Sei sulla pagina 1di 3

Tucidide, L’epitaffio di Pericle

Siamo all’inizio della guerra del Peloponneso – Atene è al massimo della sua potenza –:
alla fine del primo anno Pericle commemora, secondo la tradizione della città, i caduti
ateniesi. Con grande maestria Tucidide utilizza questa occasione per far comprendere al
lettore come gli Ateniesi “vivevano” l’éthos della loro città.

Tucidide, Storie, II, 34-36

II 36 - Prenderò innanzi tutto le mosse dagli antenati: in una circostanza come la nostra è
giusto e doveroso tributare loro questo onore del ricordo, poiché nel susseguirsi delle
generazioni essi, che sono stati sempre gli stessi ad abitare la nostra terra, l’hanno trasmessa,
grazie al loro valore, libera fino ad adesso.
Se essi sono degni di lode, ancor più lo sono i nostri padri che, in aggiunta a quel che
avevano ricevuto, acquisirono l’intero impero che ora possediamo e non senza pena lo
tramandarono alla generazione attuale. Ma la maggior parte dell’impero l’abbiamo acquisita
noi che ancor oggi siamo nell’età matura, e siamo stati noi ad approntare una città
autosufficiente sotto tutti i punti di vista, sia per la guerra che per la pace.
Ma le imprese in guerra, dei padri e nostre, grazie a cui si sono avute le singole acquisizioni,
o il modo con cui noi o i nostri padri respingemmo gli attacchi portati da barbari o Greci io
tralascerò, non volendo far lunghi discorsi tra chi sa già queste cose.
Per prima cosa chiarirò partendo da quali principi ispiratori siamo giunti a questa
situazione, sotto quale forma di governo e con quale modo di vivere si sia formata la nostra
potenza; procederò quindi all’elogio dei caduti, poiché ritengo che nella presente occasione
sia doveroso dire queste cose, e che sia utile che tutta la folla di cittadini e stranieri le
intenda.

II 37 - Abbiamo un sistema che non copia le leggi degli altri, e più che imitare gli
altri, noi siamo da modelli per qualcuno.
Quanto al nome, si chiama democrazia perché coinvolge nell’amministrazione non
pochi ma la maggioranza: nelle controversie private, tutti hanno gli stessi diritti
davanti alla legge, ma per quanto riguarda l’autorità questa si acquista nella misura
in cui uno acquista prestigio in un certo àmbito, e nella vita pubblica non si è stimati
tanto per la parte cui si appartiene quanto per il merito, e se uno può essere di
beneficio alla città non ne è impedito né dalla povertà né dall’oscurità dei natali.
In modo libero viviamo la vita politica ed anche per quanto riguarda le quotidiane
abitudini e reciproche meschinerie, poiché non ci irritiamo se un altro trae piacere
da una sua azione, ed inoltre non adottiamo quegli atteggiamenti tristi, che in sé
non procurano danno, ma che comunque sono spiacevoli a vedersi.
Se dunque i nostri rapporti privati sono privi di inimicizie, nella vita pubblica il
timore ci trattiene per lo più dal compiere atti illegali, perché ubbidiamo a coloro
che di volta in volta rivestono le magistrature ed alle leggi, e soprattutto a quelle che
sono stabilite in difesa di chi subisce un torto e di quelle non scritte, la cui
trasgressione comporta un’onta agli occhi di tutti.
II 38 - Abbiamo concesso alla mente moltissimi momenti di riposo dalle fatiche:
siamo abituati a gare e feste con sacrifici pubblici per la durata dell’intero anno e a
splendide cose private, il cui godimento quotidiano tiene lontano la pena.
Data l’importanza della nostra città, ci arriva tutto, da tutta la terra, e ci capita di non
considerare i prodotti della nostra terra più ‘nostri’ di quelli degli altri.

II 39 - Anche nella preparazione alla guerra siamo diversi dai nostri avversari, per questi
motivi.
Teniamo la nostra città aperta agli altri, e non succede che con decreti di espulsione degli
stranieri impediamo a qualcuno di apprendere o vedere qualcosa che se non rimane
nascosto potrebbe essere di utilità a un nemico, perché non facciamo affidamento su
preparativi e sotterfugi più che sul coraggio che nasce nel profondo di noi e si manifesta
nelle nostre imprese; anche nell’educazione dei fanciulli, se gli altri acquisiscono il coraggio
fin da giovani con un addestramento durissimo, noi, invece, viviamo una vita rilassata e, ciò
nonostante, riusciamo ad affrontare pericoli di uguale gravità.
Questa è la prova: gli Spartani non fanno spedizioni contro di noi da soli, ma con tutti
quanti gli alleati, mentre noi quando invadiamo il paese altrui, anche se combattiamo in
campo avverso, contro nemici che difendono i loro beni, senza difficoltà abbiamo per lo più
la meglio.
Mai nessun nostro nemico si è scontrato con le nostre forze unite perché nello stesso
momento teniamo efficiente la flotta e per terra facciamo spedizioni verso molti obiettivi;
ora, se si scontrano con una piccola parte, se hanno la meglio su solo alcuni di noi si vantano
di averci respinti tutti, e se sono sconfitti dicono di aver perso davanti a tutti quanti noi.
Certamente, se vogliamo affrontare i pericoli vivendo distesamente e non con un faticoso
esercizio e fidandoci di un valore che è insito nei nostri costumi e non è dovuto alle leggi,
abbiamo il vantaggio di non soffrire in anticipo per i patimenti futuri e di affrontarli poi
senza che il nostro ardimento appaia inferiore a quello di chi sta sempre nelle sofferenze.
Per queste ragioni la nostra città è degna di essere ammirata, e per altre ancora.

II 40 - Amiamo il bello nella semplicità, amiamo la riflessione senza debolezze, per


noi la ricchezza è più motivo di opportunità pratiche che di vanti verbali, e non è
vergona per nessuno ammettere di essere povero, ma è vergogna non tentare con le
azioni di sfuggire alla povertà.
E’ possibile che le stesse persone si occupino dei loro affari privati e di quelli
pubblici, è possibile che chi è dedito all’una o all’altra attività abbia comunque una
buona conoscenza delle questioni politiche: siamo infatti i soli a considerare chi non
se ne interessa persona non tranquilla, ma inutile.
Noi siamo gli stessi a giudicare e a ragionare correttamente sulle questioni, perché non
pensiamo che i ragionamenti nuociano all’azione, ma che sia invece nocivo non sviscerare le
questioni nel dibattito, prima di intraprendere le necessarie azioni.
Anche in questo mostriamo la nostra differenza: agiamo con audacia e sappiamo ragionare
freddamente su ciò che stiamo per affrontare, mentre per gli altri l’ardimento nasce
dall’ignoranza, e la riflessione procura titubanza.
A buon diritto dovrebbero essere considerati coloro che hanno la maggiore forza d’animo
quelle persone che conoscono con estrema chiarezza ciò che è terribile e ciò che è piacevole,
e che ciò nonostante non si sottraggono ai pericoli.
Anche per la generosità siamo all’opposto rispetto alla maggior parte, perché ci procuriamo
gli amici non traendo ma procurando vantaggi.
E’ amico più sicuro colui che fa il bene, perché vuole mantenere la gratitudine che gli è
dovuta attraverso il suo atteggiamento di benevolenza nei confronti di colui a cui ha fatto il
bene; chi deve ricambiare è invece un amico più fiacco, perché sa che quando restituirà il
favore non si procurerà un impegno ma si sdebiterà.
E siamo i soli che aiutiamo un altro senza timore, non per un calcolo interessato, ma per la
fiducia che deriva dalla libertà.

II 41 - Concludendo, dico che la nostra città, nel suo insieme, costituisce un vivente
ammaestramento per la Grecia e mi sembra che ogni uomo possa, presso di noi,
sviluppare una personalità autonoma sotto molti aspetti, spigliatamente e con modi
raffinati.
E che non si tratti di vuote parole esagerate nella presente circostanza, ma della verità dei
fatti lo dimostra la potenza stessa della città che siamo riusciti ad acquistare grazie a questi
costumi.
Sola tra le città attuali al momento della prova si dimostra superiore alla propria fama, la
sola che non provoca risentimento nel nemico che l’aggredisce, al pensiero di chi gli faccia
subire mali, né il malcontento dei sudditi che pensano di essere dominati da padroni
indegni.
Con grandi prove presentiamo una potenza che non è certo priva di attestazioni, degna di
essere ammirata sia dai contemporanei sia dai posteri, e non abbiamo bisogno delle lodi né
di un Omero né di uno che procuri un piacere momentaneo con le proprie parole, ma la cui
interpretazione dei fatti venga poi demolita dalla verità: noi abbiamo costretto l’intero mare
e l’intera terra a rendersi accessibile alla nostra audacia, ed abbiamo fondato dovunque
monumenti sempiterni delle nostre imprese, negative e positive.
Combattendo per una tale città questi uomini morirono nobilmente ritenendo che non fosse
giusto che essa si perdesse, ed è naturale che tutti coloro che rimangono siano disposti a
soffrire per essa.

Potrebbero piacerti anche