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VASCULITI ANCA-ASSOCIATE (AAV)

Le AAV sono un gruppo di malattie infiammatorie croniche ad eziologia autoimmune, raggruppate in un’unica categoria per la
presenza di caratteristiche comuni quali:
1. coinvolgimento dei vasi di calibro medio (solo GPA e EGPA) e piccolo (tutte e 3);
2. positività agli ANCA nella quasi totalità dei casi;
3. frequente interessamento polmonare e renale;
4. risposte simili agli interventi immunosoppressivi1.
Comprendono:
o Granulomatosi con poliangioite (GPA) o sindrome di Wegener
o Granulomatosi eosinofila con poliangioite (EGPA) o sindrome di Churg-Strauss
o Poliangioite microscopica (MPA)2
o Forme limitate all’interessamento di un singolo organo (ad es. glomerulonefrite paucimmune limitata al rene)
o Forme secondarie ad altre malattie autoimmuni (LES, AR, sclerodermia) o tumori
o Forme secondarie a farmaci

EPIDEMIOLOGIA

 Sono malattie relativamente rare. Nella popolazione europea, l’incidenza è compresa tra 12 e 20 nuovi casi / 1 anno / 1
milione di abitanti, con una prevalenza compresa tra 50 e 200 casi / 1 milione di abitanti.
Il 90% di tutte le AAV è rappresentata dalla GPA e dalla MPA, che costituiscono la forma più frequente rispettivamente nel
Nord Europa e Sud Europa/Asia. La EGPA è molto meno frequente (10% del totale).

 Sebbene possa colpire pazienti di tutte l’età, le AAV sono abbastanza infrequenti in bambini e adolescenti. L’incidenza tende
ad aumentare con l’età raggiungendo un picco tra i 40 e i 50 anni.
 M e F sono colpiti in egual misura.
 Prima dell’avvento di una terapia efficace, le AAV erano gravate da una mortalità importante, soprattutto nei casi con
coinvolgimento renale (5 mesi di sopravvivenza media con tasso di mortalità del 90% a 2 anni). L’introduzione della
ciclofosfamide (da parte di A. Fauci) nel trattamento ha cambiato radicalmente la prognosi di questi pazienti, portando la
sopravvivenza a 5 anni fino all'80%. Permane ancora oggi una mortalità precoce che varia dal 5 al 10%.

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Le vasculiti dei vasi di piccolo e medio calibro rispondono bene all’immunosoppressione con ciclofosfamide e in alcuni casi cortisonici, mentre
quelle dei vasi di grosso calibro richiedono una dose di steroidi da moderata a consistente.
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Un tempo definita come la forma microscopica della PAN, viene attualmente ben distinta da quest’ultima in quanto risparmia le arterie di medio
calibro e colpisce vasi più piccoli (arteriole, capillari e venule), in aggiunta al frequente rilievo di ANCA.
EZIOLOGIA

L’eziologia delle AAV è multifattoriale e riconosce fattori genetici e ambientali.


Fattori genetici
 HLA → MHC-II è il principale fattore che influenza la specificità degli ANCA: la GPA con c-ANCA è associata soprattutto
all’aplotipo HLA-DP, mentre la MPA con p-ANCA è associata all’aplotipo HLA-DQ. Le AAV possono peraltro insorgere anche in
individui privi degli antigeni HLA in questione.
 Altri geni → Un certo ruolo nella patogenesi sembrerebbe essere svolto anche da altri geni, tra cui PTPN22 (protein-tirosin-
fosfatasi non recettoriale 22). In particolare, nei pazienti con AAV si osserva un polimorfismo a singolo nucleotide (SNP) di tipo
gain of function di PTPN22 con frequenza maggiore rispetto alla popolazione generale. Poiché questa proteina regola
negativamente la produzione di IL-10 (una citochina immunosoppressiva), questo polimorfismo porta ad un’iperattivazione del
sistema immunitario.
Fattori ambientali
Su questo terreno genetico predisponente, i fattori ambientali agiscono da trigger in grado di scatenare la reazione
immunopatologica. Nella stragrande maggioranza dei casi l’agente scatenante resta sconosciuto, mentre in alcuni casi è possibile
ipotizzare un ruolo da parte di agenti infettivi, farmaci o inalazione di polveri sottili.
 Agenti infettivi → alcuni agenti infettivi (HBV, HCV, parvovirus B1 etc.) possono indurre la comparsa di ANCA ma le
manifestazioni cliniche di vasculite o glomerulonefrite sono presenti solo in una minoranza di questi casi.
È stato riportato che lo stato di portatore cronico di S. aureus a livello nasale si associa ad una più alta incidenza di recidive di
granulomatosi associata a GPA; tuttavia non vi è ancora una evidenza certa del ruolo patogenetico di questo microrganismo.
La EGPA, per alcune caratteristiche cliniche (manifestazioni allergiche dell’apparato respiratorio) e bioumorali (spiccato
aumento degli eosinofili e delle IgE totali) si possono ipotizzare infezioni parassitarie come aspergillus, ascaridi e trichinella.
 Farmaci → alcuni farmaci come il propil-tiouracile possono indurre la produzione di ANCA ma le manifestazioni cliniche di
vasculite o glomerulonefrite sono presenti solo in una minoranza di questi casi.
È controversa l’associazione tra EGPA e inibitori dei leucotrieni (zafirlukast, montelukast e pranlukast) impiegati nel
trattamento dell’asma bronchiale. È comunque consigliabile sospendere prudenzialmente l’impiego di questi farmaci in
pazienti che abbiano sviluppato una EGPA.
 Polveri sottili → l’associazione tra l’inalazione di polveri di silicio e l’insorgenza di AAV è fortemente dibattuta. Dopo il
terremoto avvenuto in Giappone nel 2011 è stato osservato un aumento importante di morbidità e severità di malattia nei
pazienti affetti da AAV. La via inalatoria spiegherebbe inoltre la predilezione di queste vasculiti per l’apparato respiratorio.
 Allergeni → l’inalazione di sostanze allergizzanti è stata messa in relazione con la EGPA.

PATOGENESI

Gli eventi patogenetici alla base delle AAV possono essere schematizzati come segue.
1. RUOLO DEI LINFOCITI TH17
I linfociti TH17 sono una sottopopolazione T linfocitaria fondamentale nella risposta ai funghi e a certi batteri. La loro
differenziazione si verifica in presenza di IL-6, TGF-β, prodotte da APC a seguito dell’impegno di certi recettori di
riconoscimento del profilo (PRR – Pattern Recognition Receptors) da parte di questi patogeni. La generazione di TH17
presuppone l’attivazione all’interno della cellula di un fattore trascrizionale denominato RORT. Una volta differenziati, il
mantenimento, l’espansione e la funzione dei T H17 è garantita da altre due citochine, IL-21 (prodotta dai linfociti Th1) e IL-23
(prodotta dalle APC).
I TH17 (e tutti i linfociti T) sono reclutati nel sito di infiammazione seguendo il gradiente generato dalla chemochina CCL20, che
viene prodotta dai macrofagi e va a legarsi al recettore CCR6 espresso sui linfociti T. L’asse CCL20-CCR6 è quindi un importante
crocevia tra risposta innata e adattativa. Gli stessi T H17 sono in grado di produrre CCL20 in grado di richiamare altri T H17
creando i presupposti di un processo infiammatorio cronico.
La principale citochina effettrice prodotta dai TH17 è l’IL-173. Questa agisce in maniera indiretta, nel senso che induce la
produzione di altre citochine da numerosi tipi cellulari quali cellule endoteliali, cellule epiteliali, fibroblasti e macrofagi.
I principali effetti indotti dall’IL-17 sono:
 Effetto pro-infiammatorio → induce la produzione di IL-6, IL-1β, TNFα, PGE2
 Produzione e reclutamento dei neutrofili4 → induce la produzione di fattori di crescita (G-CSF e GM-CSF) e fattori
chemiotattici (IL-8, CXCL-1) attivi sui neutrofili.
 Potenziamento risposta innata → IL-17 induce (insieme a IL-22) la produzione di peptidi antimicrobici da parte delle
cellule epiteliali che costituiscono le barriere fisico-chimiche dell’immunità innata. In particolare, a livello della parete
intestinale l’IL-17 contribuisce a creare uno stato di blanda infiammazione che favorisce la funzione di barriera selettiva di
tale distretto. A livello bronchiale inducono, tra l’altro, broncocostrizione.
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Quella dell’IL-17 è in realtà una famiglia di citochine contenente 6 membri, indicate con le lettere A-F.
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Nell’ambito delle risposte T cellulari:
 i Th17 regolano le funzioni dei neutrofili;
 i Th1 regolano le funzioni dei monociti/macrofagi;
 i Th2 regolano le funzioni di eosinofili, basofili e mastociti.
Le cellule TH17 pro-infiammatorie in determinati contesti (produzione di IL-23 + TGFβ da parte delle APC) possono acquisire un
fenotipo regolatorio (rTH17). I Treg17 cellule producono soprattutto IL-17, IL-10 e bassi livelli di IL-22. L’IL-10 ha funzioni
immunosoppressive, l’IL-22 potenzia i meccanismi di risposta innata e stimola la sopravvivenza e la proliferazione di numerose
cellule di origine epiteliale e stromale. Quindi si capisce bene come questo meccanismo sia importante per limitare la
patogenicità dei TH17.
Alterazioni del subset TH17 si associano a IBD, malattie reumatiche (AAV, psoriasi, etc.), sclerosi multipla, asma e la sindrome di
Giobbe (condizione caratterizzata da livelli alti di IgE e ascessi fungini ricorrenti).

2. PRIMING DEI NEUTROFILI


Una caratteristica importante dei polimorfonucleati è che essi cambiano le loro sensibilità recettoriali e le loro attitudini
funzionali a seconda del contesto microambientale in cui operano.
Durante l’infiammazione vengono prodotte una serie di citochine quali il TNFα e IL-1β che attivano i neutrofili. Anche il fattore
C5a che viene prodotto attraverso la via alternativa del complemento rappresenta un potente fattore chemiotattico ed
attivatore dei neutrofili.
Nell’ambito della risposta immunitaria specifica, gli anticorpi sono in grado di attivare i neutrofili legandosi al recettore Fcγ.
Una volta attivati i neutrofili:
 liberano enzimi e ROS;
 esprimono molecole di adesione per le cellule endoteliali;
 esprimono recettori per citochine e altri mediatori;
 liberano NET;
 liberano BAFF in grado di attivare i neutrofili;
 liberano fattore tissutale (che promuove la trombosi locale);
 esprimono antigeni target (MPO e PR3) sulla loro superficie.
3. PERDITA DELLA TOLLERANZA
Gli eventi patogenetici che portano alla perdita della tolleranza possono essere schematizzati come segue:
a) Nei pazienti con AAV vi è una ↓ clearance dei NET5 a causa di una ↓ attività dalla DNAsi-1 (enzima sierico normalmente
preposto alla degradazione di questi complessi).
b) Se non vengono rimossi, i costituenti dei NET possono andare in contro a modificazioni molecolari per l’azione di
metalloproteasi tissutali, farmaci o altre sostanze. Queste modificazioni da un lato li rendono ancora più resistenti alla
degradazione e dall’altro ne aumentano l’immunogenicità (attraverso la formazione di neoantigeni). Contro questi
neoantigeni viene montata una reazione autoimmunitaria sia di tipo umorale (testimoniato dalla produzione di anticorpi
diretti contro MPO o PR-3) sia di tipo cellulo-mediata (testimoniato dalla presenza di linfociti T e citochine T-linfocitarie
negli infiltrati infiammatori).
c) Poiché i NET contengono DNA extracellulare in forma denaturata, esso può essere riconosciuto dai fagociti tramite il TLR9
ed attivare la risposta infiammatoria. Il contesto infiammatorio è fondamentale per la perdita della tolleranza: le
citochine pro-infiammatorie stimolano l’espressione di molecole costimolatorie sulle APC, senza le quali la presentazione
dell’antigene ai linfociti determinerebbe l’anergia o l’AICD (activation-induced cell death) del clone autoreattivo. Si
ammette anche che alla base della perdita della tolleranza vi possa essere una deregolazione dei T-reg.
Il TLR-9 è presente anche sui linfociti B, che in questo modo vengono accelerati nella produzione di anticorpi.
d) Come vedremo dopo, gli ANCA sono in grado di attivare i neutrofili, tra le cui risposte vi è la liberazione di NET. Si viene
quindi a creare un circolo vizioso tra formazione di NET e liberazione di ANCA che sostiene il processo immunopatologico.

Per la GPA è stato proposto un meccanismo alternativo. Si ipotizza che il trigger possa essere rappresentato dallo S.aureus, il
quale presenta antigeni strutturalmente simili alla PR-3 e che quando presentati su HLA-DP possono scatenare una reazione
immune anche verso il self (mimetismo molecolare). S. aureus è inoltre in grado di attivare i macrofagi tissutali mediante i TLR
inducendoli a produrre citochine pro-infiammatorie come TNF e IL-1β necessarie per l’espressione delle molecole
costimolatorie.

4. MECCANISMI EFFETTORI DEL DANNO


 Immunità umorale → Gli ANCA non rappresentano solo un marker di malattia ma hanno anche un ruolo centrale nella
patogenesi. Gli ANCA sono prevalentemente IgG (e meno frequentemente di classe IgA e IgM). Quando i neutrofili
vengono attivati esprimono antigeni target (MPO e PR3) sulla loro superficie; a questi si legano gli ANCA tramite la
frazione Fab. Tramite il frammento Fc si legano invece al recettore Fcγ presente sulla superficie degli stessi neutrofili,
trasducendo all’interno della cellula potenti segnali attivatori. Questa iperattivazione, oltre a determinare una anomala
produzione di citochine che amplifica il processo infiammatorio, porta anche al rilascio di specie reattive dell’ossigeno,
enzimi litici e NET che danneggiano le cellule endoteliali dei vasi determinando necrosi fibrinoide.
 Immunità cellulo-mediata → Le APC fagocitano molecole di MPO o PR-3 a livello dei NET e presentano i relativi peptidi su
MHC-II ai linfociti T CD4+, secernendo inoltre IL-12 che induce la differenziazione dei Th0 in Th1 . I Th1 liberano IFN-γ (un
potente attivatore dei macrofagi) e stimolano le cellule B a differenziarsi in plasmacellule (che producono gli ANCA).
Quando sono stimolati i TLR, i macrofagi producono TNF e IL-1β, che determinano il reclutamento di monociti e neutrofili
e inducono la differenziazione dei Th0 in Th17. Sono poi in grado di produrre IL-23, che determina attivazione ed
espansione dei Th-17. Questi ultimi liberano IL-17, che promuove il reclutamento di ulteriori neutrofili.
Questi meccanismi sono comuni a tutte le AAV.

Nella GPA è stato ipotizzato un ruolo patogenetico dello S. aureus. Quando colonizza le prime vie respiratorie, questo
batterio attiva i macrofagi tissutali mediante i TLR inducendoli a produrre citochine pro-infiammatorie come TNF e IL-1β,
che promuovono il reclutamento di neutrofili e monociti dal sangue. Una volta reclutati:  i neutrofili che incontrano i
microorganismi rilasciano ROS ed enzimi litici responsabili della formazione del core necrotico;  i monociti prima si
differenziano in macrofagi e successivamente operano il cross-talk con i linfociti Th1, venendo attivati. Le APC che
presentano gli antigeni derivati da PR-3 su specifici HLA-DP inducono una attivazione più energica dei Th1, i quali a loro

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I NET (Neutrophil Extracellular Traps) sono filamenti di materiale nucleare derivato da neutrofili ed estruso nell’ambiente extracellulare in risposta
ad appropriati stimoli infiammatori. Essi svolgono la funzione di potenziare la risposta immunitaria innata nei confronti di agenti patogeni
potenziandone il riconoscimento, limitandone la diffusione e favorendone l’eliminazione. Costituenti fondamentali dei NET sono:
 cromatina (DNA e istoni) decondensata attraverso la citrullinazione degli istoni;
 proteine associate alla cromatina con funzione  opsonica,  battericida (ad es. LL-37, MPO, PR-3) e  pro-coagulante.
Sono state descritte due possibili modalità di formazione dei NET:
 NETosi p.d. (o suicida) → in cui l’estrusione del materiale nucleare è associata alla dissoluzione della membrana citoplasmatica e quindi
alla morte cellulare.
 NETosi vitale → in cui l’estrusione delle reti avviene in assenza di rottura della membrana citoplasmatica.
La persistenza di NET è implicata anche nella patogenesi del LES (dove caratteristicamente si osserva la presenza di anticorpi antinucleo),
dell’AR (dove caratteristicamente si osserva la presenza di anticorpi anti peptidi ciclici citrullinati), della sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi e della
trombosi.
Tali NET possono essere individuati a livello delle lesioni necrotizzanti delle AAV mediante studi di immunofluorescenza grazie al ritrovamento di
istoni citrullinati accompagnati da DNA extracellulare.
volta produrranno maggiori quantità di IFNγ. Sotto la continua stimolazione da parte dell’IFNγ, i macrofagi si organizzano
intorno all’area necrotica formando la reazione granulomatosa (ipersensibilità del IV tipo).

La EGPA è caratterizzata dalla presenza di eosinofilia nel sangue periferico e infiltrazione di eosinofili a livello delle lesioni
vasculitiche. Si ritiene che in questa forma un ruolo fondamentale venga svolto dai linfociti Th2 e dalle citochine da essi
prodotte, quali IL-4, IL-5 e IL-13. L’IL-4 stimola la differenziazione dei Th0 in Th2, induce lo switch isotipico dei linfociti B
verso la produzione di IgE e stimola la produzione di CCL26 (fattore chemiotattico degli eosinofili, anche conosciuto come
eotassina 3) da parte delle cellule endoteliali. L’IL-5 agisce principalmente da attivatore degli eosinofili. L’IL-13 stimola la
produzione di muco dalle cellule caliciformi mucipare dell’albero bronchiale; è inoltre una citochina fibrogenetica perché
stimola i macrofagi e i fibroblasti a produrre collagene, è così coinvolta nel processo della fibrosi caratteristico
dell'infiammazione cronica e dell'asma. Nei macrofagi stimola anche la produzione di TGF-β, che pure ha effetti pro-
fibrotici.
Una volta che gli eosinofili hanno infiltrato i tessuti secernono il contenuto dei granuli fra cui la neurotossina eosinofila, la
perossidasi eosinofila e proteine cationiche, portando così alla distruzione dei tessuti.

ANATOMIA PATOLOGICA

GPA
Il quadro istopatologico caratteristico della GPA è rappresentato da una vasculite necrotizzante delle piccole arterie e vene,
associata alla formazione di granulomi6 necrotizzanti intra- ed extravascolari. In particolare:
 A livello dei vasi (arterie > vene) di piccolo e medio calibro:
 in fase precoce infiltrazione della parete da parte di neutrofili;
 successivamente si ha la formazione di  aree focali di necrosi fibrinoide e  granulomi intravasali necrotizzanti.
Il processo infiammatorio si estende anche a livello perivasale. Frequenti sono le trombosi all’interno dei vasi, con
conseguente necrosi ischemica dei tessuti irrorati (importante meccanismo fisiopatologico responsabile di danno d’organo
secondario).
 A livello dei tessuti:
 in fase precoce si osserva infiltrato neutrofilico simil-flemmonoso;
 successivamente il processo assume carattere produttivo e necrotizzante, con formazione di  aree di necrosi ischemica
con aspetto “a carta geografica”,  granulomi extravasali necrotizzanti e  infiltrato misto costituito da neutrofili,
eosinofili, cellule mononucleate (linfociti Th1 e TH17, monociti), cellule giganti multinucleate e rare plasmacellule.
 L’interessamento capillare nella GPA si esprime invece con:
 a livello renale con glomerulonefrite necrotizzante focale segmentale (che si manifesta con alterazioni urinarie semplici),
eventualmente con la presenza di formazioni semilunari (glomerulonefrite rapidamente progressiva). Non sono
dimostrabili depositi di immunoglobuline e complemento (glomerulonefrite pauci-immune);
 a livello polmonare con capillarite alveolare (rara).
Tutti i distretti possono essere interessati da questo tipo di lesioni ed in particolare il tratto respiratorio superiore e il polmone. A
livello del tratto respiratorio superiore si osservano perlopiù lesioni ulcerative, spesso a carattere destruente, associate ad intensa
flogosi mista; in questa sede i granulomi sono generalmente assenti e anche la vasculite è difficile da dimostrare.
L’interessamento polmonare si manifesta con:  lesioni nodulari multifocali che tendono ad escavarsi e sovrainfettarsi;  infiltrati
che determinano consolidamenti con aspetto tipo OP (polmonite organizzativa).
L’interessamento polmonare della granulomatosi di Wegener, per il suo carattere contemporaneamente produttivo e
necrotizzante, viene spesso scambiato per una neoplasia maligna.
EGPA
Caratteristica tipica di malattia dal punto di vista istopatologico è il riscontro di:
 Eosinofilia periferica
 Infiltrati infiammatori eosinofili
 Vasculite necrotizzante dei piccoli vasi
 Granulomi intra- ed extravasali → differiscono da quelli della EGPA perché contengono eosinofili e perché non vanno in contro
a cavitazione. Sono in genere limitati alle fasi avanzate di malattia.
A livello del parenchima polmonare sono evidenti soprattutto infiltrati e meno frequentemente noduli multipli (a volte fino a molte
centinaia), di dimensioni variabili (fino a 1.5 cm), che possono fondersi tra loro. Le lesioni non sono destruenti come nella GPA.
La lesione renale più frequente è rappresentata da una glomerulonefrite pauci-immune necrotizzante focale segmentale con la
presenza di formazioni semilunari, in analogia con le altre AAV.

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I granulomi nella GPA sono costituiti da:
1. un’area centrale di necrosi ischemica (nei granulomi extravasali) o fibrinoide (nei granulomi intravasali) con presenza di granulociti
neutrofili (responsabili della necrosi, suppurazione e cavitazione);
2. uno strato intermedio cellule di (macrofagi disposti “a palizzata”) e cellule giganti multinucleate (che si formano dalla fusione delle
cellule epiteliolidi);
3. una corona di cellule mononucleate (linfociti Th1 e macrofagi);
4. un alone di plasmacellule, neutrofili e fibroblasti.
MPA
Nella MPA la vasculite necrotizzante predilige i capillari e le venule, oltre che le piccole e medie arterie. Negli stadi precoci si
osserva necrosi fibrinoide con rigonfiamento delle cellule endoteliali e infiltrazione della parete dei vasi da parte di granulociti
neutrofili e cellule mononucleate, ma in alcune lesioni si può osservare esclusivamente un infiltrato di neutrofili che si
frammentano quando infiltrano la parete del vaso (leucocitoclasia). Successivamente (dopo 1 settimana) l’infiltrato diviene
linfocitario.
L’assenza di infiammazione granulomatosa differenzia la MPA dalle altre due forme.
Da un punto di vista istologico, gli elementi caratteristici della MPA sono riscontrabili nel rene e nel polmone.
 A livello renale, la lesione tipica è una glomerulonefrite focale segmentale con necrosi fibrinoide della parete del capillare
glomerulare associata alla formazione di semilune. La proliferazione endocapillare è scarsa o assente. All’immunofluorescenza
non si rilevano depositi immuni (pauci-immune).
 A livello polmonare la caratteristica istologica di maggior rilievo è la capillarite. A seguito di episodi ricorrenti di emorragia
alveolare, si può sviluppare fibrosi interstiziale, soprattutto nei pazienti p-ANCA positivi.
 A livello cutaneo riscontriamo una vasculite leucocitoclastica necrotizzante pauci-immune.

CLINICA

Oltre ai sintomi generali quali febbre, astenia o calo ponderale, molti aspetti clinici legati ai vari interessamenti d’organo sono
comuni nelle diverse AAV, seppur con frequenza variabile da forma a forma.

 ORL → L’interessamento del distretto ORL è tipico della GPA, dove nella maggior parte dei pazienti costituisce la prima
manifestazione di malattia.
 Naso → dolore, epistassi e rinorrea purulenta, ematica o crostosa. Le lesioni hanno carattere necrotico-ulcerativo, se non
curate tendono ad avere effetti destruenti determinando perforazione/distruzione del setto, con collasso e deformità “a
sella” della piramide nasale.
 Seni paranasali → sinusite
 Orecchio → il blocco delle tube di Eustachio è spesso causa di otite media e talora mastoidite. Tale situazione può causare
ipoacusia di conduzione o neurosensoriale.
 Oro-faringe → ulcerazioni e fistole si possono osservare a livello di palato e faringe
 Laringo-trachea → si può osservare laringite, mentre a livello tracheale si può produrre (in fase attiva o cicatriziale) una
stenosi sub-glottica che causa tosse stizzosa e dispnea con cornage e tirage.
Nella EGPA i sintomi tipici di una rinite allergica, frequentemente associata a poliposi nasale, precedono di sovente le
manifestazioni cliniche di vasculite. Raramente si possono avere otiti croniche, sordità, e infiltrazioni della base cranica di
granulomi eosinofilici.
 Polmone → l’interessamento polmonare è polimorfo.
 Noduli polmonari singoli o multipli, il più delle volte escavati, sono tipici della GPA. Nella EGPA i noduli compaiono
tardivamente e si presentano multipli (a volte fino a centinaia), di dimensioni variabili (fino a 1.5 cm), con tendenza a
fondersi tra loro ma senza andare in contro a cavitazione. Possono restare a lungo asintomatici o causare emoftoe isolata.
 Frequenti sono anche infiltrati infiammatori fissi (nella GPA e MPA) o migranti (nella EGPA). Nella GPA ed MPA si
manifestano spesso con i sintomi di una polmonite (febbre, tosse e dispnea); nella EGPA i sintomi respiratori, quando
presenti, sono generalmente di modesta entità e consistono in tosse poco produttiva, mentre è rara la dispnea.
 Particolarmente grave è la capillarite polmonare con emorragia alveolare, che clinicamente si presenta con febbre,
emottisi e insufficienza respiratoria ingravescente. La fibrosi polmonare può esserne una conseguenza. Questa
manifestazione è tipica della MPA, molto più rara nelle altre due forme.
 È raro l’interessamento pleurico sotto forma di pleurite essudativa.
 Rene → i reni costituiscono un bersaglio privilegiato delle AAV. Inizialmente l’interessamento renale è asintomatico e si
manifesta con semplici alterazioni del sedimento urinario (ematuria + cilindri ialinogranulosi + proteinuria). Il quadro può
rapidamente evolvere da lesioni di lieve entità fino ad un quadro severo con insufficienza renale nell’arco di giorni/settimane
(glomerulonefrite rapidamente progressiva). Poiché il danno renale si instaura in maniera subdola, è di fondamentale
importanza che i pazienti con AAV si sottopongano periodicamente ad esame chimico-fisico delle urine.
La presenza di glomerulonefrite e capillarite polmonare configura il quadro di una “sindrome nefro-polmonare”.
 Occhio → a livello oculare si possono riscontrare cheratite, congiuntivite, sclerite e meno frequentemente uveite.
Nella GPA (e meno frequentemente nella EGPA) sono possibili complicanze quali:
 Proptosi del bulbo oculare → secondaria a flogosi granulomatosa del tessuto retrorbitario che porta allo sviluppo di
masse orbitarie pseudotumorali. Questa condizione, oltre ad essere molto dolorosa per il paziente, è difficile da trattare e
può portare a cecità.
 Dacriocistite → secondaria ad ostruzione. Può complicarsi con fistolizzazione dei dotti lacrimali
 Diplopia per interessamento dei muscoli oculari
 Interessamento del SNC, per estensione diretta del processo infiammatorio attraverso la lamina cribrosa dell’etmoide.
 Articolazioni → artralgie (associate a mialgie) sono presenti in oltre la metà dei casi e spesso costituiscono un sintomo
d’esordio o il primo segnale clinico di recidiva. Meno frequentemente si può avere artrite non deformante delle piccole e
grandi articolazioni.
 Cute → le lesioni cutanee sono diverse:
 Nei pazienti con GPA e EGPA si possono osservare noduli sottocutanei, che sono espressione di flogosi granulomatosa.
Sono indistinguibili, per sedi e caratteristiche cliniche, dai noduli reumatoidi: si presentano di colore rosso-violaceo,
localizzati principalmente sul cuoio capelluto, fianchi, mani e piedi, spesso con distribuzione bilaterale e simmetrica. In
alcuni casi possono ulcerarsi.
 Una porpora palpabile tipicamente degli arti inferiori è invece espressione di vasculite leucocitoclastica 7 pauci-immune.
 Altre lesioni sono gli infarti cutanei, la livedo reticularis e le emorragie a scheggia del letto ungueale.
 Cuore → una miocardite con aritmie e scompenso cardiaco sono complicanze gravi e relativamente frequenti della EGPA e
sono legate a granulomatosi miocardica e/o vasculite coronarica. Ipertensione arteriosa può essere presente come
conseguenza dell’interessamento renale.
 Gastroenterico → l’interessamento è soprattutto intestinale con dolori crampiformi, sanguinamento, angina abdominis e ileo
paralitico è relativamente frequente. La localizzazione intestinale può inoltre portare a infarti, emorragie e perforazioni. Meno
frequentemente sono interessati stomaco ed esofago.
 SNP → una vasculite dei vasa nervorum è particolarmente frequente nella EGPA e può determinare neuropatie (mononeurite
multipla o meno frequentemente polinevrite) sensitive o sensitivo-motorie. In seguito al trattamento guariscono senza lasciare
sequele; qualora permangano esiti permanenti, questi interessano più frequentemente il sistema sensitivo che quello motorio.
Le paralisi dei nervi cranici sono poco frequenti; la lesione dei nervi cranici più frequente è rappresentata dalla neuropatia
ottica ischemica.
 SNC → più rara è la vasculite cerebrale che può determinare accidenti cerebrovascolari (ischemia o emorragia). Le
manifestazioni di un danno al SNC possono presentarsi come cefalea, confusione, crisi epilettiche e in casi gravi coma.

GPA
La GPA può presentarsi come:
 Forma sistemica → può esordire e decorrere in modo molto eterogeneo. Nella maggior parte dei casi esordisce con una fase
prodromica caratterizzata da disturbi della sfera ORL accompagnati da sintomi sistemici (febbre, astenia, calo ponderale).
Dopo un periodo di tempo variabile (settimane-mesi-anni) la malattia progredisce andando a coinvolgere progressivamente
anche altri distretti: in primis viene colpito il polmone (dove prevalgono infiltrati fissi e nodularità singole o multiple, talora
escavate); tipico è pure il coinvolgimento renale (80%) sotto forma di una glomerulonefrite necrotizzante pauci-immune; meno
frequentemente possono essere colpite le articolazioni, la cute, il sistema nervoso e il tratto digerente. Accanto a queste
forme a decorso progressivo, vi sono forme rapidamente evolutive che possono esprimersi fin da subito con interessamento
multidistrettuale.
 Forma limitata → esistono forme limitate:  una granulomatosi polmonare con sintomi respiratori associati a sintomi
costituzionali;  una granulomatosi con lesioni cutanee e del distretto ORL;  una granulomatosi oculare. Rispetto a quelli
con forma sistemica questi pazienti presentano una più lunga durata di malattia, una più elevata probabilità di avere
riacutizzazioni e una maggiore prevalenza di lesioni distruttive.
È stato osservato che i pazienti con GPA vanno in contro più facilmente a eventi trombotici venosi.

EGPA
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La leucocitoclasi è più frequente nelle vasculiti dei piccoli vasi ma si può ritrovare anche nelle vasculiti dei grandi vasi (per es. PAN).
La EGPA evolve tipicamente in 3 fasi cliniche:
1. Fase prodromica → nel 95% dei pazienti vi è la comparsa rinite allergica (spesso associata a poliposi nasale) seguita da asma,
che possono precedere di mesi o anni la comparsa della malattia conclamata. Questa sintomatologia può peggiorare appena
prima dell’esordio di vasculite. L’uso di corticosteroidi impiegati nel trattamento dell’asma può mascherare l’esordio di
vasculite per molti anni.
2. Fase eosinofilica → eosinofilia riscontrabile nel sangue periferico e infiltrati fugaci (cioè vanno e vengono) di eosinofili nei
tessuti, spesso nel polmone (sindrome di Löffler) e nel tratto gastrointestinale (gastrite e colite).
3. Fase vasculitica → questa è la fase più grave e può manifestarsi dopo svariati anni dall’inizio della fase prodromica. Sintomi
costituzionali (astenia, letargia, calo ponderale e febbre) sono spesso associate a questa fase della malattia. L’asma bronchiale
può attenuarsi o scomparire. Le localizzazioni più frequenti di malattia sono a livello del SNP, cuore, cute. Particolare menzione
merita l’interessamento cardiaco, che si riscontra in circa il 44% dei pazienti e rappresenta la più comune causa di morte, per
cui è considerato un fattore prognostico negativo. Una pericardite (acuta o costrittiva) dovuta a un infiltrato di eosinofili a
livello pericardico può portare ad un tamponamento cardiaco. Sono riportati in letteratura anche casi di cardiomiopatia
(tipicamente restrittiva) dovuta ad una fibrosi endomiocardica, di infarto miocardico, di aritmie (dovute al coinvolgimento del
tessuto di conduzione) e di malattia valvolare. L’interessamento renale è meno frequente nell’EGPA (44%) rispetto alle altre
forme di AAV e quando è presente è rara la progressione a insufficienza renale.
Attualmente sono descritti 2 subset di malattia in rapporto o meno alla presenza di ANCA:
 Nei pazienti ANCA+ prevalgono manifestazioni cliniche come la glomerulonefrite necrotizzante, l’emorragia polmonare, la
porpora e mononeurite multipla. Le lesioni istopatologiche consistono n una vasculite dei piccoli vasi.
 Nei pazienti ANCA- il quadro clinico è caratterizzato da asma, rinite con poliposi nasale, sindrome di Löffler, gastroenterite
eosinofila, cardiomiopatia e polineuropatia. La patogenesi sarebbe da ricondurre all’azione lesiva dei prodotti tossici degli
eosinofili, che si ritrovano abbondanti nei tessuti.

MPA
La MPA evolve in 2 fasi:
 Fase prodromica → All’esordio si manifesta con sintomi aspecifici (febbre, astenia e calo ponderale) e artromialgie, che
possono precedere l’esordio di una malattia fulminante anche di due anni.
 Fase vasculitica → Le manifestazioni cliniche comprendono segni e sintomi simili a quelli della PAN classica ma le
manifestazioni prevalenti riguardano il rene e il polmone (la MPA è probabilmente la causa più frequente di sindrome nefro-
polmonare). In circa il 90% dei pazienti dei pazienti con MPA si osserva un interessamento renale. In particolare, tale
interessamento si manifesta con una glomerulonefrite rapidamente progressiva che porta ad insufficienza renale acuta o
subacuta tale da richiedere trattamento dialitico nel 20% dei casi. L’interessamento polmonare è comune nella MPA, in genere
in forma lieve sotto forma di infiltrati infiammatori fissi a livello alveolare che si manifestano con dispnea e tosse. Nel 30% dei
pazienti si può avere capillarite polmonare, che determina emorragia alveolare potenzialmente letale. Comuni sono pure gli
interessamenti a livello cutaneo, gastroenterico e del SNP. Il tromboembolismo venoso è un evento rilevante nella MPA: si
riscontra nel 7,6% circa di pazienti con una mediana di 5,8 mesi dalla diagnosi.

Vasculite limitata al rene


Si tratta di una glomerulonefrite necrotizzante pauci-immune senza altri manifestazioni cliniche o impegni d’organo che ne
consentano l’inquadramento in una delle 3 forme precedenti.

Vasculite da farmaci ANCA-associata


Alcuni farmaci sono in grado di indurre la produzione di p-ANCA con specificità anti-MPO. Manifestazioni cliniche di malattia sono
presenti in una minoranza di questi casi. Il quadro clinico è in genere meno severo rispetto alle forme primitive e reversibile alla
sospensione del farmaco.

DIAGNOSI

In assenza di trattamento le AAV sono gravate da un elevato tasso di mortalità. Per questo motivo è importante la diagnosi
precoce!!!
La diagnosi scaturisce dalla valutazione dei dati clinico-anamnestici, sierologici, strumentali ed
istopatologici.
 LABORATORIO
 Emocromo → in tutte le AAV può essere osservata anemia da malattia croniche, leucocitosi
con neutrofilia e piastrinosi. Una ipereosinofilia è reperto costante nella EGPA in fase attiva.
 Indici di flogosi → ↑ VES, ↑ PCR
 Complementemia → N/↑
 FR → ↑
 Ig → ipergammaglobulinemia
 ANCA → Gli anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA) sono autoanticorpi diretti contro
proteine di natura enzimatica contenute all’interno dei granuli primari dei neutrofili e dei
lisosomi monocitari.
Esistono 2 metodiche per la rilevazione degli ANCA:
1. Immunofluorescenza indiretta → la metodica più sensibile per la rilevazione degli ANCA è sicuramente l’IF indiretta,
eseguita cimentando il siero del paziente con un substrato di neutrofli fissati con etanolo. In base al pattern di
immunofluorescenza, si distinguono:
 c-ANCA → producono un pattern di fluorescenza granulare citoplasmatico → nel 90% dei casi sono diretti
contro la proteinasi 3 (PR-3), ma anche altri antigeni possono essere coinvolti.
 p-ANCA → producono un pattern di fluorescenza perinucleare → sono diretti contro la mieloperossidasi (MPO).
Il limite dell’IF indiretta nella rilevazione dei p-ANCA in quanto:  un pattern p-ANCA atipico può essere
osservato in diverse condizioni (IBD, epatopatie, connettivopatie, malattie infettive, malattie reumatiche) ma in
questo caso sono coinvolti antigeni diversi (elastasi, catepsina G, lisozima, lattoferrina, etc.);  gli anticorpi ANA
sono in grado di mimare una distribuzione perinucleare.
Per questo motivo l’analisi dovrebbe essere affidata ad un operatore esperto.
2. ELISA → proprio a causa della mancanza di una correlazione stretta tra pattern IF e gli antigeni di interesse (MPO e
PR3) ma anche per ovviare all’intrinseca variabilità operatore-dipendente legata all’IF, le maggiori linee guida
internazionali raccomandano di eseguire anche un test di conferma antigene-specifico per MPO e PR3 (ELISA). Una
doppia positività per IF ed ELISA è fortemente suggestiva di AAV.
Nelle AAV la positività agli ANCA non è assoluta ma si ritrova:
 nel 70% delle GPA (90% nelle forme sistemiche)
 nell’80% delle MPA
 nel 50% delle EGPA
 nel 90% delle vasculiti limitate al rene
Nella GPA prevale di gran lunga la reattività c-ANCA (meno del 10% dei casi presenta positività p-ANCA), mentre nella
MPA e EGPA è predominante quella p-ANCA. La doppia positività p-ANCA e c-ANCA nello stesso paziente è evenienza
eccezionale.
Poiché la specificità degli ANCA non è assoluta, la loro ricerca risulta efficace sul piano diagnostico solo se effettuata sulla
base di un fondato sospetto clinico.
 Impegno renale
 Sedimento urinario (ematuria, leucocituria, proteinuria e cilindruria) → glomerulonefrite
 ↓ Funzione renale (↑ creatininemia e ↓GFR) → insufficienza renale.
 È stata trovata una correlazione tra il titolo degli ANCA e la severità del danno renale, anche se ancora non vi sono
specifiche raccomandazioni in merito.
 STRUMENTALE
 Impegno polmonare
 1° livello → RX
 2° livello → TC → permette di valutare in modo dettagliato il tipo (nodulo, infiltrati, emorragia alveolare) e
l’estensione della lesione.
 ORL
 1° livello → RX dei seni paranasali; rino-laringoscopia
 2° livello → TC e RM del massiccio facciale
 Impegno orbitario retrobulbare → RM
 Impegno cardiaco → ECG ed ECOcardio
 Impegno neurologico → EMG e ENG
Altre indagini possono inoltre essere richieste in caso di altri interessamenti d’organo o apparato.
 BIOPSIA ED ESAME ISTOLOGICO
Fondamentale importanza ha, in ogni caso, l’accertamento bioptico. Le indagini di laboratorio e strumentali sono spesso utili
nella scelta della sede e della modalità di biopsia.
 La biopsia renale è indicata in presenza di alterazioni significative del sedimento urinario. Il quadro istologico è simile in
tutte le AAV e non permette una distinzione tra le diverse forme. Esso mostra un quadro di glomerulonefrite
necrotizzante focale con scarsi o assenti depositi immuni all’immunofluorescenza diretta; in circa 1/3 dei casi è presente
una proliferazione extra-capillare con semilune; raramente sono presenti lesioni francamente arteritiche o formazioni
simil-granulomatose periglomerulari.
 A livello polmonare è possibile evidenziare:
 nella GPA → granulomi, vasculite necrotizzante ed infiltrati misti
 nella MPA → vasculite necrotizzante senza formazione di granulomi
 nella EGPA → infiltrati eosinofilici e granulomi (nelle fasi avanzate)
 Le lesioni della sfera ORL sono spesso facilmente aggredibili ai fini bioptici ma risultano diagnostiche solo nella metà dei
casi (in genere GPA), rivelando nell’altra metà solo quadri aspecifici di infiammazione e necrosi tissutale.
 Una biopsia endomiocardica può rendersi eccezionalmente necessaria in alcuni casi di EGPA.

Diagnosi differenziale
 Altre malattie granulomatose → TBC e sarcoidosi
 Altre cause di sindrome nefro-polmonare → Le cause principali di sindrome nefro-polmonare, otre a MPA e GPA, sono: LES,
crioglobulinemia mista e sindrome di Goodpasture. Per la diagnosi differenziale, basta ricordare che:  ANA + ↓ C3 sono in
genere presenti nella nefrite lupica attiva;  crioglobuline + ↓ C4 + sierologia positiva per HCV sono indicativi per
crioglobulinemia mista;  gli anticorpi anti membrana basale glomerulare sono il marker sierologico della s. di Goodpasture.
Inoltre l’esame della biopsia renale con IF diretta mostrerà a livello glomerulare:  depositi granulari di IC nel LES e nella
crioglobulinemia;  una fine deposizione lineare di IgG nella S. di Goodpasture.
 Granulomatosi linfomatoide → è una proliferazione di cellule B positive per EBV associata ad una anormale reazione dei
linfociti T. Questa malattia è caratterizzata da interessamento polmonare, cutaneo e del SNC, con infiltrati di cellule linfocitoidi
e plasmacitoidi atipiche in atteggiamento angioinvasivo localizzati in tessuti non linfoidi.

CRITERI CLASSIFICATIVI

GPA
I criteri dell’American College of Reumathology (1990) per la classificazione della GPA comprendono:
1. Infiammazione nasale o orale → sviluppo di ulcere orali dolorose o indolenti, o purulente; sanguinamento nasale
2. Anomalie radiografiche del torace → presenza all’RX del torace di noduli, infiltrati o caverne
3. Sedimento urinario patologico → microematuria (> 5 emazie per campo) o cilindri ematici nel sedimento urinario
4. Infiammazione granulomatosa alla biopsia → riscontro di infiammazione granulomatosa nella parete di un vaso o nell’area
perivascolare o extravascolare (arterie o arteriole)
Un paziente è affetto da GPA quando sono presenti almeno 2 di questi 4 criteri.

EGPA
I criteri dell’American College of Reumathology (1990) per la classificazione della EGPA comprendono:
1. Asma → storia di sibili respiratori o di sibili ad alte frequenze all’espirazione
2. Eosinofilia → > 10% dei leucociti totali (nella formula leucocitaria)
3. Mononeuropatia, mononeuropatie multiple o polineuropatie → attribuibili a vasculite
4. Infiltrati polmonari migranti o transitori alla radiografia del torace (includere infiltrati fissi), attribuibili a vasculite sistemica
5. Anomalie dei seni paranasali → storia di dolore acuto o cronico o dolorabilità del seno paranasale o opacità radiografica dei
seni
6. Vasculite eosinofila → la biopsia di arterie, arteriole o venule mostra un accumulo extravascolare di eosinofili
La diagnosi di EGPA viene fatta in presenza di 4 criteri su 6.

MPA
Contrariamente a quanto visto per le altre due forme di AAV, nel caso della MPA non abbiamo criteri diagnostici condivisi.

CLINIMETRIA

Sono stati sviluppati una serie di indici che possono aiutare il clinico nella scelta del corretto approccio terapeutico:
 Birmingham Vasculitis Activity Score (BVAS) → misura l’attività della malattia
 Disease Extent Index (DEI) → misura l’estensione della malattia
 Vasculitis Damage Index (VDI) → misura il danno conseguente a vasculite
 La qualità della vita del paziente può essere stimata utilizzando test generici quali SF-36 o HAQ
La decisione su quali principi attivi utilizzare nelle due fasi di trattamento (induzione e mantenimento) dipende dall’estensione e
dalla severità del processo morboso, insieme a fattori individuali legati al paziente (età, PS, comorbidità, controindicazioni,
anamnesi di recidive).
La decisione su quando iniziare una nuova terapia di induzione in un paziente recidivato deve basarsi sul BVAS. La titolazione degli
ANCA non andrebbe utilizzata per valutare la fase di attività della malattia in quanto molti pazienti che giungono alla remissione
continuano a mantenere titoli elevati per anni, così come un aumento del titolo degli ANCA non è sempre associato a recidiva.

TERAPIA

 La terapia corticosteroidea da sola, benché efficace, non modifica la sopravvivenza nei casi più gravi. Per questo motivo le
tradizionali terapie per queste forme prevedono la combinazione di corticosteroidi ed immunosoppressori. L’intensità
dell’immunosoppressione iniziale dipende dalla gravità dell’interessamento d’organo e dal diametro dei vasi coinvolti. Di
conseguenza, una parte importante della pianificazione del trattamento è rappresentata dalla valutazione dell’interessamento
d’organo.
 Nonostante queste terapie siano spesso efficaci nell’indurre la remissione della malattia, la frequenza delle recidive è molto
alta (50-70%), per cui il trattamento deve essere prolungato esponendo il paziente a danni iatrogeni talora rilevanti. Per
questo motivo è importante commisurare la terapia alla all’entità e all’estensione della malattia, ricorrendo quando possibile a
farmaci meno tossici e alla posologia minima efficace, e riservando le terapie aggressive ai casi a maggior rischio (ma sempre
per il minor tempo possibile).
Il trattamento standard prevede una terapia di induzione seguita da una più blanda di mantenimento.
 Induzione → L’induzione della remissione generalmente si ottiene mediante la combinazione di corticosteroidi e
ciclofosfamide secondo lo “schema Fauci”, che prevede:
 somministrazione quotidiana di ciclofosfamide alla dose di 2 mg/kg/die (o dosi minori in caso di insufficienza renale) per
3-6 mesi, con monitoraggio dell’emocromo ogni 1-2 settimane;
 somministrazione quotidiana di prednisone alla dose di 1 mg/kg/die per il 1° mese, con successiva riduzione graduale del
dosaggio secondo uno schema a giorni alterni o quotidiano, fino alla sospensione completa dopo circa 6-9 mesi.
Tale schema, pur risultando efficace nel controllo della malattia in più del 90% dei pazienti, è gravata da frequenti e spesso
importanti effetti tossici (infezioni, cistite emorragica, depressione midollare, infertilità) e da rischio neoplasie.
 Mantenimento → Trascorsi i 3-6 mesi del trattamento di induzione, è necessario interrompere la ciclofosfamide e passare ad
un’altra molecola per il mantenimento della remissione clinica. I farmaci per i quali sono a disposizione il maggior numero di
pubblicazioni sono il metotrexato e l’azatioprina. La durata ottimale della terapia di mantenimento non è chiara. In assenza di
effetti collaterali, questa è in genere somministrata per almeno 2 anni dopo la remissione, dopo di che è possibile pensare di
ridurre gradualmente il dosaggio nell’arco di 6-12 mesi fino alla completa sospensione.
In caso di recidiva occorre riprendere prontamente la terapia di induzione con cortisone e ciclofosfamide.

Le forme indotte da farmaci regrediscono nella maggior parte dei casi con la sola sospensione del farmaco, non richiedendo
pertanto alcun trattamento.
Le forme con interessamento renale o interessamento d’organo severo necessitano di un trattamento di induzione con
corticosteroidi ad alte dosi + ciclofosfamide oppure Rituximab (anticorpo monoclonale anti-CD20 che agisce da depletore delle
cellule B) in alternativa alla ciclofosfamide. Rituximab rappresenta una valida alternativa alla ciclofosfamide sia per efficacia sia per
profilo di tossicità.
Nei pazienti con malattia life-threatening (GNF rapidamente progressiva, alveolite emorragica), oltre alla terapia di induzione,
possono essere necessarie ripetute sedute di plasmaferesi.
Nelle forme localizzate di malattia che interessa organi non vitali (ad es. distretto ORL, cute, articolazioni) la terapia con
ciclofosfamide è raramente o per nulla giustificata; in questi casi è spesso sufficiente:
 solo nella EGPA → monoterapia con corticosteroidi
 in tutte → corticosteroidi ad alte dosi + metotrexato (o azatioprina)
 solo nella GPA localizzata al tratto ORL → può essere utile associare trimetoprim/sulfametossazolo al fine di eradicare lo S.
aureus e ridurre così la frequenza di recidive
Nelle forme refrattarie può essere proposto l’impiego di nuovi farmaci biologici nell’ambito di trial clinici:
 Nuovi farmaci diretti contro le cellule B
 BAFF viene prodotta in grande quantità dai neutrofili e svolge un ruolo fondamentale nella sopravvivenza delle cellule B. I
livelli sierici di questa molecola aumentano al progredire delle AAV. Dati incoraggianti si sono ottenuti a seguito di un trial
clinico di combinazione di metotrexate e blisibimod (antagonista di BAFF).
 Bortezomib inibisce i proteasomi che svolgono un ruolo essenziale nella proteolisi intracellulare e la clearance di proteine
strutturalmente alterate. Il trattamento con bortezomib porta alla deplezione delle plasmacellule che producono
anticorpi. In modelli murini, il trattamento con bortezomib ha determinato la delezione della produzione di plasmacellule
ANCA-MPO secernenti, mentre nella malattia umana sembra migliorare l’attività di malattia in pazienti con AAV
refrattaria.
 Nuovi farmaci diretti contro le cellule T → Abatacept è una proteina di fusione composta dalla regione Fc di IgG1 umane
collegata al dominio extracellulare di CTLA4. Questo agente si lega alle molecole costimolatorie CD80 e CD86 presenti sulle
APC impedendo che queste attivino le cellule T. Uno studio clinico ha dimostrato che il trattamento con abatacept è ben
tollerato e si associa ad una alta frequenza di remissione di malattia nei pazienti con ricaduta di GPA. Presto verranno resi noti
i risultati di un trial randomizzato in doppio ceco di abatacept usato come terapia di prima linea per AAV.
 Farmaci diretti contro le citochine → Nei pazienti con AAV si possono riscontrare elevati livelli di citochine circolanti.
I livelli sierici di citochine pro-infiammatorie (soprattutto TNF e IL-6) sono molto alti nei pazienti con AAV in fase attiva, motivo
per cui è stato studiato il trattamento con agenti biologici diretti contro le citochine in pazienti affetti da queste patologie.
 L’impiego di inibitori del TNF nei pazienti con AAV ha prodotto report contrastanti riguardo il grado di efficacia e pertanto
sono necessari ulteriori studi.
 L’inibizione di IL- 6 sembra essere un approccio promettente. IL-6 non solo promuove la differenziazione delle cellule B
ma ha anche un ruolo centrale in diversi altri meccanismi fra cui l’attivazione dei macrofagi, la differenziazione delle
cellule T in Th17, la sopravvivenza delle plasmacellule e l’induzione di altre citochine. Tocilizumab, un anticorpo anti-
recettore di IL-6 umanizzato, è riuscito a determinare una remissione completa e sostenuta in un paziente con MPA non
responsivo alla immunoterapia standard. Tuttavia, sono ancora necessari degli studi clinici condotti su larga scala che
vadano a definire gli eventi avversi eventualmente associati alla terapia con IL-6 e la prognosi a lungo termine dei pazienti
trattati.
 IL-5 ha come principale effetto biologico quello di attivare gli eosinofili. Uno studio clinico ha dimostrato che circa il 50%
dei pazienti affetti d EGPA e trattati con Mepolizumab, anticorpo anti-IL-5, va incontro a remissione.
 Farmaci diretti contro il sistema del complemento → il sistema del complemento è cruciale per lo sviluppo delle AAV. In
particolare, una delle principali molecole coinvolte nel meccanismo di attivazione dei neutrofili è C5a, prodotto derivato
dall’attivazione della via alternativa del complemento. Avacopan, antagonista del recettore C5a, blocca l’attivazione dei
neutrofili C5a-mediata e l’infiltrazione a livello endoteliale. Uno studio clinico ha dimostrato l’efficacia terapeutica di questo
trattamento, in grado addirittura di sostituire i glucocorticoidi. E’ tutt’ora in corso un trial clinico su campioni più grandi che
cercherà di analizzare l’efficacia di questo farmaco nei pazienti con AAV.
Le vascuiti dei piccoli vasi sono da immunocomplessi.
Le vasculiti dei vasi piccoli e medi danno più frequentemente glomerulonefrite e IRA

Le GN proliferative extracapillari costituiscono un gruppo eterogeneo di malattie glomerulari accomunate da un identico aspetto al
MO ma diverse per quadro clinico e meccanismi patogenetici. Con riferimento a questi ultimi si possono identificare tre forme
distinte:
 Il 60% dei casi è rappresentato dalle glomerulonefriti proliferative extracapillari paucimmuni, così chiamate per la negatività
del reperto immunoistochimico verso gli immunocomplessi. Elemento distintivo di queste forme è la presenza nel siero di
anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA) di cui si ammette il potere patogeno. Gli ANCA si distinguono due forme, c-
ANCA e p-ANCA, i cui antigeni bersaglio sono rispettivamente la proteinasi 3 e la mieloperossidasi contenute in granuli
citoplasmatici di PMN e monociti. Questi, una volta esteriorizzati sulla membrana cellulare interagiscono con c-ANCA e p-
ANCA innescando il meccanismo flogogeno con liberazione di enzimi tossici e litici. Essi sono capaci di provocare necrosi
fibrinoide dei vasi e sono caratteristicamente associati ad alcune vasculiti: granulomatosi di Wegener, poliangioite
microscopica e malattia di Churg-Strauss. Queste vasculiti possono includere nel loro quadro clinico anche una
glomerulonefrite rapidamente progressiva in seguito all’interessamento dei capillari glomerulari. I fenomeni necrotici a carico
del flocculo provocano il passaggio nello spazio urinifero di cellule e proteine (in particolare il fibrinogeno) che costituiscono il
substrato su cui si forma la semiluna.
 Il 45% delle GN proliferative extracapillari sono legate alla deposizione di IC (circolanti o montati in situ) in corso di varie GN
(ad es GN a depositi mesangiali di IgA e GN acuta post-infettiva). In questi casi il reperto delle semilune si sovrappone al
quadro anatomopatologico tipo della GN di base.
 Il restante 10% sono sostenute dalla produzione di autoanticorpi anti-membrana basale, in particolare contro la catena α3 del
collagene IV. Si distinguono in questo ambito forme nelle quali il danno si manifesta solo a carico del rene, forme nelle quali il
danno renale si associa ad alveolite emorragica (sindrome di Goodpasture) con una sintomatologia polmonare emoftoica, e
forme in cui vi è il solo interessamento polmonare sotto forma di emosiderosi (nella quale l’accumulo di ferro nell’interstizio
polmonare deve essere messo in relazione con la trasformazione del sangue travasato in ripetuti episodi emorragici).
L’autoimmunità è scatenata da infezioni respiratorie, con produzione di anticorpi che cross-reagiscono con i componenti self
strutturalmente correlati. In particolare, è stata osservata un’associazione tra la sindrome di Goodpasture con l’infezione da
virus influenzale A2. In realtà i condizionamenti esogeni svolgono un ruolo di secondo piano e l’elemento più importante
sembra essere la predisposizione individuale. Nella fattispecie, è stato osservato che i soggetti con aplotipo HLA-DR2 siano più
propensi a produrre questo particolare tipo di autoanticorpi, magari in conseguenza di un ampio ventaglio di sollecitazioni
occasionali.

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