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ORIGINE DEL SISTEMA SOLARE


Oggi la Terra è uno dei molti pianeti che orbitano intorno al Sole. Il nostro sistema solare è uno dei
tanti sistemi stellari dell’universo.

Nel II sec. d.C. Tolomeo con la sua teoria geocentrica pone la Terra al centro dell’universo.

Nel XVI sec. Copernico propone la teoria eliocentrica secondo cui i pianeti (Terra compresa) orbitano
attorno al Sole che è immobile al centro dell’universo.

Galileo Galilei nel 1609 mette a punto il cannocchiale, con il quale scopre i satelliti di Giove che davano
supporto alle teorie copernicane. Questo non piacque alla Chiesa che lo processò per eresia nel 1632,
venne ufficialmente riabilitato dal papa solo nel 1992.

Oggi sappiamo che la Terra è solo uno dei tanti pianeti che orbitano attorno al Sole, lo stesso sistema
solare è solo uno dei tanti sistemi stellari dell’universo.

Ogni modello che vuole spiegare l’origine del sistema solare deve spiegare le caratteristiche attuali
del Sole
Ogni e dei pianeti:
modello proposto sull’origine del sistema solare deve spiegare le caratteristiche attuali del
sole e dei pianeti:
- Le componenti del sistema solare sono disposte, partendo dal Sole, nell’ordine Mercurio,
Venere, Terra, Marte, fascia di asteroidi, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone.

- I pianeti terrestri, composti essenzialmente da sostanze rocciose, sono relativamente piccoli


1 mentre i pianeti giovani composti essenzialmente da idrogeno e elio sono molto grandi. I due
gruppi sono separati dalla fascia degli asteroidi.
gioviani

- I pianeti terrestri, composti essenzialmente da sostanze rocciose, sono relativamente piccoli,


mentre i pianeti gioviani, composti essenzialmente da idrogeno ed elio, sono relativamente
grandi.

- Tutti i pianeti orbitano intorno al Sole nello stesso senso su un piano circa comune detto
2 eclittica (eccetto mercurio e plutone che hanno orbite inclinate), e lungo orbite grossomodo
circolari.

- I pianeti terrestri orbitano vicino al Sole, mentre i pianeti gioviani orbitano lontano dal Sole.
3
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4 - Tutti i pianeti ruotano su se stessi attorno ad assi grossomodo perpendicolari al piano


dell’eclittica (eccetto Urano e plutone che hanno un asse di rotazione molto inclinato).

5 - Tutti i pianeti ruotano su se stessi nella stessa direzione di rivoluzione attorno al Sole, e così
fanno le loro lune (eccetto venere che ha rotazione retrograda).

ABBONDANZE DEGLI ELEMENTI (COMPOSIZIONE DEL SISTEMA SOLARE)

- Quasi tre quarti della massa del Sole più i pianeti è costituita da idrogeno: questa dominanza
è comune a tutte le stelle e galassie dell’universo ed è dovuta al fatto che gli atomi di H e He
sono stati i primi a formarsi in seguito al Big Bang. Gli elementi più pesanti sono stati invece
sintetizzati dalle stelle in tempi successivi tramite reazioni termonucleari e in seguito
all’esplosione di stelle massive (supernove).

- Circa un quarto è costituito da elio

- Idrogeno ed elio da soli costituiscono circa il 98% della massa del sistema solare

- Tutti gli altri elementi costituiscono il restante 2%

- La dominanza di idrogeno ed elio è comune a tutte le stelle e le galassie dell’universo

- Idrogeno e delio si sono formati in seguito al Big Bang 17,7 miliardi di anni fa

- Tutti gli elementi più pesanti sono stati sintetizzati dalle stelle in tempi successivi al Big Bang,
tramite reazioni termonucleari e in seguito all’esplosione di stelle massive

- Alla morte di una stella, gli elementi pesanti sintetizzati vengono eiettati nello spazio
interstellare

- Generazioni successive di stelle si formano in spazi interstellari arricchiti in elementi pesanti

- Il sistema solare contiene elementi pesanti riciclati da stelle estinte


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ETÀ DEL SISTEMA SOLARE

L’età del sistema solare è stimata a 4,56 miliardi di anni fa. Il decadimento radioattivo di alcuni isotopi
è usato per stimare l’età delle rocce. Alcuni isotopi padri decadono naturalmente in altri isotopi figli
con tassi di decadimento costanti. Misurando le quantità relative di isotopi padri e isotopi figli, e
conoscendo il tasso di decadimento, si possono ottenere stime dell’età di inizio decadimento, che in
prima approssimazione e sotto alcune condizioni rappresenta l’età di formazione della roccia
contenente gli isotopi.

Si prende come data di inizio del sistema solare, le età radiometriche di alcuni meteoriti particolari
che si chiamano meteoriti condritiche. Le condriti sono meteoriti particolari perché considerati dai
cosmologi i building blocks del sistema solare. Sono oggetti composti da materiale silicatico che non
è mai andato incontro a un processo di differenziazione planetaria. È una sorta di aggregato di polvere
che dovrebbe avere una composizione il più simile alla nebula primordiale che ha dato origine al
sistema. È un aggregato di silicati presente nelle nebule che non ha mai subito il processo di
formazione di un pianeta. I pianeti sono differenziati: crosta, mantello e nucleo. La meteorite
condritica NWA 869 possiede un’età di 4,56 miliardi di anni.

Alcuni meteoriti sono costituiti dalle rocce più antiche del sistema solare. Le rocce più antiche hanno
circa 4,5 miliardi di anni. Sulla Terra sono occasionalmente presenti rocce antiche fino a circa 4 miliardi
di anni, ma la maggior parte delle rocce esposte sulla Terra è molto più giovane, nell’ordine delle
decine o centinaia di milioni di anni.

IPOTESI DELLA NEBULOSA SOLARE


Un importante teoria sull’origine del sistema solare è quella proposta per la prima volta nel 1755 da
Immanuel Kant: l’ipotesi della nebulosa primordiale. Essa prevede che il sistema solare si sia formato
da una nebula di gas e polveri che cominciò a ruotare su sé stessa seguendo un asse di rotazione.
Questa rotazione provoca un’anomala concentrazione che la spinge da forma sferica a piana.
Dall’aggregazione di questo materiale di sono formati i pianeti e al centro per il 98% della massa del
sistema il Sole.
Questo spiega anche perché i pianeti seguano una rivoluzione attorno al Sole molto regolare.
Datando le meteoriti condrite si data probabilmente l’inizio dell’aggregazione dei materiali una volta
che i gas e le polveri hanno iniziato a concentrarsi nel piano orbitale.
Questa teoria che produce pianeti e Sole in un unico processo è molto semplice, ma ha un difetto: se
si pensa ad una nube che inizia a ruotare su sé stessa e collassa gravitazionalmente sul piano
dell’ellittica della nebulosa per aggregazione di questo materiale si formeranno i pianeti e il Sole al
centro.
Il Sole dovrebbe avere il massimo momento angolare (L = Mrv), invece il Sole ha una minima parte del
momento angolare, ruota molto lentamente.
Se questa teoria fosse valida il Sole dovrebbe ruotare molto più velocemente. Per spiegare questo
rallentamento si sono elaborate differenti teorie, una delle più interessanti è la seguente: il Sole
all’origine aveva un enorme momento angolare ma ha gradualmente perso la propria rotazione.
Rallenta perché il Sole ha grandissimi campi magnetici sulla superfice che si espandono per milioni di
chilometri al di fuori dell’eliosfera portando con sé il plasma (massa). Ogni tanto queste linee di forza
dei campi magnetici si spezzano e il plasma in essi intrappolato si perde nello spazio.
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- Il Sole e i pianeti si formano da una nebulosa solare comune che è un ammasso in rotazione
di gas e polveri nello spazio interstellare

- La nebulosa in rotazione iniziò a contrarsi per gravità circa 4,56 miliardi di anni fa
- La contrazione gravitazionale produsse densità maggiori di polveri e gas nelle regioni centrali
della nebulosa, con formazione di un protosole.
- Contrazione e rotazione produssero un appiattimento della nebulosa, che assunse forma
discoidale, ed un aumento della sua velocità di rotazione.

- Al protrarsi della contrazione gravitazionale, il protosole diventò più denso e la sua


temperatura aumento poiché l’energia gravitazionale veniva convertita in energia termica.

- Dopo circa 10 milioni di anni dall’inizio della contrazione della nebulosa, il centro del protosole
raggiunse una temperatura di alcuni milioni di K. A queste temperature, le prime reazioni
nucleari si innescarono con conversione di idrogeno ed elio. Il protosole diventò unastella. Le
reazioni nucleari continuano tutt’oggi.

FORMAZIONE DEI PIANETI

Il disco protoplanetario è un disco in rotazione di gas e polveri che circondava il protosole, e che per
forze centrifughe non è collassato su di esso, è ritenuto luogo di formazione dei pianeti. Nel disco
protoplnetario che andrà a formare i pianeti ci sono varie sostanze. Queste sostanze che sono poveri
di silicati, metalli e gas possono essere allo stato solido o gassoso. Sopra la temperatura di
condensazione la sostanza è allo stato gassoso. Idrogeno ed elio sono quasi sempre allo statogassoso,
ovvero hanno una temperatura di condensazione molto vicina allo zero assoluto. Sostanze come
acqua, metano e ammoniaca hanno temperature di condensazione basse, tra 100 K e 300 K, cioè sono
solide sotto forma di particelle di ghiaccio solo a temperature relativamente basse. Elementi pesanti
come ferro, silice, magnesio, zolfo e loro composti con l’ossigeno, hanno temperature di
condensazione comprese tra 1300 K e 1600 K, cioè sono solidi sottoforma di grani di polvere anche a
temperature relativamente alte.

Nella nebulosa la temperatura decresce all’aumentare dalla distanza dal centro. Nelle regioni interne
e clade, prossime al centro della nebulosa, solo gli elementi pesanti (metalli) e i loro composti con
l’ossigeno (silicati) rimangono allo stato solido sottoforma di grani di polvere. Nelle regioni esterne e
fredde, lontane dal centro della nebulosa, i composti dell’idrogeno (acqua e metano) potevano
condensare come particelle di ghiaccio. I gas leggeri (H, He) invece non condensano a condizioni P-T
nebulari. La composizione dei pianeti dipende dai gradienti termici, la condensazione degli elementi
e dei loro composti e la distanza eliocentrica.

Nelle regioni interne della nebula avremo reiterate collisioni di grani di polvere che produssero nel
corso di milioni di anni planetesimi, ovvero oggetti solidi del diametro di circa 1 km. L’azione di forze
gravitazionali causò reiterate collisioni tra planetesimi con formazione di protopianeti, oggetti di
dimensione e massa simili a quelli della luna. Successive collisioni gravitazionali di protopianeti
condussero alla formazione dei pianeti terrestri.

Nelle regioni esterne della nebulosa, più materiale allo stato solido era disponibile per la formazione
dei planetesimi. Oltre ai grani di polvere, anche le particelle di ghiaccio erano disponibili. I planetesimi
esterni erano dunque formati da un misto di materiale roccioso e ghiaioso. Atomi gassosileggeri come
idrogeno ed elio, muovendosi verso le regioni esterne fredde della nebulosa, rallentavano il loro moto
e potevano facilmente venire catturati gravitazionalmente ai planetesimi- protopianeti in formazione.
Il risultato fu la formazione di pianeti di elevate dimensioni con una spessa atmosfera di idrogeno
avviluppante un nucleo roccioso di 5-10 volte la massa della Terra. Un esempio è Giove.
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Una volta che si producono oggetti di un chilometri di diametro, il processo gravitazionale è


esponenziale e in pochissimo tempo (pochi milioni di anni) il pianeta si forma. Questo perché se sono
presenti tanti oggetti a 1 km di diametro, vengono aggregati in poco tempo in oggetti dalle dimensioni
di 1000 km di diametro (embrioni planetari). È la gravità che agisce ed il processo è inarrestabile. Nella
distanza anulare ci possono essere due oligarchi o uno solo. Alla fine del processo gravitazionale di
pulizia possono essere presenti uno o più oggetti della dimensione di 1000 km di diametro che sono
gli oligarchi. Se c’è un solo oligarca il processo finisce. Se ci sono due oligarchi ci può essere lo scontro
e la conseguente formazione di un pianeta più grosso attraverso la fusione. La Terra ha avuto la fase
oligarchica e la luna è la prova della fase oligarchica perché viene dal mantello.È il prodotto della fase
di collisione primordiale tra la Terra e un altro pianeta. Marte non ha avuta la fase oligarchica e infatti
è più piccolo della Terra.

L’ipotesi della nebula di Kant è stata sviluppata in tempi moderni e secondo le nuove teorie questa
contrazione della nebula seguita dalla formazione di dischi protoplanetari e accrezione gravitazionale
del materiale è stata divisa in 4 fasi:

1. Concentrazione del materiale nel piano equatoriale della nebula in rotazione: questa fase
serve ad aumentare la densità fino all’innesco dei processi di aggregazione, prima
elettrostatici e poi gravitazionali. In questa fase si crea anisotropia di densità e si innescano i
processi di accrezione.

2. Crescita dei planetesimi nell’ordine di circa 1 km.

Queste due fasi richiedono tempo perché le densità coinvolte sono comunque basse.

3. Runaway, il focus gravitazionale cresce in maniera esponenziale (la capacità attrattiva del
pianeta cresce all’aumentare delle sue dimensioni), in meno di un milione di anni si passa da
pianetesimi con 1 km di diametro ad oggetti con 1000 km di diametro (protopianeti).

4. Fase oligarchica: non si verifica sempre. Si ha la crescita di oggetti con più di 1000 km di
diametro. Per esempio, Marte non ha attraversato questa fase ed è rimasto di ridotte
dimensioni, mentre la Terra sì.

La fase oligarchica si verifica quando all’interno di 1 AU alla fine della terza fase sono presenti due
oligarchi (oggetti nell’ordine 1000 km di diametro) che collidono tra loro. La Terra ha subito questa
collisione.

Fase 1 e 2: sono relativamente complesse perché riuscire a far collidere e aggregare dei grani di
polvere in una nebula con densità vicina al vuoto è una condizione difficile da ottenere da un punto di
vista modellistico. Una possibile causa che gli scienziati esplorano per giustificare gli stati 1-2 sono le
forze elettrostatiche di Van Der Waals, oppure il ruolo che qualche tipo di collante (tipo il ghiaccio)
potrebbe giocare nel produrre oggetti di almeno qualche centimetro di diametro, abbastanza grandi
da innescare l’attrazione gravitazionale.

Fase 3: arrivati ai planetesimi la crescita è esponenziale. In pochi milioni di anni si passa da oggetti di
1 km di diametro fino a 1000 km.

Fase 4: la fase oligarchica non è sempre presente nell’evoluzione. Alla fine della fase 3 è possibile che
due o più oligarchi siano presenti ad una certa distanza anulare dal Sole. Se sono presenti, essi
potrebbero collidere tra loro producendo pianeti con diametro maggiore di 1000 km.
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La nascita della luna è il prodotto della fase oligarchica. Theia e prototerra ebbero una collisione alla
fine della fase runaway e la fusione parziale che deriva da questa collisione ha prodotto del materiale
che è stato eiettato in orbita e ricondensato a formare la luna attuale. La luna ha una compatibilità
delle rocce con le rocce del mantello terrestre. Le rocce lunari hanno un’impronta geochimica simile
alle rocce terrestri. L’inclinazione dell’asse di rotazione sul piano dell’eclittica è l’origine di questo
impatto. Originariamente la Terra aveva un paino verticale. La velocità di rotazione terrestre è il
risultato di quell’impatto. All’età dell’impatto con Theia si può ricostruire la velocità rotazione che
aveva la Terra che era molto
maggiore di quella attuale perché
trasferì parte di moto alla luna.
Quando è avvenuto l’evento la luna
doveva avere una distanza orbitale
dalla Terra molto piccola. La luna
originariamente era quindi molto
più vicina alla Terra. La Terra
continua a retrocedere per effetto
delle aree. L’attrazione
gravitazionale della Terra agisce
sull’idrosfera. La Terra ruota in senso antiorario. La forza gravitazionale che la luna esercita sulla Terra
fa sì che l’alta marea è disassata dalla minima distanza tra luna e Terra perché la Terra ruota. L’effetto
di rotazione fa sì che gli oceani rallentino la Terra perché fanno attrito. Le alte maree frenano la
rotazione terrestre. La Terra rallenta la sua rotazione e la sua quantità di moto che perde la trasferisce
alla luna che si allontana. Man mano che la Terra rallenta, la luna si allontana. Una volta laTerra ruotava
molto più velocemente e la luna si allontana sempre di più.

La teoria della nebula spiega:

- Il collasso gravitazionale di una nebulosa rotazionale con formazione di un disco embrionale


spiega la concentrazione di massa nel piano dell’eclittica e il fatto che quasi tutti i pianeti
orbitano attorno al Sole nello stesso senso

- Poiché le regioni interne della nebulosa erano calde, solo grani di roccia e metalli potevano
condensare, da cui l’origine dei pianeti terrestri interni

- Il fatto che le regioni esterne della nebulosa erano fredde spiega la presenza di abbondante
ghiaccio e idrogeno gassoso nei pianeti esterni gioviani

- Se un oggetto presente nelle regioni esterne fredde mai raggiunse massa sufficiente a
catturare idrogeno, esso rimase allo stato di piccolo pianeta di ghiaccio, come plutone, le
comete e alcune lune dei pianeti più esterne

- L’atmosfera dei pianeti terrestri è di origine interna (degassazione vulcanica), mentre i pianeti
gioviani svilupparono un’atmosfera per cattura gravitazionale. I pianeti di ghiaccio non hanno
atmosfera poiché erano troppo piccoli per catturarne una e troppo freddi per emetterla

- Asteroidi (corpi fatti di roccia) e comete (corpi fatti di ghiaccio e roccia) sono avanzi inutilizzati
nella formazione dei pianeti

- Le età più antiche riscontrate nel sistema solare sono tutte concentrate attorno a un valore di
4,56 miliardi di anni poiché tutto si formò assieme e allo stesso tempo
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Ci sono eccezioni alla teoria della nebulosa:

- Mercurio e Plutone hanno orbite inclinate rispetto a quelle degli altri pianeti
- Venere ha una rotazione retrograda

- Urano e Plutone hanno un asse di rotazione molto inclinato sull’ellittica

- La Terra ha un asse di rotazione leggermente inclinato rispetto all’orbita

La Terra è un pianeta differenziato in involucri concentrici. Se si fosse accresciuta da planetesimi


avrebbe avuto una struttura inizialmente omogenea. La Terra primordiale era composta da
planetesimi accrezionati ed era soggetta a bombardamento continuo. La Terra ha subito una fase
runaway oligarchica che l’ha portata ad una condizione di fusione finale. Gli elementi più pesanti sono
andati verso il centro, mentre quelli più leggeri galleggiano. L a Terra ha subito una differenziazione
che l’ha portata ad una composizione stratificata (nucleo metallico, mantello silicatico e crosta
silicatica).

• Crosta 40 km

• Mantello da 40 a 2891 km

• Nucleo esterno liquido da 2891 a 5150 km

• Nucleo interno solido da 5150 a 6370 km

COMPOSIZIONE DELLA TERRA


Il componente principale è il ferro, seguito da ossigeno, silicio e magnesio. La Terra è l’unico pianeta
conosciuto con oceani in superficie.

L’atmosfera è costituita da: 77% azoto, 21% ossigeno, anidride carbonica e acqua allo stato gassoso.

La temperatura media della Terra è di 14°C e la pressione è di 1 atmosfera.

Gli oceani coprono il 71% della superficie terrestre.

Il fatto che la superficie terrestre sia povera di ferro ha permesso l’accumulo d’ossigeno, infatti il ferro
reagisce subito con l’ossigeno formando ruggine. La superficie silicatica è invece meno ossidativa e
permette l’accumulo di ossigeno.
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ORIGINE DELL’ATMOSFERA

LA PRIMA ATMOSFERA
La prima atmosfera si ipotizza che possa aver avuto una composizione fatta da idrogeno ed elio. Sono
fasi gassose che durante la creazione planetaria vengono buttati fuori dal sistema perché molto
leggeri. L’atmosfera originaria è stata erosa dalle condizioni energetiche dal vento solare. All’inizio
dell’evoluzione del sistema il campo magnetico terrestre non era sufficientemente potente.
L’atmosfera attuale nasce ed evolve e si caratterizza grazie alla presenza di una schermatura prodotta
dal campo magnetico terrestre che protegge dall’azione erosiva del vento solare. In assenza di uno
schermo protettivo non si potrebbero accumulare gas nell’atmosfera. Il campo magnetico si forma nel
nucleo esterno liquido. La Terra ha due poli: polo nord magnetico e polo sud magnetico. Il campo
terrestre è bipolare. Le linee di forza diffondono attraverso il mantello, arrivano in superficie e
investono la Terra grazie alla magnetosfera.
LA SECONDA ATMOSFERA
La seconda atmosfera era un’atmosfera totalmente endogena. Era fatta da acqua allo stato gassoso,
anidride carbonica e diossido di zolfo.

L’ATMOSFERA MODERNA
Una parte della CO2 nella Terra moderna si dissolve negli oceani. L‘acqua ha un grande potere di
stoccaggio di CO2. Dopo la fase oligarchica la Terra diventa fredda fino a permettere all’acqua di
condensarsi. Si formano gli oceani. La CO2 esce dai vulcani. Molta CO2 che entra nel sistema
atmosferico viene stoccata dagli oceani e ciò porta a una sua riduzione nell’atmosfera. Dopo Theia è
avvenuto un evento catastrofico di riscaldamento della crosta terrestre 4 miliardi di anni. Dopo 4
miliardi di anni la superficie terreste ha raggiunto la pace e gli oceani sono condensati. Si ha avuto
poi l’origine della vita. Quando l’acqua diventa liquida in superficie la vita parte. Si ha così produzione
di materia organica che consuma anidride carbonica e che va nella materia organica. La materia
organica ha due destini: viene ossidata o sepolta sottraendo CO2 nell’atmosfera e portandola nelle
rocce. La CO2 non va solo nel carbonfossile
ma anche nelle rocce carbonatiche. La CO2
in entrata si combina con l’acqua e diventa
un acido debole, ovvero l’acido carbonico
che scioglie determinati tipi di rocce,
sottrae CO2 in atmosfera e diventa fase
ionica. Successivamente il soluto va
nell’oceano e precipita sottoforma di
carbonati. L’ossigeno è prodotto
dall’attività fotosintetica. Questo avviene
subito dopo la formazione degli oceani.
L’atmosfera secondaria endogena ha quindi visto un graduale calo della concentrazione di CO2, un
aumento di ossigeno di origine fotosintetica e un grande accumulo di azoto. L’accumulo di azoto è
dovuto all’emissione di ammoniaca dai vulcani, questo composto è usato in molti processi biochimici
che spesso liberano azoto gassoso che si accumula in atmosfera.
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CIRCOLAZIONE ATMOSFERICA
I venti sono guidati dall’energia solare. L’energia che riceviamo mette in moto l’atmosfera che mette
in moto gli oceani. La Terra deve riuscire a buttare fuori l’energia che entra. La temperatura della
superficie è commisurata a volumi in entrata e in uscita. Ci deve essere un equilibrio di base. Della
parte di energia entrante, il 30% è riflesso dalle nubi, il 6% dall’atmosfera e il 4% dal suolo terrestre.
L’albedo della Terra è circa del 30%.
L’albedo è controllato dai ghiacciai.
L’albedo è la capacità di riflettere la
lunghezza d‘onda del visibile. Questo
30% non scalda l’atmosfera perché è
subito riflesso nello spazio. Il restante
70% prende strade diverse. Il 51% è
assorbito dalla superficie terrestre e dagli
oceani, il restante dall’atmosfera. Quello
che esce, esce sottoforma di infrarosso
termico. La quantità di energia solare
entrante si distribuisce sulla superfice
terrestre in maniera non omogenea.
L’area di incidenza è indirettamente
proporzionale al seno della latitudine.
Questo comporta che il budget solare non
è omogeneo da equatore a polo.

In nessun punto della superficie terrestre si registra un equilibrio tra energia entrante ed uscente. Il
sistema Terra è all’equilibrio. Ovunque tranne in due punti non esiste un equilibrio perfetto. Venere
ha un’albedo molto alto perché ha una atmosfera spessa e riflette quasi tutto. C’è una configurazione
sferica per cui l’area è inversamente proporzionale al seno della latitudine. Se prendiamo lo sviluppo
in senso latitudinale del budget entrante e uscente, questi hanno un’andatura a campana. Ci sono due
curve a forma di campana. Questo è dovuto al fatto che la Terra è sferica. La curva blu è l’energia
assorbita. La curva rossa è l’energia uscente come luce planetaria. La dipendenza con lui l’angolo
incidente colpisce la Terra spiega perché c’è un eccesso dl luce entrante all’equatore rispetto alle alte
latitudini. La luce planetaria varia meno con la latitudine. Questo comporta che in ogni punto il
budget entrante ed uscente è al
disequilibrio tranne ai tropici. La
circolazione atmosferica e oceanica è
messa in moto dal gradiente termico. È un
trasferimento di un surplus di energia
dall’equatore che va ai poli. Dai tropici
esce calore che va alle alte latitudini. La
circolazione atmosferica e oceanica è
modificata dalla forza di Coriolis perché la
Terra ruota. Le masse, quindi, subiscono
una forza che le fa deviare.
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L’EFFETTO SERRA

La Terra per l’albedo che ha e per la


quantità di energia che riceve dal Sole,
senza gas serra avrebbe una temperatura
media superficiale di circa -20°C. L’energia
solare non basterebbe a mantenere gli
oceani liquidi. Ci sono diversi gas serra,
come l’anidride carbonica, il metano e il
vapore acqueo, il quale però condensa
nelle nubi che hanno un elevato albedo e
che quindi riflettono la radiazione solare.
L’effetto serra del vapore acqueo è
bilanciato dall’albedo delle nubi quando il
vapore acqueo condensa. L’anidride
carbonica è un importante gas serra di origine vulcanica. Il mantello contiene grandi quantità di
anidride carbonica. Un gas serra è un gas che nell’atmosfera assorbe la radiazione solare per poi
riemetterla sottoforma di radiazione infrarossa termica senza cambiare la lunghezza d’onda della
stessa. La radiazione solare entrante entra e rimbalza un certo quantitativo dall’atmosfera dalle
nuvole, dalla superficie dei deserti e dei ghiacci. Il 30% è rispedita al mittente e non conta nel budget
energetico. Il resto viene assorbito e riemesso nell’infrarosso termico. Il gas serra intercetta una parte
della radiazione solare e la ridiffonde sottoforma dell’infrarosso termico. L’energia solare entra, un
po’ rimbalza, un po’ viene assorbita. I gas serra impediscono e rallentano la fuoriuscita del calore.
Senza CO2 la Terra sarebbe un pianeta completamente gelato. Una delle equazioni più importanti è
l’equazione dei gas: PV =nRT . Lo stato termico della Terra dipende dall’infrarosso termico e
dall’effetto serra prodotto dalla CO2 che è il gas serra principale. L’infrarosso termico e il gas serra
determinano e controllano lo stato termico dell’atmosfera. Secondo questa distribuzione del budget
energetico avremo alte pressioni alle alte latitudini e basse pressioni all’equatore.

L’assetto attuale della circolazione


atmosferica è diverso da quello che ci
aspetteremmo da una Terra non
rotazionale per l’effetto della forza di
Coriolis. La forza di Coriolis è una
forza apparente. Esiste se il sistema è
in rotazione. La forza di Coriolis
produce come effetto la migrazione
verso destra nell’emisfero nord e
La forza di Coriolis è data da
verso sinistra nell’emisfero sud.
Fc=2mvωsinΦ Agisce su masse molto grandi.

- m: massa delle particelle

- v: velocità delle particelle (m/s)

- ω : velocità angolare della Terra


- Ф: latitudine
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Una massa si muove lungo il gradiente barico, la forza di Coriolis la devia verso destra nell’emisfero
nord e sinistra nell’emisfero sud.

Non abbiamo un’unica cella per emisfero ma ne abbiamo tre. Le principali celle circolatorie sono tre:

- Celle di Hadley: sono le principali. Coprono i tropici in entrambi gli emisferi. Le celle di Hadley
vanno dall’equatore ai tropici dove si incontrano con le celle di Ferrel. I tropici sono l’unico
punto in cui si ha l’equilibrio del budget. Nella cella di Hadley si vede bene che la porzione al
suolo è deviata verso destra nell’emisfero nord e verso sinistra nell’emisfero sud. Le frecce
sono gli alisei. La porzione al suolo della fascia che va dall’equatore al tropico dell’emisfero
nord è caratterizzata dagli alisei che sono venti che soffiano da nord-est verso sud-ovest e
tendono ad andare in equilibrio geostrofico all’equatore dove soffiano da est a ovest. Gli alisei
dell’emisfero
sud vanno da sud-est verso
nord-ovest, girano a sinistra e
tendono ad andare in
equilibrio geostrofico
all’equatore. L’equatore è
importante perché è la
regione dove abbiamo la
convergenza degli alisei al
suolo. L’equatore è la zona di
convergenza intertropicale
dove si osserva la
convergenza degli alisei.
L’equatore è anche la regione
delle basse pressioni dove c’è
molta energia solare. L’aria
viene scaldata dal basso esale,
quindi importanti basse
pressioni. L’aria degli alisei
piega verso destra
nell’emisfero nord e verso
sinistra nell’emisfero sud. Va
verso ovest ma anche sale per
le basse pressioni equatoriali.
Salendo subisce una
deviazione per effetto della
rotazione terrestre smile alla
forza di Coriolis. Quando
arriva nella regione più alta
della troposfera, si raffredda,
piega e va verso nord per poi
scendere in corrispondenza
delle alte pressioni tropicali
chiudendo il ciclo. Non va fino
al polo nord.
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- Celle di Ferrel: dalle alte pressioni


tropicali, al suolo i venti dominanti
vanno a nord e piegano a destra,
arrivano al fronte polare, salgono e
tornano al tropico piegando a destra
nell’emisfero nord e a sinistra
nell’emisfero sud. Nell’emisfero nord la
circolazione al suolo c’è aria che va
verso nord e piega a destra. Questi
sono gli occidentali. Sono presenti in
entrambi gli emisferi.

- Celle polari

La zona di convergenza intertropicale è dove si ha l’incontro delle celle di Hadley e il massimo del
surplus dell’energia solare che deve essere esportata. La zona è un sistema organizzato in fasce
climatiche.

I MONSONI
I monsoni sono il risultato di una modificazione della struttura climatica zonale terrestre causata dalla
particolare topografia dell’Asia, ovvero dalla presenza della catena himalaiana e dall’altopiano del
Tibet. Producono un’importante modifica dell’andamento della zona di convergenza intertropicale.
Risale verso nord nei periodi dei monsoni e trasforma la regione a nord dell’India (a sud dell’Himalaya)
periodicamente in una regione dal clima equatoriale. Questo per l’effetto orografico causato da Tibet
e Himalaya. In determinati periodi dell’anno la zona di convergenza intertropicale con le basse
pressioni equatoriali, durante il periodo delle piogge sale fino a investire la porzione indiana. Ciò porta
a piogge equatoriali in una regione che non è equatoriale.
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CIRCOLAZIONE OCEANICA
Una buona parte della circolazione oceanica è guidata dai venti. Gli oceani coprono il 70% della
superficie della Terra. Gli oceani sono: oceano Pacifico, oceano Atlantico, oceano Indiano e oceano
meridionale. L’acqua che assorbe energia è più calda tra i topici rispetto alle alte latitudini. Il calore
dell’acqua deve essere trasportato agli oceani delle alte latitudini che sono freddi. La salinità è
determinata dalla struttura climatica zonale terrestre. La concentrazione di sali non è omogenea. La
salinità è massima nelle regioni tropicali nei tropici ed è minima all’equatore. La salinità è alta ai tropici
e bassa all’equatore. Questo perché la concentrazione di sali è l’equilibrio tra precipitazione ed
evaporazione. Se precipita più di quanto evapora la salinità diminuisce. Se evapora più di quanto
precipita la salinità aumenta. I sali dell’acqua marina derivano dai fiumi. Il sale viene estratto in alcune
regioni dove l‘evaporazione è talmente forte in cui l’acqua butta fuori sale nelle saline. Il sale èdi origine
terrestre. La salinità viene ridistribuita con valori diversi a seconda del rapporto
precipitazione/evaporazione. All’equatore piove più di quanto evapora. Ai tropici evapora più di
quanto piove. Si definiscono zone E-P. All’equatore l’indice climatologico è negativo. Ai tropici è
positivo. Questa zonalità si riflette nella salinità media della superficie oceanica.

La temperatura e la salinità determinano la densità. Acque leggere sono acque calde e poco salate.
Sono le acque equatoriali. Acque dense sono acque fredde e salate come le acque tropicali che
nascono ai tropici ma che si spostano verso il polo. Un’acqua pesante tropicale raffreddata scende
sotto un’acqua leggera equatoriale. Questi fattori sono importanti per definire la circolazione
profonda (circolazione termoalina).

STRATIFICAZIONE

La densità controlla la circolazione profonda, la circolazione dei venti la circolazione superficiale.


Esistono due forze che determinano la circolazione oceanica: l’azione del vento che agisce sulla
superficie dell’acqua e le variazioni di temperatura e salinità (densità termoalina).

La circolazione indotta da venti è più vigorosa di quella termoalina ma agisce essenzialmente nei primi
500 m di profondità. Acque più calde di 10°C dominano la superficie fino a 500 m di profondità.Il
decremento di temperatura in profondità è chiaramente termoclino.
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CIRCOLAZIONE OCEANICA

Esistono due forze che determinano la circolazione oceanica:

- Stress del vento: agisce sulla superficie dell’acqua T =r air C W 2 dove raird è la densità
dell’aria, W è la velocità del vento a 10 m e Cd è il drag coefficient.

- Variazioni di temperatura e salinità: è la densità termoalina


La circolazione indotta dai venti è più vigorosa di quella termoalina, ma agisce essenzialmente nel
primo chilometro di profondità, mentre quella termoalina agisce a tutte le profondità e può causare
“overturning” col quale le acque profonde possono venire a contatto con l’atmosfera e influenzare
direttamente il clima.

CIRCOLAZIONE SUPERFICIALE INDOTTA DAI VENTI


Nell’emisfero nord l’acqua circola in senso orario. Nell’emisfero sud circola in senso antiorario.

Esiste la forza di Coriolis nella circolazione oceanica.


Spinge una massa d’acqua nell’oceano Pacifico e la
spinge nel giro tropicale dell’emisfero nord da est a
ovest. Lo stress del vento agisce sullo strato di acqua
superficiale e produce trasporto. L’acqua è deflessa
verso destra nell’emisfero nord e verso sinistra
nell’emisfero sud. A qualche centinaio di metri di
profondità il movimento dell’acqua è opposto a quello
superficiale. Esiste solo se ci sono importanti
movimenti.

I venti esercitano uno stress sulla superficie


delle acque. Questa forza che i venti esercitano
è direttamente proporzionale alla velocità dei
venti al quadrato. L’acqua viene spostata dal
vento superficiale con un anglo indotto dalla
forza di Coriolis sulle masse d’acqua. Lo stress
del vento agisce sull’acqua superficiale,
produce un trasporto Ekman, ovvero l’acqua è
deflessa verso destra nell’emisfero nord e verso
sinistra nell’emisfero sud. È la spirale di
Ekmann. L’effetto si propaga in profondità per i
primi 100 metri. Questo genera delle
montagne: i giri tropicali. Possono essere
ciclonici o anticiclonici. Nell’emisfero nord,
l’acqua si muove nella direzione parallela alle
frecce bianche e tende ad ammassarsi al centro perché viene spostata in avanti a destra. Nell’emisfero
nord una cella anticiclonica porta ad un accumulo d’acqua all’interno della cella anticiclonica. La
superfice dell’oceano ha una bombatura. Anche il termoclino è flesso verso il basso. Questo perché
l’acqua viene ammassata al centro dai venti e tende a muovessi verso il basso. Questomovimento verso
il basso si chiama downwelling. Nel caso ciclonico, ovvero ruota in senso antiorarionell’emisfero nord,
l’acqua viene trasportata in avanti e a destra e verrà spostata verso l’esterno. Il centro della cella
ciclonica è depresso e anche il termoclino è molto superficiale. La cella ciclonica cerca di fare un buco
nell’acqua. Questo produce la risalita del termoclino per upwelling.
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➢ Ciclone: vento

➢ Giro tropicale: acqua

Upwelling equatoriale: i venti all’equatore provengono da oriente. Per effetto dell’inversione della
forza di Coriolis attraverso l’equatore, il trasporto di Ekman è verso i poli in entrambi gli emisferi. La
circolazione oceanica superficiale è divergente all’equatore. Per compensare la divergenza, l’acqua
profonda fredda viene richiamata in superficie. Nell’equatore l’acqua per questo motivo è più fredda,
questo perché l’upwelling legato alla divergenza per via del trasporto Ekman produce il richiamo di
acque profonde fredde. L’acqua dell’oceano equatoriale è di quasi 10°C più fredda dei giri tropicali.
Questo per la divergenza di Ekmann. Acque profonde fredde sono ricche in nutrienti. Chi rimesta
l’acqua in profondità sono forze legate alla densità, come concentrazione di sali e temperatura.

La circolazione oceanica profonda avviene solo in due locali: Atlantico settentrionale e Atlantico
meridionale. Nell’Atlantico settentrionale si ha la formazione della north atlantic deep water (NADW).
Molto del clima attuale dipende dalla formazione della north atlantic deep water. L’acqua superficiale
legata ai venti superficiali nella zona della corrente del golfo sarà soggetta a forte evaporazione.
L’acqua nella north atlantic deep water diventa salata e fredda ed affonda. La north atlantic deep
water va a sud e arriva al margine dell’Antartide, impenna, si raffredda e scende a contatto con il
fondale oceanico dando origine all’AABW, la quale fa il giro del pianeta e riemerge in corrispondenza
degli upewelling equatoriali. Si produce il global ocean conveyer, ovvero il grande trasportatore delle
acque. Una molecola d’acqua per fare tutto il giro ci mette circa 1500 anni. Senza questa circolazione
gli oceani sarebbero stratificati. Un esempio di oceano stratificato è il mar Nero.
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INTERAZIONI OCEANO-ATMOSFERA

ENSO
l’acqua profonda ricca in nutrienti.

Nella fase El Niño gli alisei si attenuano, quindi la montagna di acqua calda accumulata torna indietro
come una valanga d’acqua sommergendo gli upwelling superficiali che portano acqua ricca di nutrienti
in superficie. Il termoclino è appiattito. L’acqua ricca di nutrienti non arriva in superficie influenzando
negativamente il settore della pesca peruviano.

La fase della Niña è invece l’opposto: gli alisei sono molto intensi quindi si ha un grande accumulo di
acqua calda superficiale a occidente e un marcato upwelling. Il termoclino è molto inclinato, la pesca
peruviana è favorita dall’apporto di nutrienti dell’upwelling ma possono anche verificarsi gravi
inondazioni in Australia.

In condizioni normali, nell’oceano Pacifico si ha la


convergenza degli alisei a cavallo dell’equatore con
upwelling equatoriale. A ovest dell’Equador e del
Perù si ha la massima risalita di acque fredde. Il
termoclino è molto alto e risalgono acque
profonde ricche di nutrienti. Vengono accumulate
acque calde a ridosso dell’Australia e del sudest
asiatico per effetto del movimento verso ovest
della convergenza tropicale. Per effetto della
circolazione atmosferica e oceanica si ha una valle
fredda lungo l’equatore e a est dell’oceano Pacifico
in corrispondenza dell’equatore e una montagna
calda a ovest. In Indonesia la superficie dell’oceano
è di mezzo metro più alta rispetto al Perù e la
temperatura superficiale è di circa 8°C è più elevata
ad ovest rispetto che est. Il Niño è un ciclo climatico
per cui la fase degli alisei si affievolisce.
La cella di Hadley nella fase el Niño tende ad
essere meno forte. Gli alisei spirano con meno intensità l’acqua calda accumulata ad ovest torna
indietro. Il termoclino che prima era molto inclinato diventa piatto. Gli alisei non riescono più a tenere
l’acqua calda a ovest. Il termoclino si abbassa a est. In condizioni la Niña abbiamo che gli aliseisono
molto potenti, la struttura degli upwelling è molto espressa, il termoclino è molto inclinato e si ha
grande risalita di acque profonde. Si a una continua fluttuazione tra condizioni la Niña e il Niño. Hanno
delle grandi influenze sull’economia.

OSCILLAZIONE NORDATLANTICA
Nel nordatlantico ci sono condizioni in cui l’alta pressione delle Azzorre che siede sui tropici
nell’emisfero nord può essere in alcuni periodi molte forte e depressa la bassa pressione dell’Islanda
che è legata alle basse pressioni delle alte latitudini. Questo fa sì che le due grandi celle circolatorie si
attraggano. In periodi in cui l’indice NAO è positivo e l’alta pressione delle Azzorre sale attratta dalla
bassa pressione islandese, in queste condizioni i fronti occidentali entrano in Europa centrale.
L’Europa mediterranea rimane secca e arida. Questo perché l’anticiclone delle Azzorre è molto alto e
legato ad un’alta pressione molto sviluppata per cui tende ad essere molto alto. Quando l’indice NAO
è negativo, la pressione islandese è poco sviluppata e tende a scivolare verso il basso. Questo sposta
verso sud la zona di contatto tra cella di Harley e di Ferrel. L’entrata dei fronti occidentali avviene nel
Mediterraneo.
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AMBIENTI SEDIMENTARI MARINI


Quello che si depone nel fondo dell’oceano è il risultato di queste circolazioni. Le rocce sedimentarie
sono una delle categorie principali di rocce che contengono tutte le informazioni che riguardano
l’evoluzione della vita e del clima sulla Terra. Sono un residuo insolubile fossilizzato di tutti i processi
biogeochimici che sono avvenuti nel corso delle ere geologiche sul pianeta Terra.

La Terra è costituita da una litosfera suddivisa in placche in continuo movimento le une rispetto alle
altre. Dove si separano avremo la catena ininterrotta di vulcani sottomarini. Dove la litosferica
oceanica scende sotto la litosfera continentale avremo le fosse. La Terra non può comprimersi o
dilatarsi. Se c’è produzione di litosfera oceanica sottoforma di attività vulcanica in corrispondenza
degli assi di espansione, dovrà esserci un uguale quantitativo di litosfera oceanica che viene distrutta
in corrispondenza delle fosse. La Terra produce 1-2 km2 di nuova crosta oceanica all’anno. Gli oceani
sono depressi rispetto ai continenti. Questo perché è fatto da rocce più dense. La distinzione tra
oceano e continente sta nella composizione delle rocce e quindi nella densità delle rocce. L’oceano è
fatto da rocce più dense e più depresse. La litosfera forma le placche litosferiche. Le placche
litosferiche hanno due movimenti relativi: in senso orizzontale le une rispetto alle altre e in senso
verticale. Ciò avviene perché le placche litosferiche tendenzialmente scorrono e insistono su una
porzione di mantello che ha un comportamento fortemente plastico che è l’astenosfera (regione del
mantello con un comportamento reologico che favorisce molto il movimento delle placche). La
litosfera affonda nel mantello astenosferico a profondità diverse a seconda del suo sviluppo, del suo
spessore, della sua altezza e della sua densità. La crosta oceanica ha una densità molto maggiore
rispetto alla crosta continentale, quindi la litosfera oceanica con la crosta oceanica tende ad affondare
di più nel mantello. La litosfera oceanica tende a deprimersi e la litosfera continentale tende ad essere
più elevata. Gli oceani come litosfera oceanica tendono ad essere depressi e ad affondare nel mantello.
I continenti che hanno una litosfera con una crosta continentale molto spessae leggera tendono ad
elevarsi e ad affondare molto nel mantello. La piattaforma continentale è la porzione di continente
sommerso. La zona dove il mare sommerge il continentale è importante dal punto di vista geologico.
La porzione della scarpata continentale è la zona di raccordo tra la piattaforma continentale e la piana
abissale. I canyon sottomarini sono la prosecuzione in mare dei delta fluviali. I fiumi entrano in mare
sulla piattaforma continentale e formano i delta e dai delta il sedimento che viene eroso e trasportato
dai fiumi viene ridistribuito nelle piane abissali attraverso correnti di torbidità (frane sottomarine) che
scorrono all’interno dei canyon e vanno ad accumulare sedimento sulla piana abissale. Il rialzo
continentale è la porzione tra il contatto tra la base della scarpata e la piana abissale. Allo sbocco dei
canyon si ha la deposizione di questo materiale di origine fluviale che viene distribuito da queste
correnti di torbidità nelle piane abissali formando una sorta di conoidi che si possono unire
lateralmente dando origine a una sorta di rialzo. Dopo la scarpata si raggiunge la piana abissale, ovvero
la regione pianeggiante degli oceani che si trova a profondità elevate di 4-6 km ed è costituita da crosta
continentale. È il luogo di lenta sedimentazione di molti prodotti detritici che possono essere argilla di
origine eolica, gusci di organismi planctonici carbonatici o silicei (tutti i prodotti dei processi
biogeochimici che avvengono sulla terra).
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DORSALE MEDIO OCEANICA

La dorsale medio atlantica è la regione più elevata al centro dell’oceano Atlantico che ha un
andamento abbastanza complesso. Ci sono vulcani sottomarini che compongono l’asse di espansione
medio atlantico per poi tornare verso oriente che è una regione più pianeggiante. Dal punto di vista
sedimentario avvengono molti processi.

TIPI DI SEDIMENTI OCEANICI

Ci sono tanti tipi di sedimenti che si accumulano in porzioni diverse dell’oceano. Ci sono sedimenti di
origine terrigena che possono essere fluviali o eolici, sedimenti vulcanogenici (spesso eolici), sedimenti
biogeni, sedimenti autigeni, sedimenti cosmogenici e chimici. Sulla piattaforma continentale arrivano
i fiumi che portano un sacco di sedimento eroso. i fiumi grandi sono marronciniper via del sedimento.
Questo materiale verrà poi portato attraverso i delta sulla piattaforma continentale.
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SEDIMENTI TERRIGENI
Sulla piattaforma continentale ci sono i sedimenti terrigeni derivati dal trasporto e dalla deposizione
di materiale eroso dai continenti portato dai fiumi, dai ghiacciai e dal vento. Il materiale terrigeno
derivato dall’erosione sui continenti di rocce affioranti viene trasportato dai fiumi, del ghiaccio o dal
vento. L'apporto fluviale e quello principale. Gli alisei sono in grado di prendere in sospensione granuli
di argilla e possono portarli in sospensione per migliaia di chilometri. È sempre sedimento terrigeno.
in Antartide ci sono molte lingue glaciali che scendono dalla regione più elevata della calotta glaciale
verso il mare e saranno loro gli agenti di erosione principale. I fiumi del sud-est asiatico apportano
molto sedimento perché hanno un bacino di sedimento all'interno della fascia climatica equatoriale.
Questo perché all'equatore piove molto e quindi più sedimento viene eroso. Sul margine continentale
passivo c'è un primo stadio di sedimentazione importante che ha molta importanza dal punto di vista
ecologico. Dai margini continentali passivi il sedimento accumulato nei grandi sistemi fluviali
equatoriali può essere rimobilizzato attraverso correnti di torbidità. Le correnti di torbidità sono
correnti di materiali in sospensione in regime di flusso turbolento innescate da eventi energetici come
tempeste o terremoti. Questo porta il sedimento terrigeno nelle piane abissali e lo ridistribuisce a
diverse centinaia di chilometri dal delta. Le frane sottomarine si innescano o perché l'accumulo sulla
piattaforma supera una certa soglia critica per cui non c'è più spazio e viene rimobilizzato oppure è
dato da un evento sismico. Negli Appennini ci sono molte roccesedimentarie che sono il risultato della
deposizione di flussi di torbidità. Il fatto che questi eventi gravitativi avvengono sott'acqua, questo
impartisce alle rocce sedimentarie terrigene delle strutture sedimentarie molto particolari che si
chiamano sequenze di Bouma. Il fatto che questo flusso avvenga sott'acqua fa sì che all'interno dello
strato, quando si deposita alla fine della corsa lungo la scarpata, si formano delle strutture
sedimentarie particolari. Lo strato, quando si deposita, ha alla base una gradazione normale, cioè è
fatto dai clasti più grossolani alla base e via via più fini. La prima famiglia di clasti che si deposita è
quella più grossolana e poi via via quelle più fini. Quando siamoalle alte latitudini abbiamo a che fare
con margini continentali passivi intorno al continente antartico.Per il sistema di erosione e trasporto
sono i ghiacci. Il ghiaccio delle calotte glaciali antartiche fluisce tra gli altopiani del centro della calotta
verso il mare e nel farlo erode alla base il continente e trasporta sedimento sotto forma di blocchi,
sassi grossi, grandi ciottoli e sabbia che diventerà arenaria, grandi ciottoli, silt, argilla, fango e
conglomerati. il Rio delle Amazzoni porterà in sospensione solo la frazione più leggera. Questo perché
è poco energetico.
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SEDIMENTI VULCANOGENICI

Hanno come agente di trasporto il vento. Le eruzioni vulcaniche immettono nell'atmosfera cenere che
trasportata dai venti va negli oceani e può sedimentare in mare aperto costituendo la componente
terrigena vulcanogenica. Siccome c'è un trasporto eolico e una sedimentazione gravitativa si parla di
rocce sedimentarie di origine vulcanogenica. Il vulcano produce sia la lava che lacenere. La cenere può
essere presa in carico e trasportata anche a migliaia di chilometri nell'oceanoa formare uno strato nel
fondo degli oceani fatto da materiale vulcanico. Trasporto e sedimentazionesono sedimentari, l'origine
è vulcanica.

SEDIMENTI BIOGENI
Sono sedimenti costituiti da gusci o frammenti di gusci di piante o animali unicellulari planctonici. I
sedimenti biogeni che si depongono nei grandi oceani sono sedimenti portati dall'accumulo gravitativo
di frammenti o gusci interi di organismi unicellulari planctonici a guscio calcareo o siliceo con dimensioni
molto fini a granulometria argillosa. I sedimenti biogeni silicei sono il risultato dell’accumulo di
frammenti di guscio di diatomee, plancton siliceo e radiolari ovvero zooplancton. Spesso i gusci sono
fratturati. La granulometria è molto fine. Coprono circa il 15% del fondale degli oceani E si concentrano
lungo le regioni di upwelling. Le acque profonde sono le acque ricche di nutrienti che supportano la vita
planctonica. Diatomee e radiolari si sono adattate ad alti livelli trofici, Per questo motivo vivono in
acque di upwelling. C’è upwelling anche lungo le coste dell’Antartide, oltre all'equatore, perché gli
occidentali soffiano da ovest a est e spingono l'acqua in avanti e a sinistra. Si crea un risucchio dal
profondo nella porzione verso il margine continentale dell'Antartide. Prende il nome di upwelling
costiero. Il plancton si concentra nelle regioni di upwelling alle alte latitudini. Si formano delle rocce
come le radiolariti fatte da selce, la cui origine della silice è del guscio dei radiolari. Gli altri sedimenti
di origine biogena, che sono molto più comuni perché coprono più del 50% del fondo oceanico,
derivano dall' accumulo di frammenti di gusci gli organismi unicellulari planctonici con guscio
carbonatico ovvero composto da carbonato il calcio. Sono foraminiferi planctonici e bentonici dello
zooplancton e coccoliti (fitoplancton). Quando il fango fossile diventa roccia si chiama calcare o
calcilutite. La distribuzione dei sedimenti biogeni di origine calcarea riflette la distribuzione delle regioni
relativamente più elevate del fondo oceanico nelle fasce di relativamente minore fertilità comuni nei
giri tropicali. Rimangono concentrati nei giri tropicali e non va troppo in sovrapposizione con la fascia
equatoriale dove dominano i biosilicei. Questo perché questi organismi sono adattati a livelli trofici più
bassi. A loro piace stare nei giri tropicali di downwelling. Il fitoplancton domina le acque con livelli trofici
più bassi rispetto alle diatomee. Lo zooplancton che si nutre di queste piante li va dietro. Condividono
lo spazio tropicale con un altro tipo di sedimento: il deep sea clay. I sedimenti biogeni di origine silicea
si formano sia lungo l’equatore che alle alte latitudini. Nel corso delle ultime migliaia di anni si ha la
deposizione al fondodi fanghi silicei fatti da radiolari e diatomee. Sono disposte con questa particolare
distribuzionegeografica perché l’equatore è da un punto di vista circolatorio la regione dell’upwelling.
Le acque profonde sono ricche di nutrienti, tra cui la silice che non è molto comune negli oceani. Si
accumulaal fondo e viene a disposizione degli organismi planctonici solo dove ci sono gli upwelling che
risucchiano acque profonde ricche di nutrienti e quindi anche di silice. Gli organismi planctonici di
composizione silicea dominano le fasce degli upwelling come l’equatore. In fondo all’oceano nelle zone
dell’equatore ci sono delle montagne fatte da fango composte da diatomee e radiolari perché questi
organismi si sono adattati a vivere nelle acque di upwelling dove hanno la silice a disposizione per
formarsi il guscio e molti nutrienti. Si ono adattati ad alti livelli trofici. Le radiolariti sono la
trasformazione in roccia dell’originario fango siliceo in una selce. Il processo di passaggio da un fango
siliceo a una roccia silicea produce le radiolariti o selci. I sedimenti biogeni di origine calcarea cono
costituiti da carbonato di calcio. Sono composti da gusci di foraminiferi planctonici e coccoliti. Coprono
circa il 50% del fondo degli oceani. Formano fanghi carbonatici. I fanghi si trasformeranno nel tempo
in rocce calcaree come calcilutiti fini. La distribuzione di sedimenti biogeni di origine calcarea non è
casuale ma ad esempio nel Pacifico è tipico della fascia tropicale. Tende a non sovrapporsi con gli
upwelling equatoriali ma occupa una posizione all’interno della fascia tropicale particolare. Non occupa
tutta la fascia tropicale dell’oceano Pacifico meridionale, ma occupa la
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porzione orientale. Questo perché abbiamo a che fare con un fatto fondamentale: gli oceani a una certa
profondità sono sottosaturi in carbonato di calcio. A profondità dell’ordine di 3000-4000 metri, negli
oceani si ha il passaggio di acque soprassature di carbonato di calcio soprastanti e sottosaturedi
carbonato di calcio sottostanti. Questa fascia a profondità è nota come profondità di compensazione
dei carbonati. Un foraminifero o un coccolito pelagico che vive nella zona fotica, quando muore il suo
guscio cade nelle profondità oceaniche e finché permane nelle zone d’acqua soprassature di carbonato
di calcio il guscio è preservato. Se continua a cadere e interseca profondità di compensazione dei
carbonati si scioglie e al fondo non arriva nulla. La deposizione dei carbonati avviene nelle porzioni di
oceani che si trovano al di sopra della zona di compensazione dei carbonati. Queste zone sono le dorsali
medio-oceaniche dove come una sorta di neve abbiamo la deposizione. I sedimenti biogeni calcarei
sono più diffusi nelle creste delle dorsali medio oceaniche. Tendono ad evitare gli upwelling equatoriali
perché il fitoplancton e lo zooplancton calcareo sono tendenzialmente adattati ad acque meno
trofiche. Stanno preferenzialmente nei giri tropicali. I sedimenti biogeni di origine calcarea si
depositano nelle zone tropicali lontane dagli upwelling e al di sopra della profondità di compensazione
dei carbonati. Nelle grandi piani abissali desolate dei grandi oceani distali pelagici non avviene nessuna
deposizione. Si accumulano noduli di ferro e manganese. I sedimenti cosmogenici derivano da materiale
extraterrestre sottoforma di micrometeoriti e tectiti. Le tectiti risultano dall’impatto di un meteorite
con la superficie terrestre. Si concentrano in aree a bassa velocità di sedimentazione. La placca in
movimento passa attraverso le diverse fasce climatiche zonali e permette la sedimentazione di
sedimenti diversi. Nell’oceano Pacifico nella porzione dell’emisfero sud al di sopra della profondità di
compensazione dei carbonati si ha la deposizione dei fanghi calcarei. Poi la litosfera scende sotto la
profondità di compensazione dei carbonati e sopra i fanghi calcarei si ha la deposizione di argille di mare
profondo perché entriamo nella fascia lontana dagli upwelling equatoriali. La placca passa sotto
l’equatore e qua si formerà la montagna di fanghi silicei.

ROCCE DI ORIGINE CHIMICA


Le evaporiti sono rocce di origine chimica che precipitano quando la concertazione dei sali dell’acqua
marina a una certa temperatura raggiunge il punto di saturazione per quel determinato sale. I Sali
disciolti nell’acqua marina precipitano con un ordine inverso alla loro solubilità. L’ordine di
precipitazione dei sali dall’evaporazione dell’acqua marina per concentrazione, l’ordine di

precipitazione è: calcite (ce n’è però poca nell’acqua), gesso e anidrite, halite e infine sali di potassio
e magnesio. Gli ambienti evaporitici sono ambienti presenti nelle facce climatiche aride. Non c’è un
mare continentale che produce al fondo per deposizione chimica delle evaporiti in ambiente umido
equatoriale perché la pioggia tende a diluire continuamente l’acqua del mare. Le evaporiti si trovano
nelle fasce tropicali perché evapora più di quanto precipita.
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CRISI DI SALINITÀ DEL MESSINIANO

È il più grande evento geologico che ha prodotto uno dei più importanti depositi di sali al mondo. Il
Mediterraneo è un bacino marino a medie latitudini. È una regione soggetta a forte evaporazione e
ha una sola entrata di acque dall’Atlantico. È una soglia abbastanza importante perché la profondità
dell’acqua in corrispondenza di Gibilterra è di 200 metri. Si ha entrata dall’Atlantico in superficie che
va da ovest a est. L’acqua che entra è poco salata e fa tutto il giro del Mediterraneo. Man a mano che
si sposta verso oriente è soggetta ad evaporazione. I sali man a mano che l’acqua si sposta verso
oriente si concentrano e l’acqua diventa sempre più salata. C’è un gradiente di densità dell’acqua da
ovest a est. A est è più salata. L’acqua più profonda affonda per densità e come acqua profonda salata
esce da Gibilterra nello strato profondo. Il budget idrologico del Mediterraneo è tale per cui se lo
stretto di Gibilterra si chiudesse andrebbe in negativo, cioè gli apporti fluviali non sono sufficienti a
mantenere il livello attuale a fronte dell’evaporazione che subisce. Il Mediterraneo evaporerebbe.
Circa 5 milioni di anni fa nel Messiniano è avvenuta, per questioni tettoniche, la chiusura temporanea
dello stretto di Gibilterra. La placca africana spinge contro quella europea. Le Alpi sono il risultato di
convergenza e collisione della placca africana e quella europea. Nella regione adesso alpina si
depositavano nel fondo fanghi biosilicei che si sono poi trovati a due mila metri di quota dovuta dalla
spinta della placca africana e quella europea che ha chiuso l’oceano e lo ha condotto deformando
tutte le rocce che si erano depositate nel mezzo. Questa dinamica di convergenza e collisione tra mega
placche, una regione come lo stretto di Gibilterra è facile che si chiuda. Il Mediterraneo è diventato
un ambiente di sacca evaporitico. C’erano grandi piane caratterizzate da intense vaporazioni in cui si
depositavano al fondo dei sali. Si deposita prima il gesso e poi la salgemma. Non tutta l’area
mediterranea è stata interessata alla deposizione di sali ma è stata influenzata dasovraescavazione
fluviale. I fiumi che drenano verso il Mediterraneo, quando l’acqua del Mediterraneo sparisce,
tendono ad equilibrare il loro profilo morfologico a livello di base che è rappresentato al livello
dell’acqua del mare a cui di solito tendono. Il loro profilo tende asintoticamente al livello medio del
mare a cui lui va. Se il livello del mare scende, lui si riequilibra a un livello più basso. Questo lo fa
scavando. Anche i laghi alpini si pensa siano influenzati dalla crisi di salinità del Messiniano.

PIATTAFORME E RAMPE CARBONATICHE

Hanno un’alta capacità di preservazione del record geologico delle rocce. Sono quelle regioni del
pianeta caratterizzate da acque tropicali calde in cui si sviluppano, in condizioni di mare basso, colonie
di organismi sessili con guscio carbonatico che formano le barriere coralline e che col tempo possono
trasforma in rocce carbonatiche. Le barriere coralline attuali hanno bisogno di acque calde, luce solare,
acque ben ossigenate e ben mischiate senza torbidità. Si formano in acque basse tropicali. Le barriere
coralline possono andare a formare l’ambiente deposizionale delle piattaforme rampe carbonatiche.
Le barriere coralline hanno un’area ristretta. Siccome queste aree sono caratterizzate dalla
deposizione massiva di carbonati sottoforma di gusci di organismi, se il record fossile contiene la
piattaforma carbonatica fossile, quella domina volumetricamente la montagna. La nostra regione
alpina, prima dell’oceano di radiolariti, al tempo della Pangea era un mare basso tropicale. Queste
piattaforme carbonatiche sono del Triassico e sono molto comuni. Sono tutte formate dall’alterazione
diagenetica di complessi di barriere coralline e prodotti dello smembramento delle stesse a formare
piattaforme carbonatiche. La rampa carbonatica è una regione caratterizzata da una fisiografia da
acque basse tropicali e pulite. Si passa da regioni tidali (vicine al contatto tra acqua e Terra) e si va
verso le regioni più profonde con una pendenzarelativamente omogenea. È un profilo energetico. Le
porzioni tidali sono quelle a più alta energia. Quando gli organismi muoiono si spaccano e sono
ridistribuiti dalle correnti alle regioni a più bassa energia dove possono sedimentare. Sono le porzioni
della rampa sotto l’azione delle onde. La rampa carbonatica avrà le biocostruzioni nelle porzioni di
alta energia ben mischiate, ma poi avrà lungo
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tutto il pendio deposizioni di frammenti di questi organismi. Il complesso quando fossilizza è


gigantesco ed è una rampa carbonatica. La piattaforma ospita una laguna importante, quindi una
regione relativamente di bassa energia. È poi presente la zona del rif, ovvero delle biocostruzioni e
una scarpata più inclinata. Sono questioni morfologici che si riflettono nella distribuzione del riff e dei
prodotti di smantellamento del riff. Nel caso della piattaforma carbonatica avremo che i prodotti di
smantellamento da parte dell’azione erosiva delle onde oceaniche che battono e distruggono sarà sia
sullo slope che in laguna. Nelle piattaforme carbonatiche c’è la regione della rampa interna, la regione
della rampa intermedia e della rampa profonda. La regione della rampa interna è prossima
all’ambiente tidale (dove l’azione delle onde è più energetica). Si ha lo sviluppo della vera e propria
barriera corallina. L’azione delle onde li frammenta e li ridistribuisce nella rampa intermedia e nella
rampa profonda. Nella rampa intermedia si ha deposizione di grani grossolani di pezzi di biolitite,
mentre nella porzione della rampa profonda grani più fini. C’è un gradiente energetico legato ai
gradienti di pendio e un gradiente di granulometria del sedimento. Man a mano che si va verso le
porzioni più profonde si deposita fango carbonatico (calcilutiti). Le calcareniti e le calciruditi si
depongono lungo le scarpate.
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FIUMI
Negli ambienti continentali ci sono sistemi di trasporto, erosione e sedimentazione come i sistemi
fluviali. Sono regioni in cui avvengono tre processi importanti: erosione, trasporto e deposizione di
sedimento. Il ciclo idrologico è un ciclo che regola la distribuzione dell’acqua sulla Terra. Gli oceani
sono una riserva finita di acqua. Quell’acqua non si crea e non si distrugge. L’acqua è soggetta al ciclo
idrologico di evaporazione (tropici) e precipitazione (fascia climatica equatoriale umida). I sistemi di
ruscellamento superficiale si sviluppano spesso da porzioni elevate (montagne) verso porzioni con un
gradiente di pendio basso verso i delta. Avvengono processi di erosione con produzione di
sedimento, trasporto e sedimentazione. Le regioni montane sono caratterizzate da erosione e
trasporto di particolato. Le porzioni intermedie da traporto e sedimentazione, quelle mature verso i
delta da trasporto e sedimentazione. Il tutto è commensurato all’energia del sistema. La
granulometria più grossolana delle porzioni più a valle è un riflesso dell’energia del sistema. La scala
granulometrica è costituita da quattro categorie principali:

- Ghiaia (conglomerato) > 2 mm

- Sabbia (arenaria) tra 2 mm e 0,0625 mm: i granuli sono visibili ad occhio nudo.

- Silt (siltite) tra 0,0625 mm e 0,0039 mm: i granuli non sono visibili ad occhio nudo ma sono
visibili con la lente 10x.

- Argilla (argillite) < 0,0039 mm: i granuli non sono visibili con la lente 10x.

Le rocce dei sistemi fluviali sono prodotte da erosione, trasporto e sedimentazione di frammenti di
altre rocce. Posiamo avere una ghiaia fluviale che col tempo se non viene mobilitata diventa
conglomerato. Può essere fatta di altre rocce sedimentarie o altre rocce. Queste classi
granulometriche si possono anche associare alle rocce carbonatiche. L’argilla viene trasportata fino al
delta. La corrente agisce su una o due classi granulometriche. Il prodotto sedimentario della corrente
è un sedimento omogeno dal punto di vista granulometrico. Dal punto di vista geologico erosione,
trasporto e sedimentazione producono rocce sedimentarie che hanno trovato lungo questa sezione
longitudinale energetica il punto di riposo finale, dove verranno trasportate in rocce. Se andiamo a
vedere un punto finale della trasformazione in roccia di un sedimento di una porzione matura a bassa
energia di un sistema fluviale ci aspetteremo di trovare argilliti e siltiti.

NUMERO DI REYNOLDS
Il numero di Reynolds è un numero adimensionale usato in fluidodinamica, proporzionale al rapporto
tra le forze d'inerzia e le forze viscose.

ℜ=2 ρVL
μ
• ρ : densità del fluido (kg/m3)
• V: velocità media del fluido (m/s)
• L: diametro del sistema fluviale (m)

• μ: viscosità del fluido


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Il numero di Reynolds descrive il rapporto tra le forze inerziali e viscose all’interno di un fluido in
movimento. È molto utile per descrivere se un fluido in movimento è a regime turbolento laminare.
L’essere turbolento laminare è importante perché spesso è associato a tipologie di dinamiche erosive
e quindi di trasporto e deposizione diverse. Il numero di Reynolds caratterizza questo sistema fluviale
che compie questi atti di erosione, trasporto e sedimentazione. Ci sono due tipi di flussi a seconda che
il numero di Reynolds sia molto alto o relativamente basso. Abbiamo il regime idraulico a flusso
turbolento che avviene con numeri di Reynolds molto alti (sopra ai 2000) che vuol dire acque ad alta
velocità e bassa viscosità. Ciò che controlla il numero di Reynolds è la velocità dell’acqua. Nei sistemi
fluviali a monte, quelli prossimi alle sorgenti, il regime sarà turbolento con numeri di Reynolds molto
elevati e velocità di corrente molto alta. In un regime turbolento i volumi di acqua in movimento
costruiscono delle traiettorie che si intrecciano ad assetto turbolento. Il regime lineare avviene per
numeri di Reynolds minori di 500 e questo produce un flusso di corrente molto organizzato in volumi
che si spostano gli uni rispetto agli altri a velocità diversa ma sempre a intrecciarsi in maniera laminare
con la porzione centrale che si sposterà alla velocità maggiore. I volumi a movimento laminare verso i
bordi della sezione del canale si sposteranno a velocità minori perché c’è l’attrito. I sistemi laminari
sono molto selettivi sul sedimento.

Il trasporto delle particelle in un sistema fluvialepuò avvenire con tre modalità:


- Rotolamento

- Saltazione: è una dinamica di trasporto


intermedia tra il rotolamento e la
sospensione
- Sospensione: è caratteristica del trasporto
delle sezioni granulometriche fini. È
moltodifficile erodere l’argilla. Una volta che
viene erosa può venire trasportata per
sospensioneper lunghe distanze.

A numeri di Reynolds bassi soltanto le particelle fini (silt


e argilla) possono essere mantenute in sospensione.
Quando la corrente è molto alta ci aspettiamo che
venga trasportato tutto. Il moto è turbolento e non
selettivo. Nella parte intermedia ci aspettiamo una via
di mezzo. Passa una corrente che è laminarie in alcuni
periodi e turbolenta in altri.
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EFFETTO BERNOULLI

La corrente dell’acqua scorre. Se passa sopra una regione in cui è presente una costrizione del flusso
(sopra un clasto più grande), sopra quel flusso avviene un’istantanea accelerazione del flusso e
un’istantanea diminuzione della pressione. Questo crea una forza di sollevamento. Quando la
corrente perderà energia non sarà più in grado di mantenere quel granulo in condizioni di trasporto e
lo mollerà al fondo.

VELOCITÀ DI DEPOSIZIONE

I primi granuli ad essere deposti sono i granuli più grossi, poi quelli più leggeri. Più la corrente
diminuisce più verranno deposti granuli sempre più piccoli. Si formano degli strati a gradazione
normale. Le correnti di torbidità hanno al loro interno delle strutture sedimentarie particolari a
gradazione normale. Le frane sottomarine che si infilano nei canyon e che portano con sé sabbia, silt
e argilla la corrente quando escono dal canyon rallentano.
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IL DIAGRAMMA DI HJULSTROM

Mostra le relazioni tra le varie possibilità che ha un sistema fluviale di erodere, trasportare edepositare
varie classi granulometriche a seconda della sua velocità. In asse verticale c’è la velocità del fluido.
Sull’asse delle ascisse ci sono le diverse frazioni granulometriche. L’argilla ha forze coesive e anche
elettrostatiche estremamente efficienti nel tenerla in stato di riposo. È molto difficile eroderel’argilla.
Il sedimento tende ad essere sempre più maturo man a mano che il sistema che lo produce matura.

AMBIENTI DEPOSIZIONALI DELL’AMBIENTE ALLUVIONALE

- Conoidi alluvionali: sonoconoidi


di detrito con l’apice rivolto
verso il canale cheapprovvigiona
il sedimento. Si formano allo
sbocco da valli tributarie a valli
principali. Il sedimento che
viene portato dal tributario si
deposita immediatamente a
formare un conoide alluvionale
con l’apice rivolto verso il
canale di
approvvigionamento. Il torrente che arriva sarà quello a più alta energia di tutto il sistema. Il
sistema fluviale quando è attivo avrà un numero di Reynolds altissimo ed eroderà e
trasporterà tutto. Quando arriva allo sbocco della valle nella valle principale il flusso decelera
istantaneamente e deporrà tutto istantaneamente. I grani non hanno nemmeno tempo di
organizzarsi. Si produrrà un deposito conoide con sedimenti immaturi. Queste conoidi sono
caratterizzate da un sedimento immaturo con prevalenza di granulometria grossolane e clasti
poco arrotondati. Ci può essere un po’ di struttura interna se durante le fasi stagionali piovose
c’è un minimo di rallentamento omogeneo. Si producono sabbie ghiaiose. I conoidi alluvionali
possono organizzarsi negli sheetflood (strati alluvionali, legati ad inondazioni con
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trasporto e sedimentazione di lamine estese di sabbia e/o ghiaia) o debris flow (flusso di
detrito). Dal punto di vista sedimentologico è totalmente disorganizzato, è costituito da
materiali di granulometrie diverse senza alcuna stratificazione. Il debris flow è un casoestremo
del diagramma di Hjulström che avviene quando si annulla totalmente la velocità della
corrente partendo da un’onda di piena estremamente energetica. L’onda di piena erode
tutto (argilla e silt compresi) e quando arriva
alla piena si ha l’annullamento della sua
velocità con conseguente immediato
deposito di tutto il detrito. Lecaratteristiche
necessarie allo sviluppo di un debris flow
sono: alta energia iniziale e annullamento
improvviso. Quando i debris flow sono
molto ricchi in fango (argilla e silt) il
deposito si chiama mudflow (fiumi di fango
tipici dell’Appennino meridionale, es. piena
del Sarno).

- Sistema dei fiumi braided: è una


condizione dal punto di vista
morfologico energetico tra le
conoidi montane e le piane
alluvionali mature. Il pendio è
abbastanza importante (circa
10°). I bedload sono fiumi di
ambiente montano caratterizzati
da un trasporto laminare di
materiale al fondo. Il materiale è
sottoforma di ghiaia e sabbia. Le
caratteristiche principali dei
depositi di fiumi bedload o braided sono delle barre longitudinali che si sviluppano e allungano
nella direzione della corrente e che separano alvei diversi in continua evoluzione dinamica
intrecciati. Queste barre sono costituite da ghiaia e sabbia. Dal basso verso l’alto, nelle sezioni
più profonde si depositava la ghiaia. A un certo punto l’energia del sistema è diminuita e
riusciva a trasportare solo sabbia. Per questo motivo si ha ghiaia sotto e sabbia sopra. Questi
fiumi sono organizzati e soggetti a forte variazioni di energia.

- Sistemi a meandri: sono a


meandri. Prendendo un
canale che ha una sezione
regolare e un andamento
rettilineo è molto difficile
che la distribuzione della
porzione a più alta
velocità al centro del canale sia perfettamente parallela ai bordi del canale. La linea (volume
in movimento) è difficile che sia sempre parallela ai bordi del canale anche quando questo è
rettilineo perché in natura può succedere che a un certo punto dello sviluppo del canale ci
sia un’anomalia, ovvero un’alterazione della linea di thawleg e si propaga a valle. Un’anomalia
può essere un cedimento della sponda che dà origine a una costrizione. La linea di thawleg si
sposta leggermente rispetto all’asse del canale e questa anomalia si propaga a valle per
centinaia di chilometri sottoforma di una sinusoide. Questo comporta che ci sono regioni
dall’alveo che sono soggette a erosione ed alta deposizione perché ci sono dei bordi dell’alveo
che saranno più vicini alla linea di thawleg e regioni che saranno più lontane.
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Quelle che saranno più vicine sono quelle che avranno più erosione perché lì localmente
l‘energia è maggiore. La velocità è maggiore e tende ad essere erosiva. Proporzionalmente di
più della regione opposta. Avremo una regione in cui il bordo canale è maggiormentesoggetto
ad erosione. Succede che un granello di sabbia che viene eroso viene trasportato e depositato
nella regione a energia minore. Si ha trasporto di materiale dalle regioni in erosione a quelle
di deposizione. Anno dopo anno si producono delle barre deposizionali nelle regioni in
deposizione alternate ad aree in forte erosione da dove il sedimento viene eroso per essere
depositato. Man
a mano che il processo continua,
più l’acqua pura si accentua per
crescita della barra deposizionale
e approfondimento dell’ansa
erosiva. Il fiume meandrizza fino
ad arrivare ad un punto in cui si
forma una piega per cui è più facile
tagliare il meandro e si genera il
lago di abbandono del meandro
(oxbow lake) e il fiume torna ad
avere un andamento più
rettilineo per poi ricominciare a meandrizzare. Il sistema fluviale a meandri termina con i
delta.
- Delta: sono dal punto di vista morfologico delle strutture sedimentarie che trasferiscono il
sedimento fluviale dal continente sulle piattaforme continentali verso il mare. Non è detto
che il delta sia la fine dei fiumi a meandri. A monte può esserci un monte braided. Il delta è
quel sistema di inserzione di sedimento nel mare ma può bloccare il profilo degli ambienti
fluviali in qualsiasi punto. Nei fiumi importanti, alla fine della fase a meandri sulla piattaforma
continentale arriva fango in sospensione e avremo dei delta fatti di fango. Se il delta è alla fine
della fase braided avremo dei delta fatti da ghiaia che avranno una composizione e una forma
diversa. Ci sono due tipologie dal punto di vista sedimentologico del tipo di materiale
costituente dei delta. I delta alla fine di sistemi fluviali maturi a meandri sono caratterizzati in
prevalenza da granulometrie fini come la classe dell’argilla e del silt trasportate in
sospensione. Quando arrivano in mare hanno energia minima e cadono al fondo. È una
minima variazione di velocità che porta alla deposizione di materiale. Danno origine a dei
muddy prodelta. Solo nella porzione di entrata dei canali principali dove c’è un minimo di
energia può depositarsi della sabbia e si parla di barre di bocca canale. Una delle
caratteristiche dei delta principali dal punto di vista geometrico tipico dei delta fangosi è che
la stratificazione è leggermente inclinata. Dal muddy prodelta o dal delta sabbioso dei fiumi
braided si ha accumulo di sedimenti. È il primo punto di riposo dei sedimenti. La dinamica
fluviale è un continuo erodere, trasportare e depositare la porzione fine secondo le piene, le
magre, la morfologia e l’energia. È una dinamica continua. Il mare ha un’energia relativamente
bassa. Lì domina la deposizione rispetto all’erosione e al trasporto. Quando il delta arriva sulla
piattaforma e fa un prodelta, si ha una prima importante fase di accumulo. Da lì è difficile
rimuovere materiale. Continua ad accumularsi. Tutti i contenitori hanno un limite. A un certo
punto non può più accettare sedimento. Il delta deve quindi avanzare ma può anche accadere
che si abbiano delle rimobilizzazioni istantanee sottoforma di collassi gravitativi o per
superamento di una soglia di accumulo o innescate da eventi energetici come terremoti o
importanti piene fluviali. Il sedimento rinizia la sua erosione e trasporto e va verso le piane
abissali attraverso le correnti di torbidità che ridepositano il sedimento alla
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base della scarpata abissale. Lì la torbidità è vista come una riattivazione istantanea
dell’erosione, trasporto e sedimentazione dopo la fase di accumulo del delta.

Quando si parla di corrente di torbidità si parla di due tipologie di flussi di idrodinamica e


sedimentologia:

- Flussi ipopicnali: sono flussi di acque e sedimento con una densità relativamente bassa e sono
i flussi che caratterizzano l’entrata in superficie di acqua torbida (argilla). Tende ad accumulare
sedimenti sulla piattaforma.

- Flussi iperpicnali: sono molto densi e scorrono al fondo. Costituiscono la vera e propria
corrente di torbidità. Deposita alle grandi profondità attraverso i flussi di torbidità.
Caratterizzano le frane sottomarine.

Dal punto di vista sedimentologico il risultato di questa dinamica è che lo strato iperpicnale che
rallenta alla fine sarà caratterizzato da una deposizione con una gradazione normale. Si forma una
sequenza con marcata gradazione granulometrica. Alla fine, si hanno delle sequenze in affioramento
di superfici ondulate che rappresentano l’erosione sulle quali c’è sabbia grossolana e poi silt e argilla.
A grande scala, quando si parla di dissesto idrogeologico si parla die due tipologie principali di eventi:

- Inondazioni a grande scala: interessano fiumi di una certa portata e di una certa maturità
come il Po. La dinamica dell’evento idrogeologico del Po maturo è molto diversa di una
corrente braided montana in termini discala, dimensioni, area, energia del sisteme tipologia
di danno che può produrre.
- Inondazioni improvvise: interessano fiumi di bassa portata. Sono più pericolose. Hanno un
tempo di risposta molto veloce. Questo rende inutilizzabili i tradizionali modelli idrologici alla
prevenzione.
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Chi innesca l’evento di dissesto idrogeologico è un meccanismo scatenante a monte che è di solito
nella forma di un evento meteorologico. A seconda della scala ci sarà un tempo tra l’evento scatenante
e la piena e ci sarà una forma di ritorno alle condizioni preesistenti. L’evento scatenante èseparato
dalla risposta del sistema in termini di scaricamento verso valle dell’acqua e questo è il lag time. È
l’intervallo temporale che separa l’evento scatenante meteorologico dal picco di scaricamento
dell’alveo fluviale. Il lag time è di qualche ora in piccola scala. Nei grandi fiumi richiede più tempo. Il
rate of recession è il tempo in cui il sistema ritorna alle condizioni iniziali. È scalato. A piccola scala è
rapido, se è un grande sistema fluviale è lento. La forma di questa curva dipende dalle dimensioni ma
anche dalle condizioni geologiche del bacino. L’ordine fluviale controlla la curva di risposta all’evento
scatenante. Un altro è il tipo di clima. In climi aridi tendono ad avere una dinamicapiù da flash flood
dove le curve sono più strette. Questo perché il suolo trattiene l’umidità. Nel deserto non c’è
possibilità di trattenere umidità. Dipende anche dal tipo di roccia: se ci sono rocce fini come le argilliti
o le siltiti, queste sono impermeabili. La forma della risposta del sistema fluviale di un fiume che drena
nei territori geologici dominati da argilliti sarà ripida. Se viviamo in unambiente con calcari carsificati
il ritorno è lentissimo perché le rocce continuano a rilasciare acqua. Anche la geometria del sistema
controlla la risposta. Più il bacino è circolare e più avrà una risposta rapida perché tutti i punti sono
alla stessa distanza da tutti i punti del bacino. Se il bacino è allungato l’acqua arriva in tempi diversi.
C’è un controllo anche sull’utilizzo del territorio. Un territorio vergine sarà caratterizzato da un tempo
di ritorno più lento. Se lo stesso territorio viene cementato ci metterà molto meno. Il territorio
urbanizzato è caratterizzato da fenomeni molto più istantanei ed energetici.
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DESERTI
Si hanno deserti nelle regioni tropicali dove dominano gli alisei e l’ambiente è arido. L’agente di
erosione, trasporto e sedimentazione è il vento. La distribuzione degli ambienti desertici era presente
anche nel passato. Le fasce aride sono a cavallo dei tropici. Nelle aree desertiche l’agente dierosione,
trasporto e sedimentazione è il vento che è un fluido. Più il fluido è regolare e più produrrà delle aree
estese in cui eroderà, trasporterà e depositerà sedimento. La fisica è come quello del fiume ma cambia
il fluido. Ci sono dei granuli di sabbia interessati da una spinta dal vento. C’è una drag force, una forza
peso che lo tiene giù e al di sopra del granulo si ha una riduzione della sezione del fluido che produce
un’accelerazione locale e una diminuzione locale di pressione che risulta in una forza di Bernoulli.
Se la somma vettoriale
di forza di spinta
supera la gravità, il
granulo ruota attorno
a un asse e viene preso
in carica dal vento.
Inizia il trasporto che
può essere per
saltazione o
rotolamento fino a
quando quello stesso
vento che è riuscito ad eroderlo e trasportarlo diminuirà di competenza e lo lascerà cadere a formare
un deposito. In questo modo si muovono le dune. Alla fine, il deposito sarà una sabbia media fatta
tutta da grani di quarzo perché il quarzo è uno dei minerali più resistenti all’alterazione. Rimane sabbia
quarzosa. Tutto il resto si è disciolto nel corso dei millenni.

Le sabbie delle dune eoliche sono molto ben selezionate perché il processo di trasporto e
sedimentazione da parte del vento è tale da agire su granulometrie ben specifiche. Il sollevamento di
Bernoulli è tale da riuscire a mettere in movimento particelle di una certa dimensione. I granuli
vengono continuamente erosi e trasportati e alla fine otteniamo come prodotto costituente delle
sabbie quarzose. I granuli hanno la stessa dimensione e sono molto arrotondati. Il tempo produce una
sorta di selezione naturale. Elimina tutti i granuli che non sopravvivono all’alterazione chimica e fisica
in ambiente desertico. Si sgretolano. Quello che rimane è il granulo più resistente. Questo è il quarzo.
L’inizio del movimento della sabbia si chiama entrainment. Quando il vento solleva i grani e limette in
movimento, il movimento
nasce tra il gioco combinato della
spinta che è proporzionale alle velocità
del vento al quadrato, forza digravità e
forze d’attrito. Esiste una sorta di
diagramma di Hjulstrom anche per i
sistemi di erosione, trasporto e
deposizione in ambiente eolico. Si ha
sull’asse orizzontale la granulometria e
sull’asse verticale lavelocità del vento.
Quando il vento mette in moto le
particelle o meno si divide il
diagramma in aree di deposizione e
trasporto o per saltazione o per
sospensione. La curva tratteggiata si
chiama fluid threshold.
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È il limite che separa la saltazione del


granulo dalla deposizione del granulo
legato esclusivamente alla velocità del
fluido. È un limite teorico. È valida solo
per la sabbia. Esiste anche una retta che separa il campo deposizione/saltazione della sabbia che ha
una pendenza leggermente minore. Si chiama soglia di movimento da impatto (impact threshold). È
la retta reale. Nelle granulometrie fini c’è un’impennata dell’energia necessaria. La retta che separa la
deposizione dal trasporto per sospensione di silt e argilla è ancora inclinata verso l’alto. Ci vuole molto
energia per riuscire a spostare l’argilla. Questo perché l’argilla ha forze coesive, tende ad appiccicarsi.
Il quantitativo di sabbia che può essere messa in movimento dipende dalla velocità del vento. Ci sono
varie equazioni che cercano di descrivere la stima di tasso di messa in moto dei granuli. In ambiente
eolico in cui si ha milioni di chilometri quadrati dove un fluido sposta e modellail territorio produce
delle forme deposizionali che sono molto caratteristici. Si hanno due morfologie deposizionali in
ambiente eolico e corrispettivi sedimenti:

- Pavimenti desertici: sono piatti e composti da frammenti di ghiaia grossolana disposte in


maniera irregolare. Sono fatti da ciottoli grossolani. Il vento non è in grado di muovere.

- Dune eoliche: sono composte da sabbie quarzose. Sono composte da sabbia ben selezionata.

Col passare del tempo, partendo da una situazione in cui si ha un’area composta da granulometria
diverse soggetta ad erosione la forza è in grado di selezionare solo le granulometrie della sabbia e
dell’argilla. Le separa dalla frazione granulometrica più grossolana. Il vento in ambiente eolico ha un
effetto di separare e selezionare le granulometrie più fini lasciando indietro il pavimento residuale.
C’è anche qualche raro evento meteorologico in grado di accelerare questa evoluzione temporale:
l’acqua tende a far percolare verso il basso le granulometrie più fini. Alla fine, si ha uno strato
superficiale di ghiaia fatto da clasti molto impaccati gli uni con gli altri sotto la quale abbiamo
dell’argilla. La sabbia non c’è perché è stata trasportata via dall’ambiente eolico. La ghiaia dei
pavimenti residuali è fatta da ciottoli con una forma ben specifica. Hanno una cresta allungata in
direzione del vento. Mentre i ciottoli del fiume sono arrotondati per azione del corrente, questi sono
anch’essi arrotondati ma hanno una forma a cresta con l’asse longitudinale in direzione del vento. È il
risultato degli impatti continui che hanno subito da parte della sabbia che viene continuamente
rimossa e impatta su queste superfici modellandole. I granuli di sabbia che vengono presi in carica
dalle correnti eoliche vengono deposti da qualche parte. L’ambiente eolico è un continuo erodere,
trasportare e sedimentare. Il processo di deposizione si ha quando c’è un rallentamento dellavelocità
della corrente che permetteva ai granuli di muoversi. Questo avviene a valle di un ostacolo. Le dune
sono il prodotto di questo processo. Le dune hanno delle forme e un’organizzazione interna che
riflette la loro genesi e la dinamica a cui sono soggette. Sulle dune c’è un lato sopravvento che è illato
in erosione e trasporto per saltazione la cresta della duna e un lato sottovento che è un lato in
deposizione. I granuli scorrono per saltazione sul sopravvento, arrivano sulla cresta, scivolano e si
depongono perché sul lato sottovento abbiamo una perdita istantanea per cui domina il processo
deposizionale.

Ci sono quattro tipi di dune principali. La classificazione è basata sulla forma e la forma dipende dalle
caratteristiche del fluido, la velocità del vento e la quantità di sabbia a disposizione. A seconda di
quanta sabbia abbiamo si formano forme diverse. Le barcane si formano con venti unidirezionali e una
quantità di sabbia in movimento moderata. Le paraboliche hanno la convessità rivolta verso la
direzione di propagazione del vento e si formano quando la quantità di sabbia trasportata è bassa. A
seconda di quanta sabbia è trasportata si formano dune con la concavità verso il vento o la convessità
verso il vento. Se la quantità di materiale trasportato per unità di area per unità di tempo è molto alta
si formano dune trasversali che hanno la cresta perpendicolare alla direzione del vento. La natura fa
sì che a seconda di quanta sabbia sia disponibile produce nel caso in cui sia poca dune paraboliche, se
è moderata dune barcane e se è tanta dune trasversali. Se il vento non è
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unidirezionale e subisce direzione di provenienza legate alle stagioni, ovvero cambia in base alle
stagioni, si formano dune lineari o longitudinali in cui la cresta è allungata nella direzione media
annuale. Ci sono casi di dune complesse che si formano per interferenza di dune a stella. Le dune a
stella dice che l’ambiente produceva delle forme complesse e non era un ambiente con venti
unidirezionali. Le dune sono gli oggetti principali sia dal punto della forma deposizionale che del
volume di sedimento. Esistono le dune ma anche i ripples che sono delle dune in miniatura.

Nell’ambiente desertico
esistono anche i processi di
alterazione. Nell’ambiente
desertico non c’è solo
erosione meccanica.
Esistono anche alterazioni
chimiche. L’alterazione
chimica domina in ambienti
umidi equatoriali. Sull’asse
orizzontale ci sono le
precipitazioni, sull’asse
verticale la temperatura. Ci
sono una serie di campi di
erosione o meccanica o
chimica. L’ambiente
desertico è caratterizzato da
bassissime precipitazioni e
temperature relativamente alte. Ha anche una forte escursione termica. Domina poca alterazione
chimica. Negli ambienti equatoriali dove si hanno precipitazioni elevate e alte temperature avremo
molta alterazione chimica e poca meccanica. Si hanno forme sedimentarie completamente diverse
da quelle desertiche. L’equatore è caratterizzato da precipitazioni molto elevate, temperature elevate
e quello che si forma come prodotto deposizionale è suolo rigolitico. Questo perché dominano i
processi ad alterazione chimica.
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I processi di attrazione fisica in ambiente desertico sono:

- Espansione termica: dovuta dal ciclo diurno e notturno

- Salt wedging: il sale che precipita si espande e fa spaccare le rocce

I processi di alterazione chimica in ambiente desertico sono:

- Idrolisi: è una reazione in cui precipita acqua. Può consistere un uno scambio di ioni,
dissoluzione o ossidazione.

- Formazione di una patina desertica: i principali componenti della patina sono l’argilla, la
birnessite e l’ematite. In particolare, l’argilla può essere trasportata dal vento e agire come
substrato per la cattura di altre sostanze disciolte nell’aerosol che precipitano chimicamente
quando la roccia raggiunge alte temperature per il sole del deserto.

Sono processi che liberano il clasto che poi trasportano e depositano. Dominano in ambiente arido. I
processi chimici che avvengono sono idrolisi, dissoluzione e ossidazione. Una roccia vulcanica che
contiene pirosseno con acqua tende ad andare incontro a dissoluzione con liberazione di ferro
bivalente, il quale si lega all’ossigeno atmosferico e forma ferro trivalente. Questo è tipico
dell’ematite. Questo processo domina in ambiente equatoriale.

L’Europa meridionale è vicina al Sahara. Sono soggetti dal punto di vista ecologico fragili. Essendo
ambienti relativamente sensibili perché vicini all’ambiente arido tropicale sono relativamente fragili.
L’attività umana è molto impattante sulla possibilità che l’ambiente superi la soglia ed entri in una
fase di desertificazione.
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STRATIGRAFIA
La stratificazione contiene la storia dell’evoluzione e la storia del clima terrestre. La litostratigrafia è la
base di tutto e si occupa della composizione litologica delle rocce sedimentarie e organizza lesequenze
deposizionali in unità litostratigrafiche che sono delle unità che occupano una certa estensione
verticale laterale e hanno all’interno una certa omogeneità composizionale tale per cui possono essere
identificate come unità. Le unità hanno caratteristiche composizionali in facies diverse. Non soltanto
la composizione litologica definisce l’unità ma sono importanti anche le unità sovrastanti. Le unità
litostratigrafiche sono il punto di partenza di qualsiasi studio stratigrafico e ci permette di organizzare
una sequenza di rocce che hanno un’estensione verticale laterale. Questi volumi hanno caratteristiche
litologiche di facies omogenee attribuibili ad uno specifico ambiente deposizionale. Le unità
litostratigrafiche sono anche alla base della geologia. Il principio di Stenone dell’originaria
orizzontalità dice che gli strati delle unità litostratigrafiche originariamente si sono deposte
orizzontalmente. Questo perché ha capito che il processo che domina la formazione di uno strato di
una roccia sedimentaria è un processo gravitativo. Originariamente le rocce tendono ad essere
orizzontali. Quando si osservano rocce verticali stratificate vuol dire che tra la formazione della roccia
e l’assetto attuale c’è di mezzo un’orogenesi. La legge della sovrapposizione di Stenone dice che gli
strati più profondi sono quelli più antichi e quelli più superficiali sono quelli più giovani. Se la roccia è
verticale è difficile stabilire qual è il sotto e quale il sopra. Bisogna guardare le facies percapire. Si parla
quindi di base e tetto. La base è la porzione più antica e il tetto quella più recente. Gli ambienti
deposizionali di un’unità stratigrafica che appartengono ad uno specifico ambiente deposizionale,
originariamente si sono deposti orizzontali e si estendevano fino ai confini del bacino sedimentario. Il
principio di originaria continuità laterale dice che un’unità stratigrafica prodotta in uno specifico
ambiente lateralmente finisce perché è l’ambiente che la produce. A un certo punto finirà l’ambiente
deposizionale perché finisce l’area del bacino che la produce. Le unità stratigrafiche hanno dei limiti
verticali che segnano il passaggio del tempo ma anche laterali secondo il principio di originaria
continuità. Gli strati continuano fino ai bordi del bacino che li produce. Oggi sappiamo che non tutte
le rocce sedimentarie si depongono in orizzontale. A volte ci sono delle facies che producono delle
superfici deposizionali inclinate. Sono ad esempio i delta fluviali che produconodelle superfici
deposizionali inclinate. Non sono importanti solo le unità stratigrafiche ma anche le superfici che le
delimitano. Un esempio sono le unconformities che sono delle discordanze. Si ha unostrato A-B-C-D.
Avendo un evento tettonico l’area è soggetta ad un evento. Le rocce marine vanno incontro ad
erosione. Lo strato D sparisce perché viene eroso. Passano i milioni di anni, quella regione torna in
condizioni marine per sussidenza per movimento laterale delle placche. Sopra lo strato C si depone
l’unità stratigrafica E fatta da conchiglie. Rimane quindi una superficie che marca tutto quel processo.
Quell’area è una paraconcordanza. È parallela agli strati. Ci sono discordanze angolari. Marcano
moneti importanti della storia evolutiva. Si può avere una sedimentazione marina,a un certo punto
l’area è soggetta a un movimento tettonico. Le placche possono scontrarsi (convergere). Può
succedere che le placche si spostano la regione diventa soggetta a divergenza. Al posto di
compressione e piegamento si ha distensione, abbassamento e subsidenza.
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Lyell ha formulato due osservazioni. Introdusse due principi: il principio dell’inclusione e il principio
dell’intersezione. Il principio dell’intersezione dice che un corpo geologico che taglia un altro corpo
geologico è più recente del corpo che taglia. Una faglia è un’unità geologica. Il principio di inclusione
dice che i casi di una roccia sedimentaria sono più vecchi della roccia sedimentaria che la costituisce.
Dai clasti di un conglomerato si può avere un’idea di che rocce c’erano prima della formazione del
conglomerato. Gli elementi più antichi della Terra sono degli zirconi che sono stati scoperti in
Australia all’interno di un conglomerato. Questi zirconi hanno 4,4 miliardi di anni. Sono cristalli
liberati da un processo di erosione che sono caracollati all’interno di un’arenaria come clasti. Le facies
sono quel corpo di caratteristiche fisiche che permette di associare un sedimento alla roccia da cui
derivano. Permettono una ricostruzione paleoambientale. La successione verticale delle facies riflette
la migrazione laterale degli ambienti. La trasgressione è quando il mare conquista i continenti. La
regressione è l’opposto. Il livello medio dei mari è in continua trasgressione e regressione. Il mare
sommerge la costa e tutte le facies migreranno verso costa. Dove prima c’erano sabbie costiere
avremo sistemi fluviali. La sequenza verticale è data da una migrazione laterale delle facies per un
effetto trasgressivo. Si può avere una regressione. Le facies costiere ritornano dov’erano prima. La
legge di Walther ci dà la capacità di leggere le sequenze verticali come un’espressione di una
migrazione laterale delle facies. Quest principio lega il movimento orizzontale alla registrazione
verticale.
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Se descrivo due sequenze stratigrafiche in due punti diversi del bacino sedimentario si osservano
facies molto simili. Si può fare una correlazione in base alla litologia. La vera correlazione è quella
cronostratigrafica. Bisogna riconoscere quale facies corrisponde in quella finestra di tempo, altrimenti
le correlazioni non rispondono alla migrazione delle facies laterali.

La biostratigrafia è organizzare le sequenze stratigrafiche per contenuto paleontologico. Si focalizza


sulla correlazione dell’individuazione delle superfici tempo utilizzando le associazioni fossilifere.

La magnetostratigrafia è dovuta dal fatto che il campo magnetico si inverte col tempo e le rocce
registrano la polarità.

La chemostratigrafia individua isotopi stabili del carbonio e dell’ossigeno. Ci sono escursioni che
permettono di fare correlazioni globali.

La ciclostratigrafia è dovuta dai parametri ambientali che cambiano per interazioni gravitazionali.
Giove condiziona l’eccentricità dell’orbita terrestre.

La geocronologia è l’utilizzo di isotopi instabili per determinare l’età delle rocce. Le rocce databili
sono pochissime e specifiche. Sono le rocce magmatiche.

La biostratigrafia comincia da Leonardo Da Vinci. William Smith ha formulato il principio di


successione faunistica basato sull’osservazione di rocce sedimentarie che contenevano un reperto di
flora e fauna. Questi fossili cambiano nel tempo e possono essere utilizzati per correlazioni laterali.
Ogni periodo geologico ha dei fossili diagnostici. In particolare, utilizzano i fossili guida. I fossili guida
sono determinati organismi che hanno delle caratteristiche che li rendono utili per la stratigrafia. Un
buon fossile guida è il fossile di un organismo che è vissuto sulla Terra per poco tempo geologico.
Devono essere il più indipendenti possibile dall’ambiente. Ad esempio gli organismi planctonici. Deve
essere il più generalista possibile. Deve essere molto ben distribuito geograficamente. Deve anche
essere abbondante. Deve essere facilmente preservabile nelle rocce. Deve anche essere facile da
identificare. Oppel ha introdotto il concetto di biozona: è un’organizzazione degli strati in unità
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temporali definite in base a determinati eventi che riguardano i fossili guida presenti in quelle zone.
La prima comparsa e l’ultima comparsa di un fossile guida sono una biozona. La più semplice è la
biozona singola. È la linea evolutiva di una specie. Gli biostratigrafi distinguono la prima comparsa
evoluzionistica dalla prima apparizione nel record stratigrafico. La registrazione evoluzionistica può
essere imperfetta nel record sedimentario. Il biostratigrafo deve tenere conto di queste imperfezioni
per definire le biozone.

Una delle biozonazioni più utilizzate in biostratigrafia è la taxon range biozone che rappresenta il
range della presenza di un taxon. Questo range è compreso tra la First Appearance Datum (FAD, data
della prima apparizione) che rappresenta la sua speciazione e la Last Appearance Datum (LAD, data
dell’ultima apparizione) che rappresenta l’evento di estinzione. Quando si analizzano le rocce si usano
i termini First Occurrence (FO) e Last Occurrence (LO) di un taxon che approssimano le sue FAD e LAD.

L’efetto Lazarus si ha quando abbiamo una sequenza stratigrafica in cui ci sono pesci fossili. A un
certo punto sparisce il mare e si hanno sedimenti con resti fossili di piante. Poi ritorna e abbiamo una
ripresa della sedimentazione marina. I taxon lazarus sono dei taxa che spariscono da un record
stratigrafico non per una questione evolutiva ma per una migrazione laterale di facies.

L’efetto zombie si ha quando un fossile è stato eroso da rocce antiche e rideposte in rocce giovani.
Quando si verifica questo evento il sedimento è definito rielaborato e non ha niente a che vedere con
l’età del sedimento in cui è rinvenuto. I taxa zombie sono molto importanti perché se mal interpretati
possono portare a gravi errori di interpretazione dell’età del sedimento.

STRATIGRAFIA ISOTOPICA

A volte si riescono a riconoscere atomi di carbonio e dell’ossigeno che hanno un’origine extraterrestre
e che sono registrati in tutti gli ambienti deposizionali. Si parla di isotopi. Si usano isotopi stabili. Gli
isotopi di uno stesso elemento hanno lo stesso numero di protoni e un diverso numero di neutroni.
Hanno steso numero atomico ma diverso numero di massa. Quando il numerodi neutroni sul numero
di protoni è circa al pareggio o si discosta poco abbiamo isotopi stabili che non sono radioattivi e non
decadono. Quando il numero di neutroni su quello di protoni è molo diverso da uno, allora gli isotopi
sono instabili. Sono utilizzati nelle datazioni numeriche. L’idrogeno ha tre isotopi: idrogeno, deuterio
e trizio. Il trizio è instabile e decade. Il deuterio e l‘idrogeno sono stabili. Quando parliamo di
geochimica sedimentaria si parla di isotopi del carbonio e dell’ossigeno. Questo perché sono
abbondanti negli esseri viventi. Si trovano ad esempio nei gusci planctonici che producono carbonato
di calcio in equilibrio con la chimica delle acque. Il carbonio ha due isotopi stabili: 12 e 13. Il 98,9% è
carbonio 12 l’1,1% carbonio 13. L’ossigeno ha tre isotopi stabili: 16, 17, 18.
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NOTAZIONE STANDARD IN GEOCHIMICA


Ogni sostanza può essere classificata in base al proprio rapporto isotopico:

(¿18O ¿16O )standard


(¿18 O ¿16 O ) campione−¿
¿
(¿18 O ¿16 O) standard∗1000
¿
¿
18
δ O=¿

Ci sono valori isotopici negativi. Non si misurano valori assoluti perché è più facile esprimere un
rapporto isotopico rispetto a qualcosa.

FRAZIONAMENTO ISOTOPICO
Il rapporto isotopico cambia da una fase all’altra perché gli isotopi stabili vengono frazionati maniera
diversa in funzione della loro massa. Esiste un frazionamento isotopico all’equilibrio e uno cinetico.
Un esempio di frazionamento isotopico cinetico è se siamo sulla superficie dell’oceano e fa caldo.
Esiste un processo che avviene che è l’evaporazione. È un processo cinetico dinamico. Non raggiunge
mai l’equilibrio. È una reazione cinetica nella quale nel vapore va preferenzialmente l’ossigeno
leggero. Il frazionamento isotopico di una reazione chimica non all’equilibrio dipende dalla massa. Se
nell’oceano c’è ossigeno pesante e leggero, nel vapore viene frazionato di più quello leggero. Nella
nuvola il valore isotopico è minore rispetto a quello dell’acqua. La nuvola condensa sul continente.
Nella nuvola abbiamo una situazione di equilibrio tra vapore e gocce. L’acqua che viene espulsa
sottoforma di precipitazione è più pesante della nuvola ma più leggera del mare. Questo
frazionamento si può utilizzare per studiare il clima del passato studiando i gusci dei foraminiferi.
Questi archivi sono stati utilizzati per capire la dinamica climatica dell’ultimo milione di anni
caratterizzato da fluttuazione glaciali. L’acqua può precipitare sottoforma di neve a costituire una
calotta glaciale. L’acqua evapora dagli oceani e rimane nei continenti sottoforma di acqua solida. Gli
oceani si abbassano. L’acqua degli oceani va incontro a un valore isotopico più pesante. Quando i
ghiacci si sciolgono viene riversata acqua isotopicamente leggera, per cui l’acqua degli oceani diventa
isotopicamente leggera. Anche l’isotopo del 13C è utilizzato per la ricostruzione del clima.
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CICLOSTRATIGRAFIA

È una branca della stratigrafia che vuole organizzare i corpi sedimentari all’interno di unità temporali.
Per suddividere una sequenza di rocce sedimentarie in unità di tempo utilizza variabilità indotte dai
parametri orbitali. Milankovitch calcolò le variazioni di irraggiamento solare a diverse latitudini
prodotte dai cambiamenti di eccentricità dell’orbita, dalla precessione degli equinozi e dai
cambiamenti di obliquità dell’eclittica. Sono parametri che fanno cambiare la quantità di
irraggiamento che una certa latitudine riceve annualmente e stagionalmente. La quantità di
irraggiamento può causare variazioni negli ecosistemi e può essere legata alle rocce. I sedimenti
possono quindi ripetere una ciclicità.

ECCENTRICITÀ DELL’ORBITA
L’eccentricità dell’orbita è il
grado di circolarità dell’orbita.
L‘orbita terrestre è soggetta a
variazioni forma con un periodo
noto. Passa da condizioni di
bassa eccentricità (orbita quasi
circolare) a periodi di alta
eccentricità. Il cambio
dell’eccentricità modifica
l’effetto stagionale, può farlo
aumentare o diminuire. Il periodo dell’eccentricità è un ciclo di 100.000 anni ed è sovrapposto a uno
di 405.000 che è determinato dall’interazione della Terra con Giove. L’eccentricità è massima quando
raggiunge un valore di 0,057, questo comporta un ben definito perielio (punto sull’orbita in cui la Terra
è alla minima distanza dal Sole) e un ben definito afelio (punto di massima distanza). Attualmente ci
troviamo in e=0,167, in questa situazione perielio e afelio sono distinguibili ma molto simili.
L’eccentricità minima si ha con e=0,005.
√ a2−b 2
e=
a

PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI


L’asse è inclinato di 23,5°. Grazie all’inclinazione dell’asse abbiamo le stagioni in un periodo di 20.000
anni. L’asse di rotazione compie un movimento a doppio cono. È un movimento di whobble. Per
effetto del whobble gli equinozi ruotano sul piano dell’orbita e si spostano nelle diverse costellazioni.
Ci mette circa 20.000 anni a fare un giro. La precessione degli equinozi è causata dall’attrazione
gravitazione lunisolare sul rigonfiamento equatoriale terrestre.

L’eccentricità modula la precessione. Avere la Terra in un certo punto dell’orbita determina come sono
rivolti gli emisferi rispetto al Sole. Quando e è bassa il ciclo stagionale estate-inverno è simile in
entrambi gli emisferi, cioè non esistendo un perielio ed un afelio definiti non importa dove cadrà
l’estate sull’orbita di un emisfero.
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Invece, quando e è alta, perielio e afelio sono definiti, quindi il ciclo stagionale è più espresso in un
emisfero o nell’altro: se l’estate dell’emisfero nord cade nel perielio e l’inverno nell’afelio si hanno
estati calde e inverni freddi nell’emisfero Nord ed estati fresche e inverni miti nell’emisfero sud. La
situazione si inverte dopo 10.000 anni quando l’estate dell’emisfero sud cade nel perielio. Quindi di
conseguenza se l’eccentricità è bassa la precessione degli equinozi non gioca un ruolo importante
nella quantità d’irraggiamento che riceve un punto sulla Terra. Invece, se l’eccentricità è alta la
precessione degli equinozi ha un ruolo importante.

OBLIQUITÀ DELL’ECLITTICA
L’inclinazione dell’asse dell’eclittica varia. Attualmente è a 23,5°. Varia con una ciclicità di 40.000 anni.
L’obliquità dell’eclittica varia tra 21,5° e 24,5. Quando abbiamo eccentricità espressa abbiamo un
perielio e un afelio ben identificati.

In basso abbiamo
un’estate molto
calda nell’emisfero
nord e un inverno
molto freddo.
Nell’emisfero sud si
ha un’estate fresca
e un inverno non
molto freddo. Dopo
10.000 anni, l’orbita
rimane sempre
eccentrica. Per
precessione degli
equinozi l’estate
dell’emisfero nord è
all’afelio e l’inverno
al perielio. Questo
produce un effetto
opposto: inverno
mite ed estati fresche nell’emisfero nord. Questo è l’effetto della precessione degli equinozi sul clima
terrestre. Questo effetto si esprime con orbite eccentriche. Se l‘orbita è circolare in ogni punto
dell’orbita, l’estate e l’inverno sono equivalenti. L’effetto della ciclicità si vede solo quando
l’eccentricità è elevata. Quando l’eccentricità è alta, la curva delle precessioni è molto espressa. C’è
una continua variazione dell’irraggiamento che un punto ottiene. Questo si riflette in variazioni di
parametri chimici e fisici dell’ambiente.

In totale si hanno quattro periodi celesti che determinano quanta energia solare un certo punto sulla
superficie terrestre riceve nel tempo:

• Eccentricità breve: 100.000 anni

• Eccentricità lunga: 450.000 anni

• Precessione degli equinozi: 20.000 anni

• Obliquità dell’asse di rotazione: 40.000 anni


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Tutto questo influenza l’irraggiamento solare in un certo punto della Terra, influenzando
l’irraggiamento questi parametri orbitali terrestri sono responsabili delle variazioni sul clima globale.
Per queste variazioni si ha stratificazione di rocce che riflettono questi cicli.

MAGNETOSTRATIGRAFIA

Studia come le rocce si magnetizzano. Lo


stato di polarità si inverte col tempo. Il
campo magnetico è un dipolo con le linee
di forze del campo che sono verticali
entranti nel polo nord e verticali uscenti al
polo sud. C’erano periodi in cui la direzione
era inversa. Nei sedimenti al fondo degli
oceani vengono deposti granelli di varia
natura. Può essere depositata una frazione
molto fine fatta da materiali magnetici
come la magnetite. Quando cade nella
colonna d’acqua si mette lungo le linee di
forza del campo magnetico. Il sedimento
diventa roccia. La roccia contiene
all’interno una registrazione fossile dovuta
da magnetite caduta al fondo ed orientata secondo il campo magnetico. Il campo magnetico si inverte
di polarità. Ci possono essere rocce sedimentarie polarizzate sia a polarità normale che inversa. Le
rocce sedimentarie registrano la variazione del campo magnetico. I fondali oceanici sono caratterizzati
dalla produzione di basalto in corrispondenza degli assi di espansione. Il basalto produce un minerale
magnetico (magnetite) che quando si raffredda si mette secondo le linee di forza del campo
magnetico. Dallo studio della magnetizzazione della crosta si può ricostruire tutta la storia delle
inversioni del campo magnetico terrestre. Il campo magnetico cambia di polarità senza un periodo. È
abbastanza casuale. Il campo magnetico non ha memoria di sé. Il segnale non è periodico e non ciclico
ma stocastico.
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DATAZIONI
Negli isotopi quando il rapporto tra protoni e neutroni è molto diverso da uno, allora il nucleo è
instabile e radioattivo. Decade spontaneamente. Possono essere utilizzati per le datazioni numeriche.
In geologia le coppie padre radiogenico e figlio instabile sono rubidio-stronzio, potassio-argon,
samario-neodimio e uranio-torio-piombo. Il processo di decadimento è una conversione nel tempo di
prodotti massicci radiogenici padri nei figli stabili. Quando si parla di elementi radioattivi che
decadono in elementi stabili occorre conoscere la costante di decadimento dell’elemento padre che
si stabilisce in laboratorio, la sua quantità nella roccia al tempo t della misura e sapere la quantità di
elemento figlio nella roccia al tempo t della misura. Con queste tre quantità dovrei riuscire a capire
quando è iniziato il processo di decadimento. È il tempo t trascorso da quando la roccia si è formata.
Abbiamo due curve che sono speculari e che rappresenta il decadimento nel tempo in unità di tempo
del padre e crescita speculare di figli stabili.

N ( t ) =N 0 e−λt
Dove λ è la costante di decadimento (quantità di isotopi che decadono per unità di tempo). Il numero
di atomi padre decade nel tempo partendo da un valore 0 con una progressione e-λt.

Il tempo di dimezzamento è il tempo richiesto affinché una parte di padri radiogenici decada della
metà del suo valore iniziale. Dopo un’emivita c’è la metà degli atomi iniziali, dopo due emivite ci sono
un quarto di quelli iniziali, dopo tre un ottavo. Dopo la quinta emivita la roccia non è più databile. Il
tempo di dimezzamento è:
ln (2)
t = =τln (2)
1 λ
2

λ è la costante di decadimento ed esprime la quantità di atomi radiogenici presenti dopo un emivita.


Il sistema uranio-piombo. Gli atomi rilasciano massa ed energia per potersi stabilizzare. Hanno dei
nuclei massicci e il decadimento prende diverse forme.

DECADIMENTO ΒETA
Può essere β- o β+.

β-
Quando in un nucleo ci sono molti neutroni rispetto ai protoni si ha la conversione di un neutrone in
un protone con l’emissione di una particella β- e di un antineutrino. Un neutrone diventa un protone
più una particella β- e un neutrino.

β+
Il decadimento β+ avviene quando ci sono più protoni che neutroni e si ha la conversione di un protone
in un neutrone con l’emissione di una particella β+ che è un positrone e un neutrino. Cambiando il
numero atomico cambia l’elemento. La massa non cambia. Cambia l’elemento perché cambia il
numero di protoni.
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DECADIMENTO PER CATTURA ELETTRONICA


Avviene quando un elettrone da un livello energetico K o L è catturato da un protone formando un
neutrone e un neutrino. Il numero di massa rimane invariato. Si ha la conversione di particelle dal
punto di vista delle camere. Il numero protonico cambia: diminuisce sempre. Per cattura elettronica
un protone sparisce. Cambia quindi anche l’elemento.

DECADIMENTO ALFA
È caratteristico degli atomi che hanno un nucleo veramente massiccio. È una particella α e un nucleo
di elio che vengono emessi. L’emissione di una particella α produce una diminuzione sia del numero
atomico che del numero protonico. Cambia quindi l’elemento, ma anche il numero di massa che
diminuisce di 4 alla volta.

DECADIMENTO GAMMA
È un decadimento per emissione di raggi γ, quindi una radiazione elettromagnetica. La frequenza del
fotone emesso è funzione della differenza di energia fra stato superiore (eccitato) e stato inferiore
(stabile) del nucleo. Il numero atomico (protonico) e il numero di massa non cambiano. L’elemento
non cambia.
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DECADIMENTO PER FISSIONE NUCLEARE


Un nucleo di massa notevole si scinde in due nuclei figli. In natura può avvenire per fissione di 238U che
lascia scie di fissione in certi minerali. La fissione produce nuclei con eccesso di neutroni e quindi
instabili e che subiscono decadimento β- (emissione di particella β- e conversione di un neutrone in un
protone). Se la concentrazione di uranio è elevata, la fissione iniziale di 238U può produrredecadimenti
a catena dei vari isotopi di uranio. Può anche avvenire in natura in giacimenti molto ricchi in uranio.

COME SI CALCOLA L’ETÀ DI UNA ROCCIA

L’equazione fondamenta utilizzata è l’equazione del decadimento che è:

Ft =F 0 + Pt ( eλt−1)
Dove:

- Ft è il numero di atomi dell’isotopo figlio al tempo t della misura

- F0 è il numero di atomi dell’isotopo figlio al tempo iniziale (t=0) quando è iniziato il


decadimento (ovvero quando si è formata la roccia)

- Pt è il numero di atomi dell’isotopo padre al tempo t della misura

- λ è la costante di decadimento dell’isotopo padre

- t è il tempo trascorso tra l’inizio del decadimento e la misura

Può darsi che nel sistema isotopico ci siano già degli atomi che provengono da decadimento
precedente. Le rocce si formano ma riciclano sempre le stesse cose perché sulla Terra i processi
geologici sono all’insegna del riciclo costante di energia e massa. Per ottenere una stima del processo
accurato bisogna tenere presente non soltanto dei padri e dei figli legati dalla stessa catena
generazione ma anche dei figli legittimi (F0). Si può agevolmente terminare con uno spettrometro di
massa il numero di figli al tempo t della misura ma non è detto che tutti i figli siano derivati dal
decadimento del padre al tempo t=0. Alcuni elementi figli possono essere già presenti nel sistema
roccia, ovvero possono essere ereditati. Per ovviare a questo problema si misurano rapporti isotopici
con isotopi stabili non radiogenici. Il primo passo per riuscire a fare questo è esprimere le quantità in
rapporti isotopici perché è più facile da un punto di vista sperimentale. I geochimici esprimono la
quantità di 87Rb e 87Sr rispetto al 86Sr che è stabile e non cambia nella roccia.
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L’equazione di decadimento diventa:

RFt =RF 0+ RPt ( eλt−1)


Dove:

- RFt è il rapporto isotopico figlio/riferimento al tempo t della misura

- RF0 è il rapporto isotopico figlio/riferimento al tempo iniziale (t=0) dall’inizio del


decadimento

- RPt è il rapporto isotopico padre/riferimento al tempo t della misura

Misurando i rapporti isotopici posso stimare RF 0. Misurando RFt e RPt posso stimare RF0 che è una
quantità che non è misurabile direttamente. Per misurare il tempo t all’inizio del decadimento bisogna
misurare RFt e RPt per almeno due fasi mineralogiche diverse all’interno della roccia. È l’equazione di
una retta. Se si svolgono almeno due analisi su due fasi mineralogiche diverse all’interno del sistema
per le quali io riesco a stabilire RFt e RPt le posso plottare sul piano cartesiano. Posso tirare una
regressione lineare. Se la linea parte dall’origine vuol dire che non ha intercetta, percui tutti i figli che
vedo sono legittimi. Se l’intercetta è diversa da zero allora determino RF0 che è l’intercetta
dell’isocrona con l’asse RFt. Avendo due misure sperimentali e una misura stimata, sapendo λ da analisi
di laboratorio posso risolvere l’equazione pert.

GLI ISOTOPI DEL CARBONIO


Gli isotopi del carbonio sono tre: 12C (6
protoni e 6 neutroni), 13C (6 protoni e 7
neutroni) e 14C (6 protoni e 8 neutroni). Il
numero di protoni non cambia. Il numero di
massa aumenta perché aumenta il numero
di neutroni. Il carbonio 14 decade con il
sistema β-. Il carbonio 14 è continuamente
creato in alta atmosfera dal
bombardamento di azoto 14 da parte di
raggi cosmici. Questo bombardamento
produce carbonio 14 partendo da azoto
14. L’azoto è costituito da 7 neutroni e 7
protoni. A un certo punto un neutrone che
arriva da fuori del sistema colpisce il nucleo
e per espulsione di un protone
produce carbonio 14, il quale è instabile. Per cui appena viene creato decade. Espelle una particella
β- trasformando un neutrone in un protone e ritorna nella conformazione stabile dell’azoto 14. È un
ciclo continuo di creazione e bombardamento. Questa continua reazione di creazione e decadimento
in atmosfera determinano un rapporto 14C/14N in atmosfera che si può considerare stabile nel tempo.
Ha un certo valore. Gli organismi viventi sono in equilibrio con questo rapporto atmosferico: gli
organismi viventi scambiano continuamente il carbonio e l’azoto con l’atmosfera circostante per cui
finché un organismo vive il rapporto è uguale a quello atmosferico. Alla morte dell’organismo viene
interrotto il contatto e quindi l’equilibrio viene interrotto e il carbonio dell’organismo decade senza
che venga rimpiazzato. La demivita del 14C è di 5740 anni. La datazione del 14C è la misura
dell’alterazione del rapporto 14C/14N noto iniziale dovuta dal decadimento post-mortem. La datazione
stima l’età di morte dell’organismo.
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La produzione di 14C può variare


leggermente nel tempo per effetto di
variabilità. Varia nell’efficienza di
14
bombardamento di N da parte dei raggi
cosmici. Il campo magnetico terrestre è ciò
che chi scherma dai raggi cosmici. Questo
effetto di schermature ha una variabilità
nell’efficienza. Viene prodotta dal nucleo
esterno. Ha degli alti e dei bassi di efficienza.
Ci sono degli intervalli del passato in cui la
magnetosfera era più debole e il
bombardamento di raggi cosmici era più
forte. Questo dice che può essere
variato nel tempo il rapporto di produzione. Questo può introdurre errori nelle stime dell’età di morte
dell’organismo stesso. Si può stimare, se c’è, un errore sistematico del metodo e cercare di
correggerlo. Per stimare questo si cerca di accoppiare il metodo del 14C a un altro sistema cronologico
per vedere se ci sono differenze sistematiche. Il metodo più utilizzato è quello di accoppiarlo alla
dendrocronologia. Si eseguono stime di età radiocarboniche su profili dendocronologici. Si correlano
le età numeriche ottenute contando gli anelli di crescita degli alberi con l’età radiocarbonica ottenuta
con gli anelli stessi. In questo modo si può stimare se c’è l’errore potenziale di metodo
radiocarbonico. Si utilizzano degli archivi naturali che riescono a dareuna cronologia anno per anno.
Possono essere le barbe lacustri. Nei laghi spesso si depongono delle lamine che sono stagionali legate
al ciclo di gelo e disgelo delle acque fluviali. Un altro esempio sono gli anelli di crescita dei coralli,
sedimento lacustri e marini dotati di varve. L’età
radiocarbonica che facciamo sull’anello di crescita, nella varva lacustre ecc. Si discosta dall’età
calendario. Le stime geologiche dell’età calendario sottostimano le età radiocarboniche.

La cronostratigrafia (bio-magneto-chemo-ciclostratigrafia) e la geocronologia servono ad organizzare


le rocce non come rocce e basta ma come unità temporali per poter fare delle correlazioni e delle
datazioni.
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VULCANI
I vulcani sono delle strutture morfologiche che mettono in comunicazione il mantello con l’atmosfera.
Sono delle strutture attraverso le quali avviene la perdita di calore del sistema Terra e il trasferimento
di massa ed energia dall’interno della Terra all’esterno della Terra. Abbiamo una Terra calda. Questo
calore interno ha due sorgenti principali: il calore residuo dal processo di accrezione planetaria e il
decadimento radiogenico. Alcuni elementi decadono emettendo energia. Si ha una perdita continua
di calore attraverso i vulcani di un calore iniziale ma che è anche continuamente prodotto dal
decadimento radiogenico degli isotopi instabili principali. Siccome c’è una perdita di calore c’è un
gradiente di calore dalla profondità verso la superficie in modo di condurlo. Il profilo della
distribuzione delle temperature all’interno della Terra è:

Abbiamo una litosfera (primi


100 km di spessore) esterna. È
rigida e fragile. Abbiamo
un’astenosfera sulla quale
scorrono sia verticalmente che
lateralmente le placche. È
caratterizzata da una zona che
favorisce il movimento che è la
zona di transizione a 200 km. Il
mantello si spinge fino a 2900
km sotto il quale esiste il nucleo
il liquido e il nucleo solido. Le
temperature sono tali per cui la
litosfera è relativamente
fredda e le temperature
aumentano con la
profondità fino a quasi 3000°C al limite nucleo-mantello dove si hanno importanti discontinuità e nel
ferro dei metalli liquidi del nucleo esterno la temperatura è dell’ordine di 4000-5000°C.
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Mediamente la perdita di calore sulla superficie terrestre è di 87 mW/m2. Questa perdita media di
calore non è omogenea. Ci sono aree che arrivano a 300 mW/m2. Le aree calde sono spesso i limiti tra
le placche dove si ha contatto con il mantello caldo. Le aree più fredde sono il centro delle placche.
Noi vediamo il trasporto di calore che non ha una geometria casuale. Dove si ha il calore massimo si
ha la concentrazione di vulcani. Il trasporto di calore verso l’esterno avviene o per conduzione o per
convezione. La conduzione consiste nel contatto. La convezione trasporta il calore con la massa. Nelle
zone dove il flusso di calore per unità di tempo e di spazio è massima, che corrisponde agli assi di
espansione, il trasporto di calore avviene per convezione. È materiale che risale dal mantello
astenosferico che comprime, fonde parzialmente e produce materiale che viene eiettato. All’interno
dei continenti si ha conduzione. Il calore a 100 km di profondità alla base della litosfera scalda a
contatto con l’astenosfera. Il calore per conduzione riesce a passare attraverso la litosfera e perdersi.
Il centro delle placche è freddo. I limiti delle placche sono caldi. La convezione è un modo per
trasportare calore molto più efficiente.

I vulcani sono delle strutture dal punto di vista morfologico che si originano in regioni in cui abbiamo
la produzione e l’estrusione di magma e volatili associati. Il magma nei margini convergenti si origina
da fusione parziale nell’astenosfera sotto la litosfera. Questo magma risale nella litosfera, può
stazionare nelle camere magmatiche e poi come ultimo fenomeno viene iniettato in superficie a
formare strutture coniche di forme diverse a seconda del tipo di prodotto dell’attività vulcanica. La
forma del vulcano dipende dal chimismo, ovvero dalle caratteristiche che ha quella materia. Abbiamo
te tipi di magma:

- Basaltico: è un magma basico, povero di silice (45%-55%). Non produce cristalli di quarzo. È
ricco di ferro, magnesio e calcio e povero di potassio e sodio. Hanno una temperatura di
1200°C.

- Andesitico: è un magma intermedio

- Riolitico: sono molto ricchi in silice (oltre il 55%), sono poveri in ferro, magnesio e calcio e
ricchi in sodio e potassio. Sono acidi. Hanno una temperatura di 700°C.

Per poter classificare una roccia occorre un’analisi chimica. Il basalto è nero, la riolite è chiara e
l’andesite è grigia. Dal punto di vista mineralogico i minerali principali delle rocce magmatiche sono:
feldspato, plagioclasio, pirosseno e miche.
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La madre originaria di tutto è la peridotite del mantello astenosferico che fonde e fa il basalto che si
differenzia in andesiti e rioliti.

La composizione mineralogica determina la tipologia di magma e l’esplosività.

Le fasi gassosi hanno composizioni diverse: vapore acqueo, anidride carbonica, CO, gas di zolfo, cloro
e fluoro. Quando si sottopone il magma a una decompressione produce una separazione della fase
gassosa dalla fase liquida. La fase gassosa si deve fare strada all’interno del magma. Il magma riolitico
è quello più pericoloso perché è ricco di fasi gassose e viscoso. Le eruzioni che coinvolgono magmi
riolitici sono quelle più esplosive rispetto a quelle dei magmi basaltici. La viscosità determina le
morfologie e le tipologie di attività vulcanica e la pericolosità stessa. È il parametro reologico più
importante. La viscosità è la resistenza allo scorrimento dipende dalla composizione e dalla
temperatura. Magmi ricchi di silice hanno una viscosità maggiore perché sono più polimerizzati.
Magmi con temperature minori hanno una viscosità maggiore. I magmi riolitici sono quindi quelli più
esplosivi e viscosi. I margini divergenti sono i limiti di placca dove si ha produzione di crosta oceanica
basaltica. I margini convergenti si hanno dove le placche scorrono al di sotto del mantello. Quando
abbiamo margini divergenti abbiamo che la litosfera rigida è sottoposta a tensione e questo produce
la risalita di astenosfera sottostante. L’astenosfera è composta da peridotite in condizioni plastiche,
ovvero con bassissima resistenza allo scorrimento. È quella porzione di mantello che consente alla
litosfera sovrastante di muoversi secondo movimenti orizzontali. Si ha la fusione secca della peridotite
del mantello astenosferico. È un tipo di fusione che non coinvolge l’acqua. Si ha la fusione parziale
della peridotite dal mantello astenosferico che produce come primo fuso basalto.

Il grafico è diviso in
tre aree. La riga
continua nera è un
normale gradiente
geotermico. Il
gradiente geotermico
è tale per cui con la
profondità la
temperatura sale ma
sempre all’interno
della regione solida.
In corrispondenza
degli assi di
espansione si ha
un’anomalia del
gradiente geotermico
(curva tratteggiata)
che interseca la
regione transizionale
in cu si ha fusione parziale. Si ha quindi fusione di peridotite del mantello astenosferico che risalendo
verso l’alto fonde e si ha produzione di un magma basaltico. In corrispondenza degli assi di espansione
si ha un’anomalia geotermica. Il liquido che viene generato è più leggero della materia circostante e
cerca di risalire dando origine al MORB (basalti delle dorsali oceaniche). In corrispondenza dell’asse di
espansione si ha risalita di materiale caldo astenosferico. Questo processo è secco e non coinvolge
acqua. L’acqua è importante nei margini convergenti. Nei margini
divergenti dorsali per risalta di materiale astenosferico caldo si ha un’anomalia geotermica. Il fuso è
un basalto e viene gettato in corrispondenza dell’asse di espansione.
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Nel caso di margini convergenti si ha la formazione di magmi andesitici che partono sempre da un
basalto. Si ha la subduzione di litosfera oceanica sotto litosfera continentale. La placca che va in
subduzione si porta con sé sedimento prodotto dalla sedimentazione oceanica. Il sedimento è ricco in
acqua. Anche la crosta MORB è idrata. Quando viene portata in profondità al di sotto della placca
superiore, quest’acqua contenuta nelle fasi idrate della crosta oceanica e dei sedimenti viene
rilasciata. L’acqua che viene rilasciata abbassa il punto di fusione della peridotite del mantello della
placca soprastante. Il mantello peridotitico produce basalto. Il basalto tenderà a risalire per contrasto
di densità fermandosi in alcuni punti dando origine a camere magmatiche e infine eruttato sottoforma
di magma andesitico. È un magma differenziato. Da dove si è originato a dove è stato eruttato ha
attraversato un centinaio di chilometri di litosfera in cui stazionando si è differenziato. Si può anche
avere la formazione di riolite se differenzia bene. Il processo di fusione iniziale si chiama fusione idrata.

TIPI DI LAVA

A seconda della chimica coinvolta ci sono diversi tipi di magma:

• Magmi aa: il magma è basaltico. Formano una morfologia con una crosta irregolare. La lava
risulta viscosa (le temperature sono più basse) e quindi scorre lentamente dando origine a
una crosta più spessa che all’azione del fluire si rompe in blocchi ruvidi e frastagliati.
Generalmente si trova più a valle rispetto a quella a corde.

• Magmi pahoeohoe: il magma è basaltico. Formano strutture con una maggiore fluidità.
Spesso si arrangiano a formare una sorta di corde. Sono rappresentate da colate di lava molto
fluide, di solito vicino alla sorgente. Scorrono lungo un pendio e si espandono in lamine. Il
raffreddamento forma una crosta vetrosa sottile che viene trascinata dal fuso sottostante che
scorre.

• Pillow lava (lave a cuscini): si producono da eruzioni subacquee. Sono quindi importanti per
distinguere in una stratificazione l’attività vulcanica sottomarina da quella continentale.

• Lava a blocchi: si forma per contrazione della lava durante un raffreddamento uniforme e
molto lento. Questo porta alla formazione di forme esagonali che si possono vedere anche
all’interno di domi vulcanici.

L’attività magmatica acida è legata a materiale piroclastico. È legata a grandi esplosioni. I depositi
magmatici sono spesso sottoforma di materiale accumulato che cade dall’alto dovuta dall’attività
esplosiva. Si classificano dal punto di vista granulometrico. Si distinguono tre categorie di rocce
piroclastiche che sono:

- Cenere: rocce piroclastiche composta da grani più piccoli di 2 mm. È la porzione più fine. La
cenere vulcanica è una micro-frammentazione del magma dovuta dall’esplosività dello stesso.
Formano dei depositi chiari.

- Lapilli: rocce piroclastiche composte da grani compresi tra 2 mm e 64 mm. Sono dovuti dal
fatto che la cenere è compattata dall’acqua nelle nubi. È cenere accrezionata. Insieme ai lapilli
c’è la pietra pomice che può formare degli oggetti di dimensioni importanti. È una roccia
piroclastica formata da cenere fusa insieme ricca di strutture vescicolari dovute
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all’espulsione del gas. Il lapillo si forma nelle nubi. Nel processo magmatico possiamo avere
direttamente la formazione di cenere o pomice. Dipende dalla dinamica di espulsione del gas.
Dipende da quanto gas dissolve nel liquido mentre risale rispetto a quello che riesce ad essere
espulso in corrispondenza dell’interfaccia magma-aria. La quantità di gas rilasciato dalmagma
è maggiore del gas di formazione del fuso. In questo caso si forma la pomice. Quando il gas
formato nel fuso è maggiore del gas rilasciato si ha l’espulsione di cenere.

- Bombe o blocchi: rocce piroclastiche composte da grani più grandi di 64 mm. Sono oggetti di
grandi dimensioni. Sono pezzi di condotto magmatico strappati durante la fase esplosiva e
sparati in aria a formare bombe.

TIPOLOGIE DI VULCANI

VULCANI A SCUDO
A seconda del materiale eruttato cambia la morfologia del vulcano. Se l’attività vulcanica è
caratterizzata da magmi poco viscosi, dopo milioni di anni si formano i vulcani a scudo. Hanno delle
pendenze dell’ordine di pochi gradi. Quando sono in attività eruttano lava fluida. Sono vulcani con
diametri basali immensi. Sono le più grandi montagne del pianeta.

STRATOVULCANI
Quando l’attività vulcanica è più esplosiva i vulcani sono più conici con pendii più ripidi e dimensioni
minori. Sono composti da colate basaltiche e piroclastiche alternate. Quelli dominati dalla frazione
piroclastica hanno pendii più ripidi, hanno più depositi di lapilli e meno magma solidificato. Lo
stratovulcano è composto quasi esclusivamente da materiale piroclastico.
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VULCANI COMPOSITI
I vulcani compositi sono una via di mezzo. L’Etna è un vulcano composito.

CALDERE
Le caldere sono delle morfologie che si
producono in seguito ad attività vulcanica
parossistica. La camera magmatica si
svuota instantemente e si ha il collasso di
tutto l‘edifico vulcanico sulla sua stessa
camera magmatica. Produce una
morfologia da collasso gravitativo. Un
esempio è la baia di Pozzuoli.
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ERUZIONI VULCANICHE

Ci sono diversi tipi di eruzioni vulcaniche:

- Hawaiana: è tipica dei grandi vulcani a scudo. È una tipologia caratterizzata da scorrimento di
magi basatici poco viscosi. Ha un indice di esplosività basso.

- Stromboliana: sono poco esplosive. Sono alimentate da magmi mediamente acidi e quindi
mediamente viscosi. Danno luogo ad un’attività duratura caratterizzata da emissione a
intervalli regolari di fontane di lava, lancio di lapilli e bombe vulcaniche. La ricaduta di questi
materiali crea coni di scorie.
- Vulcaniana: sono abbastanza esplosive. È
un’eruzione con una ciclicità continua. C’è un
continuo rilascio di energia e massa che lo
rende pericoloso. È tipico dell’Isola di
Vulcano nelle Eolie. Nelle eruzioni Peleean-
Merapi si ha un tappo vulcanico formato da
riolite. Si ha un’esplosione e si forma una
nube ardente.

- Pliniana: sono eruzioni molto esplosive caratterizzate da stratovulcani. Si producono molta


cenere e lapilli. Producono grandi quantità di materiale piroclastico. Non c’è scorrimento di
lava. C’è la produzione di una colonna che può arrivare a decine di chilometri di altezza carica
di cenere, lapilli e bombe che cadono quando la colonna crolla. L’ombrello può raggiungere
un’altezza di 20 km. La zona dell’ombrello è presente fino a quando il thrust basale lo
mantiene. Quando cessa il thrust basale, si producono flussi piroclastici che scendono dai
versanti del vulcano e travolgono. Sono flussi gravitativi di materiale incandescente. Finché la
colonna è in posto, la deposizione all’intorno del vulcano è caratterizzata da una dinamica
gravitativa. Le bombe cadono più vicine. Man a mano che ci si allontana ci sono granulometrie
più fini. Una volta finito il thrust basale, la colonna che può spingersi fino a 30 km di altezza
crolla su se stessa. Tutto il materiale sostenuto in aria crolla e producono dei flussi piroclastici:
valanghe di materiale incandescente con granulometrie mischiate.

L’indice di esplosività va da 0 a 9 dove 0 non è esplosivo e 9 è super esplosivo. Si classifica in base al


volume in metri cubi, l’altezza della colonna e altri parametri macroscopici che descrivono
l’esplosività.

I Lahar non sono prodotti diretti dell’attività vulcanica. Sono legati a vulcani a chimismo acido. Un
esempio sono i vulcani delle Ande. Sono depositi gravitativi poco selezionati legati a flussi di densità
istantanei (volcanic mudflows). Si originano da vulcani d’alta quota coperti di neve perenne. Quando i
piroclasti ardenti si depositano sulla neve causano uno scioglimento istantaneo e conseguenti colate
di cenere. In Islanda si ha attività vulcanica subglaciale. Può produrre delle sorte di Lahar a scala
gigantesca. Avviene che l’attività vulcanica subglaciale può creare laghi interglaciali che possono
cedere e rilasciare l’acqua di scioglimento. Sono presenti dei vulcani sotto i ghiacciai che quando
eruttano fondono istantaneamente.

GEOTERMIA

In Italia ci sono porzioni con un gradiente geotermico che consentono l’installazione di centrali
geotermiche. Tutto il margine Tirrenico, l’Islanda e alcune parti della Turchia sono ottime per la
produzione di energia elettrica. Il flusso geotermico può contenere metalli pesanti. La geotermia è un
processo privo di emissioni di anidride carbonica.
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TERREMOTI
La crosta terrestre è fatta da materiali
fragili. Se sottoposti a stress si spaccano.
La crosta terrestre è formata da rocce
fredde che hanno un comportamento
reologico fragile. Sottoposte a stress
hanno una ben definita soglia di rottura.
È la soglia al di sopra della quale la crosta
terrestre può subire stress senza
deformandosi. Quando si supera la soglia
di rottura si ha il rilascio istantaneo di
tutta l’energia accumulata nella fase di
deformazione interna. La crosta terrestre
è soggetta a campi di stress. Ci sono forze
nella crosta che la tendono o la
comprimono. Le frecce sono le velocità
GPS. L’Italia si sta muovendo verso nord-
est grazie al fatto che è legata alla placca
africana. I posti più soggetti a terremoti
sono Abruzzo, Umbria e Marche. La
maggior parte dell’attività sismica è dove
si ha direzione diversa della crosta. Il
terremoto è il rilascio di energia istantaneo in corrispondenza di una faglia che è una superficie con
movimento che separa due blocchi di rocce fragili. È il rilascio di energia accumulata da un mezzo
fragile che ha un punto di rottura. È la soglia sopra la quale non può più accumulare deformazione e
si rompe. L’appennino centrale ha una discontinuità: una porzione va da una parte, l’altra da un’altra.

La faglia è una struttura planare di un volume di roccia nella quale è avvenuto un movimento. Esistono
tre tipi di faglie:

• Faglie normali: il piano di faglia deve avere un angolo di


immersione (linea di massima pendenza del piano di faglia che
va verso una certa direzione) diverso da 90°. Il piano di faglia si
immerge sotto il blocco che scende (il tetto scende lungo il
letto). Questo tipo di faglia è dovuto ad uno sforzo distensivo.
Le faglie normali sono tipiche di zone tettoniche distensive.

• Faglie inverse: il piano di faglia deve avere un angolo di


immersione (linea di massima pendenza del piano di faglia
che va verso una certa direzione) diverso da 90°. Il piano
di faglia si immerge sotto il blocco che sale (il tetto sale
lungo il letto). Questo tipo di faglia è dovuto ad uno sforzo
compressivo. Le faglie inverse sono tipiche di zone
tettoniche compressive.
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• Faglie trascorrenti: il piano di faglia è tendenzialmente verticale o subverticale (immersione


con angolo uguale a 90°). Sono caratterizzate da movimenti laterali dei blocchi rispetto al
piano, si hanno quindi:

o Faglie trascorrenti destre : ci si mette da un lato


della faglia. Il movimento dell’altro blocco rispetto
al proprio punto è verso destra.

o Faglie trascorrenti sinistre: ci si mette da un lato


della faglia. Il movimento dell’altro blocco rispetto
al proprio punto è verso sinistra.

I sovrascorrimenti sono faglie inverse a basso angolo. Riescono a


portare accavallamenti e accorciamenti crostali importanti. Sono tipici delle catene collisionali.

Sviluppo di un terremoto:

1. Tempo 0: lo stress accumulato supera la soglia di rottura della roccia e le onde sismiche si
espandono in ogni direzione. Le onde sono riflesse e rifratte dalla crosta formando onde
secondarie.

2. 5 secondi: la rottura si sviluppa lungo il piano di faglia. Quando la rottura raggiunge la


superficie, le rocce superficiali iniziano a riacquistare la forma originale non deformata.

3. 10 seconda: il fronte di rottura procede lungo il piano, di conseguenza diminuisce lo stress e


le rocce continuano a tornare alla forma originale. Le onde sismiche continuano a propagarsi.

4. 20 secondi: quando la rottura si è estesa a tutto il piano di faglia significa che la faglia ha
raggiunto il limite di estensione e il terremoto si ferma.

La roccia è un sistema fragile ed elastico che ha una determinata soglia di rottura (local rockstrength).
Lo stress può venire accumulato nel tempo e la roccia può deformarsi per l’accumulo di stress fino a
quando viene superata la soglia di rottura. Tuto lo stress accumulato viene rilasciato istantaneamente.
La roccia torna nella condizione presismica e riprende l’accumulo di stress. Ilprocesso non è periodico.
L’ipocentro è il punto in profondità in cui si ha il rilascio dell’energia. Una volta che avviene la rottura
iniziale all’ipocentro, l’energia sismica si propaga in tutte le direzioni come se fosse uno sviluppo
sferico. Rilasciano tutta la deformazione e si torna nella condizione di pre-stress. La roccia ricomincia
ad accumulare deformazione e il ciclo riparte. Dopo che l’evento di rilascio principale è avvenuto
possono esserci assestamenti successivi. Possono avere ipocentri diversi dalla scossa maggiore. La
teoria del rimbalzo elastico è stata sviluppata nel 1906.

Al superamento della soglia elastica si ha il rilascio di energia all’ipocentro. Vengono rilasciate le


onde di corpo P e S. Si originano all’ipocentro e si
propagano sfericamente all’interno della Terra in tutte
le direzioni. Possono essere riflette e rifratte alle varie
discontinuità. All’ipocentro si originano le onde di
corpo P e S. Quando arrivano all’epicentro
interferiscono con la superficie della Terra e danno
origine alle onde superficiali Rayleigh e Love. Le onde
di corpo possono essere P o S.
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ONDE DI CORPO
Le onde P (primarie) possono viaggiare attraverso qualsiasi mezzo. Hanno la velocità più alta. Vanno
dai 5 agli 8 km/s a seconda delle condizioni reologiche. Sono le prime onde che vengono registrate ai
sismografi. Le onde P portano a contrazione e rilascio delle rocce. Si manifestano per compressione e
rarefazione delle rocce che attraversano, le particelle di roccia attraversate subiscono vibrazione nella
direzione di propagazione dell’onda. La velocità di propagazione dipende dalle caratteristiche
reologiche del mezzo, espresse nella formula:

3
4
K +ρ μ


α=
- K: modulo di incompressibilità (ovvero la resistenza che la roccia oppone ai cambiamenti di
volume)

- μ: modulo di rigidità (ovvero la resistenza che la roccia oppone ai cambiamenti di forma)

- ρ: densità del materiale attraverso il quale si propagano le onde

Le onde S sono onde secondarie. Si muovono solo


attraverso i solidi. I volumi di roccia subiscono
cambiamenti di forme. Si deformano. La velocità delle
onde S è bassa. Sono più lente delle onde P. I moduli
sono sempre gli stessi. I liquidi non ammettono
cambiamenti di forma, per cui le onde S non propagano
nei liquidi e nei gas. Manca il termine K perché i liquidi
non ammettono cambiamenti di volume. La velocità
delle onde S è data da:


μ
β=
ρ
Questo comporta che al propagarsi all’interno della Terra le onde viaggiano e la loro separazione
aumenta progressivamente col tempo. La separazione dell’arrivo temporale tra le onde P ed S è
correlato alla distanza dall’epicentro dal punto di rilevamento. Le onde S possono rallentare ofermarsi
in corrispondenza di porzioni fuse come le camere magmatiche. Viaggiano dai 2 km/s a 8 km/s. Le
onde P ed S sono generate contemporaneamente. Nelle onde S manca il termine K. I terminireologici
sono gli stessi. Qualsiasi condizione geologica le onde attraversano nella litosfera, la loro distanza
aumenta proporzionalmente con il viaggiare nella litosfera. Se una rallenta, rallenta anche l’altra. Ci
possono aree calde nella crosta che possono rallentare le onde. Alla fine, la velocità puntuale dipende
dalle condizioni K, μ e ρ. La separazione temporale all’arrivo è direttamente proporzionale alla
distanza in cui è avvenuto rilascio di energia.
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ONDE DI SUPERFICIE

Si originano quando le onde P ed S interferiscono con la superficie libera della Terra. La vibrazione del
terreno, tale per cui le onde corrono sull’interfaccia aria/terra, sono le onde superficiali. Si dividono
in onde Reyleigh e Love. Sono generate dall’interazione delle onde P e S sulla superficie della Terra.
Le onde superficiali sono più distruttive delle onde P e S.

Le onde Love sono onde superficiali che causano movimento orizzontale del terreno. La particella di
un’onda Love si muove in un piano orizzontale perpendicolare alla direzione di propagazione
dell’onda. Viaggiano a una velocità minore delle onde S e un po’ maggiore delle onde Reyleigh. Sono
le più distruttive.

Le onde Reyleigh sono chiamate anche onde di ground roll. Sono onde superficiali confinate nella
parte superficiale dell’interfaccia roccia/aria. Sono dei movimenti a ellisse retrograda. I volumi di
roccia compiono dei movimenti in rotazione retrograda. Sono l’opposto delle onde. Hanno una
velocità leggermente minore delle onde Love e sono le ultime ad arrivare. Hanno effetti abbastanza
distruttivi.

Le onde superficiali sono più persistenti delle onde di corpo.

L’ampiezza delle onde superficiali decade con una funzione di: A =f ( x−0,5)

Le onde di corpo decadono con una funzione di: A=f ( x−2)


Servono almeno tre stazioni di misura per localizzare l’epicentro. La distanza di arrivo ci dice se è
vicino o lontano.

Nell’ordine sono registrate dal sismografo: onde P onde S onde Love onde Rayleigh.
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SISMOGRAFI

Il sismografo è uno strumento che registra un terremoto. Tradizionalmente è formato da un pendolo


e un apparato di registrazione. Il passaggio dell’onda sismica provoca il movimento del supporto del
pendolo.

La differenza dei tempi d’arrivo delle onde P e delle onde S al sismografo è in funzione della distanza
dell’epicentro del terremoto. Una differenza di 11 minuti corrisponde ad una distanza di circa 8600
km, 3 minuti a circa 1500 km. Quindi il tempo che intercorre tra l’arrivo al sismografo delle onde P e
delle onde S aumenta all’aumentare della distanza dall’epicentro.

Per determinare la proiezione sulla superficie terrestre del punto d’origine del terremoto (epicentro)
sono necessari almeno 3 sismografi. Si tracciano circonferenze con raggio uguale alla distanza
dall’epicentro (calcolata grazie alla distanza tra onde P e onde S). Il punto di intersezione delle tre
circonferenze è l’epicentro.

La differenza d’arrivo tra onde P e onde S è anche usata come sistema d’allarme preventivo. Quando i
sistemi registrano onde P e S in arrivo a distanza ridotta mettono in allerta la popolazione, prima che
le onde S raggiungano il sismografo.

MAGNITUDO

La scala Richter è l’escursione in millimetri del pennino dal rullo del sismografo:

ML=log10 A−log10 A0(δ )


- A: ampiezza in millimetri dell’escursione del pennino

- A0: fattore di correzione dell’escursione

La scala MMS è legata alla dinamica dell’evento. È usata per stimare la magnitudo dei terremoti
moderni. È basata su una stima del momento sismico.

M 0=μAD
- Μ: rigidità della roccia che si sposta,

- A: area del piano di faglia sbloccato

- D: movimento lungo il piano di faglia sbloccato.

È legata alla reologia e alla memoria del piano di faglia.

Le due scale sono collegate, questo perché tutti i dati raccolti prima degli anni ’70 sono misurazioni
Richter, quindi quando è stata creata la nuova scala si è fatto sì che i dati non andassero persi ma
potessero essere convertiti tramite la seguente equazione:
2
M = log M )−10,7
W
3 10 ( 0
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La scala Mercalli si basa su una classificazione dell’evento in termini di numeri in base al tipo di
danno subito dagli edifici in generale.

La PGA misura l’accelerazione che il terreno subisce. Misura in g la misura che il terreno subisce al
passaggio dell’onda sismica.

RISCHIO SISMICO

Tiene conto di:

- Pericolosità: tiene conto in senso probabilistico della frequenza ed intensità dei terremoti.

- Vulnerabilità: è la misura della propensione al danneggiamento degli oggetti esposti al


fenomeno sismico.

- Esposizione: è la quantità e la qualità degli elementi antropici presenti sul territorio


(popolazione, edifici, infrastrutture, beni culturali, ecc.), le cui condizioni e funzionalità
potrebbero essere danneggiati, alterati o distrutti dall’evento sismico.

L’Italia ha una notevole rete di monitoraggio dell’attività sismica gestito dalla Rete Sismica Nazionale
(INGV) che registra più di 2000 terremoti l’anno sul territorio italiano. La rete sismica nazionale
registra più di mille terremoti all’anno. Il catalogo sismico riporta circa 35.000 terremoti verificatisi in
Italia a partire da 1975, la maggior parte di questi è rappresentato da sismicità crostale. I terremoti
intermedi e profondi interessano la zona del Tirreno meridionale dove possono raggiungere anche
una M = 7. Questo suggerisce un processo di subduzione attivo.

La pericolosità sismica è, in senso probabilistico, lo scuotimento del suolo atteso in un determinato


sito con una certa probabilità.

Attraverso il calcolo del rischio sismico è possibile produrre mappe di vulnerabilità.


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TETTONICA A ZOLLE
La struttura della Terra è desunta essenzialmente dallo studio della velocità e della tipologia di
propagazione delle onde sismiche. La velocità delle onde sismiche dipendono dalla composizione del
materiale attraversato e dalla pressione a cui è sottoposto, quindi dalla reologia del materiale.

La struttura interna della Terra può essere classificata in due modi: da un punto di vista
composizionale o da un punto di vista meccanico reologico. Abbiamo compositional layers e i
mechanical layers. La Terra è classificata in:

- Litosfera: è la parte rigida esterna dove si originano i terremoti. È fragile. Si sposta su un


qualche cosa che reologicamente lo permette. È l’astenosfera. Ha uno spessore variabile tra
50 e 300 km. Mediamente è 100 km. La litosfera ha la capacità di interagire con l’astenosfera.
Si ha la tendenza della litosfera a raggiungere l’equilibrio gravitazionale. L’isostasia è la
pendenza della litosfera rigida a raggiungere un equilibrio gravitazionale. Per fare ciò o scende
o si eleva o si sposta orizzontalmente. La litosfera continentale è caratterizzata da unacrosta
molto spessa e leggera e un mantello peridotitico con uno spessore che può superare i100 km.
La litosfera oceanica è fatta da una crosta basaltica o gabbrica poco spessa e densa eda un
mantello litosferico uguale a quello della litosfera continentale. La differenza è che la litosfera
oceanica è meno spessa e mediamente più densa di quella continentale. Le due litosfere
affondano in maniera completamente diversa. La litosfera continentale avrà radici profonde
e montagne molto elevate. La litosfera oceanica affonderà meno ma sarà anche piùdepressa.
Una litosfera molto spesso affonda molto e si eleva circondata da litosfera oceanica che è
sottile e densa che si eleva poco e affonda meno. Per erosione la litosfera comincia a salire.
Se la carico si abbassa. È divisa in:

o Crosta: è ciò su cui viviamo. Può essere continentale o oceanica. La crosta oceanica è
più sottile. Può essere 0 km di espansione in corrispondenza degli assi in cui viene
creata. Mediamente è di 7 km. La crosta continentale è fatta da rocce molte leggere
ed è molto profonda. Ha uno spessore medio di 30-50 km. La crosta oceanica è
monotona da un punto di vista composizionale. È fatta da basalti e gabbri. La crosta
continentale è fatta da da calcari, rocce metamorfiche, gneiss, paragneiss, graniti,
granodioriti e rocce sedimentarie come arenarie. Di conseguenza le rocce dellacrosta
oceanica sono più dense e tendono ad abbassarsi nell’astenosfera plastica. La velocità
delle onde P è maggiore nella crosta oceanica perché è più densa. La profondità di
Moho segna la profondità della crosta.

o Mantello: è solido peridotitico.


- Astenosfera: ha un comportamento plastico. Si estende dalla base della litosfera alla
discontinuità a 660 km ed è, rispetto alla litosfera, una regione del mantello soggetta a
movimento plastico. È una regione caratterizzata da basse velocità sismiche. È una regione
caratterizzata da rallentamenti delle onde.

- Mesosfera: corrisponde al mantello inferiore. Si estende da 660 km fino a 2900 km di


profondità dove c’è il limite nucleo-mantello. È caratterizzata da un aumento di velocità delle
onde P e S. C’è quindi un aumento delle condizioni di pressione e temperatura che favoriscono
fasi mineralogiche sempre più dense e compatte. Culmina con uno strato D’’ caratterizzato da
un crollo estremo macroscopico della velocità delle onde P e una sparizionedelle onde S.
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- Nucleo esterno: è liquido. È costituito da metalli. Ha una reologia prossima a quella di un


liquido. È soggetto a turbolenza e a vortici. In corrispondenza del limite nucleo-mantello (D’’)
la velocità delle onde P crolla da 14 km/s a 8 km/s. Le onde S non si propagano. È una regione
sferica composta da metalli liquidi. Questi metalli liquidi ruotano perché la terra ruota. Sono
quindi soggetti alla forza di Coriolis. Per effetto della forza di Coriolis la circolazione all’interno
del nucleo esterno liquido è una circolazione particolare: le celle circolatorie hanno una forma
di elica di materiale metallico ascendenti e discendenti. Queste eliche sono conduttrici. Da
queste eliche circola corrente elettrica. La corrente elettrica genera un campo magnetico
concatenato. Si forma un campo magnetico bipolare. La bipolarità nasce dalla struttura
circolatoria particolare. Le eliche di materiale metallico conduttore in cui circola la corrente
sono sviluppate lungo l’asse di rotazione. Di conseguenzail campo è lungo l’asse di rotazione.

- Nucleo interno: è fatto da metalli solidi. Si estende da 5200 km. È una palla di metallo. Le
onde P hanno un incremento. Riappaiono le onde S perché sono il prodotto dell’interferenza
delle onde P con il limite nucleo interno-nucleo esterno che genera delle onde S. Non sono
quelle che si sono fermate al limite nucleo-mantello.
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La litosfera è suddivisa in 20 placche litosferiche di spessore di circa 100 km che si muovono le une
relativamente alle altre sia verticalmente che orizzontalmente. Questi movimenti causano terremoti,
attività vulcanica e sono responsabili della costruzione di catene montuose. La tettonica a zolle deriva
dalla deriva dei continenti. La teoria della deriva dei continenti è l’idea che i movimenti su larga scala
dei continenti sono responsabili delle grandi morfologie superficiali come catene montuose e bacini
oceanici. La teoria dei continenti non venne accolta dalla comunità scientifica perché violava quello
che era noto su quello che si sapeva sulla struttura interna della terra. Non proponeva un meccanismo
che poteva spiegare il movimento dei continenti. Alla fine degli anni ’50 si sono prodotti dati
sperimentali che hanno condotto alla formulazione della tettonica a zolle. Una delle prove che ha
portato alla formulazione della tettonica a zolle viene dalla magnetizzazione delle rocce. Il campo
magnetico è bipolare. Nel nucleo esterno liquido ci sono delle correnti elicoidali di materiale
conduttore sviluppate lungo l’asse di rotazione che producono un campo magnetico concatenato.
Questo comporta che esista un’equazione che lega l’inclinazione delle linee di forza del campo rispetto
alla superficie terrestre rispetto alla latitudine. Le linee di forza del campo magneticoterrestre sono
verticali al polo nord e orizzontali all’equatore. Se trovo un modo di misurare le linee di forza del
campo magnetico fossile all’interno della roccia in modo da capire dov’è l’orizzonte della roccia, posso
capire a che latitudine si è formata. Al fondo dei bacini oceanici ci sono minerali naturalimagnetici che
hanno proprietà magnetiche. Cadono al fondo degli oceani, vengono incorporati nel sedimento e
orientati secondo le linee di forza del campo magnetico. Mantengono memoria del campo magnetico
che agiva nel momento in cui si sono deposte nell’oceano. Dall’inclinazione della magnetizzazione
riesco a stabilire la latitudine a cui si è
formata. Questo ha portato a capire che alcune rocce
si sono formate a latitudini molto diverse a quelle che
troviamo ora. Una delle prove ulteriori proviene dallo
studio della crosta oceanica. I geologi marini hanno
capito una delle componentistiche principali del
motore di movimento, ovvero dove si origina il
movimento: in corrispondenza degli assi di espansione.
Hess propose che le dorsali medio oceaniche marcano
regioni dove avviene la risalita di magma in superficie.
Suggerì che questa estrusione di magma spingesse
lateralmente il fondale oceanico sui due lati della
dorsale. La teoria di Hesse dell’espansione dei fondali
oceanici offriva il meccanismo di movimento mancante della deriva dei continenti di Wegner. Le
anomalie magnetiche della crosta sono il fatto che la crosta del fondale degli oceani è polarizzata a
polarità normale o inversa a seconda delle inversioni del campo magnetico terrestre.

La crosta basaltica viene iniettata in corrispondenza degli assi di espansione, comincia a raffreddarsi
sotto l’azione del campo magnetico. La magnetite dentro il basalto raffreddandosi si orienta secondo
il campo magnetico. Arriva un’altra iniezione e contemporaneamente il campo si è invertito. La crosta
si magnetizza dall’altra parte. Si crea una struttura di magnetizzazione della crosta a fasce parallele
rispetto all’asse di espansione a polarità alternativamente normale e inversa con un assetto
geometrico speculare rispetto all’asse di espansione perché si mette in posto e spinge lateralmente. Il
basalto si mette in posto lungo la dorsale, si raffredda e si magnetizza secondo il campo magnetico
terrestre che è a polarità normale. In seguito, una nuova fase di messa in posto di basalto spinge
lateralmente. Nel tempo si formano una serie di bande di crosta oceanica magnetizzata a polarità
normale e inversa. Soltanto attraverso un meccanismo di espansione dei fondali oceanici si può
comprendere perché la crosta è magnetizzata a bande parallele all’asse di espansione e speculari.
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LIMITI DI PLACCA

La sommatoria di tutta la crosta che viene prodotta da tutti i margini divergenti del pianeta in un anno
è uguale alla quantità di litosfera che viene consumata nei margini convergenti.

- Divergente: abbiamo una messa in posto di basalto lungo l’asse di espansione e spinte laterali.
Può partire da una condizione di rifting in cui litosfera continentale inizia ad essere soggetta
a sforzi tensionali. La litosfera continentale si assottiglia e si producono faglienormali. Col
passare delle decine di milioni di anni dalla fase di rift si può passare alla fase di strading,
ovvero di apertura oceanica. La tensione della litosfera continentale continua fino ache ad un
certo punto la litosfera continentale si lacera e si mette in posto un asse di espansione con
iniezione di basalti a formare un vero e proprio oceano. La caratteristica di un margine
divergente nelle dorsali è che si ha una porzione superficiale con i sedimenti, unaporzione
fatta da basalti e dicchi alimentatori, i gabbri e un’astenosfera superficiale in decompressione
che fonde, produce camere magmatiche in corrispondenza dell’asse di espansione. In
corrispondenza dei margini divergenti si hanno meccanismi focali di terremoti distensivi,
ovvero le faglie sono normali. Avremo anche attività sismica con ipocentri superficiali perché
la litosfera è poco sottile. C’è bassa magnitudo perché il movimento è promosso. Non c’è
tempo per accumulare deformazione. È un meccanismo distensivo.

- Convergente: la litosfera oceanica scende nel mantello sotto alla litosfera. I meccanismi focali
a faglia inversa hanno una caratteristica, ovvero hanno una grande variabilità con la
profondità. Questo perché lo stato rigido della litosfera si mantiene nel mantello. Questa
litosfera che subduce rimane fragile per milioni di anni. Continua a produrre terremoti man
mano che scende nel terreno fino a 300 km di profondità nell’astenosfera. Rimane litosfera
rigida che non viene assorbita. La litosfera può accumularsi arricciandosi alla base del
mantello. Ci sono tre tipi di margini convergenti:

o Oceano-continente: si ha subduzione di litosfera oceanica sotto litosfera


continentale. Si hanno meccanismi focali comprensivi. Le montagne si producono per
sforzi compressivi. Si ha compressione, faglie inverse, sovrascorrimento, ispessimenti
crostali. Gli spessori della crosta sono elevati. Si ha vulcanesimo differenziato perché
la litosfera è spessa. La litosfera oceanica che è densa va sotto quella più leggera
continentale.

o Oceano-oceano: la litosfera oceanica va sotto la litosfera oceanica con uno sviluppo


di un arco magmatico insulare (Giappone). La litosfera oceanica più vecchia è quella
più fredda ed è quindi un po’ più densa. È quindi quella più vecchia che subduce. Si
producono terremoti inversi, faglie inverse, accorciamento crostale, ispessimento
crostale e attività vulcanica. I meccanismi focali sono inversi e particolarmente forti.

o Continente-continente

- Trasforme: sono i margini in cui le placche litosferiche trasformano. Un esempio è la faglia di


San Andreas.

Il mantello sottostante astenosferico o mesosferico è caratterizzato da grandi celle collettive che


guidano il movimento della litosfera. Le forze che vediamo all’opera è la forza di gravità. La forza di
gravità agisce nei confronti della litosfera in subduzione perché la litosfera in subduzione pesa
cadendo nel mantello. Esiste una forza di gravità che agisce sulla litosfera in subduzione che è lo slab
pull. È una forza comprensibile. Il ridge-push è la spinta in corrispondenza dell’asse. L’asse di
espansione si eleva rispetto ai fondali oceanici. Man mano che ci si allontana si va verso le piane
abissali. La gravità guida il movimento della litosfera sia come ridge-push che come slab pull. La
circolazione del mantello sottostante può aiutare questo movimento o contrastarlo.

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