anche la maschera di bloccaggio è un dispositivo progettato
appositamente per il pezzo specifico, ma è diversa rispetto all’attrezzatura di bloccag-
gio perché fornisce anche una guida all’utensile durante la foratura. Una maschera di
bloccaggio usata per la foratura è chiamata anche maschera di foratura (o dima).
14.4 Fresatura
La fresatura è una lavorazione in cui il pezzo viene movimentato sotto un utensile ro-
tante cilindrico pluritagliente, come illustrato in Figura 14.2 (d) e 14.2 (e). In casi più rari
viene anche usato un utensile monotagliente, chiamato fresa monotagliente o fly-cut-
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 369
ter. L’utensile della fresatura è chiamato fresa e gli spigoli taglienti sono chiamati denti.
La macchina utensile standard che esegue questa operazione è la fresatrice.
La forma geometrica creata mediante fresatura è una superficie piana. Si possono
creare anche altre geometrie del pezzo regolando il percorso di taglio o la forma dei
taglienti. La fresatura è una delle lavorazioni per asportazione di truciolo più versa-
tili e diffuse proprio per la varietà di possibili forme e le produzioni elevate che può
ottenere.
La fresatura è un’operazione di taglio interrotto: i taglienti della fresa entrano e
escono dal pezzo a ogni giro. Questa azione di taglio interrotto espone i taglienti della
fresa a cicli di forze di impatto e shock termici a ogni rotazione. Il materiale dell’utensi-
le e la forma dei taglienti devono essere progettati per resistere a tali condizioni.
Fresatura periferica Nella fresatura periferica, detta anche fresatura piana, l’asse
dell’utensile è parallelo alla superficie da lavorare e l’operazione viene eseguita dai ta-
glienti sulla superficie laterale della fresa. I diversi tipi di fresatura periferica sono mo-
strati in Figura 14.18: (a) fresatura periferica convenzionale (slab milling), la forma
di base della fresatura periferica, in cui la larghezza della fresa si estende oltre il pezzo
su entrambi i lati, (b) fresatura di scanalature (slotting), in cui la larghezza della fresa
è inferiore alla larghezza del pezzo, per creare una cava nel pezzo o anche, quando la
fresa è molto sottile, per tagliare un pezzo in due parti; in questo caso viene chiamata
fresatura di segatura, (c) fresatura laterale, in cui la fresa è applicata solo a un lato
del pezzo, (d) fresatura simultanea (straddle milling), simile a quella laterale, ma il
taglio avviene su entrambi i lati del pezzo e (e) fresatura di forma, in cui i taglienti
hanno un profilo particolare che determina la forma prodotta nel pezzo. La fresatura di
forma è quindi classificata come operazione di formatura.
Nella fresatura periferica, il senso di rotazione della fresa divide le operazioni di
fresatura in due tipi, la fresatura in discordanza (up milling) e la fresatura in concor-
danza (down milling), illustrate in Figura 14.19. Nella fresatura in discordanza, il
Moto di taglio
Fresa
Fresa Profondità
Moto di taglio
Profondità Figura 14.17 I due
tipi di operazioni di
fresatura: (a) fresatu-
ra periferica o piana
e (b) fresatura fron-
tale. (Fonte: Funda-
mentals of Modern
Manufacturing, 4 th
Edition by Mikell P.
Avanzamento Pezzo
Groover, 2010. Ri-
Pezzo stampato con il per-
Avanzamento
messo di John Wiley
& Sons, Inc.)
370 Tecnologia meccanica
Figura 14.18 Fresatura
periferica: (a) fresatura Pezzo Pezzo Pezzo
periferica convenziona-
le, (b) fresatura di sca-
nalature, (c) fresatura
laterale, (d) fresatura si-
multanea (straddle), (e)
fresatura di forma. (Fon-
te: Fundamentals of Mo-
dern Manufacturing, 4 th
Edition by Mikell P. Gro-
over, 2010. Ristampato Pezzo Pezzo
con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.) (e)
verso della forza esercitata dai taglienti della fresa sul pezzo nella direzione di avanza-
mento è opposta al verso dell’avanzamento conferito al pezzo. Si tratta di una fresatura
«contro l’avanzamento». Nella fresatura in concordanza il verso della forza esercitata
dai taglienti della fresa sul pezzo nella direzione di avanzamento è concorde al verso
dell’avanzamento conferito al pezzo. Si tratta di fresatura «con l’avanzamento».
La diversa configurazione geometrica di questi due tipi di fresatura causa una dif-
ferenza nelle due azioni di taglio. Nella fresatura in discordanza, il truciolo formato da
ogni dente è molto sottile all’ingresso e aumenta di spessore durante l’azione di taglio.
Nella fresatura in concordanza, il truciolo ha lo spessore massimo all’ingresso e si ridu-
ce di spessore durante il taglio. La lunghezza del truciolo nella fresatura in concordanza
è molto minore rispetto alla discordanza (questa differenza è stata esagerata nella figu-
ra). Questo significa che la fresa è impegnata nella lavorazione per un tempo inferiore
a parità di volume di materiale da tagliare; ciò tende ad aumentare la vita dell’utensile
nella fresatura in concordanza.
La direzione della forza di taglio è tangente alla superficie della fresa per i taglienti
che sono impegnati nel taglio. Nella fresatura in discordanza, ciò tende a sollevare il
pezzo quando i taglienti escono dal materiale in lavorazione (da cui up milling). Al con-
trario, nella fresatura in concordanza, la forza di taglio punta verso il basso quindi tende
a mantenere il pezzo contro il piano della fresatrice.
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 371
Fresatura frontale Nella fresatura frontale, l’asse della fresa è perpendicolare alla
superficie del pezzo e la lavorazione viene eseguita dai taglienti sia sul fondo sia sulla
superficie periferica della fresa. Come nella fresatura periferica, esistono vari tipi di
fresatura frontale, molti dei quali sono illustrati in Figura 14.20: (a) fresatura frontale
convenzionale, in cui il diametro della fresa è maggiore della larghezza del pezzo da
fresare così che i bordi della fresa si estendano oltre il pezzo, (b) fresatura frontale
parziale, dove la fresa si estende solo su un lato del pezzo, (c) fresatura a candela (end
milling), in cui il diametro della fresa è inferiore alla larghezza del pezzo allo scopo di
creare delle cave, (d) fresatura di contornatura (o contornitura), in cui si effettua il
taglio sulla superficie esterna di un pezzo piano determinandone il contorno, (e) fresa-
tura di tasche, utilizzata per realizzare delle tasche poco profonde in pezzi piani e (f)
contornatura di una superficie, in cui una fresa a punta sferica (anziché quadrata)
viene fatta avanzare avanti e indietro a passo stretto lungo un percorso curvilineo per
creare una forma tridimensionale sulla superficie del pezzo (superficie free-form). Lo
stesso tipo di fresa si usa per sagomare le cavità degli stampi e in questo caso l’operazio-
ne prende il nome di fresatura di stampi (die sinking).
vc
n (14.13)
Pezzo Pezzo
Pezzo
Figura 14.20 Fresatu-
ra frontale: (a) fresatura
frontale convenzionale,
(b) fresatura frontale par-
ziale, (c) fresatura a can-
dela, (d) fresatura di con-
tornatura, (e) fresatura di
tasche e (f) contornatura
di una superficie. (Fonte:
Avanzamento Fundamentals of Modern
Avanzamento Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
Avanzamento permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
372 Tecnologia meccanica
vf = nZfz(14.14)
dove vf è la velocità di avanzamento in mm/min, n è la velocità di rotazione in giri/min,
Z è il numero di taglienti della fresa e fz è l’avanzamento al dente in mm/dente.
Il tasso di asportazione del materiale nella fresatura è determinata dal prodotto
dell’area della sezione trasversale del taglio per la velocità di avanzamento. Pertanto,
in un’operazione di fresatura periferica convenzionale (Figura 14.18(a)) per tagliare un
pezzo con profondità di passata assiale ap pari alla larghezza del pezzo e una profondità
di passata radiale ae, il tasso di asportazione del materiale è:
Q ap aevf (14.15)
Questa formula trascura il transitorio di ingresso della fresa nel pezzo, prima che rag-
giunga l’impegno completo. L’Equazione 14.15 si può applicare anche alla fresatura a
candela, alla fresatura frontale parziale, alla fresatura frontale convenzionale e alle al-
tre, adattando il calcolo della sezione trasversale di taglio.
Il tempo necessario per fresare un pezzo di lunghezza L deve tenere conto del-
la distanza di avvicinamento necessaria a impegnare tutta la fresa. Consideriamo ad
esempio il caso di una fresatura periferica, mostrato in Figura 14.21. Per determinare
il tempo necessario a eseguire questa operazione, la distanza di avvicinamento A per
raggiungere la profondità finale è data da:
ae (D – ae) (14.16)
Tm (14.17)
vf
Per la fresatura frontale, consideriamo i due casi riportati in Figura 14.22. Il primo caso
si ha quando la fresa è allineata a un pezzo rettangolare come in Figura 14.22 (a). La fre-
sa avanza da destra a sinistra lungo tutto il pezzo. Affinché la fresa copra la larghezza
completa del pezzo, essa deve raggiungere la distanza:
ae (14.18)
Figura 14.21 Fresatura vf
ae
periferica: ingresso della
fresa nel pezzo. (Fonte:
Fundamentals of Modern Avanzamento
Manufacturing, 4 th Edi- (relativo al pezzo) Pezzo
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.) Vista laterale
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 373
ae
Posizione della fresa all’inizio del taglio Figura 14.22 Fresatura
frontale: distanze di av-
vicinamento e extracorsa
nei due casi: (a) fresa al-
ae lineata al pezzo e (b) fre-
sa su un lato del pezzo.
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4 th Edition by Mikell P.
Vista dall’alto Vista dall’alto Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
Il secondo caso si ha quando la fresa viene posta lateralmente e non allineata al pez-
zo, come in Figura 14.22 (b). In questo caso, la distanza di ingresso è data da:
ae (D – ae) (14.19)
dove ae è la profondità di passata radiale in mm. In entrambi i casi, il tempo di lavora-
zione è dato da:
Tm (14.20)
vf
Va sottolineato che in tutti questi scenari di fresatura, Tm rappresenta il tempo in cui i
taglienti della fresa sono impegnati nel taglio del pezzo producendo i trucioli. Delle di-
stanze di avvicinamento e di extracorsa sono solitamente aggiunte all’inizio e alla fine
di ogni taglio per consentire di accedere al pezzo per il carico e lo scarico. La durata
effettiva del moto di avanzamento della fresa può quindi essere maggiore di Tm.
14.4.3 Fresatrici
Le fresatrici devono avere un mandrino rotante per la fresa e una tavola di lavoro per il
bloccaggio, il posizionamento e l’avanzamento del pezzo. Varie macchine utensili soddi-
sfano questi requisiti. Innanzitutto, le fresatrici possono essere classificate in orizzontali
o verticali. Una fresatrice orizzontale ha il mandrino orizzontale quindi è più adatta per
eseguire fresature periferiche (come la fresatura periferica convenzionale, di scanalature
e laterale) su pezzi che sono approssimativamente a forma di cubo. Una fresatrice ver-
ticale ha il mandrino verticale quindi è più adatta per la fresatura frontale, la fresatura
a candela, la contornatura e la fresatura free-form su pezzi relativamente piatti. A parte
l’orientamento del mandrino, le fresatrici possono essere classificate nelle seguenti tipolo-
gie: (1) ginocchio-e-colonna, (2) a banco fisso, (3) piana, (4) tracciante e (5) CNC.
La fresatrice ginocchio-e-colonna è la macchina utensile di base per la fresatura.
Il suo nome deriva dal fatto che i suoi due componenti principali sono una colonna che
supporta il mandrino e un ginocchio (molto simile a un ginocchio umano) che supporta
il piano di lavoro. Questo tipo di fresatrice è disponibile sia in configurazione orizzontale
sia verticale, come illustrato in Figura 14.23. Nella versione orizzontale di solito un albero
supporta la fresa. L’albero è fondamentalmente un’asta che sorregge la fresa ed è azionato
dal mandrino. Per sostenere l’albero si usa un braccio. Sulle fresatrici ginocchio-e-colonna
verticali la fresa può essere montata direttamente sul mandrino senza utilizzare l’albero.
Una delle caratteristiche della fresatrice ginocchio-e-colonna che le rende così versa-
tili è la loro capacità di movimento del piano di lavoro lungo tutti gli assi x-y-z. Il piano di
lavoro infatti può essere spostato lungo l’asse x, la slitta può essere spostata lungo l’asse y
374 Tecnologia meccanica
Moto di taglio
Testa
Braccio
Colonna
Albero Piano di lavoro
Piano di lavoro
Fresa Fresa
Moto di taglio
Slitta
Colonna Slitta
Ginocchio
Ginocchio
Avanzamento Avanzamento
Basamento Basamento
Moti della tavola
Figura 14.23 Due tipi di fresatrice ginocchio-e-colonna: (a) orizzontale e (b) verticale. (Fonte: Fundamentals of Modern Manu-
facturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
e il ginocchio può essere spostato verticalmente per effettuare movimenti lungo l’asse z.
Si possono identificare due fresatrici ginocchio-e-colonna particolari. Una è la fresa-
trice universale, riportata in Figura 14.24 (a), dotata di una tavola che può essere ruotata nel
piano orizzontale (attorno ad un asse verticale) di qualsiasi angolo. Questo facilita il taglio
di eliche e forme inclinate sul pezzo. La seconda è la fresatrice a cannotto, riportata in Fi-
gura 14.24 (b), in cui la testa portautensile contenente il mandrino si trova all’estremità di un
cannotto orizzontale; il cannotto può essere regolato verso l’interno o verso l’esterno lungo il
piano di lavoro per posizionare nel modo più adatto la fresa rispetto al pezzo. Il portautensile
può anche essere ruotato per ottenere un orientamento inclinato della fresa rispetto al pezzo.
Queste caratteristiche forniscono una notevole versatilità per lavorare pezzi di diverse forme.
Le fresatrici a banco fisso sono progettate per elevate produzioni. Hanno una maggio-
re rigidità delle fresatrici ginocchio-e-colonna; ciò permette loro di raggiungere velocità di
avanzamento e profondità di passata maggiori quindi tassi di rimozione di materiale più ele-
vati. La configurazione tipica della fresatrice a banco fisso è mostrata in Figura 14.25. Il piano
di lavoro è montato direttamente sul basamento della macchina utensile invece di applicare
Testa
portautensile
Tavola rotante Colonna
Mandrino Regolazione
Piano di lavoro della testa
Fresa portautensile
Slitta Slitta
Colonna Piano di lavoro
Ginocchio Ginocchio
Figura 14.24 Tipi speciali di fresatrice ginocchio-e-colonna: (a) universale (per maggiore chiarezza il braccio, l’albero e la
fresa non sono riportati) e (b) a cannotto. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 375
il metodo meno rigido del ginocchio. Questa configurazione limita il movimento del tavolo a
un avanzamento longitudinale del pezzo sotto la fresa. La fresa è montata sulla testa del man-
drino, che può essere regolata verticalmente lungo la colonna della macchina. Le macchine
con un solo mandrino sono dette fresatrici simplex, come quella in Figura 14.25; sono dispo-
nibili modelli sia orizzontali sia verticali. Le fresatrici duplex hanno due mandrini e le teste
di solito sono posizionate orizzontalmente sui lati opposti del banco per eseguire operazioni
simultanee durante l’avanzamento del pezzo. Le fresatrici triplex hanno un terzo mandrino
montato verticalmente sopra il banco per aumentare ulteriormente la capacità di lavorazione.
Le fresatrici piane sono le fresatrici più grandi. Il loro aspetto e la loro architettura
sono molto simili a quelli delle piallatrici (mostrate in Figura 14.31); la differenza è che
viene eseguita una fresatura anziché una piallatura. Di conseguenza, una o più teste di
fresatura sono sostituite agli utensili monotaglienti utilizzati sulle piallatrici e il moto
del pezzo sotto l’utensile è un moto di avanzamento anziché di taglio. Le fresatrici piane
sono costruite per lavorare pezzi di grandi dimensioni. Il piano di lavoro e il basamento
della macchina sono pesanti e relativamente bassi rispetto a terra e le teste di fresatura
sono supportate da una struttura a ponte che si estende attraverso il piano di lavoro.
Una fresatrice a copiare, chiamata anche fresatrice di profilatura, è progettata per ri-
produrre la forma irregolare di un pezzo creata precedentemente su un modello. Utilizzando
un avanzamento manuale eseguito da un operatore umano o un avanzamento automatico, una
sonda di copiatura viene controllata per seguire il modello, mentre una testa di fresatura dupli-
ca il percorso seguito dalla sonda per lavorare la forma desiderata. Queste fresatrici si possono
dividere in due tipologie: (1) tracciatura x-y, in cui si realizza il contorno di un modello utiliz-
zando un controllo a due assi e (2) tracciatura x-y-z, in cui la sonda segue dei percorsi tridimen-
sionali usando un controllo a tre assi. Le fresatrici a copiare sono usate per creare forme che
non possono essere generate facilmente usando soltanto un movimento di avanzamento del
pezzo contro la fresa. Le applicazioni comprendono gli stampi e le matrici. Negli ultimi anni,
molte di queste applicazioni sono state riprese dalle fresatrici a controllo numerico (CNC).
Le fresatrici CNC sono fresatrici in cui il percorso dell’utensile viene controllato
da dati alfanumerici anziché da un modello fisico. Sono particolarmente adatte per ope-
razioni di fresatura di profili, fresatura di tasche, contornatura di superfici e fresatura
di stampi, in cui due o tre assi del piano di lavoro devono essere controllati contempora-
neamente per realizzare il percorso della fresa. Di solito è necessario l’intervento di un
operatore per cambiare la fresa e caricare e scaricare il pezzo.
Un centro di lavoro, illustrato in Figura 14.26, è una macchina utensile altamente au-
tomatizzata in grado di eseguire lavorazioni multiple sotto controllo numerico, in un
Velocità di rotazione, n
unico setup e richiedendo un intervento umano minimo. Gli operatori servono solo per
caricare e scaricare i pezzi, operazioni che di solito durano un tempo considerevolmente
inferiore al tempo ciclo della macchina, in modo che un unico operatore possa gestire
più macchine contemporaneamente. Le operazioni tipiche eseguite su un centro di lavo-
ro sono quelle che utilizzano degli utensili rotanti, come la fresatura e la foratura.
Le caratteristiche tipiche che distinguono i centri di lavoro dalle macchine utensili
tradizionali e li rendono così produttivi sono le seguenti:
• Operazioni multiple in un unico setup. La maggior parte dei pezzi richiede più di
un’operazione per essere prodotta nella forma finale. I pezzi più complessi possono
richiedere decine di operazioni di lavorazione diverse, ognuna delle quali richie-
de la propria macchina utensile, le proprie configurazioni e il proprio utensile da
taglio. I centri di lavoro sono in grado di eseguire pressoché tutte le operazioni in
un’unica sede, riducendo così al minimo il tempo di produzione.
• Cambio utensili automatico. Per passare da una lavorazione alla successiva, si
deve cambiare l’utensile da taglio. Su un centro di lavoro questo viene fatto sotto
il controllo di un programma CNC da un sistema automatico di cambio utensili
progettato per il cambio delle frese tra il mandrino della macchina utensile e un ma-
gazzino portautensili. La capacità di questi magazzini va da 16 a più di 80 utensili.
La macchina in figura 14.26 ha due magazzini sul lato sinistro della colonna.
• Cambio pallet. Alcuni centri di lavoro sono dotati di cambio pallet; i pallet vengo-
no trasferiti automaticamente dalla posizione del mandrino alla stazione di carico,
come illustrato in Figura 14.26. I pezzi sono fissati ai pallet, i quali sono a loro volta
fissati al cambio pallet. In questo caso l’operatore può scaricare il pezzo precedente
e caricare il successivo mentre la macchina è impegnata nella lavorazione del pezzo
corrente. In questo modo si riducono i tempi improduttivi della macchina.
• Posizionamento automatico del pezzo. Molti centri di lavoro hanno più di tre assi.
Uno degli assi addizionali viene spesso progettato come una tavola rotante per posi-
zionare il pezzo ad un angolo specifico rispetto al mandrino. La tavola rotante per-
mette alla fresa di eseguire lavorazioni sui quattro lati del pezzo in un unico setup.
I centri di lavoro sono classificati in orizzontali, verticali e universali. La denominazione
si riferisce all’orientamento del mandrino. I centri di lavoro orizzontali (horizontal machi-
ning centers, HMC) di solito effettuano lavorazioni di pezzi cubici in cui la fresa può lavo-
rare i quattro lati verticali del cubo. I centri di lavoro verticali (vertical machining centers,
VMC) sono adatti a pezzi piani su cui l’utensile può lavorare la superficie superiore. I
centri di lavoro universali hanno teste di lavoro che muovono il loro asse mandrino di
qualsiasi angolo tra l’orizzontale e la verticale, come mostrato in Figura 14.26.
Il successo di centri di lavoro a controllo numerico ha portato anche allo sviluppo
di centri di tornitura a controllo numerico. Un moderno centro di tornitura CNC, Fi-
Figura 14.26 Un centro
di lavoro universale, la
cui capacità di orientare
la testa di taglio lo rende
una macchina a cinque
assi. Per gentile con-
cessione di Cincinnati
Milacron. (Fonte: Funda-
mentals of Modern Ma-
nufacturing, 4th Edition by
Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il per-
messo di John Wiley &
Sons, Inc.)
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 377
n n
Utensile
Fresa Utensile
da tornitura Punta da troncatura
a forare
n n
Figura 14.28 Funzionamento di un centro di tornitura-fresatura: (a) esempio di pezzo con superfici tornite, fresate e forate e
(b) sequenza di operazioni su un centro di tornitura-fresatura: (1) tornitura del secondo diametro, (2) fresatura di un piano con
il pezzo nella posizione angolare programmata, (3) foratura con il pezzo nella stessa posizione programmata e (4) troncatura.
(Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
378 Tecnologia meccanica
aggiungendo dei robot industriali alla macchina [2], [16]. Per indicare queste macchine utensili
si usano anche i termini di macchina multitasking e macchina multifunzione.
Oltre alla tornitura, la foratura e la fresatura, ci sono diverse altre operazioni di lavo-
razione per asportazione di truciolo da considerare: (1) la limatura e la piallatura, (2) la
brocciatura e (3) la segatura.
Moto
Speed di motion
taglio
(lineare, utensile)
(linear, tool)
Moto
Feeddi avanzamento
motion
MotoFeed
di avanzamento
motion Superficie lavorata (intermittent, tool)
(intermittente, utensile)
New surface
(intermittente, pezzo)
(intermittent, work)
Superficie
New surface
lavorata
Pezzo
Workpart Speed
Moto di motion
taglio Pezzo
Workpart
(linear,pezzo)
(lineare, work)
(a) Shaping
(a) Limatura (b)
(b)Piallatura
Planing
Figura 14.29 (a) Limatura e (b) piallatura. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Testa
portautensile
Figura 14.30 Compo-
nenti di una limatrice.
(Fonte: Fundamentals of
Pezzo Guida
Modern Manufacturing,
trasversale
4 th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam- Piano di lavoro
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.) Basamento
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 379
Limatura La limatura viene eseguita su una macchina utensile chiamata limatrice, mo-
strata in Figura 14.30. I componenti della limatrice sono un cannotto, che si muove rispetto
a una colonna per fornire il moto di taglio, e un piano di lavoro che supporta il pezzo e
esegue il moto di avanzamento. Il moto del cannotto è costituito da una corsa di andata, per
realizzare il taglio, e una corsa di ritorno, durante la quale l’utensile viene sollevato legger-
mente per liberare il pezzo e riposizionarlo per la passata successiva. Alla fine di ogni corsa
di ritorno, il piano di lavoro avanza lateralmente rispetto alla traiettoria del cannotto per
sottoporre all’utensile una nuova porzione di pezzo da lavorare. L’avanzamento si misura
in mm/corsa. Il meccanismo di azionamento del cannotto può essere idraulico o meccani-
co. L’azionamento idraulico ha una maggiore flessibilità nella regolazione della lunghezza
della corsa e una velocità più uniforme durante la corsa in avanti, ma è più costoso di un
azionamento meccanico. Sia le unità meccaniche sia quelle idrauliche sono progettate per
avere delle velocità più elevate durante la corsa di ritorno rispetto a quella di andata (corsa di
taglio), aumentando così la percentuale di tempo usato per il taglio.
Guida trasversale
Colonna
Portautensile
Pezzo
Figura 14.32 Tipi di forme che si possono realizzare tramite limatura e piallatura: (a) scanalatura
a V, (b) scanalatura quadrata, (c) scanalatura a T, (d) scanalatura a coda di rondine e (e) denti di
ingranaggio. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
14.6.2 Brocciatura
La brocciatura viene eseguita utilizzando un utensile da taglio a taglienti multipli, muo-
vendo l’utensile linearmente rispetto al pezzo nella direzione dell’asse dell’utensile,
come mostrato in Figura 14.33. La macchina utensile è chiamata brocciatrice e l’utensile
da taglio broccia. Nelle lavorazioni in cui è possibile applicarla, la brocciatura è un’ope-
razione molto produttiva. I vantaggi sono la buona finitura superficiale, le tolleranze ri-
strette e la varietà di forme che si possono realizzare sul pezzo. Però, a causa della forma
complessa e spesso personalizzata della broccia, è un’operazione molto costosa.
Ci sono due tipi principali di brocciatura: esterna (anche chiamata brocciatura di
superficie) e interna. La brocciatura esterna viene eseguita sulla superficie esterna del
pezzo per dare una certa forma alla sezione trasversale della superficie. La Figura 14.34
(a) mostra alcuni possibili sezioni trasversali che possono essere realizzate tramite una
brocciatura esterna. La brocciatura interna è realizzata sulla superficie interna di un
foro nel pezzo. Di conseguenza, nel pezzo deve essere già presente un foro in modo
da potervi inserire la broccia all’inizio della corsa di brocciatura. La Figura 14.34 (b)
mostra alcune delle forme che possono essere prodotte tramite una brocciatura interna.
La funzione principale di una brocciatrice è fornire un movimento lineare preciso
dell’utensile attraverso una posizione stazionaria del pezzo, ma ci sono vari modi in cui
questa funzione può essere assolta. Le brocciatrici si dividono in macchine verticali e
orizzontali. La brocciatrice verticale è progettata per spostare la broccia lungo un per-
corso verticale, mentre nella brocciatrice orizzontale l’utensile segue un percorso oriz-
zontale. La maggior parte delle brocciatrici tirano la broccia attraverso il pezzo, ma ci
sono delle eccezioni. Una di queste è un tipo relativamente semplice di macchina, chia-
mata pressa di brocciatura, usata solo per la brocciatura interna, che spinge l’utensile at-
traverso il pezzo. Un’altra eccezione è la brocciatrice continua, in cui i pezzi sono fissati
su un nastro continuo e si muovono rispetto a una broccia fissa. A causa del suo funziona-
mento continuo, questa macchina può essere utilizzata solo per brocciature di superficie.
Moto di taglio
Utensile
Figura 14.33 Operazio-
ne di brocciatura. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4 th Edi-
tion by Mikell P. Groover, Materiale rimosso da un dente
Pezzo
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 381
Figura 14.34 Forme di pezzi che possono essere realizzate tramite (a) brocciatura esterna e (b) brocciatura interna. Il tratteg-
gio indica le superfici lavorate. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
14.6.3 Segatura
La segatura è un processo utilizzato per produrre un taglio sottile nel pezzo per mezzo
di un utensile costituito da una serie di denti vicini tra loro. La segatura viene nor-
malmente utilizzata per dividere un pezzo in due parti o per tagliare una porzione non
desiderata di un pezzo. Queste operazioni sono anche indicate come operazioni di tron-
catura. Dal momento che molte aziende richiedono queste operazioni in qualche punto
del processo di produzione, la segatura è un processo di produzione importante.
Nella maggior parte delle operazioni di segatura, il pezzo è mantenuto fermo e la
sega viene spostata rispetto ad esso. Ci sono tre tipi di base di segatura, come mostrato
in Figura 14.35, a seconda del tipo di movimento della sega: (a) alternato, (b) a nastro
e (c) circolare. La segatura alternata, Figura 14.35 (a), comporta un movimento lineare
alternato della sega sul pezzo. Questo metodo viene utilizzato spesso nelle operazioni
di troncatura. Il taglio viene eseguito solo nella corsa di andata della sega. A causa di
questa azione di taglio intermittente, la segatura alternativa è intrinsecamente meno
efficiente rispetto agli altri due metodi, che sono entrambi continui. La lama a seghetto
è un utensile sottile e dritto con i denti da taglio su un bordo. La segatura alternata può
Verso direction
Blade della sega
Telaio della sega Moto dimotion
Speed taglio
Sega
Saw blade
Avanzamento
Feed Moto di
Corsa
Cuttingdistroke
taglio Feed
avanzamento
Feed
Potenza
Power Pezzo
motrice
drive Pezzo
(a)
(b)
Figura 14.35 Tre tipi di operazioni di segatura: (a) segatura alternata, (b) segatura a nastro (verticale) e (c) segatura circolare.
(Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
382 Tecnologia meccanica
Una tendenza continua lungo tutta la storia della lavorazione per asportazione di trucio-
lo dei metalli è stata la ricerca di velocità di taglio sempre più elevate. Negli ultimi anni,
c’è stato un rinnovato interesse in questo settore a causa del suo potenziale nel raggiun-
gimento di tassi di produzione più alti, tempi di consegna più brevi, riduzione dei costi e
miglioramento della qualità dei pezzi. Nella sua definizione più semplice, lavorazione
per asportazione di truciolo ad alta velocità (high-speed machining, HSM) signifi-
ca usare delle velocità di taglio che sono significativamente superiori rispetto a quelle
utilizzate nelle lavorazioni tradizionali. Alcuni esempi di valori di velocità di taglio per
HSM sono riportati in Tabella 14.1, secondo i dati raccolti da Kennametal Inc.1
Sono state date altre definizioni delle lavorazioni HSM per includere l’ampia gam-
ma di materiali da lavorare e di utensili utilizzati in queste lavorazioni. Una definizione
1
Kennametal Inc. è uno dei principali produttori di utensili da taglio.
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 383
TABELLA 14.1 Confronto tra le velocità di taglio utilizzate in lavorazioni convenzionali e in lavorazioni ad alta velocità
per diversi materiali da lavorare.
molto nota è data dal DN ratio, cioè il diametro del foro della pinza (mm) moltiplicato
per la velocità massima del mandrino (giri/min). Per le lavorazione ad alta velocità, il
rapporto DN tipico è tra 500,000 e 1,000,000. Questa definizione permette a mandrini
di diametro più grande di rientrare nel campo delle lavorazioni HSM anche se operano a
velocità di rotazione più basse. Le velocità dei mandrini in operazioni HSM sono com-
prese tra gli 8,000 e i 35,000 giri al minuto; alcuni mandrini moderni arrivano anche a
100,000 giri al minuto.
Un’altra definizione di lavorazione HSM è basata sul rapporto tra la potenza e la ve-
locità massima del mandrino in giri al minuto (W/rpm). Le macchine utensili tradizionali
di solito hanno un rapporto W/rpm maggiore di quelle per la lavorazione ad alta velocità.
La linea di demarcazione tra le lavorazioni convenzionali e le lavorazioni HSM secondo
questo indice è circa 3.7 W/rpm. Quindi le macchine di lavorazione ad alta velocità inclu-
dono sia mandrini da 37 kW in grado di ruotare a 10,000 giri al minuto (3.7 W/rpm) sia
mandrini da 15 kW in grado di ruotare a 30,000 giri al minuto (3.7 W/rpm).
I requisiti per la lavorazione ad alta velocità sono: (1) mandrini ad alta velocità che
utilizzino cuscinetti speciali progettati per operazioni a elevato numero di giri al minu-
to, (2) elevata velocità di avanzamento, tipicamente attorno a 50 m/min, (3) controllo nu-
merico con funzione «lookahead» che permetta al CNC di rilevare i cambi di direzione
successivi e di apportare le modifiche necessarie per evitare che il percorso dell’utensile
non si allontani eccessivamente dalla traiettoria desiderata, (4) utensili, portautensili e
mandrini bilanciati per ridurre al minimo le vibrazioni, (5) sistemi refrigeranti a pres-
sioni molto superiori rispetto alle lavorazioni convenzionali e (6) sistemi di controllo e
di rimozione del truciolo per gestire le quantità molto più elevate di materiale rimosso.
Sono anche importanti i materiali degli utensili da taglio. Come riportato in Tabella
14.1, vari materiali per utensili sono utilizzati nelle lavorazioni ad alta velocità; tali ma-
teriali saranno discussi nel capitolo seguente.
Le lavorazioni per asportazione di truciolo vengono utilizzate per produrre pezzi di for-
me definite con tolleranze e finiture superficiali specificate dal progettista del prodotto.
In questa sezione vengono esaminati gli argomenti legati alle tolleranze e alla finitura
superficiale ottenibile nelle lavorazioni per asportazione di truciolo.
384 Tecnologia meccanica
TABELLA 14.2 Tolleranze e valori di rugosità (media aritmetica) tipicamente raggiungibili nelle lavorazioni per asportazione
di truciolo
* Le tolleranze della foratura di solito sono espresse come tolleranze bilaterali asimmetriche (ad esempio, + 0.010/ –0.002). I valori in questa
tabella sono espressi come i valori più prossimi di tolleranza bilaterale simmetrica (ad esempio ± 0.006). Compilato da varie fonti, tra cui [8], [9],
[10], [21] e altri.
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 385
Fattori geometrici Questi sono i parametri che determinano la geometria della su-
perficie di un pezzo lavorato e sono (1) il tipo di lavorazione, (2) la forma dell’utensile,
in particolare il raggio di punta e (3) l’avanzamento. La geometria che si otterrebbe in
assenza di materiale lavorato, di vibrazioni e di fattori legato alla macchina utensile è Figura 14.36 Effetto dei
fattori geometrici nella
detta rugosità superficiale «ideale» o «teorica».
d ete r m i na zi o n e d e l l a
Il tipo di lavorazione si riferisce al processo utilizzato per generare la superficie. Ad finitura teorica sulla su-
esempio, la fresatura periferica, la fresatura frontale e la piallatura producono tutte una per ficie del pezzo nel
superficie piana, tuttavia, la geometria della superficie è diversa per ogni operazione a caso di utensili mono-
causa delle differenze nella forma degli utensili e della modalità con cui l’utensile inte- taglienti: (a) effetto del
raggio di punta, (b) ef-
ragisce con la superficie. Un esempio di queste differenze è mostrato in Figura 4.4 che
fetto dell’avanzamento e
rappresenta le possibili disposizioni di una superficie. (c) effetto dell’angolo di
Gli effetti della geometria dell’utensile e dell’avanzamento si combinano per forma- registrazione del taglien-
re la geometria della superficie. La forma della punta dell’utensile è il fattore geometrico te secondario. (Fonte:
più importante. Gli effetti di un utensile monotagliente sono evidenti in Figura 14.36. A Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4 th Edi-
parità di avanzamento, un raggio di punta maggiore fa sì che le tracce dell’avanzamento
tion by Mikell P. Groover,
siano meno marcate, determinando in tal modo una finitura migliore. A parità di raggio 2010. Ristampato con il
di punta, un avanzamento maggiore aumenta la distanza tra le tracce dell’avanzamento, permesso di John Wiley
aumentando il valore della rugosità superficiale ideale. Se la velocità di avanzamento & Sons, Inc.)
kre= 0°
Superficie Superficie
Raggio di lavorata Superficie lavorata
punta nullo lavorata
Ri
32 rε (14.21)
rugosità reale e ideale della classe specifica di materiale. Questo procedimento è sinte-
tizzato nella formula seguente:
Ra = rai Ri(14.22)
dove Ra è il valore stimato della rugosità reale, rai è il rapporto tra rugosità reale e ideale
dato dalla Figura 14.37 e Ri è valore della rugosità ideale dato dall’Equazione (14.21).
Dal grafico in Figura 14.37 si ricava che il rapporto tra la rugosità reale e ideale per
metalli duttili a 100 m/min è di circa 1.25. Di conseguenza, la rugosità superficiale
reale per l’operazione è circa
2.4
Metalli duttili
2.2
2.0
Ideale
Reale
1.8
Ghise
Rapporto =
1.6
1.4
1.0
0 30.5 61 91.5 122
Velocità di taglio in m/min
Figura 14.37 Rapporto tra la rugosità superficiale reale e ideale per diverse classi di materiali.
Fonte: General Electric Co. [19]. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by
Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
388 Tecnologia meccanica
Fattori relativi alle vibrazioni e alle macchine utensili Questi fattori sono le-
gati alle macchine utensili, agli utensili e alla configurazione della lavorazione; essi
comprendono le vibrazioni e il fenomeno del «chatter» (vibrazione autoeccitata) nelle
macchine utensili o negli utensili da taglio, l’inflessione dell’attrezzatura di bloccag-
gio, che spesso si traduce in vibrazioni e i giochi nel meccanismo di avanzamento, in
particolare su macchine utensili vecchie. Anche se questi fattori relativi alle macchine
utensili potessero essere minimizzati o eliminati, la rugosità superficiale sarebbe sem-
pre determinata dai fattori geometrici e relativi al materiale lavorato già descritti in
precedenza.
In una lavorazione per asportazione di truciolo le vibrazioni possono provocare
un’ondulazione più marcata della superficie del pezzo. L’insorgenza di vibrazioni può
essere riconosciuta da qualsiasi operatore esperto per il rumore caratteristico che viene
prodotto. Alcuni metodi che si possono usare per ridurre o eliminare le vibrazioni sono
(1) aumentare la rigidità e/o lo smorzamento nel sistema, (2) eseguire l’operazione a
velocità che non causano forze cicliche le cui frequenze si avvicinano alla frequenza
naturale del sistema della macchina utensile, (3) ridurre l’avanzamento e la profondità di
passata in modo da ridurre le forze di taglio e (4) modificare la progettazione dell’uten-
sile per ridurre le forze di taglio. La geometria del pezzo può giocare un ruolo impor-
tante nell’insorgenza di vibrazioni. Sezioni sottili tendono ad aumentare la probabilità
che si verifichino vibrazioni e richiedono dei supporti ulteriori per evitare l’insorgenza
di questo fenomeno.
Diversi aspetti della progettazione dei prodotti sono già stati presi in considerazione
nelle sezioni precedenti relative alle tolleranze e alla finitura superficiale. In questa se-
zione vengono presentate alcune linee guida per la progettazione della lavorazione per
asportazione di truciolo, che derivano dalle fonti [5], [8] e [21].
• Quando è possibile, i pezzi dovrebbero essere progettati in modo tale che non preve-
dano una lavorazione per asportazione di truciolo. Se questo non è possibile, si deve
Sottosquadro
Mediocre Migliore
Figura 14.39 Due pezzi con fori simili: (a) i fori che devono essere realizzati su due facce del pezzo
richiedono due setup, mentre (b) i fori che sono su una sola faccia richiedono un unico setup. (Fon-
te: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
• I pezzi da lavorare devono essere progettati con caratteristiche che si possono ot-
tenere con utensili standard. Questo significa evitare fori o filetti con dimensioni
insolite o forme particolari che richiedono utensili di forma molto specifici. Inoltre,
è utile progettare i pezzi in modo da minimizzare il numero di utensili necessari;
questo spesso permette di poter produrre il pezzo in un unico setup su una macchi-
na come un centro di lavoro (Paragrafo 14.5)
Bibliografia
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Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 391
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Engineering, March 2004, pp. 139–148.
Domande di ripasso
15. Che cosa è la fresatura di tasche?
1. Quali sono le differenze tra pezzi rotazionali e pez- 16. Descrivere la differenza fresatura in concordanza e
zi prismatici nella lavorazione per asportazione di fresatura in discordanza.
truciolo? 17. In cosa si differenza una fresatrice universale ri-
2. Descrivere le differenza tra la generazione e la for- spetto a una fresatrice tradizionale ginocchio-e-co-
matura in riferimento alla lavorazione per asporta- lonna?
zione di truciolo dei pezzi. 18. Che cos’è un centro di lavoro?
3. Dare due esempi di lavorazioni per asportazione di 19. Q ual è la differenza tra un centro di lavoro e un
truciolo in cui la generazione e la formatura ven- centro di tornitura?
gono combinate per creare la geometria del pezzo. 20. Cosa può fare un centro di tornitura-fresatura che
4. Descrivere il processo di tornitura. non può fare un centro di tornitura tradizionale?
5. Qual è la differenza tra filettatura e maschiatura? 21. Qual è la differenza tra limatura e piallatura?
6. In cosa differisce la barenatura dalla tornitura? 22. Qual è la differenza tra brocciatura interna e broc-
7. Cosa si intende per tornio 300 x 910 mm? ciatura esterna?
8. Descrivere i vari modi in cui un pezzo può essere 23. Descrivere le tre forme di base della segatura.
fissato su un tornio. 24. Perché i costi tendono ad aumentare se si richiede
9. Q ual è la differenza tra punta viva e punta morta una migliore finitura superficiale del pezzo?
nel contesto delle lavorazioni al tornio? 25. Quali sono i fattori fondamentali che influenzano la
10. In cosa differisce un tornio a torretta rispetto a un finitura superficiale nella lavorazione per asporta-
tornio parallelo? zione di truciolo?
11. Che cos’è un foro cieco? 26. Q uali sono i parametri che hanno influenzato
12. Qual è la caratteristica distintiva di un trapano radiale? maggiormente la rugosità superficiale ideale Ri in
13. Qual è la differenza tra fresatura periferica e fresa- un’operazione di tornitura?
tura frontale? 27. Descrivere i metodi per ridurre o eliminare le vibra-
14. Descrivere la fresatura di contornatura. zioni durante lavorazione.
Problemi
un avanzamento di 0.30 mm/giro e una profondità
1. Un pezzo cilindrico di diametro 200 mm e lunghez- di passata di 4.0 mm, quale velocità di taglio si deve
za 700 mm viene tornito usando un tornio parallelo. utilizzare per soddisfare questo requisito sui tempi
La velocità di taglio è 2.30 m/s, l’avanzamento 0.32 di lavorazione?
mm/giro e la profondità di passata 1.80 mm. Deter- 3. Una superficie conica viene lavorata su un tornio
minare (a) il tempo di lavorazione e (b) il tasso di automatico. Il pezzo è lungo 750 mm con diametri
asportazione del materiale. minimo e massimo pari a 100 mm e 200 mm. I
2. Per una certa operazione di tornitura, il caposqua- comandi automatici del tornio consentono di man-
dra ha decretato che bisogna fare una singola pas- tenere una velocità di taglio costante di 200 m/
sata su un pezzo cilindrico in 5.0 min. Il pezzo è lun- min, regolando la velocità di rotazione in funzione
go 400 mm e ha un diametro di 150 mm. Usando del diametro del pezzo. L’avanzamento è di 0.25
392 Tecnologia meccanica
mm/giro e la profondità di passata è di 3.0 mm. 9. S i usa una lavorazione di fresatura frontale per
La sgrossatura del pezzo è già stata eseguita, asportare 6.0 mm dalla faccia superiore di un pez-
e l’operazione in esame rappresenta la finitura. zo rettangolare di alluminio lungo 300 mm e spes-
Determinare (a) il tempo necessario per tornire il so 125 mm in una sola passata. La fresa segue un
pezzo e (b) le velocità di rotazione all’inizio e alla percorso che è centrato sul pezzo, ha quattro ta-
fine del taglio. glienti e un diametro di 150 mm. La velocità di taglio
4. U na barra cilindrica di diametro di 110 mm e lun- è di 2.8 m/s e l’avanzamento al dente è pari a 0.27
ghezza 1.3 m viene messa su un tornio parallelo e mm/dente. Determinare (a) il tempo di lavorazione
supportata ad un’estremità con una punta viva. Una effettivo per eseguire una passata e (b) la velocità
porzione di lunghezza di 1.15 m deve essere ridot- massima di asportazione del materiale.
ta ad un diametro di 100 mm una singola passata a 10. Una lavorazione di fresatura periferica viene ese-
una velocità di 450 m/min. Il tasso di asportazione guita sulla faccia superiore di un pezzo rettangolare
del materiale è di 110 cm 3/min. Determinare (a) la di acciaio lungo 300 mm e largo 60 mm. La fresa
profondità di passata necessaria, (b) l’avanzamento elicoidale, che ha un diametro di 75 mm e dieci ta-
necessario e (c) il tempo di lavorazione. glienti, supera la larghezza del pezzo da entrambi
5. La parte finale di un pezzo tubolare deve essere sot- i lati. La velocità di taglio è di 38 m/min, l’avanza-
toposto a sfacciatura su una barenatrice verticale. Il mento di 0.15 mm/dente e la profondità di passata
pezzo ha un diametro esterno di 970 mm e un dia- radiale di 8 mm. Determinare (a) il tempo effettivo di
metro interno di 610 mm. Sapendo che l’operazione lavorazione per eseguire una passata e (b) la velo-
è eseguita ad una velocità di rotazione 40.0 giri/min, cità massima di asportazione del materiale. (c) Se vi
l’avanzamento è 0.4 mm/giro e la profondità di taglio fossero anche un’extracorsa in ingresso di 13 mm e
di 4.5 mm, determinare (a) il tempo necessario per un’extracorsa in uscita pari al raggio della fresa più
completare la lavorazione e (b) la velocità di taglio e 13 mm, quale sarebbe il tempo di lavorazione?
il tasso di asportazione del materiale all’inizio e alla 11. Una lavorazione di fresatura frontale viene effettu-
fine del taglio. ata sulla faccia superiore di un pezzo rettangolare
6. Un’operazione di foratura di un pezzo di acciaio vie- di acciaio lungo 300 mm e largo 60 mm. La fresa
ne eseguita con un trapano la cui punta elicoidale segue un percorso centrato sull’asse del pezzo, ha
ha un diametro di 12.7 mm. Il foro è un foro cieco con cinque taglienti e un diametro di 75 mm. La velo-
una profondità di 60 mm e un angolo di punta 118°. cità di taglio è 76 m/min, l’avanzamento 0.15 mm/
La velocità di taglio è di 25 m/min e l’avanzamento dente e la profondità di passata assiale 4 mm. De-
di 0.30 mm/giro. Determinare (a) il tempo necessa- terminare (a) il tempo effettivo di lavorazione per
rio per portare a termine la foratura e (b) il tasso di eseguire una passata e (b) la velocità massima di
asportazione del materiale, dopo che la punta ha asportazione del materiale. (c) Se vi fossero anche
raggiunto il diametro completo. un’extracorsa in ingresso di 13 mm e un’extracorsa
7. Una lavorazione di foratura viene impiegata per ese- in uscita pari al raggio della fresa più 13 mm, quale
guire un foro di diametro 3.6 mm fino ad una certa sarebbe il tempo di lavorazione?
profondità. Servono 4.5 minuti per eseguire l’opera- 12. Risolvere il Problema 14.11 per un pezzo largo 125
zione apportando un fluido refrigerante ad alta pres- mm usando una fresa posta lateralmente al pezzo
sione in corrispondenza della punta. La velocità del e sovrapposta per una larghezza di 25 mm. Que-
mandrino è 4000 giri/min e l’avanzamento di 0.04 sta è una lavorazione di fresatura frontale parziale,
mm/giro. Al fine di migliorare la finitura superficiale come nella Figura 14.20 (b).
del foro, si decide di aumentare la velocità del 20% 13. In una lavorazione di tornitura di un pezzo di ghisa,
e diminuire l’avanzamento del 25%. Quanto tempo il raggio di punta dell’utensile monotagliente è di
sarà necessario per eseguire la lavorazione con i 1.5 mm, l’avanzamento è di 0.22 mm/giro e la velo-
nuovi parametri di taglio? cità di taglio è di 1.8 m/s. Calcolare una stima della
8. Una lavorazione di fresatura periferica viene ese- rugosità superficiale ottenibile.
guita sulla faccia superiore di un pezzo rettangolare 14. In una lavorazione di tornitura viene utilizzato un
lungo 400 mm e largo 60 mm. La fresa, che ha un utensile con raggio di punta 0.8 mm per una la-
diametro di 80 mm e ha cinque taglienti, supera la vorazione di un acciaio ad alta lavorabilità con un
larghezza del pezzo da entrambi i lati. La velocità avanzamento di 0.25 mm/giro e una velocità di ta-
di taglio è pari a 70 m/min, l’avanzamento al dente è glio di 90 m/min. Determinare la rugosità superfi-
di 0.25 mm/dente e la profondità di passata radiale ciale ottenibile.
è di 5.0 mm. Determinare (a) il tempo di lavorazione 15. Un utensile monotagliente di acciaio super rapido
effettivo di una passata e (b) la velocità massima di (High Speed Steel, HSS) con un raggio di punta 1.2
asportazione del materiale. mm viene utilizzato in un’operazione di limatura su
Lavorazioni per asportazione di truciolo e macchine utensili 393
un pezzo di acciaio duttile. La velocità di taglio è sità a 0.9 μm.La fresa utilizza quattro inserti, il suo
di 35 m/min. L’avanzamento è 0.35 mm/corsa e la diametro è di 75 mm e la velocità di rotazione è pari
profondità di passata 3.5 mm. Determinare la rugo- a 475 giri/min. Per ottenere la migliore finitura possi-
sità superficiale ottenibile. bile, occorre usare un tipo di inserto in metallo duro
16. U n pezzo da tornire su un tornio parallelo deve con raggio di punta 1.6 mm. Determinare la velocità
avere una finitura superficiale di 1.6 μm. Il pezzo è di avanzamento (mm/min) che consente di ottenere
costituito da una lega di alluminio ad alta lavorabili- la finitura richiesta.
tà. La velocità di taglio è 150 m/min e la profondità 19. Una lavorazione di fresatura frontale non sta pro-
di passata è di 4.0 mm. Il raggio di punta dell’uten- ducendo la finitura superficiale richiesta sul pezzo.
sile è pari a 0.75 mm. Determinare l’avanzamento La fresa impiegata ha quattro taglienti. Il capo offi-
che permette di ottenere la finitura superficiale cina pensa che il problema sia dovuto al fatto che
specificata. il materiale da lavorare è troppo duttile, ma in real-
17. R isolvere il problema precedente per un pezzo tà esso si trova all’interno della gamma di duttilità
composto da ghisa anziché da alluminio e con una specificato dal progettista. Senza avere altre infor-
velocità di taglio di 100 m/min. mazioni sul pezzo, quali modifiche (a) ai parametri
18. Una lavorazione di fresatura frontale deve essere di taglio e (b) all’utensile si potrebbero suggerire
eseguita su un pezzo di ghisa per portare la rugo- per migliorare la finitura superficiale?
Utensili da taglio
Capitolo 15
Le lavorazioni per asportazione di truciolo vengono eseguite per mezzo degli utensili da taglio.
Le forze e le temperature elevate originate dall’interazione utensile-pezzo possono compro-
mettere la funzionalità dell’utensile stesso. Se le forze di taglio aumentano troppo, l’utensile
può subire danneggiamenti. A causa dell’incremento eccessivo delle temperature di taglio le
proprietà meccaniche dell’utensile possono subire importanti diminuzioni favorendone di fatto
il cedimento sotto l’azione delle forze. Anche quando non si verifica nessuna di queste due
condizioni, l’usura progressiva del tagliente ne compromette la funzionalità rendendo neces-
saria la sostituzione.
Lo sviluppo tecnologico degli utensili ha sempre puntato su due aspetti principali: il materiale
e l’ottimizzazione della geometria. I materiali devono infatti resistere alle sollecitazioni (forze
di taglio), ad alte temperature e devono esibire una buona resistenza all’usura. Anche l’otti-
mizzazione della geometria, fissata la lavorazione e il materiale, permette di incrementarne
la durata. La vita dell’utensile rappresenta infatti una caratteristica fondamentale per descri-
vere le prestazioni degli utensili. Questo capitolo si occupa inoltre, nelle diverse sezioni, dei
fluidi da taglio, della lavorabilità dei materiali e degli aspetti economici connessi.
Larghezza labbro
usura (VB)
Figura 15.1 Immagine
di un utensile da taglio
Cratere di usura
usurato, che mostra le Usura ad intaglio
regioni principali e i tipi
di usura che si verificano. Usura sul fianco
(Fonte: Fundamentals of
ità
Modern Manufacturing, d
on io
4th Edition by Mikell P. of gl
Pr ta
to
di
en
scorre sul petto, piccole particelle dell’utensile aderiscono al truciolo e si staccano dalla
superficie dell’utensile modificandone la geometria e accelerandone l’usura.
• Diffusione. Questo è un processo in cui si verifica uno scambio di atomi sulla superfi-
cie di contatto tra due materiali. Nel caso dell’usura dell’utensile, la diffusione avviene
sulla superficie di contatto tra l’utensile e il truciolo e provoca la migrazione di atomi
dall’utensile determinandone una riduzione delle proprietà meccaniche. Man mano che
questo processo si sviluppa, la superficie dell’utensile diventa più vulnerabile all’abrasio-
ne e all’adesione. La diffusione è ritenuta una delle cause principali del cratere di usura.
• Reazioni chimiche. A causa delle alte temperature nelle zone di contatto tra uten-
sile e truciolo; sul petto dell’utensile possono aver luogo reazioni chimiche, in par-
ticolare delle reazioni di ossidazione. Lo strato di ossido, essendo più morbido del
materiale dell’utensile, si stacca dall’utensile esponendo di nuovo la superficie al
processo di reazione.
• Deformazione plastica. Un altro meccanismo che contribuisce all’usura dell’uten-
sile è la deformazione plastica del tagliente. Le forze di taglio che agiscono sul
tagliente, abbinate alle alte temperature causano la deformazione plastica del bordo,
rendendolo più vulnerabile ai meccanismi di usura. La deformazione plastica con-
tribuisce principalmente all’usura sul fianco.
dell'utensile
Regione di usura stazionaria Rottura dell’utensile in funzione
finale del tempo di taglio. In
questa figura si riporta
Tasso d’usura l’usura sul fianco (labbro
Velocità crescente
di usura d’usura) (FW larghez-
uniforme za labbro d’usura), ma
anche il cratere di usura
ha un andamento simile.
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P.
Usura iniziale veloce Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
Tempo di taglio (min) John Wiley & Sons, Inc.)
398 Tecnologia meccanica
1
Il lettore può aver notato che nella Figura 15.4 la variabile dipendente (la vita dell’utensile) è stata tracciata
sull’asse orizzontale e la variabile indipendente (la velocità di taglio) sull’asse verticale. Anche se è un
rovesciamento della normale rappresentazione, questo è il modo in cui viene di solito rappresentata la relazione
di Taylor.
Utensili da taglio 399
La scoperta di questa relazione tra vita utile e velocità di taglio risale al 1900 da parte di
F.W. Taylor. L’equazione caratteristica della retta è chiamata equazione di Taylor della
vita utensile.
vc (15.1)
dove vc è la velocità di taglio in m/min, T è la vita dell’utensile in min e n e C sono para-
metri i cui valori dipendono dall’avanzamento, dalla profondità di passata, dal materiale
lavorato, dall’utensile (in particolare il suo materiale) e dal criterio di fine vita utilizzato.
n dipende prevalentemente dal materiale dell’utensile, mentre C dipende dal materiale
dell’utensile, dal materiale di lavoro e dai parametri di taglio.
In sostanza, l’Equazione (15.1) afferma che l’adozione di velocità di taglio maggiori
determinano una riduzione della vita utile dell’utensile. In riferimento alla retta di Figu-
ra 15.4, i parametri n e C sono legati rispettivamente alla pendenza e all’intercetta della
retta con l’asse delle ordinate. C rappresenta la velocità di taglio alla quale l’utensile
durerebbe 1-min.
Il problema dell’Equazione (15.1) è che le unità sul lato destro dell’equazione non
sono coerenti con le unità sul lato sinistro. Per rendere le unità coerenti, l’equazione
deve essere espressa nella forma:
n
vc ref (15.2)
dove Tref è un valore di riferimento per C, che vale 1 min quando vc è espressa in m/
min e T in minuti. Il vantaggio dell’Equazione (15.2) è evidente quando bisogna usare
l’equazione di Taylor con unità diverse da m/min e minuti, per esempio se la velocità di
taglio è in m/sec e la vita dell’utensile in secondi. In questo caso, Tref sarebbe 60 sec e C
sarebbe quindi lo stesso valore della velocità dell’Equazione (15.1), anche se misurato in
m/sec. La pendenza n avrebbe lo stesso valore numerico dell’Equazione (15.1).
Si può formulare una versione estesa dell’Equazione (15.2) per includere gli effetti
dell’avanzamento, della profondità di passata e della durezza del materiale:
app n
ref
m
ref
apref
p q
ref (15.3)
dove f è l’avanzamento in mm, ap la profondità di passata in mm, HB la durezza espressa
in un’appropriata scala di durezza, m e p due esponenti i cui valori vengono determinati
sperimentalmente per le condizioni specifiche dell’operazione, K una costante analoga
a C dell’Equazione (15.2), e fref, ap e HBref i valori di riferimento per l’avanzamento, la
ref
profondità e la durezza. I valori di m e p e gli esponenti dell’avanzamento e della profon-
di taglio (m/min)
&XWWLQJVSHHGIWPLQ
in coordinate logaritmi-
Y 7
che (naturale). (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
Vita dell’utensile (min)
7RROOLIHPLQ & Sons, Inc.)
400 Tecnologia meccanica
dità sono tutti valori minori di 1.0. Questo indica che la velocità di taglio ha un’influenza
maggiore rispetto agli altri parametri sulla durata dell’utensile (l’esponente di v è 1.0).
Dopo la velocità, il secondo parametro in ordine di importanza è l’avanzamento, per
cui m è più grande di p. Anche l’esponente della durezza del pezzo, q, è minore di 1.0.
Una delle più grandi difficoltà nell’applicare l’Equazione (15.3) in un contesto pratico è
l’enorme quantità di dati che sarebbero necessari per determinare i valori dei parametri. An-
che scostamenti, nelle caratteristiche del materiale lavorato o nelle condizioni delle prove,
possono determinare un incremento dell’incertezza statistica nella stima dei parametri del
modello. L’Equazione (15.3) in generale, è valida per indicare le dipendenze delle variabili,
ma non per calcolare con precisione la vita dell’utensile. Per limitare questi problemi e ren-
dere più semplice l’utilizzo dell’equazione, alcuni termini vengono eliminati. Per esempio,
omettendo la profondità e la durezza, l’Equazione (15.3) si riduce alla formula seguente:
n m
vc ref ref (15.4)
dove i termini hanno lo stesso significato di prima, tranne la costante K che ha un signi-
ficato leggermente diverso.
Anche se la larghezza del labbro d’usura è il criterio scelto per la determinazione
della vita utile dell’utensile (da cui è poi originata l’equazione di Taylor), questo deter-
mina, per capire quando sostituire l’utensile, la necessità di misurare la dimensione del
labbro, procedura non ammissibile nella realtà produttiva. Vengono quindi usati dei criteri
alternativi: (1) l’ispezione visiva del tagliente da parte dell’operatore della macchina, (2)
la degradazione della finitura superficiale sul pezzo, (3) il conteggio del numero di pezzi
lavorati e (4) il tempo totale di taglio effettuato dall’utensile, in base ai quali si decide
quando cambiare l’utensile.
Utensili da taglio 401
Le tre modalità di guasto individuano tre importanti proprietà che devono possedere i
materiali con cui vengono realizzati gli utensili:
• Tenacità. Per evitare il guasto da frattura, il materiale dell’utensile deve possedere un’ele-
vata tenacità. La tenacità è la capacità di un materiale di assorbire energia senza rompersi.
Di solito è caratterizzata da una combinazione di resistenza e duttilità del materiale.
• Durezza a caldo. La durezza a caldo è la capacità di un materiale di mantenere la
sua durezza alle alte temperature. Questa caratteristica è necessaria a causa dell’alta
temperatura della zona di taglio.
• Resistenza all'usura. La durezza è la proprietà più importante necessaria per resistere
all’usura abrasiva. Tutti i materiali degli utensili da taglio devono possedere elevata du-
rezza. Tuttavia, nel taglio, la resistenza all’usura dipende anche da altri fattori che influen-
zano i vari meccanismi di usura dell’utensile, tra cui la finitura superficiale dell’utensile
(una superficie liscia implica un coefficiente di attrito inferiore), la composizione chimica
dell’utensile e dei materiali da lavoro e l’utilizzo o meno di un fluido da taglio.
I materiali degli utensili da taglio possiedono una combinazione di queste proprietà in vari
gradi. In questa sezione vengono discussi i seguenti materiali: (1) acciai rapidi e materiali che
li hanno preceduti, acciai semplici e bassolegati, (2) leghe di cobalto, (3) carburi cementati,
cermet e carburi rivestiti, (4) ceramiche, (5) diamante sintetico e nitruro di boro cubico. Prima
di esaminare singolarmente questi materiali, si effettuerà una descrizione di insieme e un bre-
ve confronto tra di loro. Dal punto di vista economico, i materiali per utensili più importanti
sono gli acciai rapidi, i carburi cementati, i cermet e i carburi rivestiti. Queste categorie danno
origine a più del 90% degli utensili utilizzati nelle lavorazioni per asportazione di truciolo.
La Tabella 15.1 e la Figura 15.5 presentano le proprietà di vari materiali per utensili:
durezza, tenacità e la durezza a caldo. La Tabella 15.1 riporta la durezza e la resistenza
alla rottura trasversale dei materiali a temperatura ambiente. La resistenza alla rottura
trasversale (Paragrafo 3.1.3) è una proprietà utilizzata per indicare la tenacità per i ma-
teriali duri. La Figura 15.5 mostra come varia la durezza in funzione della temperatura
per molti dei materiali per utensili discussi in questo paragrafo.
TABELLA 15.1 Valori di durezza tipici (a temperatura ambiente) e resistenza alla rottura trasversale
per vari materiali per utensilia.
Resistenza alla rottura
trasversale (TRS)
Materiale Durezza MPa
Acciaio al carbonio 60 HRC 5200
Acciaio rapido 65 HRC 4100
Lega al cobalto 65 HRC 2250
Carburi di tungsteno sinterizzati (WC)
Basso contenuto di Co 93 HRA, 1800 HK 1400
Alto contenuto di Co 90 HRA, 1700 HK 2400
Cermet (TiC) 2400 HK 1700
Allumina (Al2O3) 2100 HK 400
Nitruro di boro cubico 5000 HK 700
Diamante policristallino 6000 HK 1000
Diamante naturale 8000 HK 1500
Figura 15.5 Andamen-
ti tipici della durezza a Ceramiche
caldo per alcuni mate-
riali per utensili. L’acciaio
In aggiunta a questi confronti sulle proprietà, è utile confrontare i materiali anche sui
parametri n e C dell’equazione della vita dell’utensile di Taylor. In generale, lo sviluppo
di nuovi materiali per utensili ha portato ad un aumento dei valori di questi due para-
metri. La Tabella 15.2 riporta i valori indicativi di n e C dell’equazione di Taylor che
descrive l’usura utensili di diverso materiale.
Lo sviluppo progressivo dei materiali per utensili ha anche permesso di raggiun-
gere velocità di taglio sempre più elevate. La Tabella 15.3 riporta, per alcuni materiali,
l’anno approssimativo in cui sono stati introdotti e le massime velocità di taglio a cui
possono essere utilizzati. Come indicato dalla tabella, i progressi nella tecnologia dei
materiali per utensili hanno permesso di aumentare considerevolmente la produttività
delle lavorazioni. Lo sviluppo delle macchine utensili non ha sempre tenuto il passo
con lo sviluppo dei materiali per gli utensili. I limiti nella potenza e nella rigidità delle
macchine utensili, nei cuscinetti dei mandrini e l’ampio uso di apparecchiature di vec-
chia generazione non hanno permesso di usare le velocità massime raggiungibili dagli
utensili da taglio disponibili.
I valori dei parametri sono calcolati per una tornitura con avanzamento di 0.25 mm/
giro e profondità di 2.5 mm. Quando si parla di “altri metalliˮ ci si riferisce a metalli
facilmente lavorabili, come l’alluminio, l’ottone e la ghisa. Il taglio di acciaio si riferisce
TABELLA 15.2 Valori indicativi di n e C dell’equazione della vita degli utensili di Taylor, Equazio-
ne (15.1), per alcuni materiali per utensili.
C
lavorazione altri metalli lavorazione acciaio
Materiale dell’utensile n m/min m/min
Acciaio al carbonio 0.1 70 20
Acciaio rapido 0.125 120 70
Carburo sintetizzato 0.25 900 500
Cermet 0.25 600
Carburo rivestito 0.25 700
Ceramica 0.6 3000
Fonti [7], [12] e altri.
Utensili da taglio 403
TABELLA 15.3 Materiali di utensili da taglio con le loro date approssimative di inizio di utilizzo e
le velocità di taglio raggiungibili.
alla lavorazione di acciaio dolce (non temprato). Va ricordato che nella pratica si posso-
no verificare notevoli variazioni in tali valori.
Dal punto di vista economico, l’acciaio rapido è uno dei materiali per utensili più
importanti in uso oggi, nonostante sia stato introdotto più di un secolo fa. L’HSS è
particolarmente adatto per realizzare forme complicate degli utensili, come trapani,
maschi, frese, e bareni. Di solito è più facile e meno costoso realizzare questi utensili di
forma complessa usando HSS non temprato piuttosto che altri materiali per utensili. In
seguito possono essere trattati termicamente in modo da migliorare ancora la durezza
del tagliente (Rockwell C 65) e la tenacità delle parti interne. Le frese HSS possiedono
la migliore tenacità rispetto a qualsiasi altro materiale più duro non di acciaio utilizzato
per la lavorazione, come i metalli duri e le ceramiche. L’HSS è molto usato anche per
gli utensili a punta singola, a causa della facilità con cui si può realizzare una qualsiasi
forma dell’utensile. Nel corso degli anni sono stati apportati diversi miglioramenti nella
formulazione metallurgica e nel trattamento dell’acciaio rapido tali da farlo rimanere
competitivo in molte applicazioni. Inoltre, gli utensili HSS, in particolare le punte a
forare, sono spesso rivestiti uno strato sottile di nitruro di titanio (TiN) per aumentare
ulteriormente le prestazioni degli utensili durante il taglio. I rivestimenti degli utensili
HSS di solito vengono effettuati attraverso un processo chiamato deposizione fisica di
vapore.
Carburi sinterizzati I carburi sinterizzati sono una classe di materiali per utensili
dall’elevata durezza costituiti da carburo di tungsteno (WC), utilizzando tecniche di
metallurgia delle polveri, con del cobalto (Co) come elemento legante. Nella miscela
ci possono essere anche altri composti di carburo, come carburo di titanio (TiC) e/o il
carburo di tantalio (TaC).
I primi utensili di carburo sinterizzato furono fatti in WC-Co ed erano usati per
lavorare le ghise e altri materiali metallici non particolarmente difficili da lavorare
con velocità di taglio più elevate rispetto a quelle ottenibili con l’acciaio rapido e le
leghe al cobalto. Tuttavia, quando questi utensili WC-Co venivano usati per taglia-
re l’acciaio, si manifestava una craterizzazione che in poco tempo portava a rottura
l’utensile. Infatti l’affinità chimica che esiste tra l’acciaio e il carbonio in WC causa
una rapida usura per reazione chimica sulla superficie di contatto tra l’utensile e il
truciolo. Di conseguenza, gli utensili WC-Co non potevano essere utilizzati efficace-
mente per lavorare l’acciaio. Si è poi scoperto che l’aggiunta di carburo di titanio e di
carburo di tantalio (in aggiunta al WC-Co) ritardava significativamente il tasso usura
(formazione cratere) durante il taglio dell’acciaio. Questi nuovi utensili WC-TiC-TaC-
Co erano adatti alla lavorazione dell’acciaio. I carburi sinterizzati si dividono in due
gruppi fondamentali: (1) quelli per il taglio dei materiali metallici facilmente lavora-
bili, costituiti solo da WC-Co, e (2) quelli per il taglio degli acciai, che contengono
combinazioni di TiC e TaC, in aggiunta al WC-Co.
Le proprietà generali dei due tipi di carburi sinterizzati sono simili: (1) alta resisten-
za alla compressione, ma da bassa a moderata resistenza alla trazione, (2) elevata durez-
za (90-95 HRA), (3) buona durezza a caldo, (4) buona resistenza all’usura, (5) elevata
conducibilità termica, (6) elevato coefficiente elastico, con valori di E fino a circa 600 x
103 MPa e (7) durezza inferiore a quella dell’acciaio rapido.
406 Tecnologia meccanica
Qualità dei materiali per utensili per la lavorazione di materiali metallici fa-
cili da processare: si riferiscono a quei carburi sinterizzati che sono adatti per la
lavorazione di alluminio, ottone, rame, magnesio, titanio e altri metalli non ferrosi.
Stranamente anche la ghisa grigia viene inclusa in questo gruppo di materiali. In
questa categoria di materiali per utensili, la dimensione dei grani e la percentuale di
cobalto sono i fattori che influenzano le proprietà del carburo sisnterizzato. La gra-
nulometria tipicamente riscontrabile nei carburi sinterizzati è tra gli 0.5 e i 5 µm.
Con l’aumentare della granulometria, la durezza e la durezza a caldo diminuiscono
e la forza di rottura trasversale aumenta. Il contenuto tipico di cobalto nei carburi
sinterizzati utilizzati per gli utensili da taglio va dal 3% al 12%. All’aumentare del
contenuto di cobalto, il carico di rottura trasversale (TRS) aumenta a scapito della
durezza e della resistenza all’usura. I carburi sinterizzati caratterizzati da basse
percentuali di cobalto (dal 3% al 6%) hanno elevata durezza e TRS bassi, mentre
carburi ad alto contenuto di cobalto (dal 6% al 12%) hanno TRS alti ma durezze più
basse (Tabella 15.1). Pertanto, i carburi sinterizzati con più cobalto sono utilizzati
per operazioni di sgrossatura e taglio interrotto (come la fresatura), mentre i carburi
con meno cobalto (quindi, più duri e più resistenti all’usura) sono utilizzati per i
tagli di finitura.
Qualità dei materiali utensili per la lavorazione di acciai: sono utilizzati per gli
acciai a basso contenuto di carbonio, gli acciai inossidabili e altre leghe di acciaio. Per
queste tipologie di carburi, il carburo di titanio e/o di tantalio sostituiscono una parte
del carburo di tungsteno. TiC è l’additivo più comune nella maggior parte delle appli-
cazioni. Di solito dal 10% al 25% di WC può essere sostituito da combinazioni di TiC e
TaC. Questa composizione aumenta la resistenza alla formazione del cratere ma tende a
influire negativamente sulla resistenza all’usura sul fianco quando si lavorano materiali
metallici “facili da lavorare”. È per questa ragione che è necessario disporre di due ca-
tegorie distinte di carburi sinterizzati.
Uno degli sviluppi più importanti degli ultimi anni della tecnologia di produzio-
ne dei carburi sinterizzati è la possibilità di usare granulometrie molto fini (dimen-
sioni inferiori al micron) dei vari elementi di metallo duro (WC, TiC, e TaC). Anche
se le granulometria piccole di solito sono associate a una durezza maggiore e a un
carico di rottura trasversale minore, la diminuzione del TRS si riduce o addirittura
si elimina in caso di dimensioni delle particelle inferiori al micron. Pertanto, questi
carburi a grana ultrafine riescono a combinare un’elevata durezza ad una buona
tenacità.
Applicazione qualità materiali per lavora- qualità materiali per lavorazione Cobalto e Proprietà
zione materiali metallici acciai
Sgrossatura C1 C5 Contenuto di cobalto alto e
tenacità massima
Uso generale C2 C6 Contenuto di cobalto da
medio ad alto
Finitura C3 C7 Contenuto di cobalto medio
Finitura di precisione C4 C8 Contenuto di cobalto basso e
durezza massima
Materiali lavorato Alluminio, ottone, Ti,ghisa Acciaio al carbonio e leghe di
acciaio
Elementi tipici WC-Co WC–TiC–TaC–Co
Fonte [12].
Utensili da taglio 407
Poiché le due tipologie di carburo sinterizzato sono state introdotte nel 1920
e 1930, il crescente numero e la crescente varietà di materiali industriali hanno
complicato la scelta del carburo più appropriato per una specifica applicazione. Per
risolvere questo problema sono stati sviluppati due sistemi di classificazione: (1)
il sistema qualità C dell’ANSI (American National Standards Institute), sviluppa-
to negli Stati Uniti attorno al 1942 e (2) il sistema ISO R513-1975(E), introdotto
dall’Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione (ISO) attorno al 1964.
Nel sistema qualità C, riassunto in Tabella 15.5, le qualità del carburo sinterizzato
sono da dividersi in due gruppi, corrispondenti alle categorie di taglio degli acciai
e dei materiali metallici che non siano acciai. All’interno di ogni gruppo ci sono
quattro livelli, corrispondenti alle operazioni di sgrossatura, uso generale, finitura
e finitura di precisione.
Il sistema R513-1975 ISO(E), intitolato “Applicazione dei Carburi alle Lavora-
zioni di Asportazione di Truciolo”, classifica la qualità dei carburi sinterizzati in
tre gruppi principali, ognuno con una sua lettera e un suo colore, come riportato in
Tabella 15.6. All’interno di ciascun gruppo, le qualità sono numerate su una scala
che va dalla durezza massima alla resistenza massima. La qualità che evidenzia
una durezza più elevata viene utilizzata per le operazioni di finitura (alte velocità,
piccoli avanzamenti e piccole profondità), mentre le qualità che esibiscono maggior
tenacità vengono utilizzate per le operazioni di sgrossatura. Il sistema di classifi-
cazione ISO può anche essere usato per scegliere le applicazioni dei cermet e dei
carburi rivestiti.
TABELLA 15.6 Sistema R513-1975 ISO(E) “Applicazione dei Carburi nelle Lavorazioni di Asportazione di Truciolo”.
Carburi rivestiti Lo sviluppo dei carburi rivestiti a partire dal 1970 ha rappresentato
un significativo passo avanti nella tecnologia degli utensili da taglio. I carburi rivestiti
sono ottenuti rivestendo un inserto di carburo sinterizzato con uno o più strati sottili di
materiale resistente all’usura, come il carburo di titanio, il nitruro di titanio o l’ossido
di alluminio (Al2O3). Il rivestimento viene applicato al substrato mediante deposizione
chimica a vapore o deposizione fisica a vapore. Lo spessore del rivestimento va dai 2.5
ai 13 µm, perché si è notato che strati più spessi tendono ad essere più fragili, con con-
seguente possibile rottura, scheggiatura o separazione dal substrato.
La prima generazione di carburi rivestiti possedeva un singolo strato di rivesti-
mento (TiC, TiN, o Al2O3). Più recentemente, sono stati sviluppati degli inserti che
possiedono strati multipli. Il primo strato applicato alla base WC Co di solito è il TiN
o il TiCN a causa delle buone proprietà di aderenza e il loro coefficiente di espansione
termica simile a quello del substrato. Successivamente si applicano altri strati di TiN,
TiCN, Al2O3 e TiAlN.
I carburi rivestiti sono utilizzati per lavorare le ghise e gli acciai nella tornitura e
nella fresatura. Sono i materiali migliori da usare ad elevate velocità di taglio in situa-
zioni in cui la forza dinamica e gli shock termici sono minimi. Se queste condizioni di-
ventano più consistenti, come in alcune operazioni di taglio interrotto, si possono causa-
re dei distaccamenti del rivestimento, con conseguente guasto prematuro dell’utensile.
In queste condizioni è meglio usare i carburi non rivestiti che esibiscono una migliore
tenacità. Se usati nelle condizioni giuste, gli utensili in carburi rivestiti consentono un
notevole aumento della velocità di taglio rispetto ai carburi non rivestiti.
L’uso di utensili in carburo rivestito si è esteso anche alle applicazioni che prevedo-
no la lavorazione di metalli non ferrosi e di materiali non metallici data la loro miglior
resistenza all’usura e dalla possibilità di adottare velocità di taglio più elevate. In questi
casi vengono usati altri materiali di rivestimento come il carburo di cromo (CrC), il
nitruro di zirconio (ZrN) e il diamante [15].
Un utensile da taglio deve avere una forma adatta a rimuovere il materiale e perciò ad
effettuare la lavorazione. Gli utensili da taglio possono essere classificati in base al
processo per cui vengono usati. Ci sono quindi gli utensili da tornitura, le frese, le punte
per forare, gli alesatori, i maschi e molte altre tipologie che prendono il nome dall’opera-
zione in cui sono utilizzati, ciascuno con la propria forma, a volte creata appositamente.
Come indicato nel Paragrafo 15.1, gli utensili da taglio si possono dividere in utensili a
punta singola e utensili a taglienti multipli (o a più denti). Gli utensili a punta singola sono
utilizzati nella tornitura, nella barenatura, nella limatura e nella piallatura. Gli utensili a
taglienti multipli sono utilizzati nella foratura, l’alesatura, la maschiatura, la fresatura, la
brocciatura e la segatura. Molti dei principi che si applicano agli utensili a punta singola si
applicano anche agli utensili dell’altra tipologia, semplicemente perché il meccanismo di
formazione del truciolo è fondamentalmente lo stesso per tutte le lavorazioni.
Direzione di taglio
Fianco principale
Petto
Fianco secondario
O-O
Vista S
Fi gur a 15 . 6 Ango-
li dell’utensile secondo
nomenclatura italiana
UNI-ISO 3002-1. La vista
principale è effettuata nel
piano di riferimento Pr.
Utensili da taglio 411
sezione del tagliente principale (sezione O-O), l’angolo di spoglia superiore ortogonale γ0 può
essere definito. L’inclinazione del petto dell’utensile influenza la direzione del flusso del trucio-
lo. Come già anticipato in 13.2.1, nel modello del processo di taglio ortogonale, l’angolo spoglia
dell’utensile è da considerarsi un parametro fondamentale per il meccanismo di formazione
del truciolo. L’inclinazione del tagliente primario λs può essere definito nella Vista S. In modo
del tutto analogo a quanto fatto per il petto anche l’orientamento del fianco del tagliente prin-
cipale e del tagliente secondario sono definiti nelle sezioni appena descritte attraverso l’angolo
di spoglia inferiore ortogonale α0 e l’angolo di spoglia inferiore secondario α'0. Questi angoli
determinano la distanza tra il fianco dell’utensile e la superficie appena tagliata. L’angolo β0 (an-
golo di penetrazione del cuneo normale, definito nella sezione O-O perpendicolare al tagliente
principale) determina la robustezza dell’utensile. L’angolo di direzione complementare del ta-
gliente ψr può essere scelto positivo per ridurre la forza d’urto a cui viene sottoposto l’utensile
quando entra a contatto con il pezzo. Il raggio di punta rε determina in larga misura la struttura
della superficie generata nell’operazione. Un utensile molto appuntito (raggio di punta piccolo)
determinerà inevitabilmente dei segni legati all’avanzamento molto pronunciati sulla superficie
lavorata. L’angolo di direzione del tagliente secondario κ'r determina la distanza tra il tagliente
secondario e la superficie del pezzo appena generata limitando l’attrito tra utensile e pezzo in
lavoro. Dettagli maggiori sulla nomenclatura degli angoli possono essere approfonditi nella
norma UNI ISO 3002-1. Si ricorda che la nomenclatura riportata in Fig. 15.6a secondo la norma
appena citata, fa riferimento al sistema di riferimento “utensile in mano” utile alla definizione
della geometria dell’utensile sia in fase di sua fabbricazione sia in fase di misurazione. In modo
del tutto equivalente, esiste un secondo sistema (sistema dell’utensile in lavoro) necessario per
specificare la geometria dell’utensile quando esso svolge un’operazione di taglio.
Effetto del materiale dell’utensile sulla sua forma Nella discussione dell’equa-
zione di Merchant (Paragrafo 13.3), si era notato che un angolo di spoglia positivo è
preferibile perché riduce le forze di taglio, la temperatura e il consumo energetico. Gli
utensili in acciaio rapido di solito hanno angoli di spoglia positivi, in genere compresi
tra +5° e +20°. Gli utensili HSS hanno una buona resistenza e tenacità, quindi il fatto di
avere una sezione trasversale più sottile a causa degli angoli postivi più elevati non cau-
sa problemi di guasti per frattura all’utensile. Gli utensili HSS di solito sono realizzati
in un unico pezzo. Il trattamento termico dell’acciaio rapido può essere controllato per
creare un tagliente duro e mantenere un nucleo interno tenace.
Con lo sviluppo dei materiali per utensili molto duri (ad esempio i carburi sinterizzati
e le ceramiche), si sono resi necessari dei cambiamenti nella forma degli utensili. Questi
materiali hanno una durezza maggiore e una tenacità inferiore rispetto agli HSS. Inoltre,
la loro resistenza al taglio e alla trazione sono basse in confronto alla loro resistenza alla
Rompitruciolo
(elemento
separato)
compressione e le loro proprietà non possono essere modificate attraverso dei trattamenti
termici come gli HSS. Infine, il costo per unità di peso di questi materiali molto duri è su-
periore al costo degli HSS. Questi fattori hanno perciò influenzato la progettazione della
geometria degli utensili realizzati in queste tipologie di materiali in diversi modi.
Primo, i materiali molto duri devono essere progettati con un’inclinazione poco
negativa o leggermente positiva. Questa variazione fa sì che l’utensile sia sottoposto a
forze di compressione anziché di taglio, mettendo in luce così la resistenza alla com-
pressione di questi materiali. I carburi sinterizzati per esempio, sono usati con angoli
tipicamente nell’intervallo da –5° a +10°. Le ceramiche hanno angoli di spoglia tra –5° e
–15°. Gli angoli di spoglia inferiori devono essere i più piccoli possibili (tipicamente 5°)
per dare il maggior supporto possibile al tagliente (utensile più robusto).
Un’altra differenza è il modo in cui il tagliente dell’utensile viene fissato. Metodi di fis-
saggio alternativi sono illustrati in Figura 15.8. La forma degli utensili HSS è quella di uno
stelo integrale, come illustrato nell’immagine (a) della figura. Il costo elevato e le differenze
di proprietà e di lavorazione dei materiali più duri hanno reso necessario l’utilizzo di inserti
che sono saldo-brasati o inseriti meccanicamente su uno stelo portautensili. L’immagine (b)
mostra un inserto saldato, in cui un inserto in carburo sinterizzato viene brasato su uno stelo.
Lo stelo è in acciaio per utensili per le sue caratteristiche di resistenza e tenacità. L’imma-
gine (c) illustra una possibile configurazione per fissare meccanicamente un inserto in un
portautensile. Il bloccaggio meccanico viene utilizzato per i carburi sinterizzati, le cerami-
che e altri materiali duri. Il vantaggio significativo del bloccaggio è che permette di sfruttare
agevolmente i diversi taglienti presenti sullo stesso inserto. Quando un tagliente si consuma,
l’inserto viene sbloccato, indicizzato (ruotato nel portautensile) sul lato successivo e ribloc-
cato nel portautensile. Quando tutti i taglienti sono usurati, l’inserto viene tolto e sostituito.
Inserti Gli inserti degli utensili da taglio vengono molto usati nella lavorazione perché sono
economici e adattabili a molti tipi di operazioni diverse come la tornitura, la barenatura, la
filettatura, la fresatura e anche la foratura. Esistono una varietà di forme e dimensioni degli
inserti dovute alla varietà di applicazioni possibili. In Figura 15.8(c) è mostrato un inserto
quadrato. Le altre forme più comuni utilizzate nelle operazioni di tornitura sono riportate in
Figura 15.9. In generale, si dovrebbero scegliere degli angoli di punta più grandi per avere più
resistenza e costi minori. Gli inserti rotondi hanno degli angoli di punta di grandi dimensioni
(e grandi raggi di punta) solo per la loro forma. Gli inserti con angoli di punta di grandi di-
mensioni sono intrinsecamente più robusti e hanno meno probabilità di rompersi durante il
taglio, ma richiedono una potenza di taglio più elevata e hanno una maggiore probabilità di
Stelo solido
dell’utensile Stelo porta inserti
D E F G H I J
Figura 15.9 Alcune forme comuni di inserti: (a) rotondo, (b) quadrato, (c) a rombo con due angoli di punta a 80°, (d) esagonale
con tre angoli di punta a 80° (e) a triangolo (equilatero), (f) a rombo con due angoli di punta a 55°, (g) a rombo con due angoli
di punta a 35°. Vengono anche mostrate le caratteristiche tipiche delle forme. La forza, la richiesta di potenza e la tendenza
all’aumento delle vibrazioni aumentano andando da destra a sinistra, mentre la versatilità e l’accessibilità tendono a migliorare
nelle forme più a destra. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato
con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
dare origini a vibrazioni. Il vantaggio economico degli inserti rotondi è che possono essere
indicizzati più volte per più tagli per inserto. Gli inserti quadrati presentano quattro taglienti,
quelli triangolari tre, e i rombi due. Avere meno bordi rappresenta uno svantaggio per il costo.
Se entrambi i lati dell’inserto possono essere utilizzati (ad esempio come nella maggior parte
delle applicazioni con angolo di spoglia negativo), il numero dei taglienti a disposizione è dop-
pio. Gli inserti a forma di rombo vengono utilizzati (specialmente con angoli di punta acuti)
per la loro versatilità quando si devono effettuare alcune operazioni. Queste geometrie posso-
no essere più facilmente utilizzate in spazi ristretti e possono essere adottate non solo per la
tornitura, ma anche per la spianatura, Figura 14.6 (a), e la tornitura di profili, Figura 16.6 (c).
Punte a forare Esistono vari utensili per fare fori ma quello più comune è di sicuro la
punta elicoidale per foratura. Il suo diametro va da circa 0.15 mm a 75 mm. Le punte
elicoidali sono molto usate nell’industria per produrre fori velocemente e a basso costo.
La forma standard della punta elicoidale è mostrata in Figura 15.10. Il corpo dell’uten-
sile ha due scanalature a spirale (da cui deriva il nome di trapano elicoidale). L’angolo
delle scanalature a spirale è chiamato angolo d’elica e di solito è di 30°. Durante la foratu-
ra, le scanalature agiscono come passaggi per l’estrazione dei trucioli dal foro. Anche se è
utile che le aperture delle scanalature siano ampie per dare uno spazio maggiore ai trucio-
li, il corpo della punta deve essere sostenuta per tutta la sua lunghezza. Questo supporto è
fornito dal nocciolo, che è la dimensione della punta tra le scanalature.
La parte finale della punta elicoidale ha una forma conica, con un angolo di punta
tipicamente attorno ai 118°. La punta può essere configurata in vari modi, ma quello più
comune è il tagliente trasversale, come illustrato in Figura 15.10. Collegati al tagliente
trasversale ci sono altri due taglienti (a volte chiamati labbra) che favoriscono l’espulsio-
414 Tecnologia meccanica
Spoglia
Collo Tagliente
Angolo di punta Tagliente trasversale
Scanalatura
Codolo conico Angolo elicoidale
d’elica
Spessoro
Diametro punta
nocciolo
Figura 15.10 Forma standard di una punta elicoidale per forature. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition
by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Frese La classificazione delle frese è molto legata alla classificazione delle opera-
zioni di fresatura descritte nel Paragrafo 14.4. I principali tipi di frese sono le seguenti:
Utensili da taglio 415
• Frese per fresatura piana. Questi utensili sono usati per le fresature periferiche
o di spianatura. Come indicano le Figure 16.17 (a) e 16.18 (a), hanno una forma
cilindrica con diverse file di denti. I taglienti di solito sono orientati come un an-
golo d’elica (come mostrato nelle figure) per ridurre l’impatto sul pezzo all’inizio
dell’operazione e queste frese sono chiamate frese elicoidali. Gli elementi caratte-
rizzanti la forma di una fresa elicoidale sono mostrati in Figura 15.11.
• Frese di forma. Queste sono frese periferiche in cui i taglienti hanno un profilo
speciale che deve essere poi ottenuto sul pezzo. Esistono ad esempio utensili di
forma per la realizzazione di ingranaggi: la fresa è sagomata per rimuovere il ma-
teriale tra i denti adiacenti, lasciando la tipica forma dei denti degli ingranaggi.
• Frese per fresatura frontale. Queste frese sono progettate con denti che tagliano sia sulla
superficie periferica che sul fondo della fresa. Le frese per fresatura frontale possono esse-
re fatte in acciaio HSS, come quella in Figura 16.17 (b), oppure possono montare inserti in
carburo. La Figura 15.12 mostra una fresa a quattro denti che utilizza gli inserti in carburo.
• Frese per fresatura interna. Come mostrato in Figura 16.20 (c), una fresa interna
è fatta come una punta a forare, ma analizzandola più attentamente si osserva che
l’utensile esegue il taglio con i suoi taglienti periferici e non con la sua estremità (la
punta a forare effettua un taglio solo sull’estremità mentre penetra nel pezzo). Que-
Tagliente
Diametro
fresa
Raccordo alla base del dente
Figura 15.11 Elementi
Angolo spoglia caratterizzanti la forma
radiale Angolo scarico di una fresa elicoidale
a 18 denti. (Fonte: Fun-
damentals of M odern
Manufacturing, 4th Edi-
Angolo spoglia inferiore tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
Angolo spoglia radiale
Inserto
Diametro utensile
Angolo registrazione
Scanalatura o angolo di comple-
per il
mentare direzione
truciolo
del tagliente in lavoro
Tagliente inserto
Sottoplacchetta
Figura 15.12 Elementi caratterizzanti la forma di una fresa frontale a 4 denti: (a) vista laterale e (b) vista posteriore. (Fonte: Funda-
mentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
416 Tecnologia meccanica
Funzioni dei fluidi da taglio Ci sono due categorie principali di fluidi da taglio, asso-
ciate sostanzialmente ai principali obiettivi dei fluidi da taglio: refrigeranti e lubrificanti.
I refrigeranti sono fluidi da taglio che servono a ridurre gli effetti del calore durante
la lavorazione. Hanno un effetto limitato sulla quantità di energia termica generata nel
taglio, ma servono a disperdere il calore che viene generato, riducendo così la tempera-
tura dell’utensile e del pezzo. Questo aiuta a prolungare la vita dell’utensile da taglio. La
capacità di un fluido da taglio di ridurre le temperature di lavorazione dipende dalle sue
proprietà termiche, in particolare il calore specifico e la conducibilità termica. L’acqua ha
un calore specifico e una conducibilità termica alta rispetto ad altri liquidi, motivo per cui
è usata come base nei fluidi refrigeranti. Queste proprietà consentono la dissipazione del
calore dell’operazione, riducendo così la temperatura del taglio.
Sembra che i fluidi refrigeranti siano più efficaci a velocità di taglio relativamente
elevate in cui la generazione di calore e l’innalzamento delle temperature costituisco-
no un problema. Sono più efficaci sui materiali per utensili che sono più suscettibili a
guasti dovuti a temperature elevate, come gli acciai rapidi e sono utilizzati spesso in
tornitura e in fresatura, operazioni che generano grandi quantità di calore.
I lubrificanti di solito sono fluidi a base di olio (perché l’olio possiede buone quali-
tà lubrificanti) usati per ridurre l’attrito sulla superficie di contatto utensile-truciolo e tru-
ciolo-pezzo. I fluidi da taglio lubrificanti usano una lubrificazione ad alta pressione, una
tipologia di lubrificazione che comporta la formazione di sottili strati di sale solidi sulle
superfici calde e lisce dei metalli per reazione chimica con il lubrificante. La formazione
di questi strati superficiali, che separano le due superfici metalliche (ad esempio quella del
pezzo da quella del truciolo), è causata dalla presenza di composti di zolfo, cloro e fosforo nel
lubrificante. La presenza di questi strati rende più efficace la riduzione dell’attrito rispetto ai
lubrificanti tradizionali, che si basano sulla presenza di pellicole di liquido tra le superfici.
I fluidi lubrificanti sono più efficaci per velocità di taglio basse. Essi tendono a perdere
la loro efficacia a velocità superiori ai 120 m/min a causa del movimento dei trucioli che,
a queste velocità, impedisce al fluido di raggiungere la superficie di contatto utensile-tru-
ciolo. Inoltre, le temperature di taglio elevate a queste velocità causano la vaporizzazione
Utensili da taglio 417
degli oli prima che questi possano effettuare l’azione lubrificante. Sono tipicamente usati
per esempio nelle operazioni di foratura e di maschiatura perché, in queste applicazioni, si
ritarda la formazione del tagliente di riporto e si riduce la coppia sull’utensile.
Sebbene lo scopo principale di un lubrificante sia quello di ridurre l’attrito, esso riduce
anche la temperatura in vari modi. Primo, il calore specifico e la conducibilità termica del
lubrificante aiutano a far disperdere il calore, riducendo la temperatura. Secondo, perché l’at-
trito si riduce e quindi anche il calore generato dall’attrito risulta ridotto. Terzo, perché avere
un coefficiente di attrito inferiore significa anche avere un angolo di attrito inferiore. Secondo
l’equazione di Merchant, Equazione (13.16), un angolo di attrito inferiore fa aumentare l’angolo
del tagliente, riducendo così la quantità di energia termica generata nella zona di taglio.
Di solito si cerca di sovrapporre gli effetti dei due tipi di fluido. I refrigeranti con-
tengono elementi che aiutano anche a ridurre l’attrito e i lubrificanti hanno delle pro-
prietà termiche che, sebbene non buone come quelle dell’acqua, servono a disperdere
il calore nelle operazioni di taglio. I fluidi da taglio (sia i refrigeranti che i lubrificanti)
hanno un effetto sull’equazione della durata della vita dell’utensile di Taylor aumen-
tando il valore di C, tipicamente del 10% al 40%. La pendenza della retta (associata al
parametro n) non è invece influenzata in modo significativo.
15.5 Lavorabilità
Le proprietà del materiale del pezzo hanno un’influenza significativa sul successo della la-
vorazione. Queste proprietà unitamente alle altre caratteristiche del pezzo vengono riassunte
nel termine di “lavorabilità”. La lavorabilità denota la facilità relativa con cui un materiale
(di solito un metallo) può essere lavorato meccanicamente con determinati utensili e para-
metri di taglio [14].
Ci sono vari criteri per valutare la lavorabilità di un pezzo, il più importante dei
quali è (1) la durata dell’utensile, a causa del suo impatto economico nella lavorazione.
Gli altri criteri sono (2) le forze di taglio, (3) la potenza, (4) la finitura superficiale e (5)
Utensili da taglio 419
Soluzione: Il materiale di base ha un grado di lavorabilità pari a 1.0. Il suo valore vc60
può essere determinato dall’equazione di vita dell’utensile di Taylor come segue:
vc60 = (350/600.26) 111 m/min
La velocità di taglio per una vita dell’utensile di 60 min per il materiale di prova si
calcola in modo simile:
vc60 = (440/600.27) 146 m/min
Di conseguenza, il grado di lavorabilità si calcola come:
146
MR (per il materiale di prova) = = 1.31 (131%)
111
Ci sono molti fattori dei materiali da lavorare che influenzano le prestazioni della lavo-
rabilità (ad esempio la durezza e la resistenza). All’aumentare della durezza, aumenta
l’usura da abrasione dell’utensile che causa la riduzione della durata della sua vita. La re-
sistenza al taglio e la resistenza alla trazione sono notoriamente correlate. Se la resistenza
del materiale del pezzo aumenta, aumentano anche le forze di taglio, l’energia specifica e
la temperatura di taglio, rendendo il materiale più difficile da lavorare. D’altra parte, una
durezza troppo bassa può essere dannosa per le prestazioni della lavorazione. Ad esempio,
l’acciaio al carbonio, che ha una durezza relativamente bassa, risulta troppo duttile per
essere lavorato. Un’alta duttilità provoca lo strappamento del materiale quando si forma il
truciolo, con conseguente scarsa finitura e problemi di rimozione dei trucioli. Le barre di
acciaio al carbonio vengono spesso trafilate a freddo per aumentare la durezza superficiale
e agevolare il distacco e la rottura dei trucioli durante il taglio.
La composizione chimica di un metallo ha un effetto importante sulle sue proprietà
e, in alcuni casi, influenza i meccanismi di usura che agiscono sul materiale dell’uten-
420 Tecnologia meccanica
sile. Attraverso queste relazioni si può affermare che la composizione chimica influen-
zi la lavorabilità. Il contenuto di carbonio ha un effetto significativo sulle proprietà
dell’acciaio. Se il carbonio aumenta, la resistenza e la durezza dell’acciaio aumentano, e
quindi le prestazioni della lavorazione si riducono. Molti elementi aggiunti nelle leghe
di acciaio per migliorare le sue proprietà hanno un effetto negativo sulla lavorabilità.
Il cromo, il molibdeno e il tungsteno formano i carburi nell’acciaio che causano un
aumentano dell’usura degli utensili e riducono la lavorabilità. Il manganese e il nichel
aumentano la forza e la tenacità dell’acciaio e contemporaneamente ne riducono la la-
vorabilità. Si possono però aggiungere degli elementi per migliorare le prestazioni della
lavorazione dell’acciaio, come il piombo, lo zolfo e il fosforo. Questi additivi hanno
l’effetto di ridurre il coefficiente di attrito tra l’utensile e il truciolo, riducendo così le
forze, la temperatura e la formazione di tagliente di riporto, e quindi di aumentare la
durata dell’utensile e migliorare la finitura superficiale. Le leghe di acciaio create per
migliorare la lavorabilità sono indicate con il termine acciai ad alta lavorabilità.
Delle considerazioni simili si possono fare anche per gli altri materiali da lavoro.
La Tabella 15.7 riporta i gradi di lavorabilità approssimativi per diversi metalli. Queste
valutazioni hanno lo scopo di riassumere le prestazioni di lavorazione dei materiali, con
particolare riguardo al criterio di durata dell’utensile.
TABELLA 15.7 Valori indicativi della durezza Brinell e dei gradi di lavorabilità per alcuni materiali.
Uno dei problemi pratici della lavorazione è la selezione delle condizioni di taglio ap-
propriate per una determinata operazione. Questo è uno dei compiti di chi si occupa di
pianificare i processi. Per ogni operazione, bisogna prendere delle decisioni in merito
al tipo di macchina utensile, al tipo di utensile/i da taglio e di parametri di taglio da
utilizzare. Queste decisioni devono essere prese in relazione alla lavorabilità del pezzo,
la forma del pezzo, la finitura superficiale ecc.
Utensili Che tipo di utensili saranno utilizzati? Materiali per utensili più duri (come car-
buri sinterizzati e ceramiche) tendono a fratturarsi più facilmente rispetto agli acciai rapidi.
Questi utensili sono normalmente utilizzati con avanzamenti inferiori. Invece l’acciaio HSS
può sopportare avanzamenti più elevati a causa della sua maggiore tenacità.
dove Tc è il tempo ciclo unitario di produzione in min e gli altri termini sono quelli
definiti in precedenza. Questo tempo ciclo è una funzione della velocità di taglio. Se la
velocità di taglio aumenta, Tm diminuisce e Tt/np aumenta; Th invece non è influenzato
dalla velocità di taglio. Queste relazioni sono illustrate in Figura 15.13.
Il tempo ciclo unitario viene minimizzato per un determinato valore della velocità
di taglio, che può essere calcolato riscrivendo l’Equazione (15.5) in funzione della ve-
locità di taglio. Il tempo di lavorazione in un’operazione di tornitura è dato dall’Equa-
zione (16.5):
Tm
vc f
dove Tm è il tempo di lavorazione in min, D è il diametro del pezzo in mm, L la lunghez-
za del pezzo in mm, f l’avanzamento in mm/giro e v la velocità di taglio in mm/min per
avere coerenza di unità di misura.
Anche il numero di pezzi per utensile, np, può essere espresso in funzione della
velocità. Infatti si può dimostrare che:
Utensili da taglio 423
Tm (15.6)
(15.7)
v c1
Il significato di questa relazione è che il termine Tt/np nell’Equazione (15.5) aumenta
all’aumentare della velocità di taglio. Sostituendo le Equazioni (14.5) e (15.7) nell’Equa-
zione (15.5) e risolvendo per Tc, si ha:
Tt v c1/n – 1
Tc Th (15.8)
vcc
Il tempo di ciclo unitario raggiunge il suo valore minimo alla velocità di taglio in cui la
derivata dell’Equazione (15.8) è pari a zero: dTc /dvc = 0. Risolvendo questa equazione si
ottiene la velocità di taglio corrispondente alla massimo tasso di produzione:
vcmax (15.9)
Tt
dove vcmax è espressa in m/min. La vita dell’utensile corrispondente al massimo tasso di
produzione
Tmax Tt (15.10)
Minimizzazione del costo unitario Per minimizzare il costo unitario bisogna de-
terminare la velocità che riduce al minimo il costo di produzione al pezzo. Per definire
le equazioni necessarie, si deve iniziare a considerare i quattro componenti che determi-
nano il costo totale di produzione di un pezzo per una operazione di tornitura:
1. Costo di spostamento del pezzo. Questo è il costo associato al tempo impiegato
dall’operatore per caricare e scaricare il pezzo dalla macchina. Indicando con Co il
424 Tecnologia meccanica
costo al minuto (ad esempio in €/min) per un certo operatore e una certa macchina,
il costo di spostamento è quindi CoTh.
2. Costo di lavorazione. Questo è il costo associato al tempo necessario per la produ-
zione di un pezzo. Utilizzando nuovamente Co per rappresentare il costo al minuto
dell’operatore su una macchina utensile, il costo di lavorazione è CoTm.
3. Costo di cambio utensile. Il costo del tempo di cambio dell’utensile è CoTt /np.
4. Costo dell’utensile. Oltre al tempo necessario per cambiare l’utensile, esiste un
costo anche dell’utensile stesso che deve essere aggiunto al costo totale dell’opera-
zione. Questo è il costo per tagliente Ct, diviso per il numero di pezzi lavorati con
quel tagliente, np. Quindi, il costo dell’utensile al pezzo è dato da Ct/np.
Il costo dell’utensile richiede una descrizione più estesa, perché è influenzato dalle di-
verse condizioni di lavorazione. Per inserti non riaffilabili (come gli inserti in carburo
sinterizzato), il costo utensile si calcola come:
(15.11)
(15.12)
(15.13)
Cc è una funzione della velocità di taglio, così come Tc è una funzione di v. Le relazioni
dei singoli termini e del costo totale rispetto alla velocità di taglio sono mostrate in
Figura 15.14. L’Equazione (15.13) può essere riscritta in termini di v nel modo seguente:
(15.14)
La velocità di taglio che minimizza il costo totale al pezzo può essere determinata cal-
colando la derivata dell’Equazione (15.14) rispetto a v, uguagliandola a zero, e ricavando
poi vcmin:
vcmin (15.15)
Tmin (15.16)
Utensili da taglio 425
razione di lavorazione in
Costo di cambio dell’utensile funzione della velocità di
taglio. Il costo totale per
pezzo viene minimizzato
Costo dell’utensile ad un certo valore della
velocità di taglio. Questa
è la velocità da impo-
Costo di spostamento del pezzo stare per minimizzare il
costo unitario. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Costo di lavorazione
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
Vcmin permesso di John Wiley
Velocità di taglio & Sons, Inc.)
Soluzione: (a) Per la velocità di taglio per la massima produzione, vmax = 50 m/min,
il tempo di lavorazione al pezzo e la vita utile dell’utensile sono calcolate nel modo
seguente:
π(0.5)(0.1)
Tempo di lavorazione Tm = = 12.57 min/pz
(0.25)(10 –3)(50)
8
70
Vita dell’utensile T = = 14.76 min/tagliente
50
426 Tecnologia meccanica
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poration, 1954.
428 Tecnologia meccanica
Domande di ripasso
1. Quali sono i due aspetti principali della tecnologia 13. Descrivere le due categorie principali di fluido da
degli utensili da taglio? taglio in base alla loro funzione.
2. Descrivere le tre tipologie di guasto a cui può es- 14. Descrivere le quattro categorie di fluidi da taglio in
sere assoggettato l’utensile durante la lavorazione. base alla loro composizione chimica.
3. Quali sono le due zone principali in cui si manifesta 15. Quali sono le modalità con cui vengono addotti i
l’usura negli utensili da taglio? fluidi da taglio in una lavorazione?
4. Descrivere i meccanismi attraverso cui gli utensili 16. Per evitare le problematiche connesse ai fluidi da
da taglio si usurano durante la lavorazione. taglio, le industrie spesso effettuano le lavorazioni
5. Qual è l’interpretazione fisica del parametro C a secco. Quali sono i problemi associati all’uso dei
nell’equazione di Taylor della vita utile dell’utensile? fluidi da taglio?
6. Quali sono alcuni dei criteri di fine vita utensile uti- 17. Quali sono i problemi che si manifestano nella la-
lizzati in contesti produttivi? vorazione a secco?
7. Descrivere le tre proprietà che dovrebbe avere un 18. Definire il concetto di lavorabilità.
materiale per utensili da taglio. 19. Quali sono i criteri con cui viene valutata la lavo-
8. Quali sono gli elementi di lega principali negli ac- rabilità?
ciai rapidi? 20. Quali sono i fattori su cui si dovrebbe basare la
9. Qual è la differenza di composizione nei carburi scelta dell’avanzamento in una lavorazione?
sinterizzati per il taglio dell’acciaio e degli altri ma- 21. Il costo unitario in un’operazione di lavorazione è la
teriali metallici più facili da lavorare? somma di quattro termini di costo. I primi tre termini
10. Descrivere i composti comuni che formano i rive- sono: (1) il costo di carico/scarico, (2) il costo di lavo-
stimenti sulla superficie degli inserti in carburo sin- razione del pezzo da parte dell’utensile e (3) il costo
terizzato. di cambio dell’utensile. Qual è il quarto termine?
11. Elencare i sette elementi geometrici che caratteriz- 22. Qual è la velocità di taglio che è sempre più bassa
zano la forma di un utensile a singola punta. in una determinata lavorazione, la velocità di taglio
12. Descrivere i modi con cui un utensile da taglio può per minimizzare il costo o la velocità di taglio per
essere tenuto in posizione durante la lavorazione. massimizzare la velocità di produzione? Perché?
Problemi
3. Alcune prove di durata dell’utensile effettuate su un
1. Durante una serie di prove di tornitura vengono raccolti tornio hanno prodotto i seguenti risultati: (1) ad una
i dati di usura sul fianco usando un utensile di carburo velocità di taglio di 375 m/min, la durata è stata di
rivestito su un pezzo in lega di acciaio indurito con un 5.5 min, (2) ad una velocità di taglio di 275 m/min, la
avanzamento di 0.30 mm/giro e una profondità di 4.0 durata è stata 53 min. (a) Determinare i parametri n
mm. Ad una velocità di 125 m/min, l’usura è 0.12 mm e C dell’equazione della durata dell’utensile di Taylor.
a 1 min, 0.27 mm a 5 min, 0.45 mm a 11 min, 0.58 (b) Sulla base dei valori di n e C, quale può essere il
mm a 15 min, 0.73 mm a 20 min e 0.97 mm a 25 min. materiale dell’utensile utilizzato in questa operazio-
Ad una velocità di 165 m/min, l’usura è 0.22 mm a 1 ne? (c) Utilizzando questa equazione, calcolare la
min, 0.47 mm a 5 min, 0.70 mm a 9 min, 0.80 mm a durata dell’utensile corrispondente ad una velocità di
11 min e 0.99 mm a 13 min. L’ultimo valore in entram- taglio di 300 m/min. (d) Calcolare la velocità di taglio
bi i casi corrisponde al guasto finale dell’utensile. (a) corrispondente ad una vita dell’utensile T = 10 min.
Disegnare l’usura dell’utensile in funzione del tempo 4. Alcune prove di durata dell’utensile in tornitura han-
per entrambe le velocità su un foglio di carta millime- no prodotto i seguenti risultati: (1) quando la veloci-
trata. Impostando un criterio di guasto pari a 0.75 mm tà di taglio è 100 m/min, la durata dell’utensile è 10
di usura sul fianco, determinare la vita dell’utensile per minuti, (2) quando la velocità di taglio è 75 m/min, la
le due velocità di taglio. (b) Convertire i risultati prece- durata dell’utensile è 30 min. (a) Determinare i valori
denti per rappresentarli su scala logaritmica. Dal nuo- di n e C dell’equazione della vita dell’utensile di Tay-
vo grafico, determinare i valori di n e C dell’equazione lor. Sulla base di questa equazione, calcolare (b) la
di vita dell’utensile di Taylor. (c) Come confronto, cal- durata dell’utensile ad una velocità di 110 m/min e
colare i valori di n e C dell’equazione Taylor risolvendo (c) la velocità corrispondente ad una vita dell’uten-
entrambe le equazioni. I valori di n e C sono gli stessi? sile di 15 min.
2. Risolvere il Problema 15.1 per un criterio di durata 5. Delle prove di tornitura hanno dato come risultato una
dell’utensile di 0.50 mm anziché 0.75 mm. vita dell’utensile di 1 min ad una velocità di taglio di
Utensili da taglio 429
4.0 m/s ed una vita di 20 min a una velocità di 2.0 essere cambiato ogni 3 pezzi, se la velocità di ta-
m/s. (a) Trovare i valori di n e C nell’equazione glio è 2.5 m/s, l’utensile può essere utilizzato per la
della durata dell’utensile di Taylor. (b) Calcolare produzione di 20 pezzi prima di essere cambiato.
quanto tempo durerebbe l’utensile ad una velocità Determinare la velocità di taglio che permette l’uso
di 1.0 m/s. dell’utensile per 50 parti prima di cambiarlo.
6. In un’operazione di tornitura usata in produzione, 12. Si vuole tornire il diametro esterno di un cilindro di
si lavora un pezzo con un diametro di 125 mm e una lega di acciaio. Il diametro di partenza è di 300
lungo 300 mm. Si utilizza un avanzamento di 0.225 mm e la lunghezza del pezzo è 625 mm. l’avanza-
mm/giro. Se la velocità di taglio è 3.0 m/s, l’utensile mento è 0.35 mm/giro e la profondità di taglio è 2.5
deve essere cambiato ogni 5 pezzi, se la velocità è mm. Il taglio viene effettuato con un utensile da ta-
2.0 m/s, l’utensile può essere utilizzato per la pro- glio in carburo cementato i cui parametri dell’equa-
duzione di 25 pezzi prima di essere cambiato. De- zione di Taylor sono: n = 0.24 e C = 450. Le unità di
terminare l’equazione di vita dell’utensile di Taylor misura dell’equazione di Taylor sono i minuti per la
per questa operazione. durata e i m/min per la velocità di taglio. Calcolare la
7. Per il grafico della durata dell’utensile in Figura velocità di taglio che permette all’utensile di durare
15.4, dimostrare che il punto medio dei dati (v = il tempo necessario per tagliare tre di questi pezzi.
130 m/min, T = 12 min) è coerente con l’equazione 13. In una operazione di tornitura con utensile in accia-
di Taylor calcolata nell’Esempio 15.1. io rapido, la velocità di taglio è 110 m/min. L’equa-
8. Nel grafico dell’usura dell’utensile in Figura 15.3, zione della vita dell’utensile di Taylor ha i parametri
il guasto finale dell’utensile di taglio è indicato dal- n = 0.140 e C = 150 (m/min) quando l’operazione
la fine di ogni curva di usura. Utilizzando il guasto viene effettuata a secco. Se si usa un fluido refri-
finale come criterio di durata dell’utensile anziché gerante, il valore di C aumenta del 15%. Determi-
gli 0.50 mm dell’usura sul fianco, i risultati ottenuti nare l’aumento percentuale della durata risultante,
sono: (1) v = 160 m/min, T = 5.75 min; (2) v = 130 m/ mantenendo la velocità di taglio a 110 m/min.
min, T = 14.25 min; (3) v = 100 m/min, T = 47 min. 14. Un’operazione di tornitura di un pezzo di accia-
Determinare i parametri n e C nell’equazione della io viene eseguita normalmente a una velocità di
vita dell’utensile di Taylor per questi risultati. taglio di 125 m/min usando un utensile in acciaio
9. Una serie di prove di tornitura vengono eseguite rapido senza usare fluidi da taglio. I valori di n e
per determinare i parametri n, m e K della versione C dell’equazione di Taylor sono riportati in Tabella
estesa dell’equazione di Taylor, Equazione (15.4). 15.2. Si sa che l’utilizzo di un fluido refrigerante può
Nel corso delle prove si sono ottenuti i seguenti ri- consentire un incremento di 25 ft/min nella veloci-
sultati: (1) velocità di taglio = 1.9 m/s, avanzamento tà mantenendo la stessa durata dell’utensile. Sup-
= 0.22 mm/giro, durata dell’utensile = 10 min, (2) ponendo che l’effetto del fluido da taglio sia solo
velocità di taglio = 1.3 m/s, avanzamento = 0.22 quello di aumentare il valore di C di 25, quale sarà
mm/giro, durata dell’utensile = 47 min, e (3) velo- l’aumento della durata dell’utensile mantenendo la
cità di taglio = 1.9 m/s, avanzamento = 0.32 mm/ velocità di taglio iniziale di 125 ft/min?
giro, durata dell’utensile = 8 min. (a) Determinare n, 15. Si vuole determinare il grado di lavorabilità di un
m, e K. (b) Usando l’equazione ottenuta, calcolare materiale utilizzando la velocità di taglio che de-
la durata dell’utensile quando la velocità di taglio è termina una durata dell’utensile di 60 minuti come
1.5 m/s e l’avanzamento è 0.28 mm/giro. base di confronto. Per il materiale di base (acciaio
10. Si vuole tornire il diametro esterno di un cilindro in B1112), i dati dei test hanno prodotto come valori
lega di titanio, che ha un diametro iniziale di 400 dei parametri dell’equazione di Taylor n = 0.29 e
mm e una lunghezza di 1100 mm. L’avanzamento C = 500, dove la velocità è in m/min e la durata
è di 0.35 mm/giro e la profondità di passata di 2.5 dell’utensile in min. Per il nuovo materiale, i valori
mm. Il taglio viene effettuato con un utensile da ta- dei parametri sono n = 0.21 e C = 400. Questi risul-
glio in carburo cementato i cui parametri dell’equa- tati sono stati ottenuti utilizzando degli utensili in
zione di Taylor sono: n = 0.24 e C = 450. Le unità carburo sinterizzato. (a) Calcolare il grado di lavo-
di misura dell’equazione di Taylor sono i “minuti” rabilità per il nuovo materiale. (b) Si supponga che
per la durata e i “m/min” per la velocità di taglio. il criterio di lavorabilità sia la velocità di taglio per
Calcolare la velocità di taglio che determina una una vita dell’utensile di 10 minuti. Calcolare il gra-
vita dell’utensile esattamente uguale al tempo che do di lavorabilità in questo nuovo caso. (c) Come
occorre per tagliare questo pezzo. si possono interpretare le differenze di lavorabilità
11. Il pezzo usato in un’operazione di tornitura ha un nei due casi?
diametro di 88 mm ed è lungo 400 mm. L’avanza- 16. Si vuole determinare il grado di lavorabilità di un
mento utilizzato nell’operazione è 0.25 mm/giro. nuovo materiale da lavoro. Per il materiale di base
Se la velocità di taglio è 3.5 m/s, l’utensile deve (B1112), i dati di test producono i seguenti valori dei
430 Tecnologia meccanica
parametri di Taylor: n = 0.29 e C = 490. Per il nuovo si stima che possa essere utilizzato per un totale
materiale, i parametri di Taylor sono n = 0.23 e C = di 15 volte prima di essere sostituito. Il tempo di
430. Le unità di misura in entrambi i casi sono i m/ cambio dell’utensile è 3.0 min. Il tempo standard
min per la velocità e i minuti per la durata dell’uten- per rettificare o riaffilare la punta dell’utensile è di
sile. Questi risultati sono stati ottenuti utilizzando 5.0 min e il costo della rettificatrice è di 20.00 €/hr.
utensili di carburo. (a) Calcolare il grado di lavo- Il tempo macchina del tornio costa 24.00 €/ora. Il
rabilità per il nuovo materiale alla velocità di taglio pezzo da utilizzare per il confronto è lungo 375 mm
che determina una vita dell’utensile di 30 min come e ha un diametro di 62.5 mm e il tempo di carico e
base di confronto. (b) Se il criterio lavorabilità fosse scarico dalla macchina è di 2.0 min. L’avanzamen-
stata la vita utensile ad una velocità di taglio di 150 to è 0.30 mm/giro. Per i due casi di lavorazione,
m/min, quale sarebbe stato il grado di lavorabilità confrontare (a) la velocità di taglio che minimizza il
del nuovo materiale? costo, (b) la vita dell’utensile, (c) il tempo ciclo e il
17. Un utensile in acciaio rapido viene usato per tornire costo unitario di produzione. Quale dei due utensili
un pezzo di acciaio lungo 300 mm e di diametro pari consigliereste di usare?
a 80 mm. I parametri dell’equazione di Taylor sono: 22. Risolvere il Problema 15.22 per determinare le ve-
n = 0.13 e C = 75 (m/min) per un avanzamento di 0.4 locità di taglio che massimizza la velocità di pro-
mm/giro. Il costo dell’operatore e della macchina è duzione.
di 30.00 €/ora, e il costo per tagliente dell’utensile è 23. Si vogliono confrontare tre materiali per utensili
4.00 €. Occorrono 2.0 min per caricare e scaricare sulla stessa operazione di tornitura di finitura su un
il pezzo e 3.50 min per cambiare l’utensile. Deter- lotto di 150 pezzi di acciaio: un utensile è in acciaio
minare (a) la velocità di taglio per massimizzare la rapido, uno in carburo cementato e uno in cerami-
velocità di produzione, (b) la durata dell’utensile in ca. Per l’acciaio rapido, i parametri dell’equazione
minuti di taglio e (c) il tempo ciclo e il costo unitario di Taylor sono: n = 0.130 e C = 80 (m/min). Il prezzo
al pezzo. dell’utensile è 20.00 € e si stima che possa esse-
18. Risolvere il Problema 15.18 per determinare la ve- re riaffilato per 15 volte ad un costo di affilatura di
locità che minimizza il costo. 2.00 €. Il tempo di cambio dell’utensile è di 3 min.
19. Un utensile in carburo cementato viene utilizzato Entrambi gli utensili in carburo e in ceramica sono
per tornire un pezzo lungo 14.0 in e di diametro pari sotto forma di inserti e possono essere inseriti nel-
a 4.0 in. I parametri dell’equazione di Taylor sono: n lo stesso portautensile. I parametri dell’equazione
= 0.25 e C = 1000 (ft/min). Il costo dell’operatore e di Taylor per l’utensile in carburo cementato sono
della macchina utensile è 45.00€/ora e il costo per n = 0.30 e C = 650 (m/min), mentre per quello in
tagliente dell’utensile è 2.50€. Occorrono 2.5 min ceramica sono n = 0.6 e C = 3500 (m/min). Il costo
per caricare e scaricare il pezzo 1.50 min per cam- del carburo è di 8.00 € a inserto, e quelli della ce-
biare l’utensile. L’avanzamento è 0.015 in/giro. De- ramica 10.00 € per inserto. In entrambi i casi ogni
terminare (a) la velocità di taglio per massimizzare inserto contiene 6 taglienti, e per entrambi il tempo
la velocità di produzione, (b) la durata dell’utensile in di cambio utensile è di 1.0. Il tempo per cambiare il
minuti e (c) il tempo ciclo e il costo unitario al pezzo. pezzo è 2.5 min. L’avanzamento è 0.30 mm/giro e
20. Risolvere il Problema 15.20 per determinare la ve- la profondità di taglio di 3.5 mm. Il costo del tempo
locità che minimizza il costo. macchina è 40€/ora. Il pezzo ha un diametro di
21. Si vuole fare un confronto tra utensili non riaffila- 73.0 mm e una lunghezza di 250 mm di lunghezza.
bili e utensili riaffilabili. Lo stessa qualità di car- Il tempo di configurazione del lotto è 2.0 ore. Per i
buro cementato è disponibile nelle due forme di tre casi di lavorazione, confrontare: (a) la velocità
utensili per un’operazione di tornitura in una certa di taglio che minimizza il costo, (b) la vita utensile,
macchina: inserti non riaffilabili, inserti riaffilabili. (c) il tempo ciclo, (d) il costo per unità di produzio-
I parametri dell’equazione di Taylor per questo ti- ne, (e) il tempo totale per completare il lotto e la
pologia sono: n = 0.25 e C = 300 (m/min) per le velocità di produzione. (f) Qual è la percentuale di
condizioni di taglio considerate. Per gli inserti non tempo trascorso effettivamente impiegato nell’ope-
riaffilabili, il prezzo di ogni inserto è 6.00 €, ogni razione di taglio da ogni utensile? Si raccomanda
inserto contiene quattro taglienti e il tempo di cam- l’uso di un foglio di calcolo.
bio utensile è 1.0 min (inteso come una media del 24. Risolvere il Problema 24, determinando in (a) e (b)
tempo per ruotare l’inserto e quello per sostituirlo la velocità di taglio e la vita degli utensili per mas-
quando tutti i taglienti sono stato utilizzati). Per l’in- simizzare la velocità di produzione. Si raccomanda
serto riaffilabile, il prezzo dell’utensile è 30.00 € e l’uso di un foglio di calcolo.
Rettifica e altri processi di
Capitolo 16
asportazione con abrasivi
• Possono essere usati su una vasta gamma di materiali, dalle leghe leggere, agli
acciai e ai materiali non metallici, come la ceramica e silicio.
• Alcuni di questi processi possono produrre finiture superficiali estremamente spinte,
fino a Ra = 0.025 μm.
• Con alcuni processi abrasivi si possono ottenere delle tolleranze dimensionali molto
strette.
16.1 Rettifica
e possiedono un angolo di spoglia molto negativo e (4) la mola può essere considerata
auto-affilante (man mano che la mola si usura asportando materiale), le particelle abra-
sive si smussano, si fratturano o si staccano dalla mola creando di fatto nuovi taglienti
o lasciando il posto a nuovi grani.
16.1.1 La mola
Una mola è fatta di particelle abrasive e materiale legante. Il legante tiene le particelle
abrasive in posizione e determina la forma e la struttura della mola. Le seguenti cinque
specifiche permettono di classificare le mole: (1) il materiale abrasivo, (2) la dimensione
dei grani, (3) il materiale legante, (4) il grado della mola e (5) la struttura della mola.
Per ottenere un ottimo risultato in una certa applicazione, ogni parametro deve essere
scelto in modo specifico.
Dimensione del grano La dimensione del grano delle particelle abrasive è impor-
tante nel determinare la finitura superficiale e la velocità di rimozione del materiale. I
grani piccoli producono una finitura migliore, ma i grani più grandi permettono delle
velocità di rimozione maggiori. Di conseguenza quando si sceglie la dimensione dei
grani, bisogna scegliere quale dei due aspetti enfatizzare. La scelta della dimensione
dei grani dipende anche dal grado di durezza del materiale da lavorare. Lavorare mate-
riali più duri richiede dei grani più piccoli, invece materiali con durezza meno elevata
richiedono grani più grossi.
La dimensione dei grani si misura sfruttando una procedura che vede l’utilizzo di
setacci. Usando questa procedura, ad esempio, ai grani dalle dimensioni più piccole
viene quindi associato un numero elevato che di fatto è legato al numero di maglie del
setaccio con cui i grani vengono selezionati. Viceversa numeri piccoli sono associati a
grani più grandi. La dimensione dei grani usati nelle mole di solito è nell’intervallo tra
8 e 250. Una dimensione 8 indica dei grani molto grossi, mentre una dimensione 250
indica dei grani molto fini. Nella lappatura e nella superfinitura si usano grani ancora
più fini (Paragrafo 16.2)
Struttura e classe della mola La struttura è una caratteristica associata alla po-
rosità della mola che dipende dalla distanza presente tra i grani abrasivi. Oltre ai grani
abrasivi e al materiale legante, le mole contengono infatti aperture o porosità, come
illustrato in Figura 16.1. La proporzione volumetrica di grani, materiale legante e pori
può essere espressa nel modo seguente:
Pg + Pb + Pp = 1.0 (16.1)
dove Pg è la proporzione di grani abrasivi nel volume complessivo della mola, Pb la pro-
porzione di materiale legante e Pp la proporzione di porosità.
La struttura della mola è misurata su una scala i cui estremi vanno da «aperto» a
«chiuso». Una struttura aperta è una in cui Pp è relativamente grande e Pg è relativamen-
te piccolo, cioè ci sono più pori e meno grani per unità di volume. Al contrario, in una
struttura chiusa Pp è relativamente piccolo e Pg è più grande.
Di solito le strutture aperte si usano nelle operazioni che richiedono di fornire al ma-
teriale rimosso una zona in cui fluire; ovvero si dà spazio al truciolo prodotto affinché non
interferisca, nella zona di taglio, con il processo vero e proprio. Le strutture chiuse sono
usate per ottenere una migliore finitura superficiale e un miglior controllo dimensionale.
Il grado o durezza della mola indica la capacità del legante di trattenere i grani abrasi-
vi durante il taglio. Questo dipende in gran parte dalla proporzione di legante presente nella
struttura della mola – Pb nell’Equazione (16.1). Il grado viene misurato su una scala che va da
«morbida» a «dura». Mole morbide perdono i grani in fretta, mentre mole dure conservano i
loro grani abrasivi per più tempo. Le mole morbide di solito vengono usate per applicazioni
che richiedono una rimozione minima di materiale e per la rettifica di materiali difficili da
lavorare. Le mole dure vengono usate tipicamente per raggiungere degli alti tassi di rimozio-
ne di materiale e nella rettifica di materiali relativamente facili da lavorare.
TABELLA 16.3 Sistema di codifica per le mole tradizionali come definito dallo Standard ANSI B74.13-1977.
30 A 46 H 6 V XX
Simbolo del produttore della
mola (opzionale).
Tipo di legante: B = in resinoide, BF = in resina
rinforzata, E = in gommalacca, R = in gomma,
RF = in gomma rinforzata, S = silicato,
V = vetrificato.
Struttura: La scala varia da 1 a 15: 1 = struttura molto chiusa,
15 = struttura molto aperta.
Grado: La scala va da A a Z: A = molto morbida, M = media M, Z = dura.
Dimensione dei grani: Grossa = grani da 8 a 24, Media = grani da 30 a 60, Fine = grani da
70 a 180, Molto fine = grani da 220 a 600.
Tipo di abrasivo: A = ossido di alluminio, C = carburo di silicio.
Prefisso: Simbolo del costruttore per l’abrasivo (opzionale).
Rettifica e altri processi di asportazione con abrasivi 435
TABELLA 16.4 Sistema di codifica per le mole in diamante e nitruro di boro cubico come definito dallo Standard ANSI B74.13-1977.
30 A 46 H 6 V XX
Profondità abrasiva = profondità della
regione abrasiva in mm, come mostrato
in Figura 16.2 (c).
Modifica di legante = notazione del costruttore sul
tipo di legante speciale o sua modifica.
Tipo di legante: B = resinoide, M = metallo, V = vetrificato.
Concentrazione: Notazione del costruzione. Può essere un numero o un
simbolo.
Grado: La scala va da A a Z: A = morbida, M = media M, Z = dura.
Dimensione dei grani: Grossa = grani da 8 a 24, Media = grani da 30 a 60, Fine = grani da 70 a
180, Molto fine = grani da 220 a 600.
Tipo di abrasivo: D = diamante, B = nitruro di boro cubico.
Prefisso: Simbolo del costruttore per l’abrasivo (opzionale).
Diametro dell’incavo
Diametro della mola
Profondità dell’incavo
Faccia che
Spessore
esegue la
della mola
rettifica
Diametro del foro per il montaggio
Faccia che esegue
la rettifica
Spessore
della faccia Faccia che esegue la rettifica
che esegue
Faccia la rettifica
che esegue
la rettifica
Figura 16.2 Alcune forme standard delle mole: (a) diritta, (b) a due incavi, (c) struttura metallica con abrasivo disposto sulla
circonferenza esterna, (d) mola per operazioni di taglio, (e) mola cilindrica, (f) mola a coppa dritta e (g) mola a coppa svasata.
(Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
436 Tecnologia meccanica
v = p×D×n(16.1)
dove v è la velocità periferica della mola in m/min, n la velocità del mandrino in giri/
min e D il diametro della ruota in m.
La profondità di taglio d è chiamata, in relazione all’operazione di rettifica consi-
derata, avanzamento (infeed) o profondità di passata della mola ed è la penetrazione
della mola nel pezzo da lavorare. Durante l’operazione, a ogni passata la mola avanza la-
teralmente sulla superficie del pezzo. Questo movimento viene chiamato avanzamento
trasversale (crossfeed) ed è quello che determina l’ampiezza della mola impegnata nel
taglio w, Figura 16.3 (a). Questa quantità, moltiplicata per la profondità, determina la
sezione trasversale del taglio. In molte operazioni di rettifica il pezzo si muove rispetto
alla mola con una certa velocità v w, cosicché la formula del tasso di rimozione del ma-
teriale si può esprimere come:
(16.3)
Ogni grano della mola taglia un truciolo diverso la cui forma longitudinale prima del
taglio è rappresentata in Figura 16.3 (c) e che si assume essere di forma triangolare.
All’uscita del grano dal pezzo, quando la sezione del truciolo è più larga, questo trian-
golo ha altezza t e larghezza w’.
In un’operazione di rettifica, bisogna studiare bene come i parametri di taglio si
combinano con i parametri della mola e influenzano (1) la finitura superficiale, (2) le
forze e l’energia, (3) la temperatura della superficie del pezzo e (4) l’usura della mola.
Velocità di rotazione
Asse di rotazione della mola del mandrino N
(cross-feed)
tc
Avanzamento trasversale
Mola
Mola
Pezzo
Figura 16.3 (a) Rappresentazione geometrica di un’operazione di rettifica, che mostra i parametri di taglio; (b) l’impegno tra-
sversale della mola (c) vista della sezione trasversale di un singolo truciolo. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
(16.5)
tc
I valori tipici di questo rapporto sono tra 10 e 20.
Il numero di grani attivi (denti di taglio) per unità di superficie sulla periferia
esterna della mola viene indicato con la lettera C. Di solito a granulometrie più
piccole sono associati valori di C più alti. C è anche legato alla struttura della mola.
Una struttura più densa significa che ci sono più grani per unità di superficie. Sulla
base del valore di C, si calcola il numero di trucioli che si formano nell’unità di
tempo, nc, come:
Cg(16.6)
Uv (16.7)
438 Tecnologia meccanica
Dove Uv è l’energia specifica in J/mm3, Fc la forza di taglio, che è la forza per gui-
dare il pezzo attraverso la mola in N, v la velocità della mola in m/min, v w la velocità
del pezzo in mm/min, w l’impegno trasversale della mola in mm e d la profondità di
taglio, mm (in).
In rettifica, per diversi motivi, l’energia specifica è molto maggiore che nelle lavo-
razioni tradizionali. Il primo è relativo all’effetto di dimensione. Come già descritto
in precedenza, lo spessore del truciolo nella rettifica è molto più piccolo che nelle altre
operazioni di asportazione, come ad esempio in fresatura. A causa di questo effetto,
le dimensioni più piccole dei trucioli fanno sì che l’energia necessaria per rimuovere
un’unità di volume di materiale sia significativamente superiore (circa 10 volte) a quella
di una lavorazione tradizionale.
In secondo luogo, i grani nella mola hanno degli angoli di spoglia molto negativi, in
media all’incirca –30°, ma possono raggiungere anche i –60°. Questi angoli di spoglia
provocano una bassa inclinazione del piano di scorrimento e delle alte tensioni di taglio,
che quindi danno origine a valori più alti di energia.
Il terzo motivo per cui l’energia specifica è maggiore nella rettifica è perché non
tutti i grani sono impegnati nell’operazione di taglio. A causa della disposizione e
dell’orientamento casuale dei grani nella mola, alcuni sono troppo lontani dal piano
di taglio per essere coinvolti nell’operazione. Ci sono tre tipi di azioni dei grani, come
illustrato in Figura 16.4: (a) di taglio, in cui il grano penetra abbastanza a fondo nel
pezzo per formare un truciolo e rimuovere del materiale, (b) di incisione, in cui i grani
penetrano nel pezzo ma non abbastanza per effettuare il taglio, quindi deformano solo
la superficie e si verifica un consumo di energia senza asportazione di materiale e (c)
di sfregamento, in cui i grani entrano in contatto con la superficie durante l’operazione
ma si verifica solo uno sfregamento per attrito, una dissipazione di energia ma senza
rimozione di materiale.
L’effetto di dimensione, gli angoli di spoglia negativi e l’azione poco efficace dei
grani si combinano rendendo il processo di rettifica poco efficiente in termini di consu-
mo di energia per volume di materiale rimosso.
Usando la formula dell’energia specifica dell’Equazione (16.7), e supponendo che la
forza di taglio che agisce su un singolo grano della mola sia proporzionale a rgt, si può
dimostrare [10] che:
K1 (16.8)
dove F’c è la forza di taglio che agisce su un singolo grano, K1 è una costante di propor-
zionalità che dipende dalla resistenza del materiale da tagliare e dalla forma dei grani
e da altri termini già definiti in precedenza. Il significato pratico di questa formula è
Truciolo
Figura 16.4 Tre tipi di azioni dei grani nella rettifica: (a) di taglio, (b) di incisione e (c) di sfregamento. (Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Rettifica e altri processi di asportazione con abrasivi 439
che F’c determina se un certo grano verrà staccato dalla mola che rappresenta un fattore
importante nella capacità della mola di auto affilarsi.
Facendo riferimento alla discussione sul grado della mola, una mola dura può esse-
re resa più morbida aumentando la forza di taglio che agisce sui grani attraverso oppor-
tune modifiche di vw, v, d, secondo l’Equazione (16.8).
Cgv
K2 (16.9)
Usura della mola Le mole si usurano, come tutti gli utensili da taglio tradizionali.
Ci sono tre meccanismi principali responsabili dell’usura delle mole: (1) la rottura dei
grani, (2) l’usura per attrito e (3) la rottura del legante. La rottura dei grani si verifica
quando un pezzo di grano si rompe, ma il resto rimane fissato alla mola. I bordi della
zona fratturata diventano i nuovi taglienti della mola. La tendenza del grano a fratturar-
si prende il nome di friabilità. Un’alta friabilità significa che i grani si fratturano più
facilmente a causa delle forze di taglio sui grani F’c.
L’usura per attrito causa uno smussamento dei grani, con conseguente formazione
di zone piatte e spigoli arrotondati. L’usura da attrito è analoga all’usura che si manife-
sta negli utensili da taglio tradizionali. È causata sia da meccanismi fisici simili come
440 Tecnologia meccanica
(16.10)
aumentano, con conseguente riduzione del rapporto di rettifica e degrado della finitura
superficiale. Questo effetto, mostrato in Figura 16.6, è stato notato per la prima volta
da Krabacher [14].
Quando la mola è nella terza regione della curva di usura, deve essere affilata da
una procedura chiamata ravvivatura, che consiste nel (1) rimuovere i grani smussati
sulla periferia esterna della mola in modo da far apparire dei nuovi grani affilati e nel
(2) rimuovere i trucioli che hanno intasato la mola. Questa operazione è eseguita da un
disco rotante, delle barrette abrasive, o un’altra mola ad alta velocità, che vengono mes-
se a contatto con la mola per effettuare la ravvivatura. Anche se la ravvivatura affila la
mola, non garantisce la sua forma. Per quello si usa l’operazione di centratura che non
solo affila la ruota, ma ripristina anche la sua forma cilindrica e il suo perimetro ester-
no. Questa procedura utilizza un utensile con punta di diamante (o altri tipi di utensili
di centraggio) che viene fatto avanzare lentamente e precisamente lungo il profilo della
mola posta in rotazione, ad una profondità molto piccola (0.025 mm o meno).
Linee guida delle applicazione Ci sono molti fattori che influenzano le presta-
zioni delle operazioni di rettifica. Le linee guida riportate in Tabella 16.5 sono utili
per avere una panoramica sulle varie criticità e le loro possibili soluzioni scegliendo i
parametri corretti della mola e le corrette condizioni di lavorazione.
Fluidi da rettifica Una corretta applicazione dei fluidi da taglio si è dimostrata ef-
ficace nel ridurre gli effetti termici e le alte temperature superficiali del pezzo, come
descritto in precedenza. Se vengono usati in operazioni di rettifica, i fluidi da taglio
sono chiamati fluidi da rettifica. Le funzioni svolte da questi fluidi sono simili a quelle
dei fluidi da taglio: riducono l’attrito e aiutano a disperdono il calore del processo. Inol-
tre, contribuiscono a portare via i trucioli e a ridurre la temperatura della superficie del
pezzo, azioni sicuramente molto importanti in rettifica.
I fluidi da rettifica sono oli da rettifica e oli emulsionati. Gli oli da rettifica sono
principalmente derivati dal petrolio. Questi prodotti sono molto comuni perché l’at-
442 Tecnologia meccanica
trito è un fattore importante nella rettifica. Tuttavia, essi costituiscono un rischio per
l’infiammabilità e l’incolumità degli operatori e il loro costo è elevato rispetto agli oli
emulsionati. Inoltre, la loro capacità di disperdere il calore è minore rispetto ai fluidi a
base acqua. Quindi di solito si preferisce usare delle miscele di olio in acqua come fluidi
da rettifica, in modo da aumentare la riduzione dell’attrito.
Rettifica per piani La rettifica per piani viene usata per rettificare delle semplici su-
perfici piane. Viene eseguita utilizzando la periferia o la faccia piana della mola. Poiché
il pezzo viene disposto orizzontalmente, la rettifica periferica viene eseguita facendo
ruotare la mola su un asse orizzontale e la rettifica frontale viene eseguita ruotando la
mola su un asse verticale. In entrambi i casi, il movimento relativo del pezzo si ottiene
muovendo di moto alterno il pezzo lungo la mola o ruotandolo. Queste combinazioni di
Rettifica e altri processi di asportazione con abrasivi 443
orientamenti delle mole e movimenti del pezzo danno origine ai quattro tipi di macchi-
ne rettificatrici illustrate in Figura 16.7.
Tra questi quattro tipi, rettificatrice tangenziale, mostrata in Figura 16.8, è la più
comune. La rettifica si ottiene muovendo il pezzo longitudinalmente alimentando la
mola, la profondità di passata è molto piccola e la mola viene fatta avanzare trasversal-
mente. In queste operazioni, la larghezza della mola è solitamente inferiore a quella del
pezzo.
In aggiunta alla sua applicazione tradizionale, una rettificatrice tangenziale può
essere anche utilizzata per formare dei contorni sagomati speciali usando una mola sa-
gomata. Invece di alimentare la ruota trasversalmente in modo alternato, la mola viene
Profondità
Profondità Avanzamento di passata
di passata trasversale w Avanzamento
della mola d
della mola trasversale w
vw
Velocità
Work speed, Velocità
Work speed, vw
del pezzo vw del pezzo vw
fatta affondare verticalmente nel pezzo. Questo tipo di lavorazione si chiama rettifica
a tuffo ed è caratterizzata da una certa velocità di affondamento (in-feed). La sagoma
della mola viene quindi impartita alla superficie del pezzo.
Le rettificatrici a mandrino verticale e tavola traslante (frontali) sono configurate in
modo che il diametro della mola sia maggiore della larghezza del pezzo. Quindi queste
operazioni possono essere eseguite senza utilizzare un movimento trasversale di avan-
zamento. La rettifica viene eseguita muovendo il pezzo longitudinalmente alimentando
la mola. Inoltre la mola viene fatta avanzare verticalmente nel pezzo fino a raggiungere
profondità desiderata. Questa tipologia di rettifica permette di ottenere superfici piane
di ottima qualità
Tra i due tipi di rettifica a piano rotante in Figura 16.7 (b) e (d), quelle a mandrino
verticale sono le più comuni. A causa della superficie relativamente ampia di contatto
tra la mola e il pezzo, le rettificatrici con piano a mandrino verticale possono raggiun-
gere degli elevati tassi di rimozione di materiale se equipaggiate da opportune mole.
Rettifica in tondo Come suggerisce il nome, la rettifica cilindrica viene usata per
pezzi cilindrici. Queste operazioni di rettifica si dividono fondamentalmente in due
tipi, che sono mostrati in Figura 16.9: (a) la rettifica in tondo esterna e (b) la rettifica in
tondo interna.
La rettifica in tondo esterna (chiamata anche rettifica con centri per distinguerla
dalla rettifica senza centri) è molto simile a un’operazione di tornitura. Le rettificatrici
utilizzate per queste operazioni assomigliano a un tornio in cui il portautensile è sostituito
da un motore ad alta velocità per ruotare la mola. Il pezzo cilindrico ruota tra i centri per
fornire una velocità periferica da 18 a 30 m/min [16], e la mola, che ruota da 1200 a 2000
m/min, esegue la lavorazione. Ci sono due tipi di movimento di avanzamento possibili,
trasversale e di affondamento (che determina poi la profondità di passata), mostrati in Fi-
gura 16.10. Nell’avanzamento trasversale, la mola avanza in direzione parallela all’asse di
rotazione del pezzo. La profondità di passata di solito è nell’intervallo 0.0075-0.075 mm.
A volte sia il pezzo che la mola eseguono un movimento longitudinale alternato, per mi-
gliorare la finitura superficiale. Nell’affondamento, la mola avanza radialmente nel pezzo.
Per questo tipo di movimento di solito si usano delle mole sagomate.
La rettifica in tondo esterna viene usata per effettuare la finitura dei i pezzi che
sono stati precedentemente lavorati al tornio e successivamente trattati termicamente
per raggiungere la durezza desiderata. Tra i componenti lavorabili ci sono ad esempio
gli assi, gli alberi motore, i mandrini, i cuscinetti, le boccole e i rulli per i laminatoi.
L’operazione di rettifica produce la dimensione finale e la finitura superficiale richiesta
su questi pezzi induriti.
Profondità
di passata Profondità di passata
io: della mola della mola
di
del
Velocità
Figura 16.9 Due tipi di Velocità
a- della mola
rettifica in tondo: (a) ester- della mola
in
na e (b) interna. (Fonte: Movimento di avan-
ci-
Fundamentals of Modern Velocità zamento trasversale
Manufacturing, 4th Edi- del pezzo
tion by Mikell P. Groover, Superficie rettificata
2010. Ristampato con il Superficie originale
permesso di John Wiley &
Sons, Inc.)
Rettifica e altri processi di asportazione con abrasivi 445
Velocità Velocità
della mola della mola
La rettifica in tondo interna è simile alla barenatura. Il pezzo viene fissato a una
morsa e ruotato per raggiungere una velocità superficiale da 20 a 60 m/min [16]. Le ve-
locità superficiali della mola sono simili a quelle della rettifica in tondo esterna. La mola
può avanzare in due modi: avanzamento trasversale, Figura 16.9 (b), o avanzare radial-
mente (a tuffo). Ovviamente, il diametro della mola nella rettifica in tondo interna deve
essere inferiore al foro iniziale. Questo spesso significa che il diametro della mola deve
essere molto piccolo, fatto che richiede delle velocità di rotazione molto elevate per ottene-
re le velocità superficiali desiderate. La rettifica in tondo interna viene usata per la finitura
delle superfici interne indurite delle sedi dei cuscinetti e delle superfici delle boccole.
Rettifica senza centri La rettifica senza centri è un processo alternativo per la rettifica
di superfici cilindriche esterne ed interne. Come suggerisce il nome, il pezzo non è tenuto
tra i centri. Questo comporta una riduzione del tempo di lavoro di spostamento del pezzo e
di conseguenza, un impiego di questo tipo di rettifica nelle operazioni ad alta produzione.
La configurazione della rettifica senza centri esterna (Figura 16.11) consiste di due ruote:
la mola e la mola conduttrice, di guida o di regolazione. I pezzi, che possono essere diversi
pezzi singoli corti o barre lunghe (3-4 m), sono supportati da una lama di supporto e fatti
avanzare attraverso le due ruote. La mola esegue l’asportazione, con velocità superficiali
che vanno da 1200 a 1800 m/min. La mola conduttrice ruota a velocità molto inferiori ed è
leggermente inclinata, di un angolo I, per controllare l’avanzamento del pezzo. Per calcolare
la velocità della linea di avanzamento, si può usare l’equazione seguente [16]:
(16.11)
Mola Direzione
Pezzo dell’avanzamento
Mola conduttrice
operatrice
Figura 16.11 Rettifica
senza centri esterna.
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P.
Lama di supporto Angolo Groover, 2010. Ristam-
del pezzo di inclinazione I pato con il permesso di
(Vista posteriore) (Vista laterale) John Wiley & Sons, Inc.)
446 Tecnologia meccanica
Pezzo
Figura 16.12 Rettifica
s enza c entr i inter na .
(Fonte: Fundamentals of Rulli di
Modern Manufacturing, regolazione
4th Edition by Mikell P. Mola di guida
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di Mola
John Wiley & Sons, Inc.)
Figura 16.13 Confronto tra (a) rettifica per piani tradizionale e (b) rettifica ad avanzamento lento. (Fonte: Fundamentals of Mo-
dern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Rettifica e altri processi di asportazione con abrasivi 447
di taglio continuo. Questo contrasta con la rettifica per piani tradizionale in cui il moto
alternato del pezzo causa una perdita significativa di tempo per ogni corsa.
La rettifica profonda può essere applicata sia alla rettifica per piani che alla rettifica
in tondo esterna. Le applicazioni del primo caso includono rettifica di scanalature e
profili. Questo processo è particolarmente adatto per quei casi in cui il rapporto tra pro-
fondità e larghezza è relativamente grande. Le applicazioni della rettifica in tondo com-
prendono la lavorazione di filettature, degli ingranaggi e di altri componenti cilindrici.
In Europa si usa il termine rettifica in profondità per indicare queste applicazioni di
rettifica in tondo esterna ad avanzamento lento.
L’introduzione delle rettificatrici progettate appositamente per la rettifica profon-
da ha stimolato l’interesse per questo processo. Le caratteristiche di una rettificatrice
sono [11]: elevata stabilità statica e dinamica, slitte ad alta precisione, elevata potenza
del mandrino (fino a due o tre volte superiore a quella delle altre rettificatrici), tavola a
ridotti avanzamenti, sistemi di erogazione di fluidi da rettifica ad alta pressione e dei
sistemi di ravvivatura per ravvivare la mola durante il processo. I vantaggi principali
della rettifica ad avanzamento lento sono (1) gli alti tassi di rimozione del materiale, (2)
una maggior precisione nella formatura delle superfici e (3) una riduzione delle tempe-
rature sulle superfici dei pezzi lavorati.
Protezione
Disco abrasivo
(entrambi i lati)
Mandrino
Figura 16.14 Configura- Tavolo da lavoro
zione tipica di una retti-
ficatrice a disco. (Fonte:
Fundamentals of Modern Macchina
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
Oltre alla rettifica, gli altri processi abrasivi sono la levigatura, la lappatura, la super-
finitura, la brillantatura e la lucidature. Questi processi sono utilizzati esclusivamente
come operazioni di finitura. La forma iniziale del pezzo viene creata da un altro pro-
cesso e per migliorare la finitura superficiale si usa uno di questi processi abrasivi. Le
forme tipiche e i valori di rugosità superficiale ottenibili sono indicati in Tabella 16.6.
Si riportano anche i corrispondenti dati della rettifica per poter fare un confronto tra i
processi.
Esiste un’altra classe di operazioni di finitura, detta vibrofinitura, che viene usata
per rifinire insiemi di pezzi anziché pezzi singoli. Questi metodi di finitura di massa
sono anche utilizzati per la pulizia e la rimozione delle bave dai pezzi.
Puleggia folle
v = velocità
del nastro
Figura 16.15 Rettifica a Piastra Pezzo
nastro abrasivo. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edi- Nastro abrasivo
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley Mandrino
& Sons, Inc.) di azionamento
Rettifica e altri processi di asportazione con abrasivi 449
TABELLA 16.6 Forme tipiche dei pezzi usati nei processi di levigatura, lappatura, superfinitura, lucidatura e brillantatura.
Rugosità superficiale
Processo Forma tipica mm
Rettifica con grani di dimensione media Superfici piane, cilindri esterni, fori rotondi 0.4-1.6
Rettifica con grani di dimensione piccola Superfici piane, cilindri esterni, fori rotondi 0.2-0.4
Levigatura Fori rotondi (es. dei motori) 0.1-0.8
Lappatura Superfici piane o leggermente sferiche (es. lenti) 0.025-0.4
Superfinitura Superfici piane, cilindri esterni 0.013-0.2
Lucidatura Forme varie 0.025-0.8
Brillantatura Forme varie 0.013-0.4
Fonti [4], [7], [16] e altre.
Azionamento
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Domande di ripasso
7. In rettifica la temperatura nella zona di lavoro può
1. Perché i processi abrasivi sono importanti sia tec- essere molto elevata. Perché può essere è dan-
nologicamente che commercialmente? noso?
2. Quali sono i cinque parametri di base che caratte- 8. Quali sono i tre meccanismi di usura della mola?
rizzano una mola? 9. Cosa si intende per ravvivatura della mola?
3. Quali sono i principali materiali abrasivi utilizzati nel- 10. Cosa si intende per centratura della mola?
le mole? 11. Quale materiale abrasivo si può usare per la retti-
4. Cos’è la struttura della mola? fica di un utensile da taglio in carburo cementato?
5. Cos’è di grado della mola? 12. Quali sono le funzioni dei fluidi da taglio in rettifica?
6. Perché i valori di energia specifici sono molto più alti 13. Che cos’è la rettifica senza centri?
nella rettifica che nei processi di lavorazione tradi- 14. In cosa differisce la rettifica ad avanzamento lento
zionali, come ad esempio in fresatura? o profonda rispetto alla rettifica tradizionale?
Rettifica e altri processi di asportazione con abrasivi 453
15. In cosa differisce le rettifica a nastro abrasivo ri- 16. Descrivere altri processi abrasivi che si possono
spetto a un’operazione di rettifica per piani tradi- usare per ottenere delle finiture superficiali molto
zionale? buone.
Problemi
5. In un’operazione di rettifica senza centri, la mola ha
1. In un’operazione di rettifica il diametro della mola è un diametro di 200 mm e la ruota di regolazione di 125
150 mm e la profondità di passata è 0.07 mm. La ve- mm. La mola ruota a 3000 giri/min e la mola di guida
locità della mola è 1450 m/min, la velocità del pezzo o di regolazione a 200 giri/min. L’angolo di inclinazione
di 0.25 m/s e l’avanzamento trasversale di 5 mm. Il della ruota di regolazione è 2.5°. Determinare la veloci-
numero di grani attivi per unità di superficie della tà di avanzamento attraverso la mola di pezzi cilindrici
mola è 0.75 grani/mm2. Determinare (a) la lunghez- di diametro di 25.0 mm e lunghi 175 mm.
za media dei trucioli, (b) il tasso di asportazione di 6. In un’operazione di rettifica senza centri, la ruota di
materiale e (c) il numero di trucioli che si formano guida ha un diametro di 150 mm e ruota a 500 giri/
per unità di tempo quando la mola esegue l’opera- min. A quale angolo di inclinazione delle essere im-
zione nel pezzo. postata, se si desidera fare passare attraverso la
2. In un’operazione di rettifica si impostano i seguenti mola un pezzo lungo 3.5 m con diametro di 18 mm
parametri: diametro della mola = 152,4 mm, profon- in esattamente 30 secondi?
dità di passata = 7,62 × 10 –3 m, velocità della mola 7. Si vogliono confrontare i tempi ciclo necessari per
= 1,45 m/min, velocità del pezzo = 15,24 m/min, rettificare un certo pezzo utilizzando la rettifica per
avanzamento trasversale = 5,08 mm. Il numero gra- piani tradizionale e la rettifica ad avanzamento len-
ni attivi per pollice quadrato di superficie della ruota to. Il pezzo è lungo 200 mm, largo 30 mm e spesso
è 500. Determinare (a) la lunghezza media dei tru- 75 mm. Per poter effettuare il confronto, la mola in
cioli, (b) il tasso di asportazione di materiale e (c) il entrambi i casi ha un diametro di 250 mm, una lar-
numero di trucioli che si formano per unità di tempo ghezza di 35 mm e una velocità di 1500 giri/min. Si
quando la mola esegue l’operazione nel pezzo. vuole rimuovere 25 mm di materiale dalla superficie.
3. Si usa un’operazione di rettifica cilindrica interna Usando la rettifica tradizionale, la profondità è pari
per finire un foro interno da un diametro iniziale di a 0.025 mm e la mola attraversa due volte (avanti e
250.00 mm a un diametro finale di 252.5 mm. Il foro indietro) tutto il piano di lavoro ad ogni passata pri-
è lungo 125 mm. Nell’operazione si usa una mola ma di impostare nuovamente l’avanzamento. Non c’è
con un diametro di 150.00 mm e larga 20,00 mm. avanzamento trasversale perché la larghezza della
Dopo l’operazione, il diametro della mola si è ridotto mola è maggiore della larghezza del pezzo. La velo-
a 149.75 mm. Determinare l’indice di rettifica di que- cità del pezzo ad ogni passata è di 12 m/min, ma la
sta operazione. mola oltrepassa i suoi lati esterni da entrambe le par-
4. In un’operazione di rettifica superficiale eseguita su ti. Considerando l’accelerazione e la decelerazione,
acciaio al carbonio temprato, la mola ha un diametro la mola è impegnata nel lavoro per il 50% del tempo
di 200 mm e una larghezza di 25 mm. La mola ruota ad ogni passata. Usando la rettifica ad avanzamento
a 2400 giri/min, con una profondità di taglio (pro- lento, l’avanzamento in profondità aumenta di 1000 e
fondità) di 0.05 mm/passata e un avanzamento tra- l’avanzamento in avanti diminuisce di 1000. Quanto
sversale di 3.50 mm. La velocità del pezzo in moto tempo serve per completare l’operazione (a) con la
alternato è 6 m/min e l’operazione viene eseguita a rettifica tradizionale e (b) con la rettifica profonda?
secco. Determinare (a) la lunghezza del contatto tra 8. Si vuole rettificare una lega di alluminio mediante
la ruota e il pezzo e (b) la percentuale in volume del un’operazione di rettifica cilindrica esterna per ot-
metallo rimosso. (c) Sapendo che ci sono 64 grani/ tenere una buona finitura superficiale. Descrivere i
cm2 attivi sulla superficie della mola, stimare il nu- parametri appropriati della mola e le condizioni di
mero di trucioli che si formano per unità di tempo. rettifica per questa operazione.
(d) Qual è il volume medio per truciolo? (e) Sapendo 9. Si vuole riaffilare una broccia in acciaio (temprato)
che la forza di taglio tangenziale sul pezzo è di 25 N, per ottenere una buona finitura. Descrivere i para-
calcolare l’energia specifica di questa operazione. metri appropriati della mola per questa operazione.
Processi di lavorazione
Capitolo 17
non convenzionali
Fluido
abrasivo
Utensile Flusso
Taglio a getto d’acqua Il taglio a getto d’acqua (water jet cutting, WJC) usa un
sottile flusso d’acqua ad alta velocità diretto sulla superficie del pezzo per produrre il
taglio, come illustrato in Figura 17.2. Per ottenere il flusso di acqua si usa un ugello con
un diametro molto piccolo, da 0.1 a 0.4 mm. Per fornire l’energia sufficiente per il taglio,
si usano pressioni fino a 600 MPa e il getto raggiunge velocità fino a 900 m/s. Il liquido
è pressurizzato al valore desiderato da una pompa idraulica.
Il componente ugello è costituito da un supporto in acciaio inox e da un ugello vero
e proprio in zaffiro, rubino o diamante. Il diamante dura più a lungo, ma è più costoso.
Si deve usare un sistema di scarico o una vasca di raccolta per rimuovere i trucioli
prodotti durante il taglio.
I fluidi da taglio nel WJC sono acqua pura o soluzioni polimeriche, particolarmente
adatte per la loro tendenza a produrre un flusso coerente. I fluidi da taglio sono già
stati discussi nel contesto della lavorazione tradizionale, ma il termine non è mai stato
appropriato come nel WJC.
I parametri di processo più importanti includono la distanza di stand-off, il diametro
dell’ugello, la pressione dell’acqua e la velocità di avanzamento della testa taglio. Come
mostrato in Figura 17.2, la distanza di stand-off è la distanza tra l’uscita dell’ugello e la
superficie del pezzo. Di solito si cerca di mantenere piccola questa distanza per minimiz-
zare la defocalizzazione del fluido prima che arrivi sulla superficie del pezzo. Una tipica
distanza di stand-off è 2-3 mm. La dimensione del foro dell’ugello influisce sull’accura-
tezza del taglio: diametri più piccoli vengono usati per effettuare tagli di precisione su
materiali sottili. Per effettuare tagli su materiali più spessi, si devono usare getti d’acqua
Acqua
ad alta pressione Valvola
Ugello
più grandi e pressioni maggiori. La velocità di avanzamento si riferisce alla velocità con
cui l’ugello si sposta per seguire il percorso di taglio. Velocità di avanzamento tipiche
variano dai 5 mm/s a più di 500 mm/s, a seconda del materiale lavorato e del suo spessore
[5]. Il processo WJC di solito è automatizzato mediante il controllo numerico o l’uso di
robot industriali per muovere la testa di taglio lungo la traiettoria desiderata.
Il taglio a getto d’acqua può essere utilizzato in modo efficace per tagliare fessure
sottili su pezzi piani in plastica, tessuti, materiali compositi, piastrelle per pavimenti,
moquette, cuoio o cartone. Esistono delle celle robotizzate in cui il getto d’acqua viene
usato come utensile per realizzare tagli complessi in tre dimensioni, come il taglio e la
rifilatura dei cruscotti delle automobili prima del montaggio [9]. In queste applicazioni,
i vantaggi del WJC sono: (1) non deforma e non brucia la superficie del pezzo, come
invece accade per altri processi meccanici o termici, (2) si ha una perdita di materiale
minima in quanto il diametro del getto è molto piccolo, (3) non si produce nessun in-
quinamento ambientale e (4) il processo è facile da automatizzare. Una limitazione del
WJC è che il processo non è adatto per il taglio di materiali fragili (come il vetro) a
causa della loro tendenza a rompersi (in questi casi è necessario un getto idroabrasivo).
Sistema di scarico
Testa di taglio
manuale Figura 17.3 Lavorazione
a getto abrasivo. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edi-
Flusso di gas e abrasivi tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
Pezzo permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
L’AJM viene usato come processo di finitura e non come processo di taglio per la
produzione. Le sue applicazioni sono la rimozione di bave, la rifilatura, la pulitura e la
lucidatura. I materiali su cui ha un effetto migliore sono quelli duri e fragili (come il
vetro, il silicio, la mica e la ceramica) in forme piatte e sottili. Gli abrasivi tipici usati
in AJM sono l’ossido di alluminio (per l’alluminio e l’ottone), il carburo di silicio (per
l’acciaio inox e la ceramica) e le sfere di vetro (per la lucidatura). I grani sono piccoli,
di diametro da 15 a 40 μm, e devono essere di dimensioni uniformi. Gli abrasivi non
si possono riciclare in quanto i grani utilizzati si rompono (e quindi diminuiscono di
dimensione), si usurano e si contaminano.
Un gruppo importante di processi non convenzionali utilizza l’energia elettrica per ri-
muovere il materiale. Questo gruppo è identificato con il termine di processi elettro-
chimici perché l’energia elettrica è utilizzata in combinazione con reazioni chimiche
per realizzare la rimozione. In effetti questi processi sono l’opposto dell’elettrodeposi-
zione. In questi processi il materiale lavorato deve essere un buon conduttore.
460 Tecnologia meccanica
V = CIt(17.1)
(17.2)
Avanzamento dell’utensile
Supporto dell’utensile
e meccanismo
di avanzamento
Flusso elettrolitico
Utensile (catodo)
Isolamento
Elettrolita
TABELLA 17.1 Valori tipici del tasso di rimozione specifico di materiale C nella lavorazione elettrochimica.
(17.3)
(17.4)
fr (17.5)
fr (17.6)
Soluzione: Dalla Tabella 17.1, si ha che il tasso specifico C per l’alluminio è 3,44 3
10 –2 mm3/As. L’area frontale dell’elettrodo è A = 10 mm 3 30 mm = 300 mm2. A un
livello di corrente di 1200 A, la velocità di avanzamento è la seguente:
dell’ECD è mostrata in Figura 17.5. Il foro nel pezzo presenta una bava tagliente di
quelle tipicamente prodotte da una foratura che realizza un foro passante. L’utensile
elettrodo è progettato per dirigere l’azione di rimozione del metallo sulla bava. Le parti
dell’utensile che non sono usate per la lavorazione vengono isolate. L’elettrolita scorre
attraverso il foro per trasportare le particelle di bava. I principi di funzionamento sono
gli stessi dell’ECM. Tuttavia, poiché nell’ECD viene rimosso molto meno materiale,
i tempi ciclo sono molto più brevi (meno di un minuto). Il tempo può aumentare se si
vuole anche arrotondare lo spigolo oltre a rimuovere la bava.
La rettifica elettrochimica (electrochemical grinding, ECG) è una forma particolare
di ECM in cui si usa una mola rotante con un legante conduttivo per aumentare la disso-
luzione anodica della superficie del pezzo metallico, come illustrato in Figura 17.6. Gli
abrasivi utilizzati in ECG sono l’ossido di alluminio e il diamante. Il materiale legante
è metallico (per abrasivi diamantati) o resina impregnata con particelle di metallo per
renderlo elettricamente conduttivo (per l’ossido di alluminio). I grani abrasivi sporgenti
dalla mola a contatto con il pezzo stabiliscono la distanza di separazione nell’ECG.
L’elettrolita scorre attraverso lo spazio tra i grani per svolgere il suo ruolo nell’elettrolisi.
L’asportazione elettrochimica è responsabile di almeno il 95% della rimozione di
materiale nell’ECG e l’azione abrasiva della mola rimuove il restante 5%, per lo più
in forma di pellicola di sale che si forma durante le reazioni elettrochimiche sulla su-
perficie del pezzo. Poiché la maggior parte della lavorazione viene eseguita dall’azione
elettrochimica, la mola usata nell’ECG dura molto di più di una mola tradizionale da ret-
tifica. Il risultato si traduce in un indice di rettifica molto più elevato. Inoltre, la ravviva-
tura della mola deve essere eseguita molto meno frequentemente. Questi sono i vantaggi
del processo ECG. Le sue applicazioni includono l’affilatura degli utensili in carburo
cementato e la rettifica degli aghi chirurgici, di tubi con pareti sottili e di pezzi fragili.
Utensile (catodo)
Bava Elettrolita
Figura 17.5 Rimozione
Pezzo (anodo) elettrochimica di bave.
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P.
Flusso elettrolitico
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
Isolamento John Wiley & Sons, Inc.)
Avanzamento dell’utensile
Tool feed
Usura dell’utensile
Utensile –
Sovrataglio
Overcut
(a)
Figura 17.7 Elettroerosione (EDM): (a) configurazione generale e (b) ingrandimento del gap, che mostra come avvengono le
scariche e la rimozione di materiale. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Processi di lavorazione non convenzionali 465
viene evacuata dal dielettrico. Dato che la superficie del pezzo in corrispondenza della
scarica precedente risulta più distante dall’utensile, è meno probabile che si sviluppi
un’altra scarica in quella posizione finché le regioni circostanti non siano state ridotte
allo stesso livello. Sebbene le scariche individuali rimuovano il metallo in punti molto
localizzati, dato che si verificano centinaia o migliaia di scariche al secondo, in pratica
si verifica un’erosione progressiva della superficie del pezzo.
Due importanti parametri del processo EDM sono la corrente delle scariche e la
frequenza delle scariche. Se uno di questi parametri aumenta, aumenta anche il tasso
di rimozione di materiale. Anche la rugosità superficiale è influenzata dalla corrente e
dalla frequenza. Operando a frequenze elevate e a basse correnti si ottiene la migliore
finitura superficiale. Quando l’elettrodo penetra nel pezzo, si verifica un sovrataglio. Il
sovrataglio è la distanza di cui la cavità creata nel pezzo supera la dimensione dell’uten-
sile su ogni lato, come illustrato in Figura 17.7 (a). Viene prodotto poiché le scariche
elettriche si verificano sia ai lati dell’utensile sia sulla sua superficie frontale. La di-
mensione del sovrataglio è alcuni centesimi di millimetro, aumenta all’aumentare della
corrente e diminuisce all’aumentare della frequenza.
Le temperature elevate delle scariche che fondono il pezzo causano anche la fu-
sione dell’utensile, creando una piccola cavità sulla sua superficie, opposta della cavità
prodotta nel pezzo. L’usura dell’utensile viene di solito misurata come il rapporto tra il
materiale rimosso dal pezzo e il materiale rimosso dall’utensile (come nella rettifica).
Questo rapporto di usura di solito varia tra 1,0 e 100 o poco più, a seconda della combi-
nazione dei materiali del pezzo e dell’elettrodo. Gli elettrodi sono fatti di grafite, rame,
ottone, leghe tungsteno-rame, tungsteno-argento e altri. La scelta dipende dal tipo di
circuito di alimentazione disponibile, dal materiale del pezzo e se si tratta di sgrossatura
o finitura. La grafite è usata in molte applicazioni per le sue caratteristiche termiche.
Infatti, la grafite non fonde, ma evapora a temperature molto elevate e la cavità creata
dalle scariche è più piccola se confrontata con la maggior parte degli altri materiali per
elettrodi. Di conseguenza, con gli utensili in grafite si ottengono elevati rapporti tra il
materiale rimosso dal pezzo e il materiale rimosso dall’utensile.
La durezza e la resistenza del materiale da lavorare non sono parametri di interesse
per l’EDM, poiché il processo non riguarda il confronto tra la durezza dell’utensile e
quella del pezzo. Invece il punto di fusione del materiale da lavorare è una proprietà
importante. Il tasso di rimozione di materiale dipende dal punto di fusione come riporta
la seguente formula empirica, sulla base dell’equazione descritta da Weller [16]:
RMR (17.7)
Tm
dove RMR è il tasso di rimozione di materiale in mm3/s, K una costante di proporzionalità
il cui valore è 664 in unità SI, I la corrente delle scariche in A e Tm la temperatura di
fusione del metallo lavorato in °C. I punti di fusione di alcuni metalli sono riportati in
Tabella 3.10.
Soluzione: Dalla Tabella 3.10 si ha che il punto di fusione del rame è 1083 °C. Utiliz-
zando l’Equazione (17.7), si ha che il tasso di rimozione previsto è:
Filo elettrodo
Figura 17.8 Elettroero-
sione a filo. (Fonte: Fun- Percorso di taglio
damentals of M odern
Bobina di raccolta del filo
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.) Assi del moto di avanzamento
Processi di lavorazione non convenzionali 467
Pezzo
Figura 17.9 Definizio-
ne di solco e sovrataglio
Solco Avanzamento
Diametro del filo nell’elettroerosione a filo.
di taglio
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
Sovrataglio John Wiley & Sons, Inc.)
più acuti e le forze di taglio sul pezzo sono nulle. Inoltre, la durezza e la tenacità del
materiale lavorato non influenzano le prestazioni del taglio. L’unico requisito è che il
materiale sia elettricamente conduttivo.
Le caratteristiche speciali dell’elettroerosione a filo la rendono ideale per la produ-
zione di componenti per stampi. Poiché il taglio è così sottile, spesso è possibile fabbri-
care il punzone e la matrice in un unico taglio su un unico blocco di acciaio per utensili.
Con l’elettroerosione a filo si possono realizzare anche altri utensili e pezzi di forme
complesse, come gli utensili di tornitura e le matrici di estrusione.
Camera a vuoto
:,
Anodo
Valvola
Fascio di elettroni
Figura 17.10 Lavorazio-
ne a fascio elettronico.
Lenti magnetiche
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing, Bobina di deflessione
4th Edition by Mikell P. magnetica
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di Pezzo
John Wiley & Sons, Inc.)
Laser
Cavità risonante
Fascio laser
e i laser allo stato solido (di cui esistono diversi tipi). Nella lavorazione a fascio laser,
l’energia del fascio di luce coerente viene concentrato non solo otticamente ma anche in
termini di tempo. Il fascio di luce viene pulsato in modo che l’energia sia rilasciata in un
impulso contro la superficie del pezzo producendo una combinazione di evaporazione e
di fusione che rimuovono velocemente il materiale dalla superficie.
La lavorazione LBM viene utilizzata per eseguire vari tipi di foratura, taglio, in-
cisione e marcatura. Si possono realizzare fori di piccolo diametro, fino a 0,025 mm.
Per fori più grandi, di diametro superiore a 0,50 mm, il raggio laser viene controllato
per tagliare il contorno del foro. La gamma di materiali che possono essere lavorati
mediante LBM è potenzialmente illimitata. Le proprietà ideali dei materiali target sono
l’elevato assorbimento di energia, la scarsa riflettività, la buona conducibilità termica,
il basso calore specifico, il basso calore di fusione e il basso calore di vaporizzazione.
Naturalmente, nessun materiale presenta tutte queste proprietà ideali. I materiali che
vengono comunemente lavorati con LBM sono i metalli con elevata durezza e resisten-
za, i metalli teneri, le ceramiche, il vetro, le resine epossidiche, le materie plastiche, le
gomma, la stoffa e il legno.
Le due fasi della lavorazione chimica che comportano delle variazioni significative nei
metodi, nei materiali e nei parametri di processo sono l’applicazione della maschera e l’at-
tacco chimico, cioè le fasi 2 e 3. I materiali di cui sono fatte le maschere sono il neoprene,
il polivinilcloruro, il polietilene e altri polimeri. La maschera può essere eseguita in uno
dei tre modi seguenti: (1) il metodo taglia e stacca, (2) il metodo fotografico e (3) il meto-
do serigrafico. Il metodo taglia e stacca applica la mascheratura sull’intero pezzo tramite
immersione, verniciatura o spruzzatura. Lo spessore risultante della mascheratura va da
0,025 a 0,125 mm. Dopo che la maschera si è indurita, viene tagliata con un coltello da in-
cisione e staccata nelle zone della superficie del pezzo che devono essere lavorate. L’ope-
razione di taglio della mascheratura viene eseguita a mano, di solito guidando il coltello
con un modello. Il metodo taglia e stacca di solito viene usato per pezzi grandi e limitate
quantità da produrre e dove la precisione non è un fattore critico. Questo metodo non può
raggiungere tolleranze più strette di ± 0,125 mm se non in casi particolari.
Come suggerisce il nome, il metodo fotografico (detto anche fotoresist) utilizza tec-
niche fotografiche per eseguire la fase di mascheratura. I materiali della maschera con-
tengono sostanze chimiche fotosensibili. Vengono applicati alla superficie del pezzo ed
esposti alla luce attraverso un’immagine negativa delle parti che devono essere rimosse.
Queste zone della maschera possono quindi essere rimosse dalla superficie utilizzando
tecniche di sviluppo fotografico. Questa procedura lascia le superfici desiderate protette
dalla maschera e le altre non protette vulnerabili all’attacco chimico. Le tecniche di ma-
scheramento fotoresist vengono normalmente applicate a pezzi piccoli prodotti in grandi
quantità, che richiedono delle tolleranze strette, anche minori di ± 0,0125 mm [16].
Il metodo serigrafico applica la mascheratura usando tecniche di serigrafia. In questi
metodi, la maschera viene verniciata sulla superficie del pezzo attraverso griglie di seta
o acciaio inossidabile, che contengono lo stencil che protegge le aree da attaccare chimi-
camente dalla verniciatura. La maschera viene applicata sulle aree che non devono essere
lavorate. Il metodo serigrafico viene generalmente utilizzato in applicazioni comprese tra
quelle dei due metodi precedenti in termini di precisione, dimensione dei pezzi e quantità
di pezzi da produrre. Con questo metodo si raggiungono tolleranze di ± 0,075 mm.
La scelta del mordente dipende dal materiale da lavorare, dalla profondità che si
vuole raggiungere, dal tasso di rimozione del materiale e dalla finitura superficiale. Il
mordente deve essere abbinato al tipo di maschera utilizzata per assicurare che il ma-
teriale della maschera non venga attaccato chimicamente. La Tabella 17.2 elenca alcuni
dei materiali lavorati tramite CHM con i relativi mordenti. Nella tabella sono anche
riportati i tassi di penetrazione e il fattore di attacco, che sono spiegati di seguito.
I tassi di rimozione di materiale in CHM di solito vengono indicati come tassi di
penetrazione in mm/min, dato che l’attacco chimico al pezzo da parte del mordente è
diretto verso l’interno della superficie. Il tasso di penetrazione dipende dall’area della
superficie. Quelli elencati in Tabella 17.2 sono dei valori tipici per il materiale e il mor-
dente specifici.
La profondità di taglio nella lavorazione chimica arriva fino a 12.5 mm per i pan-
nelli degli aerei fatti di lastre metalliche. Molte applicazioni però richiedono profondità
di soli pochi centesimi di millimetro. Oltre alla penetrazione superficiale, l’attacco chi-
mico si espande anche lateralmente sotto la maschera, come illustrato in Figura 17.12.
Questo effetto prende il nome di sottosquadro e deve essere considerato nella progetta-
zione della maschera in modo che il taglio risultante abbia le giuste dimensioni. Per un
certo materiale da lavorare, il sottosquadro è direttamente proporzionale alla profondità
di taglio. La costante di proporzionalità per il materiale viene chiamata fattore di attac-
co, ed è definita come:
Fe (17.8)
Processi di lavorazione non convenzionali 471
TABELLA 17.2 Materiali da lavoro e mordenti tipici in CHM, con relativi tassi di penetrazione e
fattori di attacco.
Tassi di penetrazione
Materiale lavorato Mordente mm/min Fattore di etch
Alluminio FeCl3 0.020 1.75
e sue leghe NaOH 0.025 1.75
Rame e sue leghe FeCl3 0.050 2.75
Magnesio e sue leghe H2SO4 0.038 1.0
Silicio HNO3: HF: H2O molto basso NA
Acciaio dolce HCl:HNO3 0.025 2.0
FeCl3 0.025 2.0
Titanio HF 0.025 1.0
e sue leghe HF:HNO3 0.025 1.0
Bordo della
maschera Figura 17.12 Sottosquadro nella lavorazione
Maschera
chimica. (Fonte: Fundamentals of Modern Ma-
nufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover,
Pezzo 2010. Ristampato con il permesso di John Wi-
ley & Sons, Inc.)
Maschera
Pezzo grezzo
Mordente
Pezzo finito
Figura 17.13 Sequenza delle fasi di lavorazione della fresatura chimica: (1) pulitura del pezzo, (2) applicazione della masche-
ra, (3) taglio e rimozione della mascheratura dalle superfici da lavorare, (4) attacco chimico e (5) e rimozione della mascheratu-
ra per produrre il pezzo finito. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
motivi. La tranciatura chimica produce dei pezzi che sono privi di bave, un vantaggio
rispetto alle operazioni di taglio convenzionali.
I metodi utilizzati per l’applicazione della mascheratura nella tranciatura chimica
sono sia il fotografico sia il serigrafico. Per tagli piccoli e/o intricati e tolleranze stret-
te, si preferisce il metodo fotografico. Per pezzi spessi 0,025 mm, usando il metodo
fotografico si ottengono tolleranze prossime a ± 0,0025 mm. Se lo spessore aumenta,
devono essere impostate delle tolleranze più larghe. Il metodo serigrafico è un po’ meno
preciso di quello fotografico. La dimensione ridotta dei pezzi lavorati mediante trancia-
tura chimica esclude l’applicazione del metodo taglia e stacca.
Utilizzando il metodo serigrafico, le fasi della lavorazione della tranciatura chimica
sono quelle mostrate in Figura 17.14. Poiché l’attacco chimico avviene su entrambi i lati
del pezzo, è importante che la procedura di mascheratura lasci lo spazio giusto tra le due
parti, altrimenti le erosioni che partono da direzioni opposte potrebbero non allinearsi.
Questo è un aspetto che diventa critico nei pezzi di piccole dimensioni e nei tagli intricati.
Le applicazioni della tranciatura chimica di solito si limitano ai materiali sottili e/o
ai disegni complessi per i motivi di cui sopra. Lo spessore massimo dei pezzi è di circa
0,75 mm. Inoltre, i materiali induriti e fragili, che si fratturerebbero se lavorati meccani-
camente, possono essere lavorati mediante tranciatura chimica. La Figura 17.15 mostra
degli esempi di prodotti realizzati tramite tranciatura chimica.
Pezzo
Maschera
grezzo
Mordente
Pezzo finito
Figura 17.14 Sequenza delle fasi di lavorazione della tranciatura chimica: (1) pulitura del pezzo, (2)
applicazione della maschera attraverso serigrafia, (3) attacco chimico (parzialmente completato),
(4) attacco chimico (completato), (5) rimozione della maschera e pulitura finale. (Fonte: Fundamen-
tals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso
di John Wiley & Sons, Inc.)
Processi di lavorazione non convenzionali 473
Mordente
Maschera fotoresist
Pezzo finale
Figura 17.16 Sequenza delle fasi di lavorazione della lavorazione fotochimica: (1) pulitura del pezzo, (2) applicazione della
maschera per immersione, spruzzo o verniciatura, (3) applicazione del negativo sulla superficie, (4) esposizione alla luce ul-
travioletta, (5) rimozione del resist dalle superfici che devono essere erose, (6) attacco chimico (parziale), (7) attacco chimico
(completato), (8) rimozione della maschera e pulitura del pezzo finale.
TABELLA 17.3 Caratteristiche geometriche dei pezzi e relativi processi non convenzionali.
Fori molto piccoli. Diametri inferiori a 0,125 mm, in alcuni casi fino a EBM, LBM
0,025 mm, di solito inferiore al diametro delle punte per foratura tradi-
zionale.
Fori con grandi rapporti profondità-diametro, come d/D > 20. A ECM, EDM
parte la foratura con punta a cannone, questi fori non possono essere
realizzati tramite operazioni di foratura tradizionali.
Fori non circolari. I fori non circolari che non possono essere realiz- EDM, ECM
zati tramite una punta rotante.
Fessure strette in lastre e piastre di vari materiali. Le fessure non de- EBM, LBM, WJC,
vono essere necessariamente dritte e in alcuni casi hanno delle forme EDWC, AWJC
molto complesse.
Microlavorazione. Oltre al taglio di fori piccoli e fessure strette, ci PCM, LBM, EBM
sono altre applicazioni in cui la rimozione di materiale dal pezzo o da
sue parti è molto limitata.
Particolari forme sagomate per stampi e matrici. Queste applica- EDM, ECM
zioni sono quelle chiamate anche di produzione di stampi (die sinking).
Processi di lavorazione non convenzionali 475
TABELLA 17.4 Applicabilità dei processi di lavorazione non convenzionali a vari materiali da lavorare. Per poter fare un con-
fronto, sono riportati anche i processi tradizionali di fresatura e rettifica.
Le applicazioni tipiche dei processi non convenzionali sono quelle che riguardano i pez-
zi con particolari caratteristiche geometriche e i materiali che sono difficili da lavorare
mediante le tecniche tradizionali. Alcune delle forme particolari dei pezzi per cui non
si possono usare i processi tradizionali sono elencati in Tabella 17.3, assieme ai processi
non convenzionali appropriati.
I processi non convenzionali si possono applicare a quasi tutti i materiali da lavorare,
sia metallici sia non metallici. Tuttavia, alcuni processi non sono adatti a lavorare alcuni
materiali specifici. La Tabella 17.4 illustra l’applicabilità dei processi non convenzionali ai
vari tipi di materiali. Molti processi possono essere utilizzati sui metalli ma non sui non
metalli. Per esempio, l’ECM e l’EDM possono essere usati solo su conduttori elettrici.
Questo limita la loro applicabilità ai pezzi metallici. La lavorazione chimica dipende dalla
disponibilità di un mordente appropriato per lo specifico materiale del pezzo. Poiché i
metalli sono più suscettibili all’attacco chimico dei vari mordenti, il CHM di solito viene
usato sui metalli. A parte alcune eccezioni, l’USM, l’AJM, l’EBM e il LBM possono esse-
re utilizzati sia sui metalli sia sui non metalli. Il WJC di solito si limita al taglio di materie
plastiche, cartoni, tessuti e altri materiali che non possiedono la resistenza dei metalli.
Ultimamente nella progettazione e nella produzione vengono sempre più usati prodotti
e/o componenti le cui dimensioni si misurano in micrometri (1 µm = 10 -3 mm = 10 -6 m).
Esistono vari termini per indicare questi elementi miniaturizzati. La Figura 17.17 mo-
stra le dimensioni e gli altri fattori associati a questi termini. Il termine generico che si
riferisce a questi prodotti e alle tecnologie usate per la loro produzione è tecnologia dei
microsistemi (microsystem technology, MST). Con il termine sistemi microelettro-
meccanici (MEMS) si sottolinea la miniaturizzazione di sistemi che comprendono sia
componenti elettronici sia meccanici. Per indicare questi dispositivi si può anche usare
la parola micromacchine.
476 Tecnologia meccanica
Scala logaritmica
Dimensioni, m 10 –10 m 10 –9 m 10 –8 m 10 –7 m 10 –6 m 10 –5 m 10 –4 m 10 –3 m 10 –2 m 10 –1 m 1m
Altre unità Angstrom 1 nm 10 nm 100 nm 1 m 10 m 100 m 1 mm 10 mm 100 mm 1000 mm
Esempi Atomo Molecola Virus Batteri Capelli Denti Mani Gambe di una
di oggetti persona alta
Come osservare Microscopio a fascio elettronico Microscopio ottico Lente di ingrandimento Occhio nudo
Microscopi a scansione di sonda
Figura 17.17 Terminologia e dimensioni dei microsistemi e delle tecnologie correlate. (Fonte: Fundamentals of Modern Manu-
facturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
La progettazione dei prodotti di piccole dimensioni, composti da pezzi ancora più pic-
coli e sottoassemblaggi, comporta l’utilizzo di meno materiale, requisiti di potenza mi-
nori, una maggiore funzionalità per unità di spazio e l’accessibilità a zone non raggiun-
gibili da prodotti più grandi. Si può quindi pensare che i prodotti più piccoli abbiano
anche dei prezzi più bassi perché usano meno materiale. Il prezzo di un prodotto però è
influenzato anche dai costi di ricerca, di sviluppo e produzione e da come questi costi
possono essere ripartiti sulla quantità di unità vendute. Le economie di scala che si
traducono in prodotti di prezzo inferiore non sono ancora state pienamente realizzate
nelle tecnologie dei microsistemi, a eccezione di un numero limitato di casi che vengono
esaminati in questa sezione.
1
La linea di demarcazione tra nanotecnologie e tecnologie dei microsistemi è considerata essere 100 nm = 0,1
µm [8], come illustrato in Figura 17.17.
Processi di lavorazione non convenzionali 477
Testine di stampa a getto di inchiostro Questa è attualmente una delle più grandi
applicazioni MST, in quanto una stampante a getto di inchiostro usa diverse cartucce ogni
anno. Le stampanti di oggi possiedono risoluzioni di 1200 punti per pollice (dpi), che corri-
spondono a una distanza tra ugelli di soli 21 µm, senza dubbio nel range dei microsistemi.
Compact disc e DVD Oggi i compact disk (CD) e i digital versatile discs (DVD)2
sono prodotti commerciali importanti, come supporto di memorizzazione per appli-
cazioni audio e video, per giochi e software. Un CD, stampato in policarbonato, ha un
diametro di 120 mm e uno spessore di 1,2 mm. I dati consistono di piccoli incavi lungo
una traccia elicoidale che inizia da un diametro di 46 mm e termina a circa 117 mm. Le
tracce della spirale sono separate di circa 1,6 µm. Ogni incavo è largo circa 0,5 µm e
lungo da 0,8 µm a 3,5 µm. Le rispettive dimensioni dei DVD sono ancora più piccole e
permettono una capacità di memorizzazione di dati molto più elevata.
3
L’uso di uno strumento piccolo (un endoscopio) per esaminare visivamente l’interno di un organo cavo come
il retto o il colon.
480 Tecnologia meccanica
Larghezza
Width
Larghezza
Width
Height
Altezza Height
Altezza
Substrato
Substrate
(a)
(b)
Figura 17.20 Rapporto di forma (altezza/larghezza) tipico (a) nella fabbricazione dei circuiti integrati e (b) nella fabbricazione
di microcomponenti. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Processi di lavorazione non convenzionali 481
Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.
Faccia cristallina
(111 Crystal (111)
face)
Faccia
(111 cristallina
Crystal face)(111)
Figura 17.22 Strutture
che si possono formare
nel substrato di silicio
monocristallino usando
il bulk micromachining:
(a) silicio (110) e (b) silicio
(100). (Fonte: Fundamen-
tals of Modern Manu-
facturing, 4th Edition by
Mikell P. Groover, 2010. Substrato
Substrate
Ristampato con il per-
messo di John Wiley &
Sons, Inc.) (a) (b)
monocristallino il cui reticolo sia orientato per favorire la penetrazione verticale nel
substrato o secondo un angolo acuto. Usando questa procedura si possono creare strut-
ture come quelle riportate in Figura 17.22. Per indicare il processo di attacco in umido
relativamente profondo nel substrato di silicio monocristallino (wafer di Si) si usa il
termine bulk micromachining; per indicare la strutturazione planare della superficie
del substrato, con processi di stratificazione meno penetranti, si usa il termine surface
micromachining.
Il bulk micromachining può essere usato per creare delle membrane sottili in una
microstruttura. Però serve un metodo per controllare la profondità di penetrazione nel
silicio, in modo da lasciare lo strato di membrana. Un metodo comune utilizzato per
questo scopo è quello di drogare (diffondere) degli atomi di boro nel substrato di silicio,
che riducono significativamente il tasso di attacco del silicio. La sequenza di lavorazio-
ne è mostrata in Figura 17.23. Nella fase (2) si usa una deposizione epitassiale per appli-
care lo strato superiore di silicio in modo che abbia la stessa struttura monocristallina
e orientamento del reticolo cristallino del substrato. Questo è un requisito della bulk
micromachining che serve per creare la regione profondamente incisa nella lavorazione
successiva.
La surface micromachining può essere usata per costruire travi a sbalzo, sporgenze
e altre strutture simili su un substrato di silicio, come illustrato nella fase (5) della Fi-
gura 17.24. Le travi a sbalzo nella figura sono parallele ma leggermente separate dalla
superficie del silicio.
Processi di lavorazione non convenzionali 483
SiO2 Membrana
Membrane
Si
Strato drogato
Boron-doped
dilayer
boro
Si
SiO2
(1) (2) (3) (4) (5)
Figura 17.23 Formazione di una membrana sottile in un substrato di silicio: (1) il substrato di silicio viene drogato con boro,
(2) si applica uno strato piuttosto spesso di silicio sulla parte superiore dello strato drogato per deposizione epitassiale, (3) en-
trambe le parti vengono ossidate termicamente per formare un resist di SiO2 sulla superficie, (4) il resist viene modellato tramite
litografia e (5) si usa un attacco anisotropo per rimuovere il silicio tranne nello strato drogato con boro. (Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Travi a sbalzo
Cantilevers
SiO2 Si
Si
La dimensione della separazione e lo spessore della trave sono nell’ordine dei mi-
cron. Il ciclo di fabbricazione di questo tipo di struttura è mostrato in Figura 17.24.
Nella microfabbricazione viene usata una procedura chiamata tecnica di lift-off
per modellare i metalli come il platino su un substrato. Queste strutture sono usate in al-
cuni sensori chimici, ma sono difficili da produrre mediante attacco chimico in umido.
La sequenza di lavorazione della tecnica di lift-off è illustrata in Figura 17.25.
Resist Pt
Si
Maschera
Mask
(a)
Resist (PMMA)
Substrato
Substrate (conduttore)
(conductive)
(3) (4)
Figura 17.26 Fasi di lavorazione LIGA: (1) uno spesso strato di resist viene applicato ed esposto ai raggi X usando una ma-
schera, (2) le parti esposte del resist vengono rimosse, (3) le cavità del resist vengono riempite mediante galvanostegia e (4)
il resist viene tolto per lasciare (a) uno stampo o (b) un pezzo metallico. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th
Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
lasciando le parti non esposte a formare una struttura plastica tridimensionale. (3) Le
regioni in cui il resist è stato rimosso sono riempite di metallo usando la galvanostegia.
Il nichel è il metallo di placcatura più usato nel processo LIGA. (4) Il resist rimasto
viene tolto e si ottiene una struttura metallica tridimensionale. In funzione della geome-
tria creata, questa struttura può essere (a) lo stampo da utilizzare per la produzione di
pezzi di plastica mediante stampaggio a iniezione, stampaggio a iniezione di reazione
o stampaggio a compressione. Nel caso di stampaggio a iniezione, in cui vengono pro-
dotti pezzi in materiale termoplastico, che possono essere usati come stampi a perdere
nella microfusione. In alternativa, (b) la struttura metallica può costituire un modello
per fabbricare degli stampi di plastica da usare per produrre pezzi metallici mediante
galvanostegia.
Come indicato dalla nostra descrizione, il processo LIGA può produrre pezzi usan-
do diversi metodi. Questo è uno dei più grandi vantaggi di questo processo di micro-
fabbricazione: (1) il LIGA è un processo versatile. Gli altri vantaggi sono (2) gli alti
rapporti di forma possibili, cioè gli elevati rapporti altezza/larghezza dei pezzi prodotti,
(3) la vasta gamma di dimensioni possibili, con altezze che variano dai micrometri ai
centimetri e (4) le tolleranze strette che si possono raggiungere. Uno svantaggio signi-
ficativo del processo LIGA è che è un processo molto costoso quindi può essere usato
solo per grandi quantità di pezzi. Anche l’uso dei raggi X rappresenta uno svantaggio.
Processi di lavorazione non convenzionali 485
Litografia soft Questo termine è usato per i processi che utilizzano uno stampo
elastomerico piatto (simile a un timbro di gomma per inchiostro) per creare un modello
sulla superficie di un substrato. La sequenza per creare lo stampo è illustrata in Figura
17.27. Un modello master è fabbricato su una superficie di silicio mediante un processo
di litografia, come la fotolitografia ultravioletta. Questo modello master viene quindi
utilizzato per produrre lo stampo piatto per il processo di litografia soft. Il materiale con
cui viene di solito realizzato lo stampo è il polidimetilsilossano (PDMS, una gomma di
silicio). Dopo che il PDMS si è polimerizzato, viene staccato dal modello e fissato a un
substrato per sorreggerlo e muoverlo.
I due processi di litografia soft sono la litografia micro-imprint e la micro-contact
printing. Nella litografia micro-imprint, lo stampo viene premuto sulla superficie di
un resist morbido per spostare il resist da certe regioni del substrato per l’attacco succes-
sivo. Il processo è illustrato in Figura 17.28. Lo stampo piatto consiste di zone più alte
e zone più basse; quelle più alte corrispondono alle aree sulla superficie del resist che
saranno rimosse per esporre il substrato. Il materiale del resist è un polimero termopla-
stico ammorbidito mediante riscaldamento prima della pressatura. L’alterazione dello
strato di resist viene eseguita mediante deformazione meccanica anziché radiazione
elettromagnetica, come nei più tradizionali metodi di litografia. Le regioni compresse
dello strato di resist vengono rimosse successivamente mediante incisione. Il processo
Stampo
PDMSpiatto PDMS
flat mold
Resist
Substrato
Substrate
(1) (2) (3) (4)
Figura 17.28 Fasi della litografia micro-imprint: (1) lo stampo viene posizionato sopra e (2) poi premuto sul resist, (3) lo stampo
viene sollevato e (4) il resist rimanente viene rimosso dalla superficie del substrato nelle regioni definite. (Fonte: Fundamentals
of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
486 Tecnologia meccanica
di incisione riduce anche lo spessore dello strato di resist rimanente, che però rimane
in quantità sufficiente per proteggere il substrato per la successiva lavorazione. La lito-
grafia micro-imprint può essere configurata per sostenere alti tassi di produzione a un
costo modesto. La procedura non richiede l’uso di una maschera, anche se la fabbrica-
zione dello stampo richiede una preparazione analoga.
Lo stesso tipo di stampo piatto può essere utilizzato in modalità di stampa, nel qual
caso il processo è chiamato micro-contact printing. In questa forma di litografia soft,
lo stampo viene utilizzato per trasferire un modello di una sostanza sulla superficie di
un substrato, come un inchiostro che viene trasferito su una superficie di carta. Questo
processo permette di produrre strati molto sottili sul substrato.
Utensile in diamante
Diamond-cutting tool
Toolholder
Porta utensile
Mandrino
Spindle
Foglio
Aluminum
Figura 17.29 Fresatu- di alluminio
foil
ra di ultra precisione di
scanalature in un foglio
di alluminio. (Fonte: Fun-
damentals of M odern
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il Fissaggio a
Vacuum chuck
permesso di John Wiley depressione
& Sons, Inc.)
Processi di lavorazione non convenzionali 487
una fresa in diamante a punta singola. Il foglio di alluminio ha uno spessore di 100 µm
e le scanalature sono larghe 85 µm e profonde 70 µm. Lavorazioni simili vengono usate
per la produzione di prodotti come gli hard disk dei computer, i tamburi delle fotoco-
piatrici, gli inserti degli stampi per le testine di lettura dei compact disk e le lenti dei
proiettori a alta definizione.
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Processi di lavorazione non convenzionali 489
Domande di ripasso
10. Descrivere le quattro fasi principali della lavorazio-
1. Perché i processi di lavorazione non convenzionali ne chimica.
sono importanti? 11. Quali sono i tre metodi per eseguire la fase di ma-
2. Descrivere le quattro categorie di processi di lavo- scheratura nella lavorazione chimica?
razione non convenzionali, ognuna basata su una 12. Che cos’è un fotoresist nella lavorazione chimica?
diversa forma di energia. 13. Definire il termine sistema microelettromeccanico.
3. Come funziona il processo di lavorazione a ultra- 14. Qual è la scala approssimativa delle dimensione
suoni? nelle tecnologie dei microsistemi?
4. Descrivere il processo di taglio a getto d’acqua. 15. Perché è ragionevole credere che i prodotti dei
5. Qual è la differenza tra il taglio a getto d’acqua, il ta- microsistemi abbiano dei costi inferiori rispetto ai
glio a getto idroabrasivo e il taglio a getto abrasivo? prodotti delle dimensioni più grandi tradizionali?
6. Descrivere i tre tipi principali di lavorazione elettro- 16. Quali sono i principali tipi di dispositivi dei microsistemi?
chimica. 17. Citare alcuni prodotti rappresentativi delle tecnolo-
7. Descrivere i due svantaggi della lavorazione elettro- gie dei microsistemi.
chimica. 18. Perché è il silicio un materiale da lavoro usato nei
8. In che modo l’aumento di corrente delle scariche microsistemi?
influisce sul tasso di rimozione di materiale e sulla 19. Cosa si intende con il termine rapporto di forma?
finitura superficiale nell’elettroerosione? 20. Qual è la differenza tra la bulk micromachining e
9. Che cosa si intende con il termine sovrataglio nell’elet- surface micromachining?
troerosione? 21. Quali sono le tre fasi del processo LIGA?
problemi
3. Per l’applicazione seguente, individuare uno o più
1. Per l’applicazione seguente, individuare uno o più pro- processi di lavorazione non convenzionale che
cessi di lavorazione non convenzionale che possono possono essere utilizzati e argomentare la scelta.
essere utilizzati e argomentare la scelta. Si assuma Si assuma che la forma o il materiale del pezzo (o
che la forma o il materiale del pezzo (o entrambi) im- entrambi) impediscano l’impiego della lavorazione
pediscano l’impiego della lavorazione tradizionale. Si tradizionale. Si deve realizzare un foro a forma di
deve realizzare una matrice di fori di 0,1 mm di diame- lettera L su una lastra di vetro spessa 12,5 mm. La
tro su una piastra spessa 3,2 mm in acciaio temprato. dimensione della L è 25 per 15 mm e la larghezza
La matrice è rettangolare, di dimensioni 75 per 125 del foro è 3 mm.
mm e la distanza tra i fori è di 1,6 mm da ogni parte. 4. Per l’applicazione seguente, individuare uno o più
2. Per l’applicazione seguente, individuare uno o più processi di lavorazione non convenzionale che
processi di lavorazione non convenzionale che pos- possono essere utilizzati e argomentare la scelta.
sono essere utilizzati e argomentare la scelta. Si Si assuma che la forma o il materiale del pezzo (o
assuma che la forma o il materiale del pezzo (o en- entrambi) impediscano l’impiego della lavorazione
trambi) impediscano l’impiego della lavorazione tra- tradizionale. Si deve realizzare un foro a forma di
dizionale. Si deve realizzare una lastra di alluminio lettera G in un cubo di acciaio spesso 50 mm. La
incisa da utilizzare in una macchina per la stampa dimensione della lettera G è 25 per 19 mm, la pro-
offset, per realizzare dei poster dell’indirizzo di Get- fondità del foro è di 3,8 mm e la sua larghezza di
tysburg Lincoln del formato 275 per 350 mm. 3 mm.
490 Tecnologia meccanica
5. Un’industria che produce mobili che realizza pol- 11. Si esegue un’operazione di elettroerosione su due
trone e divani deve tagliare grandi quantità di tes- materiali: ferro e zinco. Determinare la quantità di
suti. Molti di questi tessuti sono duri e resistenti metallo rimossa nell’operazione per ognuno dei
all’usura, caratteristiche che li rendono difficili da due metalli dopo un’ora, sapendo che la corrente
tagliare. Quale/i processo/i non convenzionali con- delle scariche è di 15 A. Utilizzare le unità di misura
sigliereste alla società per questa applicazione? americane ed esprimere i risultati in in3/ore. Utiliz-
Giustificare la risposta indicando le caratteristiche zare la Tabella 3.10 per la temperatura di fusione
del processo che lo rendono adatto. del ferro e dello zinco.
6. La zona frontale dell’elettrodo in un’operazione 12. Si supponga di dover realizzare il foro descritto nel
ECM è di 2000 mm2. La corrente applicata è 1800 Problema 17.9 tramite EDM anziché ECM. Sapen-
A e la tensione 12 V. Il materiale da tagliare è il ni- do che la corrente delle scariche è 20 A (il valore ti-
chel (valenza = 2). (a) Sapendo che il processo ha pico dell’EDM), quanto tempo ci vuole per eseguire
un’efficienza del 90%, determinare il tasso di rimo- il foro? Utilizzare la Tabella 3.10 per la temperatura
zione del metallo in mm3/min. (b) Sapendo che la di fusione del ferro puro.
resistività dell’elettrolita è 140 Ωmm, determinare 13. In un’operazione EDM si raggiunge un tasso di ri-
la distanza di separazione del pezzo (gap). mozione di materiale di 160 mm3/min su un certo
7. In un’operazione di lavorazione elettrochimica, la pezzo di rame puro. Quale tasso di rimozione si
zona frontale dell’elettrodo è di 1600 mm2. La cor- avrebbe per un pezzo di nichel nella stessa lavora-
rente applicata è 1500 A e la tensione di 12 V. Il zione EDM usando la stessa corrente? Utilizzare la
materiale da lavorare è l’alluminio puro. (a) Sapendo Tabella 3.10 per la temperatura di fusione del rame
che il processo ha un’efficienza del 90%, determi- e del nichel.
nare il tasso di rimozione del metallo in mm3/ora. (b) 14. In un’operazione di elettroerosione a filo eseguita
Sapendo che la resistività dell’elettrolita è 160 Ωin, su un pezzo di acciaio C1080 spesso 7 mm usando
determinare la distanza di separazione del pezzo. un filo di tungsteno come elettrodo il cui diametro
8. Si vuole tagliare un foro quadrato in una lastra di è 0,125 mm, è stato rilevato che si verifica un so-
rame puro (valenza = 1) spessa 20 mm con un’ope- vrataglio di 0,02 mm, quindi la larghezza del solco
razione di ECM. Il foro è di 25 mm su ciascun lato, del taglio è di 0,165 mm. Utilizzando una corrente
ma l’elettrodo utilizzato per tagliare il foro è legger- di 10 A, qual è la velocità di avanzamento ammis-
mente inferiore ai 25 mm per considerare il sovra- sibile che può essere raggiunta nell’operazione?
taglio e ha un foro in mezzo per permettere il flusso Utilizzare una temperatura di fusione di 1500°C per
dell’elettrolita e per ridurre l’area di taglio. Questo l’acciaio 1080.
utensile ha una superficie frontale risultante di 200 15. Si vuole eseguire un’operazione di elettroerosio-
mm2. La corrente applicata è 1000 A. Sapendo che ne a filo su una lastra spessa 3/4 di alluminio con
il rendimento è del 95%, determinare quanto tempo un filo in ottone come elettrodo avente un diame-
ci vuole per realizzare il foro. tro di 0,13 mm. Si prevede che il sovrataglio sia di
9. Si vuole tagliare un foro passante di diametro di 90 0,0025 mm, quindi larghezza del solco del taglio
mm un blocco di ferro puro (valenza = 2) mediante sarà 0,17 mm. Utilizzando una corrente di 7 A, qual
lavorazione elettrochimica. Il blocco è spesso 50 è la velocità di avanzamento ammissibile che può
mm. Per accelerare il processo di taglio, l’utensile essere raggiunta nell’operazione? La temperatura
elettrodo ha un foro centrale di 75 mm che forma di fusione dell’alluminio è 1220 °F.
un nucleo che può essere rimosso dopo che l’uten- 16. In un impianto aereo si usa una fresatura chimi-
sile abbia passatoil pezzo da parte a parte. Il dia- ca per creare delle tasche sui profili alari in lega
metro esterno dell’elettrodo è sottodimensionato di alluminio. Lo spessore iniziale del pezzo è 20
per consentire il sovrataglio. Il sovrataglio dovreb- mm. Si vuole eseguire una serie di tasche rettan-
be essere di 0,13 mm su ogni lato. Sapendo che golari profonde 12 mm di dimensioni 200 per 400
l’efficienza dell’operazione ECM è del 90%, quale mm. Gli angoli di ogni rettangolo sono raccordati
corrente è richiesta per completare l’operazione di a 15 mm. Il materiale lavorato è una lega di allu-
taglio in 20 minuti? minio e il mordente è NaOH. Utilizzare la Tabella
10. Si esegue un’operazione di elettroerosione su 17.2 per determinare il tasso di penetrazione e il
due materiali: tungsteno e stagno. Determinare fattore di attacco per questa combinazione. De-
la quantità di metallo rimossa nell’operazione per terminare (a) la velocità di rimozione del metallo
ognuno dei due metalli dopo un’ora, sapendo che in mm3/min, (b) il tempo necessario eseguire l’at-
la corrente delle scariche è di 20 A. Usare le unità tacco chimico alla profondità specificata e (c) le
di misura metriche ed esprimere i risultati in mm3/ dimensioni richieste dell’apertura nella maschera
ora. Utilizzare la Tabella 3.10 per la temperatura di taglia e stacca per ottenere la dimensione giusta
fusione del tungsteno e dello stagno. della tasca nel pezzo.
Processi di lavorazione non convenzionali 491
17. In un’operazione di fresatura chimica su una pia- glio è spesso 0,25 mm. Si usa il metodo serigra-
stra di acciaio dolce, si vuole tagliare una tasca fico per disporre la maschera per riuscire a rag-
a forma di ellisse a una profondità di 10 mm. I se- giungere dei tassi di produzione elevati. Si è visto
miassi dell’ellisse sono a = 10 mm e b = 150 mm. che il processo produce una grande percentuale
Come mordente si usa una soluzione di acido di scarti e non riesce a raggiungere la tolleranza
cloridrico e nitrico. Utilizzare la Tabella 17.2 per di ± 0.025 mm. Il caposquadra pensa che ci sia
determinare il tasso di penetrazione e il fattore di qualcosa di sbagliato con l’acido solforico, forse la
attacco per questa combinazione. Determinare (a) concentrazione sbagliata. Analizzare il problema e
la velocità di rimozione del metallo in mm3/ora, (b) consigliare una soluzione.
il tempo necessario eseguire l’attacco chimico alla 19. In un’operazione di tranciatura chimica, lo spes-
profondità specificata e (c) le dimensioni richieste sore della lastra di alluminio è 0,4 mm. Si vuole
dell’apertura nella maschera taglia e stacca per tagliare una matrice di fori di 2,5 mm di diametro.
ottenere la dimensione desiderata della tasca nel Sapendo che si usa la lavorazione fotochimica
pezzo. per realizzare questi fori e il metodo della stam-
18. In una operazione di tranciatura chimica, si usa pa a contatto per la mascheratura, determinare il
come mordente acido solforico per rimuovere del diametro dei fori che devono essere impostati nel
materiale da una lastra in lega di magnesio. Il fo- modello.
VI Processi di giunzione
e assemblaggio
Concetti di base
Capitolo 18
della saldatura e processi
di saldatura
Questa parte del libro è dedicata ai processi utilizzati per unire due o più pezzi in un’unica
entità. Questi processi sono rappresentati nell’ultimo ramo della Figura Il termine giunzione
viene usato per indicare in generale i processi di saldatura, brasatura, brasatura dolce e
incollaggio, tutti processi che formano una giunzione permanente tra i pezzi, che non si può
scomporre facilmente. Il termine assemblaggio invece si riferisce ai metodi di fissaggio.
Alcuni di questi metodi consentono uno smontaggio facile, a differenza di altri. La nostra trat-
tazione inizia con due capitoli sulla saldatura. La brasatura, la brasatura dolce, l’incollaggio e
l’assemblaggio meccanico sono descritti nel Capitolo 19.
La saldatura è un processo di giunzione in cui le superfici di contatto di due o più pezzi ven-
gono fuse insieme mediante l’applicazione di calore e/o pressione. Molti processi di saldatura
vengono eseguiti solo mediante calore senza applicare nessuna pressione, altri mediante una
combinazione di calore e pressione e altri ancora solo mediante pressione senza usare calore.
In alcuni processi di saldatura si aggiunge un materiale di apporto per facilitare la giunzione. Il
termine saldatura si usa anche per indicare l’assemblaggio di pezzi che vengono uniti mediante
saldatura. Il processo di saldatura di solito si applica a pezzi metallici, anche se è applicabile
anche a pezzi di plastica. La nostra discussione sulla saldatura si concentra sui metalli. L’impor-
tanza commerciale e tecnologica della saldatura deriva dalle seguenti ragioni.
• La saldatura crea un legame permanente: i componenti saldati diventano un’unica entità.
• Il giunto saldato può essere più forte dei materiali di base se si usa un materiale
di apporto con proprietà di resistenza superiori a quelle dei pezzi e se si usano le
tecniche di saldatura appropriate.
• La saldatura è di solito il modo più economico per unire componenti in termini di
utilizzo dei materiali e costi di fabbricazione. I metodi alternativi meccanici richie-
dono delle modifiche di forma più complesse (ad esempio realizzazione di fori) e
l’aggiunta di elementi di fissaggio, come rivetti o bulloni. L’assemblaggio risultante
meccanico è quindi più pesante della corrispondente saldatura.
• La saldatura non deve essere per forza eseguita in fabbrica, ma può anche essere
fatta «sul campo».
Sebbene la saldatura presenti molti vantaggi, essa comporta anche delle limitazioni:
• La maggior parte delle operazioni di saldatura sono eseguite manualmente e sono
costose in termini di costo del lavoro. Molte operazioni di saldatura sono considerate
«lavori specializzati» e la manodopera per eseguirle potrebbe non essere disponibile.
• La maggior parte dei processi di saldatura sono pericolosi perché comportano l’uso
di energie elevate.
• Poiché la saldatura realizza un legame permanente tra i componenti, è poi difficile sepa-
rarli. Se serve che il pezzo venga smontato occasionalmente (ad esempio per la ripara-
zione o la manutenzione), non si può usare la saldatura come metodo di assemblaggio.
• Il giunto saldato può soffrire di difetti qualitativi che sono difficili da rilevare e che ne
riducono la resistenza.
496 Tecnologia meccanica
Saldatura per fusione I processi di saldatura per fusione usano il calore per fonde-
re i metalli di base. In molte operazioni di saldatura per fusione, si aggiunge al bagno di
fusione un metallo di apporto per facilitare il processo e aumentare la massa e la forza
del giunto. Un’operazione di saldatura per fusione in cui non viene aggiunto nessun
materiale di apporto è detta saldatura autogena. I processi di saldatura per fusione più
usati si possono classificare nei seguenti gruppi (le iniziali nelle parentesi sono le desi-
gnazioni della American Welding Society).
• Saldatura ad arco (AW). La saldatura ad arco si riferisce al un gruppo di processi
di saldatura in cui il riscaldamento dei metalli si realizza tramite un arco elettrico,
come mostrato in Figura 18.1. Alcune operazioni di saldatura ad arco applicano
anche una pressione durante il processo e la maggior parte usano un materiale di
apporto.
• Saldatura a resistenza (RW). La saldatura a resistenza esegue la fusione utiliz-
zando il calore di una resistenza elettrica dovuto al flusso di corrente tra i piani di
contatto dei due pezzi tenuti uniti sotto pressione.
• Saldatura a ossicombustibile (OFW). Questi processi di giunzione utilizzano un
gas ossicombustibile, ad esempio una miscela di ossigeno e acetilene, per produrre
una fiamma che fonde i metalli dei pezzi e del materiale di apporto, se utilizzato.
• Gli altri processi di saldatura per fusione sono la saldatura a fascio di elettroni e
la saldatura a fascio laser.
Elettrodo
Metallo di apporto
Arco
Giunto saldato
Gas di schermatura Pozza di fusione
Figura 18.1 Configurazione generale della saldatura ad arco: (1) prima della saldatura, (2) durante la saldatura (il metallo di
base è fuso e il materiale di apporto viene aggiunto al bagno di fusione) e (3) a saldatura completata. Esistono molte varianti del
processo di saldatura ad arco. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Concetti di base della saldatura e processi di saldatura 497
Saldatura allo stato solido La saldatura allo stato solido si riferisce ai processi in
cui la giunzione si verifica solo attraverso l’applicazione di una pressione o una combi-
nazione di calore e pressione. Se si usa anche il calore, la temperatura del processo deve
essere inferiore al punto di fusione dei metalli da saldare. In questi casi non si usano
materiali di apporto. I processi di saldatura rappresentativi di questo gruppo sono:
• Saldatura per diffusione (DFW). Due superfici sono tenute insieme sotto pressio-
ne ad una temperatura elevata e si uniscono mediante diffusione allo stato solido.
• Saldatura per attrito (FRW). L’unione si ottiene mediante il calore di attrito tra le
due superfici.
• Saldatura a ultrasuoni (RSU). Si applica una pressione moderata ai due pezzi e
si usa un movimento oscillante a frequenze ultrasoniche in direzione parallela alle
superfici di contatto. La combinazione delle forze normali e di vibrazione causa
delle tensioni di taglio che rimuovono le pellicole superficiali e causano un’adesio-
ne atomica delle superfici.
Questa panoramica fornisce il quadro necessario a comprendere la terminologia e i
concetti generali della saldatura trattati in questo capitolo.
Problemi di sicurezza La saldatura è un’operazione pericolosa per gli operai, che de-
vono prendere le opportune misure di sicurezza. Le alte temperature dei metalli fusi nella
saldatura sono un grave pericolo. Nella saldatura a ossicombustibile, i combustibili (come
l’acetilene) sono un rischio di incendio. La maggior parte dei processi utilizzano una ele-
vata energia per provocare la fusione delle superfici del pezzo da unire. In molti processi
di saldatura, l’energia elettrica è la fonte di energia termica, che implica il rischio di scosse
498 Tecnologia meccanica
elettriche. Alcuni processi di saldatura hanno anche altri rischi specifici. Ad esempio, la
saldatura ad arco emette radiazioni ultraviolette che sono dannose per gli occhi. I saldatori
devono indossare un casco speciale che include una maschera oscurata. Questa maschera
filtra la radiazione pericolosa, ma è così scura che rende il saldatore praticamente cieco,
tranne quando si accende l’arco. Altri rischi nelle operazioni di saldatura sono le scintille,
gli schizzi di metallo fuso, il fumo e i vapori. Servono degli impianti di ventilazione per
eliminare i fumi pericolosi generati dai fondenti e dai metalli fusi. Se l’operazione viene
eseguita in un locale chiuso, è obbligatorio usare delle cappe di ventilazione.
Saldatura automatica A causa dei rischi che comporta la saldatura manuale, e nel
tentativo di aumentare la produttività e migliorare la qualità dei prodotti, sono state
sviluppate varie forme di meccanizzazione ed automazione. Queste comprendono le
macchine saldatrici, la saldatura automatica e la saldatura robotizzata.
La macchina saldatrice è un macchinario che esegue una saldatura meccanizzata
sotto lo stretto controllo di un operatore. Normalmente è realizzata da una testa di sal-
datura che viene mossa meccanicamente rispetto a un pezzo fisso, oppure muovendo il
pezzo verso la testa di saldatura fissa. Un operatore deve continuamente monitorare e
interagire con la macchina per controllarne il funzionamento.
Se la macchina è in grado di eseguire l’operazione senza il controllo dell’operatore,
viene chiamata saldatura automatica. Di solito c’è sempre un operaio che sorveglia il pro-
cesso e rileva le eventuali anormalità di funzionamento. Quello che distingue la saldatura
automatica dalla macchina saldatrice è il fatto che la saldatura automatica possiede un ciclo
di controllo per regolare il movimento dell’arco e il posizionamento dei pezzi che non richie-
de l’intervento umano. La saldatura automatica ha bisogno di una dima di saldatura e/o un
posizionatore per posizionare il pezzo rispetto alla testa di saldatura. È anche necessario che
i componenti utilizzati abbiano un grado di precisione e coerenza maggiore, quindi l’utilizzo
della saldatura automatica è giustificata solo per le alte produzioni.
Nella saldatura robotizzata, si usa un robot industriale o un manipolatore program-
mabile per controllare automaticamente il movimento della testa di saldatura rispetto al
pezzo. L’ampia portata del braccio robotizzato consente l’uso di apparecchi di saldatura
relativamente semplici. La possibilità di riprogrammare il robot secondo le caratteristiche
dei pezzi giustifica l’uso di questa forma di automazione anche per le basse produzioni.
Una tipica cella robotizzata per la saldatura ad arco è composta da due dime di saldatura,
un operaio montatore che carica e scarica i pezzi e un robot che esegue la saldatura. Oltre
alla saldatura ad arco, i robot industriali vengono utilizzati anche negli impianti di assem-
blaggio finale delle automobili per eseguire la saldatura a resistenza delle carrozzerie.
La saldatura produce una solida connessione tra due pezzi, che viene chiamata giunto sal-
dato. Un giunto saldato è la giunzione dei bordi o delle superfici dei pezzi che sono uniti
mediante saldatura. Questa sezione descrive due classificazioni relative ai giunti saldati:
(1) i tipi di giunti e (2) i tipi di saldature utilizzate per unire i pezzi che formano i giunti.
Figura 18.2 I cinque tipi di base dei giunti: (a) di testa, (b) di spigolo, (c) di sovrapposizione, (d) a T e (e) di bordo. (Fonte: Funda-
mentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
(a) Giunto di testa. In questo tipo di giunto, i pezzi giacciono sullo stesso piano e
vengono uniti lungo i bordi.
(b) Giunto di spigolo. In questo giunto i pezzi formano un angolo retto e vengono uniti
lungo lo spigolo.
(c) Giunto di sovrapposizione. Questo giunto unisce due pezzi che sono sovrapposti.
(d) Giunto a T. In questo tipo di giunto un pezzo è perpendicolare all’altro e ha la for-
ma approssimativa della lettera «T».
(e) Giunto di bordo. In questo tipo di giunto i pezzi sono paralleli con almeno un bor-
do in comune e la giunzione è effettuata sul bordo comune (o i bordi comuni).
Giunto saldato
La saldatura a scanalatura richiede che i bordi delle parti siano modellate secon-
do una scanalatura per facilitare il processo. Le forme delle scanalature sono il quadra-
to, il bisello, la V, la U, la J, su uno o due lati, come mostrato in Figura 18.4. Di solito si
usa un metallo di apporto per effettuare la giunzione e la saldatura è ad arco o a ossi-
combustibile. Serve anche effettuare una lavorazione sui bordi dei pezzi, per giunti non
quadrati, per aumentare la resistenza del giunto o se si devono saldare pezzi più spessi.
Questo tipo di saldatura di solito si usa per i giunti di testa, ma può anche essere usato
per gli altri tipi di giunti a parte quello di sovrapposizione.
La saldatura a foro e la saldatura a fessura sono usate per saldare delle lastre
piane, come mostrato in Figura 18.5, utilizzando uno o più fori o fessure nel pezzo su-
periore che permette al metallo di apporto di fluire e unire i due pezzi.
La saldatura puntuale e la saldatura a cordone, utilizzate per i giunti di sovrappo-
sizione, sono illustrate in Figura 18.6. Un punto di saldatura è una piccola sezione
fusa tra le superfici delle due lastre. Di solito servono dei punti di saldatura multipli
per tenere insieme i due pezzi. Questo metodo è simile alla saldatura a resistenza. Un
cordone di saldatura è simile a un punto di saldatura, ma consiste in una sezione fusa
più o meno continua tra le due lastre.
Giunto saldato
Figura 18.6 (a) Saldatura puntuale e (b) saldatura a cordone. (Fonte: Funda- Pezzo di lamiera
mentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ri-
stampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Concetti di base della saldatura e processi di saldatura 501
Anche se esistono diversi metodi per realizzare la saldatura, la fusione è di gran lunga
quello più comune. In questa sezione, vengono descritti i meccanismi fisici che servono
a realizzare la saldatura per fusione. Per prima cosa si esamina la densità di potenza,
e poi si definiscono le equazioni del calore e della potenza che descrivono un processo
di saldatura.
Saldatura
a flangia
Saldatura di
affioramento Figura 18.7 (a) Saldatu-
ra a flangia e (b) sal-
datura di affioramento.
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P.
Due pezzi Pezzo singolo
Groover, 2010. Ristam-
di lamiera
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
502 Tecnologia meccanica
gas ossiacetilenico, il più caldo dei combustibili di questo tipo di saldatura, brucia ad
una temperatura massima di circa 3500°C. In confronto, la saldatura ad arco produce
energia su una superficie più piccola, con conseguenti temperature locali di 5500°C –
6600°C. Per ragioni metallurgiche, è meglio fondere il metallo con la minima energia e
con un’alta densità di potenza.
La densità di potenza può essere calcolata come la potenza che entra nella superfi-
cie divisa per la superficie corrispondente:
(18.1)
Soluzione: π(5)2
(a) Il cerchio interno ha una superficie A = = 19.63 mm2.
4
La potenza all’interno di quest’area è P = 0.70 x 3000 = 2100 W
2100
Quindi, la densità di potenza è PD = = 107 W/mm2.
19.63
π(122 – 52)
(b) L’area dell’anello esterno è A = = 93.4 mm2.
4
La potenza all’interno di quest’area è P = 0.9(3000) – 2100 = 600 W.
600
Quindi, la densità di potenza è PD = = 6.4 W/mm2.
93.4
Osservazione: La densità di potenza sembra essere sufficiente per la fusione nel
cerchio interno, ma probabilmente non sufficiente per l’anello esterno.
Concetti di base della saldatura e processi di saldatura 503
(18.2)
dove Um è l’energia per unità di fusione (cioè la quantità di calore necessaria per fondere
una unità di volume di metallo a partire dalla temperatura ambiente) in J/mm3, Tm è il
punto di fusione del metallo sulla scala assoluta delle temperatura in K e K una costante
il cui valore è 3.33 x 10 -6 se si usa la scala Kelvin. Le temperature di fusione assolute di
alcuni metalli sono riportate in Tabella 18.2.
Non tutta l’energia generata dalla fonte di calore viene usata per fondere il metallo
saldato. Ci sono due meccanismi di trasferimento di calore sul pezzo che riducono la
quantità di calore generato che viene utilizzato dal processo di saldatura. Il primo
meccanismo è il trasferimento di calore tra la fonte di calore e la superficie del pezzo.
Questo processo ha un certo coefficiente di trasferimento di calore f1, definito come
il rapporto tra il calore effettivo ricevuto dal pezzo e il calore totale generato dalla
fonte. Il secondo meccanismo è la dissipazione del calore dalla zona di saldatura,
che quindi rende disponibile per la fusione solo una parte del calore trasferito sulla
superficie. Questo coefficiente di fusione f2 è la percentuale di calore alla superficie
del pezzo che può essere utilizzata per la fusione. L’effetto combinato di questi due
fattori è quello di ridurre l’energia termica disponibile secondo la formula seguente:
(18.3)
TABELLA 18.2 Temperature di fusione di alcuni metalli sulla scala assoluta delle temperature.
(18.4)
(18.5)
(18.6)
La maggior parte dei giunti sono saldati per fusione. Come illustrato nella vista trasver-
sale della Figura 18.8 (a), un tipico giunto saldato per fusione in cui è stato aggiunto del
metallo di apporto è composto da diverse zone: (1) la zona di fusione, (2) l’interfaccia
di saldatura, (3) la zona di influenza termica e (4) la zona del metallo di base inalterato.
La zona di fusione consiste in una miscela di metallo di apporto e metallo di base
completamente fusi. Questa zona è caratterizzata da un elevato grado di omogeneità tra
i metalli componenti che sono stati fusi durante la saldatura. La miscelazione di questi
componenti è causata principalmente dal moto di convezione nel bagno di saldatura.
La solidificazione della zona di fusione ha delle analogie con la colata. Nella saldatura,
lo stampo è formato dai bordi non fusi o dalle superfici dei componenti da saldare. La
differenza principale tra la solidificazione in una colata e in una saldatura è la crescita
epitassiale dei grani che si verifica nella saldatura. Il lettore ricorderà che nella colata i
grani metallici si formano per nucleazione delle particelle solide a contatto con la parete
dello stampo, seguite dalla crescita dei grani. Nella saldatura, invece, la fase di nuclea-
zione non viene effettuata a causa del meccanismo di crescita epitassiale dei grani, in
cui gli atomi del bagno fuso solidificano su siti reticolari preesistenti del metallo solido
adiacente. Di conseguenza, la struttura dei grani nella zona di fusione vicino alla zona
di influenza termica tende ad imitare l’orientamento cristallografico della zona circo-
stante. Più internamente alla zona di fusione, si verifica un orientamento preferenziale
dei grani approssimativamente perpendicolare ai confini dell’interfaccia saldatura. La
struttura risultante nella zona di fusione solidificata tende ad essere a grani grezzi co-
lonnari, come illustrato in Figura 18.8 (b). La struttura dei grani dipende da vari fattori,
tra cui il tipo di saldatura, i metalli che sono saldati (se sono gli stessi metalli o se sono
diversi), la presenza di un materiale di apporto e la velocità a cui avviene la saldatura.
Lo scopo di questo libro non è quello di fornire una discussione dettagliata della metal-
lurgia della saldatura, ma i lettori interessati possono consultare i riferimenti [1], [4] e
[5] per approfondimenti.
La seconda zona del giunto saldato è l’interfaccia di saldatura, cioè il confine
sottile che separa la zona di fusione dalla zona di influenza termica. L’interfaccia è co-
506 Tecnologia meccanica
Grani colonnari
della zona di fusione
Zona di fusione Grani grezzi nella zona
HAZ vicino all’interfaccia
Zona
di saldatura
di influenza
di saldatura
termica (HAZ)
HAZ più lontana dall’in-
Metallo
terfaccia di fusione
di base
Grani originali lavorati
inalterato
a freddo
Figura 18.8 Sezione trasversale di un tipico giunto di saldatura per fusione: (a) le zone principali del giunto e (b) la struttura
tipica dei grani. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il per-
messo di John Wiley & Sons, Inc.)
stituita da una sottile striscia di metallo di base che si fonde totalmente o parzialmente
(fusione localizzata all’interno dei grani) durante il processo di saldatura, ma poi si
solidifica subito prima di mescolarsi con il metallo della zona di fusione. La sua com-
posizione chimica è quindi identica a quella del metallo base.
La terza zona della saldatura di fusione è la zona di influenza termica (he-
at-affected zone, HAZ). Il metallo in questa zona è sottoposto a temperature che
sono al di sotto del suo punto di fusione, ma sufficienti a causare dei cambiamenti
microstrutturali nel metallo solido. La composizione chimica della zona influenzata
dal calore è la stessa del metallo di base, ma questa regione risulta trattata termi-
camente quindi le sue caratteristiche e la sua struttura sono alterate. La quantità
di danni metallurgici nella zona HAZ dipende da alcuni fattori, in particolare la
quantità di calore immesso e il picco delle temperature raggiunte, la distanza dalla
zona di fusione, il periodo di tempo in cui il metallo è stato sottoposto a temperature
elevate, la velocità di raffreddamento e le proprietà termiche del metallo. L’effetto
della zona di influenza termica sulle proprietà meccaniche del pezzo di solito è
negativo, ed è in questa regione del giunto che spesso si verificano i difetti di sal-
datura. Man mano che aumenta la distanza dalla zona della fusione, si raggiunge la
zona del metallo di base inalterato, in cui non si è verificato nessun cambiamento
metallurgico. Tuttavia, è probabile che il metallo di base che circonda la zona HAZ
sia in uno stato di alta tensione residua, a causa della contrazione che avviene nella
zona di fusione.
I processi di saldatura si dividono in due categorie principali: (1) la saldatura per fusio-
ne, in cui l’unione dei pezzi è realizzata tramite fusione, a volte aggiungendo un metallo
di apporto, e (2) la saldatura allo stato solido, in cui per unire i pezzi si usano il calore
e/o la pressione, ma i pezzi non si fondono e non viene aggiunto nessun materiale di
apporto.
La saldatura per fusione è di gran lunga la categoria più importante. Essa compren-
de (1) la saldatura ad arco, (2) la saldatura a resistenza, (3) la saldatura a ossicombusti-
bile e (4) altri processi di saldatura per fusione che non rientrano nei tre casi precedenti.
I processi di saldatura per fusione sono discussi nelle prime quattro sezioni di questo
capitolo. La quinta si occupa la saldatura allo stato solido e le ultime due della qualità e
della progettazione della saldatura.
Concetti di base della saldatura e processi di saldatura 507
18.6 Saldatura ad arco
La saldatura ad arco (arc welding, AW) è un processo di saldatura per fusione in cui
l’unione dei metalli è causata dal calore di un arco elettrico che si forma tra un elettrodo
e il pezzo. Lo stesso principio è usato anche nel taglio ad arco. La configurazione di
un generico processo AW è mostrata in Figura 18.9. Un arco elettrico è una scarica di
corrente elettrica in un circuito che attraversa uno spazio vuoto. L’arco si mantiene a
causa della presenza di una colonna di gas ionizzato termicamente (chiamato plasma)
attraverso cui fluisce la corrente. Per creare l’arco, l’elettrodo viene portato a contat-
to con il pezzo e poi separato rapidamente di una breve distanza. L’energia elettrica
dall’arco così formato produce delle temperature di 5500°C o superiori, sufficienti per
fondere qualsiasi metallo. Vicino alla punta dell’elettrodo si forma un bagno di metallo
fuso, composto dai metalli dei pezzi da unire e dall’eventuale metallo di apporto. Nella
maggior parte dei processi di saldatura ad arco, si aggiunge del metallo di apporto per
aumentare il volume e la forza del giunto saldato. Man mano che l’elettrodo si sposta
lungo il giunto, il bagno di saldatura si solidifica.
Il movimento dell’elettrodo rispetto al pezzo può essere eseguito da un saldato-
re umano (nella saldatura manuale) o mediante mezzi meccanici (macchine saldatri-
ci, saldatura automatica o saldatura robotizzata). Uno degli aspetti problematici della
saldatura ad arco manuale è che la qualità del giunto saldato dipende dall’abilità del
saldatore. Anche la produttività è un problema, perché di solito viene misurata come
il tempo d’arco (o tempo di attivazione dell’arco), cioè la percentuale di ore in cui
l’arco è attivo:
Tempo d’arco = (tempo in cui l’arco è attivo)
(18.7)
(ore di lavorazione)
Questa definizione può essere applicata sia a un saldatore umano sia a una stazione di
lavoro meccanica. Per la saldatura ad arco manuale, questo tempo di solito si aggira
intorno al 20%, perché il saldatore deve riposarsi di frequente a causa della notevole
concentrazione richiesta per mantenere la coordinazione occhio-mano nelle condizioni
di stress a cui è sottoposto durante l’operazione. Il tempo d’arco aumenta a circa il 50%
(a seconda dell’operazione) nella saldatura meccanica.
Elettrodi Gli elettrodi utilizzati nei processi di AW possono essere fatti di materiali
consumabili o non consumabili. Gli elettrodi consumabili forniscono direttamente il
Supporto dell’elettrodo
Elettrodo (consumabile
Cavo dell’elettrodo Figura 18.9 Configura-
o non consumabile)
Metallo zione di base di un pro-
di apporto Saldatrice cesso di saldatura ad
Direzione del movimento se necessario arco. (Fonte: Fundamen-
Arco tals of Modern Manu-
Metallo Sorgente
di potenza
facturing, 4th Edition by
saldato
Pezzo solidificato continua Mikell P. Groover, 2010.
o alternata Ristampato con il per-
Metallo fuso messo di John Wiley &
Morsetto Cavo del pezzo Sons, Inc.)
508 Tecnologia meccanica
metallo di apporto alla saldatura. Questi elettrodi sono disponibili in due forme prin-
cipali: barre (aste) e fili. Le barre di saldatura di solito sono lunghe 450 mm. Il loro
problema, soprattutto in produzione, è che devono essere sostituite periodicamente, ri-
ducendo il tempo d’arco della saldatura. I fili invece hanno il vantaggio di poter essere
immessi in modo continuo nel bagno di saldatura attraverso delle bobine, evitando così
le interruzioni più frequenti che si verificano quando si usano le barre. In entrambe le
forme, l’elettrodo si consuma durante il processo di saldatura perché viene inserito nel
giunto saldato come metallo di apporto.
Gli elettrodi non consumabili sono in tungsteno (o più raramente in carbonio), e
non fondono durante la saldatura ad arco. Nonostante il loro nome, anche gli elettrodi
non consumabili si riducono gradualmente durante il processo di saldatura (soprattut-
to per vaporizzazione), analogamente all’usura che si verifica negli utensili da taglio
durante la lavorazione. Per i processi che usano elettrodi non consumabili, il metallo
di apporto deve essere fornito mediante un altro filo che viene immesso nel bagno di
saldatura.
Sorgente di potenza nella saldatura ad arco Nella saldatura ad arco sono usate
sia la corrente continua (CC o DC dall’inglese direct current) che quella alternata (CA o
AC dall’inglese alternating current). I macchinari a corrente AC sono meno costosi da
acquistare e mantenere, ma di solito si limitano alla saldatura dei metalli ferrosi. Quelli
a corrente DC possono essere usati per tutti i metalli e hanno un controllo migliore
dell’arco di saldatura.
In tutti i processi di saldatura ad arco, la potenza per svolgere l’operazione è il
prodotto della corrente che passa attraverso l’arco e la tensione ai suoi capi. Questa
potenza viene convertita in calore, ma non tutto viene trasferito alla superficie del
pezzo, perché una parte si disperde per convezione, conduzione, radiazione o dagli
Concetti di base della saldatura e processi di saldatura 509
(18.8)
Dove E è la tensione in V, I la corrente in A e gli altri termini come già definiti nel Pa-
ragrafo 18.3. Le unità di misura di R Hw sono i Watt (corrente moltiplicata per tensione),
cioè J/s, che possono anche essere convertiti in Btu/sec, ricordando che 1 Btu = 1055 J,
e quindi 1 Btu/sec = 1055 W.
Coefficiente di trasferimento
Processo di saldatura ad arco di calore f1 tipico
Saldatura ad arco metallico schermato 0,9
Saldatura ad arco metallico protetto da gas 0,9
Saldatura ad arco con fondente interno 0,9
Saldatura ad arco sommerso 0,95
Saldatura ad arco in tungsteno protetto da gas 0,7
Fonte [1]
Figura 18.10 Saldatura
ad arco metallico scher-
mato (saldatura ad elet-
trodo fusibile) eseguita
da un saldatore manua-
le. Foto per gentile con-
cessione della società
Hobart Brothers. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
Concetti di base della saldatura e processi di saldatura 511
Elettrodo consumabile
Gas di schermatura
Figura 18.12 Saldatura
Ugello ad arco metallico protetto
da gas. (Fonte: Funda-
Gas di schermatura mentals of Modern Ma-
nufacturing, 4th Edition
Metallo saldato solidificato by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
Metallo di base Metallo saldato fuso & Sons, Inc.)
512 Tecnologia meccanica
l’elio, sia gas attivi, come l’anidride carbonica. Le scelta del gas (o delle miscele di gas)
dipende dal metallo da saldare e da altri fattori. I gas inerti sono usati per la saldatura
delle leghe di alluminio e dell’acciaio inossidabile, mentre la CO2 viene usata di solito
per gli acciai a basso e medio contenuto di carbonio. La combinazione di elettrodo a filo
e gas di protezione elimina la presenza della scoria che ricopre il cordone di saldatura,
e quindi elimina la necessità di eseguire una rettifica e la pulitura manuale della scoria.
Nel processo di saldatura GMAW è quindi ideale eseguire più passate di saldatura su
uno stesso giunto.
I diversi metalli per cui è usata questa saldatura e le varianti nel processo stesso
hanno dato luogo ad una varietà di nomi per questa saldatura. Quando il processo fu
introdotto nel 1940, venne applicato alla saldatura dell’alluminio usando un gas inerte
(l’argon) per la schermatura. Il nome con cui ci si riferiva a questo processo era sal-
datura MIG (metal inert gas). Quando questo processo venne applicato all’acciaio, ci si
accorse che i gas inerti erano troppo costosi e quindi si passò all’uso di CO2. Il termine
usato per indicare questa saldatura era saldatura CO2. I perfezionamenti nella tecnica
per la saldatura dell’acciaio hanno portato all’uso finale di miscele di gas, come CO2 e
argon, o ossigeno e argon.
La saldatura GMAW è molto utilizzata, in produzione, per la saldatura di metalli
ferrosi e non. Il fatto di usare un filo continuo anziché delle barre come elettrodo costi-
tuisce un vantaggio significativo rispetto alla SMAW in termini di tempo d’arco per le
operazioni eseguite manualmente. Per la stessa ragione, si presta bene anche all’auto-
mazione. Visto che la saldatura SMAW spreca parti di elettrodo che rimangono dopo la
saldatura, si ha che l’utilizzo di materiale dell’elettrodo è maggiore nella GMAW. Altre
caratteristiche della GMAW sono la velocità di deposizione più elevata rispetto alla
SMAW e una buona versatilità.
Figura 18.13 Saldatura ad arco con fondente interno. La presenza o l’assenza dell’immissione
esterna di gas di protezione distingue i due tipi di processo: (1) auto-schermato, in cui il riempi-
mento fornisce direttamente gli elementi per la schermatura (2) schermato da gas, in cui i gas di
protezione sono immessi dall’esterno. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition
by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Saldatura ad arco sommerso Questo processo, sviluppato nel 1930, è stato uno dei
primi processi AW ad essere automatizzato. La saldatura ad arco sommerso (submerged
arc welding, SAW) è un processo di saldatura ad arco che utilizza un elettrodo a filo sem-
plice continuo consumabile e la schermatura dell’arco è realizzata tramite copertura con
un fondente granulare. L’elettrodo a filo è immesso automaticamente tramite una bobina.
Il fondente viene immesso nel giunto poco prima che si formi l’arco di saldatura per caduta
verticale da una tramoggia, come mostrato in Figura 18.15. Il flusso granulare sommerge
completamente l’operazione di saldatura, impedendo il sollevamento di scintille, schizzi e
radiazioni che costituiscono un grave pericolo negli altri processi AW. Quindi, nella SAW
non serve che il saldatore indossi la complessa maschera di protezione per il viso necessaria
negli altri processi (gli occhiali e i guanti protettivi però sono sempre obbligatori). La parte
di fondente vicino all’arco si fonde e si mischia con i metalli fusi per rimuovere le impurità
e poi solidifica sopra il giunto saldato formando una scoria vetrosa. La scoria e i grani di
fondente non fusi forniscono una buona protezione dall’atmosfera circostante e un buon
isolamento termico alla zona di saldatura, con conseguente raffreddamento relativamente
lento e alta qualità del giunto saldato, che è noto per la sua tenacia e la sua duttilità. Come
illustrato nel disegno, il fondente che non condensa può essere recuperato e riutilizzato. La
scoria solida che copre la saldatura deve poi essere rimossa, di solito con metodi manuali.
La saldatura ad arco sommerso è molto usata nella fabbricazione di acciaio per forme
strutturali (ad esempio, le travi a I), le saldature longitudinali e circonferenziali di tubi di
grandi diametri, i serbatoi e i recipienti a pressione, e la saldatura di componenti per mac-
chinari pesanti. In questo tipo di applicazioni, vengono saldate lastre di acciaio spesse anche
25 mm e molto pesanti. Gli acciai a basso contenuto di carbonio, gli acciai bassolegati e gli
acciai inossidabili possono essere facilmente saldati tramite SAW, ma non gli acciai ad alto
contenuto di carbonio, gli acciai per utensili e la maggior parte dei metalli non ferrosi. A
causa dell’immissione del fondente granulare per gravità, i pezzi devono essere sempre in
posizione orizzontale, e spesso serve una piastra di rinforzo sotto il giunto durante l’opera-
zione di saldatura.
Elettrodo
Fondente granulare Sistema di aspirazione
consumabile
proveniente per il recupero
dalla tramoggia del fondente granulare
Rivestimento
di fondente
Figura 18.15 Saldatura Direzione della saldatura granulare
ad arco sommerso. (Fon-
te: Fundamentals of Mo-
dern Manufacturing, 4th Scoria (fondente fuso)
Edition by Mikell P. Gro- Metallo saldato
over, 2010. Ristampato Metallo di base
solidificato
con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.) Fondente fuso Metallo saldato fuso
Concetti di base della saldatura e processi di saldatura 515
un elettrodo non consumabile di tungsteno e una schermatura dell’arco a gas inerte. Per
questo processo si usa spesso il termine saldatura TIG (tungsten inert gas welding), o
WIG, perché in Europa il simbolo del tungsteno è la lettera W, da Wolfram. La GTAW
può essere con o senza materiale di apporto. La Figura 18.16 illustra questo secondo caso.
Se si usa un metallo di apporto, viene aggiunto al bagno di saldatura attraverso una
barra o un filo separato, che viene fuso dal calore dell’arco anziché trasferito attraverso
l’arco come nei processi con elettrodo consumabile. Il tungsteno è un buon materiale per
gli elettrodi per il suo elevato punto di fusione di 3410°C. I gas che vengono usati per la
schermatura sono l’argon, l’elio o una loro miscela.
La GTAW è applicabile a quasi tutti gli spessori esistenti. Può anche essere usata
per saldare varie combinazioni di metalli diversi. Le sue applicazioni più comuni sono
per l’alluminio e l’acciaio inossidabile. Invece la ghisa, il ferro battuto e ovviamente il
tungsteno sono difficili da saldare con questo metodo. Nelle applicazioni di saldatura
dell’acciaio, la GTAW di solito è più lenta e più costosa rispetto ai processi con elettrodi
consumabili, tranne quando è applicata a sezioni sottili e quando sono richieste saldatu-
re di qualità molto alta. Quando si usa la saldatura TIG per ottenere delle tolleranza
strette, di solito non si usa metallo di apporto. Il processo può essere effettuato manual-
mente o meccanicamente e ci sono dei metodi automatizzati per tutti i tipi di giunti. I
vantaggi della GTAW nelle applicazioni per cui è adatta sono l’alta qualità dei giunti,
l’assenza di schizzi perché il metallo di apporto non viene immesso attraverso l’arco e
il fatto di non richiedere una pulitura dopo la saldatura perché non si usano fondenti.
Gas di schermatura
Direzione della saldatura
Figura 18.17 Saldatura
ad arco al plasma. (Fon-
Gas di schermatura te: Fundamentals of Mo-
Flusso di plasma dern Manufacturing, 4th
Metallo saldato solidificato Edition by Mikell P. Gro-
Metallo di base over, 2010. Ristampato
con il permesso di John
Metallo saldato fuso Wiley & Sons, Inc.)
516 Tecnologia meccanica
18.7 Saldatura a resistenza
Forza
Corrente
Elettrodo
Nocciolo di saldatura
Pezzi di lamiera
(18.9)
dove H è il calore generato in J (per convertirlo in Btu bisogna dividerlo per 1055), I la
corrente in A, R la resistenza elettrica in Ω, t il tempo in s.
La corrente utilizzata nelle operazioni di saldatura a resistenza è molto elevata (da
5,000 a 20,000 A), anche se la tensione è relativamente bassa (inferiore a 10 V). Il tempo
di applicazione della corrente t di solito è breve, sugli 0,1-0,4 secondi per un’operazione
standard di saldatura a punti.
I motivi per cui si usa una corrente così elevata sono (1) perché il termine al quadrato
dell’Equazione (18.9) amplifica l’effetto della corrente e (2) perché la resistenza è molto
bassa (circa 0.0001 Ω). La resistenza nel circuito di saldatura è data dalla somma dei se-
guenti termini: (1) la resistenza degli elettrodi, (2) la resistenza dei pezzi, (3) la resistenza
di contatto tra elettrodi e pezzi e (4) la resistenza di contatto tra i piani di contatto. Quindi
si ha una generazione di calore in tutte queste regioni di resistenza elettrica. La situazione
ideale è avere la resistenza maggiore tra i piani di contatto, perché questo è il punto in
cui avviene la saldatura. La resistenza degli elettrodi viene minimizzata usando metalli a
bassa resistività, come il rame. Inoltre, gli elettrodi vengono spesso raffreddati ad acqua
per dissipare il calore che viene generato. La resistenza dei pezzi dipende dalla resistività
dei metalli di base e dallo spessore dei pezzi. La resistenza di contatto tra gli elettrodi e i
pezzi dipende dalle superfici di contatto (cioè dalle dimensioni e dalle forme degli elettro-
di) e dallo stato delle superfici (come la pulizia delle superfici dei pezzi e dell’elettrodo).
Infine, la resistenza ai piani di contatto dipende dalla finitura superficiale, dalla pulizia,
dalla superficie di contatto e dalla pressione. Non dovrebbero essere presenti vernici, oli,
sporcizia o altri contaminanti che separino le superfici di contatto.
H = (12,000)2(0.0001)(0.2) = 2880 J
Il volume del nocciolo di saldatura (considerato di forma circolare) è
π(6)2
v = 2.5 = 70.7 mm3
4
Il calore necessario per fondere questo volume di metallo è Hw = 70,7 (12.0) = 848 J.
Il calore residuo, ovvero 2880-848 = 2032 J (il 70,6% del totale), si dissipa nel pezzo,
negli elettrodi e nell’aria circostante. In effetti, questa perdita rappresenta l’effetto
combinato dei coefficienti di trasferimento del calore f1 e di fusione f2.
518 Tecnologia meccanica
Il successo nella saldatura a resistenza dipende dalla pressione e dal calore. Le fun-
zioni principali della pressione nella saldatura RW sono (1) di forzare il contatto tra gli
elettrodi e i pezzi e tra le due superfici dei pezzi quando viene applicata la corrente e (2)
di tenere insieme i piani di contatto per realizzare la giunzione al raggiungimento della
giusta temperatura di saldatura.
I vantaggi generali della saldatura a resistenza sono (1) il fatto che non serve il me-
tallo di apporto, (2) gli elevati tassi di produzione, (3) la possibilità di meccanizzazione,
(4) il fatto che non richiede un livello di abilità dell’operatore alto come quello necessa-
rio per la saldatura ad arco e (5) una buona ripetibilità e affidabilità. Gli svantaggi sono
(1) il costo elevato delle attrezzature, di solito molto più costose rispetto alla maggior
parte delle operazioni di saldatura ad arco, e (2) le limitazioni nei tipi di giunti che si
possono ottenere, che di solito sono solo quelli di sovrapposizione.
Le saldatrici a punti a pressa si usano per pezzi più grandi. L’elettrodo superiore
ha un movimento rettilineo fornito da una pressa verticale ad azionamento pneumatico
o idraulico. L’azione di pressa consente di applicare forze molto elevate e di solito i con-
trolli permettono la programmazione di cicli complessi di saldatura.
I due tipi di macchinari precedenti sono entrambi fissi, in cui i pezzi devono essere
portati alla macchina. I pezzi molto grandi e molto pesanti sono difficili da spostare e
posizionare in macchine fisse. In questi casi, si utilizzano delle pistole di saldatura
portatili, che sono disponibili in varie dimensioni e configurazioni. Sono costituite di
due elettrodi opposti inseriti in un meccanismo a tenaglia. L’apparecchio è leggero e
Sporgenza superiore
Bilanciere
Elettrodi
Cilindro pneumatico per
azionare il bilanciere
Figura 18.20 Saldatrice
a punti a bilanciere. (Fon-
Sporgenza inferiore te: Fundamentals of Mo-
dern Manufacturing, 4th
Edition by Mikell P. Gro-
Pedale azionato over, 2010. Ristampato
Tubo dell’aria
dall’operatore con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
520 Tecnologia meccanica
Elettrodo a ruota
Elettrodo a ruota
Noccioli di Noccioli Cordone
saldatura di saldatura di saldatura
sovrapposti separati continuo
Pezzi
di lamiera
Figura 18.22 Diversi tipi di cordoni prodotti da elettrodi a ruote: (a) saldatura a resistenza a cordone tradizionale, che produce
punti sovrapposti, (b) saldatura a rullo e (c) saldatura a cordone continuo. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th
Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Le saldatrici a cordone sono simili alle saldatrici a punti, a parte l’uso degli elettrodi
a ruota al posto di quelli a barra. Di solito è necessario effettuare un raffreddamento
dei pezzi e degli elettrodi e questo viene realizzato immettendo dell’acqua nella parte
superiore e inferiore delle superfici dei pezzi vicino agli elettrodi.
Figura 18.23 Saldatura
Forza
a resistenza a proiezio-
ne: (1) all’inizio dell’ope-
razione i due pezzi sono
Elettrodo a contatto attraverso le
proiezioni e (2) quando
viene applicata la corrente
Pezzi si formano dei noccioli di
di lamiera saldatura sulle proiezioni
Nocciolo simili a quelli che si han-
Proiezione di saldatura no nella saldatura a punti.
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristampa-
to con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
522 Tecnologia meccanica
18.8 Saldatura a ossicombustibile
La saldatura a ossicombustibile (oxyfuel gas welding, OFW) è il termine che si usa per
descrivere il gruppo di processi FW che bruciano varie miscele di combustibili misti a
ossigeno per eseguire la saldatura. I processi OFW usano diversi tipi di gas, da cui si
originano le differenze tra i processi specifici. La saldatura a ossicombustibile si usa
anche nelle torce da taglio che servono a tagliare e separare le lastre di metallo e altri
pezzi. Il processo di OFW più importante è la saldatura ossiacetilenica.
Miscela di C2H2 + O2
Il calore totale liberato durante le due fasi della combustione è di 55 3 106 J/m3.
Tuttavia, a causa della distribuzione della temperatura nella fiamma, del modo in cui
la fiamma si propaga sulla superficie del pezzo, e delle dispersioni nell’aria, le densità
di potenza e i coefficienti di trasferimento di calore nella saldatura ossiacetilenica sono
relativamente bassi ( f1 va da 0,10 a 0,30).
La combinazione di acetilene e ossigeno è facilmente infiammabile, quindi l’am-
biente in cui viene eseguita la OAW è pericoloso. Alcuni dei rischi sono relativi in
particolare all’acetilene. Il gas C2H2 puro è incolore e inodore. Per motivi di sicurezza,
l’acetilene commerciale viene lavorato per avere un odore caratteristico simile all’aglio.
Una delle limitazioni fisiche del gas è che è instabile a pressioni superiori a 1 atm (0.1
MPa). Di conseguenza, le bombole per lo stoccaggio di acetilene sono confezionate con
un materiale di riempimento poroso (come l’amianto, il legno di balsa o altri) saturo di
acetone (CH3COCH3). L’acetilene si dissolve nell’acetone liquido: l’acetone dissolve cir-
ca 25 volte il proprio volume di acetilene, fornendo così un mezzo relativamente sicuro
per immagazzinare questo gas. Il saldatore deve indossare delle protezioni per gli occhi
e per la pelle (occhiali, guanti e indumenti protettivi) come misure di sicurezza aggiun-
tive e sulle bombole di acetilene e di ossigeno ci sono delle filettature diverse per evitare
la connessione accidentale del gas sbagliato. Bisogna sempre effettuare una corretta
manutenzione delle attrezzature. I macchinari per la OAW sono relativamente poco
costosi e facili da trasportare. Questo tipo di saldatura è quindi un processo economico
e versatile, che ben si adatta alla bassa quantità di produzione e ai lavori di riparazione.
Viene usato raramente per saldare lamiere e piastre più spesse di 6.4 mm perché in quei
casi si preferisce usare la saldatura ad arco. La OAW può essere meccanizzata, ma di
solito viene eseguita manualmente: la qualità della saldatura dipende quindi dall’abilità
del saldatore.
Ci sono dei processi di saldatura per fusione che non rientrano nelle tre categorie prece-
denti di saldatura ad arco, a resistenza e a ossicombustibile. Ognuno di questi altri pro-
cessi utilizza una tecnologia particolare per sviluppare il calore necessario alla fusione,
e di solito è usato per una specifica applicazione.
TABELLA 18.4 Gas usati nella saldatura e/o nel taglio a ossicombustibile,
con le relative temperature e calori di combustione.
Fonte [10].
a
Il confronto è basato sulle temperature della fiamma neutra perché questa è la
fiamma più usata nella saldatura.
b
MAPP è l’abbreviazione commerciale del metilacetilene-propadiene.
c
Il propilene viene utilizzato principalmente nel taglio a fiamma.
d
I dati sono basati sul gas metano (CH4). Visto che il gas naturale è costituito da eta-
no (C2H6) e metano, la temperatura della fiamma e il calore di combustione variano
a seconda della composizione.
Concetti di base della saldatura e processi di saldatura 525
(18.11)
scusse. In aggiunta, ci sono dei problemi di sicurezza dovuti al fatto che la EBW genera
dei raggi X, e quindi bisogna prevedere le opportune protezioni per gli operatori.
Figura 18.27 Saldatura
Thermit: (1) Thermit riscal-
dato, (2) crogiolo aperto,
Acciaio Scoria il metallo surriscaldato
molto
Crogiolo fluisce nello stampo, (3)
caldo per la Scoria il metallo si solidifica e
reazione Thermit Dispositivo di chiusura
produce il giunto saldato.
Stampo di chiusura Stampo (Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristampa-
to con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
Nella saldatura allo stato solido, l’unione delle superfici dei pezzi si ottiene (1) solo
tramite pressione o (2) per mezzo dell’azione combinata di calore e pressione. Per alcuni
processi di saldatura allo stato solido, anche il tempo rappresenta un fattore. Se si usano
sia il calore che la pressione, la quantità di calore da sola non è sufficiente a provocare la
fusione delle superfici dei pezzi. In alcuni casi, la combinazione di calore e pressione, o
il modo particolare in cui viene applicata la pressione da sola, genera energia sufficiente
a provocare la fusione localizzata dei piani di contatto. In questo tipo di saldatura non
vengono aggiunti metalli di apporto.
Saldatura a rulli La saldatura a rulli è una variante della saldatura per forgiatura
o della saldatura a freddo, a seconda che avvenga o meno un riscaldamento esterno
dei pezzi prima del processo. La saldatura a rulli (roll welding, ROW) è un processo
di saldatura allo stato solido in cui la pressione per provocare la giunzione viene tra-
smessa per mezzo di rulli, con o senza applicazione di calore esterno. Il procedimento
è illustrato in Figura 18.28. Se non viene fornito calore esterno, il processo è chiamato
saldatura a rulli a freddo, se viene fornito calore, si chiama saldatura a rulli a caldo.
Le applicazioni della saldatura a rulli sono i rivestimenti in acciaio inox su acciaio dolce
o bassolegato per aumentare la resistenza alla corrosione, le strisce bimetalliche per la
misurare della temperatura e le monete a «sandwich» per la zecca statunitense.
Rullo
Figura 18.28 Saldatura
Giunto a rulli. (Fonte: Fundamen-
Pezzi da saldare Pezzi saldati tals of Modern Manufactu-
ring, 4th Edition by Mikell
P. Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
Esplosione
Esplosivo
Detonatore Piano
Paracolpi
volante
Gioco Piastra volante
Piastra sostenitrice Piano
sostenitore
Incudine Giunto Espulsione
di film superficiali
Figura 18.29 Saldatura per esplosione: (1) configurazione in parallelo e (2) durante la detonazione della carica esplosiva.
(Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
rimane nella posizione originaria nei punti in cui la carica non è ancora esplosa. L’alta
velocità di collisione, che si verifica in modo progressivo e angolare, rende fluide le
superfici nel punto di contatto e le pellicole superficiali sono espulse dal movimento in
avanti del vertice dell’angolo. Le superfici collidenti sono quindi chimicamente pulite e
il comportamento fluido del metallo, che coinvolge delle fusioni all’interfaccia, forni-
sce uno stretto contatto tra le superfici, causando il legame metallurgico. Le variazioni
nelle velocità di collisione e nell’angolo di impatto durante il processo possono causare
un’interfaccia ondulata o increspata tra i due metalli. Questo tipo di interfaccia rafforza
il legame perché aumenta l’area di contatto e tende a realizzare incastri meccanici tra
le due superfici.
Saldatura per attrito La saldatura per attrito è un processo molto utilizzato dal
punto di vista commerciale e adatto ad essere automatizzato. Questo processo è stato
sviluppato nell’Ex Unione Sovietica e introdotto negli Stati Uniti intorno al 1960. La
saldatura per attrito (friction welding, FRW) è un processo di saldatura allo stato solido
in cui la giunzione è realizzata da una combinazione di calore di attrito e pressione.
L’attrito è indotto dallo sfregamento meccanico tra le due superfici, di solito mediante
la rotazione di un pezzo rispetto all’altro, per aumentare la temperatura all’interfaccia
alla temperatura di lavorazione dei metalli coinvolti. Poi i pezzi sono compressi l’uno
contro l’altro per formare un legame metallurgico. La sequenza delle fasi del processo
è mostrata in Figura 18.30 per la saldatura di due pezzi cilindrici, che è la sua applica-
zione tipica. La forza di compressione assiale unisce i pezzi e si formano delle bave di
materiale. Eventuali pellicole superficiali che potevano essersi formate sulle superfici
di contatto vengono rimosse durante il processo. Le bave devono poi essere tagliate per
lasciare una superficie liscia nella regione di saldatura. Se il processo viene eseguito
correttamente, non si verifica nessuna fusione sui piani di contatto. Di solito non ven-
gono usati metalli di apporto, fondenti o gas protettivi.
Quasi tutte le operazioni FRW utilizzano la rotazione per sviluppare il calore di
attrito necessario alla saldatura. Ci sono due sistemi di azionamento principali, che cau-
sano la presenza di due tipi di FRW: (1) la saldatura per attrito ad azionamento continuo
e (2) la saldatura per attrito di inerzia. Nella saldatura per attrito ad azionamento
continuo, un pezzo viene azionato ad una velocità di rotazione costante e posto a con-
tatto con il pezzo fisso applicando un certo livello di forza in modo che si generi del
calore di attrito all’interfaccia di contatto. Quando si raggiunge la giusta temperatura di
lavorazione a caldo, si interrompe la rotazione e contemporaneamente i pezzi vengono
Concetti di base della saldatura e processi di saldatura 531
Interruzione
della rotazione Forza assiale
e applicazione applicata
della forza
Formatura
del giunto
Figura 18.30 Saldatura per attrito: (1) pezzi che ruotano non a contatto, (2) pezzi a contatto per generare calore di attrito, (3)
interruzione della rotazione e applicazione di una pressione assiale e (4) giunto finale. (Fonte: Fundamentals of Modern Manu-
facturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
compressi insieme. Nella saldatura per attrito a inerzia, il pezzo rotante è collegato
ad un volano, che viene portato fino ad una certa velocità. Poi viene interrotto il contat-
to tra volano e il motore di azionamento e i pezzi vengono messi a contatto. L’energia
cinetica accumulata nel volano viene dissipata sotto forma di calore di attrito che causa
la giunzione delle superfici. Il ciclo totale per queste operazioni è di circa 20 secondi.
Le macchine per saldatura ad attrito hanno l’aspetto di un tornio a motore. Esse ri-
chiedono un mandrino motorizzato per ruotare un pezzo ad alta velocità e un mezzo di
applicazione di una forza assiale tra il pezzo rotante e il pezzo non rotante. Con i suoi brevi
tempi cicli, il processo si adatta bene alla produzione di massa. Si applica alla saldatura di
alberi e vari pezzi tubolari nei settori delle automobili, degli aerei, delle macchine agricole,
del petrolio e del gas naturale. Il processo produce una stretta zona di influenza termica e
può essere utilizzato per unire metalli diversi. Tuttavia, almeno uno dei pezzi deve essere
rotazionale, si formano delle bave che vanno rimosse e la compressione riduce le lunghezze
dei pezzi (cosa che deve essere tenuta in considerazione nella progettazione dei prodotti).
Le operazioni tradizionali di saldatura per attrito appena discusse utilizzano un
movimento rotatorio per sviluppare l’attrito necessario ai piani di contatto. Una versio-
ne più recente del processo è la saldatura per attrito lineare, in cui viene utilizzato un
movimento lineare alternato per generare il calore di attrito tra i pezzi. Questo elimina
la necessità di avere pezzi rotazionali.
Rotazione
(Tool rotation) N
dell'Utensile
f
N
Figura 18.31 Saldatura
ff (Avanzamento
(Tool feed)
per attrito e agitazione: (1) dell’utensile)
utensile rotante appena
prima di essere inserito
nel giunto e (2) saldatura
parzialmente completata.
Tool
Utensile
Legenda: N = rotazione
dell’utensile, f = avanza-
mento dell’utensile. (Fon-
te: Fundamentals of Mo-
dern Manufacturing, 4th
Edition by Mikell P. Groo-
ver, 2010. Ristampato con
Probe
Sonda Shoulder
Spalla Cordone di saldatura
Weld seam
il permesso di John Wiley
& Sons, Inc.) (1) (2)
con ampiezze da 0.018 a 0.13 mm. Le pressioni di serraggio sono molto inferiori a quelle
utilizzate nella saldatura a freddo e non producono deformazioni plastiche significative
tra le superfici. I tempi di saldatura in queste condizioni sono minori di 1 secondo.
Le operazioni USW di solito si limitano ai giunti di sovrapposizione su materiali
morbidi come l’alluminio e il rame. Materiali di saldatura più duri provocano una rapida
usura del sonotrodo a contatto con il pezzo superiore. I pezzi di solito sono piccoli e
lo spessore della saldatura è tipicamente inferiore a 3 mm. Le applicazioni della USW
sono le terminazioni e le giunzioni dei cavi nelle industrie elettriche ed elettroniche
(elimina la necessità di saldobrasatura), l’assemblaggio di pannelli di alluminio, la sal-
datura dei tubi nei pannelli solari e altre operazioni per l’assemblaggio di pezzi piccoli.
Lo scopo di ogni processo di saldatura è quello di unire due o più componenti in una
singola struttura. L’integrità fisica della struttura così formata dipende dalla qualità
del giunto. La nostra discussione sulla qualità dei giunti si occupa principalmente della
saldatura ad arco, che è il processo più utilizzato e quello per cui la definizione della
qualità è più critica e complessa.
reazionarie. Anche lungo il cordone di saldatura si verificano delle tensioni residue e dei
ritiri. Poiché le regioni esterne dei pezzi rimangono relativamente fredde e non variano
di dimensione, al contrario del cordone di saldatura che solidifica da una temperature
molto elevata e quindi si contrae, lungo il cordone di saldatura rimangono delle tensioni
di trazione residue. Queste tensioni trasversali e longitudinali sono mostrate in Figura
18.33 (c). Il risultato finale di queste tensioni residue, trasversali e longitudinali, può
causare una deformazione nel giunto saldato, come quella mostrata in Figura 18.33 (d).
La saldatura ad arco del giunto di testa del nostro esempio rappresenta solo uno
dei tipi di giunti e di saldature. Le tensioni residue indotte termicamente e la relativa
distorsione sono un problema potenziale in quasi tutti i processi di saldatura per fusione
e in alcune operazioni di saldatura allo stato solido in cui avviene un riscaldamento si-
gnificativo. Di seguito riportiamo alcune tecniche per minimizzare la deformazione di
un giunto: (1) dispositivi di fissaggio, per impedire fisicamente il movimento dei pezzi
durante la saldatura, (2) dissipatori di calore, per rimuovere rapidamente calore dalle
zone saldate per ridurre la distorsione, (3) saldatura per puntatura, per realizzare pun-
ti multipli lungo il giunto per creare una struttura più rigida prima di creare il cordone
continuo, (4) particolari condizioni di saldatura (velocità, quantità di materiale di
apporto utilizzato ecc.) da selezionare per ridurre le deformazioni, (5) preriscaldamen-
to dei pezzi di base, per ridurre il livello di tensioni termiche sui pezzi, (6) trattamento
termico di distensione delle tensioni, da eseguire sul giunto saldato, in un forno per
giunti piccoli o con altri metodi per giunti di dimensioni più grandi, (7) corretta pro-
gettazione della saldatura, che può ridurre il grado di deformazione.
Difetti di saldatura Oltre alle tensioni residue e alle distorsioni nel giunto finale, si
possono verificare anche altri difetti nella saldatura. Di seguito una breve descrizione
delle categorie di difetti principali, sulla base della classificazione di Cary [3]:
Cricche Le cricche sono fratture che si verificano sul giunto stesso o nelle regioni
dei pezzi adiacenti al giunto. Questo è probabilmente il difetto più grave delle saldature
V Afterlawelding
Dopo saldatura
Original originale
Larghezza width
(a) (b)
Figura 18.33 (a) Giunto
di testa tra due piastre,
(b) ritiro sulla larghezza
del gruppo di saldatura,
(c) tensioni residue tra-
sversali e longitudinali, (d) –
0
deformazione risultante 0 – +
nel giunto saldato. (Fonte: +
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edition – – Longitudinaldella
Andamento
by Mikell P. Groover, 2010. + 0 0 + stress pattern
tensione longitudinale
Ristampato con il permes-
Transverse stress
Andamento pattern trasversale
della tensione
so di John Wiley & Sons,
Inc.) (c) (d)
Concetti di base della saldatura e processi di saldatura 535
perché costituisce una discontinuità nel metallo che riduce molto la resistenza del giun-
to. Le cricche di saldatura sono causate dall’infragilimento o dalla bassa duttilità del
giunto e/o dei metalli di base combinati con un’alta restrizione durante la contrazione.
Questo è un difetto che deve essere riparato.
Cavità Questi difetti includono la porosità e i vuoti ritiro. La porosità consiste di pic-
coli vuoti nel metallo del giunto formati dai gas che rimangono intrappolati durante la
solidificazione. La forma dei vuoti può essere sferica o allungata. La porosità deriva so-
litamente dall’inclusione di gas atmosferici o zolfo nel metallo saldato, o dalla presenza
di contaminanti sulle superfici. I vuoti di ritiro sono cavità formate dal ritiro durante
la solidificazione. Entrambi questi difetti di cavità sono simili a quelli che si hanno nelle
colate e indicano lo stretto legame tra i processi di saldatura e di colata.
Inclusioni solide Questi difetti sono dovuti alla presenza di materiali non me-
tallici solidi che rimangono intrappolati all’interno del giunto. La forma più comune
sono le inclusioni di scorie generate durante i processi di saldatura ad arco che uti-
lizzano un fondente. Anziché galleggiare sopra il bagno di saldatura, alcuni grani
di scoria vengono inglobati nel metallo durante la solidificazione. Un’altra forma di
inclusione è quella degli ossidi metallici che si formano durante la saldatura di alcuni
metalli, come l’alluminio, che di solito hanno un rivestimento superficiale, ad esem-
pio di Al 2O3.
Difetti vari Questa categoria comprende i colpi d’arco, in cui il saldatore colpisce
accidentalmente con l’elettrodo il metallo di base vicino al giunto, lasciando un segno
sulla superficie, e gli eccessi di schizzi, in cui rimangono delle gocce di metallo fuso
sulla superficie dei pezzi saldati.
Riempimento Sovrapposizione
Profilo corretto Sottotaglio
insufficiente
Figura 18.34 (a) Profilo di saldatura desiderato per un giunto a V. Lo stesso giunto con diversi
difetti di saldatura: (b) sottotaglio, in cui una parte del pezzo viene portata via, (c) riempimento
insufficiente, che causa una depressione nella saldatura al di sotto del livello della superficie
del metallo di base adiacente e (d) sovrapposizione, in cui si ha una fuoriuscita di metallo oltre il
giunto sulla superficie dei pezzi, senza che avvenga la fusione. (Fonte: Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley &
Sons, Inc.)
536 Tecnologia meccanica
Posizione Forza di
originale spellemento
Punto
di saldatura
Nocciolo
Saldatura della saldatura
d’angolo
Forza
di serraggio
Figura 18.34 Prove meccaniche utilizzate nella saldatura: (a) prova tensione-deformazione per la saldatura ad arco, (b) prova
di rottura del giunto, (c) prova tensione-deformazione per la saldatura a punti, (d) prova di spellamento per la saldatura a punti.
(Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
Concetti di base della saldatura e processi di saldatura 537
18.12
Considerazioni sulla progettazione
delle saldature
Bibliografia
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[11] Wick, C., and Veilleux, R. F.(eds.). Tool and Manufacturing Engineers Handbook, 4th
ed., Vol. IV, Quality Control and Assembly. Society of Manufacturing Engineers, Dearborn,
Michigan, 1987.
Domande di ripasso
9. Descrivere e schematizzare con un disegno una
1. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi della saldatura saldatura d’angolo.
rispetto agli altri tipi di assemblaggio? 10. Descrivere e schematizzare con un disegno una
2. Che cosa si intende con il termine piano di contatto? saldatura a fessura.
3. Definire il termine saldatura per fusione. 11. Perché la saldatura di affioramento è diversa dagli
4. Qual è la differenza fondamentale tra una saldatura altri tipi di saldatura?
per fusione e una saldatura allo stato solido? 12. Perché nella saldatura è meglio usare fonti di ener-
5. Che cos’è una saldatura autogena? gia che hanno un’alta densità di calore?
6. Descrivere le ragioni per cui la maggior parte delle 13. Cos’è l’energia unitaria di fusione nella saldatura e
operazioni di saldatura sono pericolose. quali sono i fattori da cui dipende?
7. Qual è la differenza tra una macchina saldatrice e 14. Descrivere e spiegare le differenze tra il coeffi-
una saldatura automatica? ciente di trasferimento di calore e il coefficiente di
8. Elencare e descrivere i cinque tipi di giunti. fusione.
Concetti di base della saldatura e processi di saldatura 539
15. Cos’è una zona di influenza termica (HAZ) in una 30. Descrivere la saldatura tra fili.
saldatura per fusione? 31. Perché il processo di saldatura ossiacetilenica è
16. Elencare i principali gruppi di processi apparte- quello più usato tra i processi di saldatura a ossi-
nenti alla saldatura per fusione. combustibile?
17. Qual è la caratteristica fondamentale che distingue 32. La saldatura a fascio di elettroni ha un grosso
la saldatura per fusione dalla saldatura allo stato svantaggio nelle alte produzioni. Qual è questo
solido? svantaggio?
18. Definire un arco elettrico. 33. La saldatura a fascio di elettroni e la saldatura a fa-
19. Che cos’è il tempo d’arco? scio laser sono simili perché entrambe producono
20. Gli elettrodi per la saldatura ad arco si dividono in una densità di potenza molto elevate. Quali sono i
due categorie. Elencarle e descriverle. vantaggi che presenta la LBW rispetto alla EBW?
21. Quali sono i due metodi di base di schermatura 34. Descrivere le varie varianti moderne della saldatu-
dell’arco? ra per forgiatura.
22. Perché il coefficiente di trasferimento del calore 35. Che cos’è la saldatura per attrito e agitazione (FSW)
nei processi di saldatura ad arco che utilizzano e in cosa differisce dalla saldatura per attrito?
elettrodi consumabili è maggiore di quelli che uti- 36. Che cos’è un sonotrodo nella saldatura a ultrasuoni?
lizzano elettrodi non consumabili? 37. La distorsione è un grave problema nella saldatu-
23. Descrivere il processo della saldatura ad arco me- ra per fusione, in particolare la saldatura ad arco.
tallico schermato (SMAW). Quali sono alcune delle tecniche che possono es-
24. Perché la saldatura ad arco metallico schermato sere adottate per ridurre l’incidenza e l’entità della
(SMAW) è un processo difficile da automatizzare? distorsione?
25. Descrivere la saldatura ad arco sommerso (SAW). 38. Quali sono i principali difetti che si possono verifi-
26. Perché le temperature nella saldatura ad arco al care in una saldatura?
plasma sono molto più alte rispetto agli altri pro- 39. Quali sono le tre categorie di base di ispezione e di
cessi di AW? prove utilizzate per controllare la qualità dei giunti?
27. Definire saldatura a resistenza. Fare degli esempi per ogni categoria.
28. Descrivere la sequenza delle fasi di un’operazione 40. Quali sono le linee guida da seguire nella proget-
di saldatura a resistenza a punti. tazione dei giunti realizzati mediante saldatura ad
29. Che cosa è la saldatura a resistenza a proiezione? arco?
problemi
4. Calcolare l’energia unitaria per fondere i seguenti
1. Una fonte di calore può trasferire 3500 J/sec sulla metalli: (a) rame e (b) titanio.
superficie di un pezzo metallico. La zona riscaldata 5. Una saldatura d’angolo ha una sezione trasversale di
è circolare e l’intensità del calore diminuisce all’au- 25.0 mm2 e una lunghezza di 300 mm. (a) Quale quan-
mentare del raggio nel modo seguente: il 70% del tità di calore (in joule) è necessario per eseguire la sal-
calore si è concentrato in un’area circolare di dia- datura, se il metallo da saldare è un acciaio a basso
metro di 3.75 mm. La densità di potenza risultante è contenuto di carbonio? (b) Quanto calore deve essere
sufficiente per fondere il metallo? generato dalla sorgente se il coefficiente di trasferi-
2. Una fonte di calore può trasferire 158.259 kJ/min mento di calore è 0.75 e il coefficiente di fusione 0.63?
sulla superficie di un pezzo metallico. La zona ri- 6. Una saldatura a fessura ha una sezione trasversa-
scaldata è approssimativamente circolare e l’inten- le di 29,0322 mm2 ed è lunga 25.4 mm. (a) Quale
sità del calore diminuisce al crescere del raggio nel quantità di calore (in mm) è necessario per eseguire
modo seguente: il 50% della potenza viene trasfe- la saldatura, se il metallo da saldare è un acciaio
rita in un cerchio di diametro di 2.54 mm e il 75% a medio contenuto di carbonio? (b) Quanto calore
viene trasferita in un cerchio concentrico di diame- deve essere generato dalla sorgente se il coefficien-
tro di 6.35 mm. Quali sono le densità di potenza te di trasferimento di calore è 0.9 e il coefficiente di
(a) nel cerchio interno di diametro di 2.54 mm e (b) fusione 0.7?
nell’anello attorno al cerchio interno di diametro di 7. Risolvere il problema precedente per un metallo di
6.35 mm? (c) Queste densità di potenza sono suffi- alluminio il cui coefficiente di fusione è la metà di
cienti per fondere il metallo? quello dell’acciaio.
3. Calcolare l’energia unitaria per fondere i seguenti 8. La potenza generata in un’operazione di saldatura
metalli: (a) alluminio e (b) acciaio a basso contenuto ad arco è 3000 W. Questo viene trasferito alla su-
di carbonio. perficie del pezzo con un coefficiente di trasferimen-
540 Tecnologia meccanica
to di calore di 0.9. Il metallo da saldare è il rame il 15. Un’operazione di saldatura ad arco con fondente
cui punto di fusione è riportati in Tabella 18.2. Si as- interno per realizzare un giunto di testa tra due pia-
suma che il coefficiente di fusione sia 0.25. Si deve stre di acciaio inossidabile austenitico. La tensione
effettuare una saldatura d’angolo con una sezione di saldatura è 21 V e la corrente 185 A. La sezione
trasversale di 15.0 mm2. Determinare la velocità di trasversale del cordone di saldatura è 75 mm2 e
traslazione a cui l’operazione di saldatura può es- il coefficiente di fusione dell’acciaio inossidabile è
sere eseguita. 0.60. Utilizzando i dati tabulari e le equazioni ri-
9. Risolvere il problema precedente per un metallo di portate in questo e nel capitolo precedente, deter-
acciaio ad alto contenuto di carbonio, una sezione minare il valore più probabile della velocità della
trasversale della saldatura di 25.0 mm2 e un coeffi- saldatura in questa operazione.
ciente di fusione di 0.6. 16. Si effettua una prova di saldatura ad arco metallico
10. Si esegue una saldatura a fessura su una lega di schermato da gas per determinare il valore del co-
alluminio. La sezione trasversale della saldatura è efficiente di fusione f2 per un certo metallo in una
30.0 mm2. La velocità di saldatura è di 4.0 mm/sec. certa operazione. La tensione di saldatura è 25 V,
Il coefficiente di trasferimento di calore è 0.92 e il la corrente di 125 A e il coefficiente di trasferimento
coefficiente di fusione è 0.48. La temperatura di fu- di calore 0.90. La velocità a cui viene aggiunto il
sione della lega di alluminio è 650°C. Determinare materiale di apporto nella saldatura è 8193.5 mm3
la velocità di generazione di calore necessaria per al minuto e le misurazioni indicano che il cordone
realizzare questa saldatura. di saldatura finale consiste per il 57% i metallo di
11. La sorgente di potenza in una operazione di sal- apporto e per il 43% di metallo di base. L’energia
datura genera 131.88 kJ/mm, che viene trasferita unitaria di fusione del metallo è 4,829 J/mm3. (a)
alla superficie di lavoro con un coefficiente di tra- Determinare il coefficiente di fusione. (b) Qual è
sferimento di calore di 0.8. Il punto di fusione del la velocità delle saldatura sapendo che la sezione
metallo da saldare è 1255.37 K e il suo coefficiente trasversale del cordone di saldatura 32.26 mm2?
di fusione 0.5. Si esegue una saldatura d’angolo 17. Si effettua una saldatura continua attorno alla cir-
con una sezione trasversale di 25.8 mm2. Determi- conferenza di un tubo di acciaio di diametro di 6.0
nare la velocità a cui si può eseguire la saldatura. m, utilizzando una saldatura ad arco sommerso
12. In un’operazione di saldatura d’angolo, la sezione controllata automaticamente ad una tensione di
trasversale è 16.13 mm2 e la velocità di 381 mm/ 25 V e una corrente di 300 A. Il tubo viene ruo-
min. Sapendo che il coefficiente di trasferimento tato lentamente sotto una testa di saldatura sta-
di calore è 0.95, il coefficiente di fusione 0.5 e il zionaria. Il coefficiente di trasferimento di calore
punto di fusione del metallo da saldare 1366.5 K, è 0.95 e il coefficiente di fusione 0.7. La sezione
determinare la velocità di generazione di calore trasversale del cordone di saldatura è 77.42 mm2.
necessaria alla sorgente di calore per poter ese- Sapendo che l’energia unitaria di fusione dell’ac-
guire questa saldatura. ciaio è 9.658 J/mm3, determinare (a) la velocità di
13. Si esegue un’operazione di saldatura ad arco me- rotazione del tubo e (b) il tempo necessario per
tallico schermato su acciaio a una tensione di 30 completare la saldatura.
V e una corrente di 225 A. Il coefficiente di trasfe- 18. Si esegue un’operazione RSW per fare una serie
rimento di calore è 0.90 e il coefficiente di fusione di punti di saldatura tra due pezzi di alluminio dello
0.75. L’energia unitaria di fusione per l’acciaio è spessore di 2.0 mm. L’energia unitaria di fusione
10.2 J/mm3. Determinare (a) il tasso di generazio- dell’alluminio è 2.90 J/mm3. La corrente di saldatu-
ne di calore nel giunto e (b) il tasso di volume di ra è 6.000 A e l’operazione dura 0.15 s. Si assuma
metallo saldato. che la resistenza sia di 75 micro-ohm. il nocciolo di
14. Si esegue un’operazione di GTAW su acciaio a saldatura risultante misura 5.0 mm di diametro ed
basso contenuto di carbonio, la cui energia unitaria è spesso 2.5 mm. Quale percentuale dell’energia
di fusione è 10.3 J/mm3. La tensione di saldatura è totale generata viene utilizzata per formare il noc-
di 22 V e la corrente è 135 A. Il coefficiente di tra- ciolo di saldatura?
sferimento di calore è 0.7 e il coefficiente di fusione 19. L’energia unitaria di fusione per una certa lamiera è
0.65. Se si aggiunge come metallo di apporto un 9.5 J/mm3. Lo spessore di ognuna delle due lamie-
filo di 3.5 mm di diametro, il cordone di saldatura ra da saldare è 3.5 mm. Per realizzare un giunto
finale è composto dal 60% del volume di metallo di abbastanza resistente si vuole formare un noccio-
apporto e dal 40% del metallo di base. Sapendo lo di saldatura di diametro di 5.5 mm e spesso 5.0
che la velocità della saldatura è di 5 mm/sec, de- mm. La saldatura dura 0.3 s. Se si assume che la
terminare (a) la sezione trasversale del cordone di resistenza elettrica tra le superfici sia di 140 mi-
saldatura e (b) la velocità di avanzamento (in mm/ cro-ohm, e che solo un terzo dell’energia elettrica
sec) del filo di metallo di apporto. generata venga utilizzata per formare il nocciolo
Concetti di base della saldatura e processi di saldatura 541
della saldatura (il resto è dissipata), determinare il fusione dell’acciaio inossidabile utilizzando le for-
livello minimo di corrente richiesta da questa ope- mule del capitolo precedente, (b) la percentuale di
razione. energia generata usata per la formazione di ogni
20. Si esegue un’operazione di saldatura a resistenza nocciolo di saldatura e (c) la velocità di rotazione
su due pezzi di acciaio (basso contenuto di carbo- degli elettrodi a ruota.
nio) spesso 1.016 mm. L’energia unitaria di fusione 22. La tensione in un’operazione EBW è di 45 kV e la
dell’acciaio è 9.658 J/mm3. La corrente utilizzata è corrente del fascio è di 60 mA. Il fascio di elettro-
9500 A e l’operazione dura 0.17 s. Il risultato è la ni viene diretto su un’area circolare di 0.25 mm di
produzione di un nocciolo di saldatura di diametro diametro. Il coefficiente di trasferimento di calore è
di 4.826 mm e spessore 1.524 mm. Si assuma che 0.87. Calcolare la densità media di potenza nella
la resistenza sia di 100 micro-ohm. Determinare zona di saldatura espressa in Watt/mm2.
(a) la densità media di potenza nella zona di inter- 23. Si utilizza la saldatura a fascio elettronico per re-
faccia definita dal nocciolo di saldatura e (b) la per- alizzare un giunto di testa tra due pezzi di lamiera
centuale di energia generata che è stata utilizzata spessi 3.0 mm. L’energia unitaria di fusione è 5.0 J/
per la formazione del nocciolo di saldatura. mm3. Il giunto saldato deve essere largo 0.35 mm,
21. Si esegue un’operazione saldatura a cordone a così la sezione trasversale del metallo fuso diventa
resistenza su due pezzi spessi 2.5 mm di acciaio di 0.35 mm per 3.0 mm. Sapendo che la tensione
inossidabile austenitico per fabbricare un conteni- di accelerazione è 25 kV, la corrente del fascio di
tore. La corrente utilizzata è 10.000 A, la durata 30 mA, il coefficiente di trasferimento di calore f1
della saldatura di 0.3 s e la resistenza all’interfaccia di 0.85 e il coefficiente di fusione f2 di 0.75, deter-
di 75 micro-ohm. Si usa una saldatura a moto con- minare la velocità della saldatura a cui può essere
tinuo con elettrodi a ruota di 200 mm di diametro. I svolta questa operazione.
noccioli di saldatura formati da questa operazione 24. Si utilizza la saldatura a fascio di elettroni con i
RSEW hanno un diametro di 6 mm e uno spessore seguenti parametri di processo: tensione di acce-
di 3 mm (si assuma che i noccioli abbiano una for- lerazione = 25 kV, corrente del fascio = 100 mA,
ma circolare). I noccioli di saldatura devono essere diametro della superficie circolare su cui si focaliz-
contigui in modo da formare una giunzione sigilla- za il fascio = 0.51 mm. Sapendo che il coefficiente
ta. Il generatore di potenza richiede un tempo di di trasferimento di calore è 90%, determinare la
spegnimento di 1.0 s tra punti di saldatura. In base densità media di potenza nella zona di saldatura
a questi dati determinare (a) l’energia unitaria di in J/5 mm2.
Brasatura, brasatura
Capitolo 19
dolce, incollaggio
e assemblaggio meccanico
In questo capitolo, si considerano tre processi di giunzione che sono simili alla saldatura
per alcuni aspetti: la brasatura, la brasatura dolce e l’incollaggio. Sia la brasatura che
la brasatura dolce utilizzano dei metalli di apporto per realizzare un giunto permanente
tra due (o più) pezzi metallici. È difficile, anche se non impossibile, separare i pezzi
dopo che è stato realizzato un giunto brasato. Nella gamma dei processi di giunzione,
la brasatura e la brasatura dolce si trovano tra la saldatura per fusione e la saldatura
allo stato solido. Nella brasatura e nella brasatura dolce viene aggiunto un metallo di
apporto, come nella maggior parte delle operazioni di saldatura per fusione, però non
si verifica nessuna fusione dei metalli di base, come succede nella saldatura allo stato
solido. Nonostante queste caratteristiche, la brasatura e la brasatura dolce sono consi-
derate diverse dalla saldatura. Esse sono preferite alla saldatura nei casi in cui (1) i me-
talli hanno una scarsa saldabilità, (2) si devono unire metalli diversi, (3) il calore intenso
della saldatura potrebbe danneggiare i componenti da unire, (4) la forma del giunto non
si presta a nessuno dei metodi di saldatura, e/o (5) quando il giunto non deve avere una
resistenza molto forte.
L’incollaggio ha delle caratteristiche in comune con la brasatura e la brasatura dolce,
perché anch’esso utilizza le forze di fissaggio tra un materiale di apporto e due superfici
vicine per unire i pezzi. Le differenze sono che il materiale di riempimento nell’incollag-
gio non è metallico e il processo di giunzione viene effettuato a temperatura ambiente
o poco superiore.
19.1 Brasatura
sere applicata per fare aderire pezzi sottili che non possono essere saldati, (5) in generale,
richiede calore e potenza minori rispetto alla saldatura per fusione, (6) i problemi della zona
di influenza termica (ZTA) nel metallo di base in prossimità del giunto sono ridotti e (7) le
zone di giunzione che sono inaccessibili per molti processi di saldatura possono essere bra-
sate, perché l’azione capillare attira il metallo di apporto fuso nel giunto.
Gli svantaggi e i limiti della brasatura sono che (1) la resistenza del giunto è minore
rispetto a quella di un giunto saldato, (2) anche se la resistenza di un buon giunto brasato
è maggiore di quella del metallo di apporto, è probabile che sia inferiore a quella dei
metalli di base, (3) le temperature elevate possono indebolire il giunto brasato e (4) il
colore del metallo nel giunto brasato può non corrispondere al colore dei metalli di base
e quindi costituire un problema estetico.
La brasatura come processo di produzione è ampiamente utilizzata in una varietà
di settori industriali, tra cui quello automobilistico (ad esempio per unire tubi), delle
apparecchiature elettriche (ad esempio per unire fili e cavi), degli utensili di taglio (ad
esempio per unire gli inserti di carburo cementato agli steli), e dei gioielli. Inoltre, an-
che l’industria chimica e gli impianti idraulici e di riscaldamento usano la brasatura per
unire i tubi metallici. Il processo è molto utilizzato per lavori di riparazione e manuten-
zione in quasi tutti i settori.
Figura 19.1 (a) Giunto di testa tradizionale e adattamenti del giunto di testa per la brasatura: (b)
giunto ad ammorsatura, (c) giunto di testa a scalini e (d) aumento della sezione trasversale del
pezzo in corrispondenza del giunto. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by
Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Brasatura, brasatura dolce, incollaggio e assemblaggio meccanico 545
perficie di contatto anziché solo ai bordi (come nei giunti ad angolo realizzati mediante
saldatura ad arco) o in singoli punti (come nella saldatura a resistenza a punti).
La distanza tra le superfici di contatto dei pezzi di base è importante nella brasatu-
ra. Il gioco deve essere abbastanza grande da non impedire al metallo di apporto fuso
di fluire lungo l’intera superficie. Tuttavia, se il gioco è troppo largo, l’azione capillare
risulta ridotta e si verificano delle zone prive di metallo di apporto. La resistenza del
giunto dipende dalla distanza tra i pezzi, come illustrato in Figura 19.3. Vi è un valore di
gioco ottimale che massimizza la resistenza del giunto. La sua determinazione è com-
plicata dal fatto che il valore ottimale dipende dal tipo dei metalli di base e di apporto,
dalla configurazione del giunto e dalle condizioni di lavorazione. Le distanze tipiche in
pratica sono tra 0.025 mm e 0.25 mm. Questi valori rappresentano la distanza ottimale
alla temperatura di brasatura, che può essere diversa da quella a temperatura ambiente,
perché dipende dall’espansione termica dei metalli di base.
È molto importante che le superfici del giunto vengano pulite prima della brasa-
tura. Le superfici devono essere prive di ossidi, oli e altri contaminanti per consentire
l’impregnamento e l’attrazione capillare durante il processo, nonché il legame lungo
la superficie di contatto. Per pulire le superfici vengono eseguiti dei trattamenti chi-
mici come la pulitura con solventi o trattamenti meccanici come la spazzolatura e la
Resistenza del giunto
Resistenza
del metallo di apporto
nel giunto brasato Figura 19.3 Resisten-
za del giunto in funzione
della distanza tra i pezzi.
Resistenza del metallo di apporto (Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P.
Distanza
Distanza Groover, 2010. Ristampa-
ottimale to con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
546 Tecnologia meccanica
TABELLA 19.1 Metalli di apporto usati nella brasatura con i relativi metalli di base.
Temperatura
approssimativa
di brasatura
Metallo di apporto Composizione chimica °C Metalli di base
Alluminio e silicio 90 Al, 10 Si 600 Alluminio
Rame 99,9 Cu 1120 Rame nichelato
Rame e fosforo 95 Cu, 5 P 850 Rame
Rame e zinco 60 Cu, 40 Zn 925 Acciai, ghise, nichel
Oro e argento 80 Au, 20 Ag 950 Acciaio inossidabile, leghe di nichel
Leghe di nichel Ni, Cr, others 1120 Acciaio inossidabile, leghe di nichel
Leghe di argento Ag, Cu, Zn, Cd 730 Titanio, Monel, Inconel, acciaio
per utensili, nichel
Fonti [5] e [7].
Brasatura, brasatura dolce, incollaggio e assemblaggio meccanico 547
Pezzi da unire
Anello di metallo
Pezzi da unire Figura 19.4 Varie tecni-
di apporto Giunto brasato
che di applicazione di me-
tallo di apporto nella bra-
satura: (a) torcia e asta
Gioco di metallo di apporto, (b)
anello di metallo di appor-
to all’inizio del gioco tra
i pezzi e (c) foglio di me-
tallo di apporto tra le su-
Foglio di metallo perfici di due pezzi piatti.
di apporto Giunto brasato Le sequenze mostrano
(1) prima della brasatura
e (2) dopo la brasatura.
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
Pezzi da unire 4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristampa-
to con il permesso di John
Wiley & Sons, Inc.)
Brasatura a torcia Nella brasatura a torcia, si applica un fondente alle superfici del pezzo
e si usa una torcia per dirigere la fiamma sul pezzo in prossimità del giunto. Di solito si usa una
fiamma riducente per non causare l’ossidazione. Dopo che le superfici del giunto sono state
riscaldate alla temperatura adatta, si aggiunge il metallo di apporto, di solito in forma di filo
o barra. I combustibili utilizzati nella brasatura a torcia sono l’acetilene, il propano e altri gas,
assieme all’aria o l’ossigeno. La scelta della miscela di combustibili dipende dal fabbisogno
termico dell’operazione. La brasatura a torcia spesso viene eseguita manualmente e servono
dei lavoratori qualificati per controllare la fiamma, manipolare le torce portatili e valutare le
temperature; le applicazioni sono soprattutto i lavori di riparazione. Il metodo può essere uti-
lizzato anche in operazioni di produzione meccanizzate, in cui i pezzi e il metallo di apporto
vengono caricati su nastri trasportatori o tavoli rotanti e passati sotto una o più torce.
19.2 Brasatura dolce
La brasatura dolce è simile alla brasatura e può essere definita come il processo di
giunzione con cui un metallo di apporto con punto di fusione (liquidus) non superiore
ai 450°C viene fuso e distribuito per azione capillare tra i piani di contatto dei pezzi
Brasatura, brasatura dolce, incollaggio e assemblaggio meccanico 549
metallici da unire. Come nella brasatura, non si verifica la fusione dei metalli di base, Metallo
ma il metallo di apporto fonde e si combina con il metallo di base per formare un lega- di apporto
me metallurgico. I dettagli della brasatura dolce sono simili a quelli della brasatura, e
molti dei metodi di riscaldamento sono uguali. Le superfici da saldare devono essere
pulite prima per liberarle da ossidi oli ecc. Ai piani di contatto si applica un fondente Metallo
di base
e le superfici vengono riscaldate. Il metallo di apporto viene aggiunto al giunto e si
distribuisce sui pezzi vicini. Figura 19.5 Saldobrasa-
In alcuni casi il metallo di apporto è già posizionato su una o entrambe le superfici. tura. Il giunto è costituito
dal metallo di apporto;
Questo processo prende il nome di stagnatura, indipendentemente dal fatto che la lega il metallo di base non è
contenga o meno dello stagno. Le distanze che vengono di solito lasciate tra i pezzi fuso nel giunto. (Fonte:
nella saldatura dolce vanno dagli 0.075 mm agli 0.125 mm, tranne quando le superfici Fundamentals of Modern
sono già stagnate, nel qual caso viene lasciata una distanza di circa 0.025 mm. Dopo la Manufacturing, 4th Edi-
solidificazione, il fondente residuo deve essere rimosso. tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
Come processo industriale, la brasatura dolce è molto simile ad un assemblaggio permesso di John Wiley
elettronico. Viene anche utilizzata per giunti meccanici, ma non per giunti sottoposti a & Sons, Inc.)
elevate tensioni o temperature. I vantaggi della saldatura dolce sono (1) la minore ener-
gia richiesta rispetto alla brasatura e saldatura per fusione, (2) la varietà di metodi di
riscaldamento disponibili, (3) la buona conducibilità elettrica e termica nel giunto, (4) la
capacità di realizzare giunti per contenitori a tenuta stagna di aria e liquidi e (5) la facile
riparazione e rilavorazione.
I maggiori svantaggi della brasatura dolce sono (1) la bassa resistenza del giunto a
meno che non sia rinforzato con mezzi meccanici e (2) il possibile indebolimento o la
fusione del giunto se usato a temperature elevate.
Bullone o rivetto
Figura 19.6 Interblocco
meccanico nei giunti di
saldatura dolce per avere
una resistenza maggiore:
Giunto di brasatura dolce (a) cordone a blocco piat-
to, (b) giunto imbullonato
o rivettato, (c) raccordi
di tubi - giunto di sovrap-
Giunto di brasatura posizione cilindrico e (d)
dolce Crimpatura
Giunto di brasatura crimpatura (formatura) di
dolce un giunto di sovrapposi-
zione cilindrico. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
550 Tecnologia meccanica
Metalli di apporto Molti metalli di apporto nella brasatura dolce sono leghe di sta-
gno e piombo, perché entrambi questi metalli hanno dei punti di fusione bassi. Le loro
leghe possiedono una gamma di temperature liquidus e solidus sufficienti a garantire
un buon controllo del processo di brasatura per una varietà di applicazioni. Visto che il
piombo è tossico, la sua percentuale viene ridotta al minimo nella maggior parte delle
composizioni. Lo stagno è chimicamente attivo alle temperature di brasatura e pro-
muove l’azione bagnante necessaria per la giunzione. Nella brasatura dolce del rame,
che è molto comune nei collegamenti elettrici, si usano dei composti intermetallici di
rame e stagno che rafforzano il legame. Anche l’argento e l’antimonio sono utilizzati
nelle leghe di brasatura dolce. La Tabella 19.2 elenca varie composizioni di leghe usate
nella brasatura dolce, indicando le temperature approssimative a cui vengono usate e
le loro applicazioni principali. Le brasature senza piombo stanno diventando sempre
più importanti da quando è stata emanata la legge che vieta l’uso del piombo nelle
brasature dolci.
Giunto di brasatura
dolce
Filo Isolamento
Terminale
Giunto di brasatura
dolce
Figura 19.7 Tecniche per fissare il giunto con mezzi meccanici prima della brasatura dolce nelle
connessioni elettriche: (a) filo di piombo aggraffato su una scheda, (b) foro passante placcato per
massimizzare la superficie di contatto per la brasatura, (c) filo agganciato sul terminale e (d) fili
intrecciati. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010.
Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Brasatura, brasatura dolce, incollaggio e assemblaggio meccanico 551
TABELLA 19.2 Alcune composizioni tipiche delle leghe usate nella brasatura dolce con le loro temperature di fusione e applicazioni.
Temperatura di fusione
approssimativa
Composizione
Metallo di apporto approssimativa °C Applicazioni principali
Piombo-argento 96 Pb, 4 Ag 305 Giunti a temperature elevate
Stagno-antimonio 95 Sn, 5 Sb 238 Impianti idraulici e di riscaldamento
Stagno-piombo 63 Sn, 37 Pb 183a Elettriche/Elettroniche
60 Sn, 40 Pb 188 Elettriche/Elettroniche
50 Sn, 50 Pb 199 General purpose
40 Sn, 60 Pb 207 Radiatori di automobili
Stagno-argento 96 Sn, 4 Ag 221 Contenitori alimentari
Stagno-zinco 91 Sn, 9 Zn 199 Giunzioni di alluminio
Stagno-argento-rame 95.5 Sn, 3.9 217 Elettroniche: superfici di supporto
Ag, 0.6 Cu
Fonti [2], [3], [4] e [13].
a
Composizione eutettica - composizioni a più basso punto di fusione di stagno-piombo.
Fondenti I fondenti della brasatura dolce devono (1) fondersi alla temperatura della
brasatura dolce, (2) rimuovere le pellicole di ossido e contaminanti dalle superfici dei
pezzi di base, (3) impedire l’ossidazione durante il riscaldamento, (4) facilitare la ba-
gnatura dei piani di contatto, (5) rimanere separati dalla lega fusa durante il processo
e (6) lasciare un residuo che non sia corrosivo né conduttivo. Purtroppo, non esiste un
fondente singolo che può svolgere perfettamente tutte queste funzioni per tutte le com-
binazioni di metalli di apporto e metalli di base. La composizione del fondente deve
essere scelta a seconda dell’applicazione.
I fondenti nella saldatura dolce si possono classificare in organici o inorgani-
ci. I fondenti organici sono fatti di colofonia (cioè, una resina naturale come la
gomma del legno, che non è solubile in acqua) o altri elementi idrosolubili (come
gli alcoli, gli acidi organici o i sali alogenati). Quelli solubili in acqua facilitano
la pulitura dopo la saldatura. I fondenti organici sono più usati per i collegamenti
elettrici ed elettronici. Essi tendono ad essere chimicamente reattivi alle elevate
temperature di saldatura, ma relativamente non corrosivi a temperatura ambiente.
I fondenti inorganici sono costituiti da acidi inorganici (come l’acido muriatico)
e sali (ad esempio, combinazioni di zinco e cloruro di ammonio) e sono utilizzati
per ottenere un f lusso rapido e attivo dove le pellicole di ossido costituiscono un
problema. I sali diventano attivi quando si sciolgono, ma sono meno corrosivi
degli acidi. I fili di materiali di apporto con un nucleo acido rientrano in questa
categoria.
Sia i fondenti organici che inorganici devono essere rimossi dopo la brasatura, so-
prattutto nel caso di acidi inorganici per evitare che corrodano le superfici metalliche.
La rimozione del fondente di solito è realizzata utilizzando soluzioni acquose, tranne
nel caso delle colofonie che richiedono solventi chimici. Le recenti tendenze nel set-
tore favoriscono l’uso di fondenti idrosolubili perché i solventi chimici utilizzati con
le colofonie sono dannosi per l’ambiente e per l’uomo.
Brasatura a riflusso Anche questo processo è molto usato in elettronica per assem-
blaggi superficiali di componenti su circuiti stampati. In questo processo si usa un me-
Componenti
19.3 Incollaggio
(g) (h)
(i) (j)
Figura 19.9 Alcune configurazioni tipiche di giunti di incollaggio: da (a) a (d) giunti di testa, (e) ed (f) giunti a T, da (g) a (j) giunti
ad angolo. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso
di John Wiley & Sons, Inc.)
Brasatura, brasatura dolce, incollaggio e assemblaggio meccanico 555
Rivetto
Nocciolo del punto
di saldatura
Adesivo
Figura 19.10 Incollaggio combinato con altri metodi di giunzione: (a) saldoincollaggio: saldatura a punti e incollaggio, (b) incol-
laggio con rivetto (o bullone) e (c) formatura e incollaggio. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell
P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Adesivo
Adesivo
Figura 19.11 Tipi di tensioni da considerare per la progettazione di giunti incollati: (a) trazione, (b) taglio, (c) scissione e (d)
spellatura. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso
di John Wiley & Sons, Inc.)
19.4 Assemblaggio meccanico
Gli elementi di fissaggio filettati sono componenti discreti che hanno dei filetti esterni
o interni per consentire l’assemblaggio dei pezzi. In quasi tutti i casi permettono lo
smontaggio successivo. Gli elementi di fissaggio filettati sono la categoria più impor-
tante dei metodi di assemblaggio meccanico; i tipi più comuni di fissaggio filettati sono
le viti, i bulloni e i dadi.
viene assemblato con un foro cieco filettato. Alcuni tipi, chiamati viti autofilettanti,
hanno delle forme che permettono loro di formare direttamente i filetti corrispondenti
nel foro. Un bullone è un dispositivo di fissaggio filettato esternamente che viene in-
serito attraverso dei fori nei pezzi e «avvitato» su un dado all’estremità opposta. Un
dado è un dispositivo di fissaggio filettato internamente avente filettature standard che
corrispondono a quelli dei bulloni con lo stesso diametro, passo e forma dei filetti. Gli
assemblaggi tipici che derivano dall’uso di viti e bulloni sono illustrati in Figura 19.12.
Le viti e i bulloni sono disponibili in una gamma di dimensioni, filetti e forme stan-
dard, sia in unità metriche (standard ISO) che in unità americane (standard ANSI).1 Le
specifiche sono costituite dalla misura del diametro maggiore nominale in mm, seguito
dal passo in mm. Ad esempio, una specifica di 4-0.7 significa che il diametro maggiore
è 4.0 mm e il passo di 0.7 mm. Lo standard ANSI prevede di specificare o un numero
che indica il diametro maggiore (fino a 0.2160 in) o il diametro maggiore nominale in
pollici seguito dal numero di filetti per pollice. Ad esempio, la specifica 1/4-20 indica
che il diametro maggiore è di 0.25 in e che ci sono 20 filetti per pollice.
I dati tecnici relativi agli elementi di fissaggio filettati standard si possono trovare
nei manuali di progettazione e nei cataloghi degli elementi di fissaggio. Gli Stati Uniti
si sono a poco a poco convertiti alle unità metriche, consentendo di ridurre la prolifera-
zione delle specifiche. Va notato che le differenze tra gli elementi di fissaggio filettati
hanno delle implicazioni sugli utensili usati nella produzione. Per utilizzare un partico-
lare tipo di vite o bullone, l’assemblatore deve avere gli utensili adatti per quel tipo di
elemento. Ad esempio, ci sono diversi tipi di teste di viti e bulloni possibili, i più comuni
dei quali sono illustrati in Figura 19.13. Le forme di queste teste, così come la varietà
delle dimensioni disponibili, richiedono degli utensili diversi (come i cacciaviti): non
si può usare un bullone a testa esagonale con un tradizionale cacciavite a punta piatta.
1
ISO è l’acronimo di International Standards Organization. ANSI è l’abbreviazione di American National
Standards Institute.
Brasatura, brasatura dolce, incollaggio e assemblaggio meccanico 559
Vite di fermo
Collare
Albero
Figura 19.14 (a) Assemblaggio di un collare su un albero mediante una vite di fermo, (b) varie forme delle viti di fermo (vari tipi
di testa e di punta). (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Ci sono molte più varietà di viti che di bulloni, perché le loro funzioni variano di
più. I tipi di viti sono le viti macchina, le viti a testa cilindrica, le viti di fermo e le viti
autofilettanti. Le viti macchina sono il tipo più generico, progettate per il montaggio in
fori filettati. Talvolta sono assemblate a dei dadi e in questo caso hanno la stessa funzio-
ne dei bulloni. Le viti a testa cilindrica hanno la stessa forma delle viti macchina ma
sono fatte di metalli più resistenti e hanno delle tolleranze più strette. Le viti di fermo
sono indurite e progettate per le funzioni di assemblaggio come i collari di fissaggio,
gli ingranaggi e le pulegge per gli alberi, come mostrato in Figura 19.13 (a). Esse sono
disponibili in varie forme, alcune delle quali sono illustrate in Figura 19.13 (b). Una vite
autofilettante (anche detta vite filettante) è progettata per formare o tagliare i filetti in
un foro preesistente in cui viene inserita. La Figura 19.15 mostra due delle forme tipiche
dei filetti creati da viti autofilettanti.
La maggior parte dei dispositivi di fissaggio filettati sono prodotti tramite formatura
a freddo. Alcuni sono lavorati meccanicamente, ma questo di solito è un processo più
costoso. I dispositivi di fissaggio filettati sono realizzati in vari materiali, gli acciai sono
i più comuni per la loro buona resistenza e basso costo. Gli acciai più usati sono quelli a
basso e medio contenuto di carbonio e gli acciai legati. Gli elementi di fissaggio in acciaio
di solito vengono rivestiti o placcati per aumentare la resistenza alla corrosione superfi-
ciale. I materiali per rivestimenti più usati sono il nichel, il cromo, lo zinco, l’ossido nero e
altri materiali simili. Se i fattori di corrosione o altri fattori impediscono di usare elementi
di fissaggio in acciaio, si usano altri materiali, tra cui gli acciai inossidabili, le leghe di
alluminio, le leghe di nichel e le materie plastiche (le materie plastiche però sono adatte
solo per applicazioni a basse tensioni).
Vite prigioniera
Dado Figura 19.16 (a) Vite prigioniera
e dadi utilizzati per il montaggio.
Vari tipi di viti prigioniere: (b) con
filetti solo da un lato e (c) da en-
trambi i lati. (Fonte: Fundamen-
tals of Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P. Groover,
Dado
2010. Ristampato con il permes-
so di John Wiley & Sons, Inc.)
Una rondella è un componente che si usa spesso con gli elementi di fissaggio per
assicurare la tenuta del giunto meccanico. Nella sua forma più semplice è un anello
sottile di lamiera. Le rondelle svolgono molte funzioni: (1) distribuiscono le tensioni
che altrimenti si concentrerebbero sulla testa del bullone o della vite e sul dado, (2)
forniscono il supporto per i fori passanti di grandi dimensioni nei pezzi assemblati, (3)
aumentano la tensione della molla, (4) proteggono le superfici del pezzo, (5) sigillano la
giunzione e (6) impediscono lo sganciamento accidentale [13]. La Figura 19.17 illustra
tre tipi di rondella.
Filetti interni
Inserto pressato
Vite
Figura 19.17 Inserti fi- nel foro
lettati: (a) prima dell’in-
serimento e (b) dopo Pezzo fissato
l’inserimento nel foro e Materiale di base
il posizionamento della
vite nell’inserto. (Fonte:
Le sporgenze
Fundamentals of Modern
dell’inserto spingono
Manufacturing, 4th Edi-
sulle pareti del foro
tion by Mikell P. Groover,
mentre la vite viene
2010. Ristampato con il
inserita
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
Brasatura, brasatura dolce, incollaggio e assemblaggio meccanico 561
Figura 19.18 Tipi di rondelle: (a) rondella piatta, (b), rondella elastica utilizzate per smorzare le
vibrazioni o compensare l’usura e (c) rondella di sicurezza progettata per impedire l’allentamento
del bullone o della vite. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Il problema che può verificarsi durante l’assemblaggio è che gli elementi di fissag-
gio filettati vengono serrati eccessivamente, causando delle tensioni che superano la
resistenza del materiale. Considerando il giunto bullone-dado mostrato in Figura 19.19,
i guasti si possono verificare nei modi seguenti: (1) le filettature esterne (ad esempio del
bullone o della vite) si possono spellare, (2) le filettature interne (ad esempio del dado)
si possono spellare o (3) il bullone si può rompere a causa di una tensione di trazione
eccessiva sulla sua sezione trasversale. I guasti (1) e (2) si verificano a causa di una rot-
tura di taglio quando la lunghezza dell’innesto è troppo breve (meno di circa il 60% del
diametro nominale del bullone). Questo si può evitare progettando meglio la filettatura
dell’elemento di fissaggio. Il guasto di trazione (3) è il problema più comune. Il bullone
si rompe a circa l’85% della sua resistenza alla trazione nominale a causa della combi-
nazione della tensione di trazione e quella di torsione durante il fissaggio [2].
La tensione di trazione a cui è sottoposto un bullone si calcola come il carico di
trazione diviso per l’area su cui si applica:
(19.1)
Bullone
Filetti interni
(sulla sezione trasversale)
Tensione di trazione (sulla sezione trasversale)
Tensione di compressione
(sui pezzi)
Figura 19.19 Tensioni
che agiscono su un giun-
to imbullonato. (Fonte:
Fundamentals of Modern
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
Dado 2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
Tensione di taglio (sui filetti) & Sons, Inc.)
562 Tecnologia meccanica
seguenti equazioni [2], a seconda che il bullone sia misurato nello standard metrico o
americano. Per la metrica standard (ISO), la formula è:
(19.2)
dove D è la dimensione nominale (del diametro maggiore) del bullone o della vite in
mm e p il passo della filettatura in mm. Per lo standard americano (ANSI), la formula è:
(19.3)
dove D/4 è la dimensione nominale (del diametro maggiore) del bullone o della vite in
mm e n il numero di filetti per pollice.
(19.4)
TABELLA 19.3 Valori tipici di tensioni di trazione e di snervamento per bulloni e viti in acciaio, per
una gamma di diametri da 6.4 mm a 38 mm.
Si usano vari metodi per applicare la coppia richiesta, tra cui (1) l’esperienza
dell’operatore – un metodo non molto preciso, ma sufficiente per la maggior parte degli
assemblaggi, (2) le chiavi dinamometriche, che misurano la coppia mentre si avvita il
dispositivo di fissaggio, (3) i motori di stallo, che sono chiavi inglesi motorizzate che si
fermano quando si raggiunge la coppia richiesta e (4) gli utensili di fissaggio a scatti, in
cui il dispositivo di fissaggio viene inizialmente serrato con una coppia di livello basso
e poi ruotato di una quantità aggiuntiva specifica (ad esempio un quarto di giro).
19.6 I rivetti
I rivetti sono molto utilizzati per realizzare giunzioni meccaniche permanenti. La ri-
vettatura è un metodo di fissaggio che offre elevati tassi di produzione, semplicità di
esecuzione, affidabilità e basso costo. Nonostante questi apparenti vantaggi, le sue
applicazioni sono diminuite negli ultimi decenni a favore degli elementi di fissaggio
filettati, delle saldature e dell’incollaggio. La rivettatura è uno dei processi primari di
fissaggio nelle industrie aeronautiche e aerospaziali per fissare dei rivestimenti agli
elementi strutturali.
Un rivetto è un perno non filettato con una testa, che viene usato per unire due (o
più) pezzi passando attraverso dei fori nei pezzi e poi formando (per ricalcatura) una se-
conda testa sul lato opposto del perno. L’operazione di deformazione può essere esegui-
ta a caldo o a freddo (lavorazione a caldo o lavorazione a freddo) da un martellamento
o una pressatura costanti. Una volta che il rivetto è stato deformato, non può più essere
rimosso, se non rompendo una delle teste. I parametri dei rivetti sono la lunghezza, il
diametro, la testa e il tipo. Il tipo di rivetto indica una delle cinque forme di base che
influenzano il modo in cui il rivetto viene ricalcato sulla seconda testa. I cinque tipi di
rivetto sono illustrati in Figura 19.20. Oltre a quelli, esistono dei rivetti particolari per
determinate applicazioni.
I rivetti sono utilizzati principalmente per giunti di sovrapposizione. Il foro passan-
te in cui è inserito il rivetto deve essere vicino al diametro del rivetto. Se il foro è troppo
piccolo, l’inserimento del rivetto sarà difficile, riducendo così i tassi di produzione. Se
il foro è troppo grande, il rivetto non riempie tutto il foro e potrebbe piegarsi o compri-
mersi durante la ricalcatura. Esistono delle apposite tabelle di progettazione dei rivetti
che specificano le dimensioni ottimali dei fori.
Gli utensili e i metodi utilizzati nella rivettatura si dividono nelle seguenti catego-
rie: (1) di impatto, in cui un martello pneumatico esegue una successione di colpi sul
rivetto, (2) di compressione costante, in cui l’utensile rivettatore applica una pressione
continua sul rivetto e (3) una combinazione di impatto e compressione. Gran parte delle
apparecchiature utilizzate nella rivettatura sono portatili e manuali. Esistono anche del-
le macchine automatiche di foratura-rivettatura per eseguire prima i fori e poi inserire
e ricalcare i rivetti.
(19.5)
Collare
Perno
iniziale tra il diametro interno del collare e il diametro esterno del perno in mm, Dc il
diametro esterno del collare in mm e Dp il diametro del perno in mm.
Lo sforzo massimo si verifica nel collare al suo diametro interno e può essere cal-
colato come:
(19.6)
(19.7)
(19.8)
Nella maggior parte dei casi, in particolare per i metalli duttili, la tensione massima
effettiva deve essere confrontata con il carico di snervamento del materiale, applicando
un opportuno fattore di sicurezza, come nel caso seguente:
(19.9)
Vengono usati diversi metodi per riscaldare e/o raffreddare i pezzi. Le attrezza-
ture per il riscaldamento includono le torce, i forni, i riscaldatori elettrici a resistenza
e i riscaldatori elettrici a induzione. I metodi di raffreddamento usati di solito sono la
refrigerazione, l’imballaggio in ghiaccio secco e l’immersione in liquidi freddi, tra cui
l’azoto liquido. Il conseguente cambiamento di diametro dipende dal coefficiente di
dilatazione termica e dalla differenza di temperatura che viene applicata al pezzo. Se
assumiamo che il riscaldamento o il raffreddamento produca una temperatura uniforme
su tutto il pezzo, allora la variazione di diametro è data da:
(19.10)
Figura 19.22 Montag-
gio a scatto, che mostra
le s ezi oni tra sver s ali
dei due pezzi dell’ac -
coppiamento: (1) prima
dell’assemblaggio e (2)
pezzi assemblati dopo
lo scatto. (Fonte: Fun-
damentals of M odern
Manufacturing, 4th Edi-
tion by Mikell P. Groover,
2010. Ristampato con il
permesso di John Wiley
& Sons, Inc.)
Brasatura, brasatura dolce, incollaggio e assemblaggio meccanico 567
formare una spalla, come illustrato in Figura 19.23. L’assemblaggio può essere utiliz-
zato per localizzare o limitare il movimento dei pezzi montati sull’albero. Gli anelli di
tenuta sono disponibili sia per applicazioni esterne (alberi) che interne (fori). Possono
essere fatti di fili o di lamiere, e possono essere trattati termicamente per aumentare la
durezza e la rigidità. Per assemblare un anello di tenuta serve uno speciale utensile a
pinza per deformare elasticamente l’anello in modo che si adatti all’albero (o al foro) e
poi rilasciato nella scanalatura.
Oltre alle tecniche di assemblaggio meccanico discusse nelle sezioni precedenti, ci sono
diversi altri metodi che implicano l’uso di dispositivi di fissaggio. Questi sono la graf-
fatura, la pinzatura, la cucitura e le coppiglie.
La graffatura e la pinzatura industriali sono operazioni simili che comportano
l’uso di elementi di fissaggio in metallo a forma di U. La graffatura è un’operazione
di fissaggio in cui viene utilizzata una macchina di graffatura per formare i punti
a U uno alla volta da un filo di acciaio e inserirli nei due pezzi da unire. La Figura
19.24 illustra diversi tipi di punti. I pezzi da unire devono essere relativamente sottili,
coerenti con la dimensione del punto e il gruppo può coinvolgere varie combinazioni
di metalli e materiali non metallici. Le applicazioni della graffatura industriale inclu-
dono gli assemblaggi di lamiere sottili, le cerniere in metallo, i collegamenti elettrici,
le scatole di cartone ondulato e il confezionamento dei prodotti finiti. Le condizioni
che favoriscono la graffatura in queste applicazioni sono (1) l’alta velocità, (2) il fatto
che non serve forare prima i pezzi e (3) la possibilità di usare elementi di fissaggio
che circondano i pezzi.
Nella pinzatura, delle graffe preformate a U vengono inserite nei pezzi da uni-
re. Le graffe sono fornite in strisce. Le graffe singole sono unite insieme per formare
la striscia, ma vengono facilmente separate dall’utensile di pinzatura. Le graffe sono
dotate di vari tipi di punte per facilitare il loro ingresso nel pezzo. Vengono di solito
applicate mediante pistole pneumatiche portatili, in cui vengono caricate delle strisce
contenenti diverse centinaia di graffe. Le applicazioni della pinzatura industriale sono
i mobili, i rivestimenti, il montaggio dei sedili delle auto e vari lavori di assemblaggi di
infissi leggeri di metallo o plastica.
Figura 19.24 Tipi comuni di punti nella graffatura: (a) non graffato, (b) ad anello standard, (c) a ci-
clo bipasso e (d) punto piatto. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell
P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
568 Tecnologia meccanica
La cucitura è un metodo comune per unire dei pezzi morbidi e flessibili, come il
panno e la pelle. Il metodo prevede l’utilizzo di un lungo filo o corda intrecciata con
i pezzi in modo da produrre un giunto continuo tra loro. Il processo è molto usato nel
settore della produzione di vestiti.
Le coppiglie sono elementi di fissaggio formate da un filo semicircolare su un unico
gambo a due estremità, come mostrato in Figura 19.25. Variano a seconda della dimensio-
ne del diametro, tra gli 0.8 mm e i 19 mm e del tipo di punta, alcuni dei quali sono mostrati
in figura. Le coppiglie sono inserite nei fori dei pezzi e le due estremità vengono divise
per bloccare il gruppo. Vengono usate per bloccare i pezzi su alberi e applicazioni simili.
Lunghezza
Figura 19.25 Coppiglie:
(a) testa asimmetrica,
punta standard, (b) testa
simmetrica, punta ham-
merlock, (c) punta qua- Lunghezza Diametro
drata, (d) punta a mitra
e (e) punta a scalpello.
(Fonte: Fundamentals of
Modern Manufacturing,
4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristam-
pato con il permesso di
John Wiley & Sons, Inc.)
Posizionare degli inserti in uno stampo presenta alcuni svantaggi per la produzione:
(1) la progettazione dello stampo diventa più complicata, (2) lo spostamento dell’inserto
e il suo posizionamento nella cavità richiede del tempo che riduce il tasso di produzione
e (3) gli inserti introducono un materiale estraneo all’interno della colata o dello stam-
paggio e in caso di difetti il metallo fuso o la plastica non possono essere facilmente
recuperati o riciclati. Nonostante questi svantaggi, l’uso degli inserti è spesso la scelta
progettuale più funzionale e meno costosa come metodo di produzione.
Filo
Linguetta
lanceolata
Bordi ripiegati dei due Un bordo ripiegato sull’altro Aggraffatura piegata e appiattita
pezzi
Fossette in vari
Bordo lungo tutta
punti lungo la
la circonferenza
Flangia di lamiera circonferenza
Scanalatura
sull’albero
Albero
Figura 19.27 Elementi di fissaggio integrale: (a) linguetta lanceolata per collegare cavi o alberi a pezzi di lamiera, (b) sporgen-
ze in rilievo, simili ai rivetti, (c) aggraffatura a singolo blocco, (d) bordatura e (e) formatura di fossette. I numeri nelle parentesi
indicano la sequenza delle operazioni in (b), (c) e (d). (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P.
Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
570 Tecnologia meccanica
delle sporgenze che poi vengono appiattite sull’altro pezzo, (c) l’aggraffatura, in cui i
bordi di due pezzi diversi di lamiera o i due bordi opposti della stessa lamiera vengono
ripiegati per formare il fissaggio; il metallo deve essere duttile affinché si possa realizzare
l’aggraffatura, (d) la bordatura, in cui un pezzo tubolare viene fissato ad un albero più
piccolo (o un altro pezzo rotondo) deformando il diametro esterno verso l’interno per
causare un’interferenza lungo tutta la circonferenza, e (e) la formazione di fossette, cioè
semplici rientranze rotonde nel pezzo esterno per trattenere il pezzo interno.
La crimpatura, in cui i bordi di un pezzo sono deformati su un componente di ac-
coppiamento, è un altro esempio di assemblaggio integrale. Un tipico esempio è quando
un cavo viene schiacciato su un connettore per garantire un buon contatto elettrico.
Figura 19.28 I pezzi simmetrici di solito sono più facili da inserire e assemblare: (a) un solo orien-
tamento di rotazione possibile per l’inserimento, (b) due orientamenti possibili, (c) quattro orienta-
menti possibili e (d) infiniti orientamenti rotazionali. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufactu-
ring, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
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Domande di ripasso
8. Quali caratteristiche deve avere un fondente per
1. In cosa differiscono la brasatura e la brasatura dol- la brasatura?
ce dai processi saldatura per fusione? 9. Definire la brasatura a immersione.
2. In cosa differiscono la brasatura e la brasatura dol- 10. Definire la saldobrasatura.
ce dai processi di saldatura allo stato solido? 11. Quali sono gli svantaggi e i limiti della brasatura?
3. Qual è la differenza tra la brasatura e la brasatura 12. A cosa serve la punta di un saldatore nella brasa-
dolce? tura dolce manuale?
4. In quali casi la brasatura o la brasatura dolce vanno 13. Che cos’è la brasatura dolce a onda?
meglio della saldatura? 14. Elencare i vantaggi attribuiti alla brasatura dolce
5. Quali sono i due tipi di giunti più usati nella brasa- come processo industriale.
tura? 15. Quali sono gli svantaggi e gli inconvenienti della
6. Per migliorare la resistenza della brasatura, si ese- brasatura dolce?
guono alcuni cambiamenti nella configurazione dei 16. Cosa si intende con il termine adesivo strutturale?
giunti. Quali sono questi cambiamenti? 17. Un adesivo deve reticolare per incollare. Cosa si
7. Il metallo di apporto fuso nella brasatura viene di- intende con il termine reticolazione?
stribuito lungo tutto il giunto per capillarità. Che 18. Quali sono i metodi più utilizzati per reticolare gli
cos’è l’azione capillare? adesivi?
574 Tecnologia meccanica
19. Descrivere le tre categorie di base degli adesivi 28. Cosa sono gli utensili di fissaggio a scatti?
commerciali. 29. Definire la resistenza allo snervamento nel conte-
20. Qual è il presupposto principale per il successo di sto degli elementi di fissaggio filettati.
un’operazione di incollaggio? 30. Quali sono i tre modi in cui un dispositivo di fis-
21. Quali sono i metodi utilizzati per applicare gli ade- saggio filettato può non funzionare durante il fis-
sivi nelle operazioni di produzione industriale? saggio?
22. Descrivere i vantaggi della tecnica dell’incollaggio 31. Che cos’è un rivetto?
rispetto ai metodi alternativi di giunzione. 32. Qual è la differenza tra un accoppiamento a con-
23. Quali sono i limiti dell’incollaggio? trazione e uno a espansione?
24. In cosa differisce l’assemblaggio meccanico dagli 33. Quali sono i vantaggi del fissaggio a scatto?
altri metodi di assemblaggio discussi nei capitoli 34. Qual è la differenza tra la graffatura e la pinzatura
precedenti (saldatura, brasatura ecc.)? industriali?
25. Quali sono i motivi per cui può essere necessario 35. Cosa sono i dispositivi di fissaggio integrali?
che gli assemblaggi debbano essere smontati? 36. Descrivere i principi generali e le linee guida per la
26. Qual è la differenza tecnica tra una vite e un bul- progettazione di un assemblaggio.
lone? 37. Descrivere i principi generali e le linee guida che
27. Che cos’è un perno (nel contesto degli elementi di si applicano specificamente per l’assemblaggio
fissaggio filettati)? automatizzato.
problemi
esterno dell’albero e il diametro interno del collare è
1. Si usa un bullone di 5 mm di diametro per produrre di 0.03 mm. (b) Determinare l’effetto dell’aumento del
un precarico di 250 N. Sapendo che il coefficiente diametro esterno del collare a 39.0 mm sulla pressio-
di coppia è 0.23, determinare la coppia che deve ne radiale e sulla tensione massima effettiva.
essere applicata. 7. Un ingranaggio di alluminio (modulo di elasticità di
2. Una vite in lega di acciaio Metric 10 3 1.5 (di dia- 69,000 MPa) è inserito a pressione su un albero di
metro di 10 mm e passo di 1.5 mm) deve essere alluminio. L’ingranaggio ha un diametro di 55 mm
avvitata in un foro filettato e serrata alla metà del alla base dei denti. Il diametro nominale interno
suo limite di snervamento. In base alla Tabella 19.3, dell’ingranaggio è 30 mm e l’interferenza è 0.10
si ha che il carico di snervamento è 830 MPa. De- mm. Calcolare: (a) la pressione radiale tra l’albe-
terminare la coppia massima che deve essere uti- ro e l’ingranaggio e (b) lo sforzo massima effettiva
lizzata sapendo che il coefficiente di coppia è 0.18. nell’ingranaggio al suo diametro interno.
3. Un bullone Metric 16 3 2 (16 mm di diametro e 2 8. Un collare di acciaio è inserito a pressione su un
mm di passo) è sottoposta ad una coppia di 4448 albero in acciaio. Il modulo di elasticità dell’acciaio
N durante il serraggio. Sapendo che il coefficiente è 210.000 MPa. Il collare ha un diametro interno di
di coppia è 0.24, determinare la tensione di trazione 63,45 mm e l’albero ha un diametro esterno di 63,5
sul bullone. mm. Il diametro esterno del collare è 101,6 mmin.
4. Si vuole precaricare una vite 1/2-13 a una forza di Determinare la pressione radiale (interferenza)
tensione di 453,6 kg. Il coefficiente di coppia è 0.22. sull’assemblaggio e (b) lo sforzo massimo effettiva
Determinare la coppia che deve essere utilizzata sul collare al suo diametro interno.
per serrare il bullone. 9. La resistenza allo snervamento di un certo metallo
5. Il progettista ha precisato che un bullone 3/8-16 a è 236,75 MPa e il suo modulo di elasticità è 22 x
basso contenuto di carbonio (3/8-1 di diametro no- 16,08 MPa. Questo metallo viene usato per realiz-
minale 5 filetti/mm) in una determinata applicazione zare l’anello esterno di un montaggio a pressione
deve essere sottoposto a una tensione fino al suo li- con un albero di accoppiamento fatto dello stesso
mite di snervamento di 228 MPa (dalla Tabella 19.3). metallo. Il diametro nominale interno dell’anello è
Determinare la coppia massima che deve essere uti- 25,4 mm e il suo diametro esterno è 63,5 mm. Uti-
lizzata sapendo che il coefficiente di coppia è 0.25. lizzo un fattore di sicurezza pari a 2.0, determinare
6. Un perno di guida in acciaio (modulo di elasticità di l’interferenza massima che si può avere con que-
209.000 MPa) è inserito a pressione in un collare di sto assemblaggio.
acciaio. Il perno ha un diametro nominale di 16.0 mm 10. Un albero di alluminio ha un diametro di 40.0 mm a
e il collare ha un diametro esterno di 27.0 mm. (a) temperatura ambiente (21°C). Il suo coefficiente di dila-
Calcolare la pressione radiale e la massima tensio- tazione termica è 24.8·10–6 mm/mm per °C. Sapendo
ne effettiva sapendo che l’interferenza tra il diametro che deve essere ridotto di 0.20 mm per essere assem-
Brasatura, brasatura dolce, incollaggio e assemblaggio meccanico 575
blato per espansione in un foro, determinare la tempe- 13. Un collare di acciaio il cui diametro esterno è di 76,2
ratura alla quale l’albero deve essere raffreddato. mm in a temperatura ambiente deve essere fissato
11. Un anello in acciaio ha un diametro interno di 30 per contrazione su un albero in acciaio mediante
mm e un diametro esterno di 50 mm a temperatu- riscaldamento ad una temperatura elevata, mentre
ra ambiente (21°C). Sapendo che il coefficiente di l’albero rimane a temperatura ambiente. Il diametro
dilatazione termica dell’acciaio è 12.1·10 –6 mm/mm dell’albero è 38,1 mm. Per facilitare il fissaggio del
per °C, determinare il diametro interno dell’anello collare quando viene riscaldato ad una temperatura
quando viene riscaldato a 500°C. di 810,93 K, il gioco tra l’albero ed il collare deve
12. Un collare in acciaio deve essere riscaldato dal- essere di 0.0178 mm. Determinare (a) il diametro
la temperatura ambiente (294,26 K) a 644,26 K. Il interno iniziale del la tensione massima effettiva
suo diametro interno è 25,4 mm e il suo diametro sull’accoppiamento di interferenza risultante a tem-
esterno di 41,27 mm. Sapendo che il coefficiente peratura ambiente (294,26 K). Per questo acciaio, il
di dilatazione termica dell’acciaio è 10,72·10 –6 mm/ coefficiente elastico è 210.000 MPa e il coefficiente
mm per K, determinare l’aumento del diametro in- di dilatazione termica 10,72·10 –6 mm/mm per K.
terno del collare.
VII Sistemi di produzione
Sistemi di produzione
Capitolo 20
e pianificazione dei processi
Quest’ultima parte del libro si occupa delle tematiche relative ai sistemi e alle procedure
utilizzate nella produzione. Questi sistemi comprendono le attrezzature di produzione
automatizzate ed informatizzate che eseguono operazioni singole, i gruppi di macchine
e di operatori che eseguono sequenze di operazioni, le pratiche che migliorano l’efficien-
za operativa e i sistemi di supporto alla produzione per la progettazione e controllo delle
operazioni di produzione e la qualità del loro output. In questo capitolo, viene fornita una
panoramica dei sistemi di produzione e della loro organizzazione secondo i diversi tipi
di produzione. In seguito viene esaminata la pianificazione di processo, che si occupa
di determinare come un certo pezzo o prodotto deve essere fabbricato. Infine, questo
capitolo comprende anche due argomenti molto legati alla pianificazione di processo: la
producibilità e la concurrent engineering.
Per funzionare in modo efficace, un’azienda di produzione deve avere dei sistemi
che permettono di realizzare efficientemente il suo tipo di produzione. I sistemi di
produzione sono composti dalle persone, le attrezzature e le procedure messe a pun-
to per gestire i processi e i materiali che costituiscono le operazioni di produzione
dell’azienda. I sistemi di produzione possono essere suddivisi in due categorie: (1) gli
impianti di produzione e (2) i sistemi di supporto alla produzione, come mostrato in
Figura 20.1. Gli impianti di produzione si riferiscono alle attrezzature fisiche e alla
loro disposizione nell’azienda. I sistemi di supporto alla produzione sono le proce-
dure utilizzate dall’azienda per gestire la produzione e risolvere i problemi tecnici e
logistici relativi agli ordini dei materiali, allo spostamento dei pezzi nella fabbrica e
alla garanzia che i prodotti soddisfino determinati standard di qualità. Entrambe le
categorie necessitano delle persone per fare funzionare questi sistemi. In genere, ci
sono dei lavoratori diretti che sono responsabili del funzionamento degli impianti
di produzione, e del personale professionale che gestisce i sistemi di supporto alla
produzione.
Sistema di produzione
operazioni, vengono mandati ai reparti, di solito in lotti, secondo l’ordine specifico ne-
cessario per la loro produzione. Il layout per processo è noto per la sua flessibilità e può
gestire una grande varietà di sequenze di operazioni per diversi prodotti. Lo svantaggio
è che le macchine e metodi di produzione non sono progettati per raggiungere un’alta
efficienza.
Unità Macchinari
Reparti di lavoro di produzione
Prodotto
Attrezzatura
(mobile)
Operatori
(a) (b)
Cella Cella
(c) Operatori
(d)
Figura 20.2 Vari tipi di layout di impianto: (a) layout a punto fisso, (b) layout per processo, (c) layout a celle e (d) layout per
prodotto. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso
di John Wiley & Sons, Inc.)
582 Tecnologia meccanica
gio di pezzi o di prodotti diversi avviene in celle costituite da più postazioni di lavoro o
più macchine. Il termine spesso utilizzato per indicare questo tipo di produzione è cel-
lular manufacturing. Ogni cella è progettata per produrre un certo numero di varietà
di parti, cioè ogni cella è specializzata nella produzione di un certo insieme di pezzi
simili, secondo i principi della group technology. Il layout prende il nome di layout a
celle, ed è mostrato in Figura 20.2 (c).
Processi e sequenze. Il ciclo di lavorazione deve descrivere sommariamente tutte le fasi di lavorazione utilizzate per l’unità
di lavoro (pezzo o assemblaggio) nell’ordine in cui vengono eseguite.
Selezione delle risorse. Gli ingegneri della produzione cercano di sviluppare dei piani di processo che utilizzano le risorse
esistenti. Se questo non è possibile, il componente in questione deve essere acquistato dall’esterno o devono essere instal-
late nuove attrezzature nell’impianto.
Utensili, matrici, stampi, attrezzi e calibri. Il pianificatore di processo deve decidere quali utensili sono necessari per ogni
processo. La progettazione vera e propria di solito è delegata al reparto di progettazione di utensili.
Utensili da taglio e condizioni di taglio per le lavorazioni con asportazione di truciolo. Questi sono definiti dagli ingegneri
di processo, dagli ingegneri industriali, dai capi officina o dagli operatori delle macchine, spesso con riferimento ai manuali
degli standard.
Metodi. I metodi comprendono i movimenti delle mani e del corpo, la configurazione del luogo di lavoro, la piccola strumen-
tazione, i montacarichi per il sollevamento di pezzi pesanti, e così via. I metodi devono essere specificati per le operazioni
manuali (come l’assemblaggio) e per le parti manuali dei cicli macchina (come il carico e lo scarico del pezzo da una mac-
china). La pianificazione dei metodi viene fatta di solito dagli ingegneri industriali.
Standard di lavoro. Le tecniche per misurare il carico di lavoro sono usate per stabilire i tempi standard di ogni operazione.
Stima dei costi di produzione. Questo di solito viene effettuato da estimatori di costo con l’aiuto del progettista di processo.
(Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Processi
Materia prima Processi Processi Operazioni Prodotto
di miglioramento
iniziale di base secondari di finitura finale
delle proprietà
Figura 20.3 Sequenza tipica di processi necessari alla fabbricazione di un pezzo. (Fonte: Fundamentals of Modern Manufac-
turing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
TABELLA 20.3 Linee guida e considerazioni per la scelta dei processi e della loro sequenza nella progettazione di processo.
Requisiti di progetto. La sequenza dei processi deve soddisfare le dimensioni, le tolleranze, la finitura superficiale e le altre
specifiche stabilite nella progettazione del prodotto.
Requisiti di qualità. I processi devono essere selezionati in modo da soddisfare i requisiti di qualità in termini di tolleranze, inte-
grità della superficie, coerenza e ripetibilità, e altre misure di qualità.
Volume di produzione e ritmo produttivo. Il prodotto si trova nella categoria di produzione bassa, media o alta? La scelta dei
processi e dei sistemi di produzione dipende molto dai volumi e dai tassi di produzione richiesti.
Processi disponibili. Se il prodotto e i suoi componenti devono essere fatti in casa, il progettista di processo deve selezionare i
processi e le attrezzature già presenti in fabbrica.
Utilizzo del materiale. È auspicabile che la sequenza del processo faccia un uso efficiente dei materiali per minimizzare gli spre-
chi. Se possibile, è meglio usare processi net shape o near net shape.
Vincoli di precedenza. Questi sono requisiti di sequenza tecnologica che determinano o limitano l’ordine in cui si possono ese-
guire le fasi della lavorazione. Ad esempio, un foro deve prima essere forato e dopo filettato, una polvere metallica deve prima
essere pressata e poi sinterizzata, una superficie deve essere prima pulita e poi verniciata, e così via.
Superfici di riferimento. Alcune superfici del pezzo devono essere formate (solitamente per asportazione di truciolo) all’inizio
della sequenza in modo che facciano da riferimento per localizzare altre superfici che vengono formate in seguito. Ad esempio,
per realizzare un foro ad una certa distanza dal bordo di un certo pezzo, quel bordo deve prima essere lavorato per asportazione.
Ridurre al minimo gli attrezzaggi. Il numero di attrezzaggi diversi dei macchinari va minimizzato. Dove possibile, le operazioni
vanno eseguite sulla stessa stazione di lavoro. Questo consente di risparmiare tempo e riduce lo spostamento dei materiali.
Eliminare i passaggi inutili. La sequenza di processo deve essere progettata usando il minimo numero di fasi di lavorazione,
evitando quindi le operazioni inutili. Si possono richiedere delle variazioni di progetto per rimuovere le caratteristiche del prodotto
non assolutamente necessarie, in modo da eliminare le fasi di lavorazione associate a queste caratteristiche.
Flessibilità. Se possibile, il processo deve essere sufficientemente flessibile per adattarsi ai cambiamenti di progettazione. Que-
sto spesso è un problema se si devono progettare degli utensili speciali per produrre il pezzo. Se il progetto del pezzo viene
modificato, probabilmente andranno cambiati anche gli utensili per realizzarlo.
Sicurezza. Nella scelta dei processi va considerata anche la sicurezza dei lavoratori, sia per un ritorno economico, sia perché così
stabilisce la legge sulla sicurezza sul lavoro e sulla salute.
Costo minimo. La sequenza di processo ottimale è quella che soddisfa tutti i requisiti sopra elencati e permette di fabbricare il
prodotto a costo minimo.
(Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Sistemi di produzione e pianificazione dei processi 587
A volte viene prodotta anche una scheda di funzionamento più dettagliata per ogni
operazione elencata nella scheda di lavorazione. Questa viene trattenuta nel reparto
specifico di lavorazione del pezzo. Indica i dettagli specifici dell’operazione, come la
velocità di taglio, l’avanzamento, gli utensili e altre istruzioni utili per l’operatore. A
volte include anche degli schizzi utili per l’attrezzaggio.
stock di barre da un fornitore di metalli e i pezzi grezzi da una fonderia. Un’azienda che
stampa plastiche compra i composti da stampaggio da una società chimica, chi stampa
lamiere le acquista da un laminatoio. Pochissime aziende sono integrate verticalmente
lungo tutto la filiera dalle materie prime al prodotto finito.
Dato che una società acquista almeno alcune delle sue materie prime da fornitori
esterni, è ragionevole chiedersi se converrebbe acquistare anche alcuni dei pezzi che usa
anziché realizzarli internamente. La risposta a questa domanda è data dalla scelta di
Make or buy. Questa scelta va fatta praticamente per ogni componente usato dall’azienda.
Il costo è il fattore più importante nel decidere se un pezzo debba essere fatto in
casa o acquistato. Se c’è un fornitore esterno che è molto più abile nei processi necessari
a produrre il componente in esame, è probabile che il suo costo di produzione interna
all’azienda sarà maggiore del prezzo di acquisto anche considerando l’utile del vendito-
re. D’altra parte, se l’acquisto esterno causa un’inattività delle attrezzature interne, allo-
ra un vantaggio di costo apparente può rivelarsi uno svantaggio per l’azienda. Vediamo
come prendere queste decisioni considerando l’esempio seguente.
Le decisioni Make or buy di solito non sono così semplici come quelle descritte
nell’Esempio 20.1. Ci sono altri fattori che influenzano la decisione, alcuni dei quali
sono riportati in Tabella 20.4. Sebbene questi fattori sembrino essere molto specifici,
hanno tutti delle implicazioni di costo sia diretti che indiretti. Negli ultimi anni, le
grandi aziende hanno investito molto nella creazione di stretti rapporti con i fornitori.
Questa tendenza si è diffusa particolarmente nel settore automobilistico, in cui sono
stati raggiunti accordi a lungo termine tra ogni casa automobilistica e un certo numero
di fornitori in grado di fornire componenti di alta qualità nei tempi previsti.
Sistemi di produzione e pianificazione dei processi 589
Sistemi CAPP varianti I sistemi CAPP varianti si basano sulla group technology e
sulla codifica e classificazione dei pezzi. In questi sistemi, un piano di lavoro standard viene
memorizzato in archivi informatici per ogni codice articolo. Il numero di codice identifica
le caratteristiche di un pezzo, come il tipo di materiale, la forma, le dimensioni principali,
le tolleranze e la quantità di produzione. Questi dati sono la base per determinare quale
sequenza di processi di produzione deve essere utilizzata per produrre il pezzo. I piani stan-
dard sono basati sulle schede di lavorazione utilizzate correntemente in fabbrica, o su un
piano ideale che viene preparato per ogni codice articolo. I sistemi CAPP varianti operano
come indicato in Figura 20.5. L’utente inizia identificando il codice GT del pezzo per cui si
deve determinare il ciclo di lavoro. Viene eseguita una ricerca sulla famiglia del prodotto per
vedere se esiste già una sequenza standard per quel codice. Se l’archivio contiene un ciclo
di lavorazione per il pezzo, questo viene aperto e visualizzato dall’utente. Il ciclo di lavoro
standard viene quindi esaminato per decidere se devono essere fatte delle modifiche. Anche
se il nuovo pezzo ha lo stesso codice, ci potrebbero essere delle piccole differenze nei pro-
cessi di produzione. Il ciclo standard viene quindi modificato di conseguenza. La capacità
di modificare un ciclo di lavorazione esistente per la fabbricazione del pezzo in analisi è il
motivo per cui questi sistemi sono chiamati CAPP varianti.
Se l’archivio non contiene un ciclo di lavorazione standard per il codice specificato,
l’utente può cercare se esiste un ciclo standard per un codice simile. Modificando un
ciclo esistente oppure partendo da zero, l’utente sviluppa il ciclo di lavorazione per il
nuovo pezzo, che diventa il piano di lavoro standard per quel codice.
Il passo finale è la formattazione del ciclo di lavorazione, che consente di stampare la sche-
da di lavorazione nel formato corretto. In questa fase è possibile richiamare altri programmi
applicativi, ad esempio per determinare le condizioni di taglio per le operazioni delle macchine
utensili, per calcolare i tempi standard per i cicli di lavorazione o stimare i costi di lavorazione.
590 Tecnologia meccanica
Figura 20.5 Funzionamento di un sistema CAPP variante. Fonti: [3], [4] . (Fonte: Fundamentals of Modern Manufacturing, 4th
Edition by Mikell P. Groover, 2010. Ristampato con il permesso di John Wiley & Sons, Inc.)
Vantaggi del CAPP I vantaggi dei sistemi CAPP sono i seguenti: (1) una razionaliz-
zazione e standardizzazione dei processi – l’automatizzazione del processo di pianifi-
Sistemi di produzione e pianificazione dei processi 591
cazione porta alla creazione di cicli di lavorazione più logici e coerenti rispetto a quelli
creati con il metodo tradizionale, (2) una maggiore produttività dei pianificatori di pro-
cesso – l’approccio sistematico e la disponibilità di cicli standard negli archivi consen-
tono agli utenti di sviluppare più velocemente i cicli di lavorazione, (3) dei tempi ridotti
di consegna dei cicli di lavorazione, (4) una migliore leggibilità rispetto alle schede di
lavorazione compilate manualmente e (5) la capacità dei sistemi CAPP di interfacciarsi
con altri programmi applicativi, come il calcolo dei costi, gli standard di lavoro e altri.
Gran parte della funzioni della pianificazione di processo descritte nel Paragrafo 20.2
sono limitate dalle decisioni prese in fase di progettazione del prodotto. Infatti le decisioni
sul materiale, la geometria, le tolleranze, la finitura superficiale, il raggruppamento di
componenti in sottoassiemi e le tecniche di assemblaggio limitano i processi di produ-
zione che possono essere usati per realizzare un certo pezzo. Se l’ingegnere di prodotto
progetta una colata in sabbia di alluminio con caratteristiche che possono essere raggiunte
solo tramite una successiva lavorazione per asportazione di truciolo (come delle superfici
piane con ottime finiture, delle tolleranze strette o dei fori filettati), il progettista di pro-
cesso non ha altra scelta che pianificare la colata in sabbia seguita dalle lavorazioni richie-
592 Tecnologia meccanica
ste. Se il progettista specifica che un insieme di pezzi stampati in lamiera siano assemblati
con dispositivi di fissaggio filettati, il progettista di processo deve pianificare la serie di
tranciature, punzonature e altri processi di formatura per fabbricare gli stampati e poi as-
semblarli. In entrambi questi esempi, se si fosse progettato uno stampaggio in plastica sa-
rebbe stato meglio sia funzionalmente che economicamente. È importante che l’ingegnere
della produzione agisca anche come consulente per il progettista di prodotto per gli aspetti
di producibilità, importanti non solo per i reparti produttivi ma anche per l’ingegnere di
prodotto. Il progetto di un prodotto che è superiore dal punto di vista funzionale e allo
stesso tempo può essere prodotto ad un costo minore ha più possibilità di avere successo
sul mercato. Inoltre, una buona carriera nel campo dell’ingegneria di progettazione si basa
su prodotti che hanno successo sul mercato.
I termini che vengono associati a questo tentativo di influenzare favorevolmente
la producibilità di un prodotto sono il design for manufacturing (DFM) ed il design
for assembly (DFA). Naturalmente, il DFM ed il DFA sono molto legati, quindi faremo
riferimento sempre a entrambi come DFM/A. Il campo di applicazione degli approcci
DFM/A si è espanso in alcune aziende tanto da includere non solo i problemi di pro-
ducibilità, ma anche quelli di commerciabilità, testabilità, funzionalità, manutenibilità
e così via. Questa visione più ampia richiede gli input da molti reparti, oltre alla pro-
gettazione e all’ingegneria della produzione. L’approccio viene chiamato concurrent
engineering. In questa sezione la discussione è organizzata intorno a questi due temi:
DFM/A e concurrent engineering.
I vantaggi della DFM/A sono (1) il minor tempo richiesto per fare uscire il prodot-
to sul mercato, (2) la transizione graduale verso la produzione, (3) il minor numero di
componenti nel prodotto finale, (4) la facilitazione del montaggio, (5) la riduzione dei
costi di produzione, (6) la qualità superiore del prodotto e (7) la maggiore soddisfazione
del cliente [1].
TABELLA 20.5 Principi generali e linee guida nel design for manufacturing e design for assembly.
Minimizzare il numero dei componenti. Questo riduce i costi di assemblaggio e il prodotto finale è più affidabile perché
ci sono meno connessioni. Lo smontaggio per le manutenzioni è più facile. Il ridotto numero di componenti di solito porta ad
una maggiore facilità di implementazione dell’automazione. Il processo di lavorazione si riduce e ci sono meno problemi di
controllo dei magazzini. Si deve acquistare un numero minore di componenti e questo riduce i costi di approvvigionamento.
Utilizzare componenti standard disponibili in commercio. In questo modo il tempo e il lavoro di progettazione si riduce.
La progettazione di componenti ad hoc non è concessa. Ci sono meno codici articolo e la gestione dei magazzini risulta più
facile. Inoltre, si possono ottenere sconti sulle grandi quantità.
Utilizzare gli stessi componenti su più linee di prodotto. La group technology può essere applicata per questo scopo. Si
possono creare delle celle di produzione. Si possono ottenere sconti sulle grandi quantità.
Progettare pezzi facili da produrre. Processi net shape o near net shape possono essere utilizzati. La geometria del pez-
zo risulta semplificata e si devono evitare forme inutili. Occorre evitare di impostare dei requisiti di finitura superficiale non
necessari, per non dover aggiungere delle lavorazioni successive.
Progettare pezzi facili con tolleranze realizzabili. Si deve evitare di impostare delle tolleranze più rigorose rispetto alla
capacità del processo, altrimenti si causa l’aggiunta di altre fasi di lavorazione o smistamento. Meglio specificare delle tol-
leranze bilaterali.
Progettare il prodotto per un semplice assemblaggio a prova di errore. L’assemblaggio deve risultare chiaro. I compo-
nenti devono essere progettati in modo che possano essere assemblati in un unico modo. A volte devono essere aggiunte ai
componenti delle particolari caratteristiche geometriche per permettere un assemblaggio a prova di errore.
Ridurre al minimo l’uso di componenti flessibili. I componenti flessibili includono i pezzi di gomma, le cinghie, le guarni-
zioni, i cavi, ecc. e sono generalmente più difficili da manipolare e assemblare.
Progettare pezzi facili da assemblare. Sugli accoppiamenti devono essere previsti degli smussi e delle conicità. L’as-
semblaggio va progettato usando dei pezzi di base a cui aggiungere man mano gli altri componenti. Il gruppo deve essere
progettato in modo che i componenti vengano aggiunti da un’unica direzione, di solito verticale. Si deve cercare di evitare,
per quanto possibile, l’uso di elementi di fissaggio filettati (viti, bulloni e dadi), specialmente quando si usa l’assemblaggio
automatizzato. È meglio usare tecniche di assemblaggio veloci come l’accoppiamento a scatto o l’incollaggio. Il numero di
elementi di fissaggio diversi va minimizzato.
Utilizzare una progettazione modulare. Ogni sottogruppo deve essere composto da un numero di pezzi compreso tra
cinque e quindici. In questo modo la manutenzione e la riparazione sono facilitate. L’assemblaggio automatico e manuale
vengono implementati più facilmente. I requisiti di magazzino sono ridotti. Il tempo di assemblaggio finale è ridotto al minimo.
Progettare pezzi e prodotti facili da confezionare. Il prodotto deve essere progettato in modo che si possano usare i
cartoni da imballaggio standard, compatibili con le macchine di confezionamento automatico. Così la spedizione al cliente
è più facile.
Eliminare o ridurre la regolazione. Le operazioni di regolazione richiedono molto tempo durante il montaggio ed aumen-
tano inoltre le possibilità di regolazioni sbagliate.
Fonti [1], [8].
594 Tecnologia meccanica
solito c’è poca interazione tra i progettisti e gli ingegneri della produzione che potreb-
bero fornire consigli sulle tecnologie produttive e su come modificare il progetto del
prodotto per tenerne conto. È come se ci fosse un muro tra le due funzioni: quando la
progettazione completa il progetto, passa i disegni e le specifiche dall’altra parte del
muro e solo in quel momento può iniziare la pianificazione di processo.
In un’azienda che pratica la concurrent engineering, la pianificazione della produ-
zione inizia mentre è ancora in corso la progettazione del prodotto, come illustrato in
Figura 20.6 (b). L’ingegneria della produzione viene coinvolta nelle prime fasi del ciclo
di sviluppo del prodotto. Vengono anche coinvolte altre funzioni, come il servizio sul
campo, l’ingegneria della qualità, i reparti della produzione, i fornitori che forniscono
i componenti critici e in alcuni casi anche i clienti che utilizzeranno il prodotto. Tut-
te queste funzioni possono contribuire ad una progettazione di prodotto che non solo
abbia delle buone caratteristiche funzionali, ma sia anche realizzabile, assemblabile,
ispezionabile, verificabile, utilizzabile, di facile manutenzione, privo di difetti e sicuro.
Tutti i punti di vista vengono integrati per la progettazione di un prodotto di alta qualità
che consentirà di ottenere la soddisfazione del cliente. È attraverso un coinvolgimento
iniziale, piuttosto che mediante una procedura di revisione finale del progetto che ar-
riverebbe troppo tardi per realizzare in modo conveniente delle modifiche, che l’intero
ciclo di sviluppo del prodotto viene notevolmente ridotto.
Muro
Servizio
sul campo Fornitori
Ingegneri
della qualità
Progettazione di prodotto
Bibliografia
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Vol. V, Manufacturing Management. Society of Manufacturing Engineers, Dearborn, Michi-
gan, 1988.
Domande di ripasso
9 Qual è la differenza tra un processo di base e un
1 Dare una definizione del termine sistemi di produzione. processo secondario?
2 Quali sono le due categorie di sistemi di produzione? 10 Che cos’è un vincolo di precedenza nella pianifica-
3 Descrivere i quattro tipi di layout di impianti più diffusi zione di processo?
nelle fabbriche. Quali tipi di produzione sono di solito 11 Nella decisione di Make or buy, perché può succe-
associate ad ogni layout? dere che l’acquisto di un componente da un forni-
4 Dare una definizione del termine sistemi di supporto tore esterno potrebbe essere più costoso che pro-
alla produzione. durlo internamente, anche se il prezzo richiesto dal
5 Che cos’è la pianificazione di processo? fornitore è inferiore al prezzo interno?
6 Dare una definizione del termine ingegneria della 12 Identificare i fattori che devono essere presi in con-
produzione. siderazione nella decisione di Make or buy.
7 Descrivere nel dettaglio la pianificazione di processo 13 Descrivere almeno tre principi generali e linee gui-
e le decisioni ad essa connesse. da nella progettazione design for.
8 Che cos’è una scheda di lavorazione? 14 Che cos’è la concurrent engineering?
indice analitico
Brocciatura, 331, 333, 354-355, 378, 380-381, 384, 409 407, 411-412, 421, 432, 442, 469, 553
Bronzo, 36, 164, 170, 217-218, 264, 347, 420, 433, 503, 516 Cermet, 42, 54, 56, 209, 225, 234, 236, 401-403, 405
Bulk micromachining, 482 Chiavi dinamometriche, 563
Bulloni, 14, 31, 262, 275-276, 366, 495, 549, 555, 557-562, 589, Cilindricità, 92
593 Circolarità (o Rotondità) , 92, 389
CNC - Numerical Control, 362, 373, 375-377, 383
Cabestano, 292-293 Cobalto, 9, 38, 42, 56, 212, 234-236, 401-407
CAD, 487, 590 Coefficiente
Calandratura, 191, 243, 322-323, 326 di dilatazione termica, 43, 45, 85, 141, 566
Calettamento, 564 di elasticità, 61, 64, 68, 74, 83, 307
Calibratura, 218, 254, 260 di resistenza, 68-69, 244, 247, 283, 297
Calibro, 101-103, 260, 584 Colata
a corsoio, 102 a cera persa, 153-154
Vernier, 102 a rigetto, 157-158
Calore centrifuga, 156, 161-162
latente di fusione, 85, 134-135, 140 di barbottina, 228-229
specifico volumetrico, 87, 348-349, 503 di metalli semisolidi, 160-161
specifico, 87-88, 134-135, 140, 416-417, 469 in bassa pressione, 158
Canale di colata, 11, 132, 134, 136-137, 149, 152-154, 164, 194- in ceramica, 156
195, 201-202 in forma permanente, 133, 147, 156-158, 161, 171
Canale distributore, 132, 134 in forma semipermanente
Caolinite, 39 in gesso, 155-156, 171
Capacità di processo, 108-109 in polistirolo espanso, 152-153
Capacità di produzione, 6-7 in sabbia, 8, 97-98, 133-134, 141, 147-148, 151, 155, 167,
Carbonio, 8, 20-23, 25-33, 40, 42, 45, 47, 51, 54-57, 141-142, 171, 584-585, 591
155, 169, 212, 236, 299, 312, 347, 401-406, 409, 419-420, 432, solida, 228
503, 505, 508, 512-514, 537, 559, 565 sotto vuoto, 157-158
Carbonitrurazione, 25-26, 407 Comminuzione, 227
Carburi, 8-9, 25, 28-30, 39, 41-42, 76, 209-210, 231, 235, 285, Compact disc, 4, 478
303, 401, 404-408, 411, 418, 457 Comparatore a quadrante, 103
rivestiti, 383, 401, 403, 405, 407-408, 418 Comparatori meccanici, 103
sinterizzati, 402, 405-407, 411-412, 421 Compasso, 101
Carburo Compattazione, 168, 196,-197, 213-216, 219, 221, 235, 408
cementato, 42, 54, 56, 234, :236, 285, 401, 412, 432 Compositi, 9, 42, 50, 53-57, 72, 131, 175, 195, 198-199, 225,
di cromo, 30, 42, 56, 101, 234, 408 234-236, 331, 405, 407, 458, 532
di silicio, 8, 40-42, 54-56, 64, 77, 409, 432, 434, 442, 450, a matrice ceramica, 54-56, 236
456, 459 a matrice metallica, 54-56, 225, 234
di tantalio, 42, 56, 405 a matrice polimerica, 54-57, 131, 175, 199
di titanio, 9, 42, 56, 77, 234, 405-406, 408-409 Concentricità, 92, 446
di tungsteno,9, 42, 56, 64, 77, 101, 210, 229, 234, 363, 383, Concurrent engineering, 579, 592-594
403, 405-406, 409 Condizioni di taglio in (foratura), 365
Carico di rottura trasversale, 72, 406 Condizioni di taglio in tornitura, 356
Carico di rottura, 64-65, 69, 72, 77 Condizioni di taglio in fresatura, 371
Carta di controllo, 109-110, 112-113 Conducibilità termica, 23, 41, 58, 87-88, 140, 285, 405, 416-417, 469,
Cavità di ritiro, 141, 167, 187 504
Cellular manufacturing, 582 Configurazione della matrice, 185
Cementazione, 25 Coniatura, 218, 270-272, 314-315, 322, 457
a gas, 25 Conifica, 276
in cassetta, 25 Considerazioni sulla progettazione del prodotto , 108, 147, 570-
liquida, 25 572, 586, 590-594
Cementite, 21-22, 26-27, 33 Contornatura, 357-358, 371, 373, 375, 382, 416
Centraggio, 441, 565 Controllo
Centratura (rettifica), 441 di qualità, 15, 107, 109, 580, 583
Centri di tornitura, 375-377 numerico computerizzato, 320-321, 336, 362, 368
Centrinatura, 366-368 statistico di processo, 107, 109, 114
Centro di lavoro, 375-376 Coppiglie, 567-568
Centro di tornitura CNC, 376 Cordone di saldatura, 567-568
Centro di tornitura-fresatura CNC, 377 Corindone, 40
Ceramiche, 5, 8-9, 11, :13-15, 19-20, 32, 39-43, 45-46, 48, 53, Cottura, 39-40, 150-151, 155, 226, 228, 230-231, 233, 237
55-56, 64-66, 72, 76-78, 80, 84, 87-88, 93, 131-132, 134, 175, Crescita dendritica, 138
202, 209-211, 220, 225-229, 231-234, 236-237, 383, 401-405, Cricche superficiali, 93, 287-288, 386
Indice analitico 599
Temprabilità, 23-25, 28 Trattamenti termici, 13, 20, 22, 26, 29-30, 34, 61, 85, 87, 93, 95,
Tensione 219, 233, 412, 432, 439, 585
di flusso media, 245, 256, 259-260, 280, 283, 289-290 Troncatura, 357-359, 362, 377, 381-382
Tensione-deformazione ideale, 62-63, 67 Truciolo
Tensione-deformazione reale, 62, 66-68 continuo con tagliente di riporto, 340
Teorema di Bernoulli, 135 continuo, 339-340
Termocoppia utensile-truciolo, 348-349 discontinuo, 339, 386
Testine di stampa a getto d’inchiostro, 478 segmentato, 340
Testine magnetiche per film sottili, 478 Tungsteno, 9, 31, 38, 42, 56, 64, 77, 84, 101, 159, 209-210, 212,
Thixocasting, 161 217-218, 223, 229, 234, 363, 383, 401, 403-406, 409, 420, 465-
Thixomolding, 161 466, 508-509, 514-516, 518
Titanio, 8-9, 33, 36-38, 42, 56, 64, 66, 77, 88, 147, 170, 212, 223,
234, 248, 271, 276, 279, 340, 349, 383, 404-409, 457, 461, 471, Urea-formaldeide, 50, 198, 200
511, 532, 546 Usura ad intaglio (utensili), 396
Tolleranza bilaterale, 92, 108, 384 Usura dell’utensile, 120, 386, 396-398, 401, 456, 464-465, 467
Tolleranza unilaterale, 92 Usura sul fianco (utensili, 396-398, 406)
Tornio, 243, 324-325, 354-364, 444, 531 Utensile monotagliente, 13, 334, 356, 358, 363, 368, 378-379,
a controllo numerico, 361, 363 385-386
a morsetto, 361 Utensili da taglio, 6, 9, 12, 14-15, 28, 30-31, 41-42, 56, 95, 223,
a torretta verticale, 364 225, 235, 237, 331, 334, 347, 361-362, 364, 378, 382-383, 388-
a torretta, 361-362, 364 389, 395, 401-406, 408-409, 413, 418, 426, 432-433, 439, 442,
automatico da viti, 362 447, 455-456, 508, 584, 586, 591
automatico, 362-363 Utensili di fissaggio a scatti, 563
da barre, 362
da legno, 361 Vanadio, 28-29, 35, 37, 403-404
monomandrino, 362 Varietà di prodotto, 6-7, 580, 582
multimandrino, 362 Velocità di taglio, 31, 80, 334-336, 339-340, 344-349, 356-3357,
parallelo, 359, 361, 364 365, 37, 382-383, 386-387, 389, 397-400, 402-403, 405, 408,
per utensili, 361 414, 416, 418-427, 431, 587
Tornitura Vetratura, 231
conica, 354, 357-358 Vetro, 4-5,8, 20, 39-40, 42-46, 48, 50, 55-57, 64, 79, 81, 84, 86,
di contornatura, 357-358 131, 175, 198, 210, 225-226, 236, 249, 279, 409, 432, 442, 456-
di forma, 357-359 459, 469, 475, 554, 585
Traccia della lavorazione, 94-96, 105 Vetroceramiche, 20, 39, 45
Trafilatrice, 292 Viscoelasticità, 65, 82-84, 176-178, 180, 459
Trafilatura di barre, 288, 291-292 Viscosità, 79-82, 84, 161, 176-177, 181-184, 186, 192, 194, 196,
Trafilatura di fili, 253, 288-292 211, 546
Trafilatura, 56, 242-242, 245, 253, 284, 288-293, 332, 396, 466 Visione artificiale, 107, 120, 122-124
Tranciatura chimica, 469, 471-473 Vita utile (degli utensili), 395, 398-400, 425-426
Tranciatura, 31, 74, 133, 166, 243, 273, 277, 299-303, 317-319, Viti, 14, 179-180, 262, 275-276, 362, 366, 556-560, 562, 571,
322, 326, 469, 471, 584-585 589, 593
Trapano, 367-368, 413 Viti prigioniere, 559-560
a colonna, 365, 367-368 Vulcanizzazione, 51-52, 553
a gruppo di foratura, 368
a torretta WC-Co, 56, 234-236, 363, 405-407, 409
a torretta a controllo numerico, 368
da banco, 367 Zinco, 8, 33, 38, 66, 77, 84, 87, 142, 158-159, 165, 170, 214,
radiale (trapano a bandiera), 367-368 219, 279, 546, 551, 559
a controllo numerico computerizzato, 368 Zona di influenza termica, 505-506, 518, 531, 544
Trattamenti di superficie, 11 Zona pastosa, 139