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Ri-leggo Doni su Cavalieri, nel ben noto giudizio cui si affida l'esordio
del capitolo nono del Trattato della musica scenica («Dell'origine che ebbe
a' tempi nostri il cantare in Scena»):
In ogni tempo si è costumato di frammettere alle Azioni drammatiche qualche
sorte di cantilena, ο in forma d'Intermedj tra un Atto e l'altro ο pure dentro l'istes
so atto, per qualche occorrenza del soggetto rappresentato. Ma quando si comin
ciassero a cantare tutte le Azioni intere, fresca ne è ancora la memoria; perciocché
avanti a quella che fece il Sig. Emilio Del Cavaliere Gentiluomo Romano e inten
dentissimo della Musica, non credo si sia praticato cosa che meriti di essere mento
vata. Di costui va attorno una Rappresentazione intitolata Dell'anima e del Corpo,
stampata qui in Roma nel 1600. E in essa si fa menzione di una commedia grande
rappresentata in Firenze nel 1588 [recte 1589] per le nozze della serenissima Gran
duchessa, nella quale erano molti frammenti di musica da lui medesimo composti:
dove anco due anni apresso si rappresentò il Satiro con le musiche dell'istesso.
Conviene però sapere che quelle melodie sono molto differenti dalle odierne, che si
fanno in stile comunemente detto Recitativo-, non essendo quelle altro che ariette
con molti artifizi di repetizioni, echi e simili, che non hanno che fare niente con la
buona e vera Musica Teatrale, della quale il sig Emilio non potrà aver lume per
mancamento di quelle notizie che si cavano dagli antichi Scrittori. E ciò si conosce
chiaramente da certe massime che egli mette avanti, le quali sono al tutto contrarie
a quello che richiede il Teatro.1
' Giovanni Battista Doni, Trattato della musica scenica (c. 1630), in G. B. Doni, Lyra
Barberina, a cura di Giovanni Battista Passeri e Anton Francesco Gori, Firenze, Stamperia
Imperiale, 1763, rist. anast. Bologna, Forni, 1974, De' trattati di musica, II, p. 22.
2 Nino Pirrotta, Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi, Torino, Einaudi, 19752, p. 281.
Cui vero fusius hunc stylum [theatralis] cognoscere animus est, hic innumeros
huius farinae Authores in Italia a temporibus Iulij Caccini (qui primus hanc cantan
di rationem, antiquis usitasissimam instauravit) editos consulat [Chi desidera cono
scere questo stile più diffusamente, consulti qui i numerosi cultori di questa espres
13 Pietro Della Valle, Della musica dell'età nostra che non è punto inferiore, ami è mi
gliore di quella dell'età passata (1640), in G. B. Doni, De' trattati cit., p. 256 e in Angelo So
lerti, Le origini del melodramma, Torino, F.lli Bocca, 1903, rist. anast. Bologna, Forni, 1969,
p. 170.
14 P. Della Valle, Della musica cit., p. 251 (in G. Β. Doni, De' trattati cit.) e pp. 162
163 (in A. Solerti, Le origini cit.). Il passo è riportato anche in W. Kirkendale, Emilio de'
Cavalieri cit., p. 297. L'ultima citazione secentesca inerente Cavalieri (fin qui documentata) è
in Gian Vittorio Rossi (Janus Nicius Erythraeus), Pinacotheca imaginum illustrium [...] viro
rum, Coloniae Agrippinae, apud Iodocum Kalcovium et socios, 1648, III, p. 144, ove si con
ferma l'attribuzione del libretto della Rappresentatione ad Agostino Manni, e ivi, 1645, I,
p. 261, ove il letterato romano definisce Cavalieri «musicus elegantissimus», come segnala lo
stesso Kirkendale (Emilio de' Cavalieri cit., rispettivamente p. 246, nota 60 e p. 266, nota 143).
15 Athanasius Kircher, Musurgia universalis, Romae, ex typographia haeredum Francisci
Corbelletti, 1650,1, p. 586.
Ancora una volta e quasi alla fine del secolo - attraverso il primo dei
cinque trattati di Berardi, attento cultore della disciplina teorica, in seguito
16 Ivi, p. 310. La citazione prosegue indicando un altro insigne modello: «Exactum quo
que et secundum rigorosam trutinam compositum exemplum, vide in libro 7 consulat quoque
Comoediam musicam Claudij de Monteverde, quam Ariadnam inscribit» [E consulti anche
nel libro 7 quell'esempio perfetto e composto secondo un rigoroso equilibrio, che è la Com
media (in) 'musica' di Claudio Monteverdi, che intitolò Arianna]. Elogiando le «inventiones
Italorum circa musicam», Kircher (p. 544) cita nuovamente Caccini («Iulio Carino recitativi
styli Veteribus usitati resuscitationem»), nominandolo tra i compositori italiani che «ad stupo
rem usque rarissimis operibus illustrarunt».
17 Ivi, p. 594.
18 Cfr. Severo Bonini, Discorsi e regole sopra la musica, ms. (c. 1653), a cura di Leila
Galleni Luisi, Cremona, Fondazione Claudio Monteverdi, 1975 (Instituta et monumenta II,
5). Sul rimarchevole «profilo di ampio e sostanzioso credito» che il monaco vallombrosano
offre in particolare su Luca Marenzio, cfr. Marco Bizzarini, Marenzio. La carriera di un musi
cista tra Rinascimento e Controriforma, Comune di Coccaglio, Promozione Franciacorta, 1998,
pp. 305-309, Luca Marenzio, Il Nono Libro de Madrigali a cinque voci (1599), a cura di Paolo
Fabbri, Milano, Suvini Zerboni, 2000, p. xm e P. Gargiulo, Marenzio cit., pp. 115-117, 121-122.
" Angelo Berardi, Ragionamenti musicali, Bologna, Giacomo Monti, 1681, p. 136. Ac
costato di seguito a Peri e Claudio Monteverdi è Antonio Cesti: altri nominativi segnalati sono
quelli di Bernardo Pasquini, Francesco Cavalli, Pietro Simone Agostini.
[...] perciocché nella Pittura Cimabue l'ha fatta rinascere, Giotto l'ha accresciuta e
Michelagnolo l'ha perfezionata: così nella Musica Teatrale il medesimo possa succe
dere, anzi sia in gran parte successo, perciocché in Firenze cominciò a rinascere con
l'industria del Sig Emilio, e in Firenze s'accrebbe con l'ingegno del Sig. Ottavio,
che di gran lunga la migliorò, come s'è visto.28
Nelle Azioni in Musica, nelle quali mi sono trovato qui in Roma e in Firenze
ho veduto quasi indifferentemente adoprare ogni sorte d'Instrumento [...]. Pare che
gli odierni Musici, come il sig. Emilio del Cavaliere nella sua Rappresentazione e il
27 Ν. PlRRorrA, Li due Orfei cit., p. 281. Divergente da Pirrotta e più orientato pro-Cava
lieri (e stranamente non citato nel volume di Kirkendale) era invece un giudizio espresso in
Francesco Luisi, Note sul contributo musicale alla drammaturgia pastorale avanti il melodram
ma, in Sviluppi della drammaturgia pastorale nell'Europa del Cinque-Seicento, atti del XV con
vegno del Centro studi sul teatro medievale e rinascimentale (Roma, 23-26 maggio 1991), a
cura di Maria Chiabò e Federico Doglio, Viterbo, Union Printing Editrice, 1992, pp. 101-118:
118, in cui l'autore rileva che «le intonazioni del Cavalieri forse non erano, a detta del Doni,
all'altezza della "buona e vera musica teatrale", ma rimane il fatto che esse rappresentano la
prima concreta realizzazione del nuovo genere teatrale interamente musicato che interpretava
il messaggio drammaturgico delY Aminta».
28 G. B. Doni, Trattato cit., Appendice cit., p. 15.
Ma quanto al luogo dei Suonatori, benché il Sig. Emilio dia per precetto che si
mettano in luogo dove non si vedano [...] dirò sinceramente che per parer mio sta
ranno molto meglio in qualche luogo conspicuo, come in un palco un poco più bas
so nella Scena circa il mezzo, ο le sue estremità: massime se saranno riccamente ad
dobbate, come si usavano ne' tempi antichi e se non si serviranno di quelli Instru
ment! sedentari, come sono i Clavicembali, che veramente hanno poco del decoro
in luogo, e però stanno meglio nascosti.30
[...] della qual cosa pare che facciano grandissimo conto giudicando che ancora og
gi si doverebbe praticare: di cotale opinione pare che sia stato il Sig. Emilio, poiché
consiglia che ciò si faccia nella Epistola prefissa alla sua Rappresentazione dell'Ani
ma e del Corpo. Ma questa è una mera chimera [...] perché chi volesse fare tutte e
tre queste cose insieme, non ne farebbe nessuna insieme.31
29 Ivi, p. 87.
30 Ivi, p. 95.
51 Ivi, p. 96.
,2 Ne sia ulteriore dimostrazione l'«Indice delle Materie» (G. B. Doni, Trattato cit.,
p. 281), compilato da Giovan Battista Martini, che alla voce «Del Cavaliere Emilio Romano
Gentiluomo», richiama il musicista come «uno de' primi inventori della musica teatrale», se
gnalando (ma qui con riferimento al Discorso di Della Valle, edito nello stesso volume) che
«da Firenze portò in Roma la buona scuola del canto».
53 P. Gargiulo, Marenzio cit., p. 110 e nota 65.
Il Principe di Venosa per il contrario (che era nato propriamente per la Musica
e con l'espressione del canto poteva vestire a suo talento qualsivoglia concerto) non
attese mai a Canoni e simili componimenti. [...]
Quanto alla diversità di stile ο di carattere che si sente nelle Opere di questo ο
quel Musico, ciò nasce da molte cause [...) e un altro sarà più ardito a seguitar que
sti moderni Diaphonisti [termine con cui Doni designa i cultori della dissonanza]
come è stato il Principe di Venosa, anzi inventerà da sé cose nuove."
Di qui è che Monteverdi cerca più le dissonanze e il Peri poco si diparte dalle
regole comuni. In Giulio Romano vi si scorge maggiore varietà di pensieri; ma nel
Peri più nobili e uno stile direi più tragico, siccome quell'altro ha più del comico,
essendo questo più ornato e quello più semplice e maestoso. Quanto al Monteverdi
pare che più di amendue cerchi le durezze nel Contrapunto e le sue modulazioni
vadano cantate con quei tempi che sono segnate: ma quelle del Peri con la misura
più veloce, poiché per lo più si serve di note bianche.'6
Piero Gargiulo
41 Ivi, p. 433.
42 Ivi, rispettivamente pp. 433, 460, 507.
43 Ivi, p. 452.
44 Ivi, p. 460.
43 Ivi, pp. 507-508. Sulle «cose per l'addietro scritte» cfr. il passo già citato di p. 433. In
W. Kirkendale, Emilio de' Cavalieri cit., p. 208, nota 120, Quadrio è citato con esclusivo riferi
mento a p. 460, in merito alla priorità delle «prime favole che poste fossero ài musica e recitate».