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Regione Sardegna Provincia Sud Sardegna Comune di Carbonia

Coordinate: 39°09'56.5"N 8°27'04.3"E / 39.165700, 8.451200

DESCRIZIONE IMPIANTO
Realizzazione ed esercizio di un impianto fotovoltaico a terra
della potenza di 53,79 MWp e delle opere di connessione
Comune di Carbonia (SU),
via Pedemontana, snc.

Art.27 bis del d.Lgs 152/2006

COMMITTENTE PROGETTAZIONE

Via Orti 1/A - 37050 San Pietro di Morubio (VR) Via della Magliana, 422 - 00148 Roma
tel. + 39 0874 67618 - fax + 39 0874 1862021 tel. + 39 0874 67618 - fax + 39 0874 1862021
magsardegna@legalmail.it srpi@legalmail.it
P. Iva e C.F. 04711220238 P. Iva e C.F. 09682631008

LIVELLO DI PROGETTAZIONE: Progetto definitivo

NOME ELABORATO: STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE


CODICE ELABORATO: CAR_A.17.a.1
REV:
DATA: MAGGIO/2022

SCALA: NESSUNA

Ing. Giampaolo Monni

Dott. Agronomo Giorgio Falchi

FALCHI MONNI
GIORGIO GIAMPAOLO
12.07.2022 19.07.2022
15:25:48 17:11:25
1 GMT+01:00 GMT+00:00
Sommario
1. INTRODUZIONE 4
1.1 SOGGETTO PROPONENTE 4
1.2 MOTIVAZIONI DEL PROPONENTE 4
1.3 AREA DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO 5
2. SOCIETA’ PROPONENTE 9
2.1 QUADRO NORMATIVO 9
3 QUADRO PROGRAMMATICO 10
3.1 PIANIFICAZIONE ENERGETICA INTERNAZIONALE 10
3.2 PIANIFICAZIONE ENERGETICA EUROPEA 11
3.3 PIANIFICAZIONE ENERGETICA NAZIONALE 12
3.4 STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE 13
3.5 PIANIFICAZIONE ENERGETICA REGIONALE 14
3.5.1. Piano D’azione Regionale Per Le Energie Rinnovabili In Sardegna Documento Di Indirizzo Sulle Fonti
Energetiche Rinnovabili (PEARS) 14
3.5.2 Piano energetico ambientale regionale (PEARS) 14
3.6 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO 16
3.6.1 PIANIFICAZIONE REGIONALE 16
3.6.2 ASSETTO AMBIENTALE 18
3.6.3 ASSETTO STORICO CULTURALE 21
3.6.4 ASSETTO INSEDIATIVO 22
3.6.5 PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO 22
3.6.6 AREE SOTTOPOSTE A VINCOLO IDROGEOLOGICO AI SENSI DEL R.D. 3267/1923 25
3.6.7 PIANO DI STRALCIO DELLE FASCE FLUVIALI 26
3.6.8 PIANO TUTELA DELLE ACQUE 28
3.6.8 PIANO DI GESTIONE DEL DISTRETTO IDROGRAFICO 30
3.6.9 PIANO DI GESTIONE DEL RISCHIO ALLUVIONI 32
3.6.10 AREE PERCORSE DA INCENDI (D.G.R. 23.10.2001 n. 36/46 – artt. 3 e 10 L. 353/2000) 33
3.6.11 PIANO FORESTALE AMBIENTALE REGIONALE (PFAR) 34
3.6.12 PIANO REGIONALE DELLA QUALITA DELL’ARIA 45
3.6.13 PIANO URBANISTICO COMUNALE CARBONIA 47
3.6.14 AREE DI TUTELA E VINCOLI AMBIENTALI 53
3.6.15 VERIFICA POTENZIALI OSTACOLI E PERICOLI PER LA NAVIGAZIONE AEREA 55
3.6.16 CONCLUSIONI 56
4 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE 57
4.1 PREMESSA 57
4.2 UBICAZIONE DEL PROGETTO 57
4.3 DESCRIZIONE DEL CAMPO FOTOVOLTAICO 57
4.3.1 Generalità tecniche 57
4.3.1.1 Schema distribuzione stringhe 57
4.3.1.2 I moduli fotovoltaici 58
4.3.1.3 Inverter 58
4.3.1.4 Cabina di parallelo 58
4.3.1.5 Strutture di supporto moduli 58
4.3.1.6 Cavi 59
4.3.1.7 Recinzioni e cancelli 59
5 QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE 60
5.1 Inquadramento geografico 60
5.2 SUOLO E SOTTOSUOLO 63
5.2.1 Inquadramento Geologico Regionale 63
5.2.2 inquadramento geologico dell’area di studio 63
5.2.2.1 Successione Vulcanica Miocenica 64
5.2.2.2 Depositi Quaternari 67
5.3 AMBIENTE IDRICO 70
5.3.1 Idrografia superficiale 70
5.3.2 Idrogeologia 71
5.4 ATMOSFERA 72
5.5 VEGETAZIONE E FLORA 73
5.6 FAUNA 73
5.7 FATTORI SOCIO ECONOMICI (salute e sicurezza pubblica, popolazione, economia) 73
2
5.8 PAESAGGIO 73
6 ANALISI DEI POTENZIALI EFFETTI AMBIENTALI DELL’OPERA (ANALISI DEGLI IMPATTI) E POSSIBILI MISURE DI
MITIGAZIONE 74
6.1.1 Atmosfera 74
6.1.2 Durata e reversibilità dell'impatto in fase realizzativa 74
6.1.3 Mitigazione impatti sull’atmosfera in fase realizzativa 74
6.1.4 impatti in fase di esercizio 75
6.1.5. Misure di mitigazione dell'impatto in fase di esercizio 75
6.1.6 Mitigazione impatti sull’atmosfera in fase di dismissione 75
6.2 IMPATTI SULL’AMBIENTE IDRICO 75
6.2.1 Impatti in fase di esecuzione 75
6.2.2 Impatti in fase di esercizio 76
6.2.3 Azioni da intraprendere per mitigare i potenziali impatti 76
6.2.3.1 In fase di realizzazione dell’impianto 76
6.2.3.2 In fase di esercizio dell’impianto 76
6.3 IMPATTO SUL SUOLO E SOTTOSUOLO 77
6.3.1 impatti in fase di esecuzione 77
6.3.2 Impatti in Fase di Esercizio 78
6.3.3 Impatti in Fase di dismissione 78
6.3.4 Azioni da intraprendere per mitigare gli impatti 78
6.4 IMPATTO SUL PAESAGGIO 79
6.4.1 Componente visuale 79
6.4.2 Metodologie per la valutazione dell’impatto visivo 79
6.4.2 La visibilità dell’impianto (VI) 81
6.5 Impatti su flora e fauna 83
6.5.1 Durata e reversibilità dell’impatto 84
6.5.2 Misure di mitigazione dell’impatto su flora e fauna 85
6.6 Impatti su fattori socio – economici 85

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1 INTRODUZIONE.

Scopo del presente documento è la redazione dello Studio di Impatto Ambientale finalizzato all’ottenimento
dei permessi necessari alla costruzione ed esercizio di un impianto di produzione di energia rinnovabile da
fonte solare , in un’area industriale localizzata nel Comune di Carbonia, in Provincia del Sud Sardegna ,
collegato alla Rete Elettrica Nazionale mediante connessione con uno stallo a 150 kV in antenna su un
futuro ampliamento della Stazione Elettrica (SE) di Smistamento a 150 kV della RTN “Vaglio” ubicata
all’interno del Comune di Vaglio Basilicata(PZ), nel seguito definito il “Progetto”.
Il Progetto è compreso tra le tipologie di intervento riportate nell’Allegato II alla Parte Seconda, comma 2 del
D.lgs. n. 152 del 3/4/2006 e s.m.i, fattispecie aggiunta dall’art 31 comma 6 ,della legge 108.,“impianti
fotovoltaici per la produzione di energia elettrica con potenza complessiva superiore ai 10 MW” pertanto
rientra tra le categorie di opere da sottoporre alla procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale di
competenza nazionale (autorità competente Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare).

Complessivamente, il progetto “Impianto Fotovoltaico Carbonia” sarà caratterizzato da:

• Superficie Totale di impianto: 25,5ettari;


• Potenza Installabile: 53,812MW;
• Potenza massima in immissione sulla rete di distribuzione: 53,812 MW.

L’impianto sarà connesso alla rete elettrica di alta tensione, mediante la costruzione di una nuova
sottostazione tramite un cavidotto aereo (circa 10 km).
Nel presente Studio, dall’analisi combinata dello stato di fatto delle componenti ambientali e delle
caratteristiche progettuali, sono stati identificati e valutati gli impatti che la realizzazione, l’esercizio e la
dismissione dell’impianto possono avere sul territorio circostante ed in particolare la loro influenza sulle
diverse componenti ambientali, secondo la metodologia descritte nel presente elaborato.
Tale analisi è stata condotta principalmente sulla base della conoscenza del territorio e dei suoi caratteri
ambientali, consentendo di individuare le principali relazioni tra tipologia dell’opera e caratteristiche
ambientali.
Il presente Studio Preliminare Ambientale individua le matrici ambientali e socio-sanitarie - quali i fattori
antropici, naturalistici, climatici, paesaggistici, culturali - che caratterizzano il sito di progetto e più in generale
l’Area di Studio, e analizza il rapporto delle attività previste con le matrici stesse. Si ritiene che tale analisi
possa dimostrare che gli impatti generati dal progetto nelle sue diverse fasi di costruzione, esercizio e
dismissione sono non significativi, consentendo dunque l’esclusione del progetto dalla procedura di
Valutazione di Impatto Ambientale.

1.1 SOGGETTO PROPONENTE


La Società proponente è MAG Sardegna s.r.l., con sede legale in San Pietro di Morubio (VR), iscritta al
Registro delle Imprese di Verona il 17/04/2020, P. IVA 04711220238. La società ha, come oggetto sociale,
l’ideazione, la realizzazione e la gestione di impianti e di reti per la produzione e il trasporto di energia da
fonti rinnovabili e alternative.
MAG Sardegna s.r.l., è nata nel 2020 ha intenzione di realizzare e gestire alcuni impianti fotovoltaici
cercando di divenire una compagnia leader nel settore.
La società progetta, realizza e gestisce impianti a basso impatto visivo, dotati delle tecnologie più innovative
volte a zero impatto ambientale, nel pieno rispetto delle normative.
L’attuale focus ha come scopo lo sviluppo di progetti fotovoltaici in grid parity, nei settori civile, agricolo e
industriale.

1.2 MOTIVAZIONI DEL PROPONENTE


L’Unione Europea e i suoi Stati membri sono da tempo impegnati in un percorso finalizzato alla lotta ai
cambiamenti climatici attraverso l’adozione di politiche e misure comunitarie e nazionali volte a realizzare un
mercato energetico integrato, la sicurezza dell'approvvigionamento energetico, la sostenibilità del settore
energetico, promuovere lo sviluppo di energie rinnovabili per meglio allineare e integrare gli obiettivi in

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materia di cambiamenti climatici nel nuovo assetto del mercato e incentivare la ricerca, l’innovazione e la
competitività.
La Sardegna, grazie al Piano energetico ambientale (PEARS) approvato nel 2016, ha già adottato una
strategia energetica con una serie di interventi di breve periodo al 2020 e altri da attuare entro il 2030,
finalizzata ad una decisa riduzione delle emissioni climalteranti anche attraverso lo sviluppo delle fonti
rinnovabili.
Nel PEARS grande attenzione è rivolta alle rinnovabili, alla ricerca, all’efficientamento e alla riduzione di
emissioni di CO2 nell’attuale politica energetica regionale si è prefissata lo scopo di favorire ulteriormente
l’incremento della produzione dell’energia da fonti rinnovabili nell’isola.
La posizione geografica della Sardegna, così come evidenziato dal Piano Energetico Ambientale Regionale,
è particolarmente favorevole per lo sviluppo delle energie rinnovabili, in particolare per il livello di insolazione
che permette un rendimento ottimale del sistema fotovoltaico.
Il progetto proposto si inserisce quindi in un contesto ambientale e di programmazione energetica in cui il
settore del fotovoltaico rappresenta una delle principali forme di produzione di energia rinnovabile.
Inoltre, la localizzazione del progetto ai margini del Polo industriale di Portoscuso, coerentemente con
quanto indicato dal PEARS e dalle Linee Guida regionali, nonché dallo stesso Piano Paesaggistico
Regionale, consente la promozione di uno sviluppo sostenibile delle fonti rinnovabili in Sardegna,
garantendo la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio.
Per quanto riguarda l’impiego di personale operativo, in considerazione delle tempistiche previste dal
cronoprogramma degli interventi, si prevede l’impiego di circa 80-100 addetti ai lavori in funzione del tipo di
attività. Tale numero, tuttavia, potrà essere confermato solo in una fase successiva del Progetto.
Durante la fase di esercizio, data la natura del Progetto, si prevede un impiego limitato di personale
operativo in pianta stabile, supportato dal personale coinvolto nelle attività di manutenzione (ad esempio la
pulitura dei pannelli).

1.3 AREA DI RIFERIMENTO DEL PROGETTO


L’area del progetto è localizzata in un’area marginala ad utilizzo agroforestale nel territorio del Comune di
Carbonia a margine dell’area industriale di Portoscuso, confinante con la strada Pedemontana in provincia
del Sud Sardegna.
L’estensione totale dei terreni sui quali è prevista la localizzazione del progetto è pari a circa 53,10 ettari
censiti al NCT al Foglio 26 Mappali 33, 36, 39, 40, 45, 67, 526

. Foto di campo 1 – Agro del comune di Carbonia località Girili Su Giuncu

5
Figura 1 – Foto satellitare dell’area di intervento con perimetrazione dell’area di progetto

Figura 2 - Inquadramento del progetto su catastale


L’area di progetto è facilmente raggiungibile da una fitta rete stradale statale e provinciale:
SS 126 Carbonia - Iglesias; Strada Provinciale n. 2 (Sirai – Porto Scuso).

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Figura 3 – Viabilità di accesso alle aree in progetto (Fonte Google Earth)
I riferimenti per l’inquadramento delle aree di progetto sulla cartografia ufficiale della Regione Sardegna
sono riportati in Figura 4 e Figura 5 (Carta Tecnica Regionale IGM 1:25.000).

Figura 4 – Inquadramento dell’area di progetto su Carta Tecnica Regionale

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Figura 5 – Localizzazione delle aree di progetto su estratto carta IGM 1:25.000 (Fonte Regione
Sardegna)

Figura 6 – Inquadramento delle aree di progetto su CTR 10k (Fonte Regione Sardegna)

Il progetto si inserisce nel contesto periferico del “polo industriale di Portoscuso” ricadente nel comune di
Carbonia ed interessa un’area di circa 60 ettari, a ridosso del parco eolico Di Enel GRENPOWER su un’area
agricola marginale composto da 40 aereogeneratori con potenza superiore ai 2 MegaWatt.

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Figura 7 – Ortofoto dell’area di progetto all’interno del polo industriale di Portoscuso (Fonte Google
Earth)

2. SOCIETA’ PROPONENTE
La Società proponente è MAG Sardegna s.r.l., con sede legale in San Pietro di Morubio (VR), iscritta al
Registro delle Imprese di Verona il 17/04/2020, P. IVA 04711220238. La società ha, come oggetto sociale,
l’ideazione, la realizzazione e la gestione di impianti e di reti per la produzione e il trasporto di energia da
fonti rinnovabili e alternative.

MAG Sardegna s.r.l., è nata nel 2020 ha intenzione di realizzare e gestire alcuni impianti fotovoltaici
cercando di divenire una compagnia leader nel settore.

La società progetta, realizza e gestisce impianti a basso impatto visivo, dotati delle tecnologie più innovative
volte a zero impatto ambientale, nel pieno rispetto delle normative.

L’attuale focus, ha come scopo lo sviluppo di progetti fotovoltaici in grid parity, nei settori civile, agricolo e
industriale.

2.1 QUADRO NORMATIVO


Nel presente paragrafo si riporta l’elenco della normativa e dei provvedimenti di riferimento, organicamente
raggruppati per tipologia e campo d’azione, in materia di Valutazione d’Impatto Ambientale.
Normativa comunitaria
- Dir. 85/337/CEE del 27 giugno 1985
- Dir. 97/11/CE del 3/3/1997
- Dir. 2001/42/CE del 27 giugno 2001
- Dir. 2003/35/CE del 26 maggio 2003
- Nuova dir. 2011/92/UE del 17 febbraio 2012
9
- Nuova dir. 2014/52/UE del 16 aprile 2014

Normativa statale
- L. 8 luglio 1986, n. 349
- D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377
- D.P.C.M. 27 dicembre 1988
- (Art. 40) L. 22 febbraio 1994, n. 146
- L. 3 novembre 1994, n. 640
- D.P.R. 12 aprile 1996
- (Art. 71) D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112
- D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e ss.mm.ii

Normativa regionale
- D.G.R. 22 gennaio 2019 n.46
- L.R. del 14/12/98, n. 47

3 QUADRO PROGRAMMATICO
Il quadro di riferimento programmatico fornisce gli elementi conoscitivi sulle relazioni tra l'opera progettata e
gli atti di pianificazione e programmazione territoriale e settoriale, a livello comunitario, nazionale, regionale,
provinciale e comunale.

3.1 PIANIFICAZIONE ENERGETICA INTERNAZIONALE


Le preoccupazioni sul rischio ambientale e la necessità di uno sviluppo sostenibile globale sono condivise a
livello internazionale da lungo tempo.
L’UNEP – il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente - è la principale entità che stabilisce l’agenda per
lo sviluppo sostenibile globale, svolgendo il compito di autorevole tutore dell’ambiente.
Il WMO (Organizzazione Meteorologica Mondiale), è l’agenzia ONU per la cooperazione internazionale in
ambiti quali le previsioni meteorologiche, l’osservazione dei cambiamenti climatici e lo studio delle risorse
idriche.
Nel 1988 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha chiesto a UNEP e WMO di istituire il Gruppo
intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), composto da centinaia di esperti, al fine di esaminare i
dati e fornire prove scientifiche affidabili per i negoziati sul clima.
Con la “Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici” (UNFCCC – United Nations
Framework on Climate Change), firmata al Vertice della Terra del 1992 a Rio de Janeiro, gli Stati hanno
concordato di “stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera” per prevenire il pericoloso impatto
dell’attività umana sul sistema climatico.
Oggi 197 paesi sono parte del trattato. Ogni anno dal 1994, data in cui la Convenzione è entrata in vigore, si
tiene una “Conferenza delle Parti”, o COP, per discutere su come procedere.
La necessità di ridurre le emissioni climalteranti diventa un impegno di primaria importanza con il protocollo
di Kyoto, ratificato dall’UE nel 2002 con obiettivi vincolanti per gli Stati.
Nel novembre 2013 si è tenuta la diciannovesima Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle
Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. Tra i risultati ottenuti il lancio del cosiddetto Warsaw REDD+
Framework for Action, un pacchetto di 7 decisioni della Conferenza delle Parti (COP) che segna l’avvio del
meccanismo internazionale di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra da deforestazione e
degradazione forestale.
Nel dicembre 2015, dopo oltre due decenni di negoziati, i governi hanno adottato il primo accordo universale
per contrastare i cambiamenti climatici in occasione della 21esima Conferenza delle Parti (COP 21) della
Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) tenutasi a Parigi. L'accordo di
Parigi stabilisce la necessità del contenimento dell’aumento della temperatura media globale ben al di sotto
dei 2°C e il perseguimento degli sforzi di limitare l’aumento a 1.5°C rispetto ai livelli preindustriali.
Per conseguire tale obiettivo, le parti si propongono di stabilizzare quanto prima le emissioni di gas a effetto
serra a livello mondiale e di conseguire l'obiettivo di zero emissioni nette nella seconda metà del secolo.
Per la prima volta tutte le parti devono assumersi l’impegno di ridurre le emissioni di gas a effetto serra,
seguendo il principio «delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità», sulla base
delle rispettive situazioni e possibilità.
L’Italia ha firmato l’accordo ad aprile 2016 ed è entrato in vigore il 4 Novembre 2016.
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Dopo la conferenza di Parigi, le negoziazioni della COP24 a Katowice hanno definito il cosiddetto Paris
Agreement Work Programme (PAWP), con l’adozione di un regolamento attuativo (Rulebook) dell'Accordo di
Parigi: tra punti più rilevanti del rulebook approvato, le informazioni necessarie per la revisione dei Contributi
determinati a livello nazionale (NDC) e per la contabilizzazione degli impegni adottati, nonché l’insieme di
regole condivise per la trasparenza delle azioni e del supporto, che implementano l’articolo 13 dell’Accordo
di Parigi.
La costruzione di un sistema di reporting e monitoraggio comune a tutte le Parti, fondato sui principi di
Trasparenza, Accuratezza, Completezza, Coerenza e Comparabilità (TACCC), è il cuore del nuovo
pacchetto di regole, che permetterà all’Accordo di Parigi una piena implementazione, pur nel rispetto degli
NDC e delle rispettive capacità.
I punti fondamentali del nuovo sistema di “trasparenza” sono:
gli inventari nazionali delle emissioni di gas serra, strumento fondamentale per il monitoraggio delle
emissioni di tutti i Paesi e la verifica degli impegni di riduzione delle emissioni determinati nell’Accordo di
Parigi, garantendo che rispettino alcune caratteristiche tecniche e che siano trasmessi su base almeno
biennale da tutte le Parti;
il monitoraggio dell’implementazione e del raggiungimento degli NDC, da effettuarsi attraverso indicatori
quantitativi e/o qualitativi (come ad esempio le emissioni e gli assorbimenti gas serra, la percentuale di
riduzione dell’intensità carbonica, indicatori qualitativi per una specifica politica o misura di mitigazione, co-
benefits di azioni di adattamento, percentuale di uso di energia rinnovabile, ettari di riforestazione, ecc.)
la revisione tecnica dei report trasmessi da parte di esperti: finalizzata alla valutazione dell’effettiva
attuazione degli impegni intrapresi.
Il 2 dicembre 2019 si è aperta a Madrid la 25 esima Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul clima
COP25 alla quale hanno presenziato i rappresentanti di 196 paesi.
Obiettivo principale dell’edizione 2019 della COP25 era quello definire le regole per rendere operativo
l'Accordo di Parigi dal 2020 e nuovi accordi su come realizzare gli obiettivi climatici. Sostanzialmente non
sono stati raggiunti nuovi accordi, rinviati al 2020, ultimo anno utile per rendere operativi gli Accordi di Parigi
e prendere impegni vincolanti sui tagli alle emissioni in modo che il riscaldamento della Terra non superi gli
1,5 gradi in più rispetto all’era pre-industriale.

3.2 PIANIFICAZIONE ENERGETICA EUROPEA


L’Unione Europea e i suoi Stati membri si sono da sempre impegnati in un percorso finalizzato alla lotta ai
cambiamenti climatici attraverso l’adozione di politiche e misure comunitarie e nazionali volte a realizzare un
mercato energetico integrato, la sicurezza dell'approvvigionamento energetico, la sostenibilità del settore
energetico, la promozione dello sviluppo di energie rinnovabili per meglio allineare e integrare gli obiettivi in
materia di cambiamenti climatici nel nuovo assetto del mercato e incentivare la ricerca, l’innovazione e la
competitività.
L'articolo 191 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) infatti fa della lotta al cambiamento
climatico un obiettivo esplicito della politica dell'UE in materia di ambiente.
La Comunicazione della Commissione del 10 gennaio 2007 intitolata «Tabella di marcia per le energie
rinnovabili — Le energie rinnovabili nel 21° secolo: costruire un futuro più sostenibile» ha dimostrato che un
obiettivo del 20 % per la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili ed un obiettivo del 10 % per le
energie da fonti rinnovabili nei trasporti sarebbero obiettivi appropriati e raggiungibili e che un quadro che
preveda obiettivi obbligatori consentirebbe di creare la stabilità a lungo termine di cui le imprese hanno
bisogno per effettuare investimenti razionali e sostenibili nel settore delle energie rinnovabili che sono in
grado di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili di importazione e di incrementare l’utilizzo delle nuove
tecnologie energetiche. Detti obiettivi esistono già nel quadro del miglioramento del 20 % dell’efficienza
energetica entro il 2020, oggetto della comunicazione della Commissione del 19 ottobre 2006 dal titolo
«Piano d’azione per l’efficienza energetica: concretizzare le potenzialità», avallata dal Consiglio europeo nel
marzo 2007 e dal Parlamento europeo nella risoluzione del 31 gennaio 2008.
Nel marzo 2007, questi obiettivi sono confluiti nel Piano d’Azione del Consiglio Europeo (2007-2009) per la
creazione di una Politica Energetica per l’Europa. Il complesso degli obiettivi stabiliti per il 2020 da questo
Piano è riassunto nella sigla "20-20-20", che impegna entro il 2020 i paesi dell’Unione a ridurre del 20% le
loro emissioni di gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990, garantire il 20% di risparmio energetico e
aumentare al 20% l’energia prodotta da impianti che sfruttano le fonti rinnovabili.
Per raggiungere questi obiettivi, le istituzioni dell’UE hanno sviluppato due azioni parallele: la prima prevede
la creazione di un “mercato delle emissioni”, attraverso il quale è possibile scambiare, tra le aziende, quote
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di emissioni di gas ad effetto serra e la seconda prevede l’erogazione di fondi per favorire gli investimenti in
ricerca e sviluppo nel settore delle energie rinnovabili.
La Direttiva 2009/28/CE del 23/04/2009 sulla promozione delle energie rinnovabili risponde all’esigenza di
creare un quadro normativo completo, vincolante ed a lungo termine per lo sviluppo del settore delle
rinnovabili quali biomassa, energia eolica, idroelettrica e solare in Europa fissando, per ciascuno degli Stati
membri, un obiettivo generale obbligatorio relativo alla quota percentuale di energia da fonti rinnovabili da
raggiungere al 2020 rispetto ai consumi elettrici finali. Per l’Italia la quota è stata fissata pari al 17%.
L'attuale programma di interventi è determinato in base alla politica climatica ed energetica integrata globale
adottata dal Consiglio Europeo il 24 ottobre 2014, che prevede il raggiungimento dei seguenti obiettivi entro
il 2030:
• una riduzione pari almeno al 40 % delle emissioni di gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990;
• un aumento fino al 27 % della quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo energetico;
• un miglioramento dell'efficienza energetica mirato a raggiungere almeno il 30 %;
• l'interconnessione di almeno il 15 % dei sistemi elettrici dell'UE.
Il 30 novembre 2016 la Commissione ha presentato il pacchetto di proposte «Energia pulita per tutti gli
europei» (COM(2016)860), nell'ambito della più ampia strategia relativa all'Unione dell'energia (COM(2015)
0080).
Le proposte legislative del pacchetto riguardano l'efficienza energetica, le energie rinnovabili, l'assetto del
mercato dell'energia elettrica, la sicurezza dell'approvvigionamento elettrico e le norme sulla governance per
l'Unione dell'energia e intendono fornire un quadro di riferimento più appropriato per conseguire gli obiettivi
europei al 2030 che il Consiglio europeo ha fissato nell'ottobre 2014:
• ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 40% (rispetto ai livelli del 1990);
• raggiungere la quota del 27% di energia da fonti rinnovabili (dei consumi finali complessivi);
• aumentare l'efficienza energetica del 27% rispetto alle proiezioni di consumo basate sui criteri
vigenti.
La suddetta proposta è stata approvata in Aula il 17 gennaio 2018 insieme a un mandato per l'avvio di
negoziati interistituzionali. Il 20 giugno 2018 è stato raggiunto un accordo provvisorio, adottato ufficialmente
dal Parlamento il 13 novembre e dal Consiglio il 4 dicembre 2018 (Regolamento (UE) 2018/1999).
Il regolamento in questione sancisce l'obbligo, per ogni Stato membro, di presentare un «Piano Nazionale
Integrato per l'Energia e il Clima» entro il 31 dicembre 2019 e successivamente ogni dieci anni. Tali strategie
nazionali a lungo termine definiranno una visione politica per il 2050, garantendo che gli Stati membri
conseguano gli obiettivi dell'accordo di Parigi. Nei Piani Nazionali Integrati per l'Energia e il Clima
rientreranno obiettivi, contributi, politiche e misure nazionali per ciascuna delle cinque dimensioni dell'Unione
dell'energia: decarbonizzazione, efficienza energetica, sicurezza energetica, mercato interno dell'energia e
ricerca, innovazione e competitività.

3.3 PIANIFICAZIONE ENERGETICA NAZIONALE


Il principale documento di politica energetica nazionale, in cui sono definiti obiettivi e priorità della
pianificazione energetica, è costituito dal Piano Energetico Nazionale. L’ultimo aggiornamento è stato
approvato dal Consiglio dei Ministri nel 1988 e pertanto risulta un documento ormai datato visti i mutamenti
che da allora hanno interessato il quadro istituzionale e di mercato.
Il PEN, attuato con le leggi n. 9/1991 e n. 10/1991, ha costituito un impulso all’utilizzazione delle fonti di
energia rinnovabile, individuando i seguenti obiettivi della programmazione energetica:
- il risparmio dell’energia;
- la protezione dell’ambiente;
- lo sviluppo delle risorse nazionali e la riduzione della dipendenza energetica dalle fonti estere;
- la diversificazione geografica e politica delle aree di approvvigionamento.
In attuazione del PEN, la Legge N. 10 del 9 Gennaio 1991 (Norme per l'attuazione del Piano energetico
nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili
di energia) definisce al comma 3 dell’Art. 1 (Finalità e ambito di applicazione) “fonti rinnovabili di energia o
assimilate: il sole, il vento, l'energia idraulica, le risorse geotermiche” precisando al comma 4 che
“L'utilizzazione delle fonti di energia di cui al comma 3 è considerata di pubblico interesse e di pubblica utilità
e le opere relative sono equiparate alle opere dichiarate indifferibili e urgenti ai fini dell'applicazione delle
leggi sulle opere pubbliche”, concetto ampiamente ripreso e rafforzato dal D.Lgs. 387/2003 relativo alla
promozione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

12
3.4 STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE
La Strategia Energetica Nazionale (SEN) è stata introdotta nell'ordinamento nel 2008 quale strumento di
indirizzo e programmazione della politica energetica nazionale.
Con Decreto Ministeriale del 10/11/2017 del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero
dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare è stata adottata la Strategia Energetica Nazionale
2017, il piano decennale del Governo italiano per anticipare e gestire il cambiamento del sistema energetico.
La SEN 2017 si pone l’obiettivo di rendere il sistema energetico nazionale più:
• competitivo: migliorare la competitività del Paese, continuando a ridurre il gap di prezzo e di costo
dell’energia rispetto all’Europa, in un contesto di prezzi internazionali crescenti
• sostenibile: raggiungere in modo sostenibile gli obiettivi ambientali e di de-carbonizzazione definiti a livello
europeo, in linea con i futuri traguardi stabiliti nella COP21.
• sicuro: continuare a migliorare la sicurezza di approvvigionamento e la flessibilità dei sistemi e delle
infrastrutture energetiche, rafforzando l’indipendenza energetica dell’Italia. Fra i target quantitativi previsti
dalla SEN:
• efficienza energetica: riduzione dei consumi finali da 118 a 108 Mtep con un risparmio di circa 10 Mtep al
2030
• fonti rinnovabili: 28% di rinnovabili sui consumi complessivi al 2030 rispetto al 17,5% del 2015; in termini
settoriali, l’obiettivo si articola in una quota di rinnovabili sul consumo elettrico del 55% al 2030 rispetto al
33,5% del 2015; in una quota di rinnovabili sugli usi termici del 30% al 2030 rispetto al 19,2% del 2015; in
una quota di rinnovabili nei trasporti del 21% al 2030 rispetto al 6,4% del 2015
• riduzione del differenziale di prezzo dell’energia: contenere il gap di costo tra il gas italiano e quello del
nord Europa (nel 2016 pari a circa 2 €/MWh) e quello sui prezzi dell'elettricità rispetto alla media UE (pari
a circa 35 €/MWh nel 2015 per la famiglia media e al 25% in media per le imprese)
• cessazione della produzione di energia elettrica da carbone con un obiettivo di accelerazione al 2025, da
realizzare tramite un puntuale piano di interventi infrastrutturali
• razionalizzazione del downstream petrolifero con evoluzione verso le bioraffinerie e un uso crescente di
biocarburanti sostenibili e del GNL nei trasporti pesanti e marittimi al posto dei derivati dal petrolio
• verso la decarbonizzazione al 2050: rispetto al 1990, una diminuzione delle emissioni del 39% al 2030 e
del 63% al 2050
• raddoppiare gli investimenti in ricerca e sviluppo tecnologico clean energy: da 222 Milioni nel 2013 a 444
Milioni nel 2021
• promozione della mobilità sostenibile e dei servizi di mobilità condivisa
• nuovi investimenti sulle reti per maggiore flessibilità, adeguatezza e resilienza; maggiore integrazione con
l’Europa; diversificazione delle fonti e rotte di approvvigionamento gas e gestione più efficiente deflussi e
punte di domanda
• riduzione della dipendenza energetica dall’estero dal 76% del 2015 al 64% del 2030 (rapporto tra il saldo
import/export dell’energia primaria necessaria a coprire il fabbisogno e il consumo interno lordo), grazie alla
forte crescita delle rinnovabili e dell’efficienza energetica
Per il raggiungimento dei suddetti obiettivi, la SEN 2017 prevede azioni di semplificazione e
razionalizzazione della regolamentazione per garantire la realizzazione delle infrastrutture e degli impianti
necessari alla transizione energetica, senza tuttavia indebolire la normativa ambientale e di tutela del
paesaggio e del territorio.
In quest'ottica, la SEN 2017 costituisce la base programmatica e politica per la preparazione della proposta
di Piano integrato per l’energia e il clima (CEP) previsto dall’UE, che dovrà indicare gli obiettivi al 2030 e le
politiche e misure per le cinque “dimensioni dell’energia”: decarbonizzazione e rinnovabili, efficienza
energetica, sicurezza energetica, mercato interno, innovazione e competitività .

13
Tabella 1 Principali obiettivi su energie e clima dell'UE e dell’Italia dal 2020 al 2030

3.5 PIANIFICAZIONE ENERGETICA REGIONALE

3.5.1. Piano D’azione Regionale Per Le Energie Rinnovabili In Sardegna Documento Di Indirizzo Sulle
Fonti Energetiche Rinnovabili (PEARS)
La Giunta Regionale con D.G.R. n. 12/21 del 20/03/2012 ha approvato il "Piano d'azione regionale per le
energie rinnovabili in Sardegna. Documento di indirizzo sulle fonti energetiche rinnovabili", definendo
l’insieme delle azioni considerate realizzabili nei tempi indicati dal Piano di Azione Nazionale sulle Fonti
Energetiche Rinnovabili PAN-FER) per il raggiungimento nella Regione Sardegna di obiettivi perseguibili di
produzione e uso locale di energia da fonti rinnovabili.
Tale documento rappresenta il primo nucleo del nuovo Piano Energetico Ambientale Regionale per
rispondere agli obblighi di cui al Decreto Ministeriale 15 marzo 2012 relativi al “burden sharing” pubblicato in
G.U. n. 78 del 2 aprile 2012 “Definizione e qualificazione degli obiettivi regionali in materia di fonti rinnovabili
e definizione della modalità di gestione dei casi di mancato raggiungimento degli obiettivi da parte delle
Regioni e delle province autonome”.
Tale decreto ripartisce tra le regioni l’obiettivo comunitario del 20% di consumo di rinnovabili sui consumi
energetici stimati da conseguirsi al 2020 ed assegna alla Sardegna un obiettivo target del 17,8% di consumo
da rinnovabili termiche ed elettriche sul consumo energetico complessivo, considerata una percentuale del
3,8% all’anno iniziale di riferimento (2011).

3.5.2 Piano energetico ambientale regionale (PEARS)


Il Piano Energetico Ambientale Regionale è il provvedimento di pianificazione strategica che contiene gli
orientamenti, gli scenari e le scelte operative in materia di energia che l’Amministrazione regionale mira a
realizzare in un arco temporale di medio e lungo periodo in sinergia con le linee guida o le competenze
nazionali o comunitarie e funge da strumento sovraordinato di coordinamento delle azioni degli enti locali.
Approvato con Delibera di Giunta 45/40 del 2 agosto 2016, il PEARS concorre al raggiungimento degli
impegni nazionali e comunitari in tema di risparmio ed efficientamento energetico sulla base del burden
sharing stabilito dal D.M. 25 marzo 2012; come riportato nella tabella seguente, la Sardegna dovrà

14
raggiungere nel 2020 una percentuale di consumi finali lordi soddisfatti da fonti energetiche rinnovabili pari al
17,8%.
Tabella 3 - Obiettivi intermedi e finali per la Sardegna nell’ambito del Burden Sharing (Fonte PEARS)

ANNO INIZIALE DI 2012 2014 2016 2018 2020


RIFERIMENTO 2005
3,8 % 8,4 % 10,4 % 12,5 % 14,9 % 17,8%

Per gli obiettivi futuri, il PEARS mira a raggiungere entro il 2030 una soglia di riduzione delle emissioni
climalteranti del 50% sul consumo finale di energia, ben al di là degli obiettivi indicati dalla Comunità
europea (40%).
Gli obiettivi generali del PEARS sono:
• Trasformazione del sistema energetico sardo verso una configurazione integrata e intelligente
(Sardiniansmart energy system): utilizzare efficientemente le risorse energetiche rinnovabili già disponibili e
programmare le nuove con l’obiettivo di incrementarne l’utilizzo locale; gestione dell’energia più flessibile ed
adattabile alle esigenze dell’utente attraverso reti integrate e intelligenti (smart grid).
• Sicurezza energetica: garantire la continuità della fornitura delle risorse energetiche nelle forme, nei tempi
e nelle quantità necessarie allo sviluppo delle attività economiche e sociali del territorio a condizioni
economiche che consentano di rendere le attività produttive sviluppate nella Regione Sardegna competitive
a livello nazionale e internazionale.
• Aumento dell’efficienza e del risparmio energetico: miglioramento degli indicatori energetici insieme al
miglioramento degli indicatori di benessere sociale ed economico. Pertanto, sviluppo, pianificazione e
attuazione di una transizione verso un modello economico e produttivo regionale caratterizzato da una
intensità energetica inferiore alla media nazionale.
• Promozione della ricerca e della partecipazione attiva in campo energetico: promuovere la realizzazione
di piattaforme sperimentali ad alto contenuto tecnologico in cui far convergere sinergicamente le attività N di
ricerca pubblica e gli interessi privati per promuovere attività di sviluppo di prodotti e sistemi innovativi ad alto
valore aggiunto nel settore energetico.
Nel primo rapporto di monitoraggio del PEARS 2015-2030 pubblicato a gennaio 2019, relativo alla verifica
dello stato di attuazione del Piano e del raggiungimento degli obiettivi prefissati, come obiettivo strategico di
sintesi per l’anno 2030 viene indicata 2 la riduzione delle emissioni di CO2 associate ai consumi della
Sardegna del 50%rispetto ai valori del 1990.
Per il conseguimento di tale obiettivo strategico, sono stati identificati i seguenti obiettivi generali:
• Trasformazione del sistema energetico sardo verso una configurazione integrata e intelligente;
• Sicurezza energetica;
• Aumento dell’efficienza e del risparmio energetico;
• Promozione della ricerca e della partecipazione attiva in campo energetico;
• Aumento della flessibilità del sistema energetico elettrico;
• e, per quanto riguarda gli obiettivi di sostenibilità energetica, vengono individuati i seguenti:
• Ridurre le emissioni di gas climalteranti nell’atmosfera;
• Promuovere il risparmio e l’efficienza energetica;
• Promuovere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili;
• Promuovere un uso sostenibile della risorsa idrica;
• Limitare la desertificazione ed il consumo di suolo;
• Promuovere la tutela della biodiversità e della funzionalità dei sistemi ecologici;
• Assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e favorirne la pubblica fruizione e la
valorizzazione;
• Contenere la produzione di rifiuti da destinare allo smaltimento promuovendo il recupero, il riciclaggio e il
riutilizzo;
• Proteggere e mitigare gli effetti dei campi elettromagnetici;
• Ridurre le emissioni di gas inquinanti nell’atmosfera;
• Preservare la qualità del suolo e sottosuolo;
• Preservare la qualità delle acque superficiali e sotterranee;
• Proteggere il territorio e la popolazione dalla pericolosità e dai rischi idrogeologici;
• Promuovere la mobilità sostenibile;

15
• Ridurre l’esposizione della popolazione al rumore;
• Promuovere la ricerca e l’innovazione in campo energetico-ambientale
Rispetto all’Obiettivo strategico di sintesi per l’anno 2030, che prevede la riduzione delle emissioni di CO2
associate ai consumi della Sardegna del 50% rispetto ai valori del 1990, i dati al 2017 riportano che le
emissioni sono calate del 25% circa rispetto al 1990 (nel 2013 la riduzione era del 16%), pertanto viene
ritenuto che, mantenendo il ritmo di riduzione, l’Obiettivo sia raggiungibile entro il 2030.
In merito all’obiettivo di “Trasformazione del sistema energetico sardo verso una configurazione integrata e
intelligente (Sardinian Smart Energy System)” risulta avanzato, in quanto sono numerose le iniziative messe
in campo rispetto all’integrazione dei sistemi energetici elettrici, termici e soprattutto della mobilità e lo
sviluppo e integrazione delle tecnologie di accumulo energetico.
Relativamente alla “Sicurezza energetica”, l’obiettivo appare un po’ meno avanzato, in particolare rispetto
alle azioni relative alla metanizzazione della Regione Sardegna e più in generale relativamente alla gestione
della transizione energetica delle fonti fossili, che appaiono in parte ancora da avviare. Al contrario le attività
di aumento della flessibilità del sistema energetico elettrico e di promozione della generazione distribuita da
fonte rinnovabile destinata all’autoconsumo appaiono decisamente avanzate.
L’obiettivo “Aumento dell’efficienza e del risparmio energetico” risulta avanzato per gli aspetti di sviluppo di
reti integrate e intelligenti nel settore elettrico, in particolare nei trasporti, mentre appare più indietro in
particolare nell’attivazione di azioni per l’efficientamento energetico nel settore elettrico e termico.
Per quanto riguarda la “Promozione della ricerca e della partecipazione attiva in campo energetico”,
l’obiettivo appare decisamente avanzato, in quanto sono numerose le attività di promozione della ricerca e
dell’innovazione in campo energetico e di monitoraggio e comunicazione. A rilento invece procedono alcune
azioni di governante e concertazione con alcuni attori importanti sul tema energia.
Per quanto riguarda la valutazione degli obiettivi di sostenibilità, dalla valutazione emerge che il PEARS è
progredito molto per quanto riguarda gli aspetti energetici, dei trasporti, delle emissioni atmosferiche, della
ricerca e innovazione in campo energetico-ambientale e del coinvolgimento della popolazione. Anche
rispetto al tema dei rifiuti, dei campi elettromagnetici e sul paesaggio, il PEARS ha promosso azioni e
comportamenti che vanno nella direzione degli obiettivi di sostenibilità.

3.6 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO


Nell’ambito di questo capitolo vengono analizzati gli aspetti relativi all’inquadramento del progetto in esame
con gli strumenti della pianificazione territoriale e di settore a livello comunale, regionale, nazionale,
comunitaria e internazionale, verificando la coerenza degli interventi proposti rispetto alle norme, alle
prescrizioni e agli indirizzi previsti dai vari strumenti di programmazione esaminati, nonché ai vincoli presenti
nell’area allo scopo di definire il livello di compatibilità delle opere con il quadro pianificatorio che
regolamenta il territorio di intervento ed evidenziare eventuali criticità che possano emergere da tale analisi.
Analisi degli strumenti di pianificazione di settore vigenti

3.6.1 PIANIFICAZIONE REGIONALE


Il Piano Paesaggistico Regionale è stato approvato in via definitiva con Deliberazione della Giunta Regionale
n. 36/7 del 5 settembre 2006 ed ha subito una serie di aggiornamenti, l’ultimo dei quali con Deliberazione
della Giunta Regionale n. 28/11 del 13/06/2017.
Il PPR è uno strumento di governo del territorio che persegue il fine di preservare, tutelare, valorizzare e
tramandare alle generazioni future l'identità ambientale, storica, culturale e insediativa del territorio sardo;
proteggere e tutelare il paesaggio culturale e naturale con la relativa biodiversità; assicurare la salvaguardia
del territorio e promuoverne forme di sviluppo sostenibile, al fine di conservarne e migliorarne le qualità”.
L’analisi del territorio finalizzata al riconoscimento delle sue caratteristiche naturali, storiche e insediative
nelle loro specifiche interrelazioni è stata articolata secondo 3 “letture”: assetto ambientale, storico-culturale
e insediativo. Le 3 letture hanno consentito di individuare e regolare i beni appartenenti a ciascuna delle
categorie individuate; dal momento che comunque ogni elemento del territorio appartiene a un determinato
contesto, all’analisi del territorio finalizzata all’individuazione delle specifiche categorie di beni da tutelare in
ottemperanza alla legislazione nazionale di tutela, si è aggiunta un’analisi finalizzata invece a riconoscere le
specificità paesaggistiche dei singoli contesti.
Sulla base del lavoro svolto nella pianificazione di livello provinciale sono stati individuati 27 ambiti di
paesaggio costieri, per ciascuno dei quali è stata condotta una specifica analisi di contesto e per ciascuno
dei quali il Piano Paesaggistico prescrive specifici indirizzi volti a orientare la pianificazione locale al
raggiungimento degli obiettivi e delle azioni fissate.
16
L’area di intervento del progetto in esame ricade nell’ambito di paesaggio costiero nel foglio 564 IV e della
cartografia in scala 1:25.000 illustrativa di tutto il territorio regionale ricompreso negli ambiti di paesaggio
costiero.

Figura 7 – PPR - Ambito di paesaggio costiero n.6 foglio 564 IV

17
Figura 8 – Vincoli PPR - Ambito di paesaggio costiero n.6 foglio 564 IV

3.6.2 ASSETTO AMBIENTALE


L’art. 17 delle Norme Tecniche di Attuazione definisce l’assetto ambientale come l’insieme degli elementi
territoriali di carattere biotico (Flora, fauna e habitat) e abiotico (geologico e geomorfologico) con particolare
riferimento alle aree naturali e semi-naturali, alle emergenze geologiche di pregio e al paesaggio forestale e
agrario.
L’assetto ambientale è costituito dalle seguenti componenti di paesaggio:
a) Aree naturali e subnaturali (artt. 22, 23, 24);
b) Aree seminaturali (artt. 25, 26, 27);
c) Aree ad utilizzazione agro-forestale (artt. 28, 29, 30);.
L’area del progetto in esame ricade nelle Aree ad utilizzazione agro-forestale, aree incolte.
Le colture prevalenti sono seminativi in aree non irrigue; prati artificiali; seminativi semplici e colture orticole
a pieno campo; risaie; vivai; colture in serra; sistemi colturali e particellari complessi; aree prevalentemente
occupate da colture agrarie con presenza di spazi naturali importanti; aree agroforestali; aree incolte
Le prescrizioni su queste aree sono mirate a:
• Vietare “trasformazioni per destinazioni e utilizzazioni diverse da quelle agricole che interessino suoli ad
elevata capacità d’uso, o paesaggi agrari di particolare pregio o habitat di interesse naturalistico”, di cui non
sia dimostrata la rilevanza pubblica economica e sociale
• “preservare e tutelare gli impianti di colture arboree specializzate”

18
Figura 9 – PPR - Ambito di paesaggio costiero n.6 – Componenti di paesaggio ambientale (fonte
Sardegna Geoportale)

Figura 10 – Carta delle Naturalità

19
Figura 11 – PPR - Ambito di paesaggio costiero n.6 – Componenti di Naturalistico (fonte Sardegna
Geoportale)

Figura 12 – Carta dell’Uso del Suolo

Gli indirizzi della pianificazione settoriale e locale sono finalizzati a “mitigare o rimuovere i fattori di criticità e
di degrado” e “ridurre le emissioni dannose e la dipendenza energetica”.
In particolare, le aree nelle quali è prevista la realizzazione del progetto sono cartografate come “colture
erbacee specializzate (seminativi in aree non irrigue)” e, per una piccola porzione “a copertura agro-
forestale” costituita da pascoli sotto copertura di arbusti di specie forestali inferiori al 20%.
L’area di progetto invece è interessata dall’attraversamento di un modesto alveo inciso denominato “Rio
Murtas”, non cartografato nelle mappe catastali dell’area e nel registro delle acque pubbliche.

20
Il modesto alveo inciso denominato “Rio Murtas” non risulta essere iscritto nel registro delle acque pubbliche
e non risulta compreso nelle mappe catastali. È classificato come Alveo inciso si tratta in sostanza di un
“compluvio”.

3.6.3 ASSETTO STORICO CULTURALE


L’art. 47 delle NTA riporta che “l’assetto storico culturale è costituito dalle aree, dagli immobili (edifici o
manufatti) che caratterizzano l’antropizzazione del territorio a seguito di processi storici di lunga durata”.
Rientrano in questa categoria beni di interessi paleontologico, luoghi di culto, aree funerarie, insediamenti
archeologici, architetture religiose, industriali, specialistiche civili e militari storiche.
Come si evince dalla figura seguente, l’area di progetto non è interessata da nessuno dei beni paesaggistici
individuati dagli artt. 47, 48, 51, 54 e 57 delle NTA come facenti parte dell’assetto storico culturale.
Con la deliberazione della Giunta regionale n. 23/14 del 16 aprile 2008 è stato approvato il Repertorio del
Mosaico dei beni paesaggistici e beni identitari; nel Repertorio sono opportunamente distinti i beni
paesaggistici e identitari individuati e tipizzati nel PPR 2006, i beni culturali vincolati ai sensi della parte II del
D.Lgs. n. 42/2004, nonché i risultati delle coopianificazioni tra Regione, Comuni e Ministero comprensivi
degli ulteriori elementi covalenza storico culturale e delle proposte di insussistenza vincolo.
La Regione Sardegna, in collaborazione con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo,
provvede al costante aggiornamento del Repertorio del Mosaico dei Beni a seguito della procedura di cui
all’art. 49 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Paesaggistico Regionale. Il Repertorio, infatti,
dall’approvazione di cui alla D.G.R. n. 23/14 del 16 aprile 2008 è stato aggiornato con le deliberazioni della
Giunta regionale n. 39/1 del10 ottobre 2014, n. 70/22 del 29 dicembre 2016 e 18/14 del 11 aprile 2017
(Addendum con le coopianificazioni dal 1 ottobre 2016 al 31 marzo 2017).
Come risulta dalla figura seguente, nell’area di progetto non sono presenti Beni Paesaggistici e Culturali
Archeologici e Architettonici come individuati dal Repertorio beni 2017.

Figura 13 – PPR - Ambito di paesaggio costiero n.6 - Assetto Storico Culturale (fonte Sardegna
Geoportale)
21
3.6.4 ASSETTO INSEDIATIVO
L’art. 60 delle NTA definisce l’assetto insediativo come “l’insieme degli elementi risultanti dai processi di
organizzazione del territorio funzionali all’insediamento degli uomini e delle attività”.
Nell’assetto territoriale insediativo rientrano le seguenti categorie di aree e immobili:
• Edificato urbano
• Edificato in zona agricola
• Insediamenti turistici
• Insediamenti produttivi
• Aree speciali (servizi)
• Sistema delle infrastrutture
Anche per quanto riguarda il progetto di connessione alla RTN, il sito non risulta in relazione diretta, né in
immediata prossimità, con beni storico – artistici o archeologico - architettonici con riferimento alla L.
1089/89.
Le opere non risultano interessate da beni paesaggistici tutelati ai sensi degli artt. 136, 142 e 143 del D.Lgs.
42/04 e ss.mm.ii. (Figura 31).

Figura 14 – PPR - Ambito di paesaggio costiero n.6 - Assetto Insediativo (fonte Sardegna Geoportale)

3.6.5 PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO


Il Piano stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI) del bacino unico regionale è stato approvato con
Delibera n. 54/33 del 30 dicembre 2004, successivamente integrato e modificato con specifiche varianti.
Il PAI ha valore di piano territoriale di settore e, poiché persegue finalità di salvaguardia di persone, beni ed
attività dai pericoli e dai rischi idrogeologici, prevale su piani e programmi di settore di livello regionale e
infraregionale e sugli strumenti di pianificazione del territorio previsti dall’ordinamento urbanistico regionale,

22
secondo i principi indicati nella Legge n. 183/1989.
Il PAI, secondo quanto previsto dall’art. 67 del D.Lgs 152/2006, rappresenta un Piano stralcio del Piano di
Bacino Distrettuale, che è esplicitamente finalizzato alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del
suolo e alla corretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del
territorio interessato; esso si propone, dunque, ai sensi del D.P.C.M. del 29 settembre 1998, sia di
individuare le aree su cui apporre le norme di salvaguardia a seconda del grado di rischio e di pericolosità,
sia di proporre una serie di interventi urgenti volti alla mitigazione delle situazioni di rischio maggiore.
Le Norme di Attuazione dettano linee guida, indirizzi, azioni settoriali, norme tecniche e prescrizioni generali
per la prevenzione dei pericoli e dei rischi idrogeologici nel bacino idrografico unico regionale e nelle aree di
pericolosità idrogeologica e stabiliscono, rispettivamente, interventi di mitigazione ammessi al fine di ridurre
le classi di rischio, e la disciplina d’uso delle aree a pericolosità idrogeologica.
Con D.P.R. n. 121 del 10/11/2015 - pubblicato sul BURAS n. 58 del 19/12/2015 in conformità alla D.G.R. n.
43/2 del 01/09/2015 - sono state approvate le modifiche agli articoli 21, 22 e 30 delle N.A. del PAI,
l’introduzione dell’articolo 30-bis e l’integrazione alle stesse N.A del PAI del Titolo V recante “Norme in
materia di coordinamento tra il PAI e il Piano di Gestione del rischio di alluvioni (PGRA)”.
In recepimento di queste integrazioni, come previsto dalla Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 3 del
27/10/2015, è stato pubblicato sul sito dell'Autorità di Bacino il Testo Coordinato delle N.A. del PAI.
Con D.P.R n. 35 del 27/04/2018, pubblicato sul BURAS n. 23 del 03/05/2018 e con D.G.R. n. 13/12 del
13/03/2018, che recepisce la Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 1 del 27/02/2017, sono state
approvate ulteriori modifiche e integrazioni alle Norme di Attuazione del Piano stralcio di Assetto
Idrogeologico.
Il PAI, attraverso le sue NTA, prevede una serie di limitazioni sulla pianificazione per le aree a pericolosità
idraulica e da frana molto elevata, elevata, media e moderata.
Con l’esclusiva finalità di identificare ambiti e criteri di priorità tra gli interventi di mitigazione dei rischi
idrogeologici, nonché di raccogliere e segnalare informazioni necessarie sulle aree oggetto di pianificazione
di protezione civile, il PAI delimita le seguenti tipologie di aree a rischio idrogeologico ricomprese nelle aree
di pericolosità idrogeologica:
• le aree a rischio idraulico molto elevato (Ri4), elevato (Ri3), medio (Ri2) e moderato (Ri1) perimetrale nei
territori comunali;
• le aree a rischio da frana molto elevato (Rg4), elevato (Rg3), medio (Rg2) e moderato (Rg1) perimetrate
nei territori comunali.
Il PAI disciplina, inoltre, zone non delimitate nella cartografia di piano ma caratterizzate da pericolosità
idrogeologica significativa.
Ai sensi della Deliberazione della Giunta regionale n. 45/57 del 30/10/1990 il bacino idrografico unico
regionale è suddiviso in 7 sub-bacini: sub-bacino n. 1 Sulcis, sub-bacino n. 2 Tirso, sub-bacino n. 3
Coghinas-Mannu-Temo,sub-bacino n. 4 Liscia, sub-bacino n. 5 Posada-Cedrino, sub-bacino n. 6 Sud-
Orientale, sub-bacino n. 7 Flumendosa-Campidano-Cixerri
Le aree interessate dal progetto in esame ricadono nel sub-bacino n. 1 Sulcis.
Per ciò che concerne la coerenza dell’intervento proposto con il piano di assetto idrogeologico (P.A.I) si
precisa che l’area di progetto non è interessata dai limiti delle perimetrazioni del piano, come di seguito
rappresentato e si rimanda alle relazioni specialistiche il dettaglio dei vincoli:
PAI - La Regione Autonoma della Sardegna, con Delibera della Giunta Regionale n° 54/33 del 30-12-2004,
ha adottato il “Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico” (P.A.I.), reso esecutivo con D. A. LL.PP.
n° 3 del 21-02-2005, pubblicato sul BURAS n° 8 del 11-03- 2005 approvato con Decreto del Presidente della
Regione Sardegna n.67 del-10.07-2006.
Con decreto del Presidente della Regione n. 121 del 10/11/2015 pubblicato sul BURAS n. 58 del
19/12/2015, in conformità alla Deliberazione di Giunta Regionale n. 43/2 del 01/09/2015, sono state
approvate le modifiche agli articoli 21, 22 e 30 delle N.A. del PAI, l’introduzione dell’articolo 30-bis e
l’integrazione alle stesse N.A del PAI del Titolo V recante “Norme in materia di coordinamento tra il PAI e il
Piano di Gestione del rischio di alluvioni (PGRA)”.
In recepimento di queste integrazioni, come previsto dalla Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 3 del
27/10/2015 è stato pubblicato sul sito dell'Autorità di Bacino il Testo Coordinato delle N.A. del PAI

23
Figura 15 – PAI – Inquadramento generale dei rischi e pericoli (fonte Sardegna Geoportale)

Figura 16 – PAI - Pericolosità Geomorfologica

24
Figura 17 – PAI - Pericolosità Idraulica

3.6.6 AREE SOTTOPOSTE A VINCOLO IDROGEOLOGICO AI SENSI DEL R.D. 3267/1923


Il Vincolo Idrogeologico, istituito con il Regio Decreto 30 dicembre 1923 n. 3267 e il successivo regolamento
di attuazione Regio Decreto 1126/1926, hanno come scopo principale quello di preservare l’ambiente fisico
e quindi di impedire forme di utilizzazione del territorio che possano determinare denudazione, innesco di
fenomeni erosivi, perdita di stabilità, turbamento del regime delle acque ecc., con possibilità di danno
pubblico e pertanto costituisce uno strumento di prevenzione e difesa del suolo limitando il territorio ad un
uso conservativo.
Come si evince dalle figure seguenti, le aree interessate dalle opere in progetto non ricadono in settori
vincolati ai sensi del R.D. 3267/23. Il progetto in esame pertanto non va ad incidere su aspetti critici di
carattere idrogeologico delle aree interessate.

25
Figura 18 – AREE SOTTOPOSTE A VINCOLO IDROGEOLOGICO AI SENSI DEL R.D. 3267/1923

3.6.7 PIANO DI STRALCIO DELLE FASCE FLUVIALI

Il Piano Stralcio delle Fasce Fluviali è redatto ai sensi dell’art. 17, comma 6 della legge 9 maggio 1989 n.183
quale Piano Stralcio di Bacino Regionale relativo ai settori funzionali individuati al comma 3 della stessa
legge; ha valore di Piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo
mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso riguardanti le fasce fluviali.
Il PSFF costituisce un approfondimento ed una integrazione necessaria al PAI, in quanto ha valore di Piano
territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo, mediante il quale sono
pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso riguardanti le fasce fluviali. Dalle verifiche è emerso che
l’area in oggetto non ricade in aree perimetrate PSFF per pericolosità idraulica.
Il PAI è stato integrato con il Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF) (Autorità di Bacino Regionale,
Comitato Istituzionale - Deliberazione n. 1 del 31 marzo 2011; Deliberazione n. 1 del 23 giugno 2011;
Deliberazione n. 1del 3 settembre 2012; Deliberazione n.1 del 31 ottobre 2012).

Tale Piano costituisce un approfondimento ed una integrazione al Piano di Assetto Idrogeologico in quanto è
lo strumento per la delimitazione delle regioni fluviali funzionale a consentire, attraverso la programmazione
di opere, vincoli e direttive, il conseguimento di un assetto fisico del corso d’acqua compatibile con la
sicurezza idraulica, l’uso della risorsa idrica, l’uso del suolo (ai fini insediativi, agricoli e industriali) e la
salvaguardia delle componenti naturali e ambientali.
Con Delibera n. 2 del 17/12/2015 il Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino ha approvato in via definitiva
il Piano Stralcio delle Fasce Fluviali per l’intero territorio regionale, ai sensi dell’art. 9 della L.R. 19/2006
come modificato con la L.R. 28/2015.
Il territorio in esame ricade nel sub-bacino n. 1 Sulcis.

26
Figura 19 – Fiumi Elenco Acque pubbliche

Figura 17 – Piano Stralcio fasce fluviali

27
Relativamente all’analisi del Pericolo Geomorfologico e del Pericolo Idraulico, con la deliberazione del
Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino n. 1 del 27 febbraio 2018, sono state modificate ed integrate le
norme di attuazione del Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) della Sardegna ed è stato introdotto l’art. 30-
ter, avente per oggetto "Identificazione e disciplina delle aree di pericolosità quale misura di prima
salvaguardia". Con l’articolo 30 ter, per i tratti dell’intero reticolo idrografico regionale per i quali non sono
state ancora individuate aree di pericolosità idraulica a seguito di modellazione e con l’esclusione delle aree
di pericolosità determinate con il solo criterio geomorfologico, è stata istituita una fascia di prima
salvaguardia, su entrambi i lati a partire dall’asse del corso d’acqua, di ampiezza variabile in funzione
dell’ordine gerarchico dello stesso tratto di corso d’acqua.
Al fine di permettere l’applicazione di quanto stabilito dalla norma, è stata effettuata la gerarchizzazione del
reticolo idrografico ufficiale della Regione Sardegna, approvato con deliberazione del Comitato Istituzionale
dell’Autorità di Bacino n. 3 del 30/07/2015. Ad ogni tratto di corso d’acqua è stato assegnato un ordine
gerarchico, secondo la metodologia Horton – Strahler, applicata attraverso gli strumenti di classificazione
semiautomatica messi a disposizione dai più comuni client GIS.

3.6.8 PIANO TUTELA DELLE ACQUE


Il Piano di Tutela delle Acque (PTA) è stato approvato con D.G.R. n. 14/16 del 4 aprile 2006. La finalità
fondamentale del Piano di Tutela delle Acque è quella di costituire uno strumento conoscitivo,
programmatico e dinamico attraverso azioni di monitoraggio, programmazione, individuazione di interventi,
misure, vincoli, finalizzati alla tutela integrata degli aspetti quantitativi e qualitativi della risorsa idrica.
Inoltre contiene i risultati dell'attività conoscitiva, l'individuazione degli obiettivi ambientali e per specifica
destinazione, l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di
prevenzione dall'inquinamento e di risanamento; contiene inoltre le misure di tutela qualitative e quantitative
tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico ed il programma di attuazione e verifica dell'efficacia
degli interventi previsti.

Figura 18 – Piano Tutela delle Acque

Nell’ambito delle attività propedeutiche alla redazione del Piano di Tutela delle Acque, è stata effettuata una
valutazione della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi dove, ai sensi dei criteri dell’Allegato 7/A-I del
D.Lgs.152/99, sono state definite “vulnerabili le zone del territorio che scaricano direttamente o
indirettamente composti azotati in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in considerazione di tali
scarichi”.
Dall’esame dei dati analitici dei campionamenti preliminari e del monitoraggio, per quanto riguarda la
vulnerabilità da nitrati, sono state distinte quattro tipologie di acquiferi:

28
1) Acquiferi con contaminazione da nitrati rilevante ed estesa territorialmente;
2) Acquiferi con contaminazione da nitrati accertata, per i quali deve essere definita l’importanza
dell’inquinamento e/o la sua estensione territoriale;
3) Acquiferi con presenza significativa di nitrati, per i quali deve essere accertata l’eventuale
contaminazione diffusa;
4) Acquiferi senza evidenti segnali di compromissione da nitrati.
Dall’analisi della cartografia allegata al PTA emerge che le aree in progetto non sono comprese nelle Zone
vulnerabili da nitrati di origine agricola, né risultano potenzialmente vulnerabili e quindi soggette ad ulteriori
analisi.

Figura 19 – Piano Tutela delle Acque – Zone da Vulnerabilità da Nitrati

Per quanto riguarda la densità da fitofarmaci rispetto alla Superficie Agricola Utilizzata invece, come emerge
dalla Figura 46, le aree del progetto risultano ubicate in una fascia media (tra 7.01 e 11 Kg fitofarmaci/Ha
SAU totale) e non risultano tra le aree individuate come critiche, che presentano cioè i valori più elevati di
densità di carico potenziale da prodotti fitosanitari, le quali sono essenzialmente concentrate nelle seguenti
aree:
• nella zona del Campidano e di Arborea, con densità che arrivano fino a 30 kg/ha SAU anno;
• nella zona del basso cagliaritano, in corrispondenza dei comuni di Masainas, Capoterra, Nuxis, Santadi e
Pula con valori attestati tra 11 e 18 kg/ha SAU anno;
• nella zona del sassarese, in corrispondenza dei comuni di Alghero e Putifigari con valori compresi tra 11
e 18 kg/ha SAU anno.

29
Figura 20 – Piano Tutela delle Acque – Zone da Fitofarmaci

3.6.8 PIANO DI GESTIONE DEL DISTRETTO IDROGRAFICO


La Direttiva 2000/60/CE (DQA) ha istituito un quadro uniforme a livello comunitario per la protezione delle
acque superficiali interne, delle acque di transizione, delle acque costiere e sotterranee.
L'obiettivo fondamentale della Direttiva 2000/60/CE è quello di raggiungere lo stato buono per tutti i corpi
idrici entro il 2015 e a tal fine individua nel Piano di Gestione dei bacini idrografici (PdG) lo strumento per la
pianificazione, l’attuazione e il monitoraggio delle attività del programma di misure di cui all’art. 11 della
Direttiva necessarie per il raggiungimento degli obiettivi ambientali e di sostenibilità nell'uso delle risorse
idriche; all’art.13c. 7 inoltre prevede che, nel rispetto di specifiche procedure di informazione e consultazione
pubblica, i piani digestione e i programmi di misure siano riesaminati e aggiornati entro il 2015 e,
successivamente, ogni sei anni.
A dicembre 2019 è stato pubblicato il “Riesame e Aggiornamento del Piano di Gestione del Distretto
Idrografico della Sardegna” – 3° ciclo di pianificazione 2021, riportante gli esiti del riesame ed
aggiornamento del Piano di Gestione del distretto idrografico della Sardegna (PdG DIS), approvato con
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 17 maggio 2013.
La Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE (Direttiva) prevede per ogni distretto idrografico l’effettuazione
di una prima caratterizzazione dei corpi idrici identificati. Per ciascuna categoria di corpo idrico superficiale
(fiumi,laghi, acque di transizione, acque costiere) devono essere identificati i diversi “tipi” e per ciascun tipo
devono essere fissate le condizioni di riferimento. Per le acque sotterranee il processo di caratterizzazione
passa attraverso l’individuazione degli acquiferi (delimitati sulla base di limiti geologici e idrogeologici) e
quindi dei corpi idrici (delimitati sulla base di limiti idrogeologici, stato di qualità ambientale e analisi di
pressioni e impatti).
A seguito della caratterizzazione devono essere elaborati e resi operativi programmi di monitoraggio dei
corpi idrici e loro classificazione per lo stato ecologico e chimico (acque superficiali) e per lo stato chimico e
quantitativo (acque sotterranee). La classificazione fornisce lo stato qualitativo dei vari corpi idrici
consentendo di valutarne il grado di alterazione rispetto agli obiettivi ambientali.
Le attività di tipizzazione e caratterizzazione, monitoraggio e classificazione sono finalizzate ad inquadrare lo
stato dei corpi idrici identificati nel Distretto e il quadro delle misure necessarie al perseguimento degli
obiettivi di qualità definite in base al grado di alterazione dello stato qualitativo dei corpi idrici.
Secondo quanto previsto dall’art. 30 comma 3 della Legge Regionale n. 19/2006, Il territorio regionale è
stato ripartito in sette zone idrografiche denominate “Sistemi”:

Sistema 1 – SULCIS, 1.646 km2


Sistema 2 – TIRSO, 5.372 km2
Sistema 3 – NORD OCCIDENTALE, 5.402 km2
Sistema 4 – LISCIA, 2.253 km2

30
Sistema 5 – POSADA-CEDRINO, 2.423 km2
Sistema 6 – SUD ORIENTALE, 1.035 km2
Sistema 7 – FLUMENDOSA-CAMPIDANO-CIXERRI, 5.960 km2

Figura 21 – Distretti Idrografici della Sardegna

Il progetto in esame ricade nel Sistema 1 – SULCIS.


Il Sulcis-Iglesiente si estende per 1640 Km2, pari a circa il 7% dell'intero territorio sardo,
ed è interessato da due invasi in esercizio.
Dal punto di vista idrografico, i corsi d'acqua più rilevanti sono i seguenti:
- Rio Palmas, alimentato dalla confluenza del Rio Mannu di Narcao, del rio Gutturu de
Ponti e del Rio Mannu di Santadi; il suo bacino imbrifero ricopre il territorio per la
maggior parte.
- Rio Santu Milanu, attraversante la zona meridionale dell'abitato di Carbonia.
- Rio Cannas, attraversante la zona settentrionale dell'abitato di Carbonia.
31
- Rio Flumentepido, compreso fra Carbonia e Gonnesa.
- Rio Mannu di Fluminimaggiore, che riceve i contributi del Rio Bega, del Rio Antas e del
Rio is Arrus.
L’inquadramento del sub bacino n. 1 Sulcis è rappresentato nella Fig. 7.1.
I sottobacini di riferimento utilizzati ai fini della rappresentazione sono due:
- Rio Palmas
- Minori tra il Rio Palmas ed il Flumini Mannu di Pabilloni
I corpi idrici dell’area nella quale è prevista la realizzazione dell’impianto fotovoltaico in progetto non
presentano situazioni di criticità.

Figura 22 – Carta Corpi Idrici Soggetti a Pressione Significativa

3.6.9 PIANO DI GESTIONE DEL RISCHIO ALLUVIONI


Il Piano di Gestione del Rischio Alluvioni della Sardegna è stato approvato con Deliberazione del Comitato
Istituzionale n. 2 del 15/03/2016 e con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27/10/2016.
In recepimento della Direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e gestione del rischio alluvioni e del
relativo decreto di attuazione D.Lgs. 23 febbraio 2010 n. 49, il Piano di Gestione del Rischio Alluvioni
individua strumenti operativi e di governance finalizzati a ridurre le conseguenze negative delle alluvioni:
azioni di pianificazione della prevenzione, protezione e preparazione rispetto al verificarsi degli eventi
alluvionali.
Dall’analisi delle tavole allegate al Piano relative alla pericolosità e al rischio di alluvione è emerso che le
aree nelle quali sono ubicate le opere in progetto risultano perimetrate in aree con pericolosità di intensità
“Hi4”

32
Figura 22 – Carta dei Rischi Alluvionali Hi
.
3.6.10 AREE PERCORSE DA INCENDI (D.G.R. 23.10.2001 n. 36/46 – artt. 3 e 10 L. 353/2000)
Con la Delibera di Giunta Regionale n. 36/46 del 2001 la Regione Sardegna ha recepito le direttive
contenute negli artt. 3 e 10 della Legge quadro in materia di incendi boschivi n. 353/2000 che disciplinano i
comportamenti da osservare per le superfici interessate da incendi boschivi.
La norma prevede per i soprassuoli con destinazione a zone boscate e a pascolo:
• la conservazione degli usi preesistenti l’evento per 15 anni
• il divieto di pascolo per 10 anni
• il divieto dell’attuazione di attività di rimboschimento o di ingegneria ambientale con fondi pubblici per 5
anni.
Come emerge dalle figure seguenti, due piccole porzioni dell’area di progetto sono state interessate da
eventi incendiari avvenuti al confine nord-ovest dal 2007 al 2017
In dettaglio queste aree, inserite nel perimetro, non interessano né boschi, il sistema di insediamento di tali
aree infatti è di tipo seminativo e non si tratta di aree naturali o seminaturali, così come definite dall’art. 17
delle NTA del PPR.
Pertanto, le suddette norme non si applicano alle opere in progetto.

33
Figura 23 – Aree Percorse da Incendio (fonte Sardegna Geoportale)

3.6.11 PIANO FORESTALE AMBIENTALE REGIONALE ( PFAR)


Approvato con Delibera n. 53/9 del 27/12/2007, il Piano Forestale Ambientale Regionale (PFAR) ha come
obiettivi generali la salvaguardia dell’ambiente relativamente alla conservazione, incremento e
valorizzazione del patrimonio forestale, alla tutela della biodiversità, al rafforzamento delle economie locali
ed al miglioramento degli strumenti conoscitivi attraverso attività di ricerca ed educazione ambientale.
Il PFAR ha previsto la compartimentazione della regione in 25 distretti territoriali intesi come porzioni di
territorio entro i quali è riconosciuta una omogeneità di elementi fisico-strutturali, vegetazionali, naturalistici e
storico culturali.

34
Figura 24 – Inquadramento piano forestale Regionale

Il progetto in esame ubicato nel comune di Carbonia in provincia del Sud Sardegna ricade nel Distretto 24 –
Isole Sulcitane.

35
Figura 25 – Piano forestale Regionale – Carta Fisica

Dall’elaborazione dei dati altimetrici del distretto emerge che circa tutto l’intervento è situato al di sotto dei
200 m e delineando quindi un contesto di tipo misto pianeggiante e collinare

36
Figura 26 – Piano forestale Regionale – Carta Unita di Paesaggio
Il territorio interessato dall’impianto fotovoltaico in esame risulta classificato nella carta dei sistemi del
paesaggio come “pianure aperte, costiere e di fondovalle”.

37
Figura 27 – Piano forestale Regionale – Carta Uso del Suolo

I sistemi agrozootecnici estensivi includono tutte le superfici con copertura prevalentemente erbacea,
direttamente utilizzate con il pascolamento delle specie di interesse zootecnico; i sistemi agricoli intensivi e
semintensivi comprendono tutte le classi dei seminativi, delle colture arboree permanenti e gli impianti di
arboricoltura localizzati in contesti agricoli i quali sono classificabili come sistemi arborei fuori foresta.
L’area del progetto in esame, inserita in prossimità del parco eolico e marginale al Polo Industriale di
Portoscuso, è interessata da attività agricole, pascolo ed aree incolte in un contesto di tipo industriale, come
evidente dalle foto riportate di seguito.

38
Foto di campo 2 – Agro del comune di Carbonia località Girili Su Giuncu.
39
Foto di campo 3 – Agro del comune di Carbonia località Girili Su Giuncu.

40
Foto di campo 4 – Agro del comune di Carbonia località Girili Su Giuncu.

41
Foto di campo 5 – Agro del comune di Carbonia località Girili Su Giuncu.

42
Figura 28 –Carta Uso del Suolo puntuale

Gli istituti di tutela naturalistica previsti dalle iniziative di protezione ambientale comprendono:

• i Parchi Nazionali;
• i Parchi Regionali;
• le Aree Marine Protette;

43
• i Monumenti Naturali Istituiti;
• le aree della Rete Natura 2000 (SIC, ZPS);
• le Oasi di Protezione Permanente e cattura OPP (L.R. 23/98);
• altre aree regionali protette.

Gli istituti di tutela naturalistica ricompresi anche solo parzialmente nel Distretto 24 sono i seguenti:

Figura 29 – Piano forestale Regionale – Carta Naturalistica

La copertura e l’uso del suolo dei siti della Rete Natura 2000 - costituita dal sistema integrato dei SIC e delle
ZPS - e della Rete Ecologica Regionale (RER) – costituita dal sistema dei Parchi, delle aree Natura 2000 e
delle altre aree naturalistiche istituite – è caratterizzata da una preminenza di pascoli erbacei e sistemi
forestali.
Nel Piano Forestale ambientale Regionale All.1 relativo al distretto 24 – Isole Sulcitane - Scheda descrittiva
di distretto, l’area di progetto non interferiscono con nessuno degli istituti di tutela sopra elencati, pur

44
essendo nelle vicinanze dell’Aree SIC (Direttiva 79/409CEE), in particolare della SIC ITB040028 Punta
S'Aliga.
L’area, inoltre, risultava marginale riguardo al perimetro della SIC e, in conseguenza degli effetti
dell’antropizzazione predetta, priva di componenti ambientali di pregio con riferimento agli habitat ed alle
specie di interesse comunitario citati nel formulario standard del sito della Rete Natura 2000.
Per quanto riguarda le opere di connessione alla RTN, le relative aree di intervento non ricadono all’interno
di zone speciali di conservazione o zone di protezione speciale (ZSC o ZPS) individuate dalla RAS in
attuazione delle Direttive Comunitarie 92/43 CEE e 79/409/CE, parchi naturali nazionali o regionali, oasi
permanenti di protezione faunistica e di cattura.

Figura 30– Carta Aree SIC

3.6.12 PIANO REGIONALE DELLA QUALITA DELL’ARIA

La norma quadro nazionale che recepisce le vigenti direttive comunitarie in materia di valutazione e gestione
di qualità dell’aria è il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155 recante “Attuazione della direttiva
2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”.
La Regione Sardegna con Deliberazione n. 55/6 del 29/11/2005 aveva approvato il Piano di Prevenzione,
conservazione e risanamento della qualità dell’aria ambiente contenente i risultati del censimento delle
emissioni, la loro analisi ed una zonizzazione del territorio regionale sulla base delle criticità rilevate.
Riportava inoltre le azioni e gli interventi da attuare per il raggiungimento dei valori di qualità nelle aree
critiche e di mantenimento nelle restanti.
La Giunta Regionale, con delibera n. 52/19 del 10/12/2013, ha provveduto al riesame della zonizzazione e
classificazione delle zone della Sardegna attraverso l’adozione di apposito documento denominato
“Zonizzazione e classificazione del territorio regionale” che prevede l’adeguamento della rete regionale di
misura sulla base dei nuovi criteri stabiliti dal D. Lgs. n. 155/2010 e s.m.i.
La Regione ha quindi provveduto a predisporre il progetto di adeguamento della rete di misura e del
programma di valutazione in conformità alla zonizzazione e classificazione risultanti dal primo riesame, che
nel 2015 ha ottenuto apposito parere di conformità da parte del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare. Il decreto stabilisce, inoltre, i criteri che le Regioni devono seguire per la gestione della
qualità dell’aria a seguito della valutazione annuale delle concentrazioni degli inquinanti atmosferici.

45
Con deliberazione della Giunta Regionale 1/3 del 10 gennaio 2017 è stato emanato il nuovo “Piano
regionale di qualità dell’aria ambiente”. Predisposto ai sensi del D.Lgs. 155/2010 e s.m.i., individua le misure
da adottarsi per ridurre i livelli degli inquinanti nelle aree con superamenti dei valori limite di legge, nonché le
misure aggiuntive per preservare la migliore qualità dell’aria in tutto il territorio regionale.
Le misure, finalizzate ad intervenire sui maggiori contributi emissivi di polveri sottili e ossidi di azoto,
riguardano principalmente il riscaldamento domestico (caminetti, stufe tradizionali e piccole caldaie), l’attività
portuale, le attività estrattive e interessano poi le aree industriali, il settore dei trasporti ecc.
Sono previste, inoltre, campagne di sensibilizzazione e informazione, programmi di educazione nelle scuole
per approfondire con maggiore dettaglio le tematiche relative all’importanza della tutela della qualità dell’aria,
i possibili effetti nocivi dell’inquinamento atmosferico e l’importanza delle scelte e dei comportamenti
personali nel contribuire alla tutela dell’ambiente.
La zonizzazione individuata ai sensi del D.Lgs. 155/2010, adottata con D.G.R. n. 52/19 del 10/12/2013 e
approvata in data 11/11/2013 (protocollo DVA/2013/0025608) dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare, suddivide il territorio regionale in zone omogenee ai fini della gestione della qualità
dell’aria ambiente. Le zone individuate ai fini della protezione della salute sono riportate nella tabella
seguente:

Tabella 5 – Zone e agglomerati di qualità dell’aria individuati ai sensi del D. Lgs. 155/2010

L’agglomerato di Cagliari include i Comuni di Cagliari, Elmas, Monserrato, Quartu S. Elena e Selargiu.
La zona urbana è costituita dalle aree urbane rilevanti (Olbia e Sassari) che, escludendo Cagliari, hanno più
di 30.000 abitanti e sul cui territorio si registrano livelli emissivi significativi correlati perlopiù al trasporto
stradale e al riscaldamento domestico.
La zona industriale è costituita da aree prettamente industriali (Assemini, Portoscuso, Porto Torres e
Sarroch), su cui il carico emissivo è determinato prevalentemente da più attività energetiche e/o produttive. Il
Comune di Capoterra è stato inserito a fini cautelativi nella zona industriale poiché il suo territorio è
compreso tra le aree industriali di Sarroch ed Assemini-Macchiareddu.
La rimanente parte del territorio regionale è stata accorpata nella zona rurale che nel complesso risulta
caratterizzata da livelli emissivi dei vari inquinanti piuttosto contenuti e dalla presenza di poche attività
produttive isolate.
Sulla base delle indicazioni della normativa, le zone sono state individuate nel rispetto dei confini
amministrativi comunali, a meno di poche eccezioni relative ai Comuni di Sassari, Porto Torres, Assemini ed
Olbia, per cui sono state ritagliate delle aree con caratteristiche disomogenee.
Sulla base della zonizzazione del Piano, la proposta progettuale ricade a 6 km dalla Zona IT2009 ZONA
INDUSTRIALE, AREA DI PORTOSCUSO.
Nell’area di Portoscuso le stazioni della Rete di misura per la valutazione della qualità dell’aria hanno una
percentuale media di dati validi per l’anno in esame pari al 95%.
Nel 2020 le stazioni di misura hanno registrato vari superamenti dei limiti, senza peraltro eccedere il numero
massimo consentito dalla normativa:
per il valore obiettivo per l’O3 (120 μg/m3 sulla massima media mobile giornaliera di otto ore da non
superare più di 25 volte in un anno civile come media sui tre anni): 1 superamento della media triennale
nella stazione CENPS7;
46
per il valore limite giornaliero per la protezione della salute umana per il PM10 (50 μg/m3 sulla media
giornaliera da non superare più di 35 volte in un anno civile): 3 superamenti nella CENPS4 e 11 nella
CENPS7.
Per quanto riguarda le misure di benzene (C6H6), i valori hanno una media annua di 0,5 μg/m3 (CENPS7),
nel rispetto del limite di legge di 5 μg/m3. I livelli sono contenuti e manifestano una tendenza alla riduzione.
Il monossido di carbonio (CO) registra una massima media mobile di otto ore che varia da 0,5 mg/m3
(CENPS7) a 1,4 mg/m3 (CENPS4). Le concentrazioni rilevate si mantengono quindi ampiamente entro il
limite di legge (10 mg/m3 sulla massima media mobile di otto ore).
Il biossido di azoto (NO2) presenta medie annue che variano tra 2 μg/m3 (CENPS7) e 4 μg/m3 (CENPS6),
decisamente inferiori al limite di legge per la media annuale di 40 μg/m3. I valori massimi orari sono
compresi tra 18 μg/m3 (CENPS7) e 41 μg/m3 (CENPS6), ampiamente entro i limiti di legge di 200 μg/m3.
L’andamento dei dati evidenzia una riduzione dei livelli della stazione CENPS7.
L’ozono (O3) è misurato dalla stazione CENPS7. La massima media mobile di otto ore è di 109
μg/m3mentre il valore massimo orario è di 114 μg/m3, valore al di sotto della soglia di informazione (180
μg/m3) e della soglia di allarme (240 μg/m3). In relazione al valore obiettivo per la protezione della salute
umana (120 μg/m3 sulla massima media mobile giornaliera di otto ore da non superare più di 25 volte in un
anno civile come media sui tre anni) non si registra nessuna violazione.
Relativamente al PM10 si evidenziano medie annue che variano da 15 μg/m3 (CENPS4) a 24 μg/m3
(CENPS7), nel rispetto del limite di legge di 40 μg/m3, mentre le massime medie giornaliere da 50 μg/m3
(CENPS6) a 119 μg/m3 (CENPS7). I dati del 2020 evidenziano valori in riduzione.
Il PM2,5 ha medie annue variabili tra 7 μg/m3 (CENPS7) e 8 μg/m3 (CENPS6), abbondantemente entro il
limite di legge di 25 μg/m3. Si evidenzia un andamento con tendenza alla riduzione.
La situazione riguardo al biossido di zolfo (SO2), a Portoscuso, manifesta le massime medie giornaliere che
variano tra 7 μg/m3 (CENPS6) e 23 μg/m3 (CENPS4), mentre i valori massimi orari da 29 μg/m3 (CENPS6)
a 109 μg/m3 (CENPS4), valori relativamente contenuti e senza superamenti normativi.
A Portoscuso la situazione registrata risulta moderata per un contesto industriale, entro la norma per tutti gli
inquinanti monitorati, stabile del lungo periodo e con diversi parametri in ulteriore riduzione nel 2020.

3.6.13 PIANO URBANISTICO COMUNALE CARBONIA


Il Piano suddivide il territorio comunale nelle seguenti zone:
Zone A - Centro storico, si estende per poco più di 1,5 ettari
Zone B - Zona di completamento, suddivisa nelle seguenti sottozone:
Zona B1 - si estende per poco più di 4 ettari e presenta caratteristiche intermedie tra quelle proprie dei
centri storici e quelle delle zone di completamento residenziale
Zona B2 - si estende per poco più di 3 ettari
Zone C - zona di nuova espansione edilizia, si estende per una superficie pari a 3.174 m2
Zone D - area industriale
Zone E - zona agricola, suddivisa nelle seguenti sottozone:
Zona E2 - aree di primaria importanza per la funzione agricola-produttiva, interessano la quasi totalità del
territorio
Zona E5 - sono le aree marginali per l’uso agricolo, perlopiù ubicate a nord del centro abitato dove sono
presenti terreni e foreste demaniali lungo il percorso del Rio Murtazzolu e del Riu Cannisones ed
in parte nel territorio meridionale.
Zone F - Non vi sono zone che possono essere individuate come “zone F” di particolare pregio
naturalistico
Zone G - Zone per servizi generali
Zone H - zone di salvaguardia da impianti particolari (cimitero, serbatoio), da strade H1 e da siti
archeologici H2
Zone S - Zone per servizi: per istruzione (S1), per l’interesse comune (S2), per il verde, sport, giochi
(S3), per parcheggi (S4).
Come si evince dalla figura seguente, le aree in progetto ricadono in Zona E5 “aree marginali per attività
agricole ”e in zona E2AB “ aree di primaria per la funzione agricola - produttiva in terreni irrigui e in terreni
non irrigui “ del Piano Urbanistico Comunale di Carbonia.
I parametri urbanistici previsti dal P.U.C. sono i seguenti:
Nella Sottozona E2ab è consentita la costruzione di nuove case residenziali esclusivamente da parte di
Imprenditori Agricoli Professionali (I.A.P.) e delle aziende che svolgono effettiva e prevalente attività
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agricola, ai sensi del D.Lgs. 29 marzo 2004 n.99, con indice di fabbricabilità fondiario di 0,015 mc/mq,
superficie minima d’intervento 3,00 ha, e con le seguenti norme edilizie:
• altezza massima di m 6,50
• distacco minimo dai confini laterali m 5,00
• distacco dal ciglio stradale pari almeno alla larghezza della fascia di protezione della strada; per le
strade vicinali almeno m 8,00;
• finitura delle murature in faccia vista o con intonaci nei colori nella gamma delle terre;
• per l’edificazione residenziale deve essere dimostrata la effettiva esistenza e consistenza
dell’azienda agricola mediante piano di utilizzazione aziendale redatto da tecnico abilitato.
Nelle costruzioni residenziali esistenti, edificate su lotti inferiore ad 3 ha, sono permessi esclusivamente il
restauro, la ristrutturazione edilizia senza aumento di volumetria e senza trasformazione della destinazione
d’uso dei fabbricati.
Sono ammesse inoltre le seguenti costruzioni:
a) Fabbricati ed impianti connessi alla conduzione agricola e zootecnica del fondo quali fienili, silos,
magazzini; strutture e fabbricati necessari per l’itticoltura, fabbricati necessari per la valorizzazione e
trasformazione dei prodotti aziendali con esclusione degli impianti classificabili come industriali realizzabili
esclusivamente da parte di Imprenditori Agricoli Professionali (I.A.P.) e delle aziende che svolgono effettiva
e prevalente attività agricola, ai sensi del D.Lgs. 29 marzo 2004 n.99.
Per tutti questi fabbricati la superficie minima d’intervento è di 3,00 ha con indice di fabbricabilità di 0,10
mc/mq.
b) Fabbricati per l’agriturismo
Gli interventi sono realizzabili esclusivamente da parte di Imprenditori Agricoli Professionali (I.A.P.) e delle
aziende che svolgono effettiva e prevalente attività agricola, ai sensi del D.Lgs. 29 marzo 2004 n.99.
Gli interventi edilizi per l’agriturismo comportano una superficie aziendale minima di 3 ha.
Per le aziende aventi superficie minore o uguale a 10 ettari il limite massimo per l’ospitalità presso
l’abitazione dell’imprenditore agricolo e in altri fabbricati situati nell’azienda agricola è di 6 camere e 10 posti
letto. Per lo stesso tipo di azienda il limite massimo per l’ospitalità è di 5 piazzole e 15 campeggiatori.
Per le aziende di dimensioni superiori è stabilito un incremento di un posto letto e di un campeggiatore per
ogni ettaro oltre i 10, con il limite massimo di 12 camere e 20 posti letto e di 10 piazzole e 30 campeggiatori.
In aggiunta agli ospiti di cui sopra, possono essere ospitate persone singole, comitive o gruppi organizzati
per il solo consumo dei pasti, e comunque in numero non superiore a 1800 coperti mensili esclusi i posti
forniti attraverso le fattorie didattiche iscritte all’albo regionale delle fattorie didattiche della Sardegna.
I locali adibiti ad uso agrituristico devono avere i requisiti strutturali ed igienico-sanitari previsti dal
Regolamento edilizio comunale per i locali di civile abitazione. Nella valutazione di tali requisiti per gli edifici
già esistenti, compresi quelli da ristrutturare o adeguare, sono ammesse deroghe ai limiti di altezza e agli
indici di illuminazione e di aerazione previsti dalle normative vigenti. Le deroghe devono essere motivate e
concesse dai Comuni nel rispetto delle caratteristiche tipologiche e architettoniche degli edifici esistenti e
delle caratteristiche ambientali delle zone interessate.
Gli alloggi agrituristici devono essere dotati di idonei servizi igienico-sanitari in ragione di almeno uno ogni
quattro persone o frazioni di quattro, comprese le persone appartenenti al nucleo familiare o conviventi.
Per i campeggiatori che utilizzano gli spazi aperti, in assenza di servizi igienici adeguati nelle piazzole di
sosta, l'autorizzazione per il campeggio è concessa a condizione che il campeggiatore possa usufruire dei
servizi dell'abitazione. In tal caso deve essere comunque garantito che il rapporto tra persone e servizi
igienico-sanitari sia quello indicato nel comma 2. All'interno della struttura edilizia aziendale, inoltre, deve
essere previsto un ambiente attrezzato di lavello per stoviglie e lavatoio per panni.
Negli spazi aperti la superficie da destinare a tenda o altro mezzo autonomo di soggiorno deve essere non
inferiore a 40 mq. La sistemazione di tale superficie deve essere a prova di acqua e di polvere, realizzabile
anche con inerbimento del terreno.
I locali per l'agriturismo devono essere dotati di acqua corrente potabile.
Per la realizzazione di nuove strutture aziendali comprendenti l’attività agrituristica, sono ammessi tre posti
letto per ettaro con destinazione agrituristica. Per ogni posto letto và computata una cubatura massima di
50mc. Le volumetrie per i posti letto con destinazione agrituristica sono aggiuntive rispetto ai volumi massimi
ammissibili per la residenza nella medesima azienda agricola in cui si esercita l’attività agrituristica.
Il concessionario con atto d’obbligo deve impegnarsi a vincolare al fondo le strutture edilizie, a non
frazionare una superficie non inferiore a 3ha individuata nel progetto e a mantenere la destinazione
agrituristica dei posti letto.
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Si applicano gli stessi indici e parametri prescritti per le zone E.
I fabbricati per l’agriturismo, se di nuova costruzione, devono avere un’altezza massima di m 6,50, avere le
caratteristiche della casa agricola esistente, rispettare le prescrizioni edilizie prima indicate per la residenza
agricola ed essere, ove possibile, accorpati, cioè collegati fisicamente alla residenza del conduttore del
fondo.
c) Fabbricati funzionali alla conduzione e gestione dei boschi e degli impianti arborei industriali (forestazione
produttiva) con indice di fabbricabilità fondiario massimo di 0,01 mc/mq. Essi saranno costituiti da edifici
aventi pareti esterne con materiali di finitura naturali, a faccia vista o con intonaco colorato nella gamma
delle terre. E seguiranno le seguenti norme edilizie: altezza massima alla linea di gronda m 4,00, distacco
minimo dai confini del lotto e dalle strade m 8,00.
Per i campeggiatori che utilizzano gli spazi aperti, in assenza di servizi igienici adeguati nelle piazzole di
sosta, l'autorizzazione per il campeggio è concessa a condizione che il campeggiatore possa usufruire dei
servizi dell'abitazione. In tal caso deve essere comunque garantito che il rapporto tra persone e servizi
igienico-sanitari sia quello indicato nel comma 2. All'interno della struttura edilizia aziendale, inoltre, deve
essere previsto un ambiente attrezzato di lavello per stoviglie e lavatoio per panni.
Negli spazi aperti la superficie da destinare a tenda o altro mezzo autonomo di soggiorno deve essere non
inferiore a 40 mq. La sistemazione di tale superficie deve essere a prova di acqua e di polvere, realizzabile
anche con inerbimento del terreno.
I locali per l'agriturismo devono essere dotati di acqua corrente potabile.
Per la realizzazione di nuove strutture aziendali comprendenti l’attività agrituristica, sono ammessi tre posti
letto per ettaro con destinazione agrituristica. Per ogni posto letto và computata una cubatura massima di
50mc. Le volumetrie per i posti letto con destinazione agrituristica sono aggiuntive rispetto ai volumi massimi
ammissibili per la residenza nella medesima azienda agricola in cui si esercita l’attività agrituristica.
Il concessionario con atto d’obbligo deve impegnarsi a vincolare al fondo le strutture edilizie, a non
frazionare una superficie non inferiore a 3ha individuata nel progetto e a mantenere la destinazione
agrituristica dei posti letto.
Si applicano gli stessi indici e parametri prescritti per le zone E.
I fabbricati per l’agriturismo, se di nuova costruzione, devono avere un’altezza massima di m 6,50, avere le
caratteristiche della casa agricola esistente, rispettare le prescrizioni edilizie prima indicate per la residenza
agricola ed essere, ove possibile, accorpati, cioè collegati fisicamente alla residenza del conduttore del
fondo.
c) Fabbricati funzionali alla conduzione e gestione dei boschi e degli impianti arborei industriali (forestazione
produttiva) con indice di fabbricabilità fondiario massimo di 0,01 mc/mq. Essi saranno costituiti da edifici
aventi pareti esterne con materiali di finitura naturali, a faccia vista o con intonaco colorato nella gamma
delle terre. E seguiranno le seguenti norme edilizie: altezza massima alla linea di gronda m 4,00, distacco
minimo dai confini del lotto e dalle strade m 8,00.
Nelle sottozone E5 :
Sono le aree costituite da ambiti di naturalità diffusa (oliveti, boschi, filari, alberi isolati, coltivazioni erbacee
estensive), da formazioni vegetali spontanee, e da pascoli, e quindi sono aree marginali per l’agricoltura.
Le Sottozone E5 , classificate ai sensi delle Direttive regionali per le Zone Agricole e delle Linee Guida del
Piano Paesaggistico Regionale, ricomprendono le colture prevalenti seguenti:
• Boschi di leccio (leccete con latifoglie sempreverdi), Boschi di sughera (sugherete con latifoglie
sempreverdi, sugherete su pascolo/colture erbacee), Boschi e boscaglie a olivastro (formazioni
termofile miste con olivastro), Boschi e boscaglie a ginepro (formazioni a prevalenza di ginepro
comune), Macchia evoluta e preforestale (Formazioni miste di corbezzolo, erica e fillirea, con leccio
sub.), Macchie e garighe termofile e/o xerofile (Macchie a prevalenza di mirto e lentisco, macchie a
prevalenza di cisti), Garighe pioniere (Formazioni rupestri), Praterie annuali (Praterie xerofile annuali
naturali a terofite/geofite), Rimboschimenti di specie autoctone (Rimboschimenti puri di conifere
mediterranee, rimboschimenti misti di conifere mediterranee e latifoglie sempreverdi, rimboschimenti
di latifoglie autoctone sempreverdi e/o caducifoglie), Rimboschimenti di specie non autoctone ed
esotiche (Rimboschimenti puri o misti di conifere non autoctone, come pini, cedri, cipressi, etc.,
Rimboschimento di eucalitti).
Per queste zone il Piano Urbanistico Comunale intende:
• conservare e potenziare la flora e la fauna autoctone favorendo la presenza di una maggiore
diversità ambientale;
• vietare l’introduzione di qualsiasi specie floristica e faunistica non autoctone;
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• salvaguardare e favorire la presenza di zone umide (piccoli stagni, pozze, etc.) per incrementare le
popolazioni di anfibi e rettili;
• salvaguardare la presenza di praterie-pascolo per incrementare le popolazioni di specie a rischio di
estinzione a livello internazionale (es. grillaio).
PARAMETRI EDILIZI:
Nella Sottozona E5 è consentita la costruzione di nuove case residenziali esclusivamente da parte di
Imprenditori Agricoli Professionali (I.A.P.) e delle aziende che svolgono effettiva e prevalente attività
agricola, ai sensi del D.Lgs. 29 marzo 2004 n.99, con indice di fabbricabilità fondiario di 0,005 mc/mq,
superficie minima d’intervento 10,00 ha, e con le seguenti norme edilizie:
• altezza massima di m 6,50
• distacco minimo dai confini laterali m 5,00 distacco dal ciglio stradale pari almeno alla larghezza
della fascia di protezione della strada ; per le strade vicinali almeno m 8,00;
• finitura delle murature in faccia vista o con intonaci nei colori nella gamma delle terre;
• per l’edificazione residenziale deve essere dimostrata la effettiva esistenza e consistenza
dell’azienda mediante piano di utilizzazione aziendale redatto da tecnico abilitato.
Nelle costruzioni residenziali esistenti, edificate su lotti inferiore ad 10 ha, sono permessi esclusivamente il
restauro, la ristrutturazione edilizia senza aumento di volumetria e senza trasformazione della destinazione
d’uso dei fabbricati.
Sono ammesse inoltre le seguenti costruzioni:
a) Fabbricati ed impianti connessi alla conduzione agricola e zootecnica del fondo quali fienili, silos,
magazzini; strutture e fabbricati necessari per l’itticoltura, fabbricati necessari per la valorizzazione e
trasformazione dei prodotti aziendali con esclusione degli impianti classificabili come industriali realizzabili
esclusivamente da parte di Imprenditori Agricoli Professionali (I.A.P.) e delle aziende che svolgono effettiva
e prevalente attività agricola, ai sensi del D.Lgs. 29 marzo 2004 n.99.
Per tutti questi fabbricati la superficie minima d’intervento è di 10,00 ha con indice di fabbricabilità di 0,015
mc/mq.
b) Fabbricati per l’agriturismo.
Gli interventi sono realizzabili esclusivamente da parte di Imprenditori Agricoli Professionali
(I.A.P.) e delle aziende che svolgono effettiva e prevalente attività agricola, ai sensi del D.Lgs. 29
marzo 2004 n.99.
Gli interventi edilizi per l’agriturismo comportano una superficie aziendale minima di 10,00 ha .
Per le aziende aventi superficie pari o superiore a 10 ettari e inferiore a 11 ettari il limite
massimo per l’ospitalità presso l’abitazione dell’imprenditore agricolo e in altri fabbricati situati
nell’azienda agricola è di 6 camere e 10 posti letto. Per lo stesso tipo di azienda il limite massimo per
l’ospitalità è di 5 piazzole e 15 campeggiatori.
Per le aziende di dimensioni superiori è stabilito un incremento di un posto letto e di un
campeggiatore per ogni ettaro oltre i 10, con il limite massimo di 12 camere e 20 posti letto e di 10
piazzole e 30 campeggiatori.
In aggiunta agli ospiti di cui sopra, possono essere ospitate persone singole, comitive o gruppi organizzati
per il solo consumo dei pasti, e comunque in numero non superiore a 1800 coperti mensili esclusi i posti
forniti attraverso le fattorie didattiche iscritte all’albo regionale delle fattorie didattiche della Sardegna.
I locali adibiti ad uso agrituristico devono avere i requisiti strutturali ed igienico-sanitari previsti dal
Regolamento edilizio comunale per i locali di civile abitazione. Nella valutazione di tali requisiti per gli edifici
già esistenti, compresi quelli da ristrutturare o adeguare, sono ammesse deroghe ai limiti di altezza e agli
indici di illuminazione e di aerazione previsti dalle normative vigenti. Le deroghe devono essere motivate e
concesse dai Comuni nel rispetto delle caratteristiche tipologiche e architettoniche degli edifici esistenti e
delle caratteristiche ambientali delle zone interessate.
Gli alloggi agrituristici devono essere dotati di idonei servizi igienico-sanitari in ragione di almeno uno ogni
quattro persone o frazioni di quattro, comprese le persone appartenenti al nucleo familiare o conviventi.
Per i campeggiatori che utilizzano gli spazi aperti, in assenza di servizi igienici adeguati nelle piazzole di
sosta, l'autorizzazione per il campeggio è concessa a condizione che il campeggiatore possa usufruire dei
servizi dell'abitazione. In tal caso deve essere comunque garantito che il rapporto tra persone e servizi
igienico-sanitari sia quello indicato nel comma 2. All'interno della struttura edilizia aziendale, inoltre, deve
essere previsto un ambiente attrezzato di lavello per stoviglie e lavatoio per panni.

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Negli spazi aperti la superficie da destinare a tenda o altro mezzo autonomo di soggiorno deve essere non
inferiore a 40 mq. La sistemazione di tale superficie deve essere a prova di acqua e di polvere, realizzabile
anche con inerbimento del terreno.
I locali per l'agriturismo devono essere dotati di acqua corrente potabile.
Per la realizzazione di nuove strutture aziendali comprendenti l’attività agrituristica, sono ammessi tre posti
letto per ettaro con destinazione agrituristica. Per ogni posto letto và computata una cubatura massima di
50mc. Le volumetrie per i posti letto con destinazione agrituristica sono aggiuntive rispetto ai volumi massimi
ammissibili per la residenza nella medesima azienda agricola in cui si esercita l’attività agrituristica.
Il concessionario con atto d’obbligo deve impegnarsi a vincolare al fondo le strutture edilizie, a non
frazionare una superficie non inferiore a 10ha individuata nel progetto e a mantenere la destinazione
agrituristica dei posti letto.
Si applicano gli stessi indici e parametri prescritti per le zone E.
I fabbricati per l’agriturismo, se di nuova costruzione, devono avere un’altezza massima di m 6,50 , avere le
caratteristiche della casa agricola esistente, rispettare le prescrizioni edilizie prima indicate per la residenza
agricola ed essere, ove possibile, accorpati, cioè collegati fisicamente alla residenza del conduttore del
fondo.
c) Fabbricati funzionali alla conduzione e gestione dei boschi e degli impianti arborei industriali (forestazione
produttiva) con indice di fabbricabilità fondiario massimo di 0,01 mc/mq. Essi saranno costituiti da edifici
aventi pareti esterne con materiali di finitura naturali, a faccia vista o con intonaco colorato nella gamma
delle terre. E seguiranno le seguenti norme edilizie: altezza massima alla linea di gronda m 4,00, distacco
minimo dai confini del lotto e dalle strade m 8,00.
d) Strutture per il recupero terapeutico dei disabili, dei tossico dipendenti, e per il recupero del disagio
sociale con indice di fabbricabilità fondiario massimo di 0,05 mc/mq e superficie minima del lotto d’intervento
10,00 ha. Per questi edifici è permessa l’altezza massima di m 6,50, distacco minimo dai confini m 5,00,
distacco minimo dal ciglio delle strade m 8,00.
e) Sono ammessi anche punti di ristoro indipendenti da una azienda agricola, dotati di non più di venti posti
letto, con indice fondiario di 0,01 mc/mq incrementabile con delibera del Consiglio Comunale fino a 0,10
mc/mq.
Il lotto minimo vincolato per la realizzazione di nuovi punti di ristoro isolati deve essere di 10,00 ha.
Quando il punto di ristoro è incluso in un fondo agricolo che comprende attrezzature e residenze, alla
superficie minima di 10,00 ha, vincolata al punto di ristoro, va aggiunta quella minima di 10,00 ha relativa al
fondo agricolo.
Per punti di ristoro devono intendersi i bar, i ristoranti e le tavole calde, cui possono essere annesse, purchè
di dimensioni limitate, altre strutture di servizio relative a posti letto nel numero massimo di 20 (venti) ed ad
attività sportive e ricreative purchè di dimensioni limitate.
La realizzazione dei punti di ristoro è ammessa quando essi siano ubicati ad una distanza dal perimetro
urbano non inferiore a mt 2.000, salvo diversa deliberazione del Consiglio Comunale , e siano previsti come
attrezzature al servizio della viabilità.
I punti di ristoro sono stati previsti come attrezzature al servizio della viabilità. La distanza minima tra i punti
di ristoro è di 20 km per quelli prospicienti le strade interne (Circolare dell’Assessore degli Enti Locali,
Finanze ed Urbanistica 10 maggio 1984 n.1/1984).
Nelle aree boscate si prescrive:
a. sono ammessi esclusivamente gli interventi di cui all’art. 2, comma 1 della L.R. 30/1990, nell’ambito di
progetti autorizzati dal Corpo di Vigilanza Ambientale della Sardegna;
b. non sono ammessi gli interventi di cui all’art. 2, comma 3 della L.R. 30/1990, fatta salva la realizzazione di
strutture temporanee necessarie alle osservazioni scientifiche ed alla fruizione, non altrimenti localizzabili,
previa autorizzazione del Comune;
c. sono consentiti interventi, in attuazione del Reg. CE 1257/1999 (art. 29, comma 3 e art. 30, comma 1),
come recepito dal POR Sardegna 2000- 2006, finalizzati a:
· incremento del patrimonio boschivo a scopo ambientale;
· miglioramento dei boschi esistenti con interventi selvicolturali e di ricostituzione boschiva;
· salvaguardia della biodiversità degli ecosistemi forestali con l’identificazione e tutela “in situ” del patrimonio
genetico;
· miglioramento e razionalizzazione della raccolta e trasformazione dei prodotti del bosco e relativa
commercializzazione;
· ricostituzione dei boschi danneggiati da disastri naturali;
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· ricostituzione dei boschi danneggiati da incendi è soggetta alla L. 353/2000.
d. sono vietati il taglio di alberi e arbusti se non nell’ambito di progetti di taglio regolarmente approvati dal
Corpo Forestale di Vigilanza Ambientale della Regione Sardegna;
e. è vietato il danneggiamento delle forme vegetali e dei prodotti naturali, nonché la loro asportazione oltre ai
limiti definiti dalle relative leggi regionali;
f. le regole che riguardano i boschi vanno estese a tutti gli spazi di vegetazione arborea spontanea, pur
ricreati dall’uomo, anche se sparsi e discontinui, e vanno inquadrate nella normativa generale sulla tutela del
verde fino all’albero isolato di pregio botanico, naturalistico o paesistico.
Esclusivamente e limitatamente alle attività connesse al pascolo, si deroga dal divieto di esercizio di attività
agricole, subordinatamente alle seguenti prescrizioni:
· il pascolo in bosco è consentito in aziende complesse agro- silvo- pastorali nelle quali l’imprenditore
zootecnico sia anche proprietario e/o conduttore del bosco; il bosco infatti deve essere considerato solo
come una fonte equilibratrice dell’intero sistema foraggero, da utilizzare solo nei periodi di vuoto produttivo
delle risorse foraggere erbacee aziendali, prelevando dalla biomassa del bosco solo il minimo necessario e
per un periodo relativamente breve, anche in relazione alla modesta produttività foraggera dei boschi della
zona (70- 100 UF/ha);
· pertanto, può essere ammesso al pascolo solo bestiame caprino, bovino, equino e suino, che in relazione
alle modalità di utilizzo delle risorse, arreca i minori danni alla vegetazione ed è l’unico tipo di pascolo che
può effettivamente avvantaggiarsi dalla disponibilità del bosco; nel caso degli allevamenti estensivi di ovini,
infatti, la funzione del bosco è estremamente limitata;
· è vietato per dieci anni il pascolo in zone boscate percorse dal fuoco (L. 353/200, art. 10);
· il pascolo può essere esercitato solo nei periodi in cui arreca meno danno alla vegetazione (estate), per un
tempo limitato, e con carichi limitati;
i boschi preventivamente destinati a pascolo devono essere obbligatoriamente avviati alla conversione in
alto fusto, per evitare che il bestiame immesso al pascolo danneggi in modo irreparabile la vegetazione.

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Figura 31 – Carta Estratto PUC

3.6.14 AREE DI TUTELA E VINCOLI AMBIENTALI


Lo studio dell’assetto ambientale dell’area interessata dal progetto include anche la ricognizione di aree
sottoposte a tutela, di interesse faunistico e naturalistico, le aree parco, le riserve regionali e nazionali, i
monumenti naturali di cui alla L.R. 231/89 e le zone umide.
La Rete Natura 2000 è un sistema coerente di aree presenti nel territorio dell’Unione europea destinate alla
salvaguardia della diversità biologica mediante la conservazione degli habitat naturali, seminaturali, nonché
della flora e della fauna selvatiche indicati negli allegati delle Direttive 92/43/CEE del 21 maggio 1992
"Direttiva Habitat" e 79/409/CEE del 2 aprile 1979 "Direttiva Uccelli".
La Rete Natura 2000 è composta prevalentemente da due tipi di aree: i Siti di Importanza Comunitaria (SIC),
attualmente proposti e destinati a divenire Zone Speciali di Conservazione (ZSC), previsti dalla Direttiva
"Habitat"e le Zone di Protezione Speciale (ZPS), previste dalla Direttiva "Uccelli". Alle suddette aree si
applicano le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino in uno stato di
conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle specie animali e vegetali. Alcuni tra questi ultimi
vengono ritenuti prioritari e, poiché rischiano di scomparire, la Commissione europea ha una particolare
responsabilità per la loro conservazione.
Le Zone di Protezione Speciale (ZPS) sono i territori più idonei a garantire, nella loro area di distribuzione, la
conservazione, attraverso la protezione, gestione e regolazione, delle specie di uccelli, inserite nell’allegato I
della Direttiva "Uccelli", viventi allo stato selvatico nel territorio europeo.

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Le Aree di Collegamento Ecologico Funzionale sono delle aree che, per la loro struttura lineare e continua
(corsi d’acqua con le relative sponde) o il loro ruolo di collegamento (come le zone umide o le aree forestali)
sono essenziali per la migrazione, la distribuzione geografica e lo scambio genetico di specie selvatiche.
Le Oasi di Protezione Faunistica e di cattura sono istituite allo scopo di proteggere la fauna selvatica e il suo
habitat.
Le Aree umide e le zone Ramsar , come definite dal D.P.R. 448/76, sono aree di palude, pantano, torbiera,
distese di acqua, naturali e artificiali, permanenti o temporanee con acqua ferma o corrente, dolce, salata e
salmastra fondamentali per la sopravvivenza di numerose specie di piante e animali. Tra le zone umide
censite figurano anche le zone Ramsar, individuate dalla Convenzione omonima del 2 febbraio 1971 per la
tutela e la conservazione delle zone umide.
Le Important Bird Areas sono aree che rivestono un ruolo fondamentale per gli uccelli selvatici e dunque uno
strumento essenziale per la loro protezione.

Figura 32 – Carta delle Aeree di Tu tutela e Vincoli Ambientali

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3.6.15 VERIFICA POTENZIALI OSTACOLI E PERICOLI PER LA NAVIGAZIONE AEREA
L’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC) è stato istituito con D. Lgs 25 luglio 1997, n. 250, in base alle
cui previsioni l’ENAC disciplina gli aspetti relativi alla sicurezza del volo in generale provvedendo alla
regolamentazione tecnica nei settori di competenza.
Con D.Lgs. del 9 maggio 2005 n. 96 è stata approvata la riforma del Codice della Navigazione Aerea
approvato con R.D. 30 marzo 1942 n. 327.
L’art. 707 del Codice vigente riporta che “Al fine di garantire la sicurezza della navigazione aerea, l'ENAC
individua le zone da sottoporre a vincolo nelle aree limitrofe agli aeroporti e stabilisce le limitazioni relative
agli ostacoli per la navigazione aerea ed ai potenziali pericoli per la stessa, conformemente alla normativa
tecnica internazionale. Gli enti locali, nell'esercizio delle proprie competenze in ordine alla programmazione
ed al governo del territorio, adeguano i propri strumenti di pianificazione alle prescrizioni dell'ENAC”. In
applicazione all'art 707 comma 5 del Codice della Navigazione, le zone da sottoporre a vincolo e le relative
limitazioni sono riportate in apposite mappe; gli Enti locali, nell’ esercizio delle proprie competenze in ordine
alla programmazione ed al governo del territorio, adeguano i propri strumenti di pianificazione alle
prescrizioni delle mappe di vincolo.
L’art. 711 del suddetto Codice invece prescrive che la realizzazione di opere e l’esercizio di attività che
costituiscono un potenziale pericolo per la navigazione aerea siano subordinate all’autorizzazione di ENAC,
che ne accerta il grado di pericolosità ai fini della sicurezza della navigazione aerea.
In virtù delle attribuzioni conferite dal D. Lgs. 250/1197 ENAC ha redatto il Regolamento per la Costruzione e
l’Esercizio degli Aeroporti nel quale viene valutato il rischio generato da alcune tipologie di attività presenti
sul territorio in quanto potenzialmente pericolose per la sicurezza della navigazione aerea.
Per le strutture in argomento, che possono dare luogo a fenomeni di riflessione e/o abbagliamento per i
piloti, è richiesta l’istruttoria e l’autorizzazione dell’ENAC quando:
risultino ubicati a una distanza inferiore a 6 Km dall’ARP (Airport Reference Point – dato rilevabile dall’AIP-
Italia) dal più vicino aeroporto e, nel caso specifico di impianti fotovoltaici, abbiano una superficie uguale o
superiore a 500mq, ovvero, per iniziative edilizie che comportino più edifici su singoli lotti, quando la somma
delle singole installazioni sia uguale o superiore a 500 mq ed il rapporto tra la superficie coperta dalle
pannellature ed il lotto di terreno interessato dalla edificazione non sia inferiore ad un terzo.
Gli aeroporti presenti sul territorio della Regione Sardegna e la loro distanza dall’area del progetto in esame
sono i seguenti:
Aeroporto di Alghero – Fertilia: distanza dal progetto km 145,00
Aeroporto di Cagliari – Elmas: distanza dal progetto km 50,00
Aeroporto di Olbia – Costa Smeralda: distanza dal progetto km 200,00

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Figura 34– CARTA DEI POTENZIALI OSTACOLI E PERICOLI PER LA NAVIGAZIONE AEREA

In considerazione della distanza del progetto in esame dagli aeroporti presenti nella Regione si può ritenere
che la realizzazione del progetto in esame non costituisca potenziale ostacolo o rischio alla navigazione
aerea.

3.6.16 CONCLUSIONI
Dall’analisi degli strumenti di pianificazione e programmazione territoriale e ambientale esaminati, si può
ragionevolmente concludere che il progetto dell’impianto fotovoltaico in esame sia pienamente compatibile
con i vincoli, le tutele, i piani e i programmi attualmente vigenti sui terreni e sulle aree coinvolte.
Si evidenzia che:
ai sensi dell’art. 12, comma 1, del D. Lgs. 387/03, sono considerati di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti le
opere, comprese quelle connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione ed esercizio, per la
realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.
Si riporta di seguito una sintesi della coerenza dell’intervento proposto con gli strumenti di programmazione
e pianificazione analizzati.

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4 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE

4.1 PREMESSA
La tecnologia fotovoltaica consente di trasformare direttamente l'energia solare in energia elettrica attraverso
l’effetto fotovoltaico, ossia la proprietà di alcuni materiali semiconduttori di generare elettricità se colpiti da
radiazione luminosa. Un impianto fotovoltaico produce elettricità per 25-30 anni, con poche necessità di
manutenzione e una buona resistenza agli agenti atmosferici. I pannelli fotovoltaici più diffusi sono quelli di
silicio cristallino (monocristallino e policristallino).
Il progetto in esame prevede la realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza nominale pari a circa 53
MW,che sarà connesso in antenna a 220 kV sulla futura Stazione Elettrica (SE) di Smistamento 220 kV della
RTN da inserire in entra – esce alla linea RTN a 220 kV “Sulcis - Oristano”
La soluzione tecnologica proposta prevede un sistema fisso composto da circa 99652 moduli :i moduli in
progetto sono della tipologia in silicio monocristallino monofacciali aventi ciascuno una potenza di
picco totale di 540 Wp, per una superficie captante di circa 25 ettari .
Nel presente capitolo viene fornita una descrizione delle attività previste per la realizzazione dell’impianto
fotovoltaico denominato “PV Carbonia 53,812 MW”.

4.2 UBICAZIONE DEL PROGETTO


L’area nella quale è stata prevista la realizzazione dell’impianto fotovoltaico occupa una superficie
complessiva di circa 54 ettari nell’agro del comune di Carbonia in località Girili Su Giuncu.
L’area, libera da vincoli archeologici, di tutela ambientale e dell’ambiente idrico superficiale e
profondo, è per lo più pianeggiante, facilmente raggiungibili dalla viabilità esistente e presenta una buona
esposizione solare.
• località: Girili Su Giuncu, Comune di Carbonia (SU);
• latitudine: 39°09'56.5";
• longitudine: 8°27'04.3"E;
• altitudine: 70 m slm;
• foglio 26 mappali 33,36,39,40, 45,67,526

4.3 DESCRIZIONE DEL CAMPO FOTOVOLTAICO


4.3.1 Generalità tecniche
L'impianto fotovoltaico sarà montato su un sistema fisso, dimensionato in modo che la potenza nominale
installata in condizioni STC sia pari a 53,812 MWp; lo schema grafico allegato è indicativo della previsione di
progetto; rilievi puntuali in fase esecutiva permetteranno di definire con esattezza la disposizione dei moduli
e la superficie da impegnare.

4.3.1.1 Schema distribuzione stringhe:

Sottocampo Zona 1 : P=4,7628 MWp – 309 vele, 12 mezze vele, 13 cassette stringhe da 24 stringhe da 28
moduli ognuna , 1 cassetta stringa da 3 stringhe da 28 moduli ognuna;

Sottocampo Zona 2 : P=7,45416 MWp – 489 vele, 8 mezze vele, 20 cassette stringhe da 24 stringhe da 28
moduli ognuna, 1 cassetta stringa da 13 stringhe da 28 moduli ognuna;

Sottocampo Zona 3: P=7,31808 MWp – 481 vele, 6 mezze vele, 20 cassette stringhe da 24 stringhe da 28
moduli ognuna, 1 cassetta stringa da 4 stringhe da 24 moduli ognuna;

Sottocampo Zona 4 : P=7,36344 MWp – 480 vele, 14 mezze vele, 20 cassette stringhe 24 da stringhe da 28
moduli ognuna, 1 cassetta stringa da 7 stringhe da 28 moduli ognuna;

Sottocampo Zona 5: P=6,98544 MWp – 459 vele, 6 mezze vele, 19 cassette stringhe da 24 stringhe da 28
moduli ognuna, 1 cassetta stringa da 6 stringhe da 28 moduli ognuna;

Sottocampo Zona 6: P=12,00528 MWp – 790 vele, 8 mezze vele, 33 cassette stringhe da 24 stringhe da 28
moduli ognuna, 1 cassetta stringa da 2 stringhe da 28 moduli ognuna;

Sottocampo Zona 7: P=7,92288 MWp – 524 vele, 21 cassette stringhe da 24 stringhe da 28 moduli ognuna,
1 cassetta stringa da 20 stringhe da 28 moduli ognuna;

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Non essendo presenti fenomeni di ombreggiamento significativi, considerando la potenza di picco del
sistema fotovoltaico, l'inclinazione di ±55°, l'azimut di 90°, un valore di BOS pari al 85%, utilizzando le norme
UNI 10349 e UNI 8477 ed un fattore di albedo pari a 0,26 si può stimare una produzione energetica annua di
circa 1.563 kWh/anno.

I moduli fotovoltaici sono formati da celle di silicio monocristallino con una alta efficienza di conversione
energetica. Il sistema di conversione è costituito da n.6 Power Skid Inverter da 2400kVA, e n.8 Power Skid
Inverter da 4800kVA. Le strutture di sostegno che sorreggono i moduli sono in acciaio zincato e orientano i
moduli in direzione Nord-Sud con inclinazione di 20° rispetto il piano orizzontale. Tali strutture sono ancorate
a terra mediante infissione. Le strutture vengono fissate tramite staffe e bulloni in acciaio inossidabile, il
fissaggio dei moduli sulle relative strutture prevede l'utilizzo di morsetti centrali e finale appositamente scelti.

4.3.1.2 I moduli fotovoltaici


I moduli utilizzati per la realizzazione del progetto sono del tipo in silicio monocristallino di potenza pari a 540
Wp, salvo diversa configurazione in fase esecutiva. Tali moduli sono realizzati in esecuzione a doppio
isolamento (classe II), completi di cornice in alluminio anodizzato e cassetta di giunzione elettrica IP65,
realizzata con materiale resistente alle alte temperature ed isolante, con diodi di by-pass, alloggiata nella
zona posteriore del pannello. I moduli dovranno essere costruiti secondo quanto specificato dalle vigenti
norme IEC 61215. Tali moduli saranno coperti da una garanzia di almeno 20 anni, finalizzata ad assicurare il
mantenimento delle prestazioni di targa. Le celle sono inglobate tra due fogli di E.V.A. (Etilvinile Acetato),
laminati sottovuoto e ad alta temperatura. La protezione frontale pannello è costituita da un vetro a basso
contenuto di sali ferrosi, temperato per poter resistere senza danno ad urti e grandine.

4.3.1.3 Inverter
La conversione dell’energia prodotta dalle stringhe di moduli fotovoltaici da corrente continua in corrente
alternata verrà realizzata mediante n°14 Power Skid inverter per la conversione utilizzando cavi di apposita
sezione e tipologia.
Il gruppo di conversione sarà conforme alla normativa vigente, applicabile sia all’eventuale connessione alla
rete che alla compatibilità elettromagnetica.
Saranno inoltre previste tutte le protezioni contemplate dalla normativa vigente.

4.3.1.4 Cabina di parallelo


La cabina di media tensione adibita al collegamento parallelo tra gli Skid sarà costituita dai locali aventi le
caratteristiche previste dalle Normative vigenti.
È prevista l’installazione di una cabina di tipo prefabbricato, di dimensioni 20,25x6,00x2,80m, composta
dall'assemblaggio di elementi monolitici realizzati con cemento Portland 425, con fondo realizzato in
calcestruzzo alleggerito con argilla espansa per garantire una coibentazione termica che riduce gli effetti
derivanti dal fenomeno della parete fredda (formazione di condensa); l'armatura sarà costituita da doppia
maglia di rete metallica diam. 6 mm 20x20 e tondini di ferro ad aderenza migliorata con carico di
snervamento superiore a 4400 kg/cm².
Le pareti, di spessore 8 cm (norme n°5 del 5/89), sono internamente ed esternamente trattate con intonaco
murale plastico formulato con resine speciali e pigmenti di quarzo, che gli conferiscono un elevato potere
coprente, ed ottima resistenza agli agenti atmosferici anche in ambienti marini, ed industriali con atmosfere
inquinate come indicato in specifiche ENEL.
Nelle pareti è fissato l'impianto elettrico realizzato a norme CEI.
Il tetto del monoblocco è realizzato a parte con cls armato alleggerito; viene poi impermeabilizzato
impiegando una guaina bituminosa ardesiata dello spessore di 4 mm.
La cabina sarà quindi suddivisa in 2 vani:
- Collegamento sezionatori ed interruttori: le apparecchiature sono dimensionate in modo da permettere
l’alimentazione in derivazione ed è costituito da interruttore di manovra e sezionamento.
- Misure + monitoraggio: il locale ospita gli strumenti necessari per la misurazione dei parametri elettrici, il
sistema di monitoraggio e le apparecchiature per la videosorveglianza ed antintrusione.

4.3.1.5 Strutture di supporto moduli


Per strutture di sostegno di un generatore fotovoltaico si intende un sistema costituito dall’assemblaggio di
profili, generalmente metallici in grado di sostenere e ancorare al suolo o a una struttura edile un insieme di
moduli fotovoltaici, nonché di ottimizzare l’esposizione di quest’ultimi nei confronti della radiazione solare.
Nel presente progetto i moduli fotovoltaici saranno montati su struttura metallica mediante l'utilizzo di staffe e
bulloni opportunamente posizionata al suolo mediante infissione. La struttura triangolare è realizzata in
alluminio e acciaio zincato in modo da garantire resistenza alla corrosione e massima durata. In particolare
le travature sono in profilato di alluminio estruso, i montanti in acciaio zincato e le minuterie in acciaio
inossidabile. I profili trasversali saranno dotati di un canale integrato per posare i cavi tra i moduli. La

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struttura permetterà di tenere inclinati i pannelli di 20° rispetto all’orizzontale con orientamento direzione
Sud.
Nel posizionamento delle strutture sarà assicurata una distanza minima longitudinale tra le file di moduli tale
da consentire il transito di mezzi e persone per la gestione e
manutenzione dell’impianto e per l’utilizzo agro zootecnico dei terreni finalizzato al pascolamento dei capi
ovicaprini.
Tali strutture di sostegno sono progettate, realizzate e collaudate in base ai principi generali delle leggi
1086/71 (Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso,
ed a struttura metallica) e 64/74 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone
sismiche), nonché tenendo conto del Testo Unico Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14 Gennaio
2008) e delle indicazioni più specifiche contenute nei relativi decreti e circolari ministeriali.

4.3.1.6 Cavi
La scelta delle sezioni dei cavi è effettuata in base alla loro portata nominale (calcolata in base ai criteri di
unificazione e di dimensionamento riportati nelle Tabelle CEI-UNEL), alle condizioni di posa e di
temperatura, al limite ammesso dalle Norme per quanto riguarda le cadute di tensione massime ammissibili
(inferiori al 4%) ed alle caratteristiche di intervento delle protezioni secondo quanto previsto dalle vigenti
Norme CEI 64-8. Tutti i cavi appartenenti ad uno stesso circuito seguiranno lo stesso percorso e saranno
quindi infilati nella stessa canalizzazione, cavi di circuiti a tensioni diverse saranno inseriti in tubazioni
separate e faranno capo a scatole di derivazione distinte.
Qualora facessero capo alle stesse scatole, queste avranno diaframmi divisori. I cavi che seguono lo stesso
percorso ed in particolare quelli posati nelle stesse tubazioni, verranno chiaramente contraddistinti mediante
opportuni contrassegni applicati alle estremità. Il collegamento dei cavi in partenza dai quadri e le derivazioni
degli stessi cavi all'interno delle cassette di derivazione saranno effettuate mediante appositi morsetti. I cavi
non trasmetteranno nessuna sollecitazione meccanica ai morsetti delle cassette, delle scatole, delle prese a
spina, degli interruttori e degli apparecchi utilizzatori. I terminali dei cavi da inserire nei morsetti e nelle
apparecchiature in genere, saranno muniti di capicorda oppure saranno stagnati

4.3.1.7 Recinzioni e cancelli


Contestualmente all’installazione dell’impianto fotovoltaico in progetto si prevede la realizzazione di una
recinzione lungo il perimetro di confine allo scopo di proteggere l’impianto. Tale recinzione non presenterà
cordoli di fondazione posti alla base, ma si procederà con la sola infissione dei pali a sostegno, ad eccezione
dell’area di accesso in cui sono presenti dei pilastrini a sostegno della cancellata.
I sostegni che verranno utilizzati saranno pali in profili ad U. La rete metallica per recinzione sarà di tipo “a
magliaromboidale” 50 x 50 mm plastificata di colore verde, in filo di ferro zincato, diametro 2 mm, di altezza
circa 2 mancorata a pali di sostegno in profilato metallico con sezione U (o eventualmente a T) in acciaio
zincato di dimensioni 80x60 mm. I pali, alti 2,1 m, verranno conficcati nel terreno per una profondità pari 0,8
m. Questi presenteranno giunti di fissaggio laterale della rete sul palo e giunti in metallo per il fissaggio di
angoli retti e ottusi.
La recinzione lungo il confine con i lotti adiacenti verrà inoltre posizionata ad un’altezza da terra di circa 10
cm,al fine di permettere alla piccola fauna presente nella zona di utilizzare l’area di impianto, mentre lungo i
fronti stradali saranno previsti dei ponti ecologici consistenti in cunicoli delle dimensioni di 100x20 cm sotto la
rete metallica.
I cancelli (pedonali e carrabili) saranno realizzati in tubolari di accio e rete elettrosaldata, agganciati a profili
tubolari quadrati in acciaio di dimensioni 10x10 cm ancorati al suolo tramite blocchi di fondazione in cls di
dimensioni 50x50x50 cm su magrone di sottofondazione di spessore 10 cm, saranno completi di guida di
scorrimento fissa e serratura.

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5 QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE
Il quadro di riferimento ambientale contiene i dati necessari per l’individuazione e la valutazione dei principali
effetti che la realizzazione dell’impianto fotovoltaico della potenza di circa 53,812 MWp può avere
sull’ambiente, nelle tre fasi di costruzione, esercizio e dismissione. L’analisi qualitativa è condotta sulle
componenti ambientali potenzialmente interessate dagli interventi quali:
● ambiente idrico;
● suolo e sottosuolo
● atmosfera;
● vegetazione e flora;
● fauna;
● fattori socio‐ economici (salute e sicurezza pubblica, popolazione, economia).
● paesaggio;

Inoltre, collegate alla valutazione degli impatti, verranno presentate una serie di opere di
mitigazione al fine di contenere i potenziali impatti negativi.

5.1 Inquadramento geografico


Il sito oggetto dell’intervento è ubicato nel settore Sud-Occidentale della Sardegna nella regione del Sulcis,
subito a ovest del centro abitato di Carbonia ad una distanza di circa 4 chilometri. Più specificatamente
l’area, con una superficie totale lorda di circa 70,97 ettari, di cui solo 25,5 Ha saranno interessati dalla posa
pannelli.
Più precisamente l’area di intervento si colloca Comune di Carbonia (SU) censito in NCT al Fg. 26 p.lle. 33-
36-39-40-45-67-524-525-526-527.

È inoltre collocata nei seguenti fogli delle carte i.g.m. e c.t.r :


- Foglio n. 564 Sezione IV Calasetta - dell’I.G.M. scala 1: 25.000 (Figura 2);
- Foglio n. 564 Sezione 020 - della Carta Tecnica Regionale scala 1:10.000 (Figura 3);

60
Figura 35–Stralcio inquadramento dell'area di studio su base IGM scala 1:25.000 – Foglio n. 564 Sezione IV
Calasetta.

61
Figura 36- Stralcio Carta Tecnica Regionale scala 1:10.000 – Foglio n. 564 Sezione 020

62
5.2 SUOLO E SOTTOSUOLO

5.2.1 Inquadramento Geologico Regionale


La Sardegna possiede una storia geologica molto antica che parte dal Cambriano e arriva fino all’Olocene. Il
basamento paleozoico sardo si configura come un segmento della catena varisica orientale sud europea,
separatosi dall'Europa all'inizio dell'Oligo-Miocene. La Sardegna può essere suddivisa in tre complessi
geologici principali che sono: il basamento metamorfico ercinico, il complesso intrusivo tardo-varisico, le
successioni sedimentarie e vulcaniche tardo-erciniche, mesozoiche e cenozoiche (Figura 9).

Figura 37- Carta Geologico Regionale scala 1:1.200.000

La catena varisica europea è considerata da alcuni autori come il risultato di una catena collisionale
associata a subduzione di crosta oceanica e metamorfismo di alta pressione durante il Siluriano, collisione
continentale con importante ispessimento crostale, metamorfismo e magmatismo, durante il Devoniano e il
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Carbonifero. L’orogenesi varisica ha interessato tutto il basamento della Sardegna con intense deformazioni,
un metamorfismo sin-cinematico e un importante magmatismo post collisionale. In Sardegna affiora una
sezione completa della catena varisica: dalle zone esterne della catena che affiorano nella Sardegna SW,
fino a quelle interne che affiorano nella parte NE dell’isola. La catena varisica è caratterizzata da
raccorciamenti e da una zonazione tettono-metamorfica tipica delle orogenesi da collisione continentale
(CARMIGNANI et al., 1978; ARTHAUD & SAUNIAC, 1981). Il basamento sardo è costituito da un sistema di
falde erciniche vergenti verso SW, in cui si distinguono: una Zona esterna, una Zona a falde e una Zona
assiale (CARMIGNANI et al., 1987b).
5.2.2 inquadramento geologico dell’area di studio
L'area di interesse ricade in un'area il cui basamento geologico è costituito essenzialmente dalla
SUCCESSIONE VULCANICA MIOCENICA e da DEPOSITI QUATERNARI. Alla base delle attività mirate
alla definizione della Carta Geologica è stato eseguito un rilevamento geologico di dettaglio di tutta l’area di
studio. Il rilievo è stato mirato alla definizione delle diverse componenti litologiche differenziando le unità
dotate di caratteristiche litologiche, petrografiche e/o mineralogiche, sedimentologiche riconoscibili sul
terreno e distinguibili da quelle adiacenti. Sono state inoltre definite oltre ai limiti tra Unità litologiche e terreni
di copertura significativi le strutture principali.
Come strumento di base per lo studio geologico è stata utilizzata: la "Carta Geologica di base della
Sardegna in scala 1:25.000" (Regione Autonoma della Sardegna); il rilevamento geologico dell’area,
unitamente allo studio della documentazione bibliografica sopracitata, hanno permesso di definire con
maggior dettaglio l’assetto geologico strutturale dell’area (Figura 11).
Di seguito viene elencata la successione stratigrafica presente in ordine cronostratigrafico partendo dalle
formazioni più antiche verso le più recenti:

5.2.2.1 Successione Vulcanica Miocenica


I depositi vulcanici sono costituiti da colate laviche, domi lavici e piroclastiti messi in posto in condizioni
subaeree e da epiclastiti e subordinati filoni. Le distinzioni cartografiche tra le diverse unità vulcaniche si
basano principalmente su caratteri macroscopici osservabili in campagna (poi confermati in sezione sottile),
quali litologia, giacitura, caratteristiche stratigrafiche e petrografiche, etc., privilegiando, per quanto possibile,
le distinzioni basate su discordanze angolari e paleosuoli.

(NUR) - RIOLITI DI NURAXI (Lipariti Auct.). Depositi di flusso piroclastico in facies ignimbritica a chimismo
riolitico, con cristalli liberi di Pl (con orlo di Sa), Sa, scarsi Opx, Cpx, Mag, di colore variabile da grigio ceruleo
a bruno violaceo. MIOCENE MEDIO (LANGHIANO).
Questa formazione corrisponde all’Unità di Nuraxi di ASSORGIA et alii (1990) ed è anch’essa molto diffusa
nel Sulcis. Generalmente poggia su un paleosuolo di spessore decimetrico, talora arrossato, formato a
spese delle rioliti di Monte Crobu e, localmente, anche a spese dei termini sottostanti.
La formazione consiste principalmente di un deposito piroclastico di flusso, con colore variabile dal grigio
ceruleo al rosso violaceo, densamente o moderata- mente saldato, in cui spicca una notevole quantità di
cristalli e/o aggregati pluri-millimetrici di feldspati. Caratteristica comune a tutta la formazione è la marcata
foliazione, con spaziatura da centimetrica a decimetrica, che appena al di sopra del livello basale vitrofirico è
più fitta (da millimetrica a centimetrica). Alla base della formazione in genere si rinviene un deposito di
pomici di caduta di spessore decimetrico, ricco di cristalli liberi.
Il deposito piroclastico di flusso è quasi sempre caratterizzato da un livello vitrofirico basale, moderatamente
ricco in cristalli, di spessore da decimetrico a metrico. Al di sopra del vitrofiro basale compaiono fiamme
molto allungate (struttura paratassitica), solitamente di dimensioni decimetriche e di colore grigio chiaro,
anch’esse ricche di cristalli di feldspati. Nella parte alta, cristalli singoli e/o aggregati aumentano di
dimensione fino a circa 5-6 mm. Nella parte sommitale del deposito, localmente), compare anche un livello
vitrofirico di spessore decimetrico.
Al microscopio la tessitura è porfirica per Pl e Sa; la componente femica (pirossenica) è scarsa e
caratterizzata da una sistematica alterazione. La compo- sizione è riolitica. Nuove determinazioni
radiometriche, eseguite col metodo 40Ar/40Ar con isocrone su Sa, indicano per queste rocce 15,8±0,2 Ma.
Gli spessori, relativamente costanti in tutta l’area di affioramento, si aggirano attorno ai 20 m.

PRU) - RIOLITI DI PARINGIANU (Lipariti Auct.). Depositi di flusso piroclastico in facies ignimbritica, a
chimismo riolitico, con alternanze di depositi di caduta, con cristalli liberi di Qtz, Sa, Pl, subordinata Bt.
Miocene medio (LANGHIANO).
La formazione affiora tra Paringianu e Matzaccara, fino alla parte occidentale dell’Isola di S. Antioco.
Generalmente poggia sulle rioliti iperalcaline di Monte Ulmus, ma localmente può poggiare anche su termini
sottostanti. Consiste di depositi piroclastici sia di flusso (da saldati a non saldati e più o meno litificati) che di
caduta.
Nell’entroterra sulcitano è presente esclusivamente un’unità di flusso piroclastica, che corrisponde alla Unità
di Paringianu di ASSORGIA et alii (1990). Essa è non saldata o incipientemente saldata (in particolare alla

64
base dell’unità), litificata, con struttura massiva non gradata; è scarsamente porfirica per feldspati e contiene
scarsi clasti litici in genere da millimetrici a centimetrici che, localmente, raggiungono il decimetro.
Il colore della matrice è in genere biancastro, con sfumature rosate od ocra. A volte (presso l’abitato di
Paringianu) si osservano piccole pomici diagenizzate di colore grigio, da qualche centimetro ad un
decimetro. La parte alta presenta generalmente evidenze di pedogenesi.
Nell’Isola di S. Antioco questa formazione è costituita da alternanze di depositi di flusso e di caduta, non
saldati, di spessore metrico e spesso separati da paleosuoli. Tra le piroclastiti di flusso prevalgono tufi e tufi
a lapilli e rare brecce con clasti litici, disposti in strati da molto sottili fino a banchi. Nella parte sommitale dei
flussi piroclastici sono a volte presenti camini verticali di degassamento (pipes). I depositi di caduta, in
genere subordinati, sono costituiti da livelli di cineriti fini laminate e tufi a lapilli pomicei stratificati.
Microscopicamente i flussi piroclastici presentano tessitura porfirica ipocristallina con fenocristalli di Pl, Sa,
Bt, Hbl e Aug. Nelle porzioni più salda- te la tessitura vitroclastica è più o meno obliterata dalla
devetrificazione che si accompagna allo sviluppo di tessiture granofiriche. La composizione è riolitica.
Lungo la costa occidentale di S. Antioco gli spessori sono variabili da zero a circa 15 m, mentre nella zona di
Paringianu gli spessori sono più costanti e di circa una decina di metri.

(SEP) - RIOLITI DI SERRA DI PARINGIANU (Lipariti, Auct. p.p.). Depositi di flusso piroclastico in facies
ignimbritica, a chimismo riolitico, con cristalli liberi di Qtz, Sa, Pl, subordinato Cpx, di colore da grigio a bruno
rossastro, densamente saldati. MIOCENE MEDIO (LANGHIANO).
Questa formazione, corrispondente all’Unità di Serra di Paringianu di ASSORGIA et alii (1992a), è la più
recente formazione vulcanica del Sulcis. Affiora nell’Isola di S. Antioco, mentre nell’entroterra sulcitano è
presente limitatamente a Serra di Paringianu (presso l’abitato di Paringianu) e in piccoli affioramenti nella
zona tra Paringianu e Matzaccara. Nell’entroterra sulcitano poggia sempre sulle rioliti di Paringianu; nell’Isola
di S. Antioco poggia sulle rioliti di Paringianu e su quelle di Monte Ulmus e, localmente, su formazioni più
antiche.
Si tratta di rocce piroclastiche di flusso densamente saldate con abbondanti cristalli di Pl e Sa in individui
millimetrici, più minuti al letto. La base del deposito è costituita da un livello vitrofirico, di colore da grigio
scuro a nero che di solito poggia su un paleosuolo. Lo spessore del vitrofiro è in generale dell’ordine di
alcuni decimetri, fino a circa 1 m; al suo interno sono spesso presenti sferuliti con diametri massimi di alcuni
centimetri.
Al di sopra, il deposito è densamente saldato, con evidente tessitura eutassitica, data da fiamme di colore
grigio chiaro spesse da pochi millimetri (principalmente nella parte bassa della formazione) fino ad alcuni
centimetri (principalmente nella parte alta), lunghe da alcuni centimetri ad alcuni decimetri e disperse in una
matrice di colore bruno o rosso-violaceo. Le fiamme sono finemente vescicolate e generalmente orientate
circa E-W.
La porzione sommitale è osservabile solo nell’Isola di S. Antioco ed è caratterizzata dalla comparsa di
brecce piroclastiche e dalla riduzione del grado di saldatura.
Microscopicamente il deposito presenta tessitura porfirica ipocristallina con fenocristalli di Sa, Pl (spesso
bordati da Sa) e pirosseni; la matrice presenta tessitura vitroclastica ed eutassitica; le fiamme risultano
devetrificate, con vescicole riempite da minerali della “fase vapore”. La composizione è riolitica.
Nuove determinazioni radiometriche, eseguite col metodo 39Ar/40Ar con isocrone su Sa, indicano 15,0±0,2
Ma.
Gli spessori maggiori di questa formazione (18-20 m) affiorano a S. Antioco lungo la costa occidentale,
mentre nelle altre località lo spessore apparente non supera la decina di metri.

(CDT) - COMENDITI AUCT. Depositi di flusso piroclastico in facies ignimbritica di tipo composito, a chimismo
riolitico comenditico, con cristalli liberi di Sa, Qtz, Arf, Aeg, da non saldati (tufi, tufi a lapilli) a densamente
saldati, con tessitura eutassitica. MIOCENE MEDIO (LANGHIANO).
Questa formazione poggia in discordanza sulle sottostanti formazioni del gruppo di Monte Sirai ed è sempre
sormontata in concordanza dalle rioliti iperalcaline di Monte Ulmus. È composta da depositi di diversa
natura, talora separati da paleosuoli. Sono presenti depositi piroclastici non saldati sia in più unità di flusso
che di caduta, depositi piroclastici di flusso saldati e subordinate epiclastiti (arenarie vulcanoclastiche).
I depositi di flusso densamente saldati sono presenti in genere solo a S. Antioco. Sono caratterizzati dalla
presenza di una elevata concentrazione di cristalli di Sa e subordinatamente di Qtz e di femici più o meno
alterati (egirina, Arf), immersi in una matrice di colore variabile da bruno rossiccio a violaceo fino a verdastro,
nella quale sono anche riconoscibili fiamme vescicolate centimetriche. Alla base e intercalati ai depositi
piroclastici saldati sono presenti livelli vitrofirici con spessori massimi decimetrici.
I depositi non saldati (sia di flusso che di caduta), a volte intercalati alle porzioni saldate, sono rappresentati
da tufi a grana fine o grossolana e tufi a lapilli, con quantità variabile di fenocristalli (Sa, Qtz), di litici minuti e
di lapilli pomicei da millimetrici a centimetrici, variamente alterati, talora pedogenizzati.

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Determinazioni radiometriche, effettuate su sanidino, con il metodo 40K/40Ar (ASSORGIA et alii, 1995),
indicano 15,5±0,5 Ma.
Gli spessori affioranti sono molto variabili da circa 10 m fino a diverse decine di metri. In certi casi la
formazione si appoggia su paleoversanti e gli spessori si riducono progressivamente fino a pochi metri. In
queste zone talora i depositi piroclastici inglobano blocchi metrici di rioliti di Nuraxi. I sondaggi per ricerche di
carbone eocenico eseguiti anche in prossimità di aree di affioramento delle documentano anche spessori
maggiori, superiori a 50 m.
(ULM) - RIOLITI DI MONTE ULMUS. (Lipariti, Auct.). Depositi di flusso piroclastico in facies ignimbritica, a
chimismo riolitico iperalcalino, con cristalli liberi di Sa, Qtz, subordinati Cpx, Enigmatite, Bt, di colore grigio
bruno. MIOCENE MEDIO (LANGHIANO).
Questa formazione corrisponde all’Unità di Monte Ulmus di ASSORGIA et alii (1990) e affiora nell’area del
Canale di Paringianu fino a Matzaccara, nella parte occidentale dell’Isola di S. Antioco e tra Giba ed il Lago
di M. Pranu. In genere poggia in concordanza sulle comenditi, ma talora è discordante sui termini sottostanti
del gruppo di Monte Sirai.
Si compone di un deposito piroclastico di flusso principale, con gradi di saldatura variabili, e di subordinati
depositi di flusso non saldati.
La porzione basale dell’unità di flusso principale è di colore rossiccio, densamente saldata fino a vitrofirica,
da afanitica a scarsamente faneritica, porfirica per feldspati; nella parte superiore del livello vitrofirico sono
presenti vescicole allungate ed appiattite lunghe qualche centimetro, tipiche di questa formazione.
Al di sopra della porzione basale è presente una porzione scarsamente porfirica per Sa, moderatamente o
densamente saldata, con struttura eutassitica e con matrice di colore grigio chiaro o biancastro. Presenta
foliazioni con spaziatura molto sottile. Sulle superfici di foliazione presenti al di sopra del vitrofiro si os-
servano di frequente strie di flusso, che indicano un movimento da W verso E.
Localmente (ad es. a M. Ulmus) le direzioni di flusso sono abbastanza disperse: da circa N010E a circa
N070E. In quest’area sono inoltre documentati spessori anomali (circa 50 m) riconducibili probabilmente a
paleomorfologie articolate. Talora nella parte centrale della piroclastite sono presenti strutture reomorfiche a
scala metrica e decametrica. Verso l’alto il deposito è via via meno foliato fino a massivo, da densamente a
incipientemente saldato. Nella matrice, di colore variabile da grigio-rosato a bruno-violaceo, sono disperse
fiamme di dimensioni massime decimetriche, variamente vescicolate, con colore violaceo o nerastro e
schiacciamenti variabili. Si rinvengono inoltre quantità variabili di litici vulcanici con dimensioni da
millimetriche a centimetri- che, cristalli millimetrici di Sa e bollosità (lithophysae).
In alcuni tratti, nella parte alta della piroclastite principale è presente una breccia piroclastica eterometrica
con elementi decimetrico-metrici. I clasti di dimensioni minori appartengono a formazioni sottostanti
(“Comenditi”, rioliti di Nuraxi e di Monte Crobu), mentre quelli di maggiori dimensioni sono della stessa
formazione di Monte Ulmus. La matrice della breccia è saldata e contiene abbondante Sa.
Al di sopra dell’unità di flusso principale si trovano localmente depositi di flusso non saldati (tufi, tufi a lapilli
pomicei) spesso pedogenizzati.
Microscopicamente la tessitura è porfirica ipocristallina per Sa prevalente, pirosseni in genere alterati, rari Pl
e Hbl; in alcuni casi si osserva Qtz di origine secondaria. ASSORGIA et alii (1990) segnalano la presenza di
egirina e Arf. La matrice mostra tessitura vitroclastica ed eutassitica talvolta obliterata dalla devetrificazione
(Trd, Crs) con presenza di tessitura neogenica micropecilitica. All’interno delle fiamme e nella matrice sono
presenti minute cavità miarolitiche con cristallizzazioni secondarie di “fase vapore” (Trd, feldspati). La
composizione è riolitica con affinità iperalcalina.
Gli spessori sono molto variabili: quelli massimi (circa 50 m) si trovano a M. Ulmus, Cala Lunga, Cala
Saboni, ma diminuiscono ad alcuni metri nello spa- zio di poche centinaia di metri. In altri casi (as es. presso
Giba) gli spessori sono più costanti e di circa 5 m.

66
5.2.2.2 Depositi Quaternari

Depositi Pleistocenici
Nell’area di studio sono state distinte due principali unità deposizionali, separate da superfici di erosione
corrispondenti in genere a fasi di incisione e terrazzamento: il sintema di Portovesme (PVM) attribuito al
Pleistocene superiore e, i depositi olocenici. Il subsintema di Portoscuso (PVM2) è costituito da depositi di
ambiente alluvionale (PVM2a), di ambiente eolico (PVM2b) spesso intercalati tra loro. L’inquadramento
cronostratigrafico di questi depositi è basato su osservazioni stratigrafiche, morfo-stratigrafiche e su alcune
determinazioni radiometri- che con il metodo 14C, eseguite su resti ossei e conchiglie di molluschi marini e
terrestri. L’età pleistocenica superiore del subsintema è stata confermata da tre determinazioni la
determinazione 14C, effettuata su molluschi polmonati di un livello sabbioso-siltoso di interduna, ha dato
un’età di 11.420±40 anni BP. L’analisi ottenuta su molluschi marini rimaneggiati all’interno di depositi eolici
ha fornito un’età di 16.700±50 anni BP.
I depositi del subsintema di Portoscuso poggiano su depositi tirreniani che sono stati messi in posto in
condizioni aride e fredde.
I depositi alluvionali (PVM2a) sono in genere grossolani (ghiaie grossolane sino a blocchi), con clasti a
spigoli da sub-angolosi a sub-arrotondati. Questi sedimenti localmente presentano stratificazioni incrociate
concave, in genere di limitata ampiezza e profondità. Ai livelli ghiaiosi sono intercalati lenti e livelli di sedi-
menti fini (sabbie e silt). Questi caratteri sono riferibili a corsi d’acqua a canali intrecciati.

(PVM2a) - Litofacies nel Subsintema di Portoscuso (SINTEMA DI PORTOVESME). Ghiaie alluvionali


terrazzate da medie a grossolane, con subordinate sabbie. PLEISTOCENE SUPERIORE
I depositi alluvionali (PVM2a) sono in genere grossolani (ghiaie grossolane sino a blocchi), con clasti a
spigoli da sub-angolosi a sub-arrotondati. Questi sedimenti localmente presentano stratificazioni incrociate
concave, in genere di limitata ampiezza e profondità. Ai livelli ghiaiosi sono intercalati lenti e livelli di sedi-
menti fini (sabbie e silt). Questi caratteri sono riferibili a corsi d’acqua a canali intrecciati.
Più raramente, soprattutto nella parte alta delle sequenze, i canali presentano una stratificazione incrociata
planare di limitata estensione che indica una tendenza alla migrazione laterale. In questi casi i sedimenti
sabbiosi sono presenti anche come riempimento di canali. Nei pressi dei paleorilievi si trovano livelli di
ciottoli a spigoli angolosi con i clasti di maggiori dimensioni.
Questi depositi alluvionali rappresentano i residui di estese conoidi alluvionali variamente incise e terrazzate.
Lo spessore totale di questi sedimenti può superare i 10 m, ma più frequentemente è solo di alcuni metri.

(PVM2b) - Litofacies nel Subsintema di Portoscuso (SINTEMA DI PORTOVESME). Sabbie e arenarie


eoliche con subordinati detriti e depositi alluvionali. PLEISTOCENE SUPERIORE.
I depositi eolici sono costituiti da sabbie e arenarie medie e grossolane, a stratificazione incrociata planare,
con evidenti superfici di erosione e riattivazione. Spesso si intercalano a livelli detritici di versante o orizzonti
colluviali. Questi sedimenti originavano campi dunari e dune da ostacolo, in genere addossate ai rilievi
prospicienti la costa occidentale dell’entroterra sulcitano e la costa settentrionale dell’Isola di S. Antioco. La
posizione geomorfologica e la direzione dei set indicano che i venti dominanti provenivano da NW.
In alcuni casi si possono rinvenire due unità eoliche separate da un suolo con accumulo di materia organica
e ossidi di Fe: superiormente i depositi sono eolici, verso il basso, sabbie massive con intercalati livelli In altri
casi si possono rinvenire unità eoliche caratterizzate da arenarie con stratificazione a festoni e, nella
porzione inferiore, stratificazione incrociata a basso angolo, che poggiano su sabbie limose bioturbate ed
alterate. Gli spessori massimi osservati in affioramento sono circa 20 m.

Depositi Olocenici
Questi depositi sono rappresentati dai sedimenti attuali e recenti messi in posto durante le modificazioni
dell’ambiente fisico avvenute nell’Olocene. I depositi più rappresentati sono quelli di pianura alluvionale, che
mostrano passaggi progressivi a quelli di conoide alluvionale. Vi sono compresi anche depositi alluvionali
terrazzati posti a quote inferiori rispetto ai terrazzi pleistocenici.

Depositi alluvionali terrazzati


Depositi alluvionali terrazzati (bna, bnb) affiorano nell’area di studio, dove costituiscono piane alluvionali che
si raccordano ai rilievi tramite fasce colluviali e detritiche e conoidi alluvionali. Questi depositi sono posti ai
lati degli alvei attivi o dei tratti di alveo regimati dei corsi d’acqua principali e non sono interessati dalle
ordinarie dinamiche fluviali.
(bna). Ghiaie con subordinate sabbie. OLOCENE
Sono costituiti in genere da ghiaie grossolane con lenti e livelli di sabbie e di ghiaie fini, a stratificazione
incrociata concava e ghiaie massive a supporto di matrice, in prossimità dei versanti. La natura litologica dei
clasti è rappresentata da metamorfiti paleozoiche e da rocce vulcano-sedimentarie terziarie. Lo spessore di
questi sedimenti è in genere difficilmente valutabile ma in alcune sezioni, in cave o lungo scarpate di
erosione fluviale, può superare i 5 m.
(bnb). Sabbie con subordinati limi ed argille. OLOCENE

67
Talvolta i depositi alluvionali sono costituiti da sabbie medio-fini di composizione quarzoso-feldspatica, a
stratificazione incrociata concava (St). Essi derivano dal rimaneggiamento delle arenarie eoliche
pleistoceniche e costituiscono piccole conoidi alluvionali. Lo spessore di questi sedimenti è in genere
difficilmente valutabile ma in alcune sezioni, in cave o lungo scarpate di erosione fluviale, può superare i 5
m.
(e2) - DEPOSITI LACUSTRI. Calcari lacustri talvolta con gasteropodi polmonati. OLOCENE
Si tratta di sedimenti calcarei contenenti gusci di gasteropodi polmonati, interessati da processi di
carsificazione con fori di dissoluzione e piccoli karren. L’età olocenica antica di questi depositi può tuttavia
essere giustificata da una precipitazione di carbonato non in equilibrio con le condizioni vigenti durante la
sedimentazione (hard water effect), probabilmente associata all’aumento di CO2 connesso con la
riforestazione dei versanti durante l’Olocene antico. Lo spessore non supera i 2 m.

Figura 10 - Legenda Carta Geologica.

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Figura 38- Carta stralcio Geologico

69
5.3 AMBIENTE IDRICO
5.3.1 Idrografia superficiale
L’assetto di un bacino idrografico e la sua configurazione sono fortemente influenzati da diversi fattori
geologici, come tipo di roccia, grado di fatturazione e influenza tettonica, fattori morfologici, come pendenza
dei versanti, ed anche meteorologici e biologici. Dal punto di vista idrografico il settore in esame rientra
nell’Unità Idrografica Omogenea (U.I.O.) del Palmas. Dal punto di vista idrografico il comune comprende due
bacini principali, a sud il rio Santu Milanu, ad est il rio Cannas.
Ad essi si aggiunge il rio Flumentepido, che attraversa a nord la nostra area. Scorre per un breve tratto nel
territorio comunale anche il rio Cixerri avente foce nello stagno di Cagliari. Il sistema idrografico,
moltoramificato procedendo verso monte, presenta complessivamente un pattern dendritico convergente. La
U.I.O. del Palmas è delimitata a est dal massiccio del Sulcis e a nord dalla valle del Cixerri e dalle pendici
occidentali del massiccio dell’Iglesiente, mentre la parte meridionale e quella occidentale interessano una
vasta area costiera. Il bacino del Rio Palmas è localizzato nella porzione sud occidentale della Regione, di
fronte all’isola di Sant’Antioco: è delimitato a Nord dal Monte Orri, ad Est dal Monte Is Caravius, a Sud da
Punta Sebera e ad Ovest dal Golfo di Palmas.
Il bacino idrografico, che drena una superficie di 460.6 kmq, abbraccia formazioni geologiche da molto
antiche a recenti. L’area di alimentazione dei corsi d'acqua è rappresentata dai rilievi del Sulcis caratterizzati
dalle rocce paleozoiche della successione cambriana, costituita dalle seguenti formazioni:
- "Formazione di Nebida": arenarie con lenti calcaree;
- "Formazione di Gonnesa" (il Metallifero): dolomie e calcari;
- "Formazione di Cabitza": calcari e scisti.
Fanno seguito i depositi della trasgressione marina Ordoviciana, costituiti da conglomerato. Sopra tali
formazioni, si trovano gli scisti di età che va dal Devoniano al Carbonifero, originatesi durante l'orogenesi
ercinica. Il Terziario è rappresentato da facies sedimentarie continentali e vulcaniche, cioè conglomerati e
arenarie, alternati a calcari selciosi, attraversate dalle vulcaniti oligomioceniche, che possono essere in
colate di andesiti o in espandimenti ignimbritici di rioliti, riodaciti e daciti. Infine il Quaternario, costituito da
alluvioni terrazzate di ciottoli, sabbie, limi e argille, affioranti nella piana di Narcao, Perdaxius e Villaperuccio-
Santadi, Carbonia. Il rio Flumentepido, chescorre su sedimenti continentali del Quaternario e da prodotti
vulcanici e cartonatici terziari ha un’estensione complessiva di bacino idrografico di 120,2 kmq, con origine
nei pressi del Monte Santu Miai e dopo aver percorso circa 23 km trova sbocco nel canale di Paringianu. Il
maggior contributo in passato proveniva dalle sorgenti di Caput Acquas di Barbusi, che attualmente vengono
captate direttamente in falda e sfruttate per usi civili. Riceve dalla destra idrografica gli apporti dei torrenti
che provengono da Monti di Barega mentre in sinistra idrografica va menzionato l’apporto del canale
Peddori. Da punto di vista idrogeologico, i complessi acquiferi costituiti da una o più unità Idrogeologiche
omogenee che caratterizzano il territorio, nell’ambito dell’unità idrografica omogenea di appartenenza, sono i
seguenti:
- Acquifero dei Carbonati Cambriani del Sulcis-Iglesiente: l’unità carbonatica cambriana composta da calcari,
dolomie, metacalcari è caratterizzata da permeabilità per fessurazione e carsismo medio-alta.
- Acquifero delle Vulcaniti Oligo-Mioceniche del Sulcis: comprende vari litotipi come rioliti, riodaciti, daciti e
subordinate comenditi in espandimenti ignimbritici, cupole di ristangno, con associati prodotti piroclastici e
talora livelli epiclastici, andesiti in cupole di ristagno e colate. La permeabilità per fessurazione complessiva
è medio bassa, più alta nei termini con sistemi di fratturazione marcati (espandimenti ignimbritici e lavici) e
più bassa in quelli meno fratturati (cupole di ristagno) e nei livelli piroclastici e epiclastici. Caratterizzato da
spessore medio di 200 metri, soggiacenza media di 15 metri, prelievi medi e sorgenti con portate medie.
- Acquifero Detritico Carbonatico Eocenico di Carbonia: comprende conglomerati, arenarie, siltiti argillose,
calcari marnosi, marne argillose. E’ dotato di permeabilità complessiva media; media per porosità nei termini
arenacei e conglomeratici, medio-alta per fessurazione e carsismo nei termini carbonatici, bassa per porosità
nei termini argillosi.
- Acquifero Detritico Alluvionale Plio-Quaternario del Sulcis: nell’area in esame è rappresenta dall’unità delle
alluvioni Plio-Quaternarie, rappresentata da depositi alluvionali conglomeratici,arenacei, argillosi e depositi
lacustro-palustri. L’acquifero è dotato di permeabilità per porosità complessiva medio-bassa; localmente
medio-alta nei livelli a matrice più grossolana; è caratterizzato da spessore medio di 20 metri, soggiacenza
media di 4 metri, prelievi medio scarsi.

70
5.3.2 Idrogeologia
L’idrogeologia dell’area è notevolmente influenzata dalla natura dei litotipi affioranti, in particolare dalla loro
idoneità a costituire degli acquiferi in grado di ospitare delle falde idriche superficiali o profonde. In linea
generale le zone che manifestano il minore grado di permeabilità sono riferibili alle metapeliti paleozoiche, ai
sedimenti terrigeni paleogenici argilloso-marnosi e alle epiclastiti terziarie. Il complesso carbonatico
paleozoico è caratterizzato da permeabilità complessivamente alta per fessurazione e carsismo nei termini
carbonatici, media in corrispondenza di metacalcari e metadolomie.
Al contatto tra quest’unità idrogeologica, i depositi vulcano-sedimentari terziari e i depositi alluvionali
quaternari si rilevano le principali sorgenti. Le rocce vulcaniche (NUR, PRU, CDT, ULM) terziarie (comenditi,
espandimenti di flusso ignimbritici a chimismo riolitico) presentano permeabilità media per fessurazione. I
depositi detriti e i sedimenti di natura colluviale chechiudono le sequenze stratigrafiche, presentano invece
una permeabilità elevata per porosità in corrispondenza dei livelli a granulometria più grossolana, ma
complessivamente sono caratterizzati da permeabilità per porosità medio – basse per la frazione argillosa. I
depositi alluvionali olocenici (bn), costituiti da livelli di ghiaie e sabbie prevalenti, dotati di permeabilità medio-
alta e spessori plurimetrici, sono sede di falda idrica superficiale di tipo freatico alimentata sia
dall’infiltrazione e in prossimità dei corsi d’acqua anche da flussi sotterranei in subalveo. Le falde freatiche si
trovano ad una profondità media di 5 mt.
Le alluvioni antiche (PVM2a/PVM2b), per caratteristiche intrinseche di addensamento, presenza di matrice
talvolta ferrettizzata (ossidi di ferro unitamente a matrice argillosa) sono talvolta poco permeabili, costituendo
un limite di tamponamento inferiore agli acquiferi freatici e quando affiorano favoriscono il ruscellamento
superficiale piuttosto che l’infiltrazione. I depositi piroclastici di flusso, da ben saldati a poco saldati, e livelli
epiclastici presentano complessivamente bassa permeabilità per fratturazione e scarsa per porosità. Le unità
idrogeologiche principali sono caratterizzate da differenti tipi di permeabilità legati alla porosità, alla
fessurazione, alla fessurazione e carsismo, in base alle caratteristiche litologiche dominanti, che presentano
un certo grado di permeabilità in funzione delle caratteristiche chimicofisiche, giaciturali, tessiturali,

71
petrografiche, etc. Le formazioni affioranti possono essere suddividere secondo il grado e il tipo (primaria o
secondaria) di permeabilità:
Alta permeabilità complessiva per porosità → comprende: depositi alluvionali recenti (bna) costituiti
da livelli ghiaioso-sabbiosi prevalenti ed arenarie eoliche;
Medio-Bassa permeabilità complessiva per porosità → comprende: depositi alluvionali Pleistocenici
PVM2a/PVM2b (livelli conglomeratici, arenacei, argillosi), coltri detritiche eluviocolluviali (b2); la permeabilità
varia con lo stato di compattezza/cementazione e la presenza di matrice fine; Bassa permeabilità per
porosità → comprende: formazione del Cixerri (CIX), costituita da argille siltose, marne, arenarie quarzoso-
feldpstatiche, etc., livelli piroclastici, brecce e depositi epiclastici del ciclo oligo-miocenico;
Media Bassa permeabilità complessiva per fessurazione → comprende: vulcaniti (NUR, PRU, CDT, ULM)
oligo-mioceniche (lave andesitiche, espandimenti ignimbritici e depositi di flusso piroclastico elivelli
epiclastici, e subordinate brecce laviche), metacalcari, metadolomie paleozoici.

5.4 ATMOSFERA
Per quanto concerne le emissioni in atmosfera, viene riportato in seguito uno stralcio della relazione annuale
del 2018 sulla qualità dell’aria relativa alla zona rurale del Compidano centrale.
Nella Provincia di Carbonia-Iglesias - zona industriale, area di Portoscuso, in relazione all’anidride solforosa
(SO2) i massimi orari sono stati registrati dalla stazione CENPS2 (Portoscuso - Eca de Chiccu Sedda), con
un valore massimo di 199 microgrammi per metrocubo. La normativa prevede che la media oraria di 350
microgrammi per metrocubo non debba essere superata per più di 24 volte per anno civile. Le massime
medie giornaliere di SO2 sono state, invece, non superiori a 44 microgrammi per metrocubo, a fronte di un
limite di legge fissato a 125 microgrammi per metrocubo da non superare più di 3 volte in un anno civile.
Si evidenzia che la stazione CENPS2 non rispetta i criteri localizzativi imposti dal D.Lgs. 155/2010 e
s.m.i., pertanto i dati rilevati sono puramente indicativi e non possono essere confrontati con i valori limite
imposti dal medesimo decreto, ma sono da considerarsi correlati ad eventuali anomalie impiantistiche che
hanno origine dalle attività dell’agglomerato industriale di Portovesme. Si rileva che le altre stazioni misurano
valori massimi orari di 40 microgrammi per metro cubo e giornalieri di 17 microgrammi per metro cubo.
Il biossido di azoto (NO2) ha mostrato i massimi orari nella stazione CENPS7 (Portoscuso – Via I Maggio),
col valore di 47 microgrammi per metrocubo, a fronte di un limite normativo di 200 microgrammi per
metrocubo, da non superare più di 18 volte nell'anno civile.
In relazione al PM10, si riscontrano diversi superamenti della media giornaliera: 5 nella stazione CENPS2
(Portoscuso - Eca de Chiccu Sedda), 2 nella CENPS4 (Portoscuso – Via Dante) e 2 nella CENPS7
(Portoscuso – Via I Maggio). La normativa indica che la media giornaliera di 50 microgrammi per metrocubo
non deve essere superata per più di 35 volte in anno civile.
Il PM2,5 ha una massima media mensile di 17 microgrammi per metrocubo presso la stazione CENPS6
(Portoscuso – Paringianu). La normativa indica che la media annuale non deve essere superiore a 25
microgrammi per metrocubo.
La media mensile del benzene (C6H6) è stata di 0,5 microgrammi per metrocubo nella stazione CENPS7
(Portoscuso – Via I Maggio). La normativa indica che la media annuale non deve essere superiore a 5
microgrammi per metrocubo.

72
5.5 VEGETAZIONE E FLORA
Lo stadio a cui la vegetazione tende, in aree nelle quali la componente naturale non ha subito alterazioni,
viene definito stadio di “Climax”, condizione ottimale di maggior evoluzione della vegetazione.
In un ambiente naturale caratterizzato dal climax, gli aspetti biotici e abiotici sono in equilibrio tra loro per cui
l’energia in entrata nel sistema è equivalente all’energia in uscita. Quando il sistema non è più in equilibrio a
causa di perturbazioni dei parametri fondamentali si ha la degenerazione dell’ecosistema, con un ritorno
verso stadi precedenti.
Di seguito vengono descritti, a partire dal più evoluto verso quello iniziale, i vari stadi che caratterizzano la
vegetazione mediterranea:
- La lecceta, formazione a Quercus ilex L. , formazione vegetale più diffusa nell’area mediterranea, la lecceta
costituisce nella sua integrità lo stadio di climax, con le varie componenti vegetazionali;
- la sughereta, formazione a Quercus suber L., che dopo la Quercus ilex è quella che maggiormente
caratterizza l’area mediterranea;
- la macchia, formazione vegetazionale formata per lo più da arbusti o da alberi ridotti allo stadio di arbusti,
costituita da particolari associazioni vegetali che si instaurano a seconda delle zone geografiche e in base
alle condizioni esistenti;
- la gariga, quando la degradazione è spinta agli estremi compare la gariga, una formazione vegetale
abbastanza diffusa nell’area mediterranea e caratterizzata da una vegetazione a piccoli arbusti, di altezza
generalmente inferiore ai 50 centimetri e piuttosto radi, la gariga come la macchia presenta una molteplicità
di aspetti, anche in funzione del tipo di substrato (calcareo o siliceo) su cui si insedia.
L’area in cui andrà ad inserirsi l’impianto fotovoltaico proposto è stata profondamente modificata dall’opera
dell’uomo a seguito di un finanziamento della Comunità Europea (Reg. CEE 2080/98), è stato utilizzato per
l’arboricoltura da legno con un ceduo ventennale di eucalitto. Dal 2018 ad oggi l’area è interessata da colture
agricole di tipo erbaceo come i seminativi in asciutto annua. Il paesaggio agrario oggi si presenta molto
diversificato per via dell’introduzione delle colture agricole di tipo erbaceo in seguito al miglioramento
fondiario che ha interessato vaste porzioni di territorio. La vegetazione spontanea è ormai pressoché
scomparsa o comunque confinata alle zone colpite dall’abbandono colturale e su lembi di difficile
sfruttamento agricolo.
L’area vasta in cui andrà ad inserirsi il progetto è caratterizzata da una morfologia sub-pianeggiante ed è
principalmente utilizzata per colture agrarie erbacee e, in minor misura, per le attività zootecniche. Lo
sviluppo storico dell’area ha ridotto la vegetazione forestale a lembi localizzati nelle aree più marginali per
morfologia e fertilità dei suoli.

5.6 FAUNA
La fauna vertebrata terrestre della Sardegna conta circa 370 specie, di cui 41 specie di mammiferi, 18 rettili,
8 anfibi.
L’area vasta considerata si caratterizza per una compresenza di ambiente naturale, costituto essenzialmente
da macchia, ed aree antropizzate, per la presenza di ex discariche minerarie e di RSU.
L’erpetofauna locale comprende alcune specie piuttosto comuni e diffuse nell’Italia meridionale e nelle isole
maggiori, tra cui il geco verrucoso, la tarantola muraiola, la luscengola, la lucertola campestre, il biacco e la
natrice dal collare.
L’analisi della fauna ha messo in evidenza l’esiguità del numero di specie presenti nell’area. Tra le specie di
mammiferi rilevati in zona, nessuna è inserita in alcun allegato delle direttive CEE, le specie censite sono da
considerarsi non riproducentesi nell’area in esame e non soggette ad alcun grado di protezione. Per quanto
riguarda l’avifauna, le specie censite sono da considerarsi ospiti, non avendo riscontrato nella zona in esame
le condizioni peculiari per la riproduzione, considerando l’assenza di copertura vegetale sufficiente e di
conseguenza di nicchie disponibili a tali specie.

5.7 FATTORI SOCIO ECONOMICI (salute e sicurezza pubblica, popolazione, economia).


L’area di intervento dista in linea d’aria circa 6,0 km dal centro abitato di Carbonia e circa 5,5 Km dall’abitato
di Portoscuso. Non sono presenti centri abitati circostanti l'area in oggetto, ma solo alcuni fabbricati isolati ad
uso agricolo. Pertanto si può asserire che la popolazione non sarà coinvolta dalle potenziali emissioni del
progetto proposto.

5.8 PAESAGGIO
Il Comune di Carbonia, in cui ricade l’area di progetto, appartiene all’ambito 06 Carbonia e Isole sulcitane, la
cui struttura è definita dal “mare interno” formato dal sistema insulare del Sulcis, che comprende le Isole di
Sant’Antioco e di San Pietro, e dalla fascia costiera antistante che si estende a nord dell’istmo di
Sant’Antioco fino alla tonnara di Porto Paglia, oltre il promontorio di Capo Altano (Portoscuso); su questa
fascia insiste il nucleo del bacino carbonifero del Sulcis.
La componente paesaggistica è trasversale a tutte le altre componenti ambientali, creando correlazioni fra di
esse. In particolare il paesaggio si configura come elaborazione percettiva del territorio, che pertanto
acquista anche una connotazione soggettiva.

73
Per la caratterizzazione della qualità del paesaggio ci si è basati su un’attenta analisi della cartografia
tematica di settore riportata nei precedenti paragrafi (si veda Normativa di riferimento) e su specifici
sopralluoghi.
L’area in esame, interessata da progetto di un impianto fotovoltaico su pensiline, si presenta libera
da vincoli ambientali, archeologici, architettonici, artistici e storici.
In considerazione della morfologia naturale del terreno e della mancanza di punti panoramici elevati, l’area di
impianto risulta poco visibile e, laddove lo fosse, lo stesso non avrebbe alcuna capacità di alterazione
significativa nell’ambito di una visione di insieme e panoramica.
L’intervento, infatti, non prevede volumi edilizi ed ha la stessa capacità di alterazione visiva di una
coltivazione agricola intensiva; quindi, non introduce nuovi elementi che possano guidare e orientare lo
sguardo, né elementi di disturbo dei principali punti di riferimento visuale o di interesse paesaggistico. Siamo
in presenza di un paesaggio che, per la sua configurazione, può assorbire senza traumi l’inserimento dei
nuovi segni introdotti da nuove trasformazioni, sempre che si adoperino tutti gli strumenti tecnici e culturali,
di progetto e in termini di tutela delle componenti più sensibili.
Inoltre, l’area risulta inoltre ben schermata dalla presenza dei cumuli di inerti che ne impediscono la visuale
da punti limitrofi

6 ANALISI DEI POTENZIALI EFFETTI AMBIENTALI DELL’OPERA (ANALISI DEGLI IMPATTI) E


POSSIBILI MISURE DI MITIGAZIONE

6.1.1 Atmosfera
L’intervento di progetto non produce alcun tipo di inquinamento atmosferico, a parte polveri ed odori durante
la fase di costruzione, di durata limitata nel tempo; si ritrovano anzi benefici ambientali proporzionali alla
quantità di energia prodotta, se si considera che questa va a sostituire energia altrimenti fornita da fonti
convenzionali.
Per quanto concerne le fasi di trasporto delle componenti dell’impianto le emissioni inquinanti generate dai
veicoli a combustione interna sono rappresentate dal monossido di carbonio (CO) (circa il 70% di questo gas
presente nell’atmosfera e emesso dai veicoli stradali), dagli ossidi di azoto (NOX), dalle polveri (PM) e dai
composti organici volatili (COVNM).
Per quanto concerne la produzione di materiale particolato, dalla quale possono risultare effetti indiretti
anche su tutte le altre componenti ambientali, sono da valutare le azioni di lavorazione delle superfici. La
preparazione delle superfici e l’utilizzo di inerti per la messa in opera dell’impianto potrà generare
unicamente sollevamento di polvere e terra similmente a quanto accade nelle normali operazioni della
lavorazione del terreno con mezzi meccanici a scopo agricolo.
Per quanto riguarda gli effetti sulla qualità dell’aria, si può affermare che la tecnologia fotovoltaica non
produce alcun tipo di inquinamento atmosferico.
Al contrario, tale tecnologia contribuisce alla riduzione di gas serra. Infatti per produrre un chilowattora
elettrico vengono bruciati mediamente l’equivalente di 2,56 kWh sotto forma di combustibili e di
conseguenza emessi nell’aria circa 0.536 kg di anidride carbonica (fattore di emissione del mix elettrico
italiano alla distribuzione, fonte ENEL).
Si può dire, quindi, che ogni kWh prodotto dal sistema fotovoltaico evita l’emissione di 0.536 kg di anidride
carbonica.
Per stimare il beneficio che tale sostituzione ha sull’ambiente consideriamo la produzione di energia
dell’impianto pari a 91.200.000 kWh/anno da cui possiamo calcolare le tonnellate di CO2 evitate:
t CO2 evitate = 128.000.000 kWh/anno x 0.53 kg CO2/1000= 48.336 tonnellate/anno .

6.1.2 Durata e reversibilità dell'impatto in fase realizzativa


Le emissioni principali saranno prodotte durante la fase di cantiere, per effetto delle lavorazioni legate ai
limitati movimenti di terra operati da mezzi meccanici e al transito degli automezzi per lo scarico di materiali,
si prevede un innalzamento di polveri in minimo in quanto l’area sarà soggetta ad inerbimento con la semina
delle essenze da prato pascolo migliorato. Non è possibile fornire un’esatta valutazione quantitativa delle
emissioni essendo le stesse generate da sorgenti di tipo diffuso, verranno però utilizzati i percorsi già
esistenti, adeguatamente preparati attraverso la posa di terre stabilizzate da 15-20 mm. Le particelle emesse
in atmosfera, nella maggior parte dei casi sedimentabile, sono soggette ad un fenomeno di dispersione
piuttosto contenuto, rimangono cioè confinate nella zona circostante a quella di emissione. L’impatto
generato, in ogni caso, è minimo e limitato nel tempo.

6.1.3 Mitigazione impatti sull’atmosfera in fase realizzativa


Ad ogni modo, durante l’esecuzione dei lavori -ante operam- saranno adottate tutte le precauzioni utili per
ridurre al minimo tali interferenze. In particolare, si prevederà quale mitigazione degli impatti:

74
• periodica e frequente bagnatura dei tracciati interessati dagli interventi di movimento di terra, i quali
saranno limitati a piccoli tratti, in quanto all’interno del campo i cavi correranno lungo le strutture
portanti dei moduli, mentre verranno interrati solo quelli delle linee principali;
• bagnatura e/o copertura dei cumuli di terreno e altri materiali da ri-utilizzare;
• pulizia o lavaggio degli pneumatici dei veicoli in uscita dal cantiere e/o in ingresso sulle strade
frequentate dal traffico estraneo.
Per quanto riguarda quest’ultimo punto si precisa che i mezzi che trasporteranno i materiali scaricheranno gli
stessi in un’area adibita posta nei pressi dei piazzali dei fabbricati agricoli o nei pressi del cancello di
accesso al cantiere e in seguito verranno movimentati tramite l’utilizzo di mezzi meccanici leggeri (bobcat).
L’area circostante il sito di impianto attualmente è imboschita da frangiventi arborei che creano una barriera
fisica, inoltre l’area non è interessata da insediamenti antropici considerevoli o da infrastrutture di carattere
tecnologico che possano compromettere la qualità dell’aria. In considerazione del fatto che l’impianto
fotovoltaico è assolutamente privo di emissioni aeriformi non sono previste interferenze con il comparto
atmosfera che, anzi, considerando una scala più ampia, si otterranno dei benefici a seguito delle mancate
emissioni riconducibili alla generazione di energia tramite questa fonte rinnovabile. In definitiva, il processo
di produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica, è un processo totalmente pulito con assenza di
emissioni in atmosfera per cui la qualità dell’area e le condizioni climatiche che ne derivano non verranno
alterate dal funzionamento dell’impianto proposto. Tutte le superfici di cantiere non necessarie alla gestione
dell’impianto saranno oggetto di inerbimento come ampiamente riportato nella relazione agronomica.
Durante la fase di esercizio e post operam le emissioni di polveri connesse alla presenza dell’impianto
fotovoltaico sono da ritenersi nulle, in quanto l’area è assoggettata ad inerbimento. Il traffico veicolare che
insiste sull’area di intervento è poco considerevole: con la presenza dell’impianto non saranno modificate le
attuali condizioni relative alle emissioni in atmosfera di sostanze gassose inquinanti, poiché l’aumento di
traffico veicolare sarà relativo solo alla manutenzione dell’impianto (il controllo e la gestione avverranno
soprattutto tramite telecontrollo) ed impegneranno una squadra limitata di operai specializzati

6.1.4 impatti in fase di esercizio


Successivamente alla messa in opera l’impianto necessiterà solo di scarsa manutenzione, non essendo
costituito da organi in movimento, e l’esercizio dello stesso non costituirà pertanto motivo di ulteriori
incrementi dei flussi veicolari nella zona.

6.1.5. Misure di mitigazione dell'impatto in fase di esercizio


Le misure di mitigazione previste saranno mirate a ridurre il più possibile il sollevamento di polveri e le
emissioni derivanti dai vari mezzi utilizzati per la costruzione dell’impianto. Le vie sterrate saranno bagnate e
ridotto il più possibile il traffico di mezzi; ove possibile saranno utilizzati mezzi elettrici o ibridi.

6.1.6 Mitigazione impatti sull’atmosfera in fase di dismissione


Gli impatti relativi alla fase di dismissione sono paragonabili a quelli già individuati per la fase di cantiere, con
tempi di esecuzione e con l’utilizzo di un numero di mezzi in quantità minori rispetto alla fase realizzativa,
quindi, riconducibili essenzialmente a:

• limitato innalzamento di polveri.


Per questa fase vale quanto già discusso per la fase realizzativa.

6.2 IMPATTI SULL’AMBIENTE IDRICO

6.2.1 Impatti in fase di esecuzione


Durante la fase di cantiere le acque conserveranno il proprio regolare deflusso idrico superficiale, contenuto
per evitare il ruscellamento dalla copertura vegetale del suolo (inerbimento). Le aree di cantiere non saranno
impermeabilizzate e le movimentazioni riguarderanno strati superficiali e limitati.
Inoltre, nei pressi delle aree interessate dalle opere è stato rilevato un reticolo idrografico così composto dal
torrente Riu de Terra Niedda, passante al centro del campo e confluente in un piccolo bacino idrico
aziendale;
Si precisa che tale torrente non è riconducibili a corpi idrici sensibili, ma sono state adottate comunque
misure per trattare gli stessi con la massima attenzione. Tale reticolo idrografico non verrà interessato da
alcun intervento che possa modificarne lo stato originale. Inoltre, l’assetto idrogeologico (si veda Inq.
Idrogeologico) non sarà alterato dalle opere di ancoraggio delle strutture di sostegno, in quanto queste

75
saranno realizzate IPE 80 mm zincate. Le stesse strutture di sostegno non necessitano della realizzazione di
opere di fondazione in quanto infisse nel terreno per battitura.
Per quanto attiene al deflusso superficiale, l’eventuale contaminazione, dovuta al rilascio di sostanze volatili
di scarico degli automezzi, risulterebbe comunque limitata all’arco temporale necessario per l’esecuzione dei
lavori (periodo relativamente breve) e, quindi, le quantità di inquinanti complessive rilasciate risulterebbero
basse o nulle e, facilmente, diluibili ai valori di accettabilità.

6.2.2 Impatti in fase di esercizio


Per quanto concerne invece gli effetti previsti in fase di esercizio, una volta realizzata l’opera tutte le
problematiche connesse con la componente ambiente idrico risulteranno sostanzialmente esaurite.
L’area, inoltre, conservando la propria destinazione d’uso ed il proprio assetto idraulico e idrogeologico potrà
essere restituita al suo abituale uso, allo scadere della concessione dell’impianto fotovoltaico.

6.2.3 Azioni da intraprendere per mitigare i potenziali impatti

6.2.3.1 In fase di realizzazione dell’impianto


Anteponendo che gli impatti sono poco rilevanti, si precisa che in fase di cantiere saranno predisposte le
seguenti misure di mitigazione.
Si sottolinea inoltre che le opere previste per la fase di realizzazione del progetto non comporteranno
incrementi significativi delle superfici asfaltate, pertanto non si ravvisa una significativa alterazione
quantitativa dei processi di infiltrazione in atto.
In fase di cantiere per le acque profonde - ante operam si adotteranno le seguenti misure:
• ubicazione oculata del cantiere e utilizzo di servizi igienici chimici (con relativa pulizia mediante mezzo
meccanico), senza possibilità di rilascio di sostanze inquinanti nel sottosuolo;
• stoccaggio opportuno dei rifiuti evitando il rilascio di percolato e olii, si precisa a tal proposito che non si
prevede la produzione di rifiuti che possano rilasciare percolato; tuttavia, anche il rifiuto prodotto da attività
antropiche in prossimità delle aree di presidio sarà smaltito in maniera giornaliera o secondo le modalità di
raccolta differenziata previste dal Comune di Carbonia;
• raccolta di lubrificanti e prevenzione delle perdite accidentali, prevedendo opportuni cassonetti o tappeti atti
ad evitare il contatto con il suolo degli elementi che potrebbero generare perdite di oli si precisa a tal
proposito che non si prevede la produzione di rifiuti che possano rilasciare percolato.
In fase di cantiere per acque superficiali:
• ubicazione dei materiali in aree non depresse e a opportuna distanza da corsi d’acqua superficiali,
mantenendo un buffer di 4 m per lato dall’asse degli stessi.
• i cavi elettrici saranno interrati in corrispondenza delle stesse strade;
• sarà ripristinato lo stato dei luoghi alla fine della vita utile dell’impianto (25-30 anni).
Pertanto, in riferimento alla caratterizzazione dell’ambiente geoidromorfologico si può dire che:
•la stabilità dei terreni rimarrà inalterata;
•sarà evitato che si verifichino nuovi fenomeni erosivi;

6.2.3.2 In fase di esercizio dell’impianto


• utilizzo di autobotti per l’approvvigionamento idrico necessario alla manutenzione dell’impianto e del verde.

76
6.3 IMPATTO SUL SUOLO E SOTTOSUOLO

Per quanto concerne gli effetti su tale componente in tale settore di analisi sono stati ricercati quei ricettori
(litotipi di fondazione, elementi tettonici interferiti o lambiti, morfologie significative) in grado di interagire con
il progetto stesso. Relativamente alla componente suolo e sottosuolo la valenza dei ricettori è da
considerarsi biunivoca, in quanto la loro rilevanza va ricercata sia dal punto di vista dei vincoli e dei
condizionamenti che essi possono indurre sull’opera in progetto (come per il caso della presenza di terreni
geotecnicamente scadenti sui quali fondare le opere), sia delle modificazioni che essi possono subire a
seguito della realizzazione delle opere stesse (ad esempio, il rischio di innesco di decrementi delle qualità
geotecniche di un terreno, oppure il danneggiamento di morfologie di rilevante interesse scientifico).

6.3.1 impatti in fase di esecuzione


L’impatto sul suolo e sul sottosuolo indotto dalle opere accessorie durante la fase di cantiere è relativo:
• all’occupazione di superficie.
L’area effettivamente occupata dalle opere di progetto (sostegni dei moduli fotovoltaici, viabilità di progetto e
cavidotti interrati, edifici di impianto, adeguamento della viabilità pubblica locale), è notevolmente irrisoria,
attesa la natura essenzialmente puntuale di tali opere.
La realizzazione delle opere in progetto prevede varie operazioni, la maggior parte delle quali comporterà,
nei confronti della componente ambientale suolo e sottosuolo, impatti generalmente transitori in quanto esse
sono limitate alla durata del cantiere, approssimativamente quantificabile in circa 3/4 mesi. Tali operazioni
prevedono anche le azioni di ripristino, necessarie per riportare il terreno interessato nelle condizioni
precedenti alla realizzazione dell’opera.
Altro elemento fondamentale della valutazione è che, a differenza di altre tipologie di impianti, solo una
piccola parte dell’intera area di progetto è direttamente interessata dalle attività di costruzione.
Le attività previste nella fase di cantiere (per i dettagli si rimanda agli elaborati del progetto definitivo, ed in
particolare la Relazione Rocce da Scavo) sono:
• sfalcio vegetazione e preparazione superficie con eventuale rimozione di asperità naturali affioranti;
• compattazione del terreno limitatamente nelle aree dedicate alla viabilità interna
• consolidazione della viabilità interna esistente in strato di brecciolino compattato, dello spessore di circa
15-25 mm, nei suoi assi principali per le esigenze di sicurezza e manutenzione;
• realizzazione di recinzione infissa con pali;
• allestimento area cantiere con moduli prefabbricati e bagni chimici;
• platee per cabine di campo e cabine di consegna;
• realizzazione degli scavi in trincea per la posa dei cavi interrati interni all’impianto che riguarderanno
soltanto le linee principali, mentre la maggior parte dei cavi corrono sulle strutture di sostegno dei moduli;
• montaggio moduli e collegamenti elettrici;
• rinterro degli scavi e ripristino delle superfici del terreno.
La limitata produzione di rifiuti solidi consiste, essenzialmente, nei residui tipici dell’attività di cantiere, quali
scarti degli imballaggi dei materiali, rifiuti solidi assimilabili agli urbani ecc., saranno confinate in aree presso i
fabbricati.
I rifiuti generati, verranno gestiti e smaltiti nel rispetto della normativa vigente, secondo le procedure già in
vigore. Dove possibile, si procederà alla raccolta differenziata finalizzata al recupero delle frazioni di rifiuti
inutilizzabili e ad altre forme di recupero (conferimento oli esausti a consorzio, recupero materiali ferrosi
ecc.).
L’impatto associato alla fase di costruzione è ritenuto trascurabile in considerazione delle quantità
sostanzialmente contenute, delle caratteristiche di non pericolosità dei rifiuti prodotti e della durata limitata
delle attività di cantiere.
Per quanto riguarda l’eventuale impatto connesso a possibili spandimenti, legati esclusivamente ad eventi
accidentali (sversamenti al suolo di prodotti inquinanti) prodotti dai macchinari e dai mezzi impegnati nelle
attività di cantiere, le imprese esecutrici dei lavori sono obbligate a adottare tutte le precauzioni idonee al
fine di evitare tali situazioni e, a lavoro finito, a riconsegnare l’area nelle originarie condizioni di pulizia e di
sicurezza ambientale.
L’impatto potenziale non è quindi ritenuto significativo e può essere trascurato.
I siti dove verranno installate le opere sono agevolmente raggiungibili dalla viabilità statale e provinciale,
dalle quali si accede agevolmente alla strada poderale che porta ai sette sottocampi.

77
In relazione all’occupazione del suolo da parte del cantiere per la realizzazione del parco fotovoltaico,
occorre tenere presente che sarà localizzato all’interno della stessa area di utilizzo finale.
La relativa breve durata dei lavori di realizzazione dell’impianto circoscrive gli impatti potenziali sull’area in
oggetto rendendoli quasi nulli o poco significativi.
Gli interventi di progetto non modificano i lineamenti geomorfologici delle aree individuate. Inoltre, il
materiale risultante dagli imballaggi dei materiali sarà adeguatamente smaltito in idonee discariche
autorizzate, così da evitare l’accumulo in loco.
Tutti i cavi saranno interrati ad una profondità dagli 70cm per la BT e 120 cm per la MT dal piano campagna.
Nella realizzazione degli scavi volti ad ospitare i cavi di collegamento tra gli inverter e le cabine di consegna
(armadi stradali) le fasi di cantiere saranno:
• scavo di trincea;
• posa cavi ed esecuzione giunzioni e terminali;
• rinterro trincea e buche di giunzione.
Per la messa in opera dei cavi verranno usate tutte le accortezze dettate dalle norme di progettazione ed è
previsto il ripristino delle condizioni ante operam. Al fine di proteggere dall’erosione le eventuali superfici
nude ottenute con l’esecuzione degli scavi, laddove necessario, si darà luogo ad un’azione di ripristino e
consolidamento del terreno con relativa piantumazione del manto erboso. Quanto sopra esposto permette di
affermare che la fase di cantiere produrrà un impatto minimo sulla componente suolo e sottosuolo.
Sulla base dell’esame delle informazioni acquisite dalla bibliografia geologica e idrogeologica, dall’analisi
delle condizioni climatiche, nonché dalle indagini eseguite dalle ispezioni dirette si è concluso quanto segue:
- vista la costituzione litologica, la disposizione stratigrafica, l’aspetto morfologico del territorio in esame e le
caratteristiche delle falde superficiali, è da escludere che le operazioni di scavo da eseguire, vadano ad
intervenire in alcun modo con l’assetto geologico e idrogeologico superficiale o sotterraneo all’area;
- dal punto di vista geologico, per quanto precedentemente esposto, le operazioni di scavo
superficiali così come previsto per l’installazione delle strutture non porteranno a significative variazioni
dell’assetto idrogeologico dell’area, né produrranno alterazioni alla struttura litoide del sito tali da poter
innescare fenomeni di frana o di erosione accelerata .

6.3.2 Impatti in Fase di Esercizio


Al termine della realizzazione e posa in opera dell’impianto, di esercizio dell’impianto, l’utilizzo dell’area sarà
ridotta al minimo indispensabile per consentire le operazioni di manutenzione ordinaria dei pannelli, nonché
della fascia arborea perimetrale. Dunque, l’occupazione di spazio sarà inferiore rispetto alla fase di cantiere,
pertanto l’impatto sarà nullo contenuto dalle operazioni di inerbimento.
In linea di massima il suolo occupato dall'impianto può essere utilizzato per altri fini ( agricoli in
quanto la distanza tra le file di pannelli, superiore ai tre metri, e l’a quota dei pannelli a m 2,49 permettono la
coltivazione a pieno campo).
L'incidenza del distanziamento delle schiere dei pannelli e degli spazi liberi è pari a circa il 70%
della superficie complessiva riferita all'impianto fotovoltaico.

6.3.3 Impatti in Fase di dismissione


Il limite temporale è dato dalla vita utile dell’impianto pari a 30 anni. Al momento della dismissione
dell’impianto termineranno tutti i suoi effetti, potrà allora essere riproposta la sostituzione degli elementi
(pannelli) obsoleti con nuove tecnologie adattabili oppure eliminare tutte le strutture mediante smaltimento in
discariche autorizzate e quindi restituire il territorio nella sua attuale interezza.

6.3.4 Azioni da intraprendere per mitigare gli impatti


In fase di cantiere saranno predisposte le seguenti misure di mitigazione. - ante operam:
• riutilizzo del materiale di scavo, riducendo al minimo il trasporto in discarica così come previsto nell’art. 185
comma 1 lett. C) del D. Leg. 152/06 e s.m.i. che esclude dall’ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti:
[…] c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di
costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito
in cui è stato escavato. […];
• scavi e movimenti di terra ridotti al minimo indispensabile;
• prevedere tempestive misure di interventi in caso di sversamento accidentale di sostanze inquinanti su
suolo;
• stoccaggio temporaneo del materiale in aree pianeggianti, evitando punti critici, riducendo al minimo i tempi
di permanenza del materiale.
In fase di regime per suolo e sottosuolo - post operam:

78
• prevedere il ripristino e rinaturalizzazione delle superfici, limitando gli ingombri a regime delle stesse agli
spazi minimi indispensabili per le operazioni di manutenzione, al fine di tenere occupata una minima
porzione di suolo.
• Al fine di preservare la naturalità e le caratteristiche geomorfologiche del territorio interessato
dall'installazione, per il fissaggio al suolo delle strutture di sostegno dei pannelli fotovoltaici saranno utilizzate
fondazioni non invasiva in putrelle infisse nel terreno per m 1,50 circa.
• Oltre a ciò, sarà previsto ed incentivato l’inerbimento o l’eventuale coltivazione dei terreni sottostanti i
pannelli (si ricorda che i pannelli sono alloggiati su pensiline a 2,50 m circa di altezza).

6.4 IMPATTO SUL PAESAGGIO


Con il termine paesaggio si designa una determinata parte di territorio caratterizzata da una profonda
interrelazione fra fattori naturali e antropici.
La caratterizzazione di un paesaggio è determinata dai suoi elementi climatici, fisici, morfologici, biologici e
storico-formali, ma anche dalla loro reciproca correlazione nel tempo e nello spazio, ossia dal fattore
ecologico.
Il paesaggio risulta quindi determinato dall'interazione tra fattori fisico biologici e attività antropiche, viste
come parte integrante del processo di evoluzione storica dell’ambiente e può essere definito come una
complessa combinazione di oggetti e fenomeni legati tra loro da mutui rapporti funzionali, sì da costituire
un’unità organica.
Pur nella diversità dei contesti ambientali, territoriali, sociali, istituzionali, dalle esperienze maturate è emerso
che anche tecnologie soft nei confronti dell’ambiente, come quella fotovoltaica, non sono esenti da impatti
sull’ambiente e possono incontrare difficoltà di accettazione da parte delle popolazioni.
La dimensione e la significatività di questi impatti sono tuttavia decisamente inferiori rispetto a quelle di altre
tecnologie energetiche tradizionali, anche se tali, talvolta, da poter provocare opposizioni difficili da superare.
La scelta della realizzazione dell’opera all’interno di un’area sostiene generali presupposti di coerenza
dell’intervento con il contesto paesaggistico-ambientale; coerenza, in particolare, con le funzioni ed i caratteri
urbanistico-territoriali e con gli obiettivi di conservazione e tutela delle funzioni ecologiche del contesto
paesistico, Con questi accorgimenti, i passaggi successivi, cioè l’individuazione del sito, la progettazione
degli impianti e lo svolgimento dell’iter autorizzativo, possono avere esiti migliori in presenza di accurate
valutazioni preventive dei possibili disturbi ambientali indotti dagli impianti.

6.4.1 Componente visuale


Gli studi sulla percezione visiva del paesaggio mirano a cogliere i caratteri identificativi dei luoghi, i principali
elementi connotanti il paesaggio, il rapporto tra morfologia ed insediamenti.
Un impianto fotovoltaico di media o grande dimensione può invece avere un impatto visivo non trascurabile,
che dipende sensibilmente dal tipo di paesaggio (di pregio o meno).

6.4.2 Metodologie per la valutazione dell’impatto visivo


Considerata la particolare tipologia di opera, la problematica legata agli aspetti percettivi è stata ritenuta
prevalente in quanto capace di rappresentare una visione sintetica degli effetti paesistico ambientali.
Le caratteristiche morfologiche dell’area di intervento, posizionata all’interno dell'area del Sulcis iglesiente,
rendono gli interventi potenzialmente percepibili dalle zone posizionate ai bordi dell'area, nonché da limitati
tratti della rete viaria secondaria.
L’area oggetto dell’intervento occupa una vasta superficie, circa 70 ettari a quote comprese tra 40 e 50 m
s.l.m. Il sito dista dai centri abitati di Carbonia e Portoscuso rispettivamente 5,0 km e 6 km.
Per la valutazione dell’impatto visivo è stato utilizzato inoltre un approccio metodologico (tratto da G. Cau, D.
Cocco, “L’impatto Ambientale dei Sistemi Energetici”, SGE Ed., 2004), che quantifica l’impatto paesaggistico
(IP) attraverso il calcolo di due indici:
- un indice VP: rappresentativo del valore del paesaggio;
- un indice VI: rappresentativo della visibilità dell’impianto.

L’impatto paesaggistico IP, in base al quale si possono prendere decisioni in merito ad interventi di
mitigazione o a modifiche impiantistiche che migliorino la percezione visiva, viene determinato dal prodotto
dei due indici sopracitati:

IP=VP*VI

(La valutazione dell’impatto visivo viene meglio sviluppata tramite fotosimulazioni nella Relazione
Paesaggistica).

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L’indice VP relativo ad un certo ambito territoriale, è dato dalla somma dei seguenti tre elementi:

- N: naturalità del paesaggio;


- Q: qualità attuale dell’ambiente percettibile;
- V: presenza di zone soggette a vincolo.
Una volta quantificati tali aspetti, l’indice VP risulta dalla somma di tali elementi:
VP=N+Q+V

In particolare, la naturalità di un paesaggio (N) esprime la misura di quanto una data zona permanga nel suo
stato naturale, senza cioè interferenze da parte delle attività umane. L'indice di naturalità deriva pertanto da
una classificazione del territorio, come per esempio quella mostrata nella tabella 4.3.1, nella quale tale indice
varia su una scala da 1 a 10.

Tabella 4.3.1. Indice di naturalità

Nel caso in oggetto l’impianto proposto insiste in aree ad utilizzazione agro-forestali (arboricoltura con
essenze forestali di conifere...); pertanto si è ritenuto opportuno assimilarlo a territori agricoli (vigneti-oliveti e
frutteti) ed attribuire il valore di 4.
La qualità attuale dell'ambiente percettibile (Q) esprime il valore da attribuire agli elementi territoriali che
hanno subito una variazione del loro stato originario a causa dell'intervento dell'uomo, il quale ne ha
modificato l'aspetto in funzione dei propri usi. Come evidenziato nella tabella seguente, il valore dell’indice Q
è compreso fra 1 e 6, e cresce con la qualità, ossia nel caso di minore presenza dell’uomo e delle sue
attività.

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Nel caso in oggetto l’impianto proposto insiste in aree nelle quali insistono sia elementi agricoli che
elementi di rimboschimento, pertanto si è attribuito il valore di 3,5.

Il terzo indice definisce le zone che, essendo riconosciute meritevoli di una determinata tutela da parte
dell'uomo, sono state sottoposte a una legislazione specifica.
L'elenco dei vincoli ed il corrispondente valore dell’indice V è riportato nella tabella seguente:

Nel caso in oggetto l’impianto proposto insiste in aree parzialmente non soggette a vincoli

Complessivamente, il valore del paesaggio VP attribuibile all’area dell’impianto risulta pari alla
somma dei tre indici citati e quindi pari a 7,5. Consideriamo 8 in via cautelativa.

6.4.2 La visibilità dell’impianto (VI)


Per definire la visibilità della discarica si possono analizzare i seguenti indici:

- P: percettibilità dell'impianto;
- B: indice di bersaglio;
- F: fruizione del paesaggio.
Sulla base di questi l’indice VI risulta pari a:

VI=P*(B+F)

Per quanto riguarda la percettibilità P dell’impianto, la valutazione si basa sulla simulazione degli effetti
causati dall’inserimento di nuovi componenti nel territorio considerato. A tal fine i principali ambiti territoriali
sono essenzialmente divisi in tre categorie principali: i crinali, i versanti e le colline, le pianure e le fosse
fluviali. Ad ogni categoria vengono associati i rispettivi valori di panoramicità, riferiti all'aspetto della visibilità
dell'impianto, per esempio secondo quanto mostrato nella tabella seguente :

81
L’indice di fruibilità F stima la quantità di persone che possono raggiungere, più o meno facilmente, le zone
più sensibili alla presenza della discarica, e quindi trovare in tale zona la visuale panoramica alterata dalla
presenza dell'opera. I principali fruitori sono le popolazioni locali e i viaggiatori che percorrono le strade e le
ferrovie. L’indice di fruizione viene quindi valutato sulla base della densità degli abitanti residenti nei singoli
centri abitati e dal volume di traffico per strade e ferrovie. Anche l’assetto delle vie di comunicazione e di
accesso all’impianto influenza la determinazione dell’indice di fruizione. L’indice di fruizione F varia
generalmente su una scala da 0 ad 1 e aumenta con la densità di popolazione (valori tipici sono compresi fra
0,30 e 0,50) e con il volume di traffico (valori tipici 0,20-0,30).

La tabella seguente riporta i 4 punti bersaglio, unitamente all’indicazione dell’indice di panoramicità P


attribuito sulla base della tabella 4.3.5 e dell’indice di fruibilità F attribuito in base alla densità di popolazione
dei centri abitati, alla struttura delle vie di comunicazione ad ai volumi di traffico per le strade. La tabella
riporta inoltre, per ciascun punto bersaglio, i relativi valori della distanza percepita, dell’indice di affollamento
e del corrispondente indice di bersaglio. Per semplicità, l’altezza percepita H è stata calcolata considerando
il suolo liscio, senza tenere quindi conto della effettiva orografia ma solo della distanza fra il punto bersaglio
e la costruzione più vicina, e con riferimento ad una altezza generale di m 3,00.

Punti bersaglio Distanza (m) indice affollamento-Iaf  Altezza percepita(tg)


A 2000 1 0,057° 0,0001
B 1500 1 0,11° 0,001
C 1200 1 0,14° 0,002
Tabella 4.3.5. Indice punti bersaglio

Prendiamo in esame la distanza più vicina cioè l’abitato Paringianu; ad un’altezza percepita di 0,002
corrisponde ad 1/500 dell’altezza originaria di 3 metri.
Le considerazioni sopra riportate si riferiscono alla percezione visiva di un unico edificio, mentre per valutare
la complessiva sensazione panoramica di un impianto fotovoltaico è necessario considerare l’effetto di
insieme che dipende notevolmente oltre che dall’altezza e dalla distanza degli elementi costruttivi, anche dal
numero degli elementi visibili dal singolo punto di osservazione rispetto al totale degli elementi inseriti nel
progetto.
In base alla posizione dei punti di osservazione e all’orografia della zona in esame si può definire un indice
di affollamento del campo visivo. Più in particolare, l’indice di affollamento IAF è definito come la percentuale
di edifici che si apprezzano dal punto di osservazione considerato, assumendo una altezza media di
osservazione (1,7 m per i centri abitati ed i punti di osservazione fissi). Sulla base di queste considerazioni,
l’indice di bersaglio per ciascun punto di osservazione viene espresso attraverso il prodotto fra l’altezza
percepita del primo edificio visibile e l’indice di affollamento:

B=H*IAF
B ( parco archeologico monte Sirai ) = 1,7 x 1 = 1,7
B ( visibilità dalla costa )= 1,7 x 1 = 1,7
B ( visibilità dall’abitato di Paringianu ) = 1,7 x 1 = 1,7

Una volta noti i valori dell’indice di bersaglio è possibile calcolare la visibilità dell’impianto (VI) e
quindi il valore dell’indice IP

VI=P*(B+F)
VI(a) = visibilità impianto parco archeologico Monte Sirai = 1,2 x (1,7 + 0,5 ) = 2,65
VI(b) = visibilità impianto dalla costa = 1,0 x (1,7 + 0,5 ) = 2,2
VI(c) = visibilità impianto dall’abitato di Paringianu = 1,2 x (1,7 + 0,5 ) = 2,65

Come detto precedentemente l’impatto sul paesaggio IP è dato da VP X VI .

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PUNTI BERSAGLIO Valore del paesaggio-VP Visibilità impianto- VI Impatto sul paesaggio-IP
a 8 2,65 21,2
b 8 2,2 17,6
c 8 2,65 21,2
Tabella 4.3.6. Indice sul paesaggio

Si osserva che l’indice VP varia in un range di valori compresi fra un minimo di 2 (rappresentativo di bassi
valori del paesaggio) e un massimo di 17 (rappresentativo di elevati valori del paesaggio). Nel caso in
oggetto il valore di VP risulta essere pari a 8 quindi si può ragionevolmente ritenere che il valore
rappresentativo del paesaggio sia medio; ciò è essenzialmente dovuto al fatto che le aree in oggetto
ricadono in aree prevalentemente agro-forestali.
Per quanto concerne il valore VI, esso varia in un range di valori compresi fra un minimo di 0(impianto non
visibile) e un massimo di 205,1 (elevata visibilità dell’impianto).
Nel caso in oggetto i valori di VI si attestano su livelli decisamente bassi che quindi la sua visibilità può
essere considerata molto bassa.
L’indice totale IP varia in un range di valori compresi fra 0 (impatto visivo sul paesaggio nullo) e 3486,7
(impatto visivo sul paesaggio molto elevato).
Nel caso in oggetto il massimo valore di IP è pari a 21,2 che risulta quindi ricadere all’interno divalori che
esprimono un impatto decisamente basso.
In conclusione, dai risultati ottenuti si può osservare che l'impianto dai punti di osservazione
considerati non risulta visibile.

6.5 Impatti su flora e fauna.


L’impatto sulla fauna e sulla flora a seguito dell’uso dei sistemi fotovoltaici è ritenuto generalmente
trascurabile, in quanto sostanzialmente riconducibile al suolo e all’habitat sottratti, data anche l’assenza di
vibrazioni e rumore. Non è possibile escludere effetti negativi, anche se temporanei e di entità modesta,
durante la fase di realizzazione di grossi impianti.
L’impatto sulla fauna e sulla flora è sostanzialmente riconducibile al suolo e all’habitat sottratti. L’impatto
potenziale sulla fauna è da ascrivere essenzialmente alla fase di costruzione dell’impianto, ed è relativo al
disturbo delle specie animali presenti nel sito a causa dei rumori e delle polveri prodotte, seppur in quantità
modeste in fase di realizzazione. Si sottolinea inoltre che l’impianto così come dislocato, non produrrà
alterazioni dell’ecosistema, perché l’area di intervento non ricade in zone SIC, ZPS, IBA e “RETE NATURA
2000”, né Zona di ripopolamento e cattura; inoltre, l’area sottoposta ad intervento presenta, di per se, una
naturalità ed una biodiversità bassa.
Per quanto concerne l’interazione dei pannelli con l'avifauna (collisione), a differenza delle pareti verticali di
vetro o semitrasparenti, che, come è noto, costituiscono un rischio di collisione e quindi di morte
potenzialmente alto per il singolo individuo, la caratteristica dei pannelli fotovoltaici di progetto non
costituiscono un pericolo per gli uccelli. Infatti, le celle che costituiscono i moduli fotovoltaici sono di colore
scuro e quindi ben visibile, non dovrebbero quindi essere in grado di confondere i volatili e metterne a
repentaglio l’incolumità.
L'impatto sulla flora è strettamente legato alla copertura ed all'ombreggiamento realizzati ad opera
dell'installazione dei pannelli fotovoltaici.
Uno degli aspetti più critici relativi all’interferenza tra impianto fotovoltaico e flora, è rappresentato dal rischio
che il terreno vegetale su cui insiste l’impianto, benché non soggetto a particolari azioni invasive, possa nel
corso degli anni degradarsi e perdere le proprie caratteristiche chimico-fisiche.
Nella fattispecie, la situazione di partenza risulta notevolmente compromessa per cui prima della
realizzazione dell’impianto fotovoltaico, si daranno carso a degli interventi di tipo agronomico, volti alla
stabilizzazione e all’innalzamento del valore iniziale della biofertilità dell’aera, con particolare riguardo alla
salvaguardia del valore del suolo. Si rimanda all’elaborato relazione Agronomica dove viene descritto
puntualmente l’intervento.
In oltre, nel caso in esame, la soluzione installativa adottata, trattandosi di un sistema ad infissione per
battitura e, in pochi punti particolari (cabine) di blocchi fuori terra, continua a permettere la naturale crescita
del prato pascolo.
La sottrazione di radiazione solare da parte dei pannelli all’ambiente circostante, che in linea teorica
potrebbe indurre modificazioni sul microclima locale, è stimabile essere pari a circa il 15% dell’energia solare
incidente nell’unità di tempo sulla superficie del campo fotovoltaico, il resto viene riflesso o passa attraverso i
moduli.
L’impatto sul microclima è riconducibile al campo termico generato da ciascun pannello fotovoltaico,
che può raggiungere anche temperature dell’ordine dei 40 - 50 °C. Tale campo termico è
responsabile della variazione del microclima e del riscaldamento dell'aria. Ma i pannelli dell’impianto
in oggetto sono posati su pensiline a quota media di circa 2 metri, pertanto, essendoci una rilevante
circolazione d’aria, l’effetto della temperatura è trascurabile.
La flora nell’area ristretta più direttamente interessata dalle opere presenta caratteristiche di bassa naturalità
(praticamente inesistente la flora selvatica), scarsa importanza conservazionistica (le specie botaniche non
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sono tutelate da direttive, leggi, convenzioni), nessuna diversità floristica rispetto ad altre aree. Lo spettro
floristico che si andrà ad interessare è certamente di qualità ordinaria; infatti, l’intervento ricade in aree dove
l’impatto antropico già esistente risulta determinante sulla componente vegetazionale.
Attualmente la zona in esame si presenta molto diversa rispetto allo stato originario in quanto di recente
l’area è stata interessata da un intervento rimboschimento con specie aliena (eucalipti).
In occasione dei sopralluoghi effettuati per lo svolgimento del presente lavoro si è potuto rilevare come lo
stato della vegetazione sia estremamente lontano dalla situazione originaria.
Nel sito non vi sono condizioni di interesse naturalistico, per cui gli interventi non vanno ad indebolire una
condizione naturale in essere, e non vanno a sottrarre una quantità di territorio tale per cui siano modificate
le condizioni attuali della zona interessata ai lavori. La zona immediatamente circostante i lavori non
dovrebbe risentire, riguardo le componenti biotiche flora e fauna, di modificazioni che possano alterare le
condizioni esistenti.
La componente faunistica come già riferito non ha a disposizione le condizioni necessarie per cui possa
stabilmente inserirsi in tale ecosistema, per cui anche questa componente non sembra essere intaccata dai
lavori in oggetto, tanto meno l’area immediatamente circostante.
Per valutare l’eventuale interferenza negativa dei moduli fotovoltaici sulla flora locale, è bene evidenziare
che i terreni utilizzati sono terreni già utilizzati per agroindustria poi abbandonati e che gli stessi risultano
essere incolti e privi di specie floristiche di interesse naturalistico.
Inoltre, l'incidenza del distanziamento delle schiere dei pannelli e degli spazi tecnici è pari a circa il
60% della superficie complessiva riferita all'impianto fotovoltaico.

Nel sito non vi sono condizioni di interesse naturalistico, per cui gli interventi non vanno ad indebolire una
condizione naturale in essere, e non vanno a sottrarre una quantità di territorio tale per cui siano modificate
le condizioni attuali della zona interessata ai lavori. La zona immediatamente circostante i lavori non
dovrebbe risentire, riguardo le componenti biotiche flora e fauna, di modificazioni che possano alterare le
condizioni esistenti.
La componente faunistica come già riferito non ha a disposizione le condizioni necessarie per cui possa
stabilmente inserirsi in tale ecosistema, per cui anche questa componente non sembra essere intaccata dai
lavori in oggetto, tanto meno l’area immediatamente circostante.
Per valutare l’eventuale interferenza negativa dei moduli fotovoltaici sulla flora locale, è bene evidenziare
che i terreni utilizzati sono terreni già utilizzati per agroindustria poi abbandonati e che gli stessi risultano
essere incolti e privi di specie floristiche di interesse naturalistico.
Inoltre, l'incidenza del distanziamento delle schiere dei pannelli e degli spazi tecnici è pari a circa il 60% della
superficie complessiva riferita all'impianto fotovoltaico.

6.5.1 Durata e reversibilità dell’impatto


Nella tabella sottostante si riassumono schematicamente le tipologie potenziali di impatto a carico della
componente faunistica, che possono conseguire a seguito della realizzazione di un qualsiasi intervento
dell’uomo sul territorio. Sulla base di tali effetti potenziali, considerate le metodologie di realizzazione
dell’opera, l’estensione e le caratteristiche territoriali e le modalità di esercizio dell’impianto, è stata definita
una probabilità di impatto relativa al caso specifico.
La probabilità d’impatto è stata stimata come” Ridotta” in merito agli abbattimenti o prelievi per la classe
degli anfibi e dei rettili, poiché è possibile comunque, nonostante le misure di mitigazione che verranno
messe in atto, la perdita di qualche individuo nell’area di intervento a seguito delle movimentazioni del
terreno. Le emissioni rumorose sono un fattore d’incidenza ritenuto ridotto in quanto limitato al periodo della
sola realizzazione dell’impianto e non al suo esercizio. La perdita di habitat riproduttivo o di alimentazione
non è stata ritenuta significativa considerata l’estensione della superficie che verrà sottratta rispetto alla
presenza di superfici simili nelle aree contermini. Per quanto riguarda le immissioni di inquinanti si è valutata
un’incidenza nulla in quanto l’esercizio dell’opera non prevede la produzione di nessun rifiuto solido o
gassoso, mentre quelli generati dagli scarichi dai mezzi meccanici impiegati nella preparazione del terreno
saranno limitati e contenuti nel periodo di poche settimane. La produzione di particolato è scarsissima quindi
non avrà effetti a carico delle specie vegetali; minime quantità di polveri e sostanze aeriformi, depositandosi
sulle parti aeree delle piante, non interferiranno con le normali funzioni fisiologiche e non danneggeranno
l'attività fotosintetica nei periodi di assenza di precipitazioni. A questo proposito si ribadisce che gli interventi
non andranno ad influire sulla flora spontanea e che nelle aree di pertinenza delle azioni di progetto gli
aspetti della vegetazione naturale risultano pressoché assenti.
Sono ritenute nulle anche le variazioni circa la composizione delle specie in quanto non si prevedono
abbattimenti di individui che possano determinare la scomparsa locale di specie di fauna piuttosto che
variazioni significative delle comunità di animali presenti.

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Non si rileva sulle aree oggetto dell’intervento la presenza di specie floristiche e faunistiche rare o in via di
estinzione né di particolare interesse biologico– vegetazionale. L’impianto così come dislocato, pertanto, non
produrrà alterazioni dell’ecosistema, perché l’area di intervento non è un SIC, non è una ZPS non è una
Zona di ripopolamento e cattura; ne una zona IBA o “Rete Natura 2000”.
Inoltre, l’area sottoposta ad intervento presenta, di per sé, una naturalità ed una biodiversità bassa.
La flora nell’area di intervento presenta caratteristiche di bassa naturalità, scarsa importanza
conservazionistica (le specie botaniche non sono tutelate da direttive, leggi, convenzioni), nessuna diversità
floristica rispetto ad altre aree della Provincia.
La realizzazione delle opere necessarie alla costruzione e messa in esercizio dell’impianto non potrà alterare
alcuno di questi aspetti descrittivi dell’ambiente floristico che rimarrà di fatto immutato.
Le specie animali presenti nell’area sono comuni a tutta la Provincia.
La zona interessata dal presente progetto presenta una popolazione di specie faunistiche pressoché nulla. Il
limite temporale è dato dalla vita utile dell’impianto pari a 30 anni. Al momento della dismissione
dell’impianto, sicuramente termineranno tutti gli effetti.

6.5.2 Misure di mitigazione dell’impatto su flora e fauna


Le scelte progettuali che avranno di fatto effetto di mitigazione di impatto su fauna e flora:
- raggruppamento dei moduli fotovoltaici in file ordinate;
- utilizzo di strutture di sostegno a basso impatto visivo;
- interramento dei cavi di bassa e media tensione, e assenza di linee aree di alta tensione;
- contenimento dei tempi di costruzione;
- installazione della rete di recinzione sul terreno con maglia di dimensioni adatte a garantire la
totale permeabilità alle specie di minori dimensioni;
- ripristino della copertura vegetale autoctona nelle zone antistanti le piazzole e lungo i confini;
- strutture di sostegno tali da garantire un'idonea circolazione dell'aria al disotto dei pannelli, per
semplice moto convettivo o per aerazione naturale, così che il surriscaldamento non causi
particolari modificazioni microclimatiche dell'area interessata.

6.6 Impatti su fattori socio - economici


Non sono presenti centri abitati circostanti l'area in oggetto, ma solo alcuni fabbricati isolati ad uso agricolo.
Pertanto, si può asserire che la popolazione non sarà coinvolta dalle potenziali emissioni del progetto
proposto.

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