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Apologia di Socrate

Indice
I-X Si difende dalle vecchie accuse
XI-XXIV Si difende da Melèto e dai nuovi accusatori
XXV-XXVIII Chiede una pena alternativa
XXIX-XXX Parla ai suoi accusatori
XXXI-XXXIII Parla ai suoi seguaci

I L’oratore deve dire la verità e parlare in modo semplice. È importante solo il


contenuto. Gli accusatori mentono e convincono attraverso il linguaggio.
II Si difende prima dai vecchi accusatori che hanno fatto credere alle persone, già da
bambine, che Socrate facesse prevalere la causa cattiva sulla buona e che quindi
fosse ateo. È un paradosso, che i vecchi accusatori non possono essere nominati o
chiamati a testimoniare, così Socrate deve fare una “battaglia contro le ombre”.
Deve palare degli accusatori in loro assenza, così come loro fecero con lui.
III Lo accusano di indagare sulla terra e sul cielo, come si vede nella commedia di
Aristofane in cui Socrate dichiara di camminare in aria e cose del genere. Socrate
dice di non saperne nulla e di non aver mai fatto discorsi del genere, come
possono confermare i tanti presenti che avevano udito i suoi discorsi.
IV Lui non sa educare come fanno i sofisti, che persuadono i giovani a farsi educare
in cambio di molti soldi, quando potrebbero essere educati come tutti gli altri
senza spendere. Porta l’esempio di Callia, che ha due figli e quindi li fa educare da
Eveno di Paro, così come se avesse due animali li porterebbe dall’allevatore.
V Socrate vuole spiegare come sono nate le calunnie contro di lui. Socrate ha una
sapienza umana, gli altri una sapienza maggiore. Cherofonte chiese all’oracolo di
Delfi se ci fosse qualcuno più sapiente di Socrate e lui disse di no. Lo può
confermare il fratello di Cherofonte, poiché lui è morto.
VI Socrate non si sentiva sapiente, ma l’oracolo non poteva mentire. Così andò da un
uomo politico ateniese, che lui riteneva più sapiente. Si inimicò lui e chi gli stava
accanto e capì che lui era più sapiente perché allo stesso modo non sapeva, ma
almeno non pensava di sapere. Provò lo stesso esperimento con un altro uomo che
lui reputava più sapiente del primo, ma il risultato fu lo stesso.
VII Continuò ad andare da politici e artisti (poeti) e capì che chi era considerato meno
saggio lo era di più e viceversa. Infatti, le persone, quando interrogate, sapevano
spiegare i poemi meglio degli stessi autori.
VIII Andò poi dagli artigiani, che in effetti sapevano molto dell’arte in cui eccellevano,
ma per questo pensavano di saperne anche del resto. Si chiese poi se preferisse
essere come loro, quindi sapere di una cosa e pensare di sapere tutto o restare
com’era e non sapere nulla, ma sapendo di non saperlo. Si rispose che era meglio
restare così.
IX Mostrando l’ignoranza altrui le persone pensavano che lui si ritenesse sapiente,
ma non è così. Infatti, sapiente è solo il Dio, che attraverso l’oracolo, l’ha usato
come esempio per dire: sapiente è colui che sa di non sapere. Socrate continua ad
interrogare le persone perché serve il Dio, infatti vive in povertà.
X I giovani ricchi, che quindi hanno tempo, seguono Socrate e lo imitano
esaminando gli altri. Gli esaminati se la prendono con Socrate dicendo che
corrompe i giovani, ma se interrogati sul modo in cui lo fa, dicono quello che si
può dire di ogni filosofo, quindi che insegna i misteri del cielo e della terra, a non
credere in Dio e a credere giusto ciò che è sbagliato. Non dicono però che loro si
ritengono sapienti quando non lo sono. Per questo Melèto gli va contro per
difendere i poeti, Anito per gli artigiani e i politici e Licòne per gli oratori. Si
meraviglierebbe se, in così poco tempo, riuscisse ad estirpare una calunnia così
radicata. Lui è odiato perché non ha nascosto o dissimulato nulla.
XI Inizia a difendersi da Melèto e dai nuovi accusatori, che dicono che lui corrompe i
giovani e crede in divinità demoniache diverse da quelle di Atene. Per Socrate il
colpevole è Melèto che prende alla leggera cose serie di cui non si è mai curato e
per questo porta persone in tribunale.
XII Chiede a Melèto chi può rendere i giovani migliori, lui risponde le leggi, quindi i
giudici e quindi tutti gli ateniesi. Per lui tutti gli ateniesi rendono i giovani
migliori eccetto Socrate. Allora sarebbe lo stesso per i cavalli, ma in realtà solo in
pochi, i domatori, riescono a renderli migliori, gli altri li rovinano. Questo
dimostra la noncuranza di Melèto per l’argomento con cui sta facendo condannare
Socrate.
XIII I malvagi fanno male a chi hanno vicino, quindi Socrate non può aver creato dei
giovani malvagi volontariamente, altrimenti avrebbero fatto del male a lui stesso e
nessuno si fa male volontariamente. Quindi o non ha creato dei malvagi o l’ha
fatto involontariamente, ma in quel caso andava consigliato meglio, non chiamato
in tribunale.
XIV Melèto dice che Socrate non crede in alcun Dio, Socrate dice che crede, come tutti
gli altri, che il Sole e la Luna siano Dei, ma Meleto dice che pensa che il Sole sia
pietra e la Luna terra. Socrate dice che di queste teorie sono pieni i libri di
Anassagora e che per meno di una dracma i giovani se li potrebbero comprare,
non permettendo a Socrate di spacciarle per sue. Contraddicendosi Melèto
dimostra che è solo un giovane, che vuole solo ingannare “quel sapientone di
Socrate” e tutti i presenti.
XV Non esistono cose demoniache senza demoni, ma i demoni sono figli di dei.
Quindi o Socrate crede nelle cose demoniache o non crede negli dèi.
Contraddicendosi Melèto dimostra che o li vuole ingannare, o non sapeva di cosa
accusarlo.
XVI Socrate non si vergogna per aver fatto qualcosa che gli potrebbe costare la morte,
perché l’uomo valoroso deve fare quello che è giusto, senza curarsi della vita o
della morte. Porta l’esempio di Achille che, pur sapendo che sarebbe morto,
vendica l’amico Patroclo.
XVII Come combatté durante la guerra del Peloponneso, Socrate continuerà a seguire la
missione che il Dio gli ha affidato, anche se non seguirla fosse l’unico modo per
non morire. Continuerà ad ammonire coloro che migliorano il corpo e le
ricchezze, ma non l’anima.
XVIII Socrate è un dono Dio, mandato lì per spronare Atene e, non essendo sicuri che
Dio ne mandi un altro, sarebbe un male per Atene ucciderlo. Socrate quindi si
protegge per il bene di Atene, non per sé stesso. Non è umano, infatti, che non sia
curato di sé stesso della sua famiglia, ma solo di Atene, senza mai chiedere soldi;
infatti, di questo non è stato accusato. Lo è testimone la sua povertà.
XIX La voce che ha dentro di sé sin da bambino (il daimon) lo consiglia di non entrare
in politica, perché altrimenti lo avrebbero ucciso. È necessario che chi cerca la
giustizia lo faccia da privato cittadino.
XX Operò sempre secondo giustizia, come con gli strateghi delle Isole Arginuse (che
non avevano recuperato le persone nella tempesta), quando volevano arrestare
anche lui ma alla fine gli diedero ragione, o come quando i Trenta Tiranni gli
ordinarono di andare a prendere Leonte per condannarlo a morte, ma mentre gli
altri lo facevano, lui tornò a casa. Se il governo non fosse stato rovesciato di lì a
poco, sarebbe morto, ma lui operò senza paura e con giustizia.
XXI Non sarebbe riuscito ad operare secondo giustizia se fosse entrato in politica. Non
ha mai promesso a nessuno di educarlo, come fanno quelli che parlano solo con
chi li paga. Ha dato a tutti (ricchi e poveri) la possibilità di ascoltarlo e di
interrogarlo, ma non è colpa sua se quelli sono poi diventati onesti o no.
XXII I corrotti e i loro parenti sono gli unici che non lo accusano.
XXIII Non porta figli e parenti o piange per intimorire i giudici, come altri (considerati
più valorosi di lui) hanno fatto, perché sarebbe un disonore per la sua fama e per
Atene, quindi non per disprezzo. Coloro che lo fanno andrebbero puniti più
duramente, perché mettono in ridicolo la città e fanno credere ai forestieri che
Atene prepone alla magistratura delle femminucce.
XXIV I giudici hanno giurato agli dèi di giudicare secondo giustizia, quindi se Socrate li
pregasse farebbe violenza contro gli dèi e confermerebbe l’accusa secondo cui non
crederebbe agli dèi. Sono in realtà i suoi accusatori a non credere agli dèi. Infine,
chiede ai giudici di rispettare il patto che hanno fatto e di giudicare secondo le
leggi.
XXV Si aspettava la condanna, ma non il poco scarto di voti. Ciò dimostra che senza
Anito e Licone, Melèto non avrebbe raggiunto nemmeno un quinto dei voti.
XXVI Essendo innocente, propone come pena alternativa di stare nel Pritaneo, dove i
benemeriti alloggiavano a spese della comunità.
XXVII Socrate non fa questo per orgoglio, ma perché si ritiene innocente ed ha troppo
poco tempo per dimostrarlo. Non c’è infatti ad Atene, come accade in altri luoghi,
che vietava di condannare a morte in un solo giorno. Non propone il carcere
perché è sicuramente cattivo, mentre la morte può anche essere buona. Non
propone l’esilio perché se i suoi concittadini non hanno sopportato i suoi discorsi
non lo faranno nemmeno gli altri.
XXVIII Non può smettere di fare i suoi discorsi in esilio perché è la sua missione. Propone
come ammenda una mina d’argento perché è ciò che può pagare, ma poi Platone
ed altri suoi seguaci gli dicono di offrirne 30 e gli fanno da garante.
XXIX Non hanno voluto attendere la morte naturale e per questo i posteri diranno male
di loro perché avevano ucciso un sapiente, anche se lui non lo era. Ha preferito
difendersi così e morire che fare cose indegne di sé (piangere, supplicare, ecc.) e
vivere. Socrate lento e vecchio è stato raggiunto dalla lenta morte, mentre i suoi
accusatori giovani e veloci sono stati raggiunti dalla veloce malvagità. È un bene
che sia così.
XXX Fa una predizione perché quando si sta per morire si predice meglio. Ai suoi
accusatori dice che non riusciranno a non pagare per quello che gli hanno fatto,
perché contro di loro verranno liberati chi veniva tenuto a bada da Socrate.
Sarebbe meglio non danneggiare gli altri ed essere il più buoni possibile.
XXXI Dice ai giudici che hanno votato la sua assoluzione che, visto che la consueta voce
nella sua testa non lo aveva fermato durante tutta la giornata, quello che stava
facendo e quindi la sua morte erano un bene.
XXXII Se la morte è un sonno eterno senza sogni, la morte è buona perché la maggior
parte dei giorni e delle notti con sogni sono peggiori delle notti senza sogni per
chiunque, anche per i re. Se è il viaggio da qui ad un altro posto e se è vero che li
dimorano tutti i morti, la morte è ottima perché viene prima giudicato da giudici
giusti e poi incontra e può esaminare le persone vissute prima di lui.
XXXIII A chi è buono non può accadere nulla di male, per questo non è arrabbiato con i
suoi accusatori, anche se questi pensano di avergli fatto del male. Chiede di
tormentare i figli nel caso non si comportassero secondo virtù. Così sia Socrate
che i suoi figli avranno ricevuto il giusto trattamento.

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