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Kostas Mondis
La Grecia
ultimo cespuglio
A cura di FILIPPOMARIA PONTANI sul burrone
sono propriamente né epigrammi nel un lessico semplice – anche la rima è

U
n novello Socrate “che in-
troduce nuove divinità e senso antico (anche se quasi sempre si ammessa solo eccezionalmente, quan-
corrompe”: così si presen- chiudono con un’inattesa pointe fina- do funga da legame vivo con la tradi-
tava il cipriota Kostas Mondis (Fama- le) né haiku come quelli coltivati da zione popolare. Nel contempo, pro-
gosta 1914 - Nicosia 2004). Dietro Giorgio Seferis (anche se non di rado prio perché nell’estrema rarefazione e
quella definizione non stava soltanto assumono un ritmo ternario): essi am- condensazione del discorso la lingua
un rapporto tormentato col divino, biscono talvolta alla lapidarietà apo- acquisisce un ruolo comunicativo cen-
pieno di interrogativi senza risposta dittica della gnome, ma più spesso trale, ricevono dimensione poetica an-
(“Tu con chi stai, Signore? / con la le- pongono con tono schietto e disincan- che le peculiarità formali dei testi, le
pre o con il cacciatore?”; “Ma Dio fa- tato questioni irrisolte, mettendo in allitterazioni, i tempi e i modi verbali
ceva sul serio / mentre ci creava?”); forse convinzioni e luoghi comuni ap- (“Ero adesso, / sono l’anno scorso. /
c’era anche la consapevolezza del ruo- parentemente condivisi, denudando la Capìtelo una buona volta”), i segni ti-
lo di “pungolo” che il poeta deve assu- traiettoria di un ricercare doloroso e la- pografici (“Perché togliete le parentesi
mere nella società, stimolando ri - cerante, che non ha un principio né / da un testo che si basa su di esse?”).
flessioni scomode con parole semplici una fine, e dunque procede in modo Da questa malcelata attenzione alla
e nette. disordinato, rapsodico, ma unitario forma – che fa pendant con una vigile
Non è un caso che, come osserva Ti- nell’ispirazione e nell’intento. Molte attenzione a tutti gli aspetti del reale,
tos Patrikios, tra prosopopee, anafore, sono le analogie – pur in un àmbito soprattutto a quello dell’uomo – di-
aposiopesi, preterizioni, Mondis fini- culturale diverso – con i toni e i temi scendono anche le anafore insistite, le
sca per essere il poeta “che presenta il del nostro Giorgio Caproni, specie ripetizioni tese a sottolineare un con-
maggior numero di punti di domanda nelle sue ultime prove. cetto con l’insistenza di una conversa-
nella sua opera”. I suoi componimenti, Mondis detesta la poesia vacua e fi - zione, soprattutto i paradossi (“La
per lo più brevissimi (molti sono stati ne a se stessa, rinnega gli artifici con- strada che ci ha portato qui / è fuori e
raccolti sotto il titolo di Attimi), non venzionali e predilige uno stile piano e aspetta: / non ha nemmeno legato il

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Kostas Mondis

cavallo”), gli ossimori (“Partiamo e poeta, nel 1968 e nel 1973, e che anco- assieme alla Prima e alla Terza rappre-
non partiamo più, / restiamo e non re- ra oggi vede in lui il proprio maggiore senta di fatto l’unico esperimento di li-
stiamo più, / siamo e non siamo più”), lirico contemporaneo) è testimoniato rica non epigrammatica del nostro,
le deduzioni stringenti e contro-intui- anche da una cospicua produzione in propone la “madre” come una sorta di
tive (“Abbiamo fatto in modo / che la dialetto cipriota, idioma in cui tradus- rifugio simbolico destinato a custodire
Storia stessa si chieda / se continuare a se fra l’altro anche la Lisitrata e le Ec- gli ideali, i pensieri e la rabbia del figlio
scrivere / di ciò che facciamo”). La clesiazuse di Aristofane. di Cipro esposto impotente alle onde
fierezza del parlar greco (un privilegio Forse la fede nella propria terra e della storia: essa, come la poesia di
di cui Mondis è pienamente conscio, a nella propria lingua rappresentano le Mondis, ruota attorno a un bisogno di
tratti quasi stupefatto) impone come uniche pietre angolari su cui Mondis, appartenenza (mai disgiunto da un ac-
contropartita l’indagine approfondita che non esita un momento a infrimare ceso spirito critico) che trascende i
delle possibilità latenti nelle pieghe di e dissacrare l’esistente, pensa di poter confini della nazione per diventare un
quella lingua potente e intraducibile, costruire la propria identità di uomo e bisogno più latamente umano.
che porta sulle spalle un’intera civiltà. di poeta. Ma questa fede non è trionfa- Raccolte: l’esordio in rivista avvenne
Tutto questo è tanto più attuale nel- listica, né ignora la marginalità di Ci- nel 1932, ma dal ’34 al ’94 si sussegui-
l’angolo di mondo in cui Mondis ha pro e del greco nello scacchiere del rono molte raccolte, fra cui in partico-
trascorso buona parte della sua vita, mondo: si tratta, per Mondis, di calare lare Attimi (1958), Lettera alla madre e
Cipro. Dopo gli studi di legge ad Ate- in forma poetica la disperazione per altri versi (1965), Da cipro bella (1969),
ne, infatti, nel 1937 egli torna sull’iso- una lingua troppo spesso inascoltata, A Nicosia la… (1970), E allora in Cipro
la e – non potendo esercitare la profes- per una storia che sembra inesorabil- marina (1974), Cipro in Aulide (1976),
sione di avvocato per una disposizione mente ripetersi, per la “maledizione” Idolini ciprioti (1980). L’insieme della
del protettorato inglese – s’inventa nei che grava sull’isola e lacera la coscienza sua opera fu pubblicato in 11 volumi
decenni successivi traduttore, giornali- di ogni suo abitante (“A Cipro”: “Che (Apanda, Atene 1986-2001); molto uti-
sta, redattore, agitatore culturale (nel devo fare con te? / Quaggiù dove ti sei le la raccolta antologica Mikrì antholò-
1942 fonda il Lyrikòn, primo teatro messa / questo hai avuto, questo hai e ghisi apò to ergo tu, Nicosia 2003.
dell’isola), impiegato, segretario della questo avrai”). Specie dal 1974, la pro- Studi: M. de Poli (a cura di), Giornate
Camera di Commercio e financo (dal testa contro l’invasione turca di Cipro per Cipro, Padova 2008. F. Pontani, O
1961 al ’76) direttore dell’Ente del tu- nord non è scevra di accenti nazionali- Kostas Mondis ke i Italikì pìisi, “Par-
rismo. Ma va soprattutto ricordato il stici; ma colpisce ancor di più la pre- nassòs” 49, 2007, 357-72. G. Kechà-
ruolo di Mondis nella lotta di libera- veggenza dei toni quasi “biblici” (i ver- ghioglu - M. Pierìs (a c. di), Dòdeka kì-
zione dal dominio inglese: tra il 1955 e setti, le anafore, la sintassi fluida e pa- mena ghia ton Mondi, Atene 1984. Nu-
il 1959 (l’autonomia arrivò nel ’60), è ratattica) con cui Mondis aveva meri speciali della rivista “I lexi” 131,
infatti a capo dell’organizzazione di re- prefigurato la catastrofe già nel 1972, 1996, e 152, 1999.
sistenti ciprioti EOKA. Il legame con la nel lungo poemetto dal titolo Seconda
patria (che lo premiò due volte come lettera alla madre. Quest’ultimo, che Filippomaria Pontani

Epigramma
*
E la Grecia ultimo cespuglio sul burrone
ché la libertà vi si aggrappi per esistere. No, non sono inutili i sogni inutili,
no non sono superflui i sogni superflui.

* *
Lasciate sempre un sorriso
– Sono del tutto vane queste lotte. fuori dalle vostre mura,
– Lo so. Per questo mi ci sono messo, lasciate sempre un sorriso
proprio per questo mi ci sono messo. per i passanti.

* *

Al minimo spiraglio Mentre creava il Suo mondo Dio scriveva poesia,


irrompe il tuo ricordo pubblicava i Suoi “Opera omnia”.
simile al gatto
che aspetta fuori della porta chiusa. *

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Kostas Mondis

Non siamo mai riusciti a dire il discorsetto che pronuncerà.


“questa speranza non la reggo”, Ne abbiamo abbastanza.
non siamo mai riusciti a dire Magari, dico, diventassero tutti poveri di colpo
“questa speranza la evito, e potessimo lasciarli là e starcene in pace finalmente.
questa speranza la tralascio, la ignoro”.

Sarebbe forse più sopportabile la vecchiaia


Su Omero (variante)
se non la precedesse la gioventù, Non sapeva tante cose
sarebbe forse più sopportabile la vecchiaia come le sappiamo noi
se la gioventù non avesse creato un precedente, però se l’è cavata bene
se la gioventù non avesse creato quel precedente lì? niente da dire.
*

E il cuore un telefono che squilla


in una casa vuota.
Del “sempre” e del “mai”
È strano che non si sia trovata
A un poeta in tutto il mondo alcuna lingua
che non li contempli nel suo vocabolario,
Non avevi niente da dire, caro signore. che abbia capito che non esistono,
Perché hai disturbato le parole? che abbia capito che sono dei raggiri.
Perché le hai disturbate?

Da Attimi, 1958
Le parole
I loro attimi migliori devono essere
Sul cuore quando le sillabano i bambini.

Sapete che vuol dire


che non ha mai dormito in vita sua.

1970-1975
La testa
A riempirsi si riempie
è a svuotarsi che non si svuota.
Ne abbiamo abbastanza
Ne abbiamo abbastanza di adulare i Greci della diaspora
– i connazionali d’America, per esempio A un filologo studioso di poesia, II
il signor Petros Brighton,
il signor Ghiannis Short – Sul serio, come spieghi l’improvvisa diminuzione delle la-
perché ci diano pubblicità per le nostre riviste biali al verso 13?
o facciano offerte alla chiesa del nostro villaggio (un mu-
retto, un’iconostasi),
o per livellare il campo di calcio.
Ne abbiamo abbastanza di piantare le nostre occupazioni Dopo l’invasione turca
in quattro e quattr’otto
e di correre a portarli sulle spalle Adesso come potremo più morire,
e di promuovere adunanze onorifiche adesso come potremo più morire,
e di passare cortesemente al Presidente della Commissione con questa preoccupazione dietro di noi?
Organizzativa Necessariamente dovremo rimandare.

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Kostas Mondis

* con tre sigilli di vento,


che non la forzi la nostalgia,
Non abbiamo ancora capito la cosa più semplice, che non l’apra di nascosto il piccolo sobborgo,
che non è il buio che spegne la luce che non sia esposta ai nostri diciott’anni,
bensì la luce. che non l’arrugginisca il sole,
che non la leggano gli uomini da sopra la tua spalla,
che non la denunci un amore straniero,
che non la sospetti.
Milite ignoto Madre, abbiamo esaurito la pazienza dell’asfalto,
madre, abbiamo esaurito il bordo dei marciapiedi,
Perché sempre quel fusto, abbiamo esaurito le loro quadrature,
perché sempre quel valoroso combattente abbiamo esaurito le loro fenditure.
a rappresentare il Milite Ignoto? Madre, impallidiamo di momento in momento,
Ce ne sono anche altri più vigliacchi, più deboli, madre, ci troviamo alle porte dell’Asia,
con fronti più rugose, madre, al nostro tatto s’incendia la pietra.
con un pensiero amaro sulla palpebra,
con moltissime idee dietro al grilletto. 13
Non ci vanno bene questi,
non diventano statue, questi? Guarda, madre, che piloni per reggere la superficie,
guarda che puntelli per ingannare la dissoluzione.
Perché ci piace fraintendere gli arcobaleni, madre?
Madre, tutto si compie ormai.
Non dirci che resta ancora una luna sul mare,
Poeti greci che resta ancora un respiro sulla pendice.
Non dirci che l’alba ancora si presenta
Pochissimi ci leggono, con le rocce del cielo sottosopra,
pochissimi sanno la nostra lingua, con le capre balzellanti di stella in stella,
restiamo senza riconoscimenti e senza applausi né che è equipaggiata con un cesto di cardellini,
in quest’angolo remoto; con un solco di sorrisi,
in compenso però scriviamo in greco. con un grappolo di lustrini,
con una porta che si apre.
Non dirci che a Nicosia
albeggia ancora il primo amore
Da Lettera alla madre con un verso rosso come abito,
con un fiore d’arancio tra i capelli,
3 con un abbraccio d’eucalipto.
Fanno finta, madre, fanno finta.
Ti scriveremo una lettera pesante, madre, Fanno finta come la luce del sole
con tre pietre legate al collo, che si adultera e appare candida,
con gli alveoli strizzati, che congiura ed appare candida.
che non la prenda il vento, Madre, il cuore non ha pezzi di ricambio,
che non la prenda la gioia, l’amore non ha surrogato.
che non la prenda la tua carezza, È falso il lungo serpente nero che incrociava la nostra
che non la prenda il canto del postino, strada,
che non accompagni il suo fischiettìo, falso il ritorno degli esuli,
che la scansino i sogni. falsi i rimpatri,
Ti scriveremo una lettera che non galleggi, falsa l’apertura dei confini.
che si trascini sott’acqua da un abisso all’altro, Madre, ritornerà, ti dico, la questione dei morti,
che si trascini prona al fondo, sarà reintrodotta.
che trasmetta inchiodata al fondo, Orsù, dacci una bandiera se la conosci, dàccela.
senza schiuma di superficie Madre, tutto è sbottonato,
senza periscopio. sbottonata va in giro la Terra, trasandata.
Ti scriveremo una lettera chiusa, madre, L’hanno svegliata in fretta e l’hanno arruolata,
con tre sigilli d’amarezza, senza preparazione,
con tre sigilli di addio, senza addestramento per il carico destinato a lei,

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Kostas Mondis

senza progetto per il gregge che si accollava. con i nomi di ragazzi diciottenni,
Non è alba l’alba, madre, con le tenere foto di ragazzi diciottenni.
non sono bianchi i margini dei libri, E ogni domenica si gettano su di esse le madri
non sono bianchi i margini della vita, e si battono il petto e si strappano i capelli
sono più scritti degli scritti, e i padri stanno in piedi muti, insopportabilmente muti.
sono più drammi dei drammi. Ormai non puoi più piangere un tuo morto nei cimiteri,
È tutto un complotto, madre, madre,
è tutto un forsennato complotto, madre. non puoi piangere i genitori,
Ti riscriverò. non è concepibile piangere i genitori,
le vecchie tombe hanno perso il loro senso,
Da Lettera alla madre e altri versi, 1965 i nostri morti hanno perso il loro senso,
sono diventati inutili,
non c’è posto per loro nelle commemorazioni,
tralascia i loro nomi il sacerdote,
non c’è posto in chiesa per le loro commemorazioni,
Da Terza lettera alla madre ci ridono dietro quando diciamo che siamo venuti per il
padre,
3 esitiamo a rispondere quando ci domandano
e raccontiamo bugie
Madre, intorno alle nostre case s’è accampata l’Asia, e raccontiamo che siamo venuti per il figlio dei vicini
intorno alle nostre case ulula impazzita l’Asia, e raccontiamo che siamo venuti per il giovane compagno
insuperbisce impazzita l’Asia, che è morto nelle battaglie delle Carceri.
cos’altro dirti? Ed esitiamo a rispondere
Madre, Nicosia è ormai un bambino triste che no, non abbiamo un figlio ammazzato,
che cerchi invano di far sorridere, ci vergogniamo a rispondere
che se lo pettini si pettina che no, non abbiamo un figlio ammazzato,
e se non lo pettini non si pettina, no, non abbiamo un “disperso”,
che se lo prendi per mano ti segue capisci, madre?
e se lo lasci resta lì. Madre, ricordi che nei condomini di fronte
Madre, le nostre strade si sono riempite si fermavano ogni mattina le jeep della guardia nazionale
di padri afflitti e mal rasati in camicia nera, per prendere gli ufficiali greci
si sono riempite di ragazze nerovestite, e i balconi si riempivano di donne che sventolavano le
si sono riempite di donne che tengono e mostrano braccia
le fotografie dei loro “dispersi” e i balconi si riempivano di bambini che mandavano baci
e ci chiedono se li abbiamo visti, e il quartiere profumava di gelsomino e giacinto e gaggia
donne che hanno inchiodate al petto e avanzava d’un passo per seguirli?
le fotografie dei loro figli, Ecco, un’altra mattina sono partite, madre, le donne ve-
che non sanno cosa ne sia di loro stite di nero,
e ci chiedono se li abbiamo visti. silenziose, vestite di nero,
E noi non abbiamo una risposta sono tutte partite vestite di nero.
e raccontiamo loro delle bugie Ecco, un’altra mattina sono partiti i bambini vestiti di
e raccontiamo loro che abbiamo sentito che si nascondono nero,
sul Pentadàttilo silenziosi, vestiti di nero,
cinquecento ragazzi, sono tutti partiti vestiti di nero
che si nascondono sul Pentadàttilo mille ragazzi, senza piccole voci, senza manine da sventolare.
e raccontiamo loro che sì i prigionieri che sono tornati
hanno visto molti ad Amasea, Da Idolini ciprioti, 1980
raccontiamo loro sì i prigionieri che sono tornati
hanno visto molti ad Adıyaman e Adana
e nelle carceri di Antalya e di Eskişehir Traduzione di Filippomaria Pontani
e del Serraglio
e “sì, ho visto suo figlio, era con me”,
e “sì, suo marito l’ho visto, era con me”.
Madre, nei nostri cimiteri si sono allineate Le poesie sono tratte da Poeti greci del Novecento, a cura di Nicola Cro-
in file interminabili le croci cetti e Filippomaria Pontani, I Meridiani Mondadori, Milano 2010.

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