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Appendice 03 - Elementi di analisi superiore

I. DERIVATE DI VETTORI

Se le componenti di un vettore ⃗v sono funzioni del punto P su una retta, con coordinata x, diremo che ⃗v (x) è una
funzione di variabile reale a valori vettoriali: ⃗v (x) : R → R3 . Tutto il calcolo definito sulle funzioni reali di variabile
reale (limiti, derivate, integrali) può essere opportunamente esteso alle funzioni vettoriali. Per esempio, il limite di
una funzione vettoriale può essere definita come il limite delle sue componenti:

lim ⃗v (x) = lim vx (x) î + lim vy (x) ĵ + lim vz (x) k̂ . (1)


x→x0 x→x0 x→x0 x→x0

La derivata del vettore ⃗v (x) rispetto a x è il vettore che ha per componenti le derivate delle componenti vx , vy e vz :

d⃗v (x) dvx (x) dvy (x) dvz (x)


= î + ĵ + k̂
dx dx dx dx
dî dĵ dk̂
+ vx (x) + vy (x) + vz (x) , (2)
dx dx dx

ma poichè i versori î, ĵ e k̂ sono costanti, si ottiene

d⃗v (x) dvx (x) dvy (x) dvz (x)


= î + ĵ + k̂ . (3)
dx dx dx dx
Segue che la derivata di un vettore costante (in modulo, direzione e verso) è il vettore nullo.
Per la derivata di un vettore valgono le usuali formule di somma e di prodotto

d d⃗v (x) d⃗u(x)


(⃗v (x) + ⃗u(x)) = + , (4)
dx dx dx
d d⃗v (x)
(c ⃗v (x)) = c , (5)
dx dx
d df (x) d⃗v (x)
(f (x) ⃗v (x)) = ⃗v (x) + f (x) , (6)
dx dx dx
d d⃗v (x) d⃗u(x)
(⃗v (x) · ⃗u(x)) = · ⃗u(x) + ⃗v (x) · , (7)
dx dx dx
d d⃗v (x) d⃗u(x)
(⃗v (x) ∧ ⃗u(x)) = ∧ ⃗u(x) + ⃗v (x) ∧ , (8)
dx dx dx
dove nell’ultima formula è necessario rispettare l’ordine dei fattori poichè il prodotto vettoriale è non commutativo.
Importante conseguenza della (7), la derivata di un vettore di modulo costante è ortogonale al vettore stesso. Infatti,
posto |⃗v (x)|2 = ⃗v (x) · ⃗v (x) = cost., derivando ambo i membri rispetto a x, si ottiene

d|⃗v (x)|2 d⃗v (x) d⃗v (x) d⃗v (x)


= · ⃗v (x) + ⃗v (x) · = 2 ⃗v (x) · =0 (9)
dx dx dx dx
e ricordando che il prodotto scalare tra due vettori non nulli è nullo se e solo se questi sono ortogonali segue la
condizione di ortogonalità tra i vettori d⃗v (x)/dx e ⃗v (x).
In particolare, la derivata di un versore è sempre ortogonale al versore stesso:

dû(x)
û(x) · =0. (10)
dx

II. CAMPI SCALARI E VETTORIALI

Il corso di Analisi I si concentra sullo studio delle proprietà analitiche di funzioni reali a variabile reale f (x) : x ∈
ℜ → ℜ. Tuttavia, nel corso di Fisica I, e ancor più nel corso di Fisica II, dovremo imparare a trattare funzioni a valori
reali di più variabili reali (o di variabile vettoriale) f (x, y, z) ≡ f (⃗r); ℜ3 → ℜ e funzioni vettoriali di più variabili
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reali (o di variabile vettoriale) f⃗(x, y, z) ≡ f⃗(⃗r) : ℜ3 → ℜ3 .

Più precisamente parleremo di campo scalare o vettoriale quando in una regione dello spazio: a) si può definire in
ogni punto rispettivamente uno scalare o un vettore; b) i valori dello scalare o le componenti del vettore sono finiti,
continui ed a un solo valore.
Pertanto un campo scalare è rappresentato da una funzione reale a più variabili f (x, y, z) che associa ad ogni punto
dello spazio un numero f (x, y, z) : R3 → R.
In ugual modo, un campo vettoriale è rappresentato da una funzione a più variabili a valori vettoriali f⃗(x, y, z) =
fx (x, y, z) î+fy (x, y, z) ĵ +fz (x, y, z) k̂ cioè una funzione che associa ad ogni punto dello spazio un vettore f⃗(x, y, z) :
R3 → R3 . Nel caso 2D è facile dare una rappresentazione grafica di un campo vettoriale

Per dare una rappresentazione visiva del campo vettoriale si introducono le linee di campo ovvero il luogo geometrico
dei punti le cui tangenti corrispondono con il campo vettoriale stesso.
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A. Derivata parziale

Iniziamo con l’osservare che mentre nel caso di funzione di singola variabile la sua derivata è univoca essendo
possibile solo la variazione di f (x) in seguito alla variazione del suo argomento x, per funzioni a più variabili dovremo
distinguere rispetto a quale variabile stiamo studiando la variazione della funzione f (x, y, z).
Da qui si capisce come la notazione
∂ ∂ ∂
f (x, y, z) , f (x, y, z) , f (x, y, z) , (11)
∂x ∂y ∂z

sia più esplicativa del semplice f ′ (x) o f˙(t), in quanto permette di esplicitare rispetto a quale variabile indipendente
si sta considerando la variazione di f .
Si chiama derivata parziale di f (x, y, z) rispetto a una delle variabili da cui dipende (per esempio x) la quantità
∂ f (x + ∆x, y, z) − f (x, y, z)
f (x, y, z) = lim , (12)
∂x ∆x→0 ∆x
ossia il limite del rapporto incrementale della funzione f (x, y, z) dove però solo la variabile x è stata incrementata.
Analogamente la derivata parziale rispetto a y e z sono, rispettivamente
∂ f (x, y + ∆y, z) − f (x, y, z) ∂ f (x, y, z + ∆z) − f (x, y, z)
f (x, y, z) = lim , f (x, y, z) = lim .(13)
∂y ∆y→0 ∆y ∂z ∆z→0 ∆z
Praticamente, per eseguire il computo della derivata parziale della funzione f (x, y, z) rispetto ad una delle variabili,
per esempio x, si assumono le restanti variabili costanti, per esempio y = cy e z = cz , cosicchè la funzione f (x, y, z)
si riduce ad una funzione di singola variabile: f (x, y, z) ≡ f (x, cy , cz ) = g(x) e quindi si procede con le usuali regole
di derivazione di funzione a singola variabile.

Esempio 1.
Supponiamo di vole calcolare le derivate parziali della funzione f (x, y) = x2 y 3 , rispetto alla variabile x e rispetto alla
variabile y.
Nel primo caso, posto y = c una costante, la funzione diventa g(x) = x2 c3 che derivata rispetto a x da
d g(x)
= 2 x c3 , (14)
dx
e ristabilendo la natura variabile di y si ottiene
∂ f (x, y)
= 2 x y3 . (15)
∂x
In maniera identica si procede con la derivata rispetto a y, ottenendo
∂ f (x, y)
= 3 x2 y 2 . (16)
∂y
Esempio 2.
2
Supponiamo di vole calcolare le derivate parziali della funzione f (x, y) = ex sin(x y).
2
- Variabile x: Si pone y = c e la funzione diventa g(x) = ex sin(x c). La sua derivata è
d g(x) 2 2
= 2 x ex sin(x c) + ex c cos(x c) , (17)
dx
e ristabilita la natura variabile di y si ottiene
∂ 2 2
f (x, y) = 2 x ex sin(x y) + ex y cos(x y) . (18)
∂x
2
- Variabile y: Si pone x=c e la funzione diventa g(y) = ec sin(c y). La sua derivata è
d g(y) 2
= ec c cos(c y) , (19)
dy
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e ristabilita la natura variabile di x si ottiene


∂ 2
f (x, y) = ex x cos(x y) . (20)
∂y
Come nel caso di funzione a singola variabile possiamo operare derivate ripetute sebbene ora le possibilità sono
molteplici. Per esempio, data una funzione a due variabili f (x, y) le derivate di secondo ordine possibile sono

∂2 f ∂2 f ∂2 f ∂2 f
. (21)
∂x2 ∂x ∂y ∂y ∂x ∂y 2
Spesso, (ma non sempre), le derivate parziali miste commutano, per cui

∂2 f ∂2 f
= . (22)
∂x ∂y ∂y ∂x
Infine, per quanto riguarda le derivate parziali di funzioni di variabile vettoriale a valori vettoriali, si osserva che
una funzione f⃗(x, y, z) si può sempre decomporre in una base ortogonale di versori î, ĵ e k̂:

f⃗(x, y, z) = fx (x, y, z) î + fy (x, y, z) ĵ + fz (x, y, z) k̂ , (23)

ed è quindi composta da tre funzioni reali di variabile vettoriale a cui possiamo combinare le regole di calcolo usate
per la derivata di un vettore con quelle di derivata parziale.

B. Significato geometrico della derivata parziale

Visto il significato geometrico della derivata discusso in Appendice 2, si può desumere il significato geometrico
della derivata parziale. Per semplicità ci limitiamo al caso di funzione a due variabili f (x, y) che può essere ancora
facilmente rappresentata in forma grafica.
In fatti, una funzione di due variabili descrive una superficie nello spazio 3D:

Consideriamo ora la curva rossa che si ottiene intersecando la superficie con un piano verticale parallelo al piano
y − z passante per il punto di coordinata x0 : tutti i punti di tale curva hanno la stessa coordinata x0 , per cui essa è
esprimibile come una funzione della sola variabile y:

f (x, y) = g(y) . (24)


x0

Abbiamo già detto che la derivata parziale di f (x, y) rispetto a y coincide con la derivata della funzione g(y)
∂ d g(y)
f (x, y) = . (25)
∂y dy
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Il suo valore nel punto (x0 , y0 ) è la pendenza della tangente alla curva rossa nel punto (x0 , y0 ) (retta blu).

Analogamente, si consideri la funzione g(x) (curva blu) che si ottiene intersecando la superficie f (x, y) con un piano
parallelo al piano (x, z) e passante per il punto di coordinata y0 .

f (x, y) = g(x) . (26)


y0

La derivata parziale di f (x, y) rispetto a x è la derivata della funzione g(x)

∂ d g(x)
f (x, y) = , (27)
∂x dx
e il suo valore nel punto (x0 , y0 ) rappresenta la pendenza della tangente a g(x) in quel punto (retta rossa).

C. Differenziale totale

Data una funzione di più variabili f (x, y, z) è chiaro che essa può variare perché varia una qualunque delle tre
variabili x, y o z. Se si fa variare la sola variabile x di una quantità infinitesima dx, la funzione f (x, y, z) varia di
una quantità uguale al differenziale parziale di f (x, y, z) rispetto ad x, cioè

f (x, y, z) dx . (28)
∂x
Come nel caso di una funzione di una sola variabile e lo stesso si può dite se varia solo y o z.
Se però variano tutte e tre le variabili di quanto varia f (x, y, z)? La risposta a questa domanda è data dal differen-
ziale totale definito come la somma dei differenziali parziali
∂f ∂f ∂f
df = dx + dy + dz . (29)
∂x ∂y ∂z

D. Gradiente e rotore

Data una funzione di variabile vettoriale f (x, y, z), da ℜ3 in ℜ, definiamo il vettore gradiente
∂f ∂f ∂f
grad f (x, y, z) = î + ĵ + k̂ . (30)
∂x ∂y ∂z
In maniera più astratta possiamo definire l’operatore vettoriale nabla, (simbolo ∇) definito in
∂ ∂ ∂
∇= î + ĵ + k̂ , (31)
∂x ∂y ∂z
il quale, applicato ad una funzione analitica f (x, y, z), dà il vettore gradiente definito nella Eq. (30), cioè

grad f (x, y, z) ≡ ∇f (x, y, z) . (32)

Se adesso introduciamo il vettore d⃗s = dx î + dy ĵ + dz k̂ e facciamo il prodotto scalare di d⃗s con ∇f si ottiene
 
∂f ∂f ∂f
∇f · d⃗s = î + ĵ + k̂ · (dx î + dy ĵ + dz k̂)
∂x ∂y ∂z
∂f ∂f ∂f
= dx + dy + dz , (33)
∂x ∂y ∂z
e coincide quindi col differenziale totale

df = ∇f · d⃗r . (34)

Per una funzione f (x, y) il gradiente è un vettore nel piano (x, y) che punta nella direzione in cui la funzione
aumenta più rapidamente ed è sempre perpendicolare alle curve di livello lungo cui f (x, y) è costante,
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proprietà che si può estendere a funzioni definite in qualsiasi dimensione.

Data una funzione vettoriale di variabile vettoriale F⃗ (⃗r), da ℜ3 in ℜ3 , definiamo il vettore rotore
     
⃗ ∂Fz ∂Fy ∂Fx ∂Fz ∂Fx ∂Fy
rot F (⃗r) = − î + − ĵ + − k̂ . (35)
∂y ∂z ∂z ∂x ∂y ∂x
Formalmente l’operatore rotore può essere scritto in

rot F⃗ (⃗r) ≡ ∇ ∧ F⃗ (⃗r) , (36)

ovvero coincide con il prodotto vettore tra l’operatore astratto ∇ è il campo vettoriale F⃗ (⃗r), dove

î ĵ k̂

∇ ∧ F⃗ (⃗r) = ∂
∂x

∂y

∂z
(37)

Fx Fy Fz
E’ facile provare la seguente relazione
∇ ∧ ∇f (⃗r) = 0 , (38)
cioè il rotore di un gradiente è sempre nullo!
Infatti
 
∂f ∂f ∂f
∇ ∧ ∇f (⃗r) = ∇ ∧ î + ĵ + k̂
∂x ∂y ∂z
     
∂ ∂f ∂ ∂f ∂ ∂f ∂ ∂f ∂ ∂f ∂ ∂f
= − î + − ĵ + − k̂
∂y ∂z ∂z ∂y ∂z ∂x ∂x ∂z ∂y ∂x ∂x ∂y
 2
∂2f ∂2f ∂2f ∂2f ∂2f
    
∂ f
= − î + − ĵ + − k̂ , (39)
∂y ∂z ∂z ∂y ∂z ∂x ∂x ∂z ∂y ∂x ∂x ∂y
che si annulla in quanto le derivate parziali miste commutano
∂ ∂f ∂ ∂f
= . (40)
∂x ∂y ∂y ∂x

Si definisce circuitazione del vettore F⃗ , lungo una linea chiusa γ l’integrale di linea (vedi prossima sezione)
I
F⃗ · d⃗s , (41)
γ
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dove d⃗s = dx î + dy ĵ + dz k̂ è il generico vettore elementare tangente alla linea γ.


Rotore e circuitazione sono legati dall’importante teorema di Stokes
I Z

F · d⃗s = ∇ ∧ F⃗ · dS
⃗ , (42)
γ S

⃗ = dS n̂ ha direzione e
ove S è la superficie delimitata dalla curva chiusa γ mentre il vettore elemento di superficie dS
verso dati dal versore n̂ normale all’elemento di superficie considerato.

Condizione necessaria e sufficiente affinchè un campo vettoriale sia irrotazionale ovvero abbia rotore nullo
∇ ∧ F⃗ = 0 è data da

F⃗ = ∇U , (43)

cioè un campo vettoriale F⃗ è irrotazionale in una data regione dello spazio se esiste una campo scalare U (⃗r) definita
nella stessa regione di spazio tale per cui il campo F⃗ è il gradiente del campo scalare U .

1. Campi vettoriali conservativi

Un campo vettoriale F⃗ è conservativo se la sua circuitazione è nulla


I
F⃗ · d⃗s = 0 , (44)
γ

su qualunque linea chiusa γ. Per il teorema di Stokes


I Z

F · d⃗s = ∇ ∧ F⃗ dS = 0 , (45)
γ S

che sarà soddisfatta su qualunque superficie S se e solo se

∇ ∧ F⃗ = 0 . (46)

In questo caso, per la condizione necessaria e sufficiente data sopra, esiste una funzione scalare U (⃗r) che chiameremo
potenziale per cui

∇U = F⃗ . (47)

Per questo motivo i campi conservativi sono detti irrotazionali o potenziali.

III. INTEGRALE DI LINEA

Cosı̀ come il concetto di derivata è stato esteso ai campi scalari e vettoriali anche quello di integrale necessita di
tali estensioni. Ci limiteremo ancora una volta ad introdurre formalmente solo alcuni concetti strettamente necessari
per lo studio della meccanica del punto materiale rimandando ai corsi di Analisi II per i dettagli.

L’integrale di linea di campi vettoriali, detto anche integrale di linea di seconda specie, è strettamente legato al
concetto di lavoro in Fisica. Per semplicità ci limiteremo al caso 2D sebbene la sua estensione a dimensioni superiori
è al quanto immediata.
Data una funzione vettoriale di variabile vettoriale F⃗ (⃗r) : ℜ2 → ℜ2 definito in

F⃗ (⃗r) = Fx (x, y) î + Fy (x, y) ĵ , (48)

e una curva regolare γ : [a, b] → ℜ2 parametrizzata in

⃗γ (t) = x(t) î + y(t) ĵ , (49)


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con t ∈ [a, b], allora l’integrale di linea di F⃗ lungo la curva γ è definito in

Z Zb  
dx(t) dx(t)
F⃗ · d⃗γ = Fx (x(t), y(t)) + Fy (x(t), y(t)) dt , (50)
γ dt dt
a

che può scriversi più semplicemente in

Zb
d⃗γ (t)
F⃗ (⃗γ (t) · dt , (51)
dt
a

ed è quindi ricondotto ad un integrale ordinario alla Riemann di singola variabile.


Le difficoltà maggiori che si possono incontrare nell’eseguire un integrale di linea, oltre che a risolvere l’integrale
ordinario in sé, stanno nel determinare la parametrizzazione della curva γ che potrebbe portare a integrali di difficile
computazione se non addirittura impossibile.

L’integrale di linea è additivo nell’argomento e nel dominio di integrazione


Z Z Z
(F⃗ + G)
⃗ · d⃗γ = F⃗ · d⃗γ + G ⃗ · d⃗γ , (52)
γ γ γ
Z Z Z
F⃗ · d⃗γ = F⃗ · d⃗γ + F⃗ · d⃗γ , (53)
γ1 +γ2 γ1 γ2

mentre se si cambia verso di percorrenza della curva γ(t); (a, b) → γ ′ : (b, a) l’integrale cambia segno
Z Z
F⃗ · d⃗γ = − F⃗ · d⃗γ . (54)
γ γ′

In fine, se la curva γ(t) : (a, b) è chiusa, cioè γ(a) = γ(b) allora l’integrale di linea prende il nome di circuitazione
ed è spesso indicato in
I
F⃗ · d⃗γ . (55)
γ

A. Condizione necessaria e sufficiente per la conservatività di un campo di forze.

Ci chiediamo sotto quali condizioni un campo vettoriale F⃗ (⃗r) = Fx (⃗r) î + Fy (⃗r) ĵ + Fz (⃗r) k̂, da ℜ3 → ℜ3 , possa
descrivere un campo di forze conservativo e quindi ammette l’esistenza di una funzione potenziale U (⃗r) : ℜ3 → ℜ.

Per semplicità ci limiteremo a considerare il caso bidimensionale generalizzando poi il risultato ottenuto alle tre
dimensione.
Un campo vettoriale si dice conservativo se l’integrale di linea da un punto iniziale P (x, y) ad un punto finale
P (x + dx, y + dy), lungo una qualunque cammino congiungente i due punti, non dipende dal cammino stesso. Equiv-
alentemente, possiamo dire che un campo è conservativo se l’integrale di cammino lungo una qualunque traiettoria
chiusa (circuitazione) è nullo. L’equivalenza delle due asserzioni può essere cosı̀ verificata.
Sia:

δLP1 P2 P3 P4 = δLP1 P2 + δLP2 P3 + δLP3 P4 + δLP4 P1 , (56)

dove δL rappresenta il contributo elementare all’integrale di cammino lungo il percorso infinitesimo dγ (circuitazione).
Ricordando la definizione di lavoro

δLP1 P2 = F⃗ · d⃗γ . (57)

Sia P1 ≡ P (x, y) e P2 ≡ P (x, y + dy). In questo caso d⃗γ = dy ĵ. Si avrà

δLP1 P2 = Fy (x, y) dy . (58)


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In maniera analoga

δLP2 P3 = Fx (x, y + dy) dx , (59)


δLP3 P4 = −Fy (x + dx, y + dy) dy , (60)
δLP4 P1 = −Fx (x + dx, y) dx , (61)

essendo P3 ≡ P (x + dx, y + dy) e P4 ≡ P (x + dx, y).


Usando lo sviluppo in serie di Taylor arrestato al primo ordine possiamo scrivere

Fx (x, y + dy) = Fx (x, y) + Fx (x, y) dy , (62)
∂y

Fx (x + dx, y) = Fx (x, y) + Fx (x, y) dx , (63)
∂x
∂ ∂
Fy (x + dx, y + dy) = Fy (x, y) + Fy (x, y) dx + Fy (x, y) dy . (64)
∂x ∂y
Riordinando

δLP1 P2 P3 P4 = Fy (x, y) dy (65)


 

+ Fx (x, y) + Fx (x, y) dy dx (66)
∂y
 
∂ ∂
− Fy (x, y) + Fy (x, y) dx + Fy (x, y) dy dy (67)
∂x ∂y
 

− Fx (x, y) + Fx (x, y) dx dx (68)
∂x
 
∂Fx ∂Fy
= − dx dy , (69)
∂y ∂x

dove si sono trascurati i termini del secondo ordine dx2 e dy 2 . Pertanto, affinche la circuitazione sia nulla deve valere
la condizione
∂Fx ∂Fy
− =0, ∀x, y ∈ ℜ2 . (70)
∂y ∂x
Generalizzando il metodo ora esposto alle 3 dimensioni, applicato ad un parallelepipedo elementare di spigoli dx, dy
e dz, possiamo giungere alla conclusione che un campo vettoriale è conservativo se valgono le seguenti relazioni
∂Fz ∂Fy ∂Fx ∂Fz ∂Fx ∂Fy
− =0, − =0, − =0. (71)
∂y ∂z ∂z ∂x ∂y ∂x

Confrontando queste condizioni con l’Eq. (35) possiamo concludere che la condizione sufficiente affinchè un campo
vettoriale F⃗ (⃗r) = Fx (x, y, z) î + Fy (x, y, z) ĵ + Fz (x, y, z) k̂ sia conservativo può essere sintetizzata in

∇ ∧ F⃗ = 0 . (72)

Un tale campo si dirà essere irrotazionale.

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