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Autorizzazione Unica

Impianto Geotermico Progetto Definitivo Aggiornato


“Poggio Montone”
IMPIANTO GEOTERMICO
“POGGIO MONTONE”

Progetto Definitivo
Aggiornato
redatto in conformità all’art.5 co.1 lett. g) del D.Lgs. 152/2006 e
all’art. 13 del DM 10 settembre 2010

Preparato per:
Sorgenia Geothermal S.r.l.

Aprile 2019

Codice Progetto:
P16_SOR_034

Revisione: 1

STEAM
Sistemi Energetici Ambientali
Via Ponte a Piglieri, 8
I – 56122 Pisa
Telefono +39 050 9711664
Fax +39 050 3136505
Email : info@steam-group.net
Questo prodotto è stato realizzato nel rispetto delle regole stabilite dal sistema di gestione qualità
conforme ai requisiti UNI EN ISO 9001: 2008 valutato da Bureau Veritas Italia S.p.A. e coperto dal
certificato n. IT257421.
SORGENIA GEOTHERMAL Srl

IMPIANTO GEOTERMICO
“POGGIO MONTONE”

PROGETTO DEFINITIVO
AGGIORNATO
REDATTO IN CONFORMITÀ ALL’ART.5 CO. 1 LETT. G) DEL D.LGS.

152/2006 E ALL’ART. 13 DEL DM 10 SETTEMBRE 2010

Ing. Riccardo Corsi Ing. Matteo Ceroti


Project Director Project Manager

Progetto Rev Preparato da Rivisto da Approvato da Data


P16_SOR_034 1 PB, CD, RB, LF, PB, RC, MC RC 19/04/2019
TM
INDICE

1 INTRODUZIONE E SCOPO DEL LAVORO 1


1.1 CARATTERISTICHE TECNICO-PROGETTUALI 1

2 INQUADRAMENTO GEOTERMICO DI RIFERIMENTO DEL


PROGETTO “POGGIO MONTONE” 5
2.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO 5
2.2 MODELLO GEOTERMICO DELL’AREA DEL PERMESSO DI RICERCA 9
2.2.1 Acquisizione ed Elaborazione Dati 9
2.2.2 Interpretazione Integrata dei Dati e Ricostruzione del Modello
Geologico-Geotermico di Riferimento 11
2.2.3 Sintesi dell’Assetto Tettonico-Stratigrafico e Termico 19
2.3 STIMA CARATTERISTICHE CHIMICHE DEL FLUIDO E TENDENZA
ALL’INCROSTAZIONE 19
2.3.1 Considerazioni sulla Possibilità di Incrostazioni 20
2.4 CRITERI DI PRODUZIONE E OBIETTIVI DELL’IMPIANTO 22
2.4.1 Scelta del Numero dei Pozzi 23
2.4.2 Previsione degli effetti della produzione/reiniezione sul
comportamento del sistema geotermico 23
2.4.3 Pressione di Reiniezione e di Produzione 23

3 CONDIZIONI LOCALI E COLLOCAZIONE DELL’IMPIANTO 25


3.1 CARATTERIZZAZIONE DELLE CONDIZIONI LOCALI 25
3.1.1 Climatologia 25
3.1.2 Sismicità 26
3.2 UBICAZIONE DELL’IMPIANTO E DEI POZZI PRODUTTIVI E REINIETTIVI 27
3.2.1 Criteri di Scelta ed Opzione Zero 27
3.2.2 Scelta Finale 29
3.2.3 Riferimenti Catastali 30

4 PROGETTO DELLE POSTAZIONI DI PERFORAZIONE 31


4.1 CRITERI DI PROGETTO 31
4.1.1 Aspetti Funzionali della Postazione di Sonda 34
4.1.2 Materie Prime 40
4.2 BILANCIO SCAVI/RIPORTI 41

5 PROGETTO DEI POZZI 44


5.1 POZZI PRODUTTIVI E REINIETTIVI 44
5.2 CARATTERISTICHE TECNICO COSTRUTTIVE DEI POZZI 47
5.2.1 Completamento dei Pozzi 54
5.2.2 Eventuale pozzo esplorativo 55
5.3 CARATTERISTICHE DELL’IMPIANTO DI PERFORAZIONE 57
5.3.1 Descrizione Delle Operazioni Di Perforazione 59
5.4 TECNOLOGIA DI PERFORAZIONE E PREVENZIONE RISCHI DURANTE LA
PERFORAZIONE 61

I
5.4.1 Il Fango di Perforazione 61
5.4.2 Condizioni di Sicurezza durante la Perforazione 63
5.5 PROBLEMATICHE DI IGIENE ED ASPETTI DI ORGANIZZAZIONE DEL
LAVORO 68
5.6 CARATTERIZZAZIONE PRODUTTIVA DEI POZZI 70
5.7 USO DI RISORSE 72
5.7.1 Acqua Industriale 72
5.7.2 Energia, Gasolio e Lubrificanti 79
5.7.3 Altre Materie Prime 79
5.8 INTERFERENZE POTENZIALI CON L’AMBIENTE 80
5.8.1 Rifiuti e Residui 80
5.8.2 Atmosfera 81
5.8.3 Acqua 83
5.8.4 Suolo e Sottosuolo 84
5.8.5 Vegetazione Flora e Fauna 84
5.8.6 Emissioni Sonore 84
5.8.7 Mezzi di Cantiere e Traffico Indotto 86
5.9 COMPLETAMENTO DEI POZZI E RIPRISTINO DELLA POSTAZIONE 87
5.9.1 Esito Positivo della Perforazione 87
5.9.2 Esito Negativo della Perforazione (Pozzi Sterili) 88

6 LA CENTRALE DI PRODUZIONE 90
6.1 CRITERI GENERALI DI PROGETTAZIONE 90
6.2 DESCRIZIONE DEL PROGETTO 92
6.2.1 Generalità 92
6.2.2 Impianti per la produzione di fluido tramite gas-lift 93
6.2.3 Tubazioni di Produzione 100
6.2.4 Impianto ORC 105
6.2.5 Tubazioni di Reiniezione 110
6.2.6 Collegamento Elettrico 113
6.2.7 Visitor Center 114
6.2.8 Monitoraggi 114
6.3 PRESTAZIONI DELL’IMPIANTO 115
6.3.1 Bilancio Energetico 115
6.4 FASE DI COSTRUZIONE 116
6.4.1 Fase 1: Preparazione delle Aree e Realizzazione Fondazioni e
Strutture 116
6.4.2 Fase 2: Posa in opera Tubazioni 116
6.4.3 Fase 3: Montaggi Meccanici ed Elettro-Strumentali 117
6.4.4 Fase 4: Commissioning, Messa in Servizio e Test 117
6.4.5 Movimento Terra 117
6.4.6 Materiali 119
6.4.7 Mezzi di Cantiere 120
6.5 USO DI RISORSE 120
6.5.1 Uso di Risorse 120
6.5.2 Interferenze con l’Ambiente in Fase di Esercizio 121

7 CRONOPROGRAMMA 124
7.1 POSTAZIONI, STRADA DI ACCESSO E PERFORAZIONE POZZI 124
7.2 IMPIANTO ORC 124
II
8 INVESTIMENTI PREVISTI 126

9 RIMESSIONE IN PRISTINO DELLE AREE 127

10 ELENCO TAVOLE E ALLEGATI 128

11 BIBLIOGRAFIA 130

III
Sorgenia Geothermal S.r.l.

1 INTRODUZIONE E SCOPO DEL LAVORO

Il presente elaborato, ivi inclusi i relativi allegati, costituisce il Progetto


dell’impianto geotermoelettrico denominato Poggio Montone e di tutte le opere ad
esso connesse e funzionali, redatto in conformità con l’art.5 comma 1 lettera g)
del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. e l’art. 13 del DM 10 settembre 2010, e contenente i
dettagli progettuali di tutte le opere previste.

L’istruttoria per il rilascio della Concessione di Coltivazione e dell’Autorizzazione


Unica è stata avviata a seguito della domanda presentata da Sorgenia
Geothermal (in seguito Sorgenia) in data 13/01/2017 in ottemperanza all’art.6
comma 1 del D.Lgs. 22/2010 e all’art.33 del D.P.R. 395/1991 presso i competenti
Uffici Regionali.

La suddetta richiesta di Concessione di Coltivazione è stata presentata a valle


dell’avvenuto riconoscimento del carattere nazionale delle risorse geotermiche
rinvenute nel permesso di ricerca “Poggio Montone” mediante decreto
dirigenziale della Regione Toscana n.6398 del 22 luglio 2016, pubblicato sul
B.U.R.T. n. 30 del 27/07/2016.

In data 27/12/2018, con parere n.191/2018, il Nucleo regionale di Valutazione


dell’Impatto Ambientale ha deciso di proporre alla Giunta Regionale di esprimere
pronuncia positiva di compatibilità ambientale relativamente al progetto.

L’impianto geotermoelettrico in oggetto permetterà la coltivazione delle risorse


scoperte attraverso l’impiego di tecnologie avanzate non ancora pienamente
commerciali ed adeguate per i fluidi rinvenuti e per il tipo di reservoir, tali da
garantire i più elevati standard ambientali mediante la totale reiniezione dei fluidi,
ivi inclusi i gas naturalmente presenti, nelle formazioni geologiche di provenienza.

Inoltre, l’impianto rispetta le condizioni fissate dall’Art. 1, comma 3-bis, del D.Lgs.
22/2010 e rientra pertanto nella categoria degli impianti di cui all’Art. 20, comma
2, del D.M. 23/06/2016.

1.1 CARATTERISTICHE TECNICO-PROGETTUALI

Il presente Progetto prevede la realizzazione di un circuito (“loop”) tra un polo


produttivo e uno reiniettivo ubicati nella zona NW del permesso di ricerca “Poggio
Montone” (Figura 1.1a e Figura 1.1b), quest’ultimo coincidente con l’area di
richiesta della Concessione di Coltivazione.

In Figura 1.1b si riportano le opere principali facenti parte dell’Impianto in


progetto (postazioni di perforazione ed impianto ORC) da cui si evince che esse
saranno localizzate in parte nel territorio comunale di Piancastagnaio (SI) ed in
parte in quello di Santa Fiora (GR).
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Il progetto, in particolare, prevede la perforazione di 4 pozzi di produzione (di cui


tre deviati) da realizzare in una postazione di produzione (denominata PM1) e di
6 pozzi di reiniezione da realizzare in due postazioni di reiniezione (PM3 e PM4),
per un totale di 10 pozzi.

Nel presente progetto, inoltre, saranno considerate una postazione di produzione


ed una postazione di reiniezione “di riserva” e le relative opere connesse (Figura
1.1c), il cui scopo è quello di garantire la fattibilità del progetto anche nella
improbabile situazione per la quale le postazioni ed i relativi pozzi previsti non
risultino sufficienti ad una coltivazione sostenibile dal punto di vista tecnico-
economico delle risorse geotermiche ivi presenti.

La postazione di produzione di riserva, denominata PM5, sarà progettata


secondo i medesimi criteri impiegati per la postazione PM1 sopra menzionata e
quindi dimensionata per la perforazione di 4 pozzi.
Lo stesso vale per la postazione di riserva PM2, la quale, progettata secondo le
medesime specifiche delle altre postazioni di reiniezione PM3 e PM4, sarà
predisposta per la perforazione di 3 pozzi di reiniezione.
Il fluido geotermico (sia l’acqua che il gas in essa disciolto) verrà portato a giorno
attraverso i pozzi di produzione e convogliato alla centrale di conversione
energetica a ciclo binario, laddove cederà calore ad un opportuno fluido di lavoro.

Nel normale esercizio, il fluido geotermico più freddo verrà completamente


reiniettato, mediante i pozzi di reiniezione, nel serbatoio di provenienza.
In questo modo non si genera alcun deficit di massa nel serbatoio e si mantiene
costante la pressione media nelle formazioni permeabili obiettivo.
Il tutto avviene senza alcun rilascio in atmosfera. Si tratta quindi di una
coltivazione ad emissioni di processo nulle e senza “consumo” di fluido
geotermico.

Il progetto di coltivazione presenta le seguenti principali caratteristiche:

• il fluido geotermico impiegato sarà costituito dall’acqua geotermica del


serbatoio carbonatico-evaporitico (cosiddetto primo serbatoio), caratterizzata
da:
• una temperatura media di circa 160 °C;
• una percentuale attesa di gas incondensabili naturalmente disciolti pari a
circa l’1 ÷ 1,5% in peso sul fluido geotermico;
• l’impianto di conversione impiegato sarà un impianto binario con tecnologia
ORC (Organic Rankine Cycle), capace di sviluppare, alle condizioni di
progetto, una potenza immessa in rete pari a circa 5 MW elettrici con
emissioni di processo nulle e reiniezione totale del fluido geotermico (incluso
il gas) nel serbatoio di provenienza;
• l’impianto sarà connesso alla rete elettrica in alta tensione (AT) a 132 kV di
Terna S.p.A.: è prevista la realizzazione di una nuova stazione elettrica
(Stazione Elettrica Piancastagnaio) da realizzarsi in adiacenza alla
postazione PM5 e un nuovo tratto di elettrodotto aereo della lunghezza di
circa 450 m (con n.2 nuovi sostegni) di collegamento alla linea esistente RTN
“Bagnore – C.P. Piancastagnaio 2” di Terna a 132 kV (che si sviluppa in

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direzione Nord). Tali opere riguarderanno esclusivamente il territorio


comunale di Piancastagnaio (SI);
• per la generazione della suddetta potenza, sulla base dei principali parametri
termodinamici di funzionamento del sistema di conversione energetica e delle
caratteristiche della risorsa presente, è stata prevista una portata massima di
fluido geotermico prelevata e reiniettata nel serbatoio pari a 750 t/h;
• la minima temperatura di reiniezione sarà di circa 50 °C, per evitare il
fenomeno di precipitazione della silice;
• la distanza media tra polo produttivo e polo reiniettivo è pari a circa 3 km
come da Figura 1.1b.

Il progetto consentirà una ottimale coltivazione a fini energetici del serbatoio


geotermico garantendone la sostenibilità nel tempo.

La seguente Tabella 1.1a riassume le caratteristiche tecnico-progettuali


dell’impianto geotermoelettrico che si intende realizzare.

Tabella 1.1a Caratteristiche Tecnico Progettuali

CARATTERISTICHE TECNICHE-PROGETTUALI IN CONDIZIONI DI DESIGN


Potenza elettrica lorda 8 ÷ 11 MW
Potenza elettrica netta media annua 5 MW
Rendimento elettrico lordo centrale ORC 8 ÷ 13%
Portata di fluido estratto e reiniettato 550 ÷ 750 t/h
Temperatura del fluido in ingresso all’ORC 115 - 130 °C
Temperatura di Reiniezione 50 ÷ 65 °C

Pressione di esercizio a testa pozzo 2 ÷ 5 bar a

Pozzi Produttivi 3-51


Portata di ciascun Pozzo Produttivo 140 ÷ 250 t/h
Pozzi Reiniettivi 4-71
Distanza Media tra le zone di serbatoio Produttive e Reiniettive ≈ 3.000 m1
Quota dell'impianto ORC 910 m s.l.m.
Quota della Postazione di Produzione PM1 910 m s.l.m.
Quota della Postazione di Produzione PM5 940 m s.l.m.
Quota della Postazione di Reiniezione PM2 590 m s.l.m.
Quota della Postazione di Reiniezione PM3 600 m s.l.m.
Quota della Postazione di Reiniezione PM4 660 m s.l.m.
Profondità media dei pozzi verticali di produzione 1.450 m
Profondità media dei pozzi verticali di reiniezione 1.300 m
Lunghezza tubazione di reiniezione 3.700 m1

Elettrodotto AT per la connessione alla rete elettrica esistente. ≈ 450 m

1 Valore relativo alla verosimile situazione per la quale non verranno realizzate ed attivate le postazioni di
riserva PM5 e PM2
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Nella tabella sono indicati gli intervalli dei valori dei principali parametri tecnico-
progettuali relativi all’intervento.

Sarà possibile precisare i valori definitivi esclusivamente a valle delle prove di


produzione (vedi Paragrafo 5.10) e a seguito della selezione del miglior fornitore
dell’impianto ORC.

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2 INQUADRAMENTO GEOTERMICO DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO


“POGGIO MONTONE”

2.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO

L’area interessata dalla richiesta di concessione “Poggio Montone” è situata nel


bordo meridionale della grande anomalia geotermica del Monte Amiata, e confina
a Nord-Est e a Nord-Ovest con le concessioni di coltivazione geotermica di Enel,
rispettivamente di Piancastagnaio e Bagnore (Figura 2.1a).

Le ricerche condotte dall’ENEL nel corso degli anni per lo sviluppo dei campi
geotermici di Bagnore e Piancastagnaio hanno permesso una buona
ricostruzione dell’assetto geologico - strutturale, superficiale e profondo, dell'area
intorno al Vulcano del Monte Amiata.

I dati pubblicati di queste ricerche sono stati integrati dalla comunità scientifica
con approfondimenti tematici (geologici, idrogeochimici e geofisici) che hanno
dato luogo a nuove interpretazioni geologico - strutturali, utilizzate, a loro volta,
come oggetto di ulteriori pubblicazioni.

Inoltre, nell’ambito del Permesso di Ricerca Poggio Montone, sono state


effettuate opportune prospezioni ed indagini che hanno permesso un ulteriore
miglioramento della ricostruzione dell’assetto geologico strutturale delle aree che
saranno interessate dalle opere in oggetto.

La cartografia Geologica dell’area di studio, in scala 1:100.000, è riportata nella


Figura 2.1a estratta della Carta Geologica della Toscana a scala 1:250.000. Nella
Figura 2.1a sono anche riportate le ubicazioni dei pozzi perforati da Enel nelle
concessioni Piancastagnaio (PC) e nell’area del permesso di ricerca Poggio
Montone (Nibbio).

La stratigrafia dell'area vasta rappresentata è costituita dall'alto verso il basso


dalla seguente successione strutturale - stratigrafica:

• Depositi vulcanici quaternari (5; V)1 comprendenti:


• complesso Vulcanico del Monte Amiata (lave da trachiti-daciti a olivin-
latitiche, datate da 0,29 a 0,18 Ma - Ferrari & Tonarini 1985; Ferrari et al.,
1996);
• trachibasalti e andesiti olivin-latitiche del vulcano di Radicofani (1,3 - 0,9
Ma);
• complesso vulcanico dei Monti Volsini (lave e colate piroclastiche e tufi,
tefritico - leucitici; 0,8 - 0,33 Ma);

1I numeri (n) fanno riferimento alla legenda della carta geologica della sola area rappresentata - Figura 2.1a; Le
sigle (A) fanno riferimento allo schema tettonico - stratigrafico di Figura 2.1b
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• Complesso Quaternario e Neogenico (1-7; M-P-Q), costituito da depositi


terrigeni marini e continentali, trasgressivi e in discordanza angolare
(unconformity) sul substrato preneogenico, che hanno colmato il Bacino
sedimentario di Radicofani;

• Complesso Ligure (LU) costituito dalle Unità alloctone in facies di Flysch a


litologia prevalentemente argillitica che, dall’alto verso il basso,
comprendono:
• Unità Ofiolitifera, rappresentata dalla Formazione delle Argille a Palombini
(18) del Cretacico inf., contenente anche le Ofioliti giurassiche (20);
• Unità Subliguri esterne, rappresentate dalla Formazione Alberese (21),
prevalentemente marnosa del Paleocene - Eocene;
• Unità di Santa Fiora, rappresentata dalla Formazione arenacea della
Pietraforte (23), riferibile al Cretaceo, e dalla Formazione di Santa Fiora
del Cretaceo - Paleocene (24);

• Unità Toscana (32, 33, 35), tettonicamente sottostante alle precedenti unità,
costituita, negli affioramenti di M. Rotondo e Poggio Zoccolino, dall’alto verso
il basso, da:
• litotipi calcareo argillitici del Cretaceo - Paleogene ed arenacei
dell'Oligocene - Miocene inferiore (TN3);
• successione pelagica calcareo silicea del Giurassico - Cretacico e dai
calcari massicci di piattaforma del Lias inf. (TN2).
I pozzi perforati nella zona di Piancastagnaio - Abbadia San Salvatore non
hanno attraversato le formazioni appena citate, ma hanno incontrato
direttamente le sottostanti dolomie e anidridi evaporitiche del Trias sup.
(Formazione di Burano - Serie Toscana Ridotta Auct.; TN1);

• Il Complesso Metamorfico basale Toscano (Paleozoico - Trias medio)


attraversato nella parte profonda dei pozzi di Piancastagnaio, è correlato alla
Unità di Monticiano Roccastrada (MRU). Questa è articolata in:
• Gruppo Mesozoico - Paleozoico del Verrucano (quarziti e filladi con
calcari e dolomie - MRU3);
• Gruppo Paleozoico Filladico Quarzitico (MRU2);
• Gruppo dei Micascisti MRU1) e Gneiss (GC) del Paleozoico;

• Un corpo intrusivo anatettico (Rocce Magmatiche; MR) è stato ipotizzato in


profondità sulla base di informazioni geofisiche all'interno delle rocce del
Complesso Metamorfico (Gianelli et al., 1988).

Nella seguente Figura 2.1b è schematicamente rappresentata uno dei condotti


vulcanici di risalita dei magmi durante i processi eruttivi/effusivi. Tali tipi di
condotti sono generalmente oggetto di fenomeni termo-metamorfici di contatto,
che tendono a sigillare le vie di alimentazione vulcanica.

Preme precisare altresì che la Figura 2.1b rappresenta schematicamente le


principali Unità Tettonico-Stratigrafiche dell’intera area amiatina. In
considerazione dell’ubicazione delle opere previste dal presente progetto di
coltivazione, è da escludersi qualsiasi interessamento dei depositi vulcanici del
Monte Amiata.
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Figura 2.1b Schema dei rapporti delle Principali Unità Tettoniche –


Stratigrafiche, con indicazioni delle caratteristiche di Permeabilità (da
Batini et al., 2003 con modifiche; Barelli et al., 2010)

Il Vulcano del Monte Amiata si trova al centro di un’area fortemente sollevata


(Figura 2.1c), come testimoniato dalla presenza di sedimenti marini Mio-
Pliocenici a quote comprese tra 600 e 1.000 m (Barberi et. al, 1994).

Il sollevamento dell'area del Monte Amiata, che interessa ad Est anche parte del
bacino sedimentario del Graben di Radicofani, è strettamente collegato alla
grande intrusione magmatica anatettica (con estensione presunta di 50 km x 35
km) all’interno delle formazioni del Basamento metamorfico. L'intrusione,
attualmente in raffreddamento, è ipotizzata tra i 4 ed i 7 km di profondità (Batini et
al., 1986; Gianelli et al., 1988; Marinelli et al., 1993; Acocella V., 2000).

La zona centro-occidentale dell'area, rappresentata in Figura 2.1a, è


caratterizzata da una dorsale morfologica che si estende da Nord a Sud a partire
dai rilievi di Poggio Zoccolino (subito ad Ovest di Bagni San Filippo) fino a quelli

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di Monte Rotondo, in prossimità di Castell'Azzara; questi rilievi sono costituiti da


affioramenti delle formazioni dell’Unità Toscana.

Nell'area di Piancastagnaio - Abbadia San Salvatore la dorsale presenta una


inflessione assiale, infatti, i calcari e le anidriti della Formazione di Burano sono
presenti ad alcune centinaia di metri di profondità, sotto la copertura
prevalentemente argillitica dei Flysch Liguri.

Figura 2.1c Sollevamento pliocenico dell'area del Vulcano del Monte


Amiata (Gianelli et al, 1988). 1) lave trachitiche, dacitiche ed olivinlatitiche
del Complesso del M. Amiata (0,18 - 0,29 Ma); 2) Sedimenti clastici,
prevalentemente argillosi del Complesso Neogenico (M-P-Q); 3) Depositi
arenacei Oligomioceni della F. Macigno (TN3); Formazioni cretaceo -
Eoceniche del Complesso Ligure (LU); 5) Formazioni della Unità Toscana
(TN3 e TN2); 6) Quote dei sedimenti del Complesso Neogenico (m s.l.m.).

Area di Richiesta
Concessione
“Poggio Montone”

L'assetto profondo della dorsale descritta deriva dall’attività tettonica


compressiva sin-collisionale occorsa tra l’Oligocene superiore ed il Miocene
medio, che ha determinato la sovrapposizione delle Unità Liguri s.l. al di sopra

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della Unità Toscana, che a sua volta è avanscorsa sulle sottostanti Unità del
Complesso metamorfico basale.

La sequenza paleozoica di tale “Basamento” dei campi geotermici di Bagnore e


Piancastagnaio è caratterizzata da analoghe strutture compressive tipo “Duplex”
(raddoppi tettonici; Bertini et al., 1995; Pandeli et al., 1988).

L'insieme del complesso edificio strutturale che ne è derivato è stato interessato,


a partire dal Miocene medio superiore, da fenomeni estensionali con sistemi di
faglie normali a basso angolo, che hanno disarticolato non solo le formazioni
della Unità Toscana (nella quale sono presenti localmente vistose elisioni
tettoniche – Serie Toscana Ridotta Auct.) ma anche quelle della più complessa
sequenza tettonica delle Unità Liguri e Sub - Liguri. Inoltre, durante le successive
fasi tettoniche distensive nel Miocene Sup.-Pliocene, si è sviluppato un
importante sistema di faglie a direzione circa N - S, che hanno determinato la
formazione del vasto bacino sedimentario (graben) di Radicofani,
successivamente colmato con potenti successioni Mio - Plioceniche di materiale
clastico con argille, sabbie e localmente conglomerati (Brogi, 2008).

Dettagli sulla caratterizzazione geologica sito specifica delle aree interessate


dalle opere di progetto sono riportati nell’Allegato 1 alla presente relazione.

2.2 MODELLO GEOTERMICO DELL’AREA DEL PERMESSO DI RICERCA

2.2.1 Acquisizione ed Elaborazione Dati

Per la ricostruzione del Modello Geotermico del PR “Poggio Montone”, Sorgenia


ha effettuato specifiche indagini geofisiche finalizzate ad una più dettagliata ed
attendibile caratterizzazione geologico-strutturale.

Tali indagini hanno permesso di individuare le principali anomalie generate dalle


diverse caratteristiche petrofisiche del sottosuolo, associabili alla presenza di
condizioni favorevoli per l’esistenza di serbatoi geotermici profondi.

La campagna geofisica ha costituito il cuore del programma di esplorazione


superficiale e ha permesso una buona definizione e caratterizzazione strutturale
profonda del potenziale serbatoio.

Nell’ambito del permesso di ricerca in esame sono stati condotti i seguenti studi e
rilievi:

1) modeling gravimetrico;
2) rilievo magnetotellurico;
3) rilievo sismico a riflessione 2D;
4) analisi dei dati termici disponibili.

Inoltre, tali indagini sono state tarate mediante l’utilizzo di 9 pozzi geotermici
presenti all’interno del PR “Poggio Montone”, afferenti al vecchio titolo minerario
denominato “Monte Labbro – Monte Civitella” di titolarità della Larderello S.p.A.

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P16_SOR_034 IMPIANTO GEOTERMICO “POGGIO MONTONE” 0 9
PROGETTO DEFINITIVO AGGIORNATO
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Tali pozzi esplorativi sono stati perforati a partire dagli anni ’60 e hanno
permesso di confermare la presenza del campo geotermico di Poggio Nibbio.

In Tabella 2.2.1a sono riportati i 9 pozzi ricadenti all’interno del PR “Poggio


Montone” (vedi Figura 2.1a), con le relative denominazioni e le coordinate in
UTM - WGS 84:

Tabella 2.2.1a Pozzi Esistenti all’Interno del PR “Poggio Montone”

Nome Pozzo X (UTM, WGS 84) Y (UTM, WGS 84)


Nibbio 1 716049 4744068
Nibbio 2 715596 4742422
Nibbio 3 714786 4743132
Nibbio 4 715878 4743314
Nibbio 5 714764 4741474
Nibbio 6 714869 4742495
Nibbio 7 715104 4744100
Nibbio 8 716306 4743052
PC5 715517 4745316

Le informazioni e i dati relativi a queste perforazioni sono contenuti in numerosi


documenti pubblici e articoli scientifici, che sono stati utilizzati per la migliore
definizione delle caratteristiche geo-strutturali, idrogeologiche, termiche e di
producibilità del serbatoio geotermico carbonatico-evaporitico individuato dalle
perforazioni stesse.

Tale serbatoio, noto come primo serbatoio essendo sovrapposto ad un altro più
profondo e ospitato nelle rocce metamorfiche, come di seguito specificato,
costituisce il principale obiettivo di coltivazione del progetto che Sorgenia intende
sviluppare nell’ambito del titolo di concessione, di cui alla presente richiesta.

Allo scopo di realizzare un modello del campo geotermico il più possibile


dettagliato, tutti i dati derivanti dalle indagini precedentemente descritte sono stati
caricati in un database predisposto su piattaforma GIS (costantemente
aggiornato con le nuove informazioni disponibili). Ciò ha permesso di ricostruire
alcune puntuali caratteristiche litologiche, geometriche, termiche e di permeabilità
del serbatoio geotermico, ospitato nelle formazioni carbonatiche fratturate
dell’Unità Toscana.

I dati sono stati successivamente trasferiti su una piattaforma software 3D di


modellazione geologica, essenziale per la ricostruzione stratigrafico - strutturale
del campo geotermico e la valutazione dei volumi del serbatoio (software Petrel).

È stato quindi possibile generare un modello geologico 3D di riferimento dell’area


in esame. Per il modeling delle formazioni del sottosuolo sono stati utilizzati tutti i
dati geologici e geofisici, descritti nei paragrafi precedenti, e i dati delle
perforazioni pregresse.

Per le suddette attività, Sorgenia si è avvalsa della consulenza della società


Terra Energy srl, spin-off dell’Università di Pisa.

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2.2.2 Interpretazione Integrata dei Dati e Ricostruzione del Modello Geologico-


Geotermico di Riferimento

Dall’interpretazione integrata dei dati, in particolare delle linee sismiche e delle


stratigrafie dei pozzi perforati nella zona, è stato possibile ricostruire il tetto e la
base del primo serbatoio geotermico, riportato nelle seguenti Figure 2.2.2a,
2.2.2b e 2.2.2c.

Figura 2.2.2a Tetto del Serbatoio Geotermico (m s.l.m.) nell’area sottesa


al Permesso di Ricerca “Poggio Montone” – elaborazione Terra Energy su
dati Sorgenia

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Figura 2.2.2b Base del Serbatoio Geotermico (m s.l.m.) nell’area sottesa


al Permesso di Ricerca “Poggio Montone” – elaborazione Terra Energy su
dati Sorgenia

Figura 2.2.2c Tetto e letto del serbatoio geotermico con quote in metri
s.l.m. e pozzi perforati nell’area (vista da Sud) – elaborazione Terra Energy
su dati Sorgenia

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Dalle ricostruzioni effettuate è emerso che il tetto del primo serbatoio, nell’area
che sarà interessata dalla realizzazione dei pozzi geotermici in progetto, si
attesta a circa 1.000 m di profondità dal p.c. mentre la base viene stimata a circa
1.250-1.450 m dal p.c. (spessore medio di circa 200 - 500 m).

Nella seguente Figura 2.2.2d, vengono illustrate le superfici del tetto delle unità
geologiche affioranti e presenti nel sottosuolo dell’area del PR “Poggio Montone
(vulcaniti, depositi neogenici, Unità Liguri Flyschioidi, Calcare Cavernoso -
Evaporiti, Basamento).

Dall’alto verso il basso: vulcaniti, depositi neogenici, le Unità Liguri in facies di


Flysch, Calcare Cavernoso – Evaporiti (Unità Toscana), Basamento.

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Figura 2.2.2d Rappresentazione 3D (con esagerazione verticale 2X) delle principali strutture geologiche dell’area del Monte Amiata (vista
da sud) – elaborazione Terra Energy su dati Sorgenia

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P16_SOR_034 ISTANZA DI CONCESSIONE DI COLTIVAZIONE “POGGIO MONTONE” 0 14
PROGRAMMA LAVORI E PROGETTO GEOTERMICO
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Per maggior chiarezza, nella seguente Figura 2.2.2e viene riportata una sezione
geologica interpretativa ricavata dalla sezione sismica PM1 (traccia della sezione
sismica Sez_PM1 illustrata in Figura 2.1a), con direzione N-S, passante in
prossimità della postazione di produzione in progetto.

Figura 2.2.2e Sezione Geologica Interpretativa della Sezione Sismica


PM1 (scala in m)

Nella sezione sono stati proiettati i pozzi profondi esistenti denominati: Nibbio 8,
Nibbio 4, Nibbio 1 e Capannacce. Inoltre, è stata ubicata la postazione PM1 e
riportate le traiettorie indicative dei 4 pozzi produttivi in progetto.

Come illustrato in Figura, i pozzi in progetto potranno attraversare l’intero


serbatoio geotermico (rappresentato dal Calcare Cavernoso con uno spessore
medio di circa 200-400 m) fino ad interessare per alcune decine di metri il
Basamento Metamorfico. Il grado di attraversamento del serbatoio dipenderà
dalla posizione e dalla potenzialità delle fratture produttive incontrate durante la
perforazione.

All’interno del serbatoio geotermico le temperature misurate nei pozzi “Nibbio”, si


attestano tra circa 140 e 160 °C.

Inoltre, come è noto, nei campi geotermici del Monte Amiata, è stato intercettato
un secondo serbatoio (più profondo, a profondità maggiori di 2.000 m), all'interno
delle formazioni metamorfiche, con temperature fino ad oltre 300 °C.

Si ritiene ragionevole ipotizzare la presenza di questo secondo serbatoio anche


nell'area del PR Poggio Montone, situato in continuità laterale con le aree dei
campi geotermici di Bagnore a NO e Piancastagnaio a NE (Figura 2.1a).

I serbatoi geotermici, quello più superficiale e quello profondo, seppur separati da


un intervallo a permeabilità ridotta, risultano essere in equilibrio di pressione
(Barelli et al., 2010).

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Infatti, il grafico di Figura 2.2.2f mostra una correlazione profondità-pressione di


tutti i pozzi geotermici del Monte Amiata (Bagnore, Piancastagnaio e Nibbio 2 e
Nibbio 5) che risultano tutti caratterizzati da una pressione idrostatica con livello
piezometrico di riferimento a circa +230 m sul livello del mare.

Figura 2.2.2f Distribuzione della Pressione Statica con la Profondità nei


Pozzi dei Campi Geotermici di Bagnore e PianCastagnaio integrata con i
dati di pressione dei pozzi Nibbio 2 e 5 (modificata da Barelli et al., 2010)

La pressione di serbatoio del sistema geotermico amiatino durante la coltivazione


geotermica nei campi di Bagnore e Piancastagnaio, è rimasta sostanzialmente
costante nel corso degli anni (Barelli et al., 2010), come mostrato anche in Figura
2.2.2g.

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Figura 2.2.2g Distribuzione della Pressione durante la coltivazione


geotermica nei campi di Bagnore e Piancastagnaio (Barelli et al., 2010;
Enel, 2009)

Gli storici campi geotermici superficiali dell’area amiatina, Bagnore e


Piancastagnaio, corrispondono a due alti strutturali relativi dell’Unità Toscana
(Barelli et al., 2010).

La presenza di gas disciolto nel fluido geotermico, nonchè di una efficace


copertura impermeabile sopra il serbatoio, genera le cosiddette “trappole di gas”,
confinate verso il basso dall’interfaccia aeriforme/liquido.

Il primo serbatoio è quindi costituito da strutture a cupola che consentono la


formazione di trappole di aeriforme, la cui pressione è funzione della differenza di
quota tra il livello piezometrico e l’interfaccia tra fase liquida e fase aeriforme,
determinata a sua volta dal punto di sfioro, ossia lo “spill-point” (Figura 2.2.2h).

Figura 2.2.2h Schema Geotermico Strutturale dei Campi Amiatini


Superficiali di Bagnore e Piancastagnaio (da Barelli et al., 2010)

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Analogamente, il primo serbatoio nell’area sottesa al permesso di ricerca “Poggio


Montone” corrisponde anch’esso ad un alto strutturale relativo della Unità
Toscana (principalmente carbonati). Il serbatoio può quindi essere rappresentato
come una struttura a cupola in cui la cappa è costituita da vapore e gas
(principalmente CO2) e la fase liquida da acqua satura di gas.

Questo campo geotermico, denominato Poggio Nibbio, era stato individuato


attraverso la campagna di prospezione termica del 1963 del Monte Amiata
effettuata dalla Larderello S.p.A. ed esplorato e tecnicamente caratterizzato
attraverso la realizzazione di pozzi geotermici profondi.

Il serbatoio del campo geotermico di Poggio Nibbio presenta caratteristiche


analoghe a quello di Bagnore, verificate grazie ai dati di pozzo, in particolare per
la pressione dell’acquifero. Tutti i pozzi perforati nel primo serbatoio hanno infatti
verificato la presenza di un carico idrostatico alla stessa quota ad indicare
l’esistenza di un unico acquifero regionale (+ 230 m s.l.m.).

La decisione della Larderello S.p.A. di non procedere con la coltivazione dei


pozzi del Campo geotermico di Poggio Nibbio fu probabilmente condizionata
dalla tecnologia dell’epoca che prediligeva lo sfruttamento della fase aeriforme
rispetto a quella liquida nonché dalle caratteristiche fisiche e geometriche del
serbatoio rispetto alla morfologia del luogo.

I pozzi ad acqua non erano infatti probabilmente in grado di erogare stabilmente,


anche con alte permeabilità della formazione, a causa dell’elevata differenza di
quota tra il livello statico e il piano campagna, come è possibile vedere in Figura
2.2.2i.

Figura 2.2.2i Modello Concettuale del Serbatoio del Campo di Poggio


Nibbio

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2.2.3 Sintesi dell’Assetto Tettonico-Stratigrafico e Termico

Sulla base di quanto sopra esposto, nelle seguenti tabelle viene riportato in
maniera schematica l’assetto tettonico - stratigrafico e termico atteso sia per
l’area di produzione che per l’area di reiniezione dei pozzi di progetto.

I valori attesi risultano coerenti con le simulazioni termofluidodinamiche dello


stato stazionario del sistema geotermico condotte da Sorgenia riportate
nell’Allegato 2 al presente Progetto. Gli stessi verranno comunque verificati a
seguito della perforazione dei primi pozzi (PM1A, PM3A, cfr. Capitolo 5).

I log geofisici che verranno effettuati durante le fasi di perforazione potranno


migliorare ulteriormente la definizione della stratigrafia e degli obiettivi minerari
profondi.

Tabella 2.2.3a Descrizione dell’Assetto Tettonico Stratigrafico e Termico


Atteso per l’area di Produzione

da – a
Stratigrafia Spessore (m) T (°C)
(dal p.c.)

0 – 1.000 Flysch Liguri 1.000 -

1.000 – 1.450 Unità Toscana 450 160 ÷ 170 °C

Basamento 300° C a circa 3.000 m


da 1.450
Metamorfico (possibile 2° serbatoio)

Tabella 2.2.3b Descrizione dell’Assetto Tettonico Stratigrafico e Termico


Atteso per l’area di Reiniezione

da – a
Stratigrafia Spessore (m) T (°C)
(dal p.c.)

0 – 800 Flysch Liguri 800 -

800 – 1.100 Unità Toscana 300 125 ÷ 140 °C

Basamento 300° C a circa 3.000 m


da 1.100
Metamorfico (possibile 2° serbatoio)

2.3 STIMA CARATTERISTICHE CHIMICHE DEL FLUIDO E TENDENZA ALL’INCROSTAZIONE

Le caratteristiche chimico-fisiche del fluido rinvenuto nel serbatoio geotermico


oggetto della coltivazione del presente progetto possono essere reperite
dall’analisi chimica dell’acqua di trascinamento e del gas del fluido effluente dal
sondaggio effettuato sul pozzo Poggio Nibbio 2, che si ritiene rappresentativo
dell’area in esame.

Nelle seguenti Tabella 2.3a e Tabella 2.3b (Burgassi et al., 1967) viene riportata
la composizione del liquido geotermico e del gas rispettivamente.
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Tabella 2.3a Composizione dell’acqua di trascinamento dal sondaggio


sul pozzo Poggio Nibbio 2 (pH 7.55) (Burgassi et al. 1967)

Componente Concentrazione (ppm)


Na+ 147.8
K+ 8,7
Ca++ 31,2
Mg++ 16,5
Fe+++ Tracce
NH4+ 212
Cl- 64,8
SO4-- 378
HCO3- 708,3
CO2 totale 1.290
CO2 libera 779,6
SiO2 175,2
H2S tracce

Tabella 2.3b Composizione del gas dal sondaggio sul pozzo Poggio
Nibbio 2 (Burgassi et al., 1967)

Componente Concentrazione
(% in peso)
CO2 97.723
CH4 1.236
N2 0,74
H2 0,026
H2S 0,275

I componenti principali nel liquido di trascinamento sono: anidride carbonica


disciolta, bicarbonato, solfati, ione ammonio, silice, cloro, sodio, calcio.

La parte aeriforme è composta principalmente da anidride carbonica e tracce di


metano, pochissimo H2S, idrogeno e azoto.

La quantità di gas incondensabile disciolto nel liquido presente nel serbatoio è


stata valutata sulla base della legge di Henry, nota la pressione parziale
dell’anidride carbonica nella cappa di gas. Sulla base delle profondità stimate del
serbatoio obiettivo è stato possibile calcolare che il contenuto di gas
incondensabili disciolti sul fluido geotermico totale sarà compresa tra circa l’1 ed
1,5% in peso.

2.3.1 Considerazioni sulla Possibilità di Incrostazioni

Dalle composizioni riportate si desume che l’acqua appare complessivamente


“benigna” e tale da non comportare particolari problemi di gestione relativamente
a fenomeni di incrostazione per quanto riguarda l’eventuale successiva fase di
coltivazione (cfr. Capitolo 6).

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La produzione di fluido con flash in pozzo provoca la diminuzione della pressione


che passa da valori dell'ordine di 30 - 40 bar, presenti nel serbatoio, a valori di
circa 2 - 5 bar dell’erogazione in superficie.

In considerazione della natura carbonatica del serbatoio, come confermato dalle


analisi chimiche, la depressurizzazione del fluido durante la risalita in pozzo potrà
comportare la precipitazione di carbonato di calcio e il conseguente scaling in
pozzo.

Il fenomeno di scaling da carbonato di calcio si origina, infatti, dal fatto che la


soluzione nel serbatoio è satura in ioni Ca++, HCO3- e CO3-- essendo in equilibrio
con un gas (prevalentemente anidride carbonica).

La pressione di bolla a fondo pozzo corrisponde a circa 21 bar (Burgassi et al.,


1967). Questo significa che durante la risalita, a causa della diminuzione di
pressione, una parte della CO2 naturalmente disciolta nel liquido sarà liberata in
fase vapore.

Andando più nel dettaglio, l’abbassamento di pressione, e quindi la liberazione di


CO2, provoca lo spostamento sulla destra del seguente equilibrio:

2 HCO3-(l) = CO2 + H2O(g) +CO3--(l)

Quindi, l’aumento di concentrazione degli ioni CO3--, che fa superare il prodotto di


solubilità della calcite ne provoca la deposizione.

Una discussione più dettagliata degli equilibri chimici è riportata in bibliografia


(Corsi, 1986 e 1987 e Michels, 1981).

Per evitare la possibile deposizione di carbonati è prevista l’iniezione in pozzo di


un opportuno inibitore di incrostazione (Corsi, Culivicchi, Sabatelli, 1985).

Per i diversi metodi di trattamento delle incrostazioni si rimanda a R. Corsi, 1986,


1987.

Un ulteriore potenziale problema connesso allo sfruttamento dell’energia


geotermica è, inoltre, dato dalla possibilità di formazione di incrostazioni derivanti
dalla precipitazione di silice amorfa a seguito della diminuzione di temperatura
connessa allo sfruttamento (Corsi R. 1986,1987). I problemi di incrostazione da
silice sono soprattutto presenti in campi ad alta temperatura i cui fluidi
contengono quantità rilevanti di silice, generalmente saturi in quarzo alla
temperatura di serbatoio.

Nel caso particolare del campo geotermico oggetto di questo studio, le basse
temperature del serbatoio (circa 160°C) permettono la dissoluzione di quantità di
silice piuttosto modeste (149 mg/l). Tale valore deve essere confrontato con la
concentrazione di saturazione ricavata dalle pubblicazioni di Gunnarson and
Arnorsson, 2000 e Fournier and Rowe, 1973 (vedi Tabella 2.3.1a).

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Tabella 2.3.1a Concentrazioni di Equilibrio di Silice Amorfa in Soluzioni


Acquose (Gunnarson and Arnorsson 2000 and Fournier and Rowe 1973)

Temperatura Solubilità secondo Gunnarson Solubilità secondo Fournier &Rowe


°C and Arnorsson 2000 (mg/l) 1977 (mg/l)
40 122,8 152,9
50 146,1 180,7
60 172,0 211,3
70 200,4 244,8
80 231,5 281,3
90 265,1 320,8
100 301,2 363,3
110 339,5 408,7
120 380,0 457,0
130 422,6 508,3
140 466,9 562,4
150 512,7 619,3
160 559,9 678,9
170 608,1 741,1
180 657,0 806,0
190 706,4 873,3

Al fine di scongiurare la precipitazione di questo componente, le relazioni di


solubilità evidenziano un limite minimo per la temperatura pari a circa 50 °C.
Pertanto, è stata selezionata una temperatura di reiniezione nel range compreso
tra i 50 °C ed i 65 °C, che appare del tutto ragionevole.

2.4 CRITERI DI PRODUZIONE E OBIETTIVI DELL’IMPIANTO

Il potenziale serbatoio geotermico, oggetto del presente progetto, è a liquido


dominante, con temperature di circa 160 °C e una percentuale attesa di gas
incondensabili naturalmente disciolti compresi tra l’1 e l’1,5% in peso sul fluido
geotermico totale.

Tale serbatoio è caratterizzato da pressioni relativamente basse, tali da non


rendere possibile, in considerazione delle significative quote del piano
campagna, la produzione spontanea dei pozzi che attingono all’acquifero se non
mediante un opportuno sistema di sollevamento.

Pertanto, per rendere possibile la produzione del fluido è necessario l’impiego di


una pompa sommersa o di un sistema di sollevamento mediante iniezione di gas
in continuo (gas-lift). A seguito di un’analisi di fattibilità, che ha preso in
considerazione aspetti tecnici ed economici, è stato valutato che la soluzione
migliore consista nell’impiego del gas-lift (cfr. successivo Capitolo 6).

Questa tecnologia risulta avanzata, innovativa (permette di avvantaggiarsi del


contenuto dei gas naturalmente disciolti nel fluido) e non pienamente
commerciale, in quanto mai impiegata con continuità nel caso di impianti
geotermici.
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Durante l’esercizio dell’impianto, tutti i gas incondensabili verranno reiniettati


integralmente con il liquido geotermico (reiniezione totale).

Il presente progetto si propone di realizzare un impianto che superi i problemi


sopra riportati e che garantisca la produzione elettrica di 5 MW medi annui
immessi in rete.

2.4.1 Scelta del Numero dei Pozzi

Sulla base delle caratteristiche termodinamiche del fluido geotermico e della


capacità di conversione dell’energia dei sistemi ORC, è stata calcolata la portata
di fluido geotermico necessaria per alimentare l’impianto geotermico in esame.

Tale portata risulta compresa tra le 550 e le 750 t/h.


E’ stata quindi cautelativamente ipotizzata una portata di progetto pari all’estremo
superiore del suddetto intervallo, equivalente cioè a 750 t/h di fluido geotermico
estratto e reiniettato nel serbatoio.

Considerando le condizioni di pressione e temperatura del serbatoio e le sue


caratteristiche di permeabilità, il contenuto di gas incondensabili e i profili tecnici
dei pozzi, di cui al successivo Capitolo 5, si è potuto verificare, attraverso un
apposito simulatore del flusso bifase, che i singoli pozzi, per effetto del sistema
gas-lift, sono in grado di produrre mediamente tra le 140 e le 250 t/h.
Si prevede pertanto che la portata di progetto possa essere garantita tramite la
realizzazione di 4 pozzi produttivi e 6 reiniettivi.

I 4 pozzi produttivi saranno perforati dalla postazione PM1, mentre i pozzi di


reiniezione dalle postazioni PM3 e PM4 (3 per ciascuna postazione).

Nel caso in cui i pozzi suddetti non siano in grado di produrre e ricevere tutta la
portata di progetto, è prevista la realizzazione di una postazione aggiuntiva di
produzione PM5 (con 4 pozzi) e di una postazione aggiuntiva di reiniezione PM2
(con 3 pozzi).

2.4.2 Previsione degli effetti della produzione/reiniezione sul comportamento del


sistema geotermico

Per quanto riguarda la determinazione del comportamento del serbatoio


geotermico derivante dall’attività di produzione e reiniezione del fluido si rimanda
all’Allegato 2.

2.4.3 Pressione di Reiniezione e di Produzione

Aspetti tecnici preliminari


Dal punto di vista tecnico, per sovrapressione di reiniezione si intende il maggior
valore di pressione, rispetto alla condizione statica, che si determina in prossimità
delle fratture assorbenti a seguito dell’immissione della portata di reiniezione.

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Analogamente per abbassamento di pressione in produzione si indica il minor


valore di pressione, rispetto alla condizione statica, che si verifica a seguito della
produzione della portata dai pozzi produttori.

In gergo tecnico la portata assorbita per unità di pressione in condizione


stabilizzate sulla frattura è chiamata iniettività del pozzo (t/h/bar) e,
analogamente, la portata prodotta per un abbassamento di un bar della
pressione di serbatoio è detta indice di produttività (t/h/bar).

Le caratteristiche iniettive del pozzo permettono di determinare univocamente per


ogni valore di portata, la maggior pressione necessaria a smaltire il flusso.

Valori di Pressione di Re-Iniezione e Produzione


Il valore di produttività/iniettività dei pozzi, ricavata dalla modellazione numerica è
dell’ordine di 25 ton/h/bar in condizioni stabilizzate.
Questo comporta che, alla portata di progetto (circa 187,5 t/h per pozzo), la
sovrapressione che si stabilirà alla frattura per consentire l’iniezione del fluido
geotermico sarà di circa 7,5 bar.

In condizioni di esercizio, il livello dinamico in pozzo presenterà un innalzamento


in reiniezione di circa 60-80 m ed un abbassamento in produzione di circa 40-50
m come precedentemente mostrato dalla modellazione numerica.

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3 CONDIZIONI LOCALI E COLLOCAZIONE DELL’IMPIANTO

3.1 CARATTERIZZAZIONE DELLE CONDIZIONI LOCALI

3.1.1 Climatologia

L‘area interessata dalle opere in oggetto, rientra nel più ampio quadro climatico
della Regione Tirrenica che presenta un ciclo stagionale caratterizzato da un
autunno con perturbazioni atlantiche, che provocano abbondanti piogge ed un
inverno influenzato da elevata variabilità per l‘alternarsi dell‘anticiclone russo
siberiano, portatore di cielo sereno con temperature piuttosto rigide, e di
depressioni mediterranee, che possono dare luogo a venti sciroccali con
innalzamento delle temperature e arrivo delle piogge.

Una tipica situazione meteorologica che si verifica frequentemente nella seconda


metà dell‘inverno è legata all‘arrivo di fronti freddi che penetrano dalla valle del
Rodano e, attraverso il golfo di Genova, interessano direttamente con abbondanti
piogge e venti di maestrale la Toscana meridionale.

La primavera si manifesta con due periodi distinti, il primo molto simile a quello
invernale ed il secondo caratterizzato dall‘arrivo dell‘anticiclone delle Azzorre, più
simile a quello estivo. L‘estate è dominata dall‘anticiclone delle Azzorre con
condizioni di cielo sereno e mancanza di venti dominanti ad esclusione delle
brezze lungo le coste.

A causa del notevole riscaldamento del suolo sono possibili formazioni di nubi
cumuliformi con possibili precipitazioni a carattere temporalesco soprattutto nelle
zone interne.

Tra i principali elementi che caratterizzano il clima di una regione vengono


analizzate le seguenti variabili: l‘eliofania e la radiazione solare globale, la
temperatura e la piovosità. Per eliofania e radiazione solare globale si intende
rispettivamente la durata del soleggiamento e l‘intensità della radiazione solare.

Nelle seguenti tabelle si riportano le elaborazioni dei dati di temperatura e


precipitazione medi giornalieri rilevati, nel triennio 2014-2016, presso la stazione
meteorologica di “Santa Fiora” (coordinate UTM 32N: 708.833 E, 4.747.771 N),
situata a 813 m s.l.m. e gestita dal SIR – Settore Idrologico Regionale della
Regione Toscana, che rappresenta la stazione meteorologica più prossima
all’area di intervento (circa 6 km in direzione Nord-Ovest).

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Tabella 4.2.1.1a Temperatura Media [°C] – Elaborazione Mensile dei Dati


Rilevati dalla Stazione Meteorologica “Santa Fiora” (2014-2016)

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Anno
Valore
4,3 5,2 6,5 10,0 12,5 16,9 20,1 19,1 15,6 12,2 8,7 5,5 11,4
medio
Valore
12,0 14,7 17,6 22,1 25,4 30,1 33,5 32,2 28,6 21,3 21,6 16,6 33,5
massimo
Valore
-7,5 -5,7 -2,6 -1,9 1,8 4,2 7,9 7,2 4,5 1,7 -4,6 -6,9 -7,5
minimo

I dati termometrici relativi al periodo 2014-2016 mostrano che la temperatura


media annua presso la stazione di Santa Fiora raggiunge gli 11,4 °C, con
variazioni mensili da un minimo invernale di -7,5 °C nel mese di gennaio ad un
massimo estivo di 33,5 °C nel mese di luglio.

Tabella 4.2.1.1b Precipitazioni Totali [mm] – Elaborazione Mensile dei Dati


Rilevati dalla Stazione Meteorologica “Santa Fiora” (2014-2016)

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Anno
Valore
180,1 273,2 119,9 97,5 80,8 88,3 99,2 89,3 83,9 121,5 126,1 52,3 1.370,1
medio
Valore
massimo 90,2 85,6 48,4 39,8 38,0 27,0 65,4 60,0 51,6 37,6 37,8 39,0 90,2
giornaliero

I dati pluviometrici relativi al periodo 2014-2016 mostrano un valore medio annuo


di precipitazioni totali pari a 1.370,1 mm presso la stazione di Santa Fiora; il
regime pluviometrico è caratterizzato da un minimo estivo, che si verifica nei
mesi di giugno e ottobre, ed un massimo invernale in gennaio e febbraio.

3.1.2 Sismicità

Con Deliberazione GRT n. 421 del 26/05/2014, pubblicata sul BURT Parte
Seconda n. 22 del 04.06.2014, è stato approvato l’aggiornamento della
classificazione sismica per la regione Toscana, relativo all'aggiornamento
dell'allegato 1 (elenco dei comuni) e dell'allegato 2 (mappa) della Deliberazione
GRT n. 878 dell'8 ottobre 2012.

Contestualmente, è stato provveduto alla cessazione d'efficacia della


Deliberazione GRT n. 841 del 26 novembre 2007 "Approvazione dell'elenco
aggiornato dei comuni a maggior rischio sismico della Toscana". La progressiva
riduzione negli ultimi 10 anni dei comuni classificati in zona sismica 2 ed il
corrispondente aumento del numero di comuni inseriti nell'elenco dei Comuni a
Maggior Rischio Sismico della Toscana ha fatto venir meno le condizioni per
mantenere all'interno della zona sismica 2 la distinzione dei Comuni a Maggior
Rischio Sismico.

Questa operazione, inoltre, è stata ritenuta opportuna poiché i moderni criteri


nazionali di stima della pericolosità sismica (O.P.C.M. 3519/2006 e NTC 2008),
peraltro già recepiti dal 2012 nella classificazione sismica regionale, consentono
la determinazione puntuale di tale parametro (approccio "sito-dipendente"),

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permettendo in tal modo di discriminare a livello regionale le aree a maggior


pericolosità sismica.

La Figura 3.1.2a evidenzia che il Comune di Piancastagnaio e quello di Santa


Fiora, sono stati classificati come Zona 2 (Zona con pericolosità sismica media).
Le zone sismiche sono suddivise sulla base del valore dell'accelerazione
orizzontale massima (ag) su suolo rigido o pianeggiante, che ha una probabilità
del 10% di essere superata in 50 anni. La Zona sismica 2 indica una
accelerazione orizzontale compresa tra 0.15 e 0.25g.

Figura 3.1.2a Mappa di aggiornamento della classificazione sismica della


Regione Toscana - 2014

Comuni di
Santa Fiora e
Piancastagnaio

3.2 UBICAZIONE DELL’IMPIANTO E DEI POZZI PRODUTTIVI E REINIETTIVI

3.2.1 Criteri di Scelta ed Opzione Zero

Come tutte le risorse minerarie, gli impianti di produzione di energia geotermica,


ivi incluse le infrastrutture ad esso funzionali quali i pozzi, debbono essere
opportunamente ubicati nelle aree più promettenti dal punto di vista geotermico.

In aggiunta, nello specifico caso dei pozzi, la possibilità di procedere con una
perforazione direzionata risulta limitata dalla profondità dello stesso target
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minerario. Nel caso in esame, gli obiettivi relativamente poco profondi limitano
quindi l’entità degli scostamenti orizzontali massimi a circa 400 - 600 m dalla
verticale.

Come illustrato nel precedente capitolo, l’analisi dei dati disponibili nonché degli
esiti delle campagne di ricerca condotte da Sorgenia all'interno del perimetro del
permesso di ricerca “Poggio Montone” hanno permesso di identificare alcune
zone maggiormente promettenti per la positiva realizzazione del progetto di
coltivazione.

In linea generale, si ritiene che le scelte di dettaglio effettuate a livello di


localizzazione delle diverse opere ed infrastrutture che costituiscono il Progetto,
rappresentino l’esito di un accurato processo di identificazione delle soluzioni di
miglior compromesso tra esigenze di fattibilità tecnico-mineraria e quelle
ambientali di contenimento degli impatti e di valorizzazione socio-economica
dell’iniziativa.

I criteri generali che hanno guidato la selezione dei siti sono di seguito riportati:

• pieno rispetto delle norme (D.P.R. n.395/1991) per quanto concerne la


distanza minima delle postazioni di perforazione dal limite del titolo minerario
(500 metri);
• minimo interessamento delle aree soggette a vincoli ambientali;
• preferenza di aree il più possibile pianeggianti ed in prossimità di strade
esistenti, pur nel rispetto delle distanze minime imposte dalle norme di legge,
con l’obiettivo di limitare la dimensione delle diverse opere;
• esclusione delle aree interessate da colture agricole di particolare pregio;
• evitare, nei limiti del possibile, attraversamenti di torrenti, costruzione di ponti
o altre opere;
• massimizzare, nei limiti del possibile, la distanza da edifici in particolare se
abitati, o da opere comunque di apprezzabile pregio architettonico, storico o
di utilità sociale;
• tenersi alla massima distanza possibile da corsi d’acqua;
• limitare il più possibile l’impatto visivo:
• della sonda, nella fase iniziale e temporanea di perforazione;
• del “sistema pozzo”, nella configurazione definitiva in fase di esercizio
delle postazioni;
• della Centrale di produzione di energia elettrica;
• prediligere le aree per le quali si ritenga possibile giungere ad un accordo
bonario con i proprietari.

Sono state inoltre escluse tutte le aree ricadenti all’interno di aree Naturali
protette come i siti della Rete Natura 2000 (Siti di Interesse Comunitario o Zone
di Protezione Speciale (Aree SIC, ZPS), aree soggette a vincolo archeologico o
aree classificate pericolose dal Piano di Assetto Idrogeologico.

A livello operativo, Sorgenia si è sempre contraddistinta, sin dalle prime fasi di


ricerca, per l’adozione di un approccio pienamente partecipativo nei confronti del
territorio. Anche per quanto riguarda il presente progetto di coltivazione, il
proponente ha coinvolto sin da subito le Amministrazioni interessate, al fine di:

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• selezionare in modo condiviso le migliori soluzioni tecnico – ambientali di


compromesso da adottare;
• identificare le eventuali sinergie e le possibilità di valorizzazione dell’iniziativa
a fini socio-economici e di ricadute occupazionali sul territorio.

Sorgenia ha identificato alcune iniziative di valorizzazione dell’energia termica


disponibile tali da apportare benefici in termini socio-economici alle aree
interessate dal progetto. A questo proposito, si rimanda all’Allegato F dello Studio
di Impatto Ambientale.

In aggiunta, sono altresì da ricordare le importanti ricadute che le attività di


cantiere potranno comportare a livello di sviluppo dell’imprenditoria locale e
dell’occupazione nell’area vasta.

Considerare l’Opzione Zero, ovvero la non realizzazione dell’opera, vorrebbe dire


rinunciare ad un impianto di energia rinnovabile ad emissioni zero di interesse
strategico regionale e nazionale, così come definita dalla legislazione energetica
nazionale e comunitaria, nonché limitare lo sviluppo di iniziative che, se
opportunamente condivise e strutturate, sono in grado apportare significativi
benefici ai territori coinvolti.

3.2.2 Scelta Finale

Sulla base delle considerazioni di cui ai precedenti paragrafi è stato definito il


posizionamento ottimale delle postazioni e della centrale.
Nelle Figure 1.1b, 1.1c sono riportati su base topografica e su ortofoto le
postazioni di produzione con l’impianto ORC e le postazioni di reiniezione con
evidenziate le opere “di riserva” il cui scopo è quello di garantire la fattibilità del
progetto come spiegato nel Paragrafo 1.1.

L’impianto ORC è ubicato a circa 850 m a SW dell’abitato di Saragiolo, ad Ovest


della Strada Provinciale Abetina.

La postazione di produzione PM1 è ubicata in adiacenza all’impianto ORC in


progetto. Il sito è prossimo ad una strada secondaria e pertanto facilmente
accessibile con apposito adeguamento stradale e la realizzazione di un breve
tratto di strada di accesso.

La postazione di produzione di riserva PM5 è ubicata a Nord dell’impianto ORC


in progetto, a circa 200 m. Il sito è prossimo ad una strada secondaria e pertanto
facilmente accessibile con apposito adeguamento stradale.

Il polo reiniettivo, come visibile in Figure 1.1b e 1.1c, è ubicato all’interno del
territorio comunale di Santa Fiora, ed è costituito, come precedentemente detto,
dalle due postazioni di reiniezione PM3 e PM4 nonché dalla postazione di riserva
PM2.

Le postazioni PM3 e PM4 ricadono a circa 2 Km in direzione SE dell’abitato di


Santa Fiora. Entrambe le postazioni sono ubicate in area agricola, attualmente
incolta, e distano fra loro circa 400 m.

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La postazione PM2 (postazione di riserva) è ubicata in terreno incolto posto alla


destra idrografica del T. Scabbia a circa 370 m di distanza; inoltre, l’abitato di
Santa Fiora si trova a N-W della postazione e ad una distanza di circa 2,5 km.

3.2.3 Riferimenti Catastali

Come detto, le opere in progetto interessano il Comune di Santa Fiora (GR) e


quello di Piancastagnaio (SI).

Si rimanda al documento “Piano Particellare e Certificati di Destinazione


Urbanistica” per la visione delle particelle catastali interessate dalle opere di
progetto, presentato nell'ambito del procedimento di Autorizzazione Unica (AU).

Si fa presente che, nel documento “Piano Particellare e Certificati di Destinazione


Urbanistica”, nella documentazione di “Sintesi Progettuale”, negli elaborati tecnici
per la richiesta di nulla osta per l’interferenza delle opere di progetto con servizi e
sottoservizi, e nella documentazione per le richieste al MISE di nulla osta e di
attestazione della conformità, presentati nell’ambito del procedimento di AU, il
percorso dei fluidodotti di reiniezione ha subito variazioni di lieve entità, a seguito
di ulteriori sopralluoghi che si sono resi necessari al fine di verificare la reale
posizione del reticolo idrografico superficiale.

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4 PROGETTO DELLE POSTAZIONI DI PERFORAZIONE

Come già detto, al fine di soddisfare la produzione di 5 MW, in base a quanto


riportato nel precedente Capitolo 2, si prevede la realizzazione di una sola
postazione di produzione (PM1) con quattro pozzi e di due postazioni di
reiniezione (PM3 e PM4) per la perforazione di 3 pozzi ciascuna (vedi Figura
1.1b).
La realizzazione delle altre due postazioni (vedi Figura 1.1c), denominate PM5 e
PM2, sarà effettuata solo se, a seguito della perforazione dei primi pozzi, si
dovessero riscontrare condizioni di producibilità/iniettività differenti da quelle
previste.

Tuttavia, la trattazione seguente prevedrà, per completezza e per la stima degli


impatti, la realizzazione delle 5 postazioni, di cui 2 di produzione e 3 di
reiniezione.

Tutte le postazioni di perforazioni, i pozzi ed i relativi fondo pozzo rispetteranno la


distanza di 500 m dai limiti del titolo minerario, come previsto dall’Art.49 del
D.P.R. n.395/1991.

4.1 CRITERI DI PROGETTO

La postazione di perforazione è concepita per l’operatività ottimale del cantiere di


perforazione. Essa è costituita da una superficie pianeggiante atta ad ospitare
l’impianto di perforazione, le vasche per la preparazione del fango, le pompe del
fango, le altre attrezzature ausiliarie dell’impianto di perforazione nonché le
strutture necessarie per la raccolta e stoccaggio temporaneo e la mobilizzazione
dei fanghi reflui.

Nelle Tavole da 1 a 5 si riportano le planimetrie (con sezioni e particolari) delle


postazioni di produzione (PM1 e PM5) e di reiniezione (PM3, PM4 e PM2) in
previsione dell’utilizzo di un impianto (tipo HH200) che raggiunga facilmente le
profondità di 1.500 - 2.000 metri, fino ad un massimo di 3.500 m, e delle sue
componenti tecnologiche di servizio.

Le baracche, tipo container, sono adibite a servizi, officina ed uffici per le


maestranze addette all’esercizio dell’impianto. Queste baracche sono collocate
ad una certa distanza dall’area di lavoro, per favorire migliori condizioni di
permanenza del personale.

Inoltre, il progetto della postazione risponde alla piena funzionalità del cantiere,
primo fra tutti l’accesso e l’alloggio dei materiali necessari alla perforazione.

La disposizione dell’assetto del cantiere riportato nelle Tavole da 1 a 5, per ogni


postazione, è studiata per rispondere ai vincoli previsti dalla vigente normativa
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sulla protezione e sicurezza del lavoro e per operare anche in situazioni di


emergenza.
Nelle Tavole da 1 a 5 è visibile l’intera area delle postazioni che sarà occupata
dall’impianto di perforazione e la dislocazione delle principali componenti ed
attrezzature che rispondono ai limiti previsti dal DPR n. 128 del 1959 e dal D.
Lgs. 624/96 per la distanza tra il pozzo ed i motori diesel ed il serbatoio del
gasolio.

Al fine di scongiurare ogni possibilità di sversamento e di infiltrazione di inquinanti


nel sottosuolo, i principali componenti meccanici dell’impianto di perforazione, il
macchinario ed i serbatoi del gasolio sono posizionati su solette impermeabili in
calcestruzzo armato, le quali, attraverso un sistema di canalette, permetteranno
di convogliare le acque potenzialmente contaminate per loro successivo
smaltimento o trattamento. Per la descrizione dei sistemi di regimazione e
trattamento delle acque meteoriche si rimanda all’Allegato 4.

A valle delle postazioni sono presenti due vasche interrate realizzate in


calcestruzzo armato denominate rispettivamente “vasca acqua industriale” e
“vasca reflui" (quest’ultima divisa tra “vasca detriti” e “vasca fanghi”). La “vasca
acqua industriale” avrà un volume pari a circa 1.500 m3 per le postazioni di
produzione (Tavole 1 e 2) e 1.000 m3 per le postazioni di reiniezione (Tavole da 3
a 5)3. La vasca reflui avrà invece un volume pari a circa 800 m3 per tutte le
postazioni.

La “vasca acqua industriale” sarà necessaria soprattutto per permettere lo


stoccaggio dell’acqua necessaria alle fasi di perforazione; la “vasca reflui" invece,
servirà, oltre che per lo stoccaggio temporaneo dei detriti e dei reflui di
perforazione, per il contenimento del fluido proveniente dai pozzi durante le fasi
di pulitura e durante le prove di produzione a lunga durata con reiniezione del
fluido geotermico (si rimanda per i dettagli al Paragrafo 5.6). La “vasca di acqua
industriale” e la “vasca reflui” possono essere messe in comunicazione
all’occorrenza, mediante tubo di collegamento (Tavola da 1 a 5), durante le fasi di
pulitura e durante le prove di produzione a lunga durata per il contenimento del
fluido.

All’interno della vasca di acqua industriale sarà realizzata una “vasca acque
meteoriche” (Tavole da 1 a 5), la quale sarà utilizzata per la raccolta delle acque
meteoriche di dilavamento non contaminate. Per dettagli relativamente alla
raccolta delle acque meteoriche si rimanda all’Allegato 4 “Piano di Prevenzione e
Gestione delle acque meteoriche dilavanti”.

Per quanto riguarda l’accessibilità ai siti, la modifica delle infrastrutture viarie


esistenti sarà ridotta al minimo. In effetti, la dimensione dell’impianto, dei carichi
per il suo trasferimento da postazione a postazione e per il trasporto dei materiali,
sono tali da consentire l’utilizzo delle opere esistenti con opportuni adeguamenti.

Non sono previsti trasporti eccezionali per i materiali tuttavia ne sono previsti
alcuni (circa 8) per le componenti dell’impianto di perforazione; nei limiti del

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possibile si adotteranno percorsi che permettano il transito dei mezzi senza


necessità di modificare, in maniera rilevante, le infrastrutture esistenti.

La superficie occupata da ciascuna postazione di reiniezione sarà di circa 11.000


m2 mentre quella occupata da ciascuna postazione di produzione sarà di circa
12.000 m2.

Le opere in calcestruzzo sono limitate agli avampozzo (o cantine), alla soletta su


cui poggia il macchinario, alla vasca di stoccaggio acqua per la perforazione, alla
vasca per le prove di produzione e ai depositi del gasolio.

Per ogni postazione è prevista la realizzazione di un’unica cantina, che, nel caso
delle postazioni di produzione, sia in grado di ospitare fino a 5 teste pozzo,
mentre per le postazioni di reiniezione fino a 4 teste pozzo.

Per quanto riguarda le postazioni di produzione, la cantina avrà una profondità di


2,9 m in corrispondenza delle teste pozzo, con scalini a 2,0 m di profondità tra
una testa pozzo e l’altra per migliorarne l’accessibilità e la stabilità strutturale.
Per quanto riguarda invece le postazioni di reiniezione, la profondità della cantina
sarà di 1,5 m.

Le pareti ed il fondo della cantina sono normalmente realizzate in calcestruzzo


per garantirne la stabilità, tenendo conto dei mezzi che passano nell’intorno
dell’avampozzo.

Inoltre, come illustrato nelle Tavole da 1 a 5, sono previsti i cunicoli di uscita delle
condotte dai pozzi al fine di poter intervenire liberamente in maniera mirata nelle
varie fasi di manutenzione.
La zona non cementata, esterna all’area pavimentata, sarà consolidata con
ghiaia, in modo da renderla idonea a sopportare il transito dei mezzi per il
trasporto e lo scarico dei tubi, dei containers ed il montaggio dello stesso
impianto di perforazione che è collocato su un articolato.

Nella parte circostante l’avampozzo, destinata ad accogliere l’impianto e gli


ausiliari, è riportata una soletta in calcestruzzo armato di spessore idoneo a
sopportare il carico dell’impianto. Le solette occupano un’area di circa 2.000 m2
per le postazioni di produzioni e circa 1.900 m2 per le postazioni di reiniezione.

Al fine di limitare al massimo sia il prelievo di risorse naturali che l’impatto dei
mezzi per il trasporto e la costruzione dell’opera si prevede l’adozione dei
seguenti criteri costruttivi:

• riutilizzo in loco del terreno rimosso per lo sbancamento e per la costruzione


dell’avampozzo e delle vasche, ridistribuendolo sulla superficie della
postazione per operazioni di livellamento, evitando o limitando al massimo
ogni trasferimento di terreno da o ad altro sito;
• compressione del terreno sull’intera area della postazione mediante rullatura,
per un tempo sufficiente ad ottenere la massima compattazione dello stesso;
• ricoprimento della superficie con inerti di pezzatura grossolana (dimensione
fino a 4-5 cm) per uno spessore di 40 cm; utilizzando, nei limiti del possibile,
materiale frantumato da recupero (calcestruzzo, laterizi, ecc.);
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• compattazione della superficie coperta da inerti;


• costruzione di una soletta di 15 cm di spessore, in calcestruzzo armato con
rete elettrosaldata di maglia 20 cm e tondi di diametro 10 mm, da realizzare
nella zona interessata dall’impianto di perforazione vero e proprio;
• definitiva copertura dell’area circostante la soletta con inerti di pezzatura più
fine della precedente (inferiore a 15 mm); anche tale materiale sarà di
preferenza prelevato da centro di trattamento inerti di recupero;
• costruzione di una canaletta posta al bordo della postazione per ricevere
l’acqua piovana e drenarla alla vasca d’acqua industriale per il suo utilizzo
nelle fasi di perforazione.

La scelta di privilegiare l’impiego di inerti da recupero è certamente indirizzata ad


un minore impatto ambientale.

Le canalette che bordano il perimetro della postazione e la soletta (Tavole da 1 a


5) saranno carrabili e opportunamente grigliate.

Una recinzione rigida sarà installata lungo tutto il perimetro dei piazzali interessati
dai lavori, e sarà costituita da pannelli o da rete plastificata con appositi paletti di
sostegno. L'unico accesso al cantiere sarà costituito da un cancello controllato
dal personale di servizio.

In ottemperanza alle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC) del 2008 viene
definita una vita nominale dell’opera pari a VN ≥ 50 anni.

4.1.1 Aspetti Funzionali della Postazione di Sonda

4.1.1.1 Viabilità

L’accesso alle postazioni sarà garantito sia mediante adeguamento della viabilità
esistente che con la realizzazione di nuovi tratti carrabili.

Per quanto riguarda l’accesso all’area interessata dalla postazione PM1/impianto


ORC, alla postazione PM5 e alla Stazione Terna, sarà necessario effettuare un
adeguamento, per circa 500 m, della Strada Vicinale delle Pianacce che si
dirama ad Ovest della strada Provinciale Abetina (Figura 4.1.1.1a).

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Figura 4.1.1.1a Inquadramento della viabilità di accesso alle postazioni di


produzione, all’impianto ORC e alla Stazione elettrica

Strada Provinciale
Abetina

Area Centrale Postazioni di Produzione

Nuova SE Piancastagnaio Strada da Riqualificare

Strada di Nuova Realizzazione

Connessione Elettrica di Nuova Realizzazione

I lavori migliorativi e manutentivi sono finalizzati sia ad ampliare di 1 m la strada


esistente che a regolarizzare e consolidare la piattaforma stradale, sulla base di
una larghezza standard minima della carreggiata di 3,50 m che consente il
transito dei componenti dell’impianto di perforazione nonché successivamente
quello dei componenti della Centrale.

I lavori manutentivi consisteranno anche nella pulizia dalla vegetazione erbacea


e arbustiva sulla attuale carreggiata stradale, nella regimazione delle acque
meteoriche garantendone la captazione, la canalizzazione e lo scolo verso valle.

Inoltre, come visibile dalla precedente figura, per raggiungere l’impianto ORC in
progetto e la postazione PM1 sarà necessaria la realizzazione di un breve tratto
di strada di circa 350 m.

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Nella Tavola 64 è rappresentato il layout della nuova strada di accesso nella


configurazione di esercizio dell’impianto ed il relativo profilo. Inoltre, nella stessa
Tavola 6 (5 di 5) sono visibili le sezioni tipo della strada di nuova realizzazione.

Tale strada avrà una larghezza standard minima della carreggiata di 3,50 m.
Come visibile dalla suddetta Tavola 6, per la sua realizzazione sono previste
opere in rilevato al fine di limitarne la pendenza.
Il manto stradale per tale tratto di strada, come per tutti quelli di nuova
realizzazione di progetto, saranno realizzati mediante la tecnica delle terre
stabilizzate.

La “Stabilizzazione delle Terre” è una tra le tecniche innovative utilizzata per il


riutilizzo del materiale escavato in situ per la sua capacità di ridurre costi e
impatto ambientale.

Tale tecnica prevede la stabilizzazione binaria del materiale escavato mediante


leganti idraulici (circa 3% di calce e 3% di cemento) a due strati sovrapposti.

Di seguito vengono descritte le modalità di applicazione:

• fresatura e miscelazione del terreno con il legante previsto (per uno spessore
medio da 10 a 20 cm, in funzione dei dati di progetto), in situ;
• livellatura della superficie secondo indicazioni della direzione lavori;
• miscelazione e sagomatura del sottofondo mediante livellatrice;
• compattazione e rullatura.

I vantaggi dell’applicazione di tale tecnica sono:

• riutilizzo del terreno escavato in situ;


• riduzione dei trasporti per la fornitura di materiale;
• risparmio delle spese di sostituzione del terreno;
• riduzione delle emissioni polverulenti;
• notevole riduzione dei tempi di costruzione (20-30% circa);
• rapidità del procedimento di solidificazione che permette ai veicoli di
transitare sull’area interessata già dopo 2-4 giorni.

Prima dell’avvio delle attività di realizzazione delle aree che ospiteranno la


centrale geotermoelettrica, l’accesso alla postazione PM1 sarà garantito da una
strada di accesso al cantiere, ad-hoc e temporanea, rappresentata in Figura
4.1.1.1b. Sarà altresì realizzato un parcheggio temporaneo. La realizzazione di
tale strada, nonché del parcheggio, comporterà movimenti terra trascurabili in
quanto realizzata, in parte, su sentiero esistente. Il percorso si sviluppa altresì in
piano, seguendo le curve di livello esistenti.

Per quanto riguarda le postazioni di reiniezione, i lavori per l’accesso a tali aree
consistono in primo luogo nella riqualificazione della “Strada Castell’Azzara” per
un tratto di circa 1,2 km a partire dalla “Strada Provinciale Pitigliano – Santa
Fiora” verso Est, e successivamente nella realizzazione di nuovi accessi carrabili.

4 La Tavola 6 è rappresentativa solo del progetto stradale. Il layout della centrale non risulta infatti aggiornato
alla versione finale.
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Nello specifico, per raggiungere la postazione PM3 verrà realizzato un nuovo


tratto di strada di circa 400 metri a partire dalla “Strada Castell’Azzara” e, a
partire da questa postazione, un ulteriore tratto di strada di circa 400 metri per
raggiungere la postazione PM4.
Nella Tavola 75 sono rappresentate le strade di accesso alle postazioni PM3 e
PM4, ivi inclusi i relativi i profili. Nel primo tratto di strada di accesso alla
postazione PM3 è prevista la realizzazione di una rampa, con attraversamento di
2 piccoli canali di drenaggio/scolo di acqua meteorica, per i quali è stata prodotta
apposita relazione idraulica alla quale si rimanda per maggiori dettagli (Allegato
3a).

Infine, qualora necessario, sempre a partire dalla “Strada Castell’Azzara”, verrà


realizzato un tratto di strada di circa 200 metri per raggiungere la postazione
PM2.

Nella seguente Figura 4.1.1.1c sono quindi rappresentate le strade di accesso


alle postazioni di reiniezione: in verde sono riportatele strade di nuova
realizzazione e in giallo quella da riqualificare.

I nuovi tratti di strada avranno una larghezza minima standard della carreggiata
di 3,50 m per consentire il transito dei componenti dell’impianto di perforazione.

Nell'ambito delle opere necessarie alla realizzazione delle nuove strade saranno
realizzati anche i manufatti accessori per la regimazione delle acque meteoriche
in modo da garantire la captazione, la canalizzazione e la regimazione verso
valle.
Saranno inoltre realizzate le opere di sostegno delle scarpate sia in rilevato che
in scavo (gabbionate metalliche o terre armate).

Tutte le operazioni elencate verranno realizzate mediante l’uso di escavatori;


tutto il materiale scavato per tali sistemazioni sarà riutilizzato in loco.

5 La Tavola 7 è stata aggiornata a seguito dello spostamento della postazione PM4 e delle successive fasi
progettuali. Per la visione delle Tavole aggiornate si rimanda all’Allegato 11.
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Figura 4.1.1.1c Inquadramento della viabilità di accesso alle postazioni di


reiniezione

Strada Provinciale
Pitigliano – Santa Fiora

Strada Castell’Azzara

Postazioni di Reiniezione Strada di Nuova Realizzazione

Strada da Riqualificare

4.1.1.2 Illuminazione

L’illuminazione notturna durante la fase di preparazione dell’area di cantiere sarà


fornita mediante un sistema di punti luce distribuiti sul perimetro delle aree al fine
di rendere visibili e più sicure le aree da eventuali intrusioni dall’esterno. Tutte le
luci installate risponderanno alle prescrizioni dettate in materia dalla normativa
vigente.

Durante la fase di perforazione, che avverrà anche durante le ore notturne, il


sistema di illuminazione sarà costituito da 5 torri faro posizionate lungo il confine
della piazzola e in corrispondenza delle zone di lavoro.

Il cantiere sarà presente per un periodo di tempo limitato e conseguentemente


anche la relativa illuminazione.

Durante la fase di esercizio della centrale geotermoelettrica, nelle postazioni dei


pozzi è prevista l’installazione di apparecchi illuminanti testapalo, con tecnologia
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a LED, tipo AEC LED-IN o equivalente, di forma ovoidale, installati su pali conici
a sezione circolare, di altezza fuori terra pari a 3 m, inclinazione armatura 0°
(superficie emissiva parallela alla superficie stradale).

I pali saranno ricavati da trafilatura in acciaio Fe420B UNI EN 10219, zincati a


caldo per immersione, in conformità alla Norma UNI EN 40/4 parte 4^ - punto 4.1,
spessore 3 mm, dotati di asola ingresso cavi e asola con morsettiera a filo, con
morsetto di terra interno.

Al fine di minimizzare la dispersione del flusso luminoso, l’ottica sarà ad


emissione fotometrica “cut-off”, conforme alla normativa UNI EN 13201.

Gli apparecchi permetteranno anche l’ottimizzazione dei consumi energetici, in


quanto saranno dotati di sistema di regolazione del flusso luminoso tramite onde
convogliate.

L’apparecchio sarà corredato di “test report” tecnici e di compatibilità


elettromagnetica (EMC).

In ciascuna postazione è prevista l’installazione di n.2 apparecchi illuminanti


testapalo a 45 led (5 moduli da 9 led), flusso luminoso iniziale 7.600 lm, potenza
complessiva 99W.

In condizioni di normale esercizio, il sistema di illuminazione della postazione


sarà spento. Esso sarà dotato di dispositivi di accensione manuale ed attivato dal
personale addetto soltanto in caso di interventi straordinari che si potrebbero
rendere necessari durante il periodo notturno.

4.1.1.3 Accorgimenti di Protezione del Terreno

Il progetto delle postazioni tiene conto delle esigenze di funzionalità dell’impianto,


della ripartizione dei carichi sul terreno e delle esigenze di protezione del terreno
da agenti inquinanti, quali olio e gasolio, di cui si fa uso nell’esercizio
dell’impianto di perforazione. Per la descrizione dei sistemi di regimazione e
trattamento delle acque meteoriche si rimanda all’Allegato 4 dove è riportato il
“Piano di Prevenzione e Gestione delle acque Meteoriche Dilavanti”.

4.1.1.4 Opere di Messa in Sicurezza

Il terreno su cui saranno realizzate le postazioni (produzione/reiniezione)


presenta zone con modeste acclività e quindi il progetto ha previsto una
preventiva riprofilatura del versante al fine di creare delle aree pianeggianti.

In considerazione, quindi, degli sbancamenti necessari per la peneplanazione si


prevede la realizzazione di muri in terre armate nella parte a valle ed a monte
delle postazioni (si vedano le sezioni rappresentate nelle Tavole da 1 a 5), da
realizzarsi con parte del terreno escavato (Figura 4.1.1.4a) e con materiali litoidi
che possano garantire un miglioramento delle caratteristiche meccaniche dei
terreni argillosi che caratterizzano il sito in esame.

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Figura 4.1.1.4a Stabilizzazione di Pendio Mediante Muro in Terre Armate


(da Comedini M., 2013)

La terra armata si compone di due elementi costruttivi essenziali:

• il terreno di riempimento (normalmente quello presente sul sito di


costruzione), che conferisce all’opera la resistenza alla compressione e
resistenza al taglio;
• i rinforzi o armature, che conferiscono resistenza a trazione, ovvero
miglioramento della resistenza al taglio del terreno stesso;
• materiale e tubo drenante al fine di evitare l’insorgenza di pressioni
interstiziali nel terreno.

Tale intervento prevede, sul paramento esterno, rivestimenti con vegetazione


autoctona od inerbimenti artificiali mediante geostuoie ed idrosemina.

Per dettagli relativi alla stabilità del pendio interessato dalle postazioni in
progetto, ante e post operam, si rimanda alla Relazione Geologica allegata al
presente progetto (Allegato 1).

4.1.2 Materie Prime

I materiali utilizzati in cantiere per la realizzazione delle opere saranno prelevati


da cave e centrali di betonaggio ubicate nelle vicinanze, e soprattutto per le
seconde, ad una distanza non superiore ai 30/40 minuti di viaggio. Tale
prescrizione risulta fondamentale al fine di non fornire un prodotto ammalorato
dal lungo trasporto.

Il quantitativo di inerti necessari per la realizzazione delle postazioni, delle


relative strade di accesso e aree parcheggio, è pari ad un totale di circa 10.690
m3, come meglio dettagliato nella seguente Tabella 4.1.2a.

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Tabella 4.1.2a Volumi di Inerti

ID Postazione Volume (m3)


PM1 2.730,0
PM2 1.860,7
PM3 2.100,0
PM4 2.118,0
PM5 1.883,4

Il consumo di acqua sarà minimo, in quanto, il calcestruzzo sarà trasportato sul


luogo di utilizzo già pronto per l’uso.

Nella seguente Tabella 4.1.2b sono riportati i volumi di calcestruzzo necessari


per la realizzazione della soletta, delle vasche e dei cunicoli, per ciascuna
postazione.

Tabella 4.1.2b Volumi di Calcestruzzo

ID Postazione Volume (m3)


PM1 2.004,6
PM2 1.373,2
PM3 1.373,2
PM4 1.373,2
PM5 2.004,6

L’acqua necessaria sarà esclusivamente quella utilizzata per la bagnatura delle


aree di cantiere. Tale acqua verrà approvvigionata mediante autocisterne.

Tutti gli altri materiali edili saranno forniti in funzione dei contratti di fornitura
stipulati con le imprese realizzatrici.

4.2 BILANCIO SCAVI/RIPORTI

Nelle tabelle seguenti si riportano, per ciascuna postazione, le volumetrie


indicative degli scavi e dei riporti.

Tabella 4.2a Bilancio Scavi Riporti PM1

Volume
Rif Operazione Note
(m3)
Postazione PM1
Sbancamenti per piazzale, strada di accesso e
A 11.867,3
parcheggio
B Riporto con terreno proveniente da scavi 7.487,1
Terreno residuo da sbancamenti e livellamento
C 4.380,2
piazzale (A-B)
D Scavi a sezione obbligata (piazzale) 3.262,9
C+D Terreno residuo 7.643

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Tabella 4.2b Bilancio Scavi Riporti PM2

Volume
Rif Operazione Note
(m3)
Postazione PM2
Sbancamenti per piazzale, strada di accesso e
A 11.743,1
parcheggio
B Riporto con terreno proveniente da scavi 11.156,2
Terreno residuo da sbancamenti e livellamento
C 586,9
piazzale (A-B)
D Scavi a sezione obbligata (piazzale) 3.161,0
C+D Terreno residuo 3.747,9

Tabella 4.2c Bilancio Scavi Riporti PM3

Volume
Rif Operazione Note
(m3)
Postazione PM3
Sbancamenti per piazzale, strada di accesso e
A 8.795,7
parcheggio
Per postazione e
B Riporto con terreno proveniente da scavi 11.954,5 rilevato strada di
accesso
Terreno residuo da sbancamenti e livellamento
C -3.158,8
piazzale (A-B)
D Scavi a sezione obbligata (piazzale) 3.161,0
C+D Terreno residuo 2,2

Tabella 4.2d Bilancio Scavi Riporti PM4 (Valori aggiornati a seguito delle
Richieste di Integrazione)

Volume
Rif Operazione Note
(m3)
Postazione PM4
Sbancamenti per piazzale, strada di accesso e
A 27.911,29
parcheggio
Riporto per piazzale e strada di accesso con terreno
B 32.032,71
proveniente da scavi
Terreno residuo da sbancamenti e livellamento
C -4.121,42
piazzale (A-B)
D Scavi a sezione obbligata (piazzale) 7.170,25
C+D Terreno residuo 3.048,83

Tabella 4.2e Bilancio Scavi Riporti PM5

Volume
Rif Operazione Note
(m3)
Postazione PM5
Sbancamenti per piazzale, strada di accesso e
A 7.115,1
parcheggio
B Riporto con terreno proveniente da scavi 5.130,3
Terreno residuo da sbancamenti e livellamento
C 1.984,8
piazzale (A-B)
D Scavi a sezione obbligata (piazzale) 3.262,9

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C+D Terreno residuo 5.247,7

Il terreno residuo risultante da ogni postazione verrà stoccato all’interno di


ciascuna area di cantiere (vedi Tavole da 1 a 5).

In funzione dell’esito delle perforazioni (vedi Paragrafo 5.9) i terreni residui,


poiché risultati non contaminati a seguito di analisi effettuate, potranno essere in
parte utilizzati in sito per riempimenti e modellazioni o per il successivo ripristino
ambientale.

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5 PROGETTO DEI POZZI

La distanza media tra il polo produttivo e quello reiniettivo è di circa 3 km.

Sulla base del modello geologico-stratigrafico dell’area, dell’ubicazione delle


postazioni nonché dell’entità degli scostamenti previsti dei pozzi deviati, è
ragionevole assumere il medesimo profilo tecnico (analoghe previsioni
stratigrafiche) per tutti i pozzi realizzati a partire dalla medesima postazione.

5.1 POZZI PRODUTTIVI E REINIETTIVI

Per quanto riguarda la postazione PM1, dalla medesima piazzola verranno


realizzati un primo pozzo verticale e tre pozzi deviati, come visibile nella
seguente Figura 5.1a. Le testa-pozzo saranno distanti circa 5 m l’una dall’altra.

Figura 5.1a Layout Pozzi di Produzione

Ubicazione Pozzo Produttivo Verticale

Traiettoria del Pozzo Produttivo Deviato

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Qualora necessario, anche in corrispondenza della postazione di riserva PM5


potranno essere realizzati fino a 4 pozzi produttivi, il primo dei quali verticale e i
restanti deviati (Figura 5.1a).

Tale soluzione permette di ridurre al minimo l’ingombro delle opere in superficie,


con indubbi vantaggi dal punto di vista ambientale, oltre che di semplificare,
concentrare e razionalizzare la gestione dell’intero impianto di produzione.

Nello specifico, dalla postazione PM1 saranno perforati:

• un primo pozzo (verticale) PM1A, con profondità di circa 1.450 m (dal piano
campagna, nel seguito p.c.);
• un secondo pozzo (deviato) PM1B, con profondità verticale di 1.450 m e con
uno scostamento orizzontale verso Sud di circa 500 m;
• un terzo pozzo (deviato) PM1C, con profondità verticale di circa 1.450 m e
con uno scostamento orizzontale verso Nord-Nord Est di circa 350 m;
• un quarto pozzo (deviato) PM1D, con profondità verticale di circa 1.450 m e
con uno scostamento orizzontale verso Sud-Sud Est di circa 300 m.

Dalla postazione PM5 potrebbero essere perforati:

• un primo pozzo verticale PM5A, della profondità di circa 1.450 m (da p.c.);
• un secondo pozzo (deviato) PM5B, con profondità verticale 1.450 m e con
uno scostamento orizzontale verso Est di circa 100 m;
• un terzo pozzo (deviato) PM5C, con profondità verticale 1.450 m e con uno
scostamento orizzontale verso Nord di circa 150 m;
• un quarto pozzo (deviato) PM5D, con profondità verticale 1.450 m e con uno
scostamento orizzontale verso Ovest di circa 500 m.

Per le postazioni reiniettive PM3 e PM4 è prevista la realizzazione di tre pozzi per
ciascuna postazione (si veda la Figura 5.1b). Le testa pozzo realizzate in
corrispondenza di ciascuna postazione, così come descritto per il polo di
produzione, disteranno tra loro circa 5 m.

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Figura 5.1b Layout Pozzi di Reiniezione

Ubicazione Pozzo Reiniettivo Verticale

Traiettoria del Pozzo Reiniettivo Deviato

Nuovamente, qualora necessario, potrà essere attivata la postazione di riserva


PM2 e, in corrispondenza di questa, si potranno perforare fino ad ulteriori 3 pozzi
reiniettivi, il primo dei quali verticale e i restanti deviati (Figura 5.1b).

Anche in questo caso, tale configurazione permette di ridurre al minimo


l’occupazione di superficie e di, concentrare e razionalizzare la gestione
dell’intero impianto di reiniezione.

Nello specifico, dalla postazione PM3 saranno perforati:

• un primo pozzo (verticale) PM3A, con profondità di circa 1.310 m (da p.c.);
• un secondo pozzo (deviato) PM3B, con profondità verticale 1.300 m e con
uno scostamento orizzontale verso Nord di circa 370 m;
• un terzo pozzo (deviato) PM3C, con profondità verticale 1.300 m e con uno
scostamento orizzontale verso Sud di circa 250 m.

Dalla postazione PM4 saranno perforati:

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• un primo pozzo (verticale) PM4A, con profondità di circa 1.300 m;


• un secondo pozzo (deviato) PM4B, con profondità verticale 1.300 m e con
uno scostamento orizzontale di circa 400 m verso Nord-Ovest;
• un terzo pozzo (deviato) PM4C, con profondità verticale 1.300 m e con uno
scostamento orizzontale di circa 400 m verso Nord-Est.

Dalla postazione PM2 potrebbero essere perforati:

• un primo pozzo verticale PM2A, con profondità di circa 1.250 m;


• un secondo pozzo (deviato) PM2B, con profondità verticale 1.250 m e con
uno scostamento orizzontale di circa 300 m verso Sud;
• un terzo pozzo (deviato) PM2C, con profondità verticale 1.250 m e con uno
scostamento orizzontale di circa 300 m verso Est.

Come predetto, la realizzazione delle postazioni PM5 e PM2, e dei relativi pozzi
resta subordinata agli esiti delle prove di produzione dei pozzi perforati nelle altre
postazioni.

Inoltre, se a seguito della perforazione di uno dei pozzi di produzione questo


dovesse risultare non “industrialmente utilizzabile”, si potrà procedere al suo
approfondimento fino ad una profondità presunta di ca. 3.000 m dal p.c., con lo
scopo di esplorare ed intercettare il secondo serbatoio più profondo (si veda il
Paragrafo 2.2.2).

Si precisa che il pozzo in oggetto avrà una valenza di tipo esplorativo,


configurandosi come ulteriore attività di ricerca eventualmente da condursi
nell’ambito della concessione di coltivazione, come previsto dall’art.35 co.2 del
D.P.R. 395/1991.

Ai fini del presente progetto, non si prevede di procedere con il collegamento del
suddetto pozzo all’impianto geotermoelettrico in oggetto.

In tutti i casi, i fondi pozzo, oltre che le postazioni, rispetteranno la distanza di


500 m dalla linea di confine del titolo minerario (Art. 49 del D.P.R. n.395/1991).

5.2 CARATTERISTICHE TECNICO COSTRUTTIVE DEI POZZI

I profili tecnici dei pozzi in progetto sono stati ottimizzati sulla base delle
specifiche caratteristiche del progetto di coltivazione in esame e tenendo conto
dell’esperienza delle perforazioni profonde effettuate dal precedente
permissionario nell’area in oggetto. Al tempo stesso, i profili permettono un ottimo
isolamento del pozzo dalle formazioni circostanti attraversate.

Pozzi Produttivi Verticali


Il profilo tecnico del pozzo produttivo verticale è schematizzato in Figura 5.2a.
Il programma di perforazione può essere schematizzato e suddiviso nelle
seguenti fasi:

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1a Fase
Dopo l’infissione di un tubo guida, la perforazione del primo tratto di pozzo sarà
realizzata con uno scalpello di diametro 30” fino a circa 150 m e sarà calato e
cementato un casing da 24”1/2’.

2a Fase
La successiva fase di perforazione sarà effettuata con scalpello del diametro 23”
fino alla profondità di circa 600 m. Questa porzione di pozzo sarà rivestita con
una tubazione cementata fino a giorno del diametro di 18”5/8, con scarpa sempre
all’interno delle formazioni Flyschoidi. Questa tubazione permetterà un più
profondo e migliore ancoraggio nelle prime formazioni di copertura.
Con tale profilo, le prime due tubazioni garantiranno:

• una protezione adeguata delle eventuali falde superficiali (seppur inattese in


considerazione della natura delle formazioni di copertura previste);
• la stabilità delle formazioni attraversate, che potrebbero altrimenti risultare
scoperte nel caso di eventuali abbassamenti di livello dovuti a perdite di
circolazione parziali nella zona di copertura (flysch).

3a Fase
Questa fase della perforazione sarà effettuata con scalpello del diametro 17”1/2
fino alla profondità di circa 1.050 m, alla quale è previsto il contatto con le rocce
del potenziale serbatoio geotermico e cioè le formazioni carbonatico-evaporitiche
della serie toscana.
Questa porzione di pozzo sarà rivestita con una tubazione del diametro di 13”3/8,
ancorata alla precedente mediante liner hanger e cementata.

4a Fase
La perforazione proseguirà nelle formazioni del potenziale serbatoio con uno
scalpello da 12”1/4 fino ad una profondità massima stimata di 1.450 m; questa
porzione basale di foro non verrà tubata e verrà lasciata in open-hole, per
permettere la produzione dai livelli permeabili intercettati nelle rocce del serbatoio
carbonatico, tipicamente stabili.

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Figura 5.2a Profilo Tecnico del Pozzo Verticale Produttivo

Pozzi Reiniettivi Verticali


Il profilo tecnico del pozzo reiniettivo verticale è schematizzato in Figura 5.2b.
Il programma di perforazione può essere schematizzato e suddiviso nelle
seguenti fasi:

1a Fase
Dopo l’infissione di un tubo guida, la perforazione del primo tratto di pozzo sarà
realizzata con uno scalpello di diametro 23” fino a circa 90 m e, sarà calato e
cementato un casing da 18”5/8’.

2a Fase
La successiva fase di perforazione sarà effettuata con scalpello del diametro
17”1/2 fino alla profondità di circa 400 m. Questa porzione di pozzo sarà rivestita
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con una tubazione cementata fino a giorno del diametro di 13”3/8, con scarpa
sempre all’interno delle formazioni Flyschoidi. Questa tubazione permette un più
profondo e migliore ancoraggio nelle prime formazioni di copertura.

3a Fase
Questa fase della perforazione sarà effettuata con scalpello del diametro 12”1/4
fino alla profondità di circa 850 m, alla quale è prevista la presenza delle rocce
del potenziale serbatoio geotermico (formazioni carbonatico-evaporitiche della
serie toscana).
Questa porzione di pozzo sarà rivestita con una tubazione del diametro di 9”5/8,
anch’essa cementata fino a giorno. Le prime tubazioni garantiranno:

• una protezione adeguata delle eventuali falde superficiali (seppur inattese in


considerazione della natura delle formazioni di copertura previste);
• la stabilità delle formazioni attraversate, che potrebbero altrimenti risultare
scoperte nel caso di eventuali abbassamenti di livello dovuti a perdite di
circolazione parziali nella zona di copertura (flysch).

4a Fase
La perforazione proseguirà nelle formazioni del potenziale serbatoio con uno
scalpello da 8”1/2 fino a circa 1.300 m di profondità; questa porzione basale di
foro non verrà tubata e verrà lasciata in open-hole, per permettere la reiniezione
nei livelli permeabili intercettati nelle rocce del serbatoio carbonatico, tipicamente
stabili.

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Figura 5.2b Profilo Tecnico del Pozzo Verticale Reiniettivo

Pozzi Deviati
Il criterio di costruzione dei pozzi deviati è analogo a quanto descritto
precedentemente. La sequenza degli scalpelli di perforazione e delle tubazioni di
rivestimento persegue gli stessi criteri di perforazione e salvaguardia delle
formazioni attraversate già descritti per i pozzi verticali.

Tutti i pozzi deviati, produttivi e reiniettivi, avranno un profilo tecnico molto simile
a quelli verticali (Figura 5.2c e 5.2d), a causa della relativa ridotta profondità e del
conseguente limitato scostamento orizzontale. La profondità verticale delle
tubazioni di rivestimento (scarpa dei casing) è prevista alla stessa profondità dei
pozzi verticali.

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Qualora durante la perforazione del pozzo verticale reiniettivo non si


riscontrassero perdite di circolazione e/o presenza di sovrappressioni entro i
primi 200 metri, per i soli pozzi di reiniezione direzionati, il profilo di tubaggio
potrà essere semplificato. Si potrà infatti evitare di posare il casing da 18”5/8,
iniziando la perforazione direttamente con lo scalpello da 17”1/2. Anche con
questo profilo verrà garantito un adeguato isolamento del pozzo dalle formazioni
attraversate.

Le operazioni di deviazione (angolo max. circa 35-40°) avranno inizio alla


profondità indicativa presunta di 200 m (Kick Off Point, K.O.P.). La massima
profondità finale attesa del pozzo, misurata sull’asse verticale, sarà pari a circa
1.450 m (True Vertical Depth, in sigla TVD) per i pozzi produttivi e a circa 1.300
m per quelli reiniettivi.
La profondità totale perforata (True Measured Depth, in sigla TMD) sarà
indicativamente pari a circa 1.650 m (TMD) per scostamenti massimi di circa 500
m per i pozzi produttivi e a circa 1.500 (TMD) per scostamenti di circa 400 m per i
pozzi reiniettivi.

Il programma dei lavori sopra riportato potrà essere soggetto a cambiamenti, nei
limiti della potenzialità dell’impianto selezionato, anche durante la realizzazione
della perforazione, sulla base ad esempio delle specifiche litologie incontrate
nell’ambito delle formazioni attraversate.

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Figura 5.2c Profilo Tecnico del Pozzo Deviato Produttivo

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Figura 5.2d Profilo Tecnico del Pozzo Deviato Reiniettivo

5.2.1 Completamento dei Pozzi

A valle degli esiti delle prove di produzione di breve durata di cui al Paragrafo
5.6, i pozzi produttivi saranno completati con l’installazione della testa pozzo e
l’inserimento di un tubing da 4” ½ in accordo alla Figura 6.2.2.1a.

I pozzi di reiniezione saranno completati con l’installazione della testa pozzo in


accordo allo schema di cui alla Figura 5.2.1a.

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Figura 5.2.1a Testa Pozzo di Reiniezione

5.2.2 Eventuale pozzo esplorativo

Nell’eventualità che uno dei pozzi di produzione in progetto dovesse risultare


“industrialmente non utilizzabile” (ad esempio per insufficiente permeabilità) sarà
valutata la possibilità di approfondire tale pozzo, fino ad interessare il secondo
serbatoio presente all’interno del Basamento Metamorfico (Paragrafo 2.2.3), alla
profondità verticale prevista di circa 3.000 m dal p.c..

Il programma di perforazione dell’eventuale pozzo esplorativo partirà quindi dal


profilo tecnico del pozzo di produzione già perforato e che si intenderà
approfondire (Figura 5.2.2a). Di seguito viene descritto il programma di
approfondimento e chiusura dell’eventuale pozzo esplorativo (nell’ipotesi che
questo sia verticale):

• dalla profondità di fondo del pozzo “da approfondire” (circa 1.300 m dal p.c.),
si riprenderà la perforazione con RB 12-1/4” fino a 1.500-2.000 m (profondità
a cui si ipotizza di trovare le prime fratture del secondo serbatoio);
• si procederà poi con il tubaggio dell’ultima fase con liner da 9-5/8” e
cementazione (nel profilo riportato in Figura 5.2.1a viene indicata una
“profondità attesa” della scarpa di questa fase);
• si procederà quindi al reintegro del liner 13-3/8” con casing 13-3/8” da testa
pozzo a testa liner, e alla successiva cementazione;
• la perforazione proseguirà nelle formazioni del potenziale serbatoio profondo
con uno scalpello da 8”1/2 fino ad un massimo di circa 3.000 m di profondità;
questa porzione basale di foro non verrà tubata e verrà lasciata in open-hole,
per permettere l’esplorazione dei livelli permeabili intercettati nelle rocce del
serbatoio metamorfico, generalmente stabili;
• a completamento del pozzo sarà installata la testa pozzo 13 5/8” API 3000.

In generale, la perforazione del pozzo esplorativo profondo sarà terminata non


appena si riscontrerà una perdita significativa di circolazione (individuazione di un
livello produttivo metamorfico). Preme precisare che, ai fini del presente progetto,

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non si prevede di procedere con il collegamento del suddetto pozzo all’impianto


geotermoelettrico in oggetto.

Il pozzo sarà quindi chiuso con la testa pozzo finale (13 5/8” API 3000) e non si
prevede attualmente l’esecuzione di prove di produzione. Per una valutazione
dell’esito del pozzo potranno quindi essere realizzati test e log che non
prevedono l’erogazione dal pozzo (test per la determinazione della temperatura
durante l’avanzamento della perforazione, prove di iniettività per la stima della
producibilità/iniettività della formazione per la descrizione delle quali si rimanda al
successivo Paragrafo 5.6).

Il tempo totale di esecuzione previsto per tale pozzo esplorativo profondo, ivi
inclusa la durata della perforazione nel primo serbatoio, reputato “industrialmente
non utilizzabile”, è di circa 100 giorni.

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Figura 5.2.2a Profilo Tecnico dell’Eventuale Pozzo Esplorativo Profondo


Verticale

5.3 CARATTERISTICHE DELL’IMPIANTO DI PERFORAZIONE

L’impianto si compone di alcune parti principali: il mast, con il macchinario di


sonda, il sistema di trattamento e preparazione fango, il sistema di preparazione
e pompaggio del cemento e quello per la generazione di energia.

Per la perforazione dei pozzi in progetto si prevede l’impiego di un unico tipo di


impianto (tipo MR7000, HH200 o similari) con capacità idonea a raggiungere la
profondità di 1.500 - 2.000 metri, fino ad un massimo di 3.500 m (HH200).
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Nella Figura 5.3a è riportata una foto dell'impianto (HH 200) che potrebbe essere
utilizzato per la perforazione dei pozzi in progetto. Dalla figura si possono
apprezzare i pannelli fonoassorbenti presenti a semicerchio intorno all’impianto.

Figura 5.3a Esempio di Impianto di Perforazione HH 200 (da Brochure


Perazzoli Group)

Nella Tavola 8 (da 1 a 5 di 5), viene riportato un esempio in pianta, su ciascuna


postazione, del layout della distribuzione delle attrezzature dell'impianto di
perforazione.

L’impianto è costituito dalle seguenti componenti principali:

• mast con sottostruttura comprensivo di argano e linea di sollevamento;


• impianto vasche di superficie per la circolazione, preparazione e trattamento
fango;
• pompe HP per pompaggio fango;
• gruppi di generazione energia elettrica;
• attrezzature di sicurezza testa pozzo (Blow out Preventer e choke manifold);
• silos di stoccaggio cemento e sistema di pompaggio della malta (presente
solo al momento dell’operazione speciale).

L’argano è azionato idraulicamente, mentre le pompe a pistoni del fango sono


alimentate con motori elettrici, ottenendo una capacità di regolazione
decisamente elevata.

Naturalmente, in funzione della disponibilità di impianti da parte dei contrattisti sul


mercato dei servizi di perforazione, alcune caratteristiche tecniche potranno
subire variazioni (altezza del mast, numero di vasche per il fango, caratteristiche
delle pompe, ecc.).
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Tuttavia lo schema generale rimane quello descritto sopra, con carattere


modulare.

È opportuno ribadire che, la permanenza dell’impianto di perforazione è


strettamente limitata alle operazioni di sondaggio, la cui durata può essere
cautelativamente stimata in 55 giorni in media per la perforazione di un pozzo
della profondità “misurata” di circa 1.500 m, di cui circa 50 dedicati alle attività di
perforazione propriamente dette.
Nell’eventualità della perforazione del pozzo esplorativo profondo, descritto al
paragrafo precedente, è stimata una permanenza complessiva dell’impianto di
perforazione di circa 100 giorni.

5.3.1 Descrizione Delle Operazioni Di Perforazione

La perforazione è realizzata mediante sistema “rotary” a distruzione di nucleo


mediante uno scalpello collegato ad un insieme di elementi tubolari “aste”
(batteria di perforazione) di adeguate dimensioni e caratteristiche
meccaniche. A tale sistema viene trasmessa una rotazione dall’impianto,
attraverso una tavola rotary o con attrezzatura equivalente chiamata “top
drive”.

La pulizia del pozzo viene assicurata attraverso il pompaggio di un fluido di


circolazione costituito da “fango” (o acqua in particolari circostanze) iniettato
all’interno della batteria di perforazione e che risale lungo l’intercapedine dallo
scalpello al piano campagna.

Tale fluido ha la funzione, inoltre, di mantenere una colonna idrostatica


sufficiente per il contenimento delle formazioni e di raffreddare e lubrificare i
componenti all’interno del pozzo (scalpello, aste, etc.).

Nel primo tratto di pozzo (circa 150 m dal p.c.) il fango di perforazione non
presenterà additivi e sarà costituito da sola acqua e bentonite (cfr. successivo
Paragrafo 5.4.1) in modo da garantire la massima tutela delle eventuali falde
acquifere superficiali presenti.

Solo dopo l’isolamento delle formazioni superficiali, il fango sarà opportunamente


additivato con prodotti indispensabili per garantire stabilità di reologia e di
filtrazione per le sue corrette funzioni (cfr. successivo Paragrafo 5.4.1).

Allo scopo di isolare le formazioni perforate, nel foro viene collocata una
tubazione (casing) come schematicamente rappresentato nei profili dei pozzi.

L’intercapedine tra i casing e le formazioni, per ogni sezione di pozzo, verrà


riempita, mediante un’operazione speciale chiamata “cementazione”, con malta
cementizia (di adeguate caratteristiche meccaniche: resistenza a compressione,
permeabilità, etc.) che garantirà un sigillamento idraulico delle formazioni stesse
che impedirà la migrazione di fluidi tra i vari livelli di profondità. Tale funzione di
separazione, oltre che dal punto di vista ambientale, è cruciale anche dal punto di
vista della coltivazione: eventuali mescolamenti comprometterebbero il livello
energetico del fluido geotermico e le sue potenzialità in termini di coltivazione.

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Per ogni tubazione cementata a piano campagna sarà possibile installare una
testa pozzo costituita da attrezzature di sicurezza (blow out preventer, “BOP”)
che permetteranno un totale controllo del pozzo durante le operazioni di
perforazione e di produzione.

Il BOP è un’attrezzatura comandata idraulicamente ed azionata a distanza in


caso di necessità dal piano sonda o dal piano campagna. Tale attrezzatura
prevede la chiusura totale del pozzo sia in presenza di aste (di qualsiasi diametro
e geometria) sia in assenza delle stesse.

Superiormente ai BOP viene installata la linea di scarico del fango (flow line)
collegata all’impianto vasche di superficie attraverso il vibrovaglio. Nelle fasi finali
di perforazione, dove il fango in uscita è ad alta temperatura, viene installata
sopra i BOP un’ulteriore attrezzatura (testa rotante) allo scopo di evitare un
eventuale flusso di fluido sul piano di lavoro (piano sonda).

Inferiormente ai BOP sono installate due linee laterali dotate di valvola: una
collegata ad uno scarico controllato (choke manifold) e l’altra alla linea alta
pressione delle pompe fango (kill line).

Nell’ultima fase di perforazione inoltre viene inserita la master valve tra lo spool e
il BOP, in modo tale che a fine perforazione il pozzo possa essere chiuso in
sicurezza in attesa del montaggio della testa pozzo di produzione.

Un esempio di testa pozzo di perforazione è riportato in Figura 5.3.1a.

In altre parole il BOP è in grado di controllare a bocca pozzo la risalita e la


fuoriuscita incontrollata dei fluidi migrati dalla formazione rocciosa perforata verso
il pozzo e quindi la superficie. In questo modo viene controllato il potenziale
rischio di eruzioni.

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Figura 5.3.1a Esempio di Testa Pozzo in Fase di Perforazione (Pozzi


Produttivi)

5.4 TECNOLOGIA DI PERFORAZIONE E PREVENZIONE RISCHI DURANTE LA


PERFORAZIONE

5.4.1 Il Fango di Perforazione

Il fluido di perforazione normalmente utilizzato per la perforazione dei pozzi


geotermici è un fango bentonitico, costituito principalmente da una sospensione
di bentonite in acqua e stabilizzato, quando necessario, con alcuni additivi di tipo
polimerico.

La composizione della miscela varierà in base alle fasi della perforazione


secondo i range indicati nella seguente tabella, dove sono riportate anche le
principali proprietà fisico-chimiche del fango.

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Tabella 5.4.1a Composizione e Proprietà Medie del Fango

Composizione Percentuale
Componente Valore U.d.M.
Acqua 50 – 90 % peso
Barite 0 – 15 % peso
Bentonite 4-7 % peso
Argilla naturale delle
0 - 20 % peso
formazioni
Sabbia 0,1 - 2 % peso
Proprietà Chimico Fisiche
Densità 1,1 - 1,5 kg/l
pH 8,5 – 9,5 -

Nella prima fase, fino a 50-100 m di profondità, verrà utilizzata per la


perforazione acqua chiara. Successivamente, fino a 150-200 m, è prevista
solamente una sospensione stabilizzata di bentonite in acqua con aggiunta di
piccole percentuali di carbonato di sodio.

Una volta isolate le formazioni costituenti la prima fase di perforazione (150-200


m dal p.c.), dopo aver posizionato e cementato completamente il primo casing e
durante la seconda fase, quando le temperature delle formazioni lo richiedono (T
> 70 °C), si inizierà a additivare il fango con speciali prodotti costituiti da
carbossimetilcellulosa (sostanza ecocompatibile, impiegata ad esempio quale
additivo alimentare e nella produzione di farmaci e di mangimi), polimeri e resine
sintetiche, NaOH e NaHCO3.

La carbossimetilcellulosa LV (Low Viscosity) ha prevalente funzione di riduttore di


filtrato.

La carbossimetilcellulosa EHV (Extreme High Viscosity) ha inoltre la funzione di


migliorare la reologia del fango per il trasporto dei detriti a giorno.

Le resine sintetiche hanno lo scopo di contenere il filtrato nell’attraversamento


delle formazioni sensibili all’acqua (argille, flysch) e/o permeabili, ad alta
temperatura (oltre i 120°C).

La soda caustica (NaOH) ha lo scopo di mantenere il pH e l’alcalinità entro i


valori di massima stabilità del fango.

Il bicarbonato di sodio (NaHCO3) ha lo scopo di far precipitare lo ione calcio


come carbonato (CaCO3) specialmente nelle fasi di attraversamento del
cemento.

Tali additivi in concentrazione non superiore a 5 kg/m3 svolgeranno un’azione


stabilizzante del fango per viscosità, reologia, filtrazione.

La bentonite che è il costituente principale del sistema (40 - 70 kg/m3) è un


materiale naturale estratto da cave contenente principalmente montmorillonite,
uno speciale tipo di argilla. Tale materiale estratto nell’area mediterranea è di tipo
calcico, ma viene industrialmente trasformato, attraverso un procedimento di
intrusione, in sodico. La bentonite è un materiale usato anche nell’industria
alimentare e farmaceutica, atossico e compatibile con l’ambiente.
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Tutti gli additivi sono confezionati in sacchi o big bag sui quali viene riportata la
dicitura di non pericolosi per l’uomo e l’ambiente.
L’acqua per la preparazione del fango sarà prelevata dai ricettori superficiali
presenti nelle aree interessate dalle perforazioni.

La disponibilità di acqua per la preparazione dei fluidi di perforazione o per la


sua utilizzazione diretta come fluido di perforazione del serbatoio, costituirà
un elemento molto importante, anche ai fini della sicurezza.

5.4.2 Condizioni di Sicurezza durante la Perforazione

Come descritto ai precedenti paragrafi, ci si attende di trovare il fluido geotermico


ad una pressione inferiore alla idrostatica corrispondente alla quota del serbatoio.

In base alle informazioni dei precedenti pozzi perforati nell’area, si esclude la


presenza di fluidi di strato o sacche di gas durante la perforazione delle
formazioni di copertura. Pertanto, si prevede di mantenere la densità del fango
non oltre 1.200 gr/l, senza uso di materiale di appesantimento (barite).

Nella fase di perforazione di attraversamento del serbatoio si prevede di


incontrare acqua contenente basse concentrazioni di gas e con pressioni inferiori
alla colonna idrostatica corrispondente a tale profondità. E’ quindi previsto il loro
attraversamento in parziale e totale perdita di circolazione.

L’installazione di due Blow Out Preventer (BOP), peraltro prevista dalle norme di
legge, permette comunque la gestione in totale sicurezza del pozzo grazie alla
possibilità di prevenire possibili blow-out. La disponibilità di acqua costituisce un
ulteriore elemento importante per fronteggiare in piena sicurezza simili situazioni,
seppur altamente improbabili per il progetto in esame.

In Figura 5.4.2a sono mostrati i tipi di attrezzature di sicurezza che saranno


installate durante la perforazione (singoli BOP, sia tipo “annular” che di tipo
“ram”).

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Figura 5.4.2a Esempi di BOP “ram” e “Annular”

La testa pozzo impiegata durante la fase di perforazione è costituita da un


raccordo parallelo con due uscite laterali ancorato sulla flangia di base.

Le due uscite laterali, munite di valvole, sono collegate rispettivamente alle


pompe fango (kill line) e alla linea di regolazione controllata (choke line).
Superiormente al raccordo parallelo è posizionata una valvola maestra (master
valve), un BOP ram doppio, un BOP anulare ed una testa rotante: ciò permette di
pompare fluido in pozzo per controllare la pressione, in caso di necessità o
contenere nella maniera opportuna possibili emissioni di fluido dal pozzo stesso.

Un’altra scelta a favore della sicurezza riguarda il sistema di rilevazione del gas e
la professionalità del personale addetto, descritti di seguito.

Sistema di Rivelazione dei Gas Endogeni


L’impianto di perforazione sarà dotato di un sistema di rilevazione del gas, con
relativo allarme a seconda della concentrazione rilevata. Si tratta di
un’apparecchiatura tipica nella perforazione profonda dei campi a idrocarburi e
geotermici.

Il sistema di rilevazione gas è basato sulla dislocazione di un opportuno numero


di sensori che rilevano la concentrazione dei gas più comunemente incontrati
nelle formazioni geologiche: CO2, H2S e CH4 (ed in genere CHn). Tra questi gas
quelli più temuti nelle perforazioni profonde sono H2S e CH4. Di solito il metano è
accompagnato da altri idrocarburi (da ciò l’adozione della simbologia gergale
CHn) che, dal punto di vista della rilevazione, danno luogo allo stesso segnale
oltre che essere equipollenti dal punto di vista del rischio incendio.

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Il sistema è progettato affinché, qualora si raggiunga un determinato valore di


soglia della concentrazione di uno dei gas suddetti, entri in funzione un
dispositivo di allarme ottico ed acustico, con indicatori anch’essi ubicati in punti
strategici della postazione, in modo che il personale di sonda sia
tempestivamente avvertito della presenza di gas e possa attivarsi per le
operazioni del caso.

Valori Critici e di Allarme per la Concentrazione dei Gas


Il livello di allarme prefissato, in termini di concentrazione dei gas rilevata
nell’atmosfera, in prossimità delle zone ritenute più critiche, è ben lungi
dall’essere pericoloso per le persone.

Normalmente si adottano i valori limite di concentrazione (Threshold Limit Value,


TLV) indicati dalle norme API, che a loro volta attingono dai dati pubblicati da
American Conference of Governmental Industrial Hygienists.

Tali valori di soglia (TLV) sono quelli a cui una persona può restare esposta per
8h consecutive senza conseguenze.

La logica su cui si basa il sistema di sicurezza, sia nei riguardi dell’eruzione


spontanea (blow out) che del rischio incendio, è la rilevazione tempestiva di quei
sintomi, da trattare come stati di allarme, che possono essere cautelativamente
considerati premonitori di una situazione potenzialmente evolutiva verso livelli di
una certa criticità.

Infine saranno presenti almeno due indicatori di direzione del vento (maniche a
vento) che permetteranno al personale operante di conoscere, in ogni momento,
in quale direzione recarsi in caso di emergenza nell’eventualità di una fuoriuscita
incontrollata di gas, o in caso di raggiungimento di situazioni critiche per
concentrazione di gas superiore ai valori minimi di soglia prestabiliti.

Professionalità Richiesta al Personale di Sonda


La direttiva del D. Lgs. n.624/96 prevede che il personale operativo di sonda sia
in possesso della certificazione rilasciata da scuole qualificate dall’International
Well Control Forum (IWCF) per il “controllo eruzione” dei pozzi.

Tale direttiva prevede inoltre che il personale partecipi ogni 2 anni a corsi di
aggiornamento su tali procedure di controllo pozzo e venga sottoposto ad esame
finale con rilascio di certificazione.

Il D. Lgs. n.624/96 prevede, inoltre, che il controllo del funzionamento dei BOP e
degli altri componenti dell’impianto, sia effettuato secondo un dettagliato piano di
controllo.

Durante la perforazione vengono periodicamente provati, infatti, nella loro


funzionalità, sia i BOP che le attrezzature connesse alla sicurezza.

Anche il sistema di monitoraggio e di allarme dei gas viene controllato attraverso


la taratura periodica degli strumenti e vengono effettuate simulazioni di
emergenza.
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Protezione Antincendio
Le norme in vigore che regolano l’attività di perforazione e prove di produzione
dei pozzi (essenzialmente il già citato D. Lgs. n.624/96) prevedono specifiche
disposizioni di corredo dell’impianto ai fini di protezione contro gli incendi, dalla
dislocazione e numero degli estintori alla scelta delle caratteristiche tecniche dei
componenti dell’impianto stesso. Analogamente, sono previste specifiche
condizioni di capacità del personale di sonda con apposite figure “formate” per la
gestione di situazioni critiche dal punto di vista incendio.

La dislocazione di componenti d’impianto dal pozzo (motori diesel e serbatoi


gasolio) è soggetta a precise indicazioni di legge (DPR 128/59 e D. Lgs.
n.624/96) che stabiliscono i limiti minimi della distanza di tali componenti dal
pozzo, proprio con la funzione di protezione contro il rischio incendio. In tale
contesto di sicurezza si inserisce anche la scelta di utilizzare i sensori di allarme
gas endogeno con valori massimi di rilevazione CHn prestabiliti in funzione di
questo obiettivo.

Tecniche di Tubaggio per la Protezione delle Falde Idriche


Nell’area nella quale saranno realizzati i pozzi, non si segnala la presenza di
alcun acquifero sotterraneo. Non sono infatti presenti pozzi d’emungimento
d’acqua di alcuna tipologia.

Ciò nonostante, si intende nel seguito affrontare il tema generale inerente al


rischio di contaminazione delle falde durante la perforazione. Questo può in
generale avvenire attraverso l’immissione nell’acquifero di fango oppure di fluido
endogeno.

Nel seguito viene analizzato in maniera compiuta tale rischio, descrivendo gli
accorgimenti progettuali e operativi adottati per evitarlo.

Il profilo di tubaggio adottato per i pozzi geotermici (si vedano le figure al


Paragrafo 5.2) permette infatti un completo isolamento di eventuali falde sospese
e di quelle profonde.

Protezione delle falde acquifere da immissione di fango


Come già esposto, la perforazione del tratto superficiale del pozzo viene condotta
con le stesse tecniche di perforazione dei pozzi per la ricerca di acqua.

Per l’isolamento e la protezione delle eventuali falde acquifere superficiali è


previsto il tubaggio con cementazione completa dell’intercapedine foro-casing.

Una volta isolata la formazione permeabile sede di acquifero superficiale


mediante i primi due casing completamente cementati, il problema del rischio di
contaminazione della falda è risolto.

Comunque, qualora durante la perforazione della parte superficiale del pozzo


(primi 150 m) si rilevasse la presenza di falde acquifere, queste verranno
cementate tempestivamente con malta cementizia a rapida presa per
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l’isolamento delle stesse. Verranno evitate così immissioni di fango in tali falde;
comunque, per maggiore sicurezza, i primi 50 -100 m di pozzi saranno perforati
con acqua pulita e fino ai 150-200 m il fango sarà composto esclusivamente da
acqua e bentonite, come già descritto.

Protezione delle falde acquifere da immissione di fluido endogeno


La protezione delle falde da possibili contaminazioni di fluido endogeno
proveniente dal serbatoio geotermico è assicurata dalle seguenti scelte tecniche:

• in generale, l’impiego di un sistema multiplo di tubazioni concentriche nei


primi 150 m;
• l’impiego di tubi assolutamente integri dal punto di vista della presenza di
difetti meccanici o metallurgici: ciò è ottenuto realizzando un piano dei
controlli di rispondenza generale del prodotto alle specifiche di progetto al più
alto livello impiegato per tale tipologia di prodotto industriale;
• un montaggio delle tubazioni realizzato assemblando i singoli tubi sotto il
controllo di una direzione lavori che verifichi le migliori condizioni di serraggio
dei singoli tubi, registri i parametri fondamentali di avvitatura (coppia, numero
di giri, tempo di avvitatura) e certifichi il rispetto delle condizioni di montaggio;
• individuando la profondità ottimale della scarpa delle stesse tubazioni per
evitare difficoltà in fase di cementazione;
• progettando cementazioni delle tubazioni attraverso le condizioni di
centratura delle tubazioni, regolarità dell’intercapedine, condizioni di flusso,
controllo del tempo di presa della malta in modo da creare condizioni finali di
cementazione eccellenti;
• l’esito della qualità della cementazione verrà assicurato da:
• un adeguato progetto di centralizzazione che assicuri la migliore
coassialità tra tubo e foro (stand off);
• l’utilizzo di una malta con adeguati valori di densità, gel, filtrato, thickening
time, free water, resistenza meccanica;
• l’esecuzione della cementazione che preveda un adeguato cuscino
separatore tra fango e malta, una miscelazione omogenea della malta
(recirculating mixer), una corretta velocità di pompaggio e spiazzamento
della stessa secondo i valori di thickening time della malta, un ridotto
valore del tempo di indurimento della malta (transit time) che eviti effetti di
canalizzazioni di fluidi nell’intercapedine;
• un rilievo sonico (CBL-VDL, o SBT) per la valutazione dello stato della
cementazione del casing che fornisce indicazioni sulla buona qualità o
sulla necessità di effettuare un ulteriore intervento per assicurare il
completo isolamento degli strati;
• un rilievo di “multi finger caliper” per una valutazione dello stato di
conservazione (usure, sottospessori, corrosione, etc.) del casing di
produzione.

Questo sistema di tubazioni con la cementazione dei casing costituisce una


barriera estremamente sicura per l’isolamento delle formazioni con alto grado di
protezione delle falde. Il controllo della cementazione e i periodici successivi
controlli della tubazione di produzione che fuoriesce dal piano campagna
costituiscono inoltre un’ulteriore garanzia.

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Cementazione
L’operazione di cementazione consiste nel riempimento dell’intercapedine foro-
casing con malta di cemento che, una volta indurita, presenta un sistema
impermeabile con caratteristiche meccaniche atte a garantire un legame sicuro
tra roccia e tubazione.

La cementazione avviene mediante il pompaggio di malta che dall’interno dei tubi


(sistema Parkins) o attraverso le aste (sistema con stinger) fuoriesce attraverso
la cosiddetta scarpa (dotata di valvola di fondo) nell’intercapedine e risale fino a
piano campagna.

Il cemento utilizzato, prodotto in Italia, è costituito da una miscela a secco


(comacinazione di silice e clinker) di cemento API Classe “G” additivato con silice
in rapporto 100/40 comunemente usato per cementazioni ad alta temperatura. Le
malte indurite presentano il mantenimento delle caratteristiche di resistenza alla
compressione e alla permeabilità nel tempo con temperature di test fino a 315°C.

Le malte di cemento utilizzate e miscelate fino a densità di 1,9 kg/l sono


modificate (accelerate o ritardate) a secondo della profondità e della temperatura
di posa.

Per temperature di circolazione superiori a 50 - 60 °C le malte richiedono


l’impiego di additivi chimici specifici di brevetto delle company service
multinazionali che operano in ambito mondiale nel campo della perforazione oil-
gas e geotermia:

• defoamer, normalmente a base siliconica;


• retarder, per ottenere i tempi di pompabilità congruenti con quelli
dell’operazione;
• fluidificanti (viscosity reducer), per regolare la reologia e i gel allo scopo di
ridurre le perdite di carico durante il pompaggio e lo spiazzamento della
malta;
• riduttore di filtrato (free water reducer), per impedire la disidratazione
incontrollata della malta.

Le Compagnie di Servizio sono attrezzate con loro laboratori specialistici che


consentono l’esecuzione di test di progettazione e di controllo delle malte.

Un adeguato progetto di cementazione e di esecuzione della stessa è forse


l’operazione di completamento del pozzo più delicata e importante, tale da
garantire la qualità del manufatto ed il mantenimento della produzione del pozzo
nel tempo.

5.5 PROBLEMATICHE DI IGIENE ED ASPETTI DI ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO

Alloggi del Personale


Gli alloggi per il personale operativo sono costituiti da containers attrezzati ad
uso ufficio.

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Il personale si alterna secondo i turni contrattualmente previsti ed il cambio delle


squadre avviene direttamente sul cantiere. Pertanto, gli alloggi non sono destinati
a essere utilizzati né come refettorio vero e proprio, né come dormitori.

Gli impianti per il condizionamento ambientale interno ai containers uso ufficio


saranno periodicamente controllati secondo le norme e mantenuti al fine di
prevenire rischi connessi con il cosiddetto “Morbo del Legionario”.

Rifiuti e Fattori Connessi


I rifiuti solidi urbani, in particolare eventuali scarti alimentari, ancorché di
modestissima entità, saranno collocati in appositi contenitori stagni e
giornalmente trasferiti in quelli appositamente previsti dal Comune o dall’azienda
preposta al servizio di raccolta e smaltimento degli stessi.

Non è previsto immagazzinamento in cantiere di alimenti o prodotti ad essi


connessi.

Inoltre, gli uffici di cantiere sono disegnati e costruiti per avere idonea protezione
contro l’ingresso di piccoli animali e, stante la breve durata dei lavori, non si
prevede, di solito, l’esecuzione di opere di preventivo contenimento della stessa.
Tuttavia, se la durata delle attività dovesse prolungarsi oltre il previsto, o se
necessario, si provvederà a richiedere servizio specifico attraverso compagnie
specializzate.

Analoghe precauzioni saranno adottate nel caso di sbancamenti di terreno


superficiale durante la fase di costruzione della postazione di sonda.

Acque Stagnanti
Non si prevede di disporre di vasche con acqua stagnante, se non per il periodo
ristretto delle operazioni di perforazione. Al fine di prevenire focolai di artropodi si
provvederà ad effettuare trattamenti chimici preventivi.

Servizi Igienici di Cantiere


Si prevede un servizio completo da parte di una compagnia esterna per la
fornitura dei servizi stessi e per la loro completa gestione.

Linee Elettriche e Telefoniche


Le norme di polizia mineraria in vigore impongono di mantenere una distanza
minima dalle linee elettriche e telefoniche, ai fini della sicurezza, pari all’altezza
massima della torre di perforazione. Inoltre, nel caso di distanza (misurata in
pianta) tra le linee e il pozzo inferiore a 50 m, la norma imponeva una specifica
autorizzazione del Prefetto, la cui competenza è stata demandata all'Autorità di
Vigilanza (Art. 60-64 DPR 128/59 e Art. 34 D. Lgs. 112 del 31/03/1998).

Nel caso in esame viene rispettato il limite di distanza di 50 m da qualunque linea


elettrica o telefonica o altra opera di uso pubblico.
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Tale distanza è largamente cautelativa anche dal punto di vista del rispetto del
DPCM del 8 Luglio 2003.

5.6 CARATTERIZZAZIONE PRODUTTIVA DEI POZZI

Al fine di confermare le caratteristiche chimico-fisiche del fluido e le


caratteristiche idrodinamiche del serbatoio, saranno effettuate specifiche prove.

Le grandezze di maggiore interesse, ai fini della caratterizzazione produttiva del


pozzo, sono la temperatura e la pressione, in condizioni indisturbate, del fluido
contenuto nel serbatoio e la permeabilità della formazione geologica del
serbatoio.

Nel presente progetto si prevedono:

• test per la determinazione della temperatura durante l’avanzamento della


perforazione;
• una volta raggiunto il serbatoio, prove di iniettività per la stima della
producibilità/iniettività della formazione;
• eventuale stimolazione tramite acidificazione delle formazioni con acido
cloridrico (HCl) in base all’esito delle suddette prove di iniettività;
• eventuale ulteriore prova di iniettività;
• prova di produzione a breve termine (BT), per la “ripulitura del pozzo” e la
caratterizzazione preliminare, eseguite con la presenza della sonda di
perforazione, della durata di massimo qualche ora;
• prove di produzione e reiniezione a lungo termine (LT), tra polo produttivo e
polo reiniettivo, della durata di circa 14 giorni;
• rilievi periodici di temperatura e pressione in pozzo in condizioni statiche
(assenza di produzione/reiniezione).

Come descritto al Capitolo 2, il serbatoio è caratterizzato da pressioni


relativamente basse, tali da non rendere possibile la produzione spontanea dei
pozzi se non mediante un opportuno sistema di sollevamento: per tale progetto, a
questo scopo, è stata selezionata la tecnologia gas-lift, che verrà descritta più
approfonditamente al Capitolo 6.
Pertanto, anche per le prove di produzione, sarà necessario utilizzare in continuo
il sistema gas-lift, per l’erogazione del fluido geotermico.

Determinazione della temperatura


La temperatura viene misurata durante l'avanzamento del pozzo stesso. Poiché
la perforazione dà sempre luogo ad una modifica temporanea dello stato termico
della formazione attraversata (raffreddamento), la sua temperatura viene
ricostruita, secondo tecniche teorico-pratiche, sulla base del recupero nel tempo
della temperatura di fondo pozzo, che tende verso una stabilizzazione.

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Prove di iniettività
Queste prove consistono nell‘iniezione di diversi gradini di portate di acqua nelle
formazioni produttive (con portate massime di 200 m3/h), monitorando in continuo
i transitori di pressione mediante apposito strumento calato in pozzo.

Si stima un consumo di acqua pari a circa 400 m3.

Eventuale stimolazione tramite acidificazione


Qualora le prove di iniezione indicassero permeabilità insoddisfacenti, si
procederà all’acidificazione delle formazioni carbonatiche mediante il pompaggio
in pozzo di una soluzione di HCl (massimo di 100 - 150 m3).

La pratica permette il miglioramento delle caratteristiche produttive locali


attraverso la dissoluzione delle formazioni carbonatiche nelle vicinanze del pozzo
e costituisce una prassi consolidata nel settore minerario.

Prove di produzione a breve termine (BT)


Al termine della perforazione e una volta verificata la presenza di un serbatoio
permeabile si intende eseguire una breve prova di erogazione, avente lo scopo di
“ripulire il pozzo” dai detriti e determinare alcune caratteristiche produttive.

L’erogazione di un massimo di circa 200 t/h di fluido avverrà tramite l’iniezione di


aria, compressa da una batteria di compressori (si potrà eventualmente
impiegare anche azoto gassoso, la cui fornitura è garantita da apposito servizio
delle service company), nel tubing disceso fino alla profondità del serbatoio. In
virtù dell’alleggerimento della colonna, il fluido bifase risalirà in superficie dove
verrà separato in un separatore atmosferico (Virola) che funzionerà anche da
silenziatore.

Il separatore ha lo scopo di separare la parte liquida in uscita dal pozzo da quella


vapore e di ridurre le emissioni sonore.

Il separatore sarà di tipo “twin silencer”: sarà quindi costituito da 2 cilindri metallici
adiacenti che trattano ciascuno metà della portata totale del pozzo; il fluido bifase
viene alimentato tangenzialmente a ciascun cilindro, la fase gassosa (costituita
da vapore, incondensabili ed aria) viene espulsa dall’alto, mentre la fase liquida
raccolta, misurata e scaricata nella vasca detriti e, se necessario nella vasca
acqua industriale (Tavole 1, 1di5).
Il separatore avrà un’altezza di circa 3,5 m e un diametro, per ciascun cilindro, di
circa 1,3 m.

Il test avrà una durata di poche ore, necessarie alla ripulitura del pozzo. Le
misure che saranno eseguite durante la prova sono riassunte di seguito:

• misura di temperatura e pressione a testa pozzo;


• misura di temperatura e pressione alla frattura, in erogazione;
• misura della Lip Pressure per la valutazione della portata (metodo di James);
• misura della portata di acqua tramite stramazzo;
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• campionamenti di acqua e gas.

Nel corso dei test di erogazione è inoltre previsto il monitoraggio, con strumento
portatile, della concentrazione di H2S a diverse distanze dall’impianto.

Prova di produzione e reiniezione a lungo termine (LT)


Nella prova di reiniezione a lungo termine, l’erogazione del pozzo di produzione
sarà garantita attraverso l’iniezione di aria, compressa da una batteria di
motocompressori e da compressori booster.

Il fluido geotermico in erogazione verrà scaricato nella vasca tramite il separatore


atmosferico, su cui sarà installato un camino mobile dell’altezza di 10m e che
verrà disinstallato al termine della prova. Il liquido verrà successivamente
pompato e reiniettato nel pozzo di reiniezione. Insieme alla reiniezione di liquido
verrà inoltre sperimentata la reiniezione di gas incondensabili (in questo caso aria
o azoto) per simulare il normale funzionamento in esercizio dell’impianto.

La prova avrà una durata di circa 14 giorni. La circolazione (loop) di fluido sarà
realizzata dal primo pozzo di produzione perforato sulla postazione PM1 (PM1A)
al primo pozzo di reiniezione perforato su PM3 (PM3A).

Come da cronoprogramma (si veda il Capitolo 7), dopo la caratterizzazione del


pozzo (PM1A) è prevista la perforazione del pozzo di reiniezione PM3A.

Verrà installata una pompa per rilanciare il fluido dalla vasca di stoccaggio al
pozzo di reiniezione (si veda il Paragrafo 6.2.5). Per il rilancio del fluido alla
reiniezione potrà essere impiegata una motopompa. In entrambi i casi, non si
avranno emissioni sonore maggiori rispetto a quelle previste durante la fase di
perforazione.

Durante il loop verranno effettuate le misure già previste nella prova a breve
termine.

La prova di lungo termine consentirà una migliore caratterizzazione del serbatoio


geotermico in termini di produttività e di iniettività, ricreando ciò che avverrà con
l’impianto in condizioni di esercizio.

5.7 USO DI RISORSE

5.7.1 Acqua Industriale

L’attività di perforazione richiede la disponibilità di acqua per la fase di


preparazione dei fanghi e delle malte, in quantità correlabile al volume dei singoli
pozzi, alla durata dei lavori di perforazione ed alle caratteristiche geologiche delle
formazioni attraversate.

In particolare, durante la perforazione dei primi metri di terreno (50-100 m), verrà
impiegata acqua chiara per tutelare il terreno superficiale. In tale fase, il consumo
di acqua è ritenuto del tutto trascurabile.
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Il consumo di acqua si mantiene limitato durante l’attraversamento delle


sottostanti formazioni prevalentemente argillo - sabbiose ed argillitiche. Durante
tali fasi e, soprattutto, durante la perforazione delle rocce argillitiche delle Unità
Liguri flyschioidi e delle formazioni litoidi non fratturate, l’approvvigionamento
d’acqua sarà variabile tra pochi litri/ora fino al massimo di circa 10 m 3/h (2,7 l/s)
in funzione del grado di permeabilità/fratturazione dei litotipi attraversati.

Infatti, durante la perforazione, anche in presenza di limitate perdite di


circolazione, si instaurerà un circuito chiuso con il riutilizzo del fango bentonitico
utilizzato.

La perforazione della formazione rocciosa del serbatoio, dove permeabile,


comporta un maggior consumo idrico in conseguenza della minor pressione del
fluido di strato rispetto alla idrostatica equivalente per profondità, che implica il
fenomeno della perforazione cosiddetta in “perdita di circolazione”.

In considerazione della possibile variabilità dei tratti di pozzo che potrebbero


essere perforati in perdita di circolazione, e la necessità di non interrompere i
lavori in caso di poca disponibilità idrica, il prelievo di acqua potrà al massimo
raggiungere una portata di punta pari a circa 70 m3/h (19,5 l/s) per un periodo
previsto di circa 6 giorni, non consecutivi.

Ne consegue che per la perforazione di ogni pozzo siano necessari mediamente


un massimo di circa 14.000 m3 di acqua; tale valore è stato stimato, in via
cautelativa, considerando la perforazione di un pozzo produttivo deviato.

Nel caso venga perforato l’eventuale pozzo esplorativo profondo si può stimare
un consumo idrico complessivo pari a circa 30.000 m3.

Durante la perforazione dei livelli fratturati potenzialmente produttivi, in ogni caso,


potrà essere gestito in postazione uno stoccaggio preventivo di acqua, sia nelle
vasche di servizio (corral) dell'impianto di perforazione che nella vasca presente
all’interno della postazione.

Per l’approvvigionamento dei quantitativi idrici, qui descritti, si prevede il prelievo


di acqua:

• dal Torrente Senna Viva;


• dal Fiume Fiora.

Ad integrazione o totale sostituzione dell’approvvigionamento dal Fiume Fiora


saranno utilizzati i due pozzetti di emungimento esistenti all’interno dello
stabilimento della Fornacina (Figura 1.1b).

Prima dell’avvio dei lavori, verrà presentata apposita istanza di derivazione


temporanea dai su citati corsi d’acqua.

Si fa presente, inoltre, che in prossimità della postazione PM2 è presente un


invaso di circa 10.000 m3 di acqua; la società si riserva, nelle fasi successive del
progetto, di poterne richiedere l’utilizzo.
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5.7.1.1 Approvvigionamento dal Torrente Senna Viva

Per i fabbisogni industriali per la fase di perforazione dei pozzi produttivi


(postazioni PM1 e PM5) si prediligerà il prelievo di acqua dal Torrente Senna
Viva (Figura 5.7.1.1a), affluente di destra del Fiume Paglia, che scorre a Nord
delle postazioni di produzione, da Ovest verso Est. Per le caratteristiche
idrologiche del T. Senna e per la valutazione del suo Deflusso Minimo Vitale
(DMV) si rimanda all’Allegato 5a.

Si procederà con la derivazione della portata necessaria solo qualora venga


rispettato il suddetto DMV (periodo autunnale, invernale e primaverile), pari a 6
l/s. La massima portata prelevata istantaneamente sarà pari al 20% della portata
presente nel torrente, fermo restando il rispetto del DMV.

Figura 5.7.1.1a Posizione della Pompa e Percorso della Tubazione

Postazioni di Produzione Tubazioni di Approvvigionamento

Punto di Presa Reticolo Idrografico

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L’opera di presa temporanea, consisterà in una motopompa diesel localizzata


sulla sponda destra del Torrente Senna (Figura 5.7.1.1b e 5.7.1.1c). Questa sarà
posta a circa 1 m al disopra del p.c., posizionata su struttura in elevazione che
garantisce la non interferenza con il livello dell'acqua anche in caso di eventi di
piena.

Figura 5.7.1.1b Vista Laterale della Stazione di Pompaggio

Figura 5.7.1.1c Sito di Approvvigionamento

Le dimensioni della motopompa saranno circa a 1,20x1,60x0,90 m


(HxLungxLarg) per un peso di circa 700 kg.

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La pompa avrà una prevalenza di circa 20 bar; con una potenza assorbita di circa
60 kW.
Al disotto del motore e del serbatoio del carburante, è installato un bacino di
contenimento in grado di ricevere e contenere il massimo volume di gasolio, pari
a 15 l, in esso contenuto.

La pompa pescherà direttamente all’interno dell’alveo del Torrente Senna al fine


di garantire nei mesi da ottobre a maggio la portata necessaria per le fasi di
perforazione.

L’acqua prelevata mediante la pompa sarà trasportata per mezzo di un


acquedotto provvisorio e rimovibile lungo circa 1.200 m, il cui tracciato è mostrato
nella Figura 5.7.1.1a, realizzato mediante tubo in polietilene con DN 150 e PN
25, direttamente poggiati sul terreno senza interventi di movimento terra.
Tale acquedotto, una volta terminate le fasi di perforazione dalla postazione PM1
sarà spostato verso la vasca di acqua industriale della postazione PM5, qualora
si fosse ravvisata la necessità di realizzare anche la postazione di riserva.

Come si può notare dalla precedente Figura 5.7.1.1.a sarà necessario


attraversare la strada Provinciale Abetina.

L’attraversamento verrà realizzato effettuando trasversalmente alla strada uno


scavo a sezione obbligata con disco e pala meccanica.
Nello scavo sarà posizionato un tubo guaina in acciaio del diametro di 400 mm e
si procederà successivamente al rinterro e ripristino dell’asfalto.

L’operazione avrà una durata orientativa di mezza giornata e sarà eseguita


effettuando lo scavo sulle due semisezioni stradali per mantenere la possibilità di
transito anche nel corso dei lavori.

Dell’operazione si darà notifica alle Autorità Comunali e a quelle competenti per


l’intervento in oggetto.

Per facilitare accesso e smontaggio ai lati della strada saranno realizzati dei
pozzetti. In questo caso, poiché da un lato si può sfruttare la pendenza naturale
del terreno, solo dal lato fiume è necessario realizzare un pozzetto in
calcestruzzo che avrà dimensioni in pianta di 80cm x 80cm e profondità di 80 cm.

5.7.1.2 Approvvigionamento dal Fiume Fiora

I fabbisogni di acqua industriale, per la fase di perforazione dei pozzi reiniettivi e,


qualora necessario in periodi di magra del Torrente Senna Viva, dei pozzi
produttivi, saranno garantiti mediante il prelievo di acqua dal Fiume Fiora (Figura
5.7.1.2a) che scorre a circa 1.450 m ad Ovest del polo reiniettivo.

Per le caratteristiche idrologiche del Fiume Fiora e per la valutazione del suo
Deflusso Minimo Vitale (DMV) si rimanda all’Allegato 5b6.

6 L’Allegato 6b è stato aggiornato a seguito delle Richieste di Integrazione


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Si procederà con la derivazione della portata necessaria solo qualora venga


rispettato il suddetto DMV, pari a 50 l/s. Al fine di garantire la corretta
conservazione degli habitat e delle specie dell’alto corso del Fiume Fiora, la
massima portata prelevata dal F. Fiora durante il periodo compreso tra il 15 luglio
e il 15 settembre sarà pari a 15 l/s, fermo restando il rispetto del DMV.
Figura 5.7.1.2a Posizione della Pompa e Percorso della Tubazione
(aggiornata con il nuovo progetto stradale)

Postazioni di Reiniezione Punto di Presa

Tubazione di Approvvigionamento Pozzetti Esistenti

Reticolo Idrografico

L’opera di presa temporanea, consisterà in una motopompa diesel localizzata


sulla sponda sinistra del Fiume Fiora, prima della confluenza con il Torrente
Scabbia (Figura 5.7.1.2a). Questa sarà posta a circa 1 m al di sopra del p.c.,
posizionata su struttura in elevazione che garantisce la non interferenza con il
livello dell'acqua anche in caso di eventi di piena come schematicamente
mostrato nella Figura 5.7.1.2b.

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Figura 5.7.1.2b Vista Laterale della Stazione di Pompaggio

Le dimensioni della motopompa saranno circa a 1,20x1,60x0,90 m


(HxLungxLarg) e avrà un peso di circa 700 kg.
La pompa avrà una prevalenza di circa 18 bar; la potenza assorbita della
motopompa sarà di circa 50 kW.

Al disotto del motore e del serbatoio del carburante, è installato un bacino di


contenimento in grado di ricevere e contenere il massimo volume di gasolio, pari
a 15 l, in esso contenuto.

La pompa pescherà direttamente all’interno dell’alveo del Fiume Fiora al fine di


garantire la portata necessaria per le fasi di perforazione.

L’acqua prelevata mediante la pompa sarà trasportata per mezzo di un


acquedotto provvisorio e rimovibile, il cui tracciato è mostrato nella Figura
5.7.1.2a, realizzato mediante tubo in polietilene con DN 150 e PN 25,
direttamente poggiati sul terreno senza interventi di movimento terra.

Per l’attraversamento della Strada Provinciale Pitigliano-Santa Fiora (Figura


5.7.1.2a), la tubazione in polietilene sarà fatta passare attraverso una tubazione
d’acciaio, con funzione di guaina protettiva, del diametro di circa 400 mm e
interrata in precedenza.

L’attraversamenti stradale avverrà con le stesse modalità descritte nel


precedente Paragrafo 5.7.1.1.
Inoltre, se necessario, al fine di poter perforare nel periodo estivo anche i pozzi in
progetto da realizzarsi nelle postazioni PM1 (ed eventualmente PM5), sarà
prevista l’installazione di una pompa all’interno dell’area di cantiere della PM3 al
fine di permettere il rilancio dell’acqua alle postazioni di “produzione”.

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5.7.1.3 Approvvigionamento dai pozzetti dello stabilimento della Fornacina

I due pozzetti ad uso industriale sono posti a circa 200 metri a Nord rispetto al
punto di presa previsto sul Fiume Fiora (Figura 5.7.1.2a).

Entrambi i pozzetti si trovano a circa 50 m dal ciglio di sponda sinistro del F.


Fiora e, come riportato all’interno dei relativi decreti di concessione, l’acqua da
essi prelevata non può essere definita di scorrimento superficiale e quindi non
interferirà con il normale scorrimento del F. Fiora.

I pozzetti sono profondi circa 17-18 metri e la stratigrafia presunta è ghiaia e


ciottolame nei primi 15 metri. Il corpo idrico da cui i pozzetti prelevano acqua
risulta essere sotterraneo.

Come predetto, il prelievo dai pozzetti della Fornacina verrà utilizzato in


integrazione o totale sostituzione all’emungimento dal Fiume Fiora in periodi
siccitosi, tali da impedire un sufficiente prelievo dal corpo idrico superficiale per
l’esecuzione delle attività con continuità. Tale situazione può verificarsi ad
esempio qualora la portata del Fiume Fiora risultasse inferiore al DMV o qualora
la massima portata prelevabile dal Fiume Fiora fosse limitata al fine di garantire
la corretta conservazione degli habitat e delle specie dell’alto corso del Fiume
Fiora (Allegato 5b).

L’approvvigionamento idrico dai pozzetti avverrà con le stesse modalità descritte


nel precedente paragrafo.

5.7.2 Energia, Gasolio e Lubrificanti

L’energia necessaria all’esercizio dell’impianto e di tutti i servizi di cantiere viene


prodotta in loco mediante i gruppi di generazione dell’impianto stesso. I
carburanti per l’alimentazione dei motori e dei gruppi elettrogeni vengono
approvvigionati tramite autocisterne che attingono presso fornitori autorizzati.

Il consumo massimo di gasolio di un cantiere durante la perforazione è di circa


3.000 kg/giorno con una media di circa 1.500 – 2.000 kg/giorno. Il fabbisogno
complessivo a pozzo è stimabile in 90.000 kg/pozzo.

5.7.3 Altre Materie Prime

Nel seguito vengono indicate le quantità di materiali necessari per l’alimentazione


del cantiere in fase di perforazione.

I consumi dei prodotti per la preparazione del fango e delle malte possono essere
influenzati dalle condizioni geologiche incontrate.

Per il calcolo delle quantità dei materiali necessari per l’alimentazione del
cantiere (in prevalenza inerti, cemento, bentonite, acciaio, gasolio) si fa
riferimento alla perforazione di circa 1.500 m.

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Sulla base del profilo dei pozzi, della stratigrafia conosciuta e dell’esperienza, si
possono stimare i seguenti consumi medi per ogni singolo pozzo, sia produttivo
che reiniettivo:

• bentonite: 80 t per pozzo;


• cemento per le malte: 230 t per pozzo;
• acqua per la perforazione, circa 14.000 m3 a pozzo;
• acciaio: il consumo di acciaio è relativo principalmente ai tubi (casing),
mentre altri utilizzi danno un contributo assai poco significativo. Il fabbisogno
di casing ammonta a circa 80 tonnellate mentre altri consumi sono per
scalpelli, testa pozzo e lamiere per lavori di carpenteria vari. Si stima pertanto
un totale di 120 tonnellate di acciaio per pozzo.

5.8 INTERFERENZE POTENZIALI CON L’AMBIENTE

5.8.1 Rifiuti e Residui

Il detrito prodotto dalla frantumazione della roccia, dovuto all’azione dello


scalpello, ha una dimensione variabile da qualche millimetro fino a valori
dell’ordine di qualche micron.

La quantità attesa di residui di detriti e fango prodotta per singolo pozzo è


stimabile in un massimo di 800 m3.
Di questi, circa il 70% risulterà proveniente dalla separazione dalla fase liquida
attraverso le attrezzature di vagliatura, mentre il rimanente fa parte dell’aliquota
non separabile dal fango, pertanto lo si ritrova sotto forma di materiale decantato
in apposite vasche.

Tale quantità è relativa prevalentemente alla parte del pozzo con ritorno di
circolazione. La quantità di fango che contribuisce a tale voce è limitata a soli 30
m3 a pozzo.
Infatti, nelle fasi di perdita di circolazione si esclude la produzione di detriti, dal
momento che sarà prevalente la perdita di circolazione.

Per la miscela di fango, acqua e detriti di varia pezzatura prodotti dalla


perforazione si prevede un ciclo di smaltimento attraverso apposito Centro di
Trattamento autorizzato in accordo alle leggi in vigore. Si prevede di affidare allo
stesso Centro anche il prelievo dei prodotti dal cantiere, con modalità stabilite di
volta in volta per quanto attiene la frequenza di prelievo, ovviamente dominata
dalla produzione nel tempo del detrito stesso.

Il Centro prescelto provvederà quindi a prelevare i prodotti e a trasferirli al luogo


di trattamento con mezzi specializzati e autorizzati in accordo alle leggi in vigore.
La caratterizzazione chimica iniziale del materiale prodotto, anche se costituito in
prevalenza da detriti, bentonite e cemento, viene fatta in un laboratorio
specializzato, anch’esso necessariamente tra quelli autorizzati, ma che potrà
essere distinto dal laboratorio di cui il Centro è eventualmente dotato. I residui
saranno, inoltre, classificati con il relativo codice CER in accordo al D.lgs. 152/06.

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Rifiuti da Attività di Cantiere


Durante la perforazione, nel cantiere è prevista la presenza di un sistema per la
raccolta differenziata dei rifiuti prodotti, che vengono successivamente smaltiti
secondo le disposizioni vigenti in materia. Particolare attenzione viene posta alla
raccolta delle tipologie di materiale riciclabile (olio esausto, rottami ferrosi, etc.).

In accordo alla normativa vigente, anche i rifiuti prodotti nella perforazione dei
pozzi sono classificabili nelle seguenti tipologie:

• speciali non pericolosi;


• speciali pericolosi.

Le quantità di rifiuti da smaltire, con riferimento all’attività di perforazione di un


pozzo, sono stimabili come riportato nella seguente Tabella 5.8.1a.

Tabella 5.8.1a Quantitativi Medi Rifiuti da Smaltire con Riferimento


all’Attività di Perforazione di Ciascun Pozzo

Tipologia Rifiuto Quantità (kg) Rif. Codice CER


Materiali filtranti, stracci e indumenti
200 150202*
contaminati da olio
Materiale per imballaggi 600 150106
Gomma 2.000 191204
Legname 500 170204*
Oli esausti utilizzati nei motori 200 130208*

5.8.2 Atmosfera

Durante la fase di perforazione dei pozzi le emissioni di gas nell’atmosfera


possono avere la seguente origine:

• gas di scarico dai motori diesel azionanti i gruppi elettrogeni o altre utenze
possibili;
• prove di produzione;
• traffico indotto dalle attività.

Emissioni da Motori Diesel

Durante le attività di perforazione di ciascun pozzo saranno utilizzati i seguenti


motori diesel di potenza complessiva inferiore a 3 MW:

• n.2 motori azionanti n.2 gruppi elettrogeni;


• n.2 motori azionanti n.2 motopompe del fango;
• n.1 motore azionante n.1 gruppo elettrogeno di servizio;
• una motopompa per prelievo idrico.

Per la stima delle emissioni si deve tener conto che tutti i motori (diesel di
potenza complessiva inferiore a 3 MW) sono gestiti secondo le norme vigenti e
hanno emissioni inferiori ai limiti imposti dalla normativa (punto 3 della Parte III

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dell’Allegato I alla Parte Quinta del D.Lgs. 152/06) sui motori per installazioni
fisse a combustione interna.

Quanto sopra esposto è direttamente applicabile anche alle emissioni dei motori
diesel dei compressori ad aria che saranno presenti in postazione durante le
prove di produzione.

Prove di Produzione

Al termine della perforazione verranno effettuate le prove di produzione descritte


in dettaglio al Paragrafo 5.6.

Le interferenze potenziali più significative si riferiscono alla prova di produzione


prolungata. Durante le prove di produzione, verranno infatti rilasciati in atmosfera
il gas e il vapore provenienti dal pozzo per un periodo di circa 14 giorni.

Per le caratteristiche del fluido erogato, si ipotizzano quelle misurate presso il


pozzo Nibbio 2 (cfr. Paragrafo 2.3) con, in aggiunta, l’aria necessaria al
mantenimento della produzione. Cautelativamente, in sede di Valutazione di
Impatto ambientale, rispetto alla percentuale di H2S misurata (0,275% in peso
sul gas), verrà considerata un valore pari ad oltre il doppio di quello registrato
(0,6% in peso sul gas).

Per l’esecuzione della prova sarà montato, al di sopra del separatore, un camino
mobile dell’altezza complessiva di 10 m.

Considerando il quantitativo d’aria e le caratteristiche descritte, le emissioni in


atmosfera saranno quelle illustrate nella seguente Tabella 5.8.2a.

Tabella 5.8.2a Tabella descrittiva per la stima delle emissioni durante le


prove di produzione

Dati di Input Valori


Numero camini 2
Diametro camino [m] 1,3
Diametro equivalente (m) 1,84
Altezza Camino [m] 10
H separatore rispetto alla quota 0
del piazzale pozzi 0,80
Quota soletta Impianto di
perforazione (908 m s.l.m.) 0
Quota soletta Virola -2,70
Velocità Gas [m/s] 4,9
Temperatura [°C] 96,3
Portata tot [tonne/hr] 38,74
Composizione w/w Gas [%]
Vapore 63,570
CO2 5,680
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Aria 30,720
H2S 0,034
Portata H2S (Gr/s)] 3,66

Emissioni da traffico Indotto

Il traffico indotto, tanto nella fase di costruzione della postazione quanto nella
fase di perforazione, è stimabile in non più di 10 mezzi giornalieri e non è
pertanto in grado di alterare la qualità dell’aria.

5.8.3 Acqua

Fase di Perforazione

Durante le attività di perforazione sono previsti tre tipi di effluenti liquidi:

• le acque meteoriche;
• gli scarichi dei servizi sanitari;
• le acque del lavaggio ruote;
• i reflui liquidi provenienti dalle attività di perforazione.

Nel periodo di perforazione, le acque di pioggia che scorrono sul terreno


impermeabilizzato (soletta) non vengono rilasciate nei corpi idrici superficiali
bensì raccolte mediante una rete di canalette ed inviate a smaltimento.

Le acque invece raccolte dalla canaletta esterna della postazione, in quanto


esenti da possibili contaminazioni legate alle attività previste, saranno
convogliate nella vasca delle acque meteoriche. Per i dettagli relativi al piano di
gestione delle acque meteoriche di rimanda all’Allegato 4.

Data la breve durata delle attività di sonda, il cantiere non è dotato di strutture
importanti ai fini igienici. Le acque nere provenienti dai servizi fondamentali
saranno smaltite da compagnie specializzate, che provvederanno alla pulizia dei
servizi ed al prelievo dei liquami. La quantità massima di acque nere prodotte,
prevalentemente di provenienza dai servizi igienici, è stimabile in 40 m3 a pozzo
e saranno interamente smaltiti con autobotte.

Per quanto concerne la procedura e la gestione delle acque derivanti dal


lavaggio dei mezzi di cantiere, sarà installato apposito sistema di lavaggio ruote
(vedi Paragrafo 5.8.7.1).
I reflui liquidi provenienti dalle attività di perforazione saranno stoccati nella vasca
reflui, prelevati ed e inviati a centri di raccolta specializzati.

Fase di Esercizio

Durante la fase di esercizio (si vedano le Tavole da 9 a 13) le acque meteoriche


saranno raccolte e convogliate verso i compluvi superficiali esistenti, non
andando ad alterare l’attuale naturale configurazione del reticolo superficiale.
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Solo le acque meteoriche raccolte in cantina e nell’Area Virole verranno inviate


alla vasca reflui e saranno quindi allontanate e smaltite da apposita ditta di
servizio.

Per maggiori dettagli si rimanda all’Allegato 4 alla presente relazione.

5.8.4 Suolo e Sottosuolo

Per la fase di realizzazione delle postazioni i quantitativi di terreno e materiale


inerte movimentati sono stati descritti al Paragrafo 4.2.

L’occupazione di suolo da parte dell’impianto di perforazione e dei relativi


equipment sarà del tutto temporanea.
Dopo le prove di produzione, l’area interessata dalla postazione verrà mantenuta
ed opportunamente recintata.

In caso di insuccesso, l’area sarà ripristinata e riportata alle condizioni originarie


previa chiusura mineraria dei pozzi.

Non si prevedono interferenze con le falde acquifere in quanto verranno


predisposte tutte le misure descritte al Paragrafo 5.4.2 “Tecniche di Tubaggio per
la Protezione delle Falde Idriche”.

5.8.5 Vegetazione Flora e Fauna

Le postazioni PM1 e PM5, come già descritto nel Paragrafo 3.2, interessano aree
boschive, per cui sarà necessario l’abbattimento della vegetazione ivi presente.

Per quanto concerne la trasformazione dei boschi presenti, si provvederà al


versamento previsto dall’art.81 co.6 del Regolamento Forestale della Toscana
n.48/R/2003). Ciò nonostante, qualora in fase esecutiva fosse possibile
identificare ed ottenere la titolarità di aree idonee per la compensazione mediante
rimboschimento, il proponente si dichiara disponibile a procedere in tal senso,
previo nulla osta degli Enti territorialmente competenti per l’intervento in
questione.

Per quanto riguarda le 3 postazioni di reiniezione, queste interessano aree


agricole di non particolare pregio.

5.8.6 Emissioni Sonore

Le principali sorgenti sonore dell’impianto di perforazione sono rappresentate da:

• n.2 gruppi elettrogeni alimentati con motore diesel;


• n.2 vibrovagli alimentati con motore elettrico;
• n.2 pompe triplex;
• n.1 piano sonda;
• n.2 compressori.
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Nella seguente Tabella 5.8.6a sono riportati i valori di potenza sonora delle
sorgenti sopra descritte ottenute dalle specifiche tecniche di acquisto delle
diverse apparecchiature, in base alle indicazioni dei progettisti ed in funzione
delle misurazioni eseguite presso altri impianti simili.

in particolare, si è considerato che:

• ogni gruppo elettrogeno sia stato insonorizzato inserendolo all’interno di un


cabinato fonoassorbente, dotato di silenziatori per l'aria di raffreddamento sia
in ingresso che in uscita e della marmitta per i gas di scarico;
• ogni compressore sia stato insonorizzato inserendolo all’interno di un
cabinato fonoassorbente.

Tabella 5.8.6a Potenza Sonora delle Principali Sorgenti dell’Impianto di


Perforazione

Potenza
Descrizione Num Tipo Ore
Rif. Sorgente
Sorgente Sorgente Sorgenti esercizio
dB(A)
S1 Gruppo elettrogeno 2 Puntiforme 95 24 h/g
S2 Vibrovaglio 2 Puntiforme 93 24 h/g
S3 Piano Sonda 1 Puntiforme 98 24 h/g
S4 Pompa Triplex 2 Puntiforme 93 24 h/g
S5 Compressore 2 Puntiforme 96 24 h/g

La caratteristica acustica delle sorgenti relative alla perforazione dei pozzi deriva
dalle indicazioni del fornitore dell’impianto di perforazione HH-200MM.

Prove di Produzione
Nel corso delle prove di produzione la sorgente sonora principale sarà costituita
dal rumore emesso dal sistema di compressione necessario alla realizzazione
del gas lift.

Questo sarà costituito da motocompressori e da compressori booster (in totale,


massimo 4-5 unità).

Ciascun motocompressore produrrà un livello sonoro di 82 dB(a) a 7 m di


distanza mentre ciascun booster un livello sonoro di 85 dB(a) a 1 m di distanza.

Anche la virola (si vedano le planimetrie delle Tavole da 1 a 5) sarà generatrice


di rumore e produrrà un livello sonoro di 80 dB(a) a 1 m di distanza.

Solo durante la prova di produzione di lunga durata (Tavola 1 e 2), nelle


postazioni di produzione (PM1 ed eventualmente PM5) sarà presente una pompa
per il rilancio del fluido al pozzo reiniettivo. Tale pompa avrà un livello sonoro di
71dB(A) a 7 m di distanza.

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5.8.7 Mezzi di Cantiere e Traffico Indotto

Vista l’entità delle opere necessarie alla realizzazione delle postazioni di


perforazione e dei pozzi, la quantità dei mezzi per l’alimentazione del cantiere
risulta essere modesta e non modifica apprezzabilmente il carico esistente
dovuto al normale traffico delle auto e dei mezzi agricoli.

Pertanto, il disturbo del traffico dei mezzi adibiti alle attività di perforazione è al
limite dell’apprezzabilità.

La realizzazione delle piazzole e dei relativi pozzi in progetto richiederà l’utilizzo


di macchine di trasporto ed operatrici, che verranno impiegate nel periodo dei
lavori di costruzione in maniera diversificata secondo le effettive necessità. In
particolare, verranno utilizzate le seguenti macchine:

• autocarri;
• autobetoniere;
• escavatori;
• pale meccaniche;
• attrezzature specifiche in dotazione alle imprese esecutrici quali carrelli
elevatori, piega ferri, saldatrici, flessibili, seghe circolari, martelli demolitori,
ecc.

5.8.7.1 Pulitura Mezzi di Cantiere

Il cantiere sarà dotato di un impianto di lavaruote mobile (Figura 5.8.7.1a), al fine


di prevenire eventuali problemi legati alla dispersione in strada di materiale, che
durante le operazioni di carico e transito nell’area di cantiere, potrebbero aderire
ai pneumatici dei mezzi.

Figura 5.8.7.1a Tipologico dell’Impianto Lavaruote Mobile

Il sistema funzionerà con acqua in riciclo e sarà costituito dalle seguenti sezioni
principali:

• Gruppo pompa;
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• Apparecchiature di lavaggio;
• Comando per avviamento ed arresto automatico;
• Lancia di lavaggio per interventi manuali;
• Guida ruote;
• Fossa di alloggiamento della pompa collegata ad un serbatoio della capacità
di 2000 l per l’acqua di riciclo.

L’acqua raccolta al di sotto della piazzola di lavaggio sarà convogliata in una


vasca all’interno della quale è ubicata una pompa sommersa che alimenta un
serbatoio di raccolta da cui l’acqua viene riciclata alle apparecchiature di
lavaggio.

Una volta finita la fase di lavaggio i reflui derivanti dall'impianto lava-ruote


costituiscono rifiuto e come tali saranno smaltiti.

Il lavaruote sarà posizionato fuori terra con rampe di accesso ed ubicato sul
piazzale dell’area cantiere.

Nelle fasi successive, di costruzione delle ossature e dei getti di calcestruzzo, i


mezzi transiteranno su piste di materiale inerte proveniente da impianti di
riciclaggio o cava di prestito e quindi con minima possibilità di disperdere
materiale sulla viabilità ordinaria. Nel caso ciò avvenisse, il personale presente in
cantiere provvederà manualmente con pale e scope a ripulire la viabilità stessa.

Nella fase della perforazione, essendo tutte le aree di transito e manovra dei
mezzi all’interno della piazzola inghiaiate, le ruote dei mezzi non hanno la
possibilità di sporcarsi.

5.9 COMPLETAMENTO DEI POZZI E RIPRISTINO DELLA POSTAZIONE

La postazione di sonda è, a tutti gli effetti, un’opera temporanea strettamente


legata all’attività di perforazione, a conclusione della quale la superficie diviene
oggetto di ripristino territoriale totale o parziale, a seconda dell’esito del
sondaggio.

Al termine delle attività di perforazione previste dal presente Progetto si


provvederà al ripristino ambientale.

Il piano di recupero dell’area di postazione dipende strettamente dall’esito della


perforazione e della produttività dei pozzi.

Di seguito verranno descritte le tipologie di ripristino ambientale che saranno


adottate in caso di pozzi produttivi o pozzi sterili.

5.9.1 Esito Positivo della Perforazione

In caso di successo, i pozzi saranno utilizzati per l’estrazione e la reiniezione del


fluido geotermico ed in loco saranno mantenute le postazioni nelle configurazioni

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indicate nelle Tavole da 9 a 13. Quest’ultime mostrano rispettivamente i layout


delle postazioni produttive e reiniettive in fase di esercizio.

Le opere destinate a rimanere in loco saranno:

• le teste pozzo (Figura 6.2.2.1a); si tratta di tubazioni coibentate e valvole


(manuali ed elettriche per l’avvio e l’arresto del flusso da/verso l’impianto
geotermico) che, alloggiate nella cantina, fuoriescono parzialmente dal piano
campagna:
• di circa 3 metri (inclusive dello stuffing box e del sistema di iniezione
inibitore in pozzo) per i pozzi di produzione;
• di circa 1,5 metri, per i pozzi di reiniezione;
• i silenziatori separatori;
• un adeguato sistema di protezione e segnalazione anticaduta, installato
intorno alla cantina;
• l’area cementata della postazione;
• le solette e le strutture per il rifornimento gasolio e per il suo stoccaggio;
• le vasche interrate (dell’acqua industriale, delle acque meteoriche, dei detriti
e dei fanghi);

Inoltre, come visibile dalla Tavole 9 e 10, all’interno delle postazioni di produzione
verranno installati:
• due separatori liquido-vapore e la cassa d’acqua (si rimanda al Paragrafo
6.2.2.2 per dettagli);
• un silenziatore separatore (si veda il Capitolo 6);
• una protezione di rete metallica perimetrale di altezza 2 m e adeguata
robustezza, per impedire l’accesso di personale estraneo alle strutture di
postazione.

L’intera superficie delle postazioni di perforazione dovrà restare sempre a


disposizione per l’esercizio dei pozzi, per permettere misure e controlli all’interno
degli stessi nonché per le operazioni di manutenzione che potrebbero rendersi
necessarie, anche con l’impiego dell’impianto di perforazione.

In fase di esercizio, la superficie non cementata delle postazioni potrà comunque


essere inerbita per migliorare il suo inserimento paesaggistico7 (si veda l’Allegato
7). Si procederà pertanto alla posa di un telo in TNT riportandovi al di sopra uno
strato di 20 cm di terra, derivante dal terreno scoticato ed accantonato nell’area
di cantiere. Anche le superfici aride circostanti le postazioni saranno riprofilate e
rese fertili con la posa in opera di uno strato di terreno vegetale.
Successivamente il tutto verrà rinverdito e cespugliato con essenze locali.

5.9.2 Esito Negativo della Perforazione (Pozzi Sterili)

In caso di esito negativo della perforazione, qualora i pozzi risultino inutilizzabili


per gli obiettivi per i quali erano stati realizzati, si procederà alla loro chiusura
mineraria e alla demolizione delle opere civili.

7 In caso di necessità di intervento si dovrà comunque procedere con il ripristino della funzionalità della
postazione, con conseguente rimozione degli inerbimenti realizzati
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Per la trattazione di tale argomento si rimanda all’Allegato 9 “Piano di


Dismissione.

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6 LA CENTRALE DI PRODUZIONE

6.1 CRITERI GENERALI DI PROGETTAZIONE

La progettazione della centrale di produzione è stata condotta assumendo che il


serbatoio geotermico sia in grado di mantenere la produzione di fluido
geotermico senza un apprezzabile degrado delle caratteristiche termiche e di
produzione del fluido, come preliminarmente illustrato nei precedenti capitoli e
come descritto nell’apposito Allegato 2 al presente documento.

La soluzione di coltivazione adottata per garantire l’assenza di emissioni di fluido


in atmosfera prevede l’installazione di una centrale a ciclo binario (di seguito
chiamata impianto ORC, acronimo di Organic Rankine Cycle) in cui si effettua la
separazione della corrente dei gas incondensabili rilasciati durante la risalita e la
depressurizzazione del fluido in pozzo, la loro ricompressione e la loro
successiva miscelazione con la corrente liquida raffreddata in uscita dall’ORC per
poter effettuare la reiniezione totale del fluido geotermico nelle stesse formazioni
geologiche di provenienza.

L’impianto geotermoelettrico in oggetto permetterà la coltivazione delle risorse


scoperte attraverso l’impiego di tecnologie avanzate non ancora pienamente
commerciali (conversione mediante impianto ORC associato a sistema di
sollevamento tramite gas-lift, come illustrato al Paragrafo 6.2.2.1 e a reiniezione
con flusso bifase discendente in equicorrente per la reiniezione della miscela
acqua-gas), adeguate per i fluidi rinvenuti e per il tipo di reservoir, e che verranno
adeguatamente testate durante la prova di produzione e di reiniezione di lungo
termine (cfr. Paragrafo 5.6).

L’impianto è stato progettato sulla base delle seguenti specifiche:

• potenza netta media immessa in rete nell’arco dell’anno: 5 MWe.


Tale valore risulta infatti essere adeguato per l’area in esame permettendo
una coltivazione sostenibile nel tempo;
• energia elettrica immessa in rete nell’arco dell’anno: 40.000 MWh elettrici;
• utilizzo del gas-lift come tecnologia di sollevamento del fluido geotermico (per
i dettagli si veda il Paragrafo 6.2.2.1);
• assenza di emissioni in atmosfera in condizioni di normale esercizio della
centrale;
• reiniezione totale del fluido geotermico;
• iniezione di inibitori in pozzo al di sotto del livello di flashing per la
prevenzione delle incrostazioni da Carbonato di Calcio (per i dettagli si veda il
Paragrafo 6.2.2.3);
• predisposizione dell’impianto alla cessione di calore a eventuali utenze future;
• utilizzo di condensatore ad aria a vantaggio della minimizzazione del
consumo delle risorse idriche;

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• possibile utilizzo di turbine idrauliche al fine di recuperare parte dell’energia di


pressione prima della reiniezione del fluido nel serbatoio di provenienza;
• impiego di materiali per le tubazioni a contatto col fluido geotermico in acciaio
al carbonio con adeguato sovraspessore di corrosione, quando necessario;
• impiego di leghe non contenenti rame per i materiali dell’impianto ORC a
contatto con il fluido geotermico;
• impiego di fluidi di lavoro di nuova generazione ad elevata compatibilità
ambientale, a bassissimo effetto serra e non infiammabili;
• temperatura di reiniezione non inferiore a 50 °C per evitare la precipitazione
della silice.

Si riassumono in Tabella 6.1a i valori dei parametri di processo scelti in fase di


progettazione:

Tabella 6.1a Caratteristiche Tecnico Progettuali

CARATTERISTICHE TECNICHE-PROGETTUALI IN CONDIZIONI DI DESIGN


Potenza elettrica lorda 8 ÷ 11 MW
Potenza elettrica netta media annua 5 MW
Rendimento elettrico lordo centrale ORC 8 ÷ 13%
Portata di fluido estratto e reiniettato 550 ÷ 750 t/h
Percentuale in peso di gas incondensabili sul fluido totale in
4 ÷ 10%
ingresso all’ORC
Temperatura del fluido in ingresso all’ORC 115 - 130 °C
Temperatura di Reiniezione 50 ÷ 65 °C

Pressione di esercizio a testa pozzo 2 ÷ 5 bar a

Pozzi Produttivi 3-5


Portata di ciascun Pozzo Produttivo 140 ÷ 250 t/h
Pozzi Reiniettivi 4-7
Distanza Media tra le zone di serbatoio Produttive e Reiniettive ≈ 3.000 m
Quota dell'impianto ORC 910 m s.l.m.
Quota della Postazione di Produzione PM1 910 m s.l.m.
Quota della Postazione di Produzione PM5 940 m s.l.m.
Quota della Postazione di Reiniezione PM2 590 m s.l.m.
Quota della Postazione di Reiniezione PM3 600 m s.l.m.
Quota della Postazione di Reiniezione PM4 660 m s.l.m.
Profondità media dei pozzi verticali di produzione 1.450 m
Profondità media dei pozzi verticali di reiniezione 1.300 m
Lunghezza tubazione di reiniezione 3.700 m

Elettrodotto AT per la connessione alla rete elettrica esistente. ≈ 500 m

La portata media del fluido geotermico per una produzione di energia elettrica di
40.0000 MWhe annui sarà quindi compresa tra le 550 e le 750 t/h in funzione
dell’efficienza dell’impianto di conversione. Per i dimensionamenti dell’impianto si
assumerà una portata di 750 t/h.

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La progettazione ha infatti inteso descrivere sempre la soluzione più “impattante”.


In altre parole, l’impianto è stato dimensionato con la maggior occupazione di
suolo e con le maggiori dimensioni ipotizzabili. Eventuali piccole modifiche che si
dovessero rendere necessarie nella progettazione esecutiva saranno pertanto
migliorative ai fini dell’impatto ambientale.

6.2 DESCRIZIONE DEL PROGETTO

6.2.1 Generalità

L’impianto geotermico denominato “Poggio Montone” sarà costituito dai seguenti


componenti principali:

• n.4 pozzi di produzione (con possibilità di aumentarne il numero fino ad un


massimo di n.8 pozzi, attivando la relativa postazione di riserva) del fluido
geotermico (bifase);
• un massimo di 2 postazioni di produzione (dove in ciascuna possono essere
perforati fino ad un massimo di n.4 pozzi);
• un sistema gas-lift in continuo per l’immissione di CO2 a fondo pozzo, che
consenta il sollevamento del fluido geotermico;
• un sistema (uno per ciascuna postazione produttiva) di dosaggio e iniezione
inibitore di incrostazione in pozzo;
• due apparecchiature (due per ciascuna postazione produttiva) per la
separazione della fase liquida da quella aeriforme;
• un separatore-silenziatore atmosferico, che riceve tutti gli sfiori di emergenza
e quindi generalmente in stand-by;
• un sistema di tubazioni di convogliamento che consentirà di condurre il fluido
geotermico, separato tra fase liquida e fase aeriforme, dai pozzi produttivi fino
all’impianto ORC;
• l’impianto ORC, che consentirà la produzione di energia elettrica attraverso il
recupero di calore dal fluido geotermico;
• una sezione di ricompressione del gas (a tre stadi di compressione più un
compressore booster per lo start-up dell’impianto) sia per il ricircolo a fondo
pozzo dei gas incondensabili (di fatto CO2) utilizzati per il gas-lift, che per la
reiniezione della quota parte naturalmente disciolta nel serbatoio con la
corrente liquida in uscita dall’impianto ORC nei pozzi di reiniezione;
• una tubazione per il trasferimento della CO2 dall’ORC ai pozzi di produzione
per il gas lift;
• un sistema di tubazioni di convogliamento del fluido geotermico raffreddato
(in uscita dall’impianto ORC) ai pozzi di reiniezione;
• n.6 pozzi di reiniezione (con possibilità di aumentare il numero fino ad un
massimo di n.9 pozzi, in caso di attivazione della relativa postazione di
riserva) del fluido geotermico;
• un massimo di 3 postazioni di reiniezione (dove in ciascuna possono essere
perforati fino ad un massimo di n.3 pozzi);
• la possibilità di “stacco” per il prelievo dell’acqua calda, sia subito a valle
dell’impianto ORC che in corrispondenza dei pozzi reiniettivi, per
alimentazione di eventuali utenze termiche;
• la nuova stazione elettrica TERNA adiacente alla postazione PM5;

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• la Linea elettrica di alta tensione per il collegamento alla Rete Elettrica


Nazionale;
• la linea elettrica a bassa tensione per l’alimentazione delle utenze presenti in
prossimità di tutti i pozzi, quali gli impianti di iniezione dell’inibitore, l’impianto
di illuminazione, la strumentazione di testa pozzo, la trasmissione dei dati,
ecc.

La localizzazione delle opere in progetto è riportata in Figura 1.1a su base


cartografica regionale (1:50.000).

Lo schema generale dell’impianto è riportato nelle Tavole 14.

Sistema di Controllo
Il sistema di automazione, basato su logica a PLC, consentirà di controllare e
gestire tutto l’impianto ORC, la rete di produzione di fluido geotermico dai pozzi e
il sistema di reiniezione. Il sistema di controllo sarà installato all’interno di un
edificio nel quale saranno presenti i quadri e la postazione operatore dalla quale
sarà possibile supervisionare il funzionamento dell’impianto.

Mediante apposite pagine grafiche sarà possibile comandare in remoto e gestire


tutto l’impianto.

Su tutte le tubazioni di ammissione del fluido geotermico all’impianto ORC e sulla


tubazione di reiniezione sarà installato un sistema di controllo delle eventuali
perdite, descritto successivamente (Paragrafo 6.2.3), che ne permetterà la
rilevazione ed il conseguente invio di un segnale di allarme al centro di controllo
per il successivo intervento di ripristino.

6.2.2 Impianti per la produzione di fluido tramite gas-lift

Come già ampiamente descritto ai Capitoli precedenti, il serbatoio oggetto di


studio è a liquido dominante, con temperature medie, per l’area di produzione,
dell’ordine di 160 °C.

Il serbatoio è caratterizzato da pressioni relativamente basse, tali da non rendere


possibile la produzione spontanea dei pozzi che attingono all’acquifero se non
mediante un opportuno sistema di sollevamento.

In considerazione di tale situazione, sono state studiate le seguenti tecnologie di


sollevamento, da implementare in ciascun pozzo:

• Pompa elettrica immersa, di sufficiente diametro e prevalenza, dotata di


sistema di variazione di velocità;
• Gas Lift in continuo mediante compressione, iniezione e ricircolo in continuo
di gas geotermico (naturalmente disciolto nel liquido o comunque presente, di
fatto tutta CO2) nei pozzi produttivi, con conseguente flash in pozzo.

La soluzione con pompa sommersa prevede l’installazione di una pompa che


mantenga il fluido, in tutto il circuito, ad una pressione superiore alla pressione di
bolla della CO2 alla temperatura di esercizio dell’impianto.
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In questo modo, il fluido geotermico alimenta l’impianto ORC allo stato liquido e
si mantiene liquido per tutto lo scambio termico; questo comporta l’eliminazione
degli equipment di separazione e una riduzione delle volumetrie degli
scambiatori.

D’altro canto, però, le pompe sommerse presentano alcune problematiche di


affidabilità, si caratterizzano per frequenti rotture e inoltre non sono facilmente
accessibili data l’elevata profondità di installazione (circa 1.000 metri).

La soluzione che utilizza il gas lift, invece, tecnologicamente innovativa, prevede


il ricircolo di CO2 nel pozzo di produzione tramite un compressore posto in
superficie, in modo da alleggerire la colonna fluida e provocare la risalita del
fluido geotermico a giorno.

Il fluido geotermico, durante la risalita, diminuisce di pressione e subisce quindi


un flash in pozzo, che determina una progressiva diminuzione di temperatura
rispetto a fondo pozzo, la formazione di una certa quantità di vapore e la
liberazione di una parte della CO2 naturalmente disciolta.

Dal punto di vista impiantistico appare subito evidente, come mostrato nelle
Tavole 14, la necessità di prevedere:

• separatori gas-liquido;
• scambiatori di calore dell’ORC a condensazione di vapore;
• sistema di iniezione in continuo di inibitore a testa pozzo per impedire le
incrostazioni da Carbonati (principalmente di Calcio);
• sistema di reiniezione e compressione della CO2 liberata dal fluido
geotermico.

Come si può notare, la soluzione a gas-lift si caratterizza per una maggiore


complessità impiantistica rispetto al sistema precedentemente considerato.

D’altro canto, però, nel caso di gas lift, tutte le apparecchiature sono in superficie
per cui la semplicità di intervento e l’affidabilità del sistema di estrazione sono
sicuramente superiori rispetto alla soluzione con pompe immerse.

In aggiunta, il sistema gas-lift risulta certamente più flessibile e capace di


adattarsi in continuo alle diverse condizioni che il fluido potrebbe manifestare
(eventuale trascinamento solidi ecc. ecc.) durante la coltivazione, soprattutto nel
lungo periodo.

A valle di un approfondito studio di fattibilità, la scelta del sistema di estrazione è


ricaduta sulla soluzione impiantistica con gas lift.

6.2.2.1 Gas-Lift con CO2

Come descritto nei capitoli precedenti, i pozzi alla fine della perforazione saranno
in equilibrio idrostatico con un livello di acqua a circa 700 metri dal piano
campagna (+230 m s.l.m.).

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Per innescare il pozzo e mantenerne la produzione alle portate desiderate è


pertanto prevista l’iniezione, mediante un tubing, disceso alla profondità degli
strati produttivi, di portate note di gas incondensabile. Il gas che fuoriesce dal
tubing provoca una riduzione della densità media della colonna liquida. In tal
modo viene consentita la risalita fino a testa pozzo del fluido geotermico in flusso
bifase.

Il gas viene alimentato tramite la compressione della stessa CO2 uscente


dall’ORC ed inizialmente presente nel serbatoio.

Durante le fasi di avviamento, il sistema lavorerà aspirando ed iniettando aria


atmosferica.
Man mano che la produzione procede, il gas utilizzato sarà la stessa CO2 che si
sviluppa durante la risalita del fluido geotermico, la quale, opportunamente
ricircolata per raggiungere le portate necessarie, si sostituirà integralmente
all’aria.

Il sistema prevede quindi l’impiego dello stesso gas naturalmente presente nel
serbatoio per garantire la produzione di fluido.

All’avviamento, rispetto alla condizione di esercizio, il rapporto di compressione


necessario sarà più elevato, principalmente a causa della minore pressione di
aspirazione e, in secondo luogo, a causa della maggior pressione di mandata
necessaria all’aria per vincere la pressione statica regnante nello strato
produttivo da mettere in produzione. In condizioni di normale esercizio, in virtù
dell’abbassamento del livello dinamico del pozzo, la pressione a cui comprimere
il gas sarà minore.

Pertanto, si prevede di installare un compressore aggiuntivo (booster) posto a


valle di quello impiegato per la compressione della CO2, da mettere in funzione
all’innesco del pozzo e che sarà by-passato una volta raggiunte le condizioni di
esercizio della produzione.

Il tubing di iniezione del gas sarà installato concentricamente al casing del pozzo
per cui si prevede di produrre dalla sezione anulare risultante. Si veda al riguardo
la successiva Figura 6.2.2.1a.

Tale tubing avrà un diametro di 4” 1/2 pollici e all’interno di esso verrà calato (si
veda per dettagli il Paragrafo 6.2.2.3) il tubo (capillary tubing) per l’iniezione
dell’inibitore di incrostazione, che avrà un diametro di circa 5 mm.

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Figura 6.2.2.1a Schema della testa pozzo con il tubing per la CO2 e quello per l’inibitore di incrostazione

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PROGRAMMA LAVORI E PROGETTO GEOTERMICO
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6.2.2.2 Separatori

Come descritto, la produzione di fluido geotermico è realizzata attraverso il gas


lift; questo comporta che a testa pozzo venga prodotto un fluido bifase.

Il fluido geotermico proveniente dai pozzi viene separato per mezzo di separatori
gas-liquido, come mostrato schematicamente attraverso il Diagramma di Flusso
(Tavola 14) e visibile nelle planimetrie delle postazioni di produzione (Tavole 9 e
10). Il vapore con gli incondensabili e il liquido sono trasportati separatamente dai
separatori alla Centrale, dove è installato l’impianto ORC, per mezzo di tubazioni
fuori terra (per la postazione PM1) o interrate (per la postazione PM5).

In ciascuna piazzola di produzione verranno installati due separatori centrifughi di


tipo “Webre”, che consentono un’efficiente separazione delle due fasi.

Tale apparecchiatura (si veda la Figura 6.2.2.2a) è costituita da un recipiente


cilindrico in cui il fluido bifase entra tangenzialmente, per sfruttare la differenza di
densità tra liquido e vapore e separarli per effetto della forza centrifuga. La fase
liquida, si raccoglie sul fondo dello stesso e viene estratta da una tubazione
posta tangenzialmente e inviata ad una “cassa d’acqua”, dimensionata per
permettere alla fase liquida un tempo di permanenza sufficiente ad un efficace
controllo di livello.

Il vapore risale e viene convogliato, fluendo dall’alto verso il basso, in una


tubazione realizzata al centro del separatore e quindi estratto dal fondo dello
stesso.

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Figura 6.2.2.2a Vignetta del Separatore centrifugo di tipo “Webre”

Nel caso di altissimo livello di liquido nella cassa d’acqua (e di conseguenza nel
separatore) è previsto lo sfioro dell’intera portata di liquido verso un separatore -
silenziatore atmosferico.

Tale separatore (“twin silencer”) è costituito da due cilindri che trattano ciascuno
metà della portata totale, in cui il liquido entra tangenzialmente e viene raccolto e
convogliato nella vasca adibita alle prove di produzione.

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6.2.2.3 Sistema di Dosaggio Inibitore di Incrostazione

Come mostrato nella Figura 6.2.2.1a il completamento dei pozzi produttivi


prevede l’impiego di un inibitore di incrostazione di Carbonato di Calcio che sarà
iniettato attraverso uno stuffing box montato sopra la valvola da 4”.

I prodotti inibenti sono di natura diversa e, come descritto al Paragrafo 2.3 e nella
bibliografia citata, agiscono secondo meccanismi che impediscono
l’accrescimento dei cristalli di Carbonato di Calcio.

I più utilizzati in geotermia sono miscele di fosfonati o polifosfonati e poliacrilati


che miscelati in concentrazione di pochi ppm sul fluido geotermico totale
impediscono la formazione di Carbonato sulle strutture (si stima che una
concentrazione di 5 ppm dovrebbe essere adeguata a prevenire la formazione di
incrostazioni in tutto il circuito di sfruttamento).

Questa operazione avviene calando in pozzo, a fondo tubing, un tubo in


materiale resistente alla corrosione del diametro di circa 5 mm, attraverso il quale
viene pompato l’inibitore.

All’interno di ogni postazione di produzione sarà installato un impianto per il


dosaggio e l’iniezione in pozzo dell’inibitore di incrostazione da Carbonato di
Calcio. Ciascun pozzo sarà dotato di un piccolo impianto di dosaggio e iniezione
dedicato.

Tale impianto è costituito da:

• recipiente per lo stoccaggio dell’inibitore;


• serbatoio per lo stoccaggio dell’acqua di diluizione;
• miscelatore per il dosaggio della miscela inibitore-acqua in pozzo;
• argani e pulegge per l’iniezione dell’inibitore in pozzo tramite uno stuffing box
e un tubo capillare flessibile.

Il funzionamento del sistema è di seguito descritto.

L’inibitore viene tenuto in agitazione facendo ricircolare con una pompa


centrifuga una determinata portata di prodotto e dosato nel miscelatore agendo
sullo sfioro del suddetto ricircolo.

L’acqua viene inviata con un’apposita pompa elettrica (2-3 kW di potenza) al


miscelatore dove acqua e inibitore vengono miscelati con un apposito agitatore.
Dal miscelatore la soluzione viene inviata alle teste pozzo con pompe dosatrici e
viene iniettata in pozzo tramite una tubazione metallica flessibile da 5 mm (in
Incoloy 800 o altro materiale adeguato) avvolta in un tamburo del diametro di
circa 1 m e che termina con una particolare testa di iniezione.

In prossimità di ciascun pozzo viene installato un argano che consente, tramite


pulegge e un sistema di tenuta (stuffing box), di calare, nel tubing, il tubo
capillare, fino alla profondità necessaria prevista.

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Il sistema descritto sarà dotato di tutte le valvole, filtri e strumenti in modo da


consentirne la gestione e il controllo. Sono installate anche pompe in stand-by in
modo da garantire il funzionamento in continuo anche in caso di guasto di una
pompa in esercizio.

Lo schema di flusso dell’impianto descritto è riportato nella Tavola 14 (2 di 2).

La corretta gestione del sistema prevede che, periodicamente, si eseguano


analisi sul fluido prodotto dalle quali si può verificare l’efficacia dell’inibitore per
evitare la formazione di incrostazioni ed eventualmente modificare il dosaggio
dell’inibitore stesso. Il monitoraggio sarà particolarmente curato nella fase iniziale
di messa a punto dell’impianto.

Sul piazzale è inoltre prevista l’installazione di un quadro elettrico per


l’alimentazione del motore della pompa dosatrice, dei comandi elettroidraulici
delle valvole di testa pozzo e dei trasmettitori di portata, temperatura e pressione
del fluido geotermico e della soluzione dell’inibitore.

6.2.3 Tubazioni di Produzione

In Figura 6.2.3a è indicato il tracciato delle tubazioni di invio del fluido geotermico
dai pozzi alla centrale ORC.

La postazione PM1 è adiacente all’area di centrale pertanto le tubazioni, a valle


della separazione, correranno ai margini della postazione stessa, a lato degli
aerotermi, fino ad arrivare in prossimità degli scambiatori (sia quello della fase
aeriforme che quello della fase liquida) dove eventualmente si uniranno alle
rispettive tubazioni provenienti dalla postazione di riserva PM5 e verranno
connesse ai bocchelli di ingresso degli scambiatori di calore.
Data la vicinanza tra postazione PM1 e ORC, le tubazioni correranno fuori terra.

La postazione PM5 si trova a circa 200 metri a nord dell’area di centrale. Le


tubazioni correranno preisolate e interrate attraversando un’area boscata fino ad
arrivare in prossimità della centrale. Il primo tratto sarà a fianco di una strada
esistente che verrà riqualificata e nel secondo tratto a fianco di una nuova strada
che costituirà la via d’accesso alla centrale stessa (si veda la Figura 1.1c).

I tracciati delle tubazioni in oggetto sono stati definiti applicando i seguenti criteri
generali:

• possibilità di ripristinare le aree occupate, riportandole alle condizioni


morfologiche e di uso del suolo preesistenti all’intervento, minimizzando
l’impatto ambientale;
• riduzione al minimo delle aree occupate dalle infrastrutture;
• rispetto delle fasce di rispetto preesistenti relative a infrastrutture già presenti
sul territorio quali linee e reti gas, reti acqua, fognature, linee elettriche;
• garanzia per il personale preposto all’esercizio e alla manutenzione della
condotta e degli impianti dell’accesso all’infrastruttura in sicurezza.

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Al fine di descrivere le caratteristiche di progetto dei diversi tratti delle tubazioni


sopra indicate, si consideri la rappresentazione schematica riportata in Figura
6.2.3a.
I tratti riportati in figura rappresentano le tubazioni per il trasferimento della fase
aeriforme (vapore e CO2) e di quella liquida dai pozzi di produzione all’impianto
ORC (rispettivamente V-PM1/5-ORC e L-PM1/5-ORC) e quella per l’invio del gas
necessario al gas lift (G-ORC-PM1/5), dal compressore presente nell’impianto
ORC ai pozzi di produzione.

Figura 6.2.3a Rappresentazione Schematica delle Tubazioni Produttive

Con riferimento alla precedente figura, la lunghezza, i diametri e le caratteristiche


del fluido nelle tubazioni, nelle condizioni di progetto, sono riportate nella Tabella
6.2.3a.

Tabella 6.2.3a Caratteristiche Principali delle Tubazioni nelle Condizioni


di Progetto

L DN Portata P in P fin T media


ID Fluido
m mm t/h bar bar °C
L-PM1-ORC Liquido 100 500 700 2,7 3,0 119
V-PM1-ORC Vapore + CO2 100 800 100 2,6 2,5 119
G-ORC-PM1 CO2 100 200 50 30 29,3 90
L-PM5-ORC Liquido 380 450 700 2,7 6,6 119
V-PM5-ORC Vapore + CO2 380 800 100 2,6 2,35 119
G-ORC-PM5 CO2 380 200 50 30 27,6 90

Ciascun tratto è stato dimensionato per l’intera portata di progetto, per gestire
l’impianto nel modo più flessibile possibile, ovvero in modo da avere la possibilità
di alimentare l’impianto ORC producendo da una sola delle due postazioni. PM1
è la postazione da cui si prevede di effettuare la produzione mentre PM5 è quella
che verrà utilizzata in caso di insufficiente portata in arrivo da PM1.

Le tubazioni utilizzate da PM5 alla centrale saranno in acciaio al carbonio di tipo


preisolato (con uno strato di poliuretano e un rivestimento esterno in polietilene) e
saranno posate interrate, mentre, data la vicinanza tra la postazione PM1 e la
centrale, le tubazioni di collegamento tra queste due aree, saranno anch’esse in

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acciaio a carbonio e correranno fuori terra e poggiate su supporti ancorati al


terreno.

6.2.3.1 Gestione delle Tubazioni

Le tubazioni, sia interrate che fuori terra, saranno provviste dei necessari sistemi
per la compensazione delle dilatazioni termiche. In particolare, il progetto
prevedrà di sfruttare le curve del tracciato stesso per ottenere la massima
elasticità delle tubazioni e limitare il numero di curve di compensazione dedicate.

Per quanto riguarda le tubazioni interrate, il progetto prevede la protezione nei


riguardi di tutte le forme di indebolimento strutturale delle tubazioni rispetto al loro
assetto progettuale e di montaggio.

In primo luogo, è previsto il completo isolamento termico per impedire sia la


dispersione di calore che il contatto diretto dell’acciaio con il terreno e quindi
evitare eventuali correnti di corrosione.

Tutte le tubazioni saranno dotate di un opportuno sovraspessore di corrosione, in


modo da garantire una vita utile della struttura di 30 anni, cioè per un tempo
assolutamente idoneo per permettere all’operatore di porre in essere gli eventuali
interventi manutentivi, compresa la sostituzione di parti delle tubazioni e altro che
si rendesse necessario per risolvere anche situazioni inattese.

Il criterio di progetto adottato è dunque indirizzato alla “gestione degli imprevisti”


e quindi è, a maggior ragione, da ritenersi cautelativo.

Verranno installati anche giunti dielettrici, all’inizio e alla fine di ciascuna


tubazione, per evitare la trasmissione di eventuali correnti galvaniche.

Nei punti più alti e più bassi del tracciato saranno, inoltre, installate delle valvole
accessibili che saranno utilizzate sia per il riempimento della tubazione che per lo
svuotamento della tubazione nei periodi di fermata.

Nel corso delle operazioni di manutenzione, infatti, le tubazioni saranno svuotate


con pompe mobili che caricheranno autobotti che a loro volta scaricheranno il
fluido nelle vasche di raccolta presenti nelle piazzole e dalle quali il liquido sarà
successivamente reiniettato.

Il terreno scavato sarà depositato a meno di un metro dal ciglio dello scavo per la
posa in opera della condotta.

Il terreno proveniente dagli scavi sarà successivamente utilizzato per il rinterro.


Per il terreno residuo si procederà a caratterizzazione e a predisposizione di
piano di utilizzo in accordo a D.M.161/2012. Il rinterro degli scavi per la posa
delle tubazioni è costituito da un primo strato di sabbia (fino a 100 mm al di sopra
della generatrice superiore del rivestimento esterno del tubo) e da un secondo
strato costituito dal terreno di riporto suddetto, come descritto nel seguito e come
mostrato nella Tavola 16.
Nello stesso scavo delle tubazioni che trasportano il fluido geotermico saranno
stese due tubazioni in materiale plastico per il passaggio di cavi di segnale e di
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potenza per l’alimentazione e il controllo, dall’area di centrale, dei componenti


(valvole, strumentazione, pompe dosatrici…) presenti nelle postazioni produttive.

Le operazioni di scavo, per la realizzazione delle tubazioni verranno condotte in


modo tale da mantenere inalterate le condizioni pedologiche delle aree
interessate, ripristinando di fatto la situazione stratigrafica ante-operam.

In particolare, si procederà ad accantonare in cumuli distinti i diversi materiali di


risulta dello scavo, che saranno diversi anche in funzione delle aree che saranno
attraversate.

Si riportano, di seguito, le sequenze di scavo e reinterro, che dovranno essere


seguite per la posa delle tubazioni:

• asportazione dello strato superficiale di 30 cm, costituente il terreno vegetale


e formazione di un primo cumulo;
• scavo della trincea fino alla profondità richiesta, in base al diametro della
condotta ed accantonamento del materiale di risulta in un cumulo distinto dal
precedente;
• posa dello strato di 10 cm sabbia;
• posa della tubazione;
• ricopertura con sabbia delle condotte fino a 10 cm sopra l’estradosso della
tubazione di trasporto del fluido geotermico;
• riempimento con il terreno di risulta estratto alla profondità corrispondente o
comunque della stessa tipologia (in accordo alla stratigrafia del terreno
interessato);
• ricopertura fino a piano campagna degli ultimi 30 cm della trincea impiegando
i corrispondenti 30 cm derivati dallo scotico dello strato vegetale
precedentemente accantonato.

Nella Tavola 16 sono riportati i tipici di interramento previsti per la posa delle
tubazioni nei diversi tratti attraversati.

Come si può notare, nei tratti agricoli la profondità di interramento (distanza tra
piano campagna e estradosso della tubazione) sarà di 1,2 m per non ostacolare il
lavoro delle macchine operatrici mentre in quelli non agricoli tale profondità sarà
di 0,6 m.

Nella Tavola sono rappresentati anche le tubazioni plastiche dove verranno fatti
passare i cavi di potenza e di segnale per l’alimentazione dei componenti
presenti in piazzola.

Nelle seguenti figure sono riportati i tipici di attraversamento delle tubazioni nel
caso di incroci con strade e fossi. Gli incroci con strade e fossi sono indicati in
Figura 6.2.3a.

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Figura 6.2.3.1a Tipico di attraversamento stradale

Figura 6.2.3.1b Tipico di attraversamento stradale e incrocio con gasdotto

Figura 6.2.3.1c Tipico di attraversamento interrato con fosso (pianta)

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Figura 6.2.3.1d Tipico di attraversamento interrato con fosso (sezione)

6.2.4 Impianto ORC

L’impianto ORC è così denominato perché consente la produzione di energia


elettrica attraverso l’impiego di un ciclo termodinamico Rankine con fluido
organico (da cui ORC – Organic Rankine Cycle).

Gli impianti ORC rappresentano una tecnologia molto efficiente per la


conversione di calore in energia elettrica soprattutto in presenza di sorgenti
termiche a bassa temperatura (tra i 100 °C ed i 180 °C), come nel caso in
esame.

Il ciclo ORC ha i medesimi principi di funzionamento di un comune impianto a


vapore (Steam Rankine Cycle). Allo stesso tempo vi sono differenze
considerevoli, principalmente in termini di fluido di lavoro (proprietà termo-
fisiche), di sorgente di calore e di architettura di ciclo.
Tali impianti sono anche detti impianti “a fluido intermedio” o “a ciclo binario”
proprio per il fatto che coinvolgono due tipologie di fluido:

• il fluido geotermico caldo dal quale viene recuperato calore e che nel
presente progetto viene successivamente ed integralmente reiniettato;
• il fluido organico che compie un ciclo chiuso di tipo Rankine e che quindi:
• si riscalda ed evapora negli scambiatori grazie al calore che viene
recuperato dal fluido geotermico;
• si espande in una turbina per la produzione di energia meccanica,
trasformata poi in energia elettrica dal generatore;
• viene condensato, quindi pompato e inviato agli scambiatori per la nuova
produzione di vapore verso la turbina.

Come accennato precedentemente, l’impianto sarà predisposto per cedere


calore ad eventuali utenze future: a tal fine, sul collettore del fluido geotermico, a
valle degli scambiatori, saranno predisposti degli stacchi per il prelievo del fluido
per un’eventuale utenza termica nell’area di centrale. Parimenti, verrà realizzato
uno stacco per il prelievo di fluido in corrispondenza della postazione di
reiniezione PM3 per eventuali utenze termiche (cfr. Allegato F allo Studio di
Impatto Ambientale).

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La planimetria dell’impianto ORC è riportata nella Tavola 15 (1 di 6), nella quale è


possibile riconoscere le principali apparecchiature che costituiscono il ciclo ORC:

• il turbo-generatore;
• 3 scambiatori per la fase liquida (2 preriscaldatori e 1 evaporatore);
• 2 scambiatori per la fase aeriforme (un preriscaldatore e un evaporatore);
• lo skid per la lubrificazione del turbo-generatore;
• 2 skid delle pompe “alimento” (del ricircolo del fluido organico);
• il condensatore ad aria;
• il sistema di riempimento circuito del fluido organico comprensivo di 3
serbatoi di stoccaggio;
• gli edifici ospitanti i quadri elettrici, la sala controllo e il Visitor Centre (cfr.
Allegato 7);
• il separatore gas - condensato all’uscita dello scambiatore preriscaldatore a
vapore;
• le pompe per la reiniezione della fase liquida;
• il compressore per la CO2 a 3 stadi di compressione;
• il compressore alternativo per l’avviamento dell’impianto;
• lo skid delle pompe di reiniezione del fluido geotermico;
• il trasformatore elevatore per la conversione da Media a Alta Tensione;
• il trasformatore dei servizi ausiliari.

Nell’area di impianto sono inoltre presenti:

• lo skid antincendio;
• la vasca di prima pioggia.

Il turbo-generatore (e il relativo sistema di lubrificazione) è installato all’interno di


un edificio insonorizzato. Gli equipment di compressione sono altresì installati
all’interno di cabinati insonorizzati.

Nella Tavola 15 (6 di 6) si riporta una vista in elevazione dell’impianto ORC.

Il diagramma di flusso dell’Impianto ORC è riportato, invece, nella Tavola 14 (1 di


2).

Come si vede dal suddetto diagramma, le due tubazioni di fluido geotermico


vengono alimentate separatamente agli scambiatori di calore dell’impianto ORC.
La fase liquida viene inviata (in serie) a un evaporatore e poi a due preriscaldatori
attraverso i quali cede il proprio calore sensibile, raffreddandosi, al fluido
organico di lavoro. La fase vapore, analogamente, viene alimentata prima ad un
evaporatore e poi ad un preriscaldatore. Le condense in uscita dagli scambiatori
della fase geotermica aeriforme saranno riunite all’acqua raffreddata mentre i gas
incondensabili saranno estratti e convogliati alla sezione di compressione.
Il fluido organico, viceversa, dopo essersi riscaldato nei preriscaldatori, completa
il suo passaggio di fase liquido - vapore all’interno degli evaporatori.

Il vapore del fluido organico in uscita dagli evaporatori viene quindi fatto
espandere all’interno della turbina producendo energia meccanica, che viene
convertita in energia elettrica dal generatore.

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Il fluido espanso in uscita dalla turbina viene fatto condensare in un condensatore


aria-fluido organico. Una volta condensato, il fluido viene nuovamente pompato
alla batteria di scambiatori chiudendo il ciclo termodinamico.

La scelta del fluido organico è legata alle “performance termodinamiche”


dell’impianto e al suo costo. I diversi fornitori di questa tipologia di impianti, per le
temperature in gioco, suggeriscono o idrocarburi leggeri (butano e isobutano,
pentano, isopentano) o refrigeranti sintetici HFC (idrocarburi florurati)
comunemente usati nei cicli frigoriferi.

Per il presente progetto si è ipotizzato l’utilizzo di tetrafluoropropene o di cloro-


trifluoropropene, fluidi facente parte di una nuova classe di refrigeranti pronti a
sostituire gli HFC in considerazione delle migliori caratteristiche ambientali
(Global Warming Potential e tempo di semivita in atmosfera inferiore di 2 ordini di
grandezza). Le schede di sicurezza di questi fluidi sono riportate in Allegato 6.
L’impiego di fluidi diversi, che potrebbe essere conseguente ad una procedura di
gara per l’assegnazione della fornitura, non modifica tuttavia in modo sostanziale
la caratterizzazione del progetto.

Il fluido organico normalmente contenuto nell’impianto ORC (hold up tubazioni,


condensatore, apparecchiature) sarà inviato, in caso di manutenzione e arresto
impianto, al sistema di stoccaggio costituito da 3 serbatoi.

6.2.4.1 Sistema di Estrazione e Reiniezione Gas Incondensabili

I gas incondensabili in uscita dall’evaporatore del ciclo ORC devono essere


inviati in parte alle teste pozzo di produzione per l’alimentazione del sistema gas
lift e in parte ai pozzi di reiniezione per la reimmissione nel serbatoio geotermico;
si veda al riguardo il diagramma di flusso riportato nella Tavola 14 (1 di 2).

La parte di CO2 da utilizzare per il gas lift è quella necessaria a garantire la


produzione della portata di fluido geotermico richiesta.
La parte, invece, da reimmettere nel serbatoio geotermico attraverso i pozzi di
reiniezione, è quella che si sviluppa naturalmente durante la risalita del fluido dai
pozzi di produzione e che era originariamente disciolta nel liquido.

Per poter vincere le perdite di carico del circuito di trasporto del gas al sistema
gas lift e la pressione dinamica a fondo pozzo, i gas incondensabili in uscita
dall’ORC devono essere compressi fino alla pressione di circa 30 bar a.

Tale pressione è più che sufficiente a garantire anche la reiniezione del gas ai
pozzi di reiniezione, per cui le due correnti possono essere elaborate dallo stesso
compressore.

Il compressore previsto sarà a 3 stadi, con i relativi raffreddamenti intermedi.


Inoltre, per la fase di avviamento dell’impianto è prevista l’installazione di un
compressore alternativo.

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6.2.4.2 Ausiliari di Impianto

Impianto Antincendio
L’impianto è dotato di dispositivi antincendio automatici, approvati dai Vigili del
Fuoco.

Nello specifico sarà prevista la realizzazione di un sistema antincendio che


prevede una rete antincendio e l’installazione di idranti con relativa cassetta in
corredo, in accordo alla Normativa vigente.

In caso d’incendio, la portata all’idrante sarà garantita dal sistema di pompaggio


e distribuzione acqua antincendio che verrà realizzato e, in mancanza di energia
elettrica, dall’intervento automatico di una pompa diesel.

L’acqua per il sistema antincendio sarà stoccata in una vasca interrata del
volume di circa 90 m3, posizionata in prossimità del Visitor Center (Tavola 15).

Sistema di Illuminazione
Sul perimetro dell’area dell’impianto ORC è prevista l’installazione di apparecchi
illuminanti testapalo, con tecnologia a LED, tipo AEC LED-IN o equivalente, di
forma ovoidale, installati su pali conici a sezione circolare, di altezza fuori terra
pari a 8 m, inclinazione armatura 0° (superficie emissiva parallela alla superficie
stradale).

Al fine di minimizzare la dispersione del flusso luminoso, l’ottica sarà ad


emissione fotometrica “cut-off”, conforme alla normativa di riferimento.

Gli apparecchi permetteranno anche l’ottimizzazione dei consumi energetici, in


quanto saranno dotati di sistema di regolazione del flusso luminoso tramite onde
convogliate.

L’apparecchio sarà corredato di “test report” tecnici e di compatibilità


elettromagnetica (EMC).

6.2.4.3 Opere Civili

Di seguito vengono elencate tutte le voci che costituiscono le Opere Civili:

• preparazione dell’area di cantiere;


• movimenti terra in generale;
• fondazioni Turbo-Espansore e Generatore elettrico;
• fondazioni Evaporatori e Preriscaldatori;
• fondazioni Condensatore ad Aria;
• fondazioni Compressori;
• opere civili per Cavidotti interrati;
• rete interrata per la raccolta delle acque meteoriche;
• sistemazione delle aree interne;
• recinzione;
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• realizzazione degli scavi per la posa in opera delle tubazioni.

Interventi di Preparazione dell’Area


La preparazione delle aree destinate ad accogliere le nuove installazioni prevede
lo scotico del terreno vegetale, il livellamento e la compattazione dell’area da
utilizzare e la recinzione dell’area per l’apertura del nuovo cantiere.

Fondazioni
Si prevede di realizzare l’impianto ORC su fondazioni dirette del tipo a platea.
I basamenti saranno previsti in conglomerato cementizio armato gettato in opera,
con nervature di irrigidimento.

Le caratteristiche delle strutture di fondazione saranno comunque conformi a


quanto previsto dai relativi calcoli, redatti secondo quanto previsto nel Decreto
Ministeriale del 14/01/2008. “Norme tecniche per le costruzioni” che recepisce e
codifica univocamente quanto contenuto nelle precedenti disposizioni normative
(dalla Legge n° 1086/71 del 05/11/1971 all’Ordinanza n° 3 274 del 20/03/2003 e
successiva n° 316 contenente modifiche ed integrazioni).

Recinzioni e Viabilità di Accesso


La recinzione, scelta sulla base di modelli standard, avrà la funzione, oltre che di
barriera, di individuazione del perimetro esatto dell’impianto.

La rete avrà una lunghezza di circa 240 metri, al netto dei tratti interrotti dalla
presenza del cancello.

Essa sarà realizzata con rete tipo “orsogrill”, ed avrà un’altezza fuori terra di circa
2 m.

Come già anticipato, per accedere all’impianto è stato previsto sul lato Est un
accesso tramite cancello di tipo scorrevole e automatizzato, in modo da
permettere l’ingresso di mezzi pesanti. Il cancello sarà movimentabile anche
manualmente tramite apposita chiave, in caso di emergenza. Il cancello sarà
munito di ruote e realizzato con la posa di colonnine laterali in c.a., adiacenti alle
quali verrà eretto un piccolo muro di rinforzo. Le fondazioni del cancello, sotto le
colonne e i muri di rinforzo laterali, saranno costituite, per ognuno dei due lati, da
un basamento in calcestruzzo di 90 cm di profondità avente una pianta di
dimensioni 350x100 cm.

Sistemazione Aree Interne


Per la sistemazione delle aree interne, ad eccezione di quelle direttamente
interessate dagli impianti o pavimentate si rimanda all’Allegato 7 al presente
documento.

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6.2.5 Tubazioni di Reiniezione

Il fluido geotermico, una volta raffreddatosi in seguito allo scambio termico con il
fluido organico dell’impianto ORC, viene totalmente reiniettato nel serbatoio
geotermico, attraverso i pozzi reiniettivi.

Il gas incondensabile contenuto nel fluido geotermico, che si libera durante la


produzione, è anch’esso reiniettato nel serbatoio, previo miscelamento con il
liquido raffreddato in prossimità della testa pozzo di reiniezione (vedi Figura
5.2.2.1a e Tavole da 11 a 13).

Pertanto, su ogni postazione di reiniezione, arriveranno separatamente due


tubazioni, una per il liquido e una per il gas; in postazione, ciascuna tubazione si
suddividerà in tre rami e, in prossimità della testa pozzo, si avrà la connessione
del tubo del liquido con quello del gas.

In Figura 6.2.3a è indicato il tracciato delle tubazioni di trasporto del fluido


geotermico.

Il tracciato è stato definito sulla base degli stessi principi seguiti per il tracciato
delle condotte di produzione.
La pista necessaria per la posa interrata delle tubazioni potrà presentare, lungo il
suo sviluppo, larghezze variabili, con valori massimi pari a 12 metri. In Figura
6.2.5a è rappresentato un tipico di scavo e posa di una tubazione applicabile al
caso in esame, con larghezza complessiva della pista pari ad 8 metri.
Preme precisare che al termine di tutte le attività di posa e scavo delle tubazioni
di reiniezione, verrà lasciata una pista di larghezza pari a circa 3 metri necessaria
per la transitabilità e per l’accesso ai fini dell’eventuale manutenzione
dell’intervento.

Figura 6.2.5a Esempio di possibile sezione di scavo e posa di tubazione

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Le tubazioni saranno installate interrate per tutto il percorso interessato, ad


eccezione del tratto tra la Centrale e la PM1, e saranno in acciaio al carbonio e
preisolate.

Dall’area di centrale le tubazioni correranno per circa 300 metri in direzione ovest
attraversando un’area boscata. Tale tratto di tubazione presenta un dislivello di
circa 40 m giungendo al Punto di Massima Elevazione (PME). E’ quindi prevista
una pompa di rilancio per il liquido in uscita dall’ORC.

Successivamente le due tubazioni proseguiranno, per circa 600 metri, nella


stessa direzione, seguendo il percorso di una strada sterrata esistente che
costeggia per un tratto di circa 310 m la SIR-SIC “Foresta del Siele e del
Pigelleto di Piancastagnaio”. La pista per lo scavo ed alloggiamento della
tubazione interesserà esclusivamente il lato opposto del suddetto SIR-SIC

Quindi, effettuato l’attraversamento (interrato) della suddetta strada (strada


vicinale delle Pianacce), passeranno attraverso un campo per circa 1.300 metri
fino ad un’altra strada bianca.

Si prevede un secondo attraversamento stradale, dopo il quale le tubazioni


passeranno a fianco di un sentiero esistente per circa 350 metri, per deviare
successivamente in direzione nord e attraversare, per circa 850 metri, una zona
in parte boscata e attraversare il Fosso della Cerretta e il Fosso Sala, fino ad
arrivare in prossimità della postazione di reiniezione PM3.

Nella seguente Figura 6.2.5b e nella Tavola 17 vengono riportati i tipici di


attraversamenti dei corsi d’acqua.

Figura 6.2.5b Tipico di attraversamento aereo con fosso

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L’attraversamento dei fossi previsti nel progetto potrà essere realizzato secondo
due modalità: attraversamento con tubazioni autoportanti oppure mediante una
struttura a traliccio per il supporto delle tubazioni.

Nella Tavola 17 (1 di 2), è riportato il tipico dell’ipotesi di attraversamento in


configurazione autoportante. Per la soluzione con ponte-tubo tralicciato di
sostegno si rimanda al tipico rappresentato nella Tavola 17 (2 di 2).

Subito dopo l’attraversamento del Fosso Sala, si avrà una diramazione delle
tubazioni verso le tre postazioni di reiniezione.

Un ramo (costituito da una tubazione di liquido e una di gas) sarà pertanto quello
che arriva all’adiacente postazione PM3. Una seconda coppia di tubazioni andrà
in direzione Nord-Est, fino ad arrivare alla postazione PM4 e la terza coppia,
realizzata solo in caso di attivazione della postazione di reiniezione di riserva,
andrà in direzione sud ovest fino a raggiungere, dopo aver attraversato il Fosso
Sala canale, la postazione PM2.

Al fine di descrivere le caratteristiche delle tubazioni di reiniezione, si consideri la


rappresentazione schematica riportata in Figura 6.2.5b.

I tratti indicati rappresentano le tubazioni per il trasferimento della fase gas e di


quella liquida dall’impianto ORC al punto di diramazione (indicato come PM234)
(L-ORC-PM234 e G-ORC-PM234) e le stesse tubazioni da tale punto a ciascuna
delle tre piazzole di reiniezione (L-PM234-PM2/3/4 e G-PM234-PM2/3/4).

Figura 6.2.5b Rappresentazione Schematica delle Tubazioni di


Reiniezione

Il nodo (cerchio nero presente nella figura sopra) rappresenta il punto in cui si ha
la diramazione delle tubazioni di reiniezione e si trova in prossimità della
postazione PM3.

Con riferimento alla precedente figura, la lunghezza, i diametri e le caratteristiche


del fluido nelle tubazioni, nelle condizioni di progetto, sono riportate nella Tabella
6.2.5a.
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Tabella 6.2.5a Caratteristiche Principali delle Tubazioni Reiniettive nelle


Condizioni di Progetto

Fluido L DN Portata T media


ID
m mm t/h °C
750(1) 550 (1)
L-ORC-PM234 Liquido 750 50
3.000 450
G-ORC-PM234 CO2 3.750 200 11,25 50
L-PM234-PM2 Liquido 600 350 600 50
G-PM234-PM2 CO2 600 100 9 33
L-PM234-PM3 Liquido 50 350 600 50
G-PM234-PM3 CO2 50 100 9 33
L-PM234-PM4 Liquido 520 350 600 50
G-PM234-PM4 CO2 520 100 9 33
(1)
La prima riga rappresenta il tratto in salita, per il quale è prevista la pompa, la seconda riga la restante parte del
percorso verso la reiniezione (in discesa).

Le condotte sono state dimensionate in modo da avere la massima flessibilità


possibile e quindi nell’ipotesi di poter reiniettare l’80% della portata complessiva
in una qualsiasi delle tre piazzole di reiniezione e la rimanente parte in un pozzo
di una delle altre postazioni reiniettive.

Le postazioni PM3 e PM4 sono quelle a cui si prevede di effettuare la reiniezione


mentre la postazione PM2, come già ampiamente detto, verrà utilizzata solo in
caso di insufficiente iniettività dei pozzi perforati nelle altre due postazioni.

La tubazione per il trasporto della CO2 ai pozzi reiniettivi, sarà la stessa utilizzata
durante le prove di produzione-reiniezione per il trasporto dell’acqua dalla PM1
alla PM3 (descritte al Paragrafo 5.6).

Le caratteristiche, la gestione e il monitoraggio delle condotte di reiniezione sono


del tutto analoghi a quelli previsti e descritti in precedenza (vedi Paragrafo 6.2.3)
per le tubazioni di produzione.

Preme precisare che il proponente, al termine di tutte le attività di posa e scavo


delle tubazioni di reiniezione, fatto salvo per una pista di larghezza pari a ca. 3 m
necessaria per la transitabilità e per l’accesso ai fini dell’eventuale manutenzione
ed intervento, intende provvedere alla ripiantumazione, con specie autoctone,
dell’area boscata trasformata. Resta inteso che il suddetto rimboschimento dovrà
essere assentito dagli Enti territorialmente competenti nonché concordato con i
proprietari coinvolti, in considerazione della futura costituzione di diritti di servitù.

6.2.6 Collegamento Elettrico

La Centrale sarà collegata in Alta Tensione (132 kV) alla rete di Trasmissione
Nazionale. La connessione verrà realizzata a partire da una Stazione di nuova
realizzazione posta ad Ovest della postazione PM5, come visibile dalla Figura
6.2.6a.

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La rete di alta tensione passa attualmente a circa 500 m a Nord dell’area di


Centrale in progetto pertanto la connessione necessita di una linea dedicata.

Nell’area di Centrale (ad Est degli aerotermi) verrà installato un trasformatore


elevatore per la conversione dalla tensione di macchina all’Alta Tensione; gli
elettrodotti di collegamento, sia in media tensione (dalla turbina al trasformatore
elevatore), che in alta (dal trasformatore elevatore alla Stazione elettrica)
verranno realizzati interrati.
Per l’alimentazione degli ausiliari in bassa tensione, è previsto un trasformatore
che converte dalla tensione di macchina alla bassa tensione e che sarà inserito
all’interno dell’edificio turbina-magazzino.

Per maggiori dettagli si rimanda al documento “Connessione elettrica” presentato


nell’ambito del procedimento di Autorizzazione Unica (AU), che comprende:

• Preventivo di Connessione (STMG) del 14/02/2017;


• Accettazione del Preventivo di Connessione (STMG) del 30/03/2017;
• Progetto elettrico;
• Benestare al progetto da parte di TERNA del 08/06/2018.

Il diagramma unifilare dell’impianto è riportato nella Tavola 18.

6.2.7 Visitor Center

Nell’ambito dell’edificio di nuova realizzazione posto all’ingresso della Centrale, è


prevista la creazione di uno spazio dedicato all’illustrazione della storia del
progetto, a partire dalla fase di esplorazione, delle tecnologie impiegate e del
rapporto tra geotermia ed elementi distintivi dell’area circostante l’impianto
(natura e attività estrattive).

Si rimanda all’Allegato 7 per ulteriori dettagli.

6.2.8 Monitoraggi

6.2.8.1 Controllo della Corrosione

Il fluido geotermico si presenta sia come flusso bifase (dai pozzi di produzione al
separatore), sia come liquido che come fase vapore, in condizioni diverse.

Al fine di evitare danneggiamenti delle tubazioni, sarà previsto un opportuno


sovraspessore di corrosione, calcolato per un periodo di funzionamento di 30
anni in modo da garantire sicurezza di esercizio.
Inoltre, la coibentazione e i giunti dielettrici rendono le tubazioni completamente
isolate da correnti vaganti che potrebbero indurre fenomeni corrosivi dall’esterno.

Tuttavia, al fine di verificare l’andamento della corrosione e prevenire sul nascere


eventuali perdite, sono stati previsti controlli non distruttivi spessimetrici con
tecnologia a ultrasuoni su tutta la circonferenza delle tubazioni, tra i pozzi e la
centrale e tra questa e i pozzi di reiniezione, ogni anno.

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La stessa metodologia di controllo è applicata anche per la verifica nel tempo del
casing di produzione dei pozzi, ovvero del casing su cui è montata la testa pozzo,
verificandone lo stato nella parte terminale, in prossimità della testa pozzo.

6.2.8.2 Controllo perdite di fluido dalle tubazioni

Le tubazioni interrate saranno dotate di sistema di controllo perdite che ne


permetterà la rilevazione e l’invio di un segnale di allarme al centro di controllo
per il successivo intervento di ripristino.

Tale sistema di controllo sarà basato sul monitoraggio della conducibilità o di altri
parametri dell’isolante che variano in caso di perdita del fluido trasportato.
Il sistema è completato da centraline di controllo ed allarme e da tutti gli
accessori necessari, che individueranno sia eventuali punti di umidità nella
schiuma isolante, sia rotture o corto circuiti nei conduttori di allarme.

La centralina fornirà direttamente la misura della distanza dal guasto senza


bisogno di interventi di specialisti e di misurazioni in campo.

6.3 PRESTAZIONI DELL’IMPIANTO

6.3.1 Bilancio Energetico

Il bilancio energetico di riferimento, valutato su una possibile configurazione8 di


progetto, è riportato in Tabella 6.3.1a dove sono stati considerati, con voci
distinte, i consumi degli ausiliari dell’impianto ORC e le altre utenze elettriche
relative all’impianto di trattamento e reiniezione del fluido geotermico.

Tabella 6.3.1a Bilanci di Energia per l’Impianto ORC

Parametri UdM Valore


Potenza termica da fluido geotermico (1) MWth 74.700
Potenza elettrica lorda al generatore impianto ORC MWe 8,72
Rendimento elettrico lordo % 11,7
Potenza elettrica ausiliari impianto ORC e compressore MWe 3,72
Potenza elettrica netta MWe 5
Rendimento elettrico netto % 6,7
(1)
Calcolata tra la temperatura in ingresso e la temperatura di reiniezione

Il bilancio termico è stato calcolato sulla base dei risultati ottenuti preliminarmente
da un fornitore dell’impianto ORC e quindi sulla base dei seguenti dati di input:

• temperatura del fluido geotermico in ingresso all’ORC pari a ca. 120 °C;
• pressione del fluido geotermico in ingresso all’ORC pari a ca. 2,7 bar;
• portata di fluido geotermico in ingresso all’ORC pari a 630 t/h;
• portata di CO2 in ingresso all’ORC pari a 39 t/h;

8 La configurazione finale potrà essere definita solo a valle della scelta del fornitore dell’impianto
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• temperatura di reiniezione pari a 57 °C.

6.4 FASE DI COSTRUZIONE

Le principali fasi per la costruzione della centrale, non considerando la parte di


progettazione e costruzione in officina dell’impianto ORC della durata di circa 15
mesi, sono le seguenti:

• FASE 1 - preparazione delle aree, realizzazione opere civili;


• FASE 2 - posa in opera delle tubazioni;
• FASE 3 - installazione e montaggio delle parti meccaniche ed elettro-
strumentali (inclusa la stazione elettrica e l’elettrodotto in AT);
• FASE 4 - commissioning ed entrata in esercizio della centrale.

Saranno presenti un numero di addetti variabile tra le 50 e le 60 presenze


giornaliere, con punte di 80, in funzione delle diverse fasi di lavoro.

Di seguito si intende fornire un dettaglio delle diverse fasi:

6.4.1 Fase 1: Preparazione delle Aree e Realizzazione Fondazioni e Strutture

Le attività previste sono di seguito elencate:

• recinzione e preparazione dell’area di cantiere;


• scavi e sbancamenti;
• realizzazione delle fondazioni impianto;
• realizzazione fondazioni cabinati e apparecchiature della Centrale;
• realizzazione fondazioni stazione elettrica;
• realizzazioni reti interrate raccolta acque meteoriche;
• riempimenti e compattazioni;
• realizzazione di opere di contenimento, secondo principi di Ingegneria
Naturalistica.

I movimenti terra saranno ridotti al minimo e il terreno scavato sarà in parte


impiegato per la risistemazione dell’area di sito mentre l’eccedenza sarà inviata a
idonei centri di smaltimento/recupero.

6.4.2 Fase 2: Posa in opera Tubazioni

Le tubazioni di collegamento tra pozzi ed impianto ORC verranno realizzate in


acciaio, saranno preisolate e saranno interrate (ad eccezione di quelle di
collegamento tra la postazione PM1 e l’impianto ORC) con l’applicazione delle
modalità di posa standard, che prevedono la seguente sequenza di attività:

• esecuzione della pista di lavoro;


• sfilamento dei tubi lungo la pista;
• saldatura dei tubi;
• controlli non distruttivi sulle saldature;
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• rivestimento dei giunti di saldatura;


• posa della condotta;
• copertura dei tubi con sabbia esente da pietre fino a 100 mm al di sopra della
generatrice superiore del rivestimento esterno del tubo;
• compattatura sabbia;
• rinterro;
• ripristino condizioni ambientali precedenti la realizzazione dell’opera.

6.4.3 Fase 3: Montaggi Meccanici ed Elettro-Strumentali

Le attività previste sono di seguito elencate:

• montaggi meccanici ed elettro-strumentali dell’impianto a ciclo binario e degli


ausiliari: scambiatori di calore, condensatore ad aria, tubazioni e pompe di
ricircolo fluido organico, turbina e generatore energia elettrica;
• montaggi meccanici ed elettro-strumentali dei compressori;
• montaggi meccanici ed elettro-strumentali dei separatori;
• realizzazione cavo interrato in AT di collegamento tra il trasformatore
elevatore e stazione elettrica;
• montaggio della stazione elettrica e dell’elettrodotto in AT di collegamento
alla linea esistente;
• montaggio della cabina con il quadro di controllo dell'impianto e del
trasformatore.

6.4.4 Fase 4: Commissioning, Messa in Servizio e Test

Le attività previste per questa fase sono di seguito elencate:

• commissioning e avviamento impianto ORC;


• commissioning e avviamento impianti meccanici;
• commissioning e avviamento impianti elettrici e montanti di macchina;
• commissioning e avviamento impianti strumentali e DCS;
• prove di avviamento e test funzionali;
• prove di performance.

6.4.5 Movimento Terra

Come si vedrà dalle tabelle seguenti, sia per l’impianto ORC che per le tubazioni,
il terreno scavato verrà riutilizzato in loco, per i rinterri e le sistemazioni interne
all’area di cantiere. La parte eccedente sarà inviata ad idonei centri di
raccolta/smaltimento.

Sussistono dunque le seguenti condizioni:


• si prevede il riutilizzo del terreno scavato allo stato naturale “in situ”;
• sulla base dei campionamenti effettuati, il suolo coinvolto dagli scavi risulta
non contaminato (per dettagli si rimanda all’Allegato E allo SIA).

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Gli scavi saranno eseguiti secondo gli elaborati di progetto esecutivo e della
relazione geologica e geotecnica esecutiva, nonché secondo le particolari
prescrizioni che saranno date all'atto esecutivo dalla Direzione Lavori.

Impianto ORC
Nella esecuzione degli scavi in genere si procederà in modo da impedire
scoscendimenti e franamenti. Gli scavi saranno opportunamente puntellati e
dotati di robuste armature. Ove necessario saranno eseguite armature continue a
"cassa chiusa".

Le volumetrie indicative degli scavi e dei riporti sono riportati nella seguente
Tabella.

Tabella 6.4.5a Bilancio Scavi Riporti Impianto ORC

Volume
Rif Operazione Note
(m3)
Postazione ORC
A Sbancamenti per piazzale, strada di accesso e parcheggio 29.519,4
B Riporto con terreno proveniente da scavi 23.270,0
C Terreno residuo da sbancamenti e livellamento piazzale (A-B) 6.249,4
D Riporto inerti per ossatura piazzale+strada+parcheggio 5.520,0

Il terreno residuo degli scavi di sbancamento (circa 6.249,4 m3) verrà inviato a
idonei centri di raccolta/smaltimento.

Nella Tavola 15 (2di5, 3di5, 4di5 e 5di5) sono riportati i piani quotati e le sezioni
del terreno che mostrano la conformazione dell’area prima e dopo i lavori di
sbancamento per il livellamento della superficie destinata ad ospitare la Centrale.

Tubazioni interrate
Nella esecuzione degli scavi in genere si procederà in modo da impedire
scoscendimenti e franamenti.

Gli scavi, ad eccezione dei punti in cui saranno attraversate le strade asfaltate,
prevedranno che il terreno sia in parte utilizzato per il rinterro mentre quello
rimanente sarà conferito a impianti di raccolta autorizzati.

Le operazioni di scavo verranno condotte in modo tale da mantenere inalterate le


condizioni pedologiche delle aree interessate, ripristinando di fatto la situazione
stratigrafica ante-operam. In particolare si procederà ad accantonare in cumuli
distinti i diversi materiali di risulta dello scavo.

Le tubazioni una volta posate saranno coperte con sabbia esente da pietre fino a
100 mm al di sopra della generatrice superiore del rivestimento esterno del tubo.

Le volumetrie degli scavi e dei riporti per la posa delle tubazioni sono riportati
nella seguente Tabella.
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Tabella 6.4.5b Bilancio Scavi Riporti Tubazioni

Tratt Volume
Scavi Note
o (m3)
PM5-ORC
Materiale scavato 2.462
Sabbia di riempimento 1.299
Rinterro e risistemazioni aree di Effettuato con materiale risultante dagli
676,4
cantiere scavi
Da inviare a centri di
Terreno residuo 1.785,6
raccolta/smaltimento
ORC-PM3
Materiale scavato 1.1307,4
Sabbia di riempimento 5.049
Rinterro e risistemazioni aree di Effettuato con materiale risultante dagli
4.818,9
cantiere scavi
Da inviare a centri di
Terreno residuo 6.488,6
raccolta/smaltimento
PM3-PM4
Materiale scavato 1.945,8
Sabbia di riempimento 642,3
Rinterro e risistemazioni aree di Effettuato con materiale risultante dagli
1.189
cantiere scavi
Da inviare a centri di
Terreno residuo 756,7
raccolta/smaltimento
PM3-PM2
Materiale scavato 2.104,5
Sabbia di riempimento 785,8
Rinterro e risistemazioni aree di Effettuato con materiale risultante dagli
1.178,8
cantiere scavi
Da inviare a centri di
Terreno residuo 925,8
raccolta/smaltimento

Stazione Elettrica
Di seguito si riportano i quantitativi di sbancamento/riporto necessari alla
realizzazione della Stazione Elettrica.

Scavi = 4.139,6 m3;


Riporto = 5.532,5 m3.

Terreno mancante = 1.392,9 m3.

Poiché la Stazione Elettrica sarà realizzata solo a valle dell'esito positivo delle
perforazioni, i quantitativi di "terreno mancante" saranno garantiti dai "terreni
residui" derivanti dalla realizzazione delle piazzole di perforazione i cui terreni
sono risultati non contaminati a seguito delle analisi effettuate.

6.4.6 Materiali

I materiali utilizzati in cantiere per la realizzazione delle opere saranno prelevati


da cave e centrali di betonaggio ubicate nelle vicinanze, e soprattutto per le
seconde, ad una distanza non superiore ai 30/40 minuti di viaggio.

Tale prescrizione risulta fondamentale al fine di non fornire un prodotto


ammalorato dal lungo trasporto soprattutto durante i periodi estivi.
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Il consumo di acqua sarà minimo, in quanto, il calcestruzzo sarà trasportato sul


luogo di utilizzo già pronto per l’uso. L’acqua necessaria sarà esclusivamente
quella utilizzata per la bagnatura delle aree di cantiere.
Tale acqua verrà approvvigionata dall’acquedotto o tramite autobotte.
Tutti gli altri materiali edili saranno forniti in funzione dei contratti di fornitura
stipulati con le imprese realizzatrici.

6.4.7 Mezzi di Cantiere

La realizzazione del nuovo impianto richiederà l’utilizzo di macchine di trasporto


ed operatrici, che verranno impiegate nel periodo dei lavori di costruzione in
maniera diversificata secondo le effettive necessità. In particolare, verranno
utilizzate le seguenti macchine:

• autocarri;
• autobetoniere;
• escavatori;
• pale meccaniche;
• attrezzature specifiche in dotazione alle imprese esecutrici quali carrelli
elevatori, piega ferri, saldatrici, flessibili, seghe circolari, martelli demolitori,
ecc.

6.5 USO DI RISORSE

6.5.1 Uso di Risorse

6.5.1.1 Approvvigionamento Idrico

Per il funzionamento dell’impianto non sono necessari prelievi di acqua


industriale e potabile degni di nota. La necessità di impiego di acqua industriale e
potabile sarà infatti da ricondursi alle seguenti attività:

• Acqua industriale o potabile:


• per il saltuario lavaggio di apparecchiature di impianto;
• per l’accumulo di acqua nel serbatoio del sistema antincendio;
• Acqua potabile per servizi igienici.

Si prevede pertanto un consumo inferiore al m3/giorno.


L’approvvigionamento dell’acqua necessaria per tali scopi, viste le contenute
quantità richieste dall’impianto, avverrà mediante allacciamento all’acquedotto
comunale o in alternativa verrà approvvigionata tramite autobotte.

6.5.1.2 Consumo di Materie Prime ed Altri Materiali

Come descritto nel precedente paragrafo, la principale materia prima necessaria


per il funzionamento dell’impianto ORC è il fluido geotermico; a seguito del

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recupero di calore, esso viene completamente reiniettato nel serbatoio


geotermico da cui è stato prelevato.

Per la conduzione dell’impianto ORC sarà necessaria una periodica sostituzione


dell’olio lubrificante (circa 1 t/anno) utilizzato per il turbo-espansore e le altre parti
in movimento dell’impianto. L’olio esausto sarà conferito ad una ditta
specializzata che lo recupererà/smaltirà ai sensi della normativa vigente.

La quantità di fluido organico necessaria per reintegrare il circuito è pari a circa 1


kg/giorno ovvero circa 365 kg/anno.

E’ inoltre previsto l’utilizzo di una concentrazione di circa 5 ppm di inibitore di


incrostazione per un consumo totale annuo di circa 35 t/anno.

6.5.1.3 Uso di Territorio

L’uso del suolo per l’impianto in oggetto è costituito dall’area della Centrale ORC
e dell’adiacente cabina di sottostazione elettrica per il collegamento in Alta
Tensione alla Rete Nazionale.
Di seguito si riporta la superficie recintata delle aree suddette:

• Centrale ORC 12.500 m2;


• Area della Stazione elettrica 6.600 m2.

L’area di Centrale interessa aree boschive, per cui sarà necessario


l’abbattimento della vegetazione ivi presente.

Per quanto concerne la trasformazione dei boschi presenti, si provvederà al


versamento previsto dall’art.81 co.6 del Regolamento Forestale della Toscana
n.48/R/2003). Ciò nonostante, qualora in fase esecutiva fosse possibile
identificare ed ottenere la titolarità di aree idonee per la compensazione mediante
rimboschimento, il proponente si dichiara disponibile a procedere in tal senso,
previo nulla osta degli Enti territorialmente competenti per l’intervento in
questione.

L’occupazione di suolo per unità di energia elettrica prodotta dall’impianto risulta


molto contenuta e poco superiore ad 1 m2 per MWh generato considerando, oltre
che la centrale, anche le postazioni di produzione e di reiniezione.

Tale valore risulta molto inferiore rispetto a quelli tipici degli altri impianti di
produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili (1,5 ÷ 10 m2/MWh,
e, nello specifico caso del solare fotovoltaico, 10 ÷ 30 m2/MWh).

6.5.2 Interferenze con l’Ambiente in Fase di Esercizio

6.5.2.1 Emissioni in Atmosfera

L’impianto non produrrà, in condizioni di normale esercizio, nessuna emissione


convogliata in atmosfera.

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6.5.2.2 Effluenti Liquidi

L’impianto non produce effluenti liquidi di processo.

Al fine di scongiurare ogni possibilità di sversamento e di infiltrazione di inquinanti


nel sottosuolo, sotto le aree occupate dalle apparecchiature dell’impianto ORC
che contengono fluidi potenzialmente contaminanti (olio di lubrificazione in
particolare) sarà predisposta una rete di raccolta di acqua meteoriche che
verranno convogliate e inviate ad un apposito ed idoneo sistema di trattamento.
Per i dettagli relativi alla gestione delle acque meteoriche dell’impianto ORC si
rimanda all’Allegato 4 dove è riportato il Piano di Prevenzione e Gestione delle
acque meteoriche Dilavanti.

Nel caso si rendesse necessario svuotare le tubazioni di connessione pozzi-


impianto ORC per manutenzione, il fluido geotermico, come descritto
precedentemente, sarà aspirato mediante autobotti dai dreni installati nei punti
che si trovano alle quote più basse, stoccato nella vasca di acqua presente nella
piazzola dei pozzi e successivamente reiniettato.

6.5.2.3 Emissioni Sonore

Fase di cantiere
Le sorgenti (con l’indicazione delle relative potenze sonore) che si possono
riferire alla fase di cantiere per la costruzione dell’impianto ORC sono riportate
nella seguente Tabella 6.5.2.3a.

Tabella 6.5.2.3a Potenza Sonora delle Principali Sorgenti in Fase di


Cantiere

Potenza Potenza Sonora


Tipologia Macchina
kW limite dal 3 Gennaio 2006 [dB(A)]
Escavatore Cingolato 150 106
Pala Gommata 140 106
Gru a torre 50 98
Gruppo Elettrogeno 50 97
Betoniera - 105
Autocarro - 102

La caratterizzazione acustica delle sorgenti relativa ai mezzi e macchinari, che


verranno utilizzati in cantiere per la realizzazione dell’impianto ORC, sono
riconducibili ai limiti massimi imposti dalla normativa di riferimento “concernente
l’emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a
funzionare all’aperto” Direttiva 2000/14/CE modificata con provvedimento
europeo 2005/88/CE.

I limiti massimi permettono di poter considerare lo scenario peggiore identificabile


in cantiere considerando anche la contemporaneità dell’uso di tutti i macchinari.
Tale contemporaneità è da intendersi come scenario teorico peggiore,
difficilmente riscontrabile nella realtà del futuro cantiere.

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Fase di esercizio
Nella Tabella 6.5.2.3b è indicata la potenza sonora delle principali sorgenti
presenti nella Centrale ORC.

Tabella 6.5.2.3b Principali Sorgenti Sonore dell’Impianto ORC per la


Produzione di Energia Elettrica

Potenza
Rif. Sorgente Descrizione
dBA
S1 Condensatore (n.1 baia, 2 ventilatori) 93,7
S2 Pompa alimentazione fluido (ciascuna) 90

S3 Gruppo Turbina-Generatore 100,9

S4 Tubazione scarico turbina 103,9

S5 Compressore 85

S6 Sala Quadri 90,9

S7 Scambiatori 86

6.5.2.4 Rifiuti

Le tipologie di rifiuti a cui darà luogo l’impianto sono le seguenti:

• olii lubrificanti esausti;


• rifiuti derivanti dalla normale attività di pulizia.

Tali rifiuti saranno smaltiti a norma di legge dalle aziende che effettueranno la
manutenzione.

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7 CRONOPROGRAMMA

Nella Figura 7a è riportato il cronoprogramma dell’intervento, che prevede la


realizzazione dell’intero progetto in 48 mesi a partire dalla data di ottenimento di
tutte le autorizzazioni.

Il programma previsto prevede le seguenti ipotesi:

• utilizzazione di una sola sonda di perforazione;


• necessità di 4 pozzi di produzione 6 di reiniezione;
• tempi di realizzazione delle singole attività descritti nei successivi paragrafi;
• non necessità di perforare pozzo esplorativo profondo;
• inizio della progettazione esecutiva dell’impianto al termine delle prove di
produzione di lunga durata.

L’eventuale realizzazione delle due postazioni di riserva (PM5 e PM2) potrebbe


far slittare il termine delle attività del cronoprogramma di circa 18 mesi.

7.1 POSTAZIONI, STRADA DI ACCESSO E PERFORAZIONE POZZI

I tempi indicativi per le singole fasi, relative alla realizzazione delle postazioni e
dei pozzi, descritte nei paragrafi precedenti sono:

• preparazione di una postazione di sonda e relativa strada di accesso: 120gg;


• trasporto e montaggio impianto di perforazione: 15gg;
• perforazione di un singolo pozzo (profondità verticale 1.450 m): 45gg;
• analisi dei dati e decisioni operative in linea con l’attività e imprevisti: 10gg;
• prove di produzione:
• prove di produzione di breve durata: 3/4 gg non consecutivi;
• prove di produzione di lunga durata: 14 gg.

7.2 IMPIANTO ORC

I tempi indicativi per la realizzazione dell’impianto ORC:

• progettazione esecutiva e approvvigionamento materiali: 13 mesi;


• allestimento area Centrale ORC: 90 giorni;
• completamento opere civili e montaggio ORC: 270 giorni;
• allacciamento alla rete e Commissioning: 180 giorni.

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Figura 7a Cronogramma delle Attività

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8 INVESTIMENTI PREVISTI

Nella seguente Tabella 8a sono riportati i costi complessivi del progetto


considerando la realizzazione di 5 postazioni e la perforazione di 17 pozzi.

Tabella 8a Costi dell’Investimento

Voci di Costo Euro


Allestimento n. 5 Postazioni (PM1, PM5, PM3, PM4 e PM5), strade di
5.900.000
accesso e Approvvigionamento Idrico
Prove di produzione: fornitura/noleggio impianto e attrezzatura varia
300.000
conduzione e logs
Realizzazione di n. 17 Pozzi (trasporto e montaggio sonda di
perforazione, esecuzione della perforazione, materiali ed attività 40.000.000
connesse)
Allestimento e preparazione Area ORC 1.450.000
Contratto EPC per la Fornitura dell’Impianto ORC. Comprensivo di: Opere
10.000.000
Civili, Impianto Elettrico (antincendio, trattamento acque meteoriche)
Balance of Plant 2.850.000

Stazione Elettrica e Connessione Elettrica in AT 800.000

Fornitura e stendimento condotte produzione e reiniezione 3.050.000

Magazzino e Visitor Center 1.700.000

Sistemazioni a Verde e Inserimento Architettonico 200.000

Spese Generali
Costi di sviluppo (SIA, Progettazione Definitiva ed Esecutiva,
600.000
Consulenze, ecc.)
Direzioni Lavori e coordinamento della sicurezza 600.000

Controlli e Rilievi Pre-esercizio (aria, acqua, rumore, microsismica) 150.000

TOTALE 67.600.000

I costi di investimento escludendo le opere di riserva e considerando il


programma che prevede la realizzazione di 3 postazioni, 4 pozzi di produzione e
6 di reiniezione sono pari a circa 49 milioni di Euro.

Per un maggiore dettaglio si rimanda all’Allegato 8 – Computo Metrico


Estimativo.

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9 RIMESSIONE IN PRISTINO DELLE AREE

Per la trattazione di tale argomento si rimanda all’Allegato 9 “Piano di


Dismissione.

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10 ELENCO TAVOLE E ALLEGATI

TAVOLE

Tavola 1 (n.6 tavole): Planimetria della Postazione di Produzione PM1;


Tavola 2 (n.6 tavole): Planimetria della Postazione di Produzione PM5;
Tavola 3 (n.5 tavole): Planimetria della Postazione di Reiniezione PM3;
Tavola 4 (n.6 tavole): Planimetria della Postazione di Reiniezione PM4
Sostituite dall’Allegato 10);
Tavola 5 (n.6 tavole): Planimetria della Postazione di Reiniezione PM2;
Tavola 6 (n. 2 tavole): Planimetria Strada Accesso PM1 e ORC e tipici;
Tavola 7 (n.4 tavole): Planimetria della Postazione di Reiniezione PM4
(Sostituite dall’Allegato 11);
Tavola 8 (n.5 tavole): Planimetrie delle Postazioni con Impianto di Perforazione;
Tavola 9 (n.2 tavole): Planimetria della Postazione di Produzione PM1 in Fase di
Esercizio;
Tavola 10 (n.2 tavole): Planimetria della Postazione di Produzione PM5 in Fase
di Esercizio;
Tavola 11 (n.1 tavola): Planimetria della Postazione di Reiniezione PM3 in Fase
di Esercizio;
Tavola 12 (n.1 tavola): Planimetria della Postazione di Reiniezione PM4 in Fase
di Esercizio;
Tavola 13 (n.1 tavola): Planimetrie della Postazione di Reiniezione PM2 in Fase
di Esercizio;
Tavola 14 (n.2 tavole): Diagrammi di Flusso (PFD);
Tavola 15 (n.6 tavole): Layout e Vista Impianto ORC;
Tavola 16 (n.3 tavole): Tipici Sezioni di Scavo per Posa Condotte;
Tavola 17 (n.1 tavola): Tipici Attraversamenti Corsi d’Acqua;
Tavola 18 (n.1 tavola): Unifilare Elettrico.

ALLEGATI

- Allegato 1: Relazione Geologica;


- Allegato 2: Modellazione Numerica del Serbatoio Geotermico “Poggio
Montone”;
- Allegato 3: Relazioni Idrauliche Attraversamenti;
- Allegato 4: Piano di Gestione e Prevenzione delle Acque Meteoriche Dilavanti;
- Allegato 5a: Relazioni sul Torrente Senna;
- Allegato 5b: Relazioni sul Fiume Fiora;
- Allegato 6: Scheda di Sicurezza del Fluido Organico;
- Allegato 7: Progetto Architettonico aggiornato;
- Allegato 8: Computo Metrico Estimativo;

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- Allegato 9: Piano di Dismissione;


- Allegato 10: Spostamento PM4;
- Allegato 11: Aggiornamento Tavole 7.

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