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ARISTOTELE

Stagira (Chersoneso), 383 a.C.


A 17 anni ad Atene > entra nell’Accademia. Se ne allontana dopo la morte di Platone
Dal 343 precettore di Alessandro (Magno) a Pella; educazione in primo luogo storica e
politica
Nel 335 torna ad Atene > fondazione del Liceo. Lezioni per allievi interni e per un pubblico
più vasto; uso del libro (nascita della prima biblioteca?); scuola peripatetica <Perìpato
(portico coperto)
Dopo la morte di Alessandro, sollevazione antimacedone; accusa ad Aristotele di empietà;
si esilia a Calcide e muore nel 322 a.C.

46 opere superstiti. Sono tutte ‘esoteriche’ (o ‘acroamatiche’); delle ‘essoteriche’ rimane


solo la Costituzione degli Ateniesi

Logica; Fisica; Metafisica (tra cui aitiologia e teologia); Etica; Politica

POLITICA
Libro I: organizzazione della famiglia ed economia domestica
Libro II: analisi critica delle costituzioni in vigore e di quelle proposte dai filosofi precedenti
Libro III: definizione di cittadino, classificazione delle costituzioni1 e analisi del regno
Libri IV-VI: analisi di oligarchia e democrazia
Libri VII-VIII: la costituzione migliore (una costituzione mista, tra oligarchia e democrazia;
all’evenienza, necessità di ‘principi illuminati’)

Politica I, 1252a 24 ss.


Se si studiassero le cose svolgersi dall'origine, anche qui come altrove se ne avrebbe una
visione quanto mai chiara.
È necessario in primo luogo che si uniscano gli esseri che non sono in grado di esistere
separati l'uno dall'altro, per esempio la femmina e il maschio in vista della riproduzione (e
questo non per proponimento, ma come negli altri animali e nelle piante è impulso
naturale desiderar di lasciare dopo di sé un altro simile a sé) e chi per natura comanda e
chi è comandato al fine della conservazione.

Sulla schiavitù e sul ‘razzismo’ verso i barbari


In realtà, l'essere che può prevedere con l'intelligenza è capo per natura, è padrone per
natura, mentre quello che può col corpo faticare, è soggetto e quindi per natura schiavo:
perciò padrone e schiavo hanno gli stessi interessi.
Per natura, dunque, femmina e schiavo sono distinti (infatti la natura nulla produce con
economia, come i fabbri il coltello delfico, ma una sola cosa per un solo fine, perché in tal

1 Il primo a fare questa classificazione è Erodoto (Storie, III, 80-82), che nell'importante 'logos tripolitikòs' per bocca di tre nobili
persiani presenta democrazia, oligarchia e monarchia e discute su quale sia la politeia migliore.
In secondo luogo, è fondamentale la riflessione sulla democrazia sviluppata da Tucidide nel Discorso di Pericle, visto che lo storico
descrive, pur in parte idealizzandolo, il regime democratico effettivamente in vigore nell'Atene del V sec. a.C.
La riflessione sulle tre forme di governo viene ripresa da Platone (nel Politico e nella Repubblica), integrata con l'analisi della loro
degenerazione.
Il tutto viene sistematizzato da Aristotele, nella Politica (libri III-VII), che auspica una democrazia equilibrata e per certi aspetti
integrata con l'oligarchia. In ogni caso, la degenerazione della democrazia è l'oclocrazia, cioè il governo dell'ochlos, il popolo in
senso negativo (volgo, plebe, ecc.), che è molto vicino al concetto di anarchia.
Questa classificazione viene ripresa due secoli dopo da Polibio (Storie VI: la migliore forma di governo è una 'costituzione mista') e,
infine, traghettata a Roma da Cicerone (nella Res publica).
modo ogni strumento sarà davvero un prodotto perfetto, qualora non serva a molti usi, ma
a uno solo): solo tra i barbari la donna e lo schiavo sono sullo stesso piano, e il motivo è
che il naturale principio del potere essi non l'hanno, e quindi la loro comunità è formata di
schiava e di schiavo.
Di conseguenza i poeti dicono: Dominare sopra i Barbari agli Elleni ben si addice, come se
per natura barbaro e schiavo fossero la stessa cosa.

La famiglia
Così da queste due comunità si forma la famiglia nella sua essenzialità, e a ragione
Esiodo ha detto nel suo poema: Casa nella sua essenza è la donna e il bove che ara2,
perché per i poveri il bove rimpiazza lo schiavo.
La comunità che si costituisce per la vita quotidiana secondo natura è la famiglia, i cui
membri Caronda chiama «compagni di tavola», Epimenide3 cretese «compagni di mensa»,
mentre la prima comunità che risulta da più famiglie in vista di bisogni non quotidiani è il
villaggio.

Il villaggio
Nella forma più naturale il villaggio par che sia una colonia della famiglia, formato da quelli
che alcuni chiamano «fratelli di latte», «figli» e «figli di figli». Per questo gli stati in un primo
tempo erano retti da re, come ancor oggi i popoli barbari: in realtà erano formati da
individui posti sotto il governo regale - e, infatti, ogni famiglia è posta sotto il potere regale
del più anziano, e lo stesso, quindi, le colonie per l'affinità d'origine.
Ciò significano le parole di Omero: E ciascuno governa i suoi figli e la moglie4, perché
vivevano sparsi qua e là ed era questo l'antico sistema di vita. E il motivo per cui tutti
dicono che anche gli dèi sono soggetti a un re è questo, che sono soggetti a un re essi
stessi, taluni ancora adesso, altri lo furono un tempo, e, come le forme degli dèi le
immaginano simili alle loro, così pure la vita.

La polis/Stato
La comunità che risulta di più villaggi è la pòlis, perfetta, che raggiunge ormai, per così
dire, il limite dell'autosufficienza completa: formata bensì per rendere possibile la vita, in
realtà esiste per render possibile una vita felice.
Quindi ogni stato esiste per natura, se per natura esistono anche le prime comunità: infatti
esso è il loro fine e la natura è il fine: per esempio, quel che ogni cosa è quando ha
compiuto il suo sviluppo, noi lo diciamo la sua natura, sia d'un uomo, d'un cavallo, d'una
casa. Inoltre, ciò per cui una cosa esiste, il fine, è il meglio e l'autosufficienza è il fine e il
meglio.
Da queste considerazioni è evidente che lo stato è un prodotto naturale e che l'uomo per
natura è un essere socievole(πολιτικὸνζῷον): quindi chi vive fuori della comunità statale
per natura e non per qualche caso o è un abietto o è superiore all'uomo, proprio come
quello biasimato da Omero «privo di famiglia, di leggi, di focolare»5: tale è per natura
costui e, insieme, anche bramoso di guerra, giacché è isolato, come una pedina al gioco
dei dadi.

Uomo ‘animale politico’


È chiaro quindi per quale ragione l'uomo è un essere socievole molto più di ogni ape e di
ogni capo d'armento. Perché la natura, come diciamo, non fa niente senza scopo e

2Opere e giorni v. 405.


3Caronda e Epimenide furono due celebri legislatori.
4Odissea 9, 114-115.

5Iliade 14, 63.


l'uomo, solo tra gli animali, ha la parola: la voce indica quel che è doloroso e gioioso e
pertanto l'hanno anche gli altri animali (e, in effetti, fin qui giunge la loro natura, di avere la
sensazione di quanto è doloroso e gioioso, e di indicarselo a vicenda), ma la parola è fatta
per esprimere ciò che è giovevole e ciò che è nocivo e, di conseguenza, il giusto e
l'ingiusto: questo è, infatti, proprio dell'uomo rispetto agli altri animali, di avere, egli solo, la
percezione del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto e degli altri valori: il possesso
comune di questi costituisce la famiglia e lo stato.
E per natura lo stato è anteriore alla famiglia e a ciascuno di noi perché il tutto deve
essere necessariamente anteriore alla parte: infatti, soppresso il tutto, non ci sarà più né
piede né mano […]. È evidente dunque che lo stato esiste per natura e che è anteriore a
ciascun individuo: difatti, se non è autosufficiente, ogni individuo separato sarà nella
stessa condizione delle altre parti rispetto al tutto, e quindi chi non è in grado di entrare
nella comunità o per la sua autosufficienza non ne sente il bisogno, non è parte dello
stato, e di conseguenza è o bestia o dio. Per natura, dunque, è in tutti la spinta verso
siffatta comunità, e chi per primo la costituì fu causa di grandissimi beni.
Perché, come, quand'è perfetto, l'uomo è la migliore delle creature, così pure, quando si
stacca dalla legge e dalla giustizia, è la peggiore di tutte. Pericolosissima è l'ingiustizia
provvista di armi e l'uomo viene al mondo provvisto di armi per la prudenza e la virtù, ma
queste armi si possono adoperare specialmente per un fine contrario. Perciò, senza virtù,
è l'essere più sfrontato e selvaggio e il più volgarmente proclive ai piaceri d'amore e del
mangiare. Ora la giustizia è elemento dello stato; infatti il diritto è il principio ordinatore
della comunità statale e la giustizia è determinazione di ciò che è giusto.

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