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ISTITUZIONE DI ALTA FORMAZIONE ARTISTICA, MUSICALE E COREUTICA

CORSO DI FONDAMENTI DI ACUSTICA DEGLI STRUMENTI


PROF. GIACOMO LARÌA

MISURA DELLE GRANDEZZE FISICHE E FONDAMENTI DI ACUSTICA


ASTRAZIONE DI UN PROBLEMA REALE
I problemi che spesso incontriamo nascono dal mondo reale, ma non sempre sono risolvibili internamente ad
esso. Il mondo reale (o mondo fisico) è costituito da ciò che ci circonda: auto, case, alberi, computer, etc. come
indicato nella figura sottostante:

Gran parte dei problemi si risolvono nel mondo reale, quindi senza dover compiere calcoli o risolvere
equazioni.
Ad esempio un problema può essere affrontato e risolto per tentativi.
Non sempre però è possibile risolvere il nostro problema in modo diretto, occorre allora quindi ‘sollevarsi’ dal
mondo reale e cercare di guardare il problema con il dovuto distacco. In questo modo entriamo in quello che
viene chiamato il mondo della fisica.
Nel disegno sopra le nuvole indicano la barriera esistente tra i due mondi in esame. Il passaggio dal mondo reale al
mondo della fisica avviene mediante l’operazione di astrazione, una volta giunti nel mondo della fisica si risolve il
problema (risoluzione) e mediante l’operazione di applicazione si portano i risultati nel mondo reale.
Nel mondo della fisica possiamo individuare 3 livelli molto importanti, tali livelli sono indicati sotto in ordine di
veridicità decrescente:
1) Principi Fisici : I principi fisici rappresentano il più elevato livello di veridicità nel mondo fisico, essi quindi non
possono essere messi in discussione.
2) Leggi Fisiche : Le leggi fisiche approssimativamente vere, esse descrivono il comportamento di oggetti ideali che
nella realtà non esistono. Come esempio possiamo pensare ai gas perfetti, solo alcuni gas sono si comportano in
modo approssimato come i gas perfetti. Altra importante proprietà delle leggi fisiche è che possono essere migliorate
(i principi fisici no!).
3) Equazioni Empiriche : Le equazioni empiriche hanno il più basso livello di veridicità. Esse hanno una
validità limitata in quanto si applicano solo in determinate condizioni. La costruzione di una equazione
empirica parte dalla conoscenza di alcuni dati sperimentali, tali dati vengono poi correlati da varie formule.
Le equazioni empiriche sono molto pratiche da utilizzare, ma bisogna ricordare che non contengono una
verità assoluta, e soprattutto che se si esce dal campo di validità della formula i risultati non sono più
attendibili.
Il mondo della fisica non è fatto di oggetti come il mondo reale, ma bensì di grandezze fisiche. Una
grandezza fisica è un attributo dell’oggetto che stiamo studiando, da osservare però il fatto che non tutti gli
attributi di un oggetto costituiscono una grandezza fisica. Vediamo i seguenti esempi:
• Lunghezza : la lunghezza di un oggetto è una grandezza fisica.
• Colore : Il colore è divenuto grandezza fisica solo recentemente, e la scienza che lo studia e la
Colorimetria.
• Odore : L’odore di un oggetto non è ancora una grandezza fisica, la scienza che lo studia è la
Odorimetria.
• Temperatura : La temperatura è diventata una grandezza fisica solo agli inizi di questo secolo.
• Il mondo della fisica non è però in grado di risolvere tutti i problemi del mondo reale, o meglio necessita
di strumenti matematici più potenti quali il calcolo infinitesimale e le equazioni differenziali. A questo
punto seguendo quanto fatto prima per il mondo reale cerchiamo di elevarci ad un più alto livello di
astrazione: Il mondo della matematica.
• Nella figura di pagina sotto possiamo notare la posizione più elevata del mondo della matematica
rispetto agli altri due. Anche in questo caso utilizzeremo una nuvola come rappresentazione della
barriera esistente tra il mondo della matematica e quello della fisica.
Come detto prima il mondo della matematica comprende strumenti complessi come le equazioni
differenziali ed il calcolo infinitesimale, quindi è facile intuire che in tale mondo non tutti possono operare
dato l’elevato livello di astrazione. E’ bene quando possibile trovare una soluzione nei ‘mondi’ inferiori.
Cerchiamo ora di fare un esempio semplice di astrazione al mondo della matematica. Supponiamo che per
risolvere un problema occorra utilizzare la legge di Fourier, tale legge appartiene al mondo fisico ma per
risolverla occorre l’equazione differenziale di Fourier che appartiene al mondo della matematica. Ne
consegue che per arrivare alla soluzione sarà necessario il seguente passaggio.
UNITÀ DI MISURA

Come già detto un oggetto reale viene caratterizzato nel mondo fisico descrivendo alcuni suoi attributi con
opportune grandezze fisiche. Nasce quindi la necessità di quantificare queste grandezze fisiche e di
distinguerle fra di loro. Consideriamo il caso di due oggetti, se un oggetto pesa più di un altro occorre
quantificare questa differenza. Inoltre un oggetto è caratterizzato da più di una grandezza, e quindi vi è la
necessità di distinguere tra di esse. Unendo le ultime due osservazioni si può capire la necessità dell’esistenza
delle unità di misura.
Una unità di misura è sostanzialmente un riferimento invariabile che ci permette di misurare una data
grandezza di un corpo: peso, lunghezza, volume, etc. Vediamo un esempio di come si esprime il valore di una
grandezza
L’equazione prende il nome di equazione dimensionale, e richiede che entrambe i membri della equazione
devono avere le stesse dimensioni. L’unità di misura deve sempre comparire in una equazione dimensionale,

non ha senso scrivere


L = 7,5
mentre ha senso scrivere
L = 7,5 m
oppure
L = 7500 mm
Questo perché ogni per ogni grandezza deve essere specificata sia la quantità che l’unità di misura. Quello che
abbiamo fatto viene chiamato Verifica Dimensionale, essa verifica la congruenza della equazione.
Quando si esegue l’analisi dimensionale di una equazione occorre utilizzare le parentesi quadre, ad esempio per
la lunghezza
[L]
Consideriamo ora la legge di Newton F=ma, si vede che la grandezza forza dipende dal prodotto di due grandezze.
Anche l’unità di misura della forza dovrà tenere conto di questo fatto, in generale si comprende che solo alcune
unità di misura sono necessarie (fondamentali) mentre le altre dipendono da queste (derivate). Occorre quindi
organizzare le unità di misura, tale compito e svolto dai sistemi di unità di misura. Noi utilizzeremo il Sistema
Internazionale.
IL SISTEMA INTERNAZIONALE
Il Sistema Internazionale ha il compito di regolamentare il sistema metrico, ed è attivo da circa vent’anni.
Le grandezze fisiche vengono distinte in fondamentali e derivate, le fondamentali sono:

Grandezza fondamentale Simbolo Unità di misura


Lunghezza L M
Massa M Kg

Tempo t S
Intensità di corrente elettrica i A
Temperatura T K
Intensità luminosa I cd
Quantità di sostanza m kmol

Il Sistema Internazionale è un sistema coerente, cioè le unità di misura derivate sono derivate da quelle
fondamentali tramite leggi fisiche senza fattori moltiplicativi.
Vediamo un esempio:
F=ma
Dimensionalmente
[F] = [m L/t2]
quindi se vogliamo derivare l’unità di misura della forza
1N = 1kg 1m/s2
La regola di derivazione è scritta con tutti i fattori uguali ad 1. Questo fatto non è banale, ad esempio nel
Sistema Tecnico degli Ingegneri spesso comparivano fattori moltiplicativi. Il kgf è una unità di misura del
sistema tecnico, e non va utilizzata in quanto tale sistema è illegale.
1kgf = 1kgm 9.81 m/s2
Occorre non confondere i coefficienti (numeri puri) con le grandezze fisiche che compaiono nelle
equazioni, il 9.81 che compare nell’ultima formula non è un coefficiente (in particolare g (9.81) non è una
costante e non è adimensionale).
Nella scrittura dei valori delle grandezze e delle unità di misura occorre rispettare alcune convenzioni
formali. In questo caso la legge richiama le norme tecniche ( UNI per l’Italia, CEN per l’Europa, ISO per il
mondo). L’UNI è l’ente di unificazione italiano, e come il CEN e l’ISO non è un apparato dello stato.
La norma che a noi interessa è la CNR-UNI 10003, essa specifica le convenzioni tipografiche.
1)Dopo l’unità di misura non ci vuole il puntino. Scrivere 10m. è sbagliato.
2)Sono consentiti solo multipli e sottomultipli solo di fattore 1000 per le unità di misura. Esiste però
un’unica eccezione, il BAR.
1BAR = 105 Pa (1Pa = 1N/m2)
Questa eccezione è ammessa perché il BAR è una unità di misura molto comoda in quanto 1BAR
corrisponde alla pressione atmosferica.
Per semplicità riportiamo la seguente tabella. Osservando la precedente tabella si comprende che unità di
misura quali il centimetro (cm), il decimetro (dm), il quintale, etc sono fuorilegge e non devono essere
utilizzate.
Prefisso Multiplo Simbolo
tera 1012 T
giga 109 G
mega 106 M
kilo 103 K
- 100 -
milli 10-3 M
micro 10-6 m
nano 10-9 N
pico 10-12 P
3) È obbligatorio utilizzare le grandezze derivate quando possibile, quindi è corretto scrivere
75 N
27 Pa
mentre non lo è
75 kg m/s2
27 N/m2
4) Vediamo ora quali sono le norme che riguardano la precisione (approssimazione). Innanzitutto occorre
fare una distinzione
- Imprecisione (errore casuale)
- Inaccuratezza (errore sistematico)
Per spiegare le differenze tra questi concetti conviene fare il seguente esempio. (CFR PAG SEG)
Consideriamo un fucile a pallini che spara contro un bersaglio

Nel bersaglio a sinistra si nota un tiro preciso ma inaccurato, nel bersaglio di destra un tiro sia impreciso
che inaccurato. Quindi il tiro è tanto più preciso quanto la rosa è piccola, l’accuratezza dipende invece dalla
distanza dal centro.
Se il tiro è accurato i due centri coincidono
Quindi è chiaro che l’imprecisione è legata ad un errore casuale, mentre l’accuratezza è legata ad un errore
sistematico.
Gli stessi ragionamenti fatti sul fucile possono essere fatti per uno strumento di misura, è importante che sia
preciso ed accurato altrimenti la misura letta non è affidabile.
Vediamo ora in che modo si scrive il valore numerico di una grandezza in base all’errore con cui è nota.
Consideriamo una lunghezza e scriviamo:
L = 300 Mm ( = 1Mm)
L = 300000 km ( = 1km)
L = 300000000 m ( = 1m)
Quindi l’ordine dell’ultima cifra significativa mi dice l’errore con cui è noto il valore della grandezza. In base a
quanto detto si comprende che sono importanti anche gli zeri dopo la virgola.
Nel caso in cui l’ordine di grandezza dell’errore non sia su multipli ‘legali’ dell’unità di misura si può scrivere

L = 500 102 m ( = 100m)


In questo caso si sottintende un errore sui 100 metri.
Il numero che moltiplica la potenza di dieci prende il nome di mantissa.
IL SUONO – NATURA E GRANDEZZE CARATTERISTICHE
• La scienza acustica
L'acustica ha avuto un'evoluzione molto rapida negli ultimi dieci anni, in particolar modo a partire dal '91,
principalmente per motivi di tipo legale. Sono infatti uscite in Italia delle leggi precise in materia che,
accompagnate dalla disponibilità di strumenti di elaborazione sempre più potenti, hanno permesso una
rapidità di sviluppo sconosciuta alle altre discipline scientifiche. Tanto per fare un esempio, l'acustica ha
avuto negli ultimi dieci anni lo stessa crescita che ha avuto l'informatica in un ventennio. E questo ritmo
d'avanzamento è tale tuttora.

• Il suono: definizione
Il suono è un fenomeno di trasporto energetico (quindi dove si ha un movimento di energia meccanica da
un punto ad un altro) ma non di materia; esso richiede un mezzo elastico in cui propagarsi (mentre non
può in sua assenza, come nel vuoto), dove per mezzo non si deve intendere necessariamente l'aria, ma
qualsiasi sostanza, sia essa un liquido, un solido od un gas.
Una sveglia posta sotto una campana di vetro in cui viene fatto il vuoto viene fatta suonare, ma all'interno
della campana il suono non è udibile proprio perché l'assenza di un mezzo ne impedisce la propagazione.
Esso non è però l'unica forma di trasporto di energia meccanica esistente; se per esempio alziamo ed
abbassiamo l'estremo di una lastrina di metallo all'interno del solido si propagheranno onde che non
saranno solamente onde sonore, ma anche di altro tipo.
Le onde sonore hanno una caratteristica fondamentale: le particelle della materia coinvolta nel trasporto
del suono fluttuano intorno ad una posizione di equilibrio, ma a differenza di altri tipi di onde il loro moto
non è perpendicolare alla direzione dell'onda, ma parallelo; per questo si parla di onde longitudinali. Un
esempio di onde non longitudinali (trasversali) può essere rappresentato dalle onde del mare: in questo
caso infatti la direzione del moto delle particelle d'acqua è dall'alto verso il basso, perpendicolare alla
direzione di propagazione dell'onda (che si trova sul piano costituito dalla superficie dell'acqua).
Attenzione, però: non solamente le onde sonore trasmettono il suono! Se per esempio considero il caso in cui una
persona parla in una stanza, sappiamo che la sua voce potrà essere udita (se il locale non è eccessivamente
insonorizzato) anche in una stanza adiacente; in questo caso però le onde sonore si propagano nelle infrastrutture
sotto forma di altre onde di tipo trasversale (di taglio, o di riflessione, ad esempio), le quali poi irradiano onde
sonore nell'ambiente ricevente.
Si è solito considerare il suono nell'aria; sappiamo però che esso, che è costituito da onde longitudinali all'inizio e
alla fine, può propagarsi sotto altre forme durante il suo cammino. E proprio questo fatto deve essere considerato
molto attentamente, poiché queste altre onde possono essere un problema nello studio dell'isolamento acustico:
tali onde (principalmente trasversali, anche se possono essere di altro tipo), infatti, sono studiate solamente in
sismologia.
Sappiamo infatti dallo studio dei terremoti che alcuni tipi di onde si diffondono più velocemente delle altre: ad
esempio le onde s, che danno origine alle cosiddette "scosse di avvertimento", si propagano più velocemente delle
altre. Possiamo quindi a questo punto definire la velocità di propagazione di un'onda.
IL SUONO: VELOCITÀ, PRESSIONE, LUNGHEZZA D’ONDA, (1)

ANALISI
• Velocità
La velocità del suono nell'aria è praticamente costante (anche se varia debolmente con la temperatura);
essa viene indicata con la lettera c e corrisponde a circa 343 m/s. Nei mezzi non dispersivi (come l'aria) la
velocità non dipende dal tipo di segnale (cioè dalla forma d'onda), né dall'ampiezza di vibrazione.
Quindi dobbiamo distinguere la velocità del suono (intesa come velocità di propagazione dell'onda sonora)
dalla velocità delle particelle. A tale proposito possiamo avvalerci dell'esperimento riprodotto in figura:

A(t ) = r × cos(wt )

Un albero rotante che si muove con velocità angolare w, viene collegato ad un pistone libero di
muoversi all'interno di un cilindro pieno di aria; questo sistema genera onde meccaniche di tipo
longitudinale (cioè simili alle onde sonore), e ci permette di capire la dinamica con la quale tali onde si
propagano.
Il moto del pistone sarà di tipo armonico con oscillazioni di ampiezza sinusoidale date dalla seguente legge
(r indica il raggio dell'albero rotante, e A(t) la posizione del pistone rispetto alla posizione iniziale):

A(t ) = r × cos(wt )

Fig. 3 - Grafico delle oscillazioni in dipendenza dal tempo

Il moto del pistone sarà di tipo armonico con oscillazioni di ampiezza sinusoidale date dalla seguente legge
(r indica il raggio dell'albero rotante, e A(t) la posizione del pistone rispetto alla posizione iniziale):
Le particelle d'aria più prossime al pistone, per l'ipotesi di aderenza vista in fluidodinamica, seguono il
moto di quest'ultimo perciò la velocità può essere ricavata derivando la legge precedentemente vista per
t w
l'ampiezza delle oscillazioni del pistone: u ( ) = - r × sin( wt )
La velocità delle particelle è quindi di tipo sinusoidale con valor medio nullo, il che significa che le particelle
più vicine al pistone si muovono avanti e indietro nel tubo rimanendo aderenti al pistone. La (2) è detta
legge del moto armonico.
Per tale tipologia di moto sono definite due grandezze, il periodo e la frequenza. Il primo (si misura in
secondi, s) è il tempo impiegato, nel nostro caso, dal pistone ad effettuare un'intera rotazione; la seconda
(si misura in hertz, hz) è il reciproco del periodo.
Non tutti i suoni sono di tipo armonico.
Dal momento che ogni particella è dotata di una massa e di una elasticità, la possiamo considerare come
una massa infinitesima che spinta dal pistone trasmette a sua volta, per mezzo di una molla infinitesima, il
moto ad un'altra massa infinitesima (cioè ad un'altra particella).

Fig. 4 - Masse collegate da molle


Lo strato di particelle aderenti al pistone agisce elasticamente trasmettendo la spinta al secondo strato
dopo un certo istante di tempo; quindi l'energia meccanica, in altre parole (per analogia) l'onda sonora,
non si propaga a velocità infinita ma con la velocità c che è stata definita prima. La velocità della generica
particella (che, è importante ripeterlo, non è la velocità dell'onda) presente nel tubo in corrispondenza
dell'ascissa x è ricavabile tramite una traslazione nel tempo della legge vista in precedenza.

u (t , x) = -wr × sin[w (t - t rit )] (3)

dove trit viene detto ritardo di propagazione e indica il tempo di ritardo dell'onda sulla particella alla
generica ascissa x:

t rit = x / c (4)
La sua posizione risulta:

A(t , x) = r × cos[w (t - t rit )] = r × cos[w (t - x / c)] (5)


Per fare un esempio, la voce di una persona che parlasse dal fondo di un'aula lunga 13 metri si udirebbe
all'altro capo della stanza dopo un ritardo di:

t = 13 / 343 @ 0,0379 s

Questo tempo non è sufficiente per darci l'impressione che quanto sentito sia fuori sincronia con i
movimenti labiali di chi parla; se però considero una distanza maggiore (ad esempio 130 metri), avendo un
ritardo di 0,379s, quanto da me udito sarà sfasato rispetto a quanto pronunciato in quel momento di una
sillaba (normalmente si pronunciano tre sillabe al secondo). Come sappiamo dalla psicoacustica, infatti, il
nostro sistema uditivo ci permette di percepire un'onda sonora in un lasso di tempo compreso tra i 50 ed i
150 ms (secondo il tipo di suono: quelli più gravi e forti sono percepiti prima degli altri, a causa di fattori
evolutivi); un suono che quindi ci raggiunge in un tempo inferiore ai 100 ms viene da noi percepito
praticamente come "istantaneo".

Il tempo calcolato negli esempi in realtà si riferisce al ritardo della sola onda sonora diretta e non a quello
di tutte quelle che subiscono effetti di riflessione, che in generale possiedono un ritardo maggiore rispetto
all'onda diretta. La voce della persona arriverebbe quindi all'orecchio dell'ascoltatore con una sorta di coda
sonora derivante dalla somma di tali effetti.
Fig. 5 - Coda del tempo

Si capisce quindi che a differenza di altri tipi di onde (come quelle elettromagnetiche, ad esempio), il
ritardo di propagazione del suono è riscontrabile in molte situazioni, perciò è di importanza fondamentale
rapportare lo studio del suono alla scala dei tempi; questo non si faceva prima di dieci anni fa, quando
l'analisi del suono era relativo solamente alla sua pressione e lo studio avveniva solamente in frequenza,
senza valutare il suo andamento nel tempo.
• Pressione
Abbiamo precedentemente detto che, affinché il suono possa diffondersi, il mezzo attraverso cui viaggiano
le onde sonore deve essere elastico. Ritornando al caso del pistone mobile, possiamo affermare che,
essendo l'aria un mezzo elastico, la sua compressione, supposta adiabatica, dovuta all'avanzamento del
pistone, viaggia con velocità finita e quindi, ad un determinato istante di tempo e ad un'opportuna
distanza dal pistone, esisterà sempre uno strato di particelle rimaste ferme che costituisce una barriera
all'avanzamento delle particelle perturbate dal moto del pistone. Si ha il cosiddetto fenomeno di
confinamento inerziale il quale fa sì che, sebbene non vi sia una parete solida, il volume del gas diminuisca
e che di conseguenza aumenti la pressione. Considerando l'aria come un gas perfetto sappiamo valere le
seguenti relazioni:

pv = RT (6)

g g
pv = p0 v0 (7)

dove p0 e v0 rappresentano rispettivamente i valori di pressione e di volume in condizioni standard.


E' da notare che la sovrapressione determinata dal campo sonoro è pressoché irrilevante se confrontata
alla pressione dell'aria: mentre quest'ultima ha solitamente una pressione intorno ai 100.000 pa, l'onda
sonora genera una pressione di pochi pa.
E' facile a questo punto ricavare la velocità in funzione della densità (ρ);
posso infatti scrivere:
pr -g = p0 r 0-g (8)

Quindi:
p = r g p0 r 0-g (9)

Derivando rispetto alla densità:

¶p r g -1
= p0g g (10)
¶r r0
Studiando la derivata nell'intorno dell'origine abbiamo:

¶p g
= p0 (11)
¶r 0 r0

Si può dimostrare che l'ultimo risultato ottenuto corrisponde dimensionalmente al quadrato di una velocità
e che (essendo c la velocità del suono):
g
p0 = c2 (12)
r0

e quindi: g0
c= g = gRT
r0
(13)
Relazioni analoghe possono essere dimostrate per i liquidi e per i solidi. Per i liquidi:

c = g ( br 0 ) (14)

Essendo
¶p
b = -V
¶V T =COST
(15)

il modulo di compressibilità isoterma per i liquidi, mentre per i solidi:

E
c= (16)
r0
dove E è il "modulo elastico".
Abbiamo quindi gli strumenti per ricavare la velocità del suono nelle varie sostanze; I valori più importanti
sono riportati nella seguente tabella:
Mezzo Velocità del suono [m/s]

Acqua 1480
Quarzo 5486
Acciaio 6096
Azoto (N2) (a T = 27°C e p = 1 bar) 353
Azoto (N2) (a T = 27°C e p = 100 bar) 379
Idrogeno (H2) 1281

I differenti valori di velocità per l'azoto ci rivelano che questo tipo di gas non può essere considerato
perfetto, perché se così fosse la velocità non dovrebbe variare con la pressione.
E' importante notare l'alto valore dell'acqua; oltre ad essere abbastanza elevato, l'acqua ha un bassissimo
coefficiente di perdita: il suono infatti può percorrere in acqua anche centinaia di chilometri prima di
perdere ampiezza.
Questa velocità ha anche un aspetto negativo: infatti il tempo necessario a raggiungere un orecchio è
pressoché uguale a quello necessario a raggiungere l'altro.
Questo non ci permette, in acqua, di localizzare correttamente l'origine dei suoni.
Il nostro sistema uditivo è infatti "calibrato" per ascoltare suoni provenienti dall'aria: in base al ritardo che
impiega un suono a giungere alle nostre orecchie (IDT, interaural delay time o ILD, interaural level
difference per le alte frequenze), capiamo da dove arriva.
In acqua, dove la velocità del suono è diversa, il nostro sistema uditivo non riesce a capire dove si trova la
sorgente; e però sufficiente utilizzare un dispositivo come quelli utilizzati una volta dai sottomarini per
ovviare a questo problema.
E' però necessario introdurre prima il concetto di lunghezza d'onda.
• Lunghezza d'onda
Anche questa definizione (come quella di periodo e di frequenza, oltre che di pulsazione) è applicabile
solamente ad onde sonore di tipo sinusoidale.

Fig. 6 - Funzione di tipo sinusoidale


Se noi andiamo a "fotografare" l'onda in un istante t = t1, scopriamo che in x1 è nulla, in x2 è minima, in x3 è
massima, in x4 è ancora minima, e così via…
Si nota subito che essa assume lo stesso valore sia in x1 che in x4, e questa distanza viene definita
lunghezza d'onda (e viene solitamente indicata con la lettera greca lamba, l): la minima distanza fra due
punti che assumono lo stesso valore in un determinato istante.
Se noi invece fotografassimo l'onda in un punto x = x1, avremmo ancora una sinusoide, anche se in
funzione dello spazio. E così come il periodo indica un'oscillazione completa nel tempo, così la lunghezza
d'onda rappresenta un'oscillazione completa nello spazio.
Il periodo viene quindi definito come:
l
T= (17)

c
e quindi

c
l= (18)

f
Le frequenze percepibili dall'orecchio umano sono quelle comprese tra 20 hz e 20000 hz (tre decadi).
Queste le relazioni tra alcune frequenze e lunghezze d'onda in aria:

F λ [m]

20 17

1000 0,34

20000 0,017

Un ostacolo è tale per un'onda se e solo se è superiore alla lunghezza d'onda.


Tornando al problema della localizzazione delle sorgenti di rumore sott'acqua, essendo la velocità in acqua
circa cinque volte quella in aria, è sufficiente che si ascoltino, dall'interno di un involucro grande cinque
volte la nostra testa (per mezzo di strumenti chiamati idrofoni) i suoni percepiti agli estremi di tale oggetto;
in tale modo, inoltre, si mantiene la proporzione anche con l'effetto schermante della nostra testa. Siamo
così in grado di localizzare correttamente l'origine del suono.
• L'analisi
Nello studio dei segnali sonori sono di importanza fondamentale la velocità e la pressione dell'onda in
funzione del tempo. La pressione rappresenta l'energia immagazzinata in forma elastica, la velocità
rappresenta l'energia cinetica.
Se vado a diagrammare nel tempo la pressione e la velocità relative all'esempio precedente (quello del
pistone), avremo un grafico di questo tipo:

Fig. 7 - Grafico velocità/pressione


Dal punto di vista fisico, come si può osservare dal disegno, si ha una continua oscillazione tra energia
cinetica ed energia potenziale.
Gli strumenti che misurano la pressione e la velocità dell'aria si chiamano rispettivamente microfoni e
anemometri. Esistono dei trasduttori integrati, formati da più trasduttori indipendenti, che possono fornire
oltre al valore della pressione le componenti cartesiane del vettore velocità.
Ma si pongono ora due problemi: il primo è quello di valutare il valore medio della pressione nel tempo, il
secondo è quello di relazionare tale valore con la capacità di percezione umana, che si basa su una scala
logaritmica.
La soluzione ovvia al primo problema sarebbe di calcolare il valor medio in un periodo di tempo di circa 50
ms (corrispondente al tempo di percezione umana), scrivendo:

1 TM
p=
TM ò0
p (t )dt = p0 (19)
Questo procedimento è però inutile, poiché tale valore continua ad oscillare intorno a p0 e sarà costante
per qualsiasi finestra di tempo io consideri.
Ci serve un descrittore che sia differenziale rispetto alla pressione, e questo può essere un microfono, il
quale non ci dà informazioni proporzionali a p, ma a (p-p0). Ma nemmeno questo è sufficiente: infatti
calcolando il valor medio in questo modo otterrei sempre zero.
Allora è necessario valutare il problema in termini energetici.
Sappiamo che l'energia potenziale è proporzionale al quadrato della pressione, e che l'energia cinetica è
proporzionale al quadrato della velocità.
I valori medi energetici possono essere calcolati come media RMS (root mean square), detto anche valore
medio efficace, che risultano essere:
1 TM 2
TM ò0
p RMS = r (t )dt (20)

1 TM
u RMS =
TM ò
0
u 2 (t )dt (21)
Per mezzo di queste formule, otteniamo effettivamente un valore di pressione medio che corrisponde
abbastanza bene a quanto percepito dal nostro orecchio. La loro validità è indipendente dalla frequenza di
campionamento considerata.
L'effettuazione di tali calcoli è, grazie alla potenza degli strumenti di calcolo a nostra disposizione al giorno
d'oggi, banale; tali strumenti inoltre dispongono di convertitori analogico-digitali che ci permettono di
ottenere la forma d'onda con frequenze di campionamento molto elevate (si parte dai 44.100 hz del
formato CD fino ad arrivare ai 96.000 hz e oltre delle schede audio dei PC).
Non era banale qualche anno fa, quando si avevano a disposizione solamente strumentazione di tipo
analogico; si scelse allora la strada di utilizzare dei circuiti dotati di memoria infinita, circuiti basati su una
coppia resistenza-condensatore chiamati mediatori RC (fig. 8).
Sono circuiti il cui segnale in uscita non segue le leggi indicate dalle formule (20) e (21).

Fig. 8 - Mediatore RC
Il condensatore serve a smorzare le oscillazioni del circuito
, scelto, quindi l'uscita del condensatore viene
collegata all'indicatore a lancetta che indica il valore medio efficace (anche se non è corretto chiamarlo in
tale modo); questo condensatore viene caricato tramite una resistenza che prende il segnale dall'uscita del
circuito quadrato, collegato a sua volta con un microfono (e, prima, eventualmente, anche ad un
amplificatore). La coppia RC viene chiamata circuito di memoria.
Facendo il controllo dimensionale del prodotto RC, otteniamo un tempo; tale prodotto si chiama costante
di tempo (e viene indicata con τ0).
Il segnale di uscita, in funzione del segnale d'entrata risulta essere:

t £t
(t -t )
1 t -

ò
t0
pRC = p 2 (t )e dt
t0 -¥ (21)

dove poniamo
(t -t )
-
t0
e = W (t ) (22)
Il primo membro della (22) è detto weight (peso).
Graficamente il suo andamento nel tempo è il seguente:

• Fig. 9 - Andamento della funzione weight


A seconda della memoria (cioè, in sostanza, la costante di tempo) del circuito mediatore, essi vengono
tradizionalmente classificati in:
SLOW à RC = 1s
FAST à RC = 0,125s

L'effetto pratico delle differenti impostazioni e' che la lancetta indicatore del primo avrà la tendenza a mantenere
per più tempo il valore analizzato; il secondo invece tenderà a diminuire (a "dimenticare") tale valore più
rapidamente.
Quanto analizzato dal nostro sistema uditivo è simile alla rappresentazione FAST.
ACUSTICA PSICOFISICA

Presentazione:
Vedremo come funziona il nostro sistema uditivo, scoprendo che esso reagisce secondo matematiche
diverse da quelle di uno strumento elettronico, in quanto come per tutte le percezioni umane, la
sensazione uditiva non è proporzionale allo stimolo, ma al suo logaritmo.

Come è fatto e come funziona il sistema uditivo umano


Il sistema uditivo umano può essere visto composto di tre parti: l’orecchio esterno (o padiglione
auricolare), l’orecchio medio e l’orecchio interno. All’interno del padiglione auricolare è presente un
condotto chiamato canale auricolare (o condotto uditivo) il quale termina su una membrana chiamata
timpano. La membrana timpanica è un diaframma sottile, elastico, molto resistente, impermeabile
all’acqua e all’aria che separa l’orecchio esterno dall’orecchio medio.
FIGURA 1: ORECCHIO UMANO
L’orecchio medio è costituito da una cavità interna dell’osso del cranio, contenente anch’essa aria, e da una
complessa catena di ossicini atti a trasmettere la vibrazione della membrana timpanica all’organo dell’udito
propriamente detto, la coclea, che si trova nell’orecchio interno. Sempre nell’orecchio interno si trova un
secondo organo che non ha niente a che vedere con il sistema uditivo: il labirinto (o canali semicircolari).
Esso è sede del centro dell’equilibrio, e noi non lo analizzeremo.

Figura 2: Ossicini e rappresentazione srotolata della coclea


Gli ossicini che si trovano dentro l’orecchio medio sono visibili ingranditi in figura 2: martello, incudine e
staffa sono incernierati fra loro. Il primo è a contatto con la membrana timpanica, il terzo invece poggia su
un ulteriore diaframma con caratteristiche simili a quelle del timpano, la finestra ovale, che lo collega alla
coclea. All’interno della coclea però non si trova aria, ma un liquido con impedenza simile a quella
dell’acqua, e quindi mille volte superiore a quella dell’aria.
Ora, la membrana timpanica ha un’impedenza solo di poco superiore a quella atmosferica e questa è
compensata dalla forma del canale auricolare dell’orecchio esterno che effettua un caricamento a tromba
per permettere un perfetto accoppiamento di impedenza tra il condotto e il timpano. Il risultato è un
ottimo trasduttore del campo acustico che effettua il massimo trasferimento di energia. Bisogna però
notare che il condotto è piccolo perciò funziona meglio a frequenze alte (3-5000 Hz), mentre a basse
frequenze l’impedenza è disadattata e la risposta è minore (vedremo comunque che questo non è un
problema).
Il trasferimento di energia dalla membrana timpanica alla finestra ovale è invece più problematico, in
quanto il liquido che si trova all’interno della coclea ha, come già detto, un’impedenza mille volte superiore
a quella dell’aria e inoltre al suo interno il suono viaggia ad una velocità 4-5 volte superiore: il risultato è
che l’impedenza della membrana timpanica è circa tremila volte inferiore a quella della finestra ovale e
quindi, se fossero messe a contatto diretto, il trasferimento d’energia sarebbe scarsissimo.
Gli ossicini funzionano quindi come delle leve, trasformando cioè i grandi movimenti associati a piccole
forze della membrana timpanica nei piccoli movimenti e grandi forze della staffa. Un meccanismo di questo
tipo è detto trasformatore meccanico d’impedenza, e benché aumenti il rapporto tra la pressione interna e
la pressione sonora ricevuta dall’esterno non è un amplificatore vero e proprio perché questo processo è
eseguito diminuendo la velocità dell’onda: in altre parole, si accresce un’energia a spese di un’altra.
Il segnale così trasformato giunge alla coclea (chiamata anche chiocciola per la sua forma) che in figura 2 è
rappresentata “srotolata”. La chiocciola è composta di due canali (o scale) lunghi 30mm posti a contatto fra
loro attraverso la membrana basale: il canale vestibolare, che porta il suono verso il centro della chiocciola,
e il canale timpanico, che guida il segnale nel percorso verso l’esterno.

Figura 3: Percorso seguito dal segnale sonoro nella coclea


(in alto a sinistra è visibile il punto in cui poggia la staffa)
La membrana basale è sottoposta ad uno sforzo mentre il suono la percorre, dovuto alle differenze di
pressione che si vengono a creare nei due condotti posti a contatto, e questi sforzi sono registrati dalle
cellule ciliate (vedi figura 4) che affidano il nuovo segnale a una rete neurale. Grazie ad essa il nostro
cervello riceve un’informazione estremamente selettiva di come il suono sia distribuito alle varie
frequenze. I tempi di risposta non sono istantanei, ma variano dai 25 ai 150 millisecondi a seconda della
frequenza del segnale: si può dire che i suoni ad alta frequenza vengono uditi prima.

Figura 4: Sezione trasversale di un giro di chiocciola


Infatti all’ingresso della chiocciola la membrana basale è sottile e tesa come una corda di violino e
l’impedenza del liquido all’interno della coclea è maggiore (in quanto il condotto è più largo): la frequenza
di risonanza in questa zona è quindi alta. Procedendo verso il centro la membrana diventa più spessa e
meno tesa, fino ad essere come una corda di contrabbasso: questo meccanismo fa sì che le componenti
del suono a frequenze basse trovino la loro zona di risonanza solo dopo aver percorso i 30 mm di lunghezza
del canale vestibolare. Perciò esse sono udite con un certo ritardo ed attenuate.

Essendo il canale di trasmissione unico, le componenti di suono a basso volume sono rese inudibili da
quelle ad alto volume e frequenza prossima alla loro. Questo fenomeno è detto di “mascheramento”, e
viene sfruttato per compattare informazioni audio come nel caso dei minidisc e dei file MP3, nei quali
vengono eliminati i contributi che il sistema uditivo non percepirebbe.
SENSAZIONE SONORA

Abbiamo quindi visto che la risposta del nostro sistema uditivo non è uguale a
tutte le frequenze: possiamo dire che due suoni a frequenze diverse possono
avere la stessa intensità ma dare un livello di sensazione diversa. Il diagramma 1
riportato du seguito è stato ottenuto sperimentalmente, e indica la soglia di
udibilità, cioè la minima intensità che deve avere un suono per essere udito alle
varie frequenze, e la soglia di dolore, oltre la quale il suono ha effetti dannosi
anche per brevi esposizioni. Fra queste due linee si estende l’area dei suoni
udibili dall’uomo.
DIAGRAMMA 1: AREA DELLA SENSAZIONE UDITIVA
Un diagramma più significativo fu elaborato negli anni ’30 dai
ricercatori Fletcher e Munson, che prendendo in esame un elevato
numero di soggetti elaborarono le curve di isosensazione, o isofone,
che rappresentano il livello in pressione sonora che deve avere un
suono per dare la stessa sensazione alle varie frequenze.
L’osservatore è sottoposto alternatamente ad un tono puro di una
certa frequenza e ad un altro tono alla frequenza di riferimento
(1000 Hz).
Di quest’ultimo viene regolata l’intensità fino a dare la stessa
sensazione del primo suono, e in questo modo si stabilisce a quale
curva appartiene la prima coppia di valori (frequenza – intensità).
DIAGRAMMA 2: FLETCHER MUNSON (ISO 226:1987, APPENDICE A)
PHON

La curva inferiore, denominata MAF (Minimum Audible Field), riporta la soglia di udibilità binaurale in un
campo frontale di toni puri per persone otologicamente normali di età compresa tra i 18 ed i 30 anni. A
1000 Hz la soglia vale 4,2 dB. (Fonte: sito internet prof. Massimo Garai, Università di Bologna)

Come vedremo più avanti, queste curve servono a valutare le misure che vengono effettuate con sistemi
che hanno una risposta uguale a tutte le frequenze. Esse inoltre fanno parte del “Decreto misure” del
marzo ’98: infatti la normativa italiana è molto avanzata riguardo ai sistemi di misurazione, in quanto si
basa sulla risposta fisiologica dell'orecchio umano. Per comprendere appieno il diagramma di Fletcher
Munson, vediamo ora la definizione del decibel.
LA SCALA DB
Le curve isofoniche hanno tutte forma molto simile, con picco di udibilità intorno ai 4000 Hz, ma si può notare
come al crescere dell’intensità la risposta del sistema uditivo si appiattisce. Ciò nonostante è possibile ricavare
l’unità di raddoppio, ovvero il fattore per cui devo moltiplicare l’intensità sonora per avere una sensazione di
raddoppio. Tale valore fu stabilito da Graham Bell in 3,16, ovvero 10
Ribadiamo che esso è solo un valore mediato, in quanto la risposta ad una variazione di pressione sonora è
diversa a seconda della frequenza e dell’ampiezza.
Prendendo una scala arbitraria, alle varie pressioni potremmo avere dei risultati come questi:
Pressione sonora Sensazione (S)
0,01 Pa 1
0,0316 2
0,1 3
0,316 4
1 5

dove un aumento di S di un’unità equivale ad una sensazione di raddoppio.


Bell definì la sensazione sonora come:
2

S = lg P [B]
2
P 0

dove l’unità di misura tra parentesi quadre è il Bel,


mentre P0 è la pressione di riferimento, stabilita in ×
2 10
-5
Pa

corrispondente al suono più debole udibile dall’uomo a 1000 Hz. Da notare che ora non è più considerato
tale, come mostra la curva MAF, comunque continua ad essere preso come pressione di riferimento.
Occorre inoltre precisare che con l’espressione “lg” intendiamo “logaritmo in base 10”, così come con “ln”
intendiamo “logaritmo in base e”.
Questa scala si rivelò però essere troppo grossolana, ed oggi l’unita di misura più comunemente usata è il
decibel (dB), ovvero il decimo di Bel. Per evitare confusioni il valore in dB è chiamato livello (L) e non
2
sensazione, per cui scriveremo:
L = 10 × lg P [dB]
2
P0
Alcune osservazioni: un suono a 0 dB, secondo Bell, corrispondeva al suono più debole udibile a 1000 Hz
(infatti perché il logaritmo sia zero il suo argomento deve essere 1, ovvero P deve essere uguale a P0). Il
fatto che i termini di pressione siano elevati al quadrato suggerisce che il nostro sistema uditivo abbia una
risposta proporzionale al loro valor medio efficace, e quindi al contenuto energetico (che sappiamo essere
proporzionale al quadrato della pressione).
In definitiva le caratteristiche con cui posso costruire uno strumento più simile all'orecchio umano funziona
a livelli di pressione RMS con costante di tempo fast (125 ms). In formula:
2
S = lg
P RMS
2
P0RMS
LA SCALA DB(A)

Per raggiungere una buona approssimazione della risposta umana occorre inoltre compensare
strumentalmente il fatto che l'orecchio sente meglio le frequenze alte rispetto alle basse. Questa
operazione, detta di ponderazione, è eseguita tramite il diagramma di Fletcher Munson, andando cioè a
vedere a quale curva isofonica appartiene una determinata coppia frequenza-livello. Per facilitare
l'operazione è sufficiente avere a disposizione un grafico di Fletcher Munson ribaltato, che ci permette di
stabilire quale valore dobbiamo sommare ai livelli sonori ottenuti alle varie frequenze per ottenere
l'effettiva sensazione umana.
Come già detto, le curve isofoniche sono simili tra loro, ma comunque variano all'aumentare del livello, per
cui avremmo bisogno di più curve da utilizzare nei vari casi. A tale riguardo esistono la curva A (per livelli
sotto i 60 dB), la curva B (tra 60 e 80 dB), la curva C (oltre 80) e la curva D (per rumori molto forti, come
quelli degli aerei) e si definiscono le misure in dB(A), dB(C) ecc. a seconda della curva di ponderazione
utilizzata. Per evitare confusioni le misure prive di ponderazione possono essere indicate in dB(LIN).
Ciò nonostante, per i nostri scopi sarà utile avere a disposizione la sola curva di ponderazione A, di cui sono
riportati anche i valori tabellati. Infatti la curva B e la curva D non sono prese in considerazione dalla legge,
mentre la C riguarda solo i rumori molto forti.
Per quale motivo utilizziamo solo la curva A
(Fonte: sito internet prof. Massimo Garai, Università di Bologna)
La curva di ponderazione "A" è risultata quella in media meglio correlata con la risposta soggettiva umana a
rumori generici a larga banda; questo fatto, unito alla facilità di una misurazione fonometrica in dB(A), ha portato
all'adozione della curva "A" in molte norme e leggi nazionali ed internazionali. D'altra parte, è ben noto che
questo modo di procedere si presta a molte critiche:
- vi sono molte altre scale di valutazione della sensazione sonora, in genere ben più raffinate della curva "A";
- le curve isofoniche sono state costruite lavorando con toni puri, mentre la curva "A" viene in genere usata per
valutare rumori a larga banda;
- peraltro, è ormai ampiamente dimostrato che la curva "A" non da una valutazione adeguata quando il rumore
abbia forti componenti tonali o sia di tipo impulsivo;
- il disturbo da rumore a bassa frequenza è certamente sottostimato utilizzando un singolo numero in dB(A).
Per questi ed altri motivi si ritiene oggi che la curva "A" non abbia più quel significato che originariamente le si
voleva attribuire. Ciononostante, la curva "A" resta per la sua semplicità un riferimento comune per una prima
approssimata valutazione dei rumori a larga banda. In realtà, la motivazione più forte al mantenimento della
curva "A" sembra essere la sua onnipresenza nelle normative di settore. A questo punto il suo significato è
puramente convenzionale, ragion per cui nelle normative di elettroacustica ,che definiscono le caratteristiche dei
misuratori di livello sonoro, si rifugge dal riferimento a pretese e ormai superate valenze psicoacustiche e si
definisce la curva "A" come un filtro nel dominio della frequenza dato da una precisa espressione matematica.
Curva di ponderazione A

10
dB
0

-10

-20

-30

-40

-50

10000

12500

16000

20000
31,5

100

125

160

200

250

315

400

500

630

800

1000

1250

1600

2000

2500

3150

4000

5000

6300

8000
25

40

50

63

80

Frequenza (Hz)

• Notare che per definizione il fattore di correzione a 1000 Hz è 0.


DANNI AL SISTEMA UDITIVO UMANO
• Rumore impulsivo
Rumori istantanei ma con valore di picco molto forte possono causare danni irreversibili al sistema uditivo
umano. Per questo motivo la normativa europea e quella italiana impongono dei limiti al massimo valore
di picco tollerabile negli ambienti.
Da notare è che tale valore non può essere mediato nel tempo, neanche nei 125 ms, per cui il livello di
riferimento preso è LMAX,PEAK (cioè il livello massimo ottenuto confrontando tutti i livelli istantanei).
Secondo la normativa europea tale valore non deve essere maggiore ai 130 dB(C). La normativa italiana
non ha ancora recepito la direttiva europea (anche se prima o poi dovrà farlo), e stabilisce questo limite in
140 dB(LIN).
L'inconveniente è chiaro nel caso di locali pressurizzati, che rischiano di finire fuori norma a causa di onde
intense ma a frequenza bassissima (come quelle originate dalla chiusura di una porta), le quali
effettivamente non provocano danni all'orecchio umano.
• Esposizione breve a livelli alti
Esposizioni di poche ore a livelli alti possono causare, per via semplicemente della sollecitazione
meccanica, un temporaneo malfunzionamento dell'organo dell'equilibrio. Questo, oltre a labirintite,
nausea, perdita d'equilibrio, causa anche problemi di guida dei veicoli: per cui dopo una serata in discoteca
è possibile avere difficoltà nel condurre un automezzo pur non avendo bevuto alcolici.
• Esposizione prolungata a livelli medio alti
Esposizioni di diverse ore ogni giorno a livelli medio alti negli anni causa danni permanenti al sistema
uditivo umano.
Le diagnosi sono effettuate in cabine d'ascolto, dove al paziente vengono fatti ascoltare toni puri a varie
frequenze, partendo dal valore minimo udibile e salendo di volume fino a quando il suono è effettivamente
udito dal paziente: questo permette di stabilire qual è stata la perdita di sensibilità alle varie frequenze, e
di tracciare degli audiogrammi. Ovviamente la misura dei livelli sonori è effettuata in dB(A).
ASPETTI INGEGNERISTICI: SOMMA DI SEGNALI

• Somma coerente
Prendiamo il caso di un tubo in cui poniamo alle estremità due altoparlanti e al centro un microfono
collegato ad un trasduttore di segnale. Mettendo in funzione il primo altoparlante otteniamo dal
trasduttore una certa forma d'onda (intensità in funzione del tempo). Accendendo il solo secondo
altoparlante otteniamo un'onda uguale alla prima. Nei due casi ottengo i seguenti livelli:
2
P
2
P 2
L1 = 10 × lg 1
[dB] L2 = 10 × lg 2
[dB]
P
2
0
P 0

Se li metto in funzione contemporaneamente, facendo loro trasmettere lo stesso segnale perfettamente in


fase, istante per istante le due pressioni sonore si sommano.

(P1 + P2)2
LTOT = 10 × lg 2
[dB]
P 0
Se P1=P
(2 × P1)2 2 2

LTOT = 10 × lg 2
[dB] = 10 × lg 4 + 10 × lg P 1
2
[dB] = 6 + 10 × lg P 1
2
[dB]
P 0 P 0 P 0

Per cui giungiamo al sorprendente risultato che 70 dB + 70 dB= 76 dB oppure 80 dB+80dB=86 dB!!!
INCREDIBILE MA VERO!!!

Se sommo 2 livelli non uguali devo invece fare riferimento alla prima formula del livello totale.
SOMMA INCOERENTE
L'esempio che abbiamo visto non è però realistico, in quanto non posso ricevere due suoni assolutamente
identici: a parte che solitamente i due suoni sono già diversi in partenza, comunque essi percorrono
distanze diverse prima di giungere al microfono, per cui hanno fase tra di loro random: a volte si sommano
raddoppiando effettivamente la pressione sonora, a volte s'annullano, a volte sono a fase intermedie.
Pertanto per calcolare il livello sonoro totale occorre fare un'ipotesi diversa, vale a dire sfruttando il
principio di conservazione dell'energia: la densità d'energia sonora sarà uguale alla somma aritmetica delle
due prese singolarmente.

Figura 5: Somma incoerente


2 2 2 2
P è normalmente proporzionale all'energia, perciò si può supporre P TOT
= P P
1
+ 2
2 2
P P
1
+ 2
e quindi: LTOT = 10 × lg 2
P0
Se P1=P2 2 2

LTOT = 10 × lg 2 + 10 × lg P 1
2
[dB] = 3 + 10 × lg P 1
2
[dB]
P0 P 0
Per cui ad esempio 70dB+70dB=73 dB , oppure 80dB+80dB=83dB.
In linea di massima, per somma di due livelli intendiamo sempre somma incoerente.

.
Nel grafico qui sotto è indicato quanto dobbiamo sommare al livello del maggiore dei due segnali per
ottenere il livello totale

2,5
Valore in dB di cui incrementare il livello maggiore

1,5

0,5

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20
Differenza di livello (dB)
Infatti, come evidenziato dal grafico sopra riportato, grazie alle proprietà del logaritmo il valore da sommare
dipende solo dalla differenza di livello tra i due segnali e non dal livello di partenza. Come si può notare, se viene
sommato un livello inferiore di 10 dB rispetto al primo, questo rimane sostanzialmente invariato (+0,4) per cui
solitamente si dice che 80 dB+70dB=80dB.
L'effetto pratico è che un fonografo non avverte nessuna differenza all'attivazione della sorgente più debole,
quando invece il nostro orecchio se ne accorge: il suono è cioè trascurabile dal punto di vista del livello totale, ma
è comunque udibile (sempre se non siamo in presenza del fenomeno di mascheramento).

2 2
Se dall'espressione di L1 e L2 ricavo P 1 e P 2
2 2 L1 10 2 2 L2 10
P 1
= P 10
0
× e P 2
= P 10
0
×

Sostituendo nell'espressione di LTOT ottengo:

( )
2 L1 10 2 L2 10
P 100
× + P0 ×10
= 10 × lg 10
L1 10
+ 10
L2 10
LTOT = 10 × lg 2
P 0

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