Critone propone a Socrate la fuga da Atene e quindi dalla condanna a morte
giustificandola con diverse motivazioni; ovviamente per un fatto personale ed umano: non vuole perdere un caro amico, ed è talmente legato a Socrate da definire la sua perdita come una disgrazia in quanto non troverà mai più uno come lui. La motivazione principale, però, si fonda sulla preoccupazione di Critone rispetto al giudizio della gente, la quale potrebbe pensare che lui e tutti gli altri seguaci abbiano abbandonato Socrate al suo destino preferendo il denaro all’ amico, tanto più che parecchie sono le persone disponibili a corrompere chiunque per organizzarne la fuga. Critone è molto angosciato dalla circostanza, infatti sostiene e ribadisce che è necessario preoccuparsi dell’opinione della gente soprattutto nella situazione in cui cadrà dopo la sua morte, le persone non avranno una buona considerazione per coloro che hanno abbandonato l’amico invece di aiutarlo a fuggire; questo sarà il giudizio della gente dato che non saprà mai la verità, in quanto non saprà mai che la decisione di non fuggire è stata presa da Socrate. Infine, per convincerlo Critone menziona anche i suoi giovani figli, ricordandogli che non può mancare ai suoi doveri paterni e quindi che solo fuggendo può continuare ad educarli ed accompagnarli nella loro crescita. Lo accusa di tradimento e di abbandono nei confronti della propria famiglia, lo accusa di scegliere la strada più facile. Usando queste parole sa di colpire Socrate in ciò che più crede, affermando che, diversamente dal pensiero dell’amico, fuggire sarebbe la scelta di un uomo nobile, coraggioso e che ha dato la sua vita per l’onestà e la giustizia ma ora ingiustamente accusato e condannato.
Critone è molto determinato nelle sue motivazioni ed esorta l’amico a fuggire
in quanto in sostanza teme di essere additato come un vigliacco per non essere risuscito a gestire quella che lui chiama ‘la faccenda’. 2domanda Socrate ha sempre apprezzato e condiviso la legge; fuggire dal carcere significa commettere un’ingiustizia, perché la legge non è la causa dell’ingiusta condanna da lui subita, emessa prima dal popolo e poi in tribunale, bensì solo la conseguenza in funzione del verdetto. Sostiene, inoltre, che se c’è stata un’ingiustizia questa non si può cancellare o cambiare con un’altra. Socrate rassicura Critone affermando che solo chi sa può giudicare e lui deve tenere conto solo delle persone che hanno la conoscenza per poter dare un giudizio; non deve preoccuparsi di tutta la gente; quindi, neanche degli stolti che parlano solo per il gusto di parlare. Socrate, immaginando un dialogo con le leggi, fa capire a Critone che nessuno gli ha mai proibito di andarsene via d’Atene e al contrario c’è rimasto per circa settant’anni e ciò vuol dire che ha riconosciuto e accettato le leggi della città. Adesso non può e non vuole violare il patto stretto con loro e che ha liberamente accettato e condiviso. Inoltre, quale sarebbe poi stata la sua vita se avesse deciso di fuggire? Una vita da fuggiasco, senza poter soggiornare in città con delle buone leggi perché visto come nemico e traditore e quindi obbligato a rifugiarsi in terre senza leggi dove sarebbe riconosciuto come un fuggitivo attaccato alla vita e niente altro perdendo così ogni virtù e amor proprio. Per dipiù la fuga obbligherebbe i suoi figli a vivere come stranieri in esilio insieme a lui e metterebbe gli amici, complici della sua fuga, in pericolo. Infine, Socrate conferma che il credo verso le leggi, che lui tanto stima, è più forte di qualunque altra cosa, tanto da mettere al secondo posto i figli, la vita e le ingiustizie subite. Per lui commettere ingiustizia è molto più grave che subirla. 3domanda Condivido la scelta di Socrate di non fuggire da Atene; scelta coerente al suo pensiero, in quanto sostiene che non siano le leggi sbagliate bensì gli uomini che le applicano. Scappando da Atene ritiene di rompere il patto stabilito con la città e le sue leggi, commettendo così un’ingiustizia. Per Socrate le leggi sono sopra ogni cosa tanto che la propria vita va condotta in base a queste ed ogni trasgressione va condannata. Rompere il patto significa non obbedire a chi gli ha permesso di nascere (grazie alle leggi sul matrimonio), non obbedire a chi gli ha permesso di crescere ed avere una educazione e non obbedire a tutte le leggi dopo averle accettate. Quest’ultime non devo essere considerate vincolanti perché permettono alla persona di scegliere la città dove vivere. La città non può sopravvivere senza le sue leggi, che secondo Socrate dicono il vero, e alla patria si deve la totale obbedienza e fedeltà.
Percepiamo, quindi, la grande differenza tra Socrate e sofisti, facilmente
comprensibile prendendo come caso da esaminare la situazione in qui si trova egli stesso. I sofisti guardano all’uomo nella sua singolarità non vedendo nelle leggi una giustizia, tale da intendere, per ogni uomo. È con l’arte dell’eloquenza, che i sofisti insegnano, che gli uomini possono farsi giustizia da soli, sostenendo e argomentando le proprie tesi. Per i sofisti l’unica legge che si può considerare universale e immutabile è quella della natura, tutto il resto è giusto o sbagliato in base a quanto si è bravi ad usare le parole ed esporre le proprie tesi.