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FACOLTÀ DI INGEGNERIA
DISTART
Dipartimento di Ingegneria delle Strutture, dei Trasporti,
delle Acque, del Rilevamento e del Territorio
Il Coordinatore:
Chiar.mo Prof. Ing. MARINO LUPI
Marzo 2004
PAROLE CHIAVE:
conglomerato bituminoso
emulsioni bituminose
collegamento
strati
Leutner test
INDICE
INTRODUZIONE
2.1 INTRODUZIONE 33
2.2 STUDIO DELLE DISTRIBUZIONI TENSO-DEFORMATIVE 35
2.2.1 Influenza delle condizioni di interfaccia sulla distribuzione tensionale
e deformativa nel pacchetto 35
2.2.2 Modellazione numerica del collegamento tramite codice BISAR 42
2.3 ANALISI DEL COLLEGAMENTO ALL’INTERFACCIA 48
2.3.1 Introduzione all’analisi 48
i
Indice.
ii
Indice.
iii
Indice.
iv
Indice.
BIBLIOGRAFIA
v
INTRODUZIONE
I
collegamento, per assicurare un comportamento d’insieme alla struttura
sottoposta ai carichi stradali. Spesso, purtroppo, queste condizioni non sono
soddisfatte ed allo stato dell’arte si può dire che: le reali cause di uno scarso
collegamento non sono state effettivamente comprese, la sua evoluzione nel
tempo e col traffico non è stata studiata, nessuna tecnica di misurazione della
sua resistenza e rigidezza è stata comunemente accettata ed esso non è stato
investigato per i diversi tipi di materiali solitamente impiegati nelle
pavimentazioni stradali. In pratica, è difficile capire quali siano i fattori che
influiscano sul collegamento e determinare in quale misura essi lo facciano.
Il primo risultato di molte delle ricerche condotte in altri Paesi è stato la messa a
punto di nuove metodologie e procedure di prova atte a quantificare in sito od in
laboratorio l’entità di tale collegamento. Dall’analisi delle specifiche e
normative presenti sull’argomento in Europa si riscontra come solo un paio delle
metodologie di prova sviluppate, siano effettivamente in uso corrente nelle
procedure di verifica di routine sulle pavimentazioni stradali.
Sulla spinta degli studi già da tempo avviati in Germania e Svizzera e
parallelamente al progetto di ricerca più recente sviluppato in Inghilterra presso
il Nottingham Centre for Pavement Engineering, il DISTART – Strade e
Geotecnica dell’Università di Bologna sta portando a termine una
sperimentazione finalizzata sia ad investigare i fattori che determinano uno
scarso collegamento tra gli strati superficiali di una pavimentazione stradale
reale, sia a studiare l’efficacia delle mani d’attacco bituminose. Tale
sperimentazione è stata resa possibile grazie al supporto tecnico ed economico
offerto, a scopo di ricerca, dalla Valli – Zabban S.p.A., società tra le maggiori
fornitrici di prodotti bituminosi in Italia. La ricerca fa uso di una apparecchiatura
tedesca denominata Leutner Shear Test specificatamente costruita in Germania
alla fine degli anni settanta per testare il collegamento tra gli strati bituminosi
II
componenti una carota di 150 mm di diametro prelevata da una pavimentazione
stradale o prodotta appositamente in laboratorio.
Le ragioni che hanno portato a realizzare in Italia una siffatta ricerca sono
essenzialmente legate alla necessità di affiancare agli studi condotti in
Inghilterra da chi scrive, nei quali i campioni sottoposti a prova sono stati
confezionati in laboratorio, una sperimentazione nella quale i campioni fossero
estratti da pavimentazioni stradali reali. In tale modo, si è potuto anche tracciare
un quadro ragionevolmente rappresentativo delle reali condizioni di
collegamento esistenti tra gli strati bituminosi di alcune pavimentazioni
dell’interland bolognese e, più in generale, di quelle ottenibili mediamente nella
pratica comune degli interventi manutentivi stradali.
Il presente lavoro, visto il crescente interesse in ambito europeo nei confronti del
problema del collegamento tra gli strati superficiali del pacchetto stradale, vuole
rappresentare un passo in avanti nella sensibilizzazione degli addetti ai lavori in
Italia. L’introduzione, in specifiche o normative, di una prova che valuti il
collegamento tra gli strati e di un metodo di accertamento della qualità della
costruzione è auspicabile per la realizzazione di pavimentazioni più performanti,
in cui la qualità dei singoli materiali, non sia vanificata da un problema ad oggi
sottovalutato, quale la mancanza di collegamento.
III
Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
CAPITOLO 1
strato di usura
strato di collegamento
strato di base
strato di fondazione
1
Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
2
Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
della prima strada catramata italiana, nella quale al posto del bitume era
impiegato il “catrame liquido del gas”, oggi notoriamente escluso dalle
lavorazioni. I conglomerati bituminosi attuali sono, a parte la differente natura
del legante, concettualmente simili ai “neri” di allora. Oggi si studiano le curve
granulometriche, i bitumi modificati, le percentuali ottime di bitume ed i
rapporti volumetrici al fine di ottenere una miscela che, se correttamente posata
in opera, garantisca determinate prestazioni durante tutta la vita utile della
pavimentazione.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
Tuttavia, seppur la loro origine sia dovuta a carenze in termini di resistenza dei
materiali, essi si sviluppano in modi e tempi differenti a seconda dei casi. Per
cui, ad esempio, una pavimentazione con uno strato di base sottodimensionato
può presentare principalmente fessure longitudinali di tipo bottom-up, piuttosto
che fessure trasversali dovute a shock termico, oppure una pavimentazione con
un bitume di usura troppo poco viscoso può evidenziare, soprattutto nella
stagione estiva, ormaiamenti e refluimenti sul piano viabile (figura 1.5).
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
Questo comporta che le risorse di resistenza dei materiali dei singoli strati,
vengano chiamate in causa separatamente e che conseguentemente sia più facile
esaurirle. In superficie, non si ha evidenza diretta del fenomeno profondo, se
non con la comparsa di altri fenomeni ad esso legati e da esso accentuati, così
come descritto nell’esempio riportato sopra. Le fotografie di figura 1.7
rappresentano alcuni casi evidenti di distacco superficiale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
si manifesta comunque. Ecco che negli Stati Uniti, ad esempio, è oramai pratica
comune e compare inoltre nei capitolati della maggior parte dei Department of
Transportation statali, l’intervento di riempimento e/o sigillatura delle fessure
con materiali a matrice bituminosa. Non è raro infatti, percorrere una
pavimentazione stradale che superficialmente si presenti come quella
rappresentata nella fotografia di figura 1.8.
17
condizioni climatiche di posa: temperatura, umidità, etc.
pavimentazione nuova o rinnovata
caratteristiche posizione dell'interfaccia: usura/binder, binder/base, usura/base, etc.
della
tipo di pavimentazione: flessibile, semi-rigida, rigida
pavimentazione
portanza degli strati di fondazione e del sottofondo
geometria e singolarità della strada: curve, incroci, rotatorie, pendenze, opere d'arte, etc.
condizioni della traffico; pesante, velocità, frequenze, etc.
strada condizioni climatiche di esercizio: sole, pioggia, gelo, etc.
età e tempo di traffico
Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
Tabella 1.1: Parametri che governano il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
Le cause del distacco tra gli strati della pavimentazione stradale sono, come ci si
sarà resi conto, molteplici e spesso, seppur siano state individuate, risulta
difficile controllarle o comunque limitarne gli effetti. La tabella 1.1 riporta in
maniera sufficientemente esaustiva, quelli che possono essere indicati come gli
aspetti principali che governano il problema. L’ordine col quale essi sono stati
inseriti in tabella è privo di significato in quanto ciascuno partecipa, comunque,
in misura più o meno rilevante alla caratterizzazione del collegamento tra gli
strati bituminosi del pacchetto stradale. Una breve descrizione di ciascun
parametro può, come ricordato, aiutare a comprendere in quale modo occorra
agire per limitare la comparsa di problemi di distacco tra gli strati, od intervenire
se questi si manifestano. Per quanto riguarda le proprietà dei materiali
impiegati si considerano influenti:
il tipo di aggregati in relazione alla loro natura mineralogica (basalti, calcari,
porfidi, etc.) ad alle loro caratteristiche fisico-meccaniche (forma, resistenza,
etc.); il tipo di legante bituminoso impiegato (tal quale, modificato hard,
modificato soft, etc.) ed alle sue caratteristiche reologiche; i tipi di additivi (fibre
di vetro, fibre di cellulosa, etc.) ed alle loro proprietà;
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
TOP layer
piano di taglio
BOTTOM layer
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
Figura 1.12: Dannosa asportazione della mano d’attacco da parte della vibrofinitrice.
Di notevole importanza nei riguardi del collegamento tra gli strati bituminosi è
ovviamente, oltre al tipo, il quantitativo di emulsione spruzzata e quindi il
quantitativo di bitume residuo anidro che, in seguito alla rottura, permane sul
piano di posa. Lo studio condotto ha cercato di individuare come ciò influisca
sul collegamento ed in che misura lo faccia. Inoltre, non meno importanti, sono
le modalità e le condizioni di spruzzatura e la qualità con cui questa operazione
viene eseguita. L’applicazione della mano d’attacco può avvenire
essenzialmente in due modi: tramite lancia a mano, oppure tramite barra
spruzzatrice autocarrata. La figura 1.13 mostra i due tipi di applicazione.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
condizioni climatiche di posa; la posa dei materiali bituminosi è bene che sia
fatta in condizioni climatiche favorevoli, per cui in assenza di precipitazioni,
con temperatura dell’aria non inferiore ai 5°C ed umidità contenuta.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
Il quadro degli aspetti che governano il collegamento tra gli strati del pacchetto
stradale può essere ampliato ulteriormente anche tenendo conto del fatto che, se
alcuni di essi si verificano in contemporanea, possono accentuarsi a vicenda ed
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
Ecco che, ad esempio, una larga zona di distacco può costituire una via
preferenziale per la percolazione profonda delle acque superficiali, a
determinare uno scadimento localizzato delle proprietà di resistenza dei
materiali del pacchetto e la comparsa di fenomeni fessurativi altrimenti non
riscontrabili. Non trascurabile è poi l’effetto di auto-estensione del problema. In
sostanza, in corrispondenza di una singolarità quale ad esempio un avvallamento
da distacco, i carichi dovuti ai mezzi transitanti vengono trasmessi in modo
anomalo alla sovrastruttura; il loro effetto dinamico viene accentuato e le
sollecitazioni si concentrano localmente in un punto prossimo al difetto
portandolo col tempo, alla rottura ed estendendo l’anomalia di origine.
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
essi ottenute e le verifiche della loro corretta posa in opera tramite prelievi alla
stesa, prove di densità e resistenza in laboratorio e successivi carotaggi per la
verifica degli spessori; si analizzano i bitumi in termini di gradazione, viscosità
e tendenza all’invecchiamento, siano essi tal quali o modificati; si caratterizzano
gli inerti con analisi granulometriche, analisi si forma, prove di levigabilità
accelerata, prove di abrasione ed urto, prove di idrofilia, etc; si valuta
l’accoppiamento di aggregati e bitume con prove di adesione e prove di potere
rigidificante dei filler per la qualità del mastice di bitume finale. Ed ancora, si
propongono materiali innovativi per i manti di usura, strati drenanti e
fonoassorbenti, strati antiskid, strati ad alto modulo, etc.; si prendono in
considerazione tecniche di riciclaggio in sito ed a freddo dei conglomerati, con
l’impiego di emulsione e cemento o dei bitumi cosiddetti schiumati; si
richiedono in certi casi, appositi interstrati in materiale geosintetico che limitino
la riflessione superficiale delle fessure.
Tuttavia, nonostante il problema del collegamento tra gli strati della
pavimentazione esista e sia dimostrato essere importante, esso non viene ancora
preso sufficientemente in considerazione. Non esistono prove in sito od in
laboratorio atte a valutare il collegamento tra gli strati alle varie interfacce del
pacchetto stradale durante la sua vita; non sono descritti con chiarezza i tipi ed i
quantitativi di emulsioni bituminose da impiegarsi come mani d’attacco,
soprattutto in relazione al piano di posa, alle condizioni climatiche di stesa ed al
conglomerato soprastante; non sono definite le modalità applicative delle
emulsioni stesse, né prove specifiche per valutare il bitume residuo effettivo su
metro quadrato e nemmeno sono indicati i tempi di rottura necessari prima della
stesa successiva.
Queste carenze di indicazioni e specifiche appaiono quantomai non al passo coi
tempi. Se da un lato, infatti, si cerca di costruire una pavimentazione durevole
realizzata con strati di materiali resistenti e tenaci, dall’altro si corre il rischio di
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Capitolo 1: Il collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale.
32
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
CAPITOLO 2
2.1 INTRODUZIONE
33
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
l l
P P
w w
La freccia massima risulta pertanto, nove volte maggiore per la trave multipla.
Pensando di applicare l’esempio descritto al caso di una pavimentazione
stradale, si comprende come la conoscenza dell’effettivo stato di collegamento
tra gli strati sia di fondamentale importanza, nella determinazione del livello
tenso-deformativo raggiungibile nei materiali costituenti, in particolare in
corrispondenza delle interfacce. Il modo in cui le sollecitazioni si distribuiscono
nella sovrastruttura ed il conseguente andamento delle tensioni è, infatti,
strettamente legato alle condizioni di vincolo tra gli strati. Come si vedrà in
seguito, in accordo alle soluzioni del problema dell’andamento delle tensioni in
un pavimentazione multistrato elastica disponibili in letteratura, la distribuzione
tensionale in corrispondenza delle regioni di interfaccia è fortemente influenzata
dalle condizioni di collegamento dell’interfaccia stessa ed, in particolar modo,
ciò avviene negli strati più alti del pacchetto. Questo fatto è significativo,
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
35
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
collegamento tra gli strati hanno sulle distribuzioni tensionale e deformativa nel
pacchetto e le conseguenti implicazioni di questo nella progettazione della
sovrastruttura. L’analisi è proposta principalmente e per semplicità, con
riferimento alla sola prima interfaccia, ovvero quella tra strato di usura e strato
di collegamento nel caso di pavimentazioni di nuova costruzione, o tra strato
esistente e nuovo tappeto, nei casi di ricarico.
Lo studio condotto da Romain J.E. nel 1968 e riproposto dieci anni dopo da
Uzan J. et al. [3] è, forse, uno dei primi esempi di modellazione numerica di un
pavimentazione stradale multistrato elastica che comprenda anche la
caratterizzazione delle interfacce tra gli strati. In figura 2.2 è rappresentato il
pacchetto a quattro strati modellato da Romain nel quale è possibile notare il
ricorso a grandezze multiple al fine di semplificarne il calcolo.
2a
p
0.5a E1 =10E4
a E2 =10E4
2a E3 =4E4
E4
∞
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
Primo
strato Tensione max compr. 0.79 1.02 0.89
Tensione max traz. 21.9 1.92 26.9
Deform. max compr. 2.83 1.07 3.07
Deform. max traz. 1.93 1.10 2.07
1.20 1.19 1.43
Deflessione
Secondo
strato Tensione max compr. 1.74 0.98 1.81
Tensione max traz. 1.08 2.26 2.73
Deform. max compr. 1.27 1.72 2.25
1.30 1.44 1.89
Deform. max traz.
Terzo
strato Tensione max compr. 1.55 1.48 2.29
Tensione max traz. 1.38 1.23 1.77
Deform. max compr. 1.28 0.92 1.18
1.22 0.92 1.29
Deform. max traz.
Quarto
strato Tensione max compr. 1.40 1.74 2.40
Deform. max traz. 1.37 1.37 1.97
Deflessione max 1.19 1.39 1.58
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
τ=Gγ (1)
τ = (G/t) Δu (2)
ovvero,
τ = K Δu (3)
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
per il quale si verifica una sensibile variazione nella tensione radiale di trazione
(o nella deformazione radiale di trazione) alla base dello strato superiore.
2a
p
h1/a = 0.5 ν1= 0.5 E1 = 500 MN/m2
39
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
perfetta aderenza
h3/a = 1.0 completo distacco E3 = 100 MN/m2
K = 10000 MN/m3
K = 100000 MN/m3
∞ E4 = 30 MN/m2
40
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
41
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
42
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
30KN 30KN
o y
E4= 60 MPa
ν4=0.40
z
h4 = ∞
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
Tabella 2.2: Valori di Spring Compliance (Ks) attribuiti nei 5 sistemi analizzati.
Infine, devono essere individuati i punti all’interno del pacchetto stradale per i
quali riportare il computo. Per tracciare gli andamenti tenso-deformativi
completi in funzione della profondità ed, allo stesso tempo, restituire i valori di
tensioni e deformazioni in corrispondenza dell’interfaccia analizzata, si è
definito un set di sei punti di calcolo individuati sulla verticale di simmetria del
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
sistema, coincidente con l’asse (z) del riferimento principale. Nella tabella 2.3
sono contenuti i valori delle profondità dei sei punti a cui eseguire il calcolo ed i
corrispondenti strati in cui essi si trovano. Si noti come, la coppia di valori (2) e
(3) definisca due punti prossimi alla prima interfaccia, ma appartenenti a strati
diversi.
Per quanto riguarda il primo modello calcolato, in figura 2.7 sono rappresentate
le distribuzioni delle deformazioni (εxx) normalizzate tramite la pressione di
contatto (p), in funzione della la profondità nel pacchetto e della condizione di
collegamento alla prima interfaccia, caratterizzata dal valore assunto dal Modulo
di Reazione orizzontale (K).
Il risultato rispecchia fedelmente quanto ottenuto da Uzan. Pur se con valori
differenti per via dei diversi materiali, spessori e condizioni di carico, gli
andamenti ottenuti confermano la notevole dipendenza degli stati deformativi
all’interno del pacchetto stradale, dall’entità del modulo (K) relativo alla prima
interfaccia. Dalla condizione di continuità ottenuta nel caso di un modulo
infinito corrispondente ad un perfetto collegamento, si passa a distribuzioni
discontinue. Se un valore di (K) pari a 100000 MN/m3 comporta un lieve
scostamento dalla condizione di perfetto collegamento, uno pari a 1000 MN/m3
determina addirittura il cambio di segno per la deformazione in corrispondenza
del lembo inferiore dello strato superficiale (linea blu) ed un ulteriore aumento,
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
Figura 2.7: Distribuzioni delle deformazioni al variare di (K) nella prima interfaccia .
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
Spostamento ux (m)
0,0E+00 2,0E-05 4,0E-05 6,0E-05 8,0E-05 1,0E-04 1,2E-04 1,4E-04 1,6E-04 1,8E-04 2,0E-04
3a interfaccia
K = infinito
∞ E4 = 60 MPa
Figura 2.8: Spostamenti in direzione (x) dei punti sottostanti ai carichi per (K) variabile.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
pv
qh
c)
d)
t si
a) sl t
ni nl
ti tl
a)
b)
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
della superficie esterna degli inerti a seconda della loro forma e della loro
posizione reciproca. Su tale area di contatto vengono trasmesse, da aggregato ad
aggregato, le sollecitazioni derivanti dall’applicazione dei carichi esterni. In
figura 2.10 è riportato un esempio schematico di contatto aggregato-aggregato.
Come è ovvio, per date forma e natura litica degli aggregati, loro posizione
reciproca e loro orientamento (ϑ) nei confronti della sollecitazione esterna, si
verifica un determinato stato tensionale e deformativo all’interno degli inerti
stessi ed sull’area (λ) di mutuo contatto.
S
d n t
ϑ b
Con riferimento all’aspetto meccanico del contatto si può ritenere valido quanto
segue. Se l’inclinazione (ϑ) del piano passante per l’areola (λ) è negativa, allora
gli inerti inizialmente a contatto tenderanno a separasi senza lo sviluppo di forze
nel sistema, se non quelle di adesione e coesione dovute al bitume che li ricopre.
Nel caso in cui (ϑ) sia compreso tra 0° e 180° si verifica, invece, quanto
schematizzato in figura. In sostanza, la forza (S) al contatto può essere
scomposta in una componente (n) normale al piano di contatto ed una (t) ad esso
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
t > n tg (ψ) + Cλ
dove (t) ed (n) sono le componenti di (S), tg (ψ) è il fattore attritivo, (C) è la
coesione offerta dal legante e (λ) è l’areola di contatto sulla quale, per
semplicità, si suppone agire tale coesione. Si sottolinea come, in questo semplice
modello, il parametro (ψ), che esprime l’angolo di attrito tra gli elementi, sia
dipendente da diversi aspetti quali: la microtessitura superficiale degli inerti a
contatto legata alla loro natura mineralogica, il tipo od i tipi di bitume che li
ricoprono (di miscela e dall’emulsione), lo spessore del film di bitumi, la
temperatura a cui si trovano, ovvero la loro viscosità. Analogamente, il
parametro (C) descrive la coesione offerta dai bitumi presenti, in relazione alla
temperatura ed alla velocità di applicazione del carico, ossia rappresenta la
capacità che i leganti che ricoprono gli inerti hanno di mantenerli nella loro
posizione iniziale reciproca. Nella realtà lo sviluppo della coesione si presume
interessi una superficie più estesa di quella del semplice contatto, coinvolgendo
anche porzioni di legante via via radialmente più distanti da (λ). Si osservi in
merito a ciò, quanto riportato in seguito sul fattore coesione al punto c).
Se, dunque, si verifica una (t) di intensità tale per cui l’aggregato (a) possa
iniziare a scorrere su (b), lo spostamento avverrà fintanto che esiste una (tλi)
sulle areole (λi) di contatto successive tale per cui risulta vinto lo sforzo
resistente dovuto all’attrito residuo tra gli inerti ed alla coesione residua dei
leganti. Ovviamente, se l’inclinazione (ϑ) delle areole di contatto successive
cambia, e/o la forza (S) cambia, muteranno anche i termini e la forma della
disequazione residua. Va detto che, quanto descritto, accade non considerando la
presenza di altri aggregati nell’intorno dei due inerti schematizzati in figura
54
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
t < n tg (ψ) + Cλ
allora si manifesta prima il momento definito da (S) per il braccio (d) rispetto al
contatto. L’aggregato (a) non scorre, ma inizia subito a ruotare attorno a (λ).
Ruoterà fintanto che il momento non si annulla o fino a quando la disequazione
per le nuove configurazioni di contatto, non cambierà di segno e l’aggregato
potrà iniziare a scorrere su (b) traslando.
In definitiva, quello che si immagina accadere nella realtà, è un moto di
rototraslazione di (a), intervallato da rotazioni o traslazioni pure, in relazione al
verso iniziale della disequazione proposta ed alle condizioni residue (post picco)
dei parametri di attrito e coesione, oltre che all’inclinazione delle aree di
contatto successive.
La descrizione di cui sopra è, come detto, stata condotta per il sistema di
contatto singolo di figura 2.10. Tale sistema è riprodotto all’interno di un doppio
strato bituminoso un considerevole numero di volte; non soltanto, così come
visibile in figura 2.9, all’interfaccia tra due strati e composto da aggregati
appartenenti a conglomerati diversi ed, al limite, da tre bitumi diversi, ma anche
all’interno di ciascuno strato, formato dagli inerti e dal bitume della miscela
bituminosa stessa. Ecco che, il comportamento descritto, è valido per qualunque
tipo di contatto aggregato-aggregato che si verifichi nei neri del pacchetto
stradale. Tuttavia, le caratteristiche dei due tipi di contatto citati sono assai
differenti, e proprio in questo risiede la ragione per cui, il distacco superficiale
di porzioni di conglomerato, avviene principalmente all’interfaccia e non nel
volume dei conglomerati che vi si affacciano. Il motivo sperimentalmente più
55
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
evidente è legato al fatto che gli strati sono stesi e compattati in tempi
successivi; la tessitura superficiale del piano di posa, pur mostrando una rugosità
dipendente dal tipo di miscela e dalla sua compattazione, resta comunque
riconoscibile sulla superficie laterale di una carota prelevata in sito; in pratica, la
circonferenza di interfaccia si riconosce non soltanto per la variazione di
conglomerato, ma, soprattutto, per la disposizione orientata della maggior parte
degli aggregati che la delimitano: essi, pur essendo poliedrici, hanno spesso le
facce piane più estese disposte parallelamente all’interfaccia, ossia al piano
costituito dalla superficie cilindrica del rullo compattatore che si distende
longitudinalmente durante la compattazione. Per tale motivo, lo sviluppo delle
condizioni di ingranamento ottimali che si verificano all’interno del volume di
ciascun conglomerato, è invece limitato in corrispondenza dell’interfaccia e
legato in maniera preponderante alla sola rugosità superficiale del piano di posa.
Ecco che, molti dei contatti aggregato-aggregato che si producono all’interfaccia
presentano valori di (ϑ) nulli e pertanto, se analogamente a quanto fatto in
precedenza, non si considerano le azioni esterne verticali, ma solo quelle
orizzontali, le traslazioni degli aggregati superiori risultano ostacolate dal solo
contributo coesivo-adesivo dei bitumi coinvolti e non da quello attritivo.
Dalla sommatoria di tutti i contributi resistenti di attrito che si sviluppano
all’interfaccia si ottiene l’apporto totale di resistenza meccanica al collegamento
dovuto al fattore cosiddetto di ingranamento. A rigore con tale termine, si
identificano soltanto i contributi attritivi dovuti alle componenti (n) dei soli
sforzi taglianti (S) per tutta la loro durata, distinguendo a parte, un termine di
attrito ai contatti dovuto alle sole azioni esterne verticali ed un termine di
coesione ed adesione dovuto ai bitumi. Di quest’ultimo, pur avendolo già
identificato in questo punto, si tratterà nei seguenti punti b) e c) con riferimento
ai conglomerati bituminosi di strato ed al punto d) con riferimento al bitume
della mano d’attacco. In definitiva, l’ingranamento è comunque un fattore
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
deformazione, offerto dalle particelle stesse e dalla rigidezza del loro materiale.
Nel caso del collegamento tra strati bituminosi, quest’ultimo meccanismo sarà
comunque presente, determinando la dilatanza dello strato superiore mentre vi si
impongono spostamenti orizzontali. Anche un meccanismo analogo a quello
attritivo è presente e, secondo Collop, è identificabile dalla rigidezza di contatto
fornita dai leganti bituminosi presenti. Di conseguenza, la relazione tra tensioni
di taglio e spostamenti all’interfaccia tra gli strati dipenderà da ambedue i fattori
sopra descritti. Quanto affermato può essere rappresentato attraverso la
schematizzazione del contatto tra due particelle analogamente a quanto visto in
precedenza. In figura 2.12 il contatto è schematizzato come puntuale e la forza
(P) applicata all’aggregato non vincolato è generica ed orizzontale. Lo
spostamento di tale aggregato, tuttavia, non è orizzontale, ma è lungo la
direzione tangente al contatto.
ϑ b
L’angolo (ϑ) può essere considerato come il rapporto di dilatanza (K) per cui (K
= tanϑ). Assumendo che lo spostamento normale tra le particelle sia contrastato
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
(1 + K2) ks
keff =
1 + K2 (ks / kn)
Dunque, la rigidezza orizzontale effettiva del sistema dipende sia dalla rigidezza
del collegamento al contatto, sia dall’angolo di dilatanza dovuto al vincolamento
cinematico. Se si assume che la rigidezza (kn) sia molto superiore a quella
tangenziale, l’espressione si riduce alla:
2
keff = (1 + K ) ks
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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M M
2l
Il criterio di Griffith per l’instabilità della frattura, vuole che la essa divenga
instabile e che il materiale pervenga a rottura, quando l’Energia libera (G) del
materiale si riduce con la dimensione della frattura, ossia quando:
dG
≤0
dl
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
( π l2 σ 2 )
Ge = e Gs = (4 l γ)
E
d ( 2π l σ2 )
(Ge + Gs) = +4γ ≤0
dl E
1/2
σr = ( 2Eγ
πl
)
Tale espressione mostra come la resistenza a trazione della lamina sia
dipendente dalla Energia di Superficie del solido (γ), dal modulo di Young (E) e
dalla dimensione iniziale della microfrattura.
L’esempio descritto per il caso di un elemento monomaterico fa comprendere
come si accresca l’importanza della superficie di un materiale e delle Energie ad
essa associate, nel caso di sistemi a materiali compositi quali, ad esempio, i
conglomerati bituminosi. In questi, infatti, il comportamento del sistema dipende
fortemente dalla natura delle interfacce tra matrice e riempitivo, ovvero tra
aggregato e legante. Resistenza a trazione, tenacia delle fratture, resistenza
chimica e modulo elastico, ad esempio, dipendono tutti dal grado di adesione tra
le fasi. Il grado di adesione è a sua volta controllato da un certo numero di fattori
fisici e chimici. Tra i primi compaiono, l’area di superficie, la rugosità
superficiale, il grado di bagnabilità, la differenza in modulo elastico e di
coefficiente di Poisson ed anche la differenza nei coefficienti di espansione
termica. Tra i secondi compaiono le differenze in termini di energie di coesione,
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
Perdita di resistenza
dovuta alla carenza di
contatto molecolare Liquido
Resistenza
Vuoto
adesiva
massima
teorica Solido
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
A
A
L
θ L θ
S S
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
con (θ ) = 180°, si ha che (L) non può bagnare (S) in nessun modo.
Nella realtà, solitamente si verifica un caso intermedio a quelli visti. Se la goccia
si spande e la superficie del solido è bagnata correttamente è probabile che
l’adesione successiva tra le due fasi sia alta. D’altra parte un aggregato non
ricoperto completamente di bitume è indice di scarsa bagnabilità e
conseguentemente, di scarsa adesione. Ecco che la corretta bagnabilità del
liquido sul solido costituisce il primo passo verso l’adesione.
La bagnabilità, infine, è ottimale quando la superficie è libera da contaminazioni
(γSV è massimo), quando il legante è affine al substrato (γSL è piccolo) mostrando
una bassa tensione interfacciale, oppure quando la tensione superficiale
dell’adesivo è bassa (γLV è piccola). La rugosità superficiale di (S) modifica la
bagnabilità in quanto il fluido deve muoversi sulle asperità. In corrispondenza di
una superficie inclinata crescente, la bagnabilità è probabilmente ostacolata,
mentre nella decrescente è aiutata. Molto importante è poi la possibilità che
l’aria resti intrappolata sotto il fluido che si spande, in quanto vengono mutati gli
angoli di contatto. Non esiste un modo di predire i soli effetti della rugosità, ma
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
γSV - γSL
cos (θ) = r
γLV
dove (r) è il rapporto tra l’area della reale superficie e l’area media piana. Tale
espressione suggerisce che, se (θ) è inferiore a 90°, la bagnabilità è favorita dalla
rugosità, mentre se è superiore a 90° è ostacolata.
Da punto di vista chimico la bagnabilità è condizionata dalle forze di attrazione
tra gli elementi delle superfici. Le forze chimiche possono essere deboli (Forze
di Van der Waals) o da moderatamente forti a deboli (interazioni dipolo-dipolo).
cos(θ) γLV d t
4η
dove (t) è il tempo e (η) la viscosità. Per cui, quando (θ) tende a 90°, (r) tende a
zero ed (η) tende all’infinito, occorre un tempo molto lungo per riempire il poro.
Se il poro è chiuso ad una estremità, l’aria viene compressa ed intrappolata
all’interfaccia.
A contatto con l’aria o per reazione chimica diversa, il liquido inizia a
solidificare costituendo in tale modo un ingranamento meccanico tra le fasi. Tale
ingranamento combina la resistenza coesiva di ambedue i solidi, a formare una
interfaccia che agisce come un materiale composito, con proprietà intermedie tra
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
5) Teoria acido-base:
in accordo a tale teoria, l’adesione deriva dall’attrazione polare di acidi e basi di
Lewis, ossia elementi poveri ed elementi ricchi dei elettroni all’interfaccia. Le
interazioni acido-base sono di notevole importanza nell’adesione dei materiali
bituminosi in generale e delle emulsioni in particolare, in quanto controllano la
loro compatibilità con l’aggregato e possono assicurare la bagnabilità della
superficie. Nel caso di una emulsione cationica, ad esempio, essa romperà a
contatto con aggregati caricati negativamente.
In genere, gli aggregati si dividono in acidi-idrofili e basici-idrofobi. Gli acidi
sono principalmente costituiti da quarzo (ossia SiO2 oltre il 65%) e sono
caratterizzati da proprietà che sono critiche per l’adesione; mentre i basici sono
costituiti principalmente da calcite (CaCO3) (SiO2 inferiore al 40%) e sono
caratterizzati da proprietà non critiche per l’adesione [30]. In effetti, ciò è
giustificabile osservando che le superfici degli aggregati minerali, hanno energie
elettriche differenti, in relazione al carattere dipolare delle corrispondenti
petrografie ed in base a tali energie esercitano un adsorbimento diretto sulle altre
molecole aventi anch’esse carattere dipolare. Ecco che, presentando gli
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
In molti paesi esistono norme riguardanti prove di adesione; tuttavia, non esiste
ancora una procedura di prova standardizzata affidabile e significativa con la
quale si possa quantificare sistematicamente ed oggettivamente l’influenza
dell’adesione sul collegamento con gli inerti. Nelle prove esistenti viene valutata
l’interazione esistente tra bitume ed aggregati al fine di aumentare l’adesione; in
sostanza, le caratteristiche fisiche e chimiche dei due componenti sono valutate
per massimizzare i fenomeni di assorbimento ed adsorbimento del bitume
sull’inerte per ottenere appunto una migliore adesione. In tale modo, il
collegamento tra le fasi risulta forte e le probabilità di esfoliazioni e
distaccamenti di aggregati in presenza di acque viene minimizzata. Ecco che,
molti dei test di adesione esistenti, valutano lo scadimento delle proprietà
meccaniche delle miscele bituminose in seguito al contatto con acqua; i provini
vengono testati prima e dopo l’immersione in acqua per un certo lasso di tempo
ed il rapporto tra i risultati ottenuti nei due casi determina la bontà dell’adesione.
Altri test, tra i quali il famoso Net Adsorption Test consistono nel valutare
l’adesione del bitume misurandone la dispersione in acqua; viene misurata la
quantità di bitume rimossa dagli inerti dopo l’immersione in acqua, ovviamente
meno essa è migliori sono ritenuti assorbimento ed adsorbimento e di
conseguenza anche l’adesione. In ambedue i tipi di prove descritti, lo scopo è
quello di valutare il collegamento tra bitume ed inerti per evitare che esso si
rompa. Tra i test dei tipi di cui sopra si ricordano quelli messi a punto da alcuni
noti ricercatori. Ingo Noesler [54] impiega il metodo seguente per misurare la
resistenza dell’adesione. Dal raffronto tra i valori di Modulo di Rigidezza
Dinamico a Trazione Indiretta (ITSM) misurati su provini Marshall a 25°, prima
e dopo la loro immersione in acqua, si è in grado di stimare la tenacia
dell’adesione tra bitume ed aggregati. Se la differenza tra i Moduli ITSM è
superiore al 30%, si può ritenere che l’adesione sia poco resistente e viene
suggerito il cambio di tipo di inerti, oppure l’impiego di attivanti di adesione o
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
bituminose non compattate. Tale metodo può essere impiegato per valutare gli
effetti dell’umidità sulle miscele con o senza la presenza di attivanti di adesione
sia liquidi (ammine), sia minerali (calce o cemento).
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
bitume tra le particelle sia ridotto a poche molecole, il contatto diretto tra gli
inerti costituisce una singolarità per la quale, se si verifica un qualsiasi
movimento relativo tra le particelle, sia esso di scorrimento, rotazione o
separazione (supponendo la loro rigidezza non paragonabile a quella del
mastice), si produce uno stato tenso-deformativo infinito nel bitume adiacente.
Per spiegare ciò, occorre ammettere che, nell’intorno del punto di contatto, il
bitume si fratturi immediatamente e che, la microscopica frattura determini una
subitanea riduzione di rigidezza dopo la prima somministrazione di carico ed
inoltre, che la stessa rigidezza, si riduca ulteriormente ad ogni successiva
applicazione, mentre la frattura si propaga. La figura 2.16 mostra lo schema
ravvicinato del contatto tra inerti e la frattura nel bitume secondo Thom.
Una tale situazione mostrerà una frattura che cresce molto rapidamente durante
le prime applicazioni di carico, ma che poi rallenta nel raggiungere spessori
maggiori di bitume dove le deformazioni sono inferiori. In generale, in
corrispondenza di ciascun contatto dove avviene un movimento relativo tra gli
elementi litici sotto carico, questo indurrà uno stato tensionale nel bitume
adiacente; dove le particelle tendono a separarsi, le sollecitazioni dovranno
essere interamente assorbite dalle tensioni di trazione nel bitume; dove si
manifesta scorrimento o rotazione, vi sarà una azione addizionale dovuta
all’attrito inter-particellare (si veda il punto a)).
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
Figura 2.17: Calo della Rigidezza durante un test a fatica su campione trapezoidale.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
carico al provino avviene, per via della natura viscosa del bitume, a
deformazione controllata costante. Dopo l’applicazione dello stato deformativo
per un tempo di 4 secondi, il provino viene riportato nella posizione iniziale in
modo che possa avere luogo il fenomeno di auto-riparazione della frattura
evidenziatasi nel primo ciclo (healing effect). La figura 2.19 riporta la curva
forza-spostamenti ottenuta per un test condotto a 0°C, con uno spessore iniziale
del film di bitume pari a 220 μm ed uno spostamento massimo di 50 μm,
raggiunto nei 4 secondi di test, che corrisponde ad una deformazione massima
possibile del 23%.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
può essere spiegata con la comparsa di una frattura sul provino ed una sua
propagazione non constante. Il fenomeno corrisponde ad un improvviso strappo
del bitume non appena la tensione al centro del provino raggiunge la tensione
limite di rottura, cui corrisponde il calo di forza;
BC: alla stregua della fase OA, la curva corrisponde al comportamento visco-
elastico del materiale soggetto ad un tasso di deformazione costante: la
pendenza inferiore testimonia la diminuita rigidezza globale del campione,
legata all’apertura della frattura nella fase AB. Analogamente a quanto già visto,
la curvatura può essere dovuta alla combinazione di due aspetti: il progredire
della fessura creatasi in AB e le caratteristiche reologiche del bitume.
Figura 2.20: Superficie di frattura di un provino testato a 0°C; sono visibili diverse
discontinuità sia sulla superficie che sulla curva forza-spostamenti ottenuta.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
Figura 2.21: Superficie di frattura di un provino testato a -15°C; sia campione che curva
forza-spostamenti mostrano una unica discontinuità.
Nonostante il fatto che i Local Fracture Tests siano stati condotti in laboratorio,
essi sono comunque estremamente rappresentativi di quello che realmente può
accadere all’interno del conglomerato bituminoso in esercizio, in corrispondenza
del contatto tra due aggregati. In particolare, la parte di sperimentazione qui
riportata è stata indirizzata ad investigare proprio il comportamento a fatica dei
bitumi e, pertanto, a prescindere dal tipo di bitume (se ne è sperimentato uno
solo), si è concentrata l’attenzione su aspetti quali l’effetto della temperatura
sulla rigidezza e l’effetto del tempo di riposo (compreso tra la prima e la
seconda applicazione di carico) sul fenomeno di auto-riparazione del bitume.
Per quanto riguarda gli effetti della temperatura sui risultati, gli autori hanno
riscontrato, come ci si poteva aspettare, una notevole dipendenza della rigidezza
del bitume da essa: la pendenza iniziale della curva di rottura si riduce
apprezzabilmente con l’aumentare della temperatura; il calo di forza, legato
all’apertura della frattura è, inoltre, più spiccatamente visibile alle basse
temperature; esso può infatti scomparire nel caso di temperature medio-alte.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
Bitume
modificato B
Bitume
modificato A
Bitume
normale
Figura 2.22: Vialit pendulum e risultati per diversi bitumi a diverse temperature.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
2.3.4 Fattore d): adesione e coesione del bitume della mano d’attacco
Si intende ora concludere la descrizione dei fattori che influenzano la resistenza
meccanica del collegamento tra gli strati bituminosi del pacchetto stradale,
prendendo in esame unitariamente, le proprietà di adesione e coesione che il
bitume della mano d’attacco (residuo anidro od applicato a caldo) sviluppa nei
confronti degli aggregati coi quali viene a contatto, appartenenti ai due
conglomerati adiacenti, tenendo anche conto della presenza dei bitumi presenti
in ciascuna miscela di strato.
Dalla figura 2.9 si nota come il bitume della mano d’attacco, ipotizzando che sia
stata applicata e che la procedura di applicazione sia stata eseguita correttamente
(nel caso di emulsione, rispettando i tempi necessari alla rottura), si disponga
sulla superficie assai irregolare del piano di posa interessandone, per quanto
possibile, ogni interstizio. Si viene così a formare un film di legante di spessore
variabile sull’intero piano di posa a seconda dei quantitativi spruzzati e della
macrorugosità superficiale dello stesso, a costituire, sia un manto
impermeabilizzante, sia e soprattutto, un collante tra lo strato sottostante e
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
a) b)
c) d)
Figura 2.23: Possibili fasi nella rottura di una emulsione bituminosa cationica [88].
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
Nella figura 2.23 sono raffigurate le possibili fasi del processo di “rottura” ed
assestamento di una emulsione cationica. Alcuni dei passi possono essere così
riassunti [88]:
a) adsorbimento dell’emulsionante sulla superficie dell’aggregato: gli ioni di
emulsionante liberi vengono rapidamente adsorbiti sulla superficie degli
inerti; essi possono essere estratti dall’interfaccia acqua-bitume molto più
lentamente; la rimozione della riserva di ioni emulsionanti liberi, rende
l’emulsione propensa alla coalescenza (tendenza delle gocce di bitume a
riunirsi), ma allo stesso tempo riduce o addirittura inverte la carica
superficiale degli inerti, ritardando l’assestamento. Gli emulsionanti
cationici vengono adsorbiti di più su minerali silicei rispetto ad
emulsionanti anionici o non-ionici, il ché spiega l’utilità delle emulsioni
cationiche in presenza di aggregati acidi.
b) moto delle gocce di emulsione verso la superficie degli aggregati: le
gocce di bitume nell’emulsione possiedono una piccola carica e
procedono verso la superficie dell’inerte avente carica opposta
(Elettroforesi). La concentrazione presso la superficie porta le particelle
assieme, inducendone la flocculazione, la coalescenza e la distribuzione
sulla superficie.
c) cambi di pH: taluni aggregati come i calcarei o fillers come limi o
cemento possono realmente neutralizzare l’acido in una emulsione
cationica, comportando l’innalzamento del pH e la destabilizzazione
dell’emulsione. In altri casi, gli aggregati possono adsorbire gli ioni
idrogeno inducendo un innalzamento di pH meno marcato, ma ancora
sufficiente a destabilizzare l’emulsione. Certi aggregati solubili come i
calcarei possono fornire ioni di calcio o di magnesio alla soluzione che
tende a neutralizzarsi, soprattutto se anionica.
91
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
qualsiasi essa sia, in misura più o meno marcata. Ecco che la teoria della
Diffusione sarà più indicata nel caso in cui il bitume dell’emulsione venga a
contatto col bitume del conglomerato di strato. Analogamente, le teorie Acido-
base e del Confine debole appaiono più indicate nello studio dell’adesione a
superfici dove l’inerte e spoglio o spaccato, per le quali conoscere le
caratteristiche chimico-elettriche della superficie degli inerti è fondamentale. In
ogni caso, la bagnabilità del piano di posa da parte dell’emulsione prima e del
bitume residuo poi è necessaria e può essere studiata colla teoria
dell’Adsorbimento.
Con riferimento allo sviluppo di adesione tra legante della mano d’attacco e
superficie di posa è obbligatorio richiamare l’importanza delle condizioni di
contaminazione di quest’ultima, al fine di una corretta applicazione. Sul piano di
posa, prima del passaggio della barra spruzzatrice, possono trovarvisi svariati
elementi di contaminazione anche dopo l’azione della motospazzatrice: primi fra
tutti detriti e materiali terrosi, anche molto umidi, portati sul sito dai mezzi di
cantiere, acque meteoriche o di lavorazione, olii, solventi o altri materiali
presenti in loco; ed ancora, nel caso di posa su usura degradata senza
scarificazione, si ha la presenza di detriti lasciati dai mezzi che hanno percorso
la pavimentazione nella sua vita, per cui gomme, combustibili, sporcizia e
quant’altro; sulle superfici appena fresate e spazzate restano comunque detriti di
inerti frantumati e polveri fini, acque di lavorazione, etc. L’effetto che tali agenti
contaminanti hanno sulla rottura dell’emulsione e sull’adesione del bitume alla
superficie è in genere deleterio, basti pensare al fatto che una pesante
contaminazione di materiale granulare fine riduce la bagnabilità superficiale ed
allo stesso tempo le possibilità di adsorbimento alla superficie sottostante
ostacolando le reazioni bitume-aggregato o la diffusione bitume-bitume.
Un aspetto importante nell’utilizzo di mani d’attacco bituminose è senz’altro la
compatibilità esistente tra i bitumi presenti, ovvero quello derivante dalla
93
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
95
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
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Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
Per concludere si farà cenno all’importanza del rispetto dei tempi di rottura
dell’emulsione per il raggiungimento delle proprietà leganti del bitume residuo.
Come detto nel primo capitolo l’operazione di stesa della mano d’attacco è
spesso ritenuta un surplus nelle attività di cantiere ed in quanto tale non viene
adeguatamente curata. A maggior ragione, una volta spruzzata, l’emulsione
rappresenta un ritardo alle operazioni di stesa successive. Ecco perché spesso, i
tempi di attesa per la rottura completa dell’emulsione bituminosa non vengono
rispettati e la vibrofinitrice transita sopra una superficie ancora di colore
marrone scuro e non nera come dovrebbe essere. In pratica, si stende
conglomerato bituminoso caldo sopra una emulsione non rotta. Le conseguenze
di questo fatto sono molteplici e tutte negative per lo sviluppo delle funzioni
leganti della mano d’attacco. Per brevità, se ne cita soltanto una, ovvero
l’occlusione di acqua di emulsione all’interfaccia, deleteria non soltanto per
l’adesione nell’adsorbimento del bitume sulla superficie di posa, ma anche per la
diffusione tra il bitume della mano d’attacco e quello che ricopre gli inerti del
conglomerato caldo in arrivo.
Infine, come già fatto per gli altri punti (a), b) e c)), si conclude il fattore d)
adesione e coesione del legante della mano d’attacco nella caratterizzazione
teorica della resistenza del collegamento tra gli strati della pavimentazione
bituminosa, riassumendone le peculiarità.
Così come avviene per i singoli conglomerati afferenti all’interfaccia, le
proprietà di adesione e coesione del legante bituminoso della mano d’attacco
sono fondamentali nell’espletamento del compito di incollare tra loro due strati
neri. Resta il fatto che, trattandosi di una interfaccia, tale compito può risultare
assai arduo, soprattutto se le sollecitazioni esterne sono elevate. La mano
d’attacco deve in sostanza curare la cicatrice presente cercando di conferirle una
resistenza meccanica prossima a quella dei conglomerati dei singoli strati.
97
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
2.4 CONCLUSIONI
Al termine di questo ampio quadro teorico sul collegamento esistente tra gli
strati in conglomerato bituminoso di una pavimentazione stradale, se ne
riassumono sinteticamente i punti salienti, con l’intento di introdurre la
descrizione degli studi sperimentali condotti in proposito presso le Università di
Nottingham (Inghilterra) e di Bologna presentati nei prossimi capitoli.
L’importanza del collegamento tra gli strati del pacchetto stradale è evidente;
basti pensare al significativo numero di ricerche inerenti conclusesi in tutto il
mondo ed al crescente numero di quelle in corso. Gli studi teorici sui multistrato
elastici coadiuvati da esperienze in sito, hanno dimostrato che la distribuzione
delle tensioni e delle deformazioni all’interno del pacchetto stradale è
intimamente legata alla condizioni di collegamento alle interfacce tra gli strati,
98
Capitolo 2: Analisi teorica del collegamento tra gli strati.
soprattutto per quelli più prossimi alla superficie. Nel calcolo a fatica delle
sovrastrutture stradali diventa quindi basilare conoscere e poter tener conto
dell’effettivo collegamento esistente tra gli strati bituminosi, dovendo quota
parte delle risorse di resistenza meccanica dei materiali essere messa a
disposizione degli stati tensionali che si sviluppano nel collegamento stesso.
Una piccola fotografia ravvicinata di una interfaccia tra strati bituminosi (figura
2.9) è stata di ausilio nello studio dei fattori che intervengono nella definizione
della resistenza meccanica del collegamento di cui sopra. Individuati a grandi
linee fattori quali l’ingranamento tra inerti, l’adesione e la coesione dei bitumi
nei conglomerati di strato e l’adesione e la coesione nel bitume della mano
d’attacco, si sono analizzati distintamente con l’ausilio dei riferimenti
bibliografici più attinenti e moderni. L’ingranamento tra gli strati, che chiama in
causa soprattutto le rigidezze degli aggregati lapidei, fornisce un notevole
contributo alla resistenza meccanica del collegamento, purtroppo per via delle
modalità costruttive, il contributo che ne deriva è spesso ridotto, perché ridotto è
il numero di aggregati che si frappongono all’interfaccia. L’adesione e la
coesione nei conglomerati bituminosi di strato sono fattori fondamentali, perché
oltre a definire la resistenza intrinseca del materiale nel suo volume,
contribuiscono alla resistenza del collegamento conferendo rigidezza ai contatti
con il conglomerato adiacente. La mano d’attacco infine, spesso trascurata nelle
operazioni di cantiere, è una componente indispensabile nel collegamento. Nella
stragrande maggioranza dei casi essa rappresenta l’unico elemento resistente del
collegamento tra due strati ed in quanto tale, andrebbe progettata e curata con
oculatezza. Laddove l’entità dell’ingranamento all’interfaccia non raggiunge
quella del volume dello strato bituminoso, occorre un collante che limiti gli
scorrimenti ed aumenti la rigidezza locale.
99
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
CAPITOLO 3
3.1.1 Introduzione
Nel capitolo precedente si è studiato il problema del collegamento tra gli strati
bituminosi della sovrastruttura stradale dal punto di vista teorico, focalizzando
l’attenzione sia sugli effetti che le condizioni di resistenza di tale collegamento
possono avere sulla capacità della pavimentazione di assolvere al suo compito in
termini di distribuzione dello stato tenso-deformativo, sia sui fattori fisico-
meccanici che compartecipano alla loro definizione.
Nel presente paragrafo, si intende invece fornire un quadro sufficientemente
completo degli studi sperimentali più significativi condotti fino ad oggi per la
caratterizzazione del collegamento. L’ordine delle esperienze è cronologico (in
base alla data di pubblicazione) e per ciascuna di esse verrà fornita una breve
descrizione della fase sperimentale e delle conclusioni tratte.
100
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
u2 u1
Strato superiore
F
τ τ
Strato inferiore
101
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Nell’analisi dei risultati Uzan ha considerato valori medi delle tensioni di taglio
e degli spostamenti. La media delle tensioni è stata computata come lo sforzo
orizzontale diviso per l’area di interfaccia, mentre gli spostamenti relativi tra lo
strato superiore e quello inferiore, come la media tra (u1) ed (u2).
Dai grafici tensioni – spostamenti ottenuti si è visto che il comportamento
dell’interfaccia è non lineare e che la resistenza decresce una volta raggiunto un
certo valore massimo. Per l’analisi si sono così valutati i seguenti parametri di
resistenza e di deformazione:
a) il modulo di reazione orizzontale di interfaccia in corrispondenza dello
spostamento relativo di 0.013 cm. Esso è molto prossimo a quello iniziale
rappresentativo delle effettive condizioni in sito dove si verificano
spostamenti relativi molto piccoli;
b) la tensione tangenziale di picco che rappresenta la resistenza
dell’interfaccia.
Uzan rappresenta i due parametri descritti in funzione della pressione verticale
normale all’interfaccia agente. Un’interessante affermazione riconducibile a
quanto visto nel capitolo secondo circa i fattori che contribuiscono alla
resistenza del collegamento, sostiene che: l’analogia dei comportamenti
presentati da un conglomerato bituminoso e dall’interfaccia tra due conglomerati
bituminosi sta a significare che i medesimi aspetti concorrono alla definizione
della resistenza di interfaccia ossia: l’adesione rappresentata dalle proprietà di
trazione del piano di scorrimento, l’ingranamento derivante dall’inclusione di
inerti tra i due strati e la frizione, che deriva dalla rugosità delle due facce.
Le conclusioni tratte dall’analisi dei dati sperimentali ottenuti sono svariate:
la resistenza al taglio dell’interfaccia cala significativamente
all’aumentare della temperatura ed aumenta innalzando la pressione
verticale normale al piano di interfaccia;
102
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
103
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
3.1.3 Tschegg E.K., Kroyer G., Tan D., Stanzl-Tschegg S.E. e Litzka J.,
“Investigation of Bonding between Asphalt Layers on Road Construction”
[23].
Nello studio sperimentale condotto da Tschegg è stata sviluppata una semplice
metodologia di prova per la misurazione del comportamento meccanico a
frattura del collegamento tra gli strati. Nel paragrafo successivo verrà descritta
in modo esaustivo l’apparecchiatura utilizzata (Wedge Splitting Test), che
prevede l’apertura controllata di una frattura all’interfaccia tra i due strati
bituminosi di provini cilindrici opportunamente sagomati. Durante i test, la
curva carico – spostamento completa viene determinata fino a rottura del
collegamento avvenuta. Tale curva, secondo Tschegg, caratterizza il
comportamento del collegamento nella modalità di apertura della frattura e
costituisce una base di partenza per la trattazione numerica di problemi di
interfaccia.
Il Wedge Splitting test viene condotto alla velocità di 1 mm/minuto. I provini
doppio strato sono confezionati in laboratorio con un conglomerato bituminoso
104
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
105
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
106
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Dal confronto tra gli andamenti di (Fmax) e di (GF) con la temperatura Tschegg
conclude che, l’interpretazione dei risultati delle prove per mezzo del solo sforzo
massimo condurrebbe a conclusioni non realistiche sull’effettivo
comportamento delle interfacce in dipendenza della temperatura. Questa tesi
comprova la non adeguatezza di test come il Pull-off, nel quale viene rilevato
solo lo sforzo massimo a rottura, per la caratterizzazione completa dei materiali
all’interfaccia.
Infine, Tschegg confronta i risultati delle prove condotte con quelli ottenuti in
passato da prove eseguite su provini omogenei di conglomerato bituminoso. Lo
scopo è quello di valutare la differente capacità di carico di provini con e senza
interfaccia. In linea di principio i valori di (GF) sono molto superiori per provini
omogenei. A seconda del tipo di aggregati impiegati nel caso di provini
omogenei si possono verificare forti innalzamenti di (GF) per via
dell’ingranamento degli inerti nell’apice della frattura o per la rottura degli inerti
stessi. Questi due fenomeni non sono stati riscontrati nel caso di provini doppio
strato. Che le interfacce siano i punti più deboli del pacchetto stradale viene
nuovamente riscontrato secondo Tschegg, nel fatto che i valori di (GF) per
campioni con interfaccia siano, in media, compresi tra il 10% ed il 50% di quelli
ottenuti per campioni omogenei.
3.1.4 Partl M.N. e Raab C., “Shear Adhesion between top layers of fresh
asphalt pavements in Switzerland” [41].
Lo studio condotto presso i laboratori federali svizzeri dell’EMPA forniscono un
quadro dei reali livelli di collegamento ottenibili da pavimentazioni di nuova
costruzione in Svizzera. Le prove sono state realizzate tramite il Linear-Parallel
Direct Shear (LPDS) tester, evoluzione del noto Leutner Shear test, entrambe
descritti nel paragrafo successivo.
107
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Tabella 3.1: risultati di LPDS test a 20°C per ciascun sito. SMA = Splitt Mastic
Asphalt, AC = asphalt concrete, HR = hot rolled asphalt, GA = gussasphalt,
DR = porous asphalt e HMT = hot mix base corse asphalt.
La tabelle 3.2 riporta invece, i risultati per i test condotti a 40°C: si noti come i
valori di resistenza siano nettamente inferiori.
108
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Tabella 3.2: risultati di LPDS test a 40°C per ciascun sito. SMA = Splitt Mastix
Asphalt, AC = asphalt concrete, HR = hot rolled asphalt, GA = gussasphalt,
DR = porous asphalt e HMT = hot mix base corse asphalt.
Sulla base della sperimentazione condotta e dei valori di LPDS ottenuti, Partl
trae diverse conclusioni di seguito riportate per punti:
la prova LPDS è un metodo semplice e utile per effettuare le Valutazioni
di Qualità ed i test di verifica delle pavimentazioni stradali
immediatamente dopo la loro costruzione. Esso è inoltre un valido
strumento per le scelte decisionali sugli interventi manutentivi. Spessori
superiori ai 30 mm e temperature di prova inferiori ai 40°C sono
preferibili per evitare effetti di “snow plough” all’inizio dei test;
sono state osservate notevoli differenze di comportamento tra le prove
inter-strato e quelle in-strato; ciò suggerisce una maggiore rigidezza (a
20°C) per il collegamento inter-strato rispetto all’andamento della curva
in-strato. Misurazioni ottiche al piano di taglio durante i test hanno
mostrato che nel caso di prove inter-strato gli spostamenti orizzontali
109
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
(dilatanza) sono stati dell’ordine dei 0.06mm pari a circa il 60% dei
corrispondenti valori di spostamenti in-strato (si veda la figura 3.4).
nel caso dei conglomerati porosi (DR) è stata osservata una notevole
variabilità dei risultati di sforzo massimo tagliante e rigidezza massima.
Inoltre, si è visto che il coefficiente di variazione è cresciuto per la prove
a 40°C. Questo fatto mostra come ad alte temperature l’LPDS conduca a
risultati meno attendibili;
la resistenza inter-strato verificata tra strato superficiale e strato di
collegamento nelle pavimentazioni di nuova costruzione è fortemente
influenzata dalle proprietà di resistenza in-strato del conglomerato
superficiale; è stata individuata una relazione tra le massime resistenze
inter-strato ed in-strato così come per i valori di rigidezza nel caso di strati
superficiali nuovi. Nei grafici riportati in figura 3.5 nei quali è riportato il
confronto di resistenze inter-strato e resistenze in-strato i valori ottenuti
sono sulla linea di equità a 45° dall’origine nel caso degli sforzi
110
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
tangenziali massimi e per un 15% più alti nel grafico delle rigidezze inter-
strato rispetto a quelle in-strato;
Figura 3.5: Confronto diretto tra valori di sforzo massimo e rigidezza per
test inter-strato ed in-strato corrispondenti, alla temperatura di 20°C.
111
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
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Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
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Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
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Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
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Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
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Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
L’analisi dei dati statistici di varianza indicano, come già accennato, che la
temperatura condiziona i valori di (Smax) e di (K) per ambedue le interfacce
considerate; il tipo di interfaccia condiziona (Smax) e (K), ma non (mu). Il carico
normale alle tre temperature ha i medesimi effetti su (K), ma diversi su (Smax) e
questo avviene solo in assenza di mano d’attacco. Romanoschi spiega questo
fatto imputandolo alla presenza di vuoti all’interfaccia nei provini privi di mano
d’attacco. L’aumento di sforzo normale causa un aumento nell’area della
superficie di contatto e pertanto anche una maggiore resistenza del collegamento
ed un aumento di (K). In presenza di mano d’attacco, i vuoti sono riempiti di
bitume e l’aumento delle tensioni normali non conduce ad aumenti di superficie
di contatto, per cui nemmeno (K) e (Smax) aumentano.
A conclusione dello studio Romanoschi trae alcune interessanti conclusioni di
seguito elencate:
il comportamento delle pavimentazioni stradali in esercizio prova che, le
condizioni di collegamento all’interfaccia tra gli strati, condiziona in
modo significativo la distribuzione di tensioni e deformazioni nelle
sovrastruttura flessibili e semi-rigide e conseguentemente le loro
prestazioni;
il comportamento delle interfacce bituminose può essere descritto tramite
un semplice modello a tre variabili: (K) il Modulo di Reazione
orizzontale, (Smax) il valore di resistenza massima a taglio, (mu) il
coefficiente di frizione a distacco avvenuto;
tutti e tre i parametri dipendono dalla temperatura;
(mu) non dipende dell’entità del carico normale all’interfaccia;
(K) e (Smax) non dipendono dell’entità del carico normale all’interfaccia
soltanto in presenza di mano d’attacco;
117
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
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Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
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Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
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Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
τpicco = c + σ tan Φp
tp = c + s tg Fp
ta
tc = td + tci
tm
s* s
Retta d’attrito
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Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
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Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Temp-K
0,6
0,5 ATCS0
0,4 ATCS2
K [N/mm3]
ATCS4
0,3
ATCS0
0,2 ATCS2
ATCS4
0,1
0
0 10 20 30 40 50
Tem p [°C]
123
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Con riferimento all’angolo di attrito residuo (μres) gli Autori hanno riscontrato
valori sostanzialmente indipendenti dalla temperatura, interpretando tale
risultato come frutto dalle proprietà intrinseche dei due corpi a contatto.
Dal confronto dei domini di rottura ottenuti alle due temperature di prova, è stata
tratta un’importante conclusione generale, già per altro riportata in altri studi. In
sostanza, emerge l’esigenza di uno studio ad hoc di progettazione delle mani
d’attacco, finalizzato all’ottimizzazione dei dosaggi al variare delle condizioni al
contorno per le quali ne è previsto l’impiego.
Per quanto riguarda l’influenza dello sforzo normale applicato si è già visto
come esso influenzi il valore della resistenza al taglio in maniera significativa.
Esiste una certa proporzionalità tra il Modulo di Reazione orizzontale (K) e (σ),
indipendentemente dalla presenza o meno di mano d’attacco. Per spiegare
questo si considera che, il picco di rottura (τmax) è stato osservato per tutte le
prove eseguite, all’incirca in corrispondenza dello stesso spostamento
orizzontale. Ne discende secondo gli Autori che, se al crescere di (σ) aumenta
(τmax) anche (K) deve aumentare con lo sforzo normale. Dai test è stato inoltre
osservato che alle alte temperature il modulo (K) si presenta maggiore per i
provini con interfaccia priva di emulsione rispetto a quelli con mano d’attacco.
Anche il confronto in relazione alla stagionatura è significativo. Per quanto
riguarda l’impiego di emulsione cationica si è riscontrato un sensibile aumento
delle sue prestazioni con la stagionatura mostrando essa oltre ad un incremento
di coesione, anche un aumento di resistenza in corrispondenza di tutti i valori di
sforzo normale applicato. In effetti, dei quattro contributi di resistenza a taglio ai
una interfaccia, l’unico che si è dimostrato essere sensibile alla stagionatura è
risultato quello relativo alla adesione offerta dall’emulsione, unicamente nel
caso della emulsione cationica.
In termini di preparazione dei provini si è voluta verificare la rappresentatività
dei provini preparati in laboratorio con la preparazione di quelli in stesa reale.
124
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
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Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
126
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
3.2.1 Introduzione
Come evidente dal numero di studi sperimentali portati a termine od ancora in
corso sul tema del collegamento esistente tra gli strati del pacchetto stradale,
l’interesse a riguardo è stato ed è tutt’ora forte. Il primo risultato di molte delle
ricerche condotte e descritte è stato la messa a punto di nuove metodologie e
procedure di prova atte a quantificare in sito od in laboratorio l’entità di tale
collegamento. Dall’analisi delle specifiche e normative presenti sull’argomento
in Europa, riproposte nel paragrafo successivo, si riscontra come solo un paio
delle metodologie di prova prodotte, siano effettivamente in uso corrente nelle
verifiche sulle pavimentazioni stradali europee. Molti dei test infatti, sono
solamente prototipi di laboratorio finalizzati alla sola ricerca sull’argomento.
Nel presente paragrafo si riportano per sommi capi, tutte le metodologie di
prova rinvenute in letteratura fino ad oggi, fornendo per ciascuna una breve
descrizione del funzionamento, dei pregi e dei difetti. Nel farlo si distinguerà tra
metodi cosiddetti “distruttivi”, generalmente applicati su campioni prelevati da
pavimentazioni reali o confezionati in laboratorio, nei quali il provino (o la
pavimentazione) viene portato a rottura e metodi cosiddetti “non distruttivi”,
eseguiti sia su campioni in laboratorio, sia su pavimentazioni reali, nei quali non
avvengono fenomeni di rottura evidenti.
127
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Pull-off test:
Il Pull-off test (RVS 11.065 1993 Norma Austriaca) [23] può essere eseguito sia
direttamente sulla pavimentazione stradale, sia su carote prelevate in sito e
portate in laboratorio. Nel primo caso, occorre conoscere con esattezza la
profondità, rispetto al piano viabile, dell’interfaccia che si intende sottoporre a
prova; se l’interfaccia da testare non è quella più superficiale è necessario
procedere alla asportazione di parte del materiale sovrastante o comunque
occorre essere certi di non frapporre altre interfacce tra lo strumento e quella da
testare. Supponendo di voler misurare la resistenza della prima interfaccia, si
procede perforando la pavimentazione con un carotiere del diametro di 100 mm
fino ad incontrare l’interfaccia e oltrepassandola di almeno 50 mm. Dopo aver
praticato l’intaglio, si incolla sulla testa della carota ancora collegata alla base,
una piastra metallica tramite apposito collante epossidico. Quindi, si collega la
piastra allo strumento di misura munito di dinamometro e trattore e la prova può
avere inizio. In sostanza, essa consiste nell’applicare alla porzione di strato
superficiale connessa alla piastra, uno sforzo di trazione in direzione assiale tale
da indurre la rottura del collegamento all’interfaccia. Allo stesso modo si può
128
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
129
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
130
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Figura 3.12: Wedge splitting test: schema di funzionamento e possibili forme dei provini.
FM
FH =
2 tg α
131
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
collegamento tra i due strati. La figura 3.13 riporta esempi di curve di rottura di
tipo fragile e duttile.
Infine, posto che l’area sottesa alla curva rappresenta l’energia di frattura (G) del
provino. Dividendo (G) per l’area di frattura (A) si ottiene:
G
GF =
A
132
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Un test del tutto simile è stato proposto da Bourdrel D. et al. [50] (Essai
simplifié d’ouverture à la cale) nel quale il cuneo tagliante viene fatto avanzare
alla velocità di 2 mm al minuto. Come mostra il grafico sulla destra di figura
3.15 viene registrato lo sforzo verticale in funzione del tempo di applicazione a
diverse temperature.
133
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
134
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
135
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
ASTRA Test (Ancona Shear Testing Research and Analysis) [19] [22] [35]
[84] [58] [81]:
Presso il laboratorio del Centro Interuniversitario Sperimentale di Ricerca
Stradale di Ancona è stata messa a punto, nel 1992, una apparecchiatura
concettualmente analoga alle due precedenti ed alla Scatola di Casagrande. I
provini doppio strato in questo caso hanno dimensioni più contenute e possono
avere forma parallelepipeda o cilindrica e provenire sia da compattazioni di
laboratorio, sia da campioni prelevati in sito e sagomati. Il provino viene
alloggiato all’interno di due semi-scatole, così come mostrato in figura 3.18,
distanziate tra loro in modo da lasciare una zona centrale non confinata, in
corrispondenza dell’interfaccia. La semi-scatola inferiore viene fatta avanzare ad
una velocità costante di 2.5 mm/min. Tramite un sistema di leve e pesi, è
possibile far agire sul provino anche un carico verticale, ortogonale
all’interfaccia. Tutta la strumentazione è contenuta all’interno di una camera
climatica, con la quale è possibile controllare le condizioni di temperatura ed
umidità. Un pregio del macchinario è certamente la versatilità: possono infatti
essere variate al contempo praticamente tutte le variabili che condizionano il
136
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
137
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Direct Shear Test with Normal Load secondo Romanoschi S.A. [43][69]:
Come visto nel paragrafo precedente, presso il Department of Civil and
Environmental Engineering della Louisiana State Univeristy di Baton Rouge
(USA) è stato condotto negli ultimi anni, un ampio studio per la
caratterizzazione delle interfacce tra gli strati della pavimentazione stradale. In
quella ricerca è stato impiegato un test di taglio diretto che sfrutta provini
doppio strato a sezione circolare del diametro di 95 mm, prelevati dal sito o
confezionati in laboratorio. L’apparecchiatura consente, come schematizzato in
figura 3.20, di applicare all’interfaccia sia un carico tagliante, sia uno normale.
Figura 3.20: Direct Shear Tester with Normal Load secondo Romanoschi.
138
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
139
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
50
mm/min
150
mm
Vista frontale Vista laterale
Vista alto
Il Leutner consta di due semi-anelli metallici dei quali uno inferiore fisso, al
quale viene vincolata la porzione di carota che si trova a tergo dell’interfaccia,
ed uno anteriore mobile, sottoposto all’azione di una pressa tradizionale
Marshall che imprime allo strato di conglomerato bituminoso posto
anteriormente all’interfaccia uno spostamento controllato di 50±1 mm/minuto.
140
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
141
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
142
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
4Fmax
τnom,avg =
d2 π
ΔF
Smax =
Δs
143
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Figura 3.23: Prova di taglio secondo Pérez Jiménez: schema di prova e fotografia.
144
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
interfaccia
Dopo l’incollaggio della piastra metallica alla superficie superiore del provino il
test può avere inizio. La somministrazione dello sforzo torsionale può essere
applicato manualmente in sito tramite un apposito braccio meccanico con
impugnatura e dinamometro per la misurazione degli sforzi, oppure in
145
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
146
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
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Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
148
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
149
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Figura 3.27: Fotografia ravvicinata dei geofoni e del piatto di battuta di un FWD.
150
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
151
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
acquisition hardware
Hammer test
session set-up
load cell bolt
accelerometer hammer
& steel ring operator
152
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
3.3.1 Introduzione
Al termine del primo capitolo si è fatto cenno alla mancanza in Italia di regole
specifiche ed indicazioni chiare ed esaustive circa la verifica del collegamento
tra gli strati bituminosi della pavimentazione stradale e circa l’applicazione di
una mano d’attacco (a freddo con emulsioni od a caldo con bitumi) prima della
posa di un nuovo strato di conglomerato. Nel presente paragrafo si riportano, a
partire dal caso italiano, tutte le direttive e norme rinvenute in materia di verifica
del collegamento tra gli strati e di stesa di mano d’attacco, dei più importanti
paesi europei. L’intento è quello di evidenziare come le mancanze riscontrate in
Italia non siano, purtroppo, una eccezione in Europa e come, nonostante il
problema del collegamento tra gli strati del pacchetto stradale sia oramai
dimostrato essere fondamentale per la vita utile della sovrastruttura, le
normative e le specifiche non si aggiornino, restando, in alcuni casi, prive di una
benché minima indicazione ed in altri, con regole che, seppur presenti, non sono
certo al passo coi tempi della moderna progettazione prestazionale.
Gli sforzi di rinnovamento nascono da più parti: non solo, come visto, fioriscono
progetti di ricerca sul collegamento tra gli strati e sull’impiego di mani d’attacco
in tutta Europa e non, ma, consci dell’attualità e della fruttuosità del problema,
sono gli stessi produttori di emulsioni e bitumi, spesso riuniti in associazioni più
o meno note, a promuovere il progresso nell’utilizzo dei loro materiali. Un
esempio recente di sensibilizzazione nel campo, è stato senz’altro l’interessante
workshop (di cui si è trattato all’inizio del presente capitolo) proposto dal
153
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
154
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
155
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
156
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Sembra essere il più promettente. Il test può essere condotto in sito ed esclude la
distruzione della pavimentazione se il collegamento è completo. L’apparato
mobile applica uno sforzo di trazione (stripping resistance)
.…omissis…
Conclusioni
Lo studio condotto mostra che le mani d’attacco sono un elemento essenziale
nelle costruzioni stradali nel mondo, tranne alcuni casi, ed aiutano
nell’assicurare pavimentazioni più durevoli, nonostante il loro basso costo. Noi
speriamo che i tests attualmente in fase di sviluppo possano aiutare nel definire
un approccio più razionale a tale tecnica, in modo da caratterizzare meglio i
nuovi leganti e mostrare la loro efficienza ed il loro impatto a lungo termine.
Questo dovrebbe rendere possibile l’ottimizzazione della progettazione in
relazione alle condizioni locali ed alle differenti tecniche applicative dei
conglomerati bituminosi.
In Italia [90][91][92]:
Il quadro italiano è, come detto, carente. L’adeguamento al sistema normativo
europeo è lento e difficile ed oramai i vecchi Bollettini Ufficiali del CNR non
sono più sufficienti a coprire la necessità di regole ed indicazioni, sull’intero
fronte delle costruzioni stradali. L’UNI è in forte attività per l’armonizzazione
alle norme europee, ma fin’ora, i Comitati Tecnici incaricati del compito, hanno
acquisito soltanto alcuni raggruppamenti normativi, tra cui il più avanzato pare
essere quello dei sigillanti bituminosi a caldo ed a freddo.
Le indicazioni circa le lavorazioni di cantiere e le verifiche in corso d’opera o
successive, vengono tradizionalmente impartite dalle Specifiche tecniche di
Capitolato d’Appalto fornite dall’ente proprietario della strada. Per tale motivo
157
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
158
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Alla luce di quanto visto fin’ora nei precedenti capitoli l’evidente mancanza di
indicazioni chiare ed esaustive è allarmante. Riallacciandosi, infatti, a quanto
concluso al termine del primo capitolo ed a quanto riportato da Roffe J.C. circa
il deterioramento delle pavimentazioni francesi degli anni '80, si può pensare a
159
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
ragione che, molte delle costruzioni stradali realizzate negli ultimi anni od in
fase di realizzazione, potranno soffrire in un futuro più o meno prossimo, di
degradazioni premature (fessurazioni, ormaiamenti, distacchi) legate alla scarsa
attenzione prestata in fase di costruzione all’applicazione (o meno) della mano
d’attacco. Nei tre esempi di Capitolati riportati, peraltro tra i più rappresentativi,
vengono citati soprattutto dei quantitativi di emulsione bituminosa o di bitume
da spruzzare sul piano di posa, in certi casi oltre ad esserne richiesti quantitativi
notevoli, non viene nemmeno specificato il tipo di emulsione o di bitume, in
altri, l’emulsione da posare è la stessa qualsiasi sia il tipo di intervento
costruttivo da realizzare; si pensi soltanto alla differenza tra una superficie
fresata ed una di nuova realizzazione. In essi, non si parla di condizioni
ambientali di spruzzatura, di efficienza dei mezzi di stesa, di prove di
uniformità, di verifiche dei quantitativi di bitume residuo anidro effettivi, di
verifiche di rottura, di controllo della presenza di contaminazioni, di prelievi di
campioni di legante, di controllo del rischio di asportazione dell’emulsione
prima e del legante bituminoso poi; a proposito di quest’ultimo punto si richiede
l’applicazione di sabbie, graniglie o cemento per consentire il passaggio dei
mezzi d’opera, senza essere certi dell’effetto che tali materiali possono avere
sull’effettivo collegamento tra gli strati e quindi sull’efficacia della mano
d’attacco appena applicata.
Inoltre, ma è plausibile, in nessun caso è esplicitamente richiesta la
progettazione della mano d’attacco, ovvero lo studio preventivo del tipo e del
quantitativo emulsione o di bitume puro da stendere per quella determinata
lavorazione, che prevede quei conglomerati bituminosi a contatto, con quella
macrorugosità del piano di posa e quella dimensione nominale massima degli
inerti dello strato sovrastante. Di questo aspetto si tratterà nelle conclusioni del
presente lavoro dove verrà avanzata una proposta di metodologia progettuale di
laboratorio per le mani d’attacco bituminose.
160
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
161
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
impiegati e sulle Series 900 delle Specifications, inerenti la posa del pacchetto
stradale.
Nelle BS 434-2 “Code of practice for use of bitumen road emulsions” [95] sono
fornite le linee guida per l’impiego delle emulsioni (cationiche od anioniche) per
uso stradale. Vengono specificati i materiali, le lavorazioni in sito, i tempi di
rottura e sono descritti tutti i tipi di impiego, compresa l’applicazione curativa su
pavimentazioni in calcestruzzo. In particolare, all’inizio della norma viene
indicata la K1-40 come tipo di emulsione cationica da utilizzare per le mani
d’attacco. Quando il clima è umido o le condizioni non agevolano una buona
evaporazione dell’acqua, è consigliato invece, l’uso di emulsioni classe K1-60 e
K1-70 per abbreviare i tempi di rottura. Nella sezione 14 denominata Tack
Coating viene definita l’applicazione delle mani d’attacco. Nonostante la
sezione non sia ampia, le indicazioni fornite sono chiare e precise. Si richiedono
emulsioni di tipo A1-40 o K1-40 da essere impiegate al più presto dopo la
consegna, se ciò non fosse, occorre assicurare la loro omogeneità agitandole. Si
richiede uniformità di stesa evitando ristagni localizzati, ma soprattutto si
stabiliscono quantitativi di emulsione puramente indicativi compresi tra i 0.3 L/
m2 ed i 0.5 L/ m2, e si precisa che il reale quantitativo spruzzato, viene deciso
per ciascun lavoro in relazione alle diverse circostanze incontrate. Ad esempio,
si dice che, il tenore basso è indicato per un substrato chiuso, mentre quello alto
per un substrato rugoso. Un quantitativo inferiore agli 0.3 L/ m2 è indicato nel
caso di applicazione di slurry seal, mentre quantitativi superiori ai 0.5 L/ m2
sono indicati per taluni substrati in calcestruzzo. Infine, si richiede l’attesa della
completa rottura dell’emulsione prima della posa dello strato successivo. Una
breve clausola finale descrive l’impiego di granigliatura prebitumata fine per
ovviare all’inconveniente dell’asportazione del legante da parte dei mezzi di
cantiere.
162
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Già queste prime regole appaiono più esaustive di quelle italiane, basti pensare
al fatto che sono contenute negli “Standards” ossia nelle norme che in Italia
corrisponderebbero alle norme CNR o UNI. Ma non è tutto qui. La norma BS
594-2 “Specification for Transport, laying and compaction of hot rolled asphalt”
[97] fornisce, nella sezione 5, la descrizione di tutte le operazioni preliminari da
eseguirsi sul piano di posa del nuovo strato bituminoso. In particolare, è
richiesto che il piano di posa sia esente da contaminazioni di qualsiasi tipo,
specificando che il transito dei mezzi di cantiere sulla superficie venga limitato
al minimo e che il piano sia regolare ed omogeneo. Al punto 5.5 viene
espressamente definito il ruolo di tack coats o bond coats come promotori di
adesione tra gli strati di una pavimentazione nuova o nei casi di interventi di
manutenzione. La loro scelta dipende dalle condizioni del substrato, dalla
rigidezza e dal contenuto di bitume degli strati e dal tipo di sito. I tack coats
sono definiti come emulsioni bituminose di classe K1-40 o 60 in conformità alle
BS 434-1, mentre i bond coats sono materiali bituminosi di proprietà di
produttori che ne hanno richiesto la certificazione al BBA/HAPAS (vedi Torque
Bond Test) e che in genere vengono impiegati nei casi di necessità di forti
quantitativi di mano d’attacco o di particolari lavorazioni. Al punto 5.5.2 sono
riportati i quantitativi di mano d’attacco (tack o bond coats) da stendere sul
piano di posa, a seconda del contenuto di bitume nei conglomerati di interfaccia
e della natura dello strato sottostante, assieme ad una serie di note circa il loro
impiego in casi particolari come, ad esempio, il caso di traffico temporaneo. Se
ne riportano i valori espressi in Kg/m2 di bitume residuo anidro nelle tabelle 3.5,
3.6, 3.7, 3.8 e 3.9. Si ricorda anche che nel caso di bond coats i tassi di
applicazione in Kg/m2 debbono essere forniti dal produttore proprietario della
certificazione e che nel caso in cui questi non ne fornisca, ci si deve attenere ai
quantitativi riportati nelle tabelle corrispondenti (3.7, 3.8 e 3.9). Tutte le
percentuali di bitume sono in peso sulla miscela di conglomerato.
163
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Tabella 3.5: Quantitativi di bitume residuo da tack coat in Kg/m2 raccomandati nel caso di
conglomerato bituminoso nuovo. Nuova costruzione.
Tabella 3.6: Quantitativi di bitume residuo da tack coat in Kg/m2 raccomandati nel caso di
superfici pre-esistenti. Manutenzione.
Tabella 3.7: Quantitativi di bitume residuo da bond coat in Kg/m2 raccomandati nel caso di
conglomerato bituminoso nuovo. Nuova costruzione.
164
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Tabella 3.8: Quantitativi di bitume residuo da bond coat in Kg/m2 raccomandati nel caso di
superfici pre-esistenti. Manutenzione.
Tabella 3.9: Quantitativi di bitume residuo da bond coat in Kg/m2 raccomandati per
migliorare l’impermeabilità delle superficie dello strato sottostante/superficie esistente.
Le mani d’attacco, siano esse tack coats o bond coats debbono essere applicate
in maniera uniforme. La norma richiede inoltre, che il colore della superficie
spruzzata si tramuti dal marrone al nero, ossia che l’emulsione rompa, prima
della stesa dello strato successivo, tranne nel caso in cui l’applicazione avvenga
tramite barra spruzzatrice integrata alla vibrofinitrice – il ché pare non corretto-
e che nel caso si formino ristagni di emulsione questi vengano eliminati tramite
scopa e lasciati asciugare. A questa stessa norma (BS 594-2) fanno riferimento
le Series 900 delle “Specifications for Highway Works” di cui si è detto in
precedenza. Infatti, esse costituiscono l’equivalente dei capitolati autostradali
italiani e per il fatto che già le norme BS sono ricche di indicazioni, le
“Specifications” non fanno altro che rimandare ad esse per la costruzione del
165
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
In Germania [109][110][111]:
In Germania, il problema della caratterizzazione della resistenza del
collegamento tra gli strati bituminosi della pavimentazione stradale
(Schichtenverbund), è sentito già da diversi anni, tanto che il test specifico per
valutarla, il Leutner test, fu ideato alla fine degli anni '70. Come descritto nel
paragrafo precedente, il Leutner test è entrato di diritto tra le specifiche di prova
tedesche e rappresenta l’unica metodologia con la quale verificare il
collegamento tra gli strati di un pacchetto stradale. Le istruzioni di riferimento
sono le 2312-1999: Asphalt Prüfung – ALP A-Stb Teil 4, nelle quali viene
descritta l’apparecchiatura e la procedura di prova, nonché le operazioni di
prelievo dei provini per il test. Tuttavia, paradossalmente, nelle norme e nelle
specifiche tedesche, non sono contemplate indicazioni circa i limiti di
accettabilità dei valori ottenuti col Leutner. L’unica nota deriva dalla
sperimentazione condotta dalla ricercatrice U. Stöckert [61], la quale, in seguito
ad una estesa campagna investigativa sulle condizioni di collegamento tra gli
strati della pavimentazioni tedesche di nuova e di vecchia costruzione, ha
suggerito alcuni limiti da imporsi ai valori di carico tagliante a rottura, espresso
166
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Tabella 3.10: Valori minimi di Sforzo di Taglio e spostamenti ottenuti da Leutner test.
167
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
f X
150 - 250 250 - 350
PmOB Art C U 60 K
f - X
150 - 250
(ABi)
Tabella 3.11: Quantitativi di emulsione in gr/m2 in funzione della tipologia del nuovo strato
e della tipologia e delle condizioni dello strato sottostante. Strade a traffico pesante.
168
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
U 60 K U 60 K U 60 K HK
gf X
250 - 350 250 - 350 250 - 350 200 - 300
U 60 K U 60 K U 60 K
o/a X
300 - 400 300 - 500 250 - 350
HK HK
s - X
200 - 300 200 - 300
U 60 K HK U 60 K HK
Strato di Collegamento
f X X
150 - 250 150 - 250 150 - 250 150 - 250
U 60 K U 60 K HK U 60 K HK
gf X
250 - 350 250 - 350 200 - 300 250 - 350 250 - 350
U 60 K U 60 K
o/a X X
300 - 400 250 - 350
HK HK
s X X
200 - 300 200 - 300
Tabella 3.12: Quantitativi di emulsione in gr/m2 in funzione della tipologia del nuovo strato
e della tipologia e delle condizioni dello strato sottostante. Strade a traffico leggero.
dove:
s: significa substrato polveroso.
169
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
In Svizzera:
La situazione Svizzera è del tutto analoga a quella tedesca.
Obiettivo della norma SN 640430 “Enrobés bitumineux compactés” [107] è
quello di fissare tutte le raccomandazioni e le prescrizioni relative alla
concezione ed alla realizzazione di strati d’usura, di collegamento, di base e di
fondazione in conglomerato bituminoso compattato, che non siano contenute
nella normativa europea riguardanti i conglomerati bituminosi.
Secondo la norma svizzera, per garantire un buon collegamento (liaison
irreprochable) tra i diversi strati di conglomerato bituminoso, è necessario
applicare, per nebulizzazione, una adeguata mano d’ancoraggio (enduit
d’accrochage). Per essa occorre utilizzare emulsioni di bitume conformi alla
norma SN 670200, dopes d’adesività, oppure altri prodotti che siano comunque
appropriati. Il dosaggio è funzione della natura del supporto e deve essere
definito prima della messa in opera. Si indica comunque per il quantitativo
minimo un valore che vari tra i 100 ed i 200 g/m2 di bitume residuo. Per
superfici “chiuse” il dosaggio di emulsione sarà piuttosto basso. Per superfici
rugose (ad esempio “fresate”) al contrario, dice la norma, conviene aumentare il
quantitativo in maniera appropriata.
In particolare, per quanto riguarda la realizzazione di pavimentazioni di
conglomerato poroso, si richiede l’applicazione di una mano d’attacco, su un
supporto impermeabile, in ragione di un valore indicativo per il dosaggio
170
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
compreso tra 150 e 300 g/m2 di legante residuo; segue l’eventuale applicazione
di SAMI.
Per quanto riguarda la nebulizzazione della mano d’attacco, le norme indicano
che essa dovrà essere tale da ottenere una ripartizione uniforme del legante. La
rottura dell’emulsione od in generale, la presa del prodotto d’ancoraggio dovrà
concludersi prima della stesa del successivo strato bituminoso.
Al punto G della stessa norma sono elencati i controlli relativi ai materiali posati
ed alla pavimentazione con essi realizzata. In particolare, il punto numero 45,
“Liaison entre les couches”, fornisce valori limite di riferimento per prove di
taglio diretto eseguite secondo la norme SN 671961 “Détermination de la liaison
entre les couches (selon Leutner) [108], ossia impiegando la stessa metodologia
Leutner tedesca. I valori vengono definiti in base alle classi di traffico della
strada esaminata e valutati su 4 carote prelevate per ciascuna sezione di posa. Il
valore intermedio è quello considerato attendibile. Il valore minimo di resistenza
al taglio richiesto al collegamento è di 15 KN almeno, all’interfaccia tra strato di
usura e strato di collegamento, lo stesso all’interfaccia tra strato di usura e strato
di base, in assenza di strato di collegamento. Tra tutti gli strati restanti occorre
ottenere almeno 12 KN. Infine, la norma sancisce che non vi sono esigenze di
verifica tra strato bituminoso di base e strato di fondazione.
La situazione svizzera è, analogamente al caso tedesco, completa, in quanto
sono forniti sia i valori dei quantitativi di mano d’attacco da stendere, sia i valori
di resistenza del collegamento tra gli strati, da verificarsi con una prova
standardizzata come il Leutner. Resta tuttavia, l’aleatorietà decisionale in fase di
scelta del prodotto per la mano d’attacco e sui quantitativi effettivi da applicarsi
per ciascun caso. In definitiva, la norma è cosciente del fatto che superfici
diverse necessitino di materiali e quantitativi diversi, ma non spiega come
effettuare la scelta, lasciando in pratica il compito alla mercé degli interessi di
cantiere. Inoltre, i valori minimi di KN richiesti per le prove Leutner appaiono,
171
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
In Francia:
Il quadro francese, è stato descritto dagli stessi Roffe J.C. e Chaignon F.
nell’ultima parte della memoria già descritta e presentata alla conferenza sui
materiali stradali di Salonicco nel 2002 [78]. Ecco alcuni punti:
….omissis…
… gettiamo uno sguardo alle proporzioni comunemente impiegate in Francia…
…anzitutto le mani d’attacco vengono applicate con barre spruzzatici
autocarrate e non con spruzzatici a mano od altri metodi rustici. Ciò rende
possibile progettare tassi di applicazione industriali. E’ importante descrivere le
mani d’attacco in termini di quantitativo di bitume residuo piuttosto che di
emulsione bituminosa il cui quantitativo in bitume può variare notevolmente.
Interfaccia tra fondazione non legata e strato di base bituminoso:
la superficie della fondazione dopo la compattazione viene spruzzata con un
film di sigillatura contenente 1.2 Kg/m2 di emulsione bituminosa e ricoperto con
graniglia 4-6 mm. Prima della posa del conglomerato successivo, viene
applicata sulla lavorazione precedente, una mano d’attacco contenente 0.2
gr/m2 di bitume residuo.
Interfaccia tra due conglomerati bituminosi:
si applicano sistematicamente mani d’attacco a 0.2 gr/m2 di bitume residuo,
anche quando lo strato inferiore è stato steso di recente.
172
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
Senza entrare nel merito della qualità e della precisione di stesura della memoria
di Roffe e Chaignon è possibile fare alcune considerazioni.
La prima è critica nei confronti dei due rappresentanti di una delle più note
associazioni di produttori ed utilizzatori di emulsioni bituminose l’IBEF, i quali
ad una conferenza internazionale di richiamo come quella di Salonicco, per
cercare di pubblicizzare l’uso di prodotti bituminosi nelle mani d’attacco e
sensibilizzare gli addetti ai lavori nei confronti del problema della
caratterizzazione del collegamento tra gli strati bituminosi del pacchetto
stradale, hanno proposto un articolo scarno e privo di riferimenti normativi, più
mirato a fornire quantitativi di mano d’attacco da stendersi, che suggerimenti
reali circa i modi coi quali affrontare il problema effettivo della progettazione
delle mani d’attacco. In sostanza, hanno descritto come buona norma, l’usanza
francese di stendere molto bitume, anche con strati di graniglia frapposti e con
173
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
174
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
3.4 CONCLUSIONI
Alla luce di quanto descritto nei paragrafi iniziali del presente capitolo si
sottolinea ancora una volta come fin dagli anni '70 vi sia una certa sensibilità dei
gruppi di ricerca di tutto il mondo verso il problema del collegamento tra gli
strati della pavimentazione stradale. Il fiorire di studi e metodologie di prova più
o meno articolati ne sono la prova. Tuttavia, per la complessità del problema e
per il numero di variabili che intervengono nel caratterizzarlo, si è dimostrato
assai arduo il compito di definirne compiutamente tutti gli aspetti, in una sola
sperimentazione e le conclusioni cui si è giunti sono rimaste purtroppo isolate.
In pratica, le ricerche sono state di due tipi. In un primo gruppo si annoverano
quelle condotte prevalentemente in laboratorio per le quali, messa a punto la
metodologia di prova, si sono confezionati svariati campioni con materiali e
condizioni di interfaccia diverse e li si è sottoposti a test in configurazioni
variabili di temperatura e carichi esterni. Si sono ottenute informazioni di
resistenza del collegamento in relazione al tipo ed al quantitativo di legante
impiegato, al tipo di miscela adottata, all’entità del carico normale all’interfaccia
e soprattutto alla temperatura di prova. Nel secondo gruppo si identificano le
sperimentazioni in sito, per le quali nella maggior parte dei casi è stata prevista
una estesa campagna investigativa su campioni prelevati da pavimentazioni
stradali od autostradali al fine di caratterizzarne il collegamento e fornire
indicazioni di massima per specifiche di verifica dello stesso.
In ambedue i casi, le sperimentazioni condotte dai singoli gruppi di ricerca non
si sono dimostrate ad oggi del tutto esaustive e, nella maggior parte dei casi, le
ricerche avviate non hanno avuto un seguito. Ecco che, molte metodologie di
prova sono state abbandonate o non hanno dato luogo a filoni di ricerca locali.
Soltanto il Leutner test appare avere una certa continuità di utilizzo e soprattutto
negli ultimi se ne è visto l’impiego per almeno cinque sperimentazioni differenti
delle quali una in Svizzera, una in Olanda, due a Nottingham (di cui una in
175
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
176
Capitolo 3: Studi sperimentali, test e normative sul collegamento tra gli strati.
177
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
CAPITOLO 4
LA SPERIMENTAZIONE INGLESE
4.1.1 Introduzione
Nel presente capitolo, verrà descritta una parte dei risultati del primo progetto di
ricerca inerente il collegamento tra gli strati bituminosi della pavimentazione
stradale, condotto presso il Nottingham Centre for Pavement Engineering
(NCPE) [113] dell’Università di Nottingham, nel Nottinghamshire inglese.
Il progetto di ricerca dal titolo “The Importance of Bonding between Pavement
Layers”, iniziato nel giugno del 2000 e conclusosi nel giugno del 2002, è stato
sponsorizzato (circa 194000 sterline inglesi) dall’Engineering and Physical
Sciences Research Council (ESPRC) inglese in collaborazione con importanti
società del campo stradale tra le quali: Aggregate Industries UK Ltd., Nynas
Bitumen, Tarmac Central Ltd., Dynatest UK Ltd. e Scott Wilson K. Pavement
Engineering.
Nei due anni di progetto, sotto la supervisione dei Proff. Stephen F.Brown ed
Andrew C.Collop e del Dr.Nicholas H.Thom, sono state condotte parallelamente
alcune ricerche finalizzate alla caratterizzazione del collegamento tra gli strati
della pavimentazione in generale ed, in particolare, allo studio di una valida
metodologia di laboratorio per una sua valutazione quali-quantitativa ed alla
messa a punto di una tecnologia Non Distruttiva da impiegarsi per la verifica del
collegamento in sito.
Nei primi 18 mesi di studio si è curata la revisione letteraria, si sono eseguite
modellazioni numeriche del collegamento tra gli strati con software specifici, si
è valutata l’efficacia della metodologia PSPA [18] nello studio non-distruttivo in
178
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
179
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
180
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
181
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
182
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
100
90
80
70
60
50
40
30
Minimum Specification
20 Maximum Specification
10 Midpoint
design
0
0.01 0.1 1 10 100
183
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
Tre sono i trattamenti proposti per simulare le condizioni di una stesa reale.
La prima interfaccia scelta (denominata “normal amount of tack coat” o “N”)
rappresenta il caso di una buona lavorazione: una mano di emulsione bituminosa
(K1-40 a rapida azione in conformità con le BS 434-1) al 40% di bitume viene
stesa sulla superficie dello strato inferiore in modo da ottenere un quantitativo di
bitume residuo anidro pari a circa 200 g/m2. Il quantitativo di emulsione è
leggermente variabile tra una superficie di DBM 20mm o DBM 28mm per via
della diversa rugosità superficiale dei due materiali. Come visto nel capitolo
precedente, le norme inglesi richiedono un stesa di emulsione compresa tra i 0.3
L/m2 ed i 0.5 L/m2 ed il quantitativo reale deve essere stabilito per ciascun
lavoro a seconda delle caratteristiche specifiche del caso. Viene anche citata la
necessità di lasciare “rompere” completamente l’emulsione prima di eseguire la
stesa successiva, cosa che spesso nella pratica comune non avviene.
184
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
185
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
Combinando i materiali utilizzati per i vari strati con le interfacce teste descritte,
si sono ottenute un certo numero di combinazioni di base, per ciascuna delle
quali sono state prodotti tre o più piastre da cui estrarre due carote da sottoporre
a Leutner test. La tabella 4.3 riporta le combinazioni di base testate.
Ogni combinazione presenta un codice identificativo composto da tre lettere di
cui la prima indica la natura dello strato superiore, la seconda il tipo di
interfaccia e la terza il tipo di strato inferiore, essendo scontato che nel caso di
combinazioni di tipo DxD si è impiegato uno strato inferiore in DBM28 mm. Da
un totale di 29 piastre si sono ricavate 58 carote complessive impiegate per la
sola sperimentazione di base; altre piastre doppio strato sono state confezionate
per ulteriori prove descritte in seguito.
186
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
187
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
188
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
riportate sono basate sulla relazione esistente tra il risultato del Leutner test e
l'aspetto delle superfici di interfaccia delle carote. Nell’esaminare le carote
testate si sono considerati alcuni parametri quali: la presenza e la qualità di
ingranamento all'interfaccia, la presenza sulla superficie di materiale asportato
dall'altro strato, la compattazione dei due strati, la presenza e lo stato dello slurry
steso per contaminare l'interfaccia, la presenza e lo stato del bitume residuo
dall'emulsione stesa e l'eventuale posizionamento improprio della carota
riscontrabile con la rottura, talvolta inevitabile, di uno o più aggregati di bordo.
Nel grafico è possibile identificare tre aree, all’interno delle quali si raggruppano
i punti rappresentativi dei test condotti. Queste aree si sviluppano lungo un
ipotetico settore circolare centrato nell’origine degli assi. L’area più distante
dall’origine quantifica il collegamento ottenuto per i provini preparati con
emulsione; in essa sono racchiusi i punti di picco dei test coi valori più alti, sia
in termini di Carico(KN), sia di Spostamento(mm), a conferma di come la
presenza della mano d’attacco, fornisca un contributo decisamente positivo al
collegamento.
32.00
30.00
Load- PEAK (kN)
28.00
26.00
24.00
22.00 HND
20.00 HOD
18.00 HCD
16.00 SND
14.00 SOD
12.00 SCD
10.00 DND
8.00 DOD
6.00 DCD
4.00
2.00
Displ.-PEAK (mm)
0.00
0.00 1.00 2.00 3.00 4.00 5.00
Figura 4.6: Grafico dei punti di picco ottenuti dai Leutner test.
189
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
190
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
Il filler residuo dello slurry, lasciato seccare, viene nuovamente bagnato con la
stesa dell’emulsione bituminosa. L’acqua di rottura della mano d’attacco in
parte evapora ed in parte viene assorbita dal filler ed imprigionata
nell’interfaccia con la stesa dello strato superiore caldo. Il colore dello sporco
residuo sulle superfici della carota testata appare, a differenza del caso con solo
slurry, bronzeo e si avverte la presenza di umidità che, a giudicare dai risultati
ottenuti, influenza negativamente il collegamento nonostante la presenza del
bitume dall’emulsione. La quantità di sporco e l’umidità, infatti, non consentono
di sfruttare tutto l’ingranamento disponibile all’interfaccia per la resistenza al
taglio e nemmeno le proprietà adesive della mano d’attacco.
Una variabile importantissima è risultata essere la compattazione. Test relativi a
carote nelle quali la superficie cilindrica esterna dell’SMA appariva porosa per
una scarsa compattazione, hanno fornito valori anche 8KN inferiori a quelli con
buona compattazione. Le differenze più evidenti si sono riscontrate appunto
negli SMA che, se ben compattati ed in presenza di emulsione, presentavano
sulla superficie di interfaccia tracce di materiale asportato dallo strato inferiore a
riprova del notevole ingranamento e del potere adesivo del bitume residuo. Una
scarsa compattazione porta, invece, a risultati nettamente inferiori. L’assenza di
ingranamento è riscontrabile nell’aspetto della superficie di interfaccia
dell’SMA del tutto simile a quella superiore dello strato finito.
Tra i risultati ottenuti sono da annoverare anche quelli relativi ad una gamma di
test condotti parallelamente alla sperimentazione di base, necessari al fine di
comprendere meglio il comportamento del collegamento tra gli strati in
determinate condizioni di prova. Per investigare gli effetti della temperatura
dell’interfaccia sulla resistenza del collegamento tra gli strati, sono stati
eseguiti alcuni Leutner test a temperature diverse dai 20°C usuali. In particolare,
alcune carote di tipo SmaNDbm, sono state testate a 40°C (4) ed a 5°C (4). I
risultati hanno confermato quanto già rinvenuto in letteratura, mostrando una
191
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
192
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
193
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
194
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
195
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
sezioni principali per le quali attribuire i punteggi. Esse sono denominate come
segue:
• SEZIONE A: Interlocking (ingranamento) all’interfaccia;
• SEZIONE B: Adesione all’Interfaccia;
• SEZIONE C: Condizioni della pavimentazione;
• SEZIONE D: Compattazione strato superiore.
La prima sezione quantifica l’interlocking che si può sviluppare tra i due strati
all’interfaccia. Col termine interlocking si intende, come già visto, la resistenza
al taglio che si crea tra le superfici di contatto di due strati adiacenti, stesi in
tempi diversi, per effetto del loro reciproco immorsamento dovuto alle
caratteristiche delle miscele componenti ed alla loro compattazione. Un metodo
efficace di valutazione dell’interlocking può essere mutuato dalle misure di
aderenza. La prova denominata Altezza di Sabbia(mm) viene generalmente
utilizzata per quantificare la macrorugosità superficiale del piano viabile. Essa
fornisce anche una valutazione della capacità che la superficie dello strato
inferiore ha di ricevere la miscela di quello superiore caldo e creare con essa
immorsamento. Allo stesso modo l’Altezza di Sabbia dello strato superiore, pur
se fatta sulla superficie finale e non su quella di interfaccia, consente di valutare
come il materiale dello stesso strato sia in grado di inserirsi all’interno dei vuoti
della superficie di stesa fredda. L’utilizzo della prova di Altezza di Sabbia verrà
ampiamente descritto nel capitolo successivo.
Nella Sezione A per ognuno dei due strati, compaiono quattro diversi punteggi a
seconda dei millimetri di Altezza di Sabbia. Un punteggio alto viene attribuito al
parametro che è a favore del collegamento. Il caso migliore di ingranamento è
quello che prevede uno strato inferiore molto rugoso (HS>1.5mm) ed uno strato
superiore ricco di fini che penetrino facilmente negli interstizi, sotto l’azione del
rullo compattatore (HS<0.5mm). Sommando algebricamente i punteggi si ricava
il Totale di Sezione A.
196
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
CONTAMINAZIONE TRATTA
SUPERFICIE CONTAMINATA < 25% tra 25% e 50% tra 50% e 75% > 75%
2 2
BITUME RESIDUO (g/m )2
> 200 g/m 200 to 100 g/m < 100 g/m2
197
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
198
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
199
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
200
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
Spostamento 2.0 mmto 4.00 mm 1.5 mmto 3.00 mm 1.0 mmto 3.00 mm
Questo breve quadro introduttivo è utile per sottolineare come nei paesi di
lingua tedesca, il problema del collegamento tra gli strati (Schichtenverbund) sia
oggetto di studio già da diversi anni, e di come le normative dei vari paesi si
stiano opportunamente orientando in tal senso. Un grande slancio allo studio
della problematica è stato sicuramente portato dal lavoro di ricerca svolto dallo
stesso Prof. R.Leutner e dal semplice ed efficace test da lui ideato. Al contrario,
come sottolineato nel capitolo precedente, né le normative d’oltremanica, né
quelle italiane contemplano, ad oggi, un test specifico per la determinazione del
collegamento tra gli strati della pavimentazione durante la sua vita utile, né
201
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
202
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
con il Leutner sono state prelevate prima e dopo il trafficking. Sulla base di
quanto osservato da U.Stöckert e sulla base di quanto verificato a Nottingham,
gli effetti del traffico comportano, in generale, un aumento della resistenza del
collegamento per via dell’effetto compattante dei carichi. Su 40 carote prelevate
dalla PTF e testate, si sono riscontrati aumenti sia per i valori di
Spostamento(mm), sia per quelli di Carico(KN). Il grafico di figura 4.8 riporta
per semplicità soltanto i risultati medi ottenuti per il Carico(KN).
45.00
30.00
25.00
20.00
15.00
10.00
5.00
0.00
talcum pwdr talcum pwdr excess tack coat excess tack coat clay slurry clay slurry normal tack coat normal tack coat
20 mm 40 mm 20mm 40mm 20 mm 40 mm 20 mm 40 mm
NEW 0.00 7.56 20.07 20.37 1.81 10.51 15.08 18.60
TRAFFIC 12.06 14.50 28.02 38.24 20.88 17.59 21.63 38.62
Figura 4.8: Confronto tra Leutner test eseguiti su carote prelevate da PTF.
203
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
204
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
quelli per pavimentazioni nuove sia perché, come descritto, l’effetto della sola
compattazione dovuta al traffico ne comporta un aumento, sia perché nel caso in
cui la pavimentazione sia affetta da ormaiamento e fessurazioni notevoli, le
risorse di resistenza della struttura restano in gran parte affidate al collegamento.
Un aumento di 5 KN rispetto al caso di pavimentazione nuova è parso
sufficiente. Il periodo di vita dopo il quale si possono richiedere i valori di
resistenza più alti è stato indicativamente fissato in un anno, anche alla luce
degli studi tedeschi, ma sarà opportuno ridefinirlo in futuro sulla base del
numero di Assi Standard transitanti e del quadro climatico cui è soggetta la
pavimentazione in esame. La stessa tabella 4.6 riporta nelle colonne la
distinzione dell’interfaccia testata. La prime due colonne si riferiscono
all’interfaccia più superficiale ed a quella ad essa sottostante, appartenenti ad un
pacchetto stradale che presenta lo strato di binder. La terza colonna si riferisce
all’interfaccia più superficiale di una pavimentazione dove lo strato di binder è
assente. Le differenze sono chiaramente dovute ai diversi livelli tensionali cui le
interfacce sono soggette ed ai valori di resistenza effettivamente raggiungibili
nelle stesse.
Per quanto riguarda il campionamento della pavimentazione da testare, lo
schema di carotaggio può essere definito sulla base dell’importanza della strada,
facendo riferimento alle dimensioni geometriche della sovrastruttura ed al
traffico che essa deve sopportare. Generalmente si preleva un campione
costituito da due o tre carote ravvicinate, alternativamente sull’ormaia esterna, al
centro della corsia e sull’ormaia interna ad intervalli di lunghezza variabile caso
per caso: in genere dai 50 ai 100 metri a seconda della larghezza della
carreggiata. Un importante accorgimento è quello di marcare la superficie della
carota identificando la direzione di percorrenza al fine di posizionare
correttamente la carota entro il dispositivo di prova. Le semi-carote testate col
205
Capitolo 4: La sperimentazione inglese.
Leutner possono eventualmente, anche essere utilizzate per test di densità dei
conglomerati.
4.3 CONCLUSIONI
206
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
CAPITOLO 5
5.1 LA SPERIMENTAZIONE
5.1.1 Introduzione
In seguito all’esito positivo dell’esperienza di ricerca inglese, si è ritenuto
indispensabile, ai fini della redazione del presente lavoro, condurre anche in
Italia una sperimentazione che investigasse le proprietà del collegamento tra gli
strati della pavimentazione stradale per mezzo del Leutner Shear Test. Le
ragioni sono essenzialmente legate alla necessità di affiancare allo studio del
comportamento dei materiali inglesi, quello dei conglomerati bituminosi e delle
mani d’attacco italiane. A differenza della sperimentazione inglese, per la quale
il confezionamento dei campioni da sottoporre a prova è stato eseguito
completamente in laboratorio, nella sperimentazione italiana di seguito descritta,
si è preferito optare per provini estratti da pavimentazioni di stesa reali. In tale
modo, si è potuto anche tracciare un quadro ragionevolmente rappresentativo
delle reali condizioni di collegamento esistenti tra gli strati bituminosi di alcune
pavimentazioni dell’interland bolognese e, più in generale, di quelle ottenibili
mediamente nella pratica comune degli interventi manutentivi ordinari.
207
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
208
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
209
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
210
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
Come già accennato nel paragrafo precedente, per ciascuno dei sette siti presi in
considerazione si è resa necessaria, al fine di caratterizzare le condizioni di
collegamento tra gli strati riscontrate in laboratorio, una serie di misurazioni e
rilievi in sito, da effettuarsi antecedentemente alla posa del conglomerato
bituminoso di usura e subito dopo la sua compattazione. Di seguito se ne
fornisce una breve descrizione giustificandone l’effettuazione.
211
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
212
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
213
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
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Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
215
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
216
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
Sabbia del piano di posa e della superficie di usura per valutarne la possibilità di
ingranamento. Per cui se una superficie di posa restituisce un HS di 1.3 mm e
l’usura un HS pari a 0.3 mm, si può pensare che in seguito alla corretta
compattazione si crei ingranamento.
217
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
operazioni di stesa, sia per non creare troppi punti non trattati, si dispongono i
vassoi ad una distanza compresa tra i 3 ed i 5 metri. Nel caso di disposizione
affiancata, al fine di rilevare l’uniformità di stesa trasversale, è opportuno
considerare lo scartamento delle ruote del mezzo per non condizionarne il
passaggio durante la spruzzatura. La figura 5.2 rappresenta a sinistra un esempio
di vassoio impiegato nella presente sperimentazione ed a destra la disposizione
in cantiere di un certo numero di vassoi prima del passaggio della barra
spruzzatrice.
Figura 5.2: Vassoio per la misura del bitume residuo e disposizione in sito.
218
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
Figura 5.3: Test dei Vassoi: superficie di stesa bagnata di emulsione e vassoi.
219
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
220
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
800
2
bitume residuo gr/m
600
536.0
521.3
500
493.3
482.7 498.7
477.3
437.3 444.0
400
300
200
100
vassoio n°
0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9
Figura 5.5: Test dei Vassoi: grafico relativo al bitume residuo steso.
221
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
222
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
La figura 5.7 rappresenta uno schema riportato nel quaderno di cantiere, nel
quale sono annotate tutte le informazioni utili per una delle sezioni esaminate; in
particolare è visibile la posizione dei vassoi, quella dei rilievi di macrorugosità
ed i punti nei quali sono state prelevate le carote per i test.
223
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
In questo particolare sito, anziché creare una apposita sezione priva di mano
d’attacco, si sono sfruttati i punti privi di legante lasciati dai vassoi, all’interno
dei quali effettuare i carotaggi di controllo.
224
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
225
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
Vista dall’alto
226
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
227
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
228
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
test non hanno successo proprio per il fatto che le carote non sono state prelevate
correttamente o perché, anche nel caso in cui lo siano, le pendenze trasversali
del conglomerato più superficiale sono tali da compromettere l’ortogonalità di
cui sopra. La conseguenza di un non corretto posizionamento del provino entro
il dispositivo di taglio, comporta l’applicazione dell’azione tagliante nel volume
di uno dei due strati bituminosi a contatto e non in corrispondenza
dell’interfaccia tra essi e la inutilità dei dati registrati. Più avanti si vedrà come
questo problema potrebbe essere ovviato modificando la forma dei semi-anelli
di carico. Una volta posizionata la carota e vincolatala tramite la vite di
serraggio posteriore, è possibile portare il semi-anello superiore di taglio a
contatto con lo strato anteriore del provino somministrando un leggero pre-
carico: in genere non più di 0.05 KN. A questo punto il test può avere inizio ed
il pistone della pressa può avanzare alla velocità prestabilita fino a portare a
rottura il provino. Un particolare accorgimento di sicurezza prevede di imporre
l’arresto del pistone quando tra i due supporti metallici dei semi-anelli, si
raggiunge una distanza inferiore ai 2 mm. In tale modo si evita che essi possano
venire pericolosamente a contatto.
50 mm/min.
150
mm
229
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
50.0
Sforzo di Taglio (kN)
45.0 20 °C
40.0
35.0
30.0
25.0
20.0
15.0
10.0
230
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
Nel capitolo successivo verranno presi in esame gli andamenti di tutte le prove
Leutner eseguite nei sette siti adottati ai fini della sperimentazione. In
particolare, per ciascun sito si trarranno conclusioni legate alle specifiche
condizioni delle interfacce sottoposte a prova ed al termine della serie si
confronteranno tra loro i risultati complessivi.
A conclusione di questo paragrafo si intende fornire alcune indicazioni utili
circa le possibili modifiche da applicarsi al dispositivo Leutner, al fine di
renderlo più rappresentativo delle reali condizioni in sito e più affidabile, oltre
che fonte di più informazioni di misura.
La prima indicazione nasce dalla carente rappresentatività che la configurazione
di prova originaria ha nei confronti delle effettive condizioni di carico stradali.
In prima istanza, è ipotizzabile l’applicazione di un carico orizzontale normale al
piano dell’interfaccia sottoposta a taglio. In sostanza, si tratta di vincolare la
carota alla traslazione orizzontale applicandovi posteriormente un contrasto e
somministrare sulla superficie dello strato anteriore, uno sforzo normale che
simuli le reali condizioni di carico in sito. Così facendo, è noto da altri studi, che
i valori di carico tagliante aumentano con l’aumentare dello sforzo normale
applicato e la caratterizzazione del collegamento tra gli strati può essere
realizzata tramite utili inviluppi di rottura sul piano (τ-σ). Allo stesso tempo è
plausibile anche la restituzione della misura della dilatanza, ovvero dello
spostamento in direzione normale al piano di interfaccia, della porzione
anteriore della carota durante l’evento di taglio. Tale importante indicazione può
essere molto utile per la caratterizzazione delle proprietà di ingranamento dei
conglomerati a contatto fino a rottura ed a rottura avvenuta, in condizioni di
contatto residue.
La seconda indicazione si riferisce alla concentrazione tensionale che si verifica
sulla superficie esterna del provino in corrispondenza del piano di taglio, ed alla
conseguente disuniformità che si produce sulla superficie di interfaccia. Tale
231
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
distribuzione delle tensioni è dovuta alla posizione reciproca ravvicinata dei due
semi-anelli di carico. Essa comporta come visto, la formazione di un piano di
taglio molto definito, che obbliga l’operatore ad una elevata precisione di
posizionamento e talvolta, vanifica comunque la prova, per la presenza sul
bordo di aggregati grossolani frapposti al piano di taglio, che arrivano a rottura.
Si è riscontrato mediamente che la rottura di un inerte determina un aumento di
carico pari a circa 5 KN. Se da un lato l’applicazione del taglio perfettamente in
corrispondenza dell’interfaccia appare teoricamente più corretta, dall’altro non
gioca certamente a favore della funzionalità del sistema. Nel caso di strati a
contatto confezionati con miscele di aggregati grossolani ed aventi un notevole
ingranamento reciproco, sarebbe alquanto difficile, se non impossibile,
individuare perfettamente l’interfaccia e posizionarla correttamente. Lo stesso
dicasi nel caso delle superfici di posa fresate, nelle quali la presenza di
ondulazioni dovute alle punte della fresa e la necessità di orientare il provino per
testarlo nella direzione di fresatura, comporterebbero notevoli difficoltà di
posizionamento onde evitare fratture localizzate degli strati. Ecco che, come per
altri sistemi di prova a taglio diretto quali Direct Shear Box, Shear Box e
ASTRA le scatole di taglio realizzano tra loro un gap di circa 5 mm a cavallo
dell’interfaccia in esame, così per il Leutner sarebbe pensabile la separazione
orizzontale dei semi-anelli di taglio a costituire un intercapedine analoga dove
l’interfaccia non sia confinata.
In una interessante analisi numerica condotta presso il Nottingham Centre for
Pavement Engineering (NCPE) tramite il codice di calcolo agli elementi finiti
ANSYS, sono stati messi a confronto due modelli che simulassero il
comportamento tenso-deformativo di un provino doppio strato sottoposto a
Leutner test; un primo modello rappresenta il dispositivo così come prodotto
all’origine, nel secondo i semi-anelli di taglio sono stati modificati e tra di essi è
stata imposta una distanza di 5 mm a rivelare una piccola porzione dei
232
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
233
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
Comparison of Standard/Modified
2.0
1.0
0.0
0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15
Stress (MPa)
-1.0
-2.0
-3.0
Std - normal stress
Std - shear stress
-4.0
Mod - normal stress
Mod - shear stress
-5.0
Diameter (m)
Comparison of Standard/Modified
0.2
0.2
0.1
0.1
Strain (%)
0.0
0 0.03 0.06 0.09 0.12 0.15
-0.1
Diameter (m)
234
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
235
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
236
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
Nella parte superiore della figura 5.12 è ben evidente come gli andamenti delle
tensioni tangenziali all’interfaccia, sul diametro verticale parallelo alla direzione
di taglio, abbiano un comportamento assai differente per i due modelli. La linea
verde è quella relativa alle tensioni nel modello di origine; come detto, queste
sono concentrate sul bordo esterno del provino e raggiungono i 3 MPa in
corrispondenza del semi-anello di carico superiore. Nel modello con semi-anelli
distanziati invece, la linea rossa non presenta anomale concentrazioni tensionali
ai bordi e si mantiene pressoché costantemente al di sotto dell’unità. Analogo è
l’andamento delle deformazioni nella parte inferiore della figura. Quanto
osservato è visibile anche su tutta la superficie di interfaccia, nelle restituzioni di
figura 5.13. In particolare, le tensioni tangenziali nel modello modificato, oltre
ad essere più che dimezzate rispetto a quelle del modello originario, sono più
distribuite sul contorno della carota e non danno luogo a notevoli ed indesiderate
concentrazioni locali.
Infine, è utile osservare anche quello che accade alle tensioni normali al piano di
interfaccia. In effetti, essendo i punti di carico fisicamente non allineati, si può
generare un momento sulla superficie di taglio, che tende a ribaltare la porzione
anteriore del provino verso l’esterno, ossia l’interno del foglio. Dalle figure 5.12
e 5.14 si evince come, nel modello standard, le tensioni di trazione al bordo
superiore siano maggiori di quelle del modello modificato che, in quel punto, è
invece sottoposto a compressione. Inoltre, l’area di compressione in azzurro
chiaro è più estesa per il modello modificato, il ché gioca a favore della stabilità
del test.
In conclusione, l’analisi numerica condotta sottolinea come, intervenire sul
dispositivo aumentando la distanza tra i semi-anelli di carico, possa sortire
effetti positivi sulla distribuzione tenso-deformativa della superficie di
interfaccia. In particolare, si può ottenere una riduzione delle tensioni ai bordi
della carota ed una loro maggiore uniformità sul piano di taglio. Questo fatto
237
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
238
Capitolo 5: La sperimentazione italiana: parte I.
bc 100 - bc
v % = 100 – γ +
γb γa
dove compaiono:
γ = peso di volume del provino, espresso in gr/cm3,
bc = ba / [1 + (ba/100)],
239
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
CAPITOLO 6
6.1 INTRODUZIONE
240
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
241
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
DISTART
SPERIMENTAZIONE SULLE MANI D'ATTACCO Strade
242
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
243
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
244
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
245
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
teste descritti. Si noti come i valori degli stessi siano dipendenti dalla scala di
rappresentazione del grafico. Per tale motivo si sono adottate le unità di misura
rinvenute in letteratura: per (τ) i MN/m3, per (Δs) i metri.
3.0
Tensione di Taglio (MN/m2)
2.5
2.0
p
m
1.5
1.0
Ksec
0.5
Ki Spostamento (m)
0.0
0.000 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
I valori di (Ki), (Ksec), (m) e (p) per ognuna delle curve di rottura relative ad un
sito vengono riportate in una unica tabella di seguito alle curve stesse. In esse,
per una agevole confronto tra i valori ottenuti, il modulo (m) è stato calcolato
per spostamenti espressi in millimetri e non in metri.
246
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
6.3.1 Introduzione
Il sito denominato “Loiano” si trova sulla Strada Provinciale n°22, nei pressi
dell’abitato di Loiano, comune dell’Appennino bolognese. In data 23 Luglio
2003, i tecnici del settore Viabilità della Provincia di Bologna hanno previsto un
intervento localizzato di manutenzione ordinaria sull’ultimo tratto di strada
prima del centro cittadino. Tale intervento è consistito nella risagomatura del
piano viabile tramite posa di un nuovo strato di usura in conglomerato
bituminoso tradizionale, le cui caratteristiche di miscela sono riportate in
seguito. In base alla lunghezza dell’intervento ed alle tempistiche di cantiere, è
stato possibile suddividere un tratto stradale di circa 500 metri in due sezioni di
stesa, sulle quali posare due diversi quantitativi di emulsione bituminosa
normale (Idrobit) al 60%. Tra le due sezioni è stato previsto un breve tratto privo
di mano d’attacco al fine di confrontare le condizioni di collegamento tra gli
strati anche in assenza di legante. Ad una analisi visiva delle sezioni trattate è
emersa la presenza di due differenti materiali a costituire il piano di posa
esistente; il primo comprende tutta la 1ª sezione e parte della 2ª ed è
caratterizzato da una spiccata macrorugosità superficiale con valori di Altezza in
Sabbia dell’ordine dei 0.95 mm; il secondo, copre la restante porzione della 2ª
sezione e, seppur di più recente costruzione, appare meno scabro presentando
valori medi di HS dell’ordine dei 0.53 mm.
Dalla figura 6.2 si evince come la 1ª sezione sia stata interessata da un valore
medio di bitume residuo posato compreso tra i 60 e gli 80 gr/m2. Nella seconda
il quantitativo è stato leggermente inferiore e si attesta su valori compresi tra i
40 ed i 60 gr/m2. L’intento originario era quello di differenziare maggiormente i
quantitativi stesi, tuttavia, come già ricordato in precedenza, la presenza di barre
di spruzzatura non automatizzate, non consente una elevata precisione di stesa e
247
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
lascia il controllo diretto alla sola sensibilità dell’operatore. In seguito alla posa
ed alla compattazione del nuovo strato di usura, si sono eseguite su entrambe le
sezioni in esame, alcune prove di macrorugosità che hanno restituito valori di
HS compresi tra i 0.75 e i 0.85 mm. Dall’analisi delle carote successivamente
estratte, si è anche potuto misurare lo spessore effettivo del nuovo strato posato.
In figura 6.2, le indicazioni nei riquadri di colore marrone identificano lo
spessore medio rilevato. Si evidenziano gli spessori esigui riscontrati nella parte
finale della 2ª sezione, dovuti probabilmente al repentino cambiamento di
pendenza longitudinale della strada in quel punto.
200.0
bitume residuo gr/mq...
Con riferimento alle caratteristiche dei materiali posati si riportano di seguito sia
le analisi di laboratorio tradizionali condotte sull’emulsione bituminosa per
mano d’attacco impiegata (prodotto Valli-Zabban in tabella 6.2), sia la curva
ganulometrica del conglomerato bituminoso steso, corredata del quantitativo di
bitume in miscela (figura 6.3). La percentuale di vuoti residui media del 7.5%,
seppur elevata, è una delle migliori ottenute nei siti di tutta la sperimentazione.
248
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
90.0 Crivelli e
setacci UNI Curva
2234 (mm)
80.0
100 100.0
Percentage Passing (%)
70.0 71 100.0
40 100.0
60.0 30 100.0
25 100.0
50.0 15 100.0
10 86.6
40.0 5 38.5
2 31.1
30.0 0.4 16.2
0.18 9.2
20.0 0.075 5.7
% bitume 5.23
10.0
0.0
0.01 0.1 1 10 100
Sieve Size log (mm)
249
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
3.0
Tensione di Taglio (MN/m2)
LS1
2.5 LS2
LS4
2.0 LS6
LS7
1.5
LS8
LS9
1.0
LS14
LS15
0.5
Spostamento (m)
0.0
0.000 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
250
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
L’analisi delle curve è stata eseguita sia confrontando direttamente dal grafico i
valori di tensioni tangenziali e spostamenti a rottura, sia calcolando per ciascuna
di esse i valori dei quattro parametri introdotti in precedenza: (Ki), (Ksec), (m) e
(p) riportati in tabella 6.3. Si noti come il valore di (m) sia stato calcolato per
spostamenti espressi in millimetri a favore di un miglior confronto tra i risultati.
Ki Ksec m p
sito carota
(MN/m3) (MN/m3) (τ2 + Δs2)1/2 (MN/m3)
LS 1 1033 560 4.49 -3434
LS 2 843 496 4.58 -1509
LS 4 761 589 2.88 -5207
LOIANO
251
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
252
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
circa 0.80 MN/m2 e di spostamento relativo pari a circa 1.8 mm. Le carote n° 7,
8 e 9 mostrano valori leggermente inferiori a quelli delle prime, ma l’ordine di
grandezza delle differenze di resistenza e spostamenti, non è tuttavia attribuibile
alla piccola disparità nel quantitativo di bitume residuo all’interfaccia. Anche i
valori di modulo (m) e (Ksec) comprovano ovviamente quanto descritto.
Sempre in relazione al quantitativo di mano d’attacco, si osservano differenti
comportamenti post-rottura. In particolare, i valori di pendenza (p) del ramo
discendente sono superiori, in valore assoluto, per le carote prive di mano
d’attacco. Questo fatto comprova, in generale, la tendenza dei collegamenti
realizzati senza legante bituminoso, a mostrare un comportamento di rottura
fragile, ossia con bassi spostamenti al picco ed elevate pendenze post-rottura. Al
contrario, carote come la n° 2, seppur con minimi quantitativi di bitume
all’interfaccia, sviluppano una certa plasticità della resistenza post-rottura che,
come già accennato nel paragrafo precedente, può essere positiva nel contrastare
il completo distacco di porzioni di conglomerato superficiale dalla
pavimentazione stradale.
Le carote n° 14 e 15 fanno storia a sé. In effetti, gli spessori rilevati sullo strato
di usura in tali provini, ne rende il comportamento al limite dell’accettabilità,
soprattutto per via della bassa macrorugosità che limita le possibilità di
ingranamento reciproco tra gli strati e del fatto che sono prive di mano d’attacco.
Alla luce di ciò, i valori elevati ottenuti dai test relativi possono essere attribuiti
ad un non corretto posizionamento dei provini nel dispositivo di taglio ed alla
conseguente rottura di alcuni grani di bordo; si ritiene che ciò sia dovuto alla
difficoltà nell’individuare l’esatta posizione del piano di interfaccia sulla
superficie laterale della carota, per il fatto che le miscele a contatto appaiono del
tutto simili ed uniformi.
253
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
6.4.1 Introduzione
Il sito denominato “Loiano Centro” si trova nelle immediate vicinanze del sito
precedente, in corrispondenza del centro del paese. Il giorno 24 luglio è stato
eseguito un intervento di manutenzione per un tratto stradale di circa 800 metri,
che ha previsto la scarifica dello strato bituminoso superficiale e la posa diretta
di un nuovo manto d’usura in conglomerato bituminoso tradizionale.
Tale sito è l’unico della sperimentazione nel quale si sono potute verificare le
condizioni di collegamento all’interfaccia esistenti tra il nuovo conglomerato di
usura e quello fresato della superficie di posa. Il tratto in esame è stato suddiviso
in tre sezioni a diversi quantitativi di mano d’attacco: in realtà soltanto la 1ª
sezione mostra un ragguardevole quantitativo di bitume residuo variabile tra i
250 ed i 400 gr/m2; le restanti sezioni mostrano quantitativi attorno ai 100 gr/m2.
Il rilievo della macrorugosità superficiale nel caso di superficie fresata perde di
significato, essendo il piano di posa sagomato dagli utensili di taglio.
Nonostante questo, le ondulazioni riscontrabili sullo stesso, giocano comunque a
favore della resistenza del collegamento tra gli strati, andando a costituire una
superficie di posa irregolare che non ostacola la compenetrazione tra i due
materiali a contatto. L’Altezza di Sabbia dello strato superficiale finito è
risultata essere pari a 0.66 mm, un valore che indica la natura assortimento del
conglomerato di usura e la sua disponibilità ad adattarsi alle asperità della
superficie di posa.
La figura 6.5 schematizza il sito e ne fornisce i valori ottenuti dalle prove
eseguite in sito. Si noti come purtroppo, non sia stato possibile predisporre
porzioni di pavimentazione prive di mano d’attacco dalle quali estrarre carote di
confronto. L’emulsione bituminosa applicata è la medesima del sito di Loiano:
Idrobit 55 della Valli-Zabban.
254
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
500.0
400.0
%VUOTI % vuoti del conglomerato di usura
350.0 1,2,3
370 g/m2
300.0 % 8,7
3,5 cm
250.0
1ª sezione Idrobit 2ª sezione Idrobit 3ª sezione Idrobit
200.0 HS 0,66
% 8,4 3,4 cm 3,3 cm
100.0
50.0
Superficie di posa fresata vassoio
0.0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
90.0 Crivelli e
setacci UNI Curva
2234 (mm)
80.0
100 100.0
Percentage Passing (%)
70.0 71 100.0
40 100.0
60.0 30 100.0
25 100.0
50.0 15 100.0
10 100.0
40.0 5 45.0
2 37.7
30.0 0.4 20.2
0.18 11.9
20.0 0.075 7.4
% bitume 5.20
10.0
0.0
0.01 0.1 1 10 100
Sieve Size log (mm)
255
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
Figura 6.7: Porzioni di carota sottoposta a test: si noti la superficie di posa fresata.
256
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
3.0
LC1
Tensione di Taglio (MN/m2)
LC2
2.5
LC3
LC4
2.0 LC5
LC6
LC7
1.5
1.0
0.5
Spostamento (m)
0.0
0.000 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
Figura 6.8: Loiano Centro: curve (τ – spostamento) ricavate dai test Leutner.
La tabella 6.4 riporta i valori dei quattro parametri caratteristici calcolati per le
curve di rottura ottenute.
Ki Ksec m p
sito carota
(MN/m3) (MN/m3) (τ2 + Δs2)1/2 (MN/m3)
LC 1 925 574 4.94 -1105
LOIANO CEN.
257
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
258
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
259
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
6.5.1 Introduzione
Il sito denominato “Saliceto” si trova sulla Strada Provinciale n°45 per Ferrara,
nei pressi del comune di Bentivoglio. In data 4 giugno 2003 le maestranze del
settore Viabilità della Provincia di Bologna, hanno eseguito un intervento di
risagomatura del piano viabile tramite la posa di un nuovo manto di usura in
conglomerato bituminoso tradizionale dello spessore medio di 3 cm,
direttamente sulla superficie esistente.
La figura 6.9 riporta lo schema del tratto stradale interessato dai lavori ed i
risultati dei rilievi eseguiti in sito. Sono state previste tre sezioni a differenti
quantitativi di mano d’attacco intervallati da due brevi tratti privi di legante dai
quali prelevare i campioni di confronto. Dai rilievi di Altezza di Sabbia eseguiti
si è riscontrata una notevole macrorugosità della superficie di posa di tutto il
tratto, probabilmente dovuta all’asportazione della matrice bituminosa fine
superficiale da parte dell’azione dei veicoli transitati. Allo stesso tempo il nuovo
conglomerato di usura ha mostrato una buona tendenza all’ingranamento.
Alla 1ª sezione corrisponde un quantitativo di legante residuo compreso tra i 50
ed i 100 gr/m2; nella 2ª sezione si sono riscontrati dai 100 ai 200 gr/m2 di
legante, mentre nella terza dai 200 ai 300 gr/m2. I valori contrassegnati in figura
con un cerchio rosso, corrispondono a misurazioni della uniformità trasversale
di spruzzatura eseguite con vassoi aggiuntivi; essendo essi assai differenti
evidenziano come la barra di spruzzatura impiegata non sia stata efficiente,
producendo notevoli disomogeneità di stesa.
Il conglomerato bituminoso del nuovo manto di usura ha le caratteristiche di
miscela riportate in figura 6.10. La compattazione è comunque risultata scarsa,
con valori di vuoti residui misurati dopo 6 settimane di apertura al traffico
260
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
prossimi al 9 %. Gli spessori valutati sulle carote prelevate dalle prime due
sezioni sono inferiori ai 3 cm; nella terza raggiungono anche i 4 cm.
70.0 71 100.0
40 100.0
60.0 30 100.0
25 100.0
50.0 15 100.0
10 100.0
40.0 5 76.7
2 47.1
30.0 0.4 23.0
0.18 14.2
20.0 0.075 7.3
% bitume 5.95
10.0
0.0
0.01 0.1 1 10 100
Sieve Size log (mm)
261
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
La mano d’attacco adottata dai tecnici della Provincia di Bologna non è stata
fornita da Valli-Zabban S.p.A. e pertanto si è provveduto al prelievo di un
campione da sottoporsi alle prove classiche di laboratorio per emulsioni
bituminose. Le caratteristiche rilevate sono riportate in tabella 6.5.
262
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
3.0
Tensione di Taglio (MN/m2)
aC
2.5 cC
di
2.0 eB
fB
1.5
gB
1.0
0.5
Spostamento (m)
0.0
0.000 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
La tabella 6.6 riporta i valori dei quattro parametri caratteristici calcolati per le
curve di rottura ottenute.
Ki Ksec m p
sito carota
(MN/m3) (MN/m3) (τ + Δs2)1/2
2
(MN/m3)
aC 816 576 3.76 -1127
SALICETO
263
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
264
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
contengono. Dal paragone visivo tra le carote (a) ed (f) di figura 6.12, si nota
infatti, come nella prima sia apprezzabile il maggior quantitativo di legante
posato, per altro riscontrabile anche al tatto.
Figura 6.12: Paragone tra le interfacce post-test delle carote (a) ed (f).
265
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
presenza di una mano d’attacco che leghi i due conglomerati. Sulla superficie
dello strato inferiore della carota (a) è infatti riscontrabile la presenza di
materiale bituminoso fine asportato dallo strato superiore. In questi casi quindi,
la funzione di legame fornita dalla mano d’attacco può essere vanificata dalla
scarsa resistenza meccanica del conglomerato di usura.
Il sito di Saliceto è particolare perché oltre ad essere caratterizzato da un
conglomerato di usura poco tenace, ha svelato la presenza di un sottile
trattamento superficiale di irruvidimento. Nella fase di carotaggio questo ha
ostacolato notevolmente le operazioni non consentendo, come nel caso della 1ª
sezione, il prelievo di campioni testabili. Per molte delle carote testate, tuttavia,
si è verificato il trasferimento della superficie di taglio dall’interfaccia tra il
nuovo manto di usura posato e l’esistente piano viabile, all’interfaccia
sottostante il trattamento superficiale, rendendo inutili i dati registrati dalla
prova. La figura 6.13 ne mostra un valido esempio. Questo fatto richiama
l’attenzione sulla importanza della corretta posa dei trattamenti di irruvidimento
in generale, al fine di garantirne l’effettivo collegamento con il piano di posa nel
tempo, soprattutto quando sono previste operazioni di ricarico successive, come
nel caso qui presentato.
Figura 6.13: Esempio di carota scartata per trasferimento della superficie di taglio.
266
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
267
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
6.6.1 Introduzione
Il sito denominato “Sillaro” corrisponde ad un intervento di risagomatura
eseguito dalle maestranze della Provincia di Bologna sulla Strada Provinciale
n°21 che da Castel San Pietro si dirige verso la collina. Un nuovo conglomerato
bituminoso di usura dello spessore medio di 3 cm, è stato posato in data 8 Luglio
2003 direttamente a contatto con il piano viabile esistente, caratterizzato da una
notevole disomogeneità superficiale dovuta a numerosi rappezzi.
La figura 6.15 riporta lo schema del sito con la suddivisione in tre sezioni con
diversi quantitativi di mano d’attacco in emulsione bituminosa non fornita da
Valli-Zabban. Tra le sezioni sono stati previsti due brevi tratti privi di legante,
ove prelevare i campioni di riferimento. La 1ª sezione presenta un quantitativo
medio di legante di 80 gr/m2; la 2ª sezione presenta un quantitativo medio di
legante di 180 gr/m2; la 3ª sezione di 40 gr/m2. La macrorugosità superficiale del
piano di posa è stata misurata tramite Altezza di Sabbia in diversi punti della 1ª
sezione e si attesta su valori compresi tra i 0.65 ed i 0.80 mm. Per avere
indicazioni sulla predisposizione del nuovo conglomerato posato nel creare
ingranamento con lo strato sottostante, si sono condotte anche prove di HS
diffuse su tutta la superficie del nuovo manto d’usura, ottenendo valori compresi
tra 0.39 e 0.45 mm.
La compattazione del nuovo conglomerato di usura appare scarsa con valori di
percentuale di vuoti residui compresi tra il 9 e l’11%; anche gli spessori
appaiono in alcuni punti non adeguati, soprattutto nella 2ª sezione dove alcune
carote hanno mostrato spessori posati inferiori ai 2 cm. La figura 6.16 riporta le
caratteristiche della miscela bituminosa stesa, comprensive della percentuale di
legante, mentre la tabella 6.7 riporta quelle dell’emulsione bituminosa impiegata
come mano d’attacco.
268
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
400.0
Usura Vecchia
250.0 HS 0,45 e 0,39
70.0 71 100.0
40 100.0
60.0 30 100.0
25 100.0
50.0 15 100.0
10 100.0
40.0 5 78.7
2 47.3
30.0 0.4 26.4
0.18 14.1
20.0 0.075 7.5
% bitume 5.98
10.0
0.0
0.01 0.1 1 10 100
Sieve Size log (mm)
269
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
La mano d’attacco adottata dai tecnici della Provincia di Bologna non è stata
fornita da Valli-Zabban S.p.A. e pertanto si è provveduto al prelievo di un
campione sufficiente da sottoporre alle prove classiche di laboratorio sulle
emulsioni bituminose.
270
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
Figura 6.17: Esempio di rottura per non corretto posizionamento del provino.
271
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
3.0
A1
B1
2.0
B3
C1
1.5
C2
C3
1.0
AB1
BC1
0.5
Spostamento (m)
0.0
0.000 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
Ki Ksec m p
sito carota
(MN/m3) (MN/m3) (τ + Δs2)1/2
2
(MN/m3)
A1 688 519 4.75 -2235
A2 711 538 5.09 -1268
A3 796 638 3.91 -2503
SILLARO
272
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
2) i valori di tensioni tangenziali di picco ottenuti sono compresi tra gli 1.8 ed i
2.8 MN/m2, mentre gli spostamenti corrispondenti si attestano su valori
compresi tra gli 3.2 ed i 4.5 mm;
3) i valori della pendenza iniziale (Ki) calcolati per uno spostamento di 0.1 mm
sono compresi tra i 570 ed i 800 MN/m3 ed indicano pertanto una condizione di
collegamento intermedia tra il completo distacco (< 100 MN/m3) e la perfetta
adesione (> 10000 MN/m3);
4) le carote 1A, 2A, 3A, 1C, 2C e 3C, che presentano la mano d’attacco, hanno
mostrato i valori più elevati di tensione e spostamenti a rottura, con una media di
2.50 MN/m2 per i primi ed una di 3.8 mm per i secondi; la carota 1B, avente un
forte quantitativo di legante all’interfaccia, ma un esiguo spessore di
conglomerato, ha mostrato un picco di resistenza di 2,12 MN/m2 per un
considerevole spostamento complessivo di 4.4 mm circa; la carota priva di
legante 1AB presenta un picco di resistenza di 1,90 MN/m2 per uno spostamento
di 3.2 mm circa; la carota priva di legante 1BC presenta un picco di resistenza di
1,82 MN/m2 per uno spostamento di 3.9 mm circa;
5) i valori di (Ksec) e di (m) relativi ai provini con legante sono compresi
rispettivamente tra i 520 ed i 640 MN/m3 il primo ed i 3.9 ed i 5.0 MN/m2mm i
secondi; per la carota 1B sono invece 433 MN/m3 e 4.66 MN/m2mm; per la
carota 1AB sono 521 MN/m3 e 3.61 MN/m2mm; per la carota 1BC sono infine
427 MN/m3 e 4.07 MN/m2mm;
6) i valori della pendenza della curva post-picco (p) sono tutti negativi e
compresi tra i – 230 ed i – 2700 MN/m3;
273
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
resistenza massima tra loro simili, pur presentando una cospicua differenza nel
quantitativo di legante residuo. Delle curve ottenute, si ritiene che quelle
registrate dalla rottura delle carote 1A, 3A e 2C, 3C siano le più veritiere, non
essendosi verificati strappi evidenti di porzioni di conglomerato da uno dei due
strati. Le curve 1A e 3C presentano inoltre, spostamenti di picco superiori
rispetto alle 3A e 2C dovuti a rotture di bordo localizzate. Ecco così che, la
differenza del quantitativo di emulsione stesa può alla fine essere riscontrata
dalla diversità del valore medio delle pendenze post-rottura delle curve: -2368
MN/m3 e -2520 MN/m3 rispettivamente. Anche per il parametro (p), così come
per i valori di picco, la variazione percentuale è comunque esigua, se paragonata
alla differenza nel quantitativo di mano d’attacco stesa. I valori misurati possono
essere imputati alla asportazione di materiale bituminoso fine dal conglomerato
dello strato soprastante, per la sua scarsa resistenza al taglio, il ché ha
uniformato sia la resistenza complessiva del collegamento, sia la resistenza
attritiva post rottura, fungendo esso in quest’ultimo caso da elemento di
scorrimento. La fotografia di figura 6.19 rispecchia quanto affermato essendo
evidente la presenza di aggregati fini sciolti sulla superficie di taglio, per altro
assai opaca.
274
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
6.7.1 Introduzione
Il sito denominato “Stendhal” deriva il suo nome da quello della strada del
comune di Bologna nei pressi del quartiere Corticella. In data 1 ottobre 2003
sono stati eseguiti lavori di risagomatura e ripavimentazione su un tratto stradale
della lunghezza di 1 chilometro. L’intervento è stato caratterizzato da tratti di
scarifica profonda della pavimentazione esistente, con sostituzione degli strati di
collegamento ed usura e da tratti nei quali si è resa necessaria soltanto la
risagomatura del piano viabile, tramite la posa del solo conglomerato
bituminoso di usura.
Il tratto stradale è stato suddiviso in quattro sezioni delle quali, la prima e
l’ultima, caratterizzate da un piano di posa costituito da un conglomerato
bituminoso di collegamento di nuova realizzazione, la seconda e la terza da una
superficie di posa costituita dal piano viabile della pavimentazione esistente. In
quest’ultimo caso si è riscontrata la presenza di un trattamento superficiale di
irruvidimento preesistente dello spessore di alcuni millimetri. Il quantitativo di
legante residuo steso sulle prime due sezioni è stato mediamente di 70 gr/m2,
275
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
mentre per le restanti sezioni si sono misurati 120 gr/m2. Da un cospicuo numero
di rilievi di macrorugosità superficiale eseguiti sulle due diverse superfici di
posa è emersa una inattesa uniformità. I valori ottenuti si sono attestati tra i 0.50
ed i 0.70 mm a testimonianza del fatto che, per le caratteristiche intrinseche
della miscela, il conglomerato di binder steso è risultato superficialmente assai
chiuso e quindi poco favorevole all’ingranamento. Parallelamente, il
conglomerato bituminoso di usura steso è risultato essere di elevata pezzatura ed
ha restituito notevoli valori di rugosità superficiale, a sfavore di ingranamento.
Anche la percentuale dei vuoti è elevata forse anche in conseguenza dei notevoli
spessori di conglomerato stesi: tra i 3,3 ed i 4,8 cm. La figura 6.20 riporta lo
schema del sito ed i valori misurati.
300.0
bitume residuo gr/mq...
NO T.C. 11,12
1,2 3,3 cm 4,8 cm
100.0 65 g/m2 70 g/m2
3,4 5,6 120 g/m2
HS 0,55 HS 0,51
9,10
HS 0,51
50.0
HS 0,60 HS 0,65 HS 0,51 HS 0,51 4,1 cm
4ª sez. Idrobit
HS 0,55
vassoio
1ª sezione Idrobit 2ª sez. Idrobit 3ª sez. Idrobit
0.0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35
276
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
70.0 71 100.0
40 100.0
60.0 30 100.0
25 100.0
50.0
15 94.4
10 61.6
40.0
5 34.7
2 26.1
30.0
0.4 11.6
20.0 0.18 7.7
0.075 4.6
10.0 % bitume 4.50
0.0
0.01 0.1 1 10 100
Sieve Size log (mm)
277
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
estratte dalle sezioni centrali ove il piano di posa è costituito dal piano viabile
esistente. In particolare, le carote intermedie sono state prelevate da un breve
tratto di controllo privo di mano d’attacco. Il grafico di figura 6.22 riporta tutte
le curve (τ – spostamenti) ritenute attendibili. La tabella 6.9 riporta i valori dei
quattro parametri caratteristici calcolati per le curve di rottura ottenute.
3.0
4
Tensione di Taglio (MN/m2)
2.5 5
2.0 7
1.5
9
10
1.0
11
12
0.5
Spostamento (m)
0.0
0.000 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
Ki Ksec m p
sito carota
(MN/m3) (MN/m3) (τ2 + Δs2)1/2 (MN/m3)
St 04 1060 492 2.99 -526
St 05 680 613 1.01 -755
STENDHAL
278
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
279
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
280
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
281
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
6.8.1 Introduzione
Il sito denominato “Pilastro” deriva il nome da quello della zona residenziale del
Comune di Bologna ove in Ottobre sono stati eseguiti diversi lavori di
manutenzione stradale. In una strada a doppia corsia di appena 300 metri di
lunghezza ed a senso unico di marcia, i tecnici del Comune hanno previsto un
intervento di manutenzione duplice; su una corsia è stata eseguita una scarifica
profonda dei conglomerati bituminosi esistenti al fine di ripristinare in una unica
soluzione sia il conglomerato di collegamento, sia quello di usura; l’altra corsia
ha richiesto solamente una risagomatura del piano viabile con la ricarica di un
nuovo conglomerato bituminoso di usura a contatto con quello esistente. Il sito
ha previsto, ai fini della sperimentazione, la realizzazione di quattro sezioni con
differenti quantitativi di mano d’attacco stesi. Le prime due sezioni hanno
interessato la corsia con usura esistente: nella 1ª sezione il quantitativo di
legante residuo misurato col test dei vassoi si è attestato attorno ai 120 gr/m2,
nella 2ª sezione si sono raggiunti i 190 gr/m2. Sulla corsia con binder nuovo si
sono approntate le restanti due sezioni: nella 3ª sezione sono stati misurati 120
gr/m2 di bitume residuo, mentre nella 4ª sezione circa 180 gr/m2.
La figura 6.24 mostra lo schema del sito ed i valori ottenuti dai test eseguiti. Con
riferimento alle prove di macrorugosità superficiale si sono rilevati valori
pressoché omogenei su ambedue le corsie di intervento. Nella prima corsia (1ª e
2ª sezione) la macrorugosità è spiccata, con valori compresi tra gli 1.10 e gli
1.40 mm di HS. Analogamente sulla superficie del binder nuovo si sono misurati
dai 0.90 agli 1.10 mm di HS.
282
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
450.0
bitume residuo gr/mq...
283
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
70.0 71 100.0
40 100.0
60.0 30 100.0
25 100.0
50.0 15 100.0
10 91.6
40.0
5 58.5
2 41.8
30.0
0.4 16.9
0.18 10.9
20.0
0.075 6.2
% bitume 5.53
10.0
0.0
0.01 0.1 1 10 100
Sieve Size log (mm)
284
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
3.0
A1
B1
2.0 B2
B3
C1
1.5
C2
C3
1.0 D1
D2
0.5 D3
Spostamento (m)
0.0
0.000 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
La tabella 6.10 riporta i valori dei quattro parametri caratteristici calcolati per le
curve di rottura ottenute.
Ki Ksec m p
sito carota
(MN/m3) (MN/m3) (τ2 + Δs2)1/2 (MN/m3)
a1 870 439 2.40 -585
a2 816 475 2.57 -667
a3 654 455 2.46 -502
b1 979 908 0.68 -1067
PILASTRO
285
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
286
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
Figura 6.27: Confronto tra le superfici di rottura di provini con e senza legante residuo.
287
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
In figura 6.27 è proposto il confronto visivo tra le superfici di rottura dei provini
A1 di A3 dei quali il primo prelevato in un punto privo di mano d’attacco ed il
secondo in un punto con circa 120 gr/m2 di bitume residuo. A riprova della
similitudine delle curve di rottura ottenute anche le interfacce appaiono del tutto
identiche: in particolare non è evidente la presenza di legante residuo. A tale
proposito si ritiene plausibile la presenza di un fenomeno, seppure parziale, di
“scomparsa dell’emulsione”. Con tutta probabilità nelle lavorazioni di cantiere
non sono stati attesi tempi si rottura necessari all’emulsione per posarsi
correttamente; questo fatto, in concomitanza ai bassi spessori stesi, può aver
favorito la permeazione della mano d’attacco all’interno del conglomerato di
strato durante la fase di compattazione. Ciò giustificherebbe sia l’evidente
somiglianza tra le interfacce di rottura, sia la mancata differenziazione tra le
curve corrispondenti. Anche i valori dei parametri caratteristici sono del tutto
uniformi tra loro.
Il fattore più condizionante per la 2ª sezione è senz’altro la scarsa compattazione
del conglomerato bituminoso superficiale: valori prossimi al 13% di vuoti
residui sono tipici dei conglomerati speciali quali tappeti anti-skid o strati
drenanti e non hanno certamente consentito al collegamento di interfaccia di
sfruttare le risorse di resistenza offertegli dalla notevole macrorugosità del piano
di posa. Le tre curve ottenute dalle carote B1, B2 e B3 sono estremamente
simili, forse anche per i bassi valori raggiunti. Le condizioni di resistenza del
provino B1 dovrebbero riproporre quelle del provino A1 essendo ambedue privi
di legante e posati sull’usura esistente, ma non è così. La notevole differenza
risiede dunque soltanto nella diversa compattazione e nel diverso spessore di
stesa. In questo caso la similitudine tra le curve non è supportata dalla analogia
visiva tra le interfacce di taglio. La figura 6.28 pone a confronto la carota B1
evidentemente priva di bitume residuo con la B3 sulla quale si notano facilmente
i 190 gr/m2 di legante stesi.
288
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
Figura 6.28: Confronto tra le superfici di rottura di provini con e senza legante residuo.
289
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
6.9.1 Introduzione
Nel Comune di Crespellano a pochi chilometri da Bologna, negli ultimi giorni
del maggio 2003 è stato eseguito un consistente intervento di manutenzione
stradale sulla pavimentazione di Via Lunga, nella omonima località. La strada,
interessata da un elevato traffico giornaliero di mezzi pesanti, ha richiesto, per il
tratto compreso tra la nuova Bazzanese ed il cavalcavia autostradale, la
sostituzione degli strati bituminosi superficiali, tramite la scarifica di diversi
centimetri di pacchetto stradale esistente e la posa di un nuovo strato di
collegamento e di usura. Tra la posa di uno strato e di quello successivo è
290
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
trascorsa circa una settimana durante la quale il tratto stradale è stato aperto al
traffico. Il sito è stato particolarmente utile alla sperimentazione essendo stati
previsti ben sei tratti a diversi quantitativi di mano d’attacco bituminosa
modificata. L’emulsione adottata a Crespellano è un prodotto Valli-Zabban
confezionata al 70% di bitume modificato a media penetrazione ed elevata
temperatura di rammollimento: si osservino in tale proposito le caratteristiche
ottenute in laboratorio di tabella 6.11. La stesa è avvenuta tramite barra
spruzzatrice autocarrata con dispositivo di controllo in cabina.
291
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
70.0 71 100.0
40 100.0
60.0 30 100.0
25 100.0
50.0 15 100.0
10 100.0
40.0 5 62.2
2 46.5
30.0 0.4 27.6
0.18 13.4
20.0 0.075 5.5
% bitume 6.20
10.0
0.0
0.01 0.1 1 10 100
Sieve Size log (mm)
292
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
6.9.2 Sezione 1ª
La 1ª sezione del sito di Crespellano ha previsto la stesa della mano d’attacco in
quantitativi di bitume residuo compresi tra i 300 ed i 400 gr/m2: tra i più elevati
dell’intera sperimentazione. La figura 6.31 riporta lo schema della sezione nel
quale è possibile osservare come la macrorugosità superficiale del binder nuovo
si aggiri su valori prossimi agli 0.58 mm di HS. La predisposizione
all’ingranamento tra i conglomerati bituminosi posati è sufficiente essendo stato
misurato un valore medio di HS per la superficie dell’usura pari a 0.42 mm.
900.0
bitume residuo gr/mq...
400.0
1C 1D 1E 1F
300.0
1B 2/3 cm 380 g/m2 380 g/m2 NO T.C. 380 g/m2
1A
NO T.C. % 7/8 % 7/8 % 7/8 % 7/8
NO T.C.
200.0 % 7/8 HS 0,58 HS 0,58 HS 0,58 HS 0,58
% 7/8 2/3 cm
HS 0,60 HS 0,58 2/3 cm 2/3 cm 2/3 cm
100.0
1ª sezione Helastoval
vassoio
0.0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
293
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
3.0
Tensione di Taglio (MN/m )
2
1A
2.5 1B
1C
2.0 1D
1F
1.5
1.0
0.5
Spostamento (m)
0.0
0.000 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
L’analisi delle curve è stata eseguita sia confrontando direttamente dal grafico i
valori di tensioni tangenziali e spostamenti a rottura, sia calcolando per ciascuna
di esse i valori dei quattro parametri introdotti in precedenza: (Ki), (Ksec), (m) e
(p) riportati in tabella 6.12.
294
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
Ki Ksec m p
sito carota
(MN/m3) (MN/m3) (τ + Δs2)1/2
2
(MN/m3)
CRESP. 1° 1A 685 395 2.41 -1245
1B 685 420 3.06 -1743
1C 816 463 3.48 -266
1D 498 430 3.20 -223
1E 812 476 3.59 -656
1F 663 519 3.31 -318
295
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
296
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
sarebbe stato distribuito; nella valutazione della loro resistenza occorre tenerne
conto. Non sono state infatti previste carote che simulassero la mancanza di
mano d’attacco e la posa diretta del conglomerato superficiale sul binder da
poco posto. In tale caso, si sarebbe potuto attendere un contributo alla resistenza
del collegamento offerto dalla presenza del bitume del conglomerato di strato
sulla superficie del binder in sostituzione della mano d’attacco.
6.9.3 Sezione 2ª
La 2ª sezione del sito di Crespellano ha previsto la stesa di un quantitativo di
mano d’attacco compreso tra i 500 e gli 800 gr/m2 in bitume residuo.
I valori di HS riportati in figura 6.33 sono compresi tra i 0.55 e i 0.72 mm a
testimonianza della macrorugosità piuttosto limitata del piano di posa in binder.
La predisposizione del conglomerato superficiale a realizzare ingranamento
colla superficie di posa è valutabile dal valore di HS misurato sul nuovo piano
viabile: 0.38 mm.
900.0
Binder Nuovo
bitume residuo gr/mq...
HS 0,38
800.0
2A 2F 2/3 cm
700.0 NO T.C. NO T.C.
% 7/8 2C
2D HS 0,69 % 7/8
HS 0,55 780 g/m2
600.0 780 g/m2
% 7/8
2B % 7/8
2E
2/3 cm
500.0 780 g/m2 HS 0,53 NO T.C.
2/3 cm % 7/8 % 7/8
2/3 cm
400.0 HS 0,55 HS 0,72
2ª sezione Helastoval
300.0
Legenda: 1,2,3 sigla identificativa posizione carote
65 g/m2 grammi di bitume residuo per mq
200.0
%VUOTI % vuoti del conglomerato di usura
100.0 HS 0,95 Altezza di Sabbia del piano di posa
HS 0,75 Altezza di Sabbia del piano finito vassoio
0.0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
297
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
3.0
Tensione di Taglio (MN/m2)
2B
2.5 2C
2D
2.0 2E
2F
1.5
1.0
0.5
Spostamento (m)
0.0
0.000 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
L’analisi delle curve è stata eseguita sia confrontando direttamente dal grafico i
valori di tensioni tangenziali e spostamenti a rottura, sia calcolando per ciascuna
di esse i valori dei quattro parametri introdotti in precedenza: (Ki), (Ksec), (m) e
(p) riportati in tabella 6.13.
298
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
Ki Ksec m p
sito carota
(MN/m3) (MN/m3) (τ + Δs2)1/2
2
(MN/m3)
CRESP. 2° 2A 592 510 4.85 -369
2B 654 574 4.06 -419
2C 616 492 4.48 -345
2D 529 555 4.69 -219
2E 623 527 3.14 -294
2F 589 474 4.18 -660
299
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
300
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
dislocandosi sul margine della superficie di rottura anche nella fase di post-picco
non consentendo l’interpretazione dei valori calcolati per il parametro (p).
6.9.4 Sezione 3ª
La 3ª sezione del sito di Crespellano ha previsto la stesa di un quantitativo di
mano d’attacco compreso tra i 650 e gli 800 gr/m2 in bitume residuo. Le Altezze
di Sabbia misurate sul piano di posa sono mediamente di 0.65 mm a
testimonianza della poca macrorugosità superficiale del binder steso. La figura
6.36 riporta lo schema della 3ª sezione coi relativi valori misurati.
900.0
Binder Nuovo
bitume residuo gr/mq...
HS 0,38
800.0
HS 0,63
HS 0,66
700.0 3Ci 3Bi
301
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
3.0
2.5 3Ai
3B
2.0 3Bi
3C
1.5
1.0
0.5
Spostamento (m)
0.0
0.000 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
I valori dei parametri caratteristici delle curve sono riportai in tabella 6.14.
Ki Ksec m p
sito carota
(MN/m3) (MN/m3) (τ + Δs2)1/2
2
(MN/m3)
3A 592 638 4.27 -551
CRESP. 3°
302
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
303
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
6.9.5 Sezione 4ª
La 4ª sezione del sito di Crespellano ha previsto la stesa di un quantitativo di
mano d’attacco compreso tra i 300 e gli 450 gr/m2 in bitume residuo. Le Altezze
di Sabbia misurate sul piano di posa sono mediamente di 0.45 mm a
testimonianza della poca macrorugosità superficiale del nuovo binder steso. La
figura 6.37 riporta lo schema della 4ª sezione coi relativi valori misurati.
600.0
bitume residuo gr/mq...
Binder Nuovo
HS 0,38
500.0 4C 4B 4A
NO T.C. NO T.C. NO T.C.
% 7/8 2/3 cm
4F 4E 4D
400.0 300 g/m2 300 g/m2 300 g/m2
% 7/8 2/3 cm
HS 0,45
300.0
4ª sezione Helastoval
304
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
3.0
4B
2.5
4C
4D
2.0
4E
4F
1.5
1.0
0.5
Spostamento (m)
0.0
0.000 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
I valori dei parametri caratteristici delle curve calcolati, sono riportati in tabella
6.15.
Ki Ksec m p
sito carota
(MN/m3) (MN/m3) (τ + Δs2)1/2
2
(MN/m3)
4A 947 614 2.56 -840
CRESP. 4°
305
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
306
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
6.9.6 Sezione 5ª
La 5ª sezione del sito di Crespellano ha previsto la stesa di un quantitativo di
mano d’attacco compreso tra i 450 e gli 520 gr/m2 in bitume residuo.
La sezione è caratterizzata dalla presenza di due differenti piani di posa essendo
essa all’estremità dal tratto stradale interessato dai lavori di manutenzione. Un
prima porzione ha visto la posa su binder nuovo così come per le sezioni
precedenti, una seconda porzioni invece, è stata interessata dalla posa diretta di
conglomerato bituminoso superficiale sul piano viabile esistente costituito da
una usura ammalorata ad elevata macrorugosità.
Le Altezze di Sabbia misurate sul piano di posa sono mediamente di 0.55 mm
per la prima porzione, a testimonianza della poca macrorugosità superficiale del
binder steso e di 0.90 mm per l’usura esistente sulla quale è evidente l’azione
esercitata dal traffico che la ha interessata.
La figura 6.39 riporta lo schema della 5ª sezione coi relativi valori misurati.
700.0
bitume residuo gr/mq...
300.0
5ª sezione Helastoval
307
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
3.0
Tensione di Taglio (MN/m2)
5A
5B
2.5
5C
5D
2.0 5E
5F
5G
1.5
5H
1.0
0.5
Spostamento (m)
0.0
0.000 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
I valori dei parametri caratteristici delle curve sono riportai in tabella 6.16.
308
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
Ki Ksec m p
sito carota
(MN/m3) (MN/m3) (τ + Δs2)1/2
2
(MN/m3)
5A 992 684 2.79 -3464
5B 592 585 2.41 -1596
CRESP. 5°
309
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
310
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
Queste curve sono più rigide delle corrispondenti curve su binder: ciò è
imputabile al maggior ingranamento. Per quanto riguarda i valori di pendenza
post-picco è rispettata la regola per cui con legante si ottengono valori di – 470
MN/m3 circa e senza legante si raggiungono i – 2600 MN/m3.
6.9.7 Sezione 6ª
La 6ª sezione del sito di Crespellano ha previsto la stesa di un quantitativo di
mano d’attacco compreso tra i 400 e gli 600 gr/m2 in bitume residuo. Anche
questa sezione è caratterizzata dalla presenza di due differenti piani di posa. Un
prima porzione su binder nuovo, una seconda sul piano viabile esistente
costituito da una usura ammalorata. Le Altezze di Sabbia misurate sul piano di
posa sono mediamente di 0.65 mm per la prima porzione, superiori alle sezioni
precedenti e di soli 0.55 mm per l’usura esistente sulla quale tuttavia si ritiene
poco veritiera la misura per via della eterogeneità della superficie. Anche in tale
caso il conglomerato bituminoso è stato steso in spessori medi minimi prossimi
ai 3 cm. La figura 6.41 riporta lo schema della 6ª sezione.
700.0
Binder Nuovo Usura Vecchia
bitume residuo gr/mq...
HS 0,38
600.0 6F
460 g/m2 6C
480 g/m2
300.0 % 7/8
311
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
Nella prima parte della sezione è stato previsto un breve tratto privo di legante
dal quale prelevare le carote di controllo, mentre sull’usura esistente il campione
è stato prelevato dal punto in cui era collocato un vassoio. La figura 6.42 mostra
il tratto privo di mano d’attacco.
3.0
Tensione di Taglio (MN/m2)
6A
2.5 6B
6C
6D
2.0
6E
6F
6G
1.5
6Gi
6I
1.0 6L
0.5
Spostamento (m)
0.0
0.000 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
312
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
La curva della carota 6M è stata eliminata per il non corretto posizionamento nel
dispositivo di taglio. La 6H per lo spessore esiguo dello strato posato che non ha
consentito l’esecuzione del test. Per le curve 6I e 6L invece si tenga conto della
deformazione dello stesso.
I valori dei parametri caratteristici delle curve sono riportai in tabella 6.17.
Ki Ksec m p
sito carota
(MN/m3) (MN/m3) (τ2 + Δs2)1/2 (MN/m3)
6A 934 572 3.20 -415
6B 895 526 3.28 -432
6C 966 644 3.43 -571
CRESP. 6°
313
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
314
Capitolo 6: La sperimentazione italiana: parte II.
Simili, ma più rigide, ad esclusione della 6D, sono le curve ottenute dalle carote
prelevate sul piano di posa ammalorato. In tale caso, si ritiene plausibile che un
contributo alla rigidezza del collegamento sia pervenuto dall’ingranamento tra
gli strati riscontrabile dai valori di HS misurati. Per tutte le carote con legante si
è verificata l’asportazione di porzioni di conglomerato di usura rinvenute sullo
strato inferiore del provino. Per quanto riguarda i valori di pendenza post-picco
è rispettata la regola vista per cui con legante si ottengono valori di (p) prossimi
ai – 470 MN/m3 circa e senza legante si raggiungono i – 1060 MN/m3.
315
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
CAPITOLO 7
CONCLUSIONI E PROPOSTE
7.1 CONCLUSIONI
7.1.1 Introduzione
Nel presente paragrafo si intende fornire una serie di osservazioni e
considerazioni scaturite dalla valutazione delle sperimentazioni condotte nel loro
complesso, tenendo conto della differenze esistenti in termini di materiali,
processi e scopi. In particolare, alla luce dell’esperienza inglese, ci si soffermerà
soprattutto su quanto ottenuto dalla sperimentazione italiana. Le osservazioni
seguenti non vogliono di certo essere esaustive del problema esaminato, quanto,
piuttosto, lasciare a chi legge utili spunti e riflessioni su cui avviare nuovi studi
in proposito. Allo stesso tempo, si cerca di indirizzare verso la messa a punto di
nuove regole ed indicazioni circa l’impiego delle mani d’attacco e di controlli da
effettuarsi in opera od in laboratorio anch’essi legati al problema del
collegamento tra gli strati bituminosi. Il primo punto trattato riguarda le
osservazioni sulle lavorazioni condotte nei sette cantieri seguiti in Italia, con
riferimento alle operazioni che interessano direttamente il collegamento tra gli
strati posati, così come descritte nel capitolo primo. Il secondo punto prende in
esame le considerazioni desunte dall’analisi dei risultati ottenuti per ciascun sito
e le generalizza sotto forma di indicazioni di massima, con particolare
riferimento alle condizioni di collegamento iniziali riscontrate in sito, ai tipi ed
ai quantitativi di mano d’attacco adottati ed alle tipologie di interfacce
incontrate. Il terzo punto, infine, tratta della metodologia Leutner, per la quale si
sottolinea l’importanza della modifica dello spessore longitudinale tra i semi-
anelli di taglio suggerita nel capitolo sesto e si propongono specifiche
316
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
317
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
318
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
319
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
impiegato anche nella caratterizzazione del collegamento tra gli strati nei codici
di calcolo elastici per la progettazione dei pacchetti stradali, quali ad esempio
BISAR. Secondo gli studi di Uzan [3] prima e di Al Hakim [68] poi, il
parametro (K) presenta una grande variabilità e diversi ordini di grandezza di
distanza può descrivere condizioni di perfetta adesione, così come di completo
distacco. Esiste infatti, secondo gli autori, un intervallo di valori di (K) per i
quali si può ritenere una condizione di collegamento intermedia tra le
precedenti. In particolare, si ha la quasi certezza di distacco quando (K) si riduce
al di sotto dei 10 MN/m3 e la quasi perfetta adesione quando (K) supera i
100000 MN/m3. Dalle curve Leutner ottenute per l’intera sperimentazione
condotta si sono ottenuti valori di (Ki) mediamente compresi tra i 400 ed i 1100
MN/m3. Tali valori, seppur bassi, corrispondono correttamente a condizioni
intermedie di collegamento tra gli strati e sono in linea con quanto rinvenuto in
altre sperimentazioni. Essi inoltre, sono pressoché indipendenti dal tipo di
interfaccia in esame a significare che, in media, nella realizzazione dei pacchetti
stradali per strati si sono raggiunte condizioni sufficienti di collegamento nei
confronti delle sollecitazioni esterne iniziali quali ad esempio, quelle di un
mezzo pesante in frenata.
Le motivazioni che hanno condotto alla realizzazione del presente lavoro sono
state introdotte nel capitolo precedente e sono così riassumibili: è stata
ampiamente dimostrata l’importanza che il collegamento tra gli strati della
pavimentazione stradale ha nei confronti della vita utile della stessa. Alla luce di
ciò e del fatto che in cantiere, ma ancor prima in fase di progettazione, la pratica
di impiego delle mani d’attacco in emulsione bituminosa sia troppo spesso
trascurata e talvolta considerata superflua, si è ritenuto utile investigare le
effettive condizioni di collegamento tra gli strati della pavimentazione stradale
così come realizzate in sito con e senza l’applicazione di mano d’attacco. Si è
cercato in pratica, di comprendere se e come questa contribuisca alla resistenza
320
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
del collegamento tra gli strati, per mezzo di prove di taglio diretto condotte
tramite l’apparecchiatura di laboratorio Leutner. I campioni da sottoporre a
prova sono stati prelevati da diversi siti con condizioni di posa differenti al fine
di stabilire quali fossero i dosaggi ed il tipo di legante ottimali per ciascuna
applicazione. Come scopo conseguente, si è inteso anche fornire indicazioni più
precise a chi deve progettare e costruire la pavimentazione quando si tratta di
spruzzare la mano d’attacco.
Sulla base di quanto appena esposto, di seguito si riportano le considerazioni
deducibili da un confronto di quelle tratte per ciascuno dei siti adottati.
Il quantitativo ed il tipo di mano d’attacco necessari al fine di raggiungere
le migliori condizioni di collegamento tra due strati di conglomerato
bituminoso, non possono essere stabiliti senza tener conto delle effettive
condizioni al contorno presenti. Fattori come l’ingranamento possibile tra
i conglomerati presenti, la resistenza meccanica dei conglomerati stessi e
la compatibilità tra i bitumi del sistema, debbono fungere da base sulla
quale fondare la cosiddetta “progettazione della mano d’attacco”. Anche
questo studio, al pari di altri, ha evidenziato come l’aumento di bitume
residuo sul piano di posa non corrisponda necessariamente ad un
proporzionale aumento di resistenza del collegamento. In alcuni casi si è
notato come il duplicare o triplicare il quantitativo di legante posato abbia
apportato solo un debole miglioramento, in altri casi invece ha comportato
addirittura lo scadimento della resistenza. Ecco che appare logico dover
eseguire uno studio sul quantitativo e sul tipo di emulsione da impiegarsi
al fine di evitare sprechi e migliorare l’efficacia dell’applicazione. Anche
con riferimento alle condizioni di resistenza del collegamento una volta
che sia sopraggiunta la rottura all’interfaccia, si può ritenere che la
presenza della mano d’attacco sia benefica, in quanto si è notata un certa
duttilità delle curve di rottura post-picco nei casi di presenza di legante.
321
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
322
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
323
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
324
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
325
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
326
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
7.2 PROPOSTE
7.2.1 Introduzione
Col presente paragrafo si chiude il lavoro svolto fino ad ora ed si descrivono
quelli che possono essere gli sviluppi futuri che scaturiscono dall’esperienza
327
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
328
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
329
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
330
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
EVENTUALE PROGETTO
DEL C.B. SOVRASTANTE
COMPATTAZIONE
PRELIEVO DI
CAMPIONI DOPPIO ESECUZIONE DELLE
STRATO DI PROVE LEUTNER (7)
PAVIMENTAZ. (11)
INDIVIDUAZIONE TRAMITE IL
VERIFICA DEI CONFRONTO E LA
VALORI OTTENUTI VALUTAZIONE DEL RAPPORTO
PER CONFRONTO BENEFICI-COSTI DEL TIPO E
CON QUELLI DI DEL QUANTITATIVO DI MANO
PROGETTO (13) D’ATTACCO OTTIMALE (9)
CONFRONTO
Figura 7.1: Schema della “Metodologia di Progettazione e Verifica delle Mani d’Attacco”.
331
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
Il numero dei campioni (1) deve essere rappresentativo delle effettive condizioni
superficiali e di volume del conglomerato che costituisce il piano di posa.
Soprattutto nel caso di posa su c.b. esistente, il prelievo di carote deve essere
eseguito in punti della pavimentazione privi di anomalie od irregolarità, quali ad
esempio fessurazioni. Il diametro (2) delle carote prelevate deve essere valutato
sulla base delle dimensioni delle fustelle adottate dalla Pressa Giratoria (SGC) a
disposizione e dei semi-anelli di taglio intercambiabili del Leutner. La presenza
di piccoli discordanze tra le dimensioni citate si ritiene comunque non essere
pregiudizievole per l’esecuzione delle prove. Nel caso in cui l’intervento
preveda un piano di posa in c.b. nuovo quale ad esempio un binder, è possibile
confezionare i campioni necessari per lo studio direttamente alla Pressa
Giratoria, sfruttando le proporzioni della miscela di progetto fornite dal tecnico
progettista o addirittura il materiale confezionato in impianto (d). Allo stesso
tempo si possono fornire utili indicazioni circa la compattazione dello stesso.
Il secondo step richiede la preparazione dei provini e la loro calibrazione in
laboratorio. Le carote prelevate in sito, mostreranno certamente una geometria
irregolare della supericie profonda di distacco. Per poterle impiegare nello
studio, i rende pertanto necessario il taglio (3) della porzione terminale di
ciascun provino per portarlo ad altezze che ne consentano, sia l’introduzione
all’interno della fustella per Pressa Giratoria, sia il successivo vincolamento nel
dispositivo Leutner. Allo stesso tempo è possibile calibrare i campioni (4)
misurandone le dimensioni geometriche effive, i pesi e le densità di volume. Nel
caso di conglomerati porosi, è preferibile evitare la paraffinatura del provino,
sostituendo tale operazione con l’impermeabilizzazione superficiale dello stesso
per mezzo di materiale adesivo in grado di adattarsi alle asperità superficiali.
L’operazione di calibrazione consentirà in fase di verifica di risalire ai valori di
compattazione del nuovo conglomerato bituminoso steso.
332
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
333
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
334
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
335
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
discostano molto da quelle ottenute senza, sia lecito con riferimento alla vita
utile del pacchetto.
Terminata la fase progettuale della mano d’attacco, occorre verificare che
le lavorazioni in cantiere tendano a realizzare le stesse condizioni di
collegamento riscontrate in laboratorio. A tale fine, il controllo dei quantitativi
di legante applicati sulla superficie di posa, per mezzo del test dei vassoi (10) , è
certamente indispensabile. Il tecnico deve inoltre assicurarsi che le condizioni di
posa siano ottimali, richiedendo ad esempio, la pulizia della superficie stradale
prima del passaggio della barra spruzzatrice. Allo stesso tempo sarà importante
assicurarsi che la stesa sia uniforme e che i tempi di rottura dell’emulsione siano
attesi. Occorre poi individuare i punti della pavimentazione, dai quali prelevare
in seguito i campioni di controllo (11). Tali campioni dovranno essere
rappresentativi dell’intero intervento e potranno essere impigati anche per i
normali controlli di spessori, addensamenti e conformità dei materiali.
Dall’esecuzione dei test Leutner Modificati (12) sui provini doppio strato
estratti e termostatati, sarà infine, possibile effettuare la verifica delle condizioni
di collegamento in sito. Si porranno certamente valori percentuali limite, da
confrontarsi (13) con i risultati ottenuti nella fase di progettazione. Nel caso in
cui tali valori non fossero attesi, occorrerà prevedere, ad esempio, penalizzazioni
per chi ha eseguito i lavori.
336
Capitolo 7: Conclusioni e Proposte.
337
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Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione del presente lavoro.
I professori ed i colleghi del DISTART Strade e Geotecnica di Bologna.
Tutti gli amici del NCPE di Nottingham.
Tutti gli amici ed i dirigenti della Valli-Zabban S.p.A.
I colleghi ed amici del Settore Viabilità della Provincia di Bologna.
I laureandi.
Gli altri amici.
La mia famiglia e la persona che mi sta accanto.
Grazie!
C.S.