Sei sulla pagina 1di 15

I dissesti strutturali sulle opere portanti in c.a.

ed elementi secondari
dovuti a sisma
di Luigi Coppola e Alessandra Buoso

Tratto dal Capitolo 6 del libro di Luigi Coppola e Alessandra Buoso, edito da ULRICO HOEPLI, dal titolo “IL
RESTAURO DELL’ARCHITETTURA MODERNA IN CEMENTO ARMATO - Alterazione e dissesto delle strutture
in c.a. - Diagnostica – Interventi di manutenzione e adeguamento antisismico - Materiali, tecniche e
cantieristica”. La numerazione delle figure è stata mantenuta la stessa del libro.

Introduzione
Le opere in calcestruzzo armato possono essere interessate non solo dalle forme di alterazione e di
degrado) di tipo fisico-chimico causato da agenti aggressivi esterni (anidride carbonica, cloruri, solfati, etc.)
o determinate da errori commessi durante l'esecuzione dell'opera (macchie, bolle superficiali, perdite di
boiacca, etc.), ma anche da fenomeni di dissesto strutturale – generati dall'azione dei carichi verticali e da
quelli orizzontali (di natura sismica) o dalle coazioni promosse dal ritiro idraulico impedito – che si
manifestano generalmente in forma di quadri fessurativi, di deformazioni più o meno pronunciate degli
elementi costruttivi sia strutturali che non portanti, di schiacciamento del calcestruzzo e di svergolamento
delle barre di armatura e, nei casi più gravi, di crollo sia delle strutture portanti che di quelle accessorie.
La comprensione delle cause e dell'evoluzione di questi fenomeni rappresenta un compito difficile, spesso
controverso e arduo, che richiede una notevole sensibilità e una profonda esperienza, ma che si rende
necessaria per una corretta definizione di un intervento di ripristino. Intervento che, oltre ad eliminare le
patologie riscontrate, deve porsi come obiettivo anche quello di sanare le carenze insite negli elementi
strutturali e accessori al fine di migliorarne sia la risposta locale che complessiva nei confronti delle azioni
statiche e dinamiche agenti.
Sebbene le forme di dissesto strutturale possano essere molteplici e, per certi versi, "infinite", le situazioni
che possono determinare la comparsa di dissesti di tipo strutturale possono essere ascritte a (Fig. 6.1):
• cedimenti di fondazione.
• carenze statiche e/o costruttive nei confronti delle sollecitazioni flettenti, taglianti e di
compressione assiale.
• scadente risposta all'azione sismica e conseguenti danneggiamenti sia alle strutture portanti che
agli elementi secondari (ad esempio, tamponamenti e tramezzi).
Inoltre, le fessurazioni negli elementi in c.a. possono essere ricondotte alle coazioni che insorgono per
effetto del ritiro idraulico della matrice cementizia impedito dalla presenza dei vincoli interni ed esterni
all'elemento strutturale interessato dalla contrazione di volume.
Nel presente capitolo vengono presentate le principali forme di dissesto, i quadri fessurativi e deformativi
ad esse associati, gli elementi strutturali e accessori coinvolti, le possibili cause responsabili delle patologie
riscontrate.
Resta inteso, proprio per la molteplicità delle situazioni che si possono incontrare, che il presente capitolo
non ha altro obiettivo che individuare le patologie più ricorrenti e, pertanto, non ha la pretesa di catalogare
tutte le forme di dissesto possibili.
Questo equivale a dire che quando una determinata opera presenta fessure, deformazioni, schiacciamenti
localizzati o estesi del calcestruzzo, deformazioni delle barre d'acciaio, o semplicemente carenze di tipo
strutturale per errori di progettazione delle sezioni in calcestruzzo armato, sarà compito del progettista

1
analizzarle accuratamente e studiarne attentamente i provvedimenti finalizzati ad una messa in sicurezza
che garantisca un’eccellente risposta sia locale che globale dell'organismo che si sta indagando.

Fig. 6.1 – Le principali cause di dissesto strutturale e gli elementi portanti e accessori coinvolti.

6.4 Danneggiamenti delle strutture portanti e degli elementi secondari causati


dall'azione sismica
I dissesti provocati dal terremoto sulle strutture in calcestruzzo armato presentano per localizzazione, per
estensione, andamento e ampiezza dei quadri fessurativi, per modalità di collasso del calcestruzzo e delle
armature, oltre che dei tamponamenti, caratteristiche e specificità che sono proprie dell'azione sismi-ca e
che, pertanto, in nessun caso possono es-sere confuse con altre cause. Pertanto, nell'esaminare una
infrastruttura o un fabbricato interessato da un evento sismico è interessante individuare non tanto la
causa scatenante (in quanto ben nota: l'evento tellurico) quanto la carenza della struttura in termini di
risposta al cimento dinamico prodotto dal terremoto. Questo obiettivo risulta di fondamentale importanza
per poter definire correttamente gli interventi di adeguamento sismico da attuare finalizzati proprio
all'eliminazione delle carenze insite nella iniziale progettazione e realizzazione della struttura. A questo
proposito nei paragrafi che seguono vengono analizzate le modalità di dissesto dei diversi elementi
strutturali (fondazioni e strutture in elevazione) e degli elementi accessori (quali i tamponamenti dei
fabbricati) evidenziandone per ognuno non solo la manifestazione macroscopica (necessaria per una
corretta individuazione del dissesto durante la fase di sopralluogo), ma anche la possibile carenza che lo ha
determinato.

6.4.1 I dissesti delle fondazioni


Nel caso dei dissesti di fondazione prodotti dal terremoto, la tipologia dei danni non si differenzia
sostanzialmente da quelli generati dai normali cedimenti del terreno (in precedenza descritti) in assenza di
un evento sismico. È da segnalare, inoltre, come in presenza di tra-vi/cordolo di collegamento di bassa
rigidezza, per effetto di cedimenti differenziali vengono a manifestarsi fessurazioni in corrispondenza delle
2
travi fuori terra, che interessano anche i tamponamenti i quali evidenziano lesioni perpendicolari alla
diagonale sottoposta al maggior allungamento (Fig. 6.29). La presenza di queste soluzioni di continuità nelle
travi e negli elementi di partizione verticale impone che si proceda ad ispezionare anche le strutture di
fondazione che – con buona probabilità – presenteranno lesioni similari.

Fig. 6.29 Dissesti in fondazioni con travi di collega-mento di bassa inerzia in zona sismica.

6.4.2 I dissesti dei tamponamenti


Il danneggiamento dei tamponamenti è dovuto all'effetto delle deformazioni impresse dalla risposta
sismica della struttura. Il meccanismo di rottura prevalente nei tamponamenti è quello caratterizzato da
lesioni ad andamento sub-orizzontale inclinate a 45° e molto spesso in-crociate a croce di S. Andrea (Fig.
6.30).

Fig. 6.30 Rottura dei tamponamenti a croce di S. Andrea

Questo tipo di rottura avviene per il superamento della resistenza a trazione della malta nella zona centrale
del muro e le lesioni si localizzano generalmente nei giunti di malta. Il danneggiamento interessa
maggiormente le tamponature al piano terra, sia perché in questa zona si ha la massima sollecitazione, sia
3
perché al piano terra c'è un numero minore di tamponamenti per la presenza di garage, negozi, ecc.
Sebbene il meccanismo di rottura prevalente dei tamponamenti sia quello caratterizzato da lesioni
incrociate, il dissesto di questi elementi di partizione verticale può avvenire per:

- scorrimento orizzontale dei giunti di malta per effetto delle tensioni tangenziali agenti nella zona centrale
del pannello;
- schiacciamento locale degli spigoli causato dal cosiddetto modello del "puntone equivalente" basato sulla
formazione di bielle accoppiate (secondo le due diagonali) che sono alternativamente efficaci in funzione
della direzione dell’azione sismica, essendo attive solo quelle compresse. Il puntone compresso può
assumere un'inclinazione diversa ed esercitare una pressione sulle travi o sui pilastri. Una conseguenza del
comportamento a puntone equivalente è rappresentata dal collasso del
pilastro per taglio (Fig. 6.31-6.32).

Fig. 6.31 Rottura per schiacciamento del tamponamento e comparsa di fessura diagonale nel nodo a causa
della spinta del puntone equivalente

4
Fig. 6.32 Collasso per taglio del pilastro a destra nella foto per effetto delle forze concentrate esercitate dal
tamponamento
Un altro tipo di danneggiamento che può interessare i tamponamenti nel caso in cui essi non siano
sufficientemente ammorsati all'ossatura in c.a. è il ribaltamento fuori piano. Ricorrente anche il
ribaltamento al di fuori del piano della cortina esterna delle murature a cassetta (Fig. 6.33).

Fig. 6.33 Ribaltamento fuori piano della cortina esterna del tamponamento verticale

A causa del peso e della posizione (sull'esterno del fabbricato), i tamponamenti ribaltati possono costituire
un pericolo non secondario per l'incolumità delle persone, anche nel caso in cui la struttura portante non
subisca danni significativi.

6.4.3 I dissesti del telaio in c.a.


I danni prodotti dalle azioni dinamiche sulle strutture portanti di elevazione assumono caratteri che per
tipologia e localizzazione sono diversi da qualsiasi altra causa (di origine statica). In sostanza, i dissesti da
sisma sono, banalmente, di facile individuazione e identificabilità. Non altrettanto semplice, invece, risulta
comprendere le motivazioni della scadente risposta della struttura al cedimento dinamico. Individuare le
cause responsabili dei dissesti subiti e/o le carenze "antisismiche" di una struttura (ancora non interessata
dal terremoto, ma ubicata in zona classificata a rischio sismico) rappresenta l'operazione più difficile per il
progettista dell'intervento di adeguamento e/o consolidamento. Alla comprensione dei fenomeni di
dissesto e all'individuazione delle carenze in termini di risposta sismica, pertanto, è dedicato questo
paragrafo, il quale vuole fornire soltanto un modesto contributo a dipanare una tematica complessa e che
presenta non poche insidie, rimandando, quindi, per un approfondimento del problema ai numerosi testi
disponibili su questo argomento.
Nei telai mono-campata, se le armature e le rigidezze nei pilastri e nella trave fossero le stesse, la comparsa
di lesioni alla base del pilastro dovrebbe essere accompagnata da lesioni sulla testa del pilastro e nelle
sezioni di incastro della trave. Nelle travi, tuttavia, le lesioni si manifestano all'incastro soltanto nelle zone
intradossali che sono provviste soltanto di un'armatura di ancoraggio ("reggi staffe") e raramente
all'estradosso per la presenza di una maggior quantità di ferri disposti per assorbire la caratteristica
flessionale (Fig. 6.34).
5
Fig.6.34 Fessurazione di una trave all'intradosso ove minore è la percentuale di armatura con formazione di
una cerniera

Per quanto riguarda i pilastri, invece, tenendo conto che alla base è sempre presente un fa-scio di ferri
proveniente dalle fondazioni (armatura di ripresa) che si sovrappone ai ferri verticali (Fig. 6.35), le lesioni
tendono a formarsi prevalentemente sulla testa dell'elemento in calcestruzzo armato.

Fig. 6.35 Sovrapposizione dei ferri alla base del pilastro

Nei telai a più campate si registrano generalmente lesioni solo sui pilastri, mentre le travi si presentano
sostanzialmente integre. Questo dipende dal fatto che il momento flettente sarà uguale sui pilastri e sulle
travi solo per le campate di estremità; nelle campate intermedie, invece, il momento sui pilastri si ripartisce
sulle due travi che concorrono al nodo. Pertanto, il momento flettente agente sul pilastro è maggiore di
quello agente sui correnti. Conseguentemente, la fessurazione del pilastro risulta evento più probabile
rispetto a quella attesa per i correnti.

Per quanto riguarda i pilastri di un edificio multipiano, è importante osservare che la massima caratteristica
flettente si ha sui pilastri del piano terra. Questa situazione si verifica indipendentemente dal contributo della
rigidezza delle travi. Analizzando, infatti, le due situazioni limite in cui è possibile schematizzare un edificio
multipiano, quella (Fig. 6.36) che presenta travi con piccola inerzia (schema a pendolo) e quella con travi
6
infinitamente rigide (Fig. 6.37), si deduce che il momento massimo sollecitante si realizza in entrambi i casi alla
base dei pilastri del piano terra. Pertanto, nelle situazioni reali di telai multipiano che presentano travi con una
rigidezza intermedia tra quella nulla (schematizzazione a pendolo) e quella infinita, il momento flettente
massimo interesserà comunque la base del pilastro al piano terra.

Fig. 6.36 (sx) – Rappresentazione della deformata di un telaio a travi con poca inerzia.
Fig. 6.37 (dx) – Rappresentazione della deformata di un telaio con travi infinitamente rigide

Questo significa che durante il sopralluogo di un fabbricato interessato da una scossa sismi-ca, occorre
iniziare l'indagine proprio dai pila-stri del piano terra ove ci si attende di trovare i maggiori danneggiamenti.
Inoltre, analizzando la distribuzione in pianta dei pilastri, quelli di-sposti lungo il perimetro dell'edificio sono
più sollecitati a causa degli effetti torsionali indotti dall'eccentricità tra il centro di massa e il centro di
rigidezza dell'edificio.
Per questo motivo i danni più significativi si verificano negli elementi strutturali più lontani dal centro delle
rigidezze, con conseguente formazione di fessure e deformazioni permanenti con schiacciamento del
calcestruzzo (Fig. 6.38-6.40).

Fig.6.38 (sx) – Irregolarità strutturali ed effetti torsionali


Fig. 6.39 (dx) – Particolare della Fig. 6.38.

7
Fig. 6.40 Effetti torsionali – dissesto del nodo trave-pilastro d'angolo a causa dell'azione concomitante della
rotazione subita dall'edificio durante il sisma e del puntone equivalente del muro di partizione verticale

Nel caso in cui gli edifici non presentino una distribuzione lungo l'altezza di massa e rigidezza costante, si
può avere la formazione del cosiddetto piano deformabile (soft floor), che determina la nascita di cerniere
plastiche in testa e al piede del pilastro, con la conseguente traslazione orizzontale del piano.
Questo fenomeno si verifica solitamente nei pilastri del piano terra, soprattutto per quegli edifici che
presentano un porticato (piano pilotis) e laddove, quindi, non vi è alcun contributo alla risposta sismica dei
tamponamenti in laterizio. La formazione del soft floor, tuttavia, interessa anche i normali fabbricati in
quanto al piano terra, minore è il numero delle pannellature a causa della presenza di porte d’ingresso,
avvolgibili (garages), vetrine, ecc..
In queste situazioni, la risposta sismica dell'edificio è demandata esclusivamente ai pilastri del piano terra
che si trovano ad essere "sor-montati" dal blocco rigido costituito dai piani superiori che presentano
tamponamenti so-stanzialmente integri (Fig. 6.41).

Fig. 6.41 (sx) –Piano debole per mancanza o carenza di tamponamenti al piano terra
Fig. 6.42 (dx) – Meccanismo di piano debole con formazione di cerniere plastiche al piano terra.

8
Se i pilastri non sono stati correttamente dimensionati e realizzati si instaura un cinematismo a causa della
formazione di cerniere plastiche in testa e alla base del pilastro (Fig. 6.42) che può portare al collasso
dell'edificio (Fig. 6.43). In alcuni casi, il piano debole può manifestarsi an-che ai piani intermedi, per
drastiche diminuzioni della rigidezza e/o della massa (Fig. 6.44).

Fig. 6.43 (sx) – Meccanismo di piano debole al piano terra


Fig. 6.44 (dx) – Edificio nella periferia de L'Aquila (Italia) – Collasso completo dei pilastri del primo livello

I dissesti dovuti all'azione sismica possono risultare particolarmente pericolosi nel caso in cui la struttura
presenti dei pilastri tozzi, caratterizzati da una modesta altezza rispetto alla sezione e da notevole inerzia
flessionale (Fig. 6.45).

Fig. 6.45 Meccanismo di collasso di pilastri tozzi e caratteristiche della sollecitazione

È frequente trovare pilastri tozzi quando:


- vengono inseriti per esigenze architettoniche (ad esempio con piani sfalsati);
- dipendono dalla disposizione degli elementi non strutturali (ad esempio in presenza di finestre a nastro
- dove il tamponamento non interessa tutta l'altezza del pilastro) (Fig. 6.46);
- costituiscono elementi portanti dei vani scale (Fig. 6.47).

9
Fig. 6.46 (sx) – Pilastri tozzi e pilastri a comportamento flessionale
Fig. 6.47 (dx) – Pilastri tozzi nel vano scale

Questi elementi vanno in crisi per rottura a taglio (meccanismo fragile) per il fatto che possiedono snellezza
ridotta (Fig. 6.48). Questo tipo di comportamento è caratterizzato da duttilità molto bassa e, in generale, da
una risposta sotto carichi ciclici poco dissipativa.

Fig. 6.48 – Nelle due fotografie: rottura a taglio di pilastri tozzi

Da quanto emerso dalle considerazioni fatte in precedenza, i pilastri rappresentano nell'ambito di un


edificio sottoposto all'azione sismica gli elementi maggiormente esposti al rischio di danneggiamento. Da
questo punto di vista, è possibile individuare quattro livelli di danneggiamento che possono precedere
quello più pericoloso rappresentato dalla rottura del nodo trave-pilastro:
- LIVELLO DI DANNO 1: questo livello si manifesta in edifici che in linea di massima si possono ritenere ben
progettati e realizzati, sottoposti a un'azione sismica di modesta intensità. Le lesioni, se presenti, hanno
andamento orizzontale e sono localizzate in testa o al piede del pilastro. Le soluzioni di continuità quindi
sono tipicamente di tipo flessionale con ampiezze non superiori ad un millimetro (Fig. 6.49).

10
- LIVELLO DI DANNO 2: questo livello si manifesta in edifici che in linea di massima debbono ritenersi ancora
ben progettati e realizzati, sottoposti ad evento sismico di intensità bassa.
Le fessure sono tipicamente flessionali, presentano andamento orizzontale e sono localizzate in testa o al
piede del pilastro. Rispetto al Livello di danno 1, le fessure possono interessare il pilastro per circa ⅓ della
sua altezza a partire dall'incastro con il primo orizzontamento oppure con le fon-dazioni. Le fessure hanno,
tuttavia, estensione lineare decrescente a partire dalle zone prossime a quelle di incastro con il solaio o con
la fondazione (Fig. 6.50).
- LIVELLO DI DANNO 3: si manifesta in edifici che iniziano a presentare carenze in termini di risposta a sismi
di media intensità. Le soluzioni di continuità presentano sia i caratteri tipici delle fessure flessionali che
quelli della sollecitazione tagliante con andamento suborizzontale di 45°. Le lesioni possono incrociarsi e
provocare l'espulsione del copriferro a livello locale. Non si verificano fenomeni di svergolamento dei
tondini di armatura né deformazioni permanenti sia negli elementi verticali (pilastri e setti) che nelle travi e
nei solai (Fig. 6.51).
- LIVELLO DI DANNO 4: questo livello si manifesta in edifici che presentano carenze sia progettuali che
esecutive in termini di risposta a sismi di media-alta intensità. Le soluzioni di continuità presentano sia i
caratteri delle sollecitazioni flessionali che taglianti e sono accompagnate da fenomeni di schiacciamento
del calcestruzzo e di svergolamento delle barre d'armatura. Si rilevano, inoltre, deformazioni flessionali e
fessurazioni nelle travi (Fig. 6.52).

Fig. 6.49-6.52 – Andamento schematico delle lesioni nei pilastri interessati da: a) Livello di danno 1, b)
Livello di danno 2, c) Livello di danno 3, d) Livello di danno 4

Il Livello di danno 4 anticipa il collasso parziale del nodo trave-pilastro con deformazioni residue
permanenti sia nel pilastro che nelle travi. Si definisce nodo trave-pilastro (Fig. 6.53) la zona del pilastro che
si interseca con le travi concorrenti; questo elemento strutturale assume un ruolo fondamentale nella
progettazione antisismica poiché permette, se correttamente realizzato, di dissipare efficace-mente
l'energia accumulata dall'intera struttura sotto carichi ciclici.

11
Fig. 6.53 Nodi trave-pilastro

In particolare si distinguono due tipi di nodi:


- nodi interamente confinati, così definiti quando in ognuna delle quattro facce verticali si innesta una
trave. Il confinamento si considera realizzato quando su ogni faccia la sezione della trave si sovrappone per
almeno i ¾ della larghezza del pilastro, e su entrambe le coppie di facce opposte del nodo le sezioni delle
travi si ricoprono per almeno i ¾ dell'altezza;
- nodi non interamente confinati: tutti i nodi non appartenenti alla categoria precedente.
I nodi e i pilastri d'angolo sono maggiormente soggetti all’azione di spinta delle tamponature per il fatto che
la spinta del puntone equivalente non è compensata dalla presenza della tamponatura sul lato opposto;
inoltre, come già precedentemente menzionato, gli elementi situati sulla facciata dell'edificio sono soggetti
a maggior deformazione a causa di eventuali effetti torsionali della struttura.
Le principali tipologie di collasso del nodo trave-pilastro (Fig. 6.54 e 6.55) sono:
a) raggiungimento della capacità portante della trave;
b) raggiungimento della capacità portante della colonna;
c) espulsione del copriferro nel nodo;
d) collasso per ancoraggio delle armature della trave;
e) collasso a taglio del pannello di nodo.

Fig. 6.54 Tipologie di collasso nei nodi trave-pilastro


12
Fig. 6.55 Esempi di rottura di nodi trave-pilastro d'angolo in edifici residenziali – Vista d'insieme e
particolare

Al fine di evitare l'insorgere di questi meccanismi di collasso del nodo trave-pilastro è necessario adottare
degli accorgimenti in fase progettuale in modo da conferire un'adeguata duttilità dell'elemento, garantita
con opportuni dettagli costruttivi. In particolare, le lacune che più comunemente portano a queste
problematiche sono:
-un eccessivo interasse tra le staffe, che provoca uno scarso confinamento del calcestruzzo, un insufficiente
confinamento dei ferri longitudinali e una mancanza di resistenza a taglio con conseguenti rotture fragili;
-un'insufficiente lunghezza di ancoraggio delle barre, sia per le staffe sia per l'armatura longitudinale;
-un'inadeguata armatura trasversale nel nodo.

Con l'emanazione della normativa NTC del 2008 (D.M. 14.01.2008) sono stati introdotti dei valori minimi in
termini di quantità di armatura da inserire all'interno degli elementi sismo-resistenti in c.a., definendo le
percentuali, i diametri, le lunghezze di ancoraggio e di sovrapposizione. Per evitare rotture fragili (a taglio)
nei pilastri e nelle travi è obbligatorio introdurre l'armatura trasversale con un passo minimo prestabilito, il
cui valore diventa più stringente nella zona critica, ovvero in prossimità dei nodi trave-pilastro in cui è
possibile la formazione delle cerniere plastiche. Il posizionamento delle staffe deve essere realizzato
mediante gancio fissato alle barre longitudinali avente inclinazione di 135° in modo da evitare lo sfilamento
13
in caso di sisma (Fig.6.56 – vedi libro), per una lunghezza almeno pari a 10-15 volte il diametro della staffa
(Fig. 6.57 – vedi libro).
Nel libro presenti immagini dove vengono presentati alcuni esempi di dettagli esecutivi realizzati
correttamente in conformità alle normative vigenti (Fig. 6.58 e 6.59).

6.4.4 I dissesti dei solai e delle scale


Nell'esaminare i dissesti dei solai prodotti dal terremoto occorre distinguere tra le forze sismiche
sollecitanti l'impalcato in latero-cemento in direzione parallela oppure ortogonale alla direzione di tessitura
dei travetti.
Allorquando il sisma agisce in direzione perpendicolare all'asse dei travetti il dissesto tipico è rappresentato
da fessure parallele all'asse dei travetti stessi (Fig. 6.60 e 6.61- vedi libro), in quanto i travetti tendono
alternativamente ad avvicinarsi e ad allontanarsi tra loro.

Fig. 6.60 Andamento schematico delle lesioni prodotte dall'azione sismica agente in direzione
perpendicolare all'asse dei travetti del solaio

Nel caso di sismi di media-forte intensità agenti in direzione parallela all'asse dei travetti del solaio gli stessi
possono instabilizzarsi per effetto di carichi assiali superiori a quello critico. In questa evenienza alcuni
campi di solaio possono sollevarsi ed altri deprimersi (Fig. 6.62- vedi libro) con danni e deformazioni
permanenti alle strutture in c.a. che presenteranno lesioni accompagnate da espulsioni del calcestruzzo.
I danni alle strutture portanti possono ripercuotersi anche sulle strutture accessorie che possono
presentare fessurazioni e distacchi dei pavimenti e rottura dei tramezzi divisori.
Per quanto attiene alle scale a soletta rampante le lesioni possono presentarsi per effetto del sisma in
direzione perpendicolare alla soletta in corrispondenza dell'attacco tra la stessa e il pianerottolo.
Queste lesioni sono molto pericolose in quanto possono derivare da un fenomeno di snerva-mento delle
barre armatura e possono essere accompagnate da rilevanti espulsioni di copri-ferro qualora nella
realizzazione delle scale la predisposizione delle armature è avvenuta erroneamente favorendo la nascita di
"spinte a vuoto".
Nel caso, invece, di scale con gradini a sbalzo retti da una trave a ginocchio, la presenza di una lastra
continua all’intradosso fa sì che al-meno inizialmente questa si comporti come una piastra vincolata su tre
lati.

14
Le strisce più prossime al lato libero, tuttavia, hanno un comportamento a trave e non essendo armate in
tal senso si danneggiano all’incastro rampa-pianerottolo verso l’estremità opposta alla trave a ginocchio.

Tratto dal libro di Luigi Coppola e Alessandra Buoso, edito da ULRICO HOEPLI, dal titolo “IL RESTAURO
DELL’ARCHITETTURA MODERNA IN CEMENTO ARMATO - Alterazione e dissesto delle strutture in c.a. -
Diagnostica – Interventi di manutenzione e adeguamento antisismico - Materiali, tecniche e
cantieristica”.
Per acquistarlo vai al link

15

Potrebbero piacerti anche