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ANCORA SU 'FAVOLE' E OPERA

Author(s): Piero Gargiulo


Source: Rivista Italiana di Musicologia , 2002, Vol. 37, No. 2 (2002), pp. 371-383
Published by: Libreria Musicale Italiana (LIM) Editrice on behalf of Società Italiana di
Musicologia

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INTERVENTI

ANCORA SU 'FAVOLE' E OPERA

Ri-leggo Doni su Cavalieri, nel ben noto giudizio cui si affida l'esordio
del capitolo nono del Trattato della musica scenica («Dell'origine che ebbe
a' tempi nostri il cantare in Scena»):
In ogni tempo si è costumato di frammettere alle Azioni drammatiche qualche
sorte di cantilena, ο in forma d'Intermedj tra un Atto e l'altro ο pure dentro l'istes
so atto, per qualche occorrenza del soggetto rappresentato. Ma quando si comin
ciassero a cantare tutte le Azioni intere, fresca ne è ancora la memoria; perciocché
avanti a quella che fece il Sig. Emilio Del Cavaliere Gentiluomo Romano e inten
dentissimo della Musica, non credo si sia praticato cosa che meriti di essere mento
vata. Di costui va attorno una Rappresentazione intitolata Dell'anima e del Corpo,
stampata qui in Roma nel 1600. E in essa si fa menzione di una commedia grande
rappresentata in Firenze nel 1588 [recte 1589] per le nozze della serenissima Gran
duchessa, nella quale erano molti frammenti di musica da lui medesimo composti:
dove anco due anni apresso si rappresentò il Satiro con le musiche dell'istesso.
Conviene però sapere che quelle melodie sono molto differenti dalle odierne, che si
fanno in stile comunemente detto Recitativo-, non essendo quelle altro che ariette
con molti artifizi di repetizioni, echi e simili, che non hanno che fare niente con la
buona e vera Musica Teatrale, della quale il sig Emilio non potrà aver lume per
mancamento di quelle notizie che si cavano dagli antichi Scrittori. E ciò si conosce
chiaramente da certe massime che egli mette avanti, le quali sono al tutto contrarie
a quello che richiede il Teatro.1

E non ho alcun dubbio nel condividerlo, nella sua integrità.


A circa un trentennio dalle prime rappresentazioni e in particolare dal
la «tarda allegoria spirituale»2 del «gentiluomo romano», l'erudito trattati
sta enuncia il proprio pensiero con lucida rispondenza al senso più autenti
co del primato e dello stile di Cavalieri.
Primato di cronologia e di stampa per la sua Rappresentatione di Ani
ma, et di Corpo («avanti a quella [...] non credo si sia praticato cosa [...]») e

' Giovanni Battista Doni, Trattato della musica scenica (c. 1630), in G. B. Doni, Lyra
Barberina, a cura di Giovanni Battista Passeri e Anton Francesco Gori, Firenze, Stamperia
Imperiale, 1763, rist. anast. Bologna, Forni, 1974, De' trattati di musica, II, p. 22.
2 Nino Pirrotta, Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi, Torino, Einaudi, 19752, p. 281.

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372 PIERO GARGIULO

di valenza formativa («intendentissimo


Esiti stilistici e resa musicale («quelle m
non estranei, alla «vera e buona Musica
rilievi che egli evidenzia nel prosieguo d
che certa acredine, ovvero una drastica
lieri, dettata da amicizie con il più illus
punto da indurre Doni a tradire l'obietti
Altrettanto nota è del resto la sua pr
(ovviamente condivisibili ο meno), che n
illustri personaggi, ma che anzi si tradu
gative, come dimostrano talora alcuni pa
ve a Monteverdi: stimato come composit
(«il n'est pas homme de grandes lettres»
nuccini, quando a questi si assegna il pr
rianna («contribua plus de Monteverde
d'Ariadne, composée par lui»).5
Precisato dunque che non intendo qui
priorità cronologica nelle vicende che p
mane a mio avviso imprescindibile, al d
Doni, l'assenza di Cavalieri dalle princip
l'arco di un settantennio segnano la trat
significativo della storia musicale e dell'evo
ticolare riferimento alla polemica tra «a
lo», alle «poesie drammatiche» intonate
Due le eccezioni nel primo decennio d

3 La versione precedente del Trattato (edita in


Trattati di musica di Gio. Battista Doni contenente
sica scenica, pp. 1-100) non registra la citazione d
mento esclusivo sulla sola Rappresentazione, così
che le melodie di costui sono molto differenti d
fanno in stile di recitativo e quelle non sono altro
di echi e simili che non hanno che far niente con
altri rilievi mossi a Cavalieri e alle sue prescrizio
riante di esposizione, concernono l'estensione versif
la capienza della sala.
4 Cfr. Warren Kirkendale, La favola della 'nasc
demitizzata da Emilio de' Cavalieri, «Rivista italia
141: 137-138: «Il colpevole principale dell'esclusion
Giovanni Battista Doni (1594-1647), che derivò i s
suo amico Pietro Bardi, figlio di Giovanni».
5 Cfr. Correspondance du p. Marin Mersenne r
Paris, Presses universitaires de France, 1960, VI,
della lettera (originale e tradotta), è riportata an
EDT, 1985, p. 293.

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ANCORA SU 'FAVOLE' E OPERA 373

correlate a riflessioni su Monteverdi: la celebre Oichiaratio


tello Giulio Cesare, che cita «Emiglio del Cavagliere» tra
quell'«Eroica scola» di predecessori del fratello (pur non
Peri e Caccini, che insieme a Ingegneri, Marenzio, Wert e
qualificati tra «li spiriti più elevati e intendenti de la ver
so delle Conclusioni sul suono dell'organo (1609) di Adrian
certo mostrandosi debitore allo stesso G. C. Monteverdi,
Cavallieri» in un gruppo di «moderni et ellevati ingegni» (
Fontanella Pecci) citati come epigoni del «soavissimo comp
che» (Claudio Monteverdi).7
Anche il pavese Giovan Battista Magone, cui si attribuis
ne conciliatoria» tra le «opposte ragioni» di Artusi e Mont
attento lettore della Oichiaratione, proponendo nella sua i
landa mosicale [sic] (1615) un'esauriente lista di teorici e c
rivolgendosi al lettore («Abbraccierai quegli quali verissim
simil professioni detto e scritto»), egli esorta a considerar
menzionati (esponenti di scuola romana e veneziana, madr
sti e compositori di musica strumentale) figurano, accanto ai
verdi, alcuni dei più insigniti da Giulio Cesare (Wert, Inge
Gesualdo, Luzzaschi, Caccini), ma non Cavalieri.9

6 Giulio Cesare Monteverdi, Dichiaratione della lettera [...], in Cl


Scherzi musicali a tre voci, Venezia, Ricciardo Amadino, 1607; nel passo
tra i sette compositori in cui è incluso Cavalieri figura anche il «Conte di
Warren Klrkendale, Emilio de' Cavalieri «Gentilhomo romano». His life
as superintendent of ali the arts at the Medici Court and his musical com
schki, 2001, p. 297, nota 11, si ipotizza («Giovanni Bardi?») la tradizion
invece ormai consolidata l'identità del personaggio nel palermitano Gi
conte di Cammarata (località nei pressi di Agrigento) e autore di una ra
(1603). Il musicista è citato in Pietro Cerone, El Melopeo Y Maestro, Na
Gargano e Lucrezio Nucci, 1613, rist. anast. Bologna, Forni, 1969, p. 150
buenas con las obras musicales de d. Geronimo Branchiforte conde de
mano Micheli, Musica vaga et artifidosa, Venezia, Vincenti, 1615, p. 7
che a lui dedicate: Paolo Emilio Carapezza - Giuseppe Collisani, s.v., in
tionary of music and musidans, edited by Stanley Sadie, London, Macmill
Id., s.v., ivi, 2001, IV, p. 234, rilevano con certezza che «the reference»
«is to Branciforte». Altri richiami sono in P. Fabbri, Monteverdi cit., p. 3
ro Gargiulo, Marenzio 'moderno autore'. Fortuna e recezione nei trattati d
marenziani, a cura di Iain Fenlon e Franco Piperno, Venezia, Edizioni Fo
pp. 89-126: 115-116, nota 82.
7 Adriano Banchieri, Conclusioni sul suono dell'organo, Bologna,
Rossi, 1609, rist. anast. Bologna, Forni, 1969, p. 60.
8 Cfr. P. Fabbri, Monteverdi cit., p. 65.
9 Cfr. Giovan Battista Magone, Ghirlanda Mosicale, Pavia, Giova
p. 73. Tra i musicisti si menzionano anche Adriano Willaert, Andrea e
Giovanni Pierluigi da Palestrina, Cipriano de Rore, Costanzo Porta, Ales

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374 PIERO GARGIULO

Così come nell'opera di un nobile stu


sopra la musica de' suoi tempi (1628)
cui si espone la sistematica classificazio
(dai Fiamminghi a Monteverdi) non si
La sequenza di autori citati annovera i
delt, Lasso, Striggio, Rore, Monte), se
vannelli) dai fautori di «modo diverso
Luzzaschi), per poi giungere ai «Madri
traponto esquisito» (Gesualdo), ai mon
Rasi) e infine a Monteverdi.10
Appena nove anni dopo, nell'Harm
Mersenne, quando si discute sull'Art de
il plauso per quella «manière de recit»
za Caccini, Peri e Stefano Landi." E an
Maugars, reduce dal suo viaggio in Ita
su Monteverdi, qualificandolo come u
monde [...] qui a trouvé une nouvelle m
tant pour les instruments que pour la vo
E poi di nuovo un erudito, composito
Della Valle in un altro celebre «Discor
essenziale ai fini degli «affetti» e di q
quello che si canta», osservando, con le

Le prime composizioni buone che si siano


Dafne, l'Arianna, l'Euridice [...]. I primi ch
questa strada sono stati il Principe di Venos

vanni Giacomo Gastoldi, Ludovico Viadana, O


Giulio Cesare Monteverdi è citato anche in Mar
derna, Varsavia, Pietro Elert, 1649, rist. in Polem
Tim Carter, Krakow, Musica Iagellonica, 1993 (
teorico viterbese si limita a richiamare «Cipria
Monteverde», tra i «Virtuosi armonici» menzion
10 Cfr. Vincenzo Giustiniani, Discorso sopra
pografia Giusti, 1878, pp. 14-20.
11 Cfr. Marin Mersenne, Harmonie Universel
passo («LivreVI»), che prosegue con gli elogi anc
vers en parlant et en chantant» della Flora di A
anche in Piero Gargiulo, Da Mersenne a Ménest
'goût italien' ed 'esprit français', in I rapporti mu
convegno (Mondovì, 12-14 maggio 1994), «Stud
12 [André Maugars], Réponse faite à un curie
Escrit à Rome le premier octobre 1639, s.l., s.a
Thoinan, André Maugars, Paris, Claudin, 1865. C
167.

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ANCORA SU 'FAVOLE' E OPERA 375

cantare affettuoso [...] Claudio Monteverde e Jacopo Peri nelle o


te, ma però indirizzati dal Rinuccini, autore di poesie, dal Bard
delle antichità musicali, dal Corsi peritissimo nella pratica; [...]
ma dopo che si fu esercitato nelle musiche di Firenze, perché nell
buona pace di lui non ci trovo tanto di buono. E in Roma il prim
questo modo di cantare sensato e con grazia, fu l'ultimo mio m
Paolo Quagliati, imitato poi subito e felicemente dal Tarditi e da
cora fioriscono

Escluso dalla citazione, Cavalieri l'aveva guadagnata in


dente, quando Della Valle differenziava il talento e la du
espressiva dei coevi interpreti rispetto a pur insigni «cant
generazione, ricordando che:

[...] in quei tempi non se ne ragionava, né in Roma se ne seppe


ché dalla buona scuola di Firenze non ce la portò ne' suoi ultimi
de' Cavalieri, che, prima di tutti, ne diede in Roma un buon sag
sentazioncella nell'Oratorio della Chiesa nuova [...].14

La seconda metà del Seicento trova un emblematico avvio con la Mu


surgia (1650) di Athanasius Kircher, tra i primi a cimentarsi con la classifi
cazione degli stili, nel cui ambito egli propone alcune interessanti riflessio
ni. Se nel definire il «madrigalescus stylus», lo scienziato e teorico tedesco
non mostra dubbi nell'eleggere le «insignia opera Lucae Marentij, Aug.
Agazzari, Princeps de Venosa»,15 così egli osserva su altra tipologia di
«stylus», rimarcando rispettivamente i meriti di Caccini e Monteverdi:

Cui vero fusius hunc stylum [theatralis] cognoscere animus est, hic innumeros
huius farinae Authores in Italia a temporibus Iulij Caccini (qui primus hanc cantan
di rationem, antiquis usitasissimam instauravit) editos consulat [Chi desidera cono
scere questo stile più diffusamente, consulti qui i numerosi cultori di questa espres

13 Pietro Della Valle, Della musica dell'età nostra che non è punto inferiore, ami è mi
gliore di quella dell'età passata (1640), in G. B. Doni, De' trattati cit., p. 256 e in Angelo So
lerti, Le origini del melodramma, Torino, F.lli Bocca, 1903, rist. anast. Bologna, Forni, 1969,
p. 170.
14 P. Della Valle, Della musica cit., p. 251 (in G. Β. Doni, De' trattati cit.) e pp. 162
163 (in A. Solerti, Le origini cit.). Il passo è riportato anche in W. Kirkendale, Emilio de'
Cavalieri cit., p. 297. L'ultima citazione secentesca inerente Cavalieri (fin qui documentata) è
in Gian Vittorio Rossi (Janus Nicius Erythraeus), Pinacotheca imaginum illustrium [...] viro
rum, Coloniae Agrippinae, apud Iodocum Kalcovium et socios, 1648, III, p. 144, ove si con
ferma l'attribuzione del libretto della Rappresentatione ad Agostino Manni, e ivi, 1645, I,
p. 261, ove il letterato romano definisce Cavalieri «musicus elegantissimus», come segnala lo
stesso Kirkendale (Emilio de' Cavalieri cit., rispettivamente p. 246, nota 60 e p. 266, nota 143).
15 Athanasius Kircher, Musurgia universalis, Romae, ex typographia haeredum Francisci
Corbelletti, 1650,1, p. 586.

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376 PIERO GARGIULO

sione, pubblicati in Italia dai tempi di Giuli


sta maniera di cantare, usatissima dagli antich

Stylus denique Dramaticus [...]. Fuit hoc st


Claudius Monteverde, uti eius Ariadna osten
tico (...). Tra i primi celebri musicisti che prat
Monteverdi].17

Non mi soffermo sul fiorentino, allie


Bonini e sul suo trattato (Discorsi e reg
(e fin troppo) accusato da moderni com
giudizio su Caccini, Peri e svariati mus
mente non figura Cavalieri), ma giustam
darlo - per le illuminanti valutazioni ch
sualdo e sullo stesso Monteverdi e che
puntuali osservatori del repertorio tra C
Ben diverso è invece il rilievo che, sem
stilistiche, meritano i Ragionamenti mu
passo in cui il teorico e compositore ma
nota:

Lo stile rappresentativo, cioè da teatro, consiste in questo solamente, che can


tando si parli e parlando si canti, havendo fiorito in questo a maraviglia Giacomo
Peri, Monteverde [...].19

Ancora una volta e quasi alla fine del secolo - attraverso il primo dei
cinque trattati di Berardi, attento cultore della disciplina teorica, in seguito

16 Ivi, p. 310. La citazione prosegue indicando un altro insigne modello: «Exactum quo
que et secundum rigorosam trutinam compositum exemplum, vide in libro 7 consulat quoque
Comoediam musicam Claudij de Monteverde, quam Ariadnam inscribit» [E consulti anche
nel libro 7 quell'esempio perfetto e composto secondo un rigoroso equilibrio, che è la Com
media (in) 'musica' di Claudio Monteverdi, che intitolò Arianna]. Elogiando le «inventiones
Italorum circa musicam», Kircher (p. 544) cita nuovamente Caccini («Iulio Carino recitativi
styli Veteribus usitati resuscitationem»), nominandolo tra i compositori italiani che «ad stupo
rem usque rarissimis operibus illustrarunt».
17 Ivi, p. 594.
18 Cfr. Severo Bonini, Discorsi e regole sopra la musica, ms. (c. 1653), a cura di Leila
Galleni Luisi, Cremona, Fondazione Claudio Monteverdi, 1975 (Instituta et monumenta II,
5). Sul rimarchevole «profilo di ampio e sostanzioso credito» che il monaco vallombrosano
offre in particolare su Luca Marenzio, cfr. Marco Bizzarini, Marenzio. La carriera di un musi
cista tra Rinascimento e Controriforma, Comune di Coccaglio, Promozione Franciacorta, 1998,
pp. 305-309, Luca Marenzio, Il Nono Libro de Madrigali a cinque voci (1599), a cura di Paolo
Fabbri, Milano, Suvini Zerboni, 2000, p. xm e P. Gargiulo, Marenzio cit., pp. 115-117, 121-122.
" Angelo Berardi, Ragionamenti musicali, Bologna, Giacomo Monti, 1681, p. 136. Ac
costato di seguito a Peri e Claudio Monteverdi è Antonio Cesti: altri nominativi segnalati sono
quelli di Bernardo Pasquini, Francesco Cavalli, Pietro Simone Agostini.

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ANCORA SU 'FAVOLE' E OPERA 377

assai stimato da Mattheson e da Brossard - il nome di Jac


a quello di Monteverdi) torna a imporsi quale eletto e quali
di una maniera espressiva (lo «stile rappresentativo»).20
Manca invece il nome di Cavalieri. Farsene una ragion
leggere e ri-valorizzare le chiarissime osservazioni di Nin
pensiero mi sono ispirato in un saggio dedicato alla ri-lett
note» prefazioni (tali definite da chi evidentemente non a
sità di rivisitarle) e apparso in un volume comprensivo di
si», che - sempre secondo il giudizio del re-censore - «n
stanziali novità circa la storia del melodramma premonteverd
Sono invece ben lieto di aver sfidato l'«arcinotorietà» d
(e in particolare di quella di Peri),22 per ridiscuterne il signif
nalizzato ο frainteso e soprattutto per misurare ancora pi
un'asserzione di Pirrotta, quando, ragionando di Peri e de
superiore a quella della semplice parola, ma tanto inferior
canto da diventare una forma intermedia», lo studioso ris

[...] uno stile di canto regolato generalmente dal testo e dalla ne


più che da principi di organizzazione musicale. La soluzione di C

20 Debitore al suo maestro Marco Scacchi, anch'egli tra i primi a defin


stile «recitativo [...] semplice rappresentativo, il quale è quello che si accom
Teatri» (M. SCACCHI, Breve discorso cit., p. 52 [c. 9v]), Berardi offre una sint
su repertori e protagonisti tra Cinque e Seicento: esalta il valore di Palest
generazioni future come insostituibile modello, non esita a elevare le ardi
drigalista, elogia Gesualdo come impareggiabile nello stile «lamentevole» e
per i madrigali concertati, prima di rinominarlo, appunto con Peri, per lo
21 W. Kirkendale, La favola cit., pp. 136-137 e nota 17. Ospitato in q
(«Interventi»), l'autore non ha perso occasione in una nota al testo di c
cuni saggi contenuti nel volume 'Lo stupor dell'invenzione'. Firenze e la n
del convegno internazionale di studi (Firenze, 4-6 ottobre 2000), a cura
renze, Olschki, 2001 (Quaderni della Rivista italiana di musicologia, 36)
spettivi autori, ma con ovvi richiami alla loro identificazione. Mi sorpren
stati mossi utilizzando un contesto del tutto estraneo alla natura e alle fina
articolo e non, come più canonicamente e correttamente imposto da certa
sionale, nel consueto e democratico spazio riservato alle recensioni e al
critico, piuttosto che alla vera e propria autoesaltazione dell'arbitrio denig
rispondo citando la valutazione espressa da Enrico Fubini nella sua am
sta italiana di musicologia», XXXVI, 2001, pp. 382-387) al volume da me
recita: «[...] i saggi qui presentati sono tutti ricchi e ognuno contiene un'i
tiva sull'argomento, portando in luce aspetti a volte inediti e comunque s
studio» (p. 382). Per quanto riguarda errori od omissioni, riscontrati anch
catalogo Per un regale evento [...], invito l'illustre re-censore (che se la
Comitato nazionale per le celebrazioni, reo di aver presenziato le pagin
trambi i volumi senza averne titolo e competenza) a ri-leggere il motto d
ullam auctoritatem habere sententia, ubi qui damnandus est, damnat» (cfr
22 Piero Gargiulo, Da Peri, Caccini e Gagliano 'a' cortesi lettori'. Per un
riche prefazioni, in 'Lo stupor dell'invenzione' cit., pp. 15-29: 20-23.

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378 PIERO GARGIULO

una stilizzazione e formalizzazione degl'int


genze della musica di danza e del canto; la
può essere descritta come realistica, in qu
vicino alla parola, quella più comune e m
quella intensificata dalla urgenza di passion

Parole che ancora oggi, a distanza di


assoluta limpidezza il dettato di certi
puntualizzano nel migliore dei modi le
stile recitativo e stile rappresentativo,
individua nel secondo l'espressione più

Ma per rappresentativa intendere debbia


ramente proporzionata alla scena, cioè per
glia rappresentare col canto, che è quasi l'i
del tutto il medesimo; [...] Più dunque mi
alla scena Rappresentativo ο Scenico che Re

Troppo semplicistico, a mio avviso,


«Sig. Emilio», sostenendo che egli non
e che il fraintendimento sui suoi meriti
travedere il 'nuovo' nella celebre locuz
nella prefazione di Guidotti alla Rappr
munemente (e direi banalmente) inter
«azione teatrale eseguita in musica».25
acceso confronto, erano i motivi di con
le) e troppo esplicita la volontà di ragg
sce, di innovare profondamente le sorti
Cavalieri in alcune sue lettere non esita a
tenuto. Così infatti ancora Pirrotta:

[...] Cavalieri aveva ragione di vantarsi di


- tutto in musica - e di essere stato il pri
La rappresentazione. La sua invenzione, ο
nente musicale già notevole nella letteratu

23 Ν. Pirrotta, Li due Orfei cit., p. 282.


24 G. Β. Doni, Trattato cit., p. 30.
25 W. Kirkendale, La favola cit., p. 138, nota
26 Sull'indubbia volontà di rivendicare la prop
(a Bernardo Accolti da Roma, in W. Kirkendale
363, p. 370), in cui Cavalieri non esita a manifes
vio Rinuccini e la «sua littera stampata della Euri
remore che «questo [il nuovo genere teatrale] è st

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ANCORA SU 'FAVOLE' E OPERA 379

verso un'organizzazione formale, mentre d'altra parte riduceva


ma pastorale per adattarla alle particolari esigenze e al ritmo
presentazione musicale. Questi risultati però, sebbene siano i
gonano al rigido rituale ed ai gesti simbolici dei macchinosi i
vevano essere più simili a ciò che noi diremmo balletto ο pan
pera.27

Una favola semplificata e formalizzata. Non un'opera. Non tale almeno


da meritare testimonianza duratura ο impronta marcata. Come appunto di
mostra la rassegna delle citazioni più su riportate, alcune significativamente
debitrici all'ambito romano (Maugars, Della Valle, Kircher, Berardi) in anni
ancora vicini all'eco della «Rappresentazioncella» e in cui il nome di Cava
lieri, a parte il riferimento di Della Valle, è assente.
Non lo sono invece quelli di Peri e Caccini (e di Monteverdi ovviamen
te), la cui memoria attraversa quasi l'intero secolo e non soltanto grazie a
Doni, cui non pare comunque lecito attribuire il ruolo di «colpevole» del
l'equivoco su Cavalieri e sul suo contributo, che neanche 0 trattatista fio
rentino intende contestare, come già visto e come si riscontra in altre occa
sioni. Quando per esempio riflette sul primato fiorentino delle varie «Arti»:

[...] perciocché nella Pittura Cimabue l'ha fatta rinascere, Giotto l'ha accresciuta e
Michelagnolo l'ha perfezionata: così nella Musica Teatrale il medesimo possa succe
dere, anzi sia in gran parte successo, perciocché in Firenze cominciò a rinascere con
l'industria del Sig Emilio, e in Firenze s'accrebbe con l'ingegno del Sig. Ottavio,
che di gran lunga la migliorò, come s'è visto.28

Ο ancora quando dedica qualche osservazione sull'impiego degli stru


menti «nei Soliloqui e ne' Cori»:

Nelle Azioni in Musica, nelle quali mi sono trovato qui in Roma e in Firenze
ho veduto quasi indifferentemente adoprare ogni sorte d'Instrumento [...]. Pare che
gli odierni Musici, come il sig. Emilio del Cavaliere nella sua Rappresentazione e il

27 Ν. PlRRorrA, Li due Orfei cit., p. 281. Divergente da Pirrotta e più orientato pro-Cava
lieri (e stranamente non citato nel volume di Kirkendale) era invece un giudizio espresso in
Francesco Luisi, Note sul contributo musicale alla drammaturgia pastorale avanti il melodram
ma, in Sviluppi della drammaturgia pastorale nell'Europa del Cinque-Seicento, atti del XV con
vegno del Centro studi sul teatro medievale e rinascimentale (Roma, 23-26 maggio 1991), a
cura di Maria Chiabò e Federico Doglio, Viterbo, Union Printing Editrice, 1992, pp. 101-118:
118, in cui l'autore rileva che «le intonazioni del Cavalieri forse non erano, a detta del Doni,
all'altezza della "buona e vera musica teatrale", ma rimane il fatto che esse rappresentano la
prima concreta realizzazione del nuovo genere teatrale interamente musicato che interpretava
il messaggio drammaturgico delY Aminta».
28 G. B. Doni, Trattato cit., Appendice cit., p. 15.

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380 PIERO GARGIULO

Sig. Claudio Monteverde nel suo Orfeo dia


te d'Instrumenti e in gran numero.2'

A tale trasparente obiettività (quale


in cui - si noti - al «Sig. Emilio» si ac
Monteverdi) rimandano altresì alcune
di Cavalieri, come a proposito della co
tisti:

Ma quanto al luogo dei Suonatori, benché il Sig. Emilio dia per precetto che si
mettano in luogo dove non si vedano [...] dirò sinceramente che per parer mio sta
ranno molto meglio in qualche luogo conspicuo, come in un palco un poco più bas
so nella Scena circa il mezzo, ο le sue estremità: massime se saranno riccamente ad
dobbate, come si usavano ne' tempi antichi e se non si serviranno di quelli Instru
ment! sedentari, come sono i Clavicembali, che veramente hanno poco del decoro
in luogo, e però stanno meglio nascosti.30

Ο ancora sull'opinione che gli «Antichi» si esibissero in una triplice e


simultanea prestazione di cantori, danzatori e suonatori:

[...] della qual cosa pare che facciano grandissimo conto giudicando che ancora og
gi si doverebbe praticare: di cotale opinione pare che sia stato il Sig. Emilio, poiché
consiglia che ciò si faccia nella Epistola prefissa alla sua Rappresentazione dell'Ani
ma e del Corpo. Ma questa è una mera chimera [...] perché chi volesse fare tutte e
tre queste cose insieme, non ne farebbe nessuna insieme.31

La trattazione di Doni trova pertanto punti di equilibrio tra riconosci


mento del primato di Cavalieri32 e rilievi su alcuni aspetti concreti e funzio
nali alla resa scenica della «buona e vera musica teatrale», nel cui ambito
Doni rivela una capacità di giudizio esemplare, pari alla lucidità con cui no
mina Marenzio accanto a Caccini, in un accostamento davvero esclusivo
sull'«Opinione circa le parole che si cantano e della grandezza de' versi», in
cui si citano il madrigalista e il monodista quali interpreti «della nuova ri
cerca espressiva tra testo e musica»:33

29 Ivi, p. 87.
30 Ivi, p. 95.
51 Ivi, p. 96.
,2 Ne sia ulteriore dimostrazione l'«Indice delle Materie» (G. B. Doni, Trattato cit.,
p. 281), compilato da Giovan Battista Martini, che alla voce «Del Cavaliere Emilio Romano
Gentiluomo», richiama il musicista come «uno de' primi inventori della musica teatrale», se
gnalando (ma qui con riferimento al Discorso di Della Valle, edito nello stesso volume) che
«da Firenze portò in Roma la buona scuola del canto».
53 P. Gargiulo, Marenzio cit., p. 110 e nota 65.

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ANCORA SU 'FAVOLE' E OPERA 381

[...] perché quanto alle volgari si è fatto gran miglioramento n


poiché Luca Marenzio, Giulio Romano e simili, hanno cominciato
bella grazia le parti, e fare intendere alquanto meglio le parole
prima.'4

Ο anche quando elegge Gesualdo per le «qualità naturali e artifiziali»


richieste al compositore (distinguendo tra «contrapuntisti e musici») e per
l'uso delle dissonanze:

Il Principe di Venosa per il contrario (che era nato propriamente per la Musica
e con l'espressione del canto poteva vestire a suo talento qualsivoglia concerto) non
attese mai a Canoni e simili componimenti. [...]

Quanto alla diversità di stile ο di carattere che si sente nelle Opere di questo ο
quel Musico, ciò nasce da molte cause [...) e un altro sarà più ardito a seguitar que
sti moderni Diaphonisti [termine con cui Doni designa i cultori della dissonanza]
come è stato il Principe di Venosa, anzi inventerà da sé cose nuove."

E infine quando differenzia con accorta misura gli specifici contributi


ispirati dalla nominata «diversità di stile»:

Di qui è che Monteverdi cerca più le dissonanze e il Peri poco si diparte dalle
regole comuni. In Giulio Romano vi si scorge maggiore varietà di pensieri; ma nel
Peri più nobili e uno stile direi più tragico, siccome quell'altro ha più del comico,
essendo questo più ornato e quello più semplice e maestoso. Quanto al Monteverdi
pare che più di amendue cerchi le durezze nel Contrapunto e le sue modulazioni
vadano cantate con quei tempi che sono segnate: ma quelle del Peri con la misura
più veloce, poiché per lo più si serve di note bianche.'6

La qualità e la consistenza del consenso privilegiano a turno il Peri, il


Caccini e lo stesso Monteverdi, ma non impediscono a Doni di osservare
che nessuno di loro (nonostante la qualifica di «primi formatori di questo
stile»)37 è riuscito nell'intento di «fare il canto naturale quanto hanno potu

34 G. Β. Doni, Trattato cit., p. 17.


35 Ivi, rispettivamente pp. 129-130 e 128.
36 Ivi, p. 128.
37 Ivi, p. 25. Sulla preminenza stilistica cfr. anche Giovanni Battista Doni, De Praestan
tia Musicae Veteris [...], Florentiae, Typis Amatoris Massae Foroliviensis, 1647, p. 57: «Quod
si stylum quem vocant recitativum, ac monodicum potius vocandum censes, ad examen, revo
cemus, quid quaeso in Iulio Caccinio, in Iacobo Perio, in Claudio de Monteviridi (quod a po
litissima illa Florentiae schola prodiisse constat) tibi displicet?» [E infatti se prendiamo in esa
me lo stile che chiamano recitativo, e che meglio crederesti debba chiamarsi monodico, dim
mi un po' cosa non ti va in Giulio Caccini, Jacopo Peri, Claudio Monteverdi (che si sa essere
uscito dalla finissima scuola fiorentina)?]. Quest'ultima citazione (con la relativa traduzione) è
riportata in P. Fabbri, Monteverdi cit., p. 1.

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382 PIERO GARGIULO

to», orientandolo a riaffermare la premin


musici:

E così si conosce che i veri architetti di qu


mente stati li Signori Jacopo Corsi e Ottavio Ri

Il medesimo pensiero anima le parole d


quando a oltre cento anni di distanza, riv
ogni Poesia (1739-1752) un concetto essen
letterati e storici) alla sua concezione di o
Bisognerebbe che l'autorità principale per la
Poeti; che i Musici s'accomodassero alle intenz
alle parole e ai versi, non, come si pratica ogg
da' Latini e da Greci era ne' loro Recitamenti
do ancora fra gl'Italiani si cominciarono le Poe
te, que' Compositori ebbero molta riflessione
Poesia non si sconvenisse. Ecco siccome l'un d'e
Lettera a Leggitori, premessa in fronte all'Eur

Il lombardo Quadrio (sacerdote, insegnan


porti di amicizia con Voltaire) non segue
riserva un'unica citazione, per altro su ar
trale, nei sette volumi che costituiscono
quando ripercorre la materia lo fa con pie
quanto a supporto storico-documentale, d
(1698) di Crescimbeni. Dopo aver ricorda
sche (con particolare richiamo all'Aminta
Ma colla Musica dal principio alla fine dell'
teatro italiano ma non dopo molto sicurament
valiere Professore di Musica pose sotto le note
tiro, favole pastorali di Laura Guidiccioni Luc
furono alla presenza del Gran duca di Toscana
medesimo Emilio pose in musica 11 Giuoco de
tutto ciò si dice nelle lettere, le quali precedon

'8 G. Β. Doni, Trattato cit., p. 25; cfr. anche p. 148


Rinuccini ancora per la Dafne e Salvadori per il per
Angelica, 1619) di Marco da Gagliano. Svariati, ovvi
tavio Rinuccini e ai suoi meriti, «poiché in vero sen
gran parte della sua leggiadria e vaghezza» (pp. 25-
J9 Francesco Saverio Quadrio, Della storia e de
Agnelli, 1744, vol. Ili, lib. 2 («Distinzione IV, Dove
40 Cfr. ivi, (Bologna, F. Pisarri, 1739), vol. I, lib.
sito di clavicembali enarmonici, sul modello ideato

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ANCORA SU'FAVOLE'E OPERA 383

nima e di Corpo, la quale fu posta in Musica interamente dal pr


tata in Roma nell'Oratorio della Vallicella l'anno 1600, nel qual
stampato, siccome il Crescimbeni racconta. Anche in Venezia
uscito un musical guazzabuglio di Orazio Vecchij da Modena, in
so, Commedia Harmonica. E così fino quest'anno si viene la m
nelle Rappresentazioni Sacre, nelle feste profane, nelle Pastora
Componimenti.
Ma niuna di queste Dramatiche Opere poste in musica era pro
maniera di Drammi in genere tragico de' quali è propriamente
ne 0 Discorso.41

Dopo aver ribadito che «i primi che dettero moto a sì fatt


furono alquanti gentiluomini fiorentini assai nella Music
(Bardi, Pietro Strozzi, Corsi, Rinuccini) e aver eletto Peri
«esempio [...] seguitato da altri che tutte intere Poesie in
scrissero» (Caccini e Marco da Gagliano), Quadrio rinomi
Guidiccioni per le «prime favole secondo le buone regol
accomuna la Dafne, l'Euridice e l'Arianna tra «que' Dram
grazia della musica espressamente composti», citando Pe
gliano tra coloro «che le Dramatiche poesie misero in mus
Intento a riconsiderare ancora i doveri dei musici e a indic
lo inequivocabile di perfezione, elegge Peri, di cui riporta
poverso della prefazione «Ai Lettori» preposta all'Euridice,
Così egli. Ciò è che imitar dovrebbono e studiare i Compos
qualora alcuna Scenica Poesia cada sotto le loro mani.43

A Cavalieri, in altro luogo definito «celebre compositor


Quadrio dedica infine una specifica 'scheda', in cui si legg
Emilio del Cavaliere, Romano, fioriva circa il 1590. Da ques
Jacopo Peri attesta nella Lettera a Lettori posta in fronte all'Eurid
«con maravigliosa invenzione ci fu fatta udire prima che da og
sulla Scena». Delle cose però per l'addietro scritte dubitiam gran
tà di questa asserzione.45

Piero Gargiulo

41 Ivi, p. 433.
42 Ivi, rispettivamente pp. 433, 460, 507.
43 Ivi, p. 452.
44 Ivi, p. 460.
43 Ivi, pp. 507-508. Sulle «cose per l'addietro scritte» cfr. il passo già citato di p. 433. In
W. Kirkendale, Emilio de' Cavalieri cit., p. 208, nota 120, Quadrio è citato con esclusivo riferi
mento a p. 460, in merito alla priorità delle «prime favole che poste fossero ài musica e recitate».

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