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Inizierò dunque in primo luogo dai nostri antenati: è infatti giusto e [36] Ἄρξομαι δὲ ἀπὸ τῶν προγόνων πρῶτον• δίκαιον γὰρ
conveniente che proprio in questa occasione venga offerto loro il αὐτοῖς καὶ πρέπον δὲ ἅμα ἐν τῷ τοιῷδε τὴν τιμὴν ταύτην τῆς μνήμης
riconoscimento di una menzione. Costoro, infatti, abitando questa δίδοσθαι. τὴν γὰρ χώραν οἱ αὐτοὶ αἰεὶ οἰκοῦντες διαδοχῇ τῶν
terra senza interruzioni di generazione in generazione, l’hanno ἐπιγιγνομένων μέχρι τοῦδε ἐλευθέραν δι' ἀρετὴν [2] παρέδοσαν. καὶ
tramandata libera fino ai nostri giorni grazie al loro valore. E se questi ἐκεῖνοί τε ἄξιοι ἐπαίνου καὶ ἔτι μᾶλλον οἱ πατέρες ἡμῶν• κτησάμενοι
sono degni di lode, ancor più lo sono i nostri padri: i quali, dopo essersi γὰρ πρὸς οἷς ἐδέξαντο ὅσην ἔχομεν ἀρχὴν οὐκ ἀπόνως ἡμῖν τοῖς νῦν
conquistati non senza fatica il dominio che ora noi possediamo a προσκατέλιπον. [3] τὰ δὲ πλείω αὐτῆς αὐτοὶ ἡμεῖς οἵδε οἱ νῦν ἔτι ὄντες
partire da quanto avevano ricevuto in eredità, lo consegnarono a noi μάλιστα ἐν τῇ καθεστηκυίᾳ ἡλικίᾳ ἐπηυξήσαμεν καὶ τὴν πόλιν τοῖς
contemporanei. Ma la maggior parte di questo dominio l’abbiamo πᾶσι παρεσκευάσαμεν καὶ ἐς πόλεμον καὶ ἐς εἰρήνην αὐταρκεστάτην.
estesa noi che siamo ancora nel pieno della maturità, e a beneficio di [4] ὧν ἐγὼ τὰ μὲν κατὰ πολέμους ἔργα, οἷς ἕκαστα ἐκτήθη, ἢ εἴ τι
tutti abbiamo reso la città pienamente autosufficiente in guerra come αὐτοὶ ἢ οἱ πατέρες ἡμῶν βάρβαρον ἢ Ἕλληνα πολέμιον ἐπιόντα
in pace. Io, però, le imprese di costoro in guerra, ciò che ciascuna di προθύμως ἠμυνάμεθα, μακρηγορεῖν ἐν εἰδόσιν οὐ βουλόμενος ἐάσω•
esse ci ha conquistato, oppure se noi stessi o i nostri padri abbiamo ἀπὸ δὲ οἵας τε ἐπιτηδεύσεως ἤλθομεν ἐπ' αὐτὰ καὶ μεθ' οἵας
respinto valorosamente un barbaro o un greco che ci attaccava, le πολιτείας καὶ τρόπων ἐξ οἵων μεγάλα ἐγένετο, ταῦτα δηλώσας πρῶτον
lascerò perdere, non volendo dilungarmi in presenza di chi ben le εἶμι καὶ ἐπὶ τὸν τῶνδε ἔπαινον, νομίζων ἐπί τε τῷ παρόντι οὐκ ἂν
conosce: ora innanzitutto mi accingo a mostrare a partire da quali ἀπρεπῆ λεχθῆναι αὐτὰ καὶ τὸν πάντα ὅμιλον καὶ ἀστῶν καὶ ξένων
interessi siamo giunti a questo punto e con quale forma di governo e ξύμφορον εἶναι ἐπακοῦσαι αὐτῶν.
con quali costumi, grazie ai quali l’impero è divenuto grande, e poi alla
lode di costoro, poiché ritengo che in quest’occasione non sia
inappropriato dire tali cose e che a questa folla di cittadini e di stranieri
possa essere utile ascoltarle.
Viviamo infatti in un sistema di governo che non invidia le leggi dei [37] Χρώμεθα γὰρ πολιτείᾳ οὐ ζηλούσῃ τοὺς τῶν πέλας
vicini, ma anzi siamo noi d’esempio per alcuni piuttosto che imitare νόμους, παράδειγμα δὲ μᾶλλον αὐτοὶ ὄντες τισὶν ἢ μιμούμενοι
altri. E il suo nome, a motivo dell’essere amministrata non ἑτέρους. καὶ ὄνομα μὲν διὰ τὸ μὴ ἐς ὀλίγους ἀλλ' ἐς πλείονας οἰκεῖν
nell’interesse dei pochi ma dei molti, è democrazia, e secondo le leggi δημοκρατία κέκληται• μέτεστι δὲ κατὰ μὲν τοὺς νόμους πρὸς τὰ ἴδια
ciascuno ha pari diritti nelle dispute private, e per quanto riguarda la διάφορα πᾶσι τὸ ἴσον, κατὰ δὲ τὴν ἀξίωσιν, ὡς ἕκαστος ἔν τῳ
considerazione dei cittadini ognuno, secondo quanto si distingue in εὐδοκιμεῖ, οὐκ ἀπὸ μέρους τὸ πλέον ἐς τὰ κοινὰ ἢ ἀπ' ἀρετῆς
qualche campo, nell’amministrare le faccende pubbliche non è stimato προτιμᾶται, οὐδ' αὖ κατὰ πενίαν, ἔχων γέ τι ἀγαθὸν δρᾶσαι τὴν πόλιν,
per la classe sociale da cui proviene più che per il suo valore, né ἀξιώματος [2] ἀφανείᾳ κεκώλυται. ἐλευθέρως δὲ τά τε πρὸς τὸ κοινὸν
d’altronde la povertà, se si è in grado di fare qualcosa di buono per la πολιτεύομεν καὶ ἐς τὴν πρὸς ἀλλήλους τῶν καθ' ἡμέραν
città, è d’ostacolo a causa dell’oscurità del rango. Liberamente ἐπιτηδευμάτων ὑποψίαν, οὐ δι' ὀργῆς τὸν πέλας, εἰ καθ' ἡδονήν τι
governiamo gli interessi pubblici e anche l’ostilità reciproca nell’ambito δρᾷ, ἔχοντες, οὐδὲ ἀζημίους μέν, λυπηρὰς δὲ [3] τῇ ὄψει ἀχθηδόνας
dei contatti quotidiani, senza adirarci con il vicino se fa qualcosa per il προστιθέμενοι. ἀνεπαχθῶς δὲ τὰ ἴδια προσομιλοῦντες τὰ δημόσια διὰ
proprio piacere, e senza infliggerci molestie certo non passibili di δέος μάλιστα οὐ παρανομοῦμεν, τῶν τε αἰεὶ ἐν ἀρχῇ ὄντων ἀκροάσει
punizione ma comunque spiacevoli a vedersi. Mentre conviviamo in καὶ τῶν νόμων, καὶ μάλιστα αὐτῶν ὅσοι τε ἐπ' ὠφελίᾳ τῶν
privato senza offenderci, nelle faccende pubbliche non violiamo le leggi ἀδικουμένων κεῖνται καὶ ὅσοι ἄγραφοι ὄντες αἰσχύνην ὁμολογουμένην
soprattutto per timore, per obbedienza a coloro che di volta in volta φέρουσιν.
reggono il potere e alle leggi, in particolare a quelle che sono stabilite
per proteggere le vittime d’ingiustizia e a quelle che, pur non scritte,
portano unanime disonore di fronte alla comunità.
INCIPIT Tucidide d'Atene descrisse la guerra tra Peloponnesi e Ateniesi,
come combatterono fra loro. Mise subito mano alla stesura dell'opera,
dallo scoppio della guerra, che prevedeva sarebbe stata grave, anzi la
più degna di memoria tra le precedenti. Lo deduceva dal fatto che i due
popoli vi si apprestavano all'epoca della loro massima potenza e con
una preparazione completa osservava inoltre il resto delle genti greche
schierarsi con gli uni o con gli altri, chi immediatamente, chi invece
meditando di farlo. Fu senza dubbio questo l'evento che sconvolse più a
fondo la Grecia e alcuni paesi barbari: si potrebbe dire addirittura che i
suoi effetti si estesero alla maggior parte degli uomini. Infatti, sugli
avvenimenti che precedettero il conflitto e su quelli ancor più remoti
era impossibile raccogliere notizie sicure e chiare, per il troppo distacco
di tempo; ma sulla base dei documenti, cui l'indagine più approfondita
mi consente di prestar fede, ritengo che non se ne siano verificati di
considerevoli, né sotto il profilo militare, né per altri rispetti.
TESTO 3-82 L'ordinario rapporto tra i nomi e gli atti rispettivamente καὶ τὴν εἰωθυῖαν ἀξίωσιν τῶν ὀνομάτων ἐς τὰ ἔργα ἀντήλλαξαν τῇ
espressi dal loro significato, cioè l'accezione consueta, fu stravolto e δικαιώσει. τόλμα μὲν γὰρ ἀλόγιστος ἀνδρεία φιλέταιρος ἐνομίσθη,
interpretato in chiave assolutamente arbitraria. La temerità irriflessiva μέλλησις δὲ προμηθὴς δειλία εὐπρεπής, τὸ δὲ σῶφρον τοῦ ἀνάνδρου
acquistò valore d'impeto eroico al sacrificio per la propria parte; la πρόσχημα, καὶ τὸ πρὸς ἅπαν ξυνετὸν ἐπὶ πᾶν ἀργόν• τὸ δ' ἐμπλήκτως
cautela accorta di maschera decorosa, per panneggiare uno spirito vile. ὀξὺ ἀνδρὸς μοίρᾳ προσετέθη, ἀσφαλείᾳ δὲ τὸ ἐπιβουλεύσασθαι
La prudenza fu ritenuta un ripiego per celare la paura, spregevole in un ἀποτροπῆς πρόφασις εὔλογος. καὶ ὁ μὲν χαλεπαίνων πιστὸς αἰεί, ὁ δ'
uomo; l'intelligenza sollecita a scrutare ogni piega di un problema fu ἀντιλέγων αὐτῷ ὕποπτος. ἐπιβουλεύσας δέ τις τυχὼν ξυνετὸς καὶ
spacciata per totale inettitudine all'azione. Si valutò la furia selvaggia e ὑπονοήσας ἔτι δεινότερος• προβουλεύσας δὲ ὅπως μηδὲν αὐτῶν
folle qualità veramente degna di un ingegno virile; il ponderare δεήσει, τῆς τε ἑταιρίας διαλυτὴς καὶ τοὺς ἐναντίους ἐκπεπληγμένος.
guardinghi gli elementi di un'iniziativa, per dirigerla sicuri, onesto ἁπλῶς δὲ ὁ φθάσας τὸν μέλλοντα κακόν τι δρᾶν ἐπῃνεῖτο, καὶ ὁ
schermo per ripararsi nell'ombra. Il sordo ringhio della critica, del ἐπικελεύσας τὸν μὴ διανοούμενον.
malcontento, ispirava sempre fiducia; ma la voce che si levava a
contrastarlo si spegneva ogni volta nel sospetto.
ἐγὼ δὲ οἷόν τε ἐγίγνετο λέξω, καὶ ἀφ' ὧν ἄν τις σκοπῶν, εἴ ποτε καὶ
αὖθις ἐπιπέσοι, μάλιστ' ἂν ἔχοι τι προειδὼς μὴ ἀγνοεῖν, ταῦτα
δηλώσω αὐτός τε νοσήσας καὶ αὐτὸς ἰδὼν ἄλλους πάσχοντας.
]ἐτυράννευεδὲὁ Περίανδρος Κορίνθου. Τῷδὴλέγουσι ERODOTO STORIE I 23 24 E Periandro era tiranno di Corinto. I Corinzi – e i Lesbi
Κορίνθιοι(ὁμολογέουσιδέσφιΛέσβιοι) ἐν τῷ βίῳ θῶμα μέγιστονπαραστῆναι, concordano con loro – narrano che gli capitò nel corso della sua vita di essere
Ἀρίονα τὸν Μηθυμναῖον ἐπὶ δελφῖνος ἐξενειχθέντα ἐπὶ Ταίναρον, ἐόντα κιθαρῳδὸν testimone di un evento straordinario: Arione di Metimna arrivò al promontorio del
τῶν τότε ἐόντων οὐδενὸς δεύτερον, καὶ διθύραμβον πρῶτον ἀνθρώπων τῶν ἡμεῖς Tenaro sul dorso di un delfino. Arione era un citaredo che, ai suoi tempi, non era
ἴδμεν ποιήσαντά τε καὶ ὀνομάσαντα καὶ διδάξαντα ἐν[24]Κορίνθῳ. secondo a nessuno, e fu il primo, a nostra conoscenza, a comporre ditirambi: coniò
ΤοῦτοντὸνἈρίονα λέγουσι, τὸν πολλὸν τοῦ χρόνου διατρίβοντα παρὰ Περιάνδρῳ, lui stesso questo nome e li fece eseguire a Corinto. Questo Arione, dicono, che
ἐπιθυμῆσαι πλῶσαι ἐς Ἰταλίην τε καὶ Σικελίην, ἐργασάμενον δὲ χρήματα μεγάλα trascorreva la maggior parte del tempo presso Periandro, era stato preso dal
θελῆσαι ὀπίσω ἐς Κόρινθον ἀπικέσθαι Ὁρμᾶσθαι μέν νυν ἐκ Τάραντος, πιστεύοντα desiderio di recarsi per mare in Italia e in Sicilia; da lì, dopo aver guadagnato grandi
δὲ οὐδαμοῖσι μᾶλλον ἢ Κορινθίοισι μισθώσασθαι πλοῖον ἀνδρῶν Κορινθίων· τοὺς ricchezze, volle ritornare a Corinto. Partì dunque da Taranto e, poiché di nessuno si
δὲ ἐν τῷ πελάγεϊ ἐπιβουλεύειν τὸν Ἀρίονα ἐκβαλόντας ἔχειν τὰ χρήματα· τὸν δὲ fidava più che dei Corinzi noleggiò una nave di Corinto; ma quando furono in alto
συνέντα τοῦτο λίσσεσθαι, χρήματα μέν σφι προϊέντα, ψυχὴν δὲ παραιτεόμενον. mare, gli uomini dell’equipaggio meditarono di gettare Arione giù dalla nave e di
Οὐκὦνδὴπείθειναὐτὸν τούτοισι, ἀλλὰκελεύειντοὺςπορθμέας ἢ αὐτὸν διαχρᾶσθαί impadronirsi dei suoi tesori. Arione lo capì e si mise a supplicarli: era disposto a
μιν, ὡς ἂν ταφῆς ἐν γῇ τύχῃ, ἢ ἐκπηδᾶν ἐς τὴν θάλασσαν τὴν ταχίστην.Ἀπειληθέντα cedere loro tutti i suoi beni, ma chiedeva di avere salva la vita; tuttavia non riuscì a
δὲ τὸν Ἀρίονα ἐς ἀπορίην παραιτήσασθαι, ἐπειδή σφι οὕτω δοκέοι, περιιδεῖν convincerli e i marinai gli ingiunsero o di uccidersi lui stesso, per ottenere una
αὐτὸν ἐν τῇ σκευῇ πάσῃ στάντα ἐν τοῖσι ἑδωλίοισι ἀεῖσαι· ἀείσας δὲ ὑπεδέκετο sepoltura in terra, o di saltare in mare al più presto. Arione, messo alle strette, li
ἑωυτὸν κατεργάσεσθαι. Καὶ τοῖσιἐσελθεῖνγὰρἡδονὴνεἰμέλλοιενἀκούσεσθαι τοῦ pregò, visto che così avevano deciso, di permettergli di cantare, stando in piedi sul
ἀρίστου ἀνθρώπων ἀοιδοῦ, ἀναχωρῆσαι ἐκ τῆς πρύμνης ἐς μέσην νέα. Τὸν ponte di poppa, nel suo costume da cantore; e prometteva che, finito il canto, si
δὲἐνδύντα τε πᾶσαν τὴν σκευὴν καὶ λαβόντα τὴν κιθάρην, στάντα ἐν τοῖσι sarebbe tolto la vita. Essi accolsero con piacere l’idea di ascoltare il miglior cantore
ἑδωλίοισι διεξελθεῖν νόμον τὸν ὄρθιον, τελευτῶντα δὲ τοῦ νόμου ῥῖψαί μιν ἐς τὴν del mondo e dalla poppa si ritirarono a metà della nave. Arione indossò il suo abito
θάλασσαν ἑωυτὸν ὡς εἶχε σὺν τῇ σκευῇ πάσῃ.Καὶ τοὺςμὲνἀποπλέεινἐςΚόρινθον, da cantore, prese la cetra, e, in piedi sul ponte di poppa, eseguì per intero un nomos
τὸνδὲδελφῖνα λέγουσι ὑπολαβόντα ἐξενεῖκαι ἐπὶ Ταίναρον. Ἀποβάντα δὲ αὐτὸν orthios e al termine del nomos si gettò in mare così com’era, con tutto il suo
χωρέειν ἐς Κόρινθον σὺν τῇ σκευῇ καὶ ἀπικόμενον ἀπηγέεσθαι πᾶν τὸ γεγονός. abbigliamento. I marinai fecero vela verso Corinto; quanto ad Arione, si narra che un
Περίανδρον δὲ ὑπὸ ἀπιστίης Ἀρίονα μὲν ἐν φυλακῇ ἔχειν οὐδαμῇ μετιέντα, ἀνακῶς delfino lo prese sul dorso e lo portò fino al Tenaro. Sceso a terra, Arione si diresse
δὲ ἔχειν τῶν πορθμέων· ὡς δὲ ἄρα παρεῖναι αὐτούς, κληθέντας ἱστορέεσθαι εἴ τι verso Corinto, ancora vestito da cantore; quando vi giunse, raccontò tutto quello che
λέγοιεν περὶ Ἀρίονος. Φαμένωνδὲἐκείνων ὡςεἴητεσόοςπερὶ Ἰταλίην καί μιν εὖ gli era successo. Ma Periandro, incredulo, tenne Arione sotto sorveglianza, senza
πρήσσοντα λίποιεν ἐν Τάραντι, ἐπιφανῆναί σφι τὸν Ἀρίονα ὥσπερ ἔχων lasciargli nessuna libertà di movimento, e rivolse la sua attenzione all’equipaggio
ἐξεπήδησε· καὶ τοὺς ἐκπλαγέντας οὐκ ἔχειν ἔτι ἐλεγχομένους ἀρνέεσθαι. Ταῦτα μέν della nave; appena arrivarono a Corinto, li mandò a chiamare e domandò loro se
νυν Κορίνθιοί τε καὶ Λέσβιοι λέγουσι, καὶ Ἀρίονος ἔστι ἀνάθημα χάλκεον οὐ μέγα avevano qualche notizia da dargli di Arione: essi risposero che era in Italia, sano e
ἐπὶ Ταινάρῳ, ἐπὶ δελφῖνος ἐπεὼν ἄνθρωπος. salvo, e che lo avevano lasciato a Taranto in un’ottima situazione. Arione allora
comparve davanti a loro, vestito come quando era saltato giù dalla nave: quelli,
sbigottiti e dimostrati colpevoli, non poterono più negare. Questa è la storia che
narrano Corinzi e Lesbi; inoltre al Tenaro c’è una statua votiva di Arione, in bronzo e
di piccole dimensioni, che raffigura un uomo sul dorso di un delfino.
È tradizione che a Iaso un delfino si innamorasse di un ragazzo, come δελφῖνα δ᾽ ἐν ᾽Ιασῶι παιδὸς ἐρασθῆναι λόγος, ὡς ἱστορεῖ Δοῦρις ἐν
racconta Duride nel nono libro delle Storie. Il discorso nell’ottica di τῆι ἐνάτηι. ὁ δὲ λόγος ἐστὶν αὐτῶι [ὁ] περὶ ᾽Αλεξάνδρου καὶ λέγει
Duride è relativo ad Alessandro e dice così: «[Alessandro] mandò a οὕτως· «μετεπέμψατο δὲ καὶ τὸν ἐκ τῆς ᾽Ιασοῦ παῖδα. περὶ γὰρ τὴν
chiamare anche il fanciullo da Iaso. Dalle parti infatti di questa città vi πόλιν ταύτην Διονύσιός τις ἦν παῖς, ὃς μετὰ τῶν ἄλλων ἐκ
era un ragazzo di nome Dionisio, il quale giungendo con gli altri dalla παλαίστρας παραγινόμενος ἐπὶ τὴν θάλατταν ἐκολύμβα· δελφὶς δὲ
palestra al mare, vi si tuffava. Un delfino dal mare profondo gli si πρὸς αὐτὸν ἐκ τοῦ πελάγους ἀπήντα καὶ ἀναλαμβάνων ἐπὶ τὰ νῶτα
faceva incontro e, prendendoselo sul dorso, lo trasportava per ἔφερεν ἐπὶ πλεῖστον νηχόμενος καὶ πάλιν ἀποκαθίστα εἰς τὴν γῆν
lunghissimo tratto, nuotando, e di nuovo lo depositava a terra.»
φιλανθρωπότατονδέἐστι
καὶσυνετώτατοντὸζῷονὁδελφὶςχάριντεἀποδιδόναι
ἐπιστάμενον.Φύλαρχοςγοῦνἐντῇδωδεκάτῃ
‘Κοίρανος,φησίν,ὁΜιλήσιοςἰδὼνἁλιέαςτῷ
δικτύῳλαβόνταςδελφῖνακαὶμέλλονταςκατακόπτειν
ἀργύριονδοὺςκαὶπαραιτησάμενοςἀφῆκενεἰςτὸπέλαγος.καὶμετὰτα
ῦταναυαγίᾳχρησάμενοςπερὶΜύκονονκαὶπάντωνἀπολομένωνμόνο
ςὑπὸδελφῖνος ἐσώθηὁΚοίρανος.τελευτήσαντοςδ’αὐτοῦγηραιοῦ
ἐντῇπατρίδικαὶτῆςἐκφορᾶςπαρὰτὴνθάλατταν
γιγνομένηςκατὰτύχην[ἐντῇΜιλήτῳ],ἐντῷλιμένι
πλῆθοςδελφίνωνἐφάνηἐντῇἡμέρᾳἐκείνῃμικρὸν
ἀπωτέρωτῶνἐκκομιζόντωντὸνΚοίρανον,ὡσεὶσυνεκφερόντωνκαὶσυ
γκηδευόντωντὸνἄνθρωπον.’