Einaudi
L ’edizione attuale, riveduta, aggiunge a quella prece
dente qualche correzione di scarso rilievo. Deliberatamen
te non è stata aumentata, anche a rischio di deludere Pat-
tesa di qualche lettore. Nel corso di questi ultimi anni l’au
tore ha avuto indubbiamente l ’occasione di veder sorge
re, nella prospettiva iniziale di quest’opera, alcune nuo
ve figure che richiederebbero di essere poste nella mede
sima luce. In particolare ha dovuto resistere alla tentazio
ne di inserirvi Oscar Panizza, Georges Darien, G . I. Gur-
djieff (quale lo rivela il suo magistrale Eveil du penserypo
sto a introduzione dei Récits de Belzébuth à son petit-fils),
Eugène Ionesco, Joyce Mansour, ma vi ha rinunciato per
evidenti ragioni. Questo libro, pubblicato per la prima
volta nel 1939 e ristampato, con alcune aggiunte, nel
1947, ha segnato, cosi com’è, un’epoca. Basti ricordare che
quando esso fu stampato le parole «humour nero» non
facevano significato (quando non suggerivano addirittura
una forma di umorismo tipica dei «negri»! ). Solo da allo
ra questa espressione è entrata nel dizionario: sappiamo
quale fortuna ha avuto la nozione di humour nero. Tutto
sta ad indicare che essa continua ad essere in piena effer
vescenza, e che si diffonde tanto per via orale (le storie del
tipo «macabro») quanto attraverso l’espressione plastica
(specialmente a livello di disegno in certi settimanali) e
il cinema (almeno quando si pone ai margini della produ
zione commerciale). Proprio il fatto che la presente opera
6 PREM ESSA
I 939-
Antologia dello humour nero
Jonathan Swift
1665-1745
Pare che gli occhi di Swift fossero cosi cangianti da passare dal
celeste al nero, dal candido al terribile. Questa instabilità si accor
da a meraviglia con il suo modo di sentire: «Ho sempre detestato
tutte le nazioni, le professioni, le comunità, non posso amare che
degli individui. Aborro e odio soprattutto queir animale che porta
il nome di uomo, mentre amo con tutto il mio cuore Giovanni, Pie
tro, Tommaso, ecc.». Disprezza piu di ogni altro il genere umano, e
tuttavia è assillato da un bisogno frenetico di giustizia. Fa la spola
fra i palazzi di Dublino e la sua piccola canonica di Laracor, ansioso
di comprendere se è destinato a coltivare i suoi salici e a godersi i
guizzi delle sue trote, o invece a occuparsi degli affari di stato. Qua
si suo malgrado, se ne occupa a piu riprese, nel modo più attivo ed
efficace. «Quest’irlandese - è stato detto - che si considera come un
esiliato nella sua terra, non riesce a fissare altrove la sua residenza;
quest’irlandese, sempre pronto a dir male dellTrlanda, mette a re
pentaglio per essa i suoi beni, la sua libertà, la vita, e la salva, per
quasi un secolo, dalla schiavitù di cui lTnghilterra la minaccia».
D ’altra parte questo misogino, l ’autore della Lettera a una giovane
sul suo matrimonio, è destinato nella vita alle peggiori complicazio
ni sentimentali. Tre donne, Varina, Stella e Vanessa, si contendono
il suo amore e, se rompe in termini insultanti con la prima, è con
dannato a vedere le altre due straziarsi a vicenda e morire senza
avergli accordato il loro perdono. Questo ecclesiastico è l ’uomo cui
una d’esse scrive: «Se fossi molto pia, tu saresti il Dio che adore
rei». Da un capo all’altro della sua vita, solo la sua misantropia non
incontra alcun correttivo e non trova smentita negli avvenimenti.
Un giorno, indicando un albero colpito dal fulmine, aveva detto;
«Io sono come quell’albero, comincerò a morire dalla cima». Come
se si fosse augurato di giungere a «quel livello di felicità sublime
che si chiama facoltà di essere ben ingannato, alla condizione pla
cida e serena che consiste nell’essere un pazzo tra i furfanti», nel
1736 si vede precipitare in un intorpidimento intellettuale, di cui
potrà osservare i progressi, con atroce lucidità, durante dieci anni.
Lascia in eredità diecimila sterline per la creazione di un ospedale
per alienati.
JONATHAN SWIFT 21
IS T R U Z IO N I P E R I D O M E S T IC I
U M I L E P R O P O S T A P E R IM P E D IR E CH E I B A M B IN I
D E L L A P O V E R A G E N T E S IA N O D I P E S O
A I G E N IT O R I O A L L A N A Z IO N E ,
E P E R R E N D E R L I U T IL I A L L A C O M U N IT À
1 Dublino.
26 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
M E D I T A Z I O N E S U U N M A N I C O D I S C O P A lI
P E N S IE R I SU VARI A R G O M EN TI
1 Vévidence poétique.
38 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
JU L IE T T E
A L L A SIG N O R A D E S A D E
3° segnale,
sempre dello stesso :
A F O R IS M I
I critici più benevoli e perfino i seguaci piu entusiasti del suo si
stema economico e sociale sono d’accordo nel deplorare in Fourier
il divagare delFimmaginazione: non sanno come comportarsi per
nascondere le «stravaganze» di cui si compiace, sorvolano sull’a
spetto «capriccioso e bizzarro» del suo pensiero, spesso cosi splen
didamente controllato. Come spiegare la coesistenza, nella stessa
mente, dei piu alti attributi razionali e di un gusto del vaticinio
spinto agli estremi? Marx e Engels, cosi severi con i loro precursori,
hanno reso omaggio al genio dimostrato da Fourier in materia di
sociologia, il primo facendo osservare, a proposito delle «serie pas
sionali» che costituiscono la pietra angolare della sua opera, che
«tali costruzioni, esattamente come il metodo hegeliano, non sono
criticabili che con la dimostrazione di come bisogna farle, provando
cosi che le si domina» l, il secondo presentandolo come «uno dei
più grandi scrittori satirici che sia mai esistito»2, accompagnato da
un dialettico senza pari. Come ha potuto Fourier soddisfare tali e-
sigenze e, al tempo stesso, sconcertare quasi tutti coloro che hanno
voluto accostarsi alla sua opera con le sue vertiginose ascese nel re
gno deU’incontrollabile e del meraviglioso? La sua storia naturale
- dove si vuole che la ciliegia sia ü prodotto della copula della terra
con se stessa, e l’uva della copula terra-sole - è stata considerata co
me nettamente aberrante, e cosi pure la sua cosmologia, dove la
terra occupa il posto insignificante di un’ape in un alveare formato
da un centinaio di migliaia di universi siderali, il cui insieme forma
un bi-universo, che a sua volta, insieme ad altre migliaia, costituisce
un tri-universo e cosi via, dove la creazione procede per tappe e ten
tativi successivi, dove la nostra esistenza individuale è ridotta a12
CORONA B O R E A L E
M E T O D O D ’U N I O N E D E I S E S S I
N E L S E T T I M O P E R I O D O ( E N O N N E L L ’O T T A V O )
D E T T A G L IO D I C R E A Z IO N E
IN C H IA V E IP O -M A G G IO R E
D IM O S T R A Z IO N I F A M I L I A R I D E L L A C A T A R A T T A
Punteggiatura
L 'E L E F A N T E , I L C A N E ...
lore» \ Poche esistenze furono cosi patetiche come la sua, poche vi
cende cosi crudeli e meravigliose. Meno che diciassettenne fugge
dalla scuola di provincia dove vogliono costringerlo i suoi tutori:
vive di espedienti, girovaga per il Galles, nutrendosi di more e di
bacche selvatiche; giunge tuttavia a Londra, dove trova asilo in una
grande casa abbandonata, rifugio nelle ore dei pasti di un uomo
d’affari dal viso di faina, e di una timida ragazzina di dieci anni che
vi abita giorno e notte facendo da serva a questo enigmatico perso
naggio. Il suo ospite gli lascia per pranzo qualche crosta di pane, e
la ragazzina dorme stringendosi a lui sul nudo pavimento. Nel cor
so delle sue peregrinazioni per Londra, il giovane De Quincey, che
si fa un principio filosofico di parlare familiarmente con ogni essere
umano che incontra, uomo donna o bambino, si innamora platonica
mente di una prostituta di sedici anni, Anna, adorabile creatura te
nera e innocente. Baudelaire ha sognato di strappare «una penna
dalle ali di un angelo» per dipingere il loro legame insieme di pover
tà e di amore. «La povera Anna, - racconta Marcel Schwob,- si pre
cipitò verso Thomas De Quincey... barcollante e quasi svenuto nella
Oxford Street, sotto i grandi lampioni accesi. Gli occhi umidi, acco
stò alle sue labbra un bicchiere di vino dolce, lo abbracciò e lo acca
rezzò. Poi scomparve nella notte. Forse mori poco dopo. Dice De
Quincey che tossiva, l ’ultima volta che la vide. Forse vagava ancora
per le strade: ma per quanto si accanisse a cercarla, per quanto sfi
dasse il riso di coloro cui si rivolgeva, Anna fu persa per sempre.
Piu tardi, quando ebbe una casa calda, pensò sovente con le lacrime
agli occhi che la povera Anna avrebbe dovuto vivere là, vicino a lui,
mentre se l’immaginava ammalata o moribonda, disperata, nell’or
rore di un b... di Londra, lei che aveva portato via, con sé, tutto l’a
more e la pietà della sua anima»12.
Perduta per sempre? No: dato che, almeno, essa ritornò dicias
sette anni dopo a popolare i suoi sogni di mangiatore d’oppio (co
minciò soltanto nel 1812 ad usare la droga per vincere le sofferenze
lasciategli dalla fame troppo a lungo patita). La sua luminosa appa
rizione placa ancora una volta le angosce della perdizione totale che
sono in De Quincey il terribile rovescio della «piu straordinaria,
complessa e splendida visione».
Nessuno più di De Quincey mostrò tanta profonda compassione
per la miseria umana. Il suo senso della fraternità universale lo spin
ge nel 1819 a entusiasmarsi alla lettura dei Prìncipi di economia po
litica di Ricardo e a sforzarsi di contribuire allo sviluppo di quella
Dice Lacenaire: «Arrivo alla morte per una cattiva strada, ci ar
rivo salendo una scala».
Disertore e falsario in Francia, assassino in Italia, poi ancora la
dro e assassino a Parigi, occupato senza tregua, come dice egli stes
so, a «meditare sinistri progetti contro la società», Lacenaire dedica
i pochi mesi che precedono l’esecuzione a redigere le sue Mémoires,
révélations et poésìes e si adopera in ogni modo per fare del suo pro
cesso uno spettacolo. Le ombre delle sue vittime, dello Svizzero di
Verona, di un suo vecchio compagno di cella, Chardon, e della ma
dre di quest’ultimo, come pure l’immagine dell’esattore che cercò
di derubare e uccidere, non lo distolgono neanche per un attimo
dall’atteggiamento distratto e insieme divertito che conserva fino
alla fine delle udienze. Per nulla preoccupato di salvarsi la testa, si
concede un ultimo gioco crudele, infierendo contro i suoi complici
intenti a difendersi, e si limita, per quanto lo riguarda, a cercar di
fornire una giustificazione materialista dei suoi delitti. Dal punto
di vista morale, sembra non esservi mai stata coscienza piu tran
quilla di quella di questo bandito.
Alla vigilia della morte, prende in giro i preti che lo importu
nano, i frenologi e gli anatomisti impazienti di esaminare il suo ca
so, e confessa di essere soggetto a « qualche piccola crisi di malinco
nia» che lo «diverte»; la notte, attraverso le sbarre della cella,
«quasi quasi faccio cucu al secondino».
Un critico, nel celebrare recentemente il centenario di una famo
sa opera di Balzac, ha potuto scrivere: «Nel 1836, quando il libro
esce, è accolto freddamente e quasi denigrato dalla stampa; la gra
zia del Lys dans la vallee non viene immediatamente apprezzata dal
pubblico, ancora follemente infatuato di Lacenaire, l ’elegante as
sassino in finanziera blu, poeta di corte d’assise e teorico del “ di
ritto al crimine” ».
74 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
I SILENI
I.
Un giorno d ’estate, caldo e luminoso. Il Diavolo, se
duto su una montagnola di terra, rabbrividisce dal fred
do.
2.
acqua al suo mulino». Non ci resta quindi che rimandare airottima tra
duzione di Valan^ay, Raillerie, satire, ironie, e t c Coll. L ’Age d’or, Fon-
taine, 1945.
7» ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
3-
Una sala nel castello. Il Diavolo è coricato sulla tavola
e i quattro naturalisti stanno in piedi intorno a lui.
Entra il Diavolo.
«Yo soy que soy» (Io sono ciò che sono), fu il motto di Pétrus
Borei e fu anche l’ultima frase pronunciata da Swift tre anni prima
di morire: mentre si guardava in uno specchio, pieno di compassio
ne per se stesso, qualcuno s’affrettava a far scomparire un coltello
che aveva a portata di mano. E un pugnale compare nella mano di
Pétrus Borei, rivolto verso il suo petto, nel ritratto che si trova sul
frontespizio del suo volume di versi, Rapsodies. In Champavert,
contes immorauXj «libro senza equivalenti, lugubre mistificazione,
scherzo di un’immaginazione feroce», trionfa la «parola sinistra»,
insieme beffarda e ripugnante (Jules Claretie); in Madame Putiphar
soffia un vento rivoluzionario fra i piu possenti (Jules Janin, molto
ostile, lo paragona nei «Débats» alle opere del marchese di Sade):
in entrambi abbondano situazioni che muovono insieme al riso e al
pianto, passaggi in cui la sincerità più dolorosa è unita a un senso
acuto della provocazione, a un bisogno irresistibile di sfida. « “ Son
qui per domandarvi un favore, - cosi si rivolge al boia uno degli eroi
di Borei, Passereau lo scolaro, — vorrei umilmente pregarvi, ve ne
sarei tanto riconoscente, di farmi l’onore e la cortesia di tagliarmi la
testa...” “ Che significa ciò?” “ Brucerei dal desiderio che mi ghi
gliottinaste! ” » Lo stile dello scrittore, cui più che a ogni altro si ad
dice l ’epiteto «frenetico», e la sua ortografia attentamente barocca
sembrano voler provocare nel lettore una certa resistenza verso la
stessa emozione che gli si vuol far provare, resistenza basata sull’e
strema singolarità della forma, e senza la quale il messaggio fin
troppo allarmante dell’autore non potrebbe umanamente essere re
cepito.
Una litografia di Célestin Nanteuil, da un ritratto di Louis Bou-
langer, ci tramanda l’espressione di quei «grandi occhi tristi e bril
lanti», di cui parla Théophile Gautier, aggiungendo: «Si sente che
non è del nostro tempo, che non ha nulla dell’uomo moderno, ma
che viene dal fondo del passato». In effetti nasce una certa ambi-
88 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
RAPSODIE1
1 Introduzione.
PETRUS BOREL 89
clienti sono delle tigri!... o dei notai che con una riforma
avrebbero tutto da perdere: il notaio è filippista quanto
un passamanaio! Dev'essere di quella brava gente che ve
de la Repubblica nella ghigliottina e negli assegnati!
La Repubblica è per loro una questione di potatura di
teste. Non han capito niente della nobile missione di Saint-
Just, gli rimproverano quel poco che fu costretto a fare, e
poi ammirano le carneficine di Buonaparte — Buonaparte!
- e i suoi otto milioni di cadaveri!
A quelli che diranno: in questo libro c’è un sentore di
suburbio che ripugna, risponderemo che effettivamente
l ’autore non rincalza le coltri al re. D ’altronde non è egli
forse all’altezza di un’epoca che ha per governanti degli
stupidi trafficanti, mercanti di fucili, e per monarca un uo
mo che ha per motto: «Dio sia lodato, e con lui le mie bot
teghe! »
Per fortuna, per consolarci di tutto ciò, ci resta l’adul
terio! il tabacco del Maryland! e del papel español por ci-
garitos.
IL BECCAMORTO
U N P O V E R O V E R G O G N O SO
L ’ha cavata
Da una tasca bucata,
Sotto gli occhi l’ha messa
L ’ha guardata ben bene
Dicendo: «Infelice!»
io 4 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
L'ha soffiata
Con la bocca umettata;
Aveva quasi paura
Di un tremendo pensiero
Che lo colse nel cuore.
L'ha bagnata:
Una lacrima ghiacciata
Che per caso sgelò;
La sua stanza è tarlata
Ancor piu di un bazar.
L'ha strofinata,
Ma non l'ha riscaldata;
Non sentendola quasi
Che, contratta dal freddo,
G li voltava la schiena.
L'ha pesata
Sull'aria appoggiata,
Come si pesa un'idea;
Con del filo di ferro
L'ha poi misurata.
L'ha sfiorata
Con la bocca aggrottata. -
Con terrore improvviso
Essa allora gridò:
Baciami, addio!
L'ha baciata,
E poi l'ha incrociata
Sull'orologio del corpo,
Che mal caricato
suonava cupo e sordo.
L'ha palpata
Con mano ostinata
A farla morire.
Xavier Forneret
io 6 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
SEN ZA T IT O L O E AN CO RA
U N ANNO S E N Z A T IT O L O
1 Fusées.
CHARLES BAUDELAIRE III
I L C A T T I V O V E T R A IO
L A Q U A D R IG L IA D E L L E A R A G O S T E
L ’ U C C I S O R E D I CIGNI
1 [Io so fare i versi eterni. Gli uomini | Sono rapiti dalla mia voce che
dice il vero. | La suprema ragione che, fiero, ereditai | Nessuna somma
la potrebbe pagare. || Ho tutto toccato: il fuoco, le donne e le mele; | Ho
tutto sentito: Tinvemo, la primavera e l’estate; | Ho tutto trovato, poiché
nessun muro mi ha fermato. | Ma, fortuna, dimmi, con quale nome ti chia
mi?].
130 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
che egli ha amato tanto quanto quelli che segnano, con la loro sco
perta e la successiva applicazione, le tappe del progresso scienti
fico. Si tratta in entrambi i casi di strappare alla natura una parte
dei suoi segreti: ecco ciò da cui deriva l’unità della sua vocazione
di poeta e di scienziato. Nasce da questo fatto, per esempio, la sor
prendente orchestrazione di certi suoi poemi in prosa {Sur trois
aquatintes de Henri Cros) che preparano le lUuminations, e la pro
dezza di far girare a vuoto la macina poetica in Uhareng-saur. La
freschezza della sua intelligenza fa si che tutto ciò che è passi
bile di desiderio non gli sembri a priori utopistico e che, meno di
chiunque altro, avverta pesare la proibizione su ciò che non è (ai
suoi occhi ciò che non è ancora) in funzione di ciò che è. Ha rea
lizzato per primo la sintesi artificiale del rubino; ha «immaginato,
descritto, precisato tutte le caratteristiche del radiometro che Sir
William Crookes utilizza per misurare il vuoto e l’imponderabile,
come pure del “ fotofono ” che Graham Bell aveva sognato di usare
per far parlare la luce e raccogliere gli echi del sole». Si deve a lui
il principio della fotografia a colori, ed è provato che, otto anni e
mezzo prima che Edison inventasse il fonografo, Cros aveva depo
sitato all’Accademia delle Scienze un plico sigillato in cui descri
veva un apparecchio quasi del tutto simile. Emil Gauthier, che si
è dedicato alla causa di fargli rendere giustizia su questo punto,
ricorda ancora «gli studi di Charles Cros sull’elettricità, di cui la
mentava curiosamente le “ snervanti lentezze” e la “ costituzione
vischiosa” , il suo stenografo musicale realizzato poi da altri sotto
il nome di “ melotropo” , il suo telegrafo automatico, il crono
metro, il vertiginoso progetto di telegrafia ottica interplanetaria,
ecc...»
La prodigiosa avventura mentale di Charles Cros ebbe come
risvolto le modestissime condizioni economiche in cui dovette sem
pre dibattersi. Dalla sua soffitta fino allo «Chat-noir», dove cree
rà il genere del monologo, non gli toccò in sorte altro che alternare
la povertà alla bohème. Ciò significa che l’humour nasce in lui co
me sottoprodotto di quella «filosofia amara e profonda» che gli at
tribuisce Verlaine, senza il cui conforto non avrebbe potuto so
cialmente rassegnarsi. La giocosità pura di certe parti tutte stra
vaganti della sua opera non deve far dimenticare che alcune fra le
piu belle poesie di Cros hanno un revolver puntato contro il cuore.
CHARLES CROS I3I
L 'A R I N G A A F F U M I C A T A
L A SC IE N ZA D E L L 'A M O R E
6 gennaio 1889
[timbro postale: Torino, 5 gennaio 1889]
I C A N T I DI M A L D O R O R
LETTERA
22 maggio 1869
Egregio signore,
Proprio ieri ho ricevuto la sua lettera che porta la data
del 21 maggio; era la sua. Ebbene, sappia che purtroppo
non posso lasciar passare cosi l ’occasione di farle le mie
scuse. Ecco perché: se lei m’avesse annunciato l’altro gior
no, ignaro di ciò che può accadere di spiacevole nelle cir
costanze in cui è posta la mia persona, che i fondi stavano
esaurendosi, io mi sarei ben guardato dal toccarli; ma, cer
tamente, avrei provato tanta gioia a non scrivere queste
tre lettere quanta lei ne avrebbe provato a non leggerle.
Lei ha posto in vigore il deplorevole sistema di diffidenza
ISIDORE DUCASSE *5 3
vagamente prescritto dalla bizzarria di mio padre; ma ha
indovinato che il mio mal di testa non m'impedisce di con
siderare con attenzione la difficile situazione in cui Pha po
sto sinora un foglio di carta da lettera giunto dall'America
del Sud, il cui principale difetto era la mancanza di chia
rezza; io non prendo infatti in considerazione la sgarba
tezza di alcune melanconiche osservazioni, facilmente per
donabili in un vecchio, che mi sono sembrate, a prima let
tura, aver avuto Paria d'imporle, forse in avvenire, la ne
cessità d'uscire dalla sua precisa funzione di banchiere,
nei riguardi d'un signore che viene a stare nella capitale»..
... Mi scusi, egregio signore, ho una preghiera da rivol
gerle: se mio padre mandasse altri fondi prima del primo
settembre, epoca in cui il mio corpo farà un'apparizione
dinanzi alla porta della sua banca, potrà avere la genti
lezza di farmelo sapere? Del resto, io sono in casa a qual
siasi ora del giorno; ma basterebbe che lei mi scrivesse
due righe, ed è probabile che allora io le riceverei quasi nel
medesimo tempo della signorina che tira il cordone, oppu
re molto prima, se mi capita d'essere nel vestibolo...
...E tutto ciò, ripeto, per un’insignificante quisquiglia
formale! Presentare dieci unghie secche invece di cinque,
che grossa faccenda: dopo averci pensato sopra a lungo,
confesso che m'è sembrata colma d'una notevole quantità
d’importanza zero...
IN F A M I G L I A
IN R A D A
L I T A N I A D E L SONNO
(Frammento)
1 [Dove Dubois, va letto come du bois, cioè del legno. Come dire:
« Sono a Collegno col quale si fanno le bare »].
i68 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
ultimi quindici anni della sua esistenza vagando per le chiese della
Provenza, inquietante spettro di Benedetto Labre, il santo dalla co
rona di vermi che si era scelto come modello.
IL P E T T IN E
Senz’arroganza o canzonatura
È proprio, il pettine, un gran signore,
Che ha per motto: «chi se ne cura»
Perché il pettine è un gran signore.
UN CU O R E SO T T O UN A TO N A C A
LETTERA
14 ottobre 75
Caro amico,
Sogno
Emanazioni, esplosioni,
Un genio: Io sono il gruviera!
Lefebvre: Keller!
Il genio: Io sono il Brie!
I soldati tranciano sul loro pane:
È la vita!
II genio: Io sono il roquefort!
- Sarà la nostra morte.
- Io sono il gruviera
E il brie... ecc..
Valzer
1 [Riguardo la letteratura].
2 [Le lettere di Verlaine].
ARTHUR RIMBAUD * 7 9
A. R IM BAU D
3 1 , rue Saint-Rarthélemy
Charleville (Ardennes), naturalmente.
fleur, si reca pure dal padre di Alphonse Allais, e, senza dubbio, la
scia la sua impronta sul bambino (Alphonse Allais abiterà, verso la
fine della sua vita, «casa Baudelaire»). L ’esistenza di Alphonse
Allais è legata all’astro, destinato ben presto a tramontare, di quel
le imprese eccentriche che furono successivamente gli Hydropates,
gli Hirsutes e lo Chat-noir, con le quali il pensiero ancora misterioso
di questo declinante xix secolo si spoglia del cappello a cilindro.
Si è tentato invano fino ad oggi di fare il conto delle invenzioni
perfettamente gratuite dell’autore di A se tordre, prodotti di un’im
maginazione poetica che sta tra quella di Zenone di Elea e quella
dei bambini: il fucile del calibro di un millimetro, caricato ad aghi,
che può trapassare, infilare, legare ed impacchettare insieme quin
dici o venti uomini; pesci viaggiatori destinati a rimpiazzare i pic
cioni per il trasporto dei dispacci; acquario in vetro smerigliato
per pesci rossi timidi; intensificazione del focolaio luminoso delle
lucciole; oliatura dell’oceano per rendere inoffensive le onde; ca
vatappi azionato dalla forza delle maree; essiccatrice tascabile; ca
sa-ascensore che sprofonda nel suolo fino a raggiungere il piano vo
luto; treno lanciato su dieci lame sovrapposte che corrono ognuna
a venti miglia all’ora, ecc. ecc.
È chiaro che l ’edificazione di questo castello di carte mentale
esige innanzitutto una conoscenza profonda di tutte le risorse del
linguaggio, sia dei suoi segreti che delle sue trappole: «Era un
grande scrittore», dirà alla sua morte il severo Jules Renard.
i 8 2 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
U N D R A M M A T U T T O P A R IG IN O
Capitolo 4.
Un amico».
Capitolo 5.
Capitolo 6.
PIACERI D’ E ST A T E
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tçj#HÏÏ
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Alphonse Allais
i8 6 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
A i piedi del muro che separa il suo giardino dal mio, es
sa coltivava una superba pianta di prezzemolo. Un prezze
molo veramente magnifico!
A piene mani, senza risparmio, cosparsi il terreno alla
sua base di semi di cicuta, pianta il cui aspetto assomiglia
a quello del prezzemolo tanto da trarre in inganno.
(Compiango i nuovi affittuari del giardino, se non si ac
corgono deiringanno).
Arriviamo alle due supreme facezie, l’ultima delle quali
provocò, come già ho accennato prima, l ’improvviso tra
passo dell’orribile vecchia.
A forza di osservarla, conoscevo a perfezione il meschi
no tran-tran della nostra megera.
Levatasi alle prime luci dell’alba, ispezionava con oc
chio carico di sospetto ogni minimo particolare del suo
giardino, schiacciando una lumaca qui, là strappando una
erbaccia.
A l primo tocco della messa delle sei, la devota filava via,
poi, compiuto il dovere religioso, ritornava e prendeva
dalla cassetta delle lettere il giornale «La Croix», alla cui
edificante lettura si dedicava centellinando il suo caffè e
latte.
Bene, una mattina, lesse cose assai strane sul suo gior
nale favorito. L ’articolo di fondo, per esempio, cominciava
con questa frase :
«Quando la faremo finita con questi maledetti preta
stri?» e il resto dell’articolo continuava sullo stesso tono.
Dopo di che, si leggeva questo trafiletto:
« Avviso ai nostri lettori.
tolo Chez les fous. Ecco ciò che direttamente ci concerne. Si cita
tra l’altro un alienato “ che, con un sistema di allitterazioni e ti
ritere, aveva preteso di fondare un intero trattato di metafisica in
titolato La science de Dieu. Per lui infatti la Parola è tutto. E le
analisi delle parole esprimono i rapporti tra le cose. Mi manca lo
spazio per citare qualche passaggio di questa inquietante filosofia,
la cui lettura genera d ’altronde un reale turbamento: i miei let
tori mi saranno grati di averglielo voluto risparmiare“ . L ’alienato
- prosegue Brisset, che apparteneva alla polizia giudiziaria e il cui
modo di scrivere non aveva nulla da spartire con l’oscuro vanilo
quio di cui sopra - fu tuttavia ben contento della critica e ringra
ziò perfino. La science de Dieu fu, alla sua pubblicazione, la set
tima tromba dell’Apocalisse, e nel 1906 abbiamo pubblicato Les
prophéties accomplies. Un lungo prospetto, tirato a duemila copie,
fu spedito a diversi indirizzi e, poiché dovevamo ancora far sentire
la nostra voce, tenemmo una conferenza all’Hótel des Sociétés Sa-
vantes, il 3 giugno 1906. Ci scontrammo contro molta cattiva vo
lontà e i manifesti, preparati per essere affissi in tutta Parigi, fu
rono collocati solo nei dintorni dell’Hotel. Vennero una cinquan
tina di persone ad ascoltarci, e affermammo, nella nostra indigna
zione, che nessuno d’ora in poi avrebbe piu udito la voce del set
timo angelo».
Una seconda edizione della Science de Dieu (interamente rin
novata) appare tuttavia nel 1913 con il titolo di Les origines hu-
maines. L ’autore dichiara che, sentendosi vecchio e stanco, teme
di non poter condurre a termine il suo più alto progetto: un dizio
nario di tutte le lingue.
Se consideriamo l’opera di Brisset dal punto di vista dell’hu-
mour, essa trae la sua importanza dalla sua situazione unica, a capo
della linea che congiunge la patafisica di Alfred Jarry o «scienza
delle soluzioni immaginarie, che accorda simbolicamente ai linea
menti le proprietà degli oggetti descritti nella loro virtualità» al-
Vattività paranoico-critica di Salvador Dali o «metodo spontaneo di
conoscenza irrazionale basato sull’associazione interpretativo-criti-
ca dei fenomeni deliranti». Non può non colpirci il fatto che l’ope
ra di Raymond Roussel e l’opera letteraria di Marcel Duchamp si
siano situate, a loro insaputa o meno, in stretta connessione con
quella di Brisset, che stende la sua influenza fino ai più recenti espe
rimenti di smembramento poetico del linguaggio («Rivoluzione del
la parola»): Léon-Paul Fargue, Robert Desnos, Michel Leiris, Hen
ri Michaux, James Joyce e la giovane scuola americana di Parigi.
Jean-Pierre Brisset
19 6 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
L A G R AN D E L E G G E O L A C H IA V E D E L L A P A R O L A
LA FO R M A ZIO N E D E L S E S S O *
to: La porte est ouverte (la porta è aperta) e porte est ou
verte là (porta è aperta là) significano comunque: ouverte
est la porte (aperta è la porta)...
Ammesso ciò, noi leggiamo1: ai que ce? che valeva:
ce qu ai? oppure: qu’ ai ce? = qu’ai-je? Le domande: ai que
ce? est que ce? significavano: ai oppure est quoi ici? (che
cos’ho, oppure che cos’è, qui?) e crearono la parola exeyil
primo nome del sexe (sesso)123 . Gli uni pronunciavano éqce,
gli altri èqceysecondo la frase creatrice: ai que ce? est que
ce? Per cui sexe si pronuncerà, secondo il caso: sécqce,
sèqce. Ec, èque, oppure ek, formato da: ai que? è anche un
primo nome del sesso: éque-ce valeva ce èque, ec o ek, e
divenne exe.
Ci si domandò in seguito: ce exe, sais que ce? «=ce
point, sais-tu quoi c’est? (questo punto, sai che cos’è? ) che
si trasformò in: sexe. - Sais que c’est? ce exe est, sexe est,
ce excès. Ce excès (questo eccesso) è il sesso. - Si vede qui
che il sesso fu il primo eccesso. Non vi è alcun eccesso da
temere da coloro che non hanno sesso.
L E CŒ UR (IL C U O R E )
M E N T R E L ’A U T O A S P E T T A
8
210 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
I L P R O M E T E O M A L E IN C A T E N A T O IV
.
IV.
La petizione di principio.
v.
vi.
V II.
per loro che potrei dire d ’averli fatti — perché, prima, che
cos’erario? Esistevano ma non avevano coscienza d’esiste
re. Come un fuoco per illuminarli, signori, io feci questa
coscienza con tutto il mio amore. La prima coscienza che
ebbero fu quella della loro bellezza, e fu questa che per
mise la propagazione della specie. L ’uomo si prolungò
nella sua posterità. La bellezza dei primi si ripete, eguale,
indifferente, e senza storia. E ciò avrebbe potuto durare
a lungo. Pensoso, allora, e portando digià in me senza sa
perlo l ’uovo della mia aquila, volli più e meglio. Questa
propagazione, questo prolungamento frazionato mi parve
indicare in essi un’attesa — mentre, in verità, soltanto la
mia aquila aspettava. Io non sapevo; questa attesa la cre
devo nell’uomo; questa attesa la riponevo nell’uomo. E
poi, avendo fatto l ’uomo a mia immagine, io capisco ora
che in ciascun uomo qualcosa di non sbocciato attendeva;
in ognuno di loro era l’uovo d’aquila... E poi non so nul
la; non posso spiegarmi. Ma so che non soddisfatto di dar
loro la coscienza del loro essere io volli dare anche la ra
gione d’essere. E detti a loro il fuoco, la fiamma, e tutte le
arti che s’alimentano con la fiamma. Scaldando i loro spi
riti vi feci sbocciare la divorante fede nel progresso. E
stranamente mi rallegravo che la salute dell’uomo si con
sumasse per generarla. Non più credenza nel bene bensì
morbosa speranza del meglio. La fede nel progresso, si
gnori, era la loro aquila. La nostra aquila è la nostra ra
gion d’essere, signori.
— La felicità dell’uomo scemò, scemò, e non m’impor
tava: l’aquila era nata, signori! Io non amavo più gli uo
mini, amavo invece ciò che si nutriva di loro.
- Finita, per me, l ’umanità senza storia... la storia del
l ’uomo è la storia delle aquile, signori.
I L F U R F A N T E L L O D E L L 'O V E S T
A t t o II.
Le ragazze sghignazzano.
E P IL O G O
I l coro.
La sua voce, dapprima quasi spenta ancora e che poi
mormora, poi sempre più tonante e sonora.
L A CANZONE D E L L O S C E R V E L L A M E N T O
Coro.
Urrah, corni al culo, viva il Padre Ubu!
Ritornello
Ritornello
Ritornello
Ritornello
ALFRED JARRY 229
U B U IN C A T E N A T O
A t t o p rim o .
GLI E M E R A L O P I
I L S U P E R M A S C H IO
L A P A S S I O N E C O N S ID E R A T A
C O M E U N A C O R S A IN S A L I T A
delle sue azioni. Senza che questi consenta ad arrivare cosi lonta
no, o piuttosto a restarvi, da un certo punto in poi gli accade di tro
varsi azionato da un motore di forza insospettata, e di obbedire ma
tematicamente a un movimento d’apparenza cosmica, che gli sfugge.
L ’interrogativo che nasce a proposito di questi e degli altri automi,
è di sapere se in essi è celato un essere cosciente. E fino a che pun
to cosciente? ci si può domandare di fronte all’opera di Raymond
Roussel. Certo, quando egli era vivo, certuni avevano presagito che
la sua prodigiosa ricchezza inventiva fosse dovuta alla scoperta e
alluso di un qualche metodo, ed erano convinti che egli si valesse
di una tavola immaginativa (cosi come esistono le tavole sinotti
che). Oggi sappiamo che questo metodo, che egli stesso volle divul
gare dopo la sua morte nell’opera intitolata Comment fa i écrit cer-
tains de mes livres>consisteva nel comporre, tramite vocaboli omo
nimi o sensibilmente omofoni, due frasi dal significato il piu possi
bile diverso, e nel disporle come pilastri del racconto (prima e ulti
ma frase). La fabulazione doveva rincorrersi dall’una all’altra tra
mite un nuovo lavoro da compiersi su ciascuno dei vocaboli che
costituiscono le due frasi: legare ogni parola dal doppio significato
a un’altra parola dal doppio significato con la preposizione «a». Co
me dice lo stesso Roussel: «La caratteristica del procedimento con
siste nel creare delle specie di equazioni di fatti che occorre poi ri
solvere logicamente». Una volta introdotta la massima arbitrarietà
nel soggetto letterario, si trattava di dissiparla, di farla scomparire
per mezzo di una serie di passaggi in cui il razionale tempera e limi
ta costantemente l’irrazionale.
Roussel è, con Lautréamont, il piu grande ipnotizzatore dell’e
poca moderna. In lui l’uomo cosciente, quanto mai laborioso («San
guino - egli dice - su ogni frase»; confida a Michel Leiris che ogni
verso delle Nouvelles impressions d’Afrique gli è costato circa
quindici ore di lavoro) è sempre alle prese con l ’uomo inconscio e-
stremamente sbrigativo (è sintomatico che sia rimasto fedele per
. circa quarantanni a una tecnica filosoficamente ingiustificabile,
senza cercare di modificarla o di sostituirla). L ’humour, volontario
o no, di Raymond Roussel, sta tutto in questo gioco di equilibri
sproporzionati: «La macchina infernale collocata da Lautréamont
sui gradini dello spirito - dice Jean Lévy - fa udire il suo lugubre
tic-tac (in Roussel), e molti di noi salutano con ammirazione le sue
esplosioni liberatrici».
Lo stesso critico ha fatto molto giustamente notare che si è an
cora lontani dall’aver chiarito quale parte abbia in quest’opera l ’hu-
mour, quale l ’ossessione e la repressione. Infatti Raymond Roussel
ha avuto a che fare con la psicopatologia, tant’è vero che il suo caso
RAYMOND ROUSSEL 239
IM P R E S S IO N I D ’A P R IC A
— Napoleone in Spagna.
Le parole di Fuxier si riferivano a un quarto chicco, in
cui Pimperatore, nel tradizionale abito verde, cavalcava
vincitore in mezzo a una calca che col suo atteggiamento
minaccioso sembrava vituperarlo.
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Raymond Roussel
244 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
P O L V E R E DI SO L I
Q u a d r o s e d ic e s im o .
SCENA DECIMA
NUOVE IM P R E S S IO N I D ’A F R IC A 1
L 'O C C H IO F R E D D O
IN T E R M E Z Z O DI C IN Q U E M IN U T I
I L B A M B IN O
L ’autunno è offuscato
dal fanciullo
che amavamo.
Come un avvoltoio
FRANCIS PICABIA 253
su una carogna
diminuisce la sua famiglia
poi scompare
come una farfalla.
G uillaum e A pollinaire
1880-1918
D R A M M A T U R G IA
I teatri.
CO M M ED IA V A U D E V IL L E .
Il bell’automedonte
Gridava alla vicina:
Se mi fai vedere il tuo salone
Ti farò veder la mia cucina.
IN C O N T R I
LA FOCA
C A P P E L L O -A V E L L O
Lo han cacciato
Dentro al suo avello
L'appollaiato
Sul tuo cappello
Era vissuto
Sul continente
Questo pennuto
Or
nitologico
Or
Basta cosi
V o ’ a far pipi.
UN A P O E S IA
È entrato
Si è seduto
Non guarda il pirogeno
dai rossi capelli
Il fiammifero s'accende
Se n’è andato.
P ablo Picasso
nato nel 1881
P O E S IE
A N D R É G ID E
1 La lettera autografa del signor Gide può essere ritirata nei nostri
uffici al prezzo di franchi 0,15.
Franz Kafka
1883-1924
Sulla trama dell’uomo medio dei nostri giorni, del passante che
s’affretta parallelo ai rovesci di pioggia, in una luce dai colori smor- .
ti come le stoffe di un campionario, Kafka fa passare come una raf
fica l’interrogativo capitale di ogni tempo: dove andiamo, a chi sot
tostiamo, qual è la legge? L ’individuo uomo si dibatte al centro di
un gioco di forze il cui senso generalmente gli sfugge, e la sua rinun
cia a cercarlo, la sua mancanza totale di curiosità sembrano essere
la condizione stessa per adattarsi alla vita sociale: è ben raro che il
mestiere di ciabattino o di ottico siano compatibili con una medita
zione profonda sui fini dell’agire umano. Il pensiero di Kafka sposa
ogni fascino, ogni sortilegio della stupenda Praga, la sua città nata
le: benché segni l ’attimo presente, esso gira simbolicamente a ritro
so con le lancette dell’orologio della sinagoga, regola a mezzogiorno
il dibattersi dei gabbiani sulla Moldava, risveglia al tramonto, per
sé solo, i forni spenti della piccola strada degli Alchimisti, vero
quartiere riservato dello spirito. Questo pensiero, profondamente
pessimista, non nasconde le sue affinità con quello dei moralisti
francesi: pensiamo in particolare all’ultimo, uno tra i piu grandi di
essi, Alphonse Rabbe, secondo il quale «Dio ha sottoposto il mon
do all’azione di certe leggi secondarie che operano in vista di uno
scopo a noi ignoto, annunciandoci tuttavia, tramite la voce potente
dell’istinto morale, il mondo invisibile delle riparazioni solenni,
dove tutto sarà svelato, e sarà chiarito». Ma gli eroi di Kafka si sca
gliano invano contro la porta di questo mondo: l’uno, nell’ango
sciosa ignoranza di ciò di cui è accusato, sarà giustiziato senza pro
cesso; l’altro, convocato in un castello, non potrà scoprirne l’in
gresso, malgrado gli sforzi più sfibranti. Il problema che qui è po
sto in tutta la sua portata, è quello dell’oscura necessità naturale, in
quanto essa si contrappone alla necessità umana o logica, rendendo
chimerica ogni aspirazione profonda alla libertà.
Il sogno ha fornito a Kafka una soluzione provvisoria di questo
IO
27 4 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
LA M ETAM O R FO SI
U N IN C R O C IO
IL PO N TE
L ’U O M O C H E SOGNA
TOH UB
Salirono su nell'aurora
e cantarono giorno e notte,
JACOB VAN HODDIS 289
IL V IS IO N A R R 1
*
Rrose Sélavy et moi esqui Rrose Sélavy, ed io schiviamo le
vons les ecchymoses des ecchimosi degli Esquimesi dal
le parole squisite \
Esquimaux aux mots ex
quis.
*
Le système métrite par un Il sistema metrite con un tempo
temps blennorrhagieux. blenorragico123
.
*
...U n incesticide doit cou ... Un incesticida deve andare a let
cher avec sa «parente» to con la sua « genitrice» prima
di ucciderla; le cimici sono di
avant de la tuer; les pu rigore.
naises sont de rigueur.
*
*
Ajustage de coïncidence d'o Sistemazione di coincidenza d’og
bjets ou partie d'objets; getti o parte d’oggetti; la ge
rarchia di questo tipo di siste
la hiérarchie de cette mazione è direttamente pro
sorte d'ajustage est en porzionale al «contrasto».
raison directe du « dispa
rate».
«Sa robe est noire», dit Sa- «Il suo vestito è nero», dice Sa
rah Bernhardt. rah Bernhardt \
Daily Lady cherche démêlés Daily Lady cerca grane con Daily
avec Daily Mail. Mail \
1 [Gioco di assonanze],
2 [Il gioco consiste nell’inversione della frase idiomatica pignon sur
rue, che significa (aver) beni al sole. (Da pignon = pignone, termine ar
chitettonico)].
3 [Altra falsa contrepèterie].
4 [Serie di contrepèteries ottenute attraverso un « pastiche» linguisti
co tra francese e inglese; Daily Mail è la testata di un quotidiano].
298 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
parlavamo; in tutta la sua poesia, sia plastica che verbale, egli sep
pe valersene per renderci sensibile il mondo, in piccola parte aereo
e in gran parte sotterraneo, che lo spirito, come la pianta, esplora
per mezzo di antenne. Si è dedicato a tracciare, ogni mattina, lo
stesso disegno, per sorprenderne le variazioni; ha voluto proporre
come organizzazione dei frammenti di cartone tagliati, colorati, me
scolati e poi fissati una volta esaurito il loro movimento (oggetti
messi insieme secondo la legge del caso). Arp è entrato, con la parte
più viva di se stesso, nel segreto di quella vita germinativa dove an
che il minimo dettaglio assume la massima importanza e dove inve
ce la distinzione stessa fra gli elementi perde il suo valore, diffon
dendo uno humour sotterraneo, permanente, tra i più singolari.
«L'aria è una radice. Le pietre sono colme di visceri. Bene, bene.
Le pietre sono rami d’acqua. Sulla pietra che prende il posto della
bocca fiorisce una spiga. Bene. Le pietre hanno i tormenti della car
ne. Le pietre sono nuvole... Bene. Bene».
Quando, durante l’altra guerra, lo convocarono al consolato te
desco di Zurigo, Arp che, come confessa egli stesso, era un po’ emo
zionato, si fermò davanti al ritratto di Hindenburg e si fece il segno
della croce. Qualche tempo dopo, quando uno psichiatra gli chiese
di scrivere la sua data di nascita, egli la scrisse ripetendola su tutto
il foglio, poi tirò una riga e, senza badare troppo all’esattezza della
somma, presentò un totale di parecchie cifre.
B E S T IA R IO SEN ZA N OM E
la lumaca è fiera
col copricapo d’oro
il cuoio calmo
il riso di flora
ed anche col suo fucile di gelatina
il pavone impagliato
diventa un papavone impapagliato
delle passioni, della disperazione, della gioia... Dopo ogni pezzo bi
sognava pulire i tasti dal sangue che li macchiava».
Due mesi dopo, scoppiava la guerra.
IN T R O D U Z IO N E A U N A V I T A D I M E R C U R IO
1 L’altra, naturalmente.
3 io ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
sidera la morte degli altri con molta piu disinvoltura che in tempo
di pace, e per cui invece la vita del singolo diviene tanto piu impor
tante quanto meno è salvaguardata quella della collettività. Si veri
fica cioè un ritorno allo stadio primitivo, che si traduce generalmen
te nella reazione «eroica» (il super-io al calor bianco giunge a otte
nere dall Ho la resa, il consenso alla propria perdita) ed, eccezional
mente, nelTesasperazione delle tendenze egoistiche, che cessano di
potersi trasformare in tendenze sociali, a meno che non si verifichi
rincontro con il fermento erotico appropriato (1*« che riprende il
sopravvento come nel caso di Ubu o del buon soldato Schweik). Un
super-io puramente simulatorio, vera preziosità del genere, è rispar
miato da Vaché a scopi puramente decorativi: una straordinaria lu
cidità conferisce ai suoi rapporti con Yes un andamento insolito,
spesso macabro, fra i piu inquietanti. È da questo rapporto che sca
turisce a getto continuo Thumour nero, TUmour (senza h) secondo
Tispirata ortografia cui ricorre, TUmour che acquisterà con lui un
carattere iniziatico e dogmatico. Di colpo Vio è posto a dura prova:
«L’ho scampata per poco - dice - in questa ritirata. Ma io mi rifiuto
di essere ucciso in tempo di guerra», si ucciderà poco dopo Tarmi
si izio.
«Mentre sono in procinto di terminare questo studio - scrive
Marc-Adolphe Guégan in La ligne de cœur (gennaio 1927) - ricevo
da una persona degna di fede una terribile dichiarazione. Jacques
Vaché avrebbe detto alcune ore prima del dramma: “ Morirò quan
do io vorrò morire... Ma allora morirò con qualcun altro. Morire
soli, è troppo noioso... Preferibilmente uno dei miei migliori ami
c i ”. Queste parole, — aggiunge Guégan, — rendono meno sicura, lo
riconosco, Tipotesi della disgrazia incauta, soprattutto se ci ricor
diamo che Jacques Vaché non è morto solo. Uno dei suoi amici fu
vittima dello stesso veleno, la stessa sera. Sembravano dormire Tu
no a fianco delTaltro, quando fu scoperta la loro morte. Ma ammet
tere che questa duplice morte sia stata il risultato di un progetto
sinistro, significa rendere terribilmente responsabile una memoria».
Provocare la denuncia di questa «terribile responsabilità» fu, non
vi è dubbio, la suprema ambizione di Jacques Vaché.
JACQUES VACHÉ 3II
LETTERE
x. P i i otto. 16
Caro Amico,
x. 2 9 .4 .1 7
Caro Amico,
...V i scrivo da un ex-villaggio, da un angusto porcile
riparato da coperte - Sono con i soldati inglesi - Da que
ste parti hanno preso molto vantaggio sul partito nemico
- C'è molto fracasso — Ecco.
...E voi mi domandate una definizione delPumour -
come niente fosse! —
«È NELL’ESSENZA DEI SIMBOLI ESSERE SIMBOLICI»
mi è sembrata a lungo degna di esserlo per la sua capacità
di contenere una folla di cose viventi: e s e m p i o : voi co
noscete l'orribile vita della sveglia - è un mostro che mi
ha sempre spaventato poiché il numero di cose che i suoi
occhi proiettano, e il modo in cui quella dabbencosa mi
fissa quando entro in una camera - ma perché ha tanto
umour, perché? - Ma ecco: è cosi e non diversamente -
C'è anche molto di formidabilmente u b u e s c o 12 nell'umour
- come potrete vedere - Ma ciò non è naturalmente - defi
nitivo e l'umour deriva talmente da una sensazione da es
RESTO-si.
Mi ha seguito a lungo, e mi ha contemplato innumere
voli volte in buchi innominabili - Credo che cerchi di mi
stificarmi un poco - Ho molto affetto per lui, tra l’altro.
18. 8 .1 7
Caro Amico,
...D’altronde. - l ’ a r t e non esiste, senza dubbio - È
dunque inutile cantarne - tuttavia: si fa dell’arte — per
ché è cosi e non altrimenti - Well - che ci volete fare?
Dunque a noi non piacciono né PARTE né gli artisti
(abbasso Apollinaire) E t o g r a t h q u a n t o h a r a g i o n e a d
a s s a s s i n a r e i l p o e t a ! Tuttavia, dal momento che oc
1 4 .1 1 .1 8 .
Mio carissimo amico,
I P A R A S S I T I V IA G G IA N O
1 Lavorare per il fresco: essere una delle foglie che fanno ombra.
2 Nebbia!: impossibile!
3 Martellante: cuore.
4 Baule: petto.
5 Vindice del mio libro-, gli ultimi istanti che mi restavano da vivere.
4 Andar storto-, sbagliarsi.
7 Ciarliera: bocca.
8 Spaziosa: fronte.
9 Gibboso: naso.
10 Tamburo-, ventre.
11 Sgambo: movimento.
12 Schizza: gatto.
13 Sfangato-, schiacciato.
14 Non erano moine: non era piacevole.
15 Scintillare: essere furioso.
16 Dar aria: far andar via.
17 Colpo: idea.
18 Sforato: stupido.
19 Fare fiori: evacuare.
20 Papaveri: escrementi.
BENJAMIN PERET 3 1 9
1 Tromba: ano.
2 Fiato: minuto.
3 Impagliarsela: scappare.
4 Essere con le canne al vento: essere ubriaco.
5 Vecchio: Dio.
6 Borsa: stomaco.
7 Mandata: giorno.
8 Avere i rami di gomma: vacillare sulle gambe.
9 Insaccare: mangiare.
10 Sciogliersi: cadere, crollare.
11 Impiombarsi: addormentarsi.
12 Tornare all’aperto: svegliarsi.
13 Acini: grosse gocce di pioggia.
14 Scarica: temporale.
15 Sonata: parola.
u Scaldino: sole.
17 Asciutta: mezzogiorno.
18 Carota: sesso.
19 Copa’ : amico, compagno.
20 Sfarfalla: danza.
320 ANTOLOGIA DELLO HUMOUR NERO
nuova e dentro di me tutto sfarfallava1. Mai avevo fanta-
siato12 una cosa cosi. E t’assicuro adesso l ’ho fatta finita
con le sottane3. Tu non sai, non puoi immaginare!
«Dopo di che, lo scaldino scomparve in un nodoso.
«Mi sembrava di essere una sfarfalla, e sfarfallavo solo
per filate4e filate. Partii dritto verso lo scaldino che era ri
tornato al suo posto nel coperchio5 ma, dopo pochi fiati,
mi accorsi che non ci potevo arrivare, ricascai sulla fan
gaia e ci sprofondai tutto, ma faceva brusio6e brustolava7
sempre di più.
«Finalmente ritornai alla superficie della fangaia, ma
mi accorsi di esser diventato cigno su un porta-foglie8 e
avevo i riccioli9 al vento. Sulla fangaia c’era un medaglie
re 101in grandi stracci11. Mi fece un piccolo segno con la pial
la 12e mi gridò:
«— Ehi! Lohengrin! Corri all’adunata! »
T R E C I L IE G E E U N A S A R D IN A
1 Sfarfallare: danzare.
2 Fantasiare: immaginare.
3 Sottane: donne.
4 Filata: ora.
5 Coperchio: cielo.
6 Brusio: caldo.
7 Brustolare: scaldare.
8 Porta-foglie: stagno coperto di ninfee.
9 Riccioli: piume.
10 Medagliere: generale,
11 I grandi stracci: in alta uniforme.
12 Pialla: mano.
BENJAMIN PÉRET 321
T E N T A T IV O D I D E S C R IZ IO N E D ’U N B A N C H E T T O
A P A R IG I [F R A N C IA ]
I NUOVI C O LO R I D E L S E X -A P P E A L S P E T T R A L E
L A T IG R E M O N D A N A
LA D EBU TTAN TE
U N A C O N V E R S A Z IO N E
In un campo di grano.
L'uomo è vestito di una tunica di pizzo ocra macchiata
di rosso.
Il cavallo è nudo. Pende dalla sua coda una scatola di
fiammiferi da cui escono le antenne di una cavalletta.
L'uomo è seduto su un cuscino bianco a disegni verdi.
Il cavallo sull'uomo.
S E R IE DI M E M B R A
LA F O R E S T A SACRILEGA
A t t o secon d o.
SCEN A QU ARTA.
SCEN A S E T T IM A .
p. 23 Jonathan Swift
31 Georg Christoph Lichtenberg
71 Thomas De Quincey
79 Christian Dietrich Grabbe
91 Petrus Borei
103 Xavier Forneret
119 Lewis Carroll
133 Charles Cros
139 Joris-Karl Huysmans
185 Alphonse Allais
193 Jean-Pierre Brisset
219 John Millington Synge
227 Alfred Jarry
243 Raymond Roussel
257 Guillaume Apollinaire
269 Arthur Cravan
277 Franz Kafka
295 Marcel Duchamp
327 Jacques Rigaut
357 Gisèle Prassinos
In d ice generale
p. 3 Premessa
7 Parafulmine
c .4829-8
. l
\
« Questo libro, pubblicato per la prima volta nel 1939 e ristampato,
con alcune aggiunte, nel 1947, ha segnato, cosi com’è, un’epoca. Ba
sti ricordare che quando esso fu stampato le parole "hum our nero”
non facevano significato (quando non suggerivano addirittura una
forma di umorismo tipica dei " negri ” ! ) Solo da allora questa espres
sione è entrata nel dizionario: sappiamo quale fortuna ha avuto la
nozione di humour nero. Tutto sta ad indicare che essa continua ad
essere in piena effervescenza, e che si diffonde tanto per via orale (le
storie del tipo "m acabro” ) quanto attraverso l ’espressione plastica
(specialmente a livèllo di disegno in certi settimanali) e il cinema
(almeno quando si pone ai margini della produzione commerciale)».
Cosi André Bretón nel maggio ’66 postillò quella che considerava
l ’edizione definitiva dt\YAntologia dello humour nero. Sin dal suo
primo apparire la scelta di Bretón venne giudicata scandalosa. A c
canto a grandi classici (come Swift, Poe, Baudelaire, Rimbaud) Bre
tón inseriva nella sua raccolta, beffarda e iconoclasta, un De Sade,
un Fourier, un De Quincey, un Lacenaire, un Grabbe, personaggi o
poco noti o decisamente scomodi, irritanti. Ciò che Bretón voleva
non era tanto realizzare l ’antologia di un genere letterario, con i suoi
canoni precisi e confini ben delimitati, quanto allineare esempi di
una letteratura concepita come emanazione, esplosione (secondo
una definizione comune a Rimbaud e a Baudelaire) e, potremmo ag
giungere noi, come provocazione, irrisione, rovesciamento, opposi
zione: tutta una serie di ipotesi della letteratura come alternativa e
divaricazione rispetto a un universo immobile, già codificato. « L ’hu-
mour nero - è ancora. Bretón a parlare — è nemico mortale di quel
sentimentalismo dall’aria eternamente braccata - quel sentimenta
lismo sempre all’acqua di rose - e di una certa fantasia di corto re
spiro, che troppo spesso si spaccia per poesia...» Alla luce di questa
scelta di base va dunque letta l ’antologia che riserverà al lettore sor
prese d ’eccezione non solo sul fronte degli autori già canonizzati,
ma anche e soprattutto sul fronte dei compagni di strada del surrea
lismo.
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