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Collana diretta da
Rocco Favale, Maria Feola e Antonino Procida Mirabelli di Lauro
4
Volumi Pubblicati
LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CONTRATTO E TORTO
ISBN/EAN 978-88-348-4925-5
Questa pubblicazione si colloca nell’ambito della Ricerca «Corti, dottrina e società inclusiva: l’impatto
dei formanti dottrinali sulle Corti di vertice» (PRIN 2010-2011 cofinanziato MIUR) – Unità di
Ricerca dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” – Responsabile scientifico A. Procida Mi-
rabelli di Lauro.
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Agli Studenti e ai Docenti
dell’Ateneo Fridericiano
VIII LA RESPONSABILITÀ CIVILE
MARIA FEOLA
è autrice, in via esclusiva, dei
Cap. I (§§ 1-19) (pp. 1-106)
Cap. II (§ 6) (pp. 124-128)
Cap. IV (§§ 1-7) (pp. 225-249)
Cap. V (§§ 1-10) (pp. 295-337)
Cap. VI (§§ 1-10) (pp. 339-375)
Cap. VII (§§ 1-17) (pp. 377-443)
Cap. VIII (§§ 1-13) (pp. 445-515)
Cap. IX (§§ 1-13) (pp. 517-599)
INDICE SOMMARIO
pag.
CAPITOLO PRIMO
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E
TORTO. OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ, SCHUTZPFLICHTEN ED
EFFETTI DI PROTEZIONE DEL CONTRATTO RISPETTO A TERZI
1. I rapporti tra illecito civile e obbligazione e le mobili frontiere della re-
sponsabilità civile. La circolazione dei modelli germanici e francesi e
l’emersione, nella nostra giurisprudenza, di significative ipotesi che testi-
moniano le attuali interferenze tra le due specie della responsabilità civile.
La proposta di un “diritto comune” delle responsabilità che ponga al cen-
tro del dibattito i modelli di imputazione e i differenti regimi probatori 3
2. Segue. La controversa responsabilità da “contatto sociale” e la sua so-
vrapposizione alla tematica degli obblighi di protezione. La responsabi-
lità precontrattuale. Un problema terminologico: doveri, obblighi od
obbligazioni di sécurité 16
3. La scoperta, nella Francia del XIX secolo, dell’obbligazione di sécurité-
résultat e il fenomeno del rafforzamento del contenuto obbligatorio del
contratto. Le ragioni sociali che spingono ad una nuova definizione dei
rapporti tra responsabilità contrattuale e delittuale. Le contrapposizioni
dogmatiche della dottrina 25
4. I primi tentativi di utilizzare l’obbligazione di sécurité nel settore della
sicurezza sul lavoro e in materia di trasporto e la preferenza per la rego-
la di responsabilità oggettiva delittuale fondata sul “rischio creato” dal
fatto delle cose inanimate. Lo scetticismo della dottrina verso l’idea di
un’obbligazione inserita «a viva forza nel contratto» 27
5. L’obbligazione di sécurité nelle Corti francesi del XIX secolo. Dall’ap-
plicazione della disciplina delittuale per faute prouvée alla progressiva
espansione delle regole della responsabilità contrattuale. L’evoluzione
tripartita della giurisprudenza: verso la fine del “regno incontrastato”
della responsabilità delittuale per colpa 31
VIII INDICE SOMMARIO
pag.
6. Il revirement della Cassazione del 21 novembre 1911. L’obbligazione di
sécurité del vettore di condurre il passeggero «sano e salvo a destina-
zione». L’applicazione della norma generale sull’inadempimento (art.
1147 code civ.) e la limitazione delle cause di esonero al caso fortuito,
alla forza maggiore o alla faute della vittima 38
7. Il leading case del 21 aprile 1913. L’estensione dell’obbligazione di
sécurité al trasporto ferroviario, anche in assenza di un contratto: la sti-
pulation pour autrui tacite dell’Amministrazione postale «nell’interesse»
dei suoi agenti. L’introduzione di un regime di responsabilità oggettiva
contrattuale e le similitudini con la disciplina della responsabilità delit-
tuale del custode per il fatto della cosa (art. 1384, comma 1) 42
8. Segue. La ricezione dell’obbligazione di sécurité nella legge belga del 25
agosto 1891, nella legge lussemburghese dell’8 febbraio 1908, nell’art.
688, comma 2, del codice libanese e nella giurisprudenza italiana. La
progressiva espansione delle obbligazioni di sécurité all’intero settore
del trasporto di persone, ai contratti considerati “analoghi” e a fattispe-
cie del tutto distinte 46
9. La responsabilità extracontrattuale nel diritto tedesco e le differenze
con i modelli francese e italiano: la tipizzazione del sistema e l’irrisar-
cibilità dei “danni puramente economici”. La trasposizione in ambito
contrattuale (§ 278 BGB) della responsabilità per il fatto altrui (ex §
831 BGB) e l’allineamento alle esperienze francese e italiana nella con-
formazione di una regola di responsabilità oggettiva, che ora è contrat-
tuale (§ 278 BGB), ora è delittuale (artt. 1384 Code civ.; 2049 c.c.) 49
10. Le “lacune” del BGB in tema di turbative dell’adempimento: l’impossi-
bilità (Unmöglichkeit der Leistung), il ritardo (Verzug) e il problema
dell’adempimento puntuale ma difettoso (c.d. schlechte Erfüllung). La
“scoperta” delle violazioni positive del contratto e la sua influenza sul
pensiero giuridico del XX secolo 56
11. Il successo della teoria pVV nella giurisprudenza del RG e del BGH
nelle ipotesi di rifiuto di adempimento, di messa in pericolo dello scopo
del contratto e di “risoluzione”. I contributi di H. Staub e di He. Stoll:
l’ampliamento della struttura del rapporto obbligatorio che, oltre alla
prestazione (Hauptpflicht), comprende una serie di obblighi integrativi
(Nebenpflichten), i quali partecipano a completare lo scopo positivo
dell’obbligazione, a tutela della salute e della proprietà delle parti e di
terzi 62
12. L’affermarsi della teoria degli obblighi di protezione (Schutzpflichten) a
tutela di interessi “altri” delle parti e di terzi. La primordiale applica-
zione della disciplina del contratto a favore di terzi e lo sporadico ricor-
so alla Drittschadensliquidation. La giurisprudenza tedesca in tema di
contratto di trasporto 67
INDICE SOMMARIO IX
pag.
13. Segue. L’orientamento del Reichsgericht in tema di locazione e di con-
tratto d’opera: dal c.d. Tuberkulosefall al c.d. Gasuhrfall. La “volontà
ipotetica delle parti” derivante dallo “scopo del contratto” (§ 328, com-
ma 2, BGB). Le critiche all’applicazione del Vertrag zugunsten Dritter 70
14. I contributi di K. Larenz e di J. Gernhuber. Il conseguente orientamen-
to giurisprudenziale che, nel distinguere gli obblighi di protezione da
quelli di prestazione, riconosce l’autonoma esistenza dei primi anche
nei confronti di terzi. Il superamento, nel c.d. Capuzolfall, dello schema
del contratto a favore di terzi 73
15. L’ulteriore svolta della giurisprudenza tedesca: la comprensione, nella
sfera di protezione del contratto, dei danni meramente economici subiti
da terzi. Le critiche al c.d. Testamentfall. L’espansione dell’efficacia pro-
tettiva nei casi di culpa in contrahendo e di contratti nulli. La costruzio-
ne di un unitario rapporto obbligatorio di protezione che trova il suo
fondamento legale nella buona fede, sulla base di un «affidamento so-
cialmente rilevante» 76
16. Segue. La successiva “evoluzione” del BGH che, al fine di risarcire dan-
ni meramente economici, estende la sfera protettiva del contratto a “ter-
zi” portatori di interessi divergenti e/o contrapposti rispetto a quelli del
creditore. Le “pietre dello scandalo”: Lastschriftverfahren-Fall, Konsul-
fall e Dachbodenfall. Le critiche della dottrina: la sostanziale disomoge-
neità nei riguardi del modello tradizionale di Schutzwirkung für Dritte 80
17. Il Gesetz zur Modernisierung des Schuldrechts: la riforma della disciplina
delle “perturbative dell’adempimento” e la “positivizzazione” di una
clausola generale di responsabilità contrattuale (§ 280 BGB). La rice-
zione degli obblighi di protezione (§ 241, comma 2, BGB) e l’equipa-
razione tra Leistungsebene e Schutzebene. La disciplina della culpa in
contrahendo (§ 311 BGB) quale rimedio alle ipotesi più contestate di
Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte 84
18. Rilievi conclusivi. Le affinità strutturali e funzionali tra obbligazioni di
sécurité e obblighi di protezione. La Schuldrechtsmodernisierung quale
conferma dell’evoluzione comune che caratterizza la scienza giuridica
euro-continentale in materia di responsabilità contrattuale. Le diver-
genze tra le esperienze francese e tedesca in merito agli effetti (protetti-
vi) del contratto riguardo a terzi. L’abbandono del modello di respon-
sabilità contrattuale in materia di danno da prodotti 89
19. Segue. L’osservanza, in Francia, del principio de l’effet relatif des con-
trats secondo il consueto modello regola-eccezione. La nozione di “op-
ponibilità” degli effetti del contratto nei riguardi di terzi quale fonda-
mento della responsabilità delittuale da inadempimento. La teoria dei
groupes de contrats come “eccezione” al principio di relatività. Verso un
allineamento tra le esperienze francese e tedesca: dall’efficacia esterna
del rapporto di protezione, alla sua consolidazione “all’interno” del
rapporto obbligatorio 97
X INDICE SOMMARIO
pag.
CAPITOLO SECONDO
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI
DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE
1. Il modello italiano di responsabilità delittuale quale intricato compro-
messo tra i sistemi francese e tedesco. Il faticoso itinerario giurispru-
denziale dell’ingiustizia del danno e l’attuale tendenza alla “contrattua-
lizzazione” della responsabilità civile. Le contraddizioni del sistema di
riparazione del danno non patrimoniale 108
2. La limitazione della tutela civilistica della persona alla sussistenza di un
fatto di reato. La storia delle “occasioni mancate” della giurisprudenza
costituzionale. La sentenza della Consulta n. 87 del 1979 e le incom-
prensioni della dottrina 111
3. I meriti della sentenza n. 184 del 1986 della Corte costituzionale. Il ruo-
lo dell’ingiustizia (ex art. 2043 c.c.) nel risarcimento dei danni alla per-
sona. Il processo di “erosione” del danno non patrimoniale: il danno
morale soggettivo. I fraintendimenti in merito alla dicotomia “danno-
evento”/“danno-conseguenza” 114
4. I demeriti della sentenza n. 372 del 1994 della Consulta. Vita e salute
come beni «ontologicamente» diversi: la non risarcibilità del danno da
morte immediata. Le pecche, logiche e giuridiche, del criterio “crono-
metrico” 117
5. Segue. Il censurabile orientamento in tema di danno “da morte” quale
conseguenza dell’adesione ai dogmi della teoria differenziale. La perdi-
ta della vita e la lesione della salute come identici danni-eventi ingiusti,
risarcibili sulla base di un sistema a-reddituale di liquidazione. Gli
escamotages della Cassazione per il danno patito iure proprio dalla vit-
tima: il danno catastrofico «da sofferenza esistenziale» 120
6. Segue. L’involuzione dell’orientamento della Cassazione in tema di
danno da morte: il “danno biologico terminale”. L’assenza di una tutela
privatistica del diritto alla vita, protetto con il solo strumento della san-
zione penale. Il revirement prospettato obiter dictum da Cass. n. 15760
del 2006 124
7. Il danno psichico. L’inadeguatezza dei parametri della permanenza o
della temporaneità della lesione: il ruolo dell’intensità del dolore. Verso
il superamento del danno morale soggettivo. La risarcibilità dei danni
neurologici, psicologici, psichici e morali 128
8. Il danno riflesso: la sua risarcibilità anche nel caso di sopravvivenza del-
la vittima iniziale. Le interferenze con i danni “da morte”, psichico e
morale. Il préjudice d’affection come danno morale “ingiusto”, risarcibi-
le anche in assenza di un reato 133
INDICE SOMMARIO XI
pag.
9. Il c.d. danno esistenziale: critica dell’originaria concezione onnicom-
prensiva, che lo qualifica, per altro, come un danno-conseguenza. Il ri-
conoscimento giurisprudenziale e l’estensione dell’area dei danni risar-
cibili. L’esigenza di porre radicalmente in discussione l’ermeneutica bi-
polare 136
10. Il danno ambientale, risarcibile ai sensi degli artt. 2043 c.c. e 2 ss. Cost.
L’autonoma riparabilità del turbamento psichico transitorio in caso di
reato plurioffensivo. La lesione della reputazione personale quale dan-
no ingiusto risarcibile in re ipsa. Dalla riparabilità delle conseguenze
(patrimoniali o no) della lesione alla risarcibilità dell’evento dannoso in
quanto ingiusto 142
11. L’overruling della Cassazione (n. 1361 del 2014) in tema di danno «da
perdita della vita». La finzione del danno-conseguenza e la sua erronea
identificazione con la prova (presuntiva) del danno. L’impossibilità di
applicare la teoria differenziale ai danni immateriali 146
12. Segue. Il danno da perdita della vita è un danno biologico, ma non un
danno alla salute, che è alternativo rispetto al “danno biologico termi-
nale”. L’autonoma risarcibilità del danno morale “da (lucida) agonia” e
del «danno da perdita del rapporto parentale» 153
13. La valutazione e la liquidazione del danno da perdita della vita. Il pos-
sibile utilizzo del sistema tabellare 155
14. La preminenza del valore della personalità umana nella teoria dell’ille-
cito. Il principio di riparazione integrale in ordine alle nuove occasioni
di danno che prescindono dagli aspetti fisio-psichici dell’individuo.
Una rinnovata riflessione sulla struttura e sulla funzione degli artt. 2043
e 2059 c.c. 158
15. Segue. La vicenda paradigmatica dei danni alla persona, quale terreno
di scontro tra le due opposte correnti della Scuola bipolare. I limiti al
processo di “costituzionalizzazione” dell’art. 2059. L’ingiustizia quale
unico criterio selettivo del danno risarcibile 160
16. L’esigenza di rielaborare la stessa nozione di danno risarcibile. L’ambi-
to di non interferenza tra gli artt. 2043 e 2059 c.c. deve essere indivi-
duato nel rispetto delle diverse strutture e funzioni. L’art. 2059 c.c.
quale espressione di una funzione punitiva, operante qualora la condot-
ta integri in concreto «una fattispecie criminosa in tutti i suoi elementi
costitutivi». «In tutti gli altri casi», ogni danno è risarcibile in quanto
ingiusto, sulla base della generale funzione di compensation espressa
dall’art. 2043 c.c. 163
XII INDICE SOMMARIO
pag.
CAPITOLO TERZO
IL DANNO INGIUSTO.
PER UN SISTEMA MONOCENTRICO
DELLA RESPONSABILITÀ DELITTUALE
1. Il quadruplice malinteso nel quale incorre la teoria bipolare. A) Il profilo
sistematico: critica della tesi che ravvisa negli artt. 2043 e 2059 c.c. due
norme equi-ordinate che disciplinano simmetricamente le categorie dei
danni patrimoniali e non patrimoniali. La funzione ordinante dell’ingiu-
stizia di cui all’art. 2043 è testimoniata dal carattere complementare e/o
speciale degli artt. 2044-2046, 2047-2054, 2055-2058 c.c. L’art. 2059 co-
me regola eccezionale che, attraverso l’art. 185 c.p., qualifica ipotesi di
danno arrecate da fatti di reato. L’art. 2043 quale norma primaria che di-
sciplina tutti i danni ingiusti non riconducibili all’art. 185 c.p. 168
2. B) Il profilo esegetico strutturale e la teoria generale del danno. Critica
della tesi che deduce dall’art. 1223 c.c. una nozione unitaria di danno
patrimoniale nelle responsabilità contrattuale e delittuale. L’argomento
comparativo: l’art. 1149 Code Nap. quale espressione del principio di
riparazione integrale. L’argomento logico sistematico: l’art. 2056 c.c.
come norma dettata in tema di valutazione di un danno che, in quanto
ingiusto, è già esistente e risarcibile (anche in forma specifica). L’errore
di inversione logica: la nozione giuridica di danno non può essere de-
sunta dalla natura del rimedio. L’ingiustizia quale unico elemento di
formalizzazione del “dover essere” del danno risarcibile 173
3. Segue. Il significato metodologico assunto dalla tutela della persona nel-
la elaborazione di una teoria generale della responsabilità civile. L’irri-
levanza del requisito della patrimonialità ai fini dell’esistenza del danno
risarcibile in denaro o in forma specifica. Il ruolo della eccessiva onero-
sità nella scelta del modello più efficiente di riparazione. Il c.d. arbitrio
della convenzione 178
4. Segue. La duplicazione tra danno ingiusto e danno patrimoniale. Il ca-
rattere polisenso di una concezione del danno in senso economico. Il
significato del sintagma danno ingiusto: il collegamento della norma pri-
maria (art. 2043) con l’intero sistema delle fonti 183
5. Segue. Il riferimento dell’ingiustizia al danno e non al fatto: il ridimen-
sionamento del ruolo della colpa; lo spostamento di attenzione dall’agen-
te alla vittima; l’oggettivazione del giudizio di responsabilità. Dalla le-
sione dei diritti soggettivi assoluti alla violazione degli interessi giuridi-
camente rilevanti. L’ingiustizia tra danno non iure e contra ius: la com-
plementarità tra le due teorie. Il giudizio di comparazione tra gli inte-
ressi in conflitto 187
INDICE SOMMARIO XIII
pag.
6. C) Il profilo funzionale. La generale funzione di compensation avverso
ogni danno ingiusto. Gli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. come norme applica-
bili ai soli danni «da reato»: le funzioni deterrente e afflittiva consento-
no di comminare punitive damages in relazione al grado di antigiuridici-
tà della condotta e alle condizioni economiche del responsabile 190
7. D) Il profilo della legittimità costituzionale. La tesi bipolare proponeva
un’ermeneutica dell’art. 2059 c.c. che era incostituzionale, poiché con-
dizionava la tutela dei «diritti inviolabili» della persona alla presenza di
un fatto di reato. Verso una lettura costituzionalmente legittima dell’art.
2059 c.c., nel rispetto della struttura e della funzione 195
8. Segue. Il contributo metodologico offerto da Corte cost. n. 184 del 1986.
La risarcibilità di ogni danno ingiusto sull’unico fondamento della «sus-
sistenza dell’illecito». L’art. 2 Cost. come clausola aperta e la sua diretta
efficacia nei rapporti interprivati 197
9. La nuova fisionomia del sistema di responsabilità civile a seguito degli
interventi della Cassazione e della Corte costituzionale nel 2003. La ge-
neralizzata riparazione dei danni non patrimoniali di là dal limite deri-
vante dall’art. 185 c.p., che viene giudicato «inoperante» in presenza
della lesione di interessi costituzionalmente rilevanti. Rilievi critici 201
10. La fisionomia del sistema sotto l’aspetto della struttura: a) i danni “non
patrimoniali” arrecati da condotte che integrano solo in astratto una
fattispecie di reato; b) gli «ulteriori casi di risarcibilità del danno non
patrimoniale estranei alla materia penale»; c) i danni “non patrimonia-
li” che rappresentano la violazione di interessi costituzionalmente rile-
vanti; d) i danni provocati da condotte che integrano in concreto una
fattispecie di reato. Il ruolo assorbente dell’ingiustizia e degli altri
«elementi costitutivi» previsti dall’art. 2043 c.c. 207
11. La fisionomia del sistema sotto il profilo della funzione. I rischi di una
«dolce morte» del modello bipolare: la sua possibile sopravvivenza sot-
to l’aspetto della funzione (afflittiva), in ordine ai danni arrecati da
condotte che integrano in concreto una fattispecie di reato «in tutti i
suoi elementi costitutivi» 210
12. Il falso problema del «danno-conseguenza»: la sua incidenza sul nesso
di causa, non sulla configurazione “ontologica” delle voci di danno. Il
danno (anche non patrimoniale) come evento dannoso «ingiusto» in sé
risarcibile, quale lesione di un interesse giuridicamente rilevante 213
13. L’esigenza di adottare parametri standard ma flessibili nella valutazione
e nella liquidazione del danno alla salute e degli altri danni non patri-
moniali. I limiti della valutazione equitativa. Il sistema introdotto dal
d.lgs. n. 209 del 2005 215
XIV INDICE SOMMARIO
pag.
14. Rilievi conclusivi. La morte (apparente) e la resurrezione di una «teoria
generale e monocentrica» della responsabilità civile. La necessità di una
svolta metodologica fondata sulla generale teoria del danno ingiusto,
che individui i limiti strutturali e funzionali dei singoli istituti (e dello
stesso art. 2059 c.c.) «nel» sistema della responsabilità civile. 221
CAPITOLO QUARTO
I DANNI NON PATRIMONIALI
SEZIONE I La nascita del danno esistenziale e i suoi rapporti con gli altri
danni non patrimoniali
1. Il riconoscimento del danno esistenziale e le discordanti posizioni as-
sunte dalla Cassazione. La distinzione ontologica con il danno biologico
e con il danno morale soggettivo 226
2. Il superamento della concezione “onnicomprensiva”. Il danno esisten-
ziale quale lesione di un interesse costituzionalmente rilevante 230
3. Gli equivalenti del danno esistenziale nel panorama giuridico contem-
poraneo: le esperienze inglese, tedesca e francese. Le analogie e le diffe-
renze con il loss of amenities of life e con il préjudice d’agrément 233
4. La progressiva espansione, in Italia, dell’area del danno non patrimo-
niale risarcibile. L’orientamento «nominalistico» della giurisprudenza
di merito che, sovente, ha confuso il danno esistenziale con quello mo-
rale. L’accoglimento della concezione pluralista delle “voci” del danno
non patrimoniale 238
5. Il tentativo di arginare la riparazione dei danni “micro-esistenziali” sul-
la base di un principio di tipicità dei danni non patrimoniali. Critica. Le
differenti soluzioni nelle responsabilità da torto e da contratto. L’atipi-
cità dei sistemi di responsabilità contrattuale e delittuale, con funzione
di compensation, con riguardo ai danni sia patrimoniali, sia non patri-
moniali 240
6. Segue. Le ulteriori critiche alla tesi della tipicità del sistema di ripara-
zione del danno non patrimoniale. Il carattere primario, prioritario e si-
stemico-assiologico del giudizio d’ingiustizia. Il danno “ingiusto” non
patrimoniale nella giurisprudenza della Cassazione 243
7. Il controverso orientamento sull’onere della prova. Il ricorso a valuta-
zioni prognostiche, a massime d’esperienza e a presunzioni: l’inversione
dell’onere della prova 246
INDICE SOMMARIO XV
pag.
CAPITOLO QUINTO
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES
1. L’orientamento che nega l’autonoma risarcibilità del danno da perdita
di chances, giudicandolo un escamotage per eludere le difficoltà relative
alla prova del nesso eziologico. L’evoluzione della nozione di causalità:
dalla “certezza” del diritto quale scienza esatta, a criterio d’imputazione
della responsabilità 296
2. Segue. Il diritto inglese e i limiti del modello all-or-nothing: “de-respon-
sabilizzazione” e “iper-responsabilizzazione” del danneggiante. La mag-
giore varietà del diritto statunitense: teoria “causale” dell’aumento del
rischio e risarcibilità del danno da perdita di chance of survival 298
3. L’espansione, nella giurisprudenza italiana, dell’area di riparazione del
danno da perdita di chances. Il superamento dell’originario orientamen-
to gius-lavorista. Critica della tesi che qualifica tale figura quale “lucro
cessante” presente o futuro 304
4. Il danno “ingiusto” da perdita di chances nel caso di lesione di interessi
pretensivi. Dalla concezione “eziologica”, all’idea della chance quale dan-
no risarcibile in sé, “per equivalente” o in forma specifica. La respon-
sabilità della P.A. nei riguardi del cittadino 308
5. Rapporto di causa e danno da perdita di chances nel settore della re-
sponsabilità del medico. Dalla giurisprudenza c.d. del 30% al giudizio
di «alto o elevato grado di credibilità razionale». Il risarcimento, da
parte della Cassazione, del danno da perdita di chances di guarigione o
di sopravvivenza, anche in presenza di una sentenza penale di assolu-
zione. L’autonomia tra le domande 312
6. Il falso dilemma della natura delittuale o contrattuale del danno da
perdita di chances, che è risarcibile sulla base dell’uno o dell’altro mo-
dello di responsabilità. Il problema nelle “obbligazioni senza prestazio-
ne”: irrilevanza dell’interesse protetto e inversione dell’onere della prova 319
7. Il danno da perdita di chances in Francia: i garde-fous. La prova del
danno e/o del rapporto causale. Il carattere «reale» e «serio» delle chan-
ces perdute. Il requisito della certezza del danno: la “sufficiente proba-
bilità” che la chance si sarebbe realizzata e la “certezza” che il vantaggio
previsto è stato irrimediabilmente perduto 324
8. La perdita delle «chances di realizzare un profitto o di evitare una per-
dita» quale «danno in sé risarcibile» che è «specifico e autonomo ri-
spetto al pregiudizio finale». Una conclusione divergente rispetto alla
dottrina francese: il danno da perdita di chances non è «futuro e aleato-
rio», bensì certo e attuale, poiché ha sempre ad oggetto chances irrime-
diabilmente perdute 328
INDICE SOMMARIO XVII
pag.
9. Critica della dottrina italiana che qualifica la perdita di chances come
danno emergente o come lucro cessante. La perdita di chances, quale fi-
gura generale di danno, può consistere in un danno emergente presente
e/o futuro, in un lucro cessante presente e/o futuro o in entrambi 330
10. La logica all-or-nothing, che è propria del diritto penale, non riguarda
la responsabilità civile. La destrutturazione del tema della causalità da
parte della dottrina di lingua inglese. Il rapporto causale quale strumen-
to d’imputazione dei danni. Contributory negligence e concorso di re-
sponsabilità. Il danno da perdita di chances quale strumento giusto ed
efficiente di valutazione dei competing interests delle parti, espressione
della generale funzione di compensation della responsabilità civile 333
CAPITOLO SESTO
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI
1. Il tradizionale orientamento della giurisprudenza italiana che, fin dal
1866, considera incerto ed aleatorio il danno circa l’esito sfavorevole
della lite. La ricerca di un nesso di causalità certo tra il fatto dell’ina-
dempimento e la soccombenza in giudizio. Il superamento del principio
di intangibilità dei giudicati 340
2. La proposta di ricorrere alla statistica giudiziaria. L’esigenza di una
stima “in concreto” nella valutazione (equitativa) di un danno già esi-
stente e risarcibile. Prognosi postuma e «certezza morale» del nesso di
causa 343
3. Le decisioni della Chambre civile e des Requêtes in tema di responsabili-
tà del professionista legale. La tendenza delle Corti a risarcire il danno
attraverso un processo fittizio, al fine di verificare le concrete possibilità
di vittoria del cliente in assenza della condotta negligente dell’avvocato.
Il presunto contrasto tra i giudicati 345
4. Le due tendenze della giurisprudenza francese. Le deviazioni dalla teo-
ria della perte d’une chance: chance «seria» di successo e certezza del
rapporto di causalità. Il principio secondo il quale «si ha sempre una
chance di vincere il peggiore processo e, viceversa, si corre sempre il ri-
schio di perdere la migliore causa» 348
5. L’evoluzione della giurisprudenza italiana: i criteri prognostici della
«ragionevole certezza» e della «ragionevole probabilità» riguardano non
la teoria della perdita di chances, ma la diversa prova del nesso eziologi-
co tra condotta negligente e “posta finale” 351
6. La prestazione professionale: diligenza e causa non imputabile. L’esten-
sione delle obbligazioni di sécurité e della disciplina in tema di presta-
zioni di facile esecuzione. Verso il superamento della partizione tra ob-
bligazioni “di mezzi” e di risultato 353
XVIII INDICE SOMMARIO
pag.
7. Il mutamento di prospettiva in tema di responsabilità del dottore com-
mercialista. La chance quale «entità patrimoniale a sé stante, giuridica-
mente ed economicamente suscettibile d’autonoma valutazione», la cui
risarcibilità è «conseguenza immediata e diretta del verificarsi d’un dan-
no concreto e attuale» 358
8. La rigorosa responsabilità del notaio: sul piano contrattuale, per l’ina-
dempimento di obblighi di prestazione o di protezione nei riguardi del-
le parti; sul piano extracontrattuale, per violazione del dovere di atten-
zione verso chiunque possa essere stato danneggiato da atti od omissio-
ni. La responsabilità nel compimento delle attività necessarie per il con-
seguimento del “risultato” voluto dalle parti 361
9. Verso uno statuto unitario delle responsabilità professionali. Il progres-
sivo distacco dal “modello classico”: dall’«obbligazione di mezzi con
presunzione di colpa» all’obbligazione di risultato. Il ruolo degli obbli-
ghi d’informazione 364
10. Il problema essenziale nella responsabilità del professionista legale: il
rapporto di causalità. Le incertezze perduranti in materia e la distinzio-
ne tra i danni «da mancata impugnazione» e da «perdita della possibili-
tà di impugnazione». Il nesso eziologico, certo e diretto, si situa tra la
condotta negligente e l’evento dannoso, consistente nel numero percen-
tuale delle chances perdute 370
CAPITOLO SETTIMO
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO
PER IL DANNO DA “NASCITA MALFORMATA”
1. La responsabilità del medico nelle varie ipotesi di bébé préjudice. Il danno
prenatale provocato da una condotta commissiva: in Francia e in Italia, il
professionista è responsabile in via contrattuale di tutti i danni, patri-
moniali e non, arrecati sia al soggetto nato malformato, sia ai genitori 378
2. L’omessa o erronea informazione quale inadempimento di un’obbliga-
zione “di risultato”. La nascita indesiderata di un bambino sano: la giu-
risprudenza d’oltralpe e la Cassazione italiana, a differenza del BGH,
escludono il risarcimento per l’assenza di un interesse protetto. Critica 380
3. Il danno prenatale che consegue all’inadempimento di un’obbligazione
d’informazione. Il Conseil d’État e la Cassazione italiana, in origine, ri-
conoscono il risarcimento dei danni a favore di entrambi i genitori, ma
non del minore. L’affermazione, da parte dell’Assemblée plénière, del
principio dell’integrale risarcibilità dei danni subiti dal fanciullo nato
malformato 383
INDICE SOMMARIO XIX
pag.
4. Segue. Critica della giurisprudenza italiana. La propagazione intersog-
gettiva delle conseguenze dell’illecito: l’estensione del risarcimento ai
danni mediati e indiretti che costituiscono effetti normali (regolarità
causale) del fatto 385
5. L’utilità di esaminare il dibattito d’oltralpe. Le critiche della dottrina
francese all’arrêt Perruche: le accuse di eugenismo e di eutanasia prena-
tale. Pur in presenza di differenti condizioni, le esperienze francese e
italiana riconoscono alla donna un “diritto” alla sua autodeterminazio-
ne. I «pretesi diritti di nascere (o di non nascere, “andicappato”)» 391
6. Segue. Il pregiudizio dei genitori, quale danno par ricochet, presuppone
la riparazione del préjudice immédiat in capo al fanciullo andicappato.
Il superamento dei rilievi mossi a tale tesi 396
7. L’inadempimento dell’obbligazione d’informazione nei confronti della
madre come “fatto” idoneo a ingenerare la responsabilità dei sanitari.
L’Assemblée plénière ravvisa una responsabilità del medico che è con-
trattuale nei confronti dei genitori e delittuale avverso il bambino. L’even-
tuale estensibilità degli effetti di protezione del contratto verso terzi 399
8. Il rapporto di causalità. La scelta, dei sistemi francese e italiano, per la
teoria della condicio sine qua non induce a ravvisare nell’inadempimen-
to degli obblighi d’informazione la “condizione essenziale” del processo
causale che, in assenza di fatti interruttivi, concorre a produrre l’evento
dannoso consistente nella “nascita malformata” 404
9. Le tesi che escludono la risarcibilità del danno sofferto dal minore an-
dicappato ora per l’assenza di un interesse protetto, ora perché lesivo
del valore della dignità umana. Il richiamo alle «categorie antropologi-
che fondamentali»: critica. L’interpretazione dell’art. 1 della l. n. 2002-
303, detta anche loi anti-Perruche 409
10. Il risarcimento del danno prenatale nel caso d’incertezza sulla decisione
che la donna avrebbe assunto. Le difficoltà di ricorrere ad una nozione
soggettiva di perdita di chance de décision. Il ruolo presuntivo delle
condizioni legali che prevedono l’aborto quale atto necessario a tutelare
la salute della donna 412
11. L’evoluzione della giurisprudenza italiana: il “danno esistenziale” dei
genitori causato dalla tardiva diagnosi delle malformazioni fetali della
figlia. Dall’inesistenza del «diritto a non nascere se non sano» all’affer-
mazione del «diritto a nascere sano». Il fondamento e le ragioni del-
l’overruling 415
12. Il revirement della Cassazione (n. 16754 del 2012) in tema di risarci-
mento del danno da «nascita malformata». Essere o non essere, non era
questo il problema: la critica di Cass. n. 14488 del 2004 e l’apprezza-
mento della «lunga e approfondita riflessione» contenuta nella sentenza
n. 10741 del 2009 420
XX INDICE SOMMARIO
pag.
13. Segue. La «condotta colpevole», la legittimazione soggettiva, l’evento di
danno e gli interessi tutelati 424
14. Segue. La «questione giuridica essenziale»: la sussistenza del rapporto
di causalità 427
15. Segue. Le responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del medico e
della struttura sanitaria (pubblica o privata) nei riguardi della gestante e
del minore. Il risarcimento del danno da «nascita malformata» come re-
sponsabilità delittuale da inadempimento. La prestazione sanitaria tra
obblighi di prestazione e obblighi di protezione. I limiti alla “contrat-
tualizzazione” della responsabilità 433
16. Segue. L’onere della prova nella responsabilità delittuale da inadempi-
mento 437
17. I danni (patrimoniali e non patrimoniali) risarcibili. Il danno da «nasci-
ta malformata» quale causa di una «esistenza diversamente abile» 440
CAPITOLO OTTAVO
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE
NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE
1. La responsabilità del vettore nel trasporto di persone. Il concorso tra le
azioni (o tra le norme applicabili). La nozione di “viaggio” e l’esigibilità
dell’obbligazione di sicurezza. La conclusione del contratto di trasporto
mediante comportamento concludente 446
2. Segue. Il trasporto “amichevole” o “di cortesia” e la controversa distin-
zione dal trasporto gratuito. L’applicazione della disciplina in tema di
responsabilità delittuale per colpa e la frantumazione della fattispecie
unitaria del trasporto: critica. Il superamento della disparità di tratta-
mento tra i trasportati e l’unificazione dei regimi della responsabilità
delittuale e contrattuale in Italia e in Francia 452
3. La contrastante giurisprudenza sui trasporti ferroviari e stradali: la cri-
tica delle contrapposte soluzioni e la ricerca di una regola comune. Il
contributo della dottrina: esigibilità dell’obbligazione di sécurité ed ese-
cuzione del contratto di trasporto. La disciplina del trasporto aereo 458
4. L’evoluzione della giurisprudenza francese in materia di trasporto fer-
roviario. L’esigibilità dell’obbligazione di sécurité di risultato nel caso di
incidenti occorsi al passeggero nelle fasi di salita o di discesa dal treno.
La responsabilità contrattuale del vettore negli accidents de gare 462
5. Segue. La critica della dottrina francese alla giurisprudenza sugli acci-
dents de gare. Il revirement sancito (nel 1969) nel caso “Caramello” per
l’intero settore del diritto dei trasporti: l’obbligazione di sécurité-
résultat è esigibile dal vettore solo «durante l’esecuzione del contratto
di trasporto, cioè a partire dal momento in cui il viaggiatore inizia a sa-
lire sul veicolo e fino al momento in cui egli ha terminato di scenderne» 467
INDICE SOMMARIO XXI
pag.
6. Le vicende dell’obbligazione determinata di sécurité a seguito del “caso
Caramello”. Le soluzioni proposte dalla giurisprudenza in tema di tra-
sporto terrestre non ferroviario. Il problema delle eventuali «interru-
zioni» nell’esecuzione del contratto di trasporto, che determinano vi-
cende modificative della disciplina del rapporto. Le possibili soluzioni 471
7. Segue. Il regime di «responsabilità rafforzata» dell’obbligazione di sécu-
rité del vettore: inversione dell’onere e mutamento dell’oggetto della
prova. La cause étrangère. L’ulteriore aggravamento della responsabilità
del vettore per i danni subiti dal passeggero in «assenza di collisione» 475
8. La Cassazione colma la “lacuna” creata dall’affaire Caramello per gli ac-
cidents de gare: il caso Dame Decharme. Nelle fasi che precedono o che
seguono l’esecuzione del rapporto di trasporto, il vettore è debitore
non di un’obbligazione di sécurité concepita come un «risultato pro-
messo», ma di un’obbligazione di «prendere le misure di sicurezza»
idonee ad evitare il danno. Il ricorso a presunzioni di responsabilità e
all’inversione dell’onere della prova 482
9. Segue. L’estensione della regola posta nel caso Dame Decharme al sog-
getto detentore di un biglietto de quai. La critica della soluzione con-
trattuale: l’ingiustificato sfavore per il creditore danneggiato e la viola-
zione di un dovere generale di diligenza che è indipendente da un vin-
colo contrattuale. Gli escamotages delle Corti che, presumendo la faute,
costruiscono «un’obbligazione di mezzi assai vicina ad un’obbligazione
di risultato» 488
10. Segue. Le ulteriori critiche della dottrina francese al frazionamento
dell’obbligazione di sécurité: la disparità di trattamento tra il passeggero
e il “terzo”. I problemi posti dall’individuazione del grado di diligenza
esigibile dal debitore nell’adempimento dell’obbligazione di sécurité-
moyens. Il ricorso alla faute virtuale 493
11. Il nuovo revirement (del 1989) dei revirements del 1969 e del 1970: il
caso Valverde. L’applicazione, agli accidents de gare, della responsabili-
tà delittuale ex art. 1384, comma 1, code civ., nei riguardi sia del pas-
seggero, sia di qualsiasi “terzo”. Il “riflusso” dell’obbligazione di sécuri-
té di mezzi e la restaurazione di un regime di responsabilità oggettiva
che, prima del “caso Caramello”, aveva la sua fonte nel contratto. L’equi-
valenza tra i risultati 496
12. Il raffronto con il diritto italiano. La responsabilità del vettore per i “si-
nistri” che colpiscono la persona del viaggiatore. Il superamento della
tesi che richiedeva l’“anormalità” o l’“accidentalità” del trasporto. L’ob-
bligazione di sicurezza quale obbligazione “di risultato” che identifica
oggettivamente l’inadempimento del vettore «nel fatto dell’infortunio
di viaggio». La responsabilità del vettore per le cause ignote. L’allinea-
mento al diritto francese 502
XXII INDICE SOMMARIO
pag.
13. Rilievi conclusivi. La contraddittoria evoluzione della giurisprudenza
francese all’interno ed all’esterno del contratto di trasporto. La genera-
lizzazione della regola posta nel caso Valverde: il superamento del “fra-
zionamento” dell’obbligazione di sécurité e della distinzione tra respon-
sabilità contrattuale ed extracontrattuale. Il passeggero risulta tutelato,
sia durante il trasporto, sia nelle fasi anteriori e successive, da una rego-
la “equivalente” di responsabilità oggettiva che ha fonte ora nel contrat-
to, ora nel torto. Le “nuove frontiere” della responsabilità civile e le
prospettive di una diversa sistematica 509
CAPITOLO NONO
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO”
NELL’UNIFORMAZIONE DEI MODELLI DI IMPUTAZIONE
DELLE RESPONSABILITÀ
1. La consacrazione degli obblighi di protezione e di sécurité: verso un
modello unitario di rapporto obbligatorio che tende a realizzare «un’atti-
va tutela contrattuale» dell’integrità della persona e dei suoi beni. La pro-
liferazione delle obbligazioni di sécurité “di diligenza”, quale espressione
del tradizionale retaggio “colposo” della responsabilità civile d’oltralpe 518
2. Le incertezze della partizione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risulta-
to”: la critica ai criteri tipologici astratti fondati sulle peculiarità dell’og-
getto (più o meno determinato) dell’obbligazione, sul carattere aleato-
rio dell’attività del debitore, sull’accettazione (implicita) dei rischi da
parte del creditore, sul ruolo (più o meno) passivo del creditore nell’ese-
cuzione del contratto. L’esigenza di una valutazione non “in astratto”
ma “in concreto” 521
3. Segue. Le incongruenze della giurisprudenza che qualifica un’obbliga-
zione di sécurité di risultato pur in presenza di una condotta eminente-
mente “attiva” del creditore, che è titolare dei poteri di direzione e di con-
trollo. La ricerca di più idonei criteri ordinanti 527
4. Segue. Gli escamotages della giurisprudenza francese: l’elaborazione della
categoria delle obbligazioni “di mezzi” renforcées o aggravées e la loro
possibile identificazione con le obbligazioni “di risultato” (allégées o at-
ténuées). Dall’inversione della prova negativa della faute, alla dimostra-
zione, “in positivo”, del caso fortuito o della forza maggiore 532
5. Segue. La prestazione di alimenti di buona qualità quale “risultato” cer-
to che il ristoratore promette ai suoi clienti. L’estensione dell’obbliga-
zione determinata di sécurité all’affidamento di minori che non sono in
grado di “vegliare” sulla propria sicurezza. L’obbligazione “principale
ed esplicita” di sorvegliare, che ha una funzione, più che di prevenzio-
ne, di «garanzia» 538
INDICE SOMMARIO XXIII
pag.
6. Il confronto con l’esperienza italiana. Il pensiero di Luigi Mengoni in
merito alla partizione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”. Criti-
ca della dottrina che, costruendo la responsabilità contrattuale in ter-
mini paralleli a quella delittuale per colpa, ravvisa nella contestata par-
tizione un criterio di spostamento dell’onere della prova. Inadempi-
mento e caso fortuito 544
7. Segue. Il tentativo della giurisprudenza italiana di superare la distinzio-
ne tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”. La generalizzazione del
principio di «riferibilità o di vicinanza alla prova» e la sua applicazione
agli obblighi di prestazione e di sicurezza 550
8. Segue. La divaricazione, in tema di responsabilità “contrattuale” del
medico, tra le esperienze francese e italiana. La proposta di distinguere
dall’obbligo di prestazione, “di mezzi”, un’obbligazione di sécurité “di
risultato”, la quale, però, non assume alcuna autonomia rispetto al pri-
mo. L’inversione dell’onere della prova della causalità e l’accollo, al de-
bitore, della causa ignota e inaccertabile. Verso una «responsabilità og-
gettiva» contrattuale 552
9. Segue. Le ulteriori ipotesi di “contrattualizzazione” della responsabilità
civile, in Italia, mediante l’individuazione di obblighi di sicurezza. La
parallela “de-contrattualizzazione” della responsabilità dei gestori di
strutture pubbliche e private per i danni “da caduta” occorsi ai clienti.
La responsabilità “da custodia” della P.A. Il principio di equivalenza tra
le regole della responsabilità oggettiva delittuale del custode (art. 2051
c.c.) e della responsabilità contrattuale del soggetto tenuto all’obbligo
di sicurezza 558
10. Segue. La de-contrattualizzazione della responsabilità da prodotto. Il
problema della distribuzione dell’onere probatorio. L’allineamento tra i
regimi di responsabilità con riferimento alle attività dell’organizzatore e
del venditore di pacchetti turistici 568
11. Rilievi conclusivi. La regola di responsabilità oggettiva contrattuale per
il fatto d’autrui (nel caso consorts Blieck) e la simmetria con il regime di
responsabilità (contrattuale e delittuale) del gardien per il fatto della co-
sa. L’espansione della regola di responsabilità oggettiva contrattuale per
il fatto d’autrui al settore della garde, delle associazioni sportive e dei
groupes de contrats. L’estensione ai preposti, agli ausiliari non preposti
ed ai “sostituti” 574
12. Segue. Il principio di responsabilità oggettiva contrattuale per il fatto
delle cose: lo scarso seguito di questa soluzione e la tendenza a proce-
dere ad una progressiva ri-qualificazione delle obbligazioni di sécurité
“di mezzi” in obbligazioni “di risultato”. Critica della dottrina che in-
tende “unificare” la responsabilità civile attraverso un’eccessiva com-
pressione della responsabilità contrattuale 580
XXIV INDICE SOMMARIO
pag.
13. Segue. Il superamento delle obbligazioni di sécurité-moyens e la ricerca
di nuovi modelli ordinanti. La “colpa contrattuale” come «falso concet-
to» e l’emancipazione della disciplina dell’inadempimento dalla respon-
sabilità delittuale per colpa. Il ruolo ordinante assunto dai principi di
responsabilità oggettiva contrattuale per i fatti d’autrui e delle cose in
custodia. Verso l’uniformazione del sistema di responsabilità civile, da
torto e da contratto: la “fungibilità” tra le regole sulla base dei criteri
d’imputazione diversi dalla colpa 587
CAPITOLO DECIMO
CONTRATTO E TRASFERIMENTO
DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE
1. La nascita del sistema franco-italiano. Il progressivo abbandono del
modello romano ad opera dei glossatori e dei giusnaturalisti. La pratica
della tradition feinte e il conseguente assorbimento del modus adquiren-
di nel titulus. Nantissement e appropriance. La problematica coesistenza
di due regole opposte nel conflitto tra successivi acquirenti 602
2. Segue. La ricezione del modello del consenso traslativo nel Code Napo-
léon e nel cod. it. del 1865. La dinamica tra regola ed eccezione nei di-
ritti di area francese: le vendite condizionali e obbligatorie. Il ruolo del-
la trascrizione e la scoperta della categoria dell’“opponibilità”. La dop-
pia vendita immobiliare: responsabilità delittuale del secondo acquiren-
te e inopponibilità della seconda vendita in Italia e Francia. Scomposi-
zione della proprietà e trust 605
3. Titulus e modus adquirendi nel diritto tedesco. L’efficacia obbligatoria
del contratto causale, l’Auflassung e il ruolo costitutivo della pubblicità.
L’unificazione degli effetti traslativi tra le parti e nei confronti dei terzi.
I limiti al potere di disposizione del venditore: divieto giudiziale di alie-
nare e Vormerkung 613
4. Le analogie con il diritto inglese. La duplice efficacia, obbligatoria e
reale, del contract for sale of land in common law e in equity. L’efficacia
reale della conveyance e la doctrine of merger. Le tutele del venditore ai
fini del pagamento del prezzo. L’inadempimento dell’obbligazione di
dare: doctrine of conversion e constructive trust. Risarcimento del danno
ed esecuzione in forma specifica 618
5. Segue. Gli inconvenienti della investigation of title e l’introduzione di
un modello di registration obbligatoria su base reale. L’incidenza della
pubblicità “costitutiva” sul Law of Property. Il perfezionamento del
mirror principle ad opera del Land Reg. Act 2002 e del Land Reg. Rule
2003. Overriding interests e tutela del principio di pubblica fede nel-
l’electronic conveyancing. Dalla «registration of title» al «title by regi-
stration» 624
INDICE SOMMARIO XXV
pag.
6. Il formalismo del Torrens System. La fase dell’immatricolazione e la cir-
colazione cartolare della proprietà immobiliare. Il ruolo del principio di
astrazione ai fini dell’inoppugnabilità del titolo di proprietà. L’istituto
del caveat e l’eccessiva espansione delle “in personam exceptions”. Le
ragioni del fallimento del Torrens System negli Stati Uniti 631
7. Rilievi conclusivi. Le affinità del diritto tedesco con l’area di common
law in ordine alle modalità di trasferimento della proprietà. Alcune ana-
logie con il sistema franco-italiano. La preferenza per i registri immobi-
liari di tipo reale. Il principio di pubblica fede tutela in maniera più ef-
ficiente il traffico giuridico, proteggendo le posizioni degli acquirenti e
dei terzi che hanno fatto affidamento sull’apparenza delle risultanze
pubblicitarie 634
8. Segue. Teorie del contratto, pubblicità e apparenza nel trasferimento
della proprietà immobiliare. Dalla dottrina dell’affidamento legittimo
alla teoria della legittimazione formale (Rechtsschein). L’allineamento
del modello inglese all’idea tedesca di apparenza, come generale solu-
zione che privilegia l’esteriorizzazione dei fatti e delle vicende. La rea-
lizzazione delle esigenze di celerità e di certezza del traffico giuridico
sulla base dei diversi modelli proposti dalla tradizione 638
CAPITOLO UNDICESIMO
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE
1. I modelli di responsabilità oggettiva e/o assoluta che assicurano la ripa-
razione dei danni alla persona sul fondamento del mero rapporto di
causalità, prescindendo dalla colpa o dal dolo dell’agente. Il collega-
mento con i sistemi di valutazione e di liquidazione 643
2. Segue. La no fault insurance introdotta nel 1971 nel Massachusetts.
L’absolute liability israeliana del 1975. L’«alternativa svedese» del 1976.
L’assurance-véhicule del 1978 in Québec. La loi Badinter del 1985 in
Francia. Il modello neozelandese di social security 646
3. Il raffronto con l’esperienza italiana. La responsabilità da circolazione
di veicoli nell’interpretazione oggettiva della giurisprudenza. Garde ju-
ridique e materielle e soggetti solidalmente responsabili 649
4. Segue. Alcuni modelli di compensation in Italia. Il sistema di assicura-
zione sociale avverso gli infortuni sul lavoro. Le tecniche di “canalizza-
zione” della responsabilità. Le finalità correttive dei fondi di garanzia e
il loro fallimento 653
XXVI INDICE SOMMARIO
pag.
5. I limiti della third party insurance e i vantaggi di un unitario modello
first party di sicurezza e/o di assicurazione sociale: l’estensione dell’area
dei danni risarcibili e l’eliminazione delle disparità di trattamento, ge-
nerate dalle discipline di settore, nella riparazione di identici danni. Il
superamento dello scopo di lucro e la possibile istituzione di un unico
ente assicurativo con funzione di cooperazione a carattere di mutualità 660
6. Segue. I sistemi di social security realizzano un’allocazione più efficiente
dei costi primari e secondari degli incidenti; garantiscono una più ra-
zionale e giusta distribuzione dei rischi; impediscono di opporre le ec-
cezioni derivanti dal contratto di assicurazione; favoriscono il meccani-
smo delle prestazioni periodiche e il reinserimento sociale e professio-
nale della vittima 664
7. Segue. I correttivi da apportare ai modelli di compensation. Il problema
della deterrenza: il ruolo dei premiums, degli strumenti impositivi, delle
azioni di rivalsa e delle sanzioni civili e penali. L’adozione di un sistema
differenziato di liquidazione che coniughi l’uniformità pecuniaria di ba-
se con le esigenze di elasticità e di flessibilità 669
8. Rilievi conclusivi. Spersonalizzazione e moltiplicazione degli statuti di
responsabilità. Crisi della concezione individualistica di tortious liability
e prevalenza del «diritto alla riparazione». L’avvento della strict liability
e della garanzia assicurativa obbligatoria. I rischi dei modelli misti. Ver-
so un unitario sistema di social security che garantisca la più ampia co-
pertura del rischio sulla base del principio di riparazione integrale 673
LA RESPONSABILITÀ CIVILE
AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO.
OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ, SCHUTZPFLICHTEN
ED EFFETTI DI PROTEZIONE
DEL CONTRATTO RISPETTO A TERZI
SOMMARIO: 1. I rapporti tra illecito civile e obbligazione e le mobili frontiere della responsabili-
tà civile. La circolazione dei modelli germanici e francesi e l’emersione, nella nostra giuri-
sprudenza, di significative ipotesi che testimoniano le attuali interferenze tra le due specie
della responsabilità civile. La proposta di un “diritto comune” delle responsabilità che pon-
ga al centro del dibattito i modelli di imputazione e i differenti regimi probatori. – 2. Segue.
La controversa responsabilità da “contatto sociale” e la sua sovrapposizione alla tematica
degli obblighi di protezione. La responsabilità precontrattuale. Un problema terminologico:
doveri, obblighi od obbligazioni di sécurité. – 3. La scoperta, nella Francia del XIX secolo,
dell’obbligazione di sécurité-résultat e il fenomeno del rafforzamento del contenuto obbliga-
torio del contratto. Le ragioni sociali che spingono ad una nuova definizione dei rapporti
tra responsabilità contrattuale e delittuale. Le contrapposizioni dogmatiche della dottrina. –
4. I primi tentativi di utilizzare l’obbligazione di sécurité nel settore della sicurezza sul lavo-
ro e in materia di trasporto e la preferenza per la regola di responsabilità oggettiva delittuale
fondata sul “rischio creato” dal fatto delle cose inanimate. Lo scetticismo della dottrina ver-
so l’idea di un’obbligazione inserita «a viva forza nel contratto». – 5. L’obbligazione di sécu-
rité nelle Corti francesi del XIX secolo. Dall’applicazione della disciplina delittuale per fau-
te prouvée alla progressiva espansione delle regole della responsabilità contrattuale. L’evolu-
zione tripartita della giurisprudenza: verso la fine del “regno incontrastato” della responsa-
bilità delittuale per colpa. – 6. Il revirement della Cassazione del 21 novembre 1911. L’ob-
bligazione di sécurité del vettore di condurre il passeggero «sano e salvo a destinazione».
L’applicazione della norma generale sull’inadempimento (art. 1147 code civ.) e la limitazio-
ne delle cause di esonero al caso fortuito, alla forza maggiore o alla faute della vittima. – 7. Il
leading case del 21 aprile 1913. L’estensione dell’obbligazione di sécurité al trasporto ferro-
viario, anche in assenza di un contratto: la stipulation pour autrui tacite dell’Amministra-
zione postale «nell’interesse» dei suoi agenti. L’introduzione di un regime di responsabilità
oggettiva contrattuale e le similitudini con la disciplina della responsabilità delittuale del cu-
stode per il fatto della cosa (art. 1384, comma 1). – 8. Segue. La ricezione dell’obbligazione
di sécurité nella legge belga del 25 agosto 1891, nella legge lussemburghese dell’8 febbraio
1908, nell’art. 688, comma 2, del codice libanese e nella giurisprudenza italiana. La progres-
siva espansione delle obbligazioni di sécurité all’intero settore del trasporto di persone, ai
contratti considerati “analoghi” e a fattispecie del tutto distinte. – 9. La responsabilità ex-
2 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
tracontrattuale nel diritto tedesco e le differenze con i modelli francese e italiano: la tipizza-
zione del sistema e l’irrisarcibilità dei “danni puramente economici”. La trasposizione in
ambito contrattuale (§ 278 BGB) della responsabilità per il fatto altrui (ex § 831 BGB) e
l’allineamento alle esperienze francese e italiana nella conformazione di una regola di re-
sponsabilità oggettiva, che ora è contrattuale (§ 278 BGB), ora è delittuale (artt. 1384 Code
civ.; 2049 c.c.). – 10. Le “lacune” del BGB in tema di turbative dell’adempimento: l’impos-
sibilità (Unmöglichkeit der Leistung), il ritardo (Verzug) e il problema dell’adempimento
puntuale ma difettoso (c.d. schlechte Erfüllung). La “scoperta” delle violazioni positive del
contratto e la sua influenza sul pensiero giuridico del XX secolo. – 11. Il successo della teo-
ria pVV nella giurisprudenza del RG e del BGH nelle ipotesi di rifiuto di adempimento, di
messa in pericolo dello scopo del contratto e di “risoluzione”. I contributi di H. Staub e di
He. Stoll: l’ampliamento della struttura del rapporto obbligatorio che, oltre alla prestazione
(Hauptpflicht), comprende una serie di obblighi integrativi (Nebenpflichten), i quali parteci-
pano a completare lo scopo positivo dell’obbligazione, a tutela della salute e della proprietà
delle parti e di terzi. – 12. L’affermarsi della teoria degli obblighi di protezione (Schutz-
pflichten) a tutela di interessi “altri” delle parti e di terzi. La primordiale applicazione della
disciplina del contratto a favore di terzi e lo sporadico ricorso alla Drittschadensliquidation.
La giurisprudenza tedesca in tema di contratto di trasporto. – 13. Segue. L’orientamento del
Reichsgericht in tema di locazione e di contratto d’opera: dal c.d. Tuberkulosefall al c.d.
Gasuhrfall. La “volontà ipotetica delle parti” derivante dallo “scopo del contratto” (§ 328,
comma 2, BGB). Le critiche all’applicazione del Vertrag zugunsten Dritter. – 14. I contributi
di K. Larenz e di J. Gernhuber. Il conseguente orientamento giurisprudenziale che, nel di-
stinguere gli obblighi di protezione da quelli di prestazione, riconosce l’autonoma esistenza
dei primi anche nei confronti di terzi. Il superamento, nel c.d. Capuzolfall, dello schema del
contratto a favore di terzi. – 15. L’ulteriore svolta della giurisprudenza tedesca: la compren-
sione, nella sfera di protezione del contratto, dei danni meramente economici subiti da ter-
zi. Le critiche al c.d. Testamentfall. L’espansione dell’efficacia protettiva nei casi di culpa in
contrahendo e di contratti nulli. La costruzione di un unitario rapporto obbligatorio di pro-
tezione che trova il suo fondamento legale nella buona fede, sulla base di un «affidamento
socialmente rilevante». – 16. Segue. La successiva “evoluzione” del BGH che, al fine di ri-
sarcire danni meramente economici, estende la sfera protettiva del contratto a “terzi” porta-
tori di interessi divergenti e/o contrapposti rispetto a quelli del creditore. Le “pietre dello
scandalo”: Lastschriftverfahren-Fall, Konsulfall e Dachbodenfall. Le critiche della dottrina: la
sostanziale disomogeneità nei riguardi del modello tradizionale di Schutzwirkung für Dritte. –
17. Il Gesetz zur Modernisierung des Schuldrechts: la riforma della disciplina delle “perturba-
tive dell’adempimento” e la “positivizzazione” di una clausola generale di responsabilità
contrattuale (§ 280 BGB). La ricezione degli obblighi di protezione (§ 241, comma 2, BGB)
e l’equiparazione tra Leistungsebene e Schutzebene. La disciplina della culpa in contrahendo
(§ 311 BGB) quale rimedio alle ipotesi più contestate di Vertrag mit Schutzwirkung für Drit-
te. – 18. Rilievi conclusivi. Le affinità strutturali e funzionali tra obbligazioni di sécurité e
obblighi di protezione. La Schuldrechtsmodernisierung quale conferma dell’evoluzione co-
mune che caratterizza la scienza giuridica euro-continentale in materia di responsabilità
contrattuale. Le divergenze tra le esperienze francese e tedesca in merito agli effetti (protet-
tivi) del contratto riguardo a terzi. L’abbandono del modello di responsabilità contrattuale
in materia di danno da prodotti. – 19. Segue. L’osservanza, in Francia, del principio de l’effet
relatif des contrats secondo il consueto modello regola-eccezione. La nozione di “opponibi-
lità” degli effetti del contratto nei riguardi di terzi quale fondamento della responsabilità de-
littuale da inadempimento. La teoria dei groupes de contrats come “eccezione” al principio di
relatività. Verso un allineamento tra le esperienze francese e tedesca: dall’efficacia esterna
del rapporto di protezione, alla sua consolidazione “all’interno” del rapporto obbligatorio.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 3
1
1. La scienza giuridica italiana ha iniziato a interrogarsi, da qualche tem-
po, sui rapporti tra illecito civile e obbligazione e, più in generale, sulle mobi-
2 3 4 5
li e nobili frontiere delle responsabilità contrattuale e delittuale . La circo-
lazione, talvolta controversa, dei modelli germanici della prima metà del ’900,
ispirati all’idea dei rapporti contrattuali di fatto (faktischen Vertragsverhält-
6
nis) e, soprattutto, alla teoria degli obblighi di protezione (ed alla sua appli-
1
Il dibattito, introdotto, in Italia, da C. CASTRONOVO, L’obbligazione senza prestazione ai confini
tra contratto e torto, in Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni, I, Milano, 1995, p. 191
ss., è oggi più che mai vivace: v., in particolare, oltre agli A. cit. infra, i contributi di S. MAZZAMUTO,
Il danno non patrimoniale contrattuale, in Europa e dir. priv., 2012, p. 437 ss.; L. NIVARRA, La contrat-
tualizzazione del danno non patrimoniale: un’incompiuta, ivi, 2012, p. 475 ss.; ID., Alcune precisazione
in tema di responsabilità contrattuale, ivi, 2014, p. 45 ss.; F. VENOSTA, Profili della disciplina dei dove-
ri di protezione, in Riv. dir. civ., 2011, I, p. 839 ss.; ID., Prestazioni non dovute, “contatto sociale” e do-
veri di protezione “autonomi”, in Europa e dir. priv., 2014, p. 109 ss.
2
Per tutti, F. GALGANO, Le mobili frontiere del danno ingiusto, in Contr. e impr., 1985, p. 1 ss.
Rileva, in proposito, che «Mettere l’accento sulla natura extracontrattuale della responsabilità implica
che vi sia chiarezza sull’area confinante, che è quella della responsabilità contrattuale», V. ZENO
ZENCOVICH, La responsabilità civile, in G. ALPA, M.J. BONELL, D. CORAPI, L. MOCCIA, V. ZENO
ZENCOVICH, A. ZOPPINI, Diritto privato comparato. Istituti e problemi, Roma-Bari, 2005, p. 271.
3
C. CASTRONOVO, Le frontiere nobili della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1989, p. 539 ss.
4
Aspetto, questo, evocato in molteplici contesti: ad es., F.D. BUSNELLI, Nuove frontiere della re-
sponsabilità civile, in Jus, 1976, p. 62 ss.; S. RODOTÀ, Le nuove frontiere della responsabilità civile, in
Responsabilità civile e assicurazione obbligatoria, Milano, 1988, p. 22 ss.; M. LIBERTINI, Le nuove
frontiere del danno risarcibile, in Contr. e impr., 1987, p. 85 ss.; G. PONZANELLI, La responsabilità
civile. Profili di diritto comparato, Bologna, 1992, p. 16 ss.
5
Discorre di un «labile confine tra contratto e quasi-delitto», P.G. MONATERI, Cumulo di respon-
sabilità contrattuale e extracontrattuale (Analisi comparata di un problema), Padova, 1989, p. 79. Oltre
agli studi citati infra, cfr. il pensiero, sempre attuale, di R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità con-
trattuale ed extracontrattuale, in Noviss. dig. it., XV, Torino, 1968, p. 670 ss.; al quale adde F.D. BU-
SNELLI, Verso un possibile riavvicinamento tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrat-
tuale, in Resp. civ. prev., 1977, p. 748 ss.; G. SBISÀ, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: realtà
contrapposte o convergenza di presupposti e di scopi, ivi, 1977, p. 723 ss.; G. VISINTINI, voce Respon-
sabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, p. 1 ss. Con riferimento a
singole problematiche, v. i contributi di G. ALPA, F. BONELLI, L. CABELLA PISU, G. CATTANEO, P.
CENDON, C. EBENE COBELLI, G. FERRARINI, B. INZITARI, U. MAJELLO, U. MORELLO, P. RESCI-
GNO, E. ROPPO, C. ROSSELLO, R. SACCO, P. TRIMARCHI, G. VISINTINI, V. ZENO ZENCOVICH, in
Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, a cura di G. Visintini, Milano, 1984, passim.
6
A unanime giudizio, è considerato l’ideatore di questa teoria, G. HAUPT, Über faktische Vertrags-
verhältnisse, in Festschrift der Leipziger Juristenfakultät für Heinrich Siber, II, Leipzig, 1943, pp. 1-37
(da qui le ulteriori citazioni), opera oggi tradotta in italiano a cura di G. Varanese, Sui rapporti con-
trattuali di fatto, Torino, 2012. Un’attenta ricostruzione storica delle varie teorie che hanno fatto rife-
rimento ai faktische Vertragsverhältnisse è in P. LAMBRECHT, Die Lehre vom faktischen Vertrags-
verhältnis. Entstehung, Rezeption und Niedergang, Tübingen, 1994, p. 46 ss.; v., altresì, C. SYZ, Fak-
tischen Vertragsverhältnis, Zürich, 1991, p. 20 ss. Rileva, tuttavia, come tale dottrina abbia avuto uno
sviluppo controverso in Germania, essendo stata spesso criticata e presto abbandonata, A. SOMMA,
Autonomia privata e struttura del consenso, Milano, 2000, p. 372. Ma, in Italia, questa dottrina ha ri-
cevuto particolare attenzione: oltre a L. RICCA, Sui cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, Milano,
1965, p. 1 ss., cfr. C.A. FUNAIOLI, I rapporti di fatto in materia contrattuale, in Annali Univ. Ferrara,
1952, I, p. 103 ss.; E. BETTI, Sui cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, in Jus, 1957, p. 353 ss.; N. LI-
PARI, Rapporti di cortesia, rapporti di fatto, rapporti di fiducia, in Studi in onore di Gioacchino Scaduto
4 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
7
cazione al contratto con effetti di protezione per terzi) , ha indotto a parlare,
sempre più frequentemente, di un fenomeno di “contrattualizzazione” della
8
responsabilità aquiliana o, quanto meno, dei danni alla persona e al patrimo-
9
nio . Espressione, questa, tuttavia contestata, là dove celerebbe l’intento di
contrassegnare come non autentico l’effetto conseguito attraverso il ricorso
10
all’estensione del concetto di obbligazione o, comunque, di ribadire la pri-
11
mazia della disciplina della responsabilità delittuale nella tutela della sfera
giuridica della persona.
Questa locuzione, però, più che ipotizzare una prospettiva aquiliano-cen-
trica che indurrebbe a ravvisare nella responsabilità delittuale pur sempre il
12
genere, e nella responsabilità contrattuale soltanto la specie , e che si propor-
13
rebbe di escludere da quest’ultima ogni peggioramento dello statu quo della
persona e del suo patrimonio che non sia determinato dalla violazione dell’aspet-
14
tativa contrattuale , sembra definire con efficacia un fenomeno storicamente
determinato, e, cioè, il recente espandersi, anche in Italia, sulla scia di influen-
ze sorte in altre esperienze europee, sia dell’idea (e della nozione) di obbliga-
(Spunti per una teoria del rapporto giuridico), II, Padova, 1970, pp. 37 ss., 46 ss.; G. STELLA RICHTER,
Contributo allo studio dei rapporti di fatto nel diritto privato, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1977, p. 151
ss.; V. FRANCESCHELLI, Premesse generali per uno studio dei rapporti di fatto, in Rass. dir. civ., 1981,
p. 662 ss.; ID., I rapporti di fatto. Ricostruzione della fattispecie e teoria generale, Milano, 1984, passim;
C. ANGELICI, voce Rapporti contrattuali di fatto, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, p. 1 ss.; L. STAN-
GHELLINI, Contributo allo studio dei rapporti di fatto, Milano, 1997, passim.
7
In proposito, aderendo alla precisazione terminologica espressa da C. CASTRONOVO, La nuova
responsabilità civile, III ed., Milano, 2006, p. 543, in nota 207 (da qui le ulteriori citazioni; edizioni
precedenti saranno citate sempre per esteso), si adotterà l’espressione contratto con obblighi di pro-
tezione (o con effetti di protezione) per terzi, piuttosto di quella, più diffusa, di contratto con effetti
di protezione per i terzi (con l’eliminazione, quindi, dell’articolo “i”), al fine di evitare «che se ne pos-
sa inferire una tutela generalizzata dei terzi mediante il contratto».
8
In questi termini, tra i tanti, A. DI MAJO, La responsabilità contrattuale, Torino, 2002, p. 22.
9
Ancor prima della svolta giurisprudenziale del ’99, cfr. U. BRECCIA, Le obbligazioni, in Tratt. di
dir. priv., Iudica e Zatti, Milano, 1991, p. 673 ss.; F. GIARDINA, Responsabilità contrattuale e respon-
sabilità extracontrattuale, Milano, 1993, p. 130 ss.
10
Così, testualmente, L. LAMBO, Obblighi di protezione, Padova, 2007, p. 5 s.
11
Che, come rileva opportunamente G. PONZANELLI, Responsabilità civile e mercato finanziario,
in Danno e resp., 2002, p. 98, può tradursi in una sorta di “imperialismo”. Discorre di una “crisi” del-
la tradizionale partizione, auspicando il suo superamento, F.D. BUSNELLI, Itinerari europei nella «ter-
ra di nessuno tra contratto e fatto illecito»: la responsabilità da informazioni inesatte, in Contr. e impr.,
1991, p. 539 ss. Ribadiscono, invece, l’utilità della partizione tradizionale, C. SALVI, La responsabilità
civile, Milano, 2005, p. 13 ss.; L. CORSARO, Tutela del danneggiato e responsabilità civile, Milano,
2003, p. 5 ss.
12
In argomento, F.D. BUSNELLI, op. loc. cit.
13
Si preferirà questa locuzione, rispetto a quella assai più usata, di “status quo”, in quanto abbre-
viazione dell’espressione latina «in statu quo ante (o prius) o nunc» (così, da ultimi, G. DEVOTO, G.C.
OLI, Il dizionario della lingua italiana, Firenze, 1995, p. 1932, «statu quo»).
14
Sulla scia di S. RODOTÀ, Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 1969, pp. 159 ss., 203 ss.,
rileva che «il mero peggioramento dello status quo» rappresenta una «tipica situazione delittuale»,
P.G. MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. dir. civ. diretto da R. Sacco, 3, Torino, 1998, p. 686
(e già, ID., Cumulo, cit., p. 15 ss. e passim).
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 5
zione, sia dei confini della responsabilità contrattuale, la quale tende oggi a in-
globare settori che, in precedenza, erano disciplinati sulla base delle regole
dell’illecito aquiliano. I beni della vita, dell’integrità psico-fisica della persona
e della proprietà, un tempo tutelati primariamente, se non esclusivamente, sul
piano della responsabilità delittuale, vengono attratti al diritto dei contratti
allorché l’esigenza di proteggerli sorge “a causa” e/o “in occasione” del rap-
15
porto obbligatorio . Ma tale questione ha riguardato anche i danni “mera-
mente economici”, i quali, in presenza di sistemi di responsabilità delittuale
legalmente tipizzati, hanno potuto ottenere riparazione soltanto sulla base del-
la (estensione dei confini della) responsabilità contrattuale.
Se la mera violazione dell’aspettativa contrattuale è situazione considerata
come contrattuale, e se il solo peggioramento dello statu quo evoca una tipica
situazione delittuale, la lesione dello statu quo mediante la violazione del-
16
l’aspettativa contrattuale non «è riconosciuta come situazione autonoma» ,
ma riguarda un’area d’incrocio e di interferenza tra le due specie della respon-
sabilità civile che può dar luogo, sulla base delle caratteristiche strutturali, si-
stematiche e storico-culturali dei diversi diritti, all’espansione dell’una o del-
l’altra. Il reiterato e, per certi versi, contestato riferimento alla categoria dei
17
rapporti contrattuali di fatto , già approfonditi dalla dottrina tedesca anche in
18
tema di Schutzpflichten , talora coniugato ad un indistinto e non sempre uni-
voco richiamo alle categorie del rapporto obbligatorio senza obbligo primario
19
di prestazione e, infine, agli obblighi di protezione, ha spinto la nostra giuri-
sprudenza ad introdurre, in svariati settori del diritto civile, ma anche di quel-
lo amministrativo, la figura della responsabilità da contatto sociale (o da con-
20
tatto amministrativo) qualificato che è stata equiparata alla responsabilità
15
L. LAMBO, op. cit., p. 41. Questa tendenza è stata autorevolmente contrastata, in Italia, da chi
ha rilevato che la pretesa esistenza di un dovere generale di protezione ex art. 1175 c.c. rischierebbe
di tradursi in un’inutile duplicazione di quanto già disposto dall’art. 2043 c.c., risolvendosi «unica-
mente in un aggravamento della posizione processuale dell’autore del danno, non giustificabile se-
condo il nostro sistema» (S. RODOTÀ, op. cit., pp. 159 ss., 203 ss.).
16
Testualmente, P.G. MONATERI, Cumulo, cit., p. 17 s.
17
Nell’ambito dell’esperienza italiana v., ad es., lo studio di S. FAILLACE, La responsabilità da con-
tatto sociale, Padova, 2004, p. 33 ss. e passim.
18
Sul punto, il pensiero di H. DÖLLE, Außergesetzliche Schutzpflichten, in ZStW, 103, 1943, pp.
67-102.
19
In proposito si è rilevato che, «assumendosi in maniera un po’ corrosiva la figura dell’obbliga-
zione senza prestazione, la si è immiserita a mera dicitura di una responsabilità da contatto sociale,
come è accaduto in particolare in materia di responsabilità della pubblica amministrazione» (C. CA-
STRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 552; conf. A. THIENE, La Cassazione ammette la
configurabilità di un rapporto obbligatorio senza obbligo primario di prestazione, in Nuova giur. civ.
comm., 2000, I, p. 348). Per M. MAGGIOLO, Il risarcimento della pura perdita patrimoniale, Milano,
2003, pp. 142 ss., 154 ss., però, sulla base del contenuto dell’obbligo violato, non sarebbe possibile
delineare una distinzione tra il rapporto obbligatorio completo (munito anche della prestazione) e
quello formato dal solo obbligo di protezione.
20
Per tutti, cfr. V. MOLASCHI, Responsabilità extracontrattuale, responsabilità precontrattuale e re-
sponsabilità da contatto: la disgregazione dei modelli di responsabilità della pubblica amministrazione,
6 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
in Foro it., 2002, III, c. 4 ss. Tende a identificare, anche in tale materia, l’obbligazione senza presta-
zione con i rapporti contrattuali di fatto, S. MORELLI, La responsabilità per atti illegittimi della pub-
blica amministrazione secondo il giudice amministrativo: aquiliana, precontrattuale o contrattuale da
contatto sociale, in Giust. civ., 2002, I, p. 2685.
21
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., pp. 488 e 487. Una diffusa critica alla responsabilità da contatto è
svolta da M. BARCELLONA, Trattato della responsabilità civile, Torino, 2011, p. 77 ss.
22
La decisione (Cass., III Sez. civ., 22 gennaio 1999, n. 589) è stata pubblicata con il corredo di
innumerevoli commenti: tra i tanti, in Corriere giur., 1999, p. 446 ss., con nota di A. DI MAJO, L’ob-
bligazione senza prestazione approda in Cassazione; in Danno e resp., 1999, p. 294 ss., con il commento
di V. CARBONE, La responsabilità del medico ospedaliero come responsabilità da contatto, e di R. DE
MATTEIS, La responsabilità medica tra scientia iuris e regole di formazione giurisprudenziale (ivi, p.
777 ss.). Sulla recente riforma che, in Germania, ha riguardato la responsabilità dei sanitari e il con-
tratto di trattamento medico, cfr. J.F. STAGL, La «Legge sul miglioramento dei diritti del paziente» in
Germania, in Nuove leggi civ. comm., 2014, II, p. 35 ss.; R. FAVALE, Il contratto di trattamento medico.
Una prima lettura, ivi, 2014, p. 693 ss.
23
Questi rilievi critici sono mossi da L. LAMBO, op. cit., p. 355.
24
Cass., Sez. III, 22 novembre 1993, n. 11503, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 557 s.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 7
siva, anche con riferimento alle condotte omissive dei sanitari. Ma se, in un
25 26
primo tempo, la Cassazione , seguendo la tesi anti-perruchista , considererà
terzo protetto dal contratto il solo coniuge della donna (il quale, pertanto, è
anch’egli legittimato a chiedere il risarcimento dei danni patrimoniali e non
patrimoniali conseguenti alla nascita di un figlio “non voluto” che è affetto da
27
gravi patologie) , escludendo che l’errore o l’omissione delle informazioni do-
verose possano giustificare il risarcimento del danno psico-fisico con cui il
bambino nasce. Più di recente, con una decisione che era sembrata prodromi-
28
ca ad un overruling , la Suprema Corte, nell’affermare la sussistenza del nesso
di causalità tra la condotta omissiva dei medici (che avevano mancato
d’informare la donna sugli effetti potenzialmente teratogeni di una cura avver-
so la sterilità) e le malformazioni subite dal nascituro, ha qualificato il rappor-
to che la paziente pone in essere con la struttura sanitaria (e con il medico),
come un contratto che, oltre ad avere effetti tra le parti, produce effetti c.d.
protettivi nei confronti sia del coniuge, sia dello stesso figlio nato andicappato,
29
che è considerato il «destinatario “finale” del negozio» . Come si era previsto
ed auspicato, poi, il revirement in materia è realmente intervenuto: nel caso di
omessa diagnosi di malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata,
la Cassazione ha riconosciuto al minore il diritto di chiedere iure proprio il ri-
30
sarcimento del danno da «nascita malformata» .
Nella stessa linea di “contrattualizzazione” della responsabilità civile v’è da
ricordare anche l’orientamento in materia di responsabilità della Pubblica
31
Amministrazione da contatto sociale per attività procedimentale , conseguen-
te alla lesione di interessi legittimi, non soltanto oppositivi, ma anche pretensi-
32
vi . A seguito della innovazione delle relazioni tra P.A. e cittadino introdotta
25
Cass., Sez. III, 29 luglio 2004, n. 14488, in Danno e resp., 2005, p. 379 ss., con nota critica di M.
FEOLA, Essere o non essere: la Corte di Cassazione e il danno prenatale. L’orientamento è stato ricon-
fermato, ma senza espliciti riferimenti al contratto con effetti protettivi per terzi, da Cass., Sez. III, 14
luglio 2006, n. 16123, in Corriere giur., 2006, p. 1691 ss.
26
Per la quale, sia consentito rinviare a M. FEOLA, Violazione degli obblighi d’informazione e re-
sponsabilità del medico per il danno prenatale, in Riv. crit. dir. priv., 2004, p. 600 ss.
27
In questi termini, anche Cass., Sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, in Danno e resp., 2010, spec. p.
699 s. (con nota parzialmente critica di M. FEOLA, La Cassazione e il diritto del minore «a nascere sa-
no»).
28
Per questa interpretazione, M. FEOLA, op. ult. cit., p. 706 s.; EAD., Le responsabilità del medico
e della struttura sanitaria per il danno prenatale causato dall’inadempimento delle obbligazioni d’infor-
mazione (il «diritto a nascere sano»), in Dir. e giur., 2010, p. 100 ss.
29
Cass., Sez. III, 11 maggio 2009, n. 10741, in Dir. e giur., 2010, spec. p. 108.
30
Cass., III Sez. civ., 2 ottobre 2012, n. 16754, in Nuova giur. civ. comm., 2013, I, p. 195.
31
Afferma, ad es., che la responsabilità della pubblica amministrazione, nell’ambito dell’attività
procedimentale, «non si esaurisce nella responsabilità aquiliana, ma si estende alla cosiddetta respon-
sabilità da “contatto sociale”, con ciò intendendo una figura [...] caratterizzata dal fatto che la fatti-
specie può essere sottoposta alle regole proprie dell’obbligazione contrattuale, pur se il fatto genera-
tore non è il contratto», Cons. Stato, 2 settembre 2005, n. 4461, in Foro it., 2006, I, c. 457.
32
In presenza di una giurisprudenza che ammetteva il risarcimento dei danni con riferimento ai
soli interessi legittimi oppositivi (nei quali si ravvisavano diritti soggettivi “affievoliti” i quali, a segui-
2.
8 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
PARZIALE, La responsabilità dell’insegnante per danno autocagionato dall’allievo tra “contatto sociale” e
causa ignota.
38
Cass., Sez. III, 3 dicembre 2009, n. 25396, in Danno e resp., 2010, p. 726, con nota di I. NAPO-
LITANO, Il morso della scimmia e la responsabilità del tour operator.
39
Cass., Sez. III, 3 dicembre 2009, n. 25396, cit., p. 726.
40
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Danno e resp.,
2009, p. 19 ss., con nota di A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno non patrimoniale secondo le
Sezioni Unite. Un “de profundis” per il danno esistenziale.
41
Sul punto, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto (Dall’ermeneutica “bipolare” al-
la teoria generale e monocentrica della responsabilità civile), Parte I, in Riv. crit. dir. priv., 2003, p. 13
s. Ma v., altresì, i rilievi critici mossi da L. NIVARRA, La contrattualizzazione, cit., p. 475 ss.; ID., Alcu-
ne precisazioni, cit., p. 45 ss.
42
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29.
43
«Sicché il risarcimento era condizionato alla qualificazione del fatto illecito come reato ed era
comunque ristretto al solo danno morale soggettivo» (Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn.
26972, 26973, 26974 e 26975, cit., pp. 29 e 30).
44
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
10 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
gnosi di malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata», nei quali «si
estendono gli effetti protettivi del contratto» a «soggetti terzi», alle lesioni «del
diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost., comma 1) e «del diritto inviolabile
all’autodeterminazione (art. 32 Cost., comma 2, e art. 13 Cost.)», ai pregiudizi
«alla professionalità da dequalificazione, che si risolvano nella compromissio-
51
ne delle aspettative di sviluppo della personalità del lavoratore» e, più in ge-
nerale, ad ogni altro obbligo di protezione che l’imprenditore è tenuto ad
adottare nell’esercizio dell’impresa a tutela dell’integrità fisica e della persona-
lità morale dei prestatori di lavoro (art. 2087 c.c.), la Cassazione cita esplici-
tamente il «contratto di protezione» che «intercorre tra l’allievo e l’istituto
52
scolastico» , nonché «le obbligazioni del vettore, che risponde dei sinistri che
53
colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio (art. 1681 c.c.)» .
Un’ulteriore, significativa parte della decisione riguarda l’interpretazione,
54
«costituzionalmente orientat[a]», delle «norme dettate in materia» di respon-
sabilità contrattuale. Così, gli artt. 1218 c.c., 1223 c.c., 1225 c.c. e 1229, com-
ma 2, non possono più essere riferiti «al solo danno patrimoniale», ma devono
ritenersi comprensivi «del danno non patrimoniale, qualora l’inadempimento
55
abbia determinato lesione di diritti inviolabili della persona» . Malgrado il con-
56
testato riferimento alla nozione di diritto inviolabile, che sembrerebbe in-
debitamente trasferire l’“ingiustizia” del danno anche in tema di responsabili-
tà contrattuale, questa sentenza si è fatta apprezzare proprio per aver riportato
«nell’alveo dell’inadempimento contrattuale obblighi preesistenti (di protezio-
ne, appunto), benché non sorretti da una prestazione, in modo da non lasciare
mai privo di tutela l’interesse del terzo di rango costituzionale leso dalla viola-
57
zione dell’obbligo da parte del debitore» .
Obblighi di sicurezza (o di protezione) sono stati individuati anche nel di-
ritto privato patrimoniale, sulla scia di quella dottrina che ha studiato le re-
sponsabilità “da prospetto” e, più in generale, da “informazione professiona-
58
le” , anche con riferimento al settore dell’intermediazione mobiliare. Ma, in
51
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
52
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
53
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
54
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
55
Le espressioni tra virgolette sono tratte da Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972,
26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
56
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Chiaroscuri d’autunno. Il danno non patrimoniale e le
Sezioni Unite, in Il danno non patrimoniale. Guida commentata alle decisioni delle S.U. 11 novembre
2008, nn. 26972/3/4/5, a cura di G. Ponzanelli, M. Bona, Milano, 2009, p. 355 s.
57
C. AMATO, Nozione unitaria di danno non patrimoniale e autonomia negoziale, in Il danno non
patrimoniale, cit., p. 23.
58
Nell’esperienza tedesca basti citare, per tutti, K. LARENZ, Lehrbuch des Schuldrechts, II, 1, XIII
ed., München, 1986, p. 424 ss. Propende per la natura extracontrattuale della responsabilità da ine-
satte informazioni, F.D. BUSNELLI, Itinerari europei, cit., pp. 539 ss., 569. Ma, in Italia, una respon-
sabilità per violazione degli obblighi che discendono direttamente dal proprio status professionale è
stata sostenuta da C. SCOGNAMIGLIO, Sulla responsabilità dell’impresa bancaria per violazione di ob-
12 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
blighi discendenti dal proprio status, in Giur. it., 1995, p. 363 ss.; ID., Ancora sulla responsabilità della
banca per violazione di obblighi discendenti dal proprio status, in Banca, borsa e tit. cred., 1997, II, p. 658
ss.; criticamente, M. BARCELLONA, Strutture della responsabilità e «ingiustizia» del danno, in Europa e
dir. priv., 2000, p. 483 ss.
59
Cass., Sez. I, 11 giugno 2010, n. 14056, in Danno e resp., 2011, p. 621, con nota di G. AFFERNI,
Responsabilità da prospetto: natura, danno risarcibile e nesso di causalità.
60
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, in Corriere giur., 2007, spec. p. 1709, con il commen-
to di A. DI MAJO, Contratto e torto: la responsabilità per il pagamento di assegni non trasferibili.
61
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, cit., p. 1708.
62
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, cit., p. 1708.
63
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, cit., p. 1709.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 13
64
un contratto con effetti protettivi per terzi . Così la Cassazione si è rivolta
all’art. 2043 c.c. per cassare la sentenza dei giudici d’appello che aveva rigetta-
to la domanda di risarcimento dei danni avverso il gestore di una piscina per i
danni patiti da una minore che si era tuffata impattando il fondale della stes-
65
sa . Così ha applicato una norma di responsabilità oggettiva extracontrattuale
(l’art. 2052 c.c.) per sancire la responsabilità del gestore di un maneggio per i
danni subiti da un cliente che, dopo aver noleggiato un cavallo, nel corso di
una passeggiata organizzata, si era gettato in terra prima che la cavalcatura,
66
spaventata dalla presenza di un cane sul percorso, partisse al galoppo . Così
ha applicato innumerevoli volte l’art. 2051 c.c., ovvero una norma di respon-
67
sabilità oggettiva extracontrattuale per i danni cagionati dalle cose in custo-
dia, ora per affermare la responsabilità della società che gestiva un’autostrada
(a pagamento) per il decesso di un conducente di un veicolo che, uscito di
strada per cause non accertate, era caduto in un raccoglitore dell’acqua piova-
68
na , ora per sancire la responsabilità dei gestori di strutture alberghiere per i
danni occorsi a clienti che erano inciampati nel percorrere una scala di mar-
69
mo , che erano scivolati nella sala da pranzo a causa della presenza sul pavi-
70
mento di residui di cibo , che erano caduti in una vasca da bagno predisposta
ad essere impiegata anche come doccia, ma senza essere dotata degli “indi-
71
spensabili” presidi antiscivolo e di sostegno . Il custode-albergatore è stato
altresì considerato responsabile in via delittuale sempre ai sensi dell’art. 2051
c.c., unitamente alla responsabilità contrattuale dell’istituto scolastico ed a
72
quella, da contatto sociale, dell’insegnante , per il danno biologico subito da
una studentessa sedicenne che, durante una gita scolastica, era caduta al suolo
dopo aver scavalcato il parapetto del proprio balcone ed aver avuto accesso al
64
Si pensi, ad es., al celebre Gemüseblattfall, deciso dal BGH il 28 gennaio 1976, in NJW, 1976,
p. 712, anche in JZ, 1976, p. 776, con nota critica di K.F. KREUZER, nel quale si risarcisce il danno
subito da una bambina che scivola su una foglia di insalata mentre accompagnava la madre all’interno
di un supermercato.
65
Cass., Sez. III, 2 marzo 2011, n. 5086, in Giust. civ., 2011, I, p. 1715 ss.
66
Cass., Sez. III, 21 gennaio 2010, n. 979, in Danno e resp., 2010, p. 913 s., commentata da P.
SANTORO, “Mala bestia è questa mia”: sulla responsabilità oggettiva del titolare di un maneggio.
67
Afferma, infatti, che la responsabilità del custode disciplinata dall’art. 2051 c.c. costituisce
un’ipotesi di responsabilità oggettiva e non di colpa presunta, in quanto il danneggiato, per ottenere
il risarcimento da parte del custode, deve dimostrare l’esistenza del danno e la sua derivazione causa-
le dalla cosa, rilevando, ai fini dell’esonero dalla responsabilità, non la diligenza nella custodia, ma sol-
tanto che il danno è derivato dal caso fortuito o dalla condotta del danneggiato, Cass., Sez. III, 19
gennaio 2010, n. 713, in Danno e resp., 2010, p. 921 ss.
68
Cass., Sez. III, 2 febbraio 2010, n. 2360, in Danno e resp., 2010, p. 555 ss., con nota di P. PAR-
DOLESI, Sul “dinamismo” connaturato alla cosa nella responsabilità da custodia.
69
Cass., Sez. III, 9 novembre 2005, n. 21684, in Foro it., 2006, c. 1807 ss.
70
Cass., Sez. III, 4 agosto 2005, n. 16373, in Resp. civ. prev., 2006, p. 720, con nota di D. CALCA-
TERRA.
71
Cass., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24739, in Danno e resp., 2008, p. 782, con il commento di
D. BOSCHI, Alcune considerazioni circa l’applicazione dell’art. 2051 c.c. al c.d. danno da caduta.
72
Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9346, cit., c. 2635 ss.
14 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
73
lastrico solare . Ma la nostra giurisprudenza, pur applicando una norma da
lei stessa definita di responsabilità oggettiva delittuale (l’art. 2051 c.c. risulta
senz’altro più favorevole per la vittima rispetto ad un’obbligazione di sécurité
che, se qualificata “di diligenza”, farebbe gravare la prova della negligenza sul
creditore-danneggiato), talvolta tende a ridimensionare in senso soggettivo
l’interpretazione di questo testo, richiedendo come necessaria l’intrinseca “pe-
ricolosità” della cosa ovvero il suo dinamismo connaturato o, quanto meno,
74
“derivato” .
Orientamento, questo, confermato anche in tema di danni “da custodia”
75
della Pubblica Amministrazione . Malgrado la Cassazione declami la natura
oggettiva di questa responsabilità, la valutazione comparativa della diligenza
76
tenuta dal custode e dalla vittima , unitamente ad altri fattori (caratteristiche
specifiche del bene, “effettività” della relazione tra custode e cosa, incidenza
77
di elementi causali “esterni” rispetto al bene e alla condotta del terzo , affi-
damento riposto nella “sicurezza” della cosa, «elementi particolari di lesivi-
78
tà» posseduti dalla cosa), rappresentano dati che, nel caso concreto, limitano
la responsabilità del custode, secondo una prospettiva che pare difficilmente
compatibile con un’interpretazione rigorosa del testo.
In altri casi è lo stesso legislatore che è intervenuto per determinare un
regime di responsabilità che, espressione di un principio di “fungibilità” tra
le soluzioni, rappresenta una “contaminazione” tra il modello contrattuale e
quello delittuale. Un esempio emblematico è fornito dallo stesso codice civi-
le, che adotta il medesimo criterio di imputazione in una regola ora di re-
sponsabilità delittuale (art. 2050 c.c.), ora di responsabilità contrattuale (art.
1681, comma 1), là dove limita l’esonero dalla responsabilità del vettore e
dell’esercente attività pericolose alla medesima «prova di aver adottato tut-
79
te le misure idonee a evitare il danno» . Anche il legislatore speciale, nel
c.d. codice del consumo, procede ad un “allineamento” tra le due specie del-
la responsabilità civile, con riferimento alla responsabilità contrattuale del-
73
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, in Danno e resp., 2012, p. 755 ss., con il commento di
A.P. BENEDETTI, La caduta di un alunno durante gita scolastica: chi risponde?
74
Su tale nozione, D. BOSCHI, op. cit., p. 784.
75
Cfr., ad es., Cass., 9 maggio 2012, n. 7037, in Danno e resp., 2012, p. 799; Cass., 18 ottobre
2011, n. 21508, ivi, 2012, p. 614, con il commento di S. SCALZINI, Danno da cose in custodia e manu-
tenzione stradale fra colpa e responsabilità oggettiva: un indifferibile chiarimento.
76
In argomento già F. CAFAGGI, Profili di relazionalità della colpa. Contributo ad una teoria della
responsabilità extracontrattuale, Padova, 1996, p. 481 ss.
77
Ad es., per Cass., 24 febbraio 2011, n. 4484, in Foro it., 2011, I, c. 1082, con nota di A. PALMIERI;
già Cass., 24 febbraio 2011, n. 4495, in Arch. circ., 2011, p. 695; Cass., 3 aprile 2009, n. 8157, in Nuo-
va giur. civ. comm., 2009, I, p. 1025; Cass., 25 luglio 2008, n. 20427, in Foro it., 2008, I, c. 3461.
78
Ad es., Cass., Sez. III, 4 ottobre 2013, n. 22684, in Danno e resp., 2014, p. 616 ss., con nota di
M. TORRESANI, La responsabilità oggettiva da cose in custodia per dissesti stradali.
79
Tale circostanza è rilevata, tra gli altri, da L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato» e obbliga-
zioni «di mezzi» (Studio critico), in Riv. dir. comm., 1954, I, p. 381.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 15
80
l’organizzatore e del venditore di pacchetti turistici .
In tema di danno da prodotti, poi, la c.d. de-contrattualizzazione della re-
sponsabilità (rispetto ad alcuni diritti, come quello francese, che aveva speri-
mentato un’obbligazione di sécurité “di risultato”) è stata effettuata dallo stes-
so legislatore europeo (Direttiva CEE 25 luglio 1985, n. 374) che, sulla scia del
81 82
modello anglo-americano , ha optato per un’uniformazione dei diritti sulla
base della responsabilità aquiliana, avendo «non sempre» il danneggiato un
83
rapporto contrattuale con il produttore . Ma, in questo caso, il regime di re-
84
sponsabilità oggettiva delittuale recepito dai legislatori nazionali – o, quanto
meno, di una responsabilità che ha natura «presunta (e non già oggettiva), po-
sto che essa prescinde dall’accertamento della colpevolezza del produttore,
ma non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un “difetto” del prodot-
to», incombendo sul danneggiato la prova del collegamento causale «non già
85
tra il prodotto e il danno, bensì tra “difetto e danno”» – tende ad allinear-
si, anche per merito dell’interpretazione rigorosa offerta dalla giurispruden-
86
za (nella specie, italiana) , alla disciplina della responsabilità contrattuale
conseguente all’inadempimento di un’obbligazione di sécurité-résultat, se-
condo un principio di fungibilità tra le soluzioni, in base al quale si tende ad
80
Cfr. M. BONA, Cadute nei villaggi turistici e responsabilità del tour operator, in Danno e resp.,
2006, p. 717.
81
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 665 ss. e passim.
82
Su tale aspetto, G. BENACCHIO, Diritto privato della Unione europea. Fonti, modelli, regole, Pa-
dova, V ed., 2010, p. 356.
83
Così, V. ZENO ZENCOVICH, La responsabilità civile, cit., p. 309.
84
Per tutti, C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 687. Precisa, tuttavia, che non si tratta di un’ipotesi
di responsabilità (oggettiva) assoluta, poiché essa non può essere affermata sulla base della sola sussi-
stenza della prova del nesso di causalità tra l’utilizzo del prodotto e il danno alla salute, richiedendo
la disciplina che il prodotto sia difettoso per la mancanza dei requisiti di sicurezza generalmente ri-
chiesti dall’utenza in relazione alle normali condizioni di impiego, «per tale intendendosi quello cor-
rispondente alle caratteristiche del prodotto ed alle istruzioni fornite dal produttore», Cass., Sez. III,
13 dicembre 2010, n. 25116, in Danno e resp., 2011, p. 975, con i commenti di L. FRATA, La respon-
sabilità per prodotto cosmetico difettoso: l’onere della prova e le “normali condizioni di impiego”, di M.
ASTORE, E. LOCURATOLO, Difetto d’informazione e natura della responsabilitò da prodotto; ivi, 2012,
p. 67 ss., con nota di A.L. BITETTO, Dal biscotto al pan carré: il tortuoso percorso della responsabilità
da prodotto.
85
Così Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13458, in Danno e resp., 2014, spec. p. 493, con nota di
C. BALDASSARRE, Responsabilità del produttore: danno risarcibile, onere della prova e logica giuridica;
Cass., Sez. III, 6 agosto 2013, n. 18654, ivi, 2014, p. 494 ss.; e già Cass., 15 marzo 2007, n. 6007, in
Foro it., 2007, I, c. 2414, con nota di A. PALMIERI, Difetto e condizioni di impiego del prodotto: ritorno
alla responsabilità per colpa? In proposito, per una qualificazione in termini di “responsabilità ogget-
tiva limitata”, cfr. già G. PONZANELLI, R. PARDOLESI, La responsabilità per danno da prodotti difetto-
si, Commentario, in Nuove leggi civ. comm., 1989, p. 502. Considera la responsabilità presunta una
delle varie forme di responsabilità oggettiva, G. STELLA, La responsabilità del produttore per il danno
da prodotto difettoso nel nuovo codice del consumo, in Resp. civ. prev., 2006, p. 1610.
86
Cass. civ., Sez. III, 8 ottobre 2007, n. 20985, in Corriere giur., 2008, p. 811 s., con nota di C. DI
PALMA, Responsabilità da prodotto difettoso e onere della prova: la Cassazione riporta gli interpreti sul
sentiero della strict liability.
16 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
bligazioni e contratti, c. 1839, n. 172-173; Cass., 8 febbraio 1972, n. 330, in Mass. Foro it., 1972, c. 93
s.; Cass., 19 aprile 1983, n. 2705, in Rep. Foro it., 1983, voce Contratto in genere, c. 682, n. 143; Cass.,
18 giugno 1987, n. 5371, in Foro it., 1988, I, c. 181 ss. Criticamente, per tutti, il pensiero di L. MEN-
GONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 361.
93
Cfr. C. CASTRONOVO, voce Obblighi di protezione, in Enc. giur. Treccani, XXI, Roma, 1991, p. 1 ss.
94
Per tutti, C.W. CANARIS, Ansprüche wegen «positiver Vertragsverletzungen» und «Schutzwir-
kung für Dritte» bei nichtigen Verträgen, in JZ, 1965, p. 475 ss., spec. p. 477 ss.
95
Da rilevare come questa illustre dottrina (L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 368) as-
simili, sotto i profili della struttura e della funzione, obblighi di protezione ed obbligazioni di sécurité.
96
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 369, in nota 16.
97
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
98
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
99
L. MENGONI, op. loc. ult. cit. Sul punto, soprattutto, ID., Sulla natura della responsabilità pre-
contrattuale, cit., p. 360 ss.; F. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963, pp. 67 ss.,
126 ss.; R. SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale, Milano, 1980, p. 213 ss.; C. CASTRONOVO, La
nuova responsabilità civile, cit., p. 459 ss.
100
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
101
Cass., I Sez. civ., 20 dicembre 2011, n. 27648, in I contratti, 2012, p. 237, con nota di F. DELLA
NEGRA, Culpa in contrahendo, contatto sociale e modelli di responsabilità. Riconduce, invece, all’ille-
cito aquiliano la decisione assunta da Cass., Sez. III, 20 marzo 2012, n. 4382, in Danno e resp., 2012,
p. 1103, V. MONTANI, Responsabilità precontrattuale e abbandono ingiustificato delle trattative: un
18 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
rapporto da genus a species, ivi, 2012, p. 1107. Afferma che, oltre che in caso di rottura ingiustificata
delle trattative, la responsabilità di cui all’art. 1337 c.c. «può derivare anche dalla violazione dell’ob-
bligo di lealtà reciproca che si concretizza nella necessità di osservare il dovere di completezza infor-
mativa circa la reale intenzione di concludere il contratto, senza che alcun mutamento delle circostan-
ze possa risultare ideneo a legittimare la reticenza o la maliziosa omissione di informazioni rilevanti
nel corso della prosecuzione delle trattative finalizzate alla stipulazione del contratto», Cass., Sez. II,
26 aprile 2012, n. 6526, ivi, 2012, p. 1212, annotata da P. LAGHEZZA, Responsabilità precontrattuale e
obbligo d’informazione.
102
Cass., I Sez. civ., 20 dicembre 2011, cit., p. 237.
103
Cass., I Sez. civ., 20 dicembre 2011, cit., p. 237.
104
Così Cass., Sez. II, 10 gennaio 2013, n. 477, in Danno e resp., 2013, p. 755, con nota di F.
DELLA NEGRA, La natura della responsabilità precontrattuale: la quiete dopo la tempesta?
105
G. HAUPT, Über faktische Vertragsverhältnisse, cit., p. 5 ss.
106
Così, L. RICCA, Sui cosiddetti rapporti, cit., p. 19.
107
La definizione è di L. RICCA, op. ult. cit., p. 5.
108
L. RICCA, op. ult. cit., p. 4 s.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 19
adoperata, perché legata ad una configurazione dei fatti e degli atti giuridici
del tutto «superata, e comunque non più adeguata alle esigenze della moderna
114
tecnica giuridica» . Si è contestata la stessa idea di “rapporti contrattuali di
fatto”, perché espressione di un concetto di diritto e di “negozio giuridico”
115
«quanto mai arcaico ed inadeguato» . Si è criticata la stessa scientificità del
metodo adottato, per aver preferito la deduzione (criterio formalistico) all’in-
duzione: invece di prendere le mosse dalla concreta realtà giuridica, tale teo-
ria, al contrario, nel porre un concetto (il contratto) alla base della ricerca, «è
giunta ad un altro concetto (il rapporto contrattuale di fatto), senza però esse-
re riuscita a spiegare come quei rapporti, legati dall’ordinamento giuridico al
presupposto dell’esistenza di un contratto, possano instaurarsi tra le parti in
116
virtù di un mero “fatto” della vita sociale» . Ma la teoria è stata rifiutata an-
che (e soprattutto) per i suoi presupposti ideologici, non essendo difficile co-
gliere nelle sue argomentazioni «la fortissima suggestione esercitata dalle dot-
trine politico-sociali imperanti nella Germania dell’epoca»: il mito del Volk,
«collettività unita e concorde sotto la guida di un Führer, passa nel diritto co-
me esigenza di correttezza e di ordine»; l’interesse della collettività, «conside-
rato del tutto assorbente di quello degli individui, giustifica l’imposizione di
obblighi di comportarsi in certo modo anche a chi non se li è mai assunti, né
117
ha fatto nulla per assumerli» . Questa dottrina, divenendo «lo strumento per
giustificare una arbitraria limitazione della libertà (e non soltanto quella con-
trattuale)», si colloca nel tempo «come espressione di un dato momento della
118
vita politica germanica» , come «una capitolazione dei concetti giuridici di-
119
nanzi al fatto politico-sociale» . Pertanto, «sarebbe stato meglio se la dottri-
na dei rapporti contrattuali di fatto non fosse stata mai formulata, perché essa
è una vera bomba atomica, creata esclusivamente per la distruzione di un pen-
120
siero giuridico fedele alla legge» .
Sorprende, quindi, che la nostra giurisprudenza abbia recepito con tanta
convinzione la prospettiva ambigua e semplificante della responsabilità da
121
contatto sociale , senza essere probabilmente avvertita (dalla dottrina italiana
che aveva traghettato la soluzione) del contesto storico nel quale tale teoria era
maturata. Ma anche sotto il profilo “puramente tecnico”, l’interpretazione
giurisprudenziale ha destato perplessità, in quanto, di là dal preteso “contat-
114
L. RICCA, op. ult. cit., p. 30.
115
L. RICCA, op. ult. cit., p. 31.
116
L. RICCA, op. loc. ult. cit.
117
Per le espressioni tra virgolette, v. L. RICCA, op. ult. cit., pp. 20 e 21.
118
L. RICCA, op. ult. cit., p. 21.
119
È il pensiero di J. ESSER, Gedanken zur Dogmatik der «faktischen Schuldverhältnisse», in AcP,
1958-59, p. 91.
120
Per tale espressione, cfr. la dottrina tedesca citata da L. RICCA, op. ult. cit., p. 14.
121
Che le ha assicurato un indubbio successo anche in dottrina: cfr., ad es., S. FAILLACE, La re-
sponsabilità, cit., p. 33 ss. e passim.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 21
3. Verso la fine del XIX secolo, ben prima che René Demogue ponesse
all’attenzione della scienza giuridica contemporanea la distinzione tra obbliga-
144
zioni di mezzi e di risultato , edificando una delle partizioni che maggior-
mente influenzerà il diritto delle obbligazioni e dei contratti nella tradizione
giuridica occidentale, e che Heinrich Stoll ideasse, in Germania, la teoria degli
145
obblighi di protezione (Schutzpflichten) , la dottrina e la giurisprudenza di
146
lingua francese avevano già intrapreso, con la «scoperta» dell’obbligazione
contractuelle de sécurité de résultat, quell’opera di «rafforzamento del contenu-
147
to obbligatorio del contratto» , che poi costituirà una delle caratteristiche
notevoli degli ordinamenti euro-continentali per tutto il XX secolo, contri-
buendo a ridefinire i rapporti tra responsabilità contrattuale e delittuale nelle
diverse esperienze giuridiche.
Probabilmente non è casuale che i primi tentativi di ravvisare l’esistenza
di un’obbligazione “determinata” di sécurité avvengano nello stesso periodo
nel quale inizia ad affermarsi, in tema di responsabilità del custode per il fat-
to degli animali (art. 1385 code civ.), dapprima (nel 1879) una «presunzione
148
di colpa» suscettibile di prova contraria, e, poi, sei anni dopo, una respon-
149
sabilità de plein droit del gardien che può essere superata con la dimostra-
zione non dell’assenza di colpa, bensì del caso fortuito o della faute della vit-
150 151
tima , cioè di una «causa étrangère imprevedibile e irresistibile» . Attra-
152 153
verso l’arrêt Teffaine , e grazie alle teorie elaborate da L. Josserand e da
144
R. DEMOGUE, Traité des obligations en général, t. V, Paris, 1925, pp. 538-541. È opinione del tutto
«unanime, che sia stato Demogue […] a formulare per la prima volta» tale teoria: tra gli altri, G. VINEY, P.
JOURDAIN, Les conditions de la responsabilité, in Traité de droit civil, sous la direction de J. Ghestin, II éd.,
Paris, 1998, p. 441 (nel prosieguo si citerà questa edizione senza ulteriori indicazioni; qualora, invece,
verrà citata la III edizione, del 2006, si indicheranno sempre l’edizione e l’anno di pubblicazione).
145
He. STOLL, Abschied von der Lehre von der positiven Vertragsverletzung, in AcP, 136, 1932, p.
298 ss.
146
Discorrono di una «découverte» di tali obbligazioni, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. cit., II éd.,
1998, p. 430.
147
In questi termini, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 396 e 430.
148
Req., 23 décembre 1879, in Rec. Sirey, 1880, 1, p. 463.
149
Così, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 607, i quali considerano impropria, se non erro-
nea, l’espressione «presunzione di responsabilità», nella misura in cui «tend à suggérer qu’il s’agit
d’un simple aménagement des règles de preuve».
150
La fondamentale decisione della Cassazione del 27 ottobre 1885, resa pur sempre in tema di
responsabilità del custode per il fatto degli animali, è pubblicata nel Dalloz Pér., 1886, I, p. 207.
151
Testualmente, Cass. civ., 11 mars 1902, in Dalloz Pér., 1902, I, p. 216.
152
Cass. civ., 18 juin 1896, in Rec. Sirey, 1897, 1, p. 17, con nota di A. ESMEIN, e in Dalloz Pér.,
1897, I, p. 433, con il commento di R. SALEILLES.
153
De la responsabilité des choses inanimées, Paris, 1897, passim.
26 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
154
R. Saleilles , tale interpretazione verrà estesa al comma 1 dell’art. 1384 code
civ. e darà fondamento ad un «regime autonomo di responsabilità che deroga
155
[…] al diritto comune della responsabilità delittuale per il fatto personnel» il
quale, per l’ampiezza sempre maggiore assunta nel corso del XX secolo, rap-
presenterà, proprio insieme con l’obbligazione de sécurité, una delle pagine
più innovative del moderno diritto francese.
Come quasi sempre è accaduto, le grandi scoperte giuridiche sono state
pensate in funzione della soluzione di nuovi problemi posti dall’evolvere della
realtà sociale e trovano la loro giustificazione in precise cause storiche, eco-
156
nomiche, politiche, ecc. A partire dal 1880 , la «moltiplicazione degli acci-
157
denti biologici» accaduti nel corso dei trasporti terrestri e ferroviari ed
all’interno delle fabbriche, ove i prestatori di lavoro subordinato erano «espo-
158
sti in pieno all’azione nociva di un apparecchio industriale» ancora molto
poco sicuro, pose un problema interamente nuovo, la cui soluzione era parti-
159
colarmente urgente . Lo sviluppo del macchinismo incise sui modelli di ripa-
razione dei danni dovuti al fatto delle cose. A fronte di «situazioni spesso
drammatiche che nessun testo di legge consentiva di risolvere, i tribunali av-
vertirono la necessità di inventare soluzioni nuove e, a tal fine, si rivolsero alla
160
dottrina che propose loro un certo numero di costruzioni» .
L’obbligazione contractuelle di sécurité determinata o “di risultato”, da un
lato, e il principio generale di responsabilità oggettiva per il fatto della cosa
(art. 1384, comma 1), dall’altro, rappresentano risposte assai simili sotto il
profilo operazionale, perché si caratterizzano entrambe per l’esigenza di supe-
rare i regimi di responsabilità contrattuale e delittuale (art. 1382 code civ.)
fondati sulla prova della colpa del danneggiante da parte della vittima. La giu-
risprudenza e la dottrina attingeranno a soluzioni considerate assai diverse sot-
to l’aspetto dogmatico, perché riguardanti la responsabilità ora contrattuale,
ora delittuale dell’agente/debitore, al fine di rafforzare la tutela del danneggia-
to in determinati settori dei rapporti civili. La dottrina francese dell’epoca par-
161
teggerà apertamente per l’una o per l’altra soluzione , le quali saranno pensa-
154
Les accidents de travail et la responsabilité civile, Paris, 1897.
155
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
156
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 605.
157
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
158
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
159
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
160
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
161
Cfr., ad es., il pensiero di L. JOSSERAND, De la responsabilité des choses inanimées, cit., pp.
103-107, di M. TEISSEIRE, Essai d’une théorie générale sur le fondement de la responsabilité, thèse Aix,
1901, p. 258, e di V. VANSTEENBERGHE, Les accidents des voyageurs et le droit des victimes, thèse Di-
jon, 1905, pp. 193, 325 e 670. Il raffronto tra le regole della responsabilità contrattuale e delittuale e
la proposta di applicare l’art. 1384, comma 1, al posto della disciplina dell’inadempimento dell’obbli-
gazione di sécurité, quanto meno limitatamente ad alcune ipotesi controverse, rappresentano proble-
mi discussi anche dalla più recente dottrina francese: per tutti, G. VINEY, Rapport de synthèse, in
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 27
4. Ancor prima che l’articolo 1384, comma 1, del Codice civile francese
«fosse promosso al rango di principio generale della responsabilità per il fatto
164
delle cose» , nel settore della sicurezza sul lavoro, in presenza di una giuri-
165
sprudenza di legittimità che continuava a richiedere (ai sensi dell’art. 1382
Gaz. Pal., 1997, II, p. 1212 ss.; P. JOURDAIN, Le fondement de l’obligation de sécurité, ivi, 1997, II, p.
1198 s.; Y. LAMBERT FAIVRE, Fondement et régime de l’obligation de sécurité, in Dalloz, 1994, Chron.,
p. 82; D. MAZEAUD, Le régime de l’obligation de sécurité, in Gaz. Pal., 1997, II, pp. 1203 ss. e 1207.
162
Cfr., ad es., U. HUBER, Zur Dogmatik der Vertragsverletzungen nach einheitlichem Kaufrecht
und deutschem Schuldrecht, in Festschr. v. Caemmerer, Tübingen, 1978, p. 862 ss.; ID., Leistungsstörun-
gen, in Handbuch des Schuldrechts in Einzeldarstellung, a cura di J. Gernhuber, IX, Tübingen 1999, p.
79 ss. e passim; D. MEDICUS, Verschulden bei Vertragsverhandlungen, in Gutachten u. Vorschläge zur
Überarbeitung des Schuldrecht, I, Köln, 1981, p. 488 ss. Si esprimono, invece, in senso contrario ad un
generalizzato inquadramento degli obblighi di protezione nella responsabilità delittuale, C.W. CA-
NARIS, Schutzgesetz, Verkehrspflichten, Schutzpflichten, in Festschr. K. Larenz zum 80, München, 1983,
p. 84 ss., saggio tradotto da A. di Majo, M.R. Marella con il titolo Norme di protezione, obblighi del
traffico, doveri di protezione, parti I e II, in Riv. crit. dir. priv., 1983, pp. 567 ss., 793 ss., spec. p. 802
ss. (da qui le ulteriori citazioni); E. PICKER, Positive Forderungsverletzung und culpa in contrahendo.
Zur Problematik der Haftungen «zwischen» Vertrag und Delikt, in 183 Arch. civ. Prax., 1983, p. 433 ss.
163
In gran parte contraria all’inquadramento degli obblighi di protezione nella responsabilità de-
littuale: cfr. L. MENGONI, La parte generale delle obbligazioni, in Riv. crit. dir. priv., 1984, p. 507 ss.;
A. DI MAJO, La rielaborazione del diritto delle obbligazioni nella Germania Federale, ivi, 1983, p. 174
ss.; C. CASTRONOVO, Obblighi di protezione e tutela del terzo, cit., p. 123 ss.; ID., voce Obblighi di
protezione, cit., p. 1 ss.
164
Testualmente, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., pp. 403 e 404.
165
Cfr., ad es., Cass. civ., 19 juillet 1870, in Rec. Sirey, 1871, I, p. 9.
28 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
code civ.) all’operaio ferito dal macchinario la prova (quasi sempre diabolica)
166
della «faute précise» commessa dal datore, alcuni giudici iniziano ad «accre-
scere le obbligazioni dell’imprenditore invocando una mancanza di precau-
zione (e ciò condurrà a presumere la sua colpa, poiché l’incidente dimostrerà
167
a contrario la sua negligenza)» .
Questa giurisprudenza s’ispira a una dottrina sempre più avvertita a tali
tematiche, che propone di sovvertire la responsabilità delittuale del “padrone”
(per faute prouvée) con la scoperta di un’obbligazione di sécurité. Mentre in
168
un primo studio dedicato al problema dall’avvocato parigino Vavasseur ci si
limita a invocare una riforma legislativa che introduca un’«obbligazione di ga-
ranzia» che faccia gravare una presunzione semplice di responsabilità nei ri-
guardi del datore di lavoro, sul quale dovrebbe incombere il rischio industria-
le anche per gli accidenti dovuti al caso fortuito, è Marc Sauzet a proporre per
primo, de iure condito, una responsabilità dell’employeur che è contrattuale
«par sa source», la quale trova la sua fonte nell’«obbligazione di assumere tut-
te le misure idonee ad assicurare la sicurezza dell’operaio», al fine di «conser-
varlo sano e salvo» e di «restituirlo, a sé stesso, valido così come lo ha ricevu-
169
to» . Il «fardello della prova grava sull’imprenditore: se egli vuole essere
esonerato [dalla responsabilità], deve dimostrare che l’incidente è il risultato
170
di una faute dell’operaio o del caso fortuito» . Tuttavia in quest’ultimo caso,
quando la causa dell’accidente permane sconosciuta, il datore dovrebbe essere
esonerato da ogni responsabilità, apparendo necessario introdurre un regime
di assicurazione obbligatoria al fine di coprire questo tipo di danni. Si è, dun-
171
que, ben «lontani da un’obbligazione assoluta di sicurezza» , poiché tale au-
tore si preoccupa «di limitare la portata del principio di responsabilità con-
172
trattuale all’inversione dell’onere della prova» .
L’anno successivo, il giurista e ancien ministre belga C. Sainctelette contri-
buisce ulteriormente all’idea dell’obbligazione di sicurezza, individuando nel
contratto di trasporto una «garanzia contrattuale de sûreté» e, nel contratto di
173
lavoro, un «debito di sicurezza» del datore nei confronti dei propri operai .
Richiamando l’art. 1315 code civ. e la giurisprudenza belga, questo studioso
distingue nettamente la responsabilità delittuale dalla garanzia contrattuale.
La misura dell’estensione di questa «è data dal contratto stesso […] e l’ina-
166
J.L. HALPÉRIN, La naissance de l’obligation de sécurité, in Gaz. Pal., 1997, II, p. 1178.
167
J.L. HALPÉRIN, op. loc. cit., il quale ricorda che «Le Corti di Besançon, di Dijon e di Caen con-
tinuarono a imporre al datore l’obbligazione di assicurare la sicurezza dell’operaio, assumendo tutte
le misure idonee ad evitare l’incidente» (p. 1182, in nota 27, ivi le relative citazioni di giurisprudenza).
168
De la responsabilité des accidents de fabrique, Paris, 1881, pp. 5-9.
169
M. SAUZET, De la responsabilité des patrons via-à-vis des ouvriers dans les accidents industriels,
in Rev. crit., 1883, p. 596 s.
170
Così, J.L. HALPÉRIN, op. cit., p. 1180.
171
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
172
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
173
C. SAINCTELETTE, De la responsabilité et de la garantie, Bruxelles-Paris, 1884, pp. 95 e 118.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 29
206
nell’esecuzione della prestazione» –, già nei primi decenni del XIX secolo la
Corte Reale di Parigi ammette che le imprese di trasporti «contrattino con i
viaggiatori l’obbligazione di garantire la sicurezza delle loro persone da ogni
accidente, proveniente sia dalla colpa dei preposti […], sia da un vizio ineren-
207
te alle loro vetture» . Se per Josserand la portata di tale decisione deve essere
individuata nella limitazione di responsabilità del vettore alla colpa dei prepo-
208
sti ed ai vizi dei materiali , non è da escludere che essa vada «più lontano, nel
senso di un’obbligazione di sicurezza che trovi la sua fonte nello stesso tempo
209
nella legge e nel contratto» .
Altre decisioni invocano, implicitamente o esplicitamente, le regole delit-
tuali (artt. 1382-1384 code civ.), che vengono richiamate per dirimere le sem-
210
pre più frequenti controversie in tema di responsabilità civile . Se, da un la-
to, le imprese di trasporti sono considerate obbligate, nei confronti dei viag-
211
giatori, «a tutte le misure richieste dall’interesse alla loro sicurezza» , dall’al-
tro, «poco spazio è lasciato alle cause d’esonero da questa responsabilità: l’im-
prenditore non può prendere a pretesto la verifica delle proprie vetture da parte
della polizia o la semplice imprudenza di un viaggiatore che va ad aggiungersi
212
alla colpa del conducente» . Soltanto la prova della forza maggiore «interpre-
213
tata in maniera restrittiva» (la rottura di un pezzo non rappresenta de plein
214
droit un caso di forza maggiore) può liberare il vettore dalla responsabilità .
L’apparizione e lo sviluppo del trasporto ferroviario non apportano imme-
diatamente sostanziali innovazioni giurisprudenziali. Nonostante si verifichino
215
alcuni gravi disastri ferroviari , i tribunali penali assolvono gli imputati in as-
senza della prova di una loro colpa, essendo le compagnie tenute ad essere al
216
corrente dei progressi dell’arte, «non certo a prevenirli o a presagirli» . Tale
posizione della giurisprudenza richiede un intervento urgente del legislatore
(l. 18 luglio 1845), il quale considera i concessionari delle ferrovie responsabili
verso i passeggeri dei danni causati «a qualsiasi titolo», prescrivendo una serie
di misure volte a garantire la sicurezza del trasporto (ord. 15-21 novembre
1846). La «sicurezza dei viaggiatori» è di nuovo considerata come la «prima
206
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
207
Cour royale de Paris, 20 juin 1836, in Dalloz, Rép. méthodique et alphabétique de législation de
doctrine et de jurisprudence, Paris, 1858, t. XXXIX, voce Responsabilité, n. 544, p. 410.
208
L. JOSSERAND, Les transports, in Traité général théorique et pratique de droit commercial Thal-
ler, Paris, 1910, p. 775.
209
J.L. HALPÉRIN, La naissance, cit., p. 1177.
210
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
211
Req., 9 août 1837, in Dalloz, Rép. cit., 1958, t. XXXIX, p. 410.
212
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
213
Così, J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
214
Cfr., ad es., App. Lyon, 22 janvier 1847, in Rec. Sirey, 1848, II, p. 136.
215
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit., ad esempio, ricorda, nel 1842, il deragliamento di un treno di-
retto a Versailles, che provoca 57 morti e più di cento feriti.
216
Cfr. la giurisprudenza citata in J.L. HALPÉRIN, op. cit., p. 1178.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 33
217
obbligazione», nel contempo contrattuale e legale, del vettore . Non soltanto le
corti penali cominciano a condannare i dipendenti (e talvolta gli ingegneri) col-
pevoli delle infrazioni alle regole di sicurezza, ma anche i giudici civili iniziano
a far gravare sulle compagnie la responsabilità per i deragliamenti ferroviari.
Tale orientamento è seguito, ad esempio, dalla Corte d’appello di Parigi
che, nel 1866, rigetta l’argomento della forza maggiore avanzato dalla Compa-
gnia del Nord a proposito del carattere difettoso del cerchione di una ruota.
Secondo i giudici, il viaggiatore ferito «non è tenuto a provare la colpa della
compagnia ferroviaria», poiché incombe su di essa la dimostrazione dei fatti
218
che possano esonerarla dalla responsabilità . Nel fondarsi sulla disciplina pre-
vista per la responsabilità del vettore nel caso di perdita o di avaria delle merci,
pur senza citare espressamente l’art. 1784 code civ. che limita l’esonero dalla
responsabilità alla prova del caso fortuito o della forza maggiore, i giudici affer-
mano che «tale principio si applica a maggior ragione al trasporto delle persone
219
e protegge la sicurezza dei viaggiatori» . La dottrina, nel riferirsi agli artt. 1382
220
e 1384, comma 1, code civ., preferisce discorrere di una «presunzione di colpa» .
Nel periodo successivo alla guerra del 1870-1871 tale giurisprudenza è
nuovamente messa in discussione. Durante il conflitto, le compagnie ferrovia-
rie devono subordinare la sicurezza dei viaggiatori all’interesse della patria, ad
esempio, trasportando armi e polvere da sparo in treni passeggeri. Anche
quando le imprese ferroviarie sono condannate per «l’inadeguatezza dell’im-
ballaggio e per i vizi relativi allo stivaggio dei pacchi di polvere», le Corti im-
pongono agli attori di provare la colpa «dalla quale essi farebbero discendere
221
la responsabilità delle compagnie» . Negli anni successivi i tribunali sono an-
cor meno propensi a condannare il vettore qualora la colpa non è provata, so-
prattutto se si tratta di accidenti limitati ad un solo viaggiatore. Nel caso di un
passeggero investito sui binari mentre scendeva da un treno arrivato in ritar-
do, la Corte d’appello d’Amiens, escludendo l’applicazione dell’art. 1784 e ri-
chiamando, invece, l’art. 1382 code civ., rigetta la domanda della vedova poi-
222
ché essa non era stata in grado di provare la negligenza della compagnia . La
Cassazione, invece, pur rifiutando anch’essa di applicare una norma (l’art.
1784 code civ.) espressamente dettata per il trasporto di merci, cassa tale deci-
sione affermando che la compagnia non era stata totalmente esonerata dall’im-
223
prudenza del viaggiatore .
217
J. BÉDARRIDE, Droit commercial des chemins de fer, II, Paris-Aix, 1876, p. 47.
218
App. Paris, 27 novembre 1866, in Rec. Sirey, 1867, II, p. 320.
219
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
220
A. SOURDAT, Traité général de la responsabilité, II, Paris, 1876, p. 258; J. BÉDARRIDE, op. cit.,
p. 52 ss.
221
Cfr. la giurisprudenza cit. in J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
222
La decisione è pubblicata nel Dalloz Pér., 1882, II, p. 163.
223
Cass. civ., 10 novembre 1884, in Rec. Sirey, 1885, I, p. 129, annotata da C. LYON-CAEN, e in
Rec. Dalloz, 1885, I, p. 433, con il commento di L. SARRUT.
34 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
231
Cfr. la giurisprudenza citata in J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
232
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
233
Tib. civ. Toulouse, 5 février 1905, in Dalloz Pér., 1913, I, p. 256.
234
Così, J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
235
R. RODIÈRE, Le régime légal de l’obligation de sécurité due par les transporteurs à leurs voya-
geurs, in Sem. jur., 1952, I, Doctr., 997.
236
Cfr. L. JOSSERAND, Les transports, cit., spec. nel § 893.
237
M. COCAT, Du fondement de la responsabilité du voiturier en matière de transport de personnes,
thèse Grenoble, 1922, p. 13.
238
R. RODIÈRE, op. cit., 997, § 2.
36 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
Nessuna decisione «assume un senso preciso», e ciò sia perché «la natura della
239
responsabilità importa poco» , una volta che è provata la colpa del vettore,
sia perché le sentenze utilizzano espressioni che richiamano genericamente
l’art. 1382, senza assumere una chiara posizione. La ragione di questa «quiete
è semplice: la dottrina, fino a questa data, non s’interessa ai problemi della re-
240
sponsabilità» . Certo, «si distinguono le diverse fonti delle obbligazioni, ma
gli artt. 1382 ss. sembrano esprimere, oltre alle regole che essi prescrivono per
i delitti e quasi delitti, principi di saggezza superiore che s’irradiano natural-
241
mente sull’intero diritto della responsabilità» .
Lo sviluppo del macchinismo e la moltiplicazione degli accidenti, però, ini-
ziano a sollecitare «l’immaginazione di una dottrina generosa» che si preoccu-
pa di soccorrere le persone e, in particolare, gli operai «vittime delle macchine
242
e del progresso» industriale. Il «nuovo diritto [che] nasce da queste emo-
243
zioni» andrà evolvendosi in tre direzioni: nella legislazione speciale sugli ac-
cidenti sul lavoro, che darà luogo ad un inedito modello di responsabilità; nel-
l’interpretazione oggettiva dell’art. 1384, comma 1, che assegnerà una nuova
fisionomia all’intero sistema di responsabilità delittuale; nella nascita dell’ob-
bligazione di sécurité, che estenderà i confini della responsabilità contrattuale,
contribuendo a ridefinire i rapporti tra i due modelli della responsabilità civile.
Il periodo che intercorre tra il 1884 e il 1911 si caratterizza per il «regno
244
della responsabilità delittuale» e trova la sua icona nella sentenza della Cas-
sazione del 10 novembre 1884, che decide per l’inapplicabilità dell’art. 1784 al
trasporto di persone. Per tale settore, «le regole della responsabilità civile so-
245
no stabilite esclusivamente dagli artt. 1382 ss. code civ.» .
Tale principio, tuttavia, non trova una pacifica applicazione nella giuri-
sprudenza della Corte d’appello di Parigi. Se, da un lato, la Quarta e la Quinta
sezione ribadiscono, nel 1894, che «la responsabilità del vettore, in caso
246
d’incidente, è unicamente regolata dall’art. 1382 del Codice civile» , poiché
«non si può creare arbitrariamente, contro le compagnie, e fino alla prova
247
contraria, una presunzione legale di colpa» . Dall’altro, la Settima sezione,
nello stesso anno, afferma che, «nell’obbligarsi a trasportare la Signora W., la
vedova V. e il suo cocchiere hanno assunto l’obbligazione di effettuare il tra-
sporto in maniera che essa arrivasse sana e salva a destinazione; non avendo
239
Per le espressioni tra virgolette, cfr. R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
240
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
241
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
242
In questi termini, R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
243
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
244
Così, R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, § 3.
245
Cass. civ., 10 novembre 1884, in Rec. Sirey, 1885, I, p. 129, annotata da C. LYON-CAEN, e in
Rec. Dalloz, 1885, I, p. 433, con il commento di L. SARRUT.
246
App. Paris, IV Ch., 27 juillet 1894, in Rec. Dalloz, 1895, II, p. 63 (II espèce); App. Paris, IV
Ch., 21 février 1894, ivi, 1894, II, p. 214.
247
App. Paris, V Ch., 4 avril 1894, in Rec. Dalloz, 1894, II, p. 288.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 37
adempiuto questa obbligazione, essi sono passibili del risarcimento dei danni
conformemente alle disposizioni dell’art. 1147 code civ., se essi non provano
248
che questo inadempimento deriva da una causa che è a loro estranea» . La
249
stessa Quarta sezione, due anni prima, aveva deciso con «eguale fermezza»
che «si era formato tra le parti un contratto in virtù del quale la compagnia
aveva assunto l’obbligazione di effettuare il trasporto con l’attenzione necessa-
250
ria affinché questo viaggiatore giungesse sano e salvo a destinazione» . Pur
essendo inapplicabile l’art. 1784, che era previsto per disciplinare il solo tra-
sporto delle merci, mentre i viaggiatori non sono cose inerti, ciò non significa-
va che il vettore non fosse «tenuto a vegliare sulla loro sicurezza, salvo a invo-
care a suo discarico la faute che il viaggiatore ha potuto commettere; poiché il
vettore ha preso in carico la sua persona, il viaggiatore che risulti accidental-
mente ferito nel corso del trasporto è dunque protetto dalla legge del suo con-
tratto, di là dalle disposizioni degli artt. 1382 ss.; il vettore è, in questi casi, re-
251
sponsabile de plein droit del danno» .
Le «esitazioni giudiziarie» e le divergenze tra le Sezioni della più autorevo-
252
le Corte d’appello di Francia, manifestatesi soprattutto nel 1894, trovano
una composizione nell’orientamento assunto il 30 gennaio 1895 dalla Prima
sezione, che si allinea nuovamente all’indirizzo della Cassazione: «l’azione del
viaggiatore, vittima di un incidente, volta al risarcimento dei danni non deriva
da un’obbligazione contrattuale, ma dai principi di diritto comune in materia
di responsabilità, sotto l’imperio dei quali risulta situato il trasporto di perso-
ne; questi principi sono esclusivamente fissati dall’art. 1382 ss. del Codice civi-
le, la cui applicazione implica per l’attore la prova di una colpa imputabile al
253
convenuto» .
Riaffermata, da parte della Prima sezione della Corte d’appello di Parigi, la
tesi della responsabilità delittuale per faute prouvée, anche le ulteriori sezioni
si sottomettono a tale regola. Tuttavia, successivamente alla «scoperta» del-
254
l’art. 1384, comma 1, e della «presunzione da esso prevista» , la Corte pari-
255 256
gina , seguita da quella di Besançon , applica tale disciplina al caso di un
passeggero che era caduto dal treno a causa dell’apertura di una portiera. Trat-
tandosi di un danno arrecato da una cosa inanimata, l’attore è dispensato dal
provare la colpa della compagnia. Questo nuovo orientamento, che introduce
una soluzione, pur delittuale, ma assai più favorevole per la vittima, provoca
248
App. Paris, VII Ch., 23 juillet 1894, in Rec. Dalloz, 1895, II, p. 63 (I espèce).
249
Lo sottolinea R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, § 4.
250
App. Paris, IV Ch., 27 juillet 1892, in Rec. Dalloz, 1894, II, p. 557.
251
App. Paris, IV Ch., 27 juillet 1892, cit., p. 557.
252
Per le espressioni tra virgolette, v. R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
253
App. Paris, I Ch., 30 janvier 1895, in Rec. Dalloz, 1895, II, p. 496.
254
R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, § 5.
255
App. Paris, 9 novembre 1909, in Rec. Dalloz, 1911, II, p. 357 (I espèce).
256
App. Besançon, 15 décembre 1909, in Rec. Dalloz, 1911, II, p. 357 (II espèce).
38 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
te sul retro del biglietto, il quale, invece, individuava il foro competente nel
Tribunale di commercio di Marsiglia. La Corte d’appello d’Algeri, nel pro-
264
nunziarsi su tale questione , considera infondata l’eccezione d’incompetenza
e conferma la decisione resa l’8 agosto 1907 dal Tribunale di Bona, afferman-
do che «le clausole inserite sul retro del biglietto, e quindi l’art. 2, disciplinano
il solo contratto di trasporto propriamente detto e le difficoltà alle quali la sua
265
esecuzione può dare luogo» . Il passeggero, viceversa, agiva non «in virtù di
un contratto di trasporto e delle stipulazioni che ne rappresentavano l’oggetto,
bensì in ragione di un quasi delitto, del quale egli ne imputava la responsabili-
266
tà alla Compagnia, fondandosi sull’art. 1384 c. civ.» .
La Compagnia Generale Transatlantica propone ricorso per violazione e
falsa applicazione degli artt. 1146 ss., 1382 ss., 1134 ss. ma, proprio nell’otte-
nere il suo accoglimento e la conseguente cassazione della sentenza della Cor-
te d’appello d’Algeri, consegue una “vittoria di Pirro” che, con il trascorrere
degli anni, assumerà sempre più le sembianze di una vera e propria catastrofe
giudiziaria per ogni vettore che risulti obbligato ad effettuare un trasporto ma-
rittimo, terrestre o aereo. La Suprema corte, in questa sentenza che si rivelerà
un vero leading case in materia, afferma che, «visto l’art. 1134 c. civ., […] va-
namente la decisione impugnata dichiara che le clausole dei biglietti di tra-
sporto […] non regolano il contratto propriamente detto e le difficoltà che
267
possono derivare dalla sua esecuzione» . Al contrario, «l’esecuzione del con-
tratto di trasporto comporta, per il vettore, l’obbligazione di condurre il viag-
giatore sano e salvo a destinazione, tant’è che la stessa Corte d’Algeri ha dovu-
to constatare che è nel corso di questa esecuzione e delle circostanze ad essa
collegate che l’attore è stato vittima dell’accidente del quale chiede la ripara-
268
zione» . È, quindi, «a torto che la sentenza impugnata ha rifiutato di dare ef-
fetto alla clausola menzionata, dichiarando la competenza del Tribunale civile
269
di Bona» .
La conferma di tale soluzione, che con queste scarne espressioni codifica
l’obbligazione contrattuale di sécurité nel panorama giuridico contemporaneo,
si ha due anni dopo, in un caso che si presenta come opposto in maniera spe-
culare a quello deciso dalla Cassazione nel 1911. Questa volta è l’attore, tale
Mestelan, che, facendo tesoro della regola enunciata dalla Suprema corte, cita
la Compagnia ferroviaria du Midi innanzi al Tribunale di commercio di
Bayonne, sulla base degli artt. 1147 code civ. e 420 code proc. civ., al fine di
chiedere il risarcimento dei danni causati al figlio da un incidente ferroviario,
sul fondamento «dell’inadempimento del contratto di trasporto nei riguardi
264
La decisione di App. Alger, 25 juillet 1908, può essere letta in Rec. Dalloz, 1913, I, p. 253.
265
App. Alger, 25 juillet 1908, cit., p. 253.
266
App. Alger, 25 juillet 1908, cit., p. 253.
267
Cass., 21 novembre 1911, in Rec. Dalloz, 1913, I, p. 253.
268
Cass., 21 novembre 1911, cit., p. 253.
269
Cass., 21 novembre 1911, cit., p. 253.
3.
40 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
270
del minore» . La Compagnia, viceversa, eccepisce l’incompetenza del giudice
adito, affermando che la propria responsabilità sarebbe «puramente delittuale
271
o quasi delittuale e deriverebbe dagli art. 1382 ss. code civ.» . La Cassazione,
nel rigettare il ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Pau,
272
che «a buon diritto» aveva dichiarato competente il Tribunale di commercio
del luogo del contratto, afferma che «il rilascio di un biglietto ad un viaggiatore
comporta in sé, e senza che vi sia bisogno di una stipulazione espressa al riguar-
do, l’obbligazione, per la compagnia ferroviaria, di condurre questo viaggiatore
273
sano e salvo a destinazione» . Nel caso contrario, «v’è violazione, da parte della
274
compagnia, delle sue obbligazioni e inadempimento del contratto» .
275
Nelle sue conclusioni, il Procuratore Generale Louis Sarrut , che è consi-
276
derato «partigiano, da lungo tempo, della responsabilità contrattuale» , sotto-
linea che «il contratto di trasporto implica necessariamente, per il vettore, l’ob-
bligazione di portare a destinazione il viaggiatore nello stato nel quale lo ha
277
ricevuto, cioè sano e salvo» . Per il solo fatto «che questa obbligazione non è
stata adempiuta, il vettore è responsabile. È su di lui che grava la prova del
278
suo esonero» . Si tratta dell’applicazione «pura e semplice del diritto comune
279
in materia di obbligazione contrattuale (art. 1147, 1315 c. civ.)» . Ma, contraria-
mente al diritto comune (art. 1137), non «basta al vettore provare che egli ha
prestato tutte le cure d’un buon padre di famiglia, che egli ha assunto tutte le pre-
280
cauzioni necessarie, osservato tutti i regolamenti, che egli è esente da colpa» .
Le cause d’esonero «che egli può invocare sono determinate tassativamen-
te: caso fortuito, forza maggiore, vizio proprio della cosa, colpa del mittente o
281
del viaggiatore» . Ciò risulta altresì dal testo degli artt. 1784 code civ., 103 e
104 code com. Limitando «in tal modo le cause ammissibili di liberazione, la
legge tratta il vettore con rigore. E ciò è legittimo. L’impresa di trasporto fa
appello al pubblico; essa beneficia quasi sempre, in diritto o in fatto, di un
monopolio; il vettore ha la scelta del personale, la cernita e la conservazione
del materiale, la direzione della vettura, dei convogli; egli ha soprattutto la cu-
stodia e la sorveglianza degli oggetti; li deve restituire così come li ha ricevuti,
282
nello stato nel quale gli sono stati consegnati» .
270
Cass., 27 janvier 1913, in Rec. Dalloz, 1913, I, p. 255.
271
Cass., 27 janvier 1913, cit., p. 255.
272
Cass., 27 janvier 1913, cit., p. 255.
273
Cass., 27 janvier 1913, cit., p. 255.
274
Cass., 27 janvier 1913, cit., p. 255.
275
Le conclusioni di L. SARRUT possono essere lette nel Rec. Dalloz, 1913, I, p. 254 s.
276
Così, J.L. HALPÉRIN, La naissance, cit., p. 1179.
277
L. SARRUT, op. ult. cit., p. 254.
278
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
279
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
280
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
281
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
282
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 41
283
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
284
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
285
Le parole di M. Planiol sono riportate da L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
286
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
287
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
288
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
289
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
290
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
291
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
292
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
293
L. SARRUT, op. ult. cit., p. 255.
42 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
294
di trasporto di persone, che non è disciplinato da nessun testo speciale» .
Il vettore «contrae l’obbligazione di condurre il viaggiatore alla destinazio-
295
ne convenuta e di trasportarlo sano e salvo» . Egli è «garante della sicurezza
296
del viaggiatore» . Si erra nell’affermare «che il vettore non ha inteso assume-
re questo rischio a suo carico, perché questa obbligazione rappresenta l’essen-
297
za del contratto di trasporto» . Stabilita per le cose da norme speciali, «l’ob-
bligazione di sécurité esiste, a più forte ragione, per le persone; il vettore non
può supporre di dover prestare meno cure ad un essere umano che ad una
merce, di dover consegnare quest’ultima intatta, ma di poter restituire la per-
298
sona mutilata, in pezzi, o sostituire un cadavere ad un essere vivente» .
La responsabilità del vettore per il danno subito dalle persone durante il
trasporto, quindi, non può essere qualificata come responsabilità delittuale,
per colpa (art. 1382) o per il fatto della cosa inanimata (art. 1384, comma 1).
Tale soluzione è considerata sbagliata poiché «sopprime arbitrariamente un
299
elemento di fatto e di diritto essenziale, il contratto di trasporto» . L’art.
1382 «presuppone l’assenza di ogni legame contrattuale. È il delitto o il quasi
delitto ad essere la fonte dell’obbligazione, la causa giuridica della responsabi-
300
lità» . Nel caso in esame, invece, «i rapporti tra il viaggiatore ed il vettore so-
no disciplinati da un contratto; l’incidente si è verificato nel corso dell’esecu-
301
zione di questo contratto» . Diversamente il viaggiatore leso sarebbe colloca-
to «in una situazione di diritto identica a quella di un terzo, con il quale il vet-
302
tore non ha avuto alcun rapporto giuridico prima dell’incidente» .
7. Il discorso svolto nel leading case del 1911 trova un definitivo riscontro
303
nell’ulteriore sentenza della Cassazione resa il 21 aprile 1913 . A seguito del-
la rottura di un binario, e del conseguente deragliamento, un agente postale
che prestava servizio sul treno subisce danni fisici a causa della caduta di un
304
pesante volume sulla testa, che era stato situato su un ripiano . Qualche tempo
dopo la vittima transige con la Compagnia la riparazione per il danno biologi-
co subito, accettando la somma di 300 franchi. Negli anni successivi, però,
l’agente postale subisce «un’alterazione progressiva delle facoltà mentali, diffi-
coltà nella parola, una debolezza negli arti che gli rende impossibile il cammi-
294
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
295
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
296
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
297
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
298
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
299
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
300
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
301
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
302
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
303
Cass., 21 avril 1913, in Rec. Dalloz, 1913, I, p. 257.
304
Per i fatti della controversia, cfr. Trib. civ. Toulouse, 5 février 1905, in Rec. Dalloz, 1913, II, p. 256.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 43
305
nare» . A seguito del successivo aggravarsi delle sue condizioni, egli decede.
La vedova, anche in rappresentanza dei figli, agisce in giudizio per il risar-
cimento dei danni contro la Compagnia ferroviaria d’Orléans, la quale viene
condannata innanzi al Tribunale civile di Tolosa ed alla locale Corte d’appel-
306
lo . Il ricorso per cassazione del vettore è respinto, sia perché l’avvenuta
transazione riguardava il solo danno psicofisico subito iure proprio dalla vitti-
ma, mentre la vedova e i figli chiedevano «il risarcimento del danno personale
307
“che era stato loro causato dalla perdita del marito e di un padre”» (quindi,
un danno par ricochet), sia perché il decesso è giudicato conseguenza dell’inci-
dente ferroviario. La Compagnia era «tenuta, in virtù dell’art. 56 del Cahier
des charges, ad assicurare il trasporto degli agenti necessari al servizio postale,
avendo contratto, par là même, l’obbligazione di condurre questi agenti, come
308
tutti gli altri viaggiatori, sani e salvi a destinazione» . La responsabilità per
«le conseguenze dell’inadempimento del contratto di trasporto» è dichiarata
in virtù del fatto che il debitore non è riuscito a provare che «l’incidente era
stato provocato da una causa estranea, che non gli poteva essere imputata […]
309
ai sensi dell’art. 1147 c. civ.» . L’applicazione della disciplina della responsa-
bilità contrattuale implica, altresì, che «l’azione per il risarcimento del danno
esercitata dalla vedova […] non era soggetta al termine di prescrizione triennale
310
previsto dall’art. 638 c. instr. crim. per l’azione civile derivante da reato» .
Un indiscusso merito del nuovo orientamento giurisprudenziale consiste
nell’aver definitivamente superato la “lacuna” del Codice Napoleone in tema
311
di trasporto di persone . La soluzione viene ravvisata ancora una volta non
nell’applicazione diretta o analogica degli artt. 1784 code civ. e 103 code com.,
bensì nell’interpretazione della disciplina di diritto comune sull’inadempimen-
312
to (art. 1147 code civ.) , della quale lo stesso art. 1784 rappresenta una speci-
fica espressione. Affermare che «l’idea di deposito che si trova alla base della
responsabilità del vettore di merci risulta totalmente estranea al trasporto di
313
persone» non significa dover applicare l’art. 1382 code civ. Invero, «in fatto
come in diritto, il contratto di trasporto implica necessariamente l’obbligazio-
314
ne di far pervenire in buono stato le cose o le persone a destinazione» . Que-
sta obbligazione costituisce «talmente l’essenza del contratto di trasporto, che
305
Trib. civ. Toulouse, 5 février 1905, cit., p. 256.
306
Cfr. App. Toulouse, 11 janvier 1906, in Rec. Dalloz, 1913, II, p. 256 s.
307
Così, Cass., 21 avril 1913, cit., p. 257.
308
Cass., 21 avril 1913, cit., p. 257.
309
Cass., 21 avril 1913, cit., p. 257.
310
Cass., 21 avril 1913, cit., p. 257. Sottolinea tale aspetto, come una delle ragioni che giustificano
la nascita dell’obbligazione di sécurité, P.G. MONATERI, Cumulo di responsabilità, cit., pp. 78 e 128.
311
Così, L. SARRUT, nelle sue conclusioni a Cass., 27 janvier 1913, cit., p. 254.
312
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
313
Il pensiero di L. JOSSERAND è riprodotto in L. SARRUT, Note a Cass., 21 avril 1913, in Dalloz,
1913, I, p. 250.
314
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
44 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
il vettore non se ne può liberare con una convenzione, sia direttamente attra-
verso una stipulazione espressa, sia indirettamente mediante una clausola che
richieda che la prova della sua colpa sia apportata, e ciò non soltanto per le
315
merci […], ma anche per le persone» . Se «l’obbligazione contrattuale di
trasportare il viaggiatore sano e salvo a destinazione non è adempiuta, si ap-
316
plica il diritto comune dei contratti, l’art. 1147 c. civ.» . Inoltre, è inesatto
affermare che tale norma prevede una “presunzione di colpa”, poiché «l’ina-
dempimento di un’obbligazione può non provenire da una faute; non bisogna
provare una colpa presunta, ma soltanto accertare se l’obbligazione contratta
317
è stata adempiuta» . Anche se talvolta si afferma, con scarsa precisione, che
«la colpa del debitore è presunta e che è su di lui che grava la prova del caso
318
fortuito» , è evidente che «questo risultato non è assolutamente l’effetto di
319
una presunzione di colpa esistente contro il debitore» . Si tratta dell’appli-
cazione «delle normali regole sulla prova. Quando il creditore ha dimostrato
l’esistenza del suo credito, è il debitore, il quale dichiara di essere impedito dal
caso fortuito nell’esecuzione della prestazione, a dover fornire la prova delle
320
circostanze idonee a liberarlo» . La presunzione di colpa, invece, ha «per con-
321
seguenza di autorizzare il vettore a provare che egli è esente» . Ma nell’obbli-
322
gazione di sécurité «non v’è nulla di tutto ciò» .
L’obbligazione di sécurité, quindi, nell’ambito del trasporto di persone, na-
sce come obbligazione determinata, e non «di mezzi» o «di diligenza», ancor
prima che Demogue ponga la stessa a fondamento della celebre partizione,
pensandola come il prototipo dell’obbligazione di risultato. La contestata di-
stinzione tra obbligazioni di risultato e di mezzi intende scandire il confine tra
323
la responsabilità oggettiva e quella soggettiva , al fine di sottrarre le obbliga-
zioni “di comportamento” al rigore probatorio del caso fortuito o della forza
maggiore. Ma l’obbligazione di sécurité obbliga fin dall’inizio il vettore al ri-
sultato “determinato” consistente nel condurre i passeggeri sani e salvi a de-
324
stinazione. Il «semplice fatto che questo risultato non è stato conseguito»
comporta il diritto del trasportato ad ottenere il risarcimento del danno, salvo
che il vettore non provi che l’inadempimento sia stato dovuto ad una causa
estranea alla sua sfera d’influenza, che a lui non è imputabile ai sensi dell’art.
1147 code civ.
315
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
316
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
317
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
318
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
319
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
320
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
321
L. SARRUT, op. ult. cit., p. 251.
322
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
323
Così C. LARROUMET, Droit civil, Tome 3, Les obligations. Le contrat, Paris, IV éd., 1998, p.
597 s.
324
C. LARROUMET, op. cit., p. 597.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 45
325
Cass. civ., 10 mai 1921, in Dalloz Pér., 1923, I, p. 209.
326
Cass. civ., 25 janvier 1939, in Dalloz Hebd., 1939, p. 195.
327
Cass. civ., 10 mai 1921, cit., p. 209.
328
C. LARROUMET, op. cit., p. 599.
329
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
330
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
331
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
332
C. LARROUMET, op. cit., p. 600.
333
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
334
In questi termini giudica, ad es., prima del revirement del 1911, App. Paris, 9 novembre 1909,
in Rec. Dalloz, 1911, II, p. 357 (I espèce), il quale risarcisce sulla base dell’art. 1384, comma 1, il dan-
no subito da un passeggero a causa della caduta da un vagone, provocata dall’apertura improvvisa di
una portiera del treno. Sul punto v., altresì, App. Besançon, 15 décembre 1909, ivi, 1911, II, p. 357
(II espèce).
46 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
339
ancor prima che la stessa venga definitivamente accolta (nel 1911) dalla Cas-
sazione francese. La Corte d’appello di Genova sottolinea come l’obbligazione
di sécurité sia un elemento essenziale del contratto di trasporto di persone:
«l’amministrazione delle ferrovie assume, per forza di cose, parallelamente al-
l’obbligazione di trasportare il viaggiatore, quella di salvaguardarlo contro gli
incidenti». L’azione di risarcimento del danno «non può non essere contrat-
tuale e commerciale poiché il litigio riposa sull’esecuzione difettosa del con-
340
tratto» . Anche la Cassazione romana ribadisce la medesima convinzione:
«l’oggetto del trasporto comprende in sé l’obbligo del vettore di salvaguardare
l’integrità fisica della persona», poiché tale obbligazione «è inseparabile dal
341
contratto di trasporto propriamente detto» . Il giudice «non può dubitare
che il contratto di trasporto implichi virtualmente l’obbligazione, per il vetto-
342
re, di garantire la sicurezza del viaggiatore» .
Sulla scia del successo ottenuto dall’obbligazione contractuelle de sécurité
nelle esperienze giuridiche dell’area, la giurisprudenza francese estende pro-
gressivamente e con rapidità tale istituto, dapprima, all’intero settore del tra-
sporto di persone, qualunque sia il metodo di locomozione utilizzato, succes-
sivamente ai contratti considerati “analoghi” al trasporto e, infine, a fattispecie
del tutto distinte. La tesi della responsabilità del vettore fondata sulla promes-
343
sa contrattuale di condurre il viaggiatore sano e salvo a destinazione inizia a
344 345 346 347
coinvolgere vetture a cavalli , ferrovie d’interesse generale e locale , tram ,
348 349 350 351 352
metropolitane , taxi , autocarri ed autobus , barche e persino aerei .
In tale ultimo campo, tuttavia, l’obbligazione di sicurezza del vettore è spesso
resa inefficace dal gioco delle clausole di esonero dalla responsabilità. La legge
del 31 maggio 1924 indica «essa stessa in quali circostanze queste possono es-
339
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit., spec. in nota 44, ricorda che è lo stesso Josserand a citare, ma sen-
za indicare il luogo di pubblicazione, una sentenza della Corte di Cassazione di Napoli del 25 maggio
1895.
340
Cfr. App. Gênes, 27 avril 1900, in Rec. Sirey, 1901, IV, p. 5.
341
Cass. Rome, 1 mars 1913, in Rec. Sirey, 1913, p. 19 (I espèce).
342
Cass. Rome, 29 mars 1913, in Rec. Sirey, 1913, p. 19 (II espèce).
343
Testualmente, R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 7.
344
Ad es., Req., 28 juin 1916, in Rec. Sirey, 1922, I, p. 324.
345
Cfr. Cass. civ., 28 mars 1922, in Rec. Dalloz, 1923, I, p. 209 (I espèce); Cass. civ., 28 février
1923, ivi, 1923, I, p. 209 (VII espèce); Cass. civ., 9 mars 1942, in Gaz. Pal., 1942, I, p. 206.
346
Req., 29 juillet 1947, in Rec. Sirey, 1947, I, p. 199.
347
Cass. civ., 6 février 1917, in Rec. Sirey, 1922, I, p. 324; Cass. civ., 7 mai 1946, in Rec. Dalloz,
1946, p. 324; Cass. civ., 21 décembre 1949, ivi, 1950, p. 242.
348
App. Paris, 15 juin 1943, in Gaz. Pal., 1943, II, p. 207.
349
Req., 31 juillet 1922, in Rec. Sirey, 1923, I, p. 324 (III espèce); App. Paris, 14 décembre 1970,
in Sem. jur., 1971, IV, p. 153; App. Aix en Provence, 8 octobre 1963, in Rec. Dalloz, 1964, Jur., p. 206.
350
Cass. civ., 20 avril 1942, in Rec. Dalloz, 1942, Jur., p. 127; Cass. civ., 19 janvier 1965, ivi, 1965,
Jur., p. 257; Cass. civ., 15 juillet 1975, in Sem. jur., 1976, II, 18418; App. Paris, 17 décembre 1974, in
Rec. Dalloz, 1975, Jur., p. 521.
351
App. Grenoble, 15 mars 1921, in Rec. Dalloz, 1922, II, p. 25, con il commento di A. ROUAST.
352
Cfr. la giurisprudenza citata da R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 7, in nota 41.
48 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
353
sere utilmente inserite nel contratto di trasporto aereo di passeggeri» . Ma di
là da tali ipotesi, l’obbligazione contractuelle de sécurité resta, «per gli aerei co-
sì come per tutti gli altri mezzi di locomozione, la legge del trasporto di viag-
354
giatori» . L’art. 17 della Convenzione di Varsavia sui trasporti aerei interna-
zionali ribadisce la soluzione della giurisprudenza francese, collocando in am-
bito contrattuale la responsabilità del vettore per i danni «sopravvenuti in caso
di morte, di ferite o di ogni altra lesione corporale subita dal viaggiatore […]».
La decisione della Cassazione del 21 aprile 1913, tuttavia, oltre a ribadire la
figura dell’obbligazione determinata di sécurité nell’ambito del trasporto di
persone, si spinge ben oltre il leading case del 1911, poiché estende al vettore
il regime di responsabilità contrattuale pur in assenza della stipula di un con-
tratto tra l’agente postale e la Compagnia ferroviaria. Questa «non aveva rila-
355
sciato un biglietto, ma soltanto una carta d’identità» che consentiva la libera
circolazione all’interno del treno, in virtù dell’art. 56, § 1, del capitolato delle
compagnie ferroviarie, secondo il quale: «Per ciascun treno passeggeri e merci
circolante […], la Compagnia sarà tenuta a riservare gratuitamente due com-
partimenti speciali di una vettura di seconda classe, o uno spazio equivalente,
356
per ricevere le lettere, i dispacci e gli agenti necessari al servizio delle poste» .
In presenza di una scienza giuridica che non aveva ancora risolto il problema
del trasporto gratuito in chiave contrattuale (v., ad es., l’art. 1681, comma 3,
c.c. it.), distinguendo tale problematica dal trasporto amichevole terrestre,
l’autorevole annotatore, al fine di giustificare l’inedita soluzione, richiama la
357
figura della «stipulazione nell’interesse dei suoi agenti» mediante la quale
l’Amministrazione postale ha, tacitamente, «concluso per essi un contratto di
358
trasporto» . L’invenzione giurisprudenziale appare sicuramente pregnante poi-
ché consente di applicare al trasporto di persone «non le regole del quasi de-
359
litto, bensì quelle dell’inadempimento» , anche in assenza di un contratto di-
rettamente concluso tra il vettore e il danneggiato, ma in presenza di un rap-
porto giuridicamente rilevante che obbliga il debitore della prestazione di tra-
sportare a risarcire il danno subito da un “terzo” che non è stato parte del
contratto.
Nel caso di specie, quindi, la Cassazione costruisce un fenomeno ben più
complesso della mera obbligazione determinata di sécurité. Essa, di regola,
viene inserita, sia pure implicitamente, in un contratto stipulato tra il vettore e
il passeggero, quale obbligazione “accessoria” all’obbligazione di trasportare.
Nel caso deciso dalla Suprema corte nell’aprile del 1913, mancando un con-
353
Lo riferisce R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 7.
354
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
355
Lo sottolinea L. SARRUT, Note a Cass., 21 avril 1913, cit., p. 249.
356
Il testo di tale articolo è riprodotto in L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
357
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
358
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
359
Così, L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 49
368
sarcitorie , con riguardo, soprattutto a quelle fatte valere dai cc.dd. danneg-
giati par ricochet o par réfléchi. Il sistema di Deliktsrecht, quindi, viene ispirato
al principio della piena libertà d’azione di ogni persona (fisica e giuridica), con
il solo limite del comportamento antigiuridico espresso nelle forme del dolo e
della colpa.
Così, il § 823, comma 1, BGB è redatto sulla base dell’Enumerationsprin-
369
zip : obbligato al risarcimento del danno è soltanto colui che violi, antigiuri-
dicamente, la vita, la persona, la salute, la libertà, la proprietà o ogni «altro» o
«diverso diritto» (sonstiges Recht) stabilito dalla legge. Quest’ultima espres-
370
sione, limitata ai diritti soggettivi assoluti , non ha consentito di considerare
risarcibili le lesioni del patrimonio in quanto tale. Pertanto, i danni puramente
economici (reine Vermögensschäden) sono risarcibili non in sé, ma in quanto
rappresentino la conseguenza (danno-conseguenza) della lesione (danno-evento)
371
inferta ai beni giuridici esplicitamente contemplati (dal comma 1 del § 823) .
Questo sistema, eccessivamente restrittivo, è corretto dal comma 2 del §
823. La responsabilità delittuale è estesa, oltre la lesione dei diritti assoluti, ad
ogni violazione colpevole di una norma che miri alla tutela dell’interesse di un
soggetto. Se, in base a tale legge, una sua violazione è possibile anche in assen-
za di colpa, «l’obbligo al risarcimento sorge soltanto in caso di colpa». Con
questa disposizione viene sanzionata la violazione delle norme di protezione
(Schutzgesetze) sia di diritto privato, sia di diritto pubblico, ed in particolare di
diritto penale, che, secondo il loro contenuto e scopo, mirano a proteggere
non soltanto l’interesse generale, ma anche gli interessi particolari del singolo
372
o di una determinata categoria di persone . Ma l’applicazione di questo testo
373
ha creato non pochi problemi alla dottrina e alla giurisprudenza tedesche .
Da un lato, non tutti i beni o interessi sono risultati meritevoli di tutela: la
norma è stata applicata soltanto per risarcire i danni relativi a quei pericoli che
374
la legge, secondo la sua ratio, mirava ad eliminare o ad impedire . Dall’altro,
la stessa determinazione delle norme di protezione ha rappresentato un pro-
368
Aspetto, questo, posto in evidenza da autorevole dottrina: cfr., ad es., K. LARENZ, C.W. CA-
NARIS, Lehrbuch des Schuldrechts, II, München, 1994, p. 75; D. MEDICUS, Schuldrecht, II, Besonderer
Teil, X, München, 2000, p. 365 ss.
369
Per tutti, C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., pp. 567 ss., 593 ss.
370
Sono, infatti, risarcibili «tutti quegli interessi che l’ordinamento tutela erga omnes» (per tutti,
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 287).
371
Ad esempio, se un imprenditore, eseguendo lavori di scavo, danneggia i cavi dell’alta tensione
e taglia la corrente elettrica ad un’industria, non sarà tenuto al risarcimento là dove il danno sia consi-
stito nell’arresto degli impianti e nell’interruzione della produzione (essendo, questo, un danno sol-
tanto economico). Il risarcimento sarà dovuto, invece, qualora il black out abbia causato danni ai beni
prodotti, trattandosi, in questo caso, di un danno alla proprietà (K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc.
cit.).
372
Testualmente, K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 289.
373
Per un esame delle problematiche poste dal comma 2 del § 823 BGB, cfr. C.W. CANARIS, op.
cit., p. 569 ss.
374
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 51
blema di non facile soluzione, non individuando il comma 2 del § 823 alcun
parametro preciso in materia. La dottrina ha considerato oscura tale previsio-
ne e la giurisprudenza la ha applicata in maniera assai contenuta. Non è stata
ritenuta sufficiente la considerazione secondo la quale ogni norma di diritto
pubblico ha in sé lo scopo di tutelare, seppur in termini generali, ciascun sog-
getto, ma si è richiesto che la norma violata avesse ad oggetto specifico la pro-
tezione degli interessi individuali della persona e delle loro situazioni soggetti-
375
ve . L’esclusione delle norme riguardanti la tutela di beni appartenenti alla
generalità dei soggetti ha indotto a ravvisare la norma di protezione quasi esclu-
sivamente in presenza di una fattispecie penale, soprattutto con riferimento ai
reati di frode, truffa ed estorsione. In presenza di un difficoltoso e lento am-
376
pliamento ad altre norme di diritto amministrativo e di diritto privato , do-
vuto alla scarsa chiarezza del testo ed all’assenza di parametri utili per l’inter-
prete nell’individuazione delle norme di protezione, la giurisprudenza ha uti-
lizzato il comma 2 del § 823 come una specie di duplicato del comma 1, appli-
candolo, cioè, soltanto in presenza di lesioni fisiche o di danni patrimoniali
comunque risarcibili ai sensi del comma 1 del § 823 del BGB. Se, ad esempio,
le norme penali relative all’offesa e alla diffamazione sono state qualificate
come “norme di tutela” (ai sensi del comma 2 del § 823), il diritto “generale”
377
della personalità (allgemeine Persönlichkeitsrecht) e il diritto al rispetto della
propria attività imprenditoriale, ove organizzata e in esercizio (Recht am ein-
gerichteten und ausgeübten Gewerbebetrieb), che ha consentito di risarcire le
azioni illegittime di boicottaggio, hanno trovato collocazione, quali “ulteriori
378
diritti”, proprio nel comma 1 del § 823 .
Il sistema di responsabilità delittuale trova un ulteriore correttivo nella
379
“clausola generale” di cui al § 826 BGB, che obbliga al risarcimento dei
danni «chiunque cagioni intenzionalmente un danno ad altri, agendo in modo
contrario al buon costume». Con riguardo a questo testo, la giurisprudenza ha
elaborato una serie di casi tipici nei quali il danneggiante può assumere una
condotta sleale, contrastante con il senso di correttezza corrente nella sfera
380
delle persone coinvolte . Non si richiede che l’agente abbia progettato scien-
temente di causare il danno, ma è sufficiente che questi abbia riconosciuto la
possibilità che il danno si verificasse, dimostrando acquiescenza nei suoi ri-
375
Cfr. H. KÖTZ, Deliktsrecht, VIII ed., Berlin, 1998, pp. 33 ss., 72 ss.; K. ZWEIGERT, H. KÖTZ,
op. cit., p. 289 s.
376
Cfr., per tutti, O. PALANDT, Bürgerliches Gesetzbuch, München, 2003, sub § 823, p. 145 ss.
377
Su tale figura, introdotta nel 1954 da una storica sentenza del Bundesgerichtshof, K. LARENZ,
Das «allgemeine Persönlichkeitsrecht» im Recht der unerlaubten Handlungen, in Neue jur. Wochen-
schr., 1955, p. 521 ss. Per un’applicazione in tema di tutela della persona avverso le immissioni, H.
FORKEL, Immissionsschutz und Persönlichkeitsrecht. Eine privatrechtliche Untersuchung, Köln-Berlin-
Bonn-München, 1968, p. 44 ss.
378
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., pp. 291-293.
379
In questi termini, K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 318.
380
Testualmente, K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 290.
52 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
381
guardi . Ma l’esplicita limitazione all’illecito doloso e la difficoltà di indivi-
duare un’univoca nozione di contrarietà al buon costume, ravvisata ora alla
stregua dei criteri di valore universalmente accolti nell’ambito sociale in cui si
382 383
è verificato il caso , ora sulla base dei principi iscritti nella Costituzione ,
non hanno consentito di estendere considerevolmente l’area dei danni risarci-
bili. Richiedendosi una violazione particolarmente grave del buon costume, il
risarcimento delle perdite puramente economiche è stato concesso quasi sem-
384
pre in casi eccezionali .
La previsione di un sistema di responsabilità delittuale eccessivamente libe-
rale riguardo alle condotte illecite caratterizzate da mera negligenza trova, poi,
un’ulteriore conferma nella disciplina della responsabilità del preponente per i
danni provocati dal proprio preposto. Il § 831 BGB, dopo aver affermato, in
generale, l’obbligo risarcitorio di colui che «assume una persona come com-
messo» per i danni da questi illecitamente causati a terzi nell’esercizio delle
proprie mansioni, esonera il preponente dalla responsabilità se egli ha osserva-
to la diligenza necessaria secondo gli usi nella scelta del dipendente, o se i
danni si sarebbero verificati anche con l’osservanza di tale diligenza. Con que-
sto testo, il codice tedesco recepisce il «dogma del diritto comune» che, elabo-
rato sulla base di un’immaginaria riflessione sulle fonti del diritto romano, an-
cora la responsabilità del preponente sul principio di colpevolezza, «inteso co-
385
me fondamento etico della disciplina dell’atto illecito» : «non è il danno che
obbliga al risarcimento [...], ma la colpa – un principio semplice, tanto sem-
plice come quello del chimico, per cui non è la luce che brucia, bensì l’ossige-
386
no che è nell’aria» . Tale regola, invece, rappresentava «una vera e propria
387
invenzione della Pandettistica» , non avendo, i Romani, conosciuto e regola-
to in via generale il problema della responsabilità per fatto altrui. Là dove,
poi, la responsabilità di determinati soggetti era stata dichiarata in conseguen-
za della condotta dei propri ausiliari, ciò era avvenuto «di regola senza tenere
in considerazione la loro colpa, dal momento che l’attribuzione della colpa al-
trui era di volta in volta fondata su ragioni di ordine diverso per ogni singolo
388
caso» .
L’esigenza di fondare il sistema dell’illecito delittuale sul principio di col-
pevolezza allontana ancora una volta il diritto tedesco da quello francese che,
invece, conosce in materia una regola di responsabilità oggettiva extracontrat-
381
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc. ult. cit.
382
G. BRÜGGEMEIER, Deliktsrecht, Baden-Baden, 1986, p. 495 ss.
383
K. LARENZ, C.W. CANARIS, Lehrbuch des Schuldrechts, II, cit., p. 78.
384
L. LAMBO, Obblighi di protezione, cit., p. 49.
385
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., pp. 327 e 326.
386
La nota espressione di R. VON JHERING, Das Schuldmoment im römischen Privatrecht, 1967,
40, è citata da K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 326.
387
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc. ult. cit.
388
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 53
389
tuale (ma anche contrattuale) per il fait d’autrui, disponendo, fin dall’entrata
in vigore del Code Napoléon, che «Si è responsabili» anche per il danno «che è
causato dal fatto delle persone delle quali si deve rispondere» (art. 1384,
comma 1, Code civil). Nella specie, «Les maîtres et les commettants» sono re-
sponsabili per il danno causato dai propri domestici e preposti nell’esercizio
delle funzioni «auxquelles ils les ont employés» (art. 1384, comma 5). Norma,
poi, tradotta e riproposta nel nostro art. 2049 c.c., là dove dispone che «I pa-
droni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito
dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adi-
biti». Malgrado l’atteggiamento conservativo della nostra giurisprudenza, che,
390
prestando un omaggio puramente formale alla teoria della colpa, preferisce
ancora discorrere di una presunzione iuris et de iure di responsabilità fondata
391
sulla culpa in eligendo o in vigilando , l’impossibilità, per i padroni e commit-
tenti, di esperire la prova liberatoria induce la migliore dottrina a ravvisare sia
un autonomo criterio d’imputazione, diverso e parallelo rispetto a quello della
392
colpa , sia una regola di responsabilità oggettiva per il fatto altrui, che trova
il suo fondamento nell’esigenza di prevenire i danni e di assicurarsi contro il
393
rischio degli incidenti causati nell’esercizio della propria attività d’impresa .
Sottoponendo il preponente ad una strict liability «lo si incentiva a scegliere
un livello di attività compatibile con le esigenze generali di sicurezza, e quindi
394
più efficiente in termini di overall order» , là dove la prova dello standard di
due care lo spingerebbe a disinteressarsi dell’aumento generalizzato del rischio
395
di incidenti provocato dalla propria attività d’impresa .
Tuttavia, seppur in tema di rapporto obbligatorio, anche il diritto tedesco
conosce una regola che non accorda al preponente alcuna prova liberatoria. Il
§ 278 BGB, nel disciplinare la responsabilità per il fatto illecito degli ausiliari,
dispone che il debitore deve rispondere della condotta colposa o dolosa del
suo rappresentante legale o delle persone delle quali si avvale per adempiere
alle proprie obbligazioni nella stessa misura nella quale risponde di una pro-
389
Lo precisano, con ampie citazioni dottrinali e giurisprudenziali, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les
conditions, cit., pp. 914 ss., 1036 ss. Sul punto, P. JOURDAIN, La responsabilité du fait d’autrui à la
recherche de ses fondements, in Études à la mémoire de Christian Lapoyade Deschamps, Paris, 2003,
pp. 67 ss., 79 ss.; P. BRUN, Le nouveau visage de la responsabilité du fait d’autrui, ivi, pp. 105 ss., 113 ss.
390
Così, G. VISINTINI, La responsabilità civile nella giurisprudenza, Padova, 1967, p. 359 ss.
391
Ad es., Cass., 29 ottobre 1970, n. 2256, in Rep. Foro it., 1971, voce Responsabilità civile, c.
2542, n. 144; Cass., 3 agosto 2001, n. 10705, ivi, 2001, voce cit., n. 238. Anche secondo C.M. BIAN-
CA, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, p. 731, la presunzione assoluta di colpa, che non
consente al responsabile alcuna prova contraria, si rivela come una formula che «inserisce artificio-
samente nella norma un presupposto che le è irrilevante».
392
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, p. 148 ss.
393
In questi termini, l’insegnamento di P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano,
1961, p. 87 ss.
394
Testualmente, P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 979, il quale cita, sul punto, S.
SHAVELL, Economic Analysis of Accidents, Cambridge M.a., 1987.
395
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
54 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
pria condotta colposa o dolosa. La giurisprudenza, sulla scia della dottrina de-
gli obblighi di protezione (Schutzpflichten), tenderà a prendere in considera-
zione il “rapporto particolare” che nasce dall’esecuzione del contratto, quale
396
strumento tipico preordinato a soddisfare gli interessi delle parti . Anche al
fine di evitare che il preponente possa esonerarsi dall’obbligo risarcitorio di-
mostrando la “diligenza necessaria secondo gli usi” nella scelta del preposto,
ovvero che i danni si sarebbero comunque prodotti con l’osservanza di tale
diligenza (ai sensi del § 831 BGB), le Corti iniziano ad applicare la più ampia
397
regola di cui al § 278, perché destinata anche all’ausiliario indipendente , in
ipotesi nelle quali l’“inadempimento” ha ad oggetto obblighi altri rispetto a
quelli oggetto della prestazione. Secondo un’autorevole dottrina, la disposi-
zione di cui al § 831 BGB, «dubbia da un punto di vista di politica del dirit-
to», ha potuto continuare a mantenersi in vigore nel BGB proprio grazie a
quegli orientamenti delle Corti che «hanno riconosciuto in via contrattuale il
risarcimento del danno, ancorché l’incidente subito dall’attore fosse da ricon-
398
durre ad una violazione del dovere generale del neminem laedere» . Avendo
collocato le varie fattispecie nell’area della responsabilità contrattuale, si è esclu-
sa, per il convenuto, la possibilità di fornire la prova liberatoria ex § 831. Il
preponente è stato giudicato responsabile non soltanto per l’inesatto adempi-
mento degli obblighi di prestazione, ma anche, in qualità di “controparte con-
trattuale”, per l’inosservanza delle regole di sicurezza da parte dei suoi ausilia-
ri (§ 278 BGB), che la giurisprudenza ha “paragonato” (equiparandola) «ad
399
una violazione positiva del contratto» . In particolare, gli obblighi di prote-
zione sono stati richiamati soprattutto nella fase delle trattative, estendendo,
400
in tal modo, sensibilmente la fattispecie della culpa in contrahendo . Così il
cliente di una concessionaria di automobili, che sia scivolato sul pavimento
mentre stava osservando i diversi modelli in vendita, senza che i dipendenti
avessero preventivamente esposto un cartello con il quale si avvertiva che il
pavimento era stato di recente lucidato, può chiedere il risarcimento del dan-
no in via contrattuale, essendo il commerciante «obbligato nei suoi confronti»
anche «ad osservare le norme di sicurezza» negli spazi di vendita, non soltanto
nel momento della conclusione del contratto, «ma già con l’inizio delle tratta-
401
tive» . La violazione dell’obbligo reciproco di attenzione e diligenza «rende
396
Per tutti, C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., p. 576.
397
C.W. CANARIS, op. ult. cit., p. 804. Non condivide le soluzioni della dottrina e della giurispru-
denza che tendono a risolvere in chiave contrattuale problematiche che dovrebbero riguardare, con
maggiore pertinenza, la responsabilità extracontrattuale, C. VON BAR, The Common European Law of
Torts, I, Oxford, 1998, p. 184 ss. Sul punto v., altresì, F. WOLF, Lehrbuch des Schuldrechts, II, Beson-
derer Teil, Köln-Müchen, 1978, p. 361 ss.
398
Le espressioni tra virgolette sono di K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 331.
399
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc. ult. cit.
400
Sul punto, C. TURCO, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale, Milano, 1990, pp. 62
ss., 183 ss.
401
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 55
410
Cfr.: I, V, §§ 51 ss., 277 ss., 360 ss., IX, § 879 ss. ALR.
411
F. MOMMSEN, Beiträge zum Obligationenrecht, I, Die Unmöglichkeit der Leistung in ihrem Ein-
fluß auf obligatorische Verhältnisse, Braunschweig, 1853, pp. 8 ss., 153 ss., 193 ss. e passim; ID.,
Beiträge zum Obligationenrecht, III, Die Lehre von der mora nebst Beiträgen zur Lehre von der Culpa,
Braunschweig, 1855, passim. Tale teoria, tuttavia, non era unanimemente accolta: cfr., infatti, G.
HARTMANN, Juristischer Casus und seine Prästation bei Obligationen auf Sachleistung insbes, beim
Kauf, in JherJb, 22, 1884, p. 417 ss.
412
B. WINDSCHEID, T. KIPP, Pandektenrecht, 1906, §§ 264 e 315.
413
L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 243 s. (e già F. WIEACKER, Gesetz und
Richterkunst, Karlsruhe, 1958, p. 519 s.), ove ricorda che sono stati i fondamentali studi di E. RABEL
(Die Unmöglichkeit der Leistung. Eine kritische Studie zum bürgerlichen Gesetzbuch, in Hommage à
Immanuel Bekker, Weimar, 1907, p. 171 ss.; ID., Origine de la règle “impossibilium nulla est obliga-
tio”, in Mélanges Gérardin, Paris, 1907, p. 473 s.) ad aver dimostrato come la teoria dell’impossibilità
non corrispondesse alla realtà del diritto romano e come il BGB avesse consacrato tale tesi soltanto
grazie al prestigio del Windscheid.
414
Sul punto, W. FIKENTSCHER, Schuldrecht, Berlin-New York, 1976, p. 229. Per un’efficace
quanto completa descrizione del sistema tedesco dell’inadempimento, cfr. A. DI MAJO, Clausole gene-
rali e diritto delle obbligazioni, in Riv. crit. dir. priv., 1984, p. 561 ss.; ID., voce Responsabilità contrat-
tuale, in Dig. Disc. priv., Sez. civ., XVII, Torino, 1998, p. 31 ss.
415
Una lucida sintesi della (previgente) disciplina dell’impossibilità è in R. FAVALE, Perturbative
dell’adempimento e Pflichtverletzung alla luce della riforma del diritto delle obbligazioni in Germania,
in Studi in memoria di Vincenzo Ernesto Cantelmo, a cura di R. Favale, B. Marucci, I, Napoli, 2003, p.
716 ss. Pone in evidenza le incongruenze di questo sistema di responsabilità, affermando come «i re-
ferenti di tale modello» fossero «più teorici e dogmatici che ispirati a realismo e ad una ragionevole
soluzione delle situazioni di conflitto», A. DI MAJO, La responsabilità contrattuale, cit., p. 40.
58 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
416
In questi termini, lo stesso H. STAUB, Die positiven Vertragsverletzungen, Berlin, 1903, nella
traduzione di G. Varanese, con il titolo Le violazioni positive del contratto, Napoli, 2001, p. 48 (da qui
le ulteriori citazioni).
417
Le espressioni citate tra virgolette son tratte da K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 187.
418
Per tutti, E. RABEL, Zu den allgemeinen Bestimmungen über Nichterfüllung gegenseitiger Ver-
träge, in Gesammelte Aufsätze, III, Tübingen, 1967, p. 138; F. BYDLINSKI, System und Prinzipien des
Privatrechts, Wien-New York, 1996, p. 182, il quale esplicitamente parla di «Prinzip der Verantwor-
tung für nicht korrekte Erfüllung (für “Leistungsstörungen”)».
419
R. REISCHAUER, Der Entlastungbeweis des Schuldners. Ein Beitrag zum Recht der Leistungs-
störungen mit rechtsvergleichenden Bezügen, Berlin, 1975, p. 147 ss. e passim.
420
Lo afferma, sulla scia di H. KOZIOL, R. WELSER, Grundriß des Bürgerlichen Rechts, I, Allge-
meiner Teil und Schuldrecht, Wien, 1995, p. 268, R. FAVALE, Presentazione, in H. STAUB, Le violazio-
ni positive, cit., p. 16.
421
Così, R. FAVALE, op. loc. ult. cit. Per la dottrina svizzera, R.H. WEBER, in Berner Kommentar
zum schweizerischen Privatrecht, VI, Das Obligationenrecht, Bern, 2000, p. 64.
422
Testualmente, K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 212, dei quali sono le espressioni citate tra
virgolette.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 59
423
vista della politica del diritto , sia dall’angolo visuale della tecnica giuridica,
avendo tale idea «anche fallito in concreto» proprio per le sue «”pignole” di-
424
stinzioni» .
Le insufficienze teoriche e pratiche della disciplina tedesca sulle perturba-
tive dell’adempimento sono così evidenti che, quasi immediatamente dopo
l’entrata in vigore del BGB, un giurista tedesco non pandettista, Hermann
Staub, avvocato molto conosciuto soprattutto per i suoi Commentari in tema
425
di diritto commerciale , elaborando le Grundlagen delle violazioni positive del
contratto, considerate, a tutt’oggi, dalla dottrina tedesca come una delle più
426
importanti «scoperte» giuridiche del novecento , porrà le basi per la moder-
na teoria dell’obbligazione.
Considerato in Germania, forse con eccessiva enfasi, come lo scopritore
427
dell’inadempimento – non va dimenticato, infatti, che il diritto francese, at-
traverso la nozione onnicomprensiva di inexécution sottintendeva da circa un
secolo la figura dell’adempimento inesatto –, Hermann Staub pone a fonda-
mento della sua riflessione una considerazione elementare quanto essenziale,
che proprio l’attività di pratico aveva posto alla sua attenzione: il codice tede-
sco, nel prevedere specificamente il risarcimento per il danno provocato dal
ritardo (§ 286 BGB), non conteneva «un’analoga disposizione per le numerose
ipotesi in cui qualcuno viola un’obbligazione mediante condotta positiva, fa-
cendo qualcosa che dovrebbe omettere, oppure eseguendo la prestazione do-
428
vuta, ma in modo inesatto» . Egli rileva che in molti casi che si verificano
nella prassi si fuoriesce dalle ipotesi dell’impossibilità e del ritardo, poiché si
compie «qualcosa che non si sarebbe dovuto fare», oppure si esegue la presta-
429
zione, «ma in maniera difettosa» . Si pensi, ad esempio, a qualcuno che, im-
pegnandosi a non rivendere in Francia le lampade acquistate, lo fa comunque;
al commerciante che, senza provvedere all’adempimento degli obblighi d’in-
formazione, «fornisce ad altri una sostanza luminescente da lui prodotta» che
contiene sostanze esplosive le quali poi, deflagrando, causano all’acquirente
gravi danni; all’agente che, per negligenza, redige resoconti inesatti sulla sol-
423
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 183.
424
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 212.
425
Si pensi, infatti, ai suoi commentari: H. STAUB, Kommentar zur Allgemeinen Deutschen Han-
delsgesetzbuch, Berlin, 1894; ID., Kommentar zur Allgemeinen Deutschen Wechselordnung, Berlin,
1985; ID., Kommentar zum Gesetz betreffend die Gesellschaft mit beschränken Haftung, Berlin, 1903.
426
H. DÖLLE, Verhandlungen des 42. Deutschen Juristentag, II, 1957, p. 1 ss., ed E. SCHMIDT,
Nachwort, in occasione della ristampa dei contributi di R. VON JHERING, sulla culpa in contrahendo, e
di H. STAUB, sulle positive Vertragsverletzungen, Bad Homburg v.d. H.-Berlin-Zürich, 1969, p. 131.
Considera la teoria delle violazioni positive del contratto come una Spezialität del diritto tedesco, H.
STOLL, Notizen zur Neuordnung des Rechts der Leistungsstörungen, in JZ, 2001, pp. 589 e 593.
427
In proposito, H. HEINRICHS, Hermann Staub. Kommentator des Handelsrechts und Entdecker
der positiven Vertragsverletzung, in Deutsche Juristen jüdischer Herkunft, München, 1993, p. 385 ss.
428
H. STAUB, Le violazioni positive, cit., p. 39.
429
H. STAUB, op. ult. cit., p. 40.
60 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
vibilità del suo cliente; al soggetto che «lavora in modo continuativo per una
ditta concorrente, nonostante sia ravvisabile nella situazione concreta una gra-
ve violazione dell’obbligo»; al commesso che, per sua colpa, «vende largamen-
te al di sotto del prezzo di costo»; al principale che fornisce ad un suo com-
messo un’attestazione contenente referenze inesatte sull’attività lavorativa
430
svolta ; al bilancio che risulta falso perché compilato inizialmente in maniera
inesatta; al venditore che spedisce al compratore mele bacate che, successiva-
mente, contagiano le mele sane dell’acquirente, procurandogli un grave dan-
431
no , ecc. In questi casi, come in tanti altri, la violazione dell’obbligo non con-
432
siste in un’omissione, bensì in un’azione positiva . Ed era «senza dubbio de-
433
precabile constatare l’assenza di un principio generale» , nel BGB, che con-
sentisse di disciplinare queste ipotesi.
434
Staub contesta, quali espedienti più o meno artificiosi , le soluzioni che
nel frattempo erano state ipotizzate, tendenti a «forzare i fenomeni giuridici
nel letto di Procuste del testo legislativo, che conosce il risarcimento del dan-
no solo come conseguenza del ritardo imputabile o della colpevole impossibi-
435
lità della prestazione» . Da un lato esclude l’indebita generalizzazione del §
276 BGB, poiché il conditor iuris non aveva «voluto assolutamente proclamare
il principio secondo il quale rispondere per un’azione o un’omissione significa
436
dover risarcire il danno derivante dal comportamento positivo o negativo» .
437
Dall’altro, giudica «contorta e innaturale» la soluzione che tende a estende-
re il comma 1 del § 280 BGB (il quale dispone che «se la prestazione diviene
impossibile per una circostanza imputabile al debitore, questi deve risarcire al
creditore il danno cagionato dal mancato adempimento»), in quanto, ai sensi
di tale ricostruzione, non sarebbe la violazione in sé a produrre le conseguenze
giuridiche, «ma il fatto che il debitore, commettendo la violazione», si sarebbe
438
messo nella (fittizia) impossibilità di eseguire la prestazione .
Risultando impraticabili le soluzioni dettate specificatamente per l’impossi-
bilità e per il ritardo, Hermann Staub elabora, sulla base «dell’ovvia e inevita-
bile analogia del § 286 BGB», il «principio giuridico secondo il quale chi viola
colpevolmente un’obbligazione con un’azione positiva deve risarcire l’altra
439
parte del danno cagionato» . L’aggettivo positiven sta ad indicare la circo-
stanza che l’inadempimento trova il suo fondamento in un comportamento
430
Per queste ipotesi, testualmente, H. STAUB, op. ult. cit., p. 39.
431
H. STAUB, op. ult. cit., p. 45.
432
H. STAUB, op. ult. cit., p. 40.
433
H. STAUB, op. loc. ult. cit.
434
H. STAUB, op. ult. cit., p. 47.
435
H. STAUB, op. loc. ult. cit.
436
H. STAUB, op. ult. cit., p. 41.
437
H. STAUB, op. ult. cit., p. 43.
438
H. STAUB, op. loc. ult. cit.
439
H. STAUB, op. ult. cit., p. 48.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 61
440
positivo (Tun) del debitore . Ma la dottrina successiva s’interrogherà, soprat-
tutto con riferimento alla teoria degli obblighi del traffico (Verkehrspflichten),
anche sul rilievo delle condotte omissive nel settore della responsabilità aqui-
441
liana . La locuzione Vertragsverletzungen intendeva restringere il campo al
solo ambito contrattuale, escludendo dalla riflessione quegli altri rapporti obbli-
gatori che trovano la loro fonte, ad esempio, nella gestione di affari altrui o nel-
l’illecito delittuale. Ma ciò non impedirà alla scienza giuridica successiva di di-
442
scorrere di «violazione positiva del credito» (positive Forderungsverletzung) ,
443
o, più semplicemente, di violazione del credito (Forderungsverletzung) . Nel-
la sua ideazione originaria, è proprio il carattere “positivo” della condotta che
impedisce di applicare in via diretta il § 286, poiché, nelle ipotesi individuate
444
da Staub, si è «compiuto qualcosa che non si sarebbe dovuto fare» e non, al
contrario, non si è fatto qualcosa che si sarebbe dovuto fare. In analogia al §
286 BGB questo autore ravvisa, nel BGB, l’esistenza di un principio generale
secondo il quale «la conseguenza giuridica della violazione colpevole di un’ob-
bligazione consiste nell’obbligo di risarcimento del danno, a meno che questa
445
conseguenza giuridica non sia esclusa dalla legge» . Nei contratti di durata, poi,
il contraente non inadempiente ha diritto non soltanto al risarcimento dei dan-
ni, ma anche allo scioglimento del contratto, come disciplinato dal § 326 BGB.
Il «principio giuridico generale» in base al quale «colui che viola colpe-
volmente il proprio obbligo contrattuale è tenuto a risarcire il danno all’altra
446
parte» riguarda, però, non ogni violazione positiva di un diritto, ma soltanto
quegli «atti positivi di inadempimento, che compromettano il raggiungimento
447
dello scopo del contratto» . In questi casi, le conseguenze giuridiche di tali
violazioni devono essere valutate, sulla base dell’applicazione analogica del §
326 BGB, «come quelle violazioni di chi, con la propria condotta negativa,
pregiudica il raggiungimento dello scopo contrattuale attraverso il ritardo col-
448
pevole della prestazione dovuta» .
In ipotesi di violazioni contrattuali parziali, allorché, cioè, un contraente
440
Esclude, in proposito, che, nel pensiero di Staub, possa aver rilievo anche la condotta omissiva
(Unterlassen), R. FAVALE, Presentazione, cit., p. 14.
441
Per tutti, C. VON BAR, Verkehrspflichten. Richterliche Gefahrsteuerungsgebote im Deutschen
Deliktsrecht, Köln-Berlin, 1980, pp. 1 ss., 204 ss.; M. FUCHS, Deliktsrecht, Berlin-Heidelberg, 2006, p.
84 ss.
442
Così, tra i tanti, D. SCHWAB, Einführung in das Zivilrecht, Heidelberg, 1987, p. 347; K. LA-
RENZ, Lehrbuch des Schuldrechts, I, Allgemeiner Teil, München, 1976, p. 299; V. EMMERICH, in Mün-
chener Kommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch, 2, München, 1994, p. 724, nota 559. Considerano,
tuttavia, “infelice” l’espressione positive Forderungsverletzung, K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p.
190.
443
Autorevolmente, He. STOLL, Abschied von der Lehre, cit., p. 257.
444
H. STAUB, op. ult. cit., p. 40.
445
H. STAUB, op. loc. ult. cit.
446
H. STAUB, op. ult. cit., p. 63.
447
H. STAUB, op. ult. cit., p. 55.
448
H. STAUB, op. ult. cit., p. 55 s.
62 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
levare una pressoché unanime adesione della scienza giuridica germanica alla
tecnica ricostruttiva suggerita da Staub. Ma una parte della letteratura germa-
nica proporrà di risolvere il problema delle condotte omissive in ambito delit-
461
tuale, con la teoria degli obblighi del traffico (Verkehrspflichten) , sul piano
dell’antigiuridicità del comportamento, piuttosto che su quello della violazio-
462
ne degli obblighi di diligenza .
La dottrina delle violazioni positive del contratto introduce quell’amplia-
mento della struttura del rapporto obbligatorio che, oltre alla prestazione prin-
cipale (Hauptpflicht), convenuta nel contratto o stabilita dalla legge, conduce
463
all’individuazione di una serie di obblighi integrativi (Nebenpflichten) , sud-
464
divisi in obblighi d’informazione e, soprattutto, in obblighi di protezione
465
(Schutzpflichten) che, partecipando a completare lo scopo positivo dell’ob-
466
bligazione , proteggono l’interesse del creditore a non subire pregiudizi alla
propria persona e al patrimonio in conseguenza dell’attuazione del rapporto
obbligatorio. Si è rilevato, infatti, che nella teoria di Staub, il riferimento ai vi-
zi della cosa venduta comprende due distinte tipologie di danni: il danno-vizio
(Mangelschaden), consistente nella violazione dell’interesse alla prestazione, e
il danno conseguenza del vizio (Mangelfolgeschaden), rappresentato dalla le-
467
sione dell’interesse di protezione dell’acquirente . Quindi, già nella dottrina
delle positive Vertragsverletzungen può intravedersi quella prospettiva allarga-
ta del rapporto obbligatorio, inteso come Organismus o Gefüge, nel quale, ac-
canto all’obbligo di prestazione, sono rinvenibili una serie di obblighi che,
461
Ad es., C. VON BAR, Verkehrspflichten. Richterliche Gefahrsteuerungsgebote im Deutschen
Deliktsrecht, cit., pp. 1 ss., 204 ss.; M. FUCHS, Deliktsrecht, cit., p. 84 ss.; H.B. SCHÄFER, C. OTT,
Lehrbuch der ökonomischen Analyse des Zivilrechts, Berlin, 2005, pp. 168 ss., 291 ss.; B.S. MARKESINIS,
H. UNBERATH, German Law of Torts: A Comparative Treatise, Oxford, 2002, p. 86 ss.; C.W. CANARIS,
Schutzgesetz – Verkehrspflichten – Schutzpflichten, cit., pp. 567 e 593 ss.
462
Così, invece, C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 317, per il quale «Le Ver-
kehrspflichten altro non sono allora che la concretizzazione del dovere di diligenza in relazione al ge-
nere di situazione nella quale si svolga un’attività o si crei un pericolo».
463
Tuttavia, secondo R. FAVALE, Perturbative dell’adempimento, cit., p. 727, nelle intenzioni del
legislatore «la vicenda della violazione degli obblighi accessori doveva trovare composizione all’inter-
no del corpo dei fatti illeciti (§ 823 ss. BGB), ma in sede pratica è accaduto invece che il problema
fosse risolto entro l’area del contratto».
464
In giurisprudenza cfr., ad es., BGH, 20 novembre 1984, in NJW, 1985, p. 794, che decide un
caso di donazione di un mangime di patate ad un allevatore di animali, senza che lo stesso fosse av-
vertito della necessità di somministrare tale mangime in modica quantità (nella specie, tuttavia, il do-
nante beneficerà del regime di attenuazione della responsabilità previsto dal § 521 BGB per il con-
tratto di donazione, che limita la responsabilità alle ipotesi di dolo o colpa grave); BGH, 14 luglio
1993, ivi, 1993, p. 2808.
465
Su tale nozione, poi compiutamente elaborata da He. STOLL, Abschied von der Lehre von der
positiven Vertragsverletzung, cit., p. 288, già H. KRESS, Lehrbuch des Allgemeinen Schuldrechts, Mün-
chen, 1929, p. 5.
466
Così, He. STOLL, op. ult. cit., p. 299.
467
Testualmente, L. LAMBO, Obblighi di protezione, cit., p. 38, che, in proposito, cita il pensiero
di W. THIELE, Leistungsstörung, cit., p. 656.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 65
te, potrebbero essere protetti sulla base delle regole della responsabilità aqui-
liana. La violazione di obblighi che, pur non rientrando nell’oggetto principale
della prestazione, riguardano interessi comunque meritevoli di protezione da
parte dell’ordinamento, che risultano funzionali a realizzare lo scopo positivo
475
dell’obbligazione , integra un’ipotesi di adempimento inesatto e legittima la
controparte ad agire ai sensi della responsabilità contrattuale.
Approfondendo l’idea di Heinrich Stoll, la dottrina successiva ha proposto
numerose classificazioni: ora distinguendo gli “obblighi accessori” in virtù
della loro vicinanza alla prestazione (come Nebenleistungpflichten), da tutti gli
altri obblighi che, invece, riguardano la corretta attuazione del rapporto ob-
bligatorio e, quindi, la tutela dell’integrità della persona e dei beni delle parti
(gli obblighi di protezione, quindi, sarebbero parte della più generale figura
476
delle Nebenpflichten) . Ora, considerando poco chiara quest’ultima partizio-
ne, perché interamente fondata sul termine polisenso Nebenpflicht, si è propo-
sto di distinguere gli obblighi di prestazione (Leistungspflichten), sia primari,
sia secondari, dagli altri doveri di comportamento (weitere Verhaltenspflichten),
477
pur collegati ai primi, che si sostanziano in doveri di protezione e di lealtà .
478
La stessa figura della culpa in contrahendo, scoperta da Rudolf von Jhering ,
viene rielaborata come violazione degli obblighi di protezione dalla dottrina e
479
dalla giurisprudenza successive ad Heinrich Stoll . Le quali, ricollegando il rap-
porto di protezione alla trattativa precontrattuale e, in tal modo, evitando che
la qualifica espressa in termini di “accessorietà” (proprio da H. Stoll) rispetto
all’obbligo di prestazione rischiasse di limitarne l’autonomia alla connessione
480
con questo , hanno significativamente spostato la teoria delle Schutzpflichten
nelle fasi anteriori alla conclusione del contratto e all’esecuzione della prestazio-
481
ne. In tal modo la clausola di buona fede prevista dal § 242 BGB , a volta a
volta precisata con specifici riferimenti a posizioni costituzionalmente protet-
te, ha operato in funzione ora integrativa, ora correttiva, ora di controllo degli
interessi inerenti al rapporto obbligatorio, consentendo di adeguare costante-
mente il diritto tedesco alle nuove esigenze poste dal divenire della società.
475
He. STOLL, op. ult. cit., p. 299.
476
Cfr., ad es., J. ESSER, E. SCHMIDT, Schuldrecht, I, Allgemeiner Teil, Heidelberg, 1995, pp. 39
ss. e passim.
477
Per tutti, K. LARENZ, Lehrbuch des Schuldrechts, I, cit., p. 9 ss.
478
In questi termini, C. CASTRONOVO, voce Obblighi di protezione, cit., p. 1 ss. La celeberrima
opera di R. VON JHERING, Culpa in contrahendo oder Schadensersatz bei nichtigen oder nicht zur Per-
fection gelangten Verträgen, in Jherings Jahrbücher, IV, 1861, p. 1 ss., considerata ancora oggi come
una tra le “scoperte” più importanti del Novecento nel campo del diritto delle obbligazioni (E. SCHMIDT,
op. loc. ult. cit.), può essere letta nella trad. it. curata da F. Procchi, con il titolo Della culpa in contrahen-
do ossia del risarcimento del danno nei contratti nulli o non giunti a perfezione, Napoli, 2005, passim.
479
C.W. CANARIS, Ansprüche wegen «positiver Vertragsverletzung», cit., p. 475.
480
Cfr. C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 550.
481
Una disamina delle funzioni svolte dalla clausola di buona fede è in P. GALLO, Buona fede og-
gettiva e trasformazioni del contratto, in Riv. dir. civ., 2002, I, p. 239 ss.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 67
del contratto a favore di terzi (§ 328 BGB), ritenendo che essi, proprio nella
qualità di terzi ex § 328 BGB, abbiano acquisito direttamente il diritto di pre-
tendere dal vettore l’esatto adempimento della prestazione di trasportare. Un
trasporto effettuato con diligenza e in assenza di pericoli richiede che i pas-
seggeri siano condotti incolumi a destinazione, senza dover riportare lesioni
alla propria integrità fisica. Il conducente, proprio sulla scia dell’interpreta-
489
zione introdotta da Staub , è considerato ausiliare del vettore, e questi è giu-
dicato responsabile del danno sulla base dell’estensione delle regole della re-
sponsabilità contrattuale sub § 278 BGB, senza potersi avvalere della prova
liberatoria di cui al § 831 BGB.
In altri casi relativi al contratto di trasporto, il Reichsgericht non segue que-
sta soluzione, preferendo ravvisare la fonte dell’obbligazione risarcitoria nel
modello riconducibile alla Drittschadensliquidation. Un medico danneggiato
nel corso del trasporto, non potendo agire, in quanto terzo, direttamente nei
confronti del vettore, chiede il risarcimento del danno al creditore dell’obbliga-
zione di trasportare, un istituto religioso, il quale ha stipulato sia il contratto di
490
trasporto, sia il contratto con il sanitario . L’istituto, a sua volta, potrà rivalersi
nei confronti del vettore per non aver garantito la sicurezza del trasportato. Mal-
grado le affinità tra i due istituti e, soprattutto, le possibili reciproche interferenze,
la dottrina tende a porre in evidenza la specifica “ragion d’essere” di entram-
491
bi , sottolineando come il risarcimento del danno del terzo (Drittschadensli-
quidation) si caratterizzi per la mera finalità di «consentire a chi ha subito danno
ma non è legittimato ad agire nei confronti del danneggiante, di ottenere il ri-
sarcimento mediante un’azione esercitata da colui che è legittimato ad agire ma
492
non ha subito danno» . Tale istituto, quindi, avrebbe come obiettivo la sola
compensazione di un trasferimento del danno, senza aumento del rischio a ca-
rico del danneggiante, mentre nel contratto con efficacia protettiva tale rischio
493
aumenterebbe a seguito dell’estensione della responsabilità verso terzi . Ma
la partizione tra i due istituti appare meno evidente in un periodo in cui la giuri-
sprudenza non distingue ancora (come accade proprio in queste prime sentenze
in tema di trasporto) con consapevolezza gli obblighi di prestazione da quelli
di protezione, racchiudendo il fenomeno dell’estensione degli effetti “protetti-
vi” sulla base dell’applicazione dell’istituto del contratto a favore di terzi.
489
H. STAUB, op. cit., pp. 70 e 71.
490
Per questo caso, c.d. Klosterfall, cfr. RG, 18 novembre 1915, in RGZ, 87, 1916, p. 289. Sul
punto, R.-A. HIRTH, Die Entwicklung der Rechtsprechung zum Vertrag mit Schutzwirkung zugunsten
Dritter in ihrer Bedeutung für den Ausgleich von Drittschäden im Zahlungsverkehr, Berlin, 1991, p. 19 s.
491
Sul punto, H. BERG, Verträge mit Drittschutzwirkung und Drittschadensliquidation, in JuS,
1977, pp. 363 e 366; ID., Zur Abgrenzung von vertraglicher Drittschutzwirkung und Drittschadensli-
quidation, in NJW, 1978, p. 2018 ss.; G. RIES, Grundprobleme der Drittschadensliquidation und des
Vertrages mit Schutzwirkung für Dritte, in JA, 1982, p. 453.
492
La pregevole sintesi è di C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 236.
493
C.W. CANARIS, Die Produzentenhaftpflicht in dogmatischen und Rechtspolitischer Sicht, in JZ,
1968, p. 499; P. SCHWERDTNER, Verträge mit Schutzwirkung für Dritte, in Jura, 1980, p. 493 ss.
70 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
stata considerata una conseguenza della violazione, da parte della società statale
500
delle ferrovie, dell’obbligo di assumere le opportune misure di disinfezione .
Nel corso della controversia, il giudice del merito non aveva accolto la do-
manda degli attori poiché, avendo qualificato la responsabilità come extracon-
trattuale, ed avendo accertato che il precedente conduttore non aveva infor-
mato l’ente ferroviario della malattia della moglie, aveva considerato valida-
mente esperita la prova liberatoria ex § 831 BGB, che esonerava dalla respon-
sabilità il preponente che aveva dimostrato di aver osservato l’ordinaria dili-
genza richiesta dai traffici.
Il Reichsgericht, invece, perviene all’opposta conclusione ravvisando, tra il
locatore (l’ente ferroviario statale) e il conduttore, un vero e proprio rapporto
obbligatorio “di protezione”, fondato sia sui principi ricavabili dal diritto
amministrativo per altre categorie di dipendenti pubblici, sia, specificamente,
sul § 618 BGB, che dispone che il gestore di servizi debba predisporre i locali
e l’attrezzatura eventualmente necessaria in modo che l’obbligato sia protetto
contro il pericolo per la vita e per la salute, pur nei limiti consentiti dalla natu-
501
ra dei servizi da prestare . La Suprema Corte, nel citare una precedente deci-
sione nella quale si era consentito al conduttore di agire nei confronti del loca-
tore ai sensi del § 538 BGB per i danni subiti dal congiunto a causa delle pre-
502
carie condizioni dell’abitazione locata , con questa sentenza riconosce allo
stesso familiare ammalato (terzo) il diritto di agire direttamente ex contractu
503
nei riguardi del locatore . L’estensione degli effetti “a favore” del terzo è pur
sempre giustificata, tecnicamente, sulla base del § 328 BGB, ma il Reichsgericht
precisa, con chiarezza, che nello stipulare un contratto di locazione, i familiari
che vivono con il locatario acquistano gli stessi “diritti di protezione” di que-
504
st’ultimo in ordine alla salubrità dell’alloggio , pur senza acquisire alcun ob-
bligo primario di prestazione. La scomposizione tra gli obblighi di prestazione
e quelli di protezione consente di includere soggetti terzi nella sfera del con-
tratto di locazione, sia pur limitatamente a questi ultimi. La conferma di que-
505
sto orientamento in successive decisioni , nelle quali si ribadirà la responsa-
500
Sottolinea il ruolo centrale assunto da questa decisione nella storia del contratto con effetti di
protezione per terzi, M. PLÖTNER, Die Rechtsfigur des Vertrags mit Schutzwirkung für Dritte und die
sogenannte Expertenhaftung, Berlin, 2003, p. 24.
501
Sulla rilevanza assunta dal § 618 BGB nell’elaborazione del Vertrag mit Schutzwirkung für
Dritte, v., per tutti, C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., pp. 803 e 828.
502
RG, 4 ottobre 1911, cit., p. 101. Il § 538 BGB, nel suo enunciato allora vigente, disponeva che
se il bene locato fosse affetto da un vizio, preesistente o successivo alla conclusione del contratto ed
imputabile al locatore, efficiente ad eliminare o a diminuire l’idoneità dello stesso all’uso prestabilito,
il conduttore poteva pretendere il risarcimento del danno per inadempimento in luogo della riduzio-
ne del canone pattuito.
503
RG, 5 ottobre 1917, cit., p. 24.
504
RG, 5 ottobre 1917, cit., p. 24.
505
RG, 21 febbraio 1921, in WarnRspr, 1921, p. 114 s.; RG, 3 giugno 1921, in RGZ, 102, 1921, p.
231, là dove il locatore è condannato a risarcire, alla moglie del conduttore che era sopravvissuta, i
4.
72 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
bilità diretta del locatore per la dannosità della cosa locata, s’inquadra in quel-
la unitaria aspirazione all’ampliamento della sfera appartenente alla responsa-
bilità contrattuale, che trascende l’esigenza specifica che sta alla base dell’ap-
506
plicazione del § 278 anziché del § 831 BGB .
Se ne ha una conferma se si esamina anche la giurisprudenza in tema di
contratto d’opera, nell’ambito della quale, forse ancora più del c.d. Tuberku-
507 508 509
losefall , viene indicato, dalla dottrina tedesca e da quella italiana , il “ca-
510
so pilota” in materia di Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte. In un caso di
ferimento di una domestica, che avviene a causa dell’esplosione di un contato-
re del gas che una ditta si era impegnata ad istallare nel bagno di un apparta-
mento, il Reichsgericht ravvisa in capo al committente l’intento, riconoscibile
dalla controparte, di voler garantire l’interesse alla tutela dell’integrità fisica,
sia dei familiari, sia dei domestici che prestano la loro attività negli ambienti
ove si svolgono i lavori, sulla base di quelle misure di sicurezza previste dal §
511 512
618 BGB . Come si è rilevato , la soluzione trova il suo fondamento nel-
l’esigenza di evitare l’iniqua disparità di trattamento conseguente all’applica-
zione della disciplina della responsabilità contrattuale ai danni subiti dalla con-
troparte contrattuale, e di quella della responsabilità extracontrattuale ai dan-
ni sofferti dal dipendente. Il committente non potrebbe «volere per i propri
dipendenti una posizione deteriore rispetto alla sua nei confronti del compor-
513
tamento dannoso della controparte» .
Per tradursi in dato tecnico, la giurisprudenza ricorre al consueto parame-
tro della volontà contrattuale, integrando il regolamento contrattuale con il
dato della “volontà ipotetica delle parti” derivante dallo “scopo del contratto”
514
(§ 328, comma 2, BGB) . In un contratto d’opera, «la cui esecuzione è in sé
pericolosa per il committente, l’obbligato non può non avere presente che
l’intento di questi è nel senso che siano evitati i possibili danni non solo a se
danni causati dal soggetto che aveva eseguito negligentemente i lavori di ristrutturazione in un altro
appartamento del medesimo stabile (provocando una fuga di gas), sul fondamento del § 278 BGB, che
consentiva di qualificare tale soggetto quale ausiliario del debitore rispetto all’obbligo di cura nei ri-
guardi del conduttore sancito ai sensi dei §§ 536 e 538 BGB.
506
Testualmente, C. CASTRONOVO, Obblighi di protezione e tutela del terzo, cit., p. 123 ss., spec.
p. 161.
507
La sentenza resa da RG, 5 ottobre 1917, cit., p. 21 ss., è considerata di grande importanza, ad
es., da W. BAYER, Der Vertrag zugunsten Dritter, Tübingen, 1995, p. 182.
508
Per tutti, H. PACK, Haftungsausschlüsse und Haftungsbeschränkungen mit Wirkung für Dritte,
Frankfurt a. M.-Berlin-Bern-Bruxelles-New York-Oxford-Wien, 1996, p. 6.
509
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 156; sulla sua scia, G. VARANESE, op. ult. cit., p. 67; L. LAM-
BO, Obblighi di protezione, cit., p. 243.
510
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
511
La sentenza, nota come c.d. Gasuhrfall o Gasometerfall, fu decisa dal Reichsgericht il 10 feb-
braio 1930, in RGZ, 127, 1930, p. 218 ss.
512
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 157.
513
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
514
Sul punto, le interessanti osservazioni di W. BAYER, Der Vertrag zugunsten Dritter, cit., p. 133.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 73
515
Con la consueta chiarezza, C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
516
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 158. Anche secondo W. BAYER, op. loc. ult. cit., dovendo
l’interpretazione integrativa del contratto essere effettuata secondo valori normativi, la nozione di
scopo del contratto dovrebbe essere determinata oggettivamente: non rileva ciò che le parti avrebbe-
ro voluto se avessero potuto decidere se attribuire il diritto al terzo, bensì deve essere accertato lo
scopo tipico che si persegue con l’attribuzione del diritto, sulla base della Verkehrsauffassung.
517
Cfr., sul punto, G. VARANESE, op. ult. cit., p. 71.
518
K. LARENZ, Anmerkung a BGH, 25 aprile 1956, in NJW, 1956, p. 1193 s.; è già ID., Lehrbuch
des Schuldrechts, I, Allgemeiner Teil, I ed., München, 1953, p. 139 ss. La dottrina tedesca non ha
dubbi nell’individuare in tale autore il vero ideatore del Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte: per tut-
ti, R.A. HIRTH, Die Entwicklung der Rechtsprechung, cit., p. 15.
519
K. LARENZ, Anmerkung a BGH, 25 aprile 1956, cit., p. 1193; D. MEDICUS, Schuldrecht, I,
Allgemeiner Teil, XIII ed., München, 2002, p. 366.
74 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
520
ri, rinnovano il richiamo all’acquisto del diritto alla prestazione . Il terzo, nel
Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte, invece, a differenza di quanto accade nel
521
contratto a favore di terzi, non acquista un proprio diritto alla prestazione .
Il creditore, mettendo a disposizione locali e attrezzature, diviene correspon-
sabile per il loro Wohl und Wehe e acquista un interesse meritevole di prote-
zione a che questi soggetti non subiscano danni causati dall’inesatto adempi-
522
mento del debitore . Questi può ben sapere che la controparte fa affidamen-
to sia nella propria sicurezza, sia in quella di una cerchia, ben delimitata, pre-
523
vedibile e riconoscibile di “terzi”, ai quali il creditore deve protezione o as-
sistenza. Da qui la nascita di un’autonoma figura, denominata Vertrag mit
Schutzwirkung für Dritte, che, proprio per l’essere imperniata sugli obblighi di
protezione, chiaramente si distingue, sotto i profili della struttura e della fun-
524
zione , dal modello del contratto a favore di terzi codificato nel § 328 BGB.
Riguardo alla nozione di terzo, la dottrina limita l’estensione degli effetti di
protezione a quei soggetti che si caratterizzano per l’esistenza di un legame
particolare con una delle parti del rapporto (parenti e soggetti che fanno parte
della comunità familiare, domestici, dipendenti protetti dal § 618 BGB) e che
si trovano coinvolti «nella stessa situazione di contatto con l’attività dell’altra
525
parte dalla quale derivi il danno» . In tal senso, gli obblighi di protezione
danno fondamento ad una più intensa tutela, rispetto a quella espressa dalla
responsabilità aquiliana, proprio in virtù dell’«aumentata possibilità di danno
che il rapporto obbligatorio col mettere in contatto due sfere giuridiche neces-
526
sariamente porta con sé» .
Sarà, poi, Joachim Gernhuber che, nell’estendere la figura al più generale
“rapporto obbligatorio con effetti protettivi per terzi” (Schuldverhältnis mit
Schutzwirkung für Dritte), anche al fine di comprendervi le ipotesi nascenti da
527
culpa in contrahendo , e nel richiamare il ruolo della Sozialwirkung nel diritto
528
delle obbligazioni , proporrà un ampliamento personale del rapporto obbli-
gatorio, fino ad allora incentrato sui due centri d’interesse del debitore e del
520
K. LARENZ, op. loc. ult. cit.
521
K. LARENZ, op. loc. ult. cit.
522
Tuttavia K. LARENZ, Anmerkung a BGH, 25 aprile 1956, cit., p. 1194, esplicitamente discorre
dell’interesse del creditore a che questi terzi non subiscano un danno causato da “vizi della presta-
zione” (Mängel der Leistung).
523
K. LARENZ, op. loc. ult. cit.
524
In proposito, afferma che, «a parte qualche vaga assonanza fonetica, il contratto con effetti
protettivi “a favore” dei terzi ha una distinta struttura e, soprattutto, una funzione che può essere
considerata addirittura antitetica rispetto a quella realizzata dal contratto a favore del terzo», A.
PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Verso un “diritto comune” della responsabilità civile, in A. PROCIDA
MIRABELLI DI LAURO, M. FEOLA, La responsabilità civile, Torino, 2008, p. 8.
525
C. CASTRONOVO, Obblighi di protezione e tutela del terzo, cit., p. 126.
526
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
527
J. GERNHUBER, Das Schuldverhältnis, cit., p. 511 s.
528
J. GERNHUBER, op. ult. cit., p. 462; e già ID., Drittwirkungen im Schuldverhältnis kraft Lei-
stungsnähe, in Festschrift für Arthur Nikisch, Tübingen, 1958, p. 249 s.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 75
creditore, quali titolari degli obblighi e dei diritti primari e secondari di pre-
529
stazione , a quei soggetti “terzi” che “provano” su di loro vicende struttu-
ralmente “estranee”, ma con un’intensità tale da rendere necessaria un’equipa-
530
razione rispetto alle parti del rapporto . Nell’auspicare il superamento
531
dell’aporia esistente tra i §§ 278 e 831 BGB , e nel sottolineare le incon-
gruenze e le disparità di trattamento relative all’individuazione dei soggetti a
532
volta a volta “protetti” dai singoli contratti , l’illustre autore contesta, anche
sotto il profilo sistematico, le argomentazioni utilizzate dalla giurisprudenza,
soprattutto la «via sempre sospetta» dell’accordo tacito che, rinviando alla vo-
533
lontà ipotetica delle parti, troppo spesso conduce nel «regno delle finzioni» .
Il contributo dottrinario volto ad individuare l’esistenza autonoma di dove-
534
ri di protezione e di diligenza (anche) nei confronti di terzi ha un immediato
riscontro nella giurisprudenza del Bundesgerichtshof. Nel decidere sui gravi
danni alla salute provocati ad una dipendente di un’impresa metallurgica dal-
l’esplosione di un prodotto antiruggine (Capuzol Nr. 22), che era stato vendu-
to senza sufficienti informazioni sulla sua pericolosità, tali da consentire
all’acquirente di adottare le opportune misure di sicurezza, la Suprema Cor-
535
te , pur decidendo un caso comunque inquadrabile nell’ambito delle perso-
ne già considerate protette dal contratto (ex § 618 BGB), per la prima volta
distingue chiaramente tra obblighi di prestazione ed obblighi di protezione,
aderendo, in tal modo, all’insegnamento di Karl Larenz sui doveri di prote-
zione e di diligenza nei confronti di terzi. Poiché la domanda risarcitoria
dell’attrice, terza rispetto al contratto di vendita, non riguardava l’obbligo di
prestazione, che era stato adempiuto nei riguardi dell’impresa acquirente con
la consegna del prodotto richiesto, non era possibile, in questo caso, ricorrere
all’applicazione della disciplina del contratto a favore di terzi ex § 328 BGB. Il
diritto (secondario) al risarcimento contrattuale del danno, invece, è collegato
alla violazione, da parte del debitore, di quegli obblighi (accessori) di prote-
zione che, conformemente “al senso ed allo scopo del contratto e ai principi di
buona fede”, tendono a proteggere quelle persone che possono essere dan-
536
neggiate dall’inesattezza della prestazione o da carenti misure di sicurezza .
529
J. GERNHUBER, op. ult. cit., p. 249.
530
J. GERNHUBER, op. ult. cit., p. 250 s.
531
J. GERNHUBER, op. ult. cit., p. 253.
532
J. GERNHUBER, op. ult. cit., pp. 253-256, ove esamina criticamente le decisioni relative ai con-
tratti di trasporto e di locazione, ponendo in evidenza come la giurisprudenza avesse seguito un itine-
rario non omogeneo e, talvolta, contraddittorio.
533
J. GERNHUBER, op. ult. cit., p. 261.
534
In questi termini è il pensiero di K. LARENZ, Anmerkung a BGH, 25 aprile 1956, cit., p. 1193
s.; ID., Lehrbuch des Schuldrechts, I, Allgemeiner Teil, III ed., München, 1958, p. 156 ss.
535
Si tratta del celeberrimo caso c.d. Capuzolfall, deciso dal BGH il 15 maggio 1959, in NJW,
1959, p. 1676.
536
Le più significative argomentazioni della sentenza sono riportate da W. BAYER, Der Vertrag
zugunsten Dritter, cit., p. 184.
76 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
le, cit., p. 543 ss., il quale rileva come il caso non sia stato considerato rilevante ai fini della problema-
tica del Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte anche dal Larenz (ivi, in nota 207). Con specifico riferi-
mento all’inadempimento del professionista forense ed alla lesione di diritti di terzi, R. FAVALE, La
responsabilità civile del professionista forense, in Nuova Enciclopedia, Collana diretta da P. Cendon, II
ed. con la collaborazione di M.P. Mantovani, Padova, 2011, p. 191 s.
543
BGH, 6 luglio 1965, cit., p. 1957.
544
In questi termini, R. FAVALE, op. loc. ult. cit.; G. VARANESE, op. ult. cit., p. 87 s.
545
H. SUTSCHET, Der Schutzanspruch zugunsten Dritter – Unter Berücksichtigung der Pflichtenlehre
des Kommissionsentwurfs, Berlin, 1999, pp. 25 e 173 s., e, nella dottrina italiana, C. CASTRONOVO,
op. ult. cit., p. 545 ss.
546
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 546.
547
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 547.
78 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
548
mili aspettative di ricevere per testamento. Sul piano sostanziale l’autonomia
testamentaria non consentirebbe «di riconoscere pretesa di alcuno fin quando
la volontà in tal senso non sia manifestata e la successione aperta; e sul piano
formale la volontà testamentaria non può considerarsi esistente fin quando
549
non sia incorporata nel prescritto documento» . Ove «si accogliesse un’azio-
ne di danni del previsto erede o beneficiario di disposizione testamentaria per
la mancanza del testamento o a causa della nullità di una disposizione, l’attore
finirebbe con il conseguire, per il tramite della responsabilità civile, il vantag-
gio equivalente a quello della disposizione testamentaria nonostante la man-
550
canza della disposizione stessa» . E ciò, in «diretto contrasto con la funzione
costitutiva dell’acquisto mortis causa attribuita dalla legge alla volontà testa-
551
mentaria manifestata nelle forme previste ad substantiam» .
Tuttavia, l’orientamento secondo il quale è possibile risarcire danni mera-
mente economici (e, quindi, non soltanto danni alla persona o alla proprietà)
sia in ambito contrattuale, sia in rapporti precontrattuali e, più in generale, in
presenza di obbligazioni senza prestazione, troverà conferma nella successiva
giurisprudenza, la quale non tarderà ad affrancarsi dall’idea che considerava
gli obblighi di protezione come un rapporto giuridico “più debole” rispetto a
quelli caratterizzati dall’obbligo primario di prestazione, non potendo, il ter-
zo, pretendere la prestazione, ma “soltanto” il risarcimento del danno, in virtù
552
della violazione di un obbligo accessorio . Questa «enfatizzazione sull’acces-
sorietà rispetto alla prestazione principale non coglie il dato fondamentale»: il
profilo essenziale, invece, «è quello della tutela (risarcimento), non quello del-
553
la accessorietà (non poter pretendere la prestazione)» . La giurisprudenza
successiva porrà in evidenza come il contratto con effetti di protezione, ope-
554
rando una «dilatazione della responsabilità» a tutela di terzi lesi dalla con-
dotta negligente del debitore nell’esecuzione del contratto, abbia una funzione
completamente diversa dallo schema del contratto a favore di terzi e debba,
pertanto, essere chiaramente distinto da questo.
La sempre maggiore consapevolezza dell’autonomia degli obblighi di pro-
tezione, rispetto a quelli di prestazione, condurrà il Bundesgerichtshof ad inse-
rire terzi nella sfera di protezione di contratti che non sono stati conclusi, per-
ché ancora in fase di formazione, o di contratti che non hanno mai prodotto
effetti, in quanto nulli. Il BGH risarcirà, proprio estendendo l’efficacia protet-
tiva del contratto nella fase antecedente alla sua (eventuale) conclusione, i
danni subiti da una bambina che era scivolata su una foglia di insalata, mentre
548
Così, C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 545 ss.
549
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 546.
550
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
551
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
552
Testualmente, G. VARANESE, op. ult. cit., p. 89 s.
553
G. VARANESE, op. ult. cit., p. 90.
554
W. BAYER, Der Vertrag zugunsten Dritter, cit., p. 185.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 79
555
accompagnava la madre all’interno di un supermercato . Nel medesimo caso,
556
la giurisprudenza francese e quella italiana , invece, disponendo di una clau-
sola generale di responsabilità oggettiva extracontrattuale per i danni cagiona-
ti dalle cose in custodia (art. 1384, comma 1, code civ.; art. 2051 c.c.), potran-
no preferire questa soluzione (in quanto “equivalente” a quella derivante dal-
l’inesatto adempimento di un’obbligazione di sécurité di risultato), rispetto a
quella che tende a collocare tale fattispecie all’interno di un rapporto obbliga-
torio di protezione che sorge per effetto di un contratto “in formazione”, che,
nel caso concreto, non verrà mai concluso.
Il BGH, inoltre, risarcisce il danno ad una donna che abitava in un immo-
bile sulla base di un contratto di locazione invalido, perché affetto da un vizio
557
riguardante il potere rappresentativo nella conclusione dell’atto . La Supre-
ma Corte afferma che gli effetti di protezione a favore della danneggiata pos-
sono conseguire anche ad un contratto di locazione invalido, analogamente a
quanto accadrebbe in presenza di un contratto regolarmente concluso, anche
in considerazione del fatto che il locatore, avendo ricevuto il pagamento anti-
cipato del canone, doveva essere consapevole che i locali sarebbero stati utiliz-
558
zati dalla danneggiata . Il pagamento del canone e la concessione in uso
559
dell’immobile avevano fatto sorgere «rapporti giuridici diretti» tra le parti e,
quindi, anche quegli effetti di protezione in forza dei quali la danneggiata po-
teva chiedere il risarcimento dei danni ex contractu.
Proprio in presenza di contratti nulli emerge in modo evidente, anche sul
piano sistematico, la differenziazione tra obblighi di prestazione ed obblighi di
560
protezione. Un’autorevole dottrina ha affermato che, se è certo che un con-
tratto nullo non possa produrre obblighi di prestazione, non altrettanto può
dirsi per gli obblighi di protezione, i quali trovano la loro fonte non nel con-
tratto nullo (o nel futuro contratto), ma in un particolare «rapporto giuridico
delle trattative», avente natura legale (e non convenzionale), espressione del
561
principio di tutela dell’affidamento fondato sul § 242 BGB . In tal senso vie-
ne ammessa l’autonoma esistenza degli obblighi di protezione, i quali possono
esistere indipendentemente dalla sussistenza degli obblighi di prestazione.
Trovando la loro fonte non nella volontà delle parti, ma nel principio dell’affi-
damento, gli obblighi di protezione non seguono le vicende del contratto, ri-
555
Il noto caso, c.d. Gemüseblattfall, che rappresenta un vero e proprio leading case in tema di re-
sponsabilità precontrattuale, è deciso dal BGH il 28 gennaio 1976, in NJW, 1976, p. 712, anche in JZ,
1976, p. 776, con nota critica di K.F. KREUZER.
556
Sul punto, si rinvia a M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité, cit., pp. 208 ss., 366 ss.
557
BGH, 10 gennaio 1968, in MDR, 1968, p. 402.
558
BGH, 10 gennaio 1968, cit., p. 402 s.
559
BGH, 10 gennaio 1968, cit., p. 403.
560
C.W. CANARIS, Ansprüche wegen «positiver Vertragsverletzungen», cit., p. 475 s.
561
C.W. CANARIS, op. ult. cit., p. 476.
80 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
562
correndo anche nella fase precontrattuale . Quindi, la nullità del contratto
non travolge gli obblighi di protezione, i quali persistono anche a prescindere
dall’inefficacia del successivo contratto. Da qui l’idea di un «unitario rapporto
563
obbligatorio di protezione» che, consentendo di qualificare una relazione
(come) giuridica sulla base «di obblighi creati dalla buona fede sulla scorta di
564
un affidamento socialmente rilevante» , doveva rappresentare la «dritte Spur»,
565
ovvero il “tertium genus” tra contratto e torto, nel quale comporre ad unità
la culpa in contrahendo, le violazioni positive del contratto e il contratto con
effetti di protezione per terzi.
Attraverso questa raffinata costruzione, la scienza giuridica tedesca, nel
ricostruire una nuova teoria dell’obbligazione che consentisse di porre rime-
dio alle insufficienze del BGB in materia di responsabilità civile, si propone-
va di offrire una tutela ragionevole al soggetto danneggiato, consentendogli
di ottenere il risarcimento ex contractu del danno pur «in assenza di un con-
566
tratto» .
569
BGH, 28 febbraio 1977, cit., p. 86.
570
BGH, 28 febbraio 1977, cit., p. 87.
571
BGH, 28 febbraio 1977, cit., p. 88.
572
BGH, 28 febbraio 1977, cit., p. 89.
82 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
573
Testualmente, G. VARANESE, op. ult. cit., p. 98. Nella dottrina tedesca, M. PLÖTNER, Die Rechts-
figur des Vertrags mit Schutzwirkung für Dritte, cit., p. 35.
574
Così, C.W. CANARIS, op. ult. cit., p. 817.
575
Per talune ipotesi, cfr. H.J. MUSIELAK, Die Haftung der Banken für falsche Kreditauskünfte, in
VersR, 1977, p. 973 ss.; ID., Haftung für Rat, Auskunft und Gutachten, Berlin-New York, 1974, p. 32
ss.; B. GRUNEWALD, Die Haftung des Experten für seine Expertise gegenüber Dritten, in AcP, 187,
1987, p. 285 ss.
576
Per la critica al c.d. Konsulfall, cfr. H. HONSELL, Anmerkung a BGH, 23 gennaio 1985, in JZ,
1985, p. 952; M. PLÖTNER, op. ult. cit., p. 125.
577
In proposito, B. GRUNEWALD, op. cit., p. 288 s.
578
BGH, 23 gennaio 1985, in JZ, 1985, p. 951.
579
Cfr., infatti, BGH, 28 aprile 1982, in NJW, 1982, p. 2431.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 83
17. Con queste ultime decisioni la giurisprudenza rinunzia non soltanto al-
585
l’elemento volontaristico, e cioè alla “volontà ipotetica delle parti” derivante
586
dallo scopo del contratto , ma anche alla stessa vicinanza del terzo agli inte-
ressi del creditore. Nella giurisprudenza classica, invece, il Vertrag mit Schutz-
wirkung für Dritte aveva trovato applicazione proprio sul presupposto che il
debitore non avesse adottato (o avesse violato, con una condotta positiva)
quelle particolari misure di protezione che avrebbero evitato il rischio di dan-
587
ni sia al creditore, sia a tutti i soggetti “prossimi” alla sfera del creditore . Le
due sentenze aventi ad oggetto la responsabilità del perito, invece, avevano
dimostrato, secondo una parte della dottrina, che non v’era alcun rapporto
giuridico in base al quale il committente della perizia fosse obbligato alla cura
588
del terzo danneggiato e che, anzi, v’era un evidente contrasto di interessi tra
589
il committente creditore (della perizia) e il terzo . Da qui le proposte, auto-
revolmente sostenute, di applicare a queste ipotesi controverse i principi della
590
responsabilità precontrattuale per lesione dell’affidamento , ovvero di quali-
ficare le fattispecie in termini di responsabilità aquiliana, attraverso la teoria
591
degli obblighi del traffico . Ma la profetizzata scomparsa delle Schutzpflichten
a vantaggio di una corrispondente espansione delle Verkehrspflichten non si
verificherà, essendosi proposto il legislatore tedesco (Gesetz zur Modernisie-
rung des Schuldrechts) di risolvere le originarie “lacune” del BGB nell’ambito
della disciplina delle responsabilità contrattuale, piuttosto che di quella extra-
contrattuale. La quale, pur in presenza di qualche significativa modifica, ri-
marrà sostanzialmente immutata nei suoi principi ispiratori. Anzi, la stessa
abrogazione del § 847 BGB e la sua riproposizione nel comma 2 del § 253
hanno contribuito a determinare l’ulteriore espansione della responsabilità con-
592
trattuale anche in ordine al risarcimento del danno non patrimoniale .
593
La legge di modernizzazione della disciplina delle obbligazioni , pur muo-
585
C.-W. CANARIS, op. loc. ult. cit.
586
Su tale nozione, W. BAYER, Der vertrag zugunsten Dritter, cit., p. 133.
587
Cfr. E. BARCELLONA, Responsabilità da informazione al mercato: il caso dei revisori legali dei
conti, Torino, 2003, p. 189.
588
B. GRUNEWALD, Die Haftung des Experten, cit., p. 288.
589
G. VARANESE, op. ult. cit., p. 127.
590
La tesi era autorevolmente sostenuta da C.-W. CANARIS, Die Vertrauenshaftung im deutschen
Privatrecht, München, 1971, pp. 266 ss., 411 ss. Pone in evidenza l’evoluzione di questa figura, rispet-
to alla «ambiguità originaria della culpa in contrahendo come la rilevò fin dall’inizio Jhering», C. CA-
STRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 584.
591
Con specifico riferimento alle problematiche qui esaminate, U. HUBER, Verkehrspflichten zum
Schutz fremden Vermögens, in Festschrift für Ernst von Caemmerer, cit., p. 376.
592
Su tale intervento legislativo, per tutti, G. CIAN, La riforma del BGB, cit., p. 132. Considera ta-
le riforma una delle novità più significative del nuovo diritto tedesco della responsabilità contrattuale,
F. ADDIS, Risarcimento del danno contrattuale, cit., p. 29 ss.
593
Sulla quale, per tutti, C.W. CANARIS, Contenuti fondamentali e profili sistematici del Gesetz
zur Modernisierung des Schuldrechts, in G. DE CRISTOFARO (cur.), La riforma del diritto tedesco del-
le obbligazioni, Padova, 2003, p. 7 ss.; ID., La mancata attuazione del rapporto obbligatorio: profili ge-
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 85
nerali. Il nuovo diritto delle Leistungsstörungen, in Riv. dir. civ., 2003, I, p. 29 ss.; R. SCHULZE, Il
nuovo diritto tedesco delle obbligazioni e il diritto europeo dei contratti, in Riv. dir. civ., 2004, I, p. 57
ss.; G. CIAN, Significato e lineamenti della riforma dello Schuldrecht tedesco, ivi, 2003, I, p. 1 ss.; C.
HATTENHAUER, La storia della Schuldsrechtsmodernisierung ed i compiti del legislatore, in Contr.
impr. Europa, 2004, p. 665 ss.; S. GRUNDMANN, Risarcimento del danno contrattuale, cit., p. 169 ss.;
F. ADDIS, op. cit., p. 18 ss.; G. DE CRISTOFARO, Note introduttive sulla genesi e sull’oggetto della ri-
forma tedesca e sui contenuti del Quaderno, in G. DE CRISTOFARO (cur.), La riforma, cit., p. IX ss.
594
Testualmente, G. VARANESE, Il contratto, cit., p. 133, e la bibliografia ivi cit.
595
Così, L. LAMBO, Obblighi di protezione, cit., p. 56.
596
L. LAMBO, op. ult. cit., p. 58.
597
Problema, questo, già sollevato da C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., p. 576.
598
Discorre di una “dissoluzione”, nelle singole previsioni normative, della teoria della lesione
positiva del credito, C.-W. CANARIS, Contenuti fondamentali e profili sistematici, cit., p. 21. Sul pun-
to, v., altresì, tra i tanti, ID., La mancata attuazione del rapporto obbligatorio, cit., p. 30 s.; G. CIAN,
Significato e lineamenti, cit., p. 14; R. FAVALE, Perturbative dell’adempimento, cit., p. 739; F. ADDIS,
op. ult. cit., p. 24 s.
599
F. ADDIS, op. ult. cit., p. 25.
86 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
600
Sul punto, L. LAMBO, op. ult. cit., p. 61 s., in nota 127.
601
Per tutti, S. LORENZ, T. RIEHM, Lehrbuch zum neuen Schuldrecht, München, 2002, p. 183 ss.
602
L. LAMBO, op. ult. cit., p. 62, al quale si rinvia per la bibliografia ivi cit.
603
Proprio in virtù dell’unanime orientamento che affermava l’esistenza degli obblighi di prote-
zione ancor prima della riforma, una parte della dottrina tedesca ravvisa nel § 241, comma 2, un ca-
rattere meramente “declaratorio” (H. EHMANN, H. SUTSCHET, Modernisierte Schuldrecht, München,
2002, p. 71).
604
In questi termini, H. BROX, W.D. WALKER, Allgemeines Schuldrecht, cit., p. 13.
605
G. VARANESE, op. ult. cit., p. 134, in nota 119.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 87
606
Per tutti, D. MEDICUS, Schuldrecht, I, Allgemeiner Teil, München, 2003, p. 2 ss.; H. BROX,
W.D. WALKER, op. cit., p. 7 ss.
607
Ancor prima della riforma, C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., p. 807 ss.; ed ora, per tut-
ti, D. MEDICUS, op. ult. cit., p. 3.
608
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 541.
609
Così, C.-W. CANARIS, Contenuti fondamentali e profili sistematici del Gesetz zur Modernisie-
rung des Schuldrechts, in C.W. CANARIS, La riforma del diritto tedesco delle obbligazioni, Padova,
2003, p. 20 ss.
610
Cfr., ad es., D. MEDICUS, Schuldrecht, I, cit., p. 206 ss.; P. SCHLECHTRIEM, Schuldrecht, Allge-
meiner Teil, Tübingen, 2003, p. 72 ss.
88 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
611
P. SCHLECHTRIEM, op. ult. cit., p. 72.
612
Per la sottolineatura di tale aspetto, si rinvia a G. CIAN, La figura generale dell’obbligazione
nell’evoluzione giuridica contemporanea tra unitarietà e pluralità degli statuti, in Riv. dir. civ., 2002, I,
p. 498 s.
613
Precisa, infatti, che la figura della culpa in contrahendo «trova configurazione come ipotesi di
rapporto obbligatorio ex § 241 comma 2, BGB», R. FAVALE, Perturbative dell’adempimento, cit., p.
740.
614
Cfr. C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 552 e passim.
615
Così, anche G. VARANESE, op. ult. cit., p. 135.
616
J. KOCH, § 311 Abs. 3 BGB als Grundlage einer vertrauensrechtliche Auskunftshaftung, in AcP,
204, 2004, pp. 59 ss., 69 ss.
617
J. KOCH, op. loc. ult. cit.
618
In argomento, M. SCHWAB, Gründfälle zu culpa in contrahendo, Sachwalterhaftung und Vertrag
mit Schutzwirkung für Dritte nach neuem Schuldrecht, in JuS, 2002, p. 773 ss.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 89
619
pregiudizievole . Così, nel caso di perizia inesatta in ordine ad un bene og-
getto di un contratto di compravendita, l’acquirente che, sulla base di tale pe-
rizia, paghi un prezzo di gran lunga superiore rispetto al valore del bene, più
che essere protetto, in qualità di terzo, sulla base dell’efficacia esterna del con-
tratto di perizia, potrà chiedere il risarcimento del danno al professionista per
responsabilità precontrattuale, in qualità di soggetto che sta partecipando alla
conclusione del contratto di compravendita. In queste ipotesi si è pur sempre
nell’ambito della responsabilità contrattuale, ma il presupposto per la sua ap-
plicazione non è più (un uso per più versi contestato de) il Vertrag mit Schutz-
wirkung für Dritte, bensì l’applicazione della disciplina in tema di responsabi-
lità precontrattuale. Proprio la riconduzione alla responsabilità precontrattua-
le delle ipotesi più controverse potrà, forse, offrire «la possibilità di ridare
620
nuova linfa al “vero” Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte» .
La riforma tedesca ha dato adito, però, ad interpretazioni parzialmente di-
vergenti. Si è rilevato, infatti, come il contestato orientamento giurispruden-
ziale in materia di Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte avrebbe comunque ri-
621
cevuto un esplicito riconoscimento legislativo . Nonostante le critiche della
dottrina, la riforma dello Schuldrecht è sembrata muoversi «proprio nella pro-
spettiva ora censurata» là dove il comma 3 del § 311 «fa esplicitamente l’esem-
pio di una responsabilità da affidamento, che diventa il modello di responsabi-
lità nei confronti della persona e/o delle cose del terzo [...] nell’ambito del
principio più generale della “culpa in contrahendo” assurto dopo la riforma al
622
livello di uno degli istituti centrali del nuovo diritto civile tedesco» .
Non si può, però, non rilevare come il Vertrag mit Schutzwirkung für Drit-
te, proprio in virtù della sua rigogliosa, contrastante e contrastata evoluzione,
sia divenuto un fenomeno estremamente più complesso rispetto al suo omolo-
go francese. Nato sulla base dello schema del contratto a favore di terzi (attra-
verso l’applicazione analogica del § 328 BGB), sarà il successivo collegamento
alla teoria degli obblighi di protezione a consentirne lo straordinario sviluppo,
sulla base dei criteri giurisprudenziali della “prossimità” del terzo alla sfera di
rischio della prestazione dovuta; dello “stretto rapporto” tra creditore e terzo,
che ingenera nello stesso creditore un “particolare interesse”, meritevole di
634
tutela , alla protezione del terzo (le Corti tedesche, in proposito, richiedono
che il creditore debba essere in qualche modo o forma responsabile del bene e
del male del terzo: das Wohl und Wehe des Dritten); della consapevolezza, da
635
parte del debitore, della destinazione (anche a terzi) della prestazione e, più
in generale, della conoscenza o prevedibilità di questi criteri da parte del debi-
tore.
Ciò non significa, però, che il Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte abbia
avuto un’esistenza pacifica e incontestata. Malgrado la dottrina e le Corti tede-
sche abbiano fatto riferimento, a volta a volta, ad uno o a più criteri, sono sta-
636
te rilevate «incertezze ed ambiguità» che non avrebbero consentito di ela-
borare una dottrina del Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte che fosse “dog-
maticamente” rigorosa e coerente. Da un lato, si è rilevato come sia «abba-
637
stanza empirico» , e comunque «”esterno” al contratto», il criterio della “pros-
simità”, ravvisandosi il fondamento della tutela non (necessariamente) nel
contratto, ma nell’esposizione al rischio venutasi a creare anche in conseguen-
za di un mero “contatto” (che mai giungerà al “contratto”), che talvolta è ca-
ratterizzato da “stabilità” (relazione di parentela, ad es.), talaltra da “occasio-
638
nalità” . Dall’altro, si è sottolineato che se l’interesse del creditore all’esten-
sione della tutela potrebbe essere considerato «un elemento dotato di maggio-
639
re visibilità giuridica» , esso avrebbe l’indubbio limite di riguardare i soli
rapporti familiari o di servizio, apparendo del tutto inconferente per i rapporti
di scambio: non sarebbe sostenibile, infatti, che l’acquirente di un prodotto
«venga a collocarsi nell’area protettiva del contratto tra produttore e distribu-
634
Sottolinea il carattere della meritevolezza di tutela dell’interesse, A. DI MAJO, La protezione
contrattuale del terzo, in Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi nella prospettiva storico-com-
paratistica, a cura di L. Vacca, Atti del IV Convegno Internazionale ARISTEC (Roma, 13-16 settem-
bre 1999), Torino, 2001, p. 113.
635
A. DI MAJO, op. loc. ult. cit.
636
Tra gli altri, da A. DI MAJO, op. ult. cit., p. 114, in nota 3.
637
A. DI MAJO, op. ult. cit., p. 113 s., in nota 3.
638
Così, A. DI MAJO, op. ult. cit., p. 113, in nota 3, ove rileva come anche la presenza di un paren-
te nell’abitazione del creditore potrebbe essere occasionale, e non per questo irrilevante ai fini
dell’estensione degli effetti di protezione, mentre la presenza di un estraneo potrebbe essere “stabi-
le”, là dove risieda abitualmente nell’abitazione.
639
A. DI MAJO, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 93
640
tore» . Tale criterio sarebbe, altresì, inoperante ogni qualvolta la tutela con-
trattuale viene estesa anche a soggetti per definizione “distanti” dal creditore
della prestazione, sulla base «di una valutazione ad ampio raggio, di carattere
641
oggettivo, della Interessenlage quale espressa nel contratto» (si pensi al terzo
che utilizzi un’informazione ad altri destinata, facendo affidamento sulle quali-
tà del soggetto che l’ha resa). Infine, anche il criterio delimitativo fondato sul
“riferimento al terzo” della prestazione dovuta, per quanto maggiormente
idoneo degli altri due, perché “interno” al contratto ed alle indicazioni che da
esso possono trarsi, avrebbe il difetto di connotare il Vertrag mit Schutzwir-
642
kung für Dritte come un «“sottotipo” del contratto a favore di terzo» e, quin-
di, di disconoscere gran parte dell’evoluzione giurisprudenziale di questa figu-
ra, che si è caratterizzata proprio a seguito della sua emancipazione dal Ver-
trag zugunsten Dritter.
Questi rilievi testimoniano, ulteriormente, come la scienza giuridica tede-
643
sca, «sempre prodig[a] di categorie teoriche» che siano scientificamente
ineccepibili, abbia sostanzialmente abdicato alle sue tradizionali aspirazioni
dogmatiche nell’elaborazione del Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte. Ma, si
può rilevare, compito della giurisprudenza (tedesca) era non tanto quello di
elaborare una dottrina generale che fosse teoreticamente ineccepibile, quanto
quello di proporre soluzioni giuridiche che, in relazione al complessivo siste-
ma, fossero espressione di giustizia e di equità. Il diritto, d’altronde, non è una
scienza esatta, e la giurisprudenza, dovendo decidere, case by case, e nel corso
del tempo (nella specie, di quasi un secolo), casi eterogenei sia sotto il profilo
dei fatti, sia sotto quello del diritto, non è certo l’istituzione più idonea a pro-
porre soluzioni dotate, anche, di assoluto rigore sistematico. Invece, sotto il
profilo operazionale, non può disconoscersi alla scienza giuridica tedesca il
merito di aver corretto, in via interpretativa, anche attraverso l’applicazione di
questa figura, alcune delle principali lacune del sistema legale, indicando,
probabilmente, allo stesso legislatore i termini precisi della riforma. La quale,
pur avendo percorso una strada sensibilmente diversa da quella del Vertrag
mit Schutzwirkung für Dritte, attraverso l’esaltazione degli obblighi di prote-
zione e la codificazione della responsabilità per culpa in contrahendo risolve,
pur con un differente strumentario giuridico, gran parte delle problematiche
che, nel corso del XX secolo, avevano indotto le Corti ad esplorare la strada
degli effetti di protezione del contratto rispetto a terzi.
Riguardo al contratto con effetti di protezione per terzi ed alla stipulation
pour autrui tacite, quindi, appaiono evidenti le profonde differenze, soprattut-
to quantitative, che hanno caratterizzato l’applicazione di tali modelli nelle
640
A. DI MAJO, op. loc. ult. cit.
641
A. DI MAJO, op. loc. ult. cit.
642
A. DI MAJO, op. ult. cit., p. 114, in nota 3.
643
A. DI MAJO, op. ult. cit., p. 112.
94 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
644
G. VARANESE, Il contratto, cit., p. 137.
645
Si pensi, ad es., a Cass. civ., 6 décembre 1932, in Rec. Sirey, 1934, I, p. 81.
646
Cass. civ., 6 décembre 1932, cit., p. 81.
647
Su tale ipotesi cfr. M.L. IZORCHE, Les effets des conventions à l’égard des tiers: l’expérience fran-
çaise, in Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi, a cura di L. Vacca, cit., p. 85.
648
Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, in Sem. jur., 2000, II, Jur., 10438, p. 2309.
649
G. VINEY, Responsabilité civile, in Sem. jur., 1996, Doctr., I, 3985, p. 487. In giurisprudenza,
consentono il risarcimento della vittima mediante l’“azione diretta”, senza ricorrere alla stipulation
pour autrui tacite, ad es., Cass., I civ., 12 avril 1995 (2 arrêts), in Sem. jur., 1995, II, Jur., 22467; Cass.,
I civ., 9 Juillet 1996, in Rec. Dalloz, 1996, Inf. rap., p. 211.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 95
650
quale il paziente era stato ricoverato . Le strutture sanitarie sono state consi-
derate obbligate a fornire ai pazienti «prodotti esenti da vizi», e l’esonero da
questa obbligazione di sécurité di risultato è stato consentito soltanto in pre-
senza della «prova di una cause étrangère che non potesse essere loro imputa-
651
ta» . Malgrado tale contratto sia stato inquadrato sulla base non soltanto de-
gli artt. 1147 e 1384, comma 1, ma anche della Direttiva CEE n. 85/374 del 24
652 653
luglio 1985 , la quale ha poi «cancellato» la distinzione tra responsabilità
654
contrattuale e delittuale, Pierre Sargos ha considerato «felice» la soluzione
fondata sulla presunzione di stipulazione, poiché sarebbe stato altrimenti «ra-
gionevolmente incomprensibile» per un giurista medio «che il fondamento del
risarcimento del danno della vittima immédiate (cioè la persona contaminata
direttamente dalla trasfusione, o quella da essa a sua volta contaminata – è il
caso del coniuge emotrasfuso che infetta l’altro coniuge –) fosse differente da
quello della vittima par ricochet, essendo il pregiudizio nato proprio dal fatto
655
del quale ha sofferto la vittima immediata» . Dopo aver premesso che «ogni
produttore è responsabile per i danni causati da un difetto del proprio pro-
dotto, nei confronti tanto delle vittime immediate quanto di quelle par rico-
chet, senza che si debba distinguere se esse hanno le qualità di parte o di ter-
zi», è stato accolto dalla Suprema Corte il ricorso del marito e dei figli «per il
fatto della contaminazione della loro moglie e madre», non avendo la struttura
sanitaria assolto all’onere di provare «l’esistenza di una cause étrangère esone-
656
ratoria della loro responsabilità» .
Un orientamento analogo verrà seguito, in tema di responsabilità da pro-
dotto, dalla giurisprudenza austriaca la quale, sulla scia di un’autorevole dot-
657
trina , non presupponendo (a differenza di quella tedesca) «un rapporto
stretto tra creditore e terzo tale da costringere il creditore a occuparsi di per-
sona [...] del “Wohl und Wehe” di quest’ultimo», applicherà il Vertrag mit
Schutzwirkung für Dritte alla responsabilità del produttore nei riguardi del
consumatore finale, sulla base della fiducia da questi riposta «nel prodotto,
658
nel marchio ed in ultimo nel produttore stesso» . Infatti, il «contatto» era da
considerare «prevedibilissimo, perché si produce affinché il prodotto giunga
nella sfera del consumatore», stante l’interesse economico del produttore a che
il consumatore entri in possesso del prodotto, e l’interesse dell’ultimo rivendi-
650
In questi termini, già Cass., 17 décembre 1954, in Rec. Dalloz, 1955, Jur., p. 269, con nota di R.
RODIÈRE; Cass., 14 novembre 1995, cit. in G. VINEY, op. loc. ult. cit.
651
Cass., I civ., 12 avril 1995, in Sem. jur., 1995, II, Jur., 22467, con nota di P. JOURDAIN.
652
Cass., I civ., 28 avril 1998, in Sem. jur., 1998, II, Jur., 10088, p. 983.
653
P. SARGOS, Rapport a Cass., I civ., 28 avril 1998, in Sem. jur., 1998, II, Jur., 10088, p. 983.
654
P. SARGOS, op. loc. ult. cit.
655
P. SARGOS, op. loc. ult. cit.
656
Cass., I civ., 28 avril 1998, cit., p. 983.
657
F. BYDLINSKI, Vertragliche Sorgfaltspflichten zugunsten Dritter, in JBL,1960, p. 359 ss.
658
J.M. RAINER, I contratti con effetti protettivi nei confronti di terzi nel diritto austriaco, in Gli ef-
fetti del contratto nei confronti dei terzi, a cura di L. Vacca, cit., pp. 212 e 213.
96 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
tore a che «l’acquirente preservi la sua incolumità fisica e il prodotto non ar-
659
rechi danno al consumatore» . Da qui l’estensione degli effetti di protezione
a tutti i terzi «il cui contatto con la prestazione primaria era prevedibile al
momento della conclusione del contratto ed ai quali la parte contraente voleva
far pervenire dei vantaggi derivanti dalla prestazione primaria o per i quali la
parte contraente mostra un particolare interesse o nei confronti dei quali ha
660
degli obblighi di protezione derivanti dalla legge» .
Tuttavia, sarà proprio la successiva evoluzione della giurisprudenza d’ol-
tralpe, ispirata alla nuova disciplina d’origine europea (la direttiva n. 85-374
del 25 luglio 1985 verrà recepita, con tredici anni di ritardo, nella legge n. 98-
389 del 19 maggio 1998, inserita nel Titolo IV bis del Code civ.: artt. 1386-1 –
1386-18) a «condannare [...] l’obbligazione pretorienne di sécurité gravante sul
661
fabbricante e sul produttore» , a favore di una diversa ricostruzione tendente
a ravvisare «nella violazione contrattuale dell’obbligazione di sécurité [...] una
662
faute delittuale nei riguardi dei terzi» . La Corte di Giustizia delle Comunità
Europee, nel decidere che le vittime non possono avvalersi, avverso i fabbri-
663
canti e produttori, di un regime diverso da quello previsto dalla Direttiva ,
ha imposto alla giurisprudenza francese di limitare l’applicazione del droit
commun e, quindi, dell’obbligazione di sécurité ai soli «venditori professionnels
664
non fabbricanti», ovvero ai «distributori non produttori» . Ma, a seguito di
665
una successiva decisione della giurisprudenza comunitaria , si è dubitato che
un regime di responsabilità oggettiva proprio di un diritto nazionale, come
quello derivante dall’inadempimento di un’obbligazione determinata di sécuri-
666
té, potesse gravare anche sul fornitore non produttore .
659
J.M. RAINER, op. cit., p. 213.
660
J.M. RAINER, op. cit., p. 212.
661
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, III éd., 2006, cit., p. 463.
662
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 462. In giurisprudenza, per tutte, Cass., I civ., 13
février 2001, in Sem. jur., 2002, II, Jur., 10099.
663
CJCE, 25 avril 2002, in Rec. Dalloz, 2002, Jur., p. 1670. In dottrina, su tale decisione, J. CA-
LAIS-AULOY, Menace européenne sur la jurisprudence française concernant l’obligation de sécurité du
vendeur professionnel, in Rec. Dalloz, 2003, Chron., p. 2458; G. VINEY, L’interprétation par la CJCE
de la directive du 25 juillet 1985 sur la responsabilité du fait des produits défectueux, in Sem. jur., 2002,
I, Doctr., 177; Ph. BRUN, La directive du 25 juillet 1985, le législateur français et la Commission euro-
péenne: propos désabusés sur la réalisation d’un marché de dupes, in Mélanges B. Dutoit, Droz, Genève,
2002, p. 21 ss.
664
Lo rilevano G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 464.
665
CJCE, 10 janvier 2006, C-402-03, in Rev. trim. dr. civ., 2006, p. 333, con osservazioni di P.
JOURDAIN.
666
Così, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 463 e 464. Infatti, CJCE, 10 janvier 2006, cit., p.
333, afferma che la direttiva «si oppone a una regola nazionale secondo la quale il fornitore risponde,
di là dai casi limitatamente enumerati dall’art. 3, par. 3, della direttiva, della responsabilità senza col-
pa che la direttiva istituisce ed imputa al produttore»; mentre «non si oppone a una regola nazionale
secondo la quale il fornitore è tenuto a rispondere senza restrizioni della responsabilità per colpa del
produttore».
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 97
19. Nei riguardi del fenomeno dell’estensione degli effetti del contratto ri-
spetto a terzi, la scienza giuridica francese, erede della tradizione giansenista e
667
giusnaturalista di Domat , assume un atteggiamento estremamente più rigido
di quella tedesca. La regola generale declamata in dottrina, con citazioni di
fonti romane, medievali, canoniche e gius-razionaliste (res inter alios acta aliis
neque nocere, neque prodesse potest; alteri nemo stipulari potest), è quella del-
l’effetto relativo del contratto, considerato un vero e proprio «principe univer-
668
sel» . La più avvertita dottrina francese, però, si è interrogata sulla reale por-
tata del principio, considerando «il rigore» che il dogma assume nel diritto in-
669
glese come «sconosciuto» allo stesso diritto d’oltralpe e comprensibile sol-
670
tanto alla luce dei «dati puramente tecnici» propri di quella esperienza giu-
671
ridica (privity of contract e consideration) . L’orientamento della giurispru-
denza tedesca è considerato «lassista», là dove ha consentito l’estensione del
campo di applicazione degli effetti protettivi del contratto attraverso l’inter-
672
pretazione «della volontà presunta, spesso fittizia, delle parti» . Ma il diritto
germanico, a differenza di quello franco-italiano, pone al centro del discorso
la dichiarazione di volontà, l’obbligazione, e non la nozione di contratto, per
cui invano si cercherebbe nel BGB una norma corrispondente agli artt. 1165
code civ. o 1372, comma 2, c.c., né «maggiori lumi si ottengono in proposito
673
consultando le opere dottrinali tedesche dedicate al negozio» .
Inizia a farsi strada, nella stessa dottrina francese, l’idea secondo la quale il
principio de l’effet relatif des contrats ha potuto sopravvivere «senza inconve-
nienti» fino ad oggi poiché, «ben presto, si sono trovati gli strumenti sia per
674
aggirarlo, sia per spogliarlo delle sue conseguenze più perniciose» . Dire che
il contratto in quanto rapporto tra due parti non può nuocere o giovare a terzi
«è erroneo perché in tal modo si ignora che esso può bene essere ed anzi è
675
normalmente una fonte di esternalità sia positive che negative» . L’espedien-
te unanimemente utilizzato per giustificare le eccezioni al principio è quello
667
G. ALPA, A. FUSARO, Relazione introduttiva, in Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi, a
cura di L. Vacca, cit., p. 1, ove individuano nella «libertà individuale» la «ragione del divieto».
668
V., in proposito, Ch. LARROUMET, Droit civil, III, Les obligations. Le contrat, II éd., Paris,
1990, spec. p. 783.
669
In questi termini, J. GHESTIN, Les effets du contrat à l’égard des tiers. Introduction, in Les effets
du contrat à l’égard des tiers. Comparaisons franco-belges, sotto la direzione di M. Fontaine, J. Ghestin,
Paris, 1992, p. 8.
670
J. GHESTIN, op. loc. ult. cit.
671
Sul punto, v. l’indagine condotta da M. SERIO, Esame del diritto inglese e raffronti comparatisti-
ci, in Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi, a cura di L. Vacca, cit., p. 323 ss.
672
Le parole tra virgolette sono di J. GHESTIN, op. ult. cit., p. 9.
673
Con estrema lucidità, M. GRAZIADEI, I terzi e gli effetti contrattuali: una prima riflessione com-
parativa, in Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi, a cura di L. Vacca, cit., p. 153.
674
Così, Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers en droit international privé, thèse dactyl.,
Paris II, 1977, n. 19.
675
A. GAMBARO, Gli effetti del contratto rispetto a terzi, in Gli effetti del contratto nei confronti dei
terzi, a cura di L. Vacca, cit., p. 342.
98 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
676
In questi termini, tra i tanti, J. GHESTIN, op. cit., p. 11.
677
Cfr., sul punto, M. FONTAINE, Les effets «internes» et les effets «externes» des contrats (Rap-
port belge), in Les effets du contrat à l’égard des tiers, sous la direction de M. Fontaine et J. Ghestin,
cit., p. 40 ss.
678
Basti consultare, in proposito, non soltanto la manualistica tradizionale (per tutti, A. TRABUC-
CHI, Istituzioni, cit., p. 619), ma anche quella più recente (ad es., M. PARADISO, Corso, cit., p. 402).
Un esplicito riferimento a tale problematica è in A. DI MAJO, La protezione contrattuale del terzo, cit.,
p. 109, il quale, però, conclude che la qualificazione in termini di effetti riflessi «risulterebbe insoddi-
sfacente» poiché «rischia di trascurare proprio i principali fenomeni che qui si intendono classificare
e che sono quelli che vedono i terzi titolari di una propria situazione che li legittima ad agire in base
al contratto» (p. 110).
679
R. VON JHERING, Die Reflexwirkungen oder die Rückwirkung rechtlicher Thatsachen auf Dritte
Personen, in Gesammelte Aufsätze aus den Jahrbüchern für die Dogmatik des heutigen römischen und
deutschen Privatrechts, Jena, 1871, p. 245 ss.
680
R. VON JHERING, Zur Lehre von den Beschränkungen des Grundeigenthümers im Interesse der
Nachbarn, in Gesammelte Aufsätze aus den Jahrbüchern für die Dogmatik des heutigen römischen und
deutschen Privatrechts, Jena, 1882, rist. Stuttgart-Darmstadt, 1969, p. 22 ss.
681
M. GRAZIADEI, I terzi e gli effetti contrattuali, cit., p. 156.
682
Il ricorso, nell’esperienza franco-italiana, all’espediente delle eccezioni al principio è sottoli-
neato, ad es., da A. GAMBARO, Gli effetti del contratto, cit., p. 339 s. Paragonano le regole del Code
Napoléon in materia ad una «cittadella, arroccata sul colmo di una montagna», che è stata trasformata
«in una sorta di giungla estesa di fattispecie e di questioni», G. ALPA, A. FUSARO, Relazione introdut-
tiva, cit., p. 5. La dottrina francese, infatti, ormai da tempo ha iniziato a contestare tale principio: ba-
sti citare, per tutti, il pensiero di R. SAVATIER, Le prétendu principe de l’effet relatif des contrats, in
Rev. trim. dr. civ., 1934, p. 525, e di A. WEILL, Le principe de la relativité des conventions en droit
privé français, th. Strasbourg 1938, pubbl. a Paris nel 1938, préf. M. Nast, pp. 174 ss., 279 ss., per i
quali, se l’art. 1165 si opponesse al riconoscimento dell’opponibilità dei contratti nei confronti dei
terzi, negando il «rispetto del carattere sociale dei diritti», esso dovrebbe, «senza dubbio, sparire dal
nostro Codice». Ma tale rischio non v’è, «dal momento che l’interpretazione classica è errata».
683
M. FONTAINE, Synthèse des travaux, in Les effets du contrat à l’égard des tiers, cit., p. 431.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 99
684
soprattutto, non esige l’esecuzione del contratto . Soltanto se l’azione del
danneggiato rivestisse natura contrattuale «bisognerebbe ammettere in prin-
cipio l’esistenza di un’eccezione alla relatività delle convenzioni». Ma poiché
essa «si rivela essere un’azione delittuale o quasi-delittuale, si può senz’altro
685
concludere per l’inesistenza di un’eccezione all’art. 1165» . In tal senso, il
principio di opponibilità degli effetti del contratto rispetto a terzi dà luogo ad
un modello di responsabilità delittuale da inadempimento.
686
La nozione di opponibilità, elaborata in occasione dei primi tentativi di
coordinare il principio del consenso traslativo con gli adempimenti pubblici-
tari (rispetto ai terzi) – e pertanto sconosciuta all’esperienza tedesca, che adot-
687
ta, per il trasferimento della proprietà immobiliare , un meccanismo del tut-
to diverso –, conquista, ben presto, in Francia, «lo scettro di categoria ordi-
688
nante» , divenendo, nella sua generalizzazione, la «qualità riconosciuta ad un
elemento dell’ordine giuridico, attraverso la quale esso s’irradia indirettamen-
te al di fuori del suo cerchio di attività diretta», la «tecnica la cui finalità consi-
ste nel collegare l’elemento opposé all’ambiente giuridico generale» e, infine, la
«qualità giuridica autonoma, della quale in principio tutti i fatti, gli atti, i dirit-
689
ti o situazioni sono dotati» .
690
Questa idea ha avuto, «per effetto» , di consentire alla scienza giuridica
francese di affermare la responsabilità delle parti di un contratto nei riguardi
691
di terzi . Ma la faute viene «invocata non quale manquement di un’obbliga-
zione contrattuale, ma in quanto fatto generatore di responsabilità delittua-
692
le» . La Cassazione, palesando fino in fondo l’indole aquiliana che la respon-
sabilità civile assume nel diritto francese, ha per lungo tempo affermato che
l’inexécution di un’obbligazione era insufficiente, di per sé, a fondare la do-
manda di un terzo danneggiato a causa dell’inadempimento. Questi avrebbe
dovuto comunque provare una «faute délictuelle envisagée en elle-même, in-
693
dépendamment de tout point de vue contractuel» , ovvero la violazione «di
una regola di portata generale» (negligenza, imprudenza, ad es.) costitutiva di
684
I. MARCHESSAUX, L’opposabilité du contrat aux tiers (La distinction entre effet obligatoire et
opposabilité du contrat), in Les effets du contrat à l’égard des tiers, cit., p. 91.
685
A. WEILL, op. ult. cit., p. 397.
686
M. GRAZIADEI, op. ult. cit., p. 157.
687
Cfr. A. CHIANALE, Obbligazione di dare e trasferimento della proprietà, Milano, 1990, p. 80 ss.
e passim; A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Teorie del contratto, pubblicità e apparenza nel trasferi-
mento della proprietà immobiliare, in Annuario dir. comp., 2011, p. 381 ss.; P.G. MONATERI, Contrat-
to e trasferimento della proprietà. I sistemi romanisti, Milano, 2008, p. 35 ss.
688
M. GRAZIADEI, op. loc. ult. cit.
689
Così, J. DUCLOS, L’opposabilité (Essai d’une théorie générale), préf. D. Martin, Paris, 1984, pp.
22, 35 e passim.
690
M. FONTAINE, op. ult. cit., p. 432.
691
In argomento, I. MARCHESSAUX, op. cit., p. 91 ss.
692
I. MARCHESSAUX, op. cit., p. 91.
693
Cass., I civ., 8 octobre 1962, in Bull. civ., 1962, I, n. 405; nello stesso senso, Cass., I civ., 7 no-
vembre 1962, in Sem. jur., 1963, II, Jur., 12987.
100 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
694
una faute, ulteriore e indipendente rispetto alle «stipulazioni contrattuali» .
Oggi, invece, la giurisprudenza sembra ammettere che l’inadempimento o
l’adempimento inesatto dell’obbligazione sono sufficienti a fondare l’esistenza
di una faute delittuale nei riguardi dei terzi: un medesimo fatto, «suscettibile
di costituire un manquement a un’obbligazione esistente tra due parti legate
da un contratto, può costituire, nei riguardi dei terzi estranei al contratto, una
695
faute quasi-delittuale che implica la responsabilità del suo autore» . Ma la
696
questione non è ancora «tranchée» : mentre alcune sentenze richiedono che
l’inadempimento costituisca, indipendentemente dal contratto, la violazione di
697
un’obbligazione generale di prudenza o di diligenza , altre si sono affrancate
da tale indirizzo, avendo deciso che «i terzi rispetto a un contratto sono legit-
timati ad invocare l’esecuzione difettosa dello stesso allorché essa ha causato
698
loro un danno» . Come si è scritto, «ciò, dopo tutto, non è per nulla scioc-
cante, se si osserva che un buon padre di famiglia (secondo lo standard che
serve a definire abitualmente la faute delittuale o quasi-delittuale) non deve
rendersi colpevole dell’inadempimento, dannoso per i terzi, di un’obbligazio-
699
ne che ha assunto per contratto» .
Tuttavia, la dottrina non è unanime: da un lato si afferma, in generale, il
principio secondo il quale «qualsiasi faute contrattuale è delittuale nei riguardi
700
dei terzi estranei al contratto» . Dall’altro si rileva che, comunque, la respon-
sabilità non sorgerebbe «dal contratto in sé, poiché non trova in esso diretta-
mente la sua fonte, ma nasce dalla faute che è stata commessa per non aver ri-
spettato un diritto del quale si conosceva l’esistenza grazie alla conclusione del
701
contratto» . In ogni caso, dall’insieme della scienza giuridica francese emerge
chiaramente la connotazione delittuale della responsabilità che sorge, per la
parte di un contratto, dall’inadempimento di un’obbligazione che causa un
694
M.L. IZORCHE, Les effets des conventions, cit., p. 82.
695
Tra le prime decisioni in tal senso, Cass., 16 janvier 1973, in Bull. civ., 1973, IV, n. 28.
696
M.L. IZORCHE, op. ult. cit., p. 83.
697
Ad es., Cass. com., 17 juin 1997, in Sem. jur., 1998, I, p. 144, anche in Rev. trim. dr. civ., 1998,
p. 113, in tema di faute contrattuale del mandatario nei riguardi del mandante, la quale può essere
qualificata come faute quasi-delittuale nei confronti di un terzo «a condizione che essa costituisca
anche la violazione di un’obbligazione generale di prudenza e diligenza» (nello stesso senso, Cass.
com., 16 décembre 1997, ivi, 1998, I, p. 144). Secondo P. JOURDAIN, in Rev. trim. dr. civ., 1998, p.
113, tale decisione «non potrebbe esprimere meglio l’idea della relatività della faute contrattuale», la
quale «non costituisce necessariamente una faute delittuale nei riguardi dei terzi. Tutto dipende dalla
portata del vincolo contrattuale che è stato violato».
698
Cass., I civ., 15 décembre 1998, in Contr. conc. consom., 1999, n. 37, con nota di L. LEVENEUR.
Tale orientamento è stato condiviso dalla Sezione di diritto commerciale (Cass. com., 12 marzo 1991,
in Contr. conc. consom., 1991, n. 135) e dalla III sezione civile (Cass., III civ., 25 mars 1998, in Sem.
jur., 1998, I, p. 144).
699
L. LEVENEUR, op. loc. cit.
700
F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, Droit civil, Les obligations, Paris, VI éd., 1996, p. 391, e
già G. DURRY, in Rev. trim. dr. civ., 1974, p. 815.
701
J. GHESTIN, Les effets du contrat, cit., p. 15.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 101
danno a un terzo, sia che tale faute sia direttamente “opponibile” al terzo, sia
che questi debba dimostrare che l’inadempimento costituisca, altresì, una fau-
te delittuale. In ogni caso il terzo dovrà fondare la sua azione sulla faute prou-
vée (artt. 1382 e 1383 code civ.) o sul fatto della cosa, là dove l’art. 1384 «glie-
702
ne dia facoltà» ; non, invece, sulle regole della responsabilità contrattuale.
Egli non sarebbe «creditore dell’adempimento di un’obbligazione contrattua-
le: è soltanto creditore di un’obbligazione risarcitoria, qualora l’inadempimen-
703
to gli abbia causato un danno» .
704
Una vera e propria eccezione al principio dell’effetto relativo dei contrat-
ti è stata ravvisata, invece, nella giurisprudenza che, aderendo alla teoria dei
705 706
“groupes de contrats” , o degli «ensembles contractuels» , ha riconosciuto
l’esistenza di un’azione contrattuale diretta tra le «parti estreme», consenten-
do di agire ex contractu a tutti coloro che hanno sofferto un danno a causa di
un legame con il contratto iniziale. La Terza Sezione civile della Cassazione,
aderendo ad una «concezione ortodossa» della distinzione tradizionale tra le
nozioni di parte e di terzo, «di opponibilità e di eccezione al principio di rela-
tività dei contratti, di responsabilità contrattuale e di responsabilità delittua-
707
le» , ha censurato, per violazione dell’art. 1165, le sentenze delle Corti
d’appello che avevano ammesso la responsabilità del subappaltatore che aveva
inadempiuto la sua obbligazione determinata, al fine di garantire l’appaltatore
dalle condanne pronunziate contro di lui a favore del committente, non esi-
stendo alcun legame contrattuale tra l’appaltatore e il subappaltatore del suo
708
subappaltatore . Poiché «l’obbligazione di risultato di eseguire lavori esenti
da vizi, alla quale il subappaltatore è tenuto nei confronti dell’appaltatore, ha
per solo fondamento i rapporti contrattuali e personali esistenti tra loro, essa
non può essere invocata dal committente, che è estraneo al contratto di su-
709
bappalto» .
La prima Sezione civile, invece, ha assunto un orientamento contrapposto:
dopo aver deciso che l’azione degli aventi causa a titolo particolare contro il
710
dante causa del loro dante causa «è necessariamente di natura contrattuale» ,
702
I. MARCHESSAUX, op. cit., p. 91.
703
M.L. IZORCHE, op. ult. cit., p. 84.
704
In questi termini, I. MARCHESSAUX, op. cit., p. 95.
705
La dottrina francese già da tempo ha approfondito questa problematica: per tutti, B. TEYSSIE,
Les groupes de contrats, préf. J.-M. Mousseron, Paris, 1975, passim.
706
A differenza delle «chaînes de contrats», considera simili le due nozioni, poiché in entrambe
«v’è una concezione economica del contratto che è presa in considerazione», C. JAMIN, Breves réfle-
xions sur un mécanisme correcteur: l’action directe en droit français, in Les effets du contrat à l’égard des
tiers, cit., p. 293.
707
Le espressioni tra virgolette sono di I. MARCHESSAUX, op. loc. ult. cit.
708
Cass., III civ., 13 décembre 1989, in Rec. Dalloz, 1991, Jur., p. 25, con nota di J. KULLMANN;
conf. Cass., III civ., 28 mars 1990, ivi, 1991, p. 25.
709
Così, già Cass., III civ., 22 juin 1988, in Bull. civ., 1988, III, n. 115, p. 63.
710
Cass., I civ., 9 octobre 1979, in Rec. Dalloz, 1980, Inf. rap., p. 222, con le osservazioni di C.
102 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
LARROUMET, anche in Rev. trim. dr. civ., 1980, con il commento di G. DURRY; Cass., I civ., 29 mai
1984, in Sem. jur., 1985, II, Jur., 20387, con nota di P. MALINVAUD, e in Rec. Dalloz, 1985, Jur., p.
213, annotata da A. BÉNABENT; Cass., I civ., 4 mars 1986, in Bull. civ., 1986, I, n. 57, p. 53.
711
La massima standard è citata da I. MARCHESSAUX, op. cit., p. 94.
712
J. NERET, Le sous-contrat, th. Paris II, 1977, p. 513.
713
P. DELEBECQUE, Note a Cass., I civ., 21 juin 1988, in J.P.C., 1988, éd. E, n. 15294.
714
Le espressioni tra virgolette sono di P. DELEBECQUE, op. loc. cit.
715
G. VINEY, Groupes de contrats et responsabilité du fait d’autrui (rapport français), in Les effets
du contrat à l’égard des tiers, cit., p. 340.
716
Cass., Ass. Plén., 7 février 1986, 2 arrêts, in Sem. jur., 1986, II, Jur., 20616, con nota di P. MA-
LINVAUD.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 103
717
propter rem dell’azione trasmessa» . Infatti, allorché l’Assemblée Plénière si è
pronunziata sullo specifico contrasto che era sorto tra le due Sezioni civili del-
la Cassazione, essa ha ribadito l’orientamento più tradizionale, affermando
che «viola l’art. 1165 code civ. la Corte d’appello la quale [...] ritiene che, nel
caso in cui il debitore di un’obbligazione contrattuale ha incaricato un’altra
persona di adempierla, il creditore non disponga contro quest’ultima che di
un’azione necessariamente contrattuale, [...], deducendo che il subappaltatore
può opporre al committente tutti i mezzi di difesa inerenti al contratto d’ap-
palto concluso tra questi e l’appaltatore». Il subappaltatore non sarebbe «con-
718
trattualmente legato al committente» .
Da tale orientamento, che sembra condannare la teoria dei gruppi di con-
tratti, e, più in generale, l’esperibilità della tutela contrattuale da parte di sog-
getti che non siano parti dello stesso contratto, si arguisce un’ulteriore, fon-
damentale differenza che può essere letta, in controluce, tra le righe della
scienza giuridica francese e di quella tedesca. Il Vertrag mit Schutzwirkung zu-
gunsten bestimmter Dritte, per quanto contestato in particolare con riferimen-
to alle sue applicazioni più estreme, assurge, grazie soprattutto all’influenza
del pensiero di Karl Larenz, alla dignità di istituto dotato di una propria auto-
nomia “ontologica” nel panorama del diritto tedesco. Prova ne è, altresì, la
copiosa ed autorevole letteratura che, nel corso dei decenni, ha tentato di spie-
gare e di illustrare tale modello, colloquiando, seppur criticamente, con la giu-
risprudenza. Al contrario, la stipulation pour autrui tacite, oltre a non essere
stata considerata meritevole di studi monografici da parte della dottrina fran-
cese, risulta raramente citata perfino negli scritti che hanno ad oggetto gli ef-
fetti del contratto «à l’égard des tiers» e la stessa problematica dell’obbliga-
zione di sécurité. Il saltuario e raro impiego, da parte della giurisprudenza, di
tale istituto ha indotto a considerarlo, implicitamente, come un “accidente”
giuridico che non merita un autonomo approfondimento, come un infelice
escamotage escogitato da qualche Corte al solo scopo di individuare una fonte
contrattuale fittizia, attraverso la quale legittimare l’applicazione della disci-
plina dell’obbligazione determinata di sécurité (la quale, in realtà, ha invece
fonte legale).
Il disfavore mostrato dalla scienza giuridica francese per la stipulation pour
autrui tacite ha trovato, infine, ulteriore conforto nelle riforme legislative che
717
I. MARCHESSAUX, op. cit., p. 93.
718
Cass., Ass. Plén., 12 juillet 1991, in Rec. Dalloz, 1991, Somm., p. 321, con osservazioni di J.L.
AUBERT, anche ivi, 1991, Jur., p. 549, con nota di J. GHESTIN. Questa decisione ha sollevato, in dot-
trina, molteplici commenti critici; cfr., ad es., C. LARROUMET, L’effet relatif des contrats et la négation
de l’existence d’une action en responsabilité nécessairement contractuelle dans les ensembles contrac-
tuels, in Sem. jur., 1991, I, 3531; C. JAMIN, Une restauration de l’effet relatif du contrat (à propos de
l’arrêt de l’Assemblée Plénière du 12 juill. 1991, Besse), in Rec. Dalloz, 1991, Chron., p. 257; P. JOUR-
DAIN, La nature de la responsabilité civile dans les chaînes de contrats après l’arrêt d’Assemblée Plé-
nière du 12 juillet 1991, ivi, 1992, Chron., p. 149 ss.
5.
104 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
hanno interessato la quasi totalità dei settori nei quali aveva trovato applica-
zione: «abbandonata», dalla giurisprudenza, alle soglie della nuova disciplina
comunitaria in materia di danno da prodotti, il campo di applicazione di tale
modello si è notevolmente ristretto anche nell’ambito del contratto di traspor-
to a seguito dell’entrata in vigore della Loi Badinter (legge 5 luglio 1985), al-
meno per quanto riguarda il risarcimento dei danni causati alle persone tra-
sportate nell’ambito della circolazione di veicoli a motore. Il futuro giurispru-
denziale della stipulation pour autrui tacite sembra interamente destinato al
719
trasporto ferroviario o su tramvia .
Tuttavia, se si prescinde dalla diversa collocazione che i due modelli assu-
mono nei diritti francese e tedesco, tra il Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte
ed il suo omologo d’oltralpe è possibile rilevare alcune analogie, anche sotto il
profilo funzionale, sulla base delle differenze che caratterizzano i due sistemi
di responsabilità delittuale. Entrambi gli istituti, di origine giurisprudenziale,
si sono prefissi di offrire una maggiore protezione al danneggiato, allorché il
regime della responsabilità aquiliana appariva, sotto qualche profilo, «inade-
720
guato» , perché mancava del tutto una tutela delittuale, o perché la respon-
sabilità contrattuale risultava più vantaggiosa, per la vittima, di quella delittua-
le. Mentre il contratto con effetti di protezione per terzi, in Germania, ha
permesso alle Corti di risarcire, mediante l’estensione, di là dal contratto, della
responsabilità contrattuale, eventi dannosi che avrebbero rischiato di rimanere
sforniti di ogni tutela delittuale (si pensi, ad es., ai cc.dd. danni meramente
economici), in virtù della tipizzazione legale che caratterizza il sistema dise-
gnato nei §§ 823 ss. del BGB. La stipulation pour autrui tacite ha consentito
alle Corti francesi, pur in presenza di una tutela delittuale comunque esperibi-
le ai sensi della clausola onnicomprensiva di cui all’art. 1382 code civ., di ap-
plicare il regime di responsabilità oggettiva contrattuale conseguente all’ina-
dempimento di un’obbligazione determinata di sécurité e, quindi, di far bene-
ficiare il danneggiato/creditore di un regime ben più favorevole di quello de-
littuale fondato sulla prova (talvolta “diabolica”) della faute. Ma anche là dove
l’obbligazione di sécurité verrà qualificata, al di fuori del contratto di traspor-
to, come obbligazione “di mezzi” o di diligenza, il frequente ricorso a presun-
zioni di responsabilità e al meccanismo dell’inversione dell’onere della prova
consentirà alla giurisprudenza d’oltralpe, di là dalle “declamazioni” di rito, di
estendere al danneggiato un regime decisamente più favorevole di quello pre-
visto dalla responsabilità delittuale per colpa. Non va sottaciuto, però, come
anche nell’esperienza tedesca, forse proprio nella maggior parte dei casi, la
contrattualizzazione del rapporto (anche nei confronti di “terzi”) abbia assolto
alla precipua funzione di garantire al danneggiato l’applicazione di una disci-
plina di responsabilità “oggettiva” (del preponente per il fatto dell’ausiliario)
719
In questi termini, M.L. IZORCHE, op. ult. cit., p. 87, in nota 46.
720
M. GRAZIADEI, I terzi e gli effetti contrattuali, cit., p. 162.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 105
Corti di abbandonare la difesa dei loro dogmi tradizionali. Tant’è che la stessa
giurisprudenza, al fine di porre rimedio a questa sua limitata visione, ma senza
ammettere espliciti revirements, ha ritenuto di dover eludere il problema pro-
cedendo alla “contrattualizzazione” di vasti settori della responsabilità civile,
sia per consentire il risarcimento del danno in ipotesi nelle quali non sarebbe
possibile ottenere tutela sulla base delle regole della responsabilità delittuale
10
(per difetto, ad es., del danno “ingiusto”) , sia per garantire una più ampia
protezione al danneggiato (anche là dove sarebbe comunque possibile esperire
11
un’azione delittuale) sotto i profili della prescrizione e dell’onere della prova .
Il maggior inconveniente del sistema italiano di responsabilità civile, tutta-
via, ha riguardato la riparazione dei cc.dd. danni non patrimoniali. Le lesioni
dei “diritti” alla vita, alla salute, alla dignità e a qualsiasi altro interesse della
persona, pur rappresentando, secondo la dogmatica tradizionale, violazioni di
diritti soggettivi assoluti, sono state considerate non risarcibili in assenza della
«configurabilità di un fatto-reato», rinviando l’art. 2059 «all’art. 185 c.p. che,
12
a sua volta, rimanda alle singole fattispecie delittuose» . Pur in presenza della
lesione di “diritti soggettivi” di rango costituzionale, il criterio giuridico del-
l’ingiustizia non è stato considerato utilizzabile ai fini del giudizio di respon-
sabilità, poiché l’applicazione dell’art. 2043 c.c è stata limitata, ma senza alcu-
13
na convincente motivazione , al solo danno patrimoniale.
Ricostruito in tal guisa, il modello italiano di riparazione del danno non pa-
trimoniale ha finito con l’essere ancor più restrittivo perfino di quello tedesco,
ispirato ad una tipicità testuale. In Germania, i limiti al risarcimento del nicht
Vermögensschaden hanno riguardato il solo danno morale, mentre sia il § 847
sia, oggi, il comma 2 del § 253 espressamente hanno disposto la riparazione di
ogni lesione del corpo, della salute, della libertà e dell’autodeterminazione ses-
suale. Un avvertito orientamento dottrinale e giurisprudenziale ha provveduto
ad estendere la tutela risarcitoria ad ogni ulteriore violazione dell’allgemeines
14
Persönlichkeitsrecht .
10
Osserva che la giurisprudenza italiana, a differenza di quella francese, preferisce risarcire il
danno da perdita di chances in ambito quasi esclusivamente contrattuale, e ciò anche per risolvere i
problemi inerenti all’ingiustizia del danno, M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, Napoli, 2004, p.
47 ss. e passim.
11
In questo settore possono essere inquadrate sia quelle decisioni che hanno esteso la responsabi-
lità contrattuale a quella da “contatto sociale qualificato” (ad es., Cass., 22 gennaio 1999, n. 589, in
Corriere giur., 1999, p. 448 s.; Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9346, in Foro it., 2002, I, c. 2649),
sia quelle sentenze che hanno affermato l’esistenza di un contratto con effetti protettivi per i terzi, al
fine di consentire al minore nato andicappato di poter ottenere direttamente il risarcimento dei danni
patrimoniali e non (Cass., 22 novembre 1993, n. 11503, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 557 s.; Cass., 14 lu-
glio 2003, n. 11001, in CED Cass., RV. 565548).
12
Tale regola è ribadita nella decisione resa sul “caso Seveso” (Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002,
n. 2515, in Corriere giur., 2002, p. 464, della quale sono le parole citate nel testo tra virgolette).
13
Per una critica di tale dogma, si rinvia ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto,
Parte II, cit., p. 221 ss.
14
Nonostante la mancata previsione di tale figura nel testo del comma 2 del nuovo § 253 BGB,
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 111
2. Il legislatore fascista del 1930 (art. 185 c.p.) e del 1942 (art. 2059 c.c.),
21
sulla scia di orientamenti dottrinali che s’ispiravano ormai alla scienza giuri-
dica germanica, piuttosto che ai modelli legali (art. 1151 c.c. 1865) e dottorali
d’origine francese, allora vigenti in Italia, sulla base della filosofia produttivi-
stica ed autoritaria del regime, “condiziona” la tutela delittuale della persona
umana alla necessità, di natura squisitamente pubblicistica, di sanzionare il so-
considera possibile la sua ricezione in via d’interpretazione G. CIAN, La riforma del BGB, cit., p. 132.
Sul punto, il noto insegnamento di K. LARENZ, Das «allgemeine Persönlichkeitsrecht», cit., p. 521 ss.
15
L’art. 1382 code civ., per unanime convinzione, si applica sia ai danni morali sia a quelli c.d. pa-
trimoniali: per tutte, Cass. civ., 13 febbraio 1923, ora in H. CAPITANT, Les grands arrêts de la juri-
sprudence civile, VIII ed. a cura di A. Weill, F. Terré, Y. Lequette, Paris, 1984, p. 404.
16
G. VINEY, B. MARKESINIS, La réparation du dommage corporel. Essai de comparaison des droits
anglais et français, préf. di A. Tunc, Paris, 1985, pp. 46, 54 e 56.
17
Così, H., L. MAZEAUD, Traité de la responsabilité civile, Paris, 1931, p. 31.
18
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 66, in nota 338.
19
Com’è noto, la regola posta da Cass. civ., 27 juillet 1937, in Dalloz Pér., 1938, I, p. 5, fu ribalta-
ta dalla famosa decisione della Chambre mixte del 27 février 1970, in Rec. Dalloz, 1970, Jur., p. 201.
20
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 11. Sul problema della valutazione della condotta
dell’agente, v. M. BUSSANI, La colpa soggettiva. Modelli di valutazione della condotta nella responsabi-
lità extracontrattuale, Padova, 1991, passim.
21
Tra gli autori che, in vario senso, assunsero una posizione contraria alla risarcibilità dei danni
morali, sembra opportuno ricordare C.F. GABBA, Contro la dottrina della risarcibilità del danno mora-
le, in Questioni di diritto civile, II, Torino, 1898, p. 225 ss.; G.P. CHIRONI, Colpa extracontrattuale, II,
Torino, 1906, p. 320 ss.; C. MANDRIOLI, Il risarcimento del danno in forma specifica, in Riv. dir. comm.,
1922, I, p. 359 ss.; ID., Il danno non patrimoniale nell’art. 185 c.p., in Riv. pen., 1931, p. 695; G. PAC-
CHIONI, Della irrisarcibilità dei danni morali, in Riv. dir. comm., 1922, II, p. 178 ss.
112 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
lo illecito penale, che deve essere provato dal danneggiato (o dai suoi aventi
causa) in tutti i suoi elementi costitutivi. Con tale scelta, per nulla “neutra-
22 23
le” , aveva inteso negare, anche al cittadino , ogni protezione di diritto civile,
salvo sparute ipotesi tipiche (artt. 7 e 10 c.c., ad es.), tra l’altro connotate da
24
uno spiccato carattere patrimoniale . Ma a seguito dell’entrata in vigore della
Costituzione repubblicana, che introduce un contrapposto sistema di valori,
25
fondato proprio sulla tutela “incondizionata” della persona (art. 2) , della sua
integrità psico-fisica (art. 32) e dignità, l’angusto sistema di riparazione del
danno non patrimoniale, così come elucubrato dalla prevalente interpretazio-
ne “bipolare”, diviene chiaramente incostituzionale.
Tuttavia, la storia della giurisprudenza costituzionale in materia sarà, per lo
26
più, una storia d’occasioni mancate , d’incomprensibili esitazioni, d’infondati
27 28
timori, di contraddizioni , di vere e proprie incongruenze giuridiche . Forse
perché la Corte prenderà coscienza troppo tardi della struttura “aperta” non-
29
ché della portata precettiva dell’art. 2 Cost. e delle altre norme che garanti-
scono i fondamentali diritti della persona umana. Forse perché avrà il timore
d’introdurre, attraverso la dichiarazione d’incostituzionalità dell’art. 2059 c.c.,
un sistema d’integrale risarcibilità del danno “non patrimoniale”, senza consi-
derare che l’opera di selezione degli interessi protetti sarebbe stata comunque
rimessa alla giurisprudenza, così com’è avvenuto sia in Francia, sia in quei paesi
(come la Germania) che, al contrario, avevano posto a fondamento di un si-
stema legale tipico la velleitaria scelta di riservare al solo legislatore l’indivi-
22
Il civilista italiano, al fine di presentarsi come un “puro” scienziato, preferisce evitare ogni rife-
rimento alla “ideologia” del legislatore, nel nome di una fantomatica “neutralità” del diritto. Ma i giu-
risti socialisti avevano smascherato l’atteggiamento menzognero del giurista occidentale, rilevando
come «La presunta obiettività borghese, al pari dell’ideologia dell’imparzialità, rappresenta soltanto
una maschera dietro la quale l’ingiustizia capitalistica nasconde il suo volto» (la frase di Arzanof è
citata da L.-J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 17).
23
Per lo straniero, com’è noto, era l’art. 16 disp. prel. c.c. a limitare ulteriormente il godimento
dei diritti civili, sulla base della «condizione di reciprocità». Con riguardo all’interpretazione costitu-
zionalmente legittima di tale norma in riferimento al danno morale, M. FEOLA, Il risarcimento del
danno morale del cittadino straniero, in Dir. e giur., 2005, p. 274 ss.
24
In argomento, G. RESTA, Autonomia privata e diritti della personalità, Napoli, 2005, p. 123 ss.
25
Cfr., in proposito, le pagine di P. PERLINGIERI, La personalità umana nell’ordinamento giuridi-
co, Camerino-Napoli, 1972, p. 161 ss. e passim; ID., Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli,
1991, p. 325 ss.
26
Rileva, infatti, che «nell’affermare la costituzionalità dell’attuale disciplina normativa, la Corte
ha perso […] una favorevole occasione per delineare nuove prospettive in tema di risarcimento del
danno alla salute maggiormente aderenti alle necessità di una giustizia sostanziale», G. PONZANELLI,
Danno non patrimoniale e danno alla salute: due sentenze della Corte Costituzionale, in Resp. civ. prev.,
1979, p. 707.
27
Sottolinea, a più riprese, le «contraddizioni emergenti da una […] lettura incrociata» delle sen-
tenze n. 87 e 88 del 26 luglio 1979, G. PONZANELLI, op. ult. cit., pp. 701 e 699.
28
Così, ancora, G. PONZANELLI, op. ult. cit., p. 701 s.
29
In questi termini, P. PERLINGIERI, Norme costituzionali e rapporti di diritto civile, in Tendenze e
metodi della civilistica italiana, Napoli, 1979, p. 111 ss.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 113
30
duazione dei “beni” da proteggere in via delittuale .
La Corte costituzionale volle incamminarsi sulla difficile strada della difesa
a oltranza del modello nostrano di danno non patrimoniale fin dall’estate del
1979, allorché fu chiamata per la prima volta a pronunziarsi sulla legittimità
costituzionale degli artt. 2059 e 2043 c.c. Il «caso Gennarino» aveva destato
31 32
scandalo otto anni prima e, nel frattempo, sia la giurisprudenza genovese ,
33
sia quella toscana , se pure con diversi metodi liquidativi, erano giunte alla
conclusione che il danno c.d. biologico dovesse essere risarcito in sé e per sé
34
(quale violazione dell’art. 32 Cost.) , anche in assenza della commissione di
un reato e a prescindere dalle ulteriori conseguenze economiche provocate
sulla capacità reddituale del soggetto leso.
La Consulta, pur riconoscendo che il «nostro sistema di responsabilità civi-
le» risultava «fondato su una scala di valori profondamente diversa» da quella
35
delineata dalla Costituzione repubblicana , invece di trarre le logiche conse-
guenze da questa affermazione, decide di seguire una soluzione “debole”, sal-
vando la legittimità costituzionale dell’art. 2059 c.c. subordinatamente all’even-
tualità che esso non rappresentasse un limite alla tutela delle «situazioni sog-
36
gettive costituzionalmente garantite» . Leggendo tale regola in senso afferma-
tivo, dottrina e giurisprudenza avrebbero dovuto comunque concludere che
questa decisione, che si presentava «al confine con una pronuncia interpreta-
37
tiva di rigetto» , aveva riconosciuto l’incostituzionalità di ogni ermeneutica del-
l’art. 2059 c.c. che limitasse la tutela di interessi costituzionalmente protetti. Ma
poiché tutte le violazione della personalità umana e, innanzitutto, quelle concer-
nenti l’integrità psico-fisica (art. 32), la vita e la dignità, riguardavano la lesio-
38
ne di «situazioni soggettive costituzionalmente garantite» (dall’art. 2 Cost.) ,
30
L’intenzione del legislatore tedesco di sottrarre alla giurisprudenza qualsiasi ruolo nella selezio-
ne degli interessi protetti, tuttavia, rimarrà vana, poiché essa svolgerà un essenziale ruolo “additivo”
(per tutti, R. SACCO, Introduzione, cit., p. 104 ss.; L.J. CONSTANTINESCO, op. ult. cit., p. 242 s.).
31
La dottrina più avvertita immediatamente denunziò il carattere «classista» del sistema di ri-
parazione reddituale dei danni alla salute (S. RODOTÀ, Una sentenza classista, in Pol. dir., 1971, p.
435 ss.; A.M. GALOPPINI, Il caso Gennarino, ovvero quanto vale il figlio dell’operaio, in Dem. dir.,
1971, p. 225 ss.). Il “caso” fu sollevato da Trib. Milano, 18 gennaio 1971, in Giur. merito, 1971, I,
p. 210 ss.
32
Trib. Genova, 30 maggio 1974, in Resp. civ. prev., 1975, p. 424 ss.; Trib. Genova, 20 ottobre
1975, ivi, 1976, p. 472 ss. L’orientamento programmatico dei giudici genovesi è definito nel manife-
sto redatto da V. MONETTI, G. PELLEGRINO, Proposte per un nuovo metodo di liquidazione del danno
alla persona, in Foro it., 1974, V, c. 159 ss.
33
Trib. Pisa, 10 marzo 1979, in Resp. civ. prev., 1979, p. 365 ss.; App. Firenze, 16 febbraio 1979,
ivi, 1979, p. 359.
34
Lo sottolinea G. ALPA, Danno “biologico” e diritto alla salute. Un’ipotesi di applicazione diretta
dell’art. 32 della Costituzione, in Giur. it., 1976, I, 2, c. 443 ss.
35
G. PONZANELLI, op. ult. cit., p. 702, ivi le parole citate nel testo tra virgolette.
36
Corte cost., 26 luglio 1979, n. 87, in Resp. civ. prev., 1979, p. 702.
37
Cfr. G. PONZANELLI, op. loc. ult. cit.
38
L’unico dubbio poteva riguardare il solo danno morale soggettivo che, non ancora considerato
una lesione dell’interesse (costituzionalmente rilevante ex art 2 Cost.) «all’integrità morale» (Cass., III
114 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
già nel 1979 sarebbe stato possibile concludere che la Corte costituzionale
aveva riconosciuto l’incostituzionalità di ogni interpretazione che avesse inteso
circoscrivere la tutela civile della persona umana alla sussistenza di un illecito
penale.
Dottrina e giurisprudenza, tuttavia, non compresero o non vollero com-
prendere il significato di quella decisione (n. 87 del 1979) la quale, afferman-
do la costituzionalità dell’art. 2059 c.c., ne aveva sancito, nella quasi totalità
delle possibili interpretazioni, l’incostituzionalità. La letteratura giuridica pre-
ferì sottolineare le contraddizioni e le incongruenze tra le due sentenze della
39
Corte, negando loro, in tal modo, un significato giuridico coerente .
Sez. civ., 31 maggio 2003, n. 8828, in Danno e resp., 2003, p. 818), poteva essere risarcito nei soli casi
di un fatto-reato.
39
Nella sentenza n. 88 del 26 luglio 1979 (in Resp. civ. prev., 1979, p. 707 s.) il danno alla salute,
pur considerato come lesione di un «diritto fondamentale dell’individuo» che si configura «come un
diritto primario ed assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra privati», fu qualificato come
danno non patrimoniale e risarcito soltanto perché ricorrevano «nella fattispecie in esame i presup-
posti per l’applicabilità dell’art. 2059 del c.c. (il [convenuto] era stato condannato in sede penale, per
il reato di cui all’art. 582 c.p.)».
40
G. PONZANELLI, op. ult. cit., p. 703.
41
Corte cost., 26 luglio 1979, n. 88, cit., p. 706.
42
Corte cost., 26 luglio 1979, n. 88, cit., p. 706.
43
Analoga questione di legittimità costituzionale è proposta, con ordinanza del 4 dicembre 1981,
dal Tribunale di Salerno.
44
Il petitum del Trib. Genova è così riassunto da Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, in Resp. civ.
prev., 1986, p. 521.
45
Ben sette anni dopo.
46
Circa la mancata dichiarazione d’incostituzionalità dell’art. 2059 c.c.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 115
53
la scia di un’autorevole dottrina , al processo di “erosione” dell’art. 2059 c.c.
La lettura dei lavori preparatori renderebbe palese che, «almeno nelle inten-
zioni» del legislatore, «il danno non patrimoniale, di cui al comma 2 dell’art.
54
185 c.p., costituisce l’equivalente del danno morale subiettivo» . Ciò significa
che il limite del fatto-reato di cui agli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. opera soltanto
per tale categoria di danni, che è identificata con «l’ansia, l’angoscia, le soffe-
55
renze fisiche o psichiche […] effimere e non durature» , con «l’ingiusto per-
56
turbamento dello stato d’animo del soggetto offeso» , mentre l’art. 2043 c.c.
permette di risarcire senza alcun limite ogni altra lesione dell’integrità psico-
fisica, della libertà e della dignità della persona umana. La Corte, con questa
interpretazione, tende a contemperare il principio di riparazione integrale, che
trova fondamento nella previsione aperta dell’art. 2043 c.c., con il regime di
stretta tipicità previsto per il danno “da reato” ex art. 2059 c.c., limitando
questo al solo danno morale soggettivo.
Al fine di giustificare ulteriormente la differente disciplina e le distinte fun-
zioni che concernono il risarcimento del danno alla salute (compensation) ri-
spetto a quello morale soggettivo (sanzione), la Consulta sottolinea anche le
diversità strutturali che caratterizzerebbero questi due tipi di danno. Il danno
alla salute dovrebbe essere considerato sempre un danno-evento, poiché «co-
stituisce l’evento del fatto lesivo della salute», mentre «il danno morale subiet-
tivo (ed il danno patrimoniale)» apparterrebbero «alla categoria del danno-
57
conseguenza in senso stretto» . La Corte intendeva distinguere il «fatto costi-
tutivo dell’illecito civile extracontrattuale» (evento dannoso consistente nella
menomazione psicofisica patita dalla vittima) dalle «conseguenze, in senso
proprio, del fatto, dell’intero fatto illecito, causalmente connesse al medesimo
58
da un secondo nesso di causalità» . Ma l’utilizzo di un linguaggio talvolta ge-
neralizzante, talora effettivamente ambiguo, ingenererà nella dottrina la (pur
infondata) convinzione che la Corte avesse inteso qualificare i danni morali e
patrimoniali sempre come danni-conseguenza, mentre tale conclusione sareb-
59
be stata foriera, effettivamente, di conseguenze «assurde» .
Una più grave pecca della sentenza n. 184 del 1986 consiste nell’aver quali-
60
ficato l’art. 2043 c.c. come «una sorta di “norma in bianco”» , cioè come
«una norma giuridica secondaria, la cui applicazione suppone l’esistenza
53
F.D. BUSNELLI, Diritto alla salute e tutela risarcitoria, in Tutela della salute e diritto privato, a
cura di F.D. Busnelli, U. Breccia, Milano, 1978, pp. 530-534.
54
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 523.
55
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 523.
56
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 523.
57
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 524.
58
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 524.
59
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Morte e resurrezione di una teoria generale e monocen-
trica della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 2003, p. 631.
60
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 527.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 117
61
d’una norma giuridica primaria» . Nell’art. 2043 sarebbe «espressamente e
chiaramente indicata l’obbligazione risarcitoria, che consegue al fatto doloso o
62
colposo» , mentre non sarebbero «individuati i beni giuridici la cui lesione è
63
vietata» .
Questa concezione tipizzata dell’ingiustizia del danno, che trova fonda-
mento in una “lettura” penalistica dell’illecito civile, non impedisce, però, di
ravvisare nella sentenza n. 184 del 1986 il momento più alto al quale perviene
la giurisprudenza costituzionale nell’opera di coerente ricostruzione del nostro
modello di responsabilità delittuale. Pur se con talune imprecisioni, che forniran-
no alla dottrina e alla giurisprudenza l’alibi per riaffermare dogmi obsoleti, il di-
scorso svolto dalla Consulta si dimostrava idoneo a correggere le più gravi incom-
prensioni che fino ad allora avevano caratterizzato la nostra scienza giuridica.
Purtroppo, nelle successive decisioni, la Corte, piuttosto che procedere sulla
strada tracciata dalla questa sentenza, ripensando le affermazioni meno convin-
centi, preferirà effettuare un brusco salto all’indietro, vanificando l’intero pa-
trimonio di preziose conoscenze che tale decisione aveva tentato di conseguire.
sicché la lesione dell’integrità fisica con esito letale» non potrebbe essere con-
siderata «una semplice sottoipotesi di lesione alla salute in senso proprio, la
66
quale implica la permanenza in vita del leso con menomazioni invalidanti» .
Tali discutibili argomentazioni avevano condizionato il successivo orienta-
mento della Cassazione, la quale aveva affermato ben presto unanime che «la
lesione dell’integrità fisica con esito letale, intervenuta immediatamente o a
breve distanza di tempo dall’evento lesivo, non è configurabile quale danno
biologico, dal momento che la morte non costituisce la massima lesione possi-
bile del diritto alla salute, ma incide sul bene giuridico, ontologicamente di-
67
verso, della vita» . Il «pregiudizio della salute nell’intervallo di tempo inter-
corso tra le lesioni e la morte in tanto può dar luogo a risarcimento del danno
(trasmissibile agli eredi) in quanto il soggetto sia rimasto in vita per un tempo
apprezzabile, che consenta di configurare un’effettiva ripercussione delle le-
68
sioni sulla sua complessiva qualità della vita» .
Sulla base di queste opinabili convinzioni, la Cassazione aveva elaborato
tre distinte regole giurisprudenziali: nel caso di decesso istantaneo, non sareb-
be stato dovuto alcun risarcimento iure successionis né per il danno c.d. biolo-
69
gico da morte, né per il danno morale subito dal defunto . La stessa regola
riguardava il decesso quasi immediato (poche ore o qualche giorno di vita),
che fosse intervenuto in assenza di un «apprezzabile» arco di tempo tra l’inci-
70
dente e la morte . Soltanto qualora il giudice avesse considerato adeguato
questo diacronismo temporale, sarebbero stati risarcibili iure successionis sia il
c.d. danno biologico terminale, sia il danno morale del defunto, senza che ri-
71
levasse lo stato d’incoscienza della vittima .
72
La valutazione del «tempo minimo di sopravvivenza necessario» , essendo di-
venuta un presupposto essenziale del risarcimento, aveva dato luogo a un vero e
proprio bailamme, essendo di competenza del giudice di merito. In alcuni casi si
73
era considerato «apprezzabile» il lasso di tempo di alcune ore o di pochi gior-
ni. In altri casi, non era stato giudicato «apprezzabile» il decorso di intere setti-
74
mane tra l’evento lesivo e la morte . Con buona pace per la certezza del diritto.
66
Corte cost., 27 ottobre 1994, n. 372, in Foro it., 1994, I, c. 3298 s.
67
Tra le tante, Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, in Danno e resp., 2000, p. 995 s.
68
Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, cit., p. 996.
69
Oltre a Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, cit., p. 996, ivi gli ulteriori precedenti, cfr. Cass., 26
ottobre 1998, n. 10629, in Foro it., 1998, I, c. 3109.
70
Ad es., Cass., 24 aprile 1997, n. 3592, e Cass., 26 settembre 1997, n. 9470, in Giur. it., 1998, p.
1589 ss.
71
Per Cass., 6 ottobre 1994, n. 8177, in Foro it., 1995, I, c. 1852, il danno non patrimoniale è ri-
sarcibile anche nel caso di sofferenze fisiche e morali sopportate in stato di incoscienza.
72
In questi termini, Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, cit., p. 996.
73
Nel caso deciso da Cass., Sez. III, 24 febbraio 2003, n. 2775, in Danno e resp., 2003, p. 1081,
ventiquattro ore di sopravvivenza sono state considerate un lasso di tempo “apprezzabile”.
74
Oltre alle più recenti decisioni che saranno citate infra, cfr. Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in
Danno e resp., 2002, p. 147, per la quale sarebbe risarcibile ai familiari iure hereditatis il danno psi-
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 119
Che vita e salute fossero beni ontologicamente diversi, inoltre, era afferma-
zione che contraddiceva l’evoluzione delle scienze giuridiche e mediche non-
ché la stessa logica comune. Già Adriano de Cupis, nel 1948, aveva affermato
che l’integrità fisica è «al pari del bene della vita, un modo di essere fisico del-
75
la persona, percepibile mediante i sensi» . Essa segue «nella gerarchia dei be-
ni più elevati, il bene della vita; ed invero, mentre quest’ultimo consiste pura-
mente e semplicemente nell’esistenza, l’integrità fisica, presupponendo l’esi-
stenza, vi aggiunge un qualcosa di altro […] di importanza indubbiamente in-
76
feriore al suo presupposto» . Anche ulteriori esimi studiosi avevano continua-
to a sottolineare l’inseparabilità tra questi aspetti, avendo considerato il prin-
cipio di intangibilità dei diritti alla vita e alla salute come «l’anima stessa del
carattere personalistico» della Costituzione, che trova conferma, in primo luo-
go, «nel principio cardine dell’art. 2 che, col riconoscere i diritti inviolabili
dell’uomo, non può non fare anzitutto riferimento ai diritti prioritari della vita
e della salute […] in quanto vita-salute e personalità sono due aspetti inscin-
77
dibili» .
Le stesse Corti del merito avevano contrastato la tesi della Cassazione e, fin
dai primi tempi, avevano affermato che la morte, quale perdita assoluta e irre-
versibile dell’integrità psico-fisica, dovesse essere risarcita, anche se sopravve-
78
nuta quasi immediatamente . «In contrasto con l’orientamento che nega[va]
la risarcibilità iure hereditatis del danno biologico da morte», si era osservato
che, «ancor prima che giuridicamente, la morte costituisce indubbiamente un
fatto dannoso per chi la subisce; che essa costituisce, altrettanto indubbiamen-
te, un evento più grave della lesione; e che il soggetto che produce la morte di
un’altra persona determina, non meno indubbiamente, un danno più grave
79
rispetto al soggetto che produce la sola lesione di un’altra persona» . La di-
chico subito dalla vittima, anche in presenza del decorso di un intervallo di tempo molto breve (quat-
tro ore circa) tra le lesioni e la morte. In Cass., 26 settembre 1997, n. 9470, in Giur. it., 1998, p. 1589,
invece, non si considera sufficiente un periodo di sopravvivenza di tre giorni, mentre in Cass., 25
febbraio 1997, n. 1704, ivi, 1998, p. 1589, si giudica “apprezzabile” il decorso di trenta giorni. Sotto-
linea «la difficoltà di individuare un criterio temporale fisso di riferimento per la spettanza del risar-
cimento e del requisito dell’apprezzabilità del lasso di tempo, fino ad oggi soggetto a variazioni a se-
conda dei casi esaminati», V. DI GREGORIO, Criteri di risarcibilità del danno psichico da morte del
congiunto: intervallo temporale e intensità della sofferenza, in Danno e resp., 2002, p. 149. Un tentativo
di «rivisitazione del concetto dell’‘apprezzabilità’ dell’arco di tempo tra lesione e decesso» è, tuttavia,
compiuto da M. BONA, Sofferenza esistenziale da agonia pre-morte e “loss of life” de iure condendo: il
nuovo approccio della Suprema Corte, ivi, 2001, p. 825 ss.
75
A. DE CUPIS, Il diritto all’integrità fisica, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1948, p. 254.
76
Le parole citate tra virgolette sono, ancora, di A. DE CUPIS, op. cit., p. 254; conf. A. PROCIDA
MIRABELLI DI LAURO, La valutazione del danno alla persona, Napoli, 1982, p. 81 s.
77
Così, testualmente, F. MANTOVANI, I trapianti e la sperimentazione umana nel diritto italiano e
straniero, Padova, 1974, p. 80.
78
App. Roma, 4 giugno 1992, in Resp. civ. prev., 1992, p. 597 ss.
79
Trib. Cassino, 8 aprile 1999, n. 228, in Giur. it., 2000, p. 1204. Tale orientamento è stato con-
diviso da molteplici Corti, le quali hanno continuato a distaccarsi dalla giurisprudenza della Cassa-
120 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
zione: tra le prime, Trib. Massa Carrara, 16 dicembre 1997, n. 670, in Arch. giur. circol. strad., 1998,
p. 165 ss.; Trib. Massa Carrara, 19 dicembre 1996, in Danno e resp., 1997, p. 354 ss.; Trib. Civitavec-
chia, 26 febbraio 1996, n. 76, in Riv. giur. circol. trasp., 1996, p. 958 ss.
80
Trib. Massa, 20 gennaio 1990, in Resp. civ. prev., 1990, p. 616, con nota di E. NAVARRETTA, Il
danno da uccisione supera i confini del danno alla salute: verso un’estensione dell’art. 2059 c.c.
81
Pret. Montella, 12 aprile 1996, in Nuovo dir., 1998, p. 855.
82
In questi termini, G. GIANNINI, Il danno biologico in caso di morte, in Resp. civ. prev., 1989, p.
385 s.; ID., Il danno alla persona come danno biologico, Milano, 1986, p. 128 ss. A tale evidente consi-
derazione è ispirato anche lo scritto di R. CASO, Uccidere è più conveniente che ferire: la distruzione
della vita tra paradossi, irrazionalità e costi del “sistema” risarcitorio del danno non patrimoniale, in U.
IZZO (cur.), Dialoghi sul danno alla persona, Trento, 2006, p. 211 ss.
83
G. GIANNINI, op. ult. cit., p. 128.
84
Postulato, questo, che rappresenta l’ortodossa adesione alla teoria della differenza tra i patri-
moni, e che la Cassazione riproduce anche quando decide in casi diversi dal c.d. danno da morte: ad
es., Cass., 3 aprile 2001, n. 4881, in Guida al Dir., 2001, n. 19, p. 61. Rileva, esattamente, che «la teo-
ria compromissoria adottata dalla Corte di Cassazione finisce per tutelare più la perdita di utilità che
la persona in sé e per sé considerata», L. FANELLI, Il danno biologico da morte e la sua risarcibilità
iure hereditario: un nuovo, deciso, “no” della Corte di Cassazione, in Danno e resp., 2000, p. 999, sulla
scia di P. COSTANZO, Il “danno biologico da morte” tra diritto all’integrità psico-fisica e diritto alla vita,
in Giust. civ., 1997, I, p. 2845.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 121
te, che «Non, dunque, la minore godibilità della vita è in sé risarcibile a tale
titolo, ma solo la lesione della salute, costituente il bene giuridicamente tutela-
85
to dall’art. 32 della Costituzione» . Sembra altresì opportuno ricordare che le
Sezioni Unite avevano definito il danno risarcibile – in aperto contrasto con
quanto affermato in tema di danno da morte – come una «lesione di un inte-
86
resse rilevante per l’ordinamento» . Tale orientamento veniva ribadito nel ca-
so di violazione dei «diritti della persona, come il diritto alla reputazione o alla
salute», là dove si ammetteva che «il danno è in re ipsa e dovrà essere risarcito
87
senza che il danneggiato debba fornire la prova dell’esistenza del danno» .
Ad analoghe conclusioni si giungeva implicitamente anche in materia di dan-
no all’ambiente, riparato ai sensi dell’art. 2043 c.c., sulla base del collegamen-
88
to con gli artt. 2, 3, 9, 41 e 42 Cost. .
Tali contrastanti argomenti testimoniavano come l’adesione della Corte di
Cassazione ai dogmi della teoria differenziale (che preferisce immaginare il ca-
rattere patrimoniale del godimento del bene salute come condizione del risar-
cimento) fosse oggetto di una profonda discussione, soprattutto là dove im-
poneva di pervenire a risultati paradossali. Secondo il contestato ragionamen-
to, il danno-evento consistente, ad esempio, in una piccola permanente avreb-
be dato luogo a risarcimento, perché tale evento avrebbe inciso sul godimento
della salute, situazione, questa, che sarebbe stata suscettibile di valutazione
economica. Al contrario, il danno-evento consistente nella perdita della vita
non sarebbe stato risarcibile, non potendo il soggetto danneggiato, in quanto
defunto, percepire alcun detrimento dal venir meno di tale bene. In altri ter-
89
mini, come si è scritto , riportando un eloquente passaggio di Epicuro: «quan-
do ci siamo noi non c’è la morte, quando c’è la morte non ci siamo più noi. La
morte quindi è nulla, per i vivi come per i morti: perché per i vivi essa non c’è
ancora, mentre per quanto riguarda i morti, sono essi stessi a non esserci».
Secondo un non condivisibile postulato costruito sullo strumentario dog-
matico della teoria differenziale, la responsabilità civile avrebbe consentito di
risarcire le conseguenze della lesione del godimento del bene (salute), non, in-
vece, la perdita totale del bene medesimo (vita). Tuttavia, l’individuazione del
danno risarcibile nella violazione di un interesse giuridicamente e/o costitu-
zionalmente rilevante e la conseguente affermazione della riparabilità del-
l’evento dannoso in quanto ingiusto (ai sensi dell’art. 2043 c.c.), a prescindere
dalle eventuali conseguenze patrimoniali (consistenti nel diminuito godimento
del bene), testimoniavano il progressivo abbandono, da parte della Cassazio-
ne, della tesi già contestata e inducevano a sperare che la stessa volesse uni-
85
Testualmente, Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, in Danno e resp., 2000, p. 996.
86
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p. 2270.
87
Cass., 23 marzo 1996, n. 2576, in Danno e resp., 1996, p. 321.
88
Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, in Riv. giur. ambiente, 1997, p. 679 ss.
89
Tra i tanti che citano il dotto passo v’è G.M.D. ARNONE, Danno tanatologico: l’imperituro bar-
rage della Cassazione, in Danno e resp., 2010, p. 808.
122 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
da molti lustri – era risarcito in sé, sulla base della valutazione percentuale as-
segnata alla mera lesione dell’integrità psico-fisica, in sede di perizia medico-
legale, a prescindere dalle ulteriori eventuali “conseguenze” (patrimoniali e
non) subite dal danneggiato. Ciò è confermato dallo stesso legislatore, là dove
prescrive che «Il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua
incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato» (art. 5,
comma 3, legge 5 marzo 2001, n. 57; art. 138, comma 2, lett. a, d.lgs. 7 settem-
bre 2005, n. 209). I danni-eventi rappresentati dalla menomazione psico-fisica
o dalla morte non potevano non essere riparati in sé, salvo poi a provare
l’esistenza di ulteriori conseguenze morali o patrimoniali (art. 137, comma 1,
d.lgs. n. 209 del 2005). In questi termini la Consulta aveva inteso utilizzare la
contestata, e probabilmente non elegante, nozione di danno-conseguenza. Il
danno alla salute e quello «da perdita della vita» – risarcibili in sé, in quanto
danni-eventi ingiusti, sulla base di un sistema che prescinda totalmente dalla
posizione reddituale della vittima – possono essere a loro volta fonte (sulla ba-
se di un secondo nesso di causalità) di ulteriori conseguenze dannose, che la
Corte costituzionale, per esigenze di semplificazione, volle qualificare come
patrimoniali (c.d. lucro cessante, spese mediche o funerarie documentate,
ecc.) o non patrimoniali (danni morali). Tali ulteriori ed eventuali danni, che
rappresentavano la conseguenza di eventi dannosi già di per sé risarcibili e ri-
sarciti, dovevano essere autonomamente riparati.
Il fraintendimento delle parole della Consulta è stato così pervicace che,
soltanto molti anni dopo, la Corte di Cassazione, ancora a Sezioni unite, ha
scoperto che doveva escludersi, in merito «alla interpretazione della dicotomia
danno-evento e danno-conseguenza […], che il danno-evento, delineato dalla
Corte costituzionale nella citata sentenza 184/86, si esaurisca nella menoma-
zione psico-fisica propria del danno biologico, senza comprendere anche even-
94
tuali lesioni suscettibili di tutela aquiliana diretta ed autonoma» . In tal senso
si è affermato che il danno non patrimoniale è risarcibile autonomamente, al-
lorché «esso consista nel turbamento psichico della vittima causato da un rea-
95
to» . Chiarito l’equivoco, tale danno è stato giudicato «risarcibile anche in as-
96
senza di danno biologico o di altro evento produttivo di danno patrimoniale» .
Anche sotto altro profilo l’orientamento della Cassazione in tema di danno
“da morte” aveva iniziato a incrinarsi. Ma la Suprema Corte, invece di ricono-
scere le incongruenze che caratterizzavano la sua costruzione giuridica, nella
97
ricerca di una soluzione che fosse finalmente in linea con quelle decisioni
94
Testualmente, Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, in Corriere giur., 2002, p. 463, là dove
riproduce i motivi dell’ordinanza delle Sezioni Unite del 24 marzo 2000.
95
Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, cit., p. 463.
96
Ancora Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, cit., p. 463.
97
Cfr., in particolare, Cass., 23 marzo 1996, n. 2576, in Danno e resp., 1996, p. 321; Cass., 19 giu-
gno 1996, n. 5650, in Riv. giur. ambiente, 1997, p. 679 ss.; e, soprattutto, Cass., Sez. Un., 22 luglio
1999, n. 500, cit., p. 2270.
124 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
102
detto anche danno tanatologico» . In linea con la distinzione operata tra sa-
lute e vita, la Suprema corte distingueva, anche sotto il profilo dell’evento
dannoso, il danno biologico (permanente) dal “danno tanatologico”, i quali,
tuttavia, sarebbero stati entrambi accomunati, sotto il profilo della disciplina,
dall’essere «inconcepibile una forma di risarcimento anche solo per equivalen-
te», trattandosi di lesioni «di un bene intrinsecamente connesso alla persona
103
del suo titolare e da questi fruibile solo in natura» .
Malgrado le molteplici norme, di rango costituzionale, che tutelano il dirit-
104
to alla vita , la Cassazione affermava che non rilevava «in contrario la man-
canza di tutela privatistica del diritto alla vita (peraltro protetto con lo stru-
mento della sanzione penale), attesa la funzione non sanzionatoria ma di rein-
tegrazione e riparazione di effettivi pregiudizi svolta dal risarcimento del dan-
105
no» . Poiché «il sistema risarcitorio non è l’unico mezzo di tutela», il diritto
alla vita poteva legittimamente essere sfornito di ogni tutela civile, in quanto
esso era «ampiamente tutelato in sede penale (ex multis, artt. 575 e 589 c.p.) e
106
la sanzione penale è la massima forma di reazione ad un illecito» .
Decorso l’“apprezzabile” lasso di tempo di dieci giorni tra l’incidente e la
morte – ma una sentenza immediatamente precedente aveva ritenuto suffi-
107
cienti soltanto «ventiquattro ore di agonia» –, la Suprema corte aveva rite-
nuto risarcibile il solo danno da inabilità temporanea per i dieci giorni di so-
108
pravvivenza , come se la vittima avesse subito un leggero “colpo di frusta”.
Secondo i giudici, i due casi sarebbero stati assolutamente identici poiché, in
entrambi, dopo dieci giorni vi sarebbe stato l’assenza del «consolidarsi di po-
109
stumi permanenti» . Nel secondo caso, con la completa guarigione; nel pri-
mo, con la morte. Non essendo configurabile «alcuna invalidità permanente in
senso medico-legale», poiché la malattia «non si risolve con esiti permanenti,
110
ma determina la morte dell’individuo» , l’unica differenza (con la piccola
temporanea) era che nel «danno biologico terminale» la valutazione raggiun-
geva «quantitativamente la misura del 100%, come nel caso dell’inabilità tem-
111
poranea assoluta, cui consegue la guarigione» . La figura del «danno biologi-
112
co terminale» , quindi, s’identificava con l’inabilità temporanea assoluta. Ma
l’assenza di consolidazione derivava non dalla guarigione, bensì dalla morte.
102
Così, Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, in Danno e resp., 2003, p. 1078.
103
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1078.
104
Alcune di queste norme sono citate dalla stessa Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p.
1079.
105
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1078.
106
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1079.
107
Cass., Sez. III, 24 febbraio 2003, n. 2775, cit., p. 1081.
108
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1079 s.
109
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1079.
110
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1079.
111
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1080.
112
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1080.
126 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
113
L’orientamento della Cassazione era stato considerato «sconcertante» ,
114 115 116 117
«contraddittorio» , «irrazionale» , «improponibile» , «aberrante» , «illo-
118
gico e paradossale» . La salute, «intesa come benessere psico-fisico, è per de-
finizione una qualità essenziale della vita costituendone un presupposto inde-
119
fettibile» . Il decesso, «per quanto ravvicinato all’evento lesione non può che
porsi ontologicamente, prima che temporalmente, fra le conseguenze del fat-
120 121
to» . Inoltre, il criterio c.d. “cronometrico” adottato dalla Suprema corte
non tutelava in sé l’integrità psico-fisica o la vita della persona, «ma solo le uti-
122
lità che con la permanenza in vita se ne possono trarre» , con la conseguen-
za, difficilmente spiegabile anche sotto il profilo dell’analisi economica, che il
valore del «danno si abbatte progressivamente man mano che la lesione si av-
123
vicina temporalmente alla morte» . Ma poiché non v’è nulla di più “perma-
nente” della morte, il perdere la vita equivaleva «incontestabilmente al 100%
124 125
d’invalidità» . A tale conclusione era pervenuta la stessa Cassazione , là do-
ve aveva proposto di valutare l’entità del danno da morte non sulla base fitti-
zia della durata dell’agonia, ma sul fondamento della speranza di vita futura
che la morte, inevitabilmente, fa venir meno.
L’esclusione di qualsiasi tutela civilistica per il danno tanatologico, infine,
si poneva in palese violazione con le norme di rango costituzionale, tra le quali
v’è, da ultimo, l’art. II-62 Cost. europea, che tutela esplicitamente la vita come
il valore primario della persona. L’ammettere una tutela soltanto penalistica
della vita, oltre ad essere espressione di un’ormai superata lettura pubblicistica
126
ed autoritaria dei diritti della persona, violava il principio di sussidiarietà
della sanzione penale e contraddiceva l’orientamento della stessa Cassazione
che aveva disposto una tutela civilistica dei diritti della personalità anche in
113
R. FOFFA, Il danno tanatologico e il danno biologico terminale, in Danno e resp., 2003, p. 1090.
114
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 16 ss.
115
R. CASO, Uccidere è più conveniente che ferire, cit., p. 211 ss.
116
R. FOFFA, op. loc. cit.
117
R. FOFFA, Danno biologico terminale: istruzioni per l’uso, in Danno e resp., 2004, p. 1221.
118
Così, M. BONA, Sofferenza esistenziale da agonia, cit., p. 824.
119
Così, ad es., Trib. Venezia, 15 marzo 2004, in F. LORENZATO, V. MOSCON, Il danno da morte,
in Danno e resp., 2006, p. 622.
120
Trib. Venezia, 15 marzo 2004, cit., p. 622.
121
Per tale termine, tra i tanti, F. LORENZATO, V. MOSCON, op. cit., p. 624.
122
Così F. LORENZATO, V. MOSCON, op. cit., p. 625, sulla scia di A. PROCIDA MIRABELLI DI
LAURO, op. ult. cit., p. 18 ss.
123
In questi termini, già R. CASO, Le ultime pronunce di Cassazione in tema di risarcibilità iure he-
reditario del danno biologico da lesioni mortali: un difficile cammino sulla strada della teoria generale,
in Foro it., 1996, I, c. 3109.
124
Tra i tanti, M. CAPUTI, Chi muore giace e chi vive (non) si dà pace: la (quasi) irrisarcibilità iure
hereditatis del danno tanatologico, in Danno e resp., 2004, p. 1218.
125
Cass., 23 maggio 2003, n. 8204, in Arch. civ., 2003, p. 1281.
126
Lo rileva R. FOFFA, Il danno tanatologico, cit., p. 1090. Sul principio di sussidiarietà della nor-
ma penale, per tutti, G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale, cit., p. 28 ss.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 127
127
assenza della commissione di un fatto di reato . Era paradossale che la Su-
prema corte, mentre estendeva la tutela civile ad ulteriori diritti della persona
(reputazione personale, dignità ed ogni altro aspetto “esistenziale”), la negas-
se, poi, proprio alla vita, che rappresenta il diritto “fondamentale” per defini-
zione.
La Cassazione, dopo un periodo di riflessione sulla possibilità di adottare
per il “danno biologico terminale” quegli stessi valori tabellari che normal-
mente sono utilizzati per la liquidazione del danno biologico da invalidità tem-
128
poranea , finalmente conscia dell’insostenibilità delle sue argomentazioni,
aveva prospettato un radicale revirement, ma enunciandolo soltanto obiter dic-
tum. Nel decidere su un «danno ingiusto parentale conseguente alla morte» di
un minore, aveva qualificato tale danno non come esistenziale, ma come dan-
no morale ingiusto, risarcibile sulla base del principio di riparazione integra-
129
le . La Cassazione aveva sottolineato l’autonoma funzione satisfattiva e/o
130
punitiva del “danno da reato” , affermando che la «presenza di un fatto rea-
to lesivo della persona» dovesse rilevare «come peso, come entità da valutare
131
ai fini della complessa valutazione del danno parentale morale» .
Con una radicale inversione di tendenza rispetto al citato orientamento
giurisprudenziale che, nel distinguere tra vita e salute come beni “ontologica-
mente” diversi, aveva limitato la riparazione iure hereditatis del danno da mor-
te alla inabilità temporanea assoluta patita dalla vittima durante l’“apprezza-
bile” arco di tempo della sopravvivenza, la Cassazione, per la prima volta,
aveva riconosciuto in maniera generalizzata il risarcimento del «danno da
morte come perdita della integrità e delle speranze di vita biologica, in rela-
zione alla lesione del diritto inviolabile della vita, tutelato dall’art. 2 della Co-
132
stituzione [...], nel senso di diritto ad esistere» . La sentenza, nel rilevare che
«la morte cerebrale non è mai immediata, con due eccezioni: la decapitazione
o lo spappolamento del cervello», affermava che, a differenza di queste due
ultime ipotesi, «anche il danno da morte, come danno ingiusto da illecito, è
[sempre] trasferibile mortis causa, facendo parte del credito del defunto verso
133
il danneggiante ed i suoi solidali» . Come «il diritto al risarcimento del dan-
no biologico» entra «a far parte del patrimonio della vittima nello stesso mo-
mento della lesione», così, anche nel caso di decesso, «il danno deve essere ri-
127
Orientamento inaugurato da Cass., 31 maggio 2003, n. 8828 e n. 8827, in Danno e resp., 2003,
pp. 816 ss., 821 ss.
128
Alcuni correttivi, pur nel segno della continuità dell’indirizzo tradizionale, sono introdotti da
Cass., 14 luglio 2003, n. 11003, in Resp. civ. prev., 2003, p. 1049 ss., e da Cass., 23 febbraio 2005, n.
3766, in Rep. Foro it., 2005, voce Danni civili, n. 23.
129
Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, in Corriere giur., 2006, p. 1376.
130
In questi termini, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte II, cit., p.
249 ss.
131
Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, cit., p. 1377.
132
Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, cit., p. 1376.
133
Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, cit., p. 1376.
128 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
danno non patrimoniale. Nel valutare le conseguenze dello shock patito dal fa-
miliare, affermò che non sarebbe stato possibile discernere «ciò che è soltanto
danno morale soggettivo da ciò che incide sulla salute», perché tale danno sa-
rebbe «il momento terminale di un processo patogeno originato dal medesimo
turbamento dell’equilibrio psichico che sostanzia il danno morale soggettivo e
che in persone predisposte da particolari condizioni (debolezza cardiaca, fragili-
tà nervosa, ecc.), anziché esaurirsi in un patema d’animo o in uno stato di ango-
142
scia transeunte, può degenerare in un trauma fisico o psichico permanente» .
Le perplessità maggiori nascevano dal voler considerare il danno psichico
permanente come danno non patrimoniale, separatamente dal danno fisico,
qualificato (all’epoca ancora) come danno patrimoniale. La contestata distin-
zione dogmatica, propria dell’ermeneutica bipolare, questa volta era stata uti-
143
lizzata per infrangere l’unitarietà del danno alla salute . Tuttavia, da un lato,
si è osservato come, «a prescindere dalla sostanza dei concetti espressi», l’obiter
dictum della Consulta risentisse «ancora di una terminologia arcaica e organi-
144
cistica» . La più recente scienza psichiatrica insegna come, «pur in assenza di
franca “infermità” psichica o, comunque, di un ben delimitato quadro psico-
patologico, non si possa, con semplice automatismo, concludere che non c’è
danno. Infatti, il danno potrebbe consistere in un più sfumato “disturbo” o
145
“disagio”» . Dall’altro, lo stesso legislatore aveva definitivamente superato
ogni pericolo di scissione del danno fisico da quello psichico definendo il
danno biologico quale lesione all’integrità psicofisica della persona, suscettibi-
le di accertamento e/o di valutazione medico-legale (per le due versioni, v. gli
artt. 5, comma 3, legge 5 marzo 2001, n. 57, e 13 d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38; e
ora l’art. 138, comma 2, lett. a, d.lgs. n. 209 del 2005). La Cassazione percepì
immediatamente tale aspetto sottolineando che, «quanto poi alla frattura, po-
sta dall’interpretazione della Corte costituzionale nella […] sentenza del 1994,
n. 374 all’unitarietà del danno biologico, nel senso di una collocazione del dan-
no psichico nell’ambito dell’art. 2059 c.c., si osserva che tale frattura è ormai
legislativamente composta dalla recente legge di riforma dell’INAIL […], la
quale considera unitariamente sotto unico genus la categoria del danno biolo-
gico […]. Cade dunque il possibile riferimento ermeneutico al precedente del-
la Consulta, e la problematica del danno ai congiunti della vittima primaria
146
deve considerarsi […] nel quadro della clausola generale dell’art. 2043 c.c.» .
142
Corte cost., 27 ottobre 1994, n. 372, in Foro it., 1994, I, c. 3307. Tra le innumerevoli critiche
che hanno accolto tale decisione, di particolare interesse sono le pagine di F.D. BUSNELLI, Tre «punti
esclamativi», tre «punti interrogativi», un «punto a capo», in Giust. civ., 1994, I, p. 3035 ss.
143
Stigmatizzato, tra gli altri, da F.D. BUSNELLI, op. ult. cit., p. 3035.
144
In questi termini, R. CASTIGLIONI, Danno psichico: diagnosi, nesso causale, transitorietà e per-
manenza, quantificazione. Una rassegna casistica, Milano, 2001, p. 3 dell’estratto rinvenuto sul sito
web.tiscali.it/ceredoc/html/art3.html (da qui le ulteriori citazioni), anche in Tagete, 1999, p. 56 ss.
145
R. CASTIGLIONI, op. cit., p. 3.
146
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, in Corriere giur., 2001, p. 1319 ss. Il testo della l. 5 marzo
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 131
2001, n. 57, è pubblicato ivi, 2001, p. 576 ss., con il commento di M. ROSSETTI, Nuove norme in tema
di assicurazione della r.c.a. e di danno biologico.
147
R. CASTIGLIONI, Danno psichico, cit., p. 1, ove precisa che tale danno «si accerta con l’esame
obiettivo neurologico mercé l’ausilio di martelletto, diapason, provetta calda e fredda, oftalmoscopio,
ecc., nonché con esami strumentali più complessi come l’elettroencefalogrammma, l’angiografia, la
scintigrafia, la tomografia, la risonanza magnetica», mezzi questi che «consentono di raccogliere pre-
cisi dati obiettivi e di definire il quadro clinico in cui consiste il danno».
148
R. CASTIGLIONI, op. cit., p. 1.
149
R. CASTIGLIONI, op. loc. ult. cit.
150
Così R. CASTIGLIONI, op. loc. ult. cit.
151
Cfr., ancora, R. CASTIGLIONI, op. cit., p. 1 s.
152
Lo afferma R. CASTIGLIONI, op. cit., p. 2.
132 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
153
che devono essere tarate nel contesto socio ambientale specifico» . Inoltre, il
rapporto esistente tra la lesione psichica e il “difetto nel funzionamento”, che
ne rappresenta la conseguenza, non è sempre direttamente proporzionale. Una
forma morbosa lieve può provocare un accentuato difetto funzionale, in de-
terminati soggetti e in presenza di specifiche condizioni, mentre una lesione
psichica più grave può talvolta causare manifestazioni di entità sicuramente
più ridotta. Da qui la necessità che lo psichiatra e il medico legale agiscano di
concerto, nell’individuare la coerenza interna dei nessi che collegano i vari fat-
tori, al fine di fornire una «descrizione psicopatologica o psicodinamica atten-
dibile che, partendo dalla struttura della personalità del soggetto leso, consen-
ta di comprendere quale sia stato l’effetto dell’evento traumatico su quel sog-
getto, per quale motivo si sia determinato un danno e di quale entità» esso
154
realmente sia .
Non è, quindi, sempre possibile distinguere il danno psichico sulla base del
suo carattere di permanenza o di temporaneità, poiché taluni disturbi, «lungi
dall’essere staticamente strutturati, presentano, nel tempo, notevole mutevo-
lezza. Persino le malattie più gravi sogliono modificarsi, possono migliorare,
155
talvolta finanche guarire sia pure con qualche defettualità» . Viceversa, un
danno originariamente considerato psicologico può seriamente aggravarsi: «la
letteratura dimostra come la schizofrenia può essere influenzata da eventi
traumatici che producono la riacutizzazione dei disturbi floridi, così come ac-
cade nel disturbo bipolare in cui gli episodi depressivi o maniacali possono es-
156
sere scatenati da eventi stressanti» . Ciò significa che, sotto un profilo medi-
co e giuridico, lo stesso danno psicologico che si presume non permanente,
ma che si manifesta con grave intensità, non poteva essere automaticamente
classificato nell’ambito della categoria del danno morale soggettivo. La stessa
Cassazione ha riparato il danno «da sofferenza esistenziale» sulla base esclusi-
va della sua intensità, senza prestare alcuna attenzione al carattere di perma-
nenza della lesione.
La categoria del danno psichico, nella sua gran parte, comprendeva lesioni
che, prima del 2003, avrebbero dovuto essere riparate nei limiti dell’art. 2059
c.c., in presenza di un fatto di reato, ma che sono state talvolta risarcite ai sen-
si dell’art. 2043 c.c., mutando all’uopo etichetta giuridica. Oltre al danno neu-
rologico, suscettibile di essere provato in sede di consulenza tecnica, anche il
mero danno psicologico può essere risarcito, là dove sia accertato sulla base di
descrizioni psicopatologiche o psicodinamiche attendibili. Come ha esatta-
mente rilevato la stessa Corte Suprema, «nel danno psichico non è solo il fatto
153
S. BONZIGLIA, A. ANGLESIO, Proposta di valutazione del danno psichico, in Danno e resp.,
2000, p. 1161.
154
L’espressione tra virgolette è di S. BONZIGLIA, A. ANGLESIO, op. cit., p. 1162.
155
R. CASTIGLIONI, Danno psichico, cit., p. 5.
156
S. BONZIGLIA, A. ANGLESIO, op. cit., p. 1163.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 133
157
Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, cit., p. 821.
158
Cfr., ad es., Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, in Corriere giur., 2006, p. 1377.
159
Così, V. DI GREGORIO, Criteri di risarcibilità, cit., p. 148.
160
Sul quale, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni alla persona, Camerino-
Napoli, 1993, p. 176 ss. Nell’esperienza d’oltralpe cfr., per tutti, A. JOLY, Essai sur la distinction du
préjudice direct et du préjudice indirect, Caen, 1939, p. 39 ss.; G. MARTY, La relation de cause à effet
comme condition de la responsabilité civile (Étude comparative des conceptions allemande, anglaise et
française), in Rev. trim. dr. civ., 1939, p. 685 ss.; Y. LAMBERT FAIVRE, De la responsabilité encourue en-
vers les personnes autres que la victime initiale: le problème dit du «dommage par ricochet», Lyon, 1959, p.
16 ss.; J. DUPICHOT, Des préjudices réfléchis nés de l’atteinte à la vie ou à l’intégrité corporelle, Paris,
1969, p. 3 ss.
161
Ad es., Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, in Corriere giur., 2001, p. 1319 ss., e già Cass., 23 aprile
1998, n. 4186, in Danno e resp., 1998, p. 689, che costituisce il leading case in materia di risarcibilità
del danno sofferto dai congiunti nel caso di sopravvivenza della vittima primaria dell’illecito.
162
Cass., 11 novembre 1986, n. 6607, in Giur. it., 1987, I, 1, c. 2044, con nota di S. PATTI, La le-
sione del diritto all’attività sessuale e gli attuali confini del danno risarcibile.
163
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I danni alla persona, cit., p. 780.
164
Corte cost., 27 ottobre 1994, n. 372, cit., c. 3306.
134 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
6.
136 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
178
rosa e solidale» . In questi termini si è proposta una lettura del danno (mora-
le e/o esistenziale) risarcibile iure proprio ai congiunti della vittima iniziale
che, da un lato, risultava più ampia di quella fornita dalla stessa Corte costitu-
zionale nella sentenza n. 184 del 1986 (la quale limitava quest’ultimo al tran-
seunte turbamento dell’animo), e che, dall’altro, travalicava decisamente tale
categoria sotto i profili funzionale e strutturale. In particolare, il riferimento
179
alla «lesione della stessa dignità umana» dei parenti della vittima primaria e
ai diritti-doveri di solidarietà familiare esprimeva la necessità di riparare tale
evento dannoso riflesso, in assenza di un fatto di reato, ma in presenza del cri-
terio ordinante dell’ingiustizia, sulla base della funzione di compensation che è
garantita dall’art. 2043 c.c.
180
Quindi, ancor prima della svolta del 2008 , la stessa artificiosa nozione di
“danno morale soggettivo” aveva esaurito la sua originaria finalità, che era quel-
la di salvare temporaneamente la costituzionalità dell’art. 2059 c.c. attraverso
l’erosione della ben più estesa categoria del danno non patrimoniale, inducen-
do a considerare risarcibili una serie di danni (emblematiche, in proposito, le vi-
cende del danno fisico, di quello psichico e, infine, del danno c.d. esistenziale)
che costituivano la violazione di interessi costituzionalmente rilevanti. Sulla
181
base dell’interpretazione proposta , che ha rappresentato il logico punto
d’arrivo delle argomentazioni della Suprema Corte, l’art. 2043 c.c. ha comun-
que riacquistato la sua funzione di norma primaria (rispetto all’art. 2059 c.c.),
garantendo la risarcibilità – sul fondamento della essenziale funzione di com-
pensation – di ogni danno che l’ordinamento consideri ingiusto, a prescindere
dalla pretesa natura (patrimoniale o no) dei beni lesi e/o delle loro conseguenze.
immateriali che sono stati considerati riparabili ai sensi dell’art. 2059 c.c. Que-
sta norma poneva limiti alla risarcibilità di tali danni (esistenza di un fatto di
reato), ma non, invece, alla valutabilità ed alla liquidabilità degli stessi, pro-
blemi questi che rappresentano comunque un posterius rispetto all’esistenza
del danno risarcibile.
Ciò non vuol dire che la categoria del danno esistenziale, almeno per come
è stata elaborata nella dottrina triestina, sia effettivamente utile e convincente.
Non persuade, innanzitutto, la proposta distinzione ontologica con il dan-
189
no c.d. morale. Questo consisterebbe in una mera sofferenza soggettiva , in
«malinconie», «lamenti notturni», «cuscini bagnati di lacrime», mentre il dan-
no esistenziale si sostanzierebbe piuttosto in «una sequenza di dinamismi alte-
190
rati, in un diverso fare o dover fare (o non più fare)» , in una rinunzia a
compiere una qualsivoglia attività che rappresenti una realizzazione della pro-
pria personalità. Tuttavia – e la casistica giurisprudenziale lo dimostra –, la
sofferenza morale provocata dall’illecito trova sempre la sua causa in una ri-
nunzia: il dolore per il decesso di un congiunto è provocato dal dover “rinun-
ziare” alla sua presenza; così, la lesione permanente a un tendine della mano o
del ginocchio potrà arrecare ulteriore sofferenza nella vittima che dovrà “ri-
nunziare”, per il futuro, a dilettarsi suonando la chitarra, sciando o giocando a
football; la moglie che, a seguito della grave invalidità permanente patita dal
marito, è costretta ad assisterlo giorno e notte, dovrà “rinunziare” a molteplici
191
attività esistenziali e, talvolta, allo stesso lavoro . In queste ipotesi, come in
tante altre, il danno esistenziale si sovrappone, oltre a quello c.d. morale, an-
che ai danni riflesso e da lutto, non a caso ribattezzato come «danno per la
192
privazione del rapporto familiare» . Chiunque debba rinunziare a una qual-
sivoglia attività dell’esistenza «soffre per tale rinunzia, e la sua sofferenza non
può non essere soggettiva. In altri termini, per chi rinunzia ad una attività esi-
stenziale costituisce danno non l’attività perduta, ma la sofferenza causata dal-
193
la perdita» .
Del pari, risulta riduttivo l’aver qualificato il danno esistenziale come dan-
194
no-conseguenza . Ma tale configurazione, che rappresenta un noto corollario
189
Tale aspetto è stato posto in evidenza da P. ZIVIZ, Alla scoperta del danno esistenziale, in
Contr. e impr., 1994, p. 863, là dove sottolinea che il danno morale rimarrebbe confinato nella sfera
interna del danneggiato.
190
Così, P. CENDON, Non di sola salute vive l’uomo, in Il danno esistenziale, cit., p. 10.
191
È proprio questo il caso deciso da Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, in Corriere giur., 2001, p.
1319, che ripara «il danno subito dalla moglie della vittima primaria, che rinunci per solidarietà fami-
liare ad una propria attività lavorativa (insegnamento)», come «danno riflesso o di rimbalzo rispetto
alla vittima primaria».
192
Cfr. App. Torino, 4 ottobre 2001, n. 1285, in Danno e resp., 2002, p. 152, con nota di M. BO-
NA, La violazione del rapporto familiare nel segno del danno esistenziale, il quale sottolinea (p. 154) la
«dimensione ‘esistenziale’ del danno riflesso dei congiunti».
M. ROSSETTI, Danno esistenziale: adesione, iconoclastia od ƞ?, in Danno e resp., 2000, p. 215.
193
194
Cfr. P. CENDON, Non di sola salute, cit., p. 10.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 139
203
In tal senso, R. SACCO, Culpa in contraendo e culpa aquiliana; culpa in eligendo e apparenza, in
Riv. dir. comm., 1951, II, p. 86.
204
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Danno e resp., 2003, p. 940 s.
205
P.G. MONATERI, Alle soglie di una nuova categoria risarcitoria: il danno esistenziale, in Danno e
resp., 1999, p. 8.
206
P.G. MONATERI, Verso una teoria del danno esistenziale, in Il danno esistenziale, cit., p. 720.
207
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 723. Anche P. CENDON, Non di sola salute, cit., p. 11, sembra
dissentire dalla tesi proposta da P. ZIVIZ (retro, testo e note 196 ss.), prospettando «una disciplina
codicistica affidata non già alle forche caudine dell’art. 2059, bensì alla common law dell’art. 2043, e
norme successive-collegate».
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 141
so «come danno conseguente alla lesione di un civil right, nel senso di un dirit-
208
to assistito da garanzia costituzionale» . Ma il diretto riferimento alla viola-
zione di una situazione giuridica soggettiva pone in discussione, implicitamen-
te, ogni residua utilità della categoria onnicomprensiva del danno esistenziale,
il quale viene così a coincidere con la lesione di un qualsiasi interesse costitu-
zionalmente protetto.
209
Tuttavia, la migliore giurisprudenza della Cassazione si è spinta oltre, là
dove ha affermato che l’art. 2043 c.c. è norma primaria, che contiene in sé il
precetto e la sanzione; che il requisito dell’ingiustizia vada riferito al danno, e
non alla condotta, e che è ingiusto e, quindi, risarcibile qualsiasi danno che le-
da un qualunque interesse (anche di rango non costituzionale) che sia consi-
derato dall’ordinamento come meritevole di protezione; che i danni risarcibili
devono essere individuati dal giudice sulla base di «una selezione degli inte-
ressi giuridicamente rilevanti», valutazione da effettuarsi «alla stregua del di-
ritto positivo, al fine di accertare se, e con quale consistenza ed intensità, l’or-
dinamento assicura tutela all’interesse del danneggiato, con disposizioni speci-
210
fiche» o prendendolo «in considerazione sotto altri profili» .
In questo senso, la categoria onnicomprensiva del danno esistenziale perde
ogni significato. D’altronde la stessa Cassazione, nel discorrere di «danno esi-
stenziale ed alla vita di relazione» in presenza di «ogni analoga lesione di dirit-
211
ti comunque fondamentali della persona» , ha utilizzato tale nozione per
212
esprimere un concetto giuridico del tutto diverso . Il vuoto che rimane in un
soggetto il cui familiare perisce o subisce gravi lesioni a causa del comporta-
mento colposo o doloso altrui, la menomazione e il ferimento della dignità
personale del lavoratore soggetto ad azioni di mobbing, lo stress fisico che de-
riva da immissioni rumorose, il danno emozionale e psicologico che può di-
scendere da una vacanza finita male per colpa altrui, il trauma derivante dal-
l’uccisione del proprio animale domestico, le conseguenze di un protesto ille-
gittimo, i danni derivanti da una calunnia o da una diffamazione, gli inconve-
nienti sofferti dai condomini di un edificio crollato a seguito di una fuga di
213
gas, ecc., sono tutte ipotesi non da ricondurre nella categoria unificante del
danno esistenziale, ma eventi dannosi da considerare risarcibili nella misura in
cui siano ingiusti, sulla base della generale funzione di compensation che è as-
sicurata, nel nostro ordinamento, dall’art. 2043 c.c.
208
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 724.
209
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p. 2261 ss.
210
Le espressioni tra virgolette sono tratte da Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270 s.
211
Cfr. Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, in Danno e resp., 2000, p. 836.
212
Se ne avvede G. PONZANELLI, Attenzione: non è danno esistenziale, ma vera e propria pena pri-
vata, in Danno e resp., 2000, p. 841 ss.
213
I cui specifici riferimenti giurisprudenziali possono essere individuati in G. RAGO, Il danno esi-
stenziale, cit., p. 329, nota 2 ss.
142 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
214
10. La soluzione, da tempo proposta con convinzione , che tende a indi-
viduare nell’ingiustizia del danno, e non nelle conseguenze (patrimoniali) della
lesione, l’elemento strutturale essenziale per la sua risarcibilità, ha trovato con-
ferma in ulteriori decisioni della Cassazione dettate nelle materie più dispara-
te: in tema di danno ambientale, così come in materia di «reputazione perso-
nale».
Tra le sentenze più emblematiche può essere annoverata quella delle Se-
zioni Unite sul “caso Seveso”, nella quale si è deciso che, in ipotesi di com-
promissione dell’ambiente a seguito di disastro colposo (art. 449 c.p.), il dan-
no morale soggettivo consistente nel turbamento psichico (sofferenze e patemi
d’animo) di natura transitoria, provocato dall’esposizione a sostanze inquinan-
ti, «è risarcibile autonomamente anche in mancanza di una lesione all’integrità
psico-fisica (danno biologico) o di altro evento produttivo di danno patrimo-
niale, trattandosi di reato plurioffensivo che comporta, oltre all’offesa all’am-
biente e alla pubblica incolumità, anche l’offesa ai singoli, pregiudicati nella
215
loro sfera individuale» . Tale decisione ha avuto il merito di avere ribaltato il
216
precedente orientamento della Cassazione che, fraintendendo la giurispru-
denza della Corte costituzionale, sulla base di una malintesa comprensione
217
della «dicotomia danno-evento e danno-conseguenza» , aveva individuato
nel «danno alla salute o al patrimonio» il necessario presupposto per la rile-
vanza dei danni di cui all’art. 2059 c.c. A ciò si riduce la portata innovativa di
tale decisione la quale, per un verso, implicitamente si è conformata al genera-
le orientamento che riconduceva il danno biologico al danno patrimoniale,
per altro verso, ha riparato il danno «psichico […] di natura transitoria» sulla
base degli artt. 2059 e 185 c.p.
Più significativa è un’altra sentenza della Suprema Corte, la quale ha confi-
gurato l’ambiente come bene giuridico, «interesse pubblico fondamentale,
primario ed assoluto», la cui tutela trova la sua «fonte genetica» non nell’art.
18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, «che si occupa piuttosto della ripartizione
della tutela tra Stato, enti territoriali ed associazioni protezionistiche», ma «di-
rettamente nella Costituzione, considerata dinamicamente come diritto vigen-
te e vivente, attraverso il combinato disposto di quelle disposizioni (quali gli
artt. 2, 3, 9, 41 e 42) che concernono l’individuo e la collettività nel suo habitat
218
economico, sociale, ambientale» . La lesione dell’ambiente «configura per gli
214
Cfr., ad es., A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La valutazione del danno, cit., p. 48 ss.; ID., La
riparazione dei danni, cit., pp. 264 ss., 273 ss.
215
Testualmente, Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, in Corriere giur., 2002, p. 464, con
nota di G. DE MARZO, Il danno morale nel caso Seveso: l’intervento delle Sezioni Unite.
216
Cass., 24 maggio 1997, n. 4631, in Corriere giur., 1997, p. 1172, con nota di G. DE MARZO,
Danno morale e reati di pericolo: il caso Icmesa, e Cass., 20 giugno 1997, n. 5530, in Foro it., 1997, I, c.
2068 ss.
217
Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, cit., p. 463.
218
Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, in Riv. giur. ambiente, 1997, p. 680, con il commento di F. BO-
RASI, Un problema superato: la “retroattività” della risarcibilità del danno ambientale.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 143
enti territoriali danno ingiusto risarcibile in base al principio del neminem lae-
dere, che è norma primaria (principio di diritto) rispetto alle norme generali
219
risarcitorie di cui agli artt. 2043 ss. c.c.» . Pur assurgendo l’ambiente a bene
pubblico di natura immateriale, tale qualifica «non preclude la doppia tutela,
patrimoniale e non, che è relativa alla lesione di quel complesso di beni mate-
220
riali e immateriali determinanti in cui esso si sostanzia» . Tale conclusione è
confermata dal d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, il quale, nel far salvi – come dispo-
sto dalla Direttiva 2004/35 CE del 21 aprile 2004 (“considerando” nn. 11 e 14)
– gli strumenti risarcitori (in forma specifica e “per equivalente”) previsti (da
ciascun diritto) a tutela dei privati, limita al solo Ministero dell’ambiente la le-
gittimazione ad agire per la riparazione in forma specifica e «per equivalente
patrimoniale» nei «confronti dello Stato», anche esercitando l’azione civile in
sede penale (art. 311, comma 1), avverso «Chiunque realizzando un fatto ille-
cito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge,
di regolamento o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia,
imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all’ambiente, alte-
randolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte» (art. 311, comma
2; permane in vigore il solo comma 5 dell’art. 18 legge 8 luglio 1986, n. 349,
essendo stati abrogati i restanti dall’art. 318, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006).
La Cassazione, pur utilizzando la contestata terminologia propria della tesi
bipolare, allorché qualifica l’art. 2043 c.c. come uno strumento di tutela avver-
so il danno patrimoniale, aveva già sganciato la protezione dell’ambiente dalla
inefficiente tutela prevista dall’art. 18 della legge n. 349 del 1986 e aveva assi-
curato l’effettiva salvaguardia di tale bene attraverso il collegamento con l’art.
221
2043 c.c., inteso come la «norma primaria» invocabile, in via generale, in
ogni settore dell’ordinamento, ogni qualvolta sussista la lesione di un interesse
giuridicamente rilevante. La violazione dell’ambiente configura un danno in-
giusto, pertanto risarcibile in via autonoma – unitamente al danno non patri-
222
moniale – ai sensi degli artt. 2043 c.c. e 2058 c.c., ogni qualvolta sussista la
lesione di interessi giuridici primari della persona, non potendo, la tutela
pubblicistica, «pregiudica[re] qualsiasi diritto concernente» i «casi di lesioni
personali» o il «danno alla proprietà privata o alle perdite economiche e non»
(14° «considerando» della Direttiva 2004/35).
Così la Cassazione, in ulteriori pronunzie dedicate a differenti questioni, ha
affermato che l’illegittimo protesto di una cambiale determina sia una lesione
della reputazione commerciale, sia un danno alla reputazione del protestato
quale persona umana. La violazione di un valore fondamentale dell’individuo,
sancito dall’art. 2 Cost., dà diritto al risarcimento del danno ai sensi dell’art.
219
Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, cit., p. 680.
220
Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, cit., p. 681.
221
Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, cit., p. 680.
222
«Sempre che risulti accertato, anche per il danno non patrimoniale, il nesso di causalità tra
l’evento lesivo e la condotta determinante» (Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, cit., p. 681).
144 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
do conto del ruolo e della funzione svolti dagli artt. 2043 e 2059 c.c. all’inter-
no dell’odierno modello di tort liability. La fase di sviluppo e transizione che
attraversa la nostra giurisprudenza, apertasi con i primi tentativi di qualifica-
zione del danno biologico, poi forzatamente confinato prima nell’area del dan-
no patrimoniale, poi in quella del danno non patrimoniale, non può non esse-
re indice di una nuova, profonda quanto opportuna riflessione sulla “crisi” –
233
già da tempo, con veemenza denunciata – dell’ermeneutica bipolare, alme-
no secondo la configurazione che di essa, tradizionalmente, si suole rappre-
sentare attraverso i postulati della teoria differenziale.
233
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., pp. 264 ss., 273 ss.; ID., I
danni alla persona, cit., p. 770 ss.
234
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Danno e resp., 2009,
p. 32.
235
Già Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in Danno e resp., 2001, p. 821; e Cass., Sez. Un., 11 novem-
bre 2008, n. 26973, nel giudicare sul ricorso n. 10517/04, n. 3.1.
236
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 27.
237
In questi termini si esprime Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26973, nel giudicare sul ri-
corso n. 10517/04, n. 3 (in fine).
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 147
238
Il risalente indirizzo giurisprudenziale inaugurato dalle Sezioni Unite nel lontano 1925 (sent. n.
3475, in Foro it., 1926, I, c. 328), secondo il quale non era risarcibile il c.d. decesso immediato, «non
essendo sorto nel patrimonio del defunto un diritto di risarcimento relativo al danno alla salute», è
pervenuto fino ai giorni nostri: tra le tante decisioni che hanno ribadito la soluzione negativa, Cass.,
Sez. III, 8 gennaio 2010, n. 79, in Danno e resp., 2010, p. 807. Afferma, altresì, che non sono risarcibi-
li a titolo ereditario i danni biologici e morali subiti dal defunto in caso di morte avvenuta soltanto
mezz’ora dopo l’incidente, senza che la vittima abbia ripreso conoscenza, Cass., Sez. III, 14 dicembre
2010, n. 25264 (ord.), ivi, 2011, p. 1042 s., con il commento di S. SCALZINI, I punti fermi della Cassa-
zione sul risarcimento del danno tanatologico. Risarcisce, invece, iure proprio, alla madre della vittima
di un incidente stradale lo «stato di prostrazione (con tutti i suoi sintomi, quali profondo abbattimen-
to, disinteresse per il lavoro, tendenza all’isolamento, ecc.)», considerando tale evento dannoso né un
danno biologico né un danno morale, bensì una lesione «alla intangibilità della sfera degli affetti e
della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia e alla inviolabilità della libera e piena esplicazio-
ne delle attività realizzatrici della persona nell’ambito di quella peculiare formazione sociale costituita
dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost.», Cass., Sez. III, 3 febbraio 2011,
n. 2557, ivi, 2011, p. 830, annotata da V. MONTANI, La morte del danno da perdita parentale?
239
In tal senso, e per più diffuse critiche all’orientamento “negazionista”, si rinvia ad A. PROCIDA
MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 14 ss.; ID., I “nuovi” danni e le funzioni della
responsabilità civile, in Danno e resp., 2003, p. 462 ss.
240
Considera, esplicitamente, un overruling la propria soluzione, Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014,
n. 1361, in Danno e resp., 2014, p. 385. Su tale decisione, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno
da perdita della vita e il «nuovo statuto» dei danni risarcibili, in Danno e resp., 2014, p. 686 ss.
241
(Con sottile ironia?) G. PONZANELLI, La sentenza “Scarano” sul danno da perdita della vita:
verso un nuovo statuto del danno risarcibile, in Danno e resp., 2014, p. 391.
242
Non a caso, questo studio, unitamente agli altri contributi contenuti in questo volume, s’inqua-
dra nell’ambito della ricerca PRIN 2010-2011 su «Corti, dottrina e società inclusiva: l’impatto dei
formanti dottrinali sulle Corti di vertice», Unità di Ricerca dell’Università degli Studi di Napoli “Fe-
derico II”.
243
Cfr. F.D. BUSNELLI, Verso una giurisprudenza che si fa dottrina, in Riv. dir. civ., 2013, p. 1519 ss.
148 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
244 245
co e poi per il danno esistenziale , figure sicuramente elaborate in dottrina
246
(così come l’avversa corrente anti-esistenzialista) prima di essere stabilmente
recepite in giurisprudenza. Così è accaduto per la discussa teoria del contatto
247 248
sociale , per l’obbligazione senza prestazione , per il contratto con effetti di
249
protezione per terzi e per il danno da perdita di chances . Così è accaduto
250
per il risarcimento del danno da «nascita malformata» , ove il revirement si è
accompagnato ad una dettagliata critica del precedente orientamento della
Cassazione, sulla base di una pregevole e puntuale analisi delle principali
251
obiezioni già espresse in dottrina . Così è accaduto in materia di immissioni
252
industriali, allorché la Cassazione, aderendo all’interpretazione unitaria
244
In argomento, F.D. BUSNELLI, Il danno biologico dal “diritto vivente” al “diritto vigente”, Tori-
no, 2001, p. 135 ss. e passim. Innegabile, tuttavia, il contributo dei giudici genovesi sintetizzato nel
“manifesto” redatto da V. MONETTI, G. PELLEGRINO, Proposte, cit., c. 159 ss.
245
Cfr. il volume Il danno esistenziale. Una nuova categoria della responsabilità civile, a cura di P.
Cendon, P. Ziviz, cit., passim ed, in particolare, il contributo di P. CENDON, Non di sola salute vive
l’uomo, ivi, p. 10 ss.
246
G. PONZANELLI, Sei ragioni per escludere il risarcimento del danno esistenziale, in Danno e
resp., 2000, p. 693 ss.; ID., Una voce contraria alla risarcibilità del danno esistenziale, ivi, 2002, p. 339
ss.; ID. (cur.), Critica del danno esistenziale, Padova, 2003, p. 7 ss.; ID. (cur.), Il risarcimento integrale
senza il danno esistenziale, Padova, 2007, passim.
247
Riconducibile addirittura da G. HAUPT, Über faktische Vertragsverhältnisse, cit., p. 1 ss.
248
C. CASTRONOVO, L’obbligazione senza prestazione, cit., p. 191 ss.
249
Sul punto, M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., passim.
250
Cass., Sez. III, 2 ottobre 2012, n. 16754, in Nuova giur. civ. comm., 2013, p. 175 ss.
251
La sentenza cit. in nota prec. sembra ispirarsi, riproducendo testualmente anche talune espres-
sioni tra virgolette, ai lavori di M. FEOLA, Violazione degli obblighi d’informazione, cit., p. 611 ss.;
EAD., Essere o non essere, cit., p. 392 ss.; EAD., La responsabilità del medico per il danno prenatale, in
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, M. FEOLA, La responsabilità civile, cit., p. 237 ss., ed alla migliore
dottrina italiana e straniera ivi cit. (ad es., M. FABRE-MAGNAN, Avortement et responsabilité médica-
le, in Rev. trim. dr. civ., 2001, pp. 289 ss., 311 ss.; G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, II ed.,
1998, cit., p. 17 ss.; P. JOURDAIN, Réflexions sur un malentendu, in Rec. Dalloz, 2001, Jur. comm., p.
337; A. LISERRE, Ancora in tema di mancata interruzione della gravidanza e danno da procreazione, in
Corriere giur., 2006, p. 1693; C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 101, in nota 80; F. GALGANO,
Danno da procreazione e danno al feto, ovvero quando la montagna partorisce un topolino, in Contr. e
impr., 2009, p. 537 ss.). Avevano anticipato un possibile revirement, dopo Cass., Sez. III, 11 maggio
2009, n. 10741, M. FEOLA, La Cassazione e il diritto del minore «a nascere sano», in Danno e resp.,
2010, p. 702 ss.; EAD., Le responsabilità del medico e della struttura sanitaria, cit., p. 91 ss.; F. DI
CIOMMO, Giurisprudenza-normativa e “diritto a non nascere se non sano”. La Corte di cassazione in
vena di revirement?, in Danno e resp., 2010, p. 144 ss. Per ulteriori indicazioni, anche relative all’«im-
patto dei formanti dottrinali sulle Corti di vertice», si rinvia al saggio di M. FEOLA, Il danno da «na-
scita malformata», in Riv. crit. dir. priv., 2014, p. 75 ss.
252
Proposta trent’anni fa (e senza alcuna speranza) dal sottoscritto: A. PROCIDA MIRABELLI DI
LAURO, Immissioni e «rapporto proprietario», cit., p. 257 ss.; ID., Immissioni, normale tollerabilità e
tutela dell’ambiente (alla ricerca delle «declamazioni mentitorie» della giurisprudenza), in Rass. dir. civ.,
1990, p. 903 ss.; ID., Immissioni, normale tollerabilità e tutela dell’ambiente, in Scritti in onore di G.
Capozzi, I, 2, Milano, 1992, p. 997 ss.; ID., La proprietà come rapporto. A proposito dell’interpretazione
unitaria e sistematica dell’art. 844 c.c., in Riv. crit. dir. priv., 1997, p. 76 ss. In prospettiva analoga, an-
che se con autonomi svolgimenti, A. GAMBARO, Il diritto di proprietà, in Tratt. di dir. civ. e comm.
Cicu e Messineo, continuato da Mengoni, VIII, 2, Milano, 1995, p. 509 ss. Proponevano, invece, la
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 149
253
dell’art. 844 c.c., piuttosto che a quella dicotomica da sempre prevalente , ha
individuato la norma primaria nella regola di normale tollerabilità (e non nel
“giudizio di contemperamento”), affermando che «l’accertamento del supe-
ramento della soglia di normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c. comporta,
nella liquidazione del danno da immissioni, sussistente in “re ipsa”, l’esclusio-
ne di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di prio-
rità dell’uso in quanto, venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente
l’illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema
dell’azione generale di risarcimento danni di cui all’art. 2043 c.c., e, specifica-
mente, per quanto concerne il danno alla salute, nello schema del danno non
254
patrimoniale risarcibile ai sensi dell’art. 2059 c.c.» . Così accade nella sen-
tenza n. 1361 del 2014, e non soltanto per quanto riguarda la risarcibilità iure
255
hereditario del danno da morte immediata , poiché essa assume un ruolo al-
trettanto significativo allorché consolida, con argomentazioni difficilmente
contestabili, quell’orientamento ormai emergente in Cassazione che, propo-
nendo il definitivo superamento della concezione globalizzante ed onnicom-
prensiva del danno non patrimoniale accolta dalle sentenze di San Martino,
considera il danno biologico, il danno morale e il danno esistenziale come pre-
256
giudizi «ontologicamente diversi» e «tutti risarcibili» .
Questo overruling, per sua esplicita ammissione, tende a razionalizzare l’ar-
ticolata sequenza di figure di danno che sono state elaborate al solo scopo di
evitare di risarcire, alla vittima immediata, il danno tanatologico. In proposito,
la Suprema corte dichiara di voler sgombrare il campo da quei «meri escamo-
tages interpretativi» («lasso di tempo non trascurabile», «criterio dell’intensità
della sofferenza») che erano stati elaborati al solo scopo di «superare le dispa-
rità di trattamento» e le «iniquità scaturenti dalla negazione del risarcimento
257
del danno da perdita della vita» . Tant’è che lo stesso tentativo di «sopperire
alla mancanza di ristoro della perdita della vita mediante l’attribuzione ai fa-
miliari – iure proprio – del diritto di risarcimento di tutti i danni non patri-
moniali, comprensivi non delle sole sofferenze fisiche (eventuali danni biolo-
gici) o psichiche (danni morali o soggettivi), ma anche dei c.d. danni esisten-
possibilità di una tutela diretta della salute, G.G. D’ANGELO, L’art. 844 codice civile e il diritto alla
salute, in Tutela della salute e diritto privato, a cura di F.D. Busnelli, U. Breccia, Milano, 1978, p. 411
ss.; V. SCALISI, Immissioni di rumore e tutela della salute, in Riv. dir. civ., 1982, I, p. 142 ss.
253
Per tutti, C. SALVI, Le immissioni industriali. Rapporti di vicinato e tutela dell’ambiente, Mila-
no, 1979, p. 399.
254
Cass., Sez. III, 9 maggio 2012, n. 7048, in Danno e resp., 2012, p. 1179 ss., con note di G.
PONZANELLI, Danno non patrimoniale da pianoforte troppo rumoroso e da pignoramento illegittimo, e
di C. BALDASSARRE, Immissioni intollerabili: quando Mozart fa male alla salute.
255
In argomento, N. LIPARI, Danno tanatologico e categorie giuridiche, in Riv. crit. dir. priv., 2012,
p. 523 ss.
256
Così, da ultima, Cass., Sez. III, 11 ottobre 2013, n. 23147, in Danno e resp., 2014, p. 282, con
nota di G. PONZANELLI, Il “buonismo” della Cassazione e la facile dimenticanza del danno conseguenza.
257
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 384.
150 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
ziali» appariva come un soluzione «inutile» che, tra l’altro, poneva «il rischio
di confusioni concettuali ovvero di avallare l’idea di un uso strumentale di de-
258
terminati istituti per sopperire al mancato riconoscimento di altri» .
Da qui il riconoscimento della risarcibilità «ex se», «nella sua oggettività»,
del danno non patrimoniale da perdita della vita, consistente nella perdita di
un «bene supremo dell’individuo oggetto di un diritto assoluto e inviolabile
dall’ordinamento garantito in via primaria, anche sul piano della tutela civile»,
259
a prescindere «dalla consapevolezza che il danneggiato/vittima ne abbia» .
Come era logico, anche dal punto di vista giuridico, il ristoro del danno da
perdita della vita «si acquisisce dalla vittima istantaneamente al momento della
lesione mortale, e quindi anteriormente all’exitus», giacché la morte «ha per
conseguenza la perdita non già solo di qualcosa bensì di tutto; non solamente
di uno dei molteplici beni, ma del bene supremo della vita; non già di qualche
effetto o conseguenza, bensì di tutti gli effetti e conseguenze, di tutto ciò di
cui consta(va) la vita della (di quella determinata) vittima e che avrebbe conti-
nuato a dispiegarsi in tutti i molteplici effetti suoi propri se l’illecito non ne
260
avesse causato la soppressione» .
La Cassazione, nel risarcire il danno da perdita della vita, preferisce non af-
frontare specificamente l’annosa questione del danno-evento e del danno-
conseguenza al fine di prospettarne l’auspicabile superamento, ma, nel classi-
ficare la soluzione adottata nell’ambito della contestata dicotomia, la conside-
ra come una «ontologica, imprescindibile eccezione al principio dell’irrisarci-
261
bilità del danno-evento e della risarcibilità dei soli danni-conseguenza» . Ma
poi, dando prova di aver ben chiara la relazione tra il preteso danno-conseguen-
za e il problema della causalità, ovvero dell’incidenza dell’illecito nel “patri-
monio” della vittima, afferma che la morte ha “per conseguenza” la perdita di
262
tutti gli effetti e conseguenze .
Inizia ad emergere come, in tema di danni immateriali, discorrere dell’irri-
sarcibilità del danno-evento e della risarcibilità del solo danno-conseguenza
sia un dogma che tutti continuano a ripetere, ma che nessuno vuol intendere
nelle sue reali implicazioni. La riprova è data da quella dottrina che, conside-
rando il «punto dolente» della decisione proprio l’essere «questa forma di
danno ontologicamente in re ipsa», la considera «in chiara contradizione con il
principio della necessaria prova che deve essere data con riguardo ad ogni
263
pregiudizio» . Ecco che, allora, il problema, come sempre accade, viene tra-
sposto dalle conseguenze dell’illecito nel patrimonio della vittima alla prova
presuntiva (dell’an) del danno. Secondo la tradizionale interpretazione della
258
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 384.
259
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 384.
260
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 385.
261
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 385.
262
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 385.
263
G. PONZANELLI, La sentenza “Scarano”, cit., p. 390.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 151
che, «rispetto a beni infungibili, ossia che non trovano un surrogato di merca-
272
to, la funzione compensativa non è in grado di operare» . Appare, allora,
«miglior partito guardare alla vita e a tutto l’universo del “personale” come
insieme di beni già compresi nel “valore base” di ogni individuo, da tutelare
273
ex ante mediante il riconoscimento del danno non patrimoniale» . Senza vo-
ler scomodare le più recenti teorie economiche, basta por mente al risarcimen-
to del danno morale da diffamazione «per riconoscere che questo non aveva (e
274
non ha) alcuna funzione compensativa, ma solo riparatoria/sanzionatoria» .
In questi casi, anche se, sotto il profilo della causalità, il danno immateriale
è la “conseguenza” di un ulteriore evento (danno biologico, ad es.) – era que-
sta la sequenza causale che la Corte costituzionale aveva a suo tempo descrit-
275
to , senza essere a tutt’oggi compresa –, il danno immateriale non potrà non
essere risarcito che quale danno in re ipsa, soprattutto allorché rappresenti la
“conseguenza” di un fatto-reato (artt. 2059 c.c., 185 c.p.).
272
R. PARDOLESI, R. SIMONE, op. cit., p. 403.
273
R. PARDOLESI, R. SIMONE, op. loc. cit.
274
R. PARDOLESI, R. SIMONE, op. loc. ult. cit.
275
In questi termini già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I “nuovi” danni, cit., p. 463 s.
276
Condotta, ad es., da C. MEDICI, Morte immediata della vittima e aporie della responsabilità civi-
le: verso la caduta di un dogma, in Danno e resp., 2010, p. 1020 ss.
154 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
277
tali lesioni siano mortali» ; la seconda, che la Cassazione ha talvolta erro-
278
neamente definito proprio come danno tanatologico , consistente nella soffe-
renza patita dalla vittima che sia rimasta lucida durante l’agonia in consapevo-
279
le attesa della propria fine . Nella specie si trattava di un agricoltore che,
immobilizzato da una scarica elettrica, era rimasto in vita per non più di mez-
z’ora, senza possibilità di chiedere aiuto e nella lucida consapevolezza dell’ine-
280
vitabile approssimarsi della morte . Le due ipotesi, però, esprimono, con evi-
denza, due diverse manifestazioni di un medesimo danno, che è un danno es-
senzialmente morale, avendo ad oggetto gravissime sofferenze, qualificate, non
a caso, della massima intensità (come catastrofali o catastrofiche), che, in ra-
gione del breve lasso di tempo di sopravvivenza della vittima, non possono
evolvere in un danno biologico o in un danno esistenziale. È evidente che l’ul-
teriore consapevole percezione, da parte della vittima, tra atroci patimenti,
dell’imminenza della propria morte rappresenta una «sofferenza ulteriormente
281
aggravata» che, in quanto tale, dovrà dar luogo, in sede di valutazione del
danno morale, ad un risarcimento della massima entità.
Quindi, anche se la Cassazione probabilmente elaborò questa figura di
danno nel misericordioso tentativo di risarcire “qualcosa” nel caso di decesso
quasi istantaneo, allorché il periodo di sopravvivenza era stato considerato “non
apprezzabile” ai fini del ristoro del danno biologico terminale, è evidente co-
me essa si distingua ontologicamente dal danno da perdita della vita, sia per-
ché richiede la coscienza della vittima durante il periodo di sopravvivenza, sia
perché, nella sua essenza, costituisce un vero e proprio danno morale, tenden-
do a riparare proprio la sofferenza fisica e psichica percepita dalla vittima nel
lasso di tempo (non più “apprezzabile”…) che intercorre tra l’incidente e la
morte. Questo danno, che non può essere riparato nel caso di morte istanta-
nea (ammesso che essa esista), può essere risarcito, in aggiunta al danno da
perdita della vita (pur in presenza di una liquidazione unitaria), là dove sussi-
stano specifiche condizioni: la sopravvivenza della vittima, anche se per un
breve lasso di tempo; il suo stato di coscienza; la sussistenza di sofferenze fisi-
che e psichiche (anche, ma non soltanto, da “lucida agonia”) avvertite dalla
vittima prima di morire.
Un danno ontologicamente del tutto diverso è, poi, quello che la Cassazio-
ne definisce come «danno da perdita del rapporto parentale o c.d. esistenzia-
282
le» . In questo caso si tratta di un danno patito iure proprio dai parenti della
vittima immediata che, definito dai francesi come préjudice d’affection (con ri-
277
C. MEDICI, op. cit., p. 1031.
278
Cass., Sez. III, 8 aprile 2010, n. 8360, in Danno e resp., 2010, p. 1011 ss.
279
Discorre di un distinto «pregiudizio derivante dal protrarsi della consapevolezza di una lunga,
lenta, ingiustificata agonia», C. MEDICI, op. cit., p. 1030, in nota 48.
280
Questo, il caso deciso da Cass., Sez. III, 8 aprile 2010, n. 8360, cit., p. 1011 ss.
281
C. MEDICI, op. cit., p. 1030.
282
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 387.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 155
288
previsti dalla legge n. 497 del 1999 per le vittime della funivia del Cermis ,
non tanto per l’esigenza di “attualizzare” la cifra ivi indicata al valore odierno,
quanto per la funzione tipicamente indennitaria, e non risarcitoria, della ripa-
razione. In attesa che, per il danno da perdita della vita, venga predisposto
«un sistema di quantificazione particolare e specifico, diverso da quello detta-
289
to per il danno biologico» , il giudice potrà far riferimento, ma in qualità di
mero “parametro”, all’importo tabellare indicato per il 100% di invalidità
permanente. Benché la giurisprudenza riaffermi che “vita e salute sono beni
ontologicamente diversi”, è incontestabile che il danno da perdita della vita,
nella nuova accezione proposta dalla Cassazione, sia, ontologicamente, un
danno biologico, ma non un danno alla salute o un danno morale. Attualmen-
te, il valore “biologico” della vita può essere desunto senz’altro dal sistema ta-
bellare, ma con la precisazione, non irrilevante, che il dato ivi specificato indi-
ca il valore non della “perdita della vita”, ma di una vita che dovrà essere vis-
suta (quasi sempre in maniera non auto-sufficiente, e talvolta in presenza di un
coma profondo e irreversibile) con un tasso di invalidità pari al 100%. Questo
sistema, che la stessa Cassazione considera come quello «più frequentemen-
290
te» utilizzato dai giudici di merito, più di ogni altro, allo stato, si presta sia
ad indicare, pur approssimativamente, il valore biologico della vita, sia ad
adeguare la valutazione alle «circostanze del caso», sulla base di quel «giudizio
di personalizzazione» da effettuare «in considerazione in particolare dell’età,
delle condizioni di salute e delle speranze di vita futura, dell’attività svolta,
291
delle condizioni personali e familiari della vittima» .
Lo stesso problema che oggi sembra di difficile soluzione si pose, alcuni
decenni or sono, in maniera senz’altro più complessa, proprio per il danno alla
salute, allorché alcuni pionieri, sulla scia dell’esperienza francese, proposero
292
di sostituire strumenti di liquidazione fantasiosi e inadeguati con il modello
del calcul au point, al fine di proporre un sistema equitativo differenziato fon-
dato sulle regole di esperienza consolidate in giurisprudenza, idoneo a con-
temperare il carattere di oggettività, uniformità e certezza dell’unità pecuniaria
288
L’art. 1 della legge 21 dicembre 1999, n. 497, recante Disposizioni per la corresponsione di in-
dennizzi relativi all’incidente della funivia del Cermis del 3 febbraio 1998 a Cavalese così dispone:
«Al fine di consentire la corresponsione di indennizzi in conseguenza di incidenti sul territorio italia-
no che hanno coinvolto unità delle Forze armate operanti nell’ambito della NATO, sulla base di
quanto previsto dall’articolo VIII, paragrafo 5, della Convenzione tra gli Stati partecipanti al Trattato
Nord-Atlantico sullo statuto delle loro Forze armate, firmato a Londra il 19 giungo 1951 e resa esecu-
tiva ai sensi della legge 30 novembre 1955, n. 1335, per ogni persona deceduta e per i superstiti
nell’incidente della funivia del Cermis del 3 febbraio 1998 a Cavalese, in provincia di Trento, è previ-
sto un indennizzo pari nel massimo a lire 3,8 miliardi, da corrispondere secondo le procedure ed alle
condizioni indicate nella presente legge».
289
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
290
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 385.
291
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 387.
292
Una puntuale critica dei criteri che, «ricorrendo a fantasiose ‘immaginazioni’», erano all’epoca
adottati per liquidare i danni alla salute fu proposta da F.D. BUSNELLI, Diritto alla salute, cit., p. 542 s.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 157
293
di base con l’elasticità e la flessibilità della valutazione in concreto . Quindi
non sembra possibile auspicare, come afferma la stessa Cassazione, una fretto-
losa adesione dei nostri Tribunali alla teoria del c.d. “rischio (per) equivalen-
te”. Sia nella sua versione “soggettivistica”, là dove manifesta «un rischio di
“sovrastima”», nel determinare la somma dovuta sulla base dell’«indicazione
della stessa vittima di quanto sarebbe disposta a pagare o ad accettare al fine
294
di evitare o di sostenere il rischio dell’illecito» , salvo a non voler commisu-
rare l’entità della riparazione in misura proporzionale alla ricchezza della vit-
295
tima primaria . Sia nella versione statistico-oggettiva di c.d. valutazione so-
ciale, la quale, nel rimettere «a quanto una data collettività […] sarebbe di-
sposta a pagare per ridurre le probabilità di morte di un soggetto, di identità
non nota, alla stessa appartenente», prospetta «un rischio di “indifferenza” nei
296
confronti della vittima e delle circostanze del caso concreto» . Non sembra
che il problema sia risolvibile in maniera appagante anche allorché tale ultimo
modello, fondato sul parametro della vita statistica, venga modificato introdu-
cendo «“riferimenti legati al caso di specie, quali l’età della vittima e, quando
sussistano elementi idonei, il valore indicativo attribuito dal danneggiato alla
propria vita (ad es., gli oneri assicurativi sopportati in proporzione alla sua ca-
297
pacità patrimoniale)”» . Infatti, se, da un lato, tale modello sembra di diffici-
le attuazione in ragione del diverso sistema assicurativo esistente in Italia (ma,
più in generale, in Europa) e negli Stati Uniti. Dall’altro sembra premiare una
concezione reddituale della perdita della vita, là dove, invece, è opportuno
elaborare un modello che, oltre a caratterizzarsi per la sua natura rigorosa-
mente a-reddituale, consenta di coniugare, come a suo tempo fu per il danno
biologico, la valutazione in astratto con quella in concreto. Se è vero che re-
centi «ricerche condotte a livello istituzionale, sulla base del parametro della
vita statistica, hanno attestato la misura in media di ogni vita umana tra 1 e 5
298
milioni di euro» , in attesa della predisposizione di uno specifico sistema di
liquidazione, la tendenza dei nostri giudici di merito a riferirsi, pur nella sola
qualità di “parametro”, al dato indicato con riguardo al 100% di invalidità
non rappresenta «una scelta poco coraggiosa e men che coerente con l’ormai
acclarata (e indiscutibile) autonoma rilevanza del bene vita» (dal bene salu-
299
te) , ma una soluzione molto pragmatica e rigorosamente conforme alla na-
tura squisitamente biologica del danno da perdita della vita.
293
Sulla base di un’indagine comparativa svolta anche con l’esperienza francese, cfr. A. PROCIDA
MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 352 ss.
294
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
295
C. MEDICI, Morte immediata della vittima, cit., p. 1028.
296
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386; e già, C. MEDICI, op. ult. cit., p. 1029.
297
Così Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386, la quale riproduce, tra virgolette,
una frase interamente tratta da C. MEDICI, op. ult. cit., p. 1032.
298
Lo riferisce C. MEDICI, op. loc. ult. cit.
299
Contra, invece, C. MEDICI, op. ult. cit., p. 1028.
158 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
300
Il riferimento è al pensiero di R. SAVATIER, Le dommage et la personne, in Rec. Dalloz, 1955,
Chron., pp. 5 e 8. Nell’esperienza italiana v., in vario senso, le pagine di P. RESCIGNO, Nuove prospet-
tive di ricerca nello studio del danno alla salute, in Resp. civ. prev., 1986, p. 195 ss., di G.B. FERRI, Il
risarcimento del danno biologico nel sistema della responsabilità civile, in Giur. cost., 1986, I, p. 1720
ss., di P. PERLINGIERI, Il diritto alla salute quale diritto della personalità, in Rass. dir. civ., 1982, p.
1020 ss., di A. DI MAJO, L’avventura del danno biologico: considerazioni in punta di penna, in Riv. crit.
dir. priv., 1996, p. 229 ss., e di E. QUADRI, Orientamenti e prospettive nel risarcimento del danno alla
persona, in Danno e resp., 2000, p. 769 ss.
301
Testualmente, F.H. LAWSON, B. MARKESINIS, Tortious Liability for Unintentional Harm in the
Common Law and the Civil Law, Cambridge, 1982, p. 49; sul punto cfr. altresì P.S. ATIYAH, Negli-
gence and Economic Loss, in L. Q. Rev., 1967, p. 269; W.L. PROSSER, Law of Torts, St. Paul, 1964, p.
300. Conferma che l’integrità della persona è «uno degli interessi più protetti» anche nei paesi di
common law, P. GALLO, L’elemento oggettivo, cit., p. 130.
302
F.D. BUSNELLI, Problemi di inquadramento sistematico del danno alla persona, in Riv. crit. dir.
priv., 1987, pp. 28 e 30.
303
Con la consueta chiarezza, P.S. JAMES, The Fallacies of Simpson v. Thomson, in Modern L.
Rev., 1971, p. 149 ss.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 159
304
va il suo fondamento nell’indissolubile valore dell’individuo . La tutela risar-
citoria della personalità umana, che pone «il più arduo dei problemi nel vasto
305
campo della responsabilità civile» , non può non rivoluzionarne l’impianto
concettuale e la stessa sistematica, richiedendo soluzioni univoche e metodo-
logicamente corrette sul fondamento di una rifondazione dell’intero Law of
Tort. Tali rivolgimenti riguardano non soltanto l’esperienza nostrana, ma an-
che ulteriori diritti di civil e common law, e trovano elementi di significativa
concordanza in documenti internazionali (dalla Risoluzione del Consiglio
d’Europa del 14 maggio 1975 alla proposta di direttiva sulla responsabilità per
il fatto dannoso di servizi che presentano un difetto di produzione) e in indi-
rizzi legislativi, dottrinali e giurisprudenziali elaborati nelle tradizioni giuridi-
306
che più disparate .
La completa e piena riparazione dei danni alle posizioni costituzionalmente
rilevanti è oggi una soluzione difficilmente revocabile in dubbio, tant’è che
307
problemi altrettanto essenziali divengono la valutazione e la liquidazione ,
l’individuazione dell’oggetto dell’obbligazione risarcitoria e la sua misurazione
in termini pecuniari. Esigenze di solidarietà e di eguaglianza inducono a risar-
cire tali danni in funzione della loro gravità e durata, sulla base di un principio
308
di riparazione integrale , che trova fondamento nella clausola generale iscrit-
ta nell’art. 2043 c.c.
La riparazione incondizionata di questi danni implica, in primo luogo, una
decisione di policy consideration sull’allocazione dei costi e delle disutilità che
309
derivano dall’illecito . L’escludere dal risarcimento alcune figure di danno
(da «perdita della vita», morale, par ricochet, psichico, alla reputazione perso-
nale, ecc.) significherebbe imputare alla vittima, per intero, il relativo onere.
Viceversa, l’adozione di un sistema di integrale riparazione consente di trasfe-
310
rire sull’obbligato – che non necessariamente deve essere il “responsabile” –
tutte le disutilità che sono effettivamente sopportate dal danneggiato. Lo stes-
304
Su tale ultimo aspetto, P. PERLINGIERI, La tutela giuridica della «integrità psichica» (a proposito
delle psicoterapie), in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1972, p. 763 ss.
305
Con specifico riferimento alla problematica del danno alla salute, G. GENTILE, voce Danno al-
la persona, in Enc. dir., vol. XI, Milano, 1962, p. 634.
306
Si rinvia ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsabilità civile alla sicurezza sociale,
Napoli, 1992, pp. 12 ss., 64 ss.; ID., La riparazione dei danni, cit., pp. 25 ss., 105 ss., 286 ss. e passim.
307
Per un’esortazione a studiare con maggiore attenzione questi fondamentali aspetti, che attual-
mente sono di esclusiva pertinenza della letteratura medico-legale, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAU-
RO, op. ult. cit., pp. 13, 105 s., 286 ss.; ID., Valutazione e liquidazione dei danni alla persona, in Rass.
dir. civ., 1994, p. 95 ss., anche in Scritti in memoria di Gino Gorla, Scintillae Iuris, III, Milano, 1994,
p. 2173 ss.
308
In tal senso è la Risoluzione 75/7 adottata il 15 marzo 1975 dal Comitato dei Ministri del Con-
siglio d’Europa.
309
Lo ricorda P.G. MONATERI, in P.G. MONATERI, A. BELLERO, Il «quantum» nel danno a per-
sona. Una banca di dati: mille casi di giurisprudenza a confronto, Milano, 1984, p. 4 s.
310
Sulle conseguenze di tale precisazione, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione
dei danni, cit., p. 16 e passim.
160 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
312
15. Caduta la pregiudiziale ideologica che individuava nel reddito l’unico
parametro di valutazione, i danni alla persona sono divenuti riparabili in sé, a
313
prescindere dalle loro conseguenze economiche sulla capacità di guadagno .
Hanno acquisito un’autonomia concettuale e normativa rispetto sia ai danni
patrimoniali, sia a quelli “da reato”, per i quali dovrebbe operare la funzione
punitiva espressa dall’art. 2059 c.c.
Una più ampia tutela risarcitoria che si estenda oltre la mera integrità fisio-
psichica della persona non richiede l’invenzione di ulteriori figure para-giuri-
diche e di dubbia consistenza (come i danni edonistico, alla serenità familiare,
314
alla tranquillità morale, e simili) , anche se questi slogan, come tutte le sem-
plificazioni, possono assumere una suggestiva efficacia persuasiva nel propa-
gandare l’insorgere di inedite esigenze di tutela nel mondo del diritto.
V’è bisogno, soprattutto a seguito dei contrastanti interventi della giuri-
sprudenza, di ricostruire il sistema su basi più certe e rigorose: il processo di
rielaborazione dei danni alla persona deve muovere da una rinnovata conside-
razione degli strumenti giuridici utilizzabili all’interno dell’odierno modello di
315
responsabilità civile . Per un verso, le Corti avvertono l’esigenza di estendere
ulteriormente l’area dei danni risarcibili, valorizzando utilità non direttamente
311
Per la verifica di questa affermazione, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsa-
bilità civile, cit., p. 52 ss.; cfr., altresì, G. COMANDÉ, Risarcimento del danno alla persona e alternative
istituzionali. Studio di diritto comparato, Torino, 1999, p. 141 ss.
312
In questi termini, M. FRANZONI, La liquidazione del danno alla persona, in Tratt. di dir. comm.
e dir. pubbl. econ., diretto da F. Galgano, Padova, 1990, p. 105.
313
Per una ricostruzione dei diversi orientamenti, G. ALPA, Il danno biologico, cit., p. 9 ss.
314
Così, G. GENTILE, voce Danno alla persona, cit., p. 667, e F.D. BUSNELLI, Diritto alla salute,
cit., p. 542.
315
Come propone P. CENDON, Non di sola salute, cit., p. 5 ss.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 161
collegate alla produzione, al reddito o alla stessa integrità fisica della persona.
Ma tali soluzioni non sembrano conciliabili con l’interpretazione corrente de-
gli artt. 2043 e 2059 c.c. e, più in generale, con il claudicante itinerario di for-
316
zata “costituzionalizzazione” dell’art. 2059 c.c., proposto dai corifei dall’er-
meneutica bipolare. Per altro verso, si pone il problema di perfezionare ulte-
riormente i sistemi di valutazione e di liquidazione. La giurisprudenza italiana
– ancora una volta sulla scia delle esperienze straniere – sembra alla ricerca di
parametri sempre più validi, che consentano di temperare la valutazione in
astratto con criteri che considerino adeguatamente le particolarità del caso con-
creto .
Pur avendo la scienza giuridica italiana affermato ormai da tempo l’integra-
le risarcibilità dei danni alla persona, non v’è stata concordia sulla natura, pa-
trimoniale o no, di tali danni e sul procedimento ermeneutico che consentisse
di superare correttamente la previsione tipizzante e restrittiva dell’art. 2059
c.c. Da un lato, la tendenza, confermata fino ad ora dalla Corte costituziona-
317
le , a conservare la vigenza dei criteri di razionalità legislativa espressi dal-
l’art. 2059 ha smentito, allo stato, chi considerava risarcibili i danni non pa-
318
trimoniali soltanto in ipotesi di reato e ne subordinava la piena risarcibilità
all’eliminazione – mediante abrogazione espressa o dichiarazione di incostitu-
319
zionalità – dell’art. 2059 c.c. Dall’altro, la proposta di ampliare ontologica-
mente il tradizionale concetto di patrimonio, al fine di applicare la concezione
economica cara alla teoria differenziale, aveva indotto a qualificare la lesione
320
della salute come danno patrimoniale , in quanto menomazione di «un valo-
316
Su tale questione, introdotta da Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828 e n. 8827, in Danno e
resp., 2003, pp. 816 ss., 820 ss., con i commenti di F.D. BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate. La Corte di
Cassazione e il danno alla persona, G. PONZANELLI, Ricomposizione dell’universo non patrimoniale: le
scelte della Corte di Cassazione, e A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c. va in Paradiso,
v., infra, i cap. III e IV. In dottrina, tale interpretazione “costituzionalizzata” era stata proposta da E.
NAVARRETTA, Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Torino, 1996, p. 320 ss. e passim.
317
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Danno e resp., 2003, p. 939 s.
318
Cfr. A. DE CUPIS, I diritti della personalità, in Tratt. di dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Mes-
sineo, Milano, II ed., 1982, p. 53 ss.; C. SALVI, Il danno extracontrattuale. Modelli e funzioni, Napoli,
1985, p. 214; C. CASTRONOVO, «Danno biologico» senza miti, in Riv. crit. dir. priv., 1988, p. 31 ss.; B.
GRASSO, Il problema della valutazione del danno «non patrimoniale» all’integrità psicofisica, in Rass.
dir. civ., 1982, p. 42 s.
319
La prima soluzione era proposta, tra gli altri, da A. DE CUPIS, Il risarcimento del danno non pa-
trimoniale, in Assicurazioni, 1972, I, p. 230; la seconda, da F. ROMANO, Cenni normativi per il risar-
cimento del danno nella «miniriforma», in Riv. giur. circol. trasp., 1978, p. 366, e da G. BONILINI, Il
danno non patrimoniale, Milano, 1983, p. 206 s.
320
Aderiscono a questa «soluzione a prima vista temeraria», ma che «per divenire plausibile ne-
cessita di alcuni chiarimenti in tema di patrimonialità del danno», la giurisprudenza e la dottrina,
all’epoca, di gran lunga prevalenti: cfr. F.D. BUSNELLI, Problemi di inquadramento, cit., p. 40 s. (del
quale sono le espressioni citate tra virgolette); F. MASTROPAOLO, Il risarcimento del danno alla salute,
Napoli, 1983, p. 300 ss.; P.G. MONATERI, in P.G. MONATERI, A. BELLERO, Il «quantum», cit., p. 27
ss.; M. FRANZONI, La liquidazione, cit., p. 122; P. D’AMICO, Il danno da emozioni, Milano, 1992, p.
56 s.; A. GIULIANI, Il danno biologico è, dunque, patrimoniale, in Contr. e impr., 1986, p. 47 ss. Anche
162 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
re essenziale che fa parte integrante del patrimonio del soggetto, cioè di quel
321
complesso di beni di sua esclusiva e diretta pertinenza» . Al modello dei
danni patrimoniali avrebbero dovuto essere ricondotti tutti i danni alla perso-
na suscettibili di misurazione economica secondo una valutazione sociale tipi-
ca. Restava da dimostrare perché i danni fisici e quelli c.d. psichici erano su-
scettibili di essere valutati in tal guisa, mentre ciò era da escludere per i danni
morali, psicologici e/o riflessi e, più in particolare, per la stessa sofferenza che
la giurisprudenza qualifica come catastrofica.
L’ermeneutica dominante dell’art. 2059 c.c., nostrana form of action, ha
continuato a condizionare la piena risarcibilità dei danni che rappresentavano
la violazione di situazioni particolarmente protette, costringendo la giurispru-
denza e la dottrina italiane o a prospettare infinite questioni di legittimità co-
stituzionale, o a proporre un’improponibile “costituzionalizzazione” di tale
norma, che collide con la sua struttura e con la sua funzione, oltre che con la
sua storia, al solo – ma pur nobile – scopo di erodere la consolidata interpre-
tazione della categoria del danno non patrimoniale. Tali esperimenti, tuttavia,
rappresentano discutibili e contingenti palliativi, che non sono in grado di
prevedere e di dirigere la stessa evoluzione della giurisprudenza, difettando
una riflessione più complessiva che involga la struttura e la funzione dell’in-
tero sistema di responsabilità civile, sulla base di una revisione critica dei po-
stulati sui quali è stata edificata la concezione bipolare.
Il problema dell’esatta qualificazione giuridica del danno alla salute fu im-
322
plicitamente considerato come una questione ormai squisitamente dogmati-
ca e superata, sottolineandosi la necessità di risolvere i ben più significativi
problemi della sua valutazione e liquidazione. La soluzione “politica”, giam-
mai tecnicamente condivisa, che considerava il danno alla salute ora come pa-
trimoniale, ora come “non patrimoniale”, ne garantiva (come oggi ne garanti-
sce) pragmaticamente la piena risarcibilità. I miei tentativi di contestare viva-
cemente la natura patrimoniale o quella “non patrimoniale” del danno all’in-
323
tegrità psico-fisica potevano essere considerati come mere disquisizioni di
carattere accademico, senza alcun riscontro pratico con la realtà operativa del
case law, o come opinioni senz’altro pericolose che, se fraintese, avrebbero
potuto apportare ulteriori argomenti a favore dell’equazione: non patrimonia-
P. RESCIGNO, Nuove prospettive, cit., p. 202, afferma che la risarcibilità del danno alla salute richiede
un allargamento della nozione di patrimonio, inteso non necessariamente in termini materiali. Così
D. MESSINETTI, Recenti orientamenti sulla tutela della persona. La moltiplicazione dei diritti e dei
danni, in Riv. crit. dir. priv., 1992, pp. 201 e 199, rileva che «sembra miglior partito riconoscere aper-
tamente la natura patrimoniale del danno biologico» poiché, nel «grande business della società po-
stindustriale [...], l’essere in salute subisce un processo di patrimonializzazione».
321
Già Cass., 11 febbraio 1985, n. 1130, in La valutazione del danno alla salute. Profili giuridici,
medico-legali ed assicurativi, a cura di M. Bargagna, F.D. Busnelli, Padova, 1988, p. 344.
322
Da me stesso, ne La riparazione dei danni, cit., p. 13; ID., I danni alla persona, cit., p. 765 s.
323
In questi termini, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 775 ss; ID., La riparazione
dei danni, cit., p. 274 ss.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 163
lità = non risarcibilità. Il superamento della problematica del danno alla salute
e l’attuale emergere di ulteriori occasioni di danno rispetto alla tutela fisio-
psichica dell’individuo – questione oggi abilmente sintetizzata nella locuzione
«danno esistenziale» – richiedono una trattazione finalmente unitaria e siste-
matica della responsabilità civile e sembrano avvalorare la tesi di chi – anche
se con prevalente riferimento alla problematica del danno alla salute – propo-
neva di accantonare tale querelle, richiedendo di porre al centro del dibattito il
324
requisito dell’ingiustizia di cui all’art. 2043 c.c. , tanto evidente quanto igno-
rato dalla prevalente dottrina e giurisprudenza.
16. L’attuale disputa sulla integrale riparazione dei danni che ineriscono al-
la sfera esistenziale e che prescindono da una specifica lesione all’integrità psi-
co-fisica richiede, quindi, una rinnovata riflessione: da un lato, interrogandosi
sul significato dell’ingiustizia e ponendo in discussione il preteso carattere pa-
trimoniale del danno di cui all’art. 2043 c.c.; dall’altro, riesaminando l’attuale
interpretazione dell’art. 2059 c.c. sulla base della sua struttura e della sua fun-
zione originarie, che mal si prestano, non senza qualche forzatura, a ricom-
prendere l’intero universo dei danni alla persona; dall’altro ancora, interpre-
tando tali norme all’interno di un unitario modello di responsabilità civile e,
più in generale, conformemente al complessivo sistema del diritto vigente.
Danno non patrimoniale era, secondo la Corte costituzionale, un’espres-
sione adoperata dal nostro legislatore per indicare soltanto «l’ansia, l’angoscia,
le sofferenze fisiche o psichiche [...] effimere e non durature», l’ingiusto «per-
325
turbamento dello stato d’animo del soggetto offeso» . Tuttavia, tale interpre-
tazione doveva essere necessariamente precisata con ulteriori argomentazioni
rinvenibili nella struttura e nella funzione dell’art. 2059 c.c., da sempre appli-
cabile «solo nei casi determinati dalla legge». L’identificazione della categoria
dei danni non patrimoniali con il sistema tipizzato dal legislatore per gli illeciti
derivanti da reato permetteva di individuare la funzione di tale norma nelle
326
finalità satisfattorie e/o afflittive , consentendo di instaurare un corretto rap-
porto di genere a specie, di regola a eccezione, tra gli artt. 2043 e 2059 c.c.
324
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 273 ss.; ID., I danni alla persona, cit., p.
773 ss.
325
L’interpretazione restrittiva del danno non patrimoniale è seguita da Corte cost., 14 luglio
1986, n. 184, in Resp. civ. prev., 1986, p. 523, della quale sono le espressioni citate nel testo.
326
Non v’è accordo, in dottrina, sulle finalità deterrenti, preventive, satisfattorie e punitive
dell’art. 2059 c.c. Per un verso, v’è chi pone convincentemente in evidenza l’essenziale funzione di
pena privata (in particolare, G. BONILINI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 272 ss., e C. SALVI, Il
danno extracontrattuale, cit., p. 126 ss.). Per altro verso, v’è chi dubita che tale finalità possa essere
svolta dal diritto privato (R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p. 300 s.), affermando che la ripa-
razione del danno morale avrebbe una funzione solo satisfattiva. Sul punto, V. ZENO ZENCOVICH, La
responsabilità civile da reato. Lineamenti e prospettive di un sottosistema giurisprudenziale, Padova,
1989, passim.
164 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
niera netta e rigida, poiché tali eventi si presentano nella prassi in modo assai
più complesso di come la prospettiva semplificante del giurista auspicherebbe,
suggerisce di abbandonare definitivamente l’ermeneutica bipolare, che tenta di
individuare la disciplina di ogni singolo danno sulla base di una arbitraria ti-
pizzazione ontologica ispirata al dato imperscrutabile – e comunque non nor-
mativo – della patrimonialità o della non patrimonialità della lesione, per fon-
dare l’unitaria tutela risarcitoria su criteri di tipo strutturale e funzionale, che
graduino gli strumenti di riparazione (previsti dagli artt. 2043 o 2059 c.c.) in
considerazione delle finalità di compensation o afflittive che le norme in concre-
to si prefiggono di realizzare.
L’art. 2043 c.c. deve essere considerato, conformemente alla sua struttura e
alla sua funzione, come la norma primaria che l’ordinamento ha dettato per
“compensare” ogni danno ingiusto. La gravità e l’eventuale permanenza di tali
danni potrà rilevare soltanto ai fini della loro successiva valutazione e liquida-
zione, ma non nel senso di condizionarne l’esistenza e, dunque, la risarcibilità.
L’art. 2059 c.c., unitamente all’art. 185 c.p., è norma che, svuotata di ogni
malintesa funzione compensativa, anche per quanto riguarda l’equivoca cate-
goria dei danni morali soggettivi, deve tornare a svolgere la sua originaria fun-
zione punitiva, risultando applicabile per riparare, ma «solo nei casi determi-
nati dalla legge», quei danni che sono caratterizzati da una particolare antigiu-
ridicità, in quanto arrecati sulla base di un illecito che integra «in concreto
[…] una fattispecie criminosa in tutti i suoi elementi costitutivi, anche di ca-
330
rattere soggettivo» . «In tutti gli altri casi», deve aggiungere l’interprete, e
cioè in assenza di un fatto di reato, qualsiasi danno sarà comunque risarcibile
in quanto ingiusto, sulla base della generale funzione di compensation garanti-
ta dall’art. 2043 c.c.
330
Corte. cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940.
166 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO TERZO
IL DANNO INGIUSTO.
PER UN SISTEMA MONOCENTRICO
DELLA RESPONSABILITÀ DELITTUALE
SOMMARIO: 1. Il quadruplice malinteso nel quale incorre la teoria bipolare. A) Il profilo siste-
matico: critica della tesi che ravvisa negli artt. 2043 e 2059 c.c. due norme equi-ordinate che
disciplinano simmetricamente le categorie dei danni patrimoniali e non patrimoniali. La
funzione ordinante dell’ingiustizia di cui all’art. 2043 è testimoniata dal carattere comple-
mentare e/o speciale degli artt. 2044-2046, 2047-2054, 2055-2058 c.c. L’art. 2059 come re-
gola eccezionale che, attraverso l’art. 185 c.p., qualifica ipotesi di danno arrecate da fatti di
reato. L’art. 2043 quale norma primaria che disciplina tutti i danni ingiusti non riconducibi-
li all’art. 185 c.p. – 2. B) Il profilo esegetico strutturale e la teoria generale del danno. Criti-
ca della tesi che deduce dall’art. 1223 c.c. una nozione unitaria di danno patrimoniale nelle
responsabilità contrattuale e delittuale. L’argomento comparativo: l’art. 1149 Code Nap.
quale espressione del principio di riparazione integrale. L’argomento logico sistematico:
l’art. 2056 c.c. come norma dettata in tema di valutazione di un danno che, in quanto ingiu-
sto, è già esistente e risarcibile (anche in forma specifica). L’errore di inversione logica: la
nozione giuridica di danno non può essere desunta dalla natura del rimedio. L’ingiustizia
quale unico elemento di formalizzazione del “dover essere” del danno risarcibile. – 3. Segue.
Il significato metodologico assunto dalla tutela della persona nella elaborazione di una teo-
ria generale della responsabilità civile. L’irrilevanza del requisito della patrimonialità ai fini
dell’esistenza del danno risarcibile in denaro o in forma specifica. Il ruolo della eccessiva
onerosità nella scelta del modello più efficiente di riparazione. Il c.d. arbitrio della conven-
zione. – 4. Segue. La duplicazione tra danno ingiusto e danno patrimoniale. Il carattere poli-
senso di una concezione del danno in senso economico. Il significato del sintagma danno
ingiusto: il collegamento della norma primaria (art. 2043) con l’intero sistema delle fonti. –
5. Segue. Il riferimento dell’ingiustizia al danno e non al fatto: il ridimensionamento del ruo-
lo della colpa; lo spostamento di attenzione dall’agente alla vittima; l’oggettivazione del giu-
dizio di responsabilità. Dalla lesione dei diritti soggettivi assoluti alla violazione degli inte-
ressi giuridicamente rilevanti. L’ingiustizia tra danno non iure e contra ius: la complementa-
rità tra le due teorie. Il giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto. – 6. C) Il profi-
lo funzionale. La generale funzione di compensation avverso ogni danno ingiusto. Gli artt.
2059 c.c. e 185 c.p. come norme applicabili ai soli danni «da reato»: le funzioni deterrente e
afflittiva consentono di comminare punitive damages in relazione al grado di antigiuridicità
della condotta e alle condizioni economiche del responsabile. – 7. D) Il profilo della legitti-
mità costituzionale. La tesi bipolare proponeva un’ermeneutica dell’art. 2059 c.c. che era
incostituzionale, poiché condizionava la tutela dei «diritti inviolabili» della persona alla pre-
senza di un fatto di reato. Verso una lettura costituzionalmente legittima dell’art. 2059 c.c.,
7.
168 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
nel rispetto della struttura e della funzione. – 8. Segue. Il contributo metodologico offerto
da Corte cost. n. 184 del 1986. La risarcibilità di ogni danno ingiusto sull’unico fondamento
della «sussistenza dell’illecito». L’art. 2 Cost. come clausola aperta e la sua diretta efficacia
nei rapporti interprivati. – 9. La nuova fisionomia del sistema di responsabilità civile a se-
guito degli interventi della Cassazione e della Corte costituzionale nel 2003. La generalizzata
riparazione dei danni non patrimoniali di là dal limite derivante dall’art. 185 c.p., che viene
giudicato «inoperante» in presenza della lesione di interessi costituzionalmente rilevanti. Ri-
lievi critici. – 10. La fisionomia del sistema sotto l’aspetto della struttura: a) i danni “non pa-
trimoniali” arrecati da condotte che integrano solo in astratto una fattispecie di reato; b) gli
«ulteriori casi di risarcibilità del danno non patrimoniale estranei alla materia penale»; c) i
danni “non patrimoniali” che rappresentano la violazione di interessi costituzionalmente ri-
levanti; d) i danni provocati da condotte che integrano in concreto una fattispecie di reato.
Il ruolo assorbente dell’ingiustizia e degli altri «elementi costitutivi» previsti dall’art. 2043
c.c. – 11. La fisionomia del sistema sotto il profilo della funzione. I rischi di una «dolce
morte» del modello bipolare: la sua possibile sopravvivenza sotto l’aspetto della funzione
(afflittiva), in ordine ai danni arrecati da condotte che integrano in concreto una fattispecie
di reato «in tutti i suoi elementi costitutivi». – 12. Il falso problema del «danno-conseguen-
za»: la sua incidenza sul nesso di causa, non sulla configurazione “ontologica” delle voci di
danno. Il danno (anche non patrimoniale) come evento dannoso «ingiusto» in sé risarcibile,
quale lesione di un interesse giuridicamente rilevante. – 13. L’esigenza di adottare parametri
standard ma flessibili nella valutazione e nella liquidazione del danno alla salute e degli altri
danni non patrimoniali. I limiti della valutazione equitativa. Il sistema introdotto dal d.lgs.
n. 209 del 2005. – 14. Rilievi conclusivi. La morte (apparente) e la resurrezione di una «teoria
generale e monocentrica» della responsabilità civile. La necessità di una svolta metodologica
fondata sulla generale teoria del danno ingiusto, che individui i limiti strutturali e funzionali
dei singoli istituti (e dello stesso art. 2059 c.c.) «nel» sistema della responsabilità civile.
1
1. L’ermeneutica bipolare fonda la sua rappresentazione dogmatica su un
quadruplice malinteso: sistematico, esegetico strutturale (che involge altresì
profili significativi di teoria generale della responsabilità civile), funzionale e
di legittimità costituzionale. Tale costruzione viene considerata come un’entità
a priori, che si presume connaturata al nostro ordinamento, alla quale baste-
rebbe “strizzare l’occhio” con rapidi quanto fugaci riferimenti per confermar-
ne l’ineluttabile esistenza. L’esame di questi quattro aspetti confermerà, inve-
ce, l’esigenza di ricostruire un sistema «monocentrico» di responsabilità civile
1
Sembrano confermare la propria fiducia nel sistema bipolare, sia quegli studiosi che qualificano
il danno alla salute come patrimoniale (per talune perplessità, tuttavia, G. PONZANELLI, Sei ragioni,
cit., p. 693), sia quegli autori che propendono per l’opposta tesi della non patrimonialità (v., ad es.,
A. IANNARELLI, Il danno non patrimoniale: le fortune della “doppiezza”, in Il danno esistenziale. Una
nuova categoria della responsabilità civile, a cura di P. Cendon, P. Ziviz, cit., p. 730 ss.), sia coloro che,
in una prospettiva analoga, propongono di forzare estensivamente il testo dell’art. 2059 c.c., al fine di
tutelare i diritti costituzionalmente garantiti (in questi termini, E. NAVARRETTA, Diritti inviolabili,
cit., p. 320; EAD., Art. 2059 c.c. e valori costituzionali: dal limite del reato alla soglia della tolleranza, in
Danno e resp., 2002, p. 873, ove ribadisce che «il danno non patrimoniale è certamente risarcibile ex
art. 2059 c.c. e 2 Cost.»).
IL DANNO INGIUSTO 169
2
Un cauto atteggiamento viene assunto da chi, pur rilevando la «summa divisio rappresentata
dalla bipartizione tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale», sottolinea come «i termini di
questa diairesis sono tutti oggi posti in qualche modo in discussione», là dove «la bipartizione stessa
vale quindi, […] per il diritto vivente, come grande esemplificazione di categorie differenti, che han-
no perso, però, i loro contorni tradizionali» (P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 275).
Una strenua difesa del modello bipolare è, invece, proposta da G. PONZANELLI (cur.), Critica del
danno esistenziale, cit., p. 7 ss.
3
Tra i tanti, C. SALVI, voce Danno, in Dig. Disc. Priv., diretto da R. Sacco, IV ed., Sez. civ., V, To-
rino, 1989, p. 66. In questo equivoco sembra cadere anche P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 572, là
dove afferma che «sussiste con tutta evidenza il problema generale di coniugare il dettato generale
dell’art. 2043 c.c. con la tutela di interessi meramente economici», e che «Ciò è tanto più vero in
quanto l’art. 2043 si è sganciato da una mera tutela di diritti soggettivi assoluti». Invero, lo «sgancia-
mento» dell’ingiustizia di cui all’art. 2043 c.c. dalla violazione di diritti soggettivi assoluti sembra met-
tere in crisi – come dimostrato dalla stessa giurisprudenza della Cassazione (sul punto v. i cap. II e
IV) – proprio la teoria che limitava tale norma al danno c.d. patrimoniale.
170 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
4
– in deroga a quanto disposto dall’art. 2043 – per il sorvegliante dell’incapa-
ce, per i genitori, tutori, precettori e maestri d’arte, padroni e committenti,
che trovano il loro fondamento nella particolare situazione personale del dan-
neggiante e nella peculiare funzione svolta dai soggetti ai quali viene imputata
5
(in via presuntiva, secondo alcuni, o a titolo oggettivo, secondo altri) la re-
sponsabilità. Del pari gli artt. 2050, 2051, 2052, 2053 e 2054, troppo noti per
essere anche se brevemente illustrati, disciplinano ulteriori regimi di imputa-
zione, in deroga a quanto previsto dall’art. 2043 in tema di elemento soggetti-
vo, tant’è che la scienza giuridica ha ravvisato in tali fattispecie, a volta a volta,
«presunzioni di colpa» o modelli di responsabilità oggettiva o semi-oggettiva.
Anzi, proprio il rapporto di specialità che caratterizza i diversi modelli rispet-
to alla regola generale di responsabilità (art. 2043 c.c.) deve impedire di appli-
care indiscriminatamente il negligence standard di cui all’art. 2043 c.c. a nor-
mative che sono connotate in termini di strict liability. L’interpretazione giuri-
sprudenziale della «prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno»
(art. 2054, comma 1, c.c.), ad esempio, testimonierà – sulla scia dell’esperienza
francese – come il fondamento di tale regola debba essere individuato non
nell’art. 2050 c.c. o nell’ennesima presunzione di colpa (sia pure lievissima)
costruita sull’art. 2043 c.c., bensì nella disciplina della responsabilità per dan-
ni cagionati da cosa in custodia (art. 2051 c.c.), che opportunamente esonera il
danneggiante soltanto attraverso la dimostrazione del caso fortuito.
Gli artt. 2055, 2056, 2057 e 2058, infine, contengono importanti disposizioni
che trovano comunque fondamento nel regime generale statuito dall’art. 2043,
anche se alcune di queste norme – pur fondamentali per lo sviluppo del sistema
di responsabilità civile – hanno subito una crudele quanto ingiusta sorte, essendo
6
state fino ad oggi sottovalutate (art. 2058 c.c.) dagli interpreti , inspiegabilmente
7
disapplicate o addirittura considerate tacitamente abrogate (art. 2057 c.c.) . Co-
me successivamente si preciserà, l’art. 2056 è norma sussidiaria rispetto all’art.
2043 c.c., in quanto concerne il regime di valutazione di danni già qualificati
risarcibili ai sensi dell’art. 2043 c.c. Lo stesso sistema della riparazione in forma
specifica (art. 2058), nel prescindere dal requisito della patrimonialità, risulta
interamente costruito sul criterio ordinante dell’ingiustizia di cui all’art. 2043 c.c.
In questo quadro, l’art. 2059 c.c. – se si prescinde dalle disinvolte interpre-
tazioni che sono state elaborate, nel 2003 e nel 2008 dalla Cassazione e dalla
4
È pacifico, infatti, che la condotta «debba integrare gli estremi di un fatto illecito ex art. 2043
c.c.» (cfr. P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 948, ivi gli ulteriori riferimenti bibliografici).
5
Cfr., ad es., S. RODOTÀ, Il problema, cit., pp. 156, 160 ss.
6
Sul «nutrito filone giurisprudenziale che […] tende a restringere di molto l’ambito effettivo di
operatività del risarcimento in forma specifica nel sistema», cfr. M.R. MARELLA, La riparazione del
danno in forma specifica, Padova, 2000, p. 64 ss. e passim.
7
Considera l’art. 2057 c.c. tacitamente abrogato per desuetudine, M. POGLIANI, Responsabilità e
risarcimento da illecito civile, Milano, 1964, p. 366. Per una critica di tale interpretazione, A. PROCI-
DA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 306 s.
IL DANNO INGIUSTO 171
loro che ne hanno seguito le gesta, senza troppo interrogarsi sulla struttura e
sulla funzione dell’odierno sistema di responsabilità civile. Fenomeno, questo,
molto diffuso nella tradizione della civilistica italiana, la quale, piuttosto che
13
esaminare scientificamente il fondamento normativo di talune categorie , pre-
ferisce argomentare la loro pretesa esistenza con il semplice riferimento ad al-
14
tri dogmi, i quali rinviano ad altri, sempre più generali e astratti . Come sotto-
linea Antonio Gambaro, i giuristi nostrani diventano i campioni dell’Inver-
sionsmethode. Proclamano che i concetti da loro elaborati sono null’altro che
la sintesi di disposizioni giuridiche e che esse sono «solo il precetto provenien-
te dallo Stato, salvo poi incorrere invariabilmente nel “peccato contro lo spiri-
to santo”, e dedurre le regole dal sistema di concetti da essi creato anziché dal-
15
le norme positive» .
Il rispetto della configurazione sistematica del nostro modello di tort liabi-
lity suggerisce di abbandonare una visione bipolare fondata sulla pretesa con-
trapposizione tra gli artt. 2043 e 2059 c.c. (in virtù del carattere patrimoniale o
non patrimoniale del bene, dell’interesse, della situazione soggettiva o delle
16
conseguenze della lesione) , per trascorrere ad una prospettiva «monocentri-
ca», fondata sul criterio ordinante dell’ingiustizia, che individui nell’art. 2043
17
c.c. l’unica norma primaria , il solo centro attorno al quale ruota l’universo
della responsabilità civile. Come si è da tempo rilevato, pur nel silenzio della
dottrina, la figura qualificata dall’art. 2043 «non è contrapposta a quella
dell’art. 2059 né considerata sinonimo di “danno patrimoniale”; è […] nozio-
ne generale, rispetto alla quale possono darsi diverse qualificazioni; quindi di-
BRUGI, Risarcimento del danno morale, in Riv. dir. comm., 1921, II, p. 448 ss.; F. CARNELUTTI, Dan-
no e reato, Padova, 1930, p. 40 ss.; P. CALAMANDREI, Il risarcimento dei danni non patrimoniali nella
nuova legislazione penale, in Riv. it. dir. pen., 1931, p. 131 ss.; L. COVIELLO, L’articolo 185 del codice
penale e la risarcibilità dei danni morali in materia civile, in Riv. dir. civ., 1932, p. 312 ss.; A. MONTEL,
Sulla risarcibilità dei danni morali, in Foro it., 1932, I, c. 1622 ss.; F. ROVELLI, La risarcibilità dei dan-
ni non patrimoniali, in Riv. dir. priv., 1933, II, p. 266 ss.; ID., L’art. 185 c.p. e la risarcibilità dei danni
non patrimoniali, ivi, 1935, II, p. 33 ss.; A. ASCOLI, Sulla risarcibilità dei danni morali, ivi, 1935, II, p.
18 ss.; T. BRASIELLO, I limiti della responsabilità nel nuovo sistema legislativo italiano, Napoli, 1942,
p. 343 ss.
13
Emblematica, in proposito, la vicenda del negozio giuridico: cfr. il dibattito pubblicato in C.
SALVI (a cura di), Categorie giuridiche e rapporti sociali. Il problema del negozio giuridico, Milano,
1978. Per una difesa di tale figura, G.B. FERRI, Il negozio giuridico tra libertà e norma, Rimini, 1989,
p. 52 ss.
14
Sul punto, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La civilistica italiana e il metodo comparativo, in
Riv. crit. dir. priv., 1999, p. 374 ss.
15
A. GAMBARO, in A. GAMBARO, R. SACCO, Sistemi Giuridici Comparati, in Tratt. di Dir. comp.
diretto da R. Sacco, Torino, 1996, p. 380.
16
Sulle diverse tesi v., infra, in questo cap., nota 21.
17
La stessa giurisprudenza delle Sezioni Unite è giunta a questa affermazione, che assume un par-
ticolare significato metodologico: cfr. Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p.
2270, là dove afferma che l’art. 2043 c.c. «non è norma (secondaria) volta a sanzionare una condotta
vietata da altre norme (primarie), bensì norma (primaria) volta ad apprestare una riparazione del
danno ingiustamente sofferto da un soggetto per effetto dell’attività altrui».
IL DANNO INGIUSTO 173
mato la non patrimonialità di tutti i danni alla persona (compreso quello c.d.
biologico), sul fondamento della “natura” dell’interesse connesso al bene leso,
non considerando il principio espresso dall’art. 1174 c.c., là dove sgancia l’in-
teresse giuridicamente protetto (che può essere anche non patrimoniale) dalla
21
patrimonialità della prestazione . Secondo gli stessi studiosi che seguono
l’ermeneutica bipolare – sia pure in una diversa prospettiva –, la patrimoniali-
tà del danno non potrebbe essere «una qualità desumibile a priori dall’interes-
se leso», bensì dipenderebbe «dalle conseguenze dell’evento lesivo sui beni del
22
danneggiato» . Dalla lesione di un interesse patrimoniale (ad es. la distruzio-
ne di un caro ricordo di famiglia) potrebbero derivare «conseguenze patrimo-
niali e non patrimoniali entrambe negative per la vittima», mentre dalla «le-
sione di un interesse non patrimoniale (ad es. ferimento alla mano di un piani-
sta) possono discendere conseguenze in termini di danno alla salute (in re ipsa
nella lesione), di danno morale e di danno patrimoniale da diminuita attività
23
economica del soggetto leso» .
In senso opposto, la teoria bipolare è stata oggetto di una diversa rappre-
sentazione da parte di coloro che, pur continuando a considerare non patri-
moniali tutti i danni alla personalità umana, lesivi di interessi costituzional-
mente rilevanti (e riparabili ai sensi dell’art. 2059 c.c.), con un’evidente inver-
sione di metodo hanno arguito la risarcibilità del solo danno biologico – in ra-
24
gione della sua «materialità» , che lo distinguerebbe dai cc.dd. danni morali
soggettivi – dalla patrimonialità del rimedio, cioè dalla sua commensurabilità
25
in denaro secondo parametri oggettivi . Secondo un’abusata tautologia, il
danno sarebbe risarcibile in quanto patrimoniale, cioè suscettibile di valuta-
zione economica, e, viceversa, valutabile economicamente in quanto risarcibi-
le. Un ulteriore tentativo di salvare il rigore scientifico di questa concezione
21
Definisce in via residuale il danno non patrimoniale come quel pregiudizio che, «conforme-
mente alla sua negativa espressione letterale», non rientra nel danno patrimoniale, avendo per ogget-
to un interesse non patrimoniale inerente a un bene non patrimoniale, A. DE CUPIS, Il danno. Teoria
generale della responsabilità civile, I, Milano, 1966, p. 51. In senso sostanzialmente analogo, afferma
che il danno è patrimoniale quando patrimoniale è la situazione soggettiva vulnerata dalla lesione, C.
CASTRONOVO, op. ult. cit. La necessità di collegare la nozione di patrimonialità del danno a quella di
patrimonialità della prestazione (art. 1174 c.c.) è stata avvertita dalla maggior parte degli autori che si
sono occupati del problema in forma monografica: cfr. M. PARADISO, Il danno alla persona, Milano,
1981, pp. 81-105; F. MASTROPAOLO, Il risarcimento, cit., p. 311 ss.; M. FRANZONI, op. ult. cit., p.
123. Tuttavia per C. CASTRONOVO, «Danno biologico», cit., p. 35, il «faticoso richiamo all’art. 1174
per illuminare i problemi relativi alla patrimonialità del danno appare del tutto inconferente, come
non necessaria la dimostrazione che patrimonialità della prestazione non significa patrimonialità
dell’interesse».
22
P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 278.
23
Le espressioni tra virgolette sono di P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 278.
24
Lo rileva, opportunamente, A. IANNARELLI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 758.
25
Opinione condivisa, tra i tanti, da P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 279, là dove afferma che «Si
parla, perciò, di patrimonialità del danno quando le conseguenze pregiudizievoli della lesione siano
valutabili economicamente in base ad un criterio sociale tipico».
IL DANNO INGIUSTO 175
proviene da chi, sulla base dell’enunciazione del dogma secondo il quale «il
concetto di danno patrimoniale appare […] intimamente connesso, e in un
certo senso coincidente, con quello di danno patrimoniale risarcibile», propo-
ne una più ampia definizione che comprenda, oltre all’astratta e contestata
«lesione del patrimonio», anche quella «dei diritti della persona», purché «ido-
26
nea a costituire un obbligo giuridico di risarcimento» . Ma proprio il colle-
gamento tra l’«obbligo giuridico di risarcimento» e il preteso carattere patri-
moniale del danno rende del tutto illusoria tale declamazione, inducendo a
escludere dalla categoria del danno risarcibile tutti quei «diritti della persona»
costituzionalmente rilevanti (e, cioè, la quasi totalità) che siano considerati
sforniti del requisito della patrimonialità.
Entrambe le contrapposte tesi – che costituiscono due diverse versioni del-
la medesima teoria bipolare – presuppongono, in maniera apodittica, il carat-
tere patrimoniale del danno di cui all’art. 2043 c.c. Questo viene desunto, in
assenza di qualsiasi indicazione normativa, dall’art. 1223 c.c. (in quanto ri-
chiamato dall’art. 2056 c.c.), il quale individuerebbe l’oggetto del risarcimento
– e, pertanto, il contenuto del danno – nella «perdita subita dal creditore» (in-
tesa, anch’essa, in termini squisitamente economici) come nel «mancato gua-
dagno». Sulla base di questa inversa prospettiva di metodo, che tende a risol-
vere il problema del danno risarcibile (il c.d. an respondeatur) con regole det-
tate in tema di valutazione e di liquidazione (il c.d. quantum), si è tentato di
ricostruire una teoria generale del danno, separatamente dall’illecito, valida
per la responsabilità sia contrattuale sia delittuale, collegando il dato della ri-
sarcibilità non all’evento dannoso prodotto dall’inadempimento (art. 1218 ss.
c.c.) o qualificato in termini di ingiustizia (art. 2043), bensì al preteso carattere
patrimoniale della lesione o delle sue conseguenze. Ma poi, in palese contrasto
con quanto proposto, «si dà per presupposto che il danno sia risarcibile» al-
lorché «siano soddisfatti i requisiti previsti negli artt. 1218 ss. c.c., con riferi-
mento alla responsabilità contrattuale, e negli artt. 2043 ss. c.c., per quanto
27
concerne la responsabilità extracontrattuale» . Ciò significa ammettere che il
problema della risarcibilità trova una soluzione sicuramente positiva nella pro-
duzione di un evento dannoso che è ingiusto (art. 2043 c.c.) o che è causal-
mente collegato all’inadempimento o al ritardo (art. 1223), senza che alcun ri-
lievo assuma, in proposito, il dato della patrimonialità. Tuttavia, anche a voler
ammettere una automatica trasposizione del carattere patrimoniale della pre-
26
S. PATTI, voce Danno patrimoniale, in Dig. Disc. Priv., IV ed., Sez. civ., V, Torino, 1989, p. 93.
Una serrata critica di tali argomentazioni è in C. CASTRONOVO, op. ult. cit., pp. 24 e 29. Al contrario,
C. SALVI, Il danno extracontrattuale, cit., pp. 41 e 44, dopo aver sottolineato che «è sulla base del ri-
sarcimento per equivalente [...] che va ricostruito, strutturalmente e funzionalmente, il modello di
danno proprio del sistema del codice» (p. 41), afferma che «danno in senso giuridico è quel tipo di
perdita, per il quale tale equivalenza sia possibile; e quindi il danno che possa essere misurato in de-
naro secondo parametri oggettivi».
27
S. PATTI, op. cit., pp. 92 e 97.
176 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
stazione di cui all’art. 1174 c.c. in tema di responsabilità contrattuale (che pe-
rò sembra da escludere, in virtù della mancata necessaria corrispondenza tra
prestazione e interesse), v’è da rilevare che in materia di illecito delittuale di-
fetta qualsiasi analogo riferimento alla suscettibilità «di valutazione economica»
del bene leso o delle conseguenze, individuando la norma l’elemento di for-
malizzazione giuridica del danno risarcibile nel solo requisito dell’ingiustizia.
La contestata ricostruzione, in evidente contrasto con quanto prescritto dal-
l’art. 2043 c.c., è costretta ad asserire che «il requisito dell’ingiustizia è estra-
neo alla teoria generale del danno, dovendo esso considerarsi un presupposto
per il sorgere della responsabilità extracontrattuale, e quindi un prius rispetto
28
alla problematica in esame» . Affermazione, questa, che, nel confermare –
nella sua enigmatica valenza anfibologica – che il dato giuridico della risarcibi-
lità è assolto dal «requisito dell’ingiustizia», quale «presupposto per il sorgere
della responsabilità», solleva inquietanti interrogativi in ordine alla decantata
estraneità tra ingiustizia e danno: non si comprende, infatti, a quale dato que-
sta sarebbe altrimenti riferibile! (forse alla condotta). Ma se si ammette che, in
presenza dell’ingiustizia, sorga senz’altro una responsabilità delittuale, è fuor
di dubbio che il danno il quale sia la conseguenza «immediata e diretta» (art.
1223 c.c.) della condotta qualificata ai sensi degli artt. 2043 ss. c.c. rappresenti
comunque un evento risarcibile, a prescindere dal dato, eventuale, della pa-
trimonialità.
Avverso la corrente interpretazione bipolare v’è altresì da precisare, sulla
base di un argomento comparativo, che l’art. 1223 c.c. rappresenta la trasposi-
zione quasi letterale dell’art. 1149 del codice d’oltralpe («Les dommages et in-
térêts dus au créancier sont, en général, de la perte qu’il a faite et du gain dont
il a été privé»), ma non risulta che la dottrina e la giurisprudenza francesi – nel
corso dei due secoli di vigenza di tale regola – abbiano mai sostenuto la risar-
cibilità (ex art. 1382) del solo danno patrimoniale, sulla base del collegamento
sistematico tra queste due norme. Anzi, la scienza giuridica d’oltralpe ha af-
fermato la regola esattamente opposta, ravvisando nell’art. 1149 la consacra-
zione del principio della riparazione integrale di tutti i danni, soprattutto di
29
quelli alla persona . Tant’è che «revocare in dubbio, anche se soltanto in par-
28
S. PATTI, op. loc. ult. cit. Tra i primi a richiedere la patrimonialità del danno sulla base dell’art.
1223 c.c., anche se con riferimento esclusivo alla responsabilità contrattuale, A. DALMARTELLO,
Danni morali contrattuali, in Riv. dir. civ., 1933, p. 53 ss. Tale tesi è stata poi automaticamente traspo-
sta in tema di responsabilità delittuale dalla dottrina del tutto prevalente, e ciò rende inutile qualsiasi
ulteriore citazione.
29
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., pp. 119 ss., 137 ss., 199 ss. In questa sede,
basti ricordare il pensiero di G. RIPERT, La règle morale dans les obligations civiles, Paris, III éd.,
1935, p. 255 ss.; L. RIPERT, La réparation du préjudice dans la responsabilité délictuelle, Paris, 1933,
pp. 12 ss., 62 ss., 88 ss.; N. DEJEAN DE LA BATIE, Appréciation in abstracto et appréciation in concreto
en droit civil français, Paris, 1965, p. 266 ss.; G. VINEY, Le déclin de la responsabilité individuelle, Pa-
ris, 1965, p. 194 ss.; M.È. ROUJOU DE BOUBÉE, Essai sur la notion de réparation, Paris, 1974, pp. 69
ss., 354 ss.; Y. CHARTIER, La réparation du préjudice dans la responsabilité civile, Paris, 1983, p. 150
IL DANNO INGIUSTO 177
ss.; G. VINEY, B. MARKESINIS, La réparation, cit., p. 45 s.; M. LE ROY, L’évaluation du préjudice cor-
porel, Paris, 1980, p. 9 ss.
30
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 199, sulla scia di Y. CHARTIER, La répara-
tion, cit., p. 162.
31
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p. 289.
32
Ancora, l’insegnamento di R. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p. 290.
33
R. SCOGNAMIGLIO, op. loc. ult. cit.
34
R. SCOGNAMIGLIO, op. loc. ult. cit.
178 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
35
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I danni alla persona, cit., p. 773. Sul ruolo degli stereotipi
nell’analisi giuridica, D. MESSINETTI, voce Danno giuridico, in Enc. dir., App. di agg., vol. XXX, Mi-
lano, 1997, p. 469 ss.; M.R. MARELLA, G. MARINI, La costruzione sociale del danno ovvero l’importan-
za degli stereotipi nell’analisi giuridica, in Riv. crit. dir. priv., 1999, p. 3 ss.
36
Scrive, infatti, che l’ampliamento della categoria della patrimonialità, «anche se può apparire
una contraddizione in termini, si inserisce nella progressiva tendenza alla depatrimonializzazione del
diritto privato», A. BATÀ, op. cit., p. 472, che richiama, ma in maniera che non pare pertinente, C.
DONISI, Verso la «depatrimonializzazione» del diritto privato, in Rass. dir. civ., 1980, p. 644 ss.
37
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 773 ss.; ID., La riparazione dei danni, cit., p.
274 s.; e poi G. MARINI, Una nuova lettura dottrinale del danno alla persona, in Danno e resp., 1999,
p. 590 ss. Per alcuni interessanti spunti v., già, M. LIBERTINI, Le nuove frontiere, cit., p. 104. Anche
M. FRANZONI, La liquidazione, cit., p. 119, ammette che «Se si afferma [...] che ogni danno ingiusto
va risarcito, in quanto rientra nell’art. 2043 c.c., si negano le premesse del ragionamento che vedono
una necessità sistematica nella distinzione tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale». Critica,
invece, «l’operazione con cui si mira al superamento della distinzione tra danno patrimoniale e non
patrimoniale [...] in base all’assunzione del principio dell’ingiustizia a criterio selettivo di ogni pro-
blema che possa insorgere nel campo della responsabilità civile», D. MESSINETTI, Recenti orienta-
menti, cit., p. 195.
38
Il passo è riportato da G. VISINTINI, La responsabilità civile nei grandi orientamenti della giuri-
sprudenza, in Riv. crit. dir. priv., 1998, p. 832 s.
IL DANNO INGIUSTO 179
to modo di studiare tali problematiche con mente scevra dai dogmi già allora
imperanti, suggerì una opportuna «revisione critica della Differenztheorie […],
39
anche, e soprattutto, riguardo alla sfera del danno ai beni della personalità» .
Nel silenzio della dottrina, a tali esiti sta pervenendo oggi una parte significa-
40
tiva della giurisprudenza di merito e di legittimità , la quale testimonia – con
le sue argomentazioni divergenti – il disagio di dover continuare ad applicare
le norme vigenti sulla base di un’ermeneutica che si rivela sempre più insoddi-
sfacente, la quale non si presta a tutelare senza inammissibili forzature (em-
blematico, in proposito, il tentativo, anteriore al 2003, di risarcire il danno
psichico, ai sensi dell’art. 2043 c.c., in quanto danno “patrimoniale”) interessi
– anche di rango costituzionale – non riconducibili all’originaria logica eco-
nomica.
V’è da rilevare, inoltre, che le medesime obiezioni, implicando il generale
problema della risarcibilità, involgono tale interpretazione anche con riguardo
al danno c.d. patrimoniale. L’incerto significato assunto dal termine «patri-
monio» e il carattere fittizio del confronto richiesto dalla Differenztheorie esi-
gono la revisione critica della costruzione giuridica del danno, fondata sulla
endiadi risarcimento/riparazione, al fine di ricostruire una teoria della respon-
sabilità civile che, nel rispetto del dato normativo, sia esente da pre-giudizi lo-
gici e giuridici che ne limitino senza motivo la portata operativa.
Il risarcimento in denaro, che non a caso la teoria della differenza – sulla
base di un’indebita assimilazione del danno con il rimedio – ha indotto a
chiamare “per equivalente”, è parte di un più complesso sistema che qualifica
il dover essere della riparazione a prescindere dal carattere patrimoniale del
bene, dell’interesse, della situazione soggettiva o delle conseguenze della le-
sione. Questo modello non costituisce né l’unico né il principale rimedio av-
verso l’illecito. L’esperienza italiana inizia ad accogliere, con sempre maggior
41
convinzione, il Naturalherstellungsprinzip , considerando la reintegrazione in
39
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p. 282, per il quale la teoria della differenza, «oggetto
di vivaci obiezioni da parte di altre correnti dottrinali, appare oggi abbastanza superata, seppure vale
ancora la pena di prospettarne una critica di fondo» (in questi termini, ID., Appunti sulla nozione di
danno, cit., p. 468 s.). Una valutazione opposta è espressa, invece, da C. SALVI, Il danno extracontrat-
tuale, cit., p. 103, il quale considera la teoria differenziale un «passaggio cruciale nell’evoluzione mo-
derna della nozione di danno, da fenomeno naturalistico-materiale […] a entità giuridico-economi-
ca». Sul punto, noto è il pensiero di F. MOMMSEN, Zur Lehre von dem Interesse, in Beiträge zum
Obligationenrecht, Braunschweig, 1855, p. 3 ss.; L. ARNDTS, Trattato delle pandette, vers. it. di S. Se-
rafini, II, Bologna, 1880, p. 23; A. VON TUHR, Naturalherstellung und Geldersatz, in Jhering’s Jahrb.,
1904, p. 39 ss.; ID., Partie générale du Code fédéral des obligations, trad. par M. De Torrenté, H. Thi-
lo, I, Lausanne, 1933, p. 68; H. STOLL, Begriff und Grenzen des Vermögensschadens, Karlsruhe, 1973,
p. 15 ss. In diversa prospettiva, R. NEUNER, Interesse und Vermögensschaden, in Arch. civ. Prax.,
1931, p. 277 ss.; al quale adde K. LARENZ, Der Vermögensbegriff im Schadensersatzrecht, in Festschrift
Nipperdey, I, Monaco, 1965, p. 489 ss.
40
Cfr. i cap. II e IV.
41
Sul punto, M.R. MARELLA, Attuazione del diritto e regole di responsabilità. Contributo allo stu-
dio della riparazione del danno, Perugia, 1996, p. 125 ss., ivi le ulteriori indicazioni bibliografiche.
180 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
42
forma specifica come il rimedio primario e più efficace , pur ricorrendovi
qualora sia in tutto o in parte possibile e non sia eccessivamente onerosa per il
debitore (art. 2058, comma 2, c.c.). In tal senso depongono la formulazione e
la stessa sistematica della «tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente» (Par-
te sesta, titoli II e III, del d.lgs. n. 152 del 2006), che antepone esplicitamente
il risarcimento in forma specifica, senza prevedere il limite della eccessiva one-
rosità, rispetto a quello «per equivalente patrimoniale», al quale è possibile ri-
correre soltanto «se necessario» (art. 311, comma 1), nella convinzione che le
misure di precauzione, di prevenzione (art. 304) e di ripristino ambientale
(art. 305 ss.) siano gli strumenti essenziali e prioritari. La riparazione del dan-
no in forma specifica, infatti, risulta particolarmente idonea a riparare l’illecito
in via preventiva, al fine di evitare che il ripetersi della condotta possa arrecare
un danno ulteriore e più grave, pure dal punto di vista economico. La giuri-
sprudenza ha imparato a utilizzare questo strumento in chiave di property rule,
43
anche a tutela della salute individuale e dell’ambiente . Avverso le emissioni
che eccedono gli standard normativi e, più in generale, contro ogni fatto illeci-
to suscettibile di reiterazione, possono essere esperiti gli efficaci rimedi inibi-
44
tori , nella loro forma positiva o negativa, al fine di impedire l’ulteriore ag-
gravamento del danno.
In tal senso, l’art. 2058 c.c. inizia ad essere considerato il fondamento di
45
una tutela inibitoria atipica che individua nel generale criterio dell’ingiusti-
zia, prescritto dall’art. 2043 c.c., l’unitario parametro di selezione degli inte-
ressi giudicati meritevoli di protezione. L’evoluzione della riparazione in for-
ma specifica «conduce a mettere in discussione la centralità del modello dan-
46
no patrimoniale-risarcimento» . Quando la riparazione del danno assume va-
lenza restitutoria, la ricostituzione «dello status quo ante non avrà allora riguar-
47
do a quali poste abbiano carattere strettamente patrimoniale e quali no» . Il
42
Tra i tanti, A. DE CUPIS, Dei fatti illeciti, in Comm. del cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-
Roma, 1971, p. 132 s.
43
Per una ricostruzione di tale orientamento, M.R. MARELLA, op. ult. cit., p. 25 ss.
44
In questi termini, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni, cit., p. 426 ss.; ID., La
proprietà come rapporto, cit., p. 85; A. GAMBARO, Il diritto di proprietà, cit., p. 518. In diversa pro-
spettiva, U. MATTEI, Tutela inibitoria e tutela risarcitoria. Contributo alla teoria dei diritti sui beni,
Milano, 1987, pp. 238 ss., 349 ss.; C. SALVI, voce Immissioni, in Enc. giur. Treccani, vol. XV, Roma,
1989, p. 7.
45
Per la disamina degli orientamenti della giurisprudenza, si rinvia a M.R. MARELLA, La ripara-
zione del danno, cit., p. 16 ss. L’intuizione si deve a M. LIBERTINI, Le nuove frontiere, cit., p. 110 ss.
Ma la dottrina non gli ha risparmiato critiche: per tutti, C. CASTRONOVO, Il risarcimento in forma
specifica come risarcimento del danno, in S. MAZZAMUTO (a cura di), Processo e tecniche di attuazione
dei diritti, I, Napoli, 1989, p. 505; P. BARCELLONA, Sul risarcimento del danno in forma specifica (ov-
vero sui limiti della c.d. interpretazione evolutiva), ivi, p. 615 ss.; A. DI MAJO, La tutela civile dei dirit-
ti, II ed., Milano, 1993, p. 147 s.; M. FRANZONI, Dei fatti illeciti, in Comm. del cod. civ. Scialoja e
Branca, a cura di F. Galgano, Bologna-Roma, 1993, p. 1132 ss.
46
M.R. MARELLA, op. ult. cit., p. 65.
47
M.R. MARELLA, op. ult. cit., p. 250 s.
IL DANNO INGIUSTO 181
56
zioni sempre relative» . La constatazione vale sia «per la conversione in dena-
ro dei beni economici, che pure sembra ormai cosa ovvia per il perpetuarsi di
57
un giudizio convenzionale» , sia per quegli strumenti che sono stati apposi-
tamente elaborati per la liquidazione dei danni alla persona (si pensi al pas-
saggio dal sistema reddituale, ai modelli non reddituali fondati sul triplo della
pensione sociale e, poi, sul calcul au point). In ogni caso si è in presenza di un
problema di misurazione. Ma «non si può – a voler seguire un metodo corret-
to – risolvere una questione dogmatica solo in base alle difficoltà particolari
che una certa soluzione solleva: i due piani dell’indagine debbono tenersi ben
58
distinti» .
67
vernabile dei confini del danno risarcibile» . Il rilievo, nello stupire che venga
riferito proprio da una convinta sostenitrice della figura del danno esistenzia-
le, pare contestabile, sia perché confonde ancora una volta il piano del dover
essere del danno risarcibile con quello dei parametri di valutazione e di liqui-
dazione delle sue (ulteriori) conseguenze, sia perché trascura l’essenziale fun-
zione selettiva svolta dal criterio giuridico dell’ingiustizia, in tema di ripara-
zione sia in denaro sia in forma specifica, che non potrà mai consentire un «al-
largamento ingovernabile» dei confini della responsabilità civile. Il sintagma
«danno ingiusto» rappresenta una scelta indisponibile del nostro ordinamen-
to, la quale non lascia spazi soverchi a una teoria economica del danno che
consenta la sua risarcibilità indipendentemente dall’illecito, inducendo a dubi-
tare della stessa ammissibilità – nel campo di applicazione dell’art. 2043 c.c. –
della teoria dell’atto lecito dannoso.
Il legislatore del 1942 volle modificare scientemente il testo dell’art. 1151
del codice del 1865, che riproduceva la più ampia formula ideata dall’art. 1382
del codice francese, proprio al fine di introdurre, anche a livello legale, un
nuovo elemento, quello oggettivo, che fino ad allora aveva avuto implicito ri-
68
lievo nell’interpretazione selettiva della dottrina e della giurisprudenza , al
precipuo scopo di subordinare la risarcibilità del danno al solo parametro giu-
ridico dell’ingiustizia. Nel testo dell’art. 2043 c.c., l’obbligazione di «risarcire
il danno» trova la sua fonte esclusiva nell’aver cagionato un danno ingiusto.
La separazione del momento della risarcibilità (che verrebbe subordinata
all’elemento della patrimonialità) da quello della causazione del danno ingiu-
sto (che sarebbe non risarcibile in quanto non patrimoniale) rappresenta
un’operazione ermeneutica del tutto arbitraria, che si pone in insanabile con-
trasto sia con il testo sia con la stessa struttura della regola generale di respon-
sabilità scritta nell’art. 2043 c.c.
Il dato dell’ingiustizia, inoltre, appare non sempre conciliabile con il prete-
so requisito della patrimonialità nel processo di formalizzazione del danno ri-
sarcibile, poiché è evidente che un danno ingiusto può ledere diritti e interessi
che non possono essere considerati tipicamente patrimoniali – almeno nella
accezione che tale categoria storicamente assume –, mentre un danno, anche
grave, al patrimonio, può non essere caratterizzato dall’elemento dell’ingiusti-
zia. Ad esempio, il fatto di porre sul mercato beni più appetibili dai consuma-
tori, perché più efficienti ed evoluti sotto il profilo scientifico, provoca un
danno sicuramente patrimoniale ai commercianti e produttori delle stesse
merci poiché, stornando una parte considerevole della loro clientela, li margi-
67
Le espressioni tra virgolette sono di P. ZIVIZ, Verso un altro paradigma, cit., p. 36. Ma in
tutt’altra prospettiva è orientato P. CENDON, Non di sola salute, cit., p. 11, il quale propone di affida-
re la tutela delle situazioni esistenziali all’art. 2043 c.c.
68
Sul punto, R. SACCO, Introduzione, cit., p. 93 ss.
IL DANNO INGIUSTO 187
69
nalizza e arreca loro un sensibile danno economico . Ma tale danno, per quan-
to patrimoniale, non sarà giuridicamente risarcibile poiché, ai sensi dell’art.
2043 c.c., non potrà essere considerato ingiusto, là dove rappresenti l’espres-
sione del libero gioco della concorrenza. In altri termini, il danno, anzi ogni
danno, è riparabile soltanto e nella misura in cui sia ingiusto, non certo perché
sia considerato patrimoniale. Anche il danno (che si suppone) patrimoniale
sarà risarcibile soltanto là dove costituisca la violazione di un interesse giuridi-
camente rilevante.
Ancorare la risarcibilità del danno al dato della patrimonialità, in primo
luogo, avrebbe comportato un rinvio “in bianco” alle scienze economiche, e al
loro stato di attuale elaborazione, della problematica dell’illecito, il quale sa-
rebbe stato così sganciato da ogni ulteriore riferimento all’ordinamento giuri-
dico e allo stesso sistema civilistico. In secondo luogo, avrebbe significato in-
trodurre un criterio maggiormente incerto, poiché un danno può essere con-
siderato patrimoniale, in un medesimo momento storico, sulla base di una cer-
ta teoria economica, politica, morale o religiosa mentre, secondo altra dottri-
na, quello stesso evento può essere qualificato come non patrimoniale. In ter-
zo luogo, l’aver considerato risarcibile il solo danno patrimoniale avrebbe si-
gnificato contraddire gran parte dell’evoluzione del diritto nella tradizione oc-
70
cidentale . Una visuale soltanto economica dell’illecito civile sarebbe risultata
incompatibile con quel sistema di valori che a ciascun ordinamento è, più o
71
meno tacitamente, sotteso, e che anzi ne costituisce l’autentico fondamento .
In quarto luogo, il presunto requisito della patrimonialità non potrebbe quali-
ficare il danno neppure come mero riflesso della natura dell’obbligazione ri-
sarcitoria poiché, altrimenti, ogni danno dovrebbe essere patrimoniale. Anche
l’art. 2059 prevede la riparazione patrimoniale del cosiddetto danno non pa-
72
trimoniale .
73
In questo senso è l’insegnamento di S. RODOTÀ, Il problema, cit., p. 107 ss. Riferivano, invece,
l’ingiustizia al fatto anzi che al danno, rimproverando al legislatore di essere incorso in un errore ter-
minologico, tra gli altri, G. PACCHIONI, Il danno ingiusto secondo il vecchio e il nuovo codice, in Scritti
in onore di G. Ferrini, II, Milano, 1947, p. 174 ss.; S. PUGLIATTI, voce Alterum non laedere, in Enc.
dir., II, Milano, 1958, pp. 98 ss. e 103; L. BARASSI, Teoria generale delle obbligazioni, II, Milano,
1964, p. 432; A. FEDELE, Il problema della responsabilità del terzo per il pregiudizio del credito, Mila-
no, 1954, p. 117.
74
Sulla scia di S. RODOTÀ, op. ult. cit., pp. 183 ss. e 186, G. ALPA, Il problema della atipicità
dell’illecito, Napoli, 1979, p. 256.
75
Testualmente, A. IANNARELLI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 770.
76
Cfr. R. SACCO, op. ult. cit., p. 93 ss.; P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 201 ss.
IL DANNO INGIUSTO 189
77
interessi legittimi e di aspettative . Chiarito che l’unico elemento costitutivo
del danno risarcibile (in denaro o in forma specifica) è la valutazione che l’or-
dinamento effettua in termini di ingiustizia, il vero problema è quello di indi-
viduare il significato che tale nozione assume nell’ambito del nostro diritto.
Il danno ingiusto, per un verso, va inteso nel suo essere contra ius o, più
precisamente, nella violazione di un qualsiasi interesse protetto dall’ordina-
78
mento . Per altro verso, va verificato nel suo manifestarsi non iure, nell’as-
senza di un diritto (o di un dovere) dell’agente al compimento della condot-
79
ta che ha causato il danno . Le due concezioni, originariamente pensate come
antitetiche, anziché elidersi vicendevolmente, individuano il compiuto signi-
ficato del danno ingiusto proprio nella loro reciproca combinazione, secon-
80
do quella logica di complementarità che lega la norma primaria di cui al-
l’art. 2043 c.c. alle regole successive e, in questo caso, alla disciplina delle
esimenti (in particolare, agli artt. 2044 e 2045 c.c.). In tal senso, l’ingiustizia
si conferma come l’unico criterio giuridico che permette di qualificare il
81
danno risarcibile .
82
La soluzione intuita, fin dal 1964, da Stefano Rodotà , secondo la quale
l’elemento dell’ingiustizia deve essere identificato nella lesione di un interesse
comunque protetto dall’ordinamento, contempera le opposte esigenze, là do-
ve riconosce la «non positività» della regola estrema e onnicomprensiva e
«cerca ovviamente di risolvere in modo liberale il problema dell’area del dan-
83
no risarcibile» . L’ingiustizia non richiede la lesione di uno specifico diritto
soggettivo né la diretta violazione di una norma di protezione avverso possibili
eventi dannosi. Basta che l’interprete ravvisi, «rispetto alla situazione della vit-
tima, un qualunque indice di tutela predisposto dal complesso delle norme in
84
vigore» . Ad esempio, sarebbe sufficiente, onde proclamare la responsabilità
del produttore per i danni sofferti dal consumatore, «constatare come la posi-
zione di quest’ultimo sia protetta dall’art. 1492 c.c., anche se questo articolo si
riferisce ai vizi nella vendita, ed anche se non si può riconoscere in tale norma
77
Per tutte, Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p. 2270 ss. Nella giurispru-
denza di merito, nei termini del testo, Trib. Como, 12 ottobre 2001, in Danno e resp., 2002, p. 427.
78
Cfr. il pensiero, rispettivamente, di R. SACCO, L’ingiustizia di cui all’art. 2043, in Foro pad.,
1960, I, c. 1438 ss., e di S. RODOTÀ, op. ult. cit., pp. 112, 183 ss. e 199 ss.
79
P. SCHLESINGER, La «ingiustizia» del danno nell’illecito civile, in Jus, 1960, pp. 342 ss. e 347.
80
Della quale si è discorso, retro, nel § 1 di questo cap.
81
G. VISINTINI, I fatti illeciti, I, Ingiustizia del danno. Imputabilità, in I grandi orientamenti della
giurisprudenza civile e commerciale, a cura di F. Galgano, Padova, 1987, p. XIX; EAD., Il danno ingiu-
sto, in Riv. crit. dir. priv., 1987, p. 182. Rileva altresì un «ridimensionamento (o un superamento) del
carattere della patrimonialità del danno per adattare la regola generale dell’art. 2043 alle esigenze ri-
sarcitorie evidenziate dalla doppia metamorfosi del danno», F.D. BUSNELLI, La parabola della respon-
sabilità civile, ivi, 1988, p. 654.
82
Ne Il problema, cit., p. 183 ss.
83
P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 209.
84
Così, P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
190 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
91
Che «Le propre de la responsabilité civile est de rétablir aussi exactement que possible l’équili-
bre détruit par le dommage et de replacer la victime, aux dépens du responsable, dans la situation où
elle se serait trouvée si l’acte dommageable n’avait pas eu lieu», è affermazione del tutto pacifica: per
tutti, Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 150; M. LE ROY, L’évaluation, cit., p. 9, del quale sono le
parole tra virgolette.
92
Sul ruolo della giurisprudenza tedesca che, «più che completare, ha ricostruito il modello lega-
le» della responsabilità delittuale, cfr., per tutti, L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit.,
p. 243 ss. e passim; R. SACCO, Introduzione, cit., p. 100 s.
93
Rileva, tra gli altri, che nelle esperienze francese, tedesca e italiana «le ipotesi di tutela extracon-
trattuale tendono in massima parte a convergere», P.G. MONATERI, La sineddoche. Formule e regole
nel diritto delle obbligazioni e dei contratti, Milano, 1984, p. 131.
94
Per tutti, G. VINEY, B. MARKESINIS, La réparation, cit., pp. 46, 54 e 56, là dove sottolineano
che «ce qui caractérise le droit français c’est […] à la fois l’attachement qu’il affiche officiellement à
l’égard de l’objectif indemnitaire – le seul dont puisse faire état le juge lorsqu’il évalue les dommages-
intérêts».
95
Applicano l’art. 1382 ai danni morali e a quelli c.d. patrimoniali, ad es., Cass. civ., 13 febbraio
1923, in H. CAPITANT, Les grands arrêts, cit., p. 404; Cass. civ., 21 ottobre 1960, in Gaz. pal., 1960,
II, p. 303; Cass. civ., 8 dicembre 1971, in Rec. Dalloz, 1972, Somm., p. 88; Cass. civ., 23 maggio 1977,
ivi, 1977, Inf. rap., p. 441; Cass. civ., 1 marzo 1978, in Sem. jur., 1978, IV, p. 145.
192 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
ma che è applicabile, «nei casi determinati dalla legge», ai soli danni “da rea-
100
to”, prevedendo la reazione afflittiva dell’ordinamento in ordine a quelle
condotte, particolarmente antigiuridiche, che integrano in concreto una fatti-
specie delittuosa. In questo senso l’art. 2059 c.c. ritrova una sua razionalità nel
sistema della responsabilità civile, che permane informato al generale criterio
dell’ingiustizia del danno, e viene meno ogni ulteriore sospetto di illegittimità
costituzionale, nella misura in cui tale norma non rappresenta più un ingiusti-
ficato limite al principio di riparazione integrale dei «diritti inviolabili» di cui
101
agli artt. 2 e ss. Cost. , comunque risarcibili sulla base della generale funzio-
ne di compensation espressa dall’art. 2043 c.c.
Il criterio dell’ingiustizia qualifica la risarcibilità del danno (in funzione di
compensation) sulla base della violazione di un interesse comunque protetto,
in un dato momento storico, dall’ordinamento. E poiché il danno risarcibile ai
sensi dell’art. 2043 non risulta caratterizzato dal requisito della patrimonialità
del bene, dell’interesse, della situazione soggettiva o delle conseguenze della
lesione (secondo i divergenti orientamenti nei quali si frantuma l’ermeneutica
bipolare), la norma primaria di cui all’art. 2043 c.c. disciplina tutte le figure di
danno (anche relative a situazioni costituzionalmente rilevanti) la cui condotta
non integri una fattispecie di reato.
In tal senso, la tutela delittuale degli interessi protetti dall’ordinamento
trova un fondamento diversificato nella struttura e nella funzione che il nostro
legislatore ha oggettivamente assegnato agli artt. 2043 e 2059 c.c. L’art. 2059
protegge, in maniera “eccezionale” – rispetto al modello generale di compen-
sation di cui all’art. 2043 –, e sulla base di una diversa funzione punitiva, si-
tuazioni soggettive particolarmente rilevanti perché qualificate tipologicamen-
te (attraverso il rinvio di cui all’art. 185 c.p.) da norme penali. L’aver previsto
una tutela specifica per tali fattispecie, ma «solo nei casi determinati dalla leg-
ge», non impedisce di risarcire, «in tutti gli altri casi», ai sensi dell’art. 2043
c.c., quei danni ingiusti che costituiscono violazioni di interessi giuridicamente
rilevanti, soprattutto là dove rappresentino lesioni di «diritti» della persona
garantiti ai sensi degli artt. 2 e ss. della Costituzione.
La funzione privatamente afflittiva della riparazione di cui agli artt. 2059
c.c. e 185 c.p. non deve incidere negativamente sul quantum, in sede di valuta-
zione e di liquidazione, così come è accaduto in forza dell’orientamento giuri-
100
Per la dimostrazione – difficilmente contestabile – delle finalità punitive dell’art. 2059 c.c.,
condotta sulla base di un’approfondita ricostruzione storica, svolta anche alla luce dei lavori prepara-
tori, si rinvia all’indagine di G. BONILINI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 272 ss.; sul punto, altresì,
C. SALVI, Il danno extracontrattuale, cit., p. 126 ss. Per R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p.
300 s., invece, la riparazione del danno morale avrebbe una funzione satisfattiva, poiché il denaro,
«oltre che mezzo per la riparazione del danno, è anche strumento di soddisfazioni materiali e morali
ed in tal senso può servire come adeguato compenso per le sofferenze psichiche del leso».
101
È in questo senso che va intesa la decisione della Corte cost., 14 luglio 1986, n. 184, in Resp.
civ. prev., 1986, p. 527 ss.; sul punto, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni, cit., p. 395.
194 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
sprudenziale che arbitrariamente riduce l’entità del danno “da reato” a una
somma «generalmente oscillante tra un terzo e la metà dell’importo ricono-
102
sciuto per il risarcimento del danno alla salute» . Anzi, la peculiare finalità di
tali norme consente al giudice italiano – diversamente da quanto accade nel
diritto d’oltralpe, che non conosce una previsione analoga all’art. 2059 c.c. –
di sganciare la valutazione da una logica di compensation e di liquidare l’entità
della riparazione, sul modello dei punitive damages statunitensi, oltre che sulla
base della «gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa»,
anche in relazione al carattere di maggiore o minore antigiuridicità della con-
dotta (gravità del reato, circostanze aggravanti, intensità del dolo o della col-
pa, carattere abietto dell’azione, ecc.) ed alle condizioni economiche del re-
sponsabile (artt. 133 e 133-bis c.p.). Se, invece, si è in presenza di un danno
che non integri una previsione di reato, esso sarà normalmente risarcibile, in
quanto ingiusto (per violazione di un interesse giuridicamente rilevante, de-
sunto dagli artt. 2 ss. Cost. o da qualsiasi altra norma o gruppo di norme di
livello ordinario), sulla base della generale funzione di compensation rappre-
sentata dall’art. 2043 c.c.
In tal senso viene meno anche il pericolo di una duplicazione di risarci-
menti, poiché qualsiasi evento dannoso è sempre riparabile, in via alternativa,
o ai sensi degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. (con l’aggravante pecuniaria che è
propria dei danni punitivi, e che libera la riparazione dalla misurazione con-
venzionale dell’entità e della durata del danno), o ai sensi dell’art. 2043 c.c.,
sulla base della ordinaria quanto generale funzione di compensation.
A ben vedere, il ventilato pericolo di una duplicazione (dei danni o) dei ri-
sarcimenti rischia di rivelarsi l’ennesimo falso problema. Se si inizierà a distin-
guere nitidamente la funzione di compensation sub art. 2043 ss. c.c., da quella
deterrente e punitiva ex artt. 185 c.p. e 2059 c.c., nulla potrebbe impedire al
giudice, in presenza di un evento dannoso che sia anche conseguenza di un
fatto di reato, di risarcire il danno e, nel contempo, di punire il responsabile.
Ciò avviene usualmente nell’esperienza statunitense: il punitive damage, che
svolge un’insostituibile funzione di deterrence, contribuendo a “internalizzare”
le perdite causate, è comminato, qualora ne ricorrano i presupposti, in aggiun-
ta – e non in alternativa – rispetto al risarcimento con funzione di compensa-
tion. I recenti interventi della Corte Suprema Federale, che tendono ad evitare
102
Così, invece, Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, in Danno e resp., 2000, p. 996. Afferma che
«appare all’evidenza iniqua e giuridicamente errata la liquidazione sommariamente motivata dai giu-
dici di merito, che non considerano neppure la natura di debito di valore del credito, e che sostan-
zialmente riducono un criterio equitativo integrativo (artt. 2056 e 1226 c.c.) ad un criterio del tutto
arbitrario, sottratto a qualsiasi controllo di congruità», Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, ivi, 2001, p. 822.
Un inedito criterio di valutazione, pur espressione di una equivoca funzione compensativa dell’art.
2059 c.c., viene proposto da Cass., 14 febbraio 2000, n. 1637, in Resp. civ. prev., 2000, p. 610, per la
quale «Non è errato ritenere che, nella determinazione equitativa della somma volta al risarcimento
del danno morale subiettivo, debba tenersi conto anche della realtà socio-economica in cui vive il
danneggiato».
IL DANNO INGIUSTO 195
103
che l’entità della riparazione del danno punitivo sia «grossly excessive» , in
quanto superi un ragionevole “multiplo” del valore del danno compensativo,
facendo beneficiare l’attore di un risarcimento eccessivo, perché erroneamente
commisurato alla totalità di tutti i possibili danneggiati che, invece, non hanno
104
agito in giudizio , hanno rafforzato «la piena legittimità anche costituziona-
le» dei punitive damages e dovrebbero spingere anche le esperienze continen-
tali a rivedere i propri «giudizi negativi basati unicamente sull’esclusiva fun-
105
zione riparatoria delle regole di responsabilità civile» .
che prospettano una nozione di danno in senso giuridico, e che considerano risarcibile il danno even-
to in sé (per tutte, Cass., Sez. I, 7 giugno 2000, n. 7713, in Danno e resp., 2000, p. 836; Cass., Sez. III,
19 giugno 1996, n. 5650, in Riv. giur. ambiente, 1997, p. 680), sia da quelle sentenze che si rifanno –
sia pure con qualche indecisione – all’ermeneutica bipolare (Cass., Sez. III, 3 aprile 2001, n. 4881, in
Guida al dir., 2001, n. 19, pp. 60 e 61).
108
Per tutti, F.D. BUSNELLI, Tre «punti esclamativi», cit., p. 3035 ss.; ID., A dieci anni dalla sen-
tenza n. 184 del 1986 della Corte costituzionale sul danno alla salute. Conferme, correzioni di rotta, pro-
spettive, in Resp. civ. prev., 1997, p. 917 ss.; P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 300 ss.
IL DANNO INGIUSTO 197
incidendo sul regime della prova e sulle modalità di valutazione, prescinda dal
carattere patrimoniale del danno e/o delle sue conseguenze.
Il carattere palesemente incostituzionale dell’interpretazione dominante
dell’art. 2059 c.c. è stato testimoniato dal tentativo estremo, ed abbastanza di-
sinvolto, di chi, pur proponendo di confermare «un sistema bipolare anche
nel danno agli interessi della persona», auspicava «una valutazione positiva del
collegamento tra art. 2059 c.c. e art. 2 Cost., non in quanto rinvio di per sé
esaustivo, ma come fondamento di un itinerario ermeneutico complesso, sot-
tratto sia ai presupposti dell’art. 185 c.p. sia alla cogenza del richiamo testuale
109
al danno non patrimoniale» . Ma tale soluzione, che può essere considerata
come contrapposta in via speculare a quella che si argomenta in queste pagine,
là dove muove dall’esigenza di apprestare una tutela minimale per le situazioni
costituzionalmente garantite sulla base dell’estensione del testo dell’art. 2059
c.c., piuttosto che sul fondamento del criterio dell’ingiustizia di cui all’art.
2043 c.c., sembrava forzare insostenibilmente il tenore letterale, strutturale e
funzionale dell’art. 2059 c.c. oltre i «casi determinati dalla legge», contraddi-
110 111
cendo sia l’unanime giurisprudenza , sia la più attenta dottrina che aveva
ricostruito, anche in chiave storica e alla luce dei lavori preparatori, l’ambito
di operatività e le finalità dichiaratamente afflittive che ispirano la disciplina di
cui agli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. Tale proposta, inoltre, implicava – per espres-
sa ammissione dell’autrice – un’interpretazione abrogante sia dei «presupposti
dell’art. 185 c.p.», sia del «richiamo testuale al danno non patrimoniale», e ciò
non sembrava operazione consentita al giurista, in assenza di una sentenza di
accoglimento della Corte costituzionale che eliminasse, almeno in parte – ma
in questo caso l’intero art. 2059 c.c. non avrebbe avuto probabilmente più
senso –, l’enunciato che limita la portata applicativa dell’art. 2059 c.c. ai soli
«casi determinati dalla legge».
tà della persona assumono nella gerarchia dei valori costituzionali una carica
garantistica che risulta la più elevata possibile in termini di ampiezza e di effet-
112
tività , la lesione di tali aspetti costituisce danno ingiusto, risarcibile ai sensi
degli artt. 2043 c.c. e 2 ss. Cost. Il consueto riferimento al regime di responsa-
bilità delittuale non impediva di ravvisare una responsabilità di tipo contrat-
tuale ogni qual volta sussistesse la violazione di obblighi a contenuto specifi-
113
co . Gli artt. 2 e ss. della Costituzione, quali norme «pienamente operanti
anche nei rapporti di diritto privato», qualificano «la sussistenza dell’illecito,
114
con conseguente obbligo della riparazione» anche là dove l’evento dannoso
sia collegato a un particolare regime di responsabilità oggettiva o assoluta che
115
prescinda dalla colpa o dal dolo del danneggiante e della vittima .
L’itinerario metodologico tracciato dalla Consulta appariva immediata-
116
mente generalizzabile anche di là dall’ipotesi di danno alla salute, che pure
rappresentava la specifica ratio decidendi. Come ha riconosciuto la stessa Cas-
sazione, «la nota sentenza n. 184 del 1986, relativa al danno-evento da lesione
del diritto alla salute» risultava «riferibile (per la latitudine dei suoi enunciati)
117
ad ogni analoga lesione di diritti comunque fondamentali della persona» . La
nozione di danno-evento, definita dalla Corte costituzionale, ha trovato una
sua incontrovertibile conferma legislativa sia nella formula introdotta dall’art.
5, comma 3, della legge 5 marzo 2001, n. 57, sia nell’enunciato dell’art. 138,
comma 2, lett. a, d.lgs. n. 209 del 2005. In questo senso, soprattutto se si evita
di incorrere nell’errore di confondere il problema della risarcibilità con quello
118
della valutazione, e di sostituirsi (a sproposito) al legislatore , risulta evidente
come questi testi abbiano qualificato il danno biologico quale ingiusta lesione
(temporanea o permanente) dell’integrità psicofisica della persona, come evento
dannoso che è risarcibile in sé, sulla base della valutazione medico-legale e del
sistema non reddituale del calcolo a punto. Le ulteriori “conseguenze” patri-
moniali devono essere separatamente liquidate.
112
F.D. BUSNELLI, Note introduttive alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, in Nuove leggi civ. comm.,
1979, p. 1190 s.; A. CORASANITI, Commento alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, ivi, 1979, p. 1196 ss.
113
Per una sottolineatura di tale aspetto, sovente trascurato, v. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAU-
RO, La riparazione dei danni, cit., p. 279 s.
114
Le espressioni tra virgolette sono di Corte cost., 14 luglio 1986, n. 184, in Resp. civ. prev.,
1986, p. 527 s.
115
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 280 s.
116
Così A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I danni alla persona, cit., p. 775 ss.
117
Testualmente Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, in Danno e resp., 2000, p. 836; implicitamente, già
Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, in Riv. giur. ambiente, 1997, p. 680.
118
Non sfugge a entrambe le tentazioni, invece, M. ROSSETTI, Nuove norme, cit., p. 589, là dove
afferma che tale norma non dovrebbe confermare la nozione di danno evento, «perché il comma 4
dell’art. 5 della legge prevede […] la possibilità di modificare il risarcimento in considerazione delle
peculiarità del caso concreto». Sulla base di questa dubbia argomentazione, l’A. preferisce esercitarsi
nel mestiere del legiferare, proponendo di riscrivere il testo della norma in questi termini: «il danno
biologico è la lesione all’integrità psicofisica della persona, da accertare medico-legalmente, e da valu-
tare in base alle conseguenze pregiudizievoli prodotte sulla vita concreta del leso».
IL DANNO INGIUSTO 199
119
Cass., 11 novembre 1986, n. 6607, in Giust. civ., 1986, I, p. 3037; criticamente, C. SALVI, voce
Danno, cit., p. 69.
120
Cass., 23 marzo 1996, n. 2576, in Danno e resp., 1996, p. 321.
121
Cass., 3 aprile 2001, n. 4881, in Guida al dir., 2001, n. 19, p. 60 s.
122
Testualmente, Cass., 23 marzo 1996, n. 2576, cit., p. 321.
123
Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, cit., p. 836.
8.
200 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
124
le attività realizzatrici della persona umana» . «Essendo le norme costituzio-
nali di garanzia dei diritti fondamentali della persona pienamente e diretta-
mente operanti “anche nei rapporti tra privati” (cd. Drittwirkung), non è ipo-
tizzabile un limite alla risarcibilità, della correlativa lesione, “per sé considera-
125
ta” (n. 184 del 1986), ai sensi dell’art. 2043 c.c.» .
Finalmente la corretta lettura della sentenza n. 184 del 1986 della Consulta,
dopo oltre tre lustri dalla sua pubblicazione, conduceva la giurisprudenza del-
la Cassazione a una svolta epocale che, se coerentemente intesa e perseguita,
126
sulla scia dei principi enunciati dalle Sezioni Unite , non poteva non prelu-
dere al superamento dell’ermeneutica bipolare.
L’unico riferimento oscuro, probabilmente, era quello relativo alla qualifi-
127
cazione del danno come «esistenziale ed alla vita di relazione» . Non si trat-
128
tava, però, della «prima vittoria in Cassazione del danno esistenziale» , né di
129
una «vera e propria pena privata» , poiché i giudici avevano risarcito il dan-
no sulla base della funzione di compensation che è propria dell’art. 2043 c.c.
La Suprema Corte sembrava più semplicemente accogliere una lettura degli
artt. 2043 e 2059 c.c. che, abbandonando progressivamente i postulati della
teoria differenziale, iniziava a intendere ed a valorizzare appieno il significato
dell’ingiustizia del danno di cui all’art. 2043 c.c. La pretesa ricezione della fi-
gura del danno esistenziale appariva dettata da una logica improntata al
pragmatismo, poiché aveva consentito alla giurisprudenza di mutare orienta-
mento e di tutelare comunque quegli aspetti della personalità umana che sono
costituzionalmente rilevanti, senza doversi porre in un atteggiamento di aperta
contestazione con la concezione bipolare (ma sostanzialmente superandola).
Le argomentazioni della Cassazione, tuttavia, richiedevano un’ulteriore svolta
sistematica. Limitare l’art. 2059 alle sole ipotesi nelle quali la condotta inte-
grasse una previsione di reato e ammettere che l’art. 2043 c.c. consentisse di
risarcire, in tutti gli altri casi, qualsiasi danno ingiusto, a prescindere dalla sua
qualificazione i termini di patrimonialità – non patrimonialità, significava pro-
spettare una generale teoria della responsabilità civile che aveva superato le
incongruenze della tesi bipolare.
124
Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, cit., p. 836.
125
Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, cit., p. 836.
126
Nella più volte citata sentenza della Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270 s.
127
Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, cit., p. 836.
128
In questi termini, invece, P.G. MONATERI, «Alle soglie»: la prima vittoria in Cassazione del
danno esistenziale, in Danno e resp., 2000, p. 836 ss.
129
Così, invece, G. PONZANELLI, Attenzione: non è danno esistenziale, cit., p. 841 ss.
IL DANNO INGIUSTO 201
130
9. Nella lunga calda estate del 2003, tra mille chiaroscuri e qualche visio-
ne onirica, mentre la Consulta stava decidendo sull’ennesima questione di le-
gittimità costituzionale dell’art. 2059 c.c., questa volta motivata con argomen-
131
tazioni meno convincenti , la Corte di Cassazione, rinnegando gran parte
132
della sua giurisprudenza, anche delle Sezioni Unite , la decisione n. 184 del
133
1986 e, da ultimo, lo stesso legislatore, ha deciso di sostituirsi alla Corte co-
stituzionale e ha accolto un’interpretazione parzialmente abrogante del testo
dell’art. 2059, in ordine sia ai «presupposti dell’art. 185 c.p.», sia al «richiamo
134
testuale al danno non patrimoniale» . La Corte, nelle due sentenze-fotoco-
pia, ha caratterizzato tale ermeneutica abrogante in senso relativo, là dove ha
dichiarato di «ritenere inoperante il detto limite se la lesione ha riguardato va-
135
lori della persona costituzionalmente garantiti» .
136
«Con fulminea tempestività» , nell’arco di qualche settimana, è stata de-
137
positata anche l’attesa sentenza della Consulta , che nella sostanza ha ratifi-
cato, recepito e approvato l’inedito orientamento della Suprema Corte. Alla
luce di questa ulteriore decisione, sembra opportuno tentare una ricostruzione
del sistema di responsabilità civile, proprio sulla base di un’interpretazione
coordinata di questi imprevisti e imprevedibili interventi giurisprudenziali, al
fine di verificarne il loro effettivo significato. Infatti, in presenza di un costan-
te orientamento della Suprema Corte che correttamente prospettava «una let-
138
tura costituzionalmente orientata dell’art. 2043 c.c.» , tutto sarebbe stato le-
cito pensare, fuorché ipotizzare che l’art. 2059 fosse «tirato fuori dallo stanzi-
no dei robivecchi, fatto oggetto di respirazione bocca a bocca, riverniciato
completamente, salvato all’ultimo momento dalla rottamazione, rilanciato co-
139
me grande star della responsabilità civile e magari di tutto il diritto privato» .
130
Il riferimento è a F.D. BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate, cit., p. 826 ss.; v., altresì, G. PONZANELLI,
Ricomposizione dell’universo non patrimoniale: le scelte della Corte di Cassazione, ivi, 2003, p. 829 ss.
131
Per la critica delle quali si rinvia ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I “nuovi” danni, cit., p.
473 s. Ma egualmente critici sono i rilievi mossi da G. PONZANELLI, Art. 2059 c.c. tra esame di costi-
tuzionalità e valutazione di opportunità, in Danno e resp., 2002, p. 875 ss., e da P.G. MONATERI, Il
brontosauro alla resa dei conti? «I will survive», ivi, 2002, p. 862 ss.
132
In particolare, Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, in Corriere giur., 2002, p. 461 ss., e
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p. 2270 s.
133
Citata anche da Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, in Danno e resp., 2003, p. 817, e da
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827, ivi, 2003, p. 821.
134
Tale interpretazione (parzialmente) abrogante era propugnata da E. NAVARRETTA, Diritti in-
violabili, cit., p. 320, della quale sono le parole tra virgolette.
135
Testualmente, Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827,
cit., p. 822 (alla quale sembra inutile un costante riferimento, proprio per l’identità delle espressioni
utilizzate).
136
F.D. BUSNELLI, op. ult. cit., p. 829.
137
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Danno e resp., 2003, p. 939 ss.
138
Cfr., ad es., Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, in Danno e resp., 2000, p. 836. Per le ulteriori deci-
sioni v., retro, il cap. II, §§ 6-11.
139
Così P. CENDON, Anche se gli amanti si perdono l’amore non si perderà. Impressioni di lettura
su Cass. 8828/2003, in Riv. crit. dir. priv., 2003, p. 385.
202 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
140
In questi termini, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 53
ss.; Parte II, cit., spec. p. 225.
141
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il sistema di responsabilità civile, cit., p. 967.
142
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c. va in Paradiso, cit., p. 831 ss.
143
Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, cit., p. 464.
144
Per una critica di tale ermeneutica, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto,
Parte I, cit., pp. 13-56; Parte II, cit., p. 247 ss.
IL DANNO INGIUSTO 203
145
Lo sottolinea proprio Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940.
146
Corte cost., 26 luglio 1979, n. 87, in Giust. civ., 1979, III, p. 124.
147
Così già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni, cit., p. 395.
148
Che si deve a P. PERLINGIERI, La personalità umana, cit., p. 17 ss.
149
In tal senso, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 29 ss.;
Parte II, cit., p. 254 e passim.
150
Non di sola salute, cit., p. 11.
151
Verso una teoria, cit., p. 723.
204 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
152
ge». Ma anche in questa ipotesi, come già rilevato , l’intero art. 2059 c.c. non
avrebbe avuto comunque più senso.
La seconda soluzione era stata proposta in modo compiuto soltanto di re-
153
cente . Pur contestando con veemenza l’inveterata «ermeneutica bipolare»,
più che una soluzione terminale rappresentava – almeno per il suo autore –
l’unica possibile terapia per il sistema bipolare. Nel rispetto delle chiare diffe-
renze strutturali rese palesi dai testi degli artt. 2043 e 2059 c.c., si era proposto
di considerare, anche ai fini applicativi, l’originaria diversa funzione che è a
fondamento di tali norme. La eccezionale (rispetto alla generale finalità di
compensation espressa dall’art. 2043 c.c.) funzione privatamente afflittiva del-
l’art. 2059 avrebbe consentito di comminare, ma «solo nei casi determinati
dalla legge» (art. 185 c.p.), danni punitivi nei casi di reato. «In tutti gli altri ca-
si», e quindi anche in ipotesi di violazione di interessi costituzionalmente rile-
vanti non riconducibili a fatti di reato, l’art. 2043 c.c. avrebbe assicurato, con
funzione di compensation, il risarcimento avverso ogni ulteriore danno ingiu-
154
sto . A tal fine si è cercato di dimostrare, sulla scia di un’autorevole dottri-
155
na , come il dogma che considera risarcibile ai sensi dell’art. 2043 c.c. il solo
danno patrimoniale fosse destituito di ogni fondamento, sia sotto il profilo si-
stematico, sia sotto gli aspetti strutturale, funzionale e civil-costituzionale, de-
nunziando altresì la sua inadeguatezza a fornire una rappresentazione generale
e coerente del sistema di responsabilità civile, idonea a comprendere ogni fi-
gura di danno (non soltanto patrimoniale) e ogni tipo di riparazione (in dena-
156
ro e in forma specifica) .
Tale ricostruzione, nella sua portata generale, rimane inalterata rispetto ai
sopravvenuti orientamenti delle Corti, che hanno un oggetto ben più limitato.
Ma anche in relazione alla specifica interpretazione degli artt. 2043 e 2059 c.c.
il discorso che si è svolto in quelle pagine permane intatto, anzi risulta con-
fermato dai pur maldestri svolgimenti giurisprudenziali. Con un unico corret-
tivo. Ai fini della riparazione dei danni non patrimoniali che non derivano «da
reato», la struttura e la funzione dell’art. 2043 c.c. operano attraverso la me-
diazione, ormai soltanto formale, di un art. 2059 c.c. che è stato ridotto ai suoi
minimi termini normativi, spogliato com’è di ogni ulteriore collegamento con
l’art. 185 c.p. e con il sistema del diritto penale. La Cassazione e la Consulta
hanno affermato che tutti gli interessi costituzionalmente rilevanti della perso-
na (finalmente un’accezione corretta), il cui catalogo «aperto» è sancito negli
artt. 2 ss. Cost., devono trovare necessariamente una tutela risarcitoria in caso
152
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte II, cit., p. 255.
153
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 55 s.; Parte II, cit., pp.
220-264.
154
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., pp. 9-56; Parte II, cit.,
p. 243 ss.
155
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p. 289 s.
156
Sia consentito rinviare ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., pp. 220-262.
IL DANNO INGIUSTO 205
157
di ingiusta lesione, di là dai limiti previsti dall’art. 2059 c.c. . Venendo meno
il riferimento all’art. 185 c.p., allorché si tratta di ipotesi che sono del tutto
estranee alla materia penale, l’art. 2059 c.c. opera soltanto in ordine alla quali-
ficazione formale del danno come «non patrimoniale», mentre ai fini della con-
creta riparazione risulta necessario verificare innanzitutto se il danno sia ingiu-
sto ai sensi dell’art. 2043 e, quindi, risarcibile. La riparazione, per quanto ri-
guarda sia l’an respondeatur, sia il quantum, risulta subordinata agli «elementi
158
costitutivi» previsti dallo stesso art. 2043 c.c. e dalle norme ad esso collegate.
Si tratta di un sistema inutilmente complicato che, ai fini del risarcimento
del danno «non patrimoniale», richiede un pleonastico collegamento tra gli
159
artt. 2059 e 2043 c.c. e che non considera la valenza di «norma primaria»
che le Sezioni unite (n. 500 del 1999) e la stessa Consulta hanno inteso asse-
gnare all’art. 2043 c.c. Sarebbe stato più logico e coerente considerare i danni
alla personalità umana non derivanti da reato immediatamente risarcibili ai
sensi dell’art. 2043 c.c., sulla base del criterio dell’ingiustizia e della sua fun-
zione di compensation, senza richiedere la superflua mediazione tecnica di un
art. 2059 che è stato ormai svuotato di ogni ulteriore (art. 185 c.p.) significato.
Pertanto, sembra più che mai «legittimo chiedersi: perché non tornare ai testi
160
originari degli artt. 2043 e 2059 c.c.» .
Se la Cassazione e la Consulta hanno elaborato questa inusuale interpreta-
zione degli artt. 2059 e 2043 c.c. è anche perché la dottrina, in questi anni,
non è stata in grado di porre seriamente in discussione dogmi assiomaticamen-
te acquisiti, essendosi sempre rifiutata di verificare il reale fondamento giuri-
dico del preteso carattere «patrimoniale» del danno (di cui all’art. 2043 c.c.) e
del conseguente binomio patrimonialità/risarcibilità. L’aver tentato di riparare
il danno all’integrità fisica e, poi, psichica e, poi, esistenziale pur ai sensi del-
161
l’art. 2043 c.c., ma quale danno «patrimoniale», e non come danno ingiusto ,
rappresentava un nonsenso giuridico che inevitabilmente avrebbe autorizzato
chiunque a proporre le interpretazioni più spregiudicate, alla ricerca di una
necessaria tutela minimale per le altre situazioni protette dalle Costituzioni ita-
liana e, oggi, europea.
Posto l’assioma secondo il quale l’art. 2043 c.c. avrebbe ad oggetto il solo
danno patrimoniale, esigenze elementari di eguaglianza e di parità di tratta-
mento imponevano di risarcire tutte le altre lesioni di interessi muniti di ga-
ranzia costituzionale o come danni patrimoniali (ai sensi dell’art. 2043) o, evi-
157
Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 822, e Corte
cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940 s.
158
Così proprio Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818; Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit.,
p. 822, e già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 221 ss.
159
Tale qualificazione è, ora, avvalorata anche da Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., nella
parte della sentenza dedicata al «Ritenuto in fatto».
160
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c., cit., p. 834.
161
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni, cit., p. 395.
206 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
dentemente, nella (fino ad allora negletta) categoria del danno non patrimo-
niale, attraverso un’interpretazione non certo rispettosa del testo, della storia,
della struttura e della funzione dell’art. 2059 c.c. Gli equilibrismi teorici e le
irrazionalità giuridiche della dottrina, prima o poi, si dovevano necessariamen-
te scontrare con il pragmatismo di una giurisprudenza che deve comunque
salvaguardare fondamentali esigenze di certezza e di giustizia. Le incompren-
sioni sulla sentenza n. 184 del 1986, che discorreva di risarcibilità del danno
alla salute in quanto ingiusto (ex art. 2043) e non quale danno patrimoniale, il
162
falso problema del danno in re ipsa e di quello «meramente patrimoniale» ,
l’accoglimento apodittico della teoria della differenza anche nel campo delle
163
situazioni esistenziali , l’incomprensibile dibattito (tutto italiano) sulla risar-
cibilità del danno-evento o del danno-conseguenza, i vacui interventi (ancora
una volta del tutto provinciali) volti a qualificare questo o quel danno (la per-
164
dita di chance, ad es.) come danno emergente o come lucro cessante , là dove
165
è evidente che «ogni danno si può scomporre in queste due componenti» , la
pretesa separazione della problematica del danno da quella della responsabili-
166
tà delittuale e contrattuale (sempre al fine di suffragare il requisito della pa-
trimonialità del danno separatamente dall’ingiustizia), l’incapacità di compren-
dere il nostro sistema delittuale alla luce delle esperienze francese e tedesca
(dalle quali, pure, è interamente derivato), l’inspiegabile orientamento in tema
di danno «tanatologico», fondato sulla pretesa distinzione «ontologica» tra vi-
ta e salute, sul criterio dell’apprezzabile lasso di tempo e scandito dal fatuo
dibattito in merito alla risarcibilità iure proprio o iure hereditario, da ultimo, lo
stesso inutilmente acceso confronto sul danno esistenziale e sul suo preteso
167
riconoscimento giurisprudenziale , che tende a risolversi in una questione di
168
mera etichetta giuridica , ecc., non hanno certo contribuito a favorire la
comprensione del nostro sistema di responsabilità civile ed a chiarire le idee
alla pur volenterosa giurisprudenza.
162
Cfr. F. TORTORANO, Il danno meramente patrimoniale (Percorsi giurisprudenziali e compara-
zione giuridica), con la presentazione di P. Pollice, Torino, 2001, p. 230 ss.
163
Per la critica, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 44 ss.;
Parte II, cit., pp. 232 ss., 237 ss.
164
Non condivisibile è, dunque, lo scritto di M. ROSSETTI, Il danno da perdita di chance, in Riv.
giur. circol. trasp., 2000, p. 662 ss.
165
Esattamente, A.M. PRINCIGALLI, Perdita di chances e danno risarcibile, in Riv. crit. dir. priv.,
1985, p. 324.
166
Così, invece, S. PATTI, voce Danno patrimoniale, cit., p. 93.
167
Cfr., ad es., P.G. MONATERI, «Alle soglie», cit., p. 836 ss., e la replica di G. PONZANELLI, At-
tenzione, cit., p. 841 ss.
168
In tal senso, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I “nuovi” danni, cit., p. 467 ss.
IL DANNO INGIUSTO 207
10. Un sistema binario può dirsi ancora esistente finché risulti «composto
169
di due unità, di due elementi» ben distinti e diversificati sotto i profili della
struttura e della funzione. La Consulta, nel rigettare – non senza aver infieri-
170
to – una questione di legittimità costituzionale che risultava motivata con
scarsa convinzione, supera definitivamente l’«ermeneutica bipolare» ma non
demolisce, almeno formalmente, il modello binario, assumendo un atteggia-
mento minimalista. Anzi, sembra osservare proprio quella «regola del minimo
171
sforzo» che Rodolfo Sacco ci ha insegnato essere una delle caratteristiche
tipiche della nostra giurisprudenza, quando decide in tema di responsabilità
civile.
Ecco come risulta delineata la fisionomia complessiva del sistema, sotto
l’aspetto della struttura, dopo gli interventi del 2003 della Cassazione e della
Corte costituzionale.
a) Danni non patrimoniali arrecati da condotte che integrano solo in astratto
una fattispecie di reato. La ratio decidendi della sentenza della Consulta ha ad
oggetto proprio questa classe di danni, e la loro risarcibilità è certa. La Corte
costituzionale cerca, in qualche modo, di salvare il collegamento «tipizzante»
172
tra gli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. . Ma una volta che il danno non patrimoniale
è causato da una condotta che non integra gli elementi costitutivi, anche di ca-
rattere soggettivo, della fattispecie criminosa, viene meno il collegamento con
il reato medesimo (che non può essere ascritto al danneggiante), mentre per-
mane il suo astratto simulacro.
b) «Ulteriori casi di risarcibilità del danno non patrimoniale estranei alla ma-
teria penale». In questa categoria, la Consulta comprende quelle sparute ipote-
si che sono state introdotte specificamente dal legislatore: i danni da ingiusta
privazione della libertà personale cagionati nell’esercizio di funzioni giudizia-
rie (art. 2, legge n. 117 del 1988) e quelli derivanti dal mancato rispetto del
173
termine ragionevole di durata del processo (art. 2, legge n. 89 del 2001) . A
questi la Cassazione aggiunge anche quei danni che scaturiscono dall’impiego
di modalità illecite nella raccolta di dati personali (art. 29, comma 9, legge n.
675 del 1996) e dall’adozione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici o
174
religiosi (art. 44, comma 7, d.lgs. n. 286 del 1998) . In questi casi la risarcibi-
169
La definizione è tratta da G. DEVOTO, G.C. OLI, Il dizionario della lingua italiana, cit., p. 235,
voce «Binario».
170
V., infatti, Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 939, là dove rileva che l’ordinanza di ri-
messione si fonda sull’erroneo «assunto che l’art. 2043 sia una norma in bianco», e che «Una corretta
valutazione del rapporto di pregiudizialità tra le questioni [...] porta ad invertire l’ordine di trattazio-
ne seguito dal rimettente, esaminando prioritariamente la questione sollevata, nell’ordinanza in via
subordinata».
171
Introduzione, cit., p. 102.
172
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940 s.
173
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940.
174
Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 821.
208 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
175
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940.
176
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 941.
177
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940 s. In senso analogo, ma senza specifici riferimen-
ti al danno esistenziale, Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817 s.
178
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 34.
179
Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818.
180
Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 816, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 821.
181
Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 822.
182
Testualmente, Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit.,
p. 822 (il corsivo è aggiunto), e già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte II,
cit., p. 221 ss.
IL DANNO INGIUSTO 209
183
civile, consente […] anche la riparazione di danni non patrimoniali» .
d) Danni non patrimoniali arrecati da condotte che integrano anche in con-
creto una fattispecie criminosa «in tutti i suoi elementi costitutivi». Problema
del tutto marginale è interrogarsi sulla sorte di questa categoria di danni. Sotto
il profilo dell’an respondeatur la loro risarcibilità è certa. Non sarebbe pensa-
bile di aver esteso la riparazione del danno non patrimoniale a ipotesi che non
integrano in concreto una fattispecie criminosa, e di escludere dalla riparazio-
ne proprio quei danni che sono arrecati da un fatto-reato. Tuttavia, riguardo
alle caratteristiche della riparazione di questi ultimi, sotto il profilo della fun-
zione (compensativa o afflittiva), il problema verrà esaminato di seguito.
Nel caso dei danni non patrimoniali di cui si è detto sub a), b) e c), il loro
risarcimento è dunque subordinato alla sussistenza di tutti gli «elementi costi-
184
tutivi» previsti dall’art. 2043 c.c. (elemento soggettivo, ove richiesto, ingiu-
stizia del danno, nesso di causalità, ecc.) e dalle norme ad esso collegate: l’art.
2058, per l’eventuale riparazione in forma specifica; gli artt. 2056, 1223 e 1226
c.c., ai fini del risarcimento in denaro; l’art. 2057, norma ingiustamente di-
menticata, ma che prevede lo strumento della rendita vitalizia per i danni alla
persona che hanno carattere permanente.
Il modello bipolare, nei casi contemplati sub a), b) e c), è ridotto a una me-
ra espressione linguistica: l’art. 2059 proclama, in astratto, che «Il danno non
patrimoniale deve essere risarcito», ma, ai fini del risarcimento, operano in via
esclusiva il criterio dell’«ingiustizia» e l’intero sistema che ruota intorno alla
«norma primaria» di cui all’art. 2043 c.c. È, questo, il trionfo della teoria «ge-
nerale e monocentrica» della responsabilità civile e, per converso, il supera-
mento dell’«ermeneutica bipolare».
Un’importante precisazione introdotta da questa decisione della Consulta
consiste nell’aver finalmente confermato che il danno «non patrimoniale» è
risarcibile anche in presenza di norme che prescrivono regimi di imputazione
della responsabilità (a titolo oggettivo, semi-oggettivo o di «colpa presunta»)
che prescindono dagli stessi criteri soggettivi di collegamento (dolo o colpa)
185
previsti, in via generale, dall’art. 2043 c.c. . Sulla scia di alcune pronunzie
della Cassazione, la Corte costituzionale ha infatti affermato che alla ripara-
zione del danno non patrimoniale «non osta il mancato positivo accertamento
della colpa dell’autore del danno se essa, come nei casi di cui agli artt. 2051 e
186
2054, “debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge”» .
183
Le parole tra virgolette, che testimoniano il totale svuotamento normativo dell’art. 2059 c.c.,
sono ancora di Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818, e di Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit.,
p. 822 (il corsivo è nostro).
184
L’espressione è utilizzata proprio da Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818, e da Cass., 31
maggio 2003, n. 8827, cit., p. 822. In tal senso, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit.,
pp. 221-223.
185
In questi termini già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 280 s.
186
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 941.
210 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
11. In merito alla nuova fisionomia del sistema di responsabilità civile, sot-
to il profilo della funzione, i discorsi della Corte costituzionale e della Cassa-
zione sono apparsi, rispettivamente, ora alquanto confusi, ora del tutto reti-
centi. Da qui l’esigenza di proporre una lettura più generale di tali decisioni
(così come si è già tentato, nelle pagine precedenti, per quanto riguarda la
struttura), al fine di chiarirne il significato nelle loro implicazioni sistematiche.
La Consulta ricorda che la limitazione dell’art. 2059 c.c. ai soli danni non
patrimoniali derivanti da reato trovava fondamento nel «carattere sanzionato-
rio, reso manifesto, tra l’altro, dalla stessa relazione al codice civile, secondo la
IL DANNO INGIUSTO 211
quale “soltanto nel caso di reato è più intensa l’offesa all’ordine giuridico e
maggiormente sentito il bisogno di una più energica repressione con carattere
187
anche preventivo”» . Affermazione, questa, tanto evidente quanto puntual-
mente disattesa, poiché non risulta che la giurisprudenza abbia mai inteso (o
saputo) applicare le finalità riparatorie di tipo afflittivo che sono (o erano) a
fondamento dell’art. 2059, avendo preferito appiattirsi su una prassi di risar-
cimento indifferenziato dei danni «da reato» (di cui all’art. 2059 c.c.) con fun-
188
zione ambiguamente compensativa . Pur avendo la dottrina ben precisato i
189
termini del problema , la giurisprudenza ha continuato a confondere le fina-
lità punitive e/o satisfattive dell’art. 2059 con la generale funzione di compen-
sation espressa, invece, dall’art. 2043 c.c.
La Corte, richiamando sia gli interventi del legislatore che hanno introdot-
to «ulteriori casi di risarcibilità del danno non patrimoniale estranei alla mate-
ria penale», sia il «travagliato itinerario» della giurisprudenza che, «pure
muovendosi nell’ambito di operatività dell’art. 2043», ha «da tempo indivi-
duato ulteriori ipotesi di danni sostanzialmente non patrimoniali, derivanti
dalla lesione di interessi costituzionalmente rilevanti, risarcibili a prescindere
dalla configurabilità di un reato (in primis il cosiddetto danno biologico)», af-
ferma che «Il mutamento legislativo e giurisprudenziale venutosi in tal modo a
realizzare ha fatto assumere all’art. 2059 c.c. una funzione non più sanzionato-
ria, ma soltanto tipizzante dei singoli casi di risarcibilità del danno non patri-
190
moniale» .
Se si esclude che possa esistere una funzione «tipizzante» (tale aspetto at-
tiene alla struttura della norma che, invero, appare oggi assai poco «tipizzata»
191
da una concezione dell’art. 2 Cost. quale clausola «aperta») , è certo che la
Corte neghi ogni finalità «sanzionatoria», di tipo afflittivo e/o satisfattivo, per
i danni dei quali si è discorso sub b) e c), che sono del tutto estranei alla materia
penale. Ad essi la Consulta assimila anche i casi sub a), i quali rappresentano l’og-
getto della ratio decidendi. L’affermata «funzione non più sanzionatoria» non
può non involgere tutte le ipotesi esaminate nella decisione. Ed, invero, anche
nella classe di danni prevista sub a) si è al di fuori della commissione di un reato.
In questi casi il risarcimento assume, evidentemente, una funzione compensati-
192
va . Il dilemma permane irrisolto almeno per quei danni che sono riconducibi-
li a una condotta che integri, in concreto, una fattispecie criminosa in tutti i suoi
elementi costitutivi (ipotesi non contemplata dalla decisione della Consulta).
187
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940.
188
Un esempio eloquente è rappresentato da Cass., 14 febbraio 2000, n. 1637, in Resp. civ. prev.,
2000, p. 610.
189
G. BONILINI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 272 ss.; C. SALVI, Il danno extracontrattuale,
cit., p. 126 ss.
190
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940 (il corsivo è aggiunto).
191
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il sistema, cit., p. 967 s.
192
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 968.
212 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
l’art. 2059) è risarcibile sulla base degli elementi costitutivi previsti dagli artt.
2054, comma 2, e 2043 c.c.
La Corte, inoltre, non è intervenuta sul testo dell’art. 2059 c.c., come pure
avrebbe potuto. Si è limitata ad estendere la sfera di risarcibilità del danno
non patrimoniale (con funzione di compensation) anche alle ipotesi nelle quali
non ricorrano in concreto gli elementi costitutivi della fattispecie criminosa.
Ma ciò non vuol significare il contrario. Qualora ricorrano in concreto tutti gli
elementi costitutivi della figura di reato, la riparazione del danno non patri-
moniale, sotto il profilo strutturale, opera attraverso la mediazione dell’art.
185 c.p. e, sotto l’aspetto funzionale, conserva l’originaria finalità privatamen-
te afflittiva.
197
12. A differenza della Terza sezione civile della Cassazione , la Corte co-
stituzionale non qualifica il danno non patrimoniale come danno-conseguen-
za. E ciò rappresenta una significativa presa di distanza da tale discutibile ca-
tegoria, nata nell’immaginario di quei giuristi che inspiegabilmente fraintesero
le parole della sentenza della Consulta n. 184 del 1986. La quale utilizzò tale
non felice espressione nel tentativo di far comprendere come il danno alla sa-
lute fosse risarcibile in sé, quale autonomo e ingiusto evento dannoso (poi de-
finito danno-evento), e come a sua volta potesse causare ulteriori conseguenze
patrimoniali e non patrimoniali.
Il chirurgo che, a seguito di un incidente, perde entrambe le braccia e subi-
sce ustioni, estremamente dolorose, sul 45% del corpo, soffre un danno bio-
logico che deve essere risarcito in sé (danno-evento), sulla base della percen-
tuale di invalidità permanente accertata in sede medico-legale, e, in più, pati-
sce un danno economico, e, in più, può subire danni non patrimoniali risarci-
bili, ad esempio, in termini di danno morale e di danno esistenziale.
Nel caso, ad esempio, di ingiusta detenzione, di perdita di uno stretto con-
giunto, di danno alla reputazione personale o alla dignità della persona, ecc.,
tali eventi dannosi sono risarcibile in sé (danno-evento), quali lesioni di inte-
198
ressi protetti dall’ordinamento , che, a loro volta, possono essere produttive
di ulteriori conseguenze patrimoniali. A seguito del protesto ingiustamente
199
elevato che lede la reputazione personale (danno non patrimoniale in sé ri-
sarcibile), l’imprenditore potrà subire altresì un grave danno economico (che
deve essere riparato, là dove si provi l’esistenza del nesso di causalità), ma po-
trà anche non patire ulteriori conseguenze patrimoniali.
197
Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 819, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 823 s.
198
Contra, Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 819, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p.
824.
199
Cfr. Cass., 23 marzo 1996, n. 2576, in Danno e resp., 1996, p. 321, e Cass., 3 aprile 2001, n. 4881,
in Guida al dir., 2001, n. 19, p. 60.
214 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
200
Per una critica di tale teoria, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte
II, cit., pp. 226-243.
201
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p. 294.
202
Sul punto, si rinvia ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., pp. 226-246.
203
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 941 (il corsivo è aggiunto).
204
Testualmente Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 819, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit.,
p. 824.
IL DANNO INGIUSTO 215
205
2059, è l’ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona» . E ciò è per-
fettamente in linea con quanto affermato nella nota decisione delle Sezioni
Unite della Cassazione (n. 500 del 1999), che considera ogni danno come una
lesione di un interesse giuridicamente rilevante.
sempre indispensabile – tra quanto va riconosciuto a titolo di danno morale soggettivo e quanto a
titolo di ristoro dei pregiudizi ulteriori e diversi dalla mera sofferenza psichica».
210
Sul punto, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 345 ss.
211
Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in Danno e resp., 2001, p. 821. In argomento, S. BONZIGLIA, A.
ANGLESIO, Proposta di valutazione, cit., p. 1162.
212
Così, F.D. BUSNELLI, op. loc. ult. cit.
213
Il riferimento è al disegno di legge n. 281, di iniziativa parlamentare, presentato al Senato della
Repubblica il 23 luglio 1987 e successivamente confluito nel testo unificato del progetto di legge n.
5272 del 21 novembre 1990, approvato dal Senato e successivamente dalla Camera, ma mai promul-
gato dal Presidente della Repubblica, il quale assumeva quali parametri i multipli e dividendi della
IL DANNO INGIUSTO 217
214
sciano poco spazio alla valutazione “in concreto” dell’interprete . Il valore
del punto non può non oscillare in relazione alla singola personalità della vit-
215
tima . Quanto più grave è il danno alla salute e quanto più giovane è la vitti-
ma, tanto maggiore deve essere il valore del singolo punto; quanto più lieve è
la menomazione e quanto più anziano è il danneggiato, tanto minore deve es-
sere il suo valore. Tali fattori hanno assunto un’importanza primaria nell’espe-
rienza francese e hanno spinto i giudici a valutare il singolo punto in cifre su-
periori al doppio e, talvolta, al triplo, al quadruplo o al sestuplo del suo valore
216
medio . Questo sistema è stato ripreso anche dal legislatore italiano il quale,
anche in sede di valutazione del danno biologico per lesioni di non lieve enti-
tà, ha disposto che il valore economico del punto debba essere funzione cre-
scente della percentuale di invalidità, e che l’incidenza della menomazione su-
gli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato debba crescere in
maniera più che proporzionale rispetto all’aumento percentuale assegnato ai
postumi (art. 138, comma 2, lett. c, d.lgs. n. 209 del 2005). Al contrario, il va-
lore del punto deve essere funzione decrescente dell’età del soggetto, sulla ba-
se delle tabelle di mortalità elaborate dall’ISTAT, al tasso di rivalutazione pari
all’interesse legale (art. 138, comma 2, lett. d, d.lgs. n. 209 del 2005).
Una posizione del tutto censurabile è stata assunta, invece, in ordine al me-
todo di accertamento del valore economico del punto, sia dalla mini riforma
in tema di responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione di veicoli,
e sia dal codice delle assicurazioni private, che ne ha riprodotto quasi testual-
mente gli enunciati. L’art. 5, comma 2, lett. a della legge n. 57 del 2001, e l’art.
139, comma 1, lett. a del d.lgs. n. 209 del 2005 dispongono, questa volta in
tema di valutazione del danno biologico per lesioni di lieve entità, che «a tito-
lo di danno biologico permanente, è liquidato per i postumi da lesioni pari o
inferiori al nove per cento un importo crescente in misura più che proporzio-
pensione sociale: per alcuni rilievi critici, soprattutto sui criteri automatici di liquidazione dei danni
alla salute, A. NANNIPIERI, Profili di incostituzionalità della proposta normativa sulla liquidazione del
danno a persona r.c.a., in Resp. civ. prev., 1991, p. 205 ss.; F.D. BUSNELLI, M. BARGAGNA, A. NANNI-
PIERI, S. BADALASSI, G. PONZANELLI, D. POLETTI, Osservazioni sul disegno di legge «unificato» per
la riforma dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veico-
li a motore, in Foro it., 1991, V, c. 442 ss.
214
Per ulteriori svolgimenti, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., pp. 364 ss., 384
s.; ID., Valutazione e liquidazione, cit., pp. 114 ss., 126 s., ed, evidentemente, la migliore letteratura
francese: per tutti, Y. LAMBERT FAIVRE, Le droit du dommage corporel. Systèmes d’indemnisation,
Paris, 1990, p. 108 ss.; Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 660 ss.; G. VINEY, B. MARKESINIS, La ré-
paration, cit., p. 131 ss.; M. LE ROY, L’évaluation, cit., p. 10 ss. Oltre alle statistiche redatte
dall’A.G.I.R.A. e alle tavole di mortalità e «d’espérance de vie» predisposte dall’I.N.S.E.E., cfr. le
pubblicazioni annuali della Gazette du Palais (Accidents de la circulation. Fixation des dommages-
intérêts).
215
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., pp. 367 ss., 384 s.; ID., Valu-
tazione e liquidazione, cit., pp. 114 ss., 126 s.
216
Cfr., ad es., M. LE ROY, L’évaluation du préjudice en cas de lésions corporelles. Valeur moyen du
point en 1989, in Rec. Dalloz, 1990, Chron., p. 227 ss., p. 229.
218 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
217
Contra, M. ROSSETTI, Nuove norme, cit., p. 590, il quale, muovendo contro il chiaro enunciato
della norma, afferma che «applicare ad ogni risarcimento una “franchigia” (e cioè non tenendo conto
dell’abbattimento per i primi dieci anni di età già vissuti) significa in sostanza liquidare il danno come
se il danneggiato avesse dieci anni di meno rispetto alla sua età effettiva».
IL DANNO INGIUSTO 219
218
La boutade è riferita, invece, da M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 591.
219
Contra, M. ROSSETTI, op. loc. ult. cit.
220
Contra, M. ROSSETTI, op. loc. ult. cit.
221
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., pp. 364 ss., 384 ss.
220 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
14. Gli interventi giurisprudenziali che hanno proposto una lettura dell’art.
2059 c.c. assai più ampia di quella che era arguibile dal testo e dalle sue origi-
narie struttura e funzione possono aver indotto a pensare alla repentina, pre-
matura morte di una «teoria generale e monocentrica» della responsabilità ci-
226
vile. Ma anche alla sua resurrezione , subito dopo aver verificato il reale si-
gnificato giuridico di tali decisioni.
Tuttavia, l’unico lettore che mi avrà seguito, con molta pazienza, fin qui
potrebbe ragionevolmente osservare come tale teoria non sia mai defunta, e
come anzi sia la Corte costituzionale, sia la stessa Cassazione abbiano incon-
sapevolmente delineato un orientamento persino più «monocentrico» di quel-
lo proposto, in dottrina, dal suo autore. Trattasi, infatti, di morte apparente,
ma che si è tentato di celebrare da parte di tutti coloro i quali, a seguito dei
noti risvolti giurisprudenziali, immancabilmente hanno iniziato a tessere le lo-
di di un «risorto» modello bipolare, pur senza avere una precisa percezione
degli aspetti strutturali e funzionali sui quali tale sistema si fonda.
Se si vuole evitare che i nuovi e gli antichi seguaci della teoria bipolare con-
tinuino ad esercitarsi, anche nel prossimo millennio, nei problemi di qualifica-
227
zione del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale , sembra oppor-
19) numero degli anni di “speranza di vita” della vittima al giorno dell’incidente; 20) valore annuale
del punto d’incapacità funzionale; 21) pretium doloris; 22) danno estetico; 23) codice ed entità di tali
danni; 24) totale dei danni alla persona (17 + 21 + 22); 25) costo complessivo dell’incidente (13 + 24).
224
Per una timida applicazione di tale metodo, già App. Firenze, 20 settembre 1986, n. 821, in
Dir. prat. assic., 1987, p. 693; App. Genova, 22 febbraio 1984, in Resp. civ. prev., 1984, p. 333; Trib.
Napoli, 30 giugno 1984, n. 5840, in Riv. giur. circol. trasp., 1985, p. 72; Trib. Lamezia Terme, 25 mar-
zo 1983, in Resp. civ. prev., 1983, p. 509.
225
Ancora una volta degno di menzione, è il pensiero espresso da Corte cost., 14 luglio 1986, n.
184, in Foro it., 1986, I, c. 2067.
226
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Morte e resurrezione, cit., pp. 615-635.
227
Una felice rappresentazione di tale scenario è contenuta nelle pagine che descrivono il «model-
lo masochista» di Wile Coyote, «racchiuso nella vicenda del risarcimento del danno non patrimonia-
222 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
228
tuno reinserire definitivamente l’ingombrante «brontosauro» (art. 2059 c.c.)
in una prospettiva organica e finalmente non contingente del sistema di re-
sponsabilità civile. In questo modo il diritto italiano, anche se vorrà proseguire
229
nella scelta «masochista» di non cancellare quella norma che imponeva di
230
accertare «il reato che esisterebbe se non avesse cessato di esistere» , potrà
allinearsi di nuovo – ma in ordine alla sola funzione di compensation, cono-
scendo una diversa disciplina in tema di danni «da reato» – al modello origi-
231
nario e dominante, che è quello d’oltralpe , riacquistando una sua coerenza
sistematica.
Non sembra, quindi, possibile limitarsi a constatare che il nostro diritto
avrebbe sostituito a una originaria concezione bipolare, una novella prospetti-
va «tripolare», fondata sulle «categorie: danno patrimoniale, danno alla salute,
232
danno morale» , o sulla ulteriore tripartizione in danno patrimoniale, danno
233
non patrimoniale e danno personale . In questo modo la dottrina nostrana
dimostra, ancora una volta, il suo imbarazzo nell’anticipare e nel coordinare,
in un rigoroso quadro sistematico, i mutamenti della giurisprudenza, pur sen-
tendosi obbligata – suo malgrado – a registrarne la contingente evoluzione. La
pretesa prospettiva tripolare testimonia l’ulteriore difficoltà della nostra lette-
ratura giuridica di riesaminare criticamente dogmi dati troppo rapidamente
per acclarati, apparendo, anzi, escogitata nell’ultimo tentativo di salvare la
centralità dei postulati cari alla teoria differenziale, fondati sulla immaginaria
234
«giuridicizzazione» del carattere patrimoniale del danno. La neonata pro-
spettiva tripolare, in assenza di un disegno non contingente, si rivelerà anch’essa
inadeguata a descrivere l’incessante divenire del law in action e troverà un ul-
teriore temporaneo correttivo in una successiva classificazione quadripolare
(con l’accoglimento, ad esempio, dell’eterogenea categoria del danno esisten-
ziale), la quale potrebbe poi sfociare in una concezione pentapolare, ecc., fino
a raggiungere cifre difficilmente numerabili non solo da giuristi ma anche da
esperti matematici.
Riaffermato, invece, il principio di riparazione integrale avverso ogni “dan-
no ingiusto” patrimoniale e non patrimoniale (che non può non operare anche
in relazione alle situazioni costituzionalmente rilevanti), e sgombrato il campo
da ultronei problemi di qualificazione, che da troppi anni preoccupano gli
studiosi italiani, saranno la migliore dottrina e, soprattutto, la giurisprudenza
le» (V. ZENO ZENCOVICH, Law and comics: Paperon de Paperoni, Gatto Silvestro, Bugs Bunny, Wile
Coyote e la responsabilità civile, in Il danno esistenziale, cit., p. 815 s.).
228
La felice metafora si deve a P.G. MONATERI, Danno biologico da uccisione, cit., p. 1182.
229
Il riferimento è a V. ZENO ZENCOVICH, op. ult. cit., p. 814 ss.
230
Le parole di Piero Calamandrei sono riferite da V. ZENO ZENCOVICH, op. ult. cit., p. 816.
231
Così R. SACCO, Introduzione, cit., p. 266.
232
Così, invece, P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 275.
233
In questi termini, C. SALVI, voce Danno, cit., p. 67, sulla scia di R. SCOGNAMIGLIO, Il danno
morale, cit., p. 292 ss., al quale si deve la fondazione della categoria del «danno personale».
234
Contra, A. IANNARELLI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 769.
IL DANNO INGIUSTO 223
– come accade in Francia, da circa due secoli – a selezionare gli interessi con-
siderati meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento, sulla base della loro ti-
pizzazione giuridico-sociale. Ricondotti finalmente gli artt. 2043 e 2059 c.c.
«nel» sistema generale e «monocentrico» della responsabilità civile, sulla base
di un’ermeneutica che garantisca l’autonomia e la non interferenza tra le ri-
spettive strutture e funzioni, il risarcimento di ogni danno ingiusto troverà il
suo fondamento normativo nella ordinaria funzione di compensation che è as-
sicurata dall’art. 2043 c.c., o nelle eccezionali finalità punitive contemplate da-
gli artt. 2059 c.c. e 185 c.p., esperibili, tuttavia, solo in presenza «della ricor-
renza in concreto di una fattispecie criminosa in tutti i suoi elementi costituti-
235
vi, anche di carattere soggettivo» .
235
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940.
224 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO QUARTO
SOMMARIO. SEZIONE I: La nascita del danno esistenziale e i suoi rapporti con gli altri danni non
patrimoniali. – 1. Il riconoscimento del danno esistenziale e le discordanti posizioni assunte
dalla Cassazione. La distinzione ontologica con il danno biologico e con il danno morale
soggettivo. – 2. Il superamento della concezione “onnicomprensiva”. Il danno esistenziale
quale lesione di un interesse costituzionalmente rilevante. – 3. Gli equivalenti del danno esi-
stenziale nel panorama giuridico contemporaneo: le esperienze inglese, tedesca e francese.
Le analogie e le differenze con il loss of amenities of life e con il préjudice d’agrément. – 4. La
progressiva espansione, in Italia, dell’area del danno non patrimoniale risarcibile. L’orienta-
mento «nominalistico» della giurisprudenza di merito che, sovente, ha confuso il danno esi-
stenziale con quello morale. L’accoglimento della concezione pluralista delle “voci” del
danno non patrimoniale. – 5. Il tentativo di arginare la riparazione dei danni “micro-esisten-
ziali” sulla base di un principio di tipicità dei danni non patrimoniali. Critica. Le differenti
soluzioni nelle responsabilità da torto e da contratto. L’atipicità dei sistemi di responsabilità
contrattuale e delittuale, con funzione di compensation, con riguardo ai danni sia patrimo-
niali, sia non patrimoniali. – 6. Segue. Le ulteriori critiche alla tesi della tipicità del sistema
di riparazione del danno non patrimoniale. Il carattere primario, prioritario e sistemico-
assiologico del giudizio d’ingiustizia. Il danno “ingiusto” non patrimoniale nella giurispru-
denza della Cassazione. – 7. Il controverso orientamento sull’onere della prova. Il ricorso a
valutazioni prognostiche, a massime d’esperienza e a presunzioni: l’inversione dell’onere
della prova. – SEZIONE II: Il danno non patrimoniale secondo le Sezioni Unite. – 8. Il dibatti-
to in tema di danno esistenziale e la sua incidenza negativa su una pacata riflessione in tema
di danni alla persona. Le incongruenze del discorso generalizzante delle Sezioni Unite, che
trova un insormontabile ostacolo in molteplici testi di legge, anche di rango costituzionale. –
9. Il superamento della figura del danno morale soggettivo e il riconoscimento del danno
“ingiusto” non patrimoniale. L’affievolimento della teoria c.d. “consequenzialistica” e il ri-
corso alle valutazioni prognostiche e alla prova presuntiva. – 10. La pretesa tipicità dei “di-
ritti inviolabili” e del sistema di riparazione del danno non patrimoniale. La prospettiva di-
namica del rapporto e il giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto. – 11. I con-
troversi criteri della «serietà del danno» e della «gravità della lesione» (recte, della “serietà
della lesione” e della “gravità del danno”). – 12. Il danno non patrimoniale “da inadempi-
mento” e l’erroneo ricorso al giudizio d’ingiustizia. Il mancato superamento dell’«espedien-
te del cumulo di azioni». – 13. La tendenza riduzionista delle Sezioni Unite e la “globalizza-
zione” del danno non patrimoniale. Critica. – 14. Segue. La confusione creata dall’indistin-
zione tra il danno biologico e il danno morale. La liquidazione individualizzata di ciascuna
“voce” dei danni patrimoniali e non patrimoniali. – 15. I correttivi proposti per la liquida-
zione del danno biologico, al fine di risarcire il danno morale consequenziale unitariamente
al danno anatomo-funzionale. Il distinto ruolo del giudizio di “personalizzazione”. – 16. La
226 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
riparazione dei danni non patrimoniali sulla base delle diverse finalità della responsabilità
civile. L’autonomia strutturale e funzionale dell’art. 2043 c.c. e degli artt. 2059 c.c. e 185
c.p. – SEZIONE III: Il «nuovo statuto» dei danni non patrimoniali risarcibili. – 17. Il supera-
mento, da parte del legislatore e della giurisprudenza, del fragile impianto argomentativo
edificato dalle Sezioni Unite. La prevedibile “resurrezione” dei danni morali ed esistenziali.
– 18. Segue. Il danno biologico, il danno morale e il danno esistenziale come pregiudizi «on-
tologicamente diversi» e «tutti risarcibili». – 19. Segue. Verso una nuova sistematica della
responsabilità civile da torto e da contratto. La suddivisione in due modelli strutturalmente
e funzionalmente distinti: la generale funzione di compensation e la finalità preventivo-
punitiva della riparazione nei danni (patrimoniali e non patrimoniali) da reato. – 20. Segue.
Il superamento della semplificante contrapposizione tra “esistenzialisti” ed “antiesistenzia-
listi” e il nuovo statuto dei danni non patrimoniali risarcibili.
1
1. Le numerose sentenze delle corti di merito e della Cassazione, che han-
2
no risarcito il danno esistenziale in ambito sia delittuale sia contrattuale , han-
no mutato l’attuale dibattito in materia, tant’è che la stessa dottrina che aveva
3
contestato questa figura fin dal suo nascere ha rilevato che, tre anni dopo le
decisioni del maggio 2003, nelle quali nessun cenno sarebbe stato fatto a tale
categoria, s’iniziava, «invece, a parlare di danno esistenziale per qualificare il
1
Tra le tante, Giud. di pace Bari, 22 dicembre 2003, in Danno e resp., 2004, p. 880, con note di
L. CAPUTI, Liti bagatellari, dal paradosso al parossismo: il danno da disappunto per illegittima introdu-
zione di volantini pubblicitari nelle cassette di posta, e di G. CATALANO, Di cassette per la corrispon-
denza piene e danno “esistenziale” derivante; Giud. di pace Napoli, 26 febbraio 2004, ivi, 2005, p. 433,
con nota di F. DI BONA DE SARZANA, Sciopero dei farmacisti e responsabilità; Giud. di pace Casoria,
13 luglio 2005, n. 2781, ivi, 2006, p. 54 ss., con il commento di G. PONZANELLI, Le “pericolose” fron-
tiere della responsabilità civile: il caso dei danni da blackout elettrico; Giud. di pace Casoria, 8 settem-
bre 2005, ivi, 2006, p. 432, annotata da D. FARACE, Danno esistenziale da mancata vacanza?; Trib.
Genova, 23 gennaio 2006, ivi, 2006, p. 759, con nota di P. ZIVIZ, Adelante ... ma con giudizio! (Due
sentenze genovesi sul nuovo danno non patrimoniale); Giud. di pace Napoli, I Sez. civ., 27 marzo
2006, in Dir. e giur., 2007, p. 111 ss., con nota di M. FEOLA, Il danno esistenziale del tifoso napoleta-
no. Sottolinea il ruolo assunto dal danno esistenziale nell’ambito della responsabilità contrattuale,
M.R. MARELLA, Le conseguenze «non patrimoniali» dell’inadempimento. Una tassonomia, in Colloqui
in ricordo di Michele Giorgianni, Napoli, 2007, p. 181 ss.
2
A favore del riconoscimento del danno esistenziale si sono espresse, ad es., oltre a Cass., Sez.
Un., 24 marzo 2006, n. 6572, in Danno e resp., 2006, p. 852 ss. (ivi le ulteriori citazioni), e in Corriere
giur., 2006, p. 787, con nota di P.G. MONATERI, Sezioni Unite: le nuove regole in tema di danno esi-
stenziale e il futuro della responsabilità civile; Cass., Sez. III, 31 gennaio 2008, n. 2379, in Altalex,
Quotidiano d’inf. giur., n. 2071 del 15 marzo 2008, p. 1 ss.; Cass. Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22884,
ivi, n. 2071 del 15 marzo 2008, p. 1 ss.; Cass., Sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2311, cit. in dattiloscritto;
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, in Danno e resp., 2006, p. 843 ss.; Cass., Sez. I, 4 ottobre
2005, n. 19354, in Dir. e Giust., 2005, n. 46, p. 21 ss. Hanno negato, invece, tale figura, Cass., Sez. III,
15 luglio 2005, n. 15022, ivi, 2005, n. 40, p. 48 ss. (da qui le altre citazioni), e in Resp. civ. prev., 2006,
p. 91 ss., con annotazione di P. CENDON, Danno esistenziale: segreti e bugie; Cass., Sez. III, 12 luglio
2006, n. 15760, in Corriere giur., 2006, p. 1377; Cass., Sez. III, 9 novembre 2006, n. 23918, ivi, 2007,
p. 522 ss.; Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9510, in Guida al dir., 2007, n. 19, p. 47.
3
G. PONZANELLI, Sei ragioni, cit., p. 693 ss.; ID., Una voce contraria, cit., p. 339 ss.; ID. (cur.),
Critica del danno esistenziale, cit., p. 7 ss.; ID. (cur.), Il risarcimento integrale, cit., passim.
I DANNI NON PATRIMONIALI 227
15
mo» , cioè «dagli stati d’ansia, dal patimento e dal disagio interiore connessi
al protrarsi nel tempo dell’attesa di una decisione vertente su un bene della
16
vita reclamato dal soggetto interessato» , ma anche di un danno esistenziale,
comprendente «altresì il pregiudizio che dalla durata irragionevole dell’attesa
17
di giustizia si riflette sulla vita di relazione del medesimo soggetto» . Anche la
Sezione lavoro, pur non avendo ravvisato, nella specie, la possibilità di risarci-
re ad un lavoratore il danno esistenziale in aggiunta a quelli biologico e morale
già liquidati, aveva considerato il primo come una «autonoma e legittima cate-
goria dogmatico-giuridica in seno all’art. 2059 c.c.», che «si fonda sulla natura
non meramente emotiva ed interiore, propria del cosiddetto danno morale,
ma oggettivamente accertabile del pregiudizio attraverso la prova di scelte di
vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l’evento
18
dannoso» .
Dall’altro, la Terza Sezione civile, nel ribadire, in un primo tempo, l’atteg-
giamento scettico seguito nelle due sentenze gemelle del 2003, le quali pur
avevano affermato l’integrale risarcibilità di qualsiasi «lesione [che avesse] ri-
19
guardato valori della persona costituzionalmente garantiti» , aveva assunto
una posizione esplicitamente contraria al danno esistenziale, categoria «dagli
20
incerti e non definiti confini» , che, «attraverso questa via», avrebbe condotto
21
«anche il danno non patrimoniale nell’atipicità» .
In seguito, anche la Terza Sezione si è aperta al dibattito interno. Nel deci-
dere su due analoghe richieste di risarcimento del danno non patrimoniale pa-
22
tito iure proprio dai congiunti del defunto, in una decisione ha riaffermato la
23
sua posizione contraria al danno esistenziale «come categoria generale» . In
24
un’altra, invece, ha mutato orientamento , sulla scia di una sentenza delle Se-
25
zioni Unite che, nel pronunziarsi su un caso di “demansionamento”, aveva
definito come danno esistenziale qualsiasi «lesione del diritto fondamentale
del lavoratore alla libera esplicazione della sua personalità nel luogo di lavo-
26
ro» , cioè «ogni pregiudizio che l’illecito [...] provoca sul fare areddituale del
15
Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 22.
16
Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 22.
17
Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 22.
18
Cass., Sez. lav., 16 maggio 2007, n. 11278.
19
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828 e n. 8827, in Danno e resp., 2003, pp. 817 e 822.
20
Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n. 15022, cit., p. 52; conf. Cass., Sez. III, 9 novembre 2006, n.
23918, cit., p. 523.
21
Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n. 15022, cit., p. 52; conf. Cass., Sez. III, 9 novembre 2006, n.
23918, cit., p. 523.
22
Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, cit., p. 1377.
23
Lo rileva G. PONZANELLI, Pacs, obiter, miopia giornalistica e controllo della Cassazione sulla
quantificazione del danno, in Corriere giur., 2006, p. 1379. Esclude l’esistenza di una «categoria gene-
rica del “danno esistenziale”» anche Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9510, cit., p. 47.
24
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 845.
25
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 854 ss.
26
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 856.
I DANNI NON PATRIMONIALI 229
soggetto, alterando le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano
propri, sconvolgendo la sua quotidianità e privandolo di occasioni per la espres-
27
sione e la realizzazione della sua personalità nel mondo esterno» . Il danno
esistenziale dei parenti sarebbe consistito proprio in «quello “sconvolgimento
delle abitudini di vita”» che si sostanzia «in una modificazione (peggiorativa)
della personalità dell’individuo», quale «conseguenza della subita alterazione,
della privazione (oltre che di quello materiale anche) del rapporto personale
con lo stretto congiunto nel suo essenziale aspetto affettivo o di assistenza mo-
rale (cura, amore), cui ciascun componente del nucleo familiare ha diritto nei
28
confronti dell’altro» . La Suprema corte, inoltre, nel sottolineare «come, nella
struttura dell’illecito, il danno ingiusto deriva dalla lesione di un bene della per-
sona, giuridicamente riconosciuto sulla base di referenti costituzionali o legi-
29
slativi» , aveva affermato che, in virtù del valore della solidarietà familiare,
«altrettanto solido nella Costituzione e nelle leggi italiane», il danno esisten-
ziale (risarcibile «ai sensi dell’art. 2059 correlato agli artt. 29 e 30 della Costi-
tuzione italiana») appariva configurabile tanto più per un nucleo familiare com-
30
patto .
La Cassazione, nelle successive pronunzie, aveva ribadito il suo orienta-
mento in materia. Pur rilevando come non fosse «possibile creare nuove cate-
gorie di danni, ma solo adottare per chiarezza del percorso liquidatorio, voci o
profili di danno, con contenuto descrittivo (ed in questo senso ed a questo fi-
ne può essere utilizzata anche la locuzione danno esistenziale, accanto a quella
31
di danno morale e danno biologico)» , aveva affermato che «l’interesse al ri-
sarcimento del danno non patrimoniale da uccisione del congiunto, per la de-
finitiva perdita del rapporto parentale, si concreta nell’interesse all’intangibili-
tà della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della fami-
glia, all’inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici
della persona umana nell’ambito della peculiare formazione sociale costituita
32
dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost.» . La voce
di danno, definita come “esistenziale”, era collocata «nell’area del danno non
patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c., in raccordo con le suindicate norme della
Costituzione e si distingue[va] sia dall’interesse al “bene salute” (protetto
dall’art. 32 Cost. e tutelato attraverso il risarcimento del danno biologico), sia
dall’interesse all’integrità morale (protetto dall’art. 2 Cost. e tutelato attraverso
27
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 856.
28
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 846.
29
Cass., Sez. III, 31 gennaio 2008, n. 2379, cit., p. 10.
30
Cass., Sez. III, 31 gennaio 2008, n. 2379, cit., p. 10.
31
Cass., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22884, cit., p. 4. In questi termini, discorre di danno biologi-
co, di danno esistenziale e di danno morale soggettivo come «simboli linguistici» utili a precisare le
specifiche “voci” del danno non patrimoniale, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, in M. FEOLA,
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il nuovo danno non patrimoniale, in Danno e resp., 2007, p. 856 s.
32
Cass., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22884, cit., p. 4.
230 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
33
il risarcimento del danno morale soggettivo)» . Poiché il danno esistenziale
era da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed
interiore, ma oggettivamente accertabile) che alterasse le abitudini e gli assetti
relazionali della persona, inducendola a scelte di vita diverse quanto all’espres-
sione e alla realizzazione della sua personalità, esso costituiva non «una com-
ponente o voce né del danno biologico né del danno morale, ma un autonomo
titolo di danno, il cui riconoscimento non [poteva] prescindere da una speci-
fica allegazione nel ricorso introduttivo del giudizio sulla natura e sulle carat-
34
teristiche del pregiudizio medesimo» .
Il danno esistenziale, quale ulteriore “voce” del danno non patrimoniale,
ha trovato ulteriore conferma anche nella «perdita della capacità di avere rap-
35
porti sessuali per la conseguita impotenza coeundi» . Relatore della sentenza
era stato lo stesso magistrato che, soltanto qualche mese prima, si era espresso
36
negativamente sulla figura del danno esistenziale . Oltre al danno all’integrità
psicofisica provocato dall’incidente, ed alla desueta “voce” consistente nella
menomazione della capacità lavorativa generica (però, rientrante nel danno
patrimoniale), la Cassazione non dubitava che, sulla base del «principio fon-
damentale del risarcimento integrale del danno alla persona», la perdita o «la
compromissione anche soltanto psichica della sessualità (come avviene nei casi
di stupro o di pedofilia) costituisse di per sé un danno esistenziale, la cui rile-
vanza doveva essere autonomamente apprezzata e valutata equitativamente in
termini non patrimoniali e con una congrua stima dell’equivalente economico
37
del debito di valore» .
40
le lesioni della salute», oltre alle ulteriori «ipotesi extrasomatiche» . La rileva-
ta inopportunità di ricondurre il danno biologico nell’ambito del danno esi-
stenziale, anche perché questo non avrebbe potuto essere, «per sua natura,
41
oggetto di consulenza medico-legale» , sembrava aver indotto le Corti a segui-
re una diversa interpretazione che, pur sottolineando l’autonomia del danno
esistenziale, individuava tale modello nel «danno conseguente alla lesione di
42
un civil right, nel senso di un diritto assistito da garanzia costituzionale» . Ma
la natura multiforme e, per certi versi, residuale del danno esistenziale sem-
brava negare uno specifico rilievo unitario a tale figura, la quale veniva «così
interamente a coincidere con la lesione di un qualsiasi [altro] interesse costi-
43
tuzionalmente protetto» .
Disattesa la teoria che proponeva di assorbire i danni biologico e morale
all’interno del danno esistenziale, una parte della giurisprudenza aveva impli-
citamente proposto una più limitata tesi unitaria, nel qualificare come danni
esistenziali una pluralità di danni non patrimoniali, assai eterogenei, molti dei
44
quali erano previsti dalla legge , che si caratterizzavano, essenzialmente in
senso negativo, per non essere danno alla salute o danno morale “soggettivo”.
Nel law in action, il danno esistenziale era identificato con il danno patito iure
proprio dai congiunti del defunto (che era ridefinito come danno esistenziale
45
da privazione del rapporto parentale) , con il danno par ricochet subito dai
familiari anche in ipotesi di sopravvivenza, con lesioni invalidanti, della vitti-
46
ma primaria dell’illecito , con il «danno psichico da sofferenza esistenziale»
47
di intensità «catastrofica» , con il danno da ingiusta privazione della libertà
48 49
personale o da irragionevole durata del processo , con la violazione del «di-
50
ritto alla sessualità» , con la lesione della dignità personale, con il mobbing e
40
P. CENDON, op. loc. ult. cit.
41
P.G. MONATERI, Verso una teoria, cit., p. 723 s.
42
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
43
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 34.
44
Si pensi, ad es., al danno derivante dalla ingiusta privazione della libertà personale nell’esercizio
di funzioni giudiziarie (art. 2, legge 13 aprile 1988, n. 11; emblematico, in proposito, il caso Barillà:
sul quale, G. PONZANELLI, Gli «esistenzialisti» dopo la svolta del 2003 e la sentenza della Cassazione
penale sul caso Barillà, in Danno e resp., 2004, p. 966); al danno conseguente al mancato rispetto del
termine ragionevole di durata del processo (art. 2, l. 24 marzo 2001, n. 89; qualifica tale danno come
“esistenziale”, ad es., Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 22 s.); al danno da “vacanza rovi-
nata”; ecc.
45
Cfr., ad es., Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 846 s.
46
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, in Corriere giur., 2001, p. 1319 ss.; e già Cass., 23 aprile 1998,
n. 4186, in Danno e resp., 1998, p. 689.
47
Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in Danno e resp., 2001, p. 821.
48
Sulla sentenza della Cassazione resa sul caso Barillà, cfr. E. NAVARRETTA, Non è solo esistenzia-
le il danno da errore giudiziario: il caso Barillà e il processo kafkiano, in Nuova giur. civ. comm., 2003,
p. 506 ss.
49
Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 22 s.
50
Cass., Sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2311, cit., p. 8 s.
9.
232 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
51
l’illegittimo “demansionamento” , con lo stress che deriva da immissioni ru-
morose, con il danno emozionale che può discendere da una vacanza “rovina-
ta”, con la sofferenza derivante dalla morte del proprio animale domestico,
con le conseguenze di un protesto illegittimo, con i danni derivanti da una ca-
lunnia o da una diffamazione, persino con gli inconvenienti sofferti dai con-
domini di un edificio crollato a seguito di una fuga di gas, ecc., ovvero con i
52
più disparati casi tratti dalla responsabilità delittuale e contrattuale , «al pun-
to da confondersi con questi ultimi e da perdere ogni autonomia dogmatica e
53
normativa» . La Cassazione, riguardo a queste ultime ipotesi che trovavano
esclusivo riconoscimento nella giurisprudenza di merito, aveva assunto un orien-
tamento più restrittivo: aveva escluso il risarcimento del danno esistenziale de-
rivante dal decesso di un animale d’affezione (nella specie, un cavallo), poiché
aveva ritenuto non sussistere un danno «consequenziale alla lesione di un inte-
resse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva
54
costituzionalmente protetta» . Una posiziona analoga era stata seguita allor-
ché si era chiesto, a seguito della collocazione di un lampione che avrebbe po-
tuto consentire l’ingresso di ladri in un’abitazione prospiciente, il risarcimento
del danno esistenziale per “stress psicologico da timore”. Ma la Suprema corte
aveva affermato, in maniera non del tutto condivisibile, che «né la serenità né
la sicurezza costituiscono, in se stesse considerate, diritti fondamentali di ran-
go costituzionale inerenti la persona, la cui lesione consente il ricorso alla tute-
55
la risarcitoria del danno non patrimoniale» .
In presenza di una siffatta congerie di ipotesi dannose, che la giurisprudenza
riconduceva indistintamente nell’ambito della categoria del danno esistenziale,
il denominatore comune di questa figura era ravvisato nell’essere un aspetto del
danno “non patrimoniale” «che, pur dovendo – diversamente dal danno morale
soggettivo – obiettivarsi, a differenza del danno biologico rimane[va] integrato
56
a prescindere dalla relativa accertabilità in sede medico-legale» . Anche pre-
scindendo dalle contestazioni rivolte all’espressione “danno esistenziale”, con-
57
siderata «troppo generica e atecnica» , anfibologica o addirittura inconsisten-
58
te sotto il profilo giuridico, non sembrava esistere «una linea di distinzione
certa e univoca» tra il danno morale conseguente alla lesione di un diritto in-
59
violabile e il «danno esistenziale derivante dalla lesione degli stessi diritti» .
51
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 854 ss.
52
I riferimenti giurisprudenziali dei casi citati nel testo sono in G. RAGO, Il danno esistenziale, in
Danno e resp., 2002, p. 329, in nota 2 ss., e in P. CENDON, P. ZIVIZ, Il risarcimento del danno esisten-
ziale, Milano, 2003, p. 317 ss.
53
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 23.
54
Cass., Sez. III, 27 giugno 2007, n. 14846.
55
Cass., Sez. III, 12 febbraio 2008, n. 3284.
56
Così, Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 846.
57
G. PONZANELLI, Il danno esistenziale, cit., p. 850.
58
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 80.
59
G. PONZANELLI, op. loc. ult. cit.
I DANNI NON PATRIMONIALI 233
L’ampia definizione del danno alla salute, resa dal Codice delle Assicura-
zioni, quale lesione dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di accer-
tamento medico-legale, «che» esplichi «un’incidenza negativa sulle attività quo-
tidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato» (art. 138,
comma 2, lett. a del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209), sembrava escludere «una
ontologica diversità tra il danno biologico c.d. dinamico, non legato e non
60
identificato nella sola sfera della lesione psico-fisica» , e il danno esistenziale
inteso quale conseguenza relazionale della menomazione. Ma tale interpreta-
zione, oltre a richiedere una generalizzazione della regola di là dai rapporti as-
sicurativi, rimaneva comunque confinata alla problematica del danno biologi-
co, non riguardando le innumerevoli ipotesi nelle quali il danno esistenziale
non era conseguenza di una lesione dell’integrità psicofisica. Inoltre, l’art. 138
61
avrebbe potuto essere invocato anche all’inverso , poiché proprio questo te-
sto sembrava prescrivere la liquidazione del danno alla salute nelle distinte
“voci” della menomazione psicofisica in sé (danno-evento) e delle sue (even-
tuali ed ulteriori) conseguenze dinamiche e relazionali non patrimoniali.
60
G. PONZANELLI, op. loc. ult. cit.
61
Come sembra rilevare la stessa Cassazione (cfr., ad es., Sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2311, cit., p.
5 s.).
62
F.D. BUSNELLI, Il danno alla persona al giro di boa, in Danno e resp., 2003, pp. 237-243.
63
Ad es., Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 856.
64
Sottolineato, implicitamente, da P. CENDON, Esistere o non esistere, in P. CENDON (cur.), Trat-
tato breve dei nuovi danni. Il risarcimento del danno esistenziale: aspetti civili, penali, medico-legali,
processuali, vol. I, Padova, 2001, p. 40 ss.
65
Così, L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 66 ss.
234 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
66
La «visione cruenta dell’illecito» che ha caratterizzato, per tradizione, il
diritto anglosassone, ha garantito al danno all’integrità fisica una posizione
privilegiata, mentre emotional distress e nervous shock e, più in generale, lo
stesso danno psichico, anche se provocati alla vittima “secondaria” dal deces-
so di uno stretto congiunto, hanno potuto assumere rilievo soltanto sulla base
di tests di physical e causal proximity che testimoniassero un certo “impatto fi-
67
sico” dell’evento dannoso sull’attore . Revocato in dubbio l’orientamento più
liberale che dava rilievo assorbente al principio di “ragionevole prevedibilità”
68
(foreseeability), unitamente ad una «recognizable psychiatric illness» , hanno
assunto importanza la presenza o prossimità della vittima par ricochet alla zone
of danger, la percezione od osservazione diretta dell’incidente, l’intensità del
69
legame di parentela esistente tra l’attore e la vittima diretta . Dal danno rifles-
so d’affezione per la privazione del rapporto parentale è necessario, tuttavia,
70
distinguere il loss of amenities of life che, riguardando specificamente la per-
dita delle amenità della vita da parte della vittima (primaria), e, quindi, un non
poter più fare, maggiormente si avvicina all’idea del danno esistenziale. Pro-
71
prio la distinzione, sancita in West v. Shephard , e confermata in Lim v.
72
Camden Health Authority , tra loss of amenities of life e pain and suffering ha
indotto la Camera dei Lords a risarcire la «privazione delle sensazioni e dei
73
piaceri ordinari dell’esistenza» , a differenza del dolore e della sofferenza, an-
che nel caso d’incoscienza della vittima. Da rilevare, tuttavia, che il loss of
amenities of life è allocato essenzialmente quale conseguenza di un danno
all’integrità fisica.
Con riferimento all’esperienza tedesca, pur in presenza di talune rilevate
74
similitudini , non sembra possibile affermare che il danno esistenziale trovi il
suo equivalente nelle figure che usualmente sono inquadrate nell’ambito
dell’allgemeines Persönlichkeitsrecht, che la giurisprudenza tedesca elaborò
per estendere i limiti risarcitori prescritti, per il nicht Vermögensschaden, dai
66
P.S. JAMES, The Fallacies, cit., p. 149 ss.
67
In argomento, G. MARINI, Emotional distress, nervous shock e prevedibilità del danno, in Dan-
no e resp., 1999, p. 502 ss., al quale si rinvia per le ampie citazioni di dottrina e giurisprudenza.
68
In questi termini si espresse la Camera dei Lords nel decidere McLoughlin v. O’Brian [1983]
A.C. 410, e Junior Book Ltd. v. Veitchi Co. Ltd. [1983] A.C. 520.
69
Cfr., ad es., Alcock v. Chief Constable of the South Yorkshire Police [1991] 4 All E.R. 907.
70
Un discorso diverso riguarda, invece, il loss of expectation of life che, sulla scia delle obiezioni
formulate dal Pearson Committee, ai sensi dell’art. 1 (a) dell’Administration of Justice Act, non può
più rappresentare una voce autonoma del danno risarcibile. Tale figura fu riconosciuta, per la prima
volta, nel 1935, in Flint v. Lovell [1935] 1 K.B. 354, e confermata, dalla Camera dei Lords, in Rose v.
Ford [1937] A.C. 826. Rigorosi limiti risarcitori furono previsti, in seguito, in Benham v. Gambling
[1941] A.C. 157.
71
West and Sons Ltd. v. Shephard [1964] A.C. 326. Sul punto si era già espressa la Court of Ap-
peal in Wise v. Kaye [1962] 1 Q.B. 638.
72
Lim Poh Choo v. Camden and Islington Area Health Authority [1980] A.C. 174.
73
Cfr., infatti, Lord Morris, in West and Sons Ltd. v. Shephard [1964] A.C. 326.
74
G. CIAN, La riforma del BGB, cit., p. 130.
I DANNI NON PATRIMONIALI 235
§§ 253 e 847 BGB. A seguito della riforma del 2002, la situazione non è stata
sostanzialmente innovata dall’abrogazione del § 847 e dal suo (re)inserimento
75
nel comma 2 del § 253, che pur hanno esteso, non senza contestazioni , l’area
di risarcibilità del danno non patrimoniale ad ogni violazione dell’autodeter-
minazione sessuale e all’intero settore della responsabilità contrattuale. Anche
76
in presenza di una possibile estensione in via analogica della tutela prevista
dal capoverso del § 253 ai casi di lesione dell’allgemeines Persönlichkeitsrecht,
77
ricerche svolte in materia confermano, implicitamente , come i giudici tede-
schi tendano talvolta a risarcire, all’interno di specifiche figure, le conseguenze
relazionali dei danni biologici e degli altri danni «immateriali», ma senza che il
danno esistenziale riesca ad assumere un generale ed autonomo rilievo.
La ricerca sugli equivalenti del danno esistenziale non può non riguardare
il diritto francese che, a ragione, può essere considerato come il sistema più
78
ampio di risarcimento del danno non patrimoniale . La dottrina, non scevra
da influenze germanistiche, discorre di «préjudice patrimonial» e «préjudice
79
extra-patrimonial» , ovvero di «pregiudizi puramente economici» e di attein-
80
tes «a interessi non esclusivamente economici» . La giurisprudenza e il legi-
slatore, sulla scia di una consolidata tradizione, preferiscono distinguere tra
danni «matériels», «corporels» e «moraux» (art. 3, comma 2, Code proc. pén.).
Mentre il préjudice physiologique (o corporel) ha acquisito ben presto una fi-
sionomia del tutto autonoma, influenzando, in Italia, la stessa evoluzione del
81
danno biologico , le sofferenze fisiche e morali, i danni estetico e juvénile, le
lesioni dell’onore, della reputazione, di tutti i diritti e libertà della persona
(nome e identità, immagine, privatezza, dignità, ecc.), il préjudice d’affection
sofferto dalla vittima par ricochet, il danno sexuel, il «préjudice spécifique de
82
contamination» o «de séropositivité» e lo stesso préjudice d’agrément rien-
trano indistintamente nella tradizionale categoria del danno morale, senza che
nessun rilievo assuma, esplicitamente, la figura del “danno esistenziale”.
All’interno dei dommages moraux, tuttavia, proprio il danno sexuel e, so-
prattutto, il préjudice d’agrément maggiormente si avvicinano al danno esisten-
75
Sul punto, G. CIAN, op. ult. cit., p. 132 ss. e passim.
76
G. CIAN, op. ult. cit., p. 132.
77
Malgrado le diverse intenzioni dell’Autore, cfr., infatti, G. CHRISTANDL, Il danno alla sfera di
realizzazione personale nella giurisprudenza tedesca. Una panoramica sul “danno esistenziale” in Ger-
mania, relazione tenuta al Convegno “Le nuove frontiere del danno non patrimoniale”, organizzato
dall’Ordine Forense di Forlì (Cesena) il 15 ottobre 2004.
78
Ammettono che il diritto francese sia «uno dei più generosi del mondo», G. VINEY, P. JOUR-
DAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., p. 36.
79
Per tutti, Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 149.
80
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 19 e 23.
81
La proposta, poi divenuta del tutto dominante, di applicare il sistema del calcul au point, al po-
sto dei primordiali criteri di liquidazione, si deve a quella dottrina che, per prima, illustrò ai giuristi
italiani il funzionamento del sistema d’oltralpe (F.D. BUSNELLI, Diritto alla salute, cit., p. 567 ss.).
82
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 43 s.
236 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
ziale, in virtù delle peculiari connotazioni che caratterizzano tali figure. Mentre
il primo ha ad oggetto il risarcimento per la perdita sia della capacità di pro-
83
creare, sia «del piacere dell’atto sessuale» , derivante da un trauma o da una
84
mutilazione, il préjudice d’agrément, o, più esattamente, di «désagrément» ,
85
fin dalla definizione, un po’ “elitaria” , resa dalla Corte d’appello di Parigi
nel 1961, si è caratterizzato per il consistere nella «privazione delle soddisfa-
zioni diverse di ordine sociale, mondano e sportivo delle quali è in diritto nor-
86
malmente di beneficiare un uomo dell’età e della cultura della vittima» . In
seguito, il préjudice d’agrément ha assunto connotazioni sempre più ampie,
comprendendo qualsiasi «diminuzione dei piaceri della vita causata [...] dall’im-
possibilità o dalla difficoltà di potersi dedicare a delle attività normali d’agré-
87
ment» . Questa ampia definizione è stata in breve recepita sia dalla Seconda
88 89
Sezione civile della Cassazione , sia dalla Chambre sociale e dalle Sezioni
penali che hanno esteso tale figura a qualsiasi «privazione dei piaceri di una
90
vita normale» , affermando esplicitamente che il préjudice d’agrément «deve
essere inteso non soltanto come l’impossibilità di potersi dedicare a un’attività
ludica o sportiva, ma anche come la privazione definitiva dei piaceri normali
91
dell’esistenza» . In proposito, la Suprema corte ha vietato al giudice di «poter
rifiutare alla vittima un’indennità a titolo di pregiudizio d’agrément per il fatto
che non è stata apportata la prova di un’attività di svago alla quale le conse-
92
guenze dell’incidente le avrebbero impedito di potersi dedicare» . Malgrado
93
si sia proposto di assorbire il préjudice d’agrément in quello physiologique , al
fine di evitare duplicazioni risarcitorie, e nonostante, per un certo periodo, si
sia potuto «credere a priori che l’adozione di questa concezione estesa avreb-
be provocato un raggruppamento, all’interno di questa categoria, dell’insieme
94
dei pregiudizi morali conseguenti ad una lesione dell’integrità biologica» , le
95
Corti hanno continuato ad allocare indennità distinte , risarcendo il préjudice
d’agrément in aggiunta agli ulteriori danni fisiologici e morali.
83
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 43.
84
Così, Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 226.
85
Discorre di una «coloration élitiste», Y. CHARTIER, op. loc. ult. cit.
86
App. Paris, 25 mars 1961, in Rec. Dalloz, 1962, Jur., p. 136.
87
App. Paris, 2 décembre 1977, in Rec. Dalloz, 1978, Jur., p. 285.
88
Ad es., già Cass., II Ch. civ., 20 mai 1978, in Sem. jur., 1978, IV, p. 221; Cass., II Ch. civ., 25
février 1981, ivi, 1981, IV, p. 16.
89
Il leading case in materia è Cass., Ch. Soc., 16 novembre 1983, in Rec. Dalloz, 1984, Jur., p. 466.
90
Cass., Ch. Soc., 5 janvier 1995, in Sem. jur., 1995, I, 3853, n. 23, e in Rev. trim. dr. civ., 1995,
p. 892.
91
Cass. Crim., 26 mai 1992, in Sem. jur., 1992, I, 3625, n. 27.
92
Cass., Ch. Soc., 16 novembre 1983, cit., p. 466.
93
Y. LAMBERT FAIVRE, Note a App. Paris, 2 décembre 1977, in Rec. Dalloz, 1987, Jur., p. 286; Y.
CHARTIER, La réparation, cit., p. 230.
94
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 42.
95
Cfr. G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
I DANNI NON PATRIMONIALI 237
96
Cfr., ad es., Cass., Ch. Soc., 9 novembre 1976, in Bull. civ., V, n. 573, p. 467; Cass., Ch. Soc., 13
décembre 1979, ivi, V, n. 997, p. 730.
97
Questa tesi è, invece, sostenuta da Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 856.
98
Sottolineava un allineamento, sotto questo profilo “oggettivo”, tra il préjudice d’agrément e il
loss of amenities of life, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 233 s.
99
Il leading case è considerato, in materia, Cass. crim., 3 avril 1978, in Sem. jur., 1979, II, Jur.,
19168.
100
Cass., II Ch. civ., 22 février 1995 (2 arrêts), in Sem. jur., 1996, II, Jur., 22570.
101
Così, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 47.
102
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
238 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
sione della personalità del soggetto nel suo modo di essere sia personale che
sociale che si sostanzia nella alterazione apprezzabile della qualità della vita
113
consistente in “agire altrimenti” o in un “non poter più fare come prima”» ,
poi aveva risarcito come danno esistenziale proprio la «sofferenza» patita dal
tifoso, che, anche a suo dire, avrebbe dovuto connotare il solo danno morale.
In presenza di tali decisioni, argomentate in maniera poco convincente, gli
stessi sostenitori del danno esistenziale avevano denunciato un utilizzo «pu-
114
ramente nominalistico» e formalista di tale figura. Il danno esistenziale sa-
rebbe divenuto, «di questo passo, un involucro di carattere formale, un flatus
vocis, il cui utilizzo prescinde[va] da qualsiasi verifica circa l’effettività dei
115
pregiudizi patiti dalla vittima» . Per di più, la giurisprudenza, in tutte queste
ipotesi, definiva danno esistenziale ciò che, in realtà, era un danno morale,
116
poiché riparava situazioni di «disagio e sofferenza della vittima» , «di ordine
psichico ed emotivo» che, invece, dovevano «essere ascritt[e] al danno mora-
117
le» . Tuttavia, permaneva un dubbio: il fatto che le corti non fossero sempre
in grado di distinguere il danno esistenziale da quello morale, identificando
sovente il primo con il secondo, o chiamando danno esistenziale ciò che, per
118
tradizione e negli altri diritti, è sempre stato considerato un danno morale ,
confermava l’equivocità di una partizione che, ispirata ad alcuni tratti distinti-
vi individuati a priori e “in astratto”, nel law in action rischiava d’ingenerare
119
una certa confusione .
Inoltre, pur se si aderiva alla tesi, per così dire, “atomistica” del danno non
patrimoniale, cioè alla proposta di scomporre tale figura in una pluralità di
120
“voci” eventualmente concorrenti , l’una riguardante la lesione dell’integrità
psicofisica, l’altra l’aspetto relazionale della lesione, l’altra ancora il profilo
“soggettivo” della sofferenza, non sembrava comunque condivisibile l’orienta-
mento di quella giurisprudenza che intendeva riqualificare i “nuovi danni”, in
modo occasionale, ora come danno morale, ora come danno esistenziale. Se si
considerava tale ultima voce “ontologicamente” distinta dalle altre per il suo
carattere relazionale, sembrava possibile che, nel risarcire la maggior parte dei
danni non patrimoniali, anche non biologici, la “voce” del danno esistenziale
113
Giud. di pace Napoli, I Sez. civ., 27 marzo 2006, cit., p. 131.
114
P. ZIVIZ, Adelante, cit., p. 765.
115
P. ZIVIZ, F. BILOTTA, Danno esistenziale: forma e sostanza, in Resp. civ. prev., 2004, p. 1308.
116
Lo rileva anche P. ZIVIZ, op. loc. ult. cit.
117
P. ZIVIZ, op. ult. cit., p. 764.
118
Si pensi, ad es., al préjudice moral patito iure proprio dalla vittima par ricochet (cfr. Cass., Sez.
III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 845 s.).
119
In questi termini, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 23
ss. e passim.
120
Che il «pregiudizio esistenziale» costituisca la “terza” voce del danno non patrimoniale è opi-
nione affermata sia dalla Cassazione (ad es., I Sez. civ., 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 22), sia dalla
stessa dottrina che ha contestato tale figura (G. PONZANELLI, Le tre voci di danno non patrimoniale:
problemi e prospettive, in Danno e resp., 2004, p. 5 ss.).
240 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
126
venza dell’art. 2059 c.c. Tuttavia, allorché si era considerato «inoperante» il
«limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 c.p.», ogni qualvol-
ta la lesione avesse «riguardato valori della persona costituzionalmente garan-
127
titi» , e, soprattutto, allorché si era fondato il “risarcimento” del danno non
patrimoniale, inteso «come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui
128
sia leso un valore inerente alla persona» , direttamente sull’art. 2 Cost., al
punto che lo stesso danno morale soggettivo, inteso come lesione dell’«interes-
129 130
se all’integrità morale» , appariva «agevolmente ricollegabile all’art. 2 Cost.» ,
diveniva poi contraddittorio evocare un sistema di tipicità del danno (rectius,
illecito) non patrimoniale da torto. Tale concezione si scontrava non soltanto
con l’ormai unanime orientamento che individua nell’art. 2 Cost. una clausola
131 132
generale “aperta” che giuridifica il valore della persona , ma anche con l’ef-
ficacia delle «fonti internazionali recepite attraverso l’art. 10 Costituzione» e
con quelle «sovranazionali (in primo luogo europee) che vanno a collocarsi,
133
nella gerarchia, al di sopra delle norme di rango ordinario» . Ipotizzare un
modello tipizzato per i danni non patrimoniali, contrapposto ad un sistema
atipico per i danni patrimoniali, voleva dire leggere all’inverso, in ordine ai ri-
134
medi, la “gerarchia dei valori” che è a fondamento dell’odierno ordinamen-
to civil-costituzionale.
Nel ricollegare «l’art. 2 Cost. all’art. 2059 c.c. piuttosto che all’art. 2043
c.c.», la giurisprudenza, probabilmente senza avvedersene, aveva «abroga[to]
il limite di legge previsto dall’art. 2059 c.c., affermandone l’incostituzionali-
135
tà» . Ed era «proprio per evitare questo inevitabile [...] esito» che, in epoca
anteriore al 2003, la letteratura giuridica più avvertita aveva «aggirato l’osta-
colo con il collegamento all’art. 2043 c.c., che il limite di legge non preve-
136
de» . «Eliminato» il limite di legge di cui all’art. 2059 c.c., il nostro sistema
126
Cfr. Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, e Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n.
8827, cit., p. 822.
127
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, e Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827,
cit., p. 822.
128
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 816, e Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827,
cit., p. 821; conf. Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n. 15022, cit., p. 52.
129
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818, e Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827,
cit., p. 822.
130
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818, e Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827,
cit., p. 822.
131
In questi termini, già P. PERLINGIERI, La personalità umana, cit., p. 12 ss. e passim.
132
D. MESSINETTI, voce Personalità (diritti della), in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, p. 355 ss.
133
M. DI MARZIO, op. cit., p. 18.
134
Che tale dato rappresenti un “elemento determinante”, sotteso a ciascun diritto, è sottolineato
da L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 208 s.
135
F. GAZZONI, L’art. 2059 c.c. e la Corte costituzionale: la maledizione colpisce ancora, in Resp.
civ. prev., 2003, p. 1304, si chiede, retoricamente, se sia stato «corretto ricollegare l’art. 2 Cost. all’art.
2059 c.c. piuttosto che all’art. 2043 c.c.».
136
Le espressioni tra virgolette sono di F. GAZZONI, op. loc. cit.
242 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
di responsabilità civile è divenuto «monolitico, nel senso che tutti i danni, pa-
trimoniali e non patrimoniali, sono risarcibili in base ai principi posti dall’art.
137
2043 c.c., ivi compresa la presunzione di colpa, se del caso» .
Come si era, fin da subito, rilevato, la dichiarata “inoperatività” del limite
di cui agli artt. 2059 c.c. e 185 c.p., nel caso di lesione di interessi costituzio-
nalmente rilevanti, avrebbe sancito la nascita di una «neonata clausola genera-
138
le» di cui agli artt. 2059 c.c. e 2 Cost. la quale, in assenza dell’originario rife-
rimento alla specifica fattispecie di reato, avrebbe mutuato dall’art. 2043 c.c. il
139
criterio civilistico dell’“ingiustizia” , al fine di operare la selezione degli inte-
140
ressi «giuridicamente rilevanti» . La dottrina era stata concorde nel ravvi-
sare sia una «dolce morte» dell’art. 2059 «per sopravvenuta inutilità di una
141
sua persistente vita autonoma» , sia una “morte apparente” e una contestua-
142
le «resurrezione» di una teoria “monocentrica” della responsabilità civile
143
fondata, con funzione di compensation, sulla norma primaria di cui all’art.
2043 c.c.
Tali considerazioni erano state confermate sia da chi aveva ravvisato, nel-
l’evoluzione della giurisprudenza di merito e di legittimità, una sostanziale abro-
144
gazione dell’art. 2059 c.c. , reso, ormai, un «inutile duplicato dell’art. 2043
145
c.c.» ; sia dalla stessa Cassazione, che esplicitamente discorreva di «un’ingiu-
sta lesione di valori della persona costituzionalmente garantiti, dalla quale [...]
conseguano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica, senza sogge-
zione al limite derivante dalla riserva di legge correlata principalmente all’arti-
146
colo 185 c.p.» .
Il danno non patrimoniale da torto, in assenza del collegamento ad una
specifica fattispecie di reato che esplicitasse, a volta a volta, i suoi peculiari
“elementi costitutivi”, era risarcibile in quanto danno ingiusto non patrimonia-
137
F. GAZZONI, op. cit., p. 1305, ove precisa che tale esito è «reso possibile anche dal fatto che,
sul piano formale, l’art. 2043 c.c. parla di “danno ingiusto” e di “obbligo di risarcire il danno”, senza
mai precisare che il danno deve essere patrimoniale». In questi termini, A. PROCIDA MIRABELLI DI
LAURO, Il danno ingiusto, Parte II, cit., pp. 219-264.
138
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c., cit., p. 833.
139
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 834.
140
L’espressione è stata “codificata” da Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999,
I, p. 2270.
141
F.D. BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate, cit., p. 827; e già, P. CENDON, Anche se gli amanti si per-
dono, cit., p. 385.
142
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Morte e resurrezione, cit., p. 621 ss.
143
Tale qualificazione è stata autorevolmente ribadita da Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500,
cit., p. 2270.
144
Tra gli altri, M. DI MARZIO, Danno esistenziale, cit., p. 18.
145
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c., cit., p. 834; e ora, M. DI MARZIO, op. loc.
ult. cit., per il quale l’art. 2059 c.c. è stato «sostituito da una sorta di articolo 2043 bis dedicato al
danno non patrimoniale».
146
Questa espressione, comune a tutte le più recenti decisioni della Suprema corte, è tratta dalla
stessa sentenza (Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n. 15022, cit., p. 52) che, al contrario, tenta di dimo-
strare la tipicità del sistema di riparazione del danno non patrimoniale.
I DANNI NON PATRIMONIALI 243
147
Così Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270.
148
E. NAVARRETTA, Ripensare il sistema dei danni non patrimoniali, in Resp. civ. prev., 2004, p. 8.
149
E. NAVARRETTA, op. ult. cit., p. 9.
150
E. NAVARRETTA, op. loc. ult. cit.
151
Non così, invece, E. NAVARRETTA, op. loc. ult. cit.
244 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
152
espansiva autopoietica» , reso a titolo esemplificativo e senza pretesa di com-
153
pletezza , ne era la prova evidente. Un’autorevole dottrina resta ancora in at-
tesa «che qualcuno [...] indichi un solo caso di danno alla persona che non sa-
154
rebbe risarcibile, in quanto non ricollegabile all’art. 2 Cost.» .
155
Malgrado l’ambiguità delle espressioni talvolta utilizzate , il sistema di ri-
parazione del danno non patrimoniale non sembrava poter essere contestato
156
quale espressione di una «costituzionalizzazione» dei danni . Era la lesione
157
dell’interesse «giuridicamente» e/o costituzionalmente rilevante ad essere l’uni-
co fondamento del risarcimento dei danni patrimoniale e non patrimoniale.
Non doveva essere il risarcimento del danno, invece, a poter “costituzionalizza-
re” l’interesse, così come talvolta avviene in quei diritti che, prescindendo, per
tradizione, dalla retorica costituzionale e dalla stessa qualificazione a priori del-
l’interesse, pragmaticamente muovono, «al contrario, dai tipi di danno che sono
158
giuridicamente riparabili» al fine di «indurre gli interessi che sono protetti» .
Tale posizione era confermata anche da chi sembrava non condividere lo
159
«stupore» della dottrina «per l’accoglimento di un concetto di ingiustizia
160
del danno “alternativo” rispetto a quello dell’art. 2043 c.c.» . «Non vi è dub-
bio», si affermava, «che il risarcimento del danno non patrimoniale debba ne-
cessariamente trascorrere per il requisito dell’ingiustizia, e che il filtro per la
selezione delle pretese risarcitorie debba opportunamente collocarsi su tale
requisito anziché sul piano delle conseguenze dannose, per le quali opera
161
semmai il criterio della causalità» .
162
«Assolutamente vana» era parsa, infine, l’idea di escludere il risarcimen-
to dei danni esistenziali sulla base della «intensità in concreto dell’offesa» e
163
della sua «oggettiva tollerabilità» . Affermare che la valutazione d’ingiustizia
164
dovesse «scattare [...] solo una volta che il danno superi una certa entità» , e
152
E. NAVARRETTA, op. loc. ult. cit.
153
Cfr., infatti, E. NAVARRETTA, op. ult. cit., pp. 9-12.
154
F. GAZZONI, L’art. 2059 c.c., cit., p. 1306.
155
Per una critica delle quali, cfr. E. NAVARRETTA, op. ult. cit., p. 5.
156
Così, invece, E. NAVARRETTA, op. loc. ult. cit.
157
In questi termini, Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270. Per una ricostruzione
delle definizioni dell’ingiustizia nella dottrina italiana, come «interesse giuridicamente tutelato e pro-
tetto nella vita di relazione», «interesse giuridicamente rilevante», «interesse socialmente apprezzabi-
le», «interesse tout court», cfr. V. SCALISI, Ingiustizia del danno e analitica della responsabilità civile, in
Riv. dir. civ., 2004, I, p. 38 s., in nota 35.
158
Lo rileva, ma con riferimento al diritto francese, M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 302.
159
Manifestato, ad es., da P. ZIVIZ, F. BILOTTA, Danno esistenziale, cit., p. 1315.
160
Cfr., infatti, D. POLETTI, Manifesta inammissibilità per l’ennesima questione di legittimità costi-
tuzionale dell’art. 2059 c.c., in Resp. civ. prev., 2005, p. 660.
161
D. POLETTI, op. loc. ult. cit.
162
F. GAZZONI, op. cit., p. 1307.
163
Per tale proposta v., invece, E. NAVARRETTA, op. ult. cit., p. 14.
164
Critica tale soluzione P. ZIVIZ, Brevi riflessioni sull’ingiustizia del danno non patrimoniale, in
Resp. civ. prev., 2003, p. 1341.
I DANNI NON PATRIMONIALI 245
che non dovrebbe «stupire che il tipo e la gravità dell’offesa possano incidere
sull’identificazione del diritto o del valore lesi, poiché è proprio dalle aggres-
165
sioni che nasce l’impulso ad affermare la tutela giuridica degli interessi» , si-
gnificava utilizzare proprio quello stesso metodo inverso, che si era contestato
per la “costituzionalizzazione” dei danni, al fine di dedurre l’esistenza dell’in-
teresse protetto dal danno risarcito.
Una diversa proposta, invece, conferiva al giudice il compito di limitare il
risarcimento a quei danni che sarebbero «significativi secondo una valutazione
166
sociale tipica» , in considerazione del «disvalore sociale» che «una certa le-
167
sione assume in un certo momento storico» . Trasponendo il problema sul
168
piano degli interessi giuridicamente e/o costituzionalmente rilevanti , ciò non
significava che il giudice potesse creare un qualsiasi dovere «secondo il modo
in cui riterrà opportuno interpretare la coscienza collettiva in un determinato
169
momento storico» , bensì che l’ingiustizia del danno dovesse «ritenersi ope-
rante in tutte le situazioni per le quali è prevista una qualsiasi forma di prote-
170
zione» .
Spettando comunque al giudice esprimere il giudizio d’ingiustizia, decidere
sulla reale entità del danno e delle sue conseguenze, respingere eventuali «pre-
171
tese inconsistenti e capricciose» , non sembrava proficuo nutrire una genera-
172
lizzata sfiducia nell’opera delle corti , soprattutto in un settore, come quello
della responsabilità civile, che in ogni paese ha la sua fonte primaria proprio
nella giurisprudenza.
173
Appariva opportuno ribadire, con la più avvertita dottrina , il carattere
primario, prioritario, unitario e sistemico-assiologico del giudizio d’ingiustizia,
che non può essere, a piacimento dell’interprete, suddiviso in molteplici e
174
multiformi “livelli” , secondo che il danno sia patrimoniale o non patrimo-
niale, o in una «iniuria nell’art. 2043 c.c.» che si vorrebbe contrapposta al-
175
l’«iniuria nell’art. 2059 c.c.» . Tale conclusione era sottolineata dalla stessa
Cassazione la quale, nel portare a compimento l’itinerario già intrapreso, chia-
riva che «la norma in tema di danni non patrimoniali, di cui all’art. 2059 c.c.»,
165
E. NAVARRETTA, op. ult. cit., p. 16.
166
Così, P. ZIVIZ, F. BILOTTA, op. cit., p. 1317.
167
M. FRANZONI, Il danno esistenziale è il nuovo danno non patrimoniale, in Corriere giur., 2006,
p. 1393.
168
Secondo l’insegnamento di S. RODOTÀ, Il problema, cit., pp. 112, 199 ss.
169
S. RODOTÀ, op. ult. cit., p. 112.
170
S. RODOTÀ, op. ult. cit., p. 112 s.
171
L’espressione è tratta da P. ZIVIZ, F. BILOTTA, op. ult. cit., p. 1317, in nota 29.
172
Cfr., invece, F. GAZZONI, op. ult. cit., p. 1307 ss.
173
Oltre agli Autori già citati, cfr. A. IANNARELLI, Il «sistema» della responsabilità civile proposto
dalla Corte costituzionale ed i «problemi» che ne derivano, in Giur. it., 1995, I, p. 415.
174
Così, invece, P. ZIVIZ, F. BILOTTA, op. ult. cit., p. 1315.
175
Tale tesi, seguita da E. NAVARRETTA, I danni non patrimoniali nella responsabilità extracontrat-
tuale, in E. Navarretta (a cura di), I danni non patrimoniali. Lineamenti sistematici e guida alla liqui-
dazione, Milano, 2004, p. 35 s., è così sintetizzata da D. POLETTI, op. ult. cit., p. 657.
246 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
199
causale , poteva divenire il controverso espediente dogmatico che avrebbe con-
sentito di poter risarcire sempre il “semplice” danno morale soggettivo e, vicever-
sa, con estrema difficoltà, un danno, come quello esistenziale che, a dispetto
dell’inedito blasone, presentava le medesime difficoltà di prova del danno morale.
Le conclusioni delle Sezioni Unite erano parse ancor meno condivisibili,
trattandosi, nella specie, di un prestatore di lavoro subordinato che era nel-
l’impossibilità di accedere ad informazioni rilevanti, come quelle relative al
programma di riassetto aziendale ed alla conseguente redistribuzione degli in-
carichi, che sarebbero state indispensabili ai fini di provare “oggettivamente”
200
il danno . I giudici avrebbero dovuto (ex art. 115 c.p.c.) dare rilievo «ad in-
dizi, presunzioni semplici ovvero massime di esperienza» ispirate a «“criteri di
201
normalità o di tipicità sociale”» .
Tuttavia, il maggior rigore probatorio richiesto alla vittima del danno esi-
stenziale trovava un’inattesa smentita in una successiva sentenza nella quale la
Cassazione mutava nuovamente orientamento. Le conclusioni in tema di pro-
202
va elaborate dalle Sezioni Unite erano limitate ai soli rapporti di lavoro , men-
tre, in materia di «danno da uccisione», era ammesso «il ricorso a valutazioni
203
prognostiche ed a presunzioni» . «Nella deduzione dal fatto noto a quello
ignoto» il giudice di merito incontrerebbe «il solo limite del principio di pro-
babilità: non occorre, cioè, che i fatti, su cui la presunzione si fonda, siano tali
da far apparire la esistenza del fatto ignoto come l’unica conseguenza possibile
dei fatti accertati secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva [...],
ma è sufficiente che l’operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone
di ragionevole probabilità, con riferimento alla connessione degli accadimenti
la cui normale sequenza e ricorrenza può verificarsi secondo regole di espe-
204
rienza» . Nelle situazioni di «perdita del rapporto parentale, normalmente vi
è la sussistenza di un pregiudizio non patrimoniale, la cui prova può essere
anche fondata su presunzioni, che non siano adeguatamente contrastate da al-
205
tre prove contrarie» .
In tal modo, la “presunzione” di danno esistenziale operava nuovamente a
199
Almeno secondo A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. loc. ult. cit.
200
Cfr. F. MALZANI, Il danno da demansionamento professionale e le Sezioni Unite, in Danno e
resp., 2006, p. 861.
201
F. MALZANI, op. loc. cit.
202
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 848, afferma che, anche se «nell’ambiente fa-
miliare è astrattamente possibile che la perdita dello stretto congiunto (coniuge o genitore) possa non
determinare conseguenze pregnanti nella sfera soggettiva» delle vittime par ricochet, «tale conseguen-
za appare invero nei normali rapporti di vita familiare assolutamente meno probabile e frequente che
non nei rapporti di tipo lavorativo, come quello preso in considerazione da Cass., Sez. Un., 24 marzo
2006, n. 6572».
203
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 846; e già Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n.
15022, cit., p. 53.
204
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 847.
205
Così, Cass., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22884, cit., p. 5.
I DANNI NON PATRIMONIALI 249
favore della vittima (immediata o par ricochet), mentre era la parte «contro cui
206
gioca la presunzione» a dover «fornire la prova contraria» . Il ricorso alle
presunzioni ed alle regole di comune esperienza induceva a ritenere che «quan-
to più stretto è il rapporto parentale tanto più è intenso il dolore, specie se al
207
rapporto si associa la convivenza» . È sufficiente, per la vittima par ricochet,
provare «il fatto-base della sussistenza di un rapporto di coniugio o di filiazio-
ne e della convivenza con il congiunto defunto» per dimostrare che «la priva-
zione di tale rapporto presuntivamente determina ripercussioni [...] sia sull’as-
setto degli stabiliti ed armonici rapporti del nucleo familiare, sia sul modo di
relazionarsi degli stretti congiunti del defunto (anche) all’esterno di esso ri-
208
spetto ai terzi, nei comuni rapporti della vita di relazione» .
209
8. Il parto quadrigemino delle Sezioni Unite è stato sorretto dalla premi-
nente volontà di overruling del pregresso orientamento (forse, ormai prevalen-
210
te) della Suprema Corte, che aveva riconosciuto il danno esistenziale come
autonoma voce (o sotto-voce) del danno non patrimoniale. Il revirement ha
operato anche nei riguardi della Corte costituzionale che, nel 2003, nel tripartire
il danno non patrimoniale, aveva esplicitamente riconosciuto il danno esisten-
211
ziale , e delle stesse Sezioni Unite che, soltanto due anni prima, avevano qua-
212
lificato e definito il danno esistenziale del prestatore di lavoro subordinato .
213
Dalle sentenze, tuttavia, traspaiono più ombre che luci . Poche volte a
sentenze della Suprema Corte è toccato in sorte di essere travolte da una mes-
se così ampia ed aspra di critiche. Tant’è che gli stessi curatori di un pregevole
214
volume collettaneo sorto per “celebrare” le attese decisioni hanno dovuto
constatare i «numerosi rilievi critici» dei commentatori, i quali avevano dimo-
strato di non condividere «la maggior parte dei passaggi più importanti delle
215
decisioni delle Sezioni Unite» .
Il maggior limite delle sentenze è stato quello di aver voluto ricostruire
l’intero sistema di responsabilità civile in funzione della contestazione del dan-
no esistenziale, al precipuo scopo di sbarrare la strada all’esuberante, ma inve-
206
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 847 s.
207
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 848.
208
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 848.
209
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Danno e resp.,
2009, p. 19 ss.
210
In dottrina si era infatti rilevato come dalla stessa ordinanza di rimessione (Cass., Sez. III, 25
febbraio 2008, n. 4712, in Altalex, n. 2067 dell’11 marzo 2008) trasparisse un atteggiamento sostan-
zialmente favorevole all’ammissibilità del danno esistenziale.
211
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Danno e resp., 2003, p. 941.
212
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 856.
213
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Le Sezioni Unite e il danno non patrimoniale: luci ed om-
bre, in Dir. e giur, 2008, pp. 527-549.
214
Il danno non patrimoniale, a cura di G. Ponzanelli, M. Bona, cit., passim.
215
G. PONZANELLI, M. BONA, Premessa, in Il danno non patrimoniale, cit., p. IX.
250 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
241
Testualmente, A. IANNARELLI, op. loc. ult. cit.
242
Per una critica della quale, si rinvia ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 220 ss.
243
Sul punto, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Le trasfigurazioni del sistema, cit., p. 78 ss.
244
Così, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte II, cit., p. 221 ss. e passim.
245
Come propone, invece, E. NAVARRETTA, Ripensare il sistema, cit., p. 16 s.
246
Così, invece, P. ZIVIZ, F. BILOTTA, op. cit., p. 1315.
247
Denunziato da E. NAVARRETTA, op. ult. cit., p. 5.
248
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 24 (i corsivi sono
aggiunti).
249
M. DI MARZIO, A momentary lapse, cit., p. 177.
254 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
250
M. DI MARZIO, op. loc. ult. cit.
251
Il termine è utilizzato da P. CENDON, P. ZIVIZ, Il risarcimento, cit., p. 40, i quali aderiscono a
tale teoria.
252
Per tale vocabolo, G. PONZANELLI, Il danno esistenziale, cit., p. 850 s.
253
Ad es., Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 846.
254
M. FEOLA, in M. FEOLA, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto non patrimonia-
le, cit., p. 461.
255
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 32.
256
Parafrasando P. PERLINGIERI, L’art. 2059 c.c. uno e bino: una interpretazione che non convince,
in Rass. dir. civ., 2003, p. 775 ss.
I DANNI NON PATRIMONIALI 255
10. Le Sezioni Unite, allarmate dalle possibili conseguenze del discorso in-
257
trodotto con le sentenze-gemelle del 2003 , e, cioè, dall’aver in fatto trasfor-
mato la proposta interpretazione combinata degli artt. 2 Cost., 2059 e 2043
258
c.c. in una vera e propria clausola generale avverso ogni danno ingiusto non
patrimoniale, affermano che l’art. 2059 c.c. sarebbe ancora una «norma di rin-
vio» alle «leggi che determinano i casi di risarcibilità del danno non patrimo-
259
niale» . Oltre alle ipotesi previste dalle fattispecie di reato e dalle altre «leggi
ordinarie», la tutela dovrebbe essere «estesa ai casi di danno non patrimoniale
prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Co-
260
stituzione» . In proposito si propone una divergente lettura dell’ingiustizia
del danno, secondo che riguardi il danno patrimoniale o quello non patrimo-
niale. Mentre, nel primo caso, il sistema sarebbe connotato da atipicità, in vir-
tù della clausola “onnicomprensiva” di responsabilità iscritta nel testo dell’art.
261
2043 c.c. ; nel secondo, esso si caratterizzerebbe per un opposto principio di
tipicità. La stessa «generica sottocategoria denominata “danno esistenziale”»
viene contestata sulla base di questo postulato, ribadendo quel Leitmotiv un
po’ claudicante, che aveva rappresentato il baluardo della corrente anti-esi-
stenzialista della Cassazione: in tal modo si sarebbe condotto «anche il danno
non patrimoniale nell’atipicità, sia pure attraverso l’individuazione della appa-
rente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia conflui-
scono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risar-
cibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore
ordinario né è necessitata dall’interpretazione costituzionale dell’art. 2059 c.c.,
che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona
262
presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione» .
La tesi della “tipicità” del danno non patrimoniale, ripresa da quella dot-
263 264
trina che si è già avuto modo di criticare , è stata considerata erronea , an-
che perché si fonda su un’antinomica correlazione tra «il fatto illecito “atipi-
co” e la (presunta) “tipicità del danno non patrimoniale risarcibile”», così con-
fondendo tra «norma di fattispecie (l’art. 2043) e norma di disciplina (l’art.
265
2059) che quella fattispecie postula» . Il fatto generatore del danno ingiusto
«appartiene ad una struttura aperta di illecito civile, e in questo senso quel fat-
257
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828 e n. 8827, in Danno e resp., 2003, pp. 817 e 822.
258
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c. va in Paradiso, cit., p. 833; concorda
anche F. GAZZONI, L’art. 2059 c.c. e la Corte costituzionale, cit., p. 1305.
259
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 24.
260
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 24.
261
Così come riconosciuto da Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p. 2270.
262
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29. L’espressione
è ripresa da Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n. 15022, cit., p. 52, e da Cass., Sez. III, 9 novembre 2006,
n. 23918, cit., p. 523.
263
Nei §§ 5 e 6 di questo cap.
264
Cfr. M. DI MARZIO, Danno esistenziale, cit., p. 17.
265
G. TRAVAGLINO, Il danno esistenziale tra metafisica e diritto, in Corriere giur., 2007, p. 532.
256 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
lori fondativi del nostro ordinamento, pare una superfetazione e, nel contem-
po, una contraddizione in termini, giacché tutti i diritti sono, in astratto, invio-
labili.
Quindi, delle due l’una: o i diritti cc. dd. “inviolabili” sono tipici, nella mi-
sura in cui sono esplicitamente riconosciuti e garantiti da specifiche norme co-
stituzionali. O l’art. 2 Cost. è clausola generale aperta, e allora la concezione
della tipicità dei “diritti inviolabili” pare dissolversi miseramente.
273
La «atipica tipicità» del sistema del danno non patrimoniale, maldestra-
mente evocata dalle Sezioni Unite, rappresenta una soluzione velleitaria, che
non ha mancato di sollevare sconcerto in dottrina. Se, per un verso, si è sotto-
lineato come anche un’eventuale «tipicità legislativa» sia «contraddetta dallo
sviluppo successivo del discorso, che tra gli interessi non patrimoniali merite-
voli di tutela include i casi individuabili “in via interpretativa” quando l’illeci-
to leda un diritto fondamentale della persona munito di tutela costituziona-
274
le» . Per altro verso, si è autorevolmente rilevato che «Fragile è, anzitutto, la
costruzione di una bipolarità, concepita come summa divisio “tra danno pa-
275
trimoniale (art. 2043) e danno non patrimoniale (art. 2059)”» , poiché l’art.
2059 «non può avocare a sé un connotato di autonomia tale da elevarlo, sic et
simpliciter, a “norma deputata alla tutela risarcitoria del danno non patrimo-
276
niale inteso nella sua più ampia accezione”» . Del pari, «Ambigua appare, in
particolare, la configurazione dell’art. 2059 come norma, per così dire, a dop-
277
pia soglia di ingiustizia» . Se non si vuole giungere «alla conclusione estrema
di una sostanziale estinzione del codice binario concepito dal legislatore del
‘42 […], occorre cercare di rinvenire altrove l’autonomia dell’art. 2059, e
278
quindi di ricostruire altrimenti la bipolarità evocata dalle Sezioni Unite» .
V’è anche una contraddizione metodologica nel voler far coesistere una vi-
suale statica e formalista, come quella ispirata alla tipicità, alla tassatività e al
principio di legalità, che si giustifica allorché il diritto (come quello penale)
pone limiti e condizioni alle libertà e ai diritti della persona, con una prospet-
tiva civilistica che, all’opposto, è, e non può non essere, dinamica e garantista.
Le stesse Sezioni Unite, in una sentenza che è stata, giustamente, conside-
279
rata «epocale» , a suo tempo hanno affermato che, non potendo l’interprete
stabilire a priori quali siano gli interessi meritevoli di tutela, compito del giudi-
ce è «quello di procedere ad una selezione degli interessi giuridicamente rile-
vanti, […] ed a tanto provvederà istituendo un giudizio di comparazione degli
273
La felice espressione è di M. PARADISO, Le Sezioni Unite e la “atipica tipicità” del danno non
patrimoniale, cit., p. 277 ss.
274
M. PARADISO, op. cit., p. 281.
275
F.D. BUSNELLI, … E venne l’estate di San Martino, cit., p. 93 s.
276
F.D. BUSNELLI, op. ult. cit., p. 94.
277
F.D. BUSNELLI, op. loc. ult. cit.
278
F.D. BUSNELLI, op. loc. ult. cit.
279
Cfr. A. GAMBARO, La sentenza n. 500, cit., p. 356.
258 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
11. Oltre ad avventurarsi per oscuri meandri, nel vano tentativo di far col-
limare la pretesa tipicità dei “diritti inviolabili” con una clausola generale che
li qualifica in termini di atipicità (art. 2 Cost.), la Cassazione, al fine di debel-
lare la «proliferazione delle c.d. liti bagatellari», nelle quali il danno «è futile o
288
irrisorio», «insignificante o irrilevante per il livello raggiunto» , individua –
289
ancora una volta sulla scia della dottrina – due ulteriori criteri di selezione
del danno risarcibile nella «gravità della lesione» e nella «serietà del dan-
290
no» . Il «bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima e quello
di tolleranza» imporrebbe che il risarcimento del danno sia dovuto «solo nel
caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futi-
291
le» . Tali requisiti dovrebbero essere accertati «secondo il parametro costi-
tuito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico» e non po-
trebbero «essere ignorati dal giudice di pace nelle cause di valore non superio-
292
re ad euro millecento, in cui decide secondo equità» .
Questa soluzione, però, era già stata considerata, per un verso, «assoluta-
293
mente vana» , nella misura in cui proponeva di collegare il giudizio d’ingiu-
294
stizia al fatto che il danno superasse una certa entità ; per altro verso, espres-
sione di quello «stesso metodo inverso, che si è contestato per la “costituzio-
nalizzazione” dei danni, al fine di dedurre l’esistenza dell’interesse protetto
295
dal danno risarcito» . Preferibile era stato giudicato il riferimento alla signi-
286
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, in M. FEOLA, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno
ingiusto, cit., p. 465.
287
V. SCALISI, op. cit., p. 49.
288
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29.
289
Così già E. NAVARRETTA, Ripensare il sistema, cit., p. 14.
290
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29.
291
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29.
292
Per le due espressioni tra virgolette, Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973,
26974 e 26975, cit., p. 29.
293
F. GAZZONI, L’art. 2059 c.c., cit., p. 1307.
294
P. ZIVIZ, Brevi riflessioni, cit., p. 1341.
295
M. FEOLA, in M. FEOLA, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, cit., p. 457.
260 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
296
ficatività dei danni risarcibili secondo una «valutazione sociale tipica» , che
apprezza il «disvalore sociale» che «una certa lesione assume in un certo mo-
297
mento storico» . Inoltre, l’utilizzo dell’arcaico sintagma «diritti inviolabili»,
rispetto alle usuali espressioni “diritti costituzionalmente protetti” o “interessi
costituzionalmente rilevanti” della persona, sembrava assumere una connota-
zione tendenzialmente restrittiva, ma induce a interrogarsi sulla legittimità dei
parametri utilizzabili dal giudice al fine di operare, in presenza di diritti sog-
gettivi tutti della persona, una distinzione tra «diritti di “serie A” e diritti di
“serie B”, fondata sul preteso carattere inviolabile che connoterebbe i primi e
298
non anche i secondi» .
Questi inediti criteri proposti dalle Sezioni Unite, che hanno sollevato in
299
dottrina valutazioni quasi sempre critiche , appaiono eterogenei e concer-
nenti distinte fasi della struttura dell’illecito civile. La «serietà del danno»
intende operare una selezione a livello di ingiustizia, e quindi appartiene alla
sfera del danno-evento. Quindi sarebbe stato più corretto discorrere di “se-
rietà della lesione” dell’interesse costituzionalmente protetto, ovvero di se-
rietà del “diritto inviolabile” della persona che risulta essere stato inciso. La
«gravità della lesione» attiene, invece, al distinto piano del danno-conseguen-
za – quindi, più esattamente, la Cassazione avrebbe dovuto parlare, questa
volta, di “gravità del danno” – e tende ad evitare il risarcimento di quei dan-
ni che, pur attenendo a lesioni di diritti inviolabili della persona considerati
“seri”, non superano una soglia di offensività considerata minimale dall’in-
terprete.
300
Ricostruiti in questi termini , i due criteri proposti dalla Cassazione, che a
prima vista potevano sembrare un innocuo frutto della fantasia creatrice del
giurista, da un lato, ampliano a dismisura la già estesa sfera di discrezionali-
301
tà che, in tema di responsabilità civile, ha il giudice, soprattutto di merito;
dall’altro, denotano ulteriori incongruenze con il complessivo sistema della re-
sponsabilità civile. Tant’è che anche il più convinto ed autorevole assertore
della tesi anti-esistenzialista non ha potuto evitare di considerare «non del tut-
to condivisibili» questi «due ulteriori requisiti», i quali possono, «se interpre-
tati in modo rigoroso e severo, delimitare eccessivamente l’area di risarcibilità
296
P. ZIVIZ, F. BILOTTA, Danno esistenziale, cit., p. 1317.
297
Così, M. FRANZONI, Il danno esistenziale, cit., p. 1393.
298
G. REYNAUD, Il danno non patrimoniale dopo l’intervento della Cassazione a Sezioni Unite:
qualche certezza e molti dubbi, in G. Ponzanelli, M. Bona (a cura di), Il danno non patrimoniale, cit.,
p. 379.
299
Oltre agli A. citati di seguito, cfr. i contributi racchiusi nel volume Il danno non patrimoniale,
cit., passim.
300
Concordano, nella sostanza, con questa interpretazione, R. PARDOLESI, R. SIMONE, Il danno
esistenziale e le Sezioni unite: dal bipolarismo al doppio binario del danno non patrimoniale, in Il danno
non patrimoniale, cit., p. 293 s.
301
C. SCOGNAMIGLIO, Il sistema del danno non patrimoniale dopo le decisioni delle Sezioni Unite,
in Il danno non patrimoniale, cit., p. 467.
I DANNI NON PATRIMONIALI 261
302
del danno non patrimoniale» . I «diritti inviolabili, se sono tali, devono non-
dimeno essere sempre risarciti, sia pure con un piccolo risarcimento ove si
303
trattasse di un danno “non serio”» (recte, “non grave”). I requisiti della se-
rietà della lesione e della gravità del danno, quindi, dovrebbero essere inter-
pretati «in senso fortemente riduttivo, con speciale riguardo agli illeciti di
304
competenza dei giudici di pace» .
Il dato della serietà della lesione appare un parametro sostanzialmente inu-
tile ed insignificante, in quanto non assume alcun rilievo di novità rispetto al
giudizio di selezione degli interessi incisi, che il giudice esprime in termini di
ingiustizia. È sicuramente “seria” la lesione di un interesse costituzionalmente
protetto della persona o, che dir si voglia, di un diritto “inviolabile”, se s’in-
tendono, con questa infelice locuzione, in maniera tautologica, proprio quei
diritti della persona che sono connotati da un maggior grado di “serietà”. Al-
trimenti si dovrebbe ammettere che alcuni diritti inviolabili della persona pos-
sano essere “non seri”, e che, pertanto, in questi casi sia legittima la “violazio-
ne dei diritti inviolabili”. Il che, oltre a rappresentare un vulnus nei riguardi
dei valori ordinanti, costituisce, secondo la logica comune, una palese con-
traddizione in termini.
Anche il dato della gravità del danno, che riguarda la sola entità delle con-
seguenze della lesione di un diritto “serio” della persona, appare fortemente
ambiguo e, probabilmente, incostituzionale per violazione degli artt. 2, 3, 32 ss.
Cost., nella misura in cui ingenera un’intollerabile disparità di trattamento
non soltanto con la disciplina dei danni sia patrimoniali, sia non patrimoniali,
ma anche con quella dei danni derivanti “da reato” e “negli altri casi previsti
dalla legge” (ad es., danni causati dalla circolazione di veicoli soggetti all’ob-
bligo di assicurazione). In queste ultime ipotesi, infatti, il danno sarebbe co-
munque risarcibile, non applicandosi i controversi criteri della “serietà della
305
lesione” e della “gravità del danno” .
Applicando il criterio della “gravità” anche al danno patrimoniale, biso-
gnerebbe concludere, ad es., che la «”strisciatina” sulla propria autovettura in
306
un parcheggio», la «lacerazione del proprio vestito che un urto accidentale»
può determinare, il pagamento di una polizza assicurativa o di «una bolletta in
307
ritardo» , essendo danni “non gravi”, dovrebbero essere non risarcibili. Ma
302
G. PONZANELLI, Riparazione integrale del danno senza il danno esistenziale, in Il danno non
patrimoniale, cit., p. 338.
303
G. PONZANELLI, op. ult. cit., p. 339.
304
G. PONZANELLI, op. loc. ult. cit.
305
Tale interpretazione è del tutto unanime, ed è condivisa anche da quegli autori che accettano
passivamente i criteri della “serietà della lesione” e della “gravità del danno”, senza troppo interro-
garsi sulla coerenza di tali nozioni con il complessivo sistema della responsabilità civile: cfr., ad es.,
M. ROSSETTI, Post nubila Phoebus, ovvero gli effetti concreti della sentenza n. 26972/2008 delle Se-
zioni Unite in tema di danno non patrimoniale, in Il danno non patrimoniale, cit., p. 439.
306
Le gustose, ma significative, ipotesi sono individuate da C. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p. 465.
307
M. DI MARZIO, A momentary lapse, cit., p. 183.
262 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
12. È erroneo, poi, affermare che il danno non patrimoniale che è conse-
guenza di un inadempimento di un’obbligazione possa essere risarcito soltan-
311
to in presenza della lesione di un “diritto inviolabile” della persona . Voler
ricostruire, sotto il profilo dei criteri d’imputazione, un «”diritto comune”
312
della responsabilità civile» , non significa dover ignorare le peculiari diffe-
renze di disciplina che caratterizzano i due modelli di responsabilità. L’ingiu-
stizia del danno è un giudizio di valore che riguarda la sola responsabilità de-
littuale. Anche perché l’inadempimento o l’adempimento inesatto possono es-
sere considerati come “fatti illeciti” che, in sé, impongono di risarcire tutte le
conseguenze dannose (anche “non patrimoniali”) che sono provocate al credi-
313
tore o, addirittura, al “terzo” . Ciò, allorché l’inadempimento riguardi un
obbligo di prestazione o la violazione di un obbligo di protezione. Tale con-
clusione vede unanime la più autorevole dottrina. Anche quella che, proprio
308
C. SCOGNAMIGLIO, op. loc. ult. cit.
309
G. VETTORI, Danno non patrimoniale e diritti inviolabili, in Il danno non patrimoniale, cit., p. 543.
310
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 26.
311
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
312
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Verso un “diritto comune”, cit., p. 1 ss.
313
Il ruolo delittuale, nei riguardi del “terzo”, dell’inadempimento come “fatto” è sottolineato, tra
i tanti, da F. CHABAS, Note a Cass., Ass. Plén., 17 novembre 2000, in Sem. jur., 2000, II, Jur., 10438,
p. 2309, e da M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 299, ai quali si rinvia per la giur. ivi cit.
I DANNI NON PATRIMONIALI 263
314
C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 73.
315
C. CASTRONOVO, Del non risarcibile aquiliano: danno meramente patrimoniale, c.d. perdita di
chance, danni punitivi, danno c.d. esistenziale, in Europa e dir. priv., 2008, p. 320 e passim.
316
C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 72.
317
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 73.
318
Testualmente, M.R. MARELLA, Le conseguenze «non patrimoniali», cit., p. 175 ss. e passim.
319
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 855.
320
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
321
Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, in Danno e resp., 2008, p. 792.
10.
264 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
322
to generato dalla natura professionale dell’attività esercitata ha consentito
alla Suprema Corte di estendere il particolare regime probatorio caratterizzato
323
dal «principio di riferibilità o di vicinanza della prova» , e, di seguito, nel
porre in discussione la tradizionale partizione tra obbligazioni “di mezzi” e “di
324
risultato” , di configurare le obbligazioni sia della struttura sanitaria (pubbli-
ca o privata), sia del professionista sanitario come vere e proprie obbligazioni
325
di risultato . In tutte queste ipotesi la Cassazione ha risarcito il danno non
patrimoniale “da inadempimento” del paziente (o del prestatore di lavoro su-
bordinato) senza giammai proporre alcun riferimento all’art. 2059, anzi limi-
tando opportunamente la problematica alla disciplina dettata in tema di ina-
dempimento. E ciò le ha consentito di affermare, proprio in contrapposizione
a quanto previsto dalla comune responsabilità delittuale per colpa (artt. 2043
e 2059 c.c.), che nel caso di inadempimento o di inesatto adempimento del
professionista sanitario, il creditore che agisce per la risoluzione, per il risar-
cimento del danno o per l’adempimento, data «la prova della fonte negoziale
326
o legale del suo diritto» , può limitarsi alla mera allegazione della circostanza
dell’inadempimento o dell’inesatto adempimento, mentre è il debitore conve-
nuto ad essere gravato dell’onere della prova del fatto estintivo, costituito dal-
327
l’avvenuto o esatto adempimento .
328
Ancor più inconferente è, poi, il riferimento all’art. 2059 c.c. per quanto
riguarda la responsabilità del datore nei riguardi del prestatore di lavoro su-
bordinato, per i danni non patrimoniali da inadempimento. Qui v’è addirittu-
ra una norma del codice civile, l’art. 2087 c.c., appunto, che esplicitamente
impone al datore di lavoro di adottare, nell’esercizio dell’impresa, tutte le mi-
sure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, «sono
necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di
lavoro».
Il riferimento ai “diritti inviolabili” ex art. 2059 c.c., quindi, si rivela tal-
mente irrazionale che la quasi totalità della dottrina, in sede di commento del-
le sentenze pluri-gemellari, non ha potuto esimersi dal qualificarlo come un
329
vero e proprio errore di diritto. Se, da un lato, si è ravvisato uno «svilimen-
322
Cass., 13 aprile 2007, n. 8826, in Resp. civ. prev., 2007, p. 1824 ss., con nota di M. GORGONI,
Le conseguenze di un intervento chirurgico rivelatosi inutile.
323
Cass., Sez. III, 21 giugno 2004, n. 11488, Cass., Sez. III, 28 maggio 2004, n. 10297, e Cass.,
Sez. III, 19 maggio 2004, n. 9471, in Danno e resp., 2005, pp. 25 s., 28 s., 33, sulla scia di Cass., Sez.
Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, ivi, 2001, p. 1567.
324
Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 790.
325
Cfr., ad es., A. NICOLUSSI, Sezioni sempre più unite contro la distinzione fra obbligazioni di ri-
sultato e obbligazioni di mezzi, in Danno e resp., 2008, p. 879.
326
Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 790.
327
Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 790.
328
Come è costretta ad ammettere anche Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973,
26974 e 26975, cit., p. 30.
329
Oltre agli A. citt. retro e infra, cfr., ad es., M. GAZZARA, Danno non patrimoniale da inadempi-
I DANNI NON PATRIMONIALI 265
330
to» della stessa nozione di causa concreta del contratto e il «non condivisi-
bile» tentativo di «sottrarre all’autonomia privata la contrattualizzazione di
331
interessi non patrimoniali degni di tutela risarcitoria» ; e ciò, sulla base di
una «forzata ricostruzione unitaria della nozione di danno non patrimoniale,
332
che si spinge oltre le necessità per le quali è nata» . Dall’altro, si è rilevato
come, in presenza di un rapporto giuridicamente rilevante, la pretesa “serietà”
dell’interesse leso corrisponda all’identificazione di una causa individuale e
concreta, attuativa di un programma contrattuale condiviso dalle parti e meri-
tevole di tutela (art. 1322, comma 2, c.c.), intesa proprio come «sintesi degli
333
interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare» , mentre «il bilan-
ciamento delle ragioni contrapposte del debitore (ad adempiere nei limiti del-
la diligenza e della buona fede) e del creditore (a veder soddisfatto l’interesse
dedotto in obligatione)» è affidato ai soli criteri legali «della causalità, della pre-
334
vedibilità e dell’importanza dell’inadempimento» . In una prospettiva «allar-
gata» del rapporto obbligatorio, tale soluzione si estende anche alla serie di
obblighi di protezione che sono «a corona dell’obbligo di prestazione», i quali
corrispondono «agli interessi che secondo buona fede devono essere tutelati
335
nell’attuazione del rapporto stesso» . Tali interessi sono di natura patrimo-
niale e non patrimoniale, «onde la tutela di questi ultimi non può non signifi-
336
care anche risarcimento del danno che consegua alla violazione di essi» .
L’erronea soluzione proposta dalle Sezioni Unite, probabilmente, trova la
337
sua ragione in un «insostenibile» quanto affrettato tentativo di generalizzare
l’art. 2059 c.c. anche al settore della responsabilità contrattuale, che viola la
sua «connaturale vocazione alla limitazione tipizzante dei danni non patrimo-
338
niali risarcibili nell’ambito della [sola] responsabilità extracontrattuale» . Ma
«La verità è che la risarcibilità del danno non patrimoniale nella responsabilità
339
contrattuale non abbisogna dell’art. 2059» , cioè di un testo che ha lo scopo
precipuo di «governare un contatto sociale non mediato da un preventivo
progetto, ma che non pare invece idoneo ad escludere la tutela risarcitoria di
mento: le SS.UU. e le prime applicazioni nella giurisprudenza di merito, in Danno e resp., 2009, p. 284,
il quale ritiene «errato il riferimento all’art. 2059 c.c., trattandosi di norma che [...] disciplina soltanto
la responsabilità da fatto illecito e non anche la responsabilità da inadempimento».
330
Così, C. AMATO, Nozione unitaria, cit., p. 25.
331
C. AMATO, op. cit., p. 24.
332
C. AMATO, op. cit., p. 26.
333
Così proprio Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
334
C. AMATO, op. cit., p. 30.
335
C. CASTRONOVO, Danno esistenziale: il lungo addio, in G. Ponzanelli, M. Bona (a cura di), Il
danno non patrimoniale, cit., p. 126.
336
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit., il quale, tuttavia, almeno sotto il profilo del rimedio, sembra
prospettare la natura extracontrattuale degli obblighi di protezione, nell’affermare che il risarcimento
debba avvenire «negli stessi termini e limiti in cui essi sono risarcibili in sede aquiliana».
337
In questi termini, M. DI MARZIO, A momentary lapse, cit., p. 185.
338
Autorevolmente, F.D. BUSNELLI, … E venne l’estate, cit., p. 105.
339
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 125.
266 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
pregiudizi non patrimoniali derivanti dalla lesione di interessi che le parti del
340
rapporto hanno inteso comunque dedurre in obligatione» . Il risarcimento
del danno non patrimoniale “da inadempimento” è disciplinato, invece, se-
341
condo i principi, dall’art. 1223 c.c. . E già la dottrina aveva dimostrato come
la risarcibilità, in sede contrattuale, del danno non patrimoniale trovasse la sua
342
fonte direttamente nell’art. 1174 c.c. , là dove opportunamente sgancia l’in-
teresse, anche non patrimoniale, del creditore dalla prestazione, la sola a dover
343
essere «suscettibile di valutazione economica» . Nel campo contrattuale, quin-
di, il risarcimento del danno non patrimoniale non può non essere inteso «in
conformità con il principio fondamentale dell’autonomia contrattuale, che im-
pone di rispettare la legittimità di accordi diretti a stabilire liberamente l’esten-
sione e/o l’ammontare della copertura di tali danni, con o anche senza la sti-
344
pulazione di una clausola penale» .
Da rilevare un’altra imprecisione, dettata dall’amore per le affermazioni
generiche, piuttosto che per l’esame dei casi concreti. Secondo le Sezioni Unite
la risarcibilità del “nuovo” danno non patrimoniale da inadempimento consen-
345
tirebbe di superare definitivamente l’«espediente del cumulo di azioni» . Ma,
poiché, proprio nel paese che, con difficoltà, tenta di applicare con rigore il
principio del non-cumul, esso impone di disapplicare le regole della responsabili-
346
tà aquiliana (anche di responsabilità oggettiva ex art. 1384, comma 1) allor-
ché siano «réunies [...] les conditions qui donnent à la responsabilité une nature
347
contractuelle» , v’è da chiedersi in qual misura tale regola sia applicabile a
tutela della vittima che, spirato il termine annuale proprio dell’azione contrattua-
le di cui all’art. 2951 c.c., non ha altra via per agire se non quella delittuale ...
Potrebbe essere risarcito il solo danno morale, invece, «a ristoro della sof-
ferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche» che, decedendo dopo
breve tempo, «sia rimasta lucida durante l’agonia in consapevole attesa della
358
fine» . Questa sofferenza psichica, anche se di «massima intensità», sarebbe
«di durata contenuta», e ciò le impedirebbe di «degenerare in patologia e dare
359
luogo a danno biologico» .
Riguardo al danno sofferto dai parenti, determinerebbe duplicazione del
risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, «nella sua rinnovata
configurazione», e del danno da perdita del rapporto parentale, «poiché la
sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che ac-
compagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita altro non sono che compo-
nenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente risto-
360
rato» . In una precedente decisione, invece, la Cassazione aveva censurato
una generica affermazione dei giudici del merito, la quale «non indica[va] se il
giudice nella liquidazione dell’unitario danno non patrimoniale [avesse] tenu-
to conto solo delle sofferenze morali degli attori, danneggiati dalla morte del
congiunto, o anche (in tutto o in parte) dei profili di danno non patrimoniale,
derivanti dalla perdita del rapporto parentale, con i conseguenti pregiudizi al-
361
la quotidianità della vita, quale si era in precedenza instaurata» .
Secondo le Sezioni Unite, la stessa partizione tra danno biologico e danno
morale non implicherebbe «il riconoscimento di distinte categorie di danno».
Con la conseguenza che, anche là dove l’illecito configuri reato, costituirebbe
una «duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biolo-
gico e del danno morale […], sovente liquidato in percentuale (da un terzo
362
alla metà) del primo» . Esclusa la «praticabilità di tale operazione, dovrà il
giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, procedere ad adeguata persona-
lizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva
consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde per-
363
venire al ristoro del danno nella sua interezza» . Potrebbero, infine, costitui-
re soltanto “voci” del danno biologico nel suo aspetto dinamico i pregiudizi
«di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conseguenti a le-
sioni dell’integrità psicofisica, sicché darebbe luogo a duplicazione la loro di-
364
stinta riparazione» .
La fusione, proposta dalle Sezioni Unite, tra i danni biologico e alla vita di
relazione trova, in qualche modo, un implicito riscontro in quelle precedenti
decisioni che, al fine di limitare l’estensione del danno esistenziale, avevano
358
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., pp. 31 e 32.
359
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 32.
360
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
361
Cass., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22884, cit., p. 5.
362
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
363
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
364
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
I DANNI NON PATRIMONIALI 269
365
identificato questa figura con il danno «alla vita di relazione» , dimenticando
che questa vetusta figura (che si pensava ormai defunta) affondava le sue radi-
ci, ai primordi del danno biologico, in una concezione prettamente patrimo-
niale.
Il sistema globalizzante descritto dalle Sez. Un., quindi, sembrava legitti-
mare la generica affermazione dei giudici del merito secondo la quale, «nella
liquidazione del danno biologico, si è “tenuto conto dei pregiudizi all’integrità
fisica del soggetto considerato in tutte le situazioni e i rapporti di esplicazione
della persona ed in tutti i suoi aspetti, tra i quali quelli dell’attività produttiva,
come quello delle altre attività, nonché quello della vita sociale, affettiva, spiri-
366
tuale”» . Ma v’è un’insanabile contraddizione nell’asserire, dapprima, che,
nel liquidare il danno alla salute, «il giudice deve tener conto dell’apporto del-
367
le varie voci che lo compongono e del peso che esse svolgono» , e, poi, che
«il danno alla vita di relazione (come il danno estetico o la riduzione della ca-
pacità lavorativa generica)» non sarebbero suscettibili «di autonoma valuta-
368
zione rispetto al danno biologico» . In tal modo si confondono sia le voci
inerenti alle conseguenze “non patrimoniali” della menomazione, sia, addirit-
tura, le voci relative ai danni non patrimoniali e a quelli patrimoniali (emble-
matica la riscoperta di un altro reperto archeologico, quello della capacità la-
vorativa generica), in un pot-pourri che non ha senso.
14. Una parte della dottrina ha considerato la creazione, da parte delle Se-
zioni Unite, di una categoria generale ed unitaria di danno non patrimoniale
come l’opzione «interpretativa più coerente con la premessa teorica del valore
giuridico e del rilievo normativo unitario della persona umana, affidati alla nor-
369
ma fondamentale dell’art. 2 Cost.» . Il rilievo, invero, non convince, nella
misura in cui intende instaurare un preteso “parallelismo” tra unitarietà della
persona ed unitarietà del danno non patrimoniale, mentre, superata la prospet-
tazione, nel nostro ordinamento, di un unico diritto soggettivo generale della
personalità costruito sulla base dell’allgemeines Persönlichkeitsrecht, l’orienta-
mento, ormai dominante, collega all’unitarietà del “valore della persona” la
molteplicità degli aspetti, degli interessi e, quindi, delle situazioni soggettive
che ad essa afferiscono. Ciò non significa incorrere nelle tesi atomistiche, ca-
ratterizzate quasi sempre da una concezione tipizzante dei diritti della perso-
na, poiché valore unitario non significa diritto soggettivo unico. Tale idea tro-
365
Il “merito” di questa riscoperta si deve a Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9510, cit., p. 47, e a
Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9514, in Diritto e Giustizi@, 27 aprile 2007, www.dirittoegiustizia.it,
p. 2.
366
Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9510, cit., p. 47.
367
Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9514, cit., p. 2.
368
Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9514, cit., p. 2.
369
C. SCOGNAMIGLIO, Il sistema, cit., p. 457.
270 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
va conferma persino nel pensiero di chi è considerato tra i corifei della mo-
370
derna teoria assiologico-unitaria della personalità : il fondamento del valore
della persona «è dunque unico, anche se le possibili manifestazioni della per-
sonalità sono molteplici e non tutte preventivamente identificabili (come di-
verse sono le forme della loro rilevanza: diritto soggettivo, interesse legittimo,
potestà, ecc.), dal momento che le esigenze di tutela nascono di volta in volta
secondo il modificarsi delle aspirazioni individuali nel tempo ed anche secon-
371
do le aggressioni che l’evoluzione sociale pone in evidenza» .
La tendenza integralmente “riduzionista” delle Sezioni Unite, inoltre, rive-
la, per un verso, un equivoco, per altro verso, confusione, soprattutto per
quanto riguarda l’indistinzione tra danno biologico e danno morale. L’equivo-
co consiste nell’affermare, in maniera generica, che le diverse “voci” del dan-
no non patrimoniale debbano essere valutate congiuntamente, rappresentan-
do, la diversa ipotesi, una duplicazione di risarcimenti. Ma, in concreto, i pa-
rametri che i giudici dovrebbero adottare per la valutazione e la liquidazione
del danno morale (dolore e sofferenza) sono del tutto diversi da quelli utilizza-
ti per il danno biologico. La confusione consiste nell’aver adottato un modello
372
di globalisation, che già l’esperienza francese ha rigettato con decisione . La
Suprema Corte d’oltralpe, all’opposto della nostra, ha considerato la valuta-
zione «toutes causes de préjudices confondues» come una prassi che, in sé,
giustifica la cassazione della decisione di merito, nella misura in cui non con-
sente di discernere proprio l’indennità allocata a titolo di danno biologico da
quella «di carattere personale, corrispondente alle sofferenze fisiche e morali»
(artt. L. 397 e L. 470 Code séc. soc.), la quale è esclusa dal ricorso delle Casse
373
di sicurezza sociale .
L’incongruo sistema di “globalizzazione” era già stato minacciato dalla sen-
tenza n. 8827 del 2003, la quale si era distaccata dalla sua gemella soltanto per
affermare la legittimità di un’unica «valutazione equitativa di tutti i danni non
patrimoniali […], senza una distinzione – bensì opportuna, ma non sempre in-
374
dispensabile –» . Tale proposta, che aveva sollevato le veementi critiche della
375
più autorevole dottrina , aveva poi trovato una smentita nella successiva evo-
luzione della giurisprudenza. Ma, oggi, il riproporre una confusione tra il danno
biologico e quello morale significa non percepire che i due tipi di pregiudizio
sono ontologicamente diversi, e che differenti sono i sistemi di valutazione che
370
P. PERLINGIERI, La personalità umana, cit., p. 184.
371
P. PERLINGIERI, L. LONARDO, in P. PERLINGIERI, Manuale di diritto civile, Napoli, 1997, p. 151.
372
Per una critica di tale sistema, per tutti, Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 230; G. VINEY, P.
JOURDAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., pp. 37 ss. e 44.
373
Cfr. M. LE ROY, Un tournant dans l’évaluation du préjudice corporel, in Rec. Dalloz, 1978,
Chron., p. 57; J. BEDOURA, Les incidences de la loi du 27 décembre 1973 sur les concepts traditionnels
relatifs au préjudice, ivi, 1980, Chron., p. 139.
374
Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 824.
375
F.D. BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate, cit., p. 828 s.
I DANNI NON PATRIMONIALI 271
no del tutto distinta dalla lesione dell’integrità fisio-psichica. Tant’è che la sof-
ferenza può evolvere in danno biologico soltanto allorché si trasformi in una
specifica patologia sussumibile sotto la figura del danno psico-patologico che
interessa i sistemi nervoso centrale e periferico e l’apparato psichico. In tal
senso deponeva anche la Tabella delle menomazioni elaborata ai sensi dell’art.
138 del d.lgs. n. 209 del 2005.
A conferma di tale discorso v’è lo stesso metodo di valutazione e di liqui-
dazione del danno all’integrità psico-fisica. Le tabelle utilizzate dagli uffici giu-
diziari riguardavano il solo danno biologico, tant’è che, in assenza di una valu-
tazione della sofferenza misurata sulla base di specifiche classi scalari, era in-
valso l’uso di liquidare, in aggiunta alla somma concernente il danno biologi-
co, un’ulteriore cifra a titolo di danno morale, oscillante tra un terzo e la metà
390
della prima . Ma poiché le sentenze delle Sezioni Unite rinviavano alla di-
screzionalità motivata del giudice, senza prevedere alcun automatismo risarci-
torio, non era da escludere che la valutazione del danno morale potesse assu-
mere un’entità ancora maggiore, allorché, in relazione alla concreta lesione, la
sofferenza patita fosse di gran lunga maggiore rispetto alla lesione biologica
stabilizzata. La stessa Cassazione, infatti, aveva affermato che «il danno morale
è ingiusto così come il danno biologico, e nessuna norma costituzionale con-
sente al giudice di stabilire che l’integrità morale valga la metà di quella fisi-
ca». Il danno morale «ha una propria fisionomia, e precisi referenti costituzio-
nali, attenendo alla dignità della persona umana, e dunque il suo ristoro deve
391
essere tendenzialmente satisfattivo e non simbolico» .
L’inspiegabile vulnus operato dalle sentenze plurigemellari era così eviden-
te, che nessun commentatore aveva posto in dubbio l’esigenza di modificare il
sistema di liquidazione del danno biologico, al fine di risarcire anche il danno
morale, così com’era avvenuto fino ad allora. Il problema riguardava le moda-
lità con le quali inserire il risarcimento del danno morale, che, per volontà del-
le sentenze delle Sezioni Unite, non poteva più rappresentare un’autonoma
voce (o sotto-voce) del danno non patrimoniale, ma doveva essere formulato
unitariamente rispetto alla liquidazione del danno biologico.
Sulla base della vigente normativa, bisognava innanzitutto distinguere se si
era in presenza di un evento dannoso disciplinato dal Codice delle assicura-
zioni private e, in caso positivo, se si trattava di una lesione «di lieve entità».
In questo caso l’art. 139 prevede un meccanismo integralmente automatico
che, indicando il valore del singolo punto, e i coefficienti che ad esso si appli-
cano in aumento e in diminuzione, limita l’eventuale incremento dell’entità
del danno biologico liquidato sulla base del giudizio di “personalizzazione”
390
Lo ricorda D. CHINDEMI, Una nevicata su un campo di grano, in Il danno non patrimoniale, cit.,
p. 145.
391
Le due espressioni tra virgolette sono tratte da Cass., 4 marzo 2008, n. 4795, cit. in D. CHIN-
DEMI, op. ult. cit., p. 145 s.
274 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
«in misura non superiore ad un quinto» (comma 3). Dovendo il danno morale
essere liquidato unitariamente al danno biologico, non sembrava esservi molto
spazio per una liquidazione del danno morale che eccedesse il 20 % previsto
per legge. La mancata vigenza degli «importi stabiliti dalla tabella unica na-
zionale» (richiamata dal comma 4 dell’art. 138) svincolava, invece, la discipli-
na delle macro-permanenti (tra dieci e cento punti percentuali) da analoghi
automatismi risarcitori, anche se, in astratto, il giudizio di “personalizzazione”
del danno non poteva eccedere il trenta per cento del valore del danno biolo-
gico. Tuttavia, non essendo previsto il valore del punto d’invalidità e, quindi,
non essendo possibile quantificare matematicamente «l’ammontare del danno
determinato ai sensi della tabella unica nazionale» (comma 3 dell’art. 138), ai
danni biologici «per lesioni di non lieve entità» (ex art. 183) si applicava la di-
sciplina di diritto comune.
Poiché la tabella adottata dagli uffici giudiziari era stata pensata per risarci-
re il solo danno biologico, la soluzione primaria era quella di doverla modifi-
care in aumento, al fine di adeguare i valori previsti dalla tabella all’imprevedi-
bile “abrogazione” del danno morale conseguenziale come voce autonoma-
mente liquidabile. Sarebbe bastato aumentare dal trenta al cinquanta per cen-
to il valore medio del punto d’invalidità, per ricomprendere anche la liquida-
zione del danno morale.
In proposito sembravano possibili altre soluzioni. Poiché l’irragionevole
dictum delle Sezioni Unite concerneva il solo “divieto” di liquidare voci (o sot-
to-voci) distinte per il danno biologico e per il danno morale conseguente,
mentre non concerneva la distinta valutazione, il giudice avrebbe potuto effet-
tuare una liquidazione unitaria, sulla base di una valutazione analiticamente dif-
ferenziata.
La genericità e l’indeterminatezza del procedimento descritto dalla Cassa-
zione, che prevedeva il ricorso alle “note tabelle” come non vincolante, e che
tendeva ad attribuire al giudice la più ampia discrezionalità che discende dalla
valutazione equitativa del danno (art. 1226 c.c.), avrebbero potuto consentire
perfino la sostanziale vanificazione del suo discorso, permettendo ai giudici,
con un semplice escamotage, di continuare ad applicare il modello fino ad al-
lora seguito. Se, in passato, il giudice liquidava 100 a titolo di danno biologico
e, ad es., da 25 a 50 a titolo di danno morale, poi avrebbe potuto iniziare «a
liquidare sistematicamente (e cioè a prescindere dalle circostanze del caso con-
392
creto)» il danno biologico nella misura da 125 a 150.
Queste soluzioni, per quanto corrette sotto il profilo formale, poiché ri-
guardavano un processo di liquidazione che, per volontà delle Sezioni Unite,
doveva rimanere nella mente dell’interprete, senza essere esplicitato nella sen-
393
tenza, non sono sembrate, però, «rispettose» dei principi stabiliti dalla Cas-
392
Per tale proposta, M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 445.
393
Così, M. ROSSETTI, op. loc. ult. cit.
I DANNI NON PATRIMONIALI 275
sazione. Ma la verità è che proprio l’assenza di ogni regola, a parte quella che
richiedeva una liquidazione necessariamente unitaria del danno biologico e del
danno morale, legittimava il giudice a pervenire a tale risultato con il sistema
che preferiva, sulla base di una motivazione «fittizia» del tipo: «tenuto conto
394
dell’entità delle lesioni e delle loro conseguenze, si stima equo …, ecc. ecc.» .
Utilizzando questi procedimenti, però, si sarebbe ricaduti nello stesso erro-
re commesso dalle Sezioni Unite. Il danno morale avrebbe avuto un valore
standard, rigido, direttamente proporzionale all’entità della menomazione ana-
tomico-funzionale, mentre, com’è evidente, la sofferenza può variare in rela-
zione alla singola menomazione ed alle peculiari condizioni della vittima.
Sembrava, quindi, preferibile che, al fine di valutare il danno morale patito
dalla vittima, comunque in aggiunta al danno biologico, il giudice tenesse con-
to «delle sofferenze soggettive patite dalla vittima, aumentando caso per caso
395
la liquidazione del danno biologico» .
In proposito, v’è da chiarire un ulteriore equivoco. La c.d. “personalizza-
zione” del danno biologico nulla ha a che vedere con la liquidazione del dan-
no morale. Essa concerne la valutazione della lesione anatomo-funzionale in
relazione allo specifico stato anteriore ed alle condizioni soggettive della vitti-
ma, ovvero «l’eventuale incidenza rilevante della menomazione su specifici
aspetti dinamico-relazionali personali, la cui valutazione non è da esprimersi
percentualmente, ma, quando necessario, […] con indicazioni aggiuntive at-
traverso equo e motivato apprezzamento, da parte del medico valutatore, delle
396
condizioni soggettive del danneggiato» . Altra cosa è, invece, il danno mora-
le, ovvero la sofferenza fisica e morale che la lesione anatomico-funzionale ar-
reca alla vittima.
A tali conclusioni sostanzialmente perveniva anche chi, pur tendendo ad
identificare danno morale e “personalizzazione” del danno biologico, propo-
neva un meccanismo fondato su una scala progressiva ispirata a presunzioni
semplici. Affermare che «non sarebbe irragionevole ritenere in via presuntiva
che, quando l’invalidità permanente superi il 10%, la vittima patirà conse-
guenze tali da rendere opportuna una personalizzazione in aumento – ponia-
mo – del 10%; quando l’invalidità superi il 20%, la vittima patirà conseguen-
ze tali da rendere opportuna una personalizzazione in aumento del 25%; per
invalidità del 40% presumere che si renda necessaria una personalizzazione
397
del 60% e così via, secondo una progressione geometrica» , significava fon-
dare tale giudizio sulla sola entità della menomazione anatomico-funzionale,
senza che alcun rilievo assumesse la sofferenza concretamente patita. La quale,
pertanto, doveva essere aggiuntivamente valutata.
394
In questi termini, M. ROSSETTI, op. loc. ult. cit.
395
M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 447.
396
In questo senso, i “Criteri applicativi” della «Tabella delle menomazioni prevista dall’articolo
138, del D. Legislativo 7 settembre 2005 n. 209».
397
M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 447 s.
276 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
na pecuniaria, oltre che sulla base della “gravità del danno o del pericolo ca-
gionato alla persona offesa”, anche in relazione al carattere di maggiore o mi-
nore antigiuridicità della condotta ed alle condizioni economiche del respon-
408
sabile . In questi casi la riparazione del danno “non patrimoniale” patito dal-
la vittima non può non avere l’originaria funzione sanzionatoria, che il legisla-
tore del 1930 e quello del 1942 vollero esplicitamente assegnarle.
17. La sentenza n. 1361 del 2014 verrà ricordata dai posteri per aver giudi-
409
cato risarcibile il danno da perdita della vita . Ma non meno importante può
essere considerata, e non soltanto dai sostenitori del danno esistenziale, per il
contributo apportato al più complessivo revirement che la giurisprudenza del-
la Cassazione sta operando in tema di danno non patrimoniale, nell’elabora-
410
zione di un «nuovo statuto di danno risarcibile» .
Le innumerevoli criticità racchiuse nelle sentenze seriali delle Sezioni Unite
consentono di concludere che, effettivamente, si sia trattato di «un’occasione
411
mancata» . Se, da un lato, parte della dottrina ha rilevato, da subito, come
proprio le sentenze quadrigemine avessero, paradossalmente, sancito la nasci-
412
ta del pregiudizio esistenziale come voce del danno non patrimoniale . Dal-
l’altro, non v’è dubbio che le stesse contraddizioni nelle quali le Sezioni Unite
si sono imbattute hanno travolto il complessivo percorso argomentativo, mi-
nando l’autorità delle decisioni anche per quel che riguardava la contestazione
413
del danno esistenziale . Se è apparsa eccessivamente conservativa la scelta di
414
non considerare risarcibile il danno tanatologico e di riesumare, in sua vece,
il danno morale da sofferenza catastrofica, sicuramente perniciosa può essere
415
considerata la liquidazione onnicomprensiva del danno non patrimoniale che,
non consentendo di distinguere tra danno biologico e danno morale, ha richie-
416
sto la modifica del sistema tabellare . Così, la mancata indicazione di qualsiasi
408
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte II, cit., p. 251 s.
409
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, in Danno e resp., 2014, p. 363 ss.
410
A tale idea è, infatti, dedicato il titolo che accomuna i primi commenti della sentenza (in Dan-
no e resp., 2014, p. 363 ss.). Così, anche A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno da perdita della
vita e il «nuovo statuto» dei danni risarcibili, ivi, 2014, p. 686 ss.
411
In questi termini, P. ZIVIZ, Un’occasione mancata per le Sezioni Unite, in G. Ponzanelli, M. Bo-
na (a cura di), Il danno non patrimoniale, cit., p. 545 ss.
412
P.G. MONATERI, Il pregiudizio esistenziale, cit., p. 247 ss. Questa idea è ripresa in ID., L’onto-
logia dei danni non patrimoniali, in Danno e resp., 2014, p. 63, ove afferma che il danno esistenziale è
stato «Espressamente nominato» e «ritenuto risarcibile da quelle mirabili Sezioni Unite».
413
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Chiaroscuri d’autunno, cit., p. 369 s.
414
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Le Sezioni Unite e il danno non patrimoniale, cit., p. 539 s.;
D. CHINDEMI, Una nevicata, cit., p. 135.
415
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno non patrimoniale, cit., p. 40 ss.
416
V., infatti, G. PONZANELLI, Il danno non patrimoniale dopo le Sezioni Unite tra giurisprudenza,
interventi legislativi e nuove tabelle, in Danno e resp., 2010, p. 4 s.; M. ROSSETTI, Le nuove tabelle dei
Tribunali di Roma e Milano, ivi, 2010, p. 29 ss.
I DANNI NON PATRIMONIALI 279
la specie, dal mancato inserimento del numero di uno studio legale nell’elenco
434
telefonico) , i danni non patrimoniali derivanti dalla violazione di obblighi di
435
protezione o di sécurité , il danno esistenziale dei genitori, dei fratelli e delle
436
sorelle per la nascita non voluta di un bambino affetto da andicap , il danno
437
da «esistenza diversamente abile» del minore nato malformato, il c.d. danno
438
da lucida agonia , i danni non patrimoniali provocati da immissioni ecceden-
439 440
ti la normale tollerabilità , da pignoramento illegittimo e dalla paura di
441
contrarre una malattia inguaribile , i danni alla persona per lesione di diritti
442
diversi dalla salute , ecc., e perfino, quello – esplicitamente “vietato” dalle
443
Sezioni Unite – derivante dalla perdita dell’animale d’affezione . La giuri-
sprudenza di merito, poi, tra gli altri, propone anche il risarcimento del danno
non patrimoniale da lesione della libertà sessuale del convivente more uxo-
444
rio e quello conseguente alla lesione del diritto all’abitazione, posto che
quest’ultimo, «inteso come diritto al rispetto della vita privata e familiare,
nonché del domicilio, è qualificabile come diritto inviolabile di rilevanza costi-
434
Cass., Sez. III, 21 gennaio 2011, n. 1418, in Danno e resp., 2011, p. 607 s., con nota di R. FOF-
FA, Danno da mancato inserimento del numero nell’elenco telefonico.
435
La responsabilità da “contratto di protezione”, oltre alla sterminata giurisprudenza in materia
di responsabilità del medico (così come introdotta da Cass., III Sez. civ., 22 gennaio 1999, n. 589, in
Corriere giur., 1999, p. 446 ss.), ad es., involge anche la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’in-
segnante per il danno arrecato dal minore a sé stesso: sulla scia di Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n.
9346, in Foro it., 2002, I, c. 2635 ss., v. Cass., Sez. III, 20 aprile 2010, n. 9325, e Cass., Sez, III, 26
aprile 2010, n. 9906, in Danno e resp., 2011, pp. 392 e 393, con il commento di M. PASTORE, Respon-
sabilità da contatto sociale dell’insegnante: cui prodest?
436
Cass., Sez. III, 2 ottobre 2012, n. 16754, in Nuova giur. civ. comm., 2013, p. 178 ss.; e già, con
riferimento ai soli genitori, Cass., Sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, in Danno e resp., 2010, p. 699 s., con
nota di M. FEOLA, La Cassazione e il diritto del minore «a nascere sano».
437
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., pp. 178 ss., 193, 195.
438
Ad es., Cass., Sez. Un. civ., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974, 26975, cit., p. 27; sul-
la cui scia, Cass., Sez. lav., 7 giugno 2010, n. 13672, in Danno e resp., 2011, p. 29 s., annotata da R.
FOFFA, Il danno da morte va in Paradiso (con il danneggiato), e, ivi, 2011, p. 256 s., con il commento
di C. MEDICI, Battuta d’arresto per il riconoscimento del danno tanatologico; Cass., Sez. III, 8 aprile
2010, n. 8360, ivi, 2010, p. 1011.
439
Cass., Sez. III, 9 maggio 2012, n. 7048, e Cass., Sez. III, 11 giugno 2012, n. 9434, in Danno e
resp., 2012, p. 1179 ss.; Cass., Sez. III, 31 marzo 2009, n. 7875 (ord.), ivi, 2009, p. 763 s.; e già Cass.,
13 marzo 2007, n. 5844, in C.e.d. Cass., 2997. Nega, invece, in caso di immissioni, la risarcibilità di un
danno non patrimoniale alla «tranquillità domestica», Cass., Sez. II, 8 marzo 2010, in Danno e resp.,
2010, p. 776 ss., con nota di G. PONZANELLI, Le immissioni intollerabili e il rimedio del danno non
patrimoniale.
440
Cass., Sez. III, 11 giugno 2012, n. 9445, in Danno e resp., 2012, p. 1182 ss.
441
Cass., Sez. III, 13 maggio 2009, n. 11059, in Danno e resp., 2009, p. 766 s.
442
Per un’esposizione della giurisprudenza in materia si rinvia a T. GASPARRO, E. SERANI, Il ri-
sarcimento del danno non patrimoniale alla persona per lesioni di diritti diversi dalla salute, in Danno e
resp., 2013, p. 1169 ss.
443
Cass., Sez. III, 25 febbraio 2009, n. 4493, in Danno e resp., 2009, p. 761 s., con nota di G.
PONZANELLI, Conferme ed incertezze della Cassazione dopo le Sezioni Unite.
444
Trib. Verona, Sez. III, 26 settembre 2013, in Danno e resp., 2014, p. 627 ss., con nota di V.
BARBA, Il danno non patrimoniale da lesione della libertà sessuale del convivente more uxorio.
282 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
445
tuzionale» . Un posto di sicuro rilievo assume, sulla scia della secolare elabo-
razione giurisprudenziale degli artt. 1384, comma 1, e 1385 code civ., il risar-
cimento dei danni non patrimoniali derivanti da regimi di imputazione della
responsabilità diversi dalla colpa. Oltre ai danni alla persona causati dalla cir-
446
colazione automobilistica e dall’utilizzo di prodotti “difettosi” , che rappre-
sentano da sempre due dei più importanti capitoli della responsabilità civile,
una giurisprudenza sempre più articolata ha iniziato a risarcire i danni non pa-
trimoniali cagionati dagli animali (art. 2052 c.c.) e dalle cose in custodia (art.
447
2051 c.c.) , dalla rovina di edificio (art. 2053), dall’esercizio di attività peri-
colose (art. 2050), o quelli riconducibili alla responsabilità di genitori e tutori
448
(art. 2048), padroni e committenti (art. 2049) , perché «sarebbe irragionevo-
le ritenere che nelle ipotesi di responsabilità oggettiva in cui il legislatore ha
aggravato l’onere liberatorio del danneggiante dal piano della colpa – dimo-
strare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno – al piano causale – il
caso fortuito che interrompe il nesso causale – in funzione di maggior tutela
della vittima per la riparazione dei danni, l’ipotesi di lesione grave di valori
449
della persona sia risarcibile soltanto come danno patrimoniale» .
Nel settore del diritto del lavoro, poi, anche successivamente alle sentenze
del 2008, il danno alla salute, il danno morale e quello esistenziale hanno con-
tinuato ad essere considerati pregiudizi non patrimoniali «ontologicamente
450
diversi» e individualmente risarcibili , al punto che ci si è chiesti se «il danno
451
non patrimoniale giuslavorista» fosse «diverso da quello “generale”» . Ma la
445
Trib. Milano, Sez. X, 3 settembre 2012, n. 9733, e Trib. Brindisi, 26 marzo 2013, n. 2126, in
Danno e resp., 2014, p. 522 ss., con nota di R. ROLLI, Diritto di abitazione e risarcimento del danno
non patrimoniale.
446
Ad es., Cass. civ., Sez. III, 8 ottobre 2007, n. 20985, in Corriere giur., 2008, p. 811 s. Nel senso
di una responsabilità “presunta”, anche se non “oggettiva”, cfr. Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n.
13458, in Danno e resp., 2014, spec. p. 493, e Cass., Sez. III, 6 agosto 2013, n. 18654, ivi, 2014, p. 494
ss.; e già Cass., 15 marzo 2007, n. 6007, in Foro it., 2007, I, c. 2414.
447
Oltre a Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, in Danno e resp., 2012, p. 755 ss., a Cass., Sez.
III, 2 febbraio 2010, n. 2360, ivi, 2010, p. 555 ss., ed a Cass., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24739,
ivi, 2008, p. 782, cfr. Cass., 9 maggio 2012, n. 7037, ivi, 2012, p. 799; Cass., 18 ottobre 2011, n.
21508, ivi, 2012, p. 614; Cass., 18 luglio 2011, n. 15723, in Resp. civ. prev., 2012, p. 515; Cass., 18
luglio 2011, n. 15720, in Danno e resp., 2012, p. 282 s., annotata da P. LAGHEZZA, Di custodia, caso
fortuito e responsabilità oggettiva; Cass., 24 maggio 2011, n. 11430 (ord.), ivi, 2012, p. 284 s.; Cass., 19
maggio 2011, n. 11016, ivi, 2012, p. 27 ss., con il commento di R. FOFFA, Animale in autostrada e re-
sponsabilità del gestore; Cass., 22 marzo 2011, n. 6550, ivi, 2011, p. 1183; Cass., 15 ottobre 2010, n.
21739, in Resp. civ. prev., 2011, p. 1043; Cass., 22 aprile 2010, n. 9546, in Giust. civ., 2011, I, p. 2679;
Cass., 2 febbraio 2010, n. 2360, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, p. 940.
448
Sul punto, si rinvia alla giurisprudenza cit. in A. GARIBOTTI, G. PAGANO, Il risarcimento del
danno alla persona nelle ipotesi speciali di responsabilità, in Danno e resp., 2013, p. 1189 ss.
449
Cass., Sez. III, 18 agosto 2011, n. 17344, in Danno e resp., 2012, p. 775, con nota di V. MON-
TANI, Le voci di danno risarcibili nella responsabilità del custode.
450
Cass., Sez. lav., 28 giugno 2013, n. 16413, in Danno e resp., 2013, p. 1085.
451
G. PONZANELLI, Il danno non patrimoniale giuslavorista è diverso da quello “generale”?, in
Danno e resp., 2013, p. 1081.
I DANNI NON PATRIMONIALI 283
Sezione Lavoro della Cassazione, citando proprio alcune decisioni della Terza
Sezione civile, non ha riscontrato «alcuna duplicazione» allorché le «voci ri-
sarcitorie hanno distintamente riguardato» il danno biologico, «inteso come
mera lesione dell’integrità psico-fisica», il danno morale, «inteso come soffe-
renza interiore temporanea causata dalla commissione di un fatto illecito», e il
danno esistenziale, «inteso come umiliazione delle capacità ed attitudini lavo-
rative con pregiudizio all’immagine del dipendente sul luogo di lavoro». Ai
fini della “duplicazione”, «rileva non il nome assegnato dal giudicante al pre-
giudizio lamentato dall’attore (biologico, morale, esistenziale)», ma il liquidare
452
il medesimo pregiudizio più volte, «sebbene con l’uso di nomi diversi» .
458
meno a conoscenza del parto plurigemellare delle Sezioni Unite . Il rispetto
per la gerarchia delle fonti avrebbe suggerito di prescindere da più o meno
pertinenti «curiosità» dell’interprete. Tuttavia, se era vero che si trattava di
una normativa settoriale la quale tendeva a risarcire «menomazioni all’integri-
tà psicofisica permanentemente invalidanti» ovvero il decesso causati dal-
459
l’esposizione e dall’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito , era pur vero
che il legislatore, se avesse voluto, avrebbe potuto prevedere una valutazione
unitaria del danno non patrimoniale, senza disporre un’articolazione autono-
ma e separata del danno biologico e del danno morale.
Nella stessa linea si è mosso ancora una volta il legislatore allorché ha di-
sciplinato i criteri medico-legali per l’accertamento e la determinazione dei
danni biologico e morale a carico delle vittime del terrorismo e delle stragi
(art. 1, D.P.R. 30 ottobre 2009, n. 181). Anche in questo caso la norma distin-
gue nitidamente tra il danno biologico e il danno morale: mentre il primo è
qualificato, sulla scia dell’art. 138, comma 2, lett. a del d.lgs. n. 209 del 2005,
come la «lesione di carattere permanente all’integrità psicofisica della persona
suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa
sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del dan-
neggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di
produrre reddito», il secondo è specificamente definito come «pregiudizio
non patrimoniale costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal fatto lesi-
vo in sé considerato».
D’altronde, anche studi statistici svolti dopo le sentenze di San Martino
hanno confermato come, nella gran parte dei casi, la giurisprudenza abbia con-
tinuato a riconoscere «autonomia risarcitoria al danno morale, liquidandolo in
460
via equitativa o in percentuale o frazione del danno biologico» . L’«autono-
mia» logica ed ontologica del danno morale (rispetto a quello biologico) trova
il suo fondamento sia in relazione alla evidente «diversità del bene protetto»
(«integrità morale, quale massima espressione della dignità umana desumibile
dall’art. 2 Cost., in relazione all’art. 1 della Carta di Nizza, contenuta nel trat-
461
tato di Lisbona, ratificato dall’Italia con legge 2 agosto 2008, n. 190») , sia
come «conseguenza della configurabilità, quantomeno in astratto, nella fatti-
462
specie in esame, di un’ipotesi di reato» .
458
Così, invece, F. BONACCORSI, “A volte ritornano”: il danno morale tra diritto vivente e diritto
vigente, in Danno e resp., 2010, p. 20.
459
E dalla dispersione nell’ambiente «di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione
di materiale bellico»: in argomento, L. NOCCO, La giurisprudenza delle Corti superiori e le novità legi-
slative in tema di danno alla persona, in Danno e resp., 2011, Num. speciale, p. 9.
460
M. GERBI, C. LANCIONI, Il risarcimento del danno alla persona nella r.c. auto, in Danno e resp.,
2011, Num. speciale, p. 21.
461
Le espressioni di Trib. Bari, Sez. III, 5 maggio 2010, sono tratte da M. GERBI, C. LANCIONI,
op. cit., p. 21.
462
Per la giurisprudenza citata, cfr. M. GERBI, C. LANCIONI, op. loc. cit.
I DANNI NON PATRIMONIALI 285
figure di danno. Ancora in tema di risarcimento «del danno da perdita del rap-
porto parentale o del c.d. danno esistenziale», la Suprema corte aveva sottolinea-
470
to che dovevano essere «ristorati anche i c.d. aspetti relazionali» , sicché era
«necessario verificare se i parametri recati dalle tabelle» tenessero conto «(anche)
dell’alterazione/cambiamento della personalità del soggetto che si estrinsechi
in uno sconvolgimento dell’esistenza, e cioè in (radicali) cambiamenti di vita,
dovendo in caso contrario procedersi alla c.d. “spersonalizzazione”, riconsideran-
do i parametri recati dalle tabelle in ragione (anche) di siffatto profilo, al fine
471
di debitamente garantire l’integralità del ristoro spettante al danneggiato» .
Malgrado la Cassazione si eserciti oggi nell’arte dell’interpretazione har-
monized, nell’affermare che «deve escludersi che le Sezioni Unite del 2008 ab-
biano negato la configurabilità e la rilevanza a fini risarcitori (anche) del c.d.
472
danno esistenziale» , il colpo decisivo alle ambiguità delle citate sentenze è
stato inferto, oltre che dal legislatore, proprio dalla più recente giurisprudenza
della Suprema corte. La «categoria generale del danno non patrimoniale» è con-
siderata categoria «di natura composita» che, al pari del danno patrimoniale,
scandito nelle tradizionali voci del danno emergente e del lucro cessante, «si
473
articola in una pluralità di aspetti (o voci)» . Le quali, pur assumendo una
funzione «descrittiva», sono individuate nel danno biologico, nel danno mora-
474
le e nel danno dinamico-relazionale, definito come «esistenziale» .
Un determinato evento «può causare, nella persona stessa della vittima
come in quella dei familiari, un danno alla salute medicalmente accertabile, un
475
dolore interiore ed un’alterazione della vita quotidiana» . Il giudice di meri-
to, pur senza essere obbligato, «in via automatica, alla liquidazione di tutte que-
ste singole poste di danno», dovrà dar conto «di aver tenuto presente i diversi
aspetti della fattispecie dannosa, evitando duplicazioni, ma anche “vuoti” ri-
476
sarcitori» .
Il danno morale, poi, deve essere risarcito sia «come patema d’animo o sof-
ferenza interiore o perturbamento psichico», sia «come lesione alla dignità o
477
integrità morale, quale massima espressione della dignità umana» . Il giudi-
prev., 2010, p. 1027 ss.; A. MAIETTA, La “resurrezione” del danno esistenziale dopo le Sezioni Unite, in
Corr. merito, 2009, p. 264 ss.; D. CHINDEMI, Danno morale: alla morte segue la resurrezione, in Resp.
civ. prev., 2009, p. 814 ss.
470
Cass., Sez. II, 7 giugno 2011, n. 12273, e Cass., Sez. III, 30 giugno 2011, n. 14402, in Danno e
resp., 2011, pp. 961 e 963, con il commento di G.M.D. ARNONE, Umanità e tecnica nel risarcimento
del danno alla persona.
471
Cass., Sez. III, 30 giugno 2011, n. 14402, cit., p. 963.
472
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 369.
473
Le espressioni tra virgolette sono tratte da Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
474
Cass., Sez. III, 11 ottobre 2013, n. 23147, in Danno e resp., 2014, p. 282.
475
Cass., Sez. III, 22 agosto 2013, n. 19402, in Danno e resp., 2014, p. 29, con nota di G. PONZA-
NELLI, Il controllo della Cassazione sul quantum del risarcimento.
476
Cass., Sez. III, 22 agosto 2013, n. 19402, cit., p. 29.
477
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
I DANNI NON PATRIMONIALI 287
ce, nella valutazione di tale figura di danno, dovrà «dare motivatamente conto
del relativo significato al riguardo considerato, e in particolare se lo abbia va-
478
lutato» nell’uno e nell’altro senso .
Il danno esistenziale, anch’esso risarcibile, è individuato «nello sconvolgi-
mento dell’esistenza» che può indurre a «fondamentali e radicali scelte di vita
diversa», nella alterazione «delle abitudini di vita» e «del modo di rapportarsi
con gli altri nell’ambito della comune vita di relazione», sia «all’interno che
479
all’esterno del nucleo familiare» .
Poiché il ristoro pecuniario del danno non patrimoniale «non può mai cor-
rispondere alla relativa esatta commisurazione», «se ne impone la valutazione
equitativa»: valutazione che, attenendo «alla quantificazione e non già all’indi-
viduazione del danno», deve essere condotta «con prudente e ragionevole ap-
prezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, considerandosi in parti-
colare la rilevanza economica del danno alla stregua della coscienza sociale e i
480
vari fattori incidenti sulla gravità della lesione» . I criteri di valutazione equi-
tativa «devono essere idonei a consentire altresì la c.d. personalizzazione del
danno, al fine di addivenire ad una liquidazione equa, e cioè congrua, adegua-
481
ta e proporzionata» .
La liquidazione deve rispondere al principio «dell’integralità del ristoro» e,
cioè, «non deve essere puramente simbolica o irrisoria o comunque non corre-
lata all’effettiva natura o entità del danno ma tendere, in considerazione della
particolarità del caso concreto e della reale entità del danno, alla maggiore ap-
prossimazione possibile all’integrale risarcimento». Deve concernere «tutti gli
aspetti (o voci) di cui la generale ma composita categoria del danno non pa-
482
trimoniale si compendia» .
È questo, forse, il passaggio più importante, che fa chiarezza sulle ambigui-
tà nelle quali erano incorse le sentenze di San Martino. Le quali, agitando lo
spettro delle “duplicazioni risarcitorie”, avevano proposto quella irragionevole
e fittizia valutazione “globalizzata” del danno non patrimoniale che, a suo
483
tempo, si era con veemenza contestato . La Cassazione, ora, rileva che non
484
v’è antitesi, ma anzi logica «correlazione» tra principio di riparazione inte-
grale e divieto di duplicazioni risarcitorie.
Quest’ultimo non impedisce, ma anzi impone di risarcire, in virtù dell’on-
485
tologica «diversità del bene protetto» , tutte e tre le voci del danno non pa-
478
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 387.
479
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 387.
480
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
481
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
482
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
483
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno non patrimoniale, cit., p. 40 ss.
484
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
485
Cfr. A. DI MAJO, Sopravvive il danno morale?, in Corriere giur., 2012, p. 58.
288 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
486
trimoniale . Il principio di riparazione integrale induce a considerare illegit-
tima l’«apposizione di una limitazione massima non superabile alla quantifica-
zione del ristoro dovuto» e impone «la indefettibile necessità che nessuno de-
gli aspetti di cui si compendia la categoria generale del danno non patrimonia-
le […] rimanga privo di ristoro, dovendo essere essi presi tutti in considera-
zione ai fini della determinazione dell’ammontare complessivo del risarcimen-
487
to conseguentemente dovuto» .
Il risarcimento del danno da perdita della vita «ha funzione compensativa»
488
e «il relativo diritto (o ragione di credito) è trasmissibile iure hereditatis» .
Ma il danno morale, allorché è conseguenza di un fatto illecito che «si confi-
489
guri anche solo astrattamente come reato» , non soltanto dovrà essere speci-
ficamente risarcito in aggiunta al danno biologico ed a quello esistenziale, ove
sussistenti, ma assumerà una funzione preventiva e punitiva, quale «sofferenza
soggettiva cagionata dal reato in sé considerata, la cui intensità e durata nel tem-
po rilevano non già ai fini della esistenza del danno, bensì della mera quantifi-
490
cazione del relativo ristoro» . Il dato non è insignificante poiché, come si era
491
rilevato – e la Cassazione oggi cita proprio questi casi –, pur in presenza di un
danno biologico limitato (o del tutto assente), per le atroci modalità con cui il
reato è stato commesso, il danno morale potrà essere estremamente più grave.
Il danno morale ed il danno esistenziale possono essere risarciti anche in
assenza di un danno biologico o di altro tipo di danno del quale rappresentino
l’eventuale “conseguenza”, perché, in presenza della volontà del legislatore
«di distinguere, morfologicamente prima ancora che funzionalmente» queste
diverse figure, la stessa «modifica del 2009 delle tabelle del Tribunale di Mila-
no […] in realtà, non ha mai cancellato la fattispecie del danno morale intesa
492
come voce integrante la più ampia categoria del danno non patrimoniale» .
Come afferma anche da ultimo in modo stentoreo la Cassazione, «il danno
morale configura una autonoma ipotesi di danno non patrimoniale, risarcibile
al verificarsi di determinati presupposti, dotato di piena autonomia ontologica
rispetto al danno biologico, per cui la specifica richiesta di quest’ultimo non
493
può essere interpretata come riferibile anche al primo» . In caso di fatto ille-
cito plurioffensivo, «ciascun danneggiato è titolare di un autonomo diritto al
risarcimento di tutto il danno morale (cioè la sofferenza interiore soggettiva
486
Così, anche Cass., Sez. III, 11 ottobre 2013, n. 23147, cit., p. 282.
487
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 367.
488
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 387.
489
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 369.
490
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 367.
491
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 44.
492
Cass., Sez. III, 3 ottobre 2013, n. 22585, in Danno e resp., 2014, p. 60, con nota di P.G. MO-
NATERI, L’ontologia dei danni non patrimoniali; e già, tra le altre, Cass., Sez. III, 12 settembre 2011,
n. 18641, in Corriere giur., 2012, p. 53.
493
Cass., Sez. III, 14 maggio 2014, n. 10524, in www.altalex.com del 9 luglio 2014, p. 5.
I DANNI NON PATRIMONIALI 289
19. Pur nel rispetto dei tratti distintivi che caratterizzano i due modelli di
495
responsabilità , un fenomeno di uniformazione può involgere anche il con-
tratto e il torto, quali fonti di un medesimo sistema di responsabilità civile che,
496
come illustri autori seppero dimostrare , può essere ricostruito sulla consa-
497
pevole individuazione dei diversi regimi di imputazione . Responsabilità og-
gettiva, «présomption de faute» e/o «de responsabilité», res ipsa loquitur, re-
sponsabilità per colpa, appaiono istituti che, in modo trasversale, attraversano
un unico sistema di responsabilità civile, contrattuale e delittuale, coinvolgen-
do, parallelamente, il danno patrimoniale e quello non patrimoniale. Il regime
della responsabilità oggettiva da torto (per cosa in custodia, ad es.) e da con-
tratto (obbligazione determinata) tende a convergere in un modello che può
rivelarsi unitario sotto i profili delle cause di esonero (causa non imputabile,
cause étrangère, caso fortuito e forza maggiore), dell’oggetto e dell’inversione
498
della prova . Una diversa posizione potrebbe riguardare, invece, il regime
per faute prouvée, che risulterebbe limitato alla sola responsabilità delittuale
499
per colpa, se il principio di riferibilità della prova (al debitore), anche nel
500
caso d’inesatto adempimento , dovesse essere generalizzato dalle Corti, di là
dalle ipotesi di negligenza professionale, all’intero settore delle obbligazioni di
501
diligenza . Investigando il diritto delle obbligazioni sotto il profilo dei di-
versi regimi di responsabilità, anziché sotto l’aspetto, tradizionalmente for-
male, delle fonti dell’obbligazione, la summa divisio appare essere non più
quella tra responsabilità delittuale e contrattuale, e tanto meno quella tra dan-
no patrimoniale e danno non patrimoniale, bensì quella tra responsabilità og-
gettiva e responsabilità per colpa, nella consapevolezza dell’esistenza di re-
494
Cass., Sez. III, 17 aprile 2013, n. 9231, in Danno e resp., 2013, p. 596, con il commento di G.
PONZANELLI, Tabelle, prova del danno e concezione unitaria del danno non patrimoniale.
495
C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 73 ss.
496
Una insuperata esposizione parallela delle regole della responsabilità civile delittuale e contrat-
tuale è stata proposta, in Italia, da S. RODOTÀ, Il problema, cit., passim.
497
Questo modello sistematico, che è proprio del diritto francese, è seguito, ad es., da G. VINEY,
P. JOURDAIN, Les conditions, cit., pp. 315 ss., 597 ss., 807 ss.
498
M. FEOLA, in M. FEOLA, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, cit., p. 466; M.
FEOLA, L’obbligazione di sécurité, cit., p. 315. Nell’esperienza francese, C. LARROUMET, Droit civil,
Tome 3, cit., p. 599 ss.
499
Cass., Sez. III, 21 giugno 2004, n. 11488, e Cass., Sez. III, 28 maggio 2004, n. 10297, in Danno
e resp., 2005, pp. 28 s., 32 s.
500
Il leading case è Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, in Corriere giur., 2001, p. 1565.
501
Come sembra proporre C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 74 s.
290 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
20. Il tema del danno non patrimoniale si è caratterizzato, negli ultimi anni,
per una veemente contrapposizione tra “esistenzialisti” ed “anti-esistenzia-
listi”, al punto che ciascun autore, che giammai avrebbe voluto contribuire spe-
cialmente a questa discussione, ha finito, suo malgrado, con l’essere coinvolto,
a torto o a ragione, tra i contendenti dell’asperrima tenzone. La quale ha tal-
mente influenzato una pacata riflessione in materia, che anche chi non aveva
avuto simpatia per l’originaria ricostruzione “onnicomprensiva” del danno
esistenziale si è visto inserire tra coloro che, in maniera surrettizia, avevano
apportato significativi argomenti a favore di tale figura. «Singolare» era appar-
sa «la vicinanza» della tesi esistenzialista con le conclusioni alle quali era giun-
ta «la dottrina che, pur criticando la figura del danno esistenziale, propo-
ne[va] di ignorare il cambiamento giurisprudenziale, ridimensionando esplici-
tamente la portata applicativa dell’art. 2059 c.c., con il travaso di tutti i danni
non patrimoniali (dolore e sofferenza compresi) nella previsione dell’art. 2043
c.c. e la riassegnazione alla prima norma della sua originaria funzione punitiva,
510
dipendente dall’ipotesi di fatto reato» . Invero, come si legge in questa im-
meritata quanto pregevole sintesi, tale dottrina, nel tentativo di fornire una let-
tura sistematica e funzionale del sistema di responsabilità civile, aveva cercato
di dimostrare come «il bipolarismo “minimale” del sistema» si giustificasse
ormai «solo con riferimento alla componente sanzionatoria, l’unica contrap-
511
ponibile alla predominante funzione compensativa» . Questa dottrina, però,
avrebbe esteso “eccessivamente” i confini del danno risarcibile, applicando «la
clausola dell’ingiustizia del danno sia ai pregiudizi patrimoniali sia a quelli non
512
patrimoniali» e interpretando «l’art. 2059 c.c. in chiave meramente punitiva» .
In questo clima manicheo di contesa, il referendum “a favore” o “contro”
il danno esistenziale non aveva risparmiato né la Cassazione, né la giurispru-
denza dei giudici di Pace, la quale aveva iniziato ad estendere i confini del-
l’area dei danni non patrimoniali risarcibili ad ipotesi sempre più «fantasiose,
513
ed a volte risibili» . Era da attendere, quindi, un intervento delle Sezioni Unite
che, preoccupate dalla quantità delle liti già avviate e, soprattutto, dal numero
ben più alto di quelle che avrebbero potuto essere intraprese, svolgesse una
509
G. PONZANELLI, I danni punitivi, cit., c. 181.
510
Così, D. POLETTI, Manifesta inammissibilità, cit., 658 s., la quale cita, in proposito, la seguente
opera: A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La responsabilità civile. Strutture e funzioni, cit., p. 48.
511
Ancora D. POLETTI, op. ult. cit., p. 459, ove riferisce la tesi sostenuta (ma ancor prima che in-
tervenisse il “cambiamento giurisprudenziale”) da A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. loc. ult. cit.
512
Testualmente E. NAVARRETTA, Ripensare il sistema, cit., p. 17, in nota 56, ma con riferimento,
questa volta, al mio scritto Il danno ingiusto, Parte II, cit., p. 221.
513
In questi termini, Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 27.
I DANNI NON PATRIMONIALI 293
514
L’opinione è autorevolmente validata da F.D. BUSNELLI, La “dottrina delle Corti”, cit., p. 470,
il quale, opportunamente, discorre di una «disinvolta “rilettura costituzionalmente orientata” intro-
dotta dalla terza sezione della Corte di cassazione con le c.d. “sentenze gemelle” del 2003», la quale
risulta «sorprendente» là dove riferisce «la categorica esclusione di profili sanzionatori del risarci-
mento dei danni non patrimoniali […] anche alle ipotesi di reato, ossia proprio a quelle che, tramite
il raccordo con l’art. 186 c.p., riflettono emblematicamente la tradizionale vocazione sanzionatoria
dell’art. 2059 c.c.: una norma che non trova l’eguale nel sistema francese».
515
Cass., Sez. III, 4 marzo 2014, n. 5956 (ord.), in Danno e resp., 2014, p. 388, ha rimesso gli atti
al Primo Presidente perché valuti l’opportunità di assegnare il ricorso alle Sezioni unite al fine di di-
rimere «il contrasto di giurisprudenza così generatosi» e di «definire e precisare per imprescindibili
ragioni di certezza del diritto il quadro della risarcibilità del danno non patrimoniale già delineato nel
2008, alla stregua degli ulteriori contributi di riflessione, tra loro discordanti».
294 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO QUINTO
RAPPORTO DI CAUSALITÀ
E DANNO DA PERDITA DI CHANCES
SOMMARIO: 1. L’orientamento che nega l’autonoma risarcibilità del danno da perdita di chances,
giudicandolo un escamotage per eludere le difficoltà relative alla prova del nesso eziologico.
L’evoluzione della nozione di causalità: dalla “certezza” del diritto quale scienza esatta, a
criterio d’imputazione della responsabilità. – 2. Segue. Il diritto inglese e i limiti del modello
all-or-nothing: “de-responsabilizzazione” e “iper-responsabilizzazione” del danneggiante.
La maggiore varietà del diritto statunitense: teoria “causale” dell’aumento del rischio e ri-
sarcibilità del danno da perdita di chance of survival. – 3. L’espansione, nella giurisprudenza
italiana, dell’area di riparazione del danno da perdita di chances. Il superamento dell’ori-
ginario orientamento gius-lavorista. Critica della tesi che qualifica tale figura quale “lucro
cessante” presente o futuro. – 4. Il danno “ingiusto” da perdita di chances nel caso di lesio-
ne di interessi pretensivi. Dalla concezione “eziologica”, all’idea della chance quale danno
risarcibile in sé, “per equivalente” o in forma specifica. La responsabilità della P.A. nei ri-
guardi del cittadino. – 5. Rapporto di causa e danno da perdita di chances nel settore della
responsabilità del medico. Dalla giurisprudenza c.d. del 30% al giudizio di «alto o elevato
grado di credibilità razionale». Il risarcimento, da parte della Cassazione, del danno da per-
dita di chances di guarigione o di sopravvivenza, anche in presenza di una sentenza penale
di assoluzione. L’autonomia tra le domande. – 6. Il falso dilemma della natura delittuale o
contrattuale del danno da perdita di chances, che è risarcibile sulla base dell’uno o dell’altro
modello di responsabilità. Il problema nelle “obbligazioni senza prestazione”: irrilevanza
dell’interesse protetto e inversione dell’onere della prova. – 7. Il danno da perdita di chances
in Francia: i garde-fous. La prova del danno e/o del rapporto causale. Il carattere «reale» e
«serio» delle chances perdute. Il requisito della certezza del danno: la “sufficiente probabili-
tà” che la chance si sarebbe realizzata e la “certezza” che il vantaggio previsto è stato irrime-
diabilmente perduto. – 8. La perdita delle «chances di realizzare un profitto o di evitare una
perdita» quale «danno in sé risarcibile» che è «specifico e autonomo rispetto al pregiudizio
finale». Una conclusione divergente rispetto alla dottrina francese: il danno da perdita di
chances non è «futuro e aleatorio», bensì certo e attuale, poiché ha sempre ad oggetto chan-
ces irrimediabilmente perdute. – 9. Critica della dottrina italiana che qualifica la perdita di
chances come danno emergente o come lucro cessante. La perdita di chances, quale figura
generale di danno, può consistere in un danno emergente presente e/o futuro, in un lucro
cessante presente e/o futuro o in entrambi. – 10. La logica all-or-nothing, che è propria del
diritto penale, non riguarda la responsabilità civile. La destrutturazione del tema della cau-
salità da parte della dottrina di lingua inglese. Il rapporto causale quale strumento
d’imputazione dei danni. Contributory negligence e concorso di responsabilità. Il danno da
perdita di chances quale strumento giusto ed efficiente di valutazione dei competing interests
delle parti, espressione della generale funzione di compensation della responsabilità civile.
11.
296 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
8
Per altro verso, ci si è profusi nel dibattito, tutto italiano , avente a oggetto
la classificazione dogmatica della chance in termini di “danno emergente” o di
9
“lucro cessante” , al fine di tentare di contestarne l’autonoma risarcibilità e di
10
affermarne l’inquadramento «nel genus del lucro cessante futuro» . In propo-
sito sembra opportuno fin d’ora precisare, sulla scia di chi sottolinea che «la
11
teoria della perte d’une chance nel campo medico ha un significato ambiguo» ,
che, «contrariamente a quanto fin qui sostenuto da una parte della dottrina, la
risarcibilità della chance perduta non sta […] nella sua qualificazione di danno
emergente o lucro cessante», poiché «ogni danno si può scomporre in queste
12
due componenti» .
Per altro verso ancora, si è rilevato che il danno da perdita di chance sareb-
be «pari in toto al valore della utilità sperata e perduta: a condizione, ovvia-
mente, che possa ritenersi soddisfatta la doppia inferenza probabilistica tra
commissione dell’illecito e perdita della chance, e quindi tra perdita della
13
chance e perdita del risultato sperato» . La propensione a risarcire tale danno
s’inquadrerebbe in «una tendenza giurisprudenziale alluvionale, la quale ha
preferito piuttosto la via dell’analisi e della moltiplicazione delle categorie
concettuali, piuttosto che lo sforzo per la riductio ad unitatem delle varie cate-
14
gorie di danno» .
Queste argomentazioni, proposte ancora con particolare tenacia, possono
essere considerate come l’ultimo tentativo di salvare una nozione di causalità
monolitica e indivisibile, di stampo ottocentesco, che, «sulla spinta di analo-
ghe e assai più pregnanti riflessioni svolte dalla dottrina penalistica (in partico-
lare tedesca) e da correnti filosofiche (in particolare inglesi: J.S. Mills)», inten-
devano considerare il rapporto eziologico «uno degli elementi essenziali nella
struttura della responsabilità per fatto illecito, utilizzato soprattutto al fine di
15
escluderla» . Una delle ragioni «dell’emergere del problema eziologico sta
8
Lo rileva A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c., cit., p. 832.
9
Tra i primi a considerare il danno da perdita di chance come danno emergente, A. DE CUPIS, Il
danno, I, cit., p. 264; M. BOCCHIOLA, Perdita di una “chance” e certezza del danno, in Riv. trim. dir. e
proc. civ., 1976, p. 86. Tendono, invece, a ricondurre la perdita di chances nel quadro del lucro cessante,
sulla scia di G. CATTANEO, La responsabilità del professionista, Milano, 1958, p. 184 ss., oltre agli au-
tori citt. nelle note che seguono, G. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, Padova, 1999,
p. 545, e F. MASTROPAOLO, voce Danno (risarcimento del danno), in Enc. giur. Treccani, X, Roma,
1988, p. 12. Affermano la risarcibilità del danno da perdita di chances, distinguendo la perdita di una
probabilità di conseguire un risultato favorevole dal danno consistente nel mancato conseguimento
del risultato, C.M. BIANCA, Dell’inadempimento delle obbligazioni, in Comm. del cod. civ. Scialoja e Bran-
ca, Bologna-Roma, 1979, p. 330; A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p.
150 ss.; conf. A. PONTECORVO, La responsabilità per perdita di chance, in Giust. civ., 1997, II, p. 447 s.
10
Da ultimo, M. ROSSETTI, Il danno da perdita di chance, cit., p. 676.
11
A.M. PRINCIGALLI, Perdita di chances, cit., p. 321, in nota 18.
12
A.M. PRINCIGALLI, op. ult. cit., p. 324.
13
M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 676.
14
M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 677.
15
V. ZENO ZENCOVICH, La responsabilità civile, in G. ALPA, M.J. BONELL, D. CORAPI, L. MOC-
298 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CIA, V. ZENO ZENCOVICH, Diritto privato comparato. Istituti e problemi, Roma-Bari, 2004, p. 302. Sul
punto, M. CAPECCHI, Il nesso di causalità. Da elemento della fattispecie «fatto illecito» a criterio di
limitazione del risarcimento del danno, Padova, 2002, passim.
16
V. ZENO ZENCOVICH, op. loc. ult. cit.
17
V. ZENO ZENCOVICH, op. loc. ult. cit.
18
V. ZENO ZENCOVICH, op. loc. ult. cit.
19
Tra i contributi più significativi v., ad es., B. CHAPMAN, Chance, Reason, and the Rule of Law,
in 50 Univ. Toronto L. J., 2000, p. 469 ss.; N. JANSEN, The Idea of a Lost Chance, in 19 Journ. Legal
Studies, 1999, p. 271 ss.; T.S. AAGAARD, Identifying and Valuing the Injury in Lost Chance Cases, in
96 Michigan L. Rev., 1997-98, I, p. 1335 ss.; S.M. WADDAMS, The Valuation of Chances, in 30 Cana-
dian Business L. Journal, 1998, p. 86 ss.; M.T. MANGAN, The Loss of a Chance Doctrine: A Small Price
for Human Life, in 42 South Dakota L. Rev., 1997, p. 279 ss.; H. REECE, Losses of Chances in the Law,
in 59 Modern L. Rev., 1996, p. 188 ss.; R.S. BRUER, Loss of a Chance as a Cause of Action in Medical
Malpractice Cases, in 59 Missouri L. Rev., 1994, p. 969 ss.; T. HILL, A Lost Chance for Compensation
in the Tort of Negligence by the House of Lords, ivi, 1991, vol. 54, p. 511 ss.; L.J. ANDERSON, Loss of a
Chance in Tort, in 131 Solicitor’s Journal, 1987, p. 1258 ss.; J.H. KING, Causation, Valuation, and
Chance in Personal Injury Torts Involving Preexisting Conditions and Future Consequences, in 90 Yale
L. Journal, 1981, p. 1378 ss.
20
Chaplin v. Hicks [1911] 2 K.B. 786.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 299
National Coal Board la riforma, da parte della Camera dei Lords, della deci-
sione che, pur riconoscendo la negligenza dell’impresa, aveva escluso la sua
responsabilità nei confronti del dipendente che aveva contratto la dermatite,
viene motivata verificando se il convenuto «substantially contributed» alla
causazione del danno, in ordine ai rapporti tra violazione dell’obbligo di dili-
21
genza, omissione di determinate cautele e creazione di un rischio .
Così, nella maggioranza delle opinions espresse dalla House of Lords in Ho-
22
tson v. East Berkshire Area Health Authority – che unitamente a Wilsher v.
23
Essex Health Authority sembra escludere che McGhee abbia statuito un’ec-
cezione all’obbligo dell’attore di provare, on the balance of probabilities, che la
24
condotta del convenuto sia stata la conditio sine qua non del danno – il pro-
blema della loss of a chance di riacquistare la piena funzionalità degli arti offesi
(nella specie, del 25%) viene dibattuto non in termini di danno autonomo, ma
quale eventuale strumento di integrazione probabilistica del nesso causale tra
violazione del duty of care ed evento dannoso, qualora la stima delle cc.dd.
25
chances perdute abbia superato il 50% delle possibilità .
26
Nella contraria decisione resa in appello , sulla scia dei giudici di primo
27
grado , il giudice Donaldson aveva acutamente rilevato come tale caso pones-
se un problema non di accertamento del nesso eziologico, bensì di quantifica-
zione del danno patito dal minore, distinguendo i fatti passati da quelli futu-
28
ri che, per la loro natura speculativa, richiedevano una stima del loro am-
montare. Anche secondo il giudice Dillon il sistema tradizionale si dimostrava
inadeguato, sia per l’incertezza che regna nell’ambito delle scienze mediche,
sia perché garantisce un’impunità al medico negligente ogni qualvolta l’attore
non riesca a provare il nesso causale adducendo percentuali superiori al 50%.
Come si è rilevato, mentre il rapporto causale tra la negligenza del medico e il
21
McGhee v. National Coal Board [1972] 2 A.E.R. 1008. Cfr., in particolare, le opinions di Lord
Reid, che richiama la nozione di contribuzione causale, di Lord Wilberforce, che affronta il problema
dei rapporti tra violazione dell’obbligo di diligenza e creazione di un rischio, e di Lord Simon. Sul
significato di tale decisione, E.J. WEINRIB, A Step Forward in Factual Causation, in 38 Mod. L. Rev.,
1975, p. 518 ss.; P.S. ATIYAH, Accidents, Compensation and the Law, ed. P. CANE, London, 1987, p.
101. Ricorda che «the House of Lords held that it could be enough to establish a causal connection if
the plaintiff showed that the defendant “substantially contributed” to the harm», N. JANSEN, The
Idea, cit., p. 275.
22
[1987] 2 A.E.R. 909.
23
[1986] 3 A.E.R. 801; e soprattutto [1988] 1 A.E.R. 870. Sul ruolo precedenziale di McGhee v.,
tuttavia, M.A. JONES, Textbook in Tort, London, 1991, p. 132 s.
24
In questi termini, N. JANSEN, op. cit., pp. 276 e 271, anche in note 1 e 2, ove cita il pensiero di
Lord Bridge.
25
Per una critica all’orientamento seguito dalla Camera dei Lords, D.P.T. PRICE, Causation: The
Lords’ Lost Chance?, in 38 Int. Comp. L. Q., 1989, p. 735.
26
[1987] 1 A.E.R. 210.
27
[1985] 3 A.E.R. 167.
28
Per la distinzione tra «past happenings» e «future events», cfr. Davies v. Taylor [1974] A.C.
207, 212.
300 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
pregiudizio patito dalla vittima era stato accertato nella misura del 25%, il
danno consistente nella perdita del 25% delle chances di guarigione poteva
29
essere provato con una certezza pari al 100% . Viceversa, la distinzione tra
30
chances meramente statistiche e chances “personali” della vittima , proposta
dal giudice Johnson, introducendo un dato che è estremamente difficile da ve-
31
rificare , sembra proporre un distinguo sicuramente sfavorevole all’idea della
risarcibilità della lost chance. L’atteggiamento tradizionale manifestato dalla
Camera dei Lords, tanto fermo nel considerare il profilo della chance limitato
al solo aspetto di accertamento probabilistico del nesso causale, quanto con-
trario a individuare un distinct harm da valutare in maniera proporzionale alla
stima effettuata, si innesta in un più complessivo discorso scientifico, talvolta
32
altamente metaforico , teso a verificare il profilo meccanicistico dell’accerta-
mento della “catena” causale e della sua “interruzione”, cioè del «break of a
33
chain of causation» .
Molto più ricca è l’esperienza statunitense la quale, sia per la varietà che è
propria di tale diritto, influenzato da molteplici e diverse componenti culturali
34
e istituzionali , sia per l’attenzione prestata ai fattori di policy, sia per il ruolo
svolto dalla giuria nell’accertamento in fatto del nesso causale, non conosce, in
materia, l’unicità di prospettiva espressa dal diritto inglese. Ciò non impedisce
che alcune decisioni siano comunque ispirate alla regola tradizionale della pre-
valenza della “causa efficiente” le quali, negando la risarcibilità «per se» della
lost chance, considerano integrato il rapporto causale in termini di ragionevole
“probabilità” soltanto in presenza della prova, fornita dall’attore, che le chan-
35
ces perdute fossero superiori al cinquanta per cento . Questo indirizzo trova
fondamento nelle esigenze di evitare un sovvertimento delle tradizionali regole
36
causali e, soprattutto, di contenere l’efficacia “espansiva” del danno da per-
dita di chances in altri settori della responsabilità civile, così come è avvenuto
in Francia e, di recente, anche in Italia.
A fronte di questo orientamento è ravvisabile un ulteriore indirizzo, che
29
Cfr. J. STAPLETON, The Gist of Negligence, II, in 104 L. Quarterly Rev., 1988, p. 392.
30
Sull’opinion del giudice Johnson, T. HILL, A Lost Chance, cit., p. 514.
31
J. STAPLETON, op. cit., p. 394. Sul punto, altresì, W. SCOTT, Causation in Medico-Legal Practice:
A Doctor’s Approach to the “Lost Opportunity” Cases, in 55 Mod. L. Rev., 1992, p. 521.
32
Insuperate, in proposito, le pagine di H.L.A. HART, T. HONORÉ, Causation in the Law, Ox-
ford, II ed., 1985, pp. 12, 72 ss., e di J.G. FLEMING, Probabilistic Causation in Tort Law, in 68 Can. B.
Rev., 1989, p. 661 ss. Sulla più estesa nozione di “causalità giuridica”, quale insieme di tecniche giu-
ridiche di selezione delle conseguenze risarcibili, il pensiero di P. TRIMARCHI, Causalità e danno, Mi-
lano, 1967, p. 2 ss. e passim.
33
H.L.A. HART, T. HONORÉ, op. loc. cit.
34
Sul punto, U. MATTEI, Common Law. Il diritto anglo-americano, in Tratt. di dir. comp. diretto
da R. Sacco, Torino, 1992, pp. 122 ss., 214 ss., 262 ss. e passim.
35
Per un caso esemplare in tal senso, cfr., ad es., Cooper v. Sisters of Charity of Cincinnati, 272
N.E. 2d 97 (1971).
36
Lo rileva V. ZENO ZENCOVICH, La sorte del paziente. La responsabilità del medico per l’errore
diagnostico, Padova, 1994, p. 27.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 301
poi si è esteso anche alla medical malpractice, il quale tende ad allocare il ri-
schio dell’evento dannoso sul soggetto negligente. Esso si ispira a un noto pre-
cedente riguardante la morte di un marinaio caduto in mare durante la navi-
37
gazione . Il comandante, nonostante fosse stato avvertito della sua scomparsa,
si rifiutò si procedere alle ricerche in mare, pensando che in virtù della distan-
za già percorsa (molte decine di miglia) e delle circostanze del caso (era notte,
il mare era infestato da squali, ecc.) non vi sarebbe stata alcuna possibilità di
trovarlo ancora in vita. La sua condotta negligente non avrebbe dovuto essere
considerata la causa della morte del marinaio, essendo la stessa dovuta a fatto-
ri naturali (la caduta in mare). La Corte d’appello federale, tuttavia, nel rifor-
mare la decisione resa in primo grado, ravvisava la violazione dell’obbligo di
compiere ogni “ragionevole sforzo” per salvare la vita del naufrago. La con-
dotta omissiva del comandante aveva contribuito a produrre l’evento della
morte in quanto aveva negato allo sfortunato marinaio ogni ragionevole possi-
bilità di soccorso, avendo considerato irrilevante la percentuale probabilistica
che, concretamente, la ricerca in mare avrebbe avuto di trovarlo ancora in vi-
ta. Se fosse stata effettuata una stima delle chances che il naufrago avrebbe
avuto di sopravvivere anche là dove il comandante avesse deciso di procedere
tempestivamente alla ricerca, la percentuale sarebbe stata irrisoriamente bassa,
di gran lunga inferiore al 50%, e ciò avrebbe dovuto impedire di ravvisare
l’esistenza del nesso causale tra la condotta omissiva e l’evento morte. Ma la
responsabilità del comandante fu acclarata per sanzionare il suo comportamen-
to, anche in considerazione delle ragioni di policy che sottendono lo specifico
settore del diritto della navigazione.
Pochi anni dopo, la regola dell’allocazione del rischio sul soggetto negli-
gente è stata applicata nel caso leader Hicks v. U.S., per condannare un medi-
co di un pronto soccorso per il decesso di una paziente che, a seguito di un
38
suo errore di diagnosi, non era stata operata d’urgenza . Nonostante il rap-
porto causale tra l’errore diagnostico e il decesso fosse stato affermato con un
notevole grado di probabilità dai periti, i quali sostenevano che la paziente sa-
rebbe sopravvissuta se fosse stata operata in modo tempestivo, la Corte d’ap-
pello colse l’occasione per enunciare, probabilmente in via di obiter dictum,
un principio estremamente rigoroso, che troverà successive applicazioni in
materia: allorché la condotta commissiva od omissiva negligente di un sogget-
to fa venir meno anche qualche “sostanziale possibilità” di sopravvivenza, ciò
è sufficiente a integrare il nesso causale e a dichiarare la responsabilità del-
l’agente. Soluzioni ispirate a questa regola sono state assunte in una pluralità
di ipotesi concernenti errori diagnostici, nelle quali le percentuali di sopravvi-
venza del paziente erano sicuramente molto limitate e incerte. Così, nel caso in
cui vi era stata una serie di colpevoli negligenze che, ritardando di qualche
37
Gardner v. National Bulk Carriers, 310 F. 2d 284 (1962).
38
Hicks v. U.S., 368 F. 2d 626 (1966).
302 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
48
Mays v. U.S., 608 F. Supp. 1476 (1985).
49
In Mays v. U.S., 608 F. Supp. 1476 (1985), dal quale è tratto l’esempio citato nel testo, la ridu-
zione proporzionale venne effettuata soltanto per i future losses.
50
La felice espressione è coniata da Pret. Ascoli Piceno, 23 marzo 1993, in Foro it., 1994, I, c.
1838.
51
Rispetto a quella già proposta, obiter dictum, da Cass., 13 dicembre 2001, n. 15759, in Danno e
resp., 2002, p. 395.
52
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026 in Dir. e prat. trib., 2005, II, p. 13 s. In senso con-
forme, già M. FEOLA, Nesso di causalità e perdita di chances nella responsabilità civile del professioni-
sta forense, in Riv. crit. dir. priv., 2004, p. 179 ss.
53
Oltre al leading case Cass., Sez. lav., 19 novembre 1983, n. 6909, in Giust. civ., 1984, I, p. 1841
ss., cfr., tra le molteplici decisioni conformi, Cass., Sez. lav., 10 agosto 1987, n. 6864, in Foro it., 1987,
I, c. 2987 ss.; Cass., Sez. lav., 29 aprile 1993, n. 5026, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 234 ss.; Cass., Sez. lav.,
15 marzo 1996, n. 2167, ivi, 1996, I, 1, c. 799 s.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 305
da perdita di chances. Mentre, nel primo caso, il prestatore di lavoro che agi-
sce per il risarcimento del danno «deve provare sia l’illegittimità della proce-
dura concorsuale sia che, in caso di legittimo espletamento, sarebbe stato cer-
54
tamente incluso nell’elenco dei promossi» . Nel secondo caso, sul presuppo-
sto della irrimediabile perdita di chances in ragione dell’irripetibilità della pro-
cedura con le stesse modalità e gli stessi partecipanti di quella ritenuta illegit-
tima, «si fa valere il danno associato alla perdita di una probabilità non trascu-
55
rabile di conseguire il risultato utile» . Con la conseguenza che mentre il
danno da mancata promozione può trovare «un ristoro corrispondente in pie-
no con la perdita dei vantaggi connessi alla superiore qualifica (non solo di na-
tura economica, ma anche normativa), il danno da perdita di chance può solo
commisurarsi, ma non identificarsi, nella perdita di quei vantaggi, in ragione
del grado di probabilità – esistente al momento della legittima esclusione – di
56
conseguire la promozione» . In questo caso, il lavoratore ha l’onere di prova-
re, «pure se solo in modo presuntivo e basato sul calcolo delle probabilità, la
57
possibilità che avrebbe avuto di conseguire il superiore inquadramento» . Vi-
ceversa, «pretendere la prova delle attitudini professionali dei singoli impiega-
ti [...] significherebbe confondere la perdita di chance con la perdita del risul-
58
tato, vale a dire il giudizio di verosimiglianza col giudizio di verità» .
Le Sezioni Unite civili, nel ribadire la risarcibilità del danno da perdita di
59
chances in materia giuslavorista , hanno successivamente precisato le questio-
ni relative alla causalità ed all’onere della prova. In caso «di violazione, da par-
te dell’ente pubblico/datore di lavoro, dell’obbligo di predeterminare i criteri
di selezione degli impiegati necessari per il riconoscimento e l’attribuzione
della qualifica superiore, incombe sul singolo dipendente non promosso ed
attore in giudizio per il risarcimento del danno da perdita della possibilità di
promozione (c.d. perdita di chance), l’onere di provare – alla stregua dei prin-
cipi generali in tema di responsabilità contrattuale – il nesso di causalità tra
detto inadempimento datoriale ed il danno, ossia la concreta sussistenza della
60
probabilità di ottenere la qualifica superiore» . Il lavoratore-creditore «che
voglia ottenere i danni derivanti dalla perdita di chance ha l’onere di provare,
pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realiz-
zazione in concreto dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato
54
Cass., Sez. lav., 18 gennaio 2006, n. 852, riprodotta nella Appendice giurisprudenziale del vo-
lume di D. CHINDEMI, Il danno da perdita di chance, Milano, 2007, p. 191.
55
Cass., Sez. lav., 18 gennaio 2006, n. 852, cit., p. 191. Conf., Cass., Sez. lav., 12 agosto 2004, n.
15688, in D. CHINDEMI, op. ult. cit., p. 199, che discorre di «“rilevante probabilità” dei lavoratori di
essere prescelti nel caso di osservanza dei criteri stabiliti».
56
Cass., Sez. lav., 18 gennaio 2006, n. 852, cit., p. 191.
57
Cass., Sez. lav., 18 gennaio 2006, n. 852, cit., p. 192; conf., tra le tante, Cass., Sez. lav., 1 dicem-
bre 2004, n. 22524, in D. CHINDEMI, op. ult. cit., p. 195.
58
Cass., Sez. lav., 6 giugno 2006, n. 13241, in D. CHINDEMI, op. ult. cit., p. 187.
59
Cass. civ., Sez. Un., 23 settembre 2013, n. 21678; Cass. civ., Sez. Un., 27 marzo 2008, n. 7943.
60
Cass. civ., Sez. Un., 23 settembre 2013, n. 21678.
306 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
71 72 73
ne dello studente , dell’“aspirante ballerino” o del pugile dilettante che, a
causa di un incidente o di un negligente controllo sanitario, perdono la possi-
bilità di svolgere una futura attività lavorativa, i danni patiti da un corridore
74 75
automobilistico o da un revisore dei conti per l’illegittima esclusione dalle
competizioni sportive o per l’erroneo protesto di un assegno, la perduta op-
portunità di partecipare ad un concorso a causa della mancata consegna del
76
telegramma di convocazione , la seduzione con promessa di matrimonio (con
77
particolare riguardo alle perdute opportunità di sposarsi) , gli interessi «pre-
tensivi» del cittadino che sono stati lesi da comportamenti illegittimi della
78
Pubblica Amministrazione , ecc.
La codificazione del danno da perdita di chances all’interno di un modello
79
«a potere “legislativo” diffuso» dimostra come la giurisprudenza civile e
quella amministrativa abbiano ormai superato le incomprensioni dell’origina-
rio orientamento gius-lavorista che, esaurendo il danno da perdita di chances
nel problema della causalità esistente tra la condotta e l’evento “finale”, ovve-
80 81
ro nella sua componente «esplicativa» o «eziologica» , ne subordinava la ri-
sarcibilità alla prova che il «risultato positivo» potesse essere conseguito con
82
una probabilità «superiore al 50%» , senza peraltro disporre (come coeren-
temente avviene nel modello all-or-nothing) la riparazione dell’intero pregiu-
dizio. Il risarcimento delle chances perdute richiede non percentuali probabili-
71
App. Trieste, 25 novembre 1987, in Dir. prat. ass., 1988, p. 535.
72
Cass., III Sez. civ., 25 settembre 1998, n. 9598, in Danno e resp., 1999, p. 534, con nota di U.
VIOLANTE, La chance di un giro di valzer (sul danno biologico dell’aspirante ballerino).
73
Trib. Roma, 28 ottobre 1999, in Danno e resp., 2000, p. 658 ss.
74
Trib. Monza, 21 febbraio 1992, in Resp. civ. prev., 1993, p. 859 ss.
75
App. Roma, Sez. III, 17 febbraio 1988, in Giur. it., 1991, I, 2, c. 640 ss., con nota di G. NAR-
DULLI, Perdita di chance: verso l’ampliamento dell’area del danno risarcibile.
76
Successivamente alla sentenza della Corte cost., 20 giugno 2002, n. 254, in Foro it., 2002, I, c.
2209, che ha dichiarato incostituzionale l’art. 6 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, «nella parte in cui
dispone che l’Amministrazione ed i concessionari del servizio telegrafico non incontrano alcuna re-
sponsabilità per il mancato recapito del telegramma», Trib. Reggio Calabria, Sez. II, 11 ottobre 2004,
in Danno e resp., 2005, p. 165 ss., con la nota di G. PONZANELLI, La quantificazione del danno da per-
dita di chance per telegramma spedito, ma non consegnato. Sulla questione, già Trib. Termini Imerese,
10 maggio 1999, in Giur. it., 1999, p. 2075.
77
Per una critica di tale giurisprudenza v., tuttavia, V. CARBONE, La seduzione con promessa di
matrimonio non è perdita di chance, in Danno e resp., 1998, p. 1144 ss., e M. FEOLA, Il danno da perdi-
ta di chances, cit., pp. 87-90.
78
Oltre alle sentenze citate nel § successivo, cfr., ad es., T.A.R. Lombardia, 23 dicembre 1999, n.
5049, T.A.R. Toscana, 21 ottobre 1999, n. 766, in Foro it., 2000, III, cc. 227 s., 2340 s., e Cons. Stato,
Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281, in Giust. civ., 2002, I, p. 1417 ss.
79
Cfr. A. GAMBARO, La sentenza n. 500, cit., p. 359.
80
G. MARI, Responsabilità per perdita di chance e domanda di risarcimento in forma specifica impli-
cita nella domanda di annullamento dell’affidamento a trattativa privata di un servizio, in Giust. civ.,
2002, I, p. 1423, in critica a Cons. Stato, Sez. VI, 8 febbraio 2002, n. 686.
81
Pret. Ascoli Piceno, 23 marzo 1993, in Foro it., 1994, I, c. 1838.
82
Ad es., Cass., Sez. lav., 19 dicembre 1985, n. 6506, in Riv. dir. comm., 1986, II, p. 212. Criticamen-
te, già P.G. MONATERI, Fattispecie di responsabilità extracontrattuale, in Riv. dir. civ., 1986, II, p. 364.
308 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
86
4. Sulla scia dell’indirizzo «epocale» inaugurato delle Sezioni unite con la
87
sentenza n. 500 del 1999 , il danno da perdita di chances assume un inedito
rilievo anche nel risarcimento della “ingiusta” lesione degli interessi legittimi
pretensivi. Nel caso di illegittimo diniego del provvedimento richiesto o di in-
giustificato ritardo nella sua adozione, la Cassazione ribadisce che la perdita di
chances, «come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un de-
terminato bene non è una mera aspettativa di fatto, ma un’entità patrimoniale
a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valu-
88
tazione» . La quale costituisce «normalmente l’effetto immediato ed evidente
della lesione dell’interesse pretensivo del soggetto ad acquisire posizioni sog-
89
gettive abilitanti o, comunque, ammissive di status e capacità» .
Così, in tema di procedure di aggiudicazione di pubblici appalti, il Consi-
glio di Stato dispone che occorre distinguere «la fattispecie in cui il ricorrente
riesce a dimostrare che, in mancanza dell’adozione del provvedimento illegit-
timo, avrebbe vinto la gara (ad esempio perché, se non fosse stato indebita-
mente escluso, sarebbe stata selezionata la sua offerta) dai casi in cui non è
possibile acquisire alcuna certezza su quale sarebbe stato l’esito della procedu-
90
ra in mancanza della violazione riscontrata» . La dimostrazione della spettan-
za dell’appalto all’impresa danneggiata risulta configurabile soltanto allorché
il criterio di aggiudicazione si basi su «parametri vincolati e matematici» (ad
es., come nel caso del massimo ribasso in un pubblico incanto), mentre «si ri-
83
C.M. BIANCA, Dell’inadempimento, cit., p. 330; A. DE CUPIS, Il risarcimento della perdita di una
chance, in Giur. it., 1986, I, 1, c. 1181.
84
A. MUSY, Sicilcasse ed il danno da perdita di una “chance”, in Giur. it, 1994, I, 1, c. 237, sulla
scia di P.G. MONATERI, op. loc. cit.
85
Cass., 4 marzo 2004, n. 4400, cit., p. 47. Contra, da ultimo, M. ROSSETTI, Il danno da perdita di
chance, cit., p. 676.
86
Cfr. A. GAMBARO, op. ult. cit., p. 356.
87
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p. 2271.
88
Cass., Sez. III, 29 marzo 2006, n. 7228, in D. CHINDEMI, op. ult. cit., p. 213.
89
Cass., Sez. III, 29 marzo 2006, n. 7228, cit., p. 213.
90
Cons. Stato, 22 giugno 2004, n. 278, in D. CHINDEMI, op. ult. cit., p. 220.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 309
vela impossibile là dove la selezione del contraente viene operata sulla base di
un apprezzamento tecnico-discrezionale dell’offerta (come nel caso dell’offer-
91
ta economicamente più vantaggiosa)» . In tali ipotesi, non essendovi «agevole
92
rinnovabilità» delle attività amministrative o delle operazioni di gara, il dan-
no vantabile nei confronti dell’amministrazione «deve essere visto unicamente
nella prospettiva della perdita di chance, quale perdita, definitiva, di un’occa-
sione favorevole di cui il soggetto danneggiato si sarebbe avvalso con ragione-
vole certezza, ossia nella elisione di un bene, giuridicamente ed economicamen-
te rilevante, già esistente nel patrimonio del soggetto al momento del verificar-
si dell’evento dannoso, il cui valore, però, è dato dalle sue utilità future, ovve-
ro dalla sua idoneità strumentale a far sorgere in capo al dominus dello stesso
93
una data e specifica situazione di vantaggio» . Quando il ricorrente allega la
sola perdita di una chance a sostegno della pretesa risarcitoria, la somma com-
misurata all’utile d’impresa deve essere proporzionalmente ridotta in ragione
94
delle concrete possibilità di vittoria risultanti dagli atti della procedura . La
decurtazione deve essere effettuata prendendo in considerazione tutti gli indi-
ci significativi delle potenzialità di successo del ricorrente, quali, ad esempio,
il numero dei concorrenti, la graduatoria eventualmente stilata, il contenuto
dell’offerta presentata dall’impresa danneggiata, ecc.
Anche nel decidere in tema di illegittimo affidamento di un servizio me-
diante trattativa privata al di fuori dei casi consentiti dalla legge e, più in gene-
rale, in riferimento ad ogni ipotesi nella quale ad un soggetto è stata preclusa
la partecipazione ad una gara o concorso, «sicché non è possibile dimostrare,
ex post, né la certezza della vittoria, né la certezza della non vittoria», il Consi-
glio di Stato ha precisato che «la situazione soggettiva tutelabile è la chance,
95
cioè l’astratta possibilità di un esito favorevole» . Il risarcimento della perdita
di chances potrebbe avvenire, sia in forma specifica, attraverso la «riammissio-
ne in gara del concorrente escluso» o la «ripetizione della procedura», sia «per
equivalente», mediante la quantificazione «con la tecnica della determinazione
dell’utile conseguibile in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al
96
numero dei partecipanti alla gara o concorso» . In astratto «sarebbe perse-
guibile la strada di ipotizzare in via di medie e presunzioni quale sarebbe stato
il numero presumibile di partecipanti alla gara, se gara vi fosse stata (sulla base
dei dati relativi a gare similari indette dal medesimo ente), e di dividere l’utile
d’impresa (quantificato in via forfetaria in misura pari al dieci per cento del
prezzo base dell’appalto) per il numero presuntivo dei partecipanti: il quo-
91
Cons. Stato, 22 giugno 2004, n. 278, cit., p. 220.
92
Cons. Stato, Sez. VI, 14 settembre 2006, n. 5323, in Rep. Foro it., 2006, voce Responsabilità ci-
vile (Responsabilità della p.a.), p. 2037, n. 400, anche in Urban. e appalti, 2006, p. 1355 s.
93
Cons. Stato, Sez. VI, 14 settembre 2006, n. 5323, cit., p. 2037, n. 400.
94
Cons. Stato, 22 giugno 2004, n. 278, cit., p. 220.
95
Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281, in Giust. civ., 2002, I, p. 1418 s.
96
Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281, cit., p. 1419.
310 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
97
ziente costituisce la misura del danno risarcibile» . Ma se è vero che la ripara-
zione in forma specifica e il risarcimento per equivalente «costituiscono forme
alternative di ristoro, di cui la prima, ove praticabile, di regola elimina l’area
del danno da risarcire per equivalente, ovvero la riduce al solo danno emer-
gente», l’annullamento dell’illegittima aggiudicazione e il rinnovo della gara,
con la partecipazione dell’impresa ricorrente, costituiscono il «risarcimento in
98
forma specifica della chance di successo» . Tale rimedio può essere preferito
rispetto al risarcimento per equivalente ogni qualvolta vi sia «la possibilità
pratica di rinnovo della gara», cioè quando l’appalto «non abbia già avuto in-
tegrale esecuzione, o non sia ad uno stadio talmente avanzato, ovvero non vi
siano ragioni di urgenza tali che la indizione di una nuova gara si tradurrebbe
99
in un costo eccessivo per la stazione appaltante» .
Il danno da perdita di chances che consegue alla lesione di interessi legitti-
mi meramente pretensivi concerne situazioni giuridiche che, sicuramente, non
è possibile configurare in termini di diritto soggettivo, concretandosi in «istan-
100
ze di sviluppo della sfera […] personale e patrimoniale del soggetto» che
vengono frustrate dalla mancata possibilità di ottenere un provvedimento fa-
vorevole, a seguito di una condotta illegittima della pubblica amministrazione.
La risarcibilità di utilità che non possono essere considerate “già” acquisite
alla sfera del pretendente (come, ad es., gli interessi “oppositivi”), ma che con-
sistono in posizioni giuridicamente definibili in termini di “oggettivo affida-
101
mento” circa la conclusione positiva di un procedimento concorsuale , dà la
misura del recente ampliamento della nozione di danno ingiusto e del definiti-
vo abbandono di una teorica fondata sulla lesione dei soli “diritti” formalmen-
te costituiti. La risarcibilità di ogni interesse meritevole di tutela da parte del-
l’ordinamento, da un lato, ridimensiona il significato del collegamento al “be-
102
ne della vita” , dall’altro, sembra escludere dall’area del danno risarcibile sol-
103
tanto quegli interessi legittimi «definiti meramente “procedimentali”» . A
differenza di quanto si potrebbe arguire dalla definizione di questa inedita ca-
tegoria, individuabile attraverso un procedimento per esclusione rispetto al-
l’esistenza di un “qualsiasi” interesse sostanziale giuridicamente rilevante, sareb-
bero da comprendere nella sfera di risarcibilità del danno ingiusto anche quel-
le posizioni soggettive del privato che consistono nel mero «interesse a parte-
cipare alla gara», le quali rilevano «sotto il profilo giuridico come lesione della
chance di divenire aggiudicatario della gara, e, quindi, come perdita della pos-
97
Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281, cit., p. 1419.
98
Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281, cit., p. 1419.
99
Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281, cit., p. 1419 s.
100
Cass., Sez. un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2265.
101
In questi termini, A. DI MAJO, Danno ingiusto e danno risarcibile, cit., p. 394.
102
Così, C. CASTRONOVO, L’interesse legittimo, cit., p. 1221 ss., in riferimento a Cass., Sez. Un.,
n. 500 del 1999.
103
A. DI MAJO, op. ult. cit., p. 395.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 311
104
sibilità di conseguire un vantaggio» . La lesione di qualsiasi interesse (legit-
timo) si colora d’“ingiustizia” nella misura in cui rappresenta la violazione di
105
una situazione soggettiva giuridicamente rilevante . Negare il risarcimento di
tale danno sulla base della considerazione che la chance integrerebbe un «me-
106
ro interesse di fatto» significa fondare il ragionamento su un «errore di fon-
107
do» , consistente nel «non considerare la chance come un bene già presente
nel patrimonio del ricorrente, strumentale al conseguimento del risultato fina-
108
le, ma da esso distinto» .
In tal senso, anche se si vuol continuare a considerare come delittuale la re-
sponsabilità della pubblica amministrazione nei confronti del privato, «una
“ragionevole probabilità” viene ritenuta sufficiente al fine di considerare veri-
109
ficatosi il danno» ed a legittimarne il risarcimento.
Il problema della risarcibilità del danno da perdita di chances in questo set-
tore può trovare, però, una soluzione totalmente svincolata dal problema del-
110
l’ingiustizia del danno , se si accede all’opinione secondo la quale «la respon-
sabilità della pubblica amministrazione sia di natura contrattuale, naturalmen-
te nel senso di responsabilità da violazione di un rapporto obbligatorio, in
111
questo caso costituito di soli obblighi di protezione» . A questa costruzione
112
aderiscono sia il Consiglio di Stato , sia la stessa Cassazione, là dove afferma
che, soprattutto a seguito delle riforme legislative che hanno esteso la cogni-
zione dei T.A.R. a «tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del
danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti
patrimoniali consequenziali» (art. 35 d.lgs. n. 80 del 1998, come modificato
113
dall’art. 7, legge 21 luglio 2000, n. 205) , «il fenomeno, tradizionalmente no-
to come lesione dell’interesse legittimo, costituisce in realtà inadempimento
alle regole di svolgimento dell’azione amministrativa, ed integra una respon-
114
sabilità che è molto più vicina alla responsabilità contrattuale» . Rivelatosi
l’art. 2043 c.c. «insoddisfacente, e inadatto a risolvere con coerenza i problemi
applicativi dopo Cass. 500/99/SU», l’inquadramento «degli obblighi proce-
dimentali nello schema contrattuale, come vere e proprie prestazioni da adem-
piere secondo il principio di correttezza e buona fede (artt. 1174 e 1175 c.c.),
104
G. MARI, Responsabilità, cit., p. 1423.
105
Tale interpretazione sembra praticabile, sulla base delle considerazioni svolte da C. CASTRO-
NOVO, op. ult. cit., p. 1271.
106
Trib. amm. reg. Lombardia, sez. Brescia, 14 gennaio 2000, n. 8, cit., c. 223.
107
G. MARI, op. cit., p. 1425.
108
G. MARI, op. loc. ult. cit.
109
G. MARI, op. loc. ult. cit.
110
Lo rileva C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 97 s.
111
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 97.
112
Cons. Stato, 6 agosto 2001, n. 4239, cit. in C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 97, in nota 70.
113
Il riferimento ai “diritti consequenziali” non sfugge a Cass., I Sez. civ., 10 gennaio 2003, n.
157, in Danno e resp., 2003, spec. p. 593 s.
114
Cass., I Sez. civ., 10 gennaio 2003, n. 157, cit., p. 588.
312 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
5. Il settore nel quale la figura del danno da perdita di chances trova la sua
più significativa verifica, sia per la quantità dei casi decisi, sia per la qualità de-
gli scritti in materia, pur subendo le contestazioni più veementi, è proprio
quello della responsabilità del professionista sanitario. Tale tendenza riguarda
118
non soltanto il diritto francese , nel quale tale problematica ha trovato le pri-
me, contrastate, applicazioni, ma anche quegli ordinamenti di civil law (tra i
119
quali v’è quello italiano) e di common law che direttamente o implicitamen-
te sono stati influenzati dall’acceso dibattito che ha caratterizzato l’esperienza
d’oltralpe.
Proprio l’esperienza italiana si caratterizza per avere integralmente colloca-
to la responsabilità del medico all’interno della problematica dell’inadempi-
120
mento contrattuale e, soprattutto, per aver saputo individuare, sulla base di
121
una ben nota decisione delle Sezioni Unite , una disciplina sostanziale e pro-
cessuale dell’oggetto e dell’onere della prova che ha superato le tradizionali
credenze fondate sulla rigida partizione tra obbligazioni cc.dd. “di mezzi” e di
risultato.
Un distinto, più arduo problema concerne il rapporto di causalità, poiché,
nella maggior parte dei casi decisi dai giudici, si è in presenza di una compro-
vata negligenza del medico, ma ciò che difetta è la prova che tale condotta sia
stata la causa “certa” dell’evento dannoso subito dal paziente. La tanto decla-
115
Cass., I Sez. civ., 10 gennaio 2003, n. 157, cit., p. 588.
116
Testualmente, C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
117
Cfr. Cass., 7 ottobre 1998, n. 9911, in Foro it., 1998, I, c. 3526.
118
Sul punto, si rinvia a M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., pp. 167-247.
119
V., retro, il § 2.
120
Il leading case è Cass., 22 gennaio 1999, n. 589, in Corriere giur., 1999, p. 448 s.
121
Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, in Corriere giur., 2001, p. 1565 ss.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 313
137
Cass. pen., Sez. IV, 7 gennaio 1983, cit., c. 355.
138
Più approfondite indicazioni sull’indirizzo c.d. “lassista” della giurisprudenza italiana sono in
M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., pp. 248-267.
139
G. GIANNINI, La questione del nesso causale, la Suprema Corte e la strana regola del ciò che ac-
cade nel minor numero dei casi, in Resp. civ. prev., 1992, p. 367 (il corsivo è dell’A.).
140
Per tutti, G. FIANDACA, voce Causalità (rapporto di), in Dig. it., IV ed., Disc. pen., II, Torino,
1988, p. 128; L. RENDA, Sull’accertamento della causalità omissiva nella responsabilità medica, in Foro
it., 1986, II, c. 352.
141
V. ZENO ZENCOVICH, La sorte del paziente, cit., p. 45, in nota 82, che aderisce al pensiero di
A. CRESPI, voce Medico chirurgo, in Dig. it., IV ed., Disc. pen., VII, Torino, 1993, p. 597 ss.
142
I. GIACONA, Sull’accertamento del nesso di causalità tra la colposa omissione di terapia da parte
del medico e la morte del paziente, in Foro it., 1992, II, c. 366.
143
L. RENDA, Sull’accertamento, cit., c. 352.
144
E. RONCHI, Perdita di chances, nesso causale e danno alla persona risarcibile nella responsabilità
per colpa professionale sanitaria: aspetti medico-legali, in Resp. civ. prev., 2000, p. 846.
316 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
Nel riconoscere la risarcibilità del danno da perdita delle chances nel cam-
145
po medico , la Cassazione civile ha assunto una posizione coerente nei con-
fronti dell’orientamento elaborato dalle Sezioni Unite penali in tema d’accer-
146
tamento del rapporto di causalità . Non può essere condiviso, quindi, il pa-
rere di chi, al contrario, aveva ravvisato un preteso «contrasto tra le sezioni ci-
147
vili e penali della Suprema corte» , identificando ancora una volta la temati-
ca del “danno” da perdita di chances nel diverso problema della causalità in-
tercorrente tra la condotta colposa e l’evento c.d. finale. È difficilmente con-
trovertibile che gli artt. 40 e 41 c.p. disciplinino un rapporto di causalità che è
unitario sia per il diritto civile sia per quello penale. Tale conclusione è stata
confermata dalle Sezioni Unite civili: nel giudicare come «non decisive» le ar-
gomentazioni poste a fondamento dell’orientamento che intendeva separare i
concetti di causalità in sede penale e civile, la Suprema Corte dispone che, fat-
te salve le differenti regole probatorie le quali, stante la diversità dei valori in
gioco, informano il processo civile e quello penale, «i principi generali che re-
golano la causalità di fatto sono anche in materia civile quelli delineati dagli
artt. 40 e 41 c.p. […], in assenza di altre norme nell’ordinamento in tema di
148
nesso eziologico» . Ma le abusate espressioni «causalità materiale», o «di fat-
to», e «causalità giuridica» paiono improprie, sia perché il diritto qualifica in
termini giuridici qualsiasi fatto, non esistendo un fatto giuridicamente “indif-
ferente”, sia perché il vero e proprio nesso di condizionamento lega soltanto la
condotta all’evento, mentre la disciplina di cui agli artt. 1223 ss. c.c. collega
«non la condotta all’evento, ma l’evento/inadempimento ai danni/conseguen-
149
za» . Per esplicita ammissione della stessa Cassazione, la pretesa “causalità
giuridica”, «presupponendo già risolto il problema dell’imputazione – e quin-
di già accertata l’esistenza della responsabilità –, si preoccupa soltanto di de-
terminare l’estensione della stessa, risolvendo […] un problema che non è più
150
di causalità, ma di ammontare del danno risarcibile» . Così, il risarcimento
del danno da perdita di chances non rappresenta una riprova del differente
nesso causale sussistente in sede civile o penale, se s’intende correttamente ta-
le nozione come un’autonoma figura di danno, e non come una manifestazio-
ne del nesso di causalità “probabilistico” o “possibilistico” esistente soltanto
in materia civile.
145
Così, Cass., Sez. III, 4 marzo 2004, n. 4400, in Danno e resp., 2005, p. 45 ss.
146
Cass., Sez. Un. pen., 10 luglio 2002, in Foro it., 2002, II, c. 619 ss.
147
M. ROSSETTI, Allargati ancora i confini della responsabilità del medico. Ma è contrasto tra le se-
zioni civili e penali della Suprema corte, in Dir. e giust., 2004, n. 14, p. 35 ss.
148
Così Cass., Sez. Un. civ., 11 gennaio 2008, n. 581, in Altalex, n. 2253 del 13 settembre 2008, p.
12 s., che non accoglie la tesi proposta da Cass., Sez. III, 16 ottobre 2007, n. 21619, in Corriere giur.,
2008, p. 35 ss., con nota di M. BONA, Causalità civile: il decalogo della Cassazione a due “dimensioni di
analisi”.
149
Cass., Sez. III, 16 ottobre 2007, n. 21619, cit., p. 39.
150
Cass., Sez. III, 16 ottobre 2007, n. 21619, cit., p. 39.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 317
senza di una condotta che integri, in concreto o in astratto, gli elementi costi-
tutivi di una fattispecie di reato.
La logica all-or-nothing pervade soltanto il diritto penale. E ciò fu esatta-
mente avvertito dalla giurisprudenza della Suprema Corte francese la quale de-
164
cise, a seguito della sentenza della Cassazione belga del 23 settembre 1974 ,
che il nesso di causalità tra la condotta e l’evento morte (o invalidità) non do-
vesse essere più accertato, anche ai fini della condanna penale, in termini me-
ramente statistici e probabilistici, anche là dove la stima delle cc.dd. chances
perdute poteva ammontare al 90%. Esigenze costituzionali di libertà, di digni-
tà della persona e gli stessi principi di legalità, tassatività, tipicità delle fatti-
specie criminose e di personalità della responsabilità penale (artt. 25, comma.
2, e 27, comma 1, Cost.) hanno spinto, in Italia, le Sezione Unite a ribaltare
165
definitivamente la c.d. giurisprudenza del 30% e a individuare nel giudizio
166
di «probabilità logica» o di «alto o elevato grado di credibilità razionale»
una soluzione equilibratamente garantista che consenta di coniugare la rara
certezza scientifica che il rapporto causale assume nel campo medico, con le
finalità preventivo-repressive proprie del diritto penale.
167 168
6. In presenza di una dottrina e di una giurisprudenza le quali hanno
affermato con insistenza, in Italia, che la perdita di chances sia una «possibile
169
fonte di responsabilità extracontrattuale» , ci si è chiesti se tale figura di
170
danno abbia natura delittuale o contrattuale .
Il problema, invece, non ha interessato l’esperienza francese. E ciò, non
tanto perché l’assenza del requisito dell’ingiustizia del danno (nel testo del-
l’art. 1382 code civ.) tenderebbe a parificare le ipotesi di responsabilità delit-
tuale e contrattuale, quanto perché non sarebbe né possibile né corretto forni-
re una risposta astratta e generalizzata. Poiché la perdita di chances rappresen-
ta un modello generale di danno, esso, come qualsiasi altro pregiudizio, sarà
risarcibile sulla base delle regole della responsabilità contrattuale o delittuale
secondo che sia causato, rispettivamente, da un inadempimento (e/o da un
inesatto adempimento), nell’ambito di un rapporto obbligatorio derivante da
171
un contratto o da un “contatto sociale” qualificato o, più in generale, da una
relazione «che preesiste alla responsabilità e di cui quest’ultima costituisce lo
164
Cass. belge, II Ch. Civ., 23 septembre 1974, in Sem. jur., 1976, II, Jur., 18216.
165
Per tutte, Cass., IV Sez. pen., 17 gennaio 1992, n. 371, in Resp. civ. prev., 1992, p. 361 ss.
166
Cass., Sez. Un. pen., 10 luglio 2002, cit., c. 623.
167
Ad es., A.M. PACCES, Alla ricerca, cit., p. 659.
168
Tra le tante decisioni, Trib. Roma, 28 ottobre 1999, in Danno e resp., 2000, p. 658.
169
Così, Trib. Roma, 28 ottobre 1999, cit., p. 658.
170
Su tale problema, ad es., T. TORRESI, Il «danno da perdita di chance» tra contratto e torto: dirit-
to all’integrità patrimoniale? Danno meramente patrimoniale?, in Giur. it., 1999, p. 2073 ss.
171
Cass., 22 gennaio 1999, n. 589, cit., p. 448 s.
320 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
172
sviluppo patologico» , ovvero da un fatto illecito, in assenza di un previo
173
obbligo contrattuale, di un «rapporto a contenuto determinato» o di una
174
«relazione giuridicamente rilevante» .
Nell’ambito della faute professionale, il risarcimento del danno da perdita
di chances è disciplinato dalle regole della responsabilità contrattuale, almeno
in quegli ordinamenti che qualificano in tal modo le attività poste in essere in
adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti del cliente. Come sotto-
linea la nostra Cassazione, affinché possa sorgere una responsabilità aquiliana
«in luogo dell’esclusiva responsabilità di natura contrattuale, occorre che il
fatto prospettato come generatore del danno sia completamente estraneo al-
175
l’esecuzione della prestazione richiesta» . In ambito contrattuale, il danno da
176
perdita di chances è risarcibile in quanto violazione di un dovere , quale con-
seguenza immediata e diretta (artt. 1223 c.c. e 1151 code civ.) dell’inadempi-
mento dell’obbligazione nei confronti del danneggiato-creditore, senza che
assuma, in Germania, alcun rilievo la violazione del Rechtgut, degli «altri dirit-
177
ti», delle «norme di protezione» (§ 823 BGB) o del buon costume (§ 826) e,
in Italia, la valutazione in termini d’ingiustizia del danno (art. 2043 c.c.), nel
178
senso della lesione di un «interesse giuridicamente rilevante» . In presenza di
un obbligo di prestazione, «che si tramuta in una obbligazione di risarcimento
del danno […] a seguito dell’inadempimento», il danno da perdita di chances,
per essere risarcibile, «non abbisogna di un criterio che abbia la funzione di
179
fornire giustificazione alla responsabilità» . Anche quando si è in presenza di
relazioni che nascono a seguito di un “contatto sociale” e che sono fondate su
un affidamento, «specialmente quando quest’ultimo sia sollecitato da uno sta-
tus professionale di colui al quale ci si affida», il danno da perdita di chances,
«causato nell’ambito di quella che già si rivela essere una prestazione», assume
natura contrattuale, pur se «tra il danneggiante e il danneggiato non ci sia un
180
obbligo di prestazione» .
Rilevando, in tema di responsabilità contrattuale, in maniera esclusiva
l’inadempimento, il nesso di causalità e la prevedibilità del pregiudizio, il ri-
sarcimento del danno da perdita di chances discende dalla mera «concatena-
181
zione causale» . Sul versante della responsabilità professionale e, più in gene-
rale, ogni qual volta la responsabilità sia qualificata come contrattuale, la risar-
172
C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 70.
173
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni, cit., p. 309 e passim.
174
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
175
Cass., 7 ottobre 1998, n. 9911, in Foro it., 1998, I, c. 3526.
176
Lo precisa C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 72.
177
Cfr. C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., pp. 567 ss., 793 ss.
178
È, questa, la definizione fornita da Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270.
179
C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 73.
180
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 93.
181
T. TORRESI, op. cit., p. 2074.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 321
cibilità delle chances perdute «non sembra rappresentare altro che l’applica-
zione dei principi generali sulla certezza del danno e sulla reintegrazione inte-
grale dello stesso: se infatti di perdita di una possibilità si tratta, il danno non
182
può che recuperare il valore economico della possibilità stessa» . In ambito
contrattuale, il danno da perdita di chance è risarcibile quale conseguenza
immediata e diretta dell’inadempimento (art. 1151 code civ.; art. 1223 c.c.),
prescindendo «assolutamente da ogni considerazione della posizione soggetti-
183
va che sorregge tale danno» .
Un’altra importante caratteristica del risarcimento del danno da perdita di
chances in ambito contrattuale è che «non è onere del creditore insoddisfatto
provare la negligenza del debitore come se quest’ultimo fosse l’autore di un
illecito qualunque; al contrario, è il debitore che deve provare che l’inadempi-
184
mento è dovuto a un impedimento che a sua volta non gli sia imputabile» .
Tale soluzione trova oggi una significativa conferma nella giurisprudenza delle
Sezioni Unite, le quali hanno sancito che, in tema di prova dell’inadempimen-
to di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione, per il risarci-
mento del danno o per l’adempimento, deve soltanto provare la fonte (con-
trattuale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi
alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte,
mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere di provare il fatto estintivo
185
dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento . Anche nel caso in
cui sia dedotto il solo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficien-
te la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione dei
doveri accessori, come quelli d’informazione, o per mancata osservanza del-
l’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gra-
vando sul solo debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimen-
186
to . Tale regola, fondata sul «principio di riferibilità o di vicinanza della pro-
187
va» , cioè sull’esigenza di ripartire l’onere probatorio sulla base, «in concre-
to, della possibilità per l’uno e per l’altro soggetto di provare fatti e circostan-
188
ze che ricadono nelle rispettive sfere di azioni» , ha trovato un’immediata
applicazione anche in tema d’inesatta esecuzione della prestazione medica, da
189
sempre considerata il prototipo dell’obbligazione di mezzi e del suo preteso
regime probatorio. In base all’art. 1218 c.c., il paziente ha il solo onere di «al-
legare l’inesattezza dell’adempimento, non la colpa né, tanto meno, la gravità
182
T. TORRESI, op. loc. ult. cit.
183
T. TORRESI, op. loc. ult. cit.
184
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., pp. 73 e 74.
185
Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1568.
186
Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1568.
187
Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567.
188
Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567.
189
R. DEMOGUE, Traité des obligations, t. V, cit., pp. 538-541 (tra i tanti, J.L. HALPÉRIN, La nais-
sance, cit., p. 1183, in nota 78).
322 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
della colpa; il cui difetto (nel caso “ordinario” di cui all’art. 1176 c.c.) ovvero
anche solo la non qualificabilità della stessa in termini di gravità (nel caso di
cui all’art. 2236 c.c.) deve essere invece allegata e provata dall’obbligato della
190
prestazione che si assume inesattamente effettuata, e dunque dal medico» .
L’onere della prova va posto a carico del soggetto nella cui sfera si è prodotto
l’inadempimento e che è quindi in possesso degli elementi utili per paralizzare
191
la pretesa del creditore . La prova «della incolpevolezza dell’inadempimento
(recte: della impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile)
e della diligenza nell’adempimento è sempre riferibile alla sfera d’azione del de-
192
bitore» . Ne consegue che il paziente «dovrà provare l’esistenza del contratto
e l’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie
per effetto dell’intervento, restando a carico del sanitario o dell’ente ospeda-
liero la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo dili-
gente e che quegli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento im-
193
previsto e imprevedibile» .
Se si esamina la giurisprudenza italiana in tema di danno da perdita di
chances si può verificare che, anche di là dalla materia della responsabilità pro-
fessionale, che rappresenta in Francia come in Italia il terreno d’elezione di
tale forma di pregiudizio, la quasi totalità delle ipotesi decise è qualificata in
194
termini di responsabilità contrattuale . E questo, anche in virtù di quel fe-
nomeno di “contrattualizzazione” della responsabilità civile che si verifica
ogni qualvolta ci si trovi in presenza di esperienze giuridiche ispirate a modelli
legali tipici in materia di illecito delittuale (come in Germania) o a soluzioni
intermedie che si trovano ancora in una fase di sviluppo e transizione giuri-
sprudenziale (come in Italia). Ciò non esclude che anche quei sistemi (quello
francese, ad esempio) che pur prescindono (oggi) da una selezione degli inte-
ressi protetti in termini di “diritto soggettivo” possano estendere il regime di re-
195
sponsabilità contrattuale attraverso un’obbligazione determinata di sécurité ,
al fine di rafforzare, in specifici rapporti, la tutela del creditore-danneggiato.
La tendenza alla “contrattualizzazione” dei rapporti di diritto civile, che anche
la giurisprudenza italiana oggi prospetta con convinzione, accogliendo l’idea
«che obblighi di protezione possano darsi anche quando manca l’obbligo di
196
prestazione» , rappresenta una soluzione necessaria finché le corti rimarran-
190
In questi termini, Cass., Sez. III, 21 giugno 2004, n. 11488, in Danno e resp., 2005, p. 25, con
nota di R. DE MATTEIS, La responsabilità medica ad una svolta? Questa soluzione ha, poi, ottenuto, il
conforto delle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, ivi, 2008, p. 790 ss.).
191
Cass., 21 giugno 2004, n. 11488, cit., p. 25 s.
192
Cass., 21 giugno 2004, n. 11488, cit., p. 26.
193
Cass., Sez. III, 28 maggio 2004, n. 10297, in Danno e resp., 2005, p. 28.
194
Per la verifica di tale affermazione, si rinvia a M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., p.
40 ss. e passim.
195
Cfr., ad es., Y. LAMBERT-FAIVRE, Fondement et régime, cit., p. 81 ss.; P. JOURDAIN, Le fonde-
ment de l’obligation, cit., p. 1196 ss.; D. MAZEAUD, Le régime de l’obligation, cit., p. 1202 ss.
196
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 89.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 323
204
Lo ricorda C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 78.
205
Per tutti, L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 245.
206
Cfr. M.L. IZORCHE, Les effets des conventions, cit., p. 85.
207
Oltre all’applicazione, con il “caso Valverde” (Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989,
II, Jur., p. 632 s.), agli accidents de gare accaduti al passeggero della disciplina delittuale di cui all’art.
1384, comma 1, di grande interesse è l’elaborazione di un generale principio di responsabilità ogget-
tiva contrattuale per il fatto delle cose (Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p.
350 s.) e d’autrui (Cass., Ass. Plén., 29 mars 1991, in Sem. jur., 1991, II, Jur., 21673).
208
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 79.
209
Per una rassegna della giurisprudenza francese in materia si rinvia a M. FEOLA, Il danno da
perdita di chances, cit., pp. 28-40 e passim.
210
È il celebre caso deciso, ma in senso negativo, da App. Parigi, 6 marzo 1964, in Foro it., 1965,
IV, c. 46 s.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 325
danno patito dalla fanciulla che, a seguito di un fatto di un terzo, non potrà
211
più divenire hostess di volo ; il pregiudizio sofferto dai danneggiati par rico-
chet che, per effetto della morte della victime immédiate causata da un terzo,
212
non potranno più beneficiare di un futuro sostegno economico , ecc.
Per quanto, nel settore della responsabilità extracontrattuale, si sia verifica-
ta una tendenziale uniformazione delle regole specifiche in modelli che nasco-
no, a livello legale, come contrapposti, sulla base di un procedimento interpre-
tativo “per sottrazione”, in Francia, ove vige una regola (tendenzialmente) on-
nicomprensiva (art. 1382 code civ.) che consente di risarcire tutti i danni che
non sono assistiti da una causa di giustificazione, e “per addizione”, in Ger-
mania, ove la risarcibilità dovrebbe essere limitata alla lesione di un diritto o a
213
casi ad essa equiparati , la giurisprudenza francese, nel giudicare sulla risar-
cibilità del danno delittuale da perdita di chances, si disinteressa quasi sempre
di verificare se sussista la lesione di un interesse giuridicamente protetto, rile-
vando garde-fous del tutto diversi che tendono a incentrare l’indagine sui re-
quisiti della certezza, del carattere “diretto”, reale e serio delle chances perdu-
te. Tramontata la stagione germanistica nella quale la letteratura francese ri-
chiedeva la violazione di un diritto soggettivo, di un dovere o di un obbligo,
cioè un elemento oggettivo del tutto autonomo dalla faute e consistente nella
illicéité, già nel 1931 un’autorevole dottrina avvertiva che v’era un obbligo di
214
risarcimento per qualsiasi danno, causato da qualsiasi faute . L’evoluzione
del sistema d’oltralpe ha «allargato la vocazione indennitaria della responsabi-
lità civile che tende ormai a comprendere ogni lesione portata a qualsiasi inte-
215
resse, a condizione che essa sia certa» . L’unica classe d’ipotesi nella quale si
richiede la sussistenza di un «intérêt légitime, juridiquement protégé» è quella
216
della perdita di chances «d’être secouru par la victime immédiate» . Ma que-
sta nozione, lungi dall’identificarsi, come un tempo, con la violazione di un
217
diritto soggettivo, al punto da divenirne un “sinonimo” , ha finito con il per-
dere anche «la sua funzione primitiva di dissuasione delle azioni proposte da
alcune vittime par ricochet, soprattutto dalle concubine, pur conservando tut-
218
tavia un ruolo, almeno potenziale, di strumento di politica giudiziaria» . Essa
consente «ai tribunali di non accogliere alcune domande presentate da sogget-
ti che sarebbero tentati di servirsi dei principi della responsabilità civile per di-
219
fendere interessi manifestamente illeciti o immorali» . Nel caso del danno da
211
Cass. civ., 17 février 1961, in Gaz. Pal., 1961, I, p. 440.
212
Ad es., Cass. crim., 24 février 1970, in Sem. jur., 1970, II, Jur., 16456; App. Paris, 9 juillet 1975,
in Gaz. Pal., 1976, I, Somm., p. 58.
213
In tal senso, l’insegnamento di R. SACCO, Introduzione, cit., p. 104 ss.
214
Cfr. H., L. MAZEAUD, Traité, cit., p. 31.
215
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 11.
216
Cfr. Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 45.
217
Lo sottolineano G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 66, in nota 338.
218
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 66.
219
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
326 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
220
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 79.
221
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
222
In questi termini, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
223
Cfr. G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 80, ivi la giurisprudenza citata.
224
Cfr. G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 79.
225
V., ad es., Cass. crim., 30 octobre 1979, in Sem. jur., 1980, IV, p. 15.
226
In argomento, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 43 s., e Y. LAMBERT FAIVRE, Principes
d’indemnisation des victimes post-transfusionnelles du SIDA, in Rec. Dalloz, 1993, Chron., p. 67 ss.
227
Tale formula di sintesi è elaborata da G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 81.
228
V. la giurisprudenza cit. in M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., pp. 28-33.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 327
229
sia di ottenere una promozione , sia di poter beneficiare di secours alimentai-
230
re , soprattutto allorché il soggetto obbligato è ancora minore. Questo crite-
rio cronologico assume rilievo anche nelle ipotesi più disparate, come, ad
esempio, in relazione alla possibilità di beneficiare di una pensione di reversi-
231
bilità , di poter sfruttare economicamente un’invenzione non ancora compiu-
232
tamente elaborata , di creare un’impresa, ecc. Il fondamento di tale orienta-
mento appare chiaro: «l’attore, allorché non ha ancora tentato la sua chance
nel momento in cui interviene l’evento che impedisce definitivamente il suo
verificarsi, deve dimostrare, per ottenere il risarcimento […], che era in grado,
a partire da quel momento, di profittare della speranza perduta o sul punto di
233
poterlo fare» . Diversamente, le chances che non risultano fondate su fatti
234
«d’ores et déjà acquis» nel momento in cui interviene la faute sono giudicate
non risarcibili, perché puramente eventuali.
La diversità delle applicazioni pretorili della “perdita di chance” non ha
impedito di elaborare una «teoria generale» idonea a comprendere in tale fi-
gura la perdita delle possibilità sia «di ottenere un guadagno», sia «di evitare
235
l’aggravamento di uno stato» . La riparazione della chance perduta riposa su
una probabilità e su una certezza: «è verosimile che la chance si sarebbe realiz-
zata; è certo che il vantaggio previsto è stato perduto» e che da esso «ne è de-
236
rivato un danno» . Il danno da perdita di chance presenta «in sé un carattere
diretto e certo, ogni qualvolta si constati la sparizione, per effetto dell’illecito,
della probabilità di un evento favorevole, anche se, per definizione, la realiz-
237
zazione di una chance non è mai certa» . La chance persa di realizzare un
238
profitto o di evitare una perdita doveva essere «reale e seria» , nel senso che
l’evento divenuto impossibile era probabile. Poiché «rien n’est absolument
239
certain, et tout n’est pas également probable» , il giudici possono accertare
240
solo ciò che è sufficientemente probabile .
Alle semplici probabilità che vengono invocate «deve, all’opposto, corri-
241
spondere una certezza» : la perdita, per la vittima, del vantaggio sperato. La
229
Cfr., ad es., Cass., II Ch. civ., 19 juillet 1966, in Rev. dr. aér., 1966, p. 455, che considera trop-
po lontana nel tempo la chance di promozione.
230
Si rinvia alle decisioni cit. in M. FEOLA, op. ult. cit., p. 34 ss.
231
Cass. soc., 21 juin 1978, in Bull. civ., V, p. 370, n. 491.
232
Cass., II Ch. civ., 26 janvier 1977, in Gaz. Pal., 1977, I, Somm., p. 84.
233
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 84.
234
L’espressione è riferita da Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 25 ss., e da G. VINEY, P. JOUR-
DAIN, op. loc. ult. cit.
235
Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 50.
236
Y. CHARTIER, op. loc. ult. cit.
237
Ad es., Cass. crim., 18 mars 1975, in Bull. crim., 1975, p. 223, n. 79; Cass. crim., 9 octobre
1975, in Gaz. Pal., 1976, I, p. 4; Cass. crim., 3 février 1979, in Bull. crim., 1979, p. 380, n. 134.
238
In questi termini, ad es., Cass. crim., 12 février 1979, in Sem. jur., 1979, IV, p. 131.
239
Secondo la celebre frase di G. DURRY, in Rev. trim. dr. civ., 1972, p. 600.
240
Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 51.
241
Y. CHARTIER, op. loc. ult. cit.
12.
328 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
242
certezza del danno consiste nel fatto non che «l’evento futuro si sarebbe ve-
243
rificato», ma «che esso non potrà più sopravvenire» .
242
J. BORÉ, L’indemnisation pour les chances perdues: une forme d’appréciation quantitative de la
causalité d’un fait dommageable, in Sem. jur., 1974, 2620, n. 29 s.
243
Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 51.
244
Testualmente, F. CHABAS, Observations a Cass. crim, 9 janvier 1979, cit., 19272.
245
P. MALAURIE, L. AYNÈS, Cours de droit civil. Les obligations, Paris, 1985, p. 117. In tal senso è lo
stesso F. CHABAS, Note a Trib. gr. inst. Montpellier, 21 décembre 1970, in Rec. Dalloz, 1971, Jur., p. 640.
246
Così, tra i tanti, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 72; Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 31.
247
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 85, sulla scia dell’unanime giurisprudenza della Cassazione.
248
H. e L. MAZEAUD, A. TUNC, Traité théorique et pratique de la responsabilité civile délictuelle et
contractuelle, Préface par H. Capitant, tome I, VI éd., Paris, 1965, p. 273.
249
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 155.
250
Le espressioni tra virgolette sono di P. LE TOURNEAU, L. CADIET, Droit de la responsabilité,
Paris, 1996, p. 186.
251
H. e L. MAZEAUD, A. TUNC, Traité, cit., p. 268.
252
H. e L. MAZEAUD, A. TUNC, op. loc. ult. cit.
253
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 73.
254
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
255
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 329
267
essa «sia definitivamente venuta meno» . Sia che la chance sia stata tentata,
sia che ciò non sia accaduto, «il risultato è il medesimo: la perdita della chance
268
è irrimediabile nel momento in cui il danno è invocato» . Il danno «è costi-
269
tuito dalla perdita della chance in sé» .
9. Nel diritto francese non v’è mai stato un dibattito sulla perdita di chan-
ces quale danno emergente o lucro cessante. E ciò, non certo perché l’espe-
rienza d’oltralpe non conosca tali figure, caratterizzandosi per la presenza di
una norma (l’art. 1149 code civ.) – fondamento del principio di riparazione in-
270
tegrale «de chaque chef de préjudice» – che può essere considerata l’ante-
cedente del nostro art. 1223 c.c. Forse, le ragioni di tale situazione possono es-
sere ravvisate non tanto nella minor propensione del giurista francese per clas-
sificazioni di tipo dogmatico – allorché le stesse non abbiano un immediato
riscontro pratico ai fini della soluzione del concreto problema e/o della disci-
plina applicabile – o nel fatto che nessun autore abbia mai avuto l’idea di
qualificare il danno da perdita di chances come lucro cessante, quanto nella
stessa definizione che la dottrina e la giurisprudenza d’oltralpe forniscono di
tale pregiudizio, che viene unanimemente considerato quale perdita della pos-
271
sibilità «di realizzare un guadagno o di evitare una perdita» .
La perdita di chance assurge a modello generale di danno, senza ulteriori
qualificazioni, che può consistere sia nella «perte qu’il a faite», sia nel «gain
dont il a été privé» (art. 1149 code civ.), ovvero, traducendo in italiano, sia nel-
la «perdita subita», sia nel «mancato guadagno» (ex art. 1223 c.c.). In tal sen-
so, questa figura non è identificabile né (soltanto) con il danno emergente, né
(soltanto) con il lucro cessante, ma costituisce un evento dannoso che, a sua
volta, in relazione ai singoli casi concreti, può essere composto, al pari di ogni
altro pregiudizio, da un danno emergente, da un lucro cessante o, come spesso
accade, da entrambi. Se è vero che il danno emergente ha ad oggetto un «inte-
resse attuale, ovverosia l’interesse relativo a un bene già spettante ad una per-
272
sona nel tempo in cui il danno medesimo è cagionato» , e che, nel lucro ces-
sante, «viceversa, oggetto del danno è un interesse futuro, [cioè] l’interesse
273
relativo a un bene non ancora spettante ad una persona» , qualora il danno
da perdita di chances si concreti, ad esempio, nella perdita delle possibilità di
guarigione, il paziente potrà subire sia un danno emergente, consistente nella
frazione, espressa in termini percentuali, di mancato «risparmio delle spese
267
Y. CHARTIER, op. loc. ult. cit.
268
Y. CHARTIER, op. loc. ult. cit.
269
Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 38.
270
Ad es., Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 182 ss.
271
Per tutti, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 72; Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 31.
272
A. DE CUPIS, Il danno, I, cit., p. 257.
273
A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 331
274
chirurgiche ed ospedaliere» , sia in un lucro cessante, e cioè nella frazione di
«utile ottenibile nel futuro da quei beni patrimoniali che la conservata integri-
275
tà fisica avrebbe fatto conseguire» . Come si può verificare, senza dover pro-
cedere ad altre esemplificazioni, il danno da perdita di chance, proprio perché
consiste nella perdita della possibilità di realizzare un guadagno o di evitare
una perdita, può concernere, come ogni altro evento dannoso, sia un danno
emergente, sia un lucro cessante, sia entrambi.
La distinzione tra danno emergente e lucro cessante, come autorevolmente
si ammonisce, non deve essere confusa con «l’altra, non espressamente men-
276
zionata dalla legge, tra danno presente e danno futuro» . In realtà, «il signifi-
cato ne è diverso», poiché tale partizione assume una propria accezione in or-
277
dine al momento del giudizio sul danno . Il danno presente è «il danno già
verificatosi, [...] esistente in atto, nel momento in cui si giudica intorno ad es-
278
so» . Per danno futuro «s’intende, invece, il danno non ancora verificatosi in
279
tale momento» . Il danno emergente può essere sia presente sia futuro, «e
280
del pari dicasi per il lucro cessante» . Questo, «che è sempre futuro riguardo
al momento in cui è cagionato (avendo per oggetto un interesse ancora futuro),
281
può essere presente o futuro in relazione al momento del giudizio su esso» .
Il danno da perdita di chances, come figura generale di danno, potrà consi-
stere in un danno emergente presente e/o futuro e in un lucro cessante presente
e/o futuro, secondo che il giudice ripari, in termini percentuali, la lesione di un
interesse relativo ad un bene presente o futuro, rispetto al tempo in cui il danno
stesso è cagionato (danno emergente o lucro cessante) e/o rispetto al momento
in cui si giudica del pregiudizio (danno presente o danno futuro). Riprendendo
l’esempio già proposto, se il giudice, nel risarcire un danno da perdita di chances
di guarigione, ripara, in termini percentuali, spese chirurgiche e ospedaliere
che sono già state o che non sono ancora state sostenute dalla vittima rispetto
al momento del giudizio, si avrà, rispettivamente, un danno emergente presen-
te o futuro. Così, se il giudice ripara proporzionalmente l’impedito incremen-
to patrimoniale che si è sofferto nell’intervallo tra il fatto dannoso e il giudizio
o, invece, quello che è successivo rispetto al momento della valutazione, si
avrà, rispettivamente, un lucro cessante presente o futuro. Il danno da perdita
di chances, al pari di qualsiasi altro evento dannoso, può essere fonte di conse-
guenze patrimoniali che possono essere inquadrate sia nel danno emergente
presente e/o futuro, sia nel lucro cessante presente e/o futuro, sia in entrambi.
274
Per tale classica ipotesi di “danno emergente”, cfr. A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
275
A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
276
A. DE CUPIS, op. ult. cit., p. 265.
277
A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
278
A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
279
A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
280
A. DE CUPIS, op. ult. cit., p. 266.
281
A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
332 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
Non può essere condivisa, quindi, l’opinione di quegli autori i quali, al fine
di negare l’esistenza del danno da perdita di chances, hanno identificato tale
282
specifica problematica in quella del lucro cessante, più o meno futuro .
Quando si affronta questa tematica, così come si manifesta all’interno dell’uni-
ca esperienza giuridica che ne ha dato i natali, non si tratta di “aderire” o me-
283
no alla «tesi della perdita di chance come perdita di un bene patrimoniale» ,
ma semplicemente di voler comprendere in cosa consista tale figura. Se s’in-
tende escludere a priori l’esistenza di tale danno, non ha senso richiedere che
debba ritenersi soddisfatta una duplice inferenza probabilistica tra illecito,
284
perdita della chance e perdita del risultato sperato . Poiché, se la questione
che si vuol risolvere è soltanto quella di accertare se una condotta, attraverso il
“medio” di un calcolo probabilistico fondato sulla quantità delle cc.dd. chan-
ces perdute, ha provocato o no il verificarsi dell’evento c.d. finale, al fine di
riparare integralmente tutte le conseguenze patrimoniali e non patrimoniali
che ad esso sono collegate, il problema si pone sul solo piano (della prova) del
rapporto causale tra questi due dati, ma si deve avere la consapevolezza che il
tema del danno da perdita di chances non è stato neppure sfiorato. Come si è
efficacemente affermato, sulla scia di questa ricostruzione, perdita di chance,
lucro cessante e pregiudizio futuro «sono concetti non omogenei e dunque
285
non assimilabili» . Mentre il primo è il solo a definire “un tipo” di danno, «il
secondo rappresenta una modalità di espressione del danno e il terzo è con-
cetto idoneo ad evidenziare il mero sfasamento temporale tra pretesa risarcito-
286
ria e momento di verificazione del pregiudizio» .
Il problema non muta per quanto riguarda la qualificazione del danno da
perdita di chance in termini di “danno emergente”, la quale, però, ha avuto,
nella nostra esperienza giuridica, un’essenziale funzione educativa, poiché ha
287
consentito ad alcuni avvertiti autori di far comprendere alla gran parte della
dottrina e, soprattutto, alla giurisprudenza, la reale fisionomia di tale danno,
chiarendo, attraverso l’utilizzo di una figura dogmatica, che esso non aveva
alcun punto di contatto con le tesi che, più o meno fedelmente, si riferivano
alla tematica del lucro cessante. Tuttavia, insistere oggi su una ricostruzione in
termini di danno emergente, ora che tale modello di pregiudizio è ormai co-
stantemente riconosciuto, sic et simpliciter, dalla Cassazione e dal Consiglio di
Stato, significherebbe continuare a porre in evidenza soltanto un aspetto, pur
essenziale, del problema. Sembra, forse, opportuno seguire l’esempio dell’espe-
rienza d’oltralpe la quale non si è mai interessata a tali qualificazioni, mentre
282
Per tutti, M. ROSSETTI, Il danno da perdita di chance, cit., p. 676.
283
M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 675.
284
Così, invece, M. ROSSETTI, op. loc. ult. cit.
285
R. PUCELLA, La causalità «incerta», cit., p. 142.
286
R. PUCELLA, op. loc. ult. cit.
287
Tra i quali, cfr. A. DE CUPIS, Il danno, I, cit., p. 264; M. BOCCHIOLA, Perdita di una “chance”,
cit., p. 86.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 333
10. Nel campo del diritto civile, a differenza di quanto accade nel diritto
penale, non deve necessariamente operare, in tema di responsabilità, la logica
all-or-nothing. Autorevoli studiosi di lingua inglese hanno destrutturato il te-
ma della causalità, ora dimostrando come tale nozione non sia univoca, cono-
scendo molteplici variazioni che in gran parte dipendono dalle diverse tecni-
288
che di formulazione , ora sottolineando come le argomentazioni eziologiche
siano oggetto di finalizzazione da parte dei giudici, i quali le utilizzano per
289
raggiungere risultati considerati opportuni . La pretesa “certezza” del rap-
porto causale, più che una realtà oggettiva, rappresenta uno schermo dietro il
quale l’interprete o il legislatore celano, talvolta, convinzioni personali o scelte
di policy.
Le soluzioni espresse in ordine al problema causale variano in riferimento
290
ai diversi modelli di imputazione dei danni , fino a identificarsi con le diverse
291
regole di responsabilità . La generalizzata estensione della teoria della crea-
292
zione di un rischio ingiustificato e, soprattutto, l’adozione di modelli di ab-
solute liability nel campo medico tenderebbero, nell’affievolire o addirittura
nell’escludere ogni rilievo all’elemento della colpa, ad astrarre la riparazione
293
dallo stesso rapporto di causalità, al fine di “garantire” in ogni caso l’inte-
grale compensation del danno “subito” dalla vittima. Nel campo del diritto ci-
vile, le regole causali non possono essere pensate separatamente dai diversi
294
modelli d’imputazione della responsabilità che, anche in base a scelte di po-
licy, tendono a ripartire il peso del danno tra la vittima, il danneggiante,
l’impresa assicurativa e lo Stato o, viceversa, a «lasciare i danni là dove cado-
295
no» , ovvero a trasferirli altrove, facendoli gravare interamente su determina-
ti soggetti pubblici o privati.
La critica tradizionale alla figura del danno da perdita di chances, che parte
della dottrina italiana riprende ex professo dall’esperienza inglese, si fonda in-
288
Per tutti, H.L.A. HART, T. HONORÉ, Causation, cit., pp. 12 ss., 72 ss. e passim. Sul carattere
induttivo e probabilistico di ogni accertamento causale, J.G. FLEMING, Probabilistic Causation, cit.,
p. 661 ss.
289
Già G. CALABRESI, Concerning Cause and the Law of Torts: An Essay for Harry Kalven Jr., in
43 U. Chicago L. Rev., 1975, p. 69 ss.
290
In argomento, P. TRIMARCHI, Causalità e danno, cit., p. 44 ss.
291
In tal senso, G. PONZANELLI, La responsabilità civile, cit., p. 89 ss.
292
Proposta da G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 71 ss.
293
Sul punto, il pensiero di P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 31.
294
Cfr. S. RODOTÀ, Modelli e funzioni della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1984, p.
600 ss.
295
A. GAMBARO, La sentenza n. 500, cit., p. 382.
334 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
296
tegralmente sui ben noti «ostacoli logici» e sulle «illusioni probabilistiche»
che si frapporrebbero all’utilizzo di una siffatta figura. Ma in tal modo si di-
mentica che il diritto non è una disciplina logica o matematica, ma una scienza
sociale “finalistica” che non disdegna «il ricorso ad espedienti di varia natura
per offrire maggiore protezione agli interessi lesi laddove il mutare dei tempi
297
od esigenze del caso concreto lo richiedano» . Basti pensare, per rimanere in
ambiti limitrofi, alle numerose forme di semplificazione e/o d’inversione del-
l’onere della prova, alla regola res ipsa loquitur, alla stessa disciplina delle pre-
298 299
sunzioni , ai principi della market share liability , ecc. Il diritto non ha il
compito di fotografare il mondo fisico così come esso realmente è, ma deve
300
disciplinarlo così come dovrebbe essere . Quindi, nella figura del danno da
perdita di chances non v’è «nulla di nuovo, [...] se non l’intuizione che anche
la perdita di astratte possibilità favorevoli si presta ad essere configurata come
301
danno» .
Nel sistema del “tutto o niente”, l’incertezza causale viene, ingiustamente,
ad avvantaggiare proprio la parte che, versando in colpa, è meno meritevole di
protezione. La teoria della perdita di chance, invece, inducendo a quantificare
il danno nella misura che rifletta il grado di probabilità che esso sia stato cau-
sato dal responsabile, cioè “ridimensionando” l’entità del danno in una pro-
porzione che tenga conto «del rischio che esso non sia l’effetto della condot-
302
ta» , rappresenta uno strumento giusto ed efficiente, rispondente alle fun-
zioni compensative e di deterrenza dei sistemi di responsabilità civile, che tende
a ripartire proporzionalmente il peso del danno tra la vittima e il danneggian-
te, soprattutto in settori nei quali non è previsto un modello di Social security
o d’assicurazione sociale diretto a “garantire”, in ogni caso, anche a prescinde-
re dalla stessa individuazione del responsabile, il diritto del danneggiato alla
riparazione integrale del pregiudizio. Imputare per intero il danno all’agente,
nel caso in cui le probabilità statistiche indicano una percentuale di “circa” il
51%, significherebbe addossargli, in ossequio ad una mendace idea di certez-
za (del rapporto causale e) del diritto, un danno che per il 49% non è stato da
296
Oltre agli autori già citati, basti rinviare a R. PUCELLA, La causalità «incerta», cit., pp. 91 ss., 97 ss.
297
R. PUCELLA, op. ult. cit., p. 90.
298
Assai utilizzata, di recente, dalla nostra giurisprudenza. Il rapporto di dipendenza logica tra
fatto noto ed ignoto, infatti, può «essere accertato alla stregua di canoni di probabilità con riferimen-
to ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti la cui sequenza e ricorrenza possono veri-
ficarsi secondo regole di esperienza» (Cass. civ., Sez. Un., 13 novembre 1996, n. 9961, in Giur. it.,
1997, I, 1, c. 1564), e il cui accertamento può presentare margini di opinabilità.
299
R. PUCELLA, op. ult. cit., pp. 90 s., 289 ss., ivi le essenziali indicazioni bibliografiche.
300
In termini analoghi, R. PUCELLA, op. ult. cit., p. 109.
301
R. PUCELLA, op. ult. cit., p. 90.
302
R. PUCELLA, op. ult. cit., p. 110, in nota 79, il quale, tuttavia, considera criticamente questa
impostazione, poiché «risarcire un danno in base alle probabilità che il convenuto lo abbia causato»
rappresenterebbe «una rinunzia, fin dall’origine, [...] al tentativo di accertare la causa del danno».
Nei termini del testo, invece, W. SCOTT, Causation, cit., p. 523.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 335
311
Per l’unanime giurisprudenza, cfr. Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 150.
312
V. ZENO ZENCOVICH, op. ult. cit., p. 68 s.
313
Come è accaduto in Italia, per effetto del criticato orientamento della Cassazione penale.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 337
314
A differenza di quanto afferma J. PENNEAU, Note a Cass., 27 mars 1973, in Rec. Dalloz, 1973,
Jur., p. 596, il quale discorre di causalità aleatoria proprio in riferimento al danno da perdita di chances.
338 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO SESTO
LA RESPONSABILITÀ CIVILE
NELLE PROFESSIONI LEGALI
SOMMARIO: 1. Il tradizionale orientamento della giurisprudenza italiana che, fin dal 1866, con-
sidera incerto ed aleatorio il danno circa l’esito sfavorevole della lite. La ricerca di un nesso
di causalità certo tra il fatto dell’inadempimento e la soccombenza in giudizio. Il supera-
mento del principio di intangibilità dei giudicati. – 2. La proposta di ricorrere alla statistica
giudiziaria. L’esigenza di una stima “in concreto” nella valutazione (equitativa) di un danno
già esistente e risarcibile. Prognosi postuma e «certezza morale» del nesso di causa. – 3. Le
decisioni della Chambre civile e des Requêtes in tema di responsabilità del professionista le-
gale. La tendenza delle Corti a risarcire il danno attraverso un processo fittizio, al fine di ve-
rificare le concrete possibilità di vittoria del cliente in assenza della condotta negligente
dell’avvocato. Il presunto contrasto tra i giudicati. – 4. Le due tendenze della giurispruden-
za francese. Le deviazioni dalla teoria della perte d’une chance: chance «seria» di successo e
certezza del rapporto di causalità. Il principio secondo il quale «si ha sempre una chance di
vincere il peggiore processo e, viceversa, si corre sempre il rischio di perdere la migliore
causa». – 5. L’evoluzione della giurisprudenza italiana: i criteri prognostici della «ragione-
vole certezza» e della «ragionevole probabilità» riguardano non la teoria della perdita di
chances, ma la diversa prova del nesso eziologico tra condotta negligente e “posta finale”. –
6. La prestazione professionale: diligenza e causa non imputabile. L’estensione delle obbli-
gazioni di sécurité e della disciplina in tema di prestazioni di facile esecuzione. Verso il su-
peramento della partizione tra obbligazioni “di mezzi” e di risultato. – 7. Il mutamento di
prospettiva in tema di responsabilità del dottore commercialista. La chance quale «entità pa-
trimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile d’autonoma valuta-
zione», la cui risarcibilità è «conseguenza immediata e diretta del verificarsi d’un danno
concreto e attuale». – 8. La rigorosa responsabilità del notaio: sul piano contrattuale, per
l’inadempimento di obblighi di prestazione o di protezione nei riguardi delle parti; sul pia-
no extracontrattuale, per violazione del dovere di attenzione verso chiunque possa essere
stato danneggiato da atti od omissioni. La responsabilità nel compimento delle attività ne-
cessarie per il conseguimento del “risultato” voluto dalle parti. – 9. Verso uno statuto unita-
rio delle responsabilità professionali. Il progressivo distacco dal “modello classico”: dall’«ob-
bligazione di mezzi con presunzione di colpa» all’obbligazione di risultato. Il ruolo degli
obblighi d’informazione. – 10. Il problema essenziale nella responsabilità del professionista
legale: il rapporto di causalità. Le incertezze perduranti in materia e la distinzione tra i dan-
ni «da mancata impugnazione» e da «perdita della possibilità di impugnazione». Il nesso
eziologico, certo e diretto, si situa tra la condotta negligente e l’evento dannoso, consistente
nel numero percentuale delle chances perdute.
340 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
lutazione, quali l’opinione personale del giudice, l’apprezzamento che egli dovrà fare delle prove,
l’apprestamento delle stesse per opera dei varii litiganti, il regolare corso del processo, l’attività delle
parti, le loro risorse difensionali, ecc.».
14
Cass. Regno, 10 febbraio 1931, cit., c. 628.
15
Cass. Regno, 10 febbraio 1931, cit., c. 628. L’estensore di tale decisione, nel commentare egli
stesso la sentenza (A. PARRELLA, op. cit., c. 633), sottolinea che «esorbita dalle umane concrete pos-
sibilità che il giudice chiamato a decidere sul danno dipendente da un appello mancato possa formar-
si una idea esatta di quello che avrebbe potuto essere l’esito di tale gravame, difettando per il rie-
same completo del merito non foss’altro il controllo delle eventuali difese della parte avversaria
alle ragioni dedotte o deducibili dal danneggiato».
16
Cfr. N. COSENTINO, Colpa professionale dell’avvocato e “chance” di vittoria del cliente, in Danno
e resp., 1996, p. 645.
17
C. SEVERI, Perdita di chance e danno patrimoniale risarcibile, in Resp. civ. prev., 2003, p. 332.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 343
poiché il giudizio nel quale si era manifestata la condotta negligente del pro-
fessionista era ormai coperto dal principio di intangibilità della cosa giudicata,
doveva ritenersi precluso ogni ulteriore accertamento, anche ai fini dell’even-
tuale risarcimento del danno, in merito a fatti che erano stati oggetto di deci-
18
sione . Ma tale rilievo – così come accaduto nell’esperienza d’oltralpe – è sta-
19
to da tempo superato, essendo concordi la dottrina e la giurisprudenza nel-
l’ammettere come sia pienamente legittimo riesaminare il merito di una con-
troversia per fini diversi da quelli aventi ad oggetto la cosa giudicata, come, ad
esempio, decidere in via incidentale sull’eventuale risarcimento del danno del
professionista, prendendo in considerazione, nella ricostruzione della “pro-
gnosi postuma”, gli argomenti difensivi e i mezzi di prova dei quali il cliente
non si è potuto avvalere a causa della condotta negligente del patrocinante.
Tuttavia, a quasi cento anni dalla decisione della Corte partenopea, la posi-
zione della giurisprudenza non sembra mutare. Un giudice di prime cure af-
ferma che «se ogni soccombente fosse autorizzato a richiedere i danni al pro-
prio patrono per il semplice fatto dell’esito sfavorevole della lite, solo pochi
martiri eserciterebbero la professione forense». Ed essi «dovrebbero essere
muniti di grossi patrimoni per far fronte alle conseguenze del loro insuccesso
20
professionale». Affermare un siffatto principio sarebbe «davvero mostruoso» .
18
Così, già C. CAVAGNARI, E. CALDARA, op. cit., p. 673 s.
19
G. CATTANEO, La responsabilità del professionista, cit., p. 189.
20
Le espressioni tra virgolette sono di Pret. Cividale del Friuli, 30 giugno 1961, in Nuovo dir.,
1962, p. 401 ss.
21
P. CALAMANDREI, Limiti di responsabilità, cit., p. 261, pur sottolineando come nessuno po-
trebbe con sicurezza affermare «che cosa sarebbe successo se l’appello fosse stato interposto tempe-
stivamente, come nessuno può dire qual corso avrebbe avuto la storia del mondo se il naso di Cleopa-
tra fosse stato più lungo o meno lungo di quello che fu», afferma che tale orientamento giurispruden-
ziale «costituisce però una pericolosa smentita a un antico canone di diligenza professionale».
22
P. CALAMANDREI, op. cit., p. 268, rileva come «per il resto, per le speranze di vittoria, anche se
fondatissime, che riponeva nel secondo grado, per gli interessi anche se gravissimi, che la negligenza
del professionista ha definitivamente compromessi, nulla è dovuto dall’avvocato o dal procuratore
negligenti».
344 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
23
Per P. CALAMANDREI, op. cit., p. 261, «se la statistica giudiziaria […] ci dice, per esempio, che
su cento appelli interposti, 40 sono in media accolti, si può ritenere che l’appellante […] avrebbe
avuto 40 probabilità su 100 di vincere la causa».
24
F. CARNELUTTI, Rimedi contro la negligenza, cit., p. 57 ss.
25
G. PACCHIONI, Dei delitti e quasi delitti, in Diritto civile italiano, IV, Padova, 1940, p. 110.
26
G. PAOLI, La responsabilità del legale, cit., p. 21, considera questo calcolo astratto «sicuramente
sbagliato».
27
M. BOCCHIOLA, Perdita di una “chance”, cit., p. 94.
28
M. BOCCHIOLA, op. loc. cit.
29
M. BOCCHIOLA, op. loc. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 345
50
sto di risarcire le sole chances perdute, le corti hanno posto in essere, soven-
te, una sorta di processo fittizio al fine di verificare le concrete possibilità di
vittoria che la parte danneggiata avrebbe avuto in presenza del comportamen-
to alternativo dovuto. Ad esempio, al cospetto di un appello irricevibile, esse
si sono chieste, a seguito dell’esame del merito della controversia, se i motivi
posti a fondamento dell’impugnazione erano seri e avrebbero potuto essere
51
accolti dalla Corte . Nel caso del mancato rilancio nel corso di un’asta da par-
te di un procuratore legale, i giudici hanno ricercato le chances effettive del
52
cliente di risultare aggiudicatario .
Il professionista responsabile della condotta negligente ha preso il posto
della controparte che il suo cliente non ha potuto perseguire. Le corti hanno
condannato il primo al risarcimento dei danni quando sono pervenute al con-
vincimento che l’assistito avrebbe effettivamente vinto la causa, qualora il pro-
53
cesso (mancato o perduto) si fosse svolto regolarmente , sulla base della nor-
male diligenza professionale. Esse si sono dimostrate inclini a negare il risar-
cimento ogni qual volta il patrocinante non abbia voluto utilizzare un vero e
proprio escamotage, come, ad esempio, proporre un ricorso con finalità esclu-
sivamente dilatorie, poiché ciò avrebbe significato «voler dare un premio a co-
54
loro che sono colpevoli di abusi procedurali» . Del pari, hanno rigettato l’istan-
za se sono giunte alla conclusione che la controversia sarebbe stata in ogni ca-
55
so perduta , mentre hanno limitato l’entità della riparazione alle sole spese e
56
competenze, se hanno accertato che la chance era «praticamente inesistente» .
Questo metodo di procedere delle corti è stato oggetto di vivaci contesta-
zioni, là dove si è rilevato che il giudizio sulla risarcibilità delle chances perse
in giudizio avrebbe potuto condurre a cose giudicate contraddittorie, rappre-
57
sentando un «modo indiretto di violazione del contenzioso» . Ma, come ac-
58
caduto anche nell’esperienza italiana , tale obiezione è stata superata affer-
mando sia che l’autorità della cosa giudicata non viene lesa da un tale modo di
procedere delle Corti, trattandosi di profili distinti, sia che una diversa solu-
zione avrebbe accordato un’inammissibile impunità all’operato dei professio-
59
nisti legali e degli ulteriori auxiliaires de justice . La Cassazione, secondo un
50
Cfr. Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 33.
51
App. Paris, 4 juillet 1977, in Sem. jur., 1978, II, Jur., 18975.
52
App. Paris, 19 décembre 1949, in Rec. Dalloz, 1950, Somm., p. 33.
53
Ad es., App. Reims, 26 avril 1976, in Sem. jur., 1977, II, Jur., 18549.
54
Così, App. Reims, 26 avril 1976, cit., 18549.
55
Cass. civ., 29 avril 1963, in Sem. jur., 1963, II, Jur., 13226, e in Rev. trim. dr. civ., 1964, p. 111,
n. 15, con il commento di A. TUNC.
56
Cass. civ., 11 mai 1964, in Rec. Dalloz, 1964, Jur., p. 517, e in Rev. trim. dr. civ., 1964, p. 739,
con le osservazioni di R. RODIÈRE; App. Poitiers, 12 novembre 1969, in Gaz. Pal., 1970, I, p. 8, e in
Rev. trim. dr. civ., 1970, p. 572, con il commento di G. DURRY.
57
Per questa dottrina, cfr. Y. CHARTIER, op. cit., p. 34, nota 192.
58
In questi termini, G. CATTANEO, op. ult. cit., p. 189.
59
Cfr. le osservazioni di G. DURRY, op. ult. cit., p. 573.
348 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
porre appello, sulla base dell’osservazione secondo la quale «si ha sempre una
chance di vincere il peggiore processo e, viceversa, si corre sempre il rischio di
72
perdere la migliore causa» .
Le Corti si sono dimostrate propense a riparare i danni da perdita di chan-
ces anche laddove le probabilità di successo erano «praticamente inesisten-
73
ti» , pur avendo talvolta contenuto l’entità della riparazione alle sole spese so-
stenute. Più in generale, la giurisprudenza si è limitata ad accertare la presenza
di una condotta colposa e a verificare l’esistenza di un danno da perdita di
chances sulla base della constatazione, quasi sempre implicita, che la parte era
74
«en train de courir sa chance» . Nel caso di un professionista forense con-
dannato a risarcire il danno alla sua cliente per aver omesso di depositare le
conclusioni prima dell’ordonnance de clôture, la Cassazione ha confermato la
decisione limitandosi ad affermare che la Corte d’Appello aveva stimato esat-
tamente, «nell’esercizio del potere sovrano d’appréciation appartenente ai giu-
dici di secondo grado, che se le conclusioni fossero state esaminate, sarebbe
stato certo che i giudici sarebbero stati indotti a valutare in un contesto diver-
75
so le argomentazioni invocate dal marito contro la moglie» . Questa aveva
una chance concreta di opporsi alla domanda di divorzio presentata dal coniuge,
76
mentre la condotta del legale «ha fatto perdere questa chance alla sua cliente» .
Pertanto, ogni tipo di condotta negligente che ha impedito l’avvio o
l’accoglimento di un’azione in giudizio può essere fonte del risarcimento dei
danni, nella misura in cui abbia privato il danneggiato di reali chances di rea-
77
lizzare un profitto o di evitare una perdita . Il numero limitato di tali chances
non deve essere considerato come un ostacolo all’accoglimento dell’azione ten-
dente ad accertare la responsabilità (sotto il profilo dell’an respondeatur) del
professionista legale o degli auxiliaires de justice. La maggiore o minore quan-
tità percentuale delle chances di successo rileva esclusivamente ai fini della va-
lutazione dell’entità del risarcimento del danno.
72
Trib. gr. inst. Aix-en-Provence, 27 novembre 1975, in Gaz. Pal., 1976, I, Jur., p. 262, entrando
nel merito in relazione al caso deciso, afferma che, nonostante «le Tribunal s’estime dans l’impossibi-
lité de déterminer ce qu’aurait jugé dans ces conditions la Cour; [...] selon la jurisprudence française,
la faute d’un piéton, renversé par une automobile [...] apparaît rarement imprévisible et irrésistible,
au point d’exclure totalement la responsabilité du gardien». Lo stesso tribunale (Trib. gr. inst. Aix-
en-Provence, 18 décembre 1975, ivi, 1976, I, Jur., p. 261), però, rigetta un’ulteriore richiesta di risar-
cimento affermando che, «Attendu que s’il y a toujours une chance de gagner le procès apparemment
le plus mauvais, cette chance en l’espèce était extrêmement faible au départ».
73
Cass. civ., 11 mai 1964, cit., p. 517; App. Poitiers, 12 novembre 1969, cit., p. 8.
74
Tale aspetto è sottolineato da G. VINEY, P. JOURDAIN, op. cit., p. 81.
75
Cass. civ., 4 mars 1980, in Sem. jur., 1980, IV, p. 197, afferma che «L’arrêt attaqué qui con-
damne notamment un avoué à verser des dommages-intérêts à sa cliente […] a estimé […] que si les
conclusions rejetées avaient été examinées, il était certain que la Cour d’Appel aurait été amenée à
apprécier dans un contexte différent les griefs invoqués par le mari contre son épouse».
76
Cass. civ., 4 mars 1980, cit., p. 197.
77
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. cit., p. 72; Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 31.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 351
84
bilità professionale , nonché lo stesso declamato abbandono della teoria con-
dizionalistica quale modello di spiegazione causale, a favore dell’adozione di
85
modelli basati sull’id quod plerumque accidit , possono, eventualmente, essere
proficui soltanto in quelle ipotesi (invero infrequenti) nelle quali è possibile
dimostrare che la condotta negligente sia stata la causa della soccombenza in
giudizio. Ma in questo caso si è al di fuori della teoria della perdita di chances
e il professionista è tenuto a risarcire integralmente i danni patiti dal cliente. Il
problema verte su una diversa prova del nesso eziologico tra inadempimento e
danno, inteso nella interezza della posta finale (perdita del processo), e non
come perdita delle chances di conseguire un risultato favorevole. La prospetti-
va seguita è «esclusivamente quell[a] della causalità del comportamento del
86
professionista rispetto al mancato guadagno» o al danno emergente sofferti
dal cliente, allorché al «criterio della certezza degli effetti della condotta viene
87
sostituito quello della probabilità ed idoneità della condotta a produrli» . In
tal senso va interpretata quella giurisprudenza che, ammettendo la prova per
presunzioni, afferma che non occorre «che i fatti su cui si fonda la presunzio-
ne siano tali da far apparire l’esistenza del fatto ignoto come l’unica conse-
guenza possibile dei fatti accertati in giudizio», essendo «sufficiente che l’ope-
rata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di probabilità, con rife-
rimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui se-
88
quenza può verificarsi secondo regole di comune esperienza» .
La prova del nesso di causalità non viene messa in dubbio qualora la con-
dotta negligente del professionista abbia vanificato uno dei presupposti neces-
sari per il conseguimento di un vantaggio economico o abbia arrecato un dan-
no certo al “patrimonio”. Ad esempio, la giurisprudenza ammette il risarci-
mento integrale del danno provocato dall’avvocato che abbia notificato tar-
divamente l’opposizione a decreto ingiuntivo determinandone l’inammissibi-
lità, senza che nella fattispecie possa essere invocata la limitazione prevista
89
dall’art. 2236 c.c., qualora «deve ragionevolmente presumersi» che la sud-
detta opposizione, ove proposta nel termine, avrebbe potuto essere accolta.
Giocano, inoltre, in ordine all’esistenza del nesso di causalità tra inadempi-
mento ed evento finale sia quelle decisioni che non hanno condannato il pa-
trocinante al risarcimento del danno nel caso di omesso esperimento dell’ap-
84
Si pensi, ad es., in tema di responsabilità del medico, al celeberrimo “caso Melis” (Cass. pen.,
Sez. IV, 7 gennaio 1983, in Foro it., 1986, II, c. 351), che poi darà luogo alla giurisprudenza c.d. del
30% (ad es., Cass. pen., Sez. IV, 17 gennaio 1992, n. 371, in Resp. civ. prev., 1992, p. 361 s., emble-
maticamente annotata da G. GIANNINI, La questione del nesso causale, la Suprema Corte e la strana
regola del ciò che accade nel minor numero dei casi).
85
Lo afferma N. COSENTINO, op. loc. ult. cit.
86
Pone in risalto solo l’aspetto del lucro cessante, C. SEVERI, Perdita di chance, cit., p. 335.
87
C. SEVERI, op. loc. ult. cit.
88
Già Cass., 18 settembre 1991, n. 9717, in Rep. Foro it., 1991, voce Presunzione, n. 5.
89
Trib. Roma, 11 ottobre 1995, in Danno e resp., 1996, p. 645, nel chiedersi «se la opposizione,
ove proposta nel termine, avrebbe potuto essere accolta», afferma che «la risposta è positiva».
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 353
90
pello , nel rilevare che «la mancata interposizione della impugnazione non
può di per sé generare responsabilità a carico dei difensori, occorrendo dimo-
strare che l’appello, qualora azionato, avrebbe avuto serie probabilità di acco-
91
glimento» ; sia quelle sentenze che hanno condannato il legale alla riparazio-
ne dei danni in ipotesi di omessa informazione riguardo alla data fissata per
l’udienza dibattimentale, facendo decadere il cliente dalla costituzione di par-
92
te civile nonché dalla possibilità di citare i testimoni ammessi , o che hanno
accertato che la condotta negligente del dottore commercialista aveva impedi-
to di proporre ricorso alla Commissione tributaria avverso un’ordinanza che
93
irrogava una sanzione pecuniaria . In questo caso la Suprema Corte, dimo-
strando di aver superato i criteri della “certezza morale” e della “ragionevole
certezza”, afferma che la responsabilità del professionista per il suo comporta-
mento (omissivo) ricorre quando è possibile formulare un «giudizio prognostico
di ragionevole probabilità» (ai sensi dell’art. 1225 c.c.), «alla stregua della legisla-
94
zione vigente già all’epoca in cui il ricorso avrebbe dovuto essere proposto» ,
sugli effetti vantaggiosi per il cliente di una diversa condotta non negligente.
tività esercitata e dal particolare contenuto della prestazione, cioè la sua non
diligente esecuzione ai sensi della regola generale, valida per ogni tipo di ob-
98
bligazione, prescritta dagli artt. 1218 e 2697 c.c. .
Tale prova diventerebbe un ostacolo quasi insormontabile per quanto ri-
guarda le opzioni tecniche della prestazione professionale, quali, ad esempio,
le personali determinazioni in ordine alle argomentazioni giuridiche poste a
fondamento della linea difensiva, l’interpretazione dei fatti, la scelta e l’assun-
zione dei mezzi di prova, ecc. Il principio di libertà che è a fondamento delle
99
attività professionali renderebbe rigorosa la prova della negligenza, mentre,
allorché «la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale dif-
ficoltà» (art. 2236 c.c.), la responsabilità del prestatore d’opera è espressamen-
100
te limitata ai casi di dolo o di colpa grave . Tuttavia, riguardo alla sfera di
operatività dell’art. 2236 c.c., la giurisprudenza tende opportunamente a cir-
coscrivere tale norma a quelle ipotesi nelle quali «l’impegno intellettuale ri-
chiesto […] sia superiore a quello professionale medio, con conseguente pre-
supposizione di preparazione e dispendio di attività anch’esse superiori alla
101
media» . In questi casi si verifica un’inversione dell’onere probatorio poiché
la dimostrazione di «quel “quid pluris” comportante una attenuazione della
normale responsabilità», per «costante giurisprudenza di legittimità, incombe-
102
rebbe del resto al professionista» .
Qualora, invece, il legale incorra in condotte palesemente negligenti (ricor-
si per cassazione o appelli interposti oltre i termini, omessa informazione alla
parte ai fini della costituzione di parte civile, atti nulli o irricevibili, comporta-
menti difensivi che incorrono nel sistema delle preclusioni, ecc.) l’orientamento
103
in tema di prestazioni professionali di facile esecuzione , che può trovare appli-
cazione anche in tema di attività forense, può permettere di dedurre presuntiva-
104
mente l’inadempimento dalla dimostrazione dell’insuccesso della prestazione ,
salvo la prova contraria che l’omissione sia stata causata dal fatto del terzo, del
98
Per tutti, M. ZANA, voce Responsabilità del professionista, in Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma,
1991, p. 5.
99
In argomento, G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, in Il codice civile commentato,
diretto da P. Schlesinger, Milano, 1987, p. 199; F. CAFAGGI, voce Responsabilità del professionista, in
Dig. Disc. Priv., IV ed., Sez. civ., XVII, Torino, 1998, p. 168; D. CAVALLARO, Il prestatore d’opera
intellettuale e le obbligazioni di risultato, in Giust. civ., 1994, I, p. 539 ss.
100
Cfr. Cass., 19 novembre 1992, n. 12364, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 1637, con nota di M.C. TRA-
VERSO, Appunti sulla responsabilità del professionista legale.
101
Cass., Sez. II, 23 aprile 2002, n. 5928, in Danno e resp., 2003, p. 68 s., con nota di A. BONETTA,
Per la serie “Anche gli avvocati piangono”: il procuratore risponde della nullità dell’atto di citazione.
102
Cass., Sez. II, 23 aprile 2002, n. 5928, cit., p. 69.
103
Un primo revirement si è avuto con Cass., 21 dicembre 1978, n. 6141, in Foro it., 1979, I, c. 4,
che, pur riferendo i principi (fino ad allora) consolidati in tema di responsabilità del professionista
(sanitario), ha deciso che, qualora il paziente abbia dimostrato che l’intervento era di facile esecuzio-
ne, richiedendo non una particolare abilità, ma una ordinaria preparazione professionale, il risultato
peggiorativo doveva far presumere la non diligente esecuzione della prestazione.
104
In questi termini, già G. CATTANEO, La responsabilità, cit., p. 181.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 355
105
danneggiato o «da un evento imprevisto o imprevedibile» . Una volta accer-
tato il nesso eziologico tra la prestazione e l’evento dannoso, quando l’inter-
vento «non è di difficile esecuzione», l’esistenza stessa del pregiudizio confi-
gura, «a norma dell’art. 1218 c.c., una presunzione semplice in ordine all’ina-
deguata o negligente prestazione, spettando all’obbligato […] fornire la prova
106
che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo idoneo» . Il prin-
cipio generale in tema di responsabilità «opera come presunzione di colpa vin-
cibile con la dimostrazione che l’inadempimento è dipeso da una causa non
imputabile al debitore, da un evento cioè che ha determinato un’impossibilità,
che è liberatoria quando il sopravvenuto impedimento non è evitabile né su-
107
perabile con la diligenza richiesta al debitore» . In tal senso si è parlato di una
108
«semplificazione dell’onere probatorio del danneggiato» , mentre, più pro-
babilmente, si è in presenza di un’inversione dell’onere della prova, rispetto al
regime della responsabilità delittuale per colpa, che trova fondamento nella
disciplina dell’inadempimento. In questi casi il professionista forense «rispon-
109
de anche per la colpa lieve» .
Tale indirizzo ha avuto un nuovo impulso nel settore della responsabilità
del medico, nel quale l’ulteriore aggravamento della responsabilità (che da “sog-
gettiva” è divenuta, a tutti gli effetti, “oggettiva”) trova fondamento, proba-
bilmente, nell’esigenza di tutelare massimamente la persona avverso condotte
professionali colpose che possono ledere irrimediabilmente la sua integrità fi-
110
sio-psichica. Il declamato superamento della contestata distinzione tra obbli-
111
gazioni di mezzi e di risultato , che ha trovato il suo terreno d’elezione anche
nell’esperienza d’oltralpe, ove è stata considerata utile soltanto a fini pedago-
112
gici , ha favorito l’estensione dell’obbligazione di sécurité (che, nella specie, è
pur sempre un’obbligazione “di risultato”) – di là dagli originari limiti del
contratto di trasporto – anche al settore delle attività professionali, al fine di
113
rafforzare la tutela del creditore, oltre che nelle ipotesi nelle quali v’è l’ina-
114
dempimento di un’obbligazione d’informazione , allorché il danno è provo-
105
Cass., 11 marzo 2002, n. 3492, in Rep. Foro it., 2002, voce Professioni intellettuali: responsabili-
tà del professionista, p. 1644, n. 110.
106
Cass., 11 marzo 2002, n. 3492, cit., p. 1644, n. 110.
107
M. FORTINO, La responsabilità civile, cit., p. 105.
108
N. COSENTINO, Colpa professionale, cit., p. 646; A. FABRIZIO-SALVATORE, La colpa professio-
nale, cit., p. 444.
109
Cass., Sez. II, 23 aprile 2002, n. 5928, cit., p. 69.
110
Afferma che «l’idée d’obligation de sécurité […] conduit à dépasser la problématique des
obligations de moyens et de résultat», L. BOY, Note a Trib. gr. inst. Paris, 5 mai 1997 et 20 octobre
1997, in Rec. Dalloz, 1998, Jur., p. 560.
111
Così, anche se in tema di responsabilità medica, Cass. civ., Sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577, in
Danno e resp., 2008, p. 790, commentata da A. NICOLUSSI, Sezioni sempre più unite, cit., p. 871 ss.
112
L. BOY, op. cit., p. 560.
113
F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, op. ult. cit., p. 467.
114
Cfr., ad es., Cass., I Ch. civ., 25 février 1997, in Rec. Dalloz, 1997, Somm. comm., p. 319.
356 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
115
cato al paziente da una cosa (la protesi impiantata da un dentista, ad es.) , an-
116
che quando permanga incerta o ignota la causa dell’evento dannoso . In que-
sti casi è proprio la qualificazione in termini di «obbligazione di sécurité di ri-
117
sultato» che consente di engager la responsabilità del professionista, quando
«le constatazioni degli esperti non hanno permesso né di determinare, tra le
cause possibili della complicazione sopravvenuta, quella che ha assunto un
ruolo determinante nella realizzazione del danno [...], né di affermare che tale
118
pregiudizio è stato favorito dallo stato anteriore» della vittima. La stessa as-
119
senza «di un’imprudenza o di un’imperizia colposa imputabile» al professio-
nista non è sufficiente ad esonerarlo da responsabilità, allorché «i periti hanno
espressamente affermato l’esistenza di un nesso di causalità diretto» tra l’atti-
vità del medico e l’evento dannoso, anche là dove esso sia stato provocato da
un «incidente che è considerato come una complicazione sconosciuta alle pub-
blicazioni scientifiche, ma che non è imputabile allo stato anteriore della pa-
120
ziente» .
La violazione degli specifici obblighi di informazione del cliente (ad esem-
pio, sulle difficoltà di poter vincere in giudizio o su qualsiasi altra notizia che
potrebbe indurlo ad assumere un diverso atteggiamento in merito alla lite),
che sono considerati esplicazione ora del dovere di diligenza professionale
sancito ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., ora del dovere di buona fede ope-
rante nelle fasi della formazione e dell’esecuzione del contratto (ex artt. 1337 e
121
1375 c.c.) , comproverebbero la responsabilità del professionista anche qua-
lora egli adduca il diligente adempimento delle obbligazioni derivanti dal
mandato ricevuto. Queste obbligazioni, che assurgono a un ruolo sempre più
rilevante anche nell’esperienza francese, rappresentano espressione del gene-
122
rale dovere di cooperazione «esistente tra i contraenti» e riguardano sia le
123
obbligazioni de renseignement, sia quelle di mise en garde . Ma la giurispru-
denza italiana, nel caso di violazione degli obblighi di informazione da parte
115
Cass. civ., I Ch. civ., 9 et 29 octobre 1985, in Rec. Dalloz, 1986, Jur., p. 417 ss., con Note di J.
PENNEAU. Sul punto, J. HUET, Obligation du médecin dentiste: en principe de moyens, mais parfois de
résultat, ou la garantie contre les vices cachés d’une prothèse, in Rev. trim. dr. civ., 1996, p. 762 ss.
116
Trib. gr. inst. Paris, I Ch. civ., 5 mai 1997, in Rec. Dalloz, 1998, Jur., p. 559.
117
Effettuata da Trib. gr. inst. Paris, 5 mai 1997, cit., p. 559.
118
Trib. gr. inst. Paris, 5 mai 1997, cit., p. 559.
119
Trib. gr. inst. Paris, I Ch. civ., 20 octobre 1997, in Rec. Dalloz, 1998, Jur., p. 560.
120
Trib. gr. inst. Paris, 20 octobre 1997, cit., p. 560.
121
Per M. FORTINO, op. ult. cit., p. 83, l’obbligo di conoscenza, «quale traduzione concreta degli
obblighi di buona fede e correttezza, da un lato, adempie alla funzione di garantire il cliente, incapa-
ce di un’attività di controllo, dall’altro allarga il campo della definizione di esatto adempimento, limi-
tando correlativamente, ai fini del giudizio di responsabilità, il rilievo giuridico della diligenza alla
sola attività di esecuzione della prestazione, sulla quale possono incidere eventi estranei, qualificabili
come causa non imputabile».
122
F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, op. ult. cit., p. 361.
123
Su queste nozioni v. F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, op. loc. ult. cit., e, in giurisprudenza,
Cass. civ., 25 février 1997, in Rec. Dalloz, 1997, Somm. comm., p. 319.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 357
del difensore, ha seguito ancora una volta un indirizzo meno rigoroso di quel-
124
lo osservato in materia di responsabilità medica , nel richiedere che vada
«provato non solo il danno subito, ma anche il nesso eziologico tra esso e la
condotta del professionista [forense]», in quanto non sarebbe «ravvisabile al-
cuna essenziale diversità tra l’ipotesi di inesatto adempimento […] e l’ipotesi
125
di adempimento mancato» . L’affermazione della responsabilità impliche-
rebbe «la valutazione positiva che alla proposizione di una diversa azione, o al
diligente compimento di determinate attività sarebbero conseguiti effetti più
vantaggiosi per l’assistito, non potendo viceversa presumersi dalla negligenza
del professionista che tale sua condotta abbia in ogni caso arrecato un danno,
126
come pure, in caso di omesso svolgimento di un’attività professionale» .
Tale orientamento, che testimonia il favor di cui ha goduto l’avvocato ri-
spetto anche agli altri professionisti legali (dottore commercialista e notaio, ad
es.), trova ulteriore conferma in una sentenza della Terza Sezione civile della
Cassazione, la quale, disapplicando la regola aurea sancita dalle Sezioni Unite
127
civili in tema di prova dell’inadempimento , ha affermato che, anche là dove
la negligenza del difensore consista «nella omissione di incombenti processuali
elementari che certamente non presupponevano la soluzione di problemi tec-
nici di speciale difficoltà», come la tardiva od omessa costituzione del conve-
nuto, «incombe al cliente il quale assume di avere subito un danno, l’onere di
provare la difettosa od inadeguata prestazione professionale, l’esistenza del
danno ed il rapporto di causalità tra la difettosa od inadeguata prestazione pro-
128
fessionale ed il danno» . In particolare, per quanto riguarda l’adempimento
inesatto, il cliente avrebbe «l’onere di fornire la prova di idonei dati obiettivi
in base ai quali il giudice valuterà se, in relazione alla natura del caso concreto,
129
l’attività svolta dal professionista possa essere giudicata sufficiente» .
V’è da pensare, tuttavia, che questa sentenza abbia assunto un ruolo del
tutto episodico, sia perché viola il dictum delle Sezioni Unite in tema di prova
130
dell’inadempimento, che, sulla base del principio di riferibilità o di vicinanza ,
fa gravare sul debitore (e non sul creditore) l’onere di provare il fatto estintivo
dell’altrui pretesa, o l’avvenuto esatto adempimento; sia perché legittimerebbe
una giurisprudenza “speciale” per il solo professionista forense, del tutto con-
trapposta a quella esistente negli altri settori della responsabilità professiona-
131
le . Infatti, l’onere di provare il fatto estintivo dovrebbe gravare in ogni caso
124
Cfr., ad es., Cass. civ., Sez. III, 28 luglio 2011, n. 16543, in Danno e resp., 2012, p. 621 ss., con
nota di V. MONTANI, L’inadempimento medico per la (sola) violazione del consenso informato.
125
Cass., 7 agosto 2002, n. 11901, in Rep. Foro it., 2002, voce Professioni intellettuali, p. 1644, n. 116.
126
Cass., 7 agosto 2002, n. 11901, cit., p. 1644, n. 116.
127
Cass. civ., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, in Corriere giur., 2001, p. 1565 ss.
128
Cass., Sez. III, 18 aprile 2007, n. 9238, in dattiloscritto, pp. 1 e 3.
129
Cass., Sez. III, 18 aprile 2007, n. 9238, cit., p. 3.
130
Cass. civ., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567 s.
131
Ribadiscono le regole dettate da Cass. civ., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567 s.,
358 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
sul debitore, sia nel caso di interventi “facili” o di routine, sia nella soluzione
di problemi tecnici di speciale difficoltà, dovendo essere inteso l’art. 2236 c.c.
«come contemplante una regola di mera valutazione della condotta diligente
132
del debitore» .
Cass., 13 aprile 2007, n. 8826, in tema di responsabilità medica, e Cass., 9 novembre 2006, n. 23918,
in Foro it., 2007, I, c. 71 ss.
132
Cass., 13 aprile 2007, n. 8826, cit.
133
Cass., 13 dicembre 2001, n. 15759, in Danno e resp., 2002, p. 393 ss.
134
Cass., 13 dicembre 2001, n. 15759, cit., p. 394 s.
135
Le espressioni tra virgolette sono di Cass., 13 dicembre 2001, n. 15759, cit., p. 394.
136
C. SEVERI, Perdita di chance, cit., p. 336.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 359
137
impugnazione» , cioè dalla chance di ottenere un vantaggio o di evitare un
danno. Con questa importante sentenza la giurisprudenza italiana ha afferma-
to, per la prima volta, la risarcibilità del danno da perdita di chances anche in
tema di professioni legali, sottolineando come tale danno consista nella perdi-
ta di «un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente
138
suscettibile d’autonoma valutazione» .
Tale orientamento ha ricevuto, in seguito, un felice esito. Nel confermare la
soluzione già prospettata in sede di obiter dictum, la Cassazione ha definitiva-
139
mente riconosciuto il danno da perdita di chances del professionista legale ,
sottolineando l’autonomia di tale figura. Ancora una volta, a fondamento della
decisione della Suprema corte v’è l’inadempimento di un dottore commercia-
lista riguardo all’incarico d’impugnare avvisi d’accertamento fiscale ritenuti,
dal cliente, «infondati ed illegittimi». La Corte d’appello di Milano, nel con-
fermare la soluzione proposta dal Tribunale di Como, aveva rigettato la do-
manda, pur avendo accertato la responsabilità professionale del commerciali-
sta «per negligente svolgimento dell’incarico quanto meno sotto due rilevanti
profili, ravvisati nel difetto dei motivi per i ricorsi alla Commissione di secondo
140
grado e nella tardiva proposizione per i ricorsi alla Commissione centrale» .
Ma i giudici d’appello avevano deciso che era «rimasto indimostrato che, ove
il professionista avesse svolto diligentemente l’attività richiestagli, gli effetti di
essa sarebbero stati, con ragionevole probabilità, vantaggiosi per i clienti; [...] che
non risultassero, pertanto, provati né il nesso causale tra inadempimento e dan-
141
no né la sussistenza stessa del danno e della sua riferibilità all’inadempiente» .
Nel proporre ricorso per cassazione, il cliente, pur avendo riferito, in modo
poco pertinente, il vizio di motivazione alla violazione art. 2043 c.c. (trattan-
dosi, nella specie, di responsabilità contrattuale), aveva sottolineato come la
sentenza d’appello, nonostante avesse ravvisato l’inadempimento del profes-
sionista alle obbligazioni derivanti dall’incarico professionale, non aveva, poi,
riconosciuto «il consequenziale danno subito dai clienti, omettendo di pro-
nunziarsi e/o di fornire adeguata motivazione sulla domanda d’accertamento
in ordine alla maggiore o minore possibilità d’esito favorevole dei ricorsi [...],
142
nonché in ordine alla perdita di chances comunque verificatasi» .
La Suprema corte, nell’accogliere il ricorso, cassa la sentenza d’appello ri-
chiedendo che le difese e i mezzi di prova prospettati come deducibili nelle
impugnazioni degli accertamenti fiscali de quibus «dovevano essere esaminati
dal giudice del merito [...] non in vista dell’acquisizione della certezza assoluta
137
Cass., 13 dicembre 2001, n. 15759, cit., p. 395.
138
Cass., 13 dicembre 2001, n. 15759, cit., p. 395.
139
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, in Dir. prat. trib., 2005, II, p. 10 ss., annotata da G.
VISINTINI, In tema di responsabilità professionale del commercialista per perdita di chances.
140
Cfr. Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 10.
141
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 10 s.
142
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 11.
13.
360 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
d’un esito positivo delle liti, con pretesa di deduzione ed allegazione di tutti gli
elementi necessari alla pronunzia sulle questioni [...], bensì formulando una
valutazione prognostica circa la sussistenza d’un consistente fumus boni iuris
143
o, se vuolsi, di serie ed apprezzabili possibilità di successo delle azioni» .
Nella sentenza impugnata si era «radicalmente esclusa la sussistenza di qual-
siasi obbligazione risarcitoria a carico del professionista per il danno cagionato
ai clienti, pur essendosi accertata la responsabilità dello stesso», sulla base della
«sola considerazione che gli attori-appellanti non avessero fornito la prova della
“ragionevole probabilità” di esito positivo dei ricorsi avverso gli accertamenti fi-
144
scali in discussione» . Ma tale impostazione non aveva tenuto conto «dell’evo-
luzione giurisprudenziale in tema d’individuazione del nesso di causalità tra ina-
dempimento della prestazione dedotta in contratto e danno», che è passata «dal
criterio della certezza degli effetti della condotta omessa a quello della probabi-
145
lità di essi e dell’idoneità della condotta stessa a produrli ove posta in essere» .
La Cassazione, inoltre, afferma con chiarezza che «Diversa dalla questione
del danno da inadeguata ed intempestiva impugnazione degli accertamenti è
la questione del danno da perdita di chances, che nella prima è implicitamente
146
contenuta come il meno nel più, ma dalla quale nettamente si distingue» .
Com’è stato ormai da tempo evidenziato, «tanto da autorevole dottrina quan-
to dalla giurisprudenza di questa Corte [...], la chance [...] non è una mera
aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed
economicamente suscettibile d’autonoma valutazione, onde la sua perdita, id
est la perdita della possibilità di conseguire un qualsivoglia risultato utile del
quale risulti provata la sussistenza, configura una lesione all’integrità del pa-
trimonio la cui risarcibilità è, quindi, conseguenza immediata e diretta del ve-
147
rificarsi d’un danno concreto ed attuale» .
Il risarcimento del danno da perdita di chances è esteso dalla Cassazione a
tutte le situazioni «che si determinano con la partecipazione ad una controver-
148
sia in sede di giustizia ordinaria, od amministrativa, o tributaria» . L’agire o
il contraddire, «anche indipendentemente dalle maggiori o minori possibilità
d’esito favorevole della lite e, tuttavia, com’è ovvio, con effetti tanto più consi-
stenti quanto più argomentate e valide siano le difese», offrono «in ogni caso,
frequentemente occasione, tra l’altro, di transigere la vertenza o di procrasti-
narne la soluzione o di giovarsi di situazioni di fatto o di diritto sopravvenute,
risultati che indiscutibilmente rappresentano, già di per se stessi, apprezzabili
149
vantaggi sotto il profilo economico» .
143
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 12 s.
144
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 11 s.
145
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 12.
146
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 13.
147
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 13.
148
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 13.
149
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 13.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 361
L’inadempimento di una delle parti «cui consegua la perdita, per l’altra, del-
la chance di intraprendere o gestire [...] una lite in sede giudiziaria, dal lato at-
tivo come da quello passivo, determina un danno per il quale non può, di re-
gola, porsi alcun problema di accertamento sotto il profilo dell’an, questo non
essendo revocabile in dubbio nell’ipotesi d’accertato inadempimento contrat-
150
tuale, ma solo, eventualmente, sotto quello del quantum» . Il danno da per-
dita di chances «va, infatti, liquidato in ragione d’un criterio prognostico basa-
to sulle concrete ragionevoli possibilità dei richiamati risultati utili, assumendo
come parametro di valutazione il vantaggio economico complessivamente rea-
lizzabile dal danneggiato diminuito di un coefficiente di riduzione proporzio-
nato al grado di possibilità di conseguirlo e deducibile, questo, caso per caso,
dagli elementi costitutivi della situazione giuridica dedotta od, ove tale criterio
risulti di difficile applicazione, con ricorso al criterio equitativo ex art. 1226
151
c.c.» .
«dovere di attenzione verso qualsiasi prevedibile attore che possa essere stato
158
danneggiato da atti o omissioni del professionista» .
La Cassazione, pur non ponendo formalmente in discussione la posizione
del notaio come “debitore di mezzi”, lo considera obbligato a «predisporre e
impegnare i mezzi di cui dispone, in vista del conseguimento del risultato vo-
luto dalle parti, sicché la sua opera non può ridursi a quella di un passivo regi-
stratore delle dichiarazioni altrui, ma deve estendersi ad un’attività preparato-
159
ria adeguata; senza necessità di uno specifico incarico delle parti» . Quale
che sia il regime di responsabilità (contrattuale o extracontrattuale), il suo ri-
gore discende da specifiche circostanze: gli obblighi «nascono anche in assen-
za di uno specifico incarico, la sua condotta diligente deve tendere al miglior
risultato per le parti, ed i terzi devono comunque poter confidare sull’affidabi-
160
lità del suo operato» .
Per quanto attiene allo standard di condotta esigibile, gli obblighi del no-
taio «vanno ben al di là della diligenza media», dovendo egli garantire anche
«il compimento delle attività preparatorie e successive necessarie per il conse-
161
guimento del risultato voluto dalle parti» . L’esame della giurisprudenza di-
mostra come si individui nel notaio il «soggetto che si deve assicurare per il
ristoro di qualsiasi danno», a cui «si impone la responsabilità relativa come in-
centivo ad assicurarsi per l’“errore” professionale, il quale diviene sempre più
162
indipendente dalla colpa, e sempre più oggettivo» . Così se, da un lato, la re-
sponsabilità è stata limitata, nel caso di atti invalidi, ai soli casi di nullità ine-
quivoca ed assoluta, con esclusione delle ipotesi di nullità relativa, di annulla-
163
bilità e di inefficacia stricto sensu , dall’altro il notaio è stato giudicato re-
sponsabile, anche là dove sia stato incaricato soltanto della redazione di un de-
terminato atto, della corretta esecuzione di tutte le indagini volte a garantire la
libertà del bene da passività od oneri non dichiarati dalle parti. L’eventuale
responsabilità del venditore per la mendace dichiarazione con la quale abbia
assicurato la libertà dell’immobile trasferito concerne il solo rapporto con
l’acquirente, ma non elide la responsabilità del professionista nei confronti di
164
quest’ultimo . Inoltre il notaio, obbligato ad accertare, attraverso la consul-
tazione dei registri catastali e immobiliari, l’effettiva “intestazione” del bene in
capo al cedente e l’assenza di trascrizioni o iscrizioni pregiudizievoli, può esse-
re considerato responsabile, pur in assenza di uno specifico incarico, nei casi
ad estendere l’applicabilità delle norme in tema di responsabilità contrattuale anche a soggetti diversi
dalle parti contrattuali in forza della teoria del contatto sociale.
158
P.G. MONATERI, op. loc. cit.
159
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 780.
160
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
161
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
162
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 785.
163
Per tutte, Cass., 11 marzo 2011, n. 5913, in Resp. civ. prev., 2011, p. 1528; Cass., 9 dicembre 2010,
n. 24867, in Giust. civ., 2011, II, p. 348; Cass., 11 novembre 1997, n. 11128, in Riv. not., 1998, p. 493.
164
Cass., 12 novembre 1980, n. 6073, in Vita not., 1981, p. 728.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 363
165
di evizione . E può essere condannato a risarcire il danno anche in forma
specifica (per quanto tale norma sia esplicitamente dettata con riguardo alla
responsabilità extracontrattuale) mediante la cancellazione delle formalità pre-
166
giudizievoli . Oggi, a differenza di quanto si era deciso in un recente passa-
167
to , il notaio non è più esente dall’obbligo delle visure anche allorché si sia
limitato ad autenticare le firme delle parti contraenti poste in calce ad una
168
scrittura privata predisposta dalle stesse . Così, può essere considerato respon-
sabile anche là dove vi sia stata una particolare difficoltà pratica nella con-
sultazione dei registri (essendo inapplicabile l’art. 2236 c.c., poiché si tratta,
169
nella specie, di un problema di diligenza, e non di perizia) o allorché gli stessi
non siano stati aggiornati, in quanto comunque tenuto ad informare le parti ed
170
a renderle consapevoli dei rischi conseguenti alla stipula dell’atto . L’indagi-
ne del notaio deve riguardare l’intero ventennio anteriore alla stipula, senza
171
fermarsi alla data dell’eventuale ultimo atto . Anche l’espresso esonero da ta-
li obblighi non sempre potrà avere una piena efficacia liberatoria, non poten-
do assurgere a mera clausola di stile: la dichiarazione deve provenire da tutte
le parti coinvolte nell’atto, che siano state adeguatamente informate sui rischi
ai quali si espongono, e dovrà essere sorretta da motivazioni serie, come, ad
es., i particolari motivi d’urgenza che hanno indotto le parti a stipulare
172
l’atto . In ogni caso il professionista non è esonerato da responsabilità allor-
ché, con la diligenza di cui al comma 2 dell’art. 1176 c.c., avrebbe potuto esse-
re in grado di rilevare o, anche soltanto, di sospettare l’esistenza di formalità
173
pregiudizievoli dell’interesse delle parti .
Il notaio è tenuto ad adempiere tempestivamente – ma, in assenza di un
termine di legge, la diligenza dovrà essere valutata caso per caso, secondo le
174
circostanze – alle formalità successive alla stipula dell’atto al fine di garanti-
re la sua opponibilità nei riguardi di terzi (ad es., trascrizione o iscrizione nei
pubblici registri; notifica al debitore ceduto), anche nel caso di mancata anti-
175
cipazione, da parte del cliente, delle relative spese . Infatti il notaio, in pre-
senza del diniego del cliente di procedere al deposito delle tasse, degli onorari
165
Ad es., Cass., 30 gennaio 2013, n. 2219, in Guida al dir., 2013, 15, p. 48; Cass., 28 novembre
2007, n. 24733, in Vita not., 2008, I, p. 356.
166
Cass., 16 gennaio 2013, n. 903, in Foro it., 2013, I, c. 1178; Cass., 3 gennaio 1994, n. 6, in Foro
it., 1994, I, c. 1783.
167
Cass., 22 marzo 1994, n. 2699, in Giust. civ., 1994, I, p. 2217.
168
Per la giurisprudenza, cfr. M. D’AURIA, M. RIZZUTI, op. loc. cit.
169
Cass., 27 ottobre 2011, n. 22398, in Vita not., 2012, I, p. 367.
170
Cass., 26 gennaio 2004, n. 1330, in Giust. civ., 2005, I, p. 808.
171
Cass., 2 marzo 2005, n. 4427, in Foro it., 2005, I, c. 2045.
172
Per la giurisprudenza si rinvia a M. D’AURIA, M. RIZZUTI, op. cit., p. 191 s.
173
Cass., 2 luglio 2010, n. 15726, in Guida al dir., 2010, 35, p. 47; Trib. Bari, 16 marzo 2004, in
Foro it., 2004, I, c. 1930.
174
Cfr., ad es., Cass., 19 gennaio 2000, n. 566, in Vita not., 2000, p. 503; Cass., 24 ottobre 1988, n.
5756, ivi, 1988, p. 1286.
175
Cass., 16 gennaio 2013, n. 904, in Riv. not., 2013, p. 929.
364 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
e delle spese, potrebbe legittimamente (ai sensi dell’art. 28 ord. not.) rifiutare
il suo ministero. Ma, allorché abbia comunque accettato di procedere al rogi-
to, non potrà sottrarsi agli adempimenti previsti dalla legge, incorrendo, in ca-
so contrario, nelle sanzioni previste nei confronti dell’erario e nell’obbligo del
risarcimento dei danni nei riguardi delle parti.
9. Questi dati dimostrano come, malgrado si sia proposto uno statuto uni-
176
tario della responsabilità professionale , fondato su «almeno due caratteri
177
comuni» , quali l’intrinseca aleatorietà del conseguimento del risultato e l’asim-
metria informativa tra le parti, pur nell’ambito delle stesse professioni legali la
posizione del notaio risulta valutata con maggior rigore rispetto a quella
dell’avvocato, al punto che si è ravvisato il pericolo di «trasformare il notaio in
un assicuratore, tenuto a coprire ogni rischio, a prescindere dalle sue effettive
178
possibilità di controllo» . Ma un aggravamento della responsabilità profes-
sionale è intervenuta soprattutto in ambito sanitario, e non è da escludere che
179
questi orientamenti possano influire anche sulla responsabilità forense . Non
a caso, nello stesso anno (il 2004) è stata per la prima volta riconosciuta dalla
Cassazione la risarcibilità del danno da perdita di chance prima in tema di atti-
180 181
vità medica , poi nell’ambito delle professioni legali . Successivamente, le
Sezioni Unite della Cassazione hanno compiuto, pur sempre con riguardo agli
operatori sanitari, una vera e propria rivoluzione copernicana in materia di re-
sponsabilità professionale, in ordine sia alla prestazione, sia alla causalità. Sot-
to il primo profilo, la Suprema corte, nell’uniformare il settore della responsa-
bilità sanitaria al principio di riferibilità o di vicinanza alla prova, ha dichia-
182
rato ormai superata la partizione tra obbligazioni di mezzi e di risultato ed
ha invertito l’onere probatorio della stessa causalità, la quale, in presenza di
183
un «preteso danno», viene ad essere presunta (seppur iuris tantum). L’ac-
collo, al professionista, del rischio della causa ignota o inaccertabile ha indotto
176
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 779.
177
M. D’AURIA, M. RIZZUTI, op. cit., p. 185.
178
M. D’AURIA, M. RIZZUTI, op. cit., p. 192. Sul punto, A. FUSARO, Le tre – o troppe? – responsa-
bilità del notaio, in Riv. not., 2004, p. 1313 ss.
179
Sul punto, L. NOCCO, La responsabilità civile dell’avvocato, in Danno e resp., 2009, p. 302 ss.
180
Cass., Sez. III, 4 marzo 2004, n. 4400, in Danno e resp., 2005, p. 45 ss., con nota di M. FEOLA,
Il danno da perdita delle chances di sopravvivenza o di guarigione è accolto in Cassazione. Tra le tante
decisioni che hanno fatto seguito, si segnala, in particolare, Cass., Sez. III, 18 settembre 2008, n.
23846, in Dir. e giur., 2008, p. 581 ss., con il commento di M. FEOLA, La responsabilità del medico per
il danno da perdita delle chances di miglioramento della qualità e delle aspettative di vita del paziente.
181
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 10 ss.
182
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, in Danno e resp., 2008, pp. 790 e 791.
183
Cass., Sez. III, 12 settembre 2013, n. 20904, in Danno e resp., 2014, p. 33, con nota di G.M.D.
ARNONE, La responsabilità medica verso la presunzione del nesso di causa, sulla scia di Cass. civ., Sez.
Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 792. In argomento, M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité, cit., p.
366.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 365
193
«obligations de résultat atténuées» . Tuttavia, da un lato v’è l’esigenza di «ne
194
pas confondre la présomption de faute avec l’obligation de résultat» , proprio
per la diversità dell’oggetto della prova che grava sul debitore (colpa o caso
fortuito). Dall’altro, v’è da sottolineare che la stessa dottrina francese ha inteso
195
considerare la faute contrattuale come «la storia di un concetto falso» , «inutile
196
e superato» . Le differenze strutturali e funzionali tra le due specie della respon-
sabilità civile spiegherebbero «perché il creditore non abbia bisogno di dimos-
trare la faute del debitore e un pregiudizio distinto dalla inexécution dell’obbli-
197
gazione contrattuale, essendo sufficiente che egli provi l’inadempimento» af-
198
finché «il suo diritto si prolunghi e fondi l’azione in giustizia» . Questa soluzio-
ne, che sgancia la responsabilità da inadempimento dal modello della respon-
199
sabilità delittuale per colpa , nell’allineare le responsabilità professionali al prin-
cipio di prossimità o di vicinanza alla prova, potrebbe comportare «indubita-
bilmente due vantaggi, anche in termini di “giustizia morale”»: dispenserebbe
il cliente dall’onere di provare la negligenza commessa dal debitore, prova che
invece è “vicina” a quest’ultima posizione e che è «resa spesso difficoltosa an-
che a causa di quella “conspiracy of silence tra professionisti talvolta denunciata
dalle Corti inglesi e dalla dottrina francese”»; preserverebbe, «in termini ragio-
nevolmente accettabili, la libertà del professionista intellettuale, il quale sarà
comunque esonerato da responsabilità adducendo la prova di eventi impeditivi
200
non ricollegabili a negligenza o imperizia» . Ma, allora, dietro la parvenza del-
l’inversione dell’onere della prova «sul punto della colpa, si giunge nella sostan-
201
za a trasformare una obbligazione di mezzi in una obbligazione di risultato» .
La giurisprudenza, pur non ponendo formalmente in dubbio l’inquadra-
mento delle obbligazioni inerenti l’attività professionale forense nell’ambito
delle «obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, as-
sumendo l’incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il
202
risultato desiderato ma non a conseguirlo» , oltre a rilevare la responsabilità
193
B. STARCK, H. ROLAND, L. BOYER, Droit civil. Les obligations, 2, Contrat, Paris, VI éd., p. 419;
F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, Droit civil. Les obligations, cit., p. 452.
194
C. LARROUMET, Droit civil, cit., p. 626.
195
Per tutti, P. RÉMY, La «responsabilité contractuelle»: histoire d’un faux concept, in Rev. trim. dr.
civ., 1997, p. 323 ss. L’orientamento trae spunto dalle pagine di D. TALLON, L’inexécution du contrat:
pour une présentation, ivi, 1994, p. 223 ss.; ID., Pourquoi parler de faute contractuelle?, in Écrits en
hommage à Gérard Cornu, Paris, 1995, p. 429 ss.
196
G. VISINTINI, Colpa contrattuale: un falso concetto?, in Contr. e impr., 2004, p. 16.
197
M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité, cit., p. 405 s.
198
G. VISINTINI, op. cit., p. 14.
199
Così M. FEOLA, op. ult. cit., p. 406 s.
200
A. PERULLI, op. loc. cit.
201
M. FRANZONI, Colpa presunta e responsabilità del debitore, Padova, 1988, p. 433.
202
Cass., Sez. III, 5 agosto 2013, n. 18612, in Danno e resp., 2013, p. 1090, con nota di R. CONTE,
Contrasti giurisprudenziali sul termine di prescrizione e responsabilità dell’avvocato, e in Giur. it., 2014,
p. 841 ss., commentata da R. FAVALE, Contrasto giurisprudenziale ed obbligo dell’avvocato di “seguire
la via più sicura”.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 367
il pregiudizio insito nella posizione del cliente (se non altro sollevando le ecce-
zioni relative ad eventuali errori di carattere sostanziale o processuale della
213
controparte)» . Così si è considerato responsabile il legale che non ha inter-
posto appello avendo confidato nella conclusione di un accordo transattivo
(poi non più perfezionato proprio a seguito della mancata proposizione del
214
gravame) . Così si è deciso che l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale
(successivamente risolto dalle Sezioni Unite in senso sfavorevole al cliente del
legale), in ordine alla consistenza biennale e non quinquennale del termine di
prescrizione dell’illecito civile conseguente a un fatto di reato perseguibile a
querela, «non esime il professionista dall’obbligo di diligenza richiesto dall’art.
1176 c.c.» (non implicando la soluzione di problemi tecnici di particolare dif-
ficoltà ex art. 2236 c.c.), poiché «l’opinabilità stessa della soluzione giuridica
impone al professionista una diligenza ed una perizia adeguate alla contingen-
za, nel senso che la scelta professionale deve cadere sulla soluzione che con-
senta di tutelare maggiormente il cliente e non danneggiarlo e, dunque, nella
specie, egli è tenuto ad un comportamento (introduzione del giudizio e com-
pimento di atti interruttivi idonei) che sia riferito alla decorrenza del termine
215 216
più breve» . L’inedito obbligo dell’avvocato di “seguire la via più sicura”
mostra in maniera ancor più evidente la «progressiva erosione del tradizionale
principio secondo il quale l’obbligazione dell’avvocato è un’obbligazione di
217
mezzi e non di risultato» . Ma molti anni prima che la giurisprudenza delle
218 219
Sezioni Unite ufficializzasse il “commiato” dalla distinzione tra obbliga-
zioni di mezzi e di risultato, la stessa Cassazione aveva precisato come tale par-
tizione non avesse più «ragion d’essere perché i mezzi altro non sono che il
cosiddetto risultato immateriale dovuto, il quale, inteso in questo senso, non si
220
distingue dall’attività impiegata per ottenerlo» .
Soprattutto con riferimento agli incarichi specifici aventi ad oggetto la con-
sulenza stragiudiziale, la redazione di pareri e di contratti nonché i doveri
d’informazione e di dissuasione circa i rischi di soccombenza del cliente in un
221 222
possibile giudizio , dottrina e giurisprudenza discorrono sempre più fre-
213
Cass., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15717, in Danno e resp., 2011, p. 743.
214
Cass., Sez. II, 13 maggio 2011, n. 10686, in Danno e resp., 2012, p. 295 ss., con nota di L. BU-
GATTI, Mancata proposizione dell’appello e responsabilità del professionista forense.
215
Cass., Sez. III, 5 agosto 2013, n. 18612, cit., p. 1090.
216
In argomento, con pregevoli riferimenti comparativi al diritto tedesco, v. R. FAVALE, Contrasto
giurisprudenziale, cit., p. 847 ss.
217
A. MAZZUCCHELLI, L’avvocato, in F. MARTINI, A. MAZZUCCHELLI, M. RODOLFI, E. VIVORI,
La responsabilità civile del professionista, Torino, 2007, p. 209.
218
Cass. civ., Sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 790.
219
Così, già A. NICOLUSSI, Il commiato della giurisprudenza dalla distinzione tra obbligazioni di ri-
sultato e obbligazioni di mezzi, in Europa e dir. priv., 2006, p. 781 ss.
220
Cass., 22 marzo 1968, n. 905, in Foro it., 1968, I, c. 2207.
221
Cfr. R. FAVALE, La responsabilità civile, cit., p. 243.
222
Sul punto, A. FABRIZIO-SALVATORE, L’avvocato e la responsabilità da parere, in Danno e resp.,
2003, p. 219 ss.; e già G. MUSOLINO, Il contratto d’opera professionale, Milano, 2001, p. 101 ss.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 369
223
quentemente di un’obbligazione di risultato . La Cassazione, in proposito,
ha affermato che rientrano senz’altro nell’obbligo di diligenza dell’avvocato «i
doveri d’informazione, di sollecitazione e di dissuasione, ai quali il professio-
nista deve adempiere, così all’atto dell’assunzione dell’incarico come nel corso
del suo svolgimento, prospettando, anzi tutto, al cliente le questioni di fatto e-
o di diritto, rilevabili ab origine od insorte successivamente, riscontrate ostati-
ve al raggiungimento del risultato e-o comunque produttive d’un rischio di
conseguenze negative o dannose, invitandolo, quindi, a comunicargli od a for-
nirgli gli elementi utili alla soluzione positiva delle questioni stesse, sconsi-
gliandolo, in fine, dall’intraprendere o proseguire la lite ove appaia improba-
bile tale positiva soluzione e, di conseguenza, probabile un esito sfavorevole e
224
dannoso» . «A maggior ragione» incombe sull’avvocato «l’onere d’informare
il cliente in ordine alle questioni di fatto o di diritto che impediscano o renda-
no difficoltoso il perseguire la realizzazione di un determinato interesse ed ai
rischi ai quali possa esporre il tentativo di tale realizzazione», allorché l’inca-
rico professionale ricevuto ed accettato «abbia ad oggetto non un’attività giudi-
ziale conseguenza immediata e diretta del conferimento d’un mandato ad litem,
225
bensì un’attività stragiudiziale […] intesa alla formulazione d’un parere» . In
tal caso «neppure può ravvisarsi nella prestazione d’opera intellettuale pro-
messa un’obbligazione di mezzi, dacché l’opus richiesto rappresenta di per se
stesso la realizzazione dell’interesse perseguito dal cliente nel conferire l’inca-
rico, interesse che è, appunto, quello d’ottenere dal tecnico gli elementi di va-
lutazione necessari ed i suggerimenti opportuni onde poter adottare consape-
226
voli decisioni a seguito d’un apprezzamento ponderato di rischi e vantaggi» .
L’orientamento giurisprudenziale che ha fatto seguito a questa decisione
dimostra come, sulla scia di quanto accaduto in ambito sanitario, gli obblighi
d’informazione nei confronti del cliente inizino ad assumere un ruolo sempre
più notevole anche nell’ambito dell’esercizio della professione forense. V’è da
chiedersi se il più rigoroso indirizzo oggi esistente in materia di responsabilità
medica, secondo il quale il solo inadempimento dell’obbligo d’informazione
assume di per sé «valenza causale sul danno o sui danni subiti dal paziente»
anche là dove l’«atto terapeutico necessario» è stato «correttamente eseguito
227
secondo le regole dell’arte» , possa interessare anche l’attività forense. In pro-
posito v’è da rilevare, però, che tale regola non sembra suscettibile di un’auto-
223
Cass., 14 novembre 2002, n. 16023, in Danno e resp., 2003, p. 257.
224
Cass., 14 novembre 2002, n. 16023, cit., p. 257, che rappresenta il leading case in materia. Tra
le altre, Cass., 20 novembre 2009, n. 24544, in Rep. Foro it., 2009, voce Avvocato, n. 123, per la quale
il professionista forense è tenuto ad informare il cliente sulle conseguenze del compimento o del
mancato compimento degli atti del processo e, se del caso, a sollecitarlo nel compimento di essi ovve-
ro, sussistendo le condizioni, a dissuaderlo dalla loro esecuzione. Sul tema, M.R. TRAZZI, Responsabi-
lità dell’avvocato per violazione dell’obbligo di informazione, in Contr. e impr., 1999, p. 56 ss.
225
Cass., 14 novembre 2002, n. 16023, cit., p. 257.
226
Cass., 14 novembre 2002, n. 16023, cit., p. 257.
227
Cass., Sez. III, 28 luglio 2011, n. 16543, in Danno e resp., 2012, p. 625.
370 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
10. Il maggior rigore assunto nella valutazione del grado di diligenza esigi-
bile dal professionista forense, al punto che si discorre, quanto meno in alcuni
230
casi, di un’obbligazione che è non più di mezzi, bensì di risultato , diviene,
però, nella prassi, inversamente proporzionale rispetto al problema della (pro-
va della) causalità, che si rivela, da sempre, la vera questione essenziale da ri-
solvere. Talvolta, quanto più è evidente la condotta negligente dell’avvocato,
tanto più è difficile provare che essa sia stata la causa di un danno risarcibile.
Un esempio è dato soprattutto da quelle decisioni della Cassazione nelle quali,
pur essendosi ravvisato un’evidente negligenza dell’avvocato, che, nel dimen-
ticare di informare il cliente circa la soccombenza, aveva mancato di impugna-
re la sentenza sfavorevole determinandone il passaggio in giudicato, si esclude
che il professionista debba risarcire il danno, non avendo il cliente assolto
all’onere di provare che l’impugnazione, «ove proposta, avrebbe avuto con-
231
crete possibilità di essere accolta» . Questi non potrebbe «limitarsi a dedurre
228
Cass., Sez. III, 28 luglio 2011, n. 16543, cit., p. 623, sulla scia di Corte cost., 23 dicembre 2008,
n. 438, in Foro it., 2009, I, c. 1328.
229
Sulla violazione delle norme deontologiche quale fonte di responsabilità professionale nei ri-
guardi del cliente cfr. Cass., Sez. Un., 20 dicembre 2007, n. 26810, in Foro it., 2009, I, c. 3167, con
nota di G. SCARSELLI, La responsabilità civile del difensore per l’infrazione della norma deontologica.
Sul punto già V.L. MARTINI, La violazione di norme deontologiche quale fonte di responsabilità profes-
sionale dell’avvocato, in Nuova giur. civ. comm., 1998, I, p. 894 ss.
230
Per tutti, L. BUGATTI, Mancata proposizione dell’appello, cit., p. 299; D. COVUCCI, La respon-
sabilità professionale, cit., p. 751.
231
Cass., 29 settembre 2009, n. 20828, il cui testo è riprodotto in R. FAVALE, La responsabilità ci-
vile, cit., p. 263.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 371
l’astratta possibilità della riforma in appello di tale pronuncia in senso a lui fa-
vorevole», ma dovrebbe «dimostrare l’erroneità della pronuncia in questione
oppure produrre nuovi documenti o altri mezzi di prova idonei a fornire la ra-
gionevole certezza che il gravame, se proposto, sarebbe stato accolto […], se-
condo il criterio del “più probabile che non”, criterio ribadito da questa Corte
anche a Sezioni Unite – 581/2008 – poiché l’accertamento del rapporto di
causalità ipotetica derivante dalla condotta omissiva passa attraverso l’enun-
ciato “controfattuale” che pone al posto dell’omissione il comportamento al-
ternativo dovuto, alla luce del quale verificare se la condotta doverosa avrebbe
232
evitato il danno lamentato dal danneggiato» .
La felice sintesi con la quale la Suprema corte sintetizza, in maniera dida-
scalica, la dinamica del giudizio controfattuale non esime dal sollevare dubbi
sulla rapidità con la quale, in maniera incoerente, essa coniughi il criterio del
“più probabile che non” con un improbabile ritorno al modello della “certez-
za”, pur “ragionevole”. La confusione poi aumenta se ci si accorge che, nello
stesso anno (il 2009), qualche mese prima, la Cassazione, nel riferirsi ad orien-
tamenti estremamente datati e comunque superati dal dictum delle Sezioni
233
Unite del 2008 , aveva tentato di risolvere il problema della causalità riscopren-
do, addirittura, il criterio della “certezza morale”. Secondo questa pronunzia,
la responsabilità dell’avvocato sussisterebbe soltanto in presenza della «certez-
za morale che gli effetti di una diversa attività del professionista medesimo sa-
rebbero stati più vantaggiosi per il cliente, rimanendo, in ogni caso, a carico
del professionista l’onere di dimostrare l’impossibilità (a lui non imputabile,
234
della perfetta esecuzione della prestazione)» . Importante rilevare, però, co-
me la Cassazione, nella stessa sentenza, ribadisca l’autonomia del danno da
perdita di chances, rispetto ai problemi di un rapporto di causalità (con l’even-
235
to “finale”) inteso ora in chiave probabilistica , ora in termini di certezza
236
morale . Poiché la perdita di chances si configura «come concreta ed effettiva
occasione favorevole di conseguire un determinato bene, atteso che non costi-
tuisce una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giu-
ridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione», l’atto-
re ha l’onere di provare, «pur se solo in modo presuntivo o secondo un calco-
lo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il
raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita della
232
Cass., 29 settembre 2009, n. 20828, cit., p. 263.
233
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 581, cit., p. 12 s.
234
Cass., 27 maggio 2009, n. 12354, in R. FAVALE, op. ult. cit., p. 263 (da qui le ulteriori citazioni),
anche in Resp. civ. prev., 2009, p. 193 ss., con il commento di M. AZZALINI, Responsabilità professio-
nale dell’avvocato e risarcimento del danno: riflessioni su un curioso caso d’omessa informazione al
cliente, ed ivi, 2010, p. 819 ss., con nota di G. MUSOLINO, Responsabilità dell’avvocato per perdita
della chance di appellare la sentenza sfavorevole.
235
Secondo Cass., 29 settembre 2009, n. 20828, cit., p. 263.
236
Almeno secondo Cass., 27 maggio 2009, n. 12354, cit., p. 263.
372 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
237
quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta» .
Al fatto che la Cassazione abbia coniugato la figura del danno da perdita di
chances ad un criterio causale fondato sulla certezza morale non può essere at-
tribuito un significato decisivo. Ciò non vuol dire che la chance come danno
risarcibile (concezione, questa, che, secondo una certo Leitmotiv, assume il
nome di “tesi ontologica”) non sia compatibile con la teoria probabilistica del-
la causalità sancita dalle Sezioni Unite nel 2008. Infatti, altro è aver sostituito,
238
in ambito civile , al criterio della certezza quello della probabilità degli effetti
della condotta in ordine alla causazione dell’evento dannoso, altro è conside-
rare la perdita delle chances (secondo l’unica concezione storicamente verifi-
cabile, che è quella ideata dall’unanime esperienza francese) come un danno
autonomamente risarcibile.
Ecco che, allora, proprio la distinzione tra «il danno da mancata impugna-
239
zione» e il «danno da perdita della possibilità d’impugnazione» , tra il danno
consistente nella perdita del processo e quello che ha ad oggetto la perdita
delle chances di vincere in giudizio appare come il metodo più idoneo per ri-
sarcire il danno subito dal cliente in ipotesi di negligenze palesi dell’avvocato.
In questi casi, al fine di riparare il danno subito dal creditore dell’obbligazione
professionale, non è più necessario forzare la prova della causalità tra la con-
dotta colposa e la perdita della “posta finale” consistente nella soccombenza
in giudizio, sulla base di un blando criterio probabilistico, che in tema di re-
sponsabilità sanitaria è degenerato nell’inconsistente giurisprudenza del “tren-
240
ta per cento” . Una siffatta soluzione, oltre ad essere contestabile sotto il
profilo logico-giuridico, potrebbe produrre conseguenze eccessivamente gra-
vose per il professionista (e per il suo assicuratore). Allorché la causalità è “in-
241
certa” , il risarcimento della perdita di chances appare come una soluzione
maggiormente equa ed efficiente, perché idonea a distribuire proporzional-
mente il peso del danno tra il professionista negligente e il suo cliente.
Inizia a delinearsi, anche in tema di responsabilità del professionista legale,
una più precisa percezione del danno derivante dalla perdita della possibilità
di conseguire un risultato favorevole o di evitare un danno. Anche la dottrina
che si è espressa in questa specifica materia rileva come la perdita di chances si
caratterizzi per «il fatto che il pregiudizio non è la perdita della posta in gioco
242
(vittoria del processo), bensì la possibilità di conservarla» . Nel caso della lite
237
Cass., 27 maggio 2009, n. 12354, cit., p. 264.
238
In ambito penale, infatti, altra è la soluzione indicata da Cass. pen., Sez. Un., 10 luglio 2002, in
Foro it., 2002, II, c. 619 ss.
239
Così Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 13 s.
240
Contra, identifica surrettiziamente la giurisprudenza del 30% con un «vero e proprio giochetto
illusionistico chiamato perdita di chance», C. VIAZZI, Perdita di chance nella responsabilità medica:
una questione ancora da definire, in Danno e resp., 2013, p. 591.
241
Parafrasando R. PUCELLA, La causalità «incerta», cit., passim.
242
G. DE FAZIO, Responsabilità del legale e perdita della chance di vincere il processo, in Resp. civ.
prev., 1997, p. 1179.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 373
250
leggerimento dell’onere probatorio» . Il danno da perdita di chances non
può essere costruito quale pregiudizio “intermedio” di un’unica sequenza cau-
sale che collega la condotta negligente al preteso evento “finale”. Esso, invece,
251
«modifica l’oggetto del nesso di causalità» . Poiché la perdita di chances «è
252
una forma particolare di pregiudizio» , la riparazione deve essere ammessa
ogni qual volta il cliente apporti la prova che l’evento imputato al professioni-
sta legale abbia fatto venir meno almeno “una” chance reale, che egli era «en
253
train de courir» .
Nel caso della perdita di chances il nesso eziologico è egualmente certo:
non corre tra l’inadempimento e l’evento finale (nella specie, perdita del pro-
cesso), bensì tra la condotta negligente e le chances realmente perdute che il
cliente aveva di far valere le sue ragioni in giudizio. Nel caso del danno da per-
dita di chances «le regole causali rimangono invariate ma si modifica la struttu-
254
ra dell’illecito» . L’evento dannoso «non consiste nella lesione del bene con-
cretamente colpito [...] bensì nella chance, cioè nella possibilità, qualificata, di
255
raggiungere un certo risultato utile o evitare una conclusione sfavorevole» .
Il vero problema, quindi, non è quello della risarcibilità di tale danno in ordi-
256
ne all’an respondeatur , poiché esso è riparabile sulla base dell’inadempi-
mento o del ritardo (ex art. 1218 c.c.), ma è quello della sua quantificazione in
relazione al numero percentuale delle chances (da 0,1 a 99,9) che si stimino es-
sere state effettivamente perdute. La commisurazione della riparazione al pre-
giudizio realmente causato induce a considerare questa figura come uno stru-
mento giusto ed efficiente di valutazione dei competing interests delle parti,
espressione del principio di equivalenza tra entità del risarcimento e gravità
del danno e, quindi, della generale funzione di compensation della responsabi-
257
lità civile .
Il risarcimento del danno deve essere escluso soltanto nell’ipotesi in cui le
probabilità di successo sono eguali a zero, poiché è assolutamente certo che
l’azione non avrebbe avuto alcuna possibilità di essere accolta. Tale regola è
stata sancita dalla Assemblée Plénière della Cassazione la quale, nel conferma-
re la decisione della Corte d’Appello, ha escluso che l’avvocato fosse tenuto al
risarcimento del danno per la sua omissione colposa soltanto allorché il ricor-
258
so per cassazione «non presentava nessuna chance di successo» . In tutti gli
250
In questi termini, invece, N. COSENTINO, Colpa professionale, cit., p. 648.
251
P. SARGOS, Rapport a Cass. civ., 8 juillet 1997, in Sem. jur., 1997, II, Jur., 22921, p. 436.
252
Lo afferma F. CHABAS, La perdita di chance, cit., p. 231.
253
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 82.
254
V. ZENO ZENCOVICH, La responsabilità civile, in G. ALPA, M.J. BONELL, D. CORAPI, L. MOC-
CIA, V. ZENO ZENCOVICH, Diritto privato comparato, cit., p. 305.
255
V. ZENO ZENCOVICH, op. loc. ult. cit.
256
In questi termini, V. ZENO ZENCOVICH, op. loc. ult. cit.
257
Così, M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., p. 286 ss. e passim.
258
Cfr. Cass., Ass. plén., 3 juin 1988, in Gaz. Pal., 1988, II, Pan., p. 180, e il commento di P.
JOURDAIN, Le plaideur qui n’a aucune chance d’obtenir la cassation d’un arrêt ne subit pas de préjudice
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 375
259
altri casi, è possibile pronunziare una condanna anche «faible» , ma che sia
proporzionata alla quantità delle chances perdute. Qualora la pretesa della vit-
tima aveva anche soltanto qualche possibilità di successo, «il danno allora esi-
ste incontestabilmente» e deve essere risarcito, realizzando, altresì, una «fun-
260
zione di pena privata» .
La perdita delle chances attachées à un droit, che si caratterizza per un nes-
261
so di causalità certo e per l’esistenza di un pregiudizio «attuale» , esclude
che questo debba essere risarcito «come se» la pretesa in giudizio «fosse stata
262 263
accolta favorevolmente» . Non è possibile «cambiare il passato» . Il danno
risarcibile consiste nelle sole chances che si sono realmente perse di ottenere
264
un vantaggio o di evitare una perdita . Esse, per essere «serie», devono esi-
stere in numero superiore allo zero, e ciò è sufficiente a escludere che possano
265
essere considerate alla stregua di una «qualsiasi chimera» .
du fait de l’omission fautive d’un avocat aux Conseils de soutenir un pourvoi, in Rev. trim. dr. civ.,
1989, p. 82.
259
Cfr. G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 82.
260
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
261
Così, tra gli altri, P. LE TOURNEAU, L. CADIET, Droit de la responsabilité, cit., p. 186. V.,
altresì, H., L. MAZEAUD, A. TUNC, Traité, cit., p. 269.
262
P. LE TOURNEAU, L. CADIET, op. cit., p. 187.
263
P. LE TOURNEAU, L. CADIET, op. loc. ult. cit.
264
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. cit., p. 72; Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 31.
265
Testualmente, P. LE TOURNEAU, L. CADIET, op. loc. ult. cit.
376 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO SETTIMO
SOMMARIO: 1. La responsabilità del medico nelle varie ipotesi di bébé préjudice. Il danno prena-
tale provocato da una condotta commissiva: in Francia e in Italia, il professionista è respon-
sabile in via contrattuale di tutti i danni, patrimoniali e non, arrecati sia al soggetto nato
malformato, sia ai genitori. – 2. L’omessa o erronea informazione quale inadempimento di
un’obbligazione “di risultato”. La nascita indesiderata di un bambino sano: la giurispruden-
za d’oltralpe e la Cassazione italiana, a differenza del BGH, escludono il risarcimento per
l’assenza di un interesse protetto. Critica. – 3. Il danno prenatale che consegue all’inadempi-
mento di un’obbligazione d’informazione. Il Conseil d’État e la Cassazione italiana, in origi-
ne, riconoscono il risarcimento dei danni a favore di entrambi i genitori, ma non del minore.
L’affermazione, da parte dell’Assemblée plénière, del principio dell’integrale risarcibilità dei
danni subiti dal fanciullo nato malformato. – 4. Segue. Critica della giurisprudenza italiana.
La propagazione intersoggettiva delle conseguenze dell’illecito: l’estensione del risarcimento
ai danni mediati e indiretti che costituiscono effetti normali (regolarità causale) del fatto. –
5. L’utilità di esaminare il dibattito d’oltralpe. Le critiche della dottrina francese all’arrêt
Perruche: le accuse di eugenismo e di eutanasia prenatale. Pur in presenza di differenti con-
dizioni, le esperienze francese e italiana riconoscono alla donna un “diritto” alla sua autode-
terminazione. I «pretesi diritti di nascere (o di non nascere, “andicappato”)». – 6. Segue. Il
pregiudizio dei genitori, quale danno par ricochet, presuppone la riparazione del préjudice
immédiat in capo al fanciullo andicappato. Il superamento dei rilievi mossi a tale tesi. – 7.
L’inadempimento dell’obbligazione d’informazione nei confronti della madre come “fatto”
idoneo a ingenerare la responsabilità dei sanitari. L’Assemblée plénière ravvisa una respon-
sabilità del medico che è contrattuale nei confronti dei genitori e delittuale avverso il bam-
bino. L’eventuale estensibilità degli effetti di protezione del contratto verso terzi. – 8. Il
rapporto di causalità. La scelta, dei sistemi francese e italiano, per la teoria della condicio si-
ne qua non induce a ravvisare nell’inadempimento degli obblighi d’informazione la “condi-
zione essenziale” del processo causale che, in assenza di fatti interruttivi, concorre a produr-
re l’evento dannoso consistente nella “nascita malformata”. – 9. Le tesi che escludono la ri-
sarcibilità del danno sofferto dal minore andicappato ora per l’assenza di un interesse pro-
tetto, ora perché lesivo del valore della dignità umana. Il richiamo alle «categorie antropo-
logiche fondamentali»: critica. L’interpretazione dell’art. 1 della l. n. 2002-303, detta anche
loi anti-Perruche. – 10. Il risarcimento del danno prenatale nel caso d’incertezza sulla deci-
sione che la donna avrebbe assunto. Le difficoltà di ricorrere ad una nozione soggettiva di
perdita di chance de décision. Il ruolo presuntivo delle condizioni legali che prevedono
l’aborto quale atto necessario a tutelare la salute della donna. – 11. L’evoluzione della giuri-
sprudenza italiana: il “danno esistenziale” dei genitori causato dalla tardiva diagnosi delle
378 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
malformazioni fetali della figlia. Dall’inesistenza del «diritto a non nascere se non sano»
all’affermazione del «diritto a nascere sano». Il fondamento e le ragioni dell’overruling. – 12.
Il revirement della Cassazione (n. 16754 del 2012) in tema di risarcimento del danno da
«nascita malformata». Essere o non essere, non era questo il problema: la critica di Cass. n.
14488 del 2004 e l’apprezzamento della «lunga e approfondita riflessione» contenuta nella
sentenza n. 10741 del 2009. – 13. Segue. La «condotta colpevole», la legittimazione sogget-
tiva, l’evento di danno e gli interessi tutelati. – 14. Segue. La «questione giuridica essenzia-
le»: la sussistenza del rapporto di causalità. – 15. Segue. Le responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale del medico e della struttura sanitaria (pubblica o privata) nei riguardi del-
la gestante e del minore. Il risarcimento del danno da «nascita malformata» come responsa-
bilità delittuale da inadempimento. La prestazione sanitaria tra obblighi di prestazione e
obblighi di protezione. I limiti alla “contrattualizzazione” della responsabilità. – 16. Segue.
L’onere della prova nella responsabilità delittuale da inadempimento. – 17. I danni (patri-
moniali e non patrimoniali) risarcibili. Il danno da «nascita malformata» quale causa di una
«esistenza diversamente abile».
1
Le due espressioni sono considerate equivalenti da J. ROCHE-DAHAN, Note a Cass., I Ch. civ.,
26 mars 1996, in Rec. Dalloz, 1997, Jur., p. 37, testo e nota 4. Distinguono, invece, la «naissance non
désirée» dalla «naissance d’un enfant handicapé», G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, II éd.,
1998, cit., pp. 12 e 14. Per un approfondimento, soprattutto bibliografico, di queste pagine, sia rinvia
a M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., pp. 294-366.
2
M. FEOLA, Violazione degli obblighi d’informazione, cit., p. 589 ss.; EAD., Essere o non essere,
cit., p. 392 ss.
3
Ad es., A. LISERRE, Mancata interruzione della gravidanza e danno da procreazione, in Corriere
giur., 2004, p. 1432; F. GALGANO, Danno da procreazione, cit., p. 537 ss.
4
La locuzione è stata introdotta da Cass., Sez. III, 2 ottobre 2012, n. 16754, in Nuova giur. civ.
comm., 2013, spec. p. 195.
5
Per questo collegamento, M. FEOLA, Il danno da «nascita malformata», cit., p. 103 s.
6
M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 294 s.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 379
gura denota peculiarità che involgono tanto i temi tradizionali della responsa-
7
bilità civile, quanto gli aspetti assiologici degli ordinamenti. Si è scelto di eleg-
gere il diritto francese a termine preferenziale di paragone, sia per le evidenti
affinità sistemiche esistenti con l’esperienza italiana, sia perché è in esso che si
è svolto il dibattito più significativo in materia.
Una soluzione ormai consolidata – e sulla quale, pertanto, non è necessario
soffermarsi – riguarda l’ipotesi nella quale la condotta commissiva del medico
assurga a causa del danno prenatale. Qualora il professionista sanitario leda il
feto, ad esempio, nel corso di erronei interventi ostetrici o d’interruzione della
gravidanza, egli dovrà risarcire integralmente i danni arrecati al fanciullo che,
una volta nato, sia affetto da un handicap permanente. Per principio, in Fran-
cia, ogni medico «è responsabile soltanto allorché una faute possa essere di-
mostrata a suo carico, cioè una condotta anormale, contraria alle obbligazioni
8
della sua professione» . Tuttavia, se accetta di praticare un’interruzione della
gravidanza, non avvalendosi della «clause de conscience» che gli permette di
9
rifiutare l’esecuzione di tale intervento , dovrà essere giudicato responsabile
allorché la sua condotta negligente, imprudente e/o imperita sia in rapporto di
causalità con l’evento dannoso. Il medico sarà tenuto a risarcire al soggetto na-
to andicappato i danni biologico (consistente nella complessiva percentuale
d’invalidità permanente), patrimoniale, morale e/o esistenziale.
Questa regola è affermata sia nell’esperienza francese, sia in quella italiana.
Da un lato, il Conseil d’État ha condannato al risarcimento del danno per
wrongful life (danno biologico e sofferenze psichiche) patito dal fanciullo, na-
to deforme, i medici che, a seguito di una mancata interruzione della gravi-
10
danza, avevano arrecato al feto gravissimi danni . Dall’altro, la Cassazione ita-
liana è ricorsa all’applicazione del contratto con effetti protettivi per i terzi al
fine di dichiarare la responsabilità delle strutture sanitarie nei confronti di un
soggetto menomato da un negligente intervento ostetrico «praticato all’atto
11
della nascita» . Tale soluzione è stata ribadita anche in tema di risarcimento
12
dei danni conseguenti a un parto effettuato presso un ente ospedaliero . Il
rapporto di immedesimazione organica, rendendo «irrilevante l’esatta indivi-
duazione del sanitario o dei sanitari cui sia imputabile la condotta lesiva nei
confronti del nascituro», impone all’ente di rispondere «direttamente della ne-
gligenza ed imperizia dei propri dipendenti nell’ambito delle prestazioni sani-
7
Sul punto, P. PERLINGIERI, L’interpretazione della legge come sistematica ed assiologica. Il broc-
cardo in claris non fit interpretatio, il ruolo dell’art. 12 disp. prel. c.c. e la nuova scuola dell’esegesi, in
Rass. dir. civ., 1985, p. 990 ss.
8
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 294.
9
La disciplina francese è simile a quella italiana: cfr. l’art. 2212-8 code santé publ.
10
Cons. État, 27 septembre 1989, in Rec. Dalloz, 1991, Jur., p. 80, con il commento di M. VERE-
PAUX.
11
Cass., Sez. III, 22 novembre 1993, n. 11503, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 557 s.
12
«Che è contratto con effetti protettivi a favore del terzo»: Cass., Sez. III, 14 luglio 2003, n.
11001, in CED Cass., RV. 565548.
380 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
tarie effettuate al nascituro», mentre «il diverso apporto causale dei vari di-
13
pendenti attiene al rapporto interno tra questi ultimi e l’ente» .
In queste ipotesi il nesso eziologico è evidente, poiché è la stessa condotta
colposa del medico che, ledendo il feto, rappresenta la causa certa del danno
psico-fisico arrecato al nascituro. Si tratta di un «danno che incide immedia-
tamente […] su un soggetto venuto ad esistenza, sia pure per effetto di un fat-
14
to colposo commesso anteriormente alla nascita» . La riparazione dei danni
patiti dal minore andicappato non impedisce di risarcire anche i pregiudizi par
ricochet subiti dai genitori. È la condizione di invalidità «a costituire il danno,
15
e nessuno può negare la fondatezza di questa soluzione» .
13
Cass., 14 luglio 2003, n. 11001, cit., RV. 565548.
14
Lo sottolinea Cass., 22 novembre 1993, n. 11503, cit., c. 556.
15
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 14.
16
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 295.
17
Cons. État, 2 juillet 1982, in Rec. Dalloz, 1984, Jur., p. 425, e Cass., I Ch. civ., 25 juin 1991, in
Sem. jur., 1992, II, Jur., 21784.
18
In proposito, il pensiero di A. TRABUCCHI, Il figlio, nato o nascituro, inaestimabilis res e non
soltanto res extra commercium, in Riv. dir. civ., 1991, I, p. 211 ss.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 381
19
bia inciso negativamente sulla salute della donna» . La «situazione patrimo-
niale della madre» non rientrerebbe «nella tutela della norma», ma sarebbe
assunta «come condizione giustificatrice dell’interruzione della gravidanza ove
20
dalla stessa possano insorgere pericoli per la salute della donna» .
Parte della giurisprudenza italiana di merito, nel ribadire la propria con-
21
trapposta posizione favorevole al risarcimento sia dell’evento dannoso rap-
presentato dalla lesione del diritto alla procreazione cosciente e responsabile,
sia delle ulteriori conseguenze patrimoniali consistenti in «quella parte di red-
dito e di consumi diretti degli attori che la nascita del nuovo figlio verrà irri-
22
mediabilmente a compromettere» , si è allineata all’orientamento delle corti
tedesche, che hanno affermato la risarcibilità dei danni patrimoniali subiti dal-
la coppia per la nascita di un bambino in contrasto con il piano familiare, nel
23
caso di erronei interventi di sterilizzazione o di interruzione della gravidan-
24
za , «quando la tutela di simili oneri sia stata oggetto di un contratto di cura o
25
di consulenza» .
Una soluzione affermativa può essere prospettata nell’esperienza italiana a
seguito dei principi già enunciati dalla Cassazione nella sentenza n. 6735 del
2002. Da un lato, essa ha precisato che la disciplina relativa ai requisiti richie-
sti dalla legge n. 194 del 1978 non deve venire in considerazione quando si
decide sulla responsabilità del medico per inadempimento, poiché l’operativi-
tà di tali regole si è esaurita allorché l’intervento fu effettuato proprio in pre-
26
senza di tali condizioni . Dall’altro, si è rilevato come tali norme non debba-
no essere generalizzate, al fine di individuare gli interessi protetti (pericolo per
la salute della donna) la cui sola lesione, integrando il requisito dell’ingiustizia
del danno (ai sensi dell’art. 2043 c.c.), potrebbe giustificare il risarcimento.
«Trattandosi di responsabilità contrattuale, ad essere risarcibili sono i danni
che costituiscono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento (art.
1223 c.c.), non questi danni ma in quanto derivanti dalla lesione di un interes-
se protetto e come tali ingiusti, com’è nella responsabilità da fatto illecito (ar-
19
Cass., Sez. III, 8 luglio 1994, n. 6464, in Giur. it., 1995, I, 1, c. 790 ss.
20
Cass., 8 luglio 1994, n. 6464, cit., c. 799.
21
In proposito già Trib. Milano, Sez. VII, 20 ottobre 1997, in Danno e resp., 1999, p. 86 s., che
discorre di «danno-evento», con nota di M. BONA, Filiazione indesiderata e risarcimento del “danno
da bambino non voluto”; v., altresì, Trib. Venezia, 10 settembre 2002, ivi, 2003, p. 403 ss.
22
Così, Trib. Milano, 20 ottobre 1997, cit., p. 82 (in massima).
23
Il risalente orientamento del BGH, 18 marzo 1980, in Neue Jur. Woch., 1980, p. 1450, ha trova-
to conferma nella decisione della Prima Sezione della Corte costituzionale (BVerfG, 12 novembre
1997, ivi, 1998, p. 519), che ha negato il contrasto del risarcimento da nascita indesiderata con il va-
lore costituzionale della dignità umana.
24
Ad es., BGH, 27 novembre 1984, in Neue Jur. Woch., 1985, p. 671. Cfr., tuttavia, BVerfG, 28
maggio 1993, ivi, 1993, p. 1751 ss.
25
Tale limitazione è stata introdotta da BGH, Sez. VI, 15 febbraio 2000, in Danno e resp., 2001,
p. 481 ss., con il commento di R. FAVALE, Genitori contro volontà e risarcimento per i danni da na-
scita.
26
Cass., Sez. III, 10 maggio 2002, n. 6735, in Resp. civ. prev., 2003, p. 123.
382 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
27
ticolo 2043 c.c.)» . Il giudice non deve esprimere il suo parere in termini di
“ingiustizia” del danno (da verificare attraverso un richiamo ai pretesi interes-
si tutelati dalla legge n. 194 del 1978), ma deve limitarsi ad accertare l’inadem-
pimento e i danni (patrimoniali e non) che ad esso sono oggettivamente colle-
gati. Questi essenziali chiarimenti inducono a pensare che la Cassazione po-
trebbe mutare il suo orientamento, elaborato, tra l’altro, in un periodo nel qua-
le la stessa responsabilità del medico (soprattutto se dipendente da strutture sa-
nitarie pubbliche o private) non era stata ancora chiaramente percepita come
28 29
contrattuale o da «contatto sociale» .
La soluzione negativa adottata nell’esperienza francese è stata giudicata «le-
gittima, anche se non sembra possibile nascondere che essa riposi su un giudi-
zio di valore, di natura puramente morale, non essendo stato considerato de-
gno in sé di protezione giuridica l’interesse della donna a evitare gli oneri di
30
una maternità normale» . Ciò dimostra come la selezione degli interessi pro-
tetti possa assumere (implicitamente), anche in materia di responsabilità con-
trattuale, una sua valenza ultronea rispetto all’inadempimento, ove questo do-
vrebbe giustificare – sino al limite della prova (invertita), da parte del debitore
danneggiante, della cause étrangère (art. 1147 code civ.), del caso fortuito, della
forza maggiore (art. 1148) o dell’impossibilità della prestazione derivante da
causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.) – il risarcimento integrale di tutti i
danni (art. 1149 code civ.) immediati e diretti (artt. 1151 code civ. e 1223 c.c.)
che siano prevedibili (artt. 1150 code civ. e 1225 c.c.). E questo, persino in
un’esperienza che non coniuga esplicitamente neppure al danno delittuale, a
livello testuale (art. 1382), l’elemento oggettivo della responsabilità, e in pre-
senza di una giurisprudenza che, oggi, dimostra di volerne prescindere anche
31
in tale ambito, almeno fino al limite dell’interesse illecito o immorale . Però,
se è vero che la responsabilità del medico nei confronti del paziente è di natu-
ra contrattuale (sia in Francia, sia in Italia), e se è vero che l’inadempimento
prescinde da una selezione del danno risarcibile effettuata in termini di “inte-
ressi protetti”, la condotta negligente, imperita o imprudente che si concreti in
un fallito intervento abortivo o di sterilizzazione, oltre che nella conseguente
violazione degli obblighi d’informazione, dovrebbe legittimare la riparazione
dei danni patrimoniali e non arrecati ai genitori contro volontà, sulla base del-
la sussistenza del rapporto di causalità.
27
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120.
28
Cass., 8 luglio 1994, n. 6464, cit., c. 798, pur qualificando la responsabilità come contrattuale,
poi, nella sostanza, si comporta come se la norma applicabile fosse l’art. 2043 c.c.
29
Cass., Sez. III, 22 gennaio 1999, n. 589, in Danno e resp., 1999, p. 294 ss.
30
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 13.
31
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 9 ss., spec. p. 66, nota 339.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 383
41
Cass., Sez. III, 24 marzo 1999, n. 2793, in Danno e resp., 1999, p. 766.
42
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120.
43
Cass., Sez. III, 1 dicembre 1998, n. 12195, in Danno e resp., 1999, p. 522 ss. (il corsivo è aggiun-
to), con nota di E. FILOGRANA, “Se avessi potuto scegliere …”: la diagnosi prenatale e il diritto all’auto-
determinazione.
44
Cass., 1 dicembre 1998, n. 12195, cit., p. 526.
45
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120 (il corsivo è aggiunto).
46
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120.
47
Cass., 8 luglio 1994, n. 6464, cit., c. 799 s.
48
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120, e già Cass., 1 dicembre 1998, n. 12195, cit., p. 526.
49
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120 (il corsivo è aggiunto).
50
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., pp. 126 e 120; Cass., 1 dicembre 1998, n. 12195, cit., pp.
524 e 526, la quale estende la riparazione al «danno biologico in tutte le sue forme».
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 385
4. È noto il clamore che tale arrêt solleverà nella dottrina francese, tanto
pronta a contestare con veemenza le soluzioni giurisprudenziali più innovatri-
51
Così, Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 126.
52
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Morte e resurrezione, cit., p. 627 s. Il riferimento è alle
note sentenze della Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, nn. 8828 e 8827, in Danno e resp., 2003, pp. 816
ss., 821 ss., e della Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, ivi, 2003, p. 940 s.
53
Cass., I Ch. civ., 26 mars 1996 (2 arrêts), in Rec. Dalloz, 1997, Jur., p. 35 ss.
54
Con il 2° arrêt: Cass., I Ch. civ., 26 mars 1996, cit., p. 36.
55
App. Paris, I Ch., 17 décembre 1993, cit., p. 99.
56
La decisione resa da App. Orléans, 5 février 1999, è in P. SARGOS, Rapport a Cass., Ass. plén.,
17 novembre 2000, in Sem. jur., 2000, II, Jur., 10438, p. 2294.
57
Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, in Sem. jur., 2000, II, Jur., 10438, p. 2309.
58
Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, cit., 10438, p. 2309.
59
Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, cit., 10438, p. 2309.
386 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
60
ci, quanto ben presto propensa a osservarle come diritto vigente , e nella stes-
sa esperienza italiana, la quale non conosceva nessun caso, deciso in Cassazio-
ne, che potesse essere considerato analogo all’arrêt Perruche. Ma nel luglio del
2004 la Suprema Corte ha avuto modo, per la prima volta, di pronunziarsi sul-
61
la questione . E nel luglio del 2006 ha reiterato, ma più sinteticamente, la sua
62
posizione , nel tentativo di espungere quegli argomenti maggiormente «reto-
63 64 65 66
rici» , «elusivi del problema» , contraddittori e per nulla convincenti , che
avevano suscitato la critica della dottrina.
Nell’esprimere una soluzione negativa, la Cassazione si discosta dall’arrêt
Perruche – che, tra l’altro, è citato erroneamente come Ass. Plén., 28 novem-
67 68
bre 2001 – e da un’avvertita giurisprudenza di merito , che aveva giudicato
il medico responsabile direttamente nei confronti del neonato per i danni pa-
trimoniali e non conseguiti al suo inadempimento (omissione di diagnosi di
69
una grave malformazione fetale) . Tuttavia, in virtù delle lacune manifestate
nell’argomentazione e di un tangibile contrasto con gli ulteriori orientamenti
70
della Cassazione , questo indirizzo aveva sollevato molteplici perplessità,
rendendo assai debole il suo ruolo precedenziale. Sulla scia delle suggestioni
espresse oltralpe da chi aveva contestato l’arrêt Perruche, gran parte delle mo-
tivazioni delle due sentenze era dedicata ad escludere che «nel nostro ordina-
mento esisterebbe un diritto del nascituro a nascere sano o non nascere affat-
71 72
to» , ovvero «a “non nascere se non sano”» . Ma, come si era rilevato, l’alter-
nativa non riguarda il nascere malato o il non nascere, bensì il «nascere sano o
73
nascere malato» . Se, da un lato, il nostro ordinamento non ha previsto un
diritto a non nascere. Dall’altro, il problema che la Suprema corte avrebbe
dovuto risolvere era il seguente: «se una persona nasce con una malformazio-
ne che ne segna la vita e di cui sicuramente non è responsabile, questa persona
60
Sottolinea che «Il valore formativo del precedente è sempre meno discusso, in un’atmosfera in
cui si apprezza la funzione di avanguardia europea spesso adempiuta dal modello giurisprudenziale
francese», R. SACCO, Introduzione, cit., p. 234.
61
Cass., Sez. III, 29 luglio 2004, n. 14488, in Danno e resp., 2005, p. 379 ss.
62
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, in Corriere giur., 2006, p. 1691 s.
63
Così, A. LISERRE, Mancata interruzione, cit., p. 1432.
64
A. LISERRE, op. loc. cit.
65
M. FEOLA, Essere o non essere, cit., p. 391 ss.
66
M. FEOLA, op. ult. cit., p. 392.
67
Cfr., infatti, Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 383.
68
Trib. Reggio Calabria, Sez. II, 31 marzo 2004, in Danno e resp., 2005, p. 179 ss. Un approccio
più tradizionale è seguito, invece, da Trib. Roma, Sez. XIII, 9 marzo 2004, ivi, 2005, p. 197 ss.
69
Trib. Reggio Calabria, 31 marzo 2004, cit., p. 181 ss.
70
Oltre alle decisioni citt. infra, questa sentenza sembra porre in discussione i risultati ai quali è
pervenuta Cass., Sez. III, 10 maggio 2002, n. 6735, in Resp. civ. prev., 2003, p. 123 ss.
71
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 382.
72
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1691.
73
A. LISERRE, op. loc. ult. cit.; e già ID., In tema di danno prenatale, in Riv. dir. civ., 2002, I, p.
102. Contra, ricostruisce la problematica sulla base del “diritto a non nascere”, V. GUGLIELMUCCI,
Riflessioni in tema di danni da procreazione, in Danno e resp., 2007, p. 960 ss.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 387
verso indirizzo della Cassazione espresso in tema di causalità attiva, perché ta-
le effetto di protezione non dovesse riguardare anche il fanciullo che aveva
subito il danno psico-fisico, se è vero che è soprattutto l’interesse della gestan-
te alla tutela del neonato a rilevare in funzione dell’estensione degli effetti di
84
protezione . In precedenti decisioni la Suprema corte aveva affermato, sem-
pre ricorrendo alla figura del contratto con effetti protettivi per terzi, la re-
sponsabilità diretta delle strutture sanitarie nei confronti del fanciullo meno-
85
mato da un negligente intervento ostetrico «praticato all’atto della nascita» .
La Cassazione ora ammetteva, ora escludeva l’estensione degli effetti di pro-
tezione del contratto nei confronti del neonato nato andicappato, secondo che
la condotta colposa del medico consistesse in un’azione o nell’omissione d’in-
formazioni doverose. Ma in entrambi i casi sussisteva un identico inadempi-
86
mento . Questa “anomalia” degli effetti protettivi non poteva trovare certo fon-
damento nell’art. 40, comma 1, c.p., che riferisce il rapporto di causalità alla
«azione od omissione», equiparando tali condotte. Nella gran parte dei casi,
inoltre, l’informazione mancata o erronea costituisce il risultato dell’omessa, im-
perita o negligente esecuzione della prestazione primaria di un contratto di con-
87
sulenza che è stato stipulato proprio al fine di ottenere quella conoscenza .
Nel tentativo di giustificare l’anormalità della vicenda, la Suprema corte af-
fermava che, «pur inserendo il concepito nella Schutzbereich del contratto, po-
sto che le conseguenze della prestazione medica […] finiscono inevitabilmen-
te per riflettersi sul concepito, il dovere di protezione […] nei confronti del
nascituro attiene alla nascita dello stesso e non alla non nascita, se malforma-
88
to» . Argomentando in tal senso, la Cassazione escludeva il neonato dall’esten-
sione dell’effetto di protezione – pur considerandolo, al pari del coniuge,
89
«soggetto egualmente protetto dal contratto originario» –, sulla base di una
valutazione espressa in termini di “non ingiustizia” del danno (art. 2043 c.c.).
Tuttavia, i due contrapposti orientamenti della Suprema corte non potevano
trovare fondamento nell’eventuale lesione dell’interesse protetto, che, oltre a
non riguardare la disciplina della responsabilità contrattuale, non permette di
distinguere il danno prenatale causato dall’omissione d’informazioni doverose
da quello arrecato dalla condotta commissiva del medico. La Suprema corte,
nella decisione n. 14488/04, avrebbe dovuto giustificare la sua soluzione sulla
base della diversa dinamica del rapporto causale, unico dato che avrebbe po-
84
Con la consueta chiarezza, C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 89, in nota 47; conf. M.
FEOLA, op. ult. cit., p. 600; EAD., Essere o non essere, cit., p. 392.
85
Cass., Sez. III, 22 novembre 1993, n. 11503, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 557 s.; questa soluzione
era stata ribadita anche in tema di risarcimento dei danni conseguenti a un parto effettuato presso un
ente ospedaliero (Cass., Sez. III, 14 luglio 2003, n. 11001, in CED Cass., RV. 565548).
86
Testualmente, M. FEOLA, op. loc. ult. cit.
87
Cfr., ad es., Trib. Reggio Calabria, 31 marzo 2004, cit., p. 182.
88
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 385.
89
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 385.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 389
90
Sui quali v., infra, il § 8.
91
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1691.
92
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1691.
93
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1692.
390 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
scita acquista la personalità giuridica, nella fase prenatale è limitata alle lesioni
imputabili ai comportamenti colposi dei sanitari, ma non si estende alle situa-
zioni diverse come quella di specie, ove a carico del [medico] la Corte di meri-
to ha accertato non errori diagnostici e/o terapeutici, ma la mancata informa-
zione ai genitori e indicazione nella cartella clinica di malformazioni a lui non
94
imputabili» . La figlia malformata, «in quanto non destinataria del diritto al-
95
l’informazione, soltanto la cui omissione è stata imputata» al medico , non
avrebbe un diritto al risarcimento autonomo rispetto a quello dei genitori. La
Corte, pur rendendosi «conto che la decisione adottata comporta un vulnus ai
diritti delle due minori», ritiene «che la soluzione positiva [...] non possa esse-
re ricercata nella elaborazione giurisprudenziale ove manchi il supporto indi-
96
spensabile di una normativa che la consenta» .
L’inatteso self restraint della Cassazione, che richiedeva un imprecisato in-
tervento legislativo al fine di poter risolvere in maniera positiva il problema
risarcitorio, indeboliva ulteriormente la soluzione adottata, che la stessa Corte
considerava incongrua, avendo abdicato al suo compito ermeneutico di forni-
re una risposta che, sulla base dei principi ordinanti, non rappresentasse un
“vulnus ai diritti delle due minori”. Riguardo alle argomentazioni addotte, la
Corte affermava che l’inadempimento del medico agli obblighi d’informazione
rappresentava un inadempimento nei confronti dei genitori, che “non si esten-
deva” alle posizioni delle minori. A parte «l’ovvietà di precisare che nei confronti
del nascituro» non era configurabile un diritto d’informazione sui rischi legati
97
alla sua nascita , e a parte ulteriori indecisioni sulla solita pretesa differenza
tra omissione e commissione, nel senso che l’inadempimento dell’obbligazione
d’informazione sembrava considerata come una condotta “non colposa” o “non
imputabile” al sanitario, così come, invece, sarebbe avvenuto in presenza di «er-
rori diagnostici e/o terapeutici», la Corte tralasciava di esaminare l’unico pro-
98
blema giuridico pertinente, cioè quello della causalità . In proposito, la Corte
avrebbe dovuto valutare l’eventuale propagazione intersoggettiva delle conse-
guenze di un medesimo fatto illecito, quale «evento plurioffensivo incidente
sulla lesione d’interessi afferenti a più titolari, secondo una fenomenologia am-
99
piamente conosciuta (e sorretta da una ricca giurisprudenza)» . Acclarata l’esi-
stenza del nesso eziologico tra la condotta professionale negligente (violazione
degli obblighi d’informazione) e il danno procurato alla gestante, che la stessa
Cassazione ammetteva senza alcuna perplessità, non sarebbe stato «azzardato il
passaggio ulteriore volto a ricollegare al mancato esercizio della facoltà di au-
94
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1692.
95
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1692.
96
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1692.
97
A. LISERRE, Ancora in tema di mancata interruzione, cit., p. 1693.
98
M. FEOLA, Violazione degli obblighi d’informazione, cit., p. 617 ss.; EAD., Essere o non essere,
cit., p. 393.
99
A. LISERRE, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 391
todeterminarsi della gestante anche il danno esistenziale patito dal nato mal-
formato», potendosi, a tal fine, «invocare e applicare la costante interpreta-
zione giurisprudenziale dell’art. 1223 c.c. [...], secondo cui la risarcibilità deve
essere estesa ai danni mediati ed indiretti purché costituiscano effetti normali
100
(regolarità causale) del fatto illecito» .
Pur escludendo l’applicazione del contratto con effetti protettivi per terzi,
e quindi l’estensione della responsabilità contrattuale nei riguardi del neonato,
l’inadempimento dell’obbligazione d’informazione nei riguardi della madre (o
dei genitori) rappresentava comunque un “fatto” illecito che, là dove avesse
causato un danno a terzi, obbligava il danneggiante al risarcimento ai sensi della
101
responsabilità delittuale .
In presenza di questo controverso orientamento della Cassazione, l’esame
delle argomentazioni critiche avanzate oltralpe sull’affaire Perruche diviene
un’occasione significativa al fine di poter valutare l’ammissibilità della solu-
zione adottata dall’Assemblée plénière anche con riguardo al diritto italiano.
100
A. LISERRE, op. loc. ult. cit.
101
In questi termini, già M. FEOLA, op. ult. cit., p. 397.
102
Così, F. CHABAS, Note a Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, cit., 10438, p. 2309.
103
F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2311.
104
Secondo la felice espressione di M. GOBERT, La Cour de cassation méritait-elle le pilori?, in Pe-
tites aff., 8 déc. 2000, p. 4.
105
Lo rileva, criticamente, M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., pp. 286 s. e 318.
106
F. CHABAS, op. loc. ult. cit.
107
Per questa accusa, F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2312. In argomento, A. PICHOT, La so-
ciété pure. De Darwin à Hitler, Flammarion, 2000, spec. p. 158.
108
J. ROCHE-DAHAN, Note, cit., p. 38.
14.
392 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
109
priazione scientifico-religiosa della funzione di dire il Diritto …» .
La decisione della Haute Assemblée è «stata oggetto di numerosi malintesi»
110
e di «critiche ingiustificate» . Questa sentenza, che come poche altre aveva
avuto amplissima risonanza sulla stampa e sugli altri mass media, aveva inge-
nerato un vero e proprio «paradosso», poiché era stata «avvertita come un af-
fronto proprio da parte di coloro ai quali essa aveva tentato di venire in aiu-
111
to» . Un’ulteriore bizzarria è stata ravvisata nella circostanza che i due schie-
ramenti «si sono appellati ai medesimi valori umani, mentre si sono divisi sol-
tanto sulle conseguenze, semi-simboliche e semi-futuriste, che essi hanno cre-
duto di poter dedurre dalla sentenza, grazie a un grande impiego di sofistiche-
112
rie e di astrazione» . Al termine di un «dibattito tra teologi» si è pervenuti
alla conclusione «un po’ laboriosa, secondo la quale la decisione di far risarci-
re lo sfortunato Perruche dai medici negligenti (o piuttosto dai loro assicura-
tori) sarebbe suonata come un insulto alla miseria degli andicappati e delle lo-
113
ro famiglie» . Lo stesso manifesto pubblicato su Le Monde, «a mezza via tra
il “J’accuse” e la petizione, e sottoscritto da una trentina di professori», è stato
finalizzato a dimostrare «che la decisione resa urtava la coscienza e che non
poteva non essere disapprovata dal giurista. […] L’affaire Dreyfus, di colpo, si
è ripetuto, ma balbettando: dopo l’innocente ingiustamente condannato, è
l’innocente ingiustamente risarcito che è stato proposto alla nostra capacità di
114
indignazione» .
Volendo verificare, ora, la fondatezza delle principali obiezioni che sono sta-
te avanzate, sembra opportuno sgombrare il campo da quelle accuse che han-
no inteso ravvisare nella sentenza la creazione di un vero e proprio «dovere
verso il possibile bambino», da parte della madre, di non generare o d’inter-
rompere la gravidanza, «facendo una scommessa fatale sui sentimenti che egli
115
avrebbe potuto avvertire se fosse vissuto» . Anche a seguito della pronunzia
dell’Assemblée plénière, però, queste scelte non rappresentavano un dovere,
116
per la madre, ma continuavano a costituire un diritto , o, meglio, una libertà
109
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 318, in nota 135.
110
In questi termini, tra i tanti, M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 287; G. VINEY, Brèves re-
marques à propos d’un arrêt qui affecte l’image de la justice dans l’opinion, in Sem. jur., 2001, I, 286, p.
65 s.; M. GOBERT, op. loc. cit.; D. MAZEAUD, Réflexions sur un malentendu, in Rec. Dalloz, 2001, Jur.
comm., p. 332; C. RADÉ, Être ou ne pas naître? Telle n’est pas la question!, in Resp. civ. ass., janv.
2001, p. 4 .
111
G. VINEY, op. ult. cit., p. 65
112
P. JESTAZ, Une question d’épistémologie (à propos de l’affaire Perruche), in Rev. trim. dr. civ.,
2001, p. 547.
113
P. JESTAZ, op. loc. cit.
114
P. JESTAZ, op. loc. ult. cit.
115
F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2311.
116
Ciò è ammesso anche da coloro che pur hanno contestato tale sentenza: per tutti, F. CHABAS,
op. loc. ult. cit.; J. ROCHE-DAHAN, op. ult. cit., p. 39, ove sottolinea che «l’avortement est désormais
devenu un droit». Nell’esperienza italiana, discorrono di un diritto della donna all’aborto, sia Cass., 1
dicembre 1998, n. 12195, cit., p. 524, sia Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 123.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 393
formata sulle condizioni del nascituro, non si deve già accertare se in lei si sia
instaurato un processo patologico capace di evolvere in grave pericolo per la
sua salute psichica, ma se la dovuta informazione sulle condizioni del feto
avrebbe potuto determinare durante la gravidanza l’insorgenza di un tale pro-
123
cesso patologico» . Inoltre, la possibilità di vita autonoma del feto è «quel
grado di maturità […] che gli consentirebbe, una volta estratto dal grembo
della madre, di mantenersi in vita e di completare il suo processo di forma-
124
zione anche fuori dall’ambiente materno» . E poiché la disciplina sulla di-
stribuzione dell’onere della prova «vuole che l’attore dia dimostrazione dei
fatti che bastano a far sorgere il diritto, non anche dell’assenza di quelli che
vi sono d’ostacolo», non spetta alla donna «provare che quando è maturato
l’inadempimento del medico il feto non era ancora pervenuto alla condizione
125
della possibilità di vita autonoma, spetta al medico provare il contrario» .
Pur in presenza della più lineare disciplina francese, che attribuisce
all’esistenza della malformazione fetale il ruolo di requisito autonomo per po-
ter procedere in ogni tempo all’interruzione della gravidanza, e della meno
126
univoca normativa italiana che, dopo i primi novanta giorni, in assenza della
possibilità di vita autonoma del feto, richiede (almeno formalmente) l’esisten-
za di un grave pericolo per la salute della donna – costringendola «a doversi
presentare come patologicamente turbata nella propria psiche […], per poter
127
vedere rispettato un suo diritto di autodeterminazione» –, la madre assurge
comunque (in entrambi gli ordinamenti) a «unico giudice» della sua decisione,
128
«non avendo il padre alcuna possibilità di contestare questa scelta» . Tale
soluzione è stata ribadita in Italia dalla Corte costituzionale, la quale ha esclu-
so qualsiasi rilievo decisorio alla volontà del marito in ordine alla scelta della
129
moglie d’interrompere la gravidanza . Il ricorso a tale intervento costituisce
«una modalità della libertà inalienabile e strettamente personale della donna
130
di avere o no un figlio» . Il fatto che «l’aborto sia sottomesso a talune condi-
zioni non rappresenta un ostacolo teorico al riconoscimento di un vero e pro-
prio “diritto”», poiché la maggior parte di essi «richiedono, per il loro eserci-
131
zio, l’esistenza di determinate condizioni» . Il «solo fatto che un medico ab-
123
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 123.
124
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 123.
125
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 124.
126
E. CAPOBIANCO, op. cit., p. 55, là dove discorre di «segnali normativi contraddittori, e co-
munque non univoci».
127
P.G. MONATERI, «La marque de Caïn». La vita sbagliata, la vita indesiderata, e le reazioni del
comparatista al distillato dell’alambicco, in Un bambino non voluto è un danno risarcibile?, a cura di A.
D’Angelo, Milano, 1999, p. 292.
128
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 289. Nell’esperienza italiana, Cass., 10 maggio 2002, n.
6735, cit., pp. 120 e 124 s.
129
Corte cost., 31 marzo 1988, n. 389 (ord.), in Foro it., 1988, I, c. 2110.
130
P. SARGOS, Rapport, cit., 10438, p. 2297.
131
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit. In Italia, anche Cass., 1 dicembre 1998, n. 12195, cit., p. 524.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 395
bia colposamente impedito di esercitare una libertà, una facoltà offerta dalla
132
legge, è sufficiente a costituire un danno» .
Secondo i contestatori della decisione, il medico verrebbe giudicato «re-
sponsabile per il fatto di aver impedito alla madre, con la sua condotta colpo-
133
sa, di optare nel senso della morte di suo figlio» . Tale rilievo, che dimostra
come, in questa materia, la regola giuridica abbia difficoltà a emanciparsi dai
condizionamenti della morale e della religione (rappresentandone, anzi, la di-
134
retta espressione) , è parso manifestazione «di una assiologia radicalmente
personale, non suscettibile del grado minimo di oggettivazione richiesto da
135
qualsiasi ragionamento giuridico» . Il problema in questione non consiste
nell’affermare o nel negare «i pretesi diritti di nascere (o di non nascere [...]) o
136
di morire (o di non morire)» , ma di verificare se l’ordinamento riconosca
non soltanto ai genitori, ma anche al soggetto nato malformato il risarcimento
dei danni derivanti da un inadempimento del medico che ha impedito alla
madre di esercitare liberamente la sua scelta di non generare o di ricorrere
all’interruzione della gravidanza. E poiché i diritti francese e italiano hanno
137
inteso affidare la decisione soltanto alla donna , in presenza delle condizioni
richieste dalla legge, l’aver impedito colposamente l’esercizio «di un vero e
138
proprio diritto costituzionale all’autodeterminazione» (art. 13 Cost.) do-
vrebbe imporre al responsabile di risarcire integralmente i danni arrecati an-
che a terzi (nella specie, il coniuge e il figlio andicappato), i quali siano in rap-
porto di causalità con la faute commessa.
Riconosciuta, sia in Francia, sia in Italia, la responsabilità del medico nei
confronti di entrambi i genitori, l’unico elemento di novità introdotto dalla
contestata decisione dell’Assemblée plénière è consistito nell’aver esteso il ri-
sarcimento dei danni anche al minore, che è il soggetto condannato a vivere
con le gravi lesioni invalidanti, le quali, nella maggior parte dei casi, non gli
consentiranno di poter condurre un’esistenza autosufficiente. A tal fine è ne-
cessario esaminare quelle ulteriori obiezioni che, secondo una parte della dot-
trina francese, si opporrebbero all’accoglimento di tale soluzione.
132
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 290.
133
Così, F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2311; L. AYNÈS, Préjudice de l’enfant né handicapé: la
plainte de Job devant la Cour de cassation, in Rec. Dalloz, 2001, Chron., p. 493; J. SAINTE-ROSE, Con-
clusions a Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, in Sem. jur., 2000, II, Jur., 10438, p. 2303 ss.
134
Sul punto, L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 189 ss.
135
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 293.
136
Così, M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 291.
137
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 124.
138
Trib. Milano, 20 ottobre 1997, cit., p. 86, che, citando Corte cost., 22 ottobre 1990, n. 471,
collega all’art. 13 cost. il «riconoscimento costituzionale della libertà di autodeterminarsi». In argo-
mento, le pagine di S. RODOTÀ, Tecnologie e diritti, Bologna, 1995, p. 184 e passim.
396 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
139
Così, invece, F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2309.
140
Tra i quali vi sono anche F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2310, e J. ROCHE-DAHAN, op. ult.
cit., p. 38.
141
Non a caso, la Corte amministrativa d’appello di Lione aveva «fixé de façon indissociable la
réparation allouée aux parents et à leur fils», prima che il Consiglio di Stato decidesse per l’annulla-
mento della decisione (lo riferisce J. MOREAU, Note a Cons. État, 14 février 1997, in Sem. jur., 1997,
Jur., 22828, p. 193).
142
In questi termini, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 17.
143
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
144
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
145
Cons. État, 14 février 1997, cit., 22828, p. 193.
146
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
147
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
148
F. CHABAS, Note, cit., 10438, p. 2310.
149
M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 305, in nota 90, pur non condividendo le opinioni
espresse da François Chabas, non ne critica il pensiero, limitandosi a riferire che, secondo l’illustre
Autore, «la réparation du préjudice réfléchi ne postule pas nécessairement celle du préjudice immé-
diat et qu’en outre en l’espèce, les parents avaient un préjudice propre et pas seulement réfléchi».
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 397
fermato. Inoltre, il caso citato, che richiama alla mente il dibattito nostrano
sulla risarcibilità del danno da morte iure proprio o iure hereditario, rappresen-
ta una soluzione, peraltro finalmente superata per quanto riguarda l’esperien-
160
za italiana , che la giurisprudenza francese ha assunto limitatamente all’ipo-
tesi del decesso della vittima immediata. Per un verso, rappresenta un limite al
principio del cumulo tra il risarcimento «du dommage personnel et du dom-
mage successoral», secondo il quale «l’azione successoria suppone di far valere
161
un pregiudizio nato per la persona del defunto prima del suo decesso» ; per
altro verso, trova fondamento nel generalizzato riconoscimento che il danno
par ricochet assume nell’esperienza d’oltralpe.
L’irrisarcibilità iure hereditario del danno “tanatologico” patito dalla vitti-
ma immediata avrebbe la sua ragion d’essere proprio nel fatto del decesso, che
impedirebbe di trasferire agli eredi un “diritto al risarcimento” che non è sor-
to prima del decesso, ma che nasce proprio nel momento e per effetto della
morte. Tale ricostruzione ha trovato conferma, con argomentazioni simili, an-
che nella giurisprudenza italiana la quale, mentre ha escluso il risarcimento iu-
re successorio del danno biologico da morte patito dalla vittima immediata nel
caso di decesso istantaneo, lo aveva ammesso qualora fosse intercorso un “ap-
162
prezzabile lasso di tempo” tra le lesioni invalidanti e la morte . In ipotesi di
sopravvivenza della vittima iniziale, sia la giurisprudenza francese sia quella
163
italiana hanno risarcito tanto i danni biologico, morale e patrimoniale patiti
da questa, quanto i danni par ricochet (patrimoniali e no) sofferti dai parenti,
164
anche là dove il pregiudizio immediato non fosse di «eccezionale gravità» .
Nel caso che qui si esamina, invece, non si è in presenza della morte del figlio
andicappato. Anzi, il presupposto del risarcimento consiste proprio nell’inva-
lidità permanente che funesterà interamente la sua vita. Non v’è nulla di simile
tra questa ipotesi e la soluzione che la giurisprudenza francese e quella italiana
hanno elaborato per la morte della vittima immediata, la quale, anzi, ha impe-
dito che il danno patito dal defunto potesse essere risarcito come un danno
all’integrità psico-fisica, proprio per l’assenza di consolidazione dei postumi
permanenti della lesione.
160
V., retro, il cap. II, §§ 11 e 12. Il revirement è operato da Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n.
1361, in Danno e resp., 2014, p. 363 ss., annotata da G. PONZANELLI, R. FOFFA, R. PARDOLESI, R. SI-
MONE, La sentenza “Scarano” sul danno da perdita della vita: verso un nuovo statuto di danno risarcibile?
161
Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 320 ss.
162
Cfr., ad es., Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, in Danno e resp., 2000, p. 996; Cass., 26 set-
tembre 1997, n. 9470, in Giur. it., 1998, p. 1589; Cass., 25 febbraio 1997, n. 1704, ivi, 1998, p. 1589.
Cfr., altresì, Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in Danno e resp., 2002, p. 147.
163
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, in Corriere giur., 2001, p. 1319 ss.; e già, Cass., 23 aprile 1998,
n. 4186, in Danno e resp., 1998, p. 689.
164
Il ribaltamento del precedente orientamento che, nel caso di sopravvivenza della vittima inizia-
le, consentiva il risarcimento, per le vittime par ricochet, delle «souffrances endurées» soltanto nel ca-
so di una loro «gravité exceptionnelle», si deve a Cass., II Ch. civ., 23 mai 1977, in Rec. Dalloz, 1977,
Inf. rap., p. 441, ed a Cass., II Ch. civ., 1 mars 1978, in Sem. jur., 1978, IV, p. 145.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 399
165
F. CHABAS, Note, cit., 10438, p. 2310.
166
Come, invece, afferma F. CHABAS, op. loc. ult. cit.
167
G. VINEY, L’autonomie du droit à réparation de la victime par ricochet par rapport à celui de la
victime initiale, in Rec. Dalloz, 1974, Chron., p. 3 ss.
168
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, cit., p. 1320.
169
M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 298.
400 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
170
ria di interruzione volontaria della gravidanza, con la gestante) , e ciò signifi-
ca che il professionista sarebbe tenuto agli obblighi di informazione soltanto
nei suoi confronti, rivestendo il nascituro la posizione di “terzo” rispetto a
questo contratto.
171
L’Assemblée Plénière, nel richiamare gli artt. 1165 e 1382 code civ. , ha
corretto la soluzione precedentemente fornita dalla Cassazione (che aveva de-
ciso sulla base dell’art. 1147, dettato in tema d’inadempimento del rapporto
172
obbligatorio) e ha qualificato la responsabilità del medico verso il minore
come delittuale. Escludendo il ricorso alla figura della stipulation pour autrui
173
tacite, che taluno aveva giudicato «ipotetica» , l’Assemblée Plénière ha consi-
derato il “fatto” dell’inadempimento degli obblighi d’informazione come una
condotta colposa che genera, nei confronti dei genitori, una responsabilità
contrattuale e, nei riguardi del minore, una responsabilità delittuale. Il richia-
mo all’art. 1165 intende ribadire il principio secondo il quale, se è vero che i
contratti «ne profitent pas aux tiers», la loro inesecuzione può essere costitu-
tiva di una responsabilità extra-contrattuale, «dont les tiers peuvent faire
174
état» . La più recente giurisprudenza di legittimità è orientata a riconoscere
l’opponibilità dei contratti nei confronti dei terzi, considerandoli legittimati «a
invocare la loro esecuzione difettosa, allorché abbiano causato ad essi un dan-
175
no, senza che sia necessario apportare nessun’altra prova» .
Tale soluzione deve conciliarsi, in Francia, con il principio del non-cumul
delle responsabilità contrattuale e delittuale, che opera allorché in un mede-
simo attore vi sia «la coïncidence entre les fautes délictuelle et contractuel-
176
le» . In tale diritto vale il principio secondo il quale «la vittima non può av-
valersi, anche quando vi abbia interesse, delle regole della responsabilità delit-
tuale» allorché «sono presenti […] le condizioni che danno alla responsabilità
177
natura contrattuale» . Ciò significa che, là dove la Cassazione avesse ricono-
sciuto un possibile concorso di responsabilità, il danno risarcito al minore
avrebbe dovuto essere qualificato come contrattuale. Ma la Suprema corte
avrebbe anche potuto individuare nel contratto stipulato con la madre o con i
genitori l’esistenza di un’obbligazione di protezione (o di sécurité) nei con-
fronti del minore. L’estensione del regime della responsabilità contrattuale nei
riguardi del fanciullo avrebbe trovato fondamento nel fatto che le informazioni
170
Lo precisa M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
171
Così, Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, cit., 10438, p. 2309.
172
Cass., I Ch. civ., 26 mars 1996, cit., p. 36.
173
F. CHABAS, Note, cit., 10438, p. 2309, in nota 3.
174
In questi termini, è lo stesso F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2309, in nota 4.
175
Cass., I Ch. civ., 18 juillet 2000, e Cass., I Ch. civ., 15 décembre 1998, le cui massime sono ri-
prodotte in M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 299, in nota 57. Non così, Cass. com., 17 juin 1997, in
Rev. trim. dr. civ., 1998, p. 113.
176
Cfr. M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 299.
177
Ad es., Cass., I Ch. civ., 9 mars 1970, in Rev. trim. dr. civ., 1971, p. 139; conf. Cass. civ., 11
janvier 1989, in Sem. jur., 1989, II, Jur., 21326.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 401
che avrebbero dovuto essere comunicate alla madre sullo stato di salute del na-
scituro concernevano «anche necessariamente il bambino, il quale è, dunque,
autorizzato, una volta nato, a dolersi del fatto che esse siano state incomplete o
178
erronee» . Nel caso di specie, «non è tanto l’identica prossimità del terzo alla
prestazione e perciò l’essere sottoposto al medesimo rischio della parte con-
trattuale, quanto l’interesse del creditore (la gestante) alla protezione del terzo
179
(il neonato) a rilevare in funzione dell’estensione degli effetti di protezione» .
L’Assemblée Plénière, pur avendo condiviso nella sostanza tali considera-
zioni, piuttosto che ricorrere all’estensione della responsabilità contrattuale sulla
base dell’effetto protettivo (che la giurisprudenza francese prevede entro limiti
180
rigorosi , potendo risolvere il problema sul piano della responsabilità delittua-
le) nei confronti del neonato, ha preferito ricorrere all’ulteriore principio secon-
do il quale: «allorché l’inadempimento causa un pregiudizio a terzi, la ripara-
zione del danno non dovrà essere limitata alle stipulazioni contrattuali, ma do-
vrà essere effettuata secondo la disciplina applicabile in materia di responsabi-
181
lità delittuale» . In questo modo l’Assemblée Plénière consegue il medesimo
risultato, pur in presenza delle diversità di disciplina che possono caratterizzare
i due modelli di responsabilità. Pur affermando implicitamente che «la faute
del medico nei confronti della madre è dunque anche una faute nei confronti
182
del bambino» , l’Alta Assemblea ha voluto evitare di ricorre all’«artificio di far
183
entrare [nel contratto] braccia rotte e morti di uomini» e, in questo caso, bam-
bini nati malformati. Il problema non viene risolto attraverso una ricostruzione
«difficile da comprendere e da delimitare», là dove presuppone la «violazione
di un’obbligazione considerata in sé indipendentemente da ogni punto di vista
contrattuale», ma trova fondamento nella opponibilità del contratto nei con-
fronti di terzi, i quali «si limita[no] a far valere il fatto dell’inadempimento, al
pari di ogni terzo che può invocare la situazione di fatto costituita dal contrat-
184
to, che esso sia o no stato eseguito» . Poiché il nascituro è terzo rispetto al
contratto stipulato con la madre, allorché «l’inadempimento dell’obbligazione
sorta da questo contratto ha prodotto conseguenze nei suoi confronti, egli
[una volta nato] può invocare questa faute, considerata come un fatto giuridi-
185
co, a fondamento della sua azione per il risarcimento del danno» .
178
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 300; e già B. MARKESINIS, Réflexions d’un comparatiste an-
glais sur et à partir de l’arrêt Perruche, in Rev. trim. dr. civ., 2001, p. 91.
179
Così C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 101, in nota 80, nel commentare i criteri menzio-
nati da A. DI MAJO, La protezione del terzo tra contratto e torto, in Europa e dir. priv., 2000, p. 16.
180
La figura della stipulation pour autrui tacite s’interseca con il riconoscimento della obligation de
sécurité (cfr. M. FEOLA, L’obbligazione di sécurité, cit., pp. 29 ss., 47 ss.).
181
Così Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 116, ivi le citazioni della giurisprudenza (in nota 681).
182
Cfr. M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 300.
183
Le parole del doyen Carbonnier sono ricordate da Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 117.
184
P. SARGOS, Rapport, cit., 10438, p. 2300, ove cita il pensiero di J.-L. AUBERT, Y. FLOUR, E.
SAVAUX, Les obligations, 3, Le rapport d’obligation, Paris, 1999, § 183.
185
P. SARGOS, op. ult. cit., 10438, p. 2299 (il corsivo è aggiunto).
402 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
190
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 302, in nota 75.
191
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 302.
192
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
193
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 307, in nota 100.
194
P.G. MONATERI, “La marque de Caïn”, cit., p. 298.
195
È, questo, il sistema adottato da Cons. État, 14 février 1997, cit., 22828, p. 193.
196
Cfr., nell’ordine, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 18, e M. FABRE-MAGNAN, op. ult.
cit., p. 307.
404 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
cano tale responsabilità come delittuale. Qualora, invece, la faute del profes-
sionista assuma natura contrattuale, è lo stesso inadempimento che, sulla base
dell’effetto protettivo per terzi, giustifica il risarcimento integrale del danno
prenatale e di tutte le conseguenze patrimoniali e non patrimoniali che ad esso
sono collegate in maniera immediata e diretta (artt. 1223 c.c. e 1151 code civ.).
Sia la giurisprudenza del Consiglio di Stato e delle Corti d’appello, sia gli
autori che avevano contestato la decisione della Assemblée Plénière avevano
affermato l’assenza del legame eziologico tra l’inadempimento e il danno, per-
205
ché la causa dell’handicap sarebbe inerente «al patrimonio genetico» dei
206
genitori o alla «rosolia trasmessa in utero dalla madre» . Tuttavia, questo
207
modo di ragionare è stato considerato una «lapalissade sans portée» . Rileva-
re che la trisomia non sarebbe imputabile alla faute commessa nella realizza-
zione dell’amniocentesi, o che il parere erroneo non sarebbe la causa giuridica
dell’affezione genetica significava effettuare una constatazione «di un’evidenza
208
biologica che confina con il truismo» . Il limitare il problema della causalità
alle leggi della biologia – senza applicare un criterio eziologico di tipo giuridi-
co – al fine di negare che sussista un danno, voleva dire «rifiutare l’evidenza»:
«tale danno non deriva dalla vita del fanciullo, ma dal suo handicap, ed è pro-
209
prio quest’ultimo che permette di giustificare il risarcimento» .
L’orientamento che escludeva l’esistenza del nesso di causalità per il danno
patito dal fanciullo andicappato incorreva in un’ulteriore contraddizione. Se si
210
adottava una linea di «biologisation du droit» nei confronti del danno subi-
to dal minore, questa stessa prospettiva doveva essere seguita anche in ordine
al pregiudizio sofferto dai genitori. Pure questo trovava la sua causa biologica
nella malattia trasmessa in utero dalla madre. Rappresentava un’incoerenza adot-
tare due opposte letture del nesso eziologico per un danno che aveva la mede-
sima causa biologica nella malattia trasmessa in utero dalla madre, ora esclu-
dendo ora ammettendo l’esistenza del rapporto causale secondo che si trattas-
se, rispettivamente, del danno del minore o di quello dei genitori.
L’orientamento del Consiglio di Stato testimoniava un’ulteriore incon-
211
gruenza . Nonostante negasse la risarcibilità del danno del fanciullo, con-
dannava il Centro ospedaliero di Nizza a pagare «una indennità in capitale co-
stituita dal versamento di una rendita mensile di 5.000 franchi per tutta la du-
205
Cons. État, 14 février 1997, cit., 22828, p. 192.
206
App. Paris, 17 décembre 1993, cit., p. 99.
207
P. JOURDAIN, in Rev. trim. dr. civ., 1996, p. 623.
208
Con la consueta lucidità, P. SARGOS, op. ult. cit., 10438, p. 2299.
209
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 15 (il corsivo è degli A.).
210
L’espressione del Doyen Nerson è ricordata da P. SARGOS, op. loc. ult. cit.
211
Puntualmente rilevata, in dottrina, da M. GOBERT, La Cour de cassation, cit., p. 7, da J.L. AU-
BERT, Indemnisation d’une existence handicapée qui, selon le choix de la mère, n’aurait pas dû être, in
Rec. Dalloz, 2001, Chron., p. 490, e da D. MAZEAUD, Réflexions, cit., p. 334, il quale afferma che «le
decisioni dell’Assemblée plénière e del Consiglio di Stato non sono molte lontane l’una dall’altra».
406 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
212
rata della vita [del bambino]» . Il danno esplicitamente risarcito era quello
dei genitori ma, poi, la rendita vitalizia era commisurata alla vita del fanciullo
andicappato. La finalità era evidente: in caso di premorienza dei genitori, il
Consiglio di Stato voleva garantire al soggetto nato malformato i mezzi di so-
stentamento. Un espediente analogo era stato escogitato nel 1994 dalla District
Court dell’Alabama la quale, dopo aver dichiarato l’inammissibilità dell’azione
per wrongful life, aveva risarcito ai genitori una somma molto elevata «tale da
coprire le esigenze di mantenimento e di cura del figlio andicappato per tutta
213
la vita» . Un tale danno «negli effetti cesserebbe di essere danno dei genitori
214
per corrispondere più propriamente al danno del bambino» . Allora, sem-
brava lecito chiedersi quale fosse l’atteggiamento preferibile: risarcire diretta-
mente il danno del fanciullo, o ripararlo comunque, di là dalle declamazioni
formali, con l’utilizzo di questi pur nobilissimi sotterfugi?
Il problema del nesso causale doveva essere riguardato sotto il profilo non
biologico, ma giuridico, così come accade in tutte le ipotesi analoghe. Ad esem-
pio, nel caso di contagio, non v’è dubbio che la causa biologica della malattia
sia il virus HIV o delle epatiti B o C. Ma nessuno dubita che la responsabilità
vada imputata, sulla base di un criterio di causalità giuridica, a quel soggetto
che, con la sua omissione colposa, ha provocato o reso possibile il contagio.
V’è da rilevare, inoltre, come il nesso di causalità operi in maniera del tutto
peculiare nella specifica materia della responsabilità medica. A differenza di
altre ipotesi, nelle quali è possibile affermare che «senza l’atto o il comporta-
mento anormale di una persona, il danno sarebbe stato evitato», in questo set-
tore il paziente, in quanto malato, «è già coinvolto in un “corso normale delle
215
cose” che gli causa un danno» . I medici hanno «per missione (e dunque per
obbligazione contrattuale) d’interrompere questo corso normale, attraverso i
loro atti di cura»: la loro attività non è quasi mai «all’origine di una malattia e
216
non ne è […] la causa efficiente» . Qualora il paziente non è curato diligen-
temente «perché i medici hanno commesso un errore di diagnosi o di tratta-
mento, essi ne sono responsabili e la loro condotta deve essere considerata
come aver “causato” il danno, nel senso giuridico del termine, cioè la malattia
217
e le sue conseguenze, ovvero il decesso» . Il diritto positivo «non esige che si
dimostri che la faute del medico sia stata la causa efficiente del danno […]; è
sufficiente che la condotta sia stata una delle condizioni che hanno reso possi-
218
bile il sopravvenire del danno, o anche il suo non-venir meno» .
212
Cons. État, 14 février 1997, cit., 22828, p. 193.
213
Lo riferisce M. LUPOI, in Un bambino non voluto è un danno risarcibile?, a cura di A.
D’Angelo, cit., p. 37.
214
M. LUPOI, op. loc. ult. cit.
215
M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 311.
216
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
217
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
218
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 407
219
In argomento, P. GALLO, L’elemento oggettivo, cit., p. 130 ss.
220
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 310.
221
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 171 s.
222
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 172.
223
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
224
Cass., Sez. Un. pen., 10 luglio 2002, in Foro it., 2002, II, c. 613 s.
225
Cass., Sez. Un. pen., 10 luglio 2002, cit., c. 614 s.
226
Cass., Sez. Un. pen., 10 luglio 2002, cit., c. 621 ss.
227
Cass., Sez. Un. pen., 10 luglio 2002, cit., c. 618.
408 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
nendo tale problematica sul piano del diritto civile, che non conosce il princi-
pio di tipicità delle fattispecie penali, ma che anzi si ispira a una regola oppo-
sta anche nel settore della responsabilità contrattuale, la violazione degli ob-
blighi d’informazione assurge a condizione necessaria di un processo causale
che, in assenza di fatti interruttivi, si conclude con il «danno subito dal fan-
228
ciullo» per il fatto colposo del medico. Al pari di quanto affermato nell’espe-
rienza d’oltralpe, anche nel diritto italiano l’inadempimento degli obblighi
d’informazione è la causa del danno consistente nell’handicap, secondo la se-
guente «massima standard»: «tutti gli antecedenti in mancanza dei quali non
si sarebbe verificato l’evento lesivo debbono considerarsi sue cause, abbiano
229
essi agito in via diretta e prossima o in via indiretta e mediata» .
Lungi «dall’idea di voler negare che la malattia della madre sia una causa
(biologica) dell’handicap, ciò non esclude che altre cause abbiano contribuito
230
alla realizzazione del danno, tra le quali le fautes mediche» . Poiché «è acqui-
sito che, senza queste fautes, l’handicap avrebbe potuto essere evitato, esse sono
certamente delle cause del danno ai sensi della teoria dell’equivalenza delle
231
condizioni» . Nel caso di specie «era provato che la madre aveva deciso di
ricorrere all’interruzione della gravidanza in caso di rosolia e che il medico e il
laboratorio di analisi avevano commesso delle fautes non informandola su
232
questo rischio» . Il negare «questa causalità per il motivo, talvolta avanzato,
che il processo dannoso era già in corso nel momento in cui le fautes sono sta-
te commesse significava contestare il carattere causale della condotta colposa –
di omissione – consistente nel non impedire o nel non permettere d’impedire
233
un danno che si poteva evitare» . Le fautes commesse dai medici «assurgono
senz’altro a condizioni necessarie del danno subito dal fanciullo poiché […]
esse hanno “impedito” alla madre “di esercitare la sua scelta di interrompere
la gravidanza al fine di evitare la nascita di un bambino affetto da handi-
234
cap”» . La condotta colposa del medico, «impedendo la decisione presa dal-
la madre, si trova direttamente all’origine della situazione che è consistita nel
235
condurre a termine la gravidanza» . L’inadempimento «ha lasciato costituire
la situazione generatrice del danno, che sarebbe stata impedita in assenza di
tale condotta. Il fatto di non avere compiuto – colposamente – ciò che avreb-
be permesso di impedire la realizzazione del danno è in rapporto di causalità
236
diretta con questo» . Si tratta di «un’applicazione banale dell’equivalenza
228
L’espressione è tratta da Cass., I Ch. civ., 26 mars 1996, cit., p. 36.
229
Per la prevalente giurisprudenza che applica tale regola, P.G. MONATERI, La responsabilità ci-
vile, cit., p. 161.
230
P. JOURDAIN, Réflexions, cit., p. 337.
231
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
232
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
233
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
234
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
235
J.L. AUBERT, Indemnisation, cit., p. 491.
236
J.L. AUBERT, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 409
237
delle condizioni», mentre la diversa soluzione «è, in realtà, senza fondamento» .
Anche chi ha contestato con veemenza la decisione della Assemblée pléniè-
re è stato costretto ad ammettere la sussistenza del nesso di causalità tra la
condotta del medico e il danno (del fanciullo) consistente nell’handicap poi-
ché, «in una certa maniera, tutto è causa di tutto»: «è vero che bisogna inten-
dere per causa di un pregiudizio non soltanto l’evento che ha positivamente
prodotto quest’ultimo, ma anche quello che non ha impedito il suo verificar-
238
si» . «Non è difficile trovare un rapporto di causalità. È sufficiente che il fat-
to generatore – la faute medica, nella specie – non sia totalmente estraneo al
239
danno» . La decisione della Cassazione francese era «discutibile – come ogni
240
altra questione di causalità – ma accettabile» .
241
9. La «véritable question» , invece, sarebbe consistita nel fatto che il dan-
no patito dal fanciullo non fosse risarcibile per l’assenza di un interesse giuri-
dicamente rilevante. Ma tale rilievo trovava una smentita in quegli ordinamen-
ti (come quelli francese e italiano) che non subordinano la risarcibilità del
danno da contratto alla lesione di un interesse protetto e che, anzi, riconosco-
no alla gestante il diritto di scegliere per la non procreazione o per l’interru-
zione della gravidanza, sussistendo le condizioni richieste dalla legge. In pre-
senza di queste, entrambi gli ordinamenti attribuiscono alla donna la facoltà di
decidere, oltre che per il marito, anche per il nascituro. La violazione di tale
242
diritto, come legittima il risarcimento del danno nei confronti del coniuge ,
così, a maggior ragione, dovrebbe dare fondamento anche alla domanda del
figlio che si reputi danneggiato dall’inadempimento del medico, il quale lo ha
obbligato a dover vivere in una condizione di handicap permanente.
Inoltre nessuno dubita, né nell’esperienza francese, né in quella italiana,
che l’handicap sia un danno risarcibile per il minore allorché sia provocato, ad
esempio, dall’azione negligente del medico nel corso di un intervento ostetri-
243
co . Viceversa, lo stesso handicap non sarebbe un danno risarcibile là dove
risulti provocato (pur sempre a seguito di un inadempimento del medico) nel-
la vita endouterina, a seguito di un’erronea od omessa informazione. Ma se ta-
le conclusione avesse un qualche fondamento, si dovrebbe coerentemente
concludere che il danno consistente nell’handicap non sarebbe mai risarcibile
(nei confronti del minore e/o dei genitori), né qualora derivi dalla condotta
237
J.L. AUBERT, op. loc. ult. cit.
238
L. AYNÈS, Préjudice, cit., p. 494.
239
L. AYNÈS, op. loc. ult. cit.
240
L. AYNÈS, op. loc. ult. cit.
241
Secondo L. AYNÈS, op. cit., p. 495. Sul punto, D. MAZEAUD, op. ult. cit., p. 334.
242
Soluzione, questa, del tutto pacifica sia nell’esperienza francese, sia in quella italiana (Cass., 10
maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120; Cass., 1 dicembre 1998, n. 12195, cit., p. 526).
243
Cfr. Cass., 22 novembre 1993, n. 11503, cit., c. 553 ss.
410 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
iure proprio dai genitori al risarcimento dei soli danni morali (2° inciso) che
sono stati da loro subiti, mentre nulla dispone in ordine a quei danni che pos-
sono essere richiesti da soggetti diversi. L’interdizione all’esercizio dell’azione
proposta dal fanciullo potrebbe essere desunta, a contrario, più dal comma 2
dell’art. 1, che non disciplina quei danni che “non” sono stati provocati «di-
rettamente» dalla condotta colposa del medico, che dal primo comma. Secon-
do tale norma, è «il solo fatto della nascita» a non poter costituire un danno
risarcibile, non certo l’handicap dal quale il fanciullo è affetto.
L’intervento legislativo è stato considerato «laconico» e «poco chiaro», an-
che perché il riferimento alla solidarietà nazionale appare come un «diritto
252
muto», un semplice «effet d’affichage» . Ma le lacune di tecnica legislativa
riguardano soprattutto l’enunciato previsto nel comma 2 dell’art. 1 I. Il riferi-
mento ad una nozione di causalità “diretta” non sembra avere senso sotto il
profilo giuridico poiché, se si esclude che il legislatore abbia inteso abrogare la
regola cardine della condicio sine qua non, sostituendola con quella della cau-
salità prossima (ma, in questo caso, verrebbe travolto l’intero sistema d’oltral-
pe), è evidente che, secondo i principi, in ogni ipotesi il danno risarcibile deve
essere stato causato “direttamente” da una condotta. Proprio nell’arrêt Perru-
che, l’Assemblée plénière è giunta alla conclusione che la violazione degli ob-
blighi d’informazione nei confronti della madre rappresentasse la causa “diret-
ta” dell’handicap subito dal figlio. Quindi, nonostante le evidenti intenzioni
del legislatore, il problema è rimasto ancora aperto e la stessa Cassazione
avrebbe potuto confermare il suo orientamento, includendo nell’espressione
«lorsque l’acte fautif a provoqué directement le handicap ou l’a aggravé» an-
che l’ipotesi del danno prenatale provocato “direttamente” al minore dalla
violazione degli obblighi d’informazione. Inoltre, tale norma si limita a preve-
dere l’azione del minore nel caso in cui l’handicap sia arrecato “direttamente”
dalla condotta del medico, mentre nulla prevede per le altre ipotesi. In assenza
di uno specifico divieto, sembra possibile considerare ancora attuale la regola
posta dall’Assemblée plénière.
Il Consiglio di Stato, nel decidere sulle incongruenze giuridiche di tali nor-
me, ha affermato sia che il comma 2 dell’art. 1 I è «definito con una precisione
sufficiente per essere applicato dalle giurisdizioni competenti senza che l’inter-
vento di un nuovo testo sia necessario», sia che il comma 3 dell’art. 1 I poteva
entrare in vigore anche in assenza di un sistema di «solidarietà nazionale» che
253
consentisse di riparare il danno economico patito dai genitori . La legge anti-
Perruche, essendo stata promulgata per «motivi d’interesse generale», anche
di «ordine etico», non sarebbe «incompatibile» con le disposizioni previste
252
In tal senso si è pronunziato il quotidiano Le Monde, che riporta il pensiero del Comm. di go-
verno Terry Olson.
253
Le espressioni citate nel testo tra virgolette sono riprese dall’Avis del Conseil d’État n. 250167,
séance del 22 novembre 2002, lecture del 6 dicembre 2002, pubblicato nel Journ. Off. Rép. Franç. e
reso su richiesta del Trib. amm. di Parigi, in ordine alla decisione da assumere nel caso Draon.
412 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
10. L’esperienza italiana non ha mai conosciuto uno specifico intervento le-
gislativo anti-Perruche. La soluzione elaborata dall’Assemblée plénière, quindi,
avrebbe potuto giustificare l’integrale risarcibilità del danno prenatale patito
dal minore e di quello esistenziale e/o morale par ricochet subito genitori, qua-
lora vi fosse stata la convinzione che la madre non avrebbe procreato o sareb-
be ricorsa all’interruzione della gravidanza, se debitamente informata. Un ul-
teriore problema si poneva quando, al contrario, mancasse la certezza sulla
decisione che la donna avrebbe assunto, all’epoca, se fosse stata posta a cono-
scenza dell’eventualità di generare un bambino andicappato.
Secondo un orientamento della giurisprudenza anteriore alla decisione
dell’Assemblée plénière, ogni qual volta vi fosse stato un dubbio, più o meno
grave, sulla decisione che il paziente, correttamente informato, avrebbe assun-
256
to, il danno avrebbe dovuto essere risarcito come perdita di chances . Tutta-
via tale figura, rappresentando un dato tipicamente aleatorio, «che dipende dal
257
caso e sul quale è possibile elaborare statistiche» , può consistere soltanto
«in un evento futuro e incerto, la cui realizzazione non può discendere dall’at-
258
teggiamento della vittima» . Il sapere cosa avrebbe deciso la donna se avesse
ricevuto l’informazione non sarebbe qualificabile in termini di perdita di chan-
ces, proprio perché le probabilità di verificazione dell’evento (procreazione,
259
interruzione della gravidanza) sarebbero dipese dalla sua esclusiva volontà .
Ciò non significa che la perdita di chance non giochi un ruolo decisivo nel set-
254
A seguito dell’arrêt Perruche è stato costituito un «Collectif contre l’handiphobie», che ha de-
ciso di chiedere, innanzi al Trib. gr. inst. di Parigi, un risarcimento dei danni allo Stato francese per
«colpa grave nell’esercizio della giustizia».
255
Cour adm. App. Paris, 13 juin 2002, n. 02PA00280, Ass. Publique des Hôpitaux de Paris c.
Époux M.
256
Cass., I Ch. civ., 16 juillet 1991, in Rec. Dalloz, 1991, Inf. rap., p. 229.
257
M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 314.
258
Cass., I Ch. civ., 2 octobre 1984, in Rev. trim. dr. civ., 1986, p. 117.
259
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 315.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 413
266
chances dalla teoria dell’esposizione al rischio . Quando una persona «perde
una chance a causa della faute di un’altra, ciò significa che essa aveva, prima
267
della condotta colposa, una possibilità oggettiva che è ormai perduta» . Al-
lorché un soggetto «è esposto al rischio a causa della faute di altri, egli non di-
spone di nessuna chance precisa, cioè di una probabilità quantificabile, di ot-
tenere un guadagno; bensì […] assume un rischio (che non aveva prima) di
268
subire un danno» . In presenza della violazione delle obbligazioni d’informa-
zione, «il debitore, con la sua reticenza colposa, sia espone il creditore a un
rischio, sia, più spesso, non avvertendolo di un rischio già esistente, non lo
mette in grado di reagire e di scegliere tra assumere pienamente il rischio o
269
tentare di prevenirlo» . Nell’ipotesi in esame, se è vero che «il rischio esiste-
va ancor prima dell’intervento colposo del medico, poiché la donna aveva già
contratto la rosolia», è pur vero che «la faute del medico l’ha privata della
possibilità di prendere coscienza di questo rischio, al fine di decidere in tutta
270
libertà e in maniera consapevole» . Nel caso di un professionista «che è tenu-
to per contratto […] a dare un’informazione […] in occasione dell’assunzione
di una complessa decisione», qualora la prima venga omessa o sia erronea egli
sarebbe tenuto a risarcire in ogni caso la madre e il figlio delle conseguenze
dannose della scelta mancata, «senza che sia necessario interrogarsi su ciò che
271
la donna avrebbe deciso, se fosse stata correttamente informata» .
Una regola meno rigida è stata elaborata dalla Cassazione italiana: «la cir-
costanza che, nel ricorso di dati presupposti, […] la legge consenta alla donna
di evitare il pregiudizio che da quella condizione del figlio […] deriverebbe al
suo stato di salute, rende legittimo per il giudice assumere come normale e
corrispondente a regolarità causale che la gestante interrompa la gravidanza se
272
informata di gravi malformazioni del feto» . Il fatto «che la gestante si rivolse
al professionista appunto per esami volti a conoscere se il feto presentasse o
no malformazioni o anomalie» costituisce un «segno questo di un comporta-
mento orientato piuttosto nel senso di rifiutare che di accettare di portare a
273
termine la gravidanza» . Inoltre, «l’essersi riferita [la corte d’appello] alla
reazione instauratasi nella madre al momento della nascita del figlio implica
un conforme giudizio sul fatto che analoga reazione si sarebbe determinata
durante la gravidanza, una volta che la gestante si fosse trovata di fronte alla
rappresentazione delle conseguenze che sulla vita sua e del nascituro sarebbe-
266
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 315.
267
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
268
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
269
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.; EAD., De l’obligation d’information dans les contrats. Essai
d’une théorie, Paris, 1992, p. 493 s.
270
M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 316.
271
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., pp. 315 e 313.
272
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 125.
273
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 125.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 415
274
ro potute derivare dalle malformazioni che il feto presentava» .
La Suprema Corte, pur escludendo, a differenza dei più rigorosi orienta-
275
menti della giurisprudenza e della dottrina d’oltralpe , che siano «danni [ri-
sarcibili] che derivano dall’inadempimento del medico quelli che il suo adem-
276
pimento non avrebbe evitato» , propone di valutare la decisione della donna
con riferimento sia alle condizioni di legge che qualificano l’aborto terapeutico
come intervento “necessario” al fine di evitare un danno (alla sua salute psico-
fisica), sia al comportamento tenuto durante la gestazione e dopo essere stata
informata di avere generato un fanciullo nato malformato. L’atteggiamento
assunto dalla donna in queste circostanze, riferito anche nella prova per testi-
moni, appare decisivo al fine di accertare la scelta che essa avrebbe effettuato
all’epoca, se fosse stata correttamente informata.
281
sano» . Infatti i genitori, pur avendo agito in primo grado iure proprio e quali
rappresentanti della figlia minore, nell’interporre appello avevano mutato stra-
tegia processuale, avendo richiesto il solo risarcimento dei danni subiti «in
proprio».
Questa sentenza poco ha aggiunto alla precedente giurisprudenza in mate-
ria di danno prenatale, se non nella parte in cui ha qualificato come inedito
danno esistenziale quello provocato ad entrambi i genitori dall’inadempimen-
to dei medici in merito all’omessa comunicazione circa «rilevanti anomalie o
282
malformazioni del nascituro» . Poiché il contratto di prestazione di opera
professionale produce «effetti protettivi anche nei confronti del padre del
concepito», il danno provocato dall’inadempimento dei sanitari «costituisce
una conseguenza immediata e diretta anche nei suoi confronti e, come tale, è
283
risarcibile a norma dell’art. 1223 c.c.» .
Sul punto, ben più significativa era parsa un’altra pronunzia della Cassa-
284
zione la quale, a seguito della nascita di un bambino affetto da gravi mal-
formazioni, aveva condannato sia la struttura sanitaria, sia i medici che aveva-
no prescritto alla madre una terapia contro la sterilità, che prevedeva la som-
ministrazione di farmaci potenzialmente teratogeni (senza informarla debita-
mente dei rischi conseguenti), al pagamento di una considerevole cifra (di lire
2.152.400.000) a favore dei coniugi nella qualità di legali rappresentanti del
fanciullo, e di somme assai più contenute (lire 78.037.000 e lire 41.508.000 a
favore, rispettivamente, della madre e del padre) a titolo di risarcimento dei
danni subiti iure proprio dai genitori. Quest’ultima decisione aveva assunto un
particolare rilievo perché, nel confermare la condanna al risarcimento dei
danni, da parte del Centro e dei due professionisti sanitari, a favore dei geni-
tori “nella qualità” di legali rappresentanti del fanciullo, aveva dichiarato la
responsabilità dei convenuti direttamente nei confronti del minore nato mal-
formato, sulla base della lesione del suo «diritto a nascere sano».
Tale orientamento sembrava prospettare, nella giurisprudenza della Cassa-
285
zione, un ripensamento in materia di responsabilità del medico per il danno
prenatale “causato” dall’inadempimento di un’obbligazione di informazione,
281
Così, invece, Cass., Sez. III, 11 maggio 2009, n. 10741, in Danno e resp., 2009, p. 1172.
Un’approfondita disamina delle problematiche, anche in chiave comparativa, è in F. BRUNETTA
D’USSEAUX, Esistere per il diritto. La tutela giuridica del non nato, Milano, 2001, p. 129 ss.
282
Cass., Sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 699.
283
Cass., Sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 700.
284
Cass., Sez. III, 11 maggio 2009, n. 10741, annotata da F. GALGANO, Danno da procreazione,
cit., p. 537 ss.; da S. CACACE, Figli indesiderati nascono. Il medico in tribunale, in Danno e resp., 2009,
p. 1190 ss.; da M. FEOLA, Le responsabilità del medico e della struttura sanitaria, cit., p. 91 ss.; da F.
DI CIOMMO, Giurisprudenza-normativa, cit., p. 144 ss.
285
Tale aspetto sembrava particolarmente evidente, se è vero che era posto a fondamento sia nella
mia annotazione, cit. in nota prec., sia di quella redatta da F. DI CIOMMO, op. loc. cit., il quale discor-
reva esplicitamente di un revirement della Cassazione in materia, anche se sulla base di un percorso
argomentativo totalmente diverso.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 417
292
S. CACACE, Figli indesiderati, cit., p. 1190 ss.
293
S. CACACE, op. cit., pp. 1192 e 1193.
294
M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., p. 358; EAD., Violazione degli obblighi d’infor-
mazione, cit., p. 624.
295
M. FEOLA, op. ult. cit., p. 624 ss.; EAD., Il danno da perdita di chances, cit., p. 359 ss.
296
Lo testimonia S. CACACE, op. cit., p. 1191 s., ove indica le modalità interpretative seguite dalla
Cour de Cassation al fine di far risorgere «la giurisprudenza Perruche, come la fenice, [...] dalle sue
stesse ceneri».
297
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 380.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 419
310
solo coniuge della donna, viene considerato, sulla scia della dottrina , un ar-
tificio che “indeboliva” «la soluzione del diniego dell’analoga pretesa fatta va-
lere dai genitori a nome della figlia», in quanto quest’ultima «a più forte ra-
gione doveva ritenersi ricompresa nella cerchia dei suddetti terzi danneggiati»,
essendo il padre «non legittimato in alcun modo ad interloquire sull’interru-
zione della gestazione (e ciò nondimeno “egualmente protetto dal contratto
311
originario”)» . La soluzione elaborata dalla Cassazione era stata considerata
312
«contraddittoria» , risultando ammessa o esclusa l’estensione dell’effetto di pro-
tezione a seconda che la condotta colposa del medico si risolvesse in un’azione
o nell’omissione di informazioni doverose. In entrambi i casi, però, si era in
313
presenza di «un medesimo inadempimento» .
Così, il preteso «argomento cardine» costituito dalla conclamata inesisten-
za, nel nostro ordinamento, di un diritto a non nascere se non sano è conside-
rato «affermazione meramente retorica» e quindi «elusiva del grave problema
314
posto a quel tempo al collegio» . Si ricorda come «perplessità vennero solle-
vate» in dottrina in ordine alla pretesa assenza di un interesse protetto, in quan-
to, in tal guisa, tale sentenza «postulava una valutazione di “non ingiustizia”
del danno estranea all’ambito della responsabilità contrattuale (lasciando così
il fanciullo handicappato senza alcuna tutela nei casi di abbandono, di cattiva
315
amministrazione o di premorienza dei genitori)» .
La questione non consiste «nell’affermare o nel negare pretesi diritti di na-
scere (o di non nascere, o di non “nascere handicappato”) o di morire (o di
non morire), né di valutare quanto valga il “non-essere” rispetto all’“essere”
316
(handicappato)» , posto che «il vivere una vita malformata è di per sé una si-
tuazione esistenziale negativa, onde il danno ingiusto risarcibile – provocato
da un’azione comunque colpevole altrui – consisterebbe nell’obiettività del
317
vivere male indipendentemente dalle alternative a disposizione» . A seguito
310
Già A. LISERRE, Mancata interruzione, cit., p. 1431, e M. FEOLA, Essere o non essere, cit., p. 392.
311
Così, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 181. In proposito si era, a suo tempo, rilevato che
la Suprema Corte non aveva spiegato «in maniera convincente perché» dovesse «essere considerato
terzo protetto dal contratto il coniuge della donna e non anche il minore», «se è vero che è soprattut-
to l’interesse della gestante alla tutela del neonato a rilevare in funzione dell’estensione degli effetti di
protezione» (M. FEOLA, op. loc. ult. cit.; e già C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 89, in nota 47).
312
Testualmente, M.R. MARELLA, Le conseguenze «non patrimoniali», cit., p. 197, in nota 81;
conf., M. FEOLA, op. ult. cit., p. 392 s.
313
M.R. MARELLA, op. loc. ult. cit.
314
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., pp. 181 e 182.
315
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; e già, sui diversi aspetti, M. FEOLA, op. ult. cit., p.
394; EAD., Violazione degli obblighi d’informazione, cit., p. 616. Nella dottrina francese, G. VINEY, P.
JOURDAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., p. 18; M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 307.
316
Ora, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; conf., M. FEOLA, Essere o non essere, cit., p.
394; EAD., La responsabilità del medico per il danno prenatale, cit., p. 255, ove si riporta tra virgolette,
traducendola, un’espressione di M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 291. In prospettiva analoga, A.
LISERRE, op. ult. cit., p. 1432.
317
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; e già, P.G. MONATERI, «La marque de Caïn», cit.,
p. 298.
422 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
della nascita, «“la questione non è più quella della sua venuta al mondo, ma
318
soltanto quella del suo handicap”» .
«Poco convincenti» sono apparse, inoltre, le avverse «obiezioni che paven-
tavano un potenziale quanto “innaturale” diritto risarcitorio del minore eserci-
319
tabile nei confronti della madre» . Danni, questi, «in realtà irrisarcibili per
l’assenza di una condotta colposa» e dell’ingiustizia del danno, essendo la
donna, «inevitabilmente, il solo legittimo destinatario del diritto a decidere se
320
procedere o no all’interruzione della gravidanza» .
La Cassazione, finalmente, a differenza della sentenza del 2004, che «non
affrontò specificamente il problema», pone al centro dell’indagine «quella che
venne (del tutto condivisibilmente) ritenuta da più parti la questione giuridica
321
essenziale, quella, cioè, del rapporto di causalità» . In proposito, lungi dal-
322
l’esaurire la problematica in una prospettiva di «biologisation du droit» , la
Suprema corte ricorda come si fosse proposto di esaminare la questione «sotto
un profilo rigorosamente giuridico, così come accade ad esempio in caso di
contagio da trasfusione, ove la causa “biologica” della malattia è certamente il
virus HIV o HCV, ma nessuno dubita che la responsabilità vada imputata,
sulla base di un criterio di causalità giuridicamente rilevante, a quel soggetto
(pubblico o privato) che, con la sua colpevole omissione, abbia provocato, re-
323
so possibile o non impedito il contagio» .
A fronte delle critiche rivolte alla decisione del 2004, la Cassazione apprezza,
invece, la «lunga e approfondita riflessione» contenuta nell’«iter motivazionale
318
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; e già M. FEOLA, Essere o non essere, cit., p. 394,
che cita tra virgolette, traducendola, un’espressione di M. FABRE-MAGNAN, op. cit., p. 308. In manie-
ra simile, anche G. VINEY, P. JOURDAIN, op. cit., p. 15, per i quali il «danno non deriva dalla vita del
fanciullo, ma dal suo handicap, ed è proprio quest’ultimo che permette di giustificare il risarcimento»
(il corsivo è degli A.).
319
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; così, M. FEOLA, op. loc. ult. cit.; EAD., Violazione
degli obblighi d’informazione, cit., p. 616, ove condivide il pensiero di M. FABRE-MAGNAN, op. cit., p.
301. Le ipotesi “assai poco convincenti” erano state prospettate da F. CHABAS, Note a Cass., Ass.
plén., 17 novembre 2000, cit., 10438, p. 2311.
320
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; conf. M. FEOLA, op. ult. cit., p. 617; EAD., Essere o
non essere, cit., p. 394, ove si citano, tra virgolette, traducendole, due espressioni di M. FABRE-MA-
GNAN, op. loc. ult. cit. Nello stesso senso, P. SARGOS, Rapport a Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000,
cit., 10438, p. 2297.
321
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; e già, M. FEOLA, op. ult. cit., p. 397, ove si afferma
che «La questione giuridica preminente in materia di responsabilità del medico nei confronti del fan-
ciullo handicappato è quella che concerne la sussistenza del rapporto di causalità».
322
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 183. L’espressione francese citata dalla Cassazione è del
Doyen Nerson la quale, a sua volta, è ricordata da P. SARGOS, op. cit., p. 2299, e riportata da M.
FEOLA, op. loc. ult. cit.
323
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 183; così, testualmente, già M. FEOLA, Violazione degli
obblighi d’informazione, cit., p. 619, ove si afferma che «Il problema del nesso causale deve essere
riguardato sotto il profilo non biologico, ma giuridico»: ad esempio, «nel caso di contagio, non v’è
dubbio che la causa biologica della malattia sia il virus HIV o dell’epatite B o C. Ma nessuno dubita
che la responsabilità vada imputata, sulla base di un criterio di causalità giuridica, a quel soggetto
che, con la sua faute, ha provocato o reso possibile il contagio».
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 423
324
della sentenza del 2009» . Con particolare riguardo alla «grande novità» con-
sistente «nel riconoscimento che gli effetti protettivi del rapporto obbligatorio
(contrattuale o da c.d. “contatto sociale”) instaurato tra la paziente e i sanitari
che la assistono durante la gestazione si producono non solo a favore del marito,
325
bensì anche del figlio» . «Per la prima volta» questo giudice di legittimità si è
spinto, sia pur in presenza di una fattispecie parzialmente diversa, «a valutare
l’incidenza della nascita di un bambino in condizioni menomate sul piano del-
l’esistenza dell’intera famiglia, e non più solo della coppia, riconoscendo un au-
tonomo diritto al risarcimento anche al protagonista principale di una vicenda di
326
danno prenatale» . Tuttavia, riguardo alla «irrisarcibilità del danno direttamen-
te subito dal neonato», la Cassazione, nel 2009, incorre nello «stesso equivoco
concettuale immanente alla sentenza n. 14488/2004»: quello secondo il quale «il
nato» non avrebbe «comunque diritto ad alcun risarcimento del danno per essere
327
venuto alla vita, in quanto privo della titolarità di un interesse a non nascere» .
Questa concezione «della vita come oggetto di tutela, da parte dell’ordina-
mento, in termini di “sommo bene”, di alterità normativa superiorem non re-
cognoscens», percorsa «da forti aneliti giusnaturalistici», è destinata «a cedere
328
il passo al raffronto con il diritto positivo» . È la stessa legge che, nel ricono-
scere alla donna il diritto di interrompere la gravidanza, non soltanto nei primi
novanta giorni, ma anche «dopo», esplicitamente prevede l’ipotesi che il «se-
rio» (art. 4 l. 22 maggio 1978, n. 194) o «grave» (art. 6 lett. b) pericolo per la
salute fisica o psichica della donna possa essere determinato da «accertati pro-
cessi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del
329
nascituro» (art. 6 lett. b) .
Sgombrato il campo «dall’equivoco che si annida nella poco felice locuzio-
ne “diritto a non nascere se non sano”», e «ricondotta la vicenda alla sua più
corretta dimensione giuridica», la Cassazione afferma che «il principio di di-
ritto che appare predicabile è quello secondo il quale la propagazione inter-
soggettiva dell’illecito legittima un soggetto di diritto, quale il neonato, per il
tramite del suo legale rappresentante, ad agire in giudizio per il risarcimento
330
di un danno che si assume in ipotesi ingiusto» . Per la Suprema corte, la pro-
tezione del nascituro non passa, invece, «attraverso la negazione di diritti del
tutto immaginari, come quello a “non nascere se non sano”, locuzione che
331
semplicemente non rappresenta un diritto» .
324
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 183.
325
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 183; e già M. FEOLA, Le responsabilità del medico e del-
la struttura sanitaria, cit., p. 92 ss.
326
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., pp. 183 e 184.
327
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 184.
328
Così, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 185.
329
Lo rileva, con estrema lucidità, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 185.
330
Le espressioni tra virgolette sono tratte da Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 186.
331
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 186.
15.
424 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
13. In presenza della richiesta della gestante di essere sottoposta a tutti gli
accertamenti necessari ad escludere malformazioni del feto, il ginecologo ave-
va proposto e fatto eseguire il solo “Tritest”, omettendo di prescrivere riscon-
337
tri più specifici al fine di escludere alterazioni cromosomiche del feto . A se-
guito della nascita di una bambina affetta da sindrome di Down, la Suprema
corte rileva come la colpevolezza della condotta si sia, nella specie, manifestata
sotto il duplice profilo della non sufficiente attendibilità del test in presenza di
una esplicita richiesta di informazioni finalizzate all’interruzione della gravi-
danza da parte della gestante e del «difetto di informazioni circa la gamma
338
complessiva delle possibili indagini e dei rischi ad essa correlati» .
L’«indiscutibile e indiscussa» rilevanza giuridica del concepito nel nostro
ordinamento non ha quale «ineludibile conseguenza la creazione ex nihilo di
una sua soggettività, ma si sostanzia [...] nel riconoscimento, ben più pregnan-
339
te e pragmatico, della sua qualità di oggetto speciale di tutela» . Affrancato il
332
Con estrema chiarezza, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 188.
333
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 188 (il corsivo è nel testo della sentenza).
334
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 188.
335
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 189. Discorreva esplicitamente di una «propagazione
intersoggettiva delle conseguenze di un medesimo fatto illecito», M. FEOLA, op. ult. cit., p. 94, sulla
scia di A. LISERRE, Ancora in tema, cit., p. 1693.
336
Così, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 189.
337
Cfr. Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 175.
338
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 196.
339
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 191 (della quale sono le parole in corsivo citate nel te-
sto) si allontana dall’impostazione seguita da Cass. n. 10741/2009, sul fondamento di quella autorevo-
le dottrina che aveva contestato a questa decisione l’aver voluto «intraprendere discorsi sui massimi
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 425
sistemi», nel «cimentarsi sul se e sul come neutralizzare l’art. 1, comma 1, c.c., per il quale la capacità giu-
ridica si acquista solo al momento della nascita» (F. GALGANO, Danno da procreazione, cit., p. 537).
340
Le espressioni tra virgolette sono tratte da Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., pp. 191 e 192,
la quale, a differenza di Cass. n. 10741/2009, si affranca dall’«odierno aspro dibattito sul diritto alla
vita» (la critica di F. GALGANO, op. loc. ult. cit., era infatti diretta proprio a quest’ultima decisione).
341
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 194, la quale fa esplicito riferimento a quella dottrina
che ha proposto di collegare direttamente all’art. 2 cost. il diritto dell’individuo al pieno svolgimento
della propria personalità (nell’ambito di una copiosa letteratura, basti rammentare, per tutti, P. PER-
LINGIERI, La personalità umana, cit., p. 12 ss. e passim; D. MESSINETTI, voce Personalità, cit., p. 355
ss.; N. OCCHIOCUPO, Liberazione e promozione umana nella Costituzione. Unità di valori nella plura-
lità di posizioni, Milano, 1984, p. 58 ss.).
342
Testualmente Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., pp. 195, 194 e 195, sulla scia delle dottrine
francese (per tutti, M. FABRE-MAGNAN, op. cit., pp. 307 e 308) e italiana (P.G. MONATERI, «La mar-
que de Caïn», cit., p. 298; M. FEOLA, Violazione degli obblighi d’informazione, cit., p. 615; EAD., Esse-
re o non essere, cit., p. 394) che hanno condiviso la soluzione proposta dall’arrêt Perruche.
343
Ancora Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 195.
426 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
a ledere «il diritto del nato, quantunque l’azione lesiva sia stata posta in essere
344
prima della sua nascita» . È l’azione lesiva ad essere anteriore alla nascita,
345
«non l’evento lesivo» , che ad essa è successivo. Il vulnus lamentato dal mi-
nore è non soltanto «la malformazione in sé considerata», bensì lo «stato fun-
346
zionale di infermità, la condizione evolutiva della vita handicappata» .
Come si è acutamente rilevato, la Cassazione «ha il grande merito intellet-
347
tuale di affrontare alla radice» questa delicata problematica, attraverso un
significativo mutamento di prospettiva che s’impernia sulla tutela oggettiva del
348
nascituro. Nel disgiungere, sulla scia di una nota dottrina , la tutela dalla se-
quenza classica “soggetto-diritto-pretesa-azione”, la Suprema corte giudica
«tanto necessario quanto sufficiente considerare il nascituro oggetto di tutela
indipendentemente da ogni discussione sulla sua soggettività, o dalla ricostru-
349
zione del principio della centralità della persona» . La tutela riguarda “entità
protette”, «onde, stabilito che il nascituro possa venire considerato una tale
“entità” non è ulteriormente necessario – per la Corte – addentrarsi nella que-
350
stione del “soggetto” o della “persona”» . Il superamento del problema della
soggettività giuridica del concepito consente di uscire “dal guado” e rende fi-
nalmente liberi «dalle categorie metafisiche costituite dalla triade concettuale
351
personalità, soggettività, capacità» .
Così puntualmente ricostruito l’evento dannoso risarcibile, la Cassazione
esprime il convincimento che la domanda risarcitoria avanzata personalmente
dal bambino malformato trovi il suo diretto fondamento negli artt. 2, 3, 29, 30
352
e 32 Cost. . Se la violazione dell’art. 2 Cost. è individuata nella «innegabile
[...] limitazione del diritto del minore allo svolgimento della propria personali-
tà», e se quella dell’art. 3 Cost. è rappresentata dalla «sempre più evidente»
limitazione «al pieno sviluppo della persona», la lesione degli artt. 29, 30 e 31
Cost. costituisce la conseguenza dell’«arrivo del minore in una dimensione
familiare “alterata”», la quale «impedisce o rende più ardua la concreta e co-
stante attuazione dei diritti-doveri dei genitori sanciti dal dettato costituziona-
353
le, che tutela la vita familiare nel suo libero e sereno svolgimento» . La viola-
zione dell’art. 32 Cost., poi, ha ad oggetto la salute «non soltanto nella sua di-
mensione statica di assenza di malattia, ma come condizione dinamico/funzio-
344
F. GALGANO, op. cit., p. 539.
345
F. GALGANO, op. loc. ult. cit.
346
Così, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 193.
347
P.G. MONATERI, Il danno al nascituro e la lesione della maternità cosciente e responsabile, in
Corriere giur., 2013, p. 61.
348
È lo stesso P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 59, a sottolineare come la Cassazione abbia seguito,
sul punto, il pensiero di A. DI MAJO, La tutela civile dei diritti, Milano, 2001.
349
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 60.
350
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
351
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 191.
352
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 191 s.
353
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 193.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 427
354
nale di benessere psichico» . Le situazioni soggettive, «giuridicamente tutela-
te e giuridicamente rilevanti, sono pertanto riconducibili non alla sola nascita
né al solo handicap, bensì [...] alla futura vita handicappata intesa nella sua
più ampia accezione funzionale, la cui “diversità” non è discriminata in un
giudizio metagiuridico di disvalore tra nascita e non nascita, ma soltanto tute-
355
lata, rispettata ed alleviata per via risarcitoria» .
Proprio il riferimento ad una nozione “positiva” e dinamica di salute, così
come qualificata dallo stesso legislatore (art. 1, lett. o del d.lgs. n. 81 del 2008),
356
consente quel «mutamento di prospettiva [...] veramente notevole» che è a
fondamento di questo revirement.
368
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit. (il corsivo è dell’A.).
369
Affermavano la sussistenza di un nesso causale inteso in senso giuridico, tra gli altri, G. VINEY,
P. JOURDAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., p. 15; P. JOURDAIN, Réflexions, cit., p. 336; J.L. AU-
BERT, Indemnisation, cit., p. 489 ss.; M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 311 (per ulteriori indi-
cazioni si rinvia a M. FEOLA, Violazione, cit., p. 619 ss.). Una critica alla «biologisation» del nesso
causale è in P. SARGOS, Rapport, cit., p. 2299.
370
Così, lo stesso P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 63.
371
Lo ammette anche S. CACACE, Il giudice “rottamatore” e l’enfant préjudice, in Danno e resp.,
2013, p. 160.
372
Lo scritto specificamente citato è M. FEOLA, La Cassazione, cit., p. 704.
373
Cass., Sez. Un., 1 luglio 2002, n. 9556, in Giust. civ., 2003, I, p. 2195, e Cass., Sez. Un., 11 gen-
naio 2008, n. 581, in Foro it., 2008, I, c. 453. In dottrina, sul punto, A. LISERRE, Ancora in tema, cit.,
p. 1693.
430 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
cazioni, attraverso una informazione adeguata» che permettesse alla stessa «di
avere piena coscienza della natura, della portata e della estensione, dei rischi,
392
dei risultati conseguibili e delle eventuali conseguenze negative» .
La migliore dottrina francese che ha studiato la questione di causalità suc-
cessivamente all’arrêt Perruche aveva qualificato il danno da “nascita malfor-
mata” del minore come dommage immédiat, e il danno morale dei genitori sol-
tanto come dommage par ricochet. Tant’è che si era affermato come «il ricono-
scimento dell’esistenza del danno dei genitori» implicasse «a fortiori quello del
pregiudizio del bambino», non potendosi ammettere l’esistenza (e, soprattut-
393
to, la risarcibilità) di «un danno par ricochet senza un dommage immédiat» .
Nell’unica sequenza causale possibile è la “nascita malformata” del minore
a causare anche il danno non patrimoniale della madre, e quelli, eventuali, e
per taluno sovrabbondanti, del padre e dei fratelli. Il risarcimento di questi
ultimi presuppone, evidentemente, la prima. La giurisprudenza della Suprema
corte dubita che, in assenza di “conseguenze” dannose patrimoniali e non pa-
trimoniali (soprattutto biologiche) risarcibili, la sola violazione del diritto al
394
c.d. consenso informato possa rappresentare un danno risarcibile in re ipsa ,
395
costituendo essa un tipico danno-evento, ma non un danno-conseguenza .
Quest’ultimo, invece, ha ad oggetto proprio tutte le conseguenze patrimoniali,
biologiche e morali (e/o esistenziali) che la violazione del diritto ad una pro-
creazione “cosciente e responsabile” ha provocato, da dimostrare con il ricor-
so a valutazioni prognostiche ed alla prova presuntiva, che in materia di danno
non patrimoniale è destinata «ad assumere particolare rilievo, e potrà costitui-
re anche l’unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, non
396
trattandosi di mezzo di prova di rango inferiore ad altri» .
Sotto il profilo delle scelte di «politica del diritto» e della «efficiente allo-
397
cazione dei danni e dei risarcimenti» , anche la dottrina che solleva perples-
sità sulla questione della causalità sottolinea come l’«intento» della sentenza
398
sia «encomiabile, il risultato meritorio» : «alleviare una condizione umana di
difficoltà gravissima, di perenne sofferenza, affrontare, molto pragmaticamen-
te, la questione dell’handicap, laddove quella della nascita non riveste più in-
teresse alcuno»; superare, infine, «l’absurdum di liquidare tutti fuorché colui
392
Cass., 28 luglio 2011, n. 16543, cit., p. 624.
393
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., p. 17.
394
Cfr., ad es., Cass., 9 febbraio 2010, n. 2847, in Foro it., 2010, I, c. 2113; Cass., 8 ottobre 2007,
n. 20987, in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, p. 289, con nota di C. SGANGA, la quale esplicitamente
afferma che non è l’inadempimento da mancato consenso informato ad essere di per sé oggetto di
risarcimento, ma il «danno consequenziale», secondo i principi di cui all’art. 1223 c.c. In tal senso già
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, nn. 8828 e 8827, in Danno e resp., 2003, p. 819 ss.
395
Cfr. V. MONTANI, op. cit., p. 633.
396
Così, Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Danno e resp.,
2009, p. 32.
397
S. CACACE, op. ult. cit., p. 161.
398
S. CACACE, op. ult. cit., p. 160.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 433
che vive la malformazione in prima persona, anche ai fini della certezza che il
risarcimento così apprestato sia utilizzato ad esclusivo beneficio del bambino,
399
senza mediazione di terzi» .
15. Il risarcimento del danno al minore per la sua «nascita malformata» può
assumere i connotati sia della responsabilità contrattuale, sia di quella extra-
contrattuale.
La tradizione italiana degli ultimi anni è stata nel senso della responsabilità
contrattuale.
Nel leading case in materia la Cassazione, anche al fine di riparare al neona-
to un danno all’integrità psicofisica non più risarcibile in sede delittuale per
effetto del decorso della prescrizione quinquennale, qualificò il «soggetto ve-
nuto ad esistenza» come terzo protetto dal contratto stipulato tra la madre
partoriente e la struttura sanitaria, con la conseguenza di risarcire in ambito
contrattuale il danno patito dal minore a causa di un negligente intervento
400
ostetrico praticato al momento della nascita . Orientamento, questo, che tro-
verà conferma nella giurisprudenza successiva, anche con riferimento alle
401
condotte omissive dei sanitari. Ma se, in un primo tempo, la Cassazione
considererà terzo protetto dal contratto il solo coniuge della donna (il quale,
pertanto, è anch’egli legittimato a chiedere il risarcimento dei danni patrimo-
niali e non patrimoniali conseguenti alla nascita di un figlio “non voluto” che
402
è affetto da gravi patologie) , escludendo che l’errore o l’omissione delle in-
formazioni doverose possano giustificare il risarcimento del danno psico-fisico
con cui il bambino nasce; più di recente, la Suprema Corte, nell’affermare la
sussistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva dei medici e le mal-
formazioni subite dal nascituro, ha qualificato il rapporto che la paziente pone
in essere con la struttura sanitaria (e con il medico), come un contratto che,
oltre ad avere effetti tra le parti, produce effetti c.d. protettivi nei confronti sia
403
del coniuge, sia dello stesso figlio nato andicappato .
Sul punto, la giurisprudenza francese, invece, aveva assunto un diverso at-
teggiamento, avendo qualificato, proprio nel decidere l’affaire Perruche, come
contrattuale la responsabilità del medico (e/o della struttura sanitaria) nei ri-
guardi della donna, ma come delittuale la responsabilità dei sanitari nei con-
fronti del fanciullo nato andicappato.
399
Le espressioni tra virgolette sono di S. CACACE, op. ult. cit., pp. 160 e 161; così già M. FEOLA,
Violazione, cit., p. 618 ss.
400
Cass., Sez. III, 22 novembre 1993, n. 11503, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 557 s.
401
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 379 ss. L’orientamento viene riconfermato, ma senza espliciti
riferimenti al contratto con effetti protettivi per terzi, da Cass., 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1691 ss.
402
In questi termini, anche Cass., Sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, in Danno e resp., 2010, spec. p.
699 s. (con nota parzialmente critica di M. FEOLA, La Cassazione, cit.).
403
Cass., 11 maggio 2009, n. 10741, cit., p. 108.
434 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
404
Come si è avuto modo di rilevare , la soluzione che ravvisa, in generale,
405
una responsabilità delittuale da inadempimento , oltre a non rappresentare
una contraddizione in termini, appare perfettamente in linea sia con la tradi-
zione, sia con l’odierna evoluzione del diritto francese. Tuttavia, rispetto all’al-
ternativa tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, la soluzione se-
guita dalla sentenza n. 16754 del 2012 pare ulteriormente articolata.
Per un verso, la Cassazione afferma «il principio di diritto secondo il quale
la responsabilità sanitaria per omessa diagnosi di malformazioni fetali e conse-
guente nascita indesiderata va estesa, oltre che nei confronti della madre nella
qualità di parte contrattuale (ovvero di un rapporto da contatto sociale quali-
ficato), anche al padre [...], nonché [...] ai fratelli e alle sorelle del neonato,
che rientrano a pieno titolo tra i soggetti protetti dal rapporto intercorrente
406
tra il medico e la gestante, nei cui confronti la prestazione è dovuta» . Infatti,
«non può non presumersi» l’attitudine di costoro «a subire un serio danno
non patrimoniale, anche a prescindere dagli eventuali risvolti e dalle inevitabili
esigenze assistenziali destinate ad insorgere, secondo l’id quod plerumque acci-
407
dit, alla morte dei genitori» .
Per altro verso, allorché deve qualificare i danni risarcibili direttamente al
minore per la sua “nascita malformata”, la Suprema Corte ritiene necessario
verificare la sussistenza di «tutti gli elementi della fattispecie concreta onde
inferirne la legittima riconducibilità alla fattispecie astratta dell’illecito aqui-
liano in tutti i suoi elementi di struttura così come descritti dall’art. 2043
408
c.c.» .
Quindi, se è senz’altro contrattuale (e/o da “contatto sociale”, per l’opera-
tore sanitario) la responsabilità della struttura sanitaria nei riguardi della ge-
stante per il danno morale (ed “esistenziale”) patito a seguito della violazione
del suo diritto ad una “maternità cosciente e responsabile” – responsabilità
che viene estesa, sulla base degli effetti di protezione del contratto, non soltanto
al coniuge, ma anche ai fratelli ed alle sorelle del soggetto nato malformato –,
il risarcimento, al minore “terzo”, del danno da «nascita malformata» assume i
connotati dell’illecito extracontrattuale, proprio sulla scia della soluzione pre-
diletta dal diritto francese.
L’orientamento della Suprema corte in tema di danno da “nascita malfor-
mata”, che all’applicazione del c.d. contratto con effetti di protezione per terzi
preferisce il rinvio alle comuni regole della responsabilità delittuale, può tro-
vare ulteriore conferma proprio nella struttura della prestazione sanitaria.
D’altronde, che in tema di responsabilità del medico la tematica degli obblighi
di protezione trovasse un’applicazione assai controversa era già stato posto in
404
M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité, cit., p. 130 ss.
405
M. FEOLA, op. ult. cit., p. 133.
406
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 178.
407
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 178.
408
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 191.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 435
luce, con autorevolezza, da Luigi Mengoni, ove aveva precisato come l’obbli-
gazione di somministrare «cure attente, prudenti e conformi ai canoni della
scienza» fosse senz’altro un obbligo di prestazione, giammai un obbligo di
protezione, non avendo alcuna autonomia rispetto all’obbligo di curare il ma-
409
lato . È impensabile che un obbligo che, inter partes, è di prestazione possa
poi divenire, nei riguardi di terzi, di protezione. Tuttavia, se si qualifica come
obbligo di protezione (almeno) l’«obbligo di informazione gravante su una
parte del contratto nei confronti dell’altra quando l’informazione non costitui-
410
sca l’oggetto del contratto stesso» , il problema potrebbe dirsi superato. Sal-
vo, poi, a non ricomprendere, sempre e comunque, l’obbligo d’informazione
411
proprio nella struttura della prestazione sanitaria , ma a considerarlo come
un obbligo “accessorio”, autonomo e indipendente, per quanto funzionalmen-
te correlato rispetto all’esecuzione della prestazione. In tal senso, nelle varie
ipotesi sottoposte al giudizio delle Corti, l’obbligo d’informazione potrebbe
atteggiarsi ora come obbligo di prestazione, ora come obbligo di protezione,
consentendo il ricorso agli effetti protettivi del contratto qualora l’informazio-
ne non integri specificatamente l’oggetto dello stesso.
Non sembra che sulla decisione abbia inciso il c.d. “Decreto Balduzzi” (d.l.
n. 158 del 13 settembre 2012), convertito in legge, in maniera peraltro non con-
forme, nel novembre dello stesso anno (legge n. 189 dell’8 novembre 2012).
L’improvvido richiamo all’art. 2043 c.c., effettuato dopo aver disposto la de-
penalizzazione delle condotte sanitarie connotate da mera colpa lieve, là dove
l’esercente l’attività sanitaria si sia attenuto a linee guida e buone pratiche ac-
creditate dalla comunità scientifica (art. 3, comma 1), non assume le caratteri-
stiche di una generale riforma della responsabilità sanitaria, sia perché la di-
412
sciplina è destinata ai soli medici del servizio pubblico sanitario , sia perché
la limitazione della responsabilità penale concerne le sole regole di perizia,
413
senza involgere le ipotesi di colpa per negligenza o imprudenza , sia perché,
con riguardo al citato rinvio alla disciplina della responsabilità extracontrat-
tuale, la Cassazione si è affrettata a precisare, proprio in sede di commento al-
la predetta “riforma”, come sia «evidente che la materia della responsabilità
civile segue le sue regole consolidate, e non solo per la responsabilità aquiliana
del medico, ma anche per la c.d. responsabilità contrattuale del medico e della
414
struttura sanitaria, da contatto sociale» . Quindi, il richiamo all’art. 2043 c.c.
409
L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., pp. 368 e 371.
410
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 497.
411
Sul punto, M.R. MARELLA, Le conseguenze, cit., p. 195.
412
Così V. CARBONE, La responsabilità del medico pubblico dopo la legge Balduzzi, in Danno e
resp., 2013, p. 383, ove considera l’art. 3 della l. n. 189 del 2012 una «lex specialis o norma ad hoc o ad
personam».
413
Cass. pen., Sez. IV, 11 marzo 2013, n. 11493, cit. da L. CAPUTI, Medical malpractice: nodi ine-
stricabili e nuove prospettive, in Danno e resp., 2013, p. 857.
414
Cass., Sez. III, 19 febbraio 2013, n. 4030, in Danno e resp., 2013, p. 367.
436 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
423
te», delle «stesse qualità personali delle parti agenti e resistenti» . In assenza
di qualsiasi ulteriore elemento che «“colori” processualmente la presunzione
de qua», il principio di vicinanza alla prova «e quello della estrema difficoltà
(ai confini con la materiale impossibilità) di fornire la prova negativa di un fat-
to» (cioè, della «volontà di non abortire nonostante la diagnosi infausta») in-
ducono a ritenere che «sia onere di parte attrice integrare il contenuto di quel-
la presunzione con elementi ulteriori (di qualsiasi genere) da sottoporre al-
l’esame del giudice per una valutazione finale circa la corrispondenza della
424
presunzione stessa all’asserto illustrato in citazione» .
Questo indirizzo è stato confermato da una più recente decisione, la quale,
425
pur intendendo collocarsi «in sostanziale continuità» con il leading case del
426
2012, sembra seguire una linea ermeneutica più rigorosa , là dove limita il
valore dei meccanismi presuntivi fondati su criteri di valutazione di tipo stati-
stico sia nell’accertamento delle condizioni legittimanti il ricorso all’aborto te-
rapeutico, sia nella prova della volontà di ricorrervi, qualora la gestante fosse
stata correttamente informata delle malformazioni del feto. A fronte di un
onere probatorio «oggettivamente difficile», in quanto volto a dimostrare «non
già quel che si è nei fatti verificato, ma quel che si sarebbe presumibilmente
verificato, ove il medico avesse adempiuto alla sua obbligazione», la prova del-
la volontà della gestante d’interrompere la gravidanza non può essere desun-
ta dalla sola «richiesta [...] anche di più accertamenti diagnostici, ove non
427
espressamente funzionalizzati alla verifica di eventuali anomalie del feto» ,
essendo tale atto soltanto un indizio di per sé privo dei caratteri di gravità ed
univocità.
L’inversione dell’onere della prova, che viene a gravare sull’attore/credito-
re e non sul debitore convenuto, viene giustificata dalla Cassazione come ap-
plicazione dell’orientamento delle Sezioni Unite in tema di vicinanza alla pro-
428
va nella “prova negativa di un fatto” , quindi, pur sempre nell’ambito della re-
sponsabilità contrattuale, piuttosto che attraverso una qualificazione della fat-
tispecie in termini di responsabilità extracontrattuale.
Un distinto discorso, poi, riguarda l’ulteriore rapporto tra l’inadempimento
nei confronti della gestante e il danno arrecato al “terzo” nato malformato,
ovvero tra «violazione di una relazione giuridicamente rilevante, anche quan-
do non sussista un obbligo di prestazione, e lesione della sfera giuridica altrui
429
al di fuori di tale relazione» , pur là dove la fattispecie esaminata sia stata
423
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 196.
424
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 197.
425
Così Cass., Sez. III, 22 marzo 2013, n. 7269, in Danno e resp., 2013, p. 1072 ss.
426
C. TRECCANI, Richiesta di accertamento diagnostico e onere della prova: i primi punti fermi della
Corte di Cassazione, in Danno e resp., 2013, p. 1079.
427
Le espressioni citate tra virgolette sono tratte da Cass., 22 marzo 2013, n. 7269, cit., pp. 1075 e 1074.
428
Cass., Sez. Un civ., 30 ottobre 2001, n. 13533, in Danno e resp., 2001, p. 1567 s.
429
Testualmente, C. CASTRONOVO, La Cassazione supera se stessa e rivede la responsabilità pre-
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 439
contrattuale, in Europa e dir. priv., 2012, p. 1240, in nota a Cass. civ., 20 dicembre 2011, n. 27648; e
già ID., La relazione come categoria essenziale dell’obbligazione e della responsabilità contrattuale, ivi,
2011, p. 72 s.
430
C. CASTRONOVO, La Cassazione, cit., p. 1234.
431
Così, L. MENGONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale (in Riv. dir. comm., 1956,
II), ora in Scritti, vol. II, Obbligazioni e negozio, Milano, 2011, p. 281.
432
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 1237.
440 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
439
le» , è necessario distinguere i danni patiti dalla donna (in base alla respon-
sabilità contrattuale), dal marito e dai fratelli del bambino (in virtù degli effetti
di protezione del contratto nei confronti di terzi), dai danni risarciti iure pro-
prio al minore nato malformato (sul fondamento di una responsabilità delit-
tuale da inadempimento), non tanto per le differenti qualificazioni della re-
sponsabilità, quanto per il diverso “oggetto” degli eventi dannosi che devono
essere presi in considerazione (e, quindi, valutati e liquidati) ai fini della ripa-
razione.
Il risarcimento alla donna ed al marito, come già precisato dalla Cassazione
440
in una precedente decisione , dovrà avere ad oggetto sia i danni patrimoniali
sia i danni non patrimoniali.
Con riferimento ai primi, la Suprema corte ha già affermato che il risarci-
mento deve «tener conto, non solo del “differenziale” tra la spesa necessaria
per il mantenimento di un figlio “sano” e la spesa per il mantenimento di un
figlio affetto da deficit», ma dell’«intero [...] costo economico che altrimenti
441
non avrebbe avuto» . Con una valutazione «necessariamente equitativa», il
giudice di merito deve liquidare il complessivo danno patrimoniale, indivi-
duando «il momento del raggiungimento della indipendenza economica alla
442
età di trenta anni» .
Nel liquidare il danno non patrimoniale dei coniugi, «indipendentemente
443
da un danno morale o biologico, peraltro sempre possibile» , la Cassazione
risarcisce specificatamente quel danno consistente nel «condurre giorno per
giorno, nelle occasioni più minute come in quelle più importanti, una vita di-
versa e peggiore (quanto si voglia nobilitata dalla dedizione al congiunto svan-
444
taggiato, ma peggiore [...]) di quella che avrebbe[ro] altrimenti condotto» .
Utilizzando come parametro di riferimento quello per il calcolo del danno
biologico, si approva la liquidazione equitativa effettuata dai giudici di appello
della somma di euro 200.000,00 «alla attualità» in favore di ciascuno dei co-
445 446
niugi . Il medesimo danno da “nascita indesiderata” deve essere risarcito,
ora, anche ai fratelli del minore nato malformato, una volta che la Suprema
447
corte ha inserito «a pieno titolo» anche costoro tra i soggetti protetti dal
contratto. Danno consistente nella «inevitabile, minor disponibilità dei genito-
ri nei loro confronti, in ragione del maggior tempo necessariamente dedicato
al figlio affetto da handicap», nonché «nella diminuita possibilità di godere di
439
Lo rileva, in proposito, P.G. MONATERI, Il danno al nascituro, cit., p. 65.
440
Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 700.
441
Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 700.
442
Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 700.
443
Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 701.
444
Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 699 s.
445
Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 701.
446
Così Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 699.
447
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 178.
442 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
abile». L’aver definito questa figura di danno con riferimento alla prima alter-
nativa, piuttosto che alla seconda, significa non già voler limitare l’area della
risarcibilità ai soli aspetti biologici e “passati”, ma individuare, con espressio-
ne di sintesi, l’evento iniziale che, a sua volta, è causa delle ulteriori “conse-
guenze” dannose che sono, inevitabilmente, rivolte verso il presente e il futu-
ro. Anche nell’eventualità che il giudice voglia procedere, secondo i dettami
456
delle sentenze di San Martino , ad una liquidazione unitaria dei danni non
patrimoniali, il risarcimento non può non avere ad oggetto anche l’«esistenza
diversamente abile», ovvero «lo stato funzionale di infermità, la condizione
evolutiva della vita handicappata intese come proiezione dinamica dell’esisten-
za che non è semplice somma algebrica della vita e dell’handicap, ma sintesi di
457
vita ed handicap, sintesi generatrice di una vita handicappata» .
456
Com’è noto, l’appellativo si deve a F.D. BUSNELLI, ... E venne l’estate di San Martino, cit., p. 91 ss.
457
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 193 (i corsivi sono nel testo della sentenza).
444 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO OTTAVO
SOMMARIO: 1. La responsabilità del vettore nel trasporto di persone. Il concorso tra le azioni (o
tra le norme applicabili). La nozione di “viaggio” e l’esigibilità dell’obbligazione di sicurez-
za. La conclusione del contratto di trasporto mediante comportamento concludente. – 2.
Segue. Il trasporto “amichevole” o “di cortesia” e la controversa distinzione dal trasporto
gratuito. L’applicazione della disciplina in tema di responsabilità delittuale per colpa e la
frantumazione della fattispecie unitaria del trasporto: critica. Il superamento della disparità
di trattamento tra i trasportati e l’unificazione dei regimi della responsabilità delittuale e
contrattuale in Italia e in Francia. – 3. La contrastante giurisprudenza sui trasporti ferroviari
e stradali: la critica delle contrapposte soluzioni e la ricerca di una regola comune. Il contri-
buto della dottrina: esigibilità dell’obbligazione di sécurité ed esecuzione del contratto di
trasporto. La disciplina del trasporto aereo. – 4. L’evoluzione della giurisprudenza francese
in materia di trasporto ferroviario. L’esigibilità dell’obbligazione di sécurité di risultato nel
caso di incidenti occorsi al passeggero nelle fasi di salita o di discesa dal treno. La responsa-
bilità contrattuale del vettore negli accidents de gare. – 5. Segue. La critica della dottrina
francese alla giurisprudenza sugli accidents de gare. Il revirement sancito (nel 1969) nel caso
“Caramello” per l’intero settore del diritto dei trasporti: l’obbligazione di sécurité-résultat è
esigibile dal vettore solo «durante l’esecuzione del contratto di trasporto, cioè a partire dal
momento in cui il viaggiatore inizia a salire sul veicolo e fino al momento in cui egli ha ter-
minato di scenderne». – 6. Le vicende dell’obbligazione determinata di sécurité a seguito del
“caso Caramello”. Le soluzioni proposte dalla giurisprudenza in tema di trasporto terrestre
non ferroviario. Il problema delle eventuali «interruzioni» nell’esecuzione del contratto di
trasporto, che determinano vicende modificative della disciplina del rapporto. Le possibili
soluzioni. – 7. Segue. Il regime di «responsabilità rafforzata» dell’obbligazione di sécurité del
vettore: inversione dell’onere e mutamento dell’oggetto della prova. La cause étrangère.
L’ulteriore aggravamento della responsabilità del vettore per i danni subiti dal passeggero in
«assenza di collisione». – 8. La Cassazione colma la “lacuna” creata dall’affaire Caramello
per gli accidents de gare: il caso Dame Decharme. Nelle fasi che precedono o che seguono
l’esecuzione del rapporto di trasporto, il vettore è debitore non di un’obbligazione di sécuri-
té concepita come un «risultato promesso», ma di un’obbligazione di «prendere le misure
di sicurezza» idonee ad evitare il danno. Il ricorso a presunzioni di responsabilità e al-
l’inversione dell’onere della prova. – 9. Segue. L’estensione della regola posta nel caso Dame
Decharme al soggetto detentore di un biglietto de quai. La critica della soluzione contrat-
tuale: l’ingiustificato sfavore per il creditore danneggiato e la violazione di un dovere gene-
rale di diligenza che è indipendente da un vincolo contrattuale. Gli escamotages delle Corti
che, presumendo la faute, costruiscono «un’obbligazione di mezzi assai vicina ad un’obbli-
446 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
gazione di risultato». – 10. Segue. Le ulteriori critiche della dottrina francese al fraziona-
mento dell’obbligazione di sécurité: la disparità di trattamento tra il passeggero e il “terzo”.
I problemi posti dall’individuazione del grado di diligenza esigibile dal debitore nell’adem-
pimento dell’obbligazione di sécurité-moyens. Il ricorso alla faute virtuale. – 11. Il nuovo re-
virement (del 1989) dei revirements del 1969 e del 1970: il caso Valverde. L’applicazione,
agli accidents de gare, della responsabilità delittuale ex art. 1384, comma 1, code civ., nei ri-
guardi sia del passeggero, sia di qualsiasi “terzo”. Il “riflusso” dell’obbligazione di sécurité
di mezzi e la restaurazione di un regime di responsabilità oggettiva che, prima del “caso Ca-
ramello”, aveva la sua fonte nel contratto. L’equivalenza tra i risultati. – 12. Il raffronto con
il diritto italiano. La responsabilità del vettore per i “sinistri” che colpiscono la persona del
viaggiatore. Il superamento della tesi che richiedeva l’“anormalità” o l’“accidentalità” del
trasporto. L’obbligazione di sicurezza quale obbligazione “di risultato” che identifica ogget-
tivamente l’inadempimento del vettore «nel fatto dell’infortunio di viaggio». La responsabi-
lità del vettore per le cause ignote. L’allineamento al diritto francese. – 13. Rilievi conclusivi.
La contraddittoria evoluzione della giurisprudenza francese all’interno ed all’esterno del
contratto di trasporto. La generalizzazione della regola posta nel caso Valverde: il supera-
mento del “frazionamento” dell’obbligazione di sécurité e della distinzione tra responsabili-
tà contrattuale ed extracontrattuale. Il passeggero risulta tutelato, sia durante il trasporto,
sia nelle fasi anteriori e successive, da una regola “equivalente” di responsabilità oggettiva
che ha fonte ora nel contratto, ora nel torto. Le “nuove frontiere” della responsabilità civile
e le prospettive di una diversa sistematica.
3
V. BUONOCORE, op. cit., p. 93.
4
Per i riferimenti alla dottrina italiana si rinvia a M. IANNUZZI, Del trasporto, in Comm. del cod.
civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1970, p. 72 ss.
5
Cfr., tra gli altri, M. DOMINEDÒ, Natura giuridica del contratto di passaggio, in Riv. dir. nav.,
1940, I, pp. 9 ss., 14 ss.; A. DE MARTINI, Responsabilità del vettore di persone per i danni derivati ai
viaggiatori dall’esecuzione del contratto di trasporto, in Giur. compl. Cass. civ., 1944, p. 426 ss.; E.
VALSECCHI, La responsabilità del vettore di persone secondo il nuovo codice civile, in Riv. dir. priv.,
1943, I, p. 69 ss.; A. VENDITTI, Sulla natura dell’obbligo del vettore di trasferire incolume il viaggiato-
re, in Giust. civ., 1959, I, p. 1605 ss.; M. IANNUZZI, Del trasporto, cit., p. 81 s.
6
Trib. Venezia, 30 maggio 1959, in Giust. civ., 1959, I, p. 1605.
7
Tra le tante, Cass., 24 maggio 1993, n. 5831, in Arch. giur. circol., 1993, p. 878; Cass., 29 marzo
1983, n. 2278, in Riv. giur. circol. trasp., 1983, p. 709; Cass., 30 maggio 1980, n. 3565, in Rep. Foro it.,
1980, voce Trasporto, n. 36; Cass., 12 settembre 1968, n. 2925, in Resp. civ. prev., 1969, p. 473; Cass.,
30 luglio 1966, n. 2139, in Giur. it., 1967, I, 1, c. 658; Cass., 27 ottobre 1965, n. 2259, in Rep. Foro it.,
1965, voce Prescrizione in materia civile, nn. 89-91; Cass., 22 ottobre 1958, n. 3415, in Resp. civ. prev.,
1959, p. 50. Per gli ulteriori riferimenti alla giurisprudenza e all’ampio dibattito che ha interessato la
dottrina, si rinvia a M. IANNUZZI, op. cit., p. 85, in nota 5, a G. RUBINO, Massimario sistematico di
giurisprudenza nel contratto di trasporto, Piacenza, 1973, p. 61, ed a V. BUONOCORE, op. cit., p. 119 s.,
note 91 e 92.
448 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
8
prevista dall’art. 2951 per i diritti nascenti dal contratto di trasporto . L’orien-
tamento prevalente è nel senso che si tratti di un concorso elettivo, mentre è
9
del tutto isolata la tesi che postula la possibilità di esperire cumulativamente
le azioni sia contrattuale sia delittuale. Oltre all’indirizzo dominante che af-
ferma il concorso tra le azioni, si è altresì ravvisato un concorso tra le norme
10
applicabili , con la conseguenza che, essendo unica l’azione, il danneggiato
non sarebbe tenuto ad individuare il regime di responsabilità del quale chiede
l’applicazione. Ma la giurisprudenza ha ribadito la distinzione tra le due azio-
ni, pur affermando che rientra nel potere dispositivo della parte non soltanto
11
la scelta tra le due azioni, ma anche il loro esercizio cumulativo . Se la parte,
però, opta per una di esse, non sarebbe consentito al giudice sostituirsi ad essa
nella scelta ed accogliere la domanda per un titolo diverso. L’azione delittuale,
oltre a far beneficiare il danneggiato del più esteso termine prescrizionale, gli
consentirebbe di ottenere il risarcimento integrale di tutti i danni sofferti, pre-
12
vedibili e non . Ma farebbe gravare sulla vittima lo sfavorevole regime proba-
torio di cui all’art. 2043 c.c., avendo la giurisprudenza escluso che il trasporta-
to possa avvalersi, invece, dell’art. 2054 c.c., testo, questo, che riguarderebbe
13
soltanto i terzi «che non traggono beneficio dal trasporto» .
14
La tesi del concorso, contestata in dottrina per il suo carattere “empirico”
15
e per l’assenza di una solida base dogmatica , presuppone che il fatto genera-
tore del danno subito dal trasportato costituisca la violazione di un duplice e
distinto diritto, quello particolare che ha fonte nell’accordo contrattuale, e
quello generale derivante dalla protezione di un bene garantito dall’ordine
8
Così, ad es., Cass., 22 ottobre 1958, n. 3415, in Resp. civ. prev., 1959, p. 551, in tema di traspor-
to ferroviario, la quale afferma che alla prescrizione dell’azione nascente dal contratto per il decorso
del tempo previsto dall’art. 2951 c.c. sopravvive l’azione per responsabilità non contrattuale, soggetta
al più lungo termine di prescrizione previsto dall’art. 2947.
9
Sostenuta, autorevolmente, da G. PACCHIONI, Diritto civile, IV, 2, Padova, 1943, pp. 159 e 164.
10
Ad es., Trib. Milano, 24 febbraio 1972, in Giur. it., 1973, I, 2, c. 298, per il quale il viaggiatore
colpito da sinistro durante il trasporto avrebbe contro il vettore un’unica azione, la quale, però, può
essere regolata da norme diverse, secondo che la parte o il giudice riterranno di applicare la disciplina
del contratto o quella del fatto illecito. Tale orientamento è stato sostenuto da G. CHIOVENDA, Isti-
tuzioni di diritto processuale civile, Napoli, 1935-36, I, p. 325, per il quale, essendo unico il petitum
(risarcimento del danno) ed unica la causa petendi (il fatto produttivo del danno), l’azione sarebbe
unica, mentre il carattere contrattuale o delittuale del danno rappresenterebbe soltanto una qualifica-
zione della causa petendi che non ne altererebbe l’identità.
11
Cass., 3 ottobre 1996, n. 8656, in Rep. Foro it., 1996, voce Trasporto, n. 15.
12
Così, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 122.
13
Per la giurisprudenza, cfr. M. IANNUZZI, op. loc. ult. cit.
14
U. BRECCIA, Le obbligazioni, cit., p. 672, il quale, però, approva, dal punto di vista della politica
del diritto, la tendenza giurisprudenziale favorevole al concorso.
15
S. MAZZAMUTO, Una rilettura del mobbing, cit., p. 669. L’orientamento prevalente della dot-
trina è infatti contrario alla tesi del concorso: cfr. gli autori citt. da L.F. PAOLUCCI, Il trasporto di per-
sone, in M.I. BRUGGI, L.F. PAOLUCCI, Il contratto di trasporto, in Giur. sist. civ. e comm. fondata da
W. Bigiavi, Torino, 1979, p. 127 s.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 449
16
giuridico, al di fuori e indipendentemente dal vincolo pattizio , «essendo l’in-
columità della persona e la salvezza dei propri beni diritti soggettivi che sussi-
stono indipendentemente dal contratto in virtù del precetto generale di diritto
17
oggettivo che impone di non recare danno ad altri» . Di conseguenza, l’assor-
bimento e la consumazione di un’azione nell’altra comporterebbero un’inam-
missibile prevalenza dell’autonomia dei privati sulla disciplina di ordine pub-
18
blico che caratterizza la responsabilità aquiliana .
19
Un’autorevole dottrina ha giudicato, però, tali argomentazioni frutto di
un sofisma, poiché la responsabilità del vettore troverebbe il suo fondamento
non in un patto espresso, tacito o presunto, ma nella legge che, ai sensi del-
l’art. 1374 c.c., integra gli effetti del contratto, tutelando in ambito contrattua-
le quegli stessi interessi del contraente danneggiato che, nei rapporti extracon-
trattuali, sono protetti dalle norme che danno fondamento alla responsabilità
aquiliana. Pur in presenza di un medesimo bene tutelato, e di un’identica fon-
te dell’obbligazione risarcitoria, che è pur sempre la legge, il concorso tra le
due specie della responsabilità civile sarebbe escluso dal rapporto di comple-
mentarità che la disciplina della responsabilità delittuale assume nei riguardi
di quella contrattuale. Le regole sulla responsabilità contrattuale troverebbero
esclusiva applicazione ogni qualvolta il danno sia la conseguenza immediata e
diretta dell’inadempimento di una preesistente obbligazione, che abbia la sua
fonte nel contratto o nella legge. Questo orientamento della dottrina italiana si
allinea, così, al principio del non-cumul osservato dalla scienza giuridica fran-
cese, il quale impedisce alla vittima di potersi avvalere, anche quando ne abbia
interesse, delle regole della responsabilità delittuale, allorché sono presenti «le
20
condizioni che danno alla responsabilità natura contrattuale» .
Anche in Italia, così come in Francia, ci si è chiesti quali siano i momenti
21 22
«iniziale» e «di cessazione» della responsabilità del vettore per i danni su-
biti dal trasportato. Posto che il contratto di trasporto è caratterizzato dal
23
principio di libertà delle forme e che tale contratto si perfeziona, di norma,
con l’accettazione da parte del viaggiatore dell’offerta del vettore, ovvero con
l’accettazione da parte del vettore dell’offerta del viaggiatore, si è rilevato co-
me il momento di formazione del contratto possa non coincidere con quello
16
Testualmente, Cass., 16 aprile 1951, n. 933, in Riv. dir. comm., 1952, II, p. 2.
17
Cass., 16 marzo 1953, n. 633, in Giust. civ., 1953, p. 873.
18
In questi termini spiega l’orientamento della giurisprudenza, M. IANNUZZI, Del trasporto, cit.,
p. 86 s.
19
A. ASQUINI, Massime non consolidate in tema di responsabilità nel trasporto di persone, in Riv.
dir. comm., 1951, II, p. 4 ss.
20
Per tutte, Cass., I Ch. civ., 9 mars 1970, in Rev. trim. dr. civ., 1971, p. 139; conf., tra le tante,
Cass. civ., 11 janvier 1989, in Sem. jur., 1989, II, Jur., 21326.
21
In questi termini, ad es., L.F. PAOLUCCI, op. cit., p. 36.
22
V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 98.
23
Per tutti, A. ASQUINI, voce Trasporto di persone (contratto di), in Noviss. dig. it., XIX, Torino,
1973, p. 615; da ultimo, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 83.
450 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
24
dell’esecuzione dello stesso ed, in particolare, con l’esigibilità dell’obbliga-
zione di condurre il passeggero incolume a destinazione. In presenza di un
contratto formalmente concluso, l’obbligazione di sécurité diviene esigibile dal
momento in cui il contratto inizia ad essere eseguito. In assenza di una conclu-
sione espressa del contratto, la dottrina e la giurisprudenza italiane, conside-
25
rando il biglietto di viaggio un mero documento di legittimazione , ammetto-
no la conclusione del contratto di trasporto – almeno per quanto riguarda i
26
servizi pubblici non ferroviari – per comportamento concludente , mediante
27
l’ingresso del viaggiatore nel mezzo di trasporto .
Per quanto la scienza giuridica francese sembri maggiormente ossequiosa
dei dogmi volontaristici, almeno con riferimento allo schema tipico di forma-
zione del contratto di trasporto, richiedendo, per la sua conclusione, due ma-
nifestazioni di volontà esplicitamente espresse dalle parti, salvo poi a prevede-
re l’eccezione alla regola rappresentata dalla stipulation pour autrui tacite (gio-
cata pur sempre sul piano della dichiarazione di volontà, anche se tacita o im-
plicita), le regole operazionali risultano analoghe. L’esecuzione del contratto
di trasporto, racchiusa nella nozione di “viaggio” (art. 1681, comma 1), quan-
to all’individuazione dei suoi momenti iniziale e finale, per un verso, non coin-
cide necessariamente con la “formazione” del contratto, per altro verso pre-
scinde dalle idee di “movimento” o di dislocazione, comprendendo il traspor-
to sia il periodo nel quale il veicolo si muove, sia le soste effettuate per consen-
tire l’ingresso o l’uscita dei passeggeri, sia la fase che precede l’inizio del mo-
vimento del veicolo, nella quale si svolgono le operazioni preparatorie al tra-
28
sporto . Tale soluzione, suffragata dalla considerazione secondo la quale è l’af-
29
fidamento della persona , e non il movimento del veicolo, a giustificare l’ap-
plicazione della disciplina della responsabilità del vettore di cui all’art. 1681,
comma 1, si allinea perfettamente sia agli orientamenti delle Corti francesi an-
30
teriori e successivi al “caso Caramello” , sia a quella autorevole dottrina che
31
aveva individuato nel “contatto” con il mezzo di trasporto il momento inizia-
le dell’esigibilità dell’obbligazione determinata di sécurité gravante sul vettore.
Alcune differenze sono ravvisabili, invece, ma essenzialmente sotto il profi-
lo declamatorio, con riferimento alla fattispecie di conclusione del contratto e
al problema del trasporto gratuito.
24
V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 99 s.
25
In dottrina, ad es., A. ASQUINI, op. loc. ult. cit. L’orientamento è del tutto prevalente anche in
giurisprudenza: già Cass., 10 agosto 1946, n. 1173, in Foro it., 1947, I, c. 86; Cass., 28 luglio 1954, n.
2763, in Giur. it., 1955, I, 1, c. 509.
26
In questi termini, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 87.
27
Si rinvia, sul punto, alla giurisprudenza citata da L.F. PAOLUCCI, op. ult. cit., p. 129 ss.
28
Testualmente, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 85, ove cita, a suffragio di questa tesi, tre casi
leader della Cassazione.
29
Così, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 87.
30
Cfr. S.N.C.F. v. Caramello, deciso da Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
31
R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 23.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 451
32
Per questa precisazione, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 99.
33
Sul punto cfr. la giurisprudenza cit. da L.F. PAOLUCCI, op. ult. cit., pp. 129 e 130.
34
Per tutte, Cass., 9 marzo 1967, n. 558, in Giur. it., 1968, I, 1, c. 181.
35
Cass., 9 marzo 1967, n. 558, cit., c. 181.
36
Testualmente, Cass., 24 ottobre 1960, n. 2875, in Resp. civ. prev., 1960, p. 305; Cass., 23 giugno
1958, n. 2212, in Mass. Giust. civ., 1958, p. 789.
37
Cass., 21 luglio 1979, n. 4388, in Rep. Foro it., 1979, voce Trasporto, n. 12.
38
Ad es., Cass., 17 giugno 1964, n. 1542, in Arch. giur. circol., 1965, p. 309, la quale ribadisce che,
mentre nei trasporti ferroviari il contratto di trasporto si perfeziona con l’acquisto del biglietto, nei
trasporti autofilotramviari basta, invece, che il viaggiatore abbia posto il piede sul predellino della
vettura.
39
Cass., 17 giugno 1964, n. 1542, cit., p. 309.
452 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
45
Cass., 8 ottobre 1959, n. 2717, cit., nn. 4 e 5.
46
Discorre di «voiturier complaisant» R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 17.
47
Per tutti, M. STOLFI, Appalto-Trasporto, in Tratt. di dir. civ. diretto da Grosso e Santoro Passa-
relli, V, 4, Milano, 1966, p. 122 s.
48
Così, invece, E. VALSECCHI, Responsabilità per trasporto amichevole e onere della prova, in Riv.
dir. comm., 1947, II, p. 344 s.
49
Cfr. M. COMPORTI, Esposizione al pericolo e responsabilità civile, Napoli, 1965, p. 316.
50
In questo senso, invece, A. ASQUINI, Massime non consolidate in tema di responsabilità nel tra-
sporto di persone, in Riv. dir. comm., 1952, II, p. 14 s.
51
In questi termini, invece, A. MONTEL, Ancora in tema di responsabilità per trasporto terrestre a
titolo di cortesia, in Foro pad., 1948, I, c. 203; D.R. PERETTI GRIVA, Trasporto amichevole o di cortesia,
ivi, 1957, I, c. 482.
52
Per l’espressione tra virgolette, cfr. V. BUONOCORE, I contratti, cit., p. 78.
454 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
c.c.; 409, 412, 942 e 951 c. nav.) ed a norme che tali presunzioni non conten-
53
gono (art. 2043 c.c.)» .
La distinzione tra trasporto gratuito e trasporto amichevole o di cortesia,
estremamente chiara sotto il profilo declamatorio e dogmatico, ha lasciato
54
«aperti problemi di non poco momento» : sia in ordine alla qualificazione di
fattispecie concrete assai dubbie, che si ponevano al confine tra le due ipote-
55
si e che hanno indotto a parlare di un «“apprendista stregone” trasformato
56
per l’occasione in “apprendista vettore”» ; sia per la difficoltà di discernere i
casi sulla base di un polisenso “interesse” del vettore che, pur essendo stato
57
inteso quasi sempre in senso economico e patrimoniale (senza considerare
quanto disposto dall’art. 1174 c.c.), ha dato luogo a decisioni opinabili e spes-
58
so contraddittorie ; sia con riferimento alla disparità di trattamento derivante
dalla frantumazione dei diversi criteri di imputazione della responsabilità ap-
plicabili ad un medesimo “fatto” del vettore, per i danni alla persona subiti da
passeggeri tutti trasportati in uno stesso “viaggio”, alcuni a titolo gratuito o
oneroso (e risarciti ai sensi dell’art. 1681), altri a titolo “di cortesia” (che, sem-
mai, non erano stati in grado di assolvere all’onere probatorio di cui all’art.
2043 c.c.); sia in relazione alla responsabilità da inadempimento o da ritardo.
Sulla base della disciplina applicabile al trasporto amichevole sarebbe stato
esente da responsabilità colui che, dopo aver promesso ad un conoscente di
portarlo in un determinato luogo per il disbrigo di un affare di massima ur-
genza e importanza, «si sia poi, capricciosamente, rifiutato di tener fede alla
promessa», pur avendo il conoscente fatto affidamento sulla seria e incondi-
zionata proposta, che lo ha indotto a rinunziare «ad un altro, tempestivo e
59
possibile mezzo di trasporto» .
53
V. BUONOCORE, op. loc. ult. cit.
54
V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 76.
55
Ad es., è stato considerato trasporto di cortesia quello effettuato dal proprietario di un autovei-
colo che aveva soccorso un’autocisterna, bloccata da avverse condizioni meteorologiche, senza corri-
spettivo ma con l’impegno degli autisti di quest’ultima di risarcire gli eventuali danni che avrebbe
subito il mezzo di soccorso (App. Trieste, 6 marzo 1981, in Riv. giur. circol. trasp., 1982, p. 861).
56
Così, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 69, ove dà conto dell’arbitrarietà dei criteri seguiti dalla
giurisprudenza.
57
Se l’esempio più ricorrente è quello del datore di lavoro che si sia impegnato al trasporto dei
propri dipendenti nel luogo dove deve essere eseguita la prestazione lavorativa (per tutte, Cass., 28
aprile 1967, n. 790, in Resp. civ. prev., 1968, p. 56; Cass., 13 novembre 1972, n. 3364, ivi, 1973, p.
288), è rinvenibile qualche ipotesi, qualificata come trasporto gratuito, in cui l’interesse del vettore
assume rilievo anche se ha natura non patrimoniale: tale è l’interesse del vettore a godere della com-
pagnia del trasportato durante il viaggio, sempre che sia possibile accertare che tale dato abbia condi-
zionato positivamente l’assunzione dell’obbligo di trasportare (cfr. Cass., 15 settembre 1981, n. 5098,
in Riv. giur. circol. trasp., 1982, p. 94).
58
Per l’esame della casistica giurisprudenziale si rinvia a V. BUONOCORE, op. ult. cit., pp. 69-71,
anche in nota 115.
59
V. BUONOCORE, op. loc. ult. cit.; e già, D.R. PERETTI GRIVA, Ancora in tema di trasporto di cor-
tesia, in Giur. it., 1964, I, 2, c. 522.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 455
16.
456 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
responsabili e terzi beneficiari nell’assicurazione obbligatoria della r.c. auto, in Resp. civ. prev., 1982, p.
291 ss., e F. PADOVINI, Rapporti di parentela e nozione di terzo nella assicurazione obbligatoria auto,
ivi, 1982, p. 319 ss.).
69
Con la consueta chiarezza, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, III éd., 2006, cit., p. 699.
70
Per le espressioni tra virgolette, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
71
Cass., Ch. mixte, 20 décembre 1968, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 37; adde Cass. civ., 15 no-
vembre 1972, ivi, 1973, Jur., p. 533, con nota di F. CHABAS.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 457
72
Cfr. Trib. gr. inst. Paris, 5 mai 1982, in Rev. trim. dr. civ., 1982, p. 604, con il commento di G.
DURRY; Cass., II Civ., 5 octobre 1988, in Bull. civ., II, 1988, n. 189.
73
Così, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
74
Le espressioni tra virgolette sono di G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 1289 s.
458 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
80
Oltre ad App. Bordeaux, 10 janvier 1917, in Rec. Dalloz, 1917, II, p. 31, cfr. l’ulteriore giuri-
sprudenza citata in R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 22, in nota 90.
81
App. Montpellier, 4 décembre 1913, cit. in R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
82
App. Angers, 24 avril 1951, in Rec. Dalloz, 1951, Jur., p. 460.
83
App. Lyon, 12 mars 1921, in Rec. Dalloz, 1921, II, p. 168.
84
Per tutti, R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, spec. nn. 22 e 24.
85
Sulla quale, cfr. R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 24.
460 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
86
tempo in quella «situazione irregolare» , la quale, tra l’altro, era stata notata
anche dagli agenti della Compagnia presenti sul veicolo. Eguale soluzione ave-
va riguardato il passeggero che aveva subito la rottura del pollice nella chiusu-
87
ra della portiera, nel momento in cui stava salendo sull’autoveicolo , e il viag-
giatore che si era ferito nel prendere posto su un autobus che non era «in par-
tenza», ma che si trovava al capolinea, «sotto lo sguardo degli agenti dell’im-
88
presa» .
La regola che escludeva l’esigibilità dell’obbligazione di sécurité nella fase
di salita sull’autobus o sul tram, oltre ad essere in aperta collisione con la solu-
zione assai più garantista adottata per il trasporto ferroviario, non aveva una
sua giustificazione razionale e mal si prestava a disciplinare quelle ipotesi nelle
quali il contratto di trasporto era stato stipulato in un momento anteriore ri-
spetto alla salita del passeggero sul mezzo di trasporto. All’epoca ciò si verifi-
cava per i titolari di un contratto di “abbonamento”, per coloro che erano
ammessi a viaggiare gratuitamente per esigenze di servizio, per i passeggeri
89
che utilizzavano i trasporti pubblici in quelle città (Algeri, ad es.) nelle quali
il prezzo del biglietto era riscosso anteriormente alla salita sul veicolo. Oggi, a
seguito di una pressoché integrale meccanizzazione delle procedure di emis-
sione dei biglietti, il passeggero, quasi sempre, deve essere in possesso del tito-
lo di viaggio già al momento della salita sul mezzo di trasporto, ove dovrà pro-
cedere alla sua obliterazione (autobus, tram, ecc.), allorché tale operazione non
sia stata già compiuta per accedere alla stazione (metro, ad es.) o in occasione
di un precedente tragitto (per i biglietti orari).
90
La proposta, già avanzata negli anni ’50 da un’autorevole dottrina , di
considerare coperta dall’obbligazione di sécurité anche la fase dell’entrata in
un qualsiasi veicolo, a prescindere dall’eventualità che il prezzo del biglietto
fosse stato già corrisposto, trovava fondamento non certo in un atto «materia-
91
le di prensione» del veicolo, richiesto da un malinteso «carattere reale del
92
contratto di trasporto» , mediante il quale il passeggero prenderebbe «posses-
93
so del veicolo al quale ha libero accesso» , bensì nell’esigenza di considerare
94
«le modalità [temporali] di pagamento del prezzo» del tutto irrilevanti ai fini
sia della stipula del contratto di trasporto, sia dell’esigibilità dell’obbligazione
di sécurité. Il salire sulla vettura non poteva essere considerato «un atto sem-
86
Lo rileva R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 22. Per il caso deciso in giurisprudenza, cfr. Req., 7
mai 1935, in Rec. Sirey, 1935, I, p. 206.
87
Cfr. App. Nancy, 1 mars 1950, in Sem. jur., 1950, II, Jur., 5892, con nota di J. HÉMARD.
88
Queste circostanze sono sottolineate da R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 22, nel commentare la
decisione assunta da Cass civ., 20 avril 1942, ivi cit.
89
Lo ricorda R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 24.
90
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
91
Così, invece, R. ROGER, Note, in Rec. Dalloz, 1946, p. 165, col. 2 (il corsivo è aggiunto).
92
Contra, R. ROGER, op. loc. cit. (il corsivo è aggiunto).
93
Questa ricostruzione è condivisa, in giurisprudenza, da App. Nancy, 1 mars 1950, cit., 5892.
94
Così, R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 461
95
plicemente materiale» , poiché «si compie con il consenso del vettore e segna
96
il momento in cui questi assume la sicurezza dei suoi passeggeri» . Rappre-
sentando l’obbligazione di sécurité «una conseguenza necessaria dell’obbliga-
zione di trasportare», essa risultava collegata al «trasferimento ottenuto me-
diante un apparecchio mobile affetto da una certa velocità e, anche se immo-
bile, congegnato in maniera da raggiungere nel tempo promesso il punto di
97 98
destinazione» . Era soltanto il «contatto» con questo congegno a rilevare ai
fini dell’assunzione, da parte del vettore, dell’obbligazione di sécurité, mentre
«nessuna considerazione» doveva essere accordata «alla sistemazione nei locali
99
destinati all’attesa del pubblico» , al fatto che il viaggiatore fosse all’interno o
100
all’esterno della stazione , alla circostanza che si trattasse di una stazione fer-
roviaria o di autobus.
Secondo questa opinione, che precorre (e modifica) la successiva evoluzio-
ne della giurisprudenza francese in materia, in qualsiasi ipotesi di trasporto
l’obbligazione di sécurité era esigibile «dall’istante in cui il viaggiatore prende
contatto con una parte qualsiasi del mezzo che deve condurlo a destinazio-
101
ne» . Questa nuova idea, da un lato, aveva il merito di rappresentare una so-
luzione equilibrata rispetto a quelle che proponevano ora di “anticipare” l’ob-
bligazione di sécurité al momento dell’ingresso nella stazione di partenza, ora
di “posticipare” la sua esigibilità al momento della percezione del prezzo del
biglietto sul veicolo. Dall’altro, aveva l’ulteriore pregio di uniformare la disci-
plina di tale rapporto in tutti i contratti di trasporto terrestre, eliminando in-
comprensibili diversità di disciplina per il trasporto ferroviario e per quello
effettuato mediante autobus, pullman o tram.
L’unica ipotesi che sembrava richiedere una differente soluzione era quella
del trasporto aereo, in virtù delle particolari modalità che caratterizzano il tra-
sferimento dei passeggeri all’interno degli aeroporti. Questi, allorché non si
avvicinano liberamente e individualmente all’apparecchio nel quale devono
prendere posto, «sono accompagnati fino all’entrata della passerella che con-
duce alla porta della carlinga e l’itinerario, più o meno lungo, che essi effet-
tuano nell’aria dell’aerodromo è guidato da un preposto della compagnia di
102
trasporto aereo» . In questi casi, l’obbligazione di sécurité doveva iniziare a
gravare sul vettore non dal momento in cui i passeggeri entrano nell’aerosta-
zione, e neppure da quello (immediatamente successivo) in cui «sono pregati
di attendere nelle dipendenze più o meno spaziose dell’aeroporto, perché essi
95
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
96
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
97
Testualmente, R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
98
Lo sottolinea R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
99
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
100
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
101
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
102
R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 25.
462 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
103
godono ancora della loro libertà di movimento» , bensì dall’istante in cui i
104
viaggiatori penetrano nella zona nella quale sono guidati verso l’apparecchio .
A differenza di quanto avviene negli altri casi, e soprattutto per gli accidents de
gare, nel trasporto aereo l’obbligazione di sécurité sarebbe esigibile dal pas-
seggero anche per gli incidenti di aérogare che si sono verificati fin dal mo-
mento in cui la sua libertà di movimento è stata limitata, al fine di dover assi-
curare la sicurezza collettiva.
109
stante con certezza che egli «non era munito di alcun titolo di trasporto» , era
una circostanza idonea a consentire alla corte del merito di «dedurre che egli
110
aveva viaggiato regolarmente e che era legato contrattualmente alla S.N.C.F.» .
La Cassazione, in questo caso, aveva ribadito il suo orientamento del tutto
prevalente, secondo il quale il viaggiatore doveva «semplicemente stabilire che
l’incidente si era prodotto nel corso del trasporto, senza dover provare né la
111
causa dell’accidente né il suo rapporto con il trasporto» .
Una differente posizione viene assunta, invece, dalla Corte di appello di
112
Parigi la quale, nel giudicare su un incidente occorso ad una passeggera che
era caduta all’interno di un vagone ferroviario, dichiara la responsabilità della
S.N.C.F. poiché lo sgabello utilizzato per salire sulla cuccetta non era stato fis-
sato e, dunque, si era richiuso bruscamente al momento in cui il treno era par-
tito dalla stazione. L’accertamento della responsabilità è interamente fondato
sulla faute della S.N.C.F., la quale «non avrebbe dovuto far utilizzare ai viag-
giatori un materiale la cui stabilità non era stata assicurata in ogni circostanza,
senza almeno avere fornito le istruzioni che avrebbero loro permesso di verifi-
113
care la chiusura dello sgabello» .
114
Un’autorevole dottrina si dichiara stupita «da questa ricerca della faute» ,
in presenza di un’obbligazione di sécurité di risultato che gravava sul vettore. I
giudici avevano tentato di trasformare l’obbligazione determinata in un’obbli-
gazione di diligenza, in considerazione del fatto che, al momento dell’inci-
dente, la viaggiatrice aveva posto in essere un atto «del quale aveva l’iniziati-
115 116
va» . Ma tale regola è stata considerata «eretica» . In primo luogo, perché,
in materia di contratto di trasporto, «non è possibile distinguere tra i momenti
117
nei quali il passeggero dispone di una certa libertà e gli altri» . In ogni ipote-
si, «dall’istante in cui il passeggero sale in vettura e fino al momento in cui ne
118
scende, l’obbligazione del vettore è di risultato» . Diversamente, «al fine di
109
Cass., I Ch. civ., 15 mars 1965, cit., p. 448.
110
Cass., I Ch. civ., 15 mars 1965, cit., p. 448.
111
In questi termini, la Note di richiami pubblicata, a margine della decisione, in Rec. Dalloz,
1965, Jur., p. 448. Secondo l’annotatore, un’ipotesi nella quale il viaggiatore non era, invece, protetto
dall’obbligazione di sécurité era «en particulier lorsqu’il est descendu du train en cours de route met-
tant ainsi fin au contrat et est ensuite revenu à la gare où en l’absence de tout préposé à la délivrance
des billets il a pénétré sur le quai et a été trouvé blessé plusieurs heures plus tard» (in argomento v.,
altresì, Cass., I Ch. civ., 29 juin 1960, in Bull. civ., 1960, I, n. 354, p. 291). Per quanto riguarda la re-
sponsabilità della S.N.C.F., per faute della vittima, in un caso nel quale questa non era munita di bi-
glietto, cfr. Cass., I Ch. civ., 10 juin 1963, in Rec. Dalloz, 1964, Somm., p. 9.
112
App. Paris., 20 mai 1974, in Sem. jur., 1975, 18073, con nota di R. KŒRING-JOULIN.
113
Lo riferisce G. DURRY, L’initiative dont dispose parfois le voyageur durant le transport fait-elle
disparaître l’obligation de résultat pesant sur le transporteur?, in Rev. trim. dr. civ., 1975, p. 724 s.
114
G. DURRY, op. ult. cit., p. 725.
115
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
116
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
117
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
118
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
464 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
fettuare alcuna distinzione in ragione del ruolo più o meno attivo che incombe
130
sul passeggero» . Poiché l’incidente si era verificato «mentre la Signora Ri-
131
deau scendeva dal vagone» , e cioè in costanza di un “contatto” tra il pas-
seggero ed il veicolo, la Corte d’appello aveva «esattamente deciso, senza in-
vertire l’onere della prova, che la S.N.C.F. era interamente responsabile, poi-
ché essa non aveva dimostrato l’esistenza di una faute della vittima o di una
132
causa di forza maggiore» .
133
La soluzione è considerata del tutto apprezzabile ed è perfettamente in
linea con la regola che impone “sempre” al vettore un’obbligazione di sécurité
di risultato, sia durante l’esecuzione del rapporto di trasporto caratterizzato
dal movimento, dal trasferimento nello spazio di una persona da un luogo ad
un altro, sia durante le fasi della salita o della discesa, dell’entrata e dell’uscita
dal veicolo, per tutti «gli incidenti sopravvenuti dall’istante in cui il viaggiatore
ha preso contatto con il vagone e fino al momento in cui lo ha completamente
134
abbandonato» , senza che «alcuna distinzione debba essere fatta secondo il
135
ruolo più o meno attivo» della vittima. Questo parametro sarebbe privo di
136
«ogni fondamento teorico» e, quanto meno nel contratto di trasporto, non
potrebbe mai essere considerato «il criterio della distinzione tra le obbligazio-
137
ni di mezzi e quelle di risultato» .
Con riferimento alla seconda classe d’incidenti, definiti come accidents de
gare, perché intervenuti durante la permanenza del passeggero nell’area pro-
tetta della stazione di partenza o di quella d’arrivo, il pur consolidato orienta-
138
mento della Cassazione non aveva avuto un eguale conforto in dottrina . La
maggior parte dei casi decisi aveva riguardato incidenti subiti dai passeggeri
che erano caduti mentre scendevano le scale della stazione o che erano scivo-
lati su pavimenti più o meno sdrucciolevoli. Nel 1961, nell’arrêt «detto de “la
139
gare Saint-Lazare”» , la Cassazione estende ulteriormente l’esigibilità del-
140
l’obbligazione di sécurité di risultato anche al di fuori del perimetro “chiuso
al pubblico” della stazione, decidendo un caso nel quale una passeggera (tale
demoiselle Lambert) si era fratturata una caviglia nello scendere la scala che
130
Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, cit., 18477.
131
Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, cit., 18477.
132
Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, cit., 18477.
133
Così, sia R. RODIÈRE, Observations a Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, in Sem. jur., 1976, II, Jur.,
18477, sia G. DURRY, op. ult. cit., p. 138 s.
134
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
135
G. DURRY, op. ult. cit., p. 138.
136
Così G. DURRY, op. ult. cit., p. 139.
137
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
138
Cfr., soprattutto, R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 23.
139
Tale appellativo è riferito da G. C.-M., Note a Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz,
1969, Jur., p. 641.
140
Quest’ultima qualificazione non è espressamente contemplata nella decisione (così come inve-
ce accadrà nella maggior parte delle sentenze che hanno ad oggetto contratti “analoghi” a quello di
trasporto), ma emerge incontestabilmente dal significato complessivo dell’arrêt.
466 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
141
conduceva dalla hall all’esterno . Nonostante ella avesse già restituito il suo
142
titolo di viaggio , poiché, al momento dell’incidente, si trovava «al di fuori
del recinto non aperto al pubblico, in una scala accessibile da ogni persona,
143
senza che un’autorizzazione o un titolo di trasporto fossero necessari» , la
S.N.C.F. era stata considerata comunque responsabile in virtù dell’obbligazio-
ne di sécurité-résultat posta a carico del vettore, in quanto «l’incidente oggetto
144
del litigio si era prodotto prima della cessazione del contratto di trasporto» .
La viaggiatrice, «come conseguenza del contratto di trasporto, doveva neces-
sariamente attraversare [le dipendenze della stazione] al fine di guadagnare
145
l’uscita» . Sulla base di questa considerazione di tipo funzionale «l’obbliga-
zione di sicurezza posta a carico del vettore non poteva essere considerata
146
estinta» .
Questo orientamento, ancor prima di essere esteso da questa decisione alle
zone “aperte al pubblico” della stazione, era stato criticato, da lungo tempo,
147
per la «confusione» ingenerata tra «una misura di controllo istituita dal vet-
tore [...] nelle stazioni chiuse e il punto di partenza di una situazione contrat-
148
tuale» . Si era rilevato che «la parte interna di una stazione non si distingue
149
giuridicamente da quella che è posta al di là della porta d’accesso» . Gli uti-
lizzatori non sono «più o meno liberi nell’una o nell’altra parte, nelle sale
150
d’attesa o in quella dei passi perduti» . Se i pericoli dell’attività ferroviaria
«si accentuano all’interno della stazione, ciò significa che le misure di sicurez-
za devono essere rafforzate, ma il pericolo non è maggiore nella sala d’attesa
151
che dà sui binari piuttosto che nelle sale situate all’esterno» . Non si com-
prendeva perché il viaggiatore dovesse essere protetto in maniera maggiore
152
«nella buvette della stazione piuttosto che al “Café de la Gare”» . Per di più,
«le misure di sicurezza che i capitolati e i regolamenti imponevano alle impre-
se ferroviarie erano state emanate nell’interesse pubblico, dei viaggiatori e dei
non viaggiatori, e nessuna conclusione poteva essere tratta dalla situazione
153
giuridica particolare dei passeggeri» .
141
Cfr. Cass., I Ch. civ., 17 mai 1961, in Rec. Dalloz, 1961, Jur., p. 532 s.
142
Cass., I Ch. civ., 17 mai 1961, cit., p. 533.
143
Lo afferma Cass., I Ch. civ., 17 mai 1961, cit., p. 533.
144
Cass., I Ch. civ., 17 mai 1961, cit., p. 532.
145
Cass., I Ch. civ., 17 mai 1961, cit., p. 533.
146
Cass., I Ch. civ., 17 mai 1961, cit., p. 533.
147
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
148
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
149
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
150
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
151
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
152
Così R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit. Infatti, l’esigibilità di un’obbligazione di sécurité-résultat è
negata ai clienti di un caffè (Req., 13 novembre 1945, in Sem. jur., 1946, II, 3040, annotata da R. RO-
DIÈRE).
153
R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 23.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 467
154
«Infondata in diritto» , questa giurisprudenza è giudicata «insufficiente e
155
imprecisa nelle sue applicazioni pratiche» . La regola poteva riguardare il
viaggiatore che, munito di un biglietto già convalidato, «usciva dalla stazione
156
per acquistare un giornale o delle sigarette» , gli abbonati, «che non avevano
157
nulla da farsi punzonare» , le stazioni “aperte al pubblico”, che già all’epoca
158
esistevano in «numerose linee secondarie» .
Quindi, l’obbligazione di sécurité sarebbe stata esigibile soltanto «dal mo-
159
mento in cui il viaggiatore sale sul treno che deve condurlo a destinazione» .
Più precisamente, dall’istante «nel quale egli prende contatto con il macchina-
rio, sia che metta il piede sul predellino, sia che ponga la mano sulla maniglia
160
della portiera o sul corrimano di sostegno predisposto a tale scopo» .
sesso del biglietto) nel perimetro interno o, invece, nello spazio esterno della
stazione. In presenza di un’identica caduta patita dallo stesso passeggero nella
medesima stazione, nel primo caso la giurisprudenza applicava il regime di re-
sponsabilità contrattuale derivante dall’inadempimento dell’obbligazione di
sécurité di risultato; nel secondo, le regole della responsabilità delittuale fon-
date sulla faute prouvée.
Secondo questa dottrina, dunque, era «impossibile ideare un regime razio-
nale, facendo scaturire la responsabilità del vettore dal contratto, così come la
178
giurisprudenza ricostruiva» tale fenomeno. Inoltre era «ingiustificabile trat-
tare il vettore, nel caso di caduta del viaggiatore in una sala d’attesa o sul mar-
179
ciapiede, diversamente dal gestore di un albergo» . Una siffatta disparità di
trattamento non era comprensibile: anche perché, in entrambe le ipotesi, l’in-
cidente si era verificato «in un luogo del quale il [debitore] aveva il gover-
180
no» . Nulla poteva impedire, invece, alla giurisprudenza di decidere che l’ob-
bligazione determinata di sécurité trovasse applicazione allorché l’incidente si
181
era verificato nel corso del trasporto . D’altronde, «la formula delle senten-
ze» faceva riferimento al fatto che «il vettore si obbligava a condurre il viag-
182
giatore sano e salvo a destinazione» . Ma era possibile arrivare a destinazione
183
soltanto se «la partenza aveva avuto luogo» . La formula della giurispruden-
184
za «implicava il movimento, come l’elemento stesso del trasporto» . In essa
«si trovava un’applicazione dell’idea secondo la quale era il movimento a giu-
185
stificare un regime speciale di responsabilità» .
Pur senza individuare nel “movimento” il fondamento della responsabili-
tà del vettore, con il rischio di escludere l’obbligazione di sécurité di risultato
– oltre che per gli accidents de gare – pure per le fasi di entrata e di uscita da
un veicolo non “in movimento”, anche André Tunc aveva avuto modo di ri-
186
levare la «discriminazione» tra le diverse soluzioni giuridiche applicabili
187
«al viaggiatore che scivola sul pavimento di una stazione (ferroviaria)» e,
viceversa, a colui il quale cade sul suolo di uno stabilimento balneare o ter-
male, sul bordo di una piscina, in una pista per pattinaggio, ecc. L’esimio
autore aveva messo in guardia la scienza giuridica francese dalle «regole ri-
188 189
strette» e dalle «formule troppo rigide» , auspicando soluzioni «inter-
178
P. ESMEIN, op. ult. cit., p. 4.
179
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
180
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
181
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
182
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
183
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
184
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
185
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
186
Così G. C.-M., op. loc. ult. cit.
187
A. TUNC, in Rev. trim. dr. civ., 1961, p. 670.
188
A. TUNC, op. loc. ult. cit.
189
A. TUNC, op. loc. ult. cit.
470 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
190
medie» . In tal senso aveva proposto di limitare l’obbligazione di risultato
del vettore, in quanto «conseguenza necessaria dell’obbligazione di trasporta-
191 192
re» , al «trasporto nel senso usuale del termine» . L’obbligazione di sécuri-
té-résultat avrebbe dovuto essere esigibile soltanto «tra il momento in cui il
viaggiatore sale sul treno che deve condurlo a destinazione e quello in cui vi
193
discende» , mentre le fasi «anteriori e successive al viaggio, allorché il viag-
194
giatore è nella stazione ma non sul treno» , avrebbero dovuto essere discipli-
195
nate da «una semplice obbligazione generale di prudenza e di diligenza» .
A seguito di queste pressanti critiche della dottrina, la Cassazione inizia a
196
prendere «coscienza degli abusi ai quali poteva condurre la [sua] posizione»
197 198
in un arrêt del 1964 , con il quale cerca di «attenuarne gli inconvenienti» .
Al fine di approvare la decisione della Corte d’appello che aveva esonerato la
R.A.T.P. da ogni responsabilità per un incidente accaduto ad una viaggiatrice
sulla scalinata di una stazione del metro che immetteva sui binari, la Suprema
199
corte «è costretta a ricorrere» a una generica nozione di «esecuzione» del
contratto di trasporto. Poiché la vittima, al momento della caduta, non aveva
ancora punzonato il suo biglietto, i giudici di merito, a buon diritto, avevano
potuto decidere che «l’esecuzione del contratto di trasporto, la sola a poter
200
riguardare l’applicazione dell’art. 1147 c.c., non era già iniziata» .
Tuttavia, oltre a confondere l’esecuzione del contratto con «la detenzione
201
(dal suo rilascio alla restituzione) del titolo di trasporto dell’utilizzatore» ,
questa decisione era stata del tutto reticente nel «distinguere, ai fini dell’appli-
cazione dell’obbligazione di risultato, nell’esecuzione del contratto di traspor-
to, ciò che costituiva il trasporto propriamente detto da tutto ciò che lo prece-
202
deva o lo seguiva» . La Cassazione aveva mancato di precisare proprio «ciò
203
che bisognava intendere come esecuzione del contratto di trasporto» .
Questa lacuna verrà colmata nella decisione assunta dalla Suprema Corte il
204
1° luglio del 1969 . A differenza dei giudici di merito, i quali, seguendo l’orien-
tamento ancora dominante, avevano affermato che «l’esecuzione del contratto
190
A. TUNC, op. loc. ult. cit.
191
R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 24.
192
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
193
A. TUNC, op. loc. ult. cit., il cui pensiero verrà ripreso dalla Cassazione nel “caso Caramello”.
194
A. TUNC, op. loc. ult. cit.
195
A. TUNC, op. loc. ult. cit.
196
Così G. C.-M., op. loc. ult. cit.
197
Cass., I Ch. civ., 12 février 1964, in Rec. Dalloz, 1964, Jur., p. 358.
198
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
199
Lo rileva G. C.-M., op. loc. ult. cit.
200
Cass., I Ch. civ., 12 février 1964, cit., p. 358.
201
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
202
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
203
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
204
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 471
205
di trasporto era già iniziata» , poiché la caduta del Sig. Caramello «si era ve-
206
rificata nella scalinata del passaggio sotterraneo che dava accesso ai binari» ,
la Cassazione decide, per la prima volta in tema di trasporto ferroviario, che
«l’obbligazione di condurre il viaggiatore sano e salvo a destinazione» (ex art.
1147 code civ.) «esiste a carico del vettore solo durante l’esecuzione del con-
tratto di trasporto, cioè a partire dal momento in cui il viaggiatore inizia a mon-
207
tare sul veicolo e fino al momento in cui egli ha terminato di scenderne» .
208
La «preoccupazione di precisione» che la Suprema corte manifesta nel
dettare questa definizione è dovuta all’esigenza di «determinare i limiti del-
209
l’obbligazione di risultato» . L’aver rifiutato d’individuare la soluzione del
210
problema nel «contatto» con il mezzo di trasporto «tendeva ad evitare d’in-
globare entro questi limiti altri casi di “contatto” con il veicolo, che non avreb-
211
bero giustificato l’operatività di un’obbligazione di risultato» .
La decisione resa sul “caso Caramello”, che a torto una parte della dottrina
212
dell’epoca considerò non come «un revirement véritable» , ma come una
213
semplice «evoluzione» dell’orientamento della Cassazione e un mero «colpo
214
di freno» , assurge ad autentico leading case che informerà l’intera giurispru-
denza successiva. La nuova regola posta dalla Suprema corte verrà considerata
215
«una soluzione che soddisfa, con il diritto, la logica e l’equità» . In tal modo
il trasporto ferroviario riprenderà quella posizione di centralità che aveva ac-
216
quisito fin dalle decisioni della Cassazione del 1913 , «la quale aveva svolto,
217
in questo campo, opera creatrice» e continuerà ad essere, ancora per molti
lustri, il modello ordinante l’intero settore del diritto dei trasporti.
218
6. Il principale merito del “caso Caramello” è quello di aver identificato
con sufficiente precisione le vicende dell’obbligazione determinata di sécurité,
individuando i momenti iniziale e finale entro i quali tale obbligazione grava
sul debitore dell’obbligazione di trasportare. Poiché l’esigibilità dell’obbliga-
zione di sécurité-résultat viene fatta coincidere con la sola esecuzione del rap-
205
La circostanza è riferita da Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 641.
206
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 641.
207
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640.
208
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
209
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
210
Così, invece, R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 23.
211
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
212
Contra, infatti, G. C.-M., op. loc. ult. cit.
213
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
214
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
215
G. C.-M., Note, cit., p. 642.
216
Cass., I Ch. civ., 27 janvier 1913 e 21 avril 1913, in Rec. Dalloz, 1913, I, pp. 253 ss., 256 s.
217
Lo sottolinea G. C.-M., op. cit., p. 641.
218
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s. (sulla quale, retro, il § prec.).
472 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
219
Cfr. R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 28 s.
220
In questi termini si pronunzierà l’orientamento immediatamente successivo della Cassazione
(Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, in Rec. Dalloz, 1970, Jur., p. 767 s.), sul quale v., infra, il § 8.
221
Su queste posizioni era già R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, nn. 28 e 29, molto prima che
la Cassazione si pronunziasse sul «caso Caramello».
222
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 632 s.
223
Cass., I Ch. civ., 19 janvier 1965, in Rec. Dalloz, 1965, Jur., p. 258.
224
Così, Cass., I Ch. civ., 19 janvier 1965, cit., p. 258.
225
Cass., I Ch. civ., 19 janvier 1965, cit., p. 258.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 473
243
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
244
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
245
In questi termini, C. ATIAS-LETRÉMY, Note a App. Paris, 17 décembre 1974, in Rec. Dalloz,
1975, Jur., p. 523.
246
Tale regola, già enunciata con chiarezza fin dai primi leading cases (Cass., 21 novembre 1911,
in Rec. Dalloz, 1913, I, p. 253; Cass., 27 janvier 1913, ivi, 1913, I, p. 255), rappresenta il fondamento
primario di ogni decisione in materia. Ad es., nella giurisprudenza di merito, App. Paris, 17 décem-
bre 1974, ivi, 1975, Jur., p. 521, e App. Paris, 21 juin 1972, ivi, 1973, Jur., p. 40, delle quali è l’espres-
sione citata nel testo tra virgolette.
247
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
476 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
248
za di una causa étrangère che non sia a lui imputabile» , anche se il suo vei-
249
colo «soddisfa le condizioni di sicurezza previste dalla legge» . Il vettore
250
«non è liberato dalla prova di non aver commesso alcuna faute» , ma deve
dimostrare «il fatto preciso di forza maggiore o di caso fortuito, estraneo ad
ogni sua faute, che ha reso impossibile l’adempimento della sua obbligazio-
251
ne» .
In presenza di una disciplina già di per sé rigorosa, che considera insuffi-
ciente la prova della diligenza da parte del vettore e, più in generale, qualsiasi
connotazione soggettiva inerente all’esecuzione della prestazione di trasporta-
re, limitando l’esonero dalla responsabilità alla prova di specifiche circostanze,
“estranee” alla sfera d’azione del debitore, la giurisprudenza francese ha ulte-
riormente aggravato tale regime, soprattutto nel trasporto stradale, escluden-
do che taluni eventi, pur “esterni” rispetto alla condotta del vettore, potessero
assumere quelle caratteristiche di esteriorità, imprevedibilità e di irresistibilità
che sono proprie del caso fortuito.
L’evoluzione giurisprudenziale in materia di “collisioni evitate”, ad esem-
pio, «si è caratterizzata per un accrescimento della severità nei confronti del
252
vettore» . Per giurisprudenza costante, fino al 1966, la manovra del terzo che
aveva intralciato improvvisamente il tragitto del veicolo di trasporto era stata
quasi sempre considerata una causa étrangère idonea ad esonerare il vettore
253
dalla responsabilità . A causa del suo carattere imprevisto e improvviso, la
manovra perturbatrice del conducente non identificato che aveva causato la
brusca frenata dell’autobus (la quale, a sua volta, aveva arrecato un danno al
passeggero che era caduto) doveva assumere quelle caratteristiche di «esterio-
rità incontestata, irresistibilità, imprevedibilità, ovvero tutte le condizioni di
254
esistenza della cause étrangère» . Ancora nel 1972, la Corte d’appello di Pari-
gi aveva affermato che «l’anormalità della manovra di un terzo, consistente nel
fatto che egli ha bruscamente tagliato la strada all’autobus in violazione delle
prescrizioni del codice della strada e della più elementare prudenza, determi-
255
na l’esonero da ogni responsabilità» per il vettore poiché, «innanzi all’osta-
colo imprevisto che gli si presentava e tenuto conto dei minimi margini di
tempo e di spazio dei quali disponeva, il conducente, la cui condotta era parti-
colarmente regolare, ha effettuato l’unica manovra di salvataggio possibile,
248
Così, App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521, e App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
249
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521.
250
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
251
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
252
C. ATIAS-LETRÉMY, op. cit., p. 523.
253
Cfr., ad es., Req., 30 septembre 1940, in Rec. Dalloz, 1940, Jur., p. 165; Cass., I Ch. civ., 30 no-
vembre 1960, ivi, 1961, Jur., p. 121; App. Paris, 31 janvier 1962, in Gaz. Pal., 1962, II, p. 233; App.
Paris, 22 janvier 1963, in Rec. Dalloz, 1963, Jur., p. 257; App. Paris, 19 octobre 1964, in Sem. jur.,
1965, II, Jur., 14220; App. Paris, 24 novembre 1965, in Rec. Dalloz, 1966, Jur., p. 235.
254
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. cit.
255
App. Paris, 4 juillet 1972, in Rec. Dalloz, 1973, Jur., p. 40.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 477
una brusca frenata che ha evitato un incidente più grave, senza aumentare il
256
rischio per i passeggeri del suo veicolo» .
257
Tale orientamento, però, si rivelava «pregiudizievole» per il trasportato e
le Corti, profittando «abbondantemente della relatività delle caratteristiche
258
della cause étrangère» , iniziarono ad ammettere sempre «meno facilmente la
259
liberazione del vettore» . Così, «il sopraggiungere dalla sinistra di una vettu-
260
ra privata che non aveva rispettato la precedenza» non è più considerato
cause étrangère che esonera il conducente il quale, «obbligato a frenare bru-
261
scamente per evitare la collisione» , provoca la caduta di un passeggero, che
s’infortuna. Poiché «i molteplici incidenti della circolazione nell’agglomerato
di Parigi obbligano a frequenti rallentamenti o a frenate più o meno istanta-
262
nee» , è compito dei vettori, «tenuti a un’obbligazione di sécurité, assumere
le misure necessarie a che i loro veicoli siano condotti e attrezzati in maniera
tale che gli utilizzatori non siano esposti a cadere e ad essere feriti in caso di
263
frenate improvvise» . Qualsiasi manovra di un veicolo non identificato «non
può essere considerata come imprevedibile o come irresistibile nelle strade di
264
Parigi alle nove e un quarto del mattino» . Pertanto, il vettore che «non si
esonera dalla presunzione di responsabilità che grava su di lui, deve essere di-
chiarato responsabile del danno, in quanto l’incidente è legato alla condotta
del veicolo e alle condizioni secondo le quali il trasporto era stato organizza-
265
to» . Nella specie, egli non aveva apportato la prova «che la caduta del pas-
seggero, a seguito di una brusca frenata, era stata per lui inevitabile e impre-
266 267 268
vedibile» . In assenza di collisione , la «causa diretta della caduta» era
costituita dal «colpo di freni dato dal conducente, il quale non rappresenta
269
una cause étrangère idonea ad esonerare» il vettore dalla responsabilità nei
confronti del trasportato.
L’aggravamento della responsabilità del vettore era già stato sancito da al-
cune decisioni della Cassazione, nelle quali si era richiesto al conducente «uno
270
sforzo particolare di previsione» . E ciò, sia perché, nella specie, egli aveva
256
App. Paris, 4 juillet 1972, cit., p. 40.
257
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
258
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
259
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
260
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
261
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
262
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
263
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
264
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521.
265
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
266
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
267
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521 s.
268
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521.
269
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 522.
270
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
478 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
271
incrociato un ciclista di soli quindici anni , sia perché era giunto in prossimi-
272
tà di un incrocio, ove «avrebbe dovuto prevedere» il rischio di essere osta-
colato e ove, quindi, avrebbe dovuto fermarsi. Così, sempre in tema di “colli-
sioni evitate”, la Suprema corte ha affermato che la brusca frenata di un con-
ducente di un filobus, dovuta all’esigenza di evitare uno scontro con due au-
tovetture che erano entrate in collisione, non poteva assumere un’efficacia di
esonero per il vettore, poiché ciò costituiva «un incidente normale della circo-
273
lazione» , che non integrava la cause étrangère «normalmente imprevedibile e
274
irresistibile» . L’aggiunta «dell’avverbio “normalmente” agli aggettivi quali-
275
ficativi tradizionali introduce una valutazione più severa per il vettore» .
Questa regola troverà applicazione in quella giurisprudenza che, nel dichiara-
re responsabile l’autore di una manovra destinata ad evitare una collisione, af-
fermerà che l’incidente che aveva reso necessaria tale manovra «poteva essere
276
ragionevolmente previsto da un diligente conducente di trasporti pubblici» .
Questo orientamento, nel professare una nozione assai rigida di forza mag-
giore, resa ancor più rigorosa dall’ampio criterio della ragionevole prevedibili-
tà, tende ad escludere «implicitamente che, in assenza di collisione, la mano-
277
vra perturbatrice del terzo possa essere liberatoria» per il vettore . Secondo i
278
principi, il debitore di sécurité deve «tentare di provare che il danno subito
279
dalla vittima deriva esclusivamente da una cause étrangère» . Viceversa, l’in-
dirizzo delle Corti volto a restringere, in fatto e in diritto, la nozione di forza
maggiore «toglie al convenuto, in assenza di collisione, la possibilità d’invoca-
280 281
re i mezzi di esonero previsti dall’art. 1147 c.c.» . Ma era «dubbio» che ciò
282
avvenisse «conformemente alle regole applicabili alle liti» .
Secondo un’autorevole dottrina, questa soluzione era da considerare «inso-
283 284
stenibile» , in riferimento ai canoni classici , poiché, «dal momento in cui si
ammette l’esonero del vettore in virtù della cause étrangère, questa può sussi-
285
stere, che vi sia o no collisione» . Il problema consisterebbe nel verificare se,
in concreto, l’intervento del terzo sia stato effettivamente imprevedibile ed ir-
271
Cfr. Cass., I Ch. civ., 16 juin 1965, in Sem. jur., 1966, II, 14649.
272
Cass., I Ch. civ., 8 janvier 1964, in Rec. Dalloz, 1964, Somm., p. 61.
273
Cass., I Ch. civ., 10 novembre 1965, in Rec. Dalloz, 1966, Jur., p. 235.
274
Cass., I Ch. civ., 10 novembre 1965, cit., p. 235.
275
Così C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
276
Cass., I Ch. civ., 18 novembre 1970, in Bull. civ., I, n. 308, p. 254.
277
C. ATIAS-LETRÉMY, Note a App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 524.
278
La definizione è di C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
279
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
280
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
281
Lo afferma C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
282
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
283
G. DURRY, L’obligation de résultat, cit., p. 139.
284
Così G. DURRY, L’exonération du transporteur par le fait d’un tiers, in Rev. trim. dr. civ., 1975,
p. 726.
285
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 479
301
sano e salvo a destinazione a causa di un incidente di guida» .
La giurisprudenza, attenta più alle finalità di giustizia della regola che alla
sua ricostruzione teorica, avrebbe giustificato la responsabilità del vettore me-
302
diante una «originale analisi» della causalità, la quale si è rivelata una «bel-
303 304
la» quanto immotivata «rivincita della teoria della causa prossima» , che ha
305 306
stupito per la «ingenuità della sua messa in opera» . Nel decidere sulla ma-
novra di emergenza consistita in una «brusca frenata effettuata per evitare un
307
veicolo che aveva girato a sinistra» , la Corte d’appello di Parigi ha stabilito
che, «nella specie, la causa diretta della caduta della signora [...], in assenza di
collisione, è costituita dal colpo di freno dato dal conducente dell’autobus, il
308
quale non rappresenta la cause étrangère idonea a determinare l’esonero»
del vettore dalla responsabilità. Con questa ricostruzione, che ha inteso limita-
re, in assenza di collisione, la causa del danno subito dal passeggero alla causa
prossima consistente nella manovra d’emergenza (colpo di freno), la giuri-
309
sprudenza ha negato ogni rilievo alla «causa più lontana» , ed ha escluso
310
l’efficacia liberatoria di un intervento probabilmente causale del terzo .
Tale soluzione, che tende a «limitare il numero dei casi in cui il debitore di
311
sécurité è liberato» , può trovare un qualche fondamento nella «presunzione
312
di causalità» che grava sul vettore. Allorché il creditore eccepisce l’inadem-
pimento, «nelle obbligazioni di risultato la prova della non imputabilità in-
313
combe sul debitore» . In assenza di collisione, «la partecipazione del terzo
314
alla produzione del danno non può essere stabilita con certezza» . Pur es-
sendo escluso, in generale, che il ruolo causale del fatto della cosa sia subordi-
315
nato all’esistenza di un contatto materiale , nel settore dell’obbligazione de-
terminata di sécurité che grava sul vettore stradale l’assenza di collisione è con-
siderata dalle Corti come un dato che impedisce al debitore di poter provare
che il proprio inadempimento è stato dovuto ad una cause étrangère, impreve-
dibile, irresistibile ed inevitabile.
L’orientamento giurisprudenziale che esclude l’efficacia causale del fatto
del terzo, in assenza di collisione, trova la sua reale ragion d’essere in «una
301
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
302
Così, C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 522.
303
C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 523.
304
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
305
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
306
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
307
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521.
308
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521 s.
309
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
310
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
311
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
312
C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 523.
313
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
314
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
315
Cfr., ad es., Cass., II Ch. civ., 30 juin 1971, in Rec. Dalloz, 1971, Somm., p. 135.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 481
316
scelta di politica giudiziaria» che tende a rafforzare ulteriormente la tutela
per il creditore di sécurité, nell’ambito del trasporto stradale. Per ottenere que-
sto risultato, la «presunzione di causalità viene considerevolmente rafforza-
317
ta» e la stessa teoria della causalità, che nella totalità delle ipotesi inerenti a
318
danni alla persona è ispirata alle regole della conditio sine qua non , viene oc-
casionalmente piegata alla tesi della causalità prossima, al fine di escludere l’ef-
ficacia liberatoria del fatto del terzo. In assenza di collisione, la presunzione di
319
causalità che grava sul vettore diviene sostanzialmente «irrefragabile» .
La regola che esclude l’esonero da responsabilità, per il vettore, in assenza
di collisione è stata considerata, però, «un progresso nella protezione delle
320 321
persone trasportate» , poiché «offre numerosi vantaggi» . Nel caso in cui il
danno al passeggero è provocato da una manovra d’emergenza che si è resa
necessaria per l’imprudenza di un pedone o per il fatto di un animale che ri-
mangono sconosciuti, in assenza della riparazione del Fondo di garanzia o in
322
presenza di una sua riparazione parziale , il trasportato sarebbe nell’impossi-
bilità di ottenere il risarcimento integrale, se il vettore fosse esonerato dalla re-
sponsabilità.
Una conferma del rigore che la Cassazione richiede al vettore nella prova
della cause étrangère, al fine di esonerarsi totalmente dalla responsabilità, si ha
nelle decisioni rese a proposito degli attentati criminali, ove esige dalla S.N.C.F.
323
la prova che l’attentato non sia stato dovuto al fatto dei cheminots . Anche al
fine dell’esonero parziale dovuto alla faute della vittima, la Suprema corte ma-
nifesta un notevole rigore. Nel caso di un passeggero che era rimasto ferito a
324
causa della chiusura automatica delle porte di un’automotrice , la S.N.C.F.
aveva chiesto l’esonero parziale dalla responsabilità adducendo, da un lato, la
disattenzione colposa della vittima, dall’altro, «le dichiarazioni rese dal dan-
neggiato immediatamente dopo l’incidente, nelle quali si riconosceva che il
325
vettore non aveva commesso alcuna faute» . Ma sia i giudici di merito, sia la
Cassazione hanno rigettato tali argomentazioni, poiché, da un lato, «la dichia-
razione del passeggero non costituiva una rinunzia alla sua azione, fondata
non sull’imprudenza del vettore, ma sulla sua obbligazione di sécurité; dall’al-
316
C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 524.
317
C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 523.
318
In questi termini è l’analisi comparativa condotta da P. GALLO, L’elemento oggettivo, cit., p.
130 ss.
319
C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 525.
320
C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 524.
321
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
322
Sottolinea, infatti, che «il Fondo di garanzia non risarcisce sempre integralmente i danni subi-
ti», C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
323
Cfr., ad es., Cass., I Ch. civ., 3 octobre 1967, in Rev. trim. dr. civ., 1968, p. 383. Contra, App.
Colmar, 7 juin 1968, in Sem. jur., 1969, II, Jur., 16146.
324
Il caso è deciso da Cass., I Ch. civ., 20 octobre 1969, in Sem. jur., 1970, II, Jur., 16231.
325
Lo riferisce G. DURRY, L’obligation du transporteur de personnes, in Rev. trim. dr. civ., 1970, p. 583.
482 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
tro, non era stata accertata alcuna colpa da parte del passeggero, perché non
rappresentava una faute il lasciarsi sorprendere dalla chiusura delle porte, al-
lorché “non era provato che il viaggiatore fosse stato avvisato della partenza
326
immediata del treno”» .
La complessa disciplina elaborata dalla giurisprudenza sulla cause étrangère
e, più in generale, sulle altre cause di esonero dalla responsabilità tende a con-
siderare il debitore dell’obbligazione di sécurité-résultat sempre responsabile,
anche per le cause del danno che permangono sconosciute. La certezza, «data
alla vittima, di ottenere dal vettore il risarcimento del danno, fa nascere l’idea
che questi divenga progressivamente il garante di tutte le conseguenze pregiu-
327
dizievoli della sua attività» . Pur senza «abbandonare totalmente i principi
328
della responsabilità civile» , la giurisprudenza francese «contribuisce ad av-
vicinare l’obbligazione di risultato del vettore ad un’obbligazione di garan-
329
zia» .
riportati da una passeggera di un tram che era caduta durante il tragitto, senza
che fosse stato possibile accertare con precisione quali erano state le circo-
stanze dell’incidente. Poiché il contratto «era dunque in corso di esecuzione, e
non era stata provata alcuna faute della vittima, la responsabilità del vettore
336
era del tutto certa, come bene aveva deciso la Corte d’appello» .
337
Nel secondo caso, invece, la Suprema Corte , nell’applicare la regola po-
sta nel “caso Caramello”, cassa la decisione dei giudici di merito che aveva
338
condannato la S.N.C.F. sulla base della “presunzione” di responsabilità che
gravava sul debitore di un’obbligazione di sécurité di risultato anche per gli
accidents de gare. Nella specie, un giovane passeggero, che si trovava sul mar-
ciapiede di una stazione, era stato investito da un treno di passaggio, forse a
seguito di una spinta inferta da alcuni suoi compagni. Tale decisione, che in-
339
duce l’annotatore ad insorgere contro l’eccessivo «rigore, per la vittima, del-
340
la soluzione imposta dalla nuova regola» , è espressione delle contraddizioni
nelle quali si dibatte la giurisprudenza nell’applicare l’ellittico enunciato posto
nel “caso Caramello”. Il passeggero che è investito da un veicolo «del quale il
vettore è custode, non potrebbe beneficiare né dell’art. 1384, comma 1, per-
ché ha il torto di essere un contraente, né dell’art. 1347 perché, anche se è par-
341
te del contratto, il trasporto stesso non è in corso di esecuzione» . Il passeg-
342
gero sarebbe, «quindi, più mal trattato del terzo» .
Per evitare questo paradosso, un’autorevole dottrina aveva proposto di
«stabilire una completa identità tra la durata del contratto di trasporto e quella
343
dell’obbligazione di sécurité» . Poiché tale obbligazione grava sul vettore dal
momento in cui il passeggero inizia ad entrare nel veicolo e fino all’istante in
cui ha terminato di uscirne, l’efficacia «del contratto non dovrebbe eccedere
344
questo periodo» . Questa soluzione appariva «perfettamente giustificata in
materia di trasporto di persone, perché i trasportati, che si spostano con propri
345
mezzi, devono innanzitutto vegliare sulla propria sicurezza» . Inoltre si evite-
rebbero «malaugurati “sezionamenti” del contratto di trasporto, che sono sem-
346
pre fonte di considerevoli difficoltà» . Qualunque sia il mezzo di trasporto
utilizzato, «delle due l’una: o il trasporto è in corso di esecuzione, e la respon-
sabilità [...] del vettore è contrattuale ed è fondata su un’obbligazione di risul-
tato; o il trasporto non è ancora iniziato, o è finito, e la responsabilità è delit-
336
G. DURRY, L’obligation du transporteur, cit., p. 582.
337
Cass., I Ch. civ., 12 novembre 1969, anche in Gaz. Pal., 1970, I, Jur., p. 26.
338
Il termine è utilizzato da G. DURRY, op. loc. ult. cit.
339
La Note è in Gaz. Pal., 1970, I, Jur., p. 26.
340
In questi termini, anche G. DURRY, op. loc. ult. cit.
341
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
342
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
343
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
344
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
345
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
346
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
484 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
347
tuale ed è fondata, secondo i casi, sull’art. 1384, comma 1, o sull’art. 1382» .
Malgrado la lucidità di queste considerazioni, che anticipano di circa ven-
t’anni la soluzione poi data dalla giurisprudenza, il problema viene risolto, esat-
348
tamente un anno dopo l’arrêt Caramello , in maniera del tutto diversa dalla
349
sentenza della Cassazione che decide il caso “Dame Decharme”. La Supre-
ma Corte, appena ha l’opportunità di colmare la “lacuna” normativa creata dal-
l’affaire Caramello, nello scegliere tra le due possibili soluzioni, e cioè tra l’ap-
plicabilità delle discipline delle responsabilità delittuale o contrattuale, prefe-
risce decisamente quest’ultima.
350
Esclusa la sussistenza di un’obbligazione di sicurezza «concepita come un
351
risultato promesso» , nelle fasi che precedono o che seguono l’esecuzione del
rapporto di trasporto il vettore sarebbe pur sempre debitore, nei confronti del
352
trasportato, di un’obbligazione di «prendere le misure di sicurezza» idonee
ad evitare il danno, cioè di un’obbligazione generale di prudenza e diligenza
costruita sul modello teorico dell’obbligazione “di mezzi”.
La nuova regola viene enunciata dalla Cassazione in occasione di un inci-
dente occorso ad un’anziana passeggera la quale, mentre sostava presso una
porta di uscita della parte interna della stazione «per cercare il biglietto e resti-
353
tuirlo al preposto della S.N.C.F.» , veniva «successivamente spinta da due
354
viaggiatori che si precipitavano, correndo, verso l’uscita» . Dopo aver perso
355
l’equilibrio, essa cadeva fratturandosi il collo del femore . La Suprema Corte
ribadisce, sulla scia dell’affaire Caramello e all’unisono con la Corte d’appello,
che, poiché «l’obbligazione di sécurité esiste a carico del vettore solo durante
356
l’esecuzione del contratto di trasporto» , nessuna «obbligazione di sécurité
esiste a carico della S.N.C.F. per i viaggiatori che circolano in completa auto-
357
nomia nella hall di una stazione» , in quanto essi «devono vegliare sulla pro-
358
pria sicurezza» senza che il vettore sia «tenuto nei loro confronti ad alcuna
359
obbligazione di sorveglianza» .
Tuttavia, «atteso che l’obbligazione di condurre il viaggiatore sano e salvo
347
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
348
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640 s.
349
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, in Rec. Dalloz, 1970, Jur., p. 767 s.
350
Da Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640 s.
351
Con la consueta chiarezza, R. RODIÈRE, Voyageurs veillez sur vous! Dialogue avec l’indulgence,
in Rec. Dalloz, 1971, Chron., p. 45 (il corsivo è dell’A.).
352
L’espressione, coniata da R. Savatier, è posta in evidenza già da R. RODIÈRE, Le régime légal,
cit., 997, n. 8.
353
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 767.
354
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 767.
355
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 767.
356
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
357
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
358
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768. Da questa espressione prende il titolo l’ironico ar-
ticolo di R. RODIÈRE, Voyageurs veillez sur vous!, cit., p. 45 ss.
359
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 485
371
sto» . Queste misure, «se fossero state prese, sarebbero state idonee ad evita-
372
re l’incidente accaduto al fanciullo» , il quale, invece, aveva «potuto precipi-
tarsi, correndo verso il bus, in compagnia dei suoi compagni, senza essere pro-
373
tetto da alcunché fino al momento della sua fermata» . Il vettore, avendo vio-
374
lato «una propria obbligazione di prudenza e di diligenza» , non poteva «in-
vocare a suo vantaggio, e a carico della giovane vittima, una faute d’impruden-
375
za, che anzi egli aveva precisamente il compito di prevenire» .
La soluzione è considerata «nel contempo equanime e [...] giusta, se non
376
addirittura ben fondata» in diritto. Il vettore «deve assumere misure speciali
di sorveglianza per assicurare la salita in buon ordine degli allievi nei bus che
377
li conducono a scuola» . Pertanto egli deve essere dichiarato responsabile
«dell’incidente provocato da una corsa, intrapresa da un gruppo di fanciulli
che si avvicinavano all’autobus che doveva trasportarli, e sfortunatamente con-
378
clusasi con una scivolata di uno di loro sotto una ruota del veicolo» . L’or-
ganizzatore del servizio «deve vegliare particolarmente sulla sicurezza degli
379
scolari dei quali assicura il trasporto» . Questa «obbligazione si giustifica per
la petulanza ordinaria degli studenti e per la loro eccitazione allorché sono in
380
gruppo» . Ed anche, evidentemente, per la particolare condizione di persone
minori, la quale implica che essi siano massimamente protetti dai soggetti ai
quali sono stati temporaneamente affidati dai genitori.
Secondo l’esaminata giurisprudenza di merito e di legittimità, «l’obbliga-
381 382
zione generale di prudenza, di vigilanza» e «di diligenza» che incombe sul
vettore troverebbe la sua fonte nel contratto di trasporto. Ma tale soluzione,
383
per quanto «equa» , soprattutto nello specifico settore del trasporto scolasti-
384
co di minori, è considerata giuridicamente «falsa» . Prima che sia esigibile
385
l’obbligazione di sécurité-résultat , il vettore non sarebbe «tenuto ad alcuna
386
obbligazione contrattuale di sécurité [...] nei confronti degli utilizzatori» .
Anche nel caso-limite del trasporto scolastico «non si può dire che il contratto
371
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
372
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
373
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
374
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
375
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
376
R. RODIÈRE, Observations ad App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, in Sem. jur., 1977,
II, Jur., 18587.
377
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
378
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
379
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
380
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
381
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
382
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
383
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
384
Da R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
385
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
386
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 487
387
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
388
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
389
R. RODIERE, Observations ad App. Bourges, cit., 18587.
390
R. RODIERE, Voyageurs, cit., p. 46.
391
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
392
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
393
P. ESMEIN, Transporteurs, veillez sur nous, cit., p. 1 ss.
394
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
395
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
396
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
397
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
398
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
399
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
17.
488 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
400
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, in Rec. Dalloz, 1974, Jur., p. 566.
401
Lo riferisce App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
402
Cfr. App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
403
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
404
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
405
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
406
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
407
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 489
turare un dito alla signora, bisogna ammettere che la porta in questione era
408
munita di un dispositivo “yale” deteriorato» . In assenza di un’indagine svol-
ta negli istanti immediatamente successivi all’incidente, al fine di accertare la
posizione occupata dalla vittima «e il motivo per il quale essa era stata indotta
409
a collocare la mano destra sulla porta o sulla sua cornice» , la Corte conclude
che la vittima, «sulla base delle circostanze relative all’incidente, così come ri-
sultavano dal dibattito, era stata autorizzata a considerare che la porta, aperta
allorché si era presentata innanzi a lei, non avrebbe dovuto chiudersi brusca-
410
mente e in modo inatteso sulla mano» . Quindi, «a torto la S.N.C.F. preten-
deva di essere liberata dalla responsabilità imputando l’incidente a un’impru-
411
denza della vittima, che non avrebbe vegliato sulla sua sicurezza» , mentre, al
412
contrario, essa era «interamente responsabile dei danni» .
La prima questione risolta da questa sentenza riguarda la posizione giuridi-
ca assunta dal titolare di un biglietto de quai il quale, non potendo essere as-
similato alla situazione del viaggiatore durante l’esecuzione del contrato di tra-
sporto, non può risultare creditore di un’obbligazione di sécurité di risultato.
La posizione del soggetto detentore di un biglietto de quai, invece, è mag-
giormente simile a quelle del viaggiatore o del terzo che subiscono un accident
de gare. Come si è sottolineato, «il viaggiatore (non ancora entrato o già uscito
dal treno) è un utente del servizio, al pari degli accompagnatori muniti di bi-
413
glietti di quai» . Ma la Corte di Montpellier svolge un discorso che è esatta-
mente opposto rispetto a quello dell’illustre autore. Mentre René Rodière, at-
traverso l’assimilazione della posizione del passeggero che subisce un accident
de quai a quella del detentore di un biglietto di quai e del terzo intende porta-
re le tre ipotesi su un piano delittuale, la Corte utilizza tale analogia per risol-
vere in chiave contrattuale anche la responsabilità della S.N.C.F. nei confronti
del titolare del biglietto de quai. Essendo di natura contrattuale il legame che
unisce la S.N.C.F. e il portatore di un biglietto de quai, la Corte d’appello indi-
vidua nell’imprevedibilità della chiusura della porta a vetri, dovuta a un dispo-
414
sitivo deteriorato , la «violazione dell’obbligazione generale di prudenza e di
415
diligenza della quale [la S.N.C.F.] era debitrice nei riguardi della vittima» .
Non v’è dubbio che, «inserendo una moneta da un franco nell’apparec-
416 417
chio» , v’è «l’incontro di due volontà» che danno luogo ad un contratto il
408
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
409
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
410
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
411
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
412
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
413
R. RODIÈRE, Voyageurs, cit., p. 49.
414
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
415
Così, R. KŒRING-JOULIN, Note a App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, in Rec. Dal-
loz, 1974, Jur., p. 566.
416
R. KŒRING-JOULIN, op. ult. cit., p. 567.
417
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
490 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
458
non poteva essere considerato «il creditore di un’obbligazione di sécurité» .
E, così, la dottrina iniziava ad affermare che i passeggeri e gli accompagnatori
«che si trovavano sui marciapiedi della stazione avrebbero potuto agire sul
459
fondamento di una responsabilità quasi delittuale» , ai sensi dell’art. 1384,
comma 1, code civ., poiché non era ravvisabile un inadempimento, da parte
della S.N.C.F., di un’obbligazione di sécurité nata dal contratto. Tale discipli-
na avrebbe riguardato anche «tutte le persone che utilizzano i diversi servizi
della stazione (chioschi adibiti alla vendita di giornali, distributori di bevande
o di sigarette, ecc.), e [...] gli accompagnatori che non sono titolari di biglietti
460
di quai, così come accadeva nelle piccole stazioni francesi» , oltre che in gran
parte dell’Europa.
458
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
459
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
460
Lo rileva R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
461
R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 28.
462
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
463
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
464
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
465
Così, R. RODIÈRE, Observations ad App. Bourges, cit., 18587.
494 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
466
stato» , non sembrava possibile condividere, ora, una soluzione che discri-
minava in maniera del pari ingiustificata il passeggero rispetto al terzo che lo
aveva accompagnato nella stazione. «In altri tempi, la soluzione della Corte di
467
Cassazione era ingiusta per l’amico che accompagnava il viaggiatore» , poi-
ché soltanto quest’ultimo era tutelato da un’obbligazione di sécurité-résultat
durante la loro permanenza in stazione. Ora, «la soluzione della Suprema cor-
te era ingiusta per il passeggero, che era trattato assai peggio» del suo accom-
468
pagnatore . Se l’uno e l’altro fossero stati «feriti da uno di quei carrelli che
sono maneggiati con destrezza e disinvoltura dagli agenti della S.N.C.F. [...],
469
il “terzo” avrebbe potuto invocare l’art. 1384, comma 1, code civ.» , mentre
ciò non sarebbe stato possibile per il viaggiatore, «a causa del principio del
470
non-concorso delle responsabilità contrattuale e delittuale» . Quindi, se la
Cassazione avesse continuato ad insistere «nel dire che la S.N.C.F. è debitri-
ce di un’obbligazione contrattuale di mezzi, il viaggiatore sarebbe stato sfa-
471
vorito» .
La valutazione del comportamento del vettore inerente al suo dovere di
472
prendere «le misure appropriate» , inoltre, era considerata «una pura que-
473
stione di fatto» che doveva essere decisa in maniera sovrana dal giudice di
merito. Un suo atteggiamento tollerante «avrebbe avvantaggiato il vettore, che
474
si vedrà meno difficilmente accordare l’esonero» . Al contrario, l’intransigenza
del giudice avrebbe svantaggiato «il vettore, che sarà giudicato responsabile,
475
più o meno sistematicamente, di qualsiasi incidente subito dal passeggero» .
476
La regola “codificata” dalla sentenza della Cassazione del 27 luglio 1970 ,
che introduce il frazionamento nel tempo dell’obbligazione di sécurité nel con-
477
tratto di trasporto , verrà ulteriormente contestata, negli anni a venire.
478
La dottrina francese oltre a criticare, sulla scia di René Rodière , la «di-
479
sparità scioccante» tra le vittime degli accidents de gare, secondo la loro qua-
466
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
467
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
468
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
469
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
470
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit. Su tale problematica cfr., ad es., Cass., I Ch. civ., 9 mars 1970, in
Rev. trim. dr. civ., 1971, p. 139, con le osservazioni di G. DURRY.
471
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
472
Così, Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
473
R. ABADIR, Note a Cass., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
474
R. ABADIR, op. loc. ult. cit.
475
R. ABADIR, op. loc. ult. cit.
476
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, in Rec. Dalloz, 1970, Jur., p. 767 s.
477
In questi termini, P. JOURDAIN, La responsabilité de la S.N.C.F., cit., p. 548.
478
R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 29; ID., Observations ad App. Bourges, cit., 18587.
479
Così, C. MASCALA, Accidents de gare: le «déraillement» de l’obligation de sécurité, in Rec. Dal-
loz, 1991, Chron., p. 81. Afferma, del pari, che la soluzione era «scioccante ma inevitabile, se si quali-
fica come contrattuale la responsabilità della ferrovia per gli accidents de gare», R. ABADIR, op. ult.
cit., p. 769.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 495
495
ficava nella sostanza, «ma senza dirlo esplicitamente» , il revirement operato
496
con il caso Caramello . Fungendo il danno (subito in un accident de gare) da
elemento presuntivo della faute del debitore dell’obbligazione di sécurité “di
mezzi”, la situazione del vettore non appariva essenzialmente mutata rispetto a
quella che, anteriormente alla sentenza del 1 luglio 1969, lo considerava vinco-
lato ad un’obbligazione di sécurité di risultato. La deduzione della faute del
vettore dal semplice fatto dell’incidente equiparava, almeno sotto il profilo
dell’inversione dell’onere probatorio, l’obbligazione di sécurité “di mezzi” a
quella di risultato.
Anche per queste ragioni la scienza giuridica francese, che nel frattempo
pur aveva iniziato a teorizzare le categorie delle obbligazioni di mezzi renfor-
497
cées o aggravées , e delle obbligazioni di risultato atténuées o allégées, quali
partizioni intermedie rispetto alla tradizionale summa divisio, preferirà abban-
donare, in questa materia, la soluzione contrattuale ed applicare, invece, altre
498
regole considerate maggiormente «fondate in diritto» e più idonee a «far
499
scomparire l’ingiustizia» della disparità di trattamento tra viaggiatore e terzo.
500 501
11. Vent’anni dopo il revirement del 1° luglio 1969 e del 21 luglio 1970 ,
la giurisprudenza d’oltralpe, aderendo alle critiche mosse dalla dottrina avver-
so la soluzione contrattuale fondata sull’obbligazione di sécurité “di mezzi”,
procede ad un ulteriore, decisivo revirement. Ciò consente, altresì, di unificare
le regole applicabili agli incidenti accaduti all’interno e all’esterno delle sta-
zioni, i quali, fino ad allora, erano sottoposti, ora al regime dell’obbligazione
di sécurité di diligenza, ora alla disciplina della responsabilità delittuale.
502
Il caso che sancisce, in Cassazione , la nuova sistemazione dei rapporti tra
responsabilità contrattuale e delittuale rappresenta una tipica ipotesi di acci-
503
dent de gare. Il 17 gennaio del 1982 un passeggero, il Sig. Valverde, dopo
essere sceso dal treno, mentre camminava sul marciapiede adiacente i binari,
scivolava su una lastra di ghiaccio e veniva investito dal treno, che nel frat-
495
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
496
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
497
Sulla «obligation de moyens “renforcée”» e sulla «obligation de résultat atténuée», cfr., ad es.,
B. STARCK, H. ROLAND, L. BOYER, Droit civil. Les obligations, 2, cit., p. 419. Discorrono, altresì, di
«obligations de moyens renforcées ou aggravées», e di «obligations de résultat allégées» o «aggra-
vées», F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, Droit civil. Les obligations, cit., p. 452; G. VINEY, P.
JOURDAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., pp. 451 ss., 454 s.; C. LARROUMET, Droit civil, Tome 3,
cit., p. 626.
498
Tra gli altri, R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 28.
499
Così, C. MASCALA, Accidents de gare, cit., p. 81.
500
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
501
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, in Rec. Dalloz, 1970, Jur., p. 767 s.
502
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 632 ss.
503
Lo precisa G. PAIRE, Note a Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 633.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 497
504
tempo era ripartito, fratturandosi le gambe . Nel decidere, nel 1986, la con-
troversia, la Corte d’appello di Parigi, applicando in maniera rigorosa le regole
statuite dalla giurisprudenza “Caramello” e “Dame Decharme”, aveva rigetta-
to la domanda volta ad ottenere il risarcimento dei danni. Poiché non era con-
testato che l’incidente si era verificato allorché il passeggero era già sceso dal
505
treno, il vettore non era più tenuto all’obbligazione di sécurité di risultato ,
506
«accessoria rispetto al contratto di trasporto» , consistente «nel condurre il
507
viaggiatore sano e salvo a destinazione» .
In assenza di un’obbligazione di sécurité-résultat, incombendo «su M. Val-
verde l’onere di dimostrare che la S.N.C.F., commettendo una faute, aveva
inadempiuto la sua obbligazione di mezzi, perché aveva trascurato, nell’occa-
508
sione, di eliminare le lastre di ghiaccio sui marciapiedi» , la Corte d’appello
aveva deciso che l’attore non aveva «apportato la prova di essere caduto sui
binari dopo essere scivolato su una lastra di ghiaccio che il vettore aveva la-
509
sciato persistere sulla banchina» e che, pertanto, «nessuna faute in relazione
510
con l’incidente era stata accertata nei confronti della S.N.C.F.» .
La Suprema Corte «cassa, annulla e rinvia innanzi alla Corte di Versail-
511
les» la sentenza dei giudici parigini accogliendo il secondo moyen del ricor-
512
so . «Visto l’art. 1384, comma 1, code civ., e atteso che, al di fuori dell’esecu-
zione del contratto di trasporto, la responsabilità del vettore nei riguardi del
513
passeggero è sottoposta alle regole della responsabilità delittuale» , la Corte
514
d’appello aveva «violato il testo su citato» , in quanto «l’incidente si era pro-
dotto nel momento in cui era ripartito il treno dal quale il viaggiatore era sceso
515
e del quale la S.N.C.F. aveva la custodia» .
La sentenza, nel disporre, per gli accidents de gare, l’applicazione della re-
sponsabilità delittuale ex art. 1384, comma 1, code civ., nei riguardi sia del ter-
zo, sia del passeggero, allorché il danno è causato dal fatto della cosa che il
vettore ha in custodia, da un lato, elimina una «disparità difficilmente ammis-
516
sibile» tra le due posizioni giuridiche, dall’altro, pone fine al «“frazionamen-
517
to” o “sezionamento”» del contratto di trasporto in un’obbligazione di sécu-
504
Il fatto è sinteticamente descritto sia da G. PAIRE, op. loc. cit., sia da C. MASCALA, op. ult. cit., p. 81.
505
Lo riferisce Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
506
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
507
Cfr. Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
508
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
509
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
510
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
511
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
512
Così, Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
513
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
514
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
515
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
516
G. PAIRE, op. loc. ult. cit.
517
P. JOURDAIN, La responsabilité de la S.N.C.F., cit., p. 548.
498 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
518
In questi termini, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 549, nel citare sia Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969,
in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s., sia Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, ivi, 1970, Jur., p. 767 s.
519
Testualmente, Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
520
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
521
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
522
Lo afferma P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
523
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
524
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
525
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit. Conf., sul punto, C. MASCALA, Accidents de gare, cit., p. 81. In
questi termini, già R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 28 s.; G. DURRY, in Rev. trim. dr. civ.,
1970, p. 582; G. VINEY, Note, in Sem. jur., 1975, II, Jur., 18179.
526
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
527
Lo riferisce P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 549 s. In giurisprudenza, cfr. Cass., II Ch. civ., 15 mai
1984, in Rev. trim. dr. civ., 1985, p. 585, e Cass., II Ch. civ., 24 janvier 1985, ivi, 1986, p. 115, en-
trambe con il commento di J. HUET.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 499
Riguardo, poi, alla prova della cause étrangère, ai fini del difficile esonero
dalla responsabilità delittuale di cui all’art. 1384, comma 1, code civ., è bene
556
ricordare che la Suprema Corte , anche in presenza di una cosa inerte (porta
a vetri), considera responsabile il gardien «senza precisare in cosa il compor-
tamento della vittima presenti per il custode un carattere imprevedibile e irre-
557
sistibile tale da esonerarlo» dalla responsabilità.
L’esclusione dell’obbligazione di sécurité-moyens per gli accidents de gare,
disposta con il caso Valverde, avviene sicuramente in controtendenza rispetto
agli orientamenti della stessa giurisprudenza francese, la quale procede, vice-
versa, in molteplici altri settori, e nello stesso ambito delle obbligazioni di
sécurité, ad espandere le frontiere della responsabilità contrattuale. Si pensi,
558
altresì, ai “gruppi” o alle chaînes di contratti , nei quali la responsabilità con-
trattuale tende ad essere estesa anche nei casi in cui, tra il convenuto e la vit-
559
tima, non vi sia un «vincolo contrattuale diretto» .
560
Questo «asséchement» dell’obbligazione di sécurité di mezzi, quindi, «non
561
s’iscrive nella tendenza dominate della giurisprudenza» , che invece esprime,
anche in Francia, un più generale orientamento alla “contrattualizzazione”
della responsabilità civile, ma trova fondamento nella specifica esigenza di su-
perare un contestato utilizzo strumentale della responsabilità contrattuale, che
risultava, soprattutto, svantaggioso per la vittima. Questa non deve più invo-
care il controverso meccanismo probatorio che discende dall’inadempimento
di un’obbligazione di diligenza, che, almeno secondo le declamazioni giuri-
sprudenziali, imporrebbe pur sempre al danneggiato creditore di dimostrare
562
la faute del debitore . Si è avuto modo di verificare, però, come la giurispru-
denza, nella quasi totalità delle decisioni, abbia comunque condannato il debi-
tore, trasformando, nella sostanza, l’obbligazione “di mezzi” in un’obbliga-
556
Cass., II Ch. civ., 4 juillet 1990, in Rec. Dalloz, 1990, Inf. rap., p. 193.
557
Così Cass., II Ch. civ., 4 juillet 1990, cit., p. 193.
558
In giurisprudenza, cfr. Cass., Ass. Plén., 7 février 1986, in Rec. Dalloz, 1986, Jur., p. 293, anno-
tata da A. BÉNABENT (pp. 293-296), e in Sem. jur., 1986, II, Jur., 20616, con le osservazioni di P. MA-
LINVAUD; App. Agen, I Ch. civ., 7 décembre 1988, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 899 s., con il com-
mento di P. CONTE (pp. 900-902). In dottrina, C. LARROUMET, L’action de nature nécessairement
contractuelle et la responsabilité civile dans les ensembles contractuels, in Sem. jur., 1988, Doctr., 3357;
G. VINEY, L’action en responsabilité entre participants à une chaîne de contrats, in Mélanges D. Hol-
leaux, Paris, 1990, p. 399 ss.
559
Lo afferma, tra gli altri, C. MASCALA, op. ult. cit., p. 83.
560
Il termine è di P. JOURDAIN, La responsabilité de la S.N.C.F., cit., p. 550.
561
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
562
Proprio il caso che ispira il revirement effettuato da Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal.,
1989, II, Jur., p. 632 s., era stato deciso, dai giudici d’appello, in senso sfavorevole al danneggiato,
poiché egli non era stato in grado di dimostrare la faute del vettore. Tale conclusione è condivisa an-
che da un’autorevole dottrina, ove afferma che non vi sarebbe «alcuna differenza tra la faute contrat-
tuale consistente nel violare un’obbligazione di sécurité di mezzi e quella, delittuale, risultante dalla
trasgressione del dovere generale di condotta prudente e diligente di cui agli artt. 1382 e 1383» (P.
JOURDAIN, op. loc. ult. cit.).
502 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
e dei bagagli per ferrovia) i quali prevedono una responsabilità ancora più ri-
gorosa, definita “per rischio di esercizio” e considerata come “quasi obbietti-
va”, là dove limita le cause di esonero a circostanze del tutto estranee all’eser-
cizio della ferrovia (colpa del viaggiatore o del terzo, ad es.) che «valgano ad
583
interrompere palesemente il nesso di causalità» . A seguito dell’entrata in vi-
gore della legge 7 ottobre 1977, n. 754, poi, si è verificato un ulteriore am-
pliamento della responsabilità dell’Amministrazione ferroviaria, la quale ri-
sponde per ogni danno conseguente ad un “incidente che sia in relazione con
l’esercizio ferroviario”. Scompare il concetto di anormalità del servizio e, im-
plicitamente, la necessità per il viaggiatore di provare la condotta colposa del
vettore. A fondamento della pretesa risarcitoria «è posta infatti la prova del
danno, del contratto di trasporto, e della sola materiale riferibilità dell’evento
584
dannoso ad una modalità del trasporto» .
È estremamente dubbio, quindi, che la nozione di “anormalità” del servi-
zio, abrogata dal legislatore proprio nel settore nel quale era stata normativa-
mente prevista, possa continuare a sopravvivere, in via d’interpretazione, nella
disciplina generale del trasporto, nella quale era stata traslata dalla dottrina,
proprio sulla base della previgente disciplina in tema di trasporto ferroviario.
Inoltre, v’è da rilevare come, pur sotto il vigore di tale normativa, una conso-
lidata giurisprudenza aveva circoscritto la più rigorosa prova dell’anormalità
del servizio al solo trasporto ferroviario (il cui esercizio era disciplinato da
585
norme “tecniche”, che pertanto “derogavano” al diritto comune), avendo
affermato che, ai sensi dell’art. 1681, il passeggero dovesse limitarsi a provare
il solo pregiudizio «risentito durante il viaggio» e il «nesso di causalità tra il
586
trasporto e l’evento lesivo» . Un’avvertita dottrina, nel considerare sinonimi,
anche dal punto di vista lessicale, le nozioni di “accidentalità” (ovvero «quan-
587
to avviene nell’ambito della pura contingenza o dell’imprevedibilità») e di
“anormalità” (nel senso della «mancata rispondenza a criteri oggettivi di pre-
588
visione, di giudizio o di classificazione») , aveva rilevato come tali termini,
nella lingua italiana, implicassero una «marcata contiguità con l’imprevedibili-
tà dell’evento», coincidendo «sostanzialmente con le classiche nozioni di caso
589
fortuito e di forza maggiore» .
583
F.D. BUSNELLI, M. SANTILLI, Ammodernamento del sistema giuridico in materia di danno alla
persona del viaggiatore mediante modificazioni ed integrazioni alle Condizioni e Tariffe per i trasporti
delle persone e delle cose sulle Ferrovie dello Stato, in Nuove leggi civ. comm., 1978, p. 1426.
584
Così, F.D. BUSNELLI, M. SANTILLI, op. ult. cit., p. 1429.
585
Tale termine è esplicitamente utilizzato da Cass., 17 luglio 1963, n. 1956, in Resp. civ. prev.,
1964, p. 387.
586
Testualmente, Cass., 19 dicembre 1958, n. 3912, in Resp. civ. prev., 1959, p. 556. Per tale orien-
tamento giurisprudenziale, sia consentito rinviare a L.F. PAOLUCCI, Il trasporto, cit., p. 166, e a V.
BUONOCORE, I contratti, cit., p. 105, in nota 61.
587
Così, G. DEVOTO, G.C. OLI, Il dizionario della lingua italiana, cit., p. 15.
588
G. DEVOTO, G.C. OLI, op. cit., p. 97.
589
V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 94, là dove sottolinea come la stessa dottrina che accede a
506 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
L’identità delle formule usate negli artt. 1681, comma 1, e 2050 c.c. rende-
rebbe esplicita la volontà del legislatore di rasentare, in entrambi i casi, «il tet-
590
to della responsabilità oggettiva» , sulla base di una comune disciplina detta-
591 592
ta per la responsabilità per rischio d’impresa . Da qui «l’abbandono» delle
posizioni, invero assai datate, della dottrina che limitavano la responsabilità
del vettore alle “accidentalità normalmente connesse al mezzo di trasporto”,
ovvero ai soli eventi dannosi prodottisi durante il viaggio, riconducibili alla
(prova della) negligenza del vettore e dei suoi ausiliari.
Un’illustre dottrina che aveva esaminato il problema della responsabilità
del vettore, sia pur con riferimento al concetto di diligenza professionale ex
art. 1176, comma 2, c.c., aveva sottolineato come tale nozione riguardasse non
soltanto lo sforzo compiuto dall’imprenditore e dai suoi ausiliari nell’adempi-
mento dell’obbligazione, ma anche l’apprestamento della necessaria organiz-
593
zazione adeguata al puntuale adempimento , avendo individuato un «aggra-
594
vamento» dello sforzo richiesto rispetto al parametro della diligenza.
Tuttavia, la ricostruzione più puntuale della disciplina della responsabilità
595
del vettore si ritrova già in un celeberrimo saggio di Luigi Mengoni , quasi
sempre citato dalla letteratura specialistica in modo parziale, spesso al fine di
596
validare soluzioni esattamente antitetiche rispetto a quelle espresse, in real-
tà, dall’Autore.
Al fine di fugare qualsiasi equivoco in materia, si afferma che «l’obbligo di
protezione» della persona e delle cose del viaggiatore, che ha fonte nel con-
597
tratto di trasporto, «è un obbligo di risultato e non di mera diligenza» . Il
vettore è tenuto «a questo preciso risultato: far pervenire alla mèta stabilita, e
598
in orario, il viaggiatore incolume col proprio bagaglio intatto» . Nel caso di
danno alla persona del passeggero, «l’inadempimento del vettore si identifica
tale ermeneutica (M. IANNUZZI, Del trasporto, cit., p. 90 ss.) abbia sentito «il bisogno di scrivere
esplicitamente che è possibile accogliere la formula [...] solo a patto di interpretarla come equiva-
lente a eventi dannosi causati sia da anomalie relative al funzionamento del veicolo, sia da anoma-
lie relative al complesso dell’attività organizzativa necessaria per l’attuazione del trasporto» (p. 95,
in nota 44).
590
G. COTTINO, Contratti commerciali. Il trasporto e la spedizione, in Tratt. Galgano, XVI, Pado-
va, 1991, p. 767.
591
G. COTTINO, op. loc. ult. cit.; O. CAGNASSO, G. COTTINO, Contratti commerciali, in Tratt. di
dir. comm. diretto da G. Cottino, Padova, 2000, p. 244 s.
592
Così V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 97, il quale, tuttavia, utilizza tale termine per manifestare
un’idea esattamente opposta a quella espressa nel testo.
593
M. GIORGIANNI, voce Buon padre di famiglia, in Noviss. Dig. it., II, Torino, 1958, p. 598.
594
Questa tesi è autorevolmente sostenuta da M. GIORGIANNI, cit. in M. IANNUZZI, Del trasporto,
cit., p. 99, in nota 4.
595
L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 380 ss.
596
Cfr., ad es., M. IANNUZZI, Del trasporto, cit., pp. 96 e 98 s., in note 2 e 4; L.F. PAOLUCCI, op.
ult. cit., p. 147.
597
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 380.
598
L. MENGONI, op. loc. ult. cit. (il corsivo è nostro).
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 507
599
oggettivamente nel fatto dell’infortunio di viaggio» . Pertanto, la prova del-
l’inadempimento dell’obbligo di protezione, imposto al vettore dall’art. 1681,
«non implica una valutazione della condotta del debitore alla stregua dell’art.
1176, ma solo la dimostrazione oggettiva del sinistro di viaggio, vale a dire di
una lesione subita dalla persona o dalle cose del viaggiatore durante il traspor-
600
to e a causa di esso» .
È «inaccettabile», quindi, la tesi che addossa al viaggiatore «addirittura
l’onere di provare che il sinistro è conseguenza di una anormalità del traspor-
601
to» . Tale orientamento «confonde il concetto di “sinistro di viaggio” col
concetto di “anormalità del trasporto”», là dove la nozione di sinistro indica
«un danno causato al viaggiatore da un fatto in cui si svolge l’attività di esecu-
zione del contratto, ma non necessariamente da un fatto anormale, cioè con-
602
trario alle regole tecniche e di prudenza che il vettore deve osservare» .
La chiave di lettura del sistema è individuata nella disciplina sulla riparti-
zione dell’onere probatorio. Come, d’altronde, afferma una consolidata giuri-
603
sprudenza , il passeggero deve limitarsi a provare il «contratto di trasporto e
604
il danno della persona o delle proprie cose, patito a causa del trasporto» .
Con la prova del contratto, del danno e del rapporto di causalità il passeggero
605
«ha assolto al suo onere di prova» . L’apprezzamento della condotta del vet-
tore e dei suoi ausiliari secondo la misura della diligenza professionale verrà in
considerazione soltanto «in sede di prova liberatoria, cioè per stabilire
l’imputabilità al vettore dell’impossibilità sopravvenuta del risultato dovuto,
606
insomma per stabilire il caso fortuito nel senso dell’art. 1218» .
La qualificazione dell’obbligazione di sécurité del vettore quale obbligazio-
ne di risultato, nel riallineare l’esperienza italiana alla tradizione francese, ri-
sulta implicitamente confermata dalla giurisprudenza prevalente, la quale, al-
lorché decide sulla responsabilità, afferma che il passeggero deve provare
«esclusivamente» il danno e il nesso causale, mentre il vettore «è liberato da
responsabilità solo fornendo la prova che il danno non è stato determinato da
599
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 381.
600
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 380 (il corsivo è dell’Autore); e già A. ASQUINI, La responsabilità
del vettore, cit., p. 368 s.
601
L. MENGONI, op. loc. ult. cit. (il corsivo è dell’Autore).
602
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
603
Ad es., Cass., 28 aprile 1965, n. 752, in Resp. civ. prev., 1965, p. 384; Cass., 26 ottobre 1974, n.
3170, cit. in L.F. PAOLUCCI, op. ult. cit., p. 133, al quale si rinvia (p. 144) per l’indicazione delle ulte-
riori decisioni in tal senso. V’è da rilevare, inoltre, come vi sia qualche sentenza che estende ulterior-
mente il rapporto di causalità, nell’affermare che «la responsabilità del vettore [...] sussiste [...] non
soltanto quando il sinistro sia avvenuto a causa del trasporto, ma anche quando esso si sia verificato
semplicemente in occasione del trasporto» (Cass., 29 marzo 1979, n. 1803, in Giur. it., 1980, I, 1, c.
688).
604
Così, L. MENGONI, op. ult. cit., p. 380 s.
605
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 381. Tale orientamento è confermato più di recente da V. BUO-
NOCORE, op. ult. cit., p. 103 s.
606
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
508 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
causa a lui imputabile, per essere stato determinato dal fatto di terzi o dello
607
stesso danneggiato, ovvero da caso fortuito o forza maggiore» .
La giurisprudenza, in proposito, richiede sia che debba essere il vettore a
dover dare la dimostrazione del caso fortuito con una positiva identificazione
608
dell’evento , sia che tale evento, per interrompere il nesso causale, debba
presentare i caratteri dell’imprevedibilità, dell’inevitabilità e dell’eccezionali-
609
tà . La Cassazione, ad esempio, ha escluso che integrassero le ipotesi del caso
610
fortuito il “colpo di sonno” fisiologico , l’improvviso afflosciamento di un
611 612
pneumatico , l’affollamento della vettura , lo slittamento del veicolo su stra-
613 614
da bagnata o ghiacciata , l’abbagliamento da fari o da riflessi solari , il bloc-
615
caggio del volante , il colpo di vento che non assuma «un carattere cicloni-
616
co» , il sasso «proiettato su un’autovettura in sorpasso su una strada non
617
asfaltata» , la manovra di emergenza che non risulti adeguata allo stato di
618
necessità e inevitabile rispetto alla soluzione di guida prescelta , lo stesso im-
619
provviso malore che ha colpito il conducente (infarto, attacco epilettico, ecc.) ,
se preceduto da segnali premonitori. Anche il fatto del creditore, per inter-
rompere il nesso eziologico ed esimere il debitore dalla responsabilità, deve
consistere in un’azione imprevedibile e inevitabile, di per sé efficiente a causa-
620
re l’evento .
Sulla base della dinamica (invertita) dell’onere probatorio, l’esigenza di in-
dicare specificamente, ai fini dell’esonero, l’evento fortuito fa gravare sul vet-
607
Cass., 26 ottobre 1974, n. 3170, cit., p. 133.
608
Cass., 19 aprile 1955, n. 1090, in Mon. Trib., 1955, p. 313; conf., tra le tante, Cass., 5 giugno
1956, n. 1913, in Giust. civ., 1956, I, p. 1899; Cass., 23 giugno 1958, n. 2212, in Arch. giur. circol.,
1960, p. 121; Cass., 29 aprile 1964, n. 1034, in Resp. civ. prev., 1964, p. 508.
609
Ad es., Cass. pen., 18 marzo 1983, n. 2280, in Arch. giur. circol., 1983, p. 478; Cass. pen., 12
gennaio 1979, n. 324, ivi, 1979, p. 341; App. Milano, 12 luglio 1974, ivi, 1975, p. 84.
610
Cass. pen., 14 maggio 1985, n. 4660, in Riv. giur. circol. trasp., 1986, p. 160; Cass. pen., 12 ot-
tobre 1984, n. 8513, ivi, 1985, p. 275.
611
Cfr., in proposito, L.F. PAOLUCCI, op. ult. cit., p. 156.
612
Cass., 22 marzo 1954, n. 809, in Riv. giur. circol. trasp., 1955, p. 1067.
613
Cass. pen., 22 ottobre 1986, n. 11314, in Riv. giur. circol. trasp., 1987, p. 705; Cass. pen., 16
marzo 1982, in Resp. civ. prev., 1982, p. 837; Cass. pen., 22 dicembre 1981, n. 11329, in Riv. giur.
circol. trasp., 1982, p. 1118.
614
Cass. pen., 18 marzo 1986, n. 2183, in Riv. giur. circol. trasp., 1986, p. 1061; Cass. pen., 10 lu-
glio 1980, n. 8796, ivi, 1981, p. 157 s.; Cass. pen., 19 gennaio 1980, n. 753, ivi, 1980, p. 601; Trib.
Firenze, 9 febbraio 1981, ivi, 1982, p. 1107.
615
Cass. pen., 27 marzo 1980, n. 4268, in Riv. giur. circol. trasp., 1981, p. 1109.
616
Cass. pen., 20 gennaio 1970, in Giust. pen., 1970, II, c. 890.
617
Pret. Bassano del Grappa, 24 novembre 1977, in Resp. civ. prev., 1979, p. 115; Pret. Mestre, 10
marzo 1973, in Dir. prat. assic., 1974, p. 689.
618
Cass. pen., 10 marzo 1982, in Resp. civ. prev., 1982, p. 839; Cass. pen., 18 febbraio 1972, ivi,
1973, p. 483.
619
Cass. pen., 8 aprile 1982, in Resp. civ. prev., 1983, p. 550; Cass. pen., 16 gennaio 1978, n. 530,
in Arch. giur. circol., 1978, p. 207; App. Brescia, 16 ottobre 1974, in Resp. civ. prev., 1974, p. 162.
620
Nel diritto francese, basti citare l’arrêt Desmares: Cass. civ., 21 luglio 1982, in Rec. Dalloz,
1982, Jur., p. 449, e in Sem. jur., 1982, II, 19861.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 509
622
13. Il revirement operato con il “caso Valverde” ha risolto gli annosi
problemi derivanti dagli accidents de gare ma, nel contempo, ha posto inediti
interrogativi. Il nuovo assetto assunto dalle responsabilità delittuale e contrat-
tuale, quanto meno in ordine all’esecuzione del contratto di trasporto, ha de-
623
notato «una considerevole portata generale» ed ha tracciato «la trama di
624
nuove prospettive contrattuali in materia di obbligazione di sécurité» , di-
625
schiudendo «nuove frontiere tra le responsabilità» .
La prima questione riguarda l’impatto che la decisione assunta nel “caso
626
Valverde” può assumere nei cc.dd. «contratti vicini» che, in virtù di più o
meno evidenti analogie con il contratto di trasporto, la giurisprudenza disci-
plina in maniera similare, ricorrendo, anche qui, al “frazionamento” dell’ob-
bligazione di sécurité in obbligazione di mezzi e di risultato.
Le Corti d’oltralpe, a differenza di quanto accade per il contratto di tra-
sporto, nel caso delle seggiovie, tendono a limitare l’obbligazione di sécurité di
risultato alla sola esecuzione del rapporto di trasporto caratterizzato da dina-
mismo, inteso come effettivo trasferimento di una persona da un luogo ad un
altro (durante il quale essa assume un ruolo passivo), mentre considerano ob-
bligato il gestore degli impianti di risalita ad una mera obbligazione di sécurité
di mezzi per quanto riguarda le fasi dell’ingresso e dell’uscita dal veicolo, in
627
ragione del “comportamento attivo” tenuto dal trasportato . Tale soluzione
si pone in contrasto con la disciplina del contratto di trasporto, così come san-
628
cita dal caso Caramello. Anche a seguito dell’arrêt Valverde, la Cassazione ,
629
seguendo un itinerario già percorso nel trasporto mediante teleferica , po-
630
trebbe operare un «rafforzamento dell’obbligazione di sécurité» anche nel
621
Così, G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., p. 786.
622
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 632 s.
623
C. MASCALA, Accidents de gare, cit., p. 83.
624
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
625
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
626
La definizione, assai diffusa in dottrina, è tratta da C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
627
Per questa soluzione, cfr. Cass. civ., 11 mars 1986, in Gaz. Pal., 1986, II, p. 333.
628
Cass., I Ch. civ., 4 juillet 1995, Nercessian c. S.A. SAMDA et a., in Sem. jur., 1996, II, Jur.,
22620.
629
Cass., I Ch. civ., 17 février 1987, in Sem. jur., 1988, II, Jur., 21082.
630
Così G. PAISANT, P. BRUN, Note a Cass., I Ch. civ., 4 juillet 1995, Nercessian c. S.A. SAMDA
et al., in Sem. jur., 1996, II, Jur., 22620.
510 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
652
debitore, ogni qualvolta il creditore trasportato giochi un “ruolo attivo” nel-
la fase dell’esecuzione della prestazione. La giurisprudenza, questa volta, ha
assunto una posizione favorevole, e ciò ha indotto a parlare di una possibile
653
reintroduzione della partizione tra le obbligazioni di sécurité di risultato e
654
“di mezzi” «in un campo contrattuale ridefinito» .
L’obbligazione determinata di sécurité, infatti, viene concessa dalle Corti
soltanto in presenza di due condizioni: la sicurezza del trasportato deve essere
655
«strettamente legata all’esecuzione corretta del contratto» ; il debitore del-
l’obbligazione di sécurité deve «controllare e dominare l’esecuzione materiale
656
del trasporto» o, più in generale, dell’attività oggetto dell’obbligazione. Nel-
le ipotesi nelle quali non sono presenti entrambe le condizioni potrebbe essere
657
reintrodotta «la dicotomia condannata» . Allorché il trasportato non assume
un ruolo passivo durante il tragitto, ma partecipa con la sua condotta all’ese-
cuzione della prestazione debitoria – emblematico è il caso del trasporto me-
diante sciovia –, contribuendo, con la sua negligenza o imperizia, alla causa-
zione del danno, non sembrerebbe «ragionevole far gravare sul vettore un’ob-
658
bligazione di sécurité di risultato» . Quando il fatto della vittima è la causa
659
del danno, «si potrebbe liberare il vettore dalla responsabilità oggettiva» . La
reintroduzione, in questo ambito, dell’obbligazione di sécurité “di mezzi” «non
660
avrebbe niente di sorprendente» , ma anzi sarebbe in linea con quell’orienta-
mento delle Corti che, in numerosi contratti, esclude che la vittima possa «be-
661
neficiare della garanzia di un’obbligazione di risultato» , allorché essa con-
servi «un largo margine d’iniziativa e di libertà d’azione che priva il debitore
662
del totale dominio sull’esecuzione dell’operazione» .
Il persistere, in questi contratti, di un’obbligazione di sécurité di mezzi, che
in molte fattispecie è stata ufficialmente “rafforzata” dalle Corti mediante il
ricorso ad esplicite presunzioni di responsabilità, dovrebbe essere verificato
alla luce di un ulteriore principio, posto dalla Prima Sezione civile della Cas-
663
sazione nel 1995 , che si potrebbe rivelare ben più rivoluzionario, per le sue
652
In tema di sciovie v., ad es., Cass., I Ch. civ., 4 novembre 1992, in Sem. jur., 1993, II, Jur.,
22058.
653
C. MASCALA, Accidents de gare, cit., p. 83.
654
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
655
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
656
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
657
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
658
C. MASCALA, op. ult. cit., p. 84.
659
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
660
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
661
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
662
C. MASCALA, op. loc. ult. cit. Oltre a Cass., I Ch. civ., 4 novembre 1992, cit., 22058 (in tema di
sciovie), cfr. Cass., I Ch. civ., 31 janvier 1984, in Rec. Dalloz, 1984, Inf. rap., p. 236 (port de paisance);
App. Versailles, 30 janvier 1986, ivi, 1986, Inf. rap., p. 235 (ipermercato); App. Paris, 18 février 1982,
in Gaz. Pal., 1982, II, Somm., p. 316.
663
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 350 s.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 513
conseguenze sia applicative, sia sistematiche, di quello posto nel “caso Valver-
de”. Mentre questo fu pensato per operare nei circoscritti limiti del contratto
di trasporto, la “codificazione” di un principio generale di responsabilità con-
664
trattuale per il fatto delle cose potrebbe investire l’intero sistema di respon-
sabilità civile. Nel porre definitivamente in crisi la tradizionale partizione tra
obbligazioni di mezzi e di risultato e, più in generale, gli stessi confini della re-
sponsabilità delittuale e contrattuale, potrebbe suggerire all’interprete di rico-
struire un sistema “comune” delle responsabilità civili sulla base di una regola
di strict liability. Ne conseguirebbe una progressiva erosione del campo delle
obbligazioni di sécurité di mezzi, che potrebbe estendersi parallelamente a
quella già avvenuta nell’ambito della responsabilità delittuale per colpa, e ciò
potrebbe preludere ad un’inedita ricostruzione unitaria del sistema di respon-
sabilità civile, fondata non tanto sui tradizionali poli distintivi del contratto e
del torto, quanto sulla valenza “ordinante” dei criteri d’imputazione delle re-
sponsabilità diversi dalla colpa.
Pur prescindendo, per ora, da questa più generale problematica, che, tut-
tavia, non ha avuto seguito nell’esperienza francese, è innegabile che lo stesso
revirement del 1989 abbia iniziato ad incidere significativamente sulle «nuove
665
frontiere tra le responsabilità» , poiché l’esclusione «della responsabilità
contrattuale [per colpa] dall’ambito degli accidents de gare, con tutte le conse-
guenze evocate, provoca inevitabilmente problemi di territorio in relazione al
diritto dei contratti e apre prospettive di riunificazione in ordine al diritto del-
666
la responsabilità» . Con il “caso Valverde”, la Cassazione ha inteso «cancel-
lare le differenze tra le responsabilità, per favorire una riparazione uniforme di
tutti i danni alla persona, sia che la vittima sia parte del contratto, sia che sia
667
terzo» . Da un lato, è assicurata alle vittime una parità di trattamento, a pre-
scindere dalle qualità di contraente o di terzo; dall’altro, pur in presenza di
una ripartizione dei danni tra responsabilità contrattuale e delittuale, questa
distinzione non assume più alcun interesse sotto l’aspetto pratico, «poiché il
risarcimento dei danni alla salute obbedisce al medesimo regime per quanto
668
riguarda le sue conseguenze in materia sia contrattuale [...], sia delittuale» .
Il principio del non-cumul tra le responsabilità è rispettato, «principio saldamen-
669
te ancorato alla tradizione giuridica» francese, ma la nuova soluzione ne «at-
670
tenua gli inconvenienti» , garantendo alla vittima la disciplina più favorevole.
In questi termini, anche se limitatamente al contratto di trasporto, nella ri-
partizione delle responsabilità tra il vettore e il passeggero, una posizione del
664
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
665
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
666
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
667
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
668
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
669
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
670
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
514 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
671
P. MALAURIE, Note a Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Rec. Dalloz, 1991, Jur., p. 3.
672
P. MALAURIE, op. loc. cit.
673
Così come, invece, afferma parte della dottrina svizzera (cfr., ad es., P. ENGEL, Traité des obli-
gations en droit suisse, Neufchätel, 1973, p. 38).
674
P. MALAURIE, op. loc. ult. cit.
675
P. MALAURIE, op. loc. ult. cit.
676
La moderna scienza comparativa pone in evidenza come, pur in presenza di regole e di istituti
strutturalmente diversi, la giurisprudenza sovente realizzi una sostanziale equivalenza tra i risultati (in
argomento, L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., pp. 65, 66 ss., 222 s. e passim).
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 515
677
Precisa, infatti, che «la loi [...] ne distingue pas suivant que la chose qui a causé le dommage
était ou non actionnée par la main de l’homme», Cass., Ch. réun., 13 febbraio 1930, in Rec. Dalloz,
1930, Jur., p. 57 ss., nel decidere il celebre arrêt Jand’heur.
678
In questi termini, C. MASCALA, Accidents de gare, cit., p. 84.
679
L’espressione è di R. RODIÈRE, Voyageurs, veillez sur vous!, cit., p. 45 ss.
680
Come esclamava P. ESMEIN, Transporteurs, veillez sur nous, cit., p. 1 ss.
516 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO NONO
redatto da una Commissione di civilisti francesi diretta da Pierre Catala), Testo, Exposé des motifs e
traduzione in italiano, presentazione di G. ALPA, Milano, 2008, p. 191 (la trad. it. del testo è a p. 302).
4
Così, D.R. MARTIN, in G.B. FERRI, P. SPADA (cur.), L’avant-projet Catala, cit., p. 92.
5
L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 368.
6
Le espressioni citate tra virgolette sono di L. MENGONI, op. ult. cit., p. 368, anche in note 12
e 13.
7
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
8
L. MENGONI, op. ult. cit., pp. 368 e 369.
18.
520 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
obblighi relativi, come tali soggetti alle norme della responsabilità contrattua-
9
le» . Questi obblighi di sicurezza (di protezione o “di correttezza”) assumono
una struttura, una funzione ed un contenuto autonomi rispetto agli obblighi di
prestazione, pur concorrendo con questi alla realizzazione dello scopo com-
plessivo del rapporto obbligatorio. Ciò non significa, però, che tra di essi pos-
sano essere annoverati anche i cc.dd. “obblighi secondari, non autonomi”,
meglio denominati come “obblighi integrativi strumentali”, «i quali non han-
no uno scopo a sé stante (e quindi non possono farsi valere in giudizio con
una azione autonoma), ma tendono ad assicurare l’esatto adempimento della
10
prestazione principale» .
Le obbligazioni di sécurité, così come gli obblighi di protezione (Schutz-
pflichten), trovano il loro fondamento storico nella creazione giurisprudenziale
di multiformi figure di obbligazione e nella loro progressiva applicazione a
settori sempre più ampi dei rapporti civili, anche slegati da ogni somiglianza
con il contratto di trasporto. Lo stesso deprecato “arretramento” dell’obbliga-
11
zione di sécurité “di risultato” ed il suo correlato “depotenziamento” a favo-
re di un’inedita obbligazione di diligenza, la quale ha interessato – ad eccezio-
ne degli accidents de gare – soprattutto i contratti diversi dal trasporto, hanno
rappresentato il risultato di una lenta elaborazione casistica della giurispru-
denza francese, la quale, in assenza di un intervento ordinante del legislatore,
si è assunta il compito sia di individuare, a volta a volta, i diversi modelli di
decisione, sia di chiarirne il fondamento, nel tentativo di ideare una doctrine
che fosse idonea a giustificare razionalmente l’intero catalogo delle soluzioni.
Ma se una maggiore coerenza sistematica ha potuto essere garantita allorché
l’obbligazione di sécurité si è evoluta all’interno del contratto di trasporto, sia
pure attraverso le articolate vicende giuridiche che hanno caratterizzato per
quasi ottant’anni l’esperienza d’oltralpe, e che sono culminate nella de-
12
contrattualizzazione effettuata con il caso Valverde , il riferimento a parame-
tri unitari e costanti è divenuto particolarmente problematico allorché l’obbli-
gazione di sécurité è stata inserita in contratti del tutto diversi, che nulla hanno
in comune tra loro e, tanto meno, con il contratto di trasporto.
9
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 369.
10
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 370.
11
La dottrina, nell’esporre le relative vicende giurisprudenziali, discorre di un «recul» dell’obbli-
gazione di sécurité di risultato, sia all’interno, sia al di fuori del contratto di trasporto (con la consueta
chiarezza, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., pp. 478 ss., 483 ss.). Tale fe-
nomeno è unanimemente contestato dalla migliore dottrina: cfr., ad es., H. GROUTEL, op. ult. cit., n.
16; G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 410 ss., 486 ss.; G. VINEY, Rapport de synthèse, cit., p.
1215; Y. LAMBERT-FAIVRE, Fondement et régime, cit., p. 82 ss.; P. JOURDAIN, Le fondement, cit., p.
1198 ss.; D. MAZEAUD, Le régime, cit., p. 1202 ss.
12
Deciso da Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 632 ss.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 521
13
2. La summa divisio ideata da Demogue , ma, forse, già intuita da un noto
14
pandettista tedesco che, in sede di commento al progetto del BGB, eviden-
ziò l’opportunità di differenziare i rapporti obbligatori «secondo la corrispon-
15
denza o meno dell’oggetto al risultato finale di utilità atteso dal creditore» ,
ha caratterizzato l’intera esperienza continentale al punto da assurgere a fonte
16
di diritto positivo . Malgrado le veementi critiche della dottrina, sovente limi-
17
tate a sottolineare le incongruenze formali e nominalistiche di una partizione
18
che è stata considerata soltanto descrittiva, ma dogmaticamente inconsistente ,
la distinzione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato” è stata altresì accolta
nei Principi dei contratti commerciali internazionali elaborati dall’Unidroit, sia
al fine di stabilire le conseguenze dell’obbligazione (art. 5.1.4.), sia allo scopo
di precisare i criteri per determinare il tipo di rapporto (art. 5.1.5.). Presuppo-
sta anche nel Code Européen des Contrats (Gatt 2002, 369) e nei Principles of
European Contract Law (PECL), relativamente al commento dell’art. 6:102
dedicato alle implied conditions, questa partizione è stata recepita dall’Avant-
13
R. DEMOGUE, Traité des obligations, t. V, cit., pp. 538-541. Il contributo di R. Demogue è sot-
tolineato, ad es., da G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 441.
14
F. BERNHÖFT, Kauf, Miethe und verwandte Verträge, in E.I. BEKKER, O. FISCHER (cur.), Beiträge
zur Erläuterung und Beurtheilung des Entwurfs eines BGB für das deutsche Reich, Berlin, 1889, p. 17.
Tale idea fu ripresa e sviluppata da H.A. FISCHER, Vis major in Zusammenhang mit Unmöglichkeit
der Leistung, in Jherings J., 37, 1897, p. 199 ss.
15
L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 305.
16
Così, P. RESCIGNO, Fondamento e problemi della responsabilità medica, in La responsabilità me-
dica, Milano, 1982, p. 78 ss.; R. FAVALE, La responsabilità civile, cit., p. 107.
17
La critica alla partizione tra obbligazioni di mezzi e di risultato, che è stata dapprima mossa
nell’esperienza francese [in ordine cronologico, G. MARTON, Obligations de résultat et obligations de
moyens, in Rev. trim. dr. civ., 1935, p. 499 ss.; H. MAZEAUD, Essai de classification des obligations, ivi,
1936, pp. 1 ss., 28 ss.; A. TUNC, La distinction des obligations de résultat, cit., 449; J. FROSSARD, La
distinction des obligations de moyens et des obligations de résultat, Paris, 1965, passim; R. RODIÈRE,
Une notion menacée, la faute ordinaire dans les contrats, in Rev. trim. dr. civ., 1954, p. 201 ss.; A.
PLANCQUÉEL, Obligations de moyens, obligations de résultat (Essai de classification des obligations
contractuelles en fonction de la charge de le preuve en cas d’inexécution), ivi, 1972, p. 334 ss.; G. DUR-
RY, Quelques exemples d’application de la distinction des obligations de moyens et des obligations de
résultat, ivi, 1974, p. 616 ss. Anche la più avvertita trattatistica riprende, sia pure in sintesi, le princi-
pali obiezioni: cfr., per tutti, C. LARROUMET, Droit civil, tome 3, cit., p. 597 ss.; B. STARCK, H. RO-
LAND, L. BOYER, Droit civil. Les obligations, 2, cit., p. 411 ss.; F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE,
Droit civil. Les obligations, cit., p. 450 ss.], è stata recepita, dopo qualche decennio, anche nell’espe-
rienza italiana: tra i tanti, L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 185 ss. e passim; P. RESCI-
GNO, voce Obbligazioni, cit., p. 190 ss.; C.M. BIANCA, Diritto civile, IV, L’obbligazione, Milano, 1991,
p. 71 ss.; U. BRECCIA, Le obbligazioni, cit., p. 480 ss.; C. CASTRONOVO, La responsabilità per inadem-
pimento tra Osti e Mengoni, in Europa e dir. priv., 2008, p. 11 ss.; M. FRANZONI, Obbligazioni di mez-
zi e di risultato, in Le obbligazioni, I, L’obbligazione in generale (1173-1320 c.c.), Torino, 2004, p. 1339
ss.; A. DI MAJO, Mezzi e risultato nelle prestazioni mediche: una storia infinita, in Corriere giur., 2005,
p. 33 s.; F. PIRAINO, Obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzi ovvero dell’inadempimento incon-
trovertibile e dell’inadempimento controvertibile, in Europa e dir. priv., 2008, p. 94 ss.; V. CARBONE,
Obbligazioni di mezzi e di risultato tra progetti e tatuaggi, in Corriere giur., 1997, p. 546 s.
18
In questi termini, il contributo di L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
522 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
projet Catala, ove si stabilisce (nell’art. 1149): che «L’obligation est dite de
résultat lorsque le débiteur est tenu, sauf cas de force majeure, de procurer au
créancier la satisfaction promise, de telle sorte que, ce cas excepté, sa respon-
sabilité est engagée du seul fait qu’il n’a pas réussi à atteindre le but fixé»
(comma 1); che l’obbligazione è, invece, «dite de moyens lorsque le débiteur
est seulement tenu d’apporter les soins et diligences normalement nécessaires
pour atteindre un certain but, de telle sorte que sa responsabilité est subor-
19
donnée à la preuve qu’il a manqué de prudence ou de diligence» (comma 2) .
Tale distinzione, ispirata ad una giurisprudenza secolare che, sulla base del-
l’oggetto e delle finalità dell’obbligazione, ha mantenuto separati i due modelli
al fine di applicare una disciplina fortemente differenziata, si sarebbe imposta
all’attenzione della scienza giuridica proprio in virtù della sua forza «struttu-
20
rante» .
Tale partizione rappresenta un dato costante della giurisprudenza francese
anche in tema di obbligazioni di sécurité, la quale ha tentato di modulare va-
riamente il rigore delle sue decisioni, in relazione al singolo contratto, allocan-
do il rischio del danno ora sul creditore/vittima, ora sul debitore, proprio sulla
base del diverso regime probatorio che caratterizzerebbe le obbligazioni “di
mezzi” e quelle “di risultato”. In tal modo la stessa categoria dell’obbligazione
di sécurité è stata interamente suddivisa ed assorbita dalla contestata partizio-
ne, senza che la giurisprudenza sia stata in grado di giustificare razionalmente
le sue soluzioni, sulla base di coerenti e rigorosi criteri di decisione. La prefe-
renza per un’indiscriminata estensione dell’obbligazione di sécurité di diligen-
za ha trovato fondamento nella tradizionale centralità della faute, che ancora
connota, a livello giurisprudenziale, l’esperienza d’oltralpe; nel carattere “qua-
si-costituzionale” riconosciuto alla regola onnicomprensiva e primaria iscritta
nell’art. 1382 code civ., che darebbe fondamento e giustificazione all’intero si-
stema di responsabilità civile; nell’aver ricalcato la disciplina dell’inadempi-
mento dell’obbligazione “di diligenza” su quella della responsabilità delittuale
per colpa, in uno strenuo tentativo di dimostrare la «relativa unità delle re-
21
sponsabilità contrattuale e delittuale» .
Nella gran parte dei casi, le Corti, pur senza riferirsi sempre esplicitamente
22
alla contestata partizione fondata sul diverso “oggetto” dell’obbligazione , nel
senso di ravvisare una promessa di un «risultato preciso» o una promessa di
23
«mezzi appropriati» , hanno esteso in maniera accentuata la figura dell’obbliga-
zione di sécurité di diligenza, richiamando, in prevalenza, il principio “pragma-
19
Cfr. G.B. FERRI, P. SPADA (cur.), L’avant-projet Catala, cit., p. 191 (la trad. it. del testo è a p. 301).
20
In tal senso è il commento di D.R. MARTIN, in G.B. FERRI, P. SPADA (a cura di), L’avant-projet
Catala, cit., p. 91.
21
Le ragioni del pensiero di R. Demogue sono così sintetizzate da G. VINEY, P. JOURDAIN, op.
ult. cit., p. 442.
22
A tale criterio era ispirata, in origine, la partizione ideata da R. DEMOGUE, op. loc. ult. cit.
23
Per tale interpretazione, F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, op. ult. cit., p. 451.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 523
tico” del comportamento (più o meno attivo) tenuto dal creditore nell’esecu-
24
zione del contratto; talvolta, il criterio, incerto ed evanescente , dell’alea del
25
risultato e/o dell’attività del debitore ; talaltra, il fatto dell’accettazione (im-
26
plicita) dei rischi da parte del creditore ; infine, l’eventuale carattere gratuito
del contratto, considerato incompatibile con l’obbligazione di risultato.
Questi parametri, ai quali la giurisprudenza fa riferimento spesso singolar-
mente, in qualche caso cumulativamente, sono considerati come dati automa-
ticamente sufficienti a sancire, in maniera generale ed astratta, la partizione tra
obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”. Ma tali elementi si sono rivelati quasi
sempre inidonei allo scopo, sotto i profili sia teorico, sia pratico, poiché non
hanno impedito alle Corti di incorrere in contraddizioni, in palesi incongruen-
ze, in ingiustificate disparità di trattamento. La minore o maggiore libertà di
movimento che è riconosciuta al creditore nel singolo contratto, il carattere
più o meno aleatorio dell’attività del debitore, l’accettazione implicita dei ri-
schi da parte del creditore non rappresentano dati di per sé sufficienti a sanci-
re, in via generale, la qualificazione di un determinato rapporto obbligatorio
in termini “di mezzi” o di risultato. Piuttosto che riferirsi a parametri astratti e
generici, sembra necessario verificare, in relazione al concreto rapporto, le ef-
fettive condotte del debitore e del creditore, per come si sono in concreto di-
spiegate, e non per come si vuole che si sarebbero dispiegate sulla base di
un’astratta qualificazione derivante dal “tipo” contrattuale. Così, la valutazio-
ne del rapporto, e della responsabilità da esso derivante, deve essere effettuata
“in concreto”, non “in astratto”. Ad esempio, nel trasporto mediante sciovia
non v’è sempre una maggiore libertà di movimento del creditore, una maggio-
re “alea” dell’attività del debitore o una più consapevole accettazione dei ri-
schi da parte del creditore, rispetto a quanto accade nell’auto-scontro o in qual-
siasi altro contratto analogo. E, comunque, anche se tali connotazioni fossero,
in astratto, ravvisabili, esse potrebbero essere del tutto irrilevanti al fine di
qualificare la responsabilità del gestore sulla base di un’obbligazione “di mez-
zi” o di risultato.
Infatti, può accadere che, pur nell’ambito di un contratto di trasporto fer-
roviario o mediante teleferica, ove si ritiene esistente un’obbligazione di sécu-
rité di risultato, sia il trasportato ad essere interamente responsabile della sua
fuoriuscita dal veicolo, ad esempio, per essersi sporto eccessivamente dal fine-
strino. Viceversa, può avvenire che in uno dei tanti contratti considerati più o
meno “analoghi” al trasporto, e ai quali la giurisprudenza applica costante-
mente un’obbligazione di sécurité di diligenza, il danno si verifichi a prescin-
24
Discorrono, infatti, di un criterio «assez flou», F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, op. ult. cit.,
p. 459.
25
Sul punto, in particolare, A. TUNC, op. ult. cit., 449; tuttavia, G. MARTON, Obligation de résul-
tat, cit., p. 499.
26
In dottrina, il contributo di J. HONORAT, L’idée d’acceptation des risques dans la responsabilité
civile, Paris, 1969, passim, con prefazione di J. FLOUR.
524 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
27
Il caso è deciso da Cass., I Ch. civ., 4 novembre 1992, in Sem. jur., 1993, II, Jur., 22058, p. 207,
con nota di P. SARRAZ-BOURNET, e in Rec. Dalloz, 1994, Jur., p. 45. Sul punto, M. FEOLA, Le obbli-
gazioni di sécurité, cit., p. 240 s.
28
In proposito, il cap. VIII, § 11 ss.
29
Per l’analisi della casistica giurisprudenziale, si rinvia a M. FEOLA, op. ult. cit., pp. 251 ss., 260
ss. e passim.
30
Ad es., Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, in Rec. Dalloz, 1975, Jur., p. 512; Cass., I Ch. civ., 17
juin 1975, ivi, 1975, Inf. rap., p. 216. In proposito v., infra, il § 3, testo e nota 60 ss.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 525
31
ni «realmente aleatorie da quelle che presentano un rischio normale» , rap-
presentando, tali dati, “elementi comuni” a tutti i contratti; dall’altro, il crite-
rio dell’accettazione implicita dei rischi risulta fondato su un’interpretazione
32
presunta e fittizia della volontà del creditore , in ossequio ad una concezione
falsamente volontaristica della responsabilità contrattuale, in quanto nessun
creditore, se preventivamente interpellato, accetterebbe di assumere, su di sé,
il rischio del danno. Ancora più contestabile è il criterio, proposto in dottri-
33
na , ma disatteso in giurisprudenza, secondo il quale l’obbligazione di risulta-
to si distinguerebbe per avere ad oggetto la promessa di eseguire una presta-
zione determinata, dai contorni giuridici e materiali precisi, mentre quella di
mezzi avrebbe ad oggetto una prestazione indeterminata, nella quale il debito-
re, senza garantire “le but”, si riserverebbe una libertà più o meno estesa di
azione. Tale orientamento, nell’individuare il criterio di distinzione in una tau-
tologica qualificazione dell’“oggetto” dell’obbligazione (è “determinata” l’ob-
bligazione che ha ad oggetto una prestazione “determinata”) risulta inappli-
cabile proprio alle obbligazioni di sécurité ed alle altre obbligazioni implicite
(d’informazione, ecc.) che non sono espressamente contemplate nel contratto
34
e «delle quali questo non ne ha definito i contorni» .
L’insufficienza di tali criteri a fondare una chiara partizione tra le obbliga-
zioni “di mezzi” e di risultato trova conferma, all’inverso, anche in quella giu-
risprudenza che, pur ravvisando, in taluni contratti, un’obbligazione determi-
nata di sécurité, non illustra il perché di tale qualificazione, nel valutare tale
dato in comparazione con quegli altri casi, del tutto analoghi, per i quali è in-
vocata, invece, un’obbligazione di diligenza. La Cassazione, ad esempio, af-
ferma esplicitamente l’esistenza di un’obbligazione determinata di sécurité a
carico del gestore delle giostre di altalene, in occasione di un accidente subito
da una bambina che, «dopo aver preso posto, era caduta al suolo e si era ferita
35
in maniera mortale» . Ma non spiega perché, in questo specifico caso, l’ob-
bligazione di sécurité sia di risultato, mentre, nella quasi totalità dei contratti
36
“analoghi” , l’obbligazione di sécurité si affievolisca in un’obbligazione “di
mezzi”, che richiede la prova, da parte del creditore, della faute del debitore.
37
La Suprema Corte cassa, per violazione dell’art. 1147 code civ. , la senten-
za della Corte d’appello d’Amiens che aveva rigettato la domanda di risarci-
mento presentata dai genitori della bimba, avendo qualificato l’obbligazione
31
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 461.
32
Discorrono di un criterio fondato sulla «volontà probabile delle parti», che prende in conside-
razione «l’attente légitime» del creditore, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 462.
33
J. FROSSARD, op. loc. ult. cit. Su tale A. v., altresì, E. CARBONE, Diligenza e risultato nella teoria
dell’obbligazione, Torino, 2007, p. 128 ss.
34
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
35
Cass., I Ch. civ., 18 février 1986, in Rec. Dalloz, 1986, Inf. rap., p. 235.
36
Sui quali, cfr. M. FEOLA, op. ult. cit., pp. 233-321.
37
Cfr. Cass., I Ch. civ., 18 février 1986, cit., p. 235.
526 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
38
del gestore “di prudenza” e di diligenza . Secondo i giudici di merito, anche a
39
voler «supporre che questi fosse stato tenuto ad un risultato» , è dubbio che
avrebbe potuto essere giudicato responsabile allorché la vittima, «che aveva
voluto sedersi, aveva perso l’equilibrio “lasciando le barre dell’altalena in mo-
40
vimento, in violazione delle prescrizioni affisse nella giostra”» . Ma la Cassa-
zione decide, al contrario, pur in presenza di un’eventuale faute commessa
dalla vittima, che la responsabilità del gestore delle giostre di altalene discen-
de, in maniera oggettiva, dall’inadempimento di una «obbligazione di risulta-
41
to, per quanto concerne la sicurezza dei suoi clienti» .
La qualificazione, in termini di risultato, dell’obbligazione di sécurité del
gestore dell’impianto di altalene sembra trovare un qualche reale fondamento
non tanto nel criterio del ruolo (più o meno) passivo tenuto dalla vittima nell’ese-
cuzione del contratto (che è analogo a quello assunto dal creditore nella mag-
gior parte dei trasporti cc.dd. pour rire), o nella peculiare tipologia del con-
tratto di manège de balançoire rispetto ai giochi da luna-park o agli altri pseu-
do trasporti, per i quali si prevede, invece, una diversa disciplina pur in pre-
senza di una dinamica del tutto analoga (si pensi, ad es., al toboggan acquati-
42
co) , quanto nella considerazione di una mancata assunzione del rischio a cui
sono esposti gli utenti, soprattutto se minori d’età. La stessa eventuale faute di
una vittima particolarmente meritevole di protezione, proprio perché minore,
non assurge a causa di esonero dalla responsabilità, se tale condotta poteva esse-
re ragionevolmente prevista dal debitore. Ma la Suprema Corte generalizza la re-
gola, riferendo l’obbligazione determinata di sécurité a qualsiasi gestore di un im-
pianto di altalene, a prescindere dalla maggiore o dalla minore età degli utenti.
Le argomentazioni addotte nella sentenza inducono a pensare che, nella
43
specie, la condizione di “debolezza” di una vittima minore possa avere in-
fluito sulla decisione, essendo, a maggior ragione, il gestore dell’impianto ob-
bligato a condurre sano e salvo il fanciullo “a destinazione” e, cioè, fino al-
l’uscita dal veicolo o, quanto meno, fino alla cessazione del “movimento” del-
l’altalena. Secondo la Suprema Corte, prima di far gravare la responsabilità
sulla vittima, i giudici d’appello avrebbero dovuto «accertare se la barra non le
44
fosse sfuggita a seguito di una semplice mancanza di forze» , nonché «chiari-
38
Lo riferisce J. HUET, Entreprise d’attraction pour enfants, cit., p. 770.
39
J. HUET, op. loc. ult. cit.
40
L’espressione della sentenza è riprodotta da J. HUET, op. loc. ult. cit.
41
Cass., I Ch. civ., 18 février 1986, cit., p. 235.
42
In questo caso, tuttavia, nella giurisprudenza di merito, l’obbligazione di mezzi è spesso assisti-
ta da un’inversione dell’onere della prova (ad es., App. Montpellier, I Ch. civ., 20 janvier 1992, in
Sem. jur., 1993, II, Jur., 22125, p. 372). Sulla diversa qualificazione dell’obbligazione del gestore di
toboggan terrestri, P. JOURDAIN, L’exploitant d’un toboggan est tenu d’une obligation de sécurité de ré-
sultat, in Rev. trim. dr. civ., 1992, p. 397 (su tale problematica cfr. M. FEOLA, Le obbligazioni di sécu-
rité, cit., pp. 251-260).
43
In proposito, M. BUSSANI, La colpa soggettiva, cit., p. 155 ss.
44
Cfr. J. HUET, op. loc. ult. cit.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 527
53
V., retro, la nota 42. Sui toboggan terrestri v., altresì, P. LE TOURNEAU, Note a Cass., I Ch. civ.,
12 février 1975, cit., p. 512; É. FORTIS, L’obligation de sécurité, cit., p. 271.
54
Cfr. M. FEOLA, op. ult. cit., pp. 260 ss., 267 ss. In argomento, G. CORNU, Responsabilité du
loueur de chevaux de promenade envers ses clients, in Rev. trim. dr. civ., 1970, p. 794; G. DURRY, Le
loueur de chevaux n’est tenu que d’une obligation de moyens, in Rev. trim. dr. civ., 1971, p. 161; J. HUET,
Entreprise de promenade équestre: obligation de moyen, mais appréciée avec sévérité, in Rev. trim. dr.
civ., 1986, p. 768; P. REMY, Le coup de l’étrier «américain»; distinction du louage de chevaux et de
l’entreprise de promenade à cheval, in Rev. trim. dr. civ., 1986, p. 608.
55
M. FEOLA, op. ult. cit., p. 275 ss.
56
Su tali ipotesi, M. FEOLA, op. ult. cit., p. 284 ss.
57
J. BONNARD, Note a Cass., I Ch. civ., 10 février 1993, in Rec. Dalloz, 1993, Jur., p. 607.
58
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 350 s.
59
Cass., Ass. Plén., 29 mars 1991, in Sem. jur., 1991, II, Jur., 21673.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 529
Una divergenza del pari evidente con il criterio del “ruolo attivo” della vitti-
ma si ha nella giurisprudenza in materia di autoscontro, la quale qualifica il ge-
60 61
store come debitore di un’obbligazione determinata o “di risultato” . Se fosse
preso realmente in considerazione il criterio fondato sul grado di partecipazione
del creditore, l’obbligazione del gestore dovrebbe essere, sicuramente, “di mezzi”,
poiché il cliente intenzionalmente provoca lo scontro che gli causa il danno, aven-
do l’esclusivo controllo e la direzione della vettura. La Cassazione, invece, forse
62
applicando la regola generale stabilita in tema di trasporto terrestre di persone ,
fin dalle prime decisioni in materia ha iniziato ad affermare che il cliente, essen-
do «creditore nei riguardi del gestore di una giostra di autoscontro di un’ob-
bligazione determinata di sécurité, non ha l’onere di apportare la prova della
63
faute» . Nel condannare il gestore a risarcire le conseguenze dannose dell’inci-
dente del quale è stato vittima il cliente a seguito di uno scontro provocato duran-
te uno dei percorsi effettuati sulla pista con la vettura della giostra, nella quale
aveva preso posto al fianco del conducente, la Suprema corte afferma che «i giu-
dici di merito hanno esattamente applicato l’art. 1147 code civ., dichiarando il
gestore tenuto ad una siffatta obbligazione di sécurité, allorché egli non ha dimo-
64
strato che il suo inadempimento derivava da una cause étrangère» . L’obbliga-
zione determinata di sécurité gravante sul gestore doveva spingerlo «sia a ri-
durre la velocità dei veicoli, sia ad intervenire nel corso del gioco, sia, perfino,
ad interromperlo nel momento in cui egli riteneva che fosse divenuto perico-
65
loso» . Questa obbligazione farebbe pesare sul gestore «una presunzione di
responsabilità dalla quale può esonerarsi soltanto provando le fautes della vit-
66
tima o del terzo o qualsiasi altro avvenimento derivante da forza maggiore» .
Sulla scia di questo orientamento, la Suprema Corte ha altresì cassato la
decisione della Corte d’appello di Aix, che aveva rigettato la domanda di ri-
sarcimento dei danni subiti da un giovane che «si era ferito a seguito di uno
67
scontro sopravvenuto tra la sua vettura e quella di un altro cliente» , affer-
mando che il gestore «non era tenuto ad un’obbligazione di “sicurezza assolu-
ta” e che, pertanto, non era stato accertato che egli aveva inadempiuto la sua
68
obbligazione generale di sorveglianza» . La Cassazione, invece, ribadisce che
il gestore dell’autoscontro «è tenuto, durante il gioco, a un’obbligazione di ri-
69
sultato, per quanto riguarda la sicurezza dei suoi clienti» .
60
Cass., I Ch. civ., 3 avril 1973, in Rec. Dalloz, 1973, Somm., p. 91.
61
Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, in Rec. Dalloz, 1975, Jur., p. 512; Cass., I Ch. civ., 17 juin
1975, ivi, 1975, Inf. rap., p. 216.
62
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
63
Cass., I Ch. civ., 3 avril 1973, cit., p. 91.
64
Cass., I Ch. civ., 3 avril 1973, cit., p. 91.
65
Cass., I Ch. civ., 3 avril 1973, cit., p. 91.
66
Cass., I Ch. civ., 3 avril 1973, cit., p. 91.
67
Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, cit., p. 512.
68
Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, cit., p. 512.
69
Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, cit., p. 512.
530 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
70
Così, la Suprema Corte ha cassato anche la sentenza della Corte d’appello
di Besançon, per violazione dell’art. 1147 code civ., la quale, nel rigettare
l’azione di risarcimento danni proposta da una cliente di una giostra di auto-
scontro che si era ferita a seguito di un urto tra la propria vettura e quella di
un altro utente, aveva «enunciato che il convenuto non era tenuto ad un’ob-
bligazione di risultato, e che nessuna faute era stata provata nei suoi riguar-
71
di» . La Cassazione conferma ancora una volta che «il gestore dell’autoscon-
tro è tenuto, durante il gioco, ad un’obbligazione di risultato per quanto ri-
72
guarda la sicurezza dei suoi clienti» .
La limitazione dell’obbligazione di sécurité di risultato, che grava sul gesto-
73
re, agli incidenti accaduti «durante il gioco» appare una fedele applicazione
74
della regola aurea, stabilita in occasione del caso Caramello , che circoscrive
tale modello obbligatorio tra il «momento in cui il passeggero inizia ad entrare
75 76
nel veicolo» e l’istante «in cui egli ha terminato di scenderne» . Ciò signifi-
cherebbe, per contro, che l’obbligazione debba essere qualificata “di mezzi”,
allorché il cliente «non ha ancora preso posto nel veicolo o lo ha già abbando-
77
nato» . Ma l’applicazione, anche a tali ipotesi, della regola statuita dalla Cas-
78
sazione nel 1989 nel decidere il caso Valverde indurrebbe a ravvisare una re-
sponsabilità delittuale fondata sull’art. 1384, comma 1, code civ., piuttosto che
una responsabilità contrattuale conseguente all’inadempimento di un’obbliga-
zione di mezzi.
79
L’assimilazione del «trasporto pour rire» , che avviene in occasione del-
80
l’autoscontro, al «vero e proprio» contratto di trasporto ha destato perplessi-
81
tà, perché «le situazioni sono assai distinte» : durante il trasporto, il passeg-
82
gero può assumere «un ruolo passivo» , mentre tale aspetto manca del tutto
nel caso dell’autoscontro, ove la vittima ha, per tutta la durata del gioco, l’esclu-
sivo e diretto controllo della vettura. L’utente dell’autoscontro «vuole ricerca-
re sensazioni forti: egli desidera, se non ferite e botte, almeno degli shock, e
83
degli shock violenti» . Il suo ruolo «non è per nulla passivo. [...] Egli dirige la
manovra o, se subisce movimenti imposti, questi risultano dall’energia cinetica
70
Cass., I Ch. civ., 17 juin 1975, in Rec. Dalloz, 1975, Inf. rap., p. 216.
71
Lo riferisce Cass., I Ch. civ., 17 juin 1975, cit., p. 216.
72
Cass., I Ch. civ., 17 juin 1975, cit., p. 216 (il corsivo è aggiunto).
73
Cass., I Ch. civ., 17 juin 1975, cit., p. 216.
74
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
75
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640.
76
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640.
77
Lo afferma P. LE TOURNEAU, Note a Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, cit., p. 512.
78
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 632 s.
79
Così P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
80
P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
81
P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
82
P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
83
P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 531
84
prodotta dallo scontro» . Se «v’è qualcuno che mantiene un atteggiamento
85
passivo» , questi è senz’altro il gestore dell’impianto.
Sicuramente non in linea con il preteso criterio del “ruolo passivo” del cre-
ditore nella fase di esecuzione del contratto è anche quella giurisprudenza che
si è formata in materia di villaggi turistici. Pur senza affermare espressamente
che il gestore del villaggio è tenuto ad un’obbligazione determinata di sécurité
nei riguardi dei clienti (ma tale assenza di qualificazioni esplicite è assai fre-
quente nelle sentenze più recenti), la Suprema Corte cassa la decisione della
86
Corte d’appello di Papeete , che aveva fondato il rigetto della domanda del
cliente danneggiato sulla circostanza che questi non era stato in grado di pro-
vare l’inadempimento del club alla sua obbligazione “di mezzi”. Secondo la Cas-
sazione, invece, «non dà una base giuridica alla sua decisione la Corte d’ap-
pello che, nel rigettare la domanda di risarcimento presentata da un turista
che, nel corso del suo soggiorno in un villaggio turistico, è stato morso da una
murena mentre partecipava, con uno scafandro autonomo, ad un’immersione
87
organizzata per conto del club» , affermi che «il club era tenuto soltanto a
88
mettere in opera i mezzi dei quali disponeva per assicurare la sua sicurezza» .
La Corte d’appello aveva accertato che «la murena, normalmente, attacca
89
soltanto per difendere la sua tana» (e che, quindi, presumibilmente era stata
molestata dal subacqueo), che l’immersione «si era svolta con materiali con-
formi alle prescrizioni regolamentari, sotto la sorveglianza di personale tecnico
e medico competente, che aveva saputo far prova della diligenza richiesta al
90
momento dell’incidente» , che l’escursione era avvenuta «in un luogo turisti-
co conosciuto, frequentato da altri clubs, i quali abitualmente danno cibo ai
91
pesci» . Ma tali circostanze non sono state considerate sufficienti a dimostra-
92
re «che il club aveva adempiuto le sue obbligazioni» , poiché la Corte d’ap-
pello aveva omesso di accertare «il carattere imprevedibile e irresistibile della
93
presenza di una murena sui luoghi dell’immersione» . L’esplicita esclusione
di un’obbligazione (del gestore del club) limitata «a mettere in opera i mez-
94
zi» per assicurare la sicurezza degli utenti e l’evidente riferimento alle carat-
teristiche liberatorie della cause étrangère consentono di considerare il cliente
del villaggio turistico creditore di un’obbligazione determinata di sécurité, pur
in presenza del suo comportamento decisamente “attivo”, non soltanto nello
84
P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
85
P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
86
Cfr. Cass. crim., 1 juillet 1997, in Rec. Dalloz, 1997, Inf. rap., p. 212.
87
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
88
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
89
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
90
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
91
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
92
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
93
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
94
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
532 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
97
ver dimostrare l’assenza di faute, ovvero a dover fornire la «prova negativa»
che la sua condotta si è fondata su «elementi, su circostanze le quali autoriz-
98
zano a considerare che il suo comportamento è stato irreprensibile» . Le ob-
bligazioni di mezzi “rinforzate”, invece, si distinguerebbero da quelle di risul-
tato in ordine al diverso oggetto della prova. Mentre per queste ultime la libe-
razione del debitore dalla responsabilità contrattuale sarebbe condizionata
soltanto alla «prova positiva della causa del danno, che deve essere estranea
99
all’attività del debitore» , ovvero di una cause étrangère, del caso fortuito o
della forza maggiore, e cioè di un evento inevitabile, imprevedibile, irresistibi-
le, insormontabile e comunque esterno rispetto alla condotta del debitore, nel-
le prime la prova invertita, a carico del debitore, si connoterebbe in senso ne-
gativo, avendo ad oggetto l’assenza di faute.
La giurisprudenza, come si è avuto modo di verificare, propone un ampio
quanto tacito ricorso alle obbligazioni di mezzi “rinforzate” ogni qualvolta,
senza voler mutare apertamente indirizzo, qualificando “di risultato” un’ob-
bligazione che in precedenza è stata sempre definita “di mezzi”, ritiene neces-
sario attribuire una maggior tutela alla vittima, anche in considerazione di una
sua particolare situazione (emblematiche, in proposito, le ipotesi di affidamen-
to di minori o di soggetti diversamente abili ai gestori di colonie, di associa-
zioni e di altre istituzioni analoghe). In questi casi, lo stesso verificarsi dell’in-
cidente viene considerato come un dato dal quale dedurre, presuntivamente,
la faute del debitore. La presunzione di colpa inverte l’onere probatorio, ri-
chiedendo che debba essere il debitore a dover dimostrare la propria assenza
di faute nell’adempimento. Ma in presenza del verificarsi di un danno, che
presuntivamente rappresenta un indice “oggettivo” della negligenza del debi-
tore, è assai difficile che, in concreto, questi riesca ad esimersi dalla responsa-
bilità assolvendo l’onere di provare la propria assenza di faute. Ciò implica,
nella sostanza, un mutamento dell’oggetto della prova, e il debitore è sovente
costretto a dover dimostrare l’interruzione del nesso causale tra la condotta
(fautive) e il danno, con la prova di un evento fortuito o di forza maggiore, co-
sì come se si trattasse di un’obbligazione di risultato.
La categoria delle obbligazioni di mezzi “rinforzate” o “aggravate”, tutta-
via, lascia perplessi, in primo luogo, perché, malgrado una distinzione teorica
alquanto chiara, almeno sotto il profilo definitorio, nella gran parte dei casi
esse tendono a identificarsi con quelle di risultato, soprattutto allorché il giu-
dice ha già deciso di condannare il debitore danneggiante sulla base di una
presunzione di responsabilità difficilmente superabile. E ciò è testimoniato da
quella dottrina che, in proposito, piuttosto che di obbligazioni di mezzi “rin-
forzate”, preferisce parlare di obbligazioni di risultato “attenuate”, identifi-
97
C. LARROUMET, op. ult. cit., p. 626.
98
C. LARROUMET, op. ult. cit., p. 626 s.
99
C. LARROUMET, op. ult. cit., p. 626.
534 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
100
cando, esplicitamente o in modo tacito , le prime con le seconde. In tal sen-
so, le obbligazioni di mezzi «rinforzate o aggravate» si vengono a «ritrovare, in
101
questo pericoloso viaggio, sul versante delle obbligazioni di risultato» . Tale
identificazione è implicitamente confermata anche da quegli autori i quali,
all’opposto, pur criticando la tendenza a considerare obbligazioni di risultato
(sia pure atténuées) quelle obbligazioni che determinano una presunzione di
faute, preferiscono racchiudere tali ipotesi nella categoria delle «obligations de
102
moyens renforcées» .
In secondo luogo, la categoria delle obbligazioni di mezzi “rafforzate” si
fonda sulla tesi che, avendo costruito interamente sull’illecito delittuale per
colpa la disciplina dell’inadempimento delle obbligazioni di diligenza, fa gra-
vare sul creditore danneggiato l’onere della prova della faute del debitore, così
come se si trattasse di una responsabilità ex art. 1382 code civ. Se si segue, in-
103
vece, l’opposta tesi – di gran lunga prevalente fino al 1928 , e cioè fino al
momento in cui Demogue enunciò la distinzione tra obbligazioni di mezzi e di
risultato –, che tende a distinguere la responsabilità contrattuale da quella de-
littuale per colpa proprio per il diverso operare dell’onere della prova, l’intera
categoria delle obbligazioni di mezzi risulterebbe “rafforzata” dal fatto che
l’onere della prova dell’esatto adempimento, una volta dimostrata dal credito-
re l’esistenza di un contratto o di una relazione giuridicamente rilevante, do-
vrebbe gravare (non sul creditore, bensì) sul debitore. In tal senso, la soluzio-
104
ne accolta, in Italia, dalle Sezioni Unite della Cassazione , appare un parame-
tro più trasparente (e convincente) di quelli adottati, occasionalmente, nel-
l’esperienza d’oltralpe: l’invertire l’onere probatorio (ma di “inversione” non
si tratterebbe, se si accoglie la rigorosa ricostruzione proposta da tempo dalla
105
dottrina italiana) , sulla base di una “presunzione di responsabilità” del debi-
tore, appare uno standard più consono ad una coerente interpretazione della
106
disciplina, altresì idoneo a risolvere l’apparente «conflitto» di norme tra le
regole dettate in tema di inadempimento (artt. 1218 c.c e 1147 code civ.) e di
107
diligenza nell’adempimento (artt. 1176 c.c. e 1137 code civ.) , senza sovra-
ordinare queste ultime rispetto alle prime.
100
Un’esplicita identificazione delle due categorie di obbligazioni è sostenuta da B. STARCK, H.
ROLAND, L. BOYER, op. ult. cit., p. 419. Anche G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 451 s. e 454
s., pur trattando le due categorie di obbligazioni in distinti paragrafi (i §§ 533-1 e 534-1), nella so-
stanza sembrano implicitamente propendere per la loro identificazione.
101
F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, op. ult. cit., p. 452.
102
Cfr., ad es., C. LARROUMET, op. ult. cit., p. 626.
103
Tale circostanza, quasi sempre dimenticata, è invece sottolineata da G. VINEY, P. JOURDAIN,
op. ult. cit., p. 442.
104
Così, Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, in Corriere giur., 2001, p. 1567.
105
L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 366 ss. e passim.
106
Parlano di un vero e proprio «conflit entre les articles 1147 et 1137 du Code civil», G. VINEY,
P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 438 s.
107
Con riferimento all’esperienza italiana, C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 74.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 535
Ai fini della prova della non imputabilità della causa difficilmente potrà es-
sere sufficiente la dimostrazione della diligenza, poiché l’evento dannoso, in
sé, per il fatto di essersi verificato, comprova “oggettivamente” l’assenza della
diligenza necessaria (ad evitare il danno). Invertito l’onere della prova, al debi-
tore, ai fini dell’esonero da responsabilità, non rimane che provare l’interru-
zione del nesso causale mediante una cause étrangère, il caso fortuito o la forza
maggiore. Anche la giurisprudenza francese, pur declamando una responsabi-
lità del debitore fondata su una faute di sorveglianza o di diligenza, nella so-
stanza va spesso ad imputare “oggettivamente” la faute al debitore per il solo
fatto che il danno si è verificato. Quindi, le gravi ferite patite dal visitatore di
108
un parco zoologico che pur imprudentemente si avvicina agli animali feroci ,
il danno prodotto al cavaliere dall’animale da monta, sia pure nell’ambito di
109
una relazione giuridica diretta all’organizzazione di passeggiate equestri , le
110 111
lesioni subite dall’utente di una piscina , di una pista di pattinaggio o da
un minore affidato ad un soggetto pubblico o privato, più che una qualifica-
zione in termini di obbligazioni di mezzi “rinforzate”, potrebbero richiamare
quella delle obbligazioni “determinate”. Questa conclusione deriva non sol-
tanto dalla dubbia consistenza teorica e pratica della categoria delle obbliga-
zioni di mezzi “rafforzate”, sotto la quale la giurisprudenza sovente dissimula
vere e proprie obbligazioni di risultato (“attenuate” o meno), ma soprattutto
dalla possibilità di estendere al campo contrattuale i principi sanciti dall’artt.
1384, comma 1, e dall’art. 1385 code civ., sulla scia di quegli orientamenti della
Cassazione che hanno sancito, anche in campo contrattuale, i principi della
112 113
responsabilità “oggettiva” per i fatti della cosa e d’autrui . Tale soluzione
trova il suo fondamento anche nell’esigenza di evitare un’irragionevole dispa-
rità di trattamento tra la disciplina dei danni causati dai fatti della cosa, del-
l’animale o d’autrui nell’ambito delle responsabilità contrattuale e delittuale.
In presenza di un medesimo evento, il creditore danneggiato sarebbe tutelato
con minor rigore rispetto al “terzo”, che potrebbe comunque ricorrere alle
più vantaggiose regole di responsabilità oggettiva delittuale ex artt. 1384, com-
ma 1, e 1385 code civ.
L’equiparazione tra i regimi di responsabilità oggettiva delittuale e contrat-
tuale per i fatti della cosa e dell’animale non deve meravigliare, poiché tale so-
luzione riposa sulla stessa storia del diritto francese della responsabilità civile.
108
Trib. gr. inst. de Moulins, 10 mai 1977, in Rec. Dalloz, 1978, Inf. rap., p. 324.
109
Cfr. ad es., Cass., I Ch. civ., 11 mars 1986, in Rev. trim. dr. civ., 1986, p. 609; Cass., I Ch. civ.,
27 mars 1985, ivi, 1986, p. 768.
110
Cfr. App. Lyon, I Ch., 21 juin 1973, in Rec. Dalloz, 1973, Inf. rap., p. 116.
111
Cass., I Ch. civ., 8 février 1961, in Rec. Dalloz, 1961, Jur., p. 254; App. Lyon, I Ch., 21 juin
1973, ivi, 1973, Inf. rap., p. 116.
112
La decisione, che avrebbe potuto acquisire un valore ordinante, è quella resa da Cass., I Ch.
civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 350 s.
113
V., infra, il § 11.
536 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
114
Successivamente alla «scoperta» codificata dalla Cassazione nell’arrêt Tef-
115
faine , lo stesso art. 1385 code civ. è stato considerato come «un’applicazione
116
particolare del principio generale posto dal comma 1 dell’art. 1384» , al pun-
to che il diritto d’oltralpe si è «risolutamente orientato verso una generalizza-
117
zione ed un’uniformazione della “responsabilità per il fatto delle cose”» ,
iniziando a trattare unitariamente la disciplina «”de plein droit” del custode di
118
una cosa o di un animale» . V’è da rilevare, anzi, come, ancor prima del-
l’arrêt Teffaine, e della conseguente elaborazione di un «principio autonomo
di responsabilità per il fatto delle cose e degli animali, a priori più vantaggioso
119
per le vittime del regime di responsabilità per il fatto personnel» , fu proprio
la giurisprudenza della Cassazione sul fatto dell’animale a introdurre la prima
“presunzione di colpa” del custode, dapprima, suscettibile della prova contra-
120
ria consistente nella dimostrazione dell’assenza di faute , e, dopo, limitata al-
121
la prova «del caso fortuito e della faute commessa dalla parte lesa» , quindi
122
della «cause étrangère imprevedibile e irresistibile» .
Nel campo contrattuale, però, a differenza di quanto accade per il fatto
della cosa, non sarebbe pensabile un’automatica estensione della regola di re-
sponsabilità oggettiva per il fatto dell’animale a qualsiasi situazione caratteriz-
zata dalla presenza di un nesso di causalità tra la condotta e l’evento dannoso.
Il regime di responsabilità e, più a monte, la sussistenza di un’obbligazione di
diligenza o di risultato dovrebbero essere verificati alla luce del generale prin-
cipio di accettazione dei rischi, da parte del creditore, delle concrete modalità
comportamentali tenute da questi nell’esecuzione del contratto.
Riguardo al primo aspetto, a differenza di quanto accade nel settore della
responsabilità delittuale, ove l’assenza di una previa relazione tra i soggetti
123
rende ancor più «ridotta» l’idea di un’accettazione dei rischi da parte della
114 er
Parlano, forse con sottile ironia, di una «”découverte” de l’alinéa 1 de l’article 1384», che
«non ha tuttavia provocato la sparizione dei regimi speciali disciplinati espressamente dagli artt. 1385
e 1386», G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 602.
115
Cass., 18 juin 1896, in Rec. Dalloz, 1897, I, p. 433.
116
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
117
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
118
In questi termini, dedicano una trattazione unitaria alla «responsabilité “de plein droit” du
gardien d’une chose ou d’un animal», identificando totalmente le due discipline, G. VINEY, P. JOUR-
DAIN, Les conditions, cit., pp. 607-672.
119
Testualmente, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 607.
120
Req., 23 décembre 1879, in Rec. Sirey, 1880, I, p. 463.
121
Cass., 27 octobre 1885, in Dalloz Pér., 1886, I, p. 207.
122
Cass., 11 mars 1902, in Dalloz Pér., 1902, I, p. 216.
123
Tale circostanza è sottolineata, con la consueta sagacia, da G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit.,
pp. 618, 516 ss. La dottrina francese, tuttavia, ha dedicato a questo tema importanti contributi: cfr.,
ad es., P. ESMEIN, De l’influence de l’acceptation des risques par la victime éventuelle d’un accident, in
Rev. trim. dr. civ., 1938, p. 387 ss.; ID., L’idée d’acceptation des risques en matière de responsabilité
civile, in Rev. int. dr. comp., 1952, p. 682 ss.; M. FONTAINE, L’acceptation des risques, thèse, Paris,
1944, passim; M. HÉRAN, Acceptation des risques et clause d’irresponsabilité quant aux dommages cau-
sés aux personnes, thèse, Montpellier, 1952, passim; J. HONORAT, L’idée d’acceptation, cit., passim.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 537
131
la direzione e il completo controllo dell’animale, al punto da acquistarne
temporaneamente la garde. In qualità di gardien, il fantino o il professionnel
che subiscono un danno causato dall’animale che hanno in garde non possono
beneficiare, a loro volta, della (estensione al campo contrattuale della) disci-
plina dell’art. 1385 code civ., che è pensata per tutelare il terzo per il danno
causato dall’animale che altri abbia «sous sa garde» (così, l’art. 1385 code civ.).
Nel caso di un danno fisico conseguente ad una caduta o ad uno scontro, il
fantino, secondo la giurisprudenza, dovrà provare il “difetto” dell’animale o
qualsiasi altra circostanza idonea a dimostrare la violazione, da parte del no-
leggiatore, della generale obbligazione di diligenza.
Ben altra situazione è, invece, quella del turista che viene “trasportato” a
dorso di un animale, come se fosse un collo o una qualsiasi merce, sotto la
guida, necessariamente vigile, degli istruttori preposti dall’organizzatore della
gita. Il turista, seppure ha l’uso temporaneo del cavallo, non assume mai, «in
132 133
completa indipendenza» , un «potere di direzione e di controllo» sull’ani-
male, e, quindi, la garde. Custodi permangono il proprietario, organizzatore
della passeggiata, e i moniteurs da lui preposti al fine di guidare la fila di caval-
li “al passo”. Qualora il turista subisca un danno a seguito dell’improvviso im-
bizzarrirsi del cavallo, nulla sembrerebbe ostare all’applicazione, anche in am-
bito contrattuale, di una regola di responsabilità oggettiva, coincidente con
quella (dell’inadempimento) dell’obbligazione di risultato, che è analoga a
quella contenuta nell’art. 1385 code civ. Con la conseguenza che anche l’orga-
nizzatore della gita, al pari del vettore nel contratto di trasporto, è gravato
dall’obbligazione determinata di sécurité consistente nel condurre il turista sa-
no e salvo a destinazione.
Riguardo alla prima ipotesi, la Prima Sezione civile della Cassazione am-
138
mette esplicitamente l’esistenza di un’obbligazione di sécurité di risultato ,
ed estende questa disciplina anche in tema di attrazioni turistiche per minori
(colonie, alberghi, villaggi turistici, ecc.), quando il danno subito consiste in
un’intossicazione alimentare. In proposito, la Suprema Corte ha affermato,
seppure in contrasto con quanto deciso in altre sentenze, che «l’assenza di uno
scopo di lucro è senza alcun rilievo per quanto concerne l’estensione delle ob-
bligazioni assunte dal gestore di una colonia di vacanze [...] in ordine all’ali-
139
mentazione» . La responsabilità del gestore viene acclarata in modo oggetti-
vo, in questi casi, poiché l’obbligazione concerne una «prestazione per la qua-
140
le bisogna rimettersi interamente alla sua vigilanza» . La buona qualità del
vitto rappresenta un “risultato” certo che il gestore promette ai suoi clienti. Il
fatto che l’intossicazione sia stata provocata da una salmonella, apparentemen-
te difficile da debellare, non è circostanza idonea ad esonerare il debitore dalla
141
responsabilità . La Cassazione ha confermato che «l’associazione aveva viola-
142
to la sua obbligazione» , allorché la Corte d’appello aveva accertato «in mo-
do sovrano che i bambini erano stati ricoverati in ospedale a seguito di un’in-
tossicazione alimentare dovuta a salmonella, la quale era stata diagnosticata a
un gran numero di loro, senza che le condizioni della sua apparizione fossero
143
state accertate» . L’associazione non «aveva provato di essere stata nella im-
possibilità di evitare l’intossicazione sia mediante una migliore scelta, sia attra-
144
verso una preparazione appropriata dei cibi e delle bevande» .
Con questa sentenza, la Prima Sezione civile della Cassazione chiarisce, «a
145
contrario» , che la scelta per l’obbligazione generale di prudenza e di dili-
genza, la quale, pur in presenza dei “correttivi” derivanti dall’utilizzo delle
presunzioni di colpa o della res ipsa loquitur, impedisce al danneggiato di po-
tersi avvalere del regime più favorevole della responsabilità delittuale per la
cosa in custodia (art. 1384, comma 1), è limitata ad un solo «tipo dei numerosi
146
impegni che sono assunti dalle colonie: l’obbligazione di sorveglianza» . Di
138
In questi termini, esplicitamente, Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, in Gaz. Pal., 1982, I, Pan., p. 9
(da qui le ulteriori citazioni), anche in Rev. trim. dr. civ., 1982, p. 770.
139
Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, cit., p. 9.
140
Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, cit., p. 9.
141
Cfr. G. DURRY, La responsabilité de ceux qui se chargent des enfants d’autrui, in Rev. trim. dr.
civ., 1982, p. 770 s.
142
Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, cit., p. 9.
143
Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, cit., p. 9.
144
Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, cit., p. 9.
145
Così, F. C(HABAS), Note a Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, in Gaz. Pal., 1982, I, Pan., p. 10.
146
F. C(HABAS), op. loc. ult. cit., per il quale, tuttavia, non è chiaro se, a giustificare questa solu-
zione, vi siano «l’alea, l’eccessivo numero dei rischi, l’obbligazione minimale del fanciullo, qualunque
sia l’età, di vegliare sulla propria sicurezza». Forse «si vuole semplicemente che il fanciullo non corra
più rischi nel proprio focolare domestico, ove la sua sicurezza non è evidentemente assicurata in ma-
niera assoluta, e dipende dalla diligenza dei genitori o dei loro sostituti».
540 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
stabile, poiché la sussistenza del nesso causale deve risultare dall’assenza della
169
prova del caso fortuito» .
Pur prescindendo dalla confusione che la sentenza fa tra le nozioni di faute,
d’inadempimento, di nesso causale e di caso fortuito, la scelta dei giudici di qua-
lificare “di risultato” l’obbligazione della nutrice di vegliare sulla sicurezza dei
bambini che le sono affidati si fonda non tanto sul carattere professionale e
170
remunerato dell’attività, quanto sulla «circostanza determinante» della giova-
nissima età dei minori, che impone che «siano sorvegliati quasi costantemente,
in ragione dell’impossibilità di riconoscere loro una qualsiasi libertà d’iniziativa
171
o di azione» . Nel caso degli altri affidamenti di minori a terzi (colonie, ecc.),
che sono parimenti caratterizzati da un’attività professionale e remunerata del
gestore, la qualificazione in termini di “mezzi” dell’obbligazione di vegliare sulla
sicurezza dei fanciulli troverebbe fondamento nella loro condizione di “grandi
minori” e, quindi, nella libertà d’iniziativa e di azione che è loro riconosciuta,
quanto meno all’interno del perimetro della colonia o del parco giochi.
La previsione di un’obbligazione di risultato, per chi professionalmente
deve vegliare sulla sicurezza di un bambino in tenera età privo di qualsiasi ca-
pacità di discernimento, sembra assumere «tutte le caratteristiche di un’obbli-
172
gazione di garanzia» . L’irrigidimento della responsabilità, che consiglia il
ricorso a meccanismi assicurativi idonei a trasferire il rischio dal debitore a
soggetti istituzionalmente preposti a riparare il danno “subito”, sembra trova-
re fondamento più in finalità di mera garanzia, che in una funzione preventiva,
basata «sull’idea secondo la quale più la responsabilità è severa, più il debitore
173
sarà vigilante» . La finalità di prevenzione potrebbe essere realizzata soltanto
qualora si attribuisca rilievo al comportamento negligente (o no) del debitore,
pur ricorrendo al meccanismo della “presunzione di colpa”. Ciò sembrerebbe
«maggiormente in armonia con il contenuto dell’obbligazione di sorveglian-
174
za» . Ma, «verosimilmente, [sarebbe] più facile per i giudici affermare, senza
l’ausilio di un testo, l’esistenza di un’obbligazione di risultato, che una pre-
175
sunzione di responsabilità» .
Il preteso escamotage giudiziale, consistente nel ravvisare un’obbligazione
di risultato nell’esercizio di un’attività professionale di sorveglianza di soggetti
minori pur privi della libertà d’iniziativa o di azione, non impedisce di indivi-
duare nella soluzione prospettata dalla Cassazione un’ipotesi particolarmente
169
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
170
Così C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
171
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
172
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
173
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
174
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
175
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit. Infatti, secondo questo autore (p. 364 s.), sarebbe possibile
«creare un’obbligazione di risultato fondandola su ciò che si considera essere, a torto o a ragione,
conforme all’economia del contratto, mentre la presunzione di colpa richiederebbe un testo che per-
metta di acclararla, anche se esso debba essere interpretato in modo assai liberale».
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 543
176
G. DURRY, La responsabilité de ceux, cit., p. 770.
177
G. DURRY, op. ult. cit., p. 771.
178
L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., pp. 368 ss., 371 s.
179
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
180
Per questa dottrina, cfr. G. DURRY, op. loc. ult. cit.
181
Il rilievo è di G. DURRY, op. loc. ult. cit.
182
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
183
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
544 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
188
obbligazioni che non abbiano per oggetto la produzione di un risultato . La
partizione, quindi, non vuol significare che in talune obbligazioni manchi il
risultato dovuto, ma piuttosto che possa esistere, nei rapporti obbligatori, una
maggiore o una minore corrispondenza del termine finale dell’obbligazione
(risultato dovuto) al termine iniziale, ovvero all’interesse da cui l’obbligazione
trae origine. Mentre in alcuni rapporti (c.d. obbligazioni di risultato) «il risul-
tato dovuto consiste in una realizzazione finale in cui si risolve, con piena sod-
disfazione, il fine economico del creditore, l’interesse che ha determinato il
sorgere del vincolo», in altri (c.d. obbligazioni di mezzi, o “di mezzo”, come le
definisce lo stesso Demogue) vi sarebbe soltanto un comportamento qualifica-
to da un certo grado di convenienza o utilità in ordine a quel fine, la cui rea-
189
lizzazione non è di per sé compresa nell’orbita del rapporto obbligatorio .
La diligenza non può essere «giammai l’oggetto di una obbligazione di com-
190
portamento» . Nonostante la diligenza abbia assunto, nella prassi, un signifi-
cato ulteriore, più ampio di quello originario, «attività diligente e attività
obiettivamente adeguata allo scopo del rapporto obbligatorio non sono con-
191
cetti reciprocamente impliciti» .
La diligenza “in senso tecnico”, essendo essenzialmente un criterio di im-
putabilità, una misura della colpa, non riguarda il raggiungimento dello scopo
192
dell’obbligazione . In un ordinamento come il nostro, «che alla responsabili-
tà del debitore non riconosce altro limite se non il casus (art. 1218), ovvero il
limite stesso dell’obbligazione (art. 1256), la diligenza in senso stretto, intesa
come dovere di sforzo in vista dell’adempimento, non può avere quella rile-
193
vanza generale che, prima facie, sembrerebbe indicata dall’art. 1176» . La re-
gola della «culpa-diligentia» viene in considerazione per la fondazione della
responsabilità contrattuale unicamente nell’ipotesi di sopravvenuta impossibi-
194
lità (oggettiva) dell’adempimento . Soltanto in questo caso «importa accerta-
re se e quanto il debitore si è sforzato per non lasciare inappagata l’aspettativa
195
del creditore» .
Questa conclusione, valida per i diritti francese e italiano, ma non per quel-
lo tedesco, ispirato ad un diverso dettato normativo, viene fondata anche su
un argomento comparativo: «l’art. 1176 deriva dall’art. 1137 del codice fran-
cese, dove la regola della “diligentia boni patrisfamilias” è enunciata a propo-
sito dell’obbligazione di vegliare alla conservazione della cosa dovuta, ossia
con specifico riguardo proprio alle ipotesi di interitus o amissio rei debitae
188
Testualmente, L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
189
Così, L. MENGONI, op. ult. cit., p. 190 s.
190
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 193 s.
191
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 195.
192
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 199.
193
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
194
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
195
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
546 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
215
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 301.
216
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 304.
217
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 307.
218
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 314. Ricorda il pensiero di Mengoni anche G. D’AMICO, Respon-
sabilità per inadempimento, cit., p. 155, nota 35.
219
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
220
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
221
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 375.
222
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
223
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 316 s.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 549
234
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 379.
235
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
236
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
237
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
238
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
239
Per tutti, basti citare C. CASTRONOVO, il cui pensiero (oltre alle opere già citt.) è espresso in
La nuova responsabilità civile, cit., passim.
240
Cass. civ., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, in Danno e resp., 2001, p. 1567.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 551
19.
552 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
Questo “criterio di riparto”, che trova la sua eccezione soltanto nel caso di
inadempimento di obbligazioni negative, oltre ad applicarsi, a ruoli invertiti,
248
nel caso di eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.) , viene esteso, per le
«richiamate esigenze di omogeneità del regime probatorio», anche all’ipotesi
dell’inesatto adempimento. Infatti, appare «artificiosa la ricostruzione della
vicenda secondo la quale il creditore che lamenta un inadempimento inesatto
manifesterebbe, per implicito, la volontà di ammettere l’avvenuto adempimen-
249
to» . In realtà, «il creditore esprime una ben precisa ed unica doglianza in-
centrata sulla non conformità del comportamento del debitore al programma
negoziale, ed in ragione di questa richiede tutela, domandando l’adempimen-
250
to, la risoluzione o il risarcimento» . Al contrario, sarebbe “irragionevole”
considerare sufficiente l’allegazione per l’inadempimento totale e pretendere
dal creditore la prova del fatto negativo dell’inesattezza. In entrambi i casi la
pretesa del creditore si fonda sull’allegazione di un inadempimento alla quale
il debitore dovrà contrapporre la prova del fatto estintivo costituito dall’esatto
251
adempimento .
Il far gravare, anche in tale eventualità, sul debitore, l’onere di dimostrare
l’avvenuto esatto adempimento assume capitale importanza, non soltanto per
gli obblighi di prestazione, ma anche per gli obblighi di protezione e di sécuri-
té, tant’è che la stessa Cassazione cita, come esempi tipici di inesatto adempi-
mento, oltre alle «difformità quantitative o qualitative dei beni» ed alla «man-
cata osservanza dell’obbligo di diligenza», l’inadempimento degli obblighi
252
d’informazione e, più in generale, la «violazione di doveri accessori» .
254
Ribadita la “scoperta” del 1999 , ovvero che la relazione che si instaura
tra medico (nonché tra la struttura sanitaria) e paziente dà luogo ad un rap-
255
porto di tipo contrattuale (quand’anche fondato sul solo contatto sociale) ,
poiché «l’accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una
256
visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto» , la Cassazio-
ne doveva risolvere il dato più rilevante della questione, cioè quale fosse la di-
sciplina applicabile alle ipotesi di gran lunga più frequenti, quelle nelle quali
viene contestato un inesatto adempimento. In Francia, la qualificazione della
257
responsabilità del medico come responsabilità contrattuale non aveva ap-
portato alcuna significativa innovazione, poiché la giurisprudenza non aveva
mai seguito l’idea «di rovesciare sul medico l’onere di provare l’(esatto) adem-
258
pimento» . Considerando, sulla scia di R. Demogue, l’obbligazione del pro-
fessionista sanitario come la tipica obbligazione “di mezzi”, e avendo ricalcato
la disciplina di tale modello su quella della responsabilità delittuale per faute
prouvée, le Corti avevano continuato, nella sostanza, ad applicare alla mede-
sima il testo dell’art. 1382, come se si trattasse di un’ipotesi di responsabilità
aquiliana.
259
Una parte della dottrina francese aveva tentato di distinguere dall’obbli-
go di prestazione, cioè dall’obbligo di visitare il malato e di curarlo in maniera
puntuale, considerato “di mezzi” o di semplice comportamento, un’obbliga-
zione di sécurité “di risultato”, avente ad oggetto la somministrazione di cure
attente, prudenti e conformi ai canoni della scienza. Ma la giurisprudenza non
aveva seguito tale teoria, la quale, tra l’altro, si esponeva a facili contestazioni,
là dove tendeva a confondere l’obbligo di prestazione con l’obbligazione di
sécurité. Infatti, l’obbligo del medico «di evitare ogni comportamento pregiu-
260
dizievole al buon esito della cura» non assume alcuna autonomia rispetto
all’obbligo di curare il malato. La prestazione «principale» dovuta dal medico
involge per sua natura l’osservanza di certe regole scientifiche e tecniche e,
quindi, uno sforzo costante di attenzione, di prudenza e di diligenza, «senza di
che verrebbe meno lo stesso concetto di cura che vuol essere essenzialmente
una buona cura, cioè una cura conveniente al fine della guarigione del mala-
261
to» . Anche nell’esecuzione del contratto che intercorre tra medico (e strut-
254
Cass., III Sez. civ., 22 gennaio 1999, n. 589, in Danno e resp., 1999, p. 298 s.
255
Così, Cass., III Sez. civ., 21 giugno 2004, n. 11488, in Danno e resp., 2005, p. 25, annotata, in-
sieme con le altre di seguito citt., da R. DE MATTEIS, La responsabilità medica ad una svolta? Sul pun-
to, già E. QUADRI, La responsabilità medica tra obbligazioni di mezzi e di risultato, in Danno e resp.,
1999, p. 1165 ss.
256
Cass., III Sez. civ., 28 maggio 2004, n. 10297, in Danno e resp., 2005, p. 27.
257
Cass., 20 maggio 1936, in Rec. Sirey, 1936, I, p. 321.
258
Così, L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 367, in nota 4.
259
La tesi è proposta da H. ed L. MAZEAUD, Traité théorique et pratique de la responsabilité civile,
I, Paris, 1947, pp. 110 s., 161 s.
260
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 371.
261
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
554 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
ignota che non consente al debitore di dimostrare che «l’evento dannoso è sta-
to determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante», è
sufficiente dimostrare che il danno (una distorsione al ginocchio arrecata dal-
l’aver poggiato «malamente la gamba sinistra») si sia verificato «nel corso del-
lo svolgimento del rapporto» per ingaggiare la responsabilità contrattuale (e
292
da contatto sociale) della scuola e del precettore . Con la conseguenza di aver
“trasformato” la responsabilità (da inadempimento) del debitore «in una re-
293
sponsabilità oggettiva, se non addirittura in una garanzia» .
tesse consentire alla Corte di giudicare sulla base dell’art. 2051 c.c.
Negli altri casi la Cassazione ha qualificato proprio nell’ambito della re-
sponsabilità “da custodia” (ex art. 2051 c.c.) quei danni che pur si sono verifi-
cati in presenza di una preesistente “relazione giuridicamente rilevante”. Da
un lato, si è affermata, ai sensi dell’art. 2051 c.c., la responsabilità della società
che gestisce un’autostrada (a pagamento) per il decesso (per annegamento) di
un conducente di un veicolo che, uscito di strada per cause non accertate
(colpo di sonno o malore), aveva terminato la sua corsa in un raccoglitore
dell’acqua piovana posto a “soli” otto metri dalla carreggiata e privo di prote-
313
zione . Dall’altro, l’art. 2051 ha trovato un’ampia applicazione nei danni “da
caduta” (tripping and slipping cases), consentendo, così, di sancire la respon-
sabilità dei gestori di strutture alberghiere per i danni occorsi a clienti che ora
erano inciampati nel percorrere una scala di marmo che dall’esterno conduce-
314
va al piano seminterrato , ora erano scivolati nella sala da pranzo a causa del-
la presenza sul pavimento di alcuni residui di verdura cotta che non erano sta-
315
ti prontamente rimossi dal personale , ora erano caduti in una vasca da ba-
gno predisposta ad essere impiegata anche come doccia, senza, tuttavia, essere
316
stata dotata degli indispensabili presidi antiscivolo e di sostegno .
Nella medesima linea va citata una recente decisione nella quale la Cassa-
zione, ancora una volta ai sensi dell’art. 2051 c.c., ha affermato la responsabili-
tà della società che gestiva una struttura alberghiera nei riguardi di una cliente
sedicenne che, durante una gita scolastica, dopo aver fumato uno “spinello”
con un compagno, aveva scavalcato il parapetto del proprio balcone e, avuto
317
acceso al lastrico solare, era caduta al suolo riportando gravi lesioni . Oltre
alla responsabilità delittuale del custode-albergatore, la Suprema Corte ravvi-
sa, altresì, la responsabilità contrattuale dell’istituto scolastico e quella, da con-
tatto sociale, dell’insegnante, sulla base del noto orientamento delle Sezioni
318
Unite che riconosce in capo a costoro, a seguito dell’accoglimento della do-
manda di iscrizione, un’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e sull’incolumi-
tà dell’allievo nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica. In caso di
gita scolastica, tali obbligazioni avrebbero dovuto essere adempiute in via pre-
ventiva, assicurando agli alunni che le camere messe a loro disposizione non
319
presentassero rischi o pericoli per la loro incolumità .
La scelta, della nostra Cassazione, per l’applicazione dell’art. 2051 c.c. an-
che in casi che sono caratterizzati dalla contrattualità del rapporto può trovare
il suo fondamento nell’esigenza di maggior protezione per la vittima, tutelata
313
Cass., Sez. III, 2 febbraio 2010, n. 2360, in Danno e resp., 2010, p. 555 ss.
314
Cass., Sez. III, 9 novembre 2005, n. 21684, in Foro it., 2006, c. 1807 ss.
315
Cass., Sez. III, 4 agosto 2005, n. 16373, in Resp. civ. prev., 2006, p. 720.
316
Cass., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24739, in Danno e resp., 2008, p. 782.
317
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, in Danno e resp., 2012, p. 757 s.
318
Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9346, cit., c. 2635 ss.
319
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, in Danno e resp., 2012, p. 758 s.
562 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
320
Nell’esperienza italiana v., infatti, Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1565 ss.
321
Testualmente, Cass., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24739, cit., p. 782.
322
Così P. PARDOLESI, Sul “dinamismo” connaturato alla cosa, cit., p. 557.
323
Su tale nozione, D. BOSCHI, Alcune considerazioni, cit., p. 784, ivi ampie esemplificazioni giu-
risprudenziali.
324
D. BOSCHI, op. ult. cit., p. 786.
325
P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 1055.
326
Per tutti, M. BESSONE, Commento a Corte d’Appello di Milano 19 giugno 1981, in Riv. dir.
comm., 1982, II, p. 121; M. COMPORTI, Presunzioni di responsabilità e P.A.: verso l’eliminazione di
privilegi ingiustificati, in Foro it., 1985, I, c. 1497; e ora, ID., Fatti illeciti. Le responsabilità oggettive.
Artt. 2049-2053, in Il Codice Civile. Commentario, diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2009, p. 330; G.
VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, Padova, 1996, p. 789; M. FRANZONI, L’illecito, in
Trattato della responsabilità civile diretto da M. Franzoni, Milano, 2004, p. 418. Più di recente, P.
DONADONI, La responsabilità civile nella pubblica amministrazione tra onere di custodia e cd. “insidia”
(o “trabocchetto”), in Contr. impr., 2008, p. 982; G. BUFFONE, Responsabilità della P.A. per omessa
manutenzione del demanio stradale, in Resp. civ. prev., 2008, p. 2432; G. MORLINI, La responsabilità
custodiale della Pubblica Amministrazione per sinistri stradali, in Giur. merito, 2011, p. 1283; P. LA-
GHEZZA, La presunzione di responsabilità dell’art. 2051 non opera nei confronti della P.A., in Danno e
resp., 2002, p. 626; ID., Strade e responsabilità della pubblica amministrazione: la lenta evoluzione della
giurisprudenza, ivi, 2011, p. 54; ID., Responsabilità da cose in custodia: prova del fortuito, ivi, 2012, p.
499; S. SCALZINI, Danno da cose in custodia, cit., p. 616.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 563
di causa posto a carico della vittima «ove la cosa in custodia non mostri di pos-
sedere elementi particolari di lesività e l’evento dannoso risulti ascrivibile alla
condotta negligente del danneggiato, posto che la nozione di caso fortuito va
intesa in senso lato, quale fattore autonomo e imprevedibile che, interrom-
pendo il nesso causale tra cosa e danno, libera il custode dalla responsabilità
333
di cui all’art. 2051 c.c.» . In altri casi, infine, pur affermando che l’unico one-
re probatorio che grava sul danneggiato è quello di dimostrare la sussistenza
del rapporto causale tra cosa in custodia ed evento dannoso, in concreto va ad
aggravare la prova del nesso eziologico rilevando che la vittima non può limi-
tarsi ad assumere che la cosa sia stata l’“occasione” del danno, dovendo invece
dimostrare che essa ne sia stata la “causa“.
In tal modo la Cassazione, da un lato, fa rientrare, anche in questo settore,
nella struttura della causalità le caratteristiche della cosa, rinviando alle nozio-
334 335
ni di “pericolosità” , di “anormalità” o di “anomalia” della stessa (buca, chiu-
sino sporgente o irregolare, recinzione stradale non idonea, griglia di raccolta
delle acque piovane, “trabocchetto”, ecc.). Dall’altro, pur utilizzando un lin-
guaggio apparentemente causale, attraverso interpretazioni decisamente “sog-
336
gettive” del caso fortuito , che è giudicato sussistente nel caso di condotta
“diligente” del custode, approda a soluzioni non sempre coerenti che espri-
337
mono un ritorno, talvolta inconsapevole , al dogma della colpa. La valuta-
338
zione comparativa della diligenza tenuta dal custode e dalla vittima , unita-
mente ad altri fattori quali le caratteristiche specifiche del bene, l’“effettività”
della relazione tra custode e cosa, l’incidenza di fattori causali “esterni” rispet-
339
to al bene e alla condotta del terzo , l’affidamento riposto dall’utilizzatore
333
Cass., Sez. III, 4 ottobre 2013, n. 22684, in Danno e resp., 2014, p. 616 ss., con nota di M.
TORRESANI, La responsabilità oggettiva da cose in custodia per dissesti stradali.
334
Per questa tesi, invero risalente, A. DE CUPIS, Dei fatti illeciti, cit., p. 89 ss.; G. GENTILE, La
responsabilità “per il fatto delle cose”, in Resp. civ. prev., 1956, p. 535 ss.; contra, già U. BRASIELLO,
Cose pericolose o cose seagenti?, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1956, p. 27 ss., che contesta la possibilità
di individuare una categoria di cose pericolose che sia giuridicamente rilevante. In argomento, R.
BREDA, Danni da cose in custodia: pericolosità e nesso causale, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, p.
942. Affermano, in giurisprudenza, l’irrilevanza delle caratteristiche di pericolosità della cosa, ad es.,
Cass., 7 aprile 2010, n. 8229, in Arch. circ., 2010, p. 604; Cass., 28 novembre 2007, n. 24739, in Dan-
no e resp., 2008, p. 782; non così, Cass., 8 febbraio 2012, n. 1769, ivi, 2012, p. 755; Cass., 4 ottobre
2010, n. 20602, in Arch. circ., 2011, p. 325.
335
In argomento, C. SEVERI, La condotta del custode nella fattispecie di responsabilità di cui all’art.
2051 c.c., in Resp. civ. prev., 2011, p. 1472.
336
Sul punto, ma in prospettiva diversa, A.P. BENEDETTI, Responsabilità da beni in custodia e
comportamento del danneggiato, in Danno e resp., 2008, p. 1112 ss., e Condotta del danneggiato e re-
sponsabilità da cose in custodia: spunti di riflessione, ivi, 2011, p. 234; S. SCALZINI, op. ult. cit., p. 616.
337
Sottolinea, però, che i “correttivi” adottati dalla giurisprudenza tendono ad evitare un’incon-
trollata moltiplicazione delle ipotesi di responsabilità della Pubblica Amministrazione, M. NUZZO, La
responsabilità della Pubblica Amministrazione per sinistro su strada statale, in Riv. dir. civ., 2007, II, p.
745.
338
F. CAFAGGI, Profili di relazionalità, cit., p. 481 ss.
339
Ad es., per Cass., 24 febbraio 2011, n. 4484, in Foro it., 2011, I, c. 1082, con nota di A. PAL-
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 565
nella “sicurezza” della cosa, sono tutti dati che la nostra giurisprudenza utiliz-
za al fine di limitare la responsabilità del custode, secondo una deriva “colpe-
volista” che pare incompatibile con un’interpretazione rigorosa della discipli-
na della responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia e, soprattutto,
con la “storia” che tale modello di responsabilità ha vissuto proprio in quelle
esperienze giuridiche che sono state assunte a modello (la Francia, appunto)
della codificazione dell’art. 2051 c.c.
In alcune decisioni della Cassazione, però, sembra rinvenibile un orienta-
mento che tende a privilegiare un’interpretazione più rigorosa dell’art. 2051
c.c. La novità più rilevante consiste non tanto nell’enunciazione della massima
standard secondo la quale la responsabilità per i danni cagionati da cose in cu-
stodia «ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è suffi-
ciente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato,
senza che rilevi al riguardo la condotta del custode o l’osservanza o meno di
un obbligo di vigilanza», essendo «funzione della norma [...] quella di imputa-
re la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti
340
alla cosa» ; quanto nell’affermazione della irrilevanza, ai fini della prova del
nesso causale, della «pericolosità attuale o potenziale degli oggetti e della con-
341
dotta» del custode, e nell’esatta ricostruzione del fortuito, «che è qualifica-
zione incidente sul nesso causale e non sull’elemento psicologico dell’illecito»,
quale «fattore riconducibile a un elemento esterno, avente i caratteri dell’im-
342
prevedibilità e dell’inevitabilità» . Al punto che, «in definitiva, il custode ne-
gligente non risponde in modo diverso dal custode perito e prudente, se la co-
343
sa ha provocato danni a terzi» .
Sulla base di questo indirizzo, la Suprema corte ha condannato (ai sensi
dell’art. 2051 c.c.) l’ANAS s.p.a. per i danni cagionati ad un’autovettura da
una frana staccatasi da terreni di proprietà di terzi, avendo ritenuto insuffi-
ciente e contraddittoria la motivazione della Corte territoriale che aveva con-
MIERI, occorrerebbe peraltro distinguere le situazioni di pericolo connesse in modo immanente alla
struttura o alle pertinenze dell’autostrada, da quelle provocate dagli stessi utenti ovvero da una re-
pentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa, che pongano a repentaglio
l’incolumità degli utenti e l’integrità del loro patrimonio. Mentre per le situazioni del primo tipo, l’uso
generalizzato e l’estensione della res costituiscono dati in via generale irrilevanti in ordine al concreto
atteggiarsi della responsabilità del custode, per quelle del secondo tipo dovrà configurarsi il fortuito
tutte le volte che l’evento dannoso presenti i caratteri dell’imprevedibilità e della inevitabilità. Così,
Cass., 24 febbraio 2011, n. 4495, in Arch. circ., 2011, p. 695; Cass., 3 aprile 2009, n. 8157, in Nuova
giur. civ. comm., 2009, I, p. 1025; Cass., 25 luglio 2008, n. 20427, in Foro it., 2008, I, c. 3461, per la
quale il caso fortuito è configurabile in relazione a quelle vicende che sono provocate dagli stessi
utenti, o da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa che, no-
nostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempesti-
vo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere.
340
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, in Danno e resp., 2012, p. 756.
341
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, cit., p. 757.
342
Cass., 19 maggio 2011, n. 11016, in Danno e resp., 2012, p. 28.
343
Cass., 19 maggio 2011, n. 11016, cit., p. 28.
566 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
lifica il «risultato difforme da quello dovuto [...] per ciò stesso fonte di re-
sponsabilità per il debitore senza la necessità di un criterio di imputazione, re-
358
so superfluo dal vinculum iuris che originariamente astringe il debitore» . La
colpa non è dunque criterio di imputazione della responsabilità contrattuale
«ma criterio di esclusione della rilevanza dell’impossibilità come limite della
(oltre il quale si esclude la) responsabilità e, prima ancora, come causa di
359
estinzione dell’obbligazione (art. 1256)» .
10. Tra gli esempi paradigmatici esaminati in questa sede, un ruolo di sicu-
ro rilievo è stato assunto dalla de-contrattualizzazione della responsabilità da
prodotto. In assenza di una disciplina specifica, alcune esperienze europee
avevano propeso per la qualificazione in termini di responsabilità contrattuale.
Emblematica, in proposito, la giurisprudenza francese che, proprio in tema di
danno da prodotto, aveva espresso due decisioni leader nelle quali la proble-
matica era stata risolta attraverso la “scoperta” di un’obbligazione di sécurité
di risultato.
Il primo indirizzo aveva riguardato la responsabilità delle strutture sanita-
rie per trasfusioni di sangue o per la somministrazione di emoderivati infetti.
L’obbligazione determinata di sécurité aveva trovato la sua fonte in una stipu-
lation pour autrui tacite presente nel contratto di somministrazione del plasma
stipulato tra il fornitore e la struttura sanitaria nella quale il paziente era stato
360
ricoverato . Le strutture sanitarie erano state considerate obbligate a fornire
ai pazienti «prodotti esenti da vizi» e l’esonero da questa obbligazione di sé-
curité-résultat era stato consentito soltanto in presenza della «prova di una
361
cause étrangère che non potesse essere loro imputata» .
Con il secondo orientamento, poi rimasto sostanzialmente isolato, la Cassa-
zione aveva addirittura elaborato un principio generale di responsabilità con-
362
trattuale per il fatto delle cose , che avrebbe potuto assumere, in ambito con-
trattuale, lo stesso formidabile rilievo assolto dall’art. 1384, comma 1, in cam-
po delittuale.
363 364
Anche nei paesi di lingua tedesca, come l’Austria e la Germania , la
358
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 451; conf., A. DI MAJO, La tutela civile dei diritti, Milano, IV
ed., 2003, p. 199.
359
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 450.
360
In questi termini, già Cass., 17 décembre 1954, in Rec. Dalloz, 1955, Jur., p. 269, con nota di R.
RODIÈRE; Cass., 14 novembre 1995, cit. in G. VINEY, Responsabilité civile, cit., 3985, p. 487.
361
Cass., I civ., 12 avril 1995, in Sem. jur., 1995, II, Jur., 22467, con nota di P. JOURDAIN.
362
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 350 s., con nota di P. JOURDAIN.
Sul punto, F. LEDUC, La spécificité de la responsabilité contractuelle du fait des choses, ivi, 1996,
Chron., p. 164.
363
Cfr. J.M. RAINER, I contratti con effetti protettivi, cit., pp. 212 e 213, sulla scia di un’autorevole
dottrina (F. BYDLINSKI, Vertragliche Sorgfaltspflichten zugunsten Dritter, cit., p. 359 ss.).
364
Per tutti, G. HOHLOCH, Produkthaftung in Europa, in Zeitsch. eur. Privatrecht, 1994, p. 414.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 569
va che tale testo definisce “difettoso” non ogni prodotto insicuro, «ma quel
prodotto che non offra la sicurezza che ci si può legittimamente attendere in
relazione al modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, alla sua pre-
sentazione, alle sue caratteristiche palesi, alle istruzioni o alle avvertenze forni-
te, all’uso per il quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato, e ai
comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevede-
390
re, al tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione» . Quindi, la no-
zione di difetto «è sostanzialmente riconducibile al difetto di fabbricazione
ovvero alle ipotesi […] dell’assenza o carenza di istruzioni ed è strettamente
391
connesso al concetto di sicurezza» . Nell’affermare che il difetto può non
corrispondere alla nozione di vizio contemplata dal codice civile (art. 1490
ss.), che identifica «un’imperfezione del bene che può anche non comportare
un’insicurezza del prodotto», o a quella di “difetto di conformità” introdotta
dalla disciplina sulla vendita dei beni di consumo, la Cassazione precisa che «il
livello di sicurezza prescritto, al di sotto del quale il prodotto deve, perciò,
considerarsi difettoso, non corrisponde a quello della sua più rigorosa inno-
cuità, dovendo, piuttosto, farsi riferimento ai requisiti di sicurezza general-
mente richiesti dall’utenza in relazione alle circostanze specificamente indicate
[dall’art. 117 del d.lgs. n. 206 del 2005] o ad altri elementi in concreto valuta-
bili e concretamente valutati dal giudice di merito, nell’ambito dei quali, ov-
viamente, possono e debbono farsi rientrare gli standards di sicurezza even-
392
tualmente imposti dalle norme in materia» . Quindi il danno «non prova indi-
rettamente, di per sé, la pericolosità del prodotto in condizioni normali di impie-
go, ma solo una più indefinita pericolosità del prodotto di per sé insufficiente
per istituire la responsabilità del produttore, se non sia anche in concreto ac-
certato che quella specifica condizione di insicurezza del prodotto si pone al
di sotto del livello di garanzia di affidabilità richiesto dalla utenza o dalle leggi
393
in materia» . Ancorata esplicitamente la nozione di difetto a quella di sicu-
rezza del prodotto prevista dall’art. 103 del d.lgs. n. 206 del 2005, la Suprema
Corte precisa, quanto alla regolazione dell’onere della prova, «che spetta in-
nanzitutto al soggetto danneggiato di dimostrare che il prodotto ha evidenziato
il difetto durante l’uso, che ha subito un danno e che quest’ultimo è in connes-
sione causale con detto difetto», mentre grava sul produttore la prova liberato-
ria «consistente nella dimostrazione che il difetto riscontrato non esisteva quan-
do ha posto il prodotto in circolazione ovvero che all’epoca non era riconoscibi-
394
le come tale a causa dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche» .
395
Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13458, cit., p. 494.
396
Con riferimento alla lesione di beni diversi dalla vita e dall’integrità fisica, invece, Cass., Sez.
III, 22 agosto 2013, n. 19414, in Danno e resp., 2014, p. 498 ss., afferma che «L’art. 11, comma 1, lett.
b del d.P.R. n. 224/1988 limita la risarcibilità del danno alle cose normalmente destinate all’uso o
consumo privato e come tali utilizzate dalla vittima, non consentendo, quindi, che in base a detta di-
sciplina possano essere risarcite le cose destinate ad uso professionale e utilizzate in tal senso».
397
Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13458, cit., p. 491.
574 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
402
Testualmente, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 913 s., ai quali si rinvia per le
ampie citazioni della letteratura francese in materia.
403
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 914.
404
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
405
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
406
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 820.
407
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
408
Req., 21 octobre 1901, in Rec. Sirey, 1902, I, p. 32; conf., nella giurisprudenza penale, Cass.
crim., 15 juin 1934, in Gaz. Pal., 1934, II, p. 477; in quella civile, Cass., II Ch. civ., 15 février 1956, in
Rec. Dalloz, 1956, p. 410. Un tentativo di interpretare estensivamente i casi previsti dall’art. 1384 è
stato respinto da Cass., II Ch. civ., 24 novembre 1976, in Rec. Dalloz, 1977, Jur., p. 595, con nota di
C. LARROUMET.
409
App. Limonges, 23 mars 1989, in Resp. civ. ass., 1989, Com., n. 361.
576 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
419
Cass. crim., 26 mars 1997, in Sem. jur., 1997, II, Jur., 22868.
420
Cass., II Ch. civ., 24 janvier 1996, in Bull. civ., 1996, II, n. 16.
421
Cfr. Cass. crim., 10 octobre 1996, in Sem. jur., 1997, II, Jur., 22833, con il commento di F. CHABAS.
422
Cass., II Ch. civ., 25 février 1998, in Rec. Dalloz, 1998, Inf. rap., p. 96.
423
Cass., II Ch. civ., 18 septembre 1996, in Sem. jur., 1996, IV, 2208, e in Rec. Dalloz, 1998, Jur.,
p. 118.
424
Lo rilevano, proprio nel titolo del paragrafo, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 854.
425
Cass., II Ch. civ., 22 mai 1995, in Sem. jur., 1995, II, Jur., 22550.
426
Cfr. Cass., II Ch. civ., 22 mai 1995, cit., 22550.
578 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
di un rapporto di subordinazione con gli atleti, sia, in uno dei due casi, l’im-
possibilità di identificare il “preposto” colpevole, essendo rimasto sconosciuto
il giocatore che aveva causato le gravi lesioni. In presenza di questi rilievi, non
certo decisivi, la Cassazione avrebbe potuto agevolmente confermare le sen-
427
tenze di appello e «rimanere sul terreno dell’art. 1384, comma 5» . Da un la-
to, non era richiesta l’identificazione personale del soggetto al quale il fatto
dannoso era imputabile, poiché i giudici avevano accertato che l’autore del
danno era «necessariamente uno dei preposti della persona considerata come
428
civilmente responsabile» . Dall’altro, è noto come la giurisprudenza francese
abbia progressivamente esteso il rapporto di preposizione ad ipotesi nelle qua-
li manca un vero e proprio legame di subordinazione, sussistendo, invece, un
429
«potere di controllo puramente teorico» . Di là da un reale rapporto di su-
bordinazione, secondo la Cassazione, «il rapporto di preposizione può essere
dedotto dall’interesse di una persona ad utilizzare i servizi di un’altra per i bi-
430
sogni della propria impresa» . Cioè, dal «fatto di agire per conto del commit-
431
tente e nel suo profitto» .
L’aver voluto ricondurre, da parte della Suprema Corte, anche la respon-
sabilità delle associazioni sportive per il fatto dei propri giocatori nell’ambito
della regola iscritta nel comma 1 dell’art. 1384, piuttosto che nell’usuale rap-
porto di preposizione di cui al comma 5, estende il regime di responsabilità
432
oggettiva contrattuale per il fatto altrui a «nuove prospettive» , disancoran-
dolo dalla nozione di garde d’autrui, sulla quale si erano fondati, invece, sia il
leading case Consorts Blieck, sia le successive decisioni della Cassazione volte
ad affermare la responsabilità degli altri gardiens, persone fisiche o associazio-
ni, pubbliche o private, sui quali gravava il compito di sorvegliare o controlla-
re minori, giovani delinquenti, malati o persone diversamente abili. Mentre la
giurisprudenza Blieck e quella immediatamente successiva sembravano aver
imperniato la lettura rigorosa dell’art. 1384, comma 1, sulla peculiare situazio-
ne soggettiva dell’agente, la quale richiedeva una garde particolarmente vigile
ed attenta, a seguito dell’estensione di tale regime di responsabilità anche al
fatto degli atleti, la regola di responsabilità oggettiva contrattuale conosce una
ben più ampia generalizzazione. Gli sportivi «sono nel pieno possesso delle
433
loro facoltà fisiche e mentali» e non sono «sottoposti ad alcuna restrizione
434
di libertà né ad alcuna incapacità giuridica» . Nei loro riguardi, il club ha il
solo compito «di gestire la vita materiale dell’équipe, di organizzare gli allena-
427
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 856.
428
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 855 s.
429
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 855.
430
Cass., II Ch. civ., 11 décembre 1996, in Resp. civ. ass., 1997, Com., n. 83.
431
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 866.
432
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 856.
433
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
434
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 579
435
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
436
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 857.
437
Trib. gr. inst. Cusset, 29 février 1996, in Sem. jur., 1997, II, Jur., 22849, con il commento di J.
MOULY.
438
Testualmente, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
439
Così, già App. Angers, 27 mai 1941, in G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 919.
440
Afferma l’autonomia della responsabilità contrattuale per il fatto altrui rispetto alla responsabi-
lità delittuale del committente per il fatto del preposto, Cass. com., 18 janvier 1961, in Bull. civ., III,
n. 37, p. 32.
441
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit. In tema di obbligazione di sécurité, App. Grenoble, 15
juin 1993, in Rec. Dalloz, 1994, Jur., p. 239.
442
Ad es., Cass. civ., 3 octobre 1967, in Sem. jur., 1968, II, Jur., 15365; Cass. com., 24 novembre
1987, ivi, 1988, IV, p. 47.
443
In merito all’inadempimento degli obblighi d’informazione sul prodotto venduto, cfr. App.
Paris, 6 mai 1987, in Rec. Dalloz, 1987, Inf. rap., p. 144.
444
Tra le tante, Cass. civ., III Ch., 4 février 1976, in Rec. Dalloz, 1976, Inf. rap., p. 134; Cass. civ.,
16 mai 1979, in Rev. trim. dr. civ., 1979, p. 610, con le osservazioni di G. DURRY.
445
App. Orléans, 15 décembre 1975, in Sem. jur., 1976, IV, p. 172. In argomento, C. GAVALDA,
La responsabilité civile et pénale du fait des préposés de banque, in Responsabilité professionnelle du
banquier. Contribution à la protection des clients de banque, Paris, 1978, p. 53 ss.
446
App. Chambéry, 20 janvier 1976, in Rec. Dalloz, 1977, Jur., p. 209 ss.
447
Cass. civ., I Ch., 11 janvier 1989, in Sem. jur., 1989, II, Jur., 21236 (I espèce), con nota di C.
LARROUMET.
580 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
delle regole di responsabilità applicabili alle vittime di danni causati dal fatto
delle cose», quelle «diseguaglianze veramente scioccanti tra le vittime di uno
455
stesso fatto sopravvenuto nelle medesime circostanze» , secondo che la con-
troversia venisse decisa attraverso l’applicazione della regola di responsabilità
oggettiva delittuale di cui all’art. 1384, comma 1, o sulla base di un’obbliga-
zione di sécurité “di mezzi”. Infatti, l’enorme espansione che il principio iscrit-
to nell’art. 1384, comma 1, ha avuto, nel corso di più di un secolo, in ambito
delittuale ha indotto a ravvisare in esso una vera e propria clausola generale di
responsabilità oggettiva delittuale (art. 1384, comma 1, code civ.), contrappo-
sta, per estensione e per comprensione, a quella di responsabilità per colpa da
456
fait personnel, fondata sul testo dell’art. 1382 code civ. .
Una generalizzata applicazione di tale principio (art. 1384, comma 1) anche
in ambito contrattuale, proprio in quei settori nei quali la giurisprudenza ha
ravvisato obbligazioni di sécurité qualificate quasi sempre “di mezzi”, avrebbe
potuto contribuire a ristabilire una parità di trattamento tra le vittime tutte
danneggiate dai medesimi fatti e nelle stesse circostanze, favorendo un ampio
457
ritorno, per più versi auspicato , all’obbligazione di sécurité di risultato. La
Cassazione, con la decisione del 17 gennaio 1995, aveva manifestato «l’inten-
zione di lasciare sotto l’imperio delle regole contrattuali gli accidenti alla per-
sona sopravvenuti in occasione dell’esecuzione di contratti, ma accordando
finalmente a tutte le vittime di questi danni la medesima protezione contro il
458
“fatto della cosa”» . Tale decisione, però, è rimasta sostanzialmente isolata in
giurisprudenza, sia per la tradizionale convinzione della dottrina francese in
ordine all’inapplicabilità, in ambito contrattuale, dell’art. 1384, comma 1, al
fine di non violare il principio del non-cumul delle responsabilità contrattuale
459
e delittuale , sia perché ispirata ad un’ipotesi riconducibile al danno da pro-
460
dotto «difettoso» , poi disciplinato dalla legge n. 98-389 del 19 maggio 1998,
che, sulla base della direttiva n. 85-374 del 25 luglio 1985, ha “decontrattua-
461
lizzato” tale materia, “condannando” , nella sostanza, l’obbligazione di sécu-
rité (di risultato) gravante sul fabbricante e sul produttore.
462
La Prima Sezione civile della Cassazione aveva elaborato tale regola nel
455
In questi termini, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, III éd., 2006, cit., p. 799.
456
Basti pensare che il noto trattato di G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., dedica 313 pagine alla
responsabilità per il fatto personnel (pp. 361-674), e ben 227 pagine (pp. 675-902) alla responsabilità
per il fait des choses.
457
H. GROUTEL, Vers un chambardement, cit., n. 16; G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., II éd., 1998,
pp. 410 ss., 486 ss.; G. VINEY, Rapport de synthèse, cit., p. 1215; Y. LAMBERT-FAIVRE, Fondement et ré-
gime, cit., p. 82 ss.; P. JOURDAIN, Le fondement, cit., p. 1198 ss.; D. MAZEAUD, Le régime, cit., p. 1202 ss.
458
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, III éd., 2006, cit., p. 797.
459
Ampi riferimenti dottrinari sono rinvenibili in G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., III éd.,
2006, p. 788 s., in nota 9.
460
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., III éd., 2006, p. 798.
461
Così G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., III éd., 2006, p. 463.
462
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 350 s.
582 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
463
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
464
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
465
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
466
Lo riferisce Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
467
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
468
Cass., Sez. Un. civ., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1565 ss.
469
Cass., Sez. Un. civ., 27 giugno 2002, n. 9346, cit., c. 2638.
470
P. JOURDAIN, Note a Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
471
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
472
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 583
473
stributrice , ponendo, in modo del tutto inedito, un’obbligazione extra-con-
474
trattuale di sécurité a carico del venditore professionnel non fabbricante ; dal-
l’altro, nel censurare la sentenza nella parte in cui aveva rigettato l’azione con-
trattuale della vittima contro l’istituto scolastico, la Suprema corte aveva po-
sto, «questa volta, un principio di responsabilità contrattuale per il fatto delle
475
cose, messe in opera dal debitore di un’obbligazione di sécurité» . La stessa
massima della sentenza riprendeva, «nel contenuto come nella sua formula-
476
zione» , la disposizione del comma 1 dell’art. 1384, sostituendo all’enunciato
477
«cose che sono sotto la propria custodia» , l’espressione «cose che egli mette
478
in opera per l’adempimento della sua obbligazione contrattuale» .
Riguardo all’orientamento tradizionale, che ha considerato quasi sempre
“di mezzi” l’obbligazione delle colonie e di ogni altro istituto che diviene affi-
datario di soggetti minori, salvo poi prevedere, implicitamente, presunzioni di
colpa o di causalità o la regola res ipsa loquitur, questa decisione conferiva con
479
chiarezza alla vittima «un vantaggio probatorio evidente» , in quanto la di-
spensava dal provare la faute dell’istituto. Più precisamente, «la responsabilità
480
della scuola sussiste[va] indipendentemente da ogni faute» .
Per giustificare la sua decisione, la Prima Sezione civile della Cassazione
avrebbe potuto accontentarsi di affermare l’esistenza di un’obbligazione di sé-
481
curité di risultato . Ma essa aveva preferito ricorrere ad una «soluzione più
originale, consistente nel distinguere i danni risultanti da una faute, da quelli
482
causati dal “fatto delle cose”» . Anche là dove si volesse convenire, con la giu-
risprudenza dominante, che «l’obbligazione di sécurité alla quale sono tenuti
483
gli istituti scolastici sia normalmente di mezzi» , tale obbligazione diveniva
”di risultato” ogni qualvolta il danno era causato «dal fatto di una cosa utiliz-
484
zata nell’esecuzione del contratto» . Alla responsabilità per faute prouvée si
aggiungeva una responsabilità senza colpa per il fatto delle cose, che veniva ad
485
amputare largamente il settore delle obbligazioni di mezzi .
Riguardo all’estensione soggettiva della responsabilità contrattuale per il
fatto delle cose, l’individuazione delle «persone responsabili» non doveva es-
473
P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 352.
474
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
475
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
476
Lo sottolinea, opportunamente, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 354.
477
È la traduzione libera dell’espressione francese: «choses que l’on a sous sa garde» (art. 1384,
comma 1, in fine).
478
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351 (in francese: «choses qu’il met en œuvre pour
l’exécution de son obligation contractuelle»).
479
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
480
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
481
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
482
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
483
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
484
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
485
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
20.
584 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
sere limitata ai soli istituti scolastici, ma poteva estendersi a tutti coloro ai qua-
li la giurisprudenza impone un’obbligazione di sécurité di mezzi: gestori di ri-
storanti o di hôtel, imprese di spettacoli, di centri e istituti ai quali sono affida-
ti fanciulli, istallazioni sportive o di giochi, stabilimenti che ricevono una clien-
486
tela, ecc. . Ma la responsabilità contrattuale per il fatto delle cose avrebbe ri-
guardato anche i debitori di un’obbligazione di risultato, come i «vettori di
487
persone e alcuni organizzatori di giochi o di sport pericolosi» . Veniva meno,
allora, la tradizionale distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato, effet-
tuata sulla base degli abituali parametri, a vantaggio di un’altra, il cui criterio
aveva ad oggetto il fatto generatore dei danni: faute personnelle o fatto della
488
cosa .
489
I termini «molto generali» della decisione, inoltre, ponevano il problema
dei rapporti tra l’obbligazione di sécurité derivante dal fatto della cosa e quella
del venditore professionnel. L’affermazione di un principio generale di re-
sponsabilità contrattuale per il fatto delle cose, analogo a quello che risulta
dall’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 1384, comma 1, code civ. in am-
bito delittuale, avrebbe potuto escludere che la vittima dovesse provare il di-
fetto o il vizio della cosa. Tutti i danni causati da una cosa avrebbero potuto
«essere risarciti, sempre che la cosa abbia avuto un “ruolo attivo”» 490 e sia sta-
491
ta «lo strumento del danno» . Tuttavia, sia il tenore della sentenza della Cas-
492
sazione, la quale faceva espresso riferimento al «vizio» o «difetto di fabbri-
493
cazione» del cerchio, sia la subordinazione della responsabilità contrattuale
per il fatto delle cose all’esistenza di un’obbligazione di sécurité, sulla base del-
la quale l’istituto affidatario è «contrattualmente tenuto ad assicurare la sicu-
494
rezza degli alunni» , avrebbero potuto indurre ad «esigere, come per l’obbli-
495
gazione di sécurité del venditore, un difetto di sicurezza della cosa» .
496
Secondo questa dottrina bisognava evitare di esagerare sulla portata in-
novativa della decisione. Da un lato, le violazioni della sécurité non risultano
sempre dal fatto di una cosa; dall’altro, anche prima della decisione della Cas-
sazione, allorché il danno era causato da una cosa utilizzata per l’esecuzione
del contratto, «la giurisprudenza riconosceva molto spesso un’obbligazione di
497
sécurité di risultato (trasporto di persone, autoscontro, toboggan, ecc.)» . In
486
In questi termini, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
487
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
488
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
489
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
490
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
491
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
492
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
493
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
494
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
495
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit. (il corsivo è dell’A.).
496
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
497
Lo ricorda P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 585
13. La scarsa coerenza, più volte sottolineata in queste pagine, che traspare
dalle soluzioni adottate dalla giurisprudenza francese, più preoccupata di ga-
rantire la giustizia della singola decisione, che di elaborare parametri mag-
giormente coerenti sotto il profilo sistematico, suggerisce di verificare l’even-
517
Così, L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 379.
518
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
519
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
588 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
tuale esistenza di altri criteri, che preludano, nel campo contrattuale, ad una
progressiva erosione del generale modello di responsabilità per colpa.
A fronte del contraddittorio orientamento della giurisprudenza, che tenta
di individuare la “natura” delle obbligazioni di sécurité sulla base dell’astratto
criterio fondato sul presumibile ruolo (attivo o passivo) che il creditore dovreb-
be assumere in riferimento ad un determinato tipo contrattuale, la stessa indi-
520
viduazione di obbligazioni di mezzi «rafforzate» e di obbligazioni di risulta-
to «attenuate», che una parte della dottrina ha proposto di individuare anche
521
nelle specifiche ipotesi di responsabilità «per difettosità provata» , esprime il
disagio della moderna scienza d’oltralpe di dover individuare il contenuto e la
disciplina di ogni rapporto obbligatorio attraverso il suo inquadramento nella
controversa summa divisio tra obbligazioni di mezzi e di risultato. Tale conce-
zione poggia, altresì, su una non condivisibile tradizione giuridica che, avendo
strutturato la disciplina della responsabilità contrattuale su quella della re-
sponsabilità delittuale per colpa, continua a far gravare sul creditore danneg-
giato l’onere della prova della faute, così come se questi avesse subito il danno
in assenza di un rapporto obbligatorio derivante da un contratto, o, più in ge-
522
nerale, di una relazione giuridicamente rilevante .
In proposito un’autorevole dottrina ha sottolineato, da oltre sessant’anni,
523
come la «contraddizione» esistente tra queste tre regole giurisprudenziali:
«1) il vettore è tenuto a condurre il viaggiatore sano e salvo a destinazione; 2)
il gestore di una sciovia non è tenuto a condurre lo sciatore sano e salvo al punto
di arrivo; 3) il gestore delle “montagne russe” è tenuto a condurre l’utente sano
524
e salvo alla fine della pista» , potesse essere superata soltanto «con l’abbando-
525
no di una o di due di queste proposizioni» . La ragione per la quale l’obbliga-
526
zione del vettore «richiede di essere un’obbligazione di risultato» dovrebbe
essere rinvenuta nella promessa «ferma, fatta al viaggiatore, di condurlo alla de-
527
stinazione per la quale gli è stato rilasciato il biglietto» . Poiché l’obbligazione
di sécurité «appare come una conseguenza necessaria dell’obbligazione di tra-
528
sportare, essa deve, al pari di questa, contenere una promessa di risultato» .
Per escludere che l’utente di una sciovia possa essere creditore di un’ob-
bligazione di risultato la giurisprudenza ha affermato che egli «partecipa al-
529
l’operazione più di quanto non lo faccia colui che è situato in un treno» .
520
P. BRUN, Note a Cass., I Ch. civ., 4 novembre 1992, in Rec. Dalloz, 1994, Jur., p. 47.
521
Propone tale ambigua partizione P. BRUN, op. loc. ult. cit., spec. in nota 28.
522
Tale posizione è criticata da C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 74 ss.
523
Così, R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 32.
524
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
525
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
526
R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 31.
527
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
528
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
529
R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 33.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 589
Tuttavia, non è forse vero che il viaggiatore, «per entrare in un treno, è dovuto
salire da solo, essendo protetto da un’obbligazione di sécurité anche nel corso
530
di questa salita?» . Le decisioni della giurisprudenza che considerano protet-
to da un’obbligazione determinata di sécurité anche il viaggiatore che sale o
che scende dal treno o da un altro veicolo di trasporto, «cioè nei momenti in
531
cui il vettore non ha la direzione esclusiva delle operazioni» , inducono a
considerare il criterio del “ruolo attivo” del debitore come «un’argomentazio-
532
ne che non è soddisfacente ... o che prova troppo» . La discriminazione fon-
data sul comportamento positivo o negativo, attivo o passivo del cliente «manca
533
di una base reale» . Al contrario, la sola distinzione «che risponde alla psico-
logia delle parti e che ha un senso pratico» sarebbe quella fondata sul grado di
534
fiducia che il cliente conferisce al macchinario del debitore . Questo criterio
potrebbe spiegare perché «il vettore è tenuto a condurre il viaggiatore sano e
salvo a destinazione ed è responsabile per il fatto stesso dell’incidente, senza
535
che il creditore debba provare la faute commessa dall’obbligato» . Poiché v’è
un’assoluta incompatibilità tra «la giurisprudenza in materia di sciovie e quella
sugli incidenti nel corso della salita o della discesa dei viaggiatori da un tre-
536 537
no» , spetterebbe sicuramente «alla prima allinearsi alla seconda» .
Generalizzando tale idea all’intero settore dei rapporti obbligatori, sarebbe
possibile affermare che, in ogni caso, l’obbligazione di sécurité, per essere tale,
implichi una promessa determinata o “di risultato”. Ma questo “ritorno alle
origini” dell’obbligazione di sécurité potrebbe essere contestato in virtù del-
l’enorme espansione assunta da tale categoria che, oltre alle ipotesi normal-
mente riconducibili al trasporto ed alle altre obbligazioni qualificate “di risul-
tato”, annovera casi di responsabilità per fait personnel, che sarebbero indisso-
lubilmente connessi all’idea di faute civile.
L’eventuale cammino delle obbligazioni di sécurité verso un modello di re-
sponsabilità oggettiva non può prescindere, da un lato, e questa volta sulla
scia dell’esperienza italiana, da un generale ripensamento, da parte della scien-
za giuridica francese, sul ruolo della faute nella rifondazione di un moderno
sistema di responsabilità contrattuale. Dall’altro, da una riflessione sull’auto-
nomia della disciplina dell’inadempimento delle obbligazioni da quella della
responsabilità delittuale per colpa. La limitazione delle obbligazioni di sécurité
al campo delle obbligazioni (considerate come) determinate rappresenta un
passaggio auspicabile, poiché, come si è più volte rilevato, la stessa idea di
530
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
531
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
532
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
533
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
534
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
535
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
536
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
537
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
590 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
tion, che comprende sia l’inesatto adempimento, sia il «retard dans l’exécu-
tion». Ma, a parte il dato testuale, non sarebbe comprensibile né giustificabile
una disparità di trattamento, sotto il profilo della prova, per l’inadempimento
e per l’adempimento inesatto. In entrambe le ipotesi, così come deciso dalle
541
Sezioni Unite , il creditore si deve limitare ad allegare ora l’inadempimento,
ora l’inesattezza dell’adempimento, spettando in entrambi i casi al debitore
provare l’adempimento o l’esattezza dell’adempimento, ovvero che le contrap-
poste vicende sono state dovute a impossibilità derivante da cause a lui non
imputabili.
La giurisprudenza francese, sia pure con cautela, da oltre un decennio ha
intrapreso un’opera di erosione dei confini della responsabilità contrattuale
“per colpa”, riqualificando in termini “di risultato” obbligazioni che, per tra-
dizione, erano sempre state considerate di diligenza. In presenza di una scien-
za giuridica, come quella d’oltralpe, che, prevalentemente per ragioni cultura-
li, non sembra pronta a superare, in via “di principio”, il dogma della colpa –
sia recuperando l’originario senso della norma iscritta nell’art. 1174, sia vali-
cando la pur contestata partizione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”,
sia, soprattutto, emancipando la disciplina dell’inadempimento (e dell’adem-
pimento inesatto) dal calco della responsabilità delittuale per faute prouvée,
così come è avvenuto, invece, nell’ultimo decennio in Italia –, soltanto un’ope-
ra di graduale ri-classificazione delle obbligazioni “di mezzi” in obbligazione
“di risultato” può contribuire a rinnovare (rispetto alle mutate esigenze sociali)
il settore della responsabilità civile contrattuale, semmai in virtù della possibile
applicazione, in sede d’inadempimento, del generale principio di responsabili-
542
tà oggettiva per il fatto d’autrui , e della (finora disattesa) regola di responsa-
543
bilità oggettiva contrattuale per il fatto delle cose . La progressiva generaliz-
zazione di tale ultima regola nel settore del diritto dei contratti potrebbe con-
sentire di ravvisare un’obbligazione determinata di sécurité ogni qualvolta il
debitore risulti essere anche il custode della cosa che causa il danno, con il ri-
sultato di garantire il medesimo regime di imputazione della responsabilità
che potrebbe essere invocato in sede delittuale. Il conferire agli inediti regimi
di responsabilità oggettiva contrattuale per i fatti d’autrui (ex art. 1384, comma
1) e delle cose (ex art. 1384, comma 1) un ruolo ordinante il settore del diritto
dei contratti potrebbe indurre la scienza giuridica francese sia a superare l’attua-
le, insoddisfacente distinzione tra obbligazioni “di mezzi” e di risultato, sia la
stessa rigidità della contrapposizione tra responsabilità contrattuale e delittuale.
544
In proposito non si può non rammentare come un’autorevole dottrina ,
molti decenni prima che la Cassazione iniziasse a seguire tale orientamento,
541
Cass., Sez. Un. civ., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567 ss.
542
Sul punto, cfr., retro, il § 11.
543
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 350 s.
544
R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., n. 33.
592 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
545
Riconoscono la lungimiranza di tale dottrina, pur non condividendone le ragioni, G. VINEY, P.
JOURDAIN, op. ult. cit., p. 460.
546
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
547
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
548
P. JOURDAIN, Note a Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 354.
549
Su tale tendenza, P. JOURDAIN, L’obligation de sécurité du vendeur, cit., p. 594.
550
Per l’analisi della giurisprudenza relativa alla I ed alla II Sezione civile della Cassazione france-
se, si rinvia a M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité, cit., pp. 292-321.
551
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 487.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 593
terminate” derivanti dal contratto, anche là dove tali obbligazioni sono state
adempiute da altri «prestataires de services», senza che fosse possibile oppor-
559
re al cliente l’eventuale faute commessa da questi . Un’applicazione combi-
nata dei principi di responsabilità oggettiva contrattuale per i fatti della cosa e
d’autrui si è avuta, poi, allorché la Cassazione ha deciso per la responsabilità di
un’agenzia di viaggi, per il danno subito dal cliente a causa di una caduta dalla
scala di un albergo dove soggiornava, allorché la stessa, «responsabile oggetti-
vamente dell’adempimento delle obbligazioni [determinate] derivanti dal con-
tratto, non ha provato né la faute della vittima, né il fatto imprevedibile e irre-
sistibile di un terzo estraneo alla fornitura delle prestazioni contrattuali, né un
560
caso di forza maggiore» . Anche in tema di responsabilità del medico, la Su-
prema Corte ha deciso che il contratto concluso tra il paziente ed il professio-
nista sanitario pone a carico di questi «un’obbligazione di sécurité di risultato
per quanto riguarda i materiali che egli utilizza per l’esecuzione di un atto
561
medico d’indagine o di cura» . Un’ulteriore applicazione, in campo medico,
della regola di responsabilità oggettiva contrattuale per il fatto delle cose si è
avuta, anche successivamente all’entrata in vigore della disciplina sul danno da
prodotti, in materia di trasfusioni di sangue e di emoderivati: le cliniche, gli
562
ospedali e qualsiasi altro centro nel quale sono esercitate tali attività sono
563
stati considerati debitori di un’obbligazione di sécurité “di risultato” . Con la
conseguenza di consentire l’esonero dalla responsabilità soltanto in presenza
564
di una causa di forza maggiore .
Ancora più significativa è quella giurisprudenza francese, ancora minorita-
ria e prevalentemente di merito, che, analogamente a quanto accaduto in Ita-
lia, propone un definitivo superamento della partizione tra obbligazioni “di
mezzi” e di risultato proprio sulla base di un’unitaria configurazione dell’ob-
bligazione “determinata” di sécurité, a prescindere dalla circostanza che il
danno sia stato cagionato da una cosa o dal fatto personnel del professionista.
Nel decidere nel nevralgico settore della responsabilità del professionista sani-
tario, il Tribunale di grande instance di Parigi, in due sentenze che hanno inte-
so assumere un valore “di principio”, ha affermato che, malgrado «la natura
del contratto che si forma tra il chirurgo e il suo cliente metta in principio a ca-
rico del professionista una semplice obbligazione di mezzi», questi è comun-
que tenuto, «sul fondamento di un’obbligazione di sécurité-résultat, a risarcire
il danno causato al suo paziente in occasione di un intervento chirurgico ne-
cessario», ogni qual volta tale danno, «del quale la causa reale non ha potuto
essere determinata, è in relazione diretta con l’intervento praticato e senza un
559
Cass., I Ch. civ., 15 mars 2005, in Gaz. Pal., 2006, Jur., p. 1173.
560
Cass., I Ch. civ., 2 novembre 2005, in Rec. Dalloz, 2006, Jur., p. 1016.
561
Cass., I Ch. civ., 9 novembre 1999, in Rec. Dalloz, 2000, Jur., p. 117, con nota di P. JOURDAIN.
562
Cass., II Ch. civ., 25 janvier 2007, in Sem. jur., 2007, II, Jur., 10035.
563
Ad es., Cass., II Ch. civ., 20 octobre 2005, in Rec. Dalloz, 2006, Pan., p. 1930.
564
Cass., II Ch. civ., 20 octobre 2005, cit., p. 1930.
596 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
565
rapporto certo con lo stato anteriore della vittima» . Così, se in materia di
566 567
responsabilità dell’architetto o del costruttore è considerata esistente
un’obbligazione “di risultato” in ordine alla sicurezza dell’opera eseguita, tale
qualificazione concerne anche le obbligazioni del datore di lavoro per quanto
568
riguarda sia le malattie professionali contratte dal lavoratore , sia gli infortu-
569 570
ni sul lavoro , sia le turbative morali , sia, più in generale, la salute e la sicu-
571
rezza sul posto di lavoro . In tal modo, l’obbligazione determinata di sécurité
fuoriesce dal pur amplissimo ambito della responsabilità contrattuale per i fat-
ti della cosa o d’autrui, per coinvolgere l’intero settore delle obbligazioni ca-
ratterizzate dal “fatto personnel” del debitore.
Parallelamente a quest’opera di lenta, ma progressiva “riforma giurispru-
denziale” volta a liberare – sia pur limitatamente a taluni specifici settori –
l’obbligazione di sécurité e, più in generale, le tematiche dell’inadempimento e
della responsabilità contrattuale dall’idea di faute civile che sarebbe a fonda-
572
mento della “disciplina comune” in tema di responsabilità , v’è da rilevare
come una parte della dottrina francese abbia iniziato a porre in discussione
l’automatico “parallelismo” tra le due specie della responsabilità civile, affer-
mando che la stessa nozione di “colpa contrattuale” rappresenterebbe la «sto-
573
ria di un falso concetto» . L’idea, assai radicata nell’esperienza d’oltralpe, se-
condo la quale la faute civile sarebbe il fondamento comune delle responsabi-
lità sia delittuale, sia contrattuale è contestata sotto molteplici profili. Innanzi-
tutto si rileva come il Code civil abbia previsto distinte regole (gli artt. 1382-
1386, per la responsabilità che deriva da délits e da quasi-délits; gli artt. 1146 e
ss., per quella che nasce dall’inadempimento delle obbligazioni) ed abbia uti-
lizzato terminologie concettualmente differenti. Mentre in tema di responsabili-
tà delittuale si prescrive chiaramente un obbligo di riparazione, in materia di ina-
dempimento si fa esplicito riferimento ai «dommages et intérêts résultant de l’ine-
xécution» (così la stessa rubrica della Section IV). In quest’ultimo caso «c’est
574
le contrat lui-même qui est la cause de la dette de dommages et intérêts» .
565
Tali espressioni sono testualmente ripetute sia da Trib. gr. inst. Paris, 5 mai 1997, sia da Trib.
gr. inst. Paris, 20 octobre 1997, in Rec. Dalloz, 1998, Jur., pp. 559 e 560.
566
Cass., III Ch. civ., 16 février 1983, in Gaz. Pal., 1984, I, p. 269.
567
Cass., III Ch. civ., 8 novembre 2005, in Rev. dr. imm., 2006, p. 55.
568
Cass. soc., 28 février 2002, in Sem. jur., 2002, II, Jur., 10053.
569
Cass. soc., 11 avril 2002, in Rec. Dalloz, 2002, Jur., p. 2215.
570
Cass. soc., 21 juin 2006, in Bull. civ., 2006, V, n. 223, e in Rec. Dalloz, 2006, Jur., p. 2831.
571
Cass. soc., 28 février 2006, in Bull. civ., 2006, V, n. 87.
572
Basti citare, per tutti, la pregevole (per quanto non condivisibile) ricostruzione sistematica del
diritto “vigente” d’oltralpe compiuta da G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, II éd., 2006, cit., p.
363 ss., i quali articolano la trattazione della faute civile, parallelamente, per “Les devoirs extra-
contractuels”, nella Sous-section 1 (p. 374 ss.), e per “Les devoirs et les obligations nés du contrat ou
greffés sur celui-ci”, nella Sous-section 2 (p. 428 ss.).
573
In questi termini, P. RÉMY, La «responsabilité contractuelle», cit., p. 323 ss.; D. TALLON,
L’inexécution du contrat, cit., p. 223 ss.; ID., Pourquoi parler de faute contractuelle?, cit., p. 429 ss.
574
P. RÉMY, op. cit., p. 325.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 597
575
G. VISINTINI, Colpa contrattuale, cit., p. 13.
576
G. VISINTINI, op. ult. cit., p. 14.
577
G. VISINTINI, op. ult. cit., p. 16.
578
D. TALLON, L’inexécution du contrat, cit., p. 229 ss.
579
G. VISINTINI, op. ult. cit., p. 19.
580
G. VISINTINI, op. loc. ult. cit.
581
Così G. VISINTINI, op. ult. cit., p. 23.
582
P. RÉMY, op. loc. ult. cit.
583
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 449, in nota 15.
584
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
598 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
radicate nella scienza giuridica francese, cioè quella di “faute”, che pur nella
585
dottrina italiana ha dato adito a teorie “oggettivistiche” e “soggettivistiche” ,
finisce con il disconoscere la stessa idea di responsabilità contrattuale e la fun-
zione di compensation che pur deve conseguire all’inadempimento o all’adem-
pimento inesatto dell’obbligazione. Questa tesi, inoltre, risulta l’espressione di
un malcelato “volontarismo contrattuale”, nella misura in cui esaurisce la re-
sponsabilità nel contratto, e la responsabilità civile nella responsabilità delit-
tuale, risultando, peraltro, del tutto inapplicabile alle obbligazioni di sécurité
e, più in generale, alle obbligazioni che trovano la loro fonte nella legge piut-
tosto che nella volontà espressa esplicitamente dalle parti. Quindi, come si è
rilevato, «il discorso importante è di sostanza»: piuttosto che abbandonare la
qualificazione in termini di responsabilità contrattuale dell’obbligazione risar-
citoria conseguente all’inadempimento, il problema vero è che «non si posso-
no imprestare a tale tipo di responsabilità le regole coniate per la responsabili-
tà conseguente a un fatto illecito», dovendosi «portare l’attenzione sul concet-
to di responsabilità, nel significato più pregnante di garanzia che il debitore
deve dare al creditore di far fronte all’impegno assunto, e sulla diversa funzio-
ne del risarcimento per equivalente o in forma specifica cui il debitore ina-
586
dempiente può essere costretto dal creditore» .
Prima che la scienza giuridica francese riesca ad emancipare definitivamen-
te la problematica dell’inadempimento e della responsabilità contrattuale dal
modello di responsabilità delittuale per colpa, prima che la giurisprudenza sia
in grado di unificare le obbligazioni di sécurité, nei molteplici settori nei quali
operano, sulla base di un’unica obbligazione di sécurité-résultat, e prima che la
contestata partizione tra obbligazioni “di mezzi” e di risultato possa essere con-
587
siderata realmente utile soltanto a fini pedagogici , la giurisprudenza ha l’op-
portunità di riformare, con gradualità ma con continuità, gran parte del diritto
delle obbligazioni (anche di sécurité) e dei contratti sulla base della regola di
responsabilità oggettiva contrattuale per i fatti d’autrui e delle cose. Così, nel
portare a compimento la più che centenaria interpretazione dell’art. 1384,
588
comma 1, code civ. , potrebbe contribuire a ripensare gli stessi rapporti esi-
stenti tra i due modelli di responsabilità, preludendo a un loro superamento in
una prospettiva di unificazione.
L’intera problematica si gioca ai margini del labile confine tra fatti compiu-
585
Per le quali si rinvia a G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, cit., p. 75 ss.; EAD.,
Trattato breve della responsabilità civile. Fatti illeciti. Inadempimento. Danno risarcibile, Padova, II
ed., 1999, pp. 73 ss. e 79 s.
586
G. VISINTINI, op. ult. cit., p. 22.
587
In questi termini si esprime L. BOY, Note, cit., p. 560.
588
Proposta, in giurisprudenza, nell’arrêt Teffaine (Cass. civ., 18 juin 1896, in Sirey, 1897, 1, p. 17,
con nota di A. ESMEIN, e in Dalloz Pér., 1897, I, p. 433, con il commento di R. SALEILLES) e, in dot-
trina, grazie alle teorie elaborate da L. JOSSERAND (De la responsabilité des choses inanimées, cit., p.
103 ss.) e da R. SALEILLES (Les accidents de travail, cit., p. 19 ss.).
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 599
589
Così, P.G. MONATERI, Cumulo di responsabilità, cit., pp. 17 s., 78 e 79.
600 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO DECIMO
CONTRATTO E TRASFERIMENTO
DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE
SOMMARIO: 1. La nascita del sistema franco-italiano. Il progressivo abbandono del modello ro-
mano ad opera dei glossatori e dei giusnaturalisti. La pratica della tradition feinte e il conse-
guente assorbimento del modus adquirendi nel titulus. Nantissement e appropriance. La pro-
blematica coesistenza di due regole opposte nel conflitto tra successivi acquirenti. – 2. Se-
gue. La ricezione del modello del consenso traslativo nel Code Napoléon e nel cod. it. del
1865. La dinamica tra regola ed eccezione nei diritti di area francese: le vendite condizionali
e obbligatorie. Il ruolo della trascrizione e la scoperta della categoria dell’“opponibilità”. La
doppia vendita immobiliare: responsabilità delittuale del secondo acquirente e inopponibili-
tà della seconda vendita in Italia e Francia. Scomposizione della proprietà e trust. – 3. Titulus
e modus adquirendi nel diritto tedesco. L’efficacia obbligatoria del contratto causale, l’Auf-
lassung e il ruolo costitutivo della pubblicità. L’unificazione degli effetti traslativi tra le parti
e nei confronti dei terzi. I limiti al potere di disposizione del venditore: divieto giudiziale di
alienare e Vormerkung. – 4. Le analogie con il diritto inglese. La duplice efficacia, obbliga-
toria e reale, del contract for sale of land in common law e in equity. L’efficacia reale della
conveyance e la doctrine of merger. Le tutele del venditore ai fini del pagamento del prezzo.
L’inadempimento dell’obbligazione di dare: doctrine of conversion e constructive trust. Ri-
sarcimento del danno ed esecuzione in forma specifica. – 5. Segue. Gli inconvenienti della
investigation of title e l’introduzione di un modello di registration obbligatoria su base reale.
L’incidenza della pubblicità “costitutiva” sul Law of Property. Il perfezionamento del mirror
principle ad opera del Land Reg. Act 2002 e del Land Reg. Rule 2003. Overriding interests e
tutela del principio di pubblica fede nell’electronic conveyancing. Dalla «registration of title»
al «title by registration». – 6. Il formalismo del Torrens System. La fase dell’immatricola-
zione e la circolazione cartolare della proprietà immobiliare. Il ruolo del principio di astra-
zione ai fini dell’inoppugnabilità del titolo di proprietà. L’istituto del caveat e l’eccessiva
espansione delle “in personam exceptions”. Le ragioni del fallimento del Torrens System ne-
gli Stati Uniti. – 7. Rilievi conclusivi. Le affinità del diritto tedesco con l’area di common law
in ordine alle modalità di trasferimento della proprietà. Alcune analogie con il sistema fran-
co-italiano. La preferenza per i registri immobiliari di tipo reale. Il principio di pubblica fe-
de tutela in maniera più efficiente il traffico giuridico, proteggendo le posizioni degli acqui-
renti e dei terzi che hanno fatto affidamento sull’apparenza delle risultanze pubblicitarie. –
8. Segue. Teorie del contratto, pubblicità e apparenza nel trasferimento della proprietà im-
mobiliare. Dalla dottrina dell’affidamento legittimo alla teoria della legittimazione formale
(Rechtsschein). L’allineamento del modello inglese all’idea tedesca di apparenza, come ge-
nerale soluzione che privilegia l’esteriorizzazione dei fatti e delle vicende. La realizzazione
delle esigenze di celerità e di certezza del traffico giuridico sulla base dei diversi modelli
proposti dalla tradizione.
602 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
1. Sia in civil law, sia in common law, i modelli di trasferimento della pro-
prietà immobiliare sono stati pensati per facilitare ed accelerare la circolazione
delle situazioni soggettive e, nel contempo, per garantire la certezza degli ac-
quisti e la tutela dell’affidamento. Gli ordinamenti che privilegiano il contratto
causale (titulus) rispetto alla traditio (modus) conoscono un modello di pub-
blicità dichiarativa, mentre quelli che hanno conservato il tradizionale rilievo
del modus adquirendi prescrivono formalità con effetto costitutivo, le quali
hanno assunto nel tempo il ruolo della traditio.
1
Nel diritto romano il contratto di vendita (emptio-venditio) produceva ef-
fetti essenzialmente obbligatori, nel senso che era fonte, per il venditore,
dell’obbligazione di trasferire e, per l’acquirente, dell’obbligazione di pagare il
prezzo. Il trasferimento delle situazioni reali era prodotto dalla traditio: la
vendita, quale titulus adquirendi, rappresentava la iusta causa traditionis, men-
tre la consegna operava come modus adquirendi. Il trasferimento della proprietà
avveniva mediante due atti distinti e successivi, seppure tra loro collegati.
Nella pratica contrattuale di diritto comune, conformemente a quanto af-
2 3
fermato dai glossatori , dai giusnaturalisti e, da ultimo, dagli autori coutu-
4
miers , si inizia a presumere la tradition, che diviene, quindi, feinte, con l’inse-
rimento, nei contratti di vendita, della clausola di dessaisine-saisine (o di pre-
cario), con la quale si dichiarava, anche falsamente, che la consegna era stata
effettuata. Attraverso questo artifizio, il trasferimento della proprietà poteva
essere realizzato con un solo atto, e senza una reale consegna, nei casi in cui le
parti fossero d’accordo, quando il contratto era redatto per iscritto ed aveva
5
ad oggetto beni immobili . Il modus adquirendi risultava, così, assorbito dal
titulus. Il trasferimento della proprietà avveniva nella massima segretezza, in
assenza di strumenti esteriori che permettessero ai terzi di venire a conoscenza
delle relative vicende.
1
Per tutti, G. PUGLIESE, Compravendita e trasferimento della proprietà in diritto romano, in L.
Vacca (a cura di), Vendita e trasferimento della proprietà in diritto romano. Materiali per un corso di
diritto romano, Torino, 1997, p. 37 ss.; M. TALAMANCA, voce Vendita (dir. rom.), in Enc. dir., XLVI,
Milano, 1993, p. 370 ss.
2
Sul punto, C.A. FUNAIOLI, La tradizione, Padova, 1942, pp. 57 ss., 68 ss., 71 ss. e passim.
3
Sottolinea l’influenza di Ugo Grozio (1583-1645), che «nel suo De Jure Belli Ac Pacis [...] so-
stiene che per quanto riguarda la vendita la proprietà può essere trasferita senza consegna al momen-
to della conclusione del contratto», A. WATSON, Il trapianto di norme giuridiche. Un “approccio” al
diritto comparato, trad. it. di J. Morley, L. Lonardo, Camerino-Napoli, 1984, p. 73. Sul contributo
della scuola del diritto naturale, G. ASTUTI, I principi fondamentali dei contratti nella storia del diritto
italiano, in Annali St. dir., I, 1957, p. 13 ss.; ID., I contratti obbligatori nella storia del diritto italiano,
Parte generale, I, Milano, 1952, p. 362 ss.
4
R.J. POTHIER, Traité des obligations, in Traités, II éd., t. I, Paris, 1781, p. 64; sulla clausola di
precario sottintesa, J. DOMAT, Les loix civiles dans leur ordre naturel, Paris, 1977, p. 28. Per un’ampia
ricostruzione storica cfr. E. CHENON, Histoire générale du droit français public et privé dès origines à
1815, I, Paris, 1929, p. 219 s.; V. COLORNI, Per la storia della pubblicità immobiliare e mobiliare, Mi-
lano, 1954, p. 201 ss.
5
Così, A. WATSON, op. cit., p. 75.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 603
preferito colui che, avendo effettuato per primo la tradition feinte, poteva van-
tare un titolo anteriore avente data certa.
Sulla base di un generale favore per il sistema del nantissement, che garan-
tiva una maggior certezza per i creditori e per gli acquirenti di beni immobili,
la legge rivoluzionaria del 19 settembre 1790, nell’istituire la trascrizione, finì
12
con l’estendere il precedente modello a tutto il paese . Sulla sua scia, la legge
del 9 messidoro anno III (27 giugno 1795) prescrisse l’esecuzione dell’onere
pubblicitario come elemento perfezionativo delle alienazioni dei diritti reali
immobiliari, mediante l’iscrizione dell’atto in registri fondiari a base reale. Il
rilascio di una cedola suscettibile di girata consentiva la circolazione cartolare
13
della garanzia ipotecaria . La legge dell’11 brumaio anno VII (l novembre 1798),
nell’abrogare la precedente disciplina, che non aveva avuto una diffusa appli-
cazione, impose la trascrizione in registri immobiliari a base personale dei
14
contratti traslativi di diritti su beni suscettibili d’ipoteca .
Tale sistema rappresentava il riconoscimento della preminente trasparenza
15
del modello germanico su quello romano-comune delle alienazioni segrete .
16
Malgrado taluni autori , sulla base dell’espressione contenuta nell’art. 28 («la
17
transcription [...] transmet à l’acquéreur les droit») , avessero attribuito alla
trascrizione gli effetti costitutivi del nantissement, l’esigenza di contemperare
il regime di pubblicità immobiliare con il principio di trasferimento dei diritti
reali in forza del contratto causale (che incorporava la tradition feinte) suggerì
di enunciare la regola, divenuta poi fondamento degli ordinamenti ispirati al-
l’esperienza francese, della scomposizione degli effetti tra le parti e nei con-
18
fronti dei terzi . La trascrizione assumeva un qualche valore “costitutivo” sol-
tanto erga omnes, attraverso la categoria dell’“opponibilità”, mentre tra le par-
ti l’effetto reale del contratto si verificava per effetto del consenso, sul fonda-
mento della tradition feinte.
12
Cfr. R. TROPLONG, Commentaire de la loi du 23 mars 1855 sur la transcription en matière hypo-
thécaire, II ed., Paris, 1864, p. 185.
13
L. GUILLOUARD, op. cit., p. 43 ss.; N. COVIELLO, op. cit., p. 52 s.
14
L’art. 26 così recitava: «Gli atti traslativi di beni e diritti suscettibili d’ipoteca devono essere
trascritti nei registri dell’ufficio della conservatoria delle ipoteche, nella circoscrizione nella quale i
beni sono situati».
15
V. COLORNI, Per la storia, cit., p. 229.
16
A. DURANTON, Cours de droit français suivant le Code civil, III ed., t. IX, Paris, 1834, p. 210; C.
TOULLIER, Le droit civil français suivant l’ordre du Code, t. III, Bruxelles, 1847, p. 314. Si esprimono,
al contrario, per la natura dichiarativa della trascrizione, R. TROPLONG, Commentaire, cit., p. 190; L.
GUILLOUARD, Traité, cit., p. 48; G. BAUDRY-LACANTINERIE, L. BARDE, Des obligations, I, in Traité
théorique et pratique de droit civil, Paris, 1897, p. 346; C. BUFNOIR, Propriété et contrat. Théorie des
modes d’acquisition des droits réels et des sources des obligations, Paris, 1900, p. 69.
17
Così, per esteso, l’art. 28: «La trascrizione prescritta dall’art. 26 trasmette all’acquirente i diritti
che il venditore aveva sulla proprietà dell’immobile, ma con i debiti e le ipoteche dei quali questo
immobile è gravato».
18
N. PICARDI, La trascrizione delle domande giudiziali, Milano, 1968, p. 25.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 605
19
Cfr. P.A. FENET, Recueil complet des travaux préparatoires du Code civil, rist. 1968 (1827),
Osnabrück, XIV, p. 113.
20
Rispetto al modello legale dell’obligation de livrer.
21
Cfr. C. BEUDANT, Cours de droit civil français, II éd. a cura di L. Beudant, P. Lerebours-
Pigeonnière, Paris, t. IX, 1938, p. 111 s., e la più diffusa trattatistica: ad es., M. PLANIOL, G. RIPERT,
Traité pratique de droit civil, II éd., t. X, Paris, 1956, pp. 10 e 74; A. COLIN, H. CAPITANT, Cours
élémentaire de droit civil français, X ed., a cura di L. Julliot de la Morandière, t. II, Paris, 1953, p. 595;
A. WEILL, F. TERRÉ, Droit civil. Les obligations, III éd., Paris, 1980, p. 2 s.; P. MALAURIE, Vente (gé-
néralités), in Enc. Dalloz, Droit civil, t. VII, Paris, 1983, p. 13 ss.
22
Sulla nascita, in epoca medievale, dello jus ad rem, l’analisi di A. CHIANALE, Obbligazione di
dare, cit., p. 10 ss.
23
Lo rileva A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 91, sulla scia della dottrina allora prevalente: per tutti, T.
CUTURI, Della vendita, della cessione e della permuta, Napoli, 1891, p. 1 ss.; E. PACIFICI-MAZZONI,
Istituzioni di diritto civile italiano, IV ed., Firenze, 1913, pp. 4 s., 35 s.; E. DE RUGGIERO, Istituzioni
di diritto civile, VI ed., III, Messina, 1935, p. 302; L. TARTUFARI, Della vendita e del riporto, VI ed.,
Torino, 1936, pp. 5 s., 225 ss. Per un’accurata ricostruzione, anche in chiave comparativa, della pro-
duzione dell’effetto traslativo, cfr. P. POLLICE, Appunti sulla parte generale del contratto, Torino,
2014, pp. 227 ss., 246 ss.
606 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
29
tà non a tutti opponibile» , ovvero che «il consenso trasferisce solo alcune
componenti della proprietà (quelle che si possono opporre all’alienante e ai
30
terzi di mala fede)» . E ciò vuol dire, altresì, che, una volta introdotta una
pubblicità, sia pur “dichiarativa”, soltanto il consenso + la trascrizione trasfe-
31
riscono «la compiuta proprietà a tutti opponibile» . Da quel momento, la
32
formula consensualista convivrà con le regole che la contraddicono .
Nel codice italiano del 1942 l’idea dell’efficacia traslativa del consenso vie-
ne ulteriormente perfezionata. Da un lato, assurge a principio attraverso la sua
generalizzazione nella categoria del contratto con effetti reali (art. 1376).
Dall’altro, nella definizione della vendita, e nell’interpretazione della dottrina,
scompare ogni riferimento all’obbligazione di dare – il cui adempimento ri-
33
chiederebbe un atto traslativo astratto, vietato dall’art. 1325, n. 2 – e la pro-
34
duzione della vicenda reale è considerata un effetto necessario del contratto .
Ancora una volta gli strumenti concettuali recepiti dalla Scienza delle Pandet-
te e fatti propri dall’esperienza neosistematica si rivelano essenziali per riela-
35
borare i postulati della tradizione francese . Diversamente da quanto disposto
dal codice post-unitario, e dalla prevalente interpretazione di una letteratura
fedele alla tradizione d’oltralpe, la dottrina italiana che si forma sotto il codice
del 1942 conclude «il passaggio teorico dalla vendita come fonte dell’obbliga-
zione di trasferire alla vendita come atto traslativo, non produttivo di obbliga-
zioni di dare: la volontà di obbligarsi a trasferire è convertita in volontà di tra-
36
sferire» .
Il principio del consenso traslativo, mentre nel settore delle ipoteche con-
sente una forma pubblicitaria di natura costitutiva, nel campo del trasferimen-
to della proprietà e delle altre situazioni reali impone una trascrizione che ha
37
effetti soltanto dichiarativi . La proprietà si trasferisce per effetto del consen-
29
P.G. MONATERI, Contratto e trasferimento, cit., p. 227.
30
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
31
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
32
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
33
Per tutti, G. GAZZARA, La vendita obbligatoria, Milano, 1957, pp. 25 ss., 136 ss. e passim; A. DI
MAJO GIAQUINTO, L’esecuzione del contratto, Milano, 1967, pp. 255 s., 278, 318 s.
34
Tra i tanti, P. GRECO, La compravendita, II ed., Milano, 1952, p. 9; G. GAZZARA, op. cit., p. 38
ss.; G. MIRABELLI, Dei singoli contratti, in Comm. cod. civ. UTET, IV, 3, Torino, II ed., 1968, p. 12;
D. RUBINO, La compravendita, in Tratt. di dir. civ. e comm. Cicu e Messineo, Milano, II ed., 1971, p.
297 ss. e passim; C.M. BIANCA, La vendita. La permuta, in Tratt. di dir. civ. Vassalli, Torino, 1972, p.
82 ss.; P. GRECO, G. COTTINO, Della vendita, in Comm. del cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-
Roma, II ed., 1981, p. 9 ss.; G.B. FERRI, La vendita in genere, in Tratt. di dir. priv. Rescigno, XI, Tori-
no, 1984, p. 228 ss.
35
P.G. MONATERI, La sineddoche, cit., p. 358.
36
A. CHIANALE, Obbligazione di dare, cit., p. 94.
37
In argomento, F. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, Artt. 2643-2645 bis, I, in Comm. al cod.
civ. Schlesinger, II ed., Milano, 1998, p. 13 ss. e passim; N. PICARDI, voce Pubblicità immobiliare (Di-
ritto comparato e straniero), in Enc. giur. Treccani, XXV, Roma, 1991, p. 2 ss.; A. CHIANALE, voce
Pubblicità immobiliare, in Dig. Disc. Priv. diretto da R. Sacco, IV ed., Sez. civ., XVI, Torino, 1997, p.
131 ss.
608 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
38
Per taluni rilievi critici, A. GALOPPINI, Catasto e pubblicità immobiliare: un problema irrisolto,
in Riv. trim. dir. proc. civ., 1996, p. 71 ss.
39
Sul punto, R. SACCO, in R. SACCO, G. DE NOVA, Il contratto, in Tratt. di dir. civ. diretto da R.
Sacco, t. I, Torino, 2004, pp. 77 ss., 809 ss.
40
Cass., 27 aprile 1960, n. 942, in Giust. civ., 1960, I, p. 1358 s.; Cass., 1 giugno 1976, n. 1983, in
Rep. Foro it., 1976, voce Trascrizione e conservatorie dei registri immobiliari, c. 2962, n. 18.
41
Cass., 8 gennaio 1982, n. 76, in Resp. civ. prev., 1982, p. 174 ss., con nota di G. BENACCHIO,
Alienazione successiva di uno stesso immobile e responsabilità del secondo acquirente; adde Cass., 15
giugno 1988, n. 4090, ivi, 1988, p. 984 ss. Per il sistema tavolare, il principio è riaffermato da Cass.,
22 novembre 1984, n. 6006, in Rep. Foro it., 1984, voce Trascrizione e conservatorie dei registri immo-
biliari, c. 2990, n. 24.
42
Cass. civ., 22 marzo 1968, in Sem. jur., 1968, II, Jur., 15587.
43
A. CHIANALE, Obbligazione di dare, cit., p. 170.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 609
44
getto della seconda vendita» . In Francia, invece, fatti salvi gli effetti dell’usu-
capione, la semplice conoscenza di una precedente cessione dell’immobile ad
un terzo «è costitutiva di una faute che non permette al secondo acquirente
45
d’invocare a suo vantaggio le regole della pubblicità fondiaria» .
L’esperienza francese ha guardato con sfavore alla trascrizione delle do-
mande giudiziali dirette ad ottenere la risoluzione, la rescissione o la nullità di
un atto traslativo, poiché esse sono di regola dirette a ottenere una sentenza che
produce un’efficacia retroattiva (c.d. reale) nei confronti dei terzi che hanno
acquistato non soltanto durante la pendenza della lite, ma anche anteriormen-
46
te . La funzione dichiarativa della pubblicità non sembrava in linea con
l’efficacia reale che alla trascrizione delle domande poteva essere ascritta. Ma
l’essenziale finalità di avvertire i terzi in ossequio al principio dell’affidamento
ha indotto anche l’esperienza d’oltralpe, sulla scia del modello belga, poi se-
guito in Lussemburgo, a prevedere una forma di pubblicità notizia. L’iscrizione
della domanda assurge a condizione di procedibilità della stessa.
Il modello di area francese appare articolato sulla consueta dialettica tra
47
regola ed eccezione , la quale, nella prospettiva tradizionale, potrebbe limita-
re soltanto dall’esterno il principio, ribadendone il suo valore generale. Mal-
48
grado il preteso contenuto unitario della proprietà , che rappresenta comun-
que la generale regola sistemologica, soltanto la dissociazione degli effetti tra
le parti e nei confronti dei terzi consente di comprendere il postulato del con-
senso traslativo. La formalità pubblicitaria riveste natura dichiarativa, almeno
a livello di regola, salvo poi individuare una serie di fattispecie che manifesta-
no, in via di eccezione, un ruolo costitutivo (ad es., cfr. l’art. 1159 c.c. e gli
artt. 555 e 679 c.p.c.). Il principio consensuale impone di escludere la trascri-
zione dagli elementi della fattispecie traslativa, e ciò è possibile grazie alla fin-
49
zione introdotta con la nozione di opponibilità . La scomposizione degli ef-
fetti del contratto in reali e obbligatori ha indotto a considerare, in principio,
suscettibili di pubblicità soltanto gli atti immediatamente traslativi, mentre poi
l’esperienza italiana ha dovuto ammettere, pur sempre a livello di eccezione, la
50
trascrivibilità della vendita con patto di riservato dominio e quella di cosa
44
Secondo A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 171.
45
Cass. civ., 30 janvier 1974, in Sem. jur., 1975, II, Jur., 18001, con nota di M. DAGOT.
46
N. PICARDI, op. ult. cit., p. 1 s.
47
Sul punto, A. GAMBARO, Jus aedificandi e nozione civilistica della proprietà, Milano, 1975, p.
114; P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 421 ss.; ID., Contratto e trasferimento, cit., p. 170 ss.
48
Rileva che, in realtà, «una compattezza totalitaria della proprietà non è esistita nemmeno
all’indomani della rivoluzione liberale; così come non esiste oggi, e come non è esistita mai», R. SAC-
CO, Modificazione (soggettiva) della proprietà e dissociazione del diritto, in Studi Scaduto, vol. III, Pa-
dova, 1970, pp. 115 ss. e 170. V., altresì, A. DE VITA, La proprietà nell’esperienza giuridica contempo-
ranea. Analisi comparativa del diritto francese, Milano, 1967, p. 45 ss.
49
I difetti della sistemazione teorica dei diritti dell’area francese sono posti in evidenza, altresì, da
G. VETTORI, Consenso traslativo e circolazione dei beni. Analisi di un principio, Milano, 1995, p. 25 ss.
50
Ad es., D. RUBINO, La compravendita, cit., p. 433; U. NATOLI, R. FERRUCCI, Della tutela dei di-
ritti. Trascrizione. Prove, in Comm. del cod. civ., VI, 1, Utet, Torino, 1971, p. 61.
610 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
51
futura , fino a giungere alle note vicende riguardanti il contratto preliminare,
la cui trascrizione è stata disposta dallo stesso legislatore (art. 2645-bis c.c.). Il
meccanismo condizionale, grazie alla sua azione retroattiva, è stato utilizzato
come strumento per giustificare la possibilità di trascrivere le vendite cc. dd.
52
obbligatorie e, nel contempo, per legittimare l’eccezione alla regola della
immediata efficacia traslativa del consenso. Superata l’originaria concezione che
considerava affetta da nullità assoluta la vendita di cosa altrui (art. 1599 code
53
civ.) , il moderno diritto francese ammette l’apposizione di clausole di riserva
di proprietà o che condizionano sospensivamente il contratto alla redazione
54
dell’atto pubblico . L’articolazione del trasferimento in due atti non impedi-
sce di ribadire il principio secondo il quale è soltanto la vendita a costituire la
55
fattispecie traslativa, sia pure condizionata . Il trasferimento della proprietà
costituisce un «effetto meramente legale» del contratto di vendita e si realizza
56
«in modo del tutto automatico» .
Inoltre, sulla scia della “globalizzazione” dei rapporti economici e della con-
seguente soggezione rispetto al modello anglo-americano, le esigenze di tutela
di eventuali sub-acquirenti e, più in generale, dell’affidamento dei terzi richie-
dono di sottoporre a trascrizione ulteriori fattispecie, che non sempre sono
espressione dei diritti di area francese. Si pensi, ad esempio, al trust (o, meglio,
57
ai trusts) , che è uno degli istituti più diffusi in ambiente di common law, so-
prattutto per una duttilità strutturale e funzionale, che gli consente di assume-
re le forme più varie in funzione del concreto atteggiarsi degli interessi a volta
58
a volta perseguiti . Nella letteratura italiana v’è chi ha posto in discussione la
51
In questi termini, proponendo una ricostruzione condizionale della vendita di cosa futura, P. PER-
LINGIERI, I negozi su beni futuri, I, La compravendita di beni futuri, Napoli, 1962, p. 260; ID., Sulla tra-
scrivibilità della compravendita di cosa futura, in Vita not., 1985, p. 954. In giurisprudenza, ammettono la
trascrivibilità di tale atto come vendita obbligatoria, Cass., 10 luglio 1986, n. 4447, in Rep. Foro it., 1986,
voce Trascrizione, c. 3213, n. 17; Cass., 16 luglio 1983, n. 4901, ivi, 1983, voce Vendita, c. 3356, n. 36.
52
Sul punto, v. la nota prec. In argomento, A. LUMINOSO, La compravendita, Torino, 1991, p.
110; F. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, Art. 2643-2645, I, in Comm. al cod. civ. Schlesinger,
Milano, 1991, p. 113.
53
Cfr., ad es., A. DURANTON, Cours, cit., p. 68 ss.; V. MARCADÉ (e C. PONT), Explication théo-
rique et pratique du Code Napoléon, V éd., t. VI, Paris, 1855, p. 203 ss. Pur non essendo stato mai
abrogato l’art. 1599 (che così dispone: «La vente de la chose d’autrui est nulle: elle peut donner lieu à
des dommages-intérêts lorsque l’acheteur a ignoré que la chose fût à autrui»), la giurisprudenza e la
dottrina ravvisano, oggi, una nullità relativa.
54
Considerando, in tal senso, l’art. 1583 derogabile dalle parti (sulle due questioni citate nel testo
cfr., rispettivamente, Cass. civ., 5 janvier 1983, in Rec. Dalloz, 1983, Jur., p. 617, e Cass. civ., 24 jan-
vier 1984, ivi, 1984, Jur., p. 24).
55
In questi termini, A. CHIANALE, Obbligazione di dare, cit., p. 102.
56
J. GHESTIN, Riflessioni di un civilista francese sulla clausola di riserva della proprietà, in Riv. dir.
civ., 1981, I, p. 448.
57
Al plurale è intitolato, infatti, uno degli studi fondamentali in materia: M. LUPOI, Tusts, Mila-
no, 2001, passim.
58
Sul diritto inglese, per tutti, M. GRAZIADEI, Diritti nell’interesse altrui. Undisclosed agency e
trust nell’esperienza giuridica inglese, Trento, 1995, p. 156 ss. e passim.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 611
compatibilità del nostro diritto con tale istituto rilevando come, in assenza di
disposizioni specifiche e di “adattamento ordinario” da parte della legge di ra-
tifica (legge 16 ottobre 1989, n. 364) della Convenzione dell’Aja del 1° luglio
1985, il trust si porrebbe in contrasto con norme e principi inderogabili del-
59 60
l’ordinamento giuridico . Ma la dottrina e, soprattutto, la giurisprudenza
ormai prevalenti hanno dimostrato un indiscusso favore verso il riconoscimen-
61
to del trust c.d. interno, prevedendone la trascrizione , anche in assenza di
un’esplicita previsione (nell’art. 2643 c.c.). La particolare situazione giuridica
del trustee – che at law è considerato legal proprietario del patrimonio “auto-
nomo” e “separato” costituito dai beni conferiti in trust, ma che è obbligato
ad amministrare i beni sulla base del vincolo di destinazione e nell’interesse
del beneficiario, il quale, proprietario in equity, è tutelato da un’azione reiper-
62
secutoria (tracing) nei confronti del trustee infedele – non può non essere
“dichiarata” ai terzi, eventuali aventi causa dal trustee o suoi creditori perso-
nali, sia per i limiti ai poteri di disposizione (del trustee) sulla trust property, sia
in virtù della sottrazione dei beni oggetto del trust alla garanzia patrimoniale
di cui all’art. 2740 c.c. In assenza dell’adempimento degli oneri pubblicitari,
da un lato, i creditori personali del trustee potrebbero pensare, erroneamente,
che la garanzia patrimoniale si estenda anche ai beni dei quali il trustee appare
“proprietario”; dall’altro, i terzi in buona fede che abbiano acquistato a titolo
oneroso dal trustee infedele, trascrivendo i loro acquisti, potrebbero prevalere,
59
In particolare, F. GAZZONI, Tentativo dell’impossibile (osservazioni di un giurista “non vivente”
su trust e trascrizione), in Riv. not., 2000, p. 15 ss.; ID., In Italia tutto è permesso anche quel che è vieta-
to (lettera aperta a Maurizio Lupoi sul trust e su altre bagattelle), in Notariato, 2002, p. 1247 ss.; ID., Il
cammello, il leone, il fanciullo e la trascrizione del trust, in Riv. not., 2002, p. 1107 ss.; ID., Il cammello,
la cruna dell’ago e la trascrizione del trust, in Rass. dir. civ., 2003, p. 953 ss.; V. MARICONDA, Contra-
stanti decisioni sul trust interno: nuovi interventi a favore ma sono nettamente prevalenti gli argomenti
contro l’ammissibilità, in Corriere giur., 2004, pp. 82 ss., 87 ss.
60
Per tutti, M. LUPOI, Riflessioni comparatistiche sui trusts, in Europa e dir. priv., 1998, p. 425 ss.;
ID., Lettera ad un notaio conoscitore del trust, in Riv. not., 2001, p. 1159 ss.; ID., I trusts interni al va-
glio giurisdizionale in occasione della trascrizione di un trust autodichiarato, in Notariato, 2002, p. 383
ss.; A. GAMBARO, Notarella in tema di trascrizione degli acquisti immobiliari del trustee ai sensi della
XV Convenzione dell’Aja, in Riv. dir. civ., 2002, II, p. 257 ss.; ID., Un argomento a due gobbe in tema
di trascrizione del trustee in base alla XV Convenzione dell’Aja, ivi, 2002, II, p. 919 ss.; G. PALERMO,
Sulla riconducibilità del trust interno alle categorie civilistiche, in Riv. dir. comm., 2000, I, p. 133 ss.; A.
PALAZZO, Successione, trust e fiducia, in Vita not., 1998, p. 773 ss.; ID., Pubblicità immobiliare e oppo-
nibilità del trust, in Trusts e attività fid., 2002, p. 337 ss.; A. FUSI, Ammissibilità di trusts interni e pro-
fili pubblicitari, in Dir. e prat. soc., 2000, p. 49 ss.; A. TONELLI, Affidamento dei beni immobili e tra-
scrizione, in Trusts e attività fid., 2000, p. 621 ss.
61
Cfr., ad es., App. Firenze, 9 agosto 2001, in Trusts e attività fid., 2002, p. 244; Trib. Trento, 20
luglio 2004, ivi, 2004, p. 573; Trib. Parma, 21 ottobre 2003, in Corriere giur., 2004, p. 76; Trib. Vero-
na, 8 gennaio 2003, in Trusts e attività fid., 2003, p. 409 ss.; Trib. Milano, 29 ottobre 2002, ivi, 2002,
p. 270; Trib. Pisa, 22 dicembre 2001, in Notariato, 2002, p. 383 ss.; Trib. Bologna, 18 aprile 2000, ivi,
2001, p. 45 ss.; Trib. Chieti, 10 marzo 2000, in Trusts e attività fid., 2000, p. 372; Trib. Genova, 24
marzo 1997, in Nuova giur. civ. comm., 1998, I, p. 759 ss.; Trib. Lucca, 23 settembre 1997, in Foro it.,
1998, I, c. 2007 ss.
62
S. FERRERI, Le azioni reipersecutorie in diritto comparato, Milano, 1988, p. 51 ss.
612 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
dice una sentenza costitutiva che produca gli effetti del contratto non conclu-
so, trasferendo il diritto reale sul bene oggetto del preliminare. Se, da un lato,
70
«non deve essere sopravvalutata» la differenza, soltanto «definitoria» , tra la
sentenza costitutiva italiana, che produce gli effetti contrattuali, e la sentenza
tedesca, che reputa come manifestata la dichiarazione negoziale produttiva
dell’effetto traslativo. Dall’altro, v’è da sottolineare che, a fronte della conte-
stata prassi giurisprudenziale di pronunziare sentenze costitutive condiziona-
te, che subordinano l’effetto traslativo all’esecuzione della prestazione pattuita
(ex art. 2932, comma 2, c.c.), la sentenza resa ai sensi del § 894 ZPO, al pari
dell’Auflassung, quale actus legitimus (§ 925, Abs. 2, BGB), non consente di
71
subordinare la propria efficacia all’adempimento da parte del compratore .
Gli acquisti mortis causa si verificano a prescindere dalle formalità pubblicita-
rie, ma queste sono essenziali per l’esercizio delle relative situazioni soggettive.
Il sistema tedesco, quindi, accoglie un modello che sembra opposto rispet-
to a quello francese. Mentre in quest’ultimo il titulus è considerato essenziale e
sufficiente, poiché la trascrizione assolverebbe alla “diversa” funzione della
opponibilità, nell’esperienza germanica il modus tende a divenire sufficiente
rispetto al contratto causale. Il rigoroso accoglimento del principio di astra-
72
zione, elucubrato da von Savigny nella prima metà del XIX secolo , sulla base
73
di un’interpretazione creativa delle fonti romane , determina la completa in-
sensibilità del negozio di attribuzione rispetto alla validità e all’esistenza stessa
74
del contratto obbligatorio . L’iscrizione dell’Auflassung nei libri fondiari
produce effetti reali, sia fra le parti sia rispetto ai terzi, anche nei casi di inva-
lidità (nullità, annullabilità) o di inesistenza dell’atto causale.
Il § 925a BGB tende a temperare nella prassi le conseguenze del principio
di astrazione. Il pubblico ufficiale (notaio o giudice) abilitato a ricevere le di-
chiarazioni delle parti con le quali esse dispongono degli effetti reali deve ac-
75
certare l’esistenza di un (valido) contratto di vendita. Questo può essere re-
datto anche mediante scrittura privata, poiché il compimento e la successiva
iscrizione del negozio dispositivo sanano l’eventuale nullità del precedente
76
contratto stipulato in assenza della prescritta forma pubblica . La dottrina
tedesca attribuisce uno scarso rilievo sistematico al § 925a BGB, in quanto la
sua violazione non influisce sulla validità e sull’efficacia dell’Auflassung, ma
può essere fonte soltanto di una responsabilità disciplinare per il pubblico uf-
70
A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 138, in nota 11.
71
A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 138.
72
L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 239, anche in nota 568.
73
Y. THOMAS, op. loc. cit.
74
Già O. GIERKE, Deutsches Privatrecht, B. II, Sachenrecht, Leipzig, 1905, pp. 266 ss., 290 ss.
75
È dubbio, infatti, se il pubblico ufficiale debba controllare la validità del contratto obbligatorio
causale (cfr., sul punto, R. ERTL, sub § 925a BGB, in Staudingers Kommentar zum BGB, XII ed., Ber-
lin, 1987, p. 91; R. KLANZLEITER, sub § 925a BGB, in Münchener Kommentar zum BGB, B. 4, II ed.,
München, 1986, p. 671).
76
R. ERTL, op. loc. cit., ivi gli ulteriori riferimenti di dottrina e giurisprudenza.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 615
77
ficiale . Nel caso di nullità, di annullabilità o di inesistenza del contratto cau-
sale, l’iscrizione del negozio di attribuzione produce comunque i suoi effetti
reali: ai terzi sub-acquirenti che abbiano correttamente curato le formalità
pubblicitarie non sono opponibili le eccezioni fondate sul contratto causale; il
disponente non (più) proprietario può fare soltanto ricorso alla disciplina
dell’arricchimento senza causa (§§ 812-822 BGB). Tuttavia, se il secondo ac-
quirente che ha posto in essere l’Auflassung ha tenuto un comportamento con-
trario ai buoni costumi (mala fede derivante dalla semplice conoscenza della
78
prima vendita o ulteriore condotta riprovevole) , il primo compratore può
agire ai sensi dei §§ 826 e 249 BGB e chiedere una sentenza di condanna al
risarcimento del danno in forma specifica che imponga al secondo acquirente
79
l’obbligazione di trasferirgli la proprietà del bene , eventualmente dietro pa-
80
gamento del prezzo da questi non ancora corrisposto al venditore .
Una soluzione intermedia, rispetto a quella tedesca e a quella francese, è
adottata, invece, dagli ordinamenti austriaco e svizzero, che sono rimasti fedeli
alla soluzione di diritto comune, non conoscendo il principio di astrazione.
Per il trasferimento delle situazioni reali sono egualmente essenziali sia il titu-
lus sia il modus adquirendi. Pur in presenza di una pubblicità costitutiva a base
81
reale , oggetto dell’intavolazione è il contratto causale, poiché non è previsto
un successivo negozio astratto con effetti soltanto dispositivi. L’invalidità o
l’inesistenza del contratto possono incidere sulle risultanze pubblicitarie e,
quindi, sulla medesima vicenda traslativa. L’usucapione può operare in danno
del soggetto che ha effettuato l’intavolazione.
Il modello tedesco segue una soluzione che sembra, sotto il profilo sistema-
tico, più unitaria e coerente di quella francese, anche in riferimento al rappor-
to tra principi e regole operative. I contratti causali producono soltanto effetti
obbligatori, mentre l’iscrizione del negozio dispositivo è requisito essenziale e
sufficiente per la creazione degli effetti reali sia tra le parti sia nei confronti dei
terzi. Conformemente alle formule declamatorie, la proprietà conserva un con-
tenuto unitario anche sotto il profilo delle regole operazionali, non conoscen-
do quella scomposizione degli effetti e quella dissociazione tra titolarità reale e
77
R. ERTL, op. cit., p. 92; R. KLANZLEITER, op. loc. cit.
78
Sull’evoluzione della giurisprudenza in materia, la quale, oltre alla mera conoscenza della prima
vendita, richiede che il secondo acquirente abbia posto in essere un comportamento ulteriormente ri-
provevole (verwertliche Handlung) (ad es., offerta di un prezzo maggiore di quello pattuito nella prima
vendita e promessa di tenere indenne il venditore dalle conseguenze derivanti dall’inadempimento del
primo contratto), cfr. già RG, 27 aprile 1931, in Jur. Wochen., 1931, p. 2238 ss.; BGH, 2 giugno 1981,
in Neue Jur. Wochen., 1981, p. 2184 ss. Per ulteriori approfondimenti, H. KÖTZ, Deliktsrecht, III ed.,
1983, Frankfurt, p. 302 s.; R. DUBISCHAR, Doppelverkauf und «jus ad rem», in JuS, 1970, p. 6 ss.
79
La soluzione fondata sull’esecuzione in natura, rispetto a quella del risarcimento per equivalen-
te, sembra oggi prevalere: cfr., ad es., H. KÖTZ, op. ult. cit., p. 303; K. SCHÄFER, sub § 826 BGB, in
Staudingers Kommentar zum BGB, Berlin, 1985, p. 597.
80
A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 188.
81
In argomento, G. GABRIELLI, Lineamenti di una comparazione tra il sistema della trascrizione e
l’ordinamento tavolare, Trieste, 1974, passim; A. CHIANALE, voce Pubblicità immobiliare, cit., p. 139 s.
21.
616 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
apparente che sono, invece, tipiche degli ordinamenti di area francese. In os-
sequio al principio di certezza dei rapporti giuridici, l’apparenza tende a iden-
tificarsi con la realtà del diritto, poiché questa coincide, di norma, con le risul-
tanze degli strumenti pubblicitari predisposti dal legislatore. Il sistema dell’iscri-
zione costituisce una caratteristica strutturale profonda del modello germani-
co e trova diretto fondamento nel principio di legalità e, soprattutto, in quello
di pubblica fede, che è intimamente legato al carattere astratto dell’alienazio-
82
ne e che impedisce, quale ulteriore corollario, ai terzi di usucapire a sfavore
83
del soggetto che appare proprietario sulla base delle risultanze pubblicitarie .
I terzi acquistano il diritto spettante al loro dante causa in forza della mera
iscrizione del negozio di attribuzione, e ciò li tutela da ogni vizio del contratto
causale. Quindi, mentre i modelli dell’area francese si preoccupano di proteg-
gere il “vero” titolare, l’ordinamento tedesco, attraverso la forza probante del-
la pubblicità fondiaria, salvaguarda in maniera assoluta l’affidamento dei terzi
e le esigenze di certezza del traffico giuridico.
Il principio di pubblica fede tutela pienamente l’acquirente che abbia
adempiuto alle formalità pubblicitarie, ma può ledere i titolari di situazioni
contrapposte. Per attenuare tali inconvenienti l’ordinamento austriaco preve-
de la possibilità di inserire nel pubblico registro l’annotazione della lite, men-
tre quello germanico consente di iscrivere l’opposizione contro l’esattezza del
libro fondiario. Il carattere costitutivo della pubblicità e l’efficacia meramente
obbligatoria del contratto causale hanno spinto l’ordinamento tedesco a pre-
vedere alcuni istituti che hanno lo scopo di proteggere il creditore di dare nel-
le more dell’iscrizione definitiva, onde evitare che il debitore, ancora proprie-
tario, possa gravare l’immobile di oneri o alienarlo a terzi che, nel frattempo,
potrebbero rendere intangibile il loro acquisto ottemperando alle formalità
pubblicitarie. L’acquirente ha la possibilità di iscrivere nei libri fondiari un di-
84
vieto giudiziale di alienazione (ex § 938 ZPO) , rendendolo così opponibile a
tutti i successivi aventi causa dal venditore. In mancanza dell’iscrizione, le li-
mitazioni al potere di disposizione del venditore sono opponibili ai soli aventi
causa che ne siano a conoscenza (§ 892, Abs. 1, S. 2, BGB).
Inoltre, qualsiasi titolare di un diritto di credito al trasferimento o alla co-
stituzione di un diritto reale immobiliare, soggetto a pubblicità costitutiva, può
tutelare la sua posizione giuridica con l’iscrizione di una prenotazione (Vor-
85
merkung) che abbia a oggetto il bene in questione (§ 883, ABS. 1, BGB).
82
In questi termini, anche F. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, I ed., cit., pp. 20 ss., spec. 23.
83
A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 130.
84
Cfr. F. BAUR, Lehrbuch des Sachenrechts, XIV ed., München, 1987, p. 188.
85
Su tale istituto, in particolare, A. WACKE, sub §§ 883 ss. BGB, in Münchener Kommentar zum
BGB, B. 4, München, 1981, p. 174 ss.; C.W. CANARIS, Die Verdinglichung obligatorischer Rechte, in
Fest. W. Flume, B. 1, Köln, 1978, p. 381 ss.; H.A. WEIRICH, Grundbuchrecht, München, 1985, p. 208
ss.; F. BAUR, op. ult. cit., p. 175 ss. Sottolinea l’efficacia della Vormerkung nella tutela del credito di
dare, A. DI MAJO, Delle obbligazioni, cit., p. 139.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 617
sions) Act del 1989, cfr. R.E. ANNAND, The Law of Property (Miscellaneous Provisions) Act, 1989, in
105 L. Q. Rev., 1989, p. 553 ss.
99
A. CHIANALE, voce Conveyance, in Dig. Disc. Priv., diretto da R. Sacco, IV ed., Sez. civ., IV,
Torino, 1989, p. 382 ss.
100
Infatti, «The contract is merged in the deed» (Knight Sugar Co. Ltd. v. Alberta Railway and
Irrigation Co. [1938] 1 A.E.R. 269).
101
J.T. FARRAND, op. cit., p. 201.
102
M.D. PANFORTI, La vendita immobiliare nel sistema inglese. Storia di un problema nell’analisi
comparativa, pres. di P. Stein, Milano, 1992, p. 90.
103
M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 91.
104
In questi termini è l’opinione del tutto prevalente: per tutti, J.T. FARRAND, op. cit., p. 172 s.
105
Ad es., A.J. OAKLEY, Constructive Trusts, II ed., London, 1987, p. 141 ss.
106
Così, già Lechmere v. Earl of Carlisle [1733] 3 P. Wms 211.
620 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
L., 1978 (suppl.), p. 102 ss.; W.J. WILLIAMS, Contract for Sale of Land and Title to Land, IV ed., a
cura di G. Battersby, London, 1975, p. 712 ss.; D.G. BARNSLEY, P.W. SMITH, Conveyancing Law and
Practice, II ed., London, 1982, p. 258 ss.; S. GARDNER, Equity, Estate Contracts and the Judicature
Acts: Walsh v. Lonsdale Revisited, in 7 Oxford J. of Legal St., 1987, p. 60 ss.
114
Così, già Shaw v. Foster [1872] L.R. 5 H.L. 321.
115
Per la giurisprudenza in materia, si rinvia a M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 107.
116
Così Lord Hardwicke, in Green v. Smith, in 26 E.R.R. 360.
117
Mackreth v. Symmons [1808] 15 Ves 329.
118
Thompson v. McCullough [1947] 1 K.B. 447.
119
A. UNDERHILL, Law relating to Trust and Trustees, XIII ed., London, 1979, p. 339.
622 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
conversion, sulla base della quale il contract produce, oltre ad effetti obbligato-
ri (at law), effetti reali, in equity. Sulla base di questa costruzione, il trasferi-
mento del rischio all’acquirente per il perimento dell’immobile (ad es., a causa
di un terremoto, di un incendio, di un’alluvione, di un attentato, ecc.) avviene
per effetto del solo contract, essendo egli considerato, dall’equity, ormai come
120
il «proprietario sostanziale dell’immobile» . Da qui un’originale coincidenza
con quei modelli che s’ispirano al principio del consenso traslativo: come di-
sposto dal nostro art. 1465, comma 1, nei contratti che trasferiscono la pro-
prietà di una cosa determinata, il perimento della cosa per una causa non im-
putabile all’alienante non libera l’acquirente dall’obbligo di eseguire la con-
troprestazione, ancorché la cosa non sia stata consegnata. Quindi, se nei diritti
che s’ispirano al modello francese v’è una dissociazione tra il trasferimento del
121
rischio e la consegna del bene (venduto) , con riferimento al common law la
dissociazione investe lo stesso rapporto tra passaggio del rischio e trasferimen-
to della proprietà. Come si è sottolineato, il passaggio del rischio non rappre-
122
senta un indicatore costante del trasferimento della proprietà .
Nel caso di inadempimento del contract, allorché il tradizionale rimedio (di
common law) del risarcimento del danno “per equivalente” sia considerato
123
non adeguato , la parte che ha adempiuto o che è disposta ad adempiere le
124
proprie obbligazioni può ottenere tutela mediante specific performance . Poi-
ché, in equity, il risarcimento del danno è considerato un rimedio non idoneo
a compensare l’acquirente per il mancato trasferimento della proprietà su un
bene immobile, se l’alienante è inadempiente all’obbligo di “eseguire” la con-
veyance, il compratore può ottenere un provvedimento di esecuzione in forma
specifica avverso il venditore, affinché adempia il suo obbligo primario, sem-
pre che abbia eseguito o sia disposto ad eseguire la prestazione di pagare il
prezzo convenuto. Qualora sia inadempiente l’acquirente, egli potrà essere
condannato a risarcire il danno.
Se, nel lasso di tempo che intercorre tra la conclusione del contract e il perfe-
zionamento della conveyance, il venditore aliena il medesimo immobile ad un
terzo, provvedendo ad “eseguire” la conveyance, il secondo trasferimento è valido
125
ed efficace se è avvenuto a titolo oneroso e se l’acquirente era in buona fede .
120
M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 111.
121
Secondo A. WATSON, Il trapianto di norme, cit., p. 75 s., la soluzione adottata dal diritto sa-
rebbe casuale (p. 75), e comunque di difficile percezione da parte dei cittadini, poiché «la maggior
parte della popolazione in questi paesi crede, allora come adesso, sia che la proprietà ed il rischio si
trasferiscano [...] al momento della consegna sia che così dovrebbe essere qualunque cosa giuristi e
tribunali dicano in contrario».
122
F.H. LAWSON, The Passing of Property and Risk in the Sale of Goods, in Selected Essays, VII,
The Comparison, Amsterdam-New York-Oxford-North Holland, 1977, p. 266 ss.
123
A.J. OAKLEY, Constructive Trusts, cit., p. 143.
124
Tra i tanti, P.S. ATIYAH, The Sale of Goods, cit., pp. 4 ss., 437 ss.; J.T. FARRAND, Contract, cit.,
p. 4 ss. e passim. Per una ricostruzione storica del rimedio, S. GARDNER, Equity, cit., p. 77 ss.
125
A.J. OAKLEY, op. ult. cit., p. 166.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 623
126
A. CHIANALE, Obbligazione di dare, cit., p. 128.
127
Per tali qualificazioni, L. MOCCIA, Il modello inglese di proprietà, in G. ALPA, M.J. BONELL, D.
CORAPI, L. MOCCIA, V. ZENO-ZENCOVICH, A. ZOPPINI, Diritto privato comparato. Istituti e proble-
mi, Roma-Bari, III ed., 2008, p. 130.
128
In questi termini, il giudice Walton in Lake v. Bayliss [1974] 2 A.E.R. 1114. Considera tale ri-
sultato «paradossale», M.D. PANFORTI, La vendita, cit., p. 119.
129
Per il diritto statunitense, cfr. già l’opera di J. STORY, Commentaries on Equity Jurisprudence,
XII ed., I, 1877, Boston, rist. Buffalo, 1984, p. 785 ss.; A.J. CASNER (ed.), American Law of Property,
III, Boston, 1952, p. 62 ss. Per gli altri diritti si rinvia alla sintesi proposta da A. CHIANALE, op. ult.
cit., p. 130 ss., in nota 188 ss.
130
Oltre al noto saggio di C.C. LANGDELL, Equitable Conversion, in 18 Harv. L. Rev., 1904-1905,
pp. 1 ss., 83 ss., 245 ss., e in 19 Harv. L. Rev., 1905-1906, pp. 1 ss., 79 ss., 233 ss. e 321 ss., cfr., ad es.,
W. WILLISTON, The Risk of Loss after an Executory Contract of Sale in the Common Law, in 9 Harv.
L. Rev., 1895-1896, p. 118 ss.; W.A. KEENER, The Burden of Loss as an Incident of the Right to the
Specific Performance of a Contract, in 1 Col. L. Rev., 1901, p. 8 ss.; H.F. STONE, Equitable Conversion
by Contract, in 13 Col. R. Rev., 1913, p. 369 ss.; A.W. SCOTT, The Law of Trusts, III ed., I, Boston-
Toronto, 1967, p. 140 s.
624 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
131
di regole operazionali» , le quali, a prescindere dall’adesione più o meno con-
vinta all’opzione dogmatica tradizionale, manifestano comunque un significa-
tivo indice di omogeneità.
132
5. La molteplicità e la suddivisibilità degli estates e, soprattutto, l’esigen-
133
za di garantire un’adeguata segretezza nel settore dei trasferimenti immobi-
liari hanno ritardato, in Inghilterra, l’introduzione di un efficiente modello di
pubblicità. In assenza di un siffatto sistema – per il deed of grant non era pre-
134
vista alcuna forma di registration –, era assai difficile conoscere in maniera
certa il soggetto effettivamente proprietario dell’immobile, l’estensione della
sua posizione giuridica e l’esistenza di altri diritti reali gravanti sul bene.
L’acquirente doveva farsi consegnare il titolo di proprietà, per evitare che il
venditore potesse trasferire o costituire situazioni reali a favore di terzi, ed era
costretto a procedere, a suo rischio e pericolo, a lunghe e complesse verifiche
135
sui titoli dell’alienante e dei suoi danti causa .
136
Se si eccettua lo Statute of Enrolments 1535 che, unitamente allo Statute
of Uses, diventò ben presto desueto, è all’inizio del XVIII secolo che venne
introdotto in alcune zone del Middlesex e dello Yorkshire un modello di pub-
blicità volontaria a base personale, al fine di rendere opponibili i trasferimenti
immobiliari. Ma è soltanto verso la metà del XIX secolo che si iniziò ad attua-
re un più esteso sistema di pubblicità che permettesse di superare gli inconve-
nienti (eccessiva macchinosità del sistema, costi troppo elevati, scarsa tutela
137 138
per l’acquirente) derivanti dalla investigation of title . Il «fallimento» del
131
A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 132.
132
In proposito, rileva che il sistema proprietario inglese «contempla come fisiologica, se non addirit-
tura costante, la compresenza di diritti su un medesimo oggetto di natura e caratteri corrispondenti a quelli
di una proprietà individuale ed esclusiva», M. SERIO, op. ult. cit., p. 144. Sulle «anfibologie» del termine
property, A. GAMBARO, La proprietà nel Common Law anglo-americano, in A. CANDIAN, A. GAMBARO,
B. POZZO, Property – Propriété – Eigentum. Corso di diritto privato comparato, Padova, 1992, p. 16 ss.
133
W. HOLDSWORTH, A History of English Law, VII, London, 1942, p. 358 ss.; A.W.B. SIMPSON,
An Introduction to the History of Land Law, London, 1961, p. 177; S.F.C. MILSOM, Historical Foun-
dations, cit., p. 224 s.
134
Cfr. W. HOLDSWORTH, A History of English Law, III, cit., p. 222 ss. Afferma che, ancora nel
1905, il Land Law non era mutato dal tempo di Blackstone, A.V. DICEY, The Paradox of the Land
Law, in 21 L. Q. Rev., 1905, p. 222 ss.
135
Per tutti, W. HOLDSWORTH, A History of English Law, IV, cit., p. 459 ss.
136
Sul quale, W. HOLDSWORTH, A History of English Law, IV, cit., p. 460 ss. Un’originale inter-
pretazione del ruolo di questo testo è proposta da J.H. KAYE, A Note on the Statute of Enrolments, in
104 L. Q. Rev., 1988, p. 617 ss.
137
Su tale modello, che ha caratterizzato il diritto inglese, R. MEGARRY, H.W.R. WADE, The Law
of Real Property, IV ed., London, 1975, p. 578 ss.; W.J. WILLIAMS, Contract for Sale of Land, cit., p.
662 ss.; R.A. DONELL (cur.), Gibson’s Conveyancing, XXI ed., London, 1980, p. 191 ss.; I.R. STOREY,
Conveyancing, III ed., London, 1990, p. 124 ss.; S. ROWTON SIMPSON, Law Land and Registration,
Cambridge, 1976, pp. 43 ss., 63 ss.
138
Così, M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 188, la quale nota che nei sei anni che seguirono l’entrata
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 625
Land Registry Act 1862 e del Land Trasfer Act 1875 fu dovuto, probabilmente,
139
al carattere volontario della pubblicità – che non esentava il primo acquiren-
te dall’indagine sul titolo – ed al persistere di un eccessivo numero di diritti
140
reali immobiliari che avrebbero dovuto essere trascritti nel registro .
Un moderno sistema di pubblicità immobiliare richiedeva una drastica ri-
duzione dei legal estates. La semplificazione operata dal Law of Property Act
1925 sec. 1(1) – che ne ha ridotto il novero all’estate in fee simple absolute in
141
possession e al term of years absolute – ha consentito di introdurre, in Inghil-
terra e nel Galles, un modello unico di registration obbligatoria a base reale
(disciplinato dal Land Registration Act del 1925, reiteratamente modificato),
che è stato progressivamente esteso, mediante appositi provvedimenti ammi-
nistrativi, alla totalità del paese. Nelle zone nelle quali non era stato ancora
applicato tale sistema, i diritti sugli immobili erano fondati sulla tradizionale
investigation of title e, quindi, permanevano i complessi e costosi oneri di verifi-
ca a carico dell’acquirente. Al fine di circoscrivere gli inconvenienti derivanti dal-
la verifica dei titoli di proprietà, soprattutto negli Stati Uniti si è andata diffon-
dendo la prassi di affidare il loro esame a imprese specializzate, assicurate presso
142
stabili istituzioni finanziarie . Mentre in origine il contratto di assicurazione
limitava la riparazione a determinati vizi del titolo ed alle eventuali spese giudi-
ziarie (sulla base del principio «risk identification and elimination»), negli ultimi
anni si è assistito ad una graduale evoluzione, che ha consentito di estendere la
143
copertura assicurativa a tutti i possibili rischi derivanti dall’indagine sui titoli .
Il Land Charges Act 1925, e la sua versione del 1972, hanno permesso
l’iscrizione sia del contract for sale of land come land charge, sia delle ulteriori
situazioni che il terzo poteva vantare sull’immobile (ipoteche, servitù, obbliga-
144
zioni, oneri reali ecc.) . L’adempimento di queste formalità ha reso opponi-
in vigore del Land Registry Act 1862 vennero trascritti soltanto 349 titoli immobiliari, mentre nei die-
ci anni successivi al Land Transfer Act 1875 furono registrati soltanto 113 titoli.
139
Anche il successivo Land Transfer Act 1897, pur introducendo la trascrizione obbligatoria dei
titoli, la limitò a determinate zone del paese.
140
M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 189.
141
Sul punto, L. MOCCIA, op. ult. cit., p. 106 ss. Riguardo al fee simple, M. SERIO, Property, cit., p.
147 s., in nota 30, rileva come la locuzione indichi «il doppio requisito dell’ereditarietà – fee – e della
trasmissibilità a qualunque erede in linea retta, collaterale, ascendente, discendente: simple. Quanto
al termine absolute esso viene usato per sottolineare il carattere incondizionato e puro, anche dal pun-
to di vista della durata, dell’estate».
142
Cfr J.C. PAINE, Title Insurance and the Unauthorized Practice of Law Controversy, in 53 Minne-
sota L. Rev., 1969, p. 423 ss.
143
J.P. RIEGER, Evolution to Revolution: Enhanced Title Insurance Protection, in 34 Maryland B.
J., 2001, pp. 25 ss., 27 ss. Sull’esclusione del comportamento colposo scusabile dell’assicurato quale
causa di esenzione dalla copertura, J.E. SMITH, Annotation, Title Insurance: Exclusion of Liability for
Defects, Liens, or Encumbrances Created, Suffered, Assumed, or Agreed to by the Insured, in 87 Ameri-
can L. Rep., III, 1978, p. 515 ss.
144
H.W.R. WADE, The Effect of Statutory Notice of Incumbrances, in Cambr. L. J., 1954, p. 89 ss.;
ID., Land Charges Registration Reviewed, ivi, 1956, p. 216 ss.
626 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
bili tali posizioni giuridiche a ogni successivo acquirente, anche a titolo onero-
145
so e without notice . Nelle zone sottoposte a registration obbligatoria, invece,
il contract di vendita ha potuto essere iscritto (sulla base della sect. 59 del Land
Registration Act 1925) come «caution against dealings with the land». L’iscri-
zione determina una presunzione assoluta di conoscenza (notice) della prima
vendita, opponibile a tutti i successivi acquirenti. Il diritto inglese prevede an-
che la pubblicità delle domande giudiziarie, mediante l’iscrizione nei pubblici
registri di una caution avverso gli atti di disposizione concernenti l’immobile.
In tal modo le risultanze processuali saranno senz’altro opponibili al terzo che
146
abbia acquistato il bene durante la pendenza della lite . La riforma interve-
nuta con Land Registration Rules 1995 (r. 4), conformemente alle modifiche
introdotte con il Law of Property (Miscellaneous provisions) Act 1989, ha vieta-
to la presentazione di notices of deposit e di intended deposit dirette ad ottene-
147
re il charge certificate, facendo salvi gli effetti delle note già trascritte .
Man mano che il regime di registration obbligatoria si è andato estendendo,
l’iscrizione nei libri fondiari dell’immobile non registrato è avvenuta in occa-
sione della prima alienazione (o della prima concessione in locazione) succes-
siva all’introduzione del regime di compulsory registration. Il controllo sui tito-
li è stato effettuato dagli impiegati dell’ufficio, con modalità analoghe a quelle
seguite dal solicitor dell’acquirente nella investigation of title. Effettuata la pri-
ma iscrizione, l’indagine diviene estremamente semplificata, poiché tutte le ul-
teriori vicende che hanno ad oggetto l’immobile, per assumere rilevanza giuri-
dica, devono essere sottoposte a pubblicità. In tal modo, il modello inglese di
registration, oltre a coniugare una maggiore celerità dei trasferimenti con l’ele-
vato grado di certezza che deriva da un sistema di pubblicità costitutiva, rea-
lizza finalità di efficienza economica, poiché dispensa l’acquirente dal dover
procedere, ogni volta, alla costosa indagine sui titoli.
Ogni titolo, identificato con un numero, e non con il nome del titolare, è
incluso nelle tre sezioni del registro, ognuna delle quali è ispirata ad un diver-
so criterio di classificazione. Il Property Register contiene la precisa individua-
zione e descrizione dell’immobile (attraverso l’allegazione di una planimetria),
indica i diritti del trascrivente e contempla tutte le situazioni giuridiche acces-
148
sorie che riguardano l’immobile . Il Proprietorship Register specifica le gene-
ralità del titolare dell’interesse trascritto e determina la natura e l’estensione
del titolo, classificandolo, in relazione al suo grado di certezza, in una delle
quattro categorie previste per legge (absolute, good leasehold, qualified, posses-
149
sory) . Il Charges Register, infine, menziona tutte le situazioni dei terzi che
145
Cfr., ad es., W.J. WILLIAMS, op. cit., p. 694 s.; J.T. FARRAND, Contract, cit., p. 100 s.
146
N. PICARDI, voce Pubblicità immobiliare, cit., p. 5.
147
Per ulteriori approfondimenti, J. MANTHORPE, Land Charges: The Rule Protecting Equitable
Charges on the Land Register under the Land Registration Rule 1995, in Law Soc. Gaz., 1995, p. 22 ss.
148
Law of Registration Rules 1925, r. 3 e 5.
149
Law of Registration Rules 1925, r. 6.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 627
gravano sul bene, comprese le ipoteche (mortages), gli oneri reali, le servitù e
150
gli eventuali contenziosi giudiziari . Il land certificate rappresenta un docu-
mento nel quale, per ogni immobile, v’è la menzione delle vicende che lo ri-
guardano, così come risultano da un estratto dalle tre sezioni del registro. Esso
svolge una funzione analoga a quella dei title deeds del conveyancing non tra-
scritto, poiché costituisce la prova dell’esistenza dei diritti iscritti.
Colui che riesce a provare in via preventiva il suo diritto in modo assolu-
tamente evidente può ottenere la registrazione with absolute title. Egli è con-
siderato “primo proprietario” ad ogni effetto, nei confronti sia dei terzi acqui-
renti, sia di chi invochi qualsiasi diritto sul bene. Tuttavia, sugli absolute titles
possono comunque prevalere gli overriding interests, i minor interests trascritti
e altri interessi dei quali il titolare sia comunque a conoscenza. Il titolo good
151
leasehold riguarda, invece, i rapporti di locazione . Oltre a conoscere tutte le
limitazioni degli absolute titles, è privo di tutela anche nei confronti degli aventi
152
causa del locatore . Il soggetto che è nel possesso dell’immobile e che esibi-
sca un titolo che, a un primo esame, appaia valido, può ottenere l’iscrizione
come possessory title. Costui è considerato proprietario nei confronti dei terzi
acquirenti, ma non è protetto contro una rivendicazione fondata su un titolo
poziore. Egli otterrà un absolute title soltanto dopo dodici anni di possesso
continuo e pacifico. In taluni casi possono essere iscritti anche qualified titles,
che sono titoli “incerti”, sui quali prevalgono tutti i diritti esistenti al momen-
to della registration. Il mortgage si costituisce, al pari delle ipoteche nei sistemi
153
di civil law, con l’iscrizione nel registro . I minor interests non possono essere
oggetto di pubblicità autonoma, ma devono essere annotati in margine al dirit-
to maggiore (registrable interest). Poiché il titolare di un legal estate sottoposto
154
a registration è vincolato soltanto dagli oneri risultanti dal pubblico registro ,
in assenza della trascrizione il minor interest cesserà di esistere.
155
Malgrado la dottrina abbia talvolta ridimensionato l’impatto che il regi-
me di registration ha avuto sulla tradizionale fisionomia del Law of Property
inglese, rilevando come i contenuti degli estates siano rimasti sostanzialmente
150
Law of Registration Rules 1925, r. 7.
151
Sulle modifiche introdotte dal Land Registration Act 1986, che ha disciplinato le ipotesi di
conversione dei titoli da good leasehold a absolute leasehold, da possessory freehold a absolute freehold,
da possessory leasehold a good leasehold, cfr. P.M. KENNY, Land Registration Act 1986, in 83 Law Soc.
Gaz., 1986, p. 2902 ss.
152
Così, M.D. PANFORTI, La vendita, cit., p. 199, ove sottolinea che, se il locatore subisce evizio-
ne, «i diritti del conduttore, anche se trascritti, cedono di fronte alle pretese del terzo».
153
S. ROWTON SIMPSON, Law Land, cit., p. 47.
154
K. GRAY, Elements of Law Land, London, 1987, p. 163.
155
In risposta ad H. POTTER, Registered Conveyancing and the Law Land, in 12 Mod. L. Rev.,
1949, p. 205 ss., cfr. A.D. HARGREAVES, Registered Conveyancing and the Law Land – A Reply, ivi,
1949, p. 477 ss. V., altresì, D. JACKSON, Registration of Land Interests – The English Version, in 88 L.
Q. Rev., 1972, p. 93 ss.; T.B.F. RUOFF, R.B. ROPER, The Law and Practice of Registered Conveyancing,
a cura di T.B.F. Ruoff, R.B. Roper, E.J. Pryer, C. West, London, 1986, p. 81 ss.; J.T. FARRAND, Con-
tract, cit., p. 155 ss.; R. MEGARRY, H.W.R. WADE, The Law, IV ed., cit., p. 1061 ss.
628 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
163
Land Registration Act 1925, s. 82.
164
T.B.F. RUOFF, R.B. ROPER, op. ult. cit., p. 70 ss.
165
Law of Registration Act 1925, s. 83.
166
C. SARA, Personal Injuries and Industrial Tribunals, in Law Soc. Gaz., vol. 86, n. 23, 14 june
1989, p. 15 ss.
167
N. PICARDI, voce Pubblicità immobiliare, cit., p. 5.
168
Così, M.D. PANFORTI, La vendita, cit., p. 192.
630 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
169
zione» del mirror principle, non potendo, altresì, il compratore danneggiato
ottenere alcuna forma di risarcimento da parte dell’Ufficio.
Proprio la più adeguata realizzazione del mirror principle, cioè dell’esigenza
che il registro “rispecchi” un quadro completo ed esaustivo della situazione
giuridica dell’immobile e di tutti gli interessi che ad esso afferiscono, ha ri-
chiesto una generale riforma del sistema pubblicitario, poi intervenuta con il
Land Registration Act 2002 e con il Land Registration Rules 2003 che, operan-
170
do un’integrale informatizzazione , ha sancito una più coerente adesione del
modello inglese al principio di pubblica fede. Il novero degli overriding inte-
rests è stato ridotto, molti estates sono divenuti oggetto di un’autonoma regi-
stration obbligatoria, è stata elaborata una nuova nozione di duty of disclosure.
Gli overriding interests, che mutano il loro nome in «interests that override»,
171
risultano opponibili soltanto se sono conoscibili . La «electronic conveyan-
172
cing» , nel sostituire il tradizionale sistema cartaceo, sancisce il principio se-
condo il quale ogni interest, per esistere in ordine ad un determinato immobi-
le, deve essere electronically iscritto. La stessa nozione di notice indica l’iscri-
zione di un interesse, che esiste in quanto iscritto nel registro. Il sistema, già
ispirato da oltre ottant’anni ad una pubblicità costitutiva, subisce un’ulteriore
rivoluzione. Mentre gli altri ordinamenti hanno cercato di adattare l’innova-
zione tecnologica a vecchi modelli, il legislatore inglese ha conformato il mo-
173
dello pubblicitario alla registrazione telematica , senza il timore di modifica-
re il meccanismo tradizionale che, at law e in equity, ha garantito per secoli il
trasferimento della proprietà. L’electronic conveyancing, eliminando the law of
unregistered conveyancing, modifica la disciplina che il trasferimento della pro-
prietà aveva assunto, in common law e in equity, al fine di contemperare gli in-
teressi delle parti che erano coinvolte nella vicenda traslativa.
La riforma garantisce, infine, un elevato grado di rapidità dei trasferimenti
ed un accresciuto livello di certezza, identificandosi l’esistenza stessa delle di-
verse situazioni soggettive (o interests) con quanto “appare” dalle risultanze
del registro. Quando la riforma avrà avuto integrale attuazione, ogni situazio-
174
ne che manchi di «electronic entry» sarà considerata inesistente . L’itinerario
175
dalla «registration of title» al «title by registration» potrà dirsi realmente com-
piuto.
169
M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 201.
170
Sui diversi aspetti, S. MARKS, The Land Registration Act, in 152 New Law J., 2002, p. 492 ss.
171
Cfr. B. WHITTERS, Property: Land Registration. Disclosable Overriding Interests, in 2 Property
Service, 2003, p. 3 ss. Per alcune esemplificazioni in tema di overriding interests cfr. I. FERRARI, op.
cit., p. 87 ss.
172
Già auspicata dalla Law Commission inglese: D. CAPPS, Electronic Conveyancing: The Future of
Property Transfer?, in 151 New Law J., 2001, p. 862 ss.
173
Così L. DI COSTANZO, La pubblicità immobiliare nei sistemi di Common Law, Napoli, 2005, p. 71 s.
174
Sul punto, Mallory v. Cheshire Homes [2003], commentata in 5 Finance and Credit L., 2003, §
8, p. 3 ss.
175
S. MARKS, op. ult. cit., p. 492.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 631
6. L’Australia del Sud fu il primo paese di common law a risolvere gli in-
convenienti derivanti dall’alea della verifica dei titoli. Nel 1858, con la pro-
mulgazione del Real Property Act, Sir Robert Torrens ideò un sistema a base
176
reale , fondato sul principio dell’assoluta efficacia formale della pubblicità
immobiliare. Questo modello, con il quale lo Stato garantisce l’esattezza delle
risultanze del registro fondiario, è stato successivamente adottato in Nuova
177
Zelanda (nel 1870), in ulteriori territori britannici e, con alterne fortune, in
178
molteplici Stati U.S. , al fine di porre rimedio alle inefficienze del recording
system. Ma la gran parte degli statutes con i quali s’intendeva recepire il mo-
179
dello australiano sono rimasti inattuati, se non successivamente abrogati , e
ciò per le difficoltà di conciliare il Torrens System con le peculiarità giuridiche
e sociali che caratterizzano il diritto statunitense.
Tale sistema si propone di determinare in modo assolutamente certo, una
volta e per sempre, la situazione giuridica delle singole unità fondiarie ordina-
te nel registro. Questo obiettivo viene realizzato al momento della prima iscri-
zione. Il procedimento si apre con l’esame approfondito del titolo di proprietà
che l’istante ha esibito. A tal fine vengono invitati a partecipare all’udienza
tutti i possibili contro interessati. Se non è proposta alcuna opposizione e se il
richiedente riesce a provare in modo certo il suo titolo di proprietà sull’immo-
bile, può esserne ordinata l’immediata registrazione. Se invece vengono pre-
sentate opposizioni, si apre una fase incidentale e si potrà procedere all’im-
matricolazione soltanto sulla base di un provvedimento definitivo che elimi-
ni ogni incertezza sulla titolarità della proprietà. Ma l’esperimento del più ra-
pido e meno costoso procedimento di tipo amministrativo è stato giudicato
180
incostituzionale negli Stati Uniti , sulla base del principio due process of
law, il quale richiede che, prima di procedere alla registration, sia esperito un
176
Il manifesto della riforma è anticipato in R. TORRENS, A Handy Book on the Real Property Act
of South of Australia, Adelaide, 1862, p. 11 ss. e passim. Una ricostruzione storica di tale modello è in
P. O’CONNOR, Book Review: The New Law of Land Registration by E. Cooke, in Australian Prop. L.
J., 2004, p. 1 ss.
177
Ad es.: British Honduras (Belize), 1859; Vancouver Island (British Columbia), 1860; Tasma-
nia, 1862; New South Wales, 1862; Irlanda, 1865; Galles, 1875; Jamaica, 1888; Nova Scotia, 1904;
Uganda, 1908.
178
Gli Stati che hanno promulgato statutes ispirati al Real Property Act australiano del 1858 sono:
California, Colorado, Georgia, Massachusetts, Mississippi, New York, Minnesota, Nebraska, North
Carolina, South Carolina, North Dakota, South Dakota, Ohio, Oregon, Pennsylvania, Tennessee,
Utah, Virginia e Washington. Ulteriori indicazioni in P. BORDWELL, Registration of Title to Land, in
12 Iowa L. Rev., 1927, p. 114 ss.; B.C. SHICK, I.H. PLOTKIN, Torrens in the United States: A Legal
and Economic History and Analysis of Land-Registration System, Lexington, 1978, p. 17 ss. e passim.
179
Come, ad es., in California (cfr. B.E. WITKIN, Summary of California Laws. Real Property §
230, IX ed., St. Paul, 1987, p. 433 ss.) e nello Stato di New York (M. MITZNER, Torrens Act Repeal,
in 416 Pract. Law Institute, 1996, p. 731 ss.). Così, nel 1991, il legislatore dell’Ohio ha autorizzato le
Contee ad abolire tale «obsoleto e costoso» sistema di registrazione.
180
Cfr. People v. Chase, 46 N.E. 454 (Ill. 1896); People v. Simon, 52 N.E. 910 (Ill. 1898); Ohio v.
Guilbert, 47 N.E. 551 (Ohio 1897).
632 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
181
giudizio dotato di tutte le necessarie garanzie giurisdizionali .
Una volta eseguita l’immatricolazione, il titolo originario perde ogni valore
giuridico e viene sostituito da un nuovo documento, che incorpora i diritti del
proprietario. Tale certificato è redatto in duplice copia: la prima viene conse-
gnata al titolare e consente una circolazione cartolare della proprietà immobi-
182
liare ; la seconda è conservata dall’ufficio e inserita nell’apposito registro. I
successivi trasferimenti tra vivi e la costituzione degli altri diritti reali avven-
gono in maniera assai semplice, rapida ed economica, attraverso il rilascio di
un nuovo certificato o mediante l’annotazione sul titolo delle eventuali situa-
zioni di godimento o di garanzia. I diritti reali immobiliari vengono acquistati,
costituiti, modificati o estinti con la mera iscrizione nel libro fondiario, senza il
concorso di altri elementi. In tal modo le vicende giuridiche relative agli im-
mobili finiscono con l’assumere la natura di modi di acquisto a titolo origina-
183
rio . Ogni trasferimento di proprietà, che si verifica per effetto dell’adempi-
mento delle formalità pubblicitarie, determina un’astrazione assoluta nei con-
fronti sia di ogni ulteriore titolo, sia della posizione giuridica dei precedenti
danti causa.
Questo sistema si propone di garantire in maniera assoluta la certezza dei
rapporti giuridici immobiliari attraverso un approfondito accertamento pre-
ventivo del titolo che, una volta effettuato, tende ad essere immodificabile e
inoppugnabile (indefeasibility), ma sacrifica i diritti degli eventuali contro in-
teressati che non abbiano proposto tempestivamente il giudizio di opposizione
o che non siano riusciti a provare le proprie ragioni. Quale necessario corolla-
rio, questo modello dovrebbe vietare l’ulteriore proponibilità di qualsiasi
azione in evizione e disporre che la produzione in giudizio del certificato del
titolo impedisca la prosecuzione del procedimento avverso colui che risulti
designato come proprietario. In un sistema che accoglie in modo così rigoroso
il principio dell’efficacia letterale dell’iscrizione dei titoli, il problema della
184
pubblicità delle domande giudiziali non dovrebbe porsi nemmeno . Dal mo-
mento dell’immatricolazione, la posizione del proprietario diviene inattaccabi-
le e sarebbe esclusa la stessa possibilità di proporre istanze di risoluzione o di
annullamento. Chi viene leso da un’immatricolazione erronea, potrebbe chie-
dere soltanto il risarcimento dei danni. La presunzione assoluta di completez-
za dei registri fondiari (conclusiveness principle) e la garanzia di inoppugnabili-
tà dei Torrens Titles non hanno impedito di prevedere l’istituzione di fondi
assicurativi (in attuazione del principio indemnity), finalizzati a risarcire i dan-
181
Sulla necessità di pubblicizzare il procedimento giudiziario a tutti i contro-interessati, emble-
matica è la decisione assunta dalla Corte Suprema del Colorado in Lobato v. Taylor, commentata in
J.A. GOLDSTEIN, Lobato v. Taylor, in St. Mary’s L. Rev., 2003, p. 183 ss.
182
In questi termini, N. PICARDI, op. ult. cit., p. 3 s.
183
N. PICARDI, op. ult. cit., p. 4.
184
Già L.M. STAPLES, The Conclusiveness of a Torrens Certificate of Title, in 8 Minnesota L. Rev.,
1924, p. 200 ss.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 633
ni subiti a causa delle inesattezze del registro o della lesione degli interessi già
185
iscritti .
Il rigido formalismo del Torrens system, ispirato ad una rigorosa applica-
zione del principio dell’apparenza, secondo il quale ogni “interesse” esiste giu-
ridicamente dal momento in cui risulti iscritto nel registro, ha ricevuto, tutta-
via, un notevole temperamento ad opera della giurisprudenza, la quale ha con-
ferito tutela anche a situazioni che non “apparivano” dalle risultanze pubblici-
tarie. Tale problema, se non può essere richiamato con pertinenza in ordine ai
provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità, poiché in ogni diritto v’è
la percezione che, in determinati casi, l’interesse pubblico debba prevalere
sulle situazioni soggettive, anche preesistenti, dei privati, ha riguardato, inve-
ce, gli interessi registrati che erano stati acquistati con frode e, soprattutto, gli
interessi di equity sorti legittimamente in capo a soggetti diversi dall’iscrivente,
186
e che l’ordinamento considera meritevoli di tutela . Si pensi, in proposito, al-
l’inadempimento, da parte del venditore, dell’obbligazione di dare nascente
da un contract for sale of land (consistente nel diniego di “eseguire” la con-
veyance) e alla possibilità di ottenere l’esecuzione in forma specifica (specific per-
formance) sulla base della doctrine of conversion. Si pensi, altresì, al trasferimen-
to iscritto nel registro dal trustee, che at law è considerato proprietario del-
l’immobile, in violazione degli obblighi derivanti dal trust. In entrambi i casi,
l’acquirente e il beneficiary possono agire in giudizio «e il proprietario iscritto
187
non potrà opporre la tutela offerta dalla indefeasibility clause» .
Nel caso di acquisto ex novo da parte del successivo acquirente di buona
fede, invece, anche là dove il venditore è un trustee sleale che ha alienato un
immobile oggetto di trust, il nuovo proprietario, che abbia adempiuto all’one-
re pubblicitario, acquisterà l’estate libero da equitable interests, a meno che
188
questi non siano stati iscritti mediante il meccanismo del Registrar’s caveat .
Tale istituto fu introdotto nel Torrens System proprio al fine di contemperare il
principio della immediate indefeasibility del registered title con la tutela dei pree-
189
sistenti interessi “sostanziali” di equity giudicati meritevoli di protezione .
185
Tuttavia, sui ritardi e sulle incongruenze relativi a questi fondi, cfr. M. NEAVE, C.J. ROSSITER,
M.A. STONE, Sackville and Neave Property Law. Cases and Materials, Sydney, 1994, p. 527 ss.
186
Cfr., per tutti, L. MCCRIMMON, Protection of Equitable Interests under the Torrens System:
Polishing the Mirror of Title, in 20 Monash Univ. L. Rev., 1994, p. 300 ss.
187
M.D. PANFORTI, voce Torrens title, in Dig. Disc. Priv. diretto da R. Sacco, IV ed., Sez. civ.,
XIX, Torino, 1999, p. 5.
188
Sulla natura degli “interessi” che possono essere oggetto di caveat, S. BOYLE, Caveatable Interests:
The Common Core Distinguished, in 1 Murdoch Univ. El. J. of Law, 1993, p. 11 ss.; R. COCKS, Caveat-
able Interest, in 3 Australian Prop. L. J., 1995, p. 1 ss.; P.E. LUCAS, Caveatable Interests in Land:
Crampton v. French, in 4 Australian Prop. L. J., 1996, p. 1 ss.; A.J. BRADBROOK, S. MCCALLUM, A.
MOORE, Australian Property Law: Cases and Materials, II ed., North Ryde, 1996, p. 4 ss. e passim.; S.
LINDSAY, Caveats Against Dealings in Australia and New Zealand, Leichhardt, 1995, p. 89 ss.
189
S. HEPBURN, Concepts of Equity and Indefeasibility in the Torrens Systems of Land Registration,
in 3 Australian Prop. L. J., 1995, p. 41 ss.
634 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
190
Un utilizzo anche più esteso del caveat, che in origine era diretto a protegge-
re le sole situazioni di equity derivanti da express trusts, non sembra incrinare,
191
tuttavia, la filosofia del mirror principle , posto alla base del Torrens system,
poiché tale istituto si fonda proprio sul tempestivo adempimento dell’onere
pubblicitario, allo scopo di rendere conoscibili, e quindi opponibili, ai terzi
tutti gli oneri e le limitazioni che gravano su un determinato bene. L’annota-
zione a margine del title di tutti gli interessi ed oneri contribuisce a fornire un
quadro realmente completo della situazione giuridica dell’immobile. Il caveat,
quindi, appare come un’ulteriore espressione del mirror principle nella misura
in cui l’annotazione “costituisce” la fonte di ciascuna situazione soggettiva,
che esiste per il diritto in quanto sia stata iscritta nel registro.
Una seria minaccia al principio della indefeasibility proviene, invece, dal-
l’esperibilità di in personam exceptions, ovvero dalla possibilità, riconosciuta in
giurisprudenza, di poter impugnare direttamente i Torrens titles al fine di far-
ne dichiarare l’annullamento, con la conseguente rettifica del registro. Mentre,
in origine, tale possibilità era consentita nelle sole ipotesi di frode posta in es-
sere dal trascrivente, di recente si è assistito ad un’estensione delle fattispe-
192
cie che, riguardando la nullità del contract, la sua annullabilità per difetto di
consideration, l’errore scusabile commesso dall’alienante, ogni caso d’ingiusti-
ficato arricchimento da parte dell’acquirente, rischiano di frantumare il prin-
cipio della immediate indefeasibility che è a fondamento dei Torrens titles. Pie-
193
namente giustificate sono, quindi, le critiche della dottrina che, ravvisando
in questo orientamento il pericolo di minare il Torrens System in una delle sue
essenziali caratteristiche, avrebbe preferito il rimedio del solo risarcimento del
194
danno .
197
F. GAZZONI, Il contratto preliminare, III ed., Torino, 2010, p. 1. Afferma che nel modello
franco-italiano «la certezza appare un valore compresso e svalutato rispetto alla rapidità del negozio»,
M.D. PANFORTI, La vendita, cit., p. 242.
198
Non esattamente esaustiva della tradizionale bipartizione è la tripartizione, dei recording acts
statunitensi, in «notice statutes», «race notice statutes» e «race statutes»: cfr., per tutti, R.E. SWEAT,
Race, Race-notice and Notice Statutes: The American Recording System, in Probate and Property, May-
June, 1989, p. 27 ss.; T. MATTIS, Recording Acts: Anachronistic Reliance, in 25 Real Property, Probate
and Trust J., 1990, p. 19 ss.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 637
199
costo . Pur prescindendo dall’analisi delle cause del “fallimento” dell’impie-
go del Torrens System negli Stati Uniti (lentezza del procedimento di registra-
200
tion che, ai sensi del principio costituzionale due process of law, deve avveni-
re in sede giurisdizionale; eccessivi oneri economici per il primo iscrivente,
201
che aumentano il costo dell’immobile anche nei successivi trasferimenti ; dif-
202
ficoltà di finanziare un efficiente sistema di Assurance Fund , ecc.), la scarsa
sicurezza dei registri immobiliari U.S. deriva, probabilmente, dall’assenza di
203
una legislazione federale in materia che abbia imposto ai singoli Stati di
adottare una soluzione uniforme ispirata alla registration obbligatoria di tutti
gli immobili.
Riguardo al sistema italiano, piuttosto che porsi il problema di un supera-
mento del principio del consenso traslativo, che rischierebbe di sconvolgere
l’intero diritto delle obbligazioni e dei contratti, sembra più opportuno tenta-
re di perfezionare i nostri meccanismi pubblicitari. Completata l’informatizza-
204
zione dei registri delle conservatorie immobiliari , nel far seguito all’istituzio-
ne dell’Ufficio Unico del Territorio, che ha concentrato in un’unica struttura
amministrativa le competenze del Catasto, delle Conservatorie e del Dema-
205
nio , sarebbe possibile studiare una riforma della pubblicità su base reale,
che, unificando in un Registro Unico tutte le notizie relative ad un medesimo
immobile, assicuri una più rapida acquisizione delle informazioni, una mag-
giore certezza e trasparenza delle vicende giuridiche e una più efficace tutela
degli acquirenti e dei terzi. In tal senso, il modello tavolare, vigente in alcune
206
province dell’Italia nord-orientale , può rappresentare un convincente punto
di partenza, al fine di coniugare la maggiore rapidità e certezza dei meccani-
smi pubblicitari di tipo reale con il principio di causalità dei contratti traslati-
vi. L’ordinamento italiano, pur senza dover accogliere il principio di astrazio-
199
Sottolineava la “diseconomicità” dell’impiego del Torrens System negli Stati Uniti già R.R.
POWELL, Registration of the Title to Land in the State of New York, New York, 1938, p. 70 ss. e pas-
sim; sul quale, criticamente, W. FAIRCHILD, W. SPRINGER, A Criticism of Professor Richard R.
Powell’s Book Entitled Registration of the Title to Land in the State of New York, in 24 Cornell L.
Rev., 1939, p. 557 ss.
200
Sul punto, il Comment, Possessory Title Registration: An Improvement of the Torrens System, in
11 William Mitchell L. Rev., 1985, pp. 825 e 832.
201
J.E. CRIBBETT, C.W. JOHNSON, Principles of the Law of Property, III ed., St. Paul, 1989, pp.
346 ss., 353 ss.; e già R.R. POWELL, op. loc. cit.
202
Il contributo versato dall’iscrivente andrebbe ad aumentare il già cospicuo onere economico
(J.L. MCCORMACK, Torrens and Recording: Land Title Assurance in the Computer Age, in 18 William
Mitchell L. Rev., 1992, pp. 61 ss., 68 ss., 83 s.).
203
Nel ricordare che la competenza in materia di proprietà immobiliare è riservata ai singoli Stati,
rileva che «i modelli di pubblicità sono adottati, interpretati e applicati in virtù delle specifiche e pe-
culiari esigenze locali», L. DI COSTANZO, La pubblicità, cit., p. 226.
204
Auspicata da A. GALOPPINI, Catasto e pubblicità, cit., p. 75 s.
205
Cfr. A.A. ETTORRE, L. SILVESTRI, La pubblicità immobiliare e il Testo Unico delle imposte ipo-
tecaria e catastale, Milano, 1996, pp. 36 ss., 86 ss.
206
Il sistema tavolare è entrato in vigore nella legislazione italiana con il R.D. 28 marzo 1929, n.
499, con riguardo alla Venezia Tridentina ed alla Venezia Giulia.
638 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
ne, potrebbe adottare un modello più efficiente che, unificando gli effetti tra
le parti e nei confronti dei terzi, farebbe coincidere la vicenda traslativa della
proprietà con l’espletamento degli adempimenti pubblicitari.
210
proprio nel diverso significato assunto dall’apparenza , come dottrina “dell’af-
211
fidamento legittimo” o come teoria della “legittimazione formale” , che, pro-
babilmente, va individuata la ragione – e nel contempo l’effetto – della divari-
cazione esistente all’interno delle esperienze continentali.
Ispirato al diritto naturale, che respingeva, con coerenza, ogni «attentato al
212
potere esclusivo del titolare del diritto» , il modello francese e, sulla sua scia,
quello italiano, muovono dall’idea che l’apparenza designi una situazione che
213
non corrisponde allo «stato di diritto» e che, tuttavia, in presenza di “de-
terminate” circostanze, «produce i medesimi effetti giuridici del corrispon-
214
dente stato di diritto» . Essi considerano come inesistenti, ma come «illuso-
215
riamente creduti veri» , quei fatti esteriorizzati che sono in conflitto con la
realtà non apparente presa in considerazione dal diritto. Qui l’apparenza, ela-
216
borata soprattutto a livello giurisprudenziale , anche quando inizia ad essere
217
considerata come principio e non più come eccezione , indica comunque la
manifestazione di un fatto irreale come reale. Il meccanismo effettuale del si-
stema pubblicitario è fondato più sulla verità dei fatti interni, che su quella dei
fatti esteriorizzati. La trascrizione è lo strumento per giungere alla conoscenza
di un fatto che ha già prodotto, tra le parti, la vicenda traslativa, la quale, tut-
tavia, “deve essere” conforme al diritto. Perciò la pubblicità rappresenta, se-
condo le declamazioni ufficiali, e salvo ipotesi particolari, uno strumento che
non consente l’acquisto di situazioni soggettive, ma che assolve alla funzione
218
legale di assicurarne la priorità , nel rendere conoscibili i fatti, gli atti e le vi-
cende che ne formano l’oggetto.
Pur non mancando, nella letteratura nostrana, un orientamento che, nello
sviluppare l’indagine soprattutto sul piano della teoria generale, nega ogni con-
210
Su tutti, l’insegnamento di R. SACCO, voce Apparenza, in Dig. Disc. Priv. diretto da R. Sacco,
Sez. Civ., IV ed., vol. I, Torino, 1987, p. 354 ss.
211
Per tale terminologia, R. MOSCHELLA, Contributo alla teoria dell’apparenza giuridica, Milano,
1973, passim.
212
R. SACCO, op. ult. cit., p. 353.
213
Una definizione tipicamente italiana dell’apparenza è proposta, in questi termini, da M. BES-
SONE, voce Apparenza, in Enc. Giur. Treccani, vol. II, Roma, 1988, p. 1.
214
M. BESSONE, op. loc. cit.
215
Così R. SACCO, op. ult. cit., p. 356.
216
L’importante contributo dato da M. D’AMELIO, nella qualità di primo Presidente della Corte
di Cassazione, trova un riscontro anche nelle sue opere letterarie (per tutte, la voce Apparenza del
diritto, in Noviss. Dig. it., I, 1, Torino, 1957, p. 714 ss., che rappresenta la mera ristampa della voce
pubblicata, nel 1937, nel Nuovo Dig. it., da lui diretto).
217
Nega l’esistenza di un principio generale del diritto volto a garantire la rilevanza dell’apparen-
za, G. STOLFI, L’apparenza del diritto, Modena, 1934, passim. Contra, L. MOSSA, Volontà e dichiara-
zione nella creazione della cambiale, in Riv. dir. comm., 1930, I, p. 6 ss.; ID., La dichiarazione cambia-
ria, ivi, 1930, I, p. 305 ss.; M. D’AMELIO, op. loc. cit.; E. REDENTI, Dei contratti nella pratica commer-
ciale, Padova, 1931, p. 312 ss.
218
Ad es., Cass., 16 gennaio 1987, n. 294, in Rep. Foro it., 1987, voce Trascrizione, c. 3335, n. 24.
640 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
219
trasto tra il fatto reale e quello apparente , tra il fatto interno e quello este-
riorizzato, lo “stile” franco-italiano emerge con chiarezza allorché la letteratu-
ra contrappone esplicitamente apparenza e pubblicità, considerandoli dati an-
tinomici. «Le fortune della dottrina dell’apparenza del diritto nel nostro ordi-
220
namento» scaturirebbero «dall’insufficienza del sistema di pubblicità» . Il di-
ritto dovrebbe «assicurare alle apparenze una rilevanza tanto maggiore quanto
221
più inadeguato è l’apparato di pubblicità» , mentre, al contrario, un sistema
efficiente di pubblicità toglierebbe efficacia a principi di tutela dell’apparenza.
Anche chi, autorevolmente, considera apparenza e pubblicità come «strumen-
222
ti concorrenti» e «complementari» di tutela giuridica di una medesima esi-
genza pratica, finisce con l’affermare che «là dove la pubblicità si attua piena-
mente e compiutamente, deve escludersi ogni autonoma tutela dell’apparenza,
223
comunque venga intesa» .
Il rigoroso formalismo del sistema tedesco, invece, professa l’opposto prin-
cipio e trova fondamento nella concezione storico positivista del diritto che è
espressa nella teoria del Rechtsschein. L’ordinamento, depurato da ogni riferi-
224
mento trascendente al diritto naturale, è esso stesso Schein . Identificandosi
con la sfera dell’apparenza, dà preminenza alla dichiarazione (e non alla vo-
lontà interna), alla consegna, alla pubblicità e, più in generale, all’esterioriz-
zazione dei fatti e delle situazioni giuridiche. Mancando una dissociazione tra
diritto e apparenza, questa indica la manifestazione del reale come reale. Il di-
ritto germanico salvaguarda le aspettative dell’acquirente, tutela il valore della
sicurezza dei traffici, condiziona l’efficacia degli atti di disposizione al rispetto
di procedimenti formali, pubblicizzati e conoscibili dai terzi, individua la real-
tà giuridica nelle risultanze degli strumenti pubblicitari e accorda, di regola,
protezione alle posizioni esteriorizzate, anche se non corrispondono alla “real-
tà” sottostante e nascosta. Questa «riduzione dell’elemento esteriore, conosci-
bile ed accertabile, ad apparenza» conduce non all’eliminazione, ma ad un «am-
pliamento della nozione di apparenza fino a comprendere ogni elemento este-
225
riore cui corrisponda un elemento interno» . Diventano apparenza la dichia-
razione, la consegna, le risultanze del libro fondiario, ecc. Lo stesso diritto po-
226
sitivo è ridotto, in maniera generalizzata, ad apparenza .
Il Torrens System e, soprattutto, l’esperienza giuridica inglese – che, a se-
guito delle riforme del 2002 e del 2003, ha felicemente coniugato l’efficacia co-
stitutiva della registration con l’electronic conveyancing –, malgrado abbiano
219
A. FALZEA, voce Apparenza, in Enc. dir., II, Milano, 1958, p. 682 ss.
220
In questi termini, M. BESSONE, op. ult. cit., p. 3.
221
M. BESSONE, op. loc. ult. cit.
222
S. PUGLIATTI, La trascrizione, in Tratt. di dir. civ. e comm. Cicu e Messineo, Milano, 1975, p. 264 s.
223
S. PUGLIATTI, op. loc. ult. cit.
224
Così, R. SACCO, op. ult. cit., p. 355.
225
R. SACCO, op. loc. ult. cit.
226
R. SACCO, op. loc. ult. cit.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 641
227
In questi termini, P.G. MONATERI, La sineddoche, cit., p. 421 ss., e A. CHIANALE, Obbligazio-
ne di dare, cit., p. 392 ss.
642 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO UNDICESIMO
1
Mi sembra di poter riaffermare oggi le idee proposte in questo scritto, malgrado esse siano state
644 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
po presente, dalla tutela dell’individuo, anche con riguardo agli aspetti che
prescindono dalla sua integrità psicofisica, induce a ravvisare un ribaltamento
2
del tradizionale rapporto tra danni al patrimonio e alla persona . Nella gran
parte delle esperienze occidentali il sistema di responsabilità civile assume una
valenza costituzionale là dove riguarda la tutela di interessi particolarmente
3
protetti . Il risarcimento integrale, con funzione di compensation, di tali danni
è oggi una soluzione difficilmente contestabile. La regola di responsabilità ci-
vile tende, sempre più spesso, a emanciparsi dalla presenza dell’elemento sog-
gettivo. Anche i modelli di valutazione e di liquidazione normalmente variano
in relazione ai differenti sistemi di riparazione e di collegamento della respon-
sabilità.
La preminente attenzione dedicata a taluni settori nei quali v’è un rilevante
rischio sociale (circolazione di autoveicoli, infortuni sul lavoro, prodotti difet-
tosi, incidenti nucleari, tutela dell’ambiente, ecc.) implica, sovente, una mano-
vra sui criteri d’imputazione. Il danno viene risarcito sulla base del solo nesso
di causalità tra fatto ed evento, sul fondamento della sua ingiustizia, risultando
talora insignificante per il diritto il carattere diligente o negligente della con-
dotta dell’agente. E ciò contribuisce ad allontanare definitivamente l’elemento
dell’ingiustizia, che rappresenta il risultato di una valutazione oggettiva di tipo
4
ordinamentale (che non può mai mancare), dall’elemento soggettivo che, in-
vece, può non essere richiesto ai fini dell’integrazione della specifica fattispe-
cie di responsabilità. Molteplici interventi legislativi e sempre più numerosi
orientamenti giurisprudenziali contemplano l’imputazione in via preventiva
dei danni a titolo di responsabilità oggettiva o assoluta, al fine di assicurare al-
pensate ventidue anni fa (A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsabilità civile alla sicurezza
sociale, cit., passim) ed abbiano rappresentato, per me, un significativo elemento di confronto anche
in importanti Convegni. Tra i quali ricordo, in particolare, il Congresso «La responsabilità civile fra
presente e futuro», organizzato dalla Rivista Critica del Diritto Privato, presso l’Università degli Studi
di Perugia, il 30 e 31 maggio 1997, e il Convegno Internazionale «Personal Injury Beyond National
Experiences», svoltosi a Pisa, Scuola Superiore S. Anna, il 30 ottobre 1997. Le relazioni da me tenute
sono state poi pubblicate: la prima, negli Atti del Convegno, in Riv. crit. dir. priv., 1998, pp. 763-828,
e negli Studi in onore di P. Rescigno, V, Milano, 1998, pp. 345-414, con il titolo I danni alla persona
tra responsabilità civile e sicurezza sociale; la seconda (nella sua versione italiana) è apparsa in Rass.
dir. civ., 1998, pp. 599-647, I danni alla persona tra responsabilità civile e sicurezza sociale. A proposito
del modello neozelandese, e, in formato ridotto, in Danno e resp., 1998, pp. 323-329, Danno alla per-
sona nel modello neozelandese tra responsabilità civile e sicurezza sociale.
2
F.D. BUSNELLI, Problemi di inquadramento sistematico, cit., pp. 28 e 30.
3
Oltre alle sempre attuali pagine di R. SAVATIER, Le dommage et la personne, cit., p. 5 ss., cfr.,
in ambiente di common law, F.H. LAWSON, B. MARKESINIS, Tortious Liability, cit., p. 49; P.S.
ATIYAH, Negligence, cit., p. 269 ss.; W.L. PROSSER, Law of Torts, cit., p. 300 ss.
4
In questi termini si esprime chiaramente la stessa Relazione al Re, n. 267. Sugli ambigui rap-
porti tra ingiustizia e colpa, che hanno caratterizzato l’esperienza francese, cfr. R. SACCO, Introdu-
zione, cit., p. 99. Ricorda che nella concezione originaria formulata da Toullier, e ripresa in Fran-
cia dai teorici dell’illicéité négative, l’ingiustizia era identificata in «ogni danno recato con colpa o
dolo», in assenza di una causa di giustificazione, P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p.
205.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 645
5
la vittima una riparazione più rapida, giusta e incondizionata .
Le vicende giuridiche di questi modelli descrivono l’accelerata evoluzione
della teoria dell’illecito, consentono di esaminare la struttura e la funzione del-
le regole di responsabilità e di verificare il ruolo (spesso evanescente) della
colpa e delle sue presunzioni in relazione ai fenomeni dell’assicurazione obbli-
6
gatoria di responsabilità e della socializzazione dei rischi . L’estensione del-
l’area dei danni risarcibili, l’individuazione di criteri di collegamento che pre-
scindono del tutto o in parte dalla negligenza, la preminenza del rapporto di
causalità sull’elemento soggettivo, l’identificazione del danno causato in quello
7
«subìto» , l’esclusione delle cause di esonero totale o parziale fondate sulla
faute della vittima o sul fatto del terzo, l’adozione di modelli no-fault e first
party insurance testimoniano – quanto meno in alcuni settori, nei quali la ripa-
razione dei danni corrisponde alla violazione di interessi particolarmente pro-
tetti – la progressiva trasformazione dei modelli di responsabilità in sistemi di
social security, nel quadro di una garanzia collettiva che ripartisca l’onere del
risarcimento tra coloro che devono sopportare il costo sociale ed economico
dell’accident (e che, sempre più spesso, sono chiamati a finanziare l’organismo
di compensation). Lo studio comparato dei sistemi d’imputazione, di ripara-
zione e di liquidazione diviene un indispensabile strumento di verifica dei
modelli che assegnano alla disciplina della responsabilità civile più ampie fun-
8
zioni di controllo e di direzione sociale .
5
Per la verifica di questa affermazione, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsabi-
lità civile, cit., p. 52 ss.; ID., La riparazione dei danni, cit., p. 25 ss. e passim.
6
Le reciproche interferenze tra assicurazione e responsabilità, che determinano un radicale mu-
tamento della struttura e della funzione dell’illecito, sono poste in evidenza soprattutto dalla lettera-
tura francese (R. SAVATIER, Vers la socialisation de la responsabilité et des risques individuels?, in Dal-
loz Hebd., 1931, Chron., p. 9 ss.; G. RIPERT, Le régime démocratique et le droit civil moderne, Parigi,
II éd., 1984, pp. 307, 309 ss.; A. TUNC, La responsabilité civile, Paris, 1981, pp. 6, 73 ss.; G. VINEY,
Le déclin, cit., p. 3 ss.; B. STARCK, Droit civil. Obligations. Responsabilité individuelle, Paris, 1985, p.
25 ss.; C. LARROUMET, L’indemnisation des victimes d’accidents de la circulation: l’amalgame de la
responsabilité civile et de l’indemnisation automatique. À propos de la loi n. 85-677 du 5 juillet 1985, in
Rec. Dalloz, 1985, Chron., p. 240 s.) e di lingua inglese (per tutti, P.S. ATIYAH, Accidents, cit., passim;
G. SCHWARTZ, The Ethics and the Economics of Tort Liability Insurance, in Cornell L. Rev., 1990, p.
314 ss.; K. ABRAHAM, Making Sense of the Liability Insurance Crisis, in Ohio St. L. J., 1987, p. 399 ss.;
R. EPSTEIN, Products Liability as an Insurance Market, in J. Legal St., 1985, p. 645 ss.; P. DANZON,
Tort Reform and the Role of Government in Private Insurance Markets, ivi, 1984, p. 517 ss.; M. TRE-
BILCOCK, The Social Insurance-Deterrence Dilemma of Modern North-America Tort Law: A Canadian
Perspective on the Liability Insurance Crisis, in San Diego L. Rev., 1987, p. 929 ss.).
7
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
8
Sul punto, S. RODOTÀ, Modelli e funzioni, cit., pp. 600 ss., 603 ss. Sulle «funzioni estranee alla
responsabilità civile» v., altresì, G. CALABRESI, Costo degli incidenti e responsabilità civile. Analisi eco-
nomico-giuridica, trad. it. di A. De Vita, V. Varano, V. Vigoriti, Milano, 1975, p. 56 s. Per un’indagine
sui criteri legali di determinazione del danno, cfr. G. SMORTO, Il danno da inadempimento, Padova,
2005, p. 87 ss.
646 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
2. Sulla scia del sistema delineato dalla c.d. loi Badinter (legge 5 luglio 1985,
n. 85-677), anche in altre esperienze giuridiche la distinzione primaria ed es-
senziale che informa e che conforma oggi le regole di responsabilità è quella
9
tra danni alla persona e «dommages aux biens» (art. 5) . Mentre la disciplina
dei danni cosiddetti economici, sia da delitto sia da contratto, appare ancora
riconducibile al sistema tradizionale della responsabilità civile, secondo i con-
sueti criteri di collegamento fondati – oltre che sull’ingiustizia del danno – sul-
la colpa o sul dolo dell’agente, la problematica dei danni alle situazioni parti-
colarmente protette appare fondata su principi in parte diversi che tendono a
realizzare una integrale socializzazione dei rischi.
La centralità e la preminenza di tali danni si manifestano soprattutto in or-
dine ai criteri di imputazione della responsabilità. Sulla scia della legislazione
che ha introdotto nel 1971 in Massachusetts un sistema no-fault di assicura-
10
zione diretta per i danni alla persona , il settore della responsabilità civile da
circolazione di veicoli ha rappresentato, in molti paesi, il principale strumento
di elaborazione e di sperimentazione dei nuovi modelli. Il diritto israeliano,
nel 1975, ha previsto un regime di responsabilità assoluta che riguardava la
riparazione di tutti i danni alla persona, ma che era considerato «conservato-
11
re» perché adottava l’usuale meccanismo dell’assicurazione privata obbliga-
toria. L’eliminazione dell’azione di responsabilità civile di diritto comune, ad
eccezione della condotta intenzionale, ha consentito di introdurre un sistema
di indennizzo automatico che prescindeva del tutto dalla ricerca della negli-
9
Su questa fondamentale innovazione introdotta dalla Loi Badinter v., per tutti, A. TUNC, La loi
française du 5 juillet 1985 sur l’indemnisation des victimes d’accidents de la circulation, in Rev. gén. ass.
resp., 1986, 11003; C. LARROUMET, L’indemnisation, cit., p. 237 ss.; G. VINEY, Réflexions après quelques
mois d’application des articles 1 à 6 de la loi du 5 juillet 1985 modifiant le droit à indemnisation des
victimes d’accidents de la circulation, in Rec. Dalloz, 1986, Chron., p. 205 ss.; F. CHABAS, Le droit des
accidents de la circulation après la réforme du 5 juillet 1985, Paris, II éd., 1988, pp. 13 ss., 67 ss.
10
Oltre al classico studio di R.E. KEETON, J. O’CONNELL, Basic Protection for the Traffic Vic-
tim. A Blueprint for Reforming Automobile Insurance, Boston, 1965, p. 299 ss., per ulteriori dettagli
cfr. A. TUNC, La réforme du droit des accidents de la circulation: l’étude du Département des Transports
des États-Unis, in Rev. int. dr. comp., 1971, p. 444 ss.; R.E. KEETON, L’assurance automobile per-
mettant l’indemnisation des victimes indépendamment de la faute dans le Massachusetts, ivi, 1971, p.
117 ss. Un panorama della situazione successiva è in J. O’CONNELL, A «Neo No-Fault» Contract in
Lieu of Tort: Preaccident Guarantees of Postaccident Settlement Offers, in California L. Rev., 1985,
p. 898 ss.; J. O’CONNELL, R. JOOST, Giving Motorist a Choice Between Fault and No-Fault Insu-
rance, in Virginia L. Rev., 1986, p. 61 ss.; G.L PRIEST, L’assicurazione obbligatoria per la circolazio-
ne degli autoveicoli negli Stati Uniti, trad. it. di C. Amato, G. Ponzanelli, in Quadrimestre, 1990, p.
32 ss.
11
U. YADIN, La nouvelle loi israélienne sur l’indemnisation des victimes d’accident de la circula-
tion, in Rev. int. dr. comp., 1976, p. 482, precisa che «la responsabilità del conducente è assoluta e
totale», anche perché è del tutto irrilevante la colpa della vittima o del terzo (p. 477). Propone di
«continuare ad avanzare nella medesima direzione» e di «percorrere la seconda parte del cammino»
che conduce a un sistema integrale di sicurezza sociale, A.L. MILLER, Le droit israélien des accidents
de la circulation: vers un système d’assurance sociale?, ivi, 1983, p. 67.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 647
12
genza del danneggiante, della vittima o del terzo .
13
La «alternativa» svedese è stata fondata su un sistema statale assai avanza-
to di generale sicurezza sociale, completato e rafforzato da una serie di mec-
canismi integrativi di accident compensation e dall’accoglimento di un modello
no fault insurance, operante nei settori nei quali il problema della riparazione
dei danni alla persona si è presentato con maggiore rilevanza e gravità (infor-
tuni sul lavoro, danni causati da circolazione di veicoli, da interventi medici e
14
da assunzione di farmaci) . Nel settore della circolazione stradale, ad esem-
pio, a differenza dei danni ai veicoli, che erano risarciti sulla base di un’assi-
curazione third party e delle comuni regole di responsabilità, i pregiudizi alla
persona hanno trovato riparazione nell’ambito di un modello no fault edifica-
to su un’assicurazione diretta «a favore» del danneggiato, che si è prefisso di
garantire la integrale e automatica riparazione di tutte le lesioni all’integrità
15
psicofisica .
16
Sulla base del principio «la persona innanzi tutto» , nel marzo del 1978 è
entrata in vigore in Québec una legge che, pur conservando per i dommages
aux biens le tradizionali regole sull’illecito civile, ha abolito per i danni alla
persona il regime della colpa presunta ed ha sostituito l’assicurazione adverse
17
con una assurance-véhicule fondata sui principi della responsabilità assoluta .
Anche l’esperienza francese, pur non avendo accolto nella sua interezza la
proposta di introdurre un integrale regime di sicurezza sociale, si è liberata
dalla «prigionia del dogma della responsabilità per colpa» con la legge 5 luglio
1985, n. 85-677 (loi Badinter), che rappresenta un’interessante «amalgama di
18
responsabilità civile e d’indennizzo automatico» . La legge, nel disciplinare
specificatamente i danni alla persona – per i pregiudizi aux biens si applicano
le regole di diritto comune –, impedisce che le «vittime, inclusi i conducenti
[...], possano vedersi opposta la forza maggiore o il fatto del terzo dal condu-
cente o dal custode del veicolo» (art. 2). Anche la negligenza della vittima di-
12
In particolare, A.L. MILLER, op. cit., p. 54.
13
In questi termini, F.D. BUSNELLI, Modelli e tecniche di indennizzo del danno alla persona.
L’esperienza italiana a confronto con «l’alternativa svedese», in Jus, 1986, p. 220 ss.
14
Per tutti, A. TUNC, L’indemnisation des victimes d’accidents de la circulation: la loi suédoise du
15 décembre 1975, in Rev. int. dr. comp., 1977, p. 775 ss.; J. HELLNER, in A. Tunc (a cura di), Pour
une loi sur les accidents de la circulation, Paris, 1981, p. 227 ss.; G. CALABRESI, Policy Goals of the
“Swedish Alternative”, in Am. J. Comp. L., 1986, p. 657 ss. Sul punto, gli Atti dell’International Collo-
quium su «Compensation for Personal Injury. The Swedish Alternative in an International Perspective»
(Uppsala, 16-19 giugno 1986).
15
J. HELLNER, op. cit., pp. 227 e 229.
16
Lo ricorda C. BELLEAU, in A. Tunc (a cura di), Pour une loi sur les accidents de la circulation,
cit., p. 207.
17
Su tali aspetti, tra gli altri, J.L. BAUDOUIN, La nouvelle législation québécoise sur les accidents de
la circulation, in Rev. int. dr. comp., 1979, p. 382 ss.; J. O’CONNELL, C. TENSER, North America’s
Most Ambitious No-Fault Law: Quebec’s Auto Insurance Act, in San Diego L. Rev., 1987, p. 917 ss.
18
Le espressioni tra virgolette sono, nell’ordine, di A. TUNC, in ID. (cur.), Pour une loi sur les
accidents de la circulation, cit., p. 17, e di C. LARROUMET, L’indemnisation, cit., pp. 237 e 240 ss.
22*.
648 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
viene inopponibile, salvo la colpa inescusabile che sia stata la causa esclusiva
dell’incidente. La legge «consacra il principio della preminenza assoluta dei
19
danni personali e quello della tendenziale riparazione integrale degli stessi» .
Il modello più interessante e completo è senz’altro quello neozelandese.
Entrato in vigore nell’aprile del 1974, nonostante alcune significative modifi-
che, esso ha costituito, sotto il profilo dei criteri d’imputazione, il sistema più
avanzato in materia. L’abolizione, per le lesioni personali, del tort system era
stata coniugata alla totale irrilevanza della diligenza/negligenza delle condotte
del danneggiante, della vittima e del terzo. Ciò aveva spinto ad affermare che
20
il giudizio di responsabilità «non si pone[va] più del tutto» . Ogni personal
injury era riparabile sul fondamento della mera dimostrazione dell’evento dan-
noso. Ad eccezione dei danni fisici o psichici causati da una malattia, da un’epi-
demia o dal normale processo di senescenza, la disciplina dell’Accident Com-
pensation Act si estendeva a ogni ipotesi di danno alla persona dovuto a un ac-
cidente. Nonostante tale modello si fosse dimostrato uno dei più efficienti e
avesse conservato sempre un alto livello di gradimento presso la popolazione
(l’80% circa), anche per la rapidità dei tempi di riparazione, l’eccessivo au-
mento dei costi per le indennità di non «appropriata» occupazione e per la
copertura totale degli incidenti subiti dai lavoratori – soprattutto nell’esercizio
di attività (ad es., sportive) espletate al di fuori dell’orario di lavoro – ha spinto a
riformare l’originario piano di compensation con l’adozione di un sistema di as-
sicurazione sociale e con una parziale e sussidiaria reintroduzione del tort law.
Al fine di internalizzare in modo più efficiente i costi degli incidenti, realiz-
zando obiettivi di deterrenza, il sistema neozelandese ha assunto un diverso
21
aspetto strutturale . Disciplinato pur sempre in modo unitario dall’Accident
19
S. SICA, Circolazione stradale e responsabilità: l’esperienza francese e italiana, Camerino-Napoli,
1990, p. 264.
20
Testualmente, M.A. VENNELL, L’indemnisation des dommages corporels par l’État: les résultats
d’une expérience d’indemnisation automatique en Nouvelle Zélande, in Rev. int. dr. comp., 1976, p. 74.
Per un’informazione complessiva su tale modello, G.W.R. PALMER, Compensation for Personal Inju-
ry: A Requiem for the Common Law in New Zealand, in Am. J. Comp. L., 1973, p. 1 ss.; A. TUNC, L’in-
demnisation des dommages corporels accidentels des lois nord-américaines et néo-zélandaise. Les com-
missions anglaise et irlandaise, in Rev. int. dr. comp., 1973, p. 684 s.; ID., Quatorze ans après: le sys-
tème d’indemnisation néo-zélandais, ivi, 1989, p. 139 ss.; M.A. FRANKLIN, Personal Injury Accidents
in New Zealand and the United States: Some Striking Similarities, in Stanford L. Rev., 1975, p. 65 ss.; J.
HENDERSON, The New Zealand Accident Compensation Reform, in Univ. Chicago L. Rev., 1979, p.
780 ss.; ID., The Substance of the New Zealand Reforms, ivi, 1981, p. 781 ss.; D. HARRIS, Can the Law
of Torts Fulfill its Aims?, in New Zealand L. Rev., 1990, p. 113.
21
Per maggiori approfondimenti, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Les dommages à la per-
sonne entre responsabilité civile et sécurité sociale. À propos du modèle néo-zélandais, relazione tenuta
al Convegno su «Personal Injury Beyond National Experiences» (Pisa, 30 ottobre 1997). Ulteriori
dettagli sulla riforma del modello neozelandese in R.S. MILLER, Comments: The New Zealand Expe-
rience, in U. Hawaii L. Rev., 1993, p. 626 ss.; ID., An Analysis and Critique of the 1992 Changes to
New Zealand’s Accident Compensation Scheme, in Maryland L. Rev., 1993, p. 1070 ss.; M.A. VEN-
NELL, Comments: The New Zealand Experience, in U. Hawaii L. Rev., 1993, p. 621 ss.; R. MAHONEY,
New Zealand’s Accident Compensation Scheme: A Reassessment, in Am. J. Comp. L., 1992, p. 159 ss.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 649
22
Per una ricostruzione del quale, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei dan-
ni, cit., p. 33 ss.
23
Il riferimento è, evidentemente, a chi costruisce la fattispecie prevista dall’art. 2054, comma 1,
c.c. sulla condotta del conducente e, quindi, sulla sua colpa quantunque lievissima: noto è, sul punto,
il pensiero di A. DE CUPIS, Il danno, Milano, 1946, p. 191 ss.; ID., Dei fatti illeciti, cit., p. 79.
650 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
24
caso di investimento di pedoni , richiede ora l’estraneità del fatto del condu-
25
cente , ora l’onere di indicare specificamente l’elemento causale nel quale si
sarebbe concretizzato il caso fortuito con i suoi caratteri di imprevedibilità e
26
di inevitabilità . Il conducente è giudicato sempre responsabile e si esclude la
sussistenza del caso fortuito nelle ipotesi di slittamento della vettura su strada
27 28
bagnata o ghiacciata , di abbagliamento da fari o da riflessi solari , di bloc-
29
caggio del volante , di colpo di vento che non assuma «un carattere ciclonico,
30
e cioè di vortice improvviso» . Il carattere dell’imprevedibilità è stato negato
al «sasso proiettato su un’autovettura in sorpasso su una strada non asfalta-
31 32
ta» . Anche la stanchezza fisica, il sonno fisiologico o un malore improvviso
33
del conducente (cardiopatia, epilessia, ecc.) non sono stati considerati cause
d’esonero in quanto eventi più o meno prevedibili, allorché l’agente sia stato
interessato nel passato da analoga patologia. La stessa manovra di emergenza
non è idonea ad affrancare il danneggiante dalla responsabilità se non risulti
adeguata rispetto allo stato di necessità e inevitabile in relazione alla «soluzio-
34
ne di guida prescelta» . Il comportamento colposo della vittima, per inter-
rompere il nesso eziologico e per liberare il danneggiante, deve consistere in
35
un fatto imprevedibile e inevitabile, di per sé efficiente a causare l’evento .
24
Già Cass. pen., 28 ottobre 1960, n. 1674, in Riv. giur. circol. trasp., 1961, p. 227 (per ulteriori
indicazioni, M. FRANZONI, Colpa presunta, cit., p. 156 ss.).
25
Cfr., ad es., Cass., 19 settembre 1980, n. 5321, in Resp. civ. prev., 1980, p. 728; Cass., 10 marzo
1970, n. 625, ivi, 1971, p. 383.
26
Per tutte, Cass. pen., 18 marzo 1983, n. 2280, in Arch. giur. circol., 1983, p. 478; Cass. pen., 12
gennaio 1979, n. 324, ivi, 1979, p. 341. Tuttavia non manca qualche parziale revirement che ripropo-
ne la rilevanza delle «cautele dell’uomo di normale diligenza» (Cass., 17 febbraio 1987, n. 1724, in
Dir. prat. assic., 1987, p. 911).
27
Cass. pen., 22 ottobre 1986, n. 11314, in Riv. giur. circol. trasp., 1987, p. 705; Cass. pen., 16
marzo 1982, in Resp. civ. prev., 1982, p. 837; Cass. pen., 22 dicembre 1981, n. 11329, in Riv. giur.
circol. trasp., 1982, p. 1118.
28
Cass. pen., 18 marzo 1986, n. 2183, in Riv. giur. circol. trasp., 1986, p. 1061; Cass. pen., 10 lu-
glio 1980, n. 8796, ivi, 1981, p. 157 s.; Cass. pen., 19 gennaio 1980, n. 753, ivi, 1980, p. 601; Trib. Fi-
renze, 9 febbraio 1981, ivi, 1982, p. 1107.
29
Cass. pen., 27 marzo 1980, n. 4268, in Riv. giur. circol. trasp., 1981, p. 1109.
30
Così Cass. pen., 20 gennaio 1970, in Giust. pen., 1970, II, c. 890.
31
Pret. Bassano del Grappa, 24 novembre 1977, in Resp. civ. prev., 1979, p. 115; Pret. Mestre, 10
marzo 1973, in Dir. prat. assic., 1974, p. 689.
32
Cass. pen., 14 maggio 1985, n. 4660, in Riv. giur. circol. trasp., 1986, p. 160; Cass. pen., 12 ot-
tobre 1984, n. 8513, ivi, 1985, p. 275.
33
Cass. pen., 8 aprile 1982, in Resp. civ. prev., 1983, p. 550; Cass. pen., 16 gennaio 1978, n. 530,
in Arch. giur. circol., 1978, p. 207; App. Brescia, 16 ottobre 1974, in Resp. civ. prev., 1974, p. 162.
34
Cass. pen., 10 marzo 1982, in Resp. civ. prev., 1982, p. 839; Cass. pen., 18 febbraio 1972, ivi,
1973, p. 483.
35
Secondo quanto stabilito nel celeberrimo arrêt Desmares: Cass. civ., 21 luglio 1982, in Rec. Dal-
loz, 1982, Jur., p. 449, e in Sem. jur., 1982, II, 19861. Per l’incidenza di tale decisione sul diritto fran-
cese della responsabilità civile, Y. LAMBERT FAIVRE, Aspects juridiques, moraux et économiques de
l’indemnisation des victimes fautives, in Rec. Dalloz, 1982, Chron., p. 207 ss.; G. VINEY, La faute de la
victime d’un accident corporel: le présent et l’avenir, in Sem. jur., 1984, I, 3155.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 651
40
c.c.) tutte le ipotesi previste dall’art. 2054 c.c. . Ciò è comprovato altresì dalla
regola (art. 2054, comma 4) che imputa la responsabilità dei danni derivanti
da vizi di costruzione o da difetti di manutenzione del veicolo a tutte le «per-
sone indicate dai commi precedenti», sia al conducente (comma 1), sia ai tito-
lari di situazioni giuridiche sul bene (comma 3).
Gli orientamenti della giurisprudenza e la stessa struttura dell’art. 2054 c.c.
attestano l’allontanamento della disciplina sulla responsabilità da circolazione
di veicoli dal dogma della colpa e contribuiscono ad allineare l’esperienza ita-
liana a quella francese, ponendo a fondamento dell’art. 2054 – non l’art. 2050
c.c. o, addirittura, il negligence standard dell’art. 2043 c.c., bensì – l’art. 2051
c.c., inerente alla responsabilità per danni cagionati da cose in custodia. Anche
nel nostro sistema la prova negativa di responsabilità diviene «illusoria» là do-
ve la dimostrazione di aver fatto realmente (e non soltanto in astratto) «tutto il
possibile per evitare il danno» (art. 2054, comma 1) tende a identificarsi con la
41
fattispecie del caso fortuito (art. 2051 c.c.) . La prova liberatoria opera sul
piano del nesso di causalità e il criterio di (imputazione della) responsabilità
va ravvisato – non tanto in un comportamento o in un’attività del convenuto
quanto – nella relazione giuridica (di custodia, utilizzo, proprietà, ecc.) esi-
stente tra soggetto e bene. Pertanto non sembra opportuno parlare né di una
42 43
responsabilità semi-oggettiva , né dell’ennesima presunzione di colpa che
resiste fino alla prova del fortuito, anche perché la presunzione è «logicamente
44
costruibile» soltanto sull’oggetto della prova contraria . La responsabilità «non
45
può [...] presumersi poiché essa è un’obbligazione e non un fatto» . Il caso
fortuito è nozione qualitativamente diversa dall’assenza di colpa, in quanto con-
siste in uno specifico e autonomo elemento causale, esterno al comportamento
del danneggiante e della vittima e contrassegnato dagli essenziali caratteri
46
dell’inevitabilità e dell’imprevedibilità . Soprattutto nel settore dei danni alla
persona, la pretesa presunzione di colpa ha lasciato il campo a una responsabi-
40
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 33 ss. e passim.
41
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 40.
42
In relazione all’art. 2054 c.c.: così, invece, F.D. BUSNELLI, La parabola, cit., p. 680 ss. Afferma,
altresì, che, «in assenza di una disciplina speciale», sarebbe applicabile alla responsabilità da circola-
zione di veicoli lo standard dell’art. 2050 c.c., P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 1093,
aderendo alla tesi di M. COMPORTI, Esposizione al pericolo, cit., p. 259 ss.
43
Contra, discorre di «responsabilità per colpa presunta», D. POLETTI, Danni alla persona negli
«accidenti da lavoro e da automobile», Torino, 1996, p. 285 s.
44
Cfr. C. SALVI, voce Responsabilità extracontrattuale (dir. vig.), in Enc. dir., XXXIX, Milano,
1988, p. 1231 (ma v., tuttavia, Cass., 24 novembre 1979, n. 6148, in Giur. it., 1980, I, 1, c. 557; Cass.,
21 luglio 1979, n. 4385, in Giust. civ., 1979, I, p. 2035).
45
Testualmente, P. LE TOURNEAU, La responsabilité civile, III éd., Paris, 1982, p. 121; conf., B.
STARCK, Droit civil. Obligations, cit., p. 270 ss.
46
Con la consueta chiarezza, S. RODOTÀ, Il problema, cit., p. 162 s., sottolinea «una interpreta-
zione della norma che tende a risolvere il profilo della inevitabilità in quello della imprevedibilità; e la
stessa nozione di prevedibilità viene intesa in senso così ampio che la semplice possibilità del fatto (il
suo concreto essersi verificato) è intesa come indice della prevedibilità».
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 653
51
compiuto da persona diversa dal contraente . In questo senso si è posta anche
la norma (art. 24, legge 24 dicembre 1969, n. 990), considerata all’epoca «assai
52
ardita» , che ha permesso al giudice di condannare l’assicuratore a corri-
spondere al danneggiato, il quale versasse in stato di bisogno a causa dell’acci-
53
dente, una somma di denaro a titolo di provvisionale . Una motivata sfiducia
nei confronti di un legislatore sovente inefficiente ha indotto ancora una volta
la Consulta a esercitare funzioni di supplenza «per quanto riguarda i danni al-
le persone, in relazione ai quali assume rilievo preminente la tutela costituzio-
54
nale della salute» . Un’ulteriore, significativa estensione della garanzia assicu-
rativa obbligatoria è stata realizzata dalla riforma del codice della strada là do-
ve ha disposto – a livello di principi, e sotto la minaccia di sanzioni ammini-
strative – che tutti i veicoli a motore senza guida di rotaie non potessero essere
posti in circolazione senza la necessaria copertura assicurativa (art. 193, comma
1, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, in att. della legge delega 13 giugno 1991, n. 190).
Lo stesso Codice delle assicurazioni private (d.lgs. 7 settembre 2005, n.
209), redatto più nel segno di una consolidazione delle regole anteriormente
vigenti che delle loro riforma, annovera talune soluzioni innovative, come, ad
esempio, in tema di risarcimento «diretto» (art. 149), che consente ai danneg-
giati di rivolgere la richiesta di riparazione all’impresa di assicurazione «che ha
stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato» (e non più all’impresa assi-
curativa del “terzo” danneggiante), la quale «è obbligata a provvedere alla li-
quidazione dei danni per conto dell’impresa di assicurazione del veicolo re-
sponsabile» (commi 1 e 3). Se il danneggiato dichiara di accettare la somma
offerta, l’impresa di assicurazione deve provvedere al pagamento entro quin-
dici giorni dalla ricezione della comunicazione (comma 4). Questo meccani-
smo, che pur non rappresenta un sostanziale mutamento della struttura del
rapporto assicurativo da third party a first party, e che pur è limitato ai danni
ai veicoli ed alle cose trasportate (di proprietà dell’assicurato o del conducen-
te), nonché ai soli danni alla persona subiti dal conducente non responsabile
nei limiti dell’art. 139 (art. 149, comma 2), ha avuto il merito di utilizzare una
particolare modalità procedurale (poi definita dal d.P.R. 18 luglio 2006, n.
254, entrato in vigore il 1° gennaio 2007) al fine di rendere più rapida la liqui-
51
Cass., 17 maggio 1982, n. 3038, in Resp. civ. prev., 1982, p. 570 ss., precisa che l’esclusione dalla
copertura dell’assicurazione obbligatoria riguarda soltanto i fatti dolosi commessi dal contraente.
Nella giurisprudenza di merito v., altresì, Trib. Roma, 11 gennaio 1994, e Trib. Milano, 15 luglio 1993,
in Foro it., 1994, I, c. 1588 ss.; Trib. Milano, 9 febbraio 1981, in Resp. civ. prev., 1981, p. 467 ss.; Trib.
Roma, 22 novembre 1978, in Riv. giur. circol. trasp., 1979, p. 610 ss., là dove richiede, al fine del-
l’assunzione del rischio da parte dell’assicuratore, che la circolazione sia avvenuta senza il consenso
del contraente.
52
C.A. FUNAIOLI, Provvisionale per danni derivanti da atti illeciti e assicurazione obbligatoria di
veicoli, in Corti Brescia, Venezia e Trieste, 1967, p. 313.
53
Considerava tale previsione una «sorta di privilegio» per i danneggiati da sinistro stradale, A.
DURANTE, L’assicurazione obbligatoria della responsabilità da veicoli a motore, Milano, 1970, p. 193.
54
Così, Corte cost., 2 maggio 1991, n. 188, in Giust. civ., 1991, I, p. 1387 s.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 655
dazione della maggior parte dei danni subiti nell’ambito della circolazione stra-
dale, e di ridurre il numero delle controversie giudiziarie che avevano fatto
lievitare i costi dei sinistri di lieve entità.
Anche la regola che obbliga al risarcimento dei danni subiti dal «terzo tra-
sportato» l’impresa di assicurazione del veicolo «sul quale era a bordo al mo-
mento del sinistro» (art. 141, comma 1, d.lgs. n. 209 del 2005) ha il pregio di
individuare con certezza, e a prescindere da eventuali problemi di “responsa-
bilità” dei conducenti, il soggetto che deve provvedere al risarcimento dei
danni patiti da quelle persone che, per definizione incolpevoli in quanto “tra-
sportate”, hanno subito (talvolta gravi) lesioni all’integrità psicofisica. Si tratta,
questa, di una regola di responsabilità oggettiva, poiché l’unica ipotesi di eso-
nero (dell’impresa di assicurazione) dal risarcimento dei danni subiti dal terzo
trasportato è specificamente individuata nel «sinistro cagionato da caso fortui-
to» (art. 141, comma 1, I inciso).
Pur in presenza di alcune scelte talvolta incongruenti, il sistema italiano si è
55
rivelato sempre più «eclettico» anche in altri settori e ha testimoniato il su-
peramento della tort liability a favore del progressivo, ma incerto, affermarsi
di modelli ispirati a principi di sicurezza sociale. Per le vittime del terrorismo
e delle stragi (in particolare, il D.P.R. 30 ottobre 2009, n. 181, a norma del-
l’art. 6 legge 3 agosto 2004, n. 206), per le persone lese da ingiusta detenzione
56
(artt. 314 e 315 c.p.p.) o da errore giudiziario (art. 643 ss. c.p.p.) , per i sog-
getti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione
57
di emoderivati infetti (legge 25 febbraio 1992, n. 210 e successive modifiche)
55
Sottolinea, opportunamente, i pericoli del sistema eclettico, F.D. BUSNELLI, Modelli e tecniche,
cit., p. 237.
56
Anche in questo caso il soggetto danneggiato poteva ottenere un indennizzo, stabilito dal giu-
dice in via equitativa, che non poteva eccedere il limite massimo di lire cento milioni. Questa cifra già
all’epoca si rivelava del tutto irrisoria in relazione ai sempre più gravi e frequenti casi di ingiusta de-
tenzione e di errore giudiziario (Cass., Sez. Un. pen., 31 maggio 1995, in Resp. civ. prev., 1995, p.
712). Il legislatore ha opportunamente “novellato” il comma 2 dell’art. 315 c.p.p. (art. 15, comma 1,
lett. b della legge 16 dicembre 1999, n. 479) estendendo l’entità della riparazione fino a «lire un mi-
liardo [euro 516.456, 90]». Un superamento di tale limite – ma tale problematica s’interseca con quella,
già esaminata, del danno esistenziale – è stato comunque proposto in giurisprudenza (già, App. Ge-
nova, Sez. II pen., 7 febbraio 2003, in Danno e resp., 2003, p. 628 ss.).
57
Un’analisi comparativa della problematica è stata proposta da U. IZZO, La precauzione nella re-
sponsabilità civile. Analisi di un concetto sul tema del danno da contagio per via trasfusionale, Padova,
2004, p. 63 ss., e da L. DI COSTANZO, Il danno da trasfusione ed emoderivati infetti, Napoli, 1998, p.
222 ss. La normativa italiana, anche a causa delle sue molteplici e gravi imperfezioni, ha suscitato
numerose pronunzie nella giurisprudenza costituzionale, di merito e di legittimità: tra le tante, oltre a
Corte cost., 26 febbraio 1998, n. 27, a Corte cost., 16 ottobre 2000, n. 423, e a Corte cost., 26 novem-
bre 2002, n. 476, cfr. Corte cost., 18 aprile 1996, n. 118, in Foro it., 1996, I, c. 2326, con nota di G.
PONZANELLI, «Pochi, ma da sempre»: la disciplina sull’indennizzo per il danno da vaccinazione, trasfu-
sione o assunzione di emoderivati al primo vaglio di costituzionalità; Corte cost., 2 giugno 1994, n. 218,
ivi, 1995, I, c. 46, Corte cost., 2 giugno 1994, n. 210, ivi, 1995, I, c. 46, Corte cost., 3 marzo 1994, n.
70, ivi, 1995, I, c. 47, annotate da U. IZZO, Un difficile test per la consulta: l’AIDS, le leggi e i giudici
fiduciosi; Corte cost., 15 luglio 1994, n. 308, ivi, 1995, I, c. 32; Cass., Sez. III, 31 maggio 2005, n.
656 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
11609, in Danno e resp., 2006, p. 269 ss., e Trib. Roma, Sez. II, 29 agosto 2005, n. 18523, con il com-
mento di M. CAPECCHI, Note in tema di illecito omissivo.
58
Che, almeno per quanto riguarda la legge n. 210 del 1992, trae ispirazione da un’importante
decisione della Consulta (Corte cost., 22 giugno 1990, n. 307, in Foro it., 1990, I, c. 2694, con note di
A. PRINCIGALLI, Tutela della salute e vaccinazioni a rischio, e di G. PONZANELLI, Lesione da vaccino
antipolio: che lo Stato paghi l’indennizzo), la quale ha giudicato incostituzionale la legge 4 febbraio
1966, n. 51 e ha affermato la responsabilità no fault dello Stato per i danni alla salute derivanti dal
rischio di contagio o «da altra apprezzabile malattia causalmente riconducibile alla vaccinazione ob-
bligatoria».
59
In questi termini, G. PONZANELLI, La responsabilità civile, cit., p. 150; A. PROCIDA MIRABELLI
DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 58 s.
60
Esclude che tale disciplina realizzi appieno un modello di sicurezza sociale ai sensi dell’art. 38
Cost., G. BALANDI, voce Assicurazione sociale, in Dig. Disc. Priv., Sez. comm., II, Torino, 1987, p. 388 s.
61
Così, D. POLETTI, Danni alla persona, cit., p. 156, la quale, tuttavia, afferma che «la disciplina
degli infortuni sul lavoro realizza un sistema di sicurezza sociale “in senso lato”» (p. 280, in nota 3).
62
Il riferimento è, evidentemente, alla nota trilogia della Corte cost., 15 febbraio 1991, n. 87, in
Riv. it. dir. lav., 1992, II, p. 6 ss., con nota di A. AVIO, Danno biologico e malattie professionali: un
ritorno alla teoria del rischio professionale?; Corte cost., 18 luglio 1991, n. 365, in Foro it., 1991, I, cc.
2967 ss., 3291 ss., con nota di D. POLETTI, Il danno «biologico» del lavoratore tra tutela previdenziale
e responsabilità civile; Corte cost., 27 dicembre 1991, n. 485, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 161, commenta-
ta da M. DOGLIOTTI, Diritto alla salute e danno biologico nella giurisprudenza della Corte costituzionale.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 657
63
Così, rispettivamente, Corte cost., 27 dicembre 1991, n. 485, cit., c. 161 ss., e Corte cost., 15
febbraio 1991, n. 87, cit., p. 6 ss.
64
Cfr. A. LA TORRE, Colpa, rischio e danno fra responsabilità e assicurazione, in Assicuraz., 1979, I,
p. 311.
65
La dottrina, tuttavia, ha dubitato che si trattasse sempre di una responsabilità fondata sul mero
nesso di causalità: l’esercente, infatti, non rispondeva in caso di colpa del danneggiato o di fatto vo-
lontario e inevitabile di persone estranee (sul punto, E. SPASIANO, Appunti sulla responsabilità ogget-
tiva dell’esercente l’aeromobile, in Riv. dir. nav., 1954, I, p. 36 ss.). Sulla legge 7 luglio 1988, n. 274,
658 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
72
concorso di colpa del danneggiato . La deroga al principio di riparazione in-
tegrale dovrebbe trovare un correttivo nella previsione di un’adeguata coper-
tura assicurativa e nel periodico aggiornamento del limite di responsabilità.
Questi interventi legislativi confermano che, in taluni settori, è la medesima
struttura dell’assicurazione di responsabilità a non essere considerata idonea a
riparare i danni (decesso compreso) che possono essere causati nell’esercizio
di determinate attività. Nel campo della responsabilità civile da circolazione di
veicoli, ad esempio, la disciplina third party risks non accorda alcuna tutela al-
le lesioni fisiopsichiche patite dal conducente o dal pedone che sono conside-
73
rati “colpevoli” dell’evento. Il proliferare di fondi di garanzia , volti a esten-
dere l’area di riparazione dei danni che rimangono sforniti di tutela assicurati-
va, cerca di correggere la struttura decisamente imperfetta dell’assicurazione
di responsabilità, testimoniando l’aspirazione del sistema italiano a risarcire in-
condizionatamente le lesioni dell’integrità psicofisica anche mediante la previsio-
74
ne di meccanismi di sicurezza sociale . I fondi per le vittime della strada o della
caccia, che hanno lo scopo di indennizzare i danni provocati a terzi da soggetti
non assicurati (presso un ente solvibile) o non identificati, ribadiscono la fun-
zione solidaristica di tali strumenti e comprovano le profonde interazioni esi-
stenti tra la struttura dell’illecito e il momento assicurativo. Da un lato, l’am-
bito della garanzia e quello della responsabilità tendono a un affievolimento pro-
gressivo e incessante. Dall’altro, la stessa proposta di riparare le lesioni causate
da incidenti dovuti a colpa esclusiva del danneggiato attesta la volontà di pro-
cedere nel cammino verso un sistema di integrale socializzazione dei danni.
I fondi di garanzia, pur contribuendo a rappresentare un esempio di mo-
dello misto che tende a combinare strumenti risarcitori e meccanismi di sicu-
72
Sicuramente per quanto riguarda le norme sull’impiego pacifico dell’energia nucleare (art. 18,
comma 4, D.P.R. 10 maggio 1975, n. 519) e sull’inquinamento marino da idrocarburi (art. 3 Conv.
Bruxelles), ove rileva soltanto il comportamento doloso del danneggiato. La colpa della vittima è del
tutto insignificante anche nei danni causati da oggetti spaziali. Non così, invece, nel caso di trasporto
aereo.
73
Oltre al più noto di essi, previsto dall’art. 19 della legge n. 990 del 1969 (Fondo di garanzia per
le vittime della strada), l’ordinamento italiano ha registrato il proliferare di Fondi di garanzia nei set-
tori più disparati: ad esempio, nel campo dei viaggi e vacanze, l’art. 21 del d.lgs. 17 marzo 1995, n.
111, ha previsto la costituzione di un fondo nazionale per il rimpatrio e il rientro forzato dei turisti da
paesi extracomunitari; l’art. 25 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, ha istituito presso l’INA un fon-
do di garanzia per le vittime della caccia, al fine di riparare i danni alla persona provocati a terzi nel-
l’esercizio dell’attività venatoria, allorché il danneggiante non fosse assicurato o non fosse stato iden-
tificato (sul punto, Corte cost., 4 marzo 1992, n. 79, in Foro it., 1992, I, c. 1348, con nota di G. PON-
ZANELLI, «Pallino anonimo», ovvero attività pericolosa con responsabile ignoto e problemi di welfare
state); nel settore dei danni economici, l’art. 15 della legge 2 gennaio 1991, n. 1, ha disposto l’istitu-
zione di fondi di garanzia per la tutela dei crediti vantati nei confronti delle SIM.
74
Il fondo di garanzia è stato considerato sia un «tipico esempio di assicurazione sociale» (D. DE
STROBEL, Assicurazione R.C., Milano, 1974, p. 328), sia «la fase più avanzata dell’evoluzione della
responsabilità civile orientata verso l’idea di sicurezza sociale» (N. DI PRISCO, Introduzione a L’assicu-
razione della r.c.a. tra disciplina codicistica e legislazione speciale, a cura di N. Di Prisco, in Nuova giur.
civ. comm., 1987, II, p. 198).
660 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
75
rezza sociale , hanno dimostrato di funzionare male e non sembrano idonei a
realizzare in modo efficiente quelle finalità di solidarietà sociale che invece
avrebbero dovuto assolvere. Gli insufficienti meccanismi di finanziamento, im-
prontati all’estemporaneità legislativa piuttosto che a una valutazione comples-
siva del sistema, si ripercuotono sulle tecniche di valutazione, provocano este-
nuanti ritardi nelle procedure di liquidazione e contribuiscono a determinare
indennizzi palesemente irrisori. Neppure l’attribuzione della natura risarcito-
76
ria alle prestazioni del fondo, che pur impone opportunamente di riparare
77
anche i danni cosiddetti non patrimoniali , ha consentito di rispettare il prin-
cipio dell’adeguatezza dei limiti monetari per gli interventi in favore del dan-
78
neggiato e di ispirare il sistema alla integrale e incondizionata riparazione del
79
danno .
75
Criticano tale tendenza, F.D. BUSNELLI, La parabola, cit., p. 665 s.; C. SALVI, Il danno extracon-
trattuale, cit., p. 156 ss.; e, con toni più sfumati, C. CASTRONOVO, Alle origini della fuga dal codice.
L’assicurazione contro gli infortuni tra diritto privato generale e diritti secondi, in Jus, 1985, p. 76 ss.
76
In questi termini, Cass., 12 settembre 1984, n. 4790, in Rep. Foro it., 1984, voce Assicurazione
(contratto di), c. 205 s., n. 159. Per la natura indennitaria sembrava propendere, invece, Corte cost.,
29 dicembre 1981, n. 202, in Foro it., 1982, I, c. 1 ss. Con un parziale revirement, ha dichiarato l’il-
legittimità costituzionale dell’art. 21 della legge n. 990 del 1969, là dove poneva limiti al risarcimento
del fondo, rilevando che il carattere solidaristico non esclude né limita in alcun modo la funzione ri-
sarcitoria – e non indennitaria – delle sue prestazioni, Corte cost., 18 dicembre 1987, n. 560, in Giust.
civ., 1988, I, p. 619 ss., e in Rass. dir. civ., 1988, p. 942, con nota di E. ZERELLA, La natura risarcitoria
del fondo di garanzia. A seguito dell’intervento della Consulta, la lacuna legislativa è stata colmata
dall’art. 19 della legge 9 gennaio 1991, n. 20, che ha previsto come limite risarcitorio del fondo i «mi-
nimi di garanzia» stabiliti per l’assicurazione obbligatoria (con riferimento alle tabelle in vigore
all’epoca del sinistro).
77
Cfr., ad es., Cass., 10 marzo 1982, n. 1537, in Riv. giur. circol. trasp., 1982, p. 828.
78
D. POLETTI, Danni alla persona, cit., p. 239.
79
Come suggeriva, con grande incisività, Corte cost., 18 luglio 1991, n. 365, in Foro it., 1991, I, c.
2967.
80
Così, già G.L. WILLIAMS, B.A. HEPPLE, I fondamenti del diritto dei «torts», trad. it. di M. Se-
rio, Camerino-Napoli, 1983, pp. 103 e 115. Negli ultimi anni questa tesi ha trovato sempre più nume-
rosi e autorevoli sostenitori: oltre agli autori citati nei paragrafi che seguono, cfr. R.L. ABEL, A Criti-
que of Torts, in UCLA L. Rev., 1990, p. 785 ss.; R. PIERCE, Encouraging Safety: The Limits of the Tort
Law and Government Regulation, in Vand. L. Rev., 1981, p. 1281 ss.; I. ENGLARD, The System Buil-
ders: A Critical Appraisal of Modern American Tort Theory, in J. Legal St., 1980, p. 27 ss., al quale si
riconosce il merito di avere ridimensionato la validità di gran parte delle teorie di R. POSNER (Eco-
nomic Analysis of Law, Boston-Toronto, II ed., 1977, passim; ID., The Economic Approach to Law, in
Texas L. Rev., 1975, p. 757 ss.; ID., A Theory of Negligence, in J. Legal St., 1972, p. 29 ss.; ma v. anche
ID., Uses and Abuses of Economics in Law, in Univ. Chicago L. Rev., 1980, p. 297 ss.). Con particolare
riferimento ai danni non pecuniari, S.D. SUGARMAN, Doing Away With Tort Law, in California L.
Rev., 1985, p. 555 ss.; S.D. SMITH, The Critics and the “Crisis”: A Reassessment of Conceptions of Tort
Law, in Cornell L. Rev., 1987, p. 765 ss.; L. COHEN, Towards an Economic Theory of the Measure-
ment of Damages in Wrongful Death Action, in Emory L. J., 1985, p. 295 s.; J. MC CLURG, It is a
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 661
Wonderful Life: The Case for Hedonic Damages in Wrongful Death Cases, in Notre Dame L. Rev.,
1990, p. 57 ss.
81
A. TUNC, Le spectre de la responsabilité civile, in Rev. int. dr. comp., 1986, p. 1163, riferisce il
giudizio del «Tort Policy Working Group» statunitense «on the Causes, Extent and Policy Implica-
tions of the Current Crisis in Insurance Availability and Affordability».
82
In questi termini, A. TUNC, op. ult. cit., p. 1163 s.
83
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsabilità civile, cit., p. 53 ss.; ID., La ripara-
zione dei danni, cit., p. 62 ss. Considerava un vero e proprio «salto qualitativo» il passaggio da un’as-
sicurazione di responsabilità a un’assicurazione diretta che prescindesse dalla responsabilità dell’autore
del danno, A. GAMBINO, Tramonto dell’assicurazione della responsabilità civile automobilistica?, in
Assic., 1973, p. 349.
84
Tra gli innumerevoli scritti che espongono i principi della Royal Commission on Civil Liability
and Compensation for Personal Injury presieduta da Lord Pearson v., per tutti, J.G. FLEMING, The
Pearson Report: Its Strategy, in Modern L. Rev., 1979, p. 249 ss.; J.A. WEIR, Compensation for Personal
Injuries and Death: Recents Proposals for Reform, Cambridge, 1979, p. 3 ss.; N.S. MARSH, The Pear-
son Report on Civil Liability and Compensation for Death and Personal Injury, in L. Quarterly Rev.,
1979, p. 530 ss.; J.A. JOLOWICZ, L’indemnisation des victimes d’accidents de la circulation en droit an-
glais, in Rev. int. dr. comp., 1985, p. 296 ss.
662 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
85
implica la necessaria eliminazione della responsabilità per negligence . Tutta-
via, l’introduzione di un modello di assicurazione sociale a favore del con-
traente (first party insurance) garantisce alla vittima la riparazione delle lesioni
personali qualunque sia la condotta dell’agente e la causa del danno (incidente
stradale, infortunio sul lavoro, danno da prodotti, da trasfusioni o da sommi-
nistrazione di emoderivati infetti, ecc.). L’acquisita consapevolezza che la re-
sponsabilità per colpa, anche se assistita da un’assicurazione obbligatoria, ab-
86
bandona la maggior parte delle vittime «totalmente alle loro disgrazie» sug-
87
gerisce di introdurre un sistema first party che, superando gli inconvenienti
dell’assicurazione third party, permetta una riparazione integrale e qualificata
di tutti i danni all’integrità psicofisica, sulla base di una valutazione in concre-
to, tendenzialmente uniforme e senza limiti prestabiliti.
La proposta di adottare nell’esperienza italiana, per la riparazione di tali
danni, un modello unitario first party insurance che sostituisca integralmente la
88
farraginosa miriade delle assicurazioni di responsabilità trova fondamento,
innanzitutto, nei principi di solidarietà (art. 2 Cost.) e di eguaglianza (art. 3
Cost.) che, anche negli ordinamenti di common law, si propongono di ridistri-
buire in modo efficiente i redditi e le risorse secondo gli ideali della giustizia
89
sociale . Esigenze di perequazione e di parità di trattamento suggeriscono di
85
Lo sottolineava, con grande lucidità, J.A. JOLOWICZ, in A. TUNC (cur.), Pour une loi sur les ac-
cidents de la circulation, cit., p. 140, aderendo alle conclusioni della Pearson Commission.
86
Così J.A. JOLOWICZ, op. ult. cit., pp. 132, 135, 138 e 140.
87
Per una simile proposta cfr. già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsabilità civile,
cit., pp. 20 ss., 64 ss. L’adozione «sempre più generalizzata» della regola first party (cfr. il parziale
revirement di G. CALABRESI, First Party, Third Party, and Product Liability Systems: Can Economic
Analysis of Law Tell Us Anything About Them?, in Iowa L. Rev., 1984, p. 833 ss., e in Riv. crit. dir.
priv., 1985, p. 7 ss., trad. it. di R. Pardolesi, Costo degli incidenti, efficienza e distribuzione della ric-
chezza: sui limiti dell’analisi economica del diritto), «evidentemente resa pienamente obbligatoria» e
«collegata opportunamente alla propensione al rischio di tutta la serie di soggetti potenzialmente
danneggiati», potrebbe limitare «gli eccessivi costi finanziari» derivanti da un sistema puro di assicu-
razione sociale fondato sull’automaticità dell’indennizzo (G. PONZANELLI, Diritto privato, diritto pub-
blico, diritto misto, nella responsabilità civile nordamericana negli anni ‘80, in Riv. crit. dir. priv., 1987,
p. 325). Sul punto, in particolare, S.D. SUGARMAN, Doing Away, cit., p. 555 ss.; M.J. TREBILCOCK,
Incentive Issues in the Design of “No-Fault” Compensation Systems, in U. Toronto L. J., 1989, p. 19 ss.;
tuttavia, criticamente, J.D. HANSON, K.D. LOGUE, The First-Party Insurance Externality: An Economic
Justification for Enterprise Liability, in Cornell L. Rev., 1990, p. 129 ss.
88
In tal senso A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 20 ss. e passim. Anche la dottrina
nordamericana, dopo alterne e ben note discussioni (W.J. BLUM, H. KALVEN, Public Law Perspec-
tives on a Private Law Problem: Auto Compensation Plans, Boston, 1965, p. 81 ss.; G. CALABRESI,
Fault, Accidents and the Wonderful World of Blum and Kalven, in Yale L. J., 1965, p. 216 ss.; ID.,
Costo degli incidenti, cit., p. 21 ss.; sul quale, W.J. BLUM, H. KALVEN, The Empty Cabinet of Dr. Cala-
bresi: Auto Accidents and General Deterrence, in Univ. Chicago L. Rev., 1967, p. 264 ss.), ha proposto
di agire sul meccanismo assicurativo al fine di contrastare la «indiscriminate expansion of substantive
tort liability» (G. PRIEST, The Current Insurance Crisis and Modern Tort Law, in Yale L. J., 1987, p.
1589).
89
Sulla scia del noto insegnamento di J. SMITH, Sequal to Workmen’s Compensation, in Harvard
L. Rev., 1913, p. 235 ss., v. D. ROSENBERG, The Causal Connection in Mass Exposure Cases: A «Public
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 663
Law» Vision of the Tort System, in Harvard L. Rev., 1984, p. 849 ss.; J. MASHAW, Pro-delegation: Why
Administrators Should Make Political Decision, in Yale L. J., 1985, p. 81 ss.
90
Sul punto, anche se in una prospettiva sensibilmente diversa, D. POLETTI, Danni alla persona,
cit., p. 292 ss.
91
Cfr., ad esempio, il Tort Policy Working Group, già cit., pubblicato nel febbraio del 1986, del
quale v’è un ampio resoconto in A. TUNC, Le spectre, cit., p. 1163 ss.
92
Così, incisivamente, A.L. MILLER, Le droit israélien, cit., p. 56.
93
S. RODOTÀ, Il problema, cit., p. 23.
23.
664 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
94
G. FERRI, Le società, in Tratt. di dir. civ. it. Vassalli, X, 3, Torino, 1971, p. 722.
95
Lo riferisce G. PONZANELLI, Diritto privato, cit., p. 307 s., sulla scia di G.L. PRIEST, L’assicura-
zione obbligatoria, cit., p. 35 ss.
96
Cfr. J. FLEMING, C’è un futuro per i torts?, trad. it. di R. Pardolesi, C. Rossello, in Riv. crit. dir.
priv., 1984, p. 290. Ulteriori dati allarmanti sono forniti da A. TUNC, op. ult. cit., p. 1164, da G.
PRIEST, The Current Insurance Crisis, cit., p. 1521 ss., e già da T.G. ISON, The Forensic Lottery, Lon-
don, 1967, p. 28 ss.
97
J. FLEMING, op. loc. ult. cit.
98
In argomento, R. MILLER, Comments, cit., p. 626 ss.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 665
ripartire gli oneri giudiziari, organizzativi e pubblicitari sia sui danneggiati sia
sugli assicurati mediante una riduzione dell’entità dei risarcimenti e un conti-
99
nuo incessante aumento dei premi . La sicurezza sociale, invece, garantisce
una procedura di valutazione e di liquidazione dei danni assai più economica,
semplice e rapida sia perché non deve realizzare un profitto d’impresa e recu-
perare le spese di amministrazione e di pubblicità, sia perché non deve contra-
stare necessariamente le domande delle vittime innanzi al giudice ordinario, in
quanto l’entità della riparazione è determinata da commissioni speciali o da
100
giurisdizioni specializzate .
Nel sistema di assicurazione di responsabilità la ripartizione dei rischi av-
viene in riferimento a un numero eccessivamente limitato di soggetti. Il costo
101
dei danni è trasferito dall’autore all’insieme dei contraenti che hanno stipu-
lato con ogni singola compagnia, ma soprattutto nelle piccole imprese assicu-
ratrici il complesso dei premi non è sempre sufficiente a garantire la copertura
per gravi incidenti che coinvolgono una grande quantità di persone. E così
non di rado è accaduto che talune società di assicurazione, anche per illeciti
atti di distrazione dei fondi, hanno esposto i danneggiati/creditori al rischio
della loro insolvenza, al quale si è tentato di porre rimedio – ma con risultati
senz’altro insoddisfacenti – con il meccanismo dei fondi di garanzia. L’esigen-
za di ripartire in modo efficiente i rischi (loss allocation) e gli oneri (loss distri-
bution) di riparazione induce a preferire imprese che diano idonee garanzie di
solvibilità. Un grande e unitario ente assicurativo con funzione di cooperazio-
ne a carattere di mutualità può essere amministrato in modo assai più efficien-
te, non espone i danneggiati a tali sfavorevoli eventualità e costituisce il sistema
102
più stabile dal punto di vista economico anche in periodi di recessione . Tale
103
organismo può ripartire – come è accaduto nell’esperienza neozelandese – il
99
Su tali aspetti, G. PRIEST, op. ult. cit., p. 1540 ss.; ID., Modern Tort Law and its Reform, in Val-
paraiso U. L. Rev., 1987, p. 1 ss.; O. FISS, Against Settlement, in Yale L. J., 1984, p. 1078 ss.; A. TUNC,
Le spectre, cit., p. 1163, ove riferisce che «les assureurs refusent désormais de couvrir le risque» no-
nostante i premi siano aumentati «de 50% à 500 %» e «de 400% à 1000% ailleurs».
100
Testualmente, A.L. MILLER, Le droit israélien, cit., p. 60.
101
La dottrina francese considera il responsabile come un mero «supporto per l’assicurazione» o
come una «persona interposta» tra il danneggiato e l’assicuratore (R. SAVATIER, Les métamorphoses
économiques et sociales du droit civil d’aujourd’hui, Première série, Panorama des mutations, Paris, III
éd., 1964, p. 344; A. TUNC, La responsabilité civile, cit., p. 6). Anche la letteratura anglosassone con-
sidera the insurance factor come un elemento di policy consideration che ha la funzione di limitare
l’operatività della regola neminem laedere: colui che è assicurato, anche se non può essere considerato
colpevole, è giudicato spesso nella posizione migliore per sopportare il danno (J.F. CLERK, W.H.B.
LINDSELL, On Torts, London, XV ed., 1982, pp. 11 ss., 424 ss.).
102
G. WANNAGAT, Lehrbuch des Sozialversicherungsrechts, I, Tubinga, 1965, p. 29. Nella
medesima prospettiva v. F.V. HARPER, F. JAMES jr., The Law of Torts, II, Boston, 1956, p. 759 ss.; J.
HELLNER, Tort Liability and Liability Insurance, in Scandinavian S. L., 1962, p. 129 ss.; M.A. FRANK-
LIN, Replacing the Negligence Lottery: Compensation and Selective Reimbursement, in U. Virginia L.
Rev., 1967, p. 795 ss.; D.W. ELLIOTT, H. STREET, Roads Accidents, London, 1968, p. 254 ss.
103
Sul ruolo svolto dall’Accident Compensation Corporation nell’amministrazione dei cinque piani
666 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
costo degli incidenti sull’insieme dei premi versati da tutti i soggetti che eserci-
tano una determinata attività (imprese, proprietari e conducenti di veicoli, la-
voratori e professionisti, istituti ospedalieri, ecc.) o, qualora si adotti un diver-
so sistema, sull’intera collettività mediante strumenti di prelievo fiscale fondati
su criteri di progressività nella capacità contributiva e ispirati al generale
104
«principio di eguaglianza nella giustizia sociale» .
L’assicurazione di responsabilità comporta ulteriori quanto ingiustificati
svantaggi per la vittima. Nel modello third party risks l’effetto a favore del ter-
zo/danneggiato è condizionato da una pluralità di clausole, predisposte unila-
teralmente dal soggetto economicamente più forte (l’assicuratore), che sovente
105
paralizzano l’efficacia del contratto . Ad esempio, qualora il comportamento
106
dannoso del contraente sia intenzionale , il terzo che ha subito una lesione
dell’integrità psicofisica si trova senza la necessaria copertura assicurativa e,
nel caso d’insolvenza del danneggiante, il costo del danno grava interamente
sulla vittima. Nei sistemi di sicurezza e/o di assicurazione sociale, invece, il
rapporto è sottratto all’autonomia dei privati e, trovando la sua fonte diretta-
mente nella legge, può produrre effetti al verificarsi di ogni evento dannoso
considerato ingiusto dall’ordinamento. L’assicuratore non può opporre (al
danneggiante e) alla vittima le clausole contrattuali più vessatorie e, là dove
non sia previsto l’esonero dalla riparazione per il fatto doloso dell’agente, è
107
praticamente impossibile l’esistenza di «casi non coperti dall’assicurazione» .
Le imprese private, a scopo di maggior lucro, preferiscono liquidare anche
108
le lesioni più gravi all’integrità psicofisica della persona in unica soluzione ,
settoriali previsti dall’Accident Rehabilitation and Compensation Insurance Act 1992 e 1993, cfr. R.S.
MILLER, An Analysis, cit., p. 1071 ss.; R. MAHONEY, New Zealand’s Accident, cit., p. 164 ss.
104
Così, P. PERLINGIERI, Eguaglianza, capacità contributiva e diritto civile, in Rass. dir. civ., 1980,
p. 742. La più avvertita letteratura già da tempo proponeva di far gravare i costi dei piani di assicura-
zione sociale sulle entrate tributarie dello Stato, quali imposte negative sul reddito (negative income
tax: v., ad es., F.V. HARPER, F. JAMES, op. loc. cit.; A.F. CONARD, The Economic Treatment of Auto-
mobile Injuries, in Michigan L. Rev., 1964, pp. 289 ss., 294 ss.; D.W. ELLIOTT, H. STREET, op. loc.
cit.), o direttamente sulle attività che sono causa degli incidenti (M.A. FRANKLIN, op. loc. ult. cit.;
R.E. KEETON, J. O’CONNELL, Basic Protection, cit., passim). Tuttavia v’è chi paradossalmente ha
proposto, per difendere strenuamente il modello di responsabilità per colpa, di far gravare il costo
degli incidenti sui passeggeri o sui pedoni anziché sui conducenti (W.J. BLUM, H. KALVEN, A Stop-
gan Plan for Compensating Auto Accident Victims, in Insurance L. J., 1968, p. 61 ss.).
105
Emblematica è, in proposito, l’esperienza inglese (sulla quale, con differenti accenti, J.A.
JOLOWICZ, L’indemnisation, cit., p. 280 ss.; J.G. FLEMING, An Introduction to the Law of Torts, Ox-
ford, 1967, p. 179 s.; G.L. WILLIAMS, B.A. HEPPLE, I fondamenti, cit., pp. 97 ss., 102 ss.).
106
Su questo punto concordano la maggior parte delle esperienze giuridiche: v., ad es., Tinline v.
White Cross Insurance Association (1921) 3 K.B. 327; James v. British General Insurance Co. (1927)
2 K.B. 311; Hardy v. Motor Insurers’Bureau (1964) 2 Q.B. 745, 760, 765, 769, che espressamente
esclude il risarcimento nel caso di atto «volontario o intenzionale» commesso dall’assicurato. La giuri-
sprudenza italiana, tuttavia, al fine di tutelare quanto più possibile il danneggiato, considera operativa
la garanzia anche nel caso di comportamento doloso posto in essere da persona diversa dal contraente.
107
Così, A.L. MILLER, Le droit israélien, cit., p. 57.
108
Ad eccezione del sistema francese, che ormai considera la rendita vitalizia indicizzata lo stru-
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 667
mento più idoneo a realizzare il principio di riparazione integrale dei danni alla persona (Trib. gr.
inst. Fontainebleau, 3 marzo 1972, in Rec. Dalloz, 1972, Jur., p. 588, e, soprattutto, sulla sua scia,
Cass., Ch. mixte, 6 novembre 1974, in Sem. jur., 1975, II, Jur., 17978; Cass. civ., 17 aprile 1975, in
Rec. Dalloz, 1976, Jur., p. 152; Cass. civ., 1 giugno 1976, in Sem. jur., 1976, II, Jur., 18483; Cass. civ.,
3 maggio 1979, ivi, 1979, IV, p. 220; in dottrina, per tutti, M.È. ROUJOU DE BOUBÉE, Essai, cit., p.
384 s.; Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 560 ss.; M. LE ROY, H. MARGEAT, Indexation et revalori-
sation des rentes de droit commun allouées en réparation d’un accident, in Gaz. Pal., 1975, I, p. 131 ss.;
S. BROUSSEAU, Le point sur l’indemnisation par rentes indexées, in Sem. jur., 1977, I, 2855; G. VINEY,
B. MARKESINIS, La réparation, cit., p. 105 ss.), la maggior parte delle esperienze giuridiche privilegia-
no le lump sums: tuttavia, cfr. gli acuti rilievi critici di J.G. FLEMING, Damages: Capital or Rent?, in
U. Toronto L. J., 1969, p. 295 ss.; H. MC GREGOR, Personal Injury and Death, in Int. Enc. Comp.
Law, XI (Torts), 9, Tubinga-Parigi-New York, 1972, p. 20 ss.; R.G. HAMMOND, Compensation for
the Lost Value of Money: A Canadian Proposal, in L. Quarterly Rev., 1983, p. 80 s.; altri riferimenti in
S.A. REA jr., Lump-Sum Versus Periodic Damage Awards, in J. Legal St., 1981, p. 131.
109
Cfr., tra gli altri, P.S. ATIYAH, Accidents, Compensation, cit., p. 176 s.; H. BERG, P. KILBY, Mo-
tor Vehicle Accident Compensation in Ontario, in West Ontario L. Rev., 1974, pp. 125 e 131.
110
Così già I. ENGLARD, Reform of the Automobile Accident Compensation System, in Israel L.
Rev., 1974, pp. 234 ss., 247 s.; A.L. MILLER, Le droit israélien, cit., p. 59. Precisa che un’assicurazione
«à base de répartition administrée par un assureur public est de toute évidence mieux adaptée» a ri-
valutare le «indemnités versées sous forme de rente», C. BELLEAU, in A. Tunc (a cura di), Pour une
loi, cit., p. 210.
111
Lo ricordano, ad es., E. QUADRI, Indennizzo, cit., p. 860, e A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO,
La riparazione dei danni, cit., p. 306 ss., sulla scia di G.P. CHIRONI, Colpa extracontrattuale, II, cit., p.
363, per il quale tale istituto ha il merito di arrecare «maggiore utilità al danneggiato».
112
Per tutti, A. DE CUPIS, Il danno. Teoria generale della responsabilità civile, II, Milano, 1979, p.
280.
113
M. POGLIANI, Responsabilità, cit., p. 366; criticano, in vario senso, l’istituto della rendita vita-
668 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
ti, derivanti dal rispetto del principio di legalità, che si frappongono alla prati-
cabilità di una simile operazione ermeneutica. La spregiudicata interpretazio-
ne dell’art. 2057, che è ispirata dalla potente lobby degli assicuratori e dal ti-
114
more di costi aggiuntivi di amministrazione , è stata coerentemente allineata
all’ossequio del principio nominalistico e ha indotto a considerare con sfavore
115
la rivalutazione delle obbligazioni derivanti da risarcimento dei danni . L’in-
dicizzazione delle rendite giudiziali, che è giudicata una necessità imprescin-
dibile dall’art. 7 della Risoluzione del Consiglio d’Europa (14 marzo 1975),
oltre che dal Pearson Report e dall’unanime esperienza francese, avrebbe rap-
presentato una soluzione adottabile fin dal principio anche nel sistema italia-
no, se la giurisprudenza avesse deciso di attuare effettivamente i principi costi-
tuzionali, anteponendo la tutela dell’interesse della vittima «a ogni altro e, in
particolare, agli sforzi di organizzazione richiesti alle imprese assicuratrici e
116
agli eventuali aumenti di premi richiesti alla generalità degli assicurati» .
I modelli di sicurezza e/o di assicurazione sociale, invece, normalmente uti-
117
lizzano il meccanismo delle prestazioni periodiche . E ciò è confermato dalla
riforma in tema di infortuni sul lavoro (d.lgs. n. 38 del 2000) che prescrive,
opportunamente, la rendita vitalizia come obbligatoria per i danni all’integrità
psico-fisica che eccedono una determinata percentuale di invalidità. Questo
sistema è senz’altro più adeguato a riparare danni, come quelli alla persona,
che è impossibile valutare immediatamente nella loro complessità e in modo
definitivo, in quanto sono suscettibili di evolversi nel tempo. Talvolta può ve-
rificarsi un miglioramento o, addirittura, una guarigione; tal altra, al contrario,
le condizioni della vittima possono aggravarsi irreversibilmente, fino all’invalidi-
tà totale o al decesso. Gli organi del servizio sociale sono dotati di personale spe-
cializzato, di strumenti e di strutture idonee a valutare e a controllare, nel cor-
so degli anni, le successive modificazioni dello stato di salute del danneggiato.
I modelli di social security, quindi, tutelano maggiormente la vittima, evi-
lizia anche E. BONVICINI, La responsabilità civile, II, Milano, 1971, p. 1081, e G. GENTILE, Problemi
insoluti nella valutazione del danno alla persona, in Resp. civ. prev., 1951, p. 294.
114
In questi termini, R.A. POSNER, Economic Analysis, cit., p. 144 s. Ma questa tesi è stata con-
traddetta dalla riforma del modello neozelandese, che ha eliminato le lump sums in materia di danni
non pecuniari – e le ha sostituite con una rendita sottoposta a periodica revisione –, giudicandole di-
seconomiche (cfr. R.S. MILLER, An Analysis, cit., p. 1074 ss.; R. MAHONEY, New Zealand’s Accident,
cit., pp. 202 ss., 208 ss.).
115
Sul punto, E. QUADRI, Principio nominalistico e disciplina dei rapporti monetari, Milano, 1979,
passim, ivi ampi riferimenti alla letteratura e alla giurisprudenza italiana e straniera.
116
E. QUADRI, Indennizzo, cit., p. 863. I contenuti del Pearson Report e della Risoluzione del
Consiglio d’Europa sono esposti, rispettivamente, da N.S. MARSH, The Pearson Report, cit., p. 530, e
da A. TUNC, La réparation des dommages corporels: une résolution du Comité des ministres du Conseil
de l’Europe, in Rev. int. dr. comp., 1975, p. 911 ss.
117
In questo senso l’esperienza neozelandese, che ha provveduto all’eliminazione «of the provi-
sion in the former Act that prohibited reduction of the earnings-related compensation», prevedendo
«periodic reassessments at intervals of noto less than six months» (R.S. MILLER, op. ult. cit., p. 1076).
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 669
7. Questi sono alcuni dei non trascurabili vantaggi offerti dai sistemi di si-
curezza e/o di assicurazione sociale. La maggior parte degli autori ravvisa il
principale difetto di questi modelli nell’assenza di un valido effetto deterren-
120
te , che potrebbe favorire fenomeni di moral hazard da parte dei potenziali
danneggianti e delle vittime. Gli ordinamenti che adottano integralmente pia-
ni no fault di sicurezza sociale non promuoverebbero quel confronto, provo-
121
cato dalla litigation , sulle problematiche di interesse comune e, soprattutto,
guarderebbero con sfavore le azioni di rivalsa. L’esperienza italiana ha cono-
sciuto questo fenomeno proprio in riferimento a quegli istituti che sono mag-
giormente ispirati a regole di social security. Da un lato non ha contemplato
alcuna azione di rivalsa in materia di danni da vaccinazioni obbligatorie, da
trasfusioni e da somministrazione di emoderivati infetti. Dall’altro ha previsto
azioni di regresso e/o di surroga in tema di vittime del terrorismo, di respon-
sabilità civile del magistrato, di impiego pacifico dell’energia nucleare e nel
122
settore degli infortuni sul lavoro .
118
Testualmente, A.L. MILLER, Le droit israélien, cit., p. 58.
119
Tra i tanti, A.L. MILLER, op. ult. cit., p. 58 s.
120
Sul punto, A.M. POLINSKY, An Introduction to Law and Economics, Little, 1989, p. 56 s.; K.S.
ABRAHAM, Insurance Law and Regulation, Foundation Press, 1990, p. 4 ss. Ridimensionano, invece,
le potenzialità deterrenti della responsabilità civile declamate dalle tradizionali teorie giuseconomi-
che, G.T. SCHWARTZ, Reality in the Economic Analysis of Tort Law: Does Tort Law Really Deter?, in
UCLA L. Rev., 1994, p. 263 ss.; R.L. ABEL, A Critique of Torts, cit., p. 785 ss.; R. PIERCE, Encoura-
ging Safety, cit., p. 1281 ss.; I. ENGLARD, The System Builders, cit., p. 27 ss. V’è anche chi ha sottoli-
neato come l’avvento del modello di social security non abbia diminuito il livello di deterrenza in
Nuova Zelanda (ad es., C. BROWN, Deterrence in Tort and No-Fault: The New Zealand Experience, in
California L. Rev., 1985, p. 976 ss.).
121
R.S. MILLER, Comments, cit., p. 631.
122
L’art. 10 della legge n. 302 del 1990 (vittime del terrorismo e della criminalità organizzata) ha
previsto la surroga dello Stato nei diritti spettanti al beneficiario verso i responsabili. Uno strumento
analogo è stato previsto, ad esempio, nel settore degli infortuni sul lavoro (sui limiti apposti dalla giuri-
sprudenza costituzionale all’azione di regresso dell’INAIL, D. POLETTI, Danni alla persona, cit., pp. 123
ss., 183 ss. e passim) e nel caso di responsabilità del magistrato, ma quest’ultima fattispecie risulta rara-
670 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
mente applicata. Anche l’art. 20, comma 2, della legge n. 1860 del 1962 sull’impiego pacifico dell’ener-
gia nucleare ha previsto la rivalsa dello Stato nei confronti dell’esercente colpevole dell’incidente. La
disciplina sulle vaccinazioni e sulle emotrasfusioni infette, invece, non prevede alcuna azione di rivalsa.
123
Questo aspetto preoccupa P. PERLINGIERI, Relazione di sintesi, in Le «responsabilità speciali».
Modelli italiani e stranieri, Napoli, 1993, p. 333.
124
In proposito v’è chi ha affermato (D. POLETTI, op. ult. cit., p. 315) che queste azioni «assolve-
ranno a funzioni essenzialmente ridistributive nei casi in cui il soggetto che indennizza il danneggiato
in luogo del responsabile non sia a questi legato da un rapporto di natura assicurativa»; qualora, in-
vece, la rivalsa sia esercitata da un assicuratore, «l’azione in esame potrebbe assumere un colorito in-
dubbiamente sanzionatorio».
125
È, questa, un’opinione ampiamente diffusa: con particolare riferimento al modello svedese, J.
HELLNER, The Swedish System, in Compensation for Personal Injury in Sweden and Other Countries,
Stoccolma, 1988, p. 17 ss.
126
M.J. TREBILCOCK, Incentive Issues, cit., p. 19 ss.
127
La Section 134 dell’Accident Rehabilitation and Compensation Insurance Act 1992 così recita:
«Levies paid or payable under the Accident Compensation 1982 shall be deemed to be premiums
paid or payable for the purposes of this Act».
128
Cfr. R.S. MILLER, An Analysis, cit., p. 1078 ss., il quale sottolinea le finalità deterrenti di tale
sistema.
129
La classe che riguarda i conducenti tra i 16 e i 24 anni «has a particularly high accident rate
and therefore has a disproportionate effect on public health costs. They often drive vehicles owned
by others, such as their parents, and this additional premium will impact on them directly when they
purchase petrol» (cfr. R.S. MILLER, op. ult. cit., p. 1082).
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 671
Nel futuro modello di riparazione dei danni alla persona, caratterizzato sem-
pre più dalla progressiva adozione di piani no fault di sicurezza e/o di assicu-
razione sociale, il complessivo finanziamento del sistema e il principio di re-
sponsabilità individuale possono essere realizzati attraverso un’efficiente ma-
novra sui premi e sui meccanismi d’imposizione e/o, eventualmente, mediante
una disciplina omogenea e coerente delle azioni di rivalsa, di surroga o di re-
gresso. Quando, ad esempio, il comportamento dell’autore dell’illecito è in-
tenzionale o particolarmente riprovevole, le regole di responsabilità possono
costituire il presupposto per far gravare – pur sempre in via successiva – sul
danneggiante l’intero costo dell’incidente, con l’applicazione di una sanzione
130
civile o penale . Venuta meno la preoccupazione di assicurare alla vittima
una riparazione rapida e integrale, sia gli strumenti dei premiums – fondati sul-
131
la experience rating – o degli user charges, sia i meccanismi impositivi e le
azioni di rivalsa possono svolgere finalità di finanziamento, ma anche di pre-
venzione e di deterrenza.
Secondo un altro diffuso luogo comune, i modelli di social security sareb-
bero incompatibili con il principio di riparazione integrale. In effetti, la mag-
gior parte dei sistemi di sicurezza e/o di assicurazione sociale ha adottato mec-
canismi di indennizzo automatico che propongono una valutazione forfetaria
e standardizzata dei danni. Anche i modelli israeliano, canadese e neozelande-
se hanno stabilito limiti assai rigorosi per la liquidazione sia dei danni alla sa-
lute, sia dei pregiudizi c.d. non pecuniari (pain and suffering, loss of amenities
of life, ecc.). Ma questa volta è proprio l’ordinamento italiano a fornire utili
suggerimenti. Da un lato la disciplina a favore delle vittime del terrorismo e
delle stragi (D.P.R. n. 181 del 2009) e il Codice delle assicurazioni private (artt.
138 e 139 d.lgs. n. 209 del 2005) hanno disposto il risarcimento dei danni sulla
base del sistema del punto percentuale di invalidità. Dall’altro, la Corte costi-
tuzionale ha affermato il diritto alla piena e integrale riparazione anche per i
danni alla salute derivanti da infortuni sul lavoro o da malattie professionali,
consentendo al lavoratore di ottenere dall’INAIL il risarcimento del danno
biologico oltre il valore capitale della rendita previdenziale e promuovendo, a
tal fine, la complessiva riforma del sistema assicurativo. Il d.lgs. n. 38 del 2000
rappresenta il necessario adeguamento di tale sistema ai principi ordinanti, sia
130
Sul ruolo deterrente delle sanzioni penali e della regolamentazione amministrativa v., in vario
senso, N.K. KOMESAR, Injuries and Institutions: Tort Reform, Tort Theory, and Beyond, in N.Y.U.L.
Rev., 1990, p. 30 ss.; P. DUEFFERT, The Role of Regulatory Compliance in Tort Actions, in Harv. J.
Legisl., 1989, p. 175 ss.; K.D. LOGUE, Solving the Judgment-Proof Problem, in Texas L. Rev., 1994, p.
1375 s.; tuttavia, C.T. BOGUS, War on the Common Law: The Struggle at the Center of Products Lia-
bility, in Missouri L. Rev., 1995, p. 1 ss. La dottrina dubita sempre più che il libero mercato e la re-
sponsabilità civile siano in grado di promuovere efficacemente la prevenzione degli incidenti: cfr., ad
es., C. SUNSTEIN, After the Rights Revolution, Cambridge, 1990, passim.
131
Nell’esperienza neozelandese «the introduction of experience rating» è considerata «an essen-
tial part of the change in emphasis towards an insurance scheme funded by premiums» (R.S. MILLER,
op. ult. cit., p. 1081).
672 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
sotto il profilo della riparazione del danno biologico del lavoratore, sia in rela-
zione ai criteri di valutazione e di liquidazione.
Il principio di riparazione integrale, quindi, può costituire il fondamento
essenziale anche dei sistemi di sicurezza e/o di assicurazione sociale. In tali mo-
delli, se si vogliono evitare le disfunzioni, i disservizi e le lungaggini della giu-
stizia ordinaria, sarebbe possibile prevedere la costituzione di speciali com-
missioni miste o di collegi arbitrali, composti, ad esempio, da medici legali, da
docenti universitari, da magistrati onorari e da altri esperti del settore, che
possano svolgere la loro attività con competenza e celerità.
«Responsabilità assoluta limitata» e «responsabilità per colpa (presunta) il-
132
limitata» sono espressioni che non indicano dogmatiche e sempiterne cer-
tezze. Tali esperienze appartengono alla fase di transizione dei sistemi di ripa-
razione e possono senz’altro trovare opportuna modifica nei futuri modelli di
sicurezza e/o di assicurazione sociale. Superati quegli ingiusti e macchinosi
criteri di liquidazione che facevano riferimento agli automatismi tabellari, al
reddito nazionale pro capite o al triplo della pensione sociale, i danni alla per-
sona possono essere risarciti integralmente anche all’interno di sistemi di social
security, coniugando i criteri di valutazione in astratto con quelli in concre-
133
to , ricercando un metodo che, da un lato, si fondi su un’uniformità pecunia-
ria di base e che, dall’altro, permetta una valutazione in concreto, personaliz-
zata e flessibile la quale adegui la riparazione alle caratteristiche della vittima e
della fattispecie concreta (gravità e natura delle lesioni, età, condizioni perso-
nali, familiari e sociali, durata del periodo di invalidità, sesso, incidenza della
menomazione sulla vita quotidiana e ricreativa, prevedibili danni futuri, perdi-
ta di chances, ecc.).
132
Sembra insistere su queste qualificazioni, invece, come se avessero un valore assoluto, D. PO-
LETTI, Danni alla persona, cit., p. 284 ss. La quale ribadisce, ma in maniera più sfumata, tale conce-
zione nell’esaminare (D. POLETTI, Il danno alla persona tra responsabilità civile e sicurezza sociale, in
Riv. crit. dir. priv., 1998, p. 752, in nota 62) la proposta (avanzata in A. PROCIDA MIRABELLI DI LAU-
RO, I danni alla persona, cit., p. 815 ss.) di conciliare i modelli di sicurezza e/o di assicurazione sociale
con il principio di riparazione integrale dei danni alla persona. Secondo l’A. si configurerebbe «non
più un sistema “puro” di sicurezza sociale, ma un sistema “misto”, che unisce a regole strutturali di
sicurezza sociale volte a garantire in ogni caso il ristoro al danneggiato […], criteri valutativi desunti
dalla responsabilità civile, che, attraverso una liquidazione “para-giurisdizionale” del danno […],
dovrebbe adattare la misura del “quantum” alle peculiarità del caso di specie». Ma la qualificazione
della nostra ricostruzione quale modello “misto” trova ancora fondamento nella convinzione dell’A.
secondo la quale i modelli di sicurezza sociale non potrebbero giammai essere ispirati al principio di
riparazione integrale.
133
I necessari approfondimenti in A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Valutazione e liquidazione,
cit., p. 96 ss. La letteratura francese è la più avvertita su tale problema: già, N. DEJEAN DE LA BATIE,
Appréciation, cit., p. 292 ss.; M.È. ROUJOU DE BOUBÉE, Essai, cit., p. 37 ss. Anche la Cassazione vieta
ai giudici di merito di applicare automaticamente parametri astratti e prestabiliti e censura quelle sen-
tenze nelle quali si decide senza ricercare l’entità reale del danno quale risulta dalla sua valutazione in
concreto: cfr., ad es., Cass. soc., 21 marzo 1979, in Rec. Dalloz, 1979, Inf. rap., p. 439; Cass. com., 2
ottobre 1979, in Bull. civ., 1979, p. 194, n. 241; Cass civ., 5 aprile 1973, ivi, 1973, p. 108, n. 136; Cass.
soc., 27 gennaio 1971, in Rec. Dalloz, 1971, Jur., p. 341.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 673
147 148
zione di nuove frontiere , di inediti modelli e funzioni che non sono sem-
pre riconducibili ai tradizionali compiti di sanzione e punizione dei compor-
tamenti dannosi, ma che privilegiano una riparazione integrale e incondiziona-
ta delle lesioni all’integrità psicofisica e alla libertà e dignità della persona.
Questa tipologia di danni, nell’esperienza europea e comparata, è divenuta la
categoria primaria e ordinante l’intero settore delle responsabilità. Da un lato
la nozione di specific deterrence concerne sempre più l’efficienza economica
del sistema, allontanandosi dalle generiche finalità di punizione suscitate dal
149
timore della sanzione . Dall’altro, i meccanismi di riparazione dei danni, pur
nel loro diverso atteggiarsi, abbandonano la logica retributiva e individualisti-
ca della responsabilità per colpa e realizzano funzioni di garanzia proprie dei
150
modelli di sicurezza sociale .
Il ridimensionamento del ruolo della faute, l’emancipazione dei modelli di
riparazione dai tradizionali sistemi di imputazione della responsabilità, la valo-
rizzazione di interpretazioni sempre più oggettive delle regole e delle discipli-
ne speciali, l’elaborazione delle nozioni di rischio e di esposizione al perico-
151
lo , la rottura della struttura bilaterale del rapporto a favore di istanze perso-
nalistiche e di controllo sociale, l’utilizzo – nei settori maggiormente a rischio
(attività nucleari, inquinamento da idrocarburi, ecc.) – di sistemi di canalizza-
zione dei torts coniugati a un obbligo di assicurazione e alla istituzione di fon-
di internazionali di indennizzo, il riconoscimento di «diritti propri della vitti-
152
ma» e l’esigenza di massimizzare le opportunità di tutela per determinate
categorie di soggetti qualificati (consumatore, lavoratore, pedone, emotrasfu-
so, ecc.), la progressiva estensione dell’area di operatività delle assicurazioni
sociali e dei fondi di garanzia contribuiscono a configurare, anche nell’espe-
153
rienza italiana, un diritto delle responsabilità che è in parte ispirato alla fun-
zione solidaristica dei modelli di Social security. Non sembra che tale tendenza
possa essere revocata in dubbio dai tentativi di «recuperare alla sua purezza
154
normativa» la regola generale di responsabilità o di decantare «la verdeur de
147
Sul primo aspetto, R. SAVATIER, Vers la socialisation, cit., p. 9 ss.; G. VINEY, Le déclin, cit., p.
3 ss. e passim. Sul secondo, F.D. BUSNELLI, Nuove frontiere, cit., p. 62 ss.; S. RODOTÀ, Le nuove fron-
tiere, cit., p. 22 ss.; M. LIBERTINI, Le nuove frontiere, cit., p. 85 ss.
148
S. RODOTÀ, Modelli e funzioni, cit., p. 596 ss.
149
Con la consueta chiarezza, J. FLEMING, C’è un futuro per i torts?, cit., p. 276.
150
Significativi spunti sono in B. STARCK, Droit civil. Obligations, cit., p. 18 ss.
151
Nell’esperienza italiana cfr., ad es., P. TRIMARCHI, op. ult. cit., passim, e M. COMPORTI, Espo-
sizione al pericolo, cit., p. 99 ss.
152
Testualmente, Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 920 s.
153
Il Cons. const., 22 ottobre 1982, in Rec. Dalloz, 1983, Jur., p. 189, ad esempio, afferma la va-
lenza costituzionale della regola «toute faute dommageable appelle réparation» e considera illegittime
le norme che lasciano senza risarcimento i danni subiti in occasione dei conflitti collettivi di lavoro.
Per ulteriori riferimenti, F. LUCHAIRE, Les fondements constitutionnels du droit civil, in Rev. trim. dr.
civ., 1982, pp. 246 ss., 325.
154
Così F.D. BUSNELLI, La parabola, cit., p. 674, il quale, tuttavia, non suggerisce un «ritorno alla
concezione riduttiva e sanzionatoria della responsabilità civile», ma auspica la proiezione dell’art.
676 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
155
la faute» fino a proporne la sua restaurazione . La commedia della responsa-
156
bilità civile si arricchisce di inedite vicende che ne modificano la struttura e
la funzione: le nuove fattispecie di imputazione e di riparazione dei danni non
possono più essere considerate come le eccezioni alla regola della responsabi-
lità per colpa, ma richiedono una valutazione finalmente sistematica che per-
metta di ridurre a unità la molteplicità delle discipline di settore nell’ambito di
un coerente ed efficiente modello di sicurezza e/o di assicurazione sociale.
La tradizionale responsabilità civile, in un’epoca non più interessata all’azio-
157
ne individualistica, «occupa una posizione a mezza via» e sempre più dimes-
sa, usurpa al diritto penale le funzioni di punizione e di vendetta, fa gravare
sulla vittima il costo sociale di quei danni per i quali non sia possibile provare
la colpa del convenuto, considera meritevole di tutela soltanto chi sia capace
di addossare il danno alla altrui trasgressione. Oggi il Tort Law comporta enor-
mi spese aggiuntive di amministrazione «senza che ne benefici chi, essendo
158
vittima del danno, sopporta il costo primario dell’evento pregiudizievole» .
Anche l’impresa è sempre meno misurabile con il parametro della diligenza,
159
«al quale è sottesa una realtà puramente umana di scelte e volizioni» . Lo
stesso tenace attaccamento alla nozione di deterrenza sembra essere un dispe-
rato tentativo di conservare un ideale di libero mercato in un sistema decisa-
160
mente volto alla socializzazione . I modelli di social security, senza emulare la
161
«lotteria forense» o la «pentola d’oro» promessa dai torts , permettono di
riparare ogni lesione all’integrità della persona estendendo l’area dei danni ri-
sarcibili, favoriscono la riabilitazione sociale e professionale della vittima, ridi-
stribuiscono il costo dei danni in un vasto raggio mediante gli strumenti d’im-
posizione fiscale e la disciplina dei premi, allocano in modo efficiente le risor-
162
se riducendo al minimo gli sprechi causati alla società dagli incidenti , com-
2043 c.c. «verso il territorio magmatico della casistica non ancora tipizzata dal legislatore o insuscet-
tibile di tipizzazione legislativa».
155
Secondo le proposte di P. LE TOURNEAU, La verdeur de la faute dans la responsabilité civile (ou
de la relativité de son déclin), in Rev. trim. dr. civ., 1988, p. 505 ss., e di A. DORSNER DOLIVET, Con-
tribution à la restauration de la faute, Paris, 1986, p. 75 ss. Tale orientamento, senz’altro minoritario
nell’esperienza europea, trova convinti sostenitori nell’ambito del diritto angloamericano: oltre agli
aa. citati fin qui, cfr. J.S. JOHNSTON, Punitive Liability: A New Paradigm of Efficiency in Tort Law, in
Columbia L. Rev., 1987, p. 1385 ss.; T. HONORÉ, Responsibility and Luck, in L. Quarterly Rev., 1988,
p. 530 ss.
156
La metafora è di F. GALGANO, La commedia della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv.,
1987, p. 191 ss.
157
J. FLEMING, C’è un futuro per i torts?, cit., pp. 271 e 285.
158
C. CASTRONOVO, Alle origini, cit., p. 75.
159
Lo sottolinea C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 75 s., per il quale «la conclusione non può che
essere la responsabilità oggettiva dell’impresa».
160
Così J. FLEMING, op. ult. cit., p. 284.
161
Le espressioni sono, rispettivamente, di T.G. ISON, The Forensic Lottery, cit., p. 28 ss., e di J.
FLEMING, op. ult. cit., p. 287.
162
Cfr. J. FLEMING, op. ult. cit., pp. 284 e 275.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 677
Tort Law alla sicurezza sociale può prevedere forme temporanee di coesisten-
za caratterizzate da una lenta erosione dei confini delle responsabilità e da una
progressiva accumulazione dei piani di compensation fino alla loro fusione in
un modello unitario. Questo ulteriore passaggio è senz’altro il più complesso,
poiché richiede alla dottrina e al legislatore la capacità di progettare un siste-
ma che sia, nel contempo, fondato sull’efficienza e sulla giustizia. La Costitu-
zione, nel tutelare particolarmente la persona (art. 2) e la sua integrità psicofi-
sica (art. 32), nel disporre il diritto all’assistenza sociale per il «cittadino inabi-
le al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere» (art. 38, comma 1), nel
garantire ai lavoratori i «mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di in-
fortunio, malattia, invalidità e vecchiaia» (art. 38, comma 2), delinea un mo-
171
dello di sicurezza sociale (art. 38, comma 4) che non ha avuto ancora attua-
zione.
La necessità di riparare in modo uniforme i danni che rappresentano la
violazione di interessi particolarmente protetti, senza ingiustificate disparità di
trattamento (art. 3 Cost.), suggerisce di sostituire, anche nel sistema italiano, il
meccanismo dell’assicurazione di responsabilità con un unitario modello di si-
curezza o di assicurazione sociale. Il problema da risolvere non è soltanto quello
di internalizzare in modo efficiente il costo degli incidenti: le scuole nord ame-
ricane di law and economics indicano, sia pure con evidenti oscillazioni e re-
172
pentini revirements, le strade percorribili e le soluzioni più idonee . Nel tempo
presente, un modello di social security può essere validamente proposto e, più
in generale, lo Stato sociale può essere ancora legittimamente difeso, di là da
anacronistiche rivendicazioni di immunità e di privilegi corporativi, soltanto se
si coniugano efficienza e giustizia. Ciò che preoccupa, e che oggettivamente
intralcia il cammino verso tale modello, è la tradizionale assenza di trasparenza
nella gestione delle assicurazioni sociali e l’eccessiva – e non sempre casuale –
173
burocratizzazione delle istituzioni . Anche un disegno che in astratto è su-
scettibile di risolvere in modo più giusto ed efficiente i problemi di imputa-
zione e di riparazione dei danni, in concreto può intraprendere percorsi tor-
tuosi e rivelarsi velleitario nel momento in cui si confronta con i limiti culturali
e morali dei soggetti preposti al funzionamento delle pubbliche istituzioni.
171
Sottolinea «la natura tipicamente pubblicistica delle assicurazioni sociali oggi esistenti», F.D.
BUSNELLI, op. ult. cit., p. 236, sulla scia di Corte cost., 28 aprile 1976, n. 91, in Foro it., 1976, I, c.
1445, e di Corte cost., 6 giugno 1974, n. 160, ivi, 1974, I, c. 1965.
172
In proposito, G.L. PRIEST, L’assicurazione obbligatoria, cit., p. 42, rileva che «il vero problema
[...] non è la misura del risarcimento [...] quanto, piuttosto l’esternalizzazione (cioè, il trasferimento)
dei costi derivanti dagli incidenti».
173
Tali preoccupazioni riguardano anche sistemi giuridici e sociali considerati più evoluti di quel-
lo italiano (cfr., ad es., A.L. MILLER, Le droit israélien, cit., p. 61 s.). Afferma che «Les inconvénients
de l’étatisation sont aussi bien connu, surtout pour un pays aussi fortement centralisé que la France:
lordeur administrative, inefficacité, immobilisme et irresponsabilité des préposés au règlement des
sinistres», C. BELLEAU, in A. Tunc (a cura di), Pour une loi, cit., p. 211.
INDICE DEGLI AUTORI
Aagaard T.S. V (19) Astuti G. X (3), X (3)
Abadir R. VIII (331) Atias-Letrémy C. VIII (245)
Abel R.L. XI (80) Atiyah P.S. II (301), V (21), X (96)
Abraham K. XI (6), XI (120) Aubert J.L. I (718), VII (211)
Addis F. I (46) Aubert J.L., Flour Y., Savaux E. VII
Afferni G. I (59) (184)
Agnino F. II (166) Aubry C., Rau C. II (2)
Ajani G. X (67) Avio A. XI (62)
Allocca V. IV (432) Aynès L. VII (133)
Alpa G. I (2), I (5), I (32), II (34), II (65), Azzalini M. VI (234)
III (74), VI (156), IX (3), XI (70)
Alpa G., Bessone M. XI (38) Balandi G. XI (60)
Alpa G., Bonell J.M., Corapi D., Moccia Baldassarre C. I (85), II (254)
L., Zeno Zencovich V. V (15) Barassi L. III (73)
Alpa G., Bonell J.M., Corapi D., Moccia Barba V. IV (444)
L., Zeno Zencovich V., Zoppini A. I Barcellona E. I (587)
(2), X (127) Barcellona M. I (21), I (58)
Alpa G., Fusaro A. I (667) Barcellona P. III (45)
Amato C. I (57), XI (10) Bargagna M. III (206)
Amran D. IV (433) Bargagna M., Busnelli F.D. III (206)
Anderson L.J. V (19) Barni M. III (206)
Angelici C. I (6), XI (66) Barnsley D.G. X (158)
Annand R.E. X (98) Barnsley D.G., Smith P.W. X (113)
Arndts L. III (39) Barrot R. XI (48)
Arnone G.M.D. II (89), IV (470), VI Barton J.L. X (112)
(183) Batà A. III (20)
Ascoli A. III (12) Battersby G. X (113)
Asquini A. VIII (1), VIII (1), VIII (19), Baudouin J.L. XI (17)
VIII (23), VIII (50) Baudry-Lacantinerie G., Barde L. X (16)
Astore M., Locuratolo E. I (84) Baur F. X (84)
I numeri romani si riferiscono ai capitoli; quelli arabi alle note in cui gli Autori sono citati per inte-
ro la prima volta.
680 INDICE DEGLI AUTORI