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INDICE 1/139
Dispense del corso di Tecnica delle Costruzioni – Ing. Loris Vincenzi 07/10/2013
INDICE 2/139
Dispense del corso di Tecnica delle Costruzioni – Ing. Loris Vincenzi 07/10/2013
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Dispense del corso di Tecnica delle Costruzioni – Ing. Loris Vincenzi 07/10/2013
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Dispense del corso di Tecnica delle Costruzioni – Ing. Loris Vincenzi 07/10/2013
1.1 INTRODUZIONE
Il fine ultimo della progettazione strutturale è quello di garantire che l’opera assolva
alla funzione per cui è stata progettata, mantenendo un prefissato livello di sicurezza. Nella
tradizione viene dato alla sicurezza strutturale il significato di assenza di crolli e dissesti
della struttura, ma oggi si considerano strutture sicure le strutture che assolvono il compito
per cui sono state concepite sia nei riguardi della resistenza sia nei riguardi della
funzionalità. Parlare di sicurezza assoluta delle strutture non è ragionevole poiché essa
dipende da numerosi fattori. Infatti, la sicurezza può essere compromessa da:
- errori di previsioni riguardanti le sollecitazioni, valutando in difetto l’intensità
delle azioni esterne;
- stime in eccesso della resistenza dei materiali e degli elementi strutturali;
- errori nel calcolo delle azioni basato su uno schema strutturale semplificato che si
discosta dalla struttura reale;
- inadeguatezza dei criteri di resistenza per le verifiche relative agli stati
pluriassiali;
- errori di esecuzione;
- difficoltà nella valutazione del degrado della resistenza nel tempo per carichi di
lunga durata (viscosità) o per carichi ciclici (fatica).
In particolare le grandezze Resistenza e Sollecitazione (nel seguito R e S) sono
variabili che non possono essere considerate deterministiche; si pensi ad esempio alle
azioni della neve, la cui intensità può essere determinata solo in modo probabilistico.
Analogamente anche la resistenza di un elemento strutturale non può essere considerata
deterministica in quanto può variare da punto a punto (variabilità spaziale) o nel tempo
(variabilità temporale). Occorre quindi mettere in conto il carattere aleatorio delle
grandezze Resistenza e Sollecitazione. In tal senso, i metodi di verifica si distinguono in
metodi probabilistici e metodi deterministici (si veda il paragrafo 1.2 e 1.3,
rispettivamente).
Uno stato limite è una situazione al di là della quale la struttura o una sua parte cessa
di adempiere alla funzione per la quale è stata progettata. Gli stati limite si dividono in due
categorie:
- stati limite ultimi (SLU) corrispondenti al valore estremo della capacità portante;
- stati limite di esercizio (SLE) corrispondenti alla perdita di funzionalità della struttura.
Il raggiungimento di uno stato limite può essere provocato dall’intervento di vari
fattori di carattere aleatorio derivanti da incertezze che possono riguardare: la resistenza
dei materiali impiegati, l’intensità delle azioni, la geometria della struttura, etc. Degli stati
limite ultimi e di esercizio se ne discuterà più approfonditamente nel paragrafo 1.3.
La definizione di struttura affidabile necessita anche la definizione di Vita Utile della
struttura. La Vita Utile di progetto è il periodo durante il quale si assume che la struttura
venga utilizzata per i suoi scopi previsti, con manutenzione regolare e programmata ma
senza che risultino necessari sostanziali interventi di riparazione.
La normativa prevede che la Vita Utile possa essere calcolata dal prodotto tra la vita
nominale Vn e il coefficiente d’uso Cu, determinato in base alla classe di utilizzo della
struttura:
VR = V N ⋅ Cu (1.1)
Nelle Tabelle 1.1, 1.2 vengono riportati i valori di vita nominale Vn e i valori del
coefficiente d’uso presenti nella normativa Italiana (NTC 2008).
Categoria Vn
1 Strutture provvisorie ≤10 anni
2 Opere Ordinarie (edifici etc.) ≥ 50 anni
Opere straordinarie (ponti, edifici
3 ≥ 100 anni
monumentali etc. )
Tabella 1.1. Categorie di edifici e relativo valore della vita utile di riferimento
Classe di Utilizzo Cu
I Occasionali, Costruzioni agricole 0.7
II Normale Affollamento 1
Affollamento Signigficativo o pericolose per
III 1.5
l’ambiente
Strategiche, importanza critica (ponti importanti,
IV 2
dighe, centrali elettriche)
Tabella 1.2. Categorie di edifici e relativo valore della vita utile di riferimento
Se si considera il caso più semplice in cui si hanno solo 2 variabili aleatorie ed esse
sono indipendenti, la v.a. Esito è definita da:
M=R-S (1.5)
che viene denominata spesso anche Margine di Sicurezza. Per M<0 si ha il superamento
dello stato limite in esame, per M>0 invece è assicurata la verifica di sicurezza.
La probabilità di crisi (o probabilità di “failure” Pf) può quindi essere posta nel
seguente modo:
Pf = P ( M=R-S<0 ) (1.6)
Nel caso più generale, invece la probabilità può essere calcolata conoscendo la
funzione di probabilità congiunta fx (x1…xn) delle n variabili aleatorie x1…xn . Allora se le
n variabili sono di tipo aleatorio, la probabilità di crisi Pf è espressa nel seguente modo:
dove l’integrale è esteso al dominio D’n di crisi. Per il teorema delle probabilità totali si
può scrivere:
essendo Dn il dominio di successo. La forma (1.8) è più agevole per il calcolo, in quanto il
dominio Dn è finito, a differenza di D’n che tipicamente è infinito (si veda la Figura 1.1). Il
significato grafico dell’integrale (1.7) o (1.8) è riportato in Figura 1.2.
Se R e S sono indipendenti, il primo termine della somma altro non è che la CDF
(funzione distribuzione cumulata - cumulative distribution function - F) della resistenza R,
mentre il secondo è la PDF (funzione densità di probabilità - probability density function -
f) della sollecitazione. Pensando a variabili aleatorie continue, si può quindi scrivere la
(1.10) nella seguente forma:
+∞ +∞
Pf = ∫ [P(R - S < 0 | S = s ) ⋅ dP(S = s )] = ∫ F ( s) ⋅ f (s) ds
−∞ −∞
R s (1.11)
(
R ∼ N µ R , σ 2R ) (1.12)
(
S ∼ N µ S , σ S2 ) (1.13)
Nelle (1.12) e (1.13) si è indicato con µ il valor medio e con σ2 la varianza e, di
conseguenza, con σ la variazione standard.
Il margine di sicurezza M (dato da una combinazione lineare di variabili aleatorie
gaussiane, si veda la (1.5)) è anch’esso distribuito secondo una gaussiana:
(
M ∼ N µ M , σ 2M ) (1.14)
per la quale valgono le relazioni:
µM = µ R − µS ; σM = σR + σS
2 2
(1.15)
Dalla variabile gaussiana M è possibile ottenere la relativa variabile gaussiana
standardizzata m sottraendo a M la media µ M e dividendo per la variazione standard σ M :
M − µM
m= (1.16)
σM
Pertanto la probabilità di crisi può essere posta nella seguente forma:
µ
Pf = P{M ≤ 0} = P{µ M + mσ M ≤ 0} = P m ≤ − M (1.17)
σM
µ
Pf = P m ≤ M = P{m ≤ −β} = φ(− β ) = 1 − φ(β ) (1.20)
σM
avendo indicato con φ la funzione densità di probabilità di una gaussiana normalizzata, per
la quale sono noti i valori dato il valore della variabile β.
La (1.20) si presta ad una interessante osservazione. Con riferimento alla Figura 1.4,
l’indice di affidabilità β è pari alla distanza tra la retta limite M = 0 e l’origine degli assi
nel piano delle variabili aleatorie normalizzate r̂ e ŝ , con:
R − µR S − µS
rˆ = ; sˆ = (1.21)
σR σS
Figura 1.4. Interpretazione dell’indice di affidabilità nel piano delle variabili gaussiane standardizzate
Figura 1.5. Interpretazione del metodo dei coefficienti parziali e delle variabili di progetto
Il metodo per la misura della sicurezza strutturale adottato nella Normativa Italiana
(NTC2008) e negli Eurocodici (la normativa Europea) è il Metodo dei Coefficienti
Parziali agli Stati Limite.
Il metodo si basa su un insieme di regole che garantiscono l’affidabilità richiesta
utilizzando i valori Caratteristici delle variabili più una serie di “elementi di sicurezza”, che
sono rappresentati dai coefficienti parziali γ, per le incertezze sulle Azioni e Materiali e da
elementi additivi ∆ per le incertezze sulla geometria.
Gli aspetti probabilistici sono già considerati nel processo di calibrazione del
metodo, ovvero nella determinazione e nella scelta dei valori dei coefficienti parziali γ.
In sintesi, considerando la resistenza R e la sollecitazione S quali variabili
indipendenti, si definiscono i valori caratteristici di azioni e resistenze dei materiali quali
frattili di un ordine prefissato; si mettono in conto le altre incertezze trasformando i valori
caratteristici in valori di progetto, mediante l’applicazione dei coefficienti parziali; la
misura di sicurezza è positiva se accade che:
Rd ≥ S d (1.23)
Gli stati limite si dividono in due categorie: stati limite ultimi (SLU) e stati limite
di esercizio (SLE).
Gli SLU corrispondono al valore estremo della capacità portante. Si distinguono in
verifiche EQU, per le quali si ha la perdita di equilibrio statico della struttura, (piccole
variazioni di intensità o distribuzione delle azioni sono significative); verifiche denominate
STR, che corrispondono al collasso per deformazione eccessiva degli elementi strutturali o
della struttura nel suo insieme (il collasso è governato dalla resistenza dei materiali);
verifiche tipo GEO per le quali il collasso avviene per deformazione eccessiva del terreno e
verifiche FAT (collasso per fatica).
Gli stati limite di esercizio (SLE) sono SL corrispondenti alla perdita di funzionalità
della struttura. Gli SLE corrispondono a situazioni raggiunte le quali i requisiti di
funzionalità non sono più soddisfatti. Causano danni limitati ma rendono impossibile
l’utilizzo della struttura rispetto alle esigenze determinate in fase di progetto. (confort,
danni agli impianti, danno alle parti non strutturali). Esistono tre tipi di SLE: SLE con
combinazione CARATTERISTICA (o RARA), per la quale gli effetti sono irreversibili e
SLE con combinazione FREQUENTE e SLE con combinazione QUASI PERMANENTE,
con effetti reversibili.
Per effettuare una verifica con il metodo dei coefficienti parziali agli SL occorre
ottenere i valori di progetto di Resistenze e Sollecitazioni. Per far ciò, occorre determinare
il valore di progetto delle Azioni e il valore di progetto delle Resistenze dei materiali, da
cui ottenere, rispettivamente, le Sollecitazioni nella sezione e la Resistenza della sezione
stessa.
1.3.1 Azioni
Le azioni sono un insieme di forze (carichi) e/o coazioni (es. variazioni termiche) e/o
accelerazioni applicate alla struttura. Si classificano in:
− Azioni Permanenti (G): sono azioni di durata continua e uguale alla vita utile Vr
della struttura con variazioni trascurabili nel tempo (esempio: il peso proprio).
− Azioni Variabili (Q): sono azioni di breve durata, azioni variabili nel tempo per
intensità e direzione e, in genere, non sono monotone (esempio: l’azione delle
persone su un edificio)
− Azioni Eccezionali (A): sono carichi di breve durata e difficilmente prevedibili
come, ad esempio, le azioni dovute ad uno scoppio o ad un incendio.
− Azioni Sismiche (E).
Per determinare le azioni di progetto Fd, necessarie per ottenere le Sollecitazioni Sd,
occorre seguire le seguenti fasi:
Favorevoli Sfavorevoli
Carichi permanenti γG 1.3 1
Carichi permanenti non strutturali γG 1.5 0
Carichi variabili γQ 1.5 0
Categoria Azione ψ 0i ψ 1i ψ 2i
Ambienti ad uso Residenziale 0.7 0.5 0.3
Uffici 0.7 0.5 0.3
- Combinazione frequente:
n
Fd = ∑ G k + P + ψ 11Q1k + ∑ ψ 2i Qik (1.26)
i=2
1.3.2 Materiali
La resistenza dei materiali è rappresentata mediante il valore caratteristico f k
definito come il frattile al 5% della distribuzione statistica. I parametri di rigidezza (quali,
ad esempio il modulo Elastico, coefficiente di dilatazione termica…) vengono imposti pari
al valor medio.
Le resistenze caratteristiche dei materiali sono per definizione frattili inferiori del 5%
delle rispettive distribuzioni, le quali, in mancanza delle rispettive indagini sperimentali
possono tenersi normali. Le resistenze caratteristiche si calcolano mediante la relazione:
Rk = µR – k⋅σR (1.28)
dove µR è la resistenza media aritmetica dei risultati sperimentali, ⋅σR è la deviazione
standard delle misure e k è un coefficiente che misura la probabilità del 5%.
I metodi deterministici sono anche detti metodi di livello 0 (zero). Tra i metodi
deterministici fanno parte il Metodo delle Tensioni Ammissibili e il Metodo del Calcolo a
Rottura. Nel seguito si fa riferimento al solo metodo delle Tensioni Ammissibili (T.A.)
2.1 INTRODUZIONE
Il coefficiente di rigidezza è definito dal rapporto tra la forza (o coppia) applicata alla
struttura e lo spostamento (o rotazione) generato dall’azione stessa:
Fi Mi
k ii = ; k ii = ; (2.1)
δi αi
Per strutture semplici, le rigidezze possono essere ricavate risolvendo la struttura
integrando la linea elastica:
M αA =
ML
kA =
3EI
3R
3EI L
A B ML 6 EI
L
αB = kB = 6R
6 EI L
M M
ML 2 EI
αA = kA = 2R
A B 2 EI L
L
M M
ML 6 EI
αA = kA = 6R
A B 6 EI L
L
M
ML EI
A B αA = kA = R
EI L
L
M
ML 4 EI
A B αA = kA = 4R
4 EI L
L
F
FL3 3EI
δA = kA = 3U
3EI L3
L
F
FL3 12 EI
δA = kA = 12U
12 EI L3
Si consideri la struttura in figura 2.1. La struttura è molte volte iperstatiche (13 volte
nel caso in esame) ma è caratterizzata dall’avere un solo grado di movimento, ovvero la
rotazione α del nodo centrale i ove è applicata la coppia M . Infatti, supponendo
trascurabile la deformabilità per sforzo assiale (ovvero considerando infinitamente rigide le
aste per sforzi di trazione o compressione), il nodo non può traslare in nessuna direzione in
quanto questa traslazione comporterebbe una deformazione assiale delle aste. Viene quindi
naturale pensare alla rotazione α come unica incognita del problema. Nota infatti la
rotazione α, è possibile ottenere le sollecitazioni agenti su ogni asta.
Per definizione, la rigidezza alla rotazione del nodo i (nel suo complesso) è quella
coppia che genera lo spostamento unitario. Nel caso in esame:
M
K Tot ,i = (2.4)
α
Analogamente, per ogni asta considerata a se stante, si definisce la rigidezza alla
rotazione come la coppia applicata sull’asta diviso la rotazione della i-esima asta:
Mi
ki = (2.5)
αi
Per il problema in esame, ogni asta è soggetta alla medesima rotazione (Figura 2.2) e
pari alla rotazione del nodo. È possibile quindi ottenere la seguente equazione di
congruenza:
α1 = α 2 = .... = α i = ... = α n = α (2.6)
Figura 2.1. Struttura 13 volte iperstatica con aste che concorrono in un solo nodo
M− ∑ Mi = 0 (2.9)
i =1..n
M− ∑ (k α ) = 0
i =1..n
i (2.10)
M = α ∑ ki , (2.11)
i =1..n
M
α= (2.12)
∑ ki
i =1..n
α α
α
M α
Mi
α
α
Figura 2.2. Rotazione delle singole aste e momenti delle singole aste
Per confronto con la (2.4) è immediato ottenere che, per strutture tipo quelle
esaminate, la rigidezza complessiva del nodo non è altro che la somma delle singole
rigidezze delle aste concorrenti nel nodo stesso:
K Tot = ∑ ki (2.13)
i =1..n
Inoltre, sostituendo la (2.12) nella (2.8) si ricava l’espressione che valuta il momento
nell’asta i-esima:
ki
Mi = M = Mρi (2.14)
∑k
i =1..n
i
il coefficiente di ripartizione.
Note quindi le azioni agenti sui nodi delle struttura, è possibile ottenere le
sollecitazioni agenti sulle singole aste valutando i coefficienti di ripartizione. Si noti che,
per come sono stati definiti, la somma dei coefficienti di ripartizione è pari all’unità:
ki
∑k i
∑ ρi = i∑
=1..n ∑ ki
=
i =1..n
=1 (2.16)
i =1..n
i=1..n
∑k
i =1..n
i
La procedura finora esposta viene applicata, a titolo di esempio, ad una trave su tre
appoggi.
3,5 4,6
Si valutano in primo luogo le rigidezze alla rotazione delle due aste (si veda la tabella
del paragrafo 2.2):
3EI 3EI
k1 = =
l1 3 .5
3EI 3EI
k2 = =
l2 4 .6
Si valutano i coefficienti di ripartizione:
3EI 3
k1 l1 0.86
ρ1 = = = 3 .5 = = 0.57
k1 + k 2 3 EI 3 EI 3
+
3 1.51
+
l1 l2 3 .5 4 .6
3EI 3
k2 l2 0.65
ρ2 = = = 4 .6 = = 0.43
k1 + k 2 3EI + 3EI 3
+
3 1.51
l1 l2 3 .5 4 .6
Considerando la convenzione per il momento flettente secondo cui il segno positivo
si attribuisce a momenti orari (destrogiri):
+ -
M1 M2
3,5 4,6
Figura 2.5. Ripartizione delle azioni in proporzione alle rigidezze delle aste
41.1
41.1
31.3
3,5 4,6
Figura 2.6. Momento flettente sulle singole aste e sulla intera struttura
q
qL2
MB =
8
A B A B qL2
M mezz =
L L 16
M MA = M
M
A B A B MB =
2
L L
qL2
M mezz =
A B A B 8
L L
M
MA = M
A B A B MB = 0
L L
M M
M A = MB = M
A B
L
A L
B
M M
M A = MB = M
A B A B
L L
qL2
MB =
A B A B 2
L L
M
M A = MB = M
A B
A B
L L
A B A B M B = FL
L L
3,5 4,6
FASE I: Si blocca con un morsetto (vincolo ausiliare) la rotazione nel nodo centrale
(l’unica incognita del problema).
3,5 4,6
Figura 2.8. Trave con il vincolo ausiliare (morsetto) applicato all’appoggio centrale
65 ⋅ 3.52
2
ql
I1 = + 1 = + = + 99.5 kNm
8 8
65 ⋅ 4.6 2
2
ql
I2 = − 2 = − = −171.9 kNm
8 8
I segni dei momenti sono stati posti coerentemente alla convenzione adottata (il
momento ha segno positivo se orario).
La struttura così ottenuta è CONGRUENTE (infatti lo spostamento a sinistra è
uguale allo spostamento di destra; entrambi sono nulli in quanto è stato posto il morsetto).
2 2
ql1 /8 ql2 /8
3,5 4,6
Figura 2.9. Fase I: trave con il morsetto e momenti di incastro perfetto (momenti primi)
+ 99.5 - 171.9
3,5 4,6
M= 2
+ql1 /8 - ql2 /8
2
3,5 4,6
M= -(+ql 2
1
2
/8 - ql2 /8)
3,5 4,6
Figura 2.12. Fase II: coppia da applicare al nodo per ottenere l’equilibrio.
3EI 3
k2 l2 4 .6 0.65
ρ2 = = = = = 0.43
k1 + k 2 3EI + 3EI 3
+
3 1 . 51
l1 l2 3 .5 4 .6
Si calcolano i momenti sulle singole aste (questi momenti sono detti momenti
RIPARTITI o anche momenti “secondi” (II)):
+41.1
+31.3
3,5 4,6
Il momento all’appoggio centrale del problema originario è ottenuto dalla somma del
momento a sinistra (o a destra) della FASE I e della FASE II:
M = I+ II = + 99.5 + 41.1 = +140.6 (somma nei momenti a sinistra dell’appoggio)
+ 99.5 - 171.9
3,5 4,6
+41.1
+31.3
3,5 4,6
+ 140.6 - 140.6
3,5 4,6
=
Figura 2.17. Struttura appoggio incastro con carico uniformemente distribuito
FASE I: Si blocca con un morsetto (vincolo ausiliare) la rotazione nel nodo di destra
(l’unica incognita del problema).
+
Figura 2.18. Trave con il morsetto nell’appoggio di destra e con i momenti di incastro perfetto
2
- qL/24
L
Figura 2.19. Fase II: si applica lo squilibrio del nodo cambiato di segno
Per una struttura incastro-appoggio, il momento che nasce all’incastro (momento III)
a causa del momento II sull’appoggio è esattamente la metà di quest’ultimo:
III = II / 2.
Nel caso in esame:
II qL2
III = =−
2 24
Il momento all’appoggio di destra è ottenuto dalla somma della FASE 1 e della FASE 2:
qL2 qL2
M = I + II = + − =0 (somma nei momenti a destra)
12 12
= 2
qL/12
2
qL/12
FASE I
2 2
-qL/12 +qL/12
L L
+ - qL/122 2
qL/24
+
FASE II
2
- qL/24 2
L L qL/12
= qL/8
2
=
0
2 FASE I +
- qL/8
L L
FASE II
Figura 2.20. Diagramma del momento finale ottenuto dalla somma dei diagrammi di FASE I e II
L L
+ +
2
- qL/8
L L
qL/8
2
=
0
2
qL/16L
Figura 2.21. Sovrapposizione degli effetti per ottenere il valore del momento in mezzeria
qL2
M1 (x = L / 2) =
8
Nel secondo schema il momento in mezzeria è pari a:
qL2
+0
MA + MB qL2
M 2 (x = L / 2) = = 8 =
2 2 16
Il momento in mezzeria è quindi dato da:
qL2
+0
qL M A + M B
2 2
qL2 qL2 qL2
M TOT ( x = L / 2) = +
qL 8
− =+ − =+ − =+
8 2 8 2 8 16 16
Per ottenere tutte le altre grandezze di interesse (diagramma del Taglio, rotazione,
etc.), si applica semplicemente la sovrapposizione degli effetti.
• Per ottenere il diagramma del taglio, si procede come segue:
= V = qL/2
L
V = qL/2 V = qL/2
+ V = qL/8
+
L
V = M/L V = M/L
5/8 qL =
3/8 qL
L
5/8 qL 3/8 qL
M qL2 / 8 qL
V = = =
L L 8
I tagli alle estremità valgono:
qL M qL qL 5
V1 = + + =+ + = qL
2 L 2 8 8
qL M qL qL 3
V2 = + − =+ − = qL
2 L 2 8 8
• Se si vuole inoltre avere conferma che la rotazione all’incastro è nulla (ovvero si vuole
essere certi che la soluzione ottenuta è congruente), si possono valutare le rotazioni nei
due schemi:
+
2
- qL/8
L
Figura 2.23. verifica della congruenza al nodo incastrato tramite la sovrapposizione degli effetti
qL3
α=
24 EI
Nel secondo schema, invece si ha:
ML qL2 L qL3
α= =− =−
3EI 8 3EI 24 EI
Le due rotazioni risultano ovviamente opposte e quindi la loro somma è nulla.
qL3
α=−
24 EI
a causa del carico distribuito. A causa della coppia applicata all’estremo di sinistra, invece,
la rotazione del nodo di destra vale (si veda lo schema di pag. 20):
ML qL2 L qL3
α= = =+
6 EI 8 6 EI 48 EI
La rotazione complessiva vale:
ML qL2 L qL3
α= =− =−
4 EI 12 4 EI 48 EI
Si pensi di risolvere la struttura illustrata in Figura 2.24. Sono presenti due nodi, in
uno dei quali è applicata una coppia di intensità M1. Si può pensare di risolvere il problema
mediante la sovrapposizione degli effetti.
1 2
L
L L
Figura 2.24. verifica della congruenza al nodo incastrato tramite la sovrapposizione degli effetti
Si pensi di bloccare con un morsetto (vincolo ausiliare) la rotazione del nodo “2” ed
analizzare la sola rotazione del nodo “1”. Applicando un momento pari a M 1 , non è
difficile valutare la rigidezza dalla rotazione del nodo: essa è la somma delle rigidezze
delle aste che concorrono nel nodo.
M1 M1 M ρ M1ρ12
1 12 2
1 2
L
L L L L
In questa condizione, per il nodo “1” si può certamente scrivere (si veda la 2.12):
k11α 1 = M 1 (2.19)
dove si è indicato con k11 la rigidezza totale del nodo “1” avendo applicato una coppia nel
nodo “1” e con α 1 la rotazione del nodo “1”. Si ripartisce quindi la coppia M 1 tra le aste
concorrenti nel nodo e, a causa della presenza del morsetto nel nodo “2”, nasce un
momento al morsetto che risulta essere pari a:
M 1 ρ12
M2 = (2.20)
2
essendo ρ12 il coefficiente di ripartizione dell’asta “1-2”. Questo momento può essere
correlato all’entità della rotazione α 1 pensando ad una rigidezza k 21 che è determinato dal
rapporto tra l’azione che è nata nel nodo “2” a causa della rotazione al nodo “1”:
M2
k 21 = ⇒ M 2 = k 21α 1 (2.21)
α1
In modo del tutto analogo, si pensi di applicare una coppia di intensità pari M 2 al
nodo “2” e di bloccare il nodo “1” con un morsetto.
M2ρ12
M2 2 M2 ρ12 M2
1 2
L
L L L L
k 22α 2 = M 2 (2.22)
dove si è indicato con k 22 la rigidezza totale del nodo “2” avendo applicato una coppia nel
nodo “2” e con α 2 la rotazione del nodo “2”. Si ripartisce quindi la coppia M 2 tra le aste
concorrenti nel nodo e, a causa della presenza del morsetto nel nodo “1”, nasce un
momento al morsetto che risulta essere pari a:
M 2 ρ12
M1 = (2.23)
2
Questo momento può essere correlato all’entità della rotazione α 2 , ottenendo:
M1
k12 = ⇒ M 1 = k12α 2 (2.24)
α2
Si applica quindi la sovrapposizione degli effetti di queste due fasi e si impone
l’equilibrio, ottenendo:
M 1 + M 1 = M 1
(2.25)
M 2 + M 2 = M 2
ovvero, sostituendo:
k11α 1 + k12α 2 = M 1
(2.26)
k 21α 1 + k 22α 2 = M 2
Nel problema in oggetto si ha che il momento esterno applicato al nodo 2 è nullo,
ottenendo così:
k11α 1 + k12α 2 = M 1
(2.27)
k 21α 1 + k 22α 2 = 0
Il sistema (2.27) fornisce la soluzione del problema, in quanto permette di
determinare le rotazioni α 1 e α 2 . Note le rotazioni si possono poi calcolare i momenti alle
estremità delle aste.
...
(2.28)
ki1α1 + ki 2α 2 + ... + kinα n = Fi
...
kn1α1 + kn 2α 2 + ... + knnα n = Fn
è la matrice di rigidezza,
α1
α
2
...
α= (2.31)
α i
...
α n
è il vettore degli spostamenti nodali e
F1
F
2
...
F= (2.32)
Fi
...
Fn
è il vettore delle forze nodali. La risoluzione è data da:
α = K −1F (2.33)
Ottenuti gli spostamenti dei nodi α è poi possibile ottenere le sollecitazioni di ciascuna
asta del sistema.
δ δ
P
Per definizione, la rigidezza alla traslazione della trave (nel suo complesso) è quella
forza che genera lo spostamento unitario. Nel caso in esame:
F
K Tot ,i = (2.34)
δ
Analogamente, per ogni asta considerata a se stante, si definisce la rigidezza alla
traslazione come la forza applicata sull’asta diviso lo spostamento della i-esima asta:
Fi Fi
ki = = (2.35)
δi δ
in quanto gli spostamenti delle aste sono gli stessi. Imponendo l’equazione di equilibrio
alla traslazione della trave, si ottiene:
F− ∑ Fi =0 (2.36)
i =1..n
F =δ ∑k
i =1..n
i , (2.37)
F
δ= (2.38)
∑k
i =1..n
i
In modo del tutto analogo al problema di elementi con nodi che traslano ma non
ruotano, le sollecitazioni (in questo caso le forze) si ripartiscono in proporzione alla loro
rigidezze. Tutti i procedimenti quindi già visti per telai con nodi che ruotano e non traslano
possono essere ripercorsi anche nel caso di telai con nodi che traslano ma non ruotano
sostituendo, idealmente, i momenti flettenti con forze e le rotazioni con spostamenti.
Nel caso infatti di carichi non ai nodi, si può operare con il metodo dei vincoli
ausiliari così come mostrato nel paragrafo 2.4 per ottenere le azioni equivalenti ai nodi.
Nel caso in cui siano presenti più spostamenti incogniti, è possibile scrivere un
sistema risolvente del tipo:
Kδ = F (2.40)
e ricavare il vettore delle incognite “spostamento” δ dopo aver determinato gli elementi
della matrice di rigidezza K.
Infine, come per il caso in cui incognite solo le rotazioni, è possibile evitare la
risoluzione del sistema (2.40) mediante un procedimento iterativo che vede l’analisi di una
travata per volta, mantenendo nulli gli spostamenti delle altre travate (analogamente al
metodo di Cross1 per telai con nodi che ruotano ma non traslano).
1
Se pur concettualmente identico, nel caso ti telai con nodi che traslano ma non ruotano il procedimento
iterativo non è chiamato “metodo di Cross”. Il nome “metodo di Cross” è proprio della risoluzione per telai
con nodi che ruotano ma non traslano.
Per la risoluzione si esegue un procedimento iterativo che vede l’analisi del telaio
considerando i soli spostamenti e con le rotazioni bloccate da morsetti. In una fase
successiva si devono considerare le rotazioni ma avendo preventivamente bloccato le
traslazioni. Queste due fasi, che a loro volta possono essere risolte mediante un processo
iterativo, sono state descritte nei paragrafi precedenti.
Complessivamente, la risoluzione vede, nel caso più generale, tre processi iterativi,
di cui due “interni” o “annidati” al primo.
3.1 INTRODUZIONE
3.2 IL CALCESTRUZZO
Nella normativa italiana (Nuovo Testo Unico per le Costruzioni – nel seguito
NTC2008), definisce diverse classi di resistenza del calcestruzzo, contraddistinte da
diversi valori caratteristici delle resistenze cubica Rck e cilindrica fck a compressione
uniassiale. Queste resistenze sono misurate su provini normalizzati e cioè rispettivamente
su cilindri di diametro 150 mm e di altezza 300 mm (fck) e su cubi di spigolo 150 mm (Rck).
La resistenza caratteristica a compressione è definita come la resistenza per la quale si ha il
5% di probabilità di trovare valori inferiori. Nelle norme la resistenza caratteristica designa
quella dedotta da prove su provini come sopra descritti, confezionati e stagionati, eseguite
a 28 giorni di maturazione.
Le caratteristiche del calcestruzzo possono essere ottenute tramite prove sperimentali
mediante i cosiddetti “controlli di accettazione”, e ricavati dalle formulazioni indicate nel
seguito. Con riferimento a prove su cubetti, ogni controllo è rappresentato da almeno tre
prelievi, ciascuno dei quali eseguito su un massimo di 100 m3 di getto di miscela
omogenea. Un prelievo consiste nel prelevare dagli impasti, al momento della posa in
opera il calcestruzzo necessario per la confezione di un gruppo di due provini (due cubetti).
Si effettuano le prove sui provini e la media delle resistenze a compressione dei due
provini di un prelievo rappresenta la “Resistenza di prelievo”. Si effettua la media delle
resistenze dei prelievi ottenendo il valore di resistenza media Rcm.
È possibile passare dal valor medio Rcm al valore caratteristico Rck della resistenza
mediante l’espressione:
Rck = Rcm -3.5 [N/mm 2 ]
Deve però risultare anche:
Classi di resistenza
C8/10 C40/50
C12/15 C45/55
C16/20 C50/60
C20/25 C55/67
C25/30 C60/75
C28/35 C70/85
C32/40 C80/95
C35/45 C90/105
Tabella 3.1. Classi di resistenza del calcestruzzo
Classe di
Destinazione
resistenza minima
Per strutture non armate o a bassa
C8/10
percentuale di armatura
Per strutture semplicemente armate C16/20
Per strutture precompresse C28/35
Tabella 3.2. Classi di resistenza del calcestruzzo
La normativa italiana (NTC2008) prevede diversi modelli del legame costitutivo sia
per il materiale calcestruzzo che per l’acciaio.
Per quanto riguarda il calcestruzzo, tutti i legami sono caratterizzati dallo stesso
valore di resistenza fcd e dalla deformazione ultima εcu, posta pari al 3.5‰
Il legame costitutivo di riferimento presente in normativa è un legame parabola-
rettangolo, descritto da un tratto parabolico che raggiunge una tensione massima
denominata fcd per una deformazione inferiore a εc2, pari al 2‰, per poi mantenersi con una
tensione costante di valore pari a fcd fino alla deformazione ultima εcu, posta pari al 3.5‰.
Tale legame, se pur semplificato, è il più realistico, in quanto modella la non linearità che è
presente nel diagramma reale tensione-deformazione del calcestruzzo sin dal principio.
Per classi di resistenza elevate (superiore al C50/60), il legame costitutivo è
modificato per tenere in conto della minore duttilità del materiale, aumentando la
σc
fcd
2‰ 3.5‰ εc
Figura 3.1. Legame costitutivo del calcestruzzo
Nel caso di calcestruzzo di Classe non superiore a C50/60, è dimostrabile che l’area
sottesa la curva del legame costitutivo è pari a:
2 ε (ε − ε c 2 ) 2 2 1.5
ε c 2 f cd + (ε cu − ε c 2 ) f cd = f cd ε cu c 2 + cu
2
Area = = f cd ε cu + ≅ 0.8 f cd ε cu
3 3 ε cu ε cu 3 3.5 3.5
L’area sottesa al legame costitutivo vale quindi circa 0.8 volte l’area che del
rettangolo che inscrive la parabola-rettangolo.
Il legame costitutivo utilizzato per l’acciaio è un legame di tipo elasto-plastoco
avente tensione di snervamento pari a fyd. La tensione di calcolo di snervamento
dell’acciaio è ottenuta dal rapporto tra la relativa tensione caratteristica e il coefficiente
parziale dell’acciaio γ s :
f yk
f yd = (3.3)
γs
con γ s = 1.15. La deformazione al limite elastico ε y è ottenuta utilizzando la linearità tra
tensioni e deformazioni mediante la legge di Hooke:
f yd
εy = (3.4)
Es
Considerando un acciaio tipo B450C che è caratterizzato da una resistenza a trazione
caratteristica fyk = 450 MPa, la deformazione al limite elastico risulta pari a ε y =1.96‰.
Gli acciaio utilizzati in Europa devono soddisfare ad importanti requisiti di duttilità.
In particolare, è richiesto che la deformazione caratteristica a rottura sia almeno pari al εuk
75‰. La deformazione associata alla tensione di rottura dell’acciaio è molto grande
rispetto a quella limite del calcestruzzo compresso (75‰ >> 3.5‰). Sulla base di questa
considerazione, le nuove norme considerano un legame per l’acciaio elasto-plastico con
deformazione ultima illimitata, come mostrato in figura 3.2a (la normativa precedente
limitava la deformazione dell’acciaio al 10‰). La conseguenza è che la crisi di una
sezione inflessa o presso-inflessa avviene sempre per raggiungimento della deformazione
ultima nel calcestruzzo. Ne consegue quindi una significativa semplificazione nel calcolo
delle sezioni inflesse e presso-inflesse (si veda nel seguito).
Una seconda possibilità offerta al progettista è quella di considerare un modello che
tiene in conto dell’incrudimento dell’acciaio, introducendo al posto del ramo
indefinitamente plastico, un ramo con deformazione ultima pari a εud = 0.9 εuk e
corrispondente tensione pari a k fyd, (Figura 3.2b) con k fattore di sovraresistenza:
ft
k= (3.5)
fy
σs σs
k fyd
fyd fyd
1.96‰ εs 1.96‰ ε ud ε s
(a) (b)
Figura 3.2. Legame costitutivo dell’acciaio (a) elasto plastico e (b) elasto incrudente
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ultima nel calcestruzzo pari a εcu. Ne consegue che si possono definire i cosiddetti “campi
di rottura” definiti dalla figura 4.1. Si definisce “campo 2” o campo delle deboli armature,
il campo caratterizzato da rette di deformazione con crisi dell’acciaio teso (ovvero con
deformazione in corrispondenza dell’acciaio teso pari a εud). Si definisce inoltre “campo 3”
o campo delle medie armature, il campo in cui ricadono tutte le configurazioni di crisi che
vedono il calcestruzzo alla sua deformazione ultima e l’acciaio con deformazione
compresa tra εyd e εud (acciaio snervato). Infine si definisce “campo 4” o campo delle forti
CAMPO 2
εc ε's
A's
x
εcu
d'
d
H
As εud εyd εs =0
b εs = εud
d
H
As εud εyd εs =0
b εs > εyd
CAMPO 4 εc ε's
A's εcu
d'
x
d
H
As εud εyd εs =0
b εs
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c
Rs Rs
As εyd εs =0
b εs > εyd
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As f yd − A' s f yd
x= (4.6)
0.8bf cd
Per comodità di notazione e per generalità, la (4.6) è spesso espressa in forma
adimensionale, ottenendo la seguente formulazione:
x As f yd − A' s f yd As f yd (1 − β )
ξ= = = 1.25 = 1.25ρ M (1 − β ) (4.7)
d 0.8bdf cd bdf cd
Avendo indicato con:
x A'
ξ= , β= s (4.8)
d As
As f yd
ρM = (4.9)
bdf cd
dove ξ è la posizione dell’asse neutro adimensionale, β indica la quantità di armatura
compressa rispetto a quella tesa e ρ M è detta percentuale meccanica di armatura, in quanto
compaiono, oltre al rapporto tra le aree (nota come percentuale geometrica) anche le
resistenze.
Imponendo l’equilibrio alla rotazione, ad esempio per un punto posto sulla retta
d’azione della risultante calcestruzzo Rc, si ottiene:
A' s f yd (0.4 x − d ') + As f yd (d − 0.4 x ) = M Rd (4.10)
M 0 = bd 2 f cd
(4.12)
ottenendo:
M Rd
=
As f yd [(d − 0.4 x ) + β(0.4 x − d ')] = ρ [(1 − 0.4ξ) + β(0.4ξ − ξ')] (4.13)
M
M0 bdf cd d
dove si è posto:
d'
ξ' = (4.15)
d
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= 1.25 ρ M (1 − β )
x
ξ= (4.18)
d
= ρ M [1 − 0.4ξ(1 − β) − ξ' β]
M Rd
µ= (4.19)
M0
A queste equazioni va aggiunta l’equazione che permette di ricavare la deformazione
dell’acciaio compresso ε's , imponendo la conservazione delle sezioni piane (si veda la
figura 4.2):
εc ε' s
= (4.20)
x x − d'
da cui si ricava:
x − d' x − d'
ε' s = ε c = 0.0035 (4.21)
x x
Dividendo numeratore e denominatore per l’altezza utile d si ottiene la forma
analoga adimensionale:
ξ − ξ'
ε' s = 0.0035 (4.22)
ξ
La (4.21) o la (4.22) permettono di verificare se l’armatura compressa è realmente
snervata (ε’s ≥ εy) e se quindi è stato corretto l’utilizzo delle (4.16), (4.17), (4.18) e (4.19)
per valutare posizione dell’asse neutro e momento resistente.
A'
Si noti che se la quantità di armatura compressa è uguale a quella tesa ( β = s = 1),
As
la (4.6) o la (4.7) giungono al paradosso che distanza dell’asse neutro dal bordo superiore
sia nulla e che quindi il calcestruzzo non dia nessun contributo. Inoltre si noti che, se x=0,
l’armatura “compressa” risulterebbe avere deformazione concorde con quella inferiore,
ottenendo così due armature entrambe tese che lederebbero l’equilibrio alla traslazione. Il
problema sta nel fatto che l’armatura compressa non può mai essere snervata se β = 1. Per
la risoluzione in questa situazione si veda il paragrafo 4.2.2.
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[
µ = ρ M 1 − 0.5 ρ M (1 − β )2 − ξ ' β ] (4.24)
Riscrivendo l’equazione mettendo in evidenza la percentuale meccanica di armatura, si
ottiene un’equazione di secondo grado che lega la percentuale meccanica di armatura ρ M
al momento resistente adimensionale µ nella seguente forma:
ρ 2M (1 − β) 2 − 2ρ M (1 − ξ' β) + 2µ = 0 (4.25)
da cui è possibile ricavare la percentuale meccanica di armatura noto µ:
ρM =
1
(1 − β) 2
[
(1 − ξ' β) − (1 − ξ' β) 2 − 2µ(1 − β) 2 ] (4.26)
Anche la (4.24) mostra come con β = 1 non sia possibile ottenere una soluzione se si
ipotizzano entrambe le armature snervate.
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x − d'
σ' s = E s ε' s = 0.0035 Es (4.32)
x
Sostituendo la terza equazione nella prima, si ottiene una equazione di secondo grado
che, risolta, fornisce la posizione dell’asse neutro x; sostituendo quanto trovato nella terza
si ricava la tensione nell’acciaio compresso; sostituendo x nella seconda, si ricava il
momento resistente. Analoghe espressioni adimensionali possono essere ricavate così
come nel caso di armatura compressa snervata.
In modo approssimato, è possibile ricavare il momento flettente resistente M Rd
mediante la seguente formula:
M Rd = As f yd 0.9d (4.33)
Questa formula non tiene conto della presenza dell’armatura compressa e della reale
posizione dell’asse neutro x. Deriva fondamentalmente da porre trascurabile in contributo
dell’armatura compressa nella (4.29) in quanto il braccio della risultante dell’armatura
compressa è molto minore di quello dell’armatura tesa. Inoltre σ 's è minore di f yd ; questo
fa si che il secondo addendo della (3.23) si piccolo rispetto al primo. Infine si stima la
posizione dell’asse neutro come:
x = 0.25d (4.34)
che corrisponde ad avere l’armatura tesa con deformazione circa pari al 10‰. Sostituendo
si ottiene:
σ '
M Rd = As f yd (d − 0.4 x ) + β s (0.4 x − d ') = As f yd [(d − 0.4 ⋅ 0.25d ) + 0] =
f yd (4.35)
= As f yd (d − 0.1d ) = As f yd 0.9d
La formula è approssimata ma fornisce risultati buoni se l’asse neutro della sezione
risulta alto (ovvero con piccoli valori di x). Ciò accade quando la percentuale di armatura
compressa è elevata
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σ s = Es ε s (4.38)
εs 0.0035 d−x
= ⇒ ε s = 0.0035 (4.39)
d−x x x
Il sistema risolutivo è quindi il seguente:
d−x
σ s = E s ε s = 0.0035 Es (4.42)
x
Sostituendo la terza equazione nella prima, si ottiene una equazione di secondo grado
che, risolta, fornisce la posizione dell’asse neutro x; sostituendo quanto trovato nella terza
si ricava la tensione nell’acciaio teso; sostituendo x nella seconda, si ricava il momento
resistente. Analoghe espressioni adimensionali possono essere ricavate così come nel caso
di crisi in campo 3.
In diverse situazioni il problema può essere posto come problema di verifica di una
sezione in c.a., ovvero quando sono note tutte le caratteristiche geometriche e meccaniche
della sezione e viene chiesto di valutare il momento resistente. In altri casi è richiesto un
problema di progetto, ovvero di definire le caratteristiche della sezione che sia in grado di
sopportare un predeterminato momento flettente sollecitante. Infine, accade spesso nella
progettazione che le dimensioni della sezione siano note (o determinate da altri fattori) e ne
è richiesta la determinazione della sola armatura in modo da ottenere verifiche a flessione
positive. Quest’ultimo è chiamato semi-progetto. Le procedure di verifica, di semi-progetto
e di progetto di sezioni inflesse in c.a. sono illustrate nel seguito.
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M Rd = As f yd 0.9d (4.43)
quando la percentuale di armatura compressa è elevata (Campo 3 con armatura
compressa snervata)
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fissare alcuni di questi per poi ricavare gli altri. Tra questi, il copriferro c e d’, il rapporto
tra armatura compressa e tesa vengono stabiliti a priori. Inoltre si deve stabilire anche una
delle due dimensioni della sezione.
La procedura di progetto ottiene le dimensioni minime e le quantità minime di
armatura imponendo che M Rd = M Ed . Si procede come segue.
12. Si ipotizza di essere in campo 3;
13. si fissa un valore di β, del copriferro c e d’;
M Ed
14. si sceglie un valore per il coefficiente µ = . Per quanto possibile, si consiglia di
M0
scegliere µ nel range 0.15÷0.25. Si calcola quindi M0. Si noti che fissare un valore a
M0 equivale a fissare la posizione dell’asse neutro a parità di armatura
longitudinale.
15. dalla definizione di M0. (equazione 3.17) si ricava l’altezza utile d nota la base o si
ricava la base nota l’altezza. Tipicamente per le travi in altezza è nota la base, mentre
per quella in spessore l’altezza è paria all’altezza del solaio: occorre quindi
determinare la base.
16. nota la geometria, si prosegue come in un problema di semi-progetto.
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Quando si deve effettuare una verifica nei confronti di una sollecitazioni composta
(ovvero in cui concorrono nella stessa sezione più di una azione interna) per un materiale
elastico lineare e isotropo si è soliti definire regole per la combinazione delle tensioni per
ottenere tensioni ideali con le quali valutare la sicurezza. Per il calcestruzzo armato,
invece, a causa della non linearità del materiale e della sensibile differenza di
comportamento nei confronti di sollecitazioni di trazione o compressione, è preferibile
usare domini di interazione che delimitino una porzione di spazio “di sicurezza”, rispetto
alla restante parte “di crisi”.
In tal senso, la verifica a presso-flessione per elementi in c.a. agli SLU viene eseguita
costruendo un dominio di resistenza Momento Flettente – Sforzo Normale, (nel seguito
dominio M-N), da cui effettuare le verifiche. Nel paragrafo 5.1 e 5.2. viene riportata la
procedura per ottenere tale dominio. Nel paragrafo 5.3, invece, viene descritta la procedura
per ricavare in modo rigoroso e in modo approssimato il dominio di interazione nel caso di
presso-flessione deviata (dominio Mx-My-N).
Nel caso di presso-flessione si opera esattamente come nel caso della flessione
semplice, con la sola differenza che la somma delle risultati di acciaio e calcestruzzo non
deve essere nulla, ma deve fare equilibrio allo sforzo normale agente NEd.
Si consideri quindi la generica sezione rettangolare di dimensioni b × H per la quale
As è l’area dell’armatura inferiore, avente una deformazione ε s ed una tensione σ s , e A’s è
l’area dell’armatura superiore, avente una deformazione ε ' s , e una corrispondente
tensione σ ' s .
Si impone quindi, come per la flessione, l’equilibrio alla traslazione e l’equilibrio
alla rotazione. Con riferimento alla notazione presente in Figura 5.1, si scrive l’equilibrio
alla traslazione facendo uso, per quanto riguarda il calcestruzzo, dello stress block:
0.8 xbf cd + A' s σ ' s − As σ s = N Rd (5.1)
dove N Rd è lo sforzo normale resistente. Imponendo l’equilibrio alla rotazione, ad
esempio per il baricentro della sezione (posto ad H/2) si ottiene:
c
Rs Rs
As εyd εs =0
b εs > εyd
H H H
0.8b x f cd − 0.4 x + A' s σ ' s − d ' + As σ s − c' = M Rd (5.2)
2 2 2
È ovviamente possibile effettuare l’equilibrio ai momenti attorno ad un punto scelto
a piacere. Se si effettua però l’equilibrio rispetto al baricentro della sezione risulta nullo il
braccio dello sforzo normale resistente N Rd e, di conseguenza, le (5.1) e (5.2) risultano
disaccoppiate (con vantaggi dal punto di vista computazionale).
Le (5.1) e (5.2) sono state scritte ipotizzando che esista un asse neutro che tagli la
sezione e che quindi la sezione sia parzializzata. Analoghe considerazioni possono essere
fatte pensando ad un asse neutro che cada al di fuori della sezioni o che sia all’infinito
(trazione pura o compressione pura). Inoltre è stata genericamente indicata con σ s la
tensione dell’acciaio inferiore, che potrà essere o meno pari alla tensione di snervamento di
progetto f yd se la deformazione ε s è superiore o meno della deformazione di snervamento
ε y . Analoga osservazione va fatta per l’armatura superiore A’s .
In ogni modo, l’equazioni o alla traslazione associata all’equazione di equilibrio alla
rotazione formano un sistema di due equazioni che risolvono il problema della presso-
flessione. Anche se il problema è di verifica, ovvero per il quale tutte le caratteristiche
geometriche e meccaniche della sezione sono note, accade però che nella (5.1) risultano
essere incognite la posizione dell’asse neutro x e lo sforzo normale resistente N Rd . Nella
(5.2) risultano essere incognite la posizione dell’asse neutro x e il momento resistente
M Rd . Complessivamente, il sistema formato dalla (5.1) e (5.2) ha ∞1 soluzioni, in quanto è
formato da 2 equazioni e 3 incognite ( N Rd , M Rd e x).
Nel piano Momento Flettente – Sforzo Normale, le ∞ soluzioni date dalla (5.1) e
(5.2) rappresentano una curva, denominata dominio di interazione Sforzo Normale –
Momento Flettente, che indica il luogo di punti di crisi nella sezione. Un esempio di
dominio per sezione rettangolare con armatura superiore e inferiore uguali è rappresentato
in Figura 5.2.
Per ottenere questo dominio, è conveniente precedere secondo quanto descritto nel
seguito.
1. Si fissa un valore della posizione dell’asse neutro x (o, analogamente, la deformazione
dell’acciaio inferiore);
2. si assegna la crisi di un materiale per il raggiungimento della deformazione ultima; il
piano delle deformazioni è così compiutamente definito;
3. si determinano le deformazioni dei materiali;
4. si valutano le tensioni e le relative risultanti ( Rc , R' s e Rs );
5. si scrive l’equilibrio alla traslazione e, dato che la posizione dell’asse neutro x è fissata
a priori, si ricava lo sforzo normale resistente di progetto N Rd ;
6. si scrive l’equilibrio alla rotazione e, dato che la posizione dell’asse neutro x è fissata a
priori, si ricava il momento flettente resistente di progetto M Rd ;
7. si ottiene così un punto del dominio, di coordinate P = [ N Rd , M Rd ].
Ripetendo la procedura per diversi valori della posizione dell’asse neutro x si può
ottenere l’intero dominio. Nel paragrafo successivo vengono esplicitate le equazioni di
equilibrio per alcuni punti con caratteristiche salienti.
Dominio M-N
250
200
150
100
Momento Flettente [KNm]
50
0
-1000 -500 0 500 1000 1500 2000 2500 3000
-50
-100
-150
-200
-250
Sforzo Normale [KN]
Si esegue il calcolo del dominio di una sezione rettangolare con armatura simmetrica.
Nel seguito, anche se si continuerà a chiamare le due armature con As e A’s , si rammenti
che esse sono uguali. Si valutano i punti del dominio corrispondenti alla pura trazione
(punto “A”), alla pura compressione (punto “E”), ad un punto per cui ε s = ε y (punto “C”),
ad un generico punto in campo 3 ( ε s > ε y , punto “B”), un generico punto in campo 4 ( ε s
< ε y punto “D”).
H H
As f yd − c − A' s f yd − d ' = M Rd (5.7)
2 2
Dato che solitamente il copriferro superiore d’ è uguale al copriferro inferiore c , la
(5.7) fornisce:
M Rd = 0 (5.8)
Il punto “A” è quindi dato dalla coppia:
" A" = {N Rd , M Rd } = {2 As f yd ,0} (5.9)
con N Rd di trazione.
A's
d'
R's
H/2
d
H
NRd
H/2
c
Rs
As
b
H H
As f yd − c − A' s f yd − d ' = M Rd (5.14)
2 2
nella quale non compare la risultante del calcestruzzo dato che il suo braccio è nullo
(Figura 5.4). Dato che solitamente il copriferro superiore d’ è uguale al copriferro inferiore
c , la (5.14) fornisce:
M Rd = 0 (5.15)
Il punto “E” è quindi dato dalla coppia:
" A" = {N Rd , M Rd } = {2 As f yd + H b f cd , 0} (5.16)
con N Rd di compressione.
A's
d'
R's
H/2
d
H
Rc NRd
H/2
c
Rs
As
b
εc = εcu ε's
A's εcu
d' R's
x
H/2 Rc MRd
d
H
NRd
H/2
c
Rs
As εs =0
b εs = εyd
Figura 5.5. Sezione con deformazione nell’acciaio inferiore pari alla deformazione di snervamento
H H H
0.8b x f cd − 0.4 x + A' s σ ' s − d ' + As σ s − c' = M Rd (5.21)
2 2 2
In queste equazioni sono note tutte le quantità a sinistra del segno di uguaglianza ed è
quindi possibile ricavare facilmente N Rd dalla (5.20) e M Rd dalla (5.21).
H H H
0.8b x f cd − 0.4 x + A' s σ ' s − d ' + As σ s − c' = M Rd (5.23)
2 2 2
forniscono i valori di N Rd e M Rd una volta ottenuti il valore di x e ε ' s . Questi ultimi sono
ottenuti con la (5.17) e con la (5.18).
H H H
0.8b x f cd − 0.4 x + A' s f yd − d ' + As σ s − c' = M Rd (5.28)
2 2 2
che forniscono i valori di N Rd e M Rd .
di crisi. La verifica a pressoflessione può quindi essere effettuata ponendo, sullo stesso
diagramma, il punto di coordinate:
P = {N Ed , M Ed } (5.29)
che è definito dalla coppia sforzo normale sollecitante e momento flettente sollecitante. Se
accade che tale punto è interno al dominio, la verifica di sicurezza è positiva in quanto, per
esempio, a parità di sforzo normale N il momento sollecitante risulta essere minore del
corrispettivo momento resistente. Se invece accade che il punto è esterno al dominio, la
verifica di sicurezza non è soddisfatta.
In tal senso, possono quindi essere definiti i fattori di sicurezza γ , intesi come una
misura di quanto si è prossimi alla crisi. Nel caso della pressoflessione, possono essere
definiti 3 differenti fattori di sicurezza γ : un primo fattore γ 1 che indica la distanza dal
dominio nel caso in cui si aumenti in modo proporzionale sia M che N:
OA
γ1 = (5.30)
OP
in cui OP e OA sono i due segmenti indicati in Figura 5.7.
Sempre con riferimento alla Figura 5.7, possono essere definiti altri due fattori che
indicano la distanza dal dominio nel caso in cui si aumenti solo M:
O' A '
γ2 = (5.31)
O' P
90
Dominio semplificato
80 C Sollecitazione
B3
70 D1
B2
60
D2
50
B1
40
30
20
10
A E
0
-500 0 500 1000 1500 2000
Figura 5.6. Dominio M-N ottenuto per punti con indicato un generico punto di verifica (verifica positiva)
90
A'
Dominio semplificato
80
Sollecitazione
A
70
60
50
A''
40 P
O''
30
20
10
O O' E
0
-500 0 500 1000 1500 2000
o solo N:
O' ' A ' '
γ1 = (5.32)
O' ' P
5.2.7 Osservazioni
Il dominio di interazione M-N è convesso. Conseguentemente, se si calcolano solo
alcuni punti (come illustrato) si ottiene un dominio M-N approssimato che è a favore di
sicurezza, in quanto interno al dominio più accurato, quest’ultimo ottenuto con più punti
(si veda la Figura 5.8). Dalla Figura 5.8 si nota inoltre i pochi punti definiti in precedenza
(6 o 7) sono sufficienti per ottenere una ottima approssimazione.
Se la sezione è simmetrica, il dominio è simmetrico secondo l’asse dello sforzo
normale (Figura 5.2); ciò non può accadere secondo l’asse del momento flettente. Infatti,
per sforzi di trazione reagiscono le sole barre d’armatura mentre per sola compressione vi è
in aggiunta anche il contributo del calcestruzzo (si confrontino la (5.6) con la (5.13)).
Il punto con momento flettente massimo è ottenuto ponendo ε s = ε y .
I punti di massima trazione e massima compressione hanno il corrispettivo momento
nullo solo nel caso di armatura simmetrica (si veda l’equazione 5.7 e 5.14)
Si noti infine che con il procedimento svolto, si è ottenuto solo metà del diagramma.
L’altra parte (simmetrica a questa in quanto l’armatura è simmetrica) si otterrebbe
invertendo il segno del momento flettente, ovvero scambiando la zona tesa con quella
compressa e ripetendo il procedimento svolto.
90
Dominio semplificato
80 Sollecitazione Dominio Semplif icato
Dominio accurato Dominio Accurato
70
60
50
40
30
20
10
0
-500 0 500 1000 1500 2000
0.50
0.45
µ d - Momento adimensionale
0.40
0.35
ω
0.30
0.25
0.20
0.15
ω
ω=
=1
ω=
ω= 2
0.10
0.8
0.6
ω=
0.4
ω=
0.
0.05
0
0.00
-1.00 -0.50 0.00 0.50 1.00 1.50 2.00
ν d - Sforzo Normale adimensionale
Dominio M-N
250
200
150
100
Momento Flettente [KNm]
50
0
-1000 -500 0 500 1000 1500 2000 2500 3000
-50
-100
-150
-200
-250
Sforzo Normale [KN]
Figura 5.10. Esempio di Dominio Sforzo Normale – Momento Flettente con armatura non simmetrica
Dal momento che non risulta agevole ne il calcolo del dominio tridimensionale ne la
sua rappresentazione, si è soliti effettuare una verifica semplificata. Sezionando il dominio
tridimensionale con un piano a NEd = costante si ottiene un dominio che ha la forma del
tipo a quanto indicato in Figura 5.12. Tale dominio, può essere rappresentato, in via
approssimata, dalla seguente relazione:
α α
M Rd , x M
+ Rd , y =1 (5.37)
M M
Rd , x ,0 Rd , y ,0
in cui si è indicato con M Rd ,x , 0 , M Rd , y , 0 , i momenti resistenti rispetto agli assi x e y nel caso
di pressoflessione retta (Figura 5.12). Tali valori possono quindi essere ottenuti dal
dominio di pressoflessione retta, in funzione dello sforzo normale NEd (Figura 5.13).
α è un coefficiente numerico che determina la forma del dominio approssimato. Si noti che
se α = 2 , la (5.37) è l’equazione di una ellisse, di assi M Rd ,x , 0 e M Rd , y , 0 . Nel caso invece
di α = 1 , la (5.37) è l’equazione di rette congiungenti i momenti M Rd ,x , 0 e M Rd , y , 0 . La
curva del dominio risulta essere compresa tra questi due estremi (ellisse e retta). Per tale
motivo si può porre α = 1.3 ÷ 1.5 . L’Eurocodice suggerisce che è possibile valutare in
modo più accurato α in funzione dello sforzo normale sollecitante rispetto a quello
resistente (massimo) ottenuto per pura compressione (che può essere calcolato mediante
l’equazione (5.13)). I valori di α sono riportati nella seguente tabella:
N Ed
0.1 0.7 1.0
N Rd , max
α 1.0 1.5 2.0
N Ed
Per valori di intermedi si può ottenere una stima di α mediante interpolazione.
N Rd , max
La verifica è positiva se accade che il punto “sollecitazione” è interno al dominio.
Analiticamente ciò significa:
α α
M Ed , x M
+ Ed , y ≤1 (5.38)
M M
Rd , x , 0 Rd , y , 0
dove M Rd ,x , 0 , M Rd , y , 0 , sono i momenti resistenti rispetto agli assi x e y nel caso di
pressoflessione retta con sforzo normale NEd .
M Rd , y
M Rd , y , 0
Dominio
"esatto"
α =2
α =1
M Rd ,x , 0
M Rd , x
90
M Rd , x
80
M Rd , x70
,0
60
50
40
30
20
10
0
-500 0 500 N Ed 1000 1500 2000
6.1 INTRODUZIONE
P P
a a
P P
Momento
Pa
P
Taglio
P
Figura 6.1. Schema prova a flessione a 4 punti
Accade però che, rispetto al caso di sezione interamente reagente (modesti valori del
carico verticale) che l’asse neutro della sezione parzializzata non coincide più con l’asse
geometrico della stessa. Associato a questo, si registra un andamento differente delle
isostatiche di trazione e compressione. L’ipotesi di calcestruzzo non reagente a trazione
produce, infatti, tensioni normali di trazione nulle al di sotto dell’asse neutro con
conseguente inclinazione delle isostatiche a 45°, conseguente alle sole tensioni tangenziali.
Infine, l’andamento delle tensioni tangenziali lungo la sezione non risulta più essere
parabolico, tipico di una sezione rettangolare interamente reagente, bensì presenta un tratto
costante con valore pari al valore massimo.
A causa della fessurazione, quindi, la valutazione della resistenza a taglio non può
prescindere dal tenere in conto il fatto della parzializzazione della sezione. Tuttavia, dopo
l’instaurarsi della fessurazione, lo studio delle direzioni principali è di scarsa rilevanza. A
causa della presenza delle fessure, la trattazione alla De Saint Venant perde quindi di
significato e si sviluppano meccanismi totalmente differenti.
Figura 6.3. Fessure in una trave soggetta ad una prova di flessione a 4 punti
V Sc +∆S
x
Sc
V
d
H
c
Ss Ss +∆S ∆S
∆x. ∆x.
Esiste anche un meccanismo ad arco che tende a trasferire un’aliquota del taglio
direttamente all’appoggio. Tale effetto è significativo quando è modesta la distanza tra il
punto dell’applicazione della forza e l’appoggio (distanza “a”) rispetto all’altezza della
trave.
Vi è inoltre un fenomeno di “effetto scala” che riduce la resistenza a taglio quando si
incrementa l’altezza utile d della trave. Tale effetto è prevalentemente dovuto alla
diminuzione del contributo legato all’ingranamento: travi con altezza elevate presentano
ampiezza di fessura maggiore e quindi l’effetto ingranamento tende ad essere minore.
Alla luce di quanto visto, si conclude che la crisi della trave può avvenire per due
modalità differenti: la crisi per crisi a taglio del corrente compresso e crisi nella sezione
all’incastro dei denti del pettine. In questo ultimo caso, vinta la resistenza a trazione del
primo dente del pettine, si forma una fessura orizzontale che si propaga ai denti adiacenti
provocando una sezione di scorrimento (Figura 6.9).
La normativa Italiana (NTC2008), prendendo spunto da una formulazione già
presente nell’Eurocodice 2, valuta la resistenza a taglio di una trave senza armatura
specifica come segue:
0.18
VRd 1 =
[ ]
k (100 ρ G f ck ) + 0.15σ cp bd = ν + 0.15σ cp bd
1/ 3
(6.1)
γC
nella quale:
0.18
è la tensione tangenziale resistente di base, con γ C coefficiente parziale di sicurezza
γC
del calcestruzzo, pari a 1.5.
200
k = 1+ con d in millimetri, termine che mette in evidenza la minor efficacia dell’
d
ingranamento al crescere dell’altezza utile della sezione d; la normativa fissa al valore 2 il
Figura 6.9. Tipi di crisi: (a) crisi nel corrente compresso e (b) crisi con sezione di scorrimento orizzontale
v min = 0.035k 3 / 2 f ck
1/ 2
(6.2)
originariamente da Ritter e Mörsch, prevede che una trave in c.a. possa essere
schematizzata come un traliccio ideale formato da:
• un corrente superiore (compresso) di calcestruzzo che si estende al di sopra dell’asse
neutro;
• un corrente inferiore (teso) formato dall’armatura longitudinale;
• elementi inclinati di calcestruzzo compressi (puntoni) delimitati dalle fessure e che
hanno una inclinazione θ (per quanto riguarda questa inclinazione si veda nel seguito)
• elementi tesi formati dall’armatura trasversale (staffe o “ferri piegati”) aventi una
generica inclinazione α.
Un esempio del traliccio semplice è rappresentato in Figura 6.10.
Nella versione originale del traliccio proposto da Mörsch, le bielle di calcestruzzo
erano inclinate di 45°, coerentemente con quanto detto nel paragrafo 6.1.1. riguardante
l’inclinazione delle isostatiche di compressione. Successivamente, in accordo con alcune
evidenze sperimentali, tale inclinazione è stata posta variabile da un angolo θ=45° a θ =
21.8° (Eurocodice e NTC2008).
Per giungere alla formulazione finale presente anche in normativa (NTC 2008), si
definisce in primo luogo che cos’è la molteplicità del traliccio. Successivamente si mostra
il legame analitico tra sforzo di Scorrimento e sforzo di Taglio ed infine si considera il
meccanismo resistente del traliccio ad inclinazione variabile.
θ α
Figura 6.10. Traliccio di Mörsch con indicazione di puntoni in calcestruzzo e dell’armatura trasversale
(a) (b)
(c) (d)
(e) (f)
Figura 6.11. Tralicci con molteplicità pari a (a,b) 1, (c) 2, (d, e) 4 e (f) 6.
V ⋅ Sx *
τ max = (6.5)
Ix ⋅b
x
Sc Sc +∆S
d
H
M V V M +∆ M
c
Ss Ss +∆S
L
Figura 6.12. Concio elementare di lunghezza L con le azioni agenti sulle due sezioni.
V V
τ max = = (6.6)
z ⋅ b 0.9db
Nella (6.6) si è considerato che il braccio della coppia interna può essere posto, in via
approssimata, pari a 0.9 volte l’altezza utile d. Per reciprocità delle tensioni tangenziali, le
τ max sono anche disposte nel piano formato dall’asse neutro, con la medesima intensità
calcolata dalla (6.6). Integrando queste tensioni tangenziali sulla lunghezza L del concio
considerato si ottiene:
V V V ⋅L
∆S = ∫ τ ⋅ b ⋅ dx = ∫ ⋅ b ⋅ dx = ⋅ ∫ dx = (6.7)
L L
z ⋅b z L z
La (6.7) indica che lo scorrimento è direttamente proporzionale al taglio. Si noti che
la (6.7) è stata ottenuta senza alcuna ipotesi sul materiale. In alternativa, alla medesima
relazione si può pervenire considerando l’equilibrio alla rotazione del concio di lunghezza
L di Figura 6.10:
∆S ⋅ z = V ⋅ L (6.8)
da cui si ricava:
V ⋅L
∆S = (6.9)
z
Considerando travi con tralicci multipli di molteplicità m, lo scorrimento associato ad
ogni traliccio è dato da:
∆S V ⋅ L V ⋅ ∆x
= = (6.10)
m z⋅m z
in cui si è fatto uso della (6.3).
S c sin ϑ = S s sin α
S cos ϑ + S cos α = ∆S (6.12)
c s
m
dove con S s si è indicato lo sforzo nell’armatura trasversale e con S c lo sforzo che nasce
nel puntone di calcestruzzo. La (6.12) può essere convenientemente dedotta considerando
che, affinché ci sia equilibrio, il triangolo delle forze fatto nel punto di applicazione della
forza ∆S /m deve essere chiuso (Figura 6.11b). In ogni modo, dalla (6.12) è possibile
ricavare le espressioni degli sforzi nell’armatura S s e nel puntone di calcestruzzo S c in
funzione dello scorrimento ∆S /m. Infatti dalla prima delle (6.12) si ricava lo sforzo nella
biella di calcestruzzo in funzione dello sforzo della biella d’acciaio:
∆S/m
Sc Ss
θ α θ α
∆S/m
L
Figura 6.13. (a) Maglia elementare del singolo traliccio e (b) triangolo delle forze nel punto “P”.
sin α
S c = S s
sin ϑ (6.13)
−
Sostituendo nella seconda delle (6.12), si ottiene:
−
S cos ϑ ∆S (6.14)
sin α + S s cos α =
s sin ϑ m
da cui:
−
S (cot ϑ + cot α ) sin α = ∆S (6.15)
s m
che fornisce il legame tra lo scorrimento e lo sforzo nelle armature. Sostituendo il valore
ottenuto nella (6.15) nella (6.13) si ottiene legame tra lo scorrimento e lo sforzo nelle bielle
di calcestruzzo, ottenendo così:
∆S 1
S c = m (cot ϑ + cot α ) sin ϑ
∆S 1
(6.16)
S s =
m (cot ϑ + cot α ) sin α
Sostituendo infine al valore dello scorrimento quanto ottenuto nel paragrafo
precedente (equazione 6.10), si ottiene:
V ⋅ ∆x 1
S c = z (cot ϑ + cot α ) sin ϑ
V ⋅ ∆x 1
(6.17)
S s =
z (cot ϑ + cot α ) sin α
Le 6.16 mettono in relazione gli sforzi nell’armatura trasversale e nel puntone di
calcestruzzo con il taglio sollecitante V. Ponendo lo sforzo dell’armatura S s uguale a
quello resistente dell’armatura trasversale stessa:
S s ,lim = As , w f yd , w (6.18)
si ottiene una espressione che fornisce il taglio resistente ultimo per il quale si ha crisi
dell’armatura trasversale:
V Rsd ⋅ ∆x 1
As , w f yd , w = (6.19)
z (cot ϑ + cot α )sin α
da cui, ricordando che il braccio delle coppia interna z è circa pari a 0.9d:
V Rsd = As , w f yd , w
0 .9 d
(cot ϑ + cot α )sin α (6.20)
∆x
V Rcd ⋅ ∆x 1
f cu ⋅ b ⋅ ∆x ⋅ sin ϑ = (6.22)
z (cot ϑ + cot α )sin ϑ
da cui si ottiene:
f cu = α c ⋅ 0.5 ⋅ f cd (6.24)
dove α c è un coefficiente che tiene in conto della eventuale presenza benefica dello sforzo
normale (in via cautelativa può essere posto pari a 1) e il coefficiente 0.5 è dovuto al fatto
che le bielle di calcestruzzo possono essere soggette ad uno stato di sollecitazione che in
realtà non è di compressione ma anche una componente di flessione (e quindi soggette a
presso-flessione), con conseguente diminuzione della resistenza ultima di quest’ultimi.
La (6.20) e (6.23) sono le due equazioni che permettono di verificare che non ci sia
crisi nelle bielle compresse e nell’armatura a causa di un taglio sollecitante VEd . Affinché
la sicurezza sia soddisfatta occorre che:
VEd < V Rcd e VEd < V Rsd (6.25)
che equivale a:
Nel caso in cui siano presenti staffe (caratterizzate da un angolo α = 90°), le (6.20) e
(6.23) si semplificano nelle seguenti espressioni:
V Rsd = As , w f yd , w
0 .9 d
(cot ϑ ) (6.27)
∆x
V Rcd = 0.9bd ⋅ f cu ⋅
(cot ϑ )
(1 + cot ϑ )2
(6.29)
1
V Rcd = 0.9bd ⋅ f cu ⋅ (6.30)
tan ϑ + cot ϑ
Infine, nel caso in cui siano presenti staffe (caratterizzate da un angolo α = 90°) e che
si consideri ϑ = 45° ( cot ϑ = 1 ), si ha un’ulteriore semplificazione:
0 .9 d
V Rsd = As , w f yd , w (6.31)
∆x
V Rsd As , w f yd , w
t Rsd = = (cot ϑ + cot α ) sin α (6.36)
0.9bd b ⋅ ∆x ⋅ f cd
al variare dell’angolo ϑ e della quantità di staffe (tratti sottili continui).
Si nota come, per angoli compresi nel range dato dalla normativa, che aumentando
l’angolo ϑ la resistenza delle bielle compresse t Rcd è sempre crescente, mentre decresce,
anche in modo significativo, la resistenza delle bielle tese t Rsd , qualsiasi sia la quantità di
staffe, indicato con ω. Analoghe considerazioni si possono fare se si esamina il grafico di
Figura 6.12b, in cui si osservano le variazioni di t Rcd e t Rsd al variare della cot ϑ .
Si può quindi, almeno in teoria, individuare per quale valore di cot ϑ si giunge alla
condizione di “rottura bilanciata”, ovvero alla crisi contemporanea delle bielle tese e delle
compresse. Questo può essere fatto ponendo VRcd = VEd . Ponendo VRcd = VEd nel caso di
staffe (α = 90°) si ottiene:
0 .9 d
(cot ϑ ) = 0.9bd ⋅ f cu ⋅ (cot ϑ2)
( )
As , w f yd , w (6.37)
∆x 1 + cot ϑ
Semplificando e ricavando cot ϑ si ottiene:
Figura 6.15. (a) variazione di tagli resistenti in funzione dell’angolo ϑ e (b) della cotangente dell’angolo ϑ.
[da Manfredi, Cosenza, Pecce]
b ⋅ ∆x ⋅ f cu
cot ϑ = ⋅ −1 (6.38)
As , w f yd , w
ovvero:
0 .5 ⋅ α x
cot ϑ = ⋅ −1 (6.39)
ρ M ,w
essendo:
As , w f yd , w
ρ M ,w = (6.40)
b ⋅ ∆x ⋅ f cu
la percentuale meccanica di armatura trasversale.
Per sezioni con dimensioni correnti, però accade spesso che l’angolo così ricavato sia
minore di 21.8° ( cot ϑ >2.5). Per tale motivo è in genere più veloce valutare se con un
angolo tale per cui cot ϑ =2.5 il puntone di calcestruzzo è verificato; se la risposta è
affermativa, si utilizza ancora tale angolo per valutale l’adeguatezza dell’armatura
trasversale. In caso contrario, si può valutare la condizione ottimale ricavando cot ϑ dalla
(6.39).
il taglio sollecitante supera il taglio resistente dato dalla (6.1), si dovranno prevedere e
calcolare apposite staffe che garantiscano l’adeguata resistenza a taglio. Si verifica con la
(6.20) la capacità resistente dei puntoni scegliendo, ad esempio cot ϑ = 2.5 . Se con tale
angolo vengono verificate le bielle compresse di calcestruzzo, allora è possibile calcolare il
quantitativo di armatura trasversale prediligendo l’economicità; il quantitativo di staffe
minimo richiesto si ottiene invertendo la (6.23) per ricavare l’area di staffe As , w o il passo
∆x . Si noti che non è possibile determinare entrambe ma una delle due quantità va scelta,
l’altra ricavata. Tipicamente si decide a priori il diametro delle staffe (e, di conseguenza,
l’area) per ricavare il passo ∆x . Nel caso di staffe dalla (6.23) si ottiene:
0 .9 d
∆x = Asw f ydw cot ϑ (6.43)
V Ed
Se accade che il calcestruzzo non sia verificato avendo assunto cot ϑ = 2.5 , occorre
individuare per quale valore di cot ϑ si giunge alla crisi delle bielle compresse. Ponendo
VRcd = VEd si ottiene cot ϑ dalla (6.39) e si progettano le staffe con tale valore di cot ϑ .
Asw ≥ 1.5b mm 2 /m
∆x ≤ 0.8d (6.44)
almeno 3 staffe al metro
in cui si è fatto uso della consueta notazione.
Per i pilastri, l’armatura minima è posta pari a:
φ staffe ≥ 6 mm
φ
staffe ≥ 1 4 φbarre long ,max
(6.45)
∆x ≤ 12 φbarre long ,min
∆x ≤ 250 mm
Per questo motivo, nella sezione “2”, deve essere presente una quantità di armatura
che non è direttamente in relazione al momento M2 della sezione “2”, bensì a quanto
accade nella sezione “1” (che ha momento M1 > M2). Per tenere in conto di tale fenomeno
in fase di progettazione, è comodo traslare il diagramma del momento flettente di una
quantità pari a a, per tenere in conto di questo fenomeno e, conseguentemente, progettare
l’armatura della sezione “2” con il momento delle sezione “1”.
"2" "1"
Rc
V z = 0.9d
Rs
V a =z cot θ.
M2
M1
Figura 6.16. Forze agenti su una porzione di trave in c.a. fessurata a taglio.
7 LA PROGETTAZIONE E LA VERIFICA DI
TRAVI E PILASTRI IN C.A.
7.1 INTRODUZIONE
accidentale: Banca
Categoria C1
pavimento
sottofondo/caldana: 3 cm
4,2
Figura 1
intonaco: 1 cm
5,3
Trave in altezza
H=?
Figura 2
3,5 4,6 30
Figura 7.1..Pianta dell’edificio con indicato lo schema statico ed i carichi sul solaio
SVOLGIMENTO:
Si effettua in primo luogo l’analisi dei carichi, per ottenere il carico di progetto con
cui calcare le sollecitazioni (Momento e Taglio). Si effettua quindi il dimensionamento
della sezione; successivamente si calcolano le armature per flessione in due sezioni
significative (massimo momento positivo e massimo momento negativo) e si effettua la
verifica a taglio.
La stima del peso proprio della trave è stata effettuata considerando una trave 30x50
e considerando il peso specifico del calcestruzzo γ = 25.00 kN/m3:
peso proprio trave = 0.30⋅0.50⋅25.00 = 3.75 kN/m
Si noti che, ovviamente, il peso proprio della trave è espresso come carico a metro
lineare (e non a metro quadrato).
i i 5 .3 4 .2
qd = Qd ⋅ 1 + 2 = 12.85 ⋅ + = 61.0 kN/m
2 2 2 2
A questo carico va infine sommato anche il (presunto) peso proprio della trave:
qd = 61.0 + 3.75 ≅ 65 kN/ m
3EI
− qd l2
2
qd l2 2 qd l12 l2 = 141 kNm
M = − − 3EI
Ed
8 8 8 + 3 EI
l1 l2
− 2
+ M Ed q l
M Ed ,1 = − d 1 = 30 kNm
2 8
− 2
+ M Ed q l
M Ed ,2 = − d 2 = 102 kNm
2 8
−
qd l1 M Ed
VEd ,1 = − = 74 kN
2 l1
−
qd l1 M Ed
VEd , 2 = + = 154 kN
2 l1
−
q d l2 M Ed
VEd ,3 = + = 180 kN
2 l2
−
qd l2 M Ed
VEd , 4 = − = 119
2 l2
Figura 7.2.. Diagramma del Momento e del Taglio per la trave oggetto di progettazione
M Sd 141 ⋅ 10 6
d= = = 388 mm
µbf cd 0.22 ⋅ 300 ⋅ 14.2
[nota: per uniformità con le unità di misura, occorre mettere il momento in (Nmm)].
Supponendo un copriferro di 40 mm sia per l’armatura tesa che per quella
compressa, l’altezza complessiva della sezione risulta pari a:
H = 388 + 40 = 428 mm.
Si adotta quindi una trave in altezza 30x45 con altezza H pari a 450 mm e altezza
utile pari d a 410 mm
30
4
45
37
4
Essendo il momento negativo, le fibre tese sono quelle superiori e quelle compresse
quelle inferiori (si veda la figura 7.4). Pertanto, volendo essere coerenti con la notazione
utilizzata fino ad ora, occorre indicare con As l’armatura tesa e quindi quella posta al
lembo superiore, mentre si indicherà con A' s l’area di armatura inferiore, in quanto
compressa.
As
41
45
4
A's
30
M Rd 141 ⋅ 106
µ= = =0.197
bd 2 f cd 300 ⋅ 4102 ⋅ 14.2
Occorre scegliere il valore del rapporto β tra l’area di armatura compressa rispetto a
quella tesa.
Per travi in spessore di solaio (si veda nel seguito) è necessario introdurre una
quantità significativa di armatura compressa per limitare le dimensioni della base b della
trave, potendo così potenzialmente raggiungere una elevata risultante delle compressioni
anche senza una eccessiva base b della trave. Questo rapporto β è quindi
significativamente alto, con valori tipici pari a β = 0.8÷1.0.
Per le travi in altezza, come quella oggetto di progettazione, non è necessario avere
percentuali significative di armatura compressa; sfruttando a pieno l’altezza della trave si
possono ottenere momenti flettenti resistenti significativi anche con risultanti delle
compressioni più ridotte (grazie al fatto che aumenta il braccio delle coppia interna).
Normalmente tale rapporto è scelto nel range β = 0.2÷0.5. Nel caso in esame si sceglie
quindi il rapporto β pari a 0.20.
È possibile quindi ricavare la percentuale meccanica di armatura ρ M dalla formula
(4.24):
ρM =
1
(1 − βξ') − (1 − βξ')2 − 2µ(1 − β)2 =
(1 − β)2
=
1 (1 − 0.2 ⋅ 0.1) − (1 − 0.2 ⋅ 0.1)2 − 2 ⋅ 0.197 ⋅ (1 − 0.2 )2 = 0.217
(1 − 0.2)2
d ' 40
dove ξ' = = ≅ 0.1
d 410
Dalla definizione di ρ M (equazione 4.9) si ricava l’armatura tesa minima necessaria:
As
ρG =
bd
Di conseguenza si ricava che:
1.4 1.4 A 1 .4
= ≤ ρG = s As ,min = bd = 0.3%bd = 0.3% ⋅ 300 ⋅ 410 = 370 mm 2
f yk 450 bd 450
Si dispongono i reggistaffa (2 inferiormente e 2 superiormente) su tutta la lunghezza
della trave in modo tale da soddisfare la richiesta di armatura minima presente in
normativa. L’area dei reggi staffa deve essere quindi maggiore di 3.70 cm2. Si sceglie di
porre 2φ16 inferiormente e 2φ16 superiormente, con area di:
Areggist. (2φ16) = 4.02 cm 2 (402 mm 2 )
Per quanto calcolato, sono però necessari, in zona tesa, almeno 9.70 cm2. Si deve
aggiungere una armatura integrativa con area almeno pari a:
Aagg. = 9.70 – 4.02 = 5.68 cm 2 (568 mm 2 )
Si dispongono in aggiunta 2φ20, che hanno area:
Aagg. (2φ20) = 6.28 cm 2 (628 mm 2 )
In definitiva, l’armatura tesa è formata da 2φ16 + 2φ20, con area complessiva pari a:
As = Areggist + Aagg = A(2φ16 + 2φ20) = 402 + 628 = 1030 mm 2
che è maggiore di quanto richiesto, ovvero di 970 mm2.
L’armatura compressa è nota avendo fissato β:
Dato che l’area dei reggistaffa è già maggiore di quanto richiesto, non occorre
aggiungere armatura.
La sezione vede quindi 2φ16 al lembo inferiore (armatura compressa) e 2φ16 + 2φ20
al lembo superiore (armatura tesa). Uno schema della sezione ottenuta è riportata in Figura
7.5
2Ø20
As 2Ø16
41
41
45
45
2Ø16
7,1
4
4
A's
30 30
Figura 7.5.. Sezione con indicazione dell’armatura tesa e compressa ottenute dal dimensionamento
As f yd 1030 ⋅ 391
ρ M ,eff = = = 0.230
bdf cd 300 ⋅ 410 ⋅14.2
d ' 40
ξ' = = = 0.10
d 410
Supponendo che sia l’armatura tesa che quella compressa siano snervate, si calcola la
posizione dell’asse neutro adimensionale:
x − d' ξ − ξ'
ε ' s = 3 .5 ‰ oppure ε ' s = 3 .5 ‰
x ξ
da cui si ricava:
ε s = 16.7‰ , ε's = 2.71‰
Essendo entrambe le deformazioni superiori all’ 1.96 ‰, entrambe le armature sono
snervate e quindi le ipotesi fatte sono corrette. Si può quindi calcolare il momento flettente
resistente in forma adimensionale:
M rd = µbd 2 f cd = 0.211 ⋅ 300 ⋅ 410 2 ⋅ 14.2 = 152 ⋅ 106 Nmm = 152 kNm
Oppure direttamente in forma dimensionale:
M rd = As f yd (d − 0.4 x ) + A's f yd (0.4 x − d ') =
1030 ⋅ 391 ⋅ (410 − 0.4 ⋅ 71) + 402 ⋅ 391 ⋅ (0.4 ⋅ 71 − 40) = 152 ⋅ 106 Nmm = 152 kNm
Essendo
M rd = 152 kNm > M Ed = 141 kNm
la verifica è soddisfatta.
30
A's
4
45
41
As
M Rd 102 ⋅ 10 6
µ= = =0.142
bd 2 f cd 300 ⋅ 410 2 ⋅ 14.2
Si sceglie il rapporto β pari a 0.40
[NOTA 1: si noti che con l’armatura minima si era già ottenuto un β effettivo =0.40. Dato
che il momento positivo ha valore assoluto inferiore di quello negativo, certamente
l’armatura tesa risulterà minore; di conseguenza, a parità di armatura compressa, il
coefficiente β tende ad essere maggiore di quanto effettivamente trovato precedentemente
(β=0.40). Non è noto “quanto maggiore”, ma non ha senso porre β minore di 0.40].
È possibile quindi ricavare la percentuale meccanica di armatura ρ M dalla (4.24):
ρM =
1
(1 − βξ') − (1 − βξ')2 − 2µ(1 − β)2 =
(1 − β)2
=
1 (1 − 0.4 ⋅ 0.1) − (1 − 0.4 ⋅ 0.1)2 − 2 ⋅ 0.142 ⋅ (1 − 0.4 )2 = 0.152
(1 − 0.4) 2
d ' 40
dove ξ' = = ≅ 0.1
d 410
Dalla definizione di ρ M (equazione 4.9) si ricava l’armatura tesa minima necessaria:
Si era sceglielto di porre 2φ16 inferiormente e 2φ16 superiormente, con area di:
Areggist. (2φ16) = 4.02 cm 2 (402 mm 2 )
Per quanto calcolato, sono necessari, in zona tesa, almeno 6.80 cm2. Si deve
aggiungere una armatura integrativa con area almeno pari a:
Aagg. = 6.80 – 4.02 = 2.78 cm 2 (278 mm 2 )
Si dispongono in aggiunta 2φ16, che hanno area:
Aagg. (2φ16) = 4.02 cm 2 (402 mm 2 )
In definitiva, l’armatura tesa è formata da 4φ16 con area complessiva pari a:
As = Areggist + Aagg = A(2φ16 + 2φ16) = 804 mm 2
(maggiore di quanto richiesto, ovvero di 680 mm2).
L’armatura compressa è nota avendo fissato β:
A's = β As = 0.40⋅804 = 322 mm 2
Dato che l’area dei reggistaffa è già maggiore di quanto richiesto (come ci si
aspettava, si deva la nota 1), non occorre aggiungere armatura.
La sezione vede quindi 2φ16 al lembo superiore (armatura compressa) e 4φ16 al
lembo inferiore (armatura tesa). La sezione ottenuta è riportata nella Figura 7.7
30 30
A's
4
2Ø16
45
45
41
41
As 4Ø16
Figura 7.7.. Sezione con indicazione dell’armatura tesa e compressa ottenute dal dimensionamento
A's A(2φ16)
βeff = = = 0.50
As A(4φ16)
As f yd 804 ⋅ 391
ρ M ,eff = = = 0.178
bdf cd 300 ⋅ 410 ⋅ 14.2
d ' 40
ξ' = = = 0.10
d 410
Supponendo che sia l’armatura tesa che quella compressa siano snervate, si calcola la
posizione dell’asse neutro adimensionale:
x − d' ξ − ξ'
ε ' s = 3 .5 ‰ oppure ε ' s = 3 .5 ‰
x ξ
da cui si ricava:
ε s = 27‰ , ε' s < 1‰
La deformazione dell’armatura compressa è minore dell’ 1‰ e quindi decisamente
inferiore della deformazione di snervamento pari all’ 1.96 ‰. Quando la posizione
dell’asse neutro è così alta (valori di ξ < 0.12÷0.14) e/o le armature compresse sono NON
snervate (nota: accade anche quando β = 0.8÷1.0), è possibile approssimare il braccio della
coppia interna a 0.9 volte d, effettuando la verifica come segue:
0.18
VRd 1 =
1/ 3
[
k (100ρ G f ck ) + 0.15σ cp bd = ν + 0.15σ cp bd ]
γC
nella quale:
200
k = 1+
d
As
ρG =
bd
La quantità ν, presente dentro la parentesi quadra deve, per normativa essere
superiore a:
v min = 0.035k 3 / 2 f ck
1/ 2
200 200
k = 1+ =1 + = 1.7
d 410
As 402
ρG = = = 0.33%
bd 300 ⋅ 410
γC 1 .5
Nelle zone in cui VEd ≤ VRd 1 , è sufficiente disporre l’armatura minima. Questa deve
soddisfare le seguenti condizioni:
Asw ≥ 1.5b mm 2 /m
∆x ≤ 0.8d
almeno 3 staffe al metro
Se si sceglie di utilizzare staffe φ8 a due braccia (tipico per le travi in altezza), l’area
Asw di ogni staffa è data da:
ovvero moltiplicando l’area di ogni singolo braccio per in numero delle braccia. Nel caso
in esame, per staffe φ8 a due braccia Asw è data da:
Asw = 2 ⋅ 50 = 100 mm 2
La prima relazione impone che siano presenti almeno 450 mm2 per ogni metro di
lunghezza:
∆x ≤ 220mm
∆x ≤ 328mm
∆x ≤ 330mm
La staffatura minima da porsi sarà quindi di st φ8 / 20
Nelle zone in cui V Ed > V Rd 1 , è necessario valutare una specifica armatura a
taglio. Si valuta la sezione più gravosa, a cui corrisponde un taglio sollecitante V Ed = 180
kN.
0 .9 d
V Rsd = Asw f ydw cot ϑ
∆x
Il passo massimo di staffe è ottenuto imponendo VRsd = VEd
0 .9 d 0.9 ⋅ 410
∆x = Asw f ydw cot ϑ = 2 ⋅ 50 ⋅ 391 2.5 = 199 mm
V Ed 180 ⋅ 10 3
Si adotta quindi un passo di 150 mm (15 cm), ottenendo st φ8 / 15 . Questa armatura
la si pone in tutte le zone in cui V Ed > V Rd 1
[ NOTA “2” Per dovere di precisione, vale la pena di sottolineare quanto segue. Si
potrebbe calcolare, prima di qualsiasi altra cosa, qual è la staffatura minima imposta dalla
normativa. Con questo valore è possibile ottenere qual è il taglio massimo sopportabile con
queste staffe, che è pari a:
V Rd = min (V Rcd , V Rsd )
Ovviamente questo valore risulta maggiore di V Rd 1 , in quanto risente del beneficio dovuto
dalla presenza delle staffe. Il nelle zone in cui il taglio sollecitante eccede questo V Rd si
calcola il nuovo passo delle staffe. Nel problema oggetto della progettazione, risulterebbe
V Rd ≅ 178 kN. Di conseguenza, solo in una piccola parte di trave è assolutamente
necessario porre staffe st φ8 / 15 mentre nella restante è sufficiente porre st φ8 / 20 ]
M Sd 141 ⋅ 10 6
b= = = 820 mm
µd 2 f cd 0.22 ⋅ 220 2 ⋅ 14.2
Si adotta quindi una trave in spessore 85x25
3
25
19
3
85
As
22
25
3
A's
85
M Rd 141 ⋅ 10 6
µ= = =0.241
bd 2 f cd 850 ⋅ 220 2 ⋅ 14.2
Occorre definire il valore del rapporto β tra l’area di armatura compressa rispetto a
quella tesa.
Per travi in spessore di solaio i valori tipici sono pari a β = 0.8÷1.0. Nel caso in
esame si sceglie quindi il rapporto β =1.0.
Non è possibile ricavare la percentuale meccanica di armatura ρ M dalla (4.24):
ρM =
1
(1 − βξ') − (1 − βξ')2 − 2µ(1 − β)2
(1 − β)2
M Rd 141 ⋅ 10 6
As = = = 1821 mm 2
f yd 0.9d 391 ⋅ 0.9 ⋅ 220
Con una relazione più accurata sarebbe risultato 1830 mm2. Il minimo di armatura
longitudinale per le travi è imposta nell’NTC2008 pari a:
1.4
≤ ρG
f yk
As
ρG =
bd
Di conseguenza si ricava che:
1.4 1.4 A 1 .4
= ≤ ρG = s As , min = bd = 0.3%bd = 0.3% ⋅ 850 ⋅ 220 = 561 mm 2
f yk 450 bd 450
Quindi si dispongono i reggistaffa (4 inferiormente e 4 superiormente) in modo tale
che abbiano un’area maggiore di 5.61 cm2. Si sceglie di porre 4φ14 inferiormente e 4φ14
superiormente, corrispondente ad un’area di:
A reggist. (2φ14) = 6.16 cm 2 (616 mm 2 )
Per quanto calcolato, sono però necessari, in zona tesa, almeno 18.21 cm2. Si deve
quindi aggiungere una armatura integrativa con area almeno pari a:
5Ø20
As 4Ø14
22
22
25
25
3
A's 4Ø14
85 5Ø20
85
Figura 7.10.. Sezione con indicazione dell’armatura tesa e compressa ottenute dal dimensionamento
M Rd 102 ⋅ 10 6
As = = = 1318 mm 2
f yd 0.9d 391 ⋅ 0.9 ⋅ 220
85
85
3Ø20
A's 4Ø14
3
3
25
25
22
22
As 4Ø14
3Ø20
Figura 7.11.. Interpretazione dell’indice di affidabilità nel piano delle variabili gaussiane standardizzate
Dato che:
M rd = 120 kNm > M Ed = 102 kNm
la verifica è soddisfatta.
Asw ≥ 1.5b mm 2 /m
∆x ≤ 0.8d
almeno 3 staffe al metro
Se si sceglie di utilizzare staffe φ8 a quattro braccia (tipico per le travi in spessore
con base pari o superiore a 60 cm), l’area Asw di ogni staffa è data da:
Ovvero moltiplicando l’area di ogni singolo braccio per il numero delle braccia. Nel
caso in esame, per staffe φ8 a 4 braccia Asw è data da:
Asw = 4 ⋅ 50 = 200 mm 2
La prima relazione impone che siano presenti almeno 450 mm2 per ogni metro di
lunghezza:
∆x ≤= 330 mm
Globalmente le condizioni impongono:
∆x ≤ 150mm
∆x ≤ 170mm
∆x ≤ 330mm
La staffatura minima da porsi sarà quindi di st φ8 (4braccia ) / 15 .
Non è corretto per travi di base così importanti utilizzare staffe a 2 braccia. Se si
vuole però vedere che cosa sarebbe accaduto con staffe a due braccia, sarebbe sufficiente
sostituire ad Asw il valore di 100 mm2. Si otterrebbe, dalla prima relazione, un passo
massimo di 75 mm, molto piccolo ed al limite della capacità di messa in opera (il minimo
in assoluto è considerato 50 mm, ma per brevi tratti di trave).
Si valuta quindi la resistenza a taglio della trave pensando di disporre solo l’armatura
minima. Si verifica la capacità resistente dei puntoni di calcestruzzo inclinati dell’angolo
ϑ:
150
550
500
q a = 2.00· i = 2.00· 0.52 = 1.04 KN/m fattorizzazione→ q a,d = 1.04· 1.5 = 1.56 KN/m
Per quanto riguarda i carichi variabili nella zona “balcone”:
q a = 4.00· i = 4.00· 0.52 = 2.08 KN/m fattorizzazione → q a,d = 2.08· 1.5 = 3.12 KN/m
Figura 7.14.. Inviluppo del diagramma dei momenti flettenti espresso in kNm
M Rd 13.71 ⋅10 6
µ= = =0.038
bd 2 f cd 520 ⋅ 220 2 ⋅14.2
È possibile quindi ricavare la percentuale meccanica di armatura ρ M dalla formula:
ρM =
1
(1 − βξ') − (1 − βξ')2 − 2µ(1 − β)2 =
(1 − β)2
Figura 7.15.. Travetto di solaio: sezione resistente (a) a momento positivo e (b) a momento negativo.
M Rd 16.62 ⋅ 10 6
µ= = =0.202
bd 2 f cd 120 ⋅ 220 2 ⋅ 14.2
Si sceglie β=0.8 e si ricava la percentuale meccanica di armatura ρ M dalla formula:
ρM =
1
(1 − βξ') − (1 − βξ')2 − 2µ(1 − β)2 =
(1 − β)2
=
1 (1 − 0.8 ⋅ 0.13) − (1 − 0.8 ⋅ 0.13)2 − 2 ⋅ 0.202 ⋅ 0.2 2 =0.227
0 .2 2
d ' 30
dove ξ ' = = ≅ 0.13
d 220
Il coefficiente β vale:
β eff = 0/3.04 = 0.00
Si calcola la posizione dell’asse neutro adimensionale:
M rd = µbd 2 f cd = 0.053 ⋅ 520 ⋅ 220 2 ⋅ 14.2 = 18.9 ⋅ 106 Nmm = 18.9 kNm
Essendo:
Essendo:
0.18
VRd 1 =
1/ 3
[
k (100ρ G f ck ) + 0.15σ cp bd = ν + 0.15σ cp bd ]
γC
nella quale:
200
k = 1+
d
As
ρG =
bd
La quantità ν, presente dentro la parentesi quadra deve, per normativa essere
superiore a:
v min = 0.035k 3 / 2 f ck
1/ 2
14.400
10.889
-8.223
-10.269
-13.780
200 200
k = 1+ =1 + = 1.83
d 220
As 308
ρG = = = 1.12%
bd 120 ⋅ 220
γC 1 .5
Essendo:
SVOLGIMENTO:
Non si effettua l’analisi dei carichi in quanto questi sono già dati; occorre però
fattorizzare i carichi, secondo la “combinazione fondamentale”, per ottenere il carico di
progetto per la verifica agli Stati Limite Ultimi:
Qd = ∑ γ G Gk + γ1QQ1k + ∑ γ iQQik
con γ G = 1.3 per i “permanenti di entità certa” , γ G = 1.5 per i “permanenti di entità
incerta” e γ Q = 1.5. Nel caso in esame, si ottiene:
300
120 170
i i 4 .1 4 .1
q d = Qd ⋅ 1 + 2 = 16.4 ⋅ + = 68.0 kN/m
2 2 2 2
A favore di sicurezza si considera: q d ≅ 70 kN/ m
N Ed (pilastro ) = q d l 2 + q d l1 = 203 kN
Le sollecitazioni sono riportate in Figura 7.18.
101
50
51
Figura 7.18.. Diagramma del momento sulle travi e sul pilastro (in kNm)
x − d'
σ ' s = f yd se ε ' s = 0.0035 E s ≥ ε yd
x
4. si valutano le tensioni e le relative risultanti ( Rc , R' s e R s );
H H H
0.8b x f cd − 0.4 x + A' s σ ' s − d ' + As σ s − c' = M Rd
2 2 2
7. si ottiene così un punto del dominio, di coordinate P = [ N Rd , M Rd ].
Ripetendo la procedura per diversi valori della posizione dell’asse neutro x si può
ottenere l’intero dominio.
Il calcolo viene effettuato per 5 deformazioni dell’acciaio teso, pari al:
- 10‰ e 5‰, (deformazioni per cui l’acciaio è sicuramente snervato – )
- 1.96‰ (deformazione di snervamento, apice del dominio)
- 1‰ (deformazioni per cui l’acciaio è sicuramente non snervato – )
- 0‰ (sezione interamente compressa)
- Il punto di massima resistenza a trazione
- Il punto di massima resistenza a compressione
Il risultato del procedimento è riportato nella seguente tabella.
Unendo i punti trovati nel piano cartesiano M-N si ottiene la spezzata che indica il
luogo di punti in cui la sezione è in condizione di crisi. Il dominio così ottenuto è riportato
in Figura 7.19.
100
90 Dominio
80 Sollecitazione
Momento Flettente [kNm]
70
60
50
40
30
20
10
0
-500 0 500 1000 1500 2000