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G.JACAZ/0 B.

PIOMBO
Ordinario di Meccanica delle Macchine Ordinario di Meccanica delle Vibrazioni
Politecnico di Torino Politecnico di Torino

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l
1 i ;

Vol./l
La trasmissione del moto

LIBRERIA EDITRICE UNIVERSITARIA


LEVROTIO BELLA
TORINO
CORSO VITTORIO EMANUELE, 26
CORSO LUIGI EINAUDI, 57
A mia moglie Gisella
e
Ai miei figli Filippo e Costanza
G. J.

A Elda, mia madre, il mio passato


e
A Ilaria, mia. figlia, il mio futuro
B. P.

Copyright @1992 Levrotto & Bella di Gua lini T. & C.


di Gua lini Elisabett~. S.a.s., Corso Vittorio Emanuele, 26/F - Torino

l diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,


di riproduzione e di adattamento totale o parziale
con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie
fotostatiche), sono riservate per tutti i paesi

Finito di stampare nel mese di maggio 1992

Stampato da Stampatre, Torino


per conto della Levrotto & Bella Editrice S.a.s.
Corso Vittorio Emanuele, 26/F- Torino
INDICE GENERALE )

,.;...- INTRODUZIONE Pag. l


l. GIUNTI

1.1- Giunto di Cardano " 3


1.2 - Accelerazioni nel giunto di Cardano e reazioni dei supporti " lO
1.3 - Doppio giunto di Cardano " 11
1.4- Giunti omocinetici " 13
1.5- Giunto di Oldham " 18

2. FLESSIBILI " 21
2.1 - La trasmissione del moto mediante organi flessibili " 21
2.2 - Moltiplicatori di sforzo con flessibili
2,3 -Cinghie
," 21
26
2.4 - Trasmissione del moto per attrito mediante flessibili
,
30
2.5 - Trasmissione a cinghie
2.6 - Forzamento della cinghia
," 33
38
2.7 - Potenza massima trasmissibile " 42
2.8 - Trasmissioni a rapporto di trasmissione variabile ", 44
2.9 - Cabestani 45
2.10- Trasmissione della. potenza. con cinghie dentate " 46
2.11- Catene " ~ 47
2.12- Trasmissione del moto mediante catene
2.13- Alberi flessibili
," 51
56

3. INGRANAGGI " 59
3.1 - Le ruote dentate ", 59
3.2 - Trasmissione del moto mediante ruote di attrito 59
3.3 - Trasmissione del moto mediante ruote dentate " 62
3.4
3.5
-
-
Profili dei denti
Caratteristiche generali degli ingranaggi
," 65
69
VIII
IX
3.6 -
Contatti fra i denti Pag. 73 5.6 - Caratteristiche geometriche e di funzionamento di una vite
3.7 Caratteristiche geometriche dei denti
- " 77 a circolazione di sfere Pag. 214
3.8 -
Ruote dentate cilindriche esterne a denti diritti " 81
3.9 -
Perdite di potenza negli ingranaggi cilindrici esterni
a denti diritti 89 6. CAMME " 219
3.10- Ruote dentate cilindriche interne a denti diritti " 92 6.1 - Geometria delle camme 219
3.11 - Ruote dentate cilindriche a denti elicoidali 95 6.2 - Cinemati~a delle camme con punteria " 221
3.12- Ruotè dentate coniche a denti diritti " 106 6.3 - Tracciamento del profilo della camma 224
3.13 - Ruote dentate coniche ad asse dente curvo . " 116 6.4 - Camma ad accelera.zione costante 228
3.14- Trasmissione del moto fra assi sghembi " 125 6.5 - Tipi principali di leggi del moto adottate nella
3.15- Ruote dentate cinlindriche elicoidali ad assi sghembi " 125 realizzazione di camme 232
3.16- Ingranaggi a vite " 132 6.6 - Camma a fianchi rettilinei con punteria a rullo " 236
3.17- Ingranaggi ipoidi " 140 6.7 - Camma policentrica con punteria a rullo . 242
3.18- Ingranaggi spiroidi ed helicon 146 6.8 - Camma policentrica con punteria a piattello " 244
3.19- Ingranaggi speciali " 147 6.9 - Forze agenti nelle camme " 247
3.20 - Forze dinamche " 151 6.10- Camme con braccio oscillante 252
3.21 - Prestazioni dei diversi tipi di ingranaggi " 157 6.11 - Altri tipi di camme " 254

4. ROTISMI " 159 7. MECCANISMI " 257


4.1 -
Rotismi ordinari 159 7.1 - Generalità sui meccanismi 257
4.2 -
Riduttori a rotismi ordinari " 163 7.2 - Procedimento generale per il calcolo cinematico dei
4.3 -
Moltiplicatori a rot.ismi ordinari 163 meccanismi articolati 258
4.4 Applicazione dei rotismi ordinari: cambio di velocità
- 7.3 - Manovellismo 264
di una autovettura 164 7.4 - Meccanismi a rapido ritorno 266
4.5 - Rotismi epicicloidali 165 7.5 - Meccanismi di amplificazione degli sforzi " 269
4.6 - Riduttori a rotismi epicicloidali " 172 7.6 - Meccanismi che generano leggi del moto particolari 270
4.7 - Rendimento di rotismi epicicloidali 175 7.7 - Meccanismi che trasformano un moto continuo in un moto
4.8 - Rotismi epicicloidali ad ingranaggi conici
, 177 intermittente " 274
4.9 - Rotismi epicicloidali multipli . 180 7.8 - Meccanismi a croce di Malta esterna 277
4.10- Rotismi epicicloidali per la regolazione del passo 7.9 - Meccanismi a croce di Ma.lta intrena, sferica e rettilinea 286
delle pale di un'elica ... 183 7.10- Meccanismi a camme cilindriche per la generazione
4.11 - Cambio di velocità a rotismi epicicloidali 185 di un moto intermittente 289
4.12 - Sterzo di mezzi cingolati 188
4.13- Rotismi epicicloidali senza port.atren?. 190
s. FRENI ED ARRESTI
, 291
4.14- Riduttori cicloidali " 191
4.15- Riduttori armonici " 194 8.1 - Definizione e funzione dei freni :. " 291
8.2 - Freni ad attrito " 293
5. VITI " 199 8.3 - Distribuzione delle pressioni in un freno 294
8.4 - Freni a tamburo (od a ceppi) " 298
5.1 - Geometria delle viti 199 8.5 -Tipi di freni a tamburo 305
5.2 - Vite e madrevite a filetto rettangolare 201 8.6 - Freni a disco . " 308
5.3- Vite e madrevite a filetto trapezio " 207 8.7 - Freni a nastro 311
5.4 - Viti differenziali e viti multiple 209 8.8 - Dissipazione dell'energia cinetica nei freni 315
5.5 - Viti a circolazione di sfere 211 8.9 - Freni elettromagnetici 321
x XI
8.10- Freni a fluido Pag. 322 11.15- Lubrificazione limite . . . . . . . . . . . . . · Pag. 442
8.11 - Arresti " 326 11.16- Confronto tra cuscinetti a strisciamento ed a rotolamento
, 443
, 447
9. INNESTI 331 Blibliografia . .
, , 451
9.1 - Caratteristiche degli innesti 331 l· Indice analitico
9.2 - Innesti a denti . 333
9.3 - Innesti ad attrito
, 334
9.4 - Frizioni radiali . " 338
9.6 - Frizioni coniche " 342
9.7 - Frizioni a forza centrifuga " 344
9.8 - Innesti a nastro " 346
9.9 - Innesti elettromagnetici . 348
9.10- Considerazioni di progetto " 349
9.11 - Innesti di sopravanzo . . " 351

10. TRASMISSIONI A FLUIDO 355


10.1 - Classìficazione delle trasmissioni a fluido " 355
10.2 - Trasmissioni idrostatiche " 356
10.3 - Trasmissioni idrocinetiche " 362
10.4- Giunti idraulici " 363
10.5 - Convertitori di coppia " 369
10.6 - Trasmissioni idroviscose " 373

11. CUSCINETTI " 375


11.1 - Considerazioni generali
, 375
11.2 - Principi di funzionamento di un cuscinetto a rotolamento 376
11.3 -Tipi di cuscinetti a rotolamento . . . . . . . . . . 380
11.4 - Vita di un cuscinetto e carico sopportabile durante il
funzionamento . . . . .
,
385
11.5 - Cuscinetti a strisciamento . . . . . . . . . . . .
, 391
11.6 - Equazione di Reynolds . . . . . . . . . . . . . . " 392
11.7 - Applicazione deli 'equazione di Reynolds a.d alcuni casi
elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 396
11.8 -Cuscinetti reggispinta lubrificanti . . . . . . . . " 399
11.9 - Andamento della pressione in un meato convergente-
divergente . . . . . . . . 409
11.10- Cuscinetto portante completo . . . . . . . . . 410
11.11 - Cuscinetto portante parzia.le . . . . . . . . . 420
11.12- Potenza dissipata in un cuscinetto a strisciamento " 433
11.13 - Cuscinetti idrostatici . . . . . . . . . " 434
11.14- Cuscinetti idrostatici a pressione costante " 439

; ttatx# ;;:oz;xw.nw; xz 4 , ;_ A),(


INTRODUZIONE

In moltissime applicazioni dell'ingegneria occorre trasmettere il moto e,


di conseguenza, una potenza meccanica, da una macchina che genera potenza
ad una macchina che la utilizza in presenza, in generale, di forze e coppie
dissipative che trasformano parte della energia meccanica fornita in energia
interna.
Nella trasmissione del moto debbono essere considerati vari aspetti, e
precisamente:
- disposizione nello spazio della macchina operatrice e di quella utilizzatrice;
- caratteristica meccanica (coppia-velocità angolare o forza-velocità) della
macchina motrice e di quella utilizzatrice;
- realizzazione di particolari leggi del moto;
- regolazione della potenza meccanica trasmessa;
- supporto degli elementi in moto.
Per realizzare quindi la trasmissione del moto e della potenza meccanica
nel modo voluto occorre, in generale, che siano presenti tra macchina motrice e
macchina utilizzatrice compon,enti meccanici opportuni. Nello studio di questi
cbmponenti esistono due diversi aspetti: uno è la determinazione delle carat-
teristiche cinematiche e dinamiche del componente, l'altro è il calcolo delle
sollecitazioni conseguenti alla trasmissione della potenza meccanica. Nel pre-
sente volume di Meccanica Applicata verrà esaminato il primo aspetto, ossia
.Io studio cinematico e dinamico dei componenti impiegati nella trasmissione
del moto. Poichè questo è lo scopo del presente volume, non verranno citati
tutti quei componenti che, per la loro costituzione, non presentano interesse
dal punto di vista cinematico o dinamico (ad esempio: collegamenti con alberi
scanalati, giunti rigidi, ecc.).
2 ...l

Nello studio dei vari componenti impiegati nella trasmissione del moto l. GIUNTI
verrà sovente calcolato il rendimento del componente. Questo è definito come
il rapporto fra la potenza meccanica resa in uscita dal componente meccanico
e la potenza fornita al componente, in condizioni stazionarie:

. t potenza uscente
ren d1men o 1J = potenza entrante
=
_ potenza entrante-potenza dissipata
- potenza entrante

1.1 - Giunto di Cardano

n giunto di Cardano è un componente impiegato per trasmettere il moto


fra due alberi giacenti in un piano e che formano tra loro un certo angolo a:.
L'origine di questo giunto risale a Girolamo Cardano (1501-1576), il quale
sviluppò un sistema di sospensione basato su questo tipo di giunto. L'in-
glese Robert Hooke (1635-1703) fu il primo ad applicare questo tipo dì giunto
alla trasmissione del moto rotatorio e a brevettare questo dispositivo. Di
conseguenza, nei paesi anglosassoni il giunto di Cardano viene normalmente
indicato come giunto di Hooke.

Forcella

~Crociera
Fig. l - Rappresentazione schematica del giunto di Cardano

n giunto di Cardano è illustrato schematicamente nella Fig. L In questo


giunto l'albero motore e l'albero condotto sono solidali a due forcelle poste
in piani tra loro perpendicolari. Una croce di collegamento, costituita da due
perni ortogonali, è vincolata alle due forcelle mediante quattro accoppiamenti
rotoidali. In questo modo l'albero motore, ruotando attorno al proprio asse,
4 5

trascina l'albero condotto, ma nel contempo induce delle rotazioni relative Se ora l'albero motore ruota di un angolo e attorno al proprio asse
tra i perni e le forcelle, rotazioni che alterano il valore della velocità angolare 11 , il punto Ao si sposterà in A muovendosi lungo una circonferenza giacente
istantanea dell'albero condotto rispetto a quella dell'albero motore. nel piano (ç, z). ll punto C0 , solidale all'albero condotto, si sposterà invece
di un angolo lp lungo una circonferenza giacente nel piano (:z:, z). Se gli
a) b) assi 1J e y coincidessero, gli angoli e e lp sarebbero evidentemente uguali;
poichè invece 1J e y formano un angolo a diverso da zero, e e lp sono in
generale diversi tra loro.

Fig. 2 - Schema funzionale di un giunto di Cardano: a) posizione del giunto ad un


istante generico; b) posizione del giunto dopo una rotazione di 90°

Le Figg. 2 a) e b) illustrano la posizione del giunto ad un dato istante e


quella da esso assunta dopo una rotazione di 90°. Dopo una ulteriore rotazione
di 90° le posizioni dei perni A e B risultano tra loro invertite e lo stesso
dicasi per quelle dei perni C e D; ciò nonostante la configurazione del
giunto è identica a quella iniziale, per cui si può senz'altro concludere che le
oscillazioni introdotte nella trasmissione del moto dal giunto di Cardano sono Fig. 3 - Grandezze geometriche caratteristiche di un giunto di Cardano
periodiche e di periodo pari a 1r.
La relazione tra le velocità angolari istantanee dell'albero motore e Ciò deriva dal fatto che i punti A e C, coincidenti con i centri dei
dell'albero condotto può essere determinata in base ad alcune considerazioni perni delle forcelle, debbono mantenersi sempre alla stessa distanza in quanto
geometriche. Con riferimento alla Fig. 3 siano 1J l'asse dell'albero motore rigidamente vincolati tra loro per mezzo della croce di collegamento.
(avente velocità angolare istantanea w1 ) e y l'asse dell'albero condotto
Pertanto la lunghezza dell'arco Aè deve mantenersi costante durante
(avente velocità angolare istantanea w2 ). I due assi, incidenti in O, in-
il moto o, analogame~te, l'angolo AOC deve sempre essere un angolo retto
div.iduano il piano del giunto di Cardano. Si indichino ora con z l'asse
per qualsiasi posizione angolare del giunto di Cardano.
perpendicolare al piano (TJ, y) e con :z: e ç gli assi giacenti nel piano (TJ, y)
In base alle considerazioni ora esposte si può concludere che il pro-
e perpendicolari rispettivamente a y e a TJ· L'angolo a, formato tra gli
dotto scalare dei vettori (A- O) e (C- O) deve essere costantemente nullo.
assi 1J e y è allora uguale all'angolo formato tra gli assi :z: e ç. Supponendo allora di assumere come unitaria la distanza AO si avrà, con
Si consideri ora quale configurazione iniziale del giunto quella indicata
riferimento alla Fig. 3:
nella Fig. 2 b): la croce di collegamento in queste condizioni ha un asse
coincidente con ç e l'altro asse coincidente con z.
6
7
Per determinare la relazione tra le velocità angolari w1 e w 2 deli 'albero
(A- O) = cos l) X- sin l) k motore e di quello condotto occorre de!ivare la (2.1) rispetto al tempo. Si
(C- O) = sin <p i+ cos <p k otterrà pertanto:
l .
Sarà inoltre: ""-21) w1 = cos a-(1 + tg2 <p) w2
cos
X= cosa-i+sina-]
e, in base ancora alla (2.1):
Pertanto, dovendo essere (A- O) x (C- O) =O, si avrà:
l =cosa- ( l+ ~
cos 2 O'
t 21) )
""-21) c...•1 w2
cos a cos l) sin <p - sin l) cos <p = O cos

Ossia: Da questa, dopo alcuni semplici passaggi, si ottiene:


cos a- cos a-
(2.1) tg l) = tg <p cos O' (2.2) T = w2
- = sin
Wl
2
l) + cos 2 a- .cos2 l)
= ---:;--,--
l - sin 2 a- cos2 l)
Si vede da questa relazione che quando l) = O, 1r, 21r, ... , n1r, con n numero dove T rappresenta il valore del rapporto istantaneo di trasmissione del giunto
intero, si ha tg cp = tg l) = O, per cui anche cp è uguale a O, 1r, 21r, .... , n1r. di Cardano.
Inoltre anche per l)= 1rj2, 37r/2, ... , gli angoli l) e cp sono uguali poichè in Dalla (2.2) si può verificare quanto asserito in precedenza, ossia che il
questo caso si ha tg cp = tg l) = ±oo. La massima differenza angolare JO- sol si rapporto di trasmissione T varia periodicamente nel tempo con periodo pari
ha per angoli O prossimi a 7r/4, 37r/4, ... ed è funzione dell'angolo a formato a 1r. I valori massimo e minimo di T si ottengono rispettivamente per l) = o
dagli alberi del giunto. La Fig. 4 mostra la differenza cp -0 in funzione della e l)= rr/2; infatti:
posizione angolare l) dell'albero motore per alcuni valori dell'angolo a-.
-per l)= O, cosO= l, T= = -l -
Tmax
7r cosO'
8
-per O= 2, cosO= O, T= Tmin =cosa
6 / '\ n rapporto di trasmissione è invece uguale a l, ossia i due alberi hanno
4L v
0=4~
30°
......
\ la stessa velocità angolare, quando:

20°
Ì'\.\ cosO'
-l---s-=-i-,n2"a--co-s-:-2-l) = 1
2~ :.- ~~
o
.. Ciò si verifica per:
-~ t'---- (:!} l-cosa- l

l\\" v---v1 cos 20 = = l + cos


2
·2
sm a- a-
4
i'- ossia per:
J
tg O= ±Jcosa-
6
\
8
o 20 40 60 80
.;]
_)00
(O)
120
~ lL
140 160 180
Poichè a- è sempre abbastanza piccolo, e comunque raramente superiore a
40•, gli angoli BM per cui le velocità angolari dei due alberi sono uguali sono,
come già si è detto, sempre prossimi a rr/4, 3rr/4, ecc.
Fig. 4- Differenza tra le posizioni angolari dell'albero condotto e dell'albero motore La (2.2) esprime il legame funzionale esistente tra il rapporto istantaneo
in un giunto di Cardano di trasmissione T e gli angoli a- e O. A volte però (ad esempio quando la
8 9

velocità angolare w 2 dell'albero condotto è costante) può essere più conve- Pertanto sarà:
niente esprimere T in funzione di a e dell'angolo di rotazione <p dell'albero
condotto. In base alla (2.2) e alla (2.1) si può scrivere:
cosO'
T= - - - - - - - . . - - - -
l -
• 2
Sin
l
o---.,.---..,-- Si può osservare ora che se il momento di inerzia I 2 è molto maggiore di h,
1 + tg2 2
<p cos a r
allora Id I 2 2 -< l e la velocità angolare w2 risulta praticamente costante e
pari al suo valor medio:
e da questa, dopo pochi passaggi, si ottiene:
_fiE
T=-=
l - sin 2 a sin 2 <p
w2 "-'2 =v I;
wl cosa La w1 varierà invece in hase alla relazione W1 =w2/T.
Se poi si misurano gli angoli a partire da una posizione ruotata di 71" /2 rispetto
a quella fino ad ora assunta come iniziale, i nuovi angoli <p1 saranno pari a
2
<p =<p- 71"/2, per cui sin <p= cos 2 <p e:
1 1

1 l Wl COSO' ----·-·
T - - - - - ----~--~--
-T- w2 -.l-sin 2 acos 2 <p' ~

Questa relazione è identica alla (2.2); quest'ultima quindi può essere utilizzata
sia per il calcolo di w2/w 1 sia per quello di wdw2, purchè si dia il corretto
significato all'angolo e che in essa compare.
È stato visto finora che il rapporto di trasmissione del giunto di Cardano
varia periodicamente durante la rotazione dei due alberi attorno a un valor
medio pari ad uno. In generale anche le velocità angolari w 1 ed w2 (e non
solo il loro rapporto) variano nel tempo; purtuttavia accade frequentemente Fig. 5 - Volani collegati da un giunto di Cardano
nella pratica che una delle due velocità angolari si mantenga costante mentre
l'altra varia secondo quanto stabilito dalla (2.2). Ciò avviene ad esempio Poichè si definisce irregolarità periodica di ognuno dei due alberi il rap-
quando l'albero motore è collegato ad un motore a velocità costante, oppure porto tra la differenza delle velocità angolari massima e minima e la velocità
quando l'inerzia degli organi collegati a uno dei due alberi è molto maggiore angolare media, per l'albero condotto si avrà:
di quella relativa alle masse dell'altro albero. Si consideri ad esempio il caso
di due alberi, collegati mediante un giunto di Cardano, sui quali sono montati e: = (w2)max - (w2)min
due volani aventi momenti di inerzia I 1 e I 2 (Fig. 5). Si considerino gli (w2)medio
alberi in rotazione senza coppie attive agenti ed in assenza di attrito. In tali
condizioni l'energia cinetica E del sistema è costante, per cui: Se la velocità angolare w1 dell'albero motore è costante, allora (w 2)medio = w1.
per cui:
l 2 l 2 1
2I1w 1 + 2I2w 2 =E e:= (T)max- (T)min
cosa
=-
- - cosa= sin a tg a

Tra w 2 e w 1 si ha, dalla (2.2): Si vede quindi come in un giunto di Cardano l'irregolarità periodica cresca
rapidamente in funzione dell'angolo formato dai due alberi collegati dal giunto
w2 cosa
--=T= ? stesso.
w1 l-sin-acos2 8
lO 11
) ~

1.2 - Accelerazioni nel giunto di Cardano e reazioni dei supporti giunto,·uguale e opposto al risultante Mv dei momenti originati dalle reazioni
vincolari. Tale momento Mv può essere scomposto in un momento Mv A,
La relazione tra le accelerazioni angolari di due alberi collegati da un dovuto alle reazioni dei vincoli in A1 e A2 , normale all'asse l, ed in un
giunto di Cardano si ricava facilmente derivando la (2.2) rispetto al tempo t. momento Mv B, dovuto alle reazioni vincolari agenti in B1 e B 2 , normale
Si ottiene: all'asse 2. Poichè in o~ tre Mv A e MvB giacciono nel piano individuato dagli
assi, le reazioni nei supporti risulteranno perpendicolari a tale piano, a due a
dw2 cosa dw1 cosa sin 2 a sin 29 2
(2.3) -= 2 -- w due di verso opposto tra loro e di intensità pari a:
dt 2
l - sin a cos 9 dt (l- sin 2 a cos2 9) 1
MvA
Nel caso in cui w1 sia costante il primo termine del secondo membro si RAl =RA2= - -
.a
annulla, al contrario del secondo che cresce invece rapidamente ~ crescere di
{ MvB
w1 e di a. Poichè il valore della coppia di inerzia in un albero è direttamente RBl = RB2 = -b-
proporzionale all'accelerazione angolare dell'albero stesso e poichè inoltre essa
origina carichi periodici sui supporti, è intuibile dalla (2.3) come la vita ed
il rendimento di un giunto di Cardano siano tanto maggiori, ad una data
velocità angolare di funzionamento, quanto minore è l'angolo a. Per alberi 1.3 - Doppio giunto di Cardano
sopportati da cuscinetti a rotolamento i rendimenti dei giunti di Cardano sono
in ogni caso molto alti: si raggiungono infatti mediamente valori di O, 98-;-0, 99 Si è visto nei precedenti paragrafi come un giunto di Cardano introduca
per valori dell'angolo a prossimi ai 20°. un certo grado di irregolarità periodica nella trasmissione, funzione dell'angolo
a formato dai due alberi e crescente con questo. Se quindi l'albero motore
ruota a velocità costante, la velocità dell'albero condotto fluttua in continua-
zione e ciò può in alcuni casi risultare inaccettabile a causa delle vibrazioni
indotte nelle macchine situate a valle del giunto. Un metodo molto comune
per evitare tali fluttuazioni di velocità utilizza un doppio giunto di Cardano
(Fig. 7), nel quale un albero intermedio i forma lo stesso angolo a sia con

Fig. 6 - Reazioni vincolari in un giunto di Cardano

n calcolo delle reazioni vincolari in un giunto di Cardano si effettua


considerando l'equazione di equilibrio globale delle coppie agenti sul giunto.
Con riferimento alla Fig. 6 si consideri per l'appunto un giunto di Cardano
in cui, ad un dato istante, le coppie motrice e resistente CM e GR, e le Fig. 7 - Doppio giunto di Cardano
coppie di inerzia M{ e M~ siano rappresentate dai vettori indicati in figura.
n risultante somma di CM, GR, A"J{ e .lo,f~ deve essere, per l'equilibrio del l'albero motore sia con l'albero condotto. Assumendo come posizione iniziale
12 13

quella illustrata in Fig. 7, si indichino con e l'angolo di rotazione dell'albero Se gli alberi motore e condotto del doppio giunto di Cardano giacciono in
l, con '1/J l'angolo di rotazione dell'albero intermedio i e con rp l'angolo di piani diversi (Fig. 9), la condizione di omocineticità può ancora essere realiz-
rotazione dell'albero condotto 2. Si osservi inoltre che gli alberi l e i hanno zata purchè gli angoli formati tra i due alberi di estremità e quello intermedio
una posizione iniziale identica a quella considerata in Fig. 3, per cui tra e e siano uguali tra loro e purchè le due forcelle solidali all'albero intermedio siano
'1/J sussisterà la relazione: ruotate una rispetto all'altra di un angolo (3 pari all'angolo formato dai piani
tg e = tg '1/J cos a 71" 11 contenente l'asse l e quello intermedio i, e 71"2 , contenente l'asse 2 e
quello intermedio i.
Gli alberi i e 2 si trovano invece in una posizione iniziale sfasata di 90° rispetto
a quella assunta nella Fig. 3; pertanto si avrà tra gli angoli '1/J e rp una
relazione data da:
tg rp = tg '1/J cos a
Poichè i secondi membri delle due ultime equazioni scritte sono uguali tra
loro, dovranno essere uguali tra loro anche i primi membri; si avrà pertanto:

La condizione di _omocineticità tra gli alberi l e 2 può essere otte-


nuta anche con un'altra disposiziòne; inclinando cioè l'albero condotto di
un angolo -a rispetto all'albero intermedio (Fig. 8). Così facendo, poichè

Fig. 9 - Doppio giunto di Cardano con alberi motore e condotto posti su piani diffe-
renti

Nella Fig. lO sono illustrati i componenti di un doppio giunto di Cardano


con albero intermedio telescopico (allungabile).

1.4- Giunti omocinetici

La realizzazione .di un giunto omocinetico è possibile, come si è visto,


utilizzando due giunti di Cardano opportunamente disposti. Questo tipo di
Fig. 8 - Doppio giunto di Cardano con alberi motore e condotto paralleli tra loro
accoppiamento può essere tuttavia in molti casi troppo ingombrante, anche
riducendo al minimo l'albero intermedio. Sono stati quindi sviluppati partico-
cos(-a) = cosa, si ottiene, procedendo in modo analogo a quello appena
lari giunti, detti appunto giunti omocinetici, i quali garantiscono un rapporto
esposto, la. condizione di omocineticità: e = c.;, w 1 = w 2 • Questa particolare
di trasmissione costante e pari a uno, nei quali la lunghezza dell'albero inter-
configurazione del doppio giunto di Cardano costituisce pertanto anch'essa un
medio è ridotta praticamente a zero, ed anzi quest'ultimo è sostituito da un
metodo utilizzabile per la trasmissione omocinetica del moto tra due alberi
altro organo avente le funzioni di elemento intermedio della trasmissione.
paralleli.
14 15

,...... Lo schema di funzionamento di un giunto omocinetico è rappresentato


o nella Fig. 11. Due alberi, (1) e (2), si intersecano in un punto che costituisce
..§
il centro di uno snodo sferico S. L'angolo ottuso formato dai· due alberi è
~
.9 a:. Solidale all'albero (1) è un braccio Bl, che forma un angolo {3 rispetto
-~
o rJ:l ad (1) e si collega a questo in un punto Hl. Analogamente, un braccio B2,
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·s.0.. Fig. 11 - Schema di funzionamento di un giunto omocinetico
o
"O
1:1
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solidale all'albero (2), forma con questo un angolo {3 e si collega ad esso in
:.a
..,....«l un punto H2 distante dal punto di intersezione degli alberi quanto Hl. A
C) causa di questa simmetria, i due bracci Bl e B2 si intersecano in un punto
~ P che si trova sulla bisettrice dell'angolo a: formato dagli assi (l) e (2). I
..,«l
bracci Bl e B2 sono scanalati e vengono collegati tra loro mediante un
>"' perno, che può muoversi lungo le scanalature, e che è in grado di trasmettere
o forze fra i due bracci. Poichè la distanza del punto P dì intersezione fra
.....
.::9 Bl e B2 è la stessa dall'albero (1) e dall'albero (2), la velocità angolare dei
"'"' due alberi deve essere la stessa; durante la rotazione del giunto, il punto di
intersezione P fra i bracci descrive una circonferenza, avente centro nel punto
di intersezione fra gli alberi (1) e (2), e giacente nel piano 1r, detto piano
16 17

omocinetico, bisettore dell'angolo a formato fra gli alberi. Qualunque sia porta una forcella nella quale sono ricavate quattro semigole toroidali. Le due
l'angolo di rotazione descritto dal giunto, continua a mantenersi la condizione forcelle sono montate ad angolo retto una rispetto all'altra e sono tra loro
di simmetria ora vista, per cui il rapporto di trasmissione fra gli alberi si distanziate da una sfera, il cui centro coincide con il punto intersezione degli
mantiene rigorosamente pari a l. assi l e 2. I centri di curvatura C1 e C2 delle ,gole toroidali si trovano
Supponiamo ora che vari l'angolo a formato fra gli alberi, ad esempio sugli assi l e 2 a una distanza piccola dall'intersezione degli assi medesimi.
che l'albero 2 ruoti nel piano di un angolo 'Y· portandosi nella posizione (2'). Pertanto, essendo i raggi di curvatura uguali per tutte le gole, ogni sfera tocca
Conseguentemente, il braccio B2 si porta nella posizione B2' (Fig. 11) ed la gola della forcella 'l e la gola della forcella 2 in punti simmetrici rispetto al
il nuovo punto di intersezione fra i bracci diventa P', che si trova sul nuovo piano 1r bisettore degli assi l e 2 nel quale vengono di conseguenza a trovarsi
piano 11"', bisettore dell'angolo a+'Y· i centri delle sfere. Tale condizione viene realizzata qualunque sia l'angolo a
n funzionamento del giunto omocinetico rimane inalterato, il rapporto formato dagli assi poichè essa dipende solo dal fatto che i centri C 1 e C2
di trasmissione continua a essere costante e pari a uno, con la sola differenza delle gole sono a distanza uguale dal punto intersezione degli assi e che i raggi
che varia la velocità periferica del punto P' essendo variata la sua distanza di curvatura delle gole sono uguali tra loro. n piano bisettore 1r costituisce
dagli assi. il piano omocinetico della trasmissione ed il giunto può quindi trasmettere il
Esistono diverse realizzazioni pratiche di giunti omocinetici, che seguono moto tra i due alberi con un rapporto di trasmissione costante e pari a l.
il principio di funzionamento prima descritto. I più comuni tipi di giunto
omocinetico sono: il giunto Bendix- Weiss, generalmente usato per coppie non a)
superiori a 6000 Nm, e il giunto Rzeppa, che viene usato per coppie fino a
35000 Nm.

Fig. 13- Giunto Rzeppa: a) sezione col piano principale;


b) sezione col piano omocinetico

La stessa condizione di omocineticità viene ottenuta, con una diversa


realizzazione costruttiva, nel giunto Rzeppa, che è il giunto più usato nelle
applicazioni meccaniche. In esso (Fig. 13) le forcelle solidali ai due alberi
Fig. 12- Giunto omocinetico Bendix-Weiss portano delle superfici attive sferiche (rispettivamente interna per l'albero
motore ed esterna per l 'albero condotto) i cui centri cl e c2 giacciono
n giunto Bendix- Weiss illustrato schematicamente nella Fig. 12 è co- sugli assi dei due alberi a breve distanza dal loro punto di intersezione O.
stituito da due alberi, inclinati tra loro di un angolo a, ognuno dei quali Queste superfici attive sferiche sono in realtà costituite da tante gole giacenti
l
18
t 19
l
in piani equidistanti (Fig. 13 b); in ogni gola trovano posto due sfere che, l finale, che la v~locità angolare dell'albero l, solidale ad A, è identica a quella
dovendo toccare entrambe le superfici sferiche at~ive delle due forcelle, hanno dell'albero 2, solidale a B.
una posizione ben definita (ed esattamente il loro centro deve giacere nel piano
bisettore degli assi di rotazione) analogamente a quanto accade nel giunto A
Bendix-Weiss.
Anche in questo caso si è pertanto in presenza di un piano omocinetico
1r nel quale si mantengono i centri delle sfere e che costituisce inoltre il piano

bisettore di due assi di rotazione qualunque sia il valore dell'angolo a da


essi formato. n giunto è poi completato da una gabbia distanziatrice entro
cui trovano posto le sfere alle quali è di conseguenza impedita una eventuale
fuoriuscita dalle apposite sedi.
Nei tipi di giunto ora descritti l'elemento intermedio della trasmissione è
costituito da una serie di sfere e il moto delle sfere sulle forcelle dei due alberi
è un moto di rotolamento per cui il rendimento di questi giunti omocinetici è
sempre molto elevato. Accanto ad essi si trovano altri giunti omocinetici nei
quali però l'elemento intermedio possiede un moto di strisciamento rispetto
Fig. 14 - Giunto di Oldham
alle due forcelle e ciò comporta una conseguente diminuzione del valore del
rendimento della trasmissione.
Poichè il baricentro del disco intermedio I non si trova sull'asse di
I giunti omocinetici sono utilizzati in numerose applicazioni tecniche
rotazione del disco stesso, quest'ultimo risulta soggetto a una forza centrifuga
dell'ingegneria. Essi sono universalmente usati negli autoveicoli a trazione
di intensità direttamente proporzionale alla distanza fra gli assi e al quadrato
anteriore nei quali le ruote motrici hanno anche una funzione direzionale; essi
della velocità angolare. Per questo motivo il giunto di Oldham è usato, come
inoltre trovano applicazione in quegli alberi rotanti a velocità elevata nei quali
prima detto, solo per bassi valori delle velocità angolari dei due alberi da esso
le fluttuazioni periodiche di velocità angolare introdotte da un semplice giunto
collegati.
di Cardano assumerebbero valori addirittura intollerabili.

1.5 - Giunto di Oldham

Si è analizzata in precedenza (Fig. 8) la possibilità di adottare un doppio


giunto di Cardano per trasmettere il moto tra due assi paralleli ad un rapporto
di trasmissiòne costante e pari a l; per piccole velocità angolari si abbandona
talvolta questa soluzione e si ricorre invece al giunto di Oldham (Fig. 14).
Esso è costituito da un disco intermedio I dal quale sporgono due risalti
rettangolari che si impegnano in corrispondenti scanalature dei dischi A e
B rigidamente collegati agli alberi tra i quali viene trasmesso il moto.
Poichè il moto del disco intermedio relativamente al disco A può essere
unicamente una traslazione, la velocità angolare di I è la stessa di quella di
A. La stessa cosa si ha tra i dischi I e B, per cui si ottiene, quale risultato
2. FLESSIBILI

2.1 - La trasmissione del moto mediante organi flessibili

Prendono nome di flessibili quei componenti meccanici dotati di grande


cedevolezza fiessionale, detta appunto flessibilità. t"', 1') '-l ;;_
I flessi_bili sono essenzialmente raggruppabili in due tipi differenti:
a) Flessibili_in cui la flessibilità è ottenuta deformando il materiale costituente
l'elemento stesso; a tale gruppo appartengono le funi, le cinghie e gli alberi
flessibili.
b) Flessibili costituiti da tante parti rigide collegate tra loro in modo tale
da permettere il moto relativo tra le parti stesse; in tal caso la flessibilità
a
glooàle_dell~-~~~gl~~to {~ovuta p_roprÌo questa pÒssihlit~ di moto Ì:elati_vo- -
tra i singoli organi _costituenti. A questo gruppo appartengono le catene.
I flessibili possono essere impiegati in tre modi differenti:
+ come moltiplicatori di sforzo negli organi di soll~vamento;
- èome dispositivi di trasmissione della potenza tra assi paralleli;
- co1Iledispositivi di trasmissione della potenza lungo percorsi non rettilinei
(alberi flessibili).

2.2 - Moltiplicatori di sforzo con flessibili

Una applicazione dei flessibili la si riscontra negli apparecchi di solleva-


mento, nei quali una fune (o una catena) si avvolge alternativamente su una
puleggia ad asse mobile e su una puleggia o tamburo ad asse fisso, ed il carico
da sollevare è -collegato alla puleggia mobile (Fig. 15). Se si indicano con w
e wP le velocità angolari del tamburo ad asse fisso e della puleggia ad asse

2. JACAZIO-PIOMBO - La trasmissione del moto


l
22 l
\l
23

mobile, si ha, con riferimento alla Fig. 15 ~): I risultati ora ricavati valgono, come si è detto, nel caso ideale di un
d
1 flessibile considerato privo di rigidezza ed in assenza di attrito. In realtà ogni
Vv =w- flessibile possiede sia una rigidezza elastica sia una rigidezza anelastica che
alterano i risultati già ottenuti nel caso ideale ..
{ VB =wp:; d
Ve =wp 2 Quando un fl~ssibile dotato di sola rigidezza elastica si avvolge su una
puleggia di diametro D, il flessibile stesso è sottoposto a un momento flettente
pari a MJ = 2EaJ/D in cui Eo. è il modulo di elasticità del materiale. Se
si indica ora con h la distanza esistente tra la forza T e il punto origine del
contatto tra fune e puleggia, si ha:
Th=MJ
r.·, Se si indica inoltre con e' la distanza esistente tra la forza T e la puleggia,
si può affermare, in base ad alcune considerazioni di teoria dell'elasticità, che
essa è pari ad h/2 e ricavare in definitiva:
1 EaJ
e= TD
La rigidezza anelastica è invece dovuta a fenomeni di attrito interno
!'· nel materiale del flessibile; è a causa della rigidezza anelastica infatti che se
si pone un flessibile in una data posizione esso tende a mantenerla ed anzi
richiede l'applicazione di un lavoro per tornare alla posizione primitiva. A
b) causa della sola rigidezza anelastica pertanto un flessibile che si avvolge lungo

Fig. 15- Argano di sollevamento: a) schema dell'argano; b) diagramma delle velo- a) b)


cità della puleggia mobile

Poichè Vv =VB, si ottiene:

wp=w/2
{ Ve= VE/2

Per il calcolo del carico P sollevabile dall'argano si osservi innanzi tutto che in _
assenza di attrito le tensioni all'ingresso e all 1uscita della puleggia sono uguali,
per cui, scrivendo una equazione di equilibrio secondo la direzione verticale si f f T
ha:
P=2T
L'argano di sollevamento raggiunge quindi lo scopo di dimezzare, nel Fig. 16 - a) Effetto della rigidezza elastica; b) effetto della rigidezza anelastica
caso ideale di assenza di attrito, lo sforzo necessario a sollevare un carico di
intensità P. Contemporaneamente, la velocità di sollevamento del carico è una puleggia assume l 'aspetto indicato nella Fig. 16 b): dal lato in cui il
la metà di quella del punto al quale è applicata la forza di trazione T. flessibile si avvolge sulla puleggia esso tende a rimanere diritto, mentre dal lato
24
J 25
in cui si svolge esso tende a mantenere la curvatura fornitagli dalla puleggia. !
Poichè il modulo della velocità V della fune è costante in tutti i suoi
La forza di trazione T che deve essere applicata a un ramo della fune per punti, si ricava dalle (2.4) che il rendimento 7J della puleggia è:
vincere la forza resistente T' applicata all'altro ramo è di conseguenza:
T'V l
,D/2 +e" 7J = TV =l+ k
T =T D/2-e"
Quanto ora esposto per una puleggia può essere esteso al caso dei pa-
Quindi T è maggiore di T e se la fune si muove a una velocità V, la ranchi di sollevamento nei quali lo sforzo applicato viene amplificato propor-
potenza dissipata per vincere gli attriti interni è: zionalmente al numero delle pulegge esistenti. Con riferimento alla Fig. 18 si
4TVe" avrà infatti:
Pw = (T - T') V = D _ e,
2
Una seconda causa di perdita di potenza nel passaggio attorno a una
puleggia è dovuta all'attrito nel perno della puleggia, fenomeno ampiamente
esaminato nel paragrafo 3.11 del I volume. Tenendo conto ora sia della ri-
gidezza elastica, sia di quella anelastica, sia dell'attrito nel perno, si ricava,
mediante una semplice equazione di equilibrio alla rotazione, la seguente re-
lazione fra T e T' (Fig. 17):
D/2 + e' + e" + p
T = T'---'-:--------'-
D/2 + e' - e" - p

Fig. 18 - Paranco di sollevamento

Fig. 17- Effetto complessivo delle rigidezze elastica e anelastica


in un flessibile Inoltre, per l'equilibrio dell'elemento mobile sarà:
7
da cui, tenendo conto che D~ (e"+ p) e che D» e' si ha: P =T1 + Ts + Ts + ... + To = L Tn
n=O
T=l+k con e di conseguenza:
(2.4) T'
{ k = 4(e'~+ p)
27

La forza di trazione T8 che deve essere applicata per sollevare il cadeo è data g) È-nossibile far funzionare una trasmissione a cinghie ugualmente bene
da: com--;;:;auttrice o ;:n;;ztì.Piìcatriced.ì._velo-èìtà~ -- -------------
Ts =(l+ k) 8 To
Nelle applicazioni meccaniche si utilizzano principalmente cinque tipi di
da cui, sostituendo a To il valore ricavabile dall'equazione di equilibrio in cinghie e precisamente: ------~-------- ___
direzione verticale, si ottiene: "" ·--------
- cinghie piane
(l+k) 8 P - _cinghie ròtortde
Ts = 7
- cinghie aV
l:Cl+kt
n=O - cinghie a costole
- cinghie a_ denti.
Se le perdite dovute all'attrito e alla rigidezza anelastica fossero nulle si
avrebbe k =O e quindi T8 = Pj8. La velocità di sollevamento può essere ri- Le cinghie piane offrono una notevole flessibilità e possono pertanto
cavata sia mediante considerazioni cinematiche, sia in base alla considerazione esse~e usate sia per là normale trasmissione del moto tra assi paralleli sia
ch6 nel caso di rendimento pari a l la potenza necessaria a sollevare il carico quando la cinghia debba effettuare particolari percorsi a serpentino; esse_ sono
è uguale alla potenza fornita. Si ha allora che la velocità di sollevamento del generalmente di cuoio, di gomma o di materia plastica.
carico è data da: --~e_ cinghie di cuoio sono usate per velocità moderate, fino a 30 mjs, e
V= Vs per potenze--fino a400 kW,-cop. r_apporti _di trasmissione-fino-a-16.:.1,.ed inoltre
8
posseggono una buon.;: capa:c~~~ ~i-~3.2-.rÈ'~!ll~ntQ_ -~glLul:H; l~_ l<:>r?__tipiche
applicazioni si riscontrano nelìa derivazione del moto a diverse utilizzazioni a
partire da un unico albero di trasmissione e nelle apparecchiat~re di miniera.
2.3 - Cinghie
Le cinghie di gomma costituiscono il tipo più economico di cinghie piane;
esse sono normalmente formate da uno o più strati di cotone impregnati di
Le ci_.!!ghie vengono normalmente usate per trasmettere il moto tra assi
gomma. La vita di queste cinghie e la potenza da esse trasmes-sa per unità di
parall~Ìlposti ad una certa distanza::- Le -prfnci pali ·caratteristiche <l elle tra-
superficie sono minori delle analoghe caratteristiche delle cinghie di cuoio. La
smissioni a cinghie possono essere riassunte nelle sei seguenti:
massima velocità raggiungibile è, come per le cinghie di cuoio, dell'ordine dei
a) Si può_ trasmettere il.moto tra assi molto distanti tra loro. 30 m/s e la massima potenza trasmessa non supera in genere i 250 kW. Le
b) A-~~usa de_llo sco!rlmento tra cinghia e. puleggia, fenomeno che verrà_ detta- c!11ghie piane in gomma trovano le loro principali applicazionCin- tr~s!l:Ù~sioni
gli-atamente esa~inato nei prossimi paragrafi, il rapporto di trasmissione di piccole potenze e di solito con pulegge di piccolo diaJl!e!:o: .. __
non è costante per qualsiasi condizione di funzionamento (ad esclusione Una versione più robusta delle cinghie in gomma può ~ss~J~_re_~zzata
delle cinghie-adei:J.tif- ------ · -----
utilizzando unoo pfliStràtrdi c~vi annegati nella -go~~a. In tal cas-;)ron -
c) Usando cinghie a V è possibile ottenere una certa variazione del rapporto una: ~i~gh}a df sèziòne piccola si ottiene una notevole resistènza- <!_~1:@-__~_tessa
di trasii1i1>;;ione utilizzando pulegge _çostruite in modo particgl(!.re. alla trazione. Cinghie -dr questo tipo funzionano per velocftàfill'o a 50 mjs
d) Usando cinghie piane è possibile ottenere il funzionamento analogo a quello e in partiéofari-a:ppÌÌc.àzfoni fino a 75'-injs, e trasmeùono potènie-fino a.·:<roo
di _una frizione semplicemente spostando la cinghia da una puleggia folle kW; esse vengono usate in applicazioni medie quali pi-ccole macchine utensili,
~_v. n a. in_presa_. mole, lavatrici, macchine agricole di media potenza, e così via.
e) La trasmissione a cinghie richiede sempre un certo aggiustaggio dei centri Le cinghie piane di materia plastica sono costituite da sottili strati di
degli assi.
poliestere e vengono utilizzate quando le potenze da trasmettere non superano
f) Impiegando pulegge a scalini si ottiene un mezzo economico per variare il i 10 k\V e quando si richieda grande leggerezza della trasmissione.-Accanto
rapporto di trasmissione in modo discontinuo tra due alberi. ad esse si trova.no cinghie rinforzate formate da uno strato di nylon o di po-
28 29
liammide ricoperto da gomma o da altro materiale plastico. Queste ultime_
dove f è il coefficiente di attrito effettivo Jra cinghia.e puleggia. Sostituendo
cinghie possono operare a grandissima velocità, fino a 200 m/s. in questa relazione il valore di N' ricavabile dalla (2.5) si ottiene:
Le cinghie a V (Fig. 19) sono nor-
malmènt~ costituite da una serie di cavi
-\ .
'T- f
---\N
- Q/
immersi in uno strato di materiale plastico sin-
che, oltre a fungere da supporto, man- 2
tiene i cavi stessi nella loro posizione cor- Per effetto della forma a V della cinghia si è pertanto in presenza di un coef-
retta; questo strato di materiale plastico ficiente di attrito equivalente pari a:
è a sua volta compreso entro due strati di
gomma chiusi esternamente da una guaina , __!_
(2.6) ! - . et
anch'essa generalmente di gomma. Le ci n- Slll-
. 2
Fig. 19 - Cinghia a V ghie a V funzionano normalmente a velo-
cità variabili tra 7 e 30m/se con rapporti che è tanto maggiore quanto minore è l'angolo al vertice della cinghia. Per
di trasmissione fino a 7:1; tuttavia cinghie a V strette e cinghie di poliuretano una cinghia piana si ha a= 180° con l'ovvia conseguenza di ottenere dalla
possono funzionare fino a velocità di 50 m/s. I principali vantaggi delle cinghie (2.6) !'=f.
a V sono la lunga durata (mediamente 3-:-5 anni), la facilità di installazione, la In numerose applicazioni, quando la potenza da trasmettere è elevata,
silenziosità e la facile manutenzione, oltre alla capacità di assorbimento degli si utilizzano più cinghie a V in parallelo che si avvolgono su altrettante gole
urti come in quasi tutte le cinghie. ricavate nella stessa puleggia. In altre applicazioni, per semplificare i problemi
U!la delle principali proprietà di installazione, sono usate cinghie a V ad anelli; esse sono formate da tanti
delle cinghie a v è costituita dal fat- piccoli tronchi di cinghia a V collegati tra loro mediante elementi metallici. Le
to che esse posseggono un coefficien- cinghie ad anelli sono usate in applicazioni a velocità moderata e per potenze
te di attrito equivalente molto supe- fino a 800 kW; il loro principale vantaggio risiede nella possibilità di variare
riore al coefficiente di attrito_effet- la lunghezza della cinghia semplicemente aggiungendo o togliendo uno degli
tivamente esistente tra il materiale anelli.
della cinghia e quello della puleg- Le cinghie rotonde sono normalmente di gomma e possono essere rinfor-
gia. Se infatti si indica con N la zate con uno o più cavi metallici. Esse vengono utilizzate soprattutto in
forza normale con la quale la cin- · applicazioni leggere quali trapani ad alta velocità, macchine da cucire, e così
ghia è premuta contro la puleggia via.
(Fig. 20), tale forza è equilibrata Fig. 20- Forze scambiate tra cinghia a V Le cinghie a costole sono essenzialmente cinghie a V multiple con l'unica
e puleggia
dalle due forze N' che le facce della differenza che le varie costole a V sono ricavate in un'unica cinghia.
puleggia trasmettono alla cinghia. Le cinghie a costole U_!liscono la robustezza e semplicità della cinghia
Da una equazione di equilibrio alla traslazione in direzione verticale si ha: piana con l'elevato coefficiente di attrito delle cinghie a V. Esse tuttavia non
sono raccomandate nelle applicazioni in cui le costole della cinghia possono
(2.5) . N= 2N'sin::
2 strisciare una contro l'altra.
Le cinghie del tipo ora descritto sono impiegabili per trasmettere la
La forza tangenziale complessiva diretta normalmente al piano della potenza meccanica per attrito, come si vedrà nel successivo paragrafo 2.4.
Fig. 20, forza dovuta allo scorrimento relativo tra cinghia e puleggia, è allora Le cinghie a denti invece trasmettono la potenza meccanica mediante forze
data da: normali, come si vedrà nel paragrafo 2.10.
T= 2! N'
30 31
2.4- Trasmissione del moto per attrito mediante flessibili Si possono così scrivere le due equazioni di equilibrio dell'elemento di
cinghia considerato secondo le direzioni normale:
Si consideri una cinghia piana avvolta su una puleggia (Fig. 21) e si
indichi co~.lJ.. l'angolo ge:u~riço 11_1j§urato a pa_~tire ~-~ P..llfitQ Ì_:Q._~~~
è soggetta alla: tensione minima 7.'2 • Siano inoltre T1 la tensione massima,
T 'Iat-en~ione in una sezione generica, f il coefficie;t;d.i~ttrito esistente tra
e tangenziale:
cinghia e puleggia, r il raggio della puleggia, q la massa della cinghia per
unità di lunghezza e w la velocità angolare della puleggia.
-T cos ( 2
d'IJ) - dFT + q dt
dV ds + (T + dT) cos (d'IJ)
2 =O
a) b)
fr

''·
·_Y_

Fig. 21 - Trasmissione del moto fra puleggia e cinghia: a) puleggia motrice; b)


puleggia condotta

Si consideri ora (Fig. 22), in corrispondenza dell'angolo .,J generico,


=
un tratto elementare di cinghia di lunghezza ds rd'IJ. Su tale elemento di Fig. 22 - Forze agenti su ~n tratto elementare di cinghia
cinghia agiscono le forze seguenti: le tensioni T e T+ dT
che le restanti parti
della cinghia trasmettono all'elemento considerato attraverso le due sezioni di A_ qu~ste_eg~az_!OI_li vannQ aggi!l!lte_la ~.!l.~.zio~e __~i attri~~
-+ -+
estremità, la forza tangenziale dFT e quella normale dFN che la puleggia ----------·-l
esercita sull'elemento di cinghia, la forza di inerzia a cui è soggetto l'elemento
/ dFT
....__._
= fdFN
______ f
"'---....

stesso. Quest'ultima possiede una componente tangenziale di intensità q dV ds e la relazione geometrica:


. dt
e una componente normale (forza centrifuga) pari a q V ds.
2 ds =rd'IJ
r
: Se si _definisc~J!.O_o.r_a pulf;gge_ motrici quelle in cui copEi~"_?.gE]_nt~ ~-:'e- n sistema formato dalle quattro equazioni ora scritte può èssere facilmente
locità angolare hanno verso concorde (Fig. 2f a) e- pulegijé' c'ondotte quelle in risolto rammentando che d.,J e dT sono due infinitesimi, per cui si può con
: curcoppia-e-velocità angolare hanno verso tra loro discorde (Fig: 21 b) si =
ottima approssimazione sia porre sin(dt?) d'IJ, cos(d'IJ) = l, sia trascurare
·può osservare che la puleggia indicata in Fig. 22 è una puleggi~- motrice e di il prodotto dT · dt? in quanto infinitesimo di ordine superiore rispetto ai
conseguenza le forze tangenziali di attrito dFT e di inerzia q dV ds hanno precedenti. In base a ciò si ottiene:
dt
necessariamente il verso indicato nella figura stessa.
32
33

Si noti ancora che nel caso in cui la trasmissione del moto avvenga
e infine: mediante cinghie a V, tutto quanto ora esposto mantiene la sua validità a
dT = f d'I!J (T- qV 2
--q!:.. dV)
f dt
patto di introdurre al posto del coefficiente di attrito effettivo f quello
equivalente f' dato dalla (2.6). ~/
/"\.'(.'_.!_V l('"'-,
Integrando questa equazione differenziale fra i limiti O e rJ si ha:
o
~
..:; ~6
~~
T-qV2-q!:. dV O ~ '\-, o<"t"
a.. Ci.- "-1' "c:t Ol
(2 7)

fr dV
dt =e'" 2.5 - Trasmissione a cinghie .,-\._o~ -
T2-qV 2 - q - -
! dt ' \• _..~ "!~.
La _(~._7)__!gJ>P.I~sen~a q~ndi l 'equazione fondamentale_ della ..trasmissione del Se si sottopone una cinghia costituita di materiale elastic~ di
moto medi an~ attrit() fra 1!11~ ~!iig}Ìia-:è-u;-~-puleggia~ ricavata, come già d~tto, una tensione T diretta lungo le sue fibre queste si deformano provocando
~~r~n~ puleggia mot~!ce. Per una puleggia cÒndott"à~ponendo al solito l 'ori- in definitiva un aumento della lunghezza della cinghia stessa. Si consideri
gine degli angoli nel punto in cui la cinghia è soggetta alla tensione minima T2 pertanto un tratto infinitesimo di cinghia avente lunghezza d/ 0 , area A e
~Fig. _21 b), si può ripetere un ragionamento analogo ottenendo una equazione modulo di elasticità normale E; l'allungamento 5(dl 0 ) di tale elemento in
Identica alla (2.7) ad eccezione del segno della componente tangenziale della seguito all'applicazione di una tensione T vale:
forza di inerzia. 5(dlo) = (dio) T
E precisamente per una puleggia condotta si ha: EA
r dV Si indichi ora con V la velocità della cinghia nella sezione in cui la sua
T -qV 2 +q-- tensione è T. il tempo dt necessario al tratto di cinghia lungo dl = dl 0 +5(dl0 )
(2.8) f dt el"= per passare attraverso la sezione considerata vale:
T? _ qV 2 + q !:. dV
- f dt dt = dlo + 5(dl0 )
. . r dV
Inolt re, 11 termme qj_di che compare nelle (2.7) e (2.8), dovuto alla com- v
ossia:
ponente tangenziale della forza di inerzia, è tras~u~abil~ nella-grande maggio-
ranza d~ casi pratici, per cui l'equazione fondàmentale della trasmissione a
(2.12)
dnghie, valida sia per pulegge motrici sia per pulegge condotte, diventa:
2 Se la tensione T della cinghia varia, varia pure la lunghezza dl del tratto di
(2.9) T- qV 1,
T2- qV 2 =e cinghia in esame, tuttavia il tempo dt necessario a farlo passare attraverso
.. .E~He~er..e o~a il Jg~me. funzionale t_ra leJ~:n.sioni massima €: e una data sezione deve essere ovunque lo stesso. Infatti se si considerano due
diverse sezioni a e b in cui le tensioni valgono Ta e n, Ja stessa quantità
~~0 esistenti nella cmgh1a basta sostituire all'angolo generico rJ il
[~ell'angolo(E\lungo il guale avviene la variazione totale di tensione di massa dm della cinghia che nel tempo dt entra attraverso la sezione a
C:Q:!}:..i Si otterrà pertanto: . deve uscire -nello stesso tempo attraverso la sezione b. La massa dm a sua
(2.10) TI - qV2 = el".
=
volta resta distribuità in un tratto di cinghia lungo dla d/ 0 (1 +Tal EA) nella
T2- qV 2 =
sezione a e in un tratto lungo dh d/ 0 (1 +n/ EA) nella sezione b. Poichè
In molti casi la velocità periferica Y- della cinghia è ab.has.tanza.-pi-GGola- dt è il medesimo, le velocità V<~ e Vb della cinghia nelle sezioni a e b sono
e il valore di qV 2 è piccolo rispetto a T2 e T1 per cui il termine ~te­ fornite, in base alla (2.12) da:

{
alla forza centill'Uga può essere trascurato. ottenendo in definitiva:
(2.11) I_= el" e TI -e~"· --------
Va=~: (1 + J~)
T2 T2 -
(2.13)

.
Vi
b
'-
= dlo
dt
--~"·-
0 1ì.·b )
+EA
.-~~-
34 35

n
n
Pertanto, se le tensioni Ta e sono diverse, anche le velocità Va e j!i Lungo _barco J31 d!Jy_v.ol~im~-S.~q:Ie 1m a.rco @i.n .cui ~a
Vb risulteranno tra loro differenti, Più in generale_&_può afferma;ea_~aft f tensione varia e un. arco- (3 1..-=- {)* m cm la tens10ne e costante ed m cu1 cmgh1a
tensione_~~nt~rn~_lBì~<l:_yarla:d~p~~~<?.~.:eul!:t~,:.Y~ri~J(cònseguenza 11: ~-P~~ggia son~-i~ condizioni di àd:~renza poichè,_~e vi fosse tra.idue corpi uno
l_a velocitàneisin&~lrpul}t_~ della cinghia stessa, ~ P.Oichè la guleggt~j:iì~~ç~_I!_Jj: scorrimento relativo, esisterebbe di conseguenza unà ulteriore inammissibile -
una velocità angolare costa,!lte pari a. V= rw, se ne conclude che tra cinghia ! i variazione.dells!Jen?l?ne all'interna_della c~ È chiaro inoltre che nella
e puleggia-esiste in gen~:rale -~-no scorrimento relativo. - · · -----=J- ---~-+ -,. puleggia motrice la velocità della cinghia, crescente al crescere della tensione,
--- Si co-nsideri ora la trC:S~issione a cinghÌe.tr'à-due assi paralleli illustrata non puÒ mai essere supe;k;re alla velocità perÌienèà dèlla puleggia steSS?-, per
in Fig. 23. cui l'arco di aderenz~ (3 1 - é _hg,_J:>.!igine dove la tensione T1 è massima e la
velocità V1 della cinghia vale di conseguenza:

T1 )
(2.16) · V1 = -dlo
dt
(l + -EA = r1w1
ll rimanente arco i:/è det!9_i!_z-ço -~!_§çogim~ntq_eJungo..e.s.SJ:>~aJ..ensione
diminuisce dal valore T1 al WJore T 2 -~la ;>:elgsHtdiminuisce dal valore ~!.....
al valore Y-'L che, in base alle (2.13), vale:
T2
l+'EA
(2.17)
TI
l+ EA
Fig. 23 - Trasmissione a cinghia fra due assi paralleli Un fenomeno__ opposto. a vviene. sulla. ..puleggia~ condotta.. QuUnfa~!i _!a
velocità periferica della puleggia può al p~sae:te...uguale alla velocità mi.nima
Se@ e@sono~sio;n,i. nei due rami della...cinghi~(con··'ti~~ dellacin~. Di co-nseguenza ~arco di aderenza_ di a~piezza _((3~ -:::_{)*).> ~ _
le coppie motrici e resistenti agenti sugli assi delle pulegge l e 2 valgono ~:i~ c~;rispandenza della tensione minima ili)dove la vèlocità della cinghia
rispettivam~llk;_
vale V2 e la velocità angolare -delià pùfèggia è di conseguenza fornita da:
V?
(2.14) (2.18) W?= -=.
- r2

\ L'arco di scorrimento :i) sulla puleggia <:_~ndotta corrisponde all'aumento di


Si supponga ora nota la tensione T2 ; la tensione T 1 è, in base alla (2.11), \//tensione da T2 a Tl e all'aumento di velocità della cinghia da v2 a VI.
pari a:
/·\"- -Supponendo di suddividere la cinghia in tanti tratti uguali colorati alter-
nativamente in bianco e in neror si può ottenere una rappresentazione grafica
e, in base alle (2.14) si avrà: dell'andamento delle tensioni all'interno della cinghia stessa durante il funzio-
namento della trasmissione così come è mostrato nella Fig. 24.
(2.15)
C1= T2(ef 11 • -l)r1 Se la_coppi-!rmotrice ~quella resistente aumentano, aumenta di conse-
{ C2 = T2(ef 11 • -l)r2 guenza l'arco di scorrimento~· fino al momentq_in cui (~p_ponendo fi1 <_B_:J
arco d_Lscorrimento e angolo di avvolgimento (31 coincidono. In questa con-
S~e o2:_~a _c~ppia., C~-- appJi<:.a.!a _alla, _p:uleggiarmotrice è· piccola__,~~heJ.)..J:t,g<?l,Sl dizione, detta di ~r..Ì.JJJ&JJ~ si ha il massimo valore poss16ile-a-&
~·- i~orrisp_o!l denza,_ del _quale..sL.ha-la-variazione-di- tensione-delta -cinghia rapporto TJ/T2 ccunp_atihlle con l~c.2_ndizioni fisiche del fenomeno e, conse-
(piccolo e comun q~ _P:ilile>re dell' a1]f!_olo dL..av_E_olgim(!nto~·!§l della cinghia. ~m~nte, la massima potenza trasmessa dalla cinghia a quella velocità.

---------------
36 37

Se la coppia motrice. C1 aumenta oltre il valore limite corrispondente T2 / EA, è di solito abbastanza piccolo rispetto a l per cui nella maggior parte
aii~·-condizione di scorrimento globale, valore fornito in base alle (2.15) da: dei calcoli si può supporre, in prima approssimazione:

la tensione massima della cinghia T1- resta costante, mentre la puleggia l n rendimento 1J è fornito dal rapporto tra la potenza uscente W 2 =C w2 2
accelera con una accelerazione angolare data da: e quella entrante wl = C!W!, quindi:
.
dwl
-------------
C1- (Cl)lim W2 C2w2
'd:t = h 1J = W1 = C1w1

dove J 1 è il momento di inerzia, attorno al suo asse di rotazione, della puleggia e, in base alle (2.14) e (2.19):
l e di tutti gli altri organi ad essa eventualmente collegati. T2
l+E'A
(2.20) 7]=
T1
l+ EA
Poichè al solito Td EA è quasi sempre piccolo rispetto a l, il rendimento di
una trasmissione a cinghie è in generale abbastanza elevato (mediamente si
hanno valori di 0,95).
Si noti che l'espressione detr.endiment?_ fornita dalla (2.20) tiene conto
unicamente della potenza persa per attrito nel contaito tra cinghia e puleg-
gia. n rendimento effettivo della trasmissione sarà ancora inferiore a causa
della dissipazione di potenza esistente nei supporti delle pulegge e nell'effetto
ventilante.
Un'altra causa di diminuzione di rendimento è la deficiente flessibilità
Fig. 24- Stato di tensione in una cinghia durante la trasmissione del moto fra due della cinghia. La potenza meccanica persa per questa causa è data da:
pulegge
w= r\ s2b (~)v
La condizione di scorrimento globale, anche se si verifica prima sulla D 180
puleggia avente l'arco di avvolgimento minore, può evidentemente essere ot- dove s, b, D sono spessore, larghezza e diametro della puleggia, V la velo-
tenuta su entrambe le pulegge se le coppie cl e c2 superano entrambe il cità periferica della cinghia, a l'angolo di avvòlgimento in gradi e K un
loro valore limite. coefficiente che, per le cinghie piane, vale mediamente 105 N jm 2 •
In base alle relazioni prima ricavate si possono ora determinare sia il In tutte le espressioni finora analizzate si è supposto che la tensione in
rapporto di trasmissione T tra le velocità angolari delle due pulegge sia il ogni ramo libero della cinghia si mantenesse costante. La validità di questa
rendimento 7J della trasmissione. Dalle (2.16), (2.17) e (2.18) si ottiene assunzione, accettabile nella grande maggioranza dei casi, viene a mancare
infatti: quando le due pulegge non si trovano allo stesso livello, ma a livelli notevol-
mente differenti. In tal caso, se i rami liberi della cinghia sono inclinati di un
(2.19) T= W2 = v2 2:!. = rl (l+ T2/EA)
angolo a sull'orizzontale, l'aumento dT di tensione in un generico elemento
Wj r:z v'l r2 l+ T!/EA
di cinghia lungo ds è dato da:
Poichè T2 è minore di T1 il rapporto (l+ T2 / EA)/(l + Td EA) è minore di
l e di conseguenza T< rifr2. In ogni caso però Td EA, e a maggior ragione dT = qg sin a ds = q dy
38 39

dove q rappresenta la massa per unità di lunghezza della cinghia, dy la Le relazioni esistenti tra iL T2 e Q si possono ricavare mediante
variazione di quota e g l'accelerazione di gravità. Se quindi il dislivello semplici equazioni di equilibrio. Per il caso della Fig. 25-a, scrivendo una
complessivo esistente tra gli estremi dei rami liberi della cinghia è h, la equazione di equilibrio alla traslazione nella direzione orizzontale, si ottiene:
variazione di tensione globale all'interno di ciascun ramo è data da:
(2.21)
D..T =q g h
mentre nel caso della Fig. 25-b, dall'equazione di equilibrio alla rotazione
attorno alla cerniera C, si ottiene:

2.6 - Forzamento della cinghia (2.22)

Per rendere possibile la trasmissione del moto tramite l'accoppiamento b)


a)
cinghia-puleggia, occorre mantenere un certo valore minimo della tensione To
nei rami liberi della cinghia anche in condizioni statiche. Quando la distanza
tra le pulegge è molto grande, il peso proprio dei rami liberi della cinghi~ è
già ·di per _se_ ste~_<?_suffi.cient~ a ~an~e-~_e!~ la ~ing~i~ stessa !n ~~nsionè~ Se si
suppon~ che il tratto libero di cinghia si disponga secondo un arco di parabola
e si indicano con L la lunghezza della cinghia tra le due pulegge, con l la
distanza esistente tra le pulegge stesse, con q la massa per unità di lunghezza
della cinghia e con T0 la tensione alle sue due estremità in condizioni stati che,
la relazione: Q b

fornisce illecrame funzionale tra tutte le quantità sopraelencate. Fig. 25 - Messa in tensione di una cinghia mediante un sistema a gravità: con con-
.. . o . - ···- .... --·- -----------------------
A parte questo caso particolare però, caso del resto poco frequente nella trappeso (a); a cerniera (b)
pratica, si è soliti dotare la cinghia di una certa tensione iniziale ricorrendo
all'ausilio di due sistemi e precisamente dei: Nei sistemi a molla (Fig. 26) la base mobile sulla quale è montato il motore
l è collegata ad una molla elicoidale; ponendo in tensione la molla si origina
'•
- sistemi a base motore mobile, di conseguenza una forza FM, agente sulla base del motore, ap-prossimativa-
sistemi a rullo tenditore. mente costante in tutte le condizioni di funzionamento.
I sistemi a base motore mobile possono a loto volta essere raggruppati Si avrà quindi, con buona approssimazione:
nelle tre categorie seguenti:
(2.23)
- a gravità;
- a molla;
Nel sistema a base scorrevole invece, la base del motore, collegata me-
- a base scorrevole.
diante due o più scanalature ad un supporto rigido, viene inizialmente spostata
I sistemi a gravità creano la tensione iniziale ali 'interno della cinghia uti- lungo il supporto stesso fino a ottenere una tensione iniziale T0 della cin-
lizzando o un contrappeso (Fig. 25-a) o il peso stesso del motore ghia; la base motore viene poi fissata al supporto in modo da mantenere la
(Fig. 25-b). posizione voluta anche durante il funzionamento. l<!~.nsioiJ.!}._di (or!ffl.JJ:u;_n_t_q
l
l
~· 41
40
l
iT':)dipende sia dallo spostamento iniz.iale della base del motore sia dalla lun- Poichè normalmente l'angolo a è abbastanza piccolo, se l'interasse i aumenta
~zza della cinghia. Con riferimento alla Fig. 27, la lunghezza totale della l di una quantità. éi, l'allungamento ll"L 0 della cinghia è dato con buona
approssimazione da:
cinghia è, prima del forzamento, pari a:
l:l.Lo =::: 26i cosa
2
Lo = 2dl (7r - 2a) + d2 (1r + 2a ) + 2 ;2-
• (d22- d21) -- e di conseguenza la tensione di forzamento, costante lungo tutta la cinghia,
2 vale:
= !!:.2 (d1 + d 2) + a(d2- d1 ) + V4i 2 - (d2- d1)2
. (2.24) To = llLoES =
2ES6i cosa
__ Lo Lo
~------ --
dove S rappresenta l'area della sezione della cinghia ed E il modulo di
elasticità. del materiale costituente la cinghia stessa.
Durante il funzionél,Il1ento, come si è già. avuto occasione di vedere, la
tensiòn"'enelfacrngh1a non è più costante; essa varia infatti lungo gli archi ai
scorrimento delle due PJJ.legge. e roantiene.._~~ori costanti, ma diy~i tra lo!:9.,_
lungo i due archi di aderenza e i due ramlJi.,h~ri. .
Per trovare una relazione esatta tra le tensioni esistenti durante il fun-
zionamento e quella presente in condizioni stati che occorre procedere_n.el modo
seguente: scritte le relazioni tra :·fi,T2 , 1'J* ed ~~~iste nel paragrafo 2.4, si
calcola if corrispondente allunga~t~--;.ç,_ d~~,ghi9- e lo si u~glia_~-­
valore di D.L 0 ricavabile .Q._alla (2.~1) ottene~do così la relazione voluta. Que-
st'u.itima è notevolmente complessa, per cui ad essà-sè~ne8;;5tTtUisce in pratica
Fig. 26 - Messa in tensione di una cinghia mediante un sistema a molla una semplificata espressa da:

(2.25) . T1 + T2
2
= 7ìo .l
che d 'altro canto fornisce risultati molto prossimi a quelli effettivi. Nel passare
dalle condizioni statiche a quelle dinamiche, in definitiva, ~~l9Jt§)j_l}~-­
ra.!J19_çr~g_~fi.gg_?J_y_alorv..L...mentre nell'altro diminuisce fino al valore T 2 ,
e la semisom~_quèstL@e2al.Q.:rLsi.:man.tknEU.~t~!!.~.i.:Ea~i ai val~-r~ della
tensione di forzamento iniziaJe. - ·---- .. ···· ·-· · --------·--- ·· ·--- ·
Nel' sisteillf a rullo teniHtore infine, la cinghia viene fatta passare su una
puleggia folle, detta appunto rullo tenditore, sottoposta all'azione di una molla
(Fig. 28-a) o di un pes~ (Fig. 28-b ). TI rullo tenditore opera sempre sul ramo
della cinghia sottoposto alla tensione minore T2 ; in questo modo, poichè
la tensione T2 deve rimanere costante per poter assicurare in -q~alunque
condizione di funzionamento l'equilibrio del rullo, all'aumentare della coppia
Fig. 27 - Grandezze geometriche caratteristiche di una trasmissione a cinghie C applicata sulla puleggia corrisponde unicamente un aumento dell<i. tensi~ne
T1 • Infatti, se si indica con d il diametro della puleggia, si ha:
Si ha inoltre: 2C
T1 =T2+ d
42 43

n valore di f2 è poi immediatamente ottenibile in base alla forza esercitata


dalla molla (FM) o dal peso (P). Se con Fp si indica la forza che la cinghia e (2.14), dopo avere posto r•
di scorrimento coincide con quello di avvolgimento. Se ci si riferisce alle (2.10)
= fJ1l (angolo di avvolgimento sulla puleggia
motrice), si ottiene per la potenza trasmessa dalla cinghia (trascurando le
esercita sulla puleggia del tenditore, si ha:
perdite per attrito nei supporti della puleggia) l'espressione:
(2.26) Fp

. Per un tenditore a molla è poi Fp


=2T sin%
2

= FM, mentre per un tenditore a gravità


r:; = c,w, = c, v l
\~ rl ~

con:
è (Fig. 28-b):

da cui si ricava:
a) W::::: (e1 f3 1 -l) V(T2 - qV 2 )

Se il forzamento della cinghia è ottenuto con un rullo tenditore, la ten-


sione T2 è costante e il suo valore è stabilito dalla geometria del tenditore
e dalla forza agente su di esso. Per un tenditore a molla ad esempio, si avrà
dalla (2.26):
FM
T2 = a-
2sin 2
per cui la potenza massima trasmissibile è:

(2.27) W= (eff3, - l) V (
2sm
~M a- - qV 2 )
b) 2
Fig. 28 - Messa in tensione con rullo tenditore: a molla (a) e a gravità (b) Se invece il forzamento è ottenuto variando la posizione della base mo-
tore, la tensione T2 varia durante il funzionamento. Si è visto ad esempio che
Accanto a questi schemi fondamentali esistono poi numerose altre realiz- nel sistema a base scorrevole le tensioni T1 e T 2 sono legate alla tensione di
zazioni costruttive utilizzate in pratica per la messa in tensione della cinghia, forzamento iniziale dalla relaz.ione (T1 + T 2 )j2 To. =
la cui descrizione esula tuttavia dagli scopi di questo volume. In questo caso allora la tensione T2 vale:

2T0 + qV 2 (ef"" -l)


T2 = ef"" +l
2.7- Potenza massima trasmissibile
e la potenza massima trasmissibile risulta:
In base a quanto esposto nei paragrafi precedenti è possibile ora de-
(2.28) W= 2(eff3,- l) V(1ì - V2)
terminare-quale è la ..mas.ill:P~z.a. trasmissihHe da u~ (eff3, + l) 0
q
cinghia-pule~. È chiaro innanzi tutto che la condi~on_e di massimg,_ po-
tenza trasmessa coin.dd~ con la condizio~i...scorrimento_gl.oh;Ye in quanto, a Dall'analisi delle (2.27) e (2.28) si osserva che la potenza massima tra-
p.a..illà di velocità angolare. si ottiene la..ma.s.sima..coppia.-p~u~~do-l'arco smissibile dapprima aumenta all'aumentare della velocità fino a quando, per
44
Nella regolazione stazionaria è. necessario arrestare il funzionamento
velocità. molto grandi, il termine guadratico non diventa preponderante con
della trasmissione per poter fissare meccanicamente il diametro medio della
conseguente diminuzione della potenza. TI massimo valore della massima po~
puleggia voluto, mentre nella regolazione continua le due facce della puleg-
tenza trasmissibile dal sistema cinghia-puleggia si ricava annullando la de-
gia sono caricate da una molla in modo che, variando il carico della molla,
rivata prima rispetto alla velocità. V della (2.27) o della (2.28). Si avrà.
le facce della puleggia si avvicinano o si allontanano tra loro aumentando o
pertanto dalla (2.27):
diminuendo così il raggio di avvolgimento della cinghia.
dW =O per
dV
V= .
6qsm
Q
2 -,
l
l
l
e dalla (2.28): l
dW
--o
dV -
per V= fTo
y-sq
l
l
l
l
l__
Come si può notare, la massima potenza trasmissibile è espressa, in l
presenza di rullo tenditore. da: l
l
l
l
. Q l
6qsm Z l
l
~-a..:~tJ
mentre in presenza di base motore scorreYole, essa è fornita da:
Fig. 29 - Trasmissione a rapporto di trasmissione variabile
4T0(ef.Bl- l) {i;
WMAX = 3(ef.Bl +l) vsq Nelle regolazioni stazionarie inoltre il rapporto tra le velocità può subire
in genere variazioni dell'ordine del 10% e fino al 30% mentre la potenza mas-
sima trasmissibile non supera di norma i 250 kW. Nelle trasmissioni continue
2.8 - Trasmissioni a rapporto di trasmissione variabile invece, pur se la massima potenza trasmissibile è solitamente minore, in ge-
nere fino a 20 kW, si ha la possibilità di variare il rapporto tra i raggi massimi
Le cinghie a V vengono spesso utilizzate per la trasmissione del moto e minimi su cui si avvolge la puleggia, e quindi il rapporto di trasmissione,
con rapporto .tra le velocità di ingresso e di uscita del moto stesso variabile entro un campo notevolmente più ampio, in genere compreso tra l e 3. Ciò
nel tempo. Esistono fondamentalmente due tipi di trasmissioni a velocità è realizzabile però solo usando cinghie a V particolarmente larghe; adottando
variabile, e precisamente le: cinghie a V di tipo standard infatti le variazioni del rapporto di trasmissione
non superano il 30% 'anche nel caso di regolazione continua.
- trasmissioni con regolazione stazionaria
e le
- trasmissioni con regolazione continua.
2.9 - Cabestani
Entrambi i tipi sono realizzati con l'ausilio di una cinghia a V e di una o
due pulegge le cui facce possono essere allontanate o avvicinate, consentendo
Nei cabestani (Fig. 30) una fune compie numerosi giri attorno a un tam-
così alla cinghia stessa di avvolgersi, a seconda delle condizioni di funziona-
buro al cui asse è applicata una coppia motrice Cm. Ai due estremi della
mento, su raggi di puleggia differenti (Fig. 29).
46 47

fune sono applicati da una parte il carico P da trainare e dall'altra la forza costanza del ra,pporto di trasmissione, una piccola tensione di forzamento con
di trazione f. È chiaro che la minima forza di trazione T da applicare per conseguente basso carico sui cuscinetti, minima manutenzione e possibilità di
far muovere il carico P si ottiene quando esistono condizioni di scorrimento trasmissione di potenze elevate; la velocità massima raggiungibile si aggira
attorno agli 80 m/s. Poichè queste cinghie non possono slittare sulle pulegge
d ., su cui si avvolgono, in caso di urti esse sono sottoposte, contrariamente agli
altri tipi di cinghie sino ad ora esaminati, all'intero carico d'urto.
l
l i

Fig. 30 - Schema di un cabestano


Fig. 31 - Cinghia a denti

globale del flessibile sul tamburo. Poichè l'angolo IJ* di scorrimento è pari a
Le cinghie dentate, inoltre, hanno un costo maggiore di quello delle altre
21rn, dove con n si indica il numero di giri della fune attorno al tamburo, si
cinghie e richiedono un migliore allineamento delle pulegge.
ha dalla (2.11 ):

mentre la coppia applicata all'asse del tamburo vale: 2.11 - Catene

Le catene costituiscono un componente meccanico sviluppato già nel-


l'antichità. I primi disegni di catena di tipo simile a quelle attuali sono,
comunque, quelli contenuti nel Codice Atlantico di Leonardo da Vinci.
2.10 - Trasmissione della potenza con cinghie dentate Le catene vengono usate per la trasmissione del moto in numerose ap-
plicazioni meccaniche ed i loro principali vantaggi consistono in: possibilità di
trasmettere il moto sia tra assi vicini sia tra assi distanti, compattezza e faci-
Lo scorrimento che si manifesta fra u~a cinghia e una puleggia impedisce
lità di installazione, flessibilità della trasmissione senza che peraltro vi siano
che questo tipo di trasmissione possa essere usato quando si vuole ottenere un
fenomeni di scorrimento, possibilità di funzionare entro un campo molto am-
rapporto di trasmissione costante. Per impedire lo scorrimento fra cinghia e
pio di temperature. Le varie catene usate per la trasmissione del moto possono
puleggia sono state sviluppate le cinghie dentate, le quali portano una serie di
essere suddivise in cinque tipi principali:
denti di gomma posti a ugual distanza tra loro lungo tutta la superficie interna
della cinghia (Fig. 31 ). La cinghia è formata da una serie di cavi metallici - catene ad anelli separabili;
immersi in un rivestimento di neoprene sul quale sono posti i denti, di solito - catene a perni;
dello stesso materiale. Le cinghie a denti offrono numerosi vantaggi, quali la
48 49

- catene a rulli,· n passo delle catene di questo tipo è in genere compreso fra 25 e 150 mm ed il
- catene silenziose; massimo sforzo di trazione ammissibile varia fra 15000 e 150000 N, anche se in
- catene a sfere. alcuni casi eccezionali sono state costruite catene a perni capaci di sopportare
carichi di trazione fino a 700000 N.
Le catene ad anelli separabili sono costituite da tanti anelli aventi l'a-
spetto indicato nella Fig. 32-a) che possono venire facilmente collegati o se-

!llll1
~ ·-~
parati tra loro. . . l .. -·-·

n passo di queste catene, ossia la distanza tra un anello ed Il successivo,


varia in genere tra i 20 e i 100 mm e la massima forza di trazione da esse
sopportata è normalmente compresa fra 3000 e 80000 N. La catena, formata ·-· ----
. ---
- · - ----
·-·
---
da tutti gli anelli collegati tra loro, si avvolge su due ruote a impronte come
è illustrato dalla Fig. 32-b).
Fig. 33 - Catene a perni
a) b)
Le catene a rulli costituiscono uno dei tipi di catene maggiormente dif-
fusi; il loro passo è compreso normalmente fra 5 e 75 mm e la massima forza
di trazio'le varia tra 4000 e 600000 N. Lo schema di queste catene è indicato
nella Fig. 34.

Fig. 32- Catene ad anelli separabili: (a) anello della catena; (b) schema della
trasmissione
Fig. 34 - Schema di catena a rulli
Le catene ad anelli separabili, anche se poco costose, sono però abba-
stanza rumorose durante il funzionamento, per cui il loro impiego è limitato a
Come si può rile~are dalla Fig. 34, un perno collega tra loro le piastrine
velocità non superiori a 2 m/se a potenze non superiori ai 20 kW. Esse sono
laterali, la boccola e il rullo; mentre però il perno è collegato alle piastrine
frequentemente usate in applicazioni agricole.
esterne in modo da non ruotare rispetto ad esse, la boccola è resa solidale alle
Le catene a perni sono usate per velocità e per carichi maggiori dei
piastrine interne. In questo modo l'unico strisciamento avviene tra il perno e
precedenti (rispettivamente fino a 3 m/se fino a 30 kW). Esse sono costituite
la boccola, ed il rullo è inoltre libero di ruotare attorno alla boccola stessa.
da anelli che portano solidalmente a una delle loro estremità un cilindro cavo
La velocità di queste catene è in media dell'ordine di 10-:- 15 mfs, ma
(Fig. 33) internamente al quale si dispone un perno che crea di conseguenza
il collegamento tra due anelli successivi. catene a passo piccolo possono funzionare fino a 50 mfs; la massima potenza
50 51

trasmissibile arriva in taluni.casi sino a 1200 kW. n rapporto di trasmissione 2.12 - Trasm~ssione del moto mediante catene
in genere non supera il valore di 1:7, mentre la distanza fra gli assi delle ruote
su cui le catene si avvolgono è di solito compresa fra 30 e 80 volte il passo. Nella trasmissione del moto mediante catene, analogamente a quanto
avviene nelle cinghie, la catena si avvolge su due ruote, solidali agli assi tra
Le catene silenziose (Fig. 35) sono catene usate per la trasmissione del cui viene trasmesso il moto, ma in questo caso le ruote portano lungo la
moto ad alta velocità, quali ad esempio il comando degli alberi a camme degli loro circonferenza una serie di denti nei quali vanno ad impegnarsi gli anelli
autoveicoli. La velocità da esse normalmente raggiunta è di circa 25-;- 30 m/s della catena. Affinchè la trasmissione del moto avvenga in forma corretta, la
con una potenza trasmessa fino a 1200 kW, anche se in alcuni casi si sono superficie attiva degli anelli della catena ed i denti della ruota debbono ne-
usate catene silenziose per trasmettere potenze dell'ordine di 2000 kW. cessariamente essere due profili coniugati, ossia nel moto relativo della catena
rispetto alla ruota il dente della ruota stessa deve costituire l'inviluppo delle
successive posizioni assunte dalla superficie attiva dell'anello della catena. n
numero di denti della ruota varia entro limiti molto ampi: in genere esso è
compreso tra un minimo di 17 ed un ma(>simo di 125, ma esistono applicazioni
nelle quali il numero di denti è solo 6 e altre in cui si arriva fino a 250. li
numero di denti z è ovviamente legato al raggio primitivo R della ruota
(raggio lungo il quale si dispongono i centri degli anelli della catena) e al passo
p della catena. Con riferimento alla Fig. 36 si ha infatti:

(2.29) p= 2Rsin ~
z
Inoltre si ha che il rapporto tra i raggi r e R delle circonferenze
tangenti alle rette di minima e di massima distanza della catena dall'asse
Fig. 35 - Catena silenziosa della ruota dentata vale:
(2.30) rjR = COS71'jz
La catena è costituita da una serie di piastrine la cui superficie di la-
voro è rettilinea; le piastrine sono poi collegate tra loro mediante perni che si
impegnano in sedi circolari in esse ricavate.
Le catene a sfere sono usate in numerose applicazioni a bassa velocità (o
addirittura a comando manuale) nelle quali la coppia da trasmettere è molto
piccola. In queste circostanze le.. catene a sfere offrono una grande flessibi-
lità; esse possono infatti essere utilizzate per la trasmissione del moto fra assi
non paralleli, oppure quando si debba far seguire alla catena un particolare
percorso. La massima velocità raggiungibile è, per una catena lubrificata, va-
'i p
riabile tra 0,2 e 0,8 mjs, mentre la tensione massima dipende dalle dimensioni

e
l_)------
:.--- l
delle sfere. Per una sfera di 5 mm di diametro, la massima tensione è di circa
350 N.
e~
Fig. 36 - Relazione tra passo, raggio primitivo e numero di denti di una catena
52 53

Indicando con t:..tp l'intervallo di tempo necessario affinchè la ruota Le componenti di queste velocità lungo la direzione del ramo libero della
dentata avanzi di un angolo corrispondente a un passo, risulta quindi: catena, Vc 1 e Vc 2 , debbono essere uguali, per cui:

l::..tp = 271'/z
w

dove w è la velocità angolare della ruota dentata. Poichè questo tempo deve n rapporto di trasmis~ione istantaneo vale quindi:
essere lo stesso per entrambe le ruote su cui si avvolge la catena, ne risulta: w2 R1 cos a:1 01H 1
r--- ----
- w1 - R2cosa:2 - 02H2
l::..tp = 271'/Zl = 27l'/Z2
wl w2
Con riferimento alla Fig. 37a, si può anche notare che: 0 1 Hd0 2 H 2 =
da cui si ottiene per il rapporto di trasmissione medio l'espressione: = CO!/C02. Come si può ora osservare nella Fig. 37b, il punto C si
W2 Z1
sposta fra due posizioni estreme C' e C" individuate rispettivamente dalle
(2.31) Tm =- =- tangenti alle circonferenze di raggi R 1 e r 2 , e di raggi r 1 e R 2 •
wl Z2
n rapporto dì trasmissione minimo è quindi (ricordando la (2.30)):
n rapporto
di trasmissione istantaneo di una catena non è costante,
ma oscilla fra un minimo è un massimo attorno al valore medio ora indicato.

mentre il rapporto dì trasmissione massimo è:

01C' R1 R1
Tmax= -==- =
02C' r2 R2 cos 7!' / z2

Di conseguenza, l'irregolarità periodica della trasmissione a catena è:

é = Tmax - Tmin = l_ Tmin = l_ COS !:._ COS !:._


~~ ~~ ~ ~

b) Tenuto conto che:


cosa: == l - a: 2/2
-.--:-.: .: . -:.:. ::: =~--
c' l'irregolarità periodica diventa, approssimativamente:

(2.32)
-
Fig. 37 - Schema cinematico di una trasmissione a catena
dove Tm è il rapporto di trasmissione medio espresso dalla (2.31).

Dalla (2.32) si può osservare che l'irregolarità periodica E:, a parità di


Si consideri infatti la trasmissione a catena illustrata schematicamente
rapporto di trasmissione medio Tm, diventa tanto più grande quanto minore
nella Fig. 37; le velocità Vp 1 e Vp 2 dei perni ddle catene che si impegnano
è il numero di denti zl> che, pertanto, non può essere scelto troppo piccolo
con le due ruote dentate valgono (in modulo): per evitare eccessive accelerazioni alterne della catena.
Vp1 = w1R1 Le forze che agiscono in una trasmissione a catena sono:
Vp2 = W2R2 - forza trasmessa dalle ruote dentate

3. JACAZIO-PIOMBO - La trasmissione del moto


54 55

- tensione dovuta a forza centrifuga catena a rulli illustrata nella Fig. 39: l'anello A della catena ha il rullo R 1
- tensione dovuta al peso proprio impegnato nella ruota dentata, mentre il rullo R 2 è ancora libero. Durante
tensione dovuta ali 'irregolarità periodica la successiva rotazione della ruota dentata il rullo R2 si avvicina alla ruota
- forza dovuta agli urti fra perni e ruote dentate. stessa, e poichè esso è parte integrante dell'anello A, il suo moto relativo
La forza trasmessa dalle ruote dentate dipende dalle coppie motrice e rispetto alla ruota dentata consiste in una rotazione attorno al centro di R1 •
resistente e dal raggio delle ruote dentate su cui si avvolge la catena. Se R1
è il raggio primitivo della ruota dentata motrice e C1 è la coppia motrice, la
forza minima trasmessa dal motore è (ovviamente sul ramo teso della catena):
F= c1
R1
A questa forza si somma una tensione causata dall'irregolarità periodica
che provoca forze di inerzia nella catena. L'accelerazione media della catena
vale:
Vmax- Vmin
am = l::,. t
dove f::,.t è il tempo necessario affinchè la catena avanzi di mezzo passo ed è
quindi:

L'accelerazione media è quindi:


Vmin Vmax ~ Z1wiR1
am = Vmax-
Vmax
· --
f::,.t 7r
1rR1wi (l
= c - - - = ---
2.:;1
+ Tm2)
La tensione dovuta alle forze centrifughe contribuisce ad un incremento Fig. 39 - Urto al contatto tra catena e ruota
Te delle forze agenti nella catena pari a (Fig. 38):
Si ha quindi che il rullo R 2 urta la ruota dentata con una velocità il cui
2Tcsin i= Fc modulo vale V,. = wp, dove p è il passo della catena, dato dalla (2.29) e
pertanto sarà:
T. _ Fc
c- 2sina/2
=
Vr 2wRsin~
z
dove Fc è la forza centrifuga di un perno Come si può notare quindi, la velocità d'urto è tanto maggiore quanto
e di due mezze maglie. maggiore è la velocità della catena e quanto minore è il numero dei denti della
La tensione della catena dovuta al ruota. Per ridurre l'entità degli urti vengono usate le catene silenziose, già
peso proprio è generalmente trascurabile, in precedenza descritte, le quali, a causa della loro particolare realizzazione,
mentre possono essere rilevanti le forze toccano i denti della ruota con una piccola velocità.
che nascono negli urti fra i perni della Oltre alla perdita di energia dovuta agli urti ora descritti, è presente
catena e le ruote dentate sulle quali la nelle catene una seconda causa di dissipazione di energia imputabile alle per-
catena si avvolge. dite per attrito causate dalla rotazione relativa fra gli anelli della catena
Fig. 38 - Forza centrifuga in una ca-
Si consideri infatti la ruota con la tena quando questa si avvolge sulla ruota.
Per completare la descrizione della trasmissione mediante catene resta
unicamente da determinare il valore della lunghezza della catena. Indicando
j
l
56 l 57
l'
con i la distanza fra gli assi delle due ruote, con z1 e z2 il loro numero di La massima coppia trasmissibile dagli alberi flessibili dipende sia dalle
denti e con p il passo, la lunghezza totale L della catena è ottenibile dalla dimensioni dell'albero, sia dal suo raggio di curvatura. Ad esempio, per un
seguente relazione approssimata: albero di 8 mm di diametro in cui la coppia massima trasmissibile è di 2,8 Nm
con un raggio di curvatura di 150 mm, la coppia massima è di 5,8 Nm con un
L 2i + Z! Z2 ( Z2 - )2
Z! raggio di curvatura di 650 mm.
p=p + - 2 - + _,_4..::.11",_(,....ij""'"'p"-)
2
La velocità periferica V degli alberi flessibili è sempre piccola e nor-
malmente non supera i 2,5 m/s; di conseguenza se si indica con d il diametro
Durante il funzionamento la catena si usura e di conseguenza la sua
dell'albero flessibile, la massima velocità angolare n, espressa in giri al mi-
lunghezza totale aumenta leggermente. Ciò costituisce un notevole inconve-
nuto, è data da:
niente, soprattutto nei casi in cui la catena è soggetta a carichi variabili. Per 60 Vmax
evitare l'aumento degli urti e delle perdite di energia connesse con l!-na catena n=---
lrd
allentata, le trasmissioni ·a catena posseggono sistemi per la messa in tensione Per un albero di 8 mm di diametro si trova di conseguenza una velocità di
abbastanza simili a quelli delle cinghie. In generale la messa in tensione della rotazione massima pari a circa 6000 giri/min.
catena si ottiene spostando la base del motore (operazione che va ovviamente
più volte ripetuta durante la vita della catena) o mediante l'applicazione di
un rullino tenditore.

2.13 - Alberi flessibili

Gli alberi flessibili costituiscono un mezzo economico per trasmettere il


moto tra assi non paralleli quando le potenze in gioco non sono troppo elevate.
Oltre alla loro economicità gli alberi flessibili riducono in maniera sensibile il
rumore. Esistono fondamentalmente due tipi di alberi flessibili:
a) alberi per la trasmissione di potenza;
b) alberi di controllo.
Gli alberi flessibili sono costituiti da uno o più strati (fino a 12) di filo
di acciaio avvolto a elica attorno a un cavo flessibile centrale (Fig. 40), e sono
rivestiti da un~ guaina flessibile.

Fig. 40 - Schema di albero flessibile con vista in sezione degli attacchi


l
\

3. INGRANAGGI

.X/3.1 - Le ruote dentate

Le ruote dentate realizzano la trasmissione del moto tra assi paralleli,


concorrenti e sghembi mantenendo una ben definita correlazione tra la rota-
zione angolare dell'albero motore e quella dell'albero condotto. Nelle applica-
zioni tecniche l'uso della trasmissione del moto mediante ruote dentate risulta
particolarmente vantaggioso, e a volte indispensabile, quando:
a) si deve contenere il valore dell'interasse;
b) si deve mantenere costante il valore del rapporto di trasmissione;
c) si deve trasmettere una. coppia di grande intensità;
d) si deve ottenere una forte riduzione di velocità entro uno spazio limitato.
Le ruote dentate sono costituite da solidi strutturati in modo da poter
ruotare attorno a un asse e sono dotate, sulla periferia, di salienti sagomati in
modo opportuno, detti denti, atti a trascinare in movimento i denti di un'altra
ruota dentata.
ll meccanismo costituito da due ruote dentate che possono vicendevol-
mente trasmettersi un moto rotatorio è chiamato ingranaggio.

7- 3.2 - Trasmissione del moto mediante ruote di attrito


l
Si considerino due ruote che ruotano attorno a due assi paralleli passanti
per i centri 0 1 e 0 2 delle due ruote e che vengono a contatto in un punto
C (Fig. 41). Se le due ruote sono premute l'una contro l'altra da una forza
normale FN e la forza FT trasmessa in direzione tangenziale fra le due ruote
è tale per cui FT $ faFN, dove fa è il coefficiente di aderenza fra le ruote,
60
i
f. 61
si ha fra le due ruote un moto relativo di rotolamento senza strisciamento in
cui C è il centro di istantanea rotazione.

C, y
.... k
FN
02
o...,
o
....
...u
~ :.a
.."'
:;
o
.::...,
o :g"
-~ ·c; v"'....
>"' 3 ...,o
o
~
o s
-~
. .5
Fig. 41 - Trasmissione del moto mediante ruote di attrito >
·o.....
o
u
...,<Il
Q
Poichè in queste condizioni la velocità relativa in C è nulla, le velocità
"'
periferiche delle due ruote debbono essere uguali e, di conseguenza, indicando "s <Il

con w1 e w2 le velocità angolari delle due ruote, risulta: o


oa
v B
Tra le due ruote si ha il rapporto di trasmissione: " Q
<Il <Il
Q s
-~
., .~...,
(2.33)
w2
r=-=-
r1
·-s ·.:...,.,
. wl r2
Kl .,
Poichè i raggi delle due ruote sono costanti, il rapporto di trasmissione si ...,....
:.a "'.,
N
Q
mantiene costante nel tempo ed è indipendente sia dalla posizione angolare <Il

delle ruote che dal valore della potenza trasmessa. Ciò vale fino a che si
·o. ...,o
mantengono le condizioni di aderenza, ossia fino a quando le coppie SlJgli assi .,s
<Il Q
<Il
!:il s
delle due ruote sono:
C1 =:; faFNrl N
"<l'
{
C2 =:; faFNr2 bÒ
i;;:
Le ruote di attrito quindi, pur presentando il vantaggio della costanza
del rapporto di trasmissione, non sono adatte alla trasmissione di potenze
oltre un certo limite. Le ruote dentate, invece, sono realizzate in modo da tra-
smettere la potenza meccanica mediante l'azione di forze normali scambiate
62 63

fra i denti realizzando tuttavia una trasmissione del moto cinematicamente Se si vuole clie il rapporto di trasmissione r si mantenga costante occorre
identica a quella delle ruote di attrito, come verrà descritto nel successivo quindi che tale si mantenga anche il rapporto 0 1C /02C, e di conseguenza
paragrafo. che il punto C, intersezione della normale comune delle superfici a contatto
La trasmissione del moto mediante corpi in moto relativo di rotolamento con la congiungente dei punti 01 e 02, si mantenga in una posizione fissa.
senza strisciamento viene utilizzata nella pratica soprattutto per realizzare
dispositivi a rapporto di trasmissione variabile con continuità. Nella Fig. 42
sono illustrati tre esempi di variatori continui di velocità, in cui il rapporto di
trasmissione
w2 r1
r=-=-
wl r2
può essere variato fra un minimo e un massimo modificando il rapporto rdr2.

~.3- Trasmissione del moto mediante ruote dentate

Poichè n~lla trasmissione del moto mediante ruote dentate si vuole che
il rapporto di trasmissione si mantenga costante in ogni condizione di funzio::.. "'
namento, è necessario che i denti delle due ruote che vengono a contatto tra
loro soddisfino ad alcune particolari condizioni, condizioni che verranno qui
di seguito esaminate.
Se si schematizza una coppia di denti di due ruote dentate rappresen-
tandola con due corpi sagomati a contatto in un punto P (Fig. 43) solidali Fig. 43 - Trasmissione del moto mediante due profili coniugati
a due bracci ruotanti attorno agli assi (1) e (2) e si indicano con w1 e w2
i moduli delle velocità angolari degli assi medesimi, le velocità dei punti dei Per ottenere la costanza del rapporto di trasmissione si può in generale
due denti a contatto in P valgono: scegliere arbitrariamente il profilo di uno dei denti e determinare di conse-
V1 =w1·01P guenza il profilo dell'altro in modo che sia soddisfatta la condizione prima
{ v2 = w2 ·02P esposta, mentre è ovvio che se i profili di entrambi i denti vengono scelti a
caso la legge del moto da essi realizzata sarà in genere irregolare con rapporto
Poichè durante il funzionamento i due corpi debbono rimanere a contatto, le di trasmissione continuamente variabile.
componenti delle velocità VI e v2 secondo la normale comune di contatto Ritornando ora al caso della Fig. 43, si può osservare che se il punto
debbono essere uguali, ossia, con riferimentoalla Fig. 43, deve essere: C mantiene invariata la sua posizione durante la rotazione dei due corpi,
i successivi punti P di contatto fra i corpi stessi si spostano lungo una
linea, detta linea di contatto, che nel caso più comune di denti con profilo a
Da ciò si ottiene: evolvente di circonferenza è una retta coincidente con la normale comune ai
V2
-=
w2 . o;;; =cos-a1-
v! w1 . 0 1P cos a2 due denti. Poichè la forza scambiata tra i due corpi è, in assenza di attrito,
anch'essa diretta secondo la normale comune alle due superfici a contatto, la
Pertanto il rapporto di trasmissione r vale:
linea di contatto è anche chiamata, nel caso di denti con profilo ad evolvente di
circonferenza, retta di pressione, e l'angolo 'IJ da essa formato con la normale
alla congiungente i centri 0 1 e 0 2 prende il nome di angolo di pressione.
64
65
Si è visto in precedenza che il rapporto di trasmissione r =w2 /w 1 = La velocità di strisciamento Vr è quindi, a conferma di quanto in precedenza
0 1C f0 2C è costante se la posizione del punto C rimane invariata. Di affermato, sempre diversa da zero ad eccezione dell'istante in cui P coincide
conseguenza la trasmissione del moto tra i due corpi è, dal punto di vista
con C ed il suo valore è tanto maggiore quanto maggiore è la distanza del
cinematico, identica a quella che si avrebbe tra due circonferenze di raggi
punto di contatto P dal centro di istantanea rotazione del moto relativo.
r1 = =
0 1C e r 2 0 2C, con centri in 0 1 e 0 2 , ruotanti a velocità angolari Poichè la potenza P.ersa per attrito tra i due corpi a contatto è proporzionale
w1 e w 2, e tangenti tra loro nel punto C. Queste due circonferenze ideali
alla velocità relativa, si comprende, in base alle considerazioni sopra. esposte,
prendono il nome di circonferenze primitive; il punto C risulta essere il centro
l'opportunità di realizzare il contatto tra. i due profili coniugati in un intorno
di istantanea rotazione nel moto relativo tra le due primitive mentre i profili limitato del punto C.
dei due corpi che vengono a contatto sono profili coniugati nel moto relativo
tra i corpi stessi.

/\ 3.4 - Profili dei denti

Come si è avuto modo di osservare, i profili dei denti debbono essere


realizzati secondo forme opportune in modo da. poter assicurare la. trasmissione
del moto fra le due ruote secondo la. legge voluta. La presentazione di una
teoria. corretta. sul profilo dei denti venne fornita. per la. prima. volta. nel 1674
dall'astronomo danese Ola.f Roemer, il quale propose fra. l'altro l'adozione dei
denti a. profilo cicloidale. Questo tipo di dente, largamente usato in passato,
è ora limitato ad alcune particolari applicazioni, mentre il profilo di dente
universalmente diffuso è quello a evolvente di circonferenza, proposto per la
prima volta nel 1695 dal francese Philippe de Lahaire.
Fig. 44 - Circonferenze primitive del moto La ragione principale della diffusione dei denti con profilo a evolvente
di circonferenza risiede nella grande semplicità di lavorazione della superficie
del dente stesso in confronto alla complessità della lavorazione di un dente
Si può ancora osservare che la trasmissione del moto tra due ruote den-
cicloidale. La. migliore lavorazione rende inoltre possibile una maggiore ac-
tate è equivalente, dal punto di vista cinematico, a quella di due ruote di
curatezza delle dimensioni del dente e si traduce in definitiva in un miglior
attrito aventi come raggi i raggi delle circonferenze primitive delle due ruote
dentate. funzionamento della trasmissione.
Si definisce evolvente di una circonferenza la curva piana generata dal
Anche se la velocità relativa nel punto di contatto C tra le due primitive
punto p di u~a retta (detta generatrice), tangente ad una circonferenza
è nulla, nel punto generico P di contatto tra i due profili coniugati la ~elodtà
relativa è in genere diversa da zero. Essa. vale infatti: (detta circonferenza fondamentale), quando la retta rotola senza strisciare
sulla cir.conferenza stessa (Fig. 45). L'evolvente di una circonferenza può anche
essere pensata come la curva descritta dall'estremo di una fune quando questa
viene svolta da un rullo sul quale era arrotolata. Poichè in un istante generico
e, nel caso della Fig. 43, si avrà: il punto p che descrive l'evolvente ruota attorno al punto Q, la traiettoria di
p in quell'istante risulta perpendicolare al segmento PQ; pertanto l'evolvente
Vr = w2 · P02 sin et2 - wl · P01 sin 0'1 = possiede in un punto generico P una tangente t perpendicolare alla retta
= w2 · PH2- w1 · PH1 = PC(w1 +w2) passante per P e tangente a sua volta .alla circonferenza fondamentale.
Assumendo un sistema di coordinate polari avente origine in O e asse
66 67

di riferimento coincidente con OH si può scrivere l'equazione rappresentativa moto tra le due ruote avvenga con rapporto dtJr.asmissione _çg_s.tante. Inoltre
dell'evolvente osservando che: le due circonferenze di centri 0 1 e 0 2 e passanti per C rappresentano,
come si è avuto modo di esaminare nei paragrafi precedenti, le due primitive
del moto e c è il centro di istantanea rotazione nel moto relativo di una
rispetto all'altra.

e che: PQ =HQ= r r1 (si pensi


infatti a come viene generata l'evol-
vente), per cui:

Eliminando l'angolo r dalle due


equazioni ora scritte si ottiene di
conseguenza la relazione cercata, re-
lazione espressa da: Fig. 45 - Generazione dell'evolvente

~ =J(~ r- l - arctg J(~ r- l

Si considerino ora due evolventi a contatto in un punto P (Fig. 46); Fig. 46 - Trasmissione del moto mediante due evolventi di circonferenza
è evidente che nel punto P le tangenti alle due curve devono necessaria-
mente essere coincidenti. D'altra parte la tangente ad una evolvente è sempre L'angolo ~ formato tra la ·normale ad 0102 e la tangente alle circon-
perpendicolare alla retta generatrice la quale a sua volta è tangente alla cir- ferenze fondamentali è l'angolo di pressione, mentre la tangente comune alle
conferenza fondamentale. Pertanto, essendo comune alle due evolventi la loro circonferenze fondamentali altro non è che la retta di pressione. Dall'esame
tangente nel punto di contatto, la normale comune in P alle evolventi stesse della Fig. 46 si ottengono immediatamente le relazioni esistenti tra i raggi
deve essere tangente a entrambe le circonferenze fondamentali. Se ora la cir- fondamentali r1 e i raggi primitivi r delle due ruote; si ha infatti:
conferenza fondamentale (l) e la sua evolvente ruotano nel verso indicato,
l'evolvente della ruota (2) sarà ruotata di conseguenza, e il nuovo punto di
contatto P' sarà di nuovo un punto per il quale le tangenti alle due evolventi (2.34)
coincideranno tra loro. Poichè ciò avviene al solito quando la normale comune
alle due evolventi è tangente alle due circonferenze fondamentali, si ricava in n rapporto di trasmissione 1' fra le due ruote è dato da:
definitiva che il punto P di contatto tra le due evolventi si sposta durante
la rotazione lungo la retta tangente alle due circonferenze fondamentali. Que- (2.35) T = w2 = r1 = rh
w1 r2 rh
sta retta, che è in ogni istante la normale ai due profili a contatto, interseca
quindi la congiungente 0 10 2 dei centri delle due ruote in un punto C la Come si può notare il rapporto di trasmissione risulta determinato una volta
cui posizione è fissa nel tempo. Questa condizione è necessaria e sufficiente che si siano fissati i valori dei raggi delle circonferenze fondamentali, e proprio
come già si è visto all'inizio di questo capitolo, affinchè la trasmissione del da ciò nasce una importante proprietà delle dentature a evolvente. Per esse
\
68
infatti il rapporto di trasmissione non varia al variare della distanza fra gli assi
delle ruote. Si considerino infatti (Fig. 47) le due circonferenze fondamentali
<
3.5 - Caratteristiche generali degli ingr:_anaggi
69

aventi centro nei punti 0 1 e 0 2 • Se 02 si sposta nel punto indicato con 02 Come prima detto, un ingranaggio è un meccanismo costituito da due
i punti di contatto tra le evolventi delle due circonferenze apparterranno alla ruote dentate che possono vicendevolmente trasmettersi un moto rotatorio.
In un ingranaggio, la ruota dentata che abbia numero di denti minore
dell'altra è chiamata.pignone; mentre quella con. numero di denti maggiore è
chiamata semplicemente ruota (Fig. 48).

Fig. 47 - Allontanamento dei centri delle circonferenze fondamentali


Fig. 48 - Definizione di pignone e ruota
nuova tangente comune alle circonferenze fondamentali, la quale a sua volta
intersecherà in C' la congiungente 0 10 2 • Anche in tal caso però il rapporto TI rapporto fra il numero di denti della ruota e quello del pignone è
di trasmissione risulta espresso da: chiamato rapporto d'ingranamento. La trasmissione del moto può avvenire fra
assi coplanari (paralleli o concorrenti), nel qual caso si parla, rispettivamente,
di ingranaggi paralleli o concorrenti; la trasmissione può anche essere realizzata
fra assi sghembi, mediante ingranaggi sghembi (Fig. 49).
Come si può facilmente comprendere, questa proprietà delle ruote dentate Assi paralleli Assi concorrenti
a evolvente di ~irconferenza assume una notevole importanza in quanto la
Assi sghembi

trasmissione del moto avviene correttamente e nel modo voluto anche se gli
assi delle ruote stesse subiscono durante il funzionamento piccoli scostamenti
dalla loro posizione iniziale.
Ciononostante, ogni ruota dentata viene costruita e dimensionata fa-
cendo riferimento a una circonferenza primitiva nominale che rappresenta in
sostanza la effettiva circonferenza primitiva della ruota stessa quando la tra-
smissione funziona nelle condizioni di progetto.

Fig. 49 - Posizione relativa fra gli assi delle ruote dentate


70
71
Si chiama interasse di funzionamento la minima distanza tra gli assi
delle ruote 'di un ingranaggio parallelo o sghembo.
Si chiama angolo fra gli assi l'angolo (minore di 180°) necessario per
portare l'asse della ruota di un ingranaggio parallelo (nel caso di ingranaggi
sghembi) o coincidente (nel caso di ingranaggi concorrenti) con l'asse dell'altra
ruota, in modo che i sensi di rotazione delle ruote siano opposti.
In un ingranaggio, ogni dente di una ruota trascina in movimento un
dente della ruota a contatto, e quindi il numero di denti dell'una e dell'altra o
ruota che passano davanti ad un riferimento fisso nello stesso tempo è identico.
Si ha quindi:

e il rapporto di trasmissione è:
W2 ZJ
(2.36) T=-=-
WJ Z2

ossia è l'inverso del rapporto di ingranamento. Confrontando le (2.35) e (2.36)


si ha pure che:

(2.37) IJ = 7'j, = ZJ
r2 rh Z2
Fig. 50 - Velocità angolari in ingranaggi con assi concorrenti
n moto delle ruote è completamente definito se vengono assegnati i valori
assoluti (cioè i moduli) delle velocità. angolaTi, la posizione degli assi ed i sensi
di rotazione; tutte queste quantità sono riassunte dall'espressione dei vettori
velocità angolare c.J1 ed c.J 2 • Si intende che la rotazione avvenga in senso
antiorario attorno ali 'asse del vettore w disposto lungo l 'asse della ruota.
Nel caso in cui gli assi sono coplanari, il moto relativo istantaneo è una
rotazione rappresentata dal vettore wr della velocità angolare relativa del
pignone l rispetto alla ruota 2, che è dato dal risultante dei vettori c.J 1 e -c.J2

nvettore wr pa.ssa per il punto di intersezione degli assi coplanari


concorrenti (Fig. 50) ed è parallelo agli assi delle due ruote nel caso di assi
paralleli (Fig. 51).
La figura 50 caratterizza. ingranaggi concorrenti; per questi ingranaggi
:*
l

:
--l:r
l
l.

' l

l
.,, .1- ., ..r -.. .,:-. ,
...... l .........
a

le primitive delle ruote sono coniche; i coni hanno semiaperture angolari pari
l,
{ .. ...,:\
~

agli angoli primitivi di funzionamento ç 1 e ç 2 • \, l l


L'angolo fra gli assi vale:
a) b)
(2.38)
Fig. 51 - Velocità angolari per ingranaggi interni ed esterni
73
72
L'asse di istantanea rotazione è disposto secondo la retta tangente co- Nel caso in cui il moto relativo è elicoidale istantaneo, si portano ad essere
mune ai due coni e il moto di una ruota rispetto all'altra corrisponde al roto- tangenti fra di loro due superfici di riferimento.
lamento senza strisciamento di un cono primitivo sull'altro.
n rapporto di ingranamento vale:
w1 sin ({>2
A_3.6- Contatti fra i denti
(2.39) u=-=-.-- '1
w2 sm<p1
Le superfici a evolvente dei denti delle ruote dentate sono superfici co- ;.
n caso in cui gli assi delle ruote sono paralleli può essere inteso come caso niugate. Nei punti di contatto la velocità relativa (velocità di strisciamento) è Ì·
limite di quelli in cui gli assi sono incidenti, quando il punto di incidenza O tangente alle superfici e perpendicolare alla normale comune di contatto. Le
si allontana all'infinito. superfici coniugate possono essere generate per inviluppo.
Nelle Figg. 51a e 51b sono rappresentati rispettivamente i casi in cui Una volta definito il moto generatore (per esempio assegnando le pri-
i versi delle rotazioni delle ruote sono concordi o discordi in un ingranaggio mitive del moto), e definita anche la superficie attiva di un dente solidale ad
parallelo. Se il rapporto di ingranamento è costante, i raggi r1 ed r2 sono una delle ruote, la superficie coniugata del dente a contat.to viene costruità
costanti, rappresentando le distanze fra i vettori paralleli · wr ed w1 e, geometricamente come inviluppo della superficie del dente della prima r~ota _;
rispettivamente, Wr ed w2. nel moto relativo alla seconda. ·
Essendo a l'interasse delle ruote, si ha, nel caso della Fig. 51a: ·--·
Neì caso ora descritto, se cioè i denti coniugati si inviluppano reciproca-
mente nel moto relativo, i denti si toccano lungo unaJinea di contatto_, detta :
(2.40) anche caratteristica. --·--· ·- -
e nel caso della Fig. 51b: La linea caratteristica può-essere determinata, istante per istante, sull~
superficie attiva di, un dente, congiungendo tutti i punti di contatto di tale
(2.41) superficie che hanno, nel moto relativo rispetto al dente coniugato, velocità
tangenti alla superficie attiva stessa.
Nel caso di un ingranaggio ad assi paralleli le superfici primitive sono
cilindri e l'asse di istantanea rotazione è disposto secondo la retta tangente Per esempio, nel caso degli ingranaggi con assi coplanari, in cui il moto
relativo è costituito da una rotazione istantanea, la caratteristica di una super-
comune ai due cilindri primitivi. ·
Nel caso della Fig. 51a (versi di rotazione concordi delle due ruote) i ficie in ogni istante è la linea che si ottiene congiungendo i punti della superficie
cilindri primitivi sono uno interno all'altro (ingranaggi interni); nel caso di stessa per cui le normali alla superficie intersecano l'asse della rotazione istan-
tanea. Superfici coniugate possono anche essere generate, per inviluppo, da
figura 51b (versi di rotazione discordi delle due ruote) i cilindri primitivi sono '·
un~ terza superficie, detta ausiliaria, coniugata con entrambe in due separati
esterni l 'uno ali 'altro (ingranaggi esterni).
n moto di una ruota rispetto all'altra corrisponde al rotolamento senza moti relativi. n moto" della superficie ausiliaria è equivalente a quello della
strisciamento di un cilindro primitivo sull'altro. superficie, supposta di spessore infinitesimo, del dente di una ideale ruota
Nel caso degli ingranaggi sghembi, il moto relativo istantaneo non è ausiliaria, capace di ingranare contemporaneamente con entrambe le ruote
rotatorio ma elicoidale. Non esiste più alcun luogo di punti in cui, istante dell'ingranaggio durante il moto definito dalle primitive di tali ruote. n moto
per istante, le velocità locali corrispondenti al moto dell'una e dell'altra ruota delle ruote ausiliarie, relativo all'uno ed all'altra delle ruote dell'ingranaggio,
sono uguali, in cui cioè la velocità relativa è nulla. In questo caso, le primitive è definito da una primitiva ad essa solidale.
cinematiche non presentano più un pratico interesse. Si possono invece ancora Costruendo una serie di ruote dentate diverse mediante una stessa ruota
definire superfici di riferimento (cilindriche, coniche o tori che). ausiliaria, è così possibile creare un assortimento di ruote tutte in grado di in-
Nel caso in cui il moto relativo sia di rotazione istantanea (rotolamento granare fra di loro. Per la generazione mediante taglio dal pieno dei denti delle
su cilindri o coni), le primitive di funzionamento sono tangénti fra di loro. ruote, la superficie ausiliaria può essere sostituita da utensili i cui taglienti ne
74 75

descrivono il contorno nelle posizioni assunte durante il moto generatore. in corri~ponden~a a tale linea limite esso presenta una singolarità, in quanto la
Nella Fig. 52 sono riportate le successive-posizioni assunte da una ruota superficie del dente della ruota del cui asse la linea limite è proiezione presenta
che viene intagliata da un utensile la cui superficie primitiva è un piano che un raggio principale di curvatura uguale a zero. Linee di contatto, linee limite
trasla. La superficie ausiliaria, solidale al piano che trasla, è costituita da una e superficie di azione sono definite nella Fig. 53.
sagoma a denti rettilinei.

- Linea di contatto
Superficie di azione

Fig. 52- Successive fasi dell'intaglio di una ruota da parte di una dentiera utensile

n contatto fra i denti generati è lineare se le linee caratteristiche della


superficie ausiliaria nel moto di inviluppo delle superfici dei denti dell'una e
dell'altra ruota sono le stesse in ogni istante. Ciò è sempre vero quando il moto
relativo è un moto di rotazione istantanea (caso delle ruote con assi coplanari );
il luogo, sulla superficie ausiliaria, delle tracce delle normali alla superficie
stessa passanti per l'asse della rotazione istantanea relativa costituisce la linea
che, istante per istante, è comune alle superfici dei denti in presa idealmente
generati dalla interposta superficie ausiliaria (supposta di spessore nullo) per
Fig. 53 - Definizione di linee di contatto, linee limite e superficie di azione
inviluppo contemporaneo.
n contatto fra i denti generati è puntiforme se le caratteristiche tracciate
in ogni istante sulla superficie ausiliaria, durante il moto di contemporanea I denti di ciascuna ruota sono delimitati da due superfici attive, ciascuna
generazione dei denti dell'ingranaggio, sono diverse. In tal caso, il punto di in grado di coniugarsi con la superficie analoga dei denti dell'altra ruota del-
l'ingranaggio. Esistono quindi per ogni ingranaggio due superfici di azione
contatto è determinato dall'incrocio delle linee caratteristiche. Questo caso
lungo delle linee di conta.tto dell'uno e dell'altro fianco dei denti. Le superfici
si verifica quando si effettua mediante una superficie ausiliaria la generazione
dei denti di ingranaggi ad assi sghembi. d'azione si riducono a linee d'azione nel caso in cui il contatto sia puntiforme.
Si ha ancora contatto lineare, anche se gli assi delle ruote sono sghembi, . (L'insieme dei denti di una ruota dentata viene definito dentatura. La
quando i denti a contatto sono generati per inviluppo diretto della superficie
di un dente nel moto relativo al dente coniugato. n luogo dei punti descritti
dalle linee di contatto durante il moto assoluto delle ruote si dice superficie
lldentatura è delimitata da due superfici coassiali con la ruota, che si distin-
guono in ~upe:fi~ie di te~ta o di troncatura, contenente la sommità dei denti,
e superficze dz pzede o dz fondo, tangente al fondo dei vani, cioè degli spazi
compresi fra due denti finiti.
d'azione.
Proiettando ortogonalmente gli assi delle due ruote sulla superficie di l! Le ruote la cui superficie di testa è esterna a quella di piede sono ruote
azione si ottengono le linee limiti d'azione; quando il contatto fra i denti giunge }. esterne; quelle in cui avviene il contrario sono ruote interne. La zona d'ingra-
77
76
Negli ingranaggi sghembi le dentature sono sempre costruite attorno a.
namento è costituita. dalle parti delle superfici d'azione, o delle linee d'azione
superfici di riferimento assai differenti dalle primitive cinematiche (che sono
se il contatto è puntiforme, comprese fra. le superfici di testa. delle due ruote
iperboloidi ad una. falda.); a. seconda. dei casi si hanno superfici di riferimento
dell'ingranaggio. cilindriche, coniche o toriche.
L 'angolo di azione è l'angolo di rotazione di una. ruota. attorno al suo
asse, per cui due stesse superfici coniugate permangono in contatto. Tutte le
,\ grandezze ora. definite sono riportate nella. Fig. 54.
\ 3. 7 - Caratteristiche geometriche dei denti

Le superfici di tronca.tura. e di fondo sono definite, per ruote aventi


superficie di riferimento cilindrica., da. cilindri aventi un diametro di troncatura
da e un diametro di fondo d1 (Fig. 55); per ruote con superficie di riferimento
conica., da coni aventi un angolo di troncatura éa ed un angolo di fondo é1 .

\
_J-- - - -
--- -1
'
\
Diametro
dì troncatura \
Fig. 55 - Definizione delle dimensioni di un dente
Fig. 54 - Definizioni generali di una dentatura

L'altezza del dente, h, è la somma della distanza a fra superficie di


Tutti gli ingranaggi coplanari (con primitive cilindriche o coniche) hanno riferimento e superficie di troncatura (detta addendum), e della distanza d
superfici d'azione che intersecano le loro primitive secondo l'asse tangente fra superficie di riferimento e superficie di fondo (detta. dedendum). Tali valori
comune alle primitive a. contatto. Le tracce delle superfici omologhe di due sono costanti per le ruote cilindriche, variabili nelle ruote coniche, ove sono
denti successivi di una ruota. sono spaziate di un passo. TI passo può essere normalmente proporzionali alla distanza dal vertice del cono misurata lungo
misurato angolarmente, oppure linearmente, secondo varie direzioni. Dato che una generatrice.
in uno stesso tempo passano davanti ad un riferimento fisso lo stesso numero Per le ruote con superficie di riferimento conica si definisce un angolo di
di denti dell'una e dell'altra ruota di un ingranaggio, il passo di due ruote addendum 72 0 e un angolo di dedendum 72a, dati da:
ingrananti misurato lungo una linea d'azione è sempre uguale.
(2 .4 2) {72a=8a-8
Negli ingranaggi coplanari, le dentature sono costruite attorno alle su- ,Jd = 8- 8,
perfici primitive di riferimento (primitive nominali).
79
78
tracce delle facce di estremità della dentatura sul piano assiale.
dove 6 è l'angolo di semiapertura del cono di riferimento.
n passo tiasversale . p è la lunghezza d_' arco compresa fra i fianchi omo-
I denti sono delimitati da due fianchi che ne costituiscono le superfici
loghi di denti contigui misurata lungo la traccia, sulla superficie di riferimento,
comprese fra la superficie di troncatura e quella di fondo. Le tracce di un
di-una.S;,l!Perficie normale a quest'ultima, e contenente i profili trasversali.
fianco di dente su un piano sono profili del dente.
Si ha:
Si dice profilo trasversale la se-
zione di un fianco con una superficie (2.43)
perpendicolare alle generatrici della su-
perficie di riferimento (vedi Fig. 56), dove d è il diametro della superficie di riferimento.
profilo norma!~ la sezione di un fianco n passo normale Pn è la lunghezza d'arco, misurata sulla superficie di
con un piano perpendicolare alla linea riferimento normalmente alle varie linee dei fianchi che sono trp.cciate durante
del fianco; profilo assiale la sezione di l'avanzamento di un passo, e compresa fra i fianchi omologhi di denti contigui.
un fianco con un piano passante per Si ha:
l 'asse della ruota.
Gli angoli compresi fra la ROr-
male ad un profilo nel punto di inter- n passo assiale P.r è la distanza fra le intersezioni di due profili assiali contigui
sezione con la superficie di riferimento con la superficie di riferimento.
ed il piano tangente per lo stesso punto Si definisce modulo il rapporto:
Fig. 56 - Profili di un dente
alla superficie di riferimento, si dicono
(2.44) m=p/7r=d/z
angoli di pressione (rispettivamente trasversale '!9, normale '!9n, assiale '!9.,).
Si dice fianco in addendum (o in dedendum) la porzione del fianco com- fra il passo trasversale p e la costante 71'. Analogamente si hanno un modulo
presa fra la superficie di troncatura (o di fondo) e la superficie di riferimento; si normale mn = Pn/11' e un modulo assiale m.,= p.,j1r.
dice fianco attivo la porzione del fianco lungo la quale si verificano i contatti Denti ideali potrebbero essere costruiti con uguale spaziatura fra spes-
coi fianchi dei denti di una ruota coniugata; fianco utilizzabile tutta quella sore di dente e di vano. Pur cercando di avvicinarsi a tali condizioni, i denti
porzione di fianco che è in grado di assumere le funzioni di fianco attivo. La effettivi presentano un leggero gioco che tiene conto delle inesattezze nel pro-
superficie curva compresa fra il fianco utilizzabile e la superficie di fondo si cesso di lavorazione ed evita che si possano creare delle tensioni elastiche
dice raccordo. abnormi. n gioco fra i denti deve però essere il più possibile limitato per
Si dice spessore trasversale s 1 (Fig. 55) di un dente la lunghezza d'arco evitare urti all'istante dell'entrata in contatto.
compresa fra i due fianchi che delimitano il dente, misurata normalmente alla Si chiama gioco trasversale j 1 la distanza d'arco sulla sezione trasver-
traccia delle superfici dei denti sulla superficie di riferimento. sale della s.uperficie di riferimento, misurata sulla traccia della superficie di
Si dice vano trasversale e:, la distanza d'arco, misurata analogamente, riferimento e valutata per un dente che ha un proprio fianco in presa col dente
fra i fianchi opposti di due denti contigui. della ruota coniugata, compresa fra il fianco opposto dello stesso dente ed il
Si chiamano spessore normale sn e vano normale en le lunghezze profilo di tale fianco considerato tangente al dente contrapposto della ruota
d'arco, comprese rispettivamente fra i fianchi opposti di denti contigui, misu- coniugata (vedi Fig. 57). Tale misura viene fatta allorchè i contatti ideali sui
rate sulle superfici di riferimento normalmente alle varie linee dei fianchi che due fian~hi dei denti sono compresi nella zona d'azione. .
sono tracciate durante lo spostamento del dente di un passo. n gioco normale in è misurato analogamente a j 1 , ma in una sezione
La larghezza di dentatura b corrisponde alla lunghezza della fascia contenente i profili normali dei denti.
dentata misurata in una sezione assiale della ruota, ed è la distanza che separa n gioco di fondo c è la distanza minima fra le sommità di un dente di
i punti intersezione della linea del fianco della superficie di un dente con le una ruota ed il fondo del vano del dente coniugato.
80 81
Per definire le dimensioni del dente si usano talvolta anche altre misure, ~ 3.8 - Ruote dentate cilindriche esterne a dènti diritti
uali quelle della corda s (si tratta della corda sottesa all'arco corrisponden~e
~lo ~orda
spessore del vano sulla superficie di riferimento), e l'altezza.sulla ha
È questo il caso più semplice di applicazione di ruote dentate alla tra-
che è la distanza, misurata lungo la mezzeria del dente, fra la linea di corda e
smissione del moto. In esso ciascun dente di ogni ruota è costituito da due
la sommità del dente (vedi Fig. 57).
profili a evolvente simmetrici; la forza scambiata tra i denti viene trasmessa
da uno o dall'altro dei due profili a seconda del verso di rotazione delle ruote
e a seconda che esse siano motrici o condotte.

Fig. 57 - Caratteristiche costruttive di un dente

n raggio di curvatura di un dente in un punto generico è chiamato p;


raggi di curvatura degli spigoli sulla sommità del dente sono chiamati Pa, ed
i raggi di raccordo sul fondo dei denti P!· .
Lo spessore di sommità sa dei denti è proporzionato sempre m modo da
essere superiore al valore minimo compatibile con la resistenza del.ma:eriale:
Negli ingranaggi occorre che vi sia almeno sempre una~c.o~p1a d1 denti
in presa al fine di garantire la continuità del moto. Per tale,rag10ne l'altezza
del dente non può essere troppo piccola; parimenti questa non può superare
un certo limite, altrimenti si verificano fenomeni di interferenza fra le ruote
dentate (che verranno trattati successivamente). Fig. 58 - Grandezze geometriche caratteristiche di due ruote dentate cilindriche con
profilo a evolvente
Sovente i denti delle ruote dentate hanno l'addendum pari al modulo
normale (uguale a quello trasversale nelle ruote a denti diritti) e il de~end~~
pari ai 5/4 del modulo normale. In totale, quindi, l'altezza d'el dente e pan ai Negli ingranaggi cilindrici a denti diritti inoltre, il contatto tra i denti
9/4 del modulo. Questo tipo di proporzionamento del dente e detto modulare. Y delle ruote avviene in modo simultaneo lungo tutta una generatrice dei denti
/\
1 stessi in quanto tutte le sezioni delle ruote ottenute con piani perpendicolari
agli assi sono uguali tra loro. Si consideri pertanto (Fig. 58) una sezione
generica di un accoppiamento tra due ruote dentate: in essa i punti A e B
di inizio e fine contatto tra i denti sono determinati dalle intersezioni delle due
troncature t 1 e t 2 con la retta dei contatti ! 1 ! 2 e la lunghezza del segmento
dei contatti è pertanto esprimibile in funzione delle grandezze geometriche
82
83
delle due ruote; si ha infatti: dalla prima alla seconda posizione tutti i punti del dente hanno ruotato dello
stesso angolo, per cui si ha:

MO';C=RG;S
dove le lunghezze dei segmenti AI2 e Bh valgono rispettivamente:
e pertanto tra gli archi MC e RS sussisterà la relazione:

Se si introducono ora i valori dei raggi primitivi, i corrispondenti valori dei


raggi delle troncature sono forniti da: r 1, = r 2 + a 2 e r 1, = r 1 + all dove
a 2 e a 1 rappresentano gli addenda, mentre i raggi fondamentali, indicando
con t9 l'angolo di pressione, sono esprimibili mediante le:· rh = r 1 cost9 e -~-""=-..:._------
--......... -----
r12 = r 2 cos 19. Effettuando le dovute sostituzioni si ottiene pertanto: '""-

(l + ;;. r- '"''"'
cos2 t9 \
( 1 + ;: )
2
cos2 tJ
l \
-
\
e di conseguenza la lunghezza del segmento dei contatti vale:

Fig. 59- Relazione geometrica tra arco d'azione e segmento dei contatti

Per ruote dentate realizzate con proporzionamento modulare si ha: a 1 =a2 = D'altra parte, per le proprietà dell'evolvente si ha:
m, r 1 = mzr/2, r2 = mz2/2, per cui si ricava in definitiva:
AC=RS

AB ~; [ '' (l+ ~)' - coo' 6+ per cui si ottien~ in definitiva:

(2.45)

+,, (l+;,)'-='.-,,,+ ,,)&••] L'arco MC costituisce l'arco d'azione in accesso. Una espressione
identica alla precedente si ricava per il tratto dell'arco d'azione in recesso, per
Si consideri ora (Fig. 59) il profilo del dente nella posizione corri- cui la lunghezza complessiva e dell'arco d'azione vale:
spondente all'inizio deli 'ingranamento (contatto nel punto A) e nella posizione
AB
corrispondente a quella per cui il contatto si verifica nel punto C: passando (2.46) e=--
cos tJ
84 85

Di conseguenza il numero di denti contemporaneamente in presa è dato da:


*01
e AB AB j\
z ------- ' \
p - p - p cos t? - P!
l \---
' \
dove con p e con P! si sono indicati rispettivamente il passo misurato sulla l \
circonferenza primitiva e quello misurato sulla circonferenza fondamentale. ' .:7 \
La velocità di strisciamento tra i due profili a contatto, quando que- ~
sto avviene nel punto generico P, è data, come si è già avuto modo di j \
' \
osservare, da: l \
l
espressione che può anche essere ricavata ricordando che il moto relativo di
una ruota rispetto all'altra è rappresentato da una rotazione attorno al punto
C con velocità angolare pari a w 1 + w2.
Quando il raggio primitivo r 2 della ruota maggiore aumenta, il rap-
porto di trasmissione diminuisce, il punto 12 di tangenza fra la retta d'azione
e la circonferenza fondamentale si allontana da C (Fig. 58) e corrispondente-
mente il profilo a evolvente del dente tende a diventare sempr!;'! più rettilineo.
Fig. 60 - Ingranamento tra rocchetto e dentiera
Al limite, per r 2 ..... oo, il valore del rapporto di trasmissione si annulla e
il profilo del dente diviene esattamente rettilineo. La ruota dentata limite
così ottenuta è detta dentiera (Fig. 60) mentre la ruota ad essa accoppiata
costituisce il rocchetto; la dentiera si muove di moto traslatorio ed i suoi denti
vengono dimensionati secondo· norme modulari identiche a quelle usate per
tutte le altre ruote dentate.
r2
Affinchè l'ingranamento fra due ruote dentate possa realizzarsi in
(1)
(2)
modo corretto è necessario che il contatto avvenga unicamente lungo il profilo
a evolvente dei loro denti. Può però verificarsi il caso, quando ad esempio l'ad-
dendum di una delle ruote è troppo.grande, di contatto tra la punta del dente l
di una ruota e la parte del dente dell'altra ruota interna alla circonferenza fon- -----~-·-·-·
l
damentale, @§.O questo che corrisponderebbe ad avere una compenetrazione l
tra i denti delle due ruote, ossia adaVe;e una interferenza tra le ruote mede- l
-si;-m-e-.--;::C..,.io.--a-cc_a_d..-e""'i.-n_p_r_a--:t'ic_a_q_u_a_n_d.-o-a..-lm-en_o_u_n_a_d.-e"ll;:-e-;~-se-z-io_n_i_A_eB_ r,
tra le troncature t 1 e t 2 delle due ruote dentate e la retta di pressione cade
esternamente al segmento ! 1 ! 2 (Fig. 61). Dalla Fig. 61 si può chiaramente
osservare che se le due ruote dentate hanno lo stesso addendum il fenomeno
della interferenza si verifica per primo all'intersezione tra la troncatura della
ruota di diametro maggiore e la retta dei contatti. Per evitare il manifestarsi
della interferenza è dunque necessario che l'addendum assuma un_:ya}g~
da far cadere il punto A internamente al segmento ~.
Fig. 61 -Interferenza nel punto A fra due ruote dentate esterne

4. JACAZIO-PIOMBO - La trasmissione del moto


86 87
J
•l
Si consideri allora il caso limite in cui A ::: h; per determinare il ! di conseguenza, come si vedrà più avanti, ad un notevole aumento della forza
valore dell'addendum corrispondente a questa condizione al limite dell'interfe- ! scambiata fra i denti a parità di coppia motrice, aumento evidentemente dan-
renza conviene applicare il teorema di Carnot al triangolo 01 02h, ottenendo noso per quanto riguarda lo stato di sollecitazione all'interno dei denti stessi.
di conseguenza la relazione: Se in una trasmissione con ruote dentate cilindriche esterne a denti
diritti non è possibile realizzare la ruota di diametro minore dotandola di un
021[ = 010~ + 011'f- 2 · 01h · 0102 · cos 19 numero di denti maggiore di Zmin si ricorre a un proporzionamento diverso
D'altra parte si ha: da quello modulare originando così una dentatura corretta (o a cerchi spostati).
-- mz1
01C = r1 = -2-
--
02C= r2 = -mz2
2
-
-- mz 1
01Ir =rh= 2 cos19
--
0211 = r2 + a = -mz2
2
- +a
Pertanto, introducendo il rapporto di trasmissione T = ri/r 2 , si ricava in
definitiva che per evitare l'interferenza l'addendum a deve soddisfare alla
condizione: l

!:.
m- 2
<z 1
[ _!_
T2
+ (1 + ~) sin 19- ..!.]
T
2
T
"':

Se la ruota dentata è costruita secondo norme modulari l'addendum è pari


al modulo e pertanto, sempre per evitare l 'interferenza, la ruota di diametro
minore deve possedere un numero di denti z 1 maggiore di un valore limite
Zmin dato da:

2
Zmin = -r========-- =
l ( + -2) sm. 19 - -l
-T2 + l
T
2
T
(2.47)

2[1 + Vl+ + sin 19)


(2T T2)
2
Fig. 62- Correzione delle ruote dentate per evitare l'interferenza
= (2 + T) sin 2 19
Esaminando la (2.47) si può osservare che il valore del numero di denti minimo Nelle dentature corrette l'addendum della ruota di diametro maggiore viene
per evitare l'interferenza cresce al diminuire sia dell'angolo di pressione 19 sia diminuito della quantità necessaria ad evitare l'interferenza; inoltre, poichè
del rapporto di trasmissione Ti al limite, per T = O (ingranamento tra questa operazione comporta collateralmente una diminuzione della lunghezza
rocchetto e dentiera) Zmin è dato da: dell'arco di accesso, si aumenta l'addendum della ruota di diametro minore
in modo da aumentare la lunghezza dell'arco di recesso e mantenere così inal-
2
(Zmin)r:O =~
sm u
terato il valore della lunghezza complessiva dell'arco di ingranamento. Esiste
ciononostante un limite a tali condizioni, limite individuato dal massimo va-
Va però osservato che l'aumentare il valore dell'angolo di pressione 19, an- lore ammissibile dell'addendum della ruota di diametro minore senza che si
che se permette di diminuire il minimo numero di denti ammissibile, porta manifesti l'interferenza non più all'inizio della fase di accesso, bensì al ter-
88 l
;i 89
mine della fase di recesso. La Fig. 62 illustra per l'appunto la correzione da l Ed introducendo il valore di F prima. ricavato si ottiene:
apportare alle due ruote dentate per evitare l'interferenza: la troncatura t 2 ,
tracciata secondo le norme modulari, intersecherebbe in A, ossia esterna-
l
mente al segmento Iti2 , la retta di pressione, provocando così interferenza
fra i denti delle due ruote nella fase di accesso. Per ovviare a questo incon-
veniente la troncatura t 2 della ruota 2 deve intersecare la retta di pressione
in un punto A' interno al segmento I1 I2 (in figura è rappresentato il caso
limite di coincidenza tra i punti A' e Il); contemporaneamente la tronca-
tura t 1 della ruota l viene spostata verso l'esterno di una quantità 6 pari a
quella corrispondente allo spostamento di t 2 verso l'interno. Di conseguenza
il punto B di intersezione tra t~ e la retta di pressione si avvicina al punto
I 2 ed è quindi ovvio che per evitare interferenza nella fase di recesso lo spo-
stamento delle troncature può essere effettuato solo fino a quando il punto B'
non viene a coincidere con h·
Risulta d'altro canto evidente che l'allontanamento della troncatura
dal cerchio fondamentale può portare ai casi limiti di denti estremamente
appuntiti o dotati addirittura di profili tra loro incidenti e che pertanto la
correzione dell'addendum deve essere necessariamente accompagnata da una.
correzione della grossezza del dente, correzione che viene effettuata. (Fig. 62) Fig. 63 - Forze scambiate tra i denti di due ruote dentate cilindriche esterne a denti
allontanando i profili della ruota di diametro minore ed avvicinando quelli diritti in assenza di attrito
della ruota di diametro maggiore di una stessa quantità e, in modo da
ovviare all'inconveniente prima esposto e mantenere nel contempo la somma Poichè il rapporto di trasmissione r tra. le due ruote dentate è pari a. w2 fw 1 =
degli spessori dei due denti costante e pari (a parte l'eventuale gioco) al passo. zd z2 si ha. di conseguenza.:
Per concludere l'esame della. trasmissione del moto mediante ruote
dentate cilindriche a denti diritti non resta che considerare la. trasmissione
della. potenza. fra. gli assi delle due ruote.
Indicando con W 1 la. potenza. entrante nella. trasmissione attraverso La. potenza. uscente dali 'albero 2 in assenza. di perdite è ovviamente uguale a.
l'albero motore l (Fig. 63), la. coppia. alla. quale è soggetta. la. ruota. l risulta. quella. entrante nell'albero 1:
essere: 0 1 = W 1 fw 1 • In assenza. di attrito la. forza. f che le due ruote dentate
si scambiano è diretta., come si è già avuto modo di osservare, secondo la retta
di pressione, per cui, dall'equilibrio alla. rotazione della. ruota. motrice l in
condizioni di regime si ha.:

/ \ 3.9 - Perdite di potenza negli ingranaggi cilindrici esterni a denti


diritti
Analogamente per la. ruota condotta. 2 si avrà:
Le perdite di potenza. meccanica in un ingranaggio sono costituite da.
cinque tipi principali:
C2 =F · rh = Fr2 cos .,J = -Fmz2
2
- cos .,J
a.) perdite causate dallo strisciamento dei denti a contatto;
90
91
b) perdite dovute all'imperfetto rotolamento dei profili su un sottile strato
elastoidrodinamico di lubrificante prodotto dall'azione dei denti durante ad esso accoJlpiato. Dall'equazione di equilibrio alla rotazione della ruota l
attorno al punto 0 1 si ha:
l 'ingranamento;
c) perdite nei supporti;
d) perdite per effetto ventilante;
e) perdite causate dai piccoli urti che si sviluppano fra due denti che vengono D'altra parte la forza tangenziale FT è pari a "t FN, essendo f il coefficiente
a contatto in presenza di giochi o di errori di intaglio dei denti. di attrito, per cui: ·
Per ciò che riguarda le perdite causate dallo strisciamento dei denti a
contatto, si deve considerare che la forza scambiata fra i denti possiede due (2.48)
componenti: una normale alla superficie del dente e una ad essa tangenziale
ed avente inoltre la direzione della velocità relativa tra i due denti. La velocità Sulla ruota 2 agiscono la coppia resistente C2 e le 'forze F,Z. e FJ..,
uguali e opposte a FT e FN, che il dente della ruota (l) esercita su quello
della ruota (2). Scrivendo ora una equazione di equilibrio alla rotazione della
ruota (2) attorno al punto 0 2 si ha:

da cui si ricava:

(2.49)

Eguagliando ora le (2.48) e (2.49) si ottiene:

c2 r2cost9-f(r2sint9+x)
cl= rlcost9-f(rlsint9-x)
Fig. 64 - Forze scambiate tra i denti di due ruote dentate cilindriche esterne a denti
diritti in presenza di attrito da cui si ricava l'espressione del rendimento:

relativa V,. del dente della ruota 2 rispetto a quello della ruota l nel punto
c~edlcontatto?--è- e-;pressa, come8lfgià visto-;- da:----- l - f (tg t9 + ~)
(2.50) TJ
W2 C2w2
= -W-1 = -C-1w-1 = -----;(,..------'
1- f
'---+)-
r cos v
_x-
tg t9 -
2

Vr = (w2- wl) 1\ (P- C) r1 cos t9

ll rendimento TJ è ovviamente pari a l se f = O, ma è anche pari a l per


ed il suo modulo vale:
x = O, ossia quando il punto di contatto tra i due profili coincide col centro
Vr = (w2 +wl) ·x di istantanea rotazione nel moto relativo: solo in questa condizione infatti la
dove x rappresenta la distanza del punto P dal punto C. Si consideri ora velocità di strisciamento relativa tra i due profili a contatto è nulla.
la ruota 1: supponendo per semplicità che nell'accoppiamento in esame vi sia L'espressione del rendimento sopra ricavata è valida durante la fase di
una sola coppia di denti in presa, sulla ruota l agiscono la coppia e le cl accesso, quando cioè il punto P è interno al segmento I 1 C; durante la fase
forze FN e FT che il dente della ruota 2 trasmette al dente della ruota l di recesso, ossia quando il punto P è interno al segmento CI 2 , bisogna
tener presente che la velocità relativa, e quindi la forza tangenziale, sono di
i
l
i
92
!
93
"
verso opposto rispetto al caso precedente. Seguendo un ragionamento analogo costituito da una ruota dentata interna e da una ruota dentata esterna, di
a quello ora esposto, si ricava per il valore del rendimento nella fase di recesso diametro minore.
l 'espressione:

1+/ (tg{}-~)
r2 cos v
(2.51)
fJ = l +f (tg{} + ~)
r 1 cos v

espressione strutturalmente identica a quella ricavata per la fase di accesso.


Si può tuttavia osservare che, a parità di distanza del punto di contatto
fra i denti dal punto di contatto C fra le primitive, il rendimento della
trasmissione in fase di recesso è leggermente superiore a quello in fase di
accesso.
Le espressioni del rendimento medio durante l'ingranamento dipendono
dalla lunghezza del segmento dei contatti. Indicando con la e lr le lunghezze
del segmento dei contatti in fase di accesso e di recesso, si ha la seguente
espressione del rendimento medio di un ingranaggio, in base alle sole perdite
di attrito:

(/a+ lr)- ftg{}(la -lr)- f(l~ + t;)/2r2cos{}


(2.52)
fJm = (la+ lr)- ftg{}(la -lr) + f(l~ + I;}/2rx cos{}
Questa relazione può essere semplificata con qualche approssimazione otte-
nendo la formula di Poncelet:

Fig. 65- Trasmissione del moto mediante ruote dentate interne; c1 , circonferenza
(2.53) di troncatura; cJ, circonferenza di fondo; cp, circonferenza primitiva; p,
passo; i, interasse; {}, angolo di pressione
Le perdite per attrito costituiscono la parte principale delle perdite in
un ingranaggio a denti diritti a bassa velocità sottoposto a un carico elevato.
Per ruote interne l'ampiezza del segmento dei contatti è evidentemente
Ad elevate velocità le perdite causate dagli urti -e le perdite di rotolamento
sempre determinata dalle intersezioni delle due circonferenze di troncatura con
acquistano una importanza predominante, soprattutto se i carichi non sono
la retta d'azione, anche se in questo caso (Fig. 66), a differenza di -quanto si
rrìol t o al ti.
verifica per ruote esterne, i punti di tangenza h. e ! 2 della retta d'azione con
le circonferenze fondamentali si trovano dalla stessa parte rispetto al punto di
\ contatto C fra le circonferenze primitive. Per tale ragione, ricordando quanto
(\ 3.10 - Ruote dentate cilindriche interne a denti diritti si è esposto nel paragrafo precedente circa il fenomeno dell'interferenza, si è
in grado di affermare che in una coppia di ruote dentate interne può esistere
Le ruote dentate cilindriche interne, del tutto simili a quelle esterne, interferenza solo nella fase di accesso, mentre nella fase di recesso il contatto
si differenziano da queste in quanto i profili dei denti si presentano in esse tra i denti delle due ruote risulta sempre corretto qualunque sia la dimensione
concavi anzichè convessi. La Fig. 65 illustra un ingranaggip interno, che è della troncatura del pignone. Ciononostante, a parità di valori delle grandezze
94
95
geometriche caratteristiche dell'accoppiamento, il minimo numero di denti
n rendimento di un ingranaggio interno, considerando le sole perdite
ammissibile onde evitare interferenza risulta maggiore per le ruote interne
di attrito, è esprimibile mediante la formula di _Po11celet (2.53), leggermente
rispetto a quello delle corrispondenti ruote esterne in quanto nel primo caso il
modificata:
punto di intersezione A (Fig. 66) è più vicino al punto limite h di quanto
non lo sia nel secondo. (2.54) 1J
m-
111 11(Z2+J2)
-1-----
2 r1 r2
f
_a _ _
la + lr
r

~: 3.11 - Ruote dentate cilindriche a denti elicoidali


·,,

Quando si trasmette il moto sfruttando accoppiamenti costituiti da


ruote dentate cilindrich_e~a;.,_<lentL diritti, si osserva che, og_!!L9J.tal:volta ini-
zi~-~- termin!'L il C()n~atto tra una ~.Op.Ria di_4enti, si origina un _:rnutame!lto-
~lla distrih_uzio~e del carico fra tutte le C()ppie _di denti in presa: Poichè tale
va.riazjone avviene in modo estremamente_.rap!do, soprattutto qu~J:!dg_~i-~l_l.o
rJlev_a:n.Ji i_ giochi frai__dellt1 è chiaro ~~~t 9-ur~Ùte il funzionamento delhi. -Ùa-
smissione, l'accoppiamento diventa fonte .di~rumori e di vibrazioni di sensibile
eP.tità. Per ridurre questi fenomeni è dunque ne<;essario che le variazioni della
distribl}.zione del carico fra i denti in presa avvengano in forma graduale e non
repentina.

\ Un primo modo per attenuare queste


variazioni istantanee del carico sui denti in
presa si realizza adottando ruote dentate a
denti diritti a scalini (Fig. 67). In esse il
dente viene suddiviso, nel senso della lun-
Fig. 66- Segmento dei contatti per una coppia di ruote dentate interne ghezza, in n parti, che vengono a loro volta
ruotate l'una rispetto all'altra di una quan-
Per determinare il numero minimo di denti necessario a evitare l'inter- tità pari a p/n, ove con p si è indicato
ferenza in una coppia di ruote dentate interne è sufficiente seguire un procedi- il passo della dentatura originaria. Così fa-
mento analogo a quello esposto nel caso di ruote dentate esterne nel paragrafo cendo, oltre ad avere sempre un numero mag-
- 3.8, considerando la condizione in cui il punto A coincide con il punto limite giore di denti in presa, si riducono notevol-
h (Fig. 66). Si perverrà pertanto alla relazione: mente le variazioni di carico sui denti du-
rante la fase di contatto ed in effetti le ruote
dentate a scalini offrono un funzionamento Fig. 67 - Realizzazione di ruo--
ta dentata a scalini
più silenzioso di quello realizzabile dalle ruote
dentate a denti diritti.
Ciononostante. le __r~u_o_t~ dentate a s~a}ini_ tr_ovano poco riscontro nelle
relazione che fornisce il valore del numero minimo di denti ammissibile per il
pignone. applic~zioni tecniche; nella pratica infatti hanno grand~ -diffusione-le" ruote"
dentate elicoidali ad assi paralleli_ (Fig. 68), c~ e da quelle a scalini derivano
96 97
quando si facciano tendere ad infinito le n suddivisioni del dente nel senso della su;erficie del dent<:_~<:onJl.cilindr_Ò fon_d~ment<1liu:isult~di_coi!:seguenza
della sua. lunghezza.. Infatti, se si ruotano di una quantità infinitesima. una ri- e;sere~i.:n'elica~con fndlnazfòne sull'asse della. ruota pari a /3. È _Qr.a~d'al­
spetto a.ll'altra.le infinite sezioni del- tro ca.ntòevidente che l'inters~~ione della superficie -del den~on il cilindro
la ruota si ottiene una superficie eli- prl!!J.lt!Y?, pur essendo-s~mpre- r~ppresent~ta. d~ un'~lica, possiede un angolo
coidale del dente della ruota mede- di inclinazione rispe~to all'asse della ruota diverso da f3 in quanto il ra,ggig
sima. Analizzando ora la ruota da del cilindro primitivo è maggiore di quello del cilindro fondamentale. Infatti,
un punto di vista geometrico, si può indicando con Pe il passo assiale dell'elica, passo che mantiene evidentemente
considerare l,a _supe.rfìcie __ elicoidale inalterato il suo valore sia p~r l 'elica individuata dal cilindro fondamentale,
del dente, dente che in ogni sezione
perpencÌicol~~e _a.ll'asse della ruota.
mantiene la sua forma ad evolvente.
-
_di circonferenza, generata. non più_
d~ una _!'~~ta._-R~iailel_g,_~I.:.asse_ della
rl!ota. giacente su un piano genera-

~D
tore IT 9 che rotola senza strisciare
sul cilindro fonda.mentale.(Fig. 69a.),
bensì da una retta giacente nello
stesso piano ma inclina.ta..dLun certo_ l. P, .l
a!lg()lO f3 risp~tto all'asse della..mo- Fig. 68 - Ingranaggio elicoidale: a) ruota
ta. stessa (Fig. 69b ). L'intersezione motrice; b) ruota condotta
Fig. 70 - Relazione fra gli angoli di inclinazione dell'elica sul cilindro fondamentale
(/3) e su quello primitivo (a)

di raggio r1 , sia per quella individuata dal cilindro primitivo di raggio 1·, si
deve avere (Fig. 70):
2ir1' = Pe tg a
{
2ir 1'j = Pe tg /3
da cui:
tg f3 = _j_ tg a
1'

1'

e da cui in definitiva, ricordando che r1 = 1· cos {) ove con {) si indichi il


valore dell'angolo di pressione, si ottiene:

(2.55) tg /3 = tg a- . cos {)
Si noti inoltre che, essendo i denti delle due ruote dentate generati da una
Fig. 69 - Generazione dei denti con profilo ad evolvente di una ruota dentata a denti stessa retta solidale al piano generatore TI 9 nel suo moto di rotolamento senza
diritti (a) e a denti elicoidali (b) · strisciamento sui due cilindri fondamentali, le eliche dei denti di due ingranaggi
elicoidali ad assi paralleli hanno uguale angolo di inclinazione ma. versi di
98 99
avvolgimento opposti; così, ad esempio, se l'elica di una ruota è destrorsa, zione col pian~ primitivo n è data dal segmento SQ inclinato dell'angolo
l'elica dell'altra risulta sinistrorsa (si veda a questo proposito la Fig. 68). Q rispetto a SP. Tenendo presente che l'angolo compreso fra i piani n e
Anche per le ruote dentate elicoidali, così come per quelle a denti diritti, n9 è pari all'angolo di pressione tJ, si ottiene:
al tendere del raggio della ruota a infinito, si ottiene una ruota dentata limite,
detta ancora dentiera, i cui denti sono inclinati dell'angolo Q sul piano pri-
=
P R S P · tg {3 ·
{ PQ=SP·tgQ
mitivo. La Fig. 71 illustra chiaramente quali siano le grandezze fondamentali
caratteristiche della dentiera di una dentatura elicoidale ad evolvente di cir- Essendo inoltre:
conferenza. In essa il piano primitivo è rappresentato dal piano n, mentre PR = PQcos{}
si ottiene in definitiva la relazione:
tg {3 = tg a· · cos tJ
relazione del tutto identica. alla (2 .55), che peraltro era. stata ricavata mediante
altre considerazioni di cara.ttere geometrico.
Le relazioni esistenti tra. passo, raggio e numero dei denti della ruota
sono uguali a quelle già viste per le ruote denta.te a denti diritti. Si avrà
pertanto, con la simbologia sin qui adottata:
pz1 = 2;r r 1
p:::2 = 2;r 7'2
W2 7'1 Zl
r=-=-=-
WJ 7'2 :::2
Nelle ruote dentate elicoidali è di solito conveniente riferirsi alle gran-
dezze misurate in direzione normale all'elica primitiva del dente. Così, accanto
all'angolo di pressione {} nel pia.no frontale (piano perpendicolare all'asse della
ruota), si considera l'angolo di pressione vn formato dalla superficie del dente
e dalla direzione radiale nel piano normale ali 'elica. primitiva (Fig. 72).
b)
Fig. 71 - Grandezze geometriche caratteristiche della dentiera di una dentatura eli-
coidale a evolvente di circonferenza
~--
con n9 è indicato il piano generatore il cui moto origina la superficie del
dente. Nel caso della dentiera il cilindro fondamentale degenera ovviamente
in un piano ed il punto di tangenza tra il piano generatore n9 e quello fonda-
mentale (non rappresentato in figura) si trova all'infinito. Pertanto il moto di
rotolamento senza strisciamento del piano generatore su quello fondamentale
si riduce ad una tra.slazione in senso normale alla giacitura di n9 • La retta
generatrice del dente è rappresentata in Fig. 71 dal segmento SR, inclinato
dell'angolo /3 rispetto al segmento SP, intersezione dei piani n e n • La y z
9
superficie del dente è quindi rappresentata dal piano TNSQ, la cui interse-
Fig. 72- Grandezze carat.t.eristiche nel piano normale ed in quello frontale
100 101

Considerando la Fig. 72 a, si ha: stesso e che tale condizione si mantiene fino a quando il punto di contatto nel
piano frontale di estremità. non coincide col punto M, punto in cui i due denti
YZ = XY · tg iJ iniziano a disimpegnarsi per sciogliere poi definitivamente il loro contatto nel
YT = XY · tg iJn punto K.
{
YT = Y Z · cosa
b
e pertanto tra gli angoli di pressione normale e frontale sussisterà la relazione:

(2.56) tg iJ n = tg iJ · COS Q'

La distanza tra due denti successivi misurata lungo il cilindro primitivo


in un piano normale all'asse della ruota (piano frontale) è per definizione il
passo p (o passo frontale o trasversale) della dentatura. La distanza fra
due denti successivi, sempre misurata sul cilindro primitivo, ma in un piano
normale alla superficie del dente (Fig. 72 b), rappresenta il passo normale Pn
della dentatura. Tra passo normale e frontale (trasversale) sussiste la semplice
relazione, ricavabile dalla Fig. 72 b:

p,= p· COSQ'
Fig. 73 - Piano dei contatti per una coppia di ruote dentate cilindriche
a denti elicoidali
Si è già avuto modo di osservare nel caso di ruote dentate cilindriche a
denti diritti che, per ogni sezione normale alle ruote, il contatto tra i denti
avviene lungo un tratto della retta d'azione compreso fra le troncature delle Per calcolare il numero di denti in presa nelle ruote elicoidali si deve
ruote medesime. Anche nelle ruote dentate cilindriche a denti elicoidali, es- ora osservare che l'effettiva lunghezza del segmento dei contatti è fornita,
sendo il profilo dei denti sempre ad evolvente, il contatto avviene, in ogni sulla base di quanto sopra esposto, da:
sezione, in punti appartenenti alla retta d'azione; in tal caso però, risultando
il dente inclinato rispetto all'asse della ruota, il contatto non si realizza più
contemporaneamente su tutta la lunghezza del dente stesso, ma inizia in un Dividendo oe per il passo misurato sul cilindro fondamentale si ottiene il
punto di una delle due sezioni di estremità per poi estendersi successivamente valore del numero di denti contemporaneamente in presa dalla:
in modo graduale a tutta la lunghezza del dente (Fig. 73). È chiaro che,
per come è stata generata la superficie del dente della ruota, la caratteristica o b tg fJ
(o linea di azione), costituita dalla intersezione tra il dente ed il piano dei
Zp =p COS 'IJ + p COS 'IJ
contatti (piano tangente ai due cilindri fondamentali) è rappresentata da una dove il primo termine .a secondo membro rappresenta il numero di denti in
retta inclinata dell'angolo (J sull'asse della ruota. Nel piano dei contatti i presa che si avrebbe per una coppia di ruote dentate a denti diritti delle stesse
segmenti H L e M f( altro non sono che le tracce delle intersezioni dei cilindri dimensioni di quelle a denti elicoidali, per le quali bisogna considerare in più
di troncatura delle due ruote con il piano stesso; supponendo dunque che i il termine aggiuntivo btg(Jjpcos?J.
denti delle due ruote vengano inizialmente a contatto nel punto H, si può Per determinare invece il numero di denti necessario a evitare l'interfe-
ossen·are (Fig. 73) che in seguito il contatto si estende ad una zona sempre renza nel caso di un accoppiamento tra due ruote dentate cilindriche a denti
più ampia del dente finchè, quando il punto di contatto nella sezione frontale elicoidali occorre innanzi tutto procedere ad alcune osservazioni concernenti
si è spostato da H a J, il contatto avviene su tutta la lung\1ezza del dente la geometria delle ruote medesime. In primo luogo occorre ricordare che il
1- 103
102
profilo del dente di una ruota dentata elicoidale mantiene in ogni sezione ef- viduato dal moto di rotolamento senza strisciamento di un cilindro primitivo
fettuata con un piano frontale (piano normale all'asse della ruota) la forma di rispetto all'altro, ed essendo inoltre l'angolo a di inclinazione dell'elica solita-
una evolvente del cilindro fondamentale. Tale proprietà d'altro canto perde la mente abbastanza piccolo, è lecito rappresentare, con buona approssimazione,
sua validità quando si consideri una intersezione della superficie del dente con il moto relativo tra le due ruote dentate con un moto di rotolamento senza
un piano normale all'elica primitiva; in questo caso infatti il profilo del dente strisciamento tra due cilindri aventi asse inclinato di un angolo a rispetto
non coincide più esattamente con un profilo ad evolvente e l'intersezione del al! 'asse della ruota dentata elicoidale e raggio pari al raggio della circonfe-
piano normale con il cilindro primitivo non è più rappresentata da una cir- renza osculatrice. In altre parole l'ingranamento effettivo fra i denti delle due
conferenza, ma da un'ellisse (Fig. 74) avente semiassi, a= r/ cosa, b = r e ruote elicoidali è approssimabile all'ingranamento che si avrebbe, in un piano
la circonferenza osculatrice dell'ellisse nel punto C, ossia la circonferenza di normale ai denti in presa, tra due ruote dentate a denti diritti aventi raggi
curvatura uguale a quella deli 'ellisse in C, ha un raggio R pari a: =
R1 = rd cos 2 a e R2 r2/ cos 2 a, angolo di pressione 'l'ln (poichè ci si trova
a2 7'
ora nel piano normale) e numeri di denti pari a: .
R = b = cos 2 a • 2Rl ZJ
21
= mn = cos3 a
//
/\ \ 1· • 2R2 z2
z 2 = - = -3 -
r / cos a
mn
t-
• -! __!_---!·l
d. ' /
/ /
) I numeri di denti zj e z2 sono detti numeri di denti fittizi delle due ruote
l '~
\ ! /
/
/
/
dentate equivalenti a denti diritti. Ora, essendo il proporzionamento delle
,/
/ ruote dentate elicoidali eseguito secondo le norme modulari ed in base al valore
(' del modulo normale, le formule ricavate per il calcolo del minimo numero
di denti per ruote dentate a denti diritti sono ovviamente valide quando si
considerino le due ruote dentate equivalenti e possono di conseguenza essere
/ utilizzate, con la stessa approssimazione, per il calcolo del minimo numero di
/
/ denti di una ruota dentata elicoidale. Infatti, noti i valori di r e di {)n si
/
/ determina dalla (2.47), e dopo aver posto in essa {) = 'l'ln, il valore z;;,in del
numero di denti minimo fittizio della ruota dentata equivalente. L'effettivo
numero minimo di denti della ruota elicoidale sarà di conseguenza fornito da:
3
Zmin = z;;,in COS Q.

Per la determinazione della forza scambiata, in assenza di attrito, tra


i denti in presa di una coppia di ruote dentate elicoidali si possono seguire
due diversi procedimenti. Il primo consiste nel considerare la forza nel ~piano
IT 9 tangente ai due cilindri fondamentali (Fig. 75). Infatti, poichè le superfici
dei denti delle due ruote sono normali al piano II 9 , in quanto evolventi dei
due cilindri fondamentali, la forza scambiata tra i denti giace necessariamente
nel piano II 9 ed è irtoltre normale alla retta generatrice inclinata dell'angolo
f3 rispetto all'asse delle ruote. La forza scambiata F ha pertanto due
Fig. 74- Ingranamento nel piano normale, e: ruota dentata elicoidale; d: ruota den-
tata equivalente a denti diritti; s: ellisse intersezione della ruota elicoidale componenti: una componente A diretta secondo l'asse delle ruote e una
col piano Z-Z; o: circonferenza osculatrice componente H' situata nel piano normale all'asse delle ruote, di intensità:
A= Fsin/3
Essendo il moto delle due ruote dentate a denti elicoidali completamente indi- { H'= Fcos(3
104 105
Inoltre la componente H' è a sua volta scomponi bile in una componente
radiale R ed in una tangenziale Q situata nel piano II tangente ai cilindri
primitivi. Pertanto, la forza scambiata tra i denti delle ruote dentate cilindri-
che a denti elicoidali può essere rappresentata con l'ausilio di tre componenti:
una tangenziale, una radiale ed una assiale di intensità rispettivamente pari
a:

(2.57)
Q= Fcos{3cos'IJ
{ R = F cos {3 sin 'IJ
A= Fsin{3 -
\
Fig. 76 - Scomposizione della forza scambiata fra i denti di due
ingranaggi elicoidali

Delle tre componenti in cui è stata scomposta la forza scambiata fra i


denti, l'unica a fornire momento rispetto all'asse delle ruote è la componente
tangenziale Q. Scrivendo una equazione di momento rispetto all'asse della
ruota l, si ricava pertanto l'espressione della coppia agente, espressione fornita
da:
C1 =Qr1 =F1·1 cos {3 cos .,'}
Fig. 75 - Determinazione della forza scambiata fra i denti di due ruote Nel caso in cui sia nota la coppia motrice agente su una ruota, si è in grado
dentate elicoidali
di calcolare le componenti Q, R ed A della forza agente sulla ruota stessa
Ad un identico risultato si può giuùgere osservando che, essendo la forza mediante le relazioni:
f, in assenza di attrito, normale alla superficie del dente, essa deve giacere Q= c1
7'1
nel piano normale e può quindi essere scomposta in una componente radiale
R e in una H" situata nel piano tangente ai due cilindri primitivi (Fig. 76) R = C1 tg 'IJ = C1 tg 'IJn
r1 r1 cosa
di intensità pari a:
R= Fsin'IJn c1 tgf3 c1
A = - - - =-tga
{ H"= Fcos1Jn 7'1 cos 'IJ r1

La forza H" può essere a sua volta scomposta in una componente assiale A
=
Se ora nelle (2.57) o (2.58) si pone a = {3 O e 'IJ = 'IJn si ritrovano
ovviamente le espressioni delle componenti della forza scambiata fra i denti
ed in una tangenziale Q, per cui si ottiene in definitiva:
di ingranaggi cilindrici a denti diritti, nei quali la componente assiale è evi-
Q= F COS 'IJn COSO:
dentemente nulla. Questa componente infatti nasce esclusivamente per effetto
(2.58)
{ A = F cos 'IJn sin a dell'inclinazione del dente ed è sempre diretta nel senso di allontanare i due
R= Fsin'IJn
ingranaggi in direzione assiale.
Le (2.57) e (2.58) devono evidentemente essere uguali tra loro ed infatti si pos-
sono trasformare l'una nell'altra tenendo presenti le relazioni (2.55) e (2.56). Per annullare la spinta assiale, o quanto meno ridurla a un valore molto
l
piccolo, vengono costruite ruote dentate elicoi.dali a freccia formate da due
106 l·
107
parti uguali aventi inclinazioni di elica opposte e che quindi, neli 'ipotesi di stessi è ovviam'ente nulla.
distribuzione uniforme del carico tra le due parti, danno origine a forze a:ssiali
uguali ed opposte, raggiungendo così l'obiettivo prefissato di equilibrio della
ruota dentata in direzione assiale.
La figura 77 illustra un ingranaggio costituito da una coppia di ruote
dentate elicoidali a freccia per la trasmissione di una potenza di 6000 k W ad
una velocità angolare compresa fra 400 e 1500 giri/min.

Fig. 78 - Ingranaggio conico

Fig. 77- Ingranaggio con ruote dentate elicoidali a freccia (O.T.G., Milano)

) ( 3.12 - Ruote dentate coniche a denti diritti

Le ruote dentate coniche vengono utilizzate per trasmettere il moto tra


assi concorrenti (Fig. 49 b). Come nel caso di tramissione tra assi paralleli
si era ricavato che le superfici primitive del moto erano rappresentate da due Fig. 79- Coni primitivi di una coppia di ruote dentate coniche
cilindri, così nel caso di trasmissione del moto tra assi incidenti si può dimo-
strare, seguendo lo stesso tipo di ragionamento a.llora svolto, che le superfici n valore del rapporto di trasmissione è facilmente determinabile con
primitive altro non sono che due coni aventi angoli di apertura 'Pl e '-P 2 alcu~e semplici considerazioni cinematiche. Infatti la velocità V del punto
(Fig. 79). Il moto indiYiduato da due ruote dentate coniche è pertanto sche- P d1 contatto fra i due coni è data da:
matizzabile in quello di due coni che ruotano attorno ai propri assi e che sono
a contatto secondo una generatrice lungo la quale la velocità relativa tra i coni
109
108
piano che rotola senza strisciare su un cono fondamentale (Fig. 80). Sia infatti
Ma d'altro canto si ha (Fig. 79):
:B il piano tangente al cono fondamentale e OI la generatrice dì contatto
tra piano e cono; se si fa rotolare senza strisciare :B sul cono fondamentale, i
punti della retta OI solidale al piano descrivono una superficie a evolvente,
detta evolvente sferica.
e di. conseguenza:
w2 r1 sin <p1
(2.59) r=-=-=-.--
W! r2 sm <p2

Essendo inoltre la somma degli angoli di apertura dei due coni pari all'angolo
'lj; compreso fra i due assi:
'lj; = <pj + <!'2
si è in grado di calcolare il valore degli angoli di apertura <p1 e <!'2 dei due
\
coni una volta che siano noti, come normalmente accade, i valori dell'angolo
eh \
'lj; e del rapporto di trasmissione r, utilizzando le: \

tg <pj =l
sin 'lj;
·o
____
- ____ _ l
\

__\,_
\

l
-T + cos'lj; l

\
l
(2.60)
{ sin 'lj; l• l
t g<p_ry = r+cos'lj; l•
l

\l
· l I 1
l
• l

l l
l
l
/

o Fig. 81 - Coni primitivi e fondamentali nell'ingranamento tra due dentate coniche

Per meglio comprendere come le ruote dot.ate di denti ad evolvente sfe-


rica (Fig. 81) soddisfino alle condizioni indicate nel § 3.3 per la costanza del
rapporto di trasmissiorte, si considerino ora i due coni fondamentali eh e eh
aventi i vertici coincidenti in O. Durante il loro moto solo il punto comune
Fig. 80 - Generazione dei profili dei denti in una ruota dentata conica O mantiene fissa la sua posizione nel tempo; la trasmissione del moto tra i
coni costituisce dunque un caso di moto sferico e pertanto le loro intersezioni
Come per le ruote dentate ad assi paralleli, così anche per le ruote con una sfera S di centro O individuano due circonferenze f 1 e f 2 che,
coniche il profilo dei denti universalmente adottato è quello a evolvente, ed in pur muovendosi, si mantengono costantemente sulla sfera. Se si considera il
questo caso l'evolvente è quella descritta dai punti di una retta solidale ad un piano 2:: tangente comune ai due coni fondamentali eh e eh si osserva
'
110 111

che la sua· intersezione con la sfera del moto è rappresentata da una circonfe- all'esterno ed all'interno da due coni detti rispettivamente di troncatura ( 0
renza r tangente alle circonferenze rl e r2 nei rispettivi punti h e 12. di testa) e di fondo (o di piede); esso viene inoltre delimitato nel senso della
Se ora si fa rotolare senza strisciare il piano I: sull'uno e sull'altro dei due lunghezza da due coni aventi generatrici perpe1idicolari a quella del cono pri-
coni fondamentali, un punto della circonferenza r descrive delle evolventi mitivo e detti pertanto coni complementari. Ne consegue che in una ruota
sferiche e1 ed e2 delle circonferenze f 1 e r 2 , e la normale in un punto dentata conica l'altezza del dente, e così l'adqendum ed il dedendum, cre-
generico P ad una delle due evolventi, ad esempio eh altro non è che un scono al crescere del~a distanza del vertice O. Per convenzione si assumono
arco della circonferenza r tangente a r 1 nel punto· 11 • Poichè la normale ai per i valori del diametro del cono primitivo, dell'addendum, del dedendum e
profili di due denti deve coincidere quando questi vengono a contatto, risulta dell'altezza del dente, quelli corrispondenti alla sezione esterna del dente (ossia
che, analogamente a quanto si è visto per gli ingr~naggi cilindrici, il punto quelli di dimensioni maggiori) e nel proporzionamento modulare si adottano
di contatto p tra i denti si trova lungo l'arco hl2 della circonferenza r per il dente gli stessi valori di addendum e dedendum delle ruote dentate ci-
tangente comune~ r 1 e r 2 e, mentre i due coni fondamentali ruotano, P lindriche a denti diritti, rispettivamente pari al modulo e ai .5/4 del modulo
stesso.
si sposta lungo hi2 • L'intersezione C tra. la congiungente i punti V1 e V2 ,
punti intersezione tra gli assi e la sfera del moto, e la normale alla superficie
dei denti è allora un punto fisso e ciò soddisfa, come si voleva dimostrare, alla
condizione necessaria ad ottenere un rapporto di trasmissione costante. La
retta CO congiungente il punto C ora determinato con l'origine dei due coni
fondamentali individua pertanto la generatrice tangente comune dei due coni
primitivi del moto. Se ,J è l'angolo compreso fra la tangente ·alla circonfe-
renza r nel piano I: e la tangente comune alle intersezioni dei coni primitivi
con la sfera del moto, si possono ricavare. in base af alcune considerazioni di
trigonometria sferica, le seguenti relazioni:
sin Xl == sin <P l cos ,J
{ sin X2 = sin <;>2 cos fJ

dove con X1, X2, cp 1 e 'P2 si sono indicate rispettivamente le aperture dei
coni fondamentali e dei coni primitivi delle due ruote.
Come si può notare, tutte le considerazioni ora svolte sono analoghe
a quelle a suo tempo effettuate per le ruote dentate cilindriche e pertanto,
evitando di ripetere in ogni dettaglio il ragionamento allora seguito, si potrà
senz'altrg affermare che anche le ruote dentate coniche, sebbene costruite per Fig. 82 - Dimensioni e grandezze caratteristiche di una ruota dentata conica: a :::::
funzionare con certi coni primitivi ben definiti, detti nominali, mantengono un addendum; d. = dedendum; h = altezza del dente·, b = larghezza del dente·'
funzionamento corretto con rapporto di trasmissione costante e pari a quello cp = an~o l~ d. 1 apertura; C; = cono di fondo; Ce = cono di tronca.tura; Cp =
cono pnmtttvo; Cc = cono complementare; D = diametro primitivo; De =
voluto anche quando gli assi delle due ruote subiscono spostamenti di piccola diametro esterno; l = lunghezza del cono
entità dalla loro posizione nominale. In tal caso infatti i due coni fondamentali
restano inalterati, mentre variano soltanto i due coni primitivi e l'angolo ,J
Nei calcoli relativi alle ruote dentate coniche, in particolar modo nel
compreso tra la tangente comune ai due coni primitivi e la tangente nel piano
calcolo delle forze scambiate fra i denti, è tuttavia più opportuno riferirsi alla
I: alla circonferenza r.
sezione media del tronco di cono in cui avviene l'ingranamento fra i denti.
Le dimensioni geometriche caratteristiche di una ruota dentata conica
sono indicate nella Fig. 82. Come si può osservare, il dente risulta limitato Quando l'angolo cp di apertura del cono primitivo diventa. retto, il
112 .l. 113

cono stesso si trasforma in una superficie piana e la ruota conica corrispon- tivi con la sfera del moto può essere approssimato dal moto di rotolamento
dente è detta ruota dentata piano-conica (Fig. 83); essa rappresenta per gli senza strisciamento, nel piano tangente alla sfera del moto, di due circonfe-
ingranaggi conici il corrispondente della dentiera di quelli cilindrici. Per essa, renze di raggi:
7'1 r2
se '!9 è l'angolo di pressione, l'angolo di apertura del cono fondamentale vale Pl=-- e P2=--.
cos 'Pl cos '?2
naturalmente 1rj2- '!9 (Fig. 83 a) ed i suoi denti inoltre sono diritti, ossia l'in-
tersezione del profilo del dente con un piano perpendicolare a quello primitivo

------
/// L"·\
è un segmento. diretto in senso radiale (Fig. 83 b). bl
_.,..,.... .. ...............

a)
/
. . --t--..
. ...' /"""
.... ---t--
,..
..... ....
',,
b)

l
/ l' ',\ l
l
l
.
.
\
\
\
l \
-y-·-·-· s ·-·:--·-·-·)
i \
l
l e TT \
l
~L_
\ l c l ~ \ l

' ' ' . . . . . . __ +


l __ . . . . "/
l {1
\
\,
/
l
j

---,-
' ' l
' '.... .... l /
/ / /
/'

Fig. 83 - Ruota dentata piano-conica: a) generazione dei denti; b) aspetto dei denti
della ruota Fig. 84 - Tl:acciamento approssima.to dei profili dei denti di una ruota dentata conica:
a) cono primiti~o .G_ e. piano tangente in P alla sfera del moto S; b)
Lo studio dell'ingranamento tra i denti di due ruote dentate coniche e circonferenza pmmt1va Immaginaria
la determinazione del numero minimo di denti necessario a evitare l'interfe-
renza possono essere effettuati in modo rigoroso considerando l'ingranamento Queste due circonferenze non sono altro che le circonferenze osculatrici
tra i profili dei denti sulla sfera del moto. Questo studio si presenta però nel punto P alle coniche intersezioni del piano tangente alla sfera del moto
notevolmente complesso e perciò si ricorre normalmente alla approssimazione con i coni primitivi. Ai raggi p1 e p2 viene pertanto dato il nome di raggi
di Tredgold che consiste nel sostituire alla sfera del moto, in corrispondenza primitivi immaginari e le due circonferenze osculatrici assumono a loro volta
di un punto generico P e per il piccolo tratto corrispondente all'altezza del il nome di circonferenze primitive immaginarie.
dente, il piano ad essa tangente (Fig. 84). Questo piano, avente traccia PQ Indicando ora con m il modulo della. dentatura al raggio corrispondente
nel piano della Fig. 84 a, interseca il cono primitivo C secondo una conica al punto P, si otterrà per le due circonferenze primitive immaginarie un
che in P possiede un raggio di curvatura pari a: numero di denti immaginario dato da:

r
p=--
cos tp
(2.61)
Per il piccolo angolo di rotazione corrispondente all'ingranamento fra
una coppia di denti di due ruote dentate coniche, il moto relativo di rotola-
mento senza strisciamento delle due circonferenze intersezioni dei coni primi- In definitiva quindi l'ingranamento fra due ruote dentate coniche, aventi nu-
meri di denti .:-1 e Zz e angoli di apertura pari a <; 1 e ç 2 , è approssima.bile
114 ). 115
!
all'ingra.namento fra du~ ruote cilindriche a denti diritti aventi il numero di Pèr il calcolo della forza scambiata fra una coppia di ruote dentate co-
denti fornito dalle (2.61). Si noti che per una ruota piano-conica si ha IP2 = 1r /2 niche a denti diritti si considerino i due coni primitivi e il piano tangente nel
e z:; = oo. Si ritrova dunque che la ruota piano-conica corrisponde a una den- punto C alla sfera del moto (Fig. 85). La forza F scambiata tra i denti
tiera e che il profilo dei suoi denti è di conseguenza un profilo rettilineo. delle due ruote dentate, quando il contatto avviene in C, giace nel piano II
In base alla (2.61) si ha che alle due ruote dentate immaginarie corri- tangente alla sfera e può essere scomposta in una componente tangenziale Q
sponde un rapporto di trasmissione immaginario: di modulo Q = F cos '!9 ed in una F', normale a Q, che giace nel piano
• zi z1 cos I{J2
tangente ed interseca gli assi, di intensità F' = Fsin !9. Le coppie C\ e C2
T=-=--- agenti sulle ruote vengono equilibrate solo dalla componente Q e pertanto si
z:i z2 cos 'Pl
avrà:
e che il minimo numero di denti fittizio per evitare l'interferenza è quindi
esprimibile, con riferimento alla (2.47), mediante la:
(2.62)
• l+Jl+r*(2+r•)sin 2 !9
zmin = (l+ T2") sin2!9
dove r1 e r2 sono i raggi primitivi medi dei denti delle due ruote.
mentre l'effettivo minimo numero di denti ammissibile è dato da: La componente F' a.gente sulla ruota 1 è a sua volta scomponibile in
una componente assiale A1 ed in una radiale R1 di intensità:

A1 = F' sin lfJl = F sin '!9 sini{J1


se con l si è indicata la ruota di raggio minore. {
Con procedimento del tutto analogo si è in grado di calcolare la lun-
R1 = F' cos lP = F sin '!9 cos l!'
l l

ghezza dell'arco d'azione riferendosi a quella calcolabile in una coppia di ruote e, in base alle (2.62), si ha in definitiva:
dentate cilindriche immaginarie a denti diritti.

·-·--. ........ ~ 2 TT
(2.63)

Yf·"-. \
-~
TT

l ed in modo del tutto analogo possono essere calcolate le intensità delle com-
ponenti A2 e R2 agenti sulla ruota 2.
Si osservi infine che le due componenti radiali R1 e R2 sono dirette
nel senso di distanziare le due ruote, mentre le componenti assiali sono dirette
nel senso di sfilare le ruote stesse allontanandole dal centro O.
Poichè le ruote dentate coniche, come quelle cilindriche a denti elicoidali,
sono soggette anche a. una spinta assiale, è di conseguenza necessario che i
l cuscinetti che sostengono gli alberi delle due ruote siano in grado di sopportare,
oltre ai carichi radiali, forze di tipo assiale.
Fig. 85 - Forza scambiata fra i denti di una coppia di ruote dentate coniche
116 . 117

3.13 - Ruote dentate coniche ad asse dente curvo rotola senza strisciare sui coni fondamentali delle due ruote dentate (Fig. 88).
Le intersezioni della superficie dei denti con la sfera del moto sono di conse-
Le ruote dentate coniche ad asse dente curvo (o ruote dentate coniche a
denti obliqui) (Fig. 86) sono ruote in cui le superfici primitive del moto sono
ancora dei coni, ma l'asse del dente, anzichè essere rettilineo, è curvilineo.
l
l
l
l
l

-f->.1.'11-----:+·-·-

(al lbl (C)

Fig. 86 - Ruote dentate coniche ad asse dente curvo


(Alfredo Gusti S.p.A., Milano)
(dJ (el
I vantaggi degli ingranaggi conici a denti obliqui nei confronti di quelli
ad asse dente rettilineo sono analoghi a quelli degli ingranaggi cilindrici a denti Fig. 87- Ruote dentate coniche ad asse dente curvo: a) a denti diritti; b) a denti
elicoidali, e possono essere riassunti in: aumento della lunghezza effettiva del tangenziali; c) aspirale logaritmica; d) ad archi di circonferenza; e) ad archi
segmento dei contatti, gradualità nella variazione del carico su una coppia di di evolvente
denti in presa, silenziosità del funzionamento.
TI tipo di dentatura proprjo di una coppia di ruote dentate coniche a guenza sempre due evolventi sferiche. Durante l 'ingrana.mento fra le ruote, i
denti obliqui è definito facendo riferimento alla relativa ruota piano-conica. due denti in presa vengono a contatto lungo la curva generatrice /, che giace
Mentre i denti della ruota piano-conica a denti diritti sono segmenti radiali nel piano tangente comlfne ai due coni fondamentali, e detta generatrice si
(Fig. 87a), i denti delle ruote piano-coniche a denti obliqui più comuni sono: sposta, nel corso dell'ingranamento, lungo il piano II.
segmenti di rette tangenti ad una circonferenza (Fig. 87b) nelle ruote dentate
Bilgram, archi di spirale logaritmica (Fig. 87c) nelle ruote dentate Gleason,
archi di circonferenza (Fig. 87d) e archi di evolvente (Fig. 87e).
I profili dei denti di queste ruote dentate, qualunque sia il tipo di asse
dente, sono comunque sempre profili ad evolvente. I denti sono infatti generati
dalla curva (nel caso più elementare una retta) appartenente, a un piano che

5. JACAZIO-PIOMBO • La trasmissione del moto


118
l anche l'aumen~o dell'arco d'azione dovuto alla forma obliqua del dente: il
119

passo angolare fra i denti è infatti pari a -y, mentre l'angolo formato fra la
fine e l'inizio del dente è e:. Quindi, se o è l 'angolo formato fra le tracce delle
generatrici di troncatura, il numero di denti in presa è dato da:
Zp=--
o+e:
')'

L'esame delle forze scambiate fra i denti di una coppia di ruote dentate
conici a denti obliqui risulta abbastanza complesso, sia per il fatto di essere i
denti curvi, sia perchè l'inclinazione della curva del dente è in genere variabile
da punto a punto, ad eccezione del caso di denti a spirale logaritmica, per
i quali l 'angolo di inclinaiione è costante. In essi infatti facendo riferimento
alla ruota piano-conica (Fig. 87c) ed adottando un sistema di riferimento in
coordinate polari con l'origine degli angoli coincidente con un raggio r;, si
ha.:

e l'angolo formato fra la tangente alla curva in un punto generico ed il raggio


Fig. 88 - Generazione dei denti di una ruota dentata conica a denti obliqui corrispondente è dato da:
rd'IJ l
tg ex= - - = - = costante
dr k
La superficie di ingra.namento altro non è dunque che una. parte del
Normalmente in questo tipo di ruote dentate si assume per l'angolo a un
piano II tangente comune a.i due coni fondamentali, e risulta. delimitata
valore di 35 •.
dai coni di troncatura esterna e, nel senso della lunghezza, dai coni comple-
In tutti gli altri casi, come si è visto, l'angolo di inclinazione dell'asse
mentari (Fig. 89). Nella stessa Fig. 89 risulta inoltre chiaramente evidenziato
dente è variabile da punto a punto; purtuttavia, data l'estensione relativa-
mente piccola della. superficie di contatto, si può considerare con buona. ap-
c, prosima.zione che la risultante delle forze scambiate fra i denti passi per il
punto medio M del tratto di generatrice lungo il quale i due coni primitivi
vengono a contatto (Fig. 89).
Come per le ruote dentate cilindriche a denti elicoidali, così per le cor-
rispettive ruote dentate coniche esistono due modi differenti di scomposizione
della forza scambiata fra i denti. n primo considera la forza scambiata appar-
tenente al piano II tangente comune ai due coni fondamentali. La forza f
scambiata fra i denti può allora essere scomposta, nel piano tangente comune,
in due componenti: una di intensità A' diretta secondo la tangente comune
OC ai due coni primitivi, e una di intensità F' normale ad essa (Fig. 90).
Si avrà pertanto, indicando con (3 l'angolo di inclinazione dell'elica. sul cono
fondamentale:
Fig. 89 - Superficie dì ìngranament.o in una coppia di ruote dentate coniche ad asse F' = F cos(3
dente curvo: c1, c2 = tracce dei coni complementari; t 1 , t 2 = tracce dei coni (2.64) { A'= Fsìn(3
di troncatura; !1, h = tracce dei coni fondamentali
120
l una componente tangenziale Q e in una R'
121

normale a questa. (Fig. 91a.) di


intensità rispettivamente pari a:
Q = F' cos il = F cos (3 cos il
(2.65) { R' = F' sin il = F cos (3 sin il

dove con il si è indicato l'angolo di pressione. Delle tre componenti Q, R', A',
solo la Q fornisce un momento in grado di equilibrare la coppia motrice cl>
e di conseguenza:
cl= Qrl.
Le due componenti R' cd A' danno luogo globalmente a una forza A m
direzione assiale e ad una R in direzione radiale (Fig. 91 b) che valgono:
A = A' cos so 1 + R' sin 'PI
{
R = -A' sin 'PI + R' cos 'PI

Fig. 90 - Scomposizione della forza. f scambia.t.a. fra. i denti nelle componenti .4' e Sostituendo in queste equazioni le (2.64) e (2.65) si ottiene:
F'; Cft =cono fondamentale della. ruota. l; cp,cp 2 =coni primitivi delle A = F sin (3 cos so 1 + F cos (3 sin1'J sin so 1
due ruote R = - F sin (3 sin so 1 + F cos (3 sin 1'J cos <p 1
{
Q = F cos (3 cos 1'J
a) b) cp,
e, introducendo la coppia motrice cl:

Q= c1
1'1

(2.66) A = -c1 ( cos <r>1 + tg 1'J 5111


tg {3--_-Q .
'P l
)
1'1 cos v
sill'PI +tg1'Jcos<p )
\ jf c C1
R=-
r1
(
-tgfj--_
cosv0 1
w1 J

c)\ '
l .
\.
Le (2.66) esprimono dunque l'intensità delle forze agenti sulla ruota (l),
supposta motrice, nell'ipotesi che il verso di rotazione della ruota sia orario e
che l'elica sia sinistrorsa (Fig. 90). Se invece l'elica è destrorsa, la componente
l
\ ~ A' è diretta in verso opposto a quello indicato nelle Figg. 90 e 91b, per cui
le (2.66) diventano:

Fig. 91 - Scomposizione della. forza scambiata. fra i denti di una coppia. di ruote Q= c1
r1
dentate coniche ad asse dente curvo
C1 ( COS'P! .
(2.67) A=- -tgfj--_-0
+ tg{]sm <p 1)
1'1 cos v
La forza f', che si trova a sua volta in un piano ~ tangente alla sfera
del moto passante per il punto medio del dente C, può essere scomposta in R = -C11'1
( sin <r>1 + tg {] cos <p )
tg (3 --{]-
cos 1
l
122 123

Analogamente, ne! caso di elica sinistrorsa e verso di rotazione antiora- La componente R' si trova ora in un piano passante per l'asse OZ e
rio è valida la (2.67), mentre nel caso di elica destrorsa e verso di rotazione per il punto d di tangenza dei due coni primitivi, mentre F' giace nel piano
antiorario risulta valida la (2.66). Per la ruota condotta (2), una volta sosti-
tuito cp 2 al posto di 10 1 , ci si trova in situazioni opposte alle precedenti.
È opportuno quindi, nel caso di ruote dentate coniche a denti obliqui fare
riferimento alla Tab. I che riporta la validità di una o dell'altra espressione
della forza scambiata nei diversi casi possibili di funzionamento.

/ -·
TABELLA I- Validità delle espressioni della forza scambiata tra i denti
in una coppia di ruote dentate coniche a denti obliqui ir/
.
+---rz:--.'
Verso di Verso di avvolgi- Equazione
\\ \'---- .i
Ruota rotazione mento del dente valida \ w,
·,.....__
motrice orario sinistrorso (2.66)
motrice orario destrorso (2.67)
motrice antiorario sinistrorso (2.67)
motrice antiorario destrorso (2.66)

condotta orario sinistrorso (2.67)


condotta or ano destrorso (2.66)
condotta antiorario sinistrorso (2.66) Fig. 92 - Scomposizione della forza F scambiata fra i denti nelle componenti
F'ed ii.'
condotta antiorario destrorso (2.67)

M, tangente comune ai due coni primitivi. La componente F' può quindi


Si noti che per due ruote dentate in presa se ad esempio la ruota motrice essere a sua volta scomposta in una componente tangenziale Q ed in una
possiede una rotazione oraria e un verso di avvolgimento del dente sinistrorso, componente A.\ normale a Q, che, come la R', giace nel piano passante
quella condotta ruota in senso antiorario ed il verso di avvolgimento dei suoi per OZ e per C (Fig. 93a), ottenendo così:
denti è destrorso. Di conseguenza, se per una delle due ruote vale la (2.66),
Q :::: F' cos a- :::: F cos a· cos t9 n
per l'altra vale la (2.67). (2.69) {
n secondo metodo utilizzabile per il calcolo della forza F scambiata A' = F' sin a-= F sin a- cos t? n
fra i denti poggia sulla considerazione che quest'ultima, supponendo r:,empre dove a- è l'angolo di inclinazione del dente sul cono primitivo.
di concentrarla al raggio medio, giace in un piano N normale alla superficie Le due componenti A' e R' danno luogo nel loro complesso a una
del dente (Fig. 92). In questo piano la forza F può essere scomposta in una componente assiale di intensità A diretta secondo l'asse della ruota conica, e
F' che giace nel piano tangente al cono primitivo ed in una R' normale ad ad una componente di intensità. R diretta radialmente che valgono (Fig. 93b ):
essa. Indicando con 13n l'angolo di pressione nel piano normale, si ha allora:
R:::: R' COSyj- A' sin\01
(2.68)
R' = Fsin ?Jn (2.70) {
{ F' = F cos ?Jn A = R' sin <; 1 + A' cos cp 1

----------------~ -·---··.
124
125

ruota (1) sia motrice, ruoti in senso orario ed il verso di avvolgimento del
a) dente sia sinistrorso. In tutti gli altri casi i segni - e + delle espressioni della
componente radiale e di quella assiale vanno posti come nelle (2.66) e (2.67)
M seguendo al solito il criterio indicato nella Tab .. I.

3.14 - Trasmissione del moto fra assi sghembi

Come già indicato nel paragrafo 3.5, è possibile trasmettere il moto fra
due assi sghembi mediante una. coppia di ruote dentate ruotanti, rispettiva-
mente, attorno all'uno e all'altro asse. Sempre nel paragrafo 3.5 si è visto
che per gli ingranaggi sghembi il moto relativo istantaneo è elicoidale e che
conviene riferirsi, per la. descrizione delle ruote dentate, a opportune superfici
di riferimento.
Fig. 93 - Scomposizione della forza scambiata fra i denti in una coppia di ruote A seconda della disposizione del punto medio di contatto, si hanno di-
dentate coniche a denti obliqui verse forme di ruote che permettono la trasmissione del moto fra due assi con
il rapporto di trasmissione voluto.
Sostituendo nelle (2.70) le (2.68) e (2.69) si ricavano in definitiva per le Se il punto medio di contatto si trova sulla perpendicolare comune agli
componenti della forza scambiata fra i denti le espressioni seguenti: assi delle due ruote si hanno ingranaggi cilindrici elicoidali, costituiti da ruote
dentate cilindriche in cui i denti si avvolgono ad elica attorno ai rispettivi
Q= Fcosacos11n
cilindri di riferimento. Se le ruote dentate che ingranano sono generate per
R = F sin 11, cos ~l - F sin a cos 11n sin ~l inviluppo da una ruota ausiliaria esse si toccano in un punto; se invece esse
{
A = F sin 11n sin ~ 1 + F sin a· cos 11n cos ~l sono generate per inviluppo diretto esse vengono a contatto lungo una linea.
Poichè l'unica componente a fornire momento rispetto all'asse è la Q, si avrà: Le ruote dentate cilindriche ad assi sghembi possono trasmettere il moto
fra due assi formanti un angolo qualsiasi. Se l'angolo fra gli assi è di 90° e il
Q= c1 rapporto di trasmissione è piccolo, l'ingranaggio viene normalmente chiamato
r1 ingmnaggio a vite.
(2.71)
cl( tg 11n'cos~l
R= - -- - tg Cl' 5111 ~l
o ) Se la zona dei contatti fra i denti non interseca la perpendicolare comune
1'1 cos Cl' agli assi delle ruote si ha il tipo più generale di ingranaggio per la trasmissione
A = -cl ( tg 1J nsin-191- +.. tg Cl' cos ~l ) del moto fra assi sghembi, detto ingranaggio ipoide.
r1 cosa

Da queste espressioni, ricordando che, come per le ruote dentate cilin- 3.15 - Ruote dentate cilindriche elicoidali ad assi sghembi
driche elicoidali, valgono le relazioni:
Per descrivere la trasmissione del moto tra due ruote dentate elicoidali
tg (3 = tg Cl' cos 1J ad assi sghembi conviene procedere nel modo seguente. Si consideri dapprima
{
tg1Jn = tg1Jcosa la ruota dentata elicoidale l che ruota attorno al proprio asse x- x ed ingrana
con la dentiera D 1 ad essa coniugata (Fig. 9-la). Analogamente si consideri
si possono nuovamente desumere le (2.66). Anche le (2.71), come le (2.66).
la ruota dentata elicoidale 2 che ruota attorno al proprio asse y- y. sghembo
forniscono i valori delle componenti della forza scambiata nel caso in cui la
ed inclinato dell'angolo ~· rispetto all'asse .r-.r. e che ingrana con la propria

- - - - - - - - · - · ·--··· --
126 127

dentiera D 2 ; se i versi di rotazione delle due ruote sono quelli indicati nella oppure la rela!lione:
Fig. 94a, le due dentiere coniugate alle ruote traslano anch'esse nelle direzioni
indicate in figura. Si osservi infine che i piani primitivi delle due dentiere co- se le eliche hanno versi di avvolgimento
(2.73)
niugate in realtà coincidono tra loro, ma si muovono in due direzioni differenti. opposti.

a) b) a) b)

Fig. 94 - Schema cinematico della trasmissione del moto fra due ruote dentate eli-
coidali ad assi sghembi
Fig. 95 - Angolo fra gli assi delle ruote dentate cilindriche ad assi sghembi: a) per
due eliche destrorse; b) per elica l sinistrorsa ed elica 2 destrorsa
A questo punto risulta chiaro che si può immaginare la trasmissione del moto
tra i due assi sghembi come una successione di tre sequenze: trasmissione del È necessario ora rilevare che nel caso di ruote elicoidali ad assi sghembi
moto della ruota l alla dentiera D1 ; trasmissione del moto della dentiera D 1 si intendono come cilindri primitivi quei cilindri che sono i primitivi nell'ingra-
dalla dentiera D 2 ; trasmissione del moto dalla dentiera D 2 alla ruota 2. È ora namento con le due dentiere coniugate; in realtà, come già detto, questi stessi
evidente che per rendere possibile la trasmissione del moto tra le due dentiere cilindri non rappresentano affatto le superfici primitive nell'ingranamento tra
(e quindi quella del moto tra i due assi sghembi) è necessario che i denti le due ruote dentate dal momento che, come si è visto esaminando il moto delle
delle due dentiere siano tra loro pal·alleli (Fig. 94b). Solo così infatti mentre due dentiere coniugate, la velocità relativa tra i denti nel punto di contatto
la dentiera coniugata alla ruota l trasla nella direzione indica.ta, la dentiera assume sempre un valore finito diverso da zero. È d'altro canto chiaro che esi-
della ruota 2 riesce a traslare nella propria direzione anche se in tale moto le ste una ulteriore condizione per rendere possibile l'ingranamento, condizione
due dentiere scorrono l'una rispetto all'altra nella direzione individuata dai che si esprime osservando che il passo delle due ruote dentate in direzione
loro denti. normale alla tangente comune alle due eliche deve essere lo stesso, e che di
!n definitiva quindi si può affermare che la condizione necessaria per ren- conseguenza il modulo normale mn è identico per le due ruote. -
dere possibile l'ingranamento tra due ruote dentate elicoidali ad assi sghembi :Descritti così i principi cinematici del moto, questi verranno qui di se-
è rappresentata dalla condizione di tangenza tra le eliche delle due ruote nel guito tradotti nelle corrispondenti relazioni geometriche e cinematiche carat-
piano tangente comune ai due cilindri primitivi; ciò significa (Fig. 95) che teristiche della trasmissione.
tra gli angoli di inclinazione delle eliche e l 'angolo compreso fra gli assi deve Volendo calcolare la distanza fra gli assi delle ruote si avrà infatti
sussistere la relazione: (Fig. 96):

se entrambe le eliche hanno lo stesso verso


(2.72)
di avvolgimento (caso più frequente), Poichè il modulo normale è identico per entrambe le ruote, sarà: m1 =
128 129
mn/ cosa 1 e m2 =mn/ cosa2, e di conseguenza: La velocità di strisciamento è data invece da Vr = v2 - vl ed il suo

d- ffin
- 2
(---2_
cos
a1
+ ~)
cos a2
modulo vale quindi, con riferimento alla Fig. 97:

per eliche aventi lo stesso verso di


avvolgimento,
per eliche aventi versi di avvolgi-
mento opposti.

Fig. 96 - Distanza fra gli assi di due ruote dentate cilindriche


elicoidali ad assi sghembi

n rapporto di trasmissione tra le velocità angolari delle due ruote e


la velocità di strisciamento nel punto di contatto sono ricavabili in base ad
alcune considerazioni cinematiche. Si considerino infatti i due cilindri primitivi
a contatto in C (Fig. 97); le velocità periferiche delle due ruote saranno Fig. 97 - Velocità di due ruote dentate ad assi sghembi nel punto di contatto;
t- t: tangente comune alle eliche dei due denti
espresse da:
vl = rlwl
{ V2·= r2W2
Come si è visto, i due cilindri primitivi nell'ingranamento delle ruote
Poichè le eliche dei due denti sono tangenti in C e le componenti delle con le rispettive dentiere (Fig. 98a) perdono questa loro caratteristica quando
velocità vl e v2 nella direzione perpendicolare alla tangente comune t -t si considera l'ingranamento delle due ruote dentate tra loro, in quanto la
debbono essere uguali, sr ottiene la condizione: velocità relativa nel punto di contatto è diversa da zero, e proprio questo
diversifica nettamente, il comportamento delle ruote dentate elicoidali ad assi
sghembi da quello delle ruote dentate elicoidali ad assi paralleli. Per queste
e di conseguenza: ultime infatti la velocità relativa tra due denti in presa si annulla quando
il punto di contatto tra i denti coincide con il punto di tangenza fra i due
da cui, esprimendo ''1 e r2 in funzione del modulo normale e del numero di cilindri primitivi, ed è diversa da zero in tutti gli altri punti del segmento dei
denti si ottiene che il rapporto di trasmissione r è ancora pari a: contatti, pur mantenendo valori modesti in quanto l'estensione del segmento
dei contatti è abbastanza piccolo rispetto al diametro delle ruote dentate.
(2.74)
Per le ruote dentate ad assi sghembi invece, non esiste un punto in cui la
velocità relativa si annulla ed essa anzi è dello stesso ordine di grandezza delle
130 131

velocità periferiche delle due ruote dentate. La potenza persa per attrito in
) .
conseguenza inclinata di un angolo {)n rispetto al piano tangente comune aJ
queste ruote è quindi evidentemente superiore, a parità di potenza entrante, due cilindri di riferimento. Si avrà dunque, con riferimento alla Fig. 98:
a quella dissipata in una coppia di ruote dentate ad assi paralleli, e pertanto
il rendimento della trasmissione assume nel primo caso valori inferiori a quelli PR. = PN sin 'I'Jn
{
relativi al secondo. P* = PN COS {)n
dove PR. e p• sono rispettivamente la componente radiale e la componente
nel piano tangente della forza scambiata tra i denti.
In presenza di attrito si avrà, oltre alla forza FN normale alla superficie,
una forza tangenziale Fr diretta. secondo la tangente comune alle eliche dei
due denti e di intensità pari a f PN, se con f si indica il relativo coefficiente
z-z di attrito. Considerando le forze che la ruota l esercita sulla ruota 2 i versi
di Fr e di FN sono quelli indicati nella Fig. 98.
~nJVt~, Individuate le forze scambiate fra le due ruote, si è ora in grado di
4-y.--J determinare le componenti assiale, radiale e tangenziale della forza scambiata
fra i denti. Sempre con riferimento alla Fig. 98, si ha:
per la ruota motrice 1:
R1 =PN sin {)n
>5l'l
{
Q l = PN cos {)n cos cr1 + JPN sin 01
' (,'l A1 = PN cos {)n sin OJ - f PN cos Cl l
V,
rpc, /~ per la ruota condotta 2:

r--· ~ R2 = PNsin'I'Jn
Q2 = PN cos {),., cos 0'2- f PN sin cr2
{
A2 = PN cos {)n sin 02 + J PN cos cr2
Fig. 98 - Forze scambiate fra i denti di una. coppia di ruote dentate
elicoidali ad assi sghembi Le coppie C1 e C2 a.genti sugli assi delle due ruote sono equilibrate
dal momento della componente tangenziale della forza scambiata fra i denti,
Per il calcolo del rendimento della trasmissione quando si adottino due per cui:
ruote dentate ad assi sghembi, conviene considerare le forze scambiate fra i cl =Ql7'1 = PN1'l(cost7ncosal+fsincrl)
denti delle due ruote quando il contatto avviene nel punto C di ta:ngenza fra { c2 = Q27'2 = PN1'2(costln COSCI'',!.- [sin cr2)
i cilindri primitivi. In realtà il punto di contatto fra i denti si sposta lungo il
segmento dei contatti, ed il rendimento effettivo varia da istante a istante ma da cui si ottiene:
c2 r2(cost9n cosa2- fsina2)
le sue variazioni sono così piccole rispetto al valore medio da permette;e di
cl = rl (cos {),., cos Clj + f sin Q l)
assumere con buona approssimazione un rendimento costante e pari al valore
di quello ottenibile quando il contatto an-iene nel punto C (Fig. 98). Tenendo presente ora che r· 2 = m 2z2/2 = m 71 ::'.!./2cosa2 e inoltre che r1 =
In assenza di attrito, la forza scambiata fra i denti risulta normale alle mnzd2cos a 1 , si ricava in definitiva:
superfici dei due denti a contatto; nel piano normale alla tangente comune C2 Z2(cos'I'Jn-ftga2)
alle eliche dei due cilindri di riferimento (piano ::-:: nella Fig. 98) essa è di (2.i5)
C1: ZJ(C0St9n+ftgal)
132

ed il rendimento risulta pertanto espresso da: Durante la rotazione della vite,


questa dentiera ideale trasla parallela-
mente alla propria retta di riferimento,
(2. 76) inviluppando nel piano mediano le se-
zioni dei denti della ruota, che risultano
avere profilo ad evolvente di cerchio.
Poichè l'angolo. 1'1n è di solito abbastanza piccolo, si usa sovente una espres-
=
sione approssimata del rendimento assumendo cos 1'1n l e ottenendo perciò
Nel piano principale perciò l'in-
granaggio a vite si comporta come un
dalla (2. 76):
ingranaggio dentiera-ruota cilindrica
ad evolvente. Il cilindro di riferimento
della vite (in base al quale sono defi-
nite le dimensioni nominali della den-
=
Dalla (2.76) si ottiene ovviamente che 17 l per f = O e non deve tatura) è chiamato cilindro medio, ed
stupire il fatto che si ritrovi un valore unitario del rendimento anche per r è il valore del raggio medio (di tale
le condizioni a 1 = -a 2 , ossia nel caso di ruote dentate elicoidali ad assi cilindro).
paralleli. Ciò deriva in realtà dali 'aver ipotizzato che il contatto tra i denti
avvenga unicamente nel punto di tangenza C fra i cilindri di riferimento,
Fig. 99 - Ingranaggio a vite
punto che, nel caso di ruote· ad assi paralleli, gode della propr~età di possedere
velocità di strisciamento nulla con conseguente assenza di perdite di potenza
dovute all'attrito.

3.16 - Ingranaggi a vite

Gli ingranaggi a vite sono ingranaggi costituiti da due ruote dentate


cilindriche elicoidali che trasmettono il moto fra due assi sghembi a 90° con
piccolo rapporto di trasmissione (Fig: 99). L'elemento generatore di tali in-
granaggi è una vite; l'elemento generato ad esso coniugato è una ruota a vite.
Tale ruota è usualmente sagomata in modo da avvolgersi un poco attorno
alla vite, nella sezione normale all'asse della vite; la sua forma viene quindi a
essere non più cilindrica, ma torica.
In una vite le dentature assumono l'aspetto di filetti elicoidali avvolgen-
tisi con passo costante attorno all'asse della vite, detti anche principi della
vite.
In un ingranaggio a. vite (detto anche a vite senza fine e ruota elicoidale)
il piano passante per l 'asse della vite e perpendicolare all'asse della ruota \·iene
detto piano principale. Nella Fig. 100 sono rappresentate la sezione di un
ingranaggio a vite con il piano principale e la sezione con un piano passante
per l'asse della ruota e perpendicolare all"asse della vite. La sezione della \·i te
cilindrica rappresentata. nella. Fig. 100 è identica. a quella di una dentiera a Fig. 100 - Sezione di un ingranaggio a vite
denti trapezi.
134 135

Si dice elica media l 'elica intersezione del fianco del dente con il cilindro al passo Pe dell'elicoide costituente la filettatura ed alla velocità angolare w1
medio della vite; essa ha un passo elicoidale Pe corrispondente alla distanza della vite secondo la:
assiale fra due profili omologhi successivi di un medesimo filetto. V Pe
= 27r WJ
Si chiama invece passo assiale Pa la distanza assiale fra due profili
Indicando quindi con z1 il numero di principi della vite e con Pa il passo
omologhi consecutivi della vite: si ha Pa = Pe se la vite ha un solo filetto, e
assiale, si ha:
Pa =p./ z1 se il numero dei filetti è z1.
In Fig. 100 è rappresentato il caso di una vite a due filetti. n modulo (2.77)
assiale è il rapporto ma = Pafn. ,
La lunghezza della vite è la lunghezza della parte dentata della vite mi- Poichè le viti accoppiate alle ruote elicoidali sono quasi sempre a filetto
surata sul cilindro medio parallelamente all'asse. L'addendum ed il dedendum trapezio, ne deriva, come prima. detto, che il moto del. profilo principale della
sono le distanze fra il cilindro medio e, rispettivamente, il cilindro di testa e vite nel piano principale è identico a quello di una dentiera che ingrana con
quello di piede; nel caso delle viti globoidali (Fig. 105), i cilindri sono sostituiti una ruota dentata ad evolvente di circonferenza avente angolo di pressione
da superfici tori che medie, di testa e di piede, aventi cerchi generatori coassiali 1'J. Se quindi r 2 è il raggio primitivo della ruota., la velocità angolare di
con la ruota. quest'ultima è data, in base alla (2. 77), da.:
La ruota a vite coniugata con la vite ha. normalmente una dentatura che
V Z!PaWJ
si sviluppa attorno ad un toro medio (vedi Fig. 100) di riferimento. w2=-=--
. r2 · 27r1"2

02 D'altra parte il passo assiale della vite deve essere uguale al passo frontale
;!-
della ruota, per cui, introducendo il numero di denti z2 della ruota, si ha:
l l
\' ~ l

12
l l ed il mpporto di trasmissione vale in definitiva:
\ l
' l h (2.78) r=-=-
W2 ZJ
\ l
2~ l n rapporto di
wl z2

l· / trasmissione tra vite senza fine e ruota elicoidale è quindi pari


al rapporto tra il numero di principi z 1 della vite ed il numero di denti z2
i della. ruota.
li
Poichè il numero dei principi della. vite è normalmente piccolo, mentre
il numero dei denti della ruota può anche essere molto grande, il rapporto di
lr, ' trasmissione tra. vite e ruota è sempre piccolo e può assumere valori dell'ordin-e
q_-_____ j_·-------~~------------_!21 di 1/100.
La forma. e l'estensione della. superficie di contatto tra vite senza fine e
ruota elicoidale dipendono dalla. forma. e dalle dimensioni dei denti della ruota
Fig. 101 - Ingranamento della vite senza fine e della ruota elicoidale
nel piano principale e del filetto della vite, ed il contorno della superficie stessa è individuato
dalle tronca.ture della vite e della ruota. e dalle superfici piane che delimitano
assialmente la ruota.
1-.Ientre la vite ruota. attorno al proprio asse, la dentiera equivalente Per il tipo più comune di ruota elicoidale, rappresentato nella Fig. 100,
trasla nel piano principale con una velocità i! il cui valore è proporzionale la superficie dei contatti assume una forma a ferro di caYallo così come è
136

illustrato nella Fig. 102. In tal caso, mentre la vite ruota nel verso indicato
dalla freccia, il filetto avanza nella direzione indica.ta; nell'istante particolare
rappresentato in figura, i denti a contatto sono quattro e Je rispettive linee di 137
Per valut,-e la forza scambiata fca vite e >uota si Indichi con F
contatto sono indicate con 1,2,3 e 4, ed è palese che ad ogni giro della vite la
linea di contatto 1 si sposta in 2,2 in 3 e così via. (Fig. 104) la fona che la vite "'ercita sulla ruota in direzione normale alle
due 'Uperfici a contatto. In presenza di attrito e&sterà, oltre a detta forza P,
anche una for" di attrito F., il cui modulo vanà 1F se con 1 si indica il
coefficiente di attrito. relativo aJ tipo di materiali a contatto.

4--
)
;r 1l\ r A
vz ~uora

3
Il
l i /'-- Traccia del fil erro dc lla vi re

2
- r---.
---~
l Asse vi re
'
l/
. ''
l

1- 3J l

~ Jl ~ v~
4 '
l
'
v, "' V1 cos a + v, sin a
_y
v

Fig. 102- Luogo dei contatti tra vite senza fine e ruota elicoidale: ---
Z ::: zona di contatto
Fig. 103- Velocità della vit.e e della ruota in un ingranaggio a vite

Le velocità periferiche Vl e V2 della vite e della ruota valgono rispet-


tivamente:
Vl ::: W t r1
v2::: w2r2

e sono dirette a 90° una rispetto all'altra. Indicando con ex l 'angolo formato
fra-la traccia del filetto e la perpendicolare all'asse della vite (Fig. 103), si ha
che, essendo uguale la componente VN di velocità normale al filetto:

x
ossia:
W2 rl Zt
-=-tgcx=:-
w1 r2 z2
La velocità di strisciamento (velocità relativa) è: Fig. 104 - Forze scambiate tra vite e ruota
(2. 79)
Con riferimento alla Fig. 104 si può allora concludere che le componenti
della forza complessiva che la vite esercita sulla ruota sono da.te da.:
139
138
Nella determinazione della forza ora fatta si è supposto che la vite fosse
motrice e la ruota resistente. Ciò corrisponde al caso di normale funziona-
F:r= F(costln cosa- /sin a) mento di un ingranaggio a vite. Se, invece la ruota è motrice e la vite è
(2.80) Fy = Fsin tln condotta, l'espressione del rendimento (2.83) si capovolge e si scambiano i
{ segni + e -, per cui si ottiP.ne un rendimento per funzionamento inverso:
F, = F(costlnsina+fcosa)
tln - J/tg Cl'
COS
dove l'angolo tln è ancora esprimibile in funzione degli angoli iJ ed a (2.84) 7]; =
costln+ftga
secondo la:
Da questa relazione si può facilmente osservare che, per piccoli angoli a di
(2.81) tgtln =tgi'Jcosa inclinazione del filetto, il rendimento è molto basso anche per piccoli valori del
coefficiente di attrito. Si pÙò inoltre facilmente ottenere il caso di rendimento
Le intensità delle coppie GR e cl' agenti sugli assi della ruota e della nullo o addirittura negativo; ciò sta a. significare che in queste condizioni
vite sono date da: l'ingranaggio è irreversibile, ossia che il. flusso di potenza può solo avvenire
dalla vite verso la ruota.
Gli ingranaggi a vite globoidale sono ingranaggi vite-ruota dentata in
per cui si ha: cui il raggio medio della filettatura della vite varia nel modo illustrato nella
Fig. 105. In tal modo, la vite assume un aspetto particolare, comunemente
GR F:r1'2 r2 cos tln cosa- f sin a
(2.82) detto a clessidra, e avvolge la ruota (Fig. 105 a), mentre a sua volta la ruota
Cv = Fz r1 = r1 · cos tln sin a + f cosa
avvolge la vite (Fig.l05 b).
D'altra parte, in base alla geometria della vite e della ruota si ha:

-r2r1 = -tga
z2
Zl

e pertanto la (2.82) diventa:

CR Z2 COS iJ n - f tg Cl'
Cl' = Z1 • COS t9n + (! jtg a)
e da questa è facile ricavare che, se f =O, GR/Cv= z2/z 1 = Ijr.
il rendimento 7J della trasmissione, espresso al solito come rapporto tra
la potenza utilizzata e quella assorbita, vale: a) b)

Fig. 105- Ingranaggio a vite globoidale


(2.83)

e si può osservare che nel ca.mpo dei valori di a normalmente utilizzati Questo particolare tipo di ingranaggio a vite è stato proposto da Hindley
(0° 745°), il rendimento cresce al crescere dell'angolo stesso. nel1765 al fine di diminuirne l'usura dei filettì. Tuttavia solo lo sviluppo di un
Come per le ruote dentate elicoidali, così nell'accoppiamento vite senza particolare metodo di intaglio, ottenuto in tempi recenti da Samuel I. Cone, ha
fine-ruota elicoidale la presenza di una dentatura elicoidale genera una spinta permesso la realizzazione pratica. di queste viti. In tale soluzione costrutth·a
Fr lungo l'asse della vite ed una. spinta. F. lungo l'asse della. ruota, spinte
i denti della ruota sono diritti ed il filetto della vite è tagliato in modo da
che debbono essere sopportate adottando opportuni cuscinetti reggispinta. seguire i denti stessi.
141
140
Le linee giacenti su questi due piani sono tracciate a tratto pieno; le
3.17 - Ingranaggi ipoidi
linee perpendicolari a questi piani sono tracciate a tratto e punto; tutte le
altre linee sono tratteggiate.
Come detto nel paragrafo 3.14, gli ingranaggi ipoidi sono quelli costituiti
da una coppia di ruote dentate ad assi sghembi in cui la zona dei conta.tti non
n punto medio di contatto M deve essere compreso fra i piani per
gli assi normali alla perpendicolare comune; esso può essere individuato con
si trova in corrispondenza della. perpendicolare comune fra gli assi.
riferimento,.ad esempio, al pignone di asse x1, dando la distanza X1 H 1 B 1 =
fra il punto H 1 ed il piano normale ad x1 in cui si trova M; la distanza
=
r 1 M B 1 fra M e l 'asse x 1 ; l 'angolo e:- 1 fra la direzione di M B 1 ed il piano
1r
1
normale alla perpendicolare comune agli assi. La distanza X 1 specifica
il piano di rotazione in cui si trova M; r 1 rappresenta il raggio medio del
pignone; e: 1 fornisce l'orientazione di M nel piano di rotazione.
n punto M' è la proiezione di M sul piano ;r'; perciò e: 1 è l'angolo
compreso fra le direzioni di M' B 1 e M B 1 •
Analogamente si possono definire le quantità X 2 , r 2 , e: 2 , relative alla
individuazione del punto M rispetto alla ruota di asse X2· n piano per
M norrr::ale ad x2 taglia tale asse nel punto Bz a distanza X 2 da H 2 ;
la distanza M B 2 vale r 2 e l'angolo e: 2 è quello compreso fra la direzione
di M B 2 ed il piano 1r11 • Si indicano inoltre con M" la proiezione di M
su 71"2, con B1' la proiezione di B1 su 11" 11 e con B2 la proiezione di
B 2 su 1r'. Per il punto M passa una retta. incidente entrambi gli assi x 1
ed x2 , rispettivamente nei punti A 1 ed A 2 • Le proiezioni di A 1 ed A 2
rispettivamente su 1r" e 1r' sono indicate con A~ ed A2.
Se ora si vuole realizzare l'ingra.na.mento mediante ruote sghembe aventi
superfici di riferimento coniche, se ne possono definire i vertici V1 e V2 sugli
assi x 1 ed x 2 (vedi Figura 107).
Le aperture angolari dei due coni so 1 e so 2 , corrispondono rispettiva-
mente agli angoli fra la direzione di MV1 e l'asse x 1 e fra la direzione di
MV2 e l'asse x2. Le generatrici .MV1 ed MV2 sono a contatto tangente in
M; il piano .MV1 V2 (tratteggiato in_ Fig. 107) è tangente ad entrambi i coni
Fig. 106- Definizione geometrica della trasmissione fra assi sghembi con ruote ipoidi di riferimento delle due. ruote ipoidi.
La retta A 1 A 2 , che congiunge entrambi gli assi con M, coincide perciò
La Fig. 106 rappresenta a.ssonometricamente gli assi sghembi x1 e x2 con la normale al pia.no MV1V2 , ed è quindi chiamata. verticale principale
formanti un angolo 1/J. Siano H 1 e H 2 i punti in cui tali assi sono intersecati deli 'ingranaggio.
dalla perpendicolare comune.
In :figura 106 sono individuati i piani 1r' e "" normali alla perpendi·
colare comune e passanti per i due a.ssi .r 1 ed x2 , tracciando per H1 ed
H2 le parallele rispettivamente agli assi x 2 ed :t· 1 •
143
142
71' relazioni seguenti:
,
L'angolo compreso fra M A 1 e l'asse x 1 vale quindi 2- cp1, e l'angolo
71'
r1
fra MA 2 el'asse x 2 vale 2-cp2. x1 MA 1 = - -
cos \!'l
. At (2.87)
{ MA?=~
- cos \!'2

'
'
l
l
(2.88)
ft' ' , ll
' l
'

:!!.. -l(Jz
2-

Xz
Fig. 107- Piano 71'o tangente comune ai coni medi di ruote ipoidi

Si chiamino ora 2 1 =M M'; Zz = M.M"; Y1 = B1M'; Yz = BzM". Si ha:

zl = 1'1 sin éj
(2.85)
yl = 7'! cos é!
{ Zz = r2 sin éz = a - r1 sin é1
Y2 = rz coséz Fig. 108- Piano 71'
1
per l'asse x 1 parallelo all'asse x 2 delle ruote ipoidi

essendo a= H1H2 la distanza. fra. gli assi.


1
s~ hanno quindi le espressioni seguenti:
Inoltre, dalla rappresentazione del piano 71' in Figura. 108 si ricava.:
cos \!'! = sin é2
(2.86)
·{ Yz = X 1 sin 1j; - Y1 cos 1j; (2.89)
cos cpz sin é 1
X 2 = Y1 sin 1f; + X 1 cos 1j;

Essendo stati assegnati i valori X 1 , r 1 , é 1 , ed essendo inoltre dati i valori


a, 1/;, della distanza e dell'angolo fra gli assi, dalle (2.85) e (2.86) si ricavano
(2.90) ( _r_l_
cos l-'l
+ ~)2- a2 =(Xl+ l'I tg~l)2 + (.\'? + 7'•, tg'"?)2+
cos <pz r - - ,__
i valori Y1, Yz,Zl,Zz, ed inoltre X 2 ,1· 2 ,é 2 ; si ottengono cioè i dati relativi
alla posizione di M riferita. alle ruote dell'ingranaggio. Inoltre si hanno le - 2(XI + 1"! tg 9I)(Xz + 1·2 tg 92) cos 1/J

Le (2.89) e (2.90) definiscono i valori degli angoli di apertura 9 1 e 9 2 dei


coni di riferimento delle ruote ipoidi. Le posizioni dei vertici di tali coni sono

--
144 145

sono date dalle distanze w 1 e w2 fra i vertici V1 e V2 e, rispettivamente, Le lunghezze medie delle generatrici R1 =V P 1 ed R2 = V2P dei due
i punti B 1 e B 2 , centri dei cerchi medi di funzionamento. Si ha allora: coni valgono:
R1 = .-.!:.!.__
sin 101
(2.92) r
(2.91) { R2= -.--
2
sml02
L'angolo 4J fra le generatrici V1M e
V2 M di tangenza dei due
coni col piano 1r 0 tangente comune raffigurato nella Figura. 109 a è dato
dali 'espressione:
cos'if;
(2.93) cos 4J = cos 101 cos <,:'2
+tg <r'1 tg 102

Nelle Figg. 109 b e 109 c sono rappresentate le sezioni normali al piano della
a)
Fig. 109 a, contenenti rispettivamente gli assi x1 ed x 2 delle due ruote.
Le velocità delle due ruote nel punto di contatto M giacciono nel piano
"o e valgono V1 = w1r1 e V2 = w21·2· La loro posizione è normale alle rispettive
generatrici Vll'\1 e V2 M (Fig. 110).

b)

Fig. 110 - Velocità di strisciamento fra i denti di due ruote ipoidi

La velocità relativa. Vr è parallela. alla. tangente comune alla traccia dei


denti nel punto M. Essa forma. rispettivamente gli angoli cx 1 e a 2 con le
c) generatrici V1 M e V2 M. Si ha quindi:

X2

Fig. 109- a)- Proiezione degli assi delle ruote i poi di sul piano iTo. b)- Piano normale
a ;r 0 per l'asse della ruota l. c)- Piano normale a ;r 0 per l'asse della ruota
2
146 147
Queste relazioni permettono di calcolare gli angoli di spirale a1 e a2 in
funzione del rapporto di trasmissione w2/w1 = zdz2 e dell'angolo </J, e di
determinare la velocità di strisciamento.

Fig. 112- Ingranaggi spiroidi (Illinois Tool Work Inc.)

Fig. 111 -Ingranaggio ipoide con angolo di 90° fra gli assi

Nella Fig. 111 è rappresentato un ingranaggio ipoide con angolo fra gli
assi di 90°.

3.18 - Ingranaggi spiroidi ed helicon


Fig. 113- Ruote helicon (Illinois Tool Y'i'ork Inc.)
Gli ingranaggi spiroidi ed helicon, brevettati dalla illinois Tool Work,
sono costituiti da una vite senza fine a più principi (nel primo caso, con filetti
avvolti su un cono; nel secondo caso, con filetti avvolti su un cilindro), che 3.19 - Ingranaggi speciali
costituisce l'elemento generatore, e da una ruota conica di tipo frontale.
Tale ruota ha superfici di riferimento, di troncatura e di fondo piane
Si è visto in precedenza che la condizione necessaria affi.nchè il rapporto
e parallele all'asse della vi te nel caso degli ingranaggi h eli con (Fig. 113);
di trasmissione tra. due ruote denta.te sia costante è soddisfatta quando le loro
tali superfici sono leggermente rastremate nel caso degli ingranaggi spiroidi
primitive sono due circonferenze. In alcune applicazioni particolari invece può
(Fig. 112).
esistere la necessità di ottenere un rapporto di trasmissione variabile periodi-
148 149

camente nel tempo secondo una determinata legge. Ciò può essere ottenuto quando rotolano senza strisciare l'una relativamente all'altra.
o con l'ausilio di opportuni meccanismi o ricorrendo all'uso di ruote dentate Per determinare l'espressione del ra.pport<? di trasmissione si consideri
aventi le primitive non più rappresentate da circonferenze, bensì da curve ancora la Fig. 114: se P 1 e P2 sono i punti delle due ellissi che verranno
'""" ,.-..
aventi forma tale da realizzare la legge del moto voluta. a contatto in C, sarà evidentemente P1C=P2 C. I triangoli F 1 P1 F{ e
Le ruote dentate non circolari sono generalmente più costose dei corri- F2 P2F~ sono pertanto uguali e sono di conseguenza uguali gli angoli t?]. e t? 2 •
spondenti meccanismi che realizzano la stessa legge del moto, ma ciò nono- n rapporto di trasmissione nella posizione indicata in figura è d'altro canto
stante esse trovano appplicazione nella tecnica. in quanto offrono una maggiore fornito da:
compattezza ed una migliore e più facile possibilità. di equilibra.mento, fattori W2 F!C
r=-==
questi di particolare importanza negli organi rotanti ad alta velocità. Wj F2C
In linea di massima le ruote dentate non circolari possono essere suddi- mentre quando i punti P1 e P2 sono venuti a contatto in C esso vale:
vise in due categorie:
- ruote dentate nelle quali si richiede unicamente una sensibile variazione
della velocità angolare della. ruota condotta (ad esempio negli ingranaggi
che comandano macchine utensili in cui la corsa di ritorno deve essere più In base alle proprietà. caratteristiche dell'ellisse si è in grado di scrivere
rapida della corsa di lavoro); · inoltre che:
- ruote dentate che debbono realizzare una precisa legge del moto (ad esem- F 1 P1 + F{P1 = 2a
pio generare funzioni di tipo trigonometrico). e
F 1 F1 = 2e
Applicando infine il teorema di Carnot al triangolo F{ P F 1 :

F{P[ = F1P? + F 1 F{ 2 - 2F1P 1 · F 1F{ cos(1r- t?J)


2b si è in grado di ricavare, dopo alcuni semplici passaggi che:

T= ?
a-+ ?
e-+ 2ae cos .o
u1

Come si può notare, il rapporto di trasmissione tra due ruote dentate


2a ellittiche non è più una quantità costante ma varia da un valore minimo (per
t? 1 =O) pari a:
Fig. 114 - Ellissi primitive di 11na coppia di ruote dentate ellittiche a-e
Tmin=a+e

Tra le ruote dentate non circolari, le più comuni sono quelle ellittiche ad un valore massimo (per t? 1 = 1r) definito da:
(Fig. 114). In esse le primitive delle due ruote sono rappresentate da due
a+e
ellissi uguali che ruotano attorno a. due assi coincidenti con i loro fuochi F 1 Tmax = --
a-e
e F2. Si indichino ora con a e b i semiassi delle due ellissi e con e . la
loro eccentricità: poichè la somma della distanza di un punto dai due fuochi Si consideri ora (Fig. 115) la ruota ellittica (a) in rotazione attorno
di un 'ellisse è costante e pari a 2a, e poichè le ellissi sono uguali, si può ad uno dei due fuochi: essa può ingranare, oltre che con una ruota ellittica
affermare che le due ellissi rappresentano effettivamente le pr\mitive del moto identica, anche con ruote denta.te vincolate nel loro centro ed in possesso di

6. JACAZIO-PIOl\.fBO - La trasmissione del moto


l
150 1 151

primitive di forma o ellittica.oppure a più lobi. La ruota ellittica (a) (detta primitiva a for,ma di spirale logaritmica (Fig. 116). Per queste ruote dentate,
ellisse fondamentale) può dunque accoppiarsi con ruote aventi per primitive utilizzate solo per escursioni angolari limitate e mai estes.e all'intero giro, il
le curve (2), (3) e (4) e ruota.nti rispettivamente attorno ai punti B,C e D. valore del rapporto di trasmissione è ricavabile nel modo seguente: siano 1? 1
e 1? 2 gli angoli di rotazione contati a partire dalla configurazione in cui le
distanze 0 1C e 0 2C sono uguali; i raggi r 1 · e r 2 saranno allora espressi
da:

dove k è la costante della spirale logaritmica. D'altro canto, i raggi r 1 e 1· 2


sono legati tra loro dalla relazione:

per cui si ottiene in definitiva, dopo alcuni passaggi:

T:-,----
Fig. 115- Ingranamento dell'ellisse fondamentale (a) con ellissi di ordine superiore
~-é"•
l'o

Dette primitive prendono il nome di ellissi del secondo, terzo e quarto ordine Come si può osservare, il rapporto di trasmissione aumenta rapidamente con
e possono anche essere accoppiate tra loro; un particolare curioso ad esempio 1? 1 P.d addirittura tende ad infinito al tendere di t9 1 al valore
è fornito da due ruote dentate ellittiche con primitive del quarto ordine ingra-
nanti tra loro in quanto una volta costruite, assumono approssimativamente l i
t?1 =-In-
k l'o
l'aspetto di due ruote dentate quadrate.

3.20 - Forze dinamiche sui denti

Nei paragrafi precedenti sono state valutate, per vari tipi di ruote den-
tate, le forze che queste si scambiano quando sono animate di moto uniforme
nel caso che esista un ingranamento perfetto (ossia in assenza di giochi) e che
si abbia una sola coppia di denti in presa.
In realtà queste tre condizioni sono soltanto in parte soddisfatte, sia
perchè non sempre il moto è uniforme, sia perchè il numero delle coppie di
denti in presa è variabile, sia infine perchè a causa delle imprecisioni di lavo-
.l razione avvengono durante l'ingranamento urti tra i denti, urti che provocano
variazioni istantanee dei valori sia della. velocità delle ruote sia dell'intensità
Fig. 116 - Ruote dentate a spirale logaritmica della forza trasmessa.
Per ciò che riguarda la non uniformità del moto, è chiaro che, se una
Un altro tipo di ruote dentate non circolari è quello di ruote dentate con delle ruote di una coppia di ingranaggi è solidale ad un albero motore su cui è
152 153

applicata una coppia C (Fig. 117), se I è il momento di inerzia complessivo la parte abcde del diagramma della forza scambiata visibile nella Fig. 118.
della ruota dentata e di tutte le masse rotanti con l'albero considerato, ed Negli istanti successivi, tratto f g della curva, il valore della forza scambiata
il sistema sta accelerando con una accelerazione angolare pari a dwfdt, la si stabilizza attorno ad un valore medio che è con ottima approssimazione
componente tangenziale Q della forza scambiata tra i denti, qualunque sia il uguale a quello calcolato con le formule ricavate nei precedenti paragrafi. In-
tipo di ingranaggio in esame, vale: fine, quando una ulteriore coppia di denti entra in presa, l'intensità della
C- I(dw/dt) forza scambiata ass·ume un valore inferiore (tratto hi del diagramma) per
Q = ---'---'---'-
rl
poi annullarsi definitivamente quando i due denti si disimpegnano.

F
f
dw ~ì
1
dt

Fig. 117 - Componente tangenziale della forza scambiata fra i denti di due ruote di
un sistema in fase di accelerazione

Rispetto alle condizioni di moto uniforme si verifica dunque, a causa ( d .J


della presenza delle azioni di inerzia, una diminuzione dell'intensità della forza
tangenziale quando l'albero motore accelera. ed un aumento della forza stessa Fig. 118 - Andamento della forza istantanea scambiata
fra una coppia di denti in presa
quando l'albero decelera.
Per quanto concerne invece il fatto che il numero di denti in presa è
in genere variabile, vale la considerazione che, se le ruote dentate fossero I valori dei due picchi di carico Fa e Fd sono funzione dell'errore
nel modo più assoluto esenti da difetti di lavorazione, il carico verrebbe ap- di lavorazione della. ruota dentata, della sua. velocità periferica, dell'inerzia
prossimativamente diviso in parti uguali fra i vari denti in presa e le uniche e della deformabilità delle due ruote denta.te. Una giustificazione della loro
variazioni della sua intensità si otterrebbero di conseguenza prevalentemente esistenza può essere fornita da un punto di vista. qualitativo in modo abba-
in corrispondenza dell'inizio o d:lla fine dell'ingranamento di ogni coppia di stanza semplice. Si considerino infatti le due ruote dentate in presa indicate
denti. nella Fig. 119; il contatto teorico fra i due denti D1 e D 2 avviene lungo il
Se però si esamina un diagramma sperimentale della forza istantanea segmento dei contatti AB e la normale comune ai due denti in presa passa
scambiata fra due denti in presa, si può osservare (Fig. 118) che esso presenta sempre per C, in modo che il rapporto di trasmissione vale costantemente:
in genere un andamento molto irregolare, e ciò è dovuto sia alla deformabi-
lità dei denti sotto I'effetto del carico, sia alle in accuratezze di lavorazione
sia ad eventuali disallineamenti degli assi. In particolare, le maggiori solle-
citazioni dinamiche si verificano quando vi è un errore positivo sul passo e
mentre una nuova coppia di denti entra in presa: a questa fase corrisponde
'
154 155

se con 11 e 12 si sono indicati i momenti di inerzia delle due ruote rispetto


alloro asse. f-a costante c1, funzione dell'angolo di pressione, è invece pari a:
2 tg 19(1 - cos t9)
CJ = tJ2

ed in particolare per t1 = 14° 30' e per t1 = 20° si hanno rispettivamente


c1 = O, 257 e c1 = O, 360. Poichè invece i materiali costituenti i due denti
posseggono una certa elasticità, la forza scambiata fra i denti è di intensità
minore, in quanto al nascere della forza corrisponde una deformazione dei
denti stessi con una conseguente diminuzione del valore effettivo dell'errore
sul passo. Al limite, se· P è la forza scambiata in una coppia di denti in
presa in condizioni di moto uniforme e 8 è la corrispondente deformazione
complessiva dei due denti sulla circonferenza. primitiva, la forza limite i'2 che
corrisponde a una deformazione a.ggiui1tiva. pari all'errore e vale:

Fig. 119 - Effetto dell'errore e sulla trasmissione del moto tra due ruote dentate (2.95) F2 = F (~ +
6 .
1)
Se però esiste un errore di lavorazione, in conseguenza del quale il passo tra i La deformazione 6 è a sua volta esprimibile mediante la:
denti misurato lungo la primitiva risulta diminuito rispetto al valore nominale
di una quantità e, ossia se il profilo effettivo del dente D~ è rappresentato (2.96) 6 =Co!_
-b
(...!_ + ...!_)
E1 : E2
~ ~

dall'arco M'N' anzichè da M N, il contatto fra i denti D; e D2 inizia già


nel punto R mentre i denti D1 e D 2 sono a contatto in C. La normale in dove b è la larghezza del dente, E 1 .. ed · • E 2 . sono i modelli di elasticità dei
R alle superfici dei denti D; e D~ interseca perciò il segmento 0 1 0 2 nel materiali costituenti i denti e c2 una còsta.nte a.dimensiona.ta. che dipende
punto C' interno a 0 2C e pertanto la ruota condotta (2) accelera mentre la dall'angolo di pressione e dal proporzionamento con il quale il dente è stato
ruota motrice (1) rallenta. Ora, nel caso di denti infinitamente rigidi, la forza realizzato. Per proporzionamento modulare e 1'J = 14°30' si ha c2 = 9,345,
fl\ che i denti D~ e D2 si scambiano, forza dovuta unicamente alle azioni mentre per t1 = 20° si ha c2 = 9, 000 con proporzionamento modulare e
di inerzia agenti sui corpi (l) e (2), è esprimibile, secondo quanto calcolato da c2 = 8, 700 con proporzionamento ribassato, proporzionamento che prevede
Buckingham, sotto la forma: per il dedendum e per l'addendum valori pari rispettivamente al modulo m
e agli 8/10 del modulo stesso.
(2.94) La forza Fa dovuta all'accelerazione è quindi al massimo pari a i'?
mentre sarebbe pari a F1 nel caso di denti infinitamente rigidi e sembra
dove v è la velocità periferica delle due ruote dentate e m è la massa quindi ragionevole assumere per essa un valore pari alla media degli inversi:
equivalente delle due ruote denta.te e delle masse a.d esse solidali, pari a:
(2.97) F - FIF2
m1m2 a- F1 + F2
m.=
m1 +m2
sono a loro volta uguali a: valore che definisce quindi l 'intensità del primo picco di carico.
In seguito a questa fase di accelerazione, fase di brevissima durata nel
tempo, la velocità angolare delle ruote varia rispetto al valore medio di re-
gime; d'altra parte il punto di contatto fra. i denti D~ e D2 in seguito alla
156 157
rotazione delle ruote dentate si sposta sul sgmento nominale dei contatti AB, 3.21 - Prestazioni dei diversi tipi di ingranaggi
cosa che porta come conseguenza ad una rapida decelerazione della ruota con-
dotta (2). A questa decelerazione corrisponde però una forza scambiata fra i
Come è stato ampiamente esaminato nei paragrafi precedenti, la velocità
denti di segno negativo e quindi un distacco tra i denti stessi (tratto e-d della
periferica, il carico trasmissibile ed il rendimento di un ingranaggio dipendono
Fig. 118). Negli istanti successivi, poichè la ruota motrice, sottoposta a una
dal tipo di ruota ad<;>ttato, dalla precisione della sua lavorazione e dalle condi-
coppia concorde alla velocità angolare, accelera e quella condotta, soggetta a
zioni di lubrificazione esistenti durante il funzionamento. Si possono tuttavia
una coppia resistente, decelera, i due denti vengono nuovamente a contatto,
indicare i limiti delle prestazioni dei vari tipi di ruote dentate in condizioni
ma questa volta con un urto, urto al quale corrisponde un massimo valore
normali, tenendo però presente che ingranaggi di alta precisione sono in grado
della forza scambiata pari a:
di fornire prestazioni migliori di quelle indicate.
Nella Tabella II sono per l 'appunto indicati i normali campi di valori del
(2.98)
rapporto di trasmissione, del rendimento, della massima velocità periferica e
dove F è l'intensità della forza. trasmessa. in condizioni normali da una sola della massima potenza trasmissibile per i vari tipi di ruote dentate descritte
coppia di denti in presa e F2 ed Fa sono date dalle (2.95) e (2.97). ll valore nel presente capitolo.
di Fa fornito dalla (2.98) rappresenta. il massimo valore istantaneo della forza
TABELLA II - Prestazioni normali degli ingranaggi
scambiata fra i denti; tale valore, ricavato teoricamente da E. Buckingha.m,
risulta leggermente superiore a quelli effettivamente riscontrati nelle indagini
Velocità Potenza
sperimentali e la (2.98) può quindi essere utilizzata nella determinazione del Tipo di ingranaggio
Rapporto di
Rendimento periferica massima
massimo carico dinamico risconirabi!e in una ruota. dentata con un'approssi- ingranamento
(m/s) (kW)
mazione ottima e favorevole alla sicurezza della ruota stessa.
Ad assi paralleli
Per una più rapida, ma meno esa.tta. determinazione del massimo carico
dinamico, può anche essere utilizzata la seguente formula approssimata: - A denti diritti l 7 10 0,9870,99 20 1800
- A denti elicoidali l 7 15 o, 98 7 o, 99 50 15000
F+F" - A denti elicoidali
(2.99) Fa = F + --0..--:-75..----- a freccia l 7 15 0,9870,99 150 20000
1 + -'-)F+ F•
v
Ad assi incidenti
dove V è la velocità. periferica delle ruote dentate espressa in m/s ed F" è - A denti diritti 176 o, 94 7 o, 98 15 400
una quantità, avente le dimensioni di una forza., espressa. da: - Ad asse dente curvo 179 0,9470,98 40 4000
be Ad assi sghembi
F" = ( -1 + -r)
C? - A denti elicoidali l 7 10 o, 75 7 o, 95 25 80
- E1 E2 - Ipoidi 179 0,85 7 o, 98 20 500
- Spiroidi lO 7 100 0,5070,95 30 400
dove c2 è al solito il coefficiente che compare nella. (2.96) e b la. larghezza del - Ruote helicon 3 7 100 o, 50 7 o, 97 30 80
dente. La (2.99) può essere usata per il calcolo del massimo carico dinamico
solo in prima approssimazione e solo quando le inerzie delle due ruote dentate
non sono troppo diverse; in caso contrario gli errori derivati dall'uso della
(2.99) sarebbero di tale entità da rendere del tutto inaccettabili i risultati del
calcolo.
'
J

4. ROTISMI

4.1 - Rotismi ordinari


~ r-t ~t(,': 1::: .""t;:;.;ì"':O

Si definisce rotismo un sistema costituito da più ruote <i_e_!.l~~te ingran'a~


tra loro in modo tale che la rotazione di una ruota determini di conseguenza
la rotazione di tutte le altre. Un rotismo \liene detto ordinario se gliassi
di tutte le ruote dentate che lo costituiscono sono {ìssi;rnelltre viene detto
epicicloidale quando alcuni d~gli assi delle ruote componenti sono mo~_i!~

Fig. 120- Esempio di rotismo ordinario

In un rotismo ordinario (Fig. 120) le velocità angolari di tutte le ruote


sono note in valore ed in verso una volta nota la velocità di una di esse, ed il
rapporto di trasmissione r del rotismo stesso viene di conseguenza definito
in valore ed in segno: si avrà così un rapporto di trasmissione negativo se due
ruote dentate ruotano in versi opposti (caso che corrisponde, quando si con-
-
160

sideri un accoppiamento di d~sole ruote dentate, a quello degli ingranaggi Avendo indicato con r il rapporto di trasmissione wd/Wa (Fig. 120), il
161

esterni), mentre si avrà un rapporto di trasmissione positivo tra due ruote rapporto tra le coppie agenti sulle ruote a e d, quando si supponga il moto
dentate del rotismo q11~do gue_~te ruotano nello stesso verso (caso corrispon- uniforme e dotato di un rendimento pari a l, vale: Cd/Ca = wa/wd = l/r.
dente a quello degli ingranaggi interni). Così, nell'esempio della Fig. 120 si Durante i transitori, sempre considerando un valore unitario del rendimento,
avrà: il rapporto tra le coppie agenti sugli assi delle ruote d ed a è diverso
da 1/r, poichè pròprio durante i transitori insorgono delle azioni di inerzia
riducibili come effetto alla presenza di tre coppie agenti ciacuna su di un asse
del rotismo. Si supponga ad esempio di indicare con Cm la coppia fornita
dal motore collegato alla ruota a, con Gr la coppia resistente assorbita
mentre il rapporto di trasmissione globale r vale:
dall'utilizzatore collegato alla ruota d com lm e lr i momenti di inerzia
Wd- =Wd- -
Wb= Ta b • Te d= ( - Zc)
polari delle masse (incluse quelle delle relative ruote dentate a e d) collegate
T= - ( - Za)
- _- -
ZaZc
- rispettivamente all'albero del motore ed a quello dell'utilizzatore, e con h
Wa Wb Wa ' ' Zd Zb ZbZd
il momento di inerzia polare delle masse collegate all'albero intermedio. Se
Ne consegue che, in un rotismo ordinario analogo a quello indicato in inoltre si indicano con Qa la componente tangenziale della forza scambiata
Fig. 120, il rapporto di trasmissione globale altro non è che il prodotto dei sin- fra a e b e con Qc la componente tangenziale della forza scambiata fra c
goli rapporti di trasmissione esistenti tra le velocità angolari degli ingranaggi e d e si scrivono poi le equazioni di equilibrio alla rotazione attorno ai tre
componenti. assi degli alberi componenti il rotismo, si ottiene:
Ora, se un rotismo contiene una ruota che ingrana contemporaneamente d:.;
cgn_ altre due (Fig. 121), il rapporto di trasmissione tra la prima e l'ultima Cm- lm-Jf = Qara
ruota non vede alterato, a. causa della presenza. della. ruota intermedia, il suo d:..;b
valore, ma unicamente il suo segno. Si avrà infatti: Qarb- lvdt =Qcrc
dwd
Ta,b = Wb = - Za Qcrd = lrdt +Gr
W0 Zb
dove con r 0 ,rb,rc,rd si sono indicati i raggi primitivi delle singole ruote
Wc Zb
{ Tb,c =-
Wb
= -:- ~c
dentate.
Introducendo il valore sia del rapporto di trasmissione globale sia di
e quindi: quelli parziali e risolvendo il sistema così ottenuto, si ricava:
T = Ta,b . 1ò,c = Wc = -z
~
Za
. dwa Cm - TCr Cm - rCr
a c
dt = lm + lbrJ,b + lrr =2
le
Per questo motivo alla ruota intermedia viene dato il nome di ruota oziosa ..
dove dwa/dt rappresenta il valore dell'accelerazione angolare istantanea del-
l'albero motore e dove con le si è indi_cato il momento di inerzia equivalente
complessivo, ossia il momento di inerzia di quel volano fittizio che, posto sul-
l'albero motore, provoca sull'albero stesso, a parità di altre condizioni, una
accelerazione angolare identica a quella ottenibile nel rotismo reale.
In un rotismo qualunque si è quindi in grado di effettuare la riduzione
dei momenti di inerzia ad un unico asse del rotismo in esame sommando al
momento di inerzia delle masse solidali all'albero stesso i momenti di inerzia
delle masse collegate agli altri assi moltiplicati per il quadrato dei rispettivi
Fig. 121- Rotismo ordinario con ruota oziosa valori del rapporto di trasmissione.
162
l
} 163

4.2 - RiduttoH a rotismi ordinari

I riduttori a rotismi ordinari si distinguono in base al numero di ingra-


naggi presenti (riduttori a doppia riduzione, a. tripla riduzione, a quadrupla
riduzione) e in base ;~Ila disposizione degli alberi di ingresso e di uscita.
n rendimento di un riduttore a rotismi ordinari è costituito dal prodotto
a)
dei rendimenti dei singoli ingranaggi costituenti il rotismo. Nella Fig. 122 sono
riportati esempi di riduttori a rotismi ordinari a diversi stadi di riduzione.

4.3 - Moltiplicatori a rotismi ordinari

Un moltiplicatore di velocità funziona teoricamente come un riduttore di


velocità alla rovescia; il rapporto di trasmissione globale è quindi sempre dato
dal prodotto dei rapporti di trasmissione dei singoli ingranaggi costituenti il
rotismo. Tuttavia, un moltiplicatore di velocità si differenzia da un riduttore
sia per quanto riguarda il rendimento, che per alcune particolarità costruttive.
Una caratteristica degli ingranaggi usati nei moltiplicatori di velocità è
b) costituita dalla tendenza della punta del dente della ruota dentata condotta
(che è la più piccola) a incunearsi del fianco del dente della ruota dentata più
grande (che è la conduttrice). Questo fenomeno è il risultato degli inevitabili
errori di intaglio delle dentature, per cui il fianco della ruota conduttrice
giunge nel punto teorico di inizio di contatto prima del corrispondente dente
del pignone. La punta del dente del pignone condotto, in questa condizione,
tende ad asportare Io strato di lubrificante eventualmente presente, causando
quindi una rapida usura e determinando una diminuzione del redimento.
Per ridurre questo fe~omeno i denti delle ruote condotte nei moltiplica-
tori di velocità vengono sovente smussati con un opportuno raggio di raccordo
sulla punta. Inoltre, i moltiplicatori di velocità vengono normalmente rea-
lizzati con ruote dentate corrette in modo da diminuire l'arco di accesso e
aumentare l'arco direcesso. Confrontando le (2.50) e (2.51) si può osservare
c)
che, a parità di distanza dal punto di contatto teorico fra le due circonferenze
primitive, il rendimento istantaneo in fase di recesso è leggermente migliore
di quello in fase di accesso, e ciò compensa parzialmente il minor rendimento
di un ingranaggio funzionante da moltiplicatore.

Fig. 122 - Riduttori a doppia. tripla e quadrupla riduzione


164 165

4.4 - Applicazione dei rotismi ordinari: cambio di velocità di una ZA = 15, ZB = 32, ZC = 26, ZD =21, ZE = 19, ZF = 28, ZG = 15, ZH =
15
autovettura e si suppone inoltre di muovere il braccio di ·comando della ruota F verso
sinistra in modo da farla ingranare con la. ruota E, si è in grado di ricavare
Una tipica applicazione dei rotismi ordinari la sì riscontra nella realizza- per il rapporto dì trasmissione wu/w; il valore:
zione dei cambi di velocità delle autovetture. La Fig. 123 illustra per l'appunto
ZA) ( ZE) 15)
= ( -32 ( -28
19) =0, 318
un cambio di velocità meccanico a tre marce più retromarcia: in es·so la ruota T= ( -ZB -ZF
dentata A èsolidaleall'alberomotore (i) eleruotedentate B,C,E,G sono
tutte solidali fra loro. Le ruote dentate A e B sono sempre in presa dì modo valore che corrisponde alla prima. marcia. Se invece si sposta la ruota D verso
destra in modo da farla ingranare con la ruota C, il rapporto di trasmissione
che ad una rotazione del motore corrisponde sempre una rotazione delle ruote
è dato da:
B, C, E e G. Le ruote dentate D ed F, che nella Fig. 123 sono rappresentate
in posizione di folle, possono invece scorrere lungo un albero scanalato, albero T= (-ZA)
ZB
(-ZC)
ZD
= (-15) (-26) =Q, 580
32 21
che costituisce la seconda estremità della linea di trasmissione che comanda
e questo valore caratterizza la seconda marcia.
le ruote motrici della vettura.
Le ruote A e D portano inoltre delle dentature frontali X e Y, den-
tature che vengono ad impegnarsi tra loro quando la ruota D viene spostata
a sinistra; in tal caso il moto viene trasmesso direttamente dall'albero motore
(i) a quello di uscita (u) senza passa.re attraverso l'albero di rinvio ottenendo
così una terza marcia con rapporto di trasmissione ovviamente unitario.
Se infine si sposta la. ruota F verso destra. fino a farla ingranare con la
ruota dentata H, si realizza la catena cinematica corrispondente alla retro-
marcia. In detta catena infatti la. ruota H, che ingrana contemporaneamente
con le ruote F e G, altro non è che una ruota oziosa e per il rapporto di
trasmissione si ottiene il valore:

T= ( - 15)
32
(-~)
15
(- 15) =Q 268
28 '

Valore che, essendo negativo, si differenzia. nel segno dai tre prima calcolati e
caratterizza quindi proprio la. retromarcia.

4.5 - Rotismi epicicloidali

I,rotismi epicicloidali, costituiti anch'essi da più catene cinematiche di


ruote dentate, si differenziano da quelli ordinari in quanto in essi gli alberi
di alcune ruote non sono pii:1 fissi, bensì mobili. In un rotismo epicicloidale
semplice (Fig. 124) di distinguono due ruote dentate principali, dette solari,
Fig. 123- Cambio di velocità a tre marce più retromarcia che non ingranano tra loro e che ruota no attomo a due assi fissi e coincidenti
e una o più ruote dentate, dette satelliti (o planetari), che ingranano con le due
Se si suppone ora che i numeri di denti delle ruote, dentate siano ruote solari ed i cui assi sono portati da un elemento rigido, detto portatreno,
166 167

.c~ota.a.sna yolta~a~wQ.:.a.<L..llJb!!$s~o cnincicj.ente~~~<;_ Prima di calcolare il valore del rapporto di trasmissione di un rotismo
s.§J.q.rJ.r. In un r21!smo e.Ilkicloidale çges~lem~.di-p.en.d@_ti epicicloidale è necessario osservare innanzi tutto che in esso, a differenza dei
che ruot~attorno-allo:_stesso_as_s~....e....doèj__due solari edjLp_o"rta.tre~o, .&Q r.2_tismi ordinari, nei quali esistono un albero di ingresso ed un albero di uscita
altrl-- che ru;ta.no- attorno ad ·-assi
~-- --~---· --.
solidali-~! Q~ir~o, e cioè..i....satelliti
~
(o (ossia un albero motore ed uno condotto), esistono tre alberi differenti e si
planetari). --- - possono quindi ritrovare ca.si di due alberi motori ed uno condotto, o di un
motore e due condoÙi, oppure di un albero fermo, uno motore e uno con-
a)
c;i9.t.:tq. Ciò premesso, si_èjn g~ado di determinare .una relazione fra le velocità
angolari w1 e w 2 dei· solari e la velocità angolari w1 e w 2 dei solari
e la velocità angolare n del portatreno utilizzando il metodo seguente. Si ,
supponga di fornire a tutto il rotismo una velocità angolare n uguale ed op-
posta a quella del portatreno; così facendo, le velocità angolari dei due solari
diventano WI -n e W2- n, mentre quella del portatrenO Si annulla ed il ro-
tismo in esame, privato della caratteristica pec-uliare dei rotismi epicicloidali,
si trasforma di conseguenza in un rotismo ordinario ad assi fissi. Se si indica
ora con r il rapporto di trasmissione del rotismo ad assi fissi derivato da
quello epicicloidale in esame, si è in grado di scrivere che:
w2 -.n
(2.100) r=--
wr- n
La (2.100), detta formula di Willis, rappresenta una relazione di carat-
Fig. 124- Schemi di rotismi epicicloidali semplici. Ruote l e 2: solari; ruote 3 e 4: tere fondamentale nel calcolo cinematico dei rotismi epicicloidali ed individua,
satelliti (o planetari) come si è visto, il rapporto di trasmission§ del rotismo reso ordinario (ossia
ad assi fissi). ~
È chiaro che in un rotismo epicicloidale non tutte le ruote dentate pos- Si consideri ad esempio il rotismo di Fig. 124 b e si supponga che la
sono essere scelte l'una indipendentemente dall'altra, poichè debbono essere corona dentata (2), solidale alla scatola del rotismo, sia fissa; in tal caso gli
evidentementé rispettate alcune condizioni di carattere geometrico. Nel roti- unici organi in rotazione saranno pertanto rappresentati dall'albero (l) e dal
smo della Fig. 124 a) si dovrà avere infatti: portatreno (P). I numeri di denti delle ruote dentate (l) e (3) siano z1 23 =
=
e z3 14 e si voglia determinare il rapporto njw 1 tra le velocità angolari
del portatreno e dell'albero (1). n rapporto di trasmissione del rotismo reso
condizione che, se i moduli delle ruote dentate sono uguali tra loro, corrisponde ordinario (ossia a portatreno fisso) varrà dunque:
~~ -

Ed analogamente nel rotismo della Fig. 124 b) deve essere rispettata la con-
dizione: con z2 pari a:
Z2 = ZI + 2z3 = 23 + 2 X 14 = 51
Ne consegue che, in un rotismo epicicloidale, i parametri che caratterizzano Per cui si otterrà in definitiva:
una ruota dentata risultano automaticamente determinati una volta che siano zr 23
stati stabiliti quelli relativi a tutte le altre. T=--=--= -0,4.51
Z2 51
168 169

Essendo ora nulla la velocità angolare w2 della corona esterna, la formula di Volendo infine calcolare la velòcità di rotazione dei satelliti attorno al
Willis sarà esprimibile mediante la: loro asse basta osservare che:
-n Vs w1r1 w1z1
T= -0,451 = - - ws = --
rs
= ---
2rs
=---
2zs
= -0,821wl
, wl- n
è, conCludendo, il rapporto di trasmissione cercato 'varrà: Quando si vuole procedere al calcolo dei valori delle coppie agenti sui
singoli alberi del rotismo, ci si imbatte in una importante proprietà tipica dei
E_= _r_ = -0,451 = 0, 311 rotismi epicicloidali, proprietà che verrà qui di seguito evidenziata. Si consi-
w1 r-1 -0,451-1 deri dunque un rotismo epicicloidale qualsiasi; su di esso agiscono (Fig. 126)
Nel rotismo epicicloidale in esame quindi, il solare (l) ed il portatreno ruotano tre coppie esterne: una, di intensità C11 sul solare (1), una seconda di inten-
nello stesso senso ed il rapporto tre le loro velocità angolari è pari a 0,311. sità C2 , sul solare (2), ed infine una ter~a, di <intensità Cp, sul portatreno
P. In condizioni di regime, o quando le masse delle ruote dentate siano tra-
scu~abili, le coppie c\, 62 e Cp debbono equilibrarsi tra loro, per cui si
ha:

(2.101)

Fig. 125 - Rotismo epicicloidale con corona esterna fissa

Allo stesso risultato si può a:nche pervenire utilizzando altre semplici Fig. 126 - Coppie agenti su un rotismo epicicloidale
considerazioni di carattere cinematico. La velocità periferica della ruota (l) è
=
infatti pari a:, V1 w1r1 (Fig. 125), e poichè la c9rona dentata (2) è fissa, la Si supponga ora che il rendimento del rotismo sia unitario; in tale caso il
velocità dell'asse del satellite è necessariamente pari a: Vs = Vlf2 = w1 rd2. lavoro complessivo compiuto dalle coppie cl>
62 e Cp in un dato il}tervallo
Di conseguenza la velocità angolare del portatreno è data da: di tempo deve essere nullo e pertanto si è in grado di scrivere che:
n-~- w (2.102)
- r1 + 7's - 2 ( 1+ ~; )
Dalle(2.101) e (2.J02) si ha allora:
e da questa si ritrova che il rapporto di trasmissione cercato vale:
l
- = -,(--~--,--)
WJ 2 l+ :2_
= o' 311 e
.::l
170 171

Introducendo in questa espressione la (2.100) si ottiene la relazim!_e:. Si supponga inoltre che il motore fornisca una potenza costante W, e che la
coppia agente sull'albero motore sia pertanto esprimibile mediante la:
(2.103)

r~lazione che, assieme alla:


Dalle (2.103) e (2.104) si avrà allora:
Cp 1- T
(2.104) c1 =-T- Cp 1- kp n
(2.105)
c1 =-T-=
T
--w-w1

ricavabile dalle (2.103) e (2.101), esprime in termini matematici la proprietà


{ c2 = _.!. =- k2w2wl
cercata. In bàse alle (2.103) e (2.104) infatti si può affermare che, in lJ.ll rotismo c1 T w
_ epicicloidale qualsiasi, il rapporto traje coppie agenti sui due solari e quello
tra le coppie agenti sul portatreno e su uno dei due solari sono indipendenti mentre, dalla formula di Willis, si avrà:
dalle velocità angolari alle quali ruotano gli assi considerati, e sono pari ai
(2.106)
rapporti esistenti tra le coppie agenti in un rotismo ordinario ad assi fissi
gèometricamente identico a quello in esame. dove T, rapporto di trasmissione del rotismo reso ordinario, vale sempre:
Un rotismo epicicloidale è dunque fondamentalmente un partitore di
coppia ed il rapporto di partizione dipende unicamente dalla geometria del
rotismo e non dalle sue condizioni cinematiche di funzionamento. Natural-
mente questa proprietà vale fintantochè si suppongano valide le ipotesi di Le (2.105) e (2.106) forniscono allora un sistema di tre equazioni nelle
rendimento unitario e di moto uniforme. Va. però osservato che, anche se il tre incognite w1,w2 e n, sistema che, una volta risolto, porta alle soluzioni:
rendimento non è mai pari all'unità, esso è però sovente molto prossimo ad l,
almeno per i rotismi più semplici, per cui le relazioni ora viste possono essere
utilizzate con sufficiente approssimazione in numerosi calcoli pratici.
Come si è avuto modo di osservare nell'esempio precedente, nei rotismi
epicicloidali due delle tre velocità angolari w 1 ,w 2 e n possono essere fornite
indipendentemente l'una dall'altra., mentre il valore della terza. è facilmente
determinabile utilizzando la formula di \Villis. A volte però, anzichè conoscere
il valore di una o più velocità angolari degli assi del rotismo, ci si trova. nella
condizione di poter unicamente esprimere delle relazioni che legano dette ve-
locità angolari alle coppie agenti suj vari assi: in tal caso le (2.100)-;- (2;104) Come si è già avuto modo di fare osservare, le (2.103) e (2.104) perdono
mantengono la loro validità, ma ad esse vanno aggiunte le relazioni esistenti la loro validità durante i transitori poichè in tal caso esistono, in aggiunta alle
tra coppie e velocità angolari. coppie esterne agenti sugli assi dei solari e del portatreno, le coppie di inerzia
Per meglio comprendere quanto ora esposto, si consideri ad esempio il relative alle masse solidali agli assi stessi. Ciò nonostante, le coppie di inerzia
rotismo della Fig. 124 b) e si supponga che, invece di essere w2 = O, l 'albero dei solari e del portatreno possono essere sommate alle coppie esterne agenti
(2) ed il portatreno siano collegati a due utilizzatori che creano una coppia sui rispettivi assi e le coppie di inerzia dei singoli satelliti sono normalmente
resistente direttamente proporzionale alla velocità angolare. Sarà allora: di piccola intensità rispetto alle altre coppie in gioco, per cui non si commette
di solito un grande errore utilizzando comunque la (2.103) e (2.104).
cp = -kpn Per il calcolo delle accelerazioni insorgenti in un rotismo epicicloidale
{
c2 = -k2:,;2 durante i transitori può essere a volte conveniente, come nei rotismi ordinari,
172 173

conglobare i momenti di inerzia dei vari alberi e delle masse ad essi eventual- è allora calcolabile utilizzando la formula di Willis; si avrà infatti:
mente collegate in un unico momento di inerzia equivalente agente sull'asse -n
del motore. Per il calcolo del momento di inerzia equivalente si può seguire ---=T
w1-n
il procedimento indicato per i rotismi ordinari scrivendo in fasi successive le
varie equazioni di equilibrio dei singoli elementi, oppure, più semplicemente, dove:
si può scrivere che il momento di inerzia di un volano equivalente posto sul-
l'albero (1) ruotante alla velocità angolare w1 deve essere tale da fornire la
e pertanto:
stessa energia cinetica del sistema originario. w1 T -l
Se allora i momenti· di inerzia dei solari, del portatreno e delle masse ad -=--
n T
essi collegate sono h, h, Ip, il momento di inerzia e la massa di ogni satellite
sono Is e ms, la velocità angolare dei satelliti è ws, la velocità del loro
baricentro è Vs ed il loro numero è ns, si ha che il momento di inerzia
equivalente I. soddisfa alla relazione:
l l l l ns
2 I.w 21 = 2 hw 21 + 2 I2w2 + 2 Ipn- + 2
? ? ? ?
(Isws + ms Vg)
per cui si ha in definitiva:

Nei casi finora considerati si sono sempre ipotizzati i rotismi epicicloi-


dali come costituiti da ingranaggi cilindrici; in realtà, come si avrà modo di
osservare in alcuni degli esempi successivi, esistono anche dei rotismi epici-
cloidali dotati di ingranaggi conici ed il calcolo delle condizioni cinematiche Fig. 127 - Riduttore a rotismi epicicloidali: il solare (2) è fermo
del loro funzionamento non si discosta affatto da quello esposto nel presente
paragrafo. È evidente quindi che, se i numeri di denti delle ruote vengono scelti in
modo da fornire per il rapporto di trasmissione del rotismo reso ordinario un
valore molto prossimo a l, si è in grado di ottenere dei valori di wl/O molto
4.6 - Rid uttori a rotismi epicicloidali piccoli ed inoltre positivi (rotazioni w1 e n tra loro concordi) per valori di
T leggermente maggiori di quello unitario, oppure negativi (rotazioni w 1 e

Una delle principali applicazioni dei rotismi epicicloidali la si riscontra f1 tra loro discordi) pe~ Valori di T leggermente inferiori all'unità.
nei riduttori a forte rapporto di riduzione; in essi infatti i rotismi epicicloi- Un altro tipo di riduttore epicicloidale molto diffuso è quello indicato
dali consentono soluzioni costruttive dotate di ingombri notevolmente minori nella Fig. 125 e del quale viene mostrato un esempio concreto di applicazione
di quelli ottenibili, a parità di ra.pporto di riduzione, adottando dei rotismi nella Fig. 128, dove è raffigurata la ruota motrice di un trattore per movimento
ordinari. terra: in essa il solare esterno del rotismo epicicloidale è solidale all'albero cavo
Si consideri ad esempio il rotismo epicicloidale illustrato nella Fig. 127: ed è fisso mentre l'albero interno è quello motore e trasmette il moto aH'altra
in esso il porta treno P è collegato al motore, mentre il solare (l) è collegato ruota solare. D portatreno è invece collegato solidalmente al mozzo della ruota
all'utilizzatore e la ruota dentata (2) è fissa. fl rapporto di tra,Sl11ÌSSÌ0!1e Wj/0. motrice del trattore; in questo modo il rapporto tra le velocità angolari della
175
174
4. 7 - Rendimento di rotismi epicicloidali
ruota e dell'albero è, in base a quanto già esaminato nel paragrafo precedente,
pari a:
Nel paragrafo 3.9 sono state esaminate le varie cause di perdite mec-
= -.,------ caniche nella trasmissione del moto mediante ingranaggi. Per i rotismi ad
wl 2 ( 1+ ;: ) assi :fissi si è visto che il rendimento globale è il ·prodotto dei rendimenti delle
dove z1 _e z3 sono rispettivamente i numeri di denti della ruota motrice e dei singole coppie di ruòte dentate. Nel caso dei rotismi epicicloidali la deter-
satelliti. minazione del rendimento globale in funzione di quello delle singole coppie
di ruote dentate è più complesso per la presenza delle ruote dentate ad asse
mobile. Tuttavia, se si considerano soltanto le perdite di potenza meccanica
dipendenti dal moto relativo fra le ruote dentate, il problema del calcolo del
rendimento di un rotismo epicicloidale può essere effettuato tenendo presente
che le velocità relative fra le ruote dentate non variano applicando a tutto il
rotismo una certa velocità angolare.
Si può pertanto calcolare n rendimento del rotismo epicicloidale scri-
vendo un bilancio di potenze del rotismo effettivo e un bilancio di potenze del
rotismo "ordinario". Per quest'ultima relazione occorre prestare una parti-
colare attenzione. Infatti, i flussi di potenza attraverso le ruote dentate del
rotismo effettivo possono essere diversi\ia quelli del rotismo reso "ordinario",
ed occorre quindi esaminare attentamente i segni delle coppie e delle velocità
angolari dei vari elementi rotanti, al fine di introdurre il giusto valore del
rendimento. ,.
. ··
Si consideri, ad esempio, n rotismo'epi-.
cicloidale di Fig. 129 in cui il portatreno P
è collegato al motore, mentre il solare l è col-
legato all'utilizzatore ed il solare 2 è fisso. In
questo caso il flusso di potenza avviene dal
portatreno verso il solare l.
Questo rotismo è identico a quello in-
dicato nella Fig. 127, per cui il rapporto fra
le Velocità angolari Wl e n è:
W1 T- l Z2Z3
-=--=1---=a
n T Z1Z4

Per come è realizzato il rotismo di


Fig. 129, z1 > z2 e z4 > z3 , per cui O< a< l 4

Fig. 128 - Ruota motrice di un trattore per movimento terra e, di conseguenza, risulta che w 1 e n sono
concordi con w 1 < n. Le equazioni di equili-
brio di coppia e di potenza sono: Fig. 129 - Rotismo epicicloidale
176 177

che, unite all'equazione di equilibrio di coppia, forniscono la seguente espres-


C1 + C2 + Cp =O sione del rendimento inverso:
{ C1w1 + Cpf2r}P,1 =O l _ Z2 Z3 __l__
da cui risulta: Zl Z4 713,1 · 712,4
c1 W! cl (2.108) 71!,P = _ Z2 Z3
Cp=---=--a 1
71P,1 0 71P,! Z1Z4

C2 =-Cp - C1 =C1 (~-


71P,1
1) Dalle (2.107) e (2.108) si può osservare come il rendimento globale del
rotismo vari, per grandi rapporti di riduzione, molto rapidamente con piccole
Poichè il rapporto di trasmissione a è minore di uno e quindi IC1 l è variazioni del rendimento delle singole coppie di ruote. Ad esempio, se 71 1 ,3 =
maggiore di ICPI, risulta che C2 è positiva. 714,2 = 713,1 = 712,4 = 71, . Z1 = 19, Z2 = 18, Z3 = 20, Z4 = 21, Si ha: wr/0 =
Immaginando ora di dare a tutto il rotismo una velocità angolare -n, 1/10,231 ed i rendimenti valgono: per 71 = O, 99, 71P,l = O, 845, 71l,P = O, 812; per
risulta che il portatreno è fisso, mentre i solari l e 2 ruotano .rispettivamente 71 = 0,98,71P,1 = 0,732,711,P = 0,619; per 71 = 0,97,71P,1 = 0,647,71l,P = 0,420.
alle velocità angolari w1 -n e -n. Queste velocità angolari sono entrambe Infine, dalla (2.108) si trova che il rotismo, funzionando da moltiplicatore ha
negative, poichè lw 1 l < IO!; pertanto, essendo C1 negativa e C2 positiva, rendimento nullo per 71 = O, 94987, mentre, sempre per questo valore di 71, il
il flusso di potenza nel "rotismo reso ordinario" va dal solare l al solare 2, rendimento in moto diretto (riduttore) vale ancora 0,526.
quindi:

e, dopo alcuni passaggi: 4.8 - Rotismi epicicloidali ad ingranaggi conici

I rotismi epicicloidali ad ingranaggi conici trovano la loro principale


applicazione nei differenziali. Dei differenziali, quasi universalmente adottati
Uguagliando questa espressione di C2 con quella prima trovata si ha: sugli autoveicoli onde consentire alle ruote motrici di percorrere traiettorie
curvilinee senza che si verifichi strisciamento tra le ruote stesse ed il terreno,
è riportata una applicazione pratica nella Fig. 130, che illustra per l'appunto
un differenziale per autocarro. In esso i due solari (1) e (2) sono costituiti da
ossia: due ruote dentate coniche uguali che ingranano con due satelliti identici (3)
e (4 ). I satelliti, liberi di ruotare attorno ad un perno solidale al portatreno
(P), vengono da questo trascinati in rotazione attorno all'asse delle ruote in
(2.107)
quanto il portatreno stesso è solidale ad una ruota dentata conica che ingrana
con un rocchetto conico il quale a sua volta ri-ceve il moto dal motore. Se si
Nel caso di moto inverso (solare l motore, portatreno P utilizzatore), considera il rotismo a portatreno fisso, ossia dopo averlo reso ordinario, si può
le due equazioni di equilibrio di potenza diventano: constatare facilmente che il rapporto di trasmissione tra i solari (l) e (2) è
pari a r =-l. In base alla formula di Willis si ottiene allora:
CJW!711,P + CpO o = w2 -n
{ C2(-0)712,1 + C1(w1- O)= O --=r=-1
w1-n
178 179
e di conseguenza: In condizioni di moto _r_ettilip.eQ, le. velocità..a.ngolar-i.-delle;uote-mot-rid-
Q.~!!'_a_!ltoveicc;>lg SOJ:!~_tra
lqro uguali ed.i satellitLdeLdifferenziale-non ruotano
at~~rno alloro asse, in ~~!_lt_o_ é!_~v~no _qyyiamente_~ssereugua}L anche le_ve-
lo~l.!-!_~irotazione dei due solari. Se invece si cons!dera il veicolo in ma~cia
lungo una traiettoria curvilinea si osserva che i .baricentri delle due_ ruote ed
iÌ_punto medio d~ll'asse che le collega posseggono rispettivamente le velocità:
V~_=_~Y-~- -::.YJ.:!J., VM = wv R e V2 = wv(R + p/2), dove con wv si è indicata
la velocità di rotazione del veicolo attorno al centro della traiettoria. Affi.nchè
le ruote rotolino senza strisciare è necessario pertanto che le loro velocità
angolari risultino pari a:

Fig. 130 - Differenziale per autocarro


Fig. 131 - Velocità dei centri delle ruote di un veicolo in una traiettoria curva

In un differenziale quindi, la velocità angolare del portatreno è uguale


men-tre la velocità angolare del portatreno risulta:
alla semisomrna delle velocità angolari delle due ruote. Inoltre, in base alla
(2.103), il rapporto tra le coppie agenti sui due solari è: O ::: Wl + W2 ::: 2VM -
2 d
c2 = _.!. =1 Come si può osservare, la ruota interna alla curva deve possedere una
c1 r velocità angolare minore di quella relativa alla ruota esterna e ciò è reso possi-
e pertanto le coppie agenti sulle due ruote solari in condizioni di regime sono bile proprio dalla presenza del differenziale. In tal caso infatti i satelliti, oltre
sempre uguali tra loro, mentre la coppia fornita dal portatreno è data da: ad essere trascinati dal portatreno, si pongono in rotazione attorno al proprio
asse in modo tale da diminuire la velocità angolare del solare collegato alla
ruota interna ed aumentare corrispondentemente l'altra.
1

! 180 181

l Oltre che sugli assi delle ruote motrici dei veicoli, i differenziali trovano
evidentemente applicazione in tutti i sistemi meccanici nei quali occorre effet-
tuare la somma di due rotazioni quali, ad esempio, i servomeccanismi utilizzati
per il comando di un organo meccanico.
Rotismi epicicloidali ad ingranaggi conici, sia con solari uguali (come
nel differenziale), sia con solari differenti vengono inoltre usati come riduttori
a forte rapporto di riduzione analogamente a quanto visto per i riduttori
epicicloidali ad ingranaggi cilindrici.

4.9 - Rotismi epicicloidali multipli·

Si definisce rotismo epicicloidale multiplo quello formato da più rotismi


epicicloidali nei quali uno o più elementi appartengono a due rotismi succes-
sivi. Un rotismo epicicloidale multiplo, e per esatezza doppio, è illustrato nella
Fig. 132; in esso infatti il portatreno (P) è comune ai due rotismi componenti
ed anche la ruota composta (2-3) è un solare per entrambi. È opportuno os-
servare che, come in un rotismo epicicloidale semplice, anche in uno composto Fig. 132 - Rotismo epicicloidale doppio con portatreno comune
si è normalmente in presenza di tre alberi uscenti dal rotismo stesso e che
inoltre anche in questo caso la velocità di uno degli alberi è determinata una L'equazione di equilibrio delle coppie è fornita, così come in un rotismo
volta che siano fissate le altre due. epicicloidale semplice, da:
D calcolo della relazione tra le velocità angolari dei tre alberi uscenti c1 + c4 + cp =o
dal rotismo multiplo si effettua in modo del tutto analogo a quello relativo ad
un rotismo semplice, applicando però più volte la formula di Willis. Così nel mentre quella delle potenze, assumendo un rendimento unitario, è esprimibile
rotismo della Fig. 132 si considera inizialmente il rotismo epicicloidale formato sotto la forma:
dalle ruote solari (l) e (2), dal portatreno P e dalle ruote satelliti (5). In C1w1 + C4w4 + CpO = O
esso si ha: Dal sistema formato dalle due equazioni ora scritte e dalla (2.109) si
w2 -0
--=rl ricava che i rapporti tra le singole coppie agenti sugli alberi valgono:
w1- n
dove r 1 = -~d z 2 è il rapporto di trasmissione nel rotismo reso ordinario,
ossia a portatreno fisso. Nel secondo rotismo, formato dai solari (3) e (4), dal
portatreno P e dai satelliti (6) si ha, in modo del tutto analogo:
w4-n
--=r2
w3-n Come si può notare, anche nei rotismi epicicloidali multipli il rapporto fra le
=
dove ora r2 -z3 jz4 • Osservando ora che w3 =w~, in quanto le ruote dentate coppie dipende solo dalla geometria del rotismo e non dalle velocità angolari
(2) e (3) sono ricavate dallo stesso pezzo, ed eliminando di conseguenza w 2 degli alberi, e pertanto anche i rotismi epicicloidali multipli sono, nell'ipotesi
dalle due equazioni prima scritte si ottiene: di moto a regime e di rendimento unitario, dei partitori di coppia.
(2.109) I rotismi epicicloidali multipli, infine, possono anche essere realizzati uti-
lizzando ruote dentate coniche anzichè cilindriche come è chiaramente visibile

i. JACAZIO-PIOlv!BO- La trasmissione del moto


182
t 183
nell'applicazione illustrata in Fig. 133. Il rotismo epicicloidale ivi rappresen- Se poi come è stato in precedenza ipotizzato, il solare C è fisso (wc
' )
=
tato è in pratica costituito da due rotismi semplici in parallelo aventi un solare o), si ha in definitiva che:
ed il portatreno in comue. Il solare A ruota solidalmente all'albero motore F
ed ingrana con i satelliti D i quali ruotano liberamente attorno al portatreno WB 12-1! ZA(ZDZB-ZEZC)

e si impegnano con l'altra ruota solare C fissa. Ai satelliti D sono inoltre WA = l - lj = ZD zs(zc + ZA)
solidali gli altri satelliti E, i quali a loro volta ingranano con la ruota solare
Se pertanto i .due prodotti zs ZD e ZE zc sono quasi uguali tra loro
B rigidamente collegata all'albero condotto G. n portatreno è in questo caso
si ottiene da questo rotismo epicicloidale un riduttore dotato di un rapporto
un elemento interno al rotismo multiplo e ad esso quindi non risulta applicata
di riduzione estremamente elevato, di dimensioni ridotte e di alberi di in-
alcuna coppia esterna; le coppie esterne agiscono infatti in questo caso sulle
gresso e di uscita coassiali, caratteristiche queste molto apprezzate in svariate
tre ruote solari A, B e C.
realizzazioni costruttive.
n rendimento di rotismi epicicloidali multipli può essere ricavato se-
guendo il procedimento indicato nel paragrafo 4.7 per i rotismi epicicloidali
semplici.

F -- 4.10 - Rotismi epicicloidali per la regolazione del passo delle pale di


un'elica

Una interessante applicazione dei rotismi epicicloidali multipli è quella


relativa alla regolazione del passo delle pale di un'elica. Nelle eliche a passo
variabile infatti, in base alle condizioni di funzionamento desiderate, si invia
corrente ad un motore elettrico collegato alle pale in modo da farle ruotare
Fig. 133 - Rotismo epicicloidale multiplo ad ingrana.ggi conici
fino al raggiungimento della posizione richiesta. In un sistema di questo genere
occorre però avere fortissimi rapporti di riduzione entro un piccolo spazio in
Per ricavare la relazione esistente fra le tre velocità angolari wA,ws quanto la coppia richiesta per ruotare le pale è di intensità rilevante, mentre
ed wc occorre ora procedere nel modo seguente. Considerando il rotismo il motore elettrico, per ragioni di carattere tecnico-costruttive, è sempre di
epicicloidale semplice (A, D, C) ed indicando con n la velocità angolare del dimensioni ridotte e ruota ad alta velocità.
portatreno si ha:
Lo schema del rotismo epicicloidale adottato è illustrato schematica-
wc-n
---=11 mente nella Fig. 134; in esso il motore elettrico guida il solare A, mentre le
WA -n
corone dentate C~ ed H sono fisse all'involucro, i due portatreni sono indi-
dove, al solito, 11 = -zA/ zc mentre per il rotismo epicicloidale sep1plice pendenti e liberi di ruotare attorno alloro asse comune, e l'albero di uscita J
(A, D, E, B) si ha: comanda la rotazione delle pale dell'elica. per il tramite di una. normale coppia.
ws-n coni ca. ad assi fissi.
---=i?
WA- fl - Per il calcolo del rapporto globale di trasmissione è opportuno iniziare
COn 12 = -ZA ZE/ZD ZB· a considerare il rotismo (A,B,C); indicando con n la velocità angolare del
Eliminando n dalle due equazioni ora scritte si ottiene: porta.treno e rammentando che la. ruota C è fissa. si ha:

-n
---=11 =--
=A

WA- n ::c

,j i . aw.s H iiU. z.s. JZlWlSL &Uk


184 185
Considerando il rotismo (A, B, D, E) si ottiene invece: Come risulta evidente analizzando la (2.110), per ottenere un rapporto
di riduzione molto elevato è sufficiente rendere abbastanza piccol~ le differenze
WE-f2 ZA ZD
---=r2=--- (r1-r2) e (rs-r4)·
WA-f2 ZB ZE
Si consideri ad esempio una possibile serie di ingranaggi costituita dalle
ruote: ZA = 13, ZB =56, ZC = 125, ZD = 48, ZE = 117, ZF = 17, ZG = 30, ZH =
77, z1 = 26, z1 = 73. (si osservi che nella Fig. 134le ruote dentate F,G,H,I,J
hanno dimensioni maggiori di A, B, C, D, E in quanto posseggono un modulo
maggiore). Con i valori scelti dei numeri dei denti si ha:

Tj = -0, 104; T2 = -0, 09524; 1"3 = -0, 2208; 1"4 = -0,2018

e dalla (2.110) si ottiene per il rapporto di trasmissione globale il valore:

WJ
-
WA
=- -
8115

valore estremamente basso, ma che comunque non rappresenta un limite infe-


riore per questo tipo di rotismi multipli. Con una opportuna scelta del numero
dei denti delle ruote si sono infatti ottenuti, a parità di ingombro del riduttore,
rapporti di trasmissione fino a l : 180000 ed è interessante notare che se si
volesse ottenere un rapporto di trasmissione così basso con una sola coppia di
ruote dentate cilindriche, nell'ipotesi di adottare una ruota motrice di 4 cm
Fig. 134 - Rotismo epicicloidale per la regolazione del passo delle pale di un'elica di diametro si dovrebbe accoppiare a questa una ruota condotta di diametro
pari a 7,2 km.
Analogamente per il rotismo (F, G, H), tenendo conto ora che WF =w E
e che la ruota H è fissa, 'si ha:
4.11 - Cambio di velocità a rotismi epicicloidali
-0 1 ZF
WE- f2' .
= = --
rs ZH
I rotismi epicicloidali multipli vengono comunemente utilizzati anche ne-
Ed infine, per il rotismo (F, G, I, J) si ha: gli autoveicoli, e particolarmente nei veicoli pesanti ed in quelli a trasmissione
automatica, per quanto concerne la. realizzazione dei cambi di velocità.
WJ- O' ZFZJ Un esempio di cambio di velocità a rotismi epicicloidali è illustrato nella.
WE- f2'
= = ---
7"4
ZG ZJ Fig. 135. In esso l'albero motore è solidale ai due solari A e B e trasmette
inoltre il moto, tramite un albero scanalato, alla frizione Z. L'albero di uscita
Dalle quattro equazioni ora scritte si è in grado di ricavare il rapporto
(albero condotto) è indicato con 2, mentre con F 1 , F2 , F3 , F4 sono stati indicati
WJ/wA eliminando in fasi successive i termini wE,n,n' ed ottenendo in
i freni (a nastro o a disco), che mantengono fissi, a seconda delle necessità, gli
definì ti va.:
elementi sui quali essi agiscono.
(2.110) WJ
WA
= (~)
Tj- l
(T3- T4)
1"3 -1
Si consideri ora il caso in cui il freno F2 mantiene ferma la corona
dentata I in modo che il moto venga trasmesso dall'albero motore a quello
186
187
condotto (che porta gli assi dei satelliti D e M) tramite il rotismo epi-
e pertanto il rapporto di trasmissione risulta in questo caso maggiore di quello
cicloidale (B, D, I). TI rapporto di trasmissione, essendo I fermo, è dato
da: precedente.
-W2 ZB Se ora si mette in funzione il freno F3 , il moto viene trasmesso con
---=r~=--
wl- w2 ZJ l'ausilio di tre rotismi epicicloidali:
ossia
W2 TJ ZB a) il rotismo (E, F, G) in cui G è fisso;
-=--=---
b) il rotismo (A, C, H);
c) il rotismo (B, D, I).
La formula di Willis, applicata successivamente ai tre rotismi, fornisce
le seguenti relazioni fra le varie velocità angolari:
WJ-WH
-wH
= ra = -ZG
-
ZE
WH -W[ · ZA
Wj-W[
= T2 = --
ZH
WJ-Wz ZB
---=T!=--
Wj- W2 Z[

e da queste, sviluppando i calcoli, si ottiene:


w2 r2(l- ra)- r1(r2- rz ra + ra)
w1 = (l-r1)(r2-r2ra+r3) =
ZB ----~~-A~Z~J~(N~-E~+_z~G~)______~
=--+-c-
ZB + ZJ (zB + ZJ)(zA ZE + ZA ZG + ZG ZH)
Fig. 135 - Rotismo epicicloidale multiplo per cambio di velocità Se ora si inserisce la frizione Z mentre tutti i freni sono disinseriti, le
velocità angolari delle ruote dentate A, B e G sono le stesse, per cui tutto
Se invece è operante il freno F1 ed è mantenuta fissa la corona dentata il complesso e quindi anche l'albero condotto 2, ruota alla stessa velocità
H, il moto viene trasmesso dall'albero motore a quello condotto mediante un angolare w 1 •
rotismo epicicloidale multiplo. In esso il primo rotismo è formato dal solare Se infine si inserisce il freno F4 il moto viene trasmesso mediante i
A, dal satellite C e dal solare H (fisso); il portatreno di questo rotismo è rotismi (B,D,I) e (L, M, N) in cui WN =O, ottenendo così:
solidale alla corona dentata I che costituisce un solare del secondo rotismo W[- W2 ZB
---=r~=-­
(I, D, B) ed il portatreno di questo secondo rotismo coincide, come nel caso WI- W2 ZJ
precedente, con l'albero condotto. Si ha dunque in definitva: -W2 ZL
---=r4=---
Wj-:~/ = T2 = - ;; WJ -W2 ZN

WJ-W2 ZB e da queste, dopo alcuni passaggi, si ottiene:


{
---=rl =--
wl -w2 ZJ
da cui, eliminando w1 , si ottiene
W2 Tj + T2- T2 = -ZB- + -:---_.:.:,_,..:.-__
= (l-rl)(r2-l) Tj ZA ZJ
Poichè z 1 > z8 e zN > zL il rapporto w2 fw 1 è negativo e questo caso
Wj ZB+ZJ (::A+zH)(zB+ZJ)
caratterizza di conseguenza la retromarcia.
188 189

4.12 - Sterzo di mezzi cingolati dove zs e zc sono i numeri di denti del solare S1 (o S2) e della corona
dentata C1 (o C2).
Proseguendo nella rassegna di applicazioni tecniche dei rotismi epici- Di conseguenza, se entrambe le frizioni sono inserite ed i freni entrambi
cloidali è opportuno soffermarsi su quella riguardante la capacità sterzante disinseriti, le velocità angolari ws e WD delle ruote dentate motrici di
dei veicoli cingolati. Questi ultimi infatti vengono dotati della possibilità di sinistra e di destra. sono pari a wy ed il veicolo mantiene una traiettoria
variare la loro traiettoria utilizzando diverse realizzazioni costruttive, tutte rettilinea; se invece sono inseriti la frizione di sinistra ed il freno di destra
però basate sul principio di frenare una delle due corone dentate dei rotismi (caso rappresentato nella Fig. 136), la velocità angolare ws è pari a wy,
epiciclodali collegati alle ruote. mentre la WD è pari a wy zs/(zc + zs) e di conseguenza il veicolo procede
verso destra. n fenomeno opposto si verifica ovviamente quando vengono
inseriti il freno di sinistra e la frizione di destra.

Fig. 137- Velocità angolare di sterzata e raggio di curvatura di un veicolo cingolato


Fig. 136- Schema di sterzo di un veicolo cingolato
Indicando ora con D il diametro delle ruote dentate motrici e con p la
Lo schema fondamentale dello sterzo di un veicolo cingolato è illustrato loro distanza (detta anche carreggiata) si possono immediatamente ricavare i
nella Fig. 136. In esso l'albero x trasmette il moto all'albero delle ruote valori della velocità angolare di sterzata 0 5 e del raggio di curvatura medio
motrici y mediante una coppia conica. L'albero y a sua volta è rigidamente R. Si ha infatti dalla Fig. 137:
collegato alle due ruote dentate S 1 ·e S 2 , che costituiscono i solari di due
. rotismi epicicloidali. n portatreno di ciascun rotismo è solidale alle ruote 05
= D(ws- wD) = D zc w
dentate motrici.dei due cingoli, mentre la corona dentata costituente l'altro 2p 2p(zc+zs) 11
solare può essere mantenuta ferma mediante il freno F1 (o F 2 ) oppure può D D D
-ws-
2 -wD
2 -ws
__2_
essere resa solidale al portatreno mediante la friazione N1 (o N2 ).
P -E.+R
Se allora la frizione N1 (o N2 ) è inserita, la rispettiva corona dentata 2
è solidale al portatreno e tutto il rotismo epicicloidale costituisce un elemento
da cui si ricava in definitiva:
rigido che ruota alla stessa velocità angolare wy dell'albero y. Se invece la
frizione è disinserita ed il freno mantiene ferma la corona dentata, la velocità R= E. (ws+wD) = p(2zs+zc)
angolare del portatreno diventa: 2 (ws - WD) 2 =c

O=w~
Y zc + =s
190 191
4.13 - Rotismi epicicloidali senza portatreno Ciò è rappresentato schema-
ticamente nella Fig. 139, in cui la
n portatreno dei rotismi ruota dentata solare 2 è fissa, men-
epicicloidali ha, in genere, una tre la l e la 3 ruotano attorno al-
doppia funzione: quella di 2 l'asse comune del rotismo e il por-
mantenere equidistanti i satel- tatreno non esiste.
liti e quella di fornire una cop- 4
Affinchè questo rotismo
pia al rotismo in grado di (detto anche azionatore rotativo a
equilibrare le coppie applicate ingmnaggi) possa funzionare, occor-
alle ruote solari. In certi roti- re che esso sia simmetrico rispetto
smi epicicloidali multipli, tut- a un piano di mezzeria perpendico-
tavia, il portatreno è un ele- lare all'asse del rotismo. In questo
mento interno del rotismo che modo, le forze scambiate fra i denti
ruota liberamente senza for- delle dentature (2-4), (3-5), (1-5),
nire coppia (motrice, o resi- (2'-4') costituiscono un insie-
stente). Un esempio è illustra- 5
me di forze equilibrato e non è quin-
to nella Fig. 138, in cui la po- di necessario un elemento in grado
tenza meccanica viene tra- di fornire reazioni vincolari (porta-
smessa dal solare l al solare treno).
3, mentre la ruota 2 è fissa e I vantaggi costituiti dali 'elimi-
il portatreno P ruota libera- nazione del portatreno sono essen-
mente. Fig. 139 - Rotismo epicicloidale senza
portatreno zialmente due: riduzione d eli 'in-
In questo caso il rap- Fig. 138- Rotismo epicicloidale multiplo con
portatreno libero gombro (e conseguentemente del
porto di trasmissione nel roti- peso) del componente, e migliora-
smo l - P - 2 è dato da:
mento della ripartizione del carico fra i vari satelliti.
-n z1
---
WJ- n
= TJ = --
Z2

mentre il rapporto di trasmissione nel rotismo l - P-~. è dato da: 4.14 - Riduttori cicloidali

W3- n
---=T?=---
ZJZS
;I riduttori cicloidali, basati sullo stesso principio di funzionamento dei
WJ-n • Z4Z3
riduttori epicicloidali, si differenziano però da questi sia perchè il loro albero
e il rapporto di trasmissione globale è: di uscita è collegato ad un satellite del rotismo costituente. il riduttore, sia
perchè il riduttore stesso è realizzato in modo tale da ottenere un rotolamento
wa TJ- r2
(2.111) -=--- senza strisciamento fra tutte le superfici in moto relativo, assicurando così un
WJ TJ- l
valore particolarmente elevato del rendimento.
Poichè in questo rotismo il portatreno non trasmette potenza meccanica Lo schema fondamentale di un riduttore cicloidale è rappresentato in
è possibile realizzare una soluzione costruttiva in cui il portatreno non esiste. Fig. 140: l'albero di ingresso x forma un gomito G, gomito che porta il
cuscinetto a rulli R; su questo poi è calettato il satellite, costituito dalla ruota
192 193
dentata S a denti cicloidali che a sua volta ingrana con una corona dentata Poichè inoltre questo particolare rotismo epicicloidale è privo del solare
fissa c il cui asse coincide con quello di :z:. n riduttore si presenta dunque nel interno, è evidente che il satellite può assumere dimensioni di poco inferiori
suo complesso come un rotismo epicicloidale in cui manca un solare mentre a quelle della corona esterna ed in particolare possedere un numero di denti
l'altro è rappresentato dalla corona dentata C ed in cui inoltre la ruota S inferiore di una unità a quello della corona stessa. Si ottiene in tal caso per il
ed il gomito G fungono rispettivamente da satellite e da portatreno. rapporto di trasmis~ione il valore:
w l
-8= - -
Wx Zs
Dotando il satellite di un numero elevato di denti si è quindi in grado di otte-
nere un forte rapporto di riduzione, generalmente compreso tra
l : 20 e l : 100, mentre per rapporti di riduzione ancora maggiori si ri-
corre normalmente all'uso di due riduttori collegati in serie fra loro.
Nella Fig. 141-a è illustrata una realizzazione costruttiva del riduttore
cicloidale schematicamente rappresentato in Fig. 140: come si può notare,
l'asse del cuscinetto a rulli R possiede una piccola eccentricità e rispetto
all'asse dell'albero motore x e trascina inoltre durante la sua rotazione il
satellitP S avente denti a profilo cicloidale. I denti della corona fissa C sono
invece costituiti da perni e ogni perno porta un rullo cilindrico; con questo
accorgimento si evita lo strisciamento fra denti del satellite e denti della corona
in quanto i rulli portati dai perni solidali alla corona rotolano senza strisciare
rispetto ai denti cicloidali del satellite stesso.

Fig. 140- Schema funzionale di un riduttore cicloidale


R

Supponendo ora di fornire a tutto il sistema una velocità angolare -wx,


uguale ed opposta a quella del portatreno G, si trasforma il rotismo epici-
cloidale in uno ordinario ad assi fissi in cui le velocità angolari della corona
C e del satellite S valgono rispettivamente -W:r e WS- w,. il rapporto di
trasmissione in questo rotismo ad assi fissi vale pertanto:
.
-W:r ZS
=-
WS -W:r ZC

da cui si ricava:

Fig. 141 - Schema costruttivo di un riduttore cicloidale; a) satellite e corona dentata;


b) satellite e albero condotto

Poichè il satellite ruota attorno ad un asse mobile mentre l'albero con-


194
\. 195

dotto ruota attorno ad un asse fisso coincidente con quello dell'albero motore, l'anello ha ruo.tato in corrispondenza di un giro dell'albero motore è data da:
il riduttore è completato da un semplice meccanismo, illustrato nella Fig. 141- Za- Zc
b, che attua la trasmissione del moto dal satellite all'albero condotto. Come (2.112) r=---
Za
si può notare, il disco cicloidale costituente il satellite porta una serie di fori
nei quali si impegnano altrettanti rulli portati da perni solidali all'albero con-
dotto, ed il gioco diametrale tra rulli e fori è pari al doppio della eccentricità in
modo da consentire un moto relativo tra satellite ed albero condotto. Questo M
sistema realizza in pratica la stessa funzione di un giunto di Oldham dimi-
nuendone però le perdite, in quanto i rulli rotolano senza strisciare rispetto
ai fori del satellite, fenomeno questo che riduce sensibilmente le dissipazioni
di "energia dovute all'attrito. Riduttori cicloidali con rapporti di riduzione
di l : 100 posseggono infatti rendimenti dell'ordine di 0,95, sensibilmente
maggiori di quelli ottenibili con altri rotismi.
La presenza di un disco eccentrico nel riduttore cicloidale genera p~rò
una forza centrifuga, forza che origina a sua volta un carico rotante sui sup-
porti; onde evitare questo inconveniente si usano sovente riduttori cicloidali
nei quali l 'albero motore possiede due gomiti sfasati di 180°, ognuno dei quali
Fig. 142- Schema di riduttore armonico. M: albero motore; C: corona dentata
porta un eccentrico a denti cicloidali in modo da bila.nciare così gli effetti fissa; F: anello dentato flessibile
dannosi della forza centrifuga.
(si noti che se l 'albero motore ruota in senso orario, l 'anello flessibile ruota in
senso antiorario). La (2.112) rappresenta dunque il rapporto di trasmissione
4.15 - Riduttori armonici
esistente tra l'albero motore e l'albero condotto; solidale all'anello flessibile,
ed è analoga alla espressione relativa ai riduttori cicloidali.
I riduttori armonici, apparentemente simili ai riduttori epicicloidali, dif- Durante la rotazione del braccio motore l'anello flessibile possiede, oltre
feriscono da questi nel principio di funzionamento in quanto realizzano grandi al lento movimento di rotazione attorno al proprio asse, anche una pulsa-
rapporti di trasmissione sfr.uttando la deformabilità di un anello dentato. Lo zione in direzione radiale dovuta alla deformazione indotta dal braccio mo-
schema di un riduttore armonico è indicato nella Fig. 142: l'albero motore è tore. Proprio a causa di queste pulsazioni, al braccio motore ed al riduttore
collegato al braccio che porta i due rulli, mentre l'albero di uscita è collegato nel suo complesso vengono rispettivamente dati i nomi di generatore d'onda e
ad un anello dentato flessibile e la corona dentata esterna è fissa. L'anello di riduttore armonico.
flessibile, dotato di un numero di denti minore di quello della corona, assume I vantaggi dei riduttori armonici risiedono nella loro semplicità (vi sono
- in conseguenza del moto dei rulli solidali all'albero motore una forma ellittica, unicamente tre elementi), nella capacità di trasmettere coppie elevate tra co-
realizzando così il contatto tra i suoi denti e quelli della corona, come è per rona fissa ed anello flessibile in quanto vi sono sempre numerosi denti in presa,
l'appunto mostrato nella Fig. 142. e nella possibilità di generare la forma ellittica dell'anello utilizzando parecchi
Se il braccio motore ruota alla velocità angolare wm, anche la sagoma mezzi tra loro differenti. Oltre a quello indicato nella Fig. 142, si possono
ellittica dell'anello ruota alla velocità wm ed è chiaro che quando l 'albero infatti utilizzare quali generatori d'onda sia dei cuscinetti a rotolamento di
motore ha compiuto un giro tutti i denti dell'anello sono stati a contatto con forma ellittica, sia delle serie di pistoni comandati idraulicamente o pneuma-
i corrispondenti denti della corona. Se allora i numeri di denti dell'anello e ticamente, sia dei campi magnetici rotanti, sia infine dei cuscinetti opportu-
della corona sono rispettivamente z0 e z0 , la frazione di angolo giro di cui namente sagomati in modo da ottenere una lubrificazione idrodinamica.
196 197

Anche se finora si è preso in considerazione un riduttore armonico in mantenuto fermo e dalla (2.113) si ottiene:
cui la corona dentata è mantenuta fissa, esistono purtuttavia nella pratica
Wa Zc
realizzazioni in cui la corona dentata è mobile mentre è fisso l'anello flessibile, -=-
oppure applicazioni con generatore d'onda fisso, o con tutti e tre gli elementi
mobili. La relazione tra le diverse velocità angolari è ricavabile mediante ed essendo Wc= w1zdz2 con zJ/z2 = za/zc si ottiene:
considerazioni. identiche a quelle fornite nei casi di rotismi epicicloidali e di
riduttori cicloidali, ottenendo di conseguenza:

(2.113)
Wc- Wg = Za Se si vuole far variare la velocità angolare w 2 è sufficiente liberare il freno e,
Wa- Wg Ze
tramite il motore elettrico M, far ruotare il generatore d'onda alla velocità
dove con wa,wc ed w9 si sono indicate rispettivamente le velocità angolari angolare w9 • Dalla (2.113) si ha infatti:
dell'anello flessibile, della corona dentata rigida e del generatore d'onda e da
dove si ritrova ovviamente la (2.112) quando si ponga Wc= O. Wa =-Wc
Zc Ze)
+w9 ( 1-:-
Za .,a

Poichè w4 = w2 e Wc= w1zdz2 =w1za/zc si ottiene in definitiva:

Essendo poi nell'esempio citato: zc = 101 e za = 100, si ha:

w2 = w1- O,Olw9
È chiaro ora come, facendo ruotare il generatore d'onda., si riesca ad
ottenere un aggiustaggio della velocità angolare del rullo R 2 rispetto a quella
del rullo R1 • Si noti che se si vuole far aumentare w 2 rispetto a w 1 è
sufficiente far ruotare il generatore d 'onda in verso opposto a quello indicato
in figura.
Fig. 143 - Applicazione di un riduttore armonico alla regolazione del rapporto tra le Utilizzando lo stesso dispositivo si è in grado di effettuare anche l'ag-
velocità angolari di due rulli giustaggio della fase dei due rulli facendo compiere al generatore d'onda solo
un angolo (od un numero di giri) limitato ed in tal caso al motore elettrico
Si consideri ora a titolo di esempio il sistema indicato nella Fig. 143: può essere sostituito un comando manuale.
l'alb~ro motore x comanda il rullo R1 ed è solidale ad una ruota dentata Per quanto si sia finora considerato il caso di corona dentata rigida
cilindrica avente z1 = 100 denti. Quest'ultima trasmette il moto, tramite esterna, esistono anche soluzioni tecniche che, pur sfruttando il principio già
=
una ruota dentata folle, ad una seconda ruota avente z2 101 denti, ruota in precedenza analizzato, posseggono il generatore d 'onda esterno; tale ge-
che è ricavata sull'esterno della corona dentata ùi un riduttore armonico in neratore deforma un anello flessibile con dentatura interna che a sua volta
cui i numeri di denti della corona e dell'anello flessibile sono rispettivamente ingrana con una ruota dentata rigida a. dentatura esterna axente un numero
ze = 101 e Za = 100. L'anello flessibile A comanda il rullo R 2 mentre il di denti leggermente inferiore a quello dell'anello flessibile.
generatore d'onda I< riceve il moto da un piccolo motore elettrico M sul
cui asse è posto un freno. Se allora il freno è inserito, il generatore d'onda è
198 )-.

5. VITI

5.1 - Geometria delle viti

La vite è essenzialmente un elemento rigido in cui la parte attiva, cioè


quella che viene a contatto con l'altro elemento dell'accoppiamento, è costi-
tuita da una porzione dì elicoide, ossia da una porzione dì superficie generata
Generatore
d'onda a) b)

Struttura fissa

Fig. 144- Schema di installazione di un riduttore armonico per il comando


del braccio di un robot

Per concludere, nella Fig. 144 è riportato lo schema di installazione di


un riduttore armonico per il comando del braccio di un robot.
C)

Fig. 145- Sezione della vite con un piano passante per l'asse: a) filetto rettangolare;
b) filetto trapezio; c) filetto elicoidale generico
l.
200 201

da una curva che si muove di moto elicoidale attorno all'asse della vite, com- di solito pari ai 7/16 di Pa nelle viti rettangolari, mentre in quelle trapezoidali
presa tra due cilindri analoghi ai cilindri od ai coni di troncatura delle ruote si ritrova in genere h~ 0,5pa e fJ = 14°30'.
dentate (Figg. 145 a, b, c). Affi.nchè il moto possa avvenire nei due sensi la vite
presenta in realtà due superfici elicoidali attive simmetriche ognuna delle quali
5.2 - Vite e madrevite a filetto rettangolare
serve a trasmettere delle forze in un verso assegnato. Poichè le due superfici
elicoidali attive posseggono lo stesso passo, esse originano di conseguenza un Quando si vuole trasformare un moto rotatorio in uno rettilineo si può
filetto che si avvolge ad elica lungo il corpo centrale della vite, filetto che può accoppiare una vite ad una madrevite (Fig. 147); quest'ultima è costituita da
assumere forme diverse a seconda del tipo di curva che genera l'elicoide. Le un cilindro cavo nel quale sono ricavate delle scanalature atte ad ospitare il
forme normalmente adottate nella pratica sono quelle: filetto della vite stessa. Nelle applicazioni dell'accoppiamento vite-madrevite
- rettangolare (Fig. 145-a); si possono riscontrare sia casi in cui il moto rotatorio della vite o della ma-
e drevite provoca il moto traslatorio dell'altro organo della coppia, sia casi in
- trapezia (Fig. 145-b). cui la vite o la madrevite sono mantenute fisse ed in tal caso l'elemento ac-
Le viti a filetto rettangolare, come si avrà modo di osservare nel seguito, coppiato a quello fisso è contemporaneamente dotato di moto rotatorio e di
anche se godono, a parità di altre condizioni, di un rendimento leggermente moto traslatorio.
maggiore di quello delle viti a filetto trapezio, risultano di più difficile lavora- Onde poter determinare le relazioni esistenti tra le grandezze caratte-
zione rispetto a queste e pertanto la loro utilizzazione è abbastanza limitata. ristiche dell'accoppiamento vite-madrevite e le coppie e le forze ad esso ap-
La distanza fra due intersezioni successive dei filetti della vite con un plicate, si consideri inizialmente il caso di una vite a filetto rettangolare la
piano passante per il suo asse prende il nome di passo assiale Pa e può cui elica media possiede angolo di inclinazione a rispetto alla normale al-
essere uguale o inferiore al passo effettivo dei filetti che costituiscono la vite l'asse della vite (Fig. 148a). Se ora si sviluppa su un piano il cilindro medio
a seconda del numero dei filetti stessi. Una vite può essere infatti formata da di diametro d, all'elica media corrisponderà una retta inclinata dell'angolo
un unico filetto che si avvolge ad elica (Fig. 146a), ed in tal caso il passo Pe a sull'orizzontale, e tra passo Pe della vite ed angolo a della filettatura
dell'elicoide costituente i filetti è uguale al passo assiale Pa (Fig. 145), oppure sussisterà di conseguenza la relazione:
può essere realizzata da 2, 3 o più filetti tra loro equidistanti (Figg. 146b e
c), ed in questo caso il passo dell'elicoide p. è un multiplo intero del passo Pe = 7r d tg Cl'
assiale Pa, e vale:
Pe= Z Pa
se con z si indica il numero dei filetti (o principi) della vite.
a) b) c)

Fig. 146 -- a) vite a l principio; b) vite a 2 principi; c) vite a 3 principi

Da un punto di vista costruttivo va osservato che l 'altezza h del filetto è Fig. 147- Accoppiamento vite-madrevite
,_
202 203

Nello sviluppo indicato nella Fig. 148b inoltre, essendo la fi!ettatu~a di esaminato nel paragrafo 3.9 del l o volume, inclinata di un angolo tp arctg f=
tipo rettangolare, alla vite V corrisponderà il prisma avente come mter~ezwne rispetto alla normale n, in modo da possedere una componente d'attrito tale
col piano della figura stessa il trapezio ABCD, mentre alla madrev1te M da opporsi al moto relativo fra le due superfici a contatto. Si avrà allora, dalla
Fig. 149:
corrisponderà il prisma avente sezione AF ED.
P = F cos( a: + tp)

a) b)
F
.......
'' ®
~

' ',
® 6x
.........
------------
d
BI. rr.d .(
Fig. 148 - Sviluppo dell'accoppiamento vite-madrevite su un piano

Si consideri ora il caso di una vite che ruota e di una madrevite che trasla; Fig. 149 - Sollevamento di un carico applicato alla madrevite M mediante rotazione
della vite v.
in base alla schematizzazione di Fig. 148b si potrà allora rappresentare questo
meccanismo secondo quanto indicato nella Fig. 149: in essa la vite V trasla
in direzione orizzontale ed il suo moto causa di conseguenza la traslazione Poichè una forza F uguale ed opposta alla precedente viene esercitata
della madrevite M in direzione verticale. Se ox è la traslazione della vite, la dalla madrevite sulla vite, quest'ultima, sempre nella schematizzazione della
corrispondente traslazione della madrevite è data da: oz =o x· tg a:. Essendo Fig. 149, dovrà essere soggetta ad una forza T, avente direzione orizzontale,
di intensità pari a:
inoltre, in base allo sviluppo dell'elica: ox = MJ · d/2, si otterrà in definitiva:

(2.114) oz = 2d tg 0: 8{)
(2.115) T= Fsin(a: + tp) = Ptg(a: + tp)
.Come si è visto, il prisma V della Fig. 149 rappresenta lo sviluppo su un
Si supponga ora che alla madrevite M sia applicato un carico P e
piano del cilindro medio della vite; pertanto la forza T espressa dalla (2.115)
si supponga di voler determinare il momento Mv da applicare all'asse della
non è altro che la risultante delle componenti tangenziali di tutte le forze che
vite per sollevare a regime il carico P, nell'ipotesi che il coefficiente di attrito
la vite esercita sulla madrevite, componenti che, nello sviluppo della vite sul
tra i materiali costituenti la vite e la madrevite sia f e che sia di entità
piano, sono ovviamente tutte parallele tra loro.
trascurabile l'attrito esistente lungo i supporti della vite e della madrevite.
Se ora, invece di considerare lo sviluppo su un piano della vite, si con-
Con riferimento alla Fig. 149 si può osservare che, se non vi fosse attrito tra
sidera la vite effettiva, è facile concludere che le componenti tangenziali di
vite e madrevite, la direzione della forza scambiata tra questi due elementi
tutte le forze esercitate dalla vite sulla madrevite sono disposte lungo il cilin-
sarebbe quella della normale n alle due superfici a contatto. In presenza
dro medio della vite stessa e danno luogo ad una forza risultante nulla e a.d
di attrito invece la forza scambiata fra V ed M sarà, in base a quanto
204 205
un momento rispetto all'asse della vite di intensità pari a: ma dalla parte opposta rispetto a quella relativa ad un sollevamento del carico
d
Mv =T2
P. È evidente che si possono ora verificare due casi e cioè che sia V' > a
oppure <p< a. Generalmente il coefficiente di attrito f è tale per cui V'> a-
dove T è esprimibile mediante la (2.115) e pertanto l'intensità. del momento (caso rappresentato nella Fig. 151 ), e pertanto le equazioni di equilibrio alla
Mv da applicare alla vite per sollevare il carico P è fornita da: traslazione dell'accoppiamento sono date da:
(2.116) Mv = 2Pd tg (a-+ V') =
P F cos( <p - a-)
ll rendimento del meccanismo varrà quindi, ricordando le (2.114) e (2.116): { T= Fsin(<p- a)
Péz tga-
(2.117) 1J = MvélJ = tg (a-+ <p)
Dall'analisi della (2.117) si osserva che il rendimento della vite, per un
dato valore dell'angolo di attrito <p, è nullo per a-= O, cresce all'aumentare
dell'angolo di inclinazione a- fino a raggiungere un massimo per a-= "Tr/4-<p/2,
e successivamente diminuisce, così come è mostrato dal grafico della Fig. 150.
In Fig. 149 è rappresentato il caso di una vite che, ruotando in un dato
verso, solleva la madrevite, ed è chiaro che se la vite fosse fatta ruotare in
verso opposto la madrevite scenderebbe provocando di conseguenza l'abbas-
samento del carico (Fig. '151). Anche in questo caso la relazione geometrica
tra gli spostamenti éx e éz è data da éz = éx ·tg a e pertanto la (2.114)
manterrà ancora la sua validità, mentre per la forza f scambiata tra vite e
madrevite si deve tenere presente che ora, essendo il moto relativo tra i due
membri della coppia di verso opposto a quello precedente, essa risulterà. sem-
pre inclinata di un angolo <p rispetto alla normale alle due superfici a contatto,

Fig. 151- Abbassamento di un carico applicato alla madrevite M mediante rota-


zione della vite V

-
1.0
1l
~ l
ed il momento Mv da applicare alla vite per ottenere un abbassamento a
-
0.8 ,.....

~ ~ ~ ~ r-
... regime del carico P è dato in modulo da:
0.6
i/o;~

0.4 l. ~ l (2.118)
d d -·
Mv =T-= P- tg (<p- a)
2 2

o.
lf Se invece fosse. a- > <p si otterrebbe dalla (2.118) un valore negativo
del momento e ciò sta a significare che in quest'ultimo caso per mantenere il
2VI sistema vite-madrevite in moto uniforme si dovrebbe applicare alla vite una
o coppia tale da opporsi al moto della vite stessa, in quanto le componenti lungo
o 10 20 30 40 50 60
l'elica di contatto delle forze elementari dovute al peso sarebbero maggiori
a(o) delle forze d 'attrito i vi insorgenti (Fig. 152b ).
In altre parole, nel caso di <p > a ed in assenza del momento Afv,
Fig. 150 - Rendimento di un accoppiamento vite-madrevite a filetto rettangolare la vite si mantiene in condizioni di quiete qualunque sia il valore del carico
206 l- 207
applicato alla madrevite, mentre nel caso cp < a ed in assenza del momento 5.3 - Vite e madrevite a filetto trapezio
Mv, la madrevite si abbassa provocando di cpnseguenza la rotazione della
vite. Quando il filetto della vite ha forma trapezia si può seguire un proce-
dimento identico a quello esposto per le viti a filetto rettangolare e ricavato
nell'ipotesi di sviluppare l'elica media della vite su un piano. Se però nel caso
di filetto rettangolar.e la superficie attiva della vite era rappresentata, nello
sviluppo del cilindro medio, da un piano avente traccia AD perpendicolare a
quello della Fig. 148, nel caso di filetto trapezio essa è rappresentata da una
superficie piana inclinata di un angolo {} rispetto all'orizzontale (Fig. 153).
b)

Fig. 152- Confronto tra la componente Ftp della forza peso lungo l'elica e la forza
d'attrito Ftf neicasi cp>a (a)e cp<a (b)

È opportuno osservare che nella trattazione prima esposta si è fatto


sempre riferimento al coefficiente di attrito j, mentre quando si esamina
la condizione di quiete del sistema si dovrebbe a rigore introdurre nei calcoli
l'angolo di aderenza 'P a = arctg fa.
Poichè però IPa è sempre maggiore di <p le espressioni prima ricavate
mantengono la loro validità ad eccezione del caso in cui sia <p< a< 'Pa· In
tali condizioni infatti, il sistema rimane fermo in assenza di coppia applicata
alla vite, ma non appena quest'ultima, in presenza di una coppia agente sul
suo asse, si mette in movimento, il moto si mantiene anche se in una fase Fig. 153 - Forze scambiate in un accoppiamento vite-madrevite a filetto trapezio
successiva si rimuove la coppia stessa.
In tutto il paragrafo si è fatto riferimento ad unq,_ vite che ruota e ad In assenza di attrito, la forza Fn scambiata tra vite e madrevite ha
una madrevite che trasla, ma è evidente che gli stessi risultati sono ottenibili la direzione n della normale alle due superfici a contatto, normale che giace
in modo del tutto analogo quando si considerano i casi di vite che trasla e in un piano ll1 formante l'angolo {} col piano verticale Ilo, ed è inoltre
madrevite che ruota, oppure di madrevite fissa e vite che trasla e ruota, e così perpendicolare alla retta m intersezione del piano II 1 col pianò rr1 del filetto.
via. La retta m a sua volta forma un angolo (3 con la direzione orizzontale, angolo
che, sulla base di semplici considerazioni geometriche, è esprimibile mediante
la:

(2.119) tg (3 =tg a cos {}


208 209

In presenza di attrito si ha, oltre alla forza Fn, anche una forza tan- 5.4 - Viti differenziali e viti multiple
genziale f Fn diretta secondo l'elica ed avente verso tale da opporsi al moto
relativo dei due membri. Se si indica allora con P il carico verticale agente, In talune applicazioni meccaniche in cui il moto rotatorio viene trasfor-
ad esempio, sulla madrevite e con T la forza tangenziale da applicare alla mato in moto rettilineo si vuole che quest'ultimo sia particolarmente lento
vite per sollevare il carico P, si ottiene, in base alle considerazioni prima o particolarmente rapido. Un moto molto lento può essere ottenuto usando
esposte, e con riferimento alla Fig. 153:
P= Fn cosf3cos {}- fFnsina
=
{ T Fn sin /3 + f Fn cosa

da cui, eliminando Fn, e tenuto conto della (2.119) si ha in definitiva:

T tg a + tg ~ J l - sin 2 a sin 2 {}
-- cos
p - 1- tg SO tg a Vl - sin 2 asin 2 {}
cos {}
Poichè {} vale in genere 14° 30' ed a è sempre un angolo piccolo, il
termine sin 2 a sin 2 {} è trascurabile rispetto all'unità e si è quindi in grado di
scrivere, con ottima approssimazione, che:
tg so
T - tga+ - -
cos {}
p- _ tgsotga
1
cos {} Fig. 154 - Vite differenziale
Se ora in questa relazione si pone
viti con passo molto piccolo, con la conseguenza però di avere filetti poco
(2.120) tg so' = tg so/ cos fJ resistenti, ed analogamente un rapido moto di avanzamento può essere realiz-
zato adottando un valore elevato del passo della vite, rinunciando però alla
Si ottiene formalmente la stessa espressione già ricavata per le viti a filetto irreversibilità del sistema. Per ovviare a questi inconvenienti ed ottenere nel
rettangolare: contempo i risultati voluti si utilizzano in pratica le viti differenziali e le viti
multiple.
(2.121) M v = T-d = -Pd tg (a + so')
2 2 Un esempio di vite differenziale è rappresentato nella Fig. 154: sul mozzo
dove
-
so' rappresenta un angolo di attrito equivalente il cui valore è dato dalla della ruota A è ricavata una vite con filetto destrorso s., vite che si impegna
(2.120). con una madrevite fissa W. Internamente allo stesso mozzo della ruota A è
Dall'analisi delle (2.120) e (2.121) si osserva che per {} = O, ossia per ricavata una madrevite, anch'essa a filettatura destrorsa, che si impegna con
=
so' t.p, si ritrova la (2.116), e che, a parità di carico P da sollevare, il mo- una vite S;, la quale può traslare ma non ruotare a causa dei vincoli realizzati
mento richiesto aumenta all'aumentare dell'angolo {} e pertanto, a parità di dal supporto fisso.
altre condizioni ed a conferma di quanto in precedenza asserito, il rendimento Effettuando lo sviluppo su un piano delle due viti S, ed S; si ottiene
di un accoppiamento vite-madrevite a filetto trapezio è tanto minore quanto lo schema indicato nella Fig. 155. Si supponga ora di fornire alla ruota A una
maggiore è l'angolo lJ del filetto stesso. rotazione òlJ in senso antiorario: ali 'angolo òlJ corrisponderanno, ai raggi
211
210

medi delle due viti, due archi di ampiezza rispettivamente pari a: éx; = r; · étJ n mome:r,tto che deve essere comp~essivamente applicato alla ruota A per
e éx. =· r, . étJ. Per effetto dello spostamento éx. la ruota A, solidale provocare il sollevamento del carico P è dato, con riferimento alla Fig. 155,
alla vite s., si solleva rispetto alla madrevite fissa W di una quantità da:
éze = éxe. tg o:., se con o:e si indica l'angolo di inclinazione dell'elica della
filettatura esterna. D'altro canto, per effetto dello spostamento éx; la vite e, in base alla (2.115) e (2.118) si ha:
S; si abbassa, relativamente alla ruota A, della quantità éz; == éx; ·tg o:;,
dove al solito a; rappresenta l'angolo di inclinazione della filettatura interna. T;= F; sin(c,o- o:;)= P tg (c,o- a;)
Ne risulta quindi che rispetto alla madrevite fissa W la vite S; si solleva =
{ T. == F. sin(cp +a.) P tg (cp +a.)
della quantità:
ottenendo così in definitiva:
éz = OZe- oz; =(r. -tg o:.- r; ·tga;)otJ =
(2.122) é'IJ (2.123)
=(p.- p;)-.
271"
n rendimento del sistema, considerando le (2.122) e (2.123), risulta es-
sere espresso dalla:

(2.124)

e da quest'ultima si ritrova che se re tg o:. =


r; tg o:;, ossia se Pe =p;, il
rendimento è nullo, e che il rendimento stesso è unitario quando cp O. =
Le viti multiple sono del tutto simili alle viti differenziali e si diversifi-
cano da queste solo perchè le eliche delle due viti che le costituiscono hanno
verso di avvolgimento opposto. In tal caso, ad un·a rotazione étJ della ruota
A corrisponde uno spostamento verticale éz della vite S; pari a:

otJ
oz ::: (p; + Pe) 271"

e per il sollevamento del carico P è necessario applicare un momento di


intensità pari a:

Fig. 155 - Schematizzazione di una vite differenziale

Ciò significa che ad ogni giro della ruota A, la vite S; si solleva di una 5.5 - Viti a circolazione di sfere
quantità pari alla differenza tra i passi della vite esterna e di quella interna.
È evidente che se i passi delle due filettature sono uguali tra loro alla n sistema costituito da vite e madrevite serve, come si è visto, a trasfor-
rotazione di A non corrisponde alcun moto della vite S;, e che se p; > Pe mare il moto rotatorio in moto rettilineo; se inoltre, come in effetti si ritrova
alla rotazione di A nel senso indicato corrisponde un abbassamento della vite nella maggioranza dei casi, l'angolo di inclinazione a dell'elica è minore del-
l'angolo di attrito cp, il sistema è irreversibile, ossia il moto può essere ottenuto
S;.
212 213
solo applicando una coppia alla vite (o alla madrevite), e non applicando una lunghezza di un passo, tale dispositivo non è in pratica adatto a passi inferiori
forza assiale alla madrevite (o alla vite); questa caratteristica dell'accoppia- a3mm.
mento è ottenuta evidentemente a prezzo di una elevata perdita di potenza
per attrito e di un conseguente basso rendimento. In molte applicazioni però,
è necessario operare la trasformazione del moto con il massimo rendimento
possibile, rinunciando di conseguenza alla irreversibilità del meccanismo. In
tal caso si ricorre all'uso delle viii a circolazione di sfere (Fig. 156) in cui le
filettature elicoidali della vite e della madrevite sono sostituite da scanalature
elicoidali; in un certo tratto di queste scanalature sono alloggiate delle sfere
che assolvono il compito di sopportare i carichi trasmessi dalla vite alla ma~
drevite e viceversa. Poichè le sfere rotolano senza strisciare sulle scanalature
elicoidali della vite e della madrevite, il rendimento complessivo del sistema
è molto maggiore di quello relativo ad un normale accoppiamento a filetta-
tura rettangolare o trapezia. Va inoltre osservato che, essendo le gole della
vite e della madrevite di forma elicoidale, la rotazione di uno dei due membri
provoca l'avanzamento delle sfere, ed è pertanto necessario ricavare nell'in-
terno della madrevite un <;ondotto di ritorno (Fig. 156) in modo da creare una
circolazione continua delle sfere stesse.

Fig. 157- Ricircolo interno al corpo della madrevite mediante deviatore o liner:
A, punto di raccolta B, punto di immissione D, deviatore

Fig. 156 - Schema di vite a circolazione di sfere

Esistono fondamentalmente due tipi di dispositivi impiegati per la ricir-


colazione delle sfere:
Fig. 158- Ricircolo esterno mediante tubetto deviatore:
- ricircolo interno alla madrevite mediante deviatore (Fig. 157); A punto di raccolta B, punto di immissione T, tubetto deviatore
- ricircolo esterno mediante tubetto deviatore (Fig. 158).
n dispositivo a ricircolo interno consente velocità angolari elevate; tut- n dispositivo a ricircolo esterno consente un comodo passaggio delle sfere
tavia, poichè ogni filetto necessita di un deviatore, e questo deve avere la attraverso il tubetto deviatore e una notevole flessibilità nella scelta del passo,

8. JACAZIQ.PlOl'v!BO - La trasmissione del moto


214 j 215

ma dà luogo a un maggiore ingombro della madrevite e ne limita la massima da un angolo ,di di contatto nominale t9 0 in assenza di carico, ad un angolo
velocità angolare a causa dello sbilanciamento prodotto dalla presenza del di contatto di lavoro t9, che varia al variare del carico applicato.
tubetto deviatore.
Le geometrie del profilo delle scanalature utilizzate sono generalmente
di due tipi:
- pro:filo ad arco di circonferenza (Fig. 159 a)
- profilo ad arco gotico (Fig. 159 b).

a)
retta di pressione
--------------------------
asse I'Ìte

Fig. 160 - Definizione dell'angolo di contatto


t.

Madrevite
Con riferimento alla Fig. 161,indic~do con r A, r 8 le distanze dei centri
A e B di curvatura dei profili delle piste di rotolamento dall'asse della vite,
b) con r0 la distanza fra i suddetti punti, l'angolo di contatto nominale è dato
da: ··

Vite
(2.125) cost9o = _.::::.._;:.:.
rB -rA
ro
Fig. 159 - Profilo della scanalatura ad arco di circonferenza (a), ad arco gotico (b)

5.6 - Caratteristiche geometriche e di funzionamento di una vite a


circolazione di sfere

In una vite a circolazione di sfere ogni corpo volvente ha un contatto


puntiforme con le scanalature elicoidali della vite e della madrevite. Là con-
giungente dei punti di contatto della sfera con le due piste è detta retta di
pressione, e costituisce la retta secondo la quale viene trasmesso il carico
dalla vite alla madrevite (o viceversa).
Si definisce angolo di contatto l'angolo t9 (Fig. 160) formato dalla retta
di pressione con un piano radiale (perpendicolare all'asse della vite). Durante
il funzionamento della vite a circolazione di sfere si hanno deformazioni locali l
di contatto tra sfere e piste di rotolamento, per cui l'angolo di contatto varia Fig. 161 - Definizione geometrica della sfera e delle piste

j
lf
216 217

A sua volta, r 0 è dato da: In molte applicazioni l'angolo di contatto nominale è circa 45° e aumenta di
ro = 2R- d 5°-8° in condizioni di massimo carico applicato alla vite.
La relazione fra la velocità assiale V e la velocità angolare w in una vite
dove:
a circolazione di sfere è identica a quella di un accoppiamento vite-madrevite:
=
R raggio di curvatura del profilo della scanalatura;
d= diametro della sfera. (2.127) V= rtgetw
Nel caso in cui le piste di rotolamento abbiano profilo circolare, la (2.125) dove r è il raggio medio e et è l'angolo di inclinazione delle scanalature
diventa: elicoidali rispetto a un piano perpendicolare all'asse della vite. Poichè il passo
e
cost9a=1-- dell'elica p è legato a r e ad et dalla relazione:
ro
come si può ricavare dalla Fig. 162, essendo e il gioco radiale. Quando la vite p= 27rr tg et
è sottoposta a un carico, tra vite e madrevite si produce uno schiaccia.mento
6, in seguito al quale si ha un aumento dell'angolo di contatto t9. Con
risulta anche:
riferimento alla Fig. 163, si ha infatti: (2.128)

CIA =CIBI tgt9 =cl c+ CA= 6 + rosin t9o

Madrevite

a) b)

Fig. 162- Geometria di sfera e piste con profilo circolare

D'altra parte, in prima approssimazione:

per cui:
6 + ro sin t? o = ro cos t? o tg t9 Fig. 163 - Variazione dell'angolo di contatto con la deformazione assiale

e, di conseguenza:
n rendimento di una vite a circolazione di sfere è normalmente abba-
6 stanza elevato; per angoli di inclinazione dell'elica maggiori di 3° esso è soli-
(2.126) tg t9 = tg t9 o + r cos t9 o tamente maggiore di 0,9. In queste condizioni, la differenza fra il rendimento
0
218

in moto diretto (potenza fornita dall'elemento che ruota) e il rendimento in 6. CAMME


moto inverso (potenza fornita dall'elemento che trasla) è circa di 0,01-0,02.
n rendimento si abbassa nel caso in cui la vite a circolazione di sfere
sia precaricata al fine di annullare i giochi, pur rimanendo comunque a valori
elevati. Nel caso di una vite a circolazione di sfere precaricata si genera
infatti una coppia passiva costante che abbassa il valore del rendimento per
piccoli carichi trasmessi, mentre ha una influenza più limitata quando i carichi
trasmessi sono elevati.
Per una vite a circolazione di sfere non precariéata, il rendimento può
essere espresso, con buona approssimazione, mediante una relazione analoga
a quella dell'accoppiamento vite-madrevite:
tga
(rendimento diretto)
'T]= tg(a + cp)
(2.129)
{ tg(a- cp)
'T]= (rendimento inverso)
tg a
6.1 - Geometria delle camme
dove
Con il nome di camme si definiscono quei particolari organi meccanici
(2.130) che, dotati di opportune sagome o profili, trasformano un moto continuo nel
moto alternativo di un altro organo ad essi accoppiato, realizzando così per
essendo u il parametro di attrito volvente, d il diametro della sfera e ?J quest'ultimo una ben definita legge del moto. Le camme, la cui applicazione
l'angolo di contatto. ha trovato e trova tuttora grande riscontro nella tecnica, possono essere rag-
n carico agente su ogni sfera è, a sua volta dato da: gruppate in tre categorie principali: ·
a) camme che trasformano un moto rotatorio continuo in un moto traslatorio
(2.131) P= FA alternativo (Fig. 164 a);
Zeff sin ?J cos( a + cp)
b) camme che trasformano un moto rotatorio continuo in un moto rotatorio
dove FA è il carico assiale totale e Zeff il numero effettivo di sfere caricate alternativo (Fig. 164 b); ed infine:
(mediamente il 60-70% del numero totale delle sfere). c) camme che trasfomrano un moto traslatorio continuo in un moto trasla-
to~io alternativo (Fig. 164 c).

n tipo di moto realizzato dall'elemento accoppiato ad una camma è


funzione sia del suo profilo sia del profilo della camma stessa, e poichè tali
profili possono assumere le forme più disparate è di conseguenza possibile
ottenere, mediante un adeguato uso delle camme, i più svariati tipi di legge
del moto.
Nel caso di camme che trasformano un moto rotatorio continuo in un
moto rettilineo alternativo (Fig. 164 a), l'organo ad esse accoppiato prende
il nome di punteria ed il contatto tra i due elementi può essere a sua volta
realizzato mediante un bordo a coltello (Fig. 165 a), un rullo (Fig. 165 b), od
l
l 220
221

l
un piattello (Fig. 165 c). Si definisce inoltre alzata della punteriala distanza
Si consideri ora la camma con punteria a rullo illustrata nella Fig. 166;
esistente tra la posizione assunta, in un istante generico del moto, da un
in tale figura è rappresentata per l'accoppiamento camma-punteria la condi-
punto solidale alla punteria stessa e quella ad esso relativa quando la punteria
zione per cui è minima la distanza di un punto generico della punteria dal
si trova nella sua posizione più bassa, ossia quella per cui è minima la distanza
centro E della camma, condizione che verrà qui di seguito assunta come
del punto considerato dal centro di rotazione della camma.
iniziale ed indicata come posizione O. Se ora si ruota la camma in senso an-
tiorario, si osserva che, dopo una rotazione t? 11 ad esempio pari a 30°, essa si
a) trova rispetto alla punteria nella posizione indicata con l ed ha provocato il
b)
sollevamento della punteria stessa, rispetto alla sua posizione iniziale, di una
quantità pari a z1 • Proseguendo in modo analogo per valori dell'angolo di
rotazione compresi nell'intero giro, si è in grado di tracciare un grafico nel
quale si riportano i valori delle alzate z1 , z2 , ••. , Zn della punteria in funzione
dei rispettivi valori degli angoli di rotazione t?1. t? 2 , .•• , t? n della camma. In
tale grafico (Fig. 166) si individuano in genere una fase di sollevamento S
ed una fase di ritorno R caratterizzate da valori variabili d eli 'alzata, ed una
fase stazionaria D in cui l'alzata della punteria si mantiene costante; l'arco
di camma corrispondende a quest'ultima fase viene definito arco ozioso.

l.
~~~
Fig. 164 - Tipi fondamentali di camme
z
+
a) b) c)

Fig. 166 - Alzate della· punteria in funzione della posizione angolare della camma

6.2 - Cinematica delle camme con punteria

n tipo più comune di camme è senza dubbio costituito da quelle che tra-
Fig. 165 - Tipi di punterie sformano il moto rotatorio continuo in moto rettilineo alternativo, ossia dalle
camme accoppiate ad una punteria (Fig. 165 a,b,c). Per tali accoppiamenti
assume una particolare importanza la corretta determinazione delle caratteri-
222 223
stiche cinematiche ad essi relative, in quanto proprio tali accopiamenti risul- )

integrare la relazione a= f(tJ) rispetto al tempo t:


tano sovente utilizzati in applicazioni tecniche implicanti alte velocità. Come
è facile intuire, con il termine determinazione deÙe caratteristiche cinematiche V= f'adt= lf('IJ)dt
dell'accoppiamento si intende in realtà indicare una ésatta valutazione delle lo o .
relazioni esistenti tra le caratteristiche cinematiche (ossia alzata, velocità ed D'altra parte, nell'ipotesi che la velocità angolare w della camma sia nota, si
accelerazione) della punteria e le corrispondenti posizioni angolari tJ della ha: dt = d'IJ/w, per cui, supponendo ancora che w sia costante per il tempo
camma. Per poter individuare e di conseguenza correttamente risolvere il di integrazione considerato, si ottiene in definitiva:
problema, conviene considerare un punto solidale alla punteria, detto punto
di riferimento; in genere si assume, per una punteria con bordo a coltello, (2.132) v = .!. {'' !( tJ) d'IJ
il punto di riferimento R coincidente con l'estremità della punteria stessa w lo
(Fig. 167 a), mentre per una punteria a rullo si assume R coincidente con il Se allora si riportano su di un diagramma (Fig. 168) i valori dell'accelerazione
centro del rullo (Fig. 167 b) e per una punteria a piattello R è normalmente a in funzione della posizione angolare tJ della camma, la velocità V della
rappresentato dall 'intersezione della traccia della superficie di lavoro del piat- punteria è rappresentata, a meno del valore della costante l/w, dell'integrale
tello con la retta passante per il centro della camma e parallela all'asse della rispetto a tJ della funzione f('IJ), ossia dal valore dell'area compresa tra la
punteria (Fig. 167 c). curva rappresentante la f(tJ) e l'asse degli angoli di rotazione.

a) b) C)
a~D~--------------~5~----------------~~D­
V
N!! h
:~t
~
! ~l
IDI
l
~t
ID' 1m ~ 'Wl N!! l~
l l R R
R l l
l

Fig. 168 - Velocità, alzata ed accelerazione di una punteria in funzione degli angoli
Fig. 167- Puntò di riferimento di una punteria di rotazione della camma

Analogamente, l'alzata h è data da:


Si supponga ora di voler realizzare una camma in modo che l'accelera-
zione a della punteria, ossia quella del punto di riferimento, abbia un certo
andamento in funzione dell'angolo di rotazione tJ della camma, ovvero, in
(2.133) h
1
= o v dt = -wl
! i" v
o
dtJ

altre parole, si supponga assegnata la relazione a = f( tJ).


Per determinare la velocità di sollevamento della punteria (o meglio, del e se si pone: F( tJ) = i" f('IJ) d'IJ, si ha:
suo punto di riferimento R) ad un istante generico t è allora necessario
h= 2l
w
1"o
F('IJ) d'IJ
224 225

Nella Fig. 168 sono per l'appunto tracciate, in funzione degli angoli di
rotazione t9 della camma, le curve della accelerazione a, della velocità V e
dell'alzata h della punteria. Poichè ad ogni istante la velocità è la derivata
rispetto al tempo, o, nell'ipotesi di velocità angolare costante, rispetto alle
rotazioni t9, dell'alzata e l'accelerazione è la derivata rispetto al tempo (o
alle rotazioni) della velocità, si può osservare che in corrispondenza dei punti di
accelerazione nulla la curva delle velocità presenta un massimo mentre quella
delle alzate presenta un fiesso, e così la curva delle alzate presenta un massimo
(od un minimo) dove si annullano i valori delle velocità.

6.3 - Tracciamento del profilo della camma

Una volta determinata la legge delle alzate della punteria in funzione


della posizione angolare della camma, il profilo di quest'ultima può essere
determinato utilizzando il procedimento seguente. Si consideri il punto di
riferimento R della punteria (Fig. 167) e si fissi il raggio r 0 del cerchio di
base, ossia la distanza del punto di riferimento R della punteria dal centro
X della camma quando l 'ci.J.zata h è nulla. Si supponga ora di fornire a tutto
il sistema una velocità angolare- w, uguale ed opposta a quella della camma;
in tali condizioni la camma risulta ferma mentre la punteria ruota attorno al Fig. 169 - Profilo della camma per una punteria con bordo a coltello
centro X con una velocità angolare- w. In base all'espressione della legge
delle alzate in funzione della posizione angolare t9 : h = h( t9), espressione che
o è nota, o è determinabile nel modo esposto nel paragrafo precedente, si è in
grado di riportare, per ogni valore di t9, il corrispondente valore dell'alzata
h. In tal modo il punto di riferimento R descrive una curva chiusa che
costituisce il profilo teorico della camma: quest'ultimo dunque rappresenta
la curva descritta dal punto di riferimento R quando si faccia ruotare la
punteria attorno alla camma.
Se la punteria termina con.. un bordo a coltello, il profilo teorico coin-
cide, come è facilmente intuibile, con l'effettivo profilo di lavoro della camma
(Fig. 169), in quanto in tal caso il punto di riferimento R coincide in ogni
istante con il punto di contatto tra camma e punteria. Se invece la punteria
porta un rullo, il profilo teorico è quello descritto dal centro del rullo (Fig. 170)
mentre l'effettivo profilo di lavore è ottenibile tracciando tante circonferenze
aventi centri lungo tutti i punti del profilo teorico t e raggio pari a quello del
rullo. L'inviluppo interno di tutte queste circonferenze costituisce il profilo di
lavoro l della camma, ossia esso rappresenta la curva lungo la quale il rullo
deve rotolare senza strisciare in modo da realizzare la voluta legge delle alzate
della punteria.

Fig. 170 - Profilo della camma per una punteria a rullo: t = profilo teorico; l = pro-
filo di lovor()
226 227

Se .infine la punteria termina con un piattello, una volta disegnato il originare un fenomeno di imp11ntamento, condurrebbe addirittura ad una reale
profilo teorico t della camma si deve tracciare, a partire da ogni punto del impossibilità del funzionamento stesso.
profilo stesso, la normale alla congiungente il punto considerato con il centro ll raggio del cerchio di base dal quale si inizia a tracciare il profilo teorico
della camma. La curva di inviluppo di tutte queste normali (Fig. 171) fornisce della camma può essere scelto in modo arbitrario; tuttavia per esso esiste un
il profilo di lavoro l della camma, profilo lungo il quale striscia il piattello valore limite inferiore imposto da particolari condizioni geometriche, oppure
durante il suo moto relativo alla camma stessa. dalla necessità di evitare eccessive sollecitazioni dì contatto.
Si consideri infatti l'esempio riportato nella Fig. 172 a, dove si è indicato
con t il profilo teorico della camma; se la punteria è a rullo, il profilo di lavoro

~~~
altro non è che l'inviluppo interno delle posizioni assunte dal rullo stesso ed
è rappresentato in figura dalla curva l. In tali condizioni però sorge un
inconveniente dovuto al fatto che il rullo, quando è nella posizione teorica
l individuata dalla lettera E, non tocca la curva di lavoro, e questo significa

i in pratica che nell'intorno di quella posizione la camma non realizza la legge


del moto voluta. Per ovviare a ciò si può allora scegliere un cerchio di base
di raggio maggiore, oppure adottare un rullo di diametro minore (Fig. 172 b),
sempre che le sollecitazioni di contatto non siano eccessive.

a) b)

Fig. 171 - Profilo della camma per una punteria a piattello: t = profilo teorico;
l = profilo di lavoro

La punteria a piattello, pur fruendo del vantaggio di originare valori delle Fig. 172 - Influenza del raggio del cerchio di base sul profilo della camma
pressioni locali di contatto inferiori a quelli relativi a punterie a coltello od a
rullo, presenta tuttavia l'inconveniente di doversi necessariamente accoppiare Per concludere la rassegna delle principali caratteristiche geometriche
ad una camma dotata di un profilo di lavoro interamente convesso. In caso dei profili delle camme, va ancora osservato che all'inizio di questo paragrafo
contrario infatti, la presenza della benchè minima rientranza altererebbe il si è definito come cerchio di base della camma il cerchio coincidente con la
corretto funzionamento del sistema camma-punteria ed in taluni casi, potendo parte del profilo teorico della camma per il quale l'alzata è nulla. In modo del
228 229

tutto analogo si definisce cerchio di riposo della camma il cerchio coincidente Poichè inoltre l'integrale che compare nella relazione sopra scritta rap-
con la parte del profilo di lavoro della camma stessa per il quale l'alzata è presenta l'area sottostante alla curva a= a( t?), tra gli angoli di rotazione e
nulla. le accelerazioni ad essi relative dovrà in definitiva esistere la relazione:

6.4 - Camma ad accelerazione costante


Nella maggior parte dei casi riscontrabili nella pratica poi, le camme
Al fine di esemplificare quanto precedentemente esposto si consideri una sono simmetriche, ossia per esse esistono un arco compreso far i valori O e
camma in cui la legge delle accelerazioni della punteria in funzione delle posi- t9 2 in cui la punteria si alza, ed un arco di eguale ampiezza, compreso fra
zioni angolari della camma è rappresentata da una serie di segmenti orizzontali t9 2 e t9 4 , in cui la punteria si abbassa con una legge del moto simmetrica
corrispondenti quindi ad intervalli ad accelerazione costante. Nel diagramma alla precedente rispetto all'angolo di rotazione t9 2 • In questo caso pertanto la
relativo (Fig. 173) quindi, l'accelerazione, inizialmente positiva e pari ad a 1 , velocità della punteria si annulla anche in corrispondenza di t9 2 ed all'angolo
si mantiene costante fino a quando l'angolo di rotazione della camma non rag- t9 2 stesso corrisponde ovviamente un valore massimo dell'alzata. Nel caso di
giunge il valore t9 1 ; per t9 = t9 1 essa diventa negativa e pari ad a= -a2 e tale camma simmetrica pertanto esisterà l'ulteriore condizione:
si mantiene fino a quando la camma non ha ruotato di un angolo pari a t?3;
per angoli compresi fra t9 3 e t9 4 infine, l'accelerazione assume nuovamente v2 =-wl 1{}'o a(t?)dt? =o
un valore costante e positivo e pari ad a1.
condizione che, nel caso di camma a.d accelerazione costante, si traduce nella:

a (2.134)

a,f--- --------·------ ---------.--........ Supposto dunque che la. camma sia simmetrica, e che sia di conseguenza
soddisfatta la (2.134), la velocità massima della punteria si presenta al termine
della fase di accelerazione positiva della camma (Fig. 174) e vale, in base alla
(2.132):
V1 =-
11{} 1
a(t?)dt?=-
a1t?1
w o w
Nell'arco compreso tra t9 1 e t9 2 la velocità della punteria diminuisce,

-·l----'--------1...--
ma si mantiene sempre positiva, e pertanto l'alzata h continua ad aumentare
=
fino a raggiungere un massimo per t9 t9 2 , massimo che, in base alla (2.133),
vale:

(2.135)
Fig. 173 - Diagramma delle accelerazioni di una punteria accoppiata ad una camma
ad accelerazione costante
La (2.135) esprime dunque la relazione esistente fra l'alzata massima
della punteria, l 'accelerazione iniziale, gli angoli di rotazione t9 1 e lJ 2 e la
Poichè all'inizio ed al termine della fase di lavoro, cioè per angoli di
velocità. angolare w della camma nel caso di camme ad accelerazione costante.
rotazione t9 = O e t9 = t9 4 , la velocità. deve essere nulla, dovrà di conseguenza
In base ad essa si può ricavare il valore di a 1 in funzione delle altre grandezze:
necessariamente essere:
2hM:..: 2
V4 = (V){}={}• = 2_ [{}• a(t?)dt9 =O 01
=
w lo VJV2
230 231

e da questa, in base alla (2.134), si otterrà per a2 il valore: che altererebb~ evidentemente la legge del moto della punteria, questa è nor-
malmente sottoposta all'azione di una molla (vedasi a questo proposito il
{} 1 2hMw 2 successivo § 6.9) che la mantiene costantemente a contatto della camma in
a2 = a 1 - - - =
{}2- {}1 '!92({}2- {}1) modo da assicurare la realizzazione della legge del moto voluta.
Fino ad ora si .sono ricavate, per il caso di camma ad accelerazione co-
stante, le espressioni della velocità massima e dell'alzata massima della pun-
teria; quando si vogliano invece ricavare, sempre per una camma ad accelera-
a,V,h zione costante, le espressioni della velocità e dell'alzata ad un istante generico
t in funzione della posizione angolare {} della camma si deve procedere nel
modo seguente.
Nel primo tratto (ad accelerazione positiva) la velocità della punteria è
esprimibile, in base alla (2.132), mediante la:

(2.136) V=-l
w o
1" a1d{} =a1-
{}
w
e per t9 = {} 1 , essa vale, come già precedentemente ricavato:

v,1_-a1{}1
--
w
L 'alzata h, sempre nel tratto ad accelerazione positiva, è invece espri-
mibile, in base alla (2.133), mediante la:
Fig. 174 - Diagrammi di accelerazione, velocità ed alzata per una camma ad accele-
razione costante (2.137) h = -l
w
1" o
V dt9 = -l
w2
1" o
a1 t9 dt9 ·
= -a1 {}
2w2
2

Si supponga allora che una camma di questo tipo ruoti alla velocità e per {} = '!9 1 essa vale al solito:
angolare di 1500 giri/mm, che l'alzata massima da essa realizzata sia hM =
5 mm e che gli angoli {} 1 e '!9 2 valgano rispettivamente 30° e 90°. In h - alJ?i
·l - 2w2
base alle relazioni precedenti ed essendo: w= 157,08 radfs, {}1 = 0,5236 rad,
{} 2 = 1,5708 rad, i valori di a 1 ed a 2 saranno dati da: Nel tratto corrispondente a valori negativi della accelerazione ('!9 1 < lJ <
.. '!9 2) l'espressione della velocità sarà data da:
a = 2 x 0,005 x (157,08?
1
= 300 m/s2 = 30 6
0,5236 x 1,5708 ' g
5236
a2 =300 x O,
l, 5708- o, 5236
= 150 m/s = 15,3 g
2
(2.138)

Come si può notare, le accelerazioni delle punterie comandate da camme


ruotanti a grande velocità raggiungono valori molto elevati e di conseguenza Sempre nel tratto di accelerazione negativa l'alzata sarà espressa da:
la punteria è soggetta a forze di inerzia notevoli che, durante la fase di accele-
razione negatiYa (arco compreso tra i valori t9 1 e t9 2 della Fig. 174 ), tendono
ad allontanarla dalla camma. Onde evitare il verificarsi di questo fenomeno,
h = -wl 1" vo
dt? = -wl [1" v + 1" v ]
o
1 dt?
.,,
dt?
232 233

da cui, in base alle (2.136) e (2.138), si trova in definitiva: a ··· .. V

(t?- 21) - a2 ~ ]
2

(2.139) h= : 2 [(al+ a2) t?1


19 ·· ... e

Dalle (2.138) e (2.139), sostituendo in esse a t9 il valore !J2, si ritrovano


o
....._____ l ~ _.
ovviamente un valore nullo della velocità V ed il valore massimo dell'alzata
a)
hM espresso dalla (2.135).
Le (2.137) e (2.139) forniscono dunque i valori dell'alzata h della pun-
teria in funzione della posizione angolare t9 della camma ed in base ad esse si
possono pertanto ricavare, secondo quanto esposto nel paragrafo precedente,
Y············ ...
sia il profilo teorico che quello effettivo (di lavoro) della camma che realizza
la legge del moto a tratti di accelerazione costante.

6.5 - Tipi principali di leggi del moto adottate nella realizzazione di


C) d)
camme

Per le camme ad accelerazione costante, già. dettagliatamente esaminate


nel paragrafo precedente ed utilizzate nella pratica in applicazioni a media ' . /·/ .· · · · · · · <
velocità, si può ancora osservare che se si suppone l 'angolo t9 1 pari a t9 2 /2
si ritrova dalla (2.135): ~ ·· .. e e
4w 2 hM
a1 = --t922-
Se si indica inoltre con t 0 il tempo necessario a raggiungere l'alzata massima,
e) f)
il valore di a1 risulta fornito dalla:

a1 = -4hM
to2
-

·····.
Seguendo.lo stesso procedimento adottato pe!.le camme ad accelerazione
costante si possono ora ricavare sia le leggi delle velocità e delle alzate della
pu.nteria in funzione degli angoli di rotazione della camma, sia la relazione
esistente tra i valori dell'alzata massima hM e dell'accelerazione massima
aM per altre forme del diagramma delle accelerazioni, ossia, in definitiva, per
altri tipi di legge del moto della punteria. Tra queste, le più comunemente g) h)
adottate nelle applicazioni pratiche sono le seguenti (*):
( *) Va osservato che in Fig. 175 sono riportati i diagrammi delle accelerazioni della punteria in Fig. l i5 - Forme del diagramma delle accelerazioni della punteria normalmente usate
funzione degli angoli di rotazione della camma al valore 0 corrispondente all'alzata massima della nella tecnica: a) ad_ acce!erazione costante; b) lineare crescente; c) lineare
punteria (valore indicato con 11, nella Fig. l 74 relativa al caso di camma ad accelerazione costante); decrescente; d) polmom1ale; e) cosinusoidale; f) sinusoidale; g) trapezoi-
si suppone pertanto che le camme che realizzano tali leggi del moto siano di tiph simmetrico. dale; h) trapezoidale modificata
234 235

111 Legge lineare crescente (Fig. 175 b) e viene raggiul).to in corrispondenza dell'angolo !'J = ej2. A causa della
graduale variazione subita dai valori della accelerazione, questo tipo di legge
In tal caso la massima accelerazione e la massima velocità della punteria
del moto della punteria viene utilizzato quando esistono grandi velocità di
valgono:
12hM rotazione della camma.
aM=-r e
o
111 Legge cosinusoidalè (Fig. 175 e).
Come è facile intuire, anche se l'accelerazione in questo caso aumenta
progressivamente, l'inversione che essa presenta a metà del diagramma ori- In tal caso la legge delle accelerazioni, rappresentabile mediante la:
gina perturbazioni di grande intensità e pertanto tale legge del moto trova
applicazione solo nel caso di basse velocità di funzionamento. a= kcos (~)
111 Legge lineare decrescente (Fig. 175 c). fornisce per il valore massimo della accelerazione l 'espressione:
Per essa l'accelerazione, massima ali 'istante iniziale, decresce linear-
mente fino ad annullarsi al centro del diagramma ed a raggiungere il massimo
valore negativo all'istante corrispondente all'alzata massima. I valori della
accelerazione massima e della massima velocità sono in questo caso espressi Tale valore massimo è positivo per !'l = O e negativo per !'l = e. La
da: massima velocità, raggiunta in corrispondenza dell'angolo !'J = e;2, \·aie
6hM invece:
aM=f:2 e VM = 2hM
o
io
Leggi del moto di tipo cosinusoidale sono normalmente utilizzate in
111 Legge polinomiale (Fig. 175 d). applicazioni a media velocità.
Indicando con e il valore dell'angolo corrispondente all'alzata massima
e con !'J l'angolo di rotazione generico della camma, la legge di accalerazione 111 Legge sinusoidale (Fig. 175 f).
di tipo polinomiale rappresentata in figura è esprimibile mediante la:
È una legge di accelerazione a forma di sinusoide completa ed è pertanto
esprimibile mediante la:
a= ksm . (2iri'
e J)
ed in tal caso pertanto l 'accelerazione si annulla in corrispondenza degli angoli: La massima accelerazione è raggiunta in corrispondenza di !'J = e;4
!'l= o, !'l= ej2 e !'l= e. Con questo diagramma di accelerazione, il valore =
(positiva) e !'J 3ej4 (negativa) e vale:
massimo (positivo e negativo) della accelerazione stessa è pari a:

aM 5, 77
= __ hM
t_2_
o mentre la massima velocità, raggiunta in corrispondenza dell'angolo !'J = ej2,
vale:
e viene raggiunto in corrispondenza degli angoli !'J =ej4 e !'J = 3e/4, mentre hM
VM=2-
il valore massimo della velocità è dato da: to
Leggi del moto di tipo sinusoidale sono generalmente usate in applica-
zioni implicanti grandissime velocità di funzionamento.
237
236
stabilita la legge del moto della punteria ad essa accoppiata. Purtuttavia nella
11 Legge trapezoidale (Fig. 175 g) pratica corrente si verifica sovente il fenomeno opposto, ossia si stabilisce in
La legge trapezoidale illustrata in figura è definita dalle seguenti condi- genere il profilo della camma in base a considerazioni diverse, quali ad esempio
zioni: la semplicità di lavorazione della camma stessa, e si vuole di conseguenza
per0<19<s:
e a= k19 determinare la legge del moto da esso realizzata. Questa metodologia, opposta
alla precedente, vien~ adottata ogniqualvolta si desideri raggiungere il valore
e 30 k0
per
8 <19<
8 a=
8 (costante) massimo dell'alzata della punteria in corrispondenza di un ben determinato
ke angolo di rotazione della camma senza peraltro dover soddisfare a particolari
30 50
per
8 < 19 <
8 a= 2-M requisiti sui valori delle alzate intermedie.

per
50
<19<
70 ke
a= -8 (costante)
8 8
70
per 8 < 19 <e a= -ke +H
e pertanto i valori massimi dell'accelerazione e della velocità risultano espressi
dalle:
hM hM
aM=5,3-?- e VM=2-
t0 io
Leggi di tipo trapezoidale sono abbastanza usate nella pratica per ap-
plicazioni con grande velocità di rotazione della camma.

11 Legge trapezoidale modificata (Fig. 175 h)


Simile alla precedente, differisce da essa per il fatto che i tratti rettilinei
sono sostituiti da archi di sinusoide analiticamente esprimibili mediante le:

S:
per O< 19 <
e . (471"19)
a= k·sm e
{ per-<
30 e
19 <- a = k· .
Slll e -
(471"19 7r
)
8 2
La massima accelerazione e la massima velocità della punteria valgono
rispettivamente:

ed anche questa legge di accelerazione, così come quella sinusoidale, è utilizzata Fig. 176 - Camma a fianchi rettilinei con punteria a rullo. Fase di accelerazione
per applicazioni implicanti altissime velocità di rotazione della camma. positiva

6.6 - Camma a fianchi rettilinei con punteria a rullo In tutti questi casi quindi, noti i valori dell'alzata massima e dell'angolo
di lavoro e noto il tipo di profilo, si debbono determinare le effettive dimensioni
Kei precedenti paragrafi si sono esposti i criteri in base ai quali si è in geometriche della camma e le massime velocità ed accelerazioni realizzate dalla
grado di determinare il profilo teorico e quello effettivo di una camma una volta
238 239

punteria ad essa accoppiata. Indicand,o ora con t?1 l'angolo M'o;N', si ha, in base alle (2.140)
Un tipo di camma abbastanza comune .è quello rappresentato nella e (2.141 ), che l'alzata e la velocità ad esso corrispondenti, ossia l'alzata e la
Fig. 176 ed indicato normalmente come camma a fianchi rettilinei. In tale velocità raggiunte dalla punteria al termine del tratto rettilineo M N della
camma, di tipo simmetrico, il cerchio di riposo, di raggio r 1 e centro 0 1 è camma, valgono:
raccordato in M ad un tratto rettilineo,__M N, il quale è a sua volta raccor-
dato in ,......
N ad un arco di circonferenza N P di centro 0 2 e raggio r 2 0 2 N;
........
= e:
l'arco N P infine è raccordato in P ad un arco di circonferenza PQ avente
raggio r 3 = 0 1 Q e centro in 0 1 ; la retta individuata dal segmento 0 1 Q
costituisce inoltre l'asse di simmetria della camma.
Essendo la punteria costituita da un rullo di raggio r 4 , il profilo teorico
della camma, indicato a tratto e punto nella Fig. 176, è pertanto rappresentato
da un cerchio di base di centro 0 1 e raggio r 1 + r 4 , da un tratto,-.
rettilineo
M'N' parallelo a M N e distante da questo r 4 , da un arco N'P' di centro
"'"'
0 2 e raggio r 2 + 1·4 , da un arco P' Q' di centro 0 1 e raggio r 3 + r 4 , e quindi
da altrettanti archi e segmenti simmetrici ai precedenti rispetto all'asse 0 1Q'.
Per determinare la legge del moto nella fase di accelerazione positiva si
considerino la camma e la punteria nella posizione indicata nella Fig. 176 e si
indichi con t9 l'angolo formato tra la congiungente il punto di riferimento R
della punteria con il centro 0 1 della camma ed il segmento 0 1M', assunto
quale posizione iniziale. In tale generica condizione la distanza R0 1 è pari
a:
ROl =M'O!
cos t9
e l'alzata della punteria risulta pertanto espressa da:

(2.140)

In base alla (2.140) la velocità e l'accelerazione della punteria quando


questa è a contatto con il tratto rettilineo della camma saranno rispettiva-
mente esprimibili mediante la:
tg t9
(2.141) V = -dh
dt
dh dt?
= -d'l!) -dt = (1·1 + r4) w - -
cos t9
Fig. 177 - Camma a fianchi rettilinei con punteria a rullo. Fase di accelerazione
e la negativa
_ dV _ dV dt9 _ ) 2 l+ 2 tg 2 t?
a- d
t - d·•v dt - (rJ + r4 w
cos .ov ,....._

ed in particolare l'accelerazione all'istante iniziale varrà: I\ el tratto N P la punteria a rullo e la camma si trovano nella posizione
illustrata n.:!!_a Fig. 177 e se si indicano con t.p l'angolo o;ifo2 e con t?'
l'angolo R01P di cui deve ruotare la camma per portarsi dalla posizione
241
240 (,

generica indicata in figura a quella corrispondente all'alzata massima (si os- L'accelerazione.-,della punteria, sempre nel caso di punto di contatto
servi che la condizione di alzata massima è raggiunta quando i punti R,P ed compreso nell'arco N P, vale di conseguenza:
0 1 sono allineati in quanto lungo l'arco PQ, che ha centro in 011 l'alzata dV d'IJ' [ <: cos 21J' + <: 3 sin 13']
4
stessa mantiene inalterato il suo valore), si può esprimere il valore generico (2.144) a= d'IJ' dt = -c(r2 + r4)w2 cos TJ' + (1- é'2 sin2 IJ')3/2
dell'alzata mediante la relazione:
Le equazioni (2.142)', (2.143) e (2.144), espresse in funzione dell'angolo IJ',
possono evidentemente essere riscritte facendo comparire in esse l'angolo IJ,
in quanto tra TJ e TJ' sussiste la semplice relazione: '19' = IJ 2 - TJ. Ad esse
D'altro canto, considerando il triangolo R020 11 si ottiene facilmente: però vanno aggiunte alcune condizioni di carattere geometrico; dall'esame del
triangolo 02N'01 (Fig. 177) si ha infatti che:
R02 sin r.p = 0102 sin 13'

ossia:
e quindi che:
(r3- r2) sin(IJ2 - 131) = (r2 + r4) sin IJ1
dove: ossia in definitiva che:
r3- r2
<:=---
r2 + r4 r3- r2 sin IJ1
é'=--=
ed in definitiva si avrà: r2+r4 sin(IJ2-IJ1)
Va ancora osservato che la lunghezza del segmento 0 1N' è esprimibile
mediante la:
L'alzata generic;:._ della punteria quando questa è a contatto con la 01N' = Oz01 · cos( IJ2- IJ1) + 02N' cos '111
camma lungo l'arco NP vale pertanto: e che in definitiva per l'accoppiamento considerato deve essere rispettata l'ul-
teriore condizione:
(2.142)

e la velocità della punteria lungo tale arco vale di conseguenza:


=
Si noti infine che per TJ = IJ 1 (e quindi IJ' IJ 2 - IJI) i valori dell'alzata forniti
dalle (2.140) e (2.142) debbono coincidere e che pertanto deve ancora essere
rispettata la condizione:

h +r4) Co: -l) =


IJ
1
(r2 +r4) [é cos(IJ2- t?1) + V1- c2 sin\IJ2- t?1)] -(r1 +r4)
Osservando ora che, durante la rotazione della camma, 13 cresce mentre
L'alzata massima (per IJ' =O) varrà inoltre:
TJ' diminuisce (per cui d'IJ'fdt = -d!Jfdt =-w) si ha definitiva:
(2.143) V = <:( 7'2 + r 4) "-'' [sin TJ' + ---r.;é=s=ii=l22=1J='2=;;==] ed appare evidente, osservando le ultime equazioni scritte, che non tutte le
2v l - <: sin IJ'
varie grandezze possono essere scelte l'una indipendentemente dall'altra. In
242 -·. 243
effetti vengono normalmente fissati i valori dell'alzata massima hM, dell'an- e pertanto l'alzata, la velocità e l'accelerazione della punteria quando questa
golo complessivo di lavoro t92 e del raggio r 1; i valori delle rimanenti quattro ' ) ........
e a contatto della camma lungo l'arco M N valgono rispettivamente:
grandezze, ossia dell'angolo t9 1 e dei raggi r 2 , r 3 e r 4 sono di conseguenza
determinati dalle quattro equazioni prima scritte. h= (r1 + r4)[\h- e: 2 sin 2 t9- e:cost9)- (ro + r 4)
dh
V= dt9 w=-~ e:(r1
· e: sin 2t9
+ r 4) w [ sin t9 + -r===:::= ]
2
6. 7 - Camma policentrica con punteria a rullo 2Vl - e: 2 sin t9
a= ~~w= e:(r1 + r4) w2 [cos t9 + E: cos 2t9 + e;3 sin4 t9]
Si definisce camma policentrica una camma in cui gli archi di lavoro (l - e: 2 sin 2 t9)3/2
sono costituiti da una serie di successivi archi di circonferenza raccordati tra
loro. Nella Fig. 178 è rappresentata una camma a due centri: il cerchio di
riposo di raggio r 0 e centro O è raccordato in M a una circonferenza di
........
centro 0 1 e raggio r 11 il cui arco M N forma una parte del profilo di lavoro
........
della camma. In N esso è raccordato ad un nuovo arco di circonferenza NP
di raggio r 2 e centro 0 2 ; la retta OP rappresenta poi l'asse di simmetria
della camma, per cui la rimanente parte del profilo di lavoro è costituita da
archi simmetrici ai precedenti rispetto alla OP stessa.
Al fine di ricavare la legge del moto di una punteria a rullo, di raggio
r 4 , a contatto con una camma policentrica, si inizi col considerare l'arco di
........
lavoro M N; il corrispondente
,-..
arco di profilo teorico è rappresentato dall'arco
di circonferenza M'N' avente un centro in 0 1 e raggio pari a r 1 + r 4 • Nella
posizione generica indicata in Fig. 178 ed individuata dall'angolo t9 il valore
dell'alzata h della punteria è dato da:

h= OR- OJI!' = (0 1Rcos cp- 00 1 cost9)- OM'


ossia, sostituendo ai segmenti che ivi compaiono i rispettivi valori, da:

Essendo inoltre:

e ponendo:
r1- ro
~---- Fig. 178 - Camma policentrica con punteria a rullo
~- r1 + r4
si ottiene: Nel sec~do tratto, ossia quando il contatto camma-punteria avviene
lungo l'arco N P, la legge del moto è identica a quella ricavata per l'arco N p
244 245

della camma a fianchi rettilinei (Fig. 177) e pertanto, in base alle (2.142),
(2.143) e (2.144) i valori di alzata, velocità ed accelerazione della punteria
valgono rispettivamente:

6.8 - Camma policentrica con punteria a piattello

Le camme policentriche descritte nel precedente paragrafo comandano


molto spesso una punteria a piattello anzichè a rullo, ed in tal caso (Fig. 179)
l'alzata h della punteria durante la fase di accelerazione positiva è data da:

h= OR- OM = (01S- 001 cos 19)- OM = h- (r1- ro) cos 19)- ro Or

ossia: Fig. 179- Camma policentrica con punteria a piattello. Fase di accelerazione posi-
tiva
(2.145) h= (r1- ro) (1- cos19)
La lunghezza del segmento 00 2 , osservando che:
La velocità della punteria in tale fase è di conseguenza esprimibile me-
diante la: 002 sin(!?2- 1.91) = 001 sin !?1
è a sua volta data da:
(2.146) V=~~ w= w(r~.- ro)sin 1.9 -- sin 1.9 1
002 =( r1 - 7'o
)
• (·•
sm vz- v1
.o )
mentre l'accelerazione è data da:
e pertanto l'alzata massima hM vale, in base alla (2.147):
sin !?1
hM = (r1 - ro) .
Slll (1.92- 1J1)
- (r 0 - r 2)
,.....,
Lungo l'arco N P, corrispondente ad una fa.se di accelerazione negativa, La velocità V e l'accelerazione a quando il punto di contatto camma-
si ha invece (Fig. 180): punteria è compreso nell'arco NP
sono di conseguenza rispettivamente espri-
mibili mediante la:
(2.147) h= OR- OM = (02S + 00zcost9')- OM = (r2 + 002 cost9')- ro dh
(2.148) V = - d-O!
(/
W=- - . ,
002w Slll V = (1'! - l'O) .
sin 1.9 1
5111 (1.92- !?t)
W sin v'

9. JACAZIO-PI01\1BO - La trasmissione del moto


246 247

e mediante la: L'espressione ora ricavata, unitamente a quella relativa all'alzata mas-
sima, fornisce 'il legame esistente fra le varie grandezze geometriche di una
a = --
dV
diJ 1
w
-- 2
= -002w cos 'tJ = -
1 (
rl - ro
)
. c-·sin iJ1 .o ) w2 cos v_
Sln V2 - Vj
01

camma policentrica accoppiata ad una punteria a piattello. Nel caso di un


accoppiamento di questo tipo vengono normalmente fissati i valori dell'alzata
massima hM, del raggio r 0 e degli angoli 1? 1 e '!J 2 , mentre in base alle
relazioni sopra viste.si rico.vano di conseguenza i valori dei raggi r 1 e r 2 •

6.9 - Forze agenti nelle camme

Al fine di valutare la natura e l'entità delle forze agenti in un accoppia-


mento camma-punteria, si consideri dapprima una camma a contatto con una
punteria a rullo (Fig. 181): lungo tutto l'arco ozioso la punteria è premuta
contro il rullo dalle sole forze P (date dal peso e da eventuali forze esterne
di pressione) e della molla FMo· Entrambe queste forze sono dirette secondo
l'asse della punteria e pertanto la forza scambiata fra rullo e camma vale:
FMo +P.
Lungo l 'arco di lavoro invece, i valori delle forze agenti sulla punteria
tendono ad essere modificati dalla presenza di più fenomeni concomitanti.
Innanzi tutto aumenta l'intensità della forza esercitata. dalla molla sulla pun-
teria in quanto quest'ultima si trova spostata dalla sua posizione iniziale: per
un'alzata generica h infatti, la forza che la molla esercita sulla punteria di-
venta: FM = FMo + kh, se con k si indica la rigidezza della molla stessa. In
Fig. 180 - Camma policentrica con punteria a piattello. Fase di accelerazione nega- secondo luogo, durante la fase di lavoro la punteria è generalmente soggetta
tiva
all'azione di forze di inerzia, dirette secondo il suo asse, che possono sommarsi
o sottrarsi alle forze della molla e del peso. Durante la fase di lavoro inoltre, il
L'angolo 'IJ' è poi legato ali 'angolo iJ dalla relazione: il' = iJ2 - iJ e le contatto fra rullo e camma avviene in un punto che non si trova più sull'asse
equazioni sopra scritte possono al solito essere trasformate facendo comparire
della punteria. Volendo verificare l'equilibrio del rullo infatti, si osserva che,
in esse l 'angolo iJ al posto di 'IJ'. nell'ipotesi di trascurare le azioni di inerzia alle quali esso è soggetto, le uniche
Come si è già avuto modo di osservare nel § 6.6, in corrispondenza del
forze che lo sollecitano sono rappresentate dalla forza Fp,r, che la punteria
punto di raccordo tra gli archi AfN e NP
deve sussistere l'uguaglianza (p) gli trasmette in R, e dalla forza Fc,r, che la camma (c) gìi trasmette nel
tra i valori delle alzate espressi dalle (2.145) e (2.147), per cui deve essere punto P. Affinchè siano soddisfatte le condizioni di equilibrio del rullo occorre
evidentemente rispettata la condizione: pertanto che le due forze Fp,r ed Fc,r siano uguali ed opposte (Fig. 181 b) e
(r 1 - r 0) (l- cos il l)= [r 2 +h -l'o) sin~~:~ il!) cos (iJ2- 'IJI)] - ro ciò equivale in pratica ad affermare che la. direzione della. forza scambiata tra
rullo e punteria è quella individuata dalla congiungente RP.
relazione che, in definitiva, equivale alla: L'angolo x compreso fra la congiungente RP e l'asse della punteria è
1 detto angolo di pressione e dal suo valore dipendono evidentemente le inten-
(r 1 - 1· 2) = (r1- ro) [Slll. (iJ2-
sin iJ iJ ) cos (iJ2- iJ1) + cos iJ1]
l sità sia della coppia che deve essere applicata alla camma, sia delle reazioni
248 249
sui supporti, sia infine delle sollecitazioni di contatto fra camma e rullo. Si
consideri infatti la camma (c); la coppia C _che deve essere ad essa applicata
edove ro h, e d rappresentano rispettivamente l'alzata, il raggio del cerchio
di riposo ed il diametro del rullo.
per assicurarne l'equilibrio vale: La forza fr,p, uguale in modulo a fr,e, che n rullo esercita sulla punteria
(2.149) C= Fr,e · b possiede a sua volta due componenti: una, verticale, pari a Fr,p -cos x ed una.,
orizzontale, pari a Fr,p ·sin x. ll valore della prima può essere semplicemente
determinato scrivendo l'equazione di equilibrio alla traslazione verticale della
a) punteria, equazionè che, nell'ipotesi di accelerazione negativa della punteria
stessa, è espressa dalla:
b)
d)

+
(2.151) Fr,p • COS X+ F;- FM- P= O
dove F; rappresenta per l'appunto il valore della forza di inerzia cui la punteria

c)
+ i{ T
è soggetta. La seconda componente, ossia quella orizzontale, è equilibrata
invece dalle forze Fs1 e Fs2 che i due supporti esercitano sulla punteria
(Fig. 181 d).
In base alle (2.149), (2.150) e (2.151) si è in grado di ricavare il valore
della coppia che deve essere fornita alla camma per mantenerla in rotazione
in moto uniforme, valore dato da:

C= (ro+~+h) (P+FMo+kh-F;)tgx
e pertanto la coppia fornita alla camma deve essere tanto maggiore quanto
maggiore è il valore deli 'angolo di pressione.

Fig. 181 - Forze agenti su una camma accoppiata ad una punteria a rullo

dove:
(2.150)
Fig. 182- Influenza del raggio del cerchio di base sull'angolo di pressione di una camma
250
251
Tale angolo come si può facilmente osservare riferendosi alla Fig. 182,
Anche se si è fatto finora riferimento ad una punteria a rullo, è chiaro
diminuisce all'aun:entare del raggio del cerchio di base della camma; se infatti
che gli stessi' procedimenti fin qui adottati possono essere estesi al caso di
h ra.ppresenta l'alzata della punteria in corrispondenza di un certo angolo
punterie a coltello a patto di considerare per esso la presenza della forza di
di rotazione t9 della camma, si può notare che l'angolo di pressione x'
attrito. Per una camma con punteria a piattello poi, la direzione della forza
corrispondente alla camma con raggio del cerchio di base pari a r!, risulta
scambiata fra camma e piattello è, in assenza di attrito, normale alle superfici a
minore dell'angolo di pressione x relativo alla camma avente raggio del
contatto ed è quindi sempre parallela all'asse della punteria anche se, durante
cerchio di base pari a rb.
l 'arco di lavoro, no~ coincide con l'asse stesso. Ciò genera di conseguenza
un momento sulla punteria, momento che viene ad essere equilibrato, come
nel caso di punteria a rullo, dalle reazioni vincolari dei supporti. È chiaro
inoltre che la presenza di una forza di attrito contribuisce a generare ulteriori
reazioni vincolari nei supporti e a modificare il valore della coppia applicata
alla camma.
Quale esempio di quanto sopra esposto si consideri la camma ad ac-
celerazione costante già esaminata nel § 6.4. Per essa si era assunto: t9 1 =
30° = 0,5236 rad, hM = 5 mm, n= 1500 giri/min = 157,08 rad/s e si erano
ricavati i valori delle massime accelerazioni positive e negative della punteria,
valori rispettivamente dati da: a 1 = =
300 m/s 2 e a 2 150 m/s 2 • Volendo ora
determinare il valore dell'angolo di pressione x in corrispondenza del termine
della fase di accelerazione positiva, si dovranno innanzi tutto calcolare i valori
dell'alzata h e della velocità V della punteria relativi a tale posizione. Essi
saranno dati, in base alle espressioni viste nel § 6.4, da:
Fig. 183 - Determinazione dell'angolo di pressione x di una camma
_ a t9
1 1 _ 300 x O, 5236 _ /
vl - --
w - 157, 08 - 1m s .
Una volta note la velocità e l'alzata della punteria in una generica po-
sizione della camma, si può calcolare il valore dell'angolo di pressione x { h - al t9r - 300 x (0, 5236)2 = O 001667 l 667
osservando che (Fig. 183) ad una rotazione infinitesima dt9 della camma
1 - 2w 2 - 2 x (157,08)2 ' m = ' mm
corrisponde un incremento dh dell'alzata in direzione normale alla rotazione Ipotizzando per il raggio del cerchio di base rb un valore di 20 mm,
infinitesima della camma nella posizione considerata, e che pertanto: l 'angolo di pressione sarà definito da:
dh =tg x· ds
v1 = 1ooo = 0 294
È ora facile ricavare il valore di x. Sarà infatti: tgx= w(rb+h) 157,08x'(20+1,667) '
dh dh dh/dt
e varrà di conseguenza x = 16°23'.
tgx= ds = (rb+h)dt9 = (rb+h)dt9jdt
A conclusione del paragrafo dedicato all'esame delle forze agenti sulle
ossia, in definitiva: camme si osservi che, in base alla (2.151 ), la forza scambiata tra camma e
v
tg x= w(rb +h) punteria vale:
FM+P- Fi
Si noti che in questa espressione rb rappresenta il raggio del cerchio Fr p
'
= --'-'-----
cosx
di base ed è quindi pari, trattandosi di un accoppiamento di una ca.mma con
e che pertanto, affinchè la punteria segua effettivamente la legge del moto vo-
una punteria a rullo, alla somma dei raggi del cerchio di riposo e del rullo.
luta, ossia affinchè la punteria si mantenga sempre a contatto con la camma,
252
253
è necessario che la forza Fr,p sia sempre positiva e che quindi la somma della
attorno al fulcro di incernieramento del braccio oscillante.
forza della molla e della forza data dal peso e dalla pressione esterna even-
tualmente agente sulla punteria sia sempre maggiore della massima forza di n procedimento da seguire per ricav:are sia la legge degli spostamenti
inerzia agente sulla punteria nella fase di decelerazione della stessa, ossia che: angolari del braccio sia il profilo della camma è del tutto analogo a quello
FM +P> F;. Proprio in base a questa necessità vengono infatti determinati i ampiamente illustrato per le camme accoppiate ad una punteria. Basterà qui
valori del precarico e della rigidezza della molla agente sulla punteria. ricordarE} che nel ca&o di braccio oscillante ci si trova in presenza di una data
legge delle ·accelerazioni angolari rj; del braccio assegnata in funzione degli
angoli di rotazione 1J della camma (rj; = F('IJ)) e che da questa, una volta
fissato un punto di riferimento R sul braccio oscillante, si è in grado di
ricavare la legge degli spostamenti angolari cp = <I>('IJ) dello stesso e quindi
di tracciare il profilo teorico della camma. Da quest'ultimo, in base al tipo
di braccio accoppiato alla camma (a piattello, a rullo, ecc.), si deduce infine
l'effettivo profilo di lavoro della camma, così come è indicato nella Fig. 185,
figura che si riferisce al caso di un braccio a pia.ttello.

Fig. 184 - Camma a doppia guida (desmodromica)

Ove non sia conveniente o possibile installare una molla dalle caratteri-
stiche volute, si dovrà necessariamente ricorrere all'adozione di una camma a
doppia guida, detta anche camma desmodromica (Fig. 184).

Fig. 185- Profilo teorico (t) e profilo di lavoro (/) di una camma accoppiata ad
un braccio oscillante a piattello
6.10 - Camme con braccio oscillante

Va ancora osservato che è a volte possibile, studiando il comportamento


Come si è già avuto modo di osservare nel primo paragrafo del presente
cinematico delle camme, individuare un meccanismo ad esse equivalente. Se si
capitolo, esistono anche, in aggiunta ai tipi di camme finora descritti, camme
considera ad esempio la camma costituita da un cerchio eccentrico accoppiato
accoppiate ad un braccio oscillante (Fig. 164 b); in tal caso il moto rotato-
1 rio continuo della camma viene trasformato in un moto rotatorio alternativo
ad un braccio oscillante a rullo riportata nella Fig. 186, si nota che il punto
Q, centro del cerchio; ruota durante il funzionamento attorno al punto O ad

l
254 255
una distanza e costante da esso e che il punto R, centro del rullo, descrive un Nelle cathme di traslazione, il moto traslatorio di una superficie sago-
arco di circonferenza di centro S e raggio b. In definitiva quindi, il sistema mata provoca la traslazione (Fig. 187 a) o la rotazione di un altro elemento
costituito da camma e braccio con rullo è equivalente, dal punto di vista ad essa accoppiato. In questo caso i procedimenti da seguire per tracciare il
cinematico, ad un meccanismo costituito da una manovella OQ, da una biella profilo della camma sono identici a quelli visti nei paragrafi precedenti, anche
QR e da un bilanciere RS. Anche per altri tipi di accoppiamento camma- se le leggi delle accelerazioni ?i o ip della punteria o del braccio oscillante
punteria o camma-braccio oscillante si è ovviamente in grado di determinare il sono assegnate non più in funzione della rotazione fJ bensì dello spostamento
meccanismo ad essi cinematicamente equivalente e proprio questo ricondursi orizzontale x della camma.
a meccanismi noti può portare a sensibili semplificazioni nello svolgimento dei
calcoli.·
b

\
\
J
Fig. 188 - Camma di traslazione ad anello sagomato
Fig. 186- Camma a cerchio eccentrico con braccio a rullo e meccanismo ad essa
cinematicament.e equivalente
Le camme di traslazione si presentano sovente in realtà sotto la forma di
anelli sagomati che ruotano attorno ad un asse centrale parallelo all'asse della
6.11 - Altri tipi di camme punteria (Fig. 188). In tal caso allora lo spostamento x del profilo periferico
della camma sarà pari a x = rlJ, se con r si indica il raggio dell'anello
Oltre alle camme descritte nei paragrafi precedenti, si riscontrano nelle sagomato.
applicazioni meccaniche anche camme di traslazione e camme cilindriche e si
ritiene pertanto opportuno riportare qui di seguito alcuni cenni relativi alloro
funzionamento.

a)
bJ

Fig. 189 - Camma cilindrica

Fig. 187 - Camme di traslazione Le camme cilindriche sono invece costituite da un cilindro che ruota
attorno al proprio asse e porta una scanalatura nella quale si impegna l'e-
256

lemento guidato (Fig. 189). Anche in questo caso però l'analisi cinematica 7. MECCANISMI
della camma ed il tracciamento del suo profilo di lavoro saranno ovviamente
analoghi a quelli precedentemente esposti.

7 .l - Generalità sui meccanismi

Crm il termine meccanismo si suole comunemente denominare una qua-


lunque catena cinematica costituita da due o più organi collegati tra loro
in modo tale da consentire la trasmissione del moto dall'elemento iniziale a
quello finale della catena stessa secondo una legge prefissata; a rigor di lo-
gica pertanto, nella maggior parte dei capitoli finora esposti si sono esaminati
componenti meccanici (quali a.d esempio i giunti di Cardano, gli ingranaggi,
le camme e cosi via) appartenenti alla categoria dei meccansimi. Nel pre-
sente capitolo invece, si intende proporre una rassegna dei principali tipi di
meccanismi utilizzati per ottenere tipi del tutto particolari di leggi del moto
dell'elemento finale della catena cinematica in esame.
Tali meccanismi, pur presentandosi in grande numero e sotto le forme
più svariate, possono essere raggruppati in quattro tipi fondamentali, e preci-
samente in:
a) meccanismi che trasformano un moto continuo in un moto alternativo;
b) meccansimi che trasformano un moto continuo in un moto intermittente;
c) meccanismi di à.mplificazione (forze o spostamenti);
d) meccanismi che generano leggi del moto particolari.
I meccanismi costituiti da un insieme di aste rigide collegate tra loro
mediante cerniere vengono indicati come meccanismi articolati. La determi-
nazione dello stato di moto (velocità, accelerazioni) delle varie parti di un
meccanismo articolato è possibile, a volte in modo abbastanza semplice, in
forma analitica; alcune volte è più opportuno eseguire un calcolo numerico
258 259

~ sato su una costruzione grafica. in base alla (L22):


Nel seguito di questo capitolo verranno illustrati alcuni tipi principali vB =w1A (B-A)
di meccanismi che, di volta in volta, ricadranno in una delle categorie prima
elencate. Indicando ora con w3 la velocità angolare della biella si può scrivere,
sempre in base alla (1.22):

(2.152)
7.2 - Procedimento generale per il calcolo cinematico dei meccani-
smi articolati per cui, tenendo conto che il vettore w 3 /\ (E- B) è un vettore perpendicolare
ad EB, si può effettuare la costruzione vettoriale indicata nella Fig. 191a dalla
Per la risoluzione dei problemi di cinematica relativi ai meccanismi ar- quale si ricavano Ve e w3 1\ (E- B). Poichè la velocità di E è data anche da:
ticolati, occorre utilizzare le relazioni tra velocità e accelerazioni ricavate nei
paragrafi 1.4, 1.5 e 1.7 del primo volume. Tali relazioni dovranno essere ap-
plicate ai vari elementi rigidi che costituiscono il meccanismo articolato.
è possibile ricavare w2 e w3 che, in modulo, valgono: lw 2 1 = !Ve l/ ED; lw 1 =
3
E IWsi\(E-B)IJEB.
biella
La determinazione delle velocità dei vari elementi del meccanismo può
anche essere effettuata determinando il centro di istantanea rotazione C della
biella.
bilanciere Tenuto conto infatti che la velocità dei punti di un corpo rigido è pro-
porzionale alla loro distanza dal centro di istantanea rotazione ed è perpendi-
D colare alla congiungente col centro di istantanea rotazione (1.24), risulta che,
essendo Vs e VE perpendicolari ad AB ed ED, il centro di istantanea rotazione
C della biella è dato dall'intersezione delle rette prolungamento di AB ed ED.
Fig. 190 - Quadrilatero articolato A questo punto si può scrivere (Fig. 19la):

Quale esempio di applicazione si consideri il caso del quadrilatero artico-


lato (Fig. 190), che costituisce un meccanismo in grado di trasformare un moto
w3 = =i'BC
Vs l = tga = =Iiiel
EC
rotatorio continuo in un moto rotatorio alternativo. In questo meccanismo la per cui:
manovella AB ruota attorno alla cerniera fissa·-A, mentre il bilanciere ED,
~ssendo più lungo della manovella, compie una oscillazione ruotando attorno - - EC-
IVel = ECtga = BCIVsl
alla cerniera fissa D.
Si supponga ora di conoscere la velocità angolare w 1 della manovella e Con un procedimento simile a quello ora impiegato per le velocità si
di voler determinare la velocità angolare w 2 del bilanciere. possono ricavare le accelerazioni dei vari elementi costituenti il meccanismo.
Per prima cosa dovrà essere determinata la velocità Ve dell'estremo del Supponendo che la velocità w1 della manovella sia nota e costante, la
accelerazione éi8 risulta, in base alla (1.26):
bilanciere. Questa velocità non è nota, ma è nota la direzione del vettore
velocità (perpendicolare ad ED, essendo il moto del bilanciere una rotazione (2.153)
attorno a D). La velocità Vs dell'estremo della manovella AB è nota e vale,
260 261

a) L'accelerazione del punto E, in quanto facente parte della biella è, in


base alla (1.23):

(2.154) -
as =as
- +. dt
dWa 1\ (E - B) - w 32 (E - B) =as
- + wa ra + w 3 EB-
. EB- 2
na

Considerando invece il punto E facente parte del bilanciere si ottiene,


essendo D un punto fisso:

(2.155)

Uguagliando i secondi membri delle (2.154) e (2.155) si ottiene:

Mediante questa equa- F


zione vettori aie è p ossi bile ef-
fettuare la costruzione della
Fig. 191b, che consente di ri-
cavare gli elementi incogniti,
ossia le accelerazioni ango-
lari w2 e w3 • Un a volta note
queste due accelerazioni an-
golari, possono essere calco-
late le accelerazioni di tutti i
punti del meccanismo.
n procedimento ora vi-
sto può essere utilizzato per
tutti i meccanismi articolati
in cui il moto relativo fra
le varie parti è costituito da
Fig. 192- Quadrilatero articolato con asta tra-
una rotazione. Si consideri slante
ora il meccanismo, derivato
dal quadrila.tero articolato, in cui la biella scorre entro una guida (Fig. 192).
la quale porta una cerniera cui è Yincolata l'asta CF che, inoltre, è obbligata
a scorrere verticalmente entro una guida fissa. Supponendo nota la velocità
angolare w 1 (costante) della manovella, si vuole determinare velocità e acce-
Fig. 191 - Determinazione di velocità e accelerazioni in un quadrilatero articolato lerazione dell'asta CF.
262
263

Ripetendo il procedimento prima visto per il quadrilatero articolato


(Fig. 191), si può determinare la velocità angolare w3 della biella BE, per
cui la velocità del punto G, pensato come parte della biella, è: a)
F

Essendo inoltre nota, sempre in base al procedimento visto precedente-


mente, l' accelerazione angolare w3 , si può ricavare anche l'accelerazione del
punto G della biella:

(2.156) -
aa = aB dw3 A ( G- B) -
- + dt w32(G - B)

ll punto G, pensato come appartenente all'asta CF, ha un moto di tra-


slazione in direzione verticale con velocità Va. Questa velocità può, tuttavia,
D
essere considerata come la somma di una velocità di G relativa alla biella
(diretta secondo ii3 , Fig. 193 a), più una velocità di trascinamento, ossia
la velocità del punto G considerato come appartenente alla biella, secondo b)
quanto visto nel paragrafo 1.4 del primo volume. È allora possibile, come
indicato nella costruzione vettoriale della Fig. 193 a, ricavare la velocità Va,
nonchè la velocità Va(r) dell'asta relativa alla biella.
Anche per le accelerazioni si ha che l'accelerazione assoluta iia dell'asta
è diretta verticalmente, e che può essere espressa, come stabilito dalla (1.18),

dove:

cf; l è l 'accelerazione di G relativa alla biella ed è diretta secondo la


direzione della biella (ii3 ); èf.,t) è l'accelerazione di trascinamento, ossia
l'accelerazione del punto G considerato come parte della biella (2.156);
=
èi.),c) 2w3 A Va(r) è l'accelerazione di Coriolis ed è nota, poichè sono già
state calcolate w3 e vJrl; in particolare, essendo w3 e Va(r) due vettori
tra loro perpendicolari, essa vale in modulo 2w 3 Va(r) ed è diretta secondo
-f3.
Note tutte queste grandezze può essere effettuata la costruzione vetto-
Fig. 193- Determinazione della velocità e della accelerazione nell'asta traslante ver-
riale della Fig. 193 b ricavando l'accelerazione aa dell'asta. ticalmente
264 265

n procedimento ora visto per la' risoluzione del calcolo cinematico dei e pertanto lo spostamento 6 del piede di biella stesso misurato a partire dal
meccanismi articolati si basa su un calcolo vettoriale. È possibile, tuttavia, punto morto superiore e corrispondente ad una rotazione generica ~ della
effettuare anche un calcolo analitico esprimendo le equazioni vettoriali come manovella vale:
insiemi di equazioni scalari, oppure scrivendo le relazioni geometriche esistenti
nel meccanismo. In molti casi ciò porta a ricavare espressioni complesse, ma in . 6 = (OB)o- OB = r(1- cost?) + l(V1- >. 2 sin 2 t? -1)
alcuni casi si hanno soluzioni relativamente semplici, come per i casi riportati
nei successivi paragrafi.

7.3- Manovellismo

n manovellismo (o meccanismo a biella e manovella) costituisce il mezzo


più comune per trasformare un moto rotatorio continuo in un moto rettilineo
alternativo (Fig. 194).
Si consideri la Fig.194 e si indichino con 7' e /le lunghezze rispettivamente
della manovella e della biella; siano inoltre t? e <p gli angoli formati dalla Fig. 194- Schema di un manovellismo
manovella e dalla biella con l'asse orizzontale. n valore della distanza OB,
quando il manovellismo è in una generica posizione rappresentata dall'angolo
Come si può notare, se il rapporto >. = r/l assume un valore molto
t?, sarà di conseguenza fornito dalla:
piccolo, il moto del piede di biella diventa praticamente un moto armonico;
(2.157) OB = r cos t?+ l cos t.p =
in tal caso si avrà infatti: 6 r( l - cos t?). Nella grande maggioranza dei casi
però, >., pur non essendo mai piccolissimo, assume valori notevolmente minori
di uno per cui si può con buona approssimazione porre:
Esistendo inoltre l 'ulteriore condizione geometrica : r sin t? = l sin <p, si è
in grado di esprimere il valore di <p in funzione di ~ ricordando che:

(2.158) e di conseguenza ricavare per la distanza OB l'espressione:

Indicando allora con >. il rapporto 1·/l si ottiene dalle (2.157) e (2.158): (2.159)

Per ricavare i vàlori della velocità Vs e dell'accelerazione a8 del piede


di biella in funzione degli angoli di rotazione t? della manovella basterà ora
derivare la (2.159) rispetto al tempo, ottenendo così:
È ora facile osservare che se t? = O, ossia se il piede di biella B si trova
nella posizione normalmente indicata come punto morto superiore, la distanza
Vs = -rw (sin t?+~ sin 21?)
OB vale:

(OB)o = 7' (1 + ±) { aB= -rw 2 (cost? + >. cos2t?)- r ~ (sin t?+~ sin 21?)
266 267

dove con w si è indicato il valore della velocità angolare d19 f dt della manovella. quali è riportato in Fig. 196 lo schema fondamentale.
TI manovellismo semplice ora descritto, oltre ad essere applicato nella In tale meccanismo, denominato anche guida di Fairbairn, il punto I<,
grande maggioranza dei motori alternativi, costituisce anche un elemento ci- estremo della manovella J I<, descrive una circonferenza r, mentre la guida I L
nematico dal quale possono essere derivati numerosi meccanismi utilizzati nei oscilla tra le due posi~ioni estreme individuate dalle direzioni I M e I N.
più svariati campi della tecnica. Basterà qui ricordare come esempio l'ap-
plicazione del manovellismo nella pompa a pistoni a cilindrata variabile il L
cui schema è riportato in Fig. 195. In essa la rotazione della manovella M N, ...--------........
,/r- ""'
K
l
'
\

Fig. 196- Meccanismo a glifo oscillante


Fig. 195 - Schema di comando di una pompa volumetrica a cilindrata variabile
Con riferimento alla Fig. 196, si ha:
quasi sempre a velocità costante, genera il moto alternativo del pistone S, la h r
cui corsa dipende inoltre dalla posizione angolare della. guida R; orientando in 'iT =-.-
sin(7r- (19 + "2 +<p)] sm <p
modi differenti la guida R si è pertanto in grado di variare la cilindrata della
pompa.
da cui, posto>.= rjh, si ottiene in definitiva:
). cos 19
(2.160) t g<p = l + >. sin IJ
7.4 - Meccanismi a rapido ritorno
relazione questa che fornisce i valori degli angoli di rotazione <p del glifo in
In numerose applicazioni meccaniche, quali ad esempio quelle inerenti funzione di quelli 19 della manovella.
le macchine utensili dotate di moto alternativo, è importante far si che che Per determinare il valore della velocità angolare t{; del glifo oscillante è
la corsa di lavoro, ossia la corsa durante la. quale la macchina fornisce lavoro, ora sufficiente derivare la (2.160) rispetto al tempo ed ottenere, dopo alcune
avvenga più lentamente della corsa di ritorno, durante la quale la macchina. semplificazioni:
deve solo vincere gli attriti e le resistenze al moto. Per ottenere questo scopo
in modo puramente meccanico si ricorre ai !!_1~c_cq_n~s!21}_!1 glifo o~illante, dei . >.(>. + sin 19)
(2.161) <p=- w
l+ >. 2 + 2>.sin IJ
269
268

dove w ·rappresenta al solito la velocità angolare dt?fdt della manovella. Di conseguenza, al crescere di À ~ di~inuisce e r aumenta, e pertanto,
utilizzando lo stesso meccanismo ed operando sul valore del rapporto rjh, si
Ed analogamente per ricavare il valore dell'accelerazione angolare del
è in grado di modificare il valore del rapporto dei tempi r.
glifo ad un istante generico corrispondente ad una rotazione t? della manovella,
sarà sufficiente derivare ulteriormente la (2.161) rispetto al tempo, ottenendo Oltre che quale elemento fondamentale di numerosi meccanismi a rapido
ritorno, il meccanismo a glifo oscillante è impiegato anche in meccanismi più
di conseguenza:
complessi, quale ad esempio quello di comando di una sega per il taglio di barre
.. À(À 2 -l)cost? metalliche illustrato nella Fig. 197 e nel quale l'albero motore B comanda la
(2.162) cp= w2
(l+ 2À sin t?+ À2)2 sega solidale ad H mediante un sistema costituito da due glifi oscillanti.

Esaminando ora la Fig. 196 si può osservare che se, come normalmente
avviene, la velocità angolare w della manovella è costante, il rapporto r fra il 7.5 - Meccanismi di amplificazione degli sforzi
tempo t 1 della corsa di lavoro ed il tempo tr della corsa di ritorno vale:

tl 271'-~ Numerosi meccanismi sono utilizzati nella pratica per realizzare una
r=-=--
tr ~ amplificazione degli sforzi, ossia per ottenere, con l'applicazione di una piccola
forza, lo spostamento di un carico di notevole entità.
dove il valore di ~ è fornito dalla:

cos:.=!:.=À
2 h

Fig. 198 -: Meccanismo di amplificazione degli sforzi

Un esempio degli svariati tipi di meccanismi che realizzano tali amplifi-


cazioni è riportato nella Fig. 198. In esso l 'intensità della forza S che assicura
l'equilibrio dell'asta UV è, con buona approssimazione, pari a:

S =2Rtg~
Fig. 197- Schema di meccanismo usato nel comando di una sega pe,r il taglio di barre
metalliche e pertanto, essendo ~ piccolo, sia lo sforzo S, sia ovviamente la coppia motrice
271
2i0

M da applicare alla manovella TU sono piccoli.


Considerando inoltre i triangoli rettangoli LOR ed ORP si ha:

7.6 - Meccanismi che generano leggi del moto particolari


e quindi:
In talune applicazioni meccaniche è necessario realizzare meccanismi
in cui un punto di uno degli elementi del sistema si muove secondo una legge
prefissata, quali ad esempio i meccanismi utilizzati per generare moti rettilinei v\
o moti ellittici.
I meccanismi più comunemente usati per generare un moto rettilineo
i
sono il meccanismo di Scott-Russell ed il meccanismo di Peaucellier. l

vi
i
l
>-l:
'P'
-Il-- --
i
i
Fig. 200 - Meccanismo di Peaucellier

Essendo d'altra parte:


Fig.199- Meccanismo di Scott-Russell
LR + N R = LP = LP'/ cos "i

n meccanismo di Scott-Russell, illustrato nella Fig. 199, altro non è


che un manovellismo in cui la biella LK è prolungata di una distanza LN = si ha in definitiva:
__!ry -2
LI:( ed in cui anche la manovella LM ha lunghezza pari a LI<. Con questa - LO--No.
LP'=--==-
disposizione, al ruotare della manovella LM il punto N si muove lungo una 2LM
retta verticale v passante per M realizzando così la condizione voluta. e ciò significa che la posizione di P', proiezione di P sul prolungamento di LM
n meccanismo di Peaucellier è invece indicato nella Fig. 200. In esso è indipendente dall'angolo "i e quindi che il punto P si muove lungo la retta v
le cerniere L e M sono fisse e le lunghezze delle varie aste soddisfano alle normale al segmento LM.
condizioni:LM = MN,LO = LQ, NO= OP = PQ = NQ, in modo da far I due meccanismi ora esaminati sono dunque atti a generare il moto
muovere il punto P lungo una retta v perpendicolare ad LM. Infatti, essendo esattamente rettilineo di un dato punto. Oltre ad essi esistono però mecca-
LA1 = MN, si ha: nismi in grado di generare un moto approssimativamente rettilineo. quale ad
esempio il meccanismo di Watt indicato schematicamente nella Fig. 201. In
LN = 2LMcos"( esso, a condizione che le lunghezze delle due aste M N e RS siano uguali tra
272
273

loro, il punto p (posto a metà. dell'asta RN) si muove lungo la traiettoria che rappresenta per l'appunto l'equazione di un'ellisse.
indicata con la linea tratteggiata, traiettoria che risulta essere per un certo
tratto quasi esattamente rettilinea. x

\
\
\
l
l .,....,.,...,......---
l /
/ y
l
..L._.
\ J
'\
"........... ..... __ __ __ _, / /
/

M
IN
l
l Fig. 202 - Meccanismo per la generazione di un moto ellittico
l
\
\
Una categoria di meccanismi diversa dai precedenti è costituita dai pan-
Fig. 201 - Meccanismo di Watt per la generazione approssimata di un moto rettilineo tografi, i quali debbono amplificare o .ridurre con un rapporto costante una
curva assegnata. I pantografi (Fig. 203), pur potendo essere realizzati se-
Oltre ai meccanismi generatori di moti rettilinei, si sono realizzati mec- guendo schemi cinematici differenti, presenatno sempre una caratteristica co-
canismi in grado di generare moti di altro tipo (ad esempio ellittico), od anche mune, e cioè quella di possedere, quale elemento fondamentale, un parallelo-
meccanismi per i quali la traiettoria di un loro punto deve necessariamente grammo articolato. Se allora si indica con I il punto che percorre una curva
passare per alcuni punti ben definiti (meccanismi con punti di precisione). assegnata, il punto J descriverà una curva simile alla precedente, ma in una
Un esempio di meccanismo atto a generare un moto ellittico è illustrato nella scala diversa. Si consideri infa.tti ad esempio lo schema di pantografo illustrato
Fig. 202. Esso è costituito da una manovella OR che ruota attorno al pun~o nella Fig. 203-a; dalla similitudine dei trangoli J N I e J MO si ottiene:
fisso O e da un'asta MP incernierata in R alla manovella OR e collegata m
M e N' a due pattini che scorrono entro due guide tra loro perpendicolari. e quindi: IN=JNOM
Assumendo un sistema di riferimento cartesiano con origine nel pun~o O, si JM
possono esprimere le coordinate x ed y del punto P mediante le:

x = M P cos {); y = N P sin{) Poichè J N, J M e OM sono tutti segmenti di lunghezza costante, anche
la posizione del punto I relativamente al segmento RN si mantiene costante e
Da queste si ottiene: quindi anche il rapporto OJ /OI si mantiene costante. Ciò significa in definitiva
che se il punto I del meccanismo segue una curva assegnata, il punto J genera
una curva simile a questa, ma alterata nelle dimensioni nel rapporto costante
OJ /OI.
274 2=75

a) gli arpionismi;
b) gli ingranaggi parziali;
/
/ c) le camme, già ampiamente trattate nel capitolo precedente e delle quali si
R /
/
proporrà nel seguito una ulteriore applicazione;
/
I /
a)
/
/
s bi d) la croce di Malta,.che v~rrà esaminata nel successivo paragrafo.
/
/ / R
/ Gli arpionismi altro non sono che ruote dentate nelle quali i denti si
/ /
/ / presentano dotati di forme particolari, forme atte ad impegnarsi con un op-
/
N M //

__
portuno braccio sagomato così come è schematicamente illustrato nella Fig.
l ~/~------~N~----~ M 204. In base alla forma dei denti ivi rappresentati, il braccio B è in grado di
l ,..,__ _,..,.,,] provocare unicamente uno spostamento della ruota in verso orario, in quanto
s per versi antiorari il braccio stesso scorre lungo i denti mantenendone inalte-
l /
/

\ rata la posizione. TI movimento rotatorio continuo della manovella M viene


/
\ / così trasformato in un movimento rotatorio intermittente della ruota denta-
s N ta R.
R / o
/
C) /
/
/
/
I M
N I

Fig. 203 - Schemi di pantografi

7. 7 - Meccanismi che trasformano un moto continuo in un moto


intermittente
Fig. 204 - Schema di arpionismo
In molte applicazioni meccaniche, quali ad esempio quelle relative a tutte
le macchine utensili automatiche o semiautomatiche in cui un ben..determinato
L'ampiezza dell'angolo descritto in ogni fase di avanzamento dalla ruota
ciclo di lavoro deve essere ripetuto periodicamente nel tempo, è necessario che
dentata R dipende ovviamente dall'ampiezza dell'angolo descritto dal bilan-
il moto di un certo elemento avvenga secondo una legge assegnata ad intervalli
ciere E, e la frequenza con la quale si susseguono le rotazioni di R è natural-
di tempo ben definiti. Se la potenza meccanica viene fornita utilizzando un
mente pari a wj2Tr, se con w si indica la velocità angolare della manovella.
albero ruotante attorno al proprio asse, è indispensabile possedere meccanismi
che trasformino un moto continuo in un moto intermittente. Una particolare categoria di arpionismi è quella rappresentata dagli
scappamenti, dei quali se ne riporta un esempio nella Fig. 205. In questo
Nella grande maggioranza delle realizzazioni costruttive i moti intermit-
meccanismo,
.
detto scappamento di Graham e normalmente usato neo-li o
oro-
tenti con generazione puramente meccanica vengono ottenuti con l'ausilio di
log1, la ruota dentata E è sottosposta all'azione di una molla che tende a farla
quattro differenti tipi di meccanismi e precisamente mediante:
276 277

ruotare in verso orario, azionando così l'ancora A solidale al pendolo P. ll pen- 7.8 - Meccanismi a croce di Malta esterna
dolo compie così una mezza oscillazione attorno al fulcro F finchè l'estremo
sinistro dell'ancora non si impegna tra due denti della ruota E bloccandone il I meccanismi a croce di Malta formano una delle più antiche categorie
moto. A questo punto il pendolo compie una oscillazione in senso inverso ed di organi meccanici atti a trasformare un moto continuo in un movimento
il moto continua fino a quando la molla di comando della ruota E è in grado intermittente e devono il loro nome al fatto che i primi meccanismi di questo
di fornire una coppia sufficiente a far avanzare il meccanismo. tipo erano costituiti da una croce dotata di quattro scanalature, il cui aspetto
molto rassomigliava all'insegna dei Cavalieri dell'Ordine di Malta (*).

Fig. 205 - Scappamento di Graham. A: ancora; E: ruota dentata; F: fulcro; P:


pendolo
Fig. 206 - Meccanismo a croce di Malta esterna
Gli ingranaggi parziali sono invece costituiti da normali ruote dentate
che presentano però un numero limitato di denti lungo la loro periferia; in tal
I meccanismi a croce di Malta possono essere suddivisi in tre tipi fon-
caso la trasmissione del moto tra la ruota motrice e quella condotta avviene
damentali: meccanismi a croce di Malta esterna, a croce di Malta interna e
unicamente quando i denti delle due ruote entrano in presa, mentre durante la
a croce di Malta sferica. Tra questi il più comune è senza dubbio il mecca-
rimanente rotazione della ruota motrice la ruota condotta. mantiene inalterata
nismo a croce di Malta esterna, qui rappresentato nella Fig. 206, in cuf la
la sua posizione.
ruota motrice A porta un perno P che, per effetto della rotazione della ruota
Di tutti i meccanismi ad ingranaggi parziali però, quelli di gran lunga motrice, va successivamente ad impegnarsi nelle varie scanalature della croce
più utilizzati sono i meccanismi a croce di Malta esterna e ad essi si ritiene di Malta M, provocando così il movimento intermittente dell'albero condotto
pertanto necessario dedicare l'intero paragrafo successivo. ad essa solidale; in tal modo, ad ogni giro della ruota motrice A corrisponderà

(*) I meccanismi a croce di Malta sono normalmente indicati come Geneva Mechanisms nella
letteratura anglosassone e questa loro nomenclatura risulta giustificata dal fatto che essi furono
effettivamente utilizzati per la prima volta dagli orologiai svizzeri verso la fine del XV secolo.

lO. JASAZIO-PIOMBO • La trasmissione del moto


278 279

una rotazione della croce di Malta M pari ad una frazione N-esima di giro, Come si ,è già avuto modo di osservare, il rapporto ~;e è pari a:
se con N si indica il numero totale delle scanalature in essa presenti. Se la ·
ruota A portasse due perni tra loro diametralmente opposti, è ovvio che la
_! _ 1rjN __ 2_
croce di Malta subirebbe avanzamenti di intensità ancora pari a l/N giri, ma
e- 1rj2- 1rj N - N- 2
questi si verificherebbero con una frequenza doppia di quella relativa al caso
precedente.
Per evitare che durante tutto l'intervallo di tempo per cui il perno P per cui, se l'albero motore ruota ad una velocità angolare costante e pari ad
non è impegnato in una fenditura della croce di Malta questa si ponga in w, il tempo T impiegato dalla croce di Malta per passare da una posizione
movimento a causa di coppie o forze eventualmente agenti su di essa, si dota generica a quella ad essa successiva è dato da:
. la ruota motrice di una superficie cilindrica esterna che va a contatto con
una corrispondente superficie cilindrica interna ricavata sulla croce di Malta
stessa; un risultato analogo può ovviamente essere ottenuto facendo si che,
T= _2e = 2e ~ = ....;7r(,__N_-_2:..t..)
w ~w wN
durante lo stesso intervallo di tempo, un perno solidale alla croce di Malta si
impegni in una scanalatura circonferenziale parziale della ruota motrice.
Se si vogliono ora ricavare le proprietà cinematiche del meccanismo a
Al fine di ricavare le relazioni geometriche caratteristiche dell'accoppia-
croce di Malta esterna è sufficiente osservare che, per tutto l'intervallo di
mento si consideri ora il meccanismo a croce di Malta esterna rappresentato
tempo in cui il perno P si muove entro una delle scanalature, il meccani-
nella Fig. 206; è ovvio che per esso il valore dell 'interasse i ·è fornito dalla:
smo si comporta essenzialmente come una guida di Fairbairn e che si possono
pertanto utilizzare i risultati già ottenuti nel § 7.4 del presente capitolo. In-
. r2 r1
z-~----
- cos~- cose dicando allora con 'IJ e con cp gli angoli formati ad un istante generico dai
raggi PO e PO' con la congiungente i centri O ed O' (Fig. 207) si potrà allora
ed è altrettanto evidente sia che l'angolo ~ è inversamente proporzionale al
numero N delle fenditure presenti nella croce di Malta, sia che, per evitare
_, di urti quando avviene l'imbocco del perno nella fenditura, l'an-
l'insorgere
golo OPO deve essere retto e che in definitiva dovranno risultare verificate le
condizioni:

Fra i raggi r1 ed r2 dovrà pertanto sussistere la relazione:

l
l
.l
La profondità radiale minima di una scanalatura dovrà a sua volta essere Fig. 207- Guida di Fairbairn equivalente al meccanismo a croce di Malta
pari a:

l= 7'1 +?'o - i = ?'o [l + _si_n_,_(71"~/_A-"r)_-.,-1] usufruire delle (2.160), (2.161) e (2.162) ponendo però attenzione al fatto che
- - cos(1rjN) l'angolo 1J che in esse compare è misurato a partire da una posizione sfasata

~LE.. -.& .. t Z3 " %A J t dA $._Wl


280 281

di 90° rispetto a quella della Fig. 207, per cui si avrà in definitiva:

- -""' - -""'
Àsin t'l
tg so = 1.- À cos t'l
xl
:~""'3
o
O>
M
~
o
M
N'
O>
M
00
N
O>
o
o
o
r-
o
O>
~
~

o
~
<O
""' ""'
o o o
00
O>
M
C()

M
O>
o
M
o
00
r-
N
o
M
~
N
ò
N
M
N
o
-o
L<':'
N
o
o
N
o
so-- l-À(cost'J-
. À) N
(2.163) w
2À cos t?+ À2

'P= òo
- - --
~ M ~ ~
- - ..... <o <o <o
N LQ ~ M t- t- <o Ò>

- - - - - --- --
~ ~ ~ ~ M N o N N ~ ~

s. o
r-
o
LC
o o o
00
""'
o o
LC
o
"M...... o
N
o o o
o
o Q
O>
o
O>
""' <O O> C()
N N N
dove À è ora dato da:

À = rdi =cose= sin <l>= sin·;

- - -""" ""'""'
òo ~ LQ ~ òo <o ò N o
M N ò ~ òo òM

-- -
N M ~ M M N N M M N L":)
E o
Analizzando le (2.163) si osserva che l'accelerazione ip della croce di e;:, o o o """
o o o o o o o o o o o
""' r- N
N
r- LC
M
C() <O C() o N
~
L':>
N ""=' '<l'
""'
M L":) LC
Malta è nulla per t'J =O e che di conseguenza la sua massima velocità angolare L':>

è data da:
. Àw
IPmax = l- A
Annullando poi la derivata rispetto al tempo della terza delle (2.163),
si ricava il valore dell'angolo di rotazione t? m in corrispondenza del quale l 'ac-
·s.01"'3
LC
N
r- o
...:
o
o

-
r- r-
N r-
r- L":)
o o
.....
C()

"""
o
-
""' ""'
""'o o
<O
M
'-"='
N
""='
o
"""
O>
N
o
C()
<O
N
o
<O

"""
N
o
C()
N
N
o
M
.....
C'l
ò --
O>
O>

o
r-
cc r-
c
<O
......
o

celerazione ip presenta un massimo; tale angolo soddisfa alla condizione:


C() r- LC o <O o o r- C'l O> LC <O M C'l L~

-o
·s.~l
L~ o o C'l C> ...... OC> <C
N
o
<O C'l
""" ""' """ C'l
3 ""'<D N""' ""'..... - t-
ò
<O
ò
L~

ò """o ""='
o
M
o
M
o
C'l
o
C'l
o
C'l
o
N
~
C'l
o

Le relazioni geometriche e cinematiche espresse dalle (2.163) sono ri-


portate nei grafici delle Figg. 208, 209 e 210 mentre la Tab. III riassume le
principali caratteristiche dei meccanismi a croce di Malta. In essa sono ri- M ò N - - ..... LQ
..... ~ oo
portati il numero N delle fenditure della croce di Malta, la massima velocità
angolare tl;max della croce di Malta, i semiangoli di lavoro e e <1>, l'accelerazione
te<
o
o
<O
o
L':>

"""
o
<O
M
o
o
M """
o
L~
C'l
M
o
C'l
C'l
o
o
C'l
--- - - - - -
o
OC>
C'l
o
<C
o
L~
L':>
o
M
L~
o
C'l
o
C'l o o
o

angolare 'Po relativa all'istante in cui il perno della ruota motrice entra nella
fenditura della croce di Malta, la massima accelerazione angolare s'max~ed i
valori degli angoli t?m e lOm in corrispondenza dei quali essa si verifica.
Da un attento esame dei grafici ad esse relativi, ed in particolare della
CD
•O
o
M
o
L":)

""'
o
'<l'
LC
o
o
<O -
t- òM
o
"""
<O
o
r-
<O
o
o
r-
o
C'l
r-
òo
M
o
M
r-
o
L":)
r-
Ò> Ò>
o
o
<O r-
r- r-
o
o
Q
00 o
r- 00
r- r-
o
LQ L.-:>
'<l' C'l
C>
o
C()
o

Fig. 210, si rileva come le croci di Malta con poche scanalature siano molto

- - ..... ..... -""" - -


sfavorevoli dal punto di vista dinamico, in quanto originano forti accelerazioni r-
r- o M <O
e di conseguenza elevate azioni di inerzia. Risulta pertanto consigliabile li- ~
M
""' LC <O OC> O> C'l L':>
...... -
00

mitarne l'applicazione ad organi accoppiati a motori dotati di modesti valori


della velocità angolare w.
282 283
70
tp(o)
29.10
60 ,..- /4" ' \
\
50 2 \
\ 6
l
\

4o
l
Il
4 v-
\
,
....
5 :-\\
3o l l
/
y - ', ", 4 l \1
2o
l v/~/~~
/
\'\ 8 3 \
1'0.~/~~
l ~v::.--::::~ 1215
~

2
r ~~ \

·r~~~- ~
18 ~

o
l /_
6
- <.._8 10 12
v / 1 s /18
....:::

~~
~
O W ~ ~ ~ ~ 00 M ~
~(o)

Fig. 208- Angolo di rotazione r.p della croce di Malta in funzione dell'angolo di rota- o
o 10 20 30 40 50 60 70 80
zione .,J della ruota motrice ~(O)

3.5 Fig. 210- Accelerazione angolare della croce di Malta in funzione dell'angolo di ro-
q,
w N =~-~6 tazione .,J della ruota motrice

3.0

2.5
\ Se si vuole ricavare il valore della forza scambiata fra il perno della
ruota motrice e la scanalatu~a della croce di Malta, è necessario innanzi tutto
osservare che questa varia in modo continuativo durante tutto l'arco di lavoro;

2.0 '\ \
si considerino allora la ruota motrice A e la croce di Malta M ad un istante
generico (Fig. 211) compreso nella fase di accesso: la coppia resistente Gr e
la coppia di inerzia C; sono equilibrate, in assenza di attrito, da una forza F
1.
\ avente direzione perpendicolare alla fenditura e modulo pari a:

~ = Gr + C; = (Gr + C;) sin r.p


5"
F
1.o
-~~
r+-
~
6
b r1 sin ?J
Per calcolare il valore della coppia motrice basta ora osservare che la
forza F è a sua volta scomponibile in una Fn diretta secondo il raggio PO ed
o.5=10
12
-15
18
- ~~ in una ft a questa ortogonale. La coppia motrice Cm varrà pertanto:

'\...
o
o 10 20 30 40" 50 60 70
~(o)
80

Fig. 209- Velocità angolare della croce di Malta in funzione dell'angolo di rotazione
.,J della ruota motrice
284 285

n valore della coppia motrice può tuttavia essere calcolato usufruendo


40
semplicemente dell'equazione di equilibrio istantaneo tra le potenze entranti
ed uscenti dal meccanismo. Si avrà infatti (sempre nell'ipotesi di attrito tra-
scurabile): L--- r---
-
v
30
Cmw =(Gr+ C;)<P
e, indicando con I il momento di inerzia di tutti gli organi ruotanti con la
croce di Malta, si otterrà in definitiva: 2o
/

o
l
o
l
o 5 10 15 20 N 25

Fig. 21? - Angolo di rotazione della ruota motrice corrispondente al massimo valore
di <P<P/w 3

1.5

o
1.

\--~
Fig. 211 - Forze scambiate tra ruota motrice A e croce di Malta M

Come si è già avuto modo di osservare (si veda a questo proposito la o.5
seconda delle (2.163)) la quantità <P/w presenta un massimo, di intensità >./(1-
=
>.), in corrispondenza di t'J O, mentre il massimo valore di <P<Pfw3 si verifica 1'---.
ad un angolo t'J* crescente al crescere del numero di fenditure N della croce di o N
o 5 10 15 20 25
Malta, così come è illustrato dal grafico della Fig. 212. Tale valore massimo
risulta inoltre inversamente proporzionale al numero di fenditure N ed assume Fig. 213- Massimo valore di <P<Pfw 3 per un meccanismo a croce di Malta esterna
valori rapidamente crescenti per valori di N decrescenti ed inferiori a 7, così
come è mostrato dalla Fig. 213.
286
287

7.9 - Meccanismi a croce di Malta interna, sferica e rettilinea Durata di un~ rotazione della croce di Malta: T= 1r(~; 2)
L'angolo r.p di rotazione della croce di Malta è ora dato da:
I meccanismi a croce di Malta interna (Fig. 214) presentano un funzio-
namento del tutto simile a quelli a croce di Malta esterna; l'unica differenza r1 sin {}
consiste nel fatto che, nel caso di croce interna, l'angolo descritto dalla ruota
tgr.p= .
i + r 1 cos {}
= l +À sin {}
Àcos {}
motrice durante la fase corrispondente alla presenza del perno P all'interno
di una delle scanalature è maggiore di 180°. dove:
À =rdi
e di conseguenza la velocità e l'accelerazione angolare della croce di Malta
valgono rispettivamente:·
. .>.(>. + cos {})
r.p= (1+2Àcos{J+.>. 2 t
(2.164)
{ .. À(l - .>. 2 ) sin{}
r.p =-(l+ 2Àcos{J + >. 2 ) 2 w
2

La massima velocità angolare si verifica al solito per {} = O ed il suo


valore è dato da:
(<p') max >.w
= l+ À

La massima accelerazione angolare invece, contrariamente a quanto av-


viene nei meccanismi a croce di Malta esterna, si manifesta proprio nell'istante
corrispondente all'imbocco del perno nella fenditura (ossia per{}= e) e vale:

Fig. 214- Schema di meccanismo a croce di Malta interna

Procedendo in modo identico a quello esposto nel caso di croce di Malta I meccanismi a croce di Malta sferica sono utilizzati per trasmettere il
esterna, si ricavano per le varie grandezze caratteristiche dell'accoppiamento moto tra assi ortogonali anzichè paralleli (Fig. 215) e funzionano secondo un
le seguenti relazioni. principio del tutto identico a quello delle croci di Malta interne ed esterne
sermango
· r d. 1avoro: <I> = N,
1 1 " e = " (~2 + ..!._)
N
prima esaminate.
I meccanismi a croce di Malta rettilinea costituiscono una realizzazione
Interasse: i=~= 1
'' limite dei meccanismi a croce di Malta esterna quando le dimensioni di que-
sin <I> sin( 7r /N)
st'ultima tendono ad infinito. Essa si presenta quindi come Ùna banda rettili-
Raggio interno ro della croce di Malta: ,.,
- -
= tg(n/N)
r1
nea dotata di scanalature perpendicolari al suo asse di traslazione (Fig. 216)
per cui il suo spostamento x, calcolato a. partire dall'istante in cui il perno P
Pro fon d1't'a ra d'1a1e mnuma
· · d'1 una go l a: l = 1·1 [ l - l +cos(n/N)
. , ]
sm( 7r /.i\) si impegna nella scanalatura, vale:
288 289

mentre la sua velocità è data da: 7.10 - Meccanismi a camme cilindriche per la generazione di un
moto intermittente

I meccanismi a croce di Malta, di costruzione relativamente semplice e


e pertanto, come era facile intuire, il moto realizzato dalla croce di Malta ret- poco costosa, posseggono però sia l'inconveniente di presentare uno striscia-
tilinea altro non è che un moto intermittente con semionde di tipo sinusoidale. mento relativo fra le varie parti che vengono a contatto, sia una limitazione
intrinseca dovuta al fatto di originare una ben determinata legge del moto.

Fig. 215- Meccanismo a croce di Malta sferica

- v

Fig. 216- Meccanismo a croce di Malta rettilinea Fig. 217 - Applicazione di un meccanismo a camma cilindrica per il comando di una
piattaforma rotante. a: piattaforma rotante e piattaforma porta-utensili;
b: flangia di montaggio della piattaforma rotante; c: cuscinetto di supporto
della piattaforma rotante; d: camma cilindrica; e: risalto per il collega-
mento con la ruota porta-rulli; f: foro di passaggio del refrigerante; g:
sezione di un rullo (Ferguson Machine Company, St. Louis, Missouri)
290

Onde superare queste limitazioni, si è fatto ricorso nelle applicazioni 8. FRENI ED ARRESTI
tecniche all'uso di sistemi per la trasformazione di un moto continuo in un
moto intermittente basati sull'accoppiamento di una camma cilindrica ad una
ruota sulla quale sono montati rulli cilindrici a contatto col profilo attivo
della camma stessa. In tal modo, durante la rotazione della camma, i rulli
rotolano senza strisciare lungo il profilo di questa, dando luogo perciò a piccole
azioni dissipative di attrito, ed inoltre, variando il profilo della camma, si
possono realizzare diversi tipi di diagrammi delle accelerazioni, ottenendo di
conseguenza la legge del moto più adatta alla particolare applicazione a cui
tale meccanismo deve essere destinato.
Per effetto delle proprietà ora descritte, questi meccanismi a camme
cilindriche sono ampiamente usati nel campo delle macchine utensili e parti-
colarmente nei comandi delle piattaforme rotanti delle macchine transfer, dei
quali è illustrato nella Fig. 217 un esempio. 8.1 - Definizione e funzione dei freni

Si definiscono comunemente come freni quegli organi meccaniCi la cui


funzione principale consiste nel trasformare l'energia cinetica di un corpo o di
un sistema in calore e nel dissipare poi quest'ultimo nell'ambiente.
I freni possono essere fondamentalmente di tre tipi:
- freni a fluido
- freni ad attrito
- freni elettromagnetici
Questa distinzione si riferisce alla. natura del fenomeno fisico che causa
la trasformazione di energia cinetica in calore e non al tipo di comando del
freno.
Va ora. osservato <;he, qualunque sia. il tipo di freno che si considera, due
sono i-fattori di primaria importanza che stanno alla base del suo dimensiona-
mento, e precisamente: la massima coppia resistente che deve essere realizzata
dal freno e la quantità di calore che questo deve assorbire, e successivamente
dissipare, ad ogni frenatura. Riguardo a quest'ultima caratteristica è bene
rammentare che se al sistema da frenare sono applicate forze o coppie, mo-
trici o resistenti, la quantità di calore sviluppata durante la frenatura dipende
anche dalla loro intensità.
Si consideri ad esempio il sistema illustrato nella Fig. 218: in esso un
peso P è sostenuto da. un cavo che si avvolge su un tamburo di diametro d.
Sapendo che I è il momento di inerzia polare totale delle masse rotanti attorno
292 293

all'asse del tamburo e che il peso P è inizialmente in moto con una velocità di e x= t:.h) si ottiene per la coppia frenante necessaria ad arrestare il peso P
discesa V0 si supponga di voler determinare i valori della coppia frenantt_0, nello spazio t:.h il valore:
supposta costante, da applicare all'asse del tamburo e dell'energia .c1 che deve
essere dissipata dal freno per arrestare la discesa del peso P in uno spazio t:.h.
Scrivendo l'equazione di equilibrio alla rotazione del sistema attorno all'asse
del tamburo:
c,+ 1 dw
dt
_ (p_!:_g dV)~=
dt 2
O n valore dell'energia dissipata dal freno può essere facilmente calcolato
utilizzando il teorema dell'energia cinetica. Poiché il lavoro compiuto da tutte
e tenendo conto che w.= 2V/d, si ottiene: la forze e le coppie agenti sul sistema deve essere uguale alla variazione di ener-
gia cinetiCa dello stesso, e poiché il lavoro delle forze di attrito è evidentemente
dV 2g(CJ - Pd/2) negativo, si ha:
-=- v2 Jw2)
dt d(P + 4gl fd2) P
-.C1 +Pt:.h=- ( - - + -
g 2 2
da cui si ricava in definitiva la relazione:

V
.C 1 =Pl:.h+-
2
2
(p-+-41)
g d2

relazione che fornisce il valore dell'energia dissipata. nel freno in funzione del
peso P e dello spazio di frenatura t:.h.

8.2 - Freni ad attrito

I freni ad attrito costituiscono la principale categoria di freni impiegato


nelle applicazioni meccaniche. Essi sono in grado di applicare una coppia
resistente sia in condizioni dinamiche che in condizioni statiche.
I freni ad attrito sono costituiti da un elemento mobile, normalmente
Fig. 218 - Frenatura di un carico in moto verticale rotante, collegato al sistema eh~ deve essere frenato, sul quale viene applicata
l'azione frenante mediante l'ausilio di opportune superfici di attrito.
Questa equazione differenziale può ora essere riscritta sotto la forma: n materiale di attrito usato nei freni può essere di varia natu:r:a: in tal uni
casi esso è metallico oppure organico, ma in generale è costituito da miscele di
V dV=- 2g(CJ- Pd/2) dx gomma, amianto e resine sintetiche impregnate di asfalto e rinforzate mediante
d( P+ 4gl fd2) fili di rame, denominate commercialmente ferodi.
Con riguardo al modo in cui si realizza l'accoppiamento tra corpo rotante
Integrando quest'ultima equazione tra l'istante iniziale (definito dalle e materiale di attrito, i freni vengono normalmente suddivisi in tre categorie
condizioni V= Vo e x= O) e l'istante finale (definito dalle cqndizioni V= O differenti, e precisamente in:
294 295

a) freni a tamburo (o freni a ceppi); si consideri ad 'esempio un disco rotante premuto contro un disco fisso ad esso
b) freni a disco; coassiale (Fig. 219). Quando il disco è nuovo è ragionevole assumere che la
pressione p si mantenga costante in tutti i punti di contatto tra i due dischi
c) freni a nastro;
(Fig. 219-a); dopo un certo periodQ di funzionamento però, si riscontra che il
mentre se si considera il tipo di comando ad essi applicato si possono distin-
disco costituito da materiale di attrito risulta più sottile in corrispondenza del
guere freni a comando meccanico, idraulico, pneumatico od elettrico.
diametro esterno, così come è indicato nella Fig. 219-b, e questo fenomeno
trova una sua spiegazione introducendo l'ulteriore ipotesi di proporzionalità
tra consumo del materiale d'attrito e lavoro compiuto dalle forze di attrito.
8.3 - Distribuzione delle pressioni in un freno In tal caso infatti, il volume dV di materiale asportato in corrispondenza di
un elemento di area dA in ·un intervallo di tempo dt è esprimibile mediante la:
Come si è detto nel precedente paragrafo, nei freni ad attrito l'azione
frenante è ottenuta grazie alle forze di attrito che si sviluppano nella zona dV= d6 ·dA
di contatto tra due elementi in moto relativo tra loro. Per poter valutare
l'entità della coppia resistente fornita da un certo freno è quindi necessario dove d6 rappresenta lo spessore di mate1:iale asportato nel tempo dt.
conoscere la distribuzione delle pressioni esistenti nelle superfici a contatto n lavoro compiuto nello stesso inter,va1lo .di tempo dalle forze tangenziali
dell'accoppiamento; solo quando è nota. questa distribuzione di pressioni si di contatto dovute all'attrito è dato ·d~~.::.< .
è infatti in grado di risalire alla rela.tiva distribuzione di azioni tangenziali
di attrito ed ottenere di .conseguenza il valore del momento frenante. La
d,C1 = J p dA V dt =' f p w r dA dt
determinazione in via teorica della distribuzione delle pressioni di contatto in
un freno presenta però notevoli difficoltà., e può essere ottenuta solo in prima
approssimazione sulla base di alcune assunzioni ed ipotesi, così come si avrà dove f rappresenta al solito il coefficiente' di' attrito, p la pressione esistente
modo di osservare nel seguito. in un'area infinitesima dA della zona di contatto~ V la velocità relativa tra le
due superfici nel luogo considerato. Ipotizzando ora che dC 1 sia proporzionale
a dV:
a) b) C)
p ~ dc 1 = kdV
si ottiene in definitiva che:

(2.165)

Si può osservare dalla (2.165) che, essendo il coefficiente di attrito f


una quantità pressoché costante per tutti i punti dell'accoppiamento, il con-
sumo unitario d6jdt del materiale di attrito risulta proporzionale alla pressione
p esistente in ciascun punto dell'accoppiamento ed alla distanza r di questo
Fig. 219- Pressioni e consumo in un disco rotante dall'asse di rotazione. Se ora si suppone, in base a quanto précedentemente
esposto, che nella fase iniziale del funzionamento (Fig. 219-a) la pressione p
Volendo determinare in un caso semplice tale distribuzione di pressioni. si mantenga costante, è evidente che il consumo unitario d6fdt varia esclusi-
vamente al variare del raggio r e cresce al crescere di questo. Tale variazione
296 297

di consumo unitario lungo il raggio durante la fase iniziale di funzionamento e di una traslazione in direzione perpendicolare alla congiungente OA, che
conferisce al disco costituito da materiale di attrito l'aspetto della Fig. 219-b, · non influenza quindi il consumo del materiale di attrito) si può in definitiva
e con una tale configurazione della superficie di contatto è logico prevedere che supporre che la pressione in un punto generico P dell'accoppiamento valga
la pressione non si mantenga più costante in tutti i punti, ma che si presenti p = kx, dove x rappresenta la distanza di P dal punto A. Indicando ora
maggiore verso il centro, dove lo spessore del disco è maggiore, e minore verso con b la larghezza dèl pattino, con l la sua lunghezza e con a la distanza del
l'esterno dove lo spessore del disco è minore.
Se poi il moto di accostamento del disco rotante nei confronti del disco
fisso è, per effetto dei vincoli imposti, una traslazione in direzione assiale, è a
altrettanto intuitivo supporre che il successivo consumo del materiale di attrito
avvenga in modo pressoché uniforme in tutti i punti e che di conseguenza il
consumo unitario d6jdt si mantenga. pressoché costante per tutti i punti della
zona di contatto (Fig. 219-c). In base a tale assunzione ed alla (2.165) si h
osserva pertanto che, per istanti successivi a quelli iniziali, la pressione p varia

-
in modo inversamente proporzionale al raggio r: x
k(déjdt) k' j7
p= =-
fwr r

e che quindi essa, a conferma. di quanto in precedenza a.nticipato, risulta tanto


maggiore quanto più ci si avvicina all'asse di rotazione.
Fig. 220 - Distribuzione delle presisoni in un pattino piano premuto contro un nastro
L'ipotesi ora utilizzata di lavoro ,di attrito proporzionale al consumo, che trasla
detta ipotesi di Reye, pur non essendo valida in ogni circostanza, è comun-
que applicabile in prima approssimazione in tutti i casi caratterizzati dalla
presenza di attrito secco tra le superfici che vengono a contatto; proprio tale punto di incernieramento del pattino dall'estremità della superficie frenante
ipotesi, accoppiata all'informazione concernente il tipo di accostamento realiz- (Fig. 220), si è in grado di scrivere l'equazione di equilibrio alla rotazione del
zato fra le superfici di ~ttrito, consente di determinare la distribuzione teorica pattino attorno al punto O sotto la forma:
delle pressioni di contatto e di risalire ovviamente da questa a quella delle a+l ja+l
azioni tangenziali ed in definitiva al valore del momento frenante. C- ja b P x dx + f a b p h dx =O
A titolo di esempio applicativo di tale ipotesi si consideri ora un pattino
e da questa, sostituendo a p la sua espressione in funzione di x si ottiene il
piano premuto contro un nastro che trasla ad una velocità V (Fig. 220) e si
valore della costante k,_ valore dato da: - '
supponga di voler calcolare il valore della forza frenante FT una volta noto il
valore della coppia C applicata al pattino. (2.166) k = 6Cjb
Poichè la velocità relativa tra nastro e pattino è costante in tutti i punti 2[(a + 1) 3 - a3)- 3 f h[( a+ 1)2 - a2)
della zona di contatto, è evidente che, in base alla (2.165), si può supporre che
la pressione sia proporzionale al consumo; essendo poi, come si è già avuto La forza tangenziale FT, che esercita l'azione frenante sul nastro, è ovviamente
data in modulo da:
modo di osservare, il consumo funzione del tipo di accostamento, ed essendo

= f ja a+l b p dx = f b l k .(a + 2'l)


questo una rotazione rigida attorno al punto A (una rotazione attorno al punto
O può infatti essere considerata come somma di una. rotazione attorno ad A FT
299
298

e sostituendo in questa la (2.166) si ottiene l'espressione desiderata della re- distribuzione delle forze elementari normali iF N, la. loro risultante è neces-
sariamente costituita da una forza radiale che non fornisce alcun momento
lazione esistente fra le intensità della coppia C applicata al pattino e della
rispetto al centro del tamburo, e ciò perché ogni singola. [p N possiede dire-
relativa forza FT originata sul nastro. zione radiale. In secondo luogo appare altrettanto evidente che la. risultante
FT di tutte le forze tangenziali elementari dFT è in modulo minore della.
somma. dei ~eduli, ossia. che IFTI < I:ldFTI, e che pertanto essa. dovrà pos-
8.4- Freni a tamburo (od a ceppi) sedere un braccio rispetto ad O maggiore del raggio R del tamburo, in quanto
devono necessariamente essere uguali tra. loro i valori del momento risultante
I freni a ceppi o a tamburo sono costituiti dall'accoppiamento di un rispetto al centro O delle forze tangenziali elementari, a.pplica.te tutte al raggio
cilindro rotante (detto tamburo) e di uno o più ceppi realizzati con materiale R, e del momento rispetto ad O della. loro risultante.
di attrito, che vengono premuti sulla superficie laterale esterna od interna In terzo luogo si constata. che per ogni area. elementare della. superficie
del tamburo stesso in modo da creare così un'azione frenante. Si consideri =
di contatto sussiste la. relazione dFT f dFN, e che perciò la. stessa. relazione
ad esempio il freno a ceppo esterno della Fig. 221: quando all'estremo H deve sussistere tra. le forze risulta:nti; deve cioè essere in definitiva.: FT = f FN.
del ceppo viene applicata una forza S, questo ruota attorno al fulcro E fino a In base a. queste tre semplici considerazioni si può concludere pertanto
portarsi a contatto del tamburo, ed in corrispondenza di ogni area infin~esima che, comunque siano distribuite le pressioni lungo la. superficie di contatto tra.
di contatto sorgono di conseguenza sia una forza elementare normale d F N, sia ceppo e tamburo, la. loro risultante F R deve passare per un punto I< esterno
una forza elementare tangenziale dovuta all'attrito di intensità dFT = fdFN, al tamburo e che tale risulta.nte deve essere inclinata. di un angolo 9 = a.rctg f
forza che si oppone al moto relativo tra ceppo e tamburo. rispetto alla. congiungente J( O. E' chiaro ora che per determinare il valore del
momento frenante realizzato da. un freno a. ceppi occorre in definitiva. conoscere
la posizione del punto J{ di applicazione della. forza. risultante rispetto al centro
di rotazione O del tamburo, e che questa. dipende unicamente dal modo con
cui si distribuiscono le pressioni nella. zona. di contatto tra. ceppo e tamburo.
Per ceppi che ruota.no attorno ad un punto fisso (freni a ceppi ad ac-
costamento rigido) si può però supporre, in prima. approssimazione, che la.
risultante delle forze scambiate fra ceppo e tamburo passi per il punto medi_o
della. loro zona. di contatto (Fig. 222-a.). Questa. approssimazione, utilizzabile
in tutti i casi in cui si voglia. valutare rapidamente la. coppia resistente fornita.
da. un freno, risulta. tanto più valida quanto minore è l'angolo di apertura. del
ceppo e quanto più l'angolo compreso tra. la congiungente OE e la. mezzeria.
del ceppo si avvicina. a. 90°. Tenuto conto ora. del fatto che le forze F',v e Fr
che il tamburo esercita. sul ceppo sono uguali ed opposte alle forze F N e F T
che il ceppo esercita. sul tamburo, si potrà. scrivere la. seguente equazione di
equilibrio alla. rotazione del ceppo attorno al punto E:
Fig. 221 - Schema di freno a ceppo esterno

S h - Fsb- FTa =0
Da un'accurata analisi della Fig. 221 nascono ora alcune semplici ma
importanti considerazioni. E' in primo luogo evidente che, qualunque sia la da cui si otterrà:
300 301

Se si vuole ora procedere ad una più precisa determinazione della posi-


hS zione del punto di applicazione della risultante delle forze scambiate fra ceppo
FN=--
b+fa e tamburo, occorre, come si è già avuto modo di osservare, ipotizzare una
ed il momento frenante, nell'ambito di questa approssimazione, sarà in defi- certa distribuzione delle pressioni di contatto fra i due elementi. A tale scopo
nitiva esprimibile mediante la: si suppone generalm$:!nte valida l'ipotesi di Reye esposta nel paragrafo prece-
dente; nel caso di freni a ceppi l'assunzione di tale ipotesi, essendo la velocità
fhrS relativa tra ceppo e tamburo costante in tutti i punti, equivale ad asserire che
MJ =Fr·r= - - -
b+fa la pressione risulta proporzionale in ogni punto al consumo (vedasi a questo
proposito la (2.165)), il quale è a sua volta funzione del tipo di accostamento
a) b)
realizzato tra le due superfici dell'accoppiamento.
Si consideri allora nuovamente un freno ad accostamento rigido (Fig.
223): il moto del ceppo è orà costituito da una rotazione attorno al punto E;
questa rotazione può al solito essere considerata come somma di una rotazione
attorno al centro O del tamburo (che non fornisce alcun contributo al consumo
del materiale costituente il ceppo) e di una traslazione nella direzione perpen-
dicolarE ad OE, che viene di conseguenza usualmente definita come direzione
di accostamento.

Fig. 222 - Schema di freno a ceppo esterno; a) ad accostamento rigido; b) ad acco-


stamento libero

Per un freno in cui il ceppo ruoti attorno ad un punto mobile (freno a


ceppo ad accostamento libero, Fig. 222-b ), è invece evidente che la forza che
l'asta !{E esercita sul ceppo deve passare per la cerniera H e poiché questa
è normalmente molto vicina alla superficie del tamburo, si può addirittura
supporre che la risultante delle forze scambiate tra ceppo e tamburo passi
Fig. 223 - Direzione di accostamento e consumo in un freno a ceppi ad accostamento
proprio per il punto H. In base a questa assunzione si è quindi in grado, rigido
ripetendo passo a passo il procedimento visto per il freno ad accostamento
rigido, di determinare in prima. approssimazione l'entità del momento frenante
Il valore del consumo 8, dovuto alla traslazione del ceppo lungo la di-
in funzione dell'intensità S della forza di comando.
303
302

rezione di accostamento e realizzato in un certo intervallo di tempo in corri-


spondenza di un punto generico della superficie. di contatto individuato da un
angolo t? rispetto alla mezzeria del ceppo, è dato allora da:

6 = 60 cos(t?- !3)

dove con !3 si indica l'angolo compreso tra la direzione d'accostamento e la


mezzeria del ceppo e con 60 si indica il consumo massimo, ossia il consumo
che si è verificato nello stesso intervallo di tempo nel punto intersezione della
retta di accostamento con il tamburo. Poiché in questo caso la pressione è
proporzionale al consumo, si avrà in definitiva una distribuzione delle pressioni
tra ceppo e tamburo definita da una legge del tipo:

p= Po cos(t?- !3)

con t? variabile da -o:/2 a +o:/2, se co:n o: si indica l 'angolo di apertura del


ceppo.
Nota la distribuzione delle pressioni lungo la superficie di contatto sarà
di conseguenza nota la distribuzione delle azioni tangenziali di attrito e si Fig. 224 - Determinazione della forza scambiata fra ceppo e tamburo
potrà pertanto procedere al calcolo sia dell'intensità della forza risultante F
scambiata tra ceppo e tamburo, sia della. posizione del suo punto di app~ relazione che consente di determinare la direzione della forza normale scam-
zione M. -~i~~olito ,8 -~-~.ngol~.isG€-c-J.!isP§falla mei;eria __bìata~!'~..l~PPsl e t~~b~r~-~na ;olta ;;t_e Ja direz~-;·d~~;;;~~'t"t.~~~Pan­
~~Ù:.~IP~C.cos~_.am~o~_IJ'é!-;J&s>loJ.m:o~nito èhe- definis-ce, setp.- . g<;>~-=~~BSTJ~~4~L...cep.P-:9-:;:; -If""ffi(;ftfl(j--p:~ììa :ròFia· normale risultante- è
fornito invece dalla somma delle componenti di tutte le forze normali secondo
J>re nspetta:al!~~ç~~~L$gp__po_,_la dir~_zione ..NO_,risJtl!g,~J-e..P:~1~J.orze
elemell~<:ri_norm~genti suU~bu~? (Fig. 224),;tl:ang()!~~Is.ce...la la direzione MO, per cui si ha in definitiva:
~un punto. gen~ri_~ risp:!to alla me~~~_:~a -~~ ~-~J?P.Q,_,o: l'angolo +n/2
d1 a~.el-C~E:e:::~Jl~. Poiché la direzione MO
definisce la direzione della forza normale Fn complessivamente scambiata tra (2.168)
Fn =
l-n/2
apo cos( t? - /3) cos( t? - i )rdt? =

ceppo e tam~ro,~~somma delle componenti delle singole azioni


= ~ap 0 r[(o: +sin o:) cos /3 cosi+ (o:- sin o:) sin/3 sin i]
elementari d F n in direzione normale alla MO deve essere nulla· se con a si
~itainburo, tale condizione è espressa dalla:' Volendo ora definire la posizione del punto M sulla semiretta uscente da
+a/2 O ed i~ata dell'angolo ;y rispetto alla niezzeria.del ceppo, baster"àriCoraar~
l-n/2
a Po cos(t?- P),sin(t?- i)7' d t?= O ~-il mom~elle forze elem~iliBia""n-ginzT;ili~ rispètt~ .:a'dO"èlève'""es~e:te
.wafè ~afmome'rlto~:.~~fupfè" rispetto-àd o, _deil~_lQ.r9 forza ris~l_!~t-;;·ij~e
e risolvendo l'integrale sopra scritto si ottiene in definitiva la relazione: fQ.~di?i9ne....riene espressa a<ll.a.J.iticamente medlant~Ja: -. -- . - -· . .
---=--~c=-=-·-.::C.~~-

(2.167) ( tg;-= tgf]o:- s~n o:-\. +n/2


~ o:+smo:
~--=--------~· l -n/2
fapo cos(t?- f])r 2 dt? = 2fapor 2 sin ~ cos /3 = Ft · OM
2 = f FnOM
304 305

Da quest'ultima relazione e dalle (2.167) e (2.168) si ricava in definitiva raffinato rispetto a quello di prima approssimazione visto in precedenza, man-
per OM l'espressione: tiene la sua validità. solo nell'ambito della validità. dell'ipotesi di Reye, sulla
quale si basa per quanto concerne la determinazione delle pressioni di contatto
tra ceppo e tamburo; ove la validità. dell'ipotesi di Reye venisse meno, anche
i risultati qui esposti. necessiterebbero di ulteriori ritocchi ed affinamenti.
Analizz.ando ora tale relazione si può osservare che, una volta fissati il
raggio del tamburo_r_e l'angolo di apertura del ce:~mo a-,jl punto· M per cui
passa la risultante delle forze scambiate tra ceppo e tamburo si muove, al
variare della direzione di accostamento, e quindi degli angoli j3 e -y, lungo una 8.5 - Tipi di freni a tamburo
circonferenza r di diametro: --- - ----
- ----"""
. Nelle applicazioni pratiche si possono riscontrare sostanzialmente quat-
(2.169) . b = 4r sin(a/2)\ tro tipi di freni a tamburo: il ceppo ad ess_9 acc()ppiato ~ infatti essere
·"---- a- + sin a-/ interno od esterno ed il suo accostamento _p_uò essere di tipo rigido o libero.
~-·----._____..,..·

I due casi di freni a ceppo ad accostamento rlgido-;;nc;-ra,ppresentati nella


Questa proprietà, caratteristica dei freni a tamburo, è stata evidenziata
Fig. 225: p~_en.tramhi risuLta_nQ!a la direzione di accostamento (normale ad
per la prima volta da A. Romiti, per cui la circonferenza r avente diametro
OE) definit~-d~angol9_§; in base alla (2.167)- si può pertanto determinare,
definito dalla (2.169) viene usualmente denominata circonferenza di Romiti.
nell'un caso e nell'altro, il valore dell'angolo 'Y e quindi, mediante la (2.169),
~~_risultante Fr delle forze scambiate fra ceppo e tamburo passa dunque
la posizione del punto M; noto poi il valore del coefficiente di attrito, è nota
per il punto M ed è inclinata di un angoio i-~ispetto all~..Ql\{ 1~Èsh!ar9_èhe, una
di conseguenza la posizione del punto di Romiti Re la congiungente M con
vorta-dèfirutalageometria"del.freno, i(puiit~- 1.1 è univoc~mente determinat~;
R fornisce quindi la direzione della forza scambiata tra ceppo e tamburo; il
ciò nonostante la risultante Fr può essere ·i;;:~iinata dell'angol~ r.p da ùna parte
valore del momento frenante M1 è pertanto dato da:
o dali 'altra rispetto alla direzioiìeradiaìeo.M a :~ecgnd~ .9,_el Y~_<?. di rotazione.
del t~mb~ro, in quànto hdòiza che"il ceppo esercita sul tamburo d~~~ opp-~rsi
àCmoto dei tamburo relativo al ceppo.
Una volta determinata la direzione della forza risultante complessiva Fr, mentre il valore di Fr è ricavabile, secondo quanto già. esposto nel precedente
si può constatare (Fig. 224) çhe la sua retta d'azione interseca la circonfere~ paragrafo, dalle equazioni di equilibrio del ceppo.
_di RomJ!Un u.n punto..E.,_,d.eÙ~~t~di--&~;iù",- e ;i-p.uò_~~sseryariiUQl1Ìe èhe Anche i freni ad accostamento libero (Fig. 226) p~I\Q.eSs,er.e_es.~ni
fiiigç:~Jo_d:M&_p_g,J:u cp, è ]lg!l~e...all'angolo co:mpx~s.o__tra~a_~_nmte 9 interni: pur essendo in ambedue i casi incognita a priori la direzione di ac-
Jn=O~éi.i:confer.enz.a_cli_Romiti ·ciò
significa in definitiva che, a parità c=;;=stamento~_uò.però_ ~sservare ~~fo~ licate~c.eppo...sLJ.Uilllanq
di coefficiente di attrito esistente tra i materiali costituenti le superfici del <i:lli..risultantè_deU~. orze ch(lJ#mquro,tp::w~ica,_s,ul·c~pY;'j~orza,.c ~ ~
ceppo e del tamburo ed a parità di angolo di apertura del ceppo, la posizione l'asta t::;?-sme.tte..4l~pp,_at.tra~7rso la cerniera --f!~e che· pe~ queste due
del punto R è costante e non varia al variare della direzione d'accostamento. forze debbono essere uglial!ln direzi_9g_e e Il}~_d_ulo e possedere versi opposti.
Solo se si inverte il verso di rotazione del tamburo il punto di Romiti si sposta Ne consegue dieTa' ri"sultante delle forze scamb~te fra ceppo e tamburo deve
lungo la circonferenza r, e precisamente assume una posizione simmetrica alla necessariamente passare per la cerniera B; poichè essa deve anche passare per
precedente rispetto alla mezzeria del ceppo (pu:nto R' nella Fig. 224 ). il punto di Romiti R, è ovvio che ne resti automaticamente determinata la sua
Definita così nel modo più completo possibile la forza scambiata tra direzione. L'intersezione della retta BR con la circonferenza di Romiti r indi-
ceppo e tamburo (sia in direzione. sia in modulo, sia come punto di applica- vidua poi il punto M che, unito al centro O, determina l'ampiezza dell'angolo
zione) si è in grado di ricavare il momento frenante che questa realizza. È 'Y e da questo, in base alla (2.167) si è in grado di determinare il valore del-
opportuno ricordare però che il procedimento ora esposto"procedimento più l'angolo /3, ossia di individuare in definitiva la direzione di accostamento. Al
306 307

solito poi, imponendo l'equilibrio dell'asta EB, si può determinare l'intensità· questi sono po~ti come illustrato nella f:ig. 227-a, a parità di forze S1 ed S2 , le
della forza Fn e da questa risalire al valore del momento frenante applicato (\l forze F\ ed F2 da loro scambiate con il tamburo sono diverse e di conseguenza
tamburo. i due ceppi presentano una diversa azione frenante (a parità di forza S infatti
il ceppo di destra frena più di quello di sinistra).

a) . b)

Fig. 225 - Freni a tamburo ad accostamento rigido:


a) ceppo esterno; h) ceppo interno

a) b)
Fig. 227 - Freno a tamburo a due ceppi esterni

Per poter distinguere tra loro i due ceppi è invalso l'uso di indicare
come ceppo avvolgente quello in cui un punto del tamburo si muove verso
la cerniera, e c~ceppo_s~e quello in cui -~-n- punto del tambur~- si
allontana dalla cerniera. In base a quanto sopra esposto resta allora evidente
che, a parità di forza di comando S agente sui due ceppi, quello svolgente
~ risulta, nel caso di ceppi esterni, più efficiente di quello avvolgente, mentre
l'opposto si verifica nel caso di ceppi interni. Per ottenere una uguale azione
frenante sui due ceppi a parità di forza esterna applicata, si dovrà pertanto
adottare una soluzione simile a quella della Fig. 227-b, in cui entrambi i ceppi
si trovano nelle medesime condizioni.
Fig. 226 - Freni a tamburo ad accostamento libero: I freni a tamburo presentano talvolta la peculiare caratteristica di essere
a) ceppo esterno; h) ceppo interno
autoavvolgenti; ciò significa che, una volta che si sia realizzato il contatto tra
tamburo e ceppo, questo, per effetto delle forze che si originano sulla superficie
Si verifica sovente nelle applicazioni pratiche, che un tamburo venga
di contatto, tende a serrarsi sempre più sul tamburo stesso.
frenato azionando contemporaneamente due ceppi uguali tra loro; se però
308 309

Una tale situazione potrebbe ad esempio verificarsi nel freno schematiz- dimensioni, un momento frenante uguale a quello relativo ai freni a tamburo;
zato nella Fig. 225-b: se il valore del coefficiente di attrito fosse particolar- il materiale di attrito che li costituisce deve pertanto essere in grado di sop-
mente alto ed il punto di Romiti fosse di conseguenza spostato verso sinistra, portare pressioni maggiori di quelle insorgenti in un contatto ceppo-tamburo.
la congiungente M con R andrebbe infatti ad intersecare la retta m esterna- I freni a disco possono essere raggruppati in tre categorie differenti a
mente al segmento OE, ed in tal caso la forza f: che il tamburo esercita sul seconda del moto di accostamento che il pattino possiede nei confronti del
ceppo originei:e?be un momento rispetto al punto E tale da serrare il ceppo disco. Si possono ritrovare pertanto freni a disco di tipo:
sul tamburo. E evidente che un funzionamento del genere è, a parte casi a) ad accostamento rigido;
eccezionali, quanto mai indesiderato, per cui occorre sempre assicurarsi che,
b) ad accostamento semilibero;
adottando una configurazione del freno sul tipo di quella ora indicata, i para-
metri geometrici ed il coefficiente di attrito siano tali da escludere il verificarsi c) ad accostamento libero.
di una simile condizione. n tipo di freno a disco che trova più frequenti applicazioni nella. tecnica
è quello ad accostamento rigido, in cui il moto di accostamento del pattino
frenante consiste in una traslazione rigida in direzione perpendicolare alla su-
8.6 - Freni a disco perficie del disco (Fig. 229). Volendo calcolare il valore del momento frenante
realizzabile con freni di questo tipo in funzione della loro geometria e dell'in-
tensità d~lla forza normale Fn applicata al pattino, va innanzi tutto osservato
I freni a disco sono costituiti dall'accoppiamento di un disco rotante,
solidale al sistema da frenare, e di un pattino rivestito di materiale di attrito· che per essi, una volta superata la fase iniziale del funzionamento, il consumo \
il contatto tra i due organi dell'accoppiamento può essere esteso a tutta l~
del materiale di attrito in un certo intervallo di tempo si mantiene, in base \
alle considerazioni esposte nel §8.3 del presente capitolo, costante lungo tutta
superficie del disco, oppure solo ad una. sua parte, e viene realizzato premendo
su questa il pattino in una direzione ad essa. perpendicolare (Fig. 228). la superficie di contatto.

Fig. 228 - Schema di freno a disco


Fig. 229 - Freno a disco ad accostamento rigido
. l freni a disco, pur presentando svariati vantaggi rispetto agli altri tipi
d1 freno, e principalmente una maggiore costanza nell'azione frenante, una
Supponendo valida l'ipotesi di Reye si è pertanto in grado di asserire
minore sensibilità alla contaminazione (da acqua. o da olio) grazie ai valori
che il prodotto tra i valori della pressione di contatto e della velocità di stri-
molto piccoli del gioco esistente tra le superfici di attrito ed il disco, ed una
sciamento esistenti in ogni punto della superficie di contatto è proporzionale,
ugual capacità frenante in entrambi i versi di rotazione, debbono tuttavia es-
sere sottoposti ad una forza di comando più intensa per originare, a parità di nel caso di freni a disco ad accostamento rigido, al consumo unitario d5fdt e

i 11. JACAZIO-PIOMBO- La trasmissione del moto


l
_j_
310

quindi che:
l 311

I freni ad accostamento libero infine, posseggono, rispetto a quelli ad


(défdt) k accostamento semilibero, un grado di libertà in più. Essi sono infatti costituiti·
p= c---=-
wr r da un pattino che viene premuto contro il disco con forze di uguale intensità F
Siano ora r; ed r. i raggi interno ed esterno della superficie di contatto originate da due cilindretti che nello schema della Fig. 230 b hanno tracce C 1
(Fig. 229), a l'angolo di apertura ad essa r-elativo, A il valore della sua area e e C2 • E' chiaro allora che in questo tipo di freno il pattino, oltre a traslare ed a
'IJ ed r rispettivamente i valori della posizione angolare, riferita alla mezzeria ruotare attorno all'asse y può anche ruotare attorno all'asse :z:, perpendicolare
della superficie di contatto, e del raggio relativi ad un punto generico della ad y.
zona di contatto. Poichè l'intensità della forza risultante di tutte le azioni di
a) b)
pressione deve essere pari a quella Fn della forza normale agente sul pattino,
si avrà ovviamente che:

(2.170) Fn =
r.

l 1
r,
+o:/2

-a:/2
prd1·d'!J = ka(re- r;) ·---
ed il momento frenante complessivo, calcolato come somma dei singoli contri-
buti delle azioni tangenziali di attrito agenti in ogni punto del contatto, sarà
evidentemente dato da:

Sostituendo in quest'ultima equazione il valore di k ricavabile dalla (2.170) si


otterrà in definitiva la relazione voluta: Fig. 230- Freni a disco ad accostamento semilibero (a) e ad accostamento libero (b)

(2.171) Poiché questi tip! di freno a disco hanno più gradi di libertà la distri-
buzione di pressione nel freno è più complessa di quella per il freno ad ac-
costamento rigido. Tuttavia, per il calcolo del momento frenante, è possibile
mentre il valore della massima pressione riscontrabile nella zona di contatto
risulterà espresso dalla: utilizzare sempre la (2.171).

k Fn
Pmax =- = 8. 7 - Freni a nastro
r; w·;( r • - r;)

I freni a disco ad accostamento semilibero sono realizzati invece secondo I freni a nastro sono costituiti da un nastro che porta del materiale di
lo schema della Fig. 230 a: in essi il pattino è incernierato all'estremo B attrito e da un tamburo solidale al sistema meccanico da frenare; ponendo in
dell'ast: EB e viene premuto contro il disco applicando a quest'ultima una tensione il nastro, questo si serra sul tamburo e, grazie alla presenza delle forze
coppia C. TI moto di accostamento è quindi costituito da una traslazione più di attrito che si sviluppano nella zona di contatto, lo sottopone ad un'azione
una rotazione. frenante.
312
J 313
l

l
l
per cui l'espressione dell.a coppia frenante realizzata da un accoppiamento sul
tipo di quello indicato in Fig. 231 vale in definitiva:

ad ·
(2.172) c,= -F(eff3-
2c
l)

La distribuzione delle pressioni esistenti fra nastro e tamburo può es-


sere ricavata scrivendo un'equazione di equilibrio alla traslazione in direzione
radiale di un elemento infì.nitesimo di nastro (Fig. 232). Indicando con b la
larghezza del nastro si ha allora:

dt9
[T+ (T+ dT)]
2 = p b r d 1J
da cui, trascurando gli infinitesimi di ordine superiore, si ha:

l. a J T 2T
p=-=-
br bd

Fig. 231 - Freno a nastro semplice


La pressione massima si sviluppa pertanto là dove è massima la tensione,
e vale:
D tipo più semplice di freno a nastro è schematizzato nella Fig. 231: in
esso n nastro è avvolto sul tamburo per un angolo di ampiezza /3 ed n rapporto
tra le tensioni T1 e T2 vale, per il verso di rotazione indicato in figura, ed in
base alla (2.11 ):
TJ. = eff3
T2
e di conseguenza la coppia frenante agente sul tamburo risulta espressa dalla:

~ove il valore della tensione T2 dipende evidentemente dall'entità della forza


F applicata all'estremo della leva di comando; dall'equazione di equilibrio alla
rotazione della leva attorno al suo fulcro si ha infatti: Fig. 232 - Pressione agente su di un elemento infinitesimo di nastro

To = F~ Con il freno a nastro semplice illustrato nella Fig. 231 però, l'azione
- c frenante si manifesta con intensità differente a seconda dei due possibili versi
314
315

di rotazione del tamburo. Se infatti il tamburo ha verso di rotazione antiorario


le tensioni T1 e T2 si presentano scambiate tra loro e la tensione massima sarà pertanto si ricava, mediante alcune semplici considerazioni, che in tal caso la
ora data da: coppia frenante vale:
Fa Fad(ef/3- l)
T1 = c- c, = 2c(ef/3 +l).

mentre la coppia frenante varrà di conseguenza: e che essa mantiene' inalterato il suo valore per entrambi i versi di rotazione
del tamburo.
d Fad .
C1 =(T1- T2)-2 = -2cef/3
- ( e f 13 -1)

8.8 - Dissipazione dell'energia cinetica nei freni


e pertanto, a parità di forza T agente sulla leva, la coppia frenante agente sul
tamburo per un suo verso di rotazione antiorario risulta ef/3 volte minore di Come si è già avuto modo di osservare all'inizio del presente capitolo,
quella sviluppata nel caso di verso di rotazione orario. due sono i fattori principali di cui si deve tener conto nel calcolo di un freno, e
precisamente la massima coppia resistente che esso deve realizzare e la quan-
tità di energia cinetica che esso deve dissipare ad ogni frenatura. Nei prece-
denti paragrafi si sono ampiamente esaminati i metodi atti a calcolare l'entità
della coppia resistente fornita dai vari tipi di freni; verrà invece qui di seguito
analizzato, se pure a grandi linee, il secondo aspetto, ossia la. trasformazione
dell'energia. cinetica in calore e la successiva. dissipazione di quest'ultimo nel-
l 'ambiente circostante.
Una. delle formule approssimate per il calcolo della temperatura. media.
Tm di equilibrio alla. quale si porta un freno durante il suo funzionamento è
data. dalla:

Nt "( Nt )] EN
(2.173) C(Tm- Tl) [ 3600 +l, o l- 3600 =A

dove N rappresenta il numero di cicli di frenatura all'ora, E lq. quantità di


calore in kcal sviluppata. durante una. singola. frenatura, A la. superficie di
a
scambio termico in m 2 , t la. durata in secondi di ogni frenatura., T 1 la tem-
peratura dell'ambiente e C un coefficiente di scambio termico medio funzione
Fig. 233 - Freno a nastro con ugual azione frenante per entrambi i versi di rotazione
del tamburo del materiale costituente il tamburo od il disco e della loro velocità periferica
iniziale. Per un tamburo in ghisa od in acciaio il coefficiente C (espresso in
kcal/h m 20 C) varia in funzione della velocità periferica del tamburo stesso nel
Per ottenere una ugual azione frenante nei due versi di rotazione. occorre
modo indicato dal diagramma della Fig. 234.
modificare lo schema del freno a nastro prima. visto ed adottare il tipo. di freno
indicato nella Fig. 233. In esso le distanze dei punti di collegamento degli Il calcolo della presumibile temperatura di equilibrio raggiungibile al-
estremi del nastro dal fulcro della leva di comando sono uguali tra loro e l'interno di un freno durante il suo funzionamento assume una notevole im-
portanza in quanto le caratteristiche dei materiali che vengono a contatto
316
317

nell'aCcoppiamento variano al variare della temperatura; esisterà di conse-


nante, V la velocità di strisciamento e k un coefficiente che vale, mediamente,
guenza, per ogni possibile coppia di materiali costituenti il freno, una tem-
peratura massima ammissibile di funzionamento, in quanto al di là di questa 8, 5 N 2 m per ferodo su acciaio con fun-zionamento intermittente.
cm s
si otterrebbero, per l'accoppiamento in esame, delle prestazioni troppo dissi-
mili da quelle teoricamente previste e pertanto inaccettabili da un punto di TABELLA I.V - Caratteristiche dei materiali usati nei freni
vista applicativo. I valori indicativi della massima temperatura e della mas-
sima pressione ammissibile per alcune coppie di materiali usate nei freni sono Coefficiente di attrit.o Massima Massima
riportati nella tabella IV. per superfici temperatura pressione
Materiali di contatto
ammissibile ammissibile
bagnate asciutte (o C) (N/cm 2 )
25
Bronzo su ghisa o acciaio o, 05 ..;-o, 07 - 150 50..;- 90
l - -~ Ghisa su ghisa o, 05 ..;-o, 08 0,15 300 100 ..;- 200
~ Ghisa su acciaio O, 06 ..;-O, 09 0,23 250 100 ..;- 150
~ Acciaio duro su acciaio duro o, 05 ..;-o, 08 0,42 250 100
~ Acciaio duro su acciaio duro O, 03 ..;-O, 06 -
15 ~ 250 150
con rivestimento di cromo
/
/ Bronzo fosforoso su acciaio O, 03 ..;-O, 05 - 250 100
/ duro con rivestimento di
10
cromo
/ Poi vere di metallo su ghisa o, 05 ..;-o, l o, l ..;- o, 4 500 100
o acciaio
5
Polvere di metallo su acciaio 0,05 ..;-o, l 0,170,3 550 200
duro con rivestimento di
o
o 5 15
l cromo
Legno su ghisa o <tcciaio o, 16 ..;-o, 20 o, 35 ..;-o, 65 150 40 ..;- 60
10 20 25
V(m;s) Cuoio su ghisa o acciaio o, 12 ..;-o, 15 O, 30 ..;-O, 50 100 10 ..;- 30
Sughero su ghisa o acciaio o, 15 ..;-o, 25 o, 30 ..;-o, 50 100 10
Fig. 234 - Coefficiente di scambio termico medio in un freno a tamburo Fibre vulcanizzate su ghisa ... o, 30 ..;-o, 50 100 10 ..;- 30
o acciaio
La Fig. 235 riporta l'andamento del coefficiente di aderenza fa e del coef- Ferodi su ghisa o acciaio o, 08 ..;-o, 20 O, 20 ..;-O, 60 150 ..;- 400 50 ..;- 150
Grafite su acciaio o, 05 ..;-o, 10 0,25 350 ..;- 550 200 ..
ficiente dj attrito f in funzione della pressione, della velocità di strisciamento Plastiche fenoliche su ghisa o, 10 ..;-o, 15 0,25 150 70
e della temperatura superficiale. o acciaio
-
Un metodo approssimato seguito per verificare la capacità del freno di
assorbire una certa quantità di calore senza danneggiarsi consiste nel verificare
che sia soddisfatta la seguente relazione: In applicazioni in cui il freno sia sottoposto ad un funzionamento con-
tinuativo e di conseguenza la quantità di energia da esso dissipata nell'unità
di tempo assuma valori molto elevati, o tali comunque da portarlo ad una
temperatura di equilibrio inammissibile, si può ricorrere ad un processo di
dove Ad è l'area della superficie di scambio termico, fil coefficiente di attrito, raffreddamento delle superfici dell'accoppiamento, così come è illustrato nella
p la pressione media, A1 l'area di contatto lungo la quale avvitene l'azione fre- Fig. 236 per il caso di un freno a dischi con circolazione di refrigerante.
318 319

In questo freno i ferodi a, solidali al disco collegato al sist~ma meccanico da


frenare, strisciano contro due dischi fissi di rame b, i quali vengono lambiti
dal :fluido refrigerante lungo la faccia opposta a quella a contatto dei ferodi.
la.l l a) l n disco che porta i ferodi è mobile assialmente·ed il disco di rame di destra,
0,25 0,25 0,25 montato su di un supporto d'acciaio, si presenta anch'esso mobile in senso
0,20 0,2 o 0,20 assiale. In tal modo l'introduzione di aria in pressione nel tubo di neoprene h
0,15 '. 0,1 5 0,15
provoca lo spostamento assiale dei vari dischi che vengono così premuti uno
contro l'altro. Tra il tubo di neoprene ed il supporto di acciaio e è posto un
' ' la
-- ,

- -v
~

~10 ~l
"-... o"'-. v 0,10
elemento intermedio in fibra di vetro g che serve ad ottenere una distribuzione
0,05 l L--
0,0 0,05 la più possibile uniforme della pressione.
o l o
o 20 40 60 80 100 o 4 8 12 16 20 o
p (N/cm 2 ) V (m/s)
laJ l b) l
0,25 0,2 5 0,25
0,20 0,20 0,20

0,15
l!r -r ~- .., . 0,1 5 0,15
~./.. -:'_/- .L -~
0,10 0,1 ~lO
v~ [5:; ~ .:::,;: -.:
0,05
'<; :-"'.: ~ ..).
0,05
~ 0,05
" ' t->-
"""' l
o o o
o 40 80 120 160 200 o 8 16 24 32 40 o 100 200 300 400 500
p (N/cm 2 ) V (m/s) T(OC)

laJ l c) l
0,5 0,5 0,5

0,4 0,4 0,4

0,3 ::: ·- .z la 0,3 0,3

0,2

0,1
~ ~ V--:
r
lZ~
~ ~ ..._
"\
0,2
0,1
~ ......
~
~ i:s:: ;::-<:;:: 0,1
0,2 ~

o
_:-..

-'
-.::.:: ~

o o
o 40 80 120 160 200 o 4 8 12 16 20 o !00 200 300 400 500
2
p (N/cm ) V (mis) T(°C)

Fig. 235 - Valori del coefficiente di attrito per: a) acciaio-acciaio, funzionamento lu- .!!.'
brificato; b) acciaio-ferodo, funzionamento lubrificato; c) acciaio-ferodo,
funzionamento a secco. '
/l

Condizioni di riferimento: p= 100 Njcm 2 ; V= 5 mjs; T= 100° C


Fig. 236 - Freno a dischi refrigerato. a) ferodi; b) dischi di rame; c) albero scana-
lato solidale al sistema rotante; d) anelli Seeger; c) supporti di acciaio; f)
molla di richiamo; g) disco di pressione in fibra di vetro; h) tubo attua-
tore in neoprene; i) passaggi per l'aria di raffreddamento; j) passaggi per
il refrigerante (Wichita Clutch Company)
____ --;::--_--

320 321

TI fatto che il materiale costituente i due dischi contro cui strisciano i mentali della SAE, risultati che forniscono, per quindici operazioni successive,
ferodi sia rame assicura una notevole capacità di trasmissione del calore dalla il rapporto tra il valore medio della forza di comando necessario per ottenere
superficie di attrito a quella lambita dal refrigerante; il freno viene inoltre l'arresto di un veicolo viaggiante alla velocità iniziale di 100 km/h, ed il valore
refrigerato sulla superficie esterna con l'ausilio di una opportuna circolazione medio della forza corrispondente alla prima frenatura. Come si può osservare
di aria ottenuta mediante i passaggi radiali i. Adottando tutti gli accorgimenti dal grafico della Fig. 237, il freno a disco, avente una maggiore capacità di
sopra esposti, il freno riesce a dissipare potenza meccanica nella misura di 35 trasmissione del calore, presenta, a conferma di quanto in precedenza esposto,
W per ogni cm 2 di superficie di attrito, mentre la portata di refrigerante è un aumento di forza necessaria sul pedale minore di quello relativo ad un freno
approssimativamente di 0,6 1/min per ogni kW di potenza meccanica dissipata a tamburo.
nel freno e la velocità periferica massima t.ra le superfici di attrito non supera
in genere i 30 m/s.
8.9 - Freni elettromagnetici
8
-,
Per ottenere la dissipazione dell'energia cinetica di un sistema meccanico
7
si può ricorrere, oltre che all'effetto derivante dalla presenza dell'attrito tra due
l 1\ superfici in moto relativo, ad altri metodi, principalmente di natura elettrica
ed elettromagnetica; questi sono:
,/ \ - freni a correnti parassite;

.......~
4
~
7 \/ - freni ad isteresi;
- freni a particelle magnetiche.

~ 3 l I freni ad isteresi, usati in applicazioni di piccolissima potenza, sono


::
v costituiti da uno sta.tore cilindrico fisso, che porta sulla sua superficie esterna

1 ...,......... ~ /
3
-
5
./'

7
Numero di arresti
9
a)

11 13 15
tanti poli magnetici l'uno di polarità opposta ali 'altro, e da un anello cilindrico
di materiale ferromagnetico, solidalmente collegato al sistema meccanico da
frenare, la cui superficie interna è affacciata ai poli dello statore. Quando si
genera un campo magnetico, ogni punto dell'anello rotante incontra in istanti
successivi poli dello statore aventi, come si è detto, polarità opposta ed i
. . -
Fig. 237 - Aumento dello sforzo medio sul pedale di un freno per autoveicolo in fun- fenomeni di isteresi che ne derivano creano di conseguenza una coppia frenante
zione del numero degli arresti successivi: a) freno a disco; b) freno a tam- agente sull'anello stesso. In tali freni la coppia resistente è evidentemente
buro proporzionale all'intensità della corrente che attraversa gli avvolgimenti dello
statore, e questa proprietà li rende particolarmente adatti ad applicazioni
Come si è visto, una buona trasmissione del calore dal freno verso l'e- speciali quali quelle riguardanti i dinamometri utilizzati per la misura di forze
sterno, oltre che impedire l'eccessivo aumento di temperatura nel freno e di piccola intensità.
quindi il suo danneggiamento, serve a far sì che il coefficiente di attrito fra i I freni a correnti parassite consistono essenzialmente di un rotore e di
materiali che strisciano si mantenga costante durante più frenature successive. uno statore coassiali privi di contatto diretto, e lo statore porta un avvol-
A questo riguardo vengono qui riportati i risultati di una serie di prove speri- gimento percorso da corrente continua. La presenza del campo magnetico
322 323

dovuto al passaggio della corrente attraverso lo statore genera delle correnti Le pompe impiegate nei freni a fluido _possono essere:
parassite nel rotore, che ne risulta di conseguenza frenato. - pompe centrifughe
L'intensità della coppia frenante è, in tali freni, proporzionale sia alla - pompe volumetriche.
velocità angolare relativa fra rotore e statore, sia all'intensità della corrente
che percorre l'avvolgimento e pertanto, poichè a rotore fermo si ha ovviamente Nelle pompe cèntrifughe il fluido aspirato viene portato ad elevata velo-
coppia resistente nulla, i freni a correnti parassite vengono unicamente utiliz- cità da parte di una girante opportunamente sagomata, di solito fornita di un
zati per creare coppie resistenti al moto e non, ad esempio, per mantenere un certo numero di palette, e successivamente, in un diffusore, l'energia cinetica
carico in condizioni statiche. viene convertita in energia di pressione.
I vantaggi dei due tipi di freno ora descritti consistono principalmente
. nel non presentare superfici striscianti e nel possedere di conseguenza una vita
notevolmente maggiore di quella relativa ad altri tipi di freni.
I freni a particelle magnetiche sono invece costituiti da due dischi magne-
tici tra i quali è interposta una miscela lubrificante contenente delle particelle
magnetiche. Variando la corrente di eccitazione dei due dischi magnetici, si va-
ria di conseguenza il valore del coefficiente di attrito equivalente della miscela
contenente le particelle magnetiche, riuscendo così a creare coppie resistenti di
intensità variabile da zero fino ad un massimo dipendente dall'intensità della
corrente eccitatrice e dalle dimensioni geometriche del freno.

8.10 - Freni a fluido .Serbatoio


--i::::=:=:::::._..J

I freni a fluido sono dispositivi nei quali la coppia frenante viene fornita Fig. 238 - Freno a fluido: schema del circuito
da una pompa che, funzionando, fa circolare un fluido entro un impianto nel
quale viene dissipata quindi l'energia meccanica fornita all'asse della pompa.
Nelle pompe centrifughe la portata, la pressione e la velocità angolare
Lo schema di base dell'impianto che costituisce un freno a fluido è illu- della pompa sono mutuamente dipendenti e sono legate tra loro da relazioni
strato nella Fig. 238. La pompa è collegata meccanicamente all'organo rotante rappresentate da curve caratteristiche del tipo rappresentato nella Fig. 239.
che deve essere frenato. La pompa, ruotando, fa circolare nell'impianto una
In questa figura sono anche riportate le curve pressione-portata che ca-
portata di fluido e, in funzione delle caratteristiche della pompa e del circuito
ratterizzano la resistenza idraulica del circuito al variare dell'area di passaggio
idraulico, si stabilisce alla mandata della pompa una pressione p1 • Indicando
con po la pressione del fluido nel serbatoio (pressione di aspirazione della attraverso la valvola (Fig. 238). Al diminuire dell'area di passaggio la resi-
stenza Rv aumenta ed aumenta la pressione richiesta a parità di portata.
pompa), con w la velocità angolare della pompa e con 77 il suo rendimento, la
coppia all'asse della pompa è: Variando l'apertura della valvola è quindi possibile ottenere un diverso
punto di funzionamento a parità di velocità angolare, e quindi una diversa
coppia all'asse della pompa.
(2.174) C= Q(pl- Po)
Nelle pompe centrifughe la separazione fra le zone ad alta e a bassa
7]W
. 324 325

pressione è ottenuta dal fluido stesso che viene pompato e non da elementi
meccanici, per cui è possibile far ruotare la girante della pompa anche con la
D.
mandata completamente chiusa. In questo caso il fluido ricircola nell'interno Q= -WTJv
271'
della pompa stessa, mantenendo una differenza di pressione fra aspirazione e
mandata.
(2.175)
{ C= .D.(pl - Po)
211''1/m
Pressione
differenziale dove: '1/v è il rendimento volumetrico della pompa, inferiore a uno a causa dei
(p,- Po) trafilamenti interni; '1/m è il. rendimento meccanico della pompa, inferiore a uno
a causa degli attriti interni.
n rendimento globale della pompa è dato dal prodotto 'T/v'T/m, infatti si
ha:

Q(pJ - Po)
(2.176) TJ = Cw = 7]v'1/m
A causa dell'altissimo rendimento volumetrico, le pompe volumetriche
hanno caratteristiche pressione-portata quasi verticali, come riportato nella
Caratteristiche della pompa
Fig. 240.
Portata Q

Fig. 239 - Caratteristiche di un freno fluido con pompa centrifuga Pressione Caratteristiche della pompa
differenziale
Nelle pompe volumetriche il fluido viene trasportato in volumi deter- P1 -Po
minati dalla zona di aspirazione {bassa pressione) a quella di mandata (alta
pressione). Nelle pompe volumetriche i trafilamenti interni sono molto pic-
coli, per cui la portata è quasi indipendente dalla pressione, ma è funzione
quasi esclusivamente della velocità angolare, nonchè delle caratteristiche della.
pompa. A ca.u.sa. dei minimi trafilamenti interni il rendimento delle pompe
volumetriche è sempre alto (mediamente O, 9), contrariamente a quello delle
pompe centrifughe che, a seconda delle condizioni di esercizio, varia tipica-
mente tra O, 5 e O, 7.
Per le pompe volumetriche si definisce cilindrata il volume teorico di
fluido trasportato dalla aspirazione alla mandata per ogni giro della pompa.
Indicando con D. la cilindrata, con p 0 la pressione di aspirazione, con p1 Portata Q
quella di mandata, con Q la portata, con w la velocità angolare della pompa,
con C la coppia richiesta all'asse della. pompa, si hanno le seguenti relazioni: Fig. 240 - Caratteristiche di un freno a fluido con pompa volumetrica
326 327

n punto di intersezione fra la caratteristica della pompa e quella del cir- rotazioni in verso orario, ma non in verso antiorario.
cuito determina il punto di funzionamento, e quindi la pressione differenziale Ad una seconda categoria di arresti appartengono gli arresti ad attrito,
(p1 - po), nota la quale si può calcolare la coppia all'asse della pompa in base un esempio dei quali è riportato nella Fig. 242. Ìn esso la ruota S ed il
alla seconda delle (2.175). nottolino N vengonQ a contatto nel punto H: se S ruota in verso orario, si
I freni a fluido presentano, rispetto ai freni ad attrito, due incovenienti: osserva che la coppia resistente alla quale essa è soggetta è molto piccola, in
sono più ingombranti e costosi, e non sono in grado di esercitare una cop- quanto la forza tangenziale di attrito che si origina al contatto ruota-nottolino
pia frenante in condizioni statiche. Ciò poichè l'azione frenante è dovuta alla dipende unicamente dall'intensità della piccola forza che la molla M trasmette
resistenza al moto di un fluido in un circuito, resistenza che viene quindi a al nottolino stesso in modo da mantenerlo leggermente premuto contro la
cessare se la pompa è ferma. Un importante vantaggio dei freni a fluido è, ruota. Se invece S ruota in verso antiorario, la forza tangenziale di attrito
invece, quello di poter regolare con precisione la coppia frenante, operazione Fr dà luogo ad un momento rispetto al centro del perno del nottolino che
che risulta invece difficoltosa nei freni ad attrito. Per tale ragione i freni a origina un aumento della componente normale della forza scambiata in H ed
fluido sono sovente impiegati nei banchi di prova motori, dove occorre gene- un conseguente aumento della forza tangenziale Fr stessa. Si verifica cioè un
rare una coppia frenante regolabile con precisione e mantenibile costante nel fenomeno di impuntamento che porta in definitva all'arresto della ruota S.
tempo. Inoltre, nei freni a fluido l'energia meccanica trasformata in calore
può essere facilmente trasmessa all'ambiente esterno facendo passare il fluido
caldo attraverso uno scambiatore di calore.

8.11 - Arresti

Gli arresti altro non sono che particolari meccanismi ai quali viene af-
fidata la funzione di impedire il moto tra due elementi prescindendo àall'inter-
vento di un comando esterno. Gli arresti sono
quindi costituiti in prevalenza da meccanismi di
non ritorno, ossia da quei meccanismi che con-
sentono il moto in un dato verso di rotazione,
ma non nel verso opposto.
Una prima categoria di arresti è costi-
tuita dagli arpionismi (Fig. 241), già esaminati
nel capitolo riguardante i meccanismi nella loro
qualità di organi atti a trasformare un moto con- Fig. 242- Arresto ad attrito
tinuo in un moto intermittente, e che qui invece
sono semplicemente costituiti da una ruota den- Una terza categoria di arresti è quella costituita dagli arresti a molla
tata, solidale al sistema in moto, e da un not- nei quali una molla M viene montata con una certa interferenza su di un al-
tolino, incernierato nel punto A, che consente Fig. 241- Arpionismo bero :fisso (Fig. 243), mentre l'estremità H della molla stessa viene accoppiata
al sistema meccanico che deYe essere arrestato. Se l'estremo H viene mosso
328 329

nel senso indicato dalla freccia continua, è chiare che l'interferenza iniziale dove M 0 è dato dalla (2.177), n è il numero di spire della molla ed f il coeffi-
della molla viene ad essere interamente recuperata e che- tutto il sistema può ciente di attrito.
liberamente ruotare attorno al proprio asse presentando unicamente un pic- Questo tipo di arresto si comporta quindi come tale solo a patto che
colissimo fenomeno di attrito. Se invece l'estremo H della molla è mosso nel non lo si sottoponga ad una coppia di intensità 'maggiore di quella data dalla
verso indicato dalla freccia tratteggiata, è evidente che la molla viene ulterior- (2.178). Oltre quest6 limite infatti la molla, pur continuando a fornire una
mente serrata sull'albero e che il punto H si sposta solo di una distanza molto coppia resistente di intensità pari a Mmax, striscerebbe sull'albero e l'accop-
piccola, corrispondente all'allungamento elastico della molla, provocando di piamento perderebbe quindi la peculiare caratteristica degli arresti.
conseguenza l'arresto del sistema ad esso collegato.
Se si indicano con E il modulo di elasticità del materiale costituente la
molla, con J il momento di inerzia geometrico della sezione della molla, con r
il suo raggio medio e con ~ro l'interferenza iniziale, il momento Mo che deve
essere applicato per ricondurre l'interferenza a zero, nel caso in cui H si muova
nel verso indicato dalla freccia continua., è dato da:

(2.177)

e questo è perciò il valore del momento resistente incontrato dal sistema du-
rante la rotazione della molla sull'albero.

Fig. 243 - Schema di arresto a molla

Quando invece il sistema tende a spostare H secondo la freccia tratteg-


giata (Fig. 243), la molla si comporta come un freno a nastro capace di fornire
una coppia frenante massima pari a:

(2.178)
9. INNESTI

9.1 - Caratteristiche degli innesti

Gli innesti costituiscono una particolare categoria di accoppiamenti


aventi, come i giunti, lo scopo di trasmettere il moto rotatorio tra due al-
beri coassiali, ma dotati, al contrario di questi, della possibilità di attivar.e o
disattivare, mediante un opportuno comando, il collegamento da essi realiz-
zato.
È opportuno osservare, prima di passare ad una più dettagliata descri-
zione dei vari tipi di innesti, che essi presentano la caratteristica di dissipare
sempre, durante la fase del loro inserimento tra due alberi appartenenti ad un
sistema meccanico, una certa quota parte dell'energia meccanica del sistema
stesso, e che l'entità dell'energia dissipata dipende, in generale, sia dalle coppie
agenti sul sistema, sia dalla durata dell'operazione di innesto. Con riferimento
alla Fig. 244, si supponga infatti che l'elemento l dell'innesto sia collegato al-
l'albero motore, che l'elemento 2 sia collegato all'albero condotto e che siano
inoltre w 10 ed w20 i valori delle velocità angolari iniziali dei due elementi (os-
sia prima dell'inizio dell'operazione d'innesto), WJ il valore comune della loro
velocità angolare al termine dell'operazione stessa, Cm la coppia motrice, Gr
quella resistente, h ed ! 2 i momenti di inerzia delle masse rotanti solidali ai
due alberi e 19 1 e 19 2 i valori generici degli angoli descritti dagli alberi stessi.
La quantità di lavoro .c1 dissipata durante l'operazione di innesto può
allora essere calcolata applicando il teorema dell'energia cinetica; in base ad
esso si ha infatti:

ed integrando questa operazione per tutta la durata. r dell'operazione di in-


333
332

da cui si ricava in definitiva:


nesto si .ottiene:

c,= ~[Itwi 0 + I2w~o- (ft + I2)w}]+


(2.179)
+ 1Cm wl dt - 1 Crw2dt
ed il lavoro perso durante l'operazione di innesto assume di conseguenza, in
questo caso particolare, l'espressione data da:

(2.180)

9.2 - Innesti a denti

Gli innesti a denti rappresentano il tipo più semplice di innesti realiz-


zato nelle applicazioni pratiche. Rispetto agli innesti ad attrito, ai quali verrà
Fig. 244 - Innesto tra due alberi
dedicato il paragrafo successivo, essi si presentano, a parità di coppia tra-
smessa, notevolmente più piccoli, leggeri ed economici; essi inoltre non richie-
Quale caso particolare di quello generale ora visto può considerarsi dono, al contrario di quelli ad attrito, una regolazione periodica per ovviare
quello in cui le coppie agenti sui due alberi siano entramb: n~lle, oppure al consumo, e la frequenza con la quale possono essere inseriti e disinseriti è
Ilo in cui il tempo di innesto sia talmente breve da consenttre dt trascurare estremamente elevata in quanto, essendo i tempi di innesto brevissimi il lavoro
que d' · ·
li integrali a secondo membro della (2.179). In entrambe queste con JZJOlll dissipato durante ogni operazione di innesto è dato dalla (2.180) e si presenta
~ lavoro perso durante l'operazione di innesto è dato, sempre in base alla pertanto sensibilmente minore di quello relativo ad un innesto ad attrito di
(2.179), da: pari caratteristiche.
c, = ~ [ftwr0 + I2w~o- (It + I2)w]J Gli innesti a denti presentano però diversi inconvenienti, e tra questi
due sono i principali:
mentre la velocità angolare finale del sistema complessivo è facilmente rica- a) essi possono essere inseriti solo a velocità molto basse, in quanto in caso
vabile scrivendo una equazione di equilibrio alla rotazione del sistema stesso, contrario sorgerebbero durante l'operazione di innesto urti di intensita
equazione data: da: inaccettabili;
- - dff b) essi non possono in genere essere inseriti a velocità nulla; l 'operazione
Cm+Cr = dt di innesto infatti deve essere quasi sempre effettuata in presenza di una
Integrando quest'ultima equazione si avrà infatti, nell'ambito delle ipo- piccola velocità angolare relativa tra i due elementi dell'accoppiamento.
tesi prima esposte: Gli innesti a denti si suddividono essenzialmente in tre tipi differenti;
esistono infatti innesti a denti rettangolari, a denti a spirale e a denti trape-
H;niz = Hfin ::oidali.
ossia: Gli innesti a denti rettangolari non sono molto diffusi: essi sono utilizzati
generalmente solo per applicazioni a bassa velocità (meno di 100 giri/min) e
334 335

per essi l'operazione di innesto avviene di norma in un campo di velocità alberi al termine dello slittamento e la quantità di lavoro dissipato dipendono
compreso tra i 2 ed i lO giri/min. sia dal valore della coppia trasmessa per attrito dalla frizione, sia dai valori
Gli innesti a denti a spirale vengono usati per velocità maggiori di quelle delle coppie esterne agenti sui due alberi, da quelli dei loro momenti di iner-
relative al caso precedente e l'operazione di innesto può avvenire per essi a zia e da quelli delle loro velocità. angolari iniziali. Con riferimento alla Fig. 245
velocità comprese fra i 2 ed i 150 giri/min.
Gli innesti a denti trapezoidali, infine, sono realizzati in genere mediante
molti denti p~sti sulla faccia di due dischi contrapposti, dischi che vengono di
solito inseriti tra loro utilizzando un comando elettromagnetico, e l'operazione
di innesto può svolgersi, a seconda dei tipi, a velocità comprese tra i 60 ed i
300 giri/min.

9.3 - Innesti ad attrito

Gli innesti ad attrito, detti comunemente frizioni, costituiscono il tipo


di innesti più comunemente utilizzato in campo meccanico. Essi sfruttano il
:~h'::~:::,~·:~·.:
fenomeno dell'attrito esistente tra due superfici a contatto per poter trasmet-
Fig. 245 - IiméSto. ad· attrito
tere una certa coppia fra due elementi rotanti a queste collegati, e possono
pertanto essere utilizzati per operazioni di innesto che debbano avvenire anche
ad alta velocità. ed in presenza di carichi notevoli. si considerino infatti i due elementi d~ll~:.frlzione collegati rispettivamente
l'uno all'albero motore, avente velocità inizi~e w 0 , e l'altro all'albero condotto,
Quando infatti i due elementi della frizione aventi diversa velocità ango-
inizialmente fermo, e si supponga ad esempio che il motore fornisca una coppia
lar~gono-poFtati-ar-conta@_,_ si ongma nell'accoppiamento una coppia di
di intensità costante Cm e che l'utilizzazione origini una coppia resistente di
a~.a della forza con cui i due elementi vengono premuti l'uJ:!o
intensità Cr proporzionale al quadrato della sua velocità angolare. Se si indica
contro l'altro, sia della geometria della frizione stessa, sia infine del valore del
con c, l'intensità della coppia trasmessa per attrito tra i due elementi della
c~ffi:cfente dC~ttrito relati~-~l.la_f.QPQia-~-~ateriajT;_--;;-~~Và:Osser­
frizione, si è allora in grado di scrivere le equazioni di equilibrio dell'albero
vato che, se quest'liftimo è costante o comunque diro~o variabile in modo da
motore e di quello condotto, equazioni date rispettivamente dalle:
poter essere sostituito con buona approssimazione dal suo valor medio, anche
la coppia trasmessa per attrito tra le due superfici della frizione si mantiene
costante.
Una volta che i due elementi della frizione hanno raggiunto la stessa Cm -c, - I1 d~1 =O
(2.181)
velocità angolare, si passa da una fase di trasmissione della coppia per at- {
trito dovuto allo strisciamento ad una fase di trasmissione della coppia per Cf- Cr -I~• dw2
dt =O
aderenza fra le due superfici, ed è ovvio che in queste condizioni la coppia
trasmessa attraverso la frizione può assumere valori qualsiasi purchè questi si
mantengano entro il limite massimo stabilito dalle condizioni di aderenza. Poichè nell'ambito delle ipotesi assunte Cm e c1 sono costanti, si ricava
La durata dell'operazione di innesto, la velocità angolare comune ai due dall'integrazione della prima delle (2.181) che la velocità angolare dell'albero
motore, inizialmente pari a w0 , varia durante l'operazione di innesto in fun-
336 337

zione del tempo t secondo la: L'andamento nel tempo delle velocità. angolari dell'albero motore e del-
l'albero condotto, per il caso di innesto ad attrito precedentemente esaminato
(2.182) è qualitativamente riportato nel grafico della Fig. 246 in cui le curve l, 2 e 3
rappresentano rispettivamente le (2.182), (2.183) e (2.184).

Dalla seconda delle (2.181), tenendo conto del fatto che Cr = Co+ kwi
e che w2 è inizialmente nulla, si ottiene, dopo alcune semplificazioni, l'espres- w
sione. che fornisce, in funzione del tempo t, la legge di variazione della velocità.
angolare w 2 dell'albero condotto. Si avrà. pertanto:

(2.183)

Uguagliando tra loro la (2.182) e la (2.183) si ricava una equazione nella varia-
bile t che, una volta risolta., fornisce il valore del tempo t• relativo all'istante
terminale della fase di innesto, ed è ovvio che la corrispondente velocità. ango-
lare w* comune ai due mer,nbri dell'accoppiamento è quindi ottenibile ponendo
t= t• indifferentemente nella. (2.182) o nella. (2.183).
Una volta terminata la fase di slittamento, gli alberi motore e condotto
posseggono, come si è visto, la stessa velocità. e l'equazione del moto del Fig. 246 - Velocità degli alberi motore e condotto in un innesto ad attrito
sistema in esame, per istanti corrispondenti a valori di t maggiori di t•, è
data da:
La quantità di lavoro dissipata durante l'operazione di innesto della
~ dw
Cm -Co - kw- - (11 + /2) dt =O frizione è calcolabile sia mediante la (2.179) sia osservando che, essendo in
questo caso la fonte della dissipazione dovuta unicamente all'effetto dell'attrito
Procedendo all'integrazione di questa equazione differenziale, e ricor- esistente tra gli elementi della frizione stessa, essa vale di conseguenza:
dando che per t = t* si ha w = w*, si è in grado di ricavare, dopo alcuni
passaggi, che la velocità angolare ~ del sistema complessivo ad un istante t
generico successivo a quello corrispondente al termine della fase di innesto è (2.185)
data da:

l (l + aw* )e(t-t.)/T - (l - aw•) dove al posto di w 1 ed w 2 debbono èssere ovviamente sostituite le rispettive
(2.184) w-
- a (1 + aw•)e(t-t•)jT- (1- aw•) espressioni fornite dalla (2.182) e (2.183).
Va infine osservato che si è finora ipotizza.to di conoscere il valore c1
dove:
della coppia trasmessa dall'innesto grazie alla presenza dell'attrito esistente
a-
- tra le due superfici a contatto dell'accoppiamento, ma che d'altro canto non

{ 7
= 2jk(Cm- Co)
se ne è mai fornita una sua espressione esplicita. Nei paragrafi successivi ver-
ranno pertanto esaminati diversi tipi di frizioni in modo da poter ricavare per
ciascuno di essi il rispettivo valore della coppia c, trasmessa durante la fase
338 339

di innesto in funzione e delle caratteristiche geometriche dell'accoppiamento Dohmen-Leblahc (Fig. 247): esso è infatti costituito da quattro pattini P,
e delle forze ad esso applicate. solidali all'albero motore, che possono scorrere in direzione radiale; spostando
il collare Gin direzione assiale la molla M viene compressa ed esercita di con-
seguenza una forza in direzione radiale che serra i quattro pattini dell'innesto
nelle corrispondenti gole ricavate nella campami. E.
9.4 - Frizioni radiali

Nelle frizioni radiali i due elementi costituenti la frizione vengono portati


a contatto, durante l'operazione di innesto, mediante uno spostamento relativo
tra le rispettive superfici di attrito in direzione radiale. Le frizioni radiali
possono essere a tamburo, ed in tal caso esse hanno un aspetto identico a quello
dei freni a tamburo, oppure a gole, ed in questo caso esse sono costituite da più
pattini collegati ad un albero ed aventi tutti una superficie esterna sagomata
in modo tale da poter essere inseriti, durante il funzionamento, entro una o
più gole corrispondenti ricavate sulla superficie interna di un cilindro solidale
all'altro albero dell'accoppiamento.

Fig. 248- Forze agenti sui pattini dell'innesto Dohmen-Leblanc

Si consideri ora uno dei pattini costituenti l'innesto (Fig. 248), e si


supponga che la forza radiale S con la quale viene premuto ogni pattino sia
egualmente suddivisa fra le varie gole che lo costituiscono. Se si indicano con
N la forza agente in direzione radiale in ogni gola e con a l'angolo di apertura
della gola stessa, si ha ovviamente che l'intensità della forza N' scambiata fra
le singole superfici a contatto è data da:
Fig. 247- Innesto Dohmen-Leblanc
N= 2N'sin ~
2
L'applicazione di questo tipo di frizioni è limitato a soluzioni tecniche
implicanti basse velocità di rotazione degli alberi del sistema, in quanto, per mentre la forza tangenziale di attrito Ft ha un'intensità data da:
valori elevati della loro velocità angolare le forze centrifughe agenti sui pat-
, !N
F
tini diverrebbero di intensità tale da provocare fenomeni non trascurabili di t = 21 N = sin(a-/2)
disturbo durante l'operazione di disinnesto.
Un tipico esempio di innesto radiale a gole è riscontrabile nell'innesto dove j3 rappresenta al solito il valore del coefficiente di attrito relativo alla
coppia di materiali costituenti le superfici a contatto dell'innesto.
340 341

Se S è l'intensità della forza radiale agente su ciascun pattino (va os- accostamento rigido; l'unica differenza consiste nel fatto che nel caso della
servato che S ed N sono uguali solo nel caso che il pattino sia costituito da frizione la superficie di attrito si estende per l'intero giro e che, sempre nel
un'unica gola), n il numero dei pattini e d il loro diametro medio, l'intensità caso della frizione, entrambi i dischi costituenti l'accoppiamento sono contem-
della coppia totale c1 trasmessa per attrito dalla frizione risulta in definitva poraneamente in rotazione durante la fase di innesto.
espressa dalla:
C
1
= njSd _ _ _ ,.,.,oferro
2sin(a/2) Pacco lamellare 1 Corpo es1ernu
hPO S • in olio
mentre la pressione p esistente in un punto generico dell'accoppiamento, nel- IO
acciaio/bronzo 2 Corpo tnterno porta-bobina

l'ipotesi che essa si distribuisca sulle superfici di contatto, vale: sintenzzato


3 Bussola

2N' S
p=-=
b{3d ibd{3 sin( a /2) 5 Ghtera O• regotaz•one

7 Lamelle esterne

dove {3 rappresenta l'angolo di apertura del pattino ed i il numero di gole 8 Lamelle tnterne
presenti in ogni pattino.
t D•sco distanziatore

10 Anello collettore

11 Anello tsolante
9.5 - Frizioni assiali
12 Dtsco •sotante

Le frizioni assiali sono costituite da due o più dischi che vengono col-
14 Bobtna
legati l'uno all'altro in direzione assiale. Nella loro realizzazione più semplice
15 Perno d• gutda
esse sono schematizzabili mediante due soli dischi, solidali a.i due alberi da
collegare, uno dei quali porta del materiale di attrito simile a quello utilizzato 11 Nollohno d• press•one

nei freni; serrando l'uno contro l'altro i due dischi con l'ausilio di una forza as- 17 Molla di distacco

siale N si ottiene, grazie alla presenza dell'attrito esistente fra le due superfici Pacco lamellare 18 Lamella anterna schermata

a contatto, una coppia di intensità c1 (Fig. 249) all'interno della frizione. tipo T • a secco •
acciaio/textar

Fig. 250- Frizione assiale a dischi multipli con comando elettromagnetico (Strornag-
Marzorati, Milano)

Supponendo perciò valida l'ipotesi di Reye sul consumo del materiale


per attrito, ed indicando con N il valore della forza assiale che preme le due
superfici di attrito, con fil valore del coefficiente di attrito relativo a.i materiali
a contatto e con r; ed re i raggi interno ed esterno della zona di contatto, si
Fig. 249 - Schema di frizione assiale semplice monodisco
ha dalla (2.171) che la coppia trasmessa per attrito vale in definitiva:

Una frizione assiale semplice è perciò identica ad un freno a disco ad


l

12. JACAZIO~PIO:\IBO- La trasmissione del moto


342 343

mentre l'intensità della coppia trasmessa per attrito, se t è al solito il coeffi-


' è data a sua volta da:
dente di attrito,
(2.186)
(2.188) C
1
= t1rpbd = 2
tNd
2 2sina:
e che la pressione p in un punto generico P dell'accoppiamento situato al raggio e da questo si vede che se la frizione è piana, ossia se a:= 1rj2, si ritrova per
generico r vale: c1 l'espressione fornita dalla (2.186).
N
p = -::----:---..,..
27rr(r e - r;)

Quando si debbono trasmettere coppie elevate, le frizioni assiali, anzichè


essere costituite semplicemente da due sole superfici di attrito, sono formate
da numerosi dischi (alcune realizzazioni prevedono addiritura l'impiego di 60
dischi) collegati alternativamente con l'albero motore e con l'albero condotto
(Fig. 250). I dischi, tutti mobili assialmente, a frizione inserita vengono tutti
premuti uno contro l'altro mediante la stessa forza assiale N e pertanto, se
i è il numero totale delle superfici di attrito che vengono a contatto durante
l'operazione di innesto, la coppia trasmessa durante l'operazione stessa dalla
frizione ha intensità pari a:

C j=Z'tNr.
-2 + r;-

Fig. 251 -Schema di frizione conica

9.6 - Frizioni coniche È opportuno ora osservare che se N è la forza necessaria a mantenere
premuti i due coni della frizione quando si vuole trasmettere la coppia Cf, la
Nelle frizioni coniche (Fig. 251) le superfici che trasmettono la coppia forza N' necessaria ad innestare i due coni risulta maggiore della N stessa.
per attrito hanno la forma di un tronco di cono. Si riesce in tal modo ad Quando i due coni vengono premuti uno contro l'altro infatti, danno luogo
ottenere, a parità di forza assiale con la quale vengono serrati .i due elementi ad un moto di strisciamento relativo lungo le loro generatrici di contatto con
della frizione, una coppia trasmessa per attrito di intensità molto superiore a conseguente nascita, lungo le generatrici stesse, di azioni tangenziali di attrito
quella relativa ad una frizione assiale-semplice. pari in ogni punto a tP (Fig. 252); l'effettiva forza N' necessaria ad innestare
Se si indicano infatti con d il diametro medio della frizione, con a: l 'angolo i due coni ha pertanto un'intensità pari a:
di semiapertura del cono, con p la pressione, supposta uniforme, esistente tra
le due superfici a contatto e con N l'intensità della forza assiale con cui i due N' =1rbdp(sin a:+ t cosa:)
elementi vengono premuti tra loro, si ha:
ossia, in base alla (2.187), essa vale in definitiva:

(2.187) N =1rpbd sin a: 1Y' =N(l + tftga:)


344 345

Dall'esame della (2.188) si nota chiaramente, a conferma di quanto in Ad ogni pattino è inoltre collegata una molla che lo assoggetta ad una
precedenza anticipato, che le frizioni coniche sono in grado di trasmettere una forza di richiamo di intensità FM pari a:
coppia molto maggiore, a parità di altre condizioni, di quella trasmissibile
dalle frizioni piane. Ciò, pur potendo da una parte costituire un vantaggio, FM = Fo+ kx
fa sì però che anèhe le accelerazioni del sistema, e quindi le relative coppie di
inerzia, siano molto superiori a quelle presenti nelle frizioni piane e proprio
per questo motivo le frizioni coniche, ampiamente usate in passato, sono ora
prevalentemente destinate ad applicazioni implicanti piccole potenze e basse
velocità periferiche.

Fig. 253 - Frizione a forza centrifuga


Fig. 252 - Forze scambiate tra. le superfici di una frizione conica durante il loro avvi-
cinamento
dove Fo rappresenta al solito il precari co iniziale della molla e k la sua rigidezza,
e pertanto, se a è il, gioco radiale iniziale esistente tra la superficie esterna dei
pattini e la superficie interna del cilindro solidale all'albero condotto, l 'ope-
9. 7 - Frizioni a forza centrifuga razione di innesto avrà inizio ad una velocità angolare w0 dell'albero motore
pari a:
Le frizioni a forza centrifuga sono costituite da un certo numero di pat- (Fo + ka)
tini rotanti~solidalmente all'albero motore e dotati della possibilità di scorrere wo = (h+ a)m
in direzione radiale (Fig. 253). Se m è la massa di ogni pattino, h la distanza
in condizioni statiche del baricentro di ogni pattino dall'asse del motore ed x il mentre per velocità angolari maggiori di wo la frizione trasmetterà una coppia
suo spostamento rispetto a questa condizione iniziale, il pattino è sottoposto, di intensità c1 pari a::
se l'albero a cui è collegato ruota ad una velocità angolare w, ad una forza
centrifuga di intensità pari a: c1 = i~d [m( h+ a)w 2
- (Fo + ka)]

dO\·e al solito i rappresenta il numero di pattini presenti nella frizione, d il loro


Fc =m( h+ x)w 2 diametro medio ed f il coefficiente di attrito relativo ai materiali a contatto.
346 347

Un altro tipo di innesto a forza centrifuga, sovente denominato innesto poso, leggermente sollevata rispetto ai due mozzi A e B solidali rispettivamente
a fluido secco, è costituito da tanti elementi centrifughi, realizzati con piccolis- all'albero motore S ed all'utilizzatore. Entrambe le estremità della molla sono
sime sfere di acciaio, contenuti entro un involucro solidale al motore. Quando piegate in modo da formare due linguette che vanno ad impegnarsi rispetti-
il motore inizia a ruotare, la forza centrifuga sospinge le sferette d'acciaio vamente nel mozzo B e nE'l collare C, collare che costituisce inoltre l'armatura
verso la periferia del loro involucro in modo da comprimerle tra questo ed un di un elettromagnet"e il cui avvolgimento E è situato nell'involucro fisso ed è
rotore, costituito da un disco sagomato, solidale all'utilizzatore. La Fig. 254 alimentato mediante i due cavi H.

Fig. 254- Innesto centrifugo a sferette di acciaio (Dodge, Mfg. Comapny)

illustra per l'appunto una realizzazione pratica di questo particolare innesto a


forza centrifuga, in cui l'albero motore è collegato ad un involucro doppio me-
diante un giunto elastico, mentre l'albero condotto porta due rotori sagomati
che vanno ad alloggiare nelle rispettive gole dell'involucro.
Fig. 255 - Innesto a nastro con comando elettromagnetico

9.8 - Innesti a nastro Quando l'avvolgimento non è percorso da corrente, il collare C risulta
libero e la molla M, le cui spire si avvolgono in parte sul mozzo A ed in parte
.sul mozzo B, si mantiene sollevata rispetto alla superficie dei mozzi stessi.
Gli innesti a nastro differiscono da quelli sinora esaminati in quanto
Poichè, come si è visto, gli estremi nella molla sono impegnati rispettivamente
presentano la caratteristica di essere unidirezionali, ossia di essere in grado di
nel mozzo B, solidale all'utilizzatore, e nel collare C, ne consegue che, in
funzionare solo per un determinato verso di rotazione.
mancanza di corrente nell'avvolgimento dell'elettromagnete, tutti e tre questi
Nelle versioni più recenti essi sono costituiti da una molla elicoidale M
elementi ruotano assieme all'utilizzatore, oppure mantengono una posizione
(Fig. 255) a sezione rettangolare la cui superficie interna è, in condizioni di ri-
di quiete se quest'ultimo è fermo.
348 349

Se si provvede invece ad alimentare opportunamente gli avvolgimenti Gli innesti ad isteresi, adatti alla trasmissione di piccole coppie (da
dell'elettromagnete, questo attira verso di sé il collare C, portandone la su- O, 05 a lO Nm), presentano, come si è già avuto modo di osservare a pro-
perficie Z a contatto del mozzo A e rendendo di conseguenza il collare C e posito dei freni dello stesso tipo, la proprietà di trasmettere una coppia di
la linguetta L della molla solidali all'albero motore. n secondo estremo della intensità proporzionale alla loro corrente di alimentazione, e grazie a questa
molla è d'altro canto sempre solidale al mozzo B, e la molla pertanto in queste loro caratteristica essi sono pertanto principalmente utilizzati nel campo della
condizioni si allunga, il suo diametro si riduce e le sue spire infine vengono strumentazione e nella realizzazione dei servocomandi.
premute contro le superfici cilindriche dei due mozzi realizzando così il colle-
gamento tra i due alberi.
Elettromagnete
La forza che l'elettromagnete deve esercitare è evidentemente molto pic-
cola, in quanto essa è unicamente quella necessaria a mantenere il collare C
contro il mozzo A mentre la trasmissione della coppia è affidata alla presenza
dell'attrito nella zona di contatto tra la molla ed i due mozzi.
Gli innesti a nastro, che possono trasmettere coppie molto elevate, pre-
sentano un tempo r di innesto molto inferiore a quello relativo alle frizioni
usuali (ma superiore a quello proprio degli innesti a denti) e tale tempo inol-
Fig. 256- Innesti elettromagnetici; a) ad isteresi; b) a correnti parassite; c) a parti-
tre non è tanto influenzato dall'entità della coppia trasmessa quanto dal valore
celle magnetiche
della velocità angolare relativa dei due alberi. Gli innesti a nastro, pertanto,
bene si prestano ad essere utilizzati in tutte quelle applicazioni caratterizzate
da un valore del momento di inerzia dell'utilizzatore abbastanza piccolo e nelle Gli innesti a particelle magnetiche sono usati in modo particolare dove
quali si richieda una piccola durata dell'operazione di innesto. esistano utilizzatori con elevati valori del momento di inerzia e sono in grado
di trasmettere coppie di intensità fino a 1000 Nm.
È evidente infine che, essendo il contatto tra collare e mozzo dell'albero
motore assicurato dalla forza esercitata dall'elettromagnete E, è necessario Gli innesti a correnti parassi te sono caratterizzati essenzialmente da due
alimentare l'avvolgimento dell'elettromagnete stesso anche quando l'innesto proprietà: quella di trasmettere una coppia proporzionale alla velocità relativa
è inserito; va però precisato che una tale dissipazione di potenza, pur verifi- tra i due elementi dell'innesto, e quella di possedere una vita praticamente
candosi per tutto il periodo di funzionamento dell'innesto, si mantiene entro infinita. Grazie alla prima caratteristica è evidente che non è mai possibile
limiti accettabili in quanto corrisponde a circa l Watt per ogni Nm di coppia ottenere una uguaglianza tra i valori delle velocità angolari dell'albero motore
massima trasmissibile dall'accoppiamento. e dell'albero condotto; questi innesti trovano la loro principale applicazione
come regolatori di velocità. Va osservato infine, che gli innesti a correnti
parassi te sono in grado di trasmettere coppie di intensità anché. elevate, fino
ad un massimo di 15000 Nm.
9.9 - Innesti elettromagnetici

Gli innesti elettromagnetici sono analoghi ai freni elettromagnetici esa-


9.10 - Considerazioni di progetto
minati nel relativo paragrafo del capitolo precedente e si avranno pertanto:
a) innesti ad isteresi (Fig. 256a); Sia nel progetto che nella scelta di un determinato tipo di frizione oc-
b) innesti a correnti parassite (Fig. 256b); corre tenere ben presenti, così come nei freni, due fa.ttori principali, e cioè:
c) innesti a particelle magnetiche (Fig. 256c). l'entità della coppia che deve essere trasmessa e la quantità di calore generata
350
351

all'interno della frizione ad ogni operazione di innesto. >


fornite, da parte dei costruttori, delle curve sperimentali che riportano, per
Per quanto concerne il valore della coppia che può essere trasmessa dalla ogni tipo di frizione, la quantità di calore massima che si può generare du-
frizione va osservato che esso, a parità di forza di comando, dipende, come
rante ogni operazione di innesto, in funzione del numero di innesti operati
si è visto nei precedenti paragrafi, dal valore del coefficiente di attrito e dalle
nell'unità di tempo. il grafico della Fig. 257 riporta per l'appunto la quantità
dimensioni geometriche della frizione stessa. È opportuno però ricordare che
massima di calore E che si può generare ad ogni operazione di innesto, in
il valore del coefficiente di attrito può variare al variare della velocità relativa
funzione del numero di innesti all'ora N, per diverse frizioni assiali a dischi
esistente tra le due superfici a contatto, come riportato nella Fig. 235.
multipli, ciascuna delle quali è caratterizzata dal valore della coppia massima
In media la coppia trasmissibile da una frizione' in condizioni stati che è Co trasmissibile in condizioni dinamiche. Le frizioni del diagramma di Fig.
di circa il 50% superiore a quella trasmissibile oltre i 5 mjs. 257 hanno lamelle in acciaio-ferodo e funzionano a secco. Per frizioni con
flusso d'olio di raffreddamento la capacità di smaltimento del calore aumenta.
500
kJ/ins,
Per queste frizioni la potenza termica dissipa.bile, a frizione fredda, è in genere
300 compresa fra l e 4 \V jmm 2 •
200

100

50
40
9.11 - Innesti di sopravanzo
o 30
~ 20
,2
Gli innesti di sopravanzo, detti anche ruote libere, costituiscono quella
""
'O 10
"'c
particolare categoria di innesti che conse1~tono all'albero condotto di sopra-
5
-~ 4 vanzare l'albero motore sia quando questo venga. arrestato o fatto ruotare
"
O,
'iii
3
<h in verso opposto a quello corrispondente al normale funzionamento dell'ac-
i5
coppiamento, sia quando, per effetto ad esempio di una inversione del carico
agente sull'albero condotto, la velocità di questo aumenti rispetto a quella
0,5
0,4 dell'albero motore.
0,3
0,2 Gli innesti di sopravanzo si suddividono, da un punto di vista costrut-
O,l
tivo, in tre tipi principali e precisamente in innesti:
a) a rulli;
numero inserzioni z
inserzioni/ora - - ·
b) a camme;
c) a molla.
Fig.257 - Dissipazione del calore in frizioni assali a dischi multipli. Funzionamento
a secco. (Stromag-Marzorati, Milano) Negli innesti a rulli, un esempio dei quali è schematizza.to nella Fig.
258-a, l'albero motore è collegato all'anello esterno E, l'albero condotto è
Per ciò che riguarda la quantità di calore sviluppata invece, è sufficiente solidale alla ruota. dentata I, i cui denti hanno fianchi rettilinei, e tra due
assicurarsi che essa non provochi un eccessivo aumento di temperatura nel denti successivi della ruota I trovano posto i rulli R che vengono leggermente
materiale d'attrito. Volendo procedere ad una determinazione approssimata premuti contro le superfici della ruota stessa e dell'anello E dall'azione delle
della massima temperatura raggiunta in una frizione, basta rifarsi a quanto molle M.
esposto a proposito dei freni. A tale riguardo tuttavia vengono normalmente Quando l 'anello esterno ruota nel verso indicato dalla figura, esso tende
a far rotolare i rulli R lungo le superfici inclinate della ruota dentata I, com-
352 353

primendoli di conseguenza tra l'elemento motore e l'elemento condotto. Se Se poi l'anello esterno E ruota in verso opposto a quello indicato nella
si trascura la forza esercitata dalla molla, generalmente di intensità molto Fig. 258, è evidente che esso non tende più a forzare i rulli R nelle rispet-
piccola, si può osservare che ogni rullo si trova soggetto all'azione di due tive sedi, e che di conseguenza la rotazione de}l'anello stesso non influenza .
sole forze, e precisamente quelle che rispettivamente gli trasmettono l'anello minimamente quella .della ruota dentata interna I, in quanto non esiste più la
esterno E e la ruota dentata I. Tali forze, indicate con F nella Fig. 258- possibilità di trasmettere il moto tra i due organi dell'accoppiamento.
b, devono essere necessariamente uguali ed opposte tra loro, e posseggono

b)

a) a)
R

!i..2
l

---,---
! l

Fig. 259 - Innesti a camme


+
Fig. 258 - Ruota libera a rulli

ciascuna una componente normale di intensità N ed una tangenziale di inten- Gli innesti a camme (Fig. 259-a) sono invece costituiti da un anello
sità T. Va ora innanzi tutto osservato che solo se il rapporto T/N= tg (1/J/2) esterno E collegato all'albero motore, da un cilindro interno I collegato all'al-
risulta minore del valore del coefficiente di aderenza relativo ai materiali a bero condotto, e da una serie di elementi sagomati intermedi S. Se l'anello
contatto, la trasmissione del moto è effettivamente possibile, perchè in caso esterno E ruota nel verso indicato nella :figura, l'elemento intermedio Stende
contrario il rullo striscerebbe rispetto alle superfici dell'anello esterno e della a ruotare in verso orario (Fig. 259-b) e quindi, a causa della sua forma, si
ruota dentata, alterando di conseguenza il corretto funzionamento dell'inne- impunta tra i due cilindri. Anc}le in questo caso ogni elemento S è soggetto
sto. Se si suppone verificata la condizione sopra esposta e se C è l'intensità solo all'azione di due forze uguali ed opposte e la componente normale N di
della coppia trasmessa dall'accoppiamento, la componente normale della forza tali forze vale, come per l 'innesto a rulli:
scambiata tra ogni rullo e le superfici con le quali è a contatto vale ovviamente:
N=__!!!__
n d tg rJ
N- 2C
• - ndtg(1/J/2)
dove C rappresenta al solito il valore della coppia trasmessa, n il numero
dove n rappresenta il numero dei rulli R e d il diametro della superficie di degli elementi intermedi e d il diametro della superficie di contatto dell'anello
contatto dell'anello esterno E. esterno.
354

Gli innesti di sopravanzo a molla sono invece simili agli arresti a molla 10. TRASMISSIONI A FLUIDO
descritti nel capitolo precedente. In essi la molla M (Fig. 243) è montata
con una certa interferenza iniziale sull'albero condotto A, e l 'estremo H è
comandato dall'albero motore. Se H viene spostato nel senso indicato dalla
freccia tratteggiata, la molla viene ulteriormente serrata sull'albero condotto,
consentendo così la trasmissione del moto; se invece l'estremo H subisce uno
spostamento nel verso indicato dalla freccia continua, là molla ruota sull'albero
condotto A ed è soggetta solo a.lla coppia necessaria ad annullare l'interferenza
iniziale, coppia il cui valore è fornito dalla (2.177).
Rispetto agli innesti a. rulli ed a camme, gli innesti di sopravanzo a
molla si presentano più affidabili e meno costosi; essi sono soggetti tuttavia
all'inconveniente, non sempre a.ccetta.bile, di dar luogo di solito ad una rota- 10.1 - Classificazione delle trasmissioni a fluido
zione relativa di alcuni gradi tra. albero motore ed albero condotto durante
l 'operazione di innesto.
Le trasmissioni a fluido sono, come dice il nome, dispositivi in cui la
trasmissione della potenza meccanica avyi~l1e mediante l'interposizione di un
fluido. Nelle trasmissioni a fluido la .Pot,~nz~·meccanica viene trasmessa me-
diante una pompa dall'albero di ingresso a un fluido, e da questo trasmessa
successivamente, mediante una turbina o uri. motore, all'albero di uscita.
Esistono tre tipi diversi di trasmissioni a ffuido, e precisamente:
- trasmissioni idrostatiche;
- trasmissioni idrocinetiche;
- trasmissioni idroviscose.
Le trasmissioni idrostatiche sono fondamentalmente costituite da una
pompa e un motore volumetrici tra i quali circola una portata di fluido deter-
minata dalla velocità angolare e dalla cilindrata della pompa.
Le trasmissioni idrocinetiche sono invece costituite da un pompa centri-
fuga e da una turbina; la portata di fluido circolante dipende dalle condizioni
di funzionamento di tutta la trasmissione.
Le trasmissioni idroviscose utilizzano le forze tangenziali viscose che
si sviluppano fra due superfici in moto relativo, con fluido interposto, per
trasmettere la potenza meccanica tra un albero di ingresso ed uno di uscita.
356 357

10.2 - Trasmissioni idrostatiche Q =portata


épp = differenza di pressione tra mandata e aspirazione della pompa
Le trasmissioni idrostatiche costituiscono un particolare tipo di sistema
di trasmissione della potenza meccanica e sono formate da una pompa, in T/mp = rendimento meccanico della pompa
cui la potenza viene trasferita da un albero ad un fluido, e da un motore ll.p = cilindrata della pompa
idraulico, dove avviene il trasferimento inverso di potenza dal fluido ad un wp = velocità angolare della pompa
albero rotante. Nelle trasmissioni idrostatiche, a differenza delle trasmissioni
idrocinetiche, che verranno esaminate nei paragrafi 10.3, 10.4, 10.5, la pompa T/vp = rendimento volumetrico della pompa.
e il motore idraulico sono di tipo volumetrico (v. par. 8.10).
Lo schema di base di una trasmissione idrostatica è rappresentato nella In queste relazioni il rendimento meccanico T/mp tiene conto di tutte le
Fig. 260. Pompa e motore idraulico impiegati nelle trasmissioni idrostatiche perdite di potenza meccanica interne alla pompa: perdite dovute agli stri-
sono generalmente a pistoni, radiali o assiali, e possono essere a cilindrata sciamenti, in presenza di attrito, fra le parti in moto, agli effetti ventilanti
fissa e a cilindrata variabile. dovuti alla rotazione di un corpo entro un fluido, e alle cadute di pressione
nei passaggi interni della pompa. n rendimento volumetrico T/vp della pompa
tiene invece conto del fluido che ricircola internamente alla pompa tra la zona
ad alta pressione e quella. a bassa pressione, a causa dei trafilamenti interni.
Di conseguenza, di tutto il fluido che viene pompato nell'unità di tempo:
ll.pwp/27r, solo la quota espressa dalla (2.190) è utilizzata, mentre la parte
rimanente costituisce una fuga interna.
I rendimenti meccanico e volumetrico dipendono sia dal tipo di pompa
che dalle condizioni di funzionamento. E' evidente che, a parità di altre con-
dizioni, il rendimento volumetrico diminuisce all'aumentare della differenza
di pressione poiché aumentano le fughe interne. Invece il rendimento mecca-
nico inizialmente aumenta all'aumentare della differenza di pressione poiché
la quota di coppie passive, costanti e indipendenti dalla pressione, conta per-
Ps
centualmente meno rispetto alla coppia totale.
Per le pompe a pistoni assiali, che normalmente hanno i migliori rendi-
Fig. 260 - Schema di base di una trasmissione idrostatica
menti, i rendimenti nelle condizioni di progetto sono tipicamente:

Le relazioni fondamentali fra i parametri che caratterizzano il funziona-


mento delle pompe volumetriche, come già visto nel paragrafo 8.10, sono: 7Jmp = O, 90- O, 93
(2.189) c _ll.p~ {
7)vp = O, 95- O, 97
27r TJmp
P -

(2.190) .6.p
Q= _,, WpT)vp
2
Per il motore idraulico si hanno relazioni analoghe alle (2.189) e (2.190 ),
dove:
solo con i rendimenti che giocano un effetto opposto, per cui, utilizzando le
Cp = coppia applicata all'asse della pompa stesse notazioni delle (2.189) e (2.190) in cui ora il pedice m si riferisce al
358 359

motore, si ha: deriva dal fatto che, essendo pompa e motore due macchine volumetriche, la
portata di fluido circolante è, a parte le fughe, direttamente proporzionale
(2.191) alle velocità angolari della pompa e del motore. La presenza delle perdite
(meccaniche e volumetriche) altera leggermenté il comportamento della tra-
.6., l 7Jvm smissione idrostatica. rispetto al caso ideale, p1a non ne muta sostanzialmente
(2.192) Q= '2;Wm le caratteristiche.
Se la pompa e il motore sono a cilindrata fissa, il rapporto .6.p/.6.m fra
La differenza di pressione épm disponibile fra ingresso e uscita del mo-
le cilindrate è evidentemente costante. Se invece, la pompa, o il motore, o
tore non è, in generale, uguale alla differenza di pressione épp fra mandata e
entrambi contengono un dispositivoin grado di farne variare la cilindrata, la
aspirazione della pompa. Ciò poiché il moto del fluido nei· condotti tra pompa
trasmissione idrostatica diventa a rapporto di trasmissione variabile e realizza
e motore dà luogo a cadute di pressione. Si avrà quindi, in generale: di conseguenza un variatore continuo di velocità.
In molte applicazioni la pompa è collegata al motore primo che fornisce
(2.193)
la potenza meccanica e ruota a velocità angolare costante, o quasi costante;
facendo variare la cilindrata .6.r della pompa dal massimo fino a zero si ottiene
dove op0
rappresenta le cadute di pressione nelle tubazioni.
la possibilità di diminuire la velocità angolare del motore, fino ad annullarla.
Dalle (2.189), (2.191) e (2.193) si ottiene allora la seguente relazione fra Quando la velocità angolare del motore è nulla, è .6.p/.6., è uguale a zero, si
le coppie all'asse della pompa e del motore: ha pure, nel caso ideale, che Cp = O, indipendentemente dalla coppia agente
C, sull'asse del motore. Ciò significa che, variando la cilindrata della pompa fino a
(2.194) C -
.6.p
---'-"'--- + -6po -.6.p zero si può, nel caso ideale, mantenere una coppia all'asse del motore idraulico
p - .6., l)mpT/mm 2;r T/mp
senza che venga richiesta potenza alla pompa, e mentre questa continua a
Dalle (2.190) e (2.192) si ottiene la seguente relazione fra le velocità ruotare alla propria velocità angolare.
angolari: Anche se, in realtà, le perdite meccaniche e volumetriche fanno sì che,
a motore idraulico fermo, la pompa debba comunque generare un po' di po-
.6.p tenza che viene dissipata a causa dei rendimenti non unitari, le trasmissioni
(2.195) Wm = ~T/vpT/vmWp
um idrostatiche sono <;omunque estremamente vantaggiose quando si debbono ge-
nerare coppie e velocità angolari variabili ali 'asse di uscita di una trasmissione
Si consideri ora il ca.so ideale di una trasmissione idrostatica priva di (asse del motore idraulico) mentre l'asse di ingresso (asse della pompa) ruota
perdite in cui si abbia: T/mp = 7)mm = T/vp = T/vm = l e épo = O. In questo caso, a velocità angolare quasi costante.
le (2.194) e (2.195) diventano: Il dimensionamento di una trasmissione idrostatica viene normalmente
effettuato nel modo seguente. Nota la massima coppia Cm che deve essere for-

(2.196)
c,~ :m
.6.p
Cm nita dal motore idraulico, e stabilito il valore massimo di pressione op, al quale
deve lavorare l'impianto idraulico, si ricava, noto il rendimento meccanico del
{ - p w motore idraulico scelto, la cilindrata del motore .6.,o:
W m-~ p
"-'m

~ _ 2;rC,o
Da queste relazioni si vede come una trasmissione idrostatica ideale (2.19i) mO- 6p,7Jmm •
costituisca un organo di trasmissione con rapporto di trasmissione pari al rap-
porto .6.p/ .6.m fra le cilindrate della pompa e del motore. Questa caratteristica In base alla velocità :...·, 0 richiesta al motore idraulico si ottiene la portata
360 361

circolante nell'impianto, dalla (2.192): Se, come si è supposto finora, la cilind~ata, del motore è fissa e pari a
~mo, al diminuire della coppia rispetto al valore massimo Cmo, diminuisce, in
base alla (2.191), la differenza di pressione 6pm nell'impianto idraulico e, in
Qo = ~mo Wmo
base alla (2.194), la coppia Cp richiesta all'asse della pompa.
271' 7Jm
In certe applicazioni si vuole che, al diminuire della coppia in uscita
Conoscendo la velocità angolare wp alla quale deve ruotare l'asse della pompa, della trasmissione, aumenti la velocità angolare. Ciò è possibile nelle trasmis-
si ottiene, dalla (2.190), la cilindrata massima della pompa: sioni idrostatiche impiegando un motore a cilindrata variabile. Se infatti si
mantiene costante la cilindrata della pompa (che ruota a velocità angolare
costante) si mantiene pure costante la portata circolante nell'impianto. Di-
A _ ~mO Wmo
(2.198) "-"pO - --- -- minuendo allora la cilindrata del motore idraulico si ha, in base alla (2.192)
7]vp7Jvm Wp
un aumento della sua velocità angolare. Poiché la cilindrata ~m del motore,
mantenendo costante 6pm, è circa proporzionale alla coppia fornita dal motore
Sostituendo ~po nella (2.194) si ottiene il valore della coppia massima richiesta idraulico, si ottiene in questo caso una relazione circa iperbolica tra coppia e
all'asse della pompa. velocità angolare del motore idraulico (Fig. 262).

Wm

Fig. 261 - Variazione della velocità angolare del motore in funzione della cilindrata
della pompa (wp = costante)
Fig. 262 - Relazione coppia-velocità angolare di un motore idraulico a cilindrata va-
riabile alimentato a portata costante
Se ora, ferma restando la velocità angolare wp della pompa, viene fatta
diminuire la cilindrata ~P della pompa, la velocità angolare del motore e la
Si è finora supposto che la pompa della trasmissione idrostatica ruotasse
portata circolante nell'impianto diminuiscono. La velocità angolare del motore
a velocità angolare costante, o quasi costante. Ciò avviene in molte applica-
si annulla in corrispondenza di un valore di cilindrata ~pL, che costituisce il
zioni, ma in molte altre la velocità angolare della pompa è variabile e ciò
minimo necessario per compensare le fughe interne e mantenere la differenza
di pressione necessaria a equilibrare la coppia agente sull'asse motore in base non modifica, ovviamente, le caratteristiche fondamentali di funzionamento
delle trasmissioni idrostatiche. In certe applicazioni, ad esempio, le trasmis-
alla (2.191).
362 363

sioni idrostatiche sono usate per produrre, all'asse del motore, una velocità 10.4 - Giunti idraulici
angolare costante, indipendentemente dalla velocità angolare della pompa e
dalle variazioni di coppia sull'asse del motore. Ciò è ottenibile associando Un giunto idraulico (Fig. 263) è costituito da una pompa P che, ruo-
alla trasmissione idrostatica un regolatore che misura la velocità angolare del tando, accelera il flui~o che entra al suo raggio interno ed esce al suo raggio
motore idraulico e fa variare le cilindrate della pompa e del motore in modo esterno. L'energia cinetica così acquistata dal fluido viene da questo ceduta
da mantenere costante tale velocità. ad una turbina T, coassiale alla pompa, all'interno della quale il fluido stesso
Le trasmissioni idrostatiche sono normalmente impiegate per trasmet- rallenta nel passare dal raggio esterno a quello interno. Poiché il fluido passa
tere potenze comprese fra 5 e 250 kW. direttamente dalla pompa alla turbina e viceversa, la coppia che la pompa
trasmette al fluido è esattamente uguale, qualunque sia la condizione di fun-
zionamento a regime, a quella che il fluido trasmette alla turbina, e l'entità di
questa coppia dipende dalla portata di fluido e dalla velocità relativa esistente
10.3 - Trasmissioni idrocinetiche
tra pompa e turbina.

Le trasmissioni idrocinetiche sono anch'esse costituite, come le trasmis-


T
sioni idrostatiche, da un elemento (pompa) che trasmette potenza da un organo
ruotante a un fluido, e da un elemento (turbina) che trasmette potenza dal
fluido a un organo meccanico rotante. Tuttavia, nelle trasmissioni idrocineti-
che pompa e turbina non sono più macchine volumetriche, ma turbomacchine,
in cui la pressione del fluido, la portata. e la velocità angolare della pompa e
della turbina sono legate tra loro in modo più complesso.
2
Nelle turbomacchine non si ha una netta separazione meccanica fra la
zona ad alta e a bassa pressione, di conseguenza le trasmissioni idrocinetiche
forniscono un 'ottima protezione in caso di urti della parte meccanica collegata
alla turbina.
Le trasmissioni idrocinetiche sono normalmente disponibili per potenze
comprese fra l e 3000 kW; vi sono tuttavia applicazioni speciali fino a 25000
kW.
Fig. 263 - Schema di giunto idraulko
Esistono due tipi fondamentli di trasmissioni idrocinetiche:
- giunti idraulici Per poter meglio compfendere il funzionamento di un giunto idraulico,
- convertitori di coppia. si supponga ad esempio che in una certa condizione pompa e turbina ruotino
alla stessa velocità. In queste condizioni la differenza di pressione del fluido
Questi due tipi di trasmissioni verranno esaminati nei successivi para-
tra raggio esterno e raggio interno dovuta. al campo di forze centrifughe agenti
grafi.
su di esso è la stessa sia per la pompa che per la turbina; il fluido perciò non
circola fra questi due elementi dell'accoppiamento e la coppia trasmessa è
di conseguenza nulla. Se invece la turbina ruota ad una velocità angolare
inferiore a quella della pompa, la differenza di pressione creata dalla turbina
è minore di quella creata dalla pompa; si origina pertanto una circolazione di
364 365

fluido che al raggio esterno passa dalla pompa alla turbina, mentre al raggio la trasmissione del moto. Si può innanzi tutto osservare che, qualunque sia il
interno passa dalla turbina alla pompa e si ha di conseguenza un certo valore tipo di carico collegato alla turbina, la coppia resistente incontrata dal motore,
non nullo della coppia trasmessa, coppia la cui intensità è, a parità di velocità solidale alla pompa, è nulla per velocità angolare nulla. Ciò consente dunque
angolare della pompa, tanto ma.ggiore quanto minore è la velocità angolare al motore di raggiungere una certa velocità prima che la coppia resistente di-
della turbina ed è, al limite, massima quando la turbina è ferma. venti rilevante e questa proprietà assume una particolare importanza quando
Poiché, come si è visto, la coppia trasmessa è funzione della velocità si interponga ad esempio un giunto idraul~co tra un motore elettrico ed un
angolare relativa, è allora opportuno introdurre un parametro u, detto scor- utilizzatore, in quanto riduce notevolmente il valore della corrente assorbita
rimento, definito dal rapporto: allo spunto. Si può notare in secondo luogo che, se si verificano durante il
funzionamento rapide variazioni del carico sull'albero condotto, queste non
vengono praticamente risentite dal motore, ma portano come effetto ad una
(2.199)
rapida variazione dello scorrimento e quindi ad una successiva graduale varia-
zione della velocità del motore. Va osservato in terzo luogo che le vibrazioni
dove wp ed w 1 rappresentano rispettivamente le velocità angolari della pompa e gli urti eventualmente insorgenti durante il funzionamento vengono forte-
e della turbina. mente smorzati dalla presenza del fluido all'interno del giunto, ed infine va
La coppia trasmessa sarà quindi, per ogni tipo di giunto, funzione della rilevato che, quando si disponga di più motori in parallelo collegati ad un solo
velocità angolare della pompa wp e dello scorrimento u; la Fig. 264 mostra utilìzzatore, si riesce, inserendo dei giunti idraulici ali 'uscita dei motori, ad
per l'appunto il tipico andamento della coppia trasmessa in funzione delle ottenere una effettiva equiparazione del carico agente su di essi. .
succitate grandezze (le quantità Co ed w0 rappresentano rispettivamente una
coppia ed una velocità angolare di riferimento).
100

c c
Co (Nm)r-----------
65

50

0 ~~==----~~--------~10~0~0----~~~15~0~0~--~n--~
0 1354 1440 (giri/min)

Fig. 265 - Condizioni di funzionamento a regime di una trasmissione dotata di un


Wp/W 0 giunto idraulico
Fig. 264 - Coppia trasmessa in un giunto idraulico
Per concludere poi, è evidente che, essendovi in un giunto idraulico tra-
In base alle caratteristiche dei giunti idraulici ora descritte, si è dunque smissione di coppia solo per Yalori non nulli dello scorrimento. il motore e
in grado di rile\'are che essi presentano numerosi vantaggi per.quanto riguarda
366 367

l'utilizzatore ad esso collegati non possono mai a.:vere la stessa velocità ango- ed aumenta al tliminuire dello scorrimento in modo praticamente lineare (Fig.
lare. A questo proposito la Fig. 265 illustra ad esempio il caso di un motore 266); è ovvio però che per scorrimento nullo il rendimento del giunto è nuova-
elettrico asincrono, avente la caratteristica meccanica indicata dalla curva m mente pari a zero, in quanto in tali condizioni si annulla il valore della coppia
collegato ad un utilizzatore che fornisce una coppia resistente il cui andamento trasmessa C1•
è fornito dalla curva u.
Se il collegamento tra motore ed utilizzatore avvenisse tramite un giunto 1.0

_/ ~
od un innesto tradizionali, le condizioni di funzionamènto a regime del sistema
sarebbero evidentemente quelle individuate dal punto I 0 • Con l'interposizione
di un gi1;1nto idraulico, giunto che presenta, per un valore dello scorrimento
pari a 0,06, la caratteristica indicata dalla curva g, il punto di funzionamento
0.8

0.6 /
v
a regime del motore si sposta in I m, per cui la coppia da questo fornita vale /
C1 = 65 Nm e la sua velocità angolare vale nm = 1440 giri/min. n punto di 0.4 /
funzionamento dell'utilizzatore si sposta d'altro canto da Io ad Iu, per cui la ~
= /
coppia da esso assorbita vale sempre Ct 65 Nm, ma la sua velocità angolare
vale nu = 1354 giri/min, il che corrisponde proprio ad uno scorrimento u del
0.2
v
giunto pari a (nm - nu)/nm =O, 06. o~
o 02 0.4 0.6 0.8 1.0
Poiché la pompa e la turbina costituenti il giunto idraulico sono sostan- 1-cr
zialmente due macchine centrifughe, valgono evidentemente per esse le leggi Fig. 266- Rendimento di un giunto idraulico in funzione dello scorrimento
di similitudine delle turbomacchine, per cui la coppia trasmessa dal giunto
può essere in definitiva espressa sotto la forma: Si è finora fatto riferimento alle normali condizioni di funzionamento
dei giunti, nelle quali la potenza viene trasmessa, dalla pompa alla turbina,
(2.200) ma si possono a volte anche verificare temporanee situazioni particolari in cui,
per effetto dei carichi applicati, l 'utilizzatore collegato alla turbina accelera
dove wp rappresenta la velocità angolare della pompa, d il suo diametro esterno e raggiunge velocità superiori a quelle del motore. Per funzionamenti carat-
(Fig. 263) e ](A un fattore di accoppiamento, misurato in Ns 2 jm 4 , che assume terizzati da queste sovravelocità della turbina, il fluido circola nel giunto nel
lo stesso valore per giunti geometricamente simili e per lo stesso valore dello verso opposto a quello normale e la pompa funziona. così da freno fornendo in
scorrimento. E' evidente, in base alle considerazioni prima esposte, che il definitiva una coppia frenante tanto maggiore quanto maggiore è la differenza
fattore di accoppiamento è massimo quando lo scorrimento u è pari ad l ed è fra le velocità angolari della turbina e della pompa.
=
nullo per u O. Accanto ai giunti idraulici ora esaminati, in cui la quantità di liquido
Poiché inoltre per giunti idraulici geometricamente simili la coppia, e circolante nel giunto è costante, esistono anche giunti idraulici a riempimento
quindi la potenza trasmessa, sono proporzionali, in base alla (2.200), al dia- variabile nei quali si può regolare la quantità di fluido circolante tra pompa e
metro alla quinta, è altrettanto evidente che la potenza trasmissibile da un turbina. Essi posseggono generalmente (Fig. 267) una pompa volumetrica di
giunto idraulico raddoppia se si aumentano le sue dimensioni del 15%. riempimento a portata costante, che fa circolare il fluido immettendolo nella
n rendimento di un giunto idraulico, definito al solito come rapporto pompa centrifuga solidale all'albero motore, ed un tubo di aspirazione la cui
tra la potenza entrante e quella uscente dal giunto, è nullo per scorrimento posizione è regolabile e tale da determinare il livello di fluido nella pompa e
nella turbina costituenti l 'accoppiamento.
unitario, in quanto in tal caso la turbina è ferma e tutta la potenza meccanica
fornita dalla pompa viene dissipata sotto forma di calore nel fluido circostante,
369
368

10.5 - Convertitori di coppia

Si è visto nel precedente paragrafo che i giunti idraulici sono sostanzial-


mente degli innesti automatici: i convertitori di· coppia invece, pur svolgendo
le stesse funzioni dei.giunti idraulici, si differenziano da questi in quanto per
essi il valore della coppia agente sulla turbina è diverso da quello della coppia
agente sulla pompa. Per ottenere questa caratteristica i convertitori di coppia
presentano, in aggiunta alla pompa P ed alla turbina T, uno statore S avente
le funzioni di un elemento di reazione (Fig. 268). Poiché, in condizioni di
regime, la somma delle coppie agenti sui tre elementi deve essere nulla, si avra

Cp +Ct +C.= O

da cui appare evidente che è possibile ottenere una C 1 diversa dalla Cp, a
patto che l'elemento di reazione fornisca una opportuna. coppia di intensità C,
in grado di equilibrare la somma delle prime due.

Fig. 267- Giunto idraulico a riempimento variabile: p: pompa; t: turbina; a: tubo


di aspirazione; u: uscita di fluido verso lo scambiatore di calore; e: leva
di regolazione; m: albero motore; c: albero condotto; Pc: pompa di
circolazione; i: ingresso del fluido di ritorno dallo scambiatore di calore.
(Liquid Drive Corporation)

Se il livello del fluido si abbassa, e. quindi è minore la portata di fluido


circolante tra pompa e turbina, la coppia trasmessa, a parità di velocità an-
golare del motore ed a parità di scorrimento, diminuisce, e pertanto le curve Fig. 268 - Schema di convertitore di coppia: P: pompa; T: turbina; S: elemento
caratteristiche del funzionamento del giunto idraulico rappresentate nella Fig. stazionario di reazione
264 conservano lo stesso andamento, ma si appiattiscono tanto più quanto
minore è il livello di fluido presente. Come per i giunti idra.ulici, anche per i convertitori di coppia si definisce
lo scorrimento O' mediante il rapporto:

O'= Wp- Wt
Wp
371
370

Mediant~ queste due curve, ed utilizzando inoltre la (2.201), si è in


dove wp ed Wt sono rispettivamente le velocità angolari della pompa e della
turbina, ed anche in questo caso la coppia che deve essere fornita dalla pompa grado poi di determinare i valori delle coppie agenti sulla pompa e sulla tur-
bina in tutte le altre condizioni di funzionamento. Alla velocità angolare di
è esprimibile come:
riferimento w 0 si avrà infatti:

(2.201) (2.202)

dove al solito d rappresenta una dimensione caratteristica della pompa (nor- per cui dalle curve di Cp e di 1J in funzione di wtfwp si ricava il valore della
malmente il diametro esterno) e ]{A il fattore di accoppiamento misurato in coppia Ct agente sulla turbina in quelle condizioni. Dalla (2.201) inoltre, si ha
· N . s2 fm 4 • Questo fattore è funzione dello scorrimento e del tipo di converti- che la coppia Cp agente sulla pompa ad una certa velocità angolare w diversa
tore ma, per convertitori geometricamente· simili ed a parità di scorrimento, da w0 è legata alla coppia Cp 0 agente sulla pompa stessa nelle condizioni di
esso è indipendente dalle loro dimensioni e dalla velocità angolare della pompa. riferimento dalla:
Le prestazioni di un convertitore di coppia sono normalmente presen-
tate nel modo seguente: una volta stabilita una certa velocità angolare di
Cp = Cpo (:J 2

riferimento della pompa w0 , vengono per essa fornite due curve in funzione ed una analoga relazione si avrà evidentemente per le coppie agenti sulla
del rapporto tra le velocità angolari della turbina e della pompa; la prima turbina. Quest'ultima relazione però non è esattamente verificata in corri-
individua l'andamento della coppia fornita dalla pompa (oppure del fattore di spondenza della condizione di stallo, ossia quando la turbina è ferma, e per
accoppiamento), mentre la seconda caratterizza l'andamento dei rendimento scorrimenti prossimi ad l. Vengono pertanto anche normalmente fornite, in
1J del convertitore (Fig. 269). funzione della velocità angolare wp della pompa, sia la curva che individua il
valore del rapporto esistente tra la coppia C1, agente sulla turbina e la coppia
Cp, agente sulla pompa nelle condizioni di stallo, sia la curva della coppia Cp,
c agente sulla pompa nelle stesse condizioni (Fig. 270).

Wp
Fig. 269 - Coppia fornita dalla pompa e rendimento di un convertitore di coppia ad
una data velocità angolare wo della pompa Fig. 2i0 - Andamenti della coppia agente sulla pompa e del rapporto tra le coppie
agenti sulla turbina e sulla pompa in condizioni di stalle
372 373

Dall'esame della. (2.202) e della. Fig. 269 si possono trarre, per quanto ben determinato verso; quando tale coppia cambia di segno, lo statore, col-
concerne il comportamento dei convertitori di coppia, alcune importanti con- legato come si è visto all'involucro mediante una ruota libera, non può più
clusioni. In primo luogo si osserva che la coppia agente sulla turbina è nulla fornire una coppia di reazione ed in queste condizioni un convertirore di cop-
quando lo scorrimento è nullo, ed è crescente all'aumentare di questo; in se- pia ad uno stadio si trasforma evidentemente in un giunto idraulico, in quanto
condo luogo appare evidente che la curva del rendimento presenta un massimo tutta la coppia agent~ sulla pompa deve essere ad ogni istante equilibrata da
per un certo valore dello scorrimento (J che, al contrario di quanto accade per i quella agente sulla turbina. In questo senso si dirà pertanto che il convertitore
giunti idraulici, non sempre è prossimo a zero. Sovente infine, viene introdotto è bifasico.
per i convertitori di coppia un parametro detto rapporto di utilizzazione; esso
è definito come il rapporto tra. i valori massimo e minimo di wt/wp per cui
il rendimento TJ del convertitore è maggiore di O,i, ed esso fornisce di conse-
guenza un'indicazione sul campo di condizioni normali per non dissipare una
potenza eccessiva.
Accanto al tipo fondamentale
di convertitore di coppia. schema.tiz-
zato nella Fig. 268 e il cui spaccato è
riportato nella Fig. 271, ne esistono
nella pratica. molti altri tipi, da que-
sto derivati, e miranti allo scopo di
migliorarne le prestazioni, anche se
con una maggiore complessità di co-
struzione.
Si hanno, infatti, convertitori Fig. 272 - Convertitore di coppia mo- Fig. 273 - Convertitore di coppia mo-
di coppia pluristadio e polifasici. nofasico a tre stadi nofasico ad uno stadio
Si definiscono convertitori di
coppia a più stadi quei convertitori Le Figg. 272 e 273 illustrano gli schemi rispettivamente di un converti-
che posseggono più turbine, tutte tore di coppia monofasico a tre stadi e di un convertitore di coppia. polifasico
solidali all'albero condotto, mentre ad uno stadio. Si noti però che nel convertitore polifasico della Fig. 2i3 vi
si definiscono polifasici quei conver- sono in realtà due pompe in serie P 1 e P 2 tra le quali è posta una ruota libe-
titori di coppia nei qua.li lo statoi'e, o ra L.
gli statori, che forniscono la coppia.
di reazione sono collegati a.ll'involu-
cro fisso mediante l 'inserimento di 10.6 - Trasmissioni idroviscose
una o più ruote libere. In quest'ul-
timo caso quindi, lo statore è effet- Fig. 271- Spaccato di convertitore di cop- Le trasmissioni idroviscose (Fig. 27 4) sono costituite da. una. serie di
tivamente fisso solo finché la coppia pia: c: carcassa; p: pompa; m: albero dischi affacciati, collegati alternativamente all'albero di ingresso e a quello di
che il fluido esercita su di esso ha un motore; t: turbina; u: albero condotto
uscita, tutti immersi in olio. Indicando con d 2 e d 1 i diametri esterno e interno

13. JACAZIO-PIOl\180- La trasmissione del moto


374
l
dei dischi, con p. la viscosità del :fluido, con wr la velocità angolare relativa fra 11. CUSCINETTI
i dischi solidali all'albero di ingresso e a quello di uscita, con h la distanza fra
i dischi, la coppia trasmessa per ogni superficie di disco è, in base alla {1.87),
(Vol. I, para. 3.12):

M= 11'"J.LWr(d~- di)
(2.203)
32h

La coppia totale trasmessa dipende, ovviamente, dal numero di superfici af-


facciate.
11.1 - Considerazioni generali

Scambiatore
di calore Si definiscono generalmente come cuscinetti tutti quegli organi mecca-
nici aventi sia la funzione di supportare i carichi applicati ad un albero rotante
da parte degli altri elementi della catena cimnematica alla quale questo ap-
. partiene, sia la proprietà di originare nel contempo coppie resistenti di piccola
intensità. I cuscinetti si suddividono poi; in base al principio di funzionamento
che li caratterizza, in due grandi categorie:· nella prima, quella dei cuscinetti a
ingresso
strisciarnento, l'albero ruota entro una boccola cilindrica di diametro legger-
mente maggiore a quello dell'albero stesso, e nel cui interno viene normalmente
introdotto un opportuno lubrificante; nella seconda categoria invece, e preci-
samente in quella dei cuscinetti a rotola.rnento, tra l'organo rotante e quello
fisso dell'accoppiamento si interpongono degli appositi elementi intermedi di
rotolamento (quali ad esempio rulli o sfere), riuscendo così ad ottenere un
moto relativo di rotolamento puro tra i vari componenti dell'accoppiamento
Serbatoio stesso.
La scelta del tipo di cuscinetto da adottare in una generica soluzione
Fig. 274- Trasmissione idroviscosa costruttiva è evidentemente in:fl.uenzata dalla presenza o meno di numerosi
fattori, che verranno più avanti esaminati; in linea di massima conviene co-
Poiché il rapporto fra coppia e velocità angolare dipende dalla distanza munque qui anticipare che:
h fra i dischi, regolando questa variabile è possibile mantenere costante la a) i cuscinetti a rotola.mento sono in grado di sopportare la presenza di
velocità angolare al variare della coppia trasmessa. forti carichi sia ad albero fisso che ad albero rotante;
Le trasmissioni idroviscose sono realizzate in un campo di potenze molto b) i cuscinetti a strisciamento possono in genere sopportare solo carichi
ampio, fra 3 e 1500 kW. limitati ad albero fermo;
c) la capacità portante dei cuscinetti a strisciamento aumenta in genere
all'aumentare della velocità.
376 377

Qualunque sia il tipo di cuscinetto in esame poi, va osservato che esso


può essere soggetto o ad un carico radiale (e quindi giacente in un piano Va= Ve+ V1 =w r
0 0 +w;r;
normale all'asse di rotazione), oppure ad un carico assiale (diretto parallela- 2 2
mente all'asse di rotazione), oppure infine ad un carico misto, derivante dalla mentre, indicando con d il diametro della sfera, si otterrà. ovviamente il valore
contemporanea presenza di un carico radiale e di uno assiale. della velocità angolare w, di quest'ultima mediante la relazione:
Nel presente capitolo verranno pertanto esaminate per ciascun tipo di
cuscinetto, ed iniziando da quelli a rotolamento, sia le principali soluzioni
costruttive sino ad ora realizzate, sia le metodologie di calcolo da seguire onde
poter valutare l'entità. dei carichi massimi sopportabili dal cuscinetto stesso.

11.2 - Principi di funzionamento di un cuscinetto a rotolamento

Un cuscinetto a rotolamento è costituito da quattro elementi principali


(Fig. 275): un anello interno I solidale all'albero rotante, un anello esterno
E solidale all'involucro o ad un altro ele-
mento di supporto, degli elementi intermedi
di rotolamento S (sfere nel caso della Fig.
275) ed una gabbia distanziatrice G, la cui l
funzione, come è facile intuire, è unicamente
quella di mantenere equidistanziati tra loro
gli elementi di rotolamento S.
Onde determinare le caratteristiche ci-
nematiche di un cuscinetto a rotolamento, si Fig. 276 - Velocità degli organi caratteristici di un cuscinetto a rotolamento
supponga ora che i due anelli, quello interno
di raggio r;, e quello esterno di raggio r., ruo- Si noti infine che la velocità Va del centro della sfera è pari alla velo-
tino rispettivamente alle velocità angolari w; cità periferica della gabbia distanziatrice, per cui la velocità angolare n~ di
ed w. (Fig. 276) e che tra essi siano interposte quest'ultima varrà evidentemenete:
ad esempio delle sfere: le velocità dei punti
di contatto fra i due anelli ed una qualsiasi Fig. 275 - Cuscinetto radiale
n - Va = Were +w;r;
delle sfere saranno pertanto date da: rigido a sfere (SKF)
9
- (r; + d/2) 2r; +d

Volendo ora valutare l'entità di quella particolare coppia resistente,


agente sull'anello interno, dovuta al rotolamento delle sfere sui due anelli, si
r;w; supponga ad esempio che il carico agente in direzione radiale su di una sfera
e di conseguenza la velocità del centro G di ogni sfera varrà: valga P; in presenza di attrito volvente le forze scambiate tra sfera ed anelli
non passeranno ovviamente più per i punti geometrici di contatto ma passe-
ranno, nell'ambito della schematizzazione esposta nel paragrafo 3.13 del l o
378 379

volume, per i punti di E ed I spostati rispetto ai punti geometrici di contatto


di una distanza u pari al parametro di attrito volvente (Fig. 277).
TABELLA V - Coefficiente di attrito equivalente nei cuscinetti
a rotolamento

Tipo di cuscinetto !.
Cuscinetti a sfere o a rulli oscillanti 0,0010
Cuscinetti a rulli cilindrici 0,0011
Cuscinetti reggispinta a sfere 0,0013
Cuscinetti radiali a sfere 0,0015
Cuscinetti a rulli conici e a botte 0,0018
Cuscinetti a rullini 0,0045

Fig. 277- Effetto della presenza dell'attrito volvente nei cuscinetti a rotolamento Quella ora valutata non è però l'unica fonte di dissipazione di energia
meccanica presente in un cuscinetto a rotolamento; si possono ritrovare in-
La forza R scambiata tra sfera ed anelli avrà pertanto un'intensità ap- fatti anche dissipazioni di energia per effetto delle resistenze di attrito dovute
prossimativamente eguale a R = P/ cost:, dove t: == arctg(2u/d), e quindi la allo strisciamento delle sfere contro la gabbia distanziatrice, per effetto dei
forza che la sfera esercita. sull'anello interno possiederà una componente in fenomeni di isteresi nel materiale e per effetto di una resistenza addizionale
direzione tangenziale pari a: al moto dovuta ad una eventuale eccessiva quantità di lubrificante all'interno
del cuscinetto. A causa della complessità e della varietà delle singole azioni
2u presenti, la resistenza complessiva al moto per un cuscinetto a rotolamento
T= Ptgt: =-P
d viene di solito espressa introducendo un coefficiente di attrito equivalente fe
che tenga conto di tutte le cause di dissipazione ed il cui valore è solitamente
Ciò significa in definitiva che, per contrastare l'effetto dovuto alla pre- ricavato con metodi sperimentali.
senza dell'attrito volvente, deve essere applicata all'anello interno una coppia Alcuni valori medi del coefficiente di attrito equivalente riscontrabili nei
di intensità C; pari a: principali tipi di cuscinetti utilizzati nella pratica sono riportati nella Tabella
2u V, ed in base a questi valori si potrà calcolare l'entità Gr della coppia resistente
C; =T . r; = dr;P agente sull'anello interno mediante la:
e che, se l'anello interno ruota alla velocità angolare w;, durante il moto di
rotolamento viene dissipata una potenza w, pari a:

dove P1 rappresenta l'intensità del carico radiale agente sul cuscinetto e r; rap-
presenta al solito il valore del raggio dell'anello interno del cuscinetto stesso.
380 381

11.3 - Tipi di cuscinetti a rotolamento tale da presentare la direzione del carico agente sulla sfera obliqua rispetto
all'asse del cuscinetto. Entrambi i tipi sono in grado di sopportare carichi
Le realizzazioni dei cuscinetti a rotola.mento a tutt'oggi esistenti presen- assiali anche elevati, con la differenza che, mentre il cuscinetto ad una corona
tano differenti caratteristiche costruttive a seconda del tipo di carico che essi di sfere può sopportare un carico assiale diretto in un solo verso, il cuscinetto
debbono sopportare (radiale, assiale o misto), dell'entità dE>Jlo stesso, della loro a due corone di sfere può sopportare un carico assiale agente in entrambe le
velocità angolare, dell'ambiente in cui debbono funzionare e dell'accuratezza direzioni. In tutti e due i casi infine, i valori del massimo disallineamento
di montaggio. Una descrizione particolareggiata di tutti i tipi di cuscinetti a tollerabile dal cuscinetto sono estremamente bassi.
rotolamento esula dagli scopi del presente volume, per cui ne verranno qui di
seguito analizzati solo i tipi principali. Cuscinetti a rulli cilindrici (Fig. 279-a). Sono cuscinetti adatti a sopportare
elevati carichi radiali ad alta velocità di rotazione. I rulli sono in genere guidati
Cuscinetti radiali rigidi a una corona di sfere. Sono il tipo di cuscinetti rap-
dai bordini esistenti su uno dei due anelli, mentre l'altro ne è normalmente
presentato nella Fig. 275. Essi sono in grado di sopportare un carico assiali
privo, e ciò consente quindi un piccolo spostamento relativo degli anelli in
pari a circa il 40 ..;-50% del massimo carico radiale ed ammettono un disalli-
direzione assiale. Si possono ritrovare nelle applicazioni anche casi di cuscinetti
neamento massimo tra gli assi dell'accoppiamento dell'ordine di 0° 15'.
a rulli cilindrici dotati di bordini di guida su entrambi gli anelli, e tali cuscinetti
Cuscinetti radiali oscillanti a sfere .(Fig. 278-a). Posseggono in genere due possono di conseguenza guidare l'albero in direzione assiale a condizione però
corone di sfere rotolanti e la pista di rotolamento ricavata nell'anello esterno che gli ::;forzi agenti in tal senso siano molto piccoli.
è comune ad entrambe. Grazie a tale accorgimento, questo cuscinetto tollera
piccoli disallineamenti (fino a 2°30' circa), mentre la sua capacità di carico a)
assiale è pari a circa il 25% di quella radiale.

a) bJ C)

Fig. 279- Cuscinetto a rulli cilindrici (a) e cuscinetto oscillante a rulli (b) (SKF)
Fig. 278- Cuscinetti radiali a sfere oscillanti (a) e cuscinetti obliqui (b e c)
Cuscinetti oscillanti a r·ulli (Fig. 219-b). Sono costituiti da due corone di
Cuscinetti obliqui a sfere. Possono essere a una (Fig. 278-b) o a due (Fig. rulli che rotolano su una pista sferica comune ricavata nelranello esterno.
278-c) corone di sfere. In essi le piste di rotolamento sono r~cavate in m od o Essi possono quindi tollerare un certo disallineamento (fino a l o 30') e possono
382 383

resistere anche a carichi assiali di intensità contenute entro un valore limite a)


pari a circa il 30% di quella del carico radiale massimo.

Cuscinetti a rulli conici (Fig. 280). Questi cuscinetti vengono usati in tutte
quelle applicazioni caratterizzate dalla presenza di carichi assiali e radiali di
forte intensità; essi sono normalmente montati in coppia in modo da poter
sopportare spinte assiali nei due sensi ed è importante osservare che, per
ottenere un funzionamento cinematicamente corretto, le generatrici e l'asse dei
rulli conici debbono necessariamente incontrarsi in uno stesso punto situato
sull'asse del cuscinetto.

Fig. 281- Cuscinetti reggispinta a sfere a semplice effetto ad anelli piani (a) e ad
anelli sferici (b)

a) b)

Fig. 280 - Cuscinetti a rulli conici

Cuscinetti reggispinta a sfere a semplice effetto. Possono essere ad anelli piani


(Fig. 281-a) oppure ad anelli sferici (Fig. 281-b), ed in quest'ultimo caso
consentono piccoli disallineamenti degli assi dell'accoppiamento. È chiaro poi
che entrambi questi cuscinetti possono resistere a spinte assiali dirette in un
solo verso, e che inoltre es.si non sono in grado di sopportare carichi radiali.

Cuscinetti reggispinta a sfere a doppio effetto. Sono simili ai precedenti, ma


posseggono due corone di sfere anzichè una e riescono pertanto a sopportare
spinte assiali dirette in entrambi i versi. Anche questi cuscinetti possono avere
anelli piani (Fig. 282-a) od anelli sferici (Fig. 282-b ).

Cuscinetti reggispinta oscillanti a rulli sferici (Fig. 283). Posseggono una co- Fig. 282- Cuscinetti regggispint.a a sfere a doppio effetto ad anelli piani (a) e ad
rona di rulli posti obliquamente e rotolano su due piste sferiche, presentando anelli sferici (b)
384 385

così una elevata capacità di autoallineamento. Questi cuscinetti possono in- Cuscinetti a rullini. Sono utilizzati ogni qualvolta vi sia uno spazio limitato
fatti tollerare disallineamenti fino a circa 3° e sono in grado, contrariamente ai per l'installazione del cuscinetto, e sono costruiti normalmente per sopportare
cuscinetti reggispinta precedentemente esaminati, di sopportare anche discreti carichi radiali (Fig. 284-a); esistono tuttavia anche cuscinetti reggispinta a
carichi radiali. rullini (Fig. 284-b), ma in essi, contrariamente a quanto accade in tutti gli
altri tipi di cuscinet-ti fin qui esaminati, il moto relativo tra rullini ed anelli
è un moto di rotolamento puro solo in corrispondenza di un ben determinato
raggio, mentre in tutti gli altri punti di contatto si è in presenza di velocità
relative di strisciamento diverse da zero.

11.4- Vita di un cuscinetto e carico sopportabile durante il funzio-


namento

Si consideri ora un generico cuscinetto e si supponga che esso sia sotto-


posto all'azione di un certo carico: è chiaro che tutte le volte in cui un organo
intermedio di rotola.mento (sfera. o rullo) passa nella zona di applicazione del
Fig. 283 - Cuscinetti reggispinta oscillanti a rulli sferici carico, l 'elemento stesso ed i pun ti degli anelli con i quali esso viene a contatto
sono sottoposti ad una sollecitazione locale.
a) b) Gli elementi costituenti il cuscinetto vengono perciò sottoposti ad una
serie di sollecitazioni variabili nel tempo per cui il cuscinnetto stesso, dopo una
vita più o meno lunga a seconda delle sue condizioni di carico e di funziona-
mento, è soggetto ad una rottura per fatica, o ra.ggiunge una usura eccessiva.
Se si analizza. poi un grande numero di cuscinetti uguali tra loro e li
si sottopone tutti ad urta prova di durata effettuata nelle stesse identiche
condizioni, si può constatare che non tutti i campioni presenteranno rotture
per fatica dopo uno stesso numero di cicli di funzionamento, ma che questo
limite varierà molto da esemplare ad esemplare. Ciò nonostante si è in grado
di effettuare dei calcoli sulla vita di un cuscinetto, in quantG si è osservato
che il comportamento dei cuscinetti sottoposti alla prova di durata standard
è raffigurabile -mediante il grafico della Fig. 285; in esso Lm rappresenta una
vita media, definita come quel numero di cicli per cui nelle condizioni standard
della prova funziona ancora il 50% dei cuscinetti prima di presentare rotture
per fatica, L rappresenta un valore generico della vita dei cuscinetti stessi e (
la percentuale di questi che ha presentato in corrispondenza ad essa rotture
Fig. 284 - Cuscinetti a radiali (a) e reggispinta (b) ( Torrington Company) per fatica. Una volta nota la vita media di un tipo di cuscinetto, si è di
conseo-uenza
o in oa-rado di ricavare una correlazione fra percentuale di cuscinetti
386 l 387

rotti per fatica e numero di cicli di funzionamento. Si può infatti osservare ad cuscinetto radiale, come il carico radiale corris.pondente alla vita nominale di
esempio che per una vita L pari a l, 5Lm si sarà rotto circa. il68% dei cuscinetti, un milione di cicli nel caso in cui l'anello interno sia rotante, quello esterno
mentre solo il 10% degli stessi risulterà danneggiato dalla fatica per una vita fisso e la direzione del carico sia costante nel tempo; per un cuscinetto reg-
pari a 0,2Lm. Proprio quest'ultimo valore, ossia il numero di cicli per cui gispinta, invece, il coefficiente di carico C rappresenta più semplicemente il
può funzionare il 90% dei cuscinetti prima che inizino ad insorgere evidenti valore del carico asSiale corrispondente alla vita nominale di un milione di
fenomeni di fatica, viene indicato come vita nominale del cuscinetto in esame cicli del cuscinetto stesso.
nelle condizioni di funzionamento considerate, ed assunto come durata del In base alla (2.204) si può allora dedurre che per un carico P, diverso
cuscinetto stesso nei calcoli del progetto. da C, ma applicato con le stesse modalità, la vita del cuscinetto, espressa in
milioni di cicli, è data da:
100

80
~ (2.205)

/ ~
60
/ mentre la sua durata Lh, espressa in ore di funzionamento, risulterà ovvia-
40 ~ mente pari a:

/
/
20 (2.206)
/:/
1.0 1.5 2.0 L/Lm 2.s dove n rappresenta il valore della velocità angolare relativa tra i due anelli
espressa in giri/min.
Fig. 285 - Percentuale di cuscinetti danneggiati per fatica in funzione della vita, per
prove effettuate in condizioni sta.nda.rd Se il carico agente sul cuscinetto è applicato secondo le modalità prima
viste, la (2.205) permette di calcolare, in base al valore di P, la vita nominale
del cuscinetto in esame; se però il carico non è soltanto radiale od assiale, ma
Tutte le considerazioni sinora svolte si riferivano ad un ben determinato possiede una componente in entrambe le direzioni, oppure se l'anello esterno
tipo di cuscinetto sottoposto all'azione di un ben determinato carico di inten- è rotante, si deve introdurre al posto di P nella (2.205) un carico equivalente
sità pari ad esempio a P1. Se poi, nota la vita L1 (in milioni di cicli) di un P, 9 così definito:
cuscinetto sottoposto all'azione del carico P1 , si vuole determinare la vita L2
dello stesso cuscinetto quando venga sottoposto all'azione di un carico pari ad a) Per cuscinetti radiali:
esempio a P2, si può utilizzare la relazione espressa da: Peq = X V Pr + Y Pa
dove:
(2.204)
Pr = carico radiale effettivo costante,
dove a è un coefficiente che assume un valore pari a 3 per i cuscinetti a sfere
Pa = carico assiale effettivo .costante,
e pari a 10/3 per i cuscinetti a. rulli. Per definire la capacità di carico di un X = coefficiente radiale,
cuscinetto, si introduce pertanto un coefficiente di carico C definito, per un Y = coefficiente assiale,
388 389

V = fattore di rotazione; carico equivalente gravante su di esso. Si deve però tenere ancora conto di due
fattori che possono ridurre la durata del cuscinetto, e precisamente: la pre-
i coefficienti X and Y dipendono dal tipo di cuscinetto e dal valore del rapporto
senza di urti e vibrazioni durante il funzionamento e la temperatura assoluta
Pr 1Pa, mentre V è un fattore di rotazione che normalmente viene posto uguale
dal cuscinetto durante il funzionamento stesso; Della presenza di eventuali
a 1 per anello esterno fisso e uguale a l, 2 per anello esterno rotante. urti si tiene conto moltiplicando il valore del carico equivalente calcolato in
condizioni di regime per un fattore di carico /d il cui valore dipende dal tipo
b) Per cuscinetti assiali a sfere:
di applicazione a cui il cuscinetto è destinato. Per macchinari che diano luogo
ad urti di piccola intensità !d varia tra l, 2 e l, 5, mentre per macchinari in cui
insorgono forti urti !d assume valori maggiori, e compresi in genere fra 2 e 3.
Dell'effetto di temperature elevate si tiene conto invece moltiplicando
in quanto questi cuscinetti non sono in grado di sopportare alcun carico ra-
il coefficiente di carico C per un coefficiente c, minore di l, i cui valori, per
diale.
cuscinetti a rotolamento normali, sono ricavabili dal grafico della Fig. 286.

--
c) Per cuscinetti assiali oscillanti a rulli sferici:

Peg = Pa + l,2Pr
1.0
Ca.

0.8
- ~
-.........
In tali cuscinetti tuttavia Pr deve essere sempre inferiore a O, 55 P•. ì-- r--
Sovente poi, il carico che a.gisce su di un cuscinetto non ha intensità
0.6
-r--
costante, ma variabile nel tempo. Se allora Pl> P2, ···,Pn sono i carichi di 0.4
intensità costante agenti rispettivamente per N 1 , N2, · .. ,Nn giri, il carico di
intensità costante Pm equivalente alla successione di carichi variabili è dato 0.2
da:
, PfN1 + P?N2 + · ·· + P;Nn o
Pm = N1 + N2 + ·· ·+ n
N 40 60 BO 100 120 140 160 180 200 220 240 260 280
TC·c)
mentre nel caso particolare che la velocità angolare del cuscinetto sia costante
Fig. 286 - Variazione del coefficiente di carico con la. temperatura
ed il carico vari nel tempo con una legge all'incirca lineare, mantenendo però
invariata la sua direzione, il carico medio equivalente agente sul cuscinetto è
approssimabile mediante la: Si è considerato finora il caso di un cuscinetto in moto; quando invece
un cuscinetto non ruota. o comunque compie unicamente piccole oscillazioni
_ Pmin + 2Pmax attorno ad una posizione di riposo, è ovvio che il valore del carico gravante sul
Pm - 3 cuscinetto non deve essere tale da produrre eccessive deformazioni nelle piste
di rotolamento, e perciò ogni cuscinetto è caratterizzato da un coefficiente di
dove Pmin e Pmax indicano rispettivamente i valori minimo e massimo del carico carico statico Cn, che rappresenta per l'appunt.o il massimo valore del carico
stesso. sopportabile in condizioni statiche.
1Iediante i procedimenti ora esposti si è dunque in grado di calcolare la A conclusione di quanto ora esaminato, viene qui riportata una tabella.
vita del cuscinetto, una volta noti i valori del suo coefficiente di carico e del
390 !· 391

originariamente approntata dalla casa costruttrice SKF, indicante i valori della 11.5 - Cuscirletti a strisciamento
durata di funzionamento in ore raccomandata per i vari tipi dì applicazioni
dei cuscinetti a rotolamento. I cuscinetti a strisciamento, secondo quanto si è già avuto modo di
anticipare, altro non sono che semplici supporti, portanti o di spinta, nei
TABELLA VI - Durata in ore di funzionamento raccomandata per di- quali, a causa dell'assenza di elementi meccanici intermedi come le sfere od
versi tipi di applicazioni di cuscinetti a rotolamento i rulli dei cùscinetti a rotolamento, il moto relativo tra albero e supporto è
esclusivamente un moto di strisciamento.
Durata in ore I cuscinetti a strisciamento, pur potendo in talunì casi presentare un
Tipi di macchine di funzionamento funzionamento a secco (ciò avviene ad esempio quando le applicazioni cui sono
Lh destinati sono caratterizzate da carichi di modesta entità o da moti relativi a
Strumenti ed apparecchi di impiego saltuario:
bassa velocità o intermittenti), funzionano, nella grande maggioranza dei casi,
Apparecchi dimostrativi, meccanismi per manovra di porte in presenza di un opportuno lubrificante avente lo scopo percipuo di attenuare
scorrevoli .................................................. 500 i fenomeni dovuti all'attrito e quindi di diminuire in definitiva i valori della
Macchine funzionanti per brevi periodi o saltuariamente il cui potenza dissipata dall'accoppiamento.
arresto accidentale non ha eccessiva importanza:
Tale lubrificante, poi, può esplicare la sua funzione secondo differenti
Utensili a mano, paranchi per officine, macchine a mano in
gene~e, macchine agricole, gru per montaggio, apparecchi do- modalità, ed a questo proposito vengono di solito distinti nelle applicazioni
mestiCI ..................................................... 4000-8000 pratiche tre tipi di lubrificazione e precisamente:
Macchine ~er funzionamento intermittente il cui arresto acci-
dentale è a evitare: a) lubrificazione idrostatica;
Macchine ausiliarie per produzione di energia, trasportatori b) lubrificazione i:drodinamica;
continui, gru per depositi, ascensori, macclìme utensili ausi-
liarie ....................................................... 8000-12.000 c) lubrificazione limite.
Macchine per funzionamento intermittente di 8 ore al giorno: Nella lubrificazione idrostatica il lubrificante (e come tale può essere
Motori elettrici fissi, ridut.tori in genere ..................... 12.000-20.000 usata anche l'aria) viene introdotto nella zona di carico del cuscinetto ad
.Macchine per funzionamento continuo di 8 ore al giorno: una pressione di valore tale da poter mantenere separate le superfici dei due
Macchine per l'industria meccanica in genere, gru parco de- elementi dell'accoppiamento anche in assenza di moto relativo fra gli elementi
posi ti, ventilatori, contralberi ............................... 20.000-30.000 stessi.
Macchine per funzionamento continuo (24 ore al giorno): Anche nella lubrificazione idrodinamica le due superfici in moto relativo
Separatori centrifughi, compressori, pompe, elevatori per mi- si trovano separate da uno strato sufficie!ltemente spesso di lubrificante; in
niere, motori elettnci fissi; macchine per funzionamento con-
tinuo su navi da guerra ..................................... 40.000-60.000 questo caso però lo spessore dello strato non dipende dall'introduzione di
lubrificante a pressione elevata, ma dipende-essenzialmente dal moto relativo
Macchine per~unzionamento continuo di 24 ore al giorno per
le quali si ric .iede assoluta sicurezza di funzionamento: delle due superfici. L'effetto del moto relativo è infatti quello dì sospingere il
Macchine per la fabbricazione della cellulosa e della carta, lubrificante in opportune zone a sezione variabile (dette meati) comprese fra
macchine per la produzione di energia per servizio pubblico, le due superfici dell'accoppiamento, con una velocità sufficientemente elevata
Rompe per miniere 1 impianti per acque.d_otti, macchine per
unzwnamento contmuo su navi mercant1h .................. 100.000-200.000 in modo da creare così la pressione necessaria ad equilibrare il carico esterno
ed a mantenere separati ralbero ed il cuscinetto.
n caso della lubrificazione mista (o limite), infine, è quello in cui, per
392 393

effetto di un carico troppo elevato o di una troppo piccola velocità relativa g) lo strato .del lubrificante presente tra i d'ue elementi in moto relativo sia
tra gli elementi dell'accoppiamento, non si possono raggiungere le condizioni così sottile da consentire di trascurare la curvatura degli stessi;
necessarie allo stabilirsi di un regime di lubrificazione idrodinamica, e ci si
ed infine che:
ritrova pertanto in presenza di un parziale contatto metallico tra albero e
cuscinetto. h) in ogni sezione normale alla direzione della velocità del fluido la pressione
Nei sucèessivi paragrafi verranno esaminati per primi i cuscinetti con si mantenga costante.
lubrificazione idrodinamica, che costituiscono il caso più comune di cuscinetti Di tutte queste assunzioni, alcune sono pienamente giustificate dal com-
a strisciamento, mentre successivamente verranno esaminati i cuscinetti con portamento del fluido in esame, mentre altre, a cominciare dall'ipotesi di visco-
lubrificazione idrostatica e limite. sità. costante, sono valide solo in prima approssimazione (si tenga ad esempio
Nei cuscinetti a strisciamento, la proprietà del lubrificante fondamen- presente per quanto concerne la viscosità, che si è in generale in presenza di
tale, che ne determina le caratteristiche di funzionamento, è la viscosità, che variazioni di temperatura nel fluido lungo il meato e che di conseguenza varia
è stata definita nel paragrafo 3.6 del volume l. anche la viscosità del fluido stesso). Ciò nonostante, i risultati teorici otte-
È tuttavia opportuno ricordare che la scelta di un lubrificante non va nuti sulla base delle ipotesi prima elencate sono generalmente abbastanza ben
effettuata esclusivamente in base aj valori della sua viscosità, ma che vanno verificati nella pratica, ed essi pertanto possono fornire una sufficientemente
generalmente tenute in conto anche altre sue caratteristiche, quali ad esempio valida spiegazione dei fenomeni riscontrati.
l'acidità, la resistenza chimica, il punto di ebollizione, la resistenza a formare
schiume, il calore specifico, la conducibilità. termica, e così via.

11.6 - Equazione di Reynolds

Per ottenere in modo semplice una relazione fra le varie grandezze in


gioco nei supporti lubrificati, relazione che tornerà utile per risolvere numerosi
(H~dy)~x
problemi concernenti la lubrificazione idrodinamica e quella idrostatica, con-
viene formulare alcune ipotesi semplificative, che, peraltro, sono normalmente
più che accettabili nei problemi relativi alla lubrificazione.
~~ l-(P+ ~~ dx)dy
In particolare, verrà supposto che:
T. d x
x
a) il lubrificante sia un fluido newtoniano;
b) il lubrificante sia un fluido incompressibile (ossia a densità costante);
il
c) la viscosità del lubrificante si mantenga costante lungo tutta la zona
Fig. '287 - Equilibrio di un elemento di fluido
interessata deli 'accoppiamento;
d) gli effetti dovuti all'inerzia del fluido siano trascurabili;
Si consideri dunque il caso semplice di due elementi in moto relativo
e) il peso del lubrificante sia trascurabile;
l'uno rispetto all'altro e si supponga ad esempio che le loro superfici non
f) il moto del fluido sia laminare; siano parallele (Fig. 281) e che l 'elemento inferiore trasli con una velocità
394 395

costante V. Se si analizza ora un elemento infinitesimo di fluido di larghezza per cui si otterrà in definitiva:
unitaria, lunghezza dx e spessore dy, si può osservare che sulle due facce nor-
mali alla direzione del moto agiscono le forze per unità di larghezza p. dy e l dp (h- y)
(2.208) u= - - ( y - h ) y + V - -
- (P+ ~~ dx) dy dovute alla pressione, mentre sulle due facce laterali agiscono 2p. dx h

le forze per unità di larghezza -Tdx e (T+ ~: dy) dx dovute alle azioni tangen- dove, si noti, l'altezza h di una generica sezione del meato non è costante, ma
è normalmente variabile lungo l'asse x del moto stesso.
ziali originate dalla presenza della viscosità. Scrivendo allora una equazione di
equilibrio alla traslazione secondo l'asse x dell'elemento di fluido considerato Volendo ora eliminare la variabile u della. (2.208) ed ottenere una rela-
si avrà: zione tra le sole grandezze note del problema in esame, basta osservare che la
portata in volume di fluido per unità di larghezza del meato in una generica
pdy - (p + ~~ dx) dy - Tdx + (T + ~; dy) dx =O sezione di altezza h è da.ta da.:
da cui si otterrà in definitiva:
d Vh h3 dp
(2.207)
{)p _
{)x -
8T
{)y
q = 1o
h
u ·Y = -.- - - -
2 12,u dx

per cui si ricava in definitiva che: ·..


Poichè la pressione, sulla. base di una delle ipotesi assunte, si mantiene
costante lungo y, si può sostituire alla. derivata parziale della. pressione lungo
(2.209) dp _-6,:tV'(.·~·'=·2q)
- - 1--
x la sua. derivata. totale e, sempre dalla (2.207), si otterrà. ancora., in base alla dx h2" ~· •. · Vh
(1.55):
dp {) 2u Questa relazione, che collega trà loro· il gradiente di pressione dpfdx esi-
d x =p. {)y2
stente nel fluido, la velocità V della. parete mobile, la. portata. in volume q e
Integrando ora. questa equazione rispetto a.d y si ha: l'altezza generica h della sezione a cui queste grandezze si riferiscono, costi-
tuisce l'equazione di Reynolds(*) nella sua forma più semplice, ossia relativa
8u l dp
-{)y = --y+fl(x)
,u dx
ad un caso di moto bidimensionale del fluido nel piano xy, ed una espres-
sione simile può essere ovviamente ricavata nel ca.so più generale di un moto
ed integrando ancora una volta si a.vrà: tridimensionale.
Nella (2.209) il rapporto 2q/V è una. costante poichè, essendo per ipotesi
il fluido incompressibile, la portata. q è evidentemenete costante in tutte le
sezioni; questo rapporto ha le dimensioni di una. lunghezza e l'equazione di
Reynolds può perciò essere anche scritta. sotto la. forma:
dove fl(x) ed h(x) sono due funzioni che dipendono dalle condizioni ai limiti;
nell'ipotesi in cui l'angolo formato tra le superfici in moto relativo sia piccolo,
tali condizioni, relativamente al caso in esame, sono date da: (2.210) dp
dx
= 6p.~
h-
(1- h*)h
u= V per y =O
(*)Fu appunt.o Osborne Reynolds nell886 a derh·are la present.e equazione e ad utilizzarla per la
{ spiegazione dei principali fenomeni riscontrat.i nella lubrificazione.
u=O per y =h
397
396

meato è costante, la derivata della pressione rispetto a :r è costante;


dove evidentemente: h• = 2qfV.
b) poichè la pressione è a sua volta necessariamente uguale alla pres-
sione esterna (posta a zero) all'inizio ed alla fine del pattino, ne consegue
che all'interno del meato si deve avere un primo tratto a pressione crescente
11.7- Applicazione dell'equazione di Reynolds ad alcuni casi ele- seguito da un secondo tratto a pressione decrescente;
mentari
c) il valore massimo della pressione Pm si otterrà in corrispondenza dello
scalino e, in base alla (2.210), esso varrà:
Si consideri, quale primo esempio applicativo di quanto finora esposto,
un pattino dotato di uno scalino di spessore e (Fig. 288) che si muove di moto
traslatorio con velocità V relativamente ad una superficie piana, e si supponga
sia ad allungamento infinito, ossia che il rapporto tra la sua larghezza e la sua (2.211)
lunghezza sia molto grande e tale comunque da consentire di trascurare gli
effetti laterali.

d) dovrà infine essere ovviamente soddisfatta la condizione geometrica:


y

(2.212)

Si supponga ora di assegnare il valore dello spessore minimo del meato


h 2 e di voler determinare i valori della massima pressione Pm e del carico totale
P sopportabile dal pattino, nell'ipotesi che la sua larghezza sia. l. Dalle (2.211)
e (2.212) si ricava. dopo alcune semplici operazioni:

{ x Pm
6J.LVabe
= ah~+ b(h2 + e) 3
mentre il carico totale P sarà da.to a. sua. volta. da:

l. a
·l· b P=l
lo
a+b l
p(x)dx=l·-(a+b)pm
2
Fig. 288 - Pattino piano con gradino
e quindi da:
P= 3~Vab(a+b)le
Osservando la Fig. 288 si può constatare che il pattino forma con la ah 2 + b(h2 + e)3
sede fissa. un mea.to costituito da. due tratti a. spe<;sore costante h1 ed h2 , e ciò
conduce alle seguenti considerazioni: Quale secondo esempio, si consideri il caso di un pattino piano che formi
a.) dall'equazione di Reynolds (2.210) si ricava che, se lo spessore h del un meato a spessore costante h. che avanzi con velocità costante V e nel quale
398 399

venga immessa una portata di fluido per unità di larghezza pari a q (Fig. 289). caso precedente:
Anche in tal caso è ancora possibile ottenere lungo il meato un gradiente di a+b (a+ b)
pressione dpjdx diverso da zero, poiché le portate di fluido all'interno del
primo e del secondo tratto sono differenti tra loro. Si ha dunque, utilizzando
P= l
1
o
e da questa si otterrà la relazione:
p(x)dx =1--pm
2

la (2.209):
6J.Lablq
Pm
a
= 61tV2
h
( 1- 2ql)
Vh
P- -- h3 -

relazione che fornisce il legame esistente tra il valore del carico P sopportabile
{ _Pm
b
= 6J.LV2
h
( 1- 2q2)
Vh
dal pattino ed i valori delle grandezze ca.ra.tteristiche dell'accoppiamento.

ed essendo il fluid<? incompressibile, si avrà inoltre:


11.8 - Cuscinetti reggispinta lubrificati

Così come i cuscinetti a. rotolamento, anche quelli a strisciamento pos-


sono essere di tipo portante e reggispinta, ed in quest'ultimo caso essi sono
realizzati, nella loro versione più semplice, accoppiando un anello fissso E, che
porta un certo numero di pattini S rettilinei inclinati (Fig. 290), con un anello
rotante R, detto ralla, solidale all'albero e coassiale con quello fisso. Entrambi
gli anelli sono immersi nel lubrificante, e questo viene immesso nel loro interno
utilizzando appositi fori posti nelle scanalature esistenti tra i vari pattini. ll
carico PT, applicato lungo l'asse dell'accoppiamento, viene pertanto ad essere
euiqlibrato dalla risultante delle pressioni originate nel lubrificante dalla pre-
senza dell'effetto idrodinamico dovuto al moto relativo della ralla e dell'anello
fisso.
I cuscinetti reggispinta così costruiti prendono il nome di cuscinetti Mi-
chell e le loro prestazioni vengono generalmente ricavate supponendo che il
carico totale PT sia ugualmente suddiviso fra i vari pattini, ed ipotizzando
inoltre che la distribuzione di pressione lungo ogni pattino sia uguale a quella
Fig. 289- Pattino piano con immissione intermedia di lubrificante realizzata da due elementi rettilinei aventi la stessa geometria e animati di
moto traslatorio con velocità pari alla velocitf periferica media:
Da queste espressioni si ricava facilmente il valore della pressione mas-
sima, valore dato da:
l2J.Labq
Pm = (a+b)h3 Ogni pattino può dunque essere schematizzato secondo quanto indicato dalla
Se inoltre il carico totale è P e la larghezza del pattino è l. si avrà, come nel Fig. 291; la lunghezza l che i vi compare sarà ovviamente pari a ì (d 1 : d 2 ),
400 401

dove 1 (Fig. 290) è l'angolo di apertura di ogni pattino, mentre la sua lar- Sulla base di questa relazione e ricordando che k9 è pari normalmente a circa
=
ghezza in senso normale alla figura sarà data da b (d 2 - d1)/2. n rapporto 0,8, che la pressione media Pm è in genere compresa tra 3 e 4 MPa e che
il valore del diametro d 1 è solitamente di poco superiore a quello dell'albero
dell'accoppiamento, si potrà in definitiva determinare il diametro esterno del
cuscinetto una volta. che sia nota l'entità del carico totale Pr agente su di
esso.

Fig. 291 - Schematizzazione di un pattino di un cuscinetto Michell

Fig. 290 - Schema di cuscinetto reggispinta Michell Al_ fin_e_ di _v:a.l_ut_ar~ ora la ~apacità portante di un cuscinetto quando
siano asseÙla~_k§ue_.ill_m_ensionLecÙl tlpo -di lubriflc~il:te__im:Qi§gat!,), si inizi
col co-nsiderare il caso ideale di un.pattino.ad.allungamento infinito, ossia di un
À tra larghezza e lunghezza del pattino prende il nome di allungamento del
pattino stesso, ed è naturalmente pari a: pattino in cui À sia sufficientemente grande e tale da consentire di trascurare
le fughe laterali di lubrificante. In questo caso dalla equazione di Reynolds
(2.210) si ha:

(2.213) dp= 6,uV ( hl 2 -


h*)
h dx
3

Prima di procedere al calcolo della distribuzione delle pressioni lungo


il pattino, conviene soffermarsi su alcune considerazioni utili al dimensiona- dove lo spessore h del·meato è ora una funzione di x e vale (Fig. 291):
mento di massima dei cuscinetti Michell. Indicando con k9 la frazione di
circonferenza occupata dai pattini, la. pressione media agente su di essi è pari (2.214)
a:
4Pr Per ottenere le condizioni al contorno del problema basta osservare che la
Pm = iT ·g ·2 - d')
k (d' i pressione esistente nelle sezioni iniziale e finale del pattino, pari alla pressione
402 403

che regna nell'ambiente in cui si trova il cuscinetto, costituisce per l'accoppia- ed in base allei (2.215) si otterrà:
mento in esame una pressione di riferimento e che quindi, essendo per ipotesi
il fluido incompressibile, essa può essere posta pari a zero. Sarà pertanto:
(2.216) p= 6ttVb/
h~
2
(-1-)
ç -l
2
[In ç _ 2(( -l)]
. ç +l
p= O per x= O

{ p=O dove ç non rappresenta altro che il valore del rapporto hl/h 2 • L'ascissa x 0 del
per x= l
punto di applicazione della forza risultante delle azioni di pressione sarà a sua
volta data da:
Integrando allora la (2.213), dopo aver sostituito in essa il valore di h
dato dalla (2.214), e tenendo conto delle condizioni al contorno sopra scritte,
f~ p(x)x dx /(( 2 - l- 2(ln()
si ottiene la relazione: (2.217) xo = =
J~ p( x) dx 2
2((( - l)ln(- 2((- 1)2)

(2.215)
mentre la forza tangenziale agente sul pattino e dovuta alla viscosità del fluido
sarà evidentemente pari a:

relazione che fornisce l'andamento della pressione all'interno del meato consi-
derato.
Fr =b lot r(x)dx = btt lo( (~u)
Y y=O
dx

In base alle (2.213) e (2.215) il valore massimo della pressione ali 'interno
del fluido viene raggiunto in corrispondenza dell'ascissa: In questa espressione al valore di 8uj8y può essere sostituito quello ottenibile
dalla (2.208) per cui si avrà in definitiva:

x = (h2 +ad)/
2h2 +a:/ P. _ Ph 2 2(( 2 - l)ln(- 3((- 1) 2
(2.218)
T - l 3(( + l)ln(- 6((- l)
ed è dato da:

ttVI 3(~-1) Le (2.216), (2.217) e (2.218) sono espressioni abbastanza complesse per
Pmax = };2 h (h quanto concerne l'uso pratico, e pertanto vengono normalmente riscritte in
2 2_!_ _!_ + l) modo più conciso facendo comparire in esse tre coefficienti adimensionali cp, cm
h2 h2
e c1 , funzioni unicamente del rapporto ( = hifh 2 , e più precisamente esse
Dall'espressione dell'ascissa del punto di pressione massima si può osservare
appaiono S6tto la forma:
che ad a: = O corrisponde x• = //2 e che all'aumentare di a: il punto stesso
tende a spostarsi verso ascisse di valori sempre maggiori di 1/2.
ttVbz2
In condizioni di equilibrio il carico P agente su ogni pattino deve essere P =-h2 Cp
'2
necessariamente uguale alla risultante delle forze di pressione, per cui sarà:
(2.219)

P=blp(x)dx
404
405

mentre i valori dei tre coefficienti cp, cm e CJ in funzione di ( sono riportati


e pari a:
nel diagramma della Fig. 292. Si noti ora che dalla terza delle (2.219) si può
calcolare anche il valore della potenza W dissipata per attrito in ogni pattino, Q=Vb~
hl+ h2
in quanto essa vale:
Fino a questo punto del calcolo si è implicitamente ipotizzato, facendo ri-
ferimento all·a Fig. 291, che fosse nota l'inclinazione a del pattino, ma gli stessi
ragionamentio effettuati valgono anche nel caso in cui si abbia un cuscinetto
0.18 0.9 a pattini orienta.bili, ossia un cuscinetto realizzato con pattini incernierati in
Cp

0.16 \" Cj
Cm
0.8
un ben determinato punto della loro lunghezza (Fig. 293). In questo caso
l'angolo di inclinazione a del pattino durante il funzionamento è sì incognito,

0.14
cj_ ~ \ 0.7
ma è per contro noto il punto di applicazione della forza agente sul pattino
(cioè la cerniera, ed è di conseguenza noto il valore di c,; le prestazioni di un
~
0.12 i v b K ---t--
l
0.6
tale tipo di cuscinetto possono pertanto essere ricavate usufruendo dapprima
dei grafici della Fig. 292 ed utilizzando poi le (2.219).

v r-Z r-- ,_
0.10

""' o.s

0.08

0.0 6
""'" ........
~
'~
0.4

0.3

~ 0.2
0.0 4 o 2 3 4 5 6 7 8 9 10
~=h,/h2

Fig. 292- Coefficienti Cp, Cm e CJ in funzione del rapporto ( = hdh2 nel caso di
pattino ad allungamento infinito Fig. 293 - Schema di cuscinetto con pattini orientabili

Sulla base poi dell'entità della potenza dissipata per attrito, si può anche Tutto ciò che è stato finora esposto si riferiva, per ipotesi, al caso di un
effettuare un calcolo appròssimato dell'aumento ·ai temperatura subìto dal pattino ideale di allungamento infinito; volendo ricavare le caratteristiche di
lubrificante nel passaggio attraverso il pattino. Supponendo infatti che tutta un pattino ad allungamento finito va innanzi tutto osserva.to che questè certa-
la -potenza dissipata vada a riscaldare il lubrificante, ed indicando con p la mente peggioreranno rispetto al caso ideale in quanto la pressione deve in tal
densità di questo, con c il suo calore specifico e con Q la portata di fluido in caso essere nulla su tutti e quattro i lati del pattino, e di conseguenza essa as-
una generica sezione, si ha: sume nei vari punti del pattino stesso valori minori di quelli corrispondenti al
W= pcQ!j,T caso di pattino ad allungamento infinito. I valori del coefficiente di pressione
cp da introdurre in un caso reale nella prima delle (2.219) per calcolare il ca-
dove !j,T rappresenta il valore dell'aumento di temperatura cercato e dove al
rico sopportabile dal cuscinetto sono riportati nella Fig. 294 in funzione di (e
valore della portata Q va sostituito quello rica.vabile dali 'equazione di Reynolds
per diversi valori di A; naturalmente, anche gli altri coefficienti che compaiono

14. JACAZIO-PIOMBO - La trasmissione del moto


406 407

0.16
Cp
nelle (2.219) variano al variare di >. e la Fig. 295 riporta infatti il valore
del rapporto c1 /cp in funzione di (per diversi valori di >.. Si è qui preferito
0.14
riportare l'andamento del rapporto c1 /cp in quanto esso è direttamente pro-
porzionale al coeffici~nte di attrito equivalente f del cuscinetto; dalla prima e
0.12
dalla terza delle (2.219) si ha infatti:
0.10 f=Fr=CJh2
p Cp /

0.08
1.0
Cm
0.06
0.9

---
0.04
0.8 l
l~
0.02
0.7
...,... ~ .::;:::::- ---=
-a_ &
o
o 2 3 4 5 6 7 8 9
~ 10
0.6
~~ ::z:L_ ;::;-

Fig. 294 - Andamento del coefficiente di pressione Cp nei pattini ad allungamento finito
0.5
~ ~l
30o

200
l
0.4
o
l 2 3 4 5 6 7 8 9 ~ 10

··~·\\
't
Cp Fig. 296 - Andamento del coefficiente Cm nei pattini ad allungamento finito
100
80
l In Fig. 296 è invece riportato l'andamento, sempre in funzione dei due

""'
parametri adimensionati ( e >., del coefficiente adimensionato cm che individua
60
f- o(_\ r-- 1-- la posizione della.forza risultante delle azioni di pressione, mentre in Fig. 297
f--1.5 \ '\
--
40
sono riportati, in funzione di ( e >., due fasci di curve: quello continuo rap-

-- ...--::
30
.........
presenta l'andamento del rapporto tra. la. portata. Q che entra nel meato e la
20
-·:~
0.7.\""--.. . . . .
-::?::::.-::~
-;:::::::::. ~
~

~
portata. caratteristica v'bh 2 (ed in esso la. curva. corrispondente a>.= oo è pa-
lesemente quella ottenibile direttamente dall'equazione di Reynolds), mentre

10 1--- 2 ........
l
.....-- ~ ~ quello tratteggiato indica i valori della portata. QL che fuoiiesce lateralmente
dal cuscinetto, sempre riferita alla portata caratteristica, e sempre in funzione
8 1 - - 4 \ . - l ~~ dei parametri ( e >.. ·
00~ l ~~
6 Nella Fig. 298, infine, è illustrata. la realizzazione costruttiva dell'a-
~l
4
o 1
l
2
T
3
~~ l l nello fisso di un cuscinetto Michell progettato dali 'U .I.I. (Ufficio Impianti
4 5 6 7 8 9 ~ 10

Fig. 295 - Andamento del rapporto cJl Cp nei pattini ad allungamento finito
409
408
Idroelettrici, Milano), realizzato dall'ASGEN {Ansaldo San Giorgio, Genova),
e destinato a sostenere la girante di una delle turbine Kaplan utilizzate nella
-a) centrale idroelettrica di Jupià in Brasile. Tale cuscinetto sopporta carichi di
----b) intensità pari a 2300 t ed in esso i pattini sono dotati di un particolare sistema
di equilibratura idraulico: ciascuno di essi infatti oscilla attorno ad un punto
solidale ad un pistone idraulico e spostato rispetto al baricentro del pattino
stesso; si riesce così ad avere l'inclinazione voluta della superficie di scorri-
2.51---1---+- mento dei pattini, ed ottenere di conseguenza una corretta formazione del
velo d'olio lubrificante. I pistoni idraulici di tutti i pattini sono poi collegati
21---+----1f-- tra loro mediante un collettore, visibile nella Fig. 298, che assolve la spe-
cifica funzione di garantire l 'uniformità della ripartizione del carico gravante
sull'intero cuscinetto.

11.9 - Andamento della pressione in un meato convergente-


divergente

Si consideri ora un pattino dota.to di una superficie sagomata in modo


da formare, rispetto ad una sede piana, un meato costituito da due tratti di-
Fig. 297- Portata entrante nel meato (a) e portata uscente dai lati (b) di un cusci- stinti: un primo convergente ed un secondo divergente (Fig. 299); quando il
netto ad allungamento finito
y

-v
Fig. 299- Andamento della pressione in un meato convergente-divergente

Fig. 298 - Realizzazione costruttiva di un anello fisso di un cuscinetto Michell (U.I.l.,


Milano; ASCE.-,..', Genova)
410 411

pattino e la sede piana sono in moto relativo tra loro, la pressione varia lungo n problema relativo alla determinazione dell'andamento della pressione
il meato secondo quanto stabilito dall'equazione di Reynolds (2.209) ed as- lungo il meato nel caso di un cuscinetto completo (ossia di un cuscinetto che si
sume l'andamento individuato dalla curva a) della Fig. 299. La curva teorica estende per tutti i 360°) è stato risolto per la prima volta da Sommerfeld nel
delle pressioni è dunque una curva antisimmetrica rispetto al punto centrale 1904 per il caso di cuscinetto ad allungamento infinito, ossia per il cuscinetto
del meato, ed una tale distribuzione di pressioni lungo il meato stesso è otte- ideale in cui la lungh.ezza del perno è molto maggiore del suo diametro.
nuta integrando l'equazione di Reynolds nell'ipotesi che sia p= Oper x= ±oo,
condizione questa che prende il nome di ipotesi di Sommerfeld. Essendo la
distribuzione delle pressioni rappresentata da una curva antisimmetrica, è
chiaro che, se nel primo tratto del meato esiste una grande pressione positiva,
esisterà di conseguenza una altrettanto grande pressione negativa nel tratto
divergente del meato stesso. Va ora osservato, che i fluidi lubrificanti possono
essere sottoposti con continuità solo a pressioni negative molto piccole ( ov-
viamente in riferimento a quella ambiente); ciò significa pertanto che, se la
pressione all'interno del tratto divergente tende ad assumere valori negativi
rilevanti, la corrente fluida si rompe e la pressione rimane pressochè costante
ovunque. Ciò corrisponde in pratica ad avere all'interno del meato una distri-
buzione di pressioni simile a quella indicata dalla curva b) della Fig. 299. La
curva b) è ancora ottenuta integrando l 'equazione di Reynolds (2.209), ma po-
nendo delle condizioni aj limiti differenti da quelle ipotizzate da Sommerfeld,
e precisamente assumendo che sia p = O, per x = -oo e che, per x > O, sia p = O
dove dp/dx = O. Questa condizione ai limiti prende il nome di condizione di
Reynolds ed è quella che, in definitiva, consente di calcolare una distribuzione
di pressioni più aderente a quella verificata sperimentalmente. Fig. 300 - Schema di cuscinetto portante lubrificato completo

Si consideri allora (Fig. 300) un perno di raggio r e centro 01 in posi-


11.10 · Cuscinetto portante completo zione eccentrica rispetto ad una boccola di raggio Re centro 0 2 , e si assuma
come origine degli angoli {) quella individuata da.lla semi retta uscente da 01,
Si consideri ora. un cuscinetto portante lubrificato costituito da un al- congiungente i centri 0 1 ed 0 2 e corrispondente al massimo spessore del meato.
bero di raggio r accoppiato ad una. sede circolare (detta boccola) di raggio R Se si indica con e l'eccentricità, ossi a la distanza esistente fra i centri 01 e 02,
leggermente maggiore di quello dell'albero, e sia di conseguenza. b = R- r il distanza che è sempre molto piccola rispetto ai raggi ,. ed R, lo spessore h del
gioco radiale. Si supponga inoltre che ali 'albero sia applicato un carico co- meato in corrispondenza di una generica sezione è allora esprimibile mediante
stante P: è chiaro che se l 'albero è fermo, esso appoggia, per effetto del carico la:
applicato, sulla boccola lungo una sua generatrice; se invece l'albero ruota ad
una data velocità angolare w, esso va a disporsi eccentricamente rispetto alla
h= 02P2- 02P1 =R- OzP1 =R- (0' P1- 020')
boccola in modo da formare un rneato ed originare una relativa distribuzione Essendo però:
di pressioni, la cui risultante serve ad equilibrare il carico esterno applicato.
412 413

e: dato allungamento di questo, del solo rapporto e: = e/6; tale parametro è il


numero di Sommerfeld S, ed è definito dalla:
0 2 0' = 0 20 1 cos iJ = e cos iJ
sarà anche:
(2.221) S = pLRw(R/6) 2

-;rP
h= R- r+ ecosiJ =6 + ecosiJ
e, ponendo e::;::; e/6 si otterrà in definitiva: dove J.L rapp.resenta al solito la viscosità dinamica del lubrificante, L la lun-
ghezza del perno, w la velocità angolare in rad/s e P l'intensità del carico
(2.220) h= 6(1 +e: cosiJ) applicato all'accoppiamento. Esprimendo la velocità angolare in giri/min (n)
si avrà:
S = pLRn(R/6) 2
Dalla (2.220) è facile osservare che lo spessore h del meato, massimo 30P
per '19 = O e pari a hmax = 6(1 +e:), diminuisce all'aumentare di iJ, raggiunge Se invece si esprime la velcoità angolare in giri/s (N) si avrà:
un valore minimo hmin =
6(1 -e:) per iJ =
1r, e quindi torna ad aumentare

=
per raggiungere di nuovo il valore h hmax per i} 27r. n meato pertanto è= S = 2pLRN(R/6) 2
proprio del tipo convergente-divergente descritto nel precedente paragrafo, e la p
soluzione del problema è quindi ottenibile integrando l'equazione di Reynolds
(2.210) scritta ora sotto la forma:
E' bene ancora rammentare che i grafici che sono qui riportati dalla
Fig. 301 alla Fig. 30.5 sono validi esclusivamente per un cuscinetto completo
dp 6pV [ 1 h* ] e sono stati ricavati nell'ipotesi che sia p= O per iJ = O; ciò presuppone che
RdiJ = h2 (iJ) - h(iJ)
l'immissione di lubrificante avvenga in corrispondenza della sezione in cui
il meato ha la massima altezza (iJ = O). In realtà questa evenienza non è
ed assumendo come condizione ai limiti la condizione di Reynolds, e cioè sempre verificata anche perché, come si può osservare dalla Fig. 303, l'angolo
ipotizzando che sia: <I> compreso tra la direzione del carico e la congiungente dei centri varia al
variare delle condizioni di funzionamento; ciò significa in pratica che anche
p =O per iJ =O se l'immissione di lubrificante avviene per iJ = O in una certa condizione di
{ e che, per .'!J > 1r sia p::::: O nel punto in cui dp/ d{} = O. funzionamento, essa non avverrà pii1 in corrispondenza di v= O per un'altra
condizione di funzionamento diversa dalla precedente.
Ciò nonostante, l'immissione di lubrificante avviene nella realtà sempre
La risoluzione dell'equazione differenziale sopra scritta, con le condi-
nell'intorno della posizione iJ = O ed un cuscinetto completo è poco sensibile
zioni ai limiti imposte, è piuttosto complessa, ed ancor più complessa è la
a variazioni anche di ±20° rispetto Cf questa condizione. Se però l'immissione
ris9luzione delle equazioni differenziali che descrivono il moto del fluido in un
di lubrificante avvenisse in zone molto discoste dalla linea iJ = O, si dovrebbe
cu~cinetto ad allungamento finito. Tali problemi vengono quindi prevalente-
considerare il cuscinetto non più come completo, ma come un cuscinetto par-
mente affrontati per via numerica ed i risultati ottenuti sono qui di seguito
ziale, ed il comportamento di quest'ultimo dovrebbe essere analizzato secondo
esposti ricorrendo all'uso di alcuni grafici.
le modalità che verranno esposte nel paragrafo successivo.
Dalla risoluzione dell'equazione di Reynolds, si è in grado di identificare
un parametro adimensionato, caratteristico del cuscinetto e funzione, per un
E ,!:>.
,_.
,!:>.

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0.01 s0.02 __ 0.04 0.06 0.1 0.2 0.3 0.5 0.7 1 2 3 5 7 10 20 30 50 70 100

Fig. 301 - Andamento dell'eccentricità relativa E: in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto por-
tante lubrificato completo

Rf
o
1000
800
600 ./
/A TAl
400)
~
~/6
200)

10 ) A ~~t
8)
6)
v
~
4)
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3
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l
./ v . / ~--' ...... /oo
...-,......
l;:::;l--
........
/1
~ ......

1 v .-1
0.01 0.02 0.04 0.06 0.1 0.2 0.3 0.5 0.7 2 3 5 7 10 20 30 7 o
s
Fig. 302- Andamento del parametro Rf /6 in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto portante
lubrificato completQ ,!:>.
,_.
'=-"
....,
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O>

cp(")
=-

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9

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L::L......-L
-------t---~- - r _re:- / }f/ -/--f-AV~/4~"11~..-
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60
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/ L /
' -~- i:':.--p"' ·- L Lf>~"
H

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50
, __ __ ;!_ -- l; -~7 /v ~~~ H

~ ~
40

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/L' ,13 v
v"
~-:- •l·

v v~ /r--~f-" " ~~~:,.....!--"


30
V:; V: l--: v 1\/5>/6
~
1- - f-- -H
1 ;:;:-

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20

p- ,- -
- 10 -- ------

o ..L .l .l ..L ..L .l .l ..L .._ ..1...1.-.J..L--- _.J...__


om 0.02 0.04 0.06 0.1 0.2 0.3 0.5 0.7 1 2 3 5 7 10 20 30 50 70 100
s
Fi~. :wa -- Andamento dell'angolo <l> in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto portante lubrificato
completo

fJmax
jJ
o
9

l'-

71 l l l l l l Hl r-t-1 -+1.--11~1L1U11 11L:

2:=p,~~~~
0, 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 11 1 1 1 1 1 1 1 11 1 1 1 1 1 1 l Il
0.01 0.02 0.04 0.06 0.1 0.2 0.3 0.5 0.7 1 s 2 3 5 7 10 20 30 50 70 100

Fig. a04 - Andamento del rapporto Pmax/Po in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto portante .!:>-
lubrificato complet.o ......
-l
418 419

o l
!2 Tornando ora ai grafici che forniscono le prestazioni di un cuscinetto
.....o completo, si può osservare che la Fig. 301 riporta il valore dell'eccentricità
R o.
Q)

o E
o
=
relativa e efé in funzione del numero di Sommerfeld S e per diversi valori
LO
u dell'allungamento >., definito ora come:
.....o
oM "'
u
<.;:::
·;::: (2.222) À==-
L
o .o 2R
N E
.....
Q)
Nella Fig. 302 viene riportato l'andamento della quantità fR/8 in fun-
.:
l !2
"'
.....
....
o
Cl..
.....o
zione del numero di Sommerfeld S, dove f sta ad indicare un coefficiente di
attrito definito come rapporto tra la coppia resistente Mr, originata dall'ac-
,.... .....
Q)
coppiamento, ed il prodotto del carico applicato P per il raggio R:
/
/ =
·;:;
v 1.0
"'
;:l
u (2.223) j == Mr
RP
7 l M
§
....
/
/ 1/ Q)
Cl.. Si noti che la Fig. 302 è valida solo fino a quando il cuscinetto funziona

y v ~v
1:1)
N in regime idrodinamico, ossia finchè il gioco minimo esistente fra perno e cu-
~
-;;l
]
....
scinetto è sufficientemente grande e tale da assicurare la presenza di un velo
v:>

/
- Q)

E
s
continuo di lubrificante. Ove questa condizione venisse a mancare, l'attrito fra
perno e cuscinetto si manifesterebbe con modalità di tipo misto, ed a queste
/ 1/ l ,.... Cl)

/ / o si farà riferimento nel paragrafo 11.15 del presente Capitolo.


l v
/ / / 1.0 ....oQ) ll grafico della Fig. 303 riporta i valori deU:angolo <P, angolo compreso
/ v l
d
E fra la direzione di applicazione del carico e la direzione individuata dalla con-
l / / M
v
~ giungente i centri del perno e del cuscinetto, in funzione del numero di Som-
!/ v d
-;;l merfeld S.
/ / Q)

v v N
d §
-~
Nella Fig. 304 viene riportato il diagramma del rapporto Pmax!Po in fun-

l
l

l/ d
:l
'-

·- ~
zione del numero di Sommerfeld S, dove Pmax è la massima pressione esistente
nell'accoppiamento e p 0 è la pressione caratteristica definita come:

/
/
<O
'"'"
-;;l
p
1/ / o o Po == 2LR
d -;:;
v
l l ""~ E
La Fig. 305 infine riporta, sempre in funzione del numero di Sommerfeld
77 l "'
-;;l

<= S, i valori della portata. adimensionata. ii: che fuoriesce dalle estremità laterali
l l 1/ l N del cuscinetto e definita come:
l ~ >.t:>
o

v
:":
l
.:9
i l co <O N
o
od
:::..
ò o d
421
420

dove al solito N rappresenta i numeri di giri al secondo del perno e Q. la


portata effettiva di fluido fluente delle estremità dell'accoppiamneto.

11.11 - Cuscinetto portante parziale o


(')

Un cuscinetto parziale (Fig. 306) è, come si è già avuto modo di anti-


cipare, un cuscinetto in cui la zona utile dell'accoppiamento ricopre un arco
f3 inferiore ai 360°; in generale poi l'angolo /3 è nei_ cuscinetti parziali inferiore J
anche ai 180°. La soluzione delle equazioni differenziali che descrivono il com-
portamento di un cuscinetto portante parziale è ancor più complicata di quella /
relativa ad un cuscinetto completo per il fatto che in questo caso vengono in- /
trodotte nel problema due nuove variabili, e precisamente l'ampiezza angolare / v
f3 del cuscinetto e l'angolo a che individua la posizione del carico rispetto al / l
cuscinetto stesso. La soluzione delle equazioni relative ad un cuscinetto par- / v (')

ziale lubrificato sono qui riportate sotto forma grafica e per il solo caso di
cuscinetto caricato simmetricamente, caso in cui sarà ovviamente: a= /3/2.
7
lY 7
~
v ...)
/ _, 1/
7

1/ / "ò
v /
"'o
l L v
l v / 8) (')
o
J / / /
l l/ v v
N
o

/ /
/

l
Y'
/
/
/
/ .,o
l l / V' o
l l ) / ..,.
o
l vl /' o

Fig. 306 - Schematizzazione di un cuscinetto parziale l 1/ /v l


lv
N
o
o

Le Figg. 30ì, 311 e 315 mostrano l 'andamento dell'eccentricità relativa t:


~
in funzione del numero di Sommerfeld S per angoli di apertura f3 del cuscinetto o IO IO (') N
"'
C)

ò" ò ò
pari rispettivamente a 180°, 120° e 60°.

15. JACAZIO-PIOMBO- La trasmissione del moto


cp (•) "'"
~
~
90
l '
~
80l

70l /
v /
/
v ...
/

v
À-r:~ / vY k( l/v

vv
/1'4
v
v
60
1../

50
v /
v
v 1-·/
/ / /
L /
40
v V'
v~-'
/ ,......v
30 / v /
v
/ v ,v ......... v
v .....
v
20
___
, !--" 1--
f.-

'
10 ~

o
0.01 0.02 0.04 0.06 0.1 0.2 0.3 0.5 0.'7 2 3 5 7 10 20 30 50 70 100
s
Fig. 308- Andamento dell'angolo di assetto~ in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto parziale
con {3 180° =

------------ ~

R]
(j
100 )
80 )
60 )

40 )

20 )

10 ) -· -
~1/4
8) 1-
6' )
......
4 )
/ v
/ VT/2
20)

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8l
V'
~--~-- v
t;::?
6;
.......
4l .......... v .........
............... / l

2~--·-
,......v ~
l--' ~--~--

1
t::- ~ v
............... ~ v
0.01 0.02 0.04 0.06 0.1 0.2 0.3 0.5 0.7 2 3 5 7 10 20 30 50 70 100
s
Fig. 309- Andamento del rapporto Rf /6 in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto parziale con
=
{3 180°'
"'"
~
~
,;:..
q, "",;:..
2.0
l l
1.8
!
1.6

1.4

1.2 _, r-- r--.


f.-- r--
~

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1.0 ~
. . .v r- r- ' r-. ~ ~4
0.8 /

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0.6
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0.4
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0.01 0.02 0.04 0.06 0.1 0.2 0.3 0.5 0.7 2 3 5 7 10
s 20 30 50 70 100

Fig. 310 - Andamento della portata adimensionale ifz in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto
parziale con (J 180" =

f.
1.0

0.9
- - 1-- 1--
-~-
r--.. l'
~ Ì ' Ì'
...........
r--.1'- ~ 1"'--..
0.8 ......

~ ' .~
~ ~
Ì' t'-- !"-...
0.7 --· -·--- -

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0.6

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1\ l
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"""
0.3

0.2

0.1
l
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f'\

...... - -
['.
['.
[\,[\
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l' À=T/4

~
o
0.01 0.02 0.04 0.06 0.1 0.2 0.3 0.5 0.7 2 3 5 7 10 20 30 50 70 100
s
Fig. 311 - Andamento dell'eccentricità relativa t: in funzione del numero di Sommerfcld S per un cuscinetto parziale
con (J 120° = ,;:..
""
01
,::..
t-:>
c/J (") O>

90

80

70

60

50

40

30

20

10

o
0.01 0.02 0.04 0.06 0.1 0.2 0.3 0.5 0.7 s 2 3 5 7 10 20 30 50 70 100

Fig. 312- Andamento dell'angolo di assetto <I> in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto parziale
con f3 = 120°

·-·-··--··---

R]
T ..
1000
800
600

400

200)

100l
Atfi._
80l
60l

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J.-':::1--
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0.01 0.02 0.04 0.06 0.1 0.2 0.3 0.5 0.7 2 3 5 7 10 20 30 50 70 100
s
Fig. 313- Andamento del rapporto RJ /6 in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto parziale con
f3 120° = ,::..
t-:>
"""
li, ""'t-.:>
00

2.0

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0.01 0.02 0.04 0.06 1.0 0.2 0.3 0.5 0.7 1.0 s 2 3 5 7 10 20 30 50 70 100

Fig. 314- Andamento della portata adimensionale if.z in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto
parziale con fJ 120° =

?' E
'-' l
p. 10
o
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s
Fig. 315- Andamento dell'eccentricità relativa e in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto parziale
con fJ = 60° ""'
t-.:>
<O
o""'
~

~(·> __,_rTTTITTI--l'lìfTITn~~~J1~~;r.r-flllnì
60~

40,___lilWl-4~MfttttHl1Tnlf
50LW•+++++hffitmr----mrmr

30

20

IOJd-ittfff[ lllllllll l llllllll l llllllll


0
o~.0~1~--0~.~0~2--~~0~.0~4~0~.0~6~~0~j----~0~.2~-0~.3~~~~~5~0L.7~L1L------2~--~3--~~5~~7~L1L0----~2~0~~3~0~~~5~0~7~0~~100
s .
Fig. 316- Andamento dell'angolo di assetto <P in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto parziale
=
con f] 60°

.
.,...~ "-~·---- ·----·~-

Rj
6
1000

40
800
600

20
100

40
80
60

20

10
8
6

1
0.01 0.02 0.04 0.06 0.1 0.2 0.3 0.5 0.7 2 3 5 7 10 20 30 50 70 100
s
Fig. 317- Andamento del rapporto RJ /6 in funzione del numero di Sommerfeld S per un cuscinetto parziale con
f] = 60° A
~
......
432 J 433

o
!2'
1
o
..., Le Figg. 308, 312 e 316 si riferiscono invece all'andamento dell'angolo
o ...,
,... Q) cii assetto <P in funzione del numero di Sommerfeld S, sempre per angoli di
o..,
·ut: apertura rispettivamente pari a 180°, 120° e 60°.
"'
:l
ù
t:
Le Figg. 309, 313 e 317 illustrano, sempre per gli stessi valori dell'angolo
~ o
M
:l
... di apertura (3, i diagrammi che riportano i valori del rapporto Rf /6 in funzione

L
Q)
o. del numerò di Sommerfeld S, ed infine le Figg. 310, 314 e 318 riportano, per
o Cf)
(3 rispettivamente pari a 180°, 120° e 60°, i valori della portata adimensionata
v "'
""~...
/ / Q)
8
8
o
q, che fuoriesce dai lati del cuscinetto in funzione del numero di Sommerfeld
s.
/ ,... C/)
~:ì \ BA
/ l :e / '\. .....---.. ........ l...-(.)

L
L
L IL ....o 11.12 - Potenza dissipata in un cuscinetto a strisciamenlQ":: l'"ìrl!i"
.{ '[ ·y,\,...
. ·

da~~~~E0;'~/: ~/
1
6
j_ / l M
:l
t:
La potenza dissipata in un cuscinetto a strisci amento è
l 1/ l Q)

""t:
Q)
~.!._::::-.--/

? ~l _/ ...o
t:
(2.224) W= Mrw =fRPw

..1! .E
dove f è il coefficiente di attrito equivalente, R il raggio del cuscinetto, P il
·= ~

_l '"" carico gravante su di esso ed w la velocità angolare. Questa potenza meccanica


..,
Q)

\ ~ ' viene trasformata in calore e questo viene poi trasmesso verso l 'esterno sia
d t:
\ .!2 per conduzione, sia per convezione, sia per irraggiamento. La valutazione
:!:lQ)
__1 M delle frazioni di quantità di calore che vengono trasmesse in ciascuno dei tre
d 8
~ J N
d
:.acò
...,cò
modi risulta estremamente difficile, e per semplicità si ipotizza normalmente
che tutta la quantità di calore sviluppata venga trasmessa -ai(·~~ter~~ per

\ \
1\ \
...,cò

~Il
~~
....
o
o. O
<O
o
convezione dall'olio che esce dai due lati del cuscinetto.
Con questa assunzione, la potenza W dissipata deve essere uguale a:

\ 1 \ "'oq ...,o t:o W= pcQ:l::.T


\ _l \ ~
ù

'
1\
\ \
\
s'*.
cò ·-
.... dove p è la densità del lubrificante (mediante 850 kg/m 3 ), c il suo calore speci-
""<t: cò
o. fico (mediamente 0,42 kcal/kg °C), Q. la portata di lubrificante che fuoriesce
~ N
g 00
......
dai lati del cuscinetto e t:. T l 'aumento di temperatura che il lubrificante ha

o
"'
\ N co
q
'<t
q
o o
<'?

~
bO
subìto rispetto a quella che possedeva al suo ingresso nel cuscinetto.
Si deve a questo punto osservare che, essendo la Yiscosità del lubrifi-
cante funzione della temperatura ed essendo questa variabile lungo il mea.to,
"'d o si dovrà introdurre nell'espressione del numero di Sommerfeld caraetteristico
434 435

del funzionamento dell'accoppiamento un valo.re della viscosità corrispondente ed industriali, compressori, e così via; in alcuni casi poi, l'azione di portanza
ad una temperatura intermedia tra quella di ingresso T; e quella di uscita T. deriva effettivamente dalla presenza di lubrificante in pressione, mentre in altri
del lubrificante stesso. Dal confronto tra i risultati teorici e quelli sperimen- la portanza è fornita principalmente dalla presenza dell'effetto idrodinamico,
tali ricavati a questo riguardo, si è riscontrato che, per ottenere una sufficiente e l'alimentazione mediante olio in pressione viene esclusivamente utilizzata
attendibilità dei primi nei confronti dei secondi, occorre considerare una tem- per aumentare la portata assiale di lubrificante e diminuirne di conseguenza
peratura effettiva Tetr pari a: la temperatura.
D cuscinetto idrostatico elementare è riportato nella Fig. 319, in cui h
Tetr = 'Fi + 0,8t:.T è l'altezza (costante) del meato, P il carico agente sul pattino, Q la portata
immessa nel meato.

11.13 - Cuscinetti idrostatici


l
I cuscinetti idrostatici (o cuscinetti pressuriz~ati) sono cuscinetti, por-
tanti o di spinta, nei quali si immette all'interno dell'accoppiamento una certa
portata di lubrificante ad una pressione maggiore di quella. ambiente, otte-
nendo di conseguenza un effetto di portanza indipendentemente dalla presenza
o meno di una velocità relativa tra i due membri dell'accoppiamento stesso.
I cuscinetti idrostatici presentano alcmil vantaggi rispetto ai cuscinetti
idrodinamici. Uno di questi ad esempio consyste nel fatto che, grazie all'effetto
dell'immissione di lubrificante in pressione, l'albero ed il cuscinetto sono sem-
pre separati da uno strato di lubrificante, anche a velocità nulla. Ne consegue
pertanto che, essendo la forza resistente viscosa proporzionale alla velocità, Fig. 319 - Cuscinetto idrostatico elementare
l'attrito statico è in tal caso nullo; proprio questa importante proprietà di as-
senza di attrito statico ha fatto sì che i cuscinetti idrostatici venissero e siano Indicando con b la larghezza del pattino, e supponendo che questa sia
tuttora usati in numerose applicazioni particolari, quali ad esempio i supporti molto grande rispetto alla lunghezza L (allungamento infinito), si ottiene dalla
di installazioni radar e di telescopi (i~itelebre telescopio da 200 pollici di Monte equazione di Reynolds (2.210):
Palomar è per l'appunto montato sJ_ un cuscinetto di spinta idrostatico). __
Una seconda caratteristica peculiare dei cuscinetti idrostatici è rappre- po 12J.L(Q/2)
sentata dal fatto che in essi, come si vedrà più avanti, l'altezza del meato è in L/2 = bh3
(2.225)
funzione della radice cubica del carico, mentre in un cuscinetto idrodinamico 3J.LLQ
essa. dipende (2.219) dalla radice quadrata del carico stesso e che pertanto il Po = bh3
cuscinetto idrostatico risulta più rigido di quello idrodinamico.
I cuscinetti pressurizzati possono essere di tipi quanto mai diversi e pos- da cui risulta che la relazione fra carico applicato e altezza del meato lubrifi-
sono anche essere costruiti con scopi assai diversi: oltre che nelle applicazioni cato è:
prima citate di cuscinetti di spinta infatti, essi possono anche essere utilizzati
come cuscinetti portanti di macchinari pesanti quali turbine, ingranaggi navali (2.226)
436
437

La rigidezza del cuscinetto idrostatico nell'intorno di un determinato punto di maggiore portata, e questa è la soluzione normalmente adottata nei cuscinetti
funzionamento è data da: idrostatici. I due semplici esempi di cuscinetto idrostatico qui presentati si
2
riferiscono al caso di moto del fluido unidimensionale; verrà ora esaminato il
(2.227) k _ (- oP)
- ah
= 9tJL
2h 4
Q caso di un cuscinetto reggispinta, alimentato da una portata costante, in cui
il moto del fluido avviene radialmente a partire da una zona centrale.
Si consideri dunque l 'albero sottoposto ad un carico assiale di intensità
Una variante del cuscinetto idrostatico elementare è rappresentata nella
p ed il relativo cuscinetto di spinta idrostatico schematizzati nella Fig. 321.
Fig. 320, in cui il cuscinetto presenta una cavità centrale nella quale la pres-
li cuscinetto è costituito da una scanalatura circolare di raggio rr. entro la
sione è praticamente costante e pari al valore massimo Po·
quale viene immesso l 'olio in pressione, e da un meato di altezza costante h
formante una corona circolare di raggi r1 ed ro.

Fig. 320 - Cuscinetto idrostatico elementare con cavità centrale

In questo caso si ottiene, per la p.resisone massima p0 , una espressione


identica alla (2.225 ): Fi~. 321 - Schema di cuscinetto idrostatico di spinta con flusso radiale
l
In base alla (2.209rsi può osservare che;- se il cuscinetto è fermo (è quindi-
v = O), la portata che passa attraverso una sezione infinitesima di meato di
larghezza rdfJ è pari a:
mentre la capacità di carico diventa.:
h dp 3
dq = -12JJ
- -1·df}
d7·
(2.229)
per cui la portata totale Q è data da:

Confrontando la (2.226) e la (2.229) si vede chiaramente come questa 2 3


seconda soluzione offra una maggiore capacità di carico, anche se richiede Q=
1 0
" 7rh .7· dp
dq=---
6p d1·
438 439

Poiché il valore di tale portata è costante qualunque sia il valore di r, si ha: 11.14 - Cuscinetti idrostatici a pressicme costante

-1rh3
6p
J dp = -Q J-dr
r
+ costante I cuscinetti idrostatici esaminati nel precedente paragrafo erano basati
sul principio di immettere una portata costante d'olio nel cuscinetto, mentre la
pressione massima veniva stabilita di conseguenza in base al carico applicato.
per cui, effettuando l'integrazione, si otterrà in definitiva:
Questa soluzione fornisce grande rigidezza al cuscinetto; tuttavia, in molti
casi, si preferisce adottare, per ragioni pratiche, una soluzione a pressione
7rh3p
- - = -Q In r + costante costante, in cui la po_rtata che fluisce attraverso il cuscinetto risulta funzione
6p
delle dimensioni geometriche del meato, e quindi· anche del carico applicato.
Poiché al raggio esterno la pression~:è pari a quella ambiente, si può deter-
minare il valore della costante di irttegrazione ponendo p = O per r
i/
=
ro, e
pertanto sarà:
7rh3p = Q In 7'o
6p r
=
Al raggio interno r r 1 la pressione p è uguale alla pressione. di alimentazione
Pa che, se il cuscinetto è alimentato da una pompa volumetrica a portata
costante, risulterà ovviamente
l
determinabile mediante la:

(2.230)

E' chiaro poi che il carico P agente sul cuscinetto deve essere equilibrato dalla
risultante di tutte le forze di pressione, per cui sarà:
PA
Fig. 322 - Schema tipico di cuscinetto idrostatico a pressione costante
;i
(
Un cuscinetto idrosta"tico à pressione costante è schematizzato nella Fig.
Da questa, dopo opportune semplificazioni; si ricava là: 322, in cui la sorgente a pressione costante PA è separata dalla camera a
pressione p0 da una resistenza idraulica R.
2
l - (rl/ro)
(2.231) P =7rroPa
2
2 l n (ro/7·1)
Si possono avere due casi:
- la resistenza idraulica è lineare (caso di moto laminare del fluido);
e. introducendo nella (2.231) il valore di Pa espresso dalla (2.230), si otterrà - la resistenza idraulica è non-lineare (caso di moto turbolento del fluido).
in conclusione: Per il caso di moto laminare del fluido, quale è quello che si può ottenere
in tubi lunghi e di piccolo diametro, la relazione fra la portata Q e la differenza
(2.232)
440 441

di pressione PA - Po è: dove cd è il coefficiente di efflusso (normalmente compreso fra 0,5 e 0,75 e


mediamente pari a 0,61), A l'area di passaggio dell'orifizio, p la densità del
(2.233)
Q= 1rd4 (PA- Po) fluido.
128J.t a
Sostituendo la (2.238) nella (2.228) si trova, dopo alcuni passaggi:
dove a è la lunghezza di un tubo, di diametro d, percorso dal fluido lubrificante.
Tale. relazione sussiste fino a che il numero di Reynolds, (2.239)
jl + 4h 6 pA/W- l
Po = 2h6JW

(2.234) dove:
w= l8J.t 2 L 2l c 2d A 2
pb2
in cui p è la densità del fluido èminore di circa di 2300."
Nota p0 [il carico sopportato dal cuscinetto, per un· dato valore dell'altezza h
La resistenza idraulica R risulta allora:
del m;jto, diventa:
_ (PA- Po) _ 128J.ta
R- Q - ;rd4

Sostituendo la (2.233) nella (2.228) si ottiene: r----------------------,


l
(2.235) PA l
Po= l+h3jV l
l
l
l
l
l
dove: l
l l
4 r--------------- -ì
(2.236) V= 37rd LI 1
128ab l
l l
l
Strozza tori l
n carico sopportato è allora dato da: l l
l
l l
p_ b L1 bL ~ PAb(Lo + Lt/2) 1--------- l
(2.237) - Po 2 + Po o- l+ h3JV ,: 1 l
l
l

_N_ota la pressione di alimentazione PA e nota la geometria del cuscinetto è


l 1--------:-,
.--~.----. -Te--~m-f-,------___,..~,...,..,..___,,_..J
l
l
l
possibile, con questa relazione, ricavare il valore dello spessore del meato in l
funzione del carico applicato. Una volta che sia noto h è anche possibile l
Pompa l
determinare p 0 e, di conseguenza, la portata Q in base alla (2.233). · Valvola !imitatrice di pressione l
Nel caso in cui la resistenza idraulica sia rappresentata da un orifizio, il ~-------------------------~
moto del fluido risulta turbolento. In questo caso, la portata di fluido lubrifi- Fig. 323 - Schema di cuscinetto portante idrostatico con circuito idraulico a pressione
cante attraverso l'orifizio è esprimibile mediante la relazione seguente: costante

(2.238) La lubrificazione idrostatica, oltre che per i cuscinetti reggispinta, può


essere utilizzata per i cuscinetti portanti. Questi sono costituiti, nella loro
442 443

versione più semplice, da un cuscinetto dotato di quattro gole nelle quali viene una pressioll€1 media Pm mediante la:
inviata una certa portata di lubrificante in pressione (Fig. 323). Se il çarico
agente sul perno è nullo, il perno si mantiene centrato rispetto al cuscinetto; se p
invece il carico è diverso da zero, il perno si dispone eccentricamente rispetto al Pm = 2RL
cuscinetto, variando così la distribuzione delle pressioni all'interno del meato
in modo da realizzare l 'uguaglianza tra la forza risultante da tale distribuzione dove P è al solito il carico agente sul cuscinetto, R il raggio di quest'ultimo e
ed il carico esterno stesso. L la sua lunghezza, è necessario che il prodotto della Pm stessa e della velocità
periferica V sia inferiore ad un limite massimo dipendente dal materiale con
Il cuscinetto idrostatico della Fig. 323, che rappresenta un tipico cusci-
cui il cuscinetto è realizzato, ed è inoltre necessario che, sia la pressione media
netto portante per mandrini di macchine utensili, presenta, oltre alle quattro
_ Pm, sia la velocità periferica V, sia la temperatura T non superino a loro volta
camere di immissione del lubrificante, anche quattro gole di scarico in cui
dei rispettivi valori che, pér alcuni tipi di materiali usati nei cuscinetti, sono
il lubrificante è r raccolto e inviato al serbatoio. Il cuscinetto lavora con una
. elencati nella Tab. VII. .~
pompa a pressione costante che invia l 'olio a quattro strozzatori, i quali dosano
il lubrificante Alle camere pressurizzate del cuscinetto. Per ciascun quarto del l
cuscinetto possono essere scritte le. relazioni prima viste, con l'unica avver- TABELLA VII - Caratteristiche dì funzionamento di cuscinetti in condi-.
tenza che ~er il calcolo del carico sopportato dal cuscinetto occorre integrare zione di lubrificazione limite
le componbti della pressione nella direzione del carico, tenendo conto che
. (Pm V)max
l 'altezza c;l.el meato è variabile con l 'angolo. (Pm)max Tmax Vmax
Materiale
(N/cm 2 ) (•C) (m/s) N) ( m
( cm2 7)
l

ll.lS- Lubrificazione limite Bronzo 3000 65 8 200


Ferro poroso 5500 65 4 200
/ Resine fenoliche 4000 95 12 '50
Per tutti i cuscinetti che operano in regime idrodinamico esistono in- Nylon 700 95 5 10
variabilmente periodi di funzionamento durante i quali non si realizzano le Teflon 350 250 0,5 4
condizioni atte a mantenere un velo continuo di lubrificante; ciò avviene ad Teflon rinforzato 1500 250 5 40
Grafite 400 400 ·. 12 50
esempio durante le fasi di avviamento e di arresto dell'albero, oppure quando
il carico assume valori troppo elevati o la velocità angolare valori troppo bassi.
1
: In tutti questi casi, le caratteristiche dell'azione resistente dovuta all'attrito ,:
sono determinate da fenomeni differenti da quelli finora esaminati, quali l'as- l
~ lL~6 - Confronto tra cuscinetti a strisciamento ed a 'roto lamento
sorbimento del lubrificante o lac fcirÌmizìone- di composti chimici· dovuti alla
reazione dei componenti del lubrificante stesso con la superficie del cuscinetto.
La scelta di uno dei due tipi fondamentali di cuscinetto, a rotolamento
In generale si può affermare che il passaggio dalla condizione di lubri-
od a strisciamento, è evidentemente influenzata, in ciascuna applicazione tec-
ficazione idrodinamica a quella. di lubrificazione limite avviene per numeri di
nica, dalla presenza di numerosi fattori: si può tutta.via asserire che general-
Sommerfeld inferiori a 0,05 e che al di sotto di questo valore il coefficiente di
mente questi si suddividono in tre categorie principali, e più precisamente che
attrito aumenta fino a raggiungere un valore massimo quando il numero di
essi sono costituiti:
Sommerfeld diventa pari a zero.
La capacità portante di un cuscinetto nelle condizioni di lubrificazione a) dai requisiti meccanici dell'applicazione a cui il cuscinetto è destinato;
limite viene poi di solito stabilita verificando le condizioni seguenti. Definita b) dalle condizioni ambientali in cui questo dovrà funzionare;
444 445

Cuscinetto a Cuscinetto a
c) dal costo relativo tra i due cuscinetti. Fattori Caratteristiche
strisci amento rotolamento
Si ritiene pertanto opportuno qui riportare la Tab. VIII, ripresa da
Condizioni di Normalmente si può Si può avere un li-
Bearing Design and Applications (v. bibl.), la quale illustra chiaramente le emergenza avere un funziona- mitato funzionamen-
proprietà dei due tipi principali di cuscinetti relative ai tre ordini di fattori mento di emergenza to dopo rottura per
su esposti. successivo a una fatica
rottura

TABELLA VIII - Caratteristiche dei cuscinetti a rotolamento ed a stri- Smorzamen to Buono Scarso
sciamento Olio o alt.ro liquido; Olio o grasso
Tipo di lubrificante
grasso; aria o gas
Cuscinetto a Cuscinetto a
Fattori Caratteristiche Quantità di lubrifi- Grande, eccetto che Molto piccola, ad
strisci amen t o rotolamento
/ cante per cuscinetti pro- eccezione dei casi
Meccanici Carico gettati per funziona- in cui si generino
Ottimo mento in lubrifica- grandi quantità di
Uni direzionale Buono
Alternato Buono Ottimo zione limite calore
Di spunto. Scarso Ottimo
Rumorosità Molto piccola Può essere grande;
Eccentrico Buono Ottimo
dipende dal mon-
D'urto Discreto Ottimo
taggio e da eventua-
li risonanze
Velocità
limitata da: Thrbolenza Carico centrifugo
l
w 2 d3 L
Temperatura Effetti dinamici Dissipazione di po- Varia con - - Varia entro un cam-
tenza 6 po molto vasto e
dipende dal tipo di
Tolleranza al Discreta Scarsa, ad eccezione lubrifìcazione. Ge-
disallineamento di cuscinetti apposi- neralmente minore
tamente disegnati, a che nei cuscinetti a
scapito però della strisciamento
capacità di carido
l'
Ambien.talL. Bassa temperaturaL - - - - . -- --· ·-
---- A ftri t o statico Grande Piccolo
- -·
Proprietà alla par- Scarse
--
Buone
(eccetto il caso di lu- tenza
brifìcazione idro-
stati ca) Alta temperatura
Funzionamento Limitato dal lubri- Limitato dal lubri-
Ingombro fica n te fìcante
Radiale Piccolo Grande
Economici Vita Illimitata, eccetto Limitata dalla resi-
Assiale Da 1/4 a 2 volte il Da 1/5 a 1/2 del
che per carichi ci- stenza a fatica del
diametro diametro
cl ici materiale
446

Cuscinetto a Cuscinetto a
Fattori Caratteristiche
strisci amento roto}amento

Manutenzione Richiesto lubrifi- Richiesto lubrifi-


cante pulito cante pulito

Costo Molto piccolo per i Intermedio per i BIBLIOGRAFIA


tipi semplici o di tipi standard
grande produzione

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303
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Arpionismo
Arresti
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l Base motore mobile 38-39
Angolo
Shigley E.J .: Kinema.t.ic analysis of mechanisms; McGraw-Hill, New York, 1959 / di addendum 78
Base scorrevole
Ben dix- Weiss, giunto
39
16-17
di apertura 106, 108
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di avvolgimento 34
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di contatto 214-217 Cabestano 45
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di dedendum 78 Cambio di velocità 164, 185-188
Suh C.H., Ra.dcliffe C.W.: Kinemat.ics and mechanisms design; Wiley, New York, di fondo ii Camme 219-256
l 978 t! di inclinazione dell'elica 97 ad accelerazione costante 228-232
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~di pressione Tcammey~= 249-251
a fianchi rettilinei
- --~- -~ihnéln cb~e ~,~ --- ·
236-242
1957 ---- 254-255, 289-290
di pressione. normale 99 con braccio oscillante 252-254
Wills J.G.: Lubrication fundament.als; Dekker, New York, 1980 di troncatura 77 desmodromica 252
fra gli assi 70 di traslazione 254-255
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primitivo 70 policentrica 242-247
AA.VV.: Braking of road vehicles; IME Conference publications, Londra, 1983 Arco Caratteristica 73
di aderenza 35 Cardano, giunto di 3-13
di azione 83, 114 Catene 47-56
di scorrimento 35 ad anelli separabili 48
ozioso 221 a perni 48-49
Argano di sollevamento 15 a rulli 49
-,--·<-- - - ~- - --
453
452

Faccia di una dentatura 79 di Cardano . 3-13


a sfere 50 rettilinea 287-289
Fianco del dente 78 di Hooke 3
silenziose 50 sferica 287-289
Filetto 199-200 di .Oldham 18-19
Cedevolezza flessionale 21 Centro di Cuscinetti 375-446
istantanea rotazione 67 Flessibili 21-56 idraulici 362-368
a pattini ori en t abili 405
Ceppo avvolgente 309 Flessi bili tà 21, 37 omocinetici 13-17
a rotolamento 375, 390-443
Ceppo svolgente 309 Forzamento delle cinghie 38-42 Rzeppa 17-18
a rulli cilindrici 381
Cerchio di base 224, 227, 249 Forza scambiata Glifo oscillante 266
a rulli conici 382
Cerchio di riposo 227 nei cuscinetti a rotolamento 378 Graham, scappamento di 276
a rullini 385
Cicloidale, profilo 65 Forze dinamiche fra i denti 151-156 Grossezza di un dente 88
a strisciamento 375, 376-390
Cinghie 26-47 Forze nelle camme 247-252 Guida di Fairbairn 266, 280
idrostatici 434-442
a costole 29 obliqui a sfere Forze scambiate nei freni a tamburo.
380
305-306 ,;
,If v 28 oscillanti a rulli 381
Hindley '· 139
Forze scambiate nella croce di Malt.a
id~ntate
· p1ane
46-47
27
portanti completi
portanti parziali
410-420
420-433
282-285 /
rotonde 29 Forze scambiate nelle ruote dentat.e
radiali oscillanti a sfere 380 Ingranaggi 59-157
Circonferenza a denti diritti 89-90
radiali rigidi a sfere 380 ad assi concorrenti 69
di Romiti 306 a denti ~licoidali 104-105
reggispinta a sfere 382 ad assi paralleli 69
fondamentale 65-66 coniche 115
reggispinta lubrificati 399-409 ad assi sghembi 69, 72, 125
osculatrice 113 coniche ad asse dente curvo 119-125
reggispinta Michell 399-409 a vite 125, 132-139
primitiva 64-68 ad assi sghembi 130-131
reggispinta oscillanti 382-384 cilindrici elicoidali ad assi sghembi
l
primitiva immaginaria 113 a vite 137-138 l
l
125-132
Freni 291-326
l
i Coefficiente di attrito
Dedendum 77, 78, 134 ad att.rito 293
conici l 106-125
nei cuscinetti a rotolamento 379
Denti 59 conici ad asse d.ente curvo 116-125
nei cuscinetti 419, 433 a disco 308-311
Dentiera 84, 98 elicoidali 95-106
Coefficiente di carico 386-387, 389 a fluido 322-326
Dent.iera corretta 87 ellittici 147-150
Cone, S.I. 139 a nastro 311-315
Diametro esterni 72, 81-92
Cono a tamburo 298-3_08
di fondo 77 h eli con 146-147
complementare 111 autoavvolgenti 307
di troncatura 77 interni 72
fondamentale 108, 109 . elettromagnetici 334-348
Differenziale 177-180 i poi di ,: 125, 140-146
primitivo l06-10i, 109-110 Frizioni
Direzione di accostamento parziali. 274, 276
303 radiali 338-340
Contatto fra i denti· ·- i_i2 136
'~
Doppi~-gi-tinro· di Càrèlano 11-13 spiroidi · 146-147 In-nesti 331-354
Convertitori di coppia 369-373 assiali 340-342
a correnti parassite 348-349
Corda 80 ad attrito 333
Coriolis, accelerazione di 262 Eccentricità 411 Gabbia distanziatrice 376, 377 a denti 333
Correzione delle ruote dentate 87 relat.iva 419 Gioco ad isteresi 348-349
Corsa di lavoro 266 Elica media 134 di fondo 79 a forza centrifuga 344-346
Corsa di ritorno 266 Elicoide 199 79
normale a nastro 346-348
Croce di ì\falt a 2ii-290 Energia cinetica 323-324 79
trasversale a particelle magnetiche 348-349
esterna 277-285 Equazione di Reynolds 392-399 Giunti 3-19 di sopravanzo 351-354
interna 285-287 Evolvente di una circonferenza 65-67 Bendi x- Weiss 16-17 elettromagnetici 348-349
45-! 455

Int.erasse di funzionament.o 70 ~umerodi coppie di denti in presa Principi di una vite 132, 135, 200-201 nelle cinghie 36
l
Interferenza 80, 84-87 84, 101, 119 Profili coniugati 51, 63-64 nelle ruote de n t ate 91. 132, 138, 139
In viluppo 73 ~umero di denti fittizio 103 Profilo nelle vi t.i a circolazione di sfere 218
Irregolarità periodica 9, 53 Numero di denti immaginario 113 a evolvente 65-67 nelle viti differenziali 211
~umero minimo di denti 86, 94, 112-114 assiale 78 volumetrico 325, 357
cicloidale 65 Retta di pressione 63, 61, 214
Larghezza di dentatura 79 dei denti 65-68. 108 Reye, ipotesi di 298
Leggi del moto delle camme 23'2-236 Oldham, giunto di 18-19 di lavoro 224 Reynolds
Linea di azione 75, 76 Omocinetico, giunto 13-18 normale 78 condizione di 410
Linea di contatto 63, 73, 75 teorico 224 equazione di 392-399
Lubrificazione trasversale
Pantografo 78 numero di 440
idrodinamica 391 273-274
Puleggia Riduttori
idrostatica 391 Paranco di sollevamento 25 /
condotta 30 armonici 194-198
limite 391, 442-443 Passo
motrice 30 a rotismi epicicloidali I72-1i4
mista 392 assiale 79, 134, 131
Punt.eria 219 a rot.ismi ordinari 163
assiale nelle viti 200
dell'elica Punto di riferimento cicloidali 191-194
'97
Manovella i Punto di Romiti 304 Riduzione dei momenti di inerzia 161
::?64-265 di una catena 48
Manovellismo Punto morto 264 Rigidezza
:?64-366 di una dentatura 76
Meato 391' 409 elicoidale 134-135, 200 anelastica 23
Meccanismi 257-391 frontale 100 elastica 23
Quadrilatero articolato 258-261
a glifo oscillante 266-269 normale 79, 100 Rocchetto 84
/
a rapido ritorno 266-268 trasversale 79, 100 Romiti
articolati 257-264 Pattino piano l 396-399 Raccordo 78 circonferenza di 304
con punti di precisione 272 Peaucellier, meccanismo di 270-271 Raggio di curvatura 80 punt.q di 304
di amplificazione degli sforzi 269-270 Piano Raggio di raccordo 80 Rotismi epicicloidali 165-191
di Peaucellier 270-271 dei contatti 100-101 Raggio primitivo immaginario 113 a ingranaggi conici 177-180, 182
di Scott-Russell 270 generatore 98 Rapporto di ingranamento 69 multipli 180-18i
di Watt 272 omocinetico 15 Rapporto di trasmissione senza portatren o 190-191
per la generazione di moto intermittente principale 132 immaginario 114 Rot.ismi ordinari 159-163
ti nei rotismi epicicloidali 167 Rullo tenditore 38,41
274-291 Piede di biella 264
___ _per la gener.azione di un moto ellittico Pignone l 69 nei rotismi ordinari 160 Ruota a vite 132, 134
... nellé' cinghie '36' Ruot.a oziosa ·----
272-274 Planetario 165-166 160
Modulare, proporzionamento 80 Poncelet, formula di 92, 95 nelle ruote dentate 62, 67, 70, 108, Ruot.e dentate 51, 59, 60, 69
Modulo 79 Portatreno 165-166 128, 135, 157 a scalini 95-97
assiale 79, 134 Potenza dissipata 433 nelle ruote di attrito 60 Bilgram 116
normale 79 Pressione Reazioni vincolari 10 cilindriche a denti elicoidali 95, 97-106
Moltiplicatori a rotismi ordinari 163 in un freno ad attrito 294-298 Rendimento 2, 10 cilindriche elicoidali ad assi sghembi
Molt.iplicatori di sforzo con flessibili 21-26 in un freno a disco 312 meccanico 325, 357 125-132
.Momento di inerzia equivalente 161 in un freno a tamburo 302-303 nei rotismi epicicloidali 175-177 cilindriche esterne a denti diritti 84-92
Moto sferico 109 Primitive 64, 68, 73, 77 nella vite-madrevite 204 cilindriche interne a denti diritti 92-95

-----------------------~-------------
456

coniche 106-125 di testa 74


coniche ad asse dente curvo 116-125 di troncatura 74
esterne 76
Gleason 116
Tensione di forzamento 39-41
interne 76
Trasmissione
piano coniche 112
a cinghie 33-38
Ruote di attrito 59-60
a fluido 355-374
Ruote libere 351-354
a rapport-o variabile 44-45
Rzeppa, giunto li-18
con catene 51-56
con ruot.e de n tal-e -62
con ruote di attrito 59-60 /
Satellite 165-166
fra assi sghembi 125 '·
/
'· Scappamenti 276
idrocinetica 355, 362-373 l
/ Scappamento di Graham
Scorrimento
276. 277
idrostatica 355, 356-362
idroviscosa 355, 373-374
arco di 35
Tredgold, approssimazione di 112
globale 35
Scott-Russell, meccanismo di :no
Segmento dei contatti 81-82, 93 Vano
Solare 165-166 normale 78
Sommerfeld 411 t.rasversale 78
l
ipotesi di 410 Variat.ori continui di velocità 61, 62, 359 l
numero di 413, 419 Velocità angolare negli ingranaggi il
Spessore Velocità di strisciamento 73, 84, 129, 136
di sommità 80 Vit-a di un cuscinetto 385-390
normale 78 Vit-e 132, 199-218
trasversale 78 a circolazione di sfere 211-218
Sterzo dei mezzi cingolati 188-189 differenziale 209-211
Superfici globoidale 139 ;!
coniugate 73 multipla 211 l
di riferimento ì2,ì3 senza fine 13'>_ _

primitive 7ì
Superficie
Wau, meccanismo di 2ì2
ausiliaria i3
Willis, formula di 167
di azione 74, 76
di fondo i4
di piede i4

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