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PREFAZIONE

Il Volume 1B contiene le parti della teoria tecnica del c.a dedicate rispettivamente
alla analisi del comportamento allo stato limite delle sezioni e delle membrature, alla analisi
del comportamento delle travi in c.a.p..
Nel volume 1B, dopo il cap. 1, introduttivo, con alcuni elementi di analisi limite
essenziali per la comprensione dei metodi di analisi non lineari proposti nelle normative
moderne, i capitoli dal 2 all’11 trattano il progetto verifica di sezioni e membrature agli
stati limite con l’introduzione al metodo semiprobabilistico, l’analisi allo s.l.u. di sezioni
rettangolari, circolari e generiche per sollecitazioni normali e tangenziali, lo stato limite
ultimo per instabilità, per punzonamento, i metodi di analisi delle strutture iperstatiche allo
s.l.u., gli stati limite di servizio tensionali, di fessurazione e di deformazione.
Il c.a.p. trova nei tre capitoli successivi uno sviluppo essenziale dedicato ai principi
generali ed agli aspetti tecnologici più rilevanti, ai problemi di verifica, di progetto, ai
metodi per l’analisi delle strutture iperstatiche precompresse, alle tecniche di
precompressione parziale e con cavi non aderenti.
Nel capitolo n.15, si forniscono elementi di base inerenti la duttilità delle sezioni e
la capacità rotazionale delle membrature, problema che ha grande rilevanza nella
progettazione di strutture in zona sismica e nell’adeguamento sismico di quelle esistenti.
Sono stati riportati numerosi esercizi ed applicazioni con la finalità sia di consentire
il controllo dell’apprendimento da parte dello studente, sia di favorire l’acquisizione dei
meccanismi applicativi. Una appendice piuttosto estesa contiene la trattazione del progetto-
verifica agli s.l. di una trave continua con riferimento sia alle condizioni ultime che di
servizio, utilizzando i metodi di analisi presenti nella normativa.
I riferimenti alle norme nazionali ed europee sono frequenti in quanto, nell’ambito
dei metodi di analisi agli s.l., essi sono praticamente ineliminabili in ragione del peso che
ha nella materia la ricerca numerica e sperimentale condensata nelle varie normative.
Gli argomenti sviluppati sono in gran parte tratti dal corso di Tecnica delle
Costruzioni tenuto dallo scrivente a partire dall’anno accademico 1986-87 presso la Facoltà
di Ingegneria dell’Università di Salerno inizialmente per la Laurea quinquennale,
successivamente per la Laurea Triennale e quella Specialistica o Magistrale, con alcuni
inserimenti derivati invece da corsi di aggiornamento post-laurea.
Sono anche presenti contributi derivati dalla attività di ricerca svolta nel periodo
trascorso con particolare riferimento ai capp. 7, 9, 11 e 15 dedicati rispettivamente alla
stabilità, allo stato limite tensionale, allo stato limite di deformazione, alla duttilità ed al
confinamento. In particolare i capp. 7 ed 11 sono stati scritti in collaborazione paritetica
con il prof. Emidio Nigro.
VIII PREFAZIONE

Infine ringrazio i proff. Emidio Nigro, Roberto Realfonzo ed il dott. Enzo Martinelli
per la attiva collaborazione nella revisione di alcuni capitoli.
La presente edizione (quinta) del volume ha richiesto l’adeguamento dei riferimenti
normativi all’EC2 - 2005 (UNI EN 1992-1-1) [38] ed alle <Nuove Norme Tecniche per le
Costruzioni> del 2008 [37].

Università di Salerno
25 ottobre 2011 Ciro Faella
Ciro Faella

A RGOMENTI DI T EORIA E T ECNICA


DELLE C OSTRUZIONI

V OLUME 1 B

C OSTRUZIONI IN C ALCESTRUZZO A RMATO


N ORMALE E P RECOMPRESSO
INDICE

PREFAZIONE VIII

Capitolo 1 IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI


STATI LIMITE
1.1 Criteri di verifica delle strutture 1
1.2 Metodi di analisi delle strutture ed elementi di analisi limite 2
1.3 Calcolo elastico-lineare senza ridistribuzione delle sollecitazioni 10
1.4 Calcolo elastico-lineare con ridistribuzione delle sollecitazioni 11
1.5 Calcolo plastico 12
1.6 Calcolo non lineare 13
1.7 Definizione degli stati limite 14
1.8 Azioni da considerare nelle verifiche 15
1.9 Combinazione di carico allo stato limite ultimo 16
1.10 Combinazione di carico allo stato limite di servizio 20
1.11 Esercizi 22

Capitolo 2 LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI NORMALI


2.1 Premessa 35
2.2 Ipotesi di base e legami costitutivi 35
2.3 Definizione di s.l.u. per tensioni normali 36
2.4 Leggi costitutive dell’acciaio e del calcestruzzo 41
2.4.1 Legame elastico perfettamente plastico per l’armatura 41
2.4.2 Legge razionale fratta di Saenz per il calcestruzzo 43
2.4.3 Legame parabola rettangolo per il calcestruzzo 50
2.4.4 Metodo con legame elasto plastico 53
2.4.5 Metodo semplificato 54
2.5 Caratteristiche della sollecitazione 59

Capitolo 3 LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO- TENSO-


FLESSIONE RETTA
3.1 Premessa 61
3.2 Calcolo dei contributi statici del calcestruzzo e dell’armatura 62
3.3 Costruzione dei domini di resistenza adimensionali 68
3.4 Verifica analitica della sezione 72
II INDICE

3.5 Progetto della sezione e delle armature 78


3.5.1 Progetto di h o b ed As mediante tabelle 79
3.5.2 Flessione: progetto armatura a sezione assegnata 82
3.5.3 Pressoflessione: progetto di h o b ed As 84
3.5.4 Pressoflessione: abachi per il progetto della sezione ret- 85
tangolare
3.6 Esercizi 88

Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-


TENSOFLESSIONE
4.1 La sezione circolare: verifica e progetto 105
4.1.1 La verifica 105
4.1.2 Il progetto della sezione circolare mediante abachi 108
4.2 La sezione generica in presso-tensoflessione 110
4.2.1 La verifica a presso-tensoflessione retta 110
4.2.2 La verifica a presso-tensoflessione deviata 117
4.2.2.1 Impostazione generale 117
4.2.2.2 Metodo approssimato per il progetto-verifica di se- 121
zioni rettangolari soggette a pressoflessione deviata
4.3 Esercizi 125

Capitolo 5 STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO


5.1 Premessa 137
5.2 La trave priva di armatura a taglio 138
5.3 La trave con armatura trasversale 143
5.4 Progetto-verifica delle sezioni 149
5.4.1 Il caso di sole staffe (α=90°) 149
5.4.2 Il caso di staffe e barre piegate 151
5.5 Effetti della fessurazione a taglio sulla armatura a flessione 152
5.6 Esercizi 155

Capitolo 6 LO STATO LIMITE PER TORSIONE


6.1 Premessa 165
6.2 Osservazioni sperimentali 167
6.3 Progetto e verifica della sezione 171
6.4 Sollecitazioni composte taglio-torsione 178
6.5 Esercizi 180
INDICE III

Capitolo 7 LO STATO LIMITE DI INSTABILITA’


7.1 Lo stato limite di instabilità 187
7.2 La stabilità dell’equilibrio elastico 187
7.3 La stabilità delle colonne snelle in calcestruzzo armato 189
7.4 Classificazione delle strutture sensibili agli effetti del II ordine 198
7.4.1 Aste singole 198
7.4.2 Strutture intelaiate 205
7.5 Metodi di analisi di strutture in c.a. sensibili agli effetti del II ordine 208
7.5.1 Colonne isolate 208
7.5.2 Strutture intelaiate 214
7.5.3 Strutture intelaiate a nodi fissi 214
7.5.4 Strutture intelaiate a nodi mobili: metodo generale 216
7.5.5 Strutture intelaiate a nodi mobili: metodi approssimati 217
7.6 Esercizi 221

Capitolo 8 LO STATO LIMITE DI PUNZONAMENTO


8.1 Generalità 241
8.2 Aspetti fisici del fenomeno 241
8.3 Verifica a punzonamento secondo l’Eurocodice 2 245
8.4 Esercizi 256

Capitolo 9 LA VERIFICA DELLE TENSIONI IN ESERCIZIO


9.1 Generalità 275
9.2 I limiti delle tensioni in esercizio 275
9.3 Elementi soggetti a flessione semplice 279
9.3.1 Confronto tra i momenti resistenti allo stato limite ultimo ed 279
allo stato limite di servizio
9.3.2 Criterio di progetto combinato stato limite ultimo-stato limi- 282
te di servizio
9.4 Elementi presso inflessi 285
9.4.1 Confronto tra i momenti resistenti allo stato limite ultimo e 285
stato limite di servizio
9.4.2 Criterio di progetto combinato stato limite ultimo-stato limi- 287
te di servizio
9.5 Considerazioni finali 290
9.6 Esercizi 291

Capitolo 10 LO STATO LIMITE DI FESSURAZIONE


10.1 Premessa 295
IV INDICE

10.2 Stato limite di decompressione 295


10.3 Stato limite di formazione delle fessure 296
10.4 Stato limite di ampiezze delle fessure 300
10.4.1 Distanza media tra le fessure 303
10.4.2 Deformazione media 305
10.4.3 Verifica di ampiezza delle fessure 307
10.5 Esercizi 309

Capitolo 11 LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE


11.1 Premessa 317
11.2 La valutazione teorica degli spostamenti in travi inflesse in c.a. 318
11.2.1 Valutazione della curvatura istantanea in regimefessurato 319
11.2.2 Valutazione della curvatura differita in regime fessurato 323
11.2.3 Calcolo delle frecce in trave isostatiche 325
11.2.4 Calcolo delle frecce in trave iperstatiche 329
11.3 Calcolo approssimato delle frecce 331
11.4 Applicazione 337

Capitolo 12 LA PRECOMPRESSIONE DELLE STRUTTURE IN C.A.


12.1 L’idea della precompressione 347
12.2 Le tecniche di precompressione 353
12.3 I materiali della precompressione 354

Capitolo 13 LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE


13.1 Premessa 359
13.2 Verifica elastica di sezioni inflesse 360
13.2.1 Sezioni di membrature post-tese 360
13.2.2 Sezioni di membrature pre-tese 365
13.2.3 Il cavo risultante 371
13.3 Verifica a taglio 372
13.4 Valutazione delle perdite istantanee 377
13.5 Valutazione degli effetti lenti 380
13.5.1 Valutazione degli effetti lenti applicando il Metodo AAEM 381
13.5.2 Valutazione degli effetti lenti secondo la Normativa italiana 385
13.6 Verifica a fessurazione 389
13.7 Verifica allo stato limite ultimo 390
13.8 Verifica delle testate 395
INDICE V

Capitolo 14 PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA


DI STRUTTURE PRECOMPRESSE
14.1 Progetto della sezione e dell’armatura pretesa 397
14.2 Nocciolo limite e fuso di Guyon 404
14.3 Il carico equivalente alla precompressione 412
14.4 Il cavo concordante 417
14.5 Cenni su altri tipi di precompressione 421
14.5.1 La precompressione parziale 422
14.5.2 La precompressione a cavi esterni non aderenti 424

Capitolo 15 CAPACITÀ PLASTICA E DUTTILITA’ STRUTTURALE


15.1 Premessa 427
15.2 La duttilità sezionale 429
15.3 La capacità rotazionale 433
15.4 La duttilità traslazionale 440
15.5 Il confinamento esterno 441
15.5.1 Confinamento con camicie o angolari e calastrelli metallici 441
15.5.2 Confinamento con FRP 444
15.6 Progetto a duttilità controllata 446
15.7 Esercizi 449

APPENDICI
Appendice 1: Esempio di progetto di una trave continua in c.a. 451

Appendice 2: Sezione rettangolare a doppia armatura. Presso- 501


tensoflessione retta (Domini di resistenza allo
s.l.u.)

Appendice 3: Sezione rettangolare a doppia armatura. Flessione 507


retta (Tabelle di progetto allo s.l.u.)

BIBLIOGRAFIA 517
VI INDICE
Capitolo 1

IL METODO DI VERIFICA SEMI-


PROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE”

1.1 Criteri di verifica delle strutture


Il criterio di verifica attualmente previsto dalle normative europee e nazionali, noto
come metodo semiprobabilistico agli stati limite, è stato introdotto ormai da numerosi anni
allo scopo di fornire una metodologia di verifica delle strutture più completa e
soddisfacente di quella tradizionale. Si cerca infatti di garantire, con un sistema integrato di
controlli, l’accettabilità delle strutture sia nei confronti del collasso, sia nei confronti
dell’assolvimento delle funzioni per le quali esse sono state costruite.
La metodologia tradizionale denominata <alle tensioni ammissibili> identifica la
verifica di sicurezza con il controllo puntuale che le tensioni della struttura siano inferiori a
determinati valori ammissibili. Tale metodologia fornisce un grado di sicurezza pari al
rapporto tra tensione di rottura e tensione ammissibile in tutti i casi in cui i materiali hanno
un comportamento elastico-lineare fino a rottura (materiali elasto-fragili) e non vi siano
problemi di non linearità geometrica. Queste condizioni sono frequentemente non verificate
nella pratica tecnica che utilizza materiali come il calcestruzzo, che ha un comportamento
fortemente non lineare, e l’acciaio o altri materiali metalli e non, che hanno invece una fase
di comportamento post elastico generalmente non trascurabile.
L’uso del metodo tradizionale, pur essendo in molti casi ancora adottabile e talora
preferibile per la sua maggiore semplicità, deve assumersi come metodo particolare e
richiede in ogni caso un controllo circa l’assenza o lo scarso rilievo di fenomeni non lineari
di tipo meccanico o geometrico, che possono inficiarne i risultati. Inoltre può sicuramente
affermarsi che il metodo tradizionale alle tensioni ammissibili non dà adeguato risalto alle
verifiche di accettabilità non direttamente connesse alla sicurezza, il cui controllo è
nell’ambito di tale metodo demandato all’esperienza ed alla professionalità degli operatori
più che a precise prescrizioni normative. Inoltre, il semplice controllo di un livello
tensionale sotto i carichi di servizio non fornisce una sufficiente conoscenza del grado di
sicurezza posseduto dalla struttura. La sicurezza nei confronti del collasso non è l’unico
requisito che le strutture devono possedere perché siano pienamente accettabili, dovendo
esse rispettare una molteplicità di requisiti prestazionali ulteriormente richiesti.
2 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

1.2 Metodi di analisi delle strutture ed elementi di analisi


limite
Nella verifica delle strutture agli stati limite, dovendosi considerare il
comportamento non lineare dei materiali e delle strutture, sono necessarie metodologie
diverse per la verifica delle sezioni e per l’analisi delle strutture.
Nelle strutture iperstatiche il calcolo delle sollecitazioni allo stato limite ultimo nelle
sezioni può essere eseguito seguendo diverse strade che in diverso modo tengono conto del
comportamento non lineare delle membrature in prossimità dello stato limite.
La normativa europea elenca quattro diversi modi fissando per ciascuno criteri e
limiti di applicazione:
a) calcolo elastico lineare senza ridistribuzione delle sollecitazioni;
b) calcolo elastico lineare con ridistribuzione delle sollecitazioni;
c) calcolo plastico;
d) calcolo non lineare.
Tralasciando il primo metodo che coincide con quello classico adottato nell’analisi
delle strutture, si passa ad esaminare i rimanenti.
Il quarto metodo, considerando modelli di comportamento non lineare delle
membrature, richiede analisi al passo delle strutture, previo discretizzazione delle azioni
esterne in un numero finito di incrementi. Al crescere delle azioni e conseguentemente delle
sollecitazioni, le rigidezze delle membrature si modificano e quindi per ogni incremento
passo occorre considerare una struttura caratterizzata da diversi parametri meccanici. Le
procedure di analisi che permettono di tener conto di tale evoluzione sono relativamente
complesse e non sono giustificate per una utilizzazione corrente riferita a strutture di
normale uso, ma sono indispensabili per analisi accurate di cui è necessario avvalersi ad
esempio per fissare limiti di applicabilità di altri metodi, più semplici, ma tuttavia capaci di
considerare gli effetti del comportamento non lineare delle membrature.
Il secondo e terzo procedimento di calcolo proposto trovano origine nei metodi di
analisi limite delle strutture che, nati per essere applicati a materiali notevolmente duttili
come l’acciaio, possono essere estesi al c.a. con opportune limitazioni.
Nel caso di strutture costituite da sistemi di travi i concetti dell’analisi limite sono
particolarmente semplici ed intuitivi.
Il comportamento di una sezione di trave inflessa può essere descritto con sufficiente
precisione con un legame momento curvatura avente tre rami (Fig. 1.1):
- un ramo elastico con M variabile tra 0 ed il momento limite elastico Me;
- un ramo elastoplastico che raccorda il tratto elastico a quello plastico (Me-Mpl);
- un ramo orizzontale plastico con un momento costante pari a Mpl.
Nell’analisi limite classica si trascura il tratto centrale ottenendo un legame M-χ
elastico-perfettamente plastico, caratterizzato da un comportamento elastico fino al
raggiungimento del momento plastico.
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 3

M
Mpl

Me

0 χ
Fig. 1.1: Diagramma trilineare momento-curvatura

In forma ancora più semplice, trascurando la deformazione elastica rispetto a quella


plastica notevolmente maggiore, si ottiene un legame rigido-plastico in cui ad un tratto a
deformazione nulla nella sezione segue un tratto a deformazione illimitata e momento
costante. In sintesi, raggiunto il momento plastico, la sezione generica diventa sede di
rotazioni indefinite a momento costante. Il comportamento della sezione plasticizzata si
definisce di cerniera plastica nel senso che la sezione si comporta come un vincolo
rotazionale ad attrito che per M < Mpl non consente rotazioni e per M = Mpl diventa sede di
rotazioni indefinite trasmettendo una coppia pari al momento plastico. La definizione della
rotazione plastica effettiva, utile talora per valutazioni circa la capacità rotazionale
richiesta, si può conseguire per congruenza con le parti le parti ancora elastiche della
struttura.
Se la struttura è isostatica, la formazione di una cerniera plastica costituisce anche
situazione di labilità e quindi di collasso. Infatti ogni incremento di carico successivo alla
formazione di una cerniera plastica non può essere equilibrato senza richiedere un
incremento di resistenza della sezione critica.

Fig. 1.2: Schema di trave appoggiata-appoggiata


4 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Per lo schema di Fig. 1.2 la relazione (1.1) evidenzia il moltiplicatore dei carichi di
collasso λpl come quel fattore amplificatore che determina il raggiungimento del momento
plastico nella sezione critica e quindi il collasso della membratura.
L
M pl = λ pl ⋅ F ⋅ (1.1)
4
Tale relazione è evidentemente ottenuta uguagliando il momento nella sezione di
mezzeria derivato dall’equilibrio in presenza della forza λpl F al valore plastico Mpl.
Se la struttura è iperstatica il raggiungimento del momento plastico non determina in
generale il collasso; sono necessarie più cerniere plastiche per raggiungere una condizione
di meccanismo e quindi di collasso.
Infatti, in questo caso, posto che per un determinato valore del moltiplicatore dei
carichi esterni λpl sia stato raggiunto il momento ultimo in una sezione, un ulteriore
incremento dei carichi potrà essere equilibrato con incrementi delle sollecitazioni nelle
sezioni ancora in campo elastico fin quando la formazione di ulteriori cerniere plastiche non
determina una condizione di labilità.
In strutture elementari è generalmente semplice seguire l’evoluzione delle
sollecitazioni al variare del carico tra quello limite elastico e quello di collasso
individuando le successive tappe di labilizzazione della struttura fino alla formazione del
meccanismo. In strutture più complesse e quando non si vogliano tanto conoscere le diverse
fasi dell’evoluzione ma esclusivamente il moltiplicatore di collasso λpl di un sistema di
carichi su di una struttura, sono di grande aiuto i due teoremi fondamentali dell’analisi
limite che si basano sulle definizioni di “campo di sollecitazioni staticamente ammissibili”
e “campo di deformazioni cinematicamente sufficienti”:
Un “campo di sollecitazioni staticamente ammissibili” è una distribuzione di
sollecitazioni (tensioni o caratteristiche della sollecitazione) che è in equilibrio con le azioni
esterne e che inoltre non viola in nessuna sezione le condizioni di plasticizzazione; con
riferimento a travi in regime flessionale, si ottiene un campo di sollecitazioni staticamente
ammissibile se in ogni punto della struttura inflessa risulta M ≤ Mpl. Il moltiplicatore dei
carichi associato ad un campo staticamente ammissibile si definisce “moltiplicatore
staticamente ammissibile”.

A B

Fig. 1.3: Schema di trave incastrata-appoggiata


Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 5

Ad esempio, considerando la trave a sezione costante di Fig. 1.3, un campo di


sollecitazioni staticamente ammissibile ed il moltiplicatore statico associato λs sono definiti
dalle relazioni:
M B ≤ M pl , B (1.2)

2
⎡ l MB ⎤
⎢ λs ⋅ q ⋅ 2 − l ⎥
M max, AB =⎣ ⎦ ≤M
pl , AB (1.3)
2 ⋅ λs ⋅ q

essendo Mmax,AB il momento massimo in campata in presenza di un carico λs·q ed un


momento MB all’incastro, che si ricava imponendo la condizione di massimo in campata
del momento alla ascissa x incognita. Infatti si ottiene:

x2 l M
M ( x ) = −λ s q + λs q x − B x (1.4)
2 2 l
dM l MB
=0 ⇒ − λs q ⋅ x* + λs q − =0 (1.5)
dx 2 l

l MB R
x* = − = A (1.6)
2 λs q ⋅ l λs ⋅ q

2
⎡ l MB ⎤
⎢ λs ⋅ q ⋅ 2 − l ⎥
⎦ = [R A ]
2
M max, AB = M ( x = x* ) = ⎣ (1.7)
2 ⋅ λs ⋅ q 2λ s ⋅ q
6 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

A B
δ
MB
θ' θ
M AB L
x* L-x*

Fig. 1.4: Meccanismo

Un “campo di deformazioni cinematicamente sufficiente” è rappresentato invece da


una distribuzione di cerniere plastiche tale da costituire un meccanismo (cfr. Fig. 1.4); ad
ogni campo di deformazioni cinematicamente sufficiente è associato un moltiplicatore dei
carichi (moltiplicatore cinematicamente sufficiente) tale da determinare una condizione di
equilibrio sulla struttura resa labile dalle cerniere plastiche. Tale moltiplicatore dei carichi
può essere determinato imponendo l’equilibrio sulla struttura labile con le cerniere plastiche
sollecitate dai rispettivi momenti plastici. Il modo più semplice per imporre l’equilibrio
consiste nella applicazione del P.L.V. al cinematismo reso possibile dalla introduzione delle
cerniere. Applicando ad esempio il P.L.V. al cinematismo di fig. 1.4, in presenza delle
coppie esercitate dalle cerniere localizzate all’incastro ed a distanza x* dall’appoggio come
coppie esterne applicate alla struttura costituita da tronchi rigidi, si scrive (Le = 0):

δ ⎛δ δ ⎞ δ
M pl , B ⋅ + M pl , AB ⋅ ⎜ * +
* *⎟
= λc ⋅ q ⋅ l ⋅ (1.8)
l−x ⎝x l−x ⎠ 2

Sulla base delle precedenti definizioni i due teoremi fondamentali dell’analisi limite
si enunciano nel modo seguente:
- il moltiplicatore di collasso è il massimo dei moltiplicatori staticamente ammissibili
(teorema statico);
- il moltiplicatore di collasso è il minimo dei moltiplicatori cinematicamente
sufficienti (teorema cinematico);
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 7

Seguono da ciò due diversi metodi che consentono nell’analisi limite la


determinazione dei moltiplicatori di collasso: il metodo statico che consente la
determinazione del moltiplicatore di collasso indagando il campo delle sollecitazioni
staticamente ammissibili al fine di determinare il massimo moltiplicatore associato, ed il
metodo cinematico che esamina i possibili meccanismi di collasso ed i moltiplicatori
associati al fine di determinarne il minimo.
Può tuttavia osservarsi che il primo metodo (metodo statico), determina in ogni caso
valori conservativi del moltiplicatore di collasso e quindi è generalmente preferibile in
quanto la ricerca del massimo si può arrestare in sicurezza senza pervenire necessariamente
all’estremo superiore. Quando è agevole determinare anche un moltiplicatore cinematico, la
differenza tra i due moltiplicatori (λc-λs) fornisce anche la misura della approssimazione
del risultato.
Nell’esempio sopra descritto (cfr. Fig. 1.3), la determinazione del moltiplicatore
statico è particolarmente diretta. Infatti, seguendo il metodo statico, il moltiplicatore di
collasso si ottiene imponendo che la condizione di plasticizzazione sia raggiunta sia
all’incastro che in campata, ovvero che risulti:

2
⎡ l M pl , B ⎤
⎢ λs ⋅ q ⋅ − ⎥
⎣ 2 l ⎦
M pl , AB = (1.9)
2 ⋅ λs ⋅ q

Risolvendo rispetto a λs, si ottiene:

⎛ ⎞
M pl , B + 2 ⋅ M pl , AB ⎜ M pl2 , B ⎟ (1.10)
λs = ⋅ ⎜ 1 + 1 − ⎟
l2 ( )
2
q ⎜ M pl , B + 2 ⋅ M pl , AB ⎟
2 ⎝ ⎠

Introducendo infine i valori dei momenti adimensionalizzati rispetto a ql2/8:

M pl , B
mB = (1.11)
l2
q⋅
8
M pl , AB
m AB = (1.12)
l2
q⋅
8

si ottiene:
8 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

m B + 2 ⋅ m AB ⎛ m B2 ⎞
λs = ⋅ ⎜⎜1 + 1 − ⎟
⎟⎟
(1.13)
4 ⎜
⎝ (m B + 2 ⋅ m AB )2 ⎠

L’espressione precedente di λs per mB = mAB diventa semplicemente:

λ s = 1.4571 ⋅ m B (1.14)

Ovvero il carico di collasso è 1.4571 volte quello che determina la formazione della prima
cerniera plastica in B.

Ad esempio per una trave avente mB = 1.2 e quindi λs =1.7485, risulta:

⎡ λs ⋅ q ⋅ ( l/2 ) − 1.2 ⋅ q ⋅ ( l/8 ) ⎤⎦ 2 q ⋅l2


M AB = ⎣
(1.15)
= 1.2 ⋅
2 ⋅ λs ⋅ q 8

ovvero il momento massimo in campata uguaglia il momento ultimo (Mpl,AB=1.2⋅ql2/8)


quando il momento all’appoggio vale ancora (Mpl,B=1.2⋅ql2/8) ed il carico applicato vale
λs⋅q = 1.7485 q.
Con il metodo cinematico, essendo incognita la posizione in campata in cui si forma
la seconda cerniera plastica, il problema diventa più complesso. Tuttavia nel caso
elementare in esame è possibile pervenire al valore minimo, e quindi effettivo, del
moltiplicatore cinematico esprimendo la posizione del momento massimo in funzione del
moltiplicatore dei carichi λc. Annullando la derivata rispetto ad x della espressione che
fornisce il momento in campata (cfr. 1.5), si ottiene:

dM l MB
=0 ⇒ λc q ⋅ x* − λc q + =0 (1.16)
dx 2 l

l MB
x* = − (1.17)
2 λc q ⋅ l

Successivamente risolvendo la equazione di bilancio (1.8) rispetto a λc:

M B ⋅ x* + M AB ⋅ l δ (1.18)
* *
⋅ δ = λc ⋅ q ⋅ l ⋅
x (l − x ) 2
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 9

l
(
M B ⋅ x* + M AB ⋅ l = λc ⋅ q ⋅ ⋅ x* ⋅ l − x*
2
) (1.19)

⎛l MB ⎞ l ⎛l MB ⎞ ⎛ l MB ⎞ (1.20)
M B ⋅ ⎜⎜ − ⎟ + M AB ⋅ l = λc ⋅ q ⋅ ⋅ ⎜ −

⎟ ⎜ ⎟
⎜ 2 λ ⋅ q ⋅l ⎟⋅⎜ 2 + λ ⋅ q ⋅l ⎟
⎝ 2 λ c ⋅ q ⋅ l ⎠ 2 ⎝ c ⎠ ⎝ c ⎠

Sviluppando la (1.20), si ottiene la seguente equazione:

q 2 ⋅ l 4 ⋅ λc 2 − 4 ⋅ q ⋅ l 2 ⋅ (M B + 2 M AB ) ⋅ λc + 4 M B 2 = 0 (1.21)

che fornisce come radice:

M B + 2 ⋅ M AB ⎛ M B2 ⎞
λc = ⋅ ⎜1 + 1 − ⎟ (1.22)
q
l2 ⎜
⎝ (M B + 2 ⋅ M AB )2 ⎟

2

coincidente, in questo caso, con il moltiplicatore calcolato con il metodo statico (cfr. 1.10).
Pertanto, tale moltiplicatore è il reale moltiplicatore di collasso.
Non sempre è facile arrivare al meccanismo che fornisce il valore minimo del
moltiplicatore cinematico. Si ottengono allora dei moltiplicatori più o meno vicini al
moltiplicatore effettivo di collasso, , ma maggiori di quest’ultimo,
Assumendo ad esempio nel caso in esame una posizione approssimata della
posizione della cerniera plastica in campata (x* = 0.45 l), la (1.8) fornisce:

MB M AB λ ⋅q⋅l2
+ = c (1.23)
0.55 0.2475 2

che per mB = mAB diventa:

⎛ 1 1 ⎞
⎜ + ⎟ ⋅ m B = 4 ⋅ λc (1.24)
⎝ 0.55 0.2475 ⎠

da cui:

λc = 1.46465 ⋅ m B (1.25)

poco diverso e lievemente superiore a quello statico (1.4571 mB), che è anche nel caso
esaminato quello esatto.
10 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

In sintesi, sulla base di tali metodi, una qualunque distribuzione di sollecitazioni che
rispetti l’equilibrio e non violi le condizioni di plasticità può essere assunta per valutare la
sicurezza di una struttura ottenendo un moltiplicatore dei carichi certamente minore o
uguale a quello di collasso.
Resta da sottolineare che nelle analisi precedenti si è assunta implicitamente una
capacità rotazionale indefinita delle sezioni critiche, omettendo ogni verifica sull’entità
delle rotazioni plastiche necessarie nelle sezioni critiche per lo stabilirsi dei campi di
sollecitazione assunti nel rispetto delle sole condizioni di compatibilità statica.
Nell’esempio precedente, in cui al crescere dei carichi si forma in B la prima
cerniera plastica, per raggiungere la condizione di meccanismo con una seconda cerniera in
campata occorre una rotazione plastica in B esprimibile nel modo seguente:

λs ⋅ q ⋅ l 3 M pl , B ⋅ l
α pl , B = − (1.26)
24 ⋅ EI 3 ⋅ EI

Tale rotazione plastica, che la trave deve essere capace di fornire perché sia lecita la
derivazione del moltiplicatore di collasso, è ricavata come rotazione della sezione B della
trave, considerata come appoggiata e caricata sia dal carico distribuito λsq che da una
coppia Mpl,B in B.
Per la necessità di garantire una certa capacità rotazionale, i metodi di normativa b) e
c), pur rifacendosi al metodo statico, introducono opportune limitazioni che tendono da una
parte a ridurre le rotazioni plastiche richieste in relazione ai campi di sollecitazione
individuati e dall'altra a garantire sufficienti capacità rotazionali alle sezioni.
Si esaminano di seguito più in dettaglio i vari metodi di verifica-progetto proposti in
normativa.

1.3 Calcolo elastico-lineare senza ridistribuzione delle


sollecitazioni
Il primo metodo di analisi delle sollecitazioni non differisce da quello normalmente
usato nell’ambito del tradizionale metodo di verifica della sicurezza alle tensioni
ammissibili. Trova giustificazione nel fatto che, in fase di progetto, dimensionando le
membrature in modo tale che le caratteristiche della sollecitazione resistenti nelle sezioni
siano maggiori di quelle sollecitanti per le condizioni di carico previste con un calcolo
elastico allo s.l.u., la deviazione dal comportamento lineare delle parti di membratura
sollecitate oltre il limite elastico è relativamente contenuta e quindi non condiziona in
maniera significativa il risultato delle verifiche.
Infatti la deviazione dal comportamento lineare, che a stretto rigore influenza le
caratteristiche della sollecitazione nelle strutture iperstatiche fin dalle prime fessurazioni, è
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 11

rilevante quando in determinate sezioni le armature superano lo snervamento ovvero il


calcestruzzo è sollecitato oltre il 60% della resistenza caratteristica.
L’approssimazione implicitamente ammessa nel metodo in questione non è
qualitativamente diversa da quella di norma accettata nelle verifiche alle tensioni
ammissibili in cui si ammette un comportamento lineare elastico delle membrature in c.a.
trascurando gli effetti sulla rigidezza della fessurazione del calcestruzzo. D’altra parte al
maggior livello tensionale raggiunto nelle verifiche allo s.l.u. conseguono maggiori
scostamenti dalla linearità che, tuttavia, determinano variazioni nelle sollecitazioni
contenute nei margini di tollerabilità normalmente ammessi.
Diverso è il caso della previsione del comportamento di strutture progettate per
condizioni ed entità dei carichi differenti da quelli di verifica. In tali casi la previsione
basata sul metodo elastico fornisce risultati generalmente poco realistici ovvero molto
conservativi.

1.4 Calcolo elastico-lineare con ridistribuzione delle


sollecitazioni
Il secondo metodo di verifica assume come punto di partenza per l’analisi delle
sollecitazioni un calcolo elastico lineare ma consente la ridistribuzione dei momenti.
Da un punto di vista operativo, una volta determinata con i consueti metodi elastici
lineari la distribuzione delle sollecitazioni, si correggono i valori delle sollecitazioni Me in
alcune sezioni critiche, generalmente nelle sezioni di momento negativo, mediante un
coefficiente riduttivo δ [<1]:

Mr = δ ⋅ Me (1.27)

I momenti in campata nelle aste della struttura in cui sono stati variati i momenti
nodali, vanno poi corretti per il rispetto dell’equilibrio. In un processo di carico in cui i
carichi stessi crescono proporzionalmente ad un parametro λ, l’aver introdotto in alcuni
nodi un momento resistente inferiore a quello massimo raggiungibile in una analisi elastica
equivale a impedire la crescita del momento in quei nodi con la conseguenza che le
sollecitazioni crescono più rapidamente nelle zone rimanenti della struttura nel rispetto
dell’equilibrio.
Tale metodo è applicabile a travi continue o a telai a nodi fissi in cui cioè le forze
orizzontali sono assenti o equilibrate da altre parti strutturali. Il coefficiente riduttivo δ è
legato alla duttilità delle sezioni critiche in cui si opera la ridistribuzione e, poiché la
duttilità delle sezioni critiche decresce al crescere dell’asse neutro adimensionale (yc/d), il
coefficiente di ridistribuzione δ viene limitato, secondo la normativa italiana ed europea,
dalle seguenti condizioni:
12 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

yc
δ ≥ 0.44 + 1.25 ⋅ per fck ≤ 50 MPa
d
yc (1.28)
δ ≥ 0.54 + 1.25 ⋅ ( 0.6 + 0.0014 / ε cu ) per f ck > 50 MPa
d
con ε cu = 0.0026 + 0.035 ⋅ [(90 − f ck ) / 100] > 50
4
per f ck MPa

0.70 ≤ δ ≤ 1 (1.29)

Per fck≤50 la prima delle (1.28) consente il massimo di ridistribuzione (δ=0.70) in


presenza di una elevata duttilità delle sezioni critiche (yc ≤ 0.208 d); non consente
ridistribuzione dei momenti quando le sezioni critiche hanno un asse neutro maggiore di
0.45 d. Valutazioni simili si possono fare per i calcestruzzi con resistenza maggiore, meno
duttili. Una relazione tra capacità rotazionale e posizione dell’asse neutro è fornita dalla
formulazione approssimata di derivazione teorico-sperimentale:

0.004
θ pl = [rad] (1.30)
y c /d

In sintesi il metodo sopra descritto si presenta come l’applicazione del metodo


statico alle strutture in c.a.. Infatti nel progetto delle membrature si adotta un campo di
sollecitazioni staticamente ammissibili (ovvero equilibrate con i carichi esterni e che non
violano le condizioni di plasticizzazione in quanto tali sollecitazioni sono assunte come
sollecitazioni di progetto), con alcune limitazioni finalizzate a commisurare la capacità
rotazionale richiesta con quella disponibile. A tale scopo si limita il coefficiente di
ridistribuzione in un campo di variazione relativamente poco diverso dall’unità (0.70≤δ≤1)
imponendo in tal modo che la distribuzione dei momenti di progetto sia non troppo diversa
da quella fornita da un calcolo elastico; inoltre si correla il coefficiente di ridistribuzione
alla capacità rotazionale disponibile attraverso yc/d .

1.5 Calcolo plastico


Il calcolo plastico, consentito per le travi continue con luci consecutive non molto
diverse (0.5 ≤ li /li +1 ≤ 1.5) , può applicarsi come il metodo precedente correggendo i
momenti derivati da un calcolo elastico senza le limitazioni su δ di cui alle (1.28-1.29).
Occorre però controllare che le sezioni critiche siano effettivamente duttili, ponendo una
condizione più restrittiva alla posizione dell’asse neutro, ovvero imponendo che risulti:
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 13

y c ≤ 0.25 d (1.31)

E’ il caso di sottolineare che potendo le verifiche allo s.l.u. in certa misura


prescindere dalla distribuzione elastica delle sollecitazioni, diventano importanti e talora
fortemente limitative le verifiche tensionali in condizioni di servizio. Infatti, adottando
come metodo di verifica della sicurezza il metodo plastico, le tensioni di lavoro nelle
condizioni di servizio potrebbero essere troppo elevate ed anche superare i limiti elastici. A
tale riguardo la normativa richiede verifiche tensionali di servizio di cui si parlerà più in
dettaglio nel cap. 9. L’EC2, ad esempio, impone i seguenti limiti tensionali in condizioni di
servizio:

- per le condizioni di carico semipermanenti

σ c,lim = 0.45 f ck [= 0.45 ⋅ 0.83 ⋅ Rck ] (1.32)

σ s ,lim ≤ 0.80 f yk (1.33)

- per le condizioni di carico frequenti e rare

σ c,lim ≤ 0.60 f ck [= 0.60 ⋅ 0.83 ⋅ Rck ] (1.34)

σ s ,lim ≤ 0.80 f yk (1.35)

1.6 Calcolo non lineare


Il calcolo non lineare si basa sulla utilizzazione di legami momento-curvatura delle
sezioni o momento-rotazione nelle sezioni critiche non lineari per effetto della fessurazione
e del comportamento non lineare dei materiali. L’utilizzazione di tali legami può essere
consentita da procedimenti iterativi al passo che per ogni incremento di carico determinano
incrementi di sollecitazione nelle sezioni nel rispetto dei legami non lineari delle sezioni,
dell’equilibrio e della congruenza nodale.
Tra le varie metodologie utilizzate si descrive brevemente il metodo secante che
garantisce ottimi livelli di precisione.
Adottando legami momenti-curvatura non lineari e partendo da un generico livello
di carico per il quale sia stata individuata la condizione equilibrata e congruente, è nota in
ogni sezione la rigidezza secante pari al rapporto tra momento e curvatura.
14 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Sulla base della rigidezza secante di ogni sezione è possibile definire la rigidezza
delle aste considerate a sezione (rigidezza) variabile e valutare una nuova distribuzione
delle sollecitazioni per un livello di carico incrementato.
La determinazione delle nuove sollecitazioni modifica la distribuzione delle
sollecitazioni e quindi delle rigidezze delle sezioni. Da qui la necessità di iterare per lo
stesso livello di carico fin tanto che la distribuzione delle rigidezze ipotizzate coincida con
quella effettivamente raggiunta.
A convergenza raggiunta, si può passare ad un nuovo incremento di carico fin
quando la struttura non raggiunge una condizione di eccessiva deformazione in una sezione
di una membratura ovvero una condizione di meccanismo, in presenza del quale
all’incremento dei carichi non corrispondono spostamenti finiti.
Tali metodi consentono infatti la valutazione delle curvature e quindi delle rotazioni
raggiunte nelle sezioni critiche al fine del necessario confronto tra capacità rotazionale
richiesta dal livello di carico e capacità rotazionale disponibile nella stessa localizzazione.

1.7 Definizione degli stati limite


L’accertamento dei requisiti resistenziali e prestazionali in genere delle strutture è
previsto nella normativa vigente controllando che non siano superati una serie di stati
limite, classificabili in due categorie:
- stati limite di servizio, legati ad esigenze di funzionalità nell’impiego normale e di durata;
- stati limite ultimi, corrispondenti al valore estremo della capacità portante per la struttura
nel suo complesso o per uno dei suoi elementi costitutivi.
I primi, stati limite di servizio, possono derivare da prescrizioni specifiche legate alle
prestazioni che si richiedono nel caso in esame, e sono principalmente connessi a:
- eccessiva fessurazione che possa influire sulla durabilità della struttura,
- eccessivi spostamenti o deformazioni che possano limitare l’uso della costruzione, la sua
efficienza, il suo aspetto, o compromettere l’efficienza e l’aspetto di elementi non
strutturali, impianti o macchinari;
- eccessiva corrosione o degradazione dei materiali in funzione dell’ambiente di
esposizione;
- eccessiva sensibilità a fenomeni vibratori che possano compromettere l’uso della
costruzione;
- danni per fatica che possano compromettere l’uso della costruzione.
Altri stati limite ultimi possono essere considerati in relazione alla specificità delle
singole opere o ad azioni particolari come quelle sismiche. Tali stati limite, pur non
riguardando direttamente la sicurezza, condizionano la funzionalità della costruzione, la sua
durabilità, i suoi costi di manutenzione e, quindi, l’accettabilità della costruzione stessa.
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 15

Gli stati limite ultimi possono derivare invece da:


- perdita di equilibrio di una parte o dell’insieme della struttura, considerata come un corpo
rigido;
- spostamenti o deformazioni eccessive;
- rottura localizzata della struttura per azioni statiche;
- raggiungimento della massima capacità di resistenza di parti di strutture, collegamenti,
fondazioni;
- raggiungimento della massima capacità di resistenza della struttura nel suo insieme:
- raggiungimento di meccanismi di collasso nei terreni;
- rottura di membrature e collegamenti per fatica;
- rottura di membrature e collegamenti pere altre cause dipendenti dal tempo;
- instabilità di parti della struttura o del suo insieme.
Altri stati limite ultimi possono essere considerati in relazione alla specificità delle
singole opere o ad azioni particolari come quelle sismiche.

1.8 Azioni da considerare nelle verifiche


Le azioni da considerare nelle varie verifiche sono classificabili in azioni dirette,
indirette, di carattere chimico-fisico.
Le prime sono costituite dai carichi permanenti, come il peso proprio o altri carichi
fissi, dai carichi variabili, come i carichi di servizio o utili, la neve, il vento, la spinta delle
terre, i sismi ed altre forze dinamiche.
Le seconde, azioni indirette, sono invece costituite dalle variazioni termiche, dal
ritiro, dall’effetto di coazioni come la pretensione, spostamento di vincoli e difetti di
montaggio.
Nel terzo gruppo di azioni vanno considerati gli effetti di agenti chimico-fisici in
grado di indurre trasformazioni di rilevo strutturale come l’umidità, il gelo, le sostanze
aggressive propriamente dette.
Non vanno incluse di solito le azioni derivanti da eventi eccezionali come uragani,
esplosioni, urti; la considerazione di tali eventi deve però portare a concezioni strutturali
tali da limitare danni eccessivi o comunque sproporzionati alla causa. E’ anche il caso di
segnalare che nella valutazione degli effetti delle azioni dirette vanno tenute in conto le
imperfezioni geometriche e di montaggio, come ad esempio le eccentricità non volute, che
hanno una importanza rilevante in alcune tipologie strutturali come le strutture
prefabbricate, caratterizzate in generale da un minore grado di iperstaticità, e quindi di
vulnerabilità, nei confronti di collassi locali.
Dal punto di vista della risposta strutturale le azioni possono essere classificate come
statiche quando non inducono accelerazioni significative sulla struttura, pseudo statiche
quando le azioni sono rappresentabili come azioni statiche equivalenti, dinamiche quando
inducono accelerazioni significative nella struttura.
16 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Dal punto di vista della loro variabilità nel tempo le azioni possono essere
classificate come:
- permanenti (G) quando la variazione nel tempo è trascurabile; in particolare G1
rappresenta il peso proprio delle parti strutturali, G2 il peso proprio delle parti non
strutturali;
- variabili (Q) quando i valori istantanei possono essere fortemente diversi nel
tempo e possono essere di lunga durata se agiscono con intensità pressoché costante
per tempi lunghi, di breve durata quando agiscono per periodi brevi rispetto alla vita
nominale della struttura;
- eccezionali (A) quando possono verificarsi solo eccezionalmente nel corso della
vita nominale della struttura;
- sismiche (E) quando derivano da movimenti tellurici.

1.9 Combinazioni di carico allo stato limite ultimo


Il metodo di verifica semiprobabilistico agli stati limite evidenzia nella sua stessa
definizione l’attenzione al fatto che il comportamento delle strutture dipende da grandezze
aleatorie, che riguardano sia la resistenza dei materiali, sia l’intensità ed il tipo di
permanenza delle azioni (carichi di breve o lunga durata, carichi ripetuti), sia la geometria
della struttura con le imperfezioni conseguenti, sia l’adeguatezza dei modelli di calcolo
adottati.
Tale considerazione ha come immediata conseguenza che le verifiche delle strutture
andrebbero condotte correttamente solo con metodi probabilistici, controllando che la
probabilità del manifestarsi di una deficienza strutturale, che consiste nel superamento di un
determinato stato limite, si mantenga sufficientemente bassa. Un approccio di questo tipo
richiede un impegno calcolativo generalmente troppo elevato ed avrebbe un senso pieno
solo se le grandezze aleatorie fossero conosciute tutte con grande accuratezza; pertanto i
metodi di verifica proposti dalle normative, metodi semiprobabilistici, adottano delle
semplificazioni principalmente accontentandosi di valutare separatamente lo stato di
sollecitazione da una parte e la resistenza della struttura dall’altra per assegnati livelli di
probabilità, al fine di controllare che le sollecitazioni così determinate si mantengano
sufficientemente al di sotto delle resistenze corrispondenti.
Più in dettaglio il metodo semiprobabilistico adottato dalla normativa europea ed
italiana, prevede:
− l’adozione di valori caratteristici per tutte le grandezze di cui si voglia considerare il
carattere aleatorio, come le resistenze dei materiali e l’intensità delle azioni; in
particolare per le resistenze si definiscono i valori caratteristici come i frattili di ordine
0.05 delle rispettive distribuzioni statistiche, ovvero come quelle resistenze che hanno
una probabilità del 95% di essere superate quando questa condizione sia rilevante per
la sicurezza; per le azioni si definiscono come valori caratteristici frattili di ordine 0.95,
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 17

corrispondenti a quei valori che hanno la probabilità del 5% di essere superati, quando
ai fini della sicurezza sono rilevanti i valori maggiori delle stesse, ovvero i frattili di
ordine 0.05 nel caso contrario;
− la trasformazione dei valori caratteristici innanzi descritti in valori di calcolo adeguati
allo stato limite considerato mediante l’applicazione di coefficienti γm e γf con lo
scopo di coprire le incertezze non considerate nelle curve di distribuzione dei materiali
e delle azioni e di adeguare il livello di probabilità delle resistenze e delle sollecitazioni
a valori compatibili con la sicurezza richiesta per i vari tipi di verifica; in particolare le
resistenze di calcolo si ottengono dividendo le resistenze caratteristiche per γm, le
azioni di calcolo moltiplicando quelle caratteristiche per i coefficienti γf;
fS , f R

Sm Sk Sd Rd Rk Rm

Fig. 1.5: Definizione delle sollecitazioni e delle resistenze di progetto

− il controllo che i valori effettivi delle caratteristiche di resistenza di calcolo (resistenze


di sezioni, di membrature, deformazioni limite) non siano superati dalle caratteristiche
di sollecitazione di calcolo (sollecitazioni dovute alle azioni di calcolo, deformazioni);
queste ultime sono amplificate in alcuni casi da un coefficiente γ0 caratteristico delle
diverse tipologie strutturali, con lo scopo di tener conto di altre incertezze non
considerate nella definizione dei coefficienti γm e γf , in quanto proprie solo di talune
situazioni o tecniche costruttive (ad esempio strutture a grandi pannelli, in cui γ0=1.2).

Definiti infatti i valori caratteristici Sk e di calcolo Sd delle sollecitazioni ed i valori


caratteristici Rk e di calcolo Rd delle resistenze delle sezioni, tale controllo si riconduce alla
verifica della diseguaglianza:
18 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

S d ≤ Rd (1.36)
il cui significato è facilmente desumibile dalla Fig. 1.5 dove sono rappresentate le curve di
distribuzione probabilistica di una sollecitazione generica e della resistenza corrispondente .
I coefficienti γm per la determinazione delle resistenze di calcolo del calcestruzzo e
dell’acciaio per c.a. e c.a.p. secondo le norme italiane (NTC 2008), assumono i valori
indicati di seguito per il calcestruzzo e le armature lente o presollecitate.
− calcestruzzo: γm = 1.50 - acciaio da c.a. e c.a.p.: γm = 1.15
I coefficienti γf amplificativi delle azioni per ottenere i valori di calcolo delle stesse,
sono generalmente diversi per i diversi tipi di azione in relazione alla loro variabilità:
− azioni permanenti strutturali Gk1 :
− azioni permanenti non strutturali Gk2
− azioni da precompressione P
− azioni variabili Qk
Facendo riferimento alla tabella che segue, la scelta dei coefficienti γf può seguire varie
strade in relazione a diverse situazioni strutturali. Per le verifiche riguardanti problemi di
equilibrio della struttura assunta come corpo rigido vanno adottati i coefficienti parziali di
sicurezza della colonna EQU; diversamente per la verifica agli stati limite di tipo strutturale
(STR) e geotecnico (GEO) sono previsti due approcci. In particolare per lo stato limite
strutturale sono utilizzabili i coefficienti della colonna A1 (adottando la Combinazione 1
dell’Approccio 1 oppure l’unica combinazione dell’Approccio 2); per applicazioni
geotecniche si utilizzano i coefficienti della colonna A2 (adottando la Combinazione 2
dell’Approccio 1) oppure i coefficienti della colonna A1 (adottando l’Approccio 2). A tali
coefficienti di tipo A vanno affiancati poi opportunamente altri coefficienti (M e R), anche
essi variabili a seconda dell’Approccio e della eventuale Combinazione assunta (cfr. NTC
2008).
Coefficiente EQU A1 A2
γF STR GEO
Carichi Permanenti Favorevoli γG1 0.9 1.0 1.0
Non favorevoli 1.1 1.3 1.0
Carichi Permanenti Favorevoli γG2 0.0 0.0 0.0
non strutturali Non favorevoli 1.5 1.5 1.3
Carichi variabili Favorevoli γQi 0.0 0.0 0.0
Non favorevoli 1.5 1.5 1.3

Per la definizione delle combinazioni di carico allo stato limite ultimo e di servizio
vengono altresì definiti i coefficienti di combinazione ψoj, ψ1j , ψ2j, tutti minori di 1, che
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 19

servono a determinare il valore di combinazione di una azione variabile da adottare in


presenza di altre azioni variabili al fine di configurare combinazioni di carico di assegnata
probabilità. I coefficienti ψi si definiscono nel modo seguente:
ψ2j serve a definire il valore quasi permanente dei carichi variabili, pari alla media
temporale ψ2j Qkj dell’intensità del carico j,
ψ1j serve definire il valore frequente corrispondente al frattile al 95% (ψ1jQkj) della
distribuzione temporale dell’intensità del carico j,
ψoj serve definire il valore raro (ψojQkj), di durata breve ma ancora significativa nei
riguardi della possibile concomitanza con altre azioni variabili.
I valori di ψij vanno determinati con considerazioni statistiche specifiche; in assenza
di tali valutazioni i valori consigliati dei coefficienti ψij sono riportati di seguito.

Cat. Azione variabile ψoj ψ1j ψ2j

A Ambienti ad uso residenziale 0,7 0,5 0,3

B Uffici 0,7 0,5 0,3

C Ambienti suscettibili di affollamento 0,7 0,7 0,6

D Ambienti ad uso commerciale 0,7 0,7 0,6

E Biblioteche, archivi,magazzini ed ambienti ad uso ind. 1,0 0,9 0,8

F Rimesse e parcheggi per autoveicoli di peso ≤ 30 kN 0,7 0,7 0,6

G Rimesse e parcheggi per autoveicoli di peso > 30 kN 0,7 0,5 0,3

H Coperture 0,0 0,0 0,0

Vento 0,6 0,2 0,0

Neve a quota ≤ 1000 m s.l.m 0,5 0,2 0,0

Neve a quota > 1000 m s.l.m. 0,7 0,5 0,2

Variazioni termiche 0,6 0,5 0,0


20 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Nelle verifiche allo s.l.u. la combinazione di carico fondamentale si può esprimere


nel modo seguente:
n
γ G1G1 + γ G 2 G2 + γ p Pk + γ Q1 ⋅ Qk1 + ∑γ
j =2
Qj ⋅ψ oj ⋅ Qkj .. (1.37)

Tale relazione esprime in forma simbolica che le condizioni di carico allo s.l.u.,
devono prevedere i carichi permanenti amplificati (γG1·G1 e γG2·G2), le azioni della
precompressione (γP·P), i carichi variabili amplificati (γQi·Qki) se la loro presenza è
sfavorevole rispetto alla sicurezza. In presenza di più carichi variabili (n carichi variabili) il
primo viene considerato per intero, i rimanenti vengono corretti dai coefficienti di
combinazione (ψ0i).
Il ruolo dei coefficienti γ e ψ è di determinare combinazioni di carico di una
prefissata probabilità, differenziando le verifiche agli s.l.u. da quelle agli s.l.s., in cui
diverse sono le probabilità di riferimento. In particolare le combinazioni di carico per le
verifiche agli s.l.u. hanno una probabilità di accadimento molto inferiore a quella di
riferimento per le verifiche di servizio, e pertanto si utilizzeranno per i due tipi di
condizioni di carico coefficienti γG, γQ·differenti.
Oltre alla suddetta condizione di carico fondamentale, in presenza di azioni sismiche
si considera la combinazione seguente:
n
E + G1 + G2 + P + ∑ψ
j =1
2j ⋅ Qkj (1.38)

Si osserva che in presenza di sisma si considerino i carichi permanenti non


amplificati ed i carichi variabili nel loro valore quasi permanente .

1.10 Combinazioni di carico allo stato limite di servizio


Le azioni da considerare per tali verifiche sono quelle normalmente presenti nella
vita della struttura; possono al riguardo distinguersi le azioni quasi permanenti, costituite
dal peso proprio, dai carichi fissi e da una quota modesta dei carichi accidentali, e le azioni
frequenti costituite dal peso proprio, dai carichi fissi e da una quota maggiore di carichi
variabili. In particolare, carichi come il vento e la neve non sono in genere da considerarsi
nelle condizioni di carico quasi-permanenti, mentre possono considerarsi nelle condizioni
di carico frequenti con percentuali ridotte (dell’ordine del 20%).
Le azioni negli s.l.s. sono assunte con i loro valori caratteristici (γG = γP = γQ= 1),
eventualmente ridotti in rapporto al diverso tipo di permanenza delle azioni, che determina
diversi effetti sulla struttura, come ad esempio effetti derivanti dalla corrosione e dalla
deformazione viscosa. A tali fini occorre considerare diversi tipi di combinazioni di carico:
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 21

− combinazioni rare:
n
G1 + G2 + Pk + Qk1 + ∑ (ψ
i =2
0i Qki ) (1.39)

− combinazioni frequenti:
n
G1 + G2 + Pk + ψ 11 Qk1 + ∑ (ψ
i=2
2i Qkj ) (1.40)

− combinazioni quasi permanenti:


n
G1 + G2 + Pk + ∑ (ψ
i =1
2i Qkj ) (1.41)

Le combinazioni tipiche elencate evidenziano come l’entità dei carichi variabili da


prendere in conto è via via decrescente al passaggio dalle combinazioni rare a quelle quasi
permanenti per effetto dei coefficienti riduttivi ψoi ,ψ1i e ψ2i.
Nel caso del vento e della neve occorre tener conto della situazione geografica del
sito, che potrà suggerire valori più adeguati.
In ogni caso, poiché le condizioni di carico di servizio determinano stati di
sollecitazione significativamente minori di quelli ultimi, il comportamento delle strutture si
considera elastico lineare.
22 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

1.11 Esercizi
Per evidenziare le principali differenze tra i metodi di analisi innanzi descritti,
vengono proposti di seguito alcuni esercizi esemplificativi. In tali esercizi le resistenze
ultime delle sezioni vengono fornite come dati, essendo la loro definizione e calcolo
oggetto di successivi capitoli.

Esercizio 1.1
Per una trave continua a due campate, con sezione ed armatura assegnati, si voglia
determinare il carico massimo distribuito in modo uniforme qu compatibile con lo s.l.u.
adottando in alternativa il metodo elastico, il metodo elastico con ridistribuzione dei
momenti, il metodo plastico; in tutti i casi i momenti ultimi delle sezioni critiche sono stati
determinati con i metodi illustrati nei capitoli successivi (vedi cap. 3).
Trattasi di una trave di due campate, continua, con i seguenti dati geometrici,
meccanici e di carico:
Luci campate: L1= 5 m L2 = 5 m

Geometria sezione: b = 500 mm, h= 250 mm, d’= 22 mm,

Armature sez. B (-).. As = 1018 mm2 , As’ = 226 mm2


sez. A-B (+) : As = 1018 mm2, As’ = 226 mm2
sez. B-C (+) : As = 1018 mm2 , As’ = 226 mm2
essendo As l’armatura tesa ed A’s l’armatura compressa.
L’asse neutro ed il momento ultimo negativo e positivo, per tutte le sezioni
significative di uguali dimensioni ed armatura, valgono:

- asse neutro allo s.l.u. yu = 48.35 mm


- asse neutro adimensionalizzato yu/d=0.212
- momento ultimo Mu = Mpl+ = Mpl- = 82.93 kNm

A) Seguendo il metodo dell’Analisi Lineare Elastica (AL), essendo i momenti ultimi


all’appoggio ed in campata uguali ed essendo inoltre il momento sollecitante massimo
localizzato sull’appoggio B, il carico massimo compatibile con un comportamento elastico
si può ottenere uguagliando il momento sollecitante in campo elastico connesso al carico
incognito qu al momento ultimo in B. Si ottiene pertanto:

8 ⋅ M pl 8 ⋅ 82.93
qu = 2 = 2 = 26.53 kN/m
L 5
Il momento in campata è nel caso in esame minore di quello ultimo (plastico). Infatti si
ottiene:
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 23

q ⋅ L MB 26.53 ⋅ 5 82.93
TA = u − = − = 49.74 kN
2 L 2 5
2 2
T 49.74 +
M A-B = A = = 46.62 kNm ⎡< M pl = 82.93 kNm ⎤
2 ⋅ qu 2 ⋅ 26.53 ⎣ ⎦
In presenza di momenti resistenti ultimi differenti sull’appoggio B ed in campata, si
possono determinare separatamente i carichi corrispondenti all’uguaglianza tra il momento
sollecitante e quello ultimo in B, ovvero tra il momento sollecitante massimo in campata ed
il corrispondente momento ultimo positivo in campata. Ovviamente il carico massimo
compatibile sarà il minore tra i due.

B) Seguendo il metodo di Analisi Lineare Elastica con Ridistribuzione dei


Momenti (LR), occorre determinare preliminarmente la massima ridistribuzione ammessa,
ovvero il minimo valore del coefficiente di ridistribuzione δ dipendente dalla posizione
dell’asse neutro allo s.l.u. della sezione sede della Ridistribuzione dei Momenti. Tale
operazione è possibile in fase di verifica essendo note le armature. In fase di progetto il
coefficiente δ deve essere ipotizzato e poi, a verifica effettuata, se ne deve controllare la
ammissibilità. Nel caso in argomento, (fck≤50 N/mm2), si ottiene :
δ = 0.44 + 1.25 ⋅ yu / d = 0.44 + 1.25 ⋅ 0.212 = 0.705 ,
si assume pertanto δ = 0.705. Il carico massimo compatibile con lo s.l.u. è il minore tra i
due che si possono determinare alternativamente imponendo l’uguaglianza tra momenti
sollecitanti e momenti resistenti plastici sull’appoggio (con ridistribuzione) ed in campata.
Considerando in primo luogo l’appoggio B, dove si raggiunge prima il momento
plastico, si determina il carico qu,1 cui corrisponde un momento Mpl-/δ in modo che
applicando la ridistribuzione si possa verificare il rispetto del momento plastico:
8 ⋅ M − / 0.705 8 ⋅ 82.93 / 0.705
pl
qu ,1 = = = 37.64 kN/m
L2 52
Occorre ancora verificare che, in presenza di un momento in B pari a quello plastico,
il momento in campata sia inferiore o al più uguale a quello plastico. Per effettuare tale
controllo si determina il taglio in A ed il momento massimo in campata corrispondenti al
raggiungimento del momento plastico in B:

q ⋅ L M pl 37.64 ⋅ 5 82.93
TA = u − = − = 77.51 kN
2 L 2 5

TA2 77.512
M A-B = = = 79.80 kNm ⎡< M + = 82.93 kNm ⎤
2 ⋅ qu 2 ⋅ 37.64 ⎣⎢ pl ⎥⎦
La verifica risulta soddisfatta e quindi il carico massimo compatibile con la verifica allo
s.l.u. è proprio qu,1.
24 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Se la verifica non fosse risultata soddisfatta, avremmo potuto ricavare il carico per il quale
il momento massimo in campata uguaglia il momento plastico positivo mentre il momento
in B è pari al momento plastico negativo. Seguendo tale strada, in questo caso superflua in
quanto la verifica è risultata soddisfatta, si otterrebbe:

qu ,2 ⋅ L M pl
TA = −
2 L
2
TA +
M A-B = = M pl
2 ⋅ qu ,2

( M pl )
2

2
qu ,2 −
L
4
2

( +
)
M pl + 2 ⋅ M pl ⋅ qu ,2 +4
L
4
=0

( ) ( ) ( )
2 2 2 2
− + − + −
qu ,2 = M pl + 2 ⋅ M pl − M pl + 2 ⋅ M pl − M pl
2 2
L L
2 2 2
qu ,2 = ( 3 ⋅ 82.93) + (3 ⋅ 82.93) − 82.932 = 19.90 + 18.76 = 38.66 kN/m
25 25
Il carico qu,2 = 38.66 kN/m è superiore a qu,1 come previsto e, quindi, qu=min (qu,1; qu,2) =
qu,1 = 37.64 kN/m.

C) Nel caso esaminato, essendo yu/d<0.25 ed inoltre le luci delle campate


consecutive uguali (il limite sarebbe (0.5 ≤ li /li +1 ≤ 1.5) ), è possibile applicare l’ Analisi
Plastica (AP). Per determinare il carico massimo possiamo allora seguire il metodo statico
o il metodo cinematico. Il primo metodo (metodo statico), ha il vantaggio di fornire carichi
ultimi conservativi, ovvero minori o al più uguali di quelli massimi ammessi.
Essendo noti i momenti ultimi nelle sezioni critiche, è possibile ipotizzare distribuzioni di
sollecitazioni in equilibrio con i carichi esterni e compatibili con i limiti di resistenza,
selezionando quella distribuzione cui corrisponde il carico massimo. Una tale distribuzione
si ottiene imponendo ad un diagramma del momento parabolico (compatibile con una
distribuzione di carico uniforme) che il momento in B sia pari al momento plastico negativo
(Mpl-) mentre il momento massimo in campata sia pari a quello plastico positivo (Mpl+).
Tale criterio è in sostanza quello adottato in precedenza (caso B) per determinare nel
metodo (LR) il carico qu,2. Pertanto seguendo la stessa strada impostata in precedenza per
qu,2, si ottiene ancora qu,s= 38.66 kN/m.
Per l’applicazione del metodo cinematico occorre conoscere il meccanismo di collasso che
nel caso in esame è costituito da una cerniera all’appoggio intermedio ed una in campata di
posizione non esattamente nota a priori. Pertanto il metodo, applicato nella sua
formulazione base, ovvero senza ottimizzare la posizione delle cerniere che individuano il
meccanismo, fornisce valori generalmente non conservativi del carico di collasso. Nel caso
in esame possiamo sfruttare i risultati ottenuti in precedenza (LR) per ottenere la posizione
ottimale della cerniera plastica in campata. Infatti la soluzione innanzi ottenuta con il
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 25

metodo statico ci consente di conoscere con precisione la posizione della cerniera in


campata determinata dalla ascissa z, che essendo un punto di momento massimo,
corrisponde ad un punto di nullo del taglio. Si ottiene pertanto:

qu ,2 ⋅ L M pl 38.66 ⋅ 5 82.93
TA = − = − = 80.06 kN
2 L 2 5
z = TA /q u = 80.06/38.66 = 2.07 m ( = .414 ⋅ L)

L-z = 5-2.07 = 2.93 m ( = 0.586 ⋅ L)


L’applicazione del metodo cinematico comporta la scrittura del PLV sul cinematismo
individuato dalla cerniera plastica all’appoggio e dalla cerniera plastica in campata.
Indicando con θB l’angolo di rotazione rigida arbitrario dei due tronchi centrali delle due
travi in B che determina il cinematismo per la applicazione del PLV, l’angolo di rotazione
in A, con semplici considerazioni geometriche, vale:
θA = 2.93/2.07 θB = 1.4155 θB, l’angolo di rotazione plastica in campata vale
θAB=θA + θB =1.4155·θB +θB =2.4155 · θB.

( 2
) (
− +
2 ⋅ qu ,c ⋅ 0.586 ⋅ L ⋅ θ B / 2 = 2 ⋅ M ⋅ θ B + M ⋅ 2.4155 ⋅ θ B
pl pl )
Il PLV si scrive: 2 ⋅ qu ,c ⋅ 0.586 ⋅ 25 / 2 = 2 ⋅ (82.93 + 82.93 ⋅ 2.4155)
566.50
qu ,c = = 38.66 kN/m
14.65
In questo caso il metodo statico ed il metodo cinematico hanno fornito lo stesso risultato e
quindi il carico di collasso (massimo tra quelli ottenibili con il metodo statico e minimo tra
quelli ottenibili con il metodo cinematico) è stato definitivamente determinato (qu,s = qu,c =
qu,eff). Tale risultato è stato raggiunto selezionando nel metodo statico la sezione di
massimo momento positivo nelle condizioni di collasso (M-=Mpl- ed M+=Mpl+) e nel metodo
cinematico fissando la cerniera in campata nella sezione di momento massimo in condizioni
di collasso. Applicando il metodo statico senza imporre la condizione di massimo in
campata avrebbe comportato soluzioni conservative (qu ≤ qu,eff) mentre con il metodo
cinematico si sarebbe ottenuta una soluzione generalmente non conservativa (qu ≥ qu,eff).
Riassumendo, il carico ultimo seguendo i tre metodi è risultato:
26 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Metodo qu [kN/m]
AL 26.53
LR 37.64
AP 38.66
Si osserva che i metodi LR e AP nel caso esaminato forniscono valori ultimi del
carico notevolmente maggiori del metodo AL. Tale risultato è connesso al fatto che le
armature della trave, con uguale resistenza a momento negativo e positivo, determinano
margini diversi nei confronti dei momenti sollecitanti derivanti dalla analisi elastica.
In ogni caso si sottolinea che per una corretta progettazione occorre tenere in conto
anche le verifiche agli stati limite di servizio che impediscono talora lo sfruttamento
integrale del comportamento plastico di cui ai metodi LR e AP.
Nello schema sottostante si osserva il diagramma del momento relativo alla analisi
lineare (AL) con un carico ultimo (quAL) minore dei corrispondenti quLR e quAP. Per i metodi
LR ed AP sul lato destro è riportato il diagramma del momento nella ipotesi di resistenza
flessionale illimitata, sul lato sinistro il diagramma del momento limitato dal momento
plastico in B. In sintesi si osserva a destra il diagramma del momento elastico ed a sinistra
con ridistribuzione relativo al metodo LR ed al carico ultimo corrispondente (qu,LR). Si
osserva infine il diagramma allo s.l.u. (elastico a destra e plastico a sinistra) ottenuto con il
metodo plastico (AP) e relativo al carico ultimo quAP, poco maggiore di qu,LR.
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 27

Esercizio 1.2
Per una trave continua a due campate, con sezione ed armatura assegnati, si voglia
determinare il carico massimo distribuito in modo uniforme qu compatibile con lo s.l.u.
adottando il metodo elastico, il metodo elastico con ridistribuzione dei momenti, il metodo
plastico. Il presente esercizio differisce dal precedente per una diversa scelta delle armature
posizionate in modo da avere una diversa resistenza a momento positivo e negativo.
Trattasi di una trave di due campate, continua, con i seguenti dati geometrici,
meccanici e di carico:
Schema: L1= 5 m L2 = 5 m

Geometria sezione: b = 300 mm, h= 500 mm, d’= 22 mm,

Armature sez. B (-) : As = 1206 mm2 , A’s = 402 mm2


sez. A-B (+) : As = 603 mm2, A’s = 402 mm2
sez. B-C (+) : As = 603 mm2 , A’s = 402 mm2
essendo As l’armatura tesa ed As’ l’armatura compressa.

L’asse neutro ed il momento ultimo negativo e positivi valgono (cfr. cap.3) per le sezioni
significative:

Sez- B yu = 83.44 mm
yu/d=0.174
Mu = Mpl- = 211.32 kNm
Sez. A-B e B-C yu = 46.22 mm
yu/d=0.0967
Mu = Mpl+ = 108.26 kNm

A) Seguendo il metodo dell’Analisi Lineare Elastica (AL), il carico massimo può


essere determinato come minimo tra quelli che si ottengono uguagliando momento
sollecitante e momento resistente nelle sezioni dove il momento assume valori massimi o
minimi. In B ed in campata delle campate A-B e B-C nel caso in esame.
28 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Uguagliando il momento il momento relativo al carico incognito qu al momento plastico in


B, si ottiene:
8⋅ M −
pl 8 ⋅ 211.32
qu1 = = = 67.62 kN/m
L2 52
Il carico determinato non è necessariamente idoneo perché in campata il momento potrebbe
non rispettare l’equilibrio ovvero essere maggiore del momento plastico corrispondente.
Infatti nel caso in esame il momento in campata corrispondente al carico qu1 è maggiore di
quello ultimo calcolato con la armatura effettiva. Si ottiene:

qu1 ⋅ L M pl 67.62 ⋅ 5 211.32
TA = − = − = 126.79 kN
2 L 2 5
T 2 126.792
M A-B = A = = 118.86 kNm ⎡> M + ⎤
pl = 108.26 kNm ⎥⎦
2 ⋅ qu 2 ⋅ 67.62 ⎣⎢
La verifica non è quindi soddisfatta in questo caso essendo il momento sollecitante in
campata maggiore di quello resistente.
Possiamo allora determinare il carico massimo corrispondente al momento massimo in
campata imponendo l’uguaglianza tra momento sollecitante massimo ed ultimo in campata.
qu 2 ⋅ L2
= M+ pl
14.22
qu 2 ⋅ 52
= 108.26
14.22
108.26 ⋅ 14.22
qu 2 = = 61.58 kN/m
25
Il carico ultimo è pertanto quest’ultimo essendo qu = min (61.58,67.62)=61.58 kN/m

B) In questo caso il metodo di Analisi Lineare Elastica con Ridistribuzione dei


Momenti (LR), si presenta in una forma diversa da quella innanzi descritta (vedi Es.1.1) in
quanto il momento plastico viene raggiunto in campata. Avendo in questo caso lo sviluppo
del metodo una forma poco diversa dal metodo plastico si omette lo sviluppo rinviando al
caso successivo (AP).

C) Nel caso esaminato, essendo yu/d<0.25 e le luci poco diverse (uguali in


particolare), è possibile eseguire l’ Analisi Plastica (AP). Per determinare il carico
massimo possiamo seguire il metodo statico o il metodo cinematico. Si segue il primo come
nell’esercizio 1.1., determinando il carico per il quale i momenti in campata ed all’appoggio
uguagliano i rispettivi momenti plastici.
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 29


qu ⋅ L M pl
TA = −
2 L
T 2
M A-B = A = M + pl
2 ⋅ qu

( )
2

M
2
qu −
4
L2
(−
M + 2⋅M
pl
+
pl )
⋅ qu + 4
pl
L4
=0

( ) ( ) ( )
2 2 2 2
− + − + −
qu = M + 2⋅M − M + 2⋅M − M
2 pl pl 2 pl pl pl
L L
2 2 2 2
qu = ( 211.32 + 2 ⋅108.26) + ( 211.32 + 2 ⋅ 108.26) − ( 211.32) =
25 25
= 34.22 + 29.76 = 63.98 kN/m

Pertanto il carico massimo con il metodo statico vale qu,stat= 63.98 kN/m.
Come visto in precedenza è superfluo applicare il metodo cinematico in quanto fornirebbe
lo stesso carico o carichi superiori, ma non conservativi, adottando collocazioni non
corrette della cerniera plastica.
Il carico ultimo seguendo i tre metodi è risultato:

Metodo qu [kN/m]
AL 61.58
LR ---
AP 63.98
Si osserva che i metodi AL e AP danno, nel caso in esame, risultati poco diversi. Ciò è
dovuto al fatto che le armature sono disposte in modo abbastanza coerente (proporzionali)
con le sollecitazioni di analisi. Naturalmente quando le armature devono tener conto di una
molteplicità di condizioni di carico, tale coerenza non è in generale possibile.
30 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Esercizio 1.3
Si debba progettare l’armatura di una campata intermedia di una trave continua in
cui sono assegnati i seguenti carichi:
gk = 7 KN/m
g’k = 20 KN/m
qk =15 KN/m
che saranno amplificati tenendo conto dei coefficienti γF pari a 1,35 per gk e 1,5 per g’k e qk.
La trave in esame è costituita da quattro campate diseguali, di lunghezze 5m, 6m,
7m, 4m. Si prende in considerazione la campata di 7m (la terza), della quale si vuole
progettare l’armatura. Le caratteristiche geometriche della trave siano b=40 cm ed h= 70
cm.

La prima fase del progetto delle armature, a prescindere dal metodo usato, richiede il
calcolo delle sollecitazioni conseguenti all’analisi elastica della struttura, con carichi
amplificati (s.l.u.); per massimizzare le sollecitazioni nei punti di appoggio ed in campata,
vanno definite le combinazioni di carico più gravose. Si possono adottare distribuzioni
cosiddette a scacchiera che richiedono, nel caso di massimizzazione di momenti su appoggi
interni, di massimizzare i carichi variabili sulle campate adiacenti al generico appoggio su
cui si voglia massimizzare (in valor assoluto) il momento, mentre nel caso si vogliano
massimizzare/minimizzare i momenti positivi in campata di caricare alternativamente le
campate pari e dispari con i massimi carichi variabili. Nel caso in esame si sono considerati
quattro condizioni di carico: due condizioni di carico per massimizzare i momenti sugli
appoggi a sinistra ed a destra della campata in esame, due condizioni di carico per
massimizzare o minimizzare i momenti nella campata in esame (L=7m)

1) massimo momento nell’estremo “i” di sinistra;


2) massimo momento nell’estremo “j” di destra;
Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 31

3) massimo momento in campata “i-j”;


4) minimo momento in campata “i-j”.
Il carico massimo in campata risulta qmax = 1.35*7+1.5*(20+15)=61.95 kN/m
Il carico minimo in campata risulta qmin = 1.0*7+1.0*20= 27 kN/m .
Da tale analisi,risultano i seguenti momenti flettenti:

Combinazione
sezione
1) 2) 3) 4) MIN MAX
I -256,20 -174,06 -181,75 -156,67 -256,20
J -178,51 -229,05 -201,56 -99,90 -229,05
i-j 162,09 177,89 187,79 37,77 187,79

A) Seguendo il metodo dell’Analisi Lineare Elastica (AL), si deve


semplicemente procedere al progetto dell’armatura sulla base dei valori massimi
dei momenti (positivi e negativi) . Seguendo il metodo tabellare (cfr. cap.3).
70
ru = = 0, 277 per l’appoggio “i”;
4
256, 20 ⋅ 10
40
70
ru = = 0, 293 per l’appoggio “j”;
4
229, 05 ⋅ 10
40
70
ru = = 0, 323 per la campata “i-j”;
4
187, 79 ⋅ 10
40
assumendo i seguenti materiali: calcestruzzo di classe 25/30 e acciaio B450C, se il
rapporto tra le armature compressa e tesa è pari a ρ=0,25 e tenendo inoltre conto di un
rapporto d’/h=0,05 (copriferro d’=3,5 cm), si leggono i seguenti valori del coefficiente
ζ che definisce il braccio della coppia interna (d*= ζ·h):

ζ =0,894 per l’appoggio “i”;


ζ =0,886 per l’appoggio “j”;
ζ =0,899 per la campata “i-j”;

le aree di armatura necessarie risultano così le seguenti:


32 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

6
256, 20 ⋅ 10 2
As = = 1046 mm per l’appoggio “i”;
0, 894 ⋅ 700 ⋅ 391 ‫ و‬3
6
229, 05 ⋅ 10 2
As = = 944 mm per l’appoggio “j”;
0, 886 ⋅ 700 ⋅ 391, 3
6
187, 79 ⋅ 10 2
As = = 774 mm per la campata “i-j”.
0, 886 ⋅ 700 ⋅ 391, 3
Si adottano pertanto le seguenti armature in zona tesa (con armature in zona compressa
non inferiore al 25% di quelle corrispondenti in zona tesa):

2Φ20+3 Φ14 per l’appoggio “i” (10,87 cm2);

2Φ20+3 Φ12 per l’appoggio “j”; (9,67 cm2);

2Φ20+1 Φ14 per la campata “i-j” (7,81 cm2).

B) Seguendo il metodo dell’Analisi Lineare Elastica con Ridistribuzione (LR),


si deve procedere comunque al calcolo delle sollecitazioni con metodo elastico
per applicare poi la ridistribuzione dei momenti. Applicando ai valori massimi
dei momenti sugli appoggi un coefficiente di ridistribuzione δ=0.75 si
ottengono le seguenti sollecitazioni di progetto:

M i rid = δ ⋅ M i = 0, 75 ⋅ 256, 20 = 192,15 KN / m

M j rid = δ ⋅ M j = 0, 75 ⋅ 229, 05 = 171, 78 KN / m


Capitolo 1. IL METODO DI VERIFICA SEMIPROBABILISTICO AGLI “STATI LIMITE” 33

M i, j rid = −δ ⋅ M i +
1
⎡q L
⎢ ij +
δ ⋅ Mi − M j ( ) ⎤⎥ =
2 qmax ⎢ 2 Lij ⎥
⎣ ⎦ (vedi figura)
2
1 ⎡ 61,95 ⋅7 (192,15 − 171, 78) ⎤
= −192,15 + + ⎥ = 197, 54 KN / m
2⋅61,95 ⎢ 2 7
⎣ ⎦

essendo il carico massimo nella campata in esame qmax = 1,35·7+1,5·(20+15) = 61,95


kN/m.
Con tali sollecitazioni la progettazione delle armature procede analogamente al caso
A). Seguendo il metodo tabellare, assumendo i materiali già in precedenza scelti nel
metodo AL (calcestruzzo di classe 25/30 e acciaio B450C), un rapporto tra le armature
compressa e tesa pari a ρ=0,25, ed un rapporto d’/h=0,05 (copriferro d’=3,5 cm), i
coefficienti ru risultano:
70
ru = = 0, 319 per l’appoggio “i”;
4
192,15 ⋅ 10
40
70
ru = = 0, 338 per l’appoggio “j”;
4
171, 78 ⋅ 10
40
70
ru = = 0, 315 per la campata “i-j”;
4
197, 54 ⋅ 10
40
i valori del coefficiente ζ risultano:
ζ=0,900 per l’appoggio “i”;
ζ =0,900 per l’appoggio “j”;
ζ =0,899 per la campata “i-j”.
Le armature che ne conseguono risultano così le seguenti:

6
192,15 ⋅ 10 2
As = = 780 mm per l’appoggio “i”;
0, 900 ⋅ 700 ⋅ 391, 3
6
171, 78 ⋅ 10 2
As = = 697 mm per l’appoggio “j”;
0, 900 ⋅ 700 ⋅ 391, 3
6
197, 54 ⋅ 10 2
As = = 812 mm per la campata “i-j”.
0, 889 ⋅ 700 ⋅ 391, 3
34 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Si adottano pertanto le seguenti armature in zona tesa (con armature in zona compressa
non inferiori al 25% di quelle corrispondenti in zona tesa):

2Φ20+1 Φ14 per l’appoggio “i” (7,81 cm2);

2Φ20+1 Φ12 per l’appoggio “j”; (7,41 cm2);

2Φ20+2 Φ12 per la campata “i-j” (8,54 cm2).

Come si osserva, si ottengono delle economie di armatura agli appoggi, cui corrisponde
un minore incremento della armatura in campata; ovviamente, l’entità di queste
economie è influenzata dal coefficiente di ridistribuzione assunto nel ricalcolo delle
sollecitazioni.
Avendo assunto un coefficiente di ridistribuzione δ=0.75, occorre controllare che le
sezioni configurate abbiano una sufficiente duttilità, ovvero che l’asse neutro risulti
sufficientemente basso:
yu ≤ ⎡⎣(δ − 0.44 ) /1.25=( 0.75− 0.44 ) /1.25= 0.248⎤⎦
La condizione è facilmente verificabile in fase di progetto ricavando dai valori di ζ i
valori dell’asse neutro corrispondenti:
ζ h = d − λ yu
yu 1 ⎛ ζ ⎞
= ⋅ ⎜1− ⎟
d λ ⎝ 1−δ ' ⎠
Essendo nel caso in esame i valori di ζ relativamente alti, infatti i valori di ζ sono
prossimi a 0.9, la trave è notevolmente duttile. Per ζ=0.9 e δ’=0.05 risulta:
yu ⎛ 0.9 ⎞
= 2.5 ⋅ ⎜1− ⎟ = 0.13
d ⎝ 1−0.05 ⎠

C) In questo caso progettare l’armatura facendo riferimento all’Analisi Plastica,


comporta gli stessi passi dalla Analisi Elastica con Ridistribuzione dei Momenti, con
la facoltà di assumere un coefficiente δ non più limitato inferiormente dal valore 0,7.
Naturalmente valori ridotti del coefficiente di ridistribuzione δ possono rendere
determinanti nel dimensionamento le verifiche tensionali legate agli s.l.s..
Capitolo 2

LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI


NORMALI

2.1 Premessa
Lo stato limite ultimo più frequente nelle strutture in c.a. è lo stato limite per
tensioni normali ovvero lo stato limite di sezioni presso/tenso-inflesse. Tale stato limite
riguarda pertanto in maniera unitaria i casi di flessione, pressoflessione e tensoflessione.
Dal punto di vista del comportamento, le sezioni sottoposte a sollecitazioni di
presso-flessione con flessione prevalente, ovvero con ‘grande eccentricità’, attraversano tre
diverse fasi al crescere della entità delle sollecitazioni flettenti:
− la prima fase è caratterizzata dalla assenza di fessure e quindi da un comportamento a
sezione integra o non parzializzata, con legami tensione-deformazione nei materiali
praticamente elastici;
− la seconda fase è caratterizzata dalla fessurazione delle sezioni e quindi dalla
parzializzazione delle stesse mentre i materiali sono ancora elastici;
− la terza fase, che appresso sarà presa in considerazione, è caratterizzata dalla necessità
di considerare la non linearità dei legami costitutivi essendo i materiali sollecitati a
livelli tensionali prossimi alla rottura.
Nelle sezioni tenso-inflesse manca la prima fase nella ipotesi di calcestruzzo non
resistente a trazione.

2.2 Ipotesi di base e legami costitutivi


Per la determinazione delle caratteristiche ultime di sezioni in c.a. presso-tenso
inflesse si assumono le consuete ipotesi alla base della teoria tecnica:
− conservazione delle sezioni piane;
− omogeneità ed isotropia del calcestruzzo in zona compressa e della armatura;
− aderenza tra calcestruzzo ed acciaio;
− trascurabilità della resistenza a trazione del calcestruzzo.
Per quanto riguarda il segno delle tensioni e delle deformazioni, si assumono, come
è usuale nella teoria tecnica del calcestruzzo, positive quelle di compressione e di
36 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

accorciamento, rispettivamente; le tensioni massime (di progetto) del calcestruzzo fcd e


dell’acciaio fsd si assumono altresì positive.
Poiché occorre definire lo stato tensionale nelle sezioni quando vengono raggiunte le
deformazioni ultime dei materiali, è necessario utilizzare un legame costitutivo attendibile
in tutta la sua estensione fino a rottura. La formulazione di un tale legame costitutivo
rappresenta, in particolare per il calcestruzzo, un problema complesso, sia perché il suo
comportamento per tensioni superiori al 50% della tensione di rottura è fortemente non
lineare, sia perché esso è influenzato da una molteplicità di fattori legati alla composizione
della miscela, alle modalità di getto, alle condizioni di maturazione, alla velocità di
caricamento, alla azione di confinamento esercitata dalle staffe o da altre armature
trasversali alla azione di compressione.
Vengono in genere descritte ed indicate nelle normative, quattro diverse
modellazioni del legame σ − ε del calcestruzzo, che per diverse esigenze sono
generalmente appropriate:
− legame razionale fratto di Saenz;
− legame parabola-rettangolo;
− legame lineare-rettangolo;
− metodo semplificato dello stress-block.
La prima relazione è quella più accurata, ma poiché il suo utilizzo introduce alcune
complicazioni matematiche che ne impediscono un agevole utilizzo manuale, essa viene
utilizzata prevalentemente nell’analisi globale delle strutture, all’interno di codici di calcolo
dedicati nei quali restituisce una ottima precisione sia in termini di resistenza che di
deformazione complessiva.
Per la verifica di resistenza delle singole sezioni allo stato limite ultimo (S.L.U.),
invece, si può fare riferimento ad una delle altre tre possibili relazioni il cui utilizzo, pur
conservando un notevole grado di precisione nella valutazione delle caratteristiche ultime,
risulta meno accurato nella modellazione delle deformazioni subite dalle membrature
oggetto di analisi.
Nel seguito verranno illustrati sia i legami sia gli strumenti analitici per la loro
utilizzazione nella verifica delle sezioni.

2.3 Definizione di S.L.U. per tensioni normali


Lo stato limite ultimo di una sezione è individuato dal raggiungimento della
massima deformazione del calcestruzzo compresso εcu o dell’acciaio teso εsu.
I valori di progetto di tali deformazioni massime variano in base alle caratteristiche
dei materiali stessi ed, in particolare, in funzione del loro comportamento post-elastico che
può essere più o meno duttile.
Capitolo 2. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI NORMALI 37

Quale che sia il legame adottato per il calcestruzzo, si distinguono due valori
rilevanti per la deformazione:
- la deformazione εci cui corrisponde nel legame di riferimento il raggiungimento
della resistenza a compressione fc;
- la deformazione ultima εcu alla quale si fa corrispondere la crisi per
schiacciamento del calcestruzzo compresso.
Il pedice i in εci varia da uno a quattro in relazione ai quattro legami costitutivi
proposti per il calcestruzzo, mentre εci esprime nei vari legami la deformazione intermedia
tra 0 ed εcu necessaria alla definizione del legame. A tal proposito, la Fig. riporta
schematicamente tre dei citati legami tensione-deformazione che possono essere assunti per
modellare il comportamento del calcestruzzo. Indicando con εc1 il valore relativo al legame
razionale fratto di Saenz mostrato di seguito, con εc2 si indica il corrispondente valore da
associare all’inizio del tratto a tensione costante nel legame parabola-rettangolo (Fig 2.1a),
con εc3 ed εc4 quelli da associare all’inizio del tratto a tensione costante nei legami lineare-
costante (Fig 2.1b) e nel legame denominato stress-block (Fig 2.1c).

a) parabola-rettangolo b) lineare-rettangolo c) stress-block


Fig. 2.1: Relazioni costitutive per il calcestruzzo in compressione
Quanto ai valori numerici, nei casi più frequenti in cui il valore caratteristico fck
della resistenza cilindrica a compressione fc, non superi i 50 MPa, si assume:

ε cu = 0.0035 (2.1)
Per calcestruzzi con f ck > 50 MPa , invece, sia la normativa italiana che quella
europea prevedono un valore decrescente della deformazione ultima, coerente con la
minore duttilità esibita dai calcestruzzi ad alta resistenza. Il valore della deformazione
indicata individua, nel legame tensione-deformazione, l’inizio della fase in cui le tensioni
sono fortemente decrescenti e quindi corrisponde ad una deformazione oltre cui non è
significativo andare al fine della valutazione della capacità portante ultima della sezione.
38 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Il valore da assumere per la deformazione cui corrisponde il raggiungimento della


massima tensione varia a seconda del legame tensioni-deformazioni. Con riferimento ai
simboli introdotti nella Fig. , si riportano i valori forniti dalla normativa per la
deformazione εci ed εcu :
ε c 2 = 0.002 per fck ≤ 50 MPa
ε c 3 = 0.00175 per fck ≤ 50 MPa
ε c 4 = 0.0007 per fck ≤ 50 MPa
ε cu =0.0035 per fck ≤ 50 MPa
ε c 2 = 0.002 + 0.0085 ⋅ ( f ck − 50)0.53 per fck > 50 MPa (2.2
ε c3 = 0.00175 + 0.00055 ⋅ ( fck − 50) / 40 per fck > 50 MPa.
ε c 4 = 0.2 ⋅ ε cu per fck > 50 MPa
4
ε cu =0.0026+0.035 ⋅ ⎡⎣( 90 − f ck ) /100 ⎤⎦ per fck > 50 MPa
Quanto all’acciaio, si possono assumere valori di deformazione ultima εsu molto
maggiori di quelli relativi al calcestruzzo in ragione dell’assai maggiore duttilità di tale
materiale. In particolare, la recente normativa nazionale ed europea definisce valori di
progetto εud della deformazione ultima dell’acciaio in funzione di corrispondenti valori
caratteristici εuk della stessa:
ε ud = 0.9 ⋅ ε uk (2.3)

I valori caratteristici εuk della deformazione ultima dipendono dalla duttilità del
materiale acciaio. Si distinguono in ambito europeo tre classi di acciai per calcestruzzo
denotate con le lettere A, B e C e caratterizzate da duttilità (e dunque valori di εuk)
crescenti. La normativa Italiana (Norme Tecniche per le Costruzioni), tuttavia, fa esclusivo
riferimento alle classi A e C ed, in particolare, agli acciai da calcestruzzo B450C e B450A
(B da “beton”) con valore caratteristico della tensione di snervamento fyk=450 MPa e valori
molto diversi della deformazione ultima. In particolare, per i due materiali previsti dalla
normativa italiana si possono assumere i seguenti valori:

ε uk ,C = 0.075 ε uk , A = 0.025 (2.4)

Il legame tensione-deformazione dell’armatura può essere sia elasto-plastico con


deformazione ultima espressa dalla (2.3), sia elasto-incrudente con tensione variabile nel
ramo incrudente da fsd ad ftd . Nel caso elasto-plastico, per la determinazione delle
caratteristiche ultime delle sezioni, si può assumere una deformazione ultima dell’armatura
tesa indefinita (εud = ∞). Tale assunzione comporta alcune semplificazioni nella
determinazione delle caratteristiche della sollecitazione allo s.l.u., che saranno esaminate in
seguito (cfr. $2.4.4)
Capitolo 2. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI NORMALI 39

Premesso che la condizione ultima di una sezione è determinata dal raggiungimento


della deformazione ultima del calcestruzzo compresso o dell’acciaio teso, sulla base dei
valori ultimi di resistenza e deformazione dei materiali innanzi indicati, è possibile definire
le possibili situazioni, dal punto di vista della distribuzione delle deformazioni e
sollecitazioni allo s.l.u., della sezione generica. Esse sono sintetizzate nella Fig. 2.2, dove si
evidenziano sei diverse zone di possibile collocazione dell'asse neutro allo s.l.u.:
− una prima zona con asse neutro esterno alla sezione con massima deformazione
nell’acciaio teso pari a εud; tutte le armature sono tese , il calcestruzzo non reagisce;
− una seconda zona con collocazione dell’asse neutro compresa tra il bordo compresso
della sezione ed il valore y2,3 corrispondente al contemporaneo raggiungimento delle
deformazioni ultime del calcestruzzo e dell’acciaio, essendo:
ε cu
y 2,3 = (
⋅ h − d′ ) (2.5)
ε cu + ε ud

εcu
εci

dC

εud

Fig. 2.2: Definizione delle zone limite


− una terza zona con l’asse neutro compreso tra y2,3 ed il valore y3,4 che corrisponde al
raggiungimento della massima deformazione nel calcestruzzo e della deformazione
limite elastica dell’acciaio teso, essendo:
40 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

ε cu
y3,4 = ⋅ (h − d ') (2.6)
( f sd / Es ) + ε cu
− una quarta zona con l’asse neutro compreso tra y3,4 ed il valore y4,5 corrispondente al
raggiungimento di una deformazione nulla nell’acciaio teso:
y 4 ,5 = (h − d ′) = d (2.7)

− una quinta zona con l’asse neutro compreso tra y4,5 = d e y5,6 = h corrispondente al
bordo inferiore della sezione;
− una sesta ed ultima zona con asse neutro esterno alla sezione che risulta tutta
compressa, mentre la deformazione sulla corda posta a distanza dC dal bordo
ε cu − ε ci
dC = ⋅h (2.8)
ε cu

non si modifica rimanendo pari alla deformazione ε ci raggiunta quando l’asse neutro si
colloca al limite inferiore della zona 5.

ZONE POSIZIONE STATI DI


ASSE NEUTRO SOLLECITAZIONE
1 −∞ < y c ≤ 0 (tenso flessione o trazione pura)

2 0 < y c ≤ y 2,3 (tenso-presso flessione/flessione)

3 y 2 , 3 < y c ≤ y 3, 4 (tenso-presso flessione/flessione)

4 y 3, 4 < y c ≤ d (tenso-presso flessione/flessione)

5 d < yc ≤ h (presso flessione)

6 h < yc < +∞ (presso flessione/compressione semplice)

Tab. 2.1: Stati di sollecitazioni nelle varie zone


Capitolo 2. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI NORMALI 41

Risulta evidente che nelle zone 1 e 2 il piano delle deformazioni ruota intorno
all’asse A corrispondente alla massima deformazione nell’acciaio teso, nelle zone 3, 4 e 5 il
piano delle deformazioni ruota intorno all’asse B corrispondente alla massima
deformazione nel calcestruzzo, nella zona 6 il piano delle deformazione ruota intorno
all’asse C a distanza dC del lembo compresso in modo da consentire alla sezione di
raggiungere per yc →∞ una deformazione uniforme pari a ε ci , deformazione per la quale si
raggiunge la tensione massima nel calcestruzzo. In particolare, alle zone innanzi definite,
individuate dalle posizioni significative dell’asse neutro (-∞, 0, y2,3, y3,4, d, h, +∞),
corrispondono le caratteristiche della sollecitazione allo s.l.u. riportate in Tab. 2.1. Nelle
edizioni precedenti delle norme italiane e dell’EC2 la deformazione massima nell’armatura
tesa era assunta pari al valore convenzionale 0.01, minore dei valori più realistici oggi
assunti per ε uk ed ε ud . Tuttavia gli effetti della diversa definizione della deformazione
ultima sui valori ultimi delle caratteristiche della sollecitazione è praticamente trascurabile.

2.4 Leggi costitutive dell’acciaio e del calcestruzzo


Nel seguito verranno illustrati brevemente i legami costitutivi di riferimento per
l’armatura ed i legami corrispondenti del calcestruzzo generalmente utilizzati assumendo
per brevità fck≤50 N/mm2:
Per l’armatura i legami sono:
a) legame elasto-plastico;
b) legame elasto-incrudente.
Per il calcestruzzo sono:
a) legame razionale fratto (Saenz);
b) legame parabola-rettangolo;
c) legame lineare-rettangolo;
d) legame rettangolare (stress-block).

2.4.1 Legami elasto-plastico ed incrudente per l’armatura


Per l’armatura si adotta in generale un legame σ-ε elastico perfettamente plastico con
resistenza di progetto fsd ridotta rispetto alla resistenza caratteristica mediante il coefficiente
γs=1.15 e con modulo elastico Es (Fig. 2.3). Come è evidente tale legame prevede la
formulazione:
f sd
σ = Es ⋅ε per ε ≤
Es
(2.9)
f sd
σ = sgn(ε ) ⋅ f sd per ε >
Es
42 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Il legame elasto-incrudente, che ha come limiti superiori della deformazione e della


tensione i valori εud=0.9· εuk e ftd=ftk/1.15, si scrive:
f sd
σ = Es ⋅ε per ε ≤
Es
(2.10)
ε - sgn(ε ) ⋅ ε os f
σ = sgn(ε ) ⋅ f sd + ( f td − f sd ) per ε > sd
ε ud − ε os Es

Fig. 2.3: Legame costitutivo dell’acciaio elastico-incrudente ed elastico-perfettamente


plastico
L’influenza dell’incrudimento sul momento ultimo è evidenziata dalla Fig. 2.4 dove sono
rappresentati per tre livelli di armatura (ωi) i domini di resistenza M-N in forma
adimensionale (µu,νu). Si evidenzia in sintesi che la forma incrudente del legame
costitutivo influenza prevalentemente il comportamento della sezione per sollecitazioni di
tenso-flessione (νu<0). Tale influenza è minore nel caso di sezione sottoposta a flessione
semplice (νu=0) o prevalentemente a flessione (0<νu<0.4), trascurabile o assente nel campo
della pressoflessione dove la rottura avviene per crisi del calcestruzzo con armatura poco
sollecitata.
Capitolo 2. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI NORMALI 43

Fig. 2.4:Domini di resistenza ultimi M-N con legame elasto-plastico o elasto-incrudente

2.4.2 Legge razionale fratta di Saenz per il calcestruzzo


Un legame costitutivo capace di esprimere con sufficiente precisione il
comportamento del calcestruzzo sia nel campo delle deformazioni di servizio che a rottura è
costituito dalla legge razionale fratta di Saenz, suggerita dalla normativa europea e
nazionale [6, 7, 8](Fig 2.5).

σc

f’c

0.4 fc

E
Ec o
ε c1 ε cu εc

Fig. 2.5: Diagramma di Saenz


La sua espressione analitica è la seguente:
k e − e2
σ= ⋅ fc (2.11)
1 + ( k − 2) ⋅ e
44 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

essendo:
e = ε / ε c1 (2.12)
E 0 ⋅ ε c1 σ *
k= =
fc fc (2.13)
E0 = 1.05 ⋅ Ec (2.14)
ε c1 = 0.0022 (2.15)
⎧0.0035 per f ck ≤ 50 (f cm ≤ 58)
⎪ 4
ε cu =⎨ ⎛ 98 − f cm ⎞ (2.16)
⎪0.0028 + 0.027 ⋅ ⎜⎜ 100 ⎟⎟ per f ck > 50 (f cm > 58)
⎩ ⎝ ⎠

Fig. 2.6: Diagrammi σ-ε per calcestruzzo espressi dal legame (2.11)
Il legame sopra descritto risulta pertanto caratterizzato da una forma dipendente
dalla resistenza a rottura del calcestruzzo attraverso il rapporto k. Infatti, nel rapporto k
compare sia la resistenza in forma esplicita sia il modulo elastico funzione non lineare della
stessa (Fig. 2.6). Nelle verifiche di resistenza la tensione massima di progetto fcd viene
determinata dividendo per un coefficiente γc =1.5 la resistenza cilindrica caratteristica fck .
Per tener conto della permanenza dei carichi nelle verifiche di resistenza delle sezioni si
adotta un secondo coefficiente riduttivo pari a αcc=0.85, ottenendo la resistenza di progetto
ridotta:
Capitolo 2. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI NORMALI 45

α cc ⋅ f ck (2.17)
f cd = .
γc

Ai fini della utilizzazione per il calcestruzzo del legame non lineare sopra descritto
nella scrittura delle relazioni di equilibrio interno delle sezioni, si osserva preliminarmente
che lo sforzo risultante delle tensioni di compressione nella parte compressa a larghezza
costante b di una sezione rettangolare, sollecitata da una tensione massima σc e con legame
σ-ε non lineare espresso dalla 2.11 deve ricavarsi dalla integrazione:

y2
N c = b ∫ σ ( y ) dy (2.18)
y1

essendo y1 e y2 i limiti di integrazione intesi come distanze dall’asse neutro della fibra
rispettivamente meno compressa e più compressa; assumendo per il diagramma delle
tensioni un riferimento con origine sull’asse neutro distante yc dal bordo compresso, il
primo limite vale rispettivamente y1 = 0 per asse neutro interno alla sezione, y1 = y c − h
per asse neutro esterno alla sezione; il secondo limite vale per definizione yc (2.7a,b).

Le equazioni di equilibrio alla traslazione ed alla rotazione intorno all’asse


baricentrico di una sezione rettangolare si scrivono:

y2 n
∫y b ⋅ σ ( y ) dy + ∑ Asi ⋅ σ si = N (2.19)
1
i =1

(2.20)
essendo di la distanza della armatura i-esima dal bordo superiore della sezione.
46 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

εc

h
2 λyc

h G yc
di
Nc

Asi
ε si

b yc -h

Fig. 2.7 a,b: Valutazione delle sollecitazioni nel calcestruzzo

Le precedenti relazioni (2.19) e (2.20) possono scriversi in forma più semplice


introducendo le funzioni adimensionali ψ e λ. Per asse neutro interno alla sezione le stesse
diventano:
Capitolo 2. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI NORMALI 47

n
b ⋅ yc ⋅ψ ⋅ f cd + ∑ Asi ⋅ σ si = N (2.21)
i =1

⎡h ⎤ n ⎡h ⎤
b ⋅ yc ⋅ψ ⋅ f cd ⋅ ⎢ − λyc ⎥ + ∑ Asi ⋅ σ si ⋅ ⎢ − d i ⎥ = M (2.22)
⎣ 2 ⎦ i =1 ⎣ 2 ⎦

A' s A1
λyc Nc
yc

A2

Nt
As
Fig. 2.8: Andamento reale delle tensioni nel c.l.s. compresso allo s.l.u. per sez. rettangolare
essendo:
σ ( y ) dy
yc

ψ=
∫0
(2.23)
yc ⋅ f cd

1 ⎢ ∫ 0 σ ( y ) ⋅ ( yc − y ) dy ⎥
⎡ yc ⎤ ⎡ yc σ ( y ) ⋅ y dy ⎤
λ=

= 1− ⎢ 0 2 ⎥ (2.24)
yc ⎢
⎣ ∫0
y c
σ ( y ) dy ⎥

⎢ yc ⋅ψ ⋅ f cd ⎥
⎣ ⎦

Il coefficiente ψ, come si evince dalla definizione, rappresenta il rapporto tra l’area


del diagramma delle tensioni sviluppato sulla sezione e l’area corrispondente nella ipotesi
di tensione uniforme sulla zona compressa, che risulta pari al prodotto tra yc e la tensione di
progetto fcd; λ·yc rappresenta invece la distanza del baricentro dell’area delle tensioni in
precedenza indicata dal bordo superiore della sezione (Fig. 2.8).
Nota la deformazione sulla fibra più sollecitata εmax e ponendo e=εmax/ εc1, si ottiene
per la generica fibra a distanza y dall’asse neutro la relazione:
48 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

ε ε ⋅y y
= max = e⋅ (2.25)
ε c1 ε c1 ⋅ y c yc

che, sostituita nella (2.11) e successivamente negli integrali contenuti nelle (2.23) e (2.24),
fornisce nel caso di asse neutro interno alla sezione:

σ ( y ) dy
yc
∫ e 1 + k ( k − 2) 1 + k ( k − 2)
f (e ) = 0
=− + − ⋅ ln[1 + ( k − 2 ) e] (2.26)
yc f cd 2( k − 2 ) ( k − 2)2 ( k − 2)3 e
σ ( y ) y dy
yc
∫ e 1 + k ( k − 2) 1 + k ( k − 2)
g (e ) = 0
=− + − +
2
yc f cd 3 ( k − 2) 2 ( k − 2 )2 ( k − 2)3 e
(2.27)
1 + k ( k − 2)
+ ⋅ ln[ 1 + ( k − 2) e]
( k − 2)4 e 2
da cui può trarsi:

ψ (e ) = f (e) (2.28)

g (e )
λ (e ) = 1 − (2.29)
f (e )

Dalle funzioni sopra definite possono con semplici considerazioni ricavarsi le


analoghe funzioni ψ e λ per asse neutro esterno alla sezione(1).

(1) Infatti se l’asse neutro è esterno alla sezione, le funzioni ψ e λ possono ricavarsi dalle precedenti
valutando le funzioni ψ(e) e λ(e) relativamente alla deformazione massima eM sul bordo più
compresso ed alla deformazione em sul bordo meno compresso. Si ottiene infatti:

∫y σ ( y ) dy ∫0 c σ ( y ) dy − ∫0 c σ ( y ) dy f (e ) ⋅ yc − f (em ) ⋅ ( yc − h )
y 2 y y −h

ψ ( yc , eM , em )= 1
= = M

h ⋅ f cd h ⋅ f cd′ h
Capitolo 2. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI NORMALI 49

Per la valutazione del contributo del calcestruzzo compresso, esclusa la regione “1”
in cui il c.l.s. non è reagente, vanno considerate separatamente le regioni di rottura nelle
quali variano le deformazioni negli estremi di integrazione.
Pertanto, nelle varie regioni di rottura si ha:
− Regione 2: “ψ” e “λ” vanno determinati una volta nota la deformazione massima del
c.l.s. che in tale regione, introducendo le variabili dimensionali ξ=yc/h e δ’=d’/h, risulta
⎛ ε ⎞
essere ε c, max = ⎜⎜ ud ⎟⎟ ⋅ ξ ≤ ε cu ; pertanto i coefficienti adimensionali ψ e λ si
⎝ 1 − δ '− ξ ⎠
determinano mediante le relazioni (2.26), (2.27), (2.28), (2,29), innanzi riportate.
− Regione 3-4-5: la deformazione massima del calcestruzzo è costantemente pari a ε cu ,
per cui i valori dei coefficienti ψ e λ sono questa volta pari a quelli ottenuti al limite
inferiore della zona 2, indipendenti dalla posizione dell’asse neutro e funzione della
classe di resistenza del calcestruzzo considerato.
− Regione 6: in tale regione le funzioni ψ e λ tornano ad essere funzione delle
deformazioni nel calcestruzzo allo stato limite ultimo al bordo superiore ed inferiore
della sezione che risultano essere pari a:
ε ci ε ci
εc, max = ⋅ yc = ⋅ξ (2.30)
yc − dC dC
ξ−
h
ε ci ε ci
εc, min = ⋅ (y c − h ) = ⋅ (ξ − 1) (2.31)
yc − dC dC
ξ−
h

Pertanto, le funzioni ψ e λ, essendo in forza del legame adottato dipendenti dalle


deformazioni massima e minima del calcestruzzo allo s.l.u. a loro volta dipendenti da ξ, si
possono tabellare con validità generale per le zone 2 e 6 in funzione della posizione
dell’asse neutro adimensionalizzato ξ, mentre sono costanti nelle zone 3, 4 e 5, dove la

yc yc − h
∫ σ ( y ) ⋅ y dy − ∫ σ ( y ) ⋅ y dy
λ ( y c , e M , em )⋅ h = y c − 0 0
=
yc yc − h
∫ σ ( y ) dy − ∫ σ ( y ) dy
0 0

g (e M ) ⋅ y c − g (e m ) ⋅ ( y c − h )2
2

= yc −
f (e M ) ⋅ y c − f (e m ) ⋅ ( y c − h )
50 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

deformazione massima è costante e pari al valore massimo consentito (Tabella 2.2). Nelle
zone 2,3,4,5, la tabellazione è riferita a ξ’ =ξ /(1-δ’) in luogo di ξ per renderla indipendente
dal copriferro. Infatti la posizione dell’asse neutro ξ’2,3 di passaggio dalla zona 2 alla zona 3
è indipendente dalla dimensione del copriferro.

2.4.3 Legame Parabola-Rettangolo per il calcestruzzo


Il legame parabola-rettangolo (Fig. 2.9), è espresso da un tratto parabolico per
deformazioni inferiori a ε c 2 e da un tratto a tensione costante per deformazioni variabili tra
ε c 2 e ε cu :

⎡ ⎛ ε ⎞ ⎤
n

σ (ε ) = ⎢1 − ⎜1 − ⎟ ⎥ ⋅ f cd
⎢⎣ ⎝ ε c 2 ⎠ ⎥⎦ ε < ε c2 (2.32)

σ (ε ) = f cd ε c 2 ≤ ε ≤ ε cu (2.33)

L’esponente n vale 2 per calcestruzzi a medio-bassa resistenza mentre assume valori


minori per calcestruzzi di resistenza superiore (fck=55 n=1.75; fck=60 n=1.60; fck=70
n=1.45; fck=80 n=1.40; fck=90 n=1.40).
E’ facile controllare che il tratto parabolico ha una tangente all’origine pari a
1000⋅ f cd , che rappresenta il modulo elastico di questo legame convenzionale, mentre si
osserva che per le diverse classi di materiale il rapporto Ec /f c è in realtà variabile e
maggiore per i calcestruzzi a bassa resistenza. Per ε = ε c 2 la tangente del legame
costitutivo è orizzontale, raccordando il tratto parabolico al tratto lineare costante.
Dal punto di vista delle verifiche di resistenza l’imprecisione rilevata sul modulo
elastico ha scarso peso e pertanto il legame viene proposto dalla normativa nazionale [1, 2]
ed europea [7, 9]. Nell’ambito di quest’ultima, invero, il legame parabola-rettangolo
rappresenta un caso particolare di una legge più generale del tipo “potenza-rettangolo” che
si addice meglio ai calcestruzzo ad alta resistenza (fck>50 MPa) considerando per il ramo
crescente una legge di potenza con esponente minore di due, mentre degenera nella
suddetta legge parabola-rettangolo per i calcestruzzi ordinari (fck ≤ 50 MPa).
Esso è comunemente utilizzato attraverso la definizione delle funzioni ψ e λ,
espresse in dipendenza della posizione in forma adimensionale dell’asse neutro, ξ=yc/h.
Infatti allo s.l.u. ad ogni posizione dell’asse neutro in forma adimensionale
corrisponde un valore determinato della εmax.
Quando la posizione dell’asse neutro varia tra 0 ed y 2,3 la deformazione massima
nel calcestruzzo vale:
Capitolo 2. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI NORMALI 51

ε ud ε ud
ε max = ⋅ yc = ⋅ξ (2.34)
h − d ′ − yc 1−δ ′ −ξ

Per yc compreso tra y2,3 ed h la deformazione massima è pari a ε cu =0.0035, mentre


per yc compreso tra h e ∞ ad ogni valore dell’asse neutro corrispondono deformazioni
minime e massime espresse dalle relazioni:
ε c2 ε c2
ε max = ⋅ yc = ⋅ξ (2.35)
yc − d C dC
ξ−
h
ε c2 ε c2
ε min = ⋅ ( yc − h ) = ⋅ (ξ − 1) (2.36)
yc − d C dC
ξ−
h

Fig. 2.9: Legame parabola-rettangolo


Risolvendo gli integrali definiti nelle (2.23) e (2.24) si possono ricavare per ψ e λ le
seguenti espressioni analitiche in funzione della deformazione massima (εc) raggiunta dal
calcestruzzo:

ψ(ε c ) =
1000
6
( )
⋅ 3 ⋅ ε c − 500 ⋅ ε c2 = e −
e2
3
per ε c ≤ ε c 2 (2.37)

1 1
ψ(ε c ) = 1 − = 1− per ε c 2 ≤ ε c ≤ ε cu (2.38)
1500 ⋅ ε c 3⋅ e
52 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

2 − 375 ⋅ ε c 1 − e / 4
λ(ε c ) = 1 − = per ε c ≤ ε c 2 (2.39)
3 − 500 ⋅ ε c 3−e

1 1

2 3 ⋅ 106 ⋅ ε c2 6 ⋅ e2 − 1
λ(ε c ) = 1 − =1− per ε c 2 ≤ ε c ≤ ε cu (2.40)
1−
1 4 ⋅ e ⋅ (3 ⋅ e − 1)
1500 ⋅ ε c

E’ da rilevare che i coefficienti ψ e λ, come accadeva per la legge di Saenz, variano


nella regione 2 in relazione alla posizione dell’asse neutro(2), mentre assumono valori
costanti nelle restanti zone 3,4,5 dove la deformazione massima del calcestruzzo è costante
e pari al valore limite ε cu . Si riportano di seguito i valori dei coefficienti ψ e λ calcolati al
variare delle regioni di rottura.
− Regione 2: la valutazione dei coefficienti ψ e λ avviene al variare dell'asse neutro
y ξ
ξ′= c = , adimenzionalizzato rispetto l’altezza utile d, con ξ compreso
d 1−δ ′
nell’intervallo (0, ξ’2,3); pertanto, assegnato l’asse neutro, si passa a calcolare la
deformazione del calcestruzzo
ε ξ′ ε ud ξ
ε c ,max = ud ⋅ yc = ε ud ⋅ = ⋅ yc = ε ud ⋅ ; sostituendo il
d − yc 1 − ξ ′ h − d '− yc 1 − δ '−ξ
valore ottenuto nelle relazioni (2.37) e (2.39), si ricavano i valori di ψ e λ .

− Regione 3-4-5: in queste regioni i coefficienti ψ e λ non sono funzione della posizione
dell'asse neutro; infatti, in tali regioni il valore della deformazione massima nel
calcestruzzo è costante e vale ε c = ε cu = 0.0035 . Pertanto, i valori ψ e λ si ottengono
sostituendo il valore della deformazione ultima del calcestruzzo nelle relazioni (2.38) e
(2.40).
− Regione 6: in tale regione le funzioni ψ e λ tornano ad essere funzione delle
deformazioni nel calcestruzzo allo stato limite ultimo al bordo superiore ed inferiore
della sezione, come già visto nel caso del legame costitutivo di Saenz.
In conclusione, le funzioni ψ e λ, essendo in forza del legame adottato indipendenti
dalla resistenza del calcestruzzo, si possono tabellare con validità generale per le zone 2 e 6
in funzione della posizione dell’asse neutro adimensionalizzato, mentre sono costanti nelle

(2)
Si noti che nella valutazione dei coefficienti ψ e λ, con l’impiego del legame della Parabola–
rettangolo, è preferibile adimensionalizzare l’asse neutro rispetto all’altezza utile d in quanto tale
yc ξ
scelta esclude la dipendenza da d’. La relazione tra ξ’=yc/d e ξ è la seguente: ξ ′ = = .
d 1−δ ′
Capitolo 2. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI NORMALI 53

zone 3, 4 e 5, dove la deformazione massima è costante e pari al valore massimo consentito.


La scelta di ξ’ nella zona 2 in luogo di ξ permette di avere una tabellazione indipendente
dalla dimensione d’ del copriferro.

2.4.4 Metodo con legame elasto-plastico


Il legame elasto-plastico (Fig. 2.10), è espresso da due relazioni valide
rispettivamente per deformazioni inferiori a ε c 3 e da un tratto a tensione costante per
deformazioni variabili tra ε c 3 e ε cu :

f cd ε < ε c3 (2.41)
σ (ε ) = ⋅ε
ε c3
σ (ε ) = f cd ε c 3 ≤ ε ≤ ε cu (2.42)

Il tratto lineare iniziale ha una pendenza pari a 571⋅ f cd , che rappresenta il modulo
elastico di questo legame convenzionale; osservazioni analoghe al legame parabola
rettangolo potrebbero essere fatte circa la scarsa corrispondenza tra il legame in argomento
ed il comportamento reale per quanto riguarda il campo elastico. Infatti il rapporto tra
modulo elastico e resistenza di progetto (costante nel legame in esame: Ec /f c =571) è in
realtà variabile e maggiore per i calcestruzzi a bassa resistenza. Inoltre per ε = ε c3 la
tangente del legame costitutivo ha una discontinuità passando bruscamente dal valore citato
al valore 0.
Come nel caso del legame parabola-rettangolo, per le verifiche di resistenza delle
sezioni, l’approssimazione del legame ha scarso peso
Il legame elasto-plastico può essere utilizzato nelle verifiche attraverso la
definizione delle funzioni ψ e λ, espresse in dipendenza della posizione adimensionale
dell’asse neutro, ξ=yc/h.
Infatti allo s.l.u. ad ogni posizione dell’asse neutro in forma adimensionale
corrisponde un valore determinato della εmax.
Al variare della posizione dell’asse neutro, per la deformazione massima nel
calcestruzzo valgono le espressioni già indicate in precedenza (2.34,2.35,2.36) .
54 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Fig. 2.10 Legame elastoplastico

Le espressioni analitiche delle funzioni ψ e λ per il legame elasto-plastico risultano:

εc
ψ ( εc ) = per ε c ≤ ε c 3 (2.43)
2 ⋅ ε c3
εc
ψ ( εc ) = 1 − per ε c 3 ≤ ε c ≤ ε cu (2.44)
2 ⋅ ε c3
1
λ(ε c ) = per ε c ≤ ε c 3 (2.45)
3
⎛ ε − ε (1 − ε c 3 / ε c / 3) ⎞
λ(ε c ) = 0.5 ⋅ ⎜ c c 3 ⎟⎟
⎜ (ε c − ε c3 / 2) per ε c 3 ≤ ε c ≤ ε cu (2.46)
⎝ ⎠

2.4.5 Metodo semplificato


Una valutazione più semplice del contributo del calcestruzzo, valida come il legame
parabola-rettangolo o lineare-rettangolo limitatamente al caso in cui interessi la
determinazione della resistenza ultima delle sezioni e non i parametri deformativi delle
membrature, può ottenersi sulla base del modello semplificato suggerito dalla normativa,
Capitolo 2. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI NORMALI 55

“stress block” (Fig. 2.11), che considera allo s.l.u. un diagramma tensionale costante esteso
ad una parte della zona compressa della sezione (Fig. 2.12).

Fig. 2.11 Legame semplificato (stress-block)

In particolare per calcestruzzi di classe fck≤ 50 la parte compressa della sezione con
tensione pari a fcd è estesa alla parte di sezione compresa tra il bordo più compresso e y’c,
essendo, per asse neutro interno alla sezione:

y c′ = 0.8 ⋅ y c (2.47)

mentre per asse neutro esterno alla sezione vale:


yc − 0.80 ⋅ h
yc′ = ⋅h (2.48)
yc − 0.75 ⋅ h

con y’c che tende asintoticamente ad h quando l’asse neutro tende all’infinito. Ciò equivale
ad assumere nelle sezioni rettangolari con asse neutro interno alla sezione:

ψ = 0.8 ; λ = 0.4 (2.49)

e per asse neutro esterno alla sezione:

yc − 0.80 ⋅ h
ψ= ; λ = ψ/2 (2.50)
yc − 0.75 ⋅ h
56 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Si osservi infine che le espressioni sopra riportate di ψ e λ non risultano funzioni


delle deformazioni, ma costanti per asse neutro interno alla sezione e funzioni della
posizione dell’asse neutro quando questo è esterno alla sezione.

A’s ε f’cd f’cd

yc 0.8 yc

h d

d - yc

As
d’

Fig. 2.12: Utilizzazione dello “stress block”

1.0
ψ , νc
ψ PARABOLA-RETTANGOLO
0.8
STRESS BLOCK

νc
0.6
λ

0.4

0.2

µ CG
0
0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0 4.5 5.0
ξ
Fig. 2.13: Andamento di ψ, λ, νc, µc al variare di ξ
Nella Fig. 2.13 sono rappresentati gli andamenti delle curve ψ(ξ) e λ(ξ) ottenuti
adottando la schematizzazione parabola-rettangolo ovvero lo “stress block”. Si può notare
che per asse neutro nelle zone 3, 4, 5 (yc compreso tra 0.259 d ed h), le due formulazioni
Capitolo 2. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI NORMALI 57

sono praticamente coincidenti, essendo i valori di ψ e λ dedotti con il legame parabola-


rettangolo costanti in tali zone e pari a 0.8095 e 0.416 rispettivamente.
Per asse neutro esterno alla sezione le differenze sono analogamente molto ridotte.
Nella zona 2, ξ ≤ ε cu (ε cu + ε ud ) ⋅ (1 − δ ' ) , si osservano differenze consistenti tra i
valori di ψ e λ valutati con il legame costitutivo parabola-rettangolo e con lo stress-block,
ma i valori di νc e µc,G che esprimono i contributi del calcestruzzo all’equilibrio ne sono
poco influenzati .
Per calcestruzzi ad alta resistenza (fck>50) il metodo semplificato assume ancora un
diagramma rettangolo delle tensioni con valore della tensione di compressione minore di
quella di progetto (f’cd = η·fcd). I parametri ψ, η e λ che definiscono rispettivamente
l’ampiezza della parte compressa della sezione, la tensione costante di riferimento e la
posizione del baricentro della zona compressa rispetto al bordo compresso, valgono:
ψ = 0.8 − ( f ck − 50 ) / 400
η = 1.0 − ( f ck − 50 ) / 200 (2.51)
ψ
λ=
2
Nella figura Fig. 2.14 sono visibili gli andamenti dei parametri ψ ed η in funzione
della resistenza caratteristica del calcestruzzo.

Fig. 2.14: Andamento di ψ ed η al variare di fck

Con l’introduzione delle variabili ψ ed η il contributo del calcestruzzo compresso


allo sforzo normale in una sezione rettangolare risultano pertanto:
N c = ψ ⋅ b ⋅ y c ⋅η ⋅ f cd
(2.52)
M c = N c ⋅ (h / 2 − λ ⋅ y c )
Anche per l’armatura è prevista, come anticipato, una semplificazione consistente
58 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

nella assunzione di una deformazione ultima dell’armatura illimitata (εsu=∞). Tale


semplificazione è ammessa solo nella ipotesi di legame costitutivo non incrudente
dell’acciaio (elasto-plastico).

Fig. 2.15: Domini di resistenza ala variare della deformazione ultima dell’acciaio

Risulta evidente dai domini rappresentati nella Fig. 2.15 che l’influenza della
deformazione ultima sulla resistenza della sezione è trascurabile.
D’altra parte nella ipotesi semplificata (εsu=∞) l’articolazione in zone per la scrittura
delle equazioni di equilibrio della sezione è meno articolata:
- Le zone 1 e 2, complessivamente comprese nell’intervallo (-∞ ,y2,3=0), con
polo A (εA = -∞), comportano per ogni posizione dell’asse neutro
nell’intervallo indicato:
Nc = 0
(2.53)
ε si = −∞
e quindi un solo punto del dominio di resistenza della sezione presso
inflessa. Infatti per le posizioni dell’asse neutro possibili nelle zone 1 e 2,
la estensione della parte compressa di calcestruzzo è sempre nulla mentre
le deformazioni delle armature sono sempre infinitamente grandi e dal lato
delle trazione.
- Le zone 3, 4 e 5, comprese nell’intervallo (0,h) con polo in B (εB = εcu),
comportano per ogni posizione dell’asse neutro nell’intervallo citato:

N c = ψ ⋅ b ⋅ y c ⋅η ⋅ f cd
M c = N c ⋅ (h / 2 − λ ⋅ y c ) (2.54)
ε cu
ε si = ⋅ ( y c − y si )
yc
Capitolo 2. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TENSIONI NORMALI 59

- La zona 6, compresa nell’intervallo (h,+ ∞) può essere trattata assumendo:

N c = ψ '× b × h × η × fcd

yc - (1 - ψ ) × h
ψ'=
(
yc - 1.05 - ψ × h )
(
M c = N c × h / 2 - λ × yc ) (2.55)
1 yc - (1 - ψ ) × h
λ = ×
2 (
yc - 1.05 - ψ × h )
ε c1
ε si =
ε cu - ε c1
(
× yc - y si )
yc - h
ε cu

La funzione ψ’ fornisce un valore variabile tra ψ ed 1 al variare di yc tra h ed + ∞.


In tutti i casi sopra descritti, le tensioni nelle armature sono ricavabili dalle
deformazioni εsi nel modo seguente:
σ si = f sd ⋅ sgn (ε si ) per ε si ≥ ε os
(2.56)
σ si = E s ⋅ ε si per ε si < ε os

2.5 Caratteristiche della Sollecitazione


Le caratteristiche della sollecitazione in una sezione rettangolare per un assegnato
diagramma di deformazioni che attinga sulla fibra compressa del calcestruzzo o in una
barra di acciaio la massima deformazione consentita rispettivamente per il calcestruzzo o
per l’acciaio, assumono il significato di caratteristiche ultime e valgono pertanto:

b ⋅ yc ⋅ψ ⋅ f cd + ∑ i Asi ⋅ σ si = N u (2.57)

⎡h ⎤
b ⋅ yc ⋅ψ ⋅ f cd ⋅ (h / 2 − λ ⋅ yc ) + ∑ i Asi ⋅ σ si ⎢ − d i ⎥ = M uG (2.58)
⎣2 ⎦

dove il momento è valutato rispetto all’asse baricentrico della sezione geometrica.


60 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Nel caso siano presenti due soli livelli di armatura le precedenti equazioni si
scrivono:
b ⋅ yc ⋅ψ ⋅ f cd + As′ ⋅ σ s′ + As ⋅ σ s = N u (2.59)

⎡h ⎤
b ⋅ yc ⋅ψ ⋅ f cd ⋅ [(h / 2) − λ ⋅ yc ] + As′ ⋅ σ s′ ⋅ [(h / 2) − d ′] − As ⋅ σ s ⋅ ⎢ − d ′⎥ = M uG (2.60)
⎣2 ⎦

avendo assunto positive le tensioni di compressione.


Capitolo 3

LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-


TENSOFLESSIONE RETTA

3.1 Premessa
La verifica delle sezioni soggette a presso o tensoflessione retta si esegue
controllando che i punti (Nd, Md) rappresentativi degli stati di sollecitazione di progetto
siano interni al dominio resistente ultimo della generica sezione (Fig. 3.1), che coincide con
l’area nel piano M-N caratterizzata da caratteristiche della sollecitazione cui corrispondono
deformazioni massime nei materiali minori o uguali a quelle ultime. Per la determinazione
della frontiera del dominio di resistenza di una sezione in c.a. presso o tenso inflessa,
occorre determinare le caratteristiche della sollecitazione allo s.l.u. della sezione al variare
della posizione dell’asse neutro, e quindi della condizione limite, nell’intervallo (-∞, +∞).
Per la forma che assume il dominio di resistenza a presso-flessione, il controllo di
sicurezza su di una sezione può essere eseguito nei casi di interesse tecnico anche evitando
la costruzione dell’intero dominio di resistenza ultimo della sezione. Infatti è sufficiente
verificare che per ogni stato di sollecitazione che interessa la sezione, il momento ultimo
corrispondente allo sforzo normale di progetto sia maggiore del corrispondente momento di
progetto, ovvero sia verificata l’unica diseguaglianza:

M d ≤ M u (N d ) (3.1)

essendo imposta a priori la uguaglianza tra sforzo normale di progetto e sforzo normale
ultimo.
Con riferimento alla Fig. 3.1, quanto sopra affermato consegue alla ipotesi che
l’evoluzione delle sollecitazioni fino allo s.l.u. avvenga con sforzo normale costante N = Nd.
Nella stessa figura sono anche rappresentati i casi in cui le sollecitazioni evolvono fino a
rottura con momento flettente costante e con eccentricità costante e la verifica si effettua
controllando rispettivamente che:
Mu = Md ⇒ N d ≤ N u(M d ) (3.2)
62 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Md
eu = ed = ⇒ N d ≤ Nu (ed ) ovvero M d ≤ M u (e d ) (3.3)
Nd

Mu

Mu(Nd) (Nu, Mu)


Md

st
co
=
ed

Nd Nu(Md)
Nu

Fig. 3.1: Dominio resistente allo s.l.u. e verifica della sezione


Nel prosieguo del capitolo, con riferimento al caso notevole di sezione rettangolare
in c.a. a doppia armatura, dopo la caratterizzazione dei contributi statici del calcestruzzo e
delle armature, si tratterà il problema della verifica e del progetto della sezione sia mediante
l’uso dei domini resistenti allo s.l.u. sia mediante l’applicazione di relazioni analitiche.

3.2 Calcolo dei contributi statici del calcestruzzo e della


armatura
Ad ogni possibile collocazione dell’asse neutro corrisponde una condizione limite
del piano delle deformazioni in cui nel calcestruzzo o nell’armatura viene raggiunta la
deformazione ultima. Facendo variare la posizione dell’asse neutro tra -∞ e +∞ si
determinano pertanto le seguenti situazioni con riferimento alle deformazioni del
calcestruzzo e dei due livelli di armatura, cui sono connesse le tensioni e le caratteristiche
della sollecitazione allo s.l.u.:
Zona 1 (−∞ < yc < 0, Fig. 3.2)
- calcestruzzo non reagente
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 63

- armatura superiore (meno tesa)(1)

ε ud ⋅ ( d ′ − yc ) ε ud ⋅ ( δ ′ − ξ )
ε s′ = − =− (3.4)
d − yc 1− δ ′ − ξ

- armatura inferiore (tesa)

ε s = − ε ud (3.5)

Fig. 3.2: Diagramma delle deformazioni– zona 1

Zona 2 (0 < yc < y2,3, Fig. 3.3)


- calcestruzzo:

ε ud ε ud
ε c,max = ⋅ yc = ⋅ξ (3.6)
d − yc 1 − δ′ − ξ
- armatura superiore (compressa o talora tesa):

ε ud ε ud
ε′s = ⋅ (y c − d′ ) = ⋅ (ξ − δ′) (3.7)
d − yc 1 − δ′ − ξ

- armatura inferiore (tesa):

(1)
Si sono introdotte la variabili adimensionali δ ′ = d ′/h e ξ=yc/h, si indicano con il segno + gli
sforzi di compressione e le deformazioni di accorciamento.
64 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

ε s = − ε ud (3.8)

Fig. 3.3: Diagramma delle deformazioni – zona 2

Zona 3 ( y2,3 < yc < y3,4, Fig. 3.4)


- calcestruzzo:

εc,max = ε cu (3.9)

- armatura superiore (compressa):

ε cu ε cu
ε s′ = ⋅ ( y c − d ′) = ⋅ (ξ − δ ′) (3.10)
yc ξ

- armatura inferiore (tesa):

ε cu ε cu
εs = − ⋅ (d − yc ) = − ⋅ (1 − δ ′ − ξ ) (3.11)
yc ξ

Zona 4 (y3,4 < yc < d, Fig. 3.5)


- calcestruzzo:

ε c,max = ε cu (3.12)
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 65

- armatura superiore (compressa):

ε cu ε cu
ε ′s = ⋅ ( y c − d ′) = ⋅ (ξ − δ ′) (3.13)
yc ξ

- armatura inferiore (tesa):

ε cu ε cu
εs = − ⋅ (d − yc ) = − ⋅ (1 − δ ′ − ξ ) (3.14)
yc ξ

Fig. 3.4: Diagramma delle deformazioni – zona 3

Fig. 3.5: Diagramma delle deformazioni – zona 4


66 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Zona 5 (d < yc < h, Fig. 3.6)


- calcestruzzo :

εc,max = ε cu (3.15)

- armatura superiore (compressa):

ε cu ε cu
ε's = ⋅ ( yc − d ′) = ⋅ (ξ − δ ′) (3.16)
yc ξ

- armatura inferiore (compressa):

ε cu ε cu
εs = ⋅ ( yc − d ) = ⋅ (ξ − 1 + δ ′) (3.17)
yc ξ

Fig. 3.6: Diagramma delle deformazioni – zona 5

Zona 6 (h < yc < +∞, Fig. 3.7)

- calcestruzzo:
εc1 εc1
εc, max = ⋅ yc = ⋅ξ (3.18)
yc − d C d
ξ− C
h
εc1 εc1
εc, min = ⋅ ( yc − h ) = ⋅ (ξ − 1) (3.19)
yc − d C d
ξ− C
h
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 67

- armatura superiore (compressa):

ε c1 ε c1
ε ′s = ⋅ ( y c − d ′) = ⋅ (ξ − δ ′) (3.20)
yc − d C dC
ξ−
h

- armatura inferiore (compressa):

ε c1 ε c1
εs = ⋅ ( yc − d ) = ⋅ (ξ − 1 + δ ′) (3.21)
yc − d C dC
ξ−
h

Per la valutazione dei contributi statici delle armature, ipotizzando un legame elasto-
plastico, determinate le deformazioni corrispondenti allo s.l.u., occorre controllare se la
armatura è snervata o meno. Nei due casi si ottiene:

⎡ f ⎤
per εs < ⎢εos = sd ⎥ ⇒ σ s = Es ⋅ εs (3.22)
⎣ Es ⎦

⎡ f ⎤ εs
per εs ≥ ⎢εos = sd ⎥ ⇒ σs = ⋅ f sd (3.23)
⎣ E s ⎦ εs

Fig. 3.7: Diagramma delle deformazioni – zona 6

Per la valutazione del contributo del calcestruzzo compresso, esclusa la zona 1 in cui
il calcestruzzo non è reagente, vanno considerate separatamente le zone 2, 3-4-5 e 6.
68 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Per la zona 2, definita secondo la (3.6) la deformazione massima del calcestruzzo e


le funzioni ψ e λ in dipendenza della stessa deformazione massima secondo le (2.28) e
(2.29), utilizzando il legame costitutivo di Saenz, il contributo del calcestruzzo viene
calcolato mediante le (2.21) e (2.22).
Nelle zone 3, 4 e 5, la deformazione massima allo s.l.u. è pari a εcu; i valori dei
coefficienti ψ e λ per un determinato materiale sono costanti (εc=εcu), mentre i valori di Nc e
Mc sono ancora valutati secondo le (2.21) e (2.22).
Adottando il diagramma parabola-rettangolo le funzioni ψ e λ possono ricavarsi
mediante le (2.37÷2.40) nella zona 2, mentre sono costanti nelle zone 3-4-5 e pari a quelle
determinate al limite inferiore della zona 2. Utilizzando lo “stress block” le stesse funzioni
possono assumersi pari a 0.8 e 0.4 per asse neutro interno alla sezione e per fck≤50 MPa. In
realtà tali funzioni nella zona 2 dipendono dalla deformazione massima (<0,0035), ma gli
effetti di tale dipendenza sulla valutazione dell’asse neutro sono trascurabili.
Per la zona 6, che vede un asse neutro esterno alla sezione e quindi una
deformazione nel calcestruzzo variabile tra un valore massimo ed uno minimo definito
dalle (3.18) e (3.19), lo sforzo normale derivante dalle tensioni nel calcestruzzo ed il
momento delle stesse tensioni rispetto all’asse neutro, valgono rispettivamente:

N c = b ⋅ h ⋅ ψ ⋅ f cd (3.24)

⎡h ⎤ (3.25)
M c = b ⋅ h ⋅ ψ ⋅ f cd ⋅ ⎢ − λ ⋅ h⎥
⎣ 2 ⎦

con le funzioni ψ e λ fornite nella nota (1) del par. 2.4.2 e tendenti asintoticamente ai valori
1 e 0.5 rispettivamente, per yc che tende ad ∞.
Se si adottano le ipotesi semplificate della normativa, i coefficienti ψ e λ nella zona
6 si ricavano con i criteri della nota (1) citata per il legame di Saenz o mediante le relazioni
(2.50) per lo stress block.

3.3 Costruzione dei domini di resistenza adimensionali


La rappresentazione di domini di resistenza allo s.l.u. di sezioni è preferibilmente
effettuata in forma adimensionale con il notevole vantaggio di utilizzare un abaco unico per
un insieme di sezioni caratterizzate da geometrie e disposizioni di armatura simili. In
particolare per la sezione rettangolare a doppia armatura, le equazioni di equilibrio in forma
adimensionale si ottengono dalle (2.21) e (2.22) dividendo ambo i membri della prima per
(b⋅h⋅fcd) e della seconda per (b⋅h2⋅fcd).
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 69

Si ottiene allora:

σ ′s σ
ψ ⋅ ξ + ω′ ⋅ + ω ⋅ s = νu (3.26)
f sd f sd

⎡⎛ 1 ⎞ ⎤ σ ′ ⎡⎛ 1 ⎞ ⎤ σ ⎡⎛ 1 ⎞ ⎤
ψ ⋅ ξ ⋅ ⎢⎜ ⎟ − λ ⋅ ξ ⎥ + ω′ ⋅ s ⎢⎜ ⎟ − δ ′⎥ − ω ⋅ s ⋅ ⎢⎜ ⎟ − δ ′⎥ = µu,G (3.27)
⎣⎝ 2 ⎠ ⎦ f sd ⎣⎝ 2 ⎠ ⎦ f sd ⎣⎝ 2 ⎠ ⎦

utilizzando le variabili adimensionali:


Nu (3.28)
νu =
b ⋅ h ⋅ f cd

M u,G
µu,G = (3.29)
b ⋅ h 2 ⋅ f cd

As ⋅ f sd As′ ⋅ f sd
ω= ω′ = (3.30)
b ⋅ h ⋅ f cd b ⋅ h ⋅ f cd

ξ = yc /h ; δ ′ = d ′/h
(3.31)
Oltre ai valori adimensionali del carico assiale νu e del momento flettente
baricentrico µu,G, compaiono le percentuali meccaniche di armatura (ω e ω’), pari alle
percentuali geometriche moltiplicate per il rapporto tra le tensioni di progetto dei due
materiali.
Nelle (3.26) e (3.27) il contributo dell’armatura inferiore è in realtà di segno opposto
nella flessione e nella pressoflessione a sezione parzializzata (zone 2, 3, 4). In particolare,
per effetto del segno meno (σs<0) implicito nella tensione dell’armatura inferiore tesa, il
contributo dell’armatura tesa è complessivamente negativo nell’equilibrio alla traslazione e
positivo in quello alla rotazione.
Il dominio può essere ricavato assegnando valori dell’asse neutro adimensionale
variabili con continuità nell’intervallo (−∞, +∞) e valutando νu e µu,G mediante le (3.26) e
(3.27) dopo avere calcolato le deformazioni nell’acciaio ed i coefficienti ψ e λ secondo le
relazioni riportate nei paragrafi precedenti.
Una definizione sufficientemente precisa del dominio può ottenersi considerando un
numero ridotto di punti, ad esempio considerando i valori del momento e dello sforzo
normale ultimi nei punti di passaggio da una zona all’altra. In questa ipotesi si considerano
pertanto i seguenti casi:
70 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

1. ξ = −∞
νu,1 = −ω − ω′
⎛1 ⎞ ⎛1 ⎞ (3.32)
µ u,G1 = −ω′ ⋅ ⎜ − δ ′ ⎟ + ω ⋅ ⎜ − δ ′ ⎟
⎝2 ⎠ ⎝2 ⎠
2. ξ=0
ε E
νu ,1,2 = −ω′ ⋅ ud δ′ ⋅ s − ω
1− δ ′ f sd
(3.33)
ε ud E ⎛1 ⎞ ⎛1 ⎞
µu,G ,1,2 = −ω′ ⋅ δ′ ⋅ s ⋅ ⎜ − δ′ ⎟ + ω ⋅ ⎜ − δ′ ⎟
1 − δ′ f sd ⎝ 2 ⎠ ⎝2 ⎠

εcu
3. ξ = ξ 2 ,3 = ⋅ ( 1 − δ ′)
εcu + εud

σ s'
νu,2 ,3 = ψ ξ + ω′ ⋅ −ω
f sd (3.34)
⎛1 ⎞ σ ' ⎛1 ⎞ ⎛1 ⎞
µu,G 2 ,3 = ψ ξ ⋅ ⎜ − λ ξ ⎟ + ω′ ⋅ s ⋅ ⎜ − δ ′ ⎟ + ω ⋅ ⎜ − δ ′ ⎟
⎝ 2 ⎠ f sd ⎝ 2 ⎠ ⎝ 2 ⎠
4. ξ = ξ 3,4

νu,3,4 = ψ ξ + ω′ − ω
⎛1 ⎞ ⎛1 ⎞ ⎛1 ⎞ (3.35)
µu,G 3,4 = ψ ξ ⋅ ⎜ − λ ξ ⎟ + ω′ ⋅ ⎜ − δ ′ ⎟ + ω ⋅ ⎜ − δ ′ ⎟
⎝2 ⎠ ⎝2 ⎠ ⎝2 ⎠
5. ξ = ξ 4,5 = 1 − δ′

νu,4 ,5 = ψ ξ + ω′
⎛1 ⎞ ⎛1 ⎞ (3.36)
µu,G 4 ,5 = ψ ξ ⋅ ⎜ − λ ξ ⎟ + ω′ ⋅ ⎜ − δ ′ ⎟
⎝2 ⎠ ⎝ 2 ⎠
6. ξ = ξ 5,6 = 1

Es
νu,5 ,6 = ψ + ω′ + ω ⋅ ε cu δ ′ ⋅
f sd
(3.37)
⎛1 ⎞ ⎛1 ⎞ E ⎛1 ⎞
µu,G 5 ,6 = ψ ⋅ ⎜ − λ ⎟ + ω′ ⋅ ⎜ − δ ′ ⎟ − ω ⋅ ε cu δ ′ ⋅ s ⋅ ⎜ − δ ′ ⎟
⎝2 ⎠ ⎝2 ⎠ f sd ⎝ 2 ⎠
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 71

7. ξ = +∞

νu 6 = 1 + ω + ω′
(3.38)
⎛ 1 ′⎞ ⎛1 ⎞
µu,G 6 = ω′ ⋅ ⎜ − δ ⎟ − ω ⋅ ⎜ − δ′ ⎟
⎝2 ⎠ ⎝2 ⎠
Nelle formule precedenti ψ e λ rappresentano i valori non dipendenti da ξ assunti
rispettivamente dai coefficienti ψ e λ nelle zone 3-4-5. Nella Fig. 3.8 sono riportati i domini
νu − µuG per una sezione rettangolare al variare della percentuale meccanica di armatura
supposta simmetrica (ω=ω′), utilizzando sia le espressioni (2.28) e (2.29) di ψ e di λ,
ottenute dalla integrazione del legame costitutivo tensione-deformazione (2.11), sia quelle
dedotte con il legame semplificato “stress-block”.
Si ricorda che la resistenza del calcestruzzo modifica lievemente la forma del
legame costitutivo di Saenz, mentre è ininfluente nel caso di legame parabola–rettangolo
(almeno per fck≤50 MPa) oppure per legame rettangolare (“stress-block”). Il tipo di acciaio
(B450 A e B450 C) con uguale limite di snervamento e diverso limite plastico, non
influisce in maniera significativa sulla definizione dei domini di resistenza.

STRESS BLOCK

Fig. 3.8: Dominio adimensionale per sezione rettangolare


72 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

La lieve differenza tra i domini a tratto pieno (ψ e λ dal legame σ-ε di Saenz) e
quelli a tratto discontinuo (ψ e λ approssimati) testimonia la buona precisione ottenibile
anche con la formulazione semplificata “stress-block”. Inoltre si potrebbe verificare che
anche l’utilizzo dei soli punti caratteristici dedotti dalle relazioni (3.21)÷(3.27) è sufficiente
per ottenere una buona descrizione del dominio. In appendice vengono forniti i domini di
resistenza di sezioni rettangolari pressoinflesse con rapporti di armatura (ω’/ω) pari a 0.25,
0.50, 0.75, 1.00, ottenuti con la formulazione semplificata di ψ e λ (stress-block), che ha il
vantaggio operativo di fornire domini invarianti al variare della resistenza del calcestruzzo
per fck≤50 MPa, diversamente da quanto succede quando si utilizzano le funzioni ottenute
dalla integrazione della (2.11). Data la scarsa influenza della classe di resistenza
dell’acciaio, i domini riportati in appendice, possono essere ritenuti validi anche nel caso di
acciaio delle classi attualmente codificate dalla normativa nazionale (B450A e B450C con
fsk=450 MPa).

3.4 Verifica analitica della sezione


Come anticipato nel paragrafo 3.1, la verifica analitica della sezione pressoinflessa
può essere effettuata controllando che per ogni stato di sollecitazione (Md,Nd) il momento
ultimo corrispondente allo sforzo assiale di progetto Mu(Nd) sia maggiore del momento di
progetto Md.
La determinazione del momento resistente ultimo, corrispondente ad un assegnato
sforzo normale di progetto, richiede la determinazione della posizione dell’asse neutro allo
s.l.u., che costituisce in genere un problema non lineare per la dipendenza ancora non
lineare del contributo del calcestruzzo e dell’armatura dalle deformazioni raggiunte allo
s.l.u. e quindi dalla posizione dell’asse neutro stesso. Il problema può in generale essere
risolto per via numerica facendo variare la posizione dell’asse neutro fino a che l’equilibrio
alla traslazione delle tensioni normali è soddisfatto con sufficiente precisione. In alcuni
casi, rilevanti da un punto di vista tecnico, come ad esempio nel caso di sezione
rettangolare a doppia armatura, il problema può essere ricondotto alla soluzione di
equazioni di I o II grado quando l’asse neutro si trova nelle zone (3, 4, 5), in cui il
contributo del calcestruzzo è esprimibile come una funzione lineare di yc
( N c = ψ ⋅ b ⋅ yc ⋅ f cd ), o nella zona 1 dove il contributo del calcestruzzo è nullo.
Ovviamente deve risultare:
− As ⋅ f sd − As' ⋅ f sd ≤ [ N u = N d ] ≤ A⋅c ⋅ f cd + As ⋅ f sd + As' ⋅ f sd
ovvero :
−ωs − ωs' ≤ [ν u = ν d ] ≤ 1 + ωs + ωs'
Per dare una impostazione operativa al problema limitando per brevità l’analisi al
caso di acciaio duttile (B450C con εud=6.75%) ed utilizzando il modello più semplice di
legame costitutivo per il calcestruzzo (stress-block) caratterizzato dall’essere:
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 73

ψ = 0.80 λ = 0.4 nelle zone 2,3,4,5


yc − 0.80 ⋅ h
ψ = λ =ψ / 2 nella zona 6
yc − 0.75 ⋅ h
si può introdurre la articolazione del problema della determinazione dell’asse neutro per
assegnato valore del carico assiale di progetto in un numero limitato di sottocasi. A tale
scopo occorre definire la posizione dell’asse neutro (y3’,3’’) che separa le zone in cui
l’armatura superiore allo s.l.u. è elastica da quelle in cui la stessa armatura é snervata. Tale
posizione, nel caso in esame (B450C con εud=6.75%), suddivide la zona 3 nelle sottozone
3’ e 3” e si ottiene imponendo nella stessa zona 3 (polo B) che la deformazione
dell’armatura superiore compressa sia al limite di snervamento. Si ottiene allora:
ε cu
y3',3" = ⋅d '
ε cu − ε os
o in forma adimensionale:
ε cu
ξ3',3" = ⋅δ '
ε cu − ε os
Al variare del tipo di acciaio (B450A e B450C) e del copriferro nell’intervallo usuale
(d’=0.05h÷0.10h), la posizione dell’asse neutro ξ3’,3” separatore delle zone 3’ e 3“ ,
assume i valori estremi:
ξ3',3" = 0.1067 per δ ' = 0.05
ξ3',3" = 0.2134 per δ ' = 0.10
Valutando la posizione dell’asse neutro che separa le zone 2 e 3 per acciaio B450C:
ε cu 0.0035
ξ 2,3 = (1 − δ ') = 0.95 = 0.0468 per δ '=0.05
ε cu + ε ud 0.0035 + 0.0675
ε cu 0.0035
ξ 2,3 = (1 − δ ') = 0.90 = 0.0444 per δ '=0.10
ε cu + ε ud 0.0035 + 0.0675
si trova conferma che l’asse neutro ξ3’,3” è sempre contenuto nella zona 3 (ξ3’,3”>0.0468).
Tale condizione non si verifica per acciaio B450A, come si vede di seguito:
ε cu 0.0035
ξ 2,3 = (1 − δ ') = 0.95 = 0.1279 per δ '=0.05
ε cu + ε ud 0.0035 + 0.0225
ε cu 0.0035
ξ 2,3 = (1 − δ ') = 0.90 = 0.1212 per δ '=0.10
ε cu + ε ud 0.0035 + 0.0225
ma la presente analisi si potrebbe riformulare con poche variazioni, suddividendo la zona 2
anziché la zona 3 in due parti [(0÷ξ2’2”)-(ξ 2’2”÷ ξ2,3)].
Sulla base della introduzione del parametro ξ3’,3” sopra definito si possono introdurre i
seguenti sei casi per la soluzione analitica del problema della determinazione dell’asse
neutro nelle condizioni ultime:
74 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Zona 1 (yc ≤ 0)
Polo A, armatura superiore tesa in campo elastico, armatura inferiore tesa snervata:
As′ ⋅ σ s′ − As ⋅ f sd = N u (3.39)

essendo

ε ud
σ s′ = − E s ⋅ ⋅ ( d ′ − yc ) ≥ − f sd (3.40)
h − d ′ − yc

Zona 2 (0 < yc < y2,3)


Polo A, armatura superiore in campo elastico, armatura inferiore tesa snervata:
ψ ⋅ b ⋅ yc ⋅ f cd + As′ ⋅ σ s′ − As ⋅ f sd = N u (3.41)

essendo
ε ud
σ s′ = Es ⋅ ⋅ ( yc − d ′ ) ≤ f sd ψ =0.8 (3.42)
h − d '− yc

Zona 3’ (y2,3 < yc < y3’,3’’)


Polo B, armatura superiore in campo elastico, armatura inferiore tesa snervata:
ψ ⋅ b ⋅ yc ⋅ f cd + As′ ⋅ σ s′ − As ⋅ f sd = N u (3.43)

essendo
ε cu
σ s′ = Es ⋅ ⋅ ( yc − d ′ ) ≤ f sd ψ =0.8 (3.44)
yc

Zona 3’’ (y3’,3’’< yc < y3,4)


Polo B, armatura superiore ed inferiore snervate:
ψ ⋅ b ⋅ yc ⋅ f cd + As′ ⋅ f sd − As ⋅ f sd = N u (3.45)

essendo:

ψ =0.8
(3.46)

Zone 4 e 5 (y3,4 < yc < h)


Polo B, armatura superiore snervata ed inferiore elastica:
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 75

ψ ⋅ b ⋅ yc ⋅ f cd + As′ ⋅ f sd + As ⋅ σ sd = N u
(3.47)
essendo:
ε cu (3.48)
σ s = − Es ⋅ ⋅ ( h − yc − d ′ ) ψ =0.8
yc
Zona 6 (yc>h)
Polo C ed armatura superiore snervata ed inferiore elastica:
ψ ⋅ b ⋅ h ⋅ f cd + As′ ⋅ f sd + As ⋅ σ s = N u (3.49)
essendo:

ε c1 ⎛ ε ⎞ yc − 0.80 ⋅ h
σ s = Es ⋅ ⋅ ( yc − h + d ′ ) ≤ f sd dC = h ⋅ ⎜ 1 − c1 ⎟ ψ = (3.50)
yc − d C ⎝ ε cu ⎠ yc − 0.75 ⋅ h

La valutazione del momento ultimo baricentrico si esegue poi mediante le relazioni


seguenti:
Zona 1

ε ud ⎛h ⎞ ⎛h ⎞
M uG = − As′ ⋅ E s ⋅ ⋅ ( d ′ − yc ) ⋅ ⎜ − d ′ ⎟ + As ⋅ f sd ⋅ ⎜ − d ′ ⎟ (3.51)
h − yc − d ′ ⎝2 ⎠ ⎝2 ⎠
Zona 2-3’-3’’-4-5

⎛h ⎞ ⎛h ⎞ ⎛h ⎞
M uG = ψ ⋅ b ⋅ yc ⋅ f cd ⋅ ⎜ − λ ⋅ yc ⎟ + As′ ⋅ σ s′ ⋅ ⎜ − d ′ ⎟ − As ⋅ σ s ⋅ ⎜ − d ′ ⎟ (3.52)
⎝ 2 ⎠ ⎝ 2 ⎠ ⎝ 2 ⎠
Zona 6

⎛h ⎞ ⎛h ⎞ ⎛h ⎞
M uG = ψ ⋅ b ⋅ h ⋅ f cd ⋅ ⎜ − λ ⋅ h ⎟ + As′ ⋅ σ s′ ⋅ ⎜ − d ′ ⎟ − As ⋅ σ s ⋅ ⎜ − d ′ ⎟ (3.53)
⎝ 2 ⎠ ⎝ 2 ⎠ ⎝ 2 ⎠
in cui ψ, σ′s e σs assumono i valori indicati per i casi sopra descritti.
I sei casi esaminati portano ad equazioni di primo grado (zone 1 e 3’’), ad equazioni
di 2° grado (zona 2,3’,4,5), di terzo grado (zona 6).
I casi di sezione con asse neutro interno alla sezione (flessione e pressoflessione con
media e grande eccentricità) ricadono in massima parte nella zona 3’’ che è particolarmente
semplice dando luogo ad un’equazione di 1° grado per la determinazione dell’asse neutro.
Riassumendo, con esclusione della zona 1 relativa alla tensoflessione e della zona 6
di interesse limitato in quanto per ragioni di duttilità sono da escludere nella pressoflessione
76 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

le situazioni limite con asse neutro esterno alla sezione(2), con l’utilizzazione dei valori dei
coefficienti ψ e λ del modello cosiddetto stress-block si possono considerare
essenzialmente tre casi: armatura in compressione in campo elastico (zona 2 e zona 3’),
armature entrambe snervate (zona 3’’), armatura inferiore in campo elastico (zone 4 e 5).
a) armatura compressa in campo elastico (zona 2 e zona 3’):
L’equazione determinatrice dell’asse neutro si presenta nelle forme seguenti in
dipendenza del fatto che il diagramma delle deformazioni passi per A (zona 2) o B (zona
3’):

ε ud
Zona 2 0.8 ⋅ b ⋅ yc ⋅ fcd + As′ ⋅ E s ⋅ ( )
⋅ yc − d ′ − As ⋅ f sd = N u (3.54)
d − yc

ε cu (3.55)
Zona 3’ 0.8 ⋅ b ⋅ y c ⋅ f cd + As′ ⋅ E s ⋅ ⋅ ( y c − d ′) − As ⋅ f sd = N u
yc
che risultano equazioni di 2° grado in yc con coefficienti a2, a1, a0, forniti dalle seguenti
relazioni:

a2 = 0.8 ⋅ b ⋅ f cd zona 2 e 3’ (3.56)

(
a1 = − 0.8 ⋅ b ⋅ d ⋅ fcd + ε ud ⋅ As′ ⋅ E s + As ⋅ f sd + N u ) zona 2

a1 = A′s ⋅ E s ⋅ ε cu − As ⋅ f sd − N u zona 3’

a0 = ε ud ⋅ A′s ⋅ Es ⋅ d ′ + As ⋅ f sd ⋅ d + N u ⋅ d zona 2

a0 = - A′s × E s × ε cu × d ′ zona 3’

b) armature entrambe snervate (zona 3’’):


Per asse neutro in zona 3’’ (y3’3’’ ≤ yc ≤ y34) l’equazione di equilibrio alla traslazione
diventa:

(2)
La condizione sulla duttilità riguarda ovviamente le sezioni più sollecitate dell’elemento strutturale,
che nel caso di pilastri pressoinflessi coincidono con gli estremi dell’elemento dove il momento
flettente assume i valori maggiori, mentre all’interno è prevalente lo sforzo normale.
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 77

0.8 ⋅ b ⋅ yc ⋅ f cd + As′ ⋅ f sd − As ⋅ f sd = N u (3.57)

cui segue:

N u + As ⋅ f sd − As′ ⋅ f sd
yc = (3.58)
0.8 ⋅ b ⋅ f cd

c) armatura inferiore in campo elastico (zone 4 e 5):


L’equazione di equilibrio alla traslazione con asse neutro in zona 4 o 5 diventa:

ε cu
0.8 ⋅ b ⋅ y c ⋅ f cd + As′ ⋅ f sd − As ⋅ E s ⋅ ⋅ ( d − yc ) = N u (3.59)
yc

che è ancora una equazione di 2° grado in yc con coefficienti:

a2 = 0.8 ⋅ b ⋅ f cd (3.60)

a1 = As′ ⋅ f sd + ε cu ⋅ As ⋅ E s − N u

a0 = −ε cu ⋅ As ⋅ E s ⋅ d

Sulla base di quanto sopra visto, la verifica a flessione o pressoflessione di una


sezione rettangolare a doppia armatura con yc < h (zone 2,3,4,5), può eseguirsi effettuando
le seguenti operazioni:
− determinazione dell’asse neutro di tentativo ipotizzando che entrambe le armature siano
snervate mediante la (3.45);
− se l’asse neutro si colloca in zona 3’’ con armatura compressa snervata, la determinazione
effettuata può considerarsi definitiva ed occorre determinare il momento mediante la
(3.52);
− diversamente, se l’asse neutro di tentativo si colloca nella zona 4 o 5 occorre ricalcolare
l’asse neutro risolvendo la (3.47) e successivamente il momento ultimo ancora mediante
la (3.52);
− se infine l’asse neutro è nella zona 2 o nella zona 3’ con armatura compressa elastica,
occorre ricalcolare la posizione dell’asse neutro risolvendo la (3.43) o la (3.55)
rispettivamente ed il momento con la (3.52).
Infine si osserva che la semplificazione introdotta dalla normativa di poter assumere una
deformazione massima dell’armatura tesa non limitata (εud=∞, cui segue ξ2,3 = 0) comporta
che la zona in cui le armature sono entrambe snervate dipende sempre da ξ3’,3” (e non da
ξ2’,2”) ovvero è sempre la parte inferiore della zona 3 (3”) essendo ξ3’,3”> [ξ2,3=0] per ogni
78 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

valore del copriferro e tipo di acciaio.


Si osserva ancora che ulteriore semplificazione si perviene nel caso di semplice armatura
ovvero qualora si assuma l’armatura superiore compressa sempre snervata. Nel primo caso,
in assenza di armatura in compressione, l’equazione determinatrice dell’asse neutro è di
primo grado nelle zone 2 e 3 (0<ξ<ξ3,4)). La soluzione è esatta in assenza di armatura in
compressione e conservativa in presenza di armatura in compressione dal momento che si
trascura il suo contributo. Nel secondo caso, ovvero se si considera l’armatura compressa
sempre snervata, la soluzione è comunque ben approssimata essendo il maggior contributo
considerato dell’armatura compressa, nella ipotesi che questa sia in campo elastico,
bilanciato da un minor contributo del calcestruzzo con un braccio poco diverso.

3.5 Progetto della sezione e delle armature


Nella progettazione di sezioni rettangolari inflesse o pressoinflesse è conveniente
utilizzare le equazioni di equilibrio alla traslazione ed alla rotazione della sezione in forma
adimensionale.
Le equazioni di equilibrio alla traslazione ed alla rotazione intorno all’asse
baricentrico della sezione geometrica per una generica posizione dell’asse neutro, valgono:

σ s′ σs (3.61)
ψ ⋅ ξ + ω′ ⋅ +ω ⋅ =νu
f sd f sd

⎛1 ⎞ σ s′ ⎛ 1 ⎞ σ ⎛1 ⎞
ψ ⋅ ξ ⋅ ⎜ − λ ⋅ ξ ⎟ + ω′ ⋅ ⋅ ⎜ − δ ′ ⎟ − ω ⋅ s ⋅ ⎜ − δ ′ ⎟ = µ uG (3.62)
⎝2 ⎠ f sd ⎝2 ⎠ f sd ⎝ 2 ⎠
L’equazione di equilibrio alla rotazione intorno all’armatura inferiore (tesa),
preferibile nei problemi di flessione, si scrive:

σ s′
ψ ⋅ ξ ⋅ (1 − δ ′ − λ ⋅ ξ ) + ω ′ ⋅ ⋅ (1 − 2δ ′) = µu (3.63)
f sd

Si esaminano di seguito alcuni tra i più frequenti problemi di progetto per la


flessione e la pressoflessione.
Per la flessione si esaminano i seguenti casi:
- progetto di h(b) ed As con b(h) ed il rapporto delle armature assegnati; si forniscono anche
tabelle per la progettazione delle sezioni;
- progetto di As e A′s con b ed h assegnati.
Per la pressoflessione si esaminano i casi:
- progetto di h(b) ed As noti b(h) e le percentuali meccaniche di armatura;
- progetto della sezione e delle armature mediante abachi (1/νu)-(e/h).
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 79

3.5.1 Progetto di h o b ed As mediante tabelle


La progettazione della altezza (o della larghezza) e dell’armatura di una sezione
rettangolare inflessa agli stati limite può avvenire mediante tabelle analoghe a quelle
utilizzate nel metodo di verifica alle tensioni ammissibili.
Infatti, introducendo il rapporto ρ tra armatura compressa e tesa:

ω ′ As′
ρ= = (3.64)
ω As
e risolvendo la (3.61) rispetto ad ω, si ottiene (νu=0) :
ψ ⋅ξ
ω= (3.65)
− [(σ s /f sd ) + ρ ⋅ (σ s′ /f sd )]
Sostituendo la precedente nella (3.63), si ottiene:

ψ ⋅ξ σ′
ψ ⋅ ξ ⋅ (1 − δ ′ − λ ⋅ ξ ) + ρ ⋅ ⋅ s ⋅ (1 − 2δ ′) = µu (3.66)
− [(σ s /f sd ) + ρ ⋅ (σ s′ /f sd )] f sd
Il primo membro della equazione è funzione della posizione dell’asse neutro ξ e
pertanto la (3.65) può porsi nella forma sintetica:
Mu
µu = 2
= µ c (ξ ) + µ ρ (ξ ) (3.67)
b ⋅ h ⋅ f cd
evidenziando la parte del momento equilibrata dal calcestruzzo µc e la parte equilibrata
dall’armatura in compressione µρ , che si annulla per ρ = 0.
La relazione precedente, risolta rispetto ad h, conduce alla seguente relazione di
progetto:

1 Mu Mu
h= ⋅ = ru ⋅ (3.68)
⎣ ( )
fcd ⋅ ⎡ µ c ξ + µ ρ ξ ( )⎤⎦ b b

essendo ru funzione di ξ e di fcd in forma esplicita ed inoltre di fsd, di ρ e del copriferro


adimensionalizzato δ′, che intervengono nella determinazione di µρ e µc:
1
ru = ru ( f cd , f sd , δ ′, ξ , ρ ) = (3.69)
[
f cd ⋅ µ c (ξ ) + µ ρ (ξ ) ]
La stessa (3.68) può fornire in modo ovvio b in funzione di h:
80 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

2 Mu (3.70)
b = ru ⋅
h2
L’armatura tesa si può ottenere esprimendo ω dalla (3.65) in forma dimensionale:
b ⋅ h ⋅ f cd ψ ⋅ξ b ⋅ h ⋅ f cd
As = ω ⋅ = ⋅ (3.71)
f sd − [ρ ⋅ σ s′ /f sd + σ s /f sd ] f sd
D’altra parte, considerando esclusivamente le zone 2 e 3 caratterizzate da armatura
tesa snervata ed indicando con ζ h il braccio della coppia interna, cioè la distanza tra il
centro degli sforzi di trazione e quello degli sforzi di compressione, risulta:

Mu b ⋅ h ⋅ f cd µu b ⋅ h ⋅ f cd
As = ⋅ = ⋅ (3.72)
ζ ⋅ h ⋅ f sd b ⋅ h ⋅ f cd ζ f sd
da cui è agevole ricavare il coefficiente ζ che permette di ottenere il braccio della coppia
interna allo s.l.u.:

µu µ c (ξ ) + µ ρ (ξ )
ζ = = (3.73)
ω ω
Dalle precedenti relazioni (3.69) e (3.73) è possibile costruire utili tabelle che, per
assegnati valori delle resistenze di progetto dei materiali (fcd, fsd), del rapporto di armatura
(ρ), del copriferro adimensionalizzato (δ′), forniscono ru e ζ per ogni valore di ξ prescelto.
In appendice sono riportate 6 tabelle per fck pari a 20, 30, 40 N/mm2, δ′=0.05, 0.10.
Per conservare nei valori della funzione dimensionale ru lo stesso ordine di
grandezza della funzione r definita nel calcolo elastico alle tensioni ammissibili, si sono
adottate per la resistenza le dimensioni daN/cm2, per i momenti daNcm, per le lunghezze i
cm.
Il progetto di h (o b) ed As è molto semplice. Infatti, scelti i valori delle tensioni di
progetto dei materiali, del copriferro adimensionale (d ′/h ) e del rapporto di armatura (ρ), si
leggono i valori di ru e ζ in funzione del valore di progetto ξ dell’asse neutro e si
determinano l’altezza (o la base) della sezione e l’armatura tesa dalle relazioni (3.68) e
(3.72).
Come nel metodo delle tensioni ammissibili è possibile utilizzare le precedenti
tabelle anche per la verifica delle sezioni inflesse. Infatti noti il momento e le dimensioni
esterne della sezione è possibile calcolare ru = h / M u /b e, note le caratteristiche dei
materiali, il rapporto di armatura, il copriferro adimensionale, dalla tabella corrispondente
si ricavano la posizione dell’asse neutro ξ ed il coefficiente ζ con sufficiente
approssimazione. Calcolato quindi il braccio della coppia interna allo s.l.u. ζh è possibile
determinare l’armatura tesa minima:
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 81

Md
As ,min = (3.74)
ζ ⋅ h ⋅ f sd

e, mediante il confronto con quella effettivamente predisposta, effettuare la verifica. Al


riguardo si osserva che il coefficiente ζ, pur essendo più variabile rispetto all’analogo
coefficiente definito nell’ambito del metodo delle tensioni ammissibili, è tuttavia
sufficientemente costante in rapporto al passo di variazione di ξ considerato in tabella, per
cui è possibile non effettuare alcuna interpolazione assumendo cautelativamente il minore
dei coefficienti ζ dell’intervallo di pertinenza.
In Fig. 3.9 si rappresentano gli andamenti di ru e di ζ al variare di ξ ed inoltre è
riportata l’armatura complessiva a parità di momento e di larghezza della trave. Infatti dalla
(3.71), moltiplicando ambo i termini per (1 + ρ) e dividendo per C = M u ⋅ b si ottiene:

Atot A ⋅ ( 1 + ρ ) ω ⋅ ( 1 + ρ ) ⋅ f cd b⋅h ω ⋅ (1 + ρ ) ⋅ f cd
= s = ⋅ = ⋅ ru (3.75)
C Mu ⋅b f sd Mu ⋅b f sd

Incrementando il rapporto di armatura compressa-tesa si ottengono valori


decrescenti dell’altezza della sezione, ma come si può notare dal grafico di Fig. 3.9, al
crescere del rapporto di armatura ρ oltre 0.5, cresce considerevolmente l’armatura
complessiva.
Nella figura si vede inoltre come al crescere di ξ si riduce ru, e quindi l’altezza della
trave, e parallelamente aumenta la quantità totale di armatura.
Tuttavia è da segnalare che al crescere di ξ si riduce la duttilità della sezione, oltre
che incrementarsi l’armatura richiesta in zona tesa. E’ pertanto consigliabile, sia sotto il
profilo economico che del comportamento strutturale in campo post-elastico, adottare per le
travi valori di ξ compresi nell’intervallo 0.1÷0.45.
Al riguardo si sottolinea che la normativa consente il calcolo plastico senza il
controllo delle rotazioni plastiche richieste se il rapporto yc/d rispetta il limite di 0.25 ed
inoltre consente il calcolo con ridistribuzione dei momenti per yc/d ≤ 0.45, con un
coefficiente di ridistribuzione decrescente per valori decrescenti dello stesso rapporto(3).

(3)
La capacità rotazionale di una sezione è fortemente dipendente dal rapporto tra asse neutro ed
altezza della sezione. Infatti si può esprimere in forma approssimata la rotazione plastica massima
ipotizzabile in una sezione in funzione del rapporto yc/d nella forma:
0.004
θ pl =
yc /d
82 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

1.0
ζ

0.8

Atot
0.6 C
ρ
0.00
0.4 0.25
0.50
ru 0.75
0.2
1.00

0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7
ξ

Fig. 3.9: Andamenti dei coefficienti ru, ζ, Atot/C per sezioni rettangolari inflesse a doppia
armatura [kg e cm]

3.5.2 Flessione: progetto armatura a sezione assegnata


La progettazione delle sole armature per una sezione assegnata è una operazione
molto frequente, in quanto la sezione è spesso determinata da considerazioni tecnologiche e
comunque generali che trascendono le esigenze statiche della singola trave.
Per la progettazione dell’armatura conviene utilizzare le due equazioni di equilibrio
interno della flessione retta scritte in forma adimensionale con l’asse neutro compreso nella
zona 3’’ dove entrambe le armature sono snervate:
ψ ⋅ ξ + ω′ − ω = 0 (3.76)

Mu
ψ ⋅ ξ ⋅ (1 − δ ′ − λ ⋅ ξ ) + ω ′ ⋅ (1 − 2δ ′) = µu = (3.77)
b ⋅ h ⋅ f cd
2

Tali equazioni esprimono rispettivamente l’equilibrio delle tensioni interne alla


traslazione ed alla rotazione intorno all’armatura tesa, considerando l’armatura in
compressione snervata, come quasi sempre accade quando il copriferro è di dimensioni
usuali.
Nel caso in oggetto, la progettazione può essere condotta convenientemente
imponendo la condizione che l’asse neutro abbia una posizione prefissata: in tal modo si
ottiene contemporaneamente il controllo dei requisiti di duttilità, in quanto essa è
strettamente legata al rapporto yc/h.
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 83

Dalla seconda delle due precedenti relazioni di equilibrio è possibile calcolare il


valore adimensionale del momento ultimo in assenza di armatura in compressione e per la
prefissata posizione dell’asse neutro:

µ c = ψ ⋅ ξ ⋅ (1 − δ ′ − λ ⋅ ξ ) (3.78)
Per un valore del momento µu minore o uguale al precedente non sarebbe necessaria
la presenza dell’armatura in compressione per l’equilibrio interno. Determinato allora il
valore adimensionale del momento di progetto:

Mu
µu = 2 (3.79)
b ⋅ h ⋅ f cd
a seconda che risulti

µu < µc ovvero µu > µc (3.80)

si possono ipotizzare due procedimenti alternativi di progetto.

a) Nel primo caso, si determina la posizione dell’asse neutro, minore del valore di
progetto prefissato(4), risolvendo l’equazione di 2° grado che si ottiene imponendo
l’equilibrio interno alla rotazione intorno all’armatura tesa delle tensioni del
calcestruzzo compresso e prescindendo dalla eventuale armatura in compressione:

ψ ⋅ ξ ⋅ (1 − δ ′ − λ ⋅ ξ ) − µu = 0 (3.81)
Si ottiene in tal caso:
2
1−δ′ ⎛1− δ ′ ⎞ µ (3.82)
ξ= − ⎜ ⎟ − u
2λ ⎝ 2λ ⎠ λ ⋅ψ
che ponendo λ = 0.4 e ψ = 0.8, diventa:

⎛ 2 ⎞
ξ = 1.25 ⋅ ( 1 − δ ′) ⋅ ⎜1 − 1− ⋅ µu ⎟ (3.83)

⎝ (1 − δ ′)
2 ⎟

cui segue il calcolo della armatura tesa dalla (3.76) per sezioni a semplice armatura
(ψξ=ω):

(4)
N.B.: La riduzione della distanza dell’asse neutro dal bordo compresso aumenta i requisiti di
duttilità della sezione.
84 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

As ⋅ f sd
ω= = 0.8 ⋅ ξ (3.84)
b ⋅ h ⋅ f cd
b) Nel secondo caso, dalla condizione di equilibrio alla rotazione (3.77) si ricava
l’armatura in compressione:
As′ ⋅ f yd µu − µc
ω′ = = (3.85)
b ⋅ h ⋅ f cd 1 − 2δ ′
mentre dalla (3.76) si ricava l’armatura tesa:
As ⋅ f yd
ω= = 0.8 ⋅ ξ + ω ′ (3.86)
b ⋅ h ⋅ f cd

3.5.3 Pressoflessione: progetto di h o b ed As


La progettazione delle sezioni rettangolari pressoinflesse si può eseguire fissando
preliminarmente le percentuali meccaniche di armatura e l’asse neutro adimensionalizzato
nel campo 0.20÷0.65, che garantisce buone caratteristiche di duttilità, e ricavando b o h
dalla relazione di equilibrio alla traslazione:

Nu
ψ ⋅ ξ + ω′ − ω = (3.87)
b ⋅ h ⋅ f cd

Si ottiene in tal caso:

Nu 1
h= ⋅ (3.88)
b ⋅ f cd ψ ⋅ ξ + ω ′ − ω

Nu 1
b= ⋅ (3.89)
h ⋅ f cd ψ ⋅ ξ + ω ′ − ω
Nel caso frequente di armatura simmetrica le relazioni precedenti sono indipendenti
dalla percentuali meccaniche di armatura:

Nu 1
h= ⋅ (3.90)
b ⋅ f cd ψ ⋅ ξ

Nu 1
b= ⋅ (3.91)
h ⋅ f cd ψ ⋅ ξ
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 85

L’armatura in compressione si ricava poi dall’equilibrio alla rotazione intorno


all’armatura tesa:

M uG + N u ⋅ [(h/ 2) − d ′]
µ c + ω ′ ⋅ ( 1 − 2δ ′) = 2
= µu (3.92)
b ⋅ h ⋅ f cd

cui segue, essendo per ipotesi ω=ω’, il progetto dell’armatura tesa nel rispetto della (3.87).

3.5.4 Pressoflessione: abachi per il progetto della sezione rettangolare


Il problema del progetto dell’altezza e dell’armatura può essere condotto in analogia
a quanto svolto nel caso del metodo delle tensioni ammissibili, determinando diagrammi
che legano le variabili 1/νu ed e/h, essendo e l’eccentricità fornita dal rapporto MuG/Nu.
Tale relazione può determinarsi osservando che al variare di ξ nell’intervallo (0,+∞),
νu è fornito dalla (3.61), in quanto allo s.l.u. ψ, σ’s e σs sono funzioni di ξ ed inoltre il
rapporto e/h è fornito da νu e µu,G ricavabili dalle relazioni (3.61) e (3.62):
1 1
= (3.93)
νu ψ ⋅ ξ + ω ′ ⋅ (σ s′ /f sd ) + ω ⋅ (σ s /f sd )

µuG e ψ ⋅ ξ ⋅ [(1/ 2 ) − λ ⋅ ξ ] + ω ′ ⋅ (σ s′ /f sd ) ⋅ [(1/ 2 ) − δ ′] − ω ⋅ (σ s /f sd ) ⋅ [(1/ 2 ) − δ ′]


= = (3.94)
νu h ψ ⋅ ξ + ω ′ ⋅ (σ s′ /f sd ) + ω ⋅ (σ s /f sd )
Gli abachi, come quello riportato in Fig. 3.10a,b, derivano dalla applicazione delle
precedenti relazioni e forniscono al variare della posizione dell’asse neutro e della
percentuale meccanica di armatura il rapporto e/h ed il valore del carico assiale
adimensionalizzato νu.
Data la scarsa variazione delle curve ottenibili al variare dei materiali, l’abaco
precedente si può riferire ai materiali correntemente usati (calcestruzzo di classe fck ≤50
N/mm2 ed acciai B450A e B450C).
In effetti le uniche variazioni tra i casi con differenti tipi di acciaio sono ascrivibili al
diverso valore della deformazione di snervamento dell’acciaio in quanto, adottando per la
determinazione dei contributi del calcestruzzo il modello stress-block, la forma del legame
costitutivo del calcestruzzo è poco influente.
L’utilizzazione degli abachi e delle tabelle è analoga a quella proposta nel capitolo
di verifica alle tensioni ammissibili, ed in particolare essi possono servire sia al progetto
che alla verifica di sezioni pressoinflesse.
Progetto della sezione (b, h)
Fissate le percentuali delle armature superiore ed inferiore (uguali negli abachi
86 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

forniti), e note le sollecitazioni, si impone un valore di progetto adimensionale del carico


assiale limite, che dipende essenzialmente dalla duttilità che si intende conferire
all’elemento progettato(5); sulle curve (1/νu, e/h) relative alle prefissate percentuali ω ed ω′
si leggono i valori di η=e/h corrispondenti; essendo nota la eccentricità di progetto e, si
possono ricavare l’altezza h e la base b della sezione mediante le relazioni:

e Nu
h= , b= (3.95)
η ν u ⋅ h ⋅ f cd

ω ⋅ b ⋅ h ⋅ f cd
As = As′ = (3.96)
f sd

Progetto delle armature


Fissate la geometria della sezione e le caratteristiche dei materiali e note le sollecitazioni, si
calcolano preliminarmente i valori adimensionali e/h e νu; negli abachi il punto di
coordinate (1/νu, e/h) permette per interpolazione di determinare il valore di progetto delle
armature richieste.

Verifica della sezione


Note la geometria della sezione, la quantità di armature, le caratteristiche dei
materiali e le sollecitazioni, si calcola il valore del parametro adimensionale νu. Dalla
coordinata 1/νu e per interpolazione tra le curve corrispondenti ai due valori delle
percentuali di armatura comprendenti quella effettiva, si determina il valore di e/h e quindi
della eccentricità corrispondente al momento ultimo. La verifica pertanto si ottiene
controllando il soddisfacimento della relazione:

M d < M u = N u ⋅η ⋅ h = N u ⋅ e (3.97)

(5)
Infatti, immaginando che il carico assiale sia sostenuto dal solo calcestruzzo, cosa che è
rigorosamente vera nel caso che entrambe le armature simmetriche sono snervate (cfr (3.75)), tra
carico assiale allo s.l.u. e posizione dell’asse neutro sussiste la relazione:
νu
ξ=
ψ
da cui si ricava che per imporre una buona duttilità alla sezione con asse neutro dell’ordine di
(0.20÷0.40), νu deve essere compreso nell’intervallo (0.16÷0.32).
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 87

Abaco 1a: SEZIONE RETTANGOLARE - PRESSOFLESSIONE S.L.U.


5
ω = ω’
e/h 0.80
4 0.70
0.60
0.50
0.40
3 0.30
0.20
0.10
0.05
2

1
0.15
0.2
0.5 0.4
0.3 ξ
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
d’/h = 0.05 1/ νu
Fig. 3.10a: Abaco di progetto-verifica per sezioni rettangolari per d’/h=0.05
Abaco 1b: SEZIONE RETTANGOLARE - PRESSOFLESSIONE S.L.U.
5
ω = ω’
e/h 0.80
4 0.70
0.60
0.50
0.40
3 0.30
0.20
0.10
0.05
2

1
0.15
0.2
0.5 0.4
0.3 ξ
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
d’/h = 0.10 1/ νu
Fig. 3.10b: Abaco di progetto-verifica per sezioni rettangolari per d’/h=0.10
88 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

3.6 Esercizi

ESERCIZIO 3.1
Si consideri la trave continua a due campate di sezione rettangolare rappresentata
in figura.

A B C

L1 L2

Le caratteristiche geometriche e di carico siano le seguenti:


− lunghezza campate: L1 = 4.2 m;
L2 = 5.3 m;
− base sezione trave: b = 40 cm;
− carico permanente: gk = 42 kN/m
− carico accidentale: qk = 20.8 kN/m
Si effettui il progetto dell’altezza h della sezione secondo il metodo degli stati limite,
utilizzando calcestruzzo di classe C20/25 (Rck = 25 N/mm2 e fck = 20 N/mm2 ) ed acciaio
tipo B450C.
Amplificando i carichi caratteristici mediante i coefficienti parziali di sicurezza
γg = 1.3 e γq = 1.5, si ottiene il carico di progetto massimo:

qd = 1.3 ⋅ g k + 1.5 ⋅ qk = 1.3 ⋅ 42.00 + 1.5 ⋅ 20.80 = 85.8 kN/m

Il momento massimo in valore assoluto con il metodo lineare elastico (AL) lungo la
trave si ha in corrispondenza dell’appoggio intermedio e vale:

3 3
1 q (L + L2 )
M B ,d = − ⋅ d 1 = −251.7 kNm= − 251.7 ⋅ 106 Nmm
8 L1 + L2

Si esegue il progetto tabellare dell’altezza della sezione. La resistenza di progetto


ridotta per calcestruzzo di classe Rck = 25 N/mm2 risulta essere:
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 89

0.85 ⋅ 0.83 ⋅ 25 2
f cd = = 11.33 N/mm2 (113.3 daN/cm )
1.5
Adottando, in fase di dimensionamento un asse neutro di progetto ξ = 0.25, che
assicura buoni requisiti di duttilità, dalla tabella di progetto allo s.l.u. per sezione
rettangolare a semplice armatura relativa a

f cd = 11.33 N/mm
2
, d ′/h = 0.05 , f sd = 450 /1.15 = 391.3 N/mm 2 , ρ=0

si ricava il valore del coefficiente ru:

ru = 0.2302

e, quindi, l’altezza minima della sezione (con Md in [daNcm] e b in [cm]) :

Md 251.7 ⋅104
h = ru ⋅ = 0.2302 ⋅ = 57.74 cm
b 40

Per l’altezza della trave si può


ξ ru h assumere h = 60 cm accettando una
[cm] piccola variazione per la posizione
dell’asse neutro. Nella tabella seguente
0.15 0.3239 81.25 sono riportati i valori dell’altezza della
0.20 0.2635 66.10 sezione ottenuti variando la posizione
dell’asse neutro di progetto.
0.25 0.2302 57.74 Si osserva che valori di ξ più
0.30 0.2128 53.38 piccoli, cui corrisponde una maggiore
duttilità, comportano dimensioni
0.35 0.1995 50.04
notevoli dell’altezza della sezione.
Per confronto si esegue il progetto della sezione secondo il metodo delle tensioni
ammissibili. In questo caso si considerano direttamente i valori caratteristici dei carichi:

q = g k + qk = 42 + 20.8 = 62.8 kN/m

per cui il momento massimo in corrispondenza dell’appoggio B vale:

1 62.8 ⋅ (4.23 + 5.33 )


MB = − ⋅ = −184.24 kNm
8 4.2 + 5.3

La tensione ammissibile per Rck = 25 N/mm2 vale σ c = 8.5 N/mm 2 . Dalla tabella di
progetto alle t.a. di sezioni rettangolari a semplice armatura si ottiene:
90 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

r (σ c = 8.5; σ s = 220; d ′/d = 0.05; n = 15) = 0.270

da cui risulta:

MB 184.24 ⋅104
d = r⋅ = 0.270 ⋅ = 58 cm
b 40

h = d + d ′ = 58 + 3 = 61 cm

Si può assumere per l’altezza della sezione h = 65 cm, lievemente superiore al valore
ottenuto dal progetto agli s.l. con ξ = 0.25.

ESERCIZIO 3.2
Si consideri la trave rappresentata in figura, per la quale l’analisi delle
sollecitazioni ha fornito i valori dei massimi e minimi momenti appresso riportati:

M A = −36.25 ⋅106 Nmm M B = −299.31 ⋅106 Nmm M C = −43.31 ⋅106 Nmm

M AB = 96.57 ⋅106 Nmm M BC = 198.57 ⋅106 Nmm

h=70
A B C
d'=3.5
L1 L2 b=40

Si progettino le armature secondo il Metodo Semiprobabilistico agli Stati Limite.

Si effettua il progetto delle armature nelle sezioni più sollecitate in campata e sugli
appoggi:
a) Appoggio A
Assumendo un asse neutro di progetto ξ = 0.25, che assicura buoni requisiti di
duttilità, ed utilizzando per il calcestruzzo il diagramma semplificato “stress block”
(ψ=0.80, λ=0.40), si ha:
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 91

µ c = ψ ⋅ ξ ⋅ (1 − δ ′ − λ ⋅ ξ ) = 0.80 ⋅ 0.25 ⋅ (1 − 0.05 − 0.40 ⋅ 0.25) = 0.17


6
MA 36.25 ⋅ 10
µd = 2
= 2
= 0.0163
b ⋅ h ⋅ fcd 400 ⋅ 700 ⋅ 11.33

essendo:
µc > µd

si determina l’asse neutro prescindendo dall’armatura in compressione. La relazione

ψ ⋅ ξ ⋅ (1 − δ ′ − λ ⋅ ξ ) − µ d = 0

fornisce:

1 − δ ′ ⎡⎢ ⎤
2
1− δ ′ ⎛ 1− δ ′ ⎞ µd 4⋅λ ⎥
ξ= − ⎜ ⎟ − = 1− 1− ⋅ µd
2λ ⎝ 2 λ ⎠ λ ⋅ψ 2λ ⎢ (1 − δ ') ψ ⎥
2
⎣ ⎦
che con i valori di ψ e λ indicati fornisce:

⎡ 2 ⎤ ⎡ 2 ⎤
ξ = 1.25 ⋅ (1 − δ ′) ⋅ ⎢1 − 1 − ⋅ µ d ⎥ = 1. 25 ⋅ (1 − 0 .05) ⋅ ⎢ 1 − 1 − ⋅ 0 .0163 ⎥=
(1 − δ ′)
2 2
⎢⎣ ⎥⎦ ⎢⎣ (1 − 0.05) ⎥⎦
= 0.022

L’armatura tesa si determina dall’equilibrio alla traslazione:


ω = ψ ⋅ ξ = 0.8 ⋅ 0.022 = 0.0176

b ⋅ h ⋅ fcd 400 ⋅ 700 ⋅ 11.33 2


As = ω ⋅ = 0.0176 ⋅ = 143 mm
f sd 391.3

Utilizzando invece le tabelle (ξ, ru,ζ) si ha per MA=36.25·104 daNcm

h 70
ru = = = 0.7353
MA 36.25 ⋅104
b 40

e quindi entrando con:


f cd = 11 N/mm
2
f sd = 391.3 N/mm
2 d ′ / h = 0.05 ru = 0.7353
92 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

si ricava:
ζ = 0.9294
L’armatura tesa vale pertanto :
6
MA 36.25 ⋅ 10 2
As = = = 143 mm
ζ ⋅ h ⋅ f sd 0.9294 ⋅ 700 ⋅ 391.4
valore sostanzialmente uguale a quello precedente.
b) Campata AB
Procedendo in maniera analoga a quanto visto prima, si ha:

µ c = 0.17
4
M AB 96.57 ⋅ 10
µd = 2
= 2
= 0.0445
b ⋅ h ⋅ f cd 40 ⋅ 70 ⋅ 113.3

⎡ 2 ⎤
ξ = 1.25 ⋅ (1 − 0.05) ⋅ ⎢1 − 1 − 2
⋅ 0 . 0445 ⎥ = 0.0604
⎢⎣ (1 − 0.05) ⎥⎦

ω = 0.8 ⋅ 0.0604 = 0.0484


400 ⋅ 700 ⋅ 11 2
As = 0.0484 ⋅ = 382 mm
391.3

Utilizzando le tabelle si ha:

70
ru = = 0.4505 ⇒ ζ = 0.9146
4
96.57 ⋅ 10
40

96570000 2
As = = 386 mm
0.9146 ⋅ 700 ⋅ 391.3

c) Appoggio B

µ c = 0.17
4
MB 299.31 ⋅ 10
µd = 2
= 2
= 0.1348
b ⋅ h ⋅ f cd 40 ⋅ 70 ⋅ 113.3
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 93

⎡ 2 ⎤
ξ = 1.25 ⋅ (1 − 0.05) ⋅ ⎢1 − 1 − ⋅ 0.1348 ⎥ = 0.1930
2
⎢⎣ (1 − 0.05) ⎥⎦

ω = 0.8 ⋅ 0.1930 = 0.1544

400 ⋅ 700 ⋅ 11.33 2


As = 0.1544 ⋅ = 1252 mm
391.3

Utilizzando le tabelle si ha:

70
ru = = 0.2559 ⇒ ζ = 0.8659
4
299.31 ⋅ 10
40
6
299.31 ⋅ 10 2
As = = 1262 mm
0.8659 ⋅ 700 ⋅ 391.3

d) Campata BC

µ c = 0.17
4
M BC 198.57 ⋅ 10
µd = 2
= 2
= 0.0894 ⇒ µ c > µ d
b ⋅ h ⋅ f cd 40 ⋅ 70 ⋅ 113.3

⎡ 2 ⎤
ξ = 1.25 ⋅ (1 − 0.05) ⋅ ⎢1 − 1 − ⋅ 0.0894 ⎥ = 0.1241
2
⎢⎣ (1 − 0.05) ⎥⎦

ω = 0.8 ⋅ 0.1241 = 0.0993


400 ⋅ 700 ⋅ 11.33 2
As = 0.0993 ⋅ = 805 mm
391.3

Utilizzando le tabelle si ha:

70
ru = = 0.3142 ⇒ ζ = 0.8899
4
198.57 ⋅ 10
40
94 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

6
198.57 ⋅ 10 2
As = = 816 mm
0.8899 ⋅ 700 ⋅ 391.3

e) Appoggio C:

µ c = 0.17

MC 6
43.31 ⋅ 10
µd = 2
=
2
= 0.0195 ⇒ µc > µ d
b ⋅ h ⋅ fcd 400 ⋅ 700 ⋅ 11.33

⎡ 2 ⎤
ξ = 1.25 ⋅ (1 − 0.05) ⋅ ⎢1 − 1 − ⋅ 0.0195 ⎥ = 0.0259
2
⎢⎣ (1 − 0.05) ⎥⎦

ω = 0.8 ⋅ 0.0259 = 0.0208


400 ⋅ 700 ⋅ 11.33 2
As = 0.0208 ⋅ = 168 mm
391.3

Utilizzando le tabelle si ha:

70
ru = = 0.6727 ⇒ ζ = 0.9258
4
43.31 ⋅ 10
40
6
43.31 ⋅ 10 2
As = = 171 mm
0.9258 ⋅ 700 ⋅ 391.3
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 95

2 φ16
2 φ16

1 φ16
1 φ16
2 φ16 2 φ16

2 φ16 2 φ16

Riassumendo:

Armatura tesa Armatura compressa


6 2
M A = 36.25 ⋅ 10 Nmm As = 143 mm 3φ16(6) 2 φ16

M AB = 96.57 ⋅ 106 Nmm As = 386 mm


2
3φ16 2 φ16
2
6
M B = 299.31 ⋅ 10 Nmm As = 1265 mm 8φ16 2 φ16
2
6
M BC = 198.57 ⋅ 10 Nmm As = 816 mm 5φ16 2 φ16
2
M C = 43.31 ⋅ 106 Nmm As = 171 mm 3φ16(6) 2 φ16

Per confronto si effettua il progetto delle armature applicando il metodo delle


tensioni ammissibili e facendo riferimento alle sollecitazioni prodotte dai carichi
caratteristici (non amplificati).
Si utilizza in questo caso la formula approssimata:
M
As =
0.9 ⋅ d ⋅ σ s

che fornisce:

(6)
Minimi regolamentari di armatura tesa: As,min = 0.0015 ⋅ 40 ⋅ 70 = 4.2 cm2
96 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

6
6 25.29 ⋅ 10 2 3φ16(6)
M A = 25.29 ⋅ 10 Nmm As = = 192 mm
0.9 ⋅ 665 ⋅ 220
6
6
M AB = 67.38 ⋅ 10 Nmm
67.38 ⋅ 10 2 3 φ16
As = = 512 mm
0.9 ⋅ 665 ⋅ 220
6
6
M B = 208.85 ⋅ 10 Nmm
208.85 ⋅ 10 2 8 φ16
As = = 1586 mm
0.9 ⋅ 665 ⋅ 220
6
6
M BC = 138.56 ⋅ 10 Nmm
138.56 ⋅ 10 2 5 φ16
As = = 1052 mm
0.9 ⋅ 665 ⋅ 220
6
6
M C = 30.22 ⋅ 10 Nmm
30.22 ⋅ 10 2 3φ16(6)
As = = 229 cm
0.9 ⋅ 665 ⋅ 220

L’esempio sottolinea una sostanziale equivalenza tra i due metodi. Tuttavia tale risultato
non è generale in quanto in altri casi, caratterizzati da un maggior impegno del
calcestruzzo, il metodo agli s.l.u. consente soluzioni altrimenti impossibili.

ESERCIZIO 3.3
Per la trave dell’esercizio 3.2, si effettui la verifica allo S.L.U. della sezione in
corrispondenza dell’appoggio B, soggetta al momento flettente Md =-299.31 kNm.

h = 70

b = 40
Per la determinazione della posizione dell’asse neutro, si supponga inizialmente di
essere nella zona in cui le armature sono entrambe snervate.
L’equazione di equilibrio alla traslazione diventa, utilizzando il diagramma “stress-
block” per il calcestruzzo:
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 97

0.8 ⋅ b ⋅ yc ⋅ f cd + As′ ⋅ f sd − As ⋅ f sd = N u = 0

cui segue:

As ⋅ f sd − As′ ⋅ f sd 1608 ⋅ 391.3 − 402 ⋅ 391.3


yc = = = 130.2 mm
0.8 ⋅ b ⋅ fcd 0.8 ⋅ 400 ⋅ 11.33

La validità di tale risultato va verificata controllando che le deformazioni εs ad εs’


delle due armature siano effettivamente maggiori dei corrispondenti valori al limite di
snervamento. Con riferimento ai materiali introdotti nella soluzione dell’esercizio
precedente (acciaio B450C) si possono assumere i seguenti valori di progetto della tensione
e della deformazione al limite di snervamento:

f sk 450
f sd = = = 391.30 MPa , ε ud = 0.9 ⋅ ε uk = 0.9 ⋅ 0.075 = 0.0675 .
γc 1.15

f sd 391.30
ε yd = = = 0.00186
Es 210000
Assumendo una deformazione ultima del calcestruzzo pari a εcu=0.0035, come si
conviene per un calcestruzzo di classe C20/25 (fck=20 MPa), l’ordinata dell’asse neutro alla
quale si raggiunge contestualmente la deformazione ultima nell’acciaio compresso e
nell’acciaio teso vale:

ε cu 0.0035
y = ⋅d ' = ⋅ 30 = 64 mm
3',3'' ε cu − ε os 0.0035 − 0.00186

Poiché risulta yc > y2,3 , la deformazione limite è attinta al livello del calcestruzzo
( ε c = ε cu ) , mentre la massima deformazione dell’armatura tesa (0,0145) è minore di εud.
Le deformazioni sviluppata al livello dell’armatura compressa vale:

ε 0.0035
ε s ' = cu ⋅ ( yc − d ') = ⋅ (13.02 − 3.0 ) = 0.0027
yc 13.02
d − yc 67 − 13.02
εs = ε cu = ⋅ 0.0035 = 0.0145
yc 13.02
98 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

entrambe maggiori di ε0s =0.00186.


La soluzione yc=130.2 mm risulta, dunque, accettabile ed il corrispondente momento
ultimo vale:

⎛h ⎞ ⎛h ⎞ ⎛h ⎞
M uG = 0.8 ⋅ b ⋅ yc ⋅ f cd ⎜ − 0.4 ⋅ yc ⎟ + As′ ⋅ f sd ⋅ ⎜ − d ′ ⎟ − As ⋅ f sd ⋅ ⎜ − d ′ ⎟
⎝ 2 ⎠ ⎝ 2 ⎠ ⎝ 2 ⎠

M uG = 0.8 ⋅ 400 ⋅ 130.2 ⋅ 11.33 ⋅ (350 − 0.4 ⋅ 130.2 ) + 402 ⋅ 391.3 ⋅ (350 − 30 ) +
+ 1608 ⋅ 391.3 ⋅ (350 − 30 ) = 392.32 ⋅ 10 6 Nmm = 392.32 kNm
la verifica è soddisfatta, essendo:
Md < Mu
Si osserva infine che l’asse neutro allo s.l.u.
yc 13.02
ξu = = = 0.186
h 70
è minore di quello di progetto (ξd=0.193) grazie all’introduzione dell’armatura in
compressione, che quindi aumenta ulteriormente la duttilità della sezione.

ESERCIZIO 3.4
Si progetti agli s.l.u. una sezione rettangolare soggetta in condizioni di esercizio
alle seguenti sollecitazioni di calcolo:

N d = 725880 N

M d = 229.05 ⋅ 106 Nmm

I materiali da utilizzare sono calcestruzzo di classe Rck = 25 N/mm2 (fck=20 N/mm2)


ed acciaio tipo B450C.
La resistenza di calcolo del calcestruzzo vale:

0.85 ⋅ f ck
f cd = = 11.33 N/mm 2
1.5
Assumendo ψ = 0.80 e fissando la base della sezione rettangolare pari a b = 40 cm,
dall’equazione di equilibrio alla traslazione valida nel caso di armature snervate
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 99

Nu 1
ψ ⋅ξ = ⋅ = νu
b ⋅ h fcd

si ricava:

Nu 1
h= ⋅
b ⋅ f cd ψ ⋅ ξ

Assumendo Nu=Nd e scegliendo la posizione dell’asse neutro di progetto nel campo


0.20≤ξ≤0.65, si ottengono i seguenti valori dell’altezza della sezione:

ξ νu h (mm)
0.20 0.16 1001
0.25 0.20 801
0.30 0.24 667
0.35 0.28 572
0.40 0.32 501
0.45 0.36 445
0.55 0.44 364
0.65 0.52 308

Dall’esame dei valori delle tabelle si osserva che nel caso di elementi compressi, per
assicurare buone caratteristiche di duttilità (valori bassi di ξ) è necessario utilizzare
dimensioni geometriche considerevoli.
Assumendo valori dell’asse neutro di progetto intermedi nel campo esaminato (p.e.
ξ=0.35÷0.45), si ottengono comunque valori accettabili della duttilità sezionale con
dimensioni geometriche contenute.
Nel campo ξ = 0.35÷0.45, inoltre, la tensione media nella sezione è circa 1/3 della
resistenza di calcolo del calcestruzzo.
Per il progetto della sezione mediante gli abachi, si calcola preventivamente
l’eccentricità del carico:

M d 229.05 ⋅106
ed = = = 315.5 mm
Nd 725880

Fissando l’altezza h e il valore di ξ

h = 500 mm , ξ = 0.40
100 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

risulta:

ed 315.5
= = 0.631
h 500
1 1 1
= = = 3.125
νu ψ ⋅ ξ 0.32

Entrando nell’abaco con ed/h = 0.631 e 1/νu = 3.125, si ricava:

ω = ω ′ ≅ 0.10
ed inoltre risulta:

Nd 725880
b= = = 400 mm
ν u ⋅ h ⋅ fcd 0.32 ⋅ 500 ⋅ 11.33

per cui si può assumere b = 400 mm.

ESERCIZIO 3.5
Per la sezione di cui all’esercizio precedente si progettino le armature utilizzando
acciaio B450C.

A′s

50

As

40
Effettuando il progetto delle armature secondo il procedimento analitico:

d′ 3
= = 0.06
h 50
2290500 + 72588 ⋅ (50 / 2 − 3)
µu = 2
= 0.3534
40 ⋅ 50 ⋅ 110
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 101

µ c = 0.8 ⋅ 0.40 ⋅ (1 − 0.06 − 0.4 ⋅ 0.40) = 0.2496

µu − µ c 0.3534 − 0.2496
ω′ = = = 0.118
1− 2 ⋅δ ′ 1 − 2 ⋅ 0.06

da cui:

b ⋅ h ⋅ fcd 400 ⋅ 500 ⋅ 11.33 2


As = As′ = ω ⋅ = 0.118 = 666 mm
f sd 391.3

si utilizzano pertanto As = As′ = 4 φ16 .


Utilizzando gli abachi si ottiene, invece:

ed 315.5 Nu 725880
= = 0.631 , νu = = = 0.33
h 500 b ⋅ h ⋅ fcd 400 ⋅ 500 ⋅ 11.33

Ricavando ω = ω ′ ≅ 0.10 . L’armatura pertanto risulta:

b ⋅ h ⋅ fcd 400 ⋅ 500 ⋅ 11.33 2


As = As′ = ω ⋅ = 0.10 ⋅ = 567 mm
f sd 391.3
realizzabile ancora con 4 φ16, in modo da avere armatura simmetrica, come generalmente
assunto per i pilastri

ESERCIZIO 3.6
Si verifichi la sezione di cui agli esercizi precedenti (Nd = 725880 N,
Md = 229.05·106 Nmm).
As′ = 4 φ16

50

As = 4 φ16

40
102 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

I materiali da utilizzare sono calcestruzzo di classe Rck = 25 N/mm2 (fck=20 N/mm2)


ed acciaio tipo B450C.

Per la determinazione della posizione dell’asse neutro, si supponga inizialmente di


essere nella zona in cui le armature sono entrambe snervate.
L’equazione di equilibrio alla traslazione diventa

0.8 ⋅ b ⋅ yc ⋅ f cd + As '⋅ f sd − As ⋅ f sd = N u

cui segue:

Nu 725880
yc = = = 200.2 mm
0.8 ⋅ b ⋅ fcd 0.8 ⋅ 400 ⋅ 11.33

Risulta:

ε cu 0.0035
y2,3 = ⋅ (h − d ′) = ⋅ (500 − 30) = 23.2 mm
ε cu + ε ud 0.0035 + 0.0675

Poiché risulta, yc > y2 ,3 la crisi della sezione è raggiunta al livello della massima
deformazione del calcestruzzo in compressione e, dunque, le deformazioni dei due livelli di
armatura si possono quantificare come segue:

ε 0.0035
ε s ' = cu ⋅ ( yc − d ') = ⋅ ( 200.2 − 30 ) = 0.00297 > ε sy = 0.00186
yc 200.2

ε cu 0.0035
εs = ⋅ (d − yc ) = ⋅ (470 − 200.2 ) = 0.00471 > ε sy = 0.00186
yc 200.2

e l’ipotesi fatta che entrambe le armature siano snervate allo s.l.u. è soddisfatta.
Il momento ultimo si ricava dall’equazione di equilibrio alla rotazione che, per la
zona in esame, si particolarizza come segue:

⎛h ⎞ ⎛h ⎞ ⎛h ⎞
M uG = ψ ⋅ b ⋅ yc ⋅ fcd ⋅ ⎜ − λ ⋅ yc ⎟ + A′s ⋅ f sd ⋅ ⎜ − d ′ ⎟ + As ⋅ f sd ⋅ ⎜ − d ′ ⎟ =
⎝2 ⎠ ⎝2 ⎠ ⎝2 ⎠
Capitolo 3. LA SEZIONE RETTANGOLARE IN PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA 103

( ) ( ) ( )
= 0.8 ⋅ 400 ⋅ 200.2 ⋅ 11.33 ⋅ 250 − 0.4 ⋅ 200.2 + 804 ⋅ 391.3 ⋅ 250 − 30 + 804 ⋅ 391.3 ⋅ 250 − 30 =

= 261761900 Nmm

Risultando Mu,G>Md la sezione è verificata.

ESERCIZIO 3.7
Si progetti l’armatura di una sezione rettangolare di dimensioni b= 250 mm e
h = 500 mm, fissando d’/d = 0.05, soggetta ad un Mu = 149.835 kNm.
Si utilizzi calcestruzzo di classe C20/25 (Rck = 25 MPa) ed acciaio tipo B450C.
Per i materiali utilizzati risulta:

0.85 ⋅ fck 2
fcd = = 11.33 N/mm
1.5

f sy 450 2
f sd = = = 391.3 N/mm
γs 1.15

Il valore adimensionale del momento di progetto è pari a:


4
Mu 149.835 ⋅ 10
µu = 2
= 2
= 0.212
b ⋅ h ⋅ f cd 25 ⋅ 50 ⋅ 113.3

Fissato ξ = 0.25 e ponendo λ = 0.4 e ψ = 0.8, il momento ultimo µc vale:


µ c = ψ ⋅ (1 − δ ′ − λ ⋅ ξ ) = 0.8 ⋅ 0.25 ⋅ (1 − 0.05 − 0.4 ⋅ 0.25) = 0.17
per cui:
µu > µ c
L’armatura compressa, determinando il valore:
µ u − µ c 0.212 − 0.17
ω′ = = = 0.0467
1 − 2 δ′ 1 − 2 ⋅ 0.05
è data dalla relazione:

ω ′ ⋅ b ⋅ h ⋅ fcd 0.0467 ⋅ 250 ⋅ 500 ⋅ 11.33 2


As′ = = = 169 mm
f sd 391.3

Si considerino 2 φ14
104 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Per l’armatura tesa risulta:


ω = 0.8 ⋅ ξ + ω′ = 0.8 ⋅ 0.25 + 0.0462 = 0.2462

ω ⋅ b ⋅ h ⋅ fcd 0.2462 ⋅ 250 ⋅ 500 ⋅ 11.33 2


As = = = 891 mm
f sd 391.3

Si ipotizzano pertanto 3 φ16 + 2 φ14.

ESERCIZIO 3.8

Si consideri la stessa sezione di cui all’esercizio precedente, soggetta però ad un


Mu = 54.69 kNm.

Il valore adimensionale del momento di progetto è pari a:


4
Mu 54.69 ⋅ 10
µu = 2
= 2
= 0.0772
b ⋅ h ⋅ f cd 25 ⋅ 50 ⋅ 113.3

per cui:
µ u < µ c = 0.17

Si ha dunque:

⎛ 2 ⎞
ξ = 1.25 ⋅ (1 − δ ′) ⋅ ⎜1 − 1 − ⋅ µu ⎟ =
⎜ (1 − δ ′) 2 ⎟
⎝ ⎠
⎛ 2 ⎞
= 1.25 ⋅ (1 − 0.05) ⋅ ⎜1 − 1 − ⋅ 0.0772 ⎟ = 0.11 (< 0.25)
⎜ (1 − 0.05) 2 ⎟
⎝ ⎠

L’armatura tesa è dunque determinabile dalle seguenti relazioni:


ω = 0.8 ⋅ ξ = 0.8 ⋅ 0.11 = 0.088

ω ⋅ b ⋅ h ⋅ fcd 0.088 ⋅ 250 ⋅ 500 ⋅ 11.33 2


As = = = 311 mm
f sd 391.3

Si ipotizzano pertanto 2 φ16 come armatura in zona tesa.


Capitolo 4

SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-


TENSOFLESSIONE

4.1 La Sezione Circolare: Verifica e Progetto

4.1.1 La verifica
La sezione circolare rappresenta, come la sezione rettangolare, un caso rilevante sia
per la frequenza con cui è utilizzata nelle strutture, sia perchè è possibile esprimere con
formule esplicite le grandezze che interessano al fine di definire la posizione dell’asse
neutro ed il momento ultimo.
Nella pressoflessione occorre considerare separatamente la zona 2 con polo della
retta delle deformazioni in A (massima deformazione nell’acciaio teso), le zone 3, 4, 5 con
polo della stessa retta in B (massima deformazione nel calcestruzzo), la zona 6 con polo in
C.
Se si adotta per la valutazione del contributo statico del calcestruzzo l’ipotesi
semplificativa dello stress-block, il diagramma delle deformazioni al variare della posizione
dell’asse neutro serve esclusivamente a valutare il contributo delle barre di armatura, in
quanto quello del calcestruzzo è definito dal prodotto dell’area Ac′ al di sopra della corda
posta a 0.8 yc dal bordo compresso per la tensione di progetto fcd.
La condizione di equilibrio alla traslazione, che consente la determinazione della
posizione dell’asse neutro, si scrive pertanto:

F ( yc ) = Ac′ ⋅ f cd + ∑A
i si ⋅ σ si − N u = 0 (4.1)

Se si indica con y c′ = 0.8 ⋅ y c l’altezza dell’area sulla quale si considera un


diagramma di tensione uniforme e con ϕ l’angolo relativo alla corda per y c′ , si ottiene:
106 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

⎛ y c′ ⎞
ϕ = arccos ⎜1 − ⎟ (4.2)
⎝ r ⎠

il contributo statico del calcestruzzo si scrive:

N c = (ϕ − senϕ ⋅ cos ϕ ) ⋅ r ⋅ f cd = Ac′ ⋅ f cd


2
(4.3)
La determinazione della posizione dell’asse neutro si esegue pertanto valutando al
variare di yc il contributo del calcestruzzo e dell’armatura finchè è soddisfatta la relazione
di equilibrio (4.1) .

s
Ac,0.8yc Nu
C
f’cd

dG0= r
G yc y’c
y
0 ϕ’
ϕ r n
2r G0
di
Asi σ si

d’

Fig. 4.1: Sezione circolare

Il momento ultimo si valuta successivamente mediante la relazione:


M uG = M cG + ∑i Asi ⋅ σ si ⋅ d i (4.4)

essendo di la distanza delle armature dall’asse posto nel baricentro geometrico, σsi la
tensione nelle varie barre, valutata sulla base della deformazione corrispondente allo s.l.u.
con polo delle deformazioni in A, B, o C a seconda della altezza dell’asse neutro, ed McG
ricavato dalla relazione:

⎛ 4 r ⋅ sen 3ϕ ⎞
M cG = N c ⋅ y 0 = N c ⋅ ⎜ ⋅ ⎟ (4.5)
⎜ 3 2ϕ − sen2ϕ ⎟
⎝ ⎠
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 107

essendo y0 la distanza del baricentro del segmento circolare sede del diagramma di tensioni
dal baricentro geometrico della sezione.
Si osserva che in ogni caso la determinazione dell’asse neutro è possibile se Nu è
compreso nell’intervallo definito dallo sforzo assiale di trazione e compressione pura
( −∑ Asi ⋅ f sd ≤ N u ≤ π ⋅ r 2 ⋅ f c' + ∑ Asi ⋅ f sd ).
Da un punto di vista operativo, poichè il primo termine della (4.1) è una funzione
crescente della posizione dell’asse neutro yc, con valore negativo per yc ≤ 0 e positivo per yc
= ∞, per Nu>0 la soluzione del problema può essere ottenuta facendo variare l’asse neutro
con incrementi costanti a partire da 0 fino a determinare due posizioni dell’asse neutro cui
corrispondono valori di segno opposto della relazione (4.1) .
Successivamente si può raggiungere la precisione voluta determinando in ogni
iterazione la posizione dell’asse neutro mediante la relazione:
y c, i + − y c, i − y c, i + − y c, i −
y c, i +1 = y c, i − − ⋅ Fi − = y c, i + − ⋅ Fi + (4.6)
Fi + − Fi − Fi + − Fi −

in cui y c , i + e Fi + rappresentano la posizione dell’asse neutro ed il corrispondente valore


positivo minimo della funzione (4.1) ottenuto nelle i iterazioni precedenti, y c, i − e Fi − i
valori della posizione dell’asse neutro e della stessa funzione con valore negativo massimo
ottenuto nelle i iterazioni precedenti.
F ( yc )

Fi +
y c,i +1
y c,i −
y c,i + h = 2r yc
Fi −
∆yc

Fig. 4.2: Andamento della funzione F(yc)

L’arresto del procedimento iterativo è regolato dalla disequazione:

F ( yc )
< εF (4.7)
π ⋅ r ⋅ f cd + As ⋅ f sd
2

con εF errore ammesso (per esempio εF = 1/1000).


108 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

4.1.2 Il progetto della sezione circolare mediante abachi


Per la progettazione di sezioni circolari pressoinflesse è possibile costruire abachi
analoghi a quelli della sezione rettangolare. La costruzione di tali domini si può ottenere
valutando, per ogni posizione dell’asse neutro e per ogni percentuale di armatura, i valori
del carico assiale adimensionalizzato e del rapporto tra l’eccentricità del centro di pressione
ed il diametro della sezione circolare corrispondente.
Infatti, fissati la posizione dell’asse neutro e l’armatura, risulta:
yc
ξ= (4.8)
2r

ω=
∑A i si ⋅ f sd
=
ns ⋅ Asi ⋅ f sd (4.9)
π ⋅ r ⋅ f cd
2
π ⋅ r 2 ⋅ f cd

L’equilibrio alla traslazione (4.1) , dividendo per π ⋅ r ⋅ f cd fornisce:


2

Ac′
+
As ⋅ f sd ⋅ ∑ (σ i si /f sd )
=
Nu (4.10)
π ⋅r 2
ns ⋅ π ⋅ r ⋅ f cd
2
π ⋅ r 2 ⋅ f cd
essendo ns il numero delle barre supposte di uguale diametro, da cui:
Ac′ ω σ si
π ⋅ r2
+
ns
⋅ ∑ i f sd
=νu (4.11)

L’equazione di equilibrio alla rotazione, dividendo la (4.4) ′


per 2 π ⋅ r 3 ⋅ f cd
fornisce invece:

M uG
=
M cG
+
As ⋅ f sd ⋅ ∑ (σi si d i )/f sd
(4.12)
2 π ⋅ r ⋅ f cd 2 π ⋅ r ⋅ f cd ns ⋅ 2 π ⋅ r ⋅ f cd
3 3 3

da cui:
ω σ si ⋅ d i
µ uG = µ cG +
ns
⋅ ∑ i f sd ⋅ 2 r
(4.13)

mentre il rapporto e/2r risulta:


e M /N µ
= uG u = uG (4.14)
2r 2r νu
In Fig. 4.3a, b sono riportati gli abachi ottenuti calcolando al variare dell’asse neutro
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 109

i punti di coordinate (1/ν u , e/ 2 r ) ottenuti dalle precedenti relazioni (4.11) e (4.14) .


L’utilizzazione degli stessi abachi è analoga a quella illustrata per le sezioni
rettangolari. In un problema di progetto, per la particolare forma della sezione, fissato il
diametro, resta definito sia il rapporto e/2r, sia il parametro 1/vu . La percentuale di
armatura minima necessaria si ricava dall’abaco con riferimento al punto di coordinate
(1/vu , e/2r). In un problema di verifica, noti 1/vu e la percentuale meccanica di armatura ω,
è possibile determinare il valore ultimo dell’eccentricità, che in forma adimensionalizzata
vale eu/2r; pertanto la verifica è ricondotta al controllo della disuguaglianza:

e eu
< (4.15)
2r 2r
Abaco 2a: SEZIONE CIRCOLARE PIENA - PRESSOFLESSIONE S.L.U.
5
ω
e/2r 1.60
4 1.40
1.20
1.00
0.80
3 0.60
0.40
0.20
0.10
2

1 0.2

0.3
0.5 0.4 ξ
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
d’/h = 0.05 1/ νu
Fig. 4.3a: Abaco per sezione circolare per d’/2r =0.05
110 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Abaco 2b: SEZIONE CIRCOLARE PIENA - PRESSOFLESSIONE S.L.U.


5
ω
e/2r 1.60
4 1.40
1.20
1.00
0.80
3 0.60
0.40
0.20
0.10
2

1
0.3
0.5 0.4 ξ
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
d’/h = 0.10 1/ νu
Fig. 4.4b: Abaco per sezione circolare per d’/2r=0.10

4.2 La Sezione Generica in Presso-Tensoflessione

4.2.1 La verifica a presso-tensoflessione retta


Nel caso di sezione di forma generica ed armatura disposta su più livelli sottoposta a
presso-tenso flessione retta, la valutazione dei contributi alla resistenza della zona
compressa di calcestruzzo e delle armature deve essere eseguita partendo da una
descrizione della sezione avente caratteristiche di generalità mediante le coordinate dei
vertici del contorno della sezione (xi, yi) per il calcestruzzo, le coordinate e le aree dei
diversi livelli di armatura o singole barre (xs,j, ys,j, As,j). Le coordinate si suppongono
riferite ad un sistema di assi avente l’asse y parallelo al piano di flessione.
Non facendo riferimento a due soli livelli di armatura, ma ipotizzando l’armatura
diffusa nell’ambito della sezione, per la valutazione dei contributi statici dei vari livelli di
armatura è necessario prendere in considerazione le tre situazioni in cui può trovarsi la retta
delle deformazioni in condizioni limite:
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 111

A) retta delle deformazioni passante per il polo A, corrispondente ad una deformazione di


εud nel livello di armatura più sollecitato a trazione, situazione che individua il
raggiungimento della massima deformazione dell'acciaio teso;
B) retta delle deformazioni passante per il polo B, corrispondente ad una deformazione di
0.0035 nella fibra di calcestruzzo più sollecitata, situazione che individua il
raggiungimento della massima deformazione nel calcestruzzo;
′ = ε c1 e
C) retta delle deformazioni passante per il polo C avente deformazione pari a ε cu
posto a distanza dC dal bordo più compresso, che individua la situazione limite per
sezione interamente compressa.
Le tre situazioni individuate corrispondono rispettivamente alle zone 1-2 per il polo
A, 3-4-5 per il polo B, 6 per il polo C.
Il contributo all’equilibrio alla traslazione delle armature si può sinteticamente
indicare con la relazione:
(
N s = ∑ j As , j ⋅ σ s , j ) (4.16)

Essendo:
σ s, j = f sd per ε s, j ≥ ε os (4.17)

σ s, j = − f sd per ε s, j ≤ −ε os (4.18)

ovvero:

σ s, j = E s ⋅ ε s, j per ε s, j < ε os (4.19)

con la deformazione ε s, j (positiva se di compressione) valutata nei tre casi descritti nel
modo seguente (Fig. 4.4a,b,c):

ε ud
caso A ) ε s, j =
y n − y s ,1
(
⋅ y s , j − yn ) (4.20)

ε cu
caso B) ε s, j =
ymax − y n
(
⋅ y s, j − yn )
(4.21)

ε c1
caso C ) ε s, j =
y max − d C − yn
(
⋅ y s, j − yn ) (4.22)

essendo ymax la coordinata del punto della sezione con massima deformazione nel
calcestruzzo.
112 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Per quanto riguarda la valutazione degli sforzi nel calcestruzzo, note le coordinate
della parte compressa della sezione coincidente con l’intera sezione solo se l’asse neutro è
esterno, per ogni tratto rettilineo che descrive il contorno della sezione reagente, lo sforzo
di compressione relativo alla zona sottesa al medesimo tratto si può valutare conoscendo le
deformazioni εi ed εi+1 nei due estremi del tratto (i)-(i+1) e le coordinate degli stessi punti.

y
x s,j
εc
i+1 As,j n
i

yi+1 yi yn
ys,j
A
ys,1
ε ud
s,1 =0.010
x i+1 xi x

Fig. 4.4a: Deformazione nel calcestruzzo e nelle armature allo S.L.U. (polo A)

y
εcu
ε c =0.0035
x s,j
B
i+1 As,j
i n

yi
yi+1 yn
ys,j

ys,1 ε s,1

x i+1 xi x
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 113

y
x s,j ε cu =0.0035

i+1 As,j 3
h

dC
i 7
εc1
ε cu =0.0020
C
h
yi+1 yi
ys,j

ys,1

x i+1 xi yn x
n

Fig. 4.4b,c: Deformazione nel calcestruzzo e nelle armature allo S.L.U. (polo B e C)
Infatti, scritta la relazione σ-ε di cui alla (2.11), esprimendo ε in funzione della
distanza y del punto generico dall’asse neutro nella forma ε = θ y/ε c1 , si ottiene:

θ ⋅ y ⎛θ ⋅ y ⎞
k⋅ −⎜ ⎟ 2

ε c1 ⎜⎝ ε c1 ⎟⎠ K1 ⋅ y − K 2 ⋅ y
2
(4.23)
σ (y ) = ⋅ f cd = ⋅ f cd
θ⋅y 1 + K3 ⋅ y
1 + (k − 2 ) ⋅
ε c1
essendo:

(k − 2) ⋅ θ ;
2
k ⋅θ ⎛ θ ⎞
K1 = ; K 2 = ⎜⎜ ⎟⎟ ; K3 = y = y − yn ; (4.24)
ε c1 ⎝ ε c1 ⎠ ε c1

costanti per una assegnata posizione dell’asse neutro, essendo allo s.l.u. la curvatura ultima
θ univocamente definita dalla posizione dello stesso.
Lo sforzo di compressione risultante relativo all’area sottesa al generico tratto del
perimetro della zona compressa diventa:

σ ( y ) ⋅ b( y ) dy
yM
N c ,i = ∫
0
(4.25)
114 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

con y M la coordinata di massima ampiezza tra y i e yi +1 .


Distinguendo la parte rettangolare e quella triangolare dell’area sottesa (Fig. 4.5) ed
indicando con y m la coordinata minore tra y i e yi +1 si ottiene ulteriormente:

N cr , i = (xi +1 − xi ) ⋅ σ ( y ) dy
ym
∫0
(4.26)

⎛ x − xi ⎞
σ ( y ) ⋅ ( y M − y ) dy
yM
N ct ,i = ⎜⎜ i +1 ⎟⎟ ⋅
⎝ yM − ym ⎠
∫ y
m
(4.27)

La soluzione degli integrali precedenti fornisce:

N cr ,i = (xi +1 − xi ) ⋅ f cd ⋅ [K1 ⋅ F1 ( y m ) − K 2 ⋅ F2 ( y m )] (4.28)

xi +1 − xi
N ct ,i = ⋅ y M ⋅ f cd ⋅ {K1 ⋅ [F1 ( y M ) − F1 ( y m )] − K 2 ⋅ [F2 ( y M ) − F2 ( y m )]} +
y M − ym
(4.29)
xi +1 − xi
+ ⋅ f cd ⋅ {− K1 ⋅ [F2 ( y M ) − F2 ( y m )] − K 2 ⋅ [F3 ( y M ) − F3 ( y m )]}
yM − ym

con F1, F2, F3 ed F4 definiti di seguito.


Analogamente la valutazione del contributo statico flessionale rispetto all’asse
neutro si valuta per l’area elementare (i , i+1) nel modo seguente:

σ ( y ) ⋅ b( y ) ⋅ y dy
yM
M c,i = ∫0
(4.30)
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 115

ε σ

i+1 εM σM
εm σm
y i+1 yi i
n

y M = y i+1 y m = y i
y
n

x i+1 xi x

Fig. 4.5: Definizione delle sollecitazioni e delle resistenze di progetto

e distinguendo la parte rettangolare da quella triangolare si ottiene:

M cr ,i = (xi +1 − xi ) ⋅ σ ( y ) ⋅ y dy
yi
∫0
(4.31)

xi +1 − xi
σ ( y ) ⋅ ( y M − y ) ⋅ y dy
yM
M ct ,i =
yM − ym
⋅ ∫
ym
(4.32)

La soluzione degli integrali precedenti fornisce:

M cr ,i = f cd ⋅ (xi +1 − xi ) ⋅ [K1 ⋅ F2 ( y m ) − K 2 ⋅ F3 ( y m )] (4.33)

xi +1 − xi
M ct ,i = f cd ⋅ ⋅ y M ⋅ {K1 ⋅ [F2 ( y M ) − F2 ( y m )] − K 2 ⋅ [F3 ( y M ) − F3 ( y m )]} +
yM − ym (4.34)
x − xi
+ f cd ⋅ i +1 ⋅ {− K1 ⋅ [F3 ( y M ) − F3 ( y m )] − K 2 ⋅ [F4 ( y M ) − F4 ( y m )]}
yM − ym
116 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

essendo le funzioni F1, F2, F3 e F4 così definite:

⎡ log(K 3 ⋅ y + 1) ⎤ 1
F1 = ⎢ y − ⎥⋅ (4.35)
⎣ K3 ⎦ K3

⎡ y2 y log(K 3 ⋅ y + 1) ⎤ 1
F2 = ⎢ − + 2
⎥⋅ (4.36)
⎢⎣ 2 K 3 K3 ⎥⎦ K 3

⎡ y3 y2 y log(K 3 ⋅ y + 1) ⎤ 1
F3 = ⎢ − + 2 + ⎥⋅ (4.37)
⎣⎢ 3 2 K 3 K 3 K 33 ⎦⎥ K 3

⎡ y4 y3 y2 y log(K 3 ⋅ y + 1) ⎤ 1
F4 = ⎢ − − − − ⎥⋅ (4.38)
⎢⎣ 4 3 K 3 2 K 32 K 33 K 34 ⎥⎦ K 3

La risultante degli sforzi valutati sull’intera sezione reagente si otterrà come somma
dei contributi elementari:

Nc = ∑ (N
i cr , i + N ct , i ) (4.39)

relativi ai tratti che delimitano la zona compressa della sezione.


La determinazione della posizione dell’asse neutro deve essere perseguita per via
iterativa annullando la funzione f(yn):

f ( y n ) = (N c + N s ) − N u (4.40)

dove yn è la distanza dell’asse neutro dall’asse x.


Una volta determinato la posizione dell’asse neutro che soddisfa la relazione
precedente, il valore del momento ultimo corrispondente, valutato rispetto all’asse neutro,
si determina secondo la relazione:
Mu = Mc + Ms (4.41)

essendo:

Mc = ∑ (Mi cr , i + M ct , i ) (4.42)

Ms = ∑ (A s, j ⋅ σ s, j ⋅ y j ) (4.43)
j

Dalla (4.37) è agevole ricavare il momento rispetto al baricentro geometrico della


sezione mediante il trasporto:
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 117

M u , G = M u + N u ⋅ ( y n − yG ) (4.44)

4.2.2 La verifica a presso-tensoflessione deviata

4.2.2.1 Impostazione generale


Nel caso della pressoflessione deviata sono incogniti sia la posizione che
l’inclinazione dell’asse neutro. Come nel caso del metodo di verifica alle tensioni
ammissibili è possibile pervenire alla soluzione del problema della verifica individuando la
sezione reagente per successive approssimazioni.
Fissato preliminarmente il vettore delle caratteristiche della sollecitazione
Q1 = [N1, Mx1, My1] proporzionale al vettore delle caratteristiche ultime da determinare, per
ogni posizione di tentativo dell’asse neutro si valutano le caratteristiche della sollecitazione
corrispondenti allo stato limite ultimo (Q'u = [N'u, M'ux, M'uy]), in generale non
proporzionali al vettore prefissato Q1.
Per ottenere con successive approssimazioni la posizione dell’asse neutro, occorre
correggere ripetutamente la sua posizione sovrapponendo allo stato deformativo corrente
quello corrispondente allo scarto tra le caratteristiche della sollecitazione allo s.l.u. ottenute
e quelle cercate, proporzionali a Q1 e definite a meno del parametro di proporzionalità λ
incognito.
A tale scopo è possibile definire il coefficiente λ, moltiplicatore del vettore Q1,
imponendo come condizione che la deformazione limite raggiunta sul perimetro della
sezione allo s.l.u. caricata dallo stato di sollecitazione Q′u non sia violata. Per effettuare la
correzione della posizione dell’asse neutro, si ipotizza un comportamento elastico della
sezione sottoposta ad uno stato di sollecitazione pari allo scarto tra λQ1 e Q′u.
Indicando con X * = ⎡1 , − y * , x * ⎤ il vettore relativo alle coordinate del punto
⎢⎣ ⎦⎥
( )
C * x* , y* della sezione dove è stata raggiunta la deformazione limite nella armatura o nel
calcestruzzo, con ∆D = (∆ε G , ∆θ x , ∆θ y ) il vettore delle caratteristiche della deformazione
della sezione parzializzata, corrispondente allo scarto tra i vettori λQ1 e Q′u, la condizione
che permette di determinare λ risulta la seguente:

( )
∆ε * x * , y * = X * ⋅ ∆D = X * ⋅ K −1 ⋅ (λQ1 − Qu′ ) = 0 (4.45)

essendo K la matrice di rigidezza elastica della sezione espressa come di seguito:


118 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

⎡ A − Sx Sy ⎤
⎢ ⎥
K = ⎢− S x Ix − I xy ⎥ (4.46)
⎢ Sy − I xy I y ⎥⎦

Nu

λQ1 λQ1 - Q′u

Q1
Q′u

Mux Muy
Fig. 4.6: Definizione delle sollecitazioni

Determinato il coefficiente λ dalla relazione:

X * ⋅ K −1 ⋅ Qu′
λ= * −1
(4.47)
X ⋅K ⋅ Q1

la nuova posizione dell’asse neutro si può ottenere facendo ancora l’ipotesi di


comportamento elastico nella fase di correzione, modificando i parametri di deformazione
della sezione e con essi la posizione dell’asse neutro. Indicando infatti con Di e Di+1 i
vettori delle deformazioni (εG, θx, θy) della sezione al passo i e i+1, si ottiene:

Di +1 = Di + K
−1
( λ Q1 − Qu′ ) (4.48)
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 119

My Caso A: ρx = ρy = 0

Caso B: ρx = ρy = 0.5
ρy A i y Caso C: ρx = ρy = 1.0
Ai
Caso D: ρx = 0.5 , ρy = 0
0.1h
ρx A i Caso E: ρx = 1.0 , ρy = 0
N
h Caso F: ρx = 1.0 , ρy = 0.5
x Mx
0.1h
(4Ai + 2ρx A i + 2ρy A i) . f yd
ω=
bhfcd
0.1b 0.1b
b
Fig. 4.7: Sezione rettangolare tipo e relativa armatura

Il procedimento ha ovviamente termine quando la differenza tra Qu′ e λQ1 diventa


trascurabile rispetto a Qu′ . Tale controllo può essere effettuato confrontando il rapporto tra
i moduli dei due vettori ed un errore εQ piccolo a piacere:

λ Q1 − Qu′
< εQ (4.49)
Qu′

La posizione di partenza dell’asse neutro nel procedimento iterativo può essere


desunta dal comportamento elastico parzializzato o meno della sezione.
Per la sezione rettangolare con armature disposte nei soli vertici o anche lungo i lati,
secondo i casi indicati in Fig. 4.7, vengono riportati i domini di resistenza a pressoflessione
deviata (Fig. 4.8); in ciascun dominio si assegna ad ogni quadrante (ottante) un determinato
valore del carico assiale adimensionalizzato ν = N u bhf cd .
120 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Fig. 4.8: Domini di resistenza adimensionali µx - µy al variare di v


Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 121

4.2.2.2 Metodo approssimato per il progetto-verifica di sezioni rettangolari soggette


a pressoflessione deviata
Data la laboriosità delle operazioni necessarie ad eseguire manualmente la verifica
di sezioni anche semplici come le sezioni rettangolari, sono proposti in letteratura metodi
approssimati che hanno le stesse caratteristiche dei metodi descritti nell’ambito del metodo
di verifica alle tensioni ammissibili e che risultano molto utili sia nella esecuzione di
verifiche approssimate sia nelle fasi di progetto.
Il metodo che si suggerisce nasce da una indagine parametrica su sezioni rettangolari
che ha condotto al disegno di domini di resistenza di sezioni con diverse disposizioni e
quantità di armatura.
Definiti per un assegnato valore del carico assiale Nu i momenti flettenti per
pressoflessione retta Muxo e Muyo di una sezione rettangolare con armatura simmetrica, il
dominio di resistenza in regime di pressoflessione deviata nel piano
(Mux/Muxo)−(Muy/Muyo) assume una forma complessa che può essere descritta
cautelativamente attraverso un dominio semplificato espresso dalla relazione:
α α
⎛ M ux ⎞ ⎛M ⎞
⎜⎜ ⎟⎟ + ⎜ uy ⎟ =1 (4.50)
⎝ M uxo ⎠ ⎜ M uyo ⎟
⎝ ⎠
essendo α = log(0.5)/log(β) e β l’ordinata o l’ascissa dell’intersezione del dominio
adimensionalizzato con la bisettrice (Fig. . 4.10).

1.0
µ uy
0.9
β=
0.
9
β=

0.8
0.
8
β=

0.7
0.
7
β=

0.6
0.
6
β=

0.5
0.
5

0.4

0.3

0.2

0.1

0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0
µ ux
Fig. 4.9: Definizione approssimata del dominio di resistenza per sezioni rettangolari
122 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

α α
Infatti imponendo alla curva di equazione µux + µuy = 1 il passaggio per il punto
sulla bisettrice di coordinate µ ux = µ uy = β , si ottiene la relazione:

α
2 β =1 (4.51)

da cui la precedente espressione di α.


Al variare del parametro β tra 0.5 ed 1 il dominio semplificato può assumere una
forma variabile tra quella triangolare e quella quadrata. Infatti per β = 0.5 si ottiene un
esponente α = 1 e l’espressione (4.46) diventa una retta passante per i punti di coordinate
(0,1) e (1,0); per β =0.707 si ottiene un esponente α = 2 e l’espressione precedente diventa
una circonferenza con centro nell’origine e raggio unitario, con β = 1 si ottiene un
esponente α=∞ e l’espressione rappresenta due rette parallele agli assi passanti per i punti
(0,1) e (1,0) (Fig. 4.9).
La forma del dominio reale è influenzata nella sezione rettangolare dalla entità del
carico assiale, dalla quantità e dalla disposizione della armatura, dalla resistenza dei
materiali. Tuttavia nell’ambito del presente metodo approssimato i parametri ritenuti
significativi sono stati esclusivamente il carico assiale e la quantità complessiva di
armatura.
Il metodo suggerito consiste nella utilizzazione di una espressione per β ricavata
dalla interpolazione di risultati numerici ottenuti nell’ambito della analisi parametrica:
⎛ 0.5 ⎞
β (ν , ω ) = max ⎜ 0.5 + ⋅ ν − 0.4 , 0.5 + 0.05 ⋅ (1.4 − ω )⎟ (4.52)
⎝ 1+ ω ⎠
essendo ν e ω rispettivamente il carico assiale allo stato limite ultimo adimensionale e la
percentuale meccanica dell’armatura complessiva della sezione (Fig. 4.10).
L’analisi parametrica di riferimento ha considerato la percentuale meccanica di
armatura variabile tra 0.05 e 1 con una distribuzione sia uniforme sui quattro lati della
sezione e concentrata o meno nei vertici, sia concentrata su due soli lati.
La formulazione semplificata proposta fornisce valori delle caratteristiche ultime
con scarti generalmente conservativi nell’intervallo di ν compreso tra 0 e 1.
Nella successiva figura (Fig. 4.10) si vede infatti come l’espressione trilatera
proposta per β, contrassegnata dalla lettera “c”, messa a confronto con i valori di β ottenuti
dall’analisi parametrica, fornisca al variare di ν e di ω un valore minore e quindi
conservativo nel campo parametrico esaminato.
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 123

0.80
ω
β
0.75 0.10
0.20
0.70 0.40
0.60
0.65 0.80
1.00
0.60

0.55

0.50
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0
ν
Fig. 4.10: Valutazione del coefficiente β
124 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Fig. 4.11: Curve β(ν) per ω = cost - Confronto con l’analisi parametrica

Le NTC 2008 consigliano, in assenza di più approfondite analisi quali possono essere
ritenute quelle precedentemente esposte, di assumere α = 1.
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 125

4.3 Esercizi
ESERCIZIO 4.1
Verificare allo stato limite ultimo la sezione ottagonale in figura soggetta alle
seguenti sollecitazioni di progetto: Nd = 600 kN, Md = 21000 kNm.
Si utilizzi calcestruzzo di classe C20/25 (Rck = 25 MPa) ed acciaio di tipo B450C.

e = 35 cm Nd

As1 = 2 φ20 d′ = 3.5


14.14
d1
As 2 = 2 φ20 d2
20 d = 44.78 cm
As 3 = 2 φ20

As 4 = 2 φ20 14.14

14.14 20 14.14

48.28 cm

Nel caso di sezioni con base decrescente verso il lembo compresso la resistenza di
progetto del calcestruzzo vale:

0.85 ⋅ fck 0.85 ⋅ 20.0


fcd = = = 11.33 MPa
1. 5 1.5

mentre per l’acciaio valgono le seguenti relazioni:

f sk 450
f sd = = = 391.3MPa
γs 1.15

f sd 391.3
ε yd = = = 0.00186
Es 210000
126 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

La determinazione del momento ultimo corrispondente allo sforzo normale di


progetto assegnato, richiede la determinazione della posizione dell’asse neutro allo s.l.u.,
che può essere eseguita adottando un procedimento iterativo.
Si calcolano anzitutto i valori limite dell’asse neutro per la zona 3, che risultano
essere:

0.0035
y2,3 = ⋅ (48.28 − 3.5) = 2.207 cm
0.0675 + 0.0035

0.0035
y3,4 = ⋅ (48.28 − 3.5) = 29.19 cm
0.00187 + 0.0035

La distanza delle armature dal bordo compresso sono, inoltre:

y s ,1 = 3.5 cm y s , 2 = 15.59 cm y s ,3 = 32.70 cm y s , 4 = 44.79 cm

Si assume come valore di primo tentativo dell’asse neutro yc,1 = y3,4 = 29.19 cm, cui
corrispondono le armature As,1 ed As,4 snervate, mentre per As,2 ed As,3 le tensioni vanno
calcolate in funzione delle rispettive deformazioni:

y c ,1 − y s ,i
ε s ,i = ⋅ 0.0035
y c ,1

I valori delle tensioni e delle deformazioni per i vari livelli di armatura sono riportati
sinteticamente nella seguente tabella:

As,i ys,i yc ε s,i σs,i Ns,i


2
[mm ] [mm] [mm] [MPa] [N]
628 35.0 0.00308 391.3 245739
628 155.9 0.00163 342.4 215056
291.90
628 327.0 -0.00042 -88.3 -55480
628 447.9 -0.00187 -391.3 -245739

Ns= 159576
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 127


f cd
ys1
ys2
yci 0.8 yci
ys3
ys4

14.14 20 14.14

48.28 cm

Per la zona 3, assumendo un diagramma di tensioni del calcestruzzo tipo “stress


block”, risulta:
yc′ ,1 = 0.8 ⋅ yc ,1 = 0.8 ⋅ 29.19 = 23.35 cm

da cui si ricava l’area di calcestruzzo compresso equivalente ai fini della verifica:


2
14.14
Ac,1 = 23.35 ⋅ 48.28 − 2 ⋅ = 927.57 cm 2 ,
2
da cui
N c,1 = Ac,1 ⋅ f cd = 92757 ⋅ 11.33 = 1053.19 kN ,

Lo sforzo normale interno della sezione vale, pertanto:


N u ,1 = N c,1 + N s ,1 = 1053.19 + 159.58 = 1212.77 kN

Si valuta la differenza tra sforzo normale esterno ed interno:


∆N1 = N u ,1 − N d = 1212.77 − 600 = 612.77 kN

e si assume una variazione di asse neutro proporzionale a tale differenza:


∆N1 612770
∆y1 = − =− = −112.02 mm
b ⋅ f cd 482.8 ⋅ 11.33
Per la seconda iterazione si pone, pertanto:
yc , 2 = yc ,1 + ∆yc ,1 = 29.19 − 11.20 = 17.99 cm
128 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Risultando ancora yc,2>y2,3 le deformazioni nelle armature si determinano a partire


dal valore εcu attinto al lembo compresso del calcestruzzo ed i valori che si ottengono sono
riportati nella seguente tabella:

As,i ys,i yc ε s,i σs,i Ns,i


2
[mm ] [mm] [mm] [MPa] [N]
628 35.0 0.00282 391.3 245739
628 155.9 0.00047 98.1 61578
179.90
628 327.0 -0.00286 -391.3 -245739
628 447.9 -0.00521 -391.3 -245739

Ns= -184161
yc′ , 2 = ψ ⋅ yc , 2 = 0.8 ⋅ 17.99 = 14.39 cm

2
14.14
Ac, 2 = 14.39 ⋅ 48.28 − 2 ⋅ = 494.94 cm 2
2
N c , 2 = 560.76 kN

Come si può osservare, la correzione non è risolutiva, in quanto variando yc varia


anche il contributo dell’armatura (in particolare dei livelli intermedi).
Si calcolano allora i valori della funzione:

F (y c ,1 ) = N u ,1 − N d

per yc = yc1 ed yc = yc2 :

F ( yc )

F ( y c1 )
y c ,2

y c ,1 yc
F ( yc2 )
∆y c

F ( yc ,1 ) = 612.77 kN
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 129

F (y c ,2 ) = −223.40 kN

La nuova posizione dell’asse neutro viene desunta nell’ipotesi di funzione F(y)


lineare tra yc,1 ed yc,2:

yc,1 − yc, 2 ∆yc, 2


=
F ( yc,1 ) − F ( yc, 2 ) − F ( yc , 2 )

F (yc ,2 ) −223.4
∆yc ,2 = − ⋅ (yc ,1 − yc ,2 ) = − ⋅ (29.19 − 17.99) = 3.00 cm
F (yc ,1 ) − F (yc ,2 ) 612.77 + 223.4

yc ,3 = yc ,2 + ∆yc ,2 = 17.99 + 3.00 = 20.99 cm

Poiché l’asse neutro è sempre nella zona 3, si hanno i valori di deformazioni e


tensioni nelle armature riportate nella tabella:

As,i ys,i yc εs,i σs,i Ns,i

628 35,5 0,00291 391,3 245736


628 155,9 0,00090 189,09 118749
209,9
628 327 -0,00195 -391,3 -245736
628 447,9 -0,00397 -391,3 -245736
Ns = -126988

yc′ ,3 = ψ ⋅ yc ,3 = 0.8 ⋅ 20.99 = 16.8 cm

2
Ac ,3 = 482.74 + 48.28 ⋅ (16.8 − 14.14) = 611.16 cm

N c ,3 = Ac ,3 ⋅ fcd = 692.4 kN

F (yc ,3 ) = N u ,1 − N d = 692.4 − 126.99 − 600 = −34.59 kN

Lo scarto rispetto allo sforzo normale massimo della sezione è pari a circa 1%:
130 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

F (yc ,3 ) 3459
= ≅ 0.01
′ + As ⋅ f
Ac ⋅ fcd 1945 ⋅ 113.3 + 25.12 ⋅ 3913
sd

per cui, dopo aver corretto un’ultima volta il valore di yc

∆N1 3459
∆y3 = = = 0.63 cm
b ⋅ fcd 482.8 ⋅ 11.33

si assume:

yc = yc ,3 + ∆yc ,3 = 21.6 cm , y′c = 0.8 ⋅ yc = 17.28 cm

2 1 2 0.8 yc
3

Considerando la scomposizione della sezione nelle parti evidenziate in figura, i


momenti ultimi del calcestruzzo e dell’acciaio valgono:

⎡ 2

= ⎢200 ⋅ 141.4 ⋅ ⎜ 241.4 −
141.4 ⎞ (141.4 ) ⎛ 2 ⎞
⋅ ⎜ 241.4 − ⋅ 141.4 ⎟ + (172.8 − 141.4 ) ⋅
M u ,c ⎟ + 2⋅
⎢⎣ ⎝ 2 ⎠ 2 ⎝ 3 ⎠
⎛ 172.8 − 141.4 ⎞⎤ 6
482.8 ⋅ ⎜ 241.4 − 141.4 − ⎟⎥ ⋅ 11.33 = 102.5 ⋅ 10 Nmm = 102.5 kNm
⎝ 2 ⎠⎦
As,i ys,i yc εs,i σs,i Ns,i

628 35,5 0,00292 391,3 245736


628 155,9 0,00097 204,5 128430
216
628 327 -0,00180 -377,7 -237201
628 447,9 -0,00376 -391,3 -245736
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 131

⎛h ⎞
M u , s = ∑ As ,i ⋅ σ s ,i ⋅ ⎜ − y s ,i ⎟ = 132.6 kNm
i ⎝ 2 ⎠
M u = M u ,c + M u , s = 102.5 + 132.60 = 235.1 kNm

La verifica si esegue controllando che il momento di progetto risulti inferiore o


uguale al momento ultimo corrispondente allo sforzo normale di progetto. Risulta
M d = N d ⋅ e = 600 ⋅ 0.35 = 210.00 kNm < M u

ESERCIZIO 4.2
Verificare, con il metodo approssimato, la sezione rettangolare in figura soggetta a
pressoflessione deviata. Si utilizzi calcestruzzo di classe C20/25 (Rck = 25 MPa) ed acciaio
tipo B450C. y
armature 16 φ16
Nd = 300 kN
h = 50
ex = 30 cm x
ey = 40 cm

b = 40

a) Determinazione di M uxo
L’asse neutro in pressoflessione retta (y asse di sollecitazione), trascurando le
armature di parete ed ipotizzando entrambe le armature (As ed A’s) snervate, si valuta come
segue:
10.05 ⋅ 3913
ω = ω' = = 0.174
40 ⋅ 50 ⋅ 113.3
30000
νu = = 0.1324
40 ⋅ 50 ⋅ 113.3

ν u + ω − ω ' 0.1324
ξ= = = 0.1655
ψ 0.8
132 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Il momento ultimo corrispondente vale:

( ) ( )
µuxo = ψξ ⋅ (0.5 − λξ ) + ω ' ⋅ 0.5 − δ ' + ω ⋅ 0.5 − δ ' =
= 0.8 ⋅ 0.1655 ⋅ (0.5 − 0.4 ⋅ 0.1655) + 0.174 ⋅ 0.45 ⋅ 2 = 0.214
ed in forma dimensionale:

M uxo = µuxo ⋅ 40 ⋅ 502 ⋅ 113.3 = 2425018 daN cm

b) Determinazione di M uyo
Per la determinazione di Myo occorre seguire la stessa procedura, cambiando solo la
dimensionalizzazione del momento.
L’asse neutro in pressoflessione retta (x asse di sollecitazione), trascurando le
armature di parete ed ipotizzando entrambe le armature (As ed A’s) snervate (le armature
sui lati sono uguali ed uguale si assume il copriferro adimensionale, per cui non cambia il
valore dell’asse neutro in forma adimensionale), vale:
10.05 ⋅ 3913
ω = ω' = = 0.173
40 ⋅ 50 ⋅ 113.3
30000
νu = = 0.1324
40 ⋅ 50 ⋅ 113.3

ν u + ω − ω ' 0.1324
ξ= = = 0.1655
ψ 0.8
Il momento ultimo corrispondente vale:

( ) ( )
µuyo = ψξ ⋅ (0.5 − λξ ) + ω ' ⋅ 0.5 − δ ' + ω ⋅ 0.5 − δ ' =
= 0.8 ⋅ 0.1655 ⋅ (0.5 − 0.4 ⋅ 0.1655) + 0.174 ⋅ 0.45 ⋅ 2 = 0.214

ed in forma dimensionale:

M uyo = µuyo ⋅ 50 ⋅ 402 ⋅ 113.3 = 1939696 daN cm

c) L’esponente α del dominio approssimato


Considerando che l’armatura complessiva in forma di percentuale meccanica vale
2ω, si ottiene:
⎧ 0.5 ⎫
β (ν u ,2ω ) = max ⎨0.5 + ⋅ ν u − 0.4 , 0.5 + 0.05 ⋅ (1.4 − 2ω )⎬ = 0.6
⎩ 1 + 2ω ⎭
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 133

ln(1 / 2)
α= = 1.357
ln β

d) La verifica approssimata

M x = 30000 ⋅ 40 = 1200000 daNcm

M y = 30000 ⋅ 30 = 900000 daNcm

1.357 1.357
⎛ 1200000 ⎞ ⎛ 900000 ⎞
⎜ ⎟ + ⎜ ⎟ = 0.386 + 0.354 = 0.740
⎝ 2425018 ⎠ ⎝ 1939696 ⎠
α α
La verifica è pertanto soddisfatta essendo: µux + µuy ≤ 1.

e) I valori esatti dei momenti ultimi


La verifica esatta, considerando tutte le armature contemporaneamente, fornisce:
M ux = 1820000 da N cm

M uy = 1368000 da N cm

Dal confronto dei risultati della verifica esatta con quella approssimata, si riscontra
la conservatività del metodo, in parte connessa all’aver considerato nella verifica esatta
tutte le armature presenti.

f) La verifica approssimata mediante i domini di resistenza (cfr. appendice n.2)


Il carico assiale adimensionale vale:
30000
νu = = 0.1364
40 ⋅ 50 ⋅ 110
La percentuale meccanica di armatura vale
10 ⋅ 3304
ω = ω' = = 0.151
40 ⋅ 50 ⋅ 110
Dall’abaco si determinano i momenti ultimi adimensionali in presso flessione retta
nelle due direzioni dati vu , ω e δ’=0.05:
µ uox = µ uoy = 0.19

da cui si ricava:
134 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

M uox = 0.19 ⋅ 40 ⋅ 502 ⋅ 110 = 2090000 daNcm


2
M uoy = 0.19 ⋅ 40 ⋅ 50 ⋅ 110 = 1713800 daNcm

La verifica approssimata a pressoflessione deviata, essendo α = 1.357, risulta


soddisfatta, essendo:
1.357 1.357
⎛ 1200000 ⎞ ⎛ 900000 ⎞
⎜ ⎟ +⎜ ⎟ = 0.47 + 0.42 = 0.89 [< 1.0]
⎝ 2090000 ⎠ ⎝ 1713800 ⎠

ESERCIZIO 4.3
Si consideri una trave appoggiata di luce L = 7.50 m, soggetta a carichi verticali
uniformemente ripartiti. La sezione retta è costituita da una sezione a T a doppia armatura,
di cui sono note le caratteristiche geometriche rilevanti:

B = 50 cm b = 20 cm h = 80 cm s = 12 cm
d′ = 3.5 cm d′′ = 5 cm A′s = 4 φ12 As1 = As2 = 4 φ20
50

A's
12

80

A s2
3,5

A s1
5

20

Si calcoli il carico utile secondo il metodo degli stati limite, utilizzando un


calcestruzzo di classe Rck = 25 N/mm2 ed acciaio di tipo B450A.
Capitolo 4 SEZIONI NON RETTANGOLARI IN PRESSO-TENSOFLESSIONE 135

Il carico utile è legato al momento ultimo nella sezione più sollecitata (in mezzeria
in questo caso) dalla relazione
1
8
( )
⋅ γ G ⋅ g k + γ Q ⋅ qk ⋅ l 2 = M u

dove il peso proprio è noto a priori:


g k = (0.12 ⋅ 0.50 + 0.20 ⋅ 0.68) ⋅1⋅ 25 = 4.90 kN/m = 4.90 daN/cm (peso proprio)
La resistenza di progetto ridotta per il calcestruzzo risulta essere
0.85 ⋅ f ck 0.85 ⋅ 20.0
f cd = = = 11.33 MPa
1.5 1.5
mentre per l’acciaio vale la seguente relazione
f sk 450
f sd = = = 391.3MPa
γs 1.15
con deformazione allo snervamento pari a
f sk 391.3
ε os = = = 0.00186
Es 210000
Per il calcolo del momento ultimo è necessario determinare la posizione dell’asse
neutro.
A tale scopo, si calcolano i valori estremi dell’asse neutro per la zona 3 che risultano
essere:
0.0035
y 2,3 = ⋅ 76.5 = 10.30 cm
0.0225 + 0.0035
0.0035
y3,4 = ⋅ 76.5 = 49.95 cm
0.00186 + 0.0035
In particolare, tenendo conto del secondo livello di armatura in zona tesa, la
posizione limite dell’asse neutro tale che anche l’armatura As 2 sia snervata, è
determinabile come segue:
ε os + 0.0035 0.0035
=
d − d ′′ yc ,lim

0.0035 ⋅ (d − d ′′) 0.0035 ⋅ (76.5 − 5)


yc ,lim = = = 46.69 cm
ε 0 s + 0.0035 0.00186 + 0.0035
136 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Dunque per y c ≤ y c ,lim l’armatura As2 è snervata. Per y 2 ,3 < y c ≤ y c ,lim ,


ipotizzando che l’asse neutro tagli l’anima (yc>s), l’equazione di equilibrio alla traslazione
con un diagramma di tensioni del calcestruzzo tipo “stress block”, si scrive:
B ⋅ s ⋅ f cd + b ⋅ (0.8 ⋅ yc − s ) ⋅ f cd + As′ ⋅ f sd − As1 ⋅ f sd − As 2 ⋅ f sd = 0

da cui:
(− B + b) ⋅ s ⋅ f cd + (− As′ + As1 + As 2 ) ⋅ f sd
yc = =
0.8 ⋅ b ⋅ f cd

(−50 + 20) ⋅12 ⋅113.3 + (−4.52 + 12.56 + 12.56) ⋅ 3913


= = 21.97 cm
0.8 ⋅ 20 ⋅113.3
Tale valore è interno all’intervallo presupposto, e quindi è valida la posizione
determinata per l’asse neutro.
Il momento ultimo, trattandosi di flessione, è determinabile dall’equazione di
equilibrio alla rotazione intorno ad As1 :

M u = B ⋅ s ⋅ f cd ⋅ ( d − s 2 ) + b ⋅ ( 0.8 ⋅ yc − s ) ⋅ f cd ⋅ ⎡⎣ d − s ⋅ ( 0.8 ⋅ yc − s ) 2 ⎤⎦ +
+ As '⋅ f sd ⋅ ( d − d ' ) − As 2 ⋅ f sd ⋅ d '' = 50 ⋅12 ⋅113.3 ⋅ ( 76.5 − 12 2 ) + 20 ⋅ ( 0.8 ⋅ 21.97 − 12 ) ⋅113.3
⎡⎣ 76.5 − 12 − ( 0.8 ⋅ 21.97 − 12 ) 2 ⎤⎦ + 4.52 ⋅ 3913 ⋅ ( 76.5 − 3.5 ) − 12.56 ⋅ 3913 ⋅ 5 =
6617732 daNcm

Risulta dunque:

⎡ M ⎤ 1 ⎡ 6617732 ⎤ 1
qk = ⎢8 ⋅ 2u − γ g ⋅ g k ⎥ ⋅ = ⎢8 ⋅ − 1.4 ⋅ 4.90 ⎥ ⋅ = 58.17 daN/cm .
⎦ γq ⎣
2
⎣ l 750 ⎦ 1.5
Capitolo 5

STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO

5.1 Premessa
Il comportamento di una trave sottoposta a taglio è caratterizzato da varie fasi in cui
diversi sono i meccanismi resistenti che si attivano.
Inizialmente, quando la trave non è fessurata (fase I), il taglio determina stati
tensionali non dissimili da quelli che si determinano nelle travi in materiale omogeneo ed
isotropo.
Nelle zone in cui prevalgono le tensioni da flessione (ad esempio in mezzeria di
travi semplicemente appoggiate) le isostatiche di trazione e compressione si dispongono in
direzione sensibilmente orizzontale e verticale rispettivamente.
Nelle zone dove prevalgono o sono rilevanti le tensioni derivanti dal taglio (in
prossimità degli appoggi in travi appoggiate o incastrate) le isostatiche di trazione e
compressione sono inclinate all’incirca a 45°. Infatti, il cerchio di Mohr derivato da uno
stato tensionale puramente tangenziale sulle facce verticali ed orizzontali del cubetto
elementare ha centro nell’origine degli assi e direzioni principali inclinate a 45° rispetto
all’asse della trave.
In zone intermedie le isostatiche sono di direzione variamente inclinata con
prevalenza della orizzontalità delle isostatiche di trazione verso il bordo teso della sezione e
dell’andamento inclinato delle stesse isostatiche nelle zone baricentriche dove prevale
l’influenza delle sollecitazioni taglianti.
E’ evidente che allorchè le sollecitazioni principali di trazione superano i limiti di
resistenza del calcestruzzo, (fase II), si determina un quadro fessurativo caratterizzato da
fessure verticali laddove prevalgono le tensioni da flessione, da fessure inclinate quando
prevalgono le tensioni da taglio, da fessure ad inclinazione variabile dal bordo (direzione
verticale) alla parete (direzione inclinata a 45°) nei casi di presenza di sollecitazioni di
trazione da flessione e da taglio di entità paragonabile.
Tuttavia la formazione delle fessure non corrisponde al collasso della trave in quanto
sono possibili meccanismi resistenti sia in assenza che in presenza di armature trasversali; il
collasso avverrà infine quando si determineranno situazioni limiti, differenti a seconda che
si tratti di travi armate o non armate a taglio (fase III), caratterizzate dal raggiungimento di
condizioni di labilità interna degli stessi meccanismi.
138 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

I meccanismi resistenti che si instaurano successivamente alla formazione delle


fessure sono influenzati, oltre che dalla presenza o meno delle armature trasversali, da
numerosi altri fattori, quali la entità dell’armatura longitudinale in zona tesa, i rapporti
geometrici tra luce ed altezza della trave, il rapporto tra altezza della trave e dimensione
media degli inerti di diametro maggiore, le caratteristiche di resistenza e duttilità del
calcestruzzo, il tipo di sollecitazione flettente che può essere semplice o composta.
Non è agevole determinare l’influenza dei diversi fattori sopra elencati in quanto la
loro azione è contemporanea e con frequenti influenze reciproche. Pertanto gli approcci
normativi sono generalmente basati su interpretazioni meccaniche basate su modelli
semplificati e su estese analisi sperimentali, che hanno avuto la finalità di evidenziare i
meccanismi resistenti e di consentire la loro determinazione quantitativa.
Vi è ancora da sottolineare che talora si instaurano modalità di resistenza alle azioni
trasversali nelle travi alternative a quelle flessionali. E’ il caso del meccanismo resistente ad
arco, che si attiva preferibilmente in travi corte con forti armature per sostenere la trazione
del tirante dell’arco o in travi con carichi concentrati in prossimità degli appoggi. Il
comportamento a collasso in tal caso può essere interpretato con modelli tirante-puntone e
si verifica per crisi del puntone compresso o della catena. Il meccanismo ad arco si instaura
anche quando sono superati in travi non corte gli altri meccanismi flessionali, ma in tali casi
interviene in stadi di danneggiamento molto avanzato che non ha senso considerare.

5.2 La trave priva di armatura a taglio


La modellazione del meccanismo resistente che si determina nella trave
successivamente alla fessurazione è alquanto complessa in quanto interagiscono, come
innanzi detto, numerosi meccanismi elementari che collaborano all’equilibrio della forza
tagliante sostituendo progressivamente il meccanismo tensionale di trave omogenea
sollecitata a taglio. Al fine di descrivere i tratti salienti di tali meccanismi è utile far
riferimento a due tipologie di travi: le travi prive di armature trasversali, le travi armate a
taglio con armature trasversali, staffe da sole o staffe e ferri piegati.
Nel primo caso alla formazione delle fessure diagonali si determina una struttura
cosiddetta a pettine in cui la parte compressa della trave inflessa costituisce il dorso e le
bielle di calcestruzzo, ciascuna individuata da due fessure diagonali consecutive, i denti,
che risultano inoltre collegati dalla armatura in zona tesa.
Questa struttura elementare ha una sua capacità di equilibrare sollecitazioni taglianti
grazie alla resistenza a trazione del calcestruzzo che rende i denti capaci di sostenere sforzi
di pressoflessione anche fortemente eccentrici. Infatti se consideriamo il generico dente
come descritto in figura, la forza trasmessa dalla armatura a flessione che sollecita il dente
alla base, vale (Fig.5. 1):
Capitolo 5. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO 139

∆M V ⋅a
Q= = (5.1)
*
d d*

mentre le caratteristiche della sollecitazione nella sezione critica (w-w) valgono:

⎛ a⎞ 2
Mw = Q ⋅⎜ y − ⎟ , Nw = Q ⋅ (5.2)
⎝ 4⎠ 2

essendo y = d − y c la distanza dell’asse neutro dall’armatura tesa.

V Q
yc
w

V
45
Vw
d d*
y=d-yc
w
N

Mw y-a/4
w

c Q

Fig.5. 1: Schema della biella compressa

La tensione massima di trazione provocata da Mw e Nw allora si scrive:


140 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

σt = −
(
6 ⋅ Q ⋅ [ y − (a/ 4 )] Q ⋅ 2 / 2 ) (5.3)
b ⋅ h2 b⋅h

che essendo h = a/ 2 diventa:

12 ⋅ Q ⋅ [ y − (a/ 4)] Q
σt = − (5.4)
b⋅a 2 b⋅a

Ponendo la tensione di trazione pari a quella di progetto per flessione fcfd = 1.2⋅fctd
ed esprimendo Q in funzione del taglio V si ottiene:
12 Q ⎛ y 1 1 ⎞ 12 V ⎛ y 1 ⎞
1.2 ⋅ f ctd = ⋅⎜ − − ⎟ = ⋅⎜ − ⎟ (5.5)
b ⋅ a ⎝ a 4 12 ⎠ b ⋅ d * ⎝ a 3 ⎠
Risolvendo la relazione precedente rispetto a V e considerando i risultati
sperimentali che forniscono per il rapporto y/a un valore di circa 0.70, con d * = 0.9 ⋅ d si
ottiene:
1.2
V = ⋅ b ⋅ d * ⋅ f ctd = 0.25 b ⋅ d ⋅ f ctd (5.6)
12 ⋅ [( y/a ) − 1/ 3]

Tale modello elementare trascura tuttavia alcuni importanti contributi alla resistenza
offerti dall’ingranamento delle superfici affacciate risultanti dalla fessurazione e collegate
dall’armatura tesa, dall’effetto spinotto determinato dalle barre di armatura orizzontale che
attraversano le fessure stesse. Inoltre, in presenza di pressoflessione, si incrementa la zona
compressa di calcestruzzo con l’effetto sia di equilibrare autonomamente con sollecitazioni
tangenziali una quota crescente del taglio sia di ridurre il rapporto y/a con il conseguente
incremento della capacità portante derivante dallo stesso meccanismo a pettine.
L’insieme di tali aspetti è preso in conto dalla prescrizione normativa riportata nel
D.M.LL.PP. 09/01/96, che limita il taglio di progetto in assenza di armature a taglio nel
modo seguente:
VSd ≤ VRd ,c = 0.25 ⋅ bw ⋅ d ⋅ f ctd ⋅ r ⋅ (1 + 50 ρ l ) ⋅ δ (5.7)
essendo:
d, bw le dimensioni dell’altezza utile e della larghezza dell’anima; (5.8)

r = 1.6−d>1 [d in metri]
un coefficiente che tiene conto dell’effetto dell’ingranamento degli inerti,
(5.9)
funzione del rapporto tra l’altezza utile d della trave e la dimensione
Capitolo 5. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO 141

dell’inerte stesso, trascurabile al crescere di d oltre 0.6 m

1+50ρl (≤2)
un coefficiente dipendente dalla percentuale geometrica di armatura in
zona tesa ρl=Asl/(bw⋅d) per tener conto dell’effetto spinotto, che si esplica (5.10)
attraverso una coppia di forze trasversali all’armatura che riduce il
momento Mw;

δ=1 (flessione semplice) (5.11)

δ=0 (tensoflessione) (5.12)

M0 (5.13)
δ = 1+ ≤ 2 (pressoflessione)
M Sdu
un coefficiente funzione dello stato di sollecitazione normale della
sezione, che assume il valore 0 in presenza di tensoflessione, 1 in
presenza di flessione pura, 1 + M 0 /M Sdu nel caso di pressoflessione
essendo M0 il momento che determina una tensione nulla nella fibra
meno compressa della sezione e MSdu il momento che sollecita la sezione
in cui si effettua la verifica a taglio.
E’ facile osservare che per una sezione generica vale:
M 0 = N ⋅ rn (5.14)

con rn raggio di nocciolo della sezione (h/6 per la sezione rettangolare trascurando
l’armatura); pertanto, l’ incremento della resistenza a taglio offerto dalla pressoflessione
risulta linearmente crescente con lo sforzo assiale, assumendo valore nullo per N = 0.
Il recente passaggio dell’EC2 da norma sperimentale (ENV) a norma definitiva (EN)
(UNI EN 1992-1-1), ripresa nelle “Norme Tecniche per le Costruzioni 2008”, ha visto la
introduzione di una diversa espressione analitica per la definizione del valore del taglio
resistente in assenza di armatura specifica, ovvero valore al di sotto del quale non occorre
il progetto di una specifica armatura a taglio:

⎡ 0.18 ⎤
V Rd ,c = ⎢ ⋅ k ⋅ (100 ⋅ ρ l ⋅ f ck )1 / 3 + 0.15 ⋅ σ cp ⎥ ⋅ bw ⋅ d (5.15)
⎣ γc ⎦
Il taglio così definito è poi limitato inferiormente dal valoreVRd,c,min:

V Rd ,c ,min = ⎡ 0.035 ⋅ k 3/2 ⋅ f ck 1 / 2 + 0.15 ⋅ σ cp ⎤ ⋅ bw ⋅ d (5.16)


⎢⎣ ⎥⎦
142 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

In tale espressione i parametri k, ρl ,σcp valgono rispettivamente:

⎛ 200 ⎞⎟
k = ⎜1 + ≤ 2 con d (altezza, utile) in mm (effetto ingranamento);
⎜ d ⎟⎠

ρ l = Asl /(bw ⋅ d ) ≤ 0.02 percentuale geometrica di armatura in zona tesa ancorata oltre la
sezione considerata di d+lbd dove lbd è la lunghezza di ancoraggio (effetto spinotto);

N Sd
σ cp = ≤ 0.2 f cd la tensione baricentrica determinata dalla precompressione .
Ac

Nonostante le formulazioni presenti nei due documenti normativi siano diverse, i


parametri da cui dipendono sono gli stessi mentre i valori dei tagli resistenti forniti sono
ovviamente comparabili.
Nelle travi, quando non è possibile fare affidamento su di una ridistribuzione degli
sforzi di taglio come nelle solette e nei solai, occorre disporre valori minimi di armatura,
che secondo le “Norme Tecniche per le Costruzioni 2008”, valgono:

f ck
ρ w,min = 0.08 ⋅ percentuale geometrica minima dell’armatura (staffe) da (5.17)
f sk
disporre nell’anima della trave;

d (5.18)
s l , max = 0.75 ⋅ distanza massima tra le staffe lungo l’asse della trave;
1 + ctgα

st ,max = 0.75 ⋅ d ≤ 600 mm distanza massima tra i bracci delle singole staffe; (5.19)

s b,max = 0.60 ⋅ d ⋅ (1 + ctgα ) distanza massima tra le barre rialzate lungo l’asse (5.20)
della trave.

Infine si sottolinea che per effetto della fessurazione diagonale, come si vedrà
meglio nel paragrafo 5.5, l’armatura longitudinale tesa deve essere predisposta
considerando una traslazione del diagramma del momento nella direzione più sfavorevole
di d (altezza utile della trave).
Capitolo 5. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO 143

5.3 La trave con armatura trasversale


Nella trave con armatura trasversale, il fondamentale meccanismo resistente che si
instaura dopo la formazione delle fessure inclinate è quello della struttura reticolare di
Ritter- Mörsch in cui oltre ai correnti l’uno teso e l’altro compresso, si distinguono i
montanti inclinati compressi, disposti approssimativamente secondo le isostatiche di
compressione e determinati da due fessure successive, nonchè le diagonali tese realizzate
dalle armature a taglio disposte secondo inclinazioni variabili in genere tra 45° e 90°
(Fig.5.2).
Tale meccanismo elementare, nella ipotesi generalmente assunta di cerniere nei nodi
e quindi isostatico, trascura la continuità tra bielle compresse inclinate e corrente
compresso, già alla base del meccanismo a pettine per travi non armate, la cui efficacia
cresce in parallelo con gli eventuali sforzi di compressione nella membratura. Di tale effetto
si terrà conto con opportuni coefficienti correttivi previsti dalle norme.

Fig.5.2: Schema della struttura reticolare di Ritter-Mörsch


Al fine di determinare gli sforzi nelle diverse componenti del modello reticolare, si
possono fare due ipotesi:
- la diagonale compressa è inclinata secondo le isostatiche di compressione prima
della fessurazione, ovvero circa a 45° rispetto all’asse della trave;
- la diagonale compressa è inclinata con un angolo variabile (minore in generale di
45°) che consenta di sviluppare la massima capacità portante in relazione alle
armature effettivamente presenti.
La prima ipotesi è coerente con il comportamento fessurativo iniziale delle travi
soggette a taglio, che effettivamente vedono il nascere di un quadro fessurativo con fessure
approssimativamente disposte a 45°. Tuttavia si osserva sperimentalmente che durante la
fase successiva alla prima fessurazione e prima del collasso per taglio, questo quadro
fessurativo evolve con la chiusura delle prime fessure e la formazione di un meccanismo
resistente più favorevole con bielle compresse generalmente più vicine all’asse della trave
(β<45°).
144 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Tale comportamento può essere interpretato sulla base del teorema statico
dell’analisi limite che, in presenza di una molteplicità di campi di sollecitazione
staticamente ammissibili(1) (i possibili sistemi reticolari di Mörsch con differenti
inclinazioni del puntone compresso), individua il moltiplicatore di collasso a taglio nel
massimo tra i moltiplicatori associati, che generalmente non coincide con il moltiplicatore
relativo a bielle compresse inclinate a 45°.
Questa osservazione autorizza ad assumere in fase di progetto un qualunque angolo
di inclinazione delle bielle compresse, minore o uguale a 45°, ed a determinare il carico
tagliante massimo corrispondente ritenendo che l’azione tagliante conseguente corrisponda
al collasso della membratura più debole, diagonale tesa o compressa. In alternativa, con
l’intento di valutare la capacità portante effettiva o massima sfruttando il teorema statico
dell’analisi limite, si può operare facendo variare l’angolo di inclinazione fino a
determinare il moltiplicatore massimo coincidente con la contemporanea rottura della
diagonale tesa e di quella compressa. Il carico conseguente, il maggiore di quelli relativi a
valori diversi di β, può essere assunto come carico tagliante ultimo della trave. Infatti al
decrescere dell’angolo β decresce la resistenza a causa della crisi del puntone, mentre al
crescere dello stesso angolo decresce la resistenza per la rottura del tirante.
Tuttavia va considerato che il calcolo plastico è applicabile sotto l’ipotesi di
indefinita duttilità del materiale, ipotesi che non ricorre in maniera assoluta nel caso delle
travi in c.a. che raggiungono lo s.l.u. a taglio. Pertanto, sulla base dei risultati sperimentali
ormai largamente disponibili, l’ambito di variazione di tale angolo viene limitato dalle
normative più recenti nell’intervallo:
o
45 ≥ β ≥ 21.8
o (5.21)
cui corrisponde
1 ≤ ctgβ ≤ 2.5 (5.22)

Considerando un nodo generico appartenente al bordo teso della trave reticolare in


cui confluiscono oltre al corrente teso, una biella compressa ed una diagonale tesa, si
ipotizza che la prima abbia dimensione orizzontale d * e che la seconda rappresenti
l’insieme delle armature inclinate contenute nel tratto di lunghezza d * della stessa trave.
Tale ipotesi non altera la generalità dei risultati inerenti la resistenza della trave
ottenibile dal meccanismo resistente (trave di Mörsch) in quanto le resistenze del puntone e
del tirante al variare della dimensione di riferimento variano con la sollecitazione nella
stessa misura (Fig.5.3).

(1) I campi di sollecitazione staticamente ammissibili sono distribuzioni di sforzi interni che rispettano
l’equ ilibrio con i carichi esterni e non violano le condizioni di rottura.
Capitolo 5. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO 145

Fig.5.3: Schema di un nodo della trave reticolare


Al nodo sopra descritto il corrente teso (armatura tesa a flessione) applica due forze
dirette in senso opposto con risultante pari a:
∆M Vu ⋅ d *
Q= *
= *
= Vu (5.23)
d d
L’equilibrio del nodo, nella ipotesi di diagonale compressa inclinata dell’angolo β
sull’orizzontale, si traduce nelle relazioni di equilibrio seguenti:
N p ⋅ sen β − N t ⋅ senα = 0 (5.24)

N p ⋅ cos β + N t ⋅ cos α = Vu (5.25)

da cui si ricava:

Vu ⋅ sen α Vu
Np = = (5.26)
sen α ⋅ cos β + cos α ⋅ sen β senβ ⋅ (ctgβ + ctgα )

Vu ⋅ sen β Vu
Nt = = (5.27)
sen α ⋅ cos β + cos α ⋅ sen β senα ⋅ (ctgβ + ctgα )

Uguagliando Np allo sforzo di compressione massimo affidabile alla biella


compressa ν ⋅ b w ⋅ d * ⋅ α c ⋅ f cd sin β , si ottiene:

ctg β + ctg α
Vuc = ν ⋅ b w ⋅ d * ⋅ α c ⋅ f cd ⋅ (5.28)
1 + ctg 2 β
146 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

I coefficienti ν ed αc tengono conto di vari fattori: della distribuzione non uniforme delle
tensioni nella sezione del puntone, della minore duttilità del calcestruzzo al crescere della
classe dello stesso, dell’effetto positivo sulla resistenza a taglio della compressione nelle
sezioni pressoinflesse o precompresse.
Il coefficiente ν è espresso in funzione della classe del materiale(2) mentre αc vale 1
nella flessione o dipende dalla tensione media di compressione o precompressione σcp:
αc =1 per σ cp = 0
σ cp
αc = 1+ per 0 < σ cp ≤ 0.25 ⋅ f cd
f cd
α c = 1.25 per 0.25 ⋅ f cd ≤ σ cp ≤ 0.50 ⋅ f cd
⎛ σ cp ⎞
α c = 2.5 ⋅ ⎜⎜1 − ⎟ per 0.50 ⋅ f cd < σ cp ≤ f cd
⎝ f cd ⎟⎠

Analogamente ponendo lo sforzo nel tirante Nt pari allo sforzo limite dell’armatura
resistente a taglio nel tronco di lunghezza d* (Asw⋅ fywd ⋅d*/s) si ottiene lo sforzo tagliante
massimo determinato dalla resistenza del tirante:

Vus = Asw ⋅ f ywd ⋅ (d * /s) ⋅ sen α ⋅ (ctg α + ctg β ) (5.29)

Per un determinato angolo β, prescelto nell’intervallo ammesso (21.8°,45°), il taglio


massimo attribuibile alla sezione in esame può essere assunto come il minore tra Vuc e Vus,
valori che corrispondono rispettivamente alla rottura del puntone e del tirante del traliccio
ipotizzato.
Dividendo le (5.28) e (5.29) per bw·d*·fcd si passa alla forma adimensionale
ottenendo:
ctg α + ctg β (5.30)
vuc = ν ⋅ αc ⋅
1 + ctg 2 β

vus = ωsw ⋅ sen α ⋅ ( ctg α + ctg β ) (5.31)

Vuc Vus Asw ⋅ f swy


vuc = vus = ωsw = (5.32)
bw ⋅ d * ⋅ f cd bw ⋅ d * ⋅ f cd bw ⋅ s ⋅ f cd

(2) Il coefficiente ν viene fornito nell’EC2 in dipendenza della resistenza cilindrica f .


ck
ν = 0.7 ⋅ [1 − f ck / 250] con fck in MPa. Nelle Nuove Norme Tecniche si assume ν = 0.5 .
Capitolo 5. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO 147

vuc, vus
0.80
vuc
Vuc
vus (ωsw=0.05)
(ω=0.05)
0.70
vus (ωsw=0.10)
ω=0.10
vus (ωsw=0.15)
ω=0.15
0.60 vus (ωsw=0.20)
ω=0.20
vus (ωsw=0.25)
w=0.25
vus (ωsw=0.30)
0.50 w=0.30

0.40

0.30
vRdB

0.20
vRdA
0.10

0.00
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 β

Fig.5. 4: Taglio resistente lato calcestruzzo(vuc) e lato acciaio (vus) al variare di β e della
percentuale meccanica di armatura ωsw.

In tale forma è possibile rappresentare con generalità gli andamenti del taglio
resistente lato calcestruzzo (vuc) ed i corrispondenti andamenti del taglio resistente lato
armatura (vus) al variare della percentuale meccanica di armatura a taglio per β variabile
nell’intervallo definito (Fig.5. 4). Si osserva che mentre il taglio resistente lato calcestruzzo
è una funzione crescente dell’angolo β che assume agli estremi dell’intervallo i valori vRdA
e vRdB, il taglio resistente lato armatura dipende dalla armatura ωsw ed è una funzione
decrescente di β.
Se il taglio vSdu di progetto è inferiore a vRdA, l’armatura necessaria può essere
dimensionata assumendo β=21.8°; per vSdu compreso nell’intervallo (vRdA, vRdB) è
opportuno determinare l’angolo β in cui il taglio resistente lato calcestruzzo uguaglia il
taglio esterno e per tale angolo (o per un angolo superiore) progettare l’armatura, ottenendo
in questo caso vus≥vuc . Il taglio ultimo è in questo caso vus.
Per β = 45°, corrispondente al massimo valore di vuc, uguagliando vus e vuc espressi
mediante le (5.30) e (5.31), e risolvendo rispetto alla percentuale meccanica di armatura, si
ottiene il limite superiore dell’armatura al disotto del quale la rottura avviene nel tirante:
Asw ⋅ f ywd 0.5 ⋅ν ⋅ α c
ω sw,lim = = (5.33)
bw ⋅ s ⋅ f cd sen α
148 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Per valori maggiori dell’armatura la rottura si deve ritenere che avvenga nel puntone ed
essendo fragile è da evitare. Per tale ragione l’armatura fornita dall 5.33 rappresenta un
massimo.
Una volta definito l’angolo β , la progettazione dell’armatura può essere effettuata
mediante la (5.31). Infatti, risolvendo la relazione citata rispetto all’armatura, si ottiene:
V Sdu 1
Asw = ⋅ (5.34)
f ywd ⋅ (d /s) sen α ⋅ (ctg α + ctg β )
*

Pertanto, per semplificare la progettazione ed insieme sfruttare al meglio l’armatura,


in alternativa ad una scelta casuale dell’angolo β, è possibile distinguere due casi:
- taglio sollecitante inferiore al taglio di collasso del calcestruzzo per β=21.8°
(VSd≤VRdA);
- taglio sollecitante compreso tra il precedente ed il taglio di collasso del
calcestruzzo per β=45° (VRdA <VSd≤ VRdB).
Nel primo caso il progetto dell’armatura può avvenire uguagliando il taglio
sollecitante a quello dell’armatura con β=21.8°; in questo caso il taglio corrispondente al
collasso del calcestruzzo è certamente superiore essendo uguale a VRdA.
Nel secondo caso, prima del calcolo delle armature, occorre determinare l’angolo β
per il quale vale la relazione:
Vuc = Vus (5.35)
Dalla (5.28) si ricavano le espressioni che forniscono VRdB (β=βmax=45°) e VRdA
(β=βmin=21.8°):
ctg β + ctg α 1 + ctg α (5.36)
V RdB = ν ⋅ bw ⋅ d * ⋅ f cd ⋅ = ν ⋅ b w ⋅ d * ⋅ α c ⋅ f cd ⋅
1 + ctg β 2
2

ctg β + ctg α 2.5 + ctg α


V RdA = ν ⋅ b w ⋅ d * ⋅ f cd ⋅ = ν ⋅ bw ⋅ d * ⋅ α c ⋅ f cd ⋅ (5.37)
1 + ctg β 2
7.25

Le precedenti formule (5.28, 5.29, 5.33) si semplificano in presenza di staffe.


essendo in tal caso ctgα= 0 e sen α=1; si ottiene infatti:
1
Vuc = ν ⋅ b w ⋅ d * ⋅ α c ⋅ f cd ⋅ (5.38)
tg β + ctg β

Vus = Asw ⋅ f ywd ⋅ (d * /s ) ⋅ ctg β (5.39)


Capitolo 5. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO 149

Asw ⋅ f ywd
ωsw,lim = = 0.5 ⋅ν ⋅ α c (5.40)
bw ⋅ s ⋅ f cd

Nel caso di carichi applicati ad una distanza av dall’appoggio inferiore a 2d, si può
ridurre il contributo al taglio di tali carichi mediante il coefficiente riduttivo k = av/2d ≥
0.25 da applicare al carico stesso. Tale riduzione tiene conto del fatto che in prossimità
dell’appoggio il carico viene trasferito con un meccanismo diretto di bielle compresse
disposte nella direzione che congiunge il punto di applicazione del carico all’appoggio.

5.4 Progetto-verifica delle sezioni


La strada tracciata nei paragrafi precedenti conduce ad una strategia di verifica della
sezione e progetto dell’armatura che può essere sintetizzata nei seguenti passi.
Una volta determinato il taglio di progetto VSdu, ed i valori di soglia VRd,c – VRdA –
VRdB, possono verificarsi le seguenti quattro situazioni:
1. VSdu ≤ VRd , c
2. VRd ,c < VSdu ≤ VRd , A
3. VRd , A < VSdu ≤ VRd ,B
4. VRd ,B < VSdu
Nel primo caso (1.) non è richiesto il calcolo di una armatura specifica a taglio salvo
i minimi regolamentari previsti dalla normativa per le travi.
Nel quarto caso (4.) la sezione non è idonea ed occorre ridimensionarla.
Nel secondo e terzo caso (2. e 3.) occorre progettare l’armatura per consentire il
rispetto della diseguaglianza:
VSdu ≤ VRdu (5.41)
Per maggiore chiarezza è preferibile distinguere il caso di armatura con staffe da
quello con armatura di barre inclinate e staffe. Il caso con sole barre inclinate non ha pratica
applicazione in quanto le norme limitano il taglio equilibrato dal meccanismo di barre
inclinate al 50% del taglio totale.

5.4.1 Il caso di sole staffe (α=90°)


Per β=βmax=45° dalla (5.36) si ottiene:
150 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

ν ⋅ α c ⋅ f cd ν ⋅ α c ⋅ f cd
V RdB = ⋅ bw ⋅ d = ⋅ bw ⋅ d (5.42)
ctgβ max + tgβ max 2

Per β=βmin=21.8° dalla (5.37), si ottiene:


ν ⋅ α c ⋅ f cd ν ⋅ α c ⋅ f cd
V RdA = ⋅ bw ⋅ d = ⋅ bw ⋅ d (5.43)
ctgβ min + tgβ min 2.9

Poiché al crescere dell’angolo β da 21.8° a 45° cresce altresì il corrispondente valore


del taglio resistente lato calcestruzzo (Vuc), VRd,B rappresenta il massimo valore del taglio
che può essere sostenuto dalla sezione con idonea armatura, VRd,A rappresenta invece il
massimo valore del taglio che può essere sostenuto assumendo nel progetto dell’armatura
β=βmin=21.8°.
Se il taglio è minore di VRd,A, l’angolo β da assumere nel progetto delle armature è
costante e pari al valore minimo (21.8°); infatti qualunque armatura determinata con la
(5.34), essendo VSdu<VRdA , rispetterà la condizione Vus≤Vuc.. In ogni caso l’armatura deve
essere progettata mediante la (5.34) con ctgα = 0 risolta rispetto all’area Asw della staffa
ovvero al passo s :
V Sdu
Asw = (5.44)
f ywd ⋅ (d * /s) ⋅ ctg β

Asw ⋅ f ywd ⋅ d * ⋅ ctg β


s= (5.45)
V sdu

Se il taglio è maggiore di VRd,A e minore di VRd,B occorre prima determinare


l’angolo β nell’intervallo (21.8°, 45°) che richiede la minore quantità di armatura (tale
angolo si ottiene uguagliando Vuc e Vus ) e poi progettare l’armatura corrispondente.

Dalla (5.38), si ottiene:

⎡ 1 ⎤ ⎡1 ⎤
VSdu = ν ⋅ bw ⋅ d * ⋅ αc ⋅ f cd ⋅ ⎢ ⎥ = ν ⋅ bw ⋅ d ⋅ αc ⋅ f cd
*
⋅ ⎢ sen( 2 β)⎥ (5.46)
⎣ tg β + ctg β ⎦ ⎣ 2 ⎦
che fornisce:
1 2 ⋅ V Sdu
β= ⋅ arcsen (5.47)
2 ν ⋅ bw ⋅ d * ⋅ α c ⋅ f cd
Il progetto delle armature si effettua ancora con le (5.44) e (5.45).
Capitolo 5. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO 151

Le armature così progettate devono infine rispettare nelle travi i valori minimi
definiti nel paragrafo precedente, essenzialmente per garantire il comportamento nelle
condizioni di servizio.
In un problema di verifica, per individuare la capacità portante di una sezione di
assegnata armatura, occorre preliminarmente determinare l’angolo β per il quale risulta
Vuc=Vus mediante le (5.38) e (5.39), ottenendo:

1 Asw ⋅ f ywd ⋅
sen 2 β = = (5.48)
ctg β ⋅ (tg β + ctg β ) ν ⋅ b w ⋅ s ⋅ α c ⋅ f cd ⋅

Successivamente il taglio resistente ultimo può essere ottenuto dalla (5.39)


assumendo per β il valore trovato nei limiti dell’intevallo ammesso ( 21.8°, 45°). Se β
risulta inferiore a 21.8° si assume nella (5.39) ctgβ=2.5, se superiore a 45° il taglio
resistente ultimo è determinato dal calcestruzzo attraverso la (5.38) con ctg β=1.

5.4.2 Il caso di staffe e barre piegate


Al fine di conservare una adeguata presenza di staffe che svolgono sia una funzione
tecnologica legata al montaggio delle armature longitudinali sia una favorevole azione di
confinamento del calcestruzzo, si limita il contributo statico delle barre piegate a sostenere
al massimo il 50% del taglio complessivo. Inoltre in presenza di un sistema misto (staffe+
barre piegate) non è possibile fissare un angolo α per la valutazione della capacità portante
delle diagonali compresse essendo per le staffe αst =90° e per le armature inclinate αfp ≠90°.
Per superare questa difficoltà si può operare prudenzialmente assumendo α =90° come se si
fosse in presenza di sole staffe e valutare con tale angolo i valori VRdA e VRdB.
Tale scelta è cautelativa in quanto a valori inferiori di α corrisponderebbero valori
maggiori di VRdA e VRdB e valori minori di β con conseguente minore armatura.
Nei casi 1. e 4. [ V Sdu ≤ V Rd ,c e V Sdu > V Rd , B ], come per le sole staffe, si adottano
minimi di armatura o si dichiara la sezione non idonea.
Nel caso 2. [ VRd ,c < VSdu ≤ VRd , A ] assumendo β=βmin=21.8° si calcola il taglio
corrispondente all’armatura costituita da barre piegate Aswp mediante la (5.29) con il limite
superiore del 50% del taglio sollecitante (VSdu):

[
V R,α = Aswp ⋅ f ywd ⋅ (d * /s p ) ⋅ sen α ⋅ (ctg α + 2.5) ≤ 0.5 ⋅ V Sdu ] (5.49)
In tale relazione sp rappresenta la distanza lungo l’asse della trave delle barre inclinate,
supposte a diametro e numero uguale in ogni intervallo.
L’armatura di staffe corrispondente risulta pertanto [cfr (5.44) e (5.45)]:
152 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

V Sdu − V R,α
Asw =
f ywd ⋅ (d * /s ) ⋅ ctg β (5.50)

Asw ⋅ f ywd ⋅ d * ⋅ ctg β


s= (5.51)
V Sdu − V R,α

Nel caso 3 [ VRd , A < VSdu ≤ VRd ,B ], occorre determinare l’angolo β nell’intervallo
(21.8°, 45°) mediante la (5.47) e poi il taglio resistente dovuto all’armatura costituita da
barre piegate (VR,α) con la seguente relazione:

[
V R,α = Aswp ⋅ f ywd ⋅ (d * /s p ) ⋅ sen α ⋅ (ctg α + ctgβ ) ≤ 0.5 ⋅ V Sdu ] (5.52)

L’area della staffa o il passo delle staffe si calcolano con le (5.50) e (5.51)

5.5 Effetti della fessurazione a taglio sulla armatura a


flessione
Sia nel caso che il progetto dell’armatura a taglio non sia richiesto, sia nel caso
contrario, è necessario controllare che l’armatura longitudinale progettata a flessione sia in
grado di equilibrare gli sforzi di trazione valutati sulla trave con fessurazione inclinata.
Nella trave con fessure diagonali infatti, gli sforzi nelle armature in una determinata
sezione sono maggiori di quelli che si verificherebbero in una analoga trave senza fessure
diagonali.
In assenza di armature trasversali infatti, l’equilibrio alla rotazione delle forze a
sinistra del punto P fornisce (Fig.5. 5):

N t ⋅ d * = M Sdu (x ) + V Sdu ⋅ d * ctgβ (5.53)


che in pratica configura un incremento fittizio del diagramma del momento da MSdu a M′(x)
fornito da:

M ′(x ) = M Sdu (x ) + V Sdu ⋅ d * ctg β (5.54)

dove si assume ctgβ = 1 essendo le fessure inclinate a 45° in assenza di armatura. L’EC2
suggerisce una traslazione del diagramma del momento nella direzione più sfavorevole pari
a d, sostituendo cautelativamente d a d*.
Capitolo 5. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO 153

d*

β
Nt

x d*cotg β

Fig.5. 5: Schema del concio di trave

In presenza di armature trasversali la stessa relazione di equilibrio diventa (Fig.5. 5):

d* d*
N t ⋅ d * + V Sdu ⋅ ctg α ⋅ + V Sdu ⋅ ctg β ⋅ = M Sdu (x ) + V Sdu ⋅ d * ⋅ ctg β (5.55)
2 2

d*/2
α

V cotg α
V
d*/2

β
Nt
( d *cotg β ) /2
x
( d*cotg β ) /2

Fig.5. 6: Schema del concio di trave

che risolta rispetto a N t ⋅ d * fornisce un incremento del momento minore di quello innanzi
determinato:

⎛ ctg β − ctg α ⎞
N t ⋅ d * = M Sdu (x ) + V Sdu ⋅ d * ⋅ ⎜ ⎟ (5.56)
⎝ 2 ⎠
154 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

C
z
Z

z
R
z

z z

M z
Rz
z z

Fig.5. 7: Ampliamento del diagramma del momento


Anche in questa caso l’EC2 suggerisce una traslazione del diagramma del momento
nella direzione più sfavorevole fornita dalla relazione seguente:

⎛ ctg β − ctg α ⎞
∆x = d * ⋅ ⎜ ⎟ (5.57)
⎝ 2 ⎠
L’ampliamento del diagramma del momento in nessun caso deve comportare
l’incremento del momento massimo in corrispondenza del quale il taglio è nullo.
Capitolo 5. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO 155

5.6 Esercizi
ESERCIZIO 5.1
Si consideri una trave appoggiata soggetta a due forze concentrate di progetto
assunte alternativamente pari a Fd=270 kN e 500 kN applicate ai terzi della trave. Si
trascuri il peso proprio.
La trave ha le seguenti caratteristiche:
- sezione rettangolare di base bw=30 cm ed altezza h = 60 cm;
- armatura inferiore As = 6 φ20 nella zona prossima all’appoggio.
- copriferro d′ = 3 cm;
- luce L = 4.2 m.
Si effettui la verifica a taglio ed il progetto delle relative armature secondo il
metodo degli stati limite, assumendo per i materiali: calcestruzzo di classe fck = 20 N/mm2
ed acciaio con fsk=450 N/mm2.

Fd Fd

L/3 L/3 L/3

Per i materiali utilizzati risulta

0.85 ⋅ f ck 0.85 ⋅ 20
f cd = = = 11.33 N/mm 2
1.5 1.5
f sk 450
f sd = = = 391.30 N/mm 2
γs 1.15

Il taglio massimo vale:

Vd

Vd

L/3 L/3 L/3


156 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

VSd = 270 kN nel primo caso considerato


VSd = 500 kN nel secondo caso considerato

Vanno innanzitutto definiti i parametri adimensionali ν e ρl:

⎛ f ck ⎞ ⎛ 20 ⎞
ν = 0.7 ⋅ ⎜1 − ⎟ = 0.7 ⋅ ⎜1 − ⎟ = 0.644
⎝ 250 ⎠ ⎝ 250 ⎠
1884
ρl = = 0.01102
300 ⋅ 570

In assenza di carico assiale la valutazione di VRd,c fornisce:

0.18 ⎛⎜ 200 ⎞⎟
VRd ,c = ⋅ 1+ ⋅ (100 ⋅ 0.01102 ⋅ 20.0 )1 / 3 ⋅ 300 ⋅ 570 = 91,612 kN
1.5 ⎝ ⎜ 570 ⎟⎠

⎡ ⎛
3/ 2 ⎤
200 ⎞⎟
V Rd ,c ,min = ⎢0.035 ⋅ ⎜1 + ⋅ 201 / 2 ⎥ ⋅ 300 ⋅ 570 = 53,782 Kn
⎢ ⎜ 570 ⎟⎠ ⎥
⎣ ⎝ ⎦
Va quindi progettata una idonea armatura a taglio in quanto risulta in entrambi i casi
considerati:

VSd > VRd ,c

Per il progetto dell’armatura occorre verificare se il taglio sollecitante è compreso


negli intervalli (VRd,c,VRd,A) o (VRd,A,VRd,B), ovvero è superiore a VRd,B. Escluso il caso 1. in
quanto risulta VSd>VRd,c, nei tre casi rimanenti occorre rispettivamente:
- 2. progettare l’armatura assumendo ctg β =2.5
- 3. determinare l’opportuno valore di β e quindi progettare l’armatura;
- 4. ridefinire la sezione non idonea nelle dimensioni proposte.
Pertanto si determinano VRdA,VRdB
ν ⋅ α c ⋅ f cd 0.644 ⋅ 1 ⋅ 11.33
VRdA = ⋅ bw ⋅ d = ⋅ 300 ⋅ 570 = 430,243 kN
ctgβ min + tan β min 2.5 + 0.4

ν ⋅ α c ⋅ f cd 0.644 ⋅1 ⋅11.33
V RdB = ⋅ bw ⋅ d = ⋅ 300 ⋅ 570 = 623,852 kN
ctgβ max + tan β min 1+1
Capitolo 5. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO 157

con:

bw = 300 mm (larghezza dell’anima)

d = 570 mm (altezza utile)

Per il primo caso considerato (VSd = 270 kN) risulta:

⎡V Rd ,c = 91.612 kN ⎤ < [V Sd = 270 kN ] < [V RdA = 430.243 kN ]


⎣ ⎦

per cui va progettata l’armatura a taglio assumendo ctgβ = 2.5. Essendo:

0.9 ⋅ d
V Sd = n st ⋅ ω st ⋅ n b ⋅ f swd ⋅ cot β = ⋅ ω st ⋅ n b ⋅ f swd ⋅ 2.5
s
si può determinare il passo s delle staffe imponendo il diametro (staffe φ8 a due bracci):

2 ⋅ 50 ⋅ 391.30 ⋅ 0.9 ⋅ 570 ⋅ 2.5


s= = 186 mm
270000

Per il secondo caso (VSd = 500 kN) risulta:

[VRdA = 430.243kN ] < [VSd = 500 kN] < [VRdB = 623.852 kN]

per cui va determinato innanzitutto l’angolo β ottimale.


Dalla (5.47) si ottiene
1 2 ⋅ V Sdu 1 2 ⋅ 500000
β= ⋅ arcsen = ⋅ arcsen = 31.47 o
2 ν ⋅ α c ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d * 2 0.644 ⋅1 ⋅11.33 ⋅ 300 ⋅ 0.9 ⋅ 570

Pertanto, l’armatura a taglio va progettata assumendo ctgβ = 1.63, Essendo:

0.9 ⋅ d
VSd = n st ⋅ ω st ⋅ nb ⋅ f sd ⋅ cot β = ⋅ ω st ⋅ nb ⋅ f sd ⋅ 1.63
s
si può determinare il passo s delle staffe imponendo il diametro (staffe φ8 a due bracci):

2 ⋅ 50 ⋅ 391.30 ⋅ 0.9 ⋅ 570 ⋅ 1.63


s= = 65 mm
500000
158 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Le percentuali geometriche di armatura risultano nei due casi

2 ⋅ 50
ρ w,1 = = 0.0018
186 ⋅ 300
2 ⋅ 50
ρ w, 2 = = 0.0051
65 ⋅ 300

I minimi regolamentari sono rispettati sia in termini di percentuale geometrica


(0.0018 e 0.0051), che di distanza tra le staffe (186 e 65 mm) e di distanza tra i bracci (240
mm), come si evince dal prospetto seguente con i limiti regolamentari:

f ck 20
ρ w,min = 0.08 ⋅ = 0.08 ⋅ = 0.0008
f sk 450
570
s l , max = 0.75 ⋅ = 427.5 mm
1 + cot α
s t , max = 0.75 ⋅ d = 427.5 < 600 mm

ESERCIZIO 5.2
Per la trave continua di sezione rettangolare b = 40 cm, h = 70 cm, si ipotizzi un
diagramma del taglio come in figura, inviluppo delle sollecitazioni dovute ai carichi
verticali ed alle azioni orizzontali. I tagli di progetto sono riportati di seguito:

VdA = 155.75 kN

Vd−B = 267.50 kN A B C

Vd+B = 309.18 kN

VdC = 141.40 kN
4.2 5.3
I materiali sono gli stessi dell’esercizio 5.1. Si effettui la verifica a taglio allo stato
limite ultimo per la campata BC supponendo che in tale tratto siano presenti ferri sagomati
a 45° con passo sp = 35 cm e diametro φ16.
Capitolo 5. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO 159

Per la sezione in esame il copriferro e l’armatura in zona tesa valgono: d = 3.5 cm,
As = 8 φ16 = 16.08 cm2
Risulta:

bw = 40 cm

d = h − d ′ = 70 − 3.5 = 66.5 cm

As 16.08
ρl = = = 0.00605
bw ⋅ d 40 ⋅ 66.5

0.85 ⋅ f ck
f cd = = 11.33 N/mm 2
1.5
Per la campata in esame risulta che il taglio massimo di progetto è

V Sd = 309,18 kN

Il taglio al di sotto del quale non occorre il progetto di una armatura specifica a
taglio vale:

0.18 ⎛⎜ 200 ⎞⎟
V Rd ,c = ⋅ 1+ ⋅ (100 ⋅ 0.00605 ⋅ 20,0 )1 / 3 ⋅ 400 ⋅ 665 = 113,469 kN
1.5 ⎝ ⎜ 665 ⎠⎟

⎡ ⎛
3/ 2 ⎤
200 ⎞⎟
V Rd ,c ,min = ⎢0.035 ⋅ ⎜1 + ⋅ 201 / 2 ⎥ ⋅ 400 ⋅ 570 = 68,761 kN
⎢ ⎜ 665 ⎟⎠ ⎥
⎣ ⎝ ⎦
Essendo [VSd=309,18]>[VRd,c=113,469] occorre progettare l’armatura a taglio:
Si procede al progetto della armatura seguendo due strade:

1) solo staffe verticali (α=90°)

2) armature miste con staffe e barre piegati.

Nel primo caso i valori di riferimento del taglio resistente risultano:


160 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

ν ⋅ α c⋅ ⋅ f cd 0.644 ⋅1 ⋅11.33
V Rd , A = ⋅ bw ⋅ d = ⋅ 400 ⋅ 665 = 669,267 kN
ctgβ min + tan β min 2.5 + 0.4

ν ⋅ α ⋅ f cd 0.644 ⋅1 ⋅11.33
V Rd , B = ⋅ bw ⋅ d = ⋅ 400 ⋅ 665 = 970,437 kN
ctgβ max + tan β min 1+1

Risulta dunque:

⎡⎣VRd ,c = 113.469 kN ⎤⎦ < [VSd = 309,18 kN] < [VRd , A = 669, 267 kN]

per cui va progettata l’armatura a taglio assumendo cotβ = 2.5. Essendo:


0.9 ⋅ d
V Sd = n st ⋅ ω st ⋅ nb ⋅ f sd ⋅ ctgβ = ⋅ ω st ⋅ n b ⋅ f sd ⋅ 2.5
s
si può determinare il passo s delle staffe imponendo il diametro (staffe φ8 a due bracci):
2 ⋅ 50 ⋅ 391,3 ⋅ 0.9 ⋅ 665 ⋅ 2.5
s= = 189 mm
309180
L’armatura corrispondente vale pertanto staffe ϕ 8 a due bracci ogni 18 cm.
Nel secondo caso i valori di riferimento del taglio resistente risultano gli stessi sopra
determinati essendo l’angolo α non definibile (pari a 45° per le barre piegate e 90° per le
staffe):
Risulta dunque:
[VSd [
= 309,18 kN] < VRd , A = 669,267 kN ]
per cui va progettata l’armatura a taglio valutando preliminarmente la quota di taglio
equilibrata dalle barre inclinate a 45° con β =21.8° e ctg β =2.5. Applicando la (5.52) per
determinare il taglio equilibrato dalle barre inclinate, si ottiene:

V R ,α = Aswp ⋅ f ywd ⋅ (d * /s ) ⋅ sen α ⋅ (ctg α + 2.5) =


201 ⋅ 391.30 ⋅ (0.9 ⋅ 665 / 350) ⋅ 0.707 ⋅ 3.5 = 332,804 kN [> 0.5 ⋅ 309,18 = 154.59]

Il progetto delle staffe si può effettuare assumendo ctg β= 2.5 e riducendo il taglio
della quota equilibrata dalle barre inclinate che in questo caso, essendo VR,α maggiore del
50% del taglio, è pari al 50% del taglio totale. Essendo:
0.9 ⋅ d
V Sd − V R ,α = 0.5 ⋅ V Sd = n st ⋅ ω st ⋅ nb ⋅ f sd ⋅ ctgβ = ⋅ ω st ⋅ n b ⋅ f sd ⋅ 2.5
s
si può determinare il passo s delle staffe imponendo il diametro (staffe φ8 a due bracci):
Capitolo 5. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO 161

2 ⋅ 50 ⋅ 391,18 ⋅ 0.9 ⋅ 665 ⋅ 2.5


s= = 378.6 mm
0.5 ⋅ 309180
L’armatura corrispondente in questo caso vale pertanto staffe φ 8 a due bracci ogni
37 cm.
Nei due casi le percentuali meccaniche valgono:
Asw 2 ⋅ 50
ρ w,1 = = = 0.0014
s ⋅ b w 180 ⋅ 400
Asw Aswp 2 ⋅ 50 201
ρ w, 2 = + = + = 0.0027
s ⋅ bw s p ⋅ bw ⋅ senα 370 ⋅ 400 350 ⋅ 400 ⋅ 0.707

Come si evince dal prospetto che segue:


- la percentuale meccanica minima di staffe è rispettata in entrambi i casi;
- la distanza tra le staffe (180 e 370 mm) e la distanza tra i bracci (340 mm), sono
inferiori al massimo tollerato (427.5 mm).
- Il passo delle barre piegate (350 mm) è inferiore al massimo di normativa
indicato in 600 mm.
I limiti di normativa infatti valgono:

f ck 20
ρ w,min = 0.08 ⋅ = 0.08 ⋅ = 0.0008
f sk 450
570
s l , max = 0.75 ⋅ = 427.5 mm
1 + cot α
s t , max = 0.75 ⋅ d = 427.5 < 600 mm
s p ,max = 0.60 ⋅ d ⋅ (1 + cot α ) = 798 < 600 mm

ESERCIZIO 5.3
Si verifichi lo stato limite per taglio di una sezione rettangolare di dimensioni b =
40 cm, h = 50 cm, armata con doppia armatura simmetrica As = As′ = 4 φ16 , copriferro d′
= 3 cm, e soggetta alle seguenti caratteristiche della sollecitazione di progetto:
− NSd = 725.88 kN;
− VSd = 219.36 kN;
Si utilizzi calcestruzzo di classe fck = 50 N/mm2.

Vanno innanzitutto definite le resistenze di progetto fcd, fswd ed i parametri ν , ρl, σcp:
162 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

0.85 ⋅ 50
f cd = = 28.33 MPa
1.5
450
f swd = = 391.30 MPa
1.15
⎛ f ⎞ ⎛ 50 ⎞
ν = 0.7 ⋅ ⎜1 − ck ⎟ = 0.7 ⋅ ⎜1 − ⎟ = 0.56
⎝ 250 ⎠ ⎝ 250 ⎠
A 804
ρ l = sl = = 0.0043
bw ⋅ d 400 ⋅ 470
N Sd 725880
σ cp = = = 3.63 MPa
bw ⋅ h 400 ⋅ 500

Essendo σcp < 0.2 fcd si assume σcp =3.63 . La valutazione preliminare di VRd,c
fornisce:

⎡ 0.18 ⎛ 200 ⎞⎟ ⎤
V Rd ,c = ⎢ ⋅ ⎜1 + ⋅ (100 ⋅ 0.0043 ⋅ 50,0 )1 / 3 + 0.15 ⋅ 3.63⎥ ⋅ 400 ⋅ 470 = 206,019 kN
⎢⎣ 1.5 ⎜⎝ 470 ⎟⎠ ⎥⎦

⎡ ⎛ ⎞
3/ 2 ⎤
⎢ 200 ⎟ ⋅ 501 / 2 ⎥ ⋅ 400 ⋅ 470 = 98,822 kN
V Rd ,c ,min = 0.035 ⋅ ⎜1 +
⎢ ⎜ 470 ⎟⎠ ⎥
⎣ ⎝ ⎦
Deve essere progettata una idonea armatura a taglio in quanto risulta:
VSd > VRd ,c

Per il progetto dell’armatura occorre verificare se il taglio sollecitante è compreso


negli intervalli (VRd,c,VRd,A) o (VRd,A,VRd,B), ovvero è superiore a VRd,B. Escludendo il terzo
caso che evidenzia l’inadeguatezza della sezione, nei primi due casi occorre
rispettivamente:
- a) progettare l’armatura assumendo ctg β =2.5
- b) determinare l’opportuno valore di β e quindi progettare l’armatura;
Pertanto si determinano VRdA,VRdB
ν ⋅ f cd 0.56 ⋅ 28.33
VRdA = ⋅ bw ⋅ d = ⋅ 400 ⋅ 470 = 1028.477 kN
cot β min + tan β min 2.5 + 0.4

ν ⋅ f cd 0.56 ⋅ 28.33
VRdB = ⋅ bw ⋅ d = ⋅ 400 ⋅ 470 = 1491.291 kN
cot β max + tan β min 1+1
Capitolo 5. LO STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO 163

Poiché risulta:
[VSd = 219,36 kN] < [VRd , A = 1028.477 kN]

l’armatura a taglio può essere progettata assumendo cotβ = 2.5. Essendo:


0.9 ⋅ d
VSd = nst ⋅ Ast ⋅ nb ⋅ f swd ⋅ cot β = ⋅ Ast ⋅ nb ⋅ f swd ⋅ 2.5
s
si può determinare il passo s delle staffe imponendo il diametro (staffe φ8 a due bracci):
2 ⋅ 50 ⋅ 391.30 ⋅ 0.9 ⋅ 470 ⋅ 2.5
s= = 189 mm
219360
Per staffe φ 8 a 2 bracci ogni 18 cm la percentuale geometrica di armatura risulta:
2 ⋅ 50
ρw = = 0.0014
180 ⋅ 400
I minimi regolamentari sono rispettati sia in termini di percentuale geometrica
(0.0014) che di distanza tra le staffe (180 mm) oltre che di distanza tra i bracci (350 mm)
come si evince dal prospetto seguente con i limiti regolamentari:

f ck 50
ρ w,min = 0.08 ⋅ = 0.08 ⋅ = 0.00013
f sk 450

470
s l , max = 0.75 ⋅ = 352.5 mm
1 + cot α
st ,max = [0.75 ⋅ 470 = 352.5 < 600 mm]

ESERCIZIO 5.4
− Si determini il taglio resistente ultimo di una sezione rettangolare avente le dimensioni
b = 18 cm, h = 100 cm, copriferro d′ = 5 cm, armata con staffe ϕ 10 a due bracci con
passo 20 cm. Si utilizzi accaio con fsk=450 MPa e calcestruzzo di classe fck = 30 e 50
MPa. Si assuma, come è facilmente verificabile, che VRdu sia maggiore di VRd,c
Vanno innanzitutto definite le resistenze di progetto fcd, fswd ed il parametro ν per i
due materiali previsti:
164 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

0.85 ⋅ 30
f cd ,1 = = 17.0 MPa
1.5
0.85 ⋅ 50
f cd , 2 = = 28.33 MPa
1.5
450
f swd = = 391.30 MPa
1.15

⎛ f ck ⎞ ⎛ 30 ⎞
ν 1 = 0.7 ⋅ ⎜⎜1 − ⎟⎟ = 0.7 ⋅ ⎜1 − ⎟ = 0.616
⎝ 250 ⎠ ⎝ 250 ⎠
⎛ f ⎞ ⎛ 50 ⎞
ν 2 = 0.7 ⋅ ⎜⎜1 − ck ⎟⎟ = 0.7 ⋅ ⎜1 − ⎟ = 0.560
⎝ 250 ⎠ ⎝ 250 ⎠

Si determina l’angolo β ottimale che uguaglia la resistenza del puntone in


calcestruzzo e quella del tirante in acciaio. Successivamente si determina il taglio
resistente. Nel primo caso dalla (5.48) si ottiene:
Asw ⋅ f ywd ⋅ 157 ⋅ 391.3
sen 2 β = = = 0.1630
ν 1 ⋅ b w ⋅ s ⋅ α c ⋅ f cd ⋅ 0.616 ⋅180 ⋅ 200 ⋅1 ⋅17
β = 23.80 o
Assumendo : ctgβ = 2.266391 si ottiene :
*
V Rdu = Asw ⋅ (d / s ) ⋅ f ywd ⋅ ctgβ = 157 * 391.3 * (855 / 200) ⋅ 2.266391 = 595.224 kN
ovvero
1 1
V Rdu = ν ⋅ b w ⋅ d * ⋅ α c ⋅ f cd ⋅ = 0.616 ⋅180 ⋅ 855 ⋅1 ⋅17 ⋅ = 595.224 kN
tan β + ctgβ 2.707621

Allo stesso modo nel secondo caso (fck=50 MPa) si ottiene:


Asw ⋅ f ywd ⋅ 157 ⋅ 391.3
sen 2 β = = = 0.1076
ν 2 ⋅ bw ⋅ s ⋅ α c ⋅ f cd ⋅ 0.56 ⋅180 ⋅ 200 ⋅1 ⋅ 28.33
β = 19.14o < 21.8o
Si assume β = 21.8o con ctgβ = 2.5 e si ottiene:
VRdu = Asw ⋅ (d / s ) ⋅ f ywd ⋅ ctg β = 157 ⋅ 391.3 ⋅ (855 / 200) ⋅ 2.50 = 656.577 kN
*
Capitolo 6

LO STATO LIMITE PER TORSIONE

6.1 Premessa
La caratteristica torcente in travi a sezione compatta, si presenta nelle strutture
iperstatiche in c.a. generalmente come secondaria, detta anche di congruenza, rispetto ad
altre caratteristiche della sollecitazione nel senso che, nei casi in cui l’equilibrio è possibile
anche in assenza di resistenza a torsione delle singole membraure, si può prescindere e di
fatto si prescinde dalla resistenza a torsione delle membrature. Il caso più semplice è quello
delle travi appartenenti ad impalcati di solai (Fig. 6.1). Infatti, in assenza di resistenza a
torsione delle travi, è possibile una soluzione equilibrata in cui le travi siano semplicemente
inflesse nonostante la presenza di deformazioni (e sforzi) torsionali determinati dal vincolo
rotazionale esercitato dalle travi nei confronti dei solai. In tali casi non è in genere
necessario procedere a verifiche a torsione ma è sufficiente adottare adeguate regole
costruttive per garantire un buon funzionamento nelle condizioni di servizio, ovvero senza
eccessive fessurazioni provocate dalla torsione associata alle altre caratteristiche della
sollecitazioni generalmente presenti.
Al riguardo si richiamano prescrizioni normative (D.M. 9/01/1996) che prevedono
in presenza di torsione, considerata o non considerata nelle verifiche, una armatura
trasversale non inferiore a 0.15⋅b cm2 per metro in presenza di staffe in acciaio ad aderenza
migliorata, dove b è la dimensione in cm dell’anima della trave o comunque la dimensione
minore della stessa. E’ inoltre consigliabile che il passo delle staffe non sia superiore ad 1/8
del perimetro della sezione complessiva ridotta del copriferro, ed inoltre che le barre
longitudinali, presenti almeno nei punti angolosi del perimetro, abbiano una distanza
relativa non superiore a 30 cm.
In altre situazioni la capacità delle membrature di resistere a torsione non è
secondaria ma è essenziale all’equilibrio (Fig. 6.2); si parla in tal caso di torsione primaria
o di equilibrio, ed allora è necessario procedere al dimensionamento delle sezioni e delle
armature per sostenere le sollecitazioni di progetto.
166 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Impalcato
m=t
Momento
Trave di
flettente
bordo
impalcato

m=t=0

M=T

Pilastro

Fig. 6.1: Sollecitazione torsionale “secondaria o di congruenza” di trave a sostegno di


impalcato di solaio.

a
F
T=Fa
azione torcente

M=Fa
azione flettente

Fig. 6.2: Sollecitazione torsionale “primaria o di equilibrio”


Capitolo 6. STATO LIMITE PER TORSIONE 167

Bisogna inoltre considerare che la torsione alla De Saint Venant è caratterizzata da


sollecitazioni tangenziali primarie accompagnate da un ingobbamento della sezione che, in
presenza di caratteristica torcente non uniforme ovvero di condizioni di vincolo che
impediscono l’ingobbamento stesso, determina sollecitazioni secondarie di tipo flessionale
(Fig. 6.3), significative soprattutto in sezioni aperte (sezioni a C, T, etc.).

Fig. 6.3: Sezioni compatte ed aperte sottoposte a torsione

Nel seguito verranno esaminate esclusivamente le sezioni in c.a. che si presentano


come compatte, ovvero circolari, rettangolari, composte di più parti rettangolari, in cui
siano prevalenti le sollecitazioni tangenziali primarie, ovvero riconducibili alla torsione alla
De Saint Venant; i risultati potranno essere estesi a sezioni cave con la stessa forma.
Per semplicità di analisi si farà inizialmente riferimento a membrature sottoposte a
torsione semplice rinviando ad un momento successivo l’analisi dell’interazione con le altre
caratteristiche della sollecitazione generalmente presenti come il taglio e la flessione o la
pressoflessione.

6.2 Osservazioni sperimentali


Il progetto-verifica delle sezioni sottoposte a torsione trova le sue basi nei risultati
della sperimentazione su modelli che è per la torsione semplice adeguatamente estesa. Tali
risultati su membrature a sezione compatta in c.a. armate con barre longitudinali e staffe,
168 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

possono sintetizzarsi nei punti seguenti.


− Le membrature in calcestruzzo armato soggette a torsione, per valori modesti della
caratteristica torcente, resistono senza fessurarsi e con andamenti tensionali
sostanzialmente analoghi a quelli riscontrabili in presenza di materiali omogenei ed
isotropi, resistenti a trazione.
− Per valori più elevati della caratteristica torcente, compaiono fessurazioni inclinate
rispetto all’asse della membratura di angoli prossimi a 45°; allo scopo di garantire una
resistenza successiva alla fessurazione, occorre disporre armature periferiche,
ordinariamente disposte in direzione parallela e trasversale rispetto all’asse della
membratura.
− Il meccanismo resistente è adeguatamente interpretabile attraverso un modello
meccanico costituito da un traliccio superficiale costituito da bielle compresse di
calcestruzzo, inclinate di un angolo β prossimo a 45° e da elementi tesi disposti
secondo due direzioni ortogonali (armature longitudinali e staffe, Fig. 6.4).

pareti efficaci tef

Fig. 6.4: Disposizione classica dell’armatura per una membratura soggetta a torsione,
sezione tubolare equivalente

La presenza del nucleo interno della sezione ha scarsa influenza sul comportamento
ultimo, cosicchè il confronto tra il comportamento di sezioni di uguale dimensione ed
armatura ma rispettivamente piene e cave, evidenzia in una prima fase una maggiore
rigidezza delle membrature con sezioni piene, mentre successivamente le sezioni piene e
cave con uguale armatura raggiungono resistenze e deformazioni poco diverse.
Capitolo 6. STATO LIMITE PER TORSIONE 169

Si osserva peraltro che in sezioni piene il momento di fessurazione ha valori più


elevati delle corrispondenti sezioni tubolari (Fig. 6.5).

T [kNm]
140

120

100

80 Sezione tipo B Sezione tipo D


(con armatura
60 uguale al tipo B)

40

20
rotazione
0 1 2 3 4 2
θ 10
Fig. 6.5: Momento-rotazione di sezioni cave e piene con identica sezione ed armatura.

Tu [kNm]
70
B1
60 B6
B5
50 D4
B4
D3
40 B3
30 B2
Sezione tipo B Sezione tipo D
D1 (con armatura
B1 D2
20 uguale al tipo B)
Debole Media Forte
armatura armatura armatura
10 Asl Asw f sd
s
0
10 20 30 40 50 60 70 [kNm]
Fig. 6.6: Resistenza ultima di sezioni piene e cave sottoposte a torsione, con identica
dimensione esterna della sezione ed armatura di staffe (Asw) e di barre longitudinali (Asl).
170 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

In Fig. 6.6 sono riportati i risultati di prove sperimentali su sezioni aventi la stessa
forma e la stessa armatura periferica, le une piene e le seconde cave con idoneo spessore
della parete, che evidenziano la sostanziale uguaglianza della resistenza ultima.
L’inclinazione delle fessure che al primo comparire è circa di 45°, al crescere della
azione torcente può modificarsi; in particolare, al crescere delle armature longitudinali
l’angolo β tra fessure ed asse delle membrature tende a ridursi; al contrario al crescere delle
armature trasversali l’angolo β cresce oltre i 45°.
Il passaggio dalla prima alla seconda fase (da fase non fessurata a fase fessurata) è
accompagnato da un repentino cambiamento di rigidezza, simile, anche se caratterizzato da
una maggiore rapidità, al cambiamento di rigidezza che si riscontra nelle membrature
sottoposte a flessione che passano da una rigidezza EI1 prima della fessurazione, ad una
rigidezza minore in fase fessurata EI2 (Fig. 6.7).
Quando la sezione è decomponibile in più parti assimilabili a sezioni rettangolari, i
procedimenti di verifica e di dimensionamento delle armature possono assumere,
analogamente al caso elastico, che il momento torcente si ripartisca tra le diverse parti
rettangolari proporzionalmente alla rigidezza elastica delle singole parti. Diverse
disposizioni dell’armatura, che distribuiscano la capacità di resistenza a collasso in maniera
significativamente difforme dalla distribuzione basata sulla rigidezza elastica, sono da
sconsigliare, in quanto determinano un superamento anticipato della fase elastica ed una
resistenza finale minore a causa della maggiore richiesta di duttilità.

T
Tu

Tf

Θ
Θf1 Θf2 Θu
Fig. 6.7: Diagramma momento torcente-angolo unitario di torsione in fase non fessurara e
fessurata.
Capitolo 6. STATO LIMITE PER TORSIONE 171

Generalmente la configurazione ordinaria delle armature che costituiscono gli


elementi tesi del traliccio è costituita, come detto, da barre disposte parallelamente all’asse
della trave (barre longitudinali) e da armatura trasversale disposta ortogonalmente ad esso
(staffe). La disposizione di armature a spirale, disposte parallelamente alle isostatiche di
trazione, più efficaci per il parallelismo predetto, trova scarsa applicazione per la minore
semplicità di montaggio e perché questa disposizione sarebbe possibile solo in presenza di
caratteristica torcente non variabile in segno.

6.3 Progetto e verifica della sezione


La verifica allo s.l.u. della generica sezione compatta si esegue confrontando il
momento torcente di progetto (TSd ) con il momento che determina il collasso per
sollecitazioni di compressione del calcestruzzo (TRd1), e con il momento torcente (TRd2)
che determina il collasso degli elementi tesi del traliccio equivalente.
Nel progetto dell’armatura, verificata l’idoneità della sezione controllando che risulti
TSd ≤ TRd1, si procede al progetto dell’armatura in modo da ottenere TRd2 ≥ TSd.
Nella verifica dell’idoneità della sezione, riconducibile come detto alla verifica di
resistenza delle bielle compresse di una sezione tubolare equivalente, vanno esaminati
preliminarmente tre aspetti:
− la forma e le dimensioni della sezione tubolare equivalente e lo spessore (t) della parete
resistente della stessa sezione;
− l’inclinazione delle bielle compresse rispetto all’asse longitudinale della membratura
(β);
− il coefficiente riduttivo della resistenza del calcestruzzo (ν) già definito nelle verifiche
a taglio, dipendente principalmente dalla duttilità del materiale e connesso al
meccanismo di trasferimento degli sforzi tra traliccio metallico e parete di calcestruzzo,
segnatamente nelle zone nodali in cui si ha un cambiamento di direzione degli sforzi di
compressione.
La definizione delle tre questioni innanzi elencate deve basarsi su considerazioni sia
teoriche che sperimentali; per brevità si farà riferimento alle norme europee e nazionali che
forniscono indicazioni sintetiche al riguardo.
L’EC2 fissa le seguenti regole:
- lo spessore t della sezione tubolare equivalente è variabile tra un limite
inferiore, pari a due volte il ricoprimento c delle armature longitudinali, ed
un limite superiore, pari al rapporto A/u tra l’area ed il perimetro della
sezione piena; in una sezione di forma quadrata di lato a, lo spessore t
potrebbe variare nell’intervallo (2c÷ a/4)
172 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

- l’asse della sezione tubolare equivalente è costituito dalla linea media della
sezione tubolare con perimetro esterno coincidente con quello della sezione
piena e spessore t.
Le NTC del 14/01/08 definiscono t come lo spessore effettivo della sezione cava
ovvero, in sezioni piene aventi A come area complessiva ed u come perimetro, come
spessore della sezione scatolare resistente pari ad A/u, con il limite inferiore ≥ 2(c+φ/2).

Pertanto, per la sezione rettangolare di lati a e b, φ diametro delle barre di armatura


longitudinale, c ricoprimento delle armature, seguendo una strategia che preveda il rispetto
di entrambe le prescrizioni ed il limite inferiore per lo spessore della parete, valgono le
seguenti relazioni geometriche:

a ′ = a - 2 × (c + φ / 2) (6.1)

b′ = b − 2 ⋅ (c + φ / 2) (6.2)

(2 c + φ ) ≤ t ≤ (A / u ) (6.3)

Fig.6.8: Sezione rettangolare equivalente.

Ovviamente in sezioni effettivamente tubolari lo spessore delle pareti della struttura


tubolare equivalente non può superare quello effettivo.
L’inclinazione delle bielle compresse viene usualmente assunta pari a 45°; tuttavia,
come per il taglio, è possibile assumere angoli diversi variabili, secondo l’EC2 , tra 21.8° e
Capitolo 6. STATO LIMITE PER TORSIONE 173

45°, cui corrispondono valori della tangente compresi tra 0.4 e 1 (o della cotangente tra 2.5
ed 1). A tale diversa angolazione delle bielle compresse, si accompagnano in fase di
progetto diversi rapporti tra le armature longitudinali e trasversali. In particolare per angoli
minori di 45° crescono, come si vedrà, le armature longitudinali e si riducono quelle
trasversali rispetto al caso β=45° ; il contrario avverrebbe per angoli maggiori di 45° che
tuttavia non vengono considerati in fase di progetto essendo le sollecitazioni torsionali
generalmente accompagnate da sollecitazioni taglianti per le quali si assume un angolo
β≤45°.
La libertà di scelta dell’angolo di inclinazione delle bielle compresse è consentita da
un punto di vista teorico dai principi generali dell’analisi limite delle strutture che, in
presenza di materiali duttili, affermano che il moltiplicatore di collasso delle azioni esterne
è sempre maggiore o uguale di ogni moltiplicatore staticamente ammissibile. Infatti, in una
membratura sottoposta a torsione, una distribuzione di tensioni interne compatibile con i
valori limite della resistenza (fcd, fsd) ed in grado di equilibrare il momento torcente di
riferimento, costituisce un campo di sollecitazioni staticamente ammissibile e quindi, nella
ipotesi di duttilità non limitata dei materiali, si deve ritenere che il momento di collasso sia
superiore o al più uguale al momento torcente predetto. La ridotta duttilità del materiale
determina invece un limite sul campo di variazione degli angoli ipotizzabili 21.8° ≤ β ≤
45°. L’osservazione sperimentale conferma d’altra parte che mentre le prime fessure si
aprono con angoli prossimi a 45°, individuando bielle compresse di pari angolazione, in
dipendenza di diversi assortimenti di armatura (armatura longitudinale prevalente o staffe
prevalenti), le angolazioni delle bielle compresse a collasso variano entro limiti più ampi.
Tale osservazione chiarisce che la libertà di scelta dell’angolo β permette di
determinare, per una assegnata quantificazione delle armature (staffe e barre longitudinali),
il particolare valore dell’angolo che determina lo snervamento contemporaneo di staffe e
barre longitudinali ovvero l’uguaglianza tra i momenti torcenti che determinano il collasso
dell’armatura lato staffe o lato barre longitudinali. Tale momento torcente per il teorema
statico dell’analisi limite, ed ipotizzando una resistenza sufficiente delle bielle compresse, è
anche il momento di collasso, maggiore di quello che si otterrebbe ipotizzando una
inclinazione a 45° delle bielle compresse.

Verifica di idoneità della sezione

Considerando lo scorrimento unitario T Rd1 / 2 A' diretto ortogonalmente all’asse


della membratura nello spessore della parete della sezione resistente tubolare (Fig. 6.9),
l’equilibrio tra scorrimento e sforzo di compressione inclinato dell’angolo β rispetto all’asse
della membratura, entrambi riferiti ad una dimensione trasversale unitaria lungo il
perimetro della sezione tubolare cava equivalente, fornisce:
T Rd 1 1
Nc = ⋅ (6.4)
2 A ′ cos β
174 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Uguagliando Nc al valore di collasso v ⋅ f cd ⋅ t ⋅ sin β , si ottiene allo stato limite:

T Rd 1 v ⋅ f cd ⋅ t
= N c ⋅ cos β = v ⋅ f cd ⋅ t ⋅ sin β ⋅ cos β = (6.5)
2 Ac′ (ctgβ + tg β )

dove il coefficiente riduttivo ν tiene conto del meccanismo di trasferimento degli sforzi che
determina concentrazioni di tensioni in prossimità dei nodi tra staffe ed armature
longitudinali, A′c rappresenta l’area racchiusa dalla linea media della sezione tubolare.
Secondo L’EC2, il coefficiente ν vale come per il taglio:

v = 0.7 ⋅ (1 − f ck / 250) (6.6)

con fck espresso in Nmm-2. Come nel caso del taglio il coefficiente ν viene assunto nelle
NTC del 14/01/08 pari 0.5.
IS
O
ST
E

Mt
N

A
O

TI
ZI

C
H
A
R

E
IT

D
IC
D
E

O
H

M
C

PR
TI

ES
A
ST

SI
O

O
IS

N
E

∆z

TRd2,a
2 A’c t
TRd2,b TRd2,b
2 A’c 2 A’c ai Mt
TRd2,a
2 A’c
. t

Fig. 6.8: Scorrimenti unitari τ t nel piano della sezione e lungo la parete.
Dalla relazione (6.6) può ovviamente ricavarsi il momento torcente massimo
affidabile alla sezione nella forma seguente:

2 ⋅ v ⋅ Ac′ ⋅ f cd ⋅ t (6.7)
T Rd 1 =
(ctg β + tg β )
Capitolo 6. STATO LIMITE PER TORSIONE 175

Per β =45°, la precedente relazione diventa più semplicemente:

TRd 1 = ν ⋅ Ac′ ⋅ f cd ⋅ t (6.8)

E’ opportuno richiamare l’attenzione sul fatto che mentre in sede di progetto


l’angolo β può essere scelto liberamente con una preferenza per 45o per la migliore
transizione dalle condizioni di servizio a quelle ultime, in sede di verifica o di progetto
vincolato con rapporti di armatura prefissati, l’angolo β dipende dal rapporto di armatura
come vedremo meglio in seguito.

Progetto delle armature

La verifica che il momento torcente di progetto TSd sia inferiore a TRd1, garantisce
che la sezione, purchè armata in modo adeguato, potrà raggiungere il collasso per valori
della caratteristica torcente maggiori o uguali del valore di progetto TSd. La verifica
dell’armatura o il progetto della stessa costituiscono, pertanto, il secondo momento del
procedimento di progetto-verifica.
Per il calcolo delle armature, come nel calcolo elastico alle tensioni ammissibili,
occorre considerare i due equilibri:
− tra azione di scorrimento unitario (T / 2A'c), valutata nel piano che seziona la parete
del tubo equivalente, ed armatura trasversale e biella compressa;
− tra azione di scorrimento unitario (T / 2A'c) , valutata nel piano della sezione del
tubo equivalente, ed armatura longitudinale e biella compressa.
Tale procedimento si basa sulla usuale schematizzazione a traliccio e perciò,
imponendo che la resistenza dei tiranti sia uguale alla sollecitazione nelle staffe e nelle
barre longitudinali, si possono valutare i momenti torcenti ultimi TRd 2,a e TRd 2,b
corrispondenti rispettivamente al collasso delle staffe o dell’armatura longitudinale.
Per le staffe, uguagliando lo sforzo sollecitante per un tratto longitudinale unitario di
parete Nsw (Fig.6.9), allo sforzo resistente Nu,sw delle staffe ivi presenti con area per unità
di lunghezza Asw/s, essendo Asw la sezione delle singole staffe ed s il passo delle staffe, si
ottiene:
T Rd 2,a
N sw = tgβ (6.9)
2 ⋅ Ac'

Asw
N u , sw = ⋅ f swd (6.10)
s
176 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

TRd 2 ,a = 2 ⋅ Ac′ ⋅ (Asw /s) ⋅ f swd ⋅ ctgβ (6.11)

In modo analogo, uguagliando lo sforzo Nsl che sollecita a trazione le barre


longitudinali di area complessiva Asl ed area per unità di lunghezza del perimetro Asl/u’,
dovuto allo scorrimento unitario valutato nel piano della sezione (Fig. 6.9), con lo sforzo
resistente delle stesse barre Nu,sl, si ottiene:
T Rd 2,b 1
N sl = ⋅ (6.12)
2 ⋅ Ac' tgβ

Asl (6.13)
N u , sl = ⋅ f sld
u'

TRd 2,b = 2 ⋅ Ac′ ⋅ ( As1/u ' ) ⋅ f s1d ⋅ tgβ (6.14)

ARMATURE LONGITUDINALI
ISOSTATICHE DI
COMPRESSIONE

STAFFE

Nc Asw
f
s swd
β

∆z TRd2,a
2 A’c

Nc TRd2,b
TRd2,a 2 A’c
2 A’c
TRd2,b TRd2,b β
2 A’c 2 A’c ai Asl
TRd2,a
2 A’c fsld
uc
t

Fig. 6.9: Sforzi negli elementi tesi della struttura reticolare equivalente.

Nelle relazioni precedenti i simboli utilizzati hanno, come detto, il seguente


significato:
Capitolo 6. STATO LIMITE PER TORSIONE 177

As1, Asw = l’area complessiva dell’armatura longitudinale a torsione e


l’area della sezione della singola staffa;
f sld , f swd = le tensioni di progetto dell’armatura longitudinale e delle
staffe;

u' , s = il perimetro dell’area A′c ed il passo delle staffe.

Si osserva come i momenti torcenti limite lato acciaio, per rottura delle staffe o delle
barre longitudinali, sono rispettivamente funzioni delle densità lineari meccaniche di
armatura trasversale (Asw/s· fswd) e longitudinale (Asl/u’⋅ fsld), pari al prodotto delle densità
lineari di armatura per le resistenze di progetto delle barre relative.
Il momento torcente massimo compatibile con le armature longitudinali e trasversali
è pertanto il minimo tra i valori precedentemente ricavati:
TRd 2 = min(TRd 2, a , TRd 2, b ) (6.15)

Nel caso si faccia riferimento all’angolo β = 45°, le relazioni precedenti si


semplificano in modo ovvio.
Si osserva inoltre che imponendo l’uguaglianza tra TRd2,a e TRd2,b si ottiene una
equazione in tgβ, che, con riferimento al caso generale di resistenza di progetto delle
armatura trasversali e longitudinali diverse ed al caso di resistenze uguali, fornisce in
successione:

Asw /s ⋅ f swd Asw /s


tgβ = = (6.16)
As1 /u '⋅ f sld As1 /u '

L’utilizzazione di un rapporto di armatura bilanciato tra staffe e barre longitudinali


espresso dalla relazione di uguaglianza tra le densità lineari meccaniche:
( Asw /s ) ⋅ f swd = ( As1 /u ' ) ⋅ f sld (6.17)

fornisce un angolo di inclinazione delle bielle compresse pari a 45° (tgβ=1) con il
vantaggio di garantire un meccanismo di collasso coincidente con quello di prima
fessurazione e quindi un passaggio dalla fase di servizio a quella ultima meno traumatico
per la membratura. Ciò si traduce in una minore deformabilità ed in un minor
danneggiamento in campo post-elastico.
Si osserva inoltre che in caso di verifica di una sezione già dimensionata ed armata,
adottando il metodo dell’angolo β variabile ed assumendo fsd = fswd = fsld, il momento
torcente massimo lato armatura utilizzando la (6.17) nelle (6.11) e (6.14) diventa:

TRd 2 = TRd 2, a = TRd 2,b = 2 ⋅ Ac′ ⋅ f sd ⋅ ( Asw /s) ⋅ ( As1/u ' ) (6.18)
178 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

La (6.18) evidenzia come con il metodo dell’angolo variabile si ottenga una capacità
portante lato armatura dipendente dalla media geometrica delle densità lineari di armatura
di staffe e barre longitudinali. Essendo tale media superiore alla densità lineare minima, si
ottiene un valore maggiore del momento torcente limite lato armatura rispetto a quanto si
otterrebbe fissando β = 45°.

6.4 Sollecitazioni composte taglio-torsione


La sollecitazione torsionale è quasi sempre accompagnata da altre caratteristiche
della sollecitazione: flessione, pressoflessione, taglio.
Per quanto riguarda la flessione e la pressoflessione, si trascura l’incidenza degli
sforzi di compressione sulla resistenza del calcestruzzo delle bielle compresse. Tale assunto
trae origine da riscontri sperimentali spiegabili con il fatto che la parte periferica delle
sezioni, sollecitate in regime biassiale per la presenza di compressione diretta secondo
l’asse della trave per la flessione o pressoflessione ed in direzione obliqua per la torsione,
ha una resistenza a compressione maggiore di quella nominale ottenuta in regime
monoassiale.
Per quanto riguarda l’armatura, quella determinata per assorbire gli sforzi di trazione
nella flessione o pressoflessione, deve essere sommata a quella longitudinale da torsione.
Nelle zone compresse per effetto della flessione o presso-tenso flessione, invece, le
armature da torsione sono destinate a sostenere sforzi di trazione, mentre quelle a flessione
o pressoflessione sono destinate a sostenere sforzi di compressione. E’ evidente che sono
possibili risparmi di armatura, riducendo le barre da torsione in zona compressa tenendo
conto degli sforzi di compressione indotti dalle caratteristiche della sollecitazione.
In tali operazioni occorre naturalmente fare attenzione al fatto che le caratteristiche
della sollecitazione siano contemporanee ovvero siano determinate dalla stessa
combinazione di carico. Non avrebbe senso infatti una riduzione dell’armatura da torsione
per effetto di una sollecitazione di pressoflessione determinata da diversa condizione di
carico non contemporanea alla prima.
In presenza di torsione contemporanea ad una caratteristica tagliante non
trascurabile, le bielle compresse devono sostenere l’azione combinata derivante dalla
torsione e dal taglio.
In via semplificata si può eseguire una verifica cautelativa della idoneità della
sezione assumendo un dominio VSd – TSd con contorno lineare espresso dalla 6.19:
⎛ TSd ⎞ ⎛ V Sd ⎞
⎜ ⎟+⎜ ⎟ ≤1 (6.19)
⎜T ⎟ ⎜V ⎟
⎝ Rdu ⎠ ⎝ Rdu ⎠

dove TRdu e VRdu rappresentano il momento torcente ed il taglio ultimi lato calcestruzzo
aventi le espressioni TRdu = TRd1 = 2⋅ν ⋅ A′c ⋅ fcd ⋅ t /(ctgβ+tgβ) e
Capitolo 6. STATO LIMITE PER TORSIONE 179

VRdu = VRd1 = ν⋅ bw ⋅0.9⋅ d⋅ fcd /(ctgβ+tgβ).


Per il calcolo delle armature si può procedere separatamente per ciascuna
caratteristica della sollecitazione. Le staffe devono essere pari alla somma di quelle
determinate separatamente per il taglio e la torsione. Le armature longitudinali, aggiuntive
salvo quanto sopra considerato rispetto a quelle per la flessione o presso-tenso flessione,
devono rimanere pari a quelle determinate per la torsione.
180 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

6.5 Esercizi

ESERCIZIO 6.1
Determinare il momento ultimo a torsione di una trave avente una sezione rettangolare con
i seguenti dati geometrici e meccanici:

Sezione (a,b) = (300,600) mm


Ricoprimento armatura ca =cb =20 mm
Materiali: Calcestruzzo: fck =25 N/mm2
Acciaio fsk=450 N/mm2
Staffe: φ 8/100 mm (50/100 mm2/mm)
Armature longitudinali a torsione: 6 φ 14 (924/u’ mm2/mm)

Resistenza di progetto del calcestruzzo: fcd = 0.85 25/1.5 = 14.17 N/mm2


Resistenza di progetto dell’armatura: fsd=fswd = fsld =450/1.15 = 391.30 N/mm2
tmin = 2 ca = 40 mm
tmax = A/u = (300*600)/(2·300+2·600) = 100 mm
Si assume t = 20+14+20=54 mm.
Risulta:
a’ = 300-2(20+14/2) = 246 mm
b’ = 600-2(20+14/2) = 546 mm
A’c=a’·b’=246·546 = 134316 mm2
u’=2·(246+·546) =1584 mm
ν = 0.7⋅(1-fck /250) = 0.7⋅(1- 25 /250) = 0.63
Con β = 45°, si ottiene:
TRd1= 2⋅ν ⋅ A’c ⋅ fcd ⋅ t / (ctgβ +tgβ) = 2 0.63⋅134316⋅14.17· 54 /(1+1) = 64.748 kNm
TRd2,a = 2 ⋅ A’c ⋅ (Asw /s) ⋅ fswd /tgβ = 2⋅134316⋅(50/100) ⋅ 391.3 /1 = 52.557 kNm
TRd2,b= 2 ⋅ A’c ⋅ (Asl /u’ )⋅ fsld ⋅tgβ = 2⋅ 134316⋅(924/1584)⋅391.3⋅1 = 61.317 kNm

da cui risulta:

TRdu =min (TRd1, TRd2,a , TRd2,b ) = 52.557 kNm


Capitolo 6. STATO LIMITE PER TORSIONE 181

Allo scopo valutare il momento torcente massimo con un angolo β più favorevole,
dipendente ad esempio dall’effettiva distribuzione delle armature, si può determinare
l’angolo per il quale sono uguali TRd2,a e TRd2,b. Si ottiene allora:

Asw /s 50 / 100 o
β = arctan = = 42.7941
As1/u ' 924 / 1584
I momenti resistenti lato calcestruzzo, staffe ed armatura longitudinale valgono
allora:
TRd1= 2⋅ν ⋅ A’c ⋅ fcd ⋅ t / (ctgβ + tgβ) = 2 0.63⋅134316⋅14.17⋅ 54 /2.00594 = 64.556 kNm
TRd2,a = 2 ⋅ A’c ⋅ (Asw /s) ⋅ fswd /tgβ = 2⋅134316⋅(50/100) ⋅ 391.3 /0.92582 = 56.768 kNm
TRd2,b= 2 ⋅ A’c ⋅(Asl / uc )⋅fsld ⋅tgβ = 2⋅ 134316⋅(924/1584)⋅391.3⋅0.92582 = 56.768 kNm

Il momento torcente ultimo vale allora:


TRdu = min(TRd1,TRd2,a, TRd2,b )= 56.768 kNm

Il momento ultimo lato armatura può essere anche valutato direttamente


assumendo come densità lineare dell’armatura la media geometrica delle densità lineari
delle staffe e delle armature longitudinali:
TRd2 = 2⋅A’c⋅fsd ·((Asw /s) (Asl /u’))1/2 = 2⋅134316·391.3 ((50/100) (924/1584))1/2 = 56.768
kNm

ESERCIZIO 6.2
Si consideri una sezione rettangolare scatolare con dimensioni
- altezza 1500 mm con spessore pareti verticali di 200 mm
- larghezza 1000 mm con spessore pareti orizzontali di 150 mm
- Materiali fck =30 N/mm2 fsk =450 N/mm2
- Sollecitazioni VSd = 1300 kN TSd = 700 kNm
Per tale sezione si proceda al progetto dell’armatura a torsione e taglio.

Resistenze di progetto: fcd = 0.85·30/1.5 = 17 N/mm2


fsd = 450/1.15 = 391.3 N/mm2
ν = 0.7·(1-30/250) =0.616
Lo spessore massimo possibile risulta tmax =1500*1000/(2·(1000+1500))= 300 mm.
Essendo la sezione di forma tubolare con pareti di spessori (200 mm e 150 mm) inferiori
allo spessore massimo possibile (300), si assumono come spessori resistenti quelli effettivi.
Perimetro linea media ed area contenuta u’ = 2[(1500-150)+(1000-200)] = 4300 mm
A’c=1350·800=1.08·106 mm2
Lati maggiore e minore valutati lungo la linea media: b=1350 mm a= 800 mm
182 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Spessore parete (dell’anima dove gli effetti delle due sollecitazioni si sommano): t=200 mm
L’altezza utile per la flessione associata al taglio d* viene assunta pari a b =1350 mm

Verifica di idoneità della sezione


La verifica di idoneità della sezione in presenza di torsione e taglio deve essere
effettuata considerando il dominio di resistenza VRdu -TRdu. A tale scopo si valutano
separatamente i valori del taglio resistente ultimo e del momento torcente ultimo
assumendo cautelativamente ctgβ=2.0 corrispondente a β =26.56° (ctgβ + tgβ =2.5):
ν ⋅ f cd ⋅ bw ⋅ d * 0.616 ⋅17 ⋅ ( 2 ⋅ 200 ) ⋅1350
VRdu = = = 2261.95 kN
tg β + ctg β 2.5
2 ⋅ν ⋅ f cd ⋅ A 'c ⋅ t 2 ⋅ 0.616 ⋅17 ⋅1.08 ⋅106 ⋅ 200
TRdu = = = 1809.56 kNm
tg β + ctg β 2.5

Essendo a divisore delle espressioni di VRdu e TRdu una funzione di β variabile tra 2
(β=45°) e 2.9 (β=21.8°), per massimizzare la capacità portante della sezione lato
calcestruzzo occorrerebbe fissare ctgβ=1 cui seguirebbe il valore minimo della funzione a
denominatore (ctgβ+tgβ=2). Tale scelta obbligherebbe poi a progettare l’armatura con lo
stesso angolo (β=45°).
La scelta intermedia adottata (ctgβ=2) vincola l’angolo β per la progettazione
dell’armatura nell’intervallo (26.56°,45°) in modo da avere ctgβ minore o uguale di 2 e la
funzione a denominatore minore di 2.5.
La verifica della idoneità della sezione è soddisfatta fornendo la funzione di
controllo un valore minore di 1:
VSd / VRdu + TSd / TRdu = 1300 / 2261.95 + 700 /1809.56 = 0.96 [< 1]

Progetto armatura:
L’azione tagliante massima sulle pareti verticali ed orizzontali vale:
VSd,pv= VSd/2+TSd·b/2A’c= 1300·103/2+700·106·1350/2/1080000=1087.50 kN
VSd,po= TSd·a/2A’c= 700·106·800/2/1080000=259.26 kN
Allo scopo di minimizzare la quantità di staffe, si determina il valore massimo dell’angolo
β compatibile con la resistenza del puntone in calcestruzzo (ctgβ=2).
Staffe pareti verticali (Taglio + Torsione)
VSd , pv ⎛ 1087500 ⎞ 2
Asw / s = =⎜ ⎟ = 1.029 mm /mm
b ⋅ f sd ⋅ ctg β ⎝ 1350 ⋅ 391.3 ⋅ 2.0 ⎠
realizzabile con staffe Φ 12 a due bracci per ogni parete passo 200 mm
Capitolo 6. STATO LIMITE PER TORSIONE 183

Staffe pareti orizzontali (Torsione)


VSd , po ⎛ 259260 ⎞ 2
Asw / s = =⎜ ⎟ = 0.414 mm /mm
a ⋅ f sd ⋅ ctg β ⎝ 800 ⋅ 391.3 ⋅ 2.0 ⎠
realizzabile con staffe Φ 8 a due bracci per ogni parete passo 200 mm.
Armatura longitudinale pareti verticali (Torsione)

T ⋅ b ⋅ ctg β ⎛ 700 ⋅ 106 ⋅ 1350 ⋅ 2.0 ⎞ 2


Aslb = Sd =⎜ ⎟ = 2236.14 mm
6
2 ⋅ A 'c ⋅ f sd ⎝ 2 ⋅ 1.08 ⋅ 10 ⋅ 391.3 ⎠
realizzabile con 22 barre Φ 12 su ciascuna delle pareti orizzontali (2 Φ 12/135 mm).
Armatura longitudinale pareti orizzontali (Torsione)

T ⋅ a ⋅ ctg β ⎛ 700 ⋅ 106 ⋅ 800 ⋅ 2.0 ⎞ 2


Asla = Sd =⎜ 6 ⎟ = 1325.11 mm
2 ⋅ A 'c ⋅ f sd ⎝ 2 ⋅ 1.08 ⋅ 10 ⋅ 391.3 ⎠
realizzabile con 14 barre Φ 12 su ciascuna delle pareti orizzontali (2 Φ 12/133 mm).

ESERCIZIO 6.3·

Trave da ponte a sezione cava rettangolare·

Geometria
Sezione tubolare di dimensioni esterne (a,b) = (714, 235) cm. Si trascurano gli sbalzi.
184 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Materiali Calcestruzzo: fck =41.5 N/mm2: fcd = 23.51 N/mm2

Acciaio fsk =450 N/mm2 : fsd = 391.3 N/mm2


v =0.7·(1-41.5/250)= 0.58

Caratteristiche della sollecitazione

VSd = 6000 kN
TSd = 7500 kNm

Modello meccanico

Essendo gli spessori delle pareti variabili nei vari tratti (t=150 mm rispettivamente
nella parete inferiore orizzontale, t= e 350 mm nella parete superiore e nelle anime), per la
verifica della capacità portante derivante dalle bielle di calcestruzzo, il calcolo dovrà essere
ripetuto per le pareti verticali in cui la sollecitazione tagliante si somma a quella torsionale
e nella parete inferiore orizzontale in cui lo spessore è minimo.
Si definisce preliminarmente la linea d’asse della sezione tubolare per la valutazione
di A’c ed u’, per la valutazione degli sforzi nelle varie pareti.
Le dimensioni della sezione tubolare equivalente valgono pertanto:
a’ = 714-35 = 6790 mm
b’ = d*=235-35/2-15/2 = 2100 mm
A’c = 6790 · 2100 = 14.259 ⋅106 mm2
u’ = 2 · (6790+2100)=17780 mm

Verifica della idoneità della sezione assumendo β = 45°

TRdu = 2⋅ ν ⋅fcd ⋅A’c ⋅ t / (ctgβ +tgβ) = 2⋅0.58⋅23.51 14.259·106⋅350 / (1+1) = 68051 kNm
VRdu = ν ⋅ fcd⋅ bw d* /(ctgβ+ tgβ) = 0.58⋅ 23.51 ⋅700⋅ 2100 / (1+1) =10022 kN

⎛ TSd ⎞ ⎛ VSd ⎞ ⎛ 7500 ⎞ ⎛ 6000 ⎞


⎜⎜ ⎟⎟ + ⎜⎜ ⎟⎟ = ⎜ ⎟+⎜ ⎟ = 0.7089 ≤ 1
⎝ TRdu ⎠ ⎝ VRdu ⎠ ⎝ 68051 ⎠ ⎝ 10022 ⎠
La verifica di idoneità della sezione è pertanto soddisfatta con riferimento alle pareti
verticali. Per la parete orizzontale con minore spessore (t=150 mm), non sollecitata allo
s.l.u. dal taglio, si determina il momento torcente massimo tollerabile:

TRdu = 2⋅ ν ⋅fcd ⋅A’c ⋅ t / (ctgβ +tgβ) = 2⋅0.58⋅23.51 14.259·106⋅150 / (1+1) = 29165 kNm
Capitolo 6. STATO LIMITE PER TORSIONE 185

La verifica è soddisfatta essendo il momento torcente resistente maggiore del


momento torcente di progetto (TSd = 7500 kNm):

Progetto armatura staffe a taglio e torsione nelle pareti verticali


Poiché la sezione è stata verificata per quanto riguarda il calcestruzzo, si procede
direttamente al progetto delle armature..
L’armatura di staffe per taglio e torsione per β=45°risulta:
Asw,V VSd 6000000 2
= = = 7.30 mm / mm
*
s f swd ⋅ d 391.3 ⋅ 2100

Asw,T TSd 6
7500 ⋅ 10 2
= = = 0.672 mm / mm
' 6
s 2 ⋅ Ac ⋅ f swd 2 ⋅ 14.259 ⋅ 10 ⋅ 391.3

Armatura complessiva (staffe) nella singola parete verticale:


7300 2
Asw = ASw,V / 2 + ASw,T = + 672 = 4322 mm / m
2
Progetto armatura a torsione (longitudinale) nelle pareti orizzontali e verticali
Asl ,T TSd 6
7500 ⋅ 10 2
= = = 0.672 mm / mm
' 6
s 2 ⋅ Ac ⋅ f swd 2 ⋅ 14.259 ⋅ 10 ⋅ 391.3

Sintesi delle armature a taglio e torsione


- 4322 mm2/m : staffe Φ 16/90 mm a 2 bracci nelle anime;
- 672 mm2/m: staffe Φ 10/200 mm superiori ed inferiori nelle solette;
- 672 mm2/m di perimetro: barre Φ 10/200 mm superiori ed inferiori come armatura
longitudinale.
L’adozione di un angolo β inferiore a 45° permette di ridurre le staffe con il
conseguente incremento delle barre longitudinali, non particolarmente abbondanti nel caso
esaminato.
186 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Verifica della idoneità della sezione assumendo β = 35°


TRdu = 2⋅ ν ⋅fcd ⋅A’c ⋅ t / (ctgβ +tgβ) = 2⋅0.58⋅23.51 14.259·106⋅350 / 2.13 = 63897 kNm
VRdu = ν ⋅ fcd⋅ bw d* /( ctgβ+tgβ) = 0.58⋅ 23.51 ⋅700⋅ 2100 / 2.13 = 9410.32 kN

⎛ TSd ⎞ ⎛ VSd ⎞ ⎛ 7500 ⎞ ⎛ 6000 ⎞


⎜⎜ ⎟⎟ + ⎜⎜ ⎟⎟ = ⎜ ⎟+⎜ ⎟ = 0.755 ≤ 1
⎝ TRdu ⎠ ⎝ VRdu ⎠ ⎝ 63897 ⎠ ⎝ 9410.32 ⎠
La verifica è soddisfatta.
Progetto armatura staffe a taglio e torsione nelle pareti verticali
Asw,V VSd 6000000 2
= ⋅ tg β = ⋅ 0.7 = 5.11 mm / mm
*
s f swd ⋅ d 391.3 ⋅ 2100

Asw,T TSd 6
7500 ⋅ 10 2
= ⋅ tg β = ⋅ 0.7 = 0.47 mm / mm
' 6
s' 2 ⋅ Ac ⋅ f swd 2 ⋅ 14.259 ⋅ 10 ⋅ 391.3

Armatura complessiva (staffe) nella singola parete verticale:


5110 2
Asw = Asw,V / 2 + Asw,T = + 470 = 3025 mm / m
2
Progetto armatura a torsione (longitudinale) nelle pareti orizzontali
Asl ,T TSd 6
7500 ⋅ 10 2
= ' ⋅ tg β = 6 ⋅ 0.7 = 0.47 mm /mm
s 2 ⋅ Ac ⋅ f swd 2 ⋅ 14.259 ⋅ 10 ⋅ 391.3

Progetto armatura a torsione (longitudinale) nelle pareti verticali


Asl ,T TSd 6
7500 ⋅ 10 2
= ' ⋅ tg β = 6 ⋅ 1.43 = 0.96 mm /mm
s 2 ⋅ Ac ⋅ f swd 2 ⋅ 14.259 ⋅ 10 ⋅ 391.3

Sintesi delle armature a Taglio e Torsione


- 3025 mm2/m : staffe Φ 16/130 mm a 2 bracci nelle anime
- 470 mm2/m : staffe Φ 10/250 mm superiori ed inferiori nelle solette.
- 960 mm2/m di perimetro: barre Φ 10/150 mm superiori ed inferiori come
armatura longitudinale. In conclusione l’adozione di un angolo β=35° ha comportato, come
previsto, una riduzione delle armature trasversali (staffe a taglio e torsione) ed un
incremento dell’armatura longitudinale.
Capitolo 7

LO STATO LIMITE DI INSTABILITA’

7.1 Lo stato limite di instabilità


La instabilità dell’equilibrio riguarda le membrature compresse snelle, per le quali
assumono rilevanza le sollecitazioni aggiuntive associate agli spostamenti trasversali
dell’elemento, ovvero gli effetti del II ordine.
Nelle membrature in c.a., caratterizzate di regola da dimensioni delle sezioni
trasversali non trascurabili rispetto alla loro lunghezza, il problema della instabilità
dell’equilibrio è meno importante rispetto a quanto si rileva nelle strutture in acciaio,
generalmente più snelle. Esistono però varie tipologie strutturali in calcestruzzo nelle quali
la snellezza raggiunge valori elevati e la verifica deve essere effettuata tenendo conto degli
effetti del II ordine. Questa situazione si verifica ad esempio nei casi seguenti:
− pile di ponti e viadotti;
− colonne di capannoni prefabbricati;
− costruzioni prefabbricate a grandi pannelli;
− telai caratterizzati da notevoli deformabilità, spesso determinata dalla
presenza di connessioni interne parziali.
Su di un piano più generale va considerato inoltre che la crescente utilizzazione di
calcestruzzi ad alta resistenza, portando a sezioni rette di dimensioni più contenute, rende
più importante l’entità delle sollecitazioni del II ordine ed i conseguenti problemi di
instabilità dell’equilibrio.

7.2 La stabilità dell’equilibrio elastico

Con riferimento alla membratura di Fig. 7.1 (trave di Eulero) ed ipotizzando un


comportamento lineare indefinito del materiale con un carico assiale centrato, il valore
dello sforzo normale per il quale si verifica la biforcazione dell’equilibrio, ovvero per il
quale accanto alla situazione rettilinea indeformata l’asta ammette configurazioni inflesse di
ampiezza indefinita (instabilità), è definito dalla relazione di Eulero:
188 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

π 2 EI π 2 EA
N cr = = (7.1)
L0
2
λ2

dove Ncr è detto carico critico euleriano. In tale relazione la quantità

L0 βL
λ= = (7.2)
i i

si definisce snellezza dell’asta, con L0 la lunghezza libera di inflessione (distanza tra due
punti di flesso successivi della deformata flessionale) ed i il raggio di inerzia della sezione
retta nel piano di inflessione ( i = I/A ). Il carico critico euleriano Ncr diminuisce
proporzionalmente al quadrato della snellezza λ, per cui appare evidente che al crescere
della snellezza degli elementi cresce rapidamente il pericolo dell’instabilità.
q(z)
Ng Ng
e1 z e1
x O
h
v(y,z,t)
y
L
y

Fig. 7.1: Trave elastica con carico assiale


In presenza di flessione lungo l’asse dell’elemento determinata da carichi laterali o
eccentricità del carico assiale, la deformata flessionale compare per valori delle azioni
esterne di qualunque entità, ma il carico critico euleriano rappresenta ugualmente il valore
del carico assiale per il quale gli spostamenti diventano incontrollabili raggiungendo la
situazione limite di perdita di equilibrio per instabilità.
Prima però di raggiungere il carico critico, per valori del carico assiale significativi
(generalmente si assume N/Ncr > 0.1, come vedremo in seguito), si è in presenza di non
linearità geometrica, e pertanto l’usuale analisi del I ordine non è sufficiente a definire
compiutamente lo stato di sollecitazione delle sezioni, ma occorre considerare anche le
sollecitazioni del II ordine; si tratta di valutare l’equilibrio con riferimento alla
configurazione deformata delle membrature e delle strutture, considerando le sollecitazioni
aggiuntive prodotte dal carico assiale per gli spostamenti trasversali. In tal modo la crisi
dell’elemento può verificarsi, a causa del raggiungimento delle condizioni ultime nella
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 189

sezione più sollecitata, anche per valori delle azioni esterne considerevolmente inferiori a
quelle corrispondenti alla condizione di collasso in presenza di soli effetti del I ordine.
E’ importante ricordare che dalla risoluzione dell’equazione differenziale di
equilibrio dell’asta di Eulero(1), in presenza di una data distribuzione di momenti del I
ordine MI, si ricava che il momento totale comprensivo delle sollecitazioni del II ordine può
esprimersi mediante la relazione:

MI MI
M = = =ψ ⋅ M I (7.3)
1 − N / N cr 1 − 1 / α cr

essendo ψ=1/(1 − 1/αcr) il fattore di amplificazione che tiene conto degli effetti del II
ordine.
Questa relazione, dedotta in realtà per un comportamento elastico-lineare del
materiale, può essere estesa al campo non lineare con opportune correzioni e risulta in ogni
caso molto utile in quanto fornisce l’amplificazione delle sollecitazioni provocata dalla non
linearità geometrica in funzione del parametro caratteristico rappresentato dal rapporto αcr
tra il carico critico euleriano Ncr ed il carico normale N della membratura.

7.3 La stabilità di colonne snelle in calcestruzzo armato


Per valutare il comportamento deformativo delle membrature in calcestruzzo armato,
occorre considerare anche la non linearità di tipo meccanico. Infatti le sezioni, a causa dei
legami costitutivi non lineari dei materiali e comunque caratterizzati da una resistenza
finita, hanno una capacità di resistenza limitata, espressa ad esempio mediante i domini di
interazione (Nu, Mu) allo stato limite ultimo: pertanto la crisi in presenza di effetti del II
ordine sopraggiunge in genere per livelli di carico ben inferiori al carico critico euleriano a
causa dell’esaurimento delle capacità di resistenza delle sezioni.
Il comportamento di elementi snelli in c.a. al variare della snellezza degli elementi è
sintetizzato nella Fig. 7.2, in cui è riportato un dominio di interazione (Nu, Mu) e le curve di
evoluzione delle sollecitazioni nella sezione critica di una colonna soggetta a carico
normale con assegnata eccentricità e1 del I ordine, considerata costante lungo l’asse:
a) se gli spostamenti trasversali sono trascurabili (N<<Ncr fino al collasso), il momento vale
M = N e1 e la legge di evoluzione N - M al crescere di N è lineare: la crisi della colonna
si verifica quando la retta 1 interseca il dominio di resistenza; in tal caso la colonna si
comporta come colonna definibile tozza e gli effetti del II ordine sono trascurabili;
b) se invece la colonna è snella, gli spostamenti trasversali diventano importanti e la legge

(1) Tale relazione si ottiene eseguendo uno sviluppo in serie di Fourier della funzione spostamento e
della funzione momento ed arrestandosi al primo termine dello sviluppo. (Cfr Vol. Ia, par.6.4)
190 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

di evoluzione dei momenti è M = N·(e1 + v); tale legame è in realtà non lineare in quanto
gli spostamenti laterali v della colonna aumentano, per di più in modo più che lineare, al
crescere del carico assiale, a causa delle non linearità geometrica e meccanica; la crisi
sopraggiunge quando la curva 2 interseca il dominio di interazione, per esaurimento
della resistenza dell’elemento; questo comportamento è quello più frequente nelle
strutture snelle in c.a.;
c) se infine l’elemento è particolarmente snello, allora raggiunge la crisi per perdita
dell’equilibrio prima che si abbia l’esaurimento delle capacità di resistenza (N raggiunge
Ncr prima del collasso): questo tipo di instabilità può aversi in membrature molto snelle,
in realtà poco frequenti nelle costruzioni civili (caso 3).

Fig. 7.2: Curve di evoluzione delle sollecitazioni per elementi snelli

Il comportamento delle strutture in c.a. sensibili agli effetti del II ordine dipende da
vari fattori, che possono essere riassunti così come descritto nel seguito.
1) Il grado di vincolo agli spostamenti laterali dell’intera struttura, in base al quale le
strutture si dividono in strutture a nodi fissi (Fig. 7.3a) ed a nodi mobili (Fig. 7.3b).
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 191

Fig. 7.3: Telaio a nodi fissi (a) e mobili (b)

2) La snellezza degli elementi, che può essere espressa dalla snellezza geometrica L0/h,
essendo L0 = β·L la lunghezza libera di inflessione ed h la dimensione della sezione nel
piano di inflessione, o dal rapporto di snellezza (detta anche più semplicemente
snellezza) pari a λ = L0/i; la lunghezza libera di inflessione a sua volta dipende dalle
condizioni di vincolo agli estremi della colonna e dal grado di vincolo laterale
dell’intera struttura, a nodi fissi (Fig. 7.4) o a nodi mobili (Fig. 7.5).
192 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

Fig. 7.4: Lunghezze libere di inflessione di aste in telai a nodi fissi

Fig. 7.5: Lunghezze libere di inflessione di aste in telai a nodi spostabili

3) L’eccentricità del I ordine e/h del carico negli estremi e lungo l’asse dell’elemento
(Fig. 7.6).
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 193

Fig. 7.6: Eccentricità di uguale segno(a) o contrapposte (b)

4) Il comportamento meccanico dei materiali, da cui dipende la resistenza delle sezioni


rette e la rigidezza flessionale degli elementi, sintetizzato dal diagramma momento-
curvatura (M, 1/r) a sforzo normale costante (Fig. 7.7).
194 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

DIAGRAMMA MOMENTO-CURVATURA
0.40
M 0.35
bh2fcd
0.30
0.25

0.20
ν = 0.30
0.15
ω = ω ’ = 0.30
0.10
ISTANTANEO

0.05 VISCOSO

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
1/r (x 1000)
Fig. 7.7: Diagramma momento-curvatura a sforzo normale costante

5) La presenza di carichi permanenti capaci di produrre effetti viscosi (carichi di lunga


durata) che, a causa della viscosità del calcestruzzo, provoca incrementi degli
spostamenti laterali del I ordine e conseguentemente degli effetti del II ordine.
La viscosità del calcestruzzo rappresenta, come è noto, il fenomeno per il quale si
incrementano nel tempo le deformazioni istantanee prodotte da tensioni costanti o variabili
lungo la vita della struttura. Un tale comportamento può essere visualizzato a livello di
legame costitutivo come nella Fig. 7.8, dove sono riportati sia il legame costitutivo σ-ε non
lineare istantaneo del calcestruzzo che quello teorico a tempo infinito in presenza di effetti
viscosi con tensione costante nel tempo; quest’ultimo rappresenta la deformazione
raggiunta nel calcestruzzo a tempo infinito se la tensione corrispondente si mantenesse
costante nel tempo. Una trattazione semplificata del fenomeno, consiste nel valutare le
deformazioni al tempo t in funzione di quelle al tempo iniziale di caricamento t0 mediante la
relazione lineare:
ε c (t ) = ε c (t0 ) ⋅ (1 + ϕ ) (7.4)
in cui il coefficiente di viscosità ϕ, che rappresenta la capacità viscosa del materiale, è pari
al rapporto tra deformazione viscosa e deformazione elastica. Esso è funzione delle
caratteristiche del materiale, del grado di maturazione del calcestruzzo all'atto
dell’applicazione dei carichi permanenti, delle condizioni termo-igrometriche dell’ambiente
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 195

esterno, della geometria dell’elemento strutturale. I valori usuali di ϕ sono compresi


nell'intervallo (2, 3), ma sono possibili valori superiori; le normative forniscono relazioni
dettagliate per la valutazione di ϕ in funzione dei vari parametri influenti (cfr. Vol. Ia,
par.2.6).
σc
t = to t > to
fc

σc
fase istantanea
fase viscosa

εc
ε (to) εcu εcu (1 + φ )
ε (to)(1 + φ )
Fig. 7.8: Legame σ-ε non lineare, istantaneo e viscoso
Dal punto di vista strutturale, nei problemi di instabilità di membrature in c.a., la
viscosità del calcestruzzo è responsabile di una maggiore deformabilità degli elementi e
quindi della struttura, determinando incrementi degli spostamenti del I ordine, e quindi
delle sollecitazioni del II ordine, che possono diventare molto significativi.
Nelle Fig. 7.9 ÷ Fig. 7.12 sono riportati, per colonne singole incastrate al piede e
libere in sommità, le curve rappresentative del carico critico euleriano Ncr e del carico
ultimo Nu adimensionali (v = N/b⋅h⋅fcd) al variare della snellezza geometrica L/h e per
alcuni valori dei parametri rilevanti: eccentricità del carico e/h, percentuale meccanica di
armatura ω, coefficiente di viscosità ϕ. Si può osservare come i valori del carico ultimo
sono sempre inferiori al carico critico euleriano a causa, come detto, dei legami costitutivi
non lineari e limitati dei materiali rispetto al comportamento elastico indefinito ipotizzato
nell'asta di Eulero. Inoltre si osserva che l’influenza della viscosità è fortemente ridotta in
presenza di forte eccentricità del I ordine (ad esempio variabile nell’intervallo e/h =0.10
÷0.50) in quanto la sezione fessurata è meno sensibile alla viscosità; gli effetti del II ordine
si riducono altresì in presenza di forti armature per il vincolo esercitato dalle stesse nei
confronti delle deformazioni viscose (armature in figura variabili nell’intervallo
ω=0.10÷0.50).
196 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

4
e1 N ω =0.10
ν
e1/h =0.10
3 L
fck =25
fsk =430
2
φ νE
0
1
1 2
3 νu

0
0 5 10 15 20 25 L/h 30
Fig. 7.9: Carico critico ed ultimo per ω=0.10 ed e1 /h=0.10

4
e1 N ω =0.10
ν
e1/h =0.50
3 L
fck =25
fsk =430
2
νE

φ
1
0
1
2 νu
3
0
0 5 10 15 20 25 L/h 30

Fig. 7.10: Carico critico ed ultimo per ω=0.10 ed e1 /h=0.50


Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 197

4
e1 N ω =0.50
ν
e1/h =0.10
3 L
fck =25
fsk =430
νE
2
φ
0
1 νu
1 2
3

0
0 5 10 15 20 25 L/h 30
Fig. 7.11: Carico critico ed ultimo per ω=0.50 ed e1 /h=0.10

4
e1 N ω =0.50
ν
e1/h =0.50
3 L
fck =25
fsk =430
νE
2
φ
0
1
1 2
3 νu

0
0 5 10 15 20 25 L/h 30
Fig. 7.12: Carico critico ed ultimo per ω=0.50 ed e1 /h=0.50
198 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

7.4 Classificazione delle strutture sensibili agli effetti del II


ordine
In molte normative, ai fini della verifica di stabilità, le strutture vengono suddivise in
controventate o non controventate a seconda della presenza o meno di elementi di
controvento. Tuttavia tale classificazione può non essere significativa in presenza di
controventi particolarmente deformabili in quanto in tal caso gli effetti del II ordine
possono essere comunque rilevanti.
Più significativa, ai fini della verifica strutturale, appare la suddivisione in strutture a
nodi fissi o a nodi mobili. Tale classificazione, più che fare riferimento a caratteristiche
tipologiche dello schema strutturale, fa riferimento direttamente alla sensibilità della
struttura agli effetti del II ordine indotti dagli spostamenti nodali.
I metodi di verifica delle strutture snelle sono pertanto basati su di una preliminare
valutazione della sensibilità agli effetti del secondo ordine in base alla quale si individuano
generalmente tre casi:
a) strutture poco sensibili agli effetti del II ordine;
b) strutture sensibili agli effetti del II ordine;
c) strutture con elevati effetti del II ordine.
Tale valutazione preliminare si esegue in maniera apparentemente diversa per le aste
singole, ovvero prive di collegamenti elastici con le rimanenti parti della struttura, e per le
strutture nel loro complesso. Nel primo caso, ovvero per le aste singole, il criterio generale
sopra descritto viene tradotto in limiti sulle snellezze. Procedure specifiche sono previste
invece per le strutture intelaiate a maglie rettangolari, che costituiscono una delle tipologie
più diffuse nella pratica costruttiva; per esse si propongono frequentemente metodi
semplificati per la valutazione della appartenenza della struttura ad una delle classi sopra
citate.
Una volta definito l’ambito di appartenenza, per le aste singole e per le strutture di
tipo a) non si richiede la valutazione degli effetti del II ordine trascurandone gli effetti o
considerandoli in maniera forfetaria, per quelle di tipo b) si richiede la verifica previo la
valutazione di tali effetti anche con metodi approssimati; per le aste e le strutture di tipo c),
infine, si prescrivono metodi accurati di verifica o se ne sconsiglia del tutto l’uso.
L’entità degli effetti del II ordine (spostamenti, sollecitazioni) che individua il
passaggio dal tipo a) al tipo b) di struttura, è generalmente assunta pari al 10% degli effetti
corrispondenti del I ordine; più varia nelle diverse normative è la definizione della frontiera
tra le strutture di tipo b) e c).

7.4.1 Aste singole


Una valutazione indiretta dell’entità degli effetti del secondo ordine si può effettuare
attraverso il moltiplicatore critico del carico assiale negli elementi compressi. Il fattore ψ
che in una struttura elastica esprime l’entità degli effetti del II ordine, utilizzando solo il
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 199

primo termine dello sviluppo in serie di seni della soluzione della equazione differenziale
dell’asta caricata di punta, è riportato in (7.3), in funzione del moltiplicatore critico dei
carichi αcr .
Se si considera la colonna con diagramma lineare di momento variabile tra il valore
N⋅e1 ed il valore N⋅e2, con il primo maggiore del secondo, una formulazione più accurata
del coefficiente ψ, derivata in maniera analoga al caso di solo carico assiale utilizzando solo
il primo termine dello sviluppo in serie, è fornita dalla espressione seguente:

α cr ⎧⎪ 1 ⎡4 e 8 ⎛ e ⎞ ⎤ ⎫⎪
ψ= ⋅ ⎨1 + ⋅ ⎢ ⋅ 2 + 2 ⎜⎜1 − 2 ⎟⎟ − 1⎥ ⎬ (7.5)
α cr − 1 ⎪⎩ α cr ⎢⎣ π e1 π ⎝ e1 ⎠ ⎥⎦ ⎪⎭

Noto pertanto il moltiplicatore critico dei carichi, è possibile conoscere con buona
precisione l’entità degli effetti del II ordine che occorre prevedere.
Nelle strutture in c.a. la valutazione del carico critico è però resa complessa dalla
forte non linearità del comportamento delle aste singole e delle strutture intelaiate, dovuta
sia al legame costitutivo del calcestruzzo non lineare in compressione sia, prevalentemente,
alla fessurazione che modifica in maniera significativa la rigidezza flessionale delle
membrature. Pertanto le formulazioni normative, pur ispirandosi alla stessa filosofia
facendo affidamento sul moltiplicatore critico per definire l’entità degli effetti del II ordine,
assumono aspetti talora diversi nell’intento di tener conto in maniera semplificata della non
linearità meccanica delle membrature.
Alcune normative prediligono la massima semplicità possibile nel definire una serie
di casi in cui le verifiche del II ordine, sempre relativamente complesse, possono essere
evitate. La grande semplicità, che sembra essere l’obbiettivo di tali proposte, insieme alla
necessaria cautela nel definire un metodo che escluda dalla analisi del II ordine solo i casi
in cui tali effetti siano effettivamente trascurabili, ha però come contropartita talora una
eccessiva cautela, nel senso che sulla base di tali proposte sono considerati esclusi dalla
analisi del II ordine solo membrature i cui effetti sono assai piccoli, al più di qualche
percento, in altri casi una scarsa affidabilità accomunando nelle stesse modalità di verifica
casi con piccoli effetti del II ordine e casi con amplificazioni significative dei momenti del I
ordine.
Si citano al riguardo il D. M. 14/2/92 e precedenti che, nell’ambito del metodo di
verifica alle tensioni ammissibili, fissa il limite di 50 sulla snellezza delle membrature al di
sotto del quale non occorre tener conto degli effetti del II ordine, e le norme americane ACI
che fissano un limite analogo anche se molto più basso (λ ≤ 22). Il primo limite è talora non
conservativo, il secondo è molto conservativo per carichi assiali modesti ed alti livelli di
armatura, è non conservativo per valori medi ed elevati del carico assiale.
Altre norme fissano limiti più articolati con l’intento di fornire un discriminante più
accurato tra i casi in cui occorre o non occorre una analisi del II ordine. Si citano al
riguardo il D.M. ‘96 e l’EC2 (edizione ’90 nel seguito EC2 ‘90) che propongono
formulazioni diverse ma comunque più complesse di quelle precedenti per definire il campo
in cui gli effetti del II ordine sono trascurabili.
200 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

Secondo l’EC2 ‘90 una colonna isolata si deve considerare snella se la sua snellezza
supera il valore λ* appresso definito:

⎛ 15 ⎞⎟
λ* = max⎜ 25, (7.6)
⎜ ν u ⎟⎠

essendo vu = Nsd/Acfcd il carico normale di calcolo adimensionalizzato.

In genere, per esigenze di calcolo, sono considerate isolate anche colonne appartenenti
a telai a nodi fissi, che possono essere soggette ad eccentricità variabili lungo l’elemento
dal valore e01 [=M1/N] al valore e02 [=M2/N]; in tal caso il limite di snellezza al di sotto del
quale non è richiesta la verifica è fornito dalla relazione:

⎛ e01 ⎞
λ* = 25 ⋅ ⎜⎜ 2 − ⎟
⎟ (7.7)
⎝ e02 ⎠

che ovviamente aumenta passando dal caso di eccentricità costante a quello di eccentricità
bitriangolare (Fig. 7.13).

(a) (b) (c)


λcrit
Nsd
75
e01
50

e02
25
Nsd Vincolo e01
elastico e02
0
Pilastro +1 0 -1
in esame e01
e02
(a) Sistema strutturale
(b) Idealizzazione della colonna considerata
(c) Rapporto di snellezza critico λcrit

Fig. 7.13: Limiti di snellezza per elementi isolati con estremità vincolate rigidamente o
elasticamente in strutture a nodi fissi
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 201

Il D.M. LL.PP. 9/1/1996 fornisce una espressione diversa per la stessa snellezza:
1 + 15 ⋅ ρ
λ* = 60 ⋅ (7.8)
N Sd /A c

Queste formulazioni, significativamente diverse, possono vedersi entrambe come


derivate dalla condizione che gli effetti del II ordine, in aste con la snellezza pari a quella
limite λ*, siano pari al 10% dei corrispondenti effetti del I ordine. Infatti uguagliando il
coefficiente ψ definito nella (7.3) ad 1.1, e risolvendo rispetto alla snellezza λ=Lo/i con le
seguenti ipotesi:
− si trascura il contributo all’inerzia dell’armatura,
− si pone davanti al modulo di rigidezza della sezione di solo calcestruzzo il
coefficiente riduttivo 0.20 per tener conto della fessurazione e del
comportamento non lineare del calcestruzzo,
− si assume il rapporto tra modulo elastico di progetto e resistenza di progetto
del calcestruzzo, includendo effetti viscosi, pari a 1250,
si ottiene un limite sulla snellezza poco diverso da quello fornito dall’EC2 ’90:
2
0.20 ⋅ π ⋅ E cd 1 1
λ* = ⋅ ≅ 15 (7.9)
11 ⋅ f cd N Sd / (A c ⋅ f cd ) N Sd / (A c ⋅ f cd )

Diversamente:
− considerando l’apporto dell’armatura nella valutazione del momento di inerzia
con un copriferro cautelativo pari a 0.1 h,
− assumendo un coefficiente riduttivo davanti al modulo di rigidezza EI1 (di
sezione non fessurata) pari a 0.20,
− assumendo un modulo elastico di progetto (Ecd=Ecm/1.2) pari a 20.000 N/mm2,
per armature correnti si ottiene:

0.20 ⋅ π 2 ⋅ E cd 1 + 1.92 ⋅ n ⋅ ρ 1 + 15 ⋅ ρ
λ* = ⋅ ≅ 60 (7.10)
11 N Sd / (A c ) N Sd / (A c )

Si osserva che il modulo elastico di progetto pari a 20.000 Nmm-2 è caratteristico di


un calcestruzzo di classe intermedia (fck=25).
Entrambe le precedenti definizioni della snellezza λ* si basano su di una definizione
convenzionale del modulo di rigidezza EI della sezione per tener conto dell’effetto della
fessurazione, assunto pari al 20% di quello della sezione di solo calcestruzzo nel primo
caso, o di quello della sezione omogeneizzata non fessurata nel secondo. Tuttavia tali
riduzioni forfetarie non tengono conto in maniera adeguata dei parametri del problema con
l’intento di fornire formulazioni di semplice uso; nel primo caso inoltre si prescinde dalla
armatura, che fornisce un contributo non trascurabile, con la parziale giustificazione che
nelle fasi iniziali di progetto questa non è sempre definita.
202 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

Una formulazione alternativa può essere ricavata facendo riferimento al modulo di


rigidezza EI della sezione fessurata in assenza di sforzo assiale. La scelta della rigidezza in
flessione pura ha infatti la prerogativa di rappresentare una rigidezza minima nel campo
della pressoflessione in quanto al crescere dello sforzo normale di compressione aumenta
la sezione reagente e l’inerzia corrispondente.
La scelta di valutare gli effetti del II ordine sulla base della rigidezza delle sezione
fessurata in flessione semplice viene effettuata nelle norme ACI 318-89 che a tale scopo
prescrivono l’utilizzo di un momento di inerzia convenzionale I2’ poco diverso da I2.
I2’ = 0.2 Ic + n Is > 0.4 Ic
essendo Ic ed Is i momenti di inerzia baricentrici del solo calcestruzzo e dell’armatura
rispettivamente, ed n il rapporto tra modulo elastico del ferro ed istantaneo del calcestruzzo.

2.25

2.00
h
1.75 d’ I1 I’2
1.50 b

1.25 I2
I/I c

Ic IACI
1.00

0.75

0.50 0.20I1

0.25
0.20I c
0
0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05
ρ = As /A c
Fig. 7.14: Momenti di inerzia al variare della percentuale di armatura
In Fig. 7.14 sono riportati a confronto gli andamenti al variare della percentuale di
armatura dei momenti di inerzia I1, I2 , I2’, 0.2 I1,0.2 Ic, opportunamente adimensionalizzati
rispetto ad Ic. Si osservano gli andamenti fortemente differenziati dei diversi parametri di
rigidezza ed in particolare che gli andamenti di 0.20 Ic e 0.20 I1 sono significativamente più
bassi di I2 per percentuali di armatura usuali.
Pertanto, assumendo per l’inerzia I2 l’espressione approssimata molto vicina al
valore esatto:
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 203

'
⎣ ( 2
) ⎦ (
I 2 = 0.1 ⋅ Ic ⋅ ⎡ 1 + 36 ⋅ 1 − 4 ⋅ δ + 4 ⋅ δ ⋅ n ⋅ ρ ⎤ = 0.1 ⋅ Ic ⋅ 1 + k δ ⋅ n ⋅ ρ ) (7.11)

con δ copriferro adimensionalizzato rispetto alla altezza della sezione, si può ricavare dalla
(7.3) la seguente espressione per il valore discriminante della snellezza:
2
0.01 ⋅ π ⋅ E cd 1 + kδ ⋅ n ⋅ ρ E cd 1 + 24 ⋅ n ⋅ ρ
λ* = ⋅ ≅ 0.30 ⋅ (7.12)
1.1 ⋅ f cd N Sd /(A c ⋅ f cd ) f cd N Sd /(A c ⋅ f cd )

Nelle precedenti espressioni il coefficiente di omogeneizzazione n è il rapporto tra il


modulo elastico dell’acciaio ed il modulo elastico istantaneo del calcestruzzo in quanto
occorre definire il modulo di rigidezza per deformazioni istantanee EcdI2’ mentre il
comportamento viscoso del materiale può essere tenuto in conto, come si vedrà nel seguito,
con un incremento della deformata del primo ordine; il valore 24 assunto per il coefficiente
kδ è conservativo per un copriferro adimensionalizzato non superiore a 0.10.
Per tener conto dell’influenza dell’andamento dei momenti sull’entità percentuale
degli effetti del II ordine, si può ricavare la snellezza λ* in funzione del rapporto delle
eccentricità e2/e1 (cfr. 7.5). Si ottiene in tal caso:

0.1 E cd 1 + 24 ⋅ n ⋅ ρ
λ* = ⋅ ⋅ (7.13)
0.91 + 0.46 ⋅ (e 2 /e1 ) f cd N Sd /(A c ⋅ f cd )

Considerando i tre valori del rapporto e2/e1 = 0, 0.4, 1.0, il primo termine della (7.13)
funzione del rapporto e2/e1 assume i valori: 0.2994, 0.2754, 0.2482 in luogo del valore 0.3
fornito nella relazione (7.12). Lo scarto tra la condizione più gravosa (e2/e1=1) e la
condizione meno gravosa (e2/e1= 0) è circa del 17% in termini di snellezza.
La maggiore complicazione della formula consente tuttavia di ampliare il campo di
applicazioni in cui si può prescindere dalla valutazione degli effetti del II ordine,
risparmiando operazioni di complessità generalmente superiore.
Gli andamenti delle snellezze λ* nelle diverse formulazioni sono riportati in Fig.
(7.15 ) nel caso e2/e1 = 0.4.
In essa oltre alla snellezza valutata con la (7.13) denominata λMISF (Metodo
dell’Inerzia della Sezione Fessurata) è riportata la snellezza Proposta pari al 90 % della
precedente (λPROP=0.9 λMISF).
Questa correzione è stata introdotta a valle di una analisi numerica volta a verificare
l’entità reale degli effetti del II ordine per λ = λ* in un esteso campo parametrico in cui si è
fatta variare l’eccentricità (e2/e1 = 0.0÷1.0), la resistenza caratteristica del calcestruzzo
(fck=20÷50 N/mm2), il carico assiale (ν=0.1÷0.7), la percentuale di armatura
(ρ=0.005÷0.05), il copriferro adimensionalizzato (d’/h=0.05-0.10).
204 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

100
e 2 /e 1= 0.40 C.N.R. Boll. 89/82
90
fck= 20 N/mm2 D.M. 09/01/96
80 ρ = 0.01 EUROCODICE 2
70 A.C.I. 318/89

60 M.I.S.F.
PROPOSTA
*

50
λ

40
30
20
10
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0

ν = N/Acf cd
Fig. 7.15: Snellezza λ* nelle varie formulazioni

Con l’introduzione di tale correzione la snellezza garantisce il rispetto del criterio


generale che vuole gli effetti del secondo ordine inferiori al 10% di quelli del primo ordine
in tutto il campo parametrico esaminato. Inoltre si osserva che la snellezza sopra definita
fornisce valori degli effetti del II ordine con una minore variabilità rispetto alle altre
formulazioni al variare dei parametri da cui essa dipende.
In figura 7.15, oltre alle curve relative alle normative citate, è anche riportato
l’andamento ottenibile seguendo le istruzioni CNR Boll. 89/82, che indicano:
1 + 15 ⋅ ρ 1
λ* = 15 ⋅ ⋅ (7.14)
0.6 ⋅ N /( Ac ⋅ f cd ) f cd / 17.5

con la resistenza espressa in N/mm2.


In tale confronto si osserva che la formulazione proposta si colloca al di sotto della
CNR ’82, ed al di sopra delle rimanenti, permettendo una economia nella progettazione, pur
in aderenza ai requisiti di sicurezza enunciati dalla generalità delle normative.
La definizione della snellezza limite contenuta nella recente nuova versione
dell’EC2 (edizione 2005) appare ancora diversa.
La espressione fornita per gli elementi isolati è la seguente:
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 205

1 ⎛ 1 ⎞
λ* = 20 ⋅ A ⋅ B ⋅ C ⋅ = 20 ⋅ ⎜ ⎟ ⋅ 1 + 2 ⋅ ω ⋅ (1.7 − rm ) ⋅ 1 (7.15)
vu ⎜ 1 + 0.2 ⋅ ϕ eff ⎟ vu
⎝ ⎠
In tale relazione il coefficiente A, che si può assumere in via semplificata pari a
0.7, esprime l’influenza della viscosità sulla definizione della snellezza; in particolare il
coefficiente A fornisce valori limiti per la snellezza minori al crescere della viscosità.
I valore φeff da cui dipende il coefficiente A è denominato coefficiente di viscosità
efficace e viene espresso in funzione del coefficiente di viscosità φ(∞.,to) a tempo infinito
della membratura e del rapporto tra sollecitazione flettente significativa di servizio per
carichi semipermanenti MEqp e corrispondente momento allo s.l.u. MEd:
M Eqp
ϕ eff = ϕ (∞,t o ) (7.16)
M Ed

Il coefficiente B esprime l’influenza della armatura longitudinale attraverso la


percentuale meccanica della armatura complessiva ω, incrementando la snellezza limite al
crescere dell’armatura. In fase di progetto si può assumere B = 1.1.
Nel caso di elementi isolati, il coefficiente C deve essere valutato in funzione del
parametro rm.=M01/M02, essendo M01 ed M02 i momenti del I ordine agli estremi della
membratura con M01 < M02 in valore assoluto. Il segno dei momenti sopra indicati è quello
delle eccentricità corrispondenti, ovvero entrambi positivi o negativi se tendono la
membratura dallo stesso lato, di segno opposto nei casi rimanenti.
In particolare si ottiene:
- per M01 = M02 rm = 1 C = 0.7
- per M01 = 0 rm = 0 C = 1.7
- per M01 = -M02 rm = -1 C = 2.7
Per elementi appartenenti a strutture intelaiate il valore consigliato per il coefficiente
C è 0.7 (rm= 1) nei casi appresso riportati:
- per telai a nodi mobili;
- per telai a nodi fissi soggetti solo a momenti del I ordine o a momenti dovuti
prevalentemente ad imperfezioni od a carichi trasversali.
Per elementi soggetti a momento flettente valutato tenendo conto degli effetti del II
ordine globali, il coefficiente C può essere valutato come per gli elementi isolati.

7.4.2 Le strutture intelaiate


Passando dalle aste alle strutture si osserva che, in presenza o meno di elementi di
controvento, una struttura viene considerata a nodi fissi se le sollecitazioni aggiuntive
indotte dagli spostamenti dei nodi sono trascurabili. Ad esempio l’Eurocodice considera <a
nodi fissi> i telai piani in cui gli spostamenti valutati utilizzando la teoria del I ordine
determinano incrementi non superiori al 10% delle sollecitazioni calcolate con la teoria
lineare. Ovviamente, in presenza di controventi costituiti da pareti di taglio o da nuclei di
206 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

notevole rigidezza, si può ritenere che la struttura sia a nodi fissi a priori. A tal proposito si
può fornire un criterio approssimato riportato nell’EC2 2005 per stabilire se il controvento è
efficace nel contrastare gli spostamenti orizzontali. Esso consente di ritenere a nodi fissi le
strutture multipiano con n piani per le quali sia verificato il controllo seguente:

Fv ≤ k1
n

∑E cd ⋅ Ic
(7.17)
n + 1.6 L 2

Nella relazione (7.17) il valore consigliato di k1 è 0.31 mentre:


- L rappresenta l’altezza totale dell’edificio al di sopra del vincolo flessionale;
- Ecd è il modulo elastico di progetto del calcestruzzo (Ecd = Ecm /1.2);

- Ic rappresenta la somma delle rigidezze flessionali degli elementi di controvento


(pilastri o pareti di controvento)
- Fv la somma di tutti i carichi verticali (agenti sui controventi e sugli elementi
controventati) in condizioni di esercizio.
La precedente relazione semplificata è applicabile quando sono verificate alcune
condizioni di regolarità. In particolare:
- la struttura deve essere approssimativamente simmetrica in pianta ovvero i
fenomeni di instabilità torsionale devono essere trascurabili;
- le deformazioni da taglio degli elementi di controvento devono essere trascurabili;
- gli elementi di controvento devono essere incastrati al piede;
- la inerzia dei controventi deve essere costante lungo l’altezza;
- il carico verticale varia lungo l’altezza con regolarità.
Se si può ritenere che allo S.L.U. i controventi siano ancora non fessurati, il
coefficiente k1 può essere assunto pari a 0.62.
Qualora la relazione 7.17 non sia applicabile per il mancato rispetto delle richiesta
condizioni di regolarità, per valutare se il generico telaio multipiano a maglie rettangolari è
da considerare a nodi fissi o a nodi mobili, e quindi se occorre tener conto degli effetti del II
ordine globali (connessi agli spostamenti di piano) ovvero è sufficiente un’analisi locale
(all’instabilità della membratura considerando fissi i nodi di estremità), può essere
conveniente utilizzare l’indice globale di stabilità Q per l’intera struttura. Tale indice si
ricava a partire dagli indici di piano Qi definiti nel seguente modo:

Qi =
∑N Sd ⋅ ∆ 0i
(7.18)
TSd ⋅ hi
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 207

essendo:
∑ NSd = sforzo normale complessivo di piano al piano i-esimo;
TSd = tagliante di piano al piano i-esimo;
∆0i = spostamento relativo tra il piano i-esimo ed il piano i-1 per effetto delle azioni
di progetto (I ordine);
hi = altezza d’interpiano.
I coefficienti Qi sopra definiti, calcolati considerando una rigidezza delle aste
convenzionalmente non fessurate, rappresentano il rapporto tra i momenti aggiuntivi
complessivi di piano del II ordine prodotti dallo sforzo normale di piano (∑NSd per gli
spostamenti relativi ∆0i ) ed i momenti prodotti dai taglianti di piano TSd (TSd hi), cioè i
momenti di piano del I ordine.
L’indice di stabilità Q si definisce allora come il massimo dei valori Qi valutati
piano per piano.
Si osserva che l’indice di stabilità rappresenta una stima abbastanza precisa
dell’inverso del moltiplicatore critico dei carichi αcr, (Q ≅ 1/αcr ), per il quale si avrebbe
divergenza dell’equilibrio nella generica struttura; pertanto, in analogia a quanto ricavato
per l’asta caricata assialmente, il coefficiente ψ appresso definito:

1 1
ψ = ≅ (7.19)
1 − Q 1 − 1 / α cr

costituisce il fattore amplificativo delle sollecitazioni del I ordine per effetto degli
spostamenti dei nodi.
La relazione tra indice di stabilità Q e moltiplicatore critico dei carichi spiega come
lo stesso possa essere usato per valutare la sensibilità delle strutture agli effetti del II
ordine.
In genere nelle costruzioni metalliche si impone che il moltiplicatore critico sia
α cr ≥ 5 (Q ≤ 0.20) , in modo da avere un coefficiente di sicurezza non inferiore a 5 nei
confronti dell’instabilità globale, e si ammette di trascurare gli effetti del II ordine globali
quando α cr ≥ 10 (Q ≤ 0.10) .
Nelle strutture in c.a. il valore minimo di Q per il quale non occorre considerare
effetti del II ordine deve essere più piccolo ( Q ≤ 0.04 in accordo alle norme A.C.I.,
equivalente ad un moltiplicatore critico α cr ≥ 25 ). La scelta di un valore di soglia per il
coefficiente Q più piccolo dipende dal fatto che la valutazione di Q è effettuata ipotizzando
un comportamento elastico-lineare per la struttura nel suo complesso, mentre il c.a. è
caratterizzato da un comportamento non lineare sia in compressione che, soprattutto, in
trazione a causa della fessurazione.
Se la struttura è da classificare a nodi mobili, il calcolo delle sollecitazioni deve
essere condotto tenendo conto anche degli effetti degli spostamenti dei nodi. Va tuttavia
208 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

sottolineato che l’essere la struttura a nodi fissi non esclude d’altra parte la possibilità che le
singole membrature siano singolarmente snelle e quindi bisognevoli di una verifica di
stabilità locale.

7.5 Metodi di analisi di strutture in c.a. sensibili agli effetti


del II ordine
I metodi di analisi delle sollecitazioni in strutture sensibili agli effetti del II ordine
dipendono dalla tipologia strutturale, colonna isolata o struttura complessa (intelaiata), e in
questo secondo caso dall'essere la struttura a nodi fissi o a nodi mobili.

7.5.1 Colonne isolate


Nel caso di colonne isolate, l’analisi può essere condotta con il metodo della colonna
modello determinando preliminarmente una eccentricità aggiuntiva del II ordine e
considerando la stessa colonna caricata da una azione assiale N con una eccentricità totale,
costante lungo l’elemento e pari a:

etot = e0 + ea + ec + eII (7.20)


in cui:
e0 = eccentricità di calcolo del I ordine (e0 = Msd/Nsd) nel caso di momento costante
o eccentricità nella sezione di incastro nelle colonne a mensola; se l’asta
appartiene ad un telaio, l’eccentricità del I ordine varia generalmente lungo
l’elemento dal valore e01 ad un estremo al valore e02 all’altro estremo (con |e02| >
|e01|); in questo caso viene di regola usata un’eccentricità equivalente, da
considerare costante lungo l’elemento, pari al massimo tra i due valori
(Fig. 7.16):

e 0,eq = max [(0.6 ⋅ e02 + 0.4 ⋅ e01 ), (0.4 ⋅ e02 )] (7.21)

ea = eccentricità aggiuntiva dovuta alle imperfezioni geometriche, valutabile con la


relazione:

L0
ea = ν ⋅ (7.22)
2
in cui ν è l’inclinazione accidentale dell’elemento sulla verticale, posta pari al
[
massimo tra i valori 1/ 200, 1/(100 ⋅ L ) ] con L in metri;
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 209

(a) (b) (c)

Nsd Nsd Nsd

e0 e02 e02

e0 e01 e01

Nsd Nsd N

(a) Eccentricità uguali ad entrambe le estremità


(b) e (c) Eccentricità diverse alle due estremità
Fig. 7.16: Schema tipo di eccentricità del primo ordine nella colonna

ec = eccentricità addizionale viscosa, che non è prevista esplicitamente dall’EC2, ma


che costituisce il modo più naturale, nell’ambito del metodo in esame, per
considerare gli effetti dell’incremento degli spostamenti prodotti dalla viscosità del
calcestruzzo; l’utilizzazione dell’eccentricità ec è consigliata dal C.E.B. (Comitè
Eurointernational du Beton) e dalle istruzioni C.N.R., che forniscono la seguente
relazione

⎡ ⎛ α ⎞ ⎤
ec = eI ⋅ ⎢exp ⎜ ⋅ ϕ ⎟ − 1⎥ (7.23)
⎣ ⎝1−α ⎠ ⎦
essendo α = Ngd/Ncr il rapporto tra il carico permanente di calcolo ed il carico
critico euleriano della sezione di solo calcestruzzo, eI=e0+ea l’eccentricità del I
ordine e ϕ il coefficiente di viscosità del calcestruzzo. Tale relazione, in presenza di
quantità di armature non trascurabili, tende a sovrastimare l’influenza della
viscosità, per cui è preferibile far riferimento alla seguente formulazione
modificata, che tiene conto dell’influenza dell’armatura:

I c /I 1 ⎡ ⎛ α − (1 − I c /I 1 ) ⎞ ⎤
ec = e I ⋅ α ⋅ ⋅ ⎢exp ⎜⎜ ⋅ ϕ ⎟⎟ − 1⎥ (7.24)
α − (1 − I c /I 1 ) ⎣ ⎝ 1−α ⎠ ⎦
In tale relazione compare in aggiunta il rapporto Ic/I1 tra l’inerzia della sezione di
solo calcestruzzo e l’inerzia della sezione completa calcestruzzo + armature; inoltre
210 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

anche il carico critico Ncr è valutato con riferimento all’inerzia I1 complessiva.

eII = Eccentricità del II ordine, che può essere calcolata, come già anticipato, con il
metodo della colonna modello.

Metodo della colonna modello:


Per la valutazione della eccentricità del II ordine eII, si può adottare il metodo della
colonna modello se risulta λ≤140 (cfr. EC2). Tale metodo riconduce la generica colonna al
caso di colonna incastrata al piede e libera in sommità, di altezza L=Lo/2 e di sezione
costante sia per geometria che per armatura, per la quale si assume in via semplificata <a
priori> una deformata di tipo sinusoidale (Fig. 7.17), espressa dalla relazione:

⎛ π z⎞
v( z ) = a ⋅ ⎜⎜1 − cos ⎟ (7.25)
⎝ L0 ⎟⎠

La semplificazione connessa alla scelta di una deformata di tipo predefinito non


determina una grave imprecisione, come è possibile dimostrare anche con riscontri
numerici. Grazie a tale assunzione la deformata della colonna, cui sono connessi gli effetti
del II ordine, dipende solo dall’ampiezza a dello spostamento in sommità. Derivando due
volte rispetto a z la relazione (7.25), si ottiene:

π2 πz
v ′′( z ) = a ⋅ ⋅ cos (7.26)
L2
0
L0

che, indicando con 1/r = v″(z = 0) la curvatura della sezione di base, fornisce una semplice
relazione tra l’ampiezza a dello spostamento e detta curvatura:

L20 1
a= ⋅ (7.27)
π2 r

Il momento totale nella sezione di base, comprensivo degli effetti del II ordine, si
potrà esprimere in funzione della curvatura di base nel seguente modo:

L20 1
M = M I + M II = N ⋅ e I + N ⋅ e II = N ⋅ e I + N ⋅ a = N ⋅ e I + N ⋅ ⋅ (7.28)
π2 r

in cui, in presenza di effetti viscosi, vale eI = e0+ea+ec (cfr (7.19)).


Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 211

e0 e0
P
P

v (z)

L V M

V
z
M

v
a

Fig. 7.17: Colonna modello


Alcune normative come l’EC2 ed il D.M. 9/01/96 assumono per l’eccentricità del II
ordine la espressione poco diversa:

L20 1 L20 1
eII = ⋅ = ⋅ (7.29)
π 2 r 10 r
Tale relazione esprime come cresce la curvatura di base al crescere degli effetti del
II ordine e consente una verifica grafica della colonna. Infatti nel piano momento-curvatura
della sezione critica (o eccentricità-curvatura), se la retta di equazione (7.28) interseca o è
tangente al diagramma M-1/r, la verifica di sicurezza è soddisfatta in quanto al crescere
dello spostamento in sommità per effetti del II ordine il momento resistente della sezione
rimane maggiore o uguale a quello sollecitante, se invece la stessa retta passa al di sopra del
diagramma momento curvatura, l’equilibrio non è più possibile allorché il momento
sollecitante globale (comprensivo di quello del II ordine) diventa maggiore di quello
resistente.
Nella Fig.7.18 è riportata la costruzione grafica descritta nel piano eccentricità-
curvatura a sforzo normale assegnato della sezione critica. In tale costruzione grafica eI
rappresenta l’eccentricità complessiva del I ordine ed il valore dell’eccentricità del II ordine
di equilibrio eII si ottiene determinando la curvatura (1/r)A di intersezione (punto A in Fig.
7.18) tra la retta (e-1/r), ricavabile dividendo per N l’equazione (7.28), con pendenza
L20 /10, e la curva eccentricità-curvatura (e-1/r).
212 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

e 2
arctg (L o /10)

A
e2
2
arctg (L o /10)

eI

(1/r)sn 1/r
(1/r)A

Fig. 7.18: Diagramma eccentricità-curvatura

Se si richiede il valore massimo compatibile della eccentricità del I ordine, occorre


determinare l’intercetta con l’asse delle ordinate della retta tangente alla curva eccentricità-
curvatura con pendenza L20 /10.

Metodo della curvatura nominale


In via semplificata, si può evitare la costruzione precedente che parte dalla
conoscenza del legame (e-1/r), valutando direttamente la curvatura (1/r)A di tangenza
mediante la relazione approssimata fornita dall’EC2:
1 2 ⋅ K 2 ⋅ ε sd
= (7.30)
r 0.9 ⋅ d
Tale curvatura corrisponde approssimativamente alla curvatura (1/r)sn della sezione
allo snervamento delle armature, che individua il gomito del diagramma momento-
curvatura. Pertanto il metodo approssimato di normativa, assumendo implicitamente una
intersezione nel punto di gomito del diagramma momento curvatura, consente una
determinazione generalmente in eccesso della eccentricità aggiuntiva del II ordine che la
sezione di base deve sopportare in sede di verifica.
Il coefficiente K2 (≤1), introdotto nella (7.30), tiene conto della riduzione della
curvatura per effetto dello sforzo normale; a vantaggio di sicurezza si può assumere K2 = 1.
Un ultimo aspetto da considerare è l’effettivo grado di vincolo della colonna reale.
Se la colonna è effettivamente una mensola, come nelle ipotesi della colonna modello,
allora la lunghezza libera di inflessione è L0 = 2·L ed il metodo è direttamente applicabile.
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 213

Se invece la sommità della colonna è dotata di un certo grado di vincolo, allora


bisognerà definire opportunamente la lunghezza libera di inflessione L0 = β·L , essendo β
variabile tra 0.5 (colonna doppiamente incastrata) e 2 (colonna incastrata al piede e libera in
sommità). E’ comunque consigliabile adottare in ogni caso un valore minimo del
coefficiente β più alto di 0.5, in considerazione delle incertezze presenti nella definizione
dei vincoli, non ultima quella dovuta a possibili rotazioni delle fondazioni, che fanno
degenerare il grado di incastro considerato alla base dell’elemento.
Una volta definita la curvatura allo snervamento, il momento del II ordine vale:

1 (β ⋅ l )2 f sd / E s (β ⋅ l )2
M II = N ⋅ eII = N = N (7.31)
r π2 0.45 ⋅ d π 2
Metodo della Rigidezza Nominale
Il metodo della rigidezza nominale perviene alla definizione del momento del II
ordine attraverso la definizione di una rigidezza convenzionale e del carico critico.
Per la rigidezza nominale, tenendo conto di quanto visto in precedenza, si può porre:
2
0.1 Ec ⋅ b ⋅ h3 ⎛h ⎞
EI = Ec I c + Es I s = + 2 ⋅ Es ⋅ As ⋅ ⎜ − d ' ⎟ (7.32)
1 + ϕef 12 ⎝ 2 ⎠
L’espressione precedente si può anche porre nella forma adimensionale seguente:
⎡ 0.1 6 ⋅ Es ⋅ f cd 2⎤
EI = Ec I c ⋅ ⎢ + ⋅ ωs ⋅ (1 − 2 ⋅ δ ' ) ⎥ (7.33)
⎢⎣ 1 + ϕef Ec ⋅ f sd ⎥⎦
essendo As ed ωs l’armatura dimensionale ed adimensionale in zona tesa e
compressa ipotizzate uguali.
Il carico critico euleriano, immaginando la rigidezza precedentemente definita
costante lungo l’asta vale

π 2 ⋅ EI
N cr = (7.34)
(β ⋅ l ) 2

Il momento del secondo ordine da utilizzare risulta:


1 N cr
M II = M I ⋅ essendo α cr = (7.35)
α cr − 1 N
214 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

7.5.2 Strutture intelaiate


Per quanto concerne le strutture composte da più aste (telai) occorre tener presente
che, in generale, si possono avere due tipi di effetti del II ordine:
− se esiste uno spostamento relativo ∆ tra i due estremi della colonna, il carico
verticale N provoca incrementi di momento per effetto dello spostamento laterale:
effetti del II ordine “globali”;
− inoltre il carico assiale N induce rispetto alla deformata della linea d’asse momenti
aggiuntivi, effetti del II ordine “locali”.
Il primo effetto è caratteristico delle strutture a nodi mobili, in quanto si verifica
quando gli spostamenti laterali sono importanti; ad esso si sovrappone l’effetto locale. Per i
telai a nodi fissi invece è presente solo l’effetto di instabilità locale.

7.5.3 Strutture intelaiate a nodi fissi


Per quanto detto, in una struttura intelaiata a nodi fissi gli spostamenti nodali,
essendo trascurabili, non inducono effetti del II ordine. Sono invece presenti gli spostamenti
del II ordine locali del singolo elemento, per cui è necessaria solo una verifica del II ordine
di tipo locale.
Valutate le sollecitazioni del I ordine, è necessario estrarre le colonne dalla struttura,
determinare la snellezza tenendo conto dell’effettivo grado di vincolo offerto dalle travi. La
valutazione approssimata della lunghezza libera di inflessione L0 = β L della colonna, può
essere effettuata con la relazione che segue, fornita nell’EC2. Occorre preliminarmente
definire i parametri kA e kB, che rappresentano il grado di vincolo all’estremità delle
colonne, dipendenti dal rapporto tra il modulo di rigidezza della colonna ed il modulo di
rigidezza delle aste concorrenti nei due nodi della colonna:

k A (o k B ) =
∑ ξ ⋅ (E
c , col I col / Lcol )
(7.36)
∑ (α ⋅ E c , tr I tr / Ltr )

Nella relazione precedente la sommatoria a numeratore va estesa alle colonne


confluenti nel nodo e caricate assialmente. Ec,col Icol e Ec,tr Itr rappresentano le rigidezze
flessionali di travi e colonne collegate che possono tener conto di un diverso grado di
fessurazione. A tale riguardo si può assumere una inerzia non fessurata per le colonne ed
una inerzia ridotta con un coefficiente riduttivo pari 0.5 per le travi. Lcol rappresenta
l’altezza della colonna misurata tra gli assi di vincolo ed Ltr la luce efficace o netta della
trave.
Il parametro α dipende dalla condizione vincolare della trave nel secondo estremo;
in particolare si può assumere α = 3 se l’estremità opposta è libera di ruotare ovvero è
vincolata elasticamente all’estremo, α = 4 se vincolata rigidamente all’altro estremo, α = 2
se vincolata ad un nodo in situazioni simmetriche rispetto a quelle del pilastro considerato,
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 215

α = 0 se la trave è una mensola (cfr fig. 7.19).

α α
α α

α α
α α

Fig. 7.19: Esempi di valori del coefficiente α

Infine ξ è un coefficiente che tiene conto del fatto che le due colonne sovrapposte
presenti nel nodo possono avere o meno un paragonabile grado di sicurezza rispetto alla
instabilità. Se hanno un paragonabile margine di sicurezza (ad esempio colonne uguali e
carico poco diverso) a vantaggio di sicurezza si assume ξ =1. Se invece una delle due è
significativamente meno carica dell’altra si può assumere per l’asta meno carica un
coefficiente ξ variabile tra 0 ed 1. Ovviamente la scelta più cautelativa si fa ponendo ξ=1.
I valori estremi di kA e kB sono 0 ed ∞ con riferimento ai casi limite di nodo di
estremità incastrato o libero. Per tener conto di eventuali cedevolezze vincolari non previste
si assume 0.1 quale limite inferiore di kA e kB .
Definiti i coefficienti kA e kB , il coefficiente β può essere ricavata dalla relazione
analitica seguente:
216 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

⎛ kA ⎞ ⎛ kB ⎞ (7.37)
β = 0.5 ⋅ ⎜⎜1 + ⎟ ⋅ ⎜1 + ⎟ per telai a nodi fissi
⎝ 0.45 + k A ⎠ ⎝ 0.45 + k B ⎟⎠
⎟ ⎜

In corrispondenza dei valori estremi di kA e kB il coefficiente β assume i valori 0,5


per kA = kB = 0 ed 1 per kA = kB = ∞.

7.5.4 Strutture intelaiate a nodi mobili - metodo generale


Nell’analisi di una struttura a nodi mobili (Fig. 7.20) occorre valutare da un lato le
sollecitazioni del II ordine “globali”, associate agli spostamenti laterali dei nodi della
struttura, dall'altro le sollecitazioni del II ordine “locali”, associate alla deformata
dell’elemento.
(1) (1)
v P v P P1 P2
1 2

η(1)(z)

L
∆z
z

Fig. 7.20: Telai a nodi spostabili – discretizzazione

Un’analisi rigorosa di strutture intelaiate a nodi mobili richiede l’uso di procedure di


calcolo che considerino l’intero complesso strutturale con le sollecitazioni del II ordine, ed
inoltre il comportamento non lineare delle sezioni e delle membrature. Ciò si può ottenere
in genere discretizzando ciascuna asta della struttura in conci ed applicando un
procedimento iterativo, fino a raggiungere l’equilibrio tra le azioni esterne e le
sollecitazioni interne tenendo conto dello spostamento dei nodi. In tal modo si ottengono
direttamente le sollecitazioni complessive sulla struttura comprensive degli effetti del II
ordine, che considerano sia gli effetti globali (lateral drift effect) che quelli locali (member
stability effect), nonché l'effettivo grado di vincolo di ciascuna asta (da cui dipende la
relativa lunghezza libera di inflessione).
Di seguito si riportano alcuni metodi semplificati adatti alle applicazioni
ingegneristiche correnti.
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 217

7.5.5 Strutture intelaiate a nodi mobili - metodi approssimati


Metodo N-∆:
Tale metodo, consigliato in numerosi codici normativi, è applicabile a telai a maglie
rettangolari e rappresenta un procedimento iterativo che sostituisce ai momenti del II ordine
prodotti sulle colonne dai carichi assiali Nj,i per gli spostamenti nodali relativi ∆i (Fig.
7.21), quelli prodotti da forze orizzontali Fi equivalenti di piano (che si sommano a quelle
orizzontali eventualmente presenti), ricavate per equilibrio dai taglianti Ti di piano:

Ti =
∑ j
N j ,i ⋅ ∆ i
(7.38)
hi

In tale relazione Ti rappresenta il taglio fittizio equivalente del piano i ed Nj,i gli
sforzi normali dei pilastri dello stesso piano.
La procedura è iterativa in quanto alla applicazione dei taglianti di piano fittizi
corrispondenti alla iterazione k-esima corrisponde un incremento degli spostamenti di piano
considerati nella stessa iterazione, e si arresta quando gli spostamenti (∆i) provocati dai
carichi agenti e dalle forze equivalenti innanzi definite non variano, più rimanendo uguali a
quelli considerati nella determinazione dei taglianti fittizi già considerati. In tal modo si
ottengono dei momenti alle estremità delle aste che tengono conto già degli effetti del II
ordine globali, cioè associati agli spostamenti dei nodi del telaio (effetti del II ordine
globali).

N1 N2 N3 N4
F1 H
h

asta j-esima

Fig. 7.21: Effetto N-∆ in un telaio ad un piano


Nella prima iterazione occorre considerare solo le eventuali azioni orizzontali del I
ordine ed, inoltre, eventuali imperfezioni geometriche.
La verifica delle colonne va a questo punto eseguita con riferimento al diagramma
dei momenti complessivo così determinato e valutando gli effetti del II ordine locali (effetti
218 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

del II ordine locali), per esempio mediante il metodo dell’eccentricità totale. Una volta
valutati gli effetti del II ordine globali, si assume nelle colonne β = 1.
Nell’analisi iterativa della struttura con le forze equivalenti di piano, si tiene conto
quindi della sola non linearità geometrica se il calcolo è eseguito con riferimento alla
rigidezza flessionale elastica EI degli elementi, generalmente assunta pari alla rigidezza
tangente all’origine delle sezioni a meno delle armature.
Al crescere del livello di sollecitazione la rigidezza secante EI varia a causa della
non linearità meccanica dei materiali e della fessurazione del calcestruzzo. Pertanto
un'analisi più accurata può tener conto di ciò, determinando ad ogni passo del processo
iterativo, una volta definite le sollecitazioni sugli elementi, i valori delle rigidezze secanti
dedotte dai legami momento-curvatura. Essendo peraltro le rigidezze elementari EI variabili
lungo l’asta a causa del valore della sollecitazione, si può far riferimento per ciascuna asta
ad una rigidezza elementare media equivalente (EI)eq pari a (Fig.7.22):

h
( EI ) eq = (7.39)
∑ i
∆zi /( EI ) i

o in via ancora più semplificata, assumendo per le travi un’inerzia ridotta (EIeq=0.5EIt).

Msup
M
asta j-esima
Nj
h

Mi
arctg (EI) i
Mi (EI) i

1/r
∆x

M inf

Fig. 7.22: Rigidezza lungo l’asse della colonna in campo non lineare

Metodo dell’amplificazione del momento:


Dividendo i momenti del I ordine che sollecitano la struttura in due aliquote, Mv
provocati dai carichi verticali ed M0 determinati dai carichi orizzontali e dalle imperfezioni
geometriche, i momenti complessivi tenendo conto degli effetti del II ordine globali
vengono valutati amplificando i momenti del I ordine M0 dovuti ai carichi orizzontali (cioè
quelli che provocano gli spostamenti dei nodi) mediante un fattore dipendente dal
moltiplicatore critico dell’intero telaio:
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 219

M0
M = Mv + = M v +ψ ⋅ M 0 (7.40)
1 − 1/α cr

Il moltiplicatore critico elastico αcr è ricavabile in funzione dell’indice globale di


stabilità Q (Q ≅ 1/αcr ) o in modo poco diverso con il metodo di Horne (cfr. Vol. 2, cap. 9).
Questo metodo consiste nell’eseguire un’analisi della struttura caricata con delle
azioni orizzontali di piano pari al carico verticale trasmesso a quel piano, in modo tale che
il tagliante di piano sia pari al carico verticale complessivo di piano, e nel calcolare gli
spostamenti relativi ∆i di piano prodotti da questo sistema di forze. Il moltiplicatore critico
approssimato è quindi fornito dalla relazione:
α cr = 0.9 ⋅ min (hi /∆ i ) (7.41)

essendo ∆i lo spostamento relativo al piano i ed hi l’altezza di interpiano. Il metodo è


generalmente conservativo; ad esempio si può dimostrare agevolmente che nei casi di
portale con trave incernierata alle colonne e di portale con trave rigida incastrata alle
colonne il metodo di Horne fornisce un valore molto prossimo al moltiplicatore critico
esatto.
Analogamente a quanto accade nel metodo N-∆, bisogna eseguire la verifica delle
colonne considerando il diagramma dei momenti amplificato per gli effetti del II ordine
globali, dedotti in virtù delle relazioni precedenti, ed applicando il metodo dell’eccentricità
totale (con β = 1) o altro metodo equivalente per tener conto degli effetti locali.

Analisi mediante il modello delle colonne isolate:


Infine, anche nel caso di strutture intelaiate a nodi mobili, è possibile eseguire solo
un'unica verifica di tipo locale, cioè considerare le colonne estratte dal telaio come delle
colonne isolate e verificarle con i metodi per esse utilizzabili, avendo preventivamente
definito per esse una snellezza equivalente, che tiene forfettariamente conto degli effetti del
II ordine globali.
La definizione della lunghezza libera di inflessione deve essere fatta mediante la
definizione della snellezza con un metodo approssimato analogo a quello utilizzato per le
aste di telai a nodi fissi. La relazione seguente, valida per telai a nodi mobili, fornisce valori
di β variabili nell’intervallo (1,∞):

⎧⎪ 10 ⋅ k A ⋅ k B ⎛ k ⎞ ⎛ k ⎞⎫⎪
β = max ⎨ 1 + ; ⎜⎜1 + A ⎟⎟ ⋅ ⎜⎜1 + B ⎟⎟⎬ per telai a nodi spostabili (7.42)
⎪⎩ kA + kB ⎝ 1 + kA ⎠ ⎝ 1 + kB ⎠⎪⎭

I parametri kA , kB che tengono conto delle rigidezze dei vincoli all’estremità della
colonna vengono calcolati con la medesima relazione riportata in precedenza per i telai a
nodi fissi.
220 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

Le normative fanno di solito riferimento a rigidezze flessionali EI degli elementi pari


a quelle della sezione omogenea di solo calcestruzzo. In realtà, come già anticipato, le
armature presenti e la fessurazione del calcestruzzo sono tali da modificare, anche
sensibilmente, le inerzie efficaci degli elementi e soprattutto i rapporti di rigidezza tra le
travi e le colonne: infatti la parzializzazione delle sezioni per effetto della fessurazione è
generalmente più importante per le travi che per i pilastri, per cui può essere significativo
l’effetto sui parametri kA , kB che dipendono da rapporti di rigidezza (rigidezza dei pilastri su
rigidezza delle travi).
Esistono in bibliografia e in altri codici (per esempio le norme ACI) espressioni
alternative per ricavare la rigidezza EI dei vari elementi. Un criterio può essere quello di
calcolare le inerzie in fase fessurata di travi e pilastri, tenendo conto dell’armatura, della
parzializzazione della sezione e delle sollecitazioni agenti (l’asse neutro nel caso della
pressoflessione dipende dall’eccentricità e = M/N); in via semplificata si può adottare per le
colonne la rigidezza geometrica EcmIcol e per le travi la rigidezza flessionale 0.5·EcmIb,
ridotta a causa della fessurazione.
Tale metodo è tuttavia adatto a strutture regolari in cui le dimensioni e la snellezza
dei pilastri di ciascun piano siano poco variabili. Negli altri casi è preferibile far riferimento
al metodo N-∆ ovvero al metodo dell’amplificazione dei momenti.
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 221

7.6 Esercizi

ESERCIZIO 7.1

Verifica di una colonna isolata con effetti del II ordine


Si considera un capannone prefabbricato in c.a., costituito da 18 pilastri, 9 per lato,
di altezza L = 8.00 m, con travi a campata singola poggiate sulle colonne mediante
pacchetti di neoprene. Si intende eseguire la verifica di una colonna laterale, considerando
gli effetti del II ordine.
Si riportano le caratteristiche dei materiali, le dimensioni geometriche della colonna,
le sollecitazioni di calcolo su di essa agenti (valutate con i carichi amplificati mediante i
coefficienti parziali di sicurezza γF ).
Caratteristiche dei materiali:

2 2 0.85 ⋅ f ck 0.85 ⋅ 35 2
f ck = 35 N/mm ( Rck = 45 N/mm ) ⇒ f cd = = = 19.8 N/mm
γc 1.50

f sk 440
f sk = 440 N/mm 2 ⇒ f sd = = = 382.6 N/mm 2
γs 1.15

Caratteristiche geometriche colonna:


L = 8000 mm , b = 450 mm , h = 450 mm , d′ = 30 mm
As1 = As2 = 22.80 cm2 (6 φ22), armatura simmetrica nel piano di flessione.
Sollecitazioni del I ordine:

carico verticale trasmesso dalla trave: Nsd = 668.25 kN

azione orizzontale del vento T = 19.68 kN


momento flettente in testa alla colonna
provocato dall’eccentricità e01 = 91.0 mm Msd1=Nsd e01 = 668.25·91.0 = 60810
dell’appoggio della trave rispetto all’asse del kNmm
pilastro:
momento flettente al piede della colonna,
Msd2= Msd1+T·L=60810+19.68·8000 =
somma del momento Msd1 e del momento
=218310 kNmm
dovuto all’azione orizzontale del vento
222 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

N
e01 e 01
T

L=800

e 02
Come schema statico della colonna, dato il tipo di vincolo trave-colonna, si deve
considerare quello di mensola incastrata al piede. Dal punto di vista della stabilità ciò
equivale ad assumere un coefficiente β = 2, per cui la lunghezza libera di inflessione L0 e la
snellezza λ della colonna valgono rispettivamente:
L0 = β L = 2 ·8000 = 16000 mm

i = h/ 12 = 450/ 12 = 129.9 mm
L0 16000
λ= = = 123
i 129.9
Si può osservare come la considerevole altezza dell’elemento, resa possibile anche
dall'uso di materiali di caratteristiche elevate, e lo schema statico di mensola, invero
frequente nei capannoni industriali, comportano una notevole snellezza della colonna, che
dunque risulterà presumibilmente molto sensibile agli effetti del II ordine. La snellezza λ
determinata, va raffrontata con la snellezza limite λlim, che secondo l’EC2 per una colonna
isolata è pari a:
C
λlim = 20 ⋅ A ⋅ B ⋅
vu

Dove:
1
A⋅ = = 0.714 , con ϕ eff = 2.0 coefficiente efficace di viscosità
(1 + 0.2 ⋅ ϕ eff )
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 223

As ⋅ f yd 2279.64 ⋅ 382.60
B = 1 + 2 ⋅ ω =1.198, con ω= = = 0.2175 percentuale
Ac ⋅ f cd 202500 ⋅ 19.80
meccanica di armatura tesa.
M sd 1 6081
C = 1.7 − rm = 1.42 , con rm = = = 0.278
M sd 2 21831

N Ed 668250
νu = = = 0.167
b ⋅ h ⋅ f cd 450 ⋅ 450 ⋅ 19.8

sostituendo i valori di tali coefficienti nella relazione di λlim, valutati secondo l’EC2 per una
colonna isolata, si ha:
0.714 ⋅ 1.198 ⋅ 1.42
λlim = 20 ⋅ = 59.45
0.167

Poiché la snellezza λ dell’asta valutata precedentemente risulta maggiore della


snellezza limite λlim, gli effetti del secondo ordine non sono trascurabili.
La verifica della colonna viene eseguita utilizzando il metodo dell’eccentricità
totale, che consiste nel valutare l’eccentricità totale:
etot = e 0 + e a + e c + e II

da cui si deduce il momento di calcolo MSd dell’elemento.


Nella precedente relazione, come detto nel testo, e0 rappresenta l’eccentricità del I
ordine al piede della colonna (l’eccentricità equivalente per momenti variabili lungo l’asse
dell’elemento va valutata solo nel caso di asta estratta da un telaio), ea è l’eccentricità
dovuta alle imperfezioni geometriche dell’elemento, ec è l’eccentricità addizionale viscosa,
eII è l’eccentricità dovuta agli effetti del II ordine, che, essendo λ=123 < 140, è valutabile
secondo l’EC2 con l’ausilio del metodo della colonna modello. Si procede quindi alla
determinazione dei vari termini.
Eccentricità al piede del I ordine:
M sd 2 218310
e0 = = = 326.7 mm
N sd 668.25

Eccentricità aggiuntiva per imperfezioni geometriche:


Assumendo ν = 1/200, si ottiene:
L 1 16000
ea = ν ⋅ 0 = ⋅ = 40 mm
2 200 2
224 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

Eccentricità aggiuntiva viscosa:


Si valuta con l’ausilio della relazione (7.24):

ϕ = 2.3 coefficiente di viscosità


2
E s = 210000 N/mm 2 Ecd = Ecm / 1.2 = 27735 N/mm

I1 = I c + nI s = (341719 + 7.57 ⋅ 17399 ) = 473429 ⋅ 10 mm


4 4

I c 341719
= = 0.7218
I1 473429

2 2 4
π ⋅ Ec I1 3.14 ⋅ 27735 ⋅ 473429 ⋅ 10
N cr = = = 5062232 N = 5062.232 kN
2 2
L0 16000

N gd = N Sd = 668.25 kN

α = N gd / N cr = 0.132
L’eccentricità addizionale viscosa si calcola a partire dalla eccentricità del I ordine
e0, associata ai carichi di lunga durata, e dall’eccentricità ea dovuta alle imperfezioni:

I c / I1 ⎡ ⎛ α − (1 − I c / I1 ) ⎞ ⎤
ec = (e01 + ea )α ⋅ ⋅ ⎢exp⎜ ⋅ ϕ ⎟ − 1⎥ =
α − (1 − I c / I1 ) ⎣ ⎝ 1−α ⎠ ⎦
0.7218 ⎡ ⎛ 0.132 − (1 − 0.7218) ⎞ ⎤
= (326.7 + 40.0) ⋅ 0.132 ⋅ ⋅ ⎢exp⎜ ⋅ 2.3 ⎟ − 1⎥ =
0.132 − (1 − 0.7218) ⎣ ⎝ 1 − 0.132 ⎠ ⎦
= (326.7 + 40.0) ⋅ 0.2093 = 76.76 mm
Applicando la relazione regolamentare (7.23) che prescinde dal vincolo opposto
dall’armatura si otterrebbe:

⎡ ⎛ α ⎞ ⎤ ⎡ ⎛ 0.132 ⎞ ⎤
ec = (e01 + ea ) ⋅ ⎢exp⎜ ⋅ ϕ ⎟ − 1⎥ = (32.67 + 4.00) ⋅ ⎢exp⎜ ⋅ 2.3 ⎟ − 1⎥ =
⎣ ⎝ 1 − α ⎠ ⎦ ⎣ ⎝ 1 − 0. 132 ⎠ ⎦
= (326.7 + 40.0) ⋅ 0.4187 = 153.6 mm

Eccentricità del II ordine:


L’eccentricità del II ordine eII si valuta con la relazione dedotta applicando il metodo
della colonna modello:
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 225

2
L0 1
e2 = ⋅
10 r

in cui 1/r è la curvatura nella sezione critica al piede della colonna, che può essere valutata
sulla base del diagramma momento-curvatura della sezione o con l’ausilio della relazione
semplificata proposta dall’EC2 (si pone a vantaggio di sicurezza K2 = 1):

1 2 ⋅ ε sd
=
r 0.9 ⋅ d

Si ottiene quindi:

f sd 382.6
ε sd = = = 1.8219 ⋅ 10 −3
Es 210000

1 2 ⋅ 1.8219 ⋅ 10 −3
= = 9.64 ⋅ 10 − 6 mm -1
r 0.9 ⋅ 420
da cui:
16000 2
e2 = ⋅ 9.64 ⋅ 10 − 6 = 246.8 mm
10

Eccentricità totale:
In definitiva l’eccentricità totale di calcolo vale:
etot = e0 + ea + ec + e2 = 326.7 + 40.0 + 76.76 + 246.8 = 690.2 mm

che risulta sensibilmente superiore all’eccentricità e02 del I ordine al piede della colonna. Si
osserva inoltre come le eccentricità aggiuntive dovute alle imperfezioni, alla viscosità ed
agli effetti del II ordine comportano un incremento della sollecitazione flettente pari a circa
il 111% della sollecitazione massima del I ordine.
In definitiva i valori di calcolo delle sollecitazioni sulla colonna risultano:
N Sd = 668.25 kN

M Sd = N Sd ⋅ etot = 668.25 ⋅ 690.2 = 461230 kNmm


Si valutano quindi la percentuale meccanica di armatura ω = ω′, lo sforzo normale
νsd ed il momento µsd adimensionali:

As ⋅ f sd 22.80 ⋅ 382.6 ⋅102


ω = ω′ = = = 0.218
b⋅h⋅ f cd' 450 ⋅ 450 ⋅19.8
226 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

N Sd 668250
ν Sd = = = 0.167
b ⋅ h ⋅ f cd 450 ⋅ 450 ⋅19.8
4
M Sd 46123 ⋅ 10
µSd = = = 0.256
b ⋅ h 2 ⋅ f cd 450 ⋅ 450 2 ⋅ 19.8

e nel dominio di resistenza a pressoflessione retta si verifica che le sollecitazioni di calcolo


(νsd , µsd) siano inferiori alle capacità ultime della sezione. La verifica è soddisfatta in
quanto è richiesta una armatura con percentuale meccanica minore di quella adottata
(0.218) corrispondente a 2·6 φ 22.
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 227

ESERCIZIO 7.2

Analisi del II ordine di un telaio a nodi fissi


Si considera la struttura a tre piani, la cui geometria è rappresentata nella figura: i
telai trasversali mancano di una trave al primo piano, per cui il relativo pilastro presenta
un’altezza considerevole. Si considera fisso in senso longitudinale il nodo intermedio del
pilastro in esame per la presenza di travi longitudinali
La presenza di un nucleo di controvento, costituito dal blocco ascensore, consente di
considerare la struttura complessivamente a nodi fissi per cui, come detto nel paragrafo 7.3,
sono assenti effetti del II ordine globali, cioè associati agli spostamenti nodali. L’analisi di
instabilità riguarda quindi il singolo pilastro, di cui occorre valutare la lunghezza libera di
inflessione, tenendo conto del fatto che lo stesso appartiene ad un telaio e quindi risente
degli effetti di vincolo esercitati dalle altre aste della struttura. Nel seguito si riportano i
calcoli che si riferiscono al pilastro di cui sopra.

nucleo di controvento

500

600

pilastro snello
320
320
400

500 500 500


228 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

Caratteristiche dei materiali:


0.85 ⋅ f ck 0.85 ⋅ 20
f ck = 20 N/mm 2 ( Rck = 25 N/mm 2 ) 2
⇒ f cd = = = 11.3 N/mm 2
γc 1.50

f sk 380
f sk = 380 N/mm 2 ⇒ f sd = = = 330.4 N/mm 2
γs 1.15

E c = 28847.6 N/mm 2 , E s = 210000 N/mm 2

Caratteristiche geometriche colonna:


L = 7200 mm, b = 350 mm, h = 350 mm, d′ = 30 mm,
As1 = As2 = 22.80 cm2 (6 φ22), armatura simmetrica nel piano di flessione.

Caratteristiche geometriche della trave:


b = 600 mm, h = 300 mm, d′ = 30 mm
Sollecitazioni del I ordine:
Il telaio è soggetto ai soli carichi verticali di calcolo Qd agenti sulle travi, dovuti al
carico permanente ed accidentale dei solai, ed al peso proprio delle strutture (il coefficiente
γg è scelto secondo l’EC2):

Qd = 1.35 ⋅ g k + 1.50 ⋅ q k = 1.35 ⋅ 36 + 1.50 ⋅ 21 = 80.1 kN/m

N sd = 404.64 kN

M sd 1 = 9423.2 kNmm ⇒ e01 = 9423.2/ 404.64 = 23.3 mm

M sd 2 = −18748.6 kNmm ⇒ e02 = −18748.6 / 404.64 = −46.3 mm

Il limite di snellezza per cui è richiesta la valutazione degli effetti del II ordine per
colonne estratte da telai a nodi fissi è:
C
λlim = 20 ⋅ A ⋅ B ⋅
νu
Dove:
1
A⋅ = = 0.714 , con ϕ eff = 2.0 coefficiente efficace di viscosità
(1 + 0.2 ⋅ ϕ eff )
As ⋅ f yd 2279.64 ⋅ 330.40
B = 1 + 2 ⋅ ω =1.44, con ω = = = 0.544 percentuale meccanica
Ac ⋅ f cd 122500 ⋅11.30
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 229

di armatura tesa.
M sd 1 942.32
C = 1.7 − rm = 2.20 , con rm = = = −0.503
M sd 2 − 1874.86

N Ed 404640
vu = = = 0.54
b ⋅ h ⋅ f cd 350 ⋅ 350 ⋅ 11.3

sostituendo i valori di tali coefficienti nella relazione di λlim, valutati secondo l’EC2 per una
colonna isolata, si ha:
λ lim = 83.67
Per valutare la snellezza λ della colonna si utilizza, nella determinazione del
coefficiente β , la relazione formulata dall’EC2 per i telai controventati.
Come schema statico della colonna, dato il tipo di vincolo trave-colonna, si deve
considerare quello di elemento controventato. Dal punto di vista della stabilità ciò equivale
ad assumere per il coefficiente β il valore che si ottiene dalla seguente relazione dell’EC2:

⎛ k1 ⎞ ⎛ k2 ⎞
β = 0.5 ⋅ ⎜⎜1 + ⎟⎟ ⋅ ⎜⎜1 + ⎟⎟
⎝ 0.45 + k1 ⎠ ⎝ 0.45 + k 2 ⎠
dove k1 e k2 rappresentano moduli di flessibilità dei vincoli inferiore e superiore della
colonna, con:

k1 = 0.1

(EI / L ) pil (125052 ⋅10 4


/ 7200 )
k2 =
3 ⋅ (0.5 ⋅ EI / L )3
=
(
3 ⋅ 0.5 ⋅ 540000 ⋅ 10 / 5000 4
) = 0.1072

sostituendo i valori si ha:

⎛ 0.10 ⎞ ⎛ 0.1072 ⎞
β = 0.5 ⋅ ⎜1 + ⎟ ⋅ ⎜1 + ⎟ = 0.5935
⎝ 0.55 ⎠ ⎝ 0.5572 ⎠

per cui la lunghezza libera di inflessione L0 e la snellezza λ della colonna valgono


rispettivamente:
L0 = β L = 0.5935·7200 = 4273.5 mm

i = h/ 12 = 350 / 12 = 101.0 cm
230 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

L0 β ⋅ L 0.648 ⋅ 7200
λ= = = = 46.17
i i 101.0
poiché la snellezza dell’asta λ risulta essere minore della snellezza limite λlim,valutata
precedentemente secondo l’indicazione dell’EC2, gli effetti del secondo ordine sono
trascurabili, per cui non è necessario eseguire un’analisi del II ordine.
Ciò nonostante, per esercizio, si esegue la determinazione delle sollecitazioni del II
ordine facendo riferimento al metodo dell’eccentricità totale.
Eccentricità equivalente del I ordine (|e01| < | e02|):
L’eccentricità equivalente del I ordine è la massima dei due valori seguenti:
e0, eq = 0.6 ⋅ e02 + 0.4 ⋅ e01 = 0.6 ⋅ (−46.3) + 0.4 ⋅ 23.3 = −18.46 mm

e0,eq = 0.4 ⋅ e02 = 0.4 ⋅ (−46.3) = −18.52 mm

per cui risulta:


e0,eq = −18.5 mm

Imperfezioni geometriche ed effetti della viscosità:


Le imperfezioni geometriche del telaio generano delle azioni equivalenti di piano
sulla struttura di controvento e quindi non vengono considerate nel calcolo del telaio.
Inoltre essendo il rapporto α = Ngd/Ncr molto basso:

π 2 Ec I 3.14 2 ⋅ 2884760 ⋅ 125052 N gd 404.64


N cr = 2
= 2
= 16339720 N ⇒ α = = = 0.0247
L 0 466.56 N cr 16339 .72

gli effetti della viscosità possono essere trascurati.


Eccentricità del II ordine:
L’eccentricità del II ordine eII si valuta con la relazione dedotta applicando il metodo
della colonna modello e considerando la lunghezza libera di inflessione definita in
precedenza. Risultando questa minore della lunghezza effettiva dell’elemento (essendo la
struttura a nodi fissi), l’applicazione del metodo della colonna modello consiste nel
calcolare la freccia del II ordine in una sezione intermedia della colonna. Si ottiene quindi:
f sd 330.4
ε sd = = = 1.573 ⋅ 10 − 3
Es 210000

1 2 ⋅ ε sd 2 ⋅ 1.573 ⋅ 10 −3
= = = 1.093 ⋅ 10 −5 mm
r 0.9 ⋅ d 0.9 ⋅ 320
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 231

da cui:

L20 1 4273.52
eII = ⋅ = ⋅ 1.093 ⋅ 10 − 5 = 19.96 mm
10 r 10
Eccentricità totale:
In definitiva l’eccentricità totale di calcolo vale:

etot = e0, eq + eII = 18.52 + 19.96 = 38.48 mm

che risulta di poco inferiore all’eccentricità e02 = 46.3 mm del I ordine in testa alla colonna.
Si osserva quindi che per questo telaio a nodi fissi, gli effetti del II ordine non comportano
un incremento delle sollecitazioni di calcolo (etot/e02 =0.831), come del resto era stato
previsto per il verificarsi della condizione λ < λlim.

In definitiva i valori di calcolo delle sollecitazioni sulla colonna risultano:

N sd = 404.64 kN
232 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

M sd = N sd ⋅ etot = 404.64 ⋅ 46.3 = 18734.83 kNmm

Si valutano quindi lo sforzo normale νsd ed il momento µsd adimensionali:

N sd 404.64 ⋅1000
ν sd = = = 0.292
b ⋅ h ⋅ f cd 350 ⋅ 350 ⋅11.3

M sd 18734.83 ⋅ 1000
µ sd = 2
= = 0.039
b ⋅ h ⋅ f cd 350 ⋅ 350 2 ⋅ 11.3

e, dalla posizione del punto (νsd,µsd) nel dominio di resistenza a pressoflessione retta della
sezione, si deduce che sono sufficienti i minimi regolamentari di armatura.
Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 233

ESERCIZIO 7.3

Si determinano le snellezze al di sotto delle quali non è necessaria una verifica con effetti
del II ordine secondo la 7.6, la 7.8e la 7.15. In quest’ultima si è assunto A=0.7
Caratteristiche dei materiali:

' = 0.85 ⋅ f ck = 0.85 ⋅ 20 = 11.3 N/mm 2


f ck = 20 N/mm 2 ( Rck = 25 N/mm 2 ) 2
⇒ f cd
γc 1.50

f sk 380
f sk = 380 N/mm 2 ⇒ f sd = = = 330.4 N/mm 2
γs 1.15
2 2
Ecd = 28847.6 / 1,2 = 24039.7 N/mm , E s = 210000 N/mm ; n = 8.73

Le percentuali geometriche di armatura, gli sforzi assiali ed il rapporto di eccentricità


considerati sono:

ρ=0.01, 0.03; ν=0.1, 0.3, 053 e1/e2 = 0.4

Le snellezze risultano:

ρ=0.01 ρ=0.01 ρ=0.01 ρ=0.03 ρ=0.03 ρ=0.03

ν=0.1 ν=0.3 ν=0.5 ν=0.1 ν=0.3 ν=0.5

λ(EC2) (7.6) 47.43 27.38 25.00 47.43 27.38 25.00

λ(DM96) (7.8) 64.91 37.5 28.75 81.84 47.28 36.25

λ(EC2,2005)
62.98 36.36 28.16 84.60 48.72 37.73
(7.15)

Si osserva che le snellezze limiti ottenute con la (7.8) e (7.15) sono molto simili,
maggiori di quelle ottenibili con la (7.6) che non tiene conto dell’armatura. Tuttavia la
(7.15), contrariamente alla (7.8) è influenzata dal rapporto e1/e2 e fornirebbe valori diversi
al variare di tale rapporto nell’intervallo (-1 ; 1).
234 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

ESERCIZIO 7.4

Verifica colonna isolata con effetti del II ordine

Dati:

- L = 12000 mm - eo= 400 mm

- b = 700 mm - h =700 mm

- d’ = 50 mm - fck = 40 MPa

- fyk = 450 mm (acciaio B450C) - Es = 200000 MPa

- φef = 2.5 - Ecm = 9500·(40+8)1/3 = 34500 MPa

- Pd = 1000 kN - Fd = 40 kN

- As =As’ =4520 mm2

Resistenze di progetto e sollecitazioni del I ordine adimensionali:

- fcd = 0.85·40/1.5 = 22.67 MPa - fsd = 450/1.15 = 391 MPa


Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 235

- Ecd = 34500/1.2 = 28750 MPa - νSd = 1·106/(700·700·22.67) = 0.09

a) metodo della rigidezza nominale

EI = [28750·7004/12·0.1/(1+2.5)] + [2·200000·4520·(350 -50)2]= 1.64 1013 + 1.6272 1014 =


1.7912 1014 Nmm2

Ncr = π2 1.7912·1014/(4·120002) = 3.069·106 N

α = Pd/Ncr=1000000/3069000 = 0.3258

MI = 40000·12000 + 1000000·400 =880 106 Nmm

MII= 880 106·0.3258/(1-0.3258) = 425.250·106 Nmm

M = MI + MII =880·106+ 425.250·106 = 1305.250·106 Nmm

b) metodo della curvatura nominale

εsy = 391/200000 = 0.00196

1/r = 0.00196/(0.45·650) = 6.69 10-6 mm-1

e2 = 6.69 10-6·(2·12000)2/ π2 = 390.44 mm

MII= Pd·e2 = 1000000·390.44 = 390.44 106 Nmm

M = MI + MII =880·106+ 390.44·106 = 1270.44·106 Nmm

Dal confronto tra i risultati della applicazione dei due metodi (1305.25>1270.44) si
ricava che nel caso in oggetto il metodo della rigidezza nominale è lievemente più
conservativo.

Valutazione del momento resistente ultimo


Per la verifica della sezione si determina preliminarmente l’asse neutro nella ipotesi
di armature entrambe snervate:
ξ = νSd/0.8 = 0.09/0.8 = 0.1125
La posizione dell’asse neutro al di sopra della quale entrambe le armature sono
snervate allo s.l.u. vale invece:
236 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

ξ’ = [50/700+0.00196/(0.00196+0.0675) · (700-2· 50) /700] = 0.0956


Essendo ξ> ξ’ l’armatura compressa è in campo elastico.

Valutazione del momento ultimo

ω = ω’ =4520·391/(700·700·22.67) = 0.1591

µ = 0.8·0.1125·(0.5-0.4·0.1125) + 2·0.1591 (0.5-50/700) = 0.1773

Mu = 0.1773·(700·7002·22.67) = 1378·106 Nmm


Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 237

ESERCIZIO 7.5

Verifica colonna isolata con effetti del II ordine e progetto armatura

Dati:
- L = 20120 mm - eo= 200 mm

- b = 800 mm - h =1000 mm

- d’ = 50 mm - fck = 40 MPa

- fyk = 450 MPa - Es = 200000 MPa

- φef = 1.5 - Ec m = 9500·(40+8)1/3 = 34500 MPa

- Pd = 1450 kN - Fd = 20 kN
Resistenze di progetto e sollecitazioni del I ordine adimensionali:
- fcd = 0.85·40/1.5 = 22.67 MPa - fsd = 450/1.15 = 391 MPa

- Ecd = 34500/1.2 = 28750 MPa - νSd =1.454·106/(800·1000·22.67)= 0.08.


Per il progetto delle armature è necessario determinare il momento del II ordine.
Tale scopo può essere raggiunto con il metodo della curvatura nominale che prescinde dalla
238 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

quantità delle armature. Si ottiene infatti:


εsy = 391/200000 = 0.00196

1/r = 0.00196/(0.45·950) = 4.585 10-6 mm-1

e2 = 4.585 10-6·(2·20120)2/ π2 = 752.24 mm

MI = 20000·20120 + 1450000·200 =692.4 106 Nmm

MII= Pd · e2 = 1450000·752.24 = 1090.75 106 Nmm

M = MI + MII =692.4 106+ 1090.75 106 = 1783.15 106 Nmm

Progetto delle armature alla base


Per il progetto delle armature si determina preliminarmente la posizione dell’asse
neutro nella ipotesi di armature entrambe snervate:
ξ = νSd/0.8 = 0.08/0.8 = 0.10
La posizione dell’asse neutro al di sopra della quale entrambe le armature sono
snervate allo s.l.u. risulta invece:
ξ’ = [50+0.00196/(0.00196+0.0675)·(1000-2·50)]/1000 = 0.0754
Essendo ξ>ξ’ l’armatura compressa allo s.l.u. è snervata. Per la progettazione della
armatura si assume pertanto che entrambe le armature siano snervate, salvo ad effettuare
successivamente una verifica sulla adeguatezza della armatura progettata.
µ = 1783.15·106/(800·10002·22.67) = 0.0983

µc = 0.8·0.10·(0.5-0.4·0.10) = 0.0368

ω = ω’ = (µ - µc)/(1-2·δ’)=(0.0983-0.0368)/(1-2·0.05) = 0.0684

As = 0.0684·800·1000·22.67/391 = 3171 mm2


Si prevede una armatura costituita da 8 φ 24 per lato, cui corrisponde un’area
As =As’=8·4.52=3616 mm2.

Avendo progettato un armatura superiore a quella strettamente necessaria si effettua il


calcolo dl momento resistente effettivo.

Con armature simmetriche entrambe snervate, l’asse neutro vale:


Capitolo 7. LO STATO LIMITE ULTIMO PER INSTABILITA’ 239

yc= NSd/(0.8·b·fcd)=1450000/(.8·800·22.67)=99.94 mm

Il momento resistente ultimo vale:

MRu=0.8·99.94·800·2.67·(500-0.4·99.94)+ 2·3616·391.3·(500-50)

= 667+1273=1940 kNm
La verifica è soddisfatta essendo il momento sollecitante inferiore al momento
resistente [(MSd = 1760 kNm)< (MRu = 1940 kNm)]
Verifica con il metodo della rigidezza nominale
Si esegue infine la verifica con il metodo della rigidezza nominale.
EI = 28750·800·10003/12·0.1/(1+1.5)+ 2·200000 3616·(500-50)2 = 7.667 1013 + 2.929 1014
= 3.6957 1014 Nmm2.

Ncr = π2 3.6957·1014/(4·201202) = 2250298· N

α = 1450000/2250298 = 0.6444

MI = 20000·20120 + 1450000·200 = 692.4·106 Nmm

MII= 692.4 106·0.6444/(1-0.6444) = 1254.73·106 Nmm

MSd = MI + MII =692.4 106+ 1254.73 106 = 1947.13·106 Nmm

µS = 1947.13·106 / (800 10002 22.67) = 0.1074


La verifica è di poco non soddisfatta essendo [(MSd=1947 kNm)>(MRu=1940 kNm)].

Considerando che l’incremento di armatura comporta sia un incremento del carico


critico, e quindi la riduzione del momento del secondo ordine, che un incremento del
momento resistente, si assume un incremento dell’armatura minimo passando da 8 φ 24 a
10 φ 22 (As=As’=3800 mm2). In tal modo si ottiene:
EI = 28750·800·10003/12·0.1/(1+1.5)+ 2·200000·3800·(500 - 50)2 = 7.667·1013 +
3.0780·1014 = 3.7313 1014 Nmm-2
Ncr = π2·3.8447·1014/(4·201202) = 2.341·106 N
α = 1450000/2341000 = 0.6194
MI = 20000·20120 + 1450000·200 = 692.4·106 Nmm
MII= 692.4·106·0.6194/(1-0.6194) = 1126.8·106 Nmm
240 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C. A.

MSd = MI + MII =692.4·106+ 1126.8·106 = 1819.2·106 Nmm


µS = 1819.2·106 / (800·10002·22.67) = 0.1003
Il momento resistente va ricalcolato per l’incremento di armatura introdotto.

yc= NSd/(0.8·b·fcd)=1450000/(.8·800·22.67)=99.94 mm

Il momento resistente ultimo vale:

MRu=0.8·99.94·800·2.67·(500-0.4·99.94)+ 2·3800·391.3·(500-50)

= 667+1338=2005 kNm
La verifica è questa volta soddisfatta essendo il momento sollecitante inferiore al
momento resistente [(MSd = 1819 kNm)< (MRu = 2005 kNm)]
Capitolo 8

STATO LIMITE DI PUNZONAMENTO

8.1 Generalità
Il punzonamento costituisce un fenomeno di rottura locale prodotta da un carico
concentrato applicato su di una superficie piana di ridotto spessore.
Occorre preoccuparsi della rottura per punzonamento in presenza di travi a spessore
di solaio, di solette in elevazione, di piastre di fondazione su cui insistono carichi
concentrati. Il fenomeno è in realtà più insidioso nelle piastre sottili che nelle travi, in
quanto queste ultime sono sempre dotate di armature trasversali per il taglio (staffe o ferri
piegati), mentre le piastre ne sono generalmente sprovviste.
Nell’edilizia civile ed industriale condizioni di punzonamento si verificano ad
esempio nei seguenti casi:
− solette o travi a spessore in elevazione, in corrispondenza della connessione con i
pilastri; il fenomeno è ancora più pericoloso se manca ad esempio il pilastro
sottostante o quello sovrastante;
− piastre di fondazione in corrispondenza degli scarichi dei pilastri o dei setti murari;
− solettine di solai con blocchi di alleggerimento in polistirolo in corrispondenza di
carichi concentrati.

8.2 Aspetti fisici del fenomeno


Dal punto di vista fisico il fenomeno nasce dalla concentrazione di tensioni di
trazione che accompagnano la diffusione delle tensioni di compressione nella zona di
applicazione e trasferimento del carico. In tale area, detta area critica, si determinano infatti
tensioni principali di trazione e possibili piani di scorrimento inclinati rispetto al piano
medio della piastra, con conseguente pericolo di sfondamento della piastra da parte della
zona soggetta al carico concentrato.
La rottura per punzonamento è dovuta allo spessore modesto della piastra rispetto
all'entità dell’azione concentrata ed alle ridotte dimensioni della zona in cui le tensioni si
diffondono.
242 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

Prove sperimentali condotte sullo schema costituito da una piastra soggetta ad un


carico concentrato su un’area piccola di forma circolare (Fig. 8.1), hanno mostrato che
insorgono in essa momenti tangenziali e radiali, accompagnati da tagli radiali, che
producono, al crescere del livello di carico, un quadro fessurativo caratterizzato da fessure
tangenziali e radiali, fino alla crisi per distacco di un elemento di calcestruzzo. La forma
dell'elemento espulso è quella di un tronco di cono per un carico distribuito su di una
superficie circolare, ma per geometrie poligonali della zona caricata può tendere ad un
tronco di piramide (Fig. 8.2); le superfici di distacco sono inclinate rispetto alla verticale,
come accade nelle travi soggette a sollecitazioni di taglio, con angoli in genere inferiori a
45°. Il contorno della superficie di distacco al bordo teso della piastra è denominato
perimetro critico, esso racchiude l’area critica.
Lesioni per flessione
che appaiono sotto i
carichi non elevati

Perimetro caricato

Superficie di distacco

Fig. 8.1: Prova di punzonamento: quadro fessurativo


I principali fattori che influenzano il fenomeno del punzonamento sono i seguenti:
- le caratteristiche geometriche della piastra rapportate all’estensione della zona caricata:
infatti si osserva sperimentalmente che la resistenza ultima a punzonamento aumenta al
crescere del rapporto b/d (dimensione del pilastro/altezza utile della piastra); ciò giustifica
l'adozione di ringrossi di calcestruzzo (capitelli) in corrispondenza dei pilastri;
- le caratteristiche meccaniche dei materiali, ed in particolare la resistenza a trazione del
calcestruzzo, da cui dipende la resistenza ultima a punzonamento degli elementi senza
armatura trasversale specifica;
- la presenza delle armature metalliche: le armature disposte per assorbire gli sforzi di
trazione dovuti alle sollecitazioni flettenti nella piastra danno anche un contributo alla
resistenza a punzonamento per effetto “spinotto” o “biella”; inoltre apposite armature
trasversali, costituite da staffe verticali, ferri piegati o anche profilati metallici, danno un
diretto contributo all’assorbimento degli sforzi di punzonamento: occorre ovviamente
controllare la corretta disposizione di tali armature all’interno dell’area critica.
Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 243

a+2h

2h
b+

b
a

Fig. 8.2: Cuneo di distacco in presenza di una superficie caricata di forma rettangolare

Fig. 8.3: Armatura trasversale costituita da staffe

La finalità delle armature consiste nel trasmettere le azioni taglianti attraverso le


superfici di rottura innanzi evidenziate oppure di allargare la superficie di trasferimento del
carico rendendola non sensibile al fenomeno. Sono possibili varie soluzioni:
a) armature trasversali costituite da staffe (Fig. 8.3);
b) armatura “ a greca” (Fig. 8.4);
c) armatura con ferri piegati (Fig. 8.5);
d) allargamento della zona di trasferimento con profilati metallici inseriti nel getto
(Fig. 8.6).
244 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

In tutti gli esempi evidenziati, l’intervento va esteso interessando una zona di


larghezza non inferiore a 1.5÷2 d, con d altezza utile della soletta, nell’intorno del
perimetro del pilastro.

Fig. 8.4: Esempio di armatura a greca

Fig. 8.5: Armatura trasversale costituita da ferri piegati

Fig. 8.6: Esempio di armatura costituita da profilati metallici


Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 245

8.3 Verifica a punzonamento secondo l’EC2


La verifica a punzonamento trova una estesa trattazione nell’Eurocodice 2 [38] che
parte dalla definizione del “perimetro critico”, le cui dimensioni sono funzione dello
spessore della piastra, delle dimensioni e della forma dell’area caricata, della posizione
dell’area caricata nella pianta strutturale (zona interna ovvero in prossimità dei bordi).
La sezione di verifica è in effetti la superficie prismatica avente come base il
perimetro critico e come altezza l’altezza utile d, come è visualizzato nella Fig. 8.7 con
riferimento a solette in elevazione e piastre di fondazione.
Il perimetro critico si ottiene dalla intersezione di piani inclinati di β = 26.56°
rispetto al piano della piastra e partenti dal bordo caricato, con il piano della armatura in
trazione. Pertanto, in presenza di piastra a spessore costante, il perimetro critico si estende
in pianta in tutte le direzioni della quantità 2·d rispetto al perimetro del pilastro. Nella Fig.
8.8 è riportata la definizione del perimetro critico per varie situazioni.
Area critica
Perimetro critico

Piastra

h
d
β

2.0 d 2.0 d Sezione critica

β = arctang (1/2) = 26.56°

Posizione possibile
Area caricata dell'armatura a punzonamento

2.0 df 2.0 df
Sezione critica

Piastra di
hf
β
β

df

fondazione

a ≥ 2 hf
Per a > 2 hf la fondazione dovrebbe
essere considerata come piastra
Fig. 8.7: Modello di calcolo a punzonamento allo stato limite ultimo
Ad esempio i perimetri critici per un pilastro di perimetro uo avente sezione
rettangolare di lati (c1,c2), sezione poligonale regolare con n lati di lunghezza li, sezione
circolare di raggio r, valgono rispettivamente:
246 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

u1 = u o + 4 ⋅ π ⋅ d = 2(c1 + c2 )+ 4 ⋅ π ⋅ d (sez. rettangolare)


u1 = u o + 4 ⋅ π ⋅ d = n ⋅ li + 4 ⋅ π ⋅ d (sez. poligonale) (8.1)
u1 = u o + 4 ⋅ π ⋅ d = 2 ⋅ π ⋅ r + 4 ⋅ π ⋅ d (sez. circolare)

2 .0
d
2 .0
d
2.0 d 2.0 d

Perimetro critico di aree caricate lontano da un bordo libero

Bordo libero

90
°

90
90

°
°

2.0 d 2.0 d 2.0 d


2.0
d90°

Perimetro critico in vicinanza di bordi liberi

Fig. 8.8: Perimetri critici


In presenza di allargamenti delle zone sommitali dei pilastri (capitelli), in Fig. 8.9,
sono fornite indicazioni sulle modalità di calcolo dei cunei di distacco. Possono distinguersi
in linea generale due casi:
- caso a: la superficie di inclinazione β che parte dal pilastro interseca il limite
verticale del capitello ( lH≤2·hH);
- caso b: la superficie di inclinazione β che parte dal pilastro non interseca il limite
verticale del capitello e raggiunge senza intersezioni la superficie della armatura in
trazione della piastra ( lH>2·hH).
Nel primo caso (caso a), che potremmo definire di capitello piccolo, la verifica può
essere limitata alla superficie critica esterna al capitello definita dalla intersezione delle
superfici di inclinazione β che partono dal bordo esterno del capitello con il piano delle
armature tese prossimo alla superficie superiore della piastra. Per pilastri circolari di raggio
r e capitelli di larghezza lH, il perimetro della superficie critica vale per sezione circolare:
u1 = 2 ⋅ π ⋅ (r + lH + 2 ⋅ d ) (sez. circolare) (8.2)
Per pilastro con sezione rettangolare di lati c1 e c2 con c1 ≤ c2, e capitello di larghezza
lH<2hH, il perimetro della sezione critica si definisce come una circonferenza equivalente di
Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 247

raggio rcont così definita:

⎣( )
rcont = min ⎡ 2d + 0.56 l1 ⋅ l2 , ( 2d + 0.69 ⋅ l1 ) ⎤
⎦ ( l1 ≤ l2 ) (8.3)
l1 = c1 + 2 ⋅ lH 1 , l2 = c2 + 2 ⋅ lH 2

Nel caso b, di capitello grande (lH>2hH), la verifica ha due sottocasi:


b1) se lH>2(hH+d), le superfici critiche sono due,rispettivamente esterna ed interna al
capitello, aventi il perimetro u1 seguente:
a) superficie esterna
u1 = 2 ⋅ π ⋅ (r + 2 ⋅ d + lH ), t=d (pil. sez. circolare) (8.4)
u1 = 2(c1 + c2 + 4 ⋅ lH ) + 4 ⋅ π ⋅ d t=d (pil. sez. rettangolare)

b) superficie interna
u1 = 2 ⋅ π ⋅ (r + 2 ⋅ d + 2 ⋅ hH ), t = d + hH (pil. sez. circolare) (8.5)
u1 = 2(c1 + c2 + 4 ⋅ hH ) + 4 ⋅ π ⋅ d t = d + hH (pil. sez. rettangolare)

Fig. 8.9: Cunei di distacco in presenza di capitelli


248 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

b2) se lH>2hH ma lH<2(hH+d), la superficie critica è una,esterna al capitello, avente lo


spessore d ed il perimetro u1 dati dalle 8.5 (ma stavolta la superficie cade fuori
dall’impronta del capitello).
Per la verifica a punzonamento secondo l’EC2 si fa riferimento ad uno schema
logico simile a quello adottato per il taglio con alcune differenze. Essa è basata sulla
definizione dell’azione di calcolo unitaria applicata vSd e di tre valori limite vRd,c, v Rd,cs,
vRd,max della resistenza unitaria a punzonamento. Le azioni di calcolo sono definite con
riferimento ad aree unitarie della superficie critica dividendo le azioni complessive per
l’area suddetta. Inoltre mentre i valori limite vRd,c e v Rd,cs fanno riferimento alla superficie
definita dal perimetro critico u1, il valore limite vRd,max fa riferimento al perimetro uo del
pilastro o dell’area generica caricata per la quale si effettua la verifica a punzonamento.

Valutazione dell’azione sollecitante


Nel caso di carico concentrato o di reazione di appoggio, l’azione applicata per
unità di area νSd è pertanto pari a:

VSd
vSd = ψ ⋅ (8.6)
u1 ⋅ d

in cui VSd è il valore di calcolo della azione totale di punzonamento applicata, u1 è il


perimetro critico, d l’altezza utile della piastra da mediare tra le due direzioni, ψ è un
coefficiente che tiene conto forfettariamente degli effetti dell’eccentricità del carico. Infatti,
la presenza di momenti flettenti dissimmetrici nei nodi piastra-pilastri è tale da alterare la
simmetria del fenomeno di punzonamento dovuto alle sole azioni di taglio verticali. Tale
coefficiente, che vale 1.00 nel caso di carico perfettamente centrato, in presenza di effetti
flessionali non compiutamente definiti, può assumere i seguenti valori approssimati (cfr.
Fig. 8.10):
- ψ = 1.15 per i pilastri interni;
- ψ = 1.40 per i pilastri di bordo;
- ψ = 1.50 per i pilastri d’angolo.
Pilastro d'angolo Pilastro di bordo
ψ = 1.50 ψ = 1.40

Pilastro di bordo Pilastro interno


ψ = 1.40 ψ = 1.15

Fig. 8.10: Valori approssimati del coefficiente ψ


Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 249

I coefficienti di cui sopra, possono essere utilizzati nel caso in cui la resistenza ad
azioni laterale dell’impalcato non dipenda dal comportamento a telaio del sistema pilastri-
piastra (impalcato controventato da setti o nuclei o altri tipi di controventi) e se le luci
consecutive hanno un rapporto tra luce maggiore e luce minore non superiore ad 1.25;
inoltre essi possono essere utilizzati anche nel caso di piastre di fondazione in cui, in
assenza di azioni flettenti trasmesse dagli elementi verticali, l’effetto dell’eccentricità può
nascere dall’equilibrio tra carico applicato e risultante delle tensioni esercitate dal terreno.
In altri casi è necessaria una definizione più accurata del coefficiente ψ. Ad esempio
nel caso in cui sia nota l’entità dell’azione flettente, la definizione del fattore di
concentrazione ψ, che dipende dall’eccentricità del carico di punzonamento, può essere
espresso nella forma seguente in presenza di eccentricità in una sola direzione:
M u
ψ = 1 + k ⋅ Sd ⋅ 1 (8.7)
VSd W1
Il coefficiente ψ, maggiore di 1.00, amplifica la tensione tangenziale sollecitante e
dipende essenzialmente da tre fattori:
1) l’eccentricità, pari al rapporto tra momento piastra-colonna e carico trasmesso
(MSd/VSd) che viene fornito dalla analisi strutturale;
2) il fattore W1 , detto modulo plastico del perimetro critico, pari a (cfr. Fig. 8.11):
u
W1 = ∫01 e dl dove:
-e è la distanza della lunghezza infinitesima del perimetro critico dl dall’asse
neutro plastico ortogonale all’asse di sollecitazione dell’azione flettente MSd;
- dl è la lunghezza infinitesima del perimetro critico;
in sintesi W1 è pari a due volte il momento statico della metà del perimetro critico
rispetto all’asse baricentrico ortogonale al piano di sollecitazione;
3) il fattore k, che dipende dal rapporto dei lati c1 e c2 dell’area caricata (la dimensione
c1 è definita parallela all’eccentricità di carico, mentre c2 è perpendicolare); tale
fattore riduce la tensione tangenziale aggiuntiva prodotta dall’eccentricità (MSd /VSd)
per tener conto di meccanismi ausiliari di tipo flessionale e torsionale che insorgono
nella zona caricata della piastra.

Fig. 8.11: Distribuzione tensioni tangenziali per effetti flettenti nel nodo pilastro-piastra
250 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

Per pilastri rettangolari interni il modulo plastico W1 vale (cfr. Fig. 8.11):
c2
W1 = 1 + c1 ⋅ c2 + 4 ⋅ c2 ⋅ d + 16 ⋅ d 2 + 2 ⋅ π ⋅ c1 ⋅ d (8.8)
2
con c1 dimensione parallela alla eccentricità del carico e c2 dimensione perpendicolare.

Il coefficiente k, per aree di forma rettangolare, vale:


k = 0.45 + 0.3 ⋅ ( c1 / c2 - 0.5 ) ≥ 0.45 per c1 / c2 ≤ 1
(8. 9)
k = 0.60 + 0.1 ⋅ ( c1 / c2 -1) ≤ 0.80 per c1 / c2 > 1

I valori di k che si ottengono per alcuni valori del rapporto c1/c2 sono:
c1/c2 ≤0.5 1.0 2.0 ≥3.0
k 0.45 0.60 0.70 0.80
Poiché al crescere di k vi è un incremento del fattore di concentrazione ψ, il valore
superiore (k = 0.8) risulta cautelativo.

Nel caso di pilastro interno circolare si può adottare la espressione seguente:


et
ψ = 1 + 0.6 ⋅ π ⋅ pilastro circolare interno (8.10)
2⋅r + 4⋅d
mentre per pilastro rettangolare con eccentricità totale non diretta secondo un asse
principale, il coefficiente ψ assume il valore appresso definito:

2 2
⎛e ⎞ ⎛ ey ⎞ pilastro rettangolare interno (8.11)
ψ = 1 + 1.8 ⋅ ⎜ x ⎟ +⎜ ⎟
⎜ cy ⎟ ⎜ cx ⎟ con doppia eccentricità
⎝ ⎠ ⎝ ⎠
essendo:
-r il raggio del pilastro circolare;
- et, ex, ey rispettivamente l’eccentricità totale o quelle in direzione x e y;
- cx, cy le dimensioni del perimetro critico rispettivamente pari alla lunghezza dei lati
corrispondenti del pilastro incrementati di 4d.
Per pilastri rettangolari di bordo, in cui l’eccentricità perpendicolare al bordo
della piastra è verso l’interno, in assenza di eccentricità parallela, la forza di punzonamento
può considerarsi uniformemente distribuita lungo il perimetro di verifica ridotto u1* (cfr.
Fig. 8.12a) (vSd=VSd /(u1* d)), cioè con ψ=u1/u1* .
Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 251

Fig. 8.12: Perimetro di verifica ridotto o equivalente u1*

Se è presente sia l’eccentricità perpendicolare che parallela al bordo della piastra il


coefficiente ψ può essere determinato con la seguente espressione:
u1 u
ψ= + k ⋅ 1 ⋅ e par (8.9)
u1* W1
dove:
- u1 è il perimetro di verifica di base (cfr. Fig. 8.8);
- u1* è il perimetro di verifica di base ridotto (cfr. Fig. 8.12a);
- epar è l’eccentricità parallela al bordo della piastra prodotta da un momento rispetto
all’asse perpendicolare al bordo della piastra;
-k può essere determinato sostituendo il rapporto c1/c2 con c1/2c2;
- W1 è calcolato per il perimetro di base u1 (cfr. Fig. 8.8).
Per un pilastro rettangolare di bordo, come riportato in Fig. 8.12a, W1 vale:

c22
W1 = + c1 ⋅ c2 + 4 ⋅ c1 ⋅ d + 8 ⋅ d 2 + π ⋅ c2 ⋅ d (8.10)
4
Nel caso di pilastro d’angolo (cfr. 8.12b), se l’eccentricità è verso l’interno della piastra, si
assume che la forza di punzonamento sia uniformemente distribuita lungo il perimetro di
verifica ridotto u1* (cfr. Fig. 8.12b). In questo caso il coefficiente ψ può essere determinato
con la seguente espressione:
u1
ψ= (8.11)
u1*
252 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

Sia nel caso di pilastro di bordo che d’angolo, se l’eccentricità perpendicolare al


bordo è rivolta verso l’esterno dovrà essere applicata la relazione (8.7), in cui W1 è
calcolato come momento statico del perimetro critico ridotto, u1* , definito in fig. 8.12,
rispetto al baricentro del pilastro.
La forza di punzonamento VSd in una piastra di fondazione può essere ridotta per
l’effetto benefico delle pressioni del terreno di fondazione.
La componente verticale della forza di precompressione di armature inclinate che
incrociano la sezione di verifica può essere considerata come azione favorevole per la
riduzione della forza di punzonamento.

Valutazione della resistenza a punzonamento


La verifica, in analogia con il taglio, parte dalla definizione dei valori limite della
resistenza a punzonamento vRd,c, vRd,cs, vRd,max per unità di area della superficie critica. In
particolare il limite vRd,c, che rappresenta la resistenza di calcolo a punzonamento per
elementi senza armature specifiche a punzonamento, è ricavato con una relazione del tutto
simile a quella che si adotta per il taglio nelle travi, con la differenza che essa è espressa in
termini di tensioni. L’espressione in questione ha la seguente formulazione:
⎛ 0.18 ⎞
v Rd , c = ⎜⎜ ⋅ K ⋅ 3 100 ⋅ ρl ⋅ f ck + 0.10 ⋅ σ cp ⎟⎟ ≥ ⎛⎜ 0.035 ⋅ K 3 ⋅ f ck + 0.10 ⋅ σ cp ⎞⎟ (8.12)
⎝ cγ ⎠ ⎝ ⎠
essendo:
- γc è il coefficiente di sicurezza che assume i seguenti valori: 1.50 per carichi
permanenti e variabili; 1.20 per carichi eccezionali;
-K è il parametro che tiene conto dell’effetto ingranamento degli inerti già visto per
il taglio e vale : K = 1.0 + 200 / d ≤ 2.0 , con d espresso in millimetri;
- ρl è la percentuale geometrica di armatura in zona tesa. Nel caso in cui l’armatura
longitudinale sia costituita da un’unica tipologia, sia essa uni che bidirezionale,
A
varrà: ρ l = sl ≤ 0.02 , dove i è l’interasse delle barre; qualora l’armatura
i⋅d
longitudinale sia differente nelle due direzioni la percentuale geometrica va
determinata come media delle percentuali di ciascuna direzione (ρlx, ρly) secondo
la seguente relazione: ρ l = ρ lx ⋅ ρ ly ≤ 0.02 ;
- fck è la resistenza caratteristica cilindrica espressa in N/mm2;
- σcp è la media delle tensioni normali σ cp = σ cx + σ cy / 2 ( ) (positive se di
2
compressione ed espresse in N/mm ) nel calcestruzzo in corrispondenza della
sezione critica nelle due direzioni x e y; queste tensioni possono anche derivare
da effetti di precompressione laterale.
La massima resistenza di calcolo a punzonamento vRd,cs, per unità di area critica
(u1·d), per elementi con armatura a punzonamento, viene assunta pari a:
Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 253

d 1
v Rd , cs = 0.75 ⋅ v Rd , c + 1.5 ⋅ ⋅ Asw ⋅ f swd , ef ⋅ ⋅ senα (8.13)
sr u1 ⋅ d
dove:
-d è la media delle altezze utili nelle due direzioni ortogonali espressa in millimetri;
- sr è il passo radiale dei perimetri dell’armatura di punzonamento espresso in
millimetri;
- Asw è l’area dell’armatura di punzonamento verticale (cuciture) situata su ogni
perimetro intorno al pilastro espressa in millimetri quadrati;
- fswd,ef è la resistenza di progetto efficace dell’armatura a taglio-punzonamento, espressa
in N/mm2, che vale: f swd , ef = 250 + 0.25 ⋅ d ≤ f swd . Questa relazione tiene in
conto la riduzione dell’efficacia della resistenza per effetto degli spessori ridotti
delle solette;
- u1 è il perimetro di verifica di base (cfr. Fig. 8.8) espresso in millimetri;
-α è l’angolo compreso tra l’armatura a taglio-punzonamento e il piano della
piastra.
Se come armatura a taglio-punzonamento viene disposta una sola fila di barre piegate verso
il basso, il rapporto d / sr nella relazione (8.13) può assumere il valore di 0.67.
Il valore limite vRd,max della resistenza di calcolo a punzonamento fa riferimento alla
superficie lungo il perimetro uo del pilastro o dell’area generica caricata per la quale si
effettua la verifica di punzonamento, il suo valore è pari a:
1
v Rd , max = ⋅ v ⋅ f cd (8.14)
2
essendo:
-v un coefficiente di riduzione della resistenza del calcestruzzo fessurato per taglio.
Per le NTC 2008 (par. 4.1.2.1.3.3) vale v = 0.5; mentre per l’Eurocodice 2 tale
⎛ f ⎞
valore è espresso dalla seguente relazione: v = 0.6 ⋅ ⎜1 − ck ⎟ , con fck espressa in
⎝ 250 ⎠
N/mm2;
- fcd Il valore della resistenza a compressione di progetto, espressa in N/mm2, definita
α ⋅f
come: f cd = cc ck .
γc
Procedendo nella filosofia del calcolo agli stati limite occorre verificare che le azioni
di calcolo vSd risultino minori delle capacità di resistenza a punzonamento della piastra.
Tali capacità di resistenza sono dovute o al solo contributo dei puntoni di
calcestruzzo, nel caso in cui non sono presenti apposite armature, oppure all’insieme dei
contributi del calcestruzzo e delle armature a punzonamento.
Definendo con vSd e vSd0 rispettivamente le tensioni taglianti unitarie valutate sul
perimetro u1 e sul perimetro del pilastro u0, nel processo di verifica a punzonamento e di
progetto delle armature, possono distinguersi i seguenti tre casi:
254 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

(1) vSd ≤ vRd,c la resistenza del solo calcestruzzo è superiore all’azione vSd di
calcolo, per cui non è necessario disporre un’apposita armatura per
il punzonamento;
(2) vSd ≥ vRd,c l’azione di calcolo vSd supera la capacità di resistenza vRd,c del solo
vSd0 ≤ vRd,max calcestruzzo, ma la sollecitazione tagliante valutata sul perimetro
del pilastro u0, o dell’area caricata, è minore della massima
resistenza di calcolo vRd,max corrispondente. In questo caso possono
essere progettate armature a punzonamento, da disporre all’interno
dell’area critica, in modo che risulti:
vSd ≤ vRd,cs; (8.15)
(3) vSd0 > vRd,max l’azione di calcolo valutata sul perimetro del pilastro o dell’area
caricata vSd0 supera la massima resistenza a punzonamento vRd,max
corrispondente; occorre dimensionare nuovamente lo spessore della
piastra o le dimensioni del pilastro.
Il calcolo dell’armatura richiede innanzitutto che sia rispettata la condizione di
progetto riportata al precedente punto (2), inoltre sono necessarie una serie di condizioni
geometriche che assicurano una efficace distribuzione planimetrica.
Innanzitutto deve essere determinata una area da armare più estesa dell’area
all’interno del perimetro critico. Infatti, deve essere armata l’area all’interno del perimetro
uout all’esterno del quale non occorre armatura essendo la sollecitazione tagliante al di sotto
del valore di riferimento vRd,c. La distanza dout che definisce tale perimetro per pilastri
rettangolari si può ricavare dalla relazione geometrica seguente, ottenuta dall’eguaglianza
della (8.6) con vRd,c osservando che uout = 2π dout+2(c1+c2) :
⎡ ψ ⋅ VSd ⎤ 1
dout = ⎢ − 2 ⋅ ( c1 + c2 ) ⎥ ⋅ (8.16)
⎢⎣ vRd ,c ⋅ d ⎥⎦ 2 ⋅ π
Inoltre la distanza delle singole barre verticali o inclinate di cucitura devono
rispettare le seguenti condizioni:
- il primo dei perimetri omotetici di armature deve avere distanza dal perimetro del
pilastro non minore di 0.3·d e non maggiore di 0.5·d.
- il più esterno dei perimetri omotetici non deve distare dal perimetro dell’area da
armare (uout) più di 1.5·d;
- la distanza sr tra i diversi perimetri di armature non deve superare 0.75·d;
- il numero minimo dei perimetri di armature di cucitura non deve essere inferiore
a 2;
- la distanza st delle barre verticali (cuciture) disposte lungo il generico perimetro
non deve essere superiore a 1.5·d per il perimetro più interno e 2.0·d per i
rimanenti perimetri.
In sintesi, il numero dei perimetri np su cui occorre disporre l’armatura di
punzonamento e la distanza radiale sr delle armature, sono derivabili dalle relazioni
seguenti:
Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 255

d est − dint d est − dint


np ≥ +1 sr = (8.20)
0.75 ⋅ d np −1
dove dint e dest sono le distanze dal pilastro del perimetro più interno e più esterno su cui è
disposta l’armatura.
L’insieme delle condizioni poste porta alla seguente strategia di progetto:
- determinazione di dout e successivamente di dest ≥ dout - 1.5·d, dint = 0.3 ÷ 0.5·d;
- determinazione di uest = 2·(c1+c2) + 2·π·dest;
u
- determinazione del numero di barre per ogni perimetro nb ≥ est ; naturalmente
2⋅d
tale numero per ragioni di simmetria sarà multiplo di 2 e per aree caricate di
forma quadrata multiplo di 4;
- determinazione del numero di perimetri np su cui disporre le armature e del passo
sr corrispondente:
d est − d int d est − d int
np ≥ +1 sr = (8.21)
0.75 ⋅ d np −1
- determinazione della tensione efficace delle armature:
f swd , ef = 250 + 0.25 ⋅ d ≤ f swd (8.22)
- determinazione dell’area delle singole barre ωsw = Asw / nb :

ωsw =
( vRd ,cs − 0.75 ⋅ vRd ,c ) ⋅ ( u1 ⋅ d ) (8.17)
1.5 ⋅ (d / sr ) ⋅ nb ⋅ f swd ,ef ⋅ senα
L’armatura a punzonamento deve comunque rispettare le percentuali minime
dipendenti dal tipo di acciaio e dal tipo di calcestruzzo:
⎡ (1.5 ⋅ sin α + cos α ) ⎤ ⎡ 0.08 ⋅ f ck ⎤
⎢ ρ = ωsw ⋅ ⎥ ≥ ⎢ ρ min = ⎥ (8.18)
⎣ sr ⋅ st ⎦ ⎣⎢ f swk ⎦⎥
dove si osserva che la formula di ρmin non è dimensionale e va adoperata in N/mm2.
Nel caso (3) (vSd0 > vRd,max) l’incremento della resistenza a punzonamento vRd,max,
può essere conseguito realizzando dei “capitelli”, cioè dei ringrossi della piastra in
corrispondenza della zona caricata, ottenendosi in tal modo due effetti: allargamento del
perimetro critico e/o aumento dell’altezza della sezione critica, come è visualizzato in fig.
8.9.
256 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

8.4 Esercizi
ESERCIZIO 8.1
Si consideri un manufatto edilizio con un solo impalcato, realizzato da una soletta
piena in c.a. gettata in opera, che poggia direttamente su pilastri. La soletta in c.a. è alta 220
mm (copriferro d′=30 mm) ed è armata con una maglia incrociata inferiore e superiore di
barre φ12/200 mm, i pilastri sono quadrati di dimensione 300 x 300 mm.
In questo caso è necessaria la verifica a punzonamento della soletta in
corrispondenza dei pilastri. Il punto in cui effettuare la verifica può essere scelto in
corrispondenza del massimo sforzo di punzonamento, che presumibilmente capita nei
pilastri interni, ovvero delle situazioni più sfavorevoli per gli effetti della possibile
eccentricità del carico o di una cattiva diffusione delle tensioni nella soletta, che riguardano
invece le zone di bordo. Nell’esempio sviluppato si esegue la verifica a punzonamento in
corrispondenza del pilastro centrale, in cui si ha il massimo sforzo.
Materiali
Calcestruzzo: C20/25 Armatura acciaio: B450 C
Analisi dei carichi:
Peso proprio solaio: Gk = 6.50 kN/m2
Carico variabile: Qk = 3.50 kN/m2

Valore di calcolo del carico:

2
Q = 1.3 ⋅ Gk + 1.5 ⋅ Qk = 1.3 ⋅ 6.50 + 1.5 ⋅ 3.50 = 13.7 kN/m .

Considerando l’area di influenza del pilastro interno (Ai = 5.0·5.0 = 25 m2) il valore
di calcolo dell’azione totale di punzonamento è:

Vsd = Ai ⋅ Q = 25 ⋅ 13.7 = 342.5 kN .

da cui, utilizzando la (8.6), si ricava l’azione di punzonamento per unità di area. Nella (8.6)
il coefficiente ψ, che tiene conto dell’eccentricità del carico vale 1.15, trattandosi di un
pilastro interno; il perimetro u1 dell’area critica può ottenersi mediante la diffusione fino
all’armatura tesa, come indicato in Fig. 8.13, e vale:

u 1 = 2 ⋅ (300 + 300 ) + 2π ⋅ (2 ⋅ d ) = 1200 + 2 ⋅ 3.14 ⋅ (2 ⋅190 ) = 3586mm

Le azioni di punzonamento per unità di area, valutate rispettivamente in


corrispondenza del perimetro critico e del perimetro del pilastro u0 = 1200 mm, valgono:
Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 257

( )
vSd = ψ ⋅ VSd / u1 d = 1.15 ⋅ 342500 / ( 3586⋅ 190 ) = 0.578N/mm
2

( )
vSd 0 = VSd / u0 d = 342500 / (1200⋅ 190 ) = 1.502N/mm
2

β = arctang (1/2) = 26.56°

Area critica

h
d
β
β

2.0 d 2.0 d

lc
d
0
2.

2.0 d lc 2.0 d

Fig. 8.13: Superficie di punzonamento e perimetro critico

Valori di calcolo della resistenza a punzonamento:


La resistenza di calcolo a punzonamento vRd,c della piastra senza armature specifiche
è fornita dalla relazione (8.12), i cui parametri valgono:

f ck = 20 N/mm 2 Resistenza caratteristica e di progetto


2
del calcestruzzo
f cd = 0.85 ⋅ 20 /1.5 = 11.33 N/mm
258 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

ν = 0.5 Coefficiente riduttivo di fcd

K = 1 + 200 /190 = 2.0261 ⇒ K = 2

l x = l y = l = 300 + 2 ⋅ 2 ⋅ 190 = 1060 mm dimensioni del perimetro critico

Asx = Asy = 113 ⋅ (1060 / 200) = 598.9 cm 2 armatura in zona tesa della soletta
nell’area critica (φ 12/200 mm)
ρl = ρl = Asx /(l ⋅ d ) =
x y
Percentuali geometriche di armatura in
direzione x ed y
598.9 /(1060 ⋅190) = 0.003
Percentuale media di armatura
ρl = ρl ⋅ ρl = 0.003 < 0.02
x y

da cui si ottiene:

CRd ,c 0.18
⋅ K ⋅ (100 ⋅ ρl ⋅ f ck )
1/ 3
vRd ,c = = ⋅ 2 ⋅ (100 ⋅ 0.003 ⋅ 20)1/ 3 = 0.43 N/mm 2
γc 1.5
vmin = 0.035· K 3/ 2 · f ck1/ 2 = 0.035·23/ 2 ·201/ 2 = 0.443 N/mm 2

per cui
vRd ,c = 0.443 N/mm 2

La sollecitazione tagliante resistente, valutata sul perimetro del pilastro, vale:


2
v Rd ,max = 0.5 ⋅ v ⋅ f cd = 0.5 ⋅ 0.5 ⋅ 11.33 = 2.832 N/mm .
Pertanto la sollecitazione tagliante di progetto, valutata sul perimetro critico risulta
maggiore di quella del solo calcestruzzo [(vSd=0.578)>(vRd,c=0.443)].
Inoltre la sollecitazione tagliante di progetto valutata sul perimetro del pilastro
(vSd0=1.502 N/mm2) è inferiore a quella resistente massima (vRd,max=2.832 N/mm2). Si
possono allora seguire due strategie:
a) inserire un capitello in modo da incrementare la resistenza del solo calcestruzzo;
b) inserire una apposita armatura a punzonamento all’interno della sezione critica in
modo da incrementare la resistenza.
Seguendo la prima strategia, si ipotizza un capitello di lati 1000*1000 mm dello
spessore di 200 mm. Trattasi in questo caso di un capitello “piccolo” in quanto risulta
[(lH=350 mm) < (2hH=400 mm)] e pertanto si calcola il raggio del perimetro equivalente ed
Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 259

il perimetro critico nel modo seguente:

( )
rcont = min ⎡ 2d + 0.56 l1 ⋅ l2 , ( 2d + 0.69 ⋅ l1 ) ⎤ =
⎣ ⎦
( )
min ⎡ 2 ⋅190 + 0.56 1000 ⋅1000 , ( 2 ⋅190 + 0.69 ⋅1000 ) ⎤ = min(940,1070) = 940 mm
⎣ ⎦

u1 = 2 ⋅ π ⋅ rcont = 2 ⋅ 3.14159 ⋅ 940 = 5906 mm

La sollecitazione tagliante di progetto diventa allora:

( )
vSd = ψ ⋅ VSd / u1 d = 1.15 ⋅ 342500 / ( 5906 190 ) = 0.351 N/mm
2

(
che risulta inferiore a quella resistente vRd ,c = 0.443 N/mm 2 . )
La verifica sulla resistenza tagliante massima, necessaria sul perimetro del pilastro,
è ovviamente verificata con margine ancora maggiore che in assenza di capitello:
( ) 2
vSd 0 = VSd / u0 d = 342500 / (1200⋅ 390 ) = 0.731 N/mm < v
Rd ,max
2
= 2.832 N / mm .

Seguendo la seconda strategia occorre disporre armature trasversali (verticali o


inclinate) all’interno dell’area critica allo scopo di sostenere il carico da punzonamento. Si
può fare affidamento anche sulla collaborazione del calcestruzzo come ammette l’EC2.
Seguendo tale impostazione si ottiene:
⎡ ψ ⋅ VSd ⎤ 1 ⎡1.15 ⋅ 342500 ⎤ 1
dout = ⎢ − 2 ⋅ ( c1 + c2 ) ⎥ ⋅ =⎢ − 1200 ⎥ ⋅ = 554 mm
⎢⎣ vRd ,c ⋅ d ⎥⎦ 2 ⋅ π ⎣ 0.443 ⋅190 ⎦ 6.28
dest = 554 − 1.5 ⋅190 = 269 mm arrotondati a 270 mm
dint = 0.3 ⋅190 = 57 mm arrotondati a 60 mm
uest = 2 ⋅ (300 + 300) + 2 ⋅ 3.14 ⋅ 270 = 2896 mm
nb ≥ [2896 / ( 2 190 ) = 7.62] ⇒ nb = 8
n p ≥ [(270 − 60) /(0.75 ⋅190) + 1 = 2.48] ⇒ np = 3
sr = [(270 − 60) /(3 − 1)] = 105 mm
st ,max = (1200 + 2 ⋅ 3.14 ⋅ 270) / 8 = 362 < 2 ⋅ d
st ,min = (1200 + 2 ⋅ 3.14 ⋅ 60) / 8 = 197 mm < 1.5 ⋅ d
f swd ,ef = 250 + 0.25 ⋅190 = 297.5 N/mm 2 [ < 391.3 N/mm 2 ]

ωsw =
( vSd − 0.75 ⋅ vRd ,c ) ⋅ ( u1 ⋅ d ) =
( 0.578 − 0.75 ⋅ 0.443) ⋅ ( 3586 ⋅190 )
= 25.92 mm 2
1.5 ⋅ (d / sr ) ⋅ nb ⋅ f swd ,ef ⋅ senα 1.5 ⋅ (190 /105 ) ⋅ 8 ⋅ 297.5 ⋅1
260 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

Pertanto l’armatura da punzonamento sarà costituita da 3 perimetri ciascuno


di 8 barre φ 8 (50 mm2) realizzabili secondo lo schema indicato in Fig. 8.14.
La percentuale di armatura è maggiore di quella minima consentita. Risulta infatti:

⎡ 1.5 1.5 ⎤ ⎡ 0.08 ⋅ fck 0.08 ⋅ 20 ⎤


⎢ρ = ω sw ⋅ = 50 ⋅ = 0.002⎥ ≥ ⎢ ρ = = = 0.0008⎥
min
⎣ sr ⋅ st 105 ⋅ 362 ⎦ ⎣⎢ f swk 450
⎦⎥
Lo schema delle armature a punzonamento è riportato nella figura che segue. Essa
prevede 4·3 staffe φ 8 di dimensione 300·180, 2 staffe φ 8 di dimensione 820·180 poste per
armare le zone adiacenti ai vertici dove le barre verticali delle staffe più esterne sarebbero
state troppo distanti.

105
105
220
60
300 staffe tipo a
180 4 x 3Ø8
staffe tipo a 300

staffe tipo b
180 2Ø8
820

staffa tipo b

Fig. 8.14: Disposizione delle staffe


Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 261

ESERCIZIO 8.2
Si considera un impalcato caratterizzato dalla stessa geometria in pianta
dell’esempio precedente (soletta in c.a. alta 220 mm (copriferro d′ =30 mm) armata con una
maglia incrociata inferiore e superiore di barre φ12/200 mm, pilastri quadrati di dimensione
300 x 300 mm), nella ipotesi di non poter assumere il coefficiente ψ nella forma
semplificata (ψ=1.15 per pilastri interni, ψ=1.40 per pilastri di bordo, ψ=1.50 per pilastri
d’angolo), perché le azioni orizzontali sull’impalcato sono affidate al comportamento a
telaio della struttura ovvero il rapporto tra le luci consecutive supera il valore di 1.25.
In tali condizioni è necessario procedere al calcolo del coefficiente ψ.
Pilastro interno:
Materiali
Calcestruzzo: C20/25 Armatura acciaio: B450 C
Analisi dei carichi:
Peso proprio solaio: Gk = 6.50 kN/m2
Carico variabile: Qk = 3.50 kN/m2
Valore di calcolo del carico:
2
Q = 1.3 ⋅ Gk + 1.5 ⋅ Qk = 1.3 ⋅ 6.50 + 1.5 ⋅ 3.50 = 13.7 kN/m

Considerando l’area di influenza del pilastro interno (Ai = 5.0·5.0 = 25 m2) il valore
di calcolo dell’azione totale di punzonamento è:

Vsd = Ai ⋅ Q = 25 ⋅ 13.7 = 342.5 kN

Il momento da considerare derivato dalla analisi strutturale sia:


M Sd = 107625 kNmm

Per il calcolo del coefficiente ψ occorre calcolare k , W1 ed u1. Essendo c1/c2 ≤ 1 risulta
k =0.45 + 0.3·(c1/c2-0.5)=0.6
Il coefficiente W1 vale:
2
c1 2
W1 = + c1 ⋅ c2 + 4 ⋅ c2 ⋅ d + 16 ⋅ d + 2 ⋅ π ⋅ c1 ⋅ d =
2
2
300 2
= + 300 ⋅ 300 + 4 ⋅ 300 ⋅ 190 + 16 ⋅ 190 + 2 ⋅ 3.14 ⋅ 300 ⋅ 190 = 128560 mm
2
Il perimetro u1 dell’area critica vale:
u1 = 2 ⋅ (300 + 300 ) + 2π ⋅ (2 ⋅ d ) = 1200 + 2 ⋅ 3.14 ⋅ (2 ⋅ 190 ) = 3586mm
262 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

Il coefficiente ψ vale:
M Sd u 107625 3586
ψ = 1+ k ⋅ ⋅ 1 = 1 + 0.6 ⋅ ⋅ = 1.5207
VSd W1 342.5 1298560

L’azione di punzonamento per unità di area, valutata rispettivamente in


corrispondenza del perimetro critico e del perimetro del pilastro (u0=1200
mm),valgono:

( )
vSd = ψ ⋅ VSd / u1 d = 1.50 ⋅ 342500 / ( 3586 190 ) = 0.754 N/mm 2

( )
vsd 0 = VSd / u0 d = 342500 / (1200 190 ) = 1.502 N/mm 2

Resistenza a punzonamento:
La resistenza a punzonamento è quella valutata nell’esercizio 8.1:
vRd ,c = 0.443 N/mm 2

La resistenza tagliante, valutata sul perimetro del pilastro, vale:


2
v Rd ,max = 0.5 ⋅ v ⋅ f cd = 0.5 ⋅ 0.5 ⋅ 11.33 = 2.832 N/mm

Pertanto la sollecitazione tagliante di progetto, valutata sul perimetro critico risulta


maggiore di quella del solo calcestruzzo [(vSd=0.754)>(vRd,c=0.443)].
Inoltre la sollecitazione tagliante di progetto valutata sul perimetro del pilastro
(vSd0=1.502 N/mm2) è inferiore a quella resistente (vRd,max=2.832 N/mm2). Si può pertanto
operare come nell’esercizio precedente.
Si procede al dimensionamento delle armature trasversali verticali all’interno
dell’area critica allo scopo di sostenere il carico da punzonamento.
Seguendo l’impostazione dell’EC2 si ottiene nel caso specifico:
⎡ ψ ⋅V ⎤
Sd − 2 ⋅ c + c ⎥ ⋅ 1 = ⎡1.50 ⋅ 342500 − 1200 ⎤ ⋅ 1 = 780 mm
d out = ⎢ 1 ( 2 ) ⎢ ⎥⎦ 6.28
⎢ vRd ,c ⋅ d
⎣ ⎥ 2 ⋅ π ⎣ 0.443 ⋅ 190

d est = 780 − 1.5 ⋅ 190 = 495 mm arrotondati a 500 mm
dint = 0.3 ⋅ 190 = 57 mm arrotondati a 60 mm
Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 263

uest = 2 ⋅ (300 + 300) + 2 ⋅ 3.14 ⋅ 500 = 4342 mm


nb ≥ [4342 / ( 2 190 ) = 11.42] ⇒ nb = 16
n p ≥ [(500 − 60) /(0.75 ⋅190) + 1 = 4.08] ⇒ np = 5
sr = [(500 − 60) /(5 − 1)] = 110 mm
st ,max = (1200 + 2 ⋅ 3.14 ⋅ 500) /16 = 271 mm < 2 ⋅ d
st ,min = (1200 + 2 ⋅ 3.14 ⋅ 60) /16 = 98 mm < 1.5 ⋅ d
f swd ,ef = 250 + 0.25 ⋅190 = 297.5 N/mm 2 [ < 391.3 N/mm 2 ]

110
110

60 110
110 staffe tipo a
300
180 4 x 5Ø8
staffe tipo a 300

staffe tipo b
180 4 x 2Ø8
488

staffe tipo b

Fig. 8.15: Disposizione delle staffe

Dalla (8.20) si ottiene:

ω sw =
( vSd − 0.75 ⋅ vRd ,c ) ⋅ (u1 ⋅ d ) =
( 0.754 − 0.75 ⋅ 0.443) ⋅ ( 3586 ⋅ 190) = 24 mm
2
( )
1.5 ⋅ d / sr ⋅ nb ⋅ f swd ,ef ⋅ senα 1.5 ⋅ (190 / 110 ) ⋅ 16 ⋅ 297.5

Pertanto l’armatura da punzonamento sarà costituita da 5 distribuzioni anulari,


264 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

ciascuno di 16 barre φ 8 (50 mm2), realizzabili secondo lo schema indicato in Fig. 8.15.
Fig. 8.14La percentuale di armatura è maggiore di quella minima consentita. Risulta
infatti:

⎡ 1.5 1.5 ⎤ ⎡ 0.08 ⋅ fck 0.08 ⋅ 20 ⎤


⎢ρ = ω sw ⋅ = 50 ⋅ = 0.0023⎥ ≥ ⎢ ρ min = = = 0.0008⎥
⎣ sr ⋅ st 110 ⋅ 291 ⎦ ⎣⎢ f swk 450
⎦⎥
Lo schema delle armature a punzonamento è riportato nella Fig. 8.15. Essa prevede 4·5
staffe φ 8 a due bracci di dimensione 300·180, 4 staffe φ 8 a 5 bracci di dimensione 488·180
poste per armare le zone adiacenti ai vertici.
Pilastro di bordo
Analisi dei carichi:
Considerando l’area di influenza del pilastro di bordo (Ai = 5.0·2.65 = 13.25 m2) il
valore di calcolo dell’azione totale di punzonamento è:

Vsd = Ai ⋅ Q = 13.25 ⋅ 13.7 = 181.53 kN

d'=30
β d=190

2d

2d
c 2 =300

2d

=300
<=1.5d
<=0.5c 1
Fig. 8.16: Pilastro di bordo
Il momento da considerare derivante dalla analisi strutturale sia:
M Sd = 57041 kNmm (con eccentricità parallela al bordo)

Per il calcolo del coefficiente ψ occorre calcolare k , W1 ed u1 .


Il calcolo di k richiede di introdurre il parametro di forma c1/(2c2)=0.5 ≤1 essendo c2
Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 265

la dimensione del pilastro parallela al bordo. Risulta:


k =0.45 +0.3·(c1/(2c2)-0.5)=0.45
Il coefficiente W1 (per eccentricità parallela al bordo si assume una espressione
analoga alla (8.10) scambiando però c1 e c2) vale:
c2
W1 = 1 + c1 ⋅ c2 + 4 ⋅ c2 ⋅ d + 8 ⋅ d 2 + ⋅π ⋅ c2 ⋅ d =
4
2
300
= + 300 ⋅ 300 + 4 ⋅ 300 ⋅190 + 8 ⋅1902 + 3.14 ⋅ 300 ⋅190 = 808280 mm 2
4
Il perimetro u1 dell’area critica ed il perimetro u0 possono ottenersi nel modo
seguente:
u1 = c2 + min(c1 ,3 ⋅ d ) + π ⋅ (2d ) = 300 + 300 + 3.14 ⋅ (2 ⋅190) = 1793 mm
u0 = c2 + min(c1 ,3 ⋅ d ) = 300 + 300 = 600 mm
Il coefficiente ψ (per eccentricità parallela al bordo) vale:
M Sd u1 57041 1793
ψ = 1+ k ⋅ ⋅ = 1 + 0.45 ⋅ ⋅ = 1.32
V Sd W 1 181.53 808280

L’azione di punzonamento per unità di area, valutata rispettivamente in


corrispondenza del perimetro critico (Fig. 8.16) e del perimetro del pilastro u0=1200mm,
valgono:

( )
v Sd = ψ ⋅V Sd / u1 d = 1.32 ⋅ 181530 / (1793 190 ) = 0.701 N/mm 2

( )
v sd 0 = V Sd / u 0 d = 181530 / ( 600 190 ) = 1.593 N/mm 2

Resistenza a punzonamento:
La resistenza punzonamento è la stessa dell’esercizio 8.1:
vRd , c = 0.443 N/mm 2

La sollecitazione tagliante resistente, valutata sul perimetro del pilastro, vale:


2
v Rd ,max = 0.5 ⋅ v ⋅ f cd = 0.5 ⋅ 0.5 ⋅ 11.33 = 2.832 N/mm

Pertanto la sollecitazione tagliante di progetto, valutata sul perimetro critico risulta


maggiore di quella del solo calcestruzzo [(vSd=0.701)>(vRd,c=0.443)].
Inoltre la sollecitazione tagliante di progetto valutata sul perimetro del pilastro
(vSd0=1.593 N/mm2) è inferiore a quella resistente (vRd,max=2.832 N/mm2). Si può pertanto
operare come nell’esercizio precedente progettando idonea armatura.
266 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

Seguendo l’impostazione dell’EC2 si ottiene nel caso specifico:


⎡ ψ ⋅V Sd ⎤ 1 ⎡1.32 ⋅181530 ⎤ 1
d out = ⎢ − ⋅u 0 ⎥ ⋅ =⎢ − 600 ⎥ ⋅ = 358 mm
⎢⎣v Rd ,c ⋅ d ⎥⎦ 2 ⋅ π ⎣ 0.443 ⋅190 ⎦ 6.28
d est = 358 − 1.5 ⋅190 = 73 mm arrotondati a 110 per motivi tecnologici
d int = 0.3 ⋅190 = 57 mm arrotondati a 60
u est = (300 + 300) + 3.14 ⋅ 110 = 945 mm
nb ≥ [945 / ( 2 190 ) = 2.49] ⇒ nb = 5
n p ≥ [(110 − 60) /(0.75 ⋅190) + 1 = 1.35] ⇒ np = 2
s r = [(110 − 60) /(2 − 1)] = 50 mm
s t ,max = (600 + 3.14 ⋅110) / 4 = 236 mm < 2 ⋅ d
s t ,min = (600 + 3.14 ⋅ 60) / 4 = 197 < mm < 1.5 ⋅d

f swd ,ef = 250 + 0.25 ⋅190 = 297.5 N/mm 2 [ < 391.3 N/mm 2 ]

ωsw =
( vSd − 0.75 ⋅ vRd ,c ) ⋅ ( u1 ⋅ d ) ( 0.757 − 0.75 ⋅ 0.443) ⋅ (1793 ⋅190 )
= = 17 mm 2
1.5 ⋅ (d / sr ) ⋅ nb ⋅ f swd ,ef ⋅ senα 1.5 ⋅ (190 / 50 ) ⋅ 5 ⋅ 297.5 ⋅1

50

d=190

60

50
50
c 2=300

50

c1 =300

Fig. 8.17: Pilastro di bordo


Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 267

In sintesi l’armatura necessaria è costituita da due strati di armature a distanza dal


pilastro di 60 e 110 mm, ciascuno costituito da non meno di 5 barre verticali di diametro
φ 8 (50 mm2)

Pilastro d’angolo
Analisi dei carichi:
Considerando l’area di influenza del pilastro di bordo (Ai = 2.65 2.65= 7.02 m2) il
valore di calcolo dell’azione totale di punzonamento è:

VSd = Ai ⋅ Q = 7.02 ⋅ 13.7 = 96.18 kN

Il momento da considerare sia:


M Sd = 30221 kNmm

Per il calcolo del coefficiente ψ si calcolano i seguenti perimetri critici:


u1 = c1 + c2 + π ⋅ d = 300 + 300 + 3.14 ⋅ 190 = 1197 mm
*
u1 = 0.5 ⋅ c1 + 0.5 ⋅ c2 + π ⋅ d = 150 + 150 + 3.14 ⋅ 190 = 897 mm
( ) (
u0 = min c1 + c2 , 3 ⋅ d = min 600, 570 = 570 mm)
Il coefficiente ψ vale:
u1 1197
ψ = = = 1.376
u1* 897

L’azione di punzonamento per unità di area, valutata rispettivamente in


corrispondenza del perimetro critico e del perimetro del pilastro u0=570 mm, valgono:

( ) ( )
vSd = ψ ⋅ VSd / u1 d = 1.376 ⋅ 96180 / 1197 190 = 0.582 N/mm
2

( ) ( )
vSd 0 = VSd / u0 d = 96180 / 570 190 = 0.888 N/mm
2

Resistenza a punzonamento:
La resistenza punzonamento è la stessa dell’esercizio 8.1:
CRd ,c 0.18
⋅ k ⋅ (100 ⋅ ρl ⋅ f ck ) =
1/ 3
vRd ,c = ⋅ 2 ⋅ (100 ⋅ 0.003 ⋅ 20)1/ 3 = 0.43 N/mm 2
γc 1.5
vmin = 0.035·k 3/ 2 · f ck1/ 2 = 0.035·23/ 2 ·201/ 2 = 0.443 N/mm 2
per cui
268 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

vRd ,c = 0.443 N/mm 2

La sollecitazione tagliante resistente, valutata sul perimetro del pilastro, vale:


2
v Rd ,max = 0.5 ⋅ v ⋅ f cd = 0.5 ⋅ 0.5 ⋅ 11.33 = 2.832 N/mm

Pertanto la sollecitazione tagliante di progetto, valutata sul perimetro critico risulta


maggiore di quella del solo calcestruzzo [(vSd=0.582)>(vRd,c=0.443)]. Inoltre la
sollecitazione tagliante di progetto valutata sul perimetro del pilastro (vSd0=0.888 N/mm2) è
inferiore a quella resistente (vRd,max=2.832 N/mm2). Si può pertanto operare come
nell’esercizio precedente dimensionando idonea armatura.
70
d=190
60

60
c1 =300

70

c 2 =300 60

Fig. 8.18: Superficie di punzonamento e perimetro critico.


Seguendo l’impostazione dell’EC2 si ottiene nel caso specifico:
⎡ ψ ⋅ VSd ⎤ 1 ⎡1.376 ⋅ 96180 ⎤ 1
dout = ⎢ −u0⎥⋅ =⎢ − 570 ⎥ ⋅ = 160 mm
v
⎣⎢ Rd ,c ⋅ d ⎦⎥ 2 ⋅ π ⎣ 0.443 ⋅ 190 ⎦ 6.28
dest = 160 − 1.5 ⋅190 < 0 mm (si assume dest = 130 mm)
dint = 0.3 ⋅190 = 57 mm arrotondati a 60
Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 269

uest = (150 + 150) + 3.14 ⋅130 = 708 mm


nb ≥ [708 / ( 2 190 ) = 1.86] ⇒ nb = 3
n p ≥ [(130 − 60) /(0.75 ⋅190) + 1 = 1.49] ⇒ np = 2
sr = [(130 − 60) /(2 − 1)] = 70 mm
st ,max = (300 + 3.14 ⋅130) / 2 = 354 mm < 2 ⋅ d
st ,min = (300 + 3.14 ⋅ 60) / 2 = 245 mm < 1.5 ⋅ d
f swd ,ef = 250 + 0.25 ⋅190 = 297.5 N/mm 2 [ < 391.3 N/mm 2 ]

ωsw =
( vSd − 0.75 ⋅ vRd ,c ) ⋅ (u1 ⋅ d ) =
( 0.582 − 0.75 ⋅ 0.443) ⋅ (1197 ⋅ 190 )
= 15.63 mm 2
1.5 ⋅ ( d / sr ) ⋅ nb ⋅ f swd ,ef ⋅ senα 1.5 ⋅ (190 / 70 ) ⋅ 3 ⋅ 297.5 ⋅ 1

In pratica l’armatura deve assicurare due strati di armature a distanza dal pilastro di
60 e 130 mm, ciascuno costituito da non meno di 3 barre verticali di diametro φ 8 (50
mm2).
270 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

ESERCIZIO 8.3

Piastra di fondazione
Si considera una piastra di fondazione di altezza complessiva h = 300 mm, su cui
scaricano i pilastri di un fabbricato (Fig. 8.19). Le caratteristiche geometriche ed i carichi
agenti sono riportati di seguito:
Piastra di fondazione: h = 300 mm, d = 260 mm
armatura φ16 / 200 mm in dir. x ed y
pilastro: c1 = 400 mm, c2 = 300 cm, ψ = 1.15 (pilastro interno)

N = 1000 kN (sforzo normale nel pilastro)

Materiali
Calcestruzzo: C25/30 Armatura acciaio: B450 C
Azione di punzonamento su unità di area:
L’azione complessiva di punzonamento si ottiene deducendo dal carico verticale
trasmesso dal pilastro la reazione del terreno interna al cuneo di distacco, pari alla tensione
media nel terreno, assunta pari a 0.1 N/mm2, moltiplicata per la superficie interna al
perimetro critico.
Essendo pertanto l’azione specifica di punzonamento inversamente proporzionale
all’area contenuta nel perimetro critico, è necessario determinare la distanza del perimetro
critico per il quale è massimo il rapporto tra azione sollecitante e resistenza. In alternativa si
può adottare un perimetro critico limite inferiore assumendo per l’angolo β un valore
maggiore di 26.56°, compreso tra 33.69° e 45°.
Assumendo cautelativamente l’angolo β=45° che dà luogo alla minima area di
reazione del terreno, per la sollecitazione di punzonamento si ottiene:

Ac (area critica ) = c1 ⋅ c2 + 2 ⋅ ( c1 + c2 ) ⋅ d + π ⋅ d 2 =
= 300 ⋅ 400 + 2 ⋅ (300 + 400) ⋅ 260 + 3.14 ⋅ 2602 = 696264 mm 2
VSd = 1000000 − 696264 ⋅ 0.1 = 930373 N
u1 = 2 ⋅ (c1 + c2 ) + 2π ⋅ (d ) = 2 ⋅ (400 + 300) + 2π ⋅ (260) = 3032.8 mm
vSd = ψ ⋅ VSd / ( u1 d ) = 1.15 ⋅ 930373 /(3032.8 ⋅ 260) = 1.357 N/mm 2
v Sd 0 = V Sd 0 / (u 0 d ) = 1000000 /(1400 ⋅ 260) = 2.75 N/mm 2
Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 271

Resistenza a punzonamento

f ck = 25 N/mm 2 Resistenza caratteristica e di progetto


calcestruzzo
f cd = 0.85 ⋅ 25 /1.5 = 14.16 N/mm 2
ν = 0.5 Coefficiente riduttivo
f sk = 450 N/mm 2 Resistenza caratteristica e di progetto
2
armatura
f sd = 450 /1.15 = 391.3 N/mm
0.18 0.18
CRd ,c = = = 0.12 N/mm 2
γc 1.5
k = 1 + 200 / 260 = 1.877 (< 2)
ρlx = ρly = Asx /(l y ⋅ d ) = Percentuali geometriche di armatura in
direzione x ed y per armatura in zona tesa
201/(200 ⋅ 260) = 0.0039
della soletta nell’area critica (Φ 16/200 mm)
ρl = ρlx ⋅ ρly = 0.0039 < 0.015 Percentuale media di armatura
da cui si ottiene:
CRd ,c 0.18
⋅ k ⋅ (100 ⋅ ρl ⋅ f ck ) =
1/ 3
vRd ,c = ⋅1.877 ⋅ (100 ⋅ 0.0039 ⋅ 25)1/ 3 = 0.48 N/mm 2
γc 1.5
vmin = 0.035·k 3/ 2 · f ck1/ 2 = 0.035·1.8773/ 2 ·251/ 2 = 0.2159 N/mm 2
per cui vRd ,c = 0.48 N/mm 2

La sollecitazione tagliante resistente, valutata sul perimetro del pilastro, vale:


2
v Rd ,max = 0.5 ⋅ν ⋅ f cd = 0.5 ⋅ 0.5 ⋅ 14.16 = 3.54 N/mm
Pertanto la sollecitazione tagliante di progetto, valutata sul perimetro critico assunto
(β=45°) risulta maggiore di quella del solo calcestruzzo [(vSd=1.357)>(vRd,c=0.48)].
Inoltre la sollecitazione tagliante di progetto valutata sul perimetro del pilastro
(vSd0=2.75 N/mm2) è inferiore a quella resistente (vRd,max=3.54 N/mm2). Si possono allora
seguire due strategie.
a) inserire un capitello in modo da incrementare la resistenza del calcestruzzo;
b) inserire una apposita armatura a punzonamento all’interno della sezione critica in
modo da incrementare la resistenza.

Seguendo la prima strategia ed assumendo per il capitello una dimensione in pianta


lH=300 mm, si ottiene un capitello di lati 900*1000 mm. A differenza dell’esercizio n.1 il
rapporto hH/lH ha come limite il valore 1, avendo scelto un angolo β=45°. Pertanto si
272 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

assume uno spessore hH=lH=300 mm. Trattasi in questo caso di un capitello “piccolo” in
quanto risulta [(lH=300 mm) = (hH=300 mm)]; pertanto si calcola il raggio del perimetro
equivalente ed il perimetro critico nel modo seguente:

( )
rcont = min ⎡ 2d + 0.56 l1 ⋅ l2 , ( 2d + 0.69 ⋅ l1 ) ⎤ =
⎣ ⎦
( )
min ⎡ 2 ⋅ 260 + 0.56 900 ⋅1000 , ( 2 ⋅ 260 + 0.69 ⋅ 900 ) ⎤ = min(1051,1141) = 1051 mm
⎣ ⎦

u1 = 2 ⋅ π ⋅ rcont = 2 ⋅ 3.14 ⋅1051 = 6600 mm

La sollecitazione tagliante di progetto diventa allora:


2
Vsd = 1000000 − 3.14 ⋅ 1051 ⋅ 0.1 = 653155N

( ) (
vSd = ψ ⋅ VSd / u1 d = 1.15 ⋅ 653155 / 6600 260 = 0.4377 N/mm) 2

(
che risulta inferiore a quella resistente vRd ,c = 0.48 N/mm 2 . )
La verifica sulla resistenza tagliante massima, necessaria sul perimetro del pilastro,
è ovviamente verificata con margine ancora maggiore che in assenza di capitello:
( ) 2
vSd 0 = VSd / u0 d = 1000000 / (1400⋅ 560 ) = 1.276 N/mm .
Seguendo la seconda strategia occorre disporre armature trasversali (verticali o
inclinate) all’interno dell’area critica allo scopo di sostenere il carico da punzonamento. Si
può fare affidamento anche sulla collaborazione del calcestruzzo come ammette l’EC2.
Seguendo l’impostazione dell’EC2 ed ipotizzando barre verticali si ottiene nel caso
specifico:
⎡ ψ ⋅ VSd ⎤ 1 ⎡1.15 ⋅ 930373 ⎤ 1
dout = ⎢ − 2 ⋅ ( c1 + c2 ) ⎥ ⋅ =⎢ − 1400 ⎥ ⋅ = 964 mm
v
⎣⎢ Rd ,c ⋅ d ⎦⎥ 2 ⋅ π ⎣ 0.48 ⋅ 260 ⎦ 6.28
dest = 964 − 1.5 ⋅ 260 = 574 mm arrotondati a 580 mm
dint = 0.3 ⋅ 260 = 78 mm arrotondati a 80 mm

u est = 2 ⋅ (300 + 400) + 2 ⋅ 3.14 ⋅ 580 = 5042 mm


nb ≥ [5042 / ( 2 260 ) = 9.70] ⇒ nb = 12
n p ≥ [(580 − 80) /(0.75 ⋅ 260) + 1 = 3.56] ⇒ np = 4
s r = [(580 − 80) /(4 − 1)] = 167 mm
s t ,max = 5042 /12 = 420 mm < 2 ⋅ d
s t ,min = (1400 + 2 ⋅ 3.14 ⋅ 80) /12 = 158 mm < 1.5 ⋅d
Capitolo 8. LO STATO LIMITE ULTIMO PER PUNZONAMENTO 273

f swd ,ef = 250 + 0.25 ⋅ 260 = 315 N/mm 2 [ < 391.3 N/mm2 ]

ωsw =
( vSd − 0.75 ⋅ vRd ,c ) ⋅ ( u1 ⋅ d ) (1.357 − 0.75 ⋅ 0.48) ⋅ ( 3032.8 ⋅ 260 )
= = 89 mm 2
1.5 ⋅ (d / sr ) ⋅ nb ⋅ f swd ,ef ⋅ senα 1.5 ⋅ ( 260 /167 ) ⋅12 ⋅ 315 ⋅1

300

40
300

40 staffe tipo a
80 167 167 167
240 4 x 4Ø12
staffe tipo a 300

staffe tipo b
167 167 167

240 4 x 1Ø12

501

staffa tipo b

Fig. 8.19: Piastra di fondazione

Pertanto l’armatura da punzonamento sarà distribuita lungo 4 linee perimetrali


ciascuna con 12 barre φ 12 disposte verticalmente (113 mm2) distanziate di 167 mm,
realizzabili secondo lo schema indicato in figura.
274 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DELLE STRUTTURE IN CEMENTO ARMATO

La percentuale di armatura è maggiore di quella minima consentita. Risulta infatti:

⎡ 1.5 1.5 ⎤ ⎡ 0.08 ⋅ fck 0.08 ⋅ 25 ⎤


⎢ρ = ω sw ⋅ = 113 ⋅ = 0.0024⎥ ≥ ⎢ ρ min = = = 0.0009⎥
⎣ sr ⋅ st 167 ⋅ 420 ⎦ ⎣⎢ f swk 450
⎦⎥
Capitolo 9

LA VERIFICA DELLE TENSIONI IN


ESERCIZIO

9.1 Generalità
Le limitazioni delle tensioni in esercizio previste sia dalla normativa italiana NTC
2008 che dall’Eurocodice 2 sono legate alle esigenze di garantire nell’impiego ordinario
uno stato di sollecitazione che eviti fenomeni di fessurazione eccessivi nelle zone tese o di
compressione eccessiva. Tali situazioni influenzano prevalentemente la durabilità e la
funzionalità senza essere direttamente connesse alla sicurezza. Infatti tensioni di
compressione eccessivamente elevate nel calcestruzzo, in presenza di carichi di esercizio,
possono favorire la formazione di fessure longitudinali (lungo le isostatiche di
compressione) e determinare incrementi degli effetti viscosi, causando, in definitiva, una
ridotta durabilità; tensioni di trazione nell’acciaio teso troppo elevate innescano fessure di
ampiezza elevata che a loro volta facilitano la corrosione delle armature.
Per tali ragioni nel metodo semiprobabilistico agli stati limite, secondo le indicazioni
dell’EC2 e della NTC 2008 per le strutture in calcestruzzo armato, si richiede sia la verifica
di resistenza delle membrature allo stato limite ultimo, sia la verifica di limitazione delle
tensioni normali in presenza delle combinazioni di carico di servizio.
Per la verifica tensionale in argomento, le sollecitazioni devono essere determinate
mediante una analisi elastica della struttura come in tutte le verifiche di servizio. Infatti in
condizioni di servizio i carichi agenti sono sufficientemente minori di quelli che
determinano il superamento della fase di comportamento elastico e successivamente il
collasso la struttura.

9.2 I limiti delle tensioni in esercizio


La verifica di limitazione delle tensioni in esercizio consiste nel controllare che
risulti σ c ,max ≤ σ c,lim e σ s ,max ≤ σ s,lim , essendo σ c,lim e σ s,lim i limiti tensionali
rispettivamente per il calcestruzzo e l’acciaio.
276 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Sia l’EC2 che le NTC 2008, prevedono le verifiche secondo i limiti tensionali
riportati nella Tab. 9.1.
Mettendo a confronto i valori delle due normative si nota che le NTC 2008 prescrive
e considera importante la verifica in tutte le tipologie di ambienti definiti; inoltre, i limiti
tensionali indicati per l’ambiente molto aggressivo sono più restrittivi rispetto a quelli
dell’EC2.
Ambiente Materiale Combinazione di Carico Limiti Pensionali
Calcestruzzo Combinazione Rara σc ≤ 0.60 fck

Qualunque Calcestruzzo Comb. Quasi Permanente σ c ≤ 0.45 f ck


Acciaio Combinazione Rara σ s ≤ 0.80 f yk

Tab. 9.1 Limiti tensionali per lo s.l.s. nel calcestruzzo e acciaio secondo EC2 e NTC 2008

A's

h N
M

As
b

Fig. 9.1: Sezione rettangolare a doppia armatura allo s.l.u.

Si osservi che i limiti tensionali della Tab. 9.1 sono ridotti del 20% nel caso di
elementi piani quali solette, pareti, gettati in opera con calcestruzzi ordinari e con spessori
di calcestruzzo minori di 50mm.
Per evidenziare l’importanza relativa delle verifiche di resistenza allo s.l.u. e delle
verifiche tensionali in condizioni di servizio, a titolo di esempio si riportano per una sezione
rettangolare a doppia armatura (Fig. 9.1) i domini di resistenza adimensionali in presso-
tensoflessione allo s.l.u. e allo s.l.s., che, per essere confrontabili, sono stati
opportunamente scalati amplificando i domini ottenuti da confronti tensionali allo s.l.s.
mediante il rapporto medio γ med tra i carichi di progetto allo s.l.u. ed i carichi di servizio
(Fig. 9.2). Si osserva che in questo capitolo i tipi di acciaio considerati sono quelli prescritti
nella precedente Normativa Nazionale; l’acciaio attualmente in uso, denominato B450C,
può essere assimilato al vecchio Fe44k, poco diverso per valore di rottura a trazione.
Dal loro esame si evince che esistono campi di valori (ν , µ ) in cui le verifiche di
servizio sono più limitative di quelle allo s.l.u. (il dominio allo s.l.s. amplificato è interno a
Capitolo 9. LA VERIFICA DELLE TENSIONI IN ESERCIZIO 277

quello allo s.l.u.). Vi sono poi campi di valori (ν , µ ) in cui le verifiche allo s.l.u.
garantiscono implicitamente il rispetto delle verifiche tensionali in condizioni di servizio (il
dominio allo s.l.u. è interno a quello allo s.l.s. amplificato).
Dalle figure si evince anche che i campi in cui le verifiche di servizio sono più
limitative sono più estesi all’aumentare della percentuale meccanica di armatura
ωs = As / bhf cd a causa del migliore sfruttamento allo s.l.u. della parte compressa di
calcestruzzo e dell’armatura compressa.
La Fig. 9.3 riporta, invece, i domini di resistenza allo s.l.u. e quelli dedotti
applicando il metodo delle tensioni ammissibili amplificati allo stesso modo: in tal caso, il
fenomeno sopra descritto è ancora più evidente a causa dei limiti tensionali più bassi nel
metodo alle tensioni ammissibili rispetto ai valori limiti nel metodo agli s.l..
I domini sopra citati si riferiscono all’ipotesi che sforzi normali e momenti crescano
proporzionalmente a partire dalle condizioni di servizio fino a raggiungere quelle ultime.
Una estesa indagine parametrica è stata eseguita in [28] al fine di evidenziare i
campi in cui le verifiche allo s.l.u. assicurano implicitamente il soddisfacimento della
verifica tensionale in condizioni di servizio, rendendo inutile questa seconda verifica, con
riferimento ad elementi inflessi e pressoinflessi ed all’insieme dei parametri che
influenzano il problema. Su tale base possono ricavarsi utili indicazioni operative che
consentono di prevedere i casi in cui è sufficiente effettuare la sola verifica di resistenza
allo stato limite ultimo rispettando nel contempo anche le limitazioni tensionali in esercizio.
1

0.9
m u;m es,c.r.
w=As /bhf'cd
0.8 S.L.U.
S.L.S.c.rara 0.80
0.7 0.60
0.30
0.6 0.10

0.5

0.4

0.3
ν u;ν es,c.r.
0.2

0.1

0
-3 -2 -1 0 1 2 3
(a)
278 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

0.9
m u;m es,c.q.p.
w=As /bhf'cd
S.L.U.
0.8 S.L.S.c.q.perm. 0.80
0.60
0.7 0.30
0.10
0.6

0.5

0.4

0.3 nu;nes,c.r.
0.2

0.1

0
-3 -2 -1 0 1 2 3
(b)
Fig. 9.2: Domini limite (νµ) s.l.u.-s.l.s. (combinazione rara (a) e quasi permanente (b)) per
Rck=25N/mm2, fyk=380N/mm2, δ’=0.05 e ρ=1 in base alle NTC 2008.
1

0.9
mu - mta
w=As/bhf'cd
0.8 S.L.U.
Tens. Amm.
0.7 0.80
0.60
0.6
0.30
0.5
0.10

0.4

0.3

0.2
nu - nta
0.1

0
-3 -2 -1 0 1 2 3

Fig. 9.3: Domini limite (νµ) s.l.u.-tensioni ammissibili, per Rck=25N/mm , fyk=380N/mm ,
2 2

δ’=0.05 e ρ=1, in base alle NTC 2008.


Capitolo 9. LA VERIFICA DELLE TENSIONI IN ESERCIZIO 279

9.3 Elementi soggetti a flessione semplice

9.3.1 Confronto tra i momenti resistenti allo stato limite ultimo ed allo
stato limite di servizio
Con riferimento alla sezione avente percentuale geometrica di armatura r
corrispondente alla percentuale meccanica ω progettata allo s.l.u.:

f cd
r= ⋅ω (9.1)
f sd
la valutazione del momento massimo in esercizio, pari al minimo tra i momenti
corrispondenti al raggiungimento delle tensioni limite nei due materiali (calcestruzzo ed
acciaio), si ottiene utilizzando le note relazioni della teoria tecnica del c.a.. I momenti
resistenti del calcestruzzo e dell’acciaio valgono infatti:
σ c,lim ⋅ I es
M es ,c = ( calcestruzzo) (9.2)
d ⋅ ξ es
σ s ,lim ⋅ I es
M es , s = ( acciaio) (9.3)
nd ⋅ (1 − ξ es )

dove σ c,lim e σ s ,lim sono rispettivamente le tensioni limite di verifica in esercizio del
calcestruzzo compresso e dell’acciaio che variano in relazione sia alla combinazione di
carico (quasi permanente o rara) che alla normativa tecnica impiegata (NTC 2008; EC2).
Il parametro che meglio evidenzia l’importanza relativa della verifica allo s.l.u.
ovvero allo s.l.s. è la posizione dell’asse neutro ξ in condizioni ultime. In particolare,
minore risulta ξ allo s.l.u., minore è la probabilità che le verifiche di servizio siano non
soddisfatte. Per poter definire i campi dell’asse neutro di progetto ξ allo s.l.u. per i quali si
può ritenere soddisfatta la verifica tensionale in esercizio nel cls e nell’acciaio, si confronta
il rapporto tra i momenti resistenti allo s.l.u. ed allo s.l.s con il rapporto tra i rispettivi
momenti sollecitanti, che, nel caso di analisi strutturale elastica anche allo s.l.u., è definito
dalla quantità:

⎛M ⎞
γ med = ⎜ Sd ,u ⎟ (9.4)
⎜M ⎟
⎝ Sd ,es ⎠ med
Assumendo tale rapporto coincidente con il rapporto tra i carichi allo stato limite
ultimo e di esercizio, si ha:
280 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

γ g ⋅ Gk + γ q ⋅ Qk
γ med = (9.5)
Gk + ψ i ⋅ Qk

che, introducendo il coefficiente c = Qk /G k pari al rapporto tra le azioni variabili e quelle


permanenti, diventa :
γ g +γq ⋅c
γ med = (9.6)
1 +ψ i ⋅ c

Come si può osservare dai valori riportati in Tab. 9.2 , il γ med è funzione della
combinazione di carico, del coefficiente c e della normativa tecnica di riferimento da cui
dipendono i coefficienti γ e ψ.
In particolare, si è assunto ψi=1 nella combinazione rara e ψi=0.3 nella
combinazione quasi permanente.
Si nota che γ med cresce all’aumentare del rapporto c ; ciò determina condizioni
meno limitative per la verifica tensionale in esercizio quando cresce l’entità dei carichi
variabili rispetto a quelli permanenti.
Indicato con M u / M es il rapporto tra i momenti resistenti allo s.l.u. ed allo s.l.s., si
⎛M ⎞
ha che se ⎜⎜ u ⎟⎟ ≤ γ med si è certi dell’automatico soddisfacimento dei limiti tensionali
⎝ M es ⎠
nelle condizioni di esercizio della sezione progettata allo s.l.u.; viceversa per valori di
⎛ Mu ⎞
⎜ ⎟
⎜ M ⎟ > γ med è soddisfatta la sola verifica allo stato limite ultimo, ma non quella in
⎝ es ⎠
esercizio.

NTC 2008 E.C.2.


Qk γ g = 1. 4 γ q = 1.5 γ g = 1.35 γ q = 1. 5
c=
GK C. Rara C.Q.P. C. Rara C.Q.P.
γ med , c.r . γ med , c.q. p. γ med , c.r . γ med , c.q. p.
0.25 1.420 1.651 1.380 1.604
0.50 1.433 1.869 1.400 1.826
1.00 1.450 2.230 1.425 2.192
Tab. 9. 2 Valori del parametro γ med . secondo le NTC 2008 e EC 2

Con riferimento alle relazioni precedentemente riportate (9.2) e (9.3), il rapporto


Mu /Mes, considerando rispettivamente la limitazione sul calcestruzzo e sull’acciaio, si
esprime nel modo seguente:
Capitolo 9. LA VERIFICA DELLE TENSIONI IN ESERCIZIO 281

M µ ⋅bd 2 ⋅ f µ ⋅ f ⋅ξ
u = u cd = u cd c ,es (9.7)
M σ ⋅I σ ⋅i
c ,es c ,lim es c ,lim es
d ⋅ξ
c ,es

M µ ⋅bd 2 ⋅ f µ ⋅f
u = u cd = u cd
M σ ⋅I σ ⋅i (9.8)
s ,es s ,lim es s ,lim es

(
n⋅d ⋅ 1−ξ
s ,es ) n⋅(1−ξs,es )
dove ies è il momento d’inerzia adimensionalizzato pari a Ies/bd3 .
I valori di Mu /Mes sono stati determinati facendo variare i parametri influenti
nell’ambito dei seguenti campi:
− asse neutro a rottura: ξ = 0.05 ÷ 0.7;
− resistenza dei materiali:
cls: fck = 20, 25, 30, 35, 40 N/mm2
acciaio: fyk = 380, 440 N/mm2;
− percentuale di armatura : ρ = 0 ÷ 0.75;
− copriferro adimensionale: δ’= 0,05÷ 0.10.
I valori assunti dal rapporto M u / M es sono stati calcolati con riferimento alle
limitazioni di tensioni sia della N.I. che dell’EC2 e vengono confrontati con i valori del
coefficiente γ med ottenuti assumendo c = 0.5 (cfr.Tab. 9.2).
Le analisi numeriche sono state finalizzate alla determinazione dei valori di ξlim in
condizioni ultime che garantissero il soddisfacimento delle verifiche in condizioni di
esercizio. Dall’analisi dei risultati si ricava che tali valori di ξlim sono influenzati in
maniera rilevante dalla percentuale di armatura. Si nota infatti che indipendentemente dalla
combinazione di carico e dalla normativa tecnica, al crescere del rapporto di armatura
ω ′ / ω i valori di ξlim si riducono; questo effetto è dovuto al fatto che allo s.l.u. è possibile
sfruttare anche completamente la resistenza dell’armatura compressa, che risulta snervata in
vari campi dell’asse neutro ξ , mentre in condizioni di servizio la massima tensione
nell’armatura compressa è generalmente modesta, inferiore al valore n ⋅ σ c ,lim .
Per quanto riguarda la classe di resistenza del calcestruzzo (fck), si nota che,
indipendentemente dalla normativa tecnica, al crescere della resistenza del calcestruzzo (fck)
si estende il campo dei valori ammissibili dell’asse neutro di progetto.
Questo comportamento è dovuto al fatto che al crescere della resistenza del
calcestruzzo si ha un migliore sfruttamento delle caratteristiche di resistenza della sezione
nelle condizioni di servizio, potendo arrivare in taluni casi alla massima tensione nelle
armature compresse.
282 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Un effetto contrario al precedente è dovuto alla classe di resistenza dell’acciaio:


passando da un acciaio con fyk=380N/mm2 ad un acciaio con fyk=440N/mm2 decresce il
campo in cui è determinante la verifica tensionale ossia ( ξ lim . f yk = 3800 > ξ lim. f yk = 4400 ).

9.3.2 Criterio di progetto combinato stato limite ultimo-stato limite di


servizio
Alla luce dei risultati dell’ampia analisi parametrica effettuata, riportata in forma
completa nella nota in bibliografia, è possibile determinare relazioni analitiche per i valori
limite dell’asse neutro di progetto allo s.l.u. che assicurano anche il soddisfacimento delle
verifiche tensionali in esercizio:
ξ ≤ ξ lim ⇒ σ c ≤ σ c, lim , σ s ≤ σ s, lim (9.9)

Vista la prevalente dipendenza dell’asse neutro limite di progetto ξ lim dal rapporto di
armatura compressa/tesa ρ e dalla classe di resistenza del calcestruzzo fck, riscontrata
nell’analisi condotta, si può pensare di esprimere l’asse neutro limite mediante la seguente
relazione lineare:
ξ lim = a − 0.23676 ⋅ ρ (9.10)

dove il coefficiente a è funzione della classe di resistenza del calcestruzzo.


Si osservi che per la determinazione del coefficiente a, i valori di ξ lim . presi in
considerazione sono quelli valutati con le prescrizioni dell’EC2 per ambiente molto
aggressivo, che risultano più restrittivi ma molto vicini a quelli ottenuti con l’utilizzo della
NTC 2008 per ambiente poco o moderatamente aggressivo.
Esplicitando numericamente tale coefficiente si ha:
fck=20 a = 0.3635
fck=25 a = 0.4587
fck=30 a = 0.5457
fck=35 a = 0.6265
fck=40 a = 0.7023
Nella Fig. 9.4 sono rappresentate nel piano (ω’/ω - ξlim) le rette dell’asse neutro di
progetto ξ lim al variare di ω’/ω e al variare di fck.
Tale abaco ha una duplice valenza ai fini applicativi: infatti si possono utilizzare le
rette di minimo ξ lim sia nella fase di progetto che in quella di verifica. Nel primo caso la
adozione di un asse neutro di progetto ξ lim , in funzione della classe di resistenza del
calcestruzzo, minore o uguale a quello diagrammato assicura l’automatico soddisfacimento
delle verifiche tensionali in condizioni di esercizio; nel caso di verifica, per garantirsi del
Capitolo 9. LA VERIFICA DELLE TENSIONI IN ESERCIZIO 283

soddisfacimento delle verifiche tensionali in condizioni di servizio occorre controllare che


il punto individuato dalla coppia di valori ξ - ω’/ω sia situato sempre al disotto o sulla
retta limite dell’asse neutro ξ lim , in funzione del calcestruzzo considerato.
In sostanza la semplice applicazione dell’abaco di Fig. 9.4 consente di progettare
allo stato limite ultimo una sezione inflessa, con l’automatica garanzia del soddisfacimento
delle limitazioni tensionali in esercizio nel calcestruzzo e nell’acciaio.
Nella Fig. 9.4 sono evidenziati i valori di ξ lim relativi a ω’/ω =0.5 per le varie
classi di calcestruzzo considerato. Si può trarre una semplice, ma utile, indicazione
progettuale: nei casi ω 's / ω s ≤ 0,5 ed fck=20 N/mm2 (Rck=25 N/mm2), frequenti nella
pratica progettuale: il massimo valore dell’asse neutro di progetto che soddisfa entrambe le
verifiche agli stati limite (ultimo e di servizio) al variare della classe di calcestruzzo è
ξ u ≅ 0.25 ; tale valore, come è noto, assicura anche buone caratteristiche di duttilità alla
sezione, ottenendosi in tal modo una ottimale convergenza dei criteri di progetto.
ξlim. 0,75
0,7022
0,7
0,6430
0,65
0,6265
0,6 ξlim.=0,5839
0,5673
0,55 0,5457 0,5247
ξlim.= 0,5081
0,5 0,4865
0,4586 0,4489
0,45 ξlim.=0,4273
0,4 0,3994 0,3681
0,3635
0,35 ξlim.=0,3402
0,30431 0,2811
0,3
2 ξlim.=0,2451
0,25
fck(N/mm )
40 0,18593
0,2
35
0,15 30
0,1 25
0,05
20

0
0 0,15 0,3 0,45 ρ=0,5 0,6 0,75

ρ=ω'/ω
Fig. 9.4: Flessione, rette di progetto-verifica di ( ξ lim. , ρ ) al variare di fck per fyk=440,
ω’/ω =0.05, c=0.5, valutate secondo l’EC2 per ambiente molto aggressivo
La relazione (9.10) è valida sia per la verifica secondo le NTC 2008 in ambiente
poco o moderatamente aggressivo, sia per la verifica secondo l’EC2 (prescritta solo nel
caso di ambiente aggressivo).
284 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Per completare il quadro delle NTC 2008 vengono determinati i valori di ξ lim
impiegando i limiti tensionali riferiti ad ambiente aggressivo (Fig. 9.5).
I valori di ξ lim così ottenuti sono interpolati con una formulazione analoga a quella
vista in precedenza nella relazione (9.10), per cui possiamo scrivere:

ξ lim = a − 0.16836 ⋅ ω '/ ω (9.11)

dove a è pari a:
fck=20 a = 0.3028
fck=25 a = 0.3841
fck=30 a = 0.4585
fck=35 a = 0.5277
fck=40 a = 0.5927
ξlim 0,7

0,6 0,5926

0,55059
0,5277
0,5085
0,5 0,4856 0,4664
0,4585 0,4435
0,4164 0,4014
0,4 0,3840
0,3743
0,3419 0,3322
0,3028 0,2998
0,3
0,2607 0,2578

2 0,2186
fck(N/mm ) 0,1765
0,2
40
35
0,1 30
25
20
0
0 0,25 0,5 0,75

ρ=ω'/ ω

Fig. 9.5: Flessione, rette di progetto-verifica di ( ξ lim. , ρ ) al variare di fck per fyk=440,
δ ' =0.05, c=0.5, valutate secondo le NTC 2008 per ambiente molto aggressivo
Un altro aspetto meritevole di considerazione è l’influenza sulla progettazione del
tipo di analisi strutturale impiegato: elastico con e senza ridistribuzione, plastico.
Tutte le analisi condotte innanzi sono state svolte assumendo un’analisi elastico
lineare senza ridistribuzione dei momenti.
Capitolo 9. LA VERIFICA DELLE TENSIONI IN ESERCIZIO 285

Nel caso di un’analisi strutturale non lineare o lineare con ridistribuzione dei
momenti possono aversi sostanziali modifiche, derivanti dal diverso valore del coefficiente
γ med , pari al rapporto tra momenti allo s.l.u. e momenti di servizio, che risulta
ulteriormente ridotto per effetto ella ridistribuzione dei momenti.
In definitiva si può concludere che un’analisi con ridistribuzione dei momenti
(δ=0.75), per effetto della verifica tensionale, determina valori di ξ lim significativamente
ridotti rispetto a quelli validi per l’analisi elastica, come si può notare nella tabella che
segue:
Normativa Analisi senza Analisi con Acciaio Variaz. Variaz.
Tecnica ridistribuzione ridistribuzione % %
C.Rara C.Q.P. C.Rara C.Q.P. fyk C.Rara C.Q.P.
ξlim ξlim ξlim ξlim N/mm2
EC2 0.4353 0.4164 0.2547 0.2469 440 41.48 40.70
NTC2008
EC2 0.4730 0.4523 0.2748 0.2642 380 41.90 41.58
NTC2008
Tab. 9.3. Flessione: incidenza nella valutazione di ξlim in un’analisi elastico lineare con
ridistribuzione dei momenti al variare della normativa tecnica (fck=25 N/mm2,
ω’/ω=0 e δ’=0.05)
Esaminando i risultati riportati in tabella, si osserva che una ridistribuzione del 25%
dei momenti comporta in media una riduzione dei valori di ξlim del 41% circa, per entrambe
le combinazioni (rara e quasi permanente) utilizzando l’E.C.2., e le NTC 2008.
Ciò si traduce nel maggiore peso che le verifiche tensionali in esercizio rivestono
nella progettazione delle sezioni allo stato limite ultimo nel caso di un metodo di analisi
strutturale diverso da quello elastico lineare senza ridistribuzione dei momenti.

9.4 Elementi pressoinflessi

9.4.1 Confronto tra i momenti resistenti allo stato limite ultimo e stato
limite di servizio
Anche per la presso-flessione si può procedere in maniera analoga a quanto visto per
la flessione.
Partendo dalla progettazione allo s.l.u., l’equazione di equilibrio alla traslazione
adimenzionalizzata rispetto a bd·fcd ha la seguente espressione:
286 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Nu
νu = = ψ ⋅ ξ + ω ′ ⋅ s′ + ω ⋅ s (9.12)
bd ⋅ f cd′

essendo s= σs/fsd ed s’= σ's/fsd.


Assegnando sia il valore del rapporto di armatura compressa/tesa ρ , sia la
percentuale meccanica di armatura tesa ( ω = 0.05; 0.10; 0.30; 0.50 ) si determina il valore
dello sforzo normale in forma adimensionale ν u al variare dell’asse neutro di progetto ξ
tra 0,05 e 0,7.
La determinazione del momento ultimo adimensionale rispetto al baricentro
geometrico della sezione, si ottiene dalla seguente relazione:
M u ,G ⎛1+ δ ′ ⎞ ⎛1− δ ′ ⎞
µu ,G = 2
= ξψ ⋅ ⎜ − λ ⋅ ξ ⎟ − ω ⋅ (s′ ⋅ ρ + s ) ⋅ ⎜ ⎟ (9.13)
bd f cd′ ⎝ 2 ⎠ ⎝ 2 ⎠

Restano valide le impostazioni assunte per la flessione su: limiti tensionali di


verifica, analisi elastico lineare, coefficiente di omogeneizzazione, parametro limite di
verifica β med = N Sd / N Sd , es , che assume la stessa funzione e gli stessi valori del γ med
introdotto nella flessione (si fa l’ipotesi che sforzi normali e momenti crescano
proporzionalmente dalle condizioni di servizio a quelle ultime).
La determinazione del momento resistente in esercizio lato calcestruzzo (Mes,c) e lato
acciaio (Mes,s) richiede il calcolo dell’asse neutro, che deve essere valutato considerando le
due diverse espressioni relative ai limiti tensionali di calcestruzzo ed acciaio.
Determinati i momenti Mes,c e Mes,s, il rapporto M u / M es vale:
- per la limitazione sul calcestruzzo è pari a:
M µ ⋅f
u = u cd
M µ ⋅σ (9.14)
es ,c es ,c c.lim

- mentre per la limitazione lato acciaio si ha:


M µ ⋅f
u = u cd (9.15)
M µ ⋅σ
es , s es , s s.lim

Ripetendo il calcolo dei momenti resistenti per le stesse combinazioni di materiali


impiegati precedentemente, si hanno relazioni Mu/Mes- ξ del tutto analoghe a quelle della
flessione.
Si osserva che la verifica tensionale in esercizio risulta più limitativa rispetto al caso
della flessione: infatti, i valori ottenuti per ξ lim sono inferiori.
Capitolo 9. LA VERIFICA DELLE TENSIONI IN ESERCIZIO 287

Inoltre l’asse neutro limite ξ lim risulta funzione degli stessi parametri visti per la
flessione; unica eccezione è rappresentata dall’introduzione della percentuale meccanica di
armatura tesa ω al posto del rapporto di armatura compressa-tesa ρ , assunto in tutti i casi
pari ad 1.0, come solitamente accade nei pilastri.

9.4.2 Criterio di progetto combinato stato limite ultimo-stato limite di


servizio
Vista la dipendenza quasi lineare dell’asse neutro limite ξ lim dalla percentuale di
armatura tesa ω , si può esprimere quest’ultimo mediante una relazione lineare, analoga a
quella determinata per la flessione (Fig. 9.7):
ξ lim = a − 0.17281 ⋅ ω (9.16)

dove il coefficiente a è funzione della classe di resistenza del cls.


ξlim
0,7

0,6 0,6159
0,6073
0,5727
0,5381
0,5
0,5202 0,5115
0,4770 fck(N/mm2)
0,4424
0,4 0,4254 0,4168
0,3822
40
0,3476 35
0,3 0,3302 0,3215 30
0,2870 25
0,2524
0,2 0,2374 20
0,2288
0,1942
0,1596
0,1

0
ω
0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35 0,4 0,45 0,5

Fig. 9.6. Pressoflessione: rette di ( ξ lim , ω )al variare di fck (δ’=0.05) (EC2 e NTC 2008)

Il coefficiente numerico a che definisce la retta ξ lim relativa alle verifiche secondo
l’EC2 e le NTC 2008, assume i seguenti valori:
288 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

fck=20 a = 0.2461
fck=25 a = 0.3388
fck=30 a = 0.4341
fck=35 a = 0.5261
fck=40 a = 0.6246
L’influenza dei vari parametri considerati ( f ck , f yk , ω , ρ ) è analoga a quanto
osservato per la flessione.
Per avere una visione completa del campo di verifica tensionale si possono costruire
i domini limite ( ν , µ ) in forma adimensionale nelle condizioni ultime e di esercizio.
Nelle Fig. 9.7 a e b vengono riportati alcuni di questi domini limite valutati per ω’/ω
pari a 1.0 per la combinazione rara e quasi permanente, la cui interpretazione è
sintetizzabile nel modo seguente: quando il punto rappresentativo dello stato di
sollecitazione in condizioni ultime (νu, µu) è interno al dominio di servizio scalato, si è certi
nel progettare allo s.l.u. di rispettare i limiti tensionali nel calcestruzzo e nell’acciaio,
viceversa nel caso contrario.

Confrontando i domini di resistenza s.l.u.-s.l.s. di Fig. 9.2a,b per calcestruzzi a bassa


resistenza con questi ultimi di Fig. 9.7a,b con Rck=40 N/mm2, si osserva che passando da
calcestruzzi a bassa resistenza a calcestruzzi a resistenza maggiore, le verifiche tensionali
assumono un’importanza sempre minore, coerentemente con i risultati dell’analisi condotta.
Nella Fig. 9.8 sono infine confrontati i diagrammi adimensionali allo s.l.u. e secondo
il metodo delle tensioni ammissibili amplificati mediante lo stesso rapporto.
Si nota che i domini alle tensioni ammissibili sono significativamente inferiori
rispetto a quelli allo s.l.u. nel caso della pressoflessione ed in presenza di percentuali di
armatura elevate, conducendo pertanto a verifiche di resistenza più restrittive; il divario si
riduce nei casi di flessione e tensoflessione.
L’effetto della resistenza del calcestruzzo è meno rilevante nel caso del confronto
s.l.u.-t.a. (cfr. Fig. 9.3 e Fig. 9.8) a causa dei valori della tensione ammissibile del
calcestruzzo, in genere significativamente più bassi dei limiti tensionali relativi allo stato
limite di esercizio.
Capitolo 9. LA VERIFICA DELLE TENSIONI IN ESERCIZIO 289

1.2

1.1 m u - m es,c..r.
1 w=As /bhf'cd

0.9
S.L.U. 0.80
0.8 S.L.S.c.rara 0.60
0.30
0.7
0.10
0.6

0.5

0.4

0.3 nu - nes,c..r.
0.2

0.1

0
-3 -2 -1 0 1 2 3 4
(a)
1.2

1.1 m u - m es,c.q.p
w=As /bhf'cd
1

0.9 S.L.U. 0.80


S.L.S.c.q.perm. 0.60
0.8
0.30
0.7 0.10

0.6

0.5

0.4

0.3 nu - nes,c.q.p.
0.2

0.1

0
-3 -2 -1 0 1 2 3 4

(b)
Fig. 9.7(a,b). Pressoflessione: Domini limite (ν, µ) s.l.u.-s.l.s.(combinazione rara (a) e
quasi permanente (b)) per Rck=40 N/mm2, fyk=440 N/mm2, δ’=0.05 e ρ=1 in base alla NTC
2008.
290 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

1.2

1.1 mu-mta
1 w=As/bhf'cd
S.L.U.
0.9
Tens. Amm. 0.80
0.8 0.60
0.7 0.30
0.10
0.6

0.5

0.4

0.3

0.2 nu-nta
0.1

0
-3 -2 -1 0 1 2 3 4
Fig. 9.8. Pressoflessione: Domini limite (ν, µ) s.l.u. - t.a. per Rck=40 N/mm2, fyk=440
N/mm2, δ’=0.05 e ω’ /ω=1 in base alle NTC 2008.

9.5 Considerazioni finali


Le analisi effettuate consentono di determinare i valori “limite” (ξlim) dell’asse neutro
adimensionale di progetto allo stato limite ultimo, tali che le situazioni con ξ ≤ ξlim
rispettino anche le verifiche tensionali in esercizio nell’ambito di un rapporto medio (c=0.5)
tra carichi variabili e carichi fissi.
Dall’esame dei risultati riportati in precedenza si nota un decremento del ξlim al
crescere di ω’/ω nella flessione e di ω nella pressoflessione, caso in cui le analisi vengono
svolte con ω’/ω costante e pari ad uno. Inoltre, il confronto dei domini di resistenza,
evidenzia che le situazioni in cui le verifiche di limitazione delle tensioni in esercizio sono
più restrittive di quelle allo stato limite ultimo si estendono al crescere del rapporto tra
armatura compressa ed armatura tesa, al diminuire della resistenza del calcestruzzo. Infatti,
risulta evidente che nelle verifiche tensionali in campo elastico ha meno rilevanza il
contributo delle armature in compressione che raggiungono tensioni generalmente modeste.
Capitolo 9. LA VERIFICA DELLE TENSIONI IN ESERCIZIO 291

9.6 Esercizi
ESERCIZIO 9.1
Si considera la trave continua a due campate di sezione rettangolare rappresentata in
figura.

L1 L2

Le caratteristiche geometriche e di carico sono le seguenti:


− lunghezza campate: L1 = 4200 mm;
L2 = 5300 mm;
− base: b = 400 mm;
− carico permanente: gk = 42.00 N/mm;
− carico accidentale: qk = 20.80 N/mm.
Si progettano l’altezza h della sezione e le armature allo stato limite ultimo e si
effettua la verifica della limitazione di tensioni in esercizio. Il calcestruzzo è di classe
Rck=25 N/mm2 e l’acciaio è FeB38k.

Progetto altezza ed armatura allo stato limite ultimo:


Amplificando i carichi caratteristici secondo i coefficienti parziali di sicurezza
γg = 1.4 e γq = 1.5, si ottiene il carico di progetto:

qd = 1.4 ⋅ g k + 1.5 ⋅ qk = 1.4 ⋅ 42.00 + 1.5 ⋅ 20.80 = 90.00 N / mm

Il momento massimo lungo la trave si ha in corrispondenza dell’appoggio


intermedio e vale:
3 3
1 q ( L + L2 ) 4
M B ,d = − ⋅ d 1 = −26404 ⋅ 10 Nmm
8 L1 + L2

Si esegue il progetto tabellare dell’altezza della sezione. La resistenza di progetto


ridotta per calcestruzzo di classe Rck = 25 N/mm2 risulta essere:
292 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

0.85 ⋅ 0.83 ⋅ 25
f cd = = 11.0 N/mm
2

1.6

Si adotta in fase di dimensionamento un asse neutro di progetto ξ = 0.25 che


assicura buoni requisiti di duttilità. Tale valore è inferiore al valore limite ξlim che assicura
anche il soddisfacimento della verifica di limitazione delle tensioni in esercizio. Infatti
risulta (cfr. 9.10):
ξ lim = 0.3635 + 0.23676 ρ = 0.341

Dalla tabella di progetto allo s.l.u. per sezione rettangolare a semplice armatura
ponendo ξ = 0.25 < ξ lim ed inoltre:

f cd = 11.0 N/mm , d ′/h = 0.05 , f sd = 3800/1.15 = 33.04 N/mm


2
2

si ricava il valore del coefficiente ru:

ru (f cd = 11.0, d ′ / h = 0.05, f sd = 330.4, ρ = 0) = 0.2302


e quindi l’altezza minima della sezione:
Md 26404
h = ru ⋅ = 0.2302 ⋅ = 591.4 mm
b 0.40

Per l’altezza della trave si può assumere h = 600 mm.


Analogamente per il progetto delle armature, assumendo sempre come asse neutro di
progetto ξ = 0.25 ed utilizzando per il calcestruzzo il diagramma semplificato “stress
block” (ψ = 0.80, λ = 0.40), si ha:
µ c = ψ ⋅ ξ ⋅ (1 − δ ′ − λ ⋅ ξ ) = 0.80 ⋅ 0.25 ⋅ (1 − 0.05 − 0.40 ⋅ 0.25) = 0.17

MA 26404 ⋅104
µd = = = 0.167
b ⋅ h 2 ⋅ f cd 400 ⋅ 6002 ⋅11.0
Essendo
µc > µd
si determina l’asse neutro prescindendo dall’armatura in compressione.
La relazione:
ψ ⋅ ξ ⋅ (1 − δ ′ − λ ⋅ ξ ) − µ d = 0
ammette la soluzione:
Capitolo 9. LA VERIFICA DELLE TENSIONI IN ESERCIZIO 293

2
1− δ ′ ⎛1−δ ′ ⎞ µ
ξ= − ⎜⎜ ⎟⎟ − d
2λ ⎝ 2 λ ⎠ λ ⋅ψ

che con i valori di ψ e λ indicati, fornisce:


⎡ 2 ⎤
ξ = 1.25 ⋅ (1 − 0.05) ⋅ ⎢1 − 1 − ⋅ 0.167 ⎥ = 0.245
⎢⎣ (1 − 0.05) 2
⎥⎦
ω = 0.8 ⋅ 0.245 = 0.196
400 ⋅ 600 ⋅ 11.0
As = 0.196 ⋅ = 1566 mm 2 ⇒ 8φ16 (1608 mm 2 )
330.4

Verifica dello stato limite di tensione in esercizio:


Con riferimento alla combinazione di carico rara si ha:
q = g k + q k = 42.00 + 20.80 = 62.80 N/mm

1 62.80 ⋅ (4200 3 + 5300 3 )


MB = ⋅ = 18424 ⋅10 4 Nmm
8 4200 + 5300

15 ⋅ 1608 ⎡ 2 ⋅ 400 ⋅ 570 ⎤


yc = ⋅ ⎢− 1 + 1 + ⎥ = 208.7 mm
400 ⎢⎣ 15 ⋅ 1608 ⎥⎦

400 ⋅ 208.7 3
In = + 15 ⋅ 1608 ⋅ (570 − 208.7 )2 = 436057 ⋅ 10 4 mm 4
3

[ ]
4
M 18424 ⋅ 10 N 2
σc = yc = 4
⋅ 208.7 = 8.817 < 0.6 ⋅ f ck = 0.6 ⋅ 20.0 = 12.0 N / mm
In 436057 ⋅ 10 mm 2

4
σs =n⋅
M
(d − y c ) = 15 ⋅ 18424 ⋅ 10 4 ⋅ (570 − 208.7 ) = −228.9 N / mm 2
In 436057 ⋅ 10
[
< 0.7 ⋅ f yk = 0.7 ⋅ 380.0 = 266.0 N / mm 2 ]
Inoltre, con riferimento alla combinazione di carico quasi permanente, si ha:
q = g k + ψ 2 ⋅ q k = 42.00 + 0.3 ⋅ 20.80 = 48 .24 N/mm
294 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

3 3
1 48.24 ⋅ (4200 + 5300 )
MB = ⋅ = 14152 ⋅10 4 Nmm
8 4200 + 5300

σc =
M
In
yc =
14152 ⋅10 4
436057 ⋅10
4
[
⋅ 208.7 = 6.773 N / mm 2 < 0.45 ⋅ f ck = 0.45 ⋅ 20.0 = 9.0 N / mm 2 ]
4
σs = n⋅
M
(d − yc ) = 15 ⋅ 14152 ⋅10 4 ⋅ (570 − 208.7 ) = −175.9 N / mm 2
In 436057 ⋅ 10
[
< 0.7 ⋅ f yk = 0.7 ⋅ 380.0 = 266.0 N / mm
2
]
Entrambe le verifiche tensionali sono soddisfatte come il criterio di progetto adottato
faceva prevedere.
Capitolo 10

LO STATO LIMITE DI FESSURAZIONE

10.1 Premessa
Oltre allo stato limite tensionale, gli stati limite di servizio di più frequente interesse
sono i seguenti:
- stato limite di fessurazione;
- stato limite di deformazione.
Lo stato limite di fessurazione si articola a sua volta in tre diversi tipi di controllo,
che si riferiscono a differenti situazioni di sollecitazione delle sezioni; a tali controlli sono
associati peraltro diversi gradi di sicurezza nei confronti del fenomeno fessurativo. Possono
individuarsi pertanto i seguenti tipi di stati limite di fessurazione:
a) stato limite di decompressione;
b) stato limite di formazione delle fessure;
c) stato limite di apertura delle fessure.

10.2 Stato limite di decompressione


Lo stato limite di decompressione si riferisce al caso di sezioni compresse o
pressoinflesse per le quali si intende controllare che non vi siano zone tese dove potrebbero
presentarsi eventualmente lesioni. Il controllo si presenta immediato dovendosi verificare,
per la combinazione di azioni di riferimento, che la tensione normale di compressione sia in
ogni punto maggiore o al più uguale a zero ossia sia rispettata la seguente diseguaglianza:
σ c, min ≥ 0 (10.1)
Quando sono possibili condizioni di carico più severe di quelle per le quali si
verifica lo stato limite di decompressione, la relazione sopra indicata non garantisce
l’assenza di fessurazioni nella condizione di carico per la quale è prevista la verifica. Infatti
la presenza di armature in zona tesa impedisce che le lesioni eventualmente prodottesi per
condizioni di carico più gravose, si richiudano quando le sollecitazioni di trazione vengono
296 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

a mancare, per effetto dell’aderenza tra armatura e calcestruzzo ricreatasi dopo lo


scorrimento prodottosi a seguito della fessurazione.
In tali condizioni può essere opportuno imporre che in presenza di condizioni di
carico frequenti (par. 10.5) le tensioni minime di compressione siano sufficientemente
elevate, in modo da consentire che le lesioni eventualmente prodottesi per condizioni di
carico eccezionali o rare si possano richiudere. Le istruzioni CNR impongono pertanto in
tali casi un controllo più restrittivo legato alla quantità di armatura in zona tesa, espresso
dalla diseguaglianza:

σ c, min ≥ 200 ⋅ r [N/mm ] 2


(10.2)

per le sezioni rettangolari, essendo r la percentuale geometrica di armatura in zona tesa,


ovvero:
σ c, min ≥ 34 ⋅ r ⋅ (h/i n ) [N/mm ]2
(10.3)
per sezioni qualsiasi essendo h l’altezza totale della sezione ed in raggio di nocciolo
centrale di inerzia nel piano di flessione.

10.3 Stato limite di formazione delle fessure


Il controllo dello stato limite di formazione delle fessure tende a garantire che in
presenza di sforzi di trazione non si formino lesioni, o meglio che la probabilità di
formazione delle fessure sia assai contenuta.
Tale controllo, secondo quando stabilito dalla normativa vigente, viene eseguito
verificando che non venga superata la tensione limite a trazione nel calcestruzzo per la
combinazione di azioni prescelta; tale tensione limite risulta pari alla resistenza media a
trazione diviso 1.2:
f ctm (10.4)
f ct =
1.2
dove:
fctm= 0.30 fck2/3 per classi ≤C50/60
fctm= 2.12·ln [1+ fcm/10] per classi >C50/60
fcm= [fck+8] N/mm2
Con riferimento alle sezioni inflesse o presso-tenso inflesse, la determinazione delle
tensioni di trazione oggetto di controllo deve essere eseguita a sezione non parzializzata. Il
calcestruzzo teso va pertanto considerato reagente e la determinazione dell’asse neutro per
la sezione omogeneizzata non parzializzata può condursi con i metodi usuali.
In realtà, se si considera la curva σ-ε a trazione fino a rottura (Fig. 10.1), si può
osservare un andamento fortemente non lineare. Tale comportamento può essere
Capitolo 10. STATO LIMITE DI FESSURAZIONE 297

interpretato da un andamento ancora lineare, ma con un modulo elastico “secante” minore


di quello a compressione dello stesso materiale.
Con tale assunzione i materiali costituenti la sezione diventano tre:
- il calcestruzzo compresso;
- l’acciaio;
- il calcestruzzo teso.

Fig. 10.1: Valutazione del momento di prima fessurazione


E’ sempre possibile utilizzare la teoria tecnica del c.a. con l’avvertenza che la
sezione reagente anche prima della fessurazione risulta ancora non definita in quanto la
posizione dell’asse neutro individua la separazione tra due materiali, il calcestruzzo teso ed
il calcestruzzo compresso, che hanno modulo elastici Ect ed Ec, rispettivamente.
Definito pertanto un secondo coefficiente di omogeneizzazione del calcestruzzo teso
rispetto al calcestruzzo compresso n′ = Ect/Ec minore di 1 (in aggiunta all’usuale n = Es/Ec),
che permette di omogeneizzare la parte di sezione di calcestruzzo teso al calcestruzzo
compresso, restano validi i metodi proposti per le sezioni parzializzate, con la precisazione
che i contributi delle parti di calcestruzzo teso vanno omogeneizzati mediante il
coefficiente n′ sopra definito, mentre quelli dell’acciaio vanno omogeneizzati come al solito
mediante il coefficiente n = Es/Ec.
La determinazione dell’asse neutro viene eseguita mediante la soluzione di
equazioni in yc derivanti dalle condizioni di equilibrio della sezione:

Sn = 0 per la flessione (10.5)

S n ( yc ± c ) − I n = 0 per la pressoflessione (10.6)

S n ( yc − c ) − I n = 0 per la tensoflessione (10.7)


Nel caso di flessione semplice la determinazione del momento flettente di
fessurazione si ottiene pertanto invertendo la relazione che impone una tensione al lembo
teso pari alla resistenza a trazione:

M ⋅ (h − yc ) Ii
σ ct = −n′ ⋅ = − f ct ⇒ M fess = ⋅f (10.8)
Ii (h − yc )⋅ n′ ct
298 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

essendo:

− Ii il momento di inerzia baricentrico della sezione omogeneizzata;

− h l’altezza della sezione;

− yc la distanza del baricentro della sezione reagente dal bordo più compresso della
sezione.

La resistenza a trazione, trattandosi di una verifica di servizio, è posta pari alla


resistenza caratteristica (fct = fctk=fctm/1.2) .
In presenza di pressoflessione, noto il centro di pressione esterno al nocciolo della
sezione reagente di calcestruzzo ed armatura, lo sforzo normale che determina la
fessurazione vale invece:
N ⋅ ( h − yc ) Sni
σ ct = −n′ ⋅ = − f ct ⇒ N fess = ⋅f (10.9)
S ni ( yc ) ⋅ n′ ct
h −

Nel caso in cui lo sforzo normale si possa considerare come noto e si voglia
determinare la posizione del centro di pressione che determina la fessurazione, tale
posizione deve ottenersi dalla soluzione della relazione precedente, assumendo come
incognita proprio la posizione dell’asse neutro, mentre la posizione del centro di pressione
si ricava dalla condizione di equilibrio alla rotazione, che fornisce:
N ⋅ ( c + yc )
f ct = n′ ⋅ ⋅ ( h − yc ) , (10.10)
In

da cui:
In h
c= ⋅ f ct − yc = e − , (10.11)
N ⋅ ( h − yc ) ⋅ n′ 2

essendo e l’eccentricità del centro di pressione rispetto all’asse baricentrico.


La complicazione di introdurre il coefficiente di omogeneizzazione n′ può essere
eliminata assumendo un uguale modulo elastico a trazione e compressione per il
calcestruzzo. Tale scelta, senza ulteriori correttivi, evidenzierebbe fittiziamente un
comportamento meno favorevole delle sezioni con valori ridotti delle caratteristiche della
sollecitazione a fessurazione. Per tale ragione le normative considerano in associazione con
l’assunzione n’=1, una resistenza a trazione incrementata in presenza di flessione rispetto a
quella prevista nel caso di trazione semplice. Tale assunzione trova giustificazioni teoriche
e sperimentali. Infatti le prove per la determinazione della resistenza a trazione in presenza
di flessione, vengono generalmente interpretate ipotizzando un uguale modulo elastico a
Capitolo 10. STATO LIMITE DI FESSURAZIONE 299

trazione ed a compressione, il che produce un incremento fittizio della resistenza a trazione


per flessione, che tiene conto dell’effetto della non linearità del legame costitutivo in
trazione.
Dal punto di vista operativo, nel caso di presso-tensoflessione, determinati il
baricentro, l’area ed il momento d’inerzia della sezione omogeneizzata non parzializzata, la
tensione di trazione al lembo teso si ricava dalla formula binomia:
N M ⋅ (h − yc )
σ ct = − (10.12)
Ai Ii

essendo:
− Ai l’area omogeneizzata;

− Ii il momento di inerzia baricentrico della sezione omogeneizzata;

− yc la distanza del baricentro della sezione dal bordo più compresso della sezione;

− M il momento flettente rispetto al baricentro (meccanico) della sezione.

Ponendo nella (10.12) σ ct = − f cf (1)


si ottiene il momento di prima fessurazione per
sforzo normale N assegnato:

Ii ⎛ N⎞
M fess = ⋅ ⎜⎜ f cf + ⎟⎟ (10.13)
h − yc ⎝ Ai ⎠

Nel caso di flessione semplice si ottiene analogamente:


M ⋅ ( h − yc ) Ii
σ ct = − = − f cf ⇒ M fess = ⋅ f cf . (10.14)
Ii h − yc

L’esame comparato delle (10.13) e (10.14) mostra che la presenza di un’azione di


compressione (N > 0) incrementa il momento di fessurazione, cioè migliora il
comportamento della sezione nei confronti del fenomeno della fessurazione.

(1)
La normativa italiana [37] consiglia l’assunzione del coefficiente 1.2 per ricavare la
resistenza media a trazione per flessione fcfm dalla resistenza media a trazione fctm:
f ctm
f cfm = 1.2 ⋅ f ctm cui segue f cf = 1.2 ⋅ = f ctm
1.2
300 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

10.4 Stato limite di apertura delle fessure


Nel caso si ammetta la formazione delle lesioni, ma se ne voglia limitare l’ampiezza
al fine di evitare una eccessiva sensibilità ai fenomeni corrosivi o comunque uno sgradevole
aspetto esterno del manufatto, si prescrivono tre diversi limiti per l’ampiezza delle fessure,
in dipendenza della pericolosità dell’aggressione chimica prevista.
Tale pericolosità viene individuata, secondo le indicazioni della normativa [1], come
dipendente da tre fattori:
- combinazioni di azioni;
- condizioni ambientali;
- sensibilità delle armature alla corrosione.
Per il primo fattore si considerano le seguenti combinazioni:
- combinazioni quasi permanente;
- combinazioni frequenti.

Per il secondo fattore si considerano generalmente tre tipi di ambiente: poco


aggressivo, moderatamente aggressivo e molto aggressivo. Per ambiente poco aggressivo si
intende un ambiente caratterizzato normalmente da umidità relativa non elevata, come
all’interno di fabbricati, per ambienti moderatamente aggressivi quegli ambienti con
umidità relativa elevata senza vapori corrosivi (atmosfera urbana o rurale), per ambienti
molto aggressivi quegli ambienti caratterizzati dalla presenza di liquidi o aeriformi
corrosivi (acque pure, salmastre, gas corrosivi etc. tipici di ambienti marini o industriali).
Più in dettaglio si può fare riferimento alla definizione di condizioni ambientali ordinarie,
aggressive e molto aggressive, associate alle classi di esposizione contenute nelle Linee
Guida per il calcestruzzo strutturale (UNI EN 206-1) ai fini della protezione delle armature
metalliche contro la corrosione (v. tab. 10.1).

Infine per il terzo fattore, le armature si distinguono in due gruppi:


- armature sensibili (sono le armature da precompressione, molto sollecitate,
σp>400 MPa, e di piccolo diametro φ≤4 mm);
- armature poco sensibili (sono gli acciai ordinari per armatura lenta).
In dipendenza dei tre fattori elencati può individuarsi la più opportuna ampiezza
entro cui contenere le fessure, osservando la seguente tabella 10.2 , fornita dalla normativa
italiana [1](2) dove in funzione dei tre parametri sopra definiti vengono attribuiti i valori
limite delle ampiezze (wi) delle fessure.

(2) I valori ammessi per l’ampiezza delle fessure contentuti nella Tab. 10.2 sono:
w1 = 0.2 mm , w2 = 0.3 mm , w3 = 0.4 mm .
Capitolo 10. STATO LIMITE DI FESSURAZIONE 301

Condizioni Ambientali Classe di Esposizione

X0: Classe di esposizione in assenza di rischio di


attacco o corrosione
XC1: Classi di esposizione per il rischio di corrosione
indotta da carbonatazione: (Asciutto o
Ordinarie
permanentemente bagnato)
XC2: Classi di esposizione per il rischio di corrosione
indotta da carbonatazione: (Bagnato, raramente
asciutto)
XC3: Classi di esposizione per il rischio di corrosione
indotta da carbonatazione: (Umidità moderata)
XC4: Classi di esposizione per il rischio di corrosione
indotta da carbonatazione: (Ciclicamente bagnato ed
asciutto)
XD1: Classi di esposizione per il rischio di corrosione
indotta da cloruri non provenienti dall’acqua di mare:
Aggressive
Umidità moderata)
XS1: Classi di esposizione per il rischio di corrosione
indotta da cloruri provenienti dall’acqua di
mare:(Esposto a nebbia salina ma non in
contatto diretto con acqua di mare)
XD2 Classi di esposizione per il rischio di corrosione
indotta da cloruri non provenienti dall’acqua di mare:(
Bagnato, raramente asciutto)
XD3 Classi di esposizione per il rischio di corrosione
indotta da cloruri non provenienti dall’acqua di mare:(
Ciclicamente bagnato ed asciutto)
Molto Aggressive
XS2 Classi di esposizione per il rischio di corrosione
indotta da cloruri provenienti dall’acqua di
mare:(Permanentemente sommerso)
XS3 Classi di esposizione per il rischio di corrosione
indotta da cloruri provenienti dall’acqua di mare: (Zone
esposte alle onde oppure alla Marea)
Tab. 10.1: Descrizione delle condizioni ambientali
La determinazione della ampiezza delle fessure da attendersi in un elemento
soggetto a stato di sollecitazione di tipo flessionale o presso-tenso flessionale può
effettuarsi determinando la distanza media sm relativa delle fessure e la deformazione
relativa tra il ferro ed il calcestruzzo che lo circonda. In definitiva può scriversi:
302 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

wm = sm ⋅ (ε sm − ε cm ) (10.15)
essendo εsm e εcm deformazioni medie dell’armatura e del calcestruzzo a cavallo di una
fessura.

GRUPPI CONDIZIONI TIPO DI ARMATURA


DI AMBIENTE COMBINAZIONE
ESIGENZE DI CARICO POCO
(AZIONI) SENSIBILE SENSIBILE

Frequente Apertura ≤w2 Apertura ≤w3


fessure fessure
A Ordinarie
Quasi Permanente Decompr. o ≤w1 Apertura ≤w2
apert.fess. fessure

Frequente Apertura ≤w1 Apertura ≤w2


fessure fessure
B Aggressive
Quasi Permanente Decompr. --- Apertura ≤w1
fessure

Apert. o ≤w1 Apertura ≤w1


Molto Frequente formaz. fessure
C Aggressive fessure

Frequente Decompr. --- Apertura ≤w1


fessure

Tab. 10.2: Valori ammessi dell’ampiezza delle fessure

La determinazione di tali grandezze (sm, εsm, εcm) è assai complessa, coinvolgendo


grandezze molto variabili quali la resistenza a trazione del calcestruzzo e l’aderenza
acciaio-calcestruzzo.
Di seguito si riportano alcune considerazioni semplificative che rendono espliciti i
parametri fondamentali che regolano il fenomeno.
Capitolo 10. STATO LIMITE DI FESSURAZIONE 303

10.4.1 Distanza media tra le fessure


Un tentativo di interpretazione del fenomeno può basarsi sulle seguenti
considerazioni: la distanza stabilizzata delle fessure dipende dalla capacità dell’armatura di
trasmettere lo sforzo al calcestruzzo circostante a partire dalla generica fessura e dalla
resistenza a trazione del calcestruzzo. Infatti se ipotizziamo una trasmissione di sforzo per
aderenza tra acciaio e calcestruzzo costante lungo la generica barra avvolta nel
calcestruzzo, alla distanza ∆z dalla generica fessura si stabilisce una tensione di trazione nel
calcestruzzo che si può ricavare dalla seguente relazione di equilibrio (Fig. 10.2):
p ⋅ ∆z ⋅ τ ad = Ac ⋅ σ ct . (10.16)

cccc

Fig. 10.2: Distanza media tra le fessure

Dalla relazione (10.16) può ricavarsi il massimo valore di ∆z per il valore medio
della resistenza a trazione. Infatti imponendo σ ct = f ctm si ottiene:

f ctm ⋅ Ac
∆z = . (10.17)
τ ad ⋅ p
La distanza massima tra due fessure, valutata con riferimento a parametri medi, vale
304 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

pertanto sm=2∆z, in quanto per distanze maggiori la tensione nel calcestruzzo del tirante
sarebbe maggiore della resistenza di riferimento fctm. La relazione precedente, ponendo
µ = As /Ac ed As /p = D/ 4 , fornisce pertanto:
D ⋅ f ctm
sm = 2∆z = (10.18)
2 µ ⋅ τ ad

in cui si evidenziano le seguenti influenze:


- la distanza tra le fessure cresce al crescere della resistenza a trazione ed al
decrescere della tensione tangenziale di aderenza τ ad ;
- la distanza tra le fessure cresce con il diametro D ed inversamente alla percentuale di
armatura.
La relazione regolamentare riportata nelle “Istruzioni per l’esecuzione delle opere in
c.a.” del Min. LL.PP. [1,2,3] assume invece la forma:
⎛ s ⎞ k ⋅k ⋅D
sm = 2 ⎜ c + ⎟ + 2 3 (10.19)
⎝ 10 ⎠ µr
che nel secondo termine presenta la dipendenza della distanza delle fessure dai principali
parametri individuati. In particolare:
- k2 è un coefficiente che caratterizza l’aderenza del calcestruzzo alla barra ed assume
i valori 0.4 per barre ad aderenza migliorata e 0.8 per le barre lisce;
- k3 è un coefficiente che tiene conto della forma del diagramma delle tensioni prima
della fessurazione ed assume il valore 0.125 nella flessione, 0.25 nel caso di trazione
pura, 0.25 (σ1+σ2)/(2σ1) nel caso di trazione eccentrica o nel caso si consideri
collaborante solo una parte della sezione con tensione massima di trazione σ1 e
tensione minima di trazione σ2.
Inoltre la stessa norma fissa che la zona di calcestruzzo efficace da considerarsi nel
computo della percentuale µr non possa eccedere l’area circostante l’armatura compresa in
un raggio di 7.5 D. Scaturiscono da tale limitazione le aree efficaci descritte nella Fig. 10.3
in cui si evidenzia una ulteriore limitazione che fissa come estremo superiore dell’area
efficace la metà della parte di sezione compresa tra l’asse neutro ed il bordo teso.
Il primo termine della relazione regolamentare, che dipende dal copriferro c e dalla
distanza tra le barre s dà conto, invece, delle incertezze di comportamento che si
determinano a ridosso della fessura, connesse alla degradazione del materiale aderente alla
fessura stessa.
Capitolo 10. STATO LIMITE DI FESSURAZIONE 305

x
FLESSIONE
Zone di bordo
lastra h
σs
deff = c + 7.5 σ <= (h-x)/2
c

s <= 14φ c 40 cm

FLESSIONE TRAZIONE
Tratto uniforme
inferiore 7.5φ travi, solette

<= 40 cm
<= 14φ
anima di trave σs
σs
c+s deff

s <= 14φ s <= 14φ c


beff = c+7.5φ
TRAZIONE TRAZIONE
eccentrica uniforme
<=7.5φ
travi elementi di
forte spessore
σs
deff
<=14φ

<=7.5φ
deff = c+7.5φ
c

<= 14φ c
bw

Fig. 10.3: Definizione delle “aree efficaci”

10.4.2 Deformazione media


Il calcolo della ampiezza della fessura deriva dalla valutazione della deformazione
media dell’armatura nel tratto compreso tra due fessure depurato della deformazione di
dilatazione del calcestruzzo nello stesso tratto.
Trascurando tale ultima quantità rispetto alla prima, si può valutare la deformazione
nell’armatura ipotizzando che essa, per effetto dell’aderenza del calcestruzzo, abbia una
deformazione intermedia tra quella ε1 che avrebbe in assenza di fessura e quella ε2 che
assume in corrispondenza della fessura stessa:
Nt
ε1 = (10.20)
Ec ⋅ ( Ac + nAs )

Nt
ε2 = (10.21)
Es ⋅ As
306 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Ponendo σ s = N t /As le precedenti relazioni diventano:

σs
ε1 = (10.22)
⎛ 1 ⎞
E s ⋅ ⎜⎜1 + ⎟⎟
⎝ n⋅µ ⎠
σs
ε2 = (10.23)
Es

che rispettivamente esprimono la deformazione nel caso di sezione non fessurata e di


sezione in cui il calcestruzzo teso ha perso ogni efficacia.

σs

σsr tension stiffening

σs
Es

fessurato
Non fessurato ε sm

Fig. 10.4: Rappresentazione dell’effetto del tension stiffening


Utilizzando per la definizione della deformazione media una combinazione lineare
delle due deformazioni estreme, definita mediante una funzione γ che varia tra 1 e 0 mentre
il comportamento evolve da quello di sezione integra a quello di sezione completamente
parzializzata, si ottiene:
ε sm = ε 1 ⋅ γ + ε 2 ⋅ (1 − γ ) (10.24)
In tal modo si tiene conto dell’effetto irrigidente offerto dal calcestruzzo teso
compreso tra due fessure successive, fenomeno che viene chiamato nella letteratura
scientifica tension stiffening (Fig. 10.4). Per la funzione γ la normativa pone:
Capitolo 10. STATO LIMITE DI FESSURAZIONE 307

2
⎛σ ⎞
γ = β1 ⋅ β 2 ⋅ ⎜⎜ sr ⎟⎟ (10.25)
⎝ σs ⎠
essendo:
- β1 un coefficiente che vale 1 per barre ad aderenza migliorata e 0.5 per barre lisce;
- β2 un coefficiente che vale 1 nella prima applicazione di una azione di breve durata e
0.5 nel caso di azioni ripetute o permanenti;
- σsr il valore della tensione nel ferro a sezione parzializzata in presenza delle
sollecitazioni corrispondenti al raggiungimento della tensione fctm nella fibra più
sollecitata a trazione(3).

10.4.3 Verifica di ampiezza delle fessure


Il valore caratteristico (frattile superiore) dell’apertura delle fessure (wd) non deve
essere superiore ai valori limiti w1, w2, w3 secondo quanto riportato nella Tab.10.2. Tale
valore si ottiene moltiplicando per 1.7 l’ampizza media della fessura pari al prodotto della
distanza media delle fessure per la deformazione media dell’acciaio tra due fessure
consecutive:
wd = 1.7 ⋅ wrm = 1.7 ⋅ srm ⋅ ε sm (10.26)

Una verifica semplificata suggerita dalla stessa norma per i casi più frequenti di
elementi monodimensionali, riconduce la verifica di fessurazione al controllo che la
tensione di lavoro delle armature in presenza di condizioni di carico frequenti sia inferiore a
0.7 fyk, essendo fyk la resistenza caratteristica dell’acciaio.

(3) Trascurando la deformazione nel tratto non fessurato ( ε = 0 ) nella relazione (10.24), si ottiene la
1
relazione contenuta nel D.M. ‘96:
σ s ⎡⎢ ⎤
2
⎛σ ⎞
ε sm = ⋅ 1 − β1 ⋅ β 2 ⋅ ⎜⎜ sr ⎟⎟ ⎥
Es ⎢
⎣ ⎝ σs ⎠ ⎥

che però, potendo fornire valori della deformazione non realistici perché prossimi a zero quando il
momento è poco superiore a quello di fessurazione, deve essere integrata dalla ulteriore
limitazione:
σs
ε sm > 0.6 ⋅
Es
308 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Tensione acciaio Diametro massimo Spaziatura massima


barre barre

[daN/cm ] 2 [mm] [mm]

1600 32 300
2000 25 250
2400 20 200
2800 16 150
3200 12 100
3600 10 50

Tab. 10.3: Diametri e spaziature massimi nel caso di flessione pura e per
barre ad aderenza migliorata
Infine si sottolinea che l’Eurocodice 2 [7] suggerisce che il controllo della
fessurazione può essere condotto senza un calcolo diretto dell’ampiezza massima delle
fessure se sono soddisfatte alcune condizioni riguardanti diametro e distanza tra le barre in
zona tesa oltreché la tensione in condizione di servizio. In particolare non occorre un
calcolo dell’ampiezza delle fessure se le dimensioni delle barre longitudinali di armatura e
la distanza tra di esse non superano i valori fissati in Tab. 10.3, in funzione della massima
tensione nelle armature indicata nella prima colonna della stessa tabella sotto la
combinazione di carico quasi permanente.
Capitolo 10. STATO LIMITE DI FESSURAZIONE 309

10.5 Esercizi
ESERCIZIO 10.1
Si esegua il calcolo del momento di prima fessurazione per una sezione rettangolare
inflessa di dimensioni b = 300 mm e h = 600 mm, considerando cautelativamente la stessa
costituita da solo calcestruzzo.
Condurre il calcolo considerando:
- modulo elastico a trazione diverso da quello a compressione;
- modulo elastico a trazione uguale a quello in compressione;
trascurando in entrambi i casi il contributo dell’armatura.
Si consideri calcestruzzo di classe fck = 20 N/mm2 .

Si ricavano i seguenti valori per il modulo elastico a compressione e la resistenza a


trazione prevista dalle norme per la verifica a fessurazione:

( )
Ec = 9500 ⋅ f ck + 8 1 / 3 = 28847.6 N/mm
2
f ct = f ctm / 1.2 =
0.30 ⋅ 20 2 / 3
1.2
= 1.84 N/mm 2

Si esegue anzitutto il calcolo assumendo per il calcestruzzo teso un modulo elastico


Ect a trazione pari alla metà di quello a compressione, per cui occorre considerare nel
calcolo dell’asse neutro un coefficiente di omogeneizzazione tra calcestruzzo teso e
compresso pari ad n′ = Ect/Ec = 0.50. Pertanto l’annullarsi del momento statico intorno
all’asse neutro, che è anche baricentrico, fornisce la posizione incognita dell’asse neutro:

b ⋅ yc2 b ⋅ ( h − yc )2
Sn = − n′ ⋅ =0
2 2

( 1 − n′) ⋅ b ⋅ yc2 + 2 n′ ⋅ b ⋅ h ⋅ yc − n′ ⋅ b ⋅ h 2 = 0
da cui:

− n′ + n′ − 0.50 + 0.50
yc = ⋅h = ⋅ 600 = 0.414 ⋅ 600 = 248.53 mm
1 − n′ 1 − 0.50
L’inerzia della sezione vale:

b ⋅ yc3 b ⋅ ( h − yc )3 300 ⋅ 248.533 300 ⋅ (600 − 248.53)3


In = + n′ ⋅ = + 0.50 ⋅ = 37.06 ⋅ 108 mm 4
3 3 3 3
ed il momento di fessurazione si ricava quindi dalla seguente relazione:
310 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

In 37.06 ⋅108
M fess = ⋅ f ct = ⋅1.84 = 38803 kNmm .
n′ ⋅ ( h − yc ) 0.50 ⋅ ( 600 − 248.53)

Si esegue ora la valutazione del momento di prima fessurazione in modo diverso,


assumendo per il calcestruzzo lo stesso modulo elastico a trazione e compressione ma
utilizzando la resistenza a trazione per flessione fcfm in luogo della resistenza a trazione
pura fctk:

1.2 1.2
f cf = ⋅ f ctm = ⋅ 2.21 = 2.21 N/mm2 .
1.2 1.2
In tal caso la posizione dell’asse neutro, baricentrico della sezione, è pari da yc=h/2
ed il momento di fessurazione può ricavarsi direttamente dalla relazione:
b ⋅ h2 300 ⋅ 6002
M fess = W ⋅ f cf = ⋅ f cf = ⋅ 2.21 = 39780 kNmm .
6 6

Dai risultati ottenuti si può osservare come le due modalità di valutazione del
momento di fessurazione siano praticamente equivalenti, per cui può adottarsi la seconda
che risulta più semplice e non richiede l’introduzione del coefficiente di omogenizzazione
tra calcestruzzo teso e compresso.
Capitolo 10. STATO LIMITE DI FESSURAZIONE 311

ESERCIZIO 10.2
Si esegua il calcolo del momento di prima fessurazione per la sezione rettangolare
inflessa di dimensioni b = 300 mm ed h = 600 mm a doppia armatura con:
- As = 18.84 cm2 (6 φ20) (armatura tesa);
- As′ = 4.02 cm (2 φ16)
2 (armatura compressa).
Sulla base di quanto osservato nell’esercizio precedente, il calcolo venga condotto
considerando un modulo elastico a trazione uguale a quello in compressione ed utilizzando
la resistenza a trazione per flessione. Si utilizzi calcestruzzo di classe Rck = 25 N/mm2.

Le dimensioni della sezione e la resistenza caratteristica sono le stesse dell’esercizio


22.1 e le armature tesa e compressa sono rispettivamente:

As = 1884 mm
2
(6 φ 20) As′ = 402 mm
2
(2 φ16)
che corrispondono ad una percentuale di armatura tesa pari a µ = As /b h = 1.05 % e ad un
rapporto tra armatura compressa e tesa pari a ρ = 0.21.
Il coefficiente di omogeneizzazione acciaio-calcestruzzo vale:

Es 2100000
n= = = 7.28
Ec 28847.6

e la posizione dell’asse neutro può ricavarsi dalla relazione seguente, che esprime il
rapporto tra il momento statico rispetto al bordo compresso e l’area della sezione:

yc =
( )
b ⋅ h2 /2 + n ⋅ ( As d + As′ d ′ )
=
b h + n ⋅ ( As + As′ )

=
( )
300 ⋅ 6002 /2 + 7.28 ⋅ (1884 ⋅ 570 + 402 ⋅ 30 )
= 315.0 mm
300 ⋅ 600 + 7.28 ⋅ (1884 + 402 )

la posizione dell’asse neutro è lievemente al di sotto del baricentro della sezione di solo
calcestruzzo a causa della presenza di un’armatura non simmetrica e prevalente nella parte
bassa. Il momento d’inerzia intorno all’asse neutro baricentrico vale:

b ⋅ yc3 b ⋅ ( h − yc )
3

+ n As′ ⋅ ( yc − d ′ ) + n As ⋅ ( d − yc ) =
2 2
I= +
3 3
300 ⋅ 3153 300 ⋅ ( 600 − 315 )
3

+ 7.28 ⋅ 402 ⋅ ( 315 − 30 ) + 7.28 ⋅1884 ⋅ ( 570 − 315 ) =


2 2
= +
3 3
= 6570.06 ⋅106 mm 4
312 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Pertanto il momento di prima fessurazione risulta:


I 6570.06 ⋅106
M fess = ⋅ f cfm = ⋅ 2.21 = 50947 kNmm
h − yc 600 − 315

La presenza di una percentuale di armatura tesa pari all’1% comporta quindi un


aumento del momento di prima fessurazione rispetto alla sezione di solo calcestruzzo pari a
circa il 28%.
Capitolo 10. STATO LIMITE DI FESSURAZIONE 313

ESERCIZIO 10.3
Per il pilastro di dimensioni b=400 mm ed h=500 mm con calcestruzzo di classe
fck=20 N/mm2 ed armato con 4+4 φ 16 sui lati minori, con Nes =725.88 kN ed
Mes=229000kNmm, si effettui la verifica allo stato limite di fessurazione.

Lo stato limite di fessurazione si articola in tre diversi tipi di controllo:


a) stato limite di decompressione;
b) stato limite di formazione delle fessure;
c) stato limite di ampiezza delle fessure.
a) Stato limite di decompressione.
Va controllato in questo caso che non vi siano zone tese dove potrebbero eventualmente
presentarsi delle lesioni, ovvero che risulti Mes<M0, essendo M0 il momento che determina
una tensione minima pari a 0:
N es M 0 h
σ c, min = − ⋅ =0 ,
A I 2
Risulta, trascurando l’armatura nella determinazione delle caratteristiche
meccaniche (A,I):
Nd 725.880
M 0 = N es ⋅ rn = ⋅ rn = ⋅ 83.3 = 40310 kNmm
1.5 1.5
Il momento sollecitante in condizioni di esercizio, assumendo un rapporto γ=1.5 tra
sollecitazioni allo stato limite ultimo ed in condizioni di servizio, risulta:
Md 229000
M es = = = 152667 kNmm
γ 1.5
Risultando:
M es > M 0

lo stato limite di decompressione non è verificato.


b) Stato limite di formazione delle fessure
Questo controllo tende a garantire che in presenza di sforzi di trazione la probabilità
di formazione delle fessure sia assai contenuta.
Va dunque verificato che la tensione massima di trazione nel calcestruzzo risulti
inferiore alla resistenza caratteristica a trazione in presenza di flessione:
1.2
f cf ≤ f ctm = f ctm
1.2
314 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

dove:

f ctm = 0.30 ⋅ 3 f ck2 = 2.21 N/mm 2

Tale verifica può essere anche condotta in termini di momento, controllando che:
M es ≤ M fess

dove:

b ⋅ yc b ⋅ ( h − yc )3
3
I= + + n As′ ⋅ ( yc − d ′)2 + n As ⋅ ( d − yc )2 =
3 3
400 ⋅ (500 − 250)3
3
400 ⋅ 250
= + + 7.5 ⋅ 804 ⋅ (250 − 30)2 + 7.5 ⋅ 804 ⋅ (470 − 250)2 =
3 3
6 4
= 4750.37 ⋅ 10 mm

Ii ⎛ N ⎞
M fess = ⋅ ⎜ f cf + es ⎟
h − yc ⎝ Ai ⎠

h (distanza del baricentro della sezione dal bordo più


yc = = 250 mm compresso)
2

Ai = Ac + (n − 1)As = 210452 mm
2
l’area omogeneizzata;
Assumendo un coefficiente di omogeneizzazione n=7.5 per tener conto di condizioni
di carico prevalentemente istantanee, si ottiene :
4750.37 ⋅106 ⎛ 725880 /1.5 ⎞
M fess = ⋅ ⎜ 2.21 + = 85685 kNmm
(500 − 250) ⎝ 210452 ⎟⎠

Risultando:
M es > M fess

la verifica a fessurazione non è soddisfatta.


c) Stato limite di ampiezza delle fessure
L’ampiezza caratteristica delle fessure è data dalla relazione
wk = 1.7 ⋅ s rm ⋅ ε sm

in cui
Capitolo 10. STATO LIMITE DI FESSURAZIONE 315

⎛ s ⎞ k ⋅k ⋅D
srm = 2 ⋅ ⎜ c + ⎟ + 2 3
⎝ 10 ⎠ µr
è la relazione regolamentare per la distanza media stabilizzata delle fessure riportata nelle
“Istruzioni per l’esecuzione delle opere in c.a. del Min. LL.PP.. Risulta:

c = (30 − 8) = 22 mm (ricoprimento di calcestruzzo)

400 − 2 ⋅ 30 (distanza tra le barre)


s= = 113.3 mm
3
k 2 = 0.4 (per barre ad aderenza migliorata)

σ1 + σ 2 (con σ1 e σ2 rispettivamente massima e minima tensione


k3 = 0.25 ⋅
2 ⋅σ1 di trazione nella zona efficace di calcestruzzo)

D = 16 mm (diametro delle barre)

As (dove con Aeff si è indicata l’area di calcestruzzo


µr =
Aeff circostante l’armatura compressa in raggio minore o
uguale a 7.5 D)
Risulta dunque:

N es M es h 483920 152667 ⋅ 103 500


σ1 = − ⋅ = − ⋅ = −5.73 N/mm 2
A I 2 210452 4750.37 ⋅ 106 2
3
N es M es ⎛ h ⎞ 483920 152667 ⋅ 10 ⎛ 500 ⎞
σ2 = − ⋅ ⎜ − c − 7.5 D ⎟ = − ⋅
6 ⎜
− 22 − 7.5 ⋅ 16 ⎟ =
A I ⎝2 ⎠ 210452 4750.37 ⋅ 10 ⎝ 2 ⎠
= −1.17 N/mm 2

5.73 + 1.17
k3 = 0.25 ⋅ = 0.151
2 ⋅ 5.73

Aeff = b ⋅ (c + 7.5D) = 400 ⋅ (22 + 7.5 ⋅ 16) = 56800 mm


2

804
µr = = 0.0141
56800
⎛ 113.3 ⎞ 0.4 ⋅ 0.151 ⋅ 16
srm = 2 ⋅ ⎜ 22 + ⎟+ = 135.20 mm
⎝ 10 ⎠ 0.0141
Per la deformazione unitaria media dell’armatura, la relazione regolamentare è
316 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

σ s ⎡⎢ ⎤
2
⎛σ ⎞
ε sm = ε 1 ⋅ γ + ε 2 ⋅ (1 − γ ) ≅ ε 2 ⋅ (1 − γ ) = ⋅ 1 − β1 ⋅ β 2 ⋅ ⎜⎜ sr ⎟⎟ ⎥
Es ⎢
⎣ ⎝ σs ⎠ ⎥

con il limite
σs
ε sm > 0.4 ⋅
Es

dove:
σs = tensione dell’acciaio calcolata a sezione fessurata con le sollecitazioni di
esercizio;
σ sr = tensione dell’acciaio calcolata a sezione fessurata corrispondente alla
sollecitazione M = Mfess

β1 = coefficiente rappresentativo dell’aderenza acciaio-calcestruzzo

β 1 = 1 .0 per barre ad aderenza migliorata

β2 = coefficiente che tiene conto delle condizioni di sollecitazione

β 2 = 0.5 nel caso di azioni ripetute

f cfm = 1.2 ⋅ f ctm = 1.2 ⋅ 0.30 ⋅ 3 20 2 = 2.65 N/mm2


4750.37 ⋅ 106 ⎛ 725880 / 1.5 ⎞
M fess = ⋅ ⎜ 2.625 + ⎟ = 93571.49 kNmm
(500 − 250) ⎝ 210452 ⎠
per M = M fess ⇒ yc = 319.1 mm , σ sr = 25.8 N/mm2

2
per M = M es ⇒ yc = 182.4 mm , σ s = 178.7 N/mm

σ s ⎡⎢
2⎤
⎛σ ⎞ ⎡ 2⎤
ε sm = ⋅ 1 − β1 ⋅ β 2 ⋅ ⎜⎜ sr ⎟⎟ ⎥ = 178.7 ⋅ ⎢1 − 1.0 ⋅ 0.5 ⋅ ⎛⎜ 25.8 ⎞⎟ ⎥ = 8.42 ⋅ 10 −4
Es ⎢
⎣ ⎝ σs ⎠ ⎥ 210000 ⎣⎢

⎝ 178.7 ⎠ ⎦⎥
−4
wk = 1.7 ⋅ srm ⋅ε sm= 1.7 ⋅ 135.2 ⋅ 8.42 ⋅ 10 = 0.1935 mm

valore compatibile, nel caso di armature poco sensibili alla corrosione, con ambienti poco
aggressivi in ogni caso e con ambienti moderatamente o molto aggressivi con riferimento
alla sola combinazione rara (wmax = w2 =0.20 mm).
Capitolo 11

LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE

11.1 Premessa
Nell’ambito dello stato limite di deformazione si controlla che le inflessioni degli
elementi strutturali siano convenientemente limitate, in modo da preservarne la funzionalità
e l’aspetto estetico e da non danneggiare gli altri elementi collegati quali tramezzi, vetrate,
rivestimenti, impianti e finiture.
Per la valutazione teorica degli abbassamenti di travi in c.a. in regime fessurato è
necessaria la modellazione di vari fenomeni, quali la fessurazione del calcestruzzo, il
tension-stiffening, gli effetti lenti (viscosità e ritiro del calcestruzzo, fluage dell’aderenza).
La limitazione dei valori delle frecce massime per gli elementi inflessi‚ strettamente
connessa al requisito dell’efficienza funzionale della costruzione, consegue alla
compatibilità fra le deformazioni dei componenti “portanti” e quelle degli elementi
“portati”, fissi o mobili.
E’ arduo fissare degli abbassamenti “ammissibili”, se non utilizzando criteri di
confronto con il comportamento in servizio di strutture similari già realizzate. A tal
proposito le norme forniscono indicazioni orientative, che vanno eventualmente integrate
con le indicazioni derivanti dall’esperienza o da specifiche prescrizioni della committenza.
Per quanto riguarda i limiti di deformabilità imposti dalla Normativa Italiana
attualmente in vigore [1, 2], essi devono essere congruenti con le prestazioni richieste alla
struttura in funzione della destinazione d’uso di ques’ultima. Per quanto attiene ai valori
limite, essi dovranno essere commisurati a specifiche esigenze e potranno essere dedotti da
documentazione tecnica di comprovata validità.
Per salvaguardare l’aspetto e la funzionalità della struttura, l’EC2 [7] propone che le
inflessioni degli elementi strutturali non superino in generale 1/250 della luce; il limite delle
inflessioni è imposto invece pari ad 1/500 della luce quando sula struttura poggiano
elementi secondari per evitare ad esempio inconvenienti ai tramezzi ed alle opere di
finitura.
Sempre secondo l’EC2 il calcolo delle inflessioni può essere omesso quando il
rapporto luce/altezza utile è modesto: i valori limite del rapporto l/d, in funzione della
tipologia strutturale e del livello di sollecitazione dei materiali, sono indicati nella Tabella
11.1.
318 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

I valori limite di l/d vanno ridotti in alcuni casi specifici, come travi con sezione a T
con elevato rapporto tra la larghezza dell’ala e quella dell’anima, luci superiori ai 7 m,
piastre senza nervature di luce superiore a 8.5 m.
Il CEB-FIP Model Code 90 [9] non pone nessun limite specifico sul massimo valore
delle inflessioni, mentre fornisce le medesime direttive dell’EC2 per quel che riguarda la
possibilità di omettere il calcolo.

Calcestruzzo Calcestruzzo
SISTEMA STRUTTURALE molto poco
sollecitato sollecitato

Travi semplicemente appoggiate, piastre semplicemente


18 25
appoggiate mono e bidirezionali

Campata terminale di travi continue o piastre


monodirezionali continue o bidirezionali continue sul lato 23 32
lungo

Campata intermedia di travi o lastre mono o bidirezionali


25 35

Piastre sorrette da pilastri non nervate, in base alla luce


21 30
maggiore

Mensole 7 11

Tab. 11.1: Valori limite dei rapporti l/d per elementi inflessi in c.a. [EC2 , CEB-MC90]

11.2 La valutazione teorica degli spostamenti in travi inflesse


in c.a.
Come è noto, il calcolo degli spostamenti nelle membrature inflesse elastiche può
essere eseguito, applicando il Principio dei Lavori Virtuali, mediante l’integrazione della
curvatura θ = M/EI lungo l’asse dell’elemento, dove I è il momento d’inerzia della
sezione retta.
Nel caso di elementi in cemento armato è ancora possibile assumere in presenza dei
carichi di esercizio legami costitutivi elastico-lineari per i materiali. Ciò nonostante, il
momento d’inerzia I non è definibile in maniera univoca, essendo in genere differente dal
Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 319

valore Ig geometrico a causa della presenza delle armature metalliche e del livello di
sollecitazione. Infatti, oltre al valore Ig possono definirsi:
- inerzia I1 momento d’inerzia della sezione interamente reagente, tenendo conto anche
dell’armatura, opportunamente omogeneizzata al calcestruzzo
- inerzia I2 momento d’inerzia della sezione fessurata, che differisce dall’inerzia I1
poichè il calcestruzzo teso è considerato non reagente.

Pertanto nel computo degli spostamenti istantanei, l’inerzia I, a causa della


fessurazione del calcestruzzo già a partire da bassi livelli di sollecitazione, si presenta
variabile lungo l’elemento ed in genere è diversa dal valore I1.
Inoltre, la capacità di resistenza propria del calcestruzzo integro in zona tesa,
compreso tra due fessure consecutive, offre un contributo alla rigidezza complessiva
dell’elemento, determinando nelle zone fessurate della trave valori delle inerzie intermedi
tra I1 ed I2; il fenomeno descritto è chiamato tension-stiffening.
Il calcolo delle frecce differite è poi ulteriormente complicato dai fenomeni reologici
tipici del calcestruzzo, che sono:
a) viscosità del calcestruzzo: la capacità del conglomerato di variare il livello deformativo
sotto un carico costante o variabile prolungato nel tempo. La viscosità è spesso indicata
col nome di fluage o creep;
b) ritiro del calcestruzzo: le variazioni di volume del conglomerato durante la presa e
l’indurimento;
c) fluage dell’aderenza tra acciaio e calcestruzzo: la variazione nel tempo dei legami di
aderenza tra i due materiali.

11.2.1 Valutazione della curvatura istantanea in regime fessurato


La rigidezza flessionale EI può, come detto, essere definita in vari modi. Eliminando
l’inerzia geometrica Ig, priva di un vero significato fisico, il comportamento di una sezione
in c.a. inflessa, soggetta a fessurazione al crescere del momento M‚ è individuato da una
rigidezza che varia tra i valori Ec I1 ed Ec I2. Definito Mcr come il momento di prima
fessurazione, per M = Mcr nella sezione in cui si forma la lesione si ha il trasferimento degli
sforzi dal calcestruzzo teso all’armatura; ciò determina un aumento della curvatura
teoricamente brusco, indicato in Fig. 11.1 dal passaggio dalla retta 1 alla retta 2.
320 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

M 1

2
arctg Ec I1
arctg Ec I2

Mcr
M

θ 1 =M/EI1 θ 2 =M/EI2 θ =M/EI


Fig. 11.1: Diagramma momento-curvatura nella sezione fessurata
Tuttavia, superato il momento di prima fessurazione in una certa zona dell’elemento
(Fig. 11.2), solo alcune sezioni si fessurano effettivamente, mentre quelle comprese tra le
fessure conservano il calcestruzzo teso reagente. La rigidezza del “concio elementare” in
zona fessurata è quindi intermedia tra i valori Ec I1 ed Ec I2.
Si pone quindi il problema di conoscere la curvatura media θm note le curvature θ1 e
θ2 rispettivamente relative alla sezione non fessurata ed alla sezione fessurata.

⎡ M ⎤ ⎡ M ⎤
⎢θ 1 = ⎥ ≤ θ m ≤ ⎢θ 2 = ⎥ (11.1)
⎣ E c 1⎦
I ⎣ E c I2 ⎦
Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 321

cls compresso

fessura
I2 I2 < Im< I1
ZONA FESSURATA

Mcr z
M(z)

I1 Im I1
I1 I2

Fig. 11.2: Andamento dell’asse neutro e definizione della curvatura media in zona
fessurata
Un tipico diagramma momento-curvatura media (M - θm) è illustrato in Fig. 11.3.
Si nota che per valori di M inferiori ad Mcr la curvatura media coincide con lo stato
1 (non fessurato), per valori superiori invece la curvatura è intermedia tra lo stato 1 e 2. La
distanza tra la curva reale e la retta dello stesso stato 2 rappresenta l’effetto del tension-
stiffening, che costituisce l’irrigidimento offerto dal calcestruzzo teso tra due fessure
contigue.
Il CEB [9] e l’Eurocodice2 [7] propongono per la curvatura media una
combinazione convessa di quelle dello stato 1 e dello stato 2, ricavata sulla base di
numerose prove sperimentali:
M M
θ m = θ 1 ⋅ γ + θ 2 ⋅ (1 − γ ) = ⋅γ + ⋅ (1 − γ ) (11.2)
Ec I1 Ec I 2
322 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

M 1

Ec I1 2

EcI2

Mcr tension stiffening

θ1 θm θ2 θm
Fig. 11.3: Diagramma momento-curvatura media

dove il coefficiente di interpolazione γ è espresso nel seguente modo:

2
⎛ M cr ⎞
γ = β1 ⋅ β 2 ⋅ ⎜ ⎟ (11.3)
⎝ M ⎠
I coefficienti β1 e β2 dipendono dalla qualità dell’aderenza acciaio-calcestruzzo e
valgono:
- β1 = 1.0 per barre ad aderenza migliorata; 0.5 per barre lisce;

- β2 = 1.0 per carichi di breve durata; 0.5 per carichi di lunga durata (effetti del fluage
dell’aderenza complementare sviluppati o carichi ciclici)
Il metodo di calcolo della curvatura media negli elementi inflessi in c.a. in zona
fessurata, per interpolazione delle curvature negli stati 1 e 2, viene indicato col nome di
metodo bilineare. Nel calcolo delle inerzie I1 ed I2 , si sviluppano le usuali relazioni valide
per sezioni interamente reagenti e per sezioni totalmente fessurate, omogeneizzando
l’acciaio al calcestruzzo mediante il coefficiente n = Es/Ec.
Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 323

11.2.2 Valutazione della curvatura differita in regime fessurato


I fenomeni reologici più importanti nel calcestruzzo sono la viscosità, il ritiro ed il
fluage dell’aderenza acciaio-calcestruzzo.
Nel caso di materiale omogeneo la viscosità ed il ritiro comportano, per strutture
isostatiche a vincoli fissi, solo variazioni dello stato di deformazione; nelle strutture
iperstatiche si ha anche la variazione dello stato di sollecitazione globale.
Negli elementi in c.a., invece, la presenza delle armature, immuni da fenomeni
reologici, introduce una disomogeneità nel comportamento dell’elemento e rappresenta un
vincolo alle deformazioni differite del calcestruzzo prodotte dal ritiro e dal fluage.
L’effetto della viscosità comporta l’incremento delle deformazioni e, quindi, della
curvatura della generica sezione retta, nonchè la ridistribuzione dello stato tensionale tra
calcestruzzo ed armature: in genere si ha una diminuzione delle tensioni nelle fibre di
calcestruzzo più sollecitate ed un incremento nelle armature.
Analogamente la contrazione del calcestruzzo dovuta al ritiro produce variazioni
della curvatura della sezione retta, nonchè variazioni delle tensioni nei materiali, inducendo
trazione nel calcestruzzo e compressione nelle armature.
Le precedenti considerazioni sono valide sia per sezioni interamente reagenti (stato
1), sia per sezioni fessurate (stato 2); per queste ultime, l’incremento delle deformazioni nel
tempo per effetto della viscosità riguarda essenzialmente le fibre compresse di calcestruzzo.
Inoltre, come si è già detto precedentemente, nelle zone in cui il momento agente
supera quello di prima fessurazione il calcolo degli abbassamenti richiede la conoscenza
della curvatura media, in dipendenza del fenomeno del tension-stiffening. L’irrigidimento
offerto dal calcestruzzo teso integro tra le fessure è influenzato dalla variazione nel tempo
dei legami di aderenza tra acciaio e calcestruzzo, variazione che comporta una diminuzione
del tension-stiffening ed è di solito indicata col nome di fluage dell’aderenza.
La modellazione del fluage e del ritiro del calcestruzzo può essere eseguita
nell’ambito del Metodo del modulo elastico efficace (Metodo EM), in cui si utilizza la
semplice espressione algebrica per la valutazione delle deformazioni del calcestruzzo:
σ c (t ) σ c (t )
ε c (t , t 0 ) = ⋅ [1 + ϕ (t , t 0 )] + ε r (t , t s ) = + ε r (t , t s ) . (11.4)
Ec Ec , eff

La precedente relazione permette di trattare il problema strutturale in presenza di


fluage e ritiro, semplicemente utilizzando per il calcestruzzo il modulo elastico efficace
Ec,eff , ridotto rispetto ad Ec mediante il fattore (1 + ϕ):

Ec (t 0 )
E c, eff (t , t 0 ) = . (11.5)
1 + ϕ (t , t 0 )

La modellazione del fluage dell’aderenza viene eseguita in modo semplificato,


assumendo β 2 (t0 ) = 1 (carichi di breve durata) e β 2 (t0 ) = 0.5 per un qualsiasi t > t0 (carichi
di lunga durata ); ciò equivale ad ammettere un rapido evolvere degli scorrimenti viscosi tra
324 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

il calcestruzzo teso e l’armatura.


Un’ulteriore semplificazione del metodo EM, suggerita anche dal CEB [9], può
ottenersi valutando separatamente le deformazioni dovute al ritiro e quelle dovute al
fluage(1).
In virtù di tali ipotesi l’equazione di equilibrio alla rotazione in presenza di solo
fluage per una sezione inflessa fornisce la seguente espressione per le curvature:

θ 1( fl ) = θ 2( fl ) =
M M
, (11.6)
E c, eff I 1, eff E c, eff I 2, eff

in cui I1,eff ed I2,eff sono i momenti d’inerzia intorno all’asse neutro, rispettivamente di
sezione non fessurata e totalmente fessurata, valutati utilizzando per il calcestruzzo il
“coefficiente di omogeneizzazione efficace” neff

Es E
n eff = = s ⋅ (1 + ϕ ) (11.7)
E c , eff Ec

Trascurando la variazione della sezione reagente per effetto del ritiro, il che equivale
a considerare immutata la posizione dell’asse neutro, l’equazione di equilibrio alla
rotazione in presenza di solo ritiro fornisce la seguente espressione per la curvatura:
S c ,1 S c, 2
θ1(r ) = ε r ⋅ , θ 2(r ) = ε r ⋅ (11.8)
I1, eff I 2, eff

in cui Sc,1 ed Sc,2 sono i momenti statici rispetto all’asse neutro della parte reagente di
calcestruzzo, rispettivamente nel caso di sezione non fessurata e totalmente fessurata.
Nella Figura 11.4 sono riportati i diagrammi delle deformazioni e delle tensioni
valutati all’istante t, prodotti rispettivamente dai carichi esterni (apice “fl”) e dal ritiro
(apice “r”).
Con il metodo EM, dunque, l’analisi della sezione nello stato 1 e nello stato 2, in
regime viscoso e tenendo conto del ritiro, può essere condotta con le usuali formulazioni
valide per le sezioni in c.a., con l’unica accortezza di adottare il coefficiente di
omogenizzazione efficace neff , che equivale ad assumere il calcestruzzo più deformabile per
effetto del fluage. Inoltre, dal punto di vista del “metodo bilineare”, il tension-stiffening è
valutato a posteriori mediante l’interpolazione tra le curvature θ1 dello stato 1 ed θ2 nello
stato 2.
In [27, 28, 29] sono stati svolti confronti teorico-sperimentali, che hanno mostrato la
buona affidabilità delle procedure presentate relativamente alla determinazione delle
curvature e delle frecce.

(1) Indicate rispettivamente con gli apici r ed fl.


Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 325

b (y) σct
r
fl
εct
fl
σct εrct
As0
ε ct (y ) σ ct (y) εrct (y )
fl fl
yct
σrct (y )
y
d
h
θt
r

fl
As 1 ε st
d′ ε rst
fl
σst /neff r
σst /neff

Fig. 11.4: Simbologia metodo EM. [27]

11.2.3 Calcolo delle frecce in travi isostatiche


Nelle strutture isostatiche il diagramma delle sollecitazioni flettenti è indipendente
dalla rigidezza della struttura, in quanto definito da sole condizioni di equilibrio. Il calcolo
degli spostamenti può quindi essere effettuato con le usuali procedure, come il Principio dei
Lavori Virtuali, i corollari di Mohr ecc., valutando, a partire dal diagramma del momento, il
diagramma delle curvature corrispondenti ed integrando le curvature lungo lo sviluppo
dell'elemento. Volendo ad esempio valutare la freccia in mezzeria di una trave
semplicemente appoggiata e soggetta ad un carico uniformemente ripartito, si assume,
nell’ambito del P.L.V., come sistema delle forze la stessa trave caricata da una forza
unitaria in mezzeria (Fig.11.5), e si scrive:
l
v = ∫ M (1) ( z ) ⋅ θ ( z ) dz (11.9)
0

essendo nel caso in esame:


M (1) ( z ) = z/ 2 per z < l/ 2 e M (1) ( z ) = (l − z )/ 2 per z > l/ 2 .

In casi semplici è possibile dedurre l’espressione della freccia risolvendo l’integrale


in forma chiusa. In alternativa lo sviluppo dell’integrale (11.9) può condursi per via
numerica, valutando la funzione curvatura in un numero discreto N + 1 di punti, distanziati
di l/N, e riconducendo l’integrale alla sommatoria:
N M i(1) ⋅ θ i + M i(+1)1 ⋅ θ i +1 l
ν =∑ ⋅ (11.10)
i =1 2 N

essendo:
326 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

l − zi
M (1) (z i ) = M (1) (z i ) =
zi
per z i ≤ l/ 2 per z i ≥ l/ 2 (11.11)
2 2

θ (z)

Fig. 11.5: Applicazione del P.L.V. per il calcolo della freccia in travi isostatiche

Sviluppi analitici riportati in [27, 28] hanno mostrato che per travi con sezione
rettangolare a doppia armatura è possibile esprimere il rapporto v/vg tra la freccia reale v e
la freccia elastica vg valutata a sezione integra di solo calcestruzzo in funzione di pochi
parametri adimensionali, che nel caso istantaneo sono:

− K= nµ percentuale geometrica omogenizzata di armatura tesa ( µ = As /b d ) ;


− ρ rapporto tra armatura compressa ed armatura tesa;
− d ′/d copriferro adimensionalizzato;
− M cr /M max rapporto tra il momento di prima fessurazione ed il momento massimo;
Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 327

εr

ZONA NON FESSURATA ZONA NON FESSURATA


ZONA FESSURATA
χ1 χm χ1

Mcr z
M(z)

∆ l - 2∆ ∆

Fig. 11.6: Zona fessurata in una trave in c.a. semplicemente appoggiata

In Fig. 11.7 è riportato l’andamento del rapporto v/vg in funzione di K = nµ, per
Mcr/Mmax = 0.40, d′/d = 0.05 e per ρ = 0, 0.50, 1.00. Si osserva come per le usuali quantità
di armatura (µ = 0.25% ÷ 2%) le curve rappresentate sono sensibilmente superiori alla retta
di equivalenza v/vg = 1, il che significa che l’effetto della fessurazione è tale da determinare
frecce maggiori di quelle valutate elasticamente.
Per esempio, assumendo n = 7 e µ =0.005, si ha che k = nµ = 0.035 e dall’abaco
risulta v/vg = 3, cioè che la freccia reale è all’incirca 3 volte la freccia elastica. Invece per
grosse percentuali di armatura, anche se meno realistiche, si hanno valori di v/vg anche
inferiori ad 1, in quanto l’elevata quantità di armatura comporta rigidezze flessionali
maggiori di quella convenzionale in assenza di armatura (EcIg).
328 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

ν/νg

Fig. 11.7: Andamento del rapporto v/vg per frecce istantanee

In Fig. 11.8 è riportato un diagramma analogo, ma valutato tenendo conto degli


effetti viscosi e del ritiro: in esso infatti sono riportati i valori del rapporto vt /vg,t tra la
freccia differita reale vt e la freccia differita vg,t valutata convenzionalmente con riferimento
ad un materiale omogeneo [vg,t = vg (1+ϕ)]. In questo caso in ascissa è riportata la quantità
di armatura tesa omogeneizzata mediante il coefficiente di omogeneizzazione “efficace”,
keff = neff ⋅µ = nµ⋅(1+ϕ); inoltre le frecce dipendono da un altro parametro adimensionale
2
bd
k r = ε r ⋅ Ec , eff ⋅, proporzionale alla deformazione da ritiro εr.
ql 2
Si osserva che, per gli usuali valori delle quantità di armatura, il rapporto νt/νg,t
assume nel caso delle frecce differite valori inferiori a quelli relativi alle frecce istantanee.
Infatti c’è un’interazione tra vari fenomeni contrapposti: da un lato gli effetti della
fessurazione e del ritiro (non considerati in vg,t), dall’altro la presenza dell’armatura, che
determina un contenimento degli effetti della viscosità e del ritiro, ed il differente peso che
ha la viscosità nelle zone fessurate, in quanto relativa alla sola parte compressa di
calcestruzzo.
Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 329

ν t /νg,t

Keff=nµ(1+ϕ)
Fig. 11.8: Andamento del rapporto vt/vg,t per frecce differite

11.2.4 Calcolo delle frecce in travi iperstatiche


Nelle strutture iperstatiche, come ad esempio le travi continue o le travi di telai, il
calcolo della freccia ha un’ulteriore indeterminazione costituita dal diagramma dei
momenti, che dipende dalle caratteristiche elastiche delle aste e, quindi, dal grado di
fessurazione. Pertanto il diagramma delle sollecitazioni che si ottiene in una struttura in c.a.
con un calcolo elastico, ipotizzando un’inerzia delle sezioni pari all’inerzia Ig della sola
sezione di calcestruzzo, rappresenta una soluzione di prima approssimazione, anche se
accettabile per la maggior parte degli impieghi correnti. Una soluzione meglio approssimata
potrebbe ricavarsi da un’analisi iterativa, in cui il calcolo andrebbe ripetuto numerose volte,
modificando ogni volta la rigidezza delle aste in modo da tener conto dello stato di
fessurazione raggiunto nel ciclo precedente.
Tale analisi non è generalmente necessaria nel calcolo delle sollecitazioni per la
valutazione delle frecce, in quanto nel caso si considerano i carichi di servizio e quindi le
sollecitazioni relative sono in genere lontane da quelle ultime, in presenza delle quali,
invece, lo stato di sollecitazione può essere più significativamente discosto da quello
elastico lineare.
330 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Per una trave appartenente ad una struttura iperstatica, la valutazione delle frecce
può pertanto effettuarsi calcolando il diagramma dei momenti nell’asta con il metodo
elastico lineare, valutando le curvature corrispondenti in funzione dei momenti agenti ed
effettuando l’integrazione delle curvature, ad esempio per via numerica secondo la
relazione (11.10) . Infatti nel caso in esame tale relazione si ricava scrivendo il P.L.V. per la
trave generica estratta dallo schema e quindi con i suoi carichi e le coppie nodali derivanti
dalla continuità (cfr. Fig. 11.9), ed assumendo lo schema di trave appoggiata con forza in
mezzeria come sistema di forze.

Fig. 11.9: Applicazione del P.L.V. per il calcolo della freccia in travi iperstatiche
Per la valutazione delle curvature nelle zone fessurate e non fessurate si utilizzano le
solite espressioni riportate in precedenza. Occorre osservare soltanto che in questo caso la
trave può avere zone fessurate sia inferiormente che superiormente (cfr.Fig. 11.10), per cui
occorre definire i momenti di prima fessurazione positivi e negativi, che possono essere
diversi a causa della diversa quantità di armatura.
Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 331

εr

q
ZONA FESSURATA ZONA FESSURATA

ZONA NON FESSURATA ZONA NON FESSURATA

ZONA FESSURATA
MA MB
Mcr Mcr
M(z) z
Mcr
z1 z2

Fig. 11.10: Distribuzione dei tratti fessurati nella campata di una trave iperstatica

11.3 Calcolo approssimato delle frecce


La precisione ottenibile attraverso un calcolo rigoroso delle frecce è tuttavia da
intendersi in senso statistico in quanto le frecce sono influenzate da numerosi parametri
aleatori, come la dispersione delle caratteristiche dei materiali, la variabilità delle
condizioni ambientali che influenzano gli effetti lenti, la complessità della storia dei carichi,
la presenza di condizioni di vincolo diverse da quelle ipotizzate, la difficoltà di definire con
precisione le dimensioni della sezione collaborante, la variabilità della disposizione delle
armature lungo l’asse, l’efficacia degli ancoraggi delle barre, le imprecisioni sulla messa in
opera, etc.
Ne segue l’opportunità di far riferimento a metodi semplificati, che forniscono in
genere stime comunque affidabili delle frecce.
Una semplificazione, consentita anche dalle norme Eurocodice 2 [7] e dal CEB [9],
consiste nel calcolare la freccia v dell’elemento interpolando, tramite una relazione analoga
alla (11.2), tra le frecce v1 ed v2 , ricavate rispettivamente nell’ipotesi che l’intero elemento
sia non fessurato o totalmente fessurato:
332 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

v = γ ⋅ v1 + ( 1 − γ ) ⋅ v 2 (11.12)
Le frecce v1 ed v2 possono essere valutate tenendo conto di eventuali cambiamenti di
sezione e di quantità di armature, come può capitare nel caso di campate di travi continue,
oppure in via semplificata assumendo un elemento di caratteristiche costanti, quelle della
“sezione critica”. Questa è in genere coincidente con la sezione di cui si desidera valutare lo
spostamento, cioè la sezione di campata della trave, dove le curvature reali θ(z) ed i
momenti virtuali M (1) ( z ) assumono lo stesso segno, determinando contributi positivi alla
freccia (cfr. Fig. 11.9 e Fig. 11.10).
Nella (11.12) il coefficiente γ nell’EC2 e nel CEB Model Code 90 assume le
seguenti espressioni:
2
⎛ M cr ⎞
γ EC 2 = β 1 ⋅ β 2 ⋅ ⎜ ⎟ (11.13)
⎝ M ⎠

⎛ M cr ⎞
γ CEB = β 1 ⋅ β 2 ⋅ ⎜⎜ ⎟
⎟ (11.14)
⎝ M max ⎠
In realtà l’EC2 nel consigliare tale semplificazione non chiarisce in quale sezione
dell’elemento vadano valutati i momenti M ed Mcr da inserire nella (11.13), e questa scelta
non è immediata nel caso di travi con momenti alle estremità. Il CEB, invece, indica come
momenti di riferimento quelli della sezione di mezzeria, anche nel caso in cui i momenti
negativi siano maggiori (caso di travi con momenti alle estremità) ed opera una correzione
all’espressione (11.13), riducendo l’esponente da 2 ad 1; ciò equivale in realtà ad assumere
come denominatore della (11.13) il momento positivo “medio” in campata.
Estendendo anche all’EC2 l’assunzione del CEB relativa alla sezione di riferimento,
l’applicazione della (11.12) in combinazione con la (11.13) equivale ad estendere tout court
all’intero elemento l’interpolazione tra le curvature eseguita nella sezione di mezzeria; ciò
rappresenta in genere un’approssimazione dal lato della sicurezza, in quanto si adotta per il
coefficiente γ il valore minimo relativamente alla zona sottoposta a momento positivo,
dando maggior peso alla freccia a sezione parzializzata.
Analisi parametriche di confronto tra le metodologie semplificate e quella più
rigorosa, basata sull’integrazione delle curvature, hanno mostrato, relativamente a sezioni
rettangolari a doppia armatura, che risultati più precisi per le frecce istantanee possono
essere ottenuti se si adotta per γ l’espressione
α
⎛ M ⎞ (11.15)
γ = β 1 ⋅ β 2 ⋅ ⎜⎜ cr ⎟

⎝ M max ⎠
in cui l’esponente α risulta funzione di alcuni parametri, quali la quantità di armatura, il
Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 333

copriferro, il tipo di schema vincolare ed il rapporto Mcr/Mmax. Le analisi condotte hanno


mostrato che il principale parametro da cui dipende α è proprio il rapporto Mcr/Mmax. In
Fig. 11.11 sono riportati i valori del coefficiente α ottenuti imponendo l’uguaglianza tra il
metodo semplificato e quello di riferimento, nonchè una possibile curva di interpolazione in
funzione di Mcr/Mmax (2).
Per quanto riguarda le frecce differite, l’applicazione della (11.12) con
β1 ⋅ β 2 = 0.50 , come è consigliato per carichi di lunga durata e barre ad aderenza
migliorata, comporta un’incongruenza per Mcr/Mmax tendente ad 1; infatti in tal caso la
freccia dovrebbe coincidere con il valore v1 di trave non fessurata, mentre la (11.12)
fornisce:
M cr
→ 1 ⇒ vt = 0.5 ⋅ v1 + 0.5 ⋅ v2 (11.16)
M max

A tale inconveniente, che risulta indipendente dal valore di α, si può ovviare


modificando il valore del coefficiente β2, sulla base di analisi numeriche di confronto con la
procedura di riferimento. Ne scaturisce anche per β2 una dipendenza soprattutto dal
parametro Mcr/Mmax; in Fig. 11.12 si riportano i valori di β2 dedotti dall’analisi
comparativa ed una possibile curva di interpolazione(3).

(2) L’espressione analitica della funzione α=α(m) con m = M /M , ricavata applicando il metodo
cr max
dei minimi quadrati è:
α ( m ) = 1.86 ⋅ [1 − 0.40m − 0.60m 11 ]

(3) L’espressione analitica della funzione β (m) ricavata applicando il metodo dei minimi quadrati è:
2

β 2 (m ) = 1 − 0.50 ⋅ [1 − 0.20m − 0.80m 11 ]


334 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

2.0

1.5

1.0

0.5

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
Mcr/M max

Fig. 11.11: Andamento del coefficiente α in funzione di Mcr/Mmax

1.0

β
0.8

0.6
0.5

0.4

0.2

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
Mcr /M max

Fig. 11.12: Andamento del coefficiente β in funzione di Mcr/Mmax


Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 335

Operativamente, noti i momenti MA , MB , MAB agli estremi della trave ed in mezzeria


ed il carico distribuito q, le frecce v1 ed v2 dovute al carico applicato valgono
rispettivamente, nell’ipotesi di sezione costante lungo l’elemento ed uguale alla sezione
corrente in campata:

q L4 q L4
v1( q ) = k ( q ) ⋅ = k (q) ⋅ ⋅ (1 + ϕ )
E c,eff I 1,eff E c I 1,eff
(11.17)
4 4
⋅ (1 + ϕ )
qL qL
v 2( q ) = k ( q ) ⋅ = k (q) ⋅
E c,eff I 2,eff E c I 2,eff

essendo k (q) un coefficiente che tiene conto della condizione vincolare (p.e. vale 5/384 nel
caso di momenti nulli agli estremi) ed I1,eff , I2,eff rispettivamente i momenti d’inerzia della
sezione non fessurata e totalmente fessurata. I momenti I1,eff , I2,eff vanno valutati secondo
le usuali regole della statica del cemento armato, facendo riferimento, in presenza di effetti
viscosi del calcestruzzo, al coefficiente di omogeneizzazione “efficace” neff. Per carichi
istantanei, che non inducono effetti viscosi, il coefficiente di viscosità ϕ va posto pari a 0,
per cui Ec,eff coincide con Ec .
Le frecce v1 ed v2 prodotte dal ritiro valgono invece, sempre nell’ipotesi di sezione
costante lungo l’elemento:
S c ,1 S c, 2
v1( r ) = k ( r ) ⋅ l 2 ⋅ ε r ⋅ , v2( r ) = k ( r ) ⋅ l 2 ⋅ ε r ⋅ (11.18)
I1, eff I 2, eff

in cui il coefficiente k (r ) dipende dallo schema vincolare e di carico(4).


I coefficienti k (q ) e k (r ) , come detto, dipendono dal diagramma dei momenti sulla
trave e possono essere valutati mediante le seguenti relazioni:

(4) Per il calcolo della freccia dovuta al ritiro si osserva che, nell’ipotesi di sezione costante lungo
l’elemento anche la curvatura prodotta dal ritiro è costante in modulo, ma cambia segno in
funzione del segno del momento statico Sc. Pertanto l’applicazione della (11.9) conduce alla
risoluzione del seguente integrale:
l ⎡ z1 z2 l ⎤
v(r ) =
∫M (z ) ⋅ θ (r ) (z ) dz = θ (r ) ⋅ ⎢− ∫ M (1) (z ) dz +
∫ M (1) (z ) dz −
∫M (z ) dz ⎥ =
(1) (1)
0 ⎣ 0 z1 z2 ⎦
(r ) (r )
=θ ⋅k ⋅l 2
336 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

1 ⎡z ⎛z⎞ ⎛z⎞ ⎤ m ⎛ z⎞ ⎡ ⎛ z⎞ ⎤
3 4 2

k (q ) =
fg
= ⋅ ⎢ − 2 ⎜ ⎟ + ⎜ ⎟ ⎥ − A ⋅ ⎜1 − ⎟ ⋅ ⎢1 − ⎜1 − ⎟ ⎥ +
q l 4 /E I g 24 ⎢ l ⎝ l ⎠ ⎝ l ⎠ ⎥⎦ 72 ⎝ l⎠ ⎢ ⎝ l⎠ ⎥
⎣ ⎣ ⎦ (11.19)
m z ⎡ ⎛z⎞ ⎤
2

− B ⋅ ⋅ ⎢1 − ⎜ ⎟ ⎥
72 l ⎢ ⎝ l ⎠ ⎥
⎣ ⎦

z ⎞ ⎡⎛ ⎤
2 2
1 z ⎛ z ⎞ ⎛ z1 ⎞ a ⎛z ⎞
k (r ) = ⋅ ⋅ ⎜1 − ⎟ − ⎢⎜1 − ⎟⋅⎜ ⎟ + ⋅⎜ 2 ⎟ ⎥ (11.20)
2 l ⎝ l ⎠ ⎢⎣⎝ l⎠ ⎝ l ⎠ l ⎝ l ⎠ ⎥⎦

essendo z il punto in cui si valuta lo spostamento, in genere poco diverso dalla mezzeria
dell’elemento, m A = M A / ( ql 2 /12) ed m B = M B / ( ql 2 /12) i momenti alle estremità
2
adimensionalizzati rispetto a ql /12 , z1 e z2 i punti di nullo del diagramma dei momenti(5).
L’espressione dei coefficienti k ( q ) e k ( r ) in mezzeria (z/l = 1/2) si semplificano
nelle seguenti:
fg 5 2 2
k (q) = 4
= − ⋅ mA − ⋅ mB (11.21)
ql /EI g 384 384 384

1 1 ⎡⎛ z1 ⎞ ⎛ z 2 ⎞ ⎤
2 2
(r )
k = − ⋅ ⎢⎜ ⎟ + ⎜ ⎟ ⎥ (11.22)
8 2 ⎢⎣⎝ l ⎠ ⎝ l ⎠ ⎥⎦

(5) Risulta per z e z :


1 2

z1 1 ⎡ 1 ⎤ 1 2 1
= ⋅ ⎢1 + ⋅ (m A − m B )⎥ − ⋅ 1− ⋅ mB + (m A − m B )2
l 2 ⎣ 6 ⎦ 2 3 36

z2 1 ⎡ 1 ⎤ 1 2 1
= ⋅ ⎢1 − ⋅ (m A − m B )⎥ − ⋅ 1 − ⋅ m B + (m A − m B )2
l 2 ⎣ 6 ⎦ 2 3 36

che nel caso di momenti alle estremità uguali diventano:

z1 1 1 2 z2 1 1 2
= − ⋅ 1− ⋅ mA , = − ⋅ 1− ⋅ mB
l 2 2 3 l 2 2 3
Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 337

Pertanto valutate le frecce v1 e v2 tramite le (11.17) e le (11.18) ed i coefficienti γ e


β2 con riferimento al momento massimo MAB in campata, si calcola il valore della freccia
totale v utilizzando la relazione (11.12).
Nel caso di sezione rettangolare a doppia armatura il calcolo di I1,eff , I2,eff e di Sc,1,
Sc,2 si esegue quindi con l’ausilio delle seguenti relazioni:
Sezione non fessurata:

(b ⋅ h 2 ) / 2 + neff ⋅ ( As d + As′ d ′)
y1 = (11.23)
b ⋅ h + neff ⋅ ( As + As′ )

b ⋅ y13 b ⋅ ( h − y1 )3
I 1,eff = + + neff ⋅ As′ ⋅ ( y1 − d ′)2 + neff ⋅ As ⋅ ( d − y1 )2 (11.24)
3 3

b ⋅ y12 b ⋅ (h − y1 )2
S c, 1 = − (11.25)
2 2
Sezione totalmente fessurata:

neff ⋅ ( As + As′ ) ⎡ ⎤
2b ⋅ ( As d + As′ d ′) ⎥
y2 = ⋅ ⎢− 1 + 1+ (11.26)
b ⎢ neff ⋅ ( As + As′ )2 ⎥
⎣ ⎦

b ⋅ y 23
I 2,eff = + neff ⋅ As′ ⋅ ( y 2 − d ′)2 + neff ⋅ As ⋅ ( d − y 2 )2 (11.27)
3

b ⋅ y 22
S c, 2 = (11.28)
2
in cui evidentemente il parametro neff coincide con n = Es/Ec per carichi istantanei.

11.4 Applicazione
Per la valutazione degli spostamenti totali di travi in c.a., occorre considerare che la
parte permanente dei carichi induce anche effetti viscosi, mentre la parte variabile produce
soltanto effetti istantanei. Inoltre spesso nei casi pratici bisogna calcolare gli abbassamenti
prodotti da un dato carico su una trave già caricata, come ad esempio nella valutazione
teorica delle frecce per le prove di carico di un collaudo statico.
Se si ipotizza un comportamento elastico lineare della membratura, è possibile in
generale calcolare separatamente i vari contributi ed applicare la sovrapposizione degli
338 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

effetti. In presenza di un comportamento non lineare a causa della fessurazione, l’effetto di


un carico sulla struttura su cui agisce già un altro carico determina una distribuzione dei
tratti fessurati e non fessurati dipendente dalle sollecitazioni complessive dei due carichi.
Infatti ciascun carico potrebbe indurre momenti inferiori a quello di prima fessurazione, ma
la somma dei due diagrammi dei momenti può invece produrre anche estese fessurazioni
nella trave, per cui la valutazione separata delle frecce associate ai due carichi condurrebbe
a risultati chiaramente errati: non è quindi applicabile la sovrapposizione degli effetti.
Nel caso interessi valutare l’incremento di freccia prodotto da un carico q2 su una
trave già soggetta ad un carico q1, si può procedere, calcolando le frecce v′ e v′′ prodotte
rispettivamente dal carico q1 e dal carico q1 + q2 e ricavando la freccia desiderata come
differenza tra le due: v = v ′′ − v ′ . Si osserva che l’incremento di freccia da v′ a v″ non è
completamente reversibile allorchè si elimina q2 . Infatti l’incremento temporaneo di carico
determina un incremento di fessurazione che altera la risposta della parte di trave che nel
passaggio del carico da q1 a q1 + q2 si fessura.
Tale procedura è applicabile anche nel caso in cui uno dei due carichi sia
permanente, e quindi induca effetti differiti, ed in presenza di ritiro, semplicemente
considerando nelle calcolazioni le opportune caratteristiche meccaniche delle sezioni.
Come detto nel paragrafo introduttivo, la verifica allo stato limite di deformazione di
una membratura inflessa, seguendo le indicazioni dell’Eurocodice 2 [7], consiste nel
valutare la freccia massima va della membratura e la freccia vb che può provocare danni
alle opere di finitura, controllando che siano inferiori rispettivamente ad l/250 ed l/500.
Tenendo conto delle precedenti osservazioni e con riferimento alle combinazioni di
carico degli stati limite di servizio, occorre valutare preliminarmente le seguenti frecce
fondamentali:
− v0(1) = freccia istantanea prodotta dalla combinazione di carico 1 (rara o frequente ) ;

− v0(2) = freccia istantanea prodotta dalla combinazione di carico 2 (quasi permanente ) ;

− vt(2) = freccia a lungo termine prodotta dalla combinazione di carico 2 (quasi permanente ) .

Ai fini della verifica della funzionalità della struttura occorre calcolare la freccia
massima totale va, che è somma della freccia a lungo termine prodotta dalla combinazione
di carico 2 e dell’incremento di freccia prodotto dalla variazione dei carichi dalla
combinazione 2 (permanente) a quella 1 (frequente o rara). Come detto, a causa della non
linearità indotta dalla fessurazione della trave non è possibile calcolare direttamente la
freccia prodotta dalla differenza di carico tra le combinazioni 1 e 2, ma si può procedere
combinando opportunamente le frecce di base di cui sopra, ottenendo:

v a = vt(2) + (v 0(1) − v 0(2) ) (11.29)


Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 339

Analogamente per l’altra verifica (danno alle finiture) si può dedurre da va la freccia
istantanea prodotta dai carichi quasi permanenti, ricavando la freccia di riferimento vb:

vb = v a − v 0(2) = vt(2) + (v 0(1) − v 0(2) ) − v0(2) (11.30)


Si considera una trave semplicemente appoggiata di lunghezza l = 500 cm, soggetta
a carichi uniformemente ripartiti, costituiti da azioni permanenti gk e da azioni variabili qk,
rispettivamente pari a:
g k = 18 daN/cm qk = 7.00 daN/cm

Il dimensionamento della base b della trave, realizzata in spessore di solaio


(h=24cm) viene eseguito agli s.l.u., con riferimento alla combinazione di carico:
qd = 1.4 ⋅ g k + 1.5 ⋅ qk = 1.4 ⋅18.00 + 1.5 ⋅ 7.00 = 35.70 daN/cm

Si considera infatti il momento massimo in campata e si determina il valore della


base, utilizzando le relazioni valide per il progetto di sezioni rettangolari a semplice
armatura ed assumendo un asse neutro di progetto pari a ξ = y c /h = 0.31 :

qd ⋅ l 2 35.70 ⋅ 5002
Md = = = 1115625 daN cm
8 8
µ c = ψ ⋅ ξ ⋅ (1 − d ′/h − λ ⋅ ξ ) = 0.80 ⋅ 0.31 ⋅ (1 − 0.125 − 0.40 ⋅ 0.31) = 0.186

Md 1115625
b= = = 94.66 cm
µ c ⋅ h ⋅ f cd
2
0.186 ⋅ 24 2 ⋅ 110

e si assume b = 100 cm.


Si calcola poi la quantità di armatura in trazione, utilizzando la relazione:
1 − (d ′/h ) − λ ⋅ ξ 1 − 0.125 − 0.40 ⋅ 0.31
ζ = = = 0.86
1 − (d ′/h ) 1 − 0.125

Md 1115625 2
As = = = 15.78 cm
ζ ⋅ d ⋅ f sd 0.86 ⋅ 21 ⋅ 3913

si adottano comunque 10 φ16 in trazione e si aggiunge un’armatura in compressione


costituita da 4 φ16.
Pertanto le caratteristiche geometriche e meccaniche della trave risultano:

b = 100 cm , h = 24 cm , As = 20.10 cm 2 , As′ = 8.04 cm 2 , d ′ = 3 cm


340 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Rck = 250 daN/cm 2 , f cd = 110 daN/cm 2


2 2 2
f sk = 4500 daN/cm , f sd = 3913 daN/cm , E s = 2100000 daN/cm

Si calcolano poi i valori del modulo elastico e della resistenza a trazione per
flessione del calcestruzzo, utilizzando le relazioni consigliate dalla Normativa nazionale
[1]:
E s 2100000
Ecm = 18000 ⋅ Rck = 18000 ⋅ 250 = 284605 daN/cm 2 , n = = = 7.38
Ec 284605

f cfm = 1.2 ⋅ (0.58 ⋅ Rck


2/3
) = 1.2 ⋅ (0.58 ⋅ 250 2 / 3 ) = 27.62 daN/cm 2

Per il calcolo delle frecce si considerano le due combinazioni di carico agli s.l.s.:
(1)
q = g k + qk = 18.00 + 7.00 = 25 daN/cm (combinazione rara o frequente)
(2)
q = g k + 0.20 ⋅ qk = 18.00 + 0.20 ⋅ 7.00 = 19.40 daN/cm (combinazione quasi
permanente)
e si calcolano i seguenti valori delle frecce.

a) Calcolo della freccia istantanea prodotta dal carico q(1):


Si valutano anzitutto le frecce v1 ed v2 relative ai casi di sezione non fessurata e
completamente fessurata. Risulta:
- Sezione non fessurata

100 ⋅ (24 / 2) + 7.38 ⋅ (20.10 ⋅ 21 + 8.04 ⋅ 3)


2
y1 = = 12.30 cm
100 ⋅ 24 + 7.38 ⋅ (20.10 + 8.04 )

100 ⋅ 12.303 100 ⋅ (24 − 12.30 )3


I1 = + + 7.38 ⋅ 8.04 ⋅ (12.30 − 3)2 + 7.38 ⋅ 20.10 ⋅
3 3
⋅ (21 − 12.30 )2 = 131772 cm 4

5 25 ⋅ 500 4
v1 = ⋅ = 0.542 cm
384 284605 ⋅ 131772
- Sezione totalmente fessurata
⎡ ⎤
7.38 ⋅ (20.10 + 8.04 ) ⎢ 2 ⋅ 100 ⋅ (20.10 ⋅ 21 + 8.04 ⋅ 3) ⎥ = 6.30 cm
y2 = ⋅ −1+ 1+
100 ⎢
⎣ 7.38 ⋅ (20.10 + 8.04 )2 ⎥

Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 341

100 ⋅ 6.30 3
I2 = + 7.38 ⋅ 8.04 ⋅ (6.30 − 3)2 + 7.38 ⋅ 20.10 ⋅ (21 − 6.30 )2 = 41029 cm 4
3

5 25 ⋅ 500 4
v2 = ⋅ = 1.742 cm
384 284605 ⋅ 41029
Dai valori ottenuti si può esservare che l’inerzia di sezione fessurata è meno di un
terzo di quella di sezione interamente reagente, per cui la freccia v1 è circa tre volte più
piccola della freccia v2 . Si valuta quindi il momento di prima fessurazione e quindi il
coefficiente di interpolazione γ:
I1 131772
M cr = ⋅ f cfm = ⋅ 27.62 = 311262 daN cm
h − y1 24 − 12.30

q (1) ⋅ l 2 25 ⋅ 500 2
M max = = = 781250 daN cm
8 8
M cr 311262
m= = = 0.398
M max 781250

α (0.398) = 1.86 ⋅ [1 − 0.40 ⋅ 0.398 − 0.60 ⋅ 0.39811 ] = 1.564

γ = 1.0 ⋅ (0.398)1.564 = 0.237


Applicando la relazione (11.12) la freccia prodotta dal carico q(1) vale pertanto:

v (1) = v1 ⋅ γ + v 2 ⋅ (1 − γ ) = 0.542 ⋅ 0.236 + 1.742 ⋅ (1 − 0.236 ) = 1.458 cm

Il calcolo della freccia eseguito con la metodologia più rigorosa, basata


sull’integrazione delle curvature espresse dalla (11.1), fornisce il valore 1.459 cm,
praticamente coincidente con quello dedotto con l’ausilio del metodo approssimato.
Invece se si applica la (11.12) adottando per γ le espressioni (11.13) e (11.14)
fornite rispettivamente dal CEB e dall’EC2, si ottiene:
CEB)

α = 1.0 ⇒ γ = 1.0 ⋅ (0.398)1.0 = 0.398 ⇒ v (1) = 0.542 ⋅ 0.398 + 1.742 ⋅ (1 − 0.398) = 1.264cm
EC2)

α = 2.0 ⇒ γ = 1.0 ⋅ (0.398)2.0 = 0.159 ⇒ v (1) = 0.542 ⋅ 0.159 + 1.742 ⋅ (1 − 0.159 ) = 1.552cm
342 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Si può osservare, inoltre, che la freccia ottenuta è abbastanza vicina a quella relativa
alla trave con sezione completamente fessurata, come testimonia anche il valore assunto dal
coefficiente di combinazione γ : è sufficiente infatti un rapporto Mcr/Mmax pari a circa 0.40
per determinare un quadro fessurativo nella trave molto esteso.
Si calcola infine per confronto la freccia elastica vg, cioè relativa alla sezione
omogenea di solo calcestruzzo:

5 q (1) ⋅ l 4 5 25 ⋅ 500 4
vg = ⋅ = ⋅ = 0.621 cm
384 Ec ⋅ I g 384 284605 ⋅ 115200

che risulta sensibilmente inferiore alla freccia calcolata v (1) . E’ interessante osservare che
il rapporto tra la freccia v (1) e la freccia elastica vg è pari a 2.35, per cui la valutazione della
freccia con le usuali relazioni elastiche risulta in questo caso non soddisfacente e
decisamente dal lato della non sicurezza.

b) Calcolo della freccia istantanea prodotta dal carico q(2):


Le caratteristiche delle sezioni in fase 1 non fessurata e fase 2 fessurata sono le
stesse del punto precedente. Cambiano invece i valori delle frecce v1 ed v2, essendo diverso
il carico, e del coefficiente di interpolazione γ, a causa del differente rapporto Mcr/Mmax.
Risulta pertanto:

5 19.4 ⋅ 500 4
v1 = ⋅ = 0.421 cm
384 284605 ⋅ 131772

5 19.4 ⋅ 500 4
v2 = ⋅ = 1.352 cm
384 284605 ⋅ 41029

q (2) ⋅ l 2 19.4 ⋅ 500 2


M max = = = 606250 daN cm
8 8
M cr 311262
m= = = 0.513
M max 606250

α (0.513) = 1.86 ⋅ [1 − 0.40 ⋅ 0.513 − 0.60 ⋅ 0.51311 ] = 1.478

γ = 1.0 ⋅ (0.513)1.478 = 0.373

Applicando la relazione (11.12) la freccia prodotta dal carico q (2) vale pertanto:
Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 343

v (2) = v1 ⋅ γ + v 2 ⋅ (1 − γ ) = 0.421 ⋅ 0.373 + 1.352 ⋅ (1 − 0.373) = 1.005 cm

E’ interessante osservare che a causa della fessurazione, le frecce crescono in


maniera più che lineare con i carichi, come risulta evidente valutando i rapporti v (1) /v (2) e
q (1) /q (2) :

v (1) 1.458 q (1) 25.0


= = 1.45 > = = 1.29
(2) 1.005 (2) 19.4
v q
La freccia calcolata con il metodo più rigoroso è pari a 1.004 cm, anche in questo
caso coincidente con quella dedotta con il metodo approssimato. Le frecce ottenute con
l’ausilio del metodo CEB e del metodo EC2 valgono invece:
CEB)

α = 1.0 ⇒ γ = 1.0 ⋅ (0.513)1.0 = 0.513 ⇒ v (2) = 0.421 ⋅ 0.513 + 1.352 ⋅ (1 − 0.513) = 0.874 cm

EC2)

α = 2.0 ⇒ γ = 1.0 ⋅ (0.513)2.0 = 0.264 ⇒ v (2) = 0.421 ⋅ 0.264 + 1.352 ⋅ (1 − 0.264) = 1.106 cm

In questo caso il rapporto Mcr/Mmax è maggiore rispetto al caso precedente, per cui il
livello di fessurazione nell’elemento è più contenuto: il coefficiente di combinazione γ
assume un valore più grande e la freccia si discosta maggiormente dal caso di trave con
sezione totalmente fessurata. Infine la freccia elastica vg vale:

5 q (2) ⋅ l 4 5 19.4 ⋅ 500 4


vg = ⋅ = ⋅ = 0.482 cm
384 E c ⋅ I g 384 284605 ⋅ 115200

ed il rapporto tra la freccia v (1) e la freccia elastica vg è pari a 2.08, lievemente inferiore
rispetto al caso precedente.

c) Calcolo della freccia differita prodotta dal carico q(2):


Si calcola infine la freccia a lungo termine prodotta dal carico quasi permanente
(2)
q e dal ritiro; si assumono per il coefficiente di viscosità e per la deformazione da ritiro i
valori ϕ = 3 ed εr = 0.0003.
A tal fine si ricalcolano le caratteristiche geometriche delle sezioni fessurata e non
fessurata, in quanto in presenza di carichi di lunga durata bisogna considerare il coefficiente
di omogenizzazione efficace [neff = n⋅(1 + ϕ) = 7.38⋅(1 + 3) = 29.52]. Risulta quindi:
344 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

- Sezione non fessurata:

100 ⋅ (24 2 / 2) + 29.52 ⋅ (20.10 ⋅ 21 + 8.04 ⋅ 3)


y1 = = 12.99 cm
100 ⋅ 24 + 29.52 ⋅ (20.10 + 8.04 )

100 ⋅ 12.99 3 100 ⋅ (24 − 12.99 )3


I1 = + + 29.52 ⋅ 8.04 ⋅ (12.99 − 3)2 +
3 3
+ 29.52 ⋅ 20.10 ⋅ (21 − 12.99)2 = 179297 cm 4

100 ⋅ 12.99 2 100 ⋅ (24 − 12.99 )2


S c ,1 = − = 2380 cm 3
2 2

5 19.4 ⋅ 500 4 2380 500 2


vt ,1 = ⋅ ⋅ (1 + 3) + 0.0003 ⋅ ⋅ = 1.362 cm
384 284605 ⋅ 179297 179297 8
- Sezione totalmente fessurata:

29.52 ⋅ (20.10 + 8.04) ⎡ 2 ⋅ 100 ⋅ (20.10 ⋅ 21 + 8.04 ⋅ 3) ⎤


y2 = ⋅ ⎢− 1 + 1+ ⎥ = 9.93 cm
100 ⎢⎣ 29.52 ⋅ (20.10 + 8.04)2 ⎥⎦

100 ⋅ 9.933
I2 = + 29.52 ⋅ 8.04 ⋅ (9.93 − 3)2 + 29.52 ⋅ 20.10 ⋅ (21 − 9.93)2 = 116733 cm 4
3

100 ⋅ 9.93 2
S c, 2 = = 4926 cm 3
2

5 19.4 ⋅ 500 4 4926 500 2


vt , 2 = ⋅ ⋅ (1 + 3) + 0.0003 ⋅ ⋅ = 2.297 cm
384 284605 ⋅ 116733 116733 8
Si può osservare che, essendo neff > n, le inerzie che si ottengono nei calcoli a lungo
termine risultano maggiori dei corrispondenti valori istantanei; complessivamente, però, la
rigidezza flessionale EI delle sezioni diminuisce in presenza di viscosità, in quanto occorre
utilizzare per il modulo elastico del calcestruzzo il valore efficace, ridotto rispetto al caso
istantaneo secondo il fattore (1 + ϕ). Assumendo per il momento di prima fessurazione il
valore calcolato con riferimento alle caratteristiche istantanee, il che equivale ad ammettere
che la distribuzione delle zone fessurate non varia nel tempo, si ha che il coefficiente α è
uguale al caso istantaneo; si valuta poi il coefficiente β in funzione di Mcr/Mmax e quindi il
parametro di interpolazione γ:

β 2 (m) = 1 − 0.50 ⋅ [1 − 0.20 ⋅ 0.513 − 0.80 ⋅ 0.51311 ] = 0.5516


Capitolo 11. LO STATO LIMITE DI DEFORMAZIONE 345

γ = 0.55 ⋅ (0.513)1.478 = 0.205

Applicando la relazione (11.12) la freccia prodotta dal carico q (2) vale pertanto:

vt(2) = f1 ⋅ γ + f 2 ⋅ (1 − γ ) = 1.362 ⋅ 0.205 + 2.297 ⋅ (1 − 0.205) = 2.105 cm

La freccia calcolata con il metodo più rigoroso è pari a 2.089 cm, anche in questo
caso praticamente coincidente con quella dedotta con il metodo approssimato. Le frecce
ottenute con l’ausilio del metodo CEB e del metodo EC2 valgono invece:
CEB)

α = 1.0 ⇒ γ = 0.5 ⋅ (0.513)1.0 = 0.257 ⇒ vt (2) = 1.362 ⋅ 0.257 + 2.297 ⋅ (1 − 0.257 ) = 2.057cm

EC2)

α = 2.0 ⇒ γ = 0.5 ⋅ (0.513)2.0 = 0.132 ⇒ vt (2) = 1.362 ⋅ 0.132 + 2.297 ⋅ (1 − 0.132) = 2.173 cm
Calcolando separatamente i contributi alla freccia prodotti dai carichi esterni e dal
ritiro si ottengono rispettivamente i seguenti valori:

vt(,2q) = 1.765 cm , vt(,2r) = 0.340 cm

cioè l’effetto del ritiro è in questo caso superiore al 15% della freccia complessiva.
Infine la freccia elastica a lungo termine vg,t vale:

5 q (2) ⋅ l 4
v g , t = v g ⋅ (1 + ϕ ) = ⋅ ⋅ (1 + ϕ ) = 0.482 ⋅ (1 + 3) = 1.928 cm
384 Ec ⋅ I g

che è abbastanza simile alla freccia calcolata vt(2) . Infatti nelle zone non fessurate della
trave la presenza dell’armatura, sia in trazione che in compressione, riduce l’entità degli
effetti differiti, mentre nelle zone fessurate gli effetti viscosi agiscono solo sulla parte
compressa delle sezioni. Ciò comporta che il rapporto tra la freccia differita e la freccia
istantanea di una trave in regime fessurato può essere anche sensibilmente inferiore al
valore “elastico” (1 + ϕ): nel caso in esame risulta infatti vt(2) /v (2) = 2.105/1.005 = 2.09
invece che (1 + ϕ) = 4.
d) Calcolo della freccia va:
La freccia massima va prodotta sulla trave dai carichi applicati e dal ritiro si può
calcolare applicando la (11.29) , come somma della freccia differita vt(2) prodotta dal carico
346 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

q (2) e dell’incremento di freccia istantanea provocato dalla differenza tra il carico q (1) ed
il carico q (2) . Si ottiene:

⎛ L L ⎞
va = vt(2) + (v (1) − v (2) ) = 2.105 + (1.459 − 1.005) = 2.559 cm ⎜ = > ⎟
⎝ 195 250 ⎠
Il controllo per va risulta non verificato in quanto supera il limite per la freccia di
L/250. L’utilizzazione di un’appropriata controfreccia, pari ad esempio alla freccia
istantanea per il carico di lunga durata, potrebbe consentire di rispettare il limite normativo.
Si osserva che se si valuta l’incremento (v (1) − v (2) ) calcolando separatamente il
valore della freccia prodotto dalla differenza di carico ∆q = (q (1) − q (2) ) = 5.60 daN/cm , si
ottiene:

∆q (2) ⋅ l 2 5.6 ⋅ 500 2 M cr 311262


M max = = = 175000 daN cm , = = 1.78
8 8 M max 175000

per cui la trave è in regime non fessurato e l’incremento di freccia vale:

5 ∆q ⋅ l 4 5 5.6 ⋅ 500 4
v (1) − v (2) ≡ v1 ⋅ ∆q = ⋅ = ⋅ = 0.122 cm
384 Ec ⋅ I1 384 284605 ⋅ 131772

sensibilmente inferiore al valore 0.454 cm ottenuto in precedenza: infatti si trascura


totalmente il fatto che il carico ∆q agisce su una trave già in regime fessurato per effetto
dei carichi quasi permanenti q (2) .

e) Calcolo della freccia vb:

Infine, la freccia vb si ricava, in virtù della (11.30) , deducendo da va la freccia


istantanea prodotta dal carico q (2) :

⎛ L L ⎞
vb = v a − v (2) = 2.559 − 1.005 = 1.554 cm ⎜ = > ⎟
⎝ 322 500 ⎠
Il controllo per vb risulta non verificato in quanto supera il limite di L/500. La trave
non è pertanto adatta a sostenere, senza particolari accorgimenti, elementi rigidi a
comportamento fragile (ad esempio tramezzature in laterizio), che potrebbero fessurarsi.
Capitolo 12

LA PRECOMPRESSIONE DELLE STRUTTURE


IN C.A.

12.1 L’idea della precompressione


La precompressione è una tecnica costruttiva che si differenzia da quella del c.a.
normale per la presenza di uno stato di presollecitazione nel c.a. indotto mediante una
coazione che determina compressione nelle parti in c.a. e trazione in armature
appositamente predisposte allo scopo.
La motivazione della introduzione di tale tecnica risiede nel notevole miglioramento
delle prestazioni ottenibili. Ad esempio le travi in c.a.p hanno un campo di utilizzazione
molto più ampio del c.a. normale, raggiungendo luci libere largamente superiori ai 50 m,
del tutto impensabili per travi in c.a. non presollecitate.
L’idea della precompressione per contrastare la fessurazione nelle travi inflesse
nasce alla fine del XIX secolo, ma i primi tentativi di applicare uno stato di
precompressione ricorrendo ad armature pretese contrastate contro le travi stesse, non
ebbero successo a causa dell’uso di acciai normali in cui, come si vedrà meglio in seguito,
l’effetto della precompressione veniva ad essere ridotto fino ad annullarsi a causa dei
comportamenti reologici nei materiali presollecitati (calcestruzzo ed armatura pretesa).
Solo nella prima metà del XX secolo, grazie alle applicazioni dell’ingegnere
francese Eugenio Freyssinet (1879-1962), che utilizzò per primo acciai ad altissima
resistenza, si poterono ottenere risultati applicativi interessanti.
Un grande sviluppo della tecnica delle precompressione si ebbe poi nel secondo
dopo guerra a causa del parallelo sviluppo delle reti infrastrutturali che ha richiesto la
realizzazione di nuove autostrade ed altre vie di comunicazione con ponti e viadotti di
grande luce.
Con la tecnica della precompressione si raggiungono fondamentalmente due
risultati: in primo luogo un miglior sfruttamento del calcestruzzo evitando, nella
precompressione totale, o riducendo, nella precompressione parziale, la parzializzazione
delle sezioni; in secondo luogo la precompressione consente l’utilizzazione di acciai ad alto
limite elastico che hanno un rapporto costo/benefici nettamente più favorevole rispetto agli
acciai ordinari. In particolare l’eliminazione della parzializzazione consente di ottenere, a
348 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

parità di peso, inerzie e moduli di resistenza elastici nettamente superiori rispetto a quelli
ottenibili in presenza di sezioni parzializzate, con le evidenti conseguenze favorevoli sulla
efficienza strutturale di questo <nuovo materiale>.
Le possibilità offerte dalla precompressione furono, come detto, subito evidenti agli
studiosi ed ingegneri che per primi si cimentarono con il calcestruzzo armato presollecitato
o no. Tuttavia lo sviluppo di tale tecnica fu ritardato dalle caratteristiche dei materiali
metallici disponibili all’inizio dello sviluppo del c.a..
Infatti lo sviluppo tardivo della precompressione rispetto a quello del c.a. normale fu
determinato dal fatto che inizialmente la tecnica venne sperimentata con gli acciai allora
disponibili che avevano tensioni di snervamento e di lavoro relativamente bassi. Per questi,
infatti, la deformazione iniziale della armatura pretesa, prossima allo 0.1% (ε = fy/Es =
200/200.000), praticamente coincide con l’ordine di grandezza delle deformazioni da ritiro
e fluage che si sviluppano nel tempo nel calcestruzzo successivamente all’instaurarsi dello
stato di precompressione: le deformazioni differite, pertanto, tendono ad annullare l’effetto
della deformazione relativa acciaio-calcestruzzo impressa mediante il pretensionamento
delle armature e quindi della precompressione stessa.
Se, infatti, si assumono per la sollecitazione media nel calcestruzzo e gli altri
parametri i valori appresso riportati:

[ ]
σ cm = 10 N/mm 2 ; Ec = 30.000 N/mm 2 [ ]
ε r = 0.0003 (deformazione libera da ritiro)

φ =2 (coefficiente di viscosità)
la deformazione di accorciamento che si determina nel calcestruzzo per effetti lenti vale:
∆ε = ε r + σ cm /Ec ⋅ φ = 0.0003 + 2 ⋅10 / 30.000 = 0.000967 (12.1)
Risulta pertanto evidente che se si pre-sollecita una armatura ad una tensione di
entità prossima a quella compatibile con le caratteristiche delle barre di armatura del c.a.
normale, lo stato di presollecitazione è generalmente quasi annullato dai fenomeni reologici
del solo calcestruzzo; a questi, poi, si aggiunge l’ulteriore perdita di tensione dovuta al
rilassamento dell’acciaio.
Un parametro che evidenzia in modo sintetico tale problematica è il cosiddetto
rendimento della precompressione ηp, che si definisce come rapporto tra sforzo di
presollecitazione nelle armature ad effetti lenti scontati e sforzo di presollecitazione
iniziale:
σ sp σ spi − ∆σ sp ∆σ sp λ
ηp = = =1− =1− (12.2)
σ spi σ spi σ spi ε spi
Nella relazione precedente la tensione iniziale di pre-trazione nell’armatura σ spi
Cap. 12. LA PRECOMPRESSIONE DELLE STRUTTURE IN C.A. 349

viene ridotta dalle perdite ∆σ sp dovute principalmente ai fenomeni reologici del


calcestruzzo (fluage, ritiro) e dell’armatura (rilassamento). Il rendimento può essere quindi
espresso come 1 meno il rapporto tra le deformazioni dovute agli effetti lenti e la
deformazione iniziale di pre-trazione.
La relazione (12.2) evidenzia, come già affermato in precedenza, che la
precompressione richiede l’utilizzo di acciai ad elevato limite elastico, per i quali il
rendimento è di poco inferiore ad 1 essendo la deformazione iniziale della armatura pretesa
di entità tale da non essere irrimediabilmente ridotta dagli effetti lenti. Gli acciai che si
utilizzano hanno pertanto tensioni di pre-trazione generalmente superiori a 1000 N/mm2,
per i quali la deformazione iniziale (ad esempio εspi=0.005) è nettamente più grande delle
deformazioni connesse agli effetti lenti (λ).
Passando ad analizzare più in dettaglio il meccanismo di funzionamento della
precompressione nelle travi si osserva che nelle sezioni in c.a. inflesse o pressoinflesse lo
sfruttamento del materiale calcestruzzo è parziale per l’ovvia ragione che lo stesso non è
idoneo a sopportare sforzi di trazione significativi.
σc(M)
+
M
G

-
σc(M) σc(M)
+ +
M
G + =
N
- +
σt (M) σc(N)=- σt (M) 0
Fig. 12.1: Effetto della precompressione: riduzione della tensione massima di trazione
La finalità di ottimizzare lo sfruttamento del materiale spinge da una parte verso
sezioni diverse da quella rettangolare per concentrare il calcestruzzo nelle parti compresse
della sezione stessa, dall’altra verso l’utilizzazione del sistema della presollecitazione che ,
attraverso la sovrapposizione allo stato di sollecitazione indotto dalle azioni esterne di uno
350 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

stato di sollecitazione aggiuntivo, permette un migliore sfruttamento del materiale. Lo stato


di sollecitazione aggiuntivo viene determinato dalla precompressione delle strutture
realizzata mediante il pretensionamento di particolari armature metalliche.
Risulta infatti evidente che, sommando ad un regime tensionale bitriangolare da
flessione o pressoflessione un regime tensionale derivante da una compressione eccentrica
(Fig. 12.1) con valore della tensione di compressione sul lembo teso della sezione maggiore
o uguale di quella di trazione indotta dai carichi esterni, si può ottenere un regime risultante
di sola compressione senza modificare la tensione massima di compressione dovuta ai
carichi esterni, perfettamente compatibile con le caratteristiche di resistenza del
calcestruzzo.
Per instaurare un tale regime di sollecitazione occorre comprimere la sezione con
uno sforzo eccentrico passante per il punto inferiore del nocciolo centrale di inerzia della
sezione, ottenendo in tal modo un diagramma di compressione con asse neutro, e quindi
tensione nulla, sul bordo superiore.

σc(M)
+
M
G

-
σc(M) σt (N) σc(M) - σt (N)
+ - -
M
G + =
N
- +
σt (M) σc(N)=- σt (M) 0
Fig. 12.2: Effetto della precompressione: riduzione delle tensioni massime di trazione e
compressione
Incrementando ulteriormente l’eccentricità dello stato tensionale aggiuntivo si può
anche ottenere una riduzione della tensione massima di compressione. Infatti lo stato di
sollecitazione aggiuntivo potrà essere caratterizzato da una tensione di trazione al bordo
superiore unitamente a sforzi di compressione al bordo inferiore pari alla tensione di
Cap. 12. LA PRECOMPRESSIONE DELLE STRUTTURE IN C.A. 351

trazione determinata dalle azioni esterne (Fig. 12.2). Si ottiene in tal modo sempre un
diagramma di sola compressione con tensione nulla al bordo inferiore, ma caratterizzato da
una minore tensione di compressione al bordo superiore. In tal caso si ha una minore
sollecitazione nel calcestruzzo, impiegando un minore sforzo aggiuntivo di
precompressione.
E’ d’altra parte necessario sottolineare che poiché lo stato di sollecitazione risultante
deriva dalla sovrapposizione dell’effetto dei carichi esterni e di quello dello sforzo di
precompressione, peraltro variabile a causa dei fenomeni viscosi, occorre verificare la
sezione per tutte le condizioni di carico o fasi di vita della struttura.
Le condizioni tipiche di carico che, almeno, vanno considerate sono quella iniziale
di tiro, in cui lo sforzo di precompressione assume il valore massimo iniziale ed i carichi
esterni sono generalmente minimi per la presenza del solo peso proprio della trave, e la
condizione di carico di esercizio, in cui lo sforzo di precompressione ha valori inferiori per
aver scontato le perdite per effetti lenti (ritiro, viscosità, rilassamento) ed i carichi sono
quelli massimi di esercizio.
Infatti si possono superare i valori ammissibili delle tensioni sia in presenza di
carichi esterni massimi che in presenza di sforzi di precompressione massimi associati a
momenti esterni minimi, in quanto in quest’ultimo caso (fase iniziale o di tiro) la sola
precompressione potrebbe determinare il superamento di limiti ammissibili per le tensioni.
In condizioni di tiro, quando come detto il momento esterno ha valori minori perché
non sono presenti i carichi variabili e parte dei sovraccarichi permanenti, il centro di
pressione, che si colloca ad una distanza dalla armatura pretesa d0 = Mmin/N0, deve ancora
risultare interno al nocciolo centrale di inerzia della sezione se si impone che la stessa sia
interamente reagente.
Deve pertanto risultare:
[d o = M min / N o ] ≥ d (12.3)
essendo d la distanza del centro degli sforzi di precompressione dall’estremo inferiore del
nocciolo centrale di inerzia (Fig. 12.3).
In condizioni di esercizio, con lo sforzo di precompressione ridotto N ed il momento
esterno al valore massimo Mmax, la traslazione del centro di pressione deve rimanere entro il
limite superiore del nocciolo:
[d1 = M max /N ] ≤ d + eni + ens (12.4)
Dalle (12.3) e (12.4), scritte con l’operatore di uguaglianza e trascurando per
semplicità la variazione di sforzo normale tra tiro ed esercizio (N0 = N), si ricavano due
significative relazioni:
Mu
M u = M max − M min = (eni + ens ) ⋅ N → N= (12.5)
eni + ens
352 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

Mu (e + ens )
= ni (12.6)
M min d

TIRO ESERCIZIO

N
M e ns
G

h
e ni
e
No
d
N

Fig. 12.3: Posizione ottimale del centro di pressione al tiro ed in esercizio

Dalla relazione (12.5) si desume anzitutto che lo sforzo di precompressione è


proporzionale al momento utile Mu , pari alla differenza tra momento massimo e momento
minimo, e non, come ci si aspetterebbe, al momento massimo. Questo suggerisce la
suggestiva conclusione che nelle membrature precompresse il peso proprio della trave sia
portato in maniera gratuita, in quanto il momento minimo, dovuto appunto al peso proprio,
non determina aumenti dello sforzo di precompressione e quindi delle relative armature
necessarie per l’applicazione della coazione.
La stessa relazione mostra, inoltre, che lo sforzo di precompressione dipende, oltre
che dal momento utile, dalla dimensione del nocciolo centrale d’inerzia (eni + ens). Tale
dimensione in una sezione rettangolare vale h/3, mentre varrebbe h in una sezione a doppio
T ideale con anima di dimensioni trascurabili rispetto alle ali e spessore delle ali
trascurabile rispetto all’altezza h. Nei casi reali, caratterizzati da sezioni a doppio T
genericamente ad ali non simmetriche, la dimensione del nocciolo varia nel campo 0.4 ÷
0.6 h. Assumendo (eni + ens) = 0.5 h, la relazione (12.7) può pertanto fornire una valutazione
di massima dello sforzo di precompressione:
Cap. 12. LA PRECOMPRESSIONE DELLE STRUTTURE IN C.A. 353

M max − M min
N= (12.7)
0.5 h
La relazione (12.6) mostra, invece, che la forma della sezione è legata al rapporto tra
momento utile e momento minimo. Se infatti il momento utile è grande rispetto al momento
minimo, occorre una sezione a doppio T simmetrica, in quanto in tal caso si rende massimo
il rapporto tra la dimensione del nocciolo e la distanza d del centro delle armature
presollecitate dal punto inferiore del nocciolo. Nel caso opposto in cui sia minimo il
rapporto tra il momento utile ed il momento minimo, la sezione a T è la più idonea in
quanto il rapporto (eni + ens)/d assume valori minori. Nei casi intermedi la forma più idonea è
quella di sezione a doppio T non simmetrica con dimensione del bulbo (ala inferiore) tanto
maggiore quanto maggiore è il rapporto tra il momento utile ed il momento minimo.
In pratica per carichi molto variabili, come accade nelle travi da ponte, o comunque
per carichi variabili non trascurabili rispetto al peso proprio della trave stessa, il momento
utile è prossimo al momento massimo e quindi sono preferibili sezioni a doppio T con
notevole ampiezza del nocciolo (eni + ens) rispetto all’altezza; al contrario per travi soggette a
carichi poco variabili, come le travi di copertura non gravate da carichi permanenti rilevanti
(tegoli a π o similari), non è richiesta una grande altezza del nocciolo, ma esclusivamente
che sia sufficientemente grande la distanza tra punto di applicazione dello sforzo di
precompressione e punto superiore di nocciolo, come avviene nelle sezioni a T.

12.2 Le tecniche di precompressione


Le modalità utilizzate nella pratica tecnica per introdurre lo stato di presollecitazione
desiderato in travi o altri tipi strutturali sono essenzialmente due e si distinguono in
rapporto alla fase costruttiva in cui lo stato di pretrazione viene determinato (Fig. 12.4).
Nella pre-tensione o precompressione a fili aderenti le apposite armature sono pre-
tese prima che la membratura da precomprimere sia stata gettata. Il sistema, quindi,
richiede la disposizione di opportuni dispositivi di ancoraggio (blocchi di ancoraggio) in
grado di sostenere da soli lo sforzo delle armature pretese essendo assente in tale fase la
struttura da precomprimere.
Nella post-tensione o precompressione a cavi scorrevoli le armature vengono
predisposte in guaine annegate nel getto; quando la membratura ha raggiunto una resistenza
sufficiente, le armature ancora libere di scorrere rispetto alla trave vengono tese facendo
contrasto sulla membratura stessa.
La prima tecnica, per la necessità di predisporre apparecchiature di contrasto (i
blocchi di ancoraggio), è adatta ad una realizzazione in stabilimenti di prefabbricazione o
dove sono disponibili apposite piste lunghe generalmente oltre 100 m con blocchi di
ancoraggio agli estremi.
354 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

PRE-TENSIONE POST-TENSIONE

martinetto testata fissa

1. Tesatura armatura di precompressione 1. Getto del calcestruzzo e maturazione

martinetto

2. Getto del calcestruzzo e maturazione 2. Tesatura armatura di precompressione

3. Taglio armature di precompressione 3. Bloccaggio cavi in testata


Fig. 12.4: Tecniche di applicazione della precompressione
Tale tecnica, essendo vincolata dalla necessità di trasportare le travi prefabbricate dallo
stabilimento al sito di montaggio, è largamente usata per travi di luce media o piccola (10-
40 m) o per elementi di minori dimensioni (travetti di solaio, predalles, etc.)
La seconda tecnica è invece preferibilmente usata in strutture di dimensioni tali da
non poter essere prefabbricate, o, comunque, costruite in opera (Fig. 12.5). Talora le due
tecniche sono utilizzate simultaneamente essendo la precompressione in parte realizzata
con fili aderenti capaci di garantire la sicurezza nella fase iniziale di montaggio dei
manufatti, ed in parte realizzata con cavi post-tesi allorché la generica membratura è già
sollecitata da parte del carico utile.

12.3 I materiali della precompressione


Le strutture in calcestruzzo armato precompresso utilizzano calcestruzzi di buona
qualità, armature da c.a. normale, armature di acciaio con elevate caratteristiche
meccaniche destinate ad essere pretese.
Cap. 12. LA PRECOMPRESSIONE DELLE STRUTTURE IN C.A. 355

Fig. 12.5: Sistemi di tesatura di cavi scorrevoli

Per i primi due materiali non sono necessari particolari commenti salvo la
considerazione che, rispetto al caso del cemento armato ordinario, per le opere in c.a.p. sia
la tecnica di produzione prefabbricata, sia la maggiore accuratezza del procedimento
produttivo, determinano condizioni economiche favorevoli all’uso di calcestruzzi di
migliore qualità. Si utilizzano, infatti, calcestruzzi di classe superiore (Rck = 35-55 N/mm2) a
quella usualmente adottata nelle strutture in c.a. in opera (Rck = 20-35 N/mm2).
L’armatura da pretensione può invece assumere diverse forme: fili, trefoli, trecce,
barre.
I fili sono prodotti per trafilatura e sono forniti in rotoli.
Le trecce sono derivate da gruppi di due o tre fili di piccolo diametro avvolti ad elica
con passo uguale intorno ad un comune asse longitudinale.
I trefoli sono anch’essi gruppi di fili avvolti ad elica in uno o più strati intorno ad un
filo rettilineo centrale. Il passo ed il senso di avvolgimento dell’elica sono uguali per tutti i
fili di uno stesso strato.
Le barre sono prodotte per laminazione e sono fornite in elementi rettilinei.
356 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

Le curve tensione-deformazione degli acciai da precompresso, ad eccezione di


quello fornito in barre, non presentano uno snervamento chiaramente rilevabile (fpy) ma un
passaggio progressivo dal ramo elastico al tratto plastico. Tale comportamento non
consente per i fili, le trecce ed i trefoli, di caratterizzare il materiale, come avviene per gli
acciai da cemento armato, attraverso la tensione di snervamento e, pertanto, si utilizzano
limiti di resistenza convenzionali. Per i fili le NNTC 2008 utilizzano la resistenza
corrispondente ad una deformazione residua, dopo uno “scarico” elastico, pari allo 0.1%
(fp(0.1)k); per i trefoli e le trecce, invece della tensione di snervamento, si assume la resistenza
corrispondente ad una deformazione totale dell’1% (fp(1)k), per le barre si assume al infine
una resistenza allo snervamento (fpyk)) (Fig. 12.6). Per definire i tassi di lavoro degli acciai
da precompresso si assume come riferimento anche la resistenza a rottura (fptk) che, essendo
in questi acciai poco maggiore dello snervamento convenzionale, richiede una opportuna
considerazione.

σs [Kg/cm ]
2
20000

trefolo

trefolo di precompressione fp(1)


15000

fp(0.2)
filo di precompressione
filo
10000

barra di precompressione
5000

acciaio Fe B 44 k
0

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 0 0.2 1
εs[%]
Fig. 12.6: Andamento del legame tensioni-deformazioni per varie armature da pretensione
Le tensioni ammissibili per le armature da pretensione sono pertanto definite con
riferimento ai limiti di resistenza sopra ricordati per quanto riguarda la fase di tesatura delle
armature e le condizioni di esercizio. In particolare si assumono tensioni ammissibili
diverse nella condizione iniziale della tesatura delle armature (tiro) o nella situazione finale
ad effetti lenti scontati (esercizio). Risulta infatti che, sotto l’aspetto della sicurezza, nella
condizione iniziale di tiro può accettarsi un margine di sicurezza minore, sia in relazione
alla transitorietà della condizione iniziale sia in relazione alla minore pericolosità della
Cap. 12. LA PRECOMPRESSIONE DELLE STRUTTURE IN C.A. 357

stessa situazione. Infatti nella pre-tensione lo sforzo iniziale viene applicato contrastando
contro blocchi di ancoraggio in assenza di qualunque struttura, mentre nella post-tensione la
generica membratura da precomprimere non è ancora autonoma ma poggiata su
banchinaggi provvisori o casseforme per cui l’eventuale rottura della armatura non incide
sulla sicurezza; d’altra parte in entrambi i casi i fenomeni reologici, che hanno una velocità
maggiore nelle fasi iniziali, determinano un rapido decrescere delle tensioni iniziali di
pretrazione.
Pertanto i limiti indicati nelle norme vigenti italiane per le tensioni nelle armature
pretese in condizioni di tiro (σspi) e di esercizio (σsp) valgono:
strutture ad armatura post-tesa
σ spi ≤ [0.85 f p ( 0.1) k / 0.85 f p (1) k / 0.85 f pyk ]
- fili /trefoli o trecce /barre :
σ spi ≤ 0.75 f ptk
σ sp ≤ 0.80 f p (0.1) k / 0.80 f p (1) k / 0.80 f pyk
strutture ad armatura pre-tesa
σ spi ≤ [0.90 f p (0.1) k / 0.90 f p (1) k ]
- fili /trefoli o trecce:
σ spi ≤ 0.80 f ptk
σ sp ≤ [0.80 f p (0.1) k / 0.80 f p (1) k ]

L’EC2 fornisce le seguenti limitazioni:

σ spi ≤ min (0.8 f ptk ; 0.9 f p (0.1) k )


fili o trecce o trefoli
σ sp ≤ min (0.75 f ptk ; 0.85 f p (0.1) k )
Mentre nel primo caso (NTC 2008) la tensione σspi rappresenta la tensione all’atto
della tesatura, nel secondo caso (EC2) σspi rappresenta la tensione dell’armatura pretesa
all’atto del taglio dei fili, ovvero al netto della perdita di tensione per effetti istantanei
connessi all’accorciamento elastico della membratura presollecitata.
Per il calcestruzzo si definiscono analogamente alle armature, tensioni limiti che
tengono conto dei diversi livelli di maturazione del calcestruzzo nelle diverse fasi di vita
della struttura in cui occorre effettuare le verifiche. Infatti il tiro generalmente interviene
prima dei 28 gg nei quali si misura convenzionalmente la resistenza.
Pertanto, considerando le sezioni non parzializzate in condizioni di tiro ed esercizio,,
si definiscono le seguenti tensioni limiti sia in compressione ( σ c 0 , σ c1 ) che in trazione
( σ c 0t , σ c1t ):
- condizioni di tiro: σ c 0 = 0.70 f ckj
f ctmj
σ c 0t = −
1.2
358 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

Nelle zone di ancoraggio la tensione massima può raggiungere un valore più elevato per
effetto del confinamento esercitato dalla parte di sezione non direttamente caricata
( )
σ c 0 = 0.90 f ckj .

- condizioni di esercizio: σ c1 = 0.60 f ck


f ctm
σ c1t = −
1.2
dove fckj ed fctmj rappresentano rispettivamente la resistenza cilindrica a compressione
caratteristica a j giorni (momento di applicazione dello sforzo di precompressione) e la
resistenza a trazione media (fctmj=0.3·fckj2/3).
In presenza di spessori delle membrature minori di 5 cm, le tensioni limiti sopra
elencate è opportuno che si riducano del 20% per evitare fessurazioni. Come si vede è
possibile accettare tensioni di trazione nel calcestruzzo, entro i limiti delle verifiche di
servizio; è in tal caso opportuno disporre un’armatura lenta adeguatamente diffusa, in grado
di assorbire lo sforzo di trazione complessivo, calcolato a sezione interamente reagente; tale
armatura sussidiaria non pretesa dovrà essere dimensionata in modo che la tensione di
lavoro non sia superiore a 0.8 fsk
Infine non è consigliabile di attingere tensioni di trazione nel caso di ambiente
aggressivo in esercizio, quando la fessurazione stessa compromette la funzionalità
dell’opera, in presenza dei soli carichi permanenti quando i carichi variabili possono
incrementare il livello di fessurazione.
Tali prescrizioni tendono ad evitare che la fessurazione eventualmente determinatasi
alteri le condizioni di lavoro della sezione pregiudicandone la sicurezza e la durabilità.
Non è consentito inoltre fare affidamento sulla resistenza a trazione nelle strutture
costruite a conci prefabbricati in assenza di sperimentazione specifica che dimostri la
capacità del giunto di offrire una resistenza a trazione non inferiore a quella della zona
corrente.
In condizioni di tiro è possibile superare i limiti di trazione indicati purchè le fasi
successive garantiscano la richiusura delle fessure e si considerino pressoinflesse e
parzializzate le sezioni in cui i limiti a trazione vengono superati.
Inoltre se le tensioni massime raggiungono per condizioni di carico di lunga durata
il valore 0.45·fck(t), è necessario prendere in conto gli effetti non lineari della viscosità
amplificando la deformazione viscosa secondo la relazione seguente:
ϕ k (∞, to ) = ϕ (∞, to ) ⋅ exp(1.5 ⋅ (kσ − 0.45)) con
σ c (to)
kσ =
f cm (to )

In tale relazione σc(to) e fcm(to) rappresentano rispettivamente la sollecitazione


permanente e la resistenza media all’istante to.
Capitolo 13

LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE

13.1 Premessa
Nel seguito verranno analizzati i principali aspetti della verifica di travi in c.a.p. per
entrambi i sistemi principali di precompressione: la post-tensione e la pre-tensione. Quanto
segue è relativo al caso della precompressione totale, ossia al caso in cui, per effetto della
sovrapposizione dell’azione dei carichi esterni e della precompressione, la sezione può
considerarsi completamente reagente. Si ricorda che possono aversi altri tipi di
precompressione (parziale, a cavi non aderenti) di cui si daranno nel capitolo successivo
alcuni cenni.
La specificità del comportamento delle travi precompresse rispetto al caso del c.a.
ordinario, si evidenzia nella necessità di considerare nelle verifiche per sollecitazioni
normali sia il comportamento elastico in condizioni di servizio che quello allo s.l.u.
Infatti la verifica a rottura ha una importanza particolare in quanto la differenza tra i
meccanismi resistenti della sezione in condizioni di servizio (sezione tutta reagente) ed a
rottura (sezione parzializzata) non permette di valutare a priori il margine di sicurezza nella
membratura. Al crescere delle sollecitazione oltre la soglia di parzializzazione delle sezioni,
si verifica una modifica rilevante della sezione reagente ed il rapporto tra il momento
ultimo ed il momento di servizio può assumere valori molto diversi al variare della forma
della sezione e della distribuzione delle armature.
Una ulteriore differenza tra il c.a. normale ed il c.a.p. è legata alla necessità di
considerare nelle verifiche le varie fasi significative di carico, che sono almeno tre (tiro ed
esercizio carico, cui si deve aggiungere la condizione di esercizio scarico che ha rilevanza
per la valutazione degli effetti lenti) ed inoltre nella necessità di valutare le perdite di
tensione nelle armature presollecitate, connesse sia al sistema di precompressione adottato
che al comportamento viscoso dei materiali.
Infine, nel caso della precompressione totale, ha una rilevanza particolare la verifica
a fessurazione. Infatti, l’eventuale presenza di fessure oltre ad avere una rilevanza per la
durabilità, esponendo a fenomeni di degrado le armature pretese, particolarmente sensibili
alla corrosione, determinerebbe una parzializzazione delle sezioni, modificando il modello
di comportamento della sezione.
360 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

13.2 Verifica elastica di sezioni inflesse


Quando i materiali sono sollecitati entro i valori ammessi nel comportamento
elastico precedentemente indicati (par. 12.3), si può ipotizzare un comportamento elastico
della sezione interamente reagente (stadio I). Occorre però considerare che lo sforzo di
precompressione è variabile nel tempo per effetto di fenomeni reologici, presenti sia nel
calcestruzzo (ritiro e fluage) che nell’acciaio (rilassamento). Per quest’ultimo il
rilassamento risulta significativo quando la tensione di lavoro è, come d’altronde
generalmente avviene, superiore al 50% della tensione di rottura.
Rinviando ad una successiva analisi la valutazione analitica delle cadute di tensione
per effetti lenti, si può ritenere che tra sforzo di presollecitazione iniziale N0 e sforzo di
presollecitazione finale N sussiste un rapporto β compreso nell’intervallo 1.2÷1.3.
Lo stato tensionale della generica sezione di una struttura isostatica in cui siano
presenti armature presollecitate, è deducibile sulla base delle seguenti considerazioni:
a) lo stato di coazione indotto dalla presollecitazione in strutture isostatiche non induce
reazioni vincolari aggiuntive rispetto a quelle provocate dai carichi esterni;
b) in una struttura isostatica le sollecitazioni possono pertanto ricavarsi sovrapponendo
quelle determinate dalle azioni esterne e quelle determinate dalla precompressione che
nella generica sezione hanno risultante nulla
In effetti, prescindendo dalle tensioni legate alle azioni esterne, la precompressione
determina sollecitazioni nella generica sezione aventi risultante nulla, derivanti dalla
sovrapposizione dello stato di trazione nelle armature presollecitate e dello stato di
compressione nel calcestruzzo.
Se si considera per semplicità un elemento con una armatura pretesa con risultante
baricentrica, in ogni sezione lo sforzo di trazione nell’armatura pretesa è equilibrata dallo
sforzo di compressione sulla sezione di calcestruzzo e, quindi, la risultante delle tensioni
nella sezione è pari a zero. Ugualmente accade in presenza di una precompressione
eccentrica che determina uno stato di sollecitazione nel calcestruzzo con risultante uguale e
contraria alla risultante dello sforzo do precompressione, e quindi con risultante
complessiva delle tensioni nulla.
Tuttavia le modalità con cui lo stato di sollecitazione viene realizzato nei due sistemi
fondamentali di precompressione (pre-tensione e post-tensione) determinano una lieve
differenza nella espressione delle tensioni interne effetto della presollecitazione.

13.2.1 Sezioni di membrature post-tese


Esprimendo il diagramma di deformazioni che nasce nella sezione all’atto del tiro in
funzione della curvatura χ e della deformazione media εm riferita al baricentro della sezione
di calcestruzzo ed armatura lenta omogeneizzata, si ha (Fig. 13.1):
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 361

ε c ( y) = ε s ( y) = ε m + χ ⋅ y (13.1)
ε p ( y ) = cos t = −ε spi (13.2)

dove con εc(y) ed εs(y) sono indicate le deformazioni del calcestruzzo e delle armature lente
rispettivamente; con εp(y) la deformazione dell’armatura da precompressione e con εspi la
deformazione iniziale impressa a ciascun cavo (costante nell’ipotesi che tutti i cavi siano
tesi allo stesso modo).

dAc
εc

y
χ

G
x εm
y
sj

ypk y e εs

N ε p = − ε spi

Fig. 13.1: Post-tensione: diagramma di deformazione all’atto del tiro


Le condizioni di equilibrio della sezione, per quanto detto, si scrivono1:
n m
Ec ∫
Ac
(ε m + χ ⋅ y ) dAc + E s ∑j =1
(ε m + χ ⋅ y sj ) ⋅Asj + E s ∑ (−ε
k =1
spi ,k ) ⋅ A pk = 0 (13.3)

n
Ec ∫
Ac
(ε m + χ ⋅ y ) ⋅ y ⋅ dAc + E s ∑ (ε
j =1
m + χ ⋅ y sj ) ⋅y sj ⋅ Asj +
(13.4)
m
+ Es ∑ (−ε
k =1
spi , k ) ⋅ y pk Apk = 0

(1) In genere per le armature da precompressione costituite da trecce o trefoli si adotta un modulo
elastico equivalente Ep lievemente inferiore ad Es (Ep=195000-200000 MPa)
362 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

dove con AC è indicata l’area di calcestruzzo depurata dei fori di alloggiamento dei cavi,
con Asj l’area della j-esima armatura lenta, con Apk l’area del k-esimo cavo da
precompressione, mentre ysj e ypk rappresentano le distanze di tali armature dal baricentro G
della sezione omogeneizzata.
Indicando con N0 la risultante dello sforzo di presollecitazione applicato, data da:
m m
N 0 = Es ∑ (ε
k =1
spi , k ) ⋅ A pk = ∑N
k =1
k
(13.5)

e con e0 la distanza del punto di applicazione dello sforzo risultante N0 dal baricentro della
sezione costituita dal calcestruzzo e dalla armatura non pretesa, fornita da:
m m
E s ∑ (ε spi, k ) ⋅ y pk ⋅ A pk ∑ N k ⋅ y pk
e0 = k =1 = k =1
m N0 (13.6)
Es ∑
(ε spi , k ) ⋅ A pk
k =1

ed, inoltre, tenendo conto che il momento statico (Sc+Ss)(2) è nullo per la scelta di un
riferimento baricentrico rispetto alla sezione omogeneizzata di calcestruzzo ed armatura
lenta, si ottiene:

ε m ⋅ ( Ec Ac + E s ∑A sj ) − N0 = 0 (13.7)

Ec ⋅ χ ⋅ ( I c + n ⋅ I s ) − N 0 e0 = 0 (13.8)
dove Ic ed Is sono i momenti di inerzia baricentrici3 rispettivamente dell’area di calcestruzzo
ed armatura lenta.
Risolvendo le relazioni precedenti rispetto a εm ed a χ, si ottiene:
N0 1 N0 1 N0
εm = = ⋅ = ⋅ (13.9)
E c Ac + E s ⋅ Asj E∑c Ac + n ⋅ Asj E c Ac + ∑
n ⋅ As

N 0 ⋅ e0
χ= (13.10)
Ec ⋅ (I c + n ⋅ I s )

(2) Il momento statico della sezione di calcestruzzo ed armatura lenta vale:

Sc + S s =
∫ y ⋅ dAc + n∑ y
Ac
sj ⋅ Asj = 0

3
( ) Ic =
∫y
2
⋅ dAc ; I s = ∑ ysj2 ⋅ Asj
Ac
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 363

da cui possono ricavarsi le tensioni nel calcestruzzo e nell’armatura lenta provocate, in fase
di tiro, dalla sola precompressione ad una generica distanza y dal baricentro prima definito:
N0 N ⋅e
σ c ( y ) = E c (ε m + χ ⋅ y ) = + 0 0 ⋅y (13.11)
Ac + nAs I c + nI s

⎛ N0 N ⋅e ⎞
σ s ( y ) = n ⋅ σ c ( y ) = nEc (ε m + χ ⋅ y ) = n⎜⎜ + 0 0 ⋅ y ⎟⎟ (13.12)
⎝ Ac + nAs I c + nI s ⎠
mentre la tensione nell’acciaio armonico risulta pari a:
σ p = − E s ε spi (13.13)
E’ evidente dalla lettura delle precedenti relazioni che l’effetto della
precompressione è equivalente a quello di una forza esterna applicata alla sezione in un
punto corrispondente al baricentro delle armature presollecitate.
Pertanto nel seguito si potrà fare riferimento ad un unico cavo ideale o equivalente al
sistema di armature pre-tese con uno sforzo iniziale N0 e collocato ad una distanza e0 dal
baricentro della sezione; la generica azione connessa alla precompressione è pertanto
riconducibile ad una forza sulla sezione avente la direzione e la posizione del cavo, verso
opposto a quello di pretensione, intensità pari al prodotto tra la tensione di pretensione e
l’area del cavo medesimo.
Al fine di determinare lo stato tensionale conseguente alla azione della
precompressione ed a quella dei carichi esterni si prendono in considerazione le due fasi
significative del tiro e dell’esercizio carico (Fig. 13.2).
Nelle condizioni di tiro con le armature da pretensione non solidarizzate alla
generica membratura, lo stato tensionale è quello derivante dai carichi esterni (Mmin) e dalla
precompressione (βN), mentre la sezione resistente è quella iniziale con i fori di
alloggiamento dei cavi (guaine) non iniettati e quindi con armatura da precompressione non
solidarizzata (A0,W0s,W0i, e0):

βN βN ⋅ e 0 M min
σ c 0i = + − (13.14)
A0 W 0i W 0i

βN βN ⋅ e 0 M min
σ c0s = − + (13.15)
A0 W0 s W0 s

dove:
A0 = Ac + n ⋅ As
364 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

Ic + n⋅ Is
W0i =
y 0i

Ic + n ⋅ Is
W0 s =
y 0s

FASE DI TIRO σcos σcot


TENSIONI
y AMMISSIBILI
Mmin os
G
x
y eo y
oi
βN
σcoi σco
σcos ∆σc1s
FASE DI ESERCIZIO σc1
σc1s
(Mmax - Mmin) y
Mmin s
G
x
y e1 yi
βN N−β N TENSIONI
σc1i AMMISSIBILI

σcoi σc1t
∆σc1i
Fig. 13.2: Diagramma delle tensioni del calcestruzzo in fase di tiro e di esercizio
La successiva solidarizzazione dei cavi con la sezione fa sì che ogni ulteriore
variazione delle sollecitazioni esterne determini variazioni tensionali su di una sezione con
caratteristiche geometriche e meccaniche di esercizio (A1,W1s,W1i, e1) diverse da quelle di
tiro. In condizioni di esercizio, con una variazione dello sforzo di precompressione (N−βN)
e di momento flettente (Mmax−Mmin), le tensioni diventano pertanto:

N − βN (N − βN ) ⋅ e1 M max − M min
σ c1i = σ c 0i + + − (13.16)
A1 W1i W1i

N − βN (N − βN ) ⋅ e1 M max − M min
σ c1s = σ c 0 s + − + (13.17)
A1 W1s W1s

Se si trascura la variazione delle caratteristiche geometriche e meccaniche della


Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 365

sezione identificandole, in entrambe le fasi, con quelle della sezione di solo calcestruzzo ed
armatura lenta omogeneizzata (A, Ws, Wi, e), le espressioni delle tensioni al tiro ed in
esercizio diventano semplicemente:
- tiro
βN βN ⋅ e M min
σ c 0i = + − (13.18)
A Wi Wi
βN βN ⋅ e M min
σ c0s = − + (13.19)
A Ws Ws
- esercizio
N N ⋅ e M max
σ c1i = + − (13.20)
A Wi Wi
N N ⋅ e M max
σ c1s = − + (13.21)
A Ws Ws

A tal proposito si ricorda che l’attuale normativa consente di non considerare la


detrazione dell’area dei fori in fase di tiro se tale area risulta minore del 2% dell’area
complessiva della sezione trasversale della trave. Inoltre, in fase di esercizio è possibile
trascurare il contributo dell’armatura da precompressione.
Pertanto, a meno di casi particolari per i quali la suddetta limitazione sull’area dei
fori non risulta soddisfatta, è possibile applicare per le verifiche di resistenza le espressioni
semplificate (13.18 – 13.21) sopra riportate.

13.2.2 Sezioni di membrature pre-tese


Esprimendo il diagramma di deformazioni che nasce nella sezione all’atto del tiro in
funzione della curvatura χ e della deformazione media εm riferita al baricentro della sezione
di calcestruzzo ed armatura (lenta + presollecitata) omogeneizzata, si ha (Fig. 13.3):
ε c ( y) = ε s ( y) = ε m + χ ⋅ y (13.22)
ε p ( y ) = ε m + χ ⋅ y − ε spi
(13.23)
e pertanto le condizioni di equilibrio della sezione si scrivono:
n
Ec ∫
Ac
(ε m + χ ⋅ y ) ⋅ dAc + E s ∑ (ε
j =1
m + χ ⋅ y sj ) ⋅Asj
(13.24)
m
+ Es ∑ (ε
k =1
m + χ ⋅ y pk − ε spi ,k ) ⋅ A pk = 0
366 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

n
Ec ∫
Ac
(ε m + χ ⋅ y ) ⋅ y ⋅ dAc + E s ∑ (ε
j =1
m + χ ⋅ y sj ) ⋅Asj ⋅ y sj
(13.25)
m
+ Es ∑ (ε
k =1
m + χ ⋅ y pk − ε spi ,k ) ⋅ A pk ⋅ y pk = 0

dAc
εc

y χ

G
x εm
y
sj

ypk y e εs

εp
N
ε spi

Fig. 13.3: Pretensione: diagramma di deformazione all’atto del tiro


D alle (13.24) e (13.25), tenendo conto che il momento statico baricentrico
dell’intera sezione omogeneizzata [Sc + Ss + Sp = 0] è nullo, ed indicando - come nel caso
della post-tensione - con N0 ed e0 rispettivamente la risultante degli sforzi di pretensione e
la sua distanza dal baricentro e con Ip il momento di inerzia baricentrico relativo
all’armatura di precompressione4, si ottiene:

[
ε m ⋅ E c Ac + E s ⋅ (∑ A + ∑ A )]− E ⋅ ∑ ε
sj pk s spi , k A pk =
(13.26)

[
= ε m ⋅ E c Ac + E s ( As + A p ) − N 0 = 0 ]
[
E c I c χ + E s ( I s + I p ) χ − N 0 e0 = E c χ ⋅ I c + n ⋅ ( I s + I p ) − N 0 e0 = 0 ] (13.27)

4
Ip = ∑y 2
sk ⋅ A pk
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 367

Risolvendo le relazioni precedenti rispetto a εm ed a χ, si ottiene:

N0 1 N0 (13.28)
εm = = ⋅
Ec Ac + E s ( As + A p ) Ec Ac + n( As + A p )

1 N 0 e0 (13.29)
χ= ⋅
Ec I c + n ⋅ ( I s + I p )

da cui possono ricavarsi le tensioni nel calcestruzzo e nelle armature provocate dalla sola
precompressione:
N0 N 0 e0 (13.30)
σ c ( y ) = Ec (ε m + χ ⋅ y ) = + ⋅y
Ac + n( As + A p ) I c + n( I s + I p )

⎡ N0 N 0 e0 ⎤
σ s ( y) = n ⋅ σ c ( y) = n ⎢ + ⋅ y⎥ (13.31)
⎢⎣ Ac + n( As + A p ) I c + n( I s + I p ) ⎥⎦

⎡ N0 N0 e0 ⎤
σ p ( y ) = nσ c ( y ) − Es εspi = n ⎢ + ⋅ y ⎥ − Es εspi (13.32)
⎣⎢ Ac + n(As + Ap ) I c + n(I s + I p ) ⎦⎥
E’ evidente dalla lettura delle precedenti relazioni che l’effetto della
precompressione è equivalente a quello di una forza esterna, pari allo sforzo di pretensione
iniziale, applicata alla sezione omogeneizzata, comprensiva dell’armatura lenta e
presollecitata, in un punto corrispondente al baricentro degli sforzi di pretensione applicati.
A differenza del caso precedente della post-tensione, le caratteristiche della sezione
da considerare sono ora quindi quelle della sezione omogeneizzata considerando sia
l’armatura lenta che presollecitata, mentre la tensione in quest’ultima armatura subisce una
riduzione per effetto dell’accorciamento elastico della membratura.
Pertanto nel caso di membrature pre-tese la precompressione agisce fin dalla prima
applicazione (taglio dei trefoli o delle trecce) sull’intera sezione in quanto l’armatura pre-
tesa è solidale alla sezione di calcestruzzo all’atto del taglio di fili (disarmo). Discende da
ciò che le tensioni al disarmo nella sezione si possono valutare, noto lo sforzo di trazione
nelle armature prima del taglio di fili (N0 = βN), applicando le relazioni seguenti (Fig.
13.4):
βN βN ⋅ e0 M min
σ c 0i = + − (13.33)
A1 W1i W1i

βN β N ⋅ e0 M min
σ c0s = − + (13.34)
A1 W1s W1s
368 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

FASE DI TIRO σcos σcot


TENSIONI
y AMMISSIBILI
Mmin s
G
x
y eo y
i
βN
σcoi σco

FASE DI ESERCIZIO
σc1s σc1
y
Mmax s
G
x
y e1 y
i
N TENSIONI
σc1i σc1t AMMISSIBILI

Fig. 13.4: Diagramma delle tensioni in fase di tiro e in fase di esercizio


Le tensioni in esercizio nella sezione possono ottenersi sommando a quelle iniziali al
disarmo quelle dovute alla variazione di carico assiale (N − βN) e di momento
(Mmax−Mmin) che, agendo sulla stessa sezione, nella ipotesi che gli effetti lenti non
modifichino il centro degli sforzi di precompressione (e1 = e0), conducono semplicemente
alle relazioni:
N − β N ( N − βN ) ⋅ e0 M max − M min N N ⋅ e0 M max
σ c1i = σ c 0i + + − = + − (13.35)
A1 W1i W1i A1 W1i W1i

N − βN ( N − βN ) ⋅ e0 M max − M min N N ⋅ e0 M max


σ c1s = σ c 0 s + − + = − + (13.36)
A1 W1s W1i A1 W1s W1s

Nelle precedenti relazioni βN ed N rappresentano lo sforzo nelle armature pretese a


meno delle variazioni di tensione nelle stesse armature dovuta alla deformazione elastica.
Mentre nella post-tensione la tensione nei cavi nelle condizioni di tiro è in prima
approssimazione determinata dallo sforzo trasmesso dai martinetti(5), nella precompressione
a fili aderenti lo stato tensionale delle armature pretese si modifica allorché le armature a
seguito del taglio perdono la connessione con il blocco di ancoraggio. Infatti, al momento

(5) In realtà lo sforzo di precompressione della sezione generica differisce da quello trasmesso dal
martinetto nella tesatura dei cavi per effetto di varie cause quali l’attrito tra cavo e guaina, il
rientro dei coni di ancoraggio, l’effetto mutuo di un cavo sull’altro quando la precompressione
viene applicata mettendo in tensione più cavi e l’operazione di tesatura non viene ripetuta.
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 369

del taglio dei fili, lo sforzo di trazione nelle armature viene equilibrato dalla compressione
della sezione, cui consegue l’accorciamento elastico e la riduzione di sforzo nelle armature
pretese per effetto dello stesso accorciamento. Le tensioni nelle armature pretese, a taglio
effettuato, in funzione delle tensioni nelle stesse armature in assenza di deformazione e di
sollecitazione del calcestruzzo, valgono infatti:
- tiro
⎛ βN β N ⋅ e02 M min ⋅ e0 ⎞
σ 'spi = σ spi − n ⋅ ⎜ + − ⎟ (13.37)
⎜ A1 I1 I1 ⎟
⎝ ⎠
- esercizio
⎛ N N ⋅ e02 M min ⋅ e0 ⎞
σ 'sp = σ sp − n ⋅ ⎜ + − ⎟ (13.38)
⎜ A1 I I ⎟
⎝ 1 1 ⎠
avendo assunto positive, in tal caso, le tensioni di trazione.
Le tensioni σspi e σsp hanno il significato di tensioni nell’armatura pretesa allorché le
fibre di calcestruzzo alla stessa quota hanno tensione nulla, rispettivamente in condizioni di
tiro e di esercizio. Le corrispondenti tensioni σ’spi e σ’sp sono invece relative alle effettive
situazioni tensionali al disarmo ed all’esercizio scarico.
Gli sforzi risultanti nelle armature pretese, al tiro prima del taglio dei fili ovvero in
esercizio in fase di decompressione (assenza di tensioni e deformazioni nel calcestruzzo),
valgono rispettivamente:
βN = A p ⋅ σ spi (13.39)

N = A p ⋅ σ sp (13.40)

La variazione di tensione nelle armature pretese è determinata dagli effetti lenti


∆σ v (viscosità), ∆σ r (ritiro), ∆σ ril (rilassamento), nonché dalla loro mutua interazione:

σ sp = σ spi − ∆σ v − ∆σ r − ∆σ ril (13.41)


La valutazione della perdita di sforzo nei cavi di precompressione dovuta alla
deformazione elastica, che si produce istantaneamente all’atto del disarmo, può essere
effettuata anche imponendo la congruenza tra la deformazione della trave in calcestruzzo e
la riduzione di deformazione di trazione che avviene nei cavi aderenti alla trave.
Va sottolineato che in molti testi la riduzione di sforzo nei cavi da precompressione
per effetto della deformazione elastica viene introdotta tra le cosiddette “perdite
istantanee”; in realtà va notato che lo sforzo N0 di tiro registrato ai martinetti mai sarà
applicato all’elemento precompresso, che vedrà su di esso applicato sin dal disarmo
direttamente lo sforzo ridotto Nd (sforzo al disarmo).
370 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

TRAVE
δ δ

Nd Nd

δ
CAVO δ
(No- ∆ N) (No- ∆ N)

Fig. 13.5: Caduta di tensione per deformazione elastica


Con riferimento alla Fig. 13.5 (cavo baricentrico) può scriversi la seguente
equazione di congruenza:
Nd ⋅l ∆N ⋅ l
= (13.42)
Ec ⋅ A E s ⋅ A p

avendo indicato con A l’area della sezione di calcestruzzo e dell’eventuale armatura lenta
omogeneizzata (Ac + n As) e con ∆N la variazione di sforzo nel cavo indotta dalla
deformazione elastica.
Ricavando ∆N dalla (13.42) si ha:
Es ⋅ Ap Ap
∆N = N d ⋅ = Nd ⋅ n ⋅ (13.43)
Ec ⋅ A A

da cui:
A Ac + nAs
N d = N 0 − ∆N = N 0 ⋅ = N0 ⋅ (13.44)
A + n ⋅ Ap Ac + n( As + A p )

Pertanto la tensione nel cavo al disarmo vale:


N d N 0 − ∆N Ac + nAs
σd = = = σ 0 − ∆σ = σ 0 ⋅ (13.45)
Ap Ap Ac + n( As + A p )

mentre la tensione sul calcestruzzo può scriversi:


Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 371

Nd N0
σc = = (13.46)
Ac + nAs Ac + n( As + A p )

Pertanto ai fini della verifica delle tensioni sul calcestruzzo si può indifferentemente
considerare lo sforzo al disarmo agente sulla sezione priva di armature da precompressione,
ovvero considerare il contributo di queste ultime a patto di assumere come sforzo agente lo
sforzo N0. Il ragionamento sviluppato può essere facilmente esteso al caso di cavo
eccentrico.

13.2.3 Il cavo risultante


Nei paragrafi precedenti le espressioni che forniscono le tensioni nel calcestruzzo
sono state ottenute introducendo lo sforzo No e lo sforzo N risultanti degli sforzi nei cavi
rispettivamente in condizione di tiro e di esercizio. Inoltre si è fatto riferimento alle distanze
e0 ed e1 del punto di applicazione di tali sforzi risultanti dal baricentro della sezione
omogeneizzata.
Con riferimento ad un sistema di cavi ad andamento curvilineo o comunque
inclinato rispetto all’asse della trave, per determinare lo sforzo assiale N risultante
dall’applicazione della precompressione rispetto all’asse della generica trave, si introduce il
concetto di cavo risultante del sistema di cavi, le cui azioni sulla trave valgono (Fig. 13.6):

Nz = ∑ N cosα i i =N (13.47)

Ny = ∑ N sin α i i = Tp (13.48)

mentre l’eccentricità e di tale cavo è ottenuta dalla:

e=
∑ N cosα
i i ei
=
Mp (13.49)
Nz N

essendo N, Tp ed Mp rispettivamente lo sforzo assiale, tagliante e la coppia flettente indotti


dalla precompressione.
372 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

G
x
CAVO ei
αi i-mo
Ni cosαi y e
CAVO
RISUL
TANT
E Ni senαi N
Ni

Fig. 13.6: Cavo risultante

13.3 Verifica a taglio


Le travi precompresse hanno notevoli vantaggi rispetto alle travi ad armatura lenta
in presenza di sollecitazioni taglianti per vari ordini di motivi:
a) l’andamento dei cavi può ridurre la caratteristica tagliante efficace sulla sezione
riducendo le sollecitazioni tangenziali;
b) le tensioni principali di trazione che possono determinare la fessurazione delle travi
sono ridotte per la presenza di uno stato di sollecitazione di compressione nella sezione;
c) nel calcolo delle armature a taglio, la presenza dello sforzo di precompressione
determina una più favorevole inclinazione delle bielle compresse e quindi un minore
sforzo da assorbire con armature trasversali.
Infatti in presenza di cavi con andamento parabolico o comunque inclinato nel verso
opportuno, lo sforzo trasmesso dai cavi ha una componente che riduce il taglio connesso ai
carichi esterni. Il taglio efficace risulta pertanto dalla sovrapposizione del taglio esterno e di
quello indotto dalla precompressione, che può anche essere, in condizioni di tiro, prevalente
rispetto al primo (Fig. 13.7).
Indicando con Tmin e Tmax i tagli indotti dai carichi esterni in condizioni di tiro e di
esercizio, i tagli efficaci nelle stesse condizioni diventano:
T0 = Tmin − βN senα (13.50)
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 373

T1 = Tmax − N senα (13.51)

FASE DI TIRO FASE DI ESERCIZIO

Tmin Tmax

+ +

β N sin α N sin α

= =
T1
T0
Fig. 13.7: Taglio efficace nella fase di tiro e di esercizio

La condizione ottimale dal punto di vista del taglio, è idealmente quella per la quale
il taglio efficace in condizioni di tiro è uguale in valore, ma di segno opposto, a quello in
esercizio. In tal modo si minimizza il valore massimo del taglio efficace. Essendo in tal
caso:
T0 = Tmin − βN senα = −(Tmax − Nsenα ) = −T1 (13.52)
si ricava:
(Tmax + Tmin ) (13.53)
N senα =
1+ β
da cui:
1
T1 = Tmax − Nsenα = Tmax − (Tmax + Tmin ) ≅ Tmax − 0.45 (Tmax + Tmin ) (13.54)
1+ β
La relazione 13.54 mostra come in condizioni ottimali il taglio massimo in esercizio
si possa ridurre di circa la metà per effetto della precompressione. Naturalmente tale
eventualità si verifica nella post-tensione dove i cavi hanno un andamento curvilineo o, più
raramente, nella pre-tensione quando si utilizzino andamenti delle armature da pretensione
ad asse spezzato con trefoli inclinati in maniera opportuna nelle zone con taglio maggiore.
Lo stato tensionale determinato dalla caratteristica tagliante efficace, coincidente o
374 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

meno con quella prodotta dai carichi esterni, si ottiene considerando in primo luogo le
sollecitazioni tangenziali che, applicando la teoria semplificata di Jourawsky, risultano:
Ty S x
τy = (13.55)
Ix b

Le tensioni principali di trazione in presenza di taglio sono naturalmente determinate


sia da quelle tangenziali innanzi indicate, sia da quelle normali dovute alle sollecitazioni
assiali e flettenti. Sia le tensioni normali che quelle tangenziali sono variabili lungo
l’altezza della trave. E’ evidente che le massime tensioni principali di trazione si verificano
nelle parti della sezione in cui è maggiore la tensione tangenziale ed è minore quella di
compressione. Tali situazioni si verificano nelle travi a doppio T semplicemente appoggiate
nelle condizioni di tiro all’attacco ala superiore-anima e, nelle condizioni di esercizio,
all’attacco ala inferiore-anima. Nelle travi a T o a doppio T tensioni principali di trazione
prossime alle massime si riscontrano in entrambe le condizioni di carico sulla fibra
baricentrica se contenuta nell’anima della sezione, dove è massima la sollecitazione
tangenziale. Pertanto si fa in genere riferimento alla fibra baricentrica per le verifiche a
taglio; si ricorda al riguardo che la normativa fa esplicito riferimento al calcolo della
tensione principale sulla fibra baricentrica. Le tensioni principali di trazione e di
compressione in presenza di sollecitazioni tangenziali e normali sono (Fig. 13.8):
σ 1
ση = − σ 2 + 4τ 2 (13.56)
2 2
σ 1
σξ = + σ 2 + 4τ 2 (13.57)
2 2
ση
σξ
τ
σξ

ση
ξ
Pv
τ
η τ
σ σ
σ ϕ ϕ
τ τ

P Po
ση σ

σξ ση

Fig. 13.8: Cerchio di Mohr in presenza di tensione normale


Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 375

Risulta evidente dalla rappresentazione grafica degli stati tensionali con il cerchio di
Mohr che la tensione principale di trazione in sezioni in c.a.p. è generalmente molto minore
di quella che si avrebbe in una sezione in c.a. ordinario per effetto dello sforzo di
compressione a parità di sollecitazione tangenziale. Infatti nella sezione ad armatura lenta la
tensione principale di trazione coincide con quella tangenziale in tutta la parte di sezione al
di sotto dell’asse neutro.
Per una verifica condotta allo s.l.u. occorre definire il tagliante resistente in varie
situazioni. In particolare si considerano in maniera differente sezioni non parzializzate
ovvero con tensione minima maggiore del limite a trazione (fctd), parzializzate ma in
assenza di armatura specifica a taglio, parzializzate con armatura taglio.
Nelle sezioni non parzializzate ovvero con tensione massima di trazione non
superiore in valore assoluto a fctd, la verifica taglio si esegue controllando che risulti:

⎢⎣
2
(
V Sd ≤ ⎡V Rd = 0.7 ⋅ b w ⋅ d ⋅ f ctd + σ cp ⋅ f ctd )1/ 2 ⎤
⎥⎦
(13.58)

Tale relazione si ricava moltiplicando la tensione tangenziale in condizioni di


rottura, ottenuta dalla (13.56) ponendo ση=-fctd , per l’area resistente a taglio (bw·d) ridotta
dal coefficiente numerico 0.7. Tale coefficiente esprimere in maniera approssimata la
relazione tra sollecitazione media e sollecitazione massima a taglio.
Se il taglio sollecitante allo s.l.u. è inferiore a VRd, allora non occorre progettare
una apposita armatura. In caso contrario occorre verificare la sezione valutando le
resistenze a taglio già definite per il c.a. normale VRd,c e VRd,s .
In particolare in travi precompresse il taglio VRd,c è così definito:

[ ]
V Rd ,c = 0.18 ⋅ k ⋅ (100 ⋅ ρ l ⋅ f ck )1 / 3 + 0.15 ⋅ σ cp ⋅ b w ⋅ d ≥ V Rd ,c ,min
(13.59)

VRd , c , min = ⎡⎢ 0.0035 ⋅ k ⋅ f ck1 / 2 + 0.15 ⋅ σ cp ⎤⎥ ⋅ bw ⋅ d


3/2
⎣ ⎦
Per il significato dei parametri rimanenti si rinvia al capitolo 5 sul taglio.
In VRd,c l’effetto della precompressione compare attraverso il termine aggiuntivo
0.15 σcp dove σcp rappresenta la tensione baricentrica dovuta alla precompressione da
assumere non superiore al 20% della resistenza di progetto del calcestruzzo (σcp ≤0.2 fcd).
376 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

S
ϕ
N st

Fig. 13.9: Armature a taglio


Se il taglio è maggiore di VRd,c allora è necessario progettare apposita armatura con
il metodo della inclinazione variabile delle bielle compresse. In particolare è consigliabile
assumere tale inclinazione, che in generale può variare tra 21.8° e 45°, pari alla inclinazione
delle isostatiche di compressione in condizioni di servizio. Tale inclinazione è fornita dalla
relazione seguente ricavata dal cerchio di Mohr,

τ ση
tgϕ = = (13.60)
σξ τ

Infatti con tale scelta la fessure iniziali e quelle a collasso rimangono pressoché le
stesse senza richiedere un ulteriore maggiore danneggiamento della membratura.
La resistenza a taglio nel campo delle sezioni con armature trasversali è limitata dai
valori delle resistenze delle diagonali compresse (VRcd) e tese (VRsd) che valgono
rispettivamente:
ctg β + ctg α
VRcd = ν ⋅ bw ⋅ d * ⋅ αc ⋅ f cd ⋅ (13.61)
1 + ctg 2 β

VRsd = Asw ⋅ f ywd ⋅ (d * /s) ⋅ sen α ⋅ (ctgβ + ctgα ) (13.62)

dove αc è un coefficiente dipendente dall’entità della compressione che agisce sulla sezione.
In particolare vale:
αc = 1 per membrature non compresse;
αc =1+σcp/fcd per 0.00 ≤ σcp / fcd ≤ 0.25
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 377

αc =1.25 per 0.25 ≤ σcp/ fcd ≤ 0.50


αc = 2.5·(1- σcp/fcd ) per 0.50 ≤ σcp/ fcd ≤ 1.00
Il taglio massimo attribuibile alla sezione in esame è pari al minore tra Vuc e Vus,
valori che corrispondono rispettivamente alla rottura del puntone e del tirante del traliccio
ipotizzato.

13.4 Valutazione delle perdite istantanee


Le perdite istantanee sono caratteristiche di entrambi i sistemi di precompressione e
sono attribuibili a vari fenomeni come: il rientro degli apparecchi di ancoraggio; lo
scorrimento dei fili al bloccaggio6; l’effetto mutuo della pretrazione di un cavo su cavi tesi
in precedenza; l’attrito che si sviluppa tra i cavi e le guaine7.
Nel primo caso le perdite sono legate alle modalità previste per impedire il rilascio
dei cavi dopo la tesatura con gli appositi martinetti. Lo scorrimento di rientro che si
produce dipende principalmente dal tipo di dispositivo adottato ed è dell’ordine di qualche
millimetro. Tenendo conto che l'allungamento del cavo per effetto della pretrazione è
dell’ordine di 50-200 mm per cavi di 10-40 metri, si desume che la perdita per rientro degli
apparecchi di ancoraggio oscilla tra valori trascurabili per travi lunghe ad alcuni percento
nelle travi corte. Ad esempio un rientro di 2 mm su di una trave di 10 m provoca, con una
tensione iniziale di 1200 N/mm2, una perdita del 3.2% come si ricava dalla relazione
seguente:
∆σ ra ∆ε ra 2 / 10.000
= = = 0.032 (13.63)
σ spi ε spi 1.200 / 190.000

Nel sistema a cavi scorrevoli, quando la precompressione è affidata ad un sistema di


cavi che per necessità tecnologiche sono messi in trazione in fasi successive, si verifica che
all’atto della tesatura del secondo cavo, le deformazioni indotte al livello del primo
provocano una variazione di tensione nel medesimo; analogamente la tesatura del terzo
provoca effetti deformativi al livello del primo e del secondo cavo con conseguenti
variazioni tensionali.
Consideriamo una trave precompressa con tre cavi posti tutti alla stessa quota ed
immaginiamo che ciascuno di essi provochi nella sezione più sollecitata in fase di tiro una
tensione nel calcestruzzo sulla fibra al livello dei cavi di 8 N/mm2; allora la tesatura del
6
Caduta di tensione tipica del sistema a fili aderenti, quando i fili scorrono a causa di un
imperfetto ancoraggio in corrispondenza dei terminali provvisori. Tale caduta di tensione, stante
l’esiguità degli scorrimenti e la grossa distanza tra gli ancoraggi predisposti sui banconi di tesatura in
stabilimento, è in genere piuttosto modesta ed in pratica trascurabile.
7
Come ricordato, spesso tra tali perdite di tensione viene considerata anche quella per
deformazione elastica tipica del sistema a fili aderenti (pre-tensione).
378 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

secondo provoca sul primo una perdita di tensione (per deformazione elastica):
Ep
∆σ p1 = ⋅ σ c 2 = 6 ⋅ 8 = 48 N/mm 2 (13.64)
Ecm

La messa in trazione del terzo cavo provoca sui primi due una uguale riduzione di
tensione. Tale perdita è di entità non trascurabile e può essere o prevista nel calcolo di
verifica della trave o, preferibilmente, eliminata con successive ritesature fino a che gli
sforzi nei vari cavi e quindi le tensioni negli stessi non siano tutti pari a quelli previsti.
Allo scopo di semplificare la valutazione dell’effetto della tesatura in successione i
diversi cavi si può adottare la relazione seguente indicata dall’EC2:

⎛ n − 1 ∆σ c (t ) ⎞
∆σ pm = E p ⋅ ∑ ⎜⎜⎝ 2 ⋅ n ⋅Ecm ⎟⎠
⎟ (13.65)

dove n è il numero di cavi tesi in successione, ∆σc(t) è la variazione di tensione nel


calcestruzzo nel baricentro dei cavi, provocata dalla tesatura del cavo generico.
Le perdite per attrito, anch’esse tipiche della post-tensione, sono connesse alla
pressione esercitata dai cavi lungo le pareti delle guaine e quindi alla resistenza di attrito
che si stabilisce tra il cavo e la guaina medesima. Il risultato di tale fenomeno è che lo
sforzo lungo il cavo si riduce progressivamente partendo dalla sezione in cui viene
effettuata la tesatura verso la sezione di ancoraggio8.
Per la valutazione di tale perdita, occorre valutare la pressione che il cavo esercita
sulla superficie interna della guaina. Prendendo in considerazione un tronco infinitesimo di
cavo con raggio di curvatura r, l’equilibrio alla traslazione in direzione normale all’asse del
cavo, tenendo conto che l’angolo dα è infinitesimo, e trascurando pertanto l’infinitesimo di
ordine superiore dN dα, vale (Fig. 13.10):
pn r (2 dα ) = 2 N dα (13.66)
da cui si ricava :
N
pn = (13.67)
r
ed inoltre:
N
pt = f ⋅ p n = f ⋅ (13.68)
r
con f coefficiente di attrito.

8
Se il cavo è posto in trazione da ambo le estremità, andando verso l’interno della trave a
partire da entrambe le estremità, lo sforzo nel cavo si riduce; vi sarà una sezione interna dove lo
sforzo attinge il valore minimo.
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 379

dα r

N N+dN
pn
pt
Fig. 13.10: Cadute di tensione per attrito
L’equilibrio in direzione dell’asse della guaina si scrive:
N = pt r dα + ( N + dN ) (13.69)
da cui, utilizzando la precedente relazione, si ricava:
dN
= − f dα (13.70)
N
Integrando la precedente equazione differenziale ed imponendo che per α=0 si abbia
Nα = N0, si ottiene:

N α = N 0 ⋅ e − fα (13.71)

N 0,A

α
N 0,B
A B

Fig. 13.11: Variazione per l’attrito cavo – guaina


380 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

Tale relazione mostra come lo sforzo di trazione nel cavo diminuisca con legge
esponenziale a partire dalla sezione in cui si applica lo sforzo di pretrazione e dipende
essenzialmente dalla curvatura del cavo medesimo. L’angolo α rappresenta la somma in
valore assoluto delle deviazioni angolari di progetto espresse in radianti nel tratto di cavo
considerato. Da ciò si desumerebbe che in cavi rettilinei non debba osservarsi alcuna
variazione angolare. In realtà per ragioni tecnologiche la guaina non è mai perfettamente
rettilinea per cui l’attrito è presente anche nei cavi rettilinei e si considera in tal caso una
deviazione angolare convenzionale per unità di lunghezza β, assunta generalmente variabile
nell’intervallo 0.005÷0.01 rad/m. Il valore dello sforzo del cavo in una sezione B ad una
distanza z dalla sezione di applicazione dello sforzo di trazione (Fig. 13.11), vale:

N 0, B = N 0, A e − f (α + β ⋅ z ) (13.72)

In alternativa alla formula esponenziale sopra esposta, è possibile utilizzare la


seguente formula linearizzata,utilizzabile solo se f(α+βz)<0.25, ottenuta dallo sviluppo in
serie troncato al secondo termine della precedente relazione:
N 0, B = N 0, A [1 − f (α + βz )] (13.73)

Per cavi interni con guaina in lamierino metallico l’EC2 fissa i seguenti valori:
- filo laminato a freddo f = 0.17
- trefolo f = 0.19
- barra deformata f = 0.65
- barra liscia rotonda f = 0.33

13.5 Valutazione degli effetti lenti


La valutazione delle perdite di tensione dovute alle deformazioni viscose del
calcestruzzo e delle armature è alquanto complessa in quanto oltre alla difficoltà di
individuare con certezza le caratteristiche reologiche dei materiali, che sono condizionate in
maniera considerevole da numerosi parametri non sempre ben definibili e taluni mutevoli
nel tempo, sarebbe necessario conoscere come varia nel tempo lo stato di sollecitazione
della trave connesso sia ai carichi esterni, sia allo stesso sforzo di precompressione la cui
variazione si intende determinare.
Infatti mentre il ritiro è indipendente dallo stato tensionale, sia le deformazioni
viscose del calcestruzzo, sia quelle dell’armatura, sono legate allo stato di sollecitazione.
La deformazione differita εv nel calcestruzzo si può ottenere valutando al livello
iesimo, sede di un cavo o di altro tipo di armatura pretesa, la deformazione totale ε e la sua
parte elastica εe; assumendo costante nel tempo il modulo elastico del calcestruzzo, risulta:
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 381

σ i (t 0 ) 1 dσ i (τ )
ε i (t ) = [1 + ϕ (t 0 , t )] + ∫tt [1 + ϕ (τ , t )] dτ + ε r (t 0 , t ) (13.74)
Ec 0 E c dτ

σ i (t 0 ) t 1 dσ i (τ ) σ (t ) + ∆σ i (t 0 , t ) σ i (t )
ε e,i (t ) = +∫ dτ = i 0 = (13.75)
Ec t0 E c dτ Ec Ec

σ i (t 0 ) t 1 dσ i (τ )
ε v,i (t ) = ε i (t ) − ε e,i (t ) = ϕ (t 0 , t ) + ∫ ϕ (τ , t ) dτ + ε r (t 0 , t ) (13.76)
Ec t0 E c dτ

dove la tensione σ i (τ ) dipende dalla deformazione ε i (τ ) raggiunta fino all’istante τ,


essendo:
N (τ ) N (τ ) ⋅ e ⋅ yi M (τ ) ⋅ yi
σ i (τ ) = + − (13.77)
A I I
ed inoltre:
[
N ( τ) = N 0 − ∑ Ap ,i E s ⋅ ε v ,i ( τ) + ∆σ ril,i ( τ) ] (13.78)

con ∆σ ril ,i (τ ) la perdita per rilassamento al tempo τ a sua volta dipendente dall’andamento
delle tensioni nell’intervallo di tempo (0, τ).

13.5.1 Valutazione degli effetti lenti applicando il Metodo AAEM


Pur potendosi operare per via numerica discretizzando lungo l’asse dei tempi e
riducendo l’integrale ad una sommatoria, la complicazione sarebbe comunque non
proponibile per la pratica tecnica.
Se si adotta un metodo linearizzato consistente nel valutare gli effetti reologici in
regime variabile come somma degli effetti a tensione costante e degli effetti dovuti alla
variazione di tensione, si ottiene una valutazione sufficientemente precisa degli effetti lenti.
Per valutare gli effetti lenti considerando le armature concentrate nel centro di
applicazione degli sforzi di precompressione, si fanno le seguenti posizioni preliminari:

1 e2
ε c1 = + (13.79)
Ecm A Ecm I

sia la deformazione provocata al livello del baricentro della armatura presollecitata da una
forza unitaria posta nello stesso punto;
M ⋅e
εq = (13.80)
Ecm I

sia la deformazione provocata dai carichi permanenti allo stesso livello;


382 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

1 (13.81)
ε s1 =
Ap E p

sia la deformazione nella armatura pretesa per uno sforzo di pre-trazione unitario;
ε r ( t0 , t ) (13.82)

sia la deformazione da ritiro intervenuta nel periodo di tempo (t0, t).


Con tali posizioni, nella ipotesi che il centro degli sforzi di precompressione non si
sposti nel tempo, le deformazioni nel calcestruzzo e nell’armatura al livello del baricentro
dell’armatura pretesa al tempo t0 ed al tempo t risultano:

ε c (t 0 ) = N 0 ε c1 + ε q (13.83)

ε c (t ) = ( N 0 ε c1 + ε q ) (1 + ϕ ) + ( N − N 0 ) εc1 (1 + χϕ ) + εr (13.84)

ε s (t0 ) = − N 0 ε s1 (13.85)
∆σ ril
ε s (t ) = − N ε s1 − = − N ε s1 − N eq α eqε s1 (13.86)
Ep

avendo assunto ϕ=ϕ(t0, t), χ=χ(t0, t), εr=εr(t0, t).


Nell’ultima relazione è stata introdotta la deformazione dovuta al rilassamento(9)
espressa in funzione di Neq che rappresenta uno sforzo equivalente ai fini della valutazione
del rilassamento per tener conto della variazione dello stato deformativo dell’armatura nel
tempo, che può essere espresso nel modo seguente:
N eq = N 0 − 0.3 ( N 0 − N ) (13.87)

ed αeq è un coefficiente che esprime la quota della tensione iniziale che si perde per

(9) Sottoponendo un elemento di armatura ad una deformazione costante si provoca una variazione di
tensione ∆σ ril esprimibile come quota della tensione iniziale σ 0 essendo la quota stessa funzione
del livello di tensione:
∆σ ril = α (σ 0 ) ⋅ σ 0
Se si valuta al tempo t lo stato deformativo risulta:
σ 0 σ 0 − ∆σ ril
ε0 = = + ∆ε ril
Ep Ep
da cui si ricava:
∆σ ril
∆ε ril =
Ep
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 383

rilassamento a tempo infinito, dipendente dal livello di tensione iniziale se il fenomeno


avviene a deformazione rigorosamente costante ovvero dalla tensione equivalente nel caso
in esame.
Uguagliando al tempo t le variazioni intervenute nelle deformazioni del calcestruzzo
e dell’acciaio, si ottiene:
ε c ( t ) − ε c ( t0 ) = ε s ( t ) − ε s ( t0 ) (13.88)
Ovvero:
( N 0 ε c1 + ε q ) ϕ + ( N − N 0 ) ε c1 (1 + χ ⋅ ϕ ) + ε r = −( N − N 0 ) ε s1 − N eq α eq ε s1 (13.89)
Ponendo:
ε c = N 0 ⋅ ε c1 + ε q (13.90)

e risolvendo rispetto a (N0 − N), si ottiene:

ε c ⋅ ϕ + ε r + N eq ⋅ α eq ⋅ ε s1 εc ⋅ϕ
(N0 − N ) = = +
(1 + χ ⋅ ϕ ) ⋅ ε c1 + ε s1 (1 + χ ⋅ ϕ ) ⋅ ε c1 + ε s1
εr N 0 ⋅ α 0 ⋅ ε s1 (13.91)
+ +
(1 + χ ⋅ ϕ ) ⋅ ε c1 + ε s1 N 0 ⋅α 0
[(1 + χ ⋅ ϕ ) ⋅ ε c1 + ε s1 ]
N eq ⋅ α eq

che, moltiplicando ambo i membri per (εs1⋅Es) e semplificando, diventa:

E p (ε c ⋅ ϕ + ε r + N eq ⋅ α eq ⋅ ε s1 ) n p ⋅ σ c ⋅ ϕ + E pε r + α eq ⋅ σ eq
∆σ p = = (13.92)
1 + (1 + χ ⋅ ϕ ) ⋅ ε c1/ε s1 1 + (1 + χ ⋅ ϕ ) ⋅ ε c1/ε s1

dove si è posto np=Ep/Ec


La formulazione dell’EC2 per le perdite dovute agli effetti lenti è analoga alla
(13.91) salvo il riferimento alle caratteristiche della sezione di solo calcestruzzo (Ac, Ic) in
luogo di quelle della sezione omogeneizzata (A, I) e la adozione per χ del valore medio 0.8.
Secondo l’EC2 risulta infatti(10):

(10) Se il calcolo delle perdite viene effettuato con riferimento ai diversi livelli di armatura o ai diversi
cavi, come è preferibile fare nel caso di precompressione a cavi scorrevoli dove le perdite per
attrito determinano una diversa tensione iniziale nei diversi cavi, si può ottenere una relazione
analoga alla precedente ammettendo nella scrittura dell’equazione di congruenza
l’approssimazione che le tensioni di pretrazione si riducano conservando lo stesso rapporto
interno:
384 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

n p ⋅ σ c ⋅ ϕ + E p ⋅ ε r + σ eq ⋅ α eq n p ⋅ σ c ⋅ ϕ + E p ⋅ ε r + 0.8 ⋅ ∆σ p
∆σ p = = (13.93)
1 + (1 + 0.8 ⋅ ϕ ) ⋅ ε c1/ε s1 Ap ⎛ A ⋅ e ⎞⎟
2
1 + n p ⋅ (1 + 0.8 ⋅ ϕ ) ⋅ ⋅ ⎜1 + c
Ac ⎜⎝ I c ⎟⎠

dove ∆σp rappresenta la perdita di tensione per rilassamento nell’armatura pretesa per una
tensione iniziale σp, valutata in condizioni di tiro in presenza di peso proprio e carico
semipermanente [σp =σp(G + P0 + ψ2 Q)].
Nel regolamento italiano ancora vigente (D.M. 09/01/96) si valutano separatamente
gli effetti della viscosità del calcestruzzo e del ritiro tenendo implicitamente conto degli
effetti mutui nella scelta dei valori dei coefficienti di viscosità e del ritiro suggeriti.
Infatti, valutando separatamente gli effetti lenti, si otterrebbe:
σc
∆σ p = E p ⋅ ⋅ ϕ + E p ⋅ ε r + σ p0 ⋅ α 0 (13.94)
Ec

mentre separando nella relazione (13.91) i contributi delle tre differenti cause delle perdite
si ottiene:
n p ⋅σ c ⋅ ϕ Ep ⋅εr σ p0 ⋅ α 0
∆σ p = + + (13.95)
ε ε σ p 0α 0 ⎡ ε c1 ⎤
1 + (1 + χ ⋅ ϕ ) c1 1 + (1 + χ ⋅ ϕ ) c1 ⎢1 + (1 + χ ⋅ ϕ ) ⎥
ε s1 ε s1 σ eqα eq ⎣ ε s1 ⎦

Dal confronto si evidenzia che l’effetto della variazione dello sforzo di


precompressione sulla viscosità è riconducibile alla utilizzazione di un coefficiente di
viscosità ridotto ϕ * :

ϕ (13.96)
ϕ* =
1 + (1 + χ ⋅ ϕ ) ε c1 /ε s1

mentre l’effetto del ritiro sulla viscosità è riconducibile alla utilizzazione di una
deformazione da ritiro ε r* anch’essa ridotta:

εr
ε r* = (13.97)
1 + (1 + χ ⋅ ϕ ) ε c1 /ε s1

L’effetto della viscosità e del ritiro sul rilassamento è espresso dal coefficiente

n p σ c ,iϕ + E p ε r + σ eq , i α eq , i
∆σ p , i =
Ap ⎛ A ⋅ e ⋅ ei ⎞
1 + n p (1 + 0.8ϕ) ⎜1 + c ⎟⎟
Ac ⎜⎝ Ic ⎠
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 385

riduttivo di σ p 0α 0 che però assume una forma implicita in quanto la tensione equivalente
σ eq dipende dal valore finale N dello sforzo di precompressione. Nella normativa italiana
la formula che fornisce la dipendenza mutua del rilassamento dalla viscosità e dal ritiro
assume una forma semplificata ed esplicita.
Per questa ragione i valori convenzionali della deformazione da ritiro e del
coefficiente di viscosità suggeriti dalla normativa italiana, in mancanza di una più precisa
determinazione, per le verifiche di strutture precompresse sono lievemente inferiori a quelli
massimi che un criterio conservativo indurrebbe ad assumere.
Di seguito sono illustrate le modalità semplificate suggerite dalla normativa italiana
per il calcolo degli effetti lenti. La semplificazione consiste essenzialmente nel ritenere
costante lo stato di sollecitazione che determina i fenomeni viscosi e di rilassamento e
nell’adottare valori medi convenzionali dei paramentri di viscosità e di rilassamento che
tengono conto in maniera forfettaria degli effetti mutui.

13.5.2 Valutazione degli effetti lenti secondo D.M.’96


Effetti del ritiro del calcestruzzo
Secondo la norma italiana attualmente in vigore (D.M. 09/01/96) gli effetti del ritiro
sono più facilmente determinabili in quanto il ritiro risulta indipendente dallo stato
tensionale. La normativa italiana fissa i valori della deformazione da ritiro εr in dipendenza
del livello di maturazione raggiunto dalla trave all’atto della applicazione dello sforzo di
precompressione. Infatti lo sforzo di trazione nelle armature pretese risulta influenzato dalla
deformazione da ritiro successiva alla applicazione dello sforzo di pretensione in quanto
questa deformazione riduce la deformazione iniziale impressa alla armatura.
I valori della deformazione da ritiro suggeriti dalla normativa sono i seguenti:
- per precompressione applicata fino a 14 giorni dal getto:
ε r = 0.00030 (13.98)

- per precompressione applicata oltre 14 giorni dopo il getto:


ε r = 0.00025 (13.99)

Tali deformazioni comportano una perdita da ritiro nelle armature pretese ottenibile
semplicemente moltiplicando le deformazioni stesse per il modulo elastico dell’armatura.
Si ottengono pertanto per tesatura prima o dopo i 14 gg e per i vari tipi di armatura i
valori seguenti della perdita di tensione per effetti lenti:
- fili, barre:

∆σ r = 0.00025 ⋅ 210.000 = 52.5 [N/mm 2 ] (13.100)


386 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

∆σ r = 0.00030 ⋅ 210.000 = 63 [N/mm 2 ] (13.101)


- trecce, trefoli:

∆σ r = 0.00025 ⋅195.000 = 48.8 [N/mm 2 ] (13.102)

∆σ r = 0.00030 ⋅195.000 = 58.5 [N/mm 2 ] (13.103)

Effetti della viscosità del calcestruzzo


Per la valutazione degli effetti della viscosità del calcestruzzo sullo sforzo di
precompressione, si fa ordinariamente riferimento allo stato tensionale nella trave iniziale
di tiro o comunque allo stato tensionale ottenuto in presenza di carichi e sovraccarichi
permanenti che siano applicati stabilmente sulla trave a partire dai primi mesi, trascurando
la variazione di stato tensionale prodotta sia dalla variazione dei carichi sia dalla variazione
dello sforzo di precompressione.
Indicando con N0 lo sforzo di precompressione iniziale nella sezione generica al
netto delle perdite per rientro dei coni di ancoraggio e dell’attrito, e con M* il momento
prodotto nella stessa sezione dai suddetti carichi e sovraccarichi permanenti, la tensione del
calcestruzzo sulla fibra del cavo i-esimo o, più semplicemente del cavo risultante, diventa:

N 0 N 0 ⋅ e ⋅ ei M * ⋅ ei (13.104)
σ c ,i = + −
A I I
essendo e la eccentricità del cavo risultante ed ei la distanza del cavo generico i-esimo dal
baricentro, entrambe positive se il cavo è inferiore al baricentro.
La deformazione viscosa εv,i è connessa alla tensione elastica σ c,i e, coerentemente
con le prescrizioni normative, vale:
- per precompressione applicata fino a 14 giorni dal getto:
⎡ σ c ,i ⎤
ε v,i ≥ ⎢2.3 ⋅ ε e,i = 2.3 ⋅ ⎥ (13.105)
⎣ Ec ⎦

- per precompressione applicata oltre 14 giorni dopo il getto:


⎡ σ c ,i ⎤
ε v ,i ≥ ⎢ 2 ⋅ ε e ,i = 2 ⋅ ⎥ (13.106)
⎣ Ec ⎦

La variazione tensionale prodotta sulle armature pretese si calcola quindi a partire


dalla deformazione viscosa intervenuta successivamente alla messa in carico della stessa
armatura:
- per precompressione applicata fino a 14 giorni dal getto:
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 387

[
∆σ v ,i ≥ 2.3 ⋅ E s ⋅ ε e,i = 2.3 ⋅ n ⋅ σ c,i ] (13.107)

- per precompressione applicata oltre 14 giorni dopo il getto:

[
∆σ v ,i ≥ 2 ⋅ E s ⋅ ε e,i = 2 ⋅ n ⋅ σ c ,i ] (13.108)

essendo n=Es/Ec il coefficiente di omogeneizzazione dell’armatura pretesa pari al rapporto


tra il modulo elastico Es dell’armatura ed il modulo elastico istantaneo Ec del calcestruzzo;
il coefficiente n assume valori variabili tra 5 e 7.

Effetti del rilassamento dell’acciaio


Se l’armatura da pretensione viene inizialmente sollecitata a livelli superiori al 50%
della tensione di rottura (σspi >0.5fptk), si osserva che, a deformazione imposta costante, la
tensione si riduce nel tempo. Tale fenomeno, noto con il termine di rilassamento, si verifica
nelle armature da precompresso in cui la tensione iniziale è generalmente compresa tra il
50% ed il 75% della tensione di rottura. L’entità del rilassamento è piuttosto variabile tra i
diversi tipi di armatura e di materiali usati. Pertanto si fa generalmente riferimento alla
sperimentazione eseguita dai produttori di acciai da precompresso. La normativa fornisce
tuttavia valori di riferimento delle perdite per rilassamento a tempo infinito relative, per
ciascun tipo di armatura ad una temperatura ambiente di 20°C e ad una sollecitazione
iniziale pari al 75% della tensione di rottura fptk (Tab.13. 1):

Tipo di armatura ∆σ r∞
fili trafilati 0.15⋅ σ spi
Trecce 0.20⋅ σ spi
Trefoli 0.18⋅ σ spi
barre laminate 0.12⋅ σ spi

Tab.13. 1: Perdite per rilassamento a tempo infinito a deformazione costante


Per determinare la perdita di tensione a tempo infinito connessa ad una tensione
iniziale σspi compresa nell’intervallo [0.50fptk ÷ 0.75fptk], si ipotizza un andamento
parabolico con tangente iniziale nulla per σspi= 0.5 fptk (Fig. 13.12), ottenendo:
2
⎛ σ spi ⎞
∆σ ril = 16 ⋅ ⎜ − 0.5 ⎟ ⋅ ∆σ r∞ (13.109)
⎜ f ptk ⎟
⎝ ⎠
Le prove sperimentali prevedono invece la determinazione del rilassamento a 120 h
388 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

su almeno tre provini con tensione prossima al 75% della tensione di rottura caratteristica
fptk. In tal caso la perdita di tensione per rilassamento varrà:

∆σ ril = 3 ⋅ ∆σ r 120 + 0.03 ⋅ (σ spi − 0.5 f ptk ) (13.110)

con la limitazione che la perdita di rilassamento così ottenuta non potrà essere inferiore al
50% di quella di riferimento fornita dalla normativa. Tuttavia la perdita per rilassamento
così determinata presuppone l’applicazione di una deformazione costante alla armatura
pretesa.

∆σr
8

k= σ spi
σ spi k = 16 . ( - 0.5 ) 2. k
f ptk

0 0.5 0.75
σ spi
f ptk

Fig. 13.12: Perdite per rilassamento al variare della tensione iniziale

Per tener conto della variabilità della deformazione della armatura da


precompressione che viene successivamente a ridursi per effetto del ritiro e della viscosità
del calcestruzzo, la normativa suggerisce la seguente formula che attenua l’effetto del
rilassamento in presenza di ritiro e viscosità:
⎡ ∆σ ssf ⎤ ⎡ (∆σ r + ∆σ v ) ⎤
∆σ r′∞ = ⎢1 − 2.5 ⎥ ⋅ ∆σ ril = ⎢1 − 2.5 ⎥ ⋅ ∆σ ril (13.111)
⎢⎣ σ spi ⎥⎦ ⎢⎣ σ spi ⎥⎦

con ∆σ r′ ∞ perdita per rilassamento ridotta per la interdipendenza con le perdite per ritiro e
viscosità ∆σr e ∆σv.
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 389

13.6 Verifica a fessurazione


In presenza di ambiente aggressivo, come in genere risultano le zone marine o in
presenza di agenti chimici o ancora in presenza di umidità elevata, si richiede la verifica a
fessurazione che consiste nel controllare che il minore tra i moltiplicatori delle azioni
esterne che provoca la rottura per trazione sia maggiore o uguale a 1.2.
Il momento di fessurazione viene definito dalla relazione seguente:

N N ⋅ e M fess (13.112)
+ − = − f cfm
A Wi Wi

in cui fcfm rappresenta la resistenza a trazione per flessione11 . La precedente relazione,


risolta rispetto a Mfess, fornisce:

⎛ N N ⋅e ⎞
M = Wi ⋅ ⎜⎜ f cfm + + ⎟ (13.113)
A Wi ⎟⎠
fess

In tale relazione si osserva come la presenza della precompresione determina al
bordo teso uno sforzo di compressione che si somma alla resistenza a trazione del materiale
determinando un fittizio incremento della resistenza stessa.
Per la verifica a fessurazione è dunque necessario controllare il rapporto tra il
momento di fessurazione ed il momento massimo di esercizio verificando che risulti:

N N ⋅e
f cfm + +
M fess A Wi
= ≥ 1.2 (13.114)
M max N N ⋅e
− σ c1t + +
A Wi

essendo σc1t la tensione al lembo teso in esercizio.

(11) Si ricorda che la resistenza fcfm a norma di regolamento vale: f


cfm = 1.2 ⋅ (0.58 ⋅ Rck )
( 2 / 3)
390 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

σ c1

M max
G

σ c1t < f cfm


Fig. 13.13: Diagramma di tensioni normali in condizioni di esercizio – carico
Tale rapporto è notevolmente diverso dal rapporto tra le tensioni di rottura per
trazione e massima di esercizio al lembo teso, per cui il semplice controllo della tensione di
esercizio al lembo teso non garantisce la sicurezza voluta nei confronti della fessurazione.

13.7 Verifica allo stato limite ultimo


Nella verifica delle sezioni inflesse o presso-tenso inflesse in c.a.p. è necessario
controllare la sicurezza nei confronti della rottura anche nella ipotesi che si sia adottato il
metodo di verifica alle tensioni ammissibili.
La necessità di tale verifica è imposta dal fatto che mentre nelle strutture in c.a. la
verifica alle tensioni ammissibili avviene su sezione parzializzata così come la verifica a
rottura e, quindi, il superamento delle sollecitazioni di servizio non comporta una modifica
del meccanismo resistente, nelle sezioni precompresse, al crescere dei carichi esterni, la
sezione passa dalla situazione integra a quella fessurata con una significativa variazione di
inerzia e di modulo resistente (Fig. 13.14).
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 391

σc1 σ co

Mmax Mu
G G

N N
σs
σc1t

Fig. 13.14: Diagrammi tensionali in esercizio ed allo s.l.u.

Mentre nel primo caso (c.a. normale) le tensioni nei materiali, finché rimangono in
campo elastico, crescono in proporzione dei carichi, e quindi il margine di sicurezza
disponibile oltre le condizioni di servizio è sufficientemente prevedibile in quanto legato al
rapporto tra tensioni limiti elastiche e tensioni di servizio, nel caso di sezioni precompresse
allorché si produce la parzializzazione della sezione le tensioni crescono in modo più che
lineare rispetto ai carichi e di conseguenza il margine di sicurezza è fortemente variabile al
variare della forma della sezione e dello stato di coazione.
La determinazione del momento ultimo di una sezione precompressa si effettua
secondo modalità identiche a quelle adottate nel c.a. normale salvo la valutazione dello
stato di deformazione della armatura presollecitata.
Infatti successivamente alla parzializzazione della sezione che si verifica
generalmente per carichi esterni poco maggiori di quelli di esercizio, il comportamento di
una sezione precompressa non è dissimile da quello di una sezione in c.a. normale. Si
assumono per il calcestruzzo e per l’armatura lenta gli stessi legami costitutivi e gli stessi
valori di deformazione ultima(12) assunti nel c.a. non presollecitato. Per l’armatura
presollecitata può ancora adottarsi un legame tra tensione e deformazione di tipo elastico-
perfettamente plastico con limite elastico pari alla tensione limite elastica convenzionale di
progetto fpd. La tensione di progetto si ottiene come per l’armatura lenta dividendo quella di
snervamento caratteristica (fpyk, fp(0.2)k, fp(1)k a seconda dei materiali) per il γm pari ad 1.15:

(12) Sia nella normativa italiana che europea, i limiti di deformazione valgono rispettivamente 0.0035
per il calcestruzzo e 0.001 per l’armatura lenta.
392 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

f pyk f pyk
f pd = = (13.115)
γm 1.15

La deformazione ultima alla quota dell’armatura presollecitata deve essere assunta


maggiore di quella che si assumerebbe per un’armatura lenta a causa dello stato di
deformazione relativa tra l’armatura presollecitata e calcestruzzo circostante. Vale pertanto:

ε pu = ε ud + ε dec (13.116)

Questa è appunto ottenuta incrementando la deformazione ultima che si


assumerebbe per l'armatura lenta, della deformazione relativa tra armatura presollecitata e
calcestruzzo alla stessa quota; tale deformazione viene definita in normativa come
deformazione nell’armatura alla decompressione (εdec), ovvero quando la fibra di
calcestruzzo alla stessa quota ha una tensione e deformazione nulla(13) .
Per la determinazione del momento ultimo, stante la forma delle sezioni, non è in
generale possibile indicare formule analitiche per la determinazione dell’asse neutro, ma è
necessario ricorrere a procedimenti numerici che per successive approssimazioni giungano
a determinare la posizione dell’asse neutro imponendo l’equilibrio alla traslazione ovvero
uguagliando la risultante degli sforzi di compressione a quella degli sforzi di trazione.
Se indichiamo con d la distanza dal bordo compresso della armatura lenta o pre-tesa
più centrifugata, per una sezione inflessa possono verificarsi tre casi corrispondenti ad asse
neutro nelle zone 2, 3 e 4 già definite per il c.a. normale:

zona 2 ε cu
yc ≤ (
⋅ h − d′ )
ε cu + ε ud
ε cu ε cu
zona 3 ( )
⋅ h − d ′ < yc ≤ (
⋅ h−d' )
ε cu + ε ud ( fsd / Es ) + ε cu
ε cu
zona 4 (
⋅ h−d' ) < yc ≤ d
( fsd / Es ) + ε cu
Nelle tre zone indicate, le deformazioni nelle armature εsi e nei vertici della parte
compressa della sezione εci valgono:

(13) Tale assunzione in pratica consente di utilizzare la stessa suddivisione in zone adottata per il c.a.
normale essendo la deformazione ultima della sezione sulla fibra dell’armatura presollecitata
uguale a quella di una ipotetica armatura lenta sulla stessa fibra, mentre per la stessa armatura la
deformazione corrispondente si ottiene sommando alla deformazione ultima la deformazione
relativa.
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 393

ε ud
zona 2 (polo A): ε si = − ⋅ (h − yc − ysi )
d − yc
ε ud
ε ci = − ⋅ (h − yc -yci )
d − yc
ε cu
zona 3, 4 (polo B): ε si = − ⋅ (h − yc -ysi )
yc
ε cu
ε ci = − ⋅ (h − yc -yci )
yc
essendo h l’altezza complessiva della sezione, yc la distanza dell’asse neutro dal bordo
compresso, ysi e yci le distanze delle barre di armatura o dei vertici della sezione di
calcestruzzo dal bordo inferiore della sezione.
Per le armature presollecitate le deformazioni da considerare sono pari a quelle di
armature lente sulla stessa fibra incrementate della deformazione relativa acciaio
calcestruzzo εdec,i.

zona 2 ⎛ ε ud ⎞
ε pi = − ⎜ ⋅ (h − yc -y pi ) + ε dec,i ⎟
⎝ d − yc ⎠
zona 3, 4 ⎛ε ⎞
ε pi = − ⎜ cu ⋅ (h − yc − y pi ) + ε dec,i ⎟
⎝ yc ⎠
Per la valutazione degli sforzi di compressione nel calcestruzzo, si può adottare il
modello semplificato del cosiddetto <stress-block> consistente in un diagramma di tensione
uniforme pari a fcd esteso alla parte di sezione compresa tra il bordo compresso e la corda
posta ad una distanza pari a 0.8 yc.
Per la deformazione εdec occorre distinguere tra il caso di pre-tensione e quello di
post-tensione (Fig. 13.15).
Nel primo caso, nota la deformazione iniziale εspi, si ottiene(14):

(14) Quando le perdite per effetti lenti sono eseguite separatamente per ogni livello di armatura, si
ottiene una deformazione diversa per ogni livello di armatura essendo:
⎛ ∆σ ril ,i + ∆σ v,i + ∆σ r ⎞ σ spi
ε dec,i = ε spi − ⎜⎜ ⎟=

⎝ Es ⎠ Es
394 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

∆σ ⎛ ∆σ ril + ∆σ v + ∆σ r ⎞ σ sp
ε dec = ε dec,0 − = ε spi − ⎜⎜ ⎟=
⎟ E (13.117)
Es ⎝ Es ⎠ s

Nel caso di precompressione a cavi scorrevoli, si ottiene:

∆σ σ ⎛ ∆σ ril + ∆σ v + ∆σ r ⎞ σ sp σ c 0
ε dec = ε dec,0 − = ε spi + c 0 − ⎜⎜ ⎟=
⎟ E + E
(13.118)
Es Ec ⎝ Es ⎠ s c

La differenza è legata al fatto che la deformazione relativa iniziale tra acciaio


presollecitato e calcestruzzo, mentre nel sistema a fili aderenti è pari alla deformazione
iniziale dovuta alla pre-tensione, nel caso di post-tensione è pari alla somma della
deformazione di trazione nell’armatura e della deformazione di compressione del
calcestruzzo sulla stessa fibra.

M
PRE-TENSIONE G

N ε spi

ε dec,o

M
POST-TENSIONE G

ε spi σ co E c
N
ε dec,o

Fig. 13.15: Deformazione εdec nel caso di pre-tensione e di post-tensione

Quando la sezione ha armature concentrate in una zona ristretta così da poterle


considerare localizzate nel centro di precompressione, ed è debolmente armata ovvero
risulta Ap<Apl, essendo Apl l’armatura limite corrispondente ad una posizione dell’asse
neutro per il quale l’armatura pre-tesa è snervata:
ε cu (13.119)
ycL = ⋅d
ε cu + f pd /E p − ε dec
Cap. 13. LA VERIFICA DELLE SEZIONI PRECOMPRESSE 395

Ac,0.8 ycL ⋅ f cd (13.120)


Apl =
f pd
si può pervenire in molti casi a determinare in maniera semplice il momento ultimo.
Infatti se sono noti sia il centro degli sforzi di trazione allo s.l.u. (armature
presollecitate concentrate in una zona ristretta e snervate), sia gli sforzi di compressione
(sezioni a T o assimilabili), trascurando l’apporto dell’armatura lenta, è possibile pervenire
alla definizione del momento ultimo con la semplice relazione seguente:
M u = A p f pd ⋅ (d − s/ 2) (13.121)
In tale relazione il momento ultimo è posto pari al prodotto dello sforzo delle
armature pre-tese snervate per il braccio della coppia interna.

13.8 Verifica delle testate


Nelle strutture precompresse a cavi scorrevoli particolare attenzione deve essere
posta nelle testate che sono sede di applicazione degli sforzi di precompressione e che
quindi sono sede di concentrazione di sforzi rilevanti.
Nella post-tensione, infatti, la trasmissione degli sforzi dal cavo al calcestruzzo
avviene attraverso l’utilizzazione di piastre metalliche di ancoraggio o direttamente
attraverso i coni di ancoraggio, generalmente di sezione modesta per cui si determina una
forte concentrazione delle tensioni.
Allo scopo di favorire la diffusione degli sforzi dei cavi è opportuno distribuire
adeguatamente i punti di applicazione degli sforzi sulle testate evitando, se possibile, che
gli elementi di ancoraggio si collochino troppo vicino ai bordi della sezione. Occorre inoltre
verificare che le tensioni di contatto tra i dispositivi di ancoraggio e la trave si mantengano
entro limiti opportuni. La normativa fissa questo limite in Rck/1.3. Il valore relativamente
elevato di tale sforzo è motivato dalla azione di cerchiatura esercitata dal calcestruzzo non
sollecitato circostante a quello direttamente caricato.
In ogni caso ad una certa distanza dal punto di applicazione degli sforzi si genera un
regime di trazione con isostatiche normali alle linee di diffusione degli sforzi di
compressione. Tali sforzi di trazione possono superare i limiti di resistenza a trazione del
materiale e determinare fessurazioni longitudinali o diagonali. Per tale ragione occorre
disporre una armatura trasversale capace di assorbire gli sforzi di trazione innescati dalla
concentrazione dello sforzo (armature di “frettaggio”).
Per la valutazione di tale sforzo si può assumere la formula approssimata:

⎛ a⎞
Ft = 0.3 ⋅ N i ⋅ ⎜1 − ⎟ (13.122)
⎝ h⎠
396 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

essendo a la dimensione della piastra di ancoraggio nel piano della trave ed h l’altezza della
trave. Tale relazione può servire a dimensionare l’armatura trasversale da distribuire in un
tratto di lunghezza h pari alla altezza della trave stessa. L'armatura può avere la forma di
staffe a più bracci con direzione alternata in modo da realizzare una maglia incrociata,
ovvero in forma di eliche coassiali al cavo. A vantaggio di statica si può assumere a=0.
Ad esempio un cavo da 200 t richiede una armatura complessiva:
0.3 ⋅ 200.000 (13.123)
As = = 23.08 cm 2
2.600

che è possibile realizzare con 30 barre φ10 disposte in direzione verticale nel primo tratto di
trave di lunghezza pari ad h.
Se si applicano più cavi lungo l’altezza della trave si può ragionevolmente
considerare la armatura minore tra le due seguenti:

As1 =
0.3 ⋅ ∑N i ⎛ a′ ⎞
⋅ ⎜1 − ⎟ (13.124)
σs ⎝ h⎠

0.3 ⋅ N i ⎛ a ⎞ (13.125)
As 2 = ⋅ ⎜1 − ⎟
σs ⎝ h⎠
essendo a ′ la dimensione complessiva nel piano della trave della parte di testata occupata
dalle piastre di ancoraggio dei cavi. Infatti nel primo caso si è ipotizzato che i cavi siano
equivalenti ad un unico cavo risultante con una piastra di ancoraggio di altezza a ′ , nel
secondo caso si ipotizza un comportamento indipendente dei vari cavi.
Nella pre-tensione lo sforzo di precompressione viene trasferito dai trefoli o dalle
trecce alla trave per aderenza lungo l’asse delle armature.
Il fenomeno è agevolato dal fatto che, quando cala la tensione, le armature pre-tese,
una volta detensionate, tendono per effetto Poisson ad aumentare di volume,
particolarmente verso le testate dove lo sforzo di trazione è nullo o modesto.
Tale fenomeno aumenta la tensione di aderenza che si instaura tra la trave e le
armature pre-tese.
La normativa italiana assume che la lunghezza necessaria al trasferimento dello
sforzo dal trefolo al calcestruzzo sia pari a 70 diametri. Si può pertanto assumere che lo
sforzo di precompressione vari nel tratto di trave di lunghezza 70 diametri con legge lineare
dal valore nullo a quello nominale.
E’ evidente che a causa di ciò le sezioni terminali delle travi con armature pre-tese
devono essere considerate nelle verifiche a taglio o non precompresse o precompresse con
uno sforzo più limitato di quello nominale. Nelle verifiche a flessione, invece, a vantaggio
di sicurezza è preferibile eseguire la verifica in testata considerando lo sforzo di
precompressione interamente presente.
Capitolo 14

PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E
VERIFICA DI STRUTTURE PRECOMPRESSE

14.1 Progetto della sezione e dell’armatura pretesa


La progettazione della sezione di una trave in c.a.p. è in generale una operazione
complessa in quanto sono numerosi i parametri da determinare. Tuttavia alcune
considerazioni rendono agevole tale operazione.
Innanzitutto il rapporto ottimale tra la luce libera e l’altezza della trave è
generalmente poco variabile (l/h), compreso nell’intervallo 15÷20, mentre la forma è
generalmente connessa alla funzione che l’elemento precompresso dovrà svolgere e,
conseguentemente, al rapporto tra i carichi al tiro e quelli in esercizio.
Per le coperture sono generalmente adottate travi con profili a T oppure tegoli con
profili a π od a Ω che sono caratterizzati da una distanza notevole tra armatura pretesa e
baricentro della sezione con la possibilità di sopportare agevolmente carichi poco variabili
tra il tiro e l’esercizio (Mmin ≈ Mmax; Mu << Mmax)1.
In presenza di carichi variabili di forte intensità (Mmin << Mmax, Mu ≅ Mmax) sono
più idonee, invece, sezioni a doppio T semplici o miste con solette integrative, o ad U con
solette integrative, dove il nocciolo limite è sufficientemente ampio da consentire notevoli
escursioni del centro di pressione in modo da sostenere azioni esterne molto variabili.
Per procedere alla progettazione di una semplice sezione a doppio T occorre
determinare, come detto, un numero notevole di parametri: b, s, h, t, b' , s′, d′, N, (Fig.14.1)
conoscendo in realtà solo la luce l della trave, le caratteristiche dei materiali e la differenza
Mmax-Mmin. Il numero dei parametri incogniti si può ridurre sulla base delle seguenti
considerazioni:
a) il rapporto l/h della trave deve essere contenuto nell'intervallo 15-20; valori minori del
rapporto darebbero soluzioni antieconomiche mentre valori superiori fornirebbero
soluzioni troppo deformabili;
b) le dimensioni b′ ed s′ dell’ala inferiore sono inessenziali nella fase di esercizio come si

1
Per la definizione di momento utile Mu si veda il §12.1
398 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

deduce osservando in tale fase il diagramma delle tensioni in esercizio, caratterizzato da


tensioni prossime a 0 al bordo inferiore della trave;
c) gli spessori s dell’ala superiore e t dell’anima dipendono generalmente da fattori estranei
al comportamento flessionale della trave, ma connessi a problemi tecnologici o a
considerazioni statiche diverse (comportamento dell’ala sotto carichi trasversali, taglio);
d) note le dimensioni di massima della trave può ricavarsi il momento al tiro Mmin e quindi
quello in esercizio Mmax = Mmin + Mu;
e) la distanza d’ del punto di applicazione dello sforzo di precompressione dal bordo
inferiore è la minima possibile (10-15 cm) compatibilmente con considerazione di natura
tecnologica (ricoprimento dei cavi o dei trefoli, passaggio dell’armatura lenta e delle
staffe, etc.).
b

N
d’ s’

b’

Fig. 14.1 Sezione schematica a doppio T

In pratica, le considerazioni precedenti portano a considerare nella fase di esercizio


una sezione a T, con due sole incognite: la larghezza dell’ala superiore b e lo sforzo di
precompressione N.
Per la sezione di (Fig. 14.2), le equazioni di equilibrio alla traslazione ed alla
rotazione intorno al bordo inferiore si scrivono:
Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 399

∫Aσ ( y ) dA = N (14.1)

∫Aσ ( y ) ⋅ y dA = M max + N ⋅ d ′ (14.2)

essendo y la distanza dell’areola elementare dA dal bordo inferiore della sezione. Se si


impone un diagramma tensionale in esercizio (di progetto) caratterizzato da tensione nulla
al bordo inferiore e, inoltre, una tensione pari a quella ammissibile in compressione in
corrispondenza del bordo superiore compresso della sezione le precedenti relazioni
diventano2:
σ c1 σ
⋅ ∫ y dA = c1 ⋅ S i = N (14.3)
h A h
σ c1 σ
⋅ ∫ y 2 dA = c1 ⋅ I i = M max + N ⋅ d ′ (14.4)
h A h
con Si e Ii rispettivamente momento statico e momento di inerzia della sezione rispetto
all’asse x tangente al bordo inferiore della sezione.
Esplicitando Si ed Ii per la sezione a T in figura, si ottiene:

σ c1 ⎡ bh 2 (b − t )(h − s ) 2 ⎤
⋅⎢ − ⎥=N (14.5)
h ⎢⎣ 2 2 ⎥⎦

σ c1 ⎡ bh 3 (b − t )(h − s ) 3 ⎤
⋅⎢ − ⎥ = M max + N ⋅ d ′ (14.6)
h ⎢⎣ 3 3 ⎥⎦

Moltiplicando la prima per d′ e sostituendo nella seconda, si ottiene:

σ c1 ⎧⎪ bh 2 (b − t )(h − s ) 2 ⎫⎪
⋅⎨ ⋅ (2h − 3d ′) − ⋅ [2(h − s ) − 3d ′]⎬ = M max (14.7)
h ⎪⎩ 6 6 ⎪⎭

che, fissati h, t ed s, permette di ricavare b:

hM max /σ c1 − t (h − s ) 2 / 6 ⋅ [2(h − s) − 3d ′]
b= (14.8)
h 2 / 6 ⋅ (2h − 3d ′) − (h − s) 2 / 6 ⋅ [2(h − s ) − 3d ′]

y
2
σ ( y ) = σ c1 ⋅
h
400 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

mentre N si ricava successivamente dalla (14.5).


b
σ c1

s
N
M max
G
h
σ (y)
dA
y
N
d’

Fig. 14.2: Diagramma di tensioni di progetto in una sezione a T in condizioni di esercizio

Tale progettazione assicura il funzionamento in condizioni di esercizio mentre al tiro


devono essere soddisfatte le seguenti verifiche:
βN βN ⋅ e M min
σ c 0i = + − ≤ σ c0 (14.9)
A Wi Wi

βN βN ⋅ e M min
σ c0s = − + ≥ σ c 0t (14.10)
A Ws Ws

Se le disequazioni precedenti sono verificate, la sezione a T progettata è idonea e


non occorre alcuna modifica. Diversamente, si può determinare dalla (14.9) un valore
corretto del modulo di resistenza Wi′ che consente di soddisfare la disequazione al lembo
inferiore della sezione (la disequazione al lembo superiore è generalmente soddisfatta
quando è soddisfatta quella al bordo inferiore) ed incrementare il modulo di resistenza
inferiore della quantità ∆W = Wi′ − Wi .
Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 401

Un modo approssimato3 per dimensionare il bulbo inferiore in modo da aumentare il


modulo di resistenza Wi, consiste nell’incrementare l’area dell’ala inferiore della quantità:

∆W
∆A = (14.11)
yi − s ′

con yi distanza del baricentro della sezione dal bordo inferiore ed s ′ l’altezza dell'ala
inferiore da realizzare (Fig. 14.3).

y
i

∆A s’

Fig. 14.3: Dimensionamento bulbo inferiore

Naturalmente l’approssimazione della formula può comportare la necessità di


successivi aggiustamenti in quanto la variazione della sezione dovuta all'inserimento
dell’ala inferiore ed alla necessità di migliorare i raccordi ala-anima-bulbo, sia per
eliminare difficoltà di penetrazione dei getti sia per consentire il rialzamento dei cavi nel

3
Ipotizzando che l’inserimento di un’area al lembo inferiore della sezione non modifichi
sensibilmente la distanza del baricentro della sezione dal bordo inferiore, si ottiene:
I + ∆A ⋅ ( yi − s′/ 2) 2
Wi* = = Wi + ∆A ⋅ ( yi − s′ + s′2 / 4/yi )
yi
da cui si trae la relazione approssimata (14.11) trascurando s ′ 2 / 4 /y i rispetto ad s′ .
402 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

caso di travi con armatura post-tesa, comporta la riprogettazione dello sforzo di


precompressione, successive verifiche ed eventualmente successive correzioni.
Sia nel caso precedente in cui la sezione, dopo aver subito un primo
dimensionamento, richiede successivi aggiustamenti, sia nei casi in cui la scelta della
sezione è guidata da appositi sagomari imposti dalle casserature disponibili, è necessario
procedere a progettare lo sforzo di precompressione a sezione assegnata nonchè della
distanza dello stesso dal baricentro.
Nel caso di trave precompressa a cavi scorrevoli con sezione costante occorre far
riferimento, in fase di dimensionamento, essenzialmente alla sezione di mezzeria dove sono
massime le sollecitazioni flettenti. Nella sezione di mezzeria devono essere verificate le
seguenti condizioni:
- tiro
βN βN ⋅ e M min
+ − ≤ σ c0 (14.12)
A Wi Wi

βN βN ⋅ e M min (14.13)
− + ≥ σ c 0t
A Ws Ws

- esercizio
N N ⋅ e M max
+ − ≥ σ c1t (14.14)
A Wi Wi

N N ⋅ e M max (14.15)
− + ≤ σ c1
A Ws Ws

Fissando, compatibilmente con le possibilità tecnologiche, l’eccentricità e al valore


maggiore possibile, le relazioni precedenti si traducono in altrettante condizioni su N:

⎛1 e ⎞ M
N ⋅ β ⋅ ⎜⎜ + ⎟⎟ ≤ σ c 0 + min (14.16)
⎝ A Wi ⎠ Wi

⎛1 e ⎞ M
N ⋅ β ⋅ ⎜⎜ − ⎟⎟ ≥ σ c 0t − min (14.17)
⎝ A W s ⎠ Ws

⎛1 e ⎞ M
N ⋅ ⎜⎜ + ⎟⎟ ≥ σ c1t + max (14.18)
⎝ A Wi ⎠ Wi
Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 403

⎛1 e ⎞ M
N ⋅ ⎜⎜ − ⎟⎟ ≤ σ c1 − max (14.19)
⎝ A Ws ⎠ Ws

Se l’eccentricità e in mezzeria è, come quasi sempre accade, esterna al nocciolo


[ ]
centrale di inerzia della sezione (e> eni = ρ /ys , con eni raggio di nocciolo inferiore), la
2

quantità:

1 e 1 ⎛ e⋅ y ⎞ 1 ⎛
⎟ = ⋅ ⎜1 − e

− = ⋅ ⎜⎜1 − 2 s ⎟ A ⎜ e
⎟⎟ (14.20)
A Ws A ⎝ ρ ⎠ ⎝ ni ⎠
risulta minore di 0 ed in conseguenza le precedenti (14.16-14.19), diventano.

⎛ M ⎞ 1
N ≤ N1 con N 1 = ⎜⎜ σ c 0 + min ⎟⎟ ⋅ (14.21)
⎝ Wi ⎠ β ⋅ ⎛⎜ 1 + e ⎞

⎜A W ⎟
⎝ i ⎠

⎛ M ⎞ 1
N ≤ N2 con N 2 = ⎜⎜ σ c 0t − min ⎟⎟ ⋅
⎝ Ws ⎛
⎠ β ⋅⎜ 1 − e ⎞ (14.22)
⎜A W ⎟⎟
⎝ s ⎠

⎛ M ⎞ 1
N ≥ N3 con N 3 = ⎜⎜ σ c1t + max ⎟⎟ ⋅
⎝ Wi ⎠ ⎛⎜ 1 + e ⎞

(14.23)
⎜A W ⎟
⎝ i ⎠

⎛ M ⎞ 1
N ≥ N4 con N 4 = ⎜⎜ σ c1 − max ⎟⎟ ⋅
⎝ Ws ⎠ ⎛⎜ 1 − e ⎞

(14.24)
⎜A W ⎟
⎝ s ⎠
In tali relazioni si osserva che per sforzo di precompressione esterno al nocciolo la
condizione di tiro fornisce un limite superiore, mentre la condizione di esercizio fornisce un
estremo inferiore (Fig. 14.4).
404 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

intervallo di valori accettabili


dello sforzo di precompressione

0 N4 N3 N1 N2
Fig. 14.4: Intervallo di progetto dello sforzo di precompressione

Le disequazioni precedenti permettono pertanto di dimensionare lo sforzo di


precompressione una volta assegnata la sezione e l’eccentricità e. La inidoneità della
sezione è segnalata dalla inesistenza di soluzione per il sistema di disequazioni precedenti.
Il problema successivo è quindi quello di progettare il tracciato più idoneo del cavo.

14.2 Nocciolo limite e Fuso di Guyon


Il perimetro del nocciolo centrale di inerzia della sezione rappresenta il luogo delle
antipolari di rette tangenti alla sezione e dipende dalla geometria della sezione reagente o,
in maniera equivalente, il luogo dei centri di pressione cui corrispondono assi neutri
tangenti alla sezione e quindi tensioni nulle sui bordi della sezione.
Se il centro di pressione passa per i punti di nocciolo superiore o inferiore della
sezione, l’asse neutro è tangente alla sezione rispettivamente al bordo inferiore e superiore
(Fig. 14.5). Tale situazione, se garantisce che la sezione è interamente compressa e quindi
reagente, non assicura che la tensione massima in compressione sia verificata, né consente
di sfruttare le sia pur modeste capacità di resistenza a trazione del materiale.
Allo scopo di avere uno strumento utile nella progettazione dell’andamento delle
armature da precompressione, si può allora definire, in analogia al nocciolo centrale di
inerzia, il nocciolo limite della sezione come il luogo dei punti nei quali il centro di
pressione può stazionare senza che vengano superate le tensioni ammissibili del
calcestruzzo in compressione ed in trazione (Fig. 14.6).
Da tale definizione, in fase di tiro, si ricava:
βN βN ⋅ e0
σ 0s = − ≥ σ 0t (14.25)
A Ws

βN βN ⋅ e 0 (14.26)
σ 0i = + ≤ σ 0c
A Wi
Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 405

dove con e0 si indica l’eccentricità del centro di pressione rispetto al baricentro della
sezione.
σ ( e=e ns )

a N
e ns
G
e ni
N
b

σ ( e=e ni )
Fig. 14.5: Diagramma di tensioni per centro di compressione negli estremi del nocciolo
centrale d’inerzia

Poiché occorre che entrambe le precedenti disuguaglianze siano verificate, la minore


delle due eccentricità ( e'0 ed e'0' ) che si ricavano dalle precedenti relazioni assunte come
equazioni nell’incognita e0, assume il significato di massima eccentricità inferiore
compatibile con le tensioni ammissibili del calcestruzzo e quindi di raggio inferiore del
nocciolo limite. Dalle precedenti relazioni, ponendo il segno di equivalenza, si ricava:

βN ⎛ A ⋅ e0′ ⎞
⋅ ⎜1 − ⎟⎟ = σ 0t (14.27)
A ⎜⎝ Ws ⎠

βN ⎛ A ⋅ e0′′ ⎞
⋅ ⎜⎜1 + ⎟ = σ 0c (14.28)
A ⎝ Wi ⎟⎠
e ponendo:
βN
σ 0m = (14.29)
A
406 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

Ws ρ2
= = e ni (14.30)
A ys

Wi ρ2
= = e ns (14.31)
A yi

E1
e 1 = min(e’1 ,e’’)
1
G
e 0 = min(e’0 ,e’’)
0
E0
e

Fig. 14.6: Nocciolo limite

si ottiene:

⎛ σ ⎞
e0′ = eni ⋅ ⎜⎜1 − 0t ⎟
⎟ (14.32)
⎝ σ 0m ⎠

⎛σ ⎞
e0′′ = ens ⋅ ⎜⎜ 0c − 1⎟⎟ (14.33)
⎝ σ 0m ⎠
Affinché siano verificate entrambe le disuguaglianze (14.25) e (14.26) occorre che la
distanza del centro di pressione dal baricentro della sezione reagente sia non superiore alla
minore delle quantità e0′ ed e0′′ che in modo sintetico si scrive:
Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 407

e0 = min(e0′ , e0′′ ) (14.34)

In condizioni di esercizio, le verifiche sono soddisfatte se:


N N ⋅ e1 (14.35)
σ 1s = + ≤ σ 1c
A Ws

N N ⋅ e1
σ 1i = − ≥ σ 1t (14.36)
A Wi

Indicando la tensione media con:


N
σ 1m = (14.37)
A
ed imponendo il segno di eguaglianza, dalle (14.35) e (14.36) si ottengono:

Ws ⎛σ ⎞ ⎛σ ⎞
e1′ = ⋅ ⎜⎜ 1c − 1⎟⎟ = eni ⋅ ⎜⎜ 1c − 1⎟⎟ (14.38)
A ⎝ σ 1m ⎠ ⎝ σ 1m ⎠

Wi ⎛ σ ⎞ ⎛ σ ⎞
e1′′ = ⋅ ⎜⎜1 − 1t ⎟ = ens
⎟ ⋅ ⎜⎜1 − 1t ⎟

(14.39)
A ⎝ σ 1m ⎠ ⎝ σ 1m ⎠
Anche in questo caso, affinché siano rispettate le disequazioni (14.35) e (14.36), la
distanza tra il centro di pressione ed il baricentro non deve superare l’eccentricità limite
superiore:
e1 = min (e1′ , e1′′) (14.40)
Le dimensioni del nocciolo limite sopra definite con riferimento ai valori dello
sforzo di compressione nelle fasi di tiro ed esercizio ed alle tensioni ammissibili del
calcestruzzo, coincidono con quelle del nocciolo centrale di inerzia della sezione nella
ipotesi che il limite di resistenza a compressione è molto grande ed il limite di resistenza a
trazione è zero. Infatti assumendo:
σ 0c = σ 1c = ∞ (14.41)

σ 0t = σ 1t = 0 (14.42)

risulta:
e0 = min( eni , ∞ ) = eni (14.43)

e1 = min (ens , ∞) = ens (14.44)


408 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

In realtà per dimensionare il nocciolo limite non è necessario calcolare entrambi i


valori ( e0′ , e0′′ ) in condizioni di tiro ed ( e1′ , e1′′ ) in condizioni di esercizio, in quanto è facile
verificare che se la tensione baricentrica in condizioni di tiro o di esercizio è minore della
tensione baricentrica allorché sono verificate ai bordi le tensioni ammissibili di
compressione e di trazione rispettivamente, allora la condizione sul centro di pressione più
limitativa è quella sul bordo teso, viceversa nel caso contrario (Fig. 14.7).

CONDIZIONE LIMITATIVA CONDIZIONE LIMITATIVA


AL BORDO TESO AL BORDO COMPRESSO
FASE DI TIRO
σom σom
ys ys
Mmin σom σom
G
H
σom < σom σom >σom
eo
eo = eo’ yi eo = eo’’ yi
βN

FASE DI ESERCIZIO

ys ys
Mmax
G
H
σ1m < σ1m σ1m >σ1m
e1
e1 = e1’ σ1m yi e1 = e1’’ σ1m yi
N
σ1m σ1m

Fig. 14.7: Diagrammi di tensioni ammissibili al variare della tensione media di


precompressione

Ciò può essere così sintetizzato:

per σ 0m < σ 0m allora e0 = e0′ (14.45)

per σ 0m > σ 0m allora e0 = e0′′ (14.46)

per σ 1m < σ 1m allora e1 = e1′′ (14.47)

per σ 1m > σ 1m allora e1 = e1′ (14.48)

essendo le tensioni baricentriche di riferimento in condizioni di tiro ed esercizio


Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 409

rispettivamente:

σ 0 c ⋅ y s + σ 0t ⋅ y i (14.49)
σ 0m =
H
σ 1c ⋅ yi + σ 1t ⋅ y s (14.50)
σ 1m =
H
La definizione del nocciolo limite di una sezione, indicando il campo di possibile
oscillazione del centro di pressione, rappresenta un utile ausilio per la definizione del
tracciato dei cavi (Fig. 14.8).
Se, infatti, in condizioni di tiro il centro di pressione deve trovarsi al di sopra del
punto inferiore del nocciolo limite, essendo il centro di pressione situato ad una distanza d0
dal cavo risultante:
M min (14.51)
d0 =
βN
deve risultare:
d0 ≥ di (14.52)

In condizioni di esercizio, dovendo il centro di pressione rimanere al di sotto del


punto di nocciolo superiore, la traslazione d1 data da:

M max (14.53)
d1 =
N
dovrà risultare:
d1 ≤ d s (14.54)

Risulta pertanto un dominio di possibile disposizione del cavo risultante delimitato


da due curve (Fig. 14.9) di equazione:
M max ( z )
e1 ( z ) = −e1 + (14.55)
N
M min ( z ) (14.56)
e0 ( z ) = e0 +
βN
Infatti, se il cavo è compreso tra le curve di equazione (14.55) e (14.56), risultano
rispettate tutte le disequazioni di verifica riportate in precedenza.
Il dominio così definito, denominato fuso di Guyon, consente di disporre con
semplicità i cavi in modo da rispettare le tensioni ammissibili in tutte le sezioni. Può essere
utilizzato in forma approssimata facendo l’ipotesi di sforzo normale costante lungo l’asse
410 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

della trave.
FASE DI TIRO FASE DI ESERCIZIO

E1

Mmin e1
G G

ds
e0 Mmax
d1
E0
d0
di
βN N

Mmin Mmax
d0 = di d1 = ds
βN N
Fig. 14.8: Traslazione del centro di pressione in condizioni di tiro ed esercizio

E1
e1 z
G e0 e0 (z) e1 (z)
E0

M min (z) M max (z)


βN (a) N

E0
eo eo (z) z
G e1
E1

e1 (z) M max (z) M min (z) (b)


N βN
Fig. 14.9: Fuso di Guyon per trave semplicemente appoggiata (a) e con sbalzo (b)
Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 411

Quando si debba definire il fuso di Guyon in travi con inversione del segno dei
momenti, ma con identico schema statico in condizioni di tiro e di esercizio, occorre
considerare che al cambiamento del segno del momento è connesso l’inversione del verso
di traslazione del centro di pressione oltre che l’inversione della posizione del cavo
risultante rispetto al baricentro della sezione dato che è opportuno che il cavo risultante sia
affine al diagramma delle sollecitazioni.
In tal caso è pertanto necessario determinare i punti di nocciolo superiore con
riferimento alle condizioni di tiro ed inferiore con riferimento alle condizioni di esercizio
per cui e0 si colloca al di sopra del baricentro ed e1 al di sotto.
Coerentemente le equazioni che definiscono il fuso di Guyon diventeranno:
M min ( z )
e0 ( z ) = − e0 + (14.57)
βN

M max ( z ) (14.58)
e1 ( z ) = e1 +
N
dove i momenti Mmin ed Mmax hanno il significato di momento al tiro ed in esercizio e sono
assunti con il segno negativo.
Ritornando al tracciato dei cavi, è allora evidente che nel caso di precompressione a
cavi scorrevoli, data la particolare forma del fuso di Guyon (Fig. 14.9a), che condiziona il
tracciato del cavo risultante in particolare nella zona centrale della trave, l’andamento dei
cavi deve rispettare esclusivamente condizioni tecnologiche legate all’ingombro delle
testate e delle guaine. E’ in genere sufficiente spaziare le piastre di ancoraggio in testata in
modo da avere un cavo risultante approssimativamente baricentrico. Ciò, unitamente al
rispetto delle condizioni di sicurezza in mezzeria, garantisce il rispetto delle tensioni
ammissibili lungo tutta la trave.
Nel caso di precompressione a fili aderenti rettilinei, alle condizioni su N imposte in
mezzeria occorre aggiungere quelle in testata al tiro:

βN βN ⋅ e
+ ≤ σ c0 (14.59)
A Wi

βN βN ⋅ e
− ≥ σ c 0t (14.60)
A Ws

cui segue:
σ c0
N≤ (14.61)
⎛1 e ⎞
β ⋅ ⎜⎜ + ⎟

⎝ A Wi ⎠
412 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

σ c 0t
N≥ (14.62)
⎛1 e ⎞
β ⋅ ⎜⎜ − ⎟⎟
⎝ A W s ⎠
Se tali condizioni non possono essere soddisfatte simultaneamente a quelle in
mezzeria, il che si verifica quando la curva di equazione (14.55) del fuso di Guyon taglia la
retta dell’estremo inferiore del nocciolo limite della sezione, la sezione non è idonea a
meno di non modificare l’eccentricità ed il valore dello sforzo di precompressione lungo
l’asse della trave. Tale operazione può essere eseguita con relativa facilità avvolgendo i
tratti terminali adiacenti agli estremi della trave dei trefoli più bassi in guaine prima del
getto. In tal modo viene impedita la solidarizzazione tra armatura pre-tesa e calcestruzzo,
riducendo così l’eccentricità complessiva e lo sforzo N.
Si sottolinea al riguardo che mentre è relativamente facile con tracciati parabolici o
comunque curvilinei rimanere entro i limiti del fuso di Guyon, purché lo stesso abbia una
dimensione reale al variare della ascissa lungo la trave, in presenza di tracciati rettilinei,
come in generale avviene nella travi pre-tese, non è sempre possibile rimanere all’interno di
tale dominio. Perché ciò sia possibile, nelle travi semplicemente appoggiate, occorre che la
più bassa ordinata della curva limite superiore del dominio sia più alta della più alta
ordinata della curva limite inferiore, ovvero della retta che definisce il punto di nocciolo
inferiore.

14.3 Il carico equivalente alla precompressione


Nei paragrafi precedenti per il calcolo delle tensioni si è fatto riferimento
all’equilibrio interno della sezione generica. Nelle strutture iperstatiche lo stato di coazione
indotto dalla precompressione con i suoi effetti deformativi provoca reazioni iperstatiche
che si sommano agli effetti dei carichi esterni ed a quelli diretti della coazione. Per valutare
gli effetti iperstatici attraverso la considerazione degli effetti deformativi della
precompressione su schemi resi isostatici, è utile introdurre il concetto di carico equivalente
alla precompressione che sintetizza l’insieme delle forze trasmesse dal cavo alla struttura.
In presenza di cavi rettilinei la trasmissione delle forze avviene esclusivamente agli
estremi del cavo (Fig. 14.10a -14.10b). Per una trave attraversata da un cavo rettilineo teso
da uno sforzo N, avente inclinazione α ed eccentricità e, le forze trasmesse dal cavo alla
sezione di testata valgono:
N z = N cos( α ) (14.63)

N y = N sen( α ) (14.64)
Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 413

M = N cos( α ) ⋅ e (14.65)

Se il cavo è ad asse spezzato (Fig. 14.10c), oltre alle azioni agli estremi sopra
indicate, si determinano nei punti di deviazione delle azioni concentrate di componenti:
N y = − N [sen( α i ) − sen( α i +1 )] (14.66)

N z = − N [cos( α i ) − cos( α i +1 )] (14.67)


(Ny>0 se diretta verso il basso, Nz>0 se diretta verso destra) con αi ed αi+1 angoli di
inclinazione del cavo rispettivamente a sinistra e a destra del punto di deviazione.
Pertanto, dalle (14.66) e (14.67) se, come nel caso di Fig. 14.10c, αi =α=−αi+1, si ha:
Ny=-N [senα-sen(-α)]=-2N senα (14.68)

Nz=-N [cosα-cos(-α)]=0 (14.69)

a) CAVO RETTILINEO b) CAVO RETTILINEO INCLINATO

N
z z eB
N e e N N eA
y y
L L

M=Ne M=Ne M=NeA M=NeB


z z
N N Nz Nz
Ny Ny
y y
c) CAVO AD ASSE SPEZZATO d) CAVO AD ASSE CURVO
N N
z N z N
eA eA eA eA
eB eB

y L/2 L/2 y L
M=NeA M=NeA
M=NeA M=NeA z
z Nz
Ny Ny
Nz
Nz Nz
Ny Ny y
y Fy qy

Fig. 14.10: Carico equivalente alla precompressione – esempi

Se infine il cavo ha un andamento curvilineo (Fig. 14.10d), lo stesso trasmette lungo


414 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

l’asse della trave anche una azione distribuita le cui componenti principali sono4:
N
p z ( z) = sen(α ) (14.70)
r
N
p y ( z) = cos(α ) (14.71)
r
Nelle travi gli angoli tra cavo ed asse della trave sono generalmente piccoli e
pertanto le relazione precedenti possono essere semplificate ponendo cos(α)=1 e sen(α)=α.
Pertanto,in generale, le azioni trasmesse dal cavo, concentrate in testata e distribuite
lungo la trave, diventano:
N y = − N ⋅α (14.72)

Nz = N (14.73)
M = N ⋅e (14.74)
N
pz ( z ) = α (14.75)
r
N
py( z ) = (14.76)
r
ed in corrispondenza di eventuali punti di deviazione:
N y = − N ⋅ (α i − α i +1 ) (14.77)

Nz = 0 (14.78)
Si osservi che il sistema di azioni equivalenti alla precompressione è autoequilibrato
e può essere utilizzato per il calcolo delle caratteristiche della sollecitazione sia in travi
isostatiche che iperstatiche, sovrapponendolo ai carichi esterni ed alle reazioni dei vincoli.
Nelle travi iperstatiche, tuttavia, è necessario valutare le reazioni iperstatiche
prodotte dal sistema equivalente, con i metodi usuali (metodo delle forze o degli
spostamenti). Ad esempio, utilizzando il metodo delle forze si rende inizialmente la
struttura isostatica con opportune sconnessioni e si scrivono equazioni di congruenza nelle
sezioni sconnesse. Le incognite del problema sono le reazioni iperstatiche mentre i termini
noti sono rappresentati dalle incongruenze derivate dalla azione della precompressione
valutata attraverso i carichi equivalenti.
Tale procedimento si applica, in modo esemplificativo, al caso di una trave continua
su tre appoggi con un unico cavo rettilineo posto ad una distanza e dall’asse baricentrico

4
In realtà nascono anche coppie distribuite mx(z) che in genere risultano tuttavia trascurabili.
Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 415

(Fig. 14.11). Sconnettendo le due campate e considerando il carico equivalente alla


precompressione, si ottiene l’equazione di congruenza in B:
N ⋅e⋅l X ⋅l X ⋅l N ⋅e⋅l
− = − (14.79)
2 EI 3 EI 3 EI 2 EI

Il momento iperstatico ottenibile dalla precedente relazione vale:


N ⋅e
X =3 (14.80)
2

z
N e e N

A l B l C

Ne Ne Ne Ne

Ne
MB =
MA =-Ne 2 MC=-Ne

Fig. 14.11: Carico equivalente alla precompressione e reazioni iperstatiche in una trave
continua su tre appoggi precompressa con cavo risultante orizzontale

Le sollecitazioni provocate dalla precompressione sono pertanto:


X ⋅z ⎛3 z ⎞
M ( z) = − N ⋅ e⋅ = N ⋅ e ⋅ ⎜ ⋅ − 1⎟ (14.81)
l ⎝2 l ⎠
Il centro di pressione dovuto alla sola precompressione è allora completamente
416 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

distinto dalla posizione del cavo5.


Un secondo esempio è fornito da una trave appoggiata ed incastrata con un cavo
rettilineo avente eccentricità eA ed eB negli estremi A e B della trave (Fig. 14.12).

N
eA
z eB

A y N
l B

Ne B

Fy

X
Fig. 14.12: Carico equivalente alla precompressione e reazioni iperstatiche in una trave
appoggiata ed incastrata precompressa con cavo risultante rettilineo

Considerando come trave isostatica associata la trave incastrata in A, il carico


equivalente alla precompressione è riconducibile alle seguenti azioni:
Fz = − N (14.82)

(e A + eB ) (14.83)
Fy = − N ⋅
l
M = N ⋅ eB (14.84)
L’equazione di congruenza in B si scrive:

5
Si comprende inoltre come la reazione iperstatica produca una sostanziale modifica del
diagramma delle sollecitazioni, causando una sensibile variazione del momento flettente rispetto a
quello provocato dalla precompressione sulla trave isostatica.
Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 417

(e A + e B )/l ⋅ l 3 e ⋅l2 l3
−N⋅ +N⋅ B −X⋅ =0 (14.85)
3 EI 2 EI 3 EI

da cui si trae l’incognita iperstatica:

⎛e e ⎞
X = N ⋅⎜ B − A ⎟ (14.86)
⎝ 2l l ⎠

che si annulla per eA=eB/2.


La reazione iperstatica si annulla quando il cavo assume un andamento affine al
diagramma del momento per coppia applicata nell’estremo appoggiato dello schema
esaminato. Infatti, considerando la sola deformazione flessionale generalmente prevalente,
le curvature associate ad un andamento siffatto del cavo non determinano incongruenze.

14.4 Il cavo concordante


Nelle travi iperstatiche l’effetto generico (taglio, momento, etc.) provocato dalla
precompressione è dovuto all’azione sulla sezione dello sforzo di compressione esercitato
dalle armature pretese ed all’azione delle caratteristiche derivanti dalle reazioni iperstatiche.
Con riferimento, ad esempio, al momento flettente provocato dalla precompressione
in una generica sezione, si ottiene:
M p = N ⋅ e + M r = M p0 + M r (14.87)

dove M p 0 rappresenta il momento provocato dalla precompressione sulla trave resa


isostatica ed Mr il momento provocato dalle reazioni iperstatiche.
E’ possibile, come già visto, utilizzare andamenti del cavo risultante che non
inducono reazioni iperstatiche; tali andamenti sono tutti quelli cui corrispondono momenti
Mpo e curvature congruenti con le condizioni vincolari.
418 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

q
A B

M(z)
MB

e(z) eB
G
z

A B
Fig. 14.13: Cavo parabolico
In pratica ogni possibile diagramma del momento sulla trave iperstatica individua un
sistema di curvature associate che rispetta le condizioni vincolari, e quindi, tracciando i cavi
in modo che la eccentricità del cavo risultante abbia un andamento affine ad un possibile
diagramma del momento, si è sicuri che le reazioni iperstatiche sono nulle e che l’effetto
flessionale della precompressione corrisponda a quello che si verificherebbe in una trave
isostatica, ossia che risulti in ogni sezione:
M p = N ⋅ e = M p0 (14.88)

In tal caso, anche nella trave iperstatica, il centro di pressione coincide con la
posizione del cavo in ogni sezione.
Se allora consideriamo la trave incastrata in B ed appoggiata in A (Fig. 14.13),
possiamo ipotizzare un cavo parabolico, con andamento affine a quello del diagramma del
momento per carico uniforme. In tal caso il momento ha equazione:

3 z 2 ql 2 ⎛ 3z 4 z 2 ⎞
M ( z) = q⋅l ⋅ z − q ⋅ = ⋅⎜ − ⎟ (14.89)
8 2 8 ⎜ l l2 ⎟
⎝ ⎠
Assegnando al cavo un andamento affine a quello del possibile diagramma del
momento sopra indicato, ad esempio:
Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 419

⎛ 3z 4 z 2 ⎞
e( z ) = e B ⋅ ⎜ − ⎟ (14.90)
⎜ l l2 ⎟
⎝ ⎠
si ottiene il diagramma delle curvature:

N ⋅ e( z ) N ⋅ e B ⎛ 3z 4 z 2 ⎞
χ ( z) = = ⋅⎜ − ⎟ (14.91)
EI EI ⎜ l l2 ⎟
⎝ ⎠
che rispetta le condizioni imposte dai vincoli e quindi non determina alcuna reazione
vincolare iperstatica dovuta alla precompressione.
Considerando, infatti, il carico equivalente alla precompressione connesso
all’andamento sopra descritto ed applicandolo su di uno schema isostatico con incastro in
B, risulta:
⎛ d e( z ) ⎞ ⎛ 3 ⋅ eB ⎞
N y , A = N ⋅ sen(α ) = N ⋅ ⎜ ⎟ = N ⋅⎜ ⎟ (14.92)
⎝ dz ⎠ z = 0 ⎝ l ⎠

⎛ d 2 e( z ) ⎞
p y (z ) =
N
= N ⋅⎜ ⎟ = − 8 ⋅ N ⋅ eB
r ⎜ dz 2 ⎟ (14.93)
⎝ ⎠ l2

Lo spostamento in A sulla trave isostatica equivalente, mensola con incastro in B, è


nullo e pertanto non nasce alcuna reazione vincolare iperstatica. Infatti:

N y, A ⋅ l 3 py ⋅ l 4 ⎛ e ⋅ l 2 eB ⋅ l 2 ⎞
ν= − = N ⋅⎜ B − ⎟=0 (14.94)
3 EI 8 EI ⎜ EI EI ⎟⎠

Analogamente, se si considera il diagramma del momento provocato da una coppia
antioraria in A (Fig. 14.14), la legge M(z), che rappresenta un ulteriore possibile
diagramma del momento sulla trave iperstatica, è dato da:
3⋅ M A ⋅ z
M ( z) = −M A + (14.95)
2⋅l
L’andamento del cavo affine al diagramma del momento indicato, risulta:
3 ⋅ eA ⋅ z ⎛ 3⋅ z ⎞
e( z ) = − e A + = eA ⋅ ⎜ − 1 + ⎟ (14.96)
2⋅l ⎝ 2⋅l ⎠
cui corrisponde un andamento delle curvature per uno sforzo di precompressione N
applicato:
420 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

N ⎛ 3⋅ z ⎞
χ ( z) = ⋅ eA ⋅ ⎜ − 1 + ⎟ (14.97)
EI ⎝ 2⋅l ⎠

MA A B
l
M(z)

eA e(z) z
G

A B
Fig. 14.14: Cavo concordante
Il carico equivalente alla precompressione per uno schema isostatico con incastro in
B e cavo con andamento affine al diagramma del momento fornito dalla (14.95) risulta:
⎛ 3 ⋅ eA ⎞
N y = N ⋅ senα = N ⋅ ⎜ ⎟ (14.98)
⎝ 2⋅l ⎠

M = − N z ⋅ eA = − N ⋅ eA (14.99)

Anche in questo caso lo spostamento in A è nullo e non comporta ancora alcuna reazione
vincolare:

N y ⋅l3 M ⋅l2 ⎛ e ⋅ l 2 eA ⋅ l 2 ⎞
ν= − = N ⋅⎜ A − ⎟=0 (14.100)
3 EI 2 EI ⎜ 2 EI 2 EI ⎟
⎝ ⎠
Anche andamenti del cavo ottenuti dalla combinazione dei due precedenti godono
ovviamente della proprietà di non determinare reazioni iperstatiche, per cui si ottiene al
variare di eA e di eB una doppia infinità di soluzioni per possibili andamenti del cavo
Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 421

concordante:
⎛ 3⋅ z ⎞ ⎛ 3⋅ z 4⋅ z2 ⎞
e( z ) = e A ⋅ ⎜ − 1 + ⎟ + eB ⋅⎜ − ⎟ (14.101)
⎝ 2⋅l ⎠ ⎜ l l2 ⎟
⎝ ⎠

14.5 Cenni su altri tipi di precompressione


L’idea iniziale della precompressione è quella di sfruttare completamente il
calcestruzzo determinando, attraverso uno stato di coazione interno, stati di sollecitazione
di compressione su tutta la sezione. Si parla in tal caso di Precompressione totale. A stretto
rigore nelle travi tale obbiettivo non può essere completamente raggiunto senza ricorrere ad
una precompressione sia longitudinale sia trasversale. Infatti, per effetto del taglio, in un
punto interno della sezione sono presenti sia tensioni normali in direzione dell’asse della
trave (solo di compressione in presenza di precompressione longitudinale) sia tangenziali,
con il conseguente risultato che le tensioni principali sono sia di compressione che di
trazione. Tuttavia, controllando che le tensioni principali di trazione siano sufficientemente
contenute, tale stato di sollecitazione può essere ritenuto compatibile con l’ipotesi di
sezione non parzializzata o completamente reagente. Si parla in questo caso di
Precompressione limitata; tale, cioè, da non eliminare tutte le sollecitazioni di trazione, ma
da poter considerate la sezione completamente reagente. E’ questo il caso che abbiamo
considerato finora.
In tempi recenti sono stati sviluppati sistemi diversi di precompressione, la
Precompressione parziale in cui la sezione è nuovamente parzializzata (come nel c.a.
normale) e la Precompressione esterna con armatura pretesa non solidale. L’ultimo tipo di
precompressione si ottiene con cavi esterni vincolati alle travi in punti discreti, alle
estremità ed in punti intermedi, dove l’andamento dei cavi viene deviato per far loro
assumere un tracciato ad asse spezzato. Tali tipi alternativi di precompressione rispondono
a particolari esigenze e manifestano comportamenti peculiari che occorre evidenziare.
La differenza più rilevante è che mentre nel caso di precompressione parziale
l’aderenza tra armature presollecitate e sezione garantisce alla membratura un
comportamento intermedio tra il c.a.p. con precompressione totale ed il c.a. normale, la
precompressione con cavi esterni ha caratteristiche notevolmente diverse.
In sintesi, mentre nella precompressione tradizionale, sia totale che limitata e
parziale, è ammissibile l’ipotesi di conservazione delle sezioni piane e la assunzione che la
deformazione dell’armatura presollecitata sia pari alla somma algebrica della deformazione
iniziale dovuta alla coazione imposta e della deformazione nella fibra di calcestruzzo posta
alla quota del cavo, nella precompressione con cavi esterni il comportamento a collasso
vede l’armatura presollecitata libera di deformarsi diversamente rispetto alla trave ed
assumere tensioni legate all’allungamento complessivo dei cavi connesso alla deformazione
della trave. Dipendendo lo stato tensionale dell’armatura presollecitata dall’allungamento
complessivo dei cavi e non dalla deformazione delle sezioni critiche, il contributo di tale
422 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

armatura in condizioni di collasso è nettamente inferiore a quello che si avrebbe nel caso di
armatura aderente. In realtà nel caso di precompressione esterna, l’armatura presollecitata
introduce nella struttura un sistema di forze aggiuntive, ovviamente progettate affinché
diano luogo ad effetti favorevoli, senza modificare le caratteristiche di resistenza delle
sezioni, che restano quelle dovute al calcestruzzo ed alla armatura lenta o anche
presollecitata ma aderente. Possono infatti darsi casi di travi precompresse sia con
precompressione totale o limitata o parziale, sia con ulteriori cavi esterni.
Le ragioni che hanno favorito il diffondersi di questa tecnica, prevalentemente in
Francia per ponti e viadotti, sono da ritrovarsi nella relativa semplicità di impiego in quanto
tale tecnica richiede soltanto la predisposizione di idonei ancoraggi esterni e di vincoli
intermedi per la deviazione dei cavi. Un altro campo in cui la tecnica trova applicazione è
quello del rinforzo di strutture esistenti in c.a., c.a.p. o acciaio, dove la applicazione di una
precompressione con cavi esterni è spesso l’unica forma di presollecitazione praticabile.

14.5.1 La precompressione parziale


Si considera parziale la precompressione nel caso in cui le tensioni di trazione nel
calcestruzzo superano i limiti della resistenza a trazione.
Pertanto, nella precompressione parziale parte della sezione risulta non reagente e
pertanto la verifica riacquista le caratteristiche proprie del c.a. ordinario con sezioni
parzializzate. E’ ovvio che in questo caso la flessione dovuta ai carichi esterni si trasforma
in pressoflessione se si considera anche l’effetto della precompressione.
Sussistendo una continuità di variazione nel comportamento nel passare dalla
precompressione totale al c.a. normale, possono definirsi alcuni indicatori che identificano
il grado di precompressione collocando lo specifico caso di precompressione parziale tra i
limiti di precompressione totale e c.a. normale. Si definisce pertanto il grado di
precompressione rispetto al carico massimo di servizio di una trave come il rapporto tra il
momento che provoca la decompressione, ovvero che determina tensione nulla al bordo
meno compresso, ed il momento massimo di esercizio:
M dec
Gp = (14.102)
Mg + Mq

Tale indicatore assume il valore Gp=1 nella precompressione totale ed il valore Gp=0
nel c.a. normale.
Un secondo parametro significativo atto a definire il grado di precompressione con
riferimento alle condizioni di rottura, è definibile come rapporto tra lo sforzo in condizioni
ultime dell’acciaio da precompresso e lo sforzo in condizioni ultime complessivo delle
armature tese:
A p f pk
Gr = (14.103)
A p f pk + As f sk
Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 423

Il rapporto Gr evidenzia il peso relativo in condizioni di rottura dell’armatura pretesa


e dell’armatura ordinaria. Anche Gr assume valore 0 nel c.a. normale e valore 1 in presenza
di sola armatura pretesa.
Tali indicatori nella precompressione totale, limitata e parziale sono caratterizzati
dagli ambiti orientativi di variazione riportati nella tabella che segue (Tab.14.1):
Gp Gr
precompressione totale ≥1 0.9÷1
precompressione limitata 0.8÷1 0.8÷0.9
precompressione parziale < 0.8 < 0.8
c.a. normale 0 0

Tab.14.1: Valori di Gp e Gr nei diversi tipi di precompressione


In realtà nella precompressione parziale si impone in ogni caso che il momento di
decompressione sia maggiore del momento dovuto ai carichi permanenti (Mdec>Mg) o, più
frequentemente, del momento dovuto ai carichi permanenti più una aliquota dei carichi
variabili (Mdec > Mg + k Mq).
Ciò comporta che nella precompressione parziale Gp ha un valore limite inferiore
dipendente dal rapporto tra Mq ed Mg oltre che dal valore di k. Per Mg=Mq e k=0.1, come
richiesto nella normativa italiana, si ottiene:
M dec M g + 0.1 ⋅ M q
G p ,min = = = 0.55 (14.104)
Mg + Mq Mg + Mq

In particolare la normativa italiana pone i seguenti limiti per la tensione di trazione


oltre la quale si parla di precompressione parziale:
- σct = 0.07 Rck per combinazioni di carico rare, purché sia disposta armatura
sussidiaria di acciaio ad aderenza migliorata diffusa in zona tesa in modo tale da
assorbire, alla tensione di lavoro di 175 N/mm2, l’intero sforzo di trazione;
- σct = 0.03 Rck per combinazioni di carico rare per travi ad armatura pretesa senza
la necessità di inserire armatura sussidiaria.
Tali limiti vanno ridotti del 30% per spessori inferiori a 5 cm.
In presenza di precompresione parziale, in condizioni di esercizio, occorre inoltre:
- valutare le tensioni nel calcestruzzo e nelle armature lenta e pretesa
considerando la sezione parzializzata;
- controllare che la sezione risulti interamente compressa in presenza della
condizione di carico quasi-permanente prevedendo in ogni caso un carico non
inferiore al carico permanente incrementato del 10% del carico variabile
disposto nel modo più sfavorevole;
- controllare che l’ampiezza delle fessure al livello delle armature ordinarie risulti
non superiore a quella ammessa per le armature sensibili alla corrosione (0.1
424 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

mm); tale valutazione si esegue considerando le armature ordinarie ad aderenza


migliorata e trascurando il contributo delle armature presollecitate;
- nel caso di sovraccarichi ripetuti che possono dar luogo ad effetti di fatica per il
gran numero di cicli di carico e scarico, occorre eseguire la verifica a fatica per
gli acciai ordinari e per quelli presollecitati. In tal caso è richiesto un
coefficiente di sicurezza almeno pari a due, come rapporto tra l’ampiezza
dell’intervallo di tensioni che determina la rottura e l’ampiezza dell’intervallo di
tensioni determinato dai carichi variabili riferiti entrambi alla stessa tensione
media.

14.5.2 La precompressione a cavi esterni non aderenti


Nella precompressione a cavi esterni non aderenti, l’effetto della coazione va
determinato valutando il carico equivalente alla precompressione mentre la resistenza delle
sezioni non è influenzata dalla armatura presollecitata. A differenza della precompressione
a cavi aderenti, in cui le perdite di tensione per effetti lenti sono correlate alle deformazioni
delle sezioni e quindi nelle travi isostatiche dipendono dallo stato di sollecitazione delle
singole sezioni, nella precompressione a cavi non aderenti, le perdite per effetti lenti
dipendono dalla variazione complessiva delle lunghezze dei cavi per effetto delle
deformazioni lente nella membratura in c.a. e nell’armatura presollecitata.
α'
a

f0

l/3 l/3 l/3

Fig. 14.15 Precompressione a cavi esterni non aderenti

Con riferimento al caso di Fig. 14.15 la lunghezza iniziale del cavo Lc, dopo la
tesatura e tenendo in conto la freccia assunta nei punti di deviazione vale:
l /3
Lc = 2 ⋅ +l /3 (14.105)
cosα '
essendo:
a − f0
α' = arctan (14.106)
l/ 3
Cap. 14. PROBLEMATICHE DI PROGETTAZIONE E VERIFICA DI STRUT. PRECOMPRESSE 425

con a la dimensione pari alla differenza di quota degli estremi del primo e secondo tratto
del cavo ed fo freccia elastica nelle condizioni di tiro.
Per la valutazione della variazione di lunghezza del cavo dovuta agli effetti lenti, si
analizzano separatamente gli effetti del ritiro, della viscosità del calcestruzzo, del
rilassamento.
Per il ritiro si ottiene:
⎛ l /3 ⎞
∆lc = ⎜ 2 ⋅ + l / 3⎟ ⋅ ε r (14.107)
⎝ cos α ' ⎠
essendo εr la deformazione dovuta al ritiro.
Per la viscosità è opportuno considerare separatamente l’effetto dell’accorciamento
indotto dalla azione assiale No e quello derivante dalla variazione di freccia indotta dalla
viscosità:
No ⋅ l
∆lc , v1 = ⋅ϕ (14.108)
Ec A

⎛ l /3 l /3 ⎞
∆lc ,v 2 = 2 ⋅ ⎜ − ⎟ (14.109)
⎝ cos α ' cos α ' ' ⎠
essendo φ il coefficiente di viscosità, α’’ l’angolo formato con l’orizzontale dei tratti primo
e terzo del cavo tenendo conto della variazione di freccia:
a − f1 ⋅ (1 + ϕ )
α ' ' = arctan (14.110)
l /3
con f1 rispettivamente la freccia nel punto di deviazione, indotta in condizioni di esercizio
dai carichi permanenti e dalla precompressione.
La variazione di lunghezza dovuta al rilassamento vale infine:
∆' σ ril
∆lc , ril = Lc ⋅ ε 'ril = Lc ⋅ (14.111)
Ep

essendo ∆' σ ril la perdita tensionale dipendente dal tipo di acciaio utilizzato per la
precompressione, dal livello di tensione iniziale (σspi / fptk), dall’entità degli effetti lenti
dovuti al comportamento reologico del calcestruzzo.
In analogia al caso di armatura aderente può porsi secondo la norma italiana:
⎡ (∆σ r + ∆σ v ) ⎤ ⎡ (∆Lc ,r + ∆Lc ,v ) ⋅ E p ⎤
′ = ⎢1 − 2.5
∆σ ril ⎥ ⋅ ∆σ ril = ⎢1 − 2.5 ⎥ ⋅ ∆σ ril (14.112)
⎢⎣ σ spi ⎥⎦ ⎢⎣ Lc ⋅ σ spi ⎥⎦
426 IL CALCOLO DI STRUTTURE IN C.A.P.

La variazione complessiva di lunghezza e la perdita tensionale per effetti lenti


valgono allora:
∆l c = ∆l c, r + ∆lc, v1 + ∆l c, v 2 + ∆l c, ril (14.113)

' ∆lc
∆σ = ∆σ r + ∆σ v + ∆ σ ril = E p ⋅ (14.114)
lc

Tali perdite, per la assenza di un vincolo permanente tra armatura presollecitata e


sezione, possono in linea generale essere ridotte o eliminate mediante ritesature che
riportano alle soglie volute gli sforzi di coazione nell’armatura presollecitata.
Nella membratura presollecitata occorre pertanto effettuare verifiche riguardanti:
- lo stato limite ultimo per forze normali;
- lo stato limite ultimo per forze taglianti;
- lo stato limite di servizio per fessurazione;
- lo stato limite ultimo per fatica se richiesto;
- lo stato limite ultimo per azioni localizzate indotte dagli ancoraggi di estremità
ed intermedi.
Naturalmente è necessario proteggere adeguatamente le armature che essendo
esterne e sollecitate a tensioni elevate sono più esposte a fenomeni di corrosione.
Capitolo 15

CAPACITÀ PLASTICA E DUTTILITA’


STRUTTURALE

15.1 Premessa
La capacità plastica e la duttilità di membrature e di strutture nel loro complesso
sono caratteristiche importanti del comportamento strutturale in quanto evitano che
fenomeni di collasso determinati da varie cause, quali carichi di entità e tipo non previsti,
valori della resistenza minori di quelli preventivati per degrado o insufficiente
dimensionamento di progetto ovvero ancora per cattiva esecuzione, si manifestino in
maniera improvvisa ed imprevista. Infatti, la duttilità permette il progressivo manifestarsi
della insufficienza strutturale attraverso il progredire di fessurazioni e deformazioni in
campo non lineare che, con il loro evidenziarsi, costituiscono un effettivo preavviso,
utilissimo alla prevenzione.
Più in dettaglio la capacità plastica è rappresentata dalla entità delle rotazioni e degli
spostamenti plastici consentiti, mentre la duttilità rappresenta il rapporto tra i predetti valori
ed i corrispondenti valori elastici.
I metodi di calcolo delle strutture che fanno riferimento al comportamento non
lineare delle membrature (metodo elastico con ridistribuzione dei momenti, plastico, non
lineare) richiedono un comportamento duttile delle sezioni critiche, intendendo per tali
quelle in cui si verifica il superamento dei limiti elastici, e modulano l’entità
dell’adattamento plastico alle effettive capacità duttili delle membrature.
La capacità plastica e la duttilità, auspicabili in generale, diventano per altro verso
indispensabili in campo sismico dove è alta l’aleatorietà delle azioni e gli stessi metodi di
progetto assumono il comportamento post-elastico come fase della risposta strutturale
fondamentale per sostenere azioni con periodo di ritorno relativamente alto. In particolar
modo in campo sismico può parlarsi di necessità di un comportamento duttile delle
strutture, intendendo che le membrature generiche e le strutture nel loro insieme devono
possedere caratteristiche di capacità plastica e di duttilità non inferiori a determinate soglie
imposte dalle condizioni sismiche di progetto.
428 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Senza addentrarsi negli aspetti più strettamente sismici, che esulano dai limiti della
presente analisi, si analizzeranno nel seguito le modalità con cui è possibile dimensionare le
membrature assumendo come requisito la duttilità richiesta.
Al riguardo si premette che al fine di valutare la capacità deformativa post-elastica
delle strutture, è utile distinguere la duttilità locale da quella globale. La prima, nelle
strutture intelaiate, si identifica con la capacità delle sezioni critiche (dove massime sono
generalmente le sollecitazioni flettenti) di sopportare rotazioni post-elastiche, la seconda si
misura con la capacità delle strutture di avere spostamenti di piano, generalmente all’ultimo
piano, significativamente maggiori di quelli elastici (Fig.15.1). Tale ultimo tipo di duttilità,
pur essendo direttamente connessa alla duttilità locale, dipende anche dal meccanismo di
collasso plastico che si genera. E’ allora importante adottare strategie di progettazione che
massimizzino sia la duttilità locale, attraverso il progetto delle sezioni e dei particolari
costruttivi delle sezioni critiche, sia la duttilità globale, determinando con un opportuno
dimensionamento meccanismi di collasso favorevoli. Nei telai multipiano a maglie
rettangolari, tipologia di larga prevalenza nelle strutture di edifici civili, meccanismi di tali
caratteristiche sono i meccanismi cosiddetti globali che vedono la formazione di cerniere
plastiche al piede delle colonne, allo spiccato ed alle estremità delle travi, mentre sono da
evitare per quanto possibile meccanismi di piano, caratterizzati da cerniere plastiche al
piede ed alla testa delle colonne di un generico piano. A tali ultimi meccanismi
corrisponde, infatti, una duttilità strutturale notevomente più bassa di quella che compete ai
meccanismi globali corrispondenti a parità di duttilità locale.

a) b)
Fig. 15.1: Meccanismo globale (a) e meccanismo locale di piano (b)
Quando la rottura può avvenire sia per flessione che per taglio, è opportuno evitare
che si determinino rotture per taglio anticipate rispetto alla completa plasticizzazione a
flessione. Infatti, la rottura per taglio è caratterizzata da una scarsa duttilità ed è pertanto
opportuno un sovradimensionamento delle armature resistenti a taglio rispetto a quelle a
flessione, orientando in tal modo il comportamento post-elastico verso una plasticizzazione
a flessione.
Limitando l’analisi che segue alla ricerca e valutazione della duttilità locale,
fondamentale in ogni caso se si vuole ottenere un’alta duttilità globale, si distinguono nel
Capitolo 15. LO STATO LIMITE DI DUTTILITA’ 429

seguito per comodità di trattazione vari aspetti della stessa, riconducibili a diverse
definizioni di duttilità, internamente connesse ma distinte:
- duttilità sezionale (o di curvatura)
- duttilità rotazionale delle membrature
- duttilità traslazionale.

15.2 La duttilità sezionale


La duttilità sezionale o di curvatura è la più facilmente definibile; può infatti
assumersi come il rapporto tra la curvatura ultima (φ u ) e la curvatura al limite elastico
( )
φ y della sezione considerata:
φu φ y + φ pl φ pl
µφ = = =1+ . (15.1)
φy φy φy

Nella precedente relazione φ pl rappresenta la curvatura plastica, esprimibile come


differenza tra quella ultima e la corrispondente elastica. Tali curvature sono condizionate
dalle deformazioni dei materiali al limite elastico ed allo s.l.u. e dalla posizione dell’asse
neutro nelle stesse condizioni.
0,80

0,70

0,60

0,50
ξe

0,40
µ
0,030
0,30
0,025
0,20 0,020
0,015
0,10 0,010
0,005
0,00
0,000 0,050 0,100 0,150 0,200 0,250 0,300 0,350 0,400 0,450
ν
Fig. 15.2: Andamento dell’asse neutro adimensionalizzato ξe in funzione del carico assiale
adimensionalizzato v al variare della percentuale geometrica di armatura (µ=µ’).
430 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

In condizioni elastiche, la posizione dell’asse neutro si determina con le note


relazioni della statica delle sezioni in campo lineare (Sn = 0 nella flessione e σc/yc·Sn = N
nella pressoflessione). In fig. 15.2 sono riportati al variare della percentuale geometrica
dell’armatura e dello sforzo normale adimensionalizzato (ν=N/bhf’cd) i valori dell’asse
neutro adimensionalizzato (ξe=ye/d) in condizioni elastiche.
Come è ovvio al crescere dello sforzo normale cresce la parte compressa della
sezione e quindi la profondità dell’asse neutro. Se ye rappresenta la distanza dal bordo
compresso dell’asse neutro di una sezione inflessa o pressoinflessa al limite elastico, risulta:

⎛ ε ce ε so ⎞ ⎛ε ε ⎞ 1
φ y = min⎜⎜ , ⎟⎟ = min⎜⎜ ce , so ⎟⎟ ⋅ (15.2)
⎝ ye d − y e ⎠ ⎝ ξe 1 − ξe ⎠ d
essendo rispettivamente εce ed εso le deformazioni al limite elastico del calcestruzzo
compresso e dell’armatuta tesa, assunte nel seguito rispettivamente pari a 1.8·f’cd/Ecm e
fsd/Es.
Mentre per l’armatura la definizione della deformazione al limite elastico εso = fsd/Es
ha un significato fisico preciso in quanto si identifica con la deformazione allo snervamento
della stessa, per il calcestruzzo assumere εce = 1.8·f’cd/Ecm ha un significato convenzionale,
corrispondente ad una significativa deviazione del calcestruzzo dal campo elastico.
Analogamente la curvatura φ u , indicando con yu la distanza dell’asse neutro dal
bordo compresso allo s.l.u. determinabile con le usuali equazioni di equilibrio alla
traslazione delle tensioni interne allo s.l.u., vale:

⎛ ε cu ε su ⎞ ⎛ε ε ⎞ 1
φu = min⎜⎜ , ⎟⎟ = min⎜⎜ cu , su ⎟⎟ ⋅ (15.3)
⎝ yu d − yu ⎠ ⎝ ξu 1− ξu ⎠ d
essendo εcu ed εsu le deformazioni ultime del calcestruzzo e dell’acciaio e ξu=yu/d.
In fig. 15.3 sono riportati gli andamenti della posizione dell’asse neutro allo s.l.u.
ξu=yu/d al variare degli stessi parametri prima utilizzati allo s.l. elastico.
In fig. 15.4 è, infine, riportata la curvatura al limite di snervamento
adimensionalizzata ( φ y ⋅ d ). Si nota come tale valore di curvatura è poco influenzato dalla
azione assiale per cui si adottano spesso valori costanti per travi e pilastri.
La parte plastica della curvatura vale invece:
φ pl = φu − φ y (15.4)
esprimibile nel modo seguente:

⎛ ε cu ε su ⎞ ⎛ε ε so ⎞ ⎛ ε − ε ce ε su − ε so
⎞1
φ pl = min⎜⎜ , ⎟⎟ − min⎜⎜ ce , ⎟⎟ ≅ min⎜⎜ cu⎟⎟ , (15.5)
y
⎝ u (d − y )
u ⎠ y
⎝ e (d − y )
e ⎠ ⎝ ξu ⎠d (1 − ξ u )
Nella (15.5), vista la modesta importanza nella determinazione di φ u della parte
elastica delle curvatura, si è assunto in via semplificata yu=ye .
Capitolo 15. LO STATO LIMITE DI DUTTILITA’ 431

0,7

0,6

0,5

0,4
ξu

0,3

µ
0,2
0,01
0,1 0,02
0,04
0,0
0,00 0,10 0,20 0,30 0,40 0,50 0,60
ν
Fig. 15.3: Andamento dell’asse neutro adimensionalizzato ξυ allo stato limite ultimo in
funzione di v al variare della percentuale geometrica di armatura.
0.0045

0.0040 Priestley (1998) - elementi presso-inflessi

0.0035
Priestley (1998) - elementi inflessi
0.0030

0.0025
φyd

0.0020 µ
0.040
0.0015
0.020
0.0010 0.010

0.0005
ν
0.0000
0.00 0.10 0.20 0.30 0.40 0.50 0.60
Fig. 15.4: Andamento della curvatura adimensionalizzata ( φ y ⋅ d ) al limite elastico, in
funzione della percentuale geometrica di armatura e di v.
432 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Nella Fig.15.5 è riportata la curvatura ultima adimensionalizzata mentre nella


Fig.15.6 è rappresentata la duttilità sezionale al variare della percentuale di armatura e di ν.
0.060

0.050

0.040

0.030
µ
φud

0.01
0.020
0.02
0.04
0.010

ν
0.000
0.00 0.10 0.20 0.30 0.40 0.50 0.60
Fig. 15.5: Andamento della curvatura adimensionalizzata ( φu ·d) al limite plastico in
funzione di v al variare della percentuale geometrica di armaturae.
25.0

20.0
µφ=(φu/φy)

15.0

10.0 0.010
0.020
0.040
5.0

ν
0.0
0.00 0.10 0.20 0.30 0.40 0.50 0.60

Fig. 15.6: Duttilità sezionale ( µφ = φu / φ y ) in funzione di v al variare della


percentuale geometrica di armatura.
Capitolo 15. LO STATO LIMITE DI DUTTILITA’ 433

Si osserva in tali rappresentazione come sia la curvatura ultima che la duttilità


sezionale si riducano rapidamente al crescere di ν. Analogo andamento si osserva per la
curvatura plastica riportata nella Fig.15.7.
0.0600

0.0500

0.0400
φpld

0.0300
µ
0.010
0.0200
0.020
0.040
0.0100

ν
0.0000
0.00 0.10 0.20 0.30 0.40 0.50 0.60

Fig. 15.7: Andamento della curvatura plastica adimensionalizzata ( φ pl ⋅ d ) in funzione di v


al variare della percentuale geometrica di armature.

15.3 La capacità rotazionale


Uno dei modi più semplici per valutare la capacità rotazionale è costituito dall’uso
della relazione che vede la rotazione plastica disponibile come prodotto della curvatura
plastica per la lunghezza della cerniera plastica lpl, ovvero del tratto di trave sollecitata oltre
il limite di snervamento dell’armatura tesa, assunta spesso in prima approssimazione pari a
0.5 d:
θ pl = φ pl ⋅ l pl = φ pl ⋅ (0.5 ⋅ d ) (15.6)

Tuttavia la relazione semplificata (15.6) non esprime la dipendenza della rotazione


plastica da vari fattori rilevanti quali ad esempio l’incrudimento dell’armatura, lo
scorrimento delle armature di ancoraggio della sezione critica, l’influenza del taglio sulla
rotazione plastica.
Modelli più accurati sono stati elaborati, alcuni di più o meno semplice
interpretazione fisica, altri di derivazione direttamente sperimentale.
Si osserva che, definendo la lunghezza della cerniera plastica efficace come la metà
434 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

del tratto di trave in cui la sollecitazione flettente supera quella di primo snervamento My,
rimanendo compresa tra My ed Mu, si ottiene:
Mu − M y Mu ⎛ fy ⎞
l 'pl = 0.5 ⋅ ⋅ = 0.5 ⋅ ⎜⎜1 − ⎟ ⋅ λ ⋅ d = 0.5 ⋅ψ ⋅ λ ⋅ d (15.7)
Mu V ⎝ f t ⎟⎠

Nella relazione (15.7) il rapporto tra il momento ultimo Mu ed il momento di prima


plasticizzazione My è stato espresso in via semplificata nel modo seguente:
Mu f
≅ t (15.8)
My fy

Si è assunta convenzionalmente come lunghezza della cerniera plastica la metà del


tratto compreso tra My ed Mu per tener conto in modo indiretto del fatto che lungo la
cerniera plastica la curvatura media può essere assunta approssimativamente pari alla metà
di quella che si determina a rottura e pertanto la rotazione ultima si otterrà dividendo per
due il prodotto della lunghezza del tratto di trave sollecitato in campo plastico per la
curvatura ultima.
Nella (15.7) ψ rappresenta un fattore dipendente dall’incrudimento e λ il fattore di
taglio (M/Vd) pari al rapporto tra la lunghezza caratteristica di taglio (lv =M/V) e l’altezza
della sezione (d). Il fattore di taglio λ dipende dallo schema strutturale e dal tipo di carico.
Ad esempio, in un pilastro di altezza L sollecitato flessionalmente alla Grinter vale
λ=M/Vd=(V·L/2)/(V·d)=L/2d, in una trave doppiamente incastrata vale λ=(qL2/12)/(q·L/2)/d
= L/6d, in una mensola caricata all’estremità libera da una forza tagliante vale
λ=(V·L)/(V·d)= L/d, ecc..
Un incremento della rotazione plastica, vista innanzi esclusivamente come
dipendente dalla curvatura plastica nel tratto della trave sollecitato oltre il limite elastico, è
connesso alla rotazione vincolare plastica che si stabilisce oltre l’estremo dell’asta. Tale
rotazione si può interpretare come sostanzialmente dovuta al rapporto tra l’allungamento
plastico dell’armatura tesa nel tratto di ancoraggio appartenente al vincolo ed il braccio
della coppia interna.
Definendo con la,y e la,u le lunghezze su cui si sviluppa l’ancoraggio per aderenza
nelle condizioni limiti elastica ed ultima, nella ipotesi di valore uniforme delle
sollecitazioni tangenziali di aderenza in tali condizioni (τa.y. e τa.u ), si ottiene:
db ⋅ f y db ⋅ ft
l a, y = l a ,u = (15.9)
4 ⋅ τ a, y 4 ⋅ τ a ,u

La rotazione plastica connessa a questo fenomeno può essere espressa nel modo
seguente (cfr. Fig. 15.8):
Capitolo 15. LO STATO LIMITE DI DUTTILITA’ 435

∆l a , u − ∆l a , y ⎛ ε su − ε sy ⎞ ⎛ ft − f y ⎞ d ⋅f
∆θ pl = = ⎜⎜ ⎟⋅⎜
⎟ ⎜ f
⎟ ⋅ la , u ≅ φ pl , s ⋅ψ ⋅ b t
⎟ (15.10)
d
*
⎝ d
*
⎠ ⎝ t ⎠ 4 ⋅τ a,u

dove φ pl ,s = φu ,s −φ y ,s rappresenta la curvatura plastica prodotta dall’allungamento plastico


dell’armatura, pari alla differenza tra la curvatura ultima φu , s e quella elastica φ y , s .

Fig. 15.8: Rotazione connessa alla deformazione dell’armatura tesa nella zona di
ancoraggio
Può pertanto definirsi una lunghezza plastica aggiuntiva dovuta alla deformazione
plastica del vincolo:
'' db ⋅ ft
l pl = ψ ⋅ (15.11)
4 ⋅τ a,u

In definitiva da questo modello deriva la seguente espressione della lunghezza della


cerniera plastica:
ft
l pl = l 'pl + l 'pl' = 0.5 ⋅ ψ ⋅ λ ⋅ d + ψ ⋅ ⋅ d b = k1 ⋅ lv + k 2 ⋅ d b (15.12)
4 ⋅ τ a,u
436 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

con:
ft
k1 = 0.5 ⋅ψ k 2 =ψ ⋅ (15.13)
4 ⋅τ a,u

Numerose espressioni in letteratura e nelle normative possono essere ricondotte a


questo modello. Si cita al riguardo la relazione di Priestley et al. (1996) che, in MPa e mm,
si scrive:
l pl = 0.08 ⋅ l v + 0.022 ⋅ f y ⋅ d b (15.14)
E’ facile verificare che la formula (15.12), essendo λ·d = lv , riporterebbe per
ft/fy=1.18 e τa,u=2.0 MPa:
k1 = 0.08 k 2 /f y = 0.022 (15.15)

Tuttavia la scelta dei coefficienti numerici nelle formule suggerite in letteratura è


certamente influenzata dalla volontà di riprodurre il più fedelmente possibile risultati
sperimentali di riferimento oltre che dalla necessità di fornire valori cautelativi della
rotazione plastica.
Si ricordano alcune formulazioni alternative:
- Lehman et al. (1998)
ft
l pl = 0.5 ⋅ψ ⋅ l v + 1.2 ⋅ψ ⋅ ⋅db (15.16)
4 ⋅τ a , y

con τ a, y = fc
- Panagiotakos & Fardis (2001)
l pl = 0.12 ⋅ l v + 0.014 ⋅ f y ⋅ d b (15.17)
In fig.15.9 per un acciaio con resistenze ft=450 MPa, fy =380 MPa, calcestruzzo
fc=25 MPa e diametro db delle barre di 20 mm, sono riportate le lunghezze delle cerniere
plastiche ottenute dalle varie formulazioni.
La formulazione base (vedi 15.12), adottando per τa,u la espressione τa,u =0.5 fc0.5
fornisce valori di poco inferiori alle formulazioni di Priestley mentre la formulazione di
Lehman si mantiene piuttosto al di sotto. La formulazione di Panagiotakos & Fardis ha un
andamento più acclive al crescere della lunghezza di taglio della membratura.
La rotazione plastica della sezione critica si ottiene pertanto moltiplicando la
curvatura plastica fornita dalla (15.5) per una delle relazioni precedententemente ottenute
per la lunghezza delle cerniere plastiche.
Facendo riferimento alla relazione generale (15.12) si ottiene:
Capitolo 15. LO STATO LIMITE DI DUTTILITA’ 437

⎛ ε − ε co ε su − ε so ⎞ 1
θ pl = min⎜⎜ cu , ⎟ ⋅ ⋅ (k1 ⋅ l v + k 2 ⋅ d b )
⎟ d (15.18)
⎝ ξu 1− ξu ⎠
400

350

300

250
lpl [mm]

200

150 Priestley
100 Lehman
Pan & Fardis
50
Modello generale
0
0 500 1000 1500 2000 2500

LV [mm]
Fig. 15.9: Lunghezza della cerniera plastica in mm in funzione della lunghezza di taglio
(lv=M/V) e per db=20 mm ed ft/fy=1.184
0.025
d=400 mm; ε cu =0.0070
0.020 d=400 mm; ε cu =0.0035
d=600 mm; ε cu =0.0070
0.015 d=600 mm; ε cu =0.0035
θ pl [rad]

0.010

0.005

0.000
0.00 0.10 0.20 0.30 0.40 0.50 0.60 0.70
ξ
Fig. 15.10: Rotazione plastica al variare della posizione dell’asse neutro, della
deformazione ultima del calcestruzzo e della altezza della sezione
438 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

In Fig. 15.9 è riportata la rotazione plastica al variare della posizione dell’asse


neutro in condizioni ultime per i seguenti valori dei parametri influenti:
lv = 2500 mm, d = 400 e 600 mm, fs =440 MPa, fc = 17.6 MPa
εsu = 0.02, εcu = 0.0035 e 0.007, εco = 0.0006, εso = 0.0021
Per la valutazione della lunghezza della cerniera plastica si sono adottati i valori dei
coefficienti k1 e k2 suggeriti da Priestley.
In particolare si osserva che al crescere della dimensione trasversale della
membratura la rotazione plastica si riduce considerevolmente, mentre al crescere della
deformazione ultima del calcestruzzo per effetto del confinamento si ottiene un incremento
consistente della capacità plastica.
Nella attuale Normativa (NTC 2008) è inoltre riportata una relazione per la
valutazione della capacità rotazionale,in condizioni di collasso,di derivazione sperimentale
derivata da quella ottenuta inizialmente da Panagiotakos & Fardis (2001), limitando
inferiormente una vasta serie di risultati sperimentali, relativi tra l’altro anche a prove
cicliche:

v ⎡ max(0.01, ω ')
0.225 0.35
1 ⎤ ⎛l ⎞ (α ρ sx f wy / f c ) 100 ρ d
θu = 0.016 ⋅ 0.3 ⋅ ⎢ ⋅ fc ⎥ ⋅⎜ ν ⎟ ⋅ 25 ⋅ 1.25 (15.19)
γ el ⎣ max (0. 01, ω ) ⎦ ⎝h⎠
In tale relazione i parametri utilizzati hanno il significato seguente:
ƒ γel = 1.5 per elementi primari ed 1.0 per elementi secondari, definiti tali quando
sia la rigidezza che la resistenza viene ignorata nell’analisi. Tali elemento devono
avere tuttavia una deformabilità tale da non pregiudicare la loro capacità portante;
ƒ ν = sforzo normale normalizzato
ƒ ω e ω’ = percentuale meccanica dell’armatura tesa e compressa (nelle pareti tutta
l’armatura d’anima è da includere in quella in trazione;
ƒ ρsx = Asx/bwsh percentuale di armatura trasversale con Asx area delle staffe (area
della sezione della staffa per numero di bracci), bw larghezza della sezione
ortogonalmente al piano di flessione, sh passo delle staffe;
ƒ ρd = percentuale di armatura inclinata;
ƒ α = (1 - sh/2bo) (1 - sh/2ho) (1 – Σbi2/6hobo) fattore di efficienza del confinamento
con ho e bo dimensioni del nucleo confinato, bi distanze delle barre longitudinali
trattenute da tiranti o staffe presenti sul perimetro, sh passo delle staffe.
Inoltre per le pareti oppure in presenza di acciaio incrudente il valore dato dalla
(15.19) deve essere diviso per 1.6, mentre per gli elementi privi di particolari costruttivi
antisismici il valore fornito dalla stessa (15.19) va moltiplicato per 0.85. Infine in presenza
di barre lisce e di condizioni di ancoraggio insufficienti, il valore ottenuto in precedenza
deve essere moltiplicato per 0.575.
In presenza di pilastri a doppia armatura simmetrica, in assenza di armatura
inclinata, la relazione precedente diventa più semplicemente funzione della staffatura, del
rapporto tra lunghezza di taglio (M/V) ed altezza della sezione, del carico assiale
adimensionalizzato:
Capitolo 15. LO STATO LIMITE DI DUTTILITA’ 439

0.35
1 ⎛l ⎞ (αρ sx f wy /f c )
θu = 0.016 ⋅ 0.3ν ⋅ f c0.2 25 ⋅ ⎜ v ⎟ ⋅ 25 (15.20)
γ el ⎝h⎠
In fig. 15.11 è riportato l’andamento della rotazione ultima al variare della posizione
dell’asse neutro allo s.l.u. (ξu=νu/0.8) sull’asse delle ascisse ed al variare della percentutale
dell’armatura di confinamento (ρ= 0.25%, 0.5%, 0.75%, 1.0%, 1.25%) per acciaio con
fwy=440 MPa e calcestruzzo di resistenza fc =17.6 assumendo inoltre lv/h =2.5 ed α=0.5.
Tali curve non sono direttamente comparabili con quelle di fig. 15.7 in quanto trattasi di
rotazione ultima e non plastica, ed inoltre di sezione confinata con staffe. Esse evidenziano
il rilevante effetto del confinamento sulla capacità plastica.
0,08

0,07
ρsx
0,06 1,25%
1,00%
0,05 0,75%
θu [rad]

0,50%
0,04
0,25%
0,03

0,02

0,01

0
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7
ξu
Fig. 15.11: Andamento della rotazione ultima al variare della posizione dell’asse neutro e
della percentuale di armatura di confinamento
In alternativa alla (15.19) la suddetta Normativa (NTC 2008) fornisce una
formulazione per la capacità plastica di derivazione teorica, anche se i coefficienti sono
opportunamente tarati in modo da fornire risultati poco diversi dalla (15.19):

1 ⎛⎜ ⎛ 0.5 ⋅ L pl ⎞⎞
θu = ( )
θ + φu − φ y ⋅ L pl
γ el ⎜⎝ y
⋅ ⎜⎜1 −
Lv
⎟⎟
⎟⎟
(15.21)
⎝ ⎠⎠
essendo:
440 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Lv ⎛ h ⎞ db ⋅ f y
θy =φy + 0.0013 ⋅ ⎜⎜1 + 1.5 ⎟ ⋅ +0.13 ⋅ φ y
⎟ per travi e pilastri (15.22a)
3 ⎝ lv ⎠ fc
Lv ⎛ l ⎞ db ⋅ f y
θy =φy + 0.002 ⋅ ⎜⎜1 − 1.125 v ⎟⎟ ⋅ +0.13 ⋅ φ y per pareti (15.22b)
3 ⎝ h ⎠ fc
db ⋅ f y
L pl = 0.1 ⋅ Lv + 0.17 ⋅ h + 0.24 (15.22c)
fc

In tali relazioni h è l’altezza della sezione, fy ed fc sono le resistenze dell’armatura e


del calcestruzzo, db è il diametro medio delle barre longitudinali, φ y la curvatura elastica
della sezione di momento massimo, Lv la lunghezza di taglio. Nella valutazione della
curvatura ultima φu , occorre poi considerare l’allungamento uniforme dell’acciaio,
corrispondente al carico massimo..

15.4 La duttilità traslazionale


In campo sismico ha grande rilevanza la duttilità traslazionale dei piani. Essa è
direttamente connessa alla rotazione della corda della membratura tra l’incastro e la sezione
a distanza dall’incastro pari alla luce di taglio. In un modello a mensola essa coincide con la
rotazione della corda tra l’incastro e la sezione di estremità direttamente caricata dalla
forza. Tale rotazione, considerando la deformazione flessionale dell’asta al limite elastico
della sezione più sollecitata ed il cedimento vincolare al limite elastico, può essere espresso
dalla (15.22a) o dalla (15.22b).
La rotazione allo stato limite ultimo, si può ricavare sommando alla precedente la
rotazione plastica già indicata in precedenza. Si ottiene pertanto:
⎛ ε cu − ε co ε su − ε so ⎞ 1
θ u = θ y + θ pl = θ y + min ⎜⎜ , ⎟ ⋅ ⋅ ( k1 ⋅ l s + k 2 ⋅ d b )
⎟ d (15.23)
⎝ ξu 1− ξu ⎠
Possono pertanto definirsi la duttilità rotazionale e quella traslazionale a partire dalla
duttilità di curvatura:
θu θ pl
µθ = = 1+ (15.24)
θy θy

∆u ∆y + ∆ pl θ pl ⋅ (lv − 0.5 ⋅ l pl ) ⎛ l pl ⎞
µ∆ = = = 1+ = 1 + ( µθ − 1) ⋅ ⎜⎜ 1 − 0.5 ⎟⎟ (15.25)
∆y ∆y θ y ⋅ lv ⎝ lv ⎠
Capitolo 15. LO STATO LIMITE DI DUTTILITA’ 441

E’ il caso di sottolineare che la duttilità è una caratteristica certamente favorevole,


ma non esaurisce la descrizione della capacità plastiche della membratura. Infatti è spesso
più importante la capacità deformativa plastica in assoluto (θpl), essendo legata a questa la
capacità di spostamento delle strutture in campo plastico (∆pl), di grande interesse in campo
sismico.

15.5 Il Confinamento esterno

15.5.1 Confinamento con camicie o angolari e calastrelli metallici


Nelle strutture sottoposte ad azioni estreme, il comportamento plastico delle sezioni
critiche può essere considerevolmente migliorato se si ricorre al confinamento delle stesse.
Ciò è documentato ad esempio in fig. 15.11 dove è riportata la dipendenza della rotazione
ultima dalla percentuale geometrica delle staffe. Tale effetto può essere ottenuto pertanto
sia in fase costruttiva, ricorrendo a fitte staffature delle sezioni critiche delle membrature
finalizzate allo scopo di offrire una consistente azione di confinamento oltre che ad
impedire la instabilità in campo plastico delle barre compresse, sia in fase di adeguamento
sismico di strutture non progettate con finalità sismiche, che risultano nella generalità dei
casi poco curate sotto l’aspetto del confinamento.
Dal punto di vista della tecnologia da impiegare, il confinamento può essere
realizzato con dispositivi metallici di cerchiatura (lamiere, angolari e calastrelli) o con
materiali compositi come CFRP o GFRP o ancora AFRP (materiali compositi con fibre di
Carbonio, Vetro o Aramide).
Il problema della valutazione quantitativa degli effetti del confinamento è stato
largamente studiato portando a risultati abbastanza consolidati. In sintesi tali effetti si
possono ricondurre ad un incremento sia della resistenza del calcestruzzo confinato sia
della sua capacità deformativa, particolarmente importante in zona sismica quando si
intenda incrementare la capacità plastica delle membrature in edifici esistenti.
Per valutare la resistenza fcc e la deformazione ultima del calcestruzzo confinato εccu,
in presenza di confinamento con acciaio, si possono utilizzare le relazioni (15.26) e (15.27),
ricavate dalla attuale Normativa NTC 2008, con riferimento a strutture esistenti, in cui fc è
la resistenza ottenuta dalla media delle resistenze dei provini divisa per il Fattore di
Confidenza assunto in funzione del Livello di Conoscenza, εcu è la deformazione ultima del
calcestruzzo non confinato.
442 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

⎡ ⎛k ⋅ f ⎞
0.86 ⎤
f cc = f c ⋅ ⎢1 + 3.7 ⋅ ⎜⎜ s l ⎟

⎥ (15.26)
⎢ ⎝ fc ⎠ ⎥
⎣ ⎦

⎡ ks ⋅ fl ⎤
ε ccu = ε cu ⋅ ⎢1 + 12.5 ⋅ ⎥ (15.27)
⎣ fc ⎦

essendo ks=αn٠αs e fl=0.5٠ρs٠fws il fattore di efficienza del confinamento e la tensione


trasversale nell’elemento confinato indotta dal confinamento stesso. Più in particolare i
fattori fws e ρs rappresentano la resistenza allo snervamento dell’acciaio utilizzato per il
confinamento e la percentuale volumetrica espressa nel modo seguente per una sezione
rettangolare con confinamento discontinuo o continuo rispettivamente:
2 ⋅ As ⋅ (b + h ) 2 ⋅ t s ⋅ (b + h )
ρs = ; ρs = (15.28)
b⋅h⋅s b⋅h
In tale relazione b ed h sono le dimensioni della sezione, As ed s l’area ed il passo
per un confinamento discontinuo, ts spessore in caso di confinamento continuo.
Inoltre αn ed αs, fattori di efficienza del confinamento nella sezione, valgono:

(b − 2 ⋅ R ) + ( h − 2 ⋅ R )
2 2

αn = 1− (15.29)
3⋅b ⋅ h

⎛ s − hs ⎞ ⎛ s − hs ⎞
α s = ⎜1 − ⎟ ⋅ ⎜1 − ⎟ (15.30)
⎝ 2⋅b ⎠ ⎝ 2⋅h ⎠
essendo R il raggio di arrotondamento degli spigoli, hs l’altezza delle bande discontinue di
confinamento, pari al passo s in presenza di confinamento continuo (αs=1). In presenza di
angolari e calastrelli R può essere assunto pari al minore tra la lunghezza del lato degli
angolari e 5 volte lo spessore delle stesse ali.
Il parametro αn rappresenta il rapporto tra l’area della sezione efficacemente
confinata e l’area totale della sezione. Con riferimento alla figura 15.12 si può apprezzare
visivamente come l’area di calcestruzzo efficacemente confinata Ac,eff sia piuttosto ridotta
rispetto alla sezione complessiva Ac. Infatti la parte tratteggiata della sezione, a causa dell’
“effetto arco”, può essere ritenuta confinata sia pure con intensità variabile, mentre la parte
residua non risente in maniera significativa della azione di confinamento.
Capitolo 15. LO STATO LIMITE DI DUTTILITA’ 443

r
-

CLS NON CONFINATO

d
-

CLS CONFINATO

d-2r

Fig. 15.12: Area efficace


L’espressione (15.29) è ottenuta ipotizzando che gli archi di Fig. 15.12 siano di fatto
archi di parabola la cui tangente iniziale forma un angolo di 45° con i lati del provino.
Il coefficiente di forma dipende, dunque, dal rapporto tra il raggio di arrotondamento
dello spigolo ed i lati della sezione; in presenza di sezioni quadrate di lato b, al tendere del
rapporto R/b a 0.50, il coefficiente di forma tende al valore asintotico di 1, valido per
sezione circolare.
Per sezioni circolari di diametro d, infatti, il coefficiente αn vale 1, ed inoltre:
4 ⋅ As ⋅ 4 ⋅ ts ⋅ (15.31)
ρs = ; ρs =
d ⋅s d
2
⎛ s − hs ⎞
α s = ⎜1 − ⎟ (15.32)
⎝ 2⋅d ⎠

essendo come innanzi As ed s l’area ed il passo per un confinamento discontinuo, ts


spessore in caso di confinamento continuo.
Nella Fig. 15.13 sono graficizzate le relazioni (15.26) e (15.27). In particolare sono
riportati gli andamenti di fcc/fc e di εcc/εcu in funzione di ksfl/fc sull’asse delle ascisse.
Si osserva il rapido incremento della deformazione ultima del calcestruzzo,
significativo anche per valori modesti dell’azione di confinamento.
444 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Fig. 15.13: Andamento della resistenza (fcc/fc) e della deformazione longitudinale ultima
(εcc/ εcu) al variare del confinamento (cfr.15.26 e 15.27).

15.5.2 Confinamento con FRP


Per la stima della resistenza fcc e della deformazione ultima εcc di elementi confinati
con sistemi in FRP vi sono in letteratura numerose espressioni che richiedono, come per il
confinamento con dispositivi metallici, la preventiva valutazione della pressione laterale di
confinamento fl corrispondente al limite di rottura delle fibre oppure ad una deformazione
massima tollerabile dal sistema calcestruzzo-confinamento anche in relazione al grado di
parzializazione della sezione a collasso. Tra le numerore leggi introdotte per esprimere
l’effetto determinato dal confinamento sulla resistenza e sulla duttilità, si riportano quelle
riportate nelle Istruzioni CNR DT 200/2004 che hanno avuto buone conferme sperimentali:

⎛ ⎛ k s ⋅ 0.5 ⋅ ρ f ⋅ E f ⋅ ε fd ,rid ⎞
(2/3)
⎞ ⎛ ⎛ k s ⋅ fl ⎞
(2/3)

fcc = fc ⋅ ⎜ 1 + 2.6 ⎜ ⎟ ⎟= fc ⋅ ⎜ 1 + 2.6 ⎜ ⎟ ⎟ (15.33)
⎜ ⎝ fc ⎠ ⎟ ⎜ ⎝ fc ⎠ ⎟
⎝ ⎠ ⎝ ⎠
⎛ k s ⋅ 0.5 ⋅ ρ f ⋅ E f ⋅ ε fd ,rid ⎞ ⎛ k s ⋅ fl ⎞
ε cc = ε cu ⋅ ⎜ 1 + 4.286 ⎟ = ε cu ⋅ ⎜ 1 + 4.286 ⎟ (15.34)
⎜ fc ⎟ ⎝ fc ⎠
⎝ ⎠
Nelle (15.33) e (15.34) i termini fc ed εcu rappresentano rispettivamente la resistenza media
dei valori ottenuti dalle prove divisa per il Fattore di Confidenza (in riferimento a
costruzioni già esistenti), e la deformazione ultima del calcestruzzo non confinato, ks=αn٠αs
il coefficiente di efficienza già definito per l’acciaio. Mentre nel confinamento con
dispositivi metallici la pressione di confinamento è ricavabile direttamente dalla tensione di
Capitolo 15. LO STATO LIMITE DI DUTTILITA’ 445

snervamento degli elementi metallici di confinamento, nel caso del FRP, che si mantiene in
campo elastico fino a rottura, è necessario definire una deformazione massima trasversale
<efficace> per l’elemento confinato e per le fibre di confinamento. Pertanto nelle Istruzioni
CNR DT200/2004 la pressione laterale di confinamento fl è espressa in funzione della
deformazione εfd,rid ( f l = 0.5 ⋅ ρ f ⋅ E f ⋅ ε fd , rid ) . In tale relazione il coefficiente ρf
rappresenta come per l’acciaio la percentuale volumetrica esprimibile con le (15.28) e
(15.31). Per la deformazione εfd,rid, le Istruzioni citate forniscono la relazione:

ε fd ,rid = min {η a ⋅ ε fk / γ f ; 0.6 ⋅ ε fk } (15.35)

con: ηa= fattore di conversione ambientale riportato nella Tab.15. 2, γf = coefficiente di


sicurezza parziale riportato nella Tab.15. 1, εfk = deformazione caratteristica delle fibre.

Modalità di collasso Applicazioni tipo A Applicazioni tipo B


Rottura 1.10 1.250
Delaminazione 1.20 1.50
Tab.15. 1:Coefficiente γf

Condizioni di Esposizione Tipo di Fibra/Resina ηa


Interna Vetro/Epossidica 0.75
Interna Arammidica/Epossidica 0.85
Interna Carbonio/Epossidica 0.95
Esterna Vetro/Epossidica 0.65
Esterna Arammidica/Epossidica 0.75
Esterna Carbonio/Epossidica 0.85
Ambiente aggressivo Vetro/Epossidica 0.50
Ambiente aggressivo Arammidica/Epossidica 0.70
Ambiente aggressivo Carbonio/Epossidica 0.85
Tab.15. 2: Coefficiente ηa
E’ importante ricordare che in presenza di elementi prismatici, onde evitare la
repentina rottura delle fibre in corrispondenza degli spigoli dove si sommano le
deformazioni per la dilatazione dell’elemento e per l ’incurvamento delle fibre, è necessario
smussare gli spigoli riducendone la curvatura. Deve essere in ogni caso R ≥ 20 mm se si
vuole conservare una effettiva capacità di confinamento.
Nella fig. 15.15 sono riportati in forma normalizzata gli andamenti della resistenza
fcc e della deformazione ultima nel calcestruzzo in funzione del rapporto di confinamento
(ksfl/fc ), utilizzando la (15.33) e la (15.34) rispettivamente.
446 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Fig. 15.15: Andamento della resistenza( fcc/fc) e della deformazione longitudinale ultima
(εcc/εcu) al variare del confinamento (15.33 e 15.34).

15.6 Il progetto a duttilità controllata


Sulla base delle indicazioni desunte nei paragrafi precedenti sulla dipendenza della
deformazione ultima del calcestruzzo dal confinamento, è possibile per sezioni confinate
con acciaio o FRP dimensionare la quantità di acciaio o di fibra da applicare per ottenere
una predefinita capacità rotazionale.

Confinamento con acciaio


La capacità rotazionale è direttamente connessa all’incremento della duttilità di
curvatura, dipendente sia dall’incremento di deformazione ultima che di resistenza del
calcestruzzo compresso. Infatti, identificando la crisi plastica della sezione con il collasso
del calcestruzzo compresso, per l’incremento di duttilità Iµ, si ottiene:
φ u ,tar ε cu ,tar y u ,disp ⎡f ε ⎤
Iµ = = ⋅ ≅ ⎢ cc ⋅ cc ⎥ (15.36)
φ u ,disp y u ,tar ε cu ,disp f
⎣ c ε cu ⎦

In tale relazione φ u ,tar , εcu,tar ed yu,tar rappresentano curvatura, deformazione ultima


ed asse neutro della sezione confinata, φ u , disp , εcu,disp ed yu,disp le corrispondenti grandezze
della sezione non confinata. Inoltre nella 15.36 si è fatto corrispondere al rapporto degli assi
neutri in condizione confinata e non confinata il rapporto inverso delle resistenze del
calcestruzzo, in quanto a parità di armatura ed eventuale carico assiale, risulta:
Capitolo 15. LO STATO LIMITE DI DUTTILITA’ 447

yu ,tar ⋅ f cc ≅ yu , disp ⋅ f c (15.37)

Pertanto la espressione dell’incremento di duttilità di curvatura per il confinamento


con elementi metallici può essere ottenuta dalla 15.26 e 15.27, nella forma seguente:

f ε ⎡ ⎛k ⋅ f ⎞
0.86 ⎤
⎡ k ⋅f ⎤
I µ = cc ⋅ cc = ⎢1 + 3.7 ⋅ ⎜⎜ s l ⎟

⎥ ⋅ ⎢1 + 12.5 ⋅ s l ⎥ (15.38)
f c ε cu ⎢ ⎝ fc ⎠ ⎥ ⎣ fc ⎦
⎣ ⎦
Nella Fig. 15.16 è riportato l’incremento di duttilità Iµ al variare del confinamento
(ksfl/fc).

Fig. 15.16: Incremento di duttilità di curvatura Iµ al variare del confinamento


(cfr.15.50)

Confinamento con FRP:


In presenza di confinamento con FRP si può seguire una strada analoga a quella
descritta innanzi per l’acciaio per dimensionare l’entità del confinamento necessario ad
ottenere un predefinito incremento di duttilità rotazionale Iµ in termini di curvatura.
Le relazioni da utilizzare per definitre gli incrementi di resistenza e di deformazione
ultima in sezioni confinate sono rispettivamente le (15.33) e (15.34).
Per il fattore di incremento della duttilità in termini di curvatura si ottiene allora:
⎡ ⎛ k ⋅ f ⋅⎞
2/3⎤
⎡ k ⋅ f ⋅⎤
I µ = ⎢1 + 2.6 ⋅ ⎜⎜ s l ⎟⎟ ⎥ ⋅ ⎢1 + 4.286 ⋅ s l ⎥ (15.39)
⎢ ⎝ fc ⎠ ⎥ ⎣⎢ f c ⎦⎥
⎣ ⎦
448 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Nella Fig. 15.17 seguente è riportato l’incremento di duttilità Iµ al variare del


confinamento (ksfl/fc).

14,00

Confinamento con FRP - Incremento di duttilità


12,00

10,00

8,00

6,00

4,00

2,00

0,00
0,00 0,10 0,20 0,30 0,40 0,50 0,60 0,70
ksfl/fc
Fig. 15.17: Incremento di duttilità di curvatura Iµ al variare del confinamento
(cfr.15.52)
Capitolo 15. LO STATO LIMITE DI DUTTILITA’ 449

15.7 Esercizi

ESERCIZIO 15.1
Valutare l’incremento di resistenza e di duttilità per un elemento prismatico a
sezione quadrata di sezione 400·400 mm confinato con angolari e calastrelli.
- il calcestruzzo dei provini ha fornito,come resistenza media poi divisa per il
fattore di confidenza, il valore fc = 11.33 MPa;
- calastrelli 80·8 mm di acciaio Fe 430 al passo di 300 mm con angolari 80·80·8;
- si assume un angolo di curvatura equivalente degli spigoli R = min(80;5·8=40)=
= 40mm essendo 8 mm lo spessore dell’ala;
- percentuale volumetrica: ρv = 4·8·80/(400·300) = 0.0213
- coefficiente di efficienza trasversale:
A c, eff 2 ⋅ (d − 2 R )2 / 3 2 ⋅ (400 − 2 ⋅ 40 )2 / 3
- αn = = 1− =1− = 0.57
Ac d 2 − R 2 ⋅ (4 − π ) 400 2 − 40 2 ⋅ (4 − π )
- coefficiente di efficienza longitudinale:
2
⎛ s − hs ⎞ ⎛ s − hs ⎞ ⎛ 300 − 80 ⎞
- α s = ⎜1 − ⎟ ⋅ ⎜1 − ⎟ = ⎜1 − ⎟ = 0.52
⎝ 2⋅b ⎠ ⎝ 2⋅h ⎠ ⎝ 2 ⋅ 400 ⎠
- fwsd = 275 MPa (Fe430)
- pressione di confinamento: f l = 0.5 ⋅ ρ v ⋅ f wsd = 0.5 ⋅ 0.0213 ⋅ 275 = 2.93 MPa
- resistenza di progetto incrementata per effetto del confinamento (cfr. 15.26):

⎡ 0.86
⎛ 0.57 ⋅ 0.52 ⋅ 2.93 ⎞ ⎤ 0.86 ⎤
fcc = 11.33 ⋅ ⎢1 + 3.7 ⋅ ⎜ ⎟ ⎥ = 11.33 ⋅ ⎡⎣1 + 3.7 ⋅ 0.0767 ⎦=
-
⎣⎢ ⎝ 11.33 ⎠ ⎦⎥
= 15.93 MPa
- Incremento di duttilità di curvatura per effetto del confinamento (cfr. 15.38):

- I µ = ⎡1 + 3 . 7 ⋅ (0 . 0767 )0 . 86 ⎤ ⋅ [1 + 12 . 5 ⋅ 0 . 0767 ]= 2 . 755


⎢⎣ ⎥⎦
450 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

ESERCIZIO 15.2
Valutare l’incremento di resistenza e di duttilità per un elemento prismatico a
sezione quadrata di sezione 400·400 mm confinato con FRP con le seguenti caratteristiche:
- il calcestruzzo dei provini ha fornito,come resistenza media poi divisa per il
fattore di confidenza, il valore fc = 11.33 MPa;
- raggio di arrotondamento spigoli: r = 30 mm
- confinamento con 2 strati di tessuto di FRP (carbonio) con ti = 0.17 mm,
Efk=200000 MPa, εfk= 1.0%;
- percentuale volumetrica risultante:
- ρv = 4·(2·0.17)/400 = 0.0034;
- coefficiente di efficienza trasversale:
A c, eff 2 ⋅ (d − 2 R )2 / 3 2 ⋅ (400 − 2 ⋅ 30)2 / 3
- αn = = 1− = 1− = 0.516 ;
Ac d − R ⋅ (4 − π )
2 2
400 2 − 30 2 ⋅ (4 − π )
- coefficiente di efficienza longitudinale:
- α s = 1 (confinamento continuo nella zona nodale di interesse)
- εfd = min (0.85·0.01/1.25;0.60·0.015) = (0.0068;0.006) = 0.006
- Ef = 200000 MPa
- ffd = Efd·εfd = 200000·0.006 = 1200 MPa
- fl =0.5·ρv·ffd = 0.5·0.0034·1200 = 2.04 MPa
- resistenza di progetto incrementata per effetto del confinamento (cfr. 15.33):

⎡ ⎛ 0.5162.04 ⎞
2/3 ⎤
⎥ = 11.33 ⋅ ⎡⎣ 1 + 2.6 ⋅ 0.0929 ⎤ = 17.38 MPa
2/3
- fcc = 11.33 ⋅ ⎢1 + 2.6 ⋅ ⎜ ⎟
⎝ 11.33 ⎠ ⎦
⎣⎢ ⎦⎥
- Incremento di duttilità di curvatura per effetto del confinamento:

- I µ = ⎡ 1 + 2.6 ⋅ (0.0929 )2 / 3 ⎤ ⋅ ⎡⎢ 1 + 4.286 ⋅ 0.0929 ⎤⎥ = 3.538


⎢⎣ ⎥⎦ ⎣ ⎦
Dalla lettura grafica della Fig. 15.17 con ksfl/fcd = 0.0929 si ottiene un analogo
risultato.
APPENDICE 1

ESEMPIO DI PROGETTO DI UNA TRAVE


CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 –’90(44) [7]

(44)
Gli esempi di calcolo sviluppati in questa appendice fanno riferimento alla
versione precedente dell’EC2 [7]. Tuttavia, salvo alcuni parametri inessenziali, i
procedimenti di calcolo seguiti rimangono pienamente validi
452 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

A.1 Modello Strutturale


La definizione dello schema strutturale e del conseguente modello matematico che
consentirà il calcolo delle sollecitazioni rappresenta la prima e più importante operazione
nel processo di verifica di una struttura.
Tale operazione è frequentemente non univoca e richiede valutazioni che riguardano
sia il comportamento elastico che a rottura.
Con riferimento al modello matematico da adottare per una trave di un edificio,
partendo dallo schema a telaio piano che, considerando adeguatamente le connessioni con i
pilastri e trascurando al più le sole connessioni con le travi ortogonali al piano ovvero il
loro contributo di rigidezza torsionale, rappresenta un modello strutturale accurato, può
definirsi una successione di schemi semplificati caratterizzati da un grado decrescente di
complessità ed insieme di completezza, ma tutti più o meno generalmente adottati (Fig.
A.1).

(a)

(b)

(c)

(d)

Fig. A.1: Schemi alternativi


Il secondo schema che si può ipotizzare è quello che si ottiene considerando la trave
collegata ai tratti di pilastro compresi tra la mezzeria dei piani superiore ed inferiore ed i
nodi della trave; esso trae origine dalla considerazione che nel calcolo dei telai a nodi fissi, i
momenti si annullano circa a metà del piano e quindi si commette una piccola
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 453

approssimazione nel considerare lo schema interrotto da una cerniera posta a metà


dell’interpiano (Fig. A.21b).
Un terzo schema può ottenersi eliminando dal precedente le connessioni tra la trave
ed i pilastri interni. Esso trova la sua giustificazione nel fatto che in presenza di campate
non troppo diverse i nodi interni ruotano in misura modesta e quindi il contributo dei
pilastri intermedi, se non sono molto rigidi rispetto alle travi, sarebbe comunque modesto.

Fig. A.2
L'ultimo schema che è necessario richiamare è quello di trave continua su appoggi
454 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

fissi che sulla base delle stesse considerazioni precedenti elimina, con lo scopo di
semplificare ulteriormente il calcolo, anche la solidarietà con i pilastri negli estremi; poiché
però i momenti di estremità sono ben lontani dall'essere nulli, si è costretti in tale
modellazione a tener conto della continuità con i pilastri di estremità considerando coppie
di valore variabile e valutate in maniera più o meno approssimata.
La scelta dello schema è pertanto una scelta non immediata ed automatica, ma
richiede una serie di valutazioni riguardanti:
− l'essere il telaio a nodi fissi o no;
− il rapporto delle luci di campate successive;
− il rapporto di rigidezza tra travi e pilastri;
− il livello di accuratezza dei risultati che si intende conseguire;
− l'importanza che si conferisce al comportamento elastico della struttura rispetto a
quello allo S.L.U..
Infatti, trascurare il comportamento di servizio rende in teoria accettabile per la trave
allo s.l.u una qualunque distribuzione di sollecitazioni, purché equilibrata, e pertanto
accettabile uno qualunque degli schemi sopra indicati.
Ben diversa è la situazione se si richiede una attenta considerazione delle condizioni
di servizio e della duttilità richiesta per ottenere la capacità portante ultima, a causa delle
implicazioni che sorgono con la durabilità e con l'accettabilità anche solo estetico-
funzionale dell'opera.
Queste considerazioni elementari sono importanti soprattutto in un momento in cui
lo sviluppo dei mezzi di calcolo rende possibile un ottimo livello di precisione nei risultati
ottenibili adottando modellazioni opportune, con il rischio però di operare scelte non
ponderate degli schemi di calcolo, talora suggerite dalla disponibilità di procedure
automatiche che trattano alcuni schemi e non altri, ovvero determinate dal diverso impegno
richiesto per l’input e per la valutazione dell’output.
Nel seguito si adotterà il terzo schema quando le luci consecutive sono non troppo dissimili
(ad esempio 2/3<li/li+1<3/2 ), con rapporti tra le rigidezze dei pilastri e quelle delle travi
confluenti nel generico nodo non troppo grandi (ad esempio Σ(I/L)pil.<2/3 Σ(I/L)tr.), il
secondo schema in caso contrario. Tale scelta determina scarti sufficientemente contenuti
tra le soluzioni ottenute con gli schemi adottati e quelli ottenibili con schematizzazioni più
accurate (schema a telaio).

A.2 Modello dei Carichi


Il problema della modellazione dei carichi ha una importanza non secondaria per
l'incidenza che esso ha nella determinazione delle sollecitazioni, connessa sia all'entità dei
carichi stessi sia alla molteplicità delle situazioni di carico individuate nella normativa per il
controllo dei requisiti di sicurezza e di funzionalità della struttura.
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 455

Per l'individuazione delle condizioni di carico è necessario operare in tre fasi, nelle
quali occorre:
a) determinare i valori caratteristici dei carichi;
b) determinare i valori di progetto dei carichi;
c) determinare le combinazioni dei carichi in rapporto alle diverse esigenze di
verifica.

A.2.1 Valori caratteristici dei carichi


Per la prima fase occorre, come di consueto, determinare per ogni campata il peso
proprio della struttura (da intendersi come carico permanente), gli altri carichi permanenti
ad assetto variabile, costituiti da pavimenti, intonaci, tramezzature etc., ed infine i carichi
variabili. La distinzione è richiesta per individuare le condizioni di carico relative alle
verifiche di servizio ed ultime della struttura.
Per la trave riportata in schema, ipotizzata come appoggio intermedio di un solaio a
due campate di luce L=5 m, si può determinare con il criterio delle aree di influenza la
seguente analisi dei carichi:
peso proprio trave: 0.25·0.50·25 =3.1 kN/m (310 daN/m)
peso proprio solaio: 1.2·( 5·2.5 ) =15.0 kN/m (1500 daN/m)
massetto, pavimento, 1.2x5x (1.20+0.50+0.30) =12.0 kN/m (1200 daN/m)
intonaco:
tramezzi: 1.2·(5·1.0) =6.0 kN/m (600 daN/m )
carico variabile (uffici): 1.2·(5·3.5) =21.0 kN/m (2100 daN/m)

Nella determinazione degli scarichi dei solai sulla trave, considerata interna, si è
adottato un coefficiente di continuità pari a 1.2.
Ai fini della determinazione delle condizioni di carico, vanno distinti, come detto in
precedenza, i carichi da peso proprio (G), gli altri carichi permanenti (G’) ed i carichi
variabili (Q). Nel caso in esame essi valgono:
Gk = 3.1 + 15.0 = 18.1 kN/m (1810 daN/m)
G’k = 12 + 6.0 = 18.0 kN/m (1800 daN/m)
Qk = 21.0 kN/m (2100 daN/m)
Gk + G’k + Qk = 18.1+18+21 = 57.1 kN/m (5710 daN/m)
Oltre al valore caratteristico del carico variabile Qk, nelle combinazioni di carico
devono prevedersi dei valori ridotti dello stesso carico da utilizzarsi per determinate
finalità:
456 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

− ψo Qk da utilizzarsi in condizioni di carico che prevedano ulteriori tipi di carico


variabile (ψo = 0.7 per carichi utili di abitazioni- uffici);
− ψ1 Qk da utilizzarsi in condizioni di carico di tipo frequente nelle verifiche agli
s.l.s. (ψ1 = 0.35÷0.6 in abitazioni ed uffici rispettivamente );
− ψ2 Qk da utilizzarsi in condizioni di carico di tipo quasi permanente, ad esempio
per determinare effetti viscosi (ψ2=0.2÷0.3 in abitazioni ed uffici rispettivamente).

A.2.2 Valori di progetto dei carichi


I valori di progetto dei carichi si ottengono amplificando i valori caratteristici
mediante coefficienti parziali di sicurezza, che tengono conto di possibili imprecisioni nella
valutazione delle azioni o di possibili modifiche nel tempo delle stesse, nonché delle
incertezze nel calcolo degli effetti delle azioni e nella verifica dello stato limite considerato.
Nel caso in questione, i coefficienti parziali di sicurezza sono γG e γQ, che valgono:
− γG = 1.35 se l'effetto del carico è sfavorevole, 1.00 se favorevole;
− γQ = 1.50 se l'effetto del carico è sfavorevole, 0 se favorevole.
Per il carico derivante dal peso proprio nelle travi continue è consentito assumere un
valore unico con la sua configurazione sfavorevole.

A.2.3 Combinazioni di carico


Per la determinazione delle combinazioni di carico significative, occorre distinguere
tra quelle che interessano le verifiche agli stati limite di servizio e quelle che interessano le
verifiche allo stato limite ultimo.
Le prime sono riconducibili alle relazioni sintetiche:

Σ Gk,j + Qk,1 + Σi>1 ψo,i Qk,i (combinazione rara);

Σ Gk,j + ψ1,1 Qk,1 + Σi>1 ψ2,i Qk,i (combinazione frequente);

Σ Gk,j + Σiψ2,i Qk,i (combinazione quasi permanente).

Nel caso di edifici ed in presenza di un solo carico variabile, le prime due


combinazioni (rara e frequente) possono ricondursi alla seguente:

Σ Gk,j + Qk,1 (combinazione rara e frequente);

mentre la combinazione quasi permanente diventa:

Σ Gk,j + ψ2,1 Qk,1 (combinazione quasi permanente).


Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 457

CONDIZIONI DI CARICO PER


LE VERIFICHE AGLI S.L.S.

Qk
G'k
Gk

1)
B C
A D
ψ 2Qk
G'k
Gk

2)
B C
A D
Fig. A.3

La prima delle due ultime combinazioni corrisponde ad una disposizione del carico
costituita dal peso proprio, dal carico permanente e dal carico variabile su tutte le travi, la
seconda differisce dalla prima per la applicazione di un carico variabile ridotto (si è assunto
ψ2,1=0.40).
Indicando con Pi il carico sulla campata i-esima, si ottiene:
- Combinazione 1:
P1 = P2 = P3 = 18.1 + 18.0 + 21.0 = 57.1 kN/m (5710 daN/m)

- Combinazione 2:
P1 = P2 = P3 = 18.1 + 18.0 + 0.4⋅21.0 = 44.5 kN/m (4450 daN/m).

Le combinazioni di carico relative alle verifiche di sicurezza allo S.L.U. sono


esprimibili sinteticamente nel seguente modo:
γG,1ΣGk,j + γQ,1⋅ Qk,1 + Σi>1ψ0,i Qk,i (combinazioni fondamentali Fig. A3)

Esse sono rese numerose per la variabilità dei coefficienti γG,1 (1÷1.35) e γQ,1
(1.50÷0) da considerare al fine di ottenere le massime sollecitazioni.
Nel caso della trave continua in esame diventano:
458 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

- Combinazione 3 (per ottenere il momento minimo in A, D, e massimo in AB e


CD):
P1 = 1.35 ⋅18.1 + 1.35 ⋅18 + 1.5 ⋅ 21 = 80.24 kN/m (8024 daN/m)
P2 = 1.35 ⋅18.1 + 1.00 ⋅18 + 0.4 ⋅ 21 = 42.44 kN/m (4244 daN/m)
P3 = P1 = 80.24kN/m (8024 daN/m)

- Combinazione 4 (per ottenere il momento minimo in B):


P1 = 1.35 ⋅ 18.1 + 1.35⋅18 + 1.5 ⋅ 21 = 80.24 kN/m (8024 daN/m)
P2 = P1 = 80.24 kN/m (8024 daN/m)
P3 = 1.35 ⋅ 18.1 + 1.00 ⋅18 + 0.4 ⋅ 21 = 42.44 kN/m (4244 daN/m)

- Combinazione 5 (per ottenere il momento minimo in C):


P1 = 1.35 ⋅ 18.1 + 1.00 ⋅18 + 0.4 ⋅ 21 = 42.44 kN/m (4244 daN/m)
P2 = 1.35 ⋅ 18.1 + 1.35⋅18 + 1.5 ⋅ 21 = 80.24 kN/m (8024 daN/m)
P3 = P2 = 80.24 kN/m (8024 daN/m)

- Combinazione 6 (per ottenere il momento massimo in BC):


P1 = 1.35 ⋅ 18.1 + 1.00 ⋅18 + 0.4 ⋅ 21 = 42.44 kN/m (4244 daN/m)
P2 = 1.35 ⋅ 18.1 + 1.35⋅18 + 1.5 ⋅ 21 = 80.24 kN/m (8024 daN/m)
P3 = P1 = 42.44 kN/m (4244 daN/m)

Risultano pertanto sei condizioni di carico distinte, due per le verifiche di servizio e
quattro per le verifiche di sicurezza allo S.L.U..
Le condizioni di carico sopra elencate partono dall’assunzione che i carichi
accidentali possono variare indipendentemente e nella misura estrema (γq =0÷1 per i carichi
Qi). Se si assume che i carichi Qi possono variare solo nel loro insieme, le varie condizioni
di carico allo s.l.u. si riducono ad una sola con il massimo carico su ogni campata. Tale
valutazione attiene al progettista ed in ogni caso, qualunque sia la scelta, la soluzione
ottenuta, essendo equilibrata, risulterà compatibile con i requisiti di resistenza della trave,
richiedendo però un impegno plastico maggiore in presenza di distribuzioni di carico
significativamente diverse da quelle considerate.
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 459

CONDIZIONI DI CARICO PER


LE VERIFICHE AGLI S.L.U.
1.5 Qk
G'k
1.35 G'k
1.35 Gk

3)
B C
A D
1.5 Qk
1.35 G'k G'k
1.35 Gk

4)
B C
A D

1.5 Qk
G'k 1.35 G'k
1.35 Gk

5)
B C
A D
1.5 Qk
1.35 G'k
G'k G'k
1.35 Gk

6)
B C
A D
Fig. A.4

A.3 Calcolo delle Sollecitazioni di Progetto


Assegnato il modello strutturale ed il modello delle azioni che ha condotto alla
definizione delle combinazioni di carico descritte, il procedimento di verifica può seguire
metodi diversi che possono condurre a risultati anche significativamente diversi tra loro in
460 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

termini di prestazioni.
Infatti le prime due condizioni di carico, che si riferiscono alle condizioni di servizio
della struttura, possono con sufficiente approssimazione essere analizzate con metodi di
calcolo lineari elastici al fine della valutazione delle sollecitazioni corrispondenti, in quanto
queste sono abbastanza lontane dai valori per i quali le sezioni assumono un
comportamento fortemente non lineare; viceversa il secondo gruppo di condizioni di carico,
corrispondenti allo stato limite ultimo, richiederebbe in generale un'analisi basata su metodi
non lineari in quanto lo s.l.u. della struttura viene raggiunto quando, superato il tratto
iniziale di comportamento lineare elastico, le sezioni hanno raggiunto la fase caratterizzata
dalla fessurazione e successivamente dallo snervamento dell'armatura, oltre il quale il
comportamento è fortemente non lineare.

A.3.1 Modelli matematici per l'analisi delle strutture


Con riferimento alla problematica dei metodi di calcolo utilizzabili per l'analisi delle
strutture, le moderne normative consentono diverse procedure:
− analisi lineare elastica senza ridistribuzione;
− analisi lineare elastica con ridistribuzione;
− analisi plastica;
− analisi non lineare.
Mentre la prima modalità di analisi non richiede una valutazione della duttilità
richiesta ed è sufficiente escludere un comportamento fragile delle sezioni controllando che
risulti:
x/d ≤ 0.45 , per materiali di classe da Rck = 15 N/mm2 a Rck =45 N/mm2
x/d ≤ 0.35 , per materiali di classe Rck = 50 N/mm2 e superiori

Per il secondo tipo di analisi, che contempla la valutazione dell'effetto della


ridistribuzione dei momenti dovuta alle deformazioni plastiche delle sezioni critiche,
occorre valutare l'entità delle rotazioni plastiche necessarie o in via subordinata controllare
che il coefficiente di ridistribuzione adottato (δ), pari al rapporto tra il valore del momento
ridistribuito ed il valore del momento prima della ridistribuzione (Fig. A5) rispetti le
condizioni seguenti:
δ ≥ 0.44 + 1.25 x/d , per fckcube <= 45 N/mm2
δ ≥ 0.56 + 1.25 x/d , per fckcube > 45 N/mm2.

Occorre ulteriormente controllare che risulti:


δ ≥ 0.70 per acciai di alta duttilità;
δ ≥ 0.85 per acciai di duttilità normale.
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 461

Fig. A.5

Tali limitazioni garantiscono con sufficiente attendibilità, sulla base di estese analisi
numeriche e sperimentali, che la richiesta di duttilità non superi la duttilità disponibile nelle
sezioni.
Per l'analisi non-lineare è invece necessario controllare che la richiesta di duttilità
rimanga inferiore alla duttilità disponibile, mentre per l'analisi plastica è possibile ancora
far riferimento ad opportune limitazioni per evitare il controllo di duttilità.

A.3.2 Analisi lineare elastica senza ridistribuzione


Sviluppando inizialmente i primi due metodi di analisi, occorre acquisire in entrambi
462 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

i casi le caratteristiche della sollecitazione relative alle combinazioni di carico previste


mediante un'analisi elastica.
Sono riportati di seguito i risultati di tali analisi con riferimento alle condizioni di
carico di servizio ed ultime. I momenti sono riportati in [Nm], i tagli in [N].
Combinazioni di carico allo S.L.S.:
Sollecitazioni Combinazione 1 Combinazione 2
MA -88918 -69297
MB -102320 -79742
MC -102320 -79742
MD -88918 -69297
MAB 828560 645725
MBC 118800 925884
MCD 828560 645725
TAB 140060 109160
TBA 145430 113330
TBC 114200 89000
TCB 114200 89000
TCD 145430 11330
TDC 140060 109160
Tab. A.1

Combinazioni di carico allo s.l.u.:


Sollecitazioni Comb.3 Comb.4 Comb.5 Comb.6 Mmin-Mmax Cd
MA -135196 -120763 -60035 -55845 -135196 -119835
MB -114048 -155889 -93686 -105789 -155889 -141502
MC -11408 -93686 -155889 -105789 -155889 -141502
MD -135196 -60035 -120763 -55845 -135196 -119835
MAB 126230 112720 56300 52970 126230 126230
MBC -29170 37180 37180 54690 54690 54690
MCD 126230 56300 112720 52970 126230 126230
TAB 204820 193570 99360 96110 204820 204820
TBA 196370 207620 112830 116080 207620 207620
TBC 84880 176030 144920 160480 160480 160489
TCB 84880 144920 176030 160480 160480 160480
TCD 196370 112830 207620 116080 207620 207620
TDC 204820 99360 193570 96110 204820 204820
Tab. A.2
I valori di progetto dei momenti minimi nell'ultima colonna della tabella A2 sono
stati ottenuti dai massimi in valore assoluto sugli appoggi ridotti in considerazione dello
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 463

spuntamento dei momenti previsto nell'EC2 pari a R⋅b/8, essendo R la reazione verticale
della trave continua sull'appoggio in questione e b la dimensione del pilastro parallela
all'asse della trave in corrispondenza dell'appoggio.
Per gli appoggi di estremità lo spuntamento è stato operato diminuendo il momento
della quantità ∆M=T⋅b/4, pari al taglio moltiplicato per b/4.

A.3.3 Analisi lineare elastica con ridistribuzione


Nel caso si adotti il metodo lineare con ridistribuzione, assumendo un coefficiente di
ridistribuzione δ ≥ 0.75, si possono ottenere dalla precedente tabella i nuovi valori di
progetto delle caratteristiche della sollecitazione. In particolare per ogni nodo interno si è
assunto un momento ridistribuito pari al 75% del momento minimo ottenuto nella
condizione di carico più sfavorevole mentre nei nodi di estremità si è assunto un momento
ridistribuito uguale a quello dei nodi intermedi, adottando implicitamente un coefficiente di
ridistribuzione minore: si ottengono pertanto momenti negativi di progetto tutti uguali.
Le modalità seguite hanno il pregio di non incrementare eccessivamente i momenti
massimi. Allo scopo di ottenere anche i momenti positivi di progetto, occorre riconsiderare
i momenti di continuità ottenuti nelle varie combinazioni di carico, e sostituire ai momenti
negativi i valori ridotti (116916 = 0.75⋅155889) quando superiori. Per rispettare l'equilibrio
vanno ulteriormente ricalcolati, rispetto al caso elastico senza ridistribuzione, i tagli ed i
momenti massimi nelle campate adiacenti ai nodi in cui si è applicata la ridistribuzione.
Operando in tal modo si ottengono soluzioni equilibrate ma non congruenti nello spirito del
calcolo a rottura. Va tuttavia sottolineato che la deviazione dalla congruenza è molto
modesta avendo operato con riduzioni dei momenti inferiori ed al più uguali al 25%.
Di seguito sono riportati i risultati ottenuti con i valori delle caratteristiche mutate
rispetto al caso di tabella A2, contrassegnati da un asterisco.
Sollecitazioni Comb.3 Comb.4 Comb.5 Comb.6 Mmin-Mmax Cd
MA -116916* -116916* -60035 -55845 -116916 -101830
MB -114048 -116916* -93686 -105789 -116916 -102600
MC -114048 -93686 -116916* -105789 -116916 -102660
MD -116916* -60035 -116916* -55845 -116916 -101820
MAB 135260* 133840* 56300 52970 135260 135260
MBC -29170 55370* 55370* 54690 55370 55370
MCD 135260* 56300 133840* 52970 135260 135260
TAB 204820* 200600* 99360 96110 204820 204820
TBA 196370* 200600* 112830 116080 200600 200600
TBC 84880 166280* 154672* 160480 166280 166280
TCB 84880 154670* 1166287* 160480 166280 166280
TCD 196370* 112830 200600* 116080 200600 200600
TDC 204820* 99360 200600* 96110 204820 204820
Tab. A.3
464 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

I valori dei momenti di progetto dell'ultima colonna sono spuntati come sopra.
Come, è facile osservare, ad una riduzione al più corrispondente al 25% dei momenti
minimi, consentita dalla ridistribuzione dei momenti, corrisponde un incremento molto
minore dei momenti massimi di ciascuna condizione di carico. In particolare nel caso
esaminato l'incremento di momento massimo più significativo è del 7.1%.

A.4 Dimensionamento delle Armature

A.4.1 Flessione
Per il dimensionamento delle armature occorre preliminarmente definire le
caratteristiche dei materiali e le resistenze di progetto sulla base dei coefficienti parziali di
sicurezza.
Per il calcestruzzo si ipotizza una resistenza caratteristica:
Rck = 25 N/mm2
cui corrisponde una resistenza cilindrica:
fck = 0.83 ⋅ 25 = 20.75 N/mm2
ed una resistenza di progetto che tiene conto dell'effetto della permanenza dei carichi sulla
resistenza:
fcd = 0.85 ⋅ 20.75/1.5 = 11.76 N/mm2
Per l'armatura si ipotizza una resistenza caratteristica:
fyk = 380 N/mm2
cui corrisponde una resistenza di progetto:
fyd = 380 / 1.15 = 330.4 N/mm2.
La progettazione delle sezioni o delle armature può essere agevolmente condotta sulla base
delle due equazioni di equilibrio interno della flessione scritte in forma adimensionale:
ψξ + ω'−ω = 0 (A.1)
Mu
ψξ(1 − λξ) + ω'(1 − δ') = µ u = (A.2)
bd 2 f cd

Tali equazioni esprimono rispettivamente l'equilibrio alla traslazione e l'equilibrio


alla rotazione intorno all'armatura tesa delle tensioni interne di una sezione rettangolare in
una condizione limite della sezione con asse neutro compreso nella zona 3 o nella parte
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 465

inferiore della zona 2, considerando l'armatura in compressione snervata, come quasi


sempre si verifica quando il copriferro adimensionalizzato è sufficientemente piccolo
(approssimativamente quando risulta x/d≥0.20 per d’/d=0.05 o x/d≥0.25 per d’/d=0.10).
Il significato dei simboli è rispettivamente (Fig. A.6):
− ψ = coefficiente di riempimento del blocco di tensioni nel c.l.s., che si può
assumere in dette zone pari a 0.8;
− λ = rapporto tra la distanza del centro di compressione del calcestruzzo dal bordo
compresso e la distanza dell'asse neutro dal bordo compresso, che si può assumere
nelle stesse zone pari a 0.4;
− ξ = distanza dell'asse neutro dal bordo compresso, adimensionalizzata rispetto
all'altezza utile d della sezione;
− ω e ω’= percentuale meccanica delle armature tesa e compressa
( ω = A s ⋅ f yd /bdf cd );
− δ’ = copriferro adimensionalizzato (d'/d).
A’s ε f’cd f’cd

yc 0.8 yc

h d

d - yc

As
d’

Fig. A.6
Nel caso in oggetto, la progettazione può essere condotta convenientemente
imponendo la condizione che l'asse neutro abbia una posizione prefissata: in tal modo si
ottiene contemporaneamente il controllo dei requisiti di duttilità, in quanto essa è
strettamente legata al rapporto x/d; inoltre il coefficiente di ridistribuzione è ancora
dipendente dalla stessa variabile.
Imponendo, infatti, che risulti: ξ=0.25, il coefficiente di ridistribuzione minimo
ammesso risulta:
δ = 0.44 + 1.25 0.25 = 0.75.
466 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Dalla seconda delle due precedenti relazioni di equilibrio è possibile calcolare il


valore adimensionale del momento ultimo in assenza di armatura in compressione e per la
prefissata posizione dell'asse neutro:
µ c = ψξ (1 − λξ ) (A.3)

Per un valore del momento µ d < µ c non sarebbe necessaria la presenza


dell'armatura in compressione per l'equilibrio interno. Infatti, determinato il valore
adimensionale del momento di progetto:
Md
µd = (A.4)
bd 2 f cd
a seconda che risulti:
µ d < µ c ovvero µ d > µ c

si possono ipotizzare due procedimenti di progetto.


a) Nel primo caso si determina la posizione dell'asse neutro, minore del valore di
progetto prefissato, risolvendo l'equazione di 2° grado che si ottiene imponendo l'equilibrio
interno alla rotazione intorno all'armatura tesa delle tensioni del calcestruzzo compresso e
prescindendo dalla eventuale armatura in compressione:
ψξ (1 − λξ ) − µ d = 0 (A.5)

Si ottiene in tal caso:

(1 / λ ) − (1 / λ )2 − (4µ ) / (λψ ) (A.6)


ξ=
2
che ponendo λ = 0.4 e ψ = 0.8 diventa:

(
ξ = 1.25 ⋅ 1 − 1 − (2 µ d ) ) (A.7)

cui segue il calcolo della armatura tesa:

A s f yd
ω= = 0.8 ⋅ ξ (A.8)
bdf cd
b) Nel secondo caso, dalla condizione di equilibrio alla rotazione, si ricava
l'armatura compressa:
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 467

A s f yd µd − µc
ω= = (A.9)
bdf cd 1 − δ′
e successivamente l'armatura tesa:

A s f yd
ω= = 0.8 ⋅ ξ + ω′ (A.10)
bdf cd
Applicando le relazioni precedenti al caso in esame, si ottiene:
Sez. A e D
Md = 119835 Nm µd = 0.18452 (> µc)
ω’ = (0.18452-0.180) / (1-0.064) = 0.00483 => A's =0.202 cm2
ω = 0.8 ⋅ 0.25 + ω' = 0.20483 => As = 8.56 cm2 (2φ16+3φ14)

Sez. B e C:
Md = 141502 Nm µd = 0.21788 (> µc)
ω’= (0.21788-0.180) / (1-0.064) = 0.04047 => A's =1.69 cm2
ω = 0.8 ⋅ 0.25 + ω′ = 0.24047 => As = 10.06 cm2 (5φ16)

Sez. A-B e C-D:


Md = 126230 Nm µd = 0.19437 (> µc)
ω’ = (0.19437-0.180) / (1-0.064) = 0.0153 => A's =0.64 cm2
ω = 0.8 ⋅ 0.25 + ω′ = 0.21535 => As = 9.01 cm2 (5φ16)

Sez. B-C:
Md = 54690 Nm µd = 0.08421 (< µc)

( )
ξ = 1.25 ⋅ 1 − (1 − 2 ⋅ 0.0841)1/2 = 0.11(< 0.25)

ω = 0.8 ⋅ 0.11 = 0.0881 => As = 3.684 cm2 (2φ16)

Le stesse armature, nell'ipotesi di ridistribuzione dei momenti, diventano:


Sez. A, B, C, D:
Md = 101830 Nm µd = 0.1568 (< µc)

( )
ξ = 1.25 ⋅ 1 − (1 − 2 ⋅ 0.1568)1/2 = 0.21438(< 0.25)
468 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

ω = 0.8 ⋅ 0.21438 = 0.17150 => As = 7.17 cm2 (2φ14+3φ14)

Sez. A-B e C-D:


Md = 135260 Nm µd = 0.20827 (> µc)
ω’ = (0.20827-0.180)/(1-0.064) = 0.03020 => A's =1.26 cm2
ω = 0.8 ⋅ 0.25 + ω′ = 0.23020 => As = 9.62 cm2 (5φ16)

Sez. B-C:
Md =55370 Nm µd = 0.08526 (< µ c )

( )
ξ = 1.25 ⋅ 1 − (1 − 2 ⋅ 0.1568)1/2 = 0.21438(< 0.25)

ω = 0.8 ⋅ 0.1116 = 0.08924 => As = 3.732 cm2 (2φ16)

Dal confronto con le armature precedenti relative al caso senza ridistribuzione dei
momenti, si osserva una riduzione significativa (del 24% in media) delle armature
superiori, mentre per le armature inferiori si osserva un incremento medio solo del 5%, che
in pratica non ha determinato una variazione dei diametri e del numero dei ferri adottati in
precedenza. In Fig. A7 sono riportati in modo schematico le armature risultanti nel progetto
senza ridistribuzione e, tra parantesi, con ridistribuzione del momento.

Fig. A.7
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 469

A.4.2 Taglio
La verifica ed il progetto delle armature a taglio nelle travi in c.a. inflesse secondo il
metodo agli stati limite segue modalità formalmente molto simili a quelle adottate nel
progetto-verifica alle tensioni ammissibili.
Infatti, come nel calcolo alle tensioni ammissibili, anche agli S.L. esiste un valore di
soglia del taglio (VRd1) che non richiede il progetto di specifiche armature, salvo le
armature minime regolamentari, un valore del taglio (VRd2) che non può essere superato,
data la geometria della sezione e le caratteristiche del calcestruzzo, un valore del taglio
limite (VRd3) in funzione dell'armatura oltre che della geometria della sezione e delle
caratteristiche dei materiali.
Nella trave continua in esame, prendendo in esame la prima campata, i tagli di
progetto risultano:

VdA = 204.820 kN
VdB = 207.620 kN .

Il taglio limite inferiore VRd1, seguendo l’EC2, vale:

VRd1 = [τ Rd ⋅ k (1.2 + 40ρ l )] bw d (A.11)

che, essendo:

τ Rd = 0.26 N/mm2 per un calcestruzzo di classe fck = 20 N/mm2 (Rck = 25)

k = 1.6 - d = 1.6 - 0.47 = 1.13 > 1


ρl = Asl/(bw d) = 8.64 / ( 25 ⋅ 47 ) = 0.00735 < 0.02 (Asl = armatura in zona tesa
opportunamente ancorata)
Fornisce:
VRd1 = 0.26 ⋅1.13 ⋅ (1.2 + 40 ⋅ 0.00735 ) ⋅ 250 ⋅ 470 = 51575 N

Il taglio limite superiore VRd2 vale:

VRd2 =0.5 ⋅ ν ⋅ f cd ⋅ b w ⋅ 0.9 ⋅ (1 + cotgα ) (A.12)

che, essendo:
ν =0.7 - fck/200 = 0.6 (fattore di efficienza del puntone di c.l.s.)
α = angolo di inclinazione tra armatura a taglio ed asse longitudinale(90°)
fornisce:
VRd2 = 0.50 ⋅ 0.60 ⋅ (20.75 / 1.5) ⋅ 250 ⋅ 0.9 ⋅ 470 ⋅ (1 + 0 ) = 438862 N .
470 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Essendo il taglio di progetto compreso nell'intervallo (VRd1,VRd2), è necessario


progettare l'armatura.
Partendo dalla relazione di verifica che pone la diseguaglianza:
Vd <= VRd3 = Vcd + Vwd (A.13)
con:

Vcd = VRd1 = 51575 N


Vwd = (A sw /s ) ⋅ 0.9 ⋅ d ⋅ f ywd (1 + cotgα ) ⋅ sinα (A.14)

si può ricavare il taglio da assorbire con armature dalla relazione:


Vwd = VRd3 − Vcd = Vd − Vcd (A.15)

ed inoltre il passo s o l'area della staffa Asw dalla relazione:


Vwd (A.16)
A sw /s =
0.9d ⋅ f ywd (1 + cotgα )

Nel caso in esame, adottando in primo luogo staffe verticali, si ottiene:


Vwd = 207620 - 51575 = 156045 N (15604 kg)
Asw/s = 156045 / ( 0.9 ⋅ 470 ⋅ 330.4(1 + 0 ) = 1.116 mm =0.111 cm

da cui, ipotizzando staffe φ8 a 2 bracci si ottiene:


s = 1/0.111 = 9 cm => (staffe φ8 a due bracci ogni 9 cm)
Nel caso si vogliano disporre armature inclinate utilizzando quelle a flessione, (1φ14
ogni 25 cm inclinato a 45°), la relazione di progetto diventa:

Vwd = Vd − Vcd − Vwd (A.17)

con la limitazione che risulti:

Vwd ≥ 0.5 ⋅ ( Vd − Vcd ) (A.18)

essendo V'wd il contributo delle armature inclinate a taglio:


V'wd =(A'sw/s') 0.9 d fywd (1+cotgα)sinα= 154 / 250 ⋅ 0.9 ⋅ 470 ⋅ 330.4 ⋅ 2 ⋅ 0.707 = 121733N.
Il contributo delle staffe diventa:
Vwd = max (207620-51575-121733 , 0.5 156045) = 78022 N
e di conseguenza:
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 471

Asw /s = 78022 / ( 0.9 ⋅ 470 ⋅ 330.4 ⋅ (1 + 0) ) = 0.558 mm = 0.056 cm

da cui, ipotizzando staffe φ8 a 2 bracci si ottiene:


s = 1/0.056 = 18 cm (staffe φ8 a due bracci ogni 18 cm).
La percentuale minima di armatura per i materiali usati risulta ρw = 0.0009 , da cui si
ricava:
Asw,min /s = ρw·b = 0.0009 ⋅ 250 = 0.225mm
minore dei corrispondenti rapporti area/passo progettati nei due casi (0.558 e 1.116), per cui
l'armatura minima è garantita in ogni caso.
Occorre inoltre valutare l'incremento di sforzo nelle armature tese per effetto della
creazione del meccanismo a trave reticolare, ovvero considerare il diagramma del momento
traslato della quantità a1 = 0.9d·(1-cotgα), che per α = 90° diventa a1 = 0.9d.

A.5 Verifiche agli S.L.S.

A.5.1 Limitazione delle tensioni in esercizio


La norma EC2 consiglia di limitare le tensioni dei materiali (sia dell'acciaio che del
calcestruzzo) in condizioni di servizio, in quanto valori troppo alti possono favorire la
formazione di un quadro fessurativo inaccettabile; in particolare appare preferibile che
nell'acciaio non si abbiano in esercizio deformazioni anelastiche. Inoltre per il calcestruzzo
livelli tensionali elevati in condizioni di esercizio possono indurre deformazioni viscose
maggiori di quelle valutabili con metodi semplificati (Metodo del modulo elastico efficace),
basati sulle ipotesi della viscosità lineare.
La verifica delle tensioni in esercizio consiste nel controllare che:
a) la tensione nell'armatura tesa non superi il valore σs = 0.8f yk per effetto della
combinazioni di carichi rara o frequente;
b) la tensione nel calcestruzzo non superi il valore σc = 0.6f ck nella combinazione
di carico rara o frequente ed il valore σc = 0.45f ck per effetto dei carichi quasi
permanenti.
Inoltre il valore della tensione nell'armatura tesa per effetto dei carichi quasi
permanenti costituisce un parametro indicatore dell'importanza della verifica allo stato
limite di fessurazione.
Si esegue la verifica della limitazione delle tensioni, calcolando le tensioni di cui ai
punti a) e b) mediante le usuali relazioni della statica del cemento-armato:
472 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

n (A s + A ′s ) ⎡ 2b(A s d + A ′s d ′) ⎤
x= ⎢− 1 + ⎥ (A.19)
b ⎢⎣ n (A s + A ′s )2 ⎥⎦

bx 3
I= + nA ′s (x − d )2 + nA s (d − x )2 (A.20)
3
M M
σ c = x ≤ σc ; σ s = (d − x ) ≤ σ s (A.21)
I I
e tenendo presente che risulta:

Combinazione 1: σs = 0.8f yk = 0.8 ⋅ 380=304N/mm2,


σc = 0.6f ck = 0.6 ⋅ 20.75=12.45N/mm2

Combinazione 2: σc = 0.45f ck = 0.45 ⋅ 20.75 = 9.34 N/mm2

Il calcolo delle tensioni viene eseguito nella sezione B di minimo momento e nella
sezione di massimo momento della campata AB, con riferimento alle armature progettate in
base al diagramma dei momenti con ridistribuzione ed ai valori "spuntati" per quanto
riguarda l'appoggio B; il coefficiente di omogenizzazione è assunto pari a 15, essendo le
tensioni dovute ai carichi quasi permanenti superiori al 50% di quelle complessive, per
tener conto in modo semplificato degli effetti a lungo termine.
Sezione B:
b=25cm h=50cm d'=3cm d=47cm
As=7.70cm2 A's=10.05cm2 n=15
4
x=13.51cm I=166743cm
Combinazione 1:
M B = −102320 − ( −9736 ) = −92584 Nm
σ c = 7.5 N/mm 2 < σ c , σs = 278.9 N/mm 2 < σs .

Combinazione 2:
M B = −79742 − ( −7587 ) = −72154 Nm
σ c = 5.5 N/mm 2 < σc , σs = 217.4 N/mm 2 < σs .

Sezione AB:
b=25cm h=50 cm d'=3 cm d=47cm
2 2
As=10.05cm A's=3.08cm n=15
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 473

x=17.42 cm I=185561cm4
Combinazione 1:
M AB = 82856 Nm
σ c = 7.8 N/mm 2 < σc , σs = 198.1 N/mm 2 < σs .
Combinazione 2:
M AB = 64572.5 Nm
σ c = 6.1 N/mm 2 < σc , σs = 154.4 N/mm 2 < σs .
Dai valori riportati si deduce che la verifica della limitazione delle tensioni è
soddisfatta sia nell'acciaio che nel calcestruzzo.

A.5.2 Verifiche allo stato limite di fessurazione


La fessurazione, in pratica inevitabile nelle membrature in c.a. soggette a flessione e
taglio, deve essere limitata entro livelli tali da non pregiudicare il buon funzionamento
dell'elemento strutturale o da renderne inaccettabile l'aspetto.
Si può ritenere che negli elementi inflessi la fessurazione insorga quando i momenti
superano il momento di prima fessurazione Mcr, definito come quel valore del momento
che induce al lembo teso di calcestruzzo una tensione pari alla resistenza limite a trazione
fctm. Per la sua valutazione occorre calcolare l'asse neutro x ed il momento d'inerzia I della
sezione, considerata interamente reagente, mediante le usuali formule:

x=
(
bh 2 /2 + n ⋅ A s d + A s' d' )
bh + n ⋅ (A ) (A.22)
s + A s'

bx 3 b(h − x )3
I= + + nA s' (x − d')2 + nA s (d − x )2 (A.23)
3 3
essendo n=Es/Ec il coefficiente di omogenizzazione, da cui:
I
M cr = f ctm (A.24)
h−x
Il controllo della fessurazione consiste nel verificare che l'ampiezza delle fessure sia
contenuta entro limiti accettabili, dipendenti dal tipo di elemento strutturale (c.a. ordinario o
precompresso), dal tipo di sollecitazione (fessurazione per carichi applicati o deformazioni
impresse) e dalle condizioni ambientali. Per elementi strutturali in c.a. ordinario di edifici e
per classi di esposizione 2-4 (ambiente umido o marino), si può ritenere che la limitazione
dell'ampiezza massima delle fessure a 0.3mm sotto la combinazione di carico quasi
permanente (combinazione 2) sia accettabile ai fini dell'aspetto e della durabilità.
Il controllo della fessurazione può essere condotto senza un calcolo diretto
474 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

dell'ampiezza massima delle fessure se sono soddisfatte alcune condizioni, cioè che le
dimensioni delle barre longitudinali di armatura e la distanza tra di esse non superino valori
fissati dalla norma in funzione della massima tensione nelle armature sotto la combinazione
di carico quasi permanente. Tali valori limite sono riportati nella tabella seguente.
Tensioni acciaio Diametro massimo barre Spaziatura massima barre
[N/mm2] [mm] [mm]
160 32 300
200 25 250
240 20 200
280 16 150
320 12 100
360 10 50
Tab. A.4: Diametri e spaziature massimi per barre ad aderenza migliorata

Con riferimento ai valori precedentemente calcolati delle tensioni dell'armatura tesa


nella sezione B per la combinazione di carico 1 (σs=278.9 N/mm2) e soprattutto per la
combinazione 2, richiesta dalla normativa (σs=217.4 N/mm2), si osserva che la disposizione
delle armature ed i diametri adottati (φ14) soddisfano le limitazioni della tabella.
Si procede comunque al calcolo dell'ampiezza delle fessure nelle sezioni B ed AB. Il
calcolo dell'ampiezza massima delle fessure, secondo le indicazioni dell'Eurocodice 2, può
essere condotto con l'ausilio della relazione:
w k = β ⋅ s rm ⋅ ε sm (A.25)

essendo:
− β: un coefficiente che correla l'ampiezza media delle fessure al valore
caratteristico di calcolo wk, cha vale 1.7 per fessurazione indotta dai carichi;
− ssm: la deformazione media nell'armatura tesa, che tiene conto anche dell'effetto
del tension stiffenig ed è valutabile con l'ausilio della relazione:

σs ⎡ ⎛ M cr ⎞ ⎤
2
ε sm = ⎢1 − β1β 2 ⎜ ⎟ ⎥ (A.26)
Es ⎢ ⎝ M ⎠ ⎥⎦

essendo σs la tensione nell'armatura tesa in sezione fessurata, Mcr il momento di
prima fessurazione, β1 un coefficiente che vale 1 per barre ad aderenza migliorata
e 0.5 per barre lisce, β2 un coefficiente che vale 1.0 per carichi di breve durata e
0.5 per carichi permanenti o ripetuti;
− srm: la distanza media finale tra le fessure, valutabile mediante la relazione:
φ
s rm = 50 + 0.25 ⋅ k 1 ⋅ k 2 [mm] (A.27)
ρr
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 475

essendo:
• k1 un coefficiente che tiene conto delle proprietà di aderenza delle barre che
vale 0.8 per barre ad aderenza migliorata e 0.4 per barre lisce;
• k2 un coefficiente che tiene conto della forma del diagramma delle
deformazioni e vale 0.5 per flessione pura;
• φ il diametro delle barre in mm,
• ρr = As/Ac,eff il rapporto di armatura efficace, dove As è l'armatura contenuta
nell'area tesa efficace di calcestruzzo, costituita dall'area di calcestruzzo che
circonda l'armatura, avente altezza convenzionalmente pari a 2.5 volte il
copriferro d'.
Nelle sezioni B ed AB si calcola l'ampiezza delle fessure sotto i carichi quasi
permanenti (combinazione 2), che costituisce la condizione di riferimento adottata dalla
norma; inoltre si valuta anche l'ampiezza delle fessure per la combinazione 1 (rara o
frequente), più sfavorevole dell'altra.
Sezione B:

f ctm = 0.3 ⋅ 20.75 2/3 = 2.27N/mm 2 , x = 24.75cm , I = 319362cm 4 , M cr = 28700Nm.

Combinazione 2 (quasi permanente):


M B = − 79742 N m , σ s = 217.4 N/mm 2
217.4 ⎡ ⎛ 28700 ⎞ ⎤
2
ε sm = ⎢1 − 0.5 ⎜ ⎟ ⎥ = 0.001001
200000 ⎢⎣ ⎝ 72154 ⎠ ⎥⎦
A s = 7.70 cm 2 , A c,eff = b ⋅ ( 2.5 ⋅ 3 ) = 187.5 cm 2
ρ r = A s /A c,eff = 7.70/187.5 = 0.04107
0.25 ⋅ 0.8 ⋅ 14 ⋅ 0.5
s rm = 50 + = 84 mm
0.04107
wk = 1.7 ⋅ 0.001001 ⋅ 84 = 0.143 mm

che risulta inferiore al limite consigliato di 0.3 mm.

Combinazione 1 (rara o frequente):


M B = −102320 Nm , σs = 278.9 N/mm 2
278.9 ⎡
2⎤
⎛ 28700 ⎞
ε sm = ⎢1 − 0.5 ⎜ ⎟ ⎥ = 0.0012848
200000 ⎢⎣ ⎝ 102320 ⎠ ⎥⎦

da cui:
476 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

w k = 1.7 ⋅ 0.0012848 ⋅ 84 = 0.183 mm

anch'essa inferiore al limite consigliato di 0.3 mm.

Sezione AB:

x = 25.79 cm , I = 303260 cm4 , Mcr = 28435 Nm .


Combinazione 2 (quasi permanente):
M AB = 64572.5 Nm , σs = 154.4 N/mm 2
154.4 ⎡
2⎤
⎛ 28435 ⎞
ε sm = ⎢1 − 0.5 ⎜ ⎟ ⎥ = 0.0006971
200000 ⎢⎣ ⎝ 64572.5 ⎠ ⎥⎦
As = 10.05 cm 2 , A c,eff = b ⋅ ( 2.5 ⋅ d ′ ) = 25 ⋅ ( 2.5 ⋅ 3) = 187.5 cm 2
ρ r = As /A c,eff = 10.05/187.5 = 0.0536
0.25 ⋅ 0.8 ⋅16 ⋅ 0.5
s rm = 50 + = 80 mm
0.0536
w k = 1.7 ⋅ 0.0006971 ⋅ 80 = 0.095 mm

sensibilmente inferiore al limite consigliato di 0.3 mm.


Combinazione 1 (rara o frequente):
M B = 82856 Nm , σs = 198.1 N/mm 2
198.1 ⎡
2⎤
⎛ 28435 ⎞
ε sm = ⎢1 − 1.0 ⎜ ⎟ ⎥ = 0.0008738
200000 ⎢⎣ ⎝ 82856 ⎠ ⎥⎦

da cui:
w k = 1.7 ⋅ 0.0008738 ⋅ 80 = 0.119 mm

anch'essa inferiore al limite consigliato di 0.3 mm.

A.5.3 Verifiche allo stato limite di deformazione


Le deformazioni degli elementi strutturali devono essere convenientemente limitate
in modo da preservarne la funzionalità e l'aspetto estetico e da non danneggiare gli altri
elementi collegati, quali tramezzi, vetrate, rivestimenti, servizi e finiture.
Per salvaguardare l'aspetto e la funzionalità della struttura è opportuno che le
inflessioni degli elementi strutturali non superino 1/250 della luce; per evitare inconvenienti
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 477

ai tramezzi ed ad alle altre opere di finitura il limite delle inflessioni è posto pari ad 1/500
della luce.
Generalmente il calcolo delle inflessioni può essere omesso quando sono verificate
alcune condizioni, come un rapporto luce/altezza sufficientemente contenuto; i valori limite
del rapporto L/d sono indicati dalle norme in funzione della tipologia strutturale e del
livello di sollecitazione nei materiali. Tali limiti sono riportati nella Tabella A.5.
Nel caso della trave in oggetto il rapporto luce/altezza con riferimento alla campata
di estremità AB è pari a L/d=500/47=10.6, che risulta molto distante dai limiti riportati al
punto 2 della tabella; pertanto in questo caso il calcolo dell'inflessione della trave può
essere omesso.

Calcestruzzo Calcestruzzo
Sistema strutturale
molto sollecitato poco sollecitato
Travi semplicemente appoggiate, piastre 18 25
semplicemente appoggiate mono o
bidirezionale
Campata terminale di travi continue o 23 32
piastre continue monodirezioali o piastre
bidirezionali continue su un lato
Campata intermedia di travi o di piastre 25 35
mono o bidirezionale
Piastre sorrette da pilastri senza travi 21 30
(piastre non nervate), in base alla luce
maggiore
Mensole 7 10
Tab. A.5: Valori limite dei rapporti luce/altezza utile per elementi in c.a. senza
compressione assiale.

A.6 Verifica delle sezioni allo s.l.u.


Le modalità seguite nella progettazione rendono superflua una verifica delle sezioni
allo S.L.U. in quanto la ovvia trasformazione delle aree in tondini commercialmente
utilizzabili, comporta in generale un incremento della armatura in trazione ed in
compressione con il conseguente incremento del momento ultimo disponibile in ogni
sezione. Con riferimento poi alla posizione dell'asse neutro, un'eventuale variazione
sfavorevole sotto il profilo della duttilità (incremento di ξ ), dovuta ad un incremento della
armatura in trazione maggiore di quello della armatura in compressione, caso peraltro
assente negli esempi precedenti, è scarsamente significativa in quanto accompagnata da un
parallelo incremento del momento ultimo.
478 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

In ogni caso per valutare la dimensione delle variazioni ottenute, si determinano per
le precedenti sezioni i momenti ultimi corrispondenti.
Dovendo la posizione dell'asse neutro essere nell'intorno del valore di progetto (x/d
= 0.25) ovvero nella zona 2 o 3, (Fig. A8) si ipotizza in primo luogo che le armature in
compressione siano snervate.
La posizione presunta dell'asse neutro si ottiene risolvendo la equazione di equilibrio
alla traslazione; risulta pertanto:

ω − ω'
ξ= (A.28)
ψ
Se la deformazione nell'armatura compressa valutabile con la relazione:

(
ε s' = 0.01/ (1 − ξ ) ⋅ ξ − δ ' ) per ξ < 0.259 (A.29)

ovvero con:

(
ε s' = 0.0035/ (ξ ) ⋅ ξ − δ ' ) per ξ ≥ 0.259 (A.30)

risulta minore della deformazione allo snervamento (ε0 = fyd/Es), occorre ricalcolare la
posizione dell'asse neutro tenendo conto del fatto che l'armatura in compressione è in
condizioni elastiche; l'equazione di equilibrio alla traslazione diventa allora di 2° grado in ξ
e si scrive:

ψ ⋅ ξ + ω'
(
0.01 ⋅ ξ − δ ' )
− ω = 0 (ξ < 0.259) (A.31)
(1 − ξ ) ⋅ ε o
ψ ⋅ ξ + ω'
(
0.0035 ⋅ ξ − δ ' )
− ω = 0 (ξ ≥ 0.259) (A.32)
ξ ⋅εo
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 479

Fig. A.8

La soluzione si scrive allora nel primo caso (ξ < 0.259):

ξ=
(
(1 + k + ω/ψ ) ⋅ ⎛⎜1 − 1 − 4 ⋅ k ⋅ δ ' + ω/ψ ⎞⎟ ) (A.33)
2 ⎜ (1 + k + ω/ψ )2 ⎟⎠

essendo:

( )
k = 0.01ω ' / (ψ ⋅ ε o ) (A.34)

e nel secondo caso (ξ ≥ 0.259):

ξ=
(ω/ψ − k ) ⋅ ⎛⎜1 − 1− 4⋅
(k ⋅ δ )
' ⎞
⎟ (A.35)
2 ⎜ (ω/ψ − k )2 ⎟
⎝ ⎠
essendo:

( )
k = 0.0035ω ' / (ψ ⋅ ε o ) (A.36)
480 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

La valutazione del momento ultimo si consegue con l’equazione di equilibrio alla


rotazione considerando l'armatura compressa snervata ovvero in campo elastico secondo le
relazioni:

(
µ u = ψξ (1 − λξ ) + ω 'η 1 − δ ' ) (A.37)

essendo:

σ s'
η= (A.38)
f sd

Applicando le relazioni sopra descritte per le sezioni precedentemente definite, con


le armature progettate sulla base dei momenti ottenuti dal calcolo puramente lineare
elastico, si ottiene:

Sez. A e D:
b = 25 cm h = 50 cm d' = 3 cm As = 8.64 cm2 A's = 10.05 cm2
ξ= 0.125 µu = 0.19481 Mu = 126520 Nm (> Md = 119835 Nm)

Sez. B e C:
b = 25 cm h = 50 cm d' = 3 cm As = 10.05 cm2 A's = 10.05 cm2
ξ = 0.137 µu = 0.22596 Mu = 146750 Nm (> Md = 141502 Nm)

Sez. A-B e C-D:


b = 25 cm h = 50 cm d' = 3 cm As = 10.05 cm2 A's = 4.02 cm2
ξ = 0.186 µu = 0.22342 Mu = 145100 Nm (> Md = 126230 Nm)

Sez. B-C:
b = 25 cm h = 50 cm d' = 3 cm As = 4.02 cm2 A's = 4.02 cm2
ξ = 0.0946 µu = 0.09196 Mu = 59726 Nm (> Md = 54690 Nm)

Per le armature ottenute con riferimento ai momenti ridistribuiti, si ottiene:

Sez. A,B,C,D:
b = 25 cm h = 50 cm d' = 3 cm As = 7.70 cm2 A's = 10.05 cm2
ξ = 0.116 µu = 0.17398 Mu = 112990 Nm (> Md = 101830 Nm)
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 481

Sez. A-B e C-D:


b = 25 cm h = 50 cm d' = 3 cm As = 10.05 cm2 A's = 4.02 cm2
ξ = 0.186 µu = 0.22342 Mu = 145100 Nm (> Md = 135260 Nm)

Sez. B-C:
b = 25 cm h = 50 cm d' = 3 cm As = 4.05 cm2 A's = 3.08 cm2
ξ = 0.098 µu = 0.09193 Mu = 59701 Nm (> Md = 55370 Nm)

Come si può osservare l'incremento delle armature dovuto all'uso di diametri


commerciali comporta l'ovvio incremento dei momenti ultimi. Inoltre gli assi neutri,
soprattutto per il consistente incremento delle armature in compressione nel caso in oggetto,
si spostano verso l'alto determinando un aumento della duttilità disponibile.

A.7 Trave a Spessore di solaio


Frequentemente le travi per ragioni funzionali o esecutive assumono altezze ridotte e
in genere coincidenti con quelle dei solai. In tali casi peraltro molto frequenti allorchè le
azioni orizzontali sono modeste ovvero sono affidate a specifici elementi strutturali, nuclei
o pareti o telai rigidi, possono diventare fortemente limitative le prescrizioni previste nei
regolamenti ed in particolare nello EC2 sia nel campo degli s.l.s. che nel campo dello s.l.u..

A.7.1 Calcolo delle sollecitazioni


Ripercorrendo brevemente l'iter progettuale delineato innanzi e facendo riferimento
al solo calcolo elastico, si ipotizza una trave a spessore di solaio avente dimensioni
(100x22) ed appartenente allo stesso telaio.
Il valore ridotto della rigidezza della trave in rapporto a quella dei pilastri impone a
rigore uno schema di trave continua con pilastri sia agli estremi che nei nodi interni. Infatti,
la variazione dei momenti tra questo schema e quello più semplice di trave su appoggi
interni potrà essere significativa e non consentire sullo schema approssimato considerazioni
sufficientemente accurate sulla duttilità e sul comportamento elastico. In particolare per la
valutazione delle frecce i momenti negativi delle campate aventi luce maggiore, più grandi
nello schema accurato per l'apporto di rigidezza dei pilastri interni, permetteranno la
valutazione di frecce minori.
La soluzione degli schemi elastici con le stesse combinazioni di carico del caso
precedente forniscono per le verifiche di servizio le seguenti caratteristiche della
sollecitazione:
482 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Sollecitazioni Combinazione1 Combinazione2


MA1 -106343 -82877
MB1 -120675 -94047
MB2 -79908 -62275
MC2 -79908 -62275
MC3 -120675 -94047
MD3 -106343 -82877
MAB 64995 50660
MBC 34290 26730
MCD 64995 50660
TAB 139880 109016
TBA 145616 113480
TBC 114200 89000
TCB 114200 89000
TCD 145616 113484
TDC 139880 109016
Tab. A.6

Le combinazioni di carico relative allo s.l.u. forniscono invece:

Sollecitazioni Comb.3 Comb.4 Comb.5 Comb.6 Min-Max Cd


MA1 -147530 -144045 -73727 -73321 -147530 -132710
MB1 -162923 -171040 -96208 -97147 -171040 -155590
MB2 -68254 -119849 -99970 -105789 -105907 -119849
MC2 -68254 -99970 -119849 -105907 -119849 -107510
MC3 -162923 -96208 -171040 -97147 -171040 -155590
MD3 -147530 -73727 -144045 -73321 -144045 -132710
MAB 126230 112720 56300 52970 126230 126230
MBC -29170 37180 37180 54690 54690 54690
MCD 126230 56300 112720 52970 126230 126230
TAB 197521 195201 101604 101335 197521 197521
TBA 203678 206000 110596 110865 206000 206000
TBC 84880 165450 155510 160480 165450 165450
TCB 84880 155510 165450 160480 165450 165450
TCD 203678 110596 206000 110865 206000 206000
TDC 197521 101604 195201 101335 197521 197521
Tab. A.7

I valori di progetto dei momenti minimi nell'ultima colonna sono stati ottenuti dai
precedenti procedendo allo spuntamento previsto nell'EC2 come nel caso precedente.
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 483

A.7.2 Progetto armatura a flessione


Assumendo in questo caso una posizione dell'asse neutro espressa da ξ =0.30, che,
dato il valore del copriferro, assicura un'armatura in compressione snervata, si procede per
il progetto dell'armatura come indicato nel paragrafo A4.1; il momento adimensionale
massimo in assenza di armatura in compressione vale:
µ c = ψξ (1 − λξ ) = 0.8 ⋅ 0.3(1 − 0.4 ⋅ 0.3) = 0.2112

Applicando la metodologia utilizzata nel paragrafo A4.1, per il progetto delle


armature si ottiene (Fig. A9):

Fig. A.9

Sez. A e D:
Md = 132710 Nm µd= 0.31260 (> µc)
2
ω’ = (0.3126-0.2112)/(1-0.158) = 0.12043 => A's = 8.15 cm
ω = 0.8·0.3 + ω’ = 0.3604 => As = 24.38 cm2 (4φ16+6φ20).
484 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Sez. B e C:
Md = 155590 Nm µd= 0.36649 (> µc)
ω’ = (0.36649-0.2112)/(1-0.158)
=> A's = 12.47 cm2
=0.18443
ω = 0.8·0.3+ ω’ = 0.42443 => As = 28.70 cm2 (4φ16+7φ20).

Sez. A-B e C-D:


Md = 95580 Nm µd= 0.22514 (> µc)
2
ω’ = (0.22514-0.2112)/(1-0.158) =0.01656 => A's = 1.12 cm
ω = 0.8·0.3+ ω’ = 0.25656 => As = 17.35 cm2 (4φ16+3φ20).

Sez. B-C:
Md = 54570 Nm µd= 0.12854 (< µc)
1/2
ξ = 1.25·(1-(1-2·0.12854) ) = 0.1726 < 0.3
ω = 0.8·0.17261 = 0.13807 => As = 9.337 cm2 (5φ16).

A.7.3 Verifica a flessione


Come nell'esempio precedente la verifica non è finalizzata a controllare la
sussistenza delle condizioni di sicurezza imposte dalla normativa, condizioni
implicitamente soddisfatte per le modalità di progettazione, ma fornirà indicazioni
sull'eventuale incremento delle caratteristiche limiti legato alla armatura effettivamente
progettata.
Sez. A e D:
b = 100 cm h = 22 cm d' = 3 cm As = 26.88 cm2 A's = 17.46 cm2
ξ = 0.249 µu =0.34638 Mu = 147050 Nm (> Md = 132710 Nm)
Sez. B e C:
b = 100 cm h = 22 cm d' = 3 cm As = 30.02 cm2 A's = 17.46 cm2
ξ = 0.2626 µu =0.38494 Mu = 163420 Nm (> Md = 155590 Nm)

Sez. A-B e C-D:


b = 100 cm h = 22 cm d' = 3 cm As = 17.46 cm2 A's = 8.04 cm2
ξ = 0.232 µu =0.22952 Mu = 97440 Nm (> Md = 95580 Nm)
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 485

Sez. B-C:
b = 100 cm h = 22 cm d' = 3 cm As = 10.05 cm2 A's = 8.04 cm2
ξ = 0.171 µu =0.13740 Mu = 58330 Nm (> Md = 54570 Nm)

Come nell'esempio precedente l'incremento delle armature dovuto all'uso di diametri


commerciali comporta l'ovvio incremento dei momenti ultimi. Inoltre gli assi neutri,
soprattutto per il consistente incremento delle armature in compressione nel caso in oggetto,
si spostano verso l'alto determinando un aumento della duttilità disponibile.

A.7.4 Verifica a punzonamento


Nel caso di solette sollecitate da un carico concentrato su di un'area limitata, come la
reazione del pilastro sulla trave a spessore, oltre alla verifica a taglio che continua a
garantire il comportamento della trave ad una determinata distanza dal pilastro, occorre
effettuare una verifica a punzonamento lungo un perimetro critico definito.

Fig. A.10
486 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Avendo il pilastro dimensioni 30x40 cm e la soletta altezza utile s=19 cm, sono
rispettate le limitazioni imposte nell'EC2 sul rapporto dei lati del pilastro e sul perimetro in
funzione dello spessore della soletta. Infatti risulta:
lmax/lmin = 40/30 < 2
p = 2·(30+40)=140 < (11·d) = 209 cm

Il perimetro critico vale pertanto:


p u = 2 ⋅ ( b + h ) + 2 ⋅1.5 ⋅ d ⋅ π = 140 + 2 ⋅1.5 ⋅ 19 ⋅ 3.14 = 319cm

La forza di taglio per unità di lunghezza lungo la sezione critica vale:


β
v sd = (T BA,1 + T BA,1 )
1.15
= (206000 + 164511) = 133.57 N / mm = 133.57daN / cm
pc 3190

essendo β un coefficiente che tiene conto degli effetti della eccentricità del carico (β =1.5
nei pilastri d'angolo, β = 1.4 nei pilastri di bordo, β = 1.15 nei pilastri interni).
Per la verifica si adotta uno schema analogo a quello adottato per il taglio, basandosi
sulla valutazione di valori di confronto vRd1, vRd2, vRd3, corrispondenti a quelli indicati per il
taglio, salvo a riferirsi a tratti di lunghezza unitaria del perimetro critico. In particolare i
valori limiti inferiore e superiore valgono:
v Rd1 = [k ⋅τ Rd ]⋅ (1.2 + 40ρ l ) (A.39)
che, essendo:

τ Rd = 0.26 N/mm 2 per un calcestruzzo di classe fck = 20 (fckcube = 25)

k = 1.6 - d = 1.6 – 0.19 = 1.41 >1

ρ1x = A sx /l 'y = 30.02/ (40 + 2 ⋅ 19 ⋅ 1.5)/19 = 0.1629

Asx = armatura in zona tesa della trave


ρ 1y = A sy /l 'x = 8.04/ (30 + 2 ⋅19 ⋅1.5)/19 = 0.0486
Asy = armatura in zona tesa della trave ortogonale
ρ 1 = ρ 1x ⋅ ρ 1y = 0.0089 (ρ1 ≤ 0.015)
vRd1 e vRd2 valgono:
v Rd1 = 0.26 ⋅1.41 ⋅ (1.2 + 40 ⋅ 0.0089 )190 = 108.38N/mm (108.38kg/cm)
v Rd2 = 1.6 ⋅ V Rd1 = 1.6 ⋅108.38 = 173.41N/mm.
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 487

Essendo vsd compreso nell'intervallo (vRd1, vRd2), occorre calcolare una armatura
specifica.
Partendo dalla relazione di verifica che pone la diseguaglianza:

vd <= vRd3 = vcd + vwd (A.40)

con:

vcd=vRd1 = 108.38 N/mm e vd = 133.57 N/mm

si può valutare il taglio da assorbire con idonee armature Vwd:

vwd= ( ∑A sw sinα ) fywd /pc (A.41)

essendo la sommatoria estesa alle aree dell'armatura di cucitura disposta all'interno del
perimetro critico ed α il loro angolo di inclinazione rispetto al piano medio.
Si può pertanto ricavare il taglio da assorbire con armature dalla relazione:

v wd = v Rd 3 − v cd = v d − v cd = 133.57 − 108.38 = 25.19 N / mm

ed inoltre l'armatura complessiva dalla relazione:


p c v wd
∑A sw =
f ywdsinα
(A.42)

Nel caso in esame, adottando staffe verticali, si ottiene:

∑ Asw = ( 25.19 ⋅ 3190 ) / ( 330.4 ⋅1) = 243.2 mm


2

per cui, ipotizzando staffe φ 8, occorre controllare che almeno 5 bracci verticali delle
suddette staffe siano comprese nell'area limitata dal perimetro critico; ovviamente occorre
controllare la uniforme e corretta distribuzione lungo il perimetro.

A.7.5 Limitazione delle tensioni in esercizio


Si eseguono ora le verifiche allo Stato Limite di Servizio.
Analogamente a quanto fatto per la trave emergente nel paragrafo A5.1, la prima
verifica consiste nel controllare le tensioni nell'acciaio e nel calcestruzzo in condizioni di
esercizio.
Si riporta nel seguito il calcolo delle massime tensioni nell'acciaio e nel
calcestruzzo, eseguito nella sezione B di minimo momento e nella sezione di massimo
momento della campata AB, per effetto della combinazione di carico rara o frequente
(combinazione 1) e di quella quasi permanente (combinazione 2), da confrontare con i
valori:
488 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Combinazione 1: σs = 0.8 ⋅ 380 = 304 N/mm 2 , σ c = 0.60 ⋅ 2075 = 12.45 N/mm 2

Combinazione 2: σ c = 0.45 ⋅ 20.75 = 9.34 N/mm 2

Al solito si opera lo spuntamento dei momenti minimi sugli appoggi e si adotta un


coefficiente di omogenizzazione n=15 per tener conto degli effetti a lungo termine,
calcolando le tensioni con l'ausilio delle relazioni riportate in A.5.1 (A19÷A21).
Sezione B:
b = 100 cm h = 22 cm d' = 3 cm d = 19 cm As = 30.02 cm2
A's = 17.46 cm2 n = 15 x = 8.29 cm I = 77971 cm4

Combinazione 1:

MB = -120675-(-9743) = 110977 Nm

σ c = 11.8 N/mm 2 < σ c , σs = 228.6 N/mm 2 < σs

Combinazione 2:

MB= -94047 - (-7593) = -86454 Nm

σ c = 99.9 N/mm 2 < σ c , σs = 178.1 N/mm 2 .

Sezione AB:
b = 100 cm h = 22 cm d' = 3 cm d = 19 cm As = 17.46 cm2
A's = 8.04 cm2 n = 15 x = 7.19 cm I = 51035 cm4

Combinazione 1:

MAB = 64995 Nm

σ c = 91.6 N/mm 2 < σ c , σs = 225.6 N/mm 2 < σs

Combinazione 2:

MAB = 50660 Nm

σ c = 7.1 N/mm 2 < σ c , σs = 175.8 N/mm 2 < σ s .

Dai valori riportati si deduce che la verifica della limitazione delle tensioni è
soddisfatta sia per l'acciaio che per il calcestruzzo.
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 489

A.7.6 Verifiche allo stato limite di fessurazione


Come detto nel paragrafo A5.2 la verifica allo stato limite di fessurazione può essere
condotta omettendo un calcolo diretto dell'ampiezza massima delle fessure, se le
dimensioni delle barre longitudinali di armatura e la distanza tra di esse non superano i
valori riportati nella tabella A4 in funzione della massima tensione nelle armature sotto la
combinazione di carico quasi permanente.
Considerando i valori precedentemente calcolati delle tensioni nell'armatura tesa per
la combinazione di carico 2 (σs=178.1 N/mm2 nella sezione B), si osserva che la
disposizione delle armature ed i diametri adottati (φ20 e φ16) soddisfano le limitazioni della
tabella, per cui non è necessario il calcolo dell'ampiezza delle fessure.

A.7.7 Verifiche allo stato limite di deformazione


Per le travi in spessore di solaio (travi "basse") la verifica allo stato limite di
deformazione assume maggiore importanza rispetto al caso delle travi emergenti, essendo
le loro inflessioni di maggiore entità.
Il rapporto luce/altezza utile per la trave a spessore in oggetto, con riferimento alla
campata di estremità, è pari a L/d=500/19=26.3, che risulta superiore a quello limite pari a
23, indicato dalle norme (cfr. tabella A5); si decide pertanto di eseguire il calcolo
dell'inflessione della trave nella campata di estremità.
Per le travi in c.a. in regime fessurato la valutazione delle inflessioni non può
generalmente essere condotta sulla base di un calcolo "elastico" a sezione omogenea, in
quanto il comportamento è fortemente influenzato dalla presenza di tratti fessurati,
caratterizzati da una rigidezza ridotta. Inoltre vanno opportunamente modellati i fenomeni
del tension-stiffening (l'irrigidimento offerto dal calcestruzzo teso tra le fessure) e del
fluage o viscosità del calcestruzzo, responsabile di incrementi delle deformazioni nel
tempo.
Il calcolo più accurato delle inflessioni si esegue valutando sezione per sezione la
curvatura, tenendo conto dei parametri di cui sopra, ed integrando tali curvature lungo l'asse
dell'elemento.
Le sezioni non fessurate (in cui non si supera la tensione di resistenza a trazione fctm)
sono assimilabili a sezioni di calcestruzzo interamente reagenti con armature
omogeneizzate.
Il comportamento di una sezione in cui la massima tensione di trazione nel
calcestruzzo supera fctm risulta, invece, intermedio tra una sezione non fessurata ed una
completamente fessurata, a causa del tension- stiffening; la curvatura (1/r) si può valutare in
tal caso mediante l'equazione:
1 1 1
= γ + (1 − γ ) (A.43)
r r2 r1
490 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

essendo (1/r1) ed (1/r2) le curvature calcolate rispettivamente nell'ipotesi di sezione non


fessurata e completamente fessurata e γ il coefficiente di interpolazione, espresso per
elementi inflessi in funzione del rapporto tra il momento di prima fessurazione (Mcr ) ed il
momento (M) agente nella sezione:
2
⎛ M cr ⎞
γ = 1 − β1 ⋅ β 2 ⎜ ⎟ (A.44)
⎝ M ⎠
Nella (A.44) il coefficiente β1 tiene conto delle proprietà di aderenza delle armature
e vale 1 per barre aderenza migliorata, 0.5 per barre lisce; il coefficiente β2 tiene conto della
durata del carico o di carichi ripetuti e vale 1 per carico singolo di breve durata, 0.5 per
carichi permanenti o carichi ripetuti per molti cicli.
Una semplificazione consentita dalla norma consiste nel calcolare la freccia f
dell'elemento interpolando direttamente, tramite una relazione analoga alla (A.43), tra le
frecce f1 ed f2 , ricavate rispettivamente nell'ipotesi che l'intero elemento sia non fessurato
o totalmente fessurato:
f = γ ⋅ f 2 + (1 − γ ) ⋅ f1 (A.45)

In realtà l'Eurocodice nel consigliare tale semplificazione non chiarisce in quale


sezione dell'elemento vada valutato il momento (M) da inserire nella (A.44) per il calcolo
del coefficiente di interpolazione, e questa scelta non è immediata nel caso di travi con
momenti alle estremità; il CEB-FIP bull. 158 (Manual on cracking and deformation) invece
indica come momento di riferimento quello massimo in campata, anche per i casi in cui i
momenti negativi sono maggiori, ma opera una correzione all'espressione (A.44) per γ,
riducendo l'esponente da 2 ad 1. Vale cioè:

⎛ M cr ⎞
γ = 1 − β1β 2 ⎜⎜ ⎟⎟ (A.46)
⎝ M max ⎠
Gli effetti della viscosità del calcestruzzo possono essere valutati facendo
riferimento ad un modulo elastico efficace pari a:
E cm
E= (A.47)
1+ ϕ

essendo ϕ il coefficiente di viscosità del materiale, tabellato in funzione delle dimensioni


degli elementi e delle condizioni ambientali (cfr. Vol.1A, §2.6).
Con riferimento alle combinazioni di carico degli stati limite di servizio, descritte
nel paragrafo A.2.3, occorre valutare preliminarmente le seguenti frecce fondamentali:
− f o(1) = freccia istantanea prodotta dalla combinazione di carico 1 (rara o frequente);
− f o(2 ) = freccia istantanea prodotta dalla combinazione di carico 2 (quasi
permanente);
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 491

− f t(2 ) =freccia a lungo termine prodotta dalla combinazione di carico 2 (quasi


permanente).
Ai fini della verifica della funzionalità della struttura occorre calcolare la freccia
massima totale fa, che è somma della freccia a lungo termine prodotta dalla combinazione
di carico 2 e dell'incremento di freccia prodotto dalla variazione dei carichi dalla
combinazione 2 (permanente) a quella 1 (frequente o rara). A causa della non linearità
indotta dalla fessurazione della trave non è possibile calcolare direttamente la freccia
prodotta dalla differenza di carico tra le combinazioni 1 e 2, ma si può procedere
combinando opportunamente le frecce di base di cui sopra, ottenendo:

(
f a = f t(2 ) + f o(1) − f o(2 ) ) (A.48)

analogamente per l'altra verifica (danno alle finiture) si può dedurre da fa la freccia
istantanea prodotta dai carichi quasi permanenti, ricavando la freccia di riferimento fb:

( )
f b = f a − f o(2 ) = f t(2 ) + f o(1) − f o(2 ) − f o(2 ) (A.49)

Prendendo in esame una delle campate di estremità della trave continua (AB o CD)
ed utilizzando la relazione semplificata (A.45), per il calcolo di ciascuna di queste frecce si
procede nel seguente modo.
Noti i momenti MA, MB, MAB agli estremi della trave ed in mezzeria ed il carico
distribuito q, le frecce f1 ed f2 valgono rispettivamente, nell'ipotesi di sezione costante lungo
l'elemento ed uguale alla sezione corrente in campata:

qL4 qL4 qL4 qL4


f1 = α ⋅ = α⋅ ⋅ (1 + ϕ ) , f 2 = α ⋅ = α⋅ ⋅ (1 + ϕ ) (A.50)
E c, eff I1 E c I1 E c,eff I 2 EcI2

essendo α un coefficiente che tiene conto della condizione vincolare (pari a 5/384 nel caso
di momenti nulli agli estremi) ed I1, I2 rispettivamente i momenti d'inerzia della sezione non
fessurata e totalmente fessurata; per carichi istantanei, che non inducono effetti viscosi, il
coefficiente di viscosità va posto pari a 0, per cui Ec,eff coincide con Ec. I momenti I1 ed I2
vanno valutati secondo le usuali regole della statica del cemento armato, facendo
riferimento, in presenza di effetti viscosi del calcestruzzo, al coefficiente di
omogeneizzazione "efficace":
Es E
n eff = = s ⋅ (1 + ϕ ) = n (1 + ϕ ) (A.51)
E c, eff E c

Il calcolo di I1 ed I2 per sezione rettangolare a doppia armatura si esegue quindi con


l'ausilio delle seguenti relazioni:
492 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Sezione non fessurata:

x=
(
bh 2 /2 + n eff A s d + A s' d' )
bh + n eff (A '
s + As ) (A.52)

bx13 b(h − x ) 3
I1 = + + n eff A 's (x1 − d')2 + n eff A s (d − x )2 (A.53)
3 3
Sezione totalmente fessurata:

x2 =
( ⎡
n eff A s + A s' ⎢ )
−1+ 1+
(
2b A s d + A s' d' ) ⎤⎥ (A.54)
b ⎢
⎣ n eff A s + A s'
2
( ) ⎥

bx 32
I2 = + n eff A s (x 2 − d')2 + n eff A s' (d − x 2 )2 (A.55)
3
in cui evidentemente il parametro neff coincide con n=Es/Ec per carichi istantanei.
Il coefficiente α, che come detto dipende dalla condizione vincolare ovvero dal
valore dei momenti agli estremi della campata, può essere valutato mediante la seguente
relazione:

fg 1 ⎡z ⎛z⎞ ⎛z⎞ ⎤ m ⎛
3 4
z ⎞⎡ ⎛ z⎞ ⎤
2
α= = ⎢ − 2⎜ ⎟ + ⎜ ⎟ ⎥ − A ⎜ 1 − ⎟ ⎢1 − ⎜ 1 − ⎟ ⎥ +
qL4 24 ⎢⎣ L ⎝ L ⎠ ⎝ L ⎠ ⎥⎦ 72 ⎝ L ⎠ ⎢⎣ ⎝ L ⎠ ⎥⎦
EI g (A.56)
mB z ⎡ ⎛ z ⎞
2⎤
− ⎢1 − ⎜ ⎟ ⎥
72 L ⎢⎣ ⎝ L ⎠ ⎥⎦

essendo z il punto in cui si valuta lo spostamento, in genere poco diverso dalla mezzeria
dell'elemento, mA=MA/(ql2/12) ed mB=MB/(ql2/12) i momenti alle estremità
adimensionalizzati rispetto a ql2/12. L'espressione del coefficiente α in mezzeria (z/L=1/2)
si semplifica nella seguente:
fg 5 2 2
α= 4
= − mA − mB (A.57)
qL /EI g 384 384 384

Pertanto valutate le frecce f1 ed f2 tramite le (A.50) ed il coefficiente γ mediante la


(A.44) o la (A.46) con riferimento al momento massimo MAB in campata, si calcola il
valore della freccia totale f utilizzando la relazione (A.45).
Si riportano nel seguito i calcoli delle frecce f o(1) , f o(2 ) , f t(2 ) , e quindi di fa ed fb per la
campata di estremità AB, che è quella in cui si hanno i valori maggiori degli spostamenti.
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 493

Calcolo delle frecce fa fb secondo l'EC2, per la campata di estremità AB:

a) Frecce istantanee f o(1) , f o(2 ) :

b=100cm h=22cm d'=3cm d=19cm


As = 17.46 cm 2 As' = 8.04 cm 2 n = 15
E c = 9500 f ck + 8 = 9500 20.75 + 8 = 29103 N/mm 2
E s 200000
n= = = 6.872 β1β 2 = 1.0
Ec 29103
2/3
f ctm = 0.3 ⋅ f ck = 0.3 ⋅ 20.752/3 = 2.27 N/mm 2
x1 = 11.22 cm I1 = 99836 cm 4 M cr = 21023 Nm
4
x 2 = 5.46 cm I 2 = 277576 cm

Calcolo della freccia f o(1) :

MA =-106343 Nm, MB = -120675 Nm, MAB = 64995 Nm, q =57.1 kN/m


M cr M cr 21023
= = = 0.3235
M max M AB 64995

ascissa di massima freccia, z/L = 0.49 ⇒ α = 0.0030833 = 1/324

57.1 ⋅ 50004
f1 = 0.00308 ⋅ = 3.787 mm
29103 ⋅ 99833 ⋅104
57.1 ⋅ 50004
f 2 = 0.00308 ⋅ = 13.621 mm
29103 ⋅ 27757 ⋅104
M cr 21023
= = 0.3235
M max 64995
γ = 1 − 1.0 ⋅ ( 0.3235 ) = 0.8953 relazione (A.46)
2

f o( ) = 0.8953 ⋅13.621 + (1 − 0.8953) 3.787 = 12.32 mm


1

Calcolo della freccia f o(2 ) :

MA =-82877 Nm, MB = -94047 Nm, MAB = 50660 Nm, q =44.5 kN/m


M cr M cr 21023
= = = 0.41498
M max M AB 50660
494 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

ascissa di massima freccia, z/L = 0.49 ⇒ α = 0.0030833 = 1/324

44.5 ⋅ 50004
f1 = 0.00308 ⋅ = 2.951 mm
29103 ⋅ 99833 ⋅104
44.5 ⋅ 50004
f 2 = 0.00308 ⋅ = 10.616 mm
29103 ⋅ 27757 ⋅104
M cr 21023
= = 0.4150
M max 50660
γ = 1 − 1.0 ( 0.4150 ) = 0.8278
2

f o( ) = 0.8278 ⋅10.616 + (1 − 0.8278 ) 2.951 = 9.296 mm


1

b) Freccia a lungo termine f t(2 ) :


29103 Es 200000
ϕ = 2 ⇒ E c,eff = = 9701 N/mm 2 , n eff = = = 20.616
3 E c,eff 9701
β1 ⋅ β 2 = 0.5, x1 = 11.57cm, I1 = 121491cm 4 , M cr = 210323 Nm
4
x2 = 7.95cm, I 2 = 64758cm
MA =-82877 Nm, MB = -94047 Nm, MAB = 50660 Nm, q =44.5 kN/m
M cr M cr 21023
= = = 0.41498
M max M AB 50660

ascissa di massima freccia, z/L = 0.49 => α=0.0030833 = 1/324

44.5 ⋅ 5000 4
f 1 = 0.00308 ⋅ = 7.26mm
9701 ⋅121491 ⋅10 4
44.5 ⋅ 50004
f 2 = 0.00308 ⋅ = 13.650 mm
9701 ⋅ 64758 ⋅104
M cr 21023
= = 0.4150
M max 50660
γ = 1 − 0.5 ( 0.4150 ) = 0.91139
2

f o( ) = 0.9139 ⋅13.650 + (1 − 0.9139 ) 7.276 = 13.101 mm


1

Verifica di deformabilità:
Per la verifica di deformabilità si calcolano le frecce fa ed fb, applicando le relazioni
(A.48)(A.49):
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 495

( )
f a = f t(2) + f o(1) − f o(2) =13.101+(12.32-9.296)=16.125mm
(
fb = fa − f o(2) )=16.125-9.296=6.829mm
e si verifica che:
fa = 16.125mm < L/250=5000/250=20mm
fb = 6.829mm < L/250=5000/500=10mm.

Calcolo delle frecce fa , fb secondo il CEB, per la campata di estremità AB:

La valutazione delle frecce secondo il CEB è del tutto identica a quella testè
riportata, a patto di calcolare il coefficiente di interpolazione γ mediante la relazione
(A.46):

γ = 1 − 1.0 ⋅ ( 0.3235 ) = 0.6765 ⇒ f o(1) = 0.6765 ⋅ 13.621⋅ (1 − 0.6765 ) 3.787 = 10.440 mm

γ = 1 − 1.0 ⋅ ( 0.4150 ) = 0.585 ⇒ f o( 2 ) = 0.585 ⋅10.616 ⋅ (1 − 0.585 ) 2.951 = 7.435 mm

γ = 1 − 0.5 ⋅ ( 0.4150 ) = 0.7925 ⇒ f t( ) = 0.7925 ⋅13.621 ⋅ (1 − 0.7925 ) 7.276 = 12.327 mm


2

( )
f a = f t(2 ) + f o(1) − f o(2 ) =12.327+(10.44-7.435)=15.332 mm

f b = f a − f o(2 ) = 15.332-7.332=7.897 mm

Poichè utilizzando la (A.46) invece della (A.44) si ottengono valori più bassi per il
coefficiente γ, anche i valori delle frecce f o(1) , f o(2 ) , f t(2 ) , sono inferiori. Questo decremento
è meno sensibile per le frecce a lungo termine f t(2 ) , in quanto lo stesso è attenuato dal
coefficiente β1 β 2 =0.50. Combinando i valori delle frecce di base per calcolare fa ed fb, si
ha che i valori di fa ottenuti con l'EC2 ed il CEB quasi coincidono (scarto 5%), mentre i
valori di fb differiscono del 15%, fornendo l'EC2 valori in eccesso rispetto al CEB.

Calcolo "esatto" delle frecce fa, fb per la campata di estremità AB:


In tal caso si tiene conto della reale distribuzione della fessurazione e delle armature
inferiori e superiori lungo l'asse dell'elemento, integrando le curvature sezione per sezione.
Occorre calcolare inoltre il momento di prima fessurazione per ogni sezione significativa:
appoggio A, campata AB, appoggio B.
Il calcolo "esatto" delle frecce fornisce i valori riportati nella tabella seguente, dove
sono anche riportati quelli precedentemente calcolati e quelli che si otterrebbero mediante
un calcolo elastico.
496 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Freccia Calcolo mediante Calcolo elastico EC2 CEB


[mm] integrazione
f o(1) 11.992 4.261 12.320 10.440

f (2 )
o
8.375 3.321 9.296 7.435

f t(2 ) 12.972 9.963 13.101 12.327

fa 16.598 10.903 16.125 15.332

fb 8.214 7.582 6.829 7.897

Tab. A.8: Valori della freccia della trave

A.8 Il Metodo dell'Analisi Plastica


La normativa consente l'utilizzazione di metodi che individuano lo stato limite
ultimo nella formazione di meccanismi con cerniere plastiche senza richiedere una verifica
diretta della duttilità richiesta per la formazione del meccanismo stesso.
Tale semplificazione è però subordinata al rispetto di alcune condizioni progettuali:
− l'armatura in zona tesa non deve superare quella corrispondente ad una posizione
dell'asse neutro x/d=0.25; deve essere utilizzato acciaio di alta duttilità;
− l'uso di acciai normali45 (acciai a bassa duttilità) non è di regola ammesso, e nel
caso esso sia usato richiede un controllo di duttilità;
− il rapporto tra i momenti di continuità e i momenti in campata deve di regola
essere compreso tra 0.5 e 2 .
La prima e la seconda condizione assicurano una elevata duttilità alle sezioni, la
terza tende ad escludere una richiesta di duttilità troppo elevata.
Tale condizione è però meglio assicurata da un criterio di progettazione che preveda
momenti ultimi nei punti critici (cerniere plastiche) non troppo diversi da quelli che si
genererebbero in un comportamento elastico della trave. Si è visto in precedenza che con
momenti ultimi prossimi a quelli massimi elastici si è avuta una ridistribuzione molto
ridotta.

A.8.1 Determinazione delle sollecitazioni di progetto


Volendo esaminare il problema della utilizzazione del metodo di analisi plastica dal punto
di vista di una corretta strategia operativa, occorre tener presente che, prescindendo dalle
considerazioni sulla duttilità sopra richiamate, nel metodo della analisi plastica la

45
Gli acciai in uso in Italia (FeB38k e FeB44k) sono entrambi ad alta duttilità.
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 497

condizione ultima della trave viene raggiunta quando in una campata qualsiasi si genera un
meccanismo, ovvero tre cerniere plastiche, due agli appoggi ed una in campata. Il carico
limite di una campata è quindi univocamente determinato dal valore del momento ultimo in
questi tre punti. In linea teorica ed astratta è possibile allora fissare i momenti agli appoggi
pari a 0 ed il momento in campata espresso da:

Mu=
(γ g G + γ q Q)⋅ L2 (A.58)
8
ovvero il momento in campata pari a 0 ed i momenti agli appoggi pari a:

Mu=
(γ g G + γ q Q)⋅ L2 = (γ g G + γ q Q)⋅ (L/2)2 (A.59)
8 2
Tali scelte però non garantiscono le condizioni di servizio in quanto determinano
l’insorgere di un comportamento inelastico per qualsiasi livello di carico ed inoltre
richiedono una capacità rotazionale assai elevata.
A tale riguardo la normativa ha imposto un rapporto tra i momenti ultimi dei punti
critici (appoggi-campata) compreso nell'intervallo (0.5; 2).
Pertanto, una progettazione che rispetti questi criteri e contemporaneamente rispetti
la principale condizione di servizio che richiede un comportamento elastico in tale fase, si
potrebbe articolare nelle seguenti tappe:
- determinazione dei momenti agli estremi e massimi in campata di ogni trave per i
carichi di servizio (cond. di carico 1 e 2 del paragrafo A.2.3)
- determinazione dei momenti di progetto agli appoggi per ogni campata,
moltiplicando quelli ricavati dall'analisi elastica con i carichi di servizio per un fattore α
compreso nell'intervallo (k-0.20 ; k+0.20), essendo:
γG ⋅ G + γQ ⋅ Q 1.35 ⋅ G + 1.50 ⋅ Q
k=Pu/Ps = = (A.60)
Q+G G+Q
il rapporto tra il carico nella campata allo s.l.u. ed allo s.l.s. .
Dal punto di vista del comportamento di servizio il valore centrale del rapporto α=k
è preferibile perchè assicura tensioni di servizio convenientemente lontane dai valori limiti
ed ampiezze delle fessure opportunamente ridotte. L'utilizzazione dei valori estremi di α
può consentire invece una ottimizzazione della disposizione della armatura.
L'ampiezza non troppo estesa dell'intervallo indicato ha comunque la finalità di
assicurare che i momenti ultimi agli estremi ed in campata siano convenientemente
maggiori di quelli di servizio in modo da garantire che le tensioni nell'acciaio allo s.l.s.
siano inferiori al valore 0.8fyk come richiesto nelle stesse verifiche di servizio.
Il momento ultimo in campata deve essere successivamente determinato imponendo
l'equilibrio in condizioni ultime.
498 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

Noti infatti i momenti di progetto delle cerniere di estremità della generica trave ed
il carico ultimo di progetto sulla stessa campata,
Mi,d = α i Mi,s Mj,d = α j Mj,s (A.61)

occorre determinare preliminarmente l'ascissa di momento massimo e successivamente il


momento stesso con le relazioni:

xmax = L / 2 + ( Mj,d - Mi,d ) / L / Pu (A.62)

Ti,d = PuL / 2 + ( Mj,d- Mi,d ) / L (A.63)

Mij,d = Mi,d + Ti,d xmax- Pu x 2max /2 (A.64)

essendo:
Pu = Gγ G + Qγ Q (A.65)
L'applicazione del metodo sopra descritto all'esempio riportato in §A.3 comporta la
determinazione delle caratteristiche ultime di progetto a partire da quelle di servizio, come
indicato in tabella, dove si è operato incrementando i momenti sugli appoggi interni
mediante il fattore α =1.2, essendo k=80.24/57.1=1.4, ed i momenti MA ed MD sugli
estremi mediante il fattore α =1.38:

Sollecitazione Comb.1 Comb.2 Mmin-Mmax Cd


MA -88918 -69297 123000 107950
MB -102320 -79742 123000 109460
MC -102320 -79742 123000 109460
MD -88918 -69297 123000 107950
MAB 82856 64572 127750 127750
MBC 11880 9258 37480 37480
MCD 82856 64572 127750 127750
TAB 140060 9258 200600 200600
TBA 145430 64572 200600 200600
TBC 114200 109160 160480 160480
TCB 114200 11330 160480 160480
TCD 145430 89000 200600 200600
TDC 140060 8900 200600 200600
Tab. A.9
Appendice1. ESEMPIO DI PROGETTO DI TRAVE CONTINUA IN C.A. SECONDO L’EC2 499

A.8.2 Progetto delle armature a flessione


Per il progetto delle armature secondo i criteri indicati nel par. A4 si ottiene:
Sez. A,B,C,D:
Md = 107950 Nm , µ d = 0.1662 (< µ c )

ξ = 1.25 (1-(1-2 ⋅0.1662 ) 1 / 2 ) = 0.2287 (< 0.25 )


ω = 0.8 ⋅0.2287 = 0.1829 => As = 7.65 cm2 (2 φ 14 + 3 φ 14)

Sez. A-B e C-D:


Md = 127750 Nm , µ d = 0.1967 (> µ c )

ξ = 1.25 (1-(1-2 ⋅0.1662 ) 1 / 2 ) = 0.2287 (< 0.25 )


ω '=(0.1967-0.180)/(1-0.064)=0.01785 A's=0.74646 cm2

ω = 0.8 ⋅ 0.25 + ω ' = 0.21785 => As = 9.11 cm2 (5 φ 16)

Sez. B-C:
Md = 37480 Nm , µ d = 0.0577 (< µ c )

ξ = 1.25 (1-(1-2 ⋅0.0577 ) 1 / 2 ) = 0.07435 (< 0.25 )


ω = 0.8 ⋅0.07435 = 0.05948 => As = 2.49 cm2 (2 φ 14)
Dal confronto con le armature precedenti relative al caso con ridistribuzione dei
momenti, si osserva una modesta riduzione delle armature della sola campata centrale.
Data la scarsa differenza nelle armature ottenute rispetto al caso di calcolo elastico
con ridistribuzione si omette la verifica rimandando a quelle riportate per lo stesso caso.

A.8.3 Verifiche ultime e di servizio


Poiché le armature progettate sono identiche a quelle ottenute con il metodo lineare
elastico con ridistribuzione, per le verifiche agli stati limite ultimo e di servizio si rimanda a
quanto riportato nei paragrafi A.5 e A.6.

A.9 Il Metodo dell’Analisi non Lineare


Nel metodo dell'analisi non lineare è opportuno eseguire il progetto delle armature a
500 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

partire dal calcolo lineare elastico con i carichi di servizio, in quanto deve in ogni caso
essere garantito un comportamento elastico nella stessa fase. Nella verifica occorre
controllare che in ogni condizione di carico allo s.l.u., la richiesta di duttilità nelle sezioni
critiche resti contenuta entro i limiti di duttilità disponibile forniti dalla normativa. Il
metodo si presta pertanto ad una verifica del reale comportamento inelastico della struttura
allo s.l.u., con una migliore conoscenza degli impegni plastici delle varie sezioni, cosa che
può consentire uno studio più accurato dei particolari costruttivi e della disposizione delle
armature.
Si omette l’analisi in dettaglio del metodo dell’analisi non lineare in quanto esso
richiede metodi di calcolo in automatico che verranno trattate nel seguito (Vol.2).

A.10 Considerazioni Conclusive


Dopo l'esame effettuato dei diversi metodi proposti dalla normativa agli stati limite,
emergono abbastanza evidenti alcune considerazioni.
A) Il metodo lineare elastico rimane quello che, oltre ad assicurare allo s.l.s. un
comportamento elastico, garantisce tale comportamento anche per azioni di livello
prossimo a quello ultimo; la complessità del calcolo non è dissimile da quella tradizionale
del calcolo alle tensioni ammissibili.
B) Il metodo lineare elastico con ridistribuzione consente un migliore sfruttamento
dei materiali con le conseguenti economie nel dimensionamento delle sezioni e delle
armature. Il calcolo parte dai risultati elastici e richiede dei completamenti al fine di
valutare gli effetti della ridistribuzione dei momenti.
C) Premesso che il metodo del calcolo plastico è applicabile quando sono presenti
sufficienti capacità plastiche nelle sezioni e schemi strutturali tali da non determinare
richieste di duttilità troppo elevate, si osserva che esso non richiede calcoli complessi e
consente lo sfruttamento pressoché completo delle risorse di resistenza della struttura. Tali
caratteristiche ne fanno uno strumento prezioso nei casi progettuali di riqualificazione di
strutture esistenti per mutamento di destinazione d'uso con incremento di azioni,
declassamento dei materiali per deficienze nella realizzazione, errori nelle progettazione
iniziale.
D) Il calcolo non lineare è quello che consente la migliore conoscenza del
comportamento reale della struttura ed inoltre è alla base degli altri metodi in quanto è lo
strumento principale per la definizione degli ambiti applicativi dei rimanenti metodi
principalmente connessi ai differenti requisiti di duttilità. Si presta preferibilmente ad una
analisi di verifica di strutture esistenti o già progettate utilizzando metodi più semplici, per
valutare appunto il reale campo di comportamento elastico e lo S.L.U. corrispondente alla
duttilità disponibile delle sezioni; la complessità del calcolo è certamente superiore a quella
propria dei metodi precedenti.
APPENDICE 2

SEZIONE RETTANGOLARE A DOPPIA ARMATURA

PRESSO-TENSOFLESSIONE RETTA

(DOMINI DI RESISTENZA ALLO S.L.U.)


per calcestruzzi con resistenza inferiore o uguale a C50/60
502 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

DOMINIO SEZIONE RETTANGOLARE - PRESSOFLESSIONE S.L.U.


1.00
ω /ω’ = 1.00 ω
µu 0.80
d’/h = 0.05
0.70
0.75 0.60
0.50
0.40
0.50 0.30
0.20
0.10

0.25

0
-1.50 -1.00 -0.50 0 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50
νu
Appendice 2.SEZIONE RETT. A DOPPIA ARMATURA. DOMINI DI RESISTENZA ALLO S.L.U. 503

DOMINIO SEZIONE RETTANGOLARE - PRESSOFLESSIONE S.L.U.


0.75
ω /ω’ = 0.75 ω
µu 0.80
d’/h = 0.05
0.70
0.50 0.60
0.50
0.40
0.25 0.30
0.20
0.10

-0.25
-1.50 -1.00 -0.50 0 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50
νu
DOMINIO SEZIONE RETTANGOLARE - PRESSOFLESSIONE S.L.U.
0.75
ω /ω’ = 0.50 ω
µu 0.80
d’/h = 0.05
0.70
0.50 0.60
0.50
0.40
0.25 0.30
0.20
0.10

-0.25
-1.50 -1.00 -0.50 0 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50
νu
504 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

DOMINIO SEZIONE RETTANGOLARE - PRESSOFLESSIONE S.L.U.


0.75
ω /ω’ = 0.25 ω
µu 0.80
d’/h = 0.05
0.70
0.50 0.60
0.50
0.40
0.25 0.30
0.20
0.10

-0.25
-1.50 -1.00 -0.50 0 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50
νu
DOMINIO SEZIONE RETTANGOLARE - PRESSOFLESSIONE S.L.U.
1.00
ω /ω’ = 1.00 ω
µu 0.80
d’/h = 0.10
0.70
0.75 0.60
0.50
0.40
0.50 0.30
0.20
0.10

0.25

0
-1.50 -1.00 -0.50 0 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50
νu
Appendice 2.SEZIONE RETT. A DOPPIA ARMATURA. DOMINI DI RESISTENZA ALLO S.L.U. 505

DOMINIO SEZIONE RETTANGOLARE - PRESSOFLESSIONE S.L.U.


0.75
ω /ω’ = 0.75 ω
µu 0.80
d’/h = 0.10
0.70
0.50 0.60
0.50
0.40
0.25 0.30
0.20
0.10

-0.25
-1.50 -1.00 -0.50 0 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50
νu
DOMINIO SEZIONE RETTANGOLARE - PRESSOFLESSIONE S.L.U.
0.75
ω /ω’ = 0.50 ω
µu 0.80
d’/h = 0.10
0.70
0.50 0.60
0.50
0.40
0.25 0.30
0.20
0.10

-0.25
-1.50 -1.00 -0.50 0 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50
νu
506 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

DOMINIO SEZIONE RETTANGOLARE - PRESSOFLESSIONE S.L.U.


0.75
ω /ω’ = 0.25 ω
µu 0.80
d’/h = 0.10
0.70
0.50 0.60
0.50
0.40
0.25 0.30
0.20
0.10

-0.25
-1.50 -1.00 -0.50 0 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50
νu
APPENDICE 3

SEZIONE RETTANGOLARE A DOPPIA ARMATURA

FLESSIONE RETTA

(TABELLE DI PROGETTO ALLO S.L.U.)


508 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

f cd = 88 daN/cm 2 f sd = 3304 − 3913 daN/cm 2 d ′/h = 0.05

ρ=0 ρ = 0.25 ρ = 0.50 ρ = 0.75 ρ = 1.00

ξ = y c /h ru ζ ru ζ ru ζ ru ζ ru ζ
0.050 0.9821 0.9329 0.9821 0.9329 0.9821 0.9329 0.9821 0.9329 0.9821 0.9329
0.060 0.8244 0.9294 0.8172 0.9288 0.8100 0.9283 0.8027 0.9278 0.7953 0.9273
0.070 0.7122 0.9258 0.6995 0.9248 0.6867 0.9239 0.6735 0.9230 0.6601 0.9221
0.080 0.6284 0.9221 0.6113 0.9209 0.5937 0.9197 0.5755 0.9185 0.5567 0.9173
0.090 0.5635 0.9184 0.5427 0.9171 0.5210 0.9157 0.4983 0.9143 0.4744 0.9130
0.100 0.5120 0.9146 0.4879 0.9133 0.4624 0.9119 0.4353 0.9105 0.4064 0.9092
0.110 0.4702 0.9108 0.4431 0.9096 0.4140 0.9083 0.3827 0.9071 0.3484 0.9059
0.120 0.4358 0.9068 0.4057 0.9059 0.3732 0.9050 0.3375 0.9041 0.2975 0.9032
0.130 0.4070 0.9028 0.3742 0.9023 0.3383 0.9019 0.2979 0.9015 0.2511 0.9011
0.140 0.3828 0.8986 0.3473 0.8989 0.3078 0.8991 0.2624 0.8993 0.2074 0.8996
0.150 0.3621 0.8943 0.3240 0.8954 0.2808 0.8966 0.2298 0.8977 0.1638 0.8988
0.160 0.3446 0.8899 0.3037 0.8921 0.2566 0.8944 0.1991 0.8966 0.1163 0.8988
0.170 0.3295 0.8853 0.2858 0.8889 0.2346 0.8925 0.1691 0.8961 0.0488 0.8997
0.172 0.3262 0.8842 0.2819 0.8881 0.2296 0.8921 0.1620 0.8960 0 0
0.180 0.3164 0.8805 0.2732 0.8854 0.2225 0.8903 0.1569 0.8951 0 0
0.190 0.3048 0.8757 0.2631 0.8818 0.2141 0.8879 0.1509 0.8939 0 0
0.200 0.2946 0.8708 0.2541 0.8781 0.2066 0.8854 0.1455 0.8927 0 0
0.210 0.2855 0.8659 0.2460 0.8744 0.1999 0.8829 0.1407 0.8915 0 0
0.220 0.2773 0.8609 0.2388 0.8707 0.1939 0.8804 0.1363 0.8902 0 0
0.230 0.2698 0.8558 0.2322 0.8669 0.1884 0.8779 0.1324 0.8890 0 0
0.240 0.2630 0.8508 0.2262 0.8631 0.1833 0.8754 0.1287 0.8877 0 0
0.250 0.2574 0.8460 0.2211 0.8595 0.1791 0.8730 0.1257 0.8865 0 0
0.275 0.2469 0.8356 0.2118 0.8517 0.1713 0.8678 0.1200 0.8839 0 0
0.300 0.2379 0.8252 0.2037 0.8439 0.1645 0.8626 0.1151 0.8813 0 0
0.325 0.2300 0.8148 0.1966 0.8361 0.1585 0.8574 0.1107 0.8787 0 0
0.350 0.2231 0.8044 0.1904 0.8283 0.1532 0.8522 0.1069 0.8761 0 0
0.375 0.2169 0.7940 0.1848 0.8205 0.1485 0.8470 0.1034 0.8735 0 0
0.400 0.2114 0.7836 0.1798 0.8127 0.1442 0.8418 0.1003 0.8709 0 0
0.425 0.2065 0.7732 0.1752 0.8049 0.1403 0.8366 0.0974 0.8683 0 0
0.450 0.2020 0.7628 0.1711 0.7971 0.1368 0.8314 0.0948 0.8657 0 0
0.475 0.1980 0.7524 0.1674 0.7893 0.1336 0.8262 0.0924 0.8631 0 0
0.500 0.1943 0.7420 0.1640 0.7815 0.1306 0.8210 0.0902 0.8605 0 0
0.525 0.1910 0.7316 0.1608 0.7737 0.1279 0.8158 0.0882 0.8579 0 0
0.550 0.1879 0.7212 0.1579 0.7659 0.1253 0.8106 0.0863 0.8553 0 0
0.575 0.1851 0.7108 0.1552 0.7581 0.1230 0.8054 0.0845 0.8527 0 0
0.600 0.1826 0.7004 0.1528 0.7503 0.1208 0.8002 0.0829 0.8501 0 0
0.625 0.1802 0.6900 0.1505 0.7425 0.1187 0.7950 0.0813 0.8475 0 0
0.650 0.1781 0.6796 0.1483 0.7347 0.1168 0.7898 0.0799 0.8449 0 0
0.655 0.1776 0.6774 0.1479 0.7330 0.1164 0.7887 0.0796 0.8443 0 0
Appendice 3. SEZIONE RETT. A DOPPIA ARMATURA. TABELLE DI PROGETTO ALLO S.L.U. 509

f cd = 88 daN/cm 2 f sd = 3304 − 3913 daN/cm 2 d ′/h = 0.10

ρ=0 ρ = 0.25 ρ = 0.50 ρ = 0.75 ρ = 1.00

ξ = y c /h ru ζ ru ζ ru ζ ru ζ ru ζ
0.100 0.5149 0.8645 0.5149 0.8645 0.5149 0.8645 0.5149 0.8645 0.5149 0.8645
0.110 0.4733 0.8606 0.4689 0.8593 0.4644 0.8581 0.4598 0.8569 0.4552 0.8557
0.120 0.4392 0.8566 0.4307 0.8542 0.4220 0.8519 0.4131 0.8496 0.4040 0.8473
0.130 0.4107 0.8524 0.3986 0.8492 0.3859 0.8459 0.3728 0.8427 0.3590 0.8394
0.140 0.3868 0.8482 0.3712 0.8441 0.3547 0.8401 0.3372 0.8361 0.3186 0.8321
0.150 0.3666 0.8438 0.3476 0.8391 0.3273 0.8345 0.3053 0.8298 0.2814 0.8252
0.160 0.3494 0.8392 0.3271 0.8341 0.3029 0.8291 0.2762 0.8240 0.2463 0.8190
0.170 0.3347 0.8345 0.3091 0.8292 0.2808 0.8240 0.2490 0.8187 0.2118 0.8135
0.180 0.3218 0.8296 0.2929 0.8244 0.2605 0.8192 0.2228 0.8139 0.1767 0.8087
0.190 0.3104 0.8247 0.2783 0.8198 0.2414 0.8148 0.1971 0.8098 0.1386 0.8048
0.200 0.3004 0.8198 0.2648 0.8153 0.2232 0.8108 0.1711 0.8063 0.0922 0.8018
0.209 0.2924 0.8154 0.2538 0.8115 0.2077 0.8077 0.1472 0.8038 0 0
0.210 0.2913 0.8148 0.2529 0.8111 0.2069 0.8074 0.1467 0.8037 0 0
0.220 0.2832 0.8097 0.2456 0.8073 0.2008 0.8049 0.1422 0.8024 0 0
0.230 0.2758 0.8046 0.2390 0.8035 0.1953 0.8023 0.1382 0.8012 0 0
0.240 0.2701 0.8002 0.2339 0.8001 0.1910 0.8001 0.1350 0.8000 0 0
0.250 0.2653 0.7960 0.2296 0.7970 0.1874 0.7980 0.1324 0.7990 0 0
0.275 0.2546 0.7856 0.2200 0.7892 0.1792 0.7928 0.1265 0.7964 0 0
0.300 0.2454 0.7752 0.2117 0.7814 0.1722 0.7876 0.1213 0.7938 0 0
0.325 0.2374 0.7648 0.2044 0.7736 0.1660 0.7824 0.1167 0.7912 0 0
0.350 0.2303 0.7544 0.1980 0.7658 0.1605 0.7772 0.1126 0.7886 0 0
0.375 0.2241 0.7440 0.1922 0.7580 0.1555 0.7720 0.1090 0.7860 0 0
0.400 0.2185 0.7336 0.1871 0.7502 0.1511 0.7668 0.1057 0.7834 0 0
0.425 0.2135 0.7232 0.1825 0.7424 0.1471 0.7616 0.1027 0.7808 0 0
0.450 0.2090 0.7128 0.1783 0.7346 0.1434 0.7564 0.1000 0.7782 0 0
0.475 0.2049 0.7024 0.1744 0.7268 0.1401 0.7512 0.0975 0.7756 0 0
0.500 0.2012 0.6920 0.1709 0.7190 0.1370 0.7460 0.0952 0.7730 0 0
0.525 0.1978 0.6816 0.1677 0.7112 0.1342 0.7408 0.0930 0.7704 0 0
0.550 0.1948 0.6712 0.1648 0.7034 0.1316 0.7356 0.0911 0.7678 0 0
0.575 0.1920 0.6608 0.1621 0.6956 0.1291 0.7304 0.0892 0.7652 0 0
0.600 0.1895 0.6504 0.1596 0.6878 0.1269 0.7252 0.0875 0.7626 0 0
0.621 0.1875 0.6417 0.1576 0.6813 0.1251 0.7209 0.0861 0.7604 0 0
510 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

f cd = 110 daN/cm 2 f sd = 3304 − 3913 daN/cm 2 d ′/h = 0.05

ρ=0 ρ = 0.25 ρ = 0.50 ρ = 0.75 ρ = 1.00

ξ = y c /h ru ζ ru ζ ru ζ ru ζ ru ζ
0.050 0.8784 0.9329 0.8784 0.9329 0.8784 0.9329 0.8784 0.9329 0.8784 0.9329
0.060 0.7374 0.9294 0.7310 0.9288 0.7245 0.9283 0.7180 0.9278 0.7114 0.9273
0.070 0.6370 0.9258 0.6257 0.9248 0.6142 0.9239 0.6024 0.9230 0.5904 0.9221
0.080 0.5620 0.9221 0.5468 0.9209 0.5310 0.9197 0.5148 0.9185 0.4979 0.9173
0.090 0.5040 0.9184 0.4854 0.9171 0.4660 0.9157 0.4457 0.9143 0.4243 0.9130
0.100 0.4580 0.9146 0.4364 0.9133 0.4136 0.9119 0.3894 0.9105 0.3635 0.9092
0.110 0.4206 0.9108 0.3963 0.9096 0.3703 0.9083 0.3423 0.9071 0.3116 0.9059
0.120 0.3898 0.9068 0.3629 0.9059 0.3338 0.9050 0.3019 0.9041 0.2661 0.9032
0.130 0.3640 0.9028 0.3347 0.9023 0.3025 0.9019 0.2665 0.9015 0.2246 0.9011
0.140 0.3423 0.8986 0.3106 0.8989 0.2753 0.8991 0.2347 0.8993 0.1855 0.8996
0.150 0.3239 0.8943 0.2898 0.8954 0.2512 0.8966 0.2055 0.8977 0.1465 0.8988
0.160 0.3082 0.8899 0.2716 0.8921 0.2295 0.8944 0.1781 0.8966 0.1040 0.8988
0.170 0.2947 0.8853 0.2556 0.8889 0.2098 0.8925 0.1513 0.8961 0.0436 0.8997
0.172 0.2918 0.8842 0.2521 0.8881 0.2054 0.8921 0.1449 0.8960 0 0
0.180 0.2830 0.8805 0.2444 0.8854 0.1990 0.8903 0.1403 0.8951 0 0
0.190 0.2727 0.8757 0.2353 0.8818 0.1915 0.8879 0.1349 0.8939 0 0
0.200 0.2635 0.8708 0.2273 0.8781 0.1848 0.8854 0.1301 0.8927 0 0
0.210 0.2554 0.8659 0.2201 0.8744 0.1788 0.8829 0.1258 0.8915 0 0
0.220 0.2480 0.8609 0.2136 0.8707 0.1734 0.8804 0.1219 0.8902 0 0
0.230 0.2413 0.8558 0.2077 0.8669 0.1685 0.8779 0.1184 0.8890 0 0
0.240 0.2353 0.8508 0.2023 0.8631 0.1640 0.8754 0.1152 0.8877 0 0
0.250 0.2302 0.8460 0.1978 0.8595 0.1602 0.8730 0.1124 0.8865 0 0
0.275 0.2208 0.8356 0.1894 0.8517 0.1532 0.8678 0.1074 0.8839 0 0
0.300 0.2128 0.8252 0.1822 0.8439 0.1471 0.8626 0.1029 0.8813 0 0
0.325 0.2057 0.8148 0.1759 0.8361 0.1418 0.8574 0.0990 0.8787 0 0
0.350 0.1995 0.8044 0.1703 0.8283 0.1371 0.8522 0.0956 0.8761 0 0
0.375 0.1940 0.7940 0.1653 0.8205 0.1328 0.8470 0.0925 0.8735 0 0
0.400 0.1891 0.7836 0.1608 0.8127 0.1290 0.8418 0.0897 0.8709 0 0
0.425 0.1847 0.7732 0.1567 0.8049 0.1255 0.8366 0.0871 0.8683 0 0
0.450 0.1807 0.7628 0.1531 0.7971 0.1224 0.8314 0.0848 0.8657 0 0
0.475 0.1771 0.7524 0.1497 0.7893 0.1195 0.8262 0.0827 0.8631 0 0
0.500 0.1738 0.7420 0.1467 0.7815 0.1168 0.8210 0.0807 0.8605 0 0
0.525 0.1708 0.7316 0.1438 0.7737 0.1144 0.8158 0.0789 0.8579 0 0
0.550 0.1681 0.7212 0.1412 0.7659 0.1121 0.8106 0.0772 0.8553 0 0
0.575 0.1656 0.7108 0.1389 0.7581 0.1100 0.8054 0.0756 0.8527 0 0
0.600 0.1633 0.7004 0.1366 0.7503 0.1080 0.8002 0.0741 0.8501 0 0
0.625 0.1612 0.6900 0.1346 0.7425 0.1062 0.7950 0.0727 0.8475 0 0
0.650 0.1593 0.6796 0.1327 0.7347 0.1045 0.7898 0.0714 0.8449 0 0
0.655 0.1589 0.6774 0.1323 0.7330 0.1041 0.7887 0.0712 0.8443 0 0
Appendice 3. SEZIONE RETT. A DOPPIA ARMATURA. TABELLE DI PROGETTO ALLO S.L.U. 511

f cd = 110 daN/cm 2 f sd = 3304 − 3913 daN/cm 2 d ′/h = 0.10

ρ=0 ρ = 0.25 ρ = 0.50 ρ = 0.75 ρ = 1.00

ξ = y c /h ru ζ ru ζ ru ζ ru ζ ru ζ
0.100 0.4605 0.8645 0.4605 0.8645 0.4605 0.8645 0.4605 0.8645 0.4605 0.8645
0.110 0.4234 0.8606 0.4194 0.8593 0.4154 0.8581 0.4113 0.8569 0.4071 0.8557
0.120 0.3928 0.8566 0.3852 0.8542 0.3775 0.8519 0.3695 0.8496 0.3613 0.8473
0.130 0.3674 0.8524 0.3565 0.8492 0.3452 0.8459 0.3334 0.8427 0.3211 0.8394
0.140 0.3460 0.8482 0.3320 0.8441 0.3172 0.8401 0.3016 0.8361 0.2850 0.8321
0.150 0.3279 0.8437 0.3109 0.8391 0.2927 0.8345 0.2731 0.8298 0.2517 0.8252
0.160 0.3125 0.8392 0.2926 0.8341 0.2709 0.8291 0.2470 0.8240 0.2203 0.8190
0.170 0.2993 0.8345 0.2765 0.8292 0.2512 0.8240 0.2227 0.8187 0.1895 0.8135
0.180 0.2878 0.8296 0.2620 0.8244 0.2330 0.8192 0.1993 0.8139 0.1580 0.8087
0.190 0.2777 0.8247 0.2489 0.8198 0.2159 0.8148 0.1763 0.8098 0.1239 0.8048
0.200 0.2686 0.8198 0.2368 0.8153 0.1996 0.8108 0.1530 0.8063 0.0824 0.8018
0.209 0.2615 0.8154 0.2270 0.8115 0.1858 0.8077 0.1317 0.8038 0 0
0.210 0.2606 0.8148 0.2262 0.8111 0.1851 0.8074 0.1312 0.8037 0 0
0.220 0.2533 0.8097 0.2197 0.8073 0.1796 0.8049 0.1272 0.8024 0 0
0.230 0.2466 0.8046 0.2138 0.8035 0.1747 0.8023 0.1236 0.8012 0 0
0.240 0.2416 0.8002 0.2092 0.8001 0.1708 0.8001 0.1208 0.8000 0 0
0.250 0.2373 0.7960 0.2054 0.7970 0.1676 0.7980 0.1184 0.7990 0 0
0.275 0.2277 0.7856 0.1968 0.7892 0.1603 0.7928 0.1131 0.7964 0 0
0.300 0.2195 0.7752 0.1893 0.7814 0.1540 0.7876 0.1085 0.7938 0 0
0.325 0.2123 0.7648 0.1828 0.7736 0.1484 0.7824 0.1044 0.7912 0 0
0.350 0.2060 0.7544 0.1771 0.7658 0.1435 0.7772 0.1007 0.7886 0 0
0.375 0.2004 0.7440 0.1720 0.7580 0.1391 0.7720 0.0975 0.7860 0 0
0.400 0.1954 0.7336 0.1674 0.7502 0.1352 0.7668 0.0946 0.7834 0 0
0.425 0.1909 0.7232 0.1632 0.7424 0.1316 0.7616 0.0919 0.7808 0 0
0.450 0.1869 0.7128 0.1594 0.7346 0.1283 0.7564 0.0894 0.7782 0 0
0.475 0.1833 0.7024 0.1560 0.7268 0.1253 0.7512 0.0872 0.7756 0 0
0.500 0.1800 0.6920 0.1529 0.7190 0.1226 0.7460 0.0851 0.7730 0 0
0.525 0.1770 0.6816 0.1500 0.7112 0.1200 0.7408 0.0832 0.7704 0 0
0.550 0.1742 0.6712 0.1474 0.7034 0.1177 0.7356 0.0814 0.7678 0 0
0.575 0.1717 0.6608 0.1450 0.6956 0.1155 0.7304 0.0798 0.7652 0 0
0.600 0.1695 0.6504 0.1427 0.6878 0.1135 0.7252 0.0782 0.7626 0 0
0.621 0.1677 0.6417 0.1410 0.6813 0.1119 0.7209 0.0770 0.7604 0 0
512 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.

f cd = 132 daN/cm 2 f sd = 3304 − 3913 daN/cm 2 d ′/h = 0.05

ρ=0 ρ = 0.25 ρ = 0.50 ρ = 0.75 ρ = 1.00

ξ = y c /h ru ζ ru ζ ru ζ ru ζ ru ζ
0.050 0.8019 0.9329 0.8019 0.9329 0.8019 0.9329 0.8019 0.9329 0.8019 0.9329
0.060 0.6731 0.9294 0.6673 0.9288 0.6614 0.9283 0.6554 0.9278 0.6494 0.9273
0.070 0.5815 0.9258 0.5712 0.9248 0.5607 0.9239 0.5499 0.9230 0.5389 0.9221
0.080 0.5131 0.9221 0.4991 0.9209 0.4848 0.9197 0.4699 0.9185 0.4546 0.9173
0.090 0.4601 0.9184 0.4431 0.9171 0.4254 0.9157 0.4068 0.9143 0.3873 0.9130
0.100 0.4181 0.9146 0.3983 0.9133 0.3775 0.9119 0.3554 0.9105 0.3318 0.9092
0.110 0.3839 0.9108 0.3618 0.9096 0.3380 0.9083 0.3124 0.9071 0.2845 0.9059
0.120 0.3558 0.9068 0.3313 0.9059 0.3047 0.9050 0.2756 0.9041 0.2429 0.9032
0.130 0.3323 0.9028 0.3056 0.9023 0.2762 0.9019 0.2432 0.9015 0.2050 0.9011
0.140 0.3125 0.8986 0.2836 0.8989 0.2513 0.8991 0.2143 0.8993 0.1693 0.8996
0.150 0.2957 0.8943 0.2645 0.8954 0.2293 0.8966 0.1876 0.8977 0.1337 0.8988
0.160 0.2813 0.8899 0.2480 0.8921 0.2095 0.8944 0.1625 0.8966 0.0950 0.8988
0.170 0.2690 0.8853 0.2334 0.8889 0.1915 0.8925 0.1381 0.8961 0.0398 0.8997
0.172 0.2664 0.8842 0.2302 0.8881 0.1875 0.8921 0.1323 0.8960 0 0
0.180 0.2583 0.8805 0.2231 0.8854 0.1817 0.8903 0.1281 0.8951 0 0
0.190 0.2489 0.8757 0.2148 0.8818 0.1748 0.8879 0.1232 0.8939 0 0
0.200 0.2406 0.8708 0.2075 0.8781 0.1687 0.8854 0.1188 0.8927 0 0
0.210 0.2331 0.8659 0.2009 0.8744 0.1632 0.8829 0.1149 0.8915 0 0
0.220 0.2264 0.8609 0.1950 0.8707 0.1583 0.8804 0.1113 0.8902 0 0
0.230 0.2203 0.8558 0.1896 0.8669 0.1538 0.8779 0.1081 0.8890 0 0
0.240 0.2148 0.8508 0.1847 0.8631 0.1497 0.8754 0.1051 0.8877 0 0
0.250 0.2101 0.8460 0.1805 0.8595 0.1463 0.8730 0.1026 0.8865 0 0
0.275 0.2016 0.8356 0.1729 0.8517 0.1399 0.8678 0.0980 0.8839 0 0
0.300 0.1942 0.8252 0.1663 0.8439 0.1343 0.8626 0.0940 0.8813 0 0
0.325 0.1878 0.8148 0.1605 0.8361 0.1294 0.8574 0.0904 0.8787 0 0
0.350 0.1821 0.8044 0.1554 0.8283 0.1251 0.8522 0.0873 0.8761 0 0
0.375 0.1771 0.7940 0.1509 0.8205 0.1212 0.8470 0.0844 0.8735 0 0
0.400 0.1726 0.7836 0.1468 0.8127 0.1178 0.8418 0.0819 0.8709 0 0
0.425 0.1686 0.7732 0.1431 0.8049 0.1146 0.8366 0.0795 0.8683 0 0
0.450 0.1649 0.7628 0.1397 0.7971 0.1117 0.8314 0.0774 0.8657 0 0
0.475 0.1616 0.7524 0.1367 0.7893 0.1091 0.8262 0.0755 0.8631 0 0
0.500 0.1587 0.7420 0.1339 0.7815 0.1067 0.8210 0.0737 0.8605 0 0
0.525 0.1559 0.7316 0.1313 0.7737 0.1044 0.8158 0.0720 0.8579 0 0
0.550 0.1534 0.7212 0.1289 0.7659 0.1023 0.8106 0.0704 0.8553 0 0
0.575 0.1512 0.7108 0.1268 0.7581 0.1004 0.8054 0.0690 0.8527 0 0
0.600 0.1491 0.7004 0.1247 0.7503 0.0986 0.8002 0.0677 0.8501 0 0
0.625 0.1472 0.6900 0.1228 0.7425 0.0969 0.7950 0.0664 0.8475 0 0
0.650 0.1454 0.6796 0.1211 0.7347 0.0954 0.7898 0.0652 0.8449 0 0
0.655 0.1450 0.6774 0.1207 0.7330 0.0950 0.7887 0.0650 0.8443 0 0
Appendice 3. SEZIONE RETT. A DOPPIA ARMATURA. TABELLE DI PROGETTO ALLO S.L.U. 513

f cd = 132 daN/cm 2 f sd = 3304 − 3913 daN/cm 2 d ′/h = 0.10

ρ=0 ρ = 0.25 ρ = 0.50 ρ = 0.75 ρ = 1.00

ξ = y c /h ru ζ ru ζ ru ζ ru ζ ru ζ
0.100 0.4204 0.8645 0.4204 0.8645 0.4204 0.8645 0.4204 0.8645 0.4204 0.8645
0.110 0.3865 0.8606 0.3829 0.8593 0.3792 0.8581 0.3754 0.8569 0.3717 0.8557
0.120 0.3586 0.8566 0.3517 0.8542 0.3446 0.8519 0.3373 0.8496 0.3298 0.8473
0.130 0.3353 0.8524 0.3254 0.8492 0.3151 0.8459 0.3044 0.8427 0.2931 0.8394
0.140 0.3158 0.8482 0.3031 0.8441 0.2896 0.8401 0.2753 0.8361 0.2601 0.8321
0.150 0.2993 0.8438 0.2838 0.8391 0.2672 0.8345 0.2493 0.8298 0.2298 0.8252
0.160 0.2853 0.8392 0.2671 0.8341 0.2473 0.8291 0.2255 0.8240 0.2011 0.8190
0.170 0.2732 0.8345 0.2524 0.8292 0.2293 0.8240 0.2033 0.8187 0.1730 0.8135
0.180 0.2627 0.8296 0.2392 0.8244 0.2127 0.8192 0.1819 0.8139 0.1443 0.8087
0.190 0.2535 0.8247 0.2272 0.8198 0.1971 0.8148 0.1609 0.8098 0.1131 0.8048
0.200 0.2452 0.8198 0.2162 0.8153 0.1822 0.8108 0.1397 0.8063 0.0753 0.8018
0.209 0.2387 0.8154 0.2072 0.8115 0.1696 0.8077 0.1202 0.8038 0 0
0.210 0.2379 0.8148 0.2065 0.8111 0.1690 0.8074 0.1197 0.8037 0 0
0.220 0.2312 0.8097 0.2005 0.8073 0.1640 0.8049 0.1161 0.8024 0 0
0.230 0.2252 0.8046 0.1951 0.8035 0.1594 0.8023 0.1128 0.8012 0 0
0.240 0.2205 0.8002 0.1910 0.8001 0.1559 0.8001 0.1103 0.8000 0 0
0.250 0.2166 0.7960 0.1875 0.7970 0.1530 0.7980 0.1081 0.7990 0 0
0.275 0.2079 0.7856 0.1796 0.7892 0.1463 0.7928 0.1032 0.7964 0 0
0.300 0.2004 0.7752 0.1728 0.7814 0.1406 0.7876 0.0990 0.7938 0 0
0.325 0.1938 0.7648 0.1669 0.7736 0.1355 0.7824 0.0953 0.7912 0 0
0.350 0.1881 0.7544 0.1616 0.7658 0.1310 0.7772 0.0920 0.7886 0 0
0.375 0.1829 0.7440 0.1570 0.7580 0.1270 0.7720 0.0890 0.7860 0 0
0.400 0.1784 0.7336 0.1528 0.7502 0.1234 0.7668 0.0863 0.7834 0 0
0.425 0.1743 0.7232 0.1490 0.7424 0.1201 0.7616 0.0839 0.7808 0 0
0.450 0.1706 0.7128 0.1456 0.7346 0.1171 0.7564 0.0816 0.7782 0 0
0.475 0.1673 0.7024 0.1424 0.7268 0.1144 0.7512 0.0796 0.7756 0 0
0.500 0.1643 0.6920 0.1396 0.7190 0.1119 0.7460 0.0777 0.7730 0 0
0.525 0.1615 0.6816 0.1370 0.7112 0.1096 0.7408 0.0760 0.7704 0 0
0.550 0.1590 0.6712 0.1345 0.7034 0.1074 0.7356 0.0744 0.7678 0 0
0.575 0.1568 0.6608 0.1323 0.6956 0.1054 0.7304 0.0728 0.7652 0 0
0.600 0.1547 0.6504 0.1303 0.6878 0.1036 0.7252 0.0714 0.7626 0 0
0.621 0.1531 0.6417 0.1287 0.6813 0.1021 0.7209 0.0703 0.7604 0 0
514 CALCOLO AGLI STATI LIMITE DI STRUTTURE IN C.A.
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