Il pendolo di Foucault è un libro scritto da Umberto Eco, pubblicato nel 1988.
E’ il romanzo più radicale dell’autore che si iscrive perfettamente all’interno dell’indagine, avviata con Il nome della rosa, sul tema della conoscenza e sul rapporto tra realtà e verità. E’ da considerarsi una lettura piuttosto impegnativa poiché caratterizzata da continui sbalzi temporali e perché, in fondo, quasi tutti i personaggi appaiono scollegati tra loro e inseriti all’interno di vicende oscure ed ignote; fatto appositamente per perdersi. Eco costruisce una trama in cui fatti ed eventi storici vengono accostati in maniera del tutto casuale, seguendo solamente il principio di vicinanza. Casaubon, l’io narrante, e Jacopo Belbo si rincontrano come dipendenti della stessa casa editrice. Il signor Garamond, proprietario della casa editrice, per adeguarsi ai tempi decide di aprire una nuova collana sui romanzi esoterici, intitolata “Iside svelata”. È proprio un manoscritto, portato da uno strano personaggio, scomparso misteriosamente, a condurre i due protagonisti alla ricostruzione di un misterioso Piano in cui sarebbero coinvolti i Cavalieri templari, i Rosacroce, la Cabala, i Massoni e tante altre associazioni segrete. Secondo questo documento, i Templari avrebbero predisposto una serie di passaggi di consegne, nell’arco dei secoli e tra gruppi sparsi per l’Europa, al fine di ricostruire un segreto di conoscenza superiore. Inizialmente è solo un gioco, ma pian piano i due protagonisti cominciano ad inventare una serie di relazioni nate dall’accostamento di congetture fantastiche e fatti storici, insieme all’aiuto di un terzo personaggio, Diotallevi, e grazie alla consulenza di un esperto in materie esoteriche, un tale Agliè. Il Piano, da loro stessi inventato, diventa sempre più reale, al punto da indurre Belbo a rischiare la sua stessa vita pur di risolvere il mistero. Al centro di tutto ci sarebbe il Pendolo, il luogo per un eventuale distruzione o dominio del mondo. Jacopo Belbo comincia a convincersi, paradossalmente, della veridicità di una storia che lui stesso aveva inventato. Proprio per questo la storiavi complica: Diotallevi, infatti, muore di cancro ma è convinto che la colpa sia in realtà del Piano che in qualche modo si è inserito nel suo corpo danneggiando le sue cellule. Agliè, l’esperto di scienze esoteriche, oltre che l’aiutante dei tre ragazzi nella ricostruzione del Piano, è in realtà il capo di una società segreta esoterica che ruota intorno al mistero dei Templari. Quest’ultimo comincia però a credere nell’autenticità del Piano creato da Belbo che viene sequestrato e portato, dagli affiliati della setta di Agliè, al Conservatorio Nazionale di Arti e Mestieri di Parigi per indurlo a svelare tutto quanto. In un moto d’orgoglio e di scherno, Belbo si rifiuta di rivelare qualunque informazione. In realtà non c’era nessuna rivelazione da fare e ben presto Agliè si rende conto che il segreto e la ricerca continua di nuove piste erano ciò che tenevano in vita la sua associazione segreta. Senza una verità da cercare, l’associazione non avrebbe avuto più ragione di esistere. Perciò lui e i suoi affiliati, senza ammetterlo apertamente, preferiscono lasciar morire Belbo, in questo modo ci sarebbero stati ancora tanti secoli per ricostruire la mappa e il segreto che la circonda. Non importa se in realtà non esista nulla di concreto. Tutti i protagonisti, Belbo compreso, durante l’intero romanzo vanno alla ricerca di una verità che pero non troveranno mai considerando che tutti i dati, reputati dal loro certi, erano solamente una mera invenzione dei personaggi stessi. Eco è ben consapevole che la realtà può essere modificata, plasmata e addirittura creata dalla lingua, come dimostra nel suo scritto ed è per questo che ci invita ad abbandonare l’insana passione per la verità e a servirci dell’esperienza per scovare la realtà essenziale che c’è sotto. Da questo romanzo quindi, possiamo chiaramente delineare il pensiero filosofico dell’autore che considera lo spirito critico fondamentale per arrivare in profondità e capire davvero la realtà, senza basarsi su nozioni superficiali o ragionamenti vaghi ed incerti. La verità dev'essere concepita in modo veramente critico, che la renda plausibile all'uomo d'oggi, immersa nella storia, destinata ad offrirsi alla mera e singola contemplazione, accessibile a molte prospettive diverse, eppure ben salda nella sua astrattezza, senza figura, che le permette di “richiedere un impegno totale senza annullarsi nella pura prassi e di moltiplicarsi infinitamente senza svanire nel relativismo.” Solo il concetto di «interpretazione» è in grado di soddisfare così opposte esigenze: in questo romanzo l'autore, che presenta i risultati delle sue approfondite meditazioni su questo concetto, si trova direttamente inserito nel mezzo del dibattito filosofico dell’epoca, particolarmente impegnato in questo problema. Esistenzialismo, marxismo, psicoanalisi, neopositivismo: tutte le correnti più importanti e i problemi più urgenti del mondo d'oggi sono affrontati nella serrata e animata discussione di questo libro, che chiarisce l’importanza del rapporto tra realtà e verità che sembrano sinonimi ma spesso stentiamo a riconoscere.
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