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ARCHITETTURA TEATRALE

Fig. 1 Il teatro di Dionìso ad Atene

Fig. 2 Ricostruzione ipotetica del teatro di Dionìso (seconda metà del VI sec. a.C.)
con orchestra trapezoidale

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secondo la ricostruzione di Chr. Von Schieckel, conservata presso il
Deutsches Theatermuseum di Monaco di Baviera.

ARCHITETTURA TEATRALE

Fig. 3 Ricostruzione ipotetica del teatro di Tòrico (VI sec. a.C.)

Fig. 4 Ricostruzione ipotetica dell’Acropoli di Atene (in alto),


del teatro di Dionìso (in basso, a sx) e dell’Odéon (in basso a dx)

Fig. 5 Ricostruzione ipotetica dell’Odéon di Pericle (sezione e interno)

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ARCHITETTURA TEATRALE

Fig. 6 Pianta del teatro di Dionìso e dell’Odéon (a dx) nel periodo licurgheo (338-326 a.C.)

Fig. 7 Ricostruzione ipotetica del teatro di Dionìso nel periodo licurgheo (338-326 a.C.):
orchestra, skené, paraskénia

Fig. 8 Teatro di Dionìso: la proedría

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Fig. 9 Teatro di Dionìso: il trono del sacerdote

Fig. 10 Iscrizione sul trono del sacerdote di Dionìso

Fig. 11 Ricostruzione ipotetica del teatro di Dionìso nel periodo ellenistico (III/II sec. a.C.)

Fig. 12 Ricostruzione ipotetica del teatro di Dionìso nel periodo romano (I sec. d.C.):
facciata scenica e orchestra
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MACCHINE SCENICHE

MECHANÉ

Fig. 13 Ricostruzioni ipotetiche della mechané

1. La mechané
(a) Aristotele, Poetica, 1454a32-1454b6
Anche nei caratteri, come negli eventi, si deve sempre avere di mira la necessità e la verosi-
miglianza: deve essere sempre necessario o verosimile che un certo personaggio dica o faccia
certe cose, o che un fatto accada dopo un altro. Anche lo scioglimento delle trame deve
dunque derivare dalla trama stessa, e non – come nella Medea – dalla mechané […]. Della
mechané ci si deve servire per quanto sta fuori del dramma: per quanto è avvenuto prima e
che gli uomini non possono sapere, o dopo e che abbisogna di preavviso e di annuncio. Agli
dèi infatti concediamo di vedere tutto.
(b) Platone, Cràtilo, 425d
[parla Socrate] Quando sono in difficoltà, i poeti tragici ricorrono alle macchine, sollevando
gli dèi per aria.
(c) Antìfane, Poesia, fr. 189.13-16 K.-A.
Quando non sono in grado di dire più nulla, e sono del tutto privi di ispirazione per i loro
drammi, i tragediografi sollevano la macchina del volo, quasi fosse un dito, e agli spettatori
ciò basta.
(d) Aristofane, Pace, vv. 102-176
SERVO (a Trigèo): Non tacerò se non mi dici dove pensi di volare.
TRIGÈO: Dove? Ma da Zeus, in cielo!
SERVO: E perché?
TRIGÈO: Per chiedergli cosa pensa di fare di tutti gli Elleni. […]
FIGLIA (a Trigèo): E con quale mezzo viaggerai? Non sarà certo una nave a condurti per

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MACCHINE SCENICHE

questa via.
TRIGÈO: «Non andrò per nave: mi porterà un puledro alato» [citazione dalla Stenebèa di
Euripide].
FIGLIA: Ma che idea ti è saltata in testa, papino? Aggiogare uno scarabeo e cavalcare alla
volta degli dèi? […] Sta’ attento a non cadere giù di là: se diventi zoppo, offri lo spunto a
Euripide per la trama di una tragedia.
TRIGÈO: Di questo mi occuperò io. Addio! […] Orsù, Pègaso, avanza lieto, e con le orecchie
frementi provoca il tintinnio dei freni dalle redini d’oro. (all’improvviso lo «scarabeo» si
abbassa) Ma che fai, che fai? Dove volgi le froge? Verso le latrine? Coraggio, spicca un balzo,
allontanati da terra e, dispiegando la celere ala, diritto avanza verso la reggia di Zeus […].
Ohimè, che paura! E non lo dico più per celia. Macchinista, fa’ attenzione, ché sento un
vuoto d’aria dalle parti dell’ombelico: se non stai attento… darò da mangiare allo scarabeo!

EKKÝKLEMA

Fig. 14 Ricostruzioni ipotetiche dell’ekkýklema

2. L’ekkýklema
(a) Euripide, Ippolito, vv. 811-865
TÈSEO (apprendendo dal coro che sua moglie Fedra si è impiccata): Ahimè! […] Spalancate
la porta, servi, sciogliete i giunti. Che io veda il triste spettacolo della donna che morendo
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MACCHINE SCENICHE

mi ha ucciso. (la porta si apre [oppure si mette in moto l’ekkýklema] e il pubblico vede Fedra,
sdraiata su un letto, con una tavoletta che le pende dal polso) […] Perché mai questa tavoletta
pende dalla sua mano? Vuole dirmi qualcosa che non so? (prende la tavoletta) […] Su,
sciogliamo il filo che la tiene sigillata: che io possa vedere quel che la tavoletta ha da dirmi.
(b) Aristofane, Acarnesi, vv. 395-479
DICEÒPOLI (al Servo): È in casa Euripide?
SERVO: È in casa e non è in casa: non so se mi intendi.
DICEÒPOLI: Com’è possibile? È in casa e non è in casa?
SERVO: Proprio così, vecchio. La mente non è in casa: è uscita a raccogliere versetti, ma lui
è in casa a comporre una tragedia, in alto.
DICEÒPOLI (a parte): O Euripide tre volte beato: che spiegazioni intelligenti dà il tuo servo!
(al Servo) Chiamalo fuori.
SERVO: Impossibile. (chiude la porta)
DICEÒPOLI (a parte): E invece bisogna chiamarlo: non posso andar via. Busserò. (ad alta
voce) Euripide, Euripiduccio, ascoltami, se mai hai dato ascolto a qualcuno. Sono io che ti
chiamo: Diceòpoli di Collide.
EURIPIDE (dall’interno): Non ho tempo.
DICEÒPOLI: Serviti dell’ekkýklema.
EURIPIDE: Impossibile.
DICEÒPOLI: Eppure devi.
EURIPIDE: Va bene; mi servirò dell’ekkýklema: non ho tempo di scendere. (l’ekkýklema si
mette in movimento e compare l’interno della casa di Euripide. Il tragediografo è sdraiato
su di un letto)
(c) Aristofane, Donne alle Tesmofòrie [Tesmoforiazúse], vv. 87-98, 264-265
PARENTE (a Euripide): Ma qual è il tuo piano per venirne fuori?
EURIPIDE: Convincere Agatòne, il poeta di tragedie, perché vada al tempio delle Tesmòfore.
PARENTE: Cosa deve fare? Spiegami.
EURIPIDE: Partecipare all’assemblea tra le donne, e difendermi con parole adatte.
PARENTE: È una bella astuzia, proprio alla tua maniera […].
EURIPIDE: Taci!
PARENTE: Cosa c’è? (l’ekkýklema si mette in movimento e compare Agatòne, disteso su un
letto, in veste da donna)
EURIPIDE: Esce Agatòne.
PARENTE: E qual è?
EURIPIDE: Quello che viene avanti sul carrello.
PARENTE: Ma sono orbo, allora? Io non vedo nessun uomo qui; vedo piuttosto la Cirene.

AGATÒNE (a Euripide): Quello che ti serve, ce l’hai: forza, portatemi dentro con tutta la
macchina, svelti. (l’ekkýklema si mette di nuovo in movimento e Agatòne torna all’interno
della casa)

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