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Architettura di una chiesa

Schizzo di chiesa a pianta centrale


(con cappelle per gemmazione), di
Leonardo da Vinci
Interno cattedrale di Saint Denis - Francia

Chiesa in Grecia

Chiesa in Islanda

Cattedrale di Tokio, di Kenzo Tange


Il termine chiesa in architettura identifica un edificio specificamente dedicato per il culto
religioso cristiano.
Etimologia
Il termine deriva dal latino ecclesia e dal greco εκκλησια (ekklesìa), cioè comunità come
effetto di una convocazione.
Significato
Nel Cattolicesimo, a differenza delle sinagoghe dell'Ebraismo, l'edificio di culto è anche
sede della divinità, così come avveniva nella religione greco-romana (con l'eccezione,
nell'ebraismo, del Tempio di Gerusalemme). Questo perché per il cattolicesimo, anche se
spiritualmente Dio è ritenuto onnipresente, la Chiesa contiene al suo interno la reale
presenza del corpo e del sangue di Cristo, cioè sotto le specie eucaristiche. Il termine
chiesa originariamente indicava la comunità di persone convocata da Dio. Con il tempo il
termine ha portato a significare anche il luogo dove avviene l'incontro della comunità; e
infine ha acquisito questo significato praticamente in senso fisico.
Denominazioni
Gli edifici ecclesiastici cristiani possono avere varie denominazioni, a seconda della loro
tipologia, funzione o importanza:
Basilica cristiana - chiesa di grandi dimensioni a cui sono stati conferiti speciali diritti
cerimoniali dal Papa
Basilica patriarcale - basilica principale di un patriarcato
Battistero - edificio specificamente destinato al rito del battesimo, spesso a pianta
centrale
Cappella - ampia nicchia ricavata all'interno di una chiesa, o piccolo edificio
funzionalmente legato ad altri edifici. Il temine, originariamente usato solo dai Franchi,
deriva da cappa, ed era riferito all'ambiente dove si officiavano le funzioni religiose per i re
Franchi, che conteneva la reliquia della cappa di San Martino, santo patrono e protettore
del regno.
Cattedrale - la chiesa da dove il vescovo presiede le celebrazioni diocesane e dove, in
passato, i canonici celebravano gli uffici corali.
Chiesa abbaziale - chiesa di una abbazia, in cui i monaci celebrano l'ufficio monastico
Chiesa arcipretale o arcidiaconale - la chiesa di riferimento di una forania cioè un
insieme di parrocchie, nel quale il lavoro dei parroci è coordinato dall'arciprete o
dall'arcidiacono.
Chiesa parrocchiale - la chiesa di riferimento di una parrocchia (cioè di una frazione del
territorio di una diocesi), retta da un parroco
Chiesa rettoriale - la chiesa storicamente importante la quale però non ha una parrocchia
correlata, ma è inclusa nella giurisdizione di una chiesa parrocchiale, il sacerdote presente
si chiama rettore.
Collegiata - chiesa storicamente sede di un collegio di canonici, con funzioni religiose
simili alla cattedrale.
Duomo - termine generico che indica la chiesa più importante di una città
Pieve - chiesa rurale in cui poteva essere conferito il battesimo e con speciali diritti sulle
Chiese figliali. Il parroco spesso era un arciprete.
Sacro Monte - complesso devozionale posto sul versante di una montagna con una serie
di cappelle o edicole contenenti scene figurative
Santuario - chiesa specificamente dedicata al culto particolare di un Santo e spesso meta
di pellegrinaggi
Tempio - termine generico, spesso riferito ad un edificio religioso monumentale, adibito a
culti anche diversi da quello cristiano

Storia
Età precostantiniana
L'edificio ecclesiastico come è attualmente inteso non si è potuto sviluppare prima
dell'Editto di Costantino del 313, anno in cui è stata concessa la libertà di culto ai cristiani.
Fino ad allora i cristiani usavano riunirsi in edifici privati, chiamati domus ecclesiae (case
della comunità).
Basiliche e battisteri
Con la libertà di culto si pose anche il problema di come costruire gli edifici necessari per
la liturgia cristiana, che poteva essere celebrata pubblicamente. Venne adottato il modello
basilicale. La basilica esisteva già come tipologia architettonica romana, ed aveva la
funzione di edificio pubblico, non legato alla religione. Il tempio classico non poteva infatti
servire come modello per la chiesa cristiana, poiché legato ad una religione aborrita e
perché anche funzionalmente poco adatto, in quanto non prevedeva la fruizione interna
dello spazio da parte del fedele, ma piuttosto quella esterna.
L'edifico basilicale, nella rielaborazione cristiana, subisce delle traformazioni non solo
funzionali ma anche estetiche. La percorrenza diviene prevalentemente longitudinale, con
lo spostamento della porta principale su di un lato corto e la localizzazione dell'altare sul
lato opposto, spesso dotato di abside. Tra la navata e l'altare (il cui spazio circostante
viene denominato presbiterio) spesso viene posta una navata minore trasversale,
chiamata transetto, che rende la pianta dell'edificio simile ad una croce.
Anche nell'alzato si hanno delle modifiche sostanziali. Viene limitata la profusione di
marmi e decori tipici dell'architettura romana imperiale, e al posto della copertura a
crociera della navata centrale si preferisce la copertura con capriate lignee, che dà
all'edificio una aspetto meno sontuoso. Spesso le pareti vengono ricoperte da cicli di
mosaici o affreschi, che smaterializzano lo spazio, coerentemente con la visione ascetica
del primo cristianesimo.
Costantino stesso patrocinò l'edificazione di numerose chiese. Fra queste le quattro
basiliche patriarcali di Roma, le basiliche di Gerusalemme e Costantinopoli.
Un altro edificio cristiano che ebbe origine in quest'epoca fu il battistero. Anche in questo
caso il riferimento fu un edificio romano "profano", l'edificio a pianta centrale (circolare o
poligonale) delle terme romane, contenente le vasche per l'acqua. È evidente la
connessione di tipo funzionale. Il rito del battesimo avveniva infatti per immersione, e
l'architettura termale, opportunamente rielaborata, si prestava ad essere reinterpretata per
questo scopo.
Bisanzio
L'architettura sacra bizantina è la rielaborazione delle due tipologie della basilica e del
battistero. Si sviluppa infatti anche la chiesa a pianta centrale, spesso edificata in onore di
un martire. Un altro elemento che avrà una grande importanza anche negli sviluppi futuri è
la cupola. Fra queste, quella che colpirà maggiormente la fantasia dei contemporanei sarà
quella di Santa Sofia di Costantinopoli, che diverrà anche il modello ideale delle moschee
ottomane.
Medioevo
Il medioevo è il periodo del grande sviluppo dell'architettura ecclesiastica. Nell'alto
medioevo le chiese non sono di grandi dimensioni. I modelli planimetrici sono quelli già
codificati nel tardo antico, ma appaiono significative varianti locali. Il medioevo è anche il
periodo della costituzione della capillare organizzazione ecclesiastica. Il territorio rurale
viene suddiviso in plebanati, con a capo una pieve, cioè una chiesa dove veniva
amministrato il battesimo, e con chiese figliali dipendenti. Nelle città, soprattutto dopo
l'anno mille, in età romanica, assumono importanza le cattedrali, cioè le chiese in cui
risiede il vescovo. Anche le abbazie benedettine conoscono un grande sviluppo. Fra
queste il monastero più importante nell'Europa medievale è certamente il monastero di
Cluny, in Borgogna, l'edificio ecclesiastico di maggiori dimensioni dell'epoca. Nel XII
secolo l'architettura ecclesiastica subisce un'importante trasformazione ed accelerazione,
con la costruzione del primo edifico gotico, l'abbazia di San Denis vicino Parigi.
Progressivamente, l'architettura gotica diventa il linguaggio comune a quasi tutta l'Europa
occidentale. Fra le innovazioni di questo nuovo modo di concepire l'edificio sacro vi è il
grande sviluppo della parte orientale della chiesa, con il deambulatorio attorno al coro, e
l'uso della volta a crociera e dell'arco acuto negli alzati, che da' slancio e coerenza formale
a tutto l'edificio.
Nel periodo gotico si sviluppano, inoltre, una serie di edifici specialistici. Fra questi le
chiese degli ordini mendicanti, dotate, diversamente dalle cattedrali e dalle chiese
collegiate, di ampie navate, coro ridotto e decorazione semplificata, funzionali all'attivita di
predicazione svolto da questi ordini religiosi.
Età moderna
Nel rinascimento l'architettura ecclesiastica tradizionale viene confrontata con i modelli
derivati dall'antichità classica. Si cerca di coniugare i due modelli in realtà eterogenei, in
parte ritornando agli schemi basilicali paleocristiani, in parte formulando dei modelli nuovi,
di sintesi, come la chiesa a pianta centrale teorizzata dagli architetti umanisti del '400
toscano e poi romano. Tale sintesi avrà il suo momento di maggior vigore all'inizio del
'500, quando verrà addirittura demolita la basilica costantiniana di San Pietro per fare
posto ad un edificio a pianta centrale con una cupola maggiore di quella del Pantheon.
L'architettura ecclesiastica del rinascimento andrà incontro ad una crisi in seguito agli
sconvolgimenti che subirà la chiesa con la riforma protestante. Il concilio di Trento non
delibererà direttamente sull'architettura chiesastica, ma faranno scuola le chiese fatte
erigere dal Cardinale Carlo Borromeo di Milano, che diverranno i modelli dell'architettura
della controriforma. Questi edifici mantengono la tradizionale pianta basilicale, un
linguaggio classico negli alzati e la cupola all'incrocio del transetto. Questo modello si
diffonde in tutta Europa e diventa quasi il linguaggio ufficiale del cattolicesimo,
infuenzando anche l'architettura dei paesi riformati, che però adottano inizialmente un
linguaggio meno monumentale e talvolta con persistenze della tradizione gotica.
Se i primi modelli borrominiani sono piuttosto severi ed austeri, ben presto nel corso del
XVII secolo con il barocco l'architettura sacra diventa l'occasione di spregiudicate
sperimentazioni architettoniche, ed il linguaggio classicista del rinascimento viene
reintrepretato con fantasia e vigore, applicando all'architettura forme geometriche, come
ellissi e concavità - covessità, diverse da quelle ad angolo retto o basate su circonferenze
perfette del rinascimento.
Dal punto di vista funzionale le chiese barocche mantengono la distinzione fra navata
riservata ai fedeli e presbiterio con l'altare maggiore. Il coro spesso si sposta dietro l'altare
(fino all'età gotica era davanti all'altare). Vengono eliminati tramezzi ed altri elementi che
ostruiscono la vista, forzando la concentrazione dei fedeli verso il centro dell'altare. La
navata centrale diviene predominante, mentre quelle laterali spesso vengono utilizzate per
altari laterali. Il pulpito spesso è in mezzo alla navata (disposizione già introdotta dagli
ordini mendicanti nel medioevo per facilitare l'ascolto) e spesso è presente una cantoria a
balcone, disposta o ai lati dell'altare contrapposta all'organo o sotto l'organo stesso.
Talvolta la cantoria è disposta sopra la porta d'ingresso.
Nelle chiese protestanti la distribuzione dello spazio è meno assiale. Spesso le chiese
sono dotate di tribune sopraelevate e il pulpito generalmente ha un grande rilevo. Nelle
chiese anglicane la diposizione dell'altare darà occasione a grandi dispute, simili a quelle
avvenute nelle chiese cattoliche dopo il concilio Vaticano II.
XIX e XX secolo [modifica]
Con il romanticismo l'architettura sacra conosce un grande sviluppo, riprendendo il
linguaggio degli stili storici, dapprima con il neogotico e in seguito recuperando anche le
altre epoche. Negli anni successivi l'edilizia delle chiese subirà l'influenza di quella più
generale dell'architettura, senza che vengano poste in discussione le funzioni tradizionali
dell'edificio sacro. In campo cattolico, dopo il concilio Vaticano II l'architettura sacra
conosce un periodo di riorganizzazione per trovare una diversa identità. Le chiese
postconciliari generalmente mantengono una forte centralità e unidirezionalità (come nel
barocco), a cui si aggiunge una semplificazione degli elementi d'arredo. L'altare viene
rivolto verso il pubblico, seguendo la tradizione paleocristiana, e vengono del tutto
eliminate le balaustre di separazione. Il pulpito viene sostituito da un ambone o eliminato
del tutto. Spesso non è presente l'organo a canne né la cantoria come spazio separato, in
quanto la musica sacra perde la sua impronta esclusivamente classica.
I luoghi di riunione prima della pace della chiesa [modifica]
La vita e le condizioni di culto della comunità cristiana prima dell'Editto di Milano del 311,
con il quale il cristianesimo viene legalmente riconosciuto, sono state questioni
lungamente dibattute, ma in effetti pochi sono i dati reali ed obiettivi. Le fonti, infatti, sono
scarse e comunque imprecise, soprattutto riguardo agli ambienti destinati al culto ed alle
modalità dello stesso. Le dure persecuzioni e la clandestinità a cui erano obbligati i
cristiani determina una condizione di precarietà anche nella scelta del luogo in cui officiare
la liturgia.
Ecclesiae domesticae
Secondo il Deichmann, i monumenti cristiani più antichi sono parte della cultura dell'epoca
romana imperiale, poiché la cultura dei primi fedeli non doveva essere diversa o separata
da quella dell'ambiente in cui vivevano. I luoghi di culto precedenti la basilica erano, infatti,
delle case private adibite allo scopo, che risalgono a prima del III secolo DC, chiamate
ecclesiae domesticae ("chiese domestiche"), nelle quali soltanto uno o più ambienti erano
destinati al culto. Tali ambienti presentavano spesso elementi divisori ed erano forniti
d'arredamento mobile che, all'occorrenza, si poteva nascondere velocemente.
Secondo la normativa sulle riunioni all'interno di case private, gli incontri si svolgevano
sotto la responsabilità del proprietario, il cui nome era indicato nel titulus (tabella esposta
all'esterno dell'edificio). Egli aveva l'obbligo di far sì che non avvenissero disordini e che
non fosse arrecato disturbo alcuno alla quiete pubblica. Le ecclesiae domesticae erano
quindi prive di qualunque carattere distintivo e non presentavano uniformità tipologica: per
questo motivo le tracce materiali del primo cristianesimo sono molto scarse nel primo
secolo e mezzo.
Per svariate generazioni l'edificio di culto rimase profano, non consacrato, e l'eucaristia
era celebrata su un comune tavolo privo di qualsiasi carattere sacro. Ma, oltre che dallo
stato di clandestinità della nuova religione, questa situazione era originata anche dalla
particolare spiritualità del cristianesimo primitivo, un culto non più legato ad un edificio
materiale o ad un luogo specifico, ma vissuto nello spirito del singolo individuo e della
comunità. Il termine ecclesia (dal termine greco per "assemblea"), infatti, secondo San
Paolo, indica la comunità dei battezzati, non un "edificio costruito dalle mani dell'uomo".
Per i primi due secoli, le fonti storiche forniscono diversi accenni sull'uso di case private
prestate di volta in volta come luoghi di culto. La notizia secondo la quale, dopo la morte di
Gesù, Maria ed i discepoli si riunirono a pregare in una "camera alta" situata in un piano
soprelevato, ci fa ragionevolmente ipotizzare l'esistenza di camere analoghe utilizzate per
le funzioni liturgiche -domenicali, alle quali si accenna anche negli Atti (XX, 7-9) e nelle
epistole paoline (1 Cor. XVI,19; Ad Rom. XVI, 3-5; Ad Colos. IV, 15; Ad Philem. 1, 2-3).
Intorno alla metà del II secolo Giustino riferisce che le riunioni si svolgevano dove fosse
possbilie (Apol. I, 65-67), mentre già alla fine dello stesso secolo Minucio Felice (Octavius
IX,1) c’informa che col termine sacraria si denominavano i luoghi di culto, dando quindi
testimonianza di ambienti destinati soltanto a tale funzione. Qualche decennio più tardi,
nel testo siriaco delle "Recongnitiones Clementinae" (X, 71) si cita un certo Teofilo che
dona la sua casa alla chiesa perché venga adibita a luogo di culto.
Domus ecclesiae
Una prima svolta verso la nascita d'una struttura edilizia più complessa si ha a partire dal
III secolo, quando la comunità cristiana si è notevolmente ingrandita e strutturata grazie ad
un preciso ordinamento gerarchico riconosciuto dalle autorità e alla costruzione di un
patrimonio comunitario. E ha guadagnato l'appoggio e la protezione di una parte della
classe dominante. Cominciano allora a manifestarsi le condizioni perché i luoghi ci culto
diventino e stabili e di proprietà della comunità. La ecclesia domestica si trasforma così
nella domus ecclesiae. Tutti gli ambienti vengono adibiti ad uso liturgico, con varie
funzioni: vi sono una grande sala per le riunioni aperte sul cortile centrale, un battistero,
una stanza per l'Agape (istituzione caritatevole che consisteva in una cena offerta ai
poveri ed alle vedove) e, talvolta al piano superiore, anche l'abitazione dei sacerdoti ed
alcune stanze per coloro che si preparavano a ricevere il battesimo.
La stabilizzazione del luogo di culto provoca anche un mutamento di significato nel
termine greco ecclesia che ora non designa più solo la comunità dei fedeli, ma anche il
luogo di riunione, la casa di Dio, quindi un santuario, anche se ufficialmente l'edificio di
culto viene considerato ancora profano. Questa graduale trasformazione pone alcuni dei
presupposti per la nascita della basilica cristiana. Domus ecclesiae si ritrovano un
po’ovunque in tutto l'impero ma, tra le più antiche, si ricordano quella scoperta in Siria a
Doura Europos sull'Eufrate e quella scoperta a Roma sotto la chiesa di San Martino ai
Monti.
È ovvio che, pur avendo le stesse funzioni, questi edifici non avevano sempre una
struttura comune, ma piuttosto questa dipendeva dalla regione geografica, dalla tipologia
dell'abitazione originaria e dalla possibilità di adattare un edificio preesistente alle
esigenze di una comunità. Nulla, del resto, ci suggerisce che prima della pace della chiesa
i cristiani abbiano sviluppato un'architettura monumentale. Essi usano, infatti, edifici di
civile abitazione perfettamente inseriti nella tradizione dell'architettura domestica del luogo
e del periodo. Solo in presenza di graffiti o di pitture con temi cristiani è possibile
distinguere una domus ecclesia da una normale casa d'abitazione. E questo tipo di edificio
resisterà ancora nel IV secolo, quando vengono realizzate le prime basiliche – come
dimostrano gli esempi più evoluti di domus ecclesiae di IV secolo, scoperti in Siria (a Qirq-
Bize) e in Inghilterra (a Lullinston, nella diocesi di Southwark) – e finché saranno
definitivamente sostituite dalle chiese vere e proprie.
Domus ecclesiae di Doura Europos
Quella di Doura Europos fu costruita nel 232 DC, come attesta un graffito. Il suo eccellente
stato di conservazione è dovuto al fatto che, essendo stata inglobata nella cinta muraria
costruita nel III secolo per proteggere la città dagli attacchi, rimase sepolta dal crollo del
terrapieno delle mura stesse durante l'assedio dei Parti nel 258 DC. Il pianterreno ci offre
una nitida visione di quello che doveva essere l'aspetto delle prime chiese comunitarie.
L'edificio è provvisto di un atrio circondato da ambienti di varie dimensioni e da un portico.
La chiesa vera e propria è la stanza più grande del piano terra. Essa si apre a sud
dell'atrio, ed è costituita dall'unione di due ambienti più piccoli mediante l'abbattimento del
muro divisorio. Sulla parete est dell'aula è visibile la cattedra per il presbitero (sedile per
l'anziano a capo della comunità). Adiacente a questa sala (e comunicante con essa) è il
catecumeneo (locale destinato alla catechesi per la preparazione al battesimo), ubicato sul
lato ovest dell'atrio e comunicante con quest’ultimo attraverso una larga apertura. Infine,
da un piccolo passaggio sulla parete nord del catecumeneo si accede al battistero.
Quest’ultimo è un vano di modeste dimensioni, con una vasca battesimale sulla parete
ovest ed affreschi raffiguranti scene del Vecchio e del Nuovo Testamento (particolarmente
notevoli sono le figure di un'orante e di un Buon Pastore), la cui funzione, più che
decorativa, era prettamente didattica. Al piano superiore erano le camere destinate ad
abitazione.
Tituli a Roma
Per quanto riguarda la città di Roma, gli scavi condotti presso alcune basiliche d'origine
paleocristiana hanno riportato alla luce i resti di case private risalenti al III secolo DC. La
maggior parte delle chiese romane che vantano una tradizione paleocristiana sono, Infatti,
fondate su precedenti domus ecclesiae o tituli.
Il titulus indicava originariamente la tabella (di marmo, legno, metallo o pergamena) che,
posta accanto alla porta di un edificio, riportava il nome del proprietario. Successivamente
ai tituli privati (che, oltre alla sala cultuale e ai locali annessi per usi liturgici,
comprendevano l'abitazione privata), nascono quelli di proprietà della comunità, che
conservavano il nome del fondatore o del donatore della casa.
I tituli, come le odierne parrocchie, erano soggetti alla giurisdizione della chiesa. Capo
della comunità ecclesiale era il presbitero coadiuvato da ministri a lui sottoposti. I vari tituli,
anche se identici dal punto di vista funzionale e della finalità, a causa della loro diversa
origine e datazione, non si possono considerare come un gruppo omogeneo. Di tutti questi
luoghi di riunione possediamo due diversi elenchi, desunti dalle sottoscrizioni dei vari
presbiteri nel corso dei due sinodi svoltisi a Roma nel 499 e nel 595. Confrontando questi
due elenchi, in certi casi si nota come il titulus, che nel primo sinodo portava il nome del
fondatore o del donatore, nel secondo porta la dedica all'omonimo santo. Probabilmente
ciò è dovuto al crescente interesse per il culto dei martiri. Quelli più antichi si trovano
generalmente in zone periferiche o popolari della città, mentre quelli nuovi creati dopo la
Pace della Chiesa ebbero tutti posizioni più centrale.
Titulus Aequitii (San Martino ai Monti)
A Roma, sotto l'attuale chiesa di San Martino ai Monti e al suo convento, si trova l'edificio
romano che è tradizionalmente identificato col Titulus Aequitii, il cui livello pavimentale è
dieci metri più basso di quello della chiesa. Il titolo si trova anche nei pressi di un mitreo.
Questa particolare vicinanza con un luogo destinato ad un culto misterico ha spinto il
Ghetti ad ipotizzare che questa scelta, lungi dall'essere casuale, sia avvenuta nel contesto
delle lotte contro i cultori di Mitra.
Fra il sinodo del 499 e quello del 595, anche il titulus Aequitii cambiò denominazione, e il
nome di San Silvestro (in onore dell'omonimo papa) prevalse su quello del primo
proprietario, Equizio, il cui palatium doveva essere sontuoso, a giudicare dai rinvenimenti
di pavimenti musivi, di tracce di decorazione affrescata sulle volte, di marmi ed oggetti
artistici venuti alla luce all'epoca dei primi scavi. Oggi si scende nel titolo da una scalinata
aperta nel ‘600 sul lato occidentale della chiesa. L'ambiente è di forma pressoché
rettangolare; una doppia fila di pilastri lo divide in undici vani minori di dimensioni ineguali.
Di questi, gli otto vani centrali formano una grande sala a due navate che doveva servire
per le celebrazioni liturgiche, mentre i vani laterali costituivano degli ambienti di servizio.
Il titolo, per volere di papa Simmaco, fu ampliato nel VI secolo. Nel IX secolo, papa Sergio
II ne ordinò i restauri, erigendovi sopra ed accanto un monastero e l'attuale basilica di San
Martino ai Monti.
Titulus Byzantis (Santi Giovanni e Paolo)
Maggiore complessità presentano le strutture originariamente pertinenti al titulus Byzantis,
sotto la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo. Qui, intorno alla metà del III secolo, al primo
piano di un'insula più antica fu ricavata un'ampia sala, utilizzata probabilmente come luogo
di riunione della comunità cristiana. Agli inizi del IV secolo, i vani al pianterreno ricevettero
una decorazione ad affresco con soggetti cristiani, comprendenti anche un'orante e un
apostolo in vesti di filosofo.
Titulus Clementis (San Clemente) [modifica]
Un altro complesso cultuale di notevole importanza è quello di San Clemente, nella vallata
tra il colle Oppio (colle) e il Celio. Trattasi di un contesto archeologico molto complesso,
con una stratificazione di quattro fasi. La fase che ci interessa è quella che vede, intorno
alla metà del III secolo DC, il riadattamento al culto cristiano di parte di una domus più
antica, nei pressi di un mitreo. La domus ecclesiae sarebbe riconoscibile nell'ambiente in
seguito trasformato nella basilica sotterranea di San Clemente, caratterizzato da una
grande sala, probabilmente divisa in due o tre navate da file di pilastri e colonne,
comunicante attraverso aperture con l'esterno dopo aver attraversato cortili e portici. Lo
sviluppo architettonico di quest’ambiente portato alla luce dagli scavi fa supporre che
l'edificio sia identificabile col titulus Clementis, di cui parlano gli Atti dei sinodi del 499 e del
595.
Nel IV secolo, all'aula di culto fu aggiunta un'abside e si realizzò un collegamento col
vicino mitreo. La basilica fu poi internamente divisa in tre navate mediante due file di
colonne sormontate da arcate. Dietro l'abside erano forse presenti gli ambienti di servizio
dei pastofori, come lascerebbero intuire delle aperture sul muro di fondo. Le navate erano,
inoltre, precedute da un nartece. Tuttavia l'impianto è generalmente caratterizzato da una
forte irregolarità, a causa dei continui riadattamenti.

Basiliche cristiane [modifica]


Premessa: la basilica nel mondo
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il termine basilica originariamente non
designava l'edificio cristiano, ma un edificio pubblico romano (basilica forense o civile),
descritto da Vitruvio come un ambiente coperto, a pianta rettangolare, suddiviso in più
navate da colonnati o pilastri, il cui ingresso era generalmente su uno dei lati lunghi.
Le basiliche più antiche sorsero nel Foro Romano a Roma a partire dal II secolo a.C. (tra
queste la basilica Porcia, 184 a.C.; basilica Fulvia Emilia (meglio conosciuta come Basilica
Emilia, nei suoi rifacimenti successivi), 179 a.C.; basilica Sempronia, 169 a.C.) ed
avevano la funzione di centro d'affari e di sedi giudiziarie. La basilica diviene ben presto
uno degli edifici che ogni città romana deve avere nel suo foro.
La massima realizzazione di questo tipo architettonico si ebbe nel Foro di Traiano con la
basilica Ulpia (112 d.C.), opera di Apollodoro di Damasco, dotata di due ampie absidi e
cinque navate. L'ultima basilica pagana è invece quella di Massenzio presso il Foro
Romano, completata da Costantino (inizi delIV secolo d.C.) che, per le sue caratteristiche
rientra pienamente nei modi espressivi tardoantichi.
Le teorie sull'origine della basilica cristiana e orientazione dell'edificio di culto [modifica]
Riguardo all'origine della basilica cristiana, gli studiosi hanno a lungo dibattuto. Si trattava
in sostanza, di stabilire se sia stata ripresa dall'architettura romana anteriore, oppure se
sia stata ideata ex novo dall'architettura paleocristiana.
Fino al XIX secolo l'opinione dominante rimase quella di Leon Battista Alberti, il quale
aveva visto nella basilica forense e giudiziaria romana il prototipo di quella paleocristiana.
Tuttavia nell'Ottocento la teoria dell'Alberti è stata più volte rivista e si elaborarono tre
diverse ipotesi.
La prima teoria, quella "di derivazione materiale", considera la basilica cristiana come una
derivazione da precedenti tipici architettonici classici. Riguardo a quali siano questi tipi, le
risposte sono le più svariate: la sala ipostila egiziana di cui parla Vitruvio, gli ipogei e le
basilichette cimiteriali romane, una fusione tra la cella tricora e l'aula privata, le varie parti
della casa romana, l'aula basilicale delle residenze imperiali tardoantiche.
La "teoria liturgica" sostiene invece che la primitiva architettura cristiana avrebbe avuto un
carattere originale, e che la forma dell'edificio basilicale sarebbe stata suggerita e
determinata dalla liturgia del nuovo culto.
La teoria "di derivazione composita", quella più moderna e più largamente accettata, tende
a riconoscere una molteplicità di apporti delle diverse culture e civiltà, ma al contempo
scorge una sapiente rielaborazione dei modelli preesistenti, tanto da riconoscere
all'architettura paleocristiana una sua inconfutabile originalità.
Insieme alle denominazioni, anche l'orientazione delle basiliche non fu oggetto a canoni
immutabili (per orientazione s’intende il punto cardinale verso cui è rivolta l'abside). Nel
documento più antico, le Costituzioni Apostoliche (scritte da un orientale), si prescrive
l'orientazione ad est, in omaggio alla regola di pregare col viso rivolto ad oriente, la cui
origine risale a tradizioni giudaiche, come molti altri aspetti della prassi e
dell'organizzazione cristiana. Molte chiese paleocristiane tuttavia sembrano non
rispondere ad alcuna regola precisa, ma piuttosto ad esigenze di topografia locale. A volte
l'orientazione è poi determinata da fattori particolari, come ad esempio la presenza della
tomba di un martire. Comunque, dall'VIII secolo l'orientazione ad est si afferma in modo
decisivo e, dopo il Mille, diventa norma costante per le chiese di tutto il mondo cristiano
fino agli anni Sessanta del Novecento.
Le parti costitutive della basilica paleocristiana]
La basilica paleocristiana era costituita da un insieme d'ambienti, ciascuno dei quali
svolgeva una funzione liturgica o assistenziale. La classificazione della comunità in vari
gradi e la necessità di assicurare ad ogni categoria il proprio posto durante la celebrazione
del servizio liturgico fecero sorgere davanti alla chiesa una serie di ambienti più o meno
vasti. Qui si disponevano i catecumeni, cioè coloro che si preparavano al battesimo. A loro
era infatti consentito poter seguire dall'esterno la celebrazione, ma non potevano entrare
in chiesa.
Atrio o quadriportico
Uno di questi era l'atrio (atrium), in forma di "quadriportico", ossia con porticati sui quattro
lati, che precedeva l'aula di culto ed era riservato ai gradi più bassi dei catecumeni: gli
intercolumni erano chiusi in basso, almeno per alcuni tratti, da cancelli lignei, e riparati in
alto da cortine o velaria. La parte centrale scoperta dell'atrio era talvolta occupata da un
giardino (paradisus) con al centro un recipiente per le abluzioni (kantharos) o con fontane
su uno dei lati. In qualche caso, sul lato rivolto verso la strada, l'atrio era preceduto da un
ingresso monumentale (spesso con la denominazione di protiro).
Nartece
Uno dei lati del quadriportico metteva in comunicazione l'atrio con la chiesa. Questo lato,
solitamente quello orientale, sovente confinava non direttamente con la facciata, ma con
un ambiente trasversale, detto nartece, che precedeva l'ingresso della basilica.
Inizialmente destinato ad alcuni gradi dei catecumeni ed ai penitenti, esso cambiava in
base alla sua posizione.
Era detto esonartece o nartece esterno se si trovava all'esterno della facciata,
endonartece o nartece interno se aderiva al prospetto interno e quindi se, incluso nel
perimetro della chiesa, veniva a trovarsi nella parte iniziale della navata. Il nartece poteva
essere inoltre "semplice", se era costituito da un solo vano trasversale; "doppio", se era
formato da due vani trasversali (per esempio Santa Sofia a Costantinopoli); "a forcipe",
quando i lati brevi erano curvilinei (per esempio San Vitale a Ravenna e Santa Costanza a
Roma).
Navate
L'interno della chiesa era costituito da una grande sala rettangolare, suddivisa per mezzo
di colonne o pilastri. Queste suddivisioni presero il nome di navate, dalla metafora che
assimilava la chiesa alla nave di Cristo, dove a ciascun membro viene assegnato un posto
ben preciso in base al ruolo da lui svolto. Il numero delle navate era sempre dispari ma
non era fisso: una, tre, cinque sette, nove. La maggior parte delle basiliche era a tre
navate; erano poche quelle a cinque navate (San Pietro in Vaticano); ancora meno quelle
a sette (Santa Monica a Cartagine) ed a nove (Damus-el-Karita sempre a Cartagine).
Le colonne o i pilastri sorreggevano arcate a tutto sesto oppure una trabeazione continua
e lineare, spesso riutilizzando elementi di reimpiego). Un esempio di trabeazione rettilinea
splendidamente realizzata in laterizio rivestito di mosaici è nella chiesa di Santa Maria
Maggiore a Roma. In Oriente e a Ravenna, sin dal V secolo al di sopra delle colonne,
comincia ad apparire un elemento architettonico nuovo di forma tronco-piramidale: il
pulvino. Collocato sopra il capitello, conferisce uno slancio ancor maggiore alle arcate e
diverrà caratteristico dell'architettura bizantina. Soprattutto in Africa settentrionale e in
Grecia, erano frequenti gli esempi di colonne binate, cioè raddoppiate.
Già dagli inizi del IV secolo, la larghezza delle navate si basava su un rapporto
proporzionale 2:1, cioè la navata maggiore era normalmente larga il doppio delle navate
laterali. Tale rapporto andò progressivamente alterandosi nel corso del V secolo, quando
le navate laterali andarono sempre più restringendosi fino a raggiungere una larghezza
inferiore alla metà di quella centrale. Inoltre, nelle chiese greche si trova frequentemente
una divisione più marcata tra le navate laterali (o navatelle) e la navata centrale: le
colonne poggiano su un muretto continuo che, ad eccezione di alcuni passaggi, chiude
ogni comunicazione fra gli intercolunni.
Matronei
Al di sopra delle navate laterali, alcune basiliche paleocristiane presentavano un piano
soprelevato, illuminato da finestre proprie, lunghe quanto le navate sottostanti e talora
estese anche alla facciata interna ("tribune ad U", come in San Demetrio a Salonicco).
Queste gallerie furono chiamate anche "tribune" o matronei perché, secondo un'opinione
diffusa, erano destinate ad accogliere le donne: appartenenti a comunità religiose e di
clausura o alle famiglie nobiliari. I matronei si affacciavano sulla navata maggiore al di
sopra di arcate sostenute da colonne o pilastri, ed erano chiuse fino ad una certa altezza
con parapetti marmorei. L'accesso alle gallerie era assicurato per mezzo di scale poste nel
nartece, in una delle torri della facciata oppure in uno degli ambienti situati ai lati delle
absidi.
Presbiterio
Era invece riservato al clero lo spazio del presbiterio, situato nella parte terminale della
navata maggiore. Detto anche sacrarium e naòs, termine proprio della cella del tempio
pagano, il presbiterio, per evidenti ragioni di visibilità, era spesso sopraelevato rispetto al
livello pavimentale della chiesa per mezzo di alcuni gradini. Il presbiterio era sempre
isolato da cancelli, che ne sottolineavano la sacralità. Gli organismi che lo componevano,
fondamentali per le funzioni liturgiche, erano: l'altare, l'abside, la cattedra, i banchi per il
clero, l'ambone e i cancelli.
Altare
L'altare era ed è tuttora il luogo sacro per eccellenza, dove si compie il sacrificio. Ne
conosciamo diversi tipi: "altare a mensa", costituito da una lastra marmorea sostenuta da
quattro supporti o da uno centrale che richiamano la tavola dell'Ultima Cena; "a blocco",
realizzato con un blocco di muratura su cui all'occorrenza si poneva sopra una tavola; "a
sarcofago", simile nella forma ad un'arca funeraria; "a cofano", simile ad una cassetta
destinata a contenere delle reliquie.
L'altare poteva essere di marmo, pietra, legno e muratura; poteva essere rivestito di
metallo prezioso (oro, argento, bronzo); poteva essere fisso o mobile. Con la diffusione del
culto dei martiri e la conseguente proliferazione di chiese erette sopra le tombe venerate,
si fece sì che l'altare si trovasse esattamente in corrispondenza della sepoltura
sottostante. Dal V secolo l'altare si trasformò esso stesso in sepolcro, per la presenza di
reliquie di martiri, vere o per contatto (bende o altri oggetti che erano stati a contatto coi
resti del santo), che erano spesso inserite dentro l'altare oppure sotto di esso, in una
cavità rettangolare o cruciforme ricavata nel pavimento.
Ciborio
Sopra l'altare s’innalzava spesso il ciborio, un baldacchino sostenuto da quatto colonne
con una copertura a piramide o a cupola, alla quale si fissavano quattro veli, che venivano
chiusi per nascondere l'altare al momento della consacrazione. I cristiani ereditarono l'idea
di sacralità legata al ciborio dal simbolismo della copertura delle sepolture privilegiate o dei
troni presente presso molto popoli antichi, e naturalmente dal tabernacolo ebraico. La
maestosità di questo elemento fu portata alle sue estreme conseguenze nel Seicento da
Gian Lorenzo Bernini, con la realizzazione del famoso ciborio, sorretto da quattro
gigantesche colonne tortili in bronzo sulla tomba di San Pietro in Vaticano.
Cattedra e Subsellia
La cattedra, sedile con schienale alto e braccioli, forma un insieme inscindibile con
l'abside, attraverso la simbologia della cathedra Christi-cathedra Episcopi, nella basilica
divenuta la sala del trono divino. Generalmente soprelevata con qualche gradino, era
prerogativa delle chiese episcopali, titolari e monastiche, ed era destinata al vescovo, al
presbitero o al capo della comunità monastica. Originariamente in legno e perciò mobile,
dopo la Pace della Chiesa, fu realizzata in marmo o in muratura, con le facce decorate con
croci, monogrammi e scene del Vecchio e del Nuovo Testamento.
Ai lati della cattedra erano i banchi per i presbiteri, o subsellia. Si distinguevano in banchi
di tipo circolare, se erano disposti lungo il perimetro dell'abside, e di tipo rettangolare, se
erano collocati a nord e a sud dell'altare.
Ambone
L'ambone era una specie di tribuna soprelevata sostenuta da colonne o da un basamento,
con balaustra perimetrale, destinata alla lettura dei testi sacri e alle omelie. Esso
generalmente aveva l'aspetto di una piattaforma a ferro di cavallo con l'ingresso
fiancheggiato da cancelli; il tipo più monumentale era costruito in muratura, ed era munito
di due rampe rivolte ad est ed una ad ovest. Solitamente l'ambone era collocato sulla
destra della navata maggiore, presso il presbiterio, ma non mancavano casi in cui si
trovava in mezzo alla navata centrale. È probabile tuttavia che non tutte le chiese
avessero l'ambone, come lascerebbe ipotizzare l'assenza di tracce archeologiche al
riguardo in molte basiliche del Nord Africa e della Palestina.
Abside
L'abside era lo spazio della chiesa alle spalle del presbiterio. Nell'architettura romana
absidi semicircolari coperte erano largamente impiegate in diversi tipi di costruzioni
(basiliche forensi, ninfei, mausolei, ambienti termali ecc.). Si trattava di uno spazio a pianta
semicircolare, coperto da una calotta emisferica in muratura o in blocchi, che ospitava la
"cattedra" fiancheggiata dai subsellia. La maggior parte delle basiliche presenta una sola
abside in corrispondenza della navata maggiore, ma, in diversi casi, due absidi più piccole
si aprono al termine delle navate laterali. L'abside poteva trovarsi alla stessa quota del
presbiterio, oppure poteva essere soprelevata mediante gradini ("abside gradata"). Essa
poteva essere inoltre sporgente rispetto al muro perimetrale esterno (in questo caso
appariva di forma "semicircolare" oppure, come a Ravenna, "poligonale"), o poteva essere
chiusa all'interno di un muro rettilineo così da non apparire esternamente.
Particolarmente difficile risulta la soluzione del problema connesso alla presenza della
controabside, ossia d'un abside sul alto opposto della chiesa presente in numerose
basiliche dell'Africa settentrionale, della Tripolitania, della Spagna, della penisola
balcanica, ecc. Sono state formulate diverse ipotesi per spiegarne la funzione: in linea di
massima sembra che avesse una funzione funeraria e legata al culto dei martiri
(martyrium), ospitando reliquie di santi e martiri e utilizzata come secondo centro di culto.
Col termine pastoforia s’indicano i due ambienti – talvolta provvisti di abside – che si
aprivano al termine delle navate laterali, ai lati dell'abside principale. Nell'ambiente di
sinistra, detto prothesis, si conservano le offerte dei fedeli, mentre nell'ambiente di destra,
detto diaconicon, si custodivano i vasi e i paramenti sacri, come nelle odierne sacrestie.
Transetto
Talvolta, tra le navate e l'abside s’inseriva una navata trasversale, che veniva chiamata
transetto per il fatto di trovarsi oltre i cancelli che delimitavano il presbiterio. Il transetto
poteva avere la stessa larghezza dell'edificio oppure sporgere oltre il muro perimetrale. Il
Lemerle distingue due tipi di transetto: indipendente, quando le navate si arrestano al
transetto; "a navate avvolgenti", quando le navate e i colonnati proseguono a destra e a
sinistra del transetto fino a circondare il presbiterio (un esempio è costituito dalla chiesa di
S. Mena in Egitto). Il transetto indipendente poteva inoltre essere "continuo", cioè senza
suddivisioni interne, ovvero "tripartito", quando archi e colonne lo dividevano in tre
ambienti distinti ma comunicanti. Sulla funzione del transetto sono state formulate varie
ipotesi. Secondo il Lemerle, non essendo sempre presente in tutte le chiese, rispondeva
ad esigenze specifiche. Il Sotiriou ritiene invece che fosse in relazione con l'offerta dei
doni in vigore fino al VI-VII secolo. Il Krautheimer, infine, attribuisce una funzione diversa
ad ogni tipo di transetto. Egli sostiene, per esempio, che nel transetto tripartito la parte
centrale servisse da martyrion e fosse riservata al clero, mentre le parti terminali fossero
accessibili al clero e ai fedeli che recavano offerte.
Il battistero e la liturgia battesimale [modifica]
Nelle fonti scritte il battistero viene denominato anche nynphaeum, per la sua affinità con
gli edifici circolari adibiti a ninfei e a bagni, oppure tinctorium (dal nome tinctio dato al rito
battesimale), o ancora lavacrum.
La cerimonia
La lunga cerimonia dell'iniziazione cristiana, fino a quando non decadde in seguito alla
consuetudine di battezzare i bambini appena nati, fu il rito più solenne e commovente della
liturgia primitiva. A somiglianza della funzione eucaristica, esso variava da regione a
regione, ma in sostanza comprendeva tre fasi distinte: l'esorcismo e la rinunzia a Satana,
il battesimo vero e proprio, l'unzione o cresima.
I catecumeni, dopo essersi fisicamente mondati se il battistero era munito di bagni, si
sottoponevano dapprima alla pratica dell'esorcismo per essere liberati da ogni maleficio
diabolico, quindi pronunciavano la rinuncia a Satana rivolti ad Occidente, sede del peccato
e della morte, e la professione di fede rivolti ad Oriente.Compiuti questi preliminari, si
spogliavano in un ambiente apposito e, unti con olio consacrato, entravano nella vasca per
la triplice immersione od effusione; poi, dopo il battesimo, ivi stesso o in altro ambiente,
venivano unti sulla fronte e sugli organi dei sensi con olio (crisma) e con ciò stesso
cresimati. Ammessi allora nella comunità dei fedeli, i neofiti indossavano il rituale camice
bianco, simbolo dell'avvenuta rigenerazione, ricevevano la benedizione del vescovo e
potevano finalmente passare nella chiesa per accostarsi all'Eucarestia.
Il battezzante poteva essere il vescovo, il prete o il diacono; in origine la cerimonia si
svolgeva una volta all'anno, la notte di Pasqua, con grande affluenza di fedeli; più tardi
invece, e specialmente in Oriente, si battezzò alla vigilia di Natale, della Pentecoste e via
via in occasione delle feste maggiori.
Simbolismo
Ovviamente sia l'ordine liturgico che gli elementi stessi dell'organismo architettonico
rispondevano ad una serie di significati simbolici, intesi a celebrare la redenzione
dell'uomo dal peccato originale. Tertulliano spiega, ad esempio, con una serie di concetti
la ragione della cerimonia nella notte di Pasqua. Essa avviene tra il giorno della morte e
quella della Resurrezione di Gesù. La triplice immersione ricorda i tre giorni trascorsi dalla
morte sul Golgota alla Resurrezione. Come i pesci, le nostre anime vengono prese nella
rete della grazia del Signore.
Questo linguaggio simbolico non veniva espresso solo nei gesti della funzione, ma spesso
era esplicitamente ricordato anche nelle iscrizioni che ornavano le pareti all'interno del
battistero e soprattutto nella decorazione parietale e pavimentale, che forse più delle
iscrizioni parlava direttamente al cuore dei catecumeni.
L'edificio
Riguardo all'effettivo aspetto dei locali destinati alla liturgia battesimale, si ritiene che ci
fossero almeno due ambienti: la sala con la piscina ed una camera attigua, posta ad
occidente, nella quale il vescovo avrebbe amministrato il crisma, il consignatorium. È
quanto s’osserva, per esempio, nella basilica di San Paolo a Coo, dove una prova decisiva
verrebbe fornita dalla presenza dell'abside, che lascia supporre l'esistenza della cattedra e
quindi del vescovo per il rito della cresima.
Un altro indizio significativo sarebbe il banco addossato alla parete di uno dei locali
dipendenti, destinato probabilmente ad accogliere i catecumeni per l'istruzione
prebattesimale, il cosiddetto "catecumeneo". Le sole indicazioni utili dalle fonti letterarie si
trovano nelle Catechesi di San Cirillo, ove si distingue chiaramente il vestibolo del
battistero vero e proprio, il quale è chiamato sancta sanctorum o sacrarium per
Sant’Ambrogio.
Il battistero più antico finora noto è quello rinvenuto all'interno della domus ecclesia di
Doura Europos, rimasta in uso dal 232 al 258 d.C. Qui, il battistero è costituito da una sala
al pianterreno, con una vasca poco profonda addossata alle pareti, affrescate con scene
del Vecchio e del Nuovo Testamento. La presenza esclusiva della decorazione pittorica
solo in quest’ambiente, nonché la sua ubicazione appartata rispetto al resto, indicano che
proprio il battistero era il centro del complesso cultuale, la parte più nobile della casa, cui
potevano accedere solo gli iniziati, dopo un'accurata preparazione.
A partire dal IV secolo, la posizione del battistero rispetto alla chiesa varia da regione a
regione; per esempio, in Occidente è indipendente dalla chiesa, secondo il modello del
battistero di San Giovanni in Laterano. Sempre dopo la Pace della Chiesa, troviamo
solitamente l'edificio battesimale a pianta centrale.
In tutte le regioni del Mediterraneo orientale ed occidentale gli scavi archeologici hanno
riportato alla luce una ricchissima esemplificazione di battisteri databili fra il IV e il VI
secolo a pianta circolare, quadrata, ottagonale, poligonale (talvolta con l'aggiunta di
nicchie sul muro perimetrale), a schema stellare o cruciforme. I battisteri conservano
generalmente l'orientamento ad est, e non presentavano all'interno un arredo
particolarmente ricco. La vasca battesimale è disposta di preferenza al centro
dell'ambiente nel mondo occidentale, mentre in Oriente si trovava all'interno dell'abside.
La vasca poteva essere scoperta o sormontata da un baldacchino.
Le grandi basiliche costantiniane
Dopo la battaglia del 312 nella quale sconfisse Massenzio, Costantino decise di costruire
una cattedrale per la comunità cristiana di Roma, presumibilmente come ringraziamento a
Cristo che gli aveva concesso la vittoria, secondo quanto lascerebbe intendere Eusebio di
Cesarea.
San Giovanni in Laterano
Come sito per il nuovo edificio, l'imperatore scelse una ricca zona residenziale nella parte
del Celio appena all'interno delle mura aureliane, all'angolo sud-orientale della città ed
immersa nel verde. La maggior parte delle sontuose dimore signorili che vi sorgevano
erano ormai da tempo di proprietà imperiale, essendo state confiscate da Nerone alla
famiglia dei Laterani (da qui il nome della zona). Fra queste dimore, un vasto quadrato era
occupato dalla caserma degli equites singulares, le guardie a cavallo imperiali. Costoro
nella guerra appena conclusa si erano schierati dalla parte di Massenzio: così il corpo
militare venne sciolto, la caserma fu confiscata e rasa al suolo, il sito fu sgomberato ed
interrato, e presto vi sorse la basilica di San Giovanni in Laterano, la cui costruzione
dovette durare all'incirca dal 313 al 318 d.C.
I rifacimenti successivi non distrussero affatto la fabbrica costantiniana, larghe porzioni
della quale sopravvivono sotto l'attuale livello del pavimento o sono state incorporate
nell'attuale edificio, parti che sono state riportate alla luce in successive campagne di scavi
negli ultimi cinquant’anni. La chiesa comprendeva un vestibolo (endonartece) ed era
articolata in cinque navate, con transetto e abside sul muro di fondo. L'esistenza del
transetto per la fase più antica è stata contestata da alcuni studiosi, ma gli scavi più
recenti hanno dimostrato che esso esisteva sin dalle origini, anche se in una forma
leggermente diversa da quello attualmente visibile.
I rinvenimenti relativi sia alle strutture originarie che a frammenti della decorazione interna
(marmi e mosaici), nonché un affresco nella chiesa di San Martino ai Monti che riproduce
l'interno della basilica lateranense, documentano lo splendore ed il fasto dell'edificio
destinato ad essere – allora come oggi – la cattedrale di Roma, ossia la sede del suo
vescovo quindi del Pontefice, e il luogo deputato all'amministrazione dei sacramenti
dell'iniziazione cristiana (il battesimo e la cresima, che nella liturgia cristiana venivano
conferiti insieme). Dietro la chiesa venne eretto un battistero ottagonale, e nelle vicinanze
si trovava la residenza del vescovo e della sua corte.
La basilica lateranense veniva così a spezzare la tradizione edilizia che sino a quel
momento era servita (e che ancora continuò a servire) per il culto cristiano in tutto
l'impero, quella delle domus ecclesiae. La cattedrale del Laterano era di specie diversa:
progettata unicamente per il culto, era assai vasta, potendo contare tremila o più fedeli,
mentre lo splendore e la stessa tipologia edilizia proclamavano la sua condizione pubblica
più che privata. Tuttavia Costantino, se da un lato rompeva con la passata tradizione
edilizia cristiana, dall'altro restava profondamente ancorato alla tradizione architettonica e
costruttiva romana, che aveva creato il tipo della basilica.
La tipologia attuata in San Giovanni in Laterano fu ripetuta nelle altre quattro grandi
basiliche direttamente legate al nome di Costantino: la chiesa di San Pietro in Vaticano a
Roma, quella del Santo Sepolcro a Gerusalemme, e quella della Natività a Betlemme.
Basilica di San Pietro in Vaticano [modifica]
Non si sa tuttora con certezza quando Costantino abbia deciso di costruire intorno alla
tomba di San Pietro una gigantesca basilica, capace di contenere migliaia di fedeli ma,
con tutta probabilità, la decisione fu presa prima del 324, come lascerebbero supporre
diversi indizi nelle fonti storiche. Per la costruzione dell'edificio venne interrata la necropoli
d'età imperiale, lasciando intatta solo la sommità del monumento dell'apostolo, e s’innalzò
la grande basilica, orientata ad ovest per ragioni legate alla morfologia del sito. Ultimata
nel 329, le spese e le fatiche affrontate per superare gli ostacoli offerti dal terreno provano
che essa fu progettata sin dall'inizio per accogliere la tomba di Pietro, già da lungo tempo
oggetto di venerazione, rendendola accessibile alle folle ed assicurando uno spazio
adeguato per le funzioni. Si tratta, dunque, di un edificio cultuale con funzione martiriale
(martyrion), il cui scopo era cioè quello di conservare il ricordo del passaggio terreno – in
questo caso la sepoltura – di un santo.
L'edificio serviva al tempo stesso da cimitero coperto e da sala per i banchetti funebri. I
pavimenti, messi in luce dagli scavi risultarono coperti di tombe, alcune delle quali
contenevano sarcofagi del IV secolo. Questa doppia funzione, di martyrion e di sala
funeraria, spiega le dimensioni dell'edificio, che poteva contenere un numero di fedeli
maggiore d'un quarto rispetto alla basilica lateranense, che doveva ospitare solo la
comunità di Roma.
Eccezionale è anche la pianta. In san Pietro, a differenza che in qualunque altra chiesa
dell'epoca costantiniana, le navate non si concludevano nella zona presbiteriale, ma erano
tagliate da un transetto continuo, con divisioni interne solo alle estremità laterali di
quest’ultimo. In asse con la navata centrale, sul transetto s’apriva un'immensa abside che
rappresentava una zona autonoma della basilica, con funzioni proprie.
Il transetto custodiva la tomba dell'apostolo, che costituiva il centro dell'intero edificio.
Elevandosi sopra la corda dell'abside, il monumento era isolato da una cancellata di
bronzo e sovrastato da un baldacchino sostenuto da quattro colonne tortili percorse da
tralci di vite. Il vasto spazio del transetto permetteva così di accogliere le folle che
accorrevano a venerare il santuario. Solo durante la celebrazione, sembra, il transetto
veniva lasciato al clero come se si trattasse di una zona presbiteriale. L'altare doveva
trovarsi all'interno della cancellata, in asse con la tomba, ma il Krautheimer è propenso a
credere che fosse mobile o che sorgesse all'incrocio fra il transetto e la navata centrale.
Come per San Giovanni in Laterano, anche per la basilica in Vaticano le descrizioni delle
fonti e le arti figurative rinascimentali (disegni ed incisioni) ci hanno lasciato il ricordo dello
splendore dell'interno, dove i materiali preziosi e i marmi colorati guidavano il visitatore in
un crescendo di monumentalità, dall'atrio fino alla meta del suo pellegrinaggio.
Basilica della Natività a Betlemme [
L'imperatrice Elena, madre di Costantino, aveva visitato la Terra Santa fra il 325 ed il 326,
e presumibilmente dietro sua richiesta l'imperatore assegnò fondi per la costruzione di
chiese in Palestina negli ultimi dodici anni del suo regno. A differenza della basilica
vaticana si trattava non di martyria legati al culto dei martiri, ma a luoghi in cui la divinità si
era rivelata, ossia di santuari "teofanici".
Sulla grotta della Natività a Betlemme "una basilica costruita per ordine di Costantino" fu
vista da un pellegrino nell'anno 333. Un vasto cortile immetteva in un atrio terminante di
fronte alla chiesa con colonne di un gradino più alte, una sorta di propilei. La basilica era a
cinque navate, e sul suo lato orientale sorgeva una costruzione ottagonale, soprelevata di
tre gradini. Al centro dell'ottagono, altri tre gradini portavano ad una balaustra che
circondava un'ampia apertura circolare: qui, attraverso un foro aperto nella volta in pietra
della grotta, i visitatori potevano guardare dentro la caverna dove, secondo la tradizione,
era avvenuta la nascita di Cristo.
La pianta dell'edificio permette d'individuare la diversa funzione delle sue parti principali.
L'immenso cortile antistante doveva servire come luogo di sosta per i pellegrini, e piccolo
mercato per le loro necessità. Anche l'atrio era abbastanza ampio ma, di contro, le navate
erano piuttosto piccole (appena un quarto rispetto a quelle della basilica lateranense).
Bisogna considerare che per tutto il IV secolo la comunità cristiana della Palestina fu molto
piccola, ed anche i pellegrini non erano molto numerosi. Nello spazio relativamente piccolo
delle navate di Betlemme, quindi, sia la comunità cristiana che i pellegrini potevano trovare
agevolmente posto, mentre l'altare doveva trovarsi nella navata centrale, a qualche
distanza dai gradini che conducevano all'ottagono, cioè al martyrium vero e proprio.
Quindi, come in San Pietro a Roma, martyrium e basilica erano legati l'uno all'altra, pur
rimanendo distinti sia nella pianta che nella funzione.
Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme
All'imperatrice Elena, durante la sua visita nel 325, fu mostrato un sepolcro scavato nella
roccia nel cuore della Gerusalemme romana, che veniva identificato col Santo Sepolcro.
Costantino, in una lettera inviata al vescovo di Gerusalemme, ordinò la costruzione di una
basilica che fosse "la più bella di ogni altra sulla terra". La chiesa fu consacrata nel 336.
Dell'edificio costantiniano sul Golgota ci rimangono, però, scarsi frammenti. I costruttori
isolarono il Sepolcro dalla roccia circostante, circondandolo con un baldacchino sostenuto
da dodici colonne, che prese il nome di "Rotonda dell’Anàstasis".
Sappiamo da Eusebio di Cesarea che tutto il complesso comprendeva dei propilei, un atrio
e la basilica a cinque navate. Fra la basilica e la Rotonda si trovava una corte porticata,
che collegava la Rotonda col monte Calvario, il quale si trovava una trentina di metri a
sud-est rispetto al Sepolcro. Le varie zone conducevano a quello che era il cuore di tutto il
complesso: il Sepolcro di Cristo.
Anche in questo caso, le funzioni erano suddivise fra le varie parti. La messa, tranne che
nella settimana della Passione, era celebrata nella basilica, ma le prediche ed il canto
degli inni avvenivano nella grande corte, e le processioni partivano dalla basilica per
raggiungere la roccia del Calvario ed il Santo Sepolcro, secondo il curioso cerimoniale
itinerante del IV secolo di cui ci ha lasciato la descrizione la pellegrina Eteria, venuta
dall'Aquitania per visitare i luoghi santi.
Aspetti comuni
San Pietro a Roma, la chiesa della Natività a Betlemme e il Santo Sepolcro di
Gerusalemme sono tutte soluzioni parallele di un comune problema: creare un organismo
architettonico in grado di contenere la comunità e i pellegrini per la celebrazione del culto
e, al tempo stesso, di coprire in modo monumentale un martyrium.
In San Pietro la zona venerata è la stessa tomba dell'apostolo, e tutto ciò che serve alle
esigenze del culto è uno spazio adeguato per la circolazione dei pellegrini (il transetto).
I santuari costantiniani in Terra Santa non contenevano invece tombe, sorgevano dentro le
mura ed erano, al tempo stesso, chiese cattedrali per le comunità locali. Pertanto qui si
verifica l'abbinamento di una grande basilica (a cinque navate, come la cattedrale di
Roma) e di un edificio a pianta centrale, il cui significato simbolico era ancora strettamente
legato al ricordo dei mausolei imperiali. Il mausoleo di Diocleziano a Spalato, di forma
ottagonale, i mausolei di Costantina e di Elena a Roma, (solo alcuni degli esempi più noti)
discendevano a loro volta dal tipo dell'heroòn ellenistico. Perciò ai contemporanei di
Costantino dovette sembrare del tutto naturale associare il linguaggio glorificante del
mausoleo/heroòn a quei luoghi che erano stati consacrati dal passaggio di Cristo (Uomo,
Dio e Re).
Le grandi fondazioni costantiniane a Roma ed in Terra Santa contribuiscono dunque ad
esemplificare le modalità con cui l'architettura e dell'arte del primo cristianesimo si
sviluppano dal ceppo della tradizione ellenistico-romana adottandone iconografie e stilemi,
ma introducendovi al tempo stesso nuovi significati simbolici che ne trasformano
profondamente il contenuto.

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