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STUDI DI DIRITTO CIVILE E COMPARATO

Collana diretta da
Rocco Favale, Maria Feola e Antonino Procida Mirabelli di Lauro

4
Volumi Pubblicati

Sistemi Giuridici Comparati


1. L.-J. Constantinesco, La scienza dei diritti comparati, edizione italiana di R. Favale,
2003.
2. A. Procida Mirabelli di Lauro, La responsabilità civile. Strutture e funzioni, 2004.
3. A. Procida Mirabelli di Lauro - M. Feola, La responsabilità civile, 2008.

Studi di Diritto Civile e Comparato


4. A. Procida Mirabelli di Lauro - M. Feola, La responsabilità civile. Contratto e torto,
2014.
ANTONINO PROCIDA MIRABELLI DI LAURO
MARIA FEOLA

LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CONTRATTO E TORTO

G. GIAPPICHELLI EDITORE – TORINO


© Copyright 2014 - G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO
VIA PO 21 - TEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100
http://www.giappichelli.it

ISBN/EAN 978-88-348-4925-5

Questa pubblicazione si colloca nell’ambito della Ricerca «Corti, dottrina e società inclusiva: l’impatto
dei formanti dottrinali sulle Corti di vertice» (PRIN 2010-2011 cofinanziato MIUR) – Unità di
Ricerca dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” – Responsabile scientifico A. Procida Mi-
rabelli di Lauro.

Il volume è stato sottoposto, in forma anonima, alla valutazione di referee.

Stampa: Stampatre s.r.l. - Torino

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Agli Studenti e ai Docenti
dell’Ateneo Fridericiano
VIII LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ANTONINO PROCIDA MIRABELLI DI LAURO


è autore, in via esclusiva, dei
Cap. II (§§ 1 - 5; 7-16) (pp. 107-124; 128-165)
Cap. III (§§ 1-14) (pp. 167-223)
Cap. IV (§§ 8-20) (pp. 249-293)
Cap. X (§§ 1-8) (pp. 601-641)
Cap. XI (§§ 1-8) (pp. 643-678)

MARIA FEOLA
è autrice, in via esclusiva, dei
Cap. I (§§ 1-19) (pp. 1-106)
Cap. II (§ 6) (pp. 124-128)
Cap. IV (§§ 1-7) (pp. 225-249)
Cap. V (§§ 1-10) (pp. 295-337)
Cap. VI (§§ 1-10) (pp. 339-375)
Cap. VII (§§ 1-17) (pp. 377-443)
Cap. VIII (§§ 1-13) (pp. 445-515)
Cap. IX (§§ 1-13) (pp. 517-599)
INDICE SOMMARIO

pag.

CAPITOLO PRIMO
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E
TORTO. OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ, SCHUTZPFLICHTEN ED
EFFETTI DI PROTEZIONE DEL CONTRATTO RISPETTO A TERZI
1. I rapporti tra illecito civile e obbligazione e le mobili frontiere della re-
sponsabilità civile. La circolazione dei modelli germanici e francesi e
l’emersione, nella nostra giurisprudenza, di significative ipotesi che testi-
moniano le attuali interferenze tra le due specie della responsabilità civile.
La proposta di un “diritto comune” delle responsabilità che ponga al cen-
tro del dibattito i modelli di imputazione e i differenti regimi probatori 3
2. Segue. La controversa responsabilità da “contatto sociale” e la sua so-
vrapposizione alla tematica degli obblighi di protezione. La responsabi-
lità precontrattuale. Un problema terminologico: doveri, obblighi od
obbligazioni di sécurité 16
3. La scoperta, nella Francia del XIX secolo, dell’obbligazione di sécurité-
résultat e il fenomeno del rafforzamento del contenuto obbligatorio del
contratto. Le ragioni sociali che spingono ad una nuova definizione dei
rapporti tra responsabilità contrattuale e delittuale. Le contrapposizioni
dogmatiche della dottrina 25
4. I primi tentativi di utilizzare l’obbligazione di sécurité nel settore della
sicurezza sul lavoro e in materia di trasporto e la preferenza per la rego-
la di responsabilità oggettiva delittuale fondata sul “rischio creato” dal
fatto delle cose inanimate. Lo scetticismo della dottrina verso l’idea di
un’obbligazione inserita «a viva forza nel contratto» 27
5. L’obbligazione di sécurité nelle Corti francesi del XIX secolo. Dall’ap-
plicazione della disciplina delittuale per faute prouvée alla progressiva
espansione delle regole della responsabilità contrattuale. L’evoluzione
tripartita della giurisprudenza: verso la fine del “regno incontrastato”
della responsabilità delittuale per colpa 31
VIII INDICE SOMMARIO

pag.
6. Il revirement della Cassazione del 21 novembre 1911. L’obbligazione di
sécurité del vettore di condurre il passeggero «sano e salvo a destina-
zione». L’applicazione della norma generale sull’inadempimento (art.
1147 code civ.) e la limitazione delle cause di esonero al caso fortuito,
alla forza maggiore o alla faute della vittima 38
7. Il leading case del 21 aprile 1913. L’estensione dell’obbligazione di
sécurité al trasporto ferroviario, anche in assenza di un contratto: la sti-
pulation pour autrui tacite dell’Amministrazione postale «nell’interesse»
dei suoi agenti. L’introduzione di un regime di responsabilità oggettiva
contrattuale e le similitudini con la disciplina della responsabilità delit-
tuale del custode per il fatto della cosa (art. 1384, comma 1) 42
8. Segue. La ricezione dell’obbligazione di sécurité nella legge belga del 25
agosto 1891, nella legge lussemburghese dell’8 febbraio 1908, nell’art.
688, comma 2, del codice libanese e nella giurisprudenza italiana. La
progressiva espansione delle obbligazioni di sécurité all’intero settore
del trasporto di persone, ai contratti considerati “analoghi” e a fattispe-
cie del tutto distinte 46
9. La responsabilità extracontrattuale nel diritto tedesco e le differenze
con i modelli francese e italiano: la tipizzazione del sistema e l’irrisar-
cibilità dei “danni puramente economici”. La trasposizione in ambito
contrattuale (§ 278 BGB) della responsabilità per il fatto altrui (ex §
831 BGB) e l’allineamento alle esperienze francese e italiana nella con-
formazione di una regola di responsabilità oggettiva, che ora è contrat-
tuale (§ 278 BGB), ora è delittuale (artt. 1384 Code civ.; 2049 c.c.) 49
10. Le “lacune” del BGB in tema di turbative dell’adempimento: l’impossi-
bilità (Unmöglichkeit der Leistung), il ritardo (Verzug) e il problema
dell’adempimento puntuale ma difettoso (c.d. schlechte Erfüllung). La
“scoperta” delle violazioni positive del contratto e la sua influenza sul
pensiero giuridico del XX secolo 56
11. Il successo della teoria pVV nella giurisprudenza del RG e del BGH
nelle ipotesi di rifiuto di adempimento, di messa in pericolo dello scopo
del contratto e di “risoluzione”. I contributi di H. Staub e di He. Stoll:
l’ampliamento della struttura del rapporto obbligatorio che, oltre alla
prestazione (Hauptpflicht), comprende una serie di obblighi integrativi
(Nebenpflichten), i quali partecipano a completare lo scopo positivo
dell’obbligazione, a tutela della salute e della proprietà delle parti e di
terzi 62
12. L’affermarsi della teoria degli obblighi di protezione (Schutzpflichten) a
tutela di interessi “altri” delle parti e di terzi. La primordiale applica-
zione della disciplina del contratto a favore di terzi e lo sporadico ricor-
so alla Drittschadensliquidation. La giurisprudenza tedesca in tema di
contratto di trasporto 67
INDICE SOMMARIO IX

pag.
13. Segue. L’orientamento del Reichsgericht in tema di locazione e di con-
tratto d’opera: dal c.d. Tuberkulosefall al c.d. Gasuhrfall. La “volontà
ipotetica delle parti” derivante dallo “scopo del contratto” (§ 328, com-
ma 2, BGB). Le critiche all’applicazione del Vertrag zugunsten Dritter 70
14. I contributi di K. Larenz e di J. Gernhuber. Il conseguente orientamen-
to giurisprudenziale che, nel distinguere gli obblighi di protezione da
quelli di prestazione, riconosce l’autonoma esistenza dei primi anche
nei confronti di terzi. Il superamento, nel c.d. Capuzolfall, dello schema
del contratto a favore di terzi 73
15. L’ulteriore svolta della giurisprudenza tedesca: la comprensione, nella
sfera di protezione del contratto, dei danni meramente economici subiti
da terzi. Le critiche al c.d. Testamentfall. L’espansione dell’efficacia pro-
tettiva nei casi di culpa in contrahendo e di contratti nulli. La costruzio-
ne di un unitario rapporto obbligatorio di protezione che trova il suo
fondamento legale nella buona fede, sulla base di un «affidamento so-
cialmente rilevante» 76
16. Segue. La successiva “evoluzione” del BGH che, al fine di risarcire dan-
ni meramente economici, estende la sfera protettiva del contratto a “ter-
zi” portatori di interessi divergenti e/o contrapposti rispetto a quelli del
creditore. Le “pietre dello scandalo”: Lastschriftverfahren-Fall, Konsul-
fall e Dachbodenfall. Le critiche della dottrina: la sostanziale disomoge-
neità nei riguardi del modello tradizionale di Schutzwirkung für Dritte 80
17. Il Gesetz zur Modernisierung des Schuldrechts: la riforma della disciplina
delle “perturbative dell’adempimento” e la “positivizzazione” di una
clausola generale di responsabilità contrattuale (§ 280 BGB). La rice-
zione degli obblighi di protezione (§ 241, comma 2, BGB) e l’equipa-
razione tra Leistungsebene e Schutzebene. La disciplina della culpa in
contrahendo (§ 311 BGB) quale rimedio alle ipotesi più contestate di
Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte 84
18. Rilievi conclusivi. Le affinità strutturali e funzionali tra obbligazioni di
sécurité e obblighi di protezione. La Schuldrechtsmodernisierung quale
conferma dell’evoluzione comune che caratterizza la scienza giuridica
euro-continentale in materia di responsabilità contrattuale. Le diver-
genze tra le esperienze francese e tedesca in merito agli effetti (protetti-
vi) del contratto riguardo a terzi. L’abbandono del modello di respon-
sabilità contrattuale in materia di danno da prodotti 89
19. Segue. L’osservanza, in Francia, del principio de l’effet relatif des con-
trats secondo il consueto modello regola-eccezione. La nozione di “op-
ponibilità” degli effetti del contratto nei riguardi di terzi quale fonda-
mento della responsabilità delittuale da inadempimento. La teoria dei
groupes de contrats come “eccezione” al principio di relatività. Verso un
allineamento tra le esperienze francese e tedesca: dall’efficacia esterna
del rapporto di protezione, alla sua consolidazione “all’interno” del
rapporto obbligatorio 97
X INDICE SOMMARIO

pag.
CAPITOLO SECONDO
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI
DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE
1. Il modello italiano di responsabilità delittuale quale intricato compro-
messo tra i sistemi francese e tedesco. Il faticoso itinerario giurispru-
denziale dell’ingiustizia del danno e l’attuale tendenza alla “contrattua-
lizzazione” della responsabilità civile. Le contraddizioni del sistema di
riparazione del danno non patrimoniale 108
2. La limitazione della tutela civilistica della persona alla sussistenza di un
fatto di reato. La storia delle “occasioni mancate” della giurisprudenza
costituzionale. La sentenza della Consulta n. 87 del 1979 e le incom-
prensioni della dottrina 111
3. I meriti della sentenza n. 184 del 1986 della Corte costituzionale. Il ruo-
lo dell’ingiustizia (ex art. 2043 c.c.) nel risarcimento dei danni alla per-
sona. Il processo di “erosione” del danno non patrimoniale: il danno
morale soggettivo. I fraintendimenti in merito alla dicotomia “danno-
evento”/“danno-conseguenza” 114
4. I demeriti della sentenza n. 372 del 1994 della Consulta. Vita e salute
come beni «ontologicamente» diversi: la non risarcibilità del danno da
morte immediata. Le pecche, logiche e giuridiche, del criterio “crono-
metrico” 117
5. Segue. Il censurabile orientamento in tema di danno “da morte” quale
conseguenza dell’adesione ai dogmi della teoria differenziale. La perdi-
ta della vita e la lesione della salute come identici danni-eventi ingiusti,
risarcibili sulla base di un sistema a-reddituale di liquidazione. Gli
escamotages della Cassazione per il danno patito iure proprio dalla vit-
tima: il danno catastrofico «da sofferenza esistenziale» 120
6. Segue. L’involuzione dell’orientamento della Cassazione in tema di
danno da morte: il “danno biologico terminale”. L’assenza di una tutela
privatistica del diritto alla vita, protetto con il solo strumento della san-
zione penale. Il revirement prospettato obiter dictum da Cass. n. 15760
del 2006 124
7. Il danno psichico. L’inadeguatezza dei parametri della permanenza o
della temporaneità della lesione: il ruolo dell’intensità del dolore. Verso
il superamento del danno morale soggettivo. La risarcibilità dei danni
neurologici, psicologici, psichici e morali 128
8. Il danno riflesso: la sua risarcibilità anche nel caso di sopravvivenza del-
la vittima iniziale. Le interferenze con i danni “da morte”, psichico e
morale. Il préjudice d’affection come danno morale “ingiusto”, risarcibi-
le anche in assenza di un reato 133
INDICE SOMMARIO XI

pag.
9. Il c.d. danno esistenziale: critica dell’originaria concezione onnicom-
prensiva, che lo qualifica, per altro, come un danno-conseguenza. Il ri-
conoscimento giurisprudenziale e l’estensione dell’area dei danni risar-
cibili. L’esigenza di porre radicalmente in discussione l’ermeneutica bi-
polare 136
10. Il danno ambientale, risarcibile ai sensi degli artt. 2043 c.c. e 2 ss. Cost.
L’autonoma riparabilità del turbamento psichico transitorio in caso di
reato plurioffensivo. La lesione della reputazione personale quale dan-
no ingiusto risarcibile in re ipsa. Dalla riparabilità delle conseguenze
(patrimoniali o no) della lesione alla risarcibilità dell’evento dannoso in
quanto ingiusto 142
11. L’overruling della Cassazione (n. 1361 del 2014) in tema di danno «da
perdita della vita». La finzione del danno-conseguenza e la sua erronea
identificazione con la prova (presuntiva) del danno. L’impossibilità di
applicare la teoria differenziale ai danni immateriali 146
12. Segue. Il danno da perdita della vita è un danno biologico, ma non un
danno alla salute, che è alternativo rispetto al “danno biologico termi-
nale”. L’autonoma risarcibilità del danno morale “da (lucida) agonia” e
del «danno da perdita del rapporto parentale» 153
13. La valutazione e la liquidazione del danno da perdita della vita. Il pos-
sibile utilizzo del sistema tabellare 155
14. La preminenza del valore della personalità umana nella teoria dell’ille-
cito. Il principio di riparazione integrale in ordine alle nuove occasioni
di danno che prescindono dagli aspetti fisio-psichici dell’individuo.
Una rinnovata riflessione sulla struttura e sulla funzione degli artt. 2043
e 2059 c.c. 158
15. Segue. La vicenda paradigmatica dei danni alla persona, quale terreno
di scontro tra le due opposte correnti della Scuola bipolare. I limiti al
processo di “costituzionalizzazione” dell’art. 2059. L’ingiustizia quale
unico criterio selettivo del danno risarcibile 160
16. L’esigenza di rielaborare la stessa nozione di danno risarcibile. L’ambi-
to di non interferenza tra gli artt. 2043 e 2059 c.c. deve essere indivi-
duato nel rispetto delle diverse strutture e funzioni. L’art. 2059 c.c.
quale espressione di una funzione punitiva, operante qualora la condot-
ta integri in concreto «una fattispecie criminosa in tutti i suoi elementi
costitutivi». «In tutti gli altri casi», ogni danno è risarcibile in quanto
ingiusto, sulla base della generale funzione di compensation espressa
dall’art. 2043 c.c. 163
XII INDICE SOMMARIO

pag.
CAPITOLO TERZO
IL DANNO INGIUSTO.
PER UN SISTEMA MONOCENTRICO
DELLA RESPONSABILITÀ DELITTUALE
1. Il quadruplice malinteso nel quale incorre la teoria bipolare. A) Il profilo
sistematico: critica della tesi che ravvisa negli artt. 2043 e 2059 c.c. due
norme equi-ordinate che disciplinano simmetricamente le categorie dei
danni patrimoniali e non patrimoniali. La funzione ordinante dell’ingiu-
stizia di cui all’art. 2043 è testimoniata dal carattere complementare e/o
speciale degli artt. 2044-2046, 2047-2054, 2055-2058 c.c. L’art. 2059 co-
me regola eccezionale che, attraverso l’art. 185 c.p., qualifica ipotesi di
danno arrecate da fatti di reato. L’art. 2043 quale norma primaria che di-
sciplina tutti i danni ingiusti non riconducibili all’art. 185 c.p. 168
2. B) Il profilo esegetico strutturale e la teoria generale del danno. Critica
della tesi che deduce dall’art. 1223 c.c. una nozione unitaria di danno
patrimoniale nelle responsabilità contrattuale e delittuale. L’argomento
comparativo: l’art. 1149 Code Nap. quale espressione del principio di
riparazione integrale. L’argomento logico sistematico: l’art. 2056 c.c.
come norma dettata in tema di valutazione di un danno che, in quanto
ingiusto, è già esistente e risarcibile (anche in forma specifica). L’errore
di inversione logica: la nozione giuridica di danno non può essere de-
sunta dalla natura del rimedio. L’ingiustizia quale unico elemento di
formalizzazione del “dover essere” del danno risarcibile 173
3. Segue. Il significato metodologico assunto dalla tutela della persona nel-
la elaborazione di una teoria generale della responsabilità civile. L’irri-
levanza del requisito della patrimonialità ai fini dell’esistenza del danno
risarcibile in denaro o in forma specifica. Il ruolo della eccessiva onero-
sità nella scelta del modello più efficiente di riparazione. Il c.d. arbitrio
della convenzione 178
4. Segue. La duplicazione tra danno ingiusto e danno patrimoniale. Il ca-
rattere polisenso di una concezione del danno in senso economico. Il
significato del sintagma danno ingiusto: il collegamento della norma pri-
maria (art. 2043) con l’intero sistema delle fonti 183
5. Segue. Il riferimento dell’ingiustizia al danno e non al fatto: il ridimen-
sionamento del ruolo della colpa; lo spostamento di attenzione dall’agen-
te alla vittima; l’oggettivazione del giudizio di responsabilità. Dalla le-
sione dei diritti soggettivi assoluti alla violazione degli interessi giuridi-
camente rilevanti. L’ingiustizia tra danno non iure e contra ius: la com-
plementarità tra le due teorie. Il giudizio di comparazione tra gli inte-
ressi in conflitto 187
INDICE SOMMARIO XIII

pag.
6. C) Il profilo funzionale. La generale funzione di compensation avverso
ogni danno ingiusto. Gli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. come norme applica-
bili ai soli danni «da reato»: le funzioni deterrente e afflittiva consento-
no di comminare punitive damages in relazione al grado di antigiuridici-
tà della condotta e alle condizioni economiche del responsabile 190
7. D) Il profilo della legittimità costituzionale. La tesi bipolare proponeva
un’ermeneutica dell’art. 2059 c.c. che era incostituzionale, poiché con-
dizionava la tutela dei «diritti inviolabili» della persona alla presenza di
un fatto di reato. Verso una lettura costituzionalmente legittima dell’art.
2059 c.c., nel rispetto della struttura e della funzione 195
8. Segue. Il contributo metodologico offerto da Corte cost. n. 184 del 1986.
La risarcibilità di ogni danno ingiusto sull’unico fondamento della «sus-
sistenza dell’illecito». L’art. 2 Cost. come clausola aperta e la sua diretta
efficacia nei rapporti interprivati 197
9. La nuova fisionomia del sistema di responsabilità civile a seguito degli
interventi della Cassazione e della Corte costituzionale nel 2003. La ge-
neralizzata riparazione dei danni non patrimoniali di là dal limite deri-
vante dall’art. 185 c.p., che viene giudicato «inoperante» in presenza
della lesione di interessi costituzionalmente rilevanti. Rilievi critici 201
10. La fisionomia del sistema sotto l’aspetto della struttura: a) i danni “non
patrimoniali” arrecati da condotte che integrano solo in astratto una
fattispecie di reato; b) gli «ulteriori casi di risarcibilità del danno non
patrimoniale estranei alla materia penale»; c) i danni “non patrimonia-
li” che rappresentano la violazione di interessi costituzionalmente rile-
vanti; d) i danni provocati da condotte che integrano in concreto una
fattispecie di reato. Il ruolo assorbente dell’ingiustizia e degli altri
«elementi costitutivi» previsti dall’art. 2043 c.c. 207
11. La fisionomia del sistema sotto il profilo della funzione. I rischi di una
«dolce morte» del modello bipolare: la sua possibile sopravvivenza sot-
to l’aspetto della funzione (afflittiva), in ordine ai danni arrecati da
condotte che integrano in concreto una fattispecie di reato «in tutti i
suoi elementi costitutivi» 210
12. Il falso problema del «danno-conseguenza»: la sua incidenza sul nesso
di causa, non sulla configurazione “ontologica” delle voci di danno. Il
danno (anche non patrimoniale) come evento dannoso «ingiusto» in sé
risarcibile, quale lesione di un interesse giuridicamente rilevante 213
13. L’esigenza di adottare parametri standard ma flessibili nella valutazione
e nella liquidazione del danno alla salute e degli altri danni non patri-
moniali. I limiti della valutazione equitativa. Il sistema introdotto dal
d.lgs. n. 209 del 2005 215
XIV INDICE SOMMARIO

pag.
14. Rilievi conclusivi. La morte (apparente) e la resurrezione di una «teoria
generale e monocentrica» della responsabilità civile. La necessità di una
svolta metodologica fondata sulla generale teoria del danno ingiusto,
che individui i limiti strutturali e funzionali dei singoli istituti (e dello
stesso art. 2059 c.c.) «nel» sistema della responsabilità civile. 221

CAPITOLO QUARTO
I DANNI NON PATRIMONIALI
SEZIONE I La nascita del danno esistenziale e i suoi rapporti con gli altri
danni non patrimoniali
1. Il riconoscimento del danno esistenziale e le discordanti posizioni as-
sunte dalla Cassazione. La distinzione ontologica con il danno biologico
e con il danno morale soggettivo 226
2. Il superamento della concezione “onnicomprensiva”. Il danno esisten-
ziale quale lesione di un interesse costituzionalmente rilevante 230
3. Gli equivalenti del danno esistenziale nel panorama giuridico contem-
poraneo: le esperienze inglese, tedesca e francese. Le analogie e le diffe-
renze con il loss of amenities of life e con il préjudice d’agrément 233
4. La progressiva espansione, in Italia, dell’area del danno non patrimo-
niale risarcibile. L’orientamento «nominalistico» della giurisprudenza
di merito che, sovente, ha confuso il danno esistenziale con quello mo-
rale. L’accoglimento della concezione pluralista delle “voci” del danno
non patrimoniale 238
5. Il tentativo di arginare la riparazione dei danni “micro-esistenziali” sul-
la base di un principio di tipicità dei danni non patrimoniali. Critica. Le
differenti soluzioni nelle responsabilità da torto e da contratto. L’atipi-
cità dei sistemi di responsabilità contrattuale e delittuale, con funzione
di compensation, con riguardo ai danni sia patrimoniali, sia non patri-
moniali 240
6. Segue. Le ulteriori critiche alla tesi della tipicità del sistema di ripara-
zione del danno non patrimoniale. Il carattere primario, prioritario e si-
stemico-assiologico del giudizio d’ingiustizia. Il danno “ingiusto” non
patrimoniale nella giurisprudenza della Cassazione 243
7. Il controverso orientamento sull’onere della prova. Il ricorso a valuta-
zioni prognostiche, a massime d’esperienza e a presunzioni: l’inversione
dell’onere della prova 246
INDICE SOMMARIO XV

SEZIONE II Il danno non patrimoniale secondo le Sezioni Unite


8. Il dibattito in tema di danno esistenziale e la sua incidenza negativa su
una pacata riflessione in tema di danni alla persona. Le incongruenze
del discorso generalizzante delle Sezioni Unite, che trova un insormon-
tabile ostacolo in molteplici testi di legge, anche di rango costituzionale 249
9. Il superamento della figura del danno morale soggettivo e il riconosci-
mento del danno “ingiusto” non patrimoniale. L’affievolimento della
teoria c.d. “consequenzialistica” e il ricorso alle valutazioni prognosti-
che e alla prova presuntiva 252
10. La pretesa tipicità dei “diritti inviolabili” e del sistema di riparazione
del danno non patrimoniale. La prospettiva dinamica del rapporto e il
giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto 255
11. I controversi criteri della «serietà del danno» e della «gravità della le-
sione» (recte, della “serietà della lesione” e della “gravità del danno”) 259
12. Il danno non patrimoniale “da inadempimento” e l’erroneo ricorso al
giudizio d’ingiustizia. Il mancato superamento dell’«espediente del cu-
mulo di azioni» 262
13. La tendenza riduzionista delle Sezioni Unite e la “globalizzazione” del
danno non patrimoniale. Critica 266
14. Segue. La confusione creata dall’indistinzione tra il danno biologico e il
danno morale. La liquidazione individualizzata di ciascuna “voce” dei
danni patrimoniali e non patrimoniali 269
15. I correttivi proposti per la liquidazione del danno biologico, al fine di
risarcire il danno morale consequenziale unitariamente al danno ana-
tomo-funzionale. Il distinto ruolo del giudizio di “personalizzazione” 272
16. La riparazione dei danni non patrimoniali sulla base delle diverse finali-
tà della responsabilità civile. L’autonomia strutturale e funzionale
dell’art. 2043 c.c. e degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. 276

SEZIONE III Il «nuovo statuto» dei danni non patrimoniali risarcibili


17. Il superamento, da parte del legislatore e della giurisprudenza, del fra-
gile impianto argomentativo edificato dalle Sezioni Unite. La prevedibi-
le “resurrezione” dei danni morali ed esistenziali 278
18. Segue. Il danno biologico, il danno morale e il danno esistenziale come
pregiudizi «ontologicamente diversi» e «tutti risarcibili» 283
19. Segue. Verso una nuova sistematica della responsabilità civile da torto e
da contratto. La suddivisione in due modelli strutturalmente e funzio-
nalmente distinti: la generale funzione di compensation e la finalità pre-
ventivo-punitiva della riparazione nei danni (patrimoniali e non patri-
moniali) da reato 289
20. Segue. Il superamento della semplificante contrapposizione tra “esi-
stenzialisti” ed “anti-esistenzialisti” e il nuovo statuto dei danni non pa-
trimoniali risarcibili 292
XVI INDICE SOMMARIO

pag.
CAPITOLO QUINTO
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES
1. L’orientamento che nega l’autonoma risarcibilità del danno da perdita
di chances, giudicandolo un escamotage per eludere le difficoltà relative
alla prova del nesso eziologico. L’evoluzione della nozione di causalità:
dalla “certezza” del diritto quale scienza esatta, a criterio d’imputazione
della responsabilità 296
2. Segue. Il diritto inglese e i limiti del modello all-or-nothing: “de-respon-
sabilizzazione” e “iper-responsabilizzazione” del danneggiante. La mag-
giore varietà del diritto statunitense: teoria “causale” dell’aumento del
rischio e risarcibilità del danno da perdita di chance of survival 298
3. L’espansione, nella giurisprudenza italiana, dell’area di riparazione del
danno da perdita di chances. Il superamento dell’originario orientamen-
to gius-lavorista. Critica della tesi che qualifica tale figura quale “lucro
cessante” presente o futuro 304
4. Il danno “ingiusto” da perdita di chances nel caso di lesione di interessi
pretensivi. Dalla concezione “eziologica”, all’idea della chance quale dan-
no risarcibile in sé, “per equivalente” o in forma specifica. La respon-
sabilità della P.A. nei riguardi del cittadino 308
5. Rapporto di causa e danno da perdita di chances nel settore della re-
sponsabilità del medico. Dalla giurisprudenza c.d. del 30% al giudizio
di «alto o elevato grado di credibilità razionale». Il risarcimento, da
parte della Cassazione, del danno da perdita di chances di guarigione o
di sopravvivenza, anche in presenza di una sentenza penale di assolu-
zione. L’autonomia tra le domande 312
6. Il falso dilemma della natura delittuale o contrattuale del danno da
perdita di chances, che è risarcibile sulla base dell’uno o dell’altro mo-
dello di responsabilità. Il problema nelle “obbligazioni senza prestazio-
ne”: irrilevanza dell’interesse protetto e inversione dell’onere della prova 319
7. Il danno da perdita di chances in Francia: i garde-fous. La prova del
danno e/o del rapporto causale. Il carattere «reale» e «serio» delle chan-
ces perdute. Il requisito della certezza del danno: la “sufficiente proba-
bilità” che la chance si sarebbe realizzata e la “certezza” che il vantaggio
previsto è stato irrimediabilmente perduto 324
8. La perdita delle «chances di realizzare un profitto o di evitare una per-
dita» quale «danno in sé risarcibile» che è «specifico e autonomo ri-
spetto al pregiudizio finale». Una conclusione divergente rispetto alla
dottrina francese: il danno da perdita di chances non è «futuro e aleato-
rio», bensì certo e attuale, poiché ha sempre ad oggetto chances irrime-
diabilmente perdute 328
INDICE SOMMARIO XVII

pag.
9. Critica della dottrina italiana che qualifica la perdita di chances come
danno emergente o come lucro cessante. La perdita di chances, quale fi-
gura generale di danno, può consistere in un danno emergente presente
e/o futuro, in un lucro cessante presente e/o futuro o in entrambi 330
10. La logica all-or-nothing, che è propria del diritto penale, non riguarda
la responsabilità civile. La destrutturazione del tema della causalità da
parte della dottrina di lingua inglese. Il rapporto causale quale strumen-
to d’imputazione dei danni. Contributory negligence e concorso di re-
sponsabilità. Il danno da perdita di chances quale strumento giusto ed
efficiente di valutazione dei competing interests delle parti, espressione
della generale funzione di compensation della responsabilità civile 333

CAPITOLO SESTO
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI
1. Il tradizionale orientamento della giurisprudenza italiana che, fin dal
1866, considera incerto ed aleatorio il danno circa l’esito sfavorevole
della lite. La ricerca di un nesso di causalità certo tra il fatto dell’ina-
dempimento e la soccombenza in giudizio. Il superamento del principio
di intangibilità dei giudicati 340
2. La proposta di ricorrere alla statistica giudiziaria. L’esigenza di una
stima “in concreto” nella valutazione (equitativa) di un danno già esi-
stente e risarcibile. Prognosi postuma e «certezza morale» del nesso di
causa 343
3. Le decisioni della Chambre civile e des Requêtes in tema di responsabili-
tà del professionista legale. La tendenza delle Corti a risarcire il danno
attraverso un processo fittizio, al fine di verificare le concrete possibilità
di vittoria del cliente in assenza della condotta negligente dell’avvocato.
Il presunto contrasto tra i giudicati 345
4. Le due tendenze della giurisprudenza francese. Le deviazioni dalla teo-
ria della perte d’une chance: chance «seria» di successo e certezza del
rapporto di causalità. Il principio secondo il quale «si ha sempre una
chance di vincere il peggiore processo e, viceversa, si corre sempre il ri-
schio di perdere la migliore causa» 348
5. L’evoluzione della giurisprudenza italiana: i criteri prognostici della
«ragionevole certezza» e della «ragionevole probabilità» riguardano non
la teoria della perdita di chances, ma la diversa prova del nesso eziologi-
co tra condotta negligente e “posta finale” 351
6. La prestazione professionale: diligenza e causa non imputabile. L’esten-
sione delle obbligazioni di sécurité e della disciplina in tema di presta-
zioni di facile esecuzione. Verso il superamento della partizione tra ob-
bligazioni “di mezzi” e di risultato 353
XVIII INDICE SOMMARIO

pag.
7. Il mutamento di prospettiva in tema di responsabilità del dottore com-
mercialista. La chance quale «entità patrimoniale a sé stante, giuridica-
mente ed economicamente suscettibile d’autonoma valutazione», la cui
risarcibilità è «conseguenza immediata e diretta del verificarsi d’un dan-
no concreto e attuale» 358
8. La rigorosa responsabilità del notaio: sul piano contrattuale, per l’ina-
dempimento di obblighi di prestazione o di protezione nei riguardi del-
le parti; sul piano extracontrattuale, per violazione del dovere di atten-
zione verso chiunque possa essere stato danneggiato da atti od omissio-
ni. La responsabilità nel compimento delle attività necessarie per il con-
seguimento del “risultato” voluto dalle parti 361
9. Verso uno statuto unitario delle responsabilità professionali. Il progres-
sivo distacco dal “modello classico”: dall’«obbligazione di mezzi con
presunzione di colpa» all’obbligazione di risultato. Il ruolo degli obbli-
ghi d’informazione 364
10. Il problema essenziale nella responsabilità del professionista legale: il
rapporto di causalità. Le incertezze perduranti in materia e la distinzio-
ne tra i danni «da mancata impugnazione» e da «perdita della possibili-
tà di impugnazione». Il nesso eziologico, certo e diretto, si situa tra la
condotta negligente e l’evento dannoso, consistente nel numero percen-
tuale delle chances perdute 370

CAPITOLO SETTIMO
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO
PER IL DANNO DA “NASCITA MALFORMATA”
1. La responsabilità del medico nelle varie ipotesi di bébé préjudice. Il danno
prenatale provocato da una condotta commissiva: in Francia e in Italia, il
professionista è responsabile in via contrattuale di tutti i danni, patri-
moniali e non, arrecati sia al soggetto nato malformato, sia ai genitori 378
2. L’omessa o erronea informazione quale inadempimento di un’obbliga-
zione “di risultato”. La nascita indesiderata di un bambino sano: la giu-
risprudenza d’oltralpe e la Cassazione italiana, a differenza del BGH,
escludono il risarcimento per l’assenza di un interesse protetto. Critica 380
3. Il danno prenatale che consegue all’inadempimento di un’obbligazione
d’informazione. Il Conseil d’État e la Cassazione italiana, in origine, ri-
conoscono il risarcimento dei danni a favore di entrambi i genitori, ma
non del minore. L’affermazione, da parte dell’Assemblée plénière, del
principio dell’integrale risarcibilità dei danni subiti dal fanciullo nato
malformato 383
INDICE SOMMARIO XIX

pag.
4. Segue. Critica della giurisprudenza italiana. La propagazione intersog-
gettiva delle conseguenze dell’illecito: l’estensione del risarcimento ai
danni mediati e indiretti che costituiscono effetti normali (regolarità
causale) del fatto 385
5. L’utilità di esaminare il dibattito d’oltralpe. Le critiche della dottrina
francese all’arrêt Perruche: le accuse di eugenismo e di eutanasia prena-
tale. Pur in presenza di differenti condizioni, le esperienze francese e
italiana riconoscono alla donna un “diritto” alla sua autodeterminazio-
ne. I «pretesi diritti di nascere (o di non nascere, “andicappato”)» 391
6. Segue. Il pregiudizio dei genitori, quale danno par ricochet, presuppone
la riparazione del préjudice immédiat in capo al fanciullo andicappato.
Il superamento dei rilievi mossi a tale tesi 396
7. L’inadempimento dell’obbligazione d’informazione nei confronti della
madre come “fatto” idoneo a ingenerare la responsabilità dei sanitari.
L’Assemblée plénière ravvisa una responsabilità del medico che è con-
trattuale nei confronti dei genitori e delittuale avverso il bambino. L’even-
tuale estensibilità degli effetti di protezione del contratto verso terzi 399
8. Il rapporto di causalità. La scelta, dei sistemi francese e italiano, per la
teoria della condicio sine qua non induce a ravvisare nell’inadempimen-
to degli obblighi d’informazione la “condizione essenziale” del processo
causale che, in assenza di fatti interruttivi, concorre a produrre l’evento
dannoso consistente nella “nascita malformata” 404
9. Le tesi che escludono la risarcibilità del danno sofferto dal minore an-
dicappato ora per l’assenza di un interesse protetto, ora perché lesivo
del valore della dignità umana. Il richiamo alle «categorie antropologi-
che fondamentali»: critica. L’interpretazione dell’art. 1 della l. n. 2002-
303, detta anche loi anti-Perruche 409
10. Il risarcimento del danno prenatale nel caso d’incertezza sulla decisione
che la donna avrebbe assunto. Le difficoltà di ricorrere ad una nozione
soggettiva di perdita di chance de décision. Il ruolo presuntivo delle
condizioni legali che prevedono l’aborto quale atto necessario a tutelare
la salute della donna 412
11. L’evoluzione della giurisprudenza italiana: il “danno esistenziale” dei
genitori causato dalla tardiva diagnosi delle malformazioni fetali della
figlia. Dall’inesistenza del «diritto a non nascere se non sano» all’affer-
mazione del «diritto a nascere sano». Il fondamento e le ragioni del-
l’overruling 415
12. Il revirement della Cassazione (n. 16754 del 2012) in tema di risarci-
mento del danno da «nascita malformata». Essere o non essere, non era
questo il problema: la critica di Cass. n. 14488 del 2004 e l’apprezza-
mento della «lunga e approfondita riflessione» contenuta nella sentenza
n. 10741 del 2009 420
XX INDICE SOMMARIO

pag.
13. Segue. La «condotta colpevole», la legittimazione soggettiva, l’evento di
danno e gli interessi tutelati 424
14. Segue. La «questione giuridica essenziale»: la sussistenza del rapporto
di causalità 427
15. Segue. Le responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del medico e
della struttura sanitaria (pubblica o privata) nei riguardi della gestante e
del minore. Il risarcimento del danno da «nascita malformata» come re-
sponsabilità delittuale da inadempimento. La prestazione sanitaria tra
obblighi di prestazione e obblighi di protezione. I limiti alla “contrat-
tualizzazione” della responsabilità 433
16. Segue. L’onere della prova nella responsabilità delittuale da inadempi-
mento 437
17. I danni (patrimoniali e non patrimoniali) risarcibili. Il danno da «nasci-
ta malformata» quale causa di una «esistenza diversamente abile» 440

CAPITOLO OTTAVO
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE
NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE
1. La responsabilità del vettore nel trasporto di persone. Il concorso tra le
azioni (o tra le norme applicabili). La nozione di “viaggio” e l’esigibilità
dell’obbligazione di sicurezza. La conclusione del contratto di trasporto
mediante comportamento concludente 446
2. Segue. Il trasporto “amichevole” o “di cortesia” e la controversa distin-
zione dal trasporto gratuito. L’applicazione della disciplina in tema di
responsabilità delittuale per colpa e la frantumazione della fattispecie
unitaria del trasporto: critica. Il superamento della disparità di tratta-
mento tra i trasportati e l’unificazione dei regimi della responsabilità
delittuale e contrattuale in Italia e in Francia 452
3. La contrastante giurisprudenza sui trasporti ferroviari e stradali: la cri-
tica delle contrapposte soluzioni e la ricerca di una regola comune. Il
contributo della dottrina: esigibilità dell’obbligazione di sécurité ed ese-
cuzione del contratto di trasporto. La disciplina del trasporto aereo 458
4. L’evoluzione della giurisprudenza francese in materia di trasporto fer-
roviario. L’esigibilità dell’obbligazione di sécurité di risultato nel caso di
incidenti occorsi al passeggero nelle fasi di salita o di discesa dal treno.
La responsabilità contrattuale del vettore negli accidents de gare 462
5. Segue. La critica della dottrina francese alla giurisprudenza sugli acci-
dents de gare. Il revirement sancito (nel 1969) nel caso “Caramello” per
l’intero settore del diritto dei trasporti: l’obbligazione di sécurité-
résultat è esigibile dal vettore solo «durante l’esecuzione del contratto
di trasporto, cioè a partire dal momento in cui il viaggiatore inizia a sa-
lire sul veicolo e fino al momento in cui egli ha terminato di scenderne» 467
INDICE SOMMARIO XXI

pag.
6. Le vicende dell’obbligazione determinata di sécurité a seguito del “caso
Caramello”. Le soluzioni proposte dalla giurisprudenza in tema di tra-
sporto terrestre non ferroviario. Il problema delle eventuali «interru-
zioni» nell’esecuzione del contratto di trasporto, che determinano vi-
cende modificative della disciplina del rapporto. Le possibili soluzioni 471
7. Segue. Il regime di «responsabilità rafforzata» dell’obbligazione di sécu-
rité del vettore: inversione dell’onere e mutamento dell’oggetto della
prova. La cause étrangère. L’ulteriore aggravamento della responsabilità
del vettore per i danni subiti dal passeggero in «assenza di collisione» 475
8. La Cassazione colma la “lacuna” creata dall’affaire Caramello per gli ac-
cidents de gare: il caso Dame Decharme. Nelle fasi che precedono o che
seguono l’esecuzione del rapporto di trasporto, il vettore è debitore
non di un’obbligazione di sécurité concepita come un «risultato pro-
messo», ma di un’obbligazione di «prendere le misure di sicurezza»
idonee ad evitare il danno. Il ricorso a presunzioni di responsabilità e
all’inversione dell’onere della prova 482
9. Segue. L’estensione della regola posta nel caso Dame Decharme al sog-
getto detentore di un biglietto de quai. La critica della soluzione con-
trattuale: l’ingiustificato sfavore per il creditore danneggiato e la viola-
zione di un dovere generale di diligenza che è indipendente da un vin-
colo contrattuale. Gli escamotages delle Corti che, presumendo la faute,
costruiscono «un’obbligazione di mezzi assai vicina ad un’obbligazione
di risultato» 488
10. Segue. Le ulteriori critiche della dottrina francese al frazionamento
dell’obbligazione di sécurité: la disparità di trattamento tra il passeggero
e il “terzo”. I problemi posti dall’individuazione del grado di diligenza
esigibile dal debitore nell’adempimento dell’obbligazione di sécurité-
moyens. Il ricorso alla faute virtuale 493
11. Il nuovo revirement (del 1989) dei revirements del 1969 e del 1970: il
caso Valverde. L’applicazione, agli accidents de gare, della responsabili-
tà delittuale ex art. 1384, comma 1, code civ., nei riguardi sia del pas-
seggero, sia di qualsiasi “terzo”. Il “riflusso” dell’obbligazione di sécuri-
té di mezzi e la restaurazione di un regime di responsabilità oggettiva
che, prima del “caso Caramello”, aveva la sua fonte nel contratto. L’equi-
valenza tra i risultati 496
12. Il raffronto con il diritto italiano. La responsabilità del vettore per i “si-
nistri” che colpiscono la persona del viaggiatore. Il superamento della
tesi che richiedeva l’“anormalità” o l’“accidentalità” del trasporto. L’ob-
bligazione di sicurezza quale obbligazione “di risultato” che identifica
oggettivamente l’inadempimento del vettore «nel fatto dell’infortunio
di viaggio». La responsabilità del vettore per le cause ignote. L’allinea-
mento al diritto francese 502
XXII INDICE SOMMARIO

pag.
13. Rilievi conclusivi. La contraddittoria evoluzione della giurisprudenza
francese all’interno ed all’esterno del contratto di trasporto. La genera-
lizzazione della regola posta nel caso Valverde: il superamento del “fra-
zionamento” dell’obbligazione di sécurité e della distinzione tra respon-
sabilità contrattuale ed extracontrattuale. Il passeggero risulta tutelato,
sia durante il trasporto, sia nelle fasi anteriori e successive, da una rego-
la “equivalente” di responsabilità oggettiva che ha fonte ora nel contrat-
to, ora nel torto. Le “nuove frontiere” della responsabilità civile e le
prospettive di una diversa sistematica 509

CAPITOLO NONO
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO”
NELL’UNIFORMAZIONE DEI MODELLI DI IMPUTAZIONE
DELLE RESPONSABILITÀ
1. La consacrazione degli obblighi di protezione e di sécurité: verso un
modello unitario di rapporto obbligatorio che tende a realizzare «un’atti-
va tutela contrattuale» dell’integrità della persona e dei suoi beni. La pro-
liferazione delle obbligazioni di sécurité “di diligenza”, quale espressione
del tradizionale retaggio “colposo” della responsabilità civile d’oltralpe 518
2. Le incertezze della partizione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risulta-
to”: la critica ai criteri tipologici astratti fondati sulle peculiarità dell’og-
getto (più o meno determinato) dell’obbligazione, sul carattere aleato-
rio dell’attività del debitore, sull’accettazione (implicita) dei rischi da
parte del creditore, sul ruolo (più o meno) passivo del creditore nell’ese-
cuzione del contratto. L’esigenza di una valutazione non “in astratto”
ma “in concreto” 521
3. Segue. Le incongruenze della giurisprudenza che qualifica un’obbliga-
zione di sécurité di risultato pur in presenza di una condotta eminente-
mente “attiva” del creditore, che è titolare dei poteri di direzione e di con-
trollo. La ricerca di più idonei criteri ordinanti 527
4. Segue. Gli escamotages della giurisprudenza francese: l’elaborazione della
categoria delle obbligazioni “di mezzi” renforcées o aggravées e la loro
possibile identificazione con le obbligazioni “di risultato” (allégées o at-
ténuées). Dall’inversione della prova negativa della faute, alla dimostra-
zione, “in positivo”, del caso fortuito o della forza maggiore 532
5. Segue. La prestazione di alimenti di buona qualità quale “risultato” cer-
to che il ristoratore promette ai suoi clienti. L’estensione dell’obbliga-
zione determinata di sécurité all’affidamento di minori che non sono in
grado di “vegliare” sulla propria sicurezza. L’obbligazione “principale
ed esplicita” di sorvegliare, che ha una funzione, più che di prevenzio-
ne, di «garanzia» 538
INDICE SOMMARIO XXIII

pag.
6. Il confronto con l’esperienza italiana. Il pensiero di Luigi Mengoni in
merito alla partizione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”. Criti-
ca della dottrina che, costruendo la responsabilità contrattuale in ter-
mini paralleli a quella delittuale per colpa, ravvisa nella contestata par-
tizione un criterio di spostamento dell’onere della prova. Inadempi-
mento e caso fortuito 544
7. Segue. Il tentativo della giurisprudenza italiana di superare la distinzio-
ne tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”. La generalizzazione del
principio di «riferibilità o di vicinanza alla prova» e la sua applicazione
agli obblighi di prestazione e di sicurezza 550
8. Segue. La divaricazione, in tema di responsabilità “contrattuale” del
medico, tra le esperienze francese e italiana. La proposta di distinguere
dall’obbligo di prestazione, “di mezzi”, un’obbligazione di sécurité “di
risultato”, la quale, però, non assume alcuna autonomia rispetto al pri-
mo. L’inversione dell’onere della prova della causalità e l’accollo, al de-
bitore, della causa ignota e inaccertabile. Verso una «responsabilità og-
gettiva» contrattuale 552
9. Segue. Le ulteriori ipotesi di “contrattualizzazione” della responsabilità
civile, in Italia, mediante l’individuazione di obblighi di sicurezza. La
parallela “de-contrattualizzazione” della responsabilità dei gestori di
strutture pubbliche e private per i danni “da caduta” occorsi ai clienti.
La responsabilità “da custodia” della P.A. Il principio di equivalenza tra
le regole della responsabilità oggettiva delittuale del custode (art. 2051
c.c.) e della responsabilità contrattuale del soggetto tenuto all’obbligo
di sicurezza 558
10. Segue. La de-contrattualizzazione della responsabilità da prodotto. Il
problema della distribuzione dell’onere probatorio. L’allineamento tra i
regimi di responsabilità con riferimento alle attività dell’organizzatore e
del venditore di pacchetti turistici 568
11. Rilievi conclusivi. La regola di responsabilità oggettiva contrattuale per
il fatto d’autrui (nel caso consorts Blieck) e la simmetria con il regime di
responsabilità (contrattuale e delittuale) del gardien per il fatto della co-
sa. L’espansione della regola di responsabilità oggettiva contrattuale per
il fatto d’autrui al settore della garde, delle associazioni sportive e dei
groupes de contrats. L’estensione ai preposti, agli ausiliari non preposti
ed ai “sostituti” 574
12. Segue. Il principio di responsabilità oggettiva contrattuale per il fatto
delle cose: lo scarso seguito di questa soluzione e la tendenza a proce-
dere ad una progressiva ri-qualificazione delle obbligazioni di sécurité
“di mezzi” in obbligazioni “di risultato”. Critica della dottrina che in-
tende “unificare” la responsabilità civile attraverso un’eccessiva com-
pressione della responsabilità contrattuale 580
XXIV INDICE SOMMARIO

pag.
13. Segue. Il superamento delle obbligazioni di sécurité-moyens e la ricerca
di nuovi modelli ordinanti. La “colpa contrattuale” come «falso concet-
to» e l’emancipazione della disciplina dell’inadempimento dalla respon-
sabilità delittuale per colpa. Il ruolo ordinante assunto dai principi di
responsabilità oggettiva contrattuale per i fatti d’autrui e delle cose in
custodia. Verso l’uniformazione del sistema di responsabilità civile, da
torto e da contratto: la “fungibilità” tra le regole sulla base dei criteri
d’imputazione diversi dalla colpa 587

CAPITOLO DECIMO
CONTRATTO E TRASFERIMENTO
DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE
1. La nascita del sistema franco-italiano. Il progressivo abbandono del
modello romano ad opera dei glossatori e dei giusnaturalisti. La pratica
della tradition feinte e il conseguente assorbimento del modus adquiren-
di nel titulus. Nantissement e appropriance. La problematica coesistenza
di due regole opposte nel conflitto tra successivi acquirenti 602
2. Segue. La ricezione del modello del consenso traslativo nel Code Napo-
léon e nel cod. it. del 1865. La dinamica tra regola ed eccezione nei di-
ritti di area francese: le vendite condizionali e obbligatorie. Il ruolo del-
la trascrizione e la scoperta della categoria dell’“opponibilità”. La dop-
pia vendita immobiliare: responsabilità delittuale del secondo acquiren-
te e inopponibilità della seconda vendita in Italia e Francia. Scomposi-
zione della proprietà e trust 605
3. Titulus e modus adquirendi nel diritto tedesco. L’efficacia obbligatoria
del contratto causale, l’Auflassung e il ruolo costitutivo della pubblicità.
L’unificazione degli effetti traslativi tra le parti e nei confronti dei terzi.
I limiti al potere di disposizione del venditore: divieto giudiziale di alie-
nare e Vormerkung 613
4. Le analogie con il diritto inglese. La duplice efficacia, obbligatoria e
reale, del contract for sale of land in common law e in equity. L’efficacia
reale della conveyance e la doctrine of merger. Le tutele del venditore ai
fini del pagamento del prezzo. L’inadempimento dell’obbligazione di
dare: doctrine of conversion e constructive trust. Risarcimento del danno
ed esecuzione in forma specifica 618
5. Segue. Gli inconvenienti della investigation of title e l’introduzione di
un modello di registration obbligatoria su base reale. L’incidenza della
pubblicità “costitutiva” sul Law of Property. Il perfezionamento del
mirror principle ad opera del Land Reg. Act 2002 e del Land Reg. Rule
2003. Overriding interests e tutela del principio di pubblica fede nel-
l’electronic conveyancing. Dalla «registration of title» al «title by regi-
stration» 624
INDICE SOMMARIO XXV

pag.
6. Il formalismo del Torrens System. La fase dell’immatricolazione e la cir-
colazione cartolare della proprietà immobiliare. Il ruolo del principio di
astrazione ai fini dell’inoppugnabilità del titolo di proprietà. L’istituto
del caveat e l’eccessiva espansione delle “in personam exceptions”. Le
ragioni del fallimento del Torrens System negli Stati Uniti 631
7. Rilievi conclusivi. Le affinità del diritto tedesco con l’area di common
law in ordine alle modalità di trasferimento della proprietà. Alcune ana-
logie con il sistema franco-italiano. La preferenza per i registri immobi-
liari di tipo reale. Il principio di pubblica fede tutela in maniera più ef-
ficiente il traffico giuridico, proteggendo le posizioni degli acquirenti e
dei terzi che hanno fatto affidamento sull’apparenza delle risultanze
pubblicitarie 634
8. Segue. Teorie del contratto, pubblicità e apparenza nel trasferimento
della proprietà immobiliare. Dalla dottrina dell’affidamento legittimo
alla teoria della legittimazione formale (Rechtsschein). L’allineamento
del modello inglese all’idea tedesca di apparenza, come generale solu-
zione che privilegia l’esteriorizzazione dei fatti e delle vicende. La rea-
lizzazione delle esigenze di celerità e di certezza del traffico giuridico
sulla base dei diversi modelli proposti dalla tradizione 638

CAPITOLO UNDICESIMO
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE
1. I modelli di responsabilità oggettiva e/o assoluta che assicurano la ripa-
razione dei danni alla persona sul fondamento del mero rapporto di
causalità, prescindendo dalla colpa o dal dolo dell’agente. Il collega-
mento con i sistemi di valutazione e di liquidazione 643
2. Segue. La no fault insurance introdotta nel 1971 nel Massachusetts.
L’absolute liability israeliana del 1975. L’«alternativa svedese» del 1976.
L’assurance-véhicule del 1978 in Québec. La loi Badinter del 1985 in
Francia. Il modello neozelandese di social security 646
3. Il raffronto con l’esperienza italiana. La responsabilità da circolazione
di veicoli nell’interpretazione oggettiva della giurisprudenza. Garde ju-
ridique e materielle e soggetti solidalmente responsabili 649
4. Segue. Alcuni modelli di compensation in Italia. Il sistema di assicura-
zione sociale avverso gli infortuni sul lavoro. Le tecniche di “canalizza-
zione” della responsabilità. Le finalità correttive dei fondi di garanzia e
il loro fallimento 653
XXVI INDICE SOMMARIO

pag.
5. I limiti della third party insurance e i vantaggi di un unitario modello
first party di sicurezza e/o di assicurazione sociale: l’estensione dell’area
dei danni risarcibili e l’eliminazione delle disparità di trattamento, ge-
nerate dalle discipline di settore, nella riparazione di identici danni. Il
superamento dello scopo di lucro e la possibile istituzione di un unico
ente assicurativo con funzione di cooperazione a carattere di mutualità 660
6. Segue. I sistemi di social security realizzano un’allocazione più efficiente
dei costi primari e secondari degli incidenti; garantiscono una più ra-
zionale e giusta distribuzione dei rischi; impediscono di opporre le ec-
cezioni derivanti dal contratto di assicurazione; favoriscono il meccani-
smo delle prestazioni periodiche e il reinserimento sociale e professio-
nale della vittima 664
7. Segue. I correttivi da apportare ai modelli di compensation. Il problema
della deterrenza: il ruolo dei premiums, degli strumenti impositivi, delle
azioni di rivalsa e delle sanzioni civili e penali. L’adozione di un sistema
differenziato di liquidazione che coniughi l’uniformità pecuniaria di ba-
se con le esigenze di elasticità e di flessibilità 669
8. Rilievi conclusivi. Spersonalizzazione e moltiplicazione degli statuti di
responsabilità. Crisi della concezione individualistica di tortious liability
e prevalenza del «diritto alla riparazione». L’avvento della strict liability
e della garanzia assicurativa obbligatoria. I rischi dei modelli misti. Ver-
so un unitario sistema di social security che garantisca la più ampia co-
pertura del rischio sulla base del principio di riparazione integrale 673

Indice degli autori 679


CAPITOLO PRIMO

LA RESPONSABILITÀ CIVILE
AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO.
OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ, SCHUTZPFLICHTEN
ED EFFETTI DI PROTEZIONE
DEL CONTRATTO RISPETTO A TERZI

SOMMARIO: 1. I rapporti tra illecito civile e obbligazione e le mobili frontiere della responsabili-
tà civile. La circolazione dei modelli germanici e francesi e l’emersione, nella nostra giuri-
sprudenza, di significative ipotesi che testimoniano le attuali interferenze tra le due specie
della responsabilità civile. La proposta di un “diritto comune” delle responsabilità che pon-
ga al centro del dibattito i modelli di imputazione e i differenti regimi probatori. – 2. Segue.
La controversa responsabilità da “contatto sociale” e la sua sovrapposizione alla tematica
degli obblighi di protezione. La responsabilità precontrattuale. Un problema terminologico:
doveri, obblighi od obbligazioni di sécurité. – 3. La scoperta, nella Francia del XIX secolo,
dell’obbligazione di sécurité-résultat e il fenomeno del rafforzamento del contenuto obbliga-
torio del contratto. Le ragioni sociali che spingono ad una nuova definizione dei rapporti
tra responsabilità contrattuale e delittuale. Le contrapposizioni dogmatiche della dottrina. –
4. I primi tentativi di utilizzare l’obbligazione di sécurité nel settore della sicurezza sul lavo-
ro e in materia di trasporto e la preferenza per la regola di responsabilità oggettiva delittuale
fondata sul “rischio creato” dal fatto delle cose inanimate. Lo scetticismo della dottrina ver-
so l’idea di un’obbligazione inserita «a viva forza nel contratto». – 5. L’obbligazione di sécu-
rité nelle Corti francesi del XIX secolo. Dall’applicazione della disciplina delittuale per fau-
te prouvée alla progressiva espansione delle regole della responsabilità contrattuale. L’evolu-
zione tripartita della giurisprudenza: verso la fine del “regno incontrastato” della responsa-
bilità delittuale per colpa. – 6. Il revirement della Cassazione del 21 novembre 1911. L’ob-
bligazione di sécurité del vettore di condurre il passeggero «sano e salvo a destinazione».
L’applicazione della norma generale sull’inadempimento (art. 1147 code civ.) e la limitazio-
ne delle cause di esonero al caso fortuito, alla forza maggiore o alla faute della vittima. – 7. Il
leading case del 21 aprile 1913. L’estensione dell’obbligazione di sécurité al trasporto ferro-
viario, anche in assenza di un contratto: la stipulation pour autrui tacite dell’Amministra-
zione postale «nell’interesse» dei suoi agenti. L’introduzione di un regime di responsabilità
oggettiva contrattuale e le similitudini con la disciplina della responsabilità delittuale del cu-
stode per il fatto della cosa (art. 1384, comma 1). – 8. Segue. La ricezione dell’obbligazione
di sécurité nella legge belga del 25 agosto 1891, nella legge lussemburghese dell’8 febbraio
1908, nell’art. 688, comma 2, del codice libanese e nella giurisprudenza italiana. La progres-
siva espansione delle obbligazioni di sécurité all’intero settore del trasporto di persone, ai
contratti considerati “analoghi” e a fattispecie del tutto distinte. – 9. La responsabilità ex-
2 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

tracontrattuale nel diritto tedesco e le differenze con i modelli francese e italiano: la tipizza-
zione del sistema e l’irrisarcibilità dei “danni puramente economici”. La trasposizione in
ambito contrattuale (§ 278 BGB) della responsabilità per il fatto altrui (ex § 831 BGB) e
l’allineamento alle esperienze francese e italiana nella conformazione di una regola di re-
sponsabilità oggettiva, che ora è contrattuale (§ 278 BGB), ora è delittuale (artt. 1384 Code
civ.; 2049 c.c.). – 10. Le “lacune” del BGB in tema di turbative dell’adempimento: l’impos-
sibilità (Unmöglichkeit der Leistung), il ritardo (Verzug) e il problema dell’adempimento
puntuale ma difettoso (c.d. schlechte Erfüllung). La “scoperta” delle violazioni positive del
contratto e la sua influenza sul pensiero giuridico del XX secolo. – 11. Il successo della teo-
ria pVV nella giurisprudenza del RG e del BGH nelle ipotesi di rifiuto di adempimento, di
messa in pericolo dello scopo del contratto e di “risoluzione”. I contributi di H. Staub e di
He. Stoll: l’ampliamento della struttura del rapporto obbligatorio che, oltre alla prestazione
(Hauptpflicht), comprende una serie di obblighi integrativi (Nebenpflichten), i quali parteci-
pano a completare lo scopo positivo dell’obbligazione, a tutela della salute e della proprietà
delle parti e di terzi. – 12. L’affermarsi della teoria degli obblighi di protezione (Schutz-
pflichten) a tutela di interessi “altri” delle parti e di terzi. La primordiale applicazione della
disciplina del contratto a favore di terzi e lo sporadico ricorso alla Drittschadensliquidation.
La giurisprudenza tedesca in tema di contratto di trasporto. – 13. Segue. L’orientamento del
Reichsgericht in tema di locazione e di contratto d’opera: dal c.d. Tuberkulosefall al c.d.
Gasuhrfall. La “volontà ipotetica delle parti” derivante dallo “scopo del contratto” (§ 328,
comma 2, BGB). Le critiche all’applicazione del Vertrag zugunsten Dritter. – 14. I contributi
di K. Larenz e di J. Gernhuber. Il conseguente orientamento giurisprudenziale che, nel di-
stinguere gli obblighi di protezione da quelli di prestazione, riconosce l’autonoma esistenza
dei primi anche nei confronti di terzi. Il superamento, nel c.d. Capuzolfall, dello schema del
contratto a favore di terzi. – 15. L’ulteriore svolta della giurisprudenza tedesca: la compren-
sione, nella sfera di protezione del contratto, dei danni meramente economici subiti da ter-
zi. Le critiche al c.d. Testamentfall. L’espansione dell’efficacia protettiva nei casi di culpa in
contrahendo e di contratti nulli. La costruzione di un unitario rapporto obbligatorio di pro-
tezione che trova il suo fondamento legale nella buona fede, sulla base di un «affidamento
socialmente rilevante». – 16. Segue. La successiva “evoluzione” del BGH che, al fine di ri-
sarcire danni meramente economici, estende la sfera protettiva del contratto a “terzi” porta-
tori di interessi divergenti e/o contrapposti rispetto a quelli del creditore. Le “pietre dello
scandalo”: Lastschriftverfahren-Fall, Konsulfall e Dachbodenfall. Le critiche della dottrina: la
sostanziale disomogeneità nei riguardi del modello tradizionale di Schutzwirkung für Dritte. –
17. Il Gesetz zur Modernisierung des Schuldrechts: la riforma della disciplina delle “perturba-
tive dell’adempimento” e la “positivizzazione” di una clausola generale di responsabilità
contrattuale (§ 280 BGB). La ricezione degli obblighi di protezione (§ 241, comma 2, BGB)
e l’equiparazione tra Leistungsebene e Schutzebene. La disciplina della culpa in contrahendo
(§ 311 BGB) quale rimedio alle ipotesi più contestate di Vertrag mit Schutzwirkung für Drit-
te. – 18. Rilievi conclusivi. Le affinità strutturali e funzionali tra obbligazioni di sécurité e
obblighi di protezione. La Schuldrechtsmodernisierung quale conferma dell’evoluzione co-
mune che caratterizza la scienza giuridica euro-continentale in materia di responsabilità
contrattuale. Le divergenze tra le esperienze francese e tedesca in merito agli effetti (protet-
tivi) del contratto riguardo a terzi. L’abbandono del modello di responsabilità contrattuale
in materia di danno da prodotti. – 19. Segue. L’osservanza, in Francia, del principio de l’effet
relatif des contrats secondo il consueto modello regola-eccezione. La nozione di “opponibi-
lità” degli effetti del contratto nei riguardi di terzi quale fondamento della responsabilità de-
littuale da inadempimento. La teoria dei groupes de contrats come “eccezione” al principio di
relatività. Verso un allineamento tra le esperienze francese e tedesca: dall’efficacia esterna
del rapporto di protezione, alla sua consolidazione “all’interno” del rapporto obbligatorio.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 3

1
1. La scienza giuridica italiana ha iniziato a interrogarsi, da qualche tem-
po, sui rapporti tra illecito civile e obbligazione e, più in generale, sulle mobi-
2 3 4 5
li e nobili frontiere delle responsabilità contrattuale e delittuale . La circo-
lazione, talvolta controversa, dei modelli germanici della prima metà del ’900,
ispirati all’idea dei rapporti contrattuali di fatto (faktischen Vertragsverhält-
6
nis) e, soprattutto, alla teoria degli obblighi di protezione (ed alla sua appli-

1
Il dibattito, introdotto, in Italia, da C. CASTRONOVO, L’obbligazione senza prestazione ai confini
tra contratto e torto, in Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni, I, Milano, 1995, p. 191
ss., è oggi più che mai vivace: v., in particolare, oltre agli A. cit. infra, i contributi di S. MAZZAMUTO,
Il danno non patrimoniale contrattuale, in Europa e dir. priv., 2012, p. 437 ss.; L. NIVARRA, La contrat-
tualizzazione del danno non patrimoniale: un’incompiuta, ivi, 2012, p. 475 ss.; ID., Alcune precisazione
in tema di responsabilità contrattuale, ivi, 2014, p. 45 ss.; F. VENOSTA, Profili della disciplina dei dove-
ri di protezione, in Riv. dir. civ., 2011, I, p. 839 ss.; ID., Prestazioni non dovute, “contatto sociale” e do-
veri di protezione “autonomi”, in Europa e dir. priv., 2014, p. 109 ss.
2
Per tutti, F. GALGANO, Le mobili frontiere del danno ingiusto, in Contr. e impr., 1985, p. 1 ss.
Rileva, in proposito, che «Mettere l’accento sulla natura extracontrattuale della responsabilità implica
che vi sia chiarezza sull’area confinante, che è quella della responsabilità contrattuale», V. ZENO
ZENCOVICH, La responsabilità civile, in G. ALPA, M.J. BONELL, D. CORAPI, L. MOCCIA, V. ZENO
ZENCOVICH, A. ZOPPINI, Diritto privato comparato. Istituti e problemi, Roma-Bari, 2005, p. 271.
3
C. CASTRONOVO, Le frontiere nobili della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1989, p. 539 ss.
4
Aspetto, questo, evocato in molteplici contesti: ad es., F.D. BUSNELLI, Nuove frontiere della re-
sponsabilità civile, in Jus, 1976, p. 62 ss.; S. RODOTÀ, Le nuove frontiere della responsabilità civile, in
Responsabilità civile e assicurazione obbligatoria, Milano, 1988, p. 22 ss.; M. LIBERTINI, Le nuove
frontiere del danno risarcibile, in Contr. e impr., 1987, p. 85 ss.; G. PONZANELLI, La responsabilità
civile. Profili di diritto comparato, Bologna, 1992, p. 16 ss.
5
Discorre di un «labile confine tra contratto e quasi-delitto», P.G. MONATERI, Cumulo di respon-
sabilità contrattuale e extracontrattuale (Analisi comparata di un problema), Padova, 1989, p. 79. Oltre
agli studi citati infra, cfr. il pensiero, sempre attuale, di R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità con-
trattuale ed extracontrattuale, in Noviss. dig. it., XV, Torino, 1968, p. 670 ss.; al quale adde F.D. BU-
SNELLI, Verso un possibile riavvicinamento tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrat-
tuale, in Resp. civ. prev., 1977, p. 748 ss.; G. SBISÀ, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: realtà
contrapposte o convergenza di presupposti e di scopi, ivi, 1977, p. 723 ss.; G. VISINTINI, voce Respon-
sabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, p. 1 ss. Con riferimento a
singole problematiche, v. i contributi di G. ALPA, F. BONELLI, L. CABELLA PISU, G. CATTANEO, P.
CENDON, C. EBENE COBELLI, G. FERRARINI, B. INZITARI, U. MAJELLO, U. MORELLO, P. RESCI-
GNO, E. ROPPO, C. ROSSELLO, R. SACCO, P. TRIMARCHI, G. VISINTINI, V. ZENO ZENCOVICH, in
Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, a cura di G. Visintini, Milano, 1984, passim.
6
A unanime giudizio, è considerato l’ideatore di questa teoria, G. HAUPT, Über faktische Vertrags-
verhältnisse, in Festschrift der Leipziger Juristenfakultät für Heinrich Siber, II, Leipzig, 1943, pp. 1-37
(da qui le ulteriori citazioni), opera oggi tradotta in italiano a cura di G. Varanese, Sui rapporti con-
trattuali di fatto, Torino, 2012. Un’attenta ricostruzione storica delle varie teorie che hanno fatto rife-
rimento ai faktische Vertragsverhältnisse è in P. LAMBRECHT, Die Lehre vom faktischen Vertrags-
verhältnis. Entstehung, Rezeption und Niedergang, Tübingen, 1994, p. 46 ss.; v., altresì, C. SYZ, Fak-
tischen Vertragsverhältnis, Zürich, 1991, p. 20 ss. Rileva, tuttavia, come tale dottrina abbia avuto uno
sviluppo controverso in Germania, essendo stata spesso criticata e presto abbandonata, A. SOMMA,
Autonomia privata e struttura del consenso, Milano, 2000, p. 372. Ma, in Italia, questa dottrina ha ri-
cevuto particolare attenzione: oltre a L. RICCA, Sui cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, Milano,
1965, p. 1 ss., cfr. C.A. FUNAIOLI, I rapporti di fatto in materia contrattuale, in Annali Univ. Ferrara,
1952, I, p. 103 ss.; E. BETTI, Sui cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, in Jus, 1957, p. 353 ss.; N. LI-
PARI, Rapporti di cortesia, rapporti di fatto, rapporti di fiducia, in Studi in onore di Gioacchino Scaduto
4 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

7
cazione al contratto con effetti di protezione per terzi) , ha indotto a parlare,
sempre più frequentemente, di un fenomeno di “contrattualizzazione” della
8
responsabilità aquiliana o, quanto meno, dei danni alla persona e al patrimo-
9
nio . Espressione, questa, tuttavia contestata, là dove celerebbe l’intento di
contrassegnare come non autentico l’effetto conseguito attraverso il ricorso
10
all’estensione del concetto di obbligazione o, comunque, di ribadire la pri-
11
mazia della disciplina della responsabilità delittuale nella tutela della sfera
giuridica della persona.
Questa locuzione, però, più che ipotizzare una prospettiva aquiliano-cen-
trica che indurrebbe a ravvisare nella responsabilità delittuale pur sempre il
12
genere, e nella responsabilità contrattuale soltanto la specie , e che si propor-
13
rebbe di escludere da quest’ultima ogni peggioramento dello statu quo della
persona e del suo patrimonio che non sia determinato dalla violazione dell’aspet-
14
tativa contrattuale , sembra definire con efficacia un fenomeno storicamente
determinato, e, cioè, il recente espandersi, anche in Italia, sulla scia di influen-
ze sorte in altre esperienze europee, sia dell’idea (e della nozione) di obbliga-

(Spunti per una teoria del rapporto giuridico), II, Padova, 1970, pp. 37 ss., 46 ss.; G. STELLA RICHTER,
Contributo allo studio dei rapporti di fatto nel diritto privato, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1977, p. 151
ss.; V. FRANCESCHELLI, Premesse generali per uno studio dei rapporti di fatto, in Rass. dir. civ., 1981,
p. 662 ss.; ID., I rapporti di fatto. Ricostruzione della fattispecie e teoria generale, Milano, 1984, passim;
C. ANGELICI, voce Rapporti contrattuali di fatto, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, p. 1 ss.; L. STAN-
GHELLINI, Contributo allo studio dei rapporti di fatto, Milano, 1997, passim.
7
In proposito, aderendo alla precisazione terminologica espressa da C. CASTRONOVO, La nuova
responsabilità civile, III ed., Milano, 2006, p. 543, in nota 207 (da qui le ulteriori citazioni; edizioni
precedenti saranno citate sempre per esteso), si adotterà l’espressione contratto con obblighi di pro-
tezione (o con effetti di protezione) per terzi, piuttosto di quella, più diffusa, di contratto con effetti
di protezione per i terzi (con l’eliminazione, quindi, dell’articolo “i”), al fine di evitare «che se ne pos-
sa inferire una tutela generalizzata dei terzi mediante il contratto».
8
In questi termini, tra i tanti, A. DI MAJO, La responsabilità contrattuale, Torino, 2002, p. 22.
9
Ancor prima della svolta giurisprudenziale del ’99, cfr. U. BRECCIA, Le obbligazioni, in Tratt. di
dir. priv., Iudica e Zatti, Milano, 1991, p. 673 ss.; F. GIARDINA, Responsabilità contrattuale e respon-
sabilità extracontrattuale, Milano, 1993, p. 130 ss.
10
Così, testualmente, L. LAMBO, Obblighi di protezione, Padova, 2007, p. 5 s.
11
Che, come rileva opportunamente G. PONZANELLI, Responsabilità civile e mercato finanziario,
in Danno e resp., 2002, p. 98, può tradursi in una sorta di “imperialismo”. Discorre di una “crisi” del-
la tradizionale partizione, auspicando il suo superamento, F.D. BUSNELLI, Itinerari europei nella «ter-
ra di nessuno tra contratto e fatto illecito»: la responsabilità da informazioni inesatte, in Contr. e impr.,
1991, p. 539 ss. Ribadiscono, invece, l’utilità della partizione tradizionale, C. SALVI, La responsabilità
civile, Milano, 2005, p. 13 ss.; L. CORSARO, Tutela del danneggiato e responsabilità civile, Milano,
2003, p. 5 ss.
12
In argomento, F.D. BUSNELLI, op. loc. cit.
13
Si preferirà questa locuzione, rispetto a quella assai più usata, di “status quo”, in quanto abbre-
viazione dell’espressione latina «in statu quo ante (o prius) o nunc» (così, da ultimi, G. DEVOTO, G.C.
OLI, Il dizionario della lingua italiana, Firenze, 1995, p. 1932, «statu quo»).
14
Sulla scia di S. RODOTÀ, Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 1969, pp. 159 ss., 203 ss.,
rileva che «il mero peggioramento dello status quo» rappresenta una «tipica situazione delittuale»,
P.G. MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. dir. civ. diretto da R. Sacco, 3, Torino, 1998, p. 686
(e già, ID., Cumulo, cit., p. 15 ss. e passim).
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 5

zione, sia dei confini della responsabilità contrattuale, la quale tende oggi a in-
globare settori che, in precedenza, erano disciplinati sulla base delle regole
dell’illecito aquiliano. I beni della vita, dell’integrità psico-fisica della persona
e della proprietà, un tempo tutelati primariamente, se non esclusivamente, sul
piano della responsabilità delittuale, vengono attratti al diritto dei contratti
allorché l’esigenza di proteggerli sorge “a causa” e/o “in occasione” del rap-
15
porto obbligatorio . Ma tale questione ha riguardato anche i danni “mera-
mente economici”, i quali, in presenza di sistemi di responsabilità delittuale
legalmente tipizzati, hanno potuto ottenere riparazione soltanto sulla base del-
la (estensione dei confini della) responsabilità contrattuale.
Se la mera violazione dell’aspettativa contrattuale è situazione considerata
come contrattuale, e se il solo peggioramento dello statu quo evoca una tipica
situazione delittuale, la lesione dello statu quo mediante la violazione del-
16
l’aspettativa contrattuale non «è riconosciuta come situazione autonoma» ,
ma riguarda un’area d’incrocio e di interferenza tra le due specie della respon-
sabilità civile che può dar luogo, sulla base delle caratteristiche strutturali, si-
stematiche e storico-culturali dei diversi diritti, all’espansione dell’una o del-
l’altra. Il reiterato e, per certi versi, contestato riferimento alla categoria dei
17
rapporti contrattuali di fatto , già approfonditi dalla dottrina tedesca anche in
18
tema di Schutzpflichten , talora coniugato ad un indistinto e non sempre uni-
voco richiamo alle categorie del rapporto obbligatorio senza obbligo primario
19
di prestazione e, infine, agli obblighi di protezione, ha spinto la nostra giuri-
sprudenza ad introdurre, in svariati settori del diritto civile, ma anche di quel-
lo amministrativo, la figura della responsabilità da contatto sociale (o da con-
20
tatto amministrativo) qualificato che è stata equiparata alla responsabilità
15
L. LAMBO, op. cit., p. 41. Questa tendenza è stata autorevolmente contrastata, in Italia, da chi
ha rilevato che la pretesa esistenza di un dovere generale di protezione ex art. 1175 c.c. rischierebbe
di tradursi in un’inutile duplicazione di quanto già disposto dall’art. 2043 c.c., risolvendosi «unica-
mente in un aggravamento della posizione processuale dell’autore del danno, non giustificabile se-
condo il nostro sistema» (S. RODOTÀ, op. cit., pp. 159 ss., 203 ss.).
16
Testualmente, P.G. MONATERI, Cumulo, cit., p. 17 s.
17
Nell’ambito dell’esperienza italiana v., ad es., lo studio di S. FAILLACE, La responsabilità da con-
tatto sociale, Padova, 2004, p. 33 ss. e passim.
18
Sul punto, il pensiero di H. DÖLLE, Außergesetzliche Schutzpflichten, in ZStW, 103, 1943, pp.
67-102.
19
In proposito si è rilevato che, «assumendosi in maniera un po’ corrosiva la figura dell’obbliga-
zione senza prestazione, la si è immiserita a mera dicitura di una responsabilità da contatto sociale,
come è accaduto in particolare in materia di responsabilità della pubblica amministrazione» (C. CA-
STRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 552; conf. A. THIENE, La Cassazione ammette la
configurabilità di un rapporto obbligatorio senza obbligo primario di prestazione, in Nuova giur. civ.
comm., 2000, I, p. 348). Per M. MAGGIOLO, Il risarcimento della pura perdita patrimoniale, Milano,
2003, pp. 142 ss., 154 ss., però, sulla base del contenuto dell’obbligo violato, non sarebbe possibile
delineare una distinzione tra il rapporto obbligatorio completo (munito anche della prestazione) e
quello formato dal solo obbligo di protezione.
20
Per tutti, cfr. V. MOLASCHI, Responsabilità extracontrattuale, responsabilità precontrattuale e re-
sponsabilità da contatto: la disgregazione dei modelli di responsabilità della pubblica amministrazione,
6 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

contrattuale, ravvisando nel “contatto” verificatosi anteriormente alla fattispe-


cie di danno il presupposto sufficiente per l’applicazione delle regole in mate-
ria di rapporto obbligatorio. Ma tali ricostruzioni hanno sovente assunto le ca-
ratteristiche di una «contaminazione spuria», là dove hanno obliterato «l’ovvia
21
differenza sul piano del fatto e su quello dell’effetto» .
22
Il leading case , com’è noto, riguarda la responsabilità del medico dipen-
dente da una struttura sanitaria pubblica o privata per i danni cagionati al pa-
ziente dall’inesatto adempimento della prestazione sanitaria. Qui la Cassazio-
ne, dopo aver escluso la possibilità di invocare l’applicazione del contratto con
effetti di protezione per terzi, anche perché il paziente agiva per il consegui-
mento della prestazione, sembra incorrere nell’equivoco di credere che la fi-
gura dell’obbligazione senza prestazione si identifichi «interamente con il con-
cetto di “contatto sociale”, sì che, una volta accertato tale elemento, sia possi-
bile giustificare l’applicazione delle regole concernenti la responsabilità del
23
debitore mediante la clausola generale di chiusura dell’art. 1173» . E ciò, nel
tentativo di consacrare la costruzione di un rapporto che non è inquadrabile
in uno schema contrattuale, ma che lo si vuole, pur sempre, sottoporre alle re-
gole proprie dei rapporti contrattuali.
Tuttavia, i primi tentativi della nostra giurisprudenza di “contrattualizzare”
la responsabilità del medico (e della struttura sanitaria) anche nei riguardi di
terzi hanno origini ben più risalenti, se si considera quella decisione della Cas-
sazione che, al fine di riparare al nascituro un danno all’integrità psicofisica
non più risarcibile in sede delittuale per effetto del decorso della prescrizione
quinquennale, qualifica il «soggetto venuto ad esistenza» come terzo protetto
dal contratto stipulato tra la madre partoriente e la struttura sanitaria, con la
conseguenza di risarcire in ambito contrattuale il danno patito dal minore a
causa di un negligente intervento ostetrico praticato al momento della nasci-
24
ta . Orientamento, questo, che troverà conferma nella giurisprudenza succes-

in Foro it., 2002, III, c. 4 ss. Tende a identificare, anche in tale materia, l’obbligazione senza presta-
zione con i rapporti contrattuali di fatto, S. MORELLI, La responsabilità per atti illegittimi della pub-
blica amministrazione secondo il giudice amministrativo: aquiliana, precontrattuale o contrattuale da
contatto sociale, in Giust. civ., 2002, I, p. 2685.
21
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., pp. 488 e 487. Una diffusa critica alla responsabilità da contatto è
svolta da M. BARCELLONA, Trattato della responsabilità civile, Torino, 2011, p. 77 ss.
22
La decisione (Cass., III Sez. civ., 22 gennaio 1999, n. 589) è stata pubblicata con il corredo di
innumerevoli commenti: tra i tanti, in Corriere giur., 1999, p. 446 ss., con nota di A. DI MAJO, L’ob-
bligazione senza prestazione approda in Cassazione; in Danno e resp., 1999, p. 294 ss., con il commento
di V. CARBONE, La responsabilità del medico ospedaliero come responsabilità da contatto, e di R. DE
MATTEIS, La responsabilità medica tra scientia iuris e regole di formazione giurisprudenziale (ivi, p.
777 ss.). Sulla recente riforma che, in Germania, ha riguardato la responsabilità dei sanitari e il con-
tratto di trattamento medico, cfr. J.F. STAGL, La «Legge sul miglioramento dei diritti del paziente» in
Germania, in Nuove leggi civ. comm., 2014, II, p. 35 ss.; R. FAVALE, Il contratto di trattamento medico.
Una prima lettura, ivi, 2014, p. 693 ss.
23
Questi rilievi critici sono mossi da L. LAMBO, op. cit., p. 355.
24
Cass., Sez. III, 22 novembre 1993, n. 11503, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 557 s.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 7

siva, anche con riferimento alle condotte omissive dei sanitari. Ma se, in un
25 26
primo tempo, la Cassazione , seguendo la tesi anti-perruchista , considererà
terzo protetto dal contratto il solo coniuge della donna (il quale, pertanto, è
anch’egli legittimato a chiedere il risarcimento dei danni patrimoniali e non
patrimoniali conseguenti alla nascita di un figlio “non voluto” che è affetto da
27
gravi patologie) , escludendo che l’errore o l’omissione delle informazioni do-
verose possano giustificare il risarcimento del danno psico-fisico con cui il
bambino nasce. Più di recente, con una decisione che era sembrata prodromi-
28
ca ad un overruling , la Suprema Corte, nell’affermare la sussistenza del nesso
di causalità tra la condotta omissiva dei medici (che avevano mancato
d’informare la donna sugli effetti potenzialmente teratogeni di una cura avver-
so la sterilità) e le malformazioni subite dal nascituro, ha qualificato il rappor-
to che la paziente pone in essere con la struttura sanitaria (e con il medico),
come un contratto che, oltre ad avere effetti tra le parti, produce effetti c.d.
protettivi nei confronti sia del coniuge, sia dello stesso figlio nato andicappato,
29
che è considerato il «destinatario “finale” del negozio» . Come si era previsto
ed auspicato, poi, il revirement in materia è realmente intervenuto: nel caso di
omessa diagnosi di malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata,
la Cassazione ha riconosciuto al minore il diritto di chiedere iure proprio il ri-
30
sarcimento del danno da «nascita malformata» .
Nella stessa linea di “contrattualizzazione” della responsabilità civile v’è da
ricordare anche l’orientamento in materia di responsabilità della Pubblica
31
Amministrazione da contatto sociale per attività procedimentale , conseguen-
te alla lesione di interessi legittimi, non soltanto oppositivi, ma anche pretensi-
32
vi . A seguito della innovazione delle relazioni tra P.A. e cittadino introdotta
25
Cass., Sez. III, 29 luglio 2004, n. 14488, in Danno e resp., 2005, p. 379 ss., con nota critica di M.
FEOLA, Essere o non essere: la Corte di Cassazione e il danno prenatale. L’orientamento è stato ricon-
fermato, ma senza espliciti riferimenti al contratto con effetti protettivi per terzi, da Cass., Sez. III, 14
luglio 2006, n. 16123, in Corriere giur., 2006, p. 1691 ss.
26
Per la quale, sia consentito rinviare a M. FEOLA, Violazione degli obblighi d’informazione e re-
sponsabilità del medico per il danno prenatale, in Riv. crit. dir. priv., 2004, p. 600 ss.
27
In questi termini, anche Cass., Sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, in Danno e resp., 2010, spec. p.
699 s. (con nota parzialmente critica di M. FEOLA, La Cassazione e il diritto del minore «a nascere sa-
no»).
28
Per questa interpretazione, M. FEOLA, op. ult. cit., p. 706 s.; EAD., Le responsabilità del medico
e della struttura sanitaria per il danno prenatale causato dall’inadempimento delle obbligazioni d’infor-
mazione (il «diritto a nascere sano»), in Dir. e giur., 2010, p. 100 ss.
29
Cass., Sez. III, 11 maggio 2009, n. 10741, in Dir. e giur., 2010, spec. p. 108.
30
Cass., III Sez. civ., 2 ottobre 2012, n. 16754, in Nuova giur. civ. comm., 2013, I, p. 195.
31
Afferma, ad es., che la responsabilità della pubblica amministrazione, nell’ambito dell’attività
procedimentale, «non si esaurisce nella responsabilità aquiliana, ma si estende alla cosiddetta respon-
sabilità da “contatto sociale”, con ciò intendendo una figura [...] caratterizzata dal fatto che la fatti-
specie può essere sottoposta alle regole proprie dell’obbligazione contrattuale, pur se il fatto genera-
tore non è il contratto», Cons. Stato, 2 settembre 2005, n. 4461, in Foro it., 2006, I, c. 457.
32
In presenza di una giurisprudenza che ammetteva il risarcimento dei danni con riferimento ai
soli interessi legittimi oppositivi (nei quali si ravvisavano diritti soggettivi “affievoliti” i quali, a segui-

2.
8 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

dalla legge n. 241/1990, e del “contatto” da considerare «specifico e differen-


ziato» sulla base delle garanzie procedimentali che assistono il privato, la le-
sione dell’interesse legittimo costituirebbe «in realtà inadempimento alle rego-
le di svolgimento dell’azione amministrativa», essendo i doveri procedimentali
imposti dalla legge «vere e proprie prestazioni da adempiere secondo il prin-
33
cipio di correttezza e buona fede» .
Un esplicito riferimento alle obbligazioni di sécurité è stato espresso, altre-
34
sì, in un’importante sentenza nella quale le Sezioni Unite, nel dirimere un
contrasto tra due orientamenti della Cassazione che si contrapponevano in
ordine all’applicabilità dell’art. 2048, comma 2, c.c. anche ai danni causati
dall’alunno a sé stesso, hanno giudicato inutilizzabile tale norma di là dalle
ipotesi nelle quali il danno è provocato dall’allievo a terzi, ed hanno qualifica-
to come contrattuale la responsabilità dell’istituto scolastico (e da «contatto
sociale» la responsabilità del “precettore” dipendente dall’istituto) per l’ina-
dempimento delle obbligazioni assunte, tra le quali è «sicuramente inclusa
quella di vigilare anche sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in
35
cui fruisce della prestazione scolastica» . Sulla base delle regole vigenti in ma-
teria di responsabilità contrattuale, l’evento dannoso accaduto al minore indu-
ce a presumere la responsabilità “contattuale” del precettore e quella contrat-
36
tuale dell’istituto . Anche là dove la causa sia ignota e inaccertabile, l’attore
deve limitarsi a provare che l’evento «si è verificato nel corso dello svolgimen-
to del rapporto», mentre sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che
l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola
37
né all’insegnante .

to dell’annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo, tornavano ad essere diritti sogget-


tivi pieni), il “muro” della risarcibilità degli interessi legittimi pretensivi (per i quali l’annullamento
del provvedimento non comportava la riemersione di diritti soggettivi) crolla con le celeberrime sen-
tenze della Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, nn. 500 e 501. Tuttavia, mentre quest’ultima sentenza è ri-
masta inedita, l’altra è stata oggetto di innumerevoli commenti: tra i tanti, A. GAMBARO, La sentenza
n. 500 ed il diritto civile dello Stato, in Riv. dir. civ., 2000, I, p. 356; G. OPPO, Novità e interrogativi in
tema di tutela degli interessi legittimi, ivi, 2000, I, p. 391 ss.; A. DI MAJO, Il risarcimento degli interessi
non più solo legittimi, in Corriere giur., 1999, p. 1376 ss.; C. CASTRONOVO, Le Sezioni unite tra vec-
chio e nuovo diritto pubblico: dall’interesse legittimo alle obbligazioni senza prestazioni, in Europa e dir.
priv., 1999, p. 1241 ss.; E. NAVARRETTA, Forma e sostanza dell’interesse legittimo nella prospettiva
della responsabilità, in Danno e resp., 1999, p. 949 ss.; M. FRANZONI, La lesione dell’interesse legitti-
mo è, dunque, risarcibile, in Contratto e impr., 1999, p. 1025 ss.; G. ALPA, Il revirement della Corte di
cassazione sulla responsabilità per la lesione di interessi legittimi, in Resp. civ. prev., 1999, p. 907 ss.
33
Le espressioni citate nel testo tra virgolette sono tratte da Cass., 10 gennaio 2003, n. 157, in Foro
it., 2003, I, c. 78. Tuttavia, cfr. i rilievi di C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 223.
34
Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9346, in Foro it., 2002, I, c. 2635 ss., con nota di F. DI
CIOMMO, La responsabilità contrattuale della scuola (pubblica) per il danno che il minore si procura da
sé: verso il ridimensionamento dell’art. 2048 c.c.
35
Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9346, cit., c. 2649. Riconduce questa ipotesi all’obbligazione
senza prestazione, C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 491.
36
Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9346, cit., c. 2649.
37
Così, Cass., Sez. III, 10 maggio 2013, n. 11143, in Danno e resp., 2014, p. 605 ss., con nota di A.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 9

Così, in tema di responsabilità del tour operator, la Cassazione ha deciso


che l’esatto adempimento delle obbligazioni di somministrare vitto ed alloggio
non esaurisce l’ambito della prestazione alberghiera, la quale «necessariamen-
te implica anche doveri accessori di salvaguardia dell’incolumità dei clienti (in
relazione alle caratteristiche proprie del contesto in cui il soggiorno ha luogo),
38
la cui violazione può comportare una responsabilità di natura contrattuale» .
Da qui la responsabilità diretta dell’organizzatore del pacchetto turistico (ai
sensi degli artt. 93 e 96 del d.lgs. n. 206 del 2005) per i danni arrecati ad un
cliente dal morso di una piccola scimmia che liberamente «girovagava nella
struttura dove al consumatore era prestato il servizio alberghiero», per l’ina-
dempimento di un’«obbligazione di risultato» di «controllare le modalità del-
l’esecuzione della prestazione anche in ordine ad aspetti dell’attività del presta-
39
tore di servizi (albergatore) esulanti dalle promesse caratteristiche del viaggio» .
Proprio con riferimento a questi (e ad altri) casi leader decisi dalla giuri-
40
sprudenza negli ultimi anni, le Sezioni Unite della Cassazione, nel 2008 , po-
nendo termine ad un lungo e travagliato itinerario in materia, caratterizzato da
41
repentini e non sempre condivisibili mutamenti di rotta , hanno sancito la
generale “contrattualizzazione” del risarcimento del danno non patrimoniale.
Nella consapevolezza che il danno non patrimoniale conseguente all’inadem-
42
pimento delle obbligazioni «non era ritenuto risarcibile» , e che, «Per aggira-
re l’ostacolo», la giurisprudenza aveva elaborato la teoria, «di dubbio fonda-
43
mento dogmatico», del «cumulo delle azioni» , la Suprema Corte, con un’af-
fermazione “di principio”, dispone che «L’interpretazione costituzionalmente
orientata dell’art. 2059 c.c. consente ora di affermare che anche nella materia
della responsabilità contrattuale è dato il risarcimento dei danni non patrimo-
44
niali» . La Cassazione, quindi, applica (l’interpretazione costituzionalmente
orientata di) un testo tipicamente delittuale (l’art. 2059) all’intero campo della
responsabilità contrattuale, dando prova, anche in questa materia, di quella

PARZIALE, La responsabilità dell’insegnante per danno autocagionato dall’allievo tra “contatto sociale” e
causa ignota.
38
Cass., Sez. III, 3 dicembre 2009, n. 25396, in Danno e resp., 2010, p. 726, con nota di I. NAPO-
LITANO, Il morso della scimmia e la responsabilità del tour operator.
39
Cass., Sez. III, 3 dicembre 2009, n. 25396, cit., p. 726.
40
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Danno e resp.,
2009, p. 19 ss., con nota di A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno non patrimoniale secondo le
Sezioni Unite. Un “de profundis” per il danno esistenziale.
41
Sul punto, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto (Dall’ermeneutica “bipolare” al-
la teoria generale e monocentrica della responsabilità civile), Parte I, in Riv. crit. dir. priv., 2003, p. 13
s. Ma v., altresì, i rilievi critici mossi da L. NIVARRA, La contrattualizzazione, cit., p. 475 ss.; ID., Alcu-
ne precisazioni, cit., p. 45 ss.
42
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29.
43
«Sicché il risarcimento era condizionato alla qualificazione del fatto illecito come reato ed era
comunque ristretto al solo danno morale soggettivo» (Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn.
26972, 26973, 26974 e 26975, cit., pp. 29 e 30).
44
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
10 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

“fungibilità” tra le regole, che ha rappresentato una delle costanti di un mio


45
precedente studio . Il diritto tedesco aveva conseguito, con la riforma del
46
2002 , un risultato analogo, ma percorrendo un itinerario del tutto diverso:
l’abrogazione del § 847 BGB, che, nella sua interpretazione dominante, limi-
tava al solo campo delittuale la riparazione del danno in ipotesi «di lesione del
corpo o della salute, come pure nel caso di privazione della libertà», e il suo
testuale inserimento, con l’aggiunta di ogni lesione all’autodeterminazione ses-
suale, nell’inedito capoverso del § 253, cioè di una norma che disciplina in ge-
nerale il rapporto obbligatorio, hanno rappresentato una innovazione definita
47
come «epocale» , che ha avuto l’effetto di estendere la risarcibilità del danno
48
immateriale all’intero settore del diritto delle obbligazioni e dei contratti .
L’estensione al contratto del risarcimento del danno non patrimoniale ha
riguardato, in Italia, soprattutto gli obblighi di prestazione, anche in virtù del-
la nota interpretazione che ha sottolineato il significato della distinzione tra
prestazione, sempre suscettibile di valutazione economica, e il correlato inte-
49
resse, anche non patrimoniale, del creditore . In Germania e in Francia, inve-
ce, è la stessa “storia” degli obblighi di protezione e di sécurité che è stata se-
gnata, fin dall’origine, da ipotesi di riparazione di danni non patrimoniali (alla
persona del creditore o a terzi), provocati, dal debitore o da un suo preposto,
nell’esecuzione del contratto o, più in generale, nell’attuazione di un rapporto
giuridicamente rilevante. Ma anche in Italia le Sezioni Unite hanno preso co-
scienza di questa problematica, tant’è che una gran parte delle ipotesi citate
come casi emblematici di responsabilità civile “da inadempimento” hanno ad
50
oggetto proprio i «c.d. contratti di protezione» . Oltre ai casi «di omessa dia-
45
M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité, in Studi di diritto comparato, Collana diretta da A. Ber-
linguer, R. Favale, M. Oliviero, M. Papa, L. Pegoraro, G.M. Piccinelli, A. Procida Mirabelli di Lauro,
M. Serio, Torino, 2012, passim.
46
Precisa che la riforma del § 253 BGB non era contenuta nella formulazione originaria della
Schuldrechtsmodernisierung entrata in vigore il 1° gennaio 2002, ma è stata introdotta il 19 luglio
2002, F. ADDIS, Risarcimento del danno contrattuale. Riflessioni su «Sistema e prospettive nell’inte-
razione fra gli ordinamenti tedesco e italiano in Europa» secondo Stefan Grundmann, in Dir. giur.,
2007, p. 30.
47
Così, tra i tanti, S. GRUNDMANN, Risarcimento del danno contrattuale. Sistema e prospettive nel-
l’interazione fra gli ordinamenti tedesco e italiano in Europa, in Dir. giur., 2005, p. 177.
48
In tal senso già G. CIAN, La riforma del BGB in materia di danno immateriale e di imputabilità
dell’atto illecito, in Riv. dir. civ., 2003, II, p. 132 ss.
49
Noto, sul punto, l’insegnamento di M. GIORGIANNI, L’obbligazione, I, Milano, 1968, p. 33 ss. e
passim; al quale adde, per tutti, M. COSTANZA, Danno non patrimoniale e responsabilità contrattuale,
in Riv. crit. dir. priv., 1987, p. 127 ss.; C. SCOGNAMIGLIO, Il danno non patrimoniale contrattuale, in
Il contratto e le tutele. Prospettive di diritto europeo, a cura di S. Mazzamuto, Torino, 2002, p. 467 ss.;
M. GAZZARA, Il danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale, Napoli, 2003, p. 10 ss. Per la
ricostruzione della «tradizionale impostazione contraria al risarcimento» del danno non patrimoniale
da inadempimento v., per tutti, V. TOMARCHIO, Il danno non patrimoniale da inadempimento, Napo-
li, 2009, p. 61 ss. e passim.
50
In questi termini, Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit.,
p. 30 s.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 11

gnosi di malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata», nei quali «si
estendono gli effetti protettivi del contratto» a «soggetti terzi», alle lesioni «del
diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost., comma 1) e «del diritto inviolabile
all’autodeterminazione (art. 32 Cost., comma 2, e art. 13 Cost.)», ai pregiudizi
«alla professionalità da dequalificazione, che si risolvano nella compromissio-
51
ne delle aspettative di sviluppo della personalità del lavoratore» e, più in ge-
nerale, ad ogni altro obbligo di protezione che l’imprenditore è tenuto ad
adottare nell’esercizio dell’impresa a tutela dell’integrità fisica e della persona-
lità morale dei prestatori di lavoro (art. 2087 c.c.), la Cassazione cita esplici-
tamente il «contratto di protezione» che «intercorre tra l’allievo e l’istituto
52
scolastico» , nonché «le obbligazioni del vettore, che risponde dei sinistri che
53
colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio (art. 1681 c.c.)» .
Un’ulteriore, significativa parte della decisione riguarda l’interpretazione,
54
«costituzionalmente orientat[a]», delle «norme dettate in materia» di respon-
sabilità contrattuale. Così, gli artt. 1218 c.c., 1223 c.c., 1225 c.c. e 1229, com-
ma 2, non possono più essere riferiti «al solo danno patrimoniale», ma devono
ritenersi comprensivi «del danno non patrimoniale, qualora l’inadempimento
55
abbia determinato lesione di diritti inviolabili della persona» . Malgrado il con-
56
testato riferimento alla nozione di diritto inviolabile, che sembrerebbe in-
debitamente trasferire l’“ingiustizia” del danno anche in tema di responsabili-
tà contrattuale, questa sentenza si è fatta apprezzare proprio per aver riportato
«nell’alveo dell’inadempimento contrattuale obblighi preesistenti (di protezio-
ne, appunto), benché non sorretti da una prestazione, in modo da non lasciare
mai privo di tutela l’interesse del terzo di rango costituzionale leso dalla viola-
57
zione dell’obbligo da parte del debitore» .
Obblighi di sicurezza (o di protezione) sono stati individuati anche nel di-
ritto privato patrimoniale, sulla scia di quella dottrina che ha studiato le re-
sponsabilità “da prospetto” e, più in generale, da “informazione professiona-
58
le” , anche con riferimento al settore dell’intermediazione mobiliare. Ma, in
51
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
52
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
53
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
54
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
55
Le espressioni tra virgolette sono tratte da Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972,
26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
56
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Chiaroscuri d’autunno. Il danno non patrimoniale e le
Sezioni Unite, in Il danno non patrimoniale. Guida commentata alle decisioni delle S.U. 11 novembre
2008, nn. 26972/3/4/5, a cura di G. Ponzanelli, M. Bona, Milano, 2009, p. 355 s.
57
C. AMATO, Nozione unitaria di danno non patrimoniale e autonomia negoziale, in Il danno non
patrimoniale, cit., p. 23.
58
Nell’esperienza tedesca basti citare, per tutti, K. LARENZ, Lehrbuch des Schuldrechts, II, 1, XIII
ed., München, 1986, p. 424 ss. Propende per la natura extracontrattuale della responsabilità da ine-
satte informazioni, F.D. BUSNELLI, Itinerari europei, cit., pp. 539 ss., 569. Ma, in Italia, una respon-
sabilità per violazione degli obblighi che discendono direttamente dal proprio status professionale è
stata sostenuta da C. SCOGNAMIGLIO, Sulla responsabilità dell’impresa bancaria per violazione di ob-
12 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

proposito, la Cassazione ha deciso in maniera altalenante. Mentre con riguar-


do alle offerte pubbliche di acquisto, vendita o scambio di strumenti finanzia-
ri, si è affermato che, non essendo configurabile nessuna trattativa, la violazio-
ne dell’obbligo di predisporre un corretto prospetto informativo configura (a
prescindere dal fatto che sia stato o meno concluso il contratto di sottoscri-
zione delle azioni) «un’ipotesi di violazione del dovere di “neminem laedere”,
con la conseguente possibilità che colui al quale tale violazione è imputabile
sia chiamato a rispondere del danno da altri subito a cagione della violazione
medesima, secondo i principi della responsabilità aquiliana, non solo quando
egli abbia operato a titolo di dolo, ma anche se la violazione delle regole disci-
plinanti il prospetto d’offerta sia frutto di colpa, perché compilato con negli-
59
genza o imperizia in modo difforme dal dovuto» . Con riferimento alla re-
sponsabilità “per inesatto pagamento” della banca che ha negoziato in favore
di soggetto non legittimato un assegno non trasferibile, le Sezioni Unite hanno
deciso che la violazione di un «obbligo di protezione, che opera nei confronti
60
di tutti i soggetti interessati alla regolare circolazione del titolo» , è fonte di
una responsabilità contrattuale dell’istituto di credito. Questa sentenza, resa
nella consapevolezza di un più generale processo di avvicinamento dei due
61
modelli della responsabilità civile , si segnala non tanto per l’ormai usuale ri-
ferimento ad «obblighi nascenti da situazioni (non già di contratto, bensì) di
62
semplice contatto sociale» , quanto per la qualificazione degli obblighi di
protezione quali «obbligazioni [che] si fondano sulla legge», e che trovano la
loro fonte, al pari degli obblighi di prestazione, nella «disposizione dell’art.
63
1173 c.c.» .
Però, la nostra giurisprudenza, seguendo l’esempio delle Corti d’oltralpe
nella ben nota elaborazione dell’art. 1384, comma 1, Code civ., opera pure al-
l’inverso: sulla base di una regola implicita di “fungibilità” tra le soluzioni
contrattuale e delittuale, tende ad applicare una norma di responsabilità (og-
gettiva) delittuale in settori nei quali pur preesiste una relazione giuridicamen-
te rilevante (come la relazione tra il gestore di una struttura pubblica o privata
e il “cliente”), tant’è che le stesse Corti francesi e tedesche, allorché hanno do-
vuto risolvere casi analoghi, hanno spesso preferito optare per la responsabili-
tà contrattuale, ravvisando ora un’obbligazione di sécurité (di diligenza), ora

blighi discendenti dal proprio status, in Giur. it., 1995, p. 363 ss.; ID., Ancora sulla responsabilità della
banca per violazione di obblighi discendenti dal proprio status, in Banca, borsa e tit. cred., 1997, II, p. 658
ss.; criticamente, M. BARCELLONA, Strutture della responsabilità e «ingiustizia» del danno, in Europa e
dir. priv., 2000, p. 483 ss.
59
Cass., Sez. I, 11 giugno 2010, n. 14056, in Danno e resp., 2011, p. 621, con nota di G. AFFERNI,
Responsabilità da prospetto: natura, danno risarcibile e nesso di causalità.
60
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, in Corriere giur., 2007, spec. p. 1709, con il commen-
to di A. DI MAJO, Contratto e torto: la responsabilità per il pagamento di assegni non trasferibili.
61
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, cit., p. 1708.
62
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, cit., p. 1708.
63
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, cit., p. 1709.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 13

64
un contratto con effetti protettivi per terzi . Così la Cassazione si è rivolta
all’art. 2043 c.c. per cassare la sentenza dei giudici d’appello che aveva rigetta-
to la domanda di risarcimento dei danni avverso il gestore di una piscina per i
danni patiti da una minore che si era tuffata impattando il fondale della stes-
65
sa . Così ha applicato una norma di responsabilità oggettiva extracontrattuale
(l’art. 2052 c.c.) per sancire la responsabilità del gestore di un maneggio per i
danni subiti da un cliente che, dopo aver noleggiato un cavallo, nel corso di
una passeggiata organizzata, si era gettato in terra prima che la cavalcatura,
66
spaventata dalla presenza di un cane sul percorso, partisse al galoppo . Così
ha applicato innumerevoli volte l’art. 2051 c.c., ovvero una norma di respon-
67
sabilità oggettiva extracontrattuale per i danni cagionati dalle cose in custo-
dia, ora per affermare la responsabilità della società che gestiva un’autostrada
(a pagamento) per il decesso di un conducente di un veicolo che, uscito di
strada per cause non accertate, era caduto in un raccoglitore dell’acqua piova-
68
na , ora per sancire la responsabilità dei gestori di strutture alberghiere per i
danni occorsi a clienti che erano inciampati nel percorrere una scala di mar-
69
mo , che erano scivolati nella sala da pranzo a causa della presenza sul pavi-
70
mento di residui di cibo , che erano caduti in una vasca da bagno predisposta
ad essere impiegata anche come doccia, ma senza essere dotata degli “indi-
71
spensabili” presidi antiscivolo e di sostegno . Il custode-albergatore è stato
altresì considerato responsabile in via delittuale sempre ai sensi dell’art. 2051
c.c., unitamente alla responsabilità contrattuale dell’istituto scolastico ed a
72
quella, da contatto sociale, dell’insegnante , per il danno biologico subito da
una studentessa sedicenne che, durante una gita scolastica, era caduta al suolo
dopo aver scavalcato il parapetto del proprio balcone ed aver avuto accesso al
64
Si pensi, ad es., al celebre Gemüseblattfall, deciso dal BGH il 28 gennaio 1976, in NJW, 1976,
p. 712, anche in JZ, 1976, p. 776, con nota critica di K.F. KREUZER, nel quale si risarcisce il danno
subito da una bambina che scivola su una foglia di insalata mentre accompagnava la madre all’interno
di un supermercato.
65
Cass., Sez. III, 2 marzo 2011, n. 5086, in Giust. civ., 2011, I, p. 1715 ss.
66
Cass., Sez. III, 21 gennaio 2010, n. 979, in Danno e resp., 2010, p. 913 s., commentata da P.
SANTORO, “Mala bestia è questa mia”: sulla responsabilità oggettiva del titolare di un maneggio.
67
Afferma, infatti, che la responsabilità del custode disciplinata dall’art. 2051 c.c. costituisce
un’ipotesi di responsabilità oggettiva e non di colpa presunta, in quanto il danneggiato, per ottenere
il risarcimento da parte del custode, deve dimostrare l’esistenza del danno e la sua derivazione causa-
le dalla cosa, rilevando, ai fini dell’esonero dalla responsabilità, non la diligenza nella custodia, ma sol-
tanto che il danno è derivato dal caso fortuito o dalla condotta del danneggiato, Cass., Sez. III, 19
gennaio 2010, n. 713, in Danno e resp., 2010, p. 921 ss.
68
Cass., Sez. III, 2 febbraio 2010, n. 2360, in Danno e resp., 2010, p. 555 ss., con nota di P. PAR-
DOLESI, Sul “dinamismo” connaturato alla cosa nella responsabilità da custodia.
69
Cass., Sez. III, 9 novembre 2005, n. 21684, in Foro it., 2006, c. 1807 ss.
70
Cass., Sez. III, 4 agosto 2005, n. 16373, in Resp. civ. prev., 2006, p. 720, con nota di D. CALCA-
TERRA.
71
Cass., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24739, in Danno e resp., 2008, p. 782, con il commento di
D. BOSCHI, Alcune considerazioni circa l’applicazione dell’art. 2051 c.c. al c.d. danno da caduta.
72
Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9346, cit., c. 2635 ss.
14 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

73
lastrico solare . Ma la nostra giurisprudenza, pur applicando una norma da
lei stessa definita di responsabilità oggettiva delittuale (l’art. 2051 c.c. risulta
senz’altro più favorevole per la vittima rispetto ad un’obbligazione di sécurité
che, se qualificata “di diligenza”, farebbe gravare la prova della negligenza sul
creditore-danneggiato), talvolta tende a ridimensionare in senso soggettivo
l’interpretazione di questo testo, richiedendo come necessaria l’intrinseca “pe-
ricolosità” della cosa ovvero il suo dinamismo connaturato o, quanto meno,
74
“derivato” .
Orientamento, questo, confermato anche in tema di danni “da custodia”
75
della Pubblica Amministrazione . Malgrado la Cassazione declami la natura
oggettiva di questa responsabilità, la valutazione comparativa della diligenza
76
tenuta dal custode e dalla vittima , unitamente ad altri fattori (caratteristiche
specifiche del bene, “effettività” della relazione tra custode e cosa, incidenza
77
di elementi causali “esterni” rispetto al bene e alla condotta del terzo , affi-
damento riposto nella “sicurezza” della cosa, «elementi particolari di lesivi-
78
tà» posseduti dalla cosa), rappresentano dati che, nel caso concreto, limitano
la responsabilità del custode, secondo una prospettiva che pare difficilmente
compatibile con un’interpretazione rigorosa del testo.
In altri casi è lo stesso legislatore che è intervenuto per determinare un
regime di responsabilità che, espressione di un principio di “fungibilità” tra
le soluzioni, rappresenta una “contaminazione” tra il modello contrattuale e
quello delittuale. Un esempio emblematico è fornito dallo stesso codice civi-
le, che adotta il medesimo criterio di imputazione in una regola ora di re-
sponsabilità delittuale (art. 2050 c.c.), ora di responsabilità contrattuale (art.
1681, comma 1), là dove limita l’esonero dalla responsabilità del vettore e
dell’esercente attività pericolose alla medesima «prova di aver adottato tut-
79
te le misure idonee a evitare il danno» . Anche il legislatore speciale, nel
c.d. codice del consumo, procede ad un “allineamento” tra le due specie del-
la responsabilità civile, con riferimento alla responsabilità contrattuale del-
73
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, in Danno e resp., 2012, p. 755 ss., con il commento di
A.P. BENEDETTI, La caduta di un alunno durante gita scolastica: chi risponde?
74
Su tale nozione, D. BOSCHI, op. cit., p. 784.
75
Cfr., ad es., Cass., 9 maggio 2012, n. 7037, in Danno e resp., 2012, p. 799; Cass., 18 ottobre
2011, n. 21508, ivi, 2012, p. 614, con il commento di S. SCALZINI, Danno da cose in custodia e manu-
tenzione stradale fra colpa e responsabilità oggettiva: un indifferibile chiarimento.
76
In argomento già F. CAFAGGI, Profili di relazionalità della colpa. Contributo ad una teoria della
responsabilità extracontrattuale, Padova, 1996, p. 481 ss.
77
Ad es., per Cass., 24 febbraio 2011, n. 4484, in Foro it., 2011, I, c. 1082, con nota di A. PALMIERI;
già Cass., 24 febbraio 2011, n. 4495, in Arch. circ., 2011, p. 695; Cass., 3 aprile 2009, n. 8157, in Nuo-
va giur. civ. comm., 2009, I, p. 1025; Cass., 25 luglio 2008, n. 20427, in Foro it., 2008, I, c. 3461.
78
Ad es., Cass., Sez. III, 4 ottobre 2013, n. 22684, in Danno e resp., 2014, p. 616 ss., con nota di
M. TORRESANI, La responsabilità oggettiva da cose in custodia per dissesti stradali.
79
Tale circostanza è rilevata, tra gli altri, da L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato» e obbliga-
zioni «di mezzi» (Studio critico), in Riv. dir. comm., 1954, I, p. 381.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 15

80
l’organizzatore e del venditore di pacchetti turistici .
In tema di danno da prodotti, poi, la c.d. de-contrattualizzazione della re-
sponsabilità (rispetto ad alcuni diritti, come quello francese, che aveva speri-
mentato un’obbligazione di sécurité “di risultato”) è stata effettuata dallo stes-
so legislatore europeo (Direttiva CEE 25 luglio 1985, n. 374) che, sulla scia del
81 82
modello anglo-americano , ha optato per un’uniformazione dei diritti sulla
base della responsabilità aquiliana, avendo «non sempre» il danneggiato un
83
rapporto contrattuale con il produttore . Ma, in questo caso, il regime di re-
84
sponsabilità oggettiva delittuale recepito dai legislatori nazionali – o, quanto
meno, di una responsabilità che ha natura «presunta (e non già oggettiva), po-
sto che essa prescinde dall’accertamento della colpevolezza del produttore,
ma non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un “difetto” del prodot-
to», incombendo sul danneggiato la prova del collegamento causale «non già
85
tra il prodotto e il danno, bensì tra “difetto e danno”» – tende ad allinear-
si, anche per merito dell’interpretazione rigorosa offerta dalla giurispruden-
86
za (nella specie, italiana) , alla disciplina della responsabilità contrattuale
conseguente all’inadempimento di un’obbligazione di sécurité-résultat, se-
condo un principio di fungibilità tra le soluzioni, in base al quale si tende ad

80
Cfr. M. BONA, Cadute nei villaggi turistici e responsabilità del tour operator, in Danno e resp.,
2006, p. 717.
81
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 665 ss. e passim.
82
Su tale aspetto, G. BENACCHIO, Diritto privato della Unione europea. Fonti, modelli, regole, Pa-
dova, V ed., 2010, p. 356.
83
Così, V. ZENO ZENCOVICH, La responsabilità civile, cit., p. 309.
84
Per tutti, C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 687. Precisa, tuttavia, che non si tratta di un’ipotesi
di responsabilità (oggettiva) assoluta, poiché essa non può essere affermata sulla base della sola sussi-
stenza della prova del nesso di causalità tra l’utilizzo del prodotto e il danno alla salute, richiedendo
la disciplina che il prodotto sia difettoso per la mancanza dei requisiti di sicurezza generalmente ri-
chiesti dall’utenza in relazione alle normali condizioni di impiego, «per tale intendendosi quello cor-
rispondente alle caratteristiche del prodotto ed alle istruzioni fornite dal produttore», Cass., Sez. III,
13 dicembre 2010, n. 25116, in Danno e resp., 2011, p. 975, con i commenti di L. FRATA, La respon-
sabilità per prodotto cosmetico difettoso: l’onere della prova e le “normali condizioni di impiego”, di M.
ASTORE, E. LOCURATOLO, Difetto d’informazione e natura della responsabilitò da prodotto; ivi, 2012,
p. 67 ss., con nota di A.L. BITETTO, Dal biscotto al pan carré: il tortuoso percorso della responsabilità
da prodotto.
85
Così Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13458, in Danno e resp., 2014, spec. p. 493, con nota di
C. BALDASSARRE, Responsabilità del produttore: danno risarcibile, onere della prova e logica giuridica;
Cass., Sez. III, 6 agosto 2013, n. 18654, ivi, 2014, p. 494 ss.; e già Cass., 15 marzo 2007, n. 6007, in
Foro it., 2007, I, c. 2414, con nota di A. PALMIERI, Difetto e condizioni di impiego del prodotto: ritorno
alla responsabilità per colpa? In proposito, per una qualificazione in termini di “responsabilità ogget-
tiva limitata”, cfr. già G. PONZANELLI, R. PARDOLESI, La responsabilità per danno da prodotti difetto-
si, Commentario, in Nuove leggi civ. comm., 1989, p. 502. Considera la responsabilità presunta una
delle varie forme di responsabilità oggettiva, G. STELLA, La responsabilità del produttore per il danno
da prodotto difettoso nel nuovo codice del consumo, in Resp. civ. prev., 2006, p. 1610.
86
Cass. civ., Sez. III, 8 ottobre 2007, n. 20985, in Corriere giur., 2008, p. 811 s., con nota di C. DI
PALMA, Responsabilità da prodotto difettoso e onere della prova: la Cassazione riporta gli interpreti sul
sentiero della strict liability.
16 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

applicare un modello “equivalente” di imputazione della responsabilità (diverso


dalla colpa) che è tendenzialmente indifferente rispetto alla sua fonte (contrat-
to o torto).
Queste ipotesi, insieme con le altre che verranno esaminate in seguito, te-
stimoniano le sempre più frequenti interferenze nei rapporti tra le responsabi-
lità delittuale e contrattuale, e, più che ipotizzare l’assorbimento dell’una nel-
l’altra, sembrano confermare il pensiero di chi, riflettendo sulle vicende che
hanno rivoluzionato i tradizionali rapporti tra le due specie della responsabili-
87
tà, ha avanzato l’idea di un percorso verso un “diritto comune” che, supe-
rando una partizione ispirata alle fonti dell’obbligazione, ponga finalmente al
centro dell’attenzione soprattutto i modelli di imputazione (diversi dalla col-
pa) e i differenti regimi probatori.

2. Gli orientamenti giurisprudenziali che propongono una “contrattualiz-


zazione” di rapporti un tempo decisi sulla base delle regole della responsabili-
tà delittuale trovano il loro fondamento teorico in un ampliamento della no-
zione tradizionale di obbligazione, che assume una struttura complessa. Gli
obblighi di protezione o di sicurezza «fanno parte del rapporto obbligatorio
primario, essendo finalizzati a tutelare il contraente creditore della prestazione
dai danni alla persona e/o alle cose che possano verificarsi in occasione del
88
contratto» . La tutela dello statu quo è realizzata attraverso l’esatto adempi-
mento di obblighi “altri” rispetto a quelli esplicitamente contemplati nella
prestazione. In tal senso, la scienza giuridica italiana accoglie quella partizione
tra Leistungsinteresse e Schutzinteresse, la quale consente di distinguere,
dall’interesse a ricevere la prestazione, quell’interesse «acché la propria perso-
na o i propri beni non subiscano in qualche modo pregiudizio in occasione del
89
“Sonderbeziehung” cui l’obbligazione dà vita» .
Tuttavia, v’è da sottolineare come la giurisprudenza italiana abbia costruito
90
la teoria del “contatto sociale” richiamando indistintamente sia la categoria
dei rapporti contrattuali di fatto, sia le figure dell’obbligazione senza presta-
91
zione e degli obblighi di protezione , pur avendo continuato a qualificare la
92
culpa in contrahendo nell’area della responsabilità extracontrattuale . Dimen-
87
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Hacia un “Derecho Común” de la Responsabilidad Ci-
vil, in La Responsabilidad Civil, a cura di C. Fernández Sessarego, volumen III, Lima (Perù), 2010,
pp. 41-60.
88
E. MOSCATI, I rimedi contrattuali a favore di terzi, in Riv. dir. civ., 2003, I, p. 370.
89
A. DI MAJO, La responsabilità contrattuale, cit., p. 20, n. 20; ID., Delle obbligazioni in generale,
in Comm. del cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1988, p. 122, n. 1.
90
Criticamente, F.D. BUSNELLI, La “dottrina delle Corti” e il risarcimento del danno alla persona,
in Danno e resp., 2014, p. 471 s.
91
Per tali rilievi critici, cfr. L. LAMBO, op. ult. cit., p. 356 ss.
92
Questo risalente orientamento della nostra giurisprudenza trova la sua fonte d’ispirazione
nell’esperienza francese: cfr., ad es., Cass., 14 ottobre 1966, n. 2459, in Rep. Foro it., 1966, voce Ob-
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 17

ticando che proprio la ricostruzione di tale problematica nell’ambito della re-


93
sponsabilità contrattuale consentì a Rudolf von Jhering , prima, e (alla dottri-
94
na successiva) ad Heinrich Stoll , poi, di porre le basi per la moderna teoria
dell’obbligazione.
Come si era, da tempo, affermato, proprio la compiuta teorizzazione degli
95
obblighi di protezione o di sécurité non poteva non implicare «la revisione
96
della teoria della responsabilità precontrattuale» . Gli obblighi di protezione
sorgono già nella fase delle trattative e della formazione del contratto (art.
1337) «e in questo stadio costituiscono un rapporto obbligatorio autonomo,
97
da classificarsi tra i rapporti ex lege» . La concezione della responsabilità pre-
contrattuale come responsabilità fondata sul principio dell’art. 2043 c.c. dove-
98
va «considerarsi ormai superata anche in Italia» . L’obbligo di comportarsi
secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del
contratto era «stabilito dall’art. 1337 come obbligo inter partes», ovvero come
obbligo “relativo”, la cui violazione determinava una responsabilità contrat-
99
tuale . L’ampia previsione dell’art. 1337 imponeva «di allargare il campo del-
la responsabilità in contrahendo, comprendendovi non soltanto le ipotesi ori-
ginarie dello Jhering (artt. 1338, 190, comma 2, 1398), ma altresì le ipotesi
connesse alla conclusione di un negozio valido (per es. artt. 1328, 1440, 1812,
100
1821, 1893)» .
A tali conclusioni è pervenuta una recente sentenza della Cassazione, la
quale, nel considerare l’obbligo di comportarsi in buona fede (di cui all’art.
1337 c.c.) «ben distint[o]» dalla responsabilità aquiliana «ex art. 2043 c.c., in
cui la lesione precede l’instaurazione di un qualsiasi rapporto particolare tra le
101
parti» , ha effettuato un importante revirement. Nel decidere in merito al re-

bligazioni e contratti, c. 1839, n. 172-173; Cass., 8 febbraio 1972, n. 330, in Mass. Foro it., 1972, c. 93
s.; Cass., 19 aprile 1983, n. 2705, in Rep. Foro it., 1983, voce Contratto in genere, c. 682, n. 143; Cass.,
18 giugno 1987, n. 5371, in Foro it., 1988, I, c. 181 ss. Criticamente, per tutti, il pensiero di L. MEN-
GONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 361.
93
Cfr. C. CASTRONOVO, voce Obblighi di protezione, in Enc. giur. Treccani, XXI, Roma, 1991, p. 1 ss.
94
Per tutti, C.W. CANARIS, Ansprüche wegen «positiver Vertragsverletzungen» und «Schutzwir-
kung für Dritte» bei nichtigen Verträgen, in JZ, 1965, p. 475 ss., spec. p. 477 ss.
95
Da rilevare come questa illustre dottrina (L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 368) as-
simili, sotto i profili della struttura e della funzione, obblighi di protezione ed obbligazioni di sécurité.
96
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 369, in nota 16.
97
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
98
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
99
L. MENGONI, op. loc. ult. cit. Sul punto, soprattutto, ID., Sulla natura della responsabilità pre-
contrattuale, cit., p. 360 ss.; F. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano, 1963, pp. 67 ss.,
126 ss.; R. SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale, Milano, 1980, p. 213 ss.; C. CASTRONOVO, La
nuova responsabilità civile, cit., p. 459 ss.
100
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
101
Cass., I Sez. civ., 20 dicembre 2011, n. 27648, in I contratti, 2012, p. 237, con nota di F. DELLA
NEGRA, Culpa in contrahendo, contatto sociale e modelli di responsabilità. Riconduce, invece, all’ille-
cito aquiliano la decisione assunta da Cass., Sez. III, 20 marzo 2012, n. 4382, in Danno e resp., 2012,
p. 1103, V. MONTANI, Responsabilità precontrattuale e abbandono ingiustificato delle trattative: un
18 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

cesso da una trattativa privata da parte della Pubblica amministrazione, ha af-


fermato che la responsabilità precontrattuale rappresenta una fattispecie nor-
mativamente qualificata di contatto sociale, poiché è lo «stesso legislatore»
che, nel prevedere l’obbligo di buona fede, ha costituito un rapporto giuridico
102
obbligatorio nel corso delle trattative . Nel ricordare che «questa corte è da
tempo pervenuta a qualificare la responsabilità da contatto sociale in termini
di responsabilità contrattuale», la Cassazione applica il regime della responsa-
bilità contrattuale all’art. 1337 c.c. disponendo che, ai fini del risarcimento,
l’attore debba dimostrare non l’elemento soggettivo dell’autore dell’illecito,
bensì soltanto l’antigiuridicità del comportamento, cioè la violazione dell’ob-
103
bligo di buona fede, e il danno .
Anche questa sentenza – la quale, tuttavia, non ha impedito alla Cassazione
di ribadire immediatamente il suo orientamento tradizionale, nel qualificare di
nuovo la responsabilità precontrattuale come responsabilità extracontrattuale
(ex art. 2043 c.c.), «sotto il profilo della violazione del dovere del neminem
laedere», allorché il recedente «sia venuto meno ai doveri di buona fede, cor-
rettezza, lealtà e diligenza, in rapporto anche all’affidamento ingenerato nel
104
privato circa il perfezionamento del contratto» – dimostra come la recente
giurisprudenza italiana, talvolta, si sia ispirata alla teoria del contatto sociale.
105
La quale, com’è noto, affonda le sue origini in una dottrina che, muovendo i
suoi passi da talune ipotesi particolari (rapporto di lavoro, società di fatto, re-
lazioni fondate su un contratto invalido), tende a ricondurre ad una «espres-
106
sione ellittica» , contrassegnata in senso negativo, rapporti giuridici di origi-
107
ne non contrattuale (o “paracontrattuale”) che, pur rientrando nel campo dei
valori giuridici, «non trovano il loro fondamento in una volontà diretta a costi-
tuirli, cioè in un comportamento negoziale, né in un altro comportamento giu-
ridico tipico, ma si manifestano come rapporti della vita di relazione, che, in
108
virtù della loro tipicità sociale, assumono rilevanza per il diritto» .
Questi rapporti “tipici della vita di relazione” troverebbero la loro più

rapporto da genus a species, ivi, 2012, p. 1107. Afferma che, oltre che in caso di rottura ingiustificata
delle trattative, la responsabilità di cui all’art. 1337 c.c. «può derivare anche dalla violazione dell’ob-
bligo di lealtà reciproca che si concretizza nella necessità di osservare il dovere di completezza infor-
mativa circa la reale intenzione di concludere il contratto, senza che alcun mutamento delle circostan-
ze possa risultare ideneo a legittimare la reticenza o la maliziosa omissione di informazioni rilevanti
nel corso della prosecuzione delle trattative finalizzate alla stipulazione del contratto», Cass., Sez. II,
26 aprile 2012, n. 6526, ivi, 2012, p. 1212, annotata da P. LAGHEZZA, Responsabilità precontrattuale e
obbligo d’informazione.
102
Cass., I Sez. civ., 20 dicembre 2011, cit., p. 237.
103
Cass., I Sez. civ., 20 dicembre 2011, cit., p. 237.
104
Così Cass., Sez. II, 10 gennaio 2013, n. 477, in Danno e resp., 2013, p. 755, con nota di F.
DELLA NEGRA, La natura della responsabilità precontrattuale: la quiete dopo la tempesta?
105
G. HAUPT, Über faktische Vertragsverhältnisse, cit., p. 5 ss.
106
Così, L. RICCA, Sui cosiddetti rapporti, cit., p. 19.
107
La definizione è di L. RICCA, op. ult. cit., p. 5.
108
L. RICCA, op. ult. cit., p. 4 s.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 19

adeguata disciplina nelle norme dettate in tema di contratti proprio in ragione


della loro “similitudine”, e si porrebbero tra le parti non tanto in virtù di un
consenso (invero fittizio), «quanto piuttosto per la rilevanza che il “fatto” del-
109
la posizione dei soggetti assume nella valutazione sociale» . In questi casi si
determinerebbe tra gli interessati un tipico rapporto della vita sociale, che si
differenzia dalla neutrale “coesistenza” di semplici “terzi”. Si creerebbe «co-
me un contatto tra “parti” di un rapporto, vale a dire un rapporto di reciproco
affidamento, per la disciplina del quale, sia relativamente al risarcimento degli
eventuali danni sia per la determinazione degli ulteriori obblighi di compor-
tamento, si presentano più consone le norme sui contratti, anziché quelle con-
110
cernenti gli atti illeciti» . Tali rapporti avrebbero la loro fonte non in un con-
111
tratto in senso tecnico, ma in una «fattispecie autonoma» che trova il fon-
damento della sua tutela nel fatto che «un rapporto giuridico è divenuto real-
tà, rapporto che nel suo tipico significato sociale si configura come sommini-
strazione, locazione, trasporto, o altro tipico rapporto della vita di relazione,
112
da doversi giudicare a stregua delle norme che regolano i contratti» .
Così, rientrerebbero nei cosiddetti rapporti contrattuali di fatto sia le rela-
zioni derivanti dall’inserzione in un’organizzazione comunitaria, «che acqui-
stano rilevanza per il persistere dell’organismo comunitario nella realtà sociale,
indipendentemente dalla validità o addirittura dall’esistenza dell’atto costituti-
vo» (prestazione di lavoro e c.d. società di fatto); sia i rapporti derivanti da un
obbligo sociale di prestazione, «nei quali un rapporto obbligatorio è preesi-
stente agli atti di adesione dei singoli utenti, rispetto ai quali sarebbe mera fin-
zione parlare di volontà presunta o accordo tacito, perché il loro comporta-
mento consiste unicamente nell’usufruire del servizio, ed a ciò soltanto è diret-
ta la loro volontà»; sia i rapporti derivanti da contatto sociale (Kraft sozialen
Kontakts) nei quali, in assenza di un contratto perfetto, «una delle parti faccia
assegnamento sulla cooperazione dell’altra per il raggiungimento del risultato
previsto, in virtù dell’univoco significato che socialmente si connette al com-
113
portamento di questa» . Contatto sociale si avrebbe nell’ipotesi delle trattati-
ve contrattuali, nel trasporto e nelle altre prestazioni di cortesia, nel rapporto
che si instaura tra soggetti che eseguono un contratto di locazione nullo (c.d.
locazione di fatto).
Tale teoria è stata duramente contestata in Germania, sotto i profili sia del-
la sua legittimità (per incompatibilità con il diritto positivo), sia della validità
sociale (perché considerata non conforme alle esigenze della vita) e dell’inte-
resse pratico (del tutto irrilevante). Si è considerata infelice la terminologia
109
L. RICCA, op. ult. cit., pp. 3 e 2.
110
In tal modo il pensiero di G. HAUPT, op. loc. ult. cit., è inteso da E. BETTI, Sui cosiddetti rap-
porti, cit., p. 355 (il corsivo è nostro).
111
G. HAUPT, op. ult. cit., p. 29.
112
E. BETTI, op. ult. cit., p. 364 s.
113
Le espressioni citate tra virgolette sono tratte da L. RICCA, op. ult. cit., p. 6.
20 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

adoperata, perché legata ad una configurazione dei fatti e degli atti giuridici
del tutto «superata, e comunque non più adeguata alle esigenze della moderna
114
tecnica giuridica» . Si è contestata la stessa idea di “rapporti contrattuali di
fatto”, perché espressione di un concetto di diritto e di “negozio giuridico”
115
«quanto mai arcaico ed inadeguato» . Si è criticata la stessa scientificità del
metodo adottato, per aver preferito la deduzione (criterio formalistico) all’in-
duzione: invece di prendere le mosse dalla concreta realtà giuridica, tale teo-
ria, al contrario, nel porre un concetto (il contratto) alla base della ricerca, «è
giunta ad un altro concetto (il rapporto contrattuale di fatto), senza però esse-
re riuscita a spiegare come quei rapporti, legati dall’ordinamento giuridico al
presupposto dell’esistenza di un contratto, possano instaurarsi tra le parti in
116
virtù di un mero “fatto” della vita sociale» . Ma la teoria è stata rifiutata an-
che (e soprattutto) per i suoi presupposti ideologici, non essendo difficile co-
gliere nelle sue argomentazioni «la fortissima suggestione esercitata dalle dot-
trine politico-sociali imperanti nella Germania dell’epoca»: il mito del Volk,
«collettività unita e concorde sotto la guida di un Führer, passa nel diritto co-
me esigenza di correttezza e di ordine»; l’interesse della collettività, «conside-
rato del tutto assorbente di quello degli individui, giustifica l’imposizione di
obblighi di comportarsi in certo modo anche a chi non se li è mai assunti, né
117
ha fatto nulla per assumerli» . Questa dottrina, divenendo «lo strumento per
giustificare una arbitraria limitazione della libertà (e non soltanto quella con-
trattuale)», si colloca nel tempo «come espressione di un dato momento della
118
vita politica germanica» , come «una capitolazione dei concetti giuridici di-
119
nanzi al fatto politico-sociale» . Pertanto, «sarebbe stato meglio se la dottri-
na dei rapporti contrattuali di fatto non fosse stata mai formulata, perché essa
è una vera bomba atomica, creata esclusivamente per la distruzione di un pen-
120
siero giuridico fedele alla legge» .
Sorprende, quindi, che la nostra giurisprudenza abbia recepito con tanta
convinzione la prospettiva ambigua e semplificante della responsabilità da
121
contatto sociale , senza essere probabilmente avvertita (dalla dottrina italiana
che aveva traghettato la soluzione) del contesto storico nel quale tale teoria era
maturata. Ma anche sotto il profilo “puramente tecnico”, l’interpretazione
giurisprudenziale ha destato perplessità, in quanto, di là dal preteso “contat-

114
L. RICCA, op. ult. cit., p. 30.
115
L. RICCA, op. ult. cit., p. 31.
116
L. RICCA, op. loc. ult. cit.
117
Per le espressioni tra virgolette, v. L. RICCA, op. ult. cit., pp. 20 e 21.
118
L. RICCA, op. ult. cit., p. 21.
119
È il pensiero di J. ESSER, Gedanken zur Dogmatik der «faktischen Schuldverhältnisse», in AcP,
1958-59, p. 91.
120
Per tale espressione, cfr. la dottrina tedesca citata da L. RICCA, op. ult. cit., p. 14.
121
Che le ha assicurato un indubbio successo anche in dottrina: cfr., ad es., S. FAILLACE, La re-
sponsabilità, cit., p. 33 ss. e passim.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 21

to” sociale (più o meno) qualificato, la stessa obbligazione senza prestazione


«sta semplicemente a indicare il vincolo giuridico costituito dagli obblighi di
protezione», il quale deve essere pur sempre fondato «sulla regola di corret-
122
tezza-buona fede oggettiva» .
La contestata sovrapposizione giurisprudenziale tra modelli dotati di una
propria autonomia, e la citazione non sempre corretta degli orientamenti richia-
mati, così come si sono sviluppati nei paesi di origine, può trovare una giusti-
ficazione nell’«errore della dottrina di non aver chiarito il legame tra obblighi
di protezione, contratto con effetti di protezione per i terzi e rapporto obbli-
gatorio senza prestazione; di aver proposto quest’ultimo come un modello che
ha una vita propria, quasi che fosse distinto dalla categoria degli obblighi di
protezione; e, inoltre, di aver dato molto peso alla qualificazione professionale
e al contatto sociale, i quali, come è noto, sono elementi di cui si sostanzia an-
123
che la teorica dei rapporti contrattuali di fatto» . Ma non ogni contatto so-
ciale di per sé impone obblighi, là dove questi devono trovare la loro fonte in
124
una «relazione giuridicamente rilevante» o in un «rapporto a contenuto de-
125
terminato» che preesistano alla responsabilità e che siano idonei a produrli
126
in conformità dell’ordinamento giuridico (art. 1173 c.c.) . D’altronde, la stes-
sa dottrina che ha studiato, in Italia, i rapporti contrattuali di fatto ha messo in
guardia avverso avventate generalizzazioni, ritenendo che «essi non possono
configurarsi come categoria unitaria, in base al preteso elemento comune del
127
contatto sociale» .
L’abusato riferimento della nostra giurisprudenza alle idee di “contatto so-
128
ciale” e di status professionale , vero passe-partout utilizzato per estendere i
confini della responsabilità contrattuale, trova forse il suo fondamento, da un
lato, nell’immediata intelligibilità del modello, rispetto alla maggiore articola-
zione delle altre figure richiamate; dall’altro, nella sommaria ed incompleta co-
noscenza delle vicende e delle ragioni che hanno caratterizzato la storia dei
cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, degli obblighi di protezione e delle
122
Le espressioni tra virgolette sono tratte da L. LAMBO, op. cit., p. 356.
123
L. LAMBO, op. cit., p. 357.
124
Secondo l’ampia definizione proposta da C. CASTRONOVO, Le due specie della responsabilità
civile e il problema del concorso, in Europa e dir. priv., 2004, p. 70. Per una sintesi del dibattito, già R.
SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, cit., p. 670 ss.
125
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni e «rapporto proprietario», Camerino-Na-
poli, 1984, p. 309 e passim, il quale, anche in tema di proprietà, aderisce ad una nozione ampia di re-
sponsabilità “contrattuale” o “da rapporto”.
126
Sulla possibile atipicità delle fonti di obbligazione, cfr. M. GIORGIANNI, Appunti sulle fonti
dell’obbligazione, in Riv. dir. civ., 1965, I, p. 70 ss.; C.A. CANNATA, Le obbligazioni in generale, in
Tratt. di dir. priv. diretto da P. Rescigno, IX, Torino, 1984, p. 24 ss.; U. BRECCIA, Le obbligazioni, cit.,
p. 108 ss. In proposito, P. RESCIGNO, voce Obbligazioni (Diritto privato), in Enc. dir., XXIX, Milano,
1979, p. 155 ss.
127
Per tutti, L. RICCA, op. ult. cit., p. 40.
128
Questa idea è stata sviluppata, con grande successo, in Italia da C. CASTRONOVO, La nuova re-
sponsabilità civile, cit., p. 466 ss. e passim.
22 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

obbligazioni di sécurité in Germania e in Francia. D’altronde la circolazione


giurisprudenziale dei modelli giuridici si caratterizza, spesso, per una dose di
novità nella ricezione, che talora è dovuta a fattori sociali, politici ed economi-
129
ci , ma che talvolta è causata dall’inesatta comprensione, nell’ordinamento
recipiente, della fisionomia che il modello ha assunto nella scienza giuridica
d’origine. Poiché il giudice è meno portato del teorico a informarsi sulla pro-
duzione degli altri paesi, sovente procede ad imitazioni «a mezzo di interme-
130
diarii» . E ciò è accaduto, forse, in questa specifica materia, allorché «la giu-
risprudenza di un paese [è stata] illustrata dalla dottrina nazionale, questa [è
stata] imitata dalla dottrina di un secondo paese, la quale [ha prodotto] una
131
ulteriore recezione giudiziale» .
Compito di questo studio è, invece, quello di esaminare comparativamente
le vicende che hanno interessato tali fenomeni in quei paesi nei quali essi han-
no trovato origine ed evoluzione. La scelta di esaminare anche le obbligazioni
di sécurité trova fondamento sia nell’opportunità di approfondire un tema an-
cora poco conosciuto dalla nostra scienza giuridica, rispetto alla tematica degli
obblighi di protezione; sia nell’esigenza di verificare le ragioni per le quali tale
132
istituto, di origine giurisprudenziale , nasce e si sviluppa in un paese, come la
Francia, che, caratterizzandosi per l’esistenza di due clausole onnicomprensive
in materia di responsabilità delittuale (art. 1382 code civ.) e contrattuale (art.
1147 code civ.), avrebbe potuto ben farne a meno, avendo avuto, le Corti, la
possibilità di risarcire in via aquiliana, ai sensi degli artt. 1382 e 1384, qualsiasi
evento dannoso causato da qualsiasi fait personnel, de la chose o d’autrui. La
comparazione con l’esperienza francese, poi, può essere particolarmente
istruttiva per il nostro diritto, il quale, avendo recepito proprio dal Code Na-
poléon le due clausole generali in tema di responsabilità delittuale (sia pure
con il correttivo dell’ingiustizia del danno) e contrattuale, si è caratterizzato,
nel corso del XX secolo, forse ancor più del diritto d’oltralpe, per la massima
estensione del sistema di responsabilità delittuale, all’interno del quale esauri-
re ogni tutela risarcitoria che non rappresentasse, esplicitamente, l’inadempi-
mento di un obbligo di prestazione assunto sulla base di un contratto formal-
mente concluso. Il persistere dell’inquadramento della responsabilità precon-
trattuale nel genus della responsabilità extra-contrattuale ne è la conferma evi-
dente.
129
L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, ed it. di A. Procida Mirabelli di Lauro, Torino,
2000, p. 330 ss.
130
R. SACCO, Introduzione al diritto comparato, in Tratt. di dir. comp. diretto da R. Sacco, Torino,
1992, pp. 137 e 138.
131
R. SACCO, op. ult. cit., p. 138.
132
Sull’esortazione a esaminare le problematiche dei rapporti tra le responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale, «frugando nei repertori di giurisprudenza», piuttosto che dando ascolto alle «teo-
rie particolarmente appariscenti», cfr. R. SACCO, Concorso delle azioni contrattuale ed extracontrattua-
le, in Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, a cura di G. Visintini, cit., p. 154.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 23

In tal senso appare opportuno condurre un’indagine comparativa sui prin-


cipali istituti, tutti di origine giurisprudenziale, che, per diverse ragioni prati-
co-giuridiche, nei diritti francese (obbligazioni di sécurité; stipulation pour au-
trui tacite) e tedesco (Schutzpflichten; Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte),
hanno contribuito a porre in discussione i tradizionali rapporti tra le due spe-
cie della responsabilità civile. In proposito v’è da rilevare la precedenza storica
dell’obbligazione di sécurité rispetto ai più celebrati modelli tedeschi, «dalla
quale non è da escludere che la teorica delle Schutzpflichten abbia tratto ispi-
133
razione» . Quindi, la scelta di limitare l’indagine ai principali diritti euro-
continentali – rispetto al pur interessante svolgimento che tali tematiche han-
no avuto nel diritto inglese e che, già da tempo, hanno consentito di parlare di
134
uno “statuto unitario” della civil liability – trova il suo fondamento proprio
nelle peculiari vicende storiche che, reciprocamente, hanno riguardato le
esperienze francese e tedesca, al punto da mettere «in luce una linea di ten-
denza del diritto europeo che, al di là della necessità di superare insufficienze
vere o presunte della responsabilità extracontrattuale, rivelano la necessità di
un ampliamento del rapporto obbligatorio che a un certo punto fu avvertita in
135
vari ordinamenti» .
Inoltre, la scelta di intitolare al plurale la tematica delle obbligazioni di
sécurité, rispetto a precedenti studi che in questi anni hanno accompagnato
136
progressivamente la ricerca , non intende revocare in dubbio l’unitarietà del
fenomeno, testimoniata dalla prevalente declinazione al singolare che il sostan-
tivo assume nella scienza giuridica francese, ma vuol porre l’accento, così co-
me è accaduto in Germania per gli obblighi di protezione, sulla varietà strut-
turale e funzionale che tali “obbligazioni” hanno assunto nel corso di oltre un
secolo di vita.
137
Un’ultima questione preliminare concerne un problema di traduzione .
Mentre il termine “obligation” può essere tradotto, in italiano, sia come “ob-
bligo” sia come “obbligazione”, il vocabolo “obbligo” può essere tradotto, in
francese, sia come “obligation”, sia come “devoir”. Ci si chiede se sia più cor-
retto tradurre l’espressione “obligation de sécurité” con i termini “dovere”,
“obbligo” o “obbligazione”. Premesso che una traduzione soltanto filologica-
mente corretta non sarebbe comunque appagante, dovendo l’interprete realiz-
138
zare, soprattutto, la trasposizione sotto il profilo giuridico concettuale , la
133
L’autorevole giudizio storico è di C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 565.
134
L’indagine è stata già svolta da M. SERIO, La responsabilità complessa. Verso uno statuto unita-
rio della civil liability, Palermo-San Paolo, 1988, p. 102 ss. e passim, ora anche nel Cd-rom allegato ad
ID., Studi comparatistici sulla responsabilità civile, Torino, 2007.
135
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
136
M. FEOLA, L’obbligazione di sécurité, Napoli, 2008, pp. 1-316; EAD., L’obbligazione di sécurité
nel contratto di trasporto, Napoli, 2006, pp. 1-158.
137
Sul tema, l’insegnamento di R. SACCO, Introduzione, cit., p. 27 ss.
138
L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 126.
24 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

prima soluzione potrebbe essere preferita se si aderisse all’impostazione che


tende a ricomprendere le obligations de sécurité, come gli obblighi di prote-
zione, nell’ambito della responsabilità delittuale. Infatti, ancora oggi la summa
divisio si caratterizza proprio per l’essere «inevitabilmente legata a due distinte
ed incomunicabili manifestazioni di doverosità: il dovere generico e l’obbli-
go», costituendo, soltanto nel primo caso, il risarcimento del danno «la rea-
139
zione primaria ed esaustiva all’illecito» . Ma la qualifica in termini di “dove-
re” non s’addice né agli obblighi di protezione, né alle obligations de sécurité
poiché contraddirebbe l’intero itinerario di tali figure nell’ambito delle rispet-
tive esperienze giuridiche.
Una traduzione del vocabolo obligation in termini di “obbligo”, invece, po-
trebbe essere senz’altro praticabile sia perché si porrebbe in assonanza con
l’analogo istituto tedesco, usualmente tradotto, in italiano, appunto, con
140
l’espressione “obblighi di protezione” , sia perché il termine obbligo, a diffe-
141
renza di “obbligazione”, individuerebbe una nozione più ampia , quindi ido-
nea a comprendere in modo più appropriato anche quegli obblighi (di prote-
zione o di sicurezza) che trovano fonte direttamente nella legge (§ 242, ed ora,
§ 241, comma 2, BGB, ad es.), piuttosto che nella volontà delle parti.
In caso di dubbio, la scelta più facile, e talvolta più opportuna, potrebbe
essere quella di non tradurre, là dove si dovesse temere di poter pregiudicare
in qualche misura i tratti fisionomici e le specificità dell’istituto. Ma, in questo
caso, non sembra che la traduzione letterale, nel senso di “obbligazioni” di
sécurité, possa risultare inappropriata. Da un lato, infatti, la nostra Cassazione,
nel ravvisare «un graduale avvicinamento dei due tradizionali tipi di respon-
142
sabilità» , tende ad identificare le obbligazioni «ex lege» con quelle «contrat-
tuali in senso stretto», sul comune «presupposto che tutte le obbligazioni si
143
fondano sulla legge» . Dall’altro, lo stesso legislatore, proprio nell’individua-
139
Così S. MAZZAMUTO, Una rilettura del mobbing: obbligo di protezione e condotte plurime d’ina-
dempimento, in Europa e dir. priv., 2003, p. 670 s.
140
Nell’esperienza italiana, si preferisce parlare di “obblighi” di protezione, piuttosto che di “do-
veri” (così, invece, ad es., F. BENATTI, Osservazioni in tema di doveri di protezione, in Riv. trim. dir.
proc. civ., 1964, p. 1342 ss.), soprattutto al fine di contrastare il «tentativo germanico di annegare in-
discriminatamente gli obblighi di protezione nella responsabilità extracontrattuale» (per tutti, C. CA-
STRONOVO, Obblighi di protezione e tutela del terzo, in Jus, 1976, p. 123 ss.; ID., voce Obblighi di pro-
tezione, cit., p. 9).
141
Senza voler richiamare l’annosa questione dogmatica che, dalla Padettistica in poi, ha coinvol-
to i termini “dovere”, “obbligo” e “obbligazione”, basti rilevare come anche la manualistica italiana
più tradizionale riferisca il termine “obbligo” pur ai diritti reali (per tutti, A. TRABUCCHI, Istituzioni
di diritto civile, Padova, 1992, p. 52). In altra prospettiva si rileva come, secondo la «terminologia
corrente», si parlerebbe «di obbligazione quando la prestazione ha carattere patrimoniale», e, invece,
«di obbligo quando manca questo carattere (ad es., obbligo di fedeltà fra i coniugi, obbligo di rispet-
tare i genitori) o, comunque, esso non è qualificante del rapporto (ad es., obbligo di mantenere i fi-
gli)» (M. PARADISO, Corso di istituzioni di diritto privato, VI ed., Torino, 2010, p. 210 s.).
142
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, in Corriere giur., 2007, p. 1708.
143
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, cit., p. 1709.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 25

re le “fonti delle obbligazioni”, non limita tale nozione al contratto, ma la esten-


de all’illecito ed «ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità del-
l’ordinamento giuridico» (art. 1173 c.c.).

3. Verso la fine del XIX secolo, ben prima che René Demogue ponesse
all’attenzione della scienza giuridica contemporanea la distinzione tra obbliga-
144
zioni di mezzi e di risultato , edificando una delle partizioni che maggior-
mente influenzerà il diritto delle obbligazioni e dei contratti nella tradizione
giuridica occidentale, e che Heinrich Stoll ideasse, in Germania, la teoria degli
145
obblighi di protezione (Schutzpflichten) , la dottrina e la giurisprudenza di
146
lingua francese avevano già intrapreso, con la «scoperta» dell’obbligazione
contractuelle de sécurité de résultat, quell’opera di «rafforzamento del contenu-
147
to obbligatorio del contratto» , che poi costituirà una delle caratteristiche
notevoli degli ordinamenti euro-continentali per tutto il XX secolo, contri-
buendo a ridefinire i rapporti tra responsabilità contrattuale e delittuale nelle
diverse esperienze giuridiche.
Probabilmente non è casuale che i primi tentativi di ravvisare l’esistenza
di un’obbligazione “determinata” di sécurité avvengano nello stesso periodo
nel quale inizia ad affermarsi, in tema di responsabilità del custode per il fat-
to degli animali (art. 1385 code civ.), dapprima (nel 1879) una «presunzione
148
di colpa» suscettibile di prova contraria, e, poi, sei anni dopo, una respon-
149
sabilità de plein droit del gardien che può essere superata con la dimostra-
zione non dell’assenza di colpa, bensì del caso fortuito o della faute della vit-
150 151
tima , cioè di una «causa étrangère imprevedibile e irresistibile» . Attra-
152 153
verso l’arrêt Teffaine , e grazie alle teorie elaborate da L. Josserand e da
144
R. DEMOGUE, Traité des obligations en général, t. V, Paris, 1925, pp. 538-541. È opinione del tutto
«unanime, che sia stato Demogue […] a formulare per la prima volta» tale teoria: tra gli altri, G. VINEY, P.
JOURDAIN, Les conditions de la responsabilité, in Traité de droit civil, sous la direction de J. Ghestin, II éd.,
Paris, 1998, p. 441 (nel prosieguo si citerà questa edizione senza ulteriori indicazioni; qualora, invece,
verrà citata la III edizione, del 2006, si indicheranno sempre l’edizione e l’anno di pubblicazione).
145
He. STOLL, Abschied von der Lehre von der positiven Vertragsverletzung, in AcP, 136, 1932, p.
298 ss.
146
Discorrono di una «découverte» di tali obbligazioni, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. cit., II éd.,
1998, p. 430.
147
In questi termini, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 396 e 430.
148
Req., 23 décembre 1879, in Rec. Sirey, 1880, 1, p. 463.
149
Così, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 607, i quali considerano impropria, se non erro-
nea, l’espressione «presunzione di responsabilità», nella misura in cui «tend à suggérer qu’il s’agit
d’un simple aménagement des règles de preuve».
150
La fondamentale decisione della Cassazione del 27 ottobre 1885, resa pur sempre in tema di
responsabilità del custode per il fatto degli animali, è pubblicata nel Dalloz Pér., 1886, I, p. 207.
151
Testualmente, Cass. civ., 11 mars 1902, in Dalloz Pér., 1902, I, p. 216.
152
Cass. civ., 18 juin 1896, in Rec. Sirey, 1897, 1, p. 17, con nota di A. ESMEIN, e in Dalloz Pér.,
1897, I, p. 433, con il commento di R. SALEILLES.
153
De la responsabilité des choses inanimées, Paris, 1897, passim.
26 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

154
R. Saleilles , tale interpretazione verrà estesa al comma 1 dell’art. 1384 code
civ. e darà fondamento ad un «regime autonomo di responsabilità che deroga
155
[…] al diritto comune della responsabilità delittuale per il fatto personnel» il
quale, per l’ampiezza sempre maggiore assunta nel corso del XX secolo, rap-
presenterà, proprio insieme con l’obbligazione de sécurité, una delle pagine
più innovative del moderno diritto francese.
Come quasi sempre è accaduto, le grandi scoperte giuridiche sono state
pensate in funzione della soluzione di nuovi problemi posti dall’evolvere della
realtà sociale e trovano la loro giustificazione in precise cause storiche, eco-
156
nomiche, politiche, ecc. A partire dal 1880 , la «moltiplicazione degli acci-
157
denti biologici» accaduti nel corso dei trasporti terrestri e ferroviari ed
all’interno delle fabbriche, ove i prestatori di lavoro subordinato erano «espo-
158
sti in pieno all’azione nociva di un apparecchio industriale» ancora molto
poco sicuro, pose un problema interamente nuovo, la cui soluzione era parti-
159
colarmente urgente . Lo sviluppo del macchinismo incise sui modelli di ripa-
razione dei danni dovuti al fatto delle cose. A fronte di «situazioni spesso
drammatiche che nessun testo di legge consentiva di risolvere, i tribunali av-
vertirono la necessità di inventare soluzioni nuove e, a tal fine, si rivolsero alla
160
dottrina che propose loro un certo numero di costruzioni» .
L’obbligazione contractuelle di sécurité determinata o “di risultato”, da un
lato, e il principio generale di responsabilità oggettiva per il fatto della cosa
(art. 1384, comma 1), dall’altro, rappresentano risposte assai simili sotto il
profilo operazionale, perché si caratterizzano entrambe per l’esigenza di supe-
rare i regimi di responsabilità contrattuale e delittuale (art. 1382 code civ.)
fondati sulla prova della colpa del danneggiante da parte della vittima. La giu-
risprudenza e la dottrina attingeranno a soluzioni considerate assai diverse sot-
to l’aspetto dogmatico, perché riguardanti la responsabilità ora contrattuale,
ora delittuale dell’agente/debitore, al fine di rafforzare la tutela del danneggia-
to in determinati settori dei rapporti civili. La dottrina francese dell’epoca par-
161
teggerà apertamente per l’una o per l’altra soluzione , le quali saranno pensa-
154
Les accidents de travail et la responsabilité civile, Paris, 1897.
155
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
156
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 605.
157
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
158
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
159
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
160
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
161
Cfr., ad es., il pensiero di L. JOSSERAND, De la responsabilité des choses inanimées, cit., pp.
103-107, di M. TEISSEIRE, Essai d’une théorie générale sur le fondement de la responsabilité, thèse Aix,
1901, p. 258, e di V. VANSTEENBERGHE, Les accidents des voyageurs et le droit des victimes, thèse Di-
jon, 1905, pp. 193, 325 e 670. Il raffronto tra le regole della responsabilità contrattuale e delittuale e
la proposta di applicare l’art. 1384, comma 1, al posto della disciplina dell’inadempimento dell’obbli-
gazione di sécurité, quanto meno limitatamente ad alcune ipotesi controverse, rappresentano proble-
mi discussi anche dalla più recente dottrina francese: per tutti, G. VINEY, Rapport de synthèse, in
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 27

te in una logica di contrapposizione. Analogo atteggiamento sarà assunto dalla


162 163
moderna letteratura tedesca e da quella italiana che, con particolare rife-
rimento alla teoria degli obblighi di protezione, si ripartiranno in una fazione
favorevole all’estensione del regime della responsabilità contrattuale e in un’al-
tra che, invece, proporrà apertamente l’inquadramento dell’istituto nell’am-
bito della responsabilità delittuale.
La suddivisione della dottrina europea in autori che parteggeranno con
veemenza per il rimedio contrattuale o, viceversa, per quello delittuale può es-
sere comprensibile se si pensa che, in molteplici ipotesi, entrambe le soluzioni
saranno astrattamente praticabili, concernendo danni arrecati dal “fatto della
cosa”, pur all’interno di un rapporto giuridicamente rilevante. Senza voler pro-
porre un discorso che sia a priori favorevole alla generalizzata estensione della
responsabilità contrattuale o, viceversa, alla indiscriminata applicazione della
responsabilità delittuale, si cercherà di verificare, attraverso l’evoluzione e l’ac-
celerata espansione che hanno riguardato l’obbligazione di sécurité, la fisio-
nomia dei diversi modelli che hanno spinto le Corti o i legislatori (nazionali ed
europeo) ad elaborare multiformi discipline nell’ambito della soluzione con-
trattuale o, al contrario, a propendere per l’applicazione di differenti regole
giuridiche.

4. Ancor prima che l’articolo 1384, comma 1, del Codice civile francese
«fosse promosso al rango di principio generale della responsabilità per il fatto
164
delle cose» , nel settore della sicurezza sul lavoro, in presenza di una giuri-
165
sprudenza di legittimità che continuava a richiedere (ai sensi dell’art. 1382

Gaz. Pal., 1997, II, p. 1212 ss.; P. JOURDAIN, Le fondement de l’obligation de sécurité, ivi, 1997, II, p.
1198 s.; Y. LAMBERT FAIVRE, Fondement et régime de l’obligation de sécurité, in Dalloz, 1994, Chron.,
p. 82; D. MAZEAUD, Le régime de l’obligation de sécurité, in Gaz. Pal., 1997, II, pp. 1203 ss. e 1207.
162
Cfr., ad es., U. HUBER, Zur Dogmatik der Vertragsverletzungen nach einheitlichem Kaufrecht
und deutschem Schuldrecht, in Festschr. v. Caemmerer, Tübingen, 1978, p. 862 ss.; ID., Leistungsstörun-
gen, in Handbuch des Schuldrechts in Einzeldarstellung, a cura di J. Gernhuber, IX, Tübingen 1999, p.
79 ss. e passim; D. MEDICUS, Verschulden bei Vertragsverhandlungen, in Gutachten u. Vorschläge zur
Überarbeitung des Schuldrecht, I, Köln, 1981, p. 488 ss. Si esprimono, invece, in senso contrario ad un
generalizzato inquadramento degli obblighi di protezione nella responsabilità delittuale, C.W. CA-
NARIS, Schutzgesetz, Verkehrspflichten, Schutzpflichten, in Festschr. K. Larenz zum 80, München, 1983,
p. 84 ss., saggio tradotto da A. di Majo, M.R. Marella con il titolo Norme di protezione, obblighi del
traffico, doveri di protezione, parti I e II, in Riv. crit. dir. priv., 1983, pp. 567 ss., 793 ss., spec. p. 802
ss. (da qui le ulteriori citazioni); E. PICKER, Positive Forderungsverletzung und culpa in contrahendo.
Zur Problematik der Haftungen «zwischen» Vertrag und Delikt, in 183 Arch. civ. Prax., 1983, p. 433 ss.
163
In gran parte contraria all’inquadramento degli obblighi di protezione nella responsabilità de-
littuale: cfr. L. MENGONI, La parte generale delle obbligazioni, in Riv. crit. dir. priv., 1984, p. 507 ss.;
A. DI MAJO, La rielaborazione del diritto delle obbligazioni nella Germania Federale, ivi, 1983, p. 174
ss.; C. CASTRONOVO, Obblighi di protezione e tutela del terzo, cit., p. 123 ss.; ID., voce Obblighi di
protezione, cit., p. 1 ss.
164
Testualmente, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., pp. 403 e 404.
165
Cfr., ad es., Cass. civ., 19 juillet 1870, in Rec. Sirey, 1871, I, p. 9.
28 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

code civ.) all’operaio ferito dal macchinario la prova (quasi sempre diabolica)
166
della «faute précise» commessa dal datore, alcuni giudici iniziano ad «accre-
scere le obbligazioni dell’imprenditore invocando una mancanza di precau-
zione (e ciò condurrà a presumere la sua colpa, poiché l’incidente dimostrerà
167
a contrario la sua negligenza)» .
Questa giurisprudenza s’ispira a una dottrina sempre più avvertita a tali
tematiche, che propone di sovvertire la responsabilità delittuale del “padrone”
(per faute prouvée) con la scoperta di un’obbligazione di sécurité. Mentre in
168
un primo studio dedicato al problema dall’avvocato parigino Vavasseur ci si
limita a invocare una riforma legislativa che introduca un’«obbligazione di ga-
ranzia» che faccia gravare una presunzione semplice di responsabilità nei ri-
guardi del datore di lavoro, sul quale dovrebbe incombere il rischio industria-
le anche per gli accidenti dovuti al caso fortuito, è Marc Sauzet a proporre per
primo, de iure condito, una responsabilità dell’employeur che è contrattuale
«par sa source», la quale trova la sua fonte nell’«obbligazione di assumere tut-
te le misure idonee ad assicurare la sicurezza dell’operaio», al fine di «conser-
varlo sano e salvo» e di «restituirlo, a sé stesso, valido così come lo ha ricevu-
169
to» . Il «fardello della prova grava sull’imprenditore: se egli vuole essere
esonerato [dalla responsabilità], deve dimostrare che l’incidente è il risultato
170
di una faute dell’operaio o del caso fortuito» . Tuttavia in quest’ultimo caso,
quando la causa dell’accidente permane sconosciuta, il datore dovrebbe essere
esonerato da ogni responsabilità, apparendo necessario introdurre un regime
di assicurazione obbligatoria al fine di coprire questo tipo di danni. Si è, dun-
171
que, ben «lontani da un’obbligazione assoluta di sicurezza» , poiché tale au-
tore si preoccupa «di limitare la portata del principio di responsabilità con-
172
trattuale all’inversione dell’onere della prova» .
L’anno successivo, il giurista e ancien ministre belga C. Sainctelette contri-
buisce ulteriormente all’idea dell’obbligazione di sicurezza, individuando nel
contratto di trasporto una «garanzia contrattuale de sûreté» e, nel contratto di
173
lavoro, un «debito di sicurezza» del datore nei confronti dei propri operai .
Richiamando l’art. 1315 code civ. e la giurisprudenza belga, questo studioso
distingue nettamente la responsabilità delittuale dalla garanzia contrattuale.
La misura dell’estensione di questa «è data dal contratto stesso […] e l’ina-
166
J.L. HALPÉRIN, La naissance de l’obligation de sécurité, in Gaz. Pal., 1997, II, p. 1178.
167
J.L. HALPÉRIN, op. loc. cit., il quale ricorda che «Le Corti di Besançon, di Dijon e di Caen con-
tinuarono a imporre al datore l’obbligazione di assicurare la sicurezza dell’operaio, assumendo tutte
le misure idonee ad evitare l’incidente» (p. 1182, in nota 27, ivi le relative citazioni di giurisprudenza).
168
De la responsabilité des accidents de fabrique, Paris, 1881, pp. 5-9.
169
M. SAUZET, De la responsabilité des patrons via-à-vis des ouvriers dans les accidents industriels,
in Rev. crit., 1883, p. 596 s.
170
Così, J.L. HALPÉRIN, op. cit., p. 1180.
171
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
172
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
173
C. SAINCTELETTE, De la responsabilité et de la garantie, Bruxelles-Paris, 1884, pp. 95 e 118.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 29

dempimento dell’obbligazione […] dà luogo a delle indennità (ma non alla


174
riparazione integrale) previste o prevedibili all’epoca del contratto» . Il dato-
re può liberarsi dalla responsabilità soltanto provando la colpa dell’operaio o
la forza maggiore, permanendo a suo carico gli incidenti per i quali la causa è
rimasta ignota.
A seguito di queste prime ricostruzioni, pubblicate negli anni 1883-1884,
molti studiosi, ancor più illustri e conosciuti, iniziano a dichiararsi favorevoli
all’applicazione dei principi della responsabilità contrattuale per gli incidenti
occorsi nell’esecuzione dei rapporti di lavoro o di trasporto. Da un lato, si
175
contesta l’orientamento seguito dalle Corti in tema di incidenti ferroviari .
Dall’altro, soprattutto in materia di accidenti sul lavoro, autorevoli civilisti,
che fino ad allora avevano difeso la regola della «faute prouvée» – affermando
che non doveva essere considerato ingiusto un sistema che, in mancanza della
prova positiva della colpa, lasciava il danno patito dall’operaio non risarcito –,
176
si schierano, dal 1885 , senz’altro a favore dell’applicazione dei principi della
responsabilità contrattuale. Ma si considera lecita qualsiasi clausola d’esonero
dalla responsabilità e lo stesso meccanismo dell’inversione dell’onere probato-
rio non impedisce al datore di provare la sua assenza di colpa, dimostrando di
aver adottato le precauzioni richieste al fine di evitare il danno.
Questa interpretazione «“liberale”, ma assai poco favorevole agli operai,
177
della tesi contrattuale» , trova un’ulteriore accentuazione in altri autori, co-
178 179
me Glasson e Planiol , i quali ribaltano di nuovo l’onere della prova, af-
fermando che il prestatore di lavoro, per essere risarcito, deve comunque pro-
vare la negligenza contrattuale del datore. Un’analoga regola viene sostenuta
180
anche in materia di trasporto di persone , richiedendosi la prova della colpa
181
del vettore da parte del danneggiato , mentre l’obbligazione del primo è li-
mitata all’apprestamento di idonee misure di sicurezza. Così «emendata (per
non dire snaturata), la responsabilità contrattuale non apporta alcun miglio-
ramento alla situazione delle vittime degli accidenti e perviene agli stessi risul-
182
tati della vecchia idea del rischio volontariamente assunto dal contraente» .
183
La maggior parte dei civilisti, allora, sulla scia di M. Planiol , abbandona
174
Lo ricorda J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
175
Cfr., ad es., C. LYON-CAEN, Note, in Rec. Sirey, 1885, I, p. 129.
176
Tra questi v’è il «grande civilista Labbé, considerato come il primo degli arrêtistes» (cfr. J.L.
HALPÉRIN, op. cit., p. 1181; C. JAMIN, Relire Labbé et ses lecteurs, in Arch. phil. dr., 1992, p. 247 ss.).
177
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
178
Le Code civil et la question ouvrière, in Séances et travaux de l’Académie des sciences morales et
politiques, Paris, 1886, p. 866 ss.
179
Il cui contributo è pubblicato nella Rev. crit., 1888, pp. 279-284.
180
E. THALLER,, Traité élémentaire de droit commercial, Paris, 1898, p. 567 s.
181
A. ZENS, De la responsabilité du voiturier à raison des accidents de personne, thèse Paris, 1896,
p. 126 ss.
182
J.L. HALPÉRIN, La naissance, cit., p. 1180.
183
M. PLANIOL, Traité élémentaire de droit civil, t. II, Paris, 1900, p. 579.
30 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

l’idea del fondamento contrattuale dell’obbligazione di sécurité. Gli autori più


184
illuminati optano per il «principio rivoluzionario» della responsabilità fon-
data sul rischio. R. Saleilles, pur riconoscendo a Sainctelette il merito di aver
185
posto il problema dell’obbligazione di sicurezza , ritiene che sia necessario
porre da parte il contratto «per pervenire alla concezione di un’obbligazione
legale del proprietario, o piuttosto del capo della maîtrise e della direzione in-
186
dustriale» . Anche L. Josserand, nello stesso anno, propende, sulla base della
celebre interpretazione dell’art. 1384, comma 1, per una regola di responsabi-
lità legale, oggettiva, fondata sul “rischio creato” dal fatto delle cose inanima-
187
te, che non deve essere limitata al settore industriale . Non deve stupire, quin-
di, che, sulla scia di questa autorevole dottrina, si proponga di ricondurre an-
188
che la responsabilità del vettore a tale disciplina , con evidenti vantaggi per il
trasportato. Lo stesso René Demogue si pronunzierà, nel 1911, per la tesi del-
l’inversione dell’onere della prova, ma tale conclusione verrà motivata unica-
mente con riferimento alla circostanza che le compagnie di trasporto ferrovia-
189
rio erano le detentrici dell’oggetto sul quale verteva la prova dell’incidente .
Negli anni che precedono le “rivoluzionarie” pronunzie della Cassazione
del 1911-1913, se si eccettua Adhémar Esmein, che era rimasto uno dei pochi
autori che continuavano a difendere l’idea della responsabilità contrattuale nel
190
trasporto di persone , ma che era comunque contrario all’inserzione di un’ob-
bligazione di sicurezza nel contratto di lavoro, tale figura «non aveva più molti
sostenitori in Francia, a dispetto della sua consacrazione da parte del legislato-
191
re belga, nel 1891» . Questa «situazione paradossale spiega il deficit teorico
192
del quale ha per lungo tempo sofferto l’obbligazione di sécurité» . Mentre
una parte della dottrina francese si accontenta di plaudire alla «felice trasfor-
193
mazione» della giurisprudenza , lo stesso Josserand rimarrà scettico nei con-
fronti dell’idea di un’obbligazione assoluta di sicurezza, che è inserita «a viva
194
forza nel contratto» . Ciò non gli impedirà, tuttavia, di partecipare, in qualità
195
di relatore, ma «senza entusiasmo» , alla soluzione ideata dalla Corte di Cas-
184
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
185
R. SALEILLES, Essai d’une théorie générale de l’obligation d’après le projet de Code civil alle-
mand, Paris, 1890, p. 398 ss.
186
R. SALEILLES, Les accidents de travail, cit., p. 19.
187
L. JOSSERAND, De la responsabilité, cit., p. 103 ss.
188
In questi termini, M. TEISSEIRE, Essai d’une théorie générale, cit., p. 258; V. VANSTEEN-
BERGHE, Les accidents de voyageurs, cit., pp. 193, 325 e 670.
189
R. DEMOGUE, Les notions fondamentales du droit privé, Paris, 1911, p. 554 s.
190
A. ESMEIN, Note, in Rec. Sirey, 1900, II, p. 57.
191
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
192
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
193
A. COLIN, H. CAPITANT, Cours élémentaire de droit civil français, t. II, Paris, 1915, p. 571.
194
L. JOSSERAND, Le contrat dirigé, in Dalloz H., 1933, I, p. 90 ss.; ID., L’essor moderne du concept
contractuel, in Rec. d’études sur les sources du droit en l’honneur de F. Gény, t. II, Paris, 1934, p. 340 s.
195
Lo afferma J.L. HALPÉRIN, op. cit., p. 1183, in nota 79.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 31

sazione nell’arrêt Mercier che, da quel momento, qualificherà la responsabilità


196
del medico come contrattuale .
Malgrado René Demogue abbia ben presente la fisionomia dell’obligation
contractuelle de sécurité allorché elabora la celeberrima partizione tra obbliga-
197
zioni di mezzi e di risultato , a differenza di quanto avviene in tema di re-
sponsabilità delittuale (grazie all’illuminata interpretazione degli artt. 1385 e
1384, comma 1, code civ.), tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo
«l’obbligazione contrattuale di sécurité non rappresenta più un cavallo di bat-
198
taglia per i “rinnovatori” del diritto civile francese» . La dottrina manifesta
199
«un attaccamento persistente alla libertà dei contratti» , che è condiviso an-
200
che dai “riformatori”, come Saleilles e Josserand . Giunta tardivamente in
Francia in forma esplicita, «la teoria dell’autonomia della volontà marca pro-
fondamente i civilisti di questo periodo che temono un ingranaggio che sia nel
201
senso dell’interventismo statale» . L’introduzione, in via d’interpretazione, di
un’obbligazione autonoma di sicurezza costituisce un eloquente «passo verso
202
una concezione più obiettiva dei contratti» , che la dottrina francese, nei
203
primi anni del XX secolo, «esita ancora ad accettare» .

5. Mentre la prevalente letteratura giuridica francese, se si eccettuano i po-


204
chi autori già citati , non assume una posizione favorevole nei riguardi
dell’obbligazione di sécurité sia nel campo degli accidenti sul lavoro sia in
quello del contratto di trasporto, lo stesso non può dirsi per la giurisprudenza
che, in maniera sia pur discontinua, si pronunzia in materia nel corso del XIX
e nella prima decade del XX secolo.
A fronte di una persistente diffidenza nel ravvisare tale istituto nel campo
del rapporto di lavoro – ove la sicurezza fisica del prestatore verrà tutelata di-
rettamente dalla legge, attraverso una serie di regole (art. L. 233-1 e L. 230-2
205
code trav., ad es.) che, nel riconoscere «un’obbligazione globale di sécurité» ,
contribuiranno a individuare nel datore di lavoro il debitore di un «reticolo di
obbligazioni la cui finalità consiste nell’assicurare la sicurezza dei dipendenti
196
Cass. civ., 20 mai 1936, in Dalloz Pér., 1936, I, p. 88.
197
R. DEMOGUE, Traité des obligations, t. V, cit., pp. 538-541.
198
J.L. HALPÉRIN, La naissance, cit., p. 1181.
199
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
200
V., infatti, R. SALEILLES, Essai d’une théorie générale, cit., p. 399; ID., Les accidents de travail,
cit., p. 15; L. JOSSERAND, Le contrat dirigé, cit., p. 90 ss.; ID., L’essor moderne, cit., p. 346.
201
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
202
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
203
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.; ID., Histoire du droit privé français depuis 1804, Paris, 1996, p.
197 s.
204
C. SAINCTELETTE, De la responsabilité, cit., pp. 95, 118 e passim; M. SAUZET, De la responsabi-
lité des patrons, cit., p. 596 ss.
205
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 404.
32 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

206
nell’esecuzione della prestazione» –, già nei primi decenni del XIX secolo la
Corte Reale di Parigi ammette che le imprese di trasporti «contrattino con i
viaggiatori l’obbligazione di garantire la sicurezza delle loro persone da ogni
accidente, proveniente sia dalla colpa dei preposti […], sia da un vizio ineren-
207
te alle loro vetture» . Se per Josserand la portata di tale decisione deve essere
individuata nella limitazione di responsabilità del vettore alla colpa dei prepo-
208
sti ed ai vizi dei materiali , non è da escludere che essa vada «più lontano, nel
senso di un’obbligazione di sicurezza che trovi la sua fonte nello stesso tempo
209
nella legge e nel contratto» .
Altre decisioni invocano, implicitamente o esplicitamente, le regole delit-
tuali (artt. 1382-1384 code civ.), che vengono richiamate per dirimere le sem-
210
pre più frequenti controversie in tema di responsabilità civile . Se, da un la-
to, le imprese di trasporti sono considerate obbligate, nei confronti dei viag-
211
giatori, «a tutte le misure richieste dall’interesse alla loro sicurezza» , dall’al-
tro, «poco spazio è lasciato alle cause d’esonero da questa responsabilità: l’im-
prenditore non può prendere a pretesto la verifica delle proprie vetture da parte
della polizia o la semplice imprudenza di un viaggiatore che va ad aggiungersi
212
alla colpa del conducente» . Soltanto la prova della forza maggiore «interpre-
213
tata in maniera restrittiva» (la rottura di un pezzo non rappresenta de plein
214
droit un caso di forza maggiore) può liberare il vettore dalla responsabilità .
L’apparizione e lo sviluppo del trasporto ferroviario non apportano imme-
diatamente sostanziali innovazioni giurisprudenziali. Nonostante si verifichino
215
alcuni gravi disastri ferroviari , i tribunali penali assolvono gli imputati in as-
senza della prova di una loro colpa, essendo le compagnie tenute ad essere al
216
corrente dei progressi dell’arte, «non certo a prevenirli o a presagirli» . Tale
posizione della giurisprudenza richiede un intervento urgente del legislatore
(l. 18 luglio 1845), il quale considera i concessionari delle ferrovie responsabili
verso i passeggeri dei danni causati «a qualsiasi titolo», prescrivendo una serie
di misure volte a garantire la sicurezza del trasporto (ord. 15-21 novembre
1846). La «sicurezza dei viaggiatori» è di nuovo considerata come la «prima

206
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
207
Cour royale de Paris, 20 juin 1836, in Dalloz, Rép. méthodique et alphabétique de législation de
doctrine et de jurisprudence, Paris, 1858, t. XXXIX, voce Responsabilité, n. 544, p. 410.
208
L. JOSSERAND, Les transports, in Traité général théorique et pratique de droit commercial Thal-
ler, Paris, 1910, p. 775.
209
J.L. HALPÉRIN, La naissance, cit., p. 1177.
210
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
211
Req., 9 août 1837, in Dalloz, Rép. cit., 1958, t. XXXIX, p. 410.
212
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
213
Così, J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
214
Cfr., ad es., App. Lyon, 22 janvier 1847, in Rec. Sirey, 1848, II, p. 136.
215
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit., ad esempio, ricorda, nel 1842, il deragliamento di un treno di-
retto a Versailles, che provoca 57 morti e più di cento feriti.
216
Cfr. la giurisprudenza citata in J.L. HALPÉRIN, op. cit., p. 1178.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 33

217
obbligazione», nel contempo contrattuale e legale, del vettore . Non soltanto le
corti penali cominciano a condannare i dipendenti (e talvolta gli ingegneri) col-
pevoli delle infrazioni alle regole di sicurezza, ma anche i giudici civili iniziano
a far gravare sulle compagnie la responsabilità per i deragliamenti ferroviari.
Tale orientamento è seguito, ad esempio, dalla Corte d’appello di Parigi
che, nel 1866, rigetta l’argomento della forza maggiore avanzato dalla Compa-
gnia del Nord a proposito del carattere difettoso del cerchione di una ruota.
Secondo i giudici, il viaggiatore ferito «non è tenuto a provare la colpa della
compagnia ferroviaria», poiché incombe su di essa la dimostrazione dei fatti
218
che possano esonerarla dalla responsabilità . Nel fondarsi sulla disciplina pre-
vista per la responsabilità del vettore nel caso di perdita o di avaria delle merci,
pur senza citare espressamente l’art. 1784 code civ. che limita l’esonero dalla
responsabilità alla prova del caso fortuito o della forza maggiore, i giudici affer-
mano che «tale principio si applica a maggior ragione al trasporto delle persone
219
e protegge la sicurezza dei viaggiatori» . La dottrina, nel riferirsi agli artt. 1382
220
e 1384, comma 1, code civ., preferisce discorrere di una «presunzione di colpa» .
Nel periodo successivo alla guerra del 1870-1871 tale giurisprudenza è
nuovamente messa in discussione. Durante il conflitto, le compagnie ferrovia-
rie devono subordinare la sicurezza dei viaggiatori all’interesse della patria, ad
esempio, trasportando armi e polvere da sparo in treni passeggeri. Anche
quando le imprese ferroviarie sono condannate per «l’inadeguatezza dell’im-
ballaggio e per i vizi relativi allo stivaggio dei pacchi di polvere», le Corti im-
pongono agli attori di provare la colpa «dalla quale essi farebbero discendere
221
la responsabilità delle compagnie» . Negli anni successivi i tribunali sono an-
cor meno propensi a condannare il vettore qualora la colpa non è provata, so-
prattutto se si tratta di accidenti limitati ad un solo viaggiatore. Nel caso di un
passeggero investito sui binari mentre scendeva da un treno arrivato in ritar-
do, la Corte d’appello d’Amiens, escludendo l’applicazione dell’art. 1784 e ri-
chiamando, invece, l’art. 1382 code civ., rigetta la domanda della vedova poi-
222
ché essa non era stata in grado di provare la negligenza della compagnia . La
Cassazione, invece, pur rifiutando anch’essa di applicare una norma (l’art.
1784 code civ.) espressamente dettata per il trasporto di merci, cassa tale deci-
sione affermando che la compagnia non era stata totalmente esonerata dall’im-
223
prudenza del viaggiatore .
217
J. BÉDARRIDE, Droit commercial des chemins de fer, II, Paris-Aix, 1876, p. 47.
218
App. Paris, 27 novembre 1866, in Rec. Sirey, 1867, II, p. 320.
219
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
220
A. SOURDAT, Traité général de la responsabilité, II, Paris, 1876, p. 258; J. BÉDARRIDE, op. cit.,
p. 52 ss.
221
Cfr. la giurisprudenza cit. in J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
222
La decisione è pubblicata nel Dalloz Pér., 1882, II, p. 163.
223
Cass. civ., 10 novembre 1884, in Rec. Sirey, 1885, I, p. 129, annotata da C. LYON-CAEN, e in
Rec. Dalloz, 1885, I, p. 433, con il commento di L. SARRUT.
34 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Nel decidere in tal modo un caso caratterizzato da un accidente individuale


nel corso del quale il passeggero aveva goduto di una completa libertà di mo-
vimento, la Suprema corte, nell’esprimere una regola precedenziale che vigerà
fino al revirement del 1911, esclude la presunzione di colpa fondata sull’art.
1784 code civ. e la possibilità di estendere il regime della responsabilità con-
trattuale, mentre si schiera a favore di un’applicazione generalizzata della di-
sciplina in tema di responsabilità delittuale (ex art. 1382 code civ.), che fa rica-
dere il fardello della prova della faute su una vittima che quasi sempre non è in
grado di assolvere a tale onere. Tuttavia, se «è difficile ravvisare un rifiuto
esplicito e argomentato della teoria dell’obbligazione contrattuale di sécuri-
224
té» , è senz’altro più probabile che, con tale atteggiamento, la Cassazione vo-
lesse affermare il carattere prioritario dell’art. 1382 e del principio della faute
prouvée. I giudici si dimostrano «più sensibili agli argomenti delle compagnie,
dei padroni e dei loro avvocati, che non intendono sopportare le conseguenze
di incidenti considerati come “inevitabili” e che temono l’approvazione di una
225
legge sulla responsabilità per rischio» .
La decisione della Cassazione sull’affaire Recullet «apre un periodo d’in-
226
certezza giurisprudenziale di circa trent’anni» . Numerose decisioni di tribu-
nali e di corti d’appello possono far pensare ad un totale riallineamento di tut-
ta la giurisprudenza civile ai principi ed alle formule proposte dalla Suprema
corte. Bisogna, tuttavia, «sottolineare che si tratta di incidenti individuali carat-
terizzati spesso da un’imprudenza commessa dalla vittima (caduta da un vago-
ne, attraversamento dei binari, dito schiacciato da una portiera, passeggero
227
chino sulla pedana di un tram)» . La Cassazione, nel riaffermare la sua posi-
zione in successive decisioni, non intende «mettersi al posto del legislatore
(che si presume essere rimasto silenzioso sul contratto di trasporto di perso-
ne)» e manifesta la sua contrarietà «all’idea di un’obbligazione contrattuale di
sécurité a favore degli operai, allorché il Parlamento appare diviso su tale que-
228
stione fino all’approvazione della legge del 1898» .
Una posizione alquanto diversa è assunta, invece, in quell’epoca, da alcuni
giudici del merito e, in particolare, dal Tribunale di commercio di Parigi, an-
che in considerazione del fatto che «gli incidenti della circolazione creavano,
229
[lì], una situazione del tutto particolare» . Pur senza pretendere di applicare
l’art. 1784 al trasporto di persone, in tali sentenze si afferma che il vettore «si
obbliga implicitamente a trasportare il viaggiatore sano e salvo a destinazio-
230
ne» . Questi è altresì «protetto dalla legge del suo contratto» e, pertanto, nel
224
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
225
Così J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
226
Lo rileva J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
227
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
228
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
229
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
230
J.L. HALPÉRIN, op. cit., p. 1179.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 35

caso d’incidente devono applicarsi le regole della responsabilità contrattuale


(artt. 1147 e 1315 code civ.).
L’orientamento delle corti di merito non è però univoco: nel caso del de-
cesso di un notaio a causa di un deragliamento, mentre il Tribunale civile di
Rouen condanna la compagnia ferroviaria sulla base della disciplina della re-
sponsabilità contrattuale, la Corte d’appello preferisce invocare una “presun-
231
zione di colpa” che discende da un “fatto anormale” . Questi «dubbi persi-
stenti possono, in parte, spiegare» l’evoluzione che si verifica «a partire dal
232
1905-1907 e che perviene alle famose sentenze del 1911-1913» . Nel 1905 il
Tribunale di Tolosa, nel giudicare sul decesso di un agente delle poste avvenu-
to in occasione di un incidente ferroviario, fa gravare sulla compagnia una
presunzione di responsabilità, poiché afferma che non può esigersi da un
viaggiatore «estraneo ai materiali dei binari e al loro funzionamento la prova
233
diretta della faute causa dell’incidente» . La Corte d’appello di Tolosa, nel
ribadire tale ragionamento, ordina una perizia sulla relazione causale esistente
tra l’incidente e la morte. Prima che esordisca (nel 1907-1908) l’affaire Zbidi
Hamida ben Mahmoud, la Corte d’appello di Parigi rafforza le obbligazioni
delle ferrovie a favore degli agenti postali che subiscono incidenti nel corso
234
del trasporto ferroviario .
235
Un’autorevole dottrina ha suddiviso questa evoluzione incerta ed altale-
nante della giurisprudenza in tre fasi nettamente distinte. La prima, caratteriz-
zata da una sostanziale indifferenza per tali problematiche, va dai primi de-
cenni successivi all’entrata in vigore del Codice Napoleone fino al 1884. La
seconda fase, che esprime le inquietudini della giurisprudenza e le sue esita-
zioni nell’affrontare queste problematiche, giunge fino al revirement del 1911.
La terza, che parte da questa data ed arriva fino ai nostri giorni, testimonia la
fine del regno incontrastato della responsabilità delittuale.
Durante il primo periodo, «l’applicazione della responsabilità delittuale
236
appare incontestabile» , non essendo concepibile che altri principi siano richia-
mati. Al contrario, la giurisprudenza potrebbe utilizzare la disciplina della re-
sponsabilità contrattuale ex art. 1784, non essendo immaginabile «che i viag-
237
giatori possano essere trattati peggio dei colli delle merci» . Ma le Corti si
238
caratterizzano per la «più completa indifferenza nei riguardi del problema» .

231
Cfr. la giurisprudenza citata in J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
232
J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
233
Tib. civ. Toulouse, 5 février 1905, in Dalloz Pér., 1913, I, p. 256.
234
Così, J.L. HALPÉRIN, op. loc. ult. cit.
235
R. RODIÈRE, Le régime légal de l’obligation de sécurité due par les transporteurs à leurs voya-
geurs, in Sem. jur., 1952, I, Doctr., 997.
236
Cfr. L. JOSSERAND, Les transports, cit., spec. nel § 893.
237
M. COCAT, Du fondement de la responsabilité du voiturier en matière de transport de personnes,
thèse Grenoble, 1922, p. 13.
238
R. RODIÈRE, op. cit., 997, § 2.
36 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Nessuna decisione «assume un senso preciso», e ciò sia perché «la natura della
239
responsabilità importa poco» , una volta che è provata la colpa del vettore,
sia perché le sentenze utilizzano espressioni che richiamano genericamente
l’art. 1382, senza assumere una chiara posizione. La ragione di questa «quiete
è semplice: la dottrina, fino a questa data, non s’interessa ai problemi della re-
240
sponsabilità» . Certo, «si distinguono le diverse fonti delle obbligazioni, ma
gli artt. 1382 ss. sembrano esprimere, oltre alle regole che essi prescrivono per
i delitti e quasi delitti, principi di saggezza superiore che s’irradiano natural-
241
mente sull’intero diritto della responsabilità» .
Lo sviluppo del macchinismo e la moltiplicazione degli accidenti, però, ini-
ziano a sollecitare «l’immaginazione di una dottrina generosa» che si preoccu-
pa di soccorrere le persone e, in particolare, gli operai «vittime delle macchine
242
e del progresso» industriale. Il «nuovo diritto [che] nasce da queste emo-
243
zioni» andrà evolvendosi in tre direzioni: nella legislazione speciale sugli ac-
cidenti sul lavoro, che darà luogo ad un inedito modello di responsabilità; nel-
l’interpretazione oggettiva dell’art. 1384, comma 1, che assegnerà una nuova
fisionomia all’intero sistema di responsabilità delittuale; nella nascita dell’ob-
bligazione di sécurité, che estenderà i confini della responsabilità contrattuale,
contribuendo a ridefinire i rapporti tra i due modelli della responsabilità civile.
Il periodo che intercorre tra il 1884 e il 1911 si caratterizza per il «regno
244
della responsabilità delittuale» e trova la sua icona nella sentenza della Cas-
sazione del 10 novembre 1884, che decide per l’inapplicabilità dell’art. 1784 al
trasporto di persone. Per tale settore, «le regole della responsabilità civile so-
245
no stabilite esclusivamente dagli artt. 1382 ss. code civ.» .
Tale principio, tuttavia, non trova una pacifica applicazione nella giuri-
sprudenza della Corte d’appello di Parigi. Se, da un lato, la Quarta e la Quinta
sezione ribadiscono, nel 1894, che «la responsabilità del vettore, in caso
246
d’incidente, è unicamente regolata dall’art. 1382 del Codice civile» , poiché
«non si può creare arbitrariamente, contro le compagnie, e fino alla prova
247
contraria, una presunzione legale di colpa» . Dall’altro, la Settima sezione,
nello stesso anno, afferma che, «nell’obbligarsi a trasportare la Signora W., la
vedova V. e il suo cocchiere hanno assunto l’obbligazione di effettuare il tra-
sporto in maniera che essa arrivasse sana e salva a destinazione; non avendo
239
Per le espressioni tra virgolette, cfr. R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
240
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
241
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
242
In questi termini, R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
243
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
244
Così, R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, § 3.
245
Cass. civ., 10 novembre 1884, in Rec. Sirey, 1885, I, p. 129, annotata da C. LYON-CAEN, e in
Rec. Dalloz, 1885, I, p. 433, con il commento di L. SARRUT.
246
App. Paris, IV Ch., 27 juillet 1894, in Rec. Dalloz, 1895, II, p. 63 (II espèce); App. Paris, IV
Ch., 21 février 1894, ivi, 1894, II, p. 214.
247
App. Paris, V Ch., 4 avril 1894, in Rec. Dalloz, 1894, II, p. 288.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 37

adempiuto questa obbligazione, essi sono passibili del risarcimento dei danni
conformemente alle disposizioni dell’art. 1147 code civ., se essi non provano
248
che questo inadempimento deriva da una causa che è a loro estranea» . La
249
stessa Quarta sezione, due anni prima, aveva deciso con «eguale fermezza»
che «si era formato tra le parti un contratto in virtù del quale la compagnia
aveva assunto l’obbligazione di effettuare il trasporto con l’attenzione necessa-
250
ria affinché questo viaggiatore giungesse sano e salvo a destinazione» . Pur
essendo inapplicabile l’art. 1784, che era previsto per disciplinare il solo tra-
sporto delle merci, mentre i viaggiatori non sono cose inerti, ciò non significa-
va che il vettore non fosse «tenuto a vegliare sulla loro sicurezza, salvo a invo-
care a suo discarico la faute che il viaggiatore ha potuto commettere; poiché il
vettore ha preso in carico la sua persona, il viaggiatore che risulti accidental-
mente ferito nel corso del trasporto è dunque protetto dalla legge del suo con-
tratto, di là dalle disposizioni degli artt. 1382 ss.; il vettore è, in questi casi, re-
251
sponsabile de plein droit del danno» .
Le «esitazioni giudiziarie» e le divergenze tra le Sezioni della più autorevo-
252
le Corte d’appello di Francia, manifestatesi soprattutto nel 1894, trovano
una composizione nell’orientamento assunto il 30 gennaio 1895 dalla Prima
sezione, che si allinea nuovamente all’indirizzo della Cassazione: «l’azione del
viaggiatore, vittima di un incidente, volta al risarcimento dei danni non deriva
da un’obbligazione contrattuale, ma dai principi di diritto comune in materia
di responsabilità, sotto l’imperio dei quali risulta situato il trasporto di perso-
ne; questi principi sono esclusivamente fissati dall’art. 1382 ss. del Codice civi-
le, la cui applicazione implica per l’attore la prova di una colpa imputabile al
253
convenuto» .
Riaffermata, da parte della Prima sezione della Corte d’appello di Parigi, la
tesi della responsabilità delittuale per faute prouvée, anche le ulteriori sezioni
si sottomettono a tale regola. Tuttavia, successivamente alla «scoperta» del-
254
l’art. 1384, comma 1, e della «presunzione da esso prevista» , la Corte pari-
255 256
gina , seguita da quella di Besançon , applica tale disciplina al caso di un
passeggero che era caduto dal treno a causa dell’apertura di una portiera. Trat-
tandosi di un danno arrecato da una cosa inanimata, l’attore è dispensato dal
provare la colpa della compagnia. Questo nuovo orientamento, che introduce
una soluzione, pur delittuale, ma assai più favorevole per la vittima, provoca

248
App. Paris, VII Ch., 23 juillet 1894, in Rec. Dalloz, 1895, II, p. 63 (I espèce).
249
Lo sottolinea R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, § 4.
250
App. Paris, IV Ch., 27 juillet 1892, in Rec. Dalloz, 1894, II, p. 557.
251
App. Paris, IV Ch., 27 juillet 1892, cit., p. 557.
252
Per le espressioni tra virgolette, v. R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
253
App. Paris, I Ch., 30 janvier 1895, in Rec. Dalloz, 1895, II, p. 496.
254
R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, § 5.
255
App. Paris, 9 novembre 1909, in Rec. Dalloz, 1911, II, p. 357 (I espèce).
256
App. Besançon, 15 décembre 1909, in Rec. Dalloz, 1911, II, p. 357 (II espèce).
38 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

un ulteriore disorientamento in giurisprudenza e dà nuova linfa alle argomen-


tazioni dei partigiani della teoria contrattuale. Alle soglie del revirement del
1911, la Corte d’appello di Pau afferma che «non sono né gli artt. 1370 ss., né
gli artt. 1382 ss., né l’art. 1784 a disciplinare tale materia: ma è l’art. 1147 del
257
Codice civile» . Nell’escludere l’applicazione delle norme sul quasi-contratto
(art. 1371 ss.), sul quasi-delitto (art. 1382 ss.) e sul trasporto di cose (art. 1784),
questa Corte individua lucidamente la soluzione nella regola generale sull’ina-
dempimento dell’obbligazione, che limita l’esonero del debitore alla prova di
una cause étrangère «che non gli possa essere imputata» (art. 1147 code civ.).

6. In presenza di una situazione giurisprudenziale così articolata, si è rileva-


258
to che sarebbe «presuntuoso» scrivere che, alle soglie del revirement del
1911, le Corti erano oramai definitivamente attestate sia sull’applicazione della
responsabilità delittuale, sia sulla regola che poneva il fardello della prova a
carico del passeggero. La stessa dottrina prevalente non aveva mai approvato
la soluzione della Cassazione resa nel 1884. Se si eccettua il pensiero di Josse-
259
rand, una gran parte degli autori propendeva per la tesi contrattuale . Altri
individuavano il criterio per l’applicazione delle regole della responsabilità
contrattuale nella circostanza che l’incidente fosse conseguito alla violazione
di un regolamento avente forza di legge o nel fatto che il viaggiatore, al mo-
mento dell’incidente, non aveva goduto di alcuna libertà di movimento, es-
260
sendo stato nell’impossibilità di svolgere un qualsiasi “ruolo attivo” .
All’origine della nuova giurisprudenza francese in tema di obbligazione di
261 262
sécurité, «cosa curiosa» , v’è un «miserabile affare» , che dà luogo ad una
263
controversia su una «secondaria questione di competenza» . Su una nave che
era in viaggio tra Tunisi e Bona, un passeggero è ferito al piede dalla caduta di
un barile che era stato stivato negligentemente. La vittima conviene la Com-
pagnia Generale Transatlantica innanzi al Tribunale civile di Bona al fine di
ottenere il risarcimento del danno, ma la convenuta eccepisce l’incompetenza
del giudice invocando l’art. 2 delle clausole del contratto di trasporto, stampa-
257
App. Pau, 2 février 1910, in Rec. Dalloz, 1911, II, p. 357 (III espèce).
258
Così, R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, § 6, là dove critica la ricostruzione effettuata da L. BÉ-
NARD, De la responsabilité civile des compagnies de chemin de fer en matière d’accidents survenus aux
voyageurs, thèse Paris, 1909, pp. 66 e 67.
259
Cfr., ad es., E. DE LA GORCE, Du transport des voyageurs par chemin de fer, thèse Caen, 1895;
M. BRUÈRE, Du transport des personnes par chemin de fer, thèse Paris, 1899; M. LACOMBE, De la res-
ponsabilité des compagnies de chemin de fer en matière d’accidents survenus aux voyageurs, thèse Tou-
louse, 1908; J. GUIBAL, La notion d’accidents de voyageurs et la responsabilité contractuelle, thèse
Montpellier, 1913.
260
Su queste due tesi, v. gli Autori citt. in R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, § 6, note 25 e 26.
261
R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, § 6.
262
R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, § 6.
263
Così, ancora, R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, § 6.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 39

te sul retro del biglietto, il quale, invece, individuava il foro competente nel
Tribunale di commercio di Marsiglia. La Corte d’appello d’Algeri, nel pro-
264
nunziarsi su tale questione , considera infondata l’eccezione d’incompetenza
e conferma la decisione resa l’8 agosto 1907 dal Tribunale di Bona, afferman-
do che «le clausole inserite sul retro del biglietto, e quindi l’art. 2, disciplinano
il solo contratto di trasporto propriamente detto e le difficoltà alle quali la sua
265
esecuzione può dare luogo» . Il passeggero, viceversa, agiva non «in virtù di
un contratto di trasporto e delle stipulazioni che ne rappresentavano l’oggetto,
bensì in ragione di un quasi delitto, del quale egli ne imputava la responsabili-
266
tà alla Compagnia, fondandosi sull’art. 1384 c. civ.» .
La Compagnia Generale Transatlantica propone ricorso per violazione e
falsa applicazione degli artt. 1146 ss., 1382 ss., 1134 ss. ma, proprio nell’otte-
nere il suo accoglimento e la conseguente cassazione della sentenza della Cor-
te d’appello d’Algeri, consegue una “vittoria di Pirro” che, con il trascorrere
degli anni, assumerà sempre più le sembianze di una vera e propria catastrofe
giudiziaria per ogni vettore che risulti obbligato ad effettuare un trasporto ma-
rittimo, terrestre o aereo. La Suprema corte, in questa sentenza che si rivelerà
un vero leading case in materia, afferma che, «visto l’art. 1134 c. civ., […] va-
namente la decisione impugnata dichiara che le clausole dei biglietti di tra-
sporto […] non regolano il contratto propriamente detto e le difficoltà che
267
possono derivare dalla sua esecuzione» . Al contrario, «l’esecuzione del con-
tratto di trasporto comporta, per il vettore, l’obbligazione di condurre il viag-
giatore sano e salvo a destinazione, tant’è che la stessa Corte d’Algeri ha dovu-
to constatare che è nel corso di questa esecuzione e delle circostanze ad essa
collegate che l’attore è stato vittima dell’accidente del quale chiede la ripara-
268
zione» . È, quindi, «a torto che la sentenza impugnata ha rifiutato di dare ef-
fetto alla clausola menzionata, dichiarando la competenza del Tribunale civile
269
di Bona» .
La conferma di tale soluzione, che con queste scarne espressioni codifica
l’obbligazione contrattuale di sécurité nel panorama giuridico contemporaneo,
si ha due anni dopo, in un caso che si presenta come opposto in maniera spe-
culare a quello deciso dalla Cassazione nel 1911. Questa volta è l’attore, tale
Mestelan, che, facendo tesoro della regola enunciata dalla Suprema corte, cita
la Compagnia ferroviaria du Midi innanzi al Tribunale di commercio di
Bayonne, sulla base degli artt. 1147 code civ. e 420 code proc. civ., al fine di
chiedere il risarcimento dei danni causati al figlio da un incidente ferroviario,
sul fondamento «dell’inadempimento del contratto di trasporto nei riguardi
264
La decisione di App. Alger, 25 juillet 1908, può essere letta in Rec. Dalloz, 1913, I, p. 253.
265
App. Alger, 25 juillet 1908, cit., p. 253.
266
App. Alger, 25 juillet 1908, cit., p. 253.
267
Cass., 21 novembre 1911, in Rec. Dalloz, 1913, I, p. 253.
268
Cass., 21 novembre 1911, cit., p. 253.
269
Cass., 21 novembre 1911, cit., p. 253.

3.
40 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

270
del minore» . La Compagnia, viceversa, eccepisce l’incompetenza del giudice
adito, affermando che la propria responsabilità sarebbe «puramente delittuale
271
o quasi delittuale e deriverebbe dagli art. 1382 ss. code civ.» . La Cassazione,
nel rigettare il ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Pau,
272
che «a buon diritto» aveva dichiarato competente il Tribunale di commercio
del luogo del contratto, afferma che «il rilascio di un biglietto ad un viaggiatore
comporta in sé, e senza che vi sia bisogno di una stipulazione espressa al riguar-
do, l’obbligazione, per la compagnia ferroviaria, di condurre questo viaggiatore
273
sano e salvo a destinazione» . Nel caso contrario, «v’è violazione, da parte della
274
compagnia, delle sue obbligazioni e inadempimento del contratto» .
275
Nelle sue conclusioni, il Procuratore Generale Louis Sarrut , che è consi-
276
derato «partigiano, da lungo tempo, della responsabilità contrattuale» , sotto-
linea che «il contratto di trasporto implica necessariamente, per il vettore, l’ob-
bligazione di portare a destinazione il viaggiatore nello stato nel quale lo ha
277
ricevuto, cioè sano e salvo» . Per il solo fatto «che questa obbligazione non è
stata adempiuta, il vettore è responsabile. È su di lui che grava la prova del
278
suo esonero» . Si tratta dell’applicazione «pura e semplice del diritto comune
279
in materia di obbligazione contrattuale (art. 1147, 1315 c. civ.)» . Ma, contraria-
mente al diritto comune (art. 1137), non «basta al vettore provare che egli ha
prestato tutte le cure d’un buon padre di famiglia, che egli ha assunto tutte le pre-
280
cauzioni necessarie, osservato tutti i regolamenti, che egli è esente da colpa» .
Le cause d’esonero «che egli può invocare sono determinate tassativamen-
te: caso fortuito, forza maggiore, vizio proprio della cosa, colpa del mittente o
281
del viaggiatore» . Ciò risulta altresì dal testo degli artt. 1784 code civ., 103 e
104 code com. Limitando «in tal modo le cause ammissibili di liberazione, la
legge tratta il vettore con rigore. E ciò è legittimo. L’impresa di trasporto fa
appello al pubblico; essa beneficia quasi sempre, in diritto o in fatto, di un
monopolio; il vettore ha la scelta del personale, la cernita e la conservazione
del materiale, la direzione della vettura, dei convogli; egli ha soprattutto la cu-
stodia e la sorveglianza degli oggetti; li deve restituire così come li ha ricevuti,
282
nello stato nel quale gli sono stati consegnati» .
270
Cass., 27 janvier 1913, in Rec. Dalloz, 1913, I, p. 255.
271
Cass., 27 janvier 1913, cit., p. 255.
272
Cass., 27 janvier 1913, cit., p. 255.
273
Cass., 27 janvier 1913, cit., p. 255.
274
Cass., 27 janvier 1913, cit., p. 255.
275
Le conclusioni di L. SARRUT possono essere lette nel Rec. Dalloz, 1913, I, p. 254 s.
276
Così, J.L. HALPÉRIN, La naissance, cit., p. 1179.
277
L. SARRUT, op. ult. cit., p. 254.
278
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
279
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
280
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
281
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
282
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 41

Frequentemente la dottrina e la giurisprudenza hanno adottato una formu-


283
la, che invece «appare inesatta» : “il vettore si presume in colpa”. Se la re-
sponsabilità derivasse da una presunzione di colpa, «il vettore si esonererebbe
dimostrando che egli è esente da colpa; nel caso di dubbio, l’evento incerto
284
non sarebbe a suo carico» . Nel contratto di trasporto, invece, la situazione è
diversa, poiché, oltre a verificarsi un’inversione dell’onere probatorio, muta lo
stesso oggetto della prova che grava sul debitore. Come afferma M. Planiol,
non v’è bisogno di dimostrare che il debitore è in colpa, per condannarlo: «È
sufficiente costatare che esiste un’obbligazione la cui estinzione non è stata
285
provata» . Il vettore, «nel caso di un incidente sopravvenuto nel corso del
trasporto, è responsabile a priori, in virtù di un’obbligazione contrattuale, e
non può liberarsi da questa responsabilità se non attraverso la prova di un
evento fortuito, della forza maggiore o della colpa del viaggiatore. Dal punto
di vista della responsabilità e della prova non v’è dunque alcuna differenza tra
286
il trasporto delle merci e delle persone» .
Tuttavia, non sarebbe corretto applicare in via diretta l’art. 1784, poiché le
287
persone «non possono, per il diritto, essere oggetto di deposito» . Inoltre, «a
differenza degli oggetti inerti e passivi, la persona fisica è capace d’agire e di
288
custodirsi da sola, di causare un incidente» . Ma, nella maggior parte dei ca-
si, «il viaggiatore si consegna corpo e beni; dà la sua persona al vettore per
l’esecuzione del viaggio; non ha nessuna autorità sul personale, alcuna in-
fluenza sul concatenamento del materiale, sul movimento del convoglio, sulla
289
direzione, sulla velocità» . L’art. 1784 rappresenta non una norma ecceziona-
le «che deroga al diritto comune; [ma] l’applicazione di un principio generale
290
ad un caso particolare, il trasporto di merci» . Tale contratto «obbliga incon-
testabilmente il vettore a restituire le cose in buono stato. Se questa obbliga-
zione non è adempiuta, egli deve dimostrare che il danno deriva da una cause
291
étrangère che non gli può essere imputata» . Quindi, nel trasporto di perso-
ne, è non all’art. 1784, ma «esclusivamente agli artt. 1147, 1315 c. civ. che bi-
292
sogna ricorrere» . L’art. 1147 interviene anche «nel contratto di trasporto di
merci per aggiungere la colpa del mittente alle altre cause di liberazione del
293
vettore» . Tale regola, «a maggior ragione, deve essere applicata al contratto

283
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
284
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
285
Le parole di M. Planiol sono riportate da L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
286
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
287
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
288
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
289
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
290
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
291
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
292
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
293
L. SARRUT, op. ult. cit., p. 255.
42 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

294
di trasporto di persone, che non è disciplinato da nessun testo speciale» .
Il vettore «contrae l’obbligazione di condurre il viaggiatore alla destinazio-
295
ne convenuta e di trasportarlo sano e salvo» . Egli è «garante della sicurezza
296
del viaggiatore» . Si erra nell’affermare «che il vettore non ha inteso assume-
re questo rischio a suo carico, perché questa obbligazione rappresenta l’essen-
297
za del contratto di trasporto» . Stabilita per le cose da norme speciali, «l’ob-
bligazione di sécurité esiste, a più forte ragione, per le persone; il vettore non
può supporre di dover prestare meno cure ad un essere umano che ad una
merce, di dover consegnare quest’ultima intatta, ma di poter restituire la per-
298
sona mutilata, in pezzi, o sostituire un cadavere ad un essere vivente» .
La responsabilità del vettore per il danno subito dalle persone durante il
trasporto, quindi, non può essere qualificata come responsabilità delittuale,
per colpa (art. 1382) o per il fatto della cosa inanimata (art. 1384, comma 1).
Tale soluzione è considerata sbagliata poiché «sopprime arbitrariamente un
299
elemento di fatto e di diritto essenziale, il contratto di trasporto» . L’art.
1382 «presuppone l’assenza di ogni legame contrattuale. È il delitto o il quasi
delitto ad essere la fonte dell’obbligazione, la causa giuridica della responsabi-
300
lità» . Nel caso in esame, invece, «i rapporti tra il viaggiatore ed il vettore so-
no disciplinati da un contratto; l’incidente si è verificato nel corso dell’esecu-
301
zione di questo contratto» . Diversamente il viaggiatore leso sarebbe colloca-
to «in una situazione di diritto identica a quella di un terzo, con il quale il vet-
302
tore non ha avuto alcun rapporto giuridico prima dell’incidente» .

7. Il discorso svolto nel leading case del 1911 trova un definitivo riscontro
303
nell’ulteriore sentenza della Cassazione resa il 21 aprile 1913 . A seguito del-
la rottura di un binario, e del conseguente deragliamento, un agente postale
che prestava servizio sul treno subisce danni fisici a causa della caduta di un
304
pesante volume sulla testa, che era stato situato su un ripiano . Qualche tempo
dopo la vittima transige con la Compagnia la riparazione per il danno biologi-
co subito, accettando la somma di 300 franchi. Negli anni successivi, però,
l’agente postale subisce «un’alterazione progressiva delle facoltà mentali, diffi-
coltà nella parola, una debolezza negli arti che gli rende impossibile il cammi-
294
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
295
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
296
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
297
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
298
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
299
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
300
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
301
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
302
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
303
Cass., 21 avril 1913, in Rec. Dalloz, 1913, I, p. 257.
304
Per i fatti della controversia, cfr. Trib. civ. Toulouse, 5 février 1905, in Rec. Dalloz, 1913, II, p. 256.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 43

305
nare» . A seguito del successivo aggravarsi delle sue condizioni, egli decede.
La vedova, anche in rappresentanza dei figli, agisce in giudizio per il risar-
cimento dei danni contro la Compagnia ferroviaria d’Orléans, la quale viene
condannata innanzi al Tribunale civile di Tolosa ed alla locale Corte d’appel-
306
lo . Il ricorso per cassazione del vettore è respinto, sia perché l’avvenuta
transazione riguardava il solo danno psicofisico subito iure proprio dalla vitti-
ma, mentre la vedova e i figli chiedevano «il risarcimento del danno personale
307
“che era stato loro causato dalla perdita del marito e di un padre”» (quindi,
un danno par ricochet), sia perché il decesso è giudicato conseguenza dell’inci-
dente ferroviario. La Compagnia era «tenuta, in virtù dell’art. 56 del Cahier
des charges, ad assicurare il trasporto degli agenti necessari al servizio postale,
avendo contratto, par là même, l’obbligazione di condurre questi agenti, come
308
tutti gli altri viaggiatori, sani e salvi a destinazione» . La responsabilità per
«le conseguenze dell’inadempimento del contratto di trasporto» è dichiarata
in virtù del fatto che il debitore non è riuscito a provare che «l’incidente era
stato provocato da una causa estranea, che non gli poteva essere imputata […]
309
ai sensi dell’art. 1147 c. civ.» . L’applicazione della disciplina della responsa-
bilità contrattuale implica, altresì, che «l’azione per il risarcimento del danno
esercitata dalla vedova […] non era soggetta al termine di prescrizione triennale
310
previsto dall’art. 638 c. instr. crim. per l’azione civile derivante da reato» .
Un indiscusso merito del nuovo orientamento giurisprudenziale consiste
nell’aver definitivamente superato la “lacuna” del Codice Napoleone in tema
311
di trasporto di persone . La soluzione viene ravvisata ancora una volta non
nell’applicazione diretta o analogica degli artt. 1784 code civ. e 103 code com.,
bensì nell’interpretazione della disciplina di diritto comune sull’inadempimen-
312
to (art. 1147 code civ.) , della quale lo stesso art. 1784 rappresenta una speci-
fica espressione. Affermare che «l’idea di deposito che si trova alla base della
responsabilità del vettore di merci risulta totalmente estranea al trasporto di
313
persone» non significa dover applicare l’art. 1382 code civ. Invero, «in fatto
come in diritto, il contratto di trasporto implica necessariamente l’obbligazio-
314
ne di far pervenire in buono stato le cose o le persone a destinazione» . Que-
sta obbligazione costituisce «talmente l’essenza del contratto di trasporto, che
305
Trib. civ. Toulouse, 5 février 1905, cit., p. 256.
306
Cfr. App. Toulouse, 11 janvier 1906, in Rec. Dalloz, 1913, II, p. 256 s.
307
Così, Cass., 21 avril 1913, cit., p. 257.
308
Cass., 21 avril 1913, cit., p. 257.
309
Cass., 21 avril 1913, cit., p. 257.
310
Cass., 21 avril 1913, cit., p. 257. Sottolinea tale aspetto, come una delle ragioni che giustificano
la nascita dell’obbligazione di sécurité, P.G. MONATERI, Cumulo di responsabilità, cit., pp. 78 e 128.
311
Così, L. SARRUT, nelle sue conclusioni a Cass., 27 janvier 1913, cit., p. 254.
312
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
313
Il pensiero di L. JOSSERAND è riprodotto in L. SARRUT, Note a Cass., 21 avril 1913, in Dalloz,
1913, I, p. 250.
314
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
44 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

il vettore non se ne può liberare con una convenzione, sia direttamente attra-
verso una stipulazione espressa, sia indirettamente mediante una clausola che
richieda che la prova della sua colpa sia apportata, e ciò non soltanto per le
315
merci […], ma anche per le persone» . Se «l’obbligazione contrattuale di
trasportare il viaggiatore sano e salvo a destinazione non è adempiuta, si ap-
316
plica il diritto comune dei contratti, l’art. 1147 c. civ.» . Inoltre, è inesatto
affermare che tale norma prevede una “presunzione di colpa”, poiché «l’ina-
dempimento di un’obbligazione può non provenire da una faute; non bisogna
provare una colpa presunta, ma soltanto accertare se l’obbligazione contratta
317
è stata adempiuta» . Anche se talvolta si afferma, con scarsa precisione, che
«la colpa del debitore è presunta e che è su di lui che grava la prova del caso
318
fortuito» , è evidente che «questo risultato non è assolutamente l’effetto di
319
una presunzione di colpa esistente contro il debitore» . Si tratta dell’appli-
cazione «delle normali regole sulla prova. Quando il creditore ha dimostrato
l’esistenza del suo credito, è il debitore, il quale dichiara di essere impedito dal
caso fortuito nell’esecuzione della prestazione, a dover fornire la prova delle
320
circostanze idonee a liberarlo» . La presunzione di colpa, invece, ha «per con-
321
seguenza di autorizzare il vettore a provare che egli è esente» . Ma nell’obbli-
322
gazione di sécurité «non v’è nulla di tutto ciò» .
L’obbligazione di sécurité, quindi, nell’ambito del trasporto di persone, na-
sce come obbligazione determinata, e non «di mezzi» o «di diligenza», ancor
prima che Demogue ponga la stessa a fondamento della celebre partizione,
pensandola come il prototipo dell’obbligazione di risultato. La contestata di-
stinzione tra obbligazioni di risultato e di mezzi intende scandire il confine tra
323
la responsabilità oggettiva e quella soggettiva , al fine di sottrarre le obbliga-
zioni “di comportamento” al rigore probatorio del caso fortuito o della forza
maggiore. Ma l’obbligazione di sécurité obbliga fin dall’inizio il vettore al ri-
sultato “determinato” consistente nel condurre i passeggeri sani e salvi a de-
324
stinazione. Il «semplice fatto che questo risultato non è stato conseguito»
comporta il diritto del trasportato ad ottenere il risarcimento del danno, salvo
che il vettore non provi che l’inadempimento sia stato dovuto ad una causa
estranea alla sua sfera d’influenza, che a lui non è imputabile ai sensi dell’art.
1147 code civ.
315
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
316
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
317
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
318
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
319
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
320
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
321
L. SARRUT, op. ult. cit., p. 251.
322
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
323
Così C. LARROUMET, Droit civil, Tome 3, Les obligations. Le contrat, Paris, IV éd., 1998, p.
597 s.
324
C. LARROUMET, op. cit., p. 597.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 45

La giurisprudenza, già negli anni immediatamente successivi alle decisioni


che sanciscono la nascita dell’obbligazione di sécurité nel diritto francese, chia-
risce che il sistema della prova della cause étrangère esclude che il passeggero
(creditore) sia tenuto a dimostrare che l’incidente ha un rapporto diretto con
325
il trasporto . Il vettore è responsabile anche allorché la causa dell’accidente
326
rimanga sconosciuta . Tale orientamento trova un’ulteriore conferma nella
decisione del 10 maggio 1921, nella quale la Suprema corte cassa la sentenza
d’appello che aveva rifiutato di dichiarare la responsabilità del vettore sulla
base della sola affermazione dell’attore di essere stato colpito al braccio da un
oggetto che era provenuto dall’esterno – nel momento in cui il treno s’incro-
327
ciava con un altro – e che non era stato ritrovato . In questi casi non si è in
presenza di una semplice presunzione di colpa o di responsabilità, poiché tale
concetto «presuppone un giudizio di valore sul comportamento del debitore,
328
per determinare se egli ha agito bene o male» . L’inadempimento dell’obbli-
gazione di sécurité invece, «conduce ad una responsabilità senza colpa od og-
329
gettiva» , poiché «la prova della cause étrangère prescinde da ogni giudizio
330
sulla condotta del debitore» . Non si tratta, da parte di quest’ultimo, di pro-
vare che egli non ha commesso una faute o che il suo contegno è stato diligente.
Bisogna dimostrare, invece, che la condotta del debitore, «colposa o no, non è
331
all’origine del danno subito dal creditore» . La prova della cause étrangère ri-
332
guarda «soltanto un problema di causalità» . Essa «interrompe il nesso ezio-
logico che, nel caso d’inadempimento di un’obbligazione di risultato, viene
presunto tra l’attività del debitore e il danno subito dal creditore per il fatto
333
dell’inadempimento» .
Il collegamento, sotto il profilo del regime della prova “oggettiva” della
cause étrangère, tra l’inadempimento (art. 1147 code civ.) dell’obbligazione de-
terminata di sécurité e la responsabilità per il fatto della cosa in custodia è av-
vertito da quella giurisprudenza che, fin dall’inizio, ha tentato di qualificare la
responsabilità del vettore come responsabilità delittuale per le «choses que
334
l’on a sous sa garde» (art. 1384, comma 1) . L’ideazione dell’obbligazione

325
Cass. civ., 10 mai 1921, in Dalloz Pér., 1923, I, p. 209.
326
Cass. civ., 25 janvier 1939, in Dalloz Hebd., 1939, p. 195.
327
Cass. civ., 10 mai 1921, cit., p. 209.
328
C. LARROUMET, op. cit., p. 599.
329
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
330
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
331
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
332
C. LARROUMET, op. cit., p. 600.
333
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
334
In questi termini giudica, ad es., prima del revirement del 1911, App. Paris, 9 novembre 1909,
in Rec. Dalloz, 1911, II, p. 357 (I espèce), il quale risarcisce sulla base dell’art. 1384, comma 1, il dan-
no subito da un passeggero a causa della caduta da un vagone, provocata dall’apertura improvvisa di
una portiera del treno. Sul punto v., altresì, App. Besançon, 15 décembre 1909, ivi, 1911, II, p. 357
(II espèce).
46 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

determinata di sécurité e la conseguente riconduzione del danno subito dal


passeggero nell’ambito della disciplina dell’inadempimento non impediranno
che, nella storia del moderno diritto francese (ma anche di quello italiano),
continui questo pendant tra l’applicazione della disciplina della responsabilità
contrattuale, da un lato, e la proposta, dall’altro, di ricondurre le medesime
fattispecie nell’alveo dell’art. 1384, comma 1, qualora il danno sia causato da
una cosa che è nella custodia dal debitore. Tale soluzione consentirà di appli-
care una disciplina parimenti vantaggiosa per il danneggiato, di quella prevista
dall’art. 1147 in tema d’inadempimento di un’obbligazione (di sécurité) di ri-
sultato, a quei casi che, dopo un lungo periodo d’incertezza, la giurisprudenza
335
qualificherà in termini di responsabilità delittuale .

8. Nata, anche se con alterne vicende, nella dottrina e nella giurisprudenza


d’oltralpe del XIX secolo, l’obbligazione contractuelle de sécurité viene accolta
in molti altri paesi che s’ispirano alla tradizione francese, ancor prima che essa
veda la sua nascita ufficiale nella sentenza della Cassazione del 1911. La circo-
stanza non deve meravigliare, se è vero che oggetto di circolazione giuridica
336
sono soprattutto i modelli culturali della dottrina e della giurisprudenza , più
che i testi di legge, i quali, a loro volta, là dove sono adottati, richiedono so-
337
vente la ricezione della relativa scienza giuridica .
In Belgio, ad esempio, ove la giurisprudenza non aveva voluto accogliere la
teoria di Sainctelette, è lo stesso legislatore a disporre, fin dal 1891 (l. 25 ago-
sto 1891) che il vettore può esonerarsi dalla responsabilità contrattuale nei
confronti del trasportato soltanto provando la forza maggiore o la colpa della
vittima.
Del pari, in Lussemburgo, una legge dell’8 febbraio 1908 regola nella stes-
sa maniera sia l’avaria o la perdita delle merci, sia gli incidenti subiti dai pas-
seggeri, estendendo a costoro la soluzione stabilita dall’art. 1784 code civ. e
dall’art. 103 code comm.
Anche in Libano l’obbligazione di sécurité è sancita in via legislativa. No-
nostante l’indubbia influenza esercitata da Josserand nella redazione del codi-
338
ce delle obbligazioni e dei contratti , l’art. 688, comma 2, dispone che il con-
tratto di trasporto di persone «pone a carico del vettore l’obbligazione di con-
durre il viaggiatore sano e salvo a destinazione e nei limiti di tempo previsti; in
ipotesi d’incidente, la responsabilità contrattuale del vettore cede innanzi alla
prova di un caso di forza maggiore o di una faute commessa dalla vittima».
In Italia, è la stessa giurisprudenza ad introdurre l’obbligazione di sécurité,
335
Sulla base del revirement del 1989 (Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p.
632 s.).
336
Cfr. R. SACCO, Introduzione, cit., pp. 50 ss., 131 ss., 138 ss. e passim.
337
In argomento, L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 328 ss.
338
Lo riferisce R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 7.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 47

339
ancor prima che la stessa venga definitivamente accolta (nel 1911) dalla Cas-
sazione francese. La Corte d’appello di Genova sottolinea come l’obbligazione
di sécurité sia un elemento essenziale del contratto di trasporto di persone:
«l’amministrazione delle ferrovie assume, per forza di cose, parallelamente al-
l’obbligazione di trasportare il viaggiatore, quella di salvaguardarlo contro gli
incidenti». L’azione di risarcimento del danno «non può non essere contrat-
tuale e commerciale poiché il litigio riposa sull’esecuzione difettosa del con-
340
tratto» . Anche la Cassazione romana ribadisce la medesima convinzione:
«l’oggetto del trasporto comprende in sé l’obbligo del vettore di salvaguardare
l’integrità fisica della persona», poiché tale obbligazione «è inseparabile dal
341
contratto di trasporto propriamente detto» . Il giudice «non può dubitare
che il contratto di trasporto implichi virtualmente l’obbligazione, per il vetto-
342
re, di garantire la sicurezza del viaggiatore» .
Sulla scia del successo ottenuto dall’obbligazione contractuelle de sécurité
nelle esperienze giuridiche dell’area, la giurisprudenza francese estende pro-
gressivamente e con rapidità tale istituto, dapprima, all’intero settore del tra-
sporto di persone, qualunque sia il metodo di locomozione utilizzato, succes-
sivamente ai contratti considerati “analoghi” al trasporto e, infine, a fattispecie
del tutto distinte. La tesi della responsabilità del vettore fondata sulla promes-
343
sa contrattuale di condurre il viaggiatore sano e salvo a destinazione inizia a
344 345 346 347
coinvolgere vetture a cavalli , ferrovie d’interesse generale e locale , tram ,
348 349 350 351 352
metropolitane , taxi , autocarri ed autobus , barche e persino aerei .
In tale ultimo campo, tuttavia, l’obbligazione di sicurezza del vettore è spesso
resa inefficace dal gioco delle clausole di esonero dalla responsabilità. La legge
del 31 maggio 1924 indica «essa stessa in quali circostanze queste possono es-
339
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit., spec. in nota 44, ricorda che è lo stesso Josserand a citare, ma sen-
za indicare il luogo di pubblicazione, una sentenza della Corte di Cassazione di Napoli del 25 maggio
1895.
340
Cfr. App. Gênes, 27 avril 1900, in Rec. Sirey, 1901, IV, p. 5.
341
Cass. Rome, 1 mars 1913, in Rec. Sirey, 1913, p. 19 (I espèce).
342
Cass. Rome, 29 mars 1913, in Rec. Sirey, 1913, p. 19 (II espèce).
343
Testualmente, R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 7.
344
Ad es., Req., 28 juin 1916, in Rec. Sirey, 1922, I, p. 324.
345
Cfr. Cass. civ., 28 mars 1922, in Rec. Dalloz, 1923, I, p. 209 (I espèce); Cass. civ., 28 février
1923, ivi, 1923, I, p. 209 (VII espèce); Cass. civ., 9 mars 1942, in Gaz. Pal., 1942, I, p. 206.
346
Req., 29 juillet 1947, in Rec. Sirey, 1947, I, p. 199.
347
Cass. civ., 6 février 1917, in Rec. Sirey, 1922, I, p. 324; Cass. civ., 7 mai 1946, in Rec. Dalloz,
1946, p. 324; Cass. civ., 21 décembre 1949, ivi, 1950, p. 242.
348
App. Paris, 15 juin 1943, in Gaz. Pal., 1943, II, p. 207.
349
Req., 31 juillet 1922, in Rec. Sirey, 1923, I, p. 324 (III espèce); App. Paris, 14 décembre 1970,
in Sem. jur., 1971, IV, p. 153; App. Aix en Provence, 8 octobre 1963, in Rec. Dalloz, 1964, Jur., p. 206.
350
Cass. civ., 20 avril 1942, in Rec. Dalloz, 1942, Jur., p. 127; Cass. civ., 19 janvier 1965, ivi, 1965,
Jur., p. 257; Cass. civ., 15 juillet 1975, in Sem. jur., 1976, II, 18418; App. Paris, 17 décembre 1974, in
Rec. Dalloz, 1975, Jur., p. 521.
351
App. Grenoble, 15 mars 1921, in Rec. Dalloz, 1922, II, p. 25, con il commento di A. ROUAST.
352
Cfr. la giurisprudenza citata da R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 7, in nota 41.
48 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

353
sere utilmente inserite nel contratto di trasporto aereo di passeggeri» . Ma di
là da tali ipotesi, l’obbligazione contractuelle de sécurité resta, «per gli aerei co-
sì come per tutti gli altri mezzi di locomozione, la legge del trasporto di viag-
354
giatori» . L’art. 17 della Convenzione di Varsavia sui trasporti aerei interna-
zionali ribadisce la soluzione della giurisprudenza francese, collocando in am-
bito contrattuale la responsabilità del vettore per i danni «sopravvenuti in caso
di morte, di ferite o di ogni altra lesione corporale subita dal viaggiatore […]».
La decisione della Cassazione del 21 aprile 1913, tuttavia, oltre a ribadire la
figura dell’obbligazione determinata di sécurité nell’ambito del trasporto di
persone, si spinge ben oltre il leading case del 1911, poiché estende al vettore
il regime di responsabilità contrattuale pur in assenza della stipula di un con-
tratto tra l’agente postale e la Compagnia ferroviaria. Questa «non aveva rila-
355
sciato un biglietto, ma soltanto una carta d’identità» che consentiva la libera
circolazione all’interno del treno, in virtù dell’art. 56, § 1, del capitolato delle
compagnie ferroviarie, secondo il quale: «Per ciascun treno passeggeri e merci
circolante […], la Compagnia sarà tenuta a riservare gratuitamente due com-
partimenti speciali di una vettura di seconda classe, o uno spazio equivalente,
356
per ricevere le lettere, i dispacci e gli agenti necessari al servizio delle poste» .
In presenza di una scienza giuridica che non aveva ancora risolto il problema
del trasporto gratuito in chiave contrattuale (v., ad es., l’art. 1681, comma 3,
c.c. it.), distinguendo tale problematica dal trasporto amichevole terrestre,
l’autorevole annotatore, al fine di giustificare l’inedita soluzione, richiama la
357
figura della «stipulazione nell’interesse dei suoi agenti» mediante la quale
l’Amministrazione postale ha, tacitamente, «concluso per essi un contratto di
358
trasporto» . L’invenzione giurisprudenziale appare sicuramente pregnante poi-
ché consente di applicare al trasporto di persone «non le regole del quasi de-
359
litto, bensì quelle dell’inadempimento» , anche in assenza di un contratto di-
rettamente concluso tra il vettore e il danneggiato, ma in presenza di un rap-
porto giuridicamente rilevante che obbliga il debitore della prestazione di tra-
sportare a risarcire il danno subito da un “terzo” che non è stato parte del
contratto.
Nel caso di specie, quindi, la Cassazione costruisce un fenomeno ben più
complesso della mera obbligazione determinata di sécurité. Essa, di regola,
viene inserita, sia pure implicitamente, in un contratto stipulato tra il vettore e
il passeggero, quale obbligazione “accessoria” all’obbligazione di trasportare.
Nel caso deciso dalla Suprema corte nell’aprile del 1913, mancando un con-
353
Lo riferisce R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 7.
354
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
355
Lo sottolinea L. SARRUT, Note a Cass., 21 avril 1913, cit., p. 249.
356
Il testo di tale articolo è riprodotto in L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
357
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
358
L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
359
Così, L. SARRUT, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 49

tratto, l’obbligazione di sécurité avrebbe la sua fonte in una stipulation pour


autrui, che si ritiene conclusa, tacitamente, tra l’Amministrazione postale e la
Compagnia ferroviaria, nell’esclusivo “interesse” degli agenti della prima.

9. A differenza del modello franco-italiano, il diritto tedesco si caratterizza,


360
quanto meno a livello di “formante” legale, per la scelta di individuare tipo-
logicamente le diverse fattispecie di illecito che possono essere fonte del risar-
cimento dei danni in via delittuale. Scelta, questa, che fu esplicitamente voluta
dal legislatore della codificazione il quale, nell’espungere dalla prima redazio-
361
ne del codice una clausola generale di responsabilità extracontrattuale ispi-
rata all’esempio d’oltralpe, e nel sostituirla con una disciplina improntata alla
tipizzazione delle fattispecie, intendeva riservare a sé la selezione degli interes-
si giuridicamente protetti, evitando che questo compito fosse poi svolto dalla
giurisprudenza, così come era avvenuto durante il primo secolo di vigenza del
362
Codice Napoleone . Diversamente da questo, che, quale «espressione giuri-
363
dica del nuovo ordine sociale scaturito dalla Rivoluzione francese» , aveva
operato una mirabile semplificazione giuridica «come aspetto sovrastrutturale
364
di una rivoluzione politica in senso liberale borghese» , il BGB, «tardiva
365
cristallizzazione giuridica d’una tardiva rivoluzione borghese» , intendeva
366
ispirarsi prepotentemente ai principi del liberalismo economico , il quale
richiedeva che la propensione allo sviluppo non fosse limitata da una disci-
plina dell’illecito troppo rigorosa, che potesse far gravare eccessive respon-
367
sabilità sul libero svolgimento dell’attività d’impresa . Il ripudio di una
clausola generale di responsabilità delittuale, inoltre, impediva di dover in-
cludere nel sistema un numero tendenzialmente incontrollabile di pretese ri-
360
Su tale nozione, R. SACCO, voce Formante, in Dig. Disc. Priv., IV Ed., Sez. civ., VIII, Torino,
1991, p. 438 ss.
361
La circostanza è riferita da L.J. CONSTANTINESCO, op. cit., p. 242, ivi gli ulteriori riferimenti.
362
La scelta del legislatore tedesco, quindi, fu ispirata «al concetto tedesco delle funzioni del giu-
dice», al fine di evitare «abusi analoghi a quelli che si possono cogliere in numerose sentenze dei tri-
bunali francesi» (così, il Protocollo, II, p. 571, cit. da K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, Einführung in die
Rechtsvergleichung, Band 2, Institutionen, Tübingen, 1984, nella ed. it. a cura di A. di Majo, A. Gam-
baro, trad. di E. Cigna, Introduzione al diritto comparato, vol. II, Istituti, Milano, 1995, p. 285. Nel
prosieguo si citerà questa edizione senza ulteriori indicazioni; qualora, invece, verrà citata la III edi-
zione con aggiornamenti a cura di A. di Majo, trad. it. di E. Cigna e A. Gangemi, Milano, 2011, si
indicheranno sempre l’edizione e l’anno di pubblicazione).
363
Così, M.G. LOSANO, I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei,
Roma-Bari, 2000, p. 49.
364
G. TARELLO, Storia della cultura giuridica moderna. Assolutismo e codificazione del diritto, Bo-
logna, 1976, p. 38.
365
Il giudizio è espresso da M.G. LOSANO, op. loc. cit.
366
Sui rapporti tra BGB e liberalismo economico, noto è il pensiero di F. WIEACKER, Industriege-
sellschaft und Privatrechtsordnung, Frankfurt, 1974, p. 9 ss.
367
Cfr., per tutti, H.P. BENÖHR, Die Redaktion der Paragraphen 823 und 826 BGB, in R. ZIM-
MERMANN, Rechtsgeschichte und Privatrechtsdogmatik, Heidelberg, 2000, p. 499 ss.
50 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

368
sarcitorie , con riguardo, soprattutto a quelle fatte valere dai cc.dd. danneg-
giati par ricochet o par réfléchi. Il sistema di Deliktsrecht, quindi, viene ispirato
al principio della piena libertà d’azione di ogni persona (fisica e giuridica), con
il solo limite del comportamento antigiuridico espresso nelle forme del dolo e
della colpa.
Così, il § 823, comma 1, BGB è redatto sulla base dell’Enumerationsprin-
369
zip : obbligato al risarcimento del danno è soltanto colui che violi, antigiuri-
dicamente, la vita, la persona, la salute, la libertà, la proprietà o ogni «altro» o
«diverso diritto» (sonstiges Recht) stabilito dalla legge. Quest’ultima espres-
370
sione, limitata ai diritti soggettivi assoluti , non ha consentito di considerare
risarcibili le lesioni del patrimonio in quanto tale. Pertanto, i danni puramente
economici (reine Vermögensschäden) sono risarcibili non in sé, ma in quanto
rappresentino la conseguenza (danno-conseguenza) della lesione (danno-evento)
371
inferta ai beni giuridici esplicitamente contemplati (dal comma 1 del § 823) .
Questo sistema, eccessivamente restrittivo, è corretto dal comma 2 del §
823. La responsabilità delittuale è estesa, oltre la lesione dei diritti assoluti, ad
ogni violazione colpevole di una norma che miri alla tutela dell’interesse di un
soggetto. Se, in base a tale legge, una sua violazione è possibile anche in assen-
za di colpa, «l’obbligo al risarcimento sorge soltanto in caso di colpa». Con
questa disposizione viene sanzionata la violazione delle norme di protezione
(Schutzgesetze) sia di diritto privato, sia di diritto pubblico, ed in particolare di
diritto penale, che, secondo il loro contenuto e scopo, mirano a proteggere
non soltanto l’interesse generale, ma anche gli interessi particolari del singolo
372
o di una determinata categoria di persone . Ma l’applicazione di questo testo
373
ha creato non pochi problemi alla dottrina e alla giurisprudenza tedesche .
Da un lato, non tutti i beni o interessi sono risultati meritevoli di tutela: la
norma è stata applicata soltanto per risarcire i danni relativi a quei pericoli che
374
la legge, secondo la sua ratio, mirava ad eliminare o ad impedire . Dall’altro,
la stessa determinazione delle norme di protezione ha rappresentato un pro-
368
Aspetto, questo, posto in evidenza da autorevole dottrina: cfr., ad es., K. LARENZ, C.W. CA-
NARIS, Lehrbuch des Schuldrechts, II, München, 1994, p. 75; D. MEDICUS, Schuldrecht, II, Besonderer
Teil, X, München, 2000, p. 365 ss.
369
Per tutti, C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., pp. 567 ss., 593 ss.
370
Sono, infatti, risarcibili «tutti quegli interessi che l’ordinamento tutela erga omnes» (per tutti,
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 287).
371
Ad esempio, se un imprenditore, eseguendo lavori di scavo, danneggia i cavi dell’alta tensione
e taglia la corrente elettrica ad un’industria, non sarà tenuto al risarcimento là dove il danno sia consi-
stito nell’arresto degli impianti e nell’interruzione della produzione (essendo, questo, un danno sol-
tanto economico). Il risarcimento sarà dovuto, invece, qualora il black out abbia causato danni ai beni
prodotti, trattandosi, in questo caso, di un danno alla proprietà (K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc.
cit.).
372
Testualmente, K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 289.
373
Per un esame delle problematiche poste dal comma 2 del § 823 BGB, cfr. C.W. CANARIS, op.
cit., p. 569 ss.
374
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 51

blema di non facile soluzione, non individuando il comma 2 del § 823 alcun
parametro preciso in materia. La dottrina ha considerato oscura tale previsio-
ne e la giurisprudenza la ha applicata in maniera assai contenuta. Non è stata
ritenuta sufficiente la considerazione secondo la quale ogni norma di diritto
pubblico ha in sé lo scopo di tutelare, seppur in termini generali, ciascun sog-
getto, ma si è richiesto che la norma violata avesse ad oggetto specifico la pro-
tezione degli interessi individuali della persona e delle loro situazioni soggetti-
375
ve . L’esclusione delle norme riguardanti la tutela di beni appartenenti alla
generalità dei soggetti ha indotto a ravvisare la norma di protezione quasi esclu-
sivamente in presenza di una fattispecie penale, soprattutto con riferimento ai
reati di frode, truffa ed estorsione. In presenza di un difficoltoso e lento am-
376
pliamento ad altre norme di diritto amministrativo e di diritto privato , do-
vuto alla scarsa chiarezza del testo ed all’assenza di parametri utili per l’inter-
prete nell’individuazione delle norme di protezione, la giurisprudenza ha uti-
lizzato il comma 2 del § 823 come una specie di duplicato del comma 1, appli-
candolo, cioè, soltanto in presenza di lesioni fisiche o di danni patrimoniali
comunque risarcibili ai sensi del comma 1 del § 823 del BGB. Se, ad esempio,
le norme penali relative all’offesa e alla diffamazione sono state qualificate
come “norme di tutela” (ai sensi del comma 2 del § 823), il diritto “generale”
377
della personalità (allgemeine Persönlichkeitsrecht) e il diritto al rispetto della
propria attività imprenditoriale, ove organizzata e in esercizio (Recht am ein-
gerichteten und ausgeübten Gewerbebetrieb), che ha consentito di risarcire le
azioni illegittime di boicottaggio, hanno trovato collocazione, quali “ulteriori
378
diritti”, proprio nel comma 1 del § 823 .
Il sistema di responsabilità delittuale trova un ulteriore correttivo nella
379
“clausola generale” di cui al § 826 BGB, che obbliga al risarcimento dei
danni «chiunque cagioni intenzionalmente un danno ad altri, agendo in modo
contrario al buon costume». Con riguardo a questo testo, la giurisprudenza ha
elaborato una serie di casi tipici nei quali il danneggiante può assumere una
condotta sleale, contrastante con il senso di correttezza corrente nella sfera
380
delle persone coinvolte . Non si richiede che l’agente abbia progettato scien-
temente di causare il danno, ma è sufficiente che questi abbia riconosciuto la
possibilità che il danno si verificasse, dimostrando acquiescenza nei suoi ri-
375
Cfr. H. KÖTZ, Deliktsrecht, VIII ed., Berlin, 1998, pp. 33 ss., 72 ss.; K. ZWEIGERT, H. KÖTZ,
op. cit., p. 289 s.
376
Cfr., per tutti, O. PALANDT, Bürgerliches Gesetzbuch, München, 2003, sub § 823, p. 145 ss.
377
Su tale figura, introdotta nel 1954 da una storica sentenza del Bundesgerichtshof, K. LARENZ,
Das «allgemeine Persönlichkeitsrecht» im Recht der unerlaubten Handlungen, in Neue jur. Wochen-
schr., 1955, p. 521 ss. Per un’applicazione in tema di tutela della persona avverso le immissioni, H.
FORKEL, Immissionsschutz und Persönlichkeitsrecht. Eine privatrechtliche Untersuchung, Köln-Berlin-
Bonn-München, 1968, p. 44 ss.
378
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., pp. 291-293.
379
In questi termini, K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 318.
380
Testualmente, K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 290.
52 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

381
guardi . Ma l’esplicita limitazione all’illecito doloso e la difficoltà di indivi-
duare un’univoca nozione di contrarietà al buon costume, ravvisata ora alla
stregua dei criteri di valore universalmente accolti nell’ambito sociale in cui si
382 383
è verificato il caso , ora sulla base dei principi iscritti nella Costituzione ,
non hanno consentito di estendere considerevolmente l’area dei danni risarci-
bili. Richiedendosi una violazione particolarmente grave del buon costume, il
risarcimento delle perdite puramente economiche è stato concesso quasi sem-
384
pre in casi eccezionali .
La previsione di un sistema di responsabilità delittuale eccessivamente libe-
rale riguardo alle condotte illecite caratterizzate da mera negligenza trova, poi,
un’ulteriore conferma nella disciplina della responsabilità del preponente per i
danni provocati dal proprio preposto. Il § 831 BGB, dopo aver affermato, in
generale, l’obbligo risarcitorio di colui che «assume una persona come com-
messo» per i danni da questi illecitamente causati a terzi nell’esercizio delle
proprie mansioni, esonera il preponente dalla responsabilità se egli ha osserva-
to la diligenza necessaria secondo gli usi nella scelta del dipendente, o se i
danni si sarebbero verificati anche con l’osservanza di tale diligenza. Con que-
sto testo, il codice tedesco recepisce il «dogma del diritto comune» che, elabo-
rato sulla base di un’immaginaria riflessione sulle fonti del diritto romano, an-
cora la responsabilità del preponente sul principio di colpevolezza, «inteso co-
385
me fondamento etico della disciplina dell’atto illecito» : «non è il danno che
obbliga al risarcimento [...], ma la colpa – un principio semplice, tanto sem-
plice come quello del chimico, per cui non è la luce che brucia, bensì l’ossige-
386
no che è nell’aria» . Tale regola, invece, rappresentava «una vera e propria
387
invenzione della Pandettistica» , non avendo, i Romani, conosciuto e regola-
to in via generale il problema della responsabilità per fatto altrui. Là dove,
poi, la responsabilità di determinati soggetti era stata dichiarata in conseguen-
za della condotta dei propri ausiliari, ciò era avvenuto «di regola senza tenere
in considerazione la loro colpa, dal momento che l’attribuzione della colpa al-
trui era di volta in volta fondata su ragioni di ordine diverso per ogni singolo
388
caso» .
L’esigenza di fondare il sistema dell’illecito delittuale sul principio di col-
pevolezza allontana ancora una volta il diritto tedesco da quello francese che,
invece, conosce in materia una regola di responsabilità oggettiva extracontrat-
381
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc. ult. cit.
382
G. BRÜGGEMEIER, Deliktsrecht, Baden-Baden, 1986, p. 495 ss.
383
K. LARENZ, C.W. CANARIS, Lehrbuch des Schuldrechts, II, cit., p. 78.
384
L. LAMBO, Obblighi di protezione, cit., p. 49.
385
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., pp. 327 e 326.
386
La nota espressione di R. VON JHERING, Das Schuldmoment im römischen Privatrecht, 1967,
40, è citata da K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 326.
387
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc. ult. cit.
388
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 53

389
tuale (ma anche contrattuale) per il fait d’autrui, disponendo, fin dall’entrata
in vigore del Code Napoléon, che «Si è responsabili» anche per il danno «che è
causato dal fatto delle persone delle quali si deve rispondere» (art. 1384,
comma 1, Code civil). Nella specie, «Les maîtres et les commettants» sono re-
sponsabili per il danno causato dai propri domestici e preposti nell’esercizio
delle funzioni «auxquelles ils les ont employés» (art. 1384, comma 5). Norma,
poi, tradotta e riproposta nel nostro art. 2049 c.c., là dove dispone che «I pa-
droni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito
dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adi-
biti». Malgrado l’atteggiamento conservativo della nostra giurisprudenza, che,
390
prestando un omaggio puramente formale alla teoria della colpa, preferisce
ancora discorrere di una presunzione iuris et de iure di responsabilità fondata
391
sulla culpa in eligendo o in vigilando , l’impossibilità, per i padroni e commit-
tenti, di esperire la prova liberatoria induce la migliore dottrina a ravvisare sia
un autonomo criterio d’imputazione, diverso e parallelo rispetto a quello della
392
colpa , sia una regola di responsabilità oggettiva per il fatto altrui, che trova
il suo fondamento nell’esigenza di prevenire i danni e di assicurarsi contro il
393
rischio degli incidenti causati nell’esercizio della propria attività d’impresa .
Sottoponendo il preponente ad una strict liability «lo si incentiva a scegliere
un livello di attività compatibile con le esigenze generali di sicurezza, e quindi
394
più efficiente in termini di overall order» , là dove la prova dello standard di
due care lo spingerebbe a disinteressarsi dell’aumento generalizzato del rischio
395
di incidenti provocato dalla propria attività d’impresa .
Tuttavia, seppur in tema di rapporto obbligatorio, anche il diritto tedesco
conosce una regola che non accorda al preponente alcuna prova liberatoria. Il
§ 278 BGB, nel disciplinare la responsabilità per il fatto illecito degli ausiliari,
dispone che il debitore deve rispondere della condotta colposa o dolosa del
suo rappresentante legale o delle persone delle quali si avvale per adempiere
alle proprie obbligazioni nella stessa misura nella quale risponde di una pro-
389
Lo precisano, con ampie citazioni dottrinali e giurisprudenziali, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les
conditions, cit., pp. 914 ss., 1036 ss. Sul punto, P. JOURDAIN, La responsabilité du fait d’autrui à la
recherche de ses fondements, in Études à la mémoire de Christian Lapoyade Deschamps, Paris, 2003,
pp. 67 ss., 79 ss.; P. BRUN, Le nouveau visage de la responsabilité du fait d’autrui, ivi, pp. 105 ss., 113 ss.
390
Così, G. VISINTINI, La responsabilità civile nella giurisprudenza, Padova, 1967, p. 359 ss.
391
Ad es., Cass., 29 ottobre 1970, n. 2256, in Rep. Foro it., 1971, voce Responsabilità civile, c.
2542, n. 144; Cass., 3 agosto 2001, n. 10705, ivi, 2001, voce cit., n. 238. Anche secondo C.M. BIAN-
CA, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, p. 731, la presunzione assoluta di colpa, che non
consente al responsabile alcuna prova contraria, si rivela come una formula che «inserisce artificio-
samente nella norma un presupposto che le è irrilevante».
392
S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, p. 148 ss.
393
In questi termini, l’insegnamento di P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano,
1961, p. 87 ss.
394
Testualmente, P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 979, il quale cita, sul punto, S.
SHAVELL, Economic Analysis of Accidents, Cambridge M.a., 1987.
395
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
54 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

pria condotta colposa o dolosa. La giurisprudenza, sulla scia della dottrina de-
gli obblighi di protezione (Schutzpflichten), tenderà a prendere in considera-
zione il “rapporto particolare” che nasce dall’esecuzione del contratto, quale
396
strumento tipico preordinato a soddisfare gli interessi delle parti . Anche al
fine di evitare che il preponente possa esonerarsi dall’obbligo risarcitorio di-
mostrando la “diligenza necessaria secondo gli usi” nella scelta del preposto,
ovvero che i danni si sarebbero comunque prodotti con l’osservanza di tale
diligenza (ai sensi del § 831 BGB), le Corti iniziano ad applicare la più ampia
397
regola di cui al § 278, perché destinata anche all’ausiliario indipendente , in
ipotesi nelle quali l’“inadempimento” ha ad oggetto obblighi altri rispetto a
quelli oggetto della prestazione. Secondo un’autorevole dottrina, la disposi-
zione di cui al § 831 BGB, «dubbia da un punto di vista di politica del dirit-
to», ha potuto continuare a mantenersi in vigore nel BGB proprio grazie a
quegli orientamenti delle Corti che «hanno riconosciuto in via contrattuale il
risarcimento del danno, ancorché l’incidente subito dall’attore fosse da ricon-
398
durre ad una violazione del dovere generale del neminem laedere» . Avendo
collocato le varie fattispecie nell’area della responsabilità contrattuale, si è esclu-
sa, per il convenuto, la possibilità di fornire la prova liberatoria ex § 831. Il
preponente è stato giudicato responsabile non soltanto per l’inesatto adempi-
mento degli obblighi di prestazione, ma anche, in qualità di “controparte con-
trattuale”, per l’inosservanza delle regole di sicurezza da parte dei suoi ausilia-
ri (§ 278 BGB), che la giurisprudenza ha “paragonato” (equiparandola) «ad
399
una violazione positiva del contratto» . In particolare, gli obblighi di prote-
zione sono stati richiamati soprattutto nella fase delle trattative, estendendo,
400
in tal modo, sensibilmente la fattispecie della culpa in contrahendo . Così il
cliente di una concessionaria di automobili, che sia scivolato sul pavimento
mentre stava osservando i diversi modelli in vendita, senza che i dipendenti
avessero preventivamente esposto un cartello con il quale si avvertiva che il
pavimento era stato di recente lucidato, può chiedere il risarcimento del dan-
no in via contrattuale, essendo il commerciante «obbligato nei suoi confronti»
anche «ad osservare le norme di sicurezza» negli spazi di vendita, non soltanto
nel momento della conclusione del contratto, «ma già con l’inizio delle tratta-
401
tive» . La violazione dell’obbligo reciproco di attenzione e diligenza «rende
396
Per tutti, C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., p. 576.
397
C.W. CANARIS, op. ult. cit., p. 804. Non condivide le soluzioni della dottrina e della giurispru-
denza che tendono a risolvere in chiave contrattuale problematiche che dovrebbero riguardare, con
maggiore pertinenza, la responsabilità extracontrattuale, C. VON BAR, The Common European Law of
Torts, I, Oxford, 1998, p. 184 ss. Sul punto v., altresì, F. WOLF, Lehrbuch des Schuldrechts, II, Beson-
derer Teil, Köln-Müchen, 1978, p. 361 ss.
398
Le espressioni tra virgolette sono di K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 331.
399
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc. ult. cit.
400
Sul punto, C. TURCO, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale, Milano, 1990, pp. 62
ss., 183 ss.
401
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 55

il commerciante responsabile, secondo la disciplina contrattuale, sub specie


402
della culpa in contrahendo» . Così, il cliente di un grande magazzino che sia
scivolato su una buccia di banana che si trovava sul pavimento, la quale non
era stata rimossa dal personale addetto alle pulizie, può agire nei confronti del
titolare del magazzino anche ai sensi del rimedio contrattuale che impone una
403
responsabilità sostanzialmente oggettiva per il preponente . Sempre in tema
di acquisti nei pubblici esercizi, il Bundesgerichtshof ha accordato la più rigo-
rosa tutela contrattuale anche alla cliente che, nell’uscire da un supermercato,
è stata colpita da un oggetto (tegola di legno) fatto cadere dall’alto, improvvi-
404
damente, da un dipendente .
Questa problematica, che caratterizzerà l’esperienza germanica per tutto il
XX secolo, e che si traduce nell’applicazione di un testo più favorevole per la
vittima (§ 278 BGB), rispetto ad un altro, che, invece, ammette l’esonero dalla
responsabilità con la prova, da parte del committente, della propria diligenza
(§ 831), trova il suo fondamento sistematico nella più generale tendenza del
diritto tedesco ad ammettere l’esistenza, accanto agli obblighi di prestazione
(Leistungspflichten), di obblighi di protezione (Schutzpflichten) diretti a soddi-
sfare l’interesse delle parti coinvolte nel rapporto obbligatorio a non subire
lesioni alla propria persona o al patrimonio. La comprensione, in tali vicende,
della culpa in contrahendo, che nel diritto tedesco è ricondotta alla responsabi-
lità del debitore, ha indotto ad estendere progressivamente questa problema-
tica anche alle fasi anteriore e successiva alla conclusione del contratto. Da qui
405
la teorizzazione di un rapporto obbligatorio legale unitario di protezione ,
nettamente distinto dal rapporto di prestazione, che racchiude in sé gli obbli-
ghi di protezione che accompagnano tutte e tre le fasi della vicenda contrat-
tuale: prima della conclusione, durante l’esecuzione del contratto e dopo l’ese-
cuzione. Tuttavia, questa soluzione, comportando una sovrapposizione, nella
fase intermedia, tra obbligo legale di protezione e rapporto obbligatorio con-
trattuale, è stata considerata utilizzabile con esclusivo riferimento alla viola-
zione degli obblighi di protezione nascenti dal rapporto obbligatorio, non, in-
406
vece, allorché v’è la violazione di obblighi di prestazione .
Tuttavia, a prescindere dalle diverse opinioni espresse sulla struttura degli
obblighi di protezione, è indubbio che il rapporto obbligatorio assuma la na-
tura di un rapporto complesso, «all’interno del quale l’obbligo di prestazione
402
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. loc. ult. cit.
403
BGH, 26 settembre 1961, in NJW, 1962, p. 31.
404
BGH, 1 dicembre 1964, in VersR, 1965, p. 240.
405
Cfr., ad es., C.W. CANARIS, Ansprüche wegen «positiver Vertragsverletzung», cit., p. 477 ss.;
ID., Die Produzentenhaftpflicht in dogmatischen und Rechtspolitischer Sicht, in JZ, 1968, p. 502 ss.; W.
THIELE, Leistungsstörung und Schutzverletzung, ivi, 1967, p. 654 ss.; D. STRAUCH, Verträge mit
Drittschutzwirkung, in JuS, 1982, p. 826 ss.
406
K. LARENZ, Lehrbuch des Schuldrechts, I, Allgemeiner Teil, XIV ed., München, 1987, p. 119 s.;
J. GERNHUBER, Das Schuldverhältnis, vol. VIII, in Handbuch des Schuldrechts in Einzeldarstellung, a
cura di J. Gernhuber, Tübingen, 1989, pp. 26 ss., 541 ss. e passim.
56 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

è solo il nucleo fondamentale in una struttura integrata da una serie di situa-


407
zioni soggettive ad esso funzionalmente connesse» . Le parti del rapporto
obbligatorio che, durante l’esecuzione dello stesso, arrechino danno al loro
partner, rispondono contrattualmente della violazione degli obblighi di prote-
zione posti a salvaguardia della persona e dei beni della controparte, anche se
l’obbligo di prestazione sia stato esattamente adempiuto.

10. A fondamento dell’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale che carat-


terizzerà il diritto tedesco nella prima metà del ’900 vi saranno non tanto le
“deficienze” del sistema codicistico di responsabilità delittuale, quanto le ben
più gravi (almeno, secondo la dottrina germanica di inizio secolo) “lacune”
che caratterizzano il modello di responsabilità contrattuale.
A differenza del diritto francese, che pure nel settore della responsabilità
contrattuale conosce una clausola generale di inadempimento (inexécution), la
quale – anche attraverso l’elaborazione delle obbligazioni di sécurité – consen-
te di condannare al risarcimento dei danni il debitore in mora o che abbia ine-
sattamente adempiuto, salvo che tale inexécution non sia giustificata da una
408
cause étrangère «che non gli possa essere imputata» (art. 1147 code civil) ; e
dello stesso diritto italiano che, nel recepire ancora una volta il modello d’ol-
tralpe, ma precisando ulteriormente il testo sulla base dell’elaborazione della
scienza giuridica nel frattempo intervenuta, obbliga al risarcimento del danno
il debitore che non abbia esattamente eseguito la prestazione dovuta, salvo
che non provi che l’inadempimento o il ritardo siano stati determinati da im-
409
possibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile ; il codi-
407
C. CASTRONOVO, Obblighi di protezione e tutela del terzo, cit., p. 124.
408
Il dibattito, nell’esperienza francese, in ordine all’applicabilità dell’art. 1147 e, più in generale,
di un regime di responsabilità oggettiva contrattuale ruota interamente intorno alla partizione tra
obligations de moyens e obligations de résultat: cfr., per tutti, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions,
cit., p. 522 ss. In proposito occorre ricordare quell’autorevole insegnamento che individuava nella
disciplina dell’obbligazione di risultato il “diritto comune” applicabile al diritto dei contratti, proprio
per l’essere l’art. 1147 l’unica norma prevista dal codice civile in materia di inexécution (A. TUNC, La
distinction des obligations de résultat et des obligations de diligence, in Sem. jur., 1945, I, 449, n. 26).
409
Anche nell’esperienza italiana, pur in presenza di una distinzione fondata sul contenuto del
rapporto obbligatorio [per tutti, autorevolmente, E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, Mi-
lano, 1953, pp. 40 ss., p. 127 ss.; G. OSTI, Deviazioni dottrinali in tema di responsabilità per inadem-
pimento delle obbligazioni, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1954, p. 606 ss.; ID., Revisione critica della teo-
ria sulla impossibilità della prestazione (1918), in Scritti giuridici, I, Milano, 1973, p. 123 ss.], si è pre-
cisato che, essendo il regime dell’inadempimento unitariamente disciplinato dall’art. 1218 c.c., il de-
bitore non può esonerarsi dalla responsabilità adducendo di non essere stato in colpa, ma dovrà pro-
vare che l’inadempimento è stato cagionato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui
non imputabile (L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 366 s.; G. COTTINO, L’impossibilità
sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del debitore, Milano, 1955, p. 81 ss.; C. CASTRONO-
VO, Le due specie, cit., p. 74 s.; A. DI MAJO, Obbligazioni in generale, Bologna, 1985, p. 457 ss.; U.
BRECCIA, Le obbligazioni, cit., p. 139; M. FORTINO, La responsabilità civile del professionista. Aspetti
problematici, Milano, 1984, p. 45).
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 57

ce tedesco, nel seguire lo statuto delle turbative dell’adempimento contenuto


410
nel Codice prussiano (ALR) , e nel recepire la dottrina dell’impossibilità ela-
411 412
borata da Friedrich Mommsen e dal Windscheid nell’ambito del diritto
comune (impossibilium nulla est obligatio), sulla base di un’erronea generaliz-
zazione di un principio impiegato dal diritto romano per i contratti commuta-
413
tivi , aveva limitato tipologicamente le ipotesi di violazione del contratto
all’impossibilità della prestazione (Unmöglichkeit der Leistung) e al ritardo
(Verzug), nulla prevedendo, in via generale, per il caso dell’adempimento pun-
414
tuale ma difettoso (c.d. schlechte Erfüllung) . In particolare, il legislatore te-
desco, nel richiamare la figura dell’adempimento inesatto soltanto con riferi-
mento a determinati tipi contrattuali (ad es., il § 459 BGB, in tema di vendita,
prevede la garanzia del venditore a che la cosa non abbia difetti e possieda le
qualità garantite, e conferisce al compratore la possibilità di esperire l’azione
redibitoria, di chiedere la riduzione del prezzo o il risarcimento dei danni per
mancato adempimento; analoghe soluzioni sono previste dal § 538 per il con-
tratto di locazione, dal § 633 ss. per il contratto d’opera, dai §§ 659 a-k, per il
nuovo contratto di viaggio), non aveva voluto accogliere una regola generale
in materia, avendo esaurito le ipotesi delle turbative dell’adempimento con ri-
ferimento alla prestazione eseguita in ritardo per colpa del debitore (Schuld-
nerverzung) e alle diverse fattispecie di impossibilità (originaria e sopravvenu-
415
ta, oggettiva e soggettiva, assoluta e temporanea, parziale e totale) . Inoltre,

410
Cfr.: I, V, §§ 51 ss., 277 ss., 360 ss., IX, § 879 ss. ALR.
411
F. MOMMSEN, Beiträge zum Obligationenrecht, I, Die Unmöglichkeit der Leistung in ihrem Ein-
fluß auf obligatorische Verhältnisse, Braunschweig, 1853, pp. 8 ss., 153 ss., 193 ss. e passim; ID.,
Beiträge zum Obligationenrecht, III, Die Lehre von der mora nebst Beiträgen zur Lehre von der Culpa,
Braunschweig, 1855, passim. Tale teoria, tuttavia, non era unanimemente accolta: cfr., infatti, G.
HARTMANN, Juristischer Casus und seine Prästation bei Obligationen auf Sachleistung insbes, beim
Kauf, in JherJb, 22, 1884, p. 417 ss.
412
B. WINDSCHEID, T. KIPP, Pandektenrecht, 1906, §§ 264 e 315.
413
L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 243 s. (e già F. WIEACKER, Gesetz und
Richterkunst, Karlsruhe, 1958, p. 519 s.), ove ricorda che sono stati i fondamentali studi di E. RABEL
(Die Unmöglichkeit der Leistung. Eine kritische Studie zum bürgerlichen Gesetzbuch, in Hommage à
Immanuel Bekker, Weimar, 1907, p. 171 ss.; ID., Origine de la règle “impossibilium nulla est obliga-
tio”, in Mélanges Gérardin, Paris, 1907, p. 473 s.) ad aver dimostrato come la teoria dell’impossibilità
non corrispondesse alla realtà del diritto romano e come il BGB avesse consacrato tale tesi soltanto
grazie al prestigio del Windscheid.
414
Sul punto, W. FIKENTSCHER, Schuldrecht, Berlin-New York, 1976, p. 229. Per un’efficace
quanto completa descrizione del sistema tedesco dell’inadempimento, cfr. A. DI MAJO, Clausole gene-
rali e diritto delle obbligazioni, in Riv. crit. dir. priv., 1984, p. 561 ss.; ID., voce Responsabilità contrat-
tuale, in Dig. Disc. priv., Sez. civ., XVII, Torino, 1998, p. 31 ss.
415
Una lucida sintesi della (previgente) disciplina dell’impossibilità è in R. FAVALE, Perturbative
dell’adempimento e Pflichtverletzung alla luce della riforma del diritto delle obbligazioni in Germania,
in Studi in memoria di Vincenzo Ernesto Cantelmo, a cura di R. Favale, B. Marucci, I, Napoli, 2003, p.
716 ss. Pone in evidenza le incongruenze di questo sistema di responsabilità, affermando come «i re-
ferenti di tale modello» fossero «più teorici e dogmatici che ispirati a realismo e ad una ragionevole
soluzione delle situazioni di conflitto», A. DI MAJO, La responsabilità contrattuale, cit., p. 40.
58 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

anche con riferimento alla (più completa) disciplina della compravendita, si


era acutamente rilevato come il legislatore tedesco non avesse comunque pre-
so in considerazione le numerose ipotesi in cui, tramite l’adempimento viziato,
fosse sorto un danno per l’acquirente, senza che ricorressero i casi di promes-
416
sa di una determinata qualità o di reticenza dolosa di un vizio .
Da rilevare che il codice austriaco, invece, rimasto indenne dalla «eredità
gravosa della scolastica del diritto comune», aveva adottato una soluzione «assai
417
più ragionevole» di quella tedesca, avendo accolto l’ampia nozione di Nicht-
418
erfüllung, intesa come ogni deviazione dal dovuto . Così, il § 918 ABGB, uti-
lizzando la generale espressione «non adempiere nel modo stabilito» («[...]
nicht [...] auf die bedungene Weise erfüllt [...]»), ricomprende sia l’inesatto
adempimento, sia l’impossibilità, sia il ritardo all’interno di un esteso concetto
419
di inadempimento (Nichterfüllung, appunto) . La previsione generale conte-
nuta nel § 1295, comma 1, ABGB, inoltre, permette di disporre il risarcimento
del danno per ogni violazione colposa del contratto. Ciò non ha impedito, pe-
rò, che, per effetto della circolazione dei modelli dottrinali tedeschi, parte del-
la dottrina austriaca abbia utilizzato l’espressione positive Vertragsverletzung
per individuare quelle violazioni contrattuali che non fossero riconducibili al-
420
l’impossibilità e al ritardo . Analogo fenomeno si verificherà in Svizzera: pur
in presenza di un puntuale riferimento codicistico all’adempimento non esatto
dell’obbligazione (art. 97 OR: «kann die Erfüllung der Verbindlichkeit [...]
nicht gehörig bewirkt werden [...]»), verrà qualificata come violazione positiva
del contratto ogni ipotesi di inadempimento difettoso che non sia disciplinata
421
da una precisa disposizione .
L’infelice frammentazione dei tipi di inadempimento, propria del BGB,
che distingue tra impossibilità soggettiva ed oggettiva e tra entrambe e la mo-
422
ra, configura «un vero e proprio errore di impostazione» , sia dal punto di

416
In questi termini, lo stesso H. STAUB, Die positiven Vertragsverletzungen, Berlin, 1903, nella
traduzione di G. Varanese, con il titolo Le violazioni positive del contratto, Napoli, 2001, p. 48 (da qui
le ulteriori citazioni).
417
Le espressioni citate tra virgolette son tratte da K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 187.
418
Per tutti, E. RABEL, Zu den allgemeinen Bestimmungen über Nichterfüllung gegenseitiger Ver-
träge, in Gesammelte Aufsätze, III, Tübingen, 1967, p. 138; F. BYDLINSKI, System und Prinzipien des
Privatrechts, Wien-New York, 1996, p. 182, il quale esplicitamente parla di «Prinzip der Verantwor-
tung für nicht korrekte Erfüllung (für “Leistungsstörungen”)».
419
R. REISCHAUER, Der Entlastungbeweis des Schuldners. Ein Beitrag zum Recht der Leistungs-
störungen mit rechtsvergleichenden Bezügen, Berlin, 1975, p. 147 ss. e passim.
420
Lo afferma, sulla scia di H. KOZIOL, R. WELSER, Grundriß des Bürgerlichen Rechts, I, Allge-
meiner Teil und Schuldrecht, Wien, 1995, p. 268, R. FAVALE, Presentazione, in H. STAUB, Le violazio-
ni positive, cit., p. 16.
421
Così, R. FAVALE, op. loc. ult. cit. Per la dottrina svizzera, R.H. WEBER, in Berner Kommentar
zum schweizerischen Privatrecht, VI, Das Obligationenrecht, Bern, 2000, p. 64.
422
Testualmente, K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 212, dei quali sono le espressioni citate tra
virgolette.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 59

423
vista della politica del diritto , sia dall’angolo visuale della tecnica giuridica,
avendo tale idea «anche fallito in concreto» proprio per le sue «”pignole” di-
424
stinzioni» .
Le insufficienze teoriche e pratiche della disciplina tedesca sulle perturba-
tive dell’adempimento sono così evidenti che, quasi immediatamente dopo
l’entrata in vigore del BGB, un giurista tedesco non pandettista, Hermann
Staub, avvocato molto conosciuto soprattutto per i suoi Commentari in tema
425
di diritto commerciale , elaborando le Grundlagen delle violazioni positive del
contratto, considerate, a tutt’oggi, dalla dottrina tedesca come una delle più
426
importanti «scoperte» giuridiche del novecento , porrà le basi per la moder-
na teoria dell’obbligazione.
Considerato in Germania, forse con eccessiva enfasi, come lo scopritore
427
dell’inadempimento – non va dimenticato, infatti, che il diritto francese, at-
traverso la nozione onnicomprensiva di inexécution sottintendeva da circa un
secolo la figura dell’adempimento inesatto –, Hermann Staub pone a fonda-
mento della sua riflessione una considerazione elementare quanto essenziale,
che proprio l’attività di pratico aveva posto alla sua attenzione: il codice tede-
sco, nel prevedere specificamente il risarcimento per il danno provocato dal
ritardo (§ 286 BGB), non conteneva «un’analoga disposizione per le numerose
ipotesi in cui qualcuno viola un’obbligazione mediante condotta positiva, fa-
cendo qualcosa che dovrebbe omettere, oppure eseguendo la prestazione do-
428
vuta, ma in modo inesatto» . Egli rileva che in molti casi che si verificano
nella prassi si fuoriesce dalle ipotesi dell’impossibilità e del ritardo, poiché si
compie «qualcosa che non si sarebbe dovuto fare», oppure si esegue la presta-
429
zione, «ma in maniera difettosa» . Si pensi, ad esempio, a qualcuno che, im-
pegnandosi a non rivendere in Francia le lampade acquistate, lo fa comunque;
al commerciante che, senza provvedere all’adempimento degli obblighi d’in-
formazione, «fornisce ad altri una sostanza luminescente da lui prodotta» che
contiene sostanze esplosive le quali poi, deflagrando, causano all’acquirente
gravi danni; all’agente che, per negligenza, redige resoconti inesatti sulla sol-

423
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 183.
424
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p. 212.
425
Si pensi, infatti, ai suoi commentari: H. STAUB, Kommentar zur Allgemeinen Deutschen Han-
delsgesetzbuch, Berlin, 1894; ID., Kommentar zur Allgemeinen Deutschen Wechselordnung, Berlin,
1985; ID., Kommentar zum Gesetz betreffend die Gesellschaft mit beschränken Haftung, Berlin, 1903.
426
H. DÖLLE, Verhandlungen des 42. Deutschen Juristentag, II, 1957, p. 1 ss., ed E. SCHMIDT,
Nachwort, in occasione della ristampa dei contributi di R. VON JHERING, sulla culpa in contrahendo, e
di H. STAUB, sulle positive Vertragsverletzungen, Bad Homburg v.d. H.-Berlin-Zürich, 1969, p. 131.
Considera la teoria delle violazioni positive del contratto come una Spezialität del diritto tedesco, H.
STOLL, Notizen zur Neuordnung des Rechts der Leistungsstörungen, in JZ, 2001, pp. 589 e 593.
427
In proposito, H. HEINRICHS, Hermann Staub. Kommentator des Handelsrechts und Entdecker
der positiven Vertragsverletzung, in Deutsche Juristen jüdischer Herkunft, München, 1993, p. 385 ss.
428
H. STAUB, Le violazioni positive, cit., p. 39.
429
H. STAUB, op. ult. cit., p. 40.
60 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

vibilità del suo cliente; al soggetto che «lavora in modo continuativo per una
ditta concorrente, nonostante sia ravvisabile nella situazione concreta una gra-
ve violazione dell’obbligo»; al commesso che, per sua colpa, «vende largamen-
te al di sotto del prezzo di costo»; al principale che fornisce ad un suo com-
messo un’attestazione contenente referenze inesatte sull’attività lavorativa
430
svolta ; al bilancio che risulta falso perché compilato inizialmente in maniera
inesatta; al venditore che spedisce al compratore mele bacate che, successiva-
mente, contagiano le mele sane dell’acquirente, procurandogli un grave dan-
431
no , ecc. In questi casi, come in tanti altri, la violazione dell’obbligo non con-
432
siste in un’omissione, bensì in un’azione positiva . Ed era «senza dubbio de-
433
precabile constatare l’assenza di un principio generale» , nel BGB, che con-
sentisse di disciplinare queste ipotesi.
434
Staub contesta, quali espedienti più o meno artificiosi , le soluzioni che
nel frattempo erano state ipotizzate, tendenti a «forzare i fenomeni giuridici
nel letto di Procuste del testo legislativo, che conosce il risarcimento del dan-
no solo come conseguenza del ritardo imputabile o della colpevole impossibi-
435
lità della prestazione» . Da un lato esclude l’indebita generalizzazione del §
276 BGB, poiché il conditor iuris non aveva «voluto assolutamente proclamare
il principio secondo il quale rispondere per un’azione o un’omissione significa
436
dover risarcire il danno derivante dal comportamento positivo o negativo» .
437
Dall’altro, giudica «contorta e innaturale» la soluzione che tende a estende-
re il comma 1 del § 280 BGB (il quale dispone che «se la prestazione diviene
impossibile per una circostanza imputabile al debitore, questi deve risarcire al
creditore il danno cagionato dal mancato adempimento»), in quanto, ai sensi
di tale ricostruzione, non sarebbe la violazione in sé a produrre le conseguenze
giuridiche, «ma il fatto che il debitore, commettendo la violazione», si sarebbe
438
messo nella (fittizia) impossibilità di eseguire la prestazione .
Risultando impraticabili le soluzioni dettate specificatamente per l’impossi-
bilità e per il ritardo, Hermann Staub elabora, sulla base «dell’ovvia e inevita-
bile analogia del § 286 BGB», il «principio giuridico secondo il quale chi viola
colpevolmente un’obbligazione con un’azione positiva deve risarcire l’altra
439
parte del danno cagionato» . L’aggettivo positiven sta ad indicare la circo-
stanza che l’inadempimento trova il suo fondamento in un comportamento

430
Per queste ipotesi, testualmente, H. STAUB, op. ult. cit., p. 39.
431
H. STAUB, op. ult. cit., p. 45.
432
H. STAUB, op. ult. cit., p. 40.
433
H. STAUB, op. loc. ult. cit.
434
H. STAUB, op. ult. cit., p. 47.
435
H. STAUB, op. loc. ult. cit.
436
H. STAUB, op. ult. cit., p. 41.
437
H. STAUB, op. ult. cit., p. 43.
438
H. STAUB, op. loc. ult. cit.
439
H. STAUB, op. ult. cit., p. 48.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 61

440
positivo (Tun) del debitore . Ma la dottrina successiva s’interrogherà, soprat-
tutto con riferimento alla teoria degli obblighi del traffico (Verkehrspflichten),
anche sul rilievo delle condotte omissive nel settore della responsabilità aqui-
441
liana . La locuzione Vertragsverletzungen intendeva restringere il campo al
solo ambito contrattuale, escludendo dalla riflessione quegli altri rapporti obbli-
gatori che trovano la loro fonte, ad esempio, nella gestione di affari altrui o nel-
l’illecito delittuale. Ma ciò non impedirà alla scienza giuridica successiva di di-
442
scorrere di «violazione positiva del credito» (positive Forderungsverletzung) ,
443
o, più semplicemente, di violazione del credito (Forderungsverletzung) . Nel-
la sua ideazione originaria, è proprio il carattere “positivo” della condotta che
impedisce di applicare in via diretta il § 286, poiché, nelle ipotesi individuate
444
da Staub, si è «compiuto qualcosa che non si sarebbe dovuto fare» e non, al
contrario, non si è fatto qualcosa che si sarebbe dovuto fare. In analogia al §
286 BGB questo autore ravvisa, nel BGB, l’esistenza di un principio generale
secondo il quale «la conseguenza giuridica della violazione colpevole di un’ob-
bligazione consiste nell’obbligo di risarcimento del danno, a meno che questa
445
conseguenza giuridica non sia esclusa dalla legge» . Nei contratti di durata, poi,
il contraente non inadempiente ha diritto non soltanto al risarcimento dei dan-
ni, ma anche allo scioglimento del contratto, come disciplinato dal § 326 BGB.
Il «principio giuridico generale» in base al quale «colui che viola colpe-
volmente il proprio obbligo contrattuale è tenuto a risarcire il danno all’altra
446
parte» riguarda, però, non ogni violazione positiva di un diritto, ma soltanto
quegli «atti positivi di inadempimento, che compromettano il raggiungimento
447
dello scopo del contratto» . In questi casi, le conseguenze giuridiche di tali
violazioni devono essere valutate, sulla base dell’applicazione analogica del §
326 BGB, «come quelle violazioni di chi, con la propria condotta negativa,
pregiudica il raggiungimento dello scopo contrattuale attraverso il ritardo col-
448
pevole della prestazione dovuta» .
In ipotesi di violazioni contrattuali parziali, allorché, cioè, un contraente
440
Esclude, in proposito, che, nel pensiero di Staub, possa aver rilievo anche la condotta omissiva
(Unterlassen), R. FAVALE, Presentazione, cit., p. 14.
441
Per tutti, C. VON BAR, Verkehrspflichten. Richterliche Gefahrsteuerungsgebote im Deutschen
Deliktsrecht, Köln-Berlin, 1980, pp. 1 ss., 204 ss.; M. FUCHS, Deliktsrecht, Berlin-Heidelberg, 2006, p.
84 ss.
442
Così, tra i tanti, D. SCHWAB, Einführung in das Zivilrecht, Heidelberg, 1987, p. 347; K. LA-
RENZ, Lehrbuch des Schuldrechts, I, Allgemeiner Teil, München, 1976, p. 299; V. EMMERICH, in Mün-
chener Kommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch, 2, München, 1994, p. 724, nota 559. Considerano,
tuttavia, “infelice” l’espressione positive Forderungsverletzung, K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, op. cit., p.
190.
443
Autorevolmente, He. STOLL, Abschied von der Lehre, cit., p. 257.
444
H. STAUB, op. ult. cit., p. 40.
445
H. STAUB, op. loc. ult. cit.
446
H. STAUB, op. ult. cit., p. 63.
447
H. STAUB, op. ult. cit., p. 55.
448
H. STAUB, op. ult. cit., p. 55 s.
62 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

che ha iniziato ad adempiere esattamente il contratto, lo viola soltanto succes-


sivamente con azioni positive illecite, i diritti al recesso o al risarcimento del
danno per inadempimento (in applicazione analogica del § 326, comma 1, 3°
periodo, o del § 325, comma 1, II periodo, BGB) riguarderanno, di regola,
soltanto la parte del contratto non ancora eseguita, salvo che «l’adempimento
eseguito fino a quel momento di per sé non ha alcun interesse per il contraen-
449
te fedele» . Qui il contraente adempiente avrebbe, come nel caso di mora, un
triplice diritto di scelta: continuare ad osservare il contratto ed esigere il risar-
cimento del danno per ogni singola violazione contrattuale; chiedere il risar-
cimento per inadempimento del contratto con rifiuto dell’accettazione di ogni
450
ulteriore prestazione contrattuale; recedere dal contratto .
Nel caso di “contratti bilaterali”, inoltre, le esigenze del traffico giuridico
richiedono che, se tale contratto è stato violato colpevolmente, «per il fatto
che una delle parti fa ciò che non deve fare», l’altra parte non soltanto avrà il
diritto al risarcimento di quel danno derivato dalla singola violazione contrat-
tuale (c.d. risarcimento del danno singolo), ma, a sua scelta, avrà anche il dirit-
to di recedere dal contratto o di chiedere il risarcimento per inadempimento
451
di tutto il contratto (c.d. risarcimento del danno totale) .

11. La teoria Die positiven Vertragsverletzungen, esposta per la prima volta


nella relazione redatta in occasione dell’incontro del XXVI Deutschen Juri-
stentag, nella sua essenziale intuizione di colmare le lacune del BGB in ordine
alle condotte positive di “turbative” dell’adempimento, rappresenta un mo-
mento di svolta nel diritto tedesco delle obbligazioni, poiché, seppur imme-
452
diatamente criticata , sarà poi integrata, arricchita e riordinata nei decenni
successivi, e condizionerà l’evoluzione del pensiero giuridico germanico per
l’intera durata del XX secolo.
Come rileva, con soddisfazione, lo stesso autore, la giurisprudenza della
Suprema Corte del Reich accoglie immediatamente questa teoria nelle ipotesi
nelle quali il contraente dichiari, prima della scadenza del contratto, di non
453
voler adempiere, «svincolandosi dal contratto» . Nell’annuncio di non voler
osservare il contratto è individuata una violazione positiva dello stesso, che le-
449
H. STAUB, op. ult. cit., p. 59.
450
H. STAUB, op. loc. ult. cit.
451
Testualmente, H. STAUB, op. ult. cit., p. 73.
452
Ad es., nella dottrina dell’epoca, e in quella immediatamente successiva, H. DERNBURG, Über
das Rücktrittrecht des Käufers wegen positiver Vertragsverletzung, in DJZ, 1903, p. 1 ss.; T. KIPP. Das
Reichsgericht und die positiven Vertragsverletzungen, ivi, 1903, p. 253 ss.; H. LEHMANN, Die positiven
Vertragsverletzungen, in AcP, 96, 1905, p. 60 ss.; H. SIBER, Zur Theorie von Schuld und Haftung nach
Reichsrecht, in JherJb, 50, 1906, p. 190 ss.; J. HIMMELSCHEIN, Erfüllungszwang und Lehre von den
positiven Vertragsverletzungen, in AcP, 135, 1932, p. 255 ss.; R. WICHER, Zur Frage der Haftung für
fehlerhafte Leistung, ivi, 158, 1959-1960, p. 297 ss.
453
RG, 23 febbraio 1904, in DJZ, 1904, p. 345, cit. da H. STAUB, op. ult. cit., p. 85.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 63

gittima il creditore a chiedere il risarcimento del danno causato da tale con-


dotta. Tuttavia, se nelle ipotesi di rifiuto di adempimento e di messa in perico-
lo dello scopo del contratto il Reichsgericht seguirà la teoria di Staub (accor-
dando, attraverso l’applicazione analogica dei §§ 325 e 326 BGB, il rimedio
454
della risoluzione) , nella maggior parte dei casi il RG, osservando un suo
455
precedente orientamento , fonderà l’obbligazione risarcitoria sulla norma
456
generale iscritta nel testo del § 276 BGB . Tesi, questa, già contestata con
veemenza dall’illustre autore, il quale aveva ravvisato in tale soluzione una
«errata intuizione», offrendo il § 276 «nient’altro che una definizione della
457
colpa in diritto civile» .
458
Sarà, invece, il Bundesgerichtshof, sulla scia della dottrina prevalente , a
individuare con consapevolezza nella teoria delle violazioni positive del con-
tratto il fondamento del diritto al risarcimento del danno per le ipotesi di ina-
dempimento e, soprattutto, di adempimento inesatto. Così la Cassazione tede-
sca ha riconosciuto, in via generale, che, nei contratti a prestazioni corrispetti-
ve, la parte lesa dall’inadempimento può far valere, in presenza di determinati
presupposti, ulteriori diritti “corrispondenti” a quelli previsti dai §§ 325 e 326
459
BGB, che trovano unitario fondamento nel § 242 BGB . Il riferimento alla
clausola generale di buona fede, che diverrà un vero e proprio Rechtsgrund,
completa il discorso intrapreso da Staub e, nel contempo, ne permette l’ulte-
riore evoluzione.
Nei decenni successivi, se si eccettua quella dottrina che avrebbe voluto ri-
solvere le lacune del BGB con la figura dell’impossibilità parziale, estesa alle
modalità (tempo, oggetto, luogo, specie di prestazione), agli obblighi accessori
e a qualsiasi divergenza della prestazione dal programma obbligatorio, al fine
460
di disciplinare, in tal modo, ogni ipotesi di adempimento inesatto , v’è da ri-
454
RG, 6 marzo 1903, in RGZ, 54, 1903, p. 98, cit. dallo stesso H. STAUB, op. ult. cit., p. 86; RG,
29 novembre 1922, ivi, 106, 1923, p. 24 s. Non così, invece, RG, 10 dicembre 1935, ivi, 149, 1936,
pp. 401 e 404, che esclude il rimedio del recesso dal contratto (ex § 325 BGB) per il caso di violazio-
ne positiva del contratto.
455
RG, 13 giugno 1902, in RGZ, 52, 1903, p. 18 s.; RG, 19 dicembre 1902, ivi, 53, 1903, p. 200 ss.
456
Ad es., RG, 29 novembre 1922, in RGZ, 106, 1923, pp. 22 e 25; RG, 5 ottobre 1939, ivi, 161,
1939, pp. 330 e 337; e già, RG, 9 luglio 1907, ivi, 66, 1907, pp. 289 e 291; RG, 5 febbraio 1908, ivi,
68, 1908, p. 104.
457
H. STAUB, op. ult. cit., p. 41, ove contesta la tesi sostenuta, in dottrina, dal CROME.
458
K. LARENZ, Lehrbuch des Schuldrechts, I, Allgemeiner Teil, cit., p. 295 s.; G. KÖPCKE, Typen
der positiven Vertragsverletzung, Stuttgart, 1965, p. 9 ss.
459
BGH, 13 novembre 1953, in BGHZ, 11, 1954, pp. 80 e 84; BGH, 19 ottobre 1977, in NJW,
1978, p. 260; e già RG, 29 novembre 1922, in RGZ, 106, 1923, pp. 22 e 26.
460
La teoria dell’impossibilità, già contestata da H. STAUB, op. ult. cit., pp. 42-48, con riferimento
alla dottrina anteriore, è rielaborata anche dalla scienza giuridica successiva alla sua opera: cfr. J.
HIMMELSCHEIN, Erfüllungszwang und Lehre von den positiven Vertragsverletzungen, cit., p. 282 ss.;
ID., Zur Frage der Haftung für fehlerhafte Leistung, in AcP, 158, 1959-1960, p. 284 ss. Ulteriori indi-
cazioni in G. KÖPCKE, op. cit., p. 133 ss.; V. EMMERICH, in Münchener Kommentar zum Bürgerlichen
Gesetzbuch, 2, cit., p. 747 s.
64 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

levare una pressoché unanime adesione della scienza giuridica germanica alla
tecnica ricostruttiva suggerita da Staub. Ma una parte della letteratura germa-
nica proporrà di risolvere il problema delle condotte omissive in ambito delit-
461
tuale, con la teoria degli obblighi del traffico (Verkehrspflichten) , sul piano
dell’antigiuridicità del comportamento, piuttosto che su quello della violazio-
462
ne degli obblighi di diligenza .
La dottrina delle violazioni positive del contratto introduce quell’amplia-
mento della struttura del rapporto obbligatorio che, oltre alla prestazione prin-
cipale (Hauptpflicht), convenuta nel contratto o stabilita dalla legge, conduce
463
all’individuazione di una serie di obblighi integrativi (Nebenpflichten) , sud-
464
divisi in obblighi d’informazione e, soprattutto, in obblighi di protezione
465
(Schutzpflichten) che, partecipando a completare lo scopo positivo dell’ob-
466
bligazione , proteggono l’interesse del creditore a non subire pregiudizi alla
propria persona e al patrimonio in conseguenza dell’attuazione del rapporto
obbligatorio. Si è rilevato, infatti, che nella teoria di Staub, il riferimento ai vi-
zi della cosa venduta comprende due distinte tipologie di danni: il danno-vizio
(Mangelschaden), consistente nella violazione dell’interesse alla prestazione, e
il danno conseguenza del vizio (Mangelfolgeschaden), rappresentato dalla le-
467
sione dell’interesse di protezione dell’acquirente . Quindi, già nella dottrina
delle positive Vertragsverletzungen può intravedersi quella prospettiva allarga-
ta del rapporto obbligatorio, inteso come Organismus o Gefüge, nel quale, ac-
canto all’obbligo di prestazione, sono rinvenibili una serie di obblighi che,
461
Ad es., C. VON BAR, Verkehrspflichten. Richterliche Gefahrsteuerungsgebote im Deutschen
Deliktsrecht, cit., pp. 1 ss., 204 ss.; M. FUCHS, Deliktsrecht, cit., p. 84 ss.; H.B. SCHÄFER, C. OTT,
Lehrbuch der ökonomischen Analyse des Zivilrechts, Berlin, 2005, pp. 168 ss., 291 ss.; B.S. MARKESINIS,
H. UNBERATH, German Law of Torts: A Comparative Treatise, Oxford, 2002, p. 86 ss.; C.W. CANARIS,
Schutzgesetz – Verkehrspflichten – Schutzpflichten, cit., pp. 567 e 593 ss.
462
Così, invece, C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 317, per il quale «Le Ver-
kehrspflichten altro non sono allora che la concretizzazione del dovere di diligenza in relazione al ge-
nere di situazione nella quale si svolga un’attività o si crei un pericolo».
463
Tuttavia, secondo R. FAVALE, Perturbative dell’adempimento, cit., p. 727, nelle intenzioni del
legislatore «la vicenda della violazione degli obblighi accessori doveva trovare composizione all’inter-
no del corpo dei fatti illeciti (§ 823 ss. BGB), ma in sede pratica è accaduto invece che il problema
fosse risolto entro l’area del contratto».
464
In giurisprudenza cfr., ad es., BGH, 20 novembre 1984, in NJW, 1985, p. 794, che decide un
caso di donazione di un mangime di patate ad un allevatore di animali, senza che lo stesso fosse av-
vertito della necessità di somministrare tale mangime in modica quantità (nella specie, tuttavia, il do-
nante beneficerà del regime di attenuazione della responsabilità previsto dal § 521 BGB per il con-
tratto di donazione, che limita la responsabilità alle ipotesi di dolo o colpa grave); BGH, 14 luglio
1993, ivi, 1993, p. 2808.
465
Su tale nozione, poi compiutamente elaborata da He. STOLL, Abschied von der Lehre von der
positiven Vertragsverletzung, cit., p. 288, già H. KRESS, Lehrbuch des Allgemeinen Schuldrechts, Mün-
chen, 1929, p. 5.
466
Così, He. STOLL, op. ult. cit., p. 299.
467
Testualmente, L. LAMBO, Obblighi di protezione, cit., p. 38, che, in proposito, cita il pensiero
di W. THIELE, Leistungsstörung, cit., p. 656.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 65

considerati collaterali o accessori sotto il profilo strutturale, si distinguono re-


468
ciprocamente in ordine alla funzione assolta . Obblighi di contenuto positi-
vo, che richiedono al debitore di agire, di informare, di adottare quelle misure
di sicurezza che impediscano qualsiasi evento lesivo della sfera giuridica del
creditore o del terzo.
469
La teoria di Staub viene rielaborata ed integrata da Heinrich Stoll , il qua-
le, considerando insufficiente un’indagine incentrata esclusivamente sul com-
470
portamento del debitore al solo fine di integrare le carenze normative del
BGB in tema di turbative dell’adempimento, propone di allargare la prospet-
471
tiva a tutti gli interessi “altri” che entrano in gioco nell’esecuzione del rap-
porto obbligatorio. Non è possibile stabilire con certezza se ed in qual misura
il suo pensiero sia stato influenzato dalla giurisprudenza francese in materia di
obbligazioni di sécurité, poiché l’elaborazione dogmatica degli obblighi di pro-
tezione si presenta fin da subito con connotazioni di autonomia e di originali-
tà. Tuttavia, v’è da rilevare come, rispetto al pensiero di Hermann Staub, co-
munque incentrato a trovare una soluzione “tecnica”, fondata sull’interpreta-
zione analogica, alle lacune del codice tedesco in materia di inesatto adempi-
mento della prestazione, si verifichi una vera e propria rivoluzione copernica-
472
na, che modificherà sostanzialmente i rapporti tra le due “specie” della re-
sponsabilità civile.
Nella rielaborazione operata dalla dottrina, si fa strada l’idea che, nell’am-
bito di un rapporto obbligatorio inteso come organismo complesso, oltre al
tradizionale obbligo primario di prestazione, vi siano una serie di obblighi,
(spesso) strutturalmente accessori, che sono finalizzati a tutelare l’interesse del
creditore (e del debitore) a non subire lesioni alla propria persona o al patri-
monio a causa dell’esecuzione della prestazione. Questi obblighi, che integra-
473
no un più complessivo «rapporto cornice» o «rapporto di copertura» , pos-
474
sono avere ad oggetto un facere o un non facere , sulla base delle esigenze di
tutela della sfera giuridica dell’altra parte, e trovano la loro fonte nella clausola
di buona fede iscritta nel § 242 BGB. Come nel caso delle obbligazioni di
sécurité, gli obblighi legali di protezione (Schutzpflichten), aggiungendosi al-
l’obbligo primario di prestazione, tutelano la sfera giuridica della controparte
con riferimento a beni (vita, salute, integrità fisica, proprietà) che, in gran par-
468
Sul punto, per tutti, D. MEDICUS, Schuldrecht, I, Allgemeiner Teil, München, 2003, p. 2 ss.; H.
BROX, W.D. WALKER, Allgemeines Schuldrecht, München, 2003, p. 7 ss.
469
He. STOLL, op. ult. cit., p. 288 ss., il cui scritto, non a caso, è intitolato proprio «von der positi-
ven Vertragsverletzung».
470
Lo rileva, in particolare, L. LAMBO, op. ult. cit., p. 39.
471
Discorre di «“obblighi altri” rispetto all’obbligo di prestazione», C. CASTRONOVO, op. ult. cit.,
p. 463.
472
La terminologia è mutuata da C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 69 ss.
473
Già F. HERHOLZ, Das Schuldverhältnis als konstante Rahmenbeziehung, in AcP, 130, 1928, p.
257.
474
Per tale precisazione, L. LAMBO, op. loc. ult. cit.
66 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

te, potrebbero essere protetti sulla base delle regole della responsabilità aqui-
liana. La violazione di obblighi che, pur non rientrando nell’oggetto principale
della prestazione, riguardano interessi comunque meritevoli di protezione da
parte dell’ordinamento, che risultano funzionali a realizzare lo scopo positivo
475
dell’obbligazione , integra un’ipotesi di adempimento inesatto e legittima la
controparte ad agire ai sensi della responsabilità contrattuale.
Approfondendo l’idea di Heinrich Stoll, la dottrina successiva ha proposto
numerose classificazioni: ora distinguendo gli “obblighi accessori” in virtù
della loro vicinanza alla prestazione (come Nebenleistungpflichten), da tutti gli
altri obblighi che, invece, riguardano la corretta attuazione del rapporto ob-
bligatorio e, quindi, la tutela dell’integrità della persona e dei beni delle parti
(gli obblighi di protezione, quindi, sarebbero parte della più generale figura
476
delle Nebenpflichten) . Ora, considerando poco chiara quest’ultima partizio-
ne, perché interamente fondata sul termine polisenso Nebenpflicht, si è propo-
sto di distinguere gli obblighi di prestazione (Leistungspflichten), sia primari,
sia secondari, dagli altri doveri di comportamento (weitere Verhaltenspflichten),
477
pur collegati ai primi, che si sostanziano in doveri di protezione e di lealtà .
478
La stessa figura della culpa in contrahendo, scoperta da Rudolf von Jhering ,
viene rielaborata come violazione degli obblighi di protezione dalla dottrina e
479
dalla giurisprudenza successive ad Heinrich Stoll . Le quali, ricollegando il rap-
porto di protezione alla trattativa precontrattuale e, in tal modo, evitando che
la qualifica espressa in termini di “accessorietà” (proprio da H. Stoll) rispetto
all’obbligo di prestazione rischiasse di limitarne l’autonomia alla connessione
480
con questo , hanno significativamente spostato la teoria delle Schutzpflichten
nelle fasi anteriori alla conclusione del contratto e all’esecuzione della prestazio-
481
ne. In tal modo la clausola di buona fede prevista dal § 242 BGB , a volta a
volta precisata con specifici riferimenti a posizioni costituzionalmente protet-
te, ha operato in funzione ora integrativa, ora correttiva, ora di controllo degli
interessi inerenti al rapporto obbligatorio, consentendo di adeguare costante-
mente il diritto tedesco alle nuove esigenze poste dal divenire della società.
475
He. STOLL, op. ult. cit., p. 299.
476
Cfr., ad es., J. ESSER, E. SCHMIDT, Schuldrecht, I, Allgemeiner Teil, Heidelberg, 1995, pp. 39
ss. e passim.
477
Per tutti, K. LARENZ, Lehrbuch des Schuldrechts, I, cit., p. 9 ss.
478
In questi termini, C. CASTRONOVO, voce Obblighi di protezione, cit., p. 1 ss. La celeberrima
opera di R. VON JHERING, Culpa in contrahendo oder Schadensersatz bei nichtigen oder nicht zur Per-
fection gelangten Verträgen, in Jherings Jahrbücher, IV, 1861, p. 1 ss., considerata ancora oggi come
una tra le “scoperte” più importanti del Novecento nel campo del diritto delle obbligazioni (E. SCHMIDT,
op. loc. ult. cit.), può essere letta nella trad. it. curata da F. Procchi, con il titolo Della culpa in contrahen-
do ossia del risarcimento del danno nei contratti nulli o non giunti a perfezione, Napoli, 2005, passim.
479
C.W. CANARIS, Ansprüche wegen «positiver Vertragsverletzung», cit., p. 475.
480
Cfr. C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 550.
481
Una disamina delle funzioni svolte dalla clausola di buona fede è in P. GALLO, Buona fede og-
gettiva e trasformazioni del contratto, in Riv. dir. civ., 2002, I, p. 239 ss.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 67

12. La giurisprudenza tedesca, anche al fine di superare la disciplina ecces-


sivamente restrittiva prevista dal BGB in tema di fatti illeciti, ha decretato la
definitiva affermazione della teoria degli obblighi di protezione, utilizzando
quest’ultima sia per tutelare in via contrattuale interessi che difficilmente avreb-
bero potuto essere protetti ai sensi del § 823 ss. BGB, sia per garantire un re-
gime di responsabilità che fosse maggiormente favorevole alla vittima. Que-
st’ultima ragione, che è senz’altro alla base della “scoperta” e dell’evoluzione
dell’obbligazione determinata di sécurité in Francia, quanto meno nell’ambito
del contratto di trasporto, riguarderà episodicamente il diritto tedesco, il qua-
le, tuttavia, vi farà ricorso proprio al fine di tutelare con maggiore rigore il ter-
zo danneggiato dal fatto degli ausiliari.
Tale problematica era stata già prevista, agli inizi del secolo, dallo stesso
Staub, il quale, nel porre in evidenza gli ulteriori vantaggi apportati al diritto
tedesco dalla teoria delle violazioni positive del contratto, aveva precisato
come quest’ultima, consentendo di qualificare come “inadempimento” ogni
«violazione colpevole di un obbligo contrattuale», permetteva di applicare il §
278 BGB, in luogo del contestato § 831, e di evitare, così, che il preponente
potesse esonerarsi da ogni responsabilità «con l’argomentazione che non è re-
sponsabile nella scelta dei propri collaboratori», o che il proprio dipendente,
malgrado il danno arrecato, «ha eseguito il proprio incarico diligentemen-
482
te» . Soprattutto nel campo del commercio, «in cui, naturalmente, le forni-
ture da parte di grandi stabilimenti industriali ed aziende non possono essere
tutte prodotte e spedite dal proprietario in persona», questa responsabilità
sarebbe venuta «a mancare quasi del tutto», perché l’obbligato avrebbe potu-
to «sempre giustificarsi con il fatto di aver scelto diligentemente i propri ausi-
483
liari» .
Tuttavia, a parte questa ipotesi, nella quale v’è la consapevolezza di voler
applicare la disciplina contrattuale (§ 278) in quanto più favorevole per il
danneggiato, attraverso la scelta di un criterio d’imputazione della responsabi-
lità che prescinde dalla colpa, in altri casi la giurisprudenza applicherà la teo-
ria degli obblighi di protezione allo scopo di risarcire un danno che difficil-
mente lo sarebbe stato, sulla base dei limiti posti dal sistema tipizzato di re-
sponsabilità delittuale. Ma nella sua originaria e più ampia evoluzione, la teo-
ria degli obblighi di protezione troverà prevalente applicazione a tutela della
proprietà o della persona del contraente e del terzo, per i danni causati dal
comportamento negligente del debitore nell’esecuzione del rapporto obbliga-
torio.
Riguardo alla tutela di “terzi” estranei al contratto, ma danneggiati dall’ine-
satta esecuzione dello stesso, v’è da porre in evidenza una singolare analogia
tra le Corti supreme francesi e tedesche. Se in Francia la stipulation pour au-
482
Così, H. STAUB, Le violazioni positive, cit., pp. 70 e 71.
483
H. STAUB, op. ult. cit., p. 71.
68 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

trui tacite nasce, nel 1913, quasi contemporaneamente all’obbligazione deter-


minata di sécurité, in Germania i primi riconoscimenti degli obblighi di prote-
zione da parte del Reichsgericht avvengono proprio in funzione della tutela di
terzi, sulla base dell’estensione della disciplina applicabile al contratto a favore
di terzi, ben prima che gli stessi siano oggetto della compiuta teorizzazione da
parte di Heinrich Stoll.
Un’ulteriore similitudine è rinvenibile tra le esperienze francese e tedesca.
Così come accade in Francia per l’obbligazione di sécurité, le prime applica-
zioni in materia si rinvengono nell’ambito del contratto di trasporto. Se nel
1907 l’Oberlandesgericht di Amburgo riconosce il diritto al risarcimento dei
danni dei membri di un’associazione nei confronti del datore di lavoro di un
cocchiere (ai sensi dei §§ 278 e 328 BGB), sebbene il contratto di trasporto
484
fosse stato concluso da un altro associato , in altre decisioni le Corti tendono
a verificare se il passeggero contraente abbia concluso il contratto anche “in
nome” o “a favore” degli altri trasportati. In tal senso si esclude che il coniuge
possa far valere il diritto al risarcimento dei danni subiti dalla moglie durante
485
il trasporto in tram, avendo egli pagato in sua vece il prezzo del biglietto .
Ma il nuovo orientamento della giurisprudenza di merito, ribadito nel 1913
486
dall’Oberlandesgericht di Colmar , che legittima il trasportato non contraente
ad agire direttamente, in via contrattuale, nei confronti dell’impresa di tra-
sporti (pur sempre ai sensi del § 328 BGB) per il risarcimento dei danni alla
persona causati durante l’esecuzione del contratto di trasporto – sulla base
dell’assimilazione della posizione del conducente, che colposamente ha provo-
cato il danno, a quella di ausiliario nell’esecuzione della prestazione ex § 278
BGB –, verrà accolto dal Reichsgericht nel 1915, allorché riconoscerà l’esisten-
za del diritto al risarcimento del danno contrattuale in capo a stretti familiari
(moglie e figlia) dello stipulante di un contratto di trasporto, per le lesioni al-
487
l’integrità fisica causate alle donne dalla collisione del taxi con un tram . La
società proprietaria del mezzo di trasporto è considerata anch’essa responsabi-
488
le del danno in base al § 278 BGB, in qualità di preponente del conducente .
Come accade nella giurisprudenza francese, l’obbligazione di trasportare
persone, per essere esattamente adempiuta, richiede che le stesse pervengano
“sane e salve” a destinazione. Questa regola, esplicita fin dalle prime sentenze
della Cour de Cassation, ma implicitamente presente nella giurisprudenza te-
desca, va ad integrare l’obbligo primario di prestazione (il trasportare) con un
obbligo di protezione o di sécurité, la cui violazione è fonte del risarcimento
del danno. Riguardo agli effetti del contratto rispetto a terzi, la giurisprudenza
tedesca, in questa prima fase, estende a trasportati non contraenti la disciplina
484
OLG Hamburg, 18 ottobre 1907, in Das Recht, 1907, c. 1398, n. 3469.
485
OLG Celle, 18 ottobre 1916, in LZ, 1917, c. 77.
486
OLG Colmar, 23 dicembre 1913, in Das Recht, 1914, n. 327.
487
RG, 7 giugno 1915, in RGZ, 87, 1916, p. 64.
488
RG, 7 giugno 1915, cit., p. 64 s.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 69

del contratto a favore di terzi (§ 328 BGB), ritenendo che essi, proprio nella
qualità di terzi ex § 328 BGB, abbiano acquisito direttamente il diritto di pre-
tendere dal vettore l’esatto adempimento della prestazione di trasportare. Un
trasporto effettuato con diligenza e in assenza di pericoli richiede che i pas-
seggeri siano condotti incolumi a destinazione, senza dover riportare lesioni
alla propria integrità fisica. Il conducente, proprio sulla scia dell’interpreta-
489
zione introdotta da Staub , è considerato ausiliare del vettore, e questi è giu-
dicato responsabile del danno sulla base dell’estensione delle regole della re-
sponsabilità contrattuale sub § 278 BGB, senza potersi avvalere della prova
liberatoria di cui al § 831 BGB.
In altri casi relativi al contratto di trasporto, il Reichsgericht non segue que-
sta soluzione, preferendo ravvisare la fonte dell’obbligazione risarcitoria nel
modello riconducibile alla Drittschadensliquidation. Un medico danneggiato
nel corso del trasporto, non potendo agire, in quanto terzo, direttamente nei
confronti del vettore, chiede il risarcimento del danno al creditore dell’obbliga-
zione di trasportare, un istituto religioso, il quale ha stipulato sia il contratto di
490
trasporto, sia il contratto con il sanitario . L’istituto, a sua volta, potrà rivalersi
nei confronti del vettore per non aver garantito la sicurezza del trasportato. Mal-
grado le affinità tra i due istituti e, soprattutto, le possibili reciproche interferenze,
la dottrina tende a porre in evidenza la specifica “ragion d’essere” di entram-
491
bi , sottolineando come il risarcimento del danno del terzo (Drittschadensli-
quidation) si caratterizzi per la mera finalità di «consentire a chi ha subito danno
ma non è legittimato ad agire nei confronti del danneggiante, di ottenere il ri-
sarcimento mediante un’azione esercitata da colui che è legittimato ad agire ma
492
non ha subito danno» . Tale istituto, quindi, avrebbe come obiettivo la sola
compensazione di un trasferimento del danno, senza aumento del rischio a ca-
rico del danneggiante, mentre nel contratto con efficacia protettiva tale rischio
493
aumenterebbe a seguito dell’estensione della responsabilità verso terzi . Ma
la partizione tra i due istituti appare meno evidente in un periodo in cui la giuri-
sprudenza non distingue ancora (come accade proprio in queste prime sentenze
in tema di trasporto) con consapevolezza gli obblighi di prestazione da quelli
di protezione, racchiudendo il fenomeno dell’estensione degli effetti “protetti-
vi” sulla base dell’applicazione dell’istituto del contratto a favore di terzi.
489
H. STAUB, op. cit., pp. 70 e 71.
490
Per questo caso, c.d. Klosterfall, cfr. RG, 18 novembre 1915, in RGZ, 87, 1916, p. 289. Sul
punto, R.-A. HIRTH, Die Entwicklung der Rechtsprechung zum Vertrag mit Schutzwirkung zugunsten
Dritter in ihrer Bedeutung für den Ausgleich von Drittschäden im Zahlungsverkehr, Berlin, 1991, p. 19 s.
491
Sul punto, H. BERG, Verträge mit Drittschutzwirkung und Drittschadensliquidation, in JuS,
1977, pp. 363 e 366; ID., Zur Abgrenzung von vertraglicher Drittschutzwirkung und Drittschadensli-
quidation, in NJW, 1978, p. 2018 ss.; G. RIES, Grundprobleme der Drittschadensliquidation und des
Vertrages mit Schutzwirkung für Dritte, in JA, 1982, p. 453.
492
La pregevole sintesi è di C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 236.
493
C.W. CANARIS, Die Produzentenhaftpflicht in dogmatischen und Rechtspolitischer Sicht, in JZ,
1968, p. 499; P. SCHWERDTNER, Verträge mit Schutzwirkung für Dritte, in Jura, 1980, p. 493 ss.
70 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Questa decisione limita il diritto al risarcimento del danno al soggetto che è


creditore contrattuale dell’obbligo di prestazione (l’istituto religioso). Ma ri-
marrà isolata, poiché nelle successive sentenze la Suprema Corte del Reich ri-
correrà frequentemente al modello del contratto a favore di terzi (Vertrag zu-
gunsten Dritter) per tutelare il terzo trasportato. Nel caso di trasporto marit-
timo di minori, questa Corte affermerà, qualche anno dopo, che, benché il
contratto di trasporto fosse stato concluso non personalmente dalla minore
attrice, ma in suo favore dai genitori ai sensi del § 328 BGB, il vettore assume
una responsabilità contrattuale diretta nei confronti della trasportata e, per-
tanto, è obbligato al risarcimento dei danni, se non prova la mancanza di col-
494
pa da parte sua e dei propri dipendenti . Il riferimento ad una presunzione
di responsabilità, esplicitato dall’inversione dell’onere probatorio della dili-
genza (che grava sul vettore), rappresenta una conseguenza della responsabili-
495
tà contrattuale diretta del vettore nei riguardi della minore trasportata . In
tal modo è stato possibile applicare il § 278 BGB, ed escludere l’operatività
del § 831 BGB, che avrebbe consentito, là dove la responsabilità nei riguardi
della minore fosse stata qualificata come extracontrattuale, l’esonero del vetto-
496
re dalla responsabilità con la prova della propria diligenza . In ambito con-
trattuale, infatti, l’onere della prova circa la colpa del debitore è disciplinato
dai §§ 282 e 285 BGB, secondo i quali è il debitore, nel dubbio, a dover dimo-
497
strare che l’inadempimento non sia riconducibile a sua colpa o dolo .
Sarà soltanto alla fine degli anni ’50 che il Bundesgerichtshof, piuttosto che
insistere sull’estensione degli effetti del contratto di trasporto “a favore” di
terzi non contraenti, sia pur timidamente, accennerà specificamente alla sua
“efficacia protettiva”.

13. Un altro settore di capitale importanza nel quale la giurisprudenza del


Reichsgericht sperimenta l’esistenza di obblighi di protezione tra le parti, la cui
estensione avviene anche “a favore” di terzi, è quello del contratto, o, meglio,
498
del rapporto di locazione. Dopo alcune decisioni di segno negativo , nel 1917
la Suprema Corte accorda ad una parente del conduttore (la figlia) il diritto ad
ottenere il risarcimento contrattuale del danno direttamente nei riguardi
dell’ente locatore, per il fatto di aver contratto la tubercolosi nell’alloggio di
499
servizio locato al padre . La moglie del precedente conduttore era stata affet-
ta da TBC, e il contagio della malattia alla figlia del successivo conduttore era
494
RG, 14 novembre 1923, in Das Recht, 1924, cc. 52 e 53.
495
Così, G. VARANESE, Il contratto con effetti protettivi per i terzi, Napoli, 2004, p. 59.
496
G. VARANESE, op. loc. cit.
497
In argomento, tuttavia, BGH, 18 dicembre 1990, in NJW, 1991, p. 1540, là dove pone
un’eccezione a tale regola per le attività sanitarie le cui conseguenze non possono essere controllate.
498
Ad es., RG, 4 ottobre 1911, in RGZ, 77, 1912, p. 99.
499
Per tale caso, c.d. Tuberkulosefall, RG, 5 ottobre 1917, in RGZ, 91, 1918, p. 21.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 71

stata considerata una conseguenza della violazione, da parte della società statale
500
delle ferrovie, dell’obbligo di assumere le opportune misure di disinfezione .
Nel corso della controversia, il giudice del merito non aveva accolto la do-
manda degli attori poiché, avendo qualificato la responsabilità come extracon-
trattuale, ed avendo accertato che il precedente conduttore non aveva infor-
mato l’ente ferroviario della malattia della moglie, aveva considerato valida-
mente esperita la prova liberatoria ex § 831 BGB, che esonerava dalla respon-
sabilità il preponente che aveva dimostrato di aver osservato l’ordinaria dili-
genza richiesta dai traffici.
Il Reichsgericht, invece, perviene all’opposta conclusione ravvisando, tra il
locatore (l’ente ferroviario statale) e il conduttore, un vero e proprio rapporto
obbligatorio “di protezione”, fondato sia sui principi ricavabili dal diritto
amministrativo per altre categorie di dipendenti pubblici, sia, specificamente,
sul § 618 BGB, che dispone che il gestore di servizi debba predisporre i locali
e l’attrezzatura eventualmente necessaria in modo che l’obbligato sia protetto
contro il pericolo per la vita e per la salute, pur nei limiti consentiti dalla natu-
501
ra dei servizi da prestare . La Suprema Corte, nel citare una precedente deci-
sione nella quale si era consentito al conduttore di agire nei confronti del loca-
tore ai sensi del § 538 BGB per i danni subiti dal congiunto a causa delle pre-
502
carie condizioni dell’abitazione locata , con questa sentenza riconosce allo
stesso familiare ammalato (terzo) il diritto di agire direttamente ex contractu
503
nei riguardi del locatore . L’estensione degli effetti “a favore” del terzo è pur
sempre giustificata, tecnicamente, sulla base del § 328 BGB, ma il Reichsgericht
precisa, con chiarezza, che nello stipulare un contratto di locazione, i familiari
che vivono con il locatario acquistano gli stessi “diritti di protezione” di que-
504
st’ultimo in ordine alla salubrità dell’alloggio , pur senza acquisire alcun ob-
bligo primario di prestazione. La scomposizione tra gli obblighi di prestazione
e quelli di protezione consente di includere soggetti terzi nella sfera del con-
tratto di locazione, sia pur limitatamente a questi ultimi. La conferma di que-
505
sto orientamento in successive decisioni , nelle quali si ribadirà la responsa-

500
Sottolinea il ruolo centrale assunto da questa decisione nella storia del contratto con effetti di
protezione per terzi, M. PLÖTNER, Die Rechtsfigur des Vertrags mit Schutzwirkung für Dritte und die
sogenannte Expertenhaftung, Berlin, 2003, p. 24.
501
Sulla rilevanza assunta dal § 618 BGB nell’elaborazione del Vertrag mit Schutzwirkung für
Dritte, v., per tutti, C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., pp. 803 e 828.
502
RG, 4 ottobre 1911, cit., p. 101. Il § 538 BGB, nel suo enunciato allora vigente, disponeva che
se il bene locato fosse affetto da un vizio, preesistente o successivo alla conclusione del contratto ed
imputabile al locatore, efficiente ad eliminare o a diminuire l’idoneità dello stesso all’uso prestabilito,
il conduttore poteva pretendere il risarcimento del danno per inadempimento in luogo della riduzio-
ne del canone pattuito.
503
RG, 5 ottobre 1917, cit., p. 24.
504
RG, 5 ottobre 1917, cit., p. 24.
505
RG, 21 febbraio 1921, in WarnRspr, 1921, p. 114 s.; RG, 3 giugno 1921, in RGZ, 102, 1921, p.
231, là dove il locatore è condannato a risarcire, alla moglie del conduttore che era sopravvissuta, i

4.
72 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

bilità diretta del locatore per la dannosità della cosa locata, s’inquadra in quel-
la unitaria aspirazione all’ampliamento della sfera appartenente alla responsa-
bilità contrattuale, che trascende l’esigenza specifica che sta alla base dell’ap-
506
plicazione del § 278 anziché del § 831 BGB .
Se ne ha una conferma se si esamina anche la giurisprudenza in tema di
contratto d’opera, nell’ambito della quale, forse ancora più del c.d. Tuberku-
507 508 509
losefall , viene indicato, dalla dottrina tedesca e da quella italiana , il “ca-
510
so pilota” in materia di Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte. In un caso di
ferimento di una domestica, che avviene a causa dell’esplosione di un contato-
re del gas che una ditta si era impegnata ad istallare nel bagno di un apparta-
mento, il Reichsgericht ravvisa in capo al committente l’intento, riconoscibile
dalla controparte, di voler garantire l’interesse alla tutela dell’integrità fisica,
sia dei familiari, sia dei domestici che prestano la loro attività negli ambienti
ove si svolgono i lavori, sulla base di quelle misure di sicurezza previste dal §
511 512
618 BGB . Come si è rilevato , la soluzione trova il suo fondamento nel-
l’esigenza di evitare l’iniqua disparità di trattamento conseguente all’applica-
zione della disciplina della responsabilità contrattuale ai danni subiti dalla con-
troparte contrattuale, e di quella della responsabilità extracontrattuale ai dan-
ni sofferti dal dipendente. Il committente non potrebbe «volere per i propri
dipendenti una posizione deteriore rispetto alla sua nei confronti del compor-
513
tamento dannoso della controparte» .
Per tradursi in dato tecnico, la giurisprudenza ricorre al consueto parame-
tro della volontà contrattuale, integrando il regolamento contrattuale con il
dato della “volontà ipotetica delle parti” derivante dallo “scopo del contratto”
514
(§ 328, comma 2, BGB) . In un contratto d’opera, «la cui esecuzione è in sé
pericolosa per il committente, l’obbligato non può non avere presente che
l’intento di questi è nel senso che siano evitati i possibili danni non solo a se

danni causati dal soggetto che aveva eseguito negligentemente i lavori di ristrutturazione in un altro
appartamento del medesimo stabile (provocando una fuga di gas), sul fondamento del § 278 BGB, che
consentiva di qualificare tale soggetto quale ausiliario del debitore rispetto all’obbligo di cura nei ri-
guardi del conduttore sancito ai sensi dei §§ 536 e 538 BGB.
506
Testualmente, C. CASTRONOVO, Obblighi di protezione e tutela del terzo, cit., p. 123 ss., spec.
p. 161.
507
La sentenza resa da RG, 5 ottobre 1917, cit., p. 21 ss., è considerata di grande importanza, ad
es., da W. BAYER, Der Vertrag zugunsten Dritter, Tübingen, 1995, p. 182.
508
Per tutti, H. PACK, Haftungsausschlüsse und Haftungsbeschränkungen mit Wirkung für Dritte,
Frankfurt a. M.-Berlin-Bern-Bruxelles-New York-Oxford-Wien, 1996, p. 6.
509
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 156; sulla sua scia, G. VARANESE, op. ult. cit., p. 67; L. LAM-
BO, Obblighi di protezione, cit., p. 243.
510
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
511
La sentenza, nota come c.d. Gasuhrfall o Gasometerfall, fu decisa dal Reichsgericht il 10 feb-
braio 1930, in RGZ, 127, 1930, p. 218 ss.
512
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 157.
513
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
514
Sul punto, le interessanti osservazioni di W. BAYER, Der Vertrag zugunsten Dritter, cit., p. 133.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 73

stesso ma anche ai suoi familiari e ai domestici, onde identica sia la posizione


giuridica di tutti i membri della comunità familiare nell’ipotesi di responsabili-
515
tà di chi è tenuto ad eseguire l’opera» . Tuttavia, il punto nodale del discorso
non sarebbe la volontà contrattuale presunta (l’intento del committente «co-
noscibile per la controparte»), bensì lo “scopo del contratto”, che «ha in pro-
posito il significato di un parametro oggettivo per la determinazione del con-
516
tenuto del contratto» . Così il riconoscimento, per il terzo, del diritto al ri-
sarcimento contrattuale del danno per il fatto del debitore danneggiante, pur
sempre rinvenuto nello schema del contratto a favore di terzi ex § 328 BGB,
troverebbe il suo fondamento nell’effetto protettivo del singolo contratto, il
quale si estende ai familiari e ai dipendenti del creditore (ai sensi del § 618
BGB) della prestazione che costituisce occasione del danno. Ma la mancata,
consapevole distinzione tra obblighi di prestazione ed obblighi di protezione
non consente di verificare se la fattispecie applicata superi lo schema del con-
tratto a favore di terzi, tracciando quelle caratteristiche che, poi, caratterizze-
517
ranno la figura del contratto con effetti protettivi per terzi .

14. L’ulteriore, significativa evoluzione si avrà per merito di Karl Larenz, il


quale, esaminando criticamente i passaggi meno convincenti della giurispru-
denza, e nel porre in evidenza le differenze esistenti tra il Vertrag mit Schutz-
wirkung zugunsten bestimmter Dritter (quale “contratto con effetti protettivi a
favore di determinati terzi”) e il contratto a favore di terzi, ravviserà il fonda-
mento della responsabilità contrattuale nei riguardi di terzi nel fatto che il
518
creditore contrattuale assume un obbligo alla loro protezione . Il ricorso al
contratto a favore di terzi appare tutt’altro che convincente poiché, in questo
caso, conclusa la stipulazione, sorge immediatamente una promessa di presta-
zione nei riguardi di un terzo, non un generico vantaggio consistente in un in-
teresse di protezione. Il § 328, comma 1, BGB dispone in maniera inequivoca
che, per effetto della stipulazione, il terzo acquista «direttamente il diritto di
519
pretendere la prestazione» . E ciò è confermato dai §§ 330 e 331 che, del pa-

515
Con la consueta chiarezza, C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
516
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 158. Anche secondo W. BAYER, op. loc. ult. cit., dovendo
l’interpretazione integrativa del contratto essere effettuata secondo valori normativi, la nozione di
scopo del contratto dovrebbe essere determinata oggettivamente: non rileva ciò che le parti avrebbe-
ro voluto se avessero potuto decidere se attribuire il diritto al terzo, bensì deve essere accertato lo
scopo tipico che si persegue con l’attribuzione del diritto, sulla base della Verkehrsauffassung.
517
Cfr., sul punto, G. VARANESE, op. ult. cit., p. 71.
518
K. LARENZ, Anmerkung a BGH, 25 aprile 1956, in NJW, 1956, p. 1193 s.; è già ID., Lehrbuch
des Schuldrechts, I, Allgemeiner Teil, I ed., München, 1953, p. 139 ss. La dottrina tedesca non ha
dubbi nell’individuare in tale autore il vero ideatore del Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte: per tut-
ti, R.A. HIRTH, Die Entwicklung der Rechtsprechung, cit., p. 15.
519
K. LARENZ, Anmerkung a BGH, 25 aprile 1956, cit., p. 1193; D. MEDICUS, Schuldrecht, I,
Allgemeiner Teil, XIII ed., München, 2002, p. 366.
74 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

520
ri, rinnovano il richiamo all’acquisto del diritto alla prestazione . Il terzo, nel
Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte, invece, a differenza di quanto accade nel
521
contratto a favore di terzi, non acquista un proprio diritto alla prestazione .
Il creditore, mettendo a disposizione locali e attrezzature, diviene correspon-
sabile per il loro Wohl und Wehe e acquista un interesse meritevole di prote-
zione a che questi soggetti non subiscano danni causati dall’inesatto adempi-
522
mento del debitore . Questi può ben sapere che la controparte fa affidamen-
to sia nella propria sicurezza, sia in quella di una cerchia, ben delimitata, pre-
523
vedibile e riconoscibile di “terzi”, ai quali il creditore deve protezione o as-
sistenza. Da qui la nascita di un’autonoma figura, denominata Vertrag mit
Schutzwirkung für Dritte, che, proprio per l’essere imperniata sugli obblighi di
protezione, chiaramente si distingue, sotto i profili della struttura e della fun-
524
zione , dal modello del contratto a favore di terzi codificato nel § 328 BGB.
Riguardo alla nozione di terzo, la dottrina limita l’estensione degli effetti di
protezione a quei soggetti che si caratterizzano per l’esistenza di un legame
particolare con una delle parti del rapporto (parenti e soggetti che fanno parte
della comunità familiare, domestici, dipendenti protetti dal § 618 BGB) e che
si trovano coinvolti «nella stessa situazione di contatto con l’attività dell’altra
525
parte dalla quale derivi il danno» . In tal senso, gli obblighi di protezione
danno fondamento ad una più intensa tutela, rispetto a quella espressa dalla
responsabilità aquiliana, proprio in virtù dell’«aumentata possibilità di danno
che il rapporto obbligatorio col mettere in contatto due sfere giuridiche neces-
526
sariamente porta con sé» .
Sarà, poi, Joachim Gernhuber che, nell’estendere la figura al più generale
“rapporto obbligatorio con effetti protettivi per terzi” (Schuldverhältnis mit
Schutzwirkung für Dritte), anche al fine di comprendervi le ipotesi nascenti da
527
culpa in contrahendo , e nel richiamare il ruolo della Sozialwirkung nel diritto
528
delle obbligazioni , proporrà un ampliamento personale del rapporto obbli-
gatorio, fino ad allora incentrato sui due centri d’interesse del debitore e del
520
K. LARENZ, op. loc. ult. cit.
521
K. LARENZ, op. loc. ult. cit.
522
Tuttavia K. LARENZ, Anmerkung a BGH, 25 aprile 1956, cit., p. 1194, esplicitamente discorre
dell’interesse del creditore a che questi terzi non subiscano un danno causato da “vizi della presta-
zione” (Mängel der Leistung).
523
K. LARENZ, op. loc. ult. cit.
524
In proposito, afferma che, «a parte qualche vaga assonanza fonetica, il contratto con effetti
protettivi “a favore” dei terzi ha una distinta struttura e, soprattutto, una funzione che può essere
considerata addirittura antitetica rispetto a quella realizzata dal contratto a favore del terzo», A.
PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Verso un “diritto comune” della responsabilità civile, in A. PROCIDA
MIRABELLI DI LAURO, M. FEOLA, La responsabilità civile, Torino, 2008, p. 8.
525
C. CASTRONOVO, Obblighi di protezione e tutela del terzo, cit., p. 126.
526
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
527
J. GERNHUBER, Das Schuldverhältnis, cit., p. 511 s.
528
J. GERNHUBER, op. ult. cit., p. 462; e già ID., Drittwirkungen im Schuldverhältnis kraft Lei-
stungsnähe, in Festschrift für Arthur Nikisch, Tübingen, 1958, p. 249 s.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 75

creditore, quali titolari degli obblighi e dei diritti primari e secondari di pre-
529
stazione , a quei soggetti “terzi” che “provano” su di loro vicende struttu-
ralmente “estranee”, ma con un’intensità tale da rendere necessaria un’equipa-
530
razione rispetto alle parti del rapporto . Nell’auspicare il superamento
531
dell’aporia esistente tra i §§ 278 e 831 BGB , e nel sottolineare le incon-
gruenze e le disparità di trattamento relative all’individuazione dei soggetti a
532
volta a volta “protetti” dai singoli contratti , l’illustre autore contesta, anche
sotto il profilo sistematico, le argomentazioni utilizzate dalla giurisprudenza,
soprattutto la «via sempre sospetta» dell’accordo tacito che, rinviando alla vo-
533
lontà ipotetica delle parti, troppo spesso conduce nel «regno delle finzioni» .
Il contributo dottrinario volto ad individuare l’esistenza autonoma di dove-
534
ri di protezione e di diligenza (anche) nei confronti di terzi ha un immediato
riscontro nella giurisprudenza del Bundesgerichtshof. Nel decidere sui gravi
danni alla salute provocati ad una dipendente di un’impresa metallurgica dal-
l’esplosione di un prodotto antiruggine (Capuzol Nr. 22), che era stato vendu-
to senza sufficienti informazioni sulla sua pericolosità, tali da consentire
all’acquirente di adottare le opportune misure di sicurezza, la Suprema Cor-
535
te , pur decidendo un caso comunque inquadrabile nell’ambito delle perso-
ne già considerate protette dal contratto (ex § 618 BGB), per la prima volta
distingue chiaramente tra obblighi di prestazione ed obblighi di protezione,
aderendo, in tal modo, all’insegnamento di Karl Larenz sui doveri di prote-
zione e di diligenza nei confronti di terzi. Poiché la domanda risarcitoria
dell’attrice, terza rispetto al contratto di vendita, non riguardava l’obbligo di
prestazione, che era stato adempiuto nei riguardi dell’impresa acquirente con
la consegna del prodotto richiesto, non era possibile, in questo caso, ricorrere
all’applicazione della disciplina del contratto a favore di terzi ex § 328 BGB. Il
diritto (secondario) al risarcimento contrattuale del danno, invece, è collegato
alla violazione, da parte del debitore, di quegli obblighi (accessori) di prote-
zione che, conformemente “al senso ed allo scopo del contratto e ai principi di
buona fede”, tendono a proteggere quelle persone che possono essere dan-
536
neggiate dall’inesattezza della prestazione o da carenti misure di sicurezza .
529
J. GERNHUBER, op. ult. cit., p. 249.
530
J. GERNHUBER, op. ult. cit., p. 250 s.
531
J. GERNHUBER, op. ult. cit., p. 253.
532
J. GERNHUBER, op. ult. cit., pp. 253-256, ove esamina criticamente le decisioni relative ai con-
tratti di trasporto e di locazione, ponendo in evidenza come la giurisprudenza avesse seguito un itine-
rario non omogeneo e, talvolta, contraddittorio.
533
J. GERNHUBER, op. ult. cit., p. 261.
534
In questi termini è il pensiero di K. LARENZ, Anmerkung a BGH, 25 aprile 1956, cit., p. 1193
s.; ID., Lehrbuch des Schuldrechts, I, Allgemeiner Teil, III ed., München, 1958, p. 156 ss.
535
Si tratta del celeberrimo caso c.d. Capuzolfall, deciso dal BGH il 15 maggio 1959, in NJW,
1959, p. 1676.
536
Le più significative argomentazioni della sentenza sono riportate da W. BAYER, Der Vertrag
zugunsten Dritter, cit., p. 184.
76 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Dopo la svolta rappresentata dal Capuzolfall, considerato non a caso una


537
“pietra miliare” nell’itinerario giurisprudenziale del Vertrag mit Schutzwir-
kung zugunsten Dritter, il BGH inizia a consolidare tale orientamento, ogni
qual volta si sia in presenza di una lesione all’integrità psicofisica di un “terzo”
che rientri nella sfera di protezione del creditore (mandante, conduttore,
committente, compratore, ecc.), che è giudicato “corresponsabile” della sorte
del danneggiato. Così, i lavoratori che prestavano la loro opera in un capan-
none industriale vengono inseriti nella sfera di protezione del contratto di ap-
538
palto stipulato tra due imprese : a seguito del crollo di una parte del soffitto
del capannone, una società metallurgica viene condannata a risarcire i danni
causati ai dipendenti (ex § 618, comma 1, BGB). Ma nella successiva azione di
rivalsa intentata avverso l’impresa appaltatrice dei lavori, il BGH ravvisa un
concorso di colpa di entrambe le società, rilevando sia che l’appaltatrice aveva
realizzato il soffitto in modo non conforme, sia che la società metallurgica, con
539
successivi lavori mal eseguiti, aveva contribuito a causare il danno .

15. L’ulteriore svolta della giurisprudenza tedesca si avrà allorché, nella


sfera di protezione del contratto, verranno comprese non soltanto le lesioni
dell’integrità psico-fisica o della proprietà, ma anche i danni meramente eco-
nomici. In questi casi, si tratterà non di accordare la più vantaggiosa tutela
contrattuale a soggetti “terzi” che comunque avrebbero potuto agire in via de-
littuale, allo scopo di attribuire a questi la stessa protezione prevista per le
parti, e, quindi, di evitare una disparità di trattamento tra soggetti tutti coin-
540
volti nel rapporto obbligatorio ; bensì di attribuire una protezione contrat-
tuale ad interessi, la lesione dei quali non avrebbe consentito una tutela extra-
contrattuale, in presenza dei noti limiti posti dal § 823 ss. BGB.
541
Il primo passo in questo senso avviene con una decisione , vivamente cri-
542
ticata in dottrina , con la quale il BGH accorda il diritto al risarcimento ad
537
R.-A. HIRTH, Die Entwicklung der Rechtsprechung, cit., p. 27 s.
538
BGH, 7 novembre 1960, c.d. Spannbetonplattenfall, in JZ, 1961, p. 169. Sulla possibile esten-
sione della sfera di protezione del contratto di appalto a tutti i dipendenti dell’acciaieria, e non sol-
tanto ai lavoratori infortunati, cfr. i rilievi di W. LORENZ, Anmerkung, ivi, 1961, p. 170.
539
Sugli specifici problemi posti dal concorso di colpa del creditore, cfr. G. VARANESE, Il contrat-
to, cit., p. 83.
540
Su questo specifico aspetto, J. GERNHUBER, Gläubiger, Schuldner und Dritte, in JZ, 1962, p.
555; ID., Drittwirkungen im Schuldverhältnis kraft Leistungsnähe, cit., p. 270.
541
BGH, 6 luglio 1965, in NJW, 1965, p. 1955 ss., c.d. Testamentfall, anche in JZ, 1966, p. 141,
con nota di W. LORENZ.
542
Per tutti, W. LORENZ, Anmerkung a BGH, 6 luglio 1965, in JZ, 1966, p. 143 ss.; E. VON
BÖHMER, Bedenkliche Konstruktion einer Vertragshaftung, in JR, 1966, p. 173. Non così, invece, J.
GERNHUBER, Das Schuldverhältnis, cit., p. 513; E. VON CAEMMERER, Verträge zugunsten Dritter, in
Festschrift für Franz Wieacker zum 70. Geburtstag, a cura di O. Behrends, M. Diesselhorst, H. Lange,
D. Liebs, J.G. Wolf, C. Wollschläger, Göttingen, 1978, p. 321 ss. Un’ampia e argomentata critica
della decisione, nell’ambito della dottrina italiana, è in C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civi-
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 77

una donna, danneggiata dal comportamento negligente di un avvocato che,


seppure più volte da lei sollecitato a mantener fede alla sua promessa, non si
reca al domicilio del padre con un notaio al fine di redigere un testamento in
suo favore (la figlia sarebbe stata nominata unica erede). L’avvocato, in un
precedente incontro con il padre, in presenza della figlia, aveva preso nota
delle sue volontà. Ma poiché il cliente era contrario all’idea di redigere un te-
stamento olografo, il professionista si era impegnato a condurre lì un notaio
per la stipula dell’atto. Seppur più volte convocato, e consapevole delle cagio-
nevoli condizioni di salute del padre, l’avvocato non si reca con il notaio al suo
domicilio per redigere il testamento, prima che, improvvisamente, sopravven-
ga la sua morte. Il BGH condanna l’avvocato non soltanto a rimborsare i co-
sti, sostenuti dalla figlia, per la divisione ereditaria, ma anche a risarcire i dan-
ni consistenti nella differenza tra quanto la figlia avrebbe percepito in qualità
di unica erede (sulla base del testamento mai redatto), e quanto, in realtà, ave-
543
va percepito nella successione legittima quale coerede con la nipote . Con
questa sentenza, il BGH ricorre alla figura del contratto con effetti di prote-
544
zione per terzi al fine di risarcire un danno meramente economico (o, se-
545
condo altra interpretazione, la lesione di un’aspettativa di acquisto) subito
dalla figlia, a causa dell’inadempimento (adempimento non tempestivo) del-
l’obbligo di prestazione assunto nei confronti del padre defunto.
Anche per tale ragione questa decisione verrà criticata e, comunque, consi-
derata estranea alla problematica del contratto con obblighi di protezione per
terzi: per avere ad oggetto l’inadempimento di un obbligo di prestazione nei
riguardi del padre-cliente, e non la violazione di un obbligo di protezione nei
riguardi della figlia. Di conseguenza, non sarebbe ipotizzabile «un obbligo di
protezione nei confronti del testatore che sia configurabile negli stessi ter-
546
mini nei confronti del terzo possibile beneficiario» . Inoltre, il mancato te-
statore non subirebbe alcun danno patrimoniale, mentre la risarcibilità del
danno non patrimniale sarebbe esclusa dalle limitazioni che caratterizzano
tale figura di danno, «tanto più di natura contrattuale, quale è per l’ereditan-
547
do quello generato dalla lesione dell’autonomia testamentaria» . Ma sareb-
bero soprattutto i principi del diritto successorio a rendere non risarcibili si-

le, cit., p. 543 ss., il quale rileva come il caso non sia stato considerato rilevante ai fini della problema-
tica del Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte anche dal Larenz (ivi, in nota 207). Con specifico riferi-
mento all’inadempimento del professionista forense ed alla lesione di diritti di terzi, R. FAVALE, La
responsabilità civile del professionista forense, in Nuova Enciclopedia, Collana diretta da P. Cendon, II
ed. con la collaborazione di M.P. Mantovani, Padova, 2011, p. 191 s.
543
BGH, 6 luglio 1965, cit., p. 1957.
544
In questi termini, R. FAVALE, op. loc. ult. cit.; G. VARANESE, op. ult. cit., p. 87 s.
545
H. SUTSCHET, Der Schutzanspruch zugunsten Dritter – Unter Berücksichtigung der Pflichtenlehre
des Kommissionsentwurfs, Berlin, 1999, pp. 25 e 173 s., e, nella dottrina italiana, C. CASTRONOVO,
op. ult. cit., p. 545 ss.
546
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 546.
547
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 547.
78 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

548
mili aspettative di ricevere per testamento. Sul piano sostanziale l’autonomia
testamentaria non consentirebbe «di riconoscere pretesa di alcuno fin quando
la volontà in tal senso non sia manifestata e la successione aperta; e sul piano
formale la volontà testamentaria non può considerarsi esistente fin quando
549
non sia incorporata nel prescritto documento» . Ove «si accogliesse un’azio-
ne di danni del previsto erede o beneficiario di disposizione testamentaria per
la mancanza del testamento o a causa della nullità di una disposizione, l’attore
finirebbe con il conseguire, per il tramite della responsabilità civile, il vantag-
gio equivalente a quello della disposizione testamentaria nonostante la man-
550
canza della disposizione stessa» . E ciò, in «diretto contrasto con la funzione
costitutiva dell’acquisto mortis causa attribuita dalla legge alla volontà testa-
551
mentaria manifestata nelle forme previste ad substantiam» .
Tuttavia, l’orientamento secondo il quale è possibile risarcire danni mera-
mente economici (e, quindi, non soltanto danni alla persona o alla proprietà)
sia in ambito contrattuale, sia in rapporti precontrattuali e, più in generale, in
presenza di obbligazioni senza prestazione, troverà conferma nella successiva
giurisprudenza, la quale non tarderà ad affrancarsi dall’idea che considerava
gli obblighi di protezione come un rapporto giuridico “più debole” rispetto a
quelli caratterizzati dall’obbligo primario di prestazione, non potendo, il ter-
zo, pretendere la prestazione, ma “soltanto” il risarcimento del danno, in virtù
552
della violazione di un obbligo accessorio . Questa «enfatizzazione sull’acces-
sorietà rispetto alla prestazione principale non coglie il dato fondamentale»: il
profilo essenziale, invece, «è quello della tutela (risarcimento), non quello del-
553
la accessorietà (non poter pretendere la prestazione)» . La giurisprudenza
successiva porrà in evidenza come il contratto con effetti di protezione, ope-
554
rando una «dilatazione della responsabilità» a tutela di terzi lesi dalla con-
dotta negligente del debitore nell’esecuzione del contratto, abbia una funzione
completamente diversa dallo schema del contratto a favore di terzi e debba,
pertanto, essere chiaramente distinto da questo.
La sempre maggiore consapevolezza dell’autonomia degli obblighi di pro-
tezione, rispetto a quelli di prestazione, condurrà il Bundesgerichtshof ad inse-
rire terzi nella sfera di protezione di contratti che non sono stati conclusi, per-
ché ancora in fase di formazione, o di contratti che non hanno mai prodotto
effetti, in quanto nulli. Il BGH risarcirà, proprio estendendo l’efficacia protet-
tiva del contratto nella fase antecedente alla sua (eventuale) conclusione, i
danni subiti da una bambina che era scivolata su una foglia di insalata, mentre
548
Così, C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 545 ss.
549
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 546.
550
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
551
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
552
Testualmente, G. VARANESE, op. ult. cit., p. 89 s.
553
G. VARANESE, op. ult. cit., p. 90.
554
W. BAYER, Der Vertrag zugunsten Dritter, cit., p. 185.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 79

555
accompagnava la madre all’interno di un supermercato . Nel medesimo caso,
556
la giurisprudenza francese e quella italiana , invece, disponendo di una clau-
sola generale di responsabilità oggettiva extracontrattuale per i danni cagiona-
ti dalle cose in custodia (art. 1384, comma 1, code civ.; art. 2051 c.c.), potran-
no preferire questa soluzione (in quanto “equivalente” a quella derivante dal-
l’inesatto adempimento di un’obbligazione di sécurité di risultato), rispetto a
quella che tende a collocare tale fattispecie all’interno di un rapporto obbliga-
torio di protezione che sorge per effetto di un contratto “in formazione”, che,
nel caso concreto, non verrà mai concluso.
Il BGH, inoltre, risarcisce il danno ad una donna che abitava in un immo-
bile sulla base di un contratto di locazione invalido, perché affetto da un vizio
557
riguardante il potere rappresentativo nella conclusione dell’atto . La Supre-
ma Corte afferma che gli effetti di protezione a favore della danneggiata pos-
sono conseguire anche ad un contratto di locazione invalido, analogamente a
quanto accadrebbe in presenza di un contratto regolarmente concluso, anche
in considerazione del fatto che il locatore, avendo ricevuto il pagamento anti-
cipato del canone, doveva essere consapevole che i locali sarebbero stati utiliz-
558
zati dalla danneggiata . Il pagamento del canone e la concessione in uso
559
dell’immobile avevano fatto sorgere «rapporti giuridici diretti» tra le parti e,
quindi, anche quegli effetti di protezione in forza dei quali la danneggiata po-
teva chiedere il risarcimento dei danni ex contractu.
Proprio in presenza di contratti nulli emerge in modo evidente, anche sul
piano sistematico, la differenziazione tra obblighi di prestazione ed obblighi di
560
protezione. Un’autorevole dottrina ha affermato che, se è certo che un con-
tratto nullo non possa produrre obblighi di prestazione, non altrettanto può
dirsi per gli obblighi di protezione, i quali trovano la loro fonte non nel con-
tratto nullo (o nel futuro contratto), ma in un particolare «rapporto giuridico
delle trattative», avente natura legale (e non convenzionale), espressione del
561
principio di tutela dell’affidamento fondato sul § 242 BGB . In tal senso vie-
ne ammessa l’autonoma esistenza degli obblighi di protezione, i quali possono
esistere indipendentemente dalla sussistenza degli obblighi di prestazione.
Trovando la loro fonte non nella volontà delle parti, ma nel principio dell’affi-
damento, gli obblighi di protezione non seguono le vicende del contratto, ri-

555
Il noto caso, c.d. Gemüseblattfall, che rappresenta un vero e proprio leading case in tema di re-
sponsabilità precontrattuale, è deciso dal BGH il 28 gennaio 1976, in NJW, 1976, p. 712, anche in JZ,
1976, p. 776, con nota critica di K.F. KREUZER.
556
Sul punto, si rinvia a M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité, cit., pp. 208 ss., 366 ss.
557
BGH, 10 gennaio 1968, in MDR, 1968, p. 402.
558
BGH, 10 gennaio 1968, cit., p. 402 s.
559
BGH, 10 gennaio 1968, cit., p. 403.
560
C.W. CANARIS, Ansprüche wegen «positiver Vertragsverletzungen», cit., p. 475 s.
561
C.W. CANARIS, op. ult. cit., p. 476.
80 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

562
correndo anche nella fase precontrattuale . Quindi, la nullità del contratto
non travolge gli obblighi di protezione, i quali persistono anche a prescindere
dall’inefficacia del successivo contratto. Da qui l’idea di un «unitario rapporto
563
obbligatorio di protezione» che, consentendo di qualificare una relazione
(come) giuridica sulla base «di obblighi creati dalla buona fede sulla scorta di
564
un affidamento socialmente rilevante» , doveva rappresentare la «dritte Spur»,
565
ovvero il “tertium genus” tra contratto e torto, nel quale comporre ad unità
la culpa in contrahendo, le violazioni positive del contratto e il contratto con
effetti di protezione per terzi.
Attraverso questa raffinata costruzione, la scienza giuridica tedesca, nel
ricostruire una nuova teoria dell’obbligazione che consentisse di porre rime-
dio alle insufficienze del BGB in materia di responsabilità civile, si propone-
va di offrire una tutela ragionevole al soggetto danneggiato, consentendogli
di ottenere il risarcimento ex contractu del danno pur «in assenza di un con-
566
tratto» .

16. Sulla scia dell’orientamento giurisprudenziale che prende avvio dal


controverso Testamentfall, la Corte Suprema Federale inizia ad estendere
l’efficacia protettiva del contratto ad ipotesi sempre più eterogenee, al fine di
risarcire in via contrattuale danni meramente economici.
Sulla base di un rapporto di Girokonto, un’impresa di costruzioni aveva
conferito mandato alla sua banca di pagare le scritture d’addebito che prove-
567
nivano da una ditta fornitrice di materiali per l’edilizia . Tuttavia tali scrittu-
re, allorché furono presentate alla banca del debitore, non furono pagate per-
ché il conto dell’impresa edilizia risultava privo di copertura. Essendo venuta
a conoscenza del mancato pagamento soltanto qualche giorno dopo, quando
l’ammontare delle note fu addebitato sul suo conto, la ditta fornitrice decise di
agire contro la banca del debitore chiedendo il risarcimento del danno quanti-
ficato nel valore delle ultime tre forniture, affermando che, se l’istituto banca-
rio avesse mandato indietro senza ritardo la prima scrittura d’addebito non
pagata, essa sarebbe venuta a conoscenza del mancato adempimento e non
568
avrebbe effettuato le ulteriori forniture, se non dietro pagamento anticipato .
562
C.W. CANARIS, op. loc. ult. cit.
563
C.W. CANARIS, op. ult. cit., p. 478.
564
In questi termini, C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 552 s.
565
C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., p. 567, nel sommario. Afferma che l’espressione lati-
na rende bene il concetto, ma che le locuzioni «“terza via” o “terzo binario” (alternativo al doppio
binario contratto-torto) sembrano altrettanto valide», G. VARANESE, op. ult. cit., p. 93, in nota 139.
566
C. VON BAR, Gemeineuropäisches Deliktsrecht, I, München, 1996, p. 472.
567
Il caso, noto come Lastschriftverfahren-Fall, proprio per l’avere ad oggetto una controversia re-
lativa a scritture d’addebito, è deciso, in ultima istanza, dal BGH il 28 febbraio 1977, in BGHZ, 69,
1978, p. 82 ss.
568
BGH, 28 febbraio 1977, cit., p. 83.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 81

Pur in assenza di qualsiasi rapporto contrattuale tra la ditta creditrice e la


banca del debitore, il Bundesgerichtshof accoglie il ricorso dell’attore (che era
risultato soccombente nei primi due gradi di giudizio) affermando che, anche
là dove non sussistono i requisiti minimi per l’applicazione della fattispecie di
cui al § 328 BGB, il creditore (seppur) “terzo” acquista il diritto al risarcimen-
to del danno per violazione degli obblighi di protezione ogni qual volta ha fat-
to affidamento, in buona fede, sullo “scopo” del contratto e sulla prevedibilità
569
dei suoi effetti con riguardo alla prestazione contrattuale . Sebbene fosse un
accordo interbancario a disporre che la banca del debitore doveva rispedire a
quella del creditore, nello stesso giorno del mancato pagamento, le note di
addebito non pagate per mancata copertura unitamente ad un avviso di man-
cato pagamento, e malgrado tale regola tutelasse direttamente l’interesse della
banca del creditore ad addebitare l’importo della nota sul conto corrente del
suo cliente, evitando che egli potesse disporre, medio tempore, delle somme in
concreto non corrisposte dalla banca del debitore, la Suprema Corte federale
ritenne che vi fosse comunque un autonomo interesse del creditore ad avere
tempestiva conoscenza degli inadempimenti che si erano verificati, al fine di
poter assumere le opportune misure di sicurezza idonee ad evitare i danni
570
conseguenti alla prosecuzione di tale rapporto .
Quindi, in forza del principio dell’affidamento contrattuale che caratterizza
i rapporti di ogni banca con i suoi clienti, anche il creditore “terzo” assume un
autonomo interesse che rientra nella sfera di protezione del contratto inter-
bancario. Così, l’obbligo di mandare indietro senza ritardo le note non pagate,
unitamente all’avviso di mancato pagamento, costituisce non soltanto un ob-
bligo convenzionalmente assunto, in virtù dell’accordo interbancario, dalla
banca del debitore nei confronti di quella del creditore, ma anche un obbligo
di protezione, fondato sulla buona fede, della banca del debitore nei riguardi
direttamente del creditore, il quale ha fatto affidamento sulle regole del traffi-
co giuridico ed, in particolare, sull’osservanza della regola che ha ad oggetto la
571
tempistica della comunicazione della nota d’addebito non pagata . Quindi,
malgrado l’accordo interbancario facesse riferimento «soltanto ai diritti e ob-
blighi tra gli istituti di credito partecipanti», il BGH ritiene che l’obbligo di
protezione trovi il suo fondamento nei principi di buona fede e di affidamen-
to, tant’è che Schutzpflichten potrebbero essere considerate sussistenti anche
572
in assenza dell’accordo tra gli istituti di credito .
Questa sentenza solleverà ulteriori perplessità in dottrina: se, con il c.d. Te-
stamentfall, il BGH aveva esteso la sfera protettiva (Schutzbereich) del contrat-
to sulla base dello stretto rapporto (di parentela) esistente tra il creditore (pa-

569
BGH, 28 febbraio 1977, cit., p. 86.
570
BGH, 28 febbraio 1977, cit., p. 87.
571
BGH, 28 febbraio 1977, cit., p. 88.
572
BGH, 28 febbraio 1977, cit., p. 89.
82 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

dre) e il terzo (figlia), con il c.d. Lastschriftverfahren-Fall la Suprema Corte ef-


fettua un vero e proprio salto in avanti rispetto alla giurisprudenza preceden-
573
te, allargando a dismisura la sfera delle persone protette . Al fine di evitare la
nascita di situazioni pericolose di affidamento, piuttosto che estendere l’effica-
cia protettiva dell’accordo interbancario oltre ogni ragionevole limite, avrebbe
potuto fondare la sua decisione su un dovere autonomo della banca verso il
574
cliente .
La successiva evoluzione giurisprudenziale del contratto con obblighi di
protezione per terzi, però, si incentrerà proprio sulla risarcibilità dei danni
meramente economici, riguardando ipotesi di responsabilità contrattuale del
professionista e, più in generale, dell’esperto nella redazione di consulenze, pe-
rizie, accertamenti di controllo, certificati di bilancio, prospetti informativi ed
altre notizie che possano ingenerare legittimi affidamenti di terzi nel regolare
svolgimento del traffico giuridico. Determinati soggetti che svolgono un’attività
575
qualificata (avvocati, revisori dei conti, consulenti fiscali, banche, periti, ecc.) ,
in virtù della posizione assunta nell’espletamento dei propri uffici, ingenerano
anche nei terzi una particolare fiducia che è ben superiore al normale affida-
mento che le parti, normalmente, ripongono nelle trattative.
Ed è proprio in questa materia che si avranno alcune delle decisioni più
576
contestate del BGH , le quali contribuiranno a porre in discussione la stessa
577
natura del rapporto tra creditore e terzo , che fino ad allora era stato invoca-
to come essenziale ai fini dell’applicazione del contratto con effetti di prote-
zione per terzi. Il trovarsi, cioè, da parte del terzo, nella medesima posizione
del creditore rispetto ai rischi che nascono dalla prestazione o, più in generale,
dall’esecuzione del contratto.
578
In una prima sentenza, definita come Konsulfall , il BGH, ribaltando le
due decisioni di merito ed il giudizio di rinvio che era conseguito alla cassa-
579
zione della sentenza d’appello , ammette il risarcimento dei danni richiesto
da una banca, per aver concesso un ingente mutuo al proprietario di un fondo
per un progetto d’edilizia turistica, sulla base di una perizia sul valore dell’im-
mobile redatta nella previsione della concessione dell’autorizzazione edilizia.
Allorché, invece, tale provvedimento non fu concesso, il contratto di mutuo fu

573
Testualmente, G. VARANESE, op. ult. cit., p. 98. Nella dottrina tedesca, M. PLÖTNER, Die Rechts-
figur des Vertrags mit Schutzwirkung für Dritte, cit., p. 35.
574
Così, C.W. CANARIS, op. ult. cit., p. 817.
575
Per talune ipotesi, cfr. H.J. MUSIELAK, Die Haftung der Banken für falsche Kreditauskünfte, in
VersR, 1977, p. 973 ss.; ID., Haftung für Rat, Auskunft und Gutachten, Berlin-New York, 1974, p. 32
ss.; B. GRUNEWALD, Die Haftung des Experten für seine Expertise gegenüber Dritten, in AcP, 187,
1987, p. 285 ss.
576
Per la critica al c.d. Konsulfall, cfr. H. HONSELL, Anmerkung a BGH, 23 gennaio 1985, in JZ,
1985, p. 952; M. PLÖTNER, op. ult. cit., p. 125.
577
In proposito, B. GRUNEWALD, op. cit., p. 288 s.
578
BGH, 23 gennaio 1985, in JZ, 1985, p. 951.
579
Cfr., infatti, BGH, 28 aprile 1982, in NJW, 1982, p. 2431.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 83

risolto, ma la somma erogata fu di gran lunga superiore al ricavato dell’asta


giudiziaria. La banca, quindi, citò in giudizio l’architetto estensore della peri-
zia, commissionata non dall’istituto di credito, ma dall’impresa che intendeva
edificare il villaggio. Il BGH, nel risarcire i danni subiti dalla banca, afferma,
per la prima volta, che l’inserimento del terzo (l’istituto di credito) nella sfera
protettiva del contratto non può essere negato soltanto perché gli interessi del
580
creditore e del terzo sono «discordanti» . Un professionista, la cui posizione
sia ufficialmente attestata, può essere responsabile delle proprie affermazioni
contenute in un parere non soltanto nei confronti del committente, ma anche
nei riguardi di altre persone che pur sono titolari di interessi rivolti in direzio-
ni diverse, potendo di frequente accadere che la perizia sia utilizzata proprio
da questi.
Tale orientamento troverà un’ulteriore conferma in un’altra decisione del
581 582
BGH , non a caso definita come la “pietra dello scandalo” . Nel redigere
una perizia che era stata commissionata dalla proprietaria di un immobile, che
ne attestasse il valore ai fini della vendita, un perito edile sottace la necessità di
consistenti lavori di ristrutturazione del tetto, anche a causa del dolo del figlio
della proprietaria che, nel corso della perizia, aveva occultato i vizi dell’immo-
bile. Dopo aver acquistato l’immobile, facendo affidamento sulla perizia, con
l’esclusione delle garanzie per i vizi della cosa, sia palesi sia occulti, il compra-
tore definisce in via stragiudiziale la controversia con il venditore. Agisce poi
avverso il perito per il risarcimento dei danni conseguenti alla vendita, affer-
mando che non avrebbe acquistato l’immobile se fosse venuto a conoscenza
degli ingenti lavori di ristrutturazione. Il BGH, nel condannare il perito edile
al risarcimento contrattuale del danno, inserisce il compratore nella sfera di
protezione di un contratto che era stato stipulato tra il perito e il venditore,
soggetto, quest’ultimo, portatore di un interesse specularmente contrapposto
a quello dell’acquirente. Tale decisione, per un verso, viola il principio in base
al quale la posizione del terzo non potrebbe essere più ampia o, addirittura, con-
trastante con quella del creditore; per altro verso, si rivela sostanzialmente di-
somogenea rispetto ai casi tradizionali di Schutzwirkung a favore di terzi, nei
quali il terzo è stato considerato “protetto” proprio sulla base di una relazione
particolarmente stretta con il creditore, non essendosi mai dubitato che il sog-
583
getto protetto fosse “dalla parte” o “nella situazione” del creditore . In que-
sto caso, invece, il terzo protetto si trova “dalla parte opposta”, nella situazio-
ne contrapposta a quella del creditore, essendo l’interesse del quale è portato-
584
re in evidente discordanza con l’interesse del creditore .
580
BGH, 23 gennaio 1985, cit., p. 951.
581
Il caso, c.d. Dachbodenfall, è deciso dal BGH il 10 novembre 1994, in JZ, 1995, p. 308.
582
La traduzione italiana è di G. VARANESE, Il contratto, cit., p. 114.
583
In questi termini, ad es., H.-J. MUSIELAK, Haftung für Rat, Auskunft und Gutachten, cit., p. 41 s.
584
C.-W. CANARIS, Schutzwirkungen zugunsten Dritter bei “Gegenläufigkeit” der Interessen, in JZ,
1995, p. 442 ss.
84 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

17. Con queste ultime decisioni la giurisprudenza rinunzia non soltanto al-
585
l’elemento volontaristico, e cioè alla “volontà ipotetica delle parti” derivante
586
dallo scopo del contratto , ma anche alla stessa vicinanza del terzo agli inte-
ressi del creditore. Nella giurisprudenza classica, invece, il Vertrag mit Schutz-
wirkung für Dritte aveva trovato applicazione proprio sul presupposto che il
debitore non avesse adottato (o avesse violato, con una condotta positiva)
quelle particolari misure di protezione che avrebbero evitato il rischio di dan-
587
ni sia al creditore, sia a tutti i soggetti “prossimi” alla sfera del creditore . Le
due sentenze aventi ad oggetto la responsabilità del perito, invece, avevano
dimostrato, secondo una parte della dottrina, che non v’era alcun rapporto
giuridico in base al quale il committente della perizia fosse obbligato alla cura
588
del terzo danneggiato e che, anzi, v’era un evidente contrasto di interessi tra
589
il committente creditore (della perizia) e il terzo . Da qui le proposte, auto-
revolmente sostenute, di applicare a queste ipotesi controverse i principi della
590
responsabilità precontrattuale per lesione dell’affidamento , ovvero di quali-
ficare le fattispecie in termini di responsabilità aquiliana, attraverso la teoria
591
degli obblighi del traffico . Ma la profetizzata scomparsa delle Schutzpflichten
a vantaggio di una corrispondente espansione delle Verkehrspflichten non si
verificherà, essendosi proposto il legislatore tedesco (Gesetz zur Modernisie-
rung des Schuldrechts) di risolvere le originarie “lacune” del BGB nell’ambito
della disciplina delle responsabilità contrattuale, piuttosto che di quella extra-
contrattuale. La quale, pur in presenza di qualche significativa modifica, ri-
marrà sostanzialmente immutata nei suoi principi ispiratori. Anzi, la stessa
abrogazione del § 847 BGB e la sua riproposizione nel comma 2 del § 253
hanno contribuito a determinare l’ulteriore espansione della responsabilità con-
592
trattuale anche in ordine al risarcimento del danno non patrimoniale .
593
La legge di modernizzazione della disciplina delle obbligazioni , pur muo-

585
C.-W. CANARIS, op. loc. ult. cit.
586
Su tale nozione, W. BAYER, Der vertrag zugunsten Dritter, cit., p. 133.
587
Cfr. E. BARCELLONA, Responsabilità da informazione al mercato: il caso dei revisori legali dei
conti, Torino, 2003, p. 189.
588
B. GRUNEWALD, Die Haftung des Experten, cit., p. 288.
589
G. VARANESE, op. ult. cit., p. 127.
590
La tesi era autorevolmente sostenuta da C.-W. CANARIS, Die Vertrauenshaftung im deutschen
Privatrecht, München, 1971, pp. 266 ss., 411 ss. Pone in evidenza l’evoluzione di questa figura, rispet-
to alla «ambiguità originaria della culpa in contrahendo come la rilevò fin dall’inizio Jhering», C. CA-
STRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 584.
591
Con specifico riferimento alle problematiche qui esaminate, U. HUBER, Verkehrspflichten zum
Schutz fremden Vermögens, in Festschrift für Ernst von Caemmerer, cit., p. 376.
592
Su tale intervento legislativo, per tutti, G. CIAN, La riforma del BGB, cit., p. 132. Considera ta-
le riforma una delle novità più significative del nuovo diritto tedesco della responsabilità contrattuale,
F. ADDIS, Risarcimento del danno contrattuale, cit., p. 29 ss.
593
Sulla quale, per tutti, C.W. CANARIS, Contenuti fondamentali e profili sistematici del Gesetz
zur Modernisierung des Schuldrechts, in G. DE CRISTOFARO (cur.), La riforma del diritto tedesco del-
le obbligazioni, Padova, 2003, p. 7 ss.; ID., La mancata attuazione del rapporto obbligatorio: profili ge-
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 85

vendo dall’esigenza di dare attuazione ad alcune direttive europee (in particola-


re, la direttiva 1999/44/CE, in materia di vendita e garanzia di beni di consumo;
la direttiva 2000/31/CE, sul commercio elettronico; la direttiva 2000/35/CE,
relativa al pagamento delle transazioni commerciali) costituirà l’occasione per
effettuare la più considerevole riforma del diritto delle obbligazioni che sia
stata conosciuta dal diritto tedesco dopo l’entrata in vigore del BGB. Viene
modificata l’intera disciplina sull’inadempimento, che in origine era stata im-
perniata sui due istituti dell’impossibilità e del ritardo. Ad un sostanziale con-
tenimento degli effetti protettivi all’esterno del rapporto obbligatorio, che
probabilmente risente delle critiche rivolte all’utilizzo giurisprudenziale del
Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte in ipotesi di interessi divergenti o “con-
trastanti”, fa seguito, invece, la più ampia esaltazione del ruolo degli obblighi
594
di protezione proprio all’interno del rapporto obbligatorio . Nell’ambito di
una valutazione del contratto quale strumento tipico preordinato a soddisfare
gli interessi patrimoniali delle parti, la tutela delle Schutzpflichten rappresenta
595
un “fatto naturale” del diritto dei contratti . Il “rapporto particolare” che i sog-
getti pongono in essere allo scopo di regolamentare i propri interessi, da un lato,
espone le parti ad un maggiore rischio di danno, che richiede una tutela più in-
596
tensa rispetto a quella fornita dalla responsabilità aquiliana ; dall’altro, permet-
te di individuare precisamente i centri di interesse che sono coinvolti nel “con-
tatto” giuridico-sociale, evitando il rischio, paventato un po’ in tutti i sistemi,
597
di un aumento esponenziale della risarcibilità dei danni cc.dd. indiretti .
Di queste problematiche si è fatta carico la riforma del diritto delle obbli-
gazioni, entrata in vigore il 1° gennaio 2002. La teoria delle violazioni positive
del contratto trova la sua ricezione legale e, parallelamente, la sua “dissoluzio-
598
ne” , nella riforma del § 280 BGB che, attraverso la «positivizzazione» di una
599
clausola generale di responsabilità contrattuale , e il superamento della teoria
dell’impossibilità, fonda la tutela risarcitoria su qualsiasi “violazione dell’ob-

nerali. Il nuovo diritto delle Leistungsstörungen, in Riv. dir. civ., 2003, I, p. 29 ss.; R. SCHULZE, Il
nuovo diritto tedesco delle obbligazioni e il diritto europeo dei contratti, in Riv. dir. civ., 2004, I, p. 57
ss.; G. CIAN, Significato e lineamenti della riforma dello Schuldrecht tedesco, ivi, 2003, I, p. 1 ss.; C.
HATTENHAUER, La storia della Schuldsrechtsmodernisierung ed i compiti del legislatore, in Contr.
impr. Europa, 2004, p. 665 ss.; S. GRUNDMANN, Risarcimento del danno contrattuale, cit., p. 169 ss.;
F. ADDIS, op. cit., p. 18 ss.; G. DE CRISTOFARO, Note introduttive sulla genesi e sull’oggetto della ri-
forma tedesca e sui contenuti del Quaderno, in G. DE CRISTOFARO (cur.), La riforma, cit., p. IX ss.
594
Testualmente, G. VARANESE, Il contratto, cit., p. 133, e la bibliografia ivi cit.
595
Così, L. LAMBO, Obblighi di protezione, cit., p. 56.
596
L. LAMBO, op. ult. cit., p. 58.
597
Problema, questo, già sollevato da C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., p. 576.
598
Discorre di una “dissoluzione”, nelle singole previsioni normative, della teoria della lesione
positiva del credito, C.-W. CANARIS, Contenuti fondamentali e profili sistematici, cit., p. 21. Sul pun-
to, v., altresì, tra i tanti, ID., La mancata attuazione del rapporto obbligatorio, cit., p. 30 s.; G. CIAN,
Significato e lineamenti, cit., p. 14; R. FAVALE, Perturbative dell’adempimento, cit., p. 739; F. ADDIS,
op. ult. cit., p. 24 s.
599
F. ADDIS, op. ult. cit., p. 25.
86 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

bligo” (Pflichtverletzung) imputabile al debitore. La riformulazione dei §§ 275


e 280 consente altresì di superare definitivamente quell’obiezione, alla quale
già si era risposto attraverso la distinzione tra obblighi primari e secondari,
che considerava concettualmente insostenibile la persistenza di un obbligo di
risarcimento del danno in presenza dell’estinzione, a causa dell’impossibilità,
600
dell’obbligo di prestazione . Nell’ampia figura della “violazione dell’obbli-
go” sotto fatti rientrare sia gli obblighi precontrattuali, sia gli obblighi primari
di prestazione e di protezione, i quali trovano la loro fonte nel contratto o nel-
601
la legge . La riscrittura in termini così generali della figura dell’inadem-
pimento rappresenta un’evidente ricezione legislativa della teoria dell’obbli-
gazione quale rapporto complesso, nel quale gli obblighi di protezione convi-
vono con pari dignità rispetto agli obblighi di prestazione. Tale riforma ha in-
dotto perfino a ravvisare nell’idea di “violazione dell’obbligo” un grado di ge-
neralità ancor superiore rispetto alla nostra figura dell’inesatto adempimento
602
(art. 1218 c. c.) ed a quella inglese di breach of contract .
603
Gli obblighi di protezione trovano un esplicito riconoscimento nel nuo-
vo testo del comma 2 del § 241 BGB, il quale dispone che il rapporto obbliga-
torio, in relazione al suo contenuto, può obbligare le parti ad avere attenzione
verso i diritti e i beni giuridici della controparte. A seguito dell’entrata in vigo-
re di tale norma, una parte della dottrina tedesca ha sostenuto l’avvenuta equi-
parazione tra gli obblighi di prestazione e quelli di protezione, entrambi con-
siderati obblighi primari (Primärpflichten), a loro volta suddivisi in obblighi
604
principali ed in obblighi accessori rispetto alla prestazione . Il generale rife-
rimento ai diritti e ai beni giuridici dell’altra parte, inoltre, risolve in senso af-
fermativo l’annosa questione della risarcibilità dei danni meramente economi-
ci, consentendo la tutela contrattuale del patrimonio oltre gli angusti limiti
stabiliti dal § 823, comma 1, BGB in tema di responsabilità delittuale. L’impu-
tazione degli obblighi in capo a ciascuna delle parti, nel prescindere dalla tra-
dizionale contrapposizione tra i concetti di “debitore” e “creditore”, svincola
la titolarità degli obblighi di protezione da quelli di prestazione. Nel senso che
il soggetto che riveste la qualifica di debitore o di creditore con riferimento
agli obblighi di prestazione potrà assumere una diversa posizione con riguar-
do agli obblighi di protezione. Così, il creditore di un obbligo di prestazione
605
potrà essere debitore di un obbligo di protezione .

600
Sul punto, L. LAMBO, op. ult. cit., p. 61 s., in nota 127.
601
Per tutti, S. LORENZ, T. RIEHM, Lehrbuch zum neuen Schuldrecht, München, 2002, p. 183 ss.
602
L. LAMBO, op. ult. cit., p. 62, al quale si rinvia per la bibliografia ivi cit.
603
Proprio in virtù dell’unanime orientamento che affermava l’esistenza degli obblighi di prote-
zione ancor prima della riforma, una parte della dottrina tedesca ravvisa nel § 241, comma 2, un ca-
rattere meramente “declaratorio” (H. EHMANN, H. SUTSCHET, Modernisierte Schuldrecht, München,
2002, p. 71).
604
In questi termini, H. BROX, W.D. WALKER, Allgemeines Schuldrecht, cit., p. 13.
605
G. VARANESE, op. ult. cit., p. 134, in nota 119.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 87

Il legislatore tedesco della riforma aderisce ad una concezione dell’obbliga-


606
zione quale rapporto complesso , che tende a realizzare sia l’interesse a con-
seguire esattamente l’utilità che è specificamente oggetto del regolamento con-
trattuale, sia l’interesse a non subire pregiudizi (patrimoniali e non) nella sfera
giuridica delle parti e dei soggetti a loro “prossimi” a causa dell’esecuzione
difettosa della prestazione o dei contatti intervenuti in vista della stipulazione
di un futuro contratto. Il rapporto di protezione, così come sottolineato da
607
un’autorevole dottrina, trova il suo titolo nella legge , sia prima sia dopo la
conclusione del contratto. La previsione che introduce, esplicitamente, l’obbli-
go, per ciascuna delle parti, di avere attenzione verso i diritti, i beni giuridici e
gli interessi dell’altra parte (§ 241, comma 2, BGB), diversamente da quanto
disponeva il testo precedente del § 241, che citava esplicitamente soltanto gli
obblighi di prestazione, integra normativamente la struttura del rapporto ob-
bligatorio e pone gli obblighi di protezione (a suo tempo ricondotti, dall’ela-
borazione dottrinale e giurisprudenziale, alla sola clausola generale di buona
fede prevista dal § 242 BGB) sul medesimo piano degli obblighi di prestazio-
ne, sancendone la loro autonomia. Le Schutzpflichten, anche a seguito della
riforma del § 311 BGB, sorgono «prima e a prescindere» dall’obbligo di pre-
stazione, «in funzione di protezione della sfera giuridica della controparte, fin
dal momento in cui si instaura una relazione rilevante sul piano della coscien-
608
za sociale alla stessa stregua di quelle instaurate negozialmente» .
Al fine di distinguere, sui piani strutturale e sistematico, gli obblighi di pre-
stazione da quelli di protezione, si è rilevato che questi ultimi, nel caratteriz-
zarsi per avere sempre una fonte legale, lungi dal divenire esigibili, gravereb-
bero in modo permanente sull’obbligato e non potrebbero essere adempiuti,
609
ma soltanto violati . Si è precisato, tuttavia, che questa generalizzazione po-
610
trebbe riguardare soltanto alcune tipologie di obblighi di protezione . Tant’è
che, ad esempio, il § 618 BGB, classico esempio di obblighi di protezione “ti-
pizzati” nella parte speciale del BGB ancor prima della riforma del 2002, espli-
citamente obbliga l’avente diritto alla prestazione di servizi a proteggere il pre-
statore dai rischi che possono minacciare la vita e l’integrità fisica. In questo
caso, il prestatore di servizi può richiedere la preventiva attuazione delle misu-
re di protezione, ricorrendo, eventualmente, al diritto di ritenzione, che gli

606
Per tutti, D. MEDICUS, Schuldrecht, I, Allgemeiner Teil, München, 2003, p. 2 ss.; H. BROX,
W.D. WALKER, op. cit., p. 7 ss.
607
Ancor prima della riforma, C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., p. 807 ss.; ed ora, per tut-
ti, D. MEDICUS, op. ult. cit., p. 3.
608
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 541.
609
Così, C.-W. CANARIS, Contenuti fondamentali e profili sistematici del Gesetz zur Modernisie-
rung des Schuldrechts, in C.W. CANARIS, La riforma del diritto tedesco delle obbligazioni, Padova,
2003, p. 20 ss.
610
Cfr., ad es., D. MEDICUS, Schuldrecht, I, cit., p. 206 ss.; P. SCHLECHTRIEM, Schuldrecht, Allge-
meiner Teil, Tübingen, 2003, p. 72 ss.
88 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

permette di rifiutarsi di eseguire la prestazione fino a quando non sia effettua-


611
ta la prestazione che gli è dovuta (§ 273 BGB) .
612
L’obbligazione, quindi, contiene al suo interno due oggetti equi-ordinati :
Leistungsebene e Schutzebene convivono con pari dignità ed in piena autono-
mia. In quest’ultima figura confluisce la stessa problematica della culpa in con-
trahendo, sulla base di quanto si desume dalla disciplina che il legislatore ha
613
inteso ad essa assegnare ai sensi del § 311 BGB .
Proprio la previsione di un’esplicita disciplina per la culpa in contrahendo,
considerata fonte autonoma di obblighi di protezione “isolati”, che trovano il
loro fondamento pur sempre all’interno della consacrazione di un rapporto
614
obbligatorio senza obbligo di prestazione , consente di risolvere in modo di-
verso quei casi nei quali la dottrina aveva ravvisato un utilizzo improprio del
615
Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte . I commi 2 e 3 del nuovo § 311, nel
fondare le ipotesi di responsabilità precontrattuale su una particolare “fidu-
cia”, che è più ampia del normale affidamento nelle trattative, sembrano rece-
pire quella nozione giurisprudenziale estesa di culpa in contrahendo, che, an-
cor prima della riforma, era stata idonea a comprendere anche quei contatti
affini a quelli negoziali nei quali non era in corso alcuna trattativa, trovandosi i
616
soggetti interessati al potenziale contratto in una fase senz’altro precedente .
617
Nell’aprire un varco alla responsabilità per false informazioni , il legislatore,
in molte ipotesi controverse di responsabilità professionale, può aver preferito
propendere per la responsabilità precontrattuale piuttosto che per un’esplicita
618
efficacia protettiva esterna del rapporto obbligatorio . Ad esempio, nei con-
fronti di un contratto di consulenza stipulato con un professionista, il soggetto
estraneo che subisce un danno patrimoniale per aver fatto affidamento su
quelle informazioni, piuttosto che essere risarcito in qualità di terzo, sulla base
degli effetti di protezione di un contratto del quale non è parte, ma che, anzi,
lo vede portatore di interessi contrastanti con quelli del creditore, può essere
risarcito sul fondamento del mero affidamento riposto nei dati espressi da un
soggetto qualificato, che lo hanno indotto a stipulare un contratto di per sé

611
P. SCHLECHTRIEM, op. ult. cit., p. 72.
612
Per la sottolineatura di tale aspetto, si rinvia a G. CIAN, La figura generale dell’obbligazione
nell’evoluzione giuridica contemporanea tra unitarietà e pluralità degli statuti, in Riv. dir. civ., 2002, I,
p. 498 s.
613
Precisa, infatti, che la figura della culpa in contrahendo «trova configurazione come ipotesi di
rapporto obbligatorio ex § 241 comma 2, BGB», R. FAVALE, Perturbative dell’adempimento, cit., p.
740.
614
Cfr. C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 552 e passim.
615
Così, anche G. VARANESE, op. ult. cit., p. 135.
616
J. KOCH, § 311 Abs. 3 BGB als Grundlage einer vertrauensrechtliche Auskunftshaftung, in AcP,
204, 2004, pp. 59 ss., 69 ss.
617
J. KOCH, op. loc. ult. cit.
618
In argomento, M. SCHWAB, Gründfälle zu culpa in contrahendo, Sachwalterhaftung und Vertrag
mit Schutzwirkung für Dritte nach neuem Schuldrecht, in JuS, 2002, p. 773 ss.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 89

619
pregiudizievole . Così, nel caso di perizia inesatta in ordine ad un bene og-
getto di un contratto di compravendita, l’acquirente che, sulla base di tale pe-
rizia, paghi un prezzo di gran lunga superiore rispetto al valore del bene, più
che essere protetto, in qualità di terzo, sulla base dell’efficacia esterna del con-
tratto di perizia, potrà chiedere il risarcimento del danno al professionista per
responsabilità precontrattuale, in qualità di soggetto che sta partecipando alla
conclusione del contratto di compravendita. In queste ipotesi si è pur sempre
nell’ambito della responsabilità contrattuale, ma il presupposto per la sua ap-
plicazione non è più (un uso per più versi contestato de) il Vertrag mit Schutz-
wirkung für Dritte, bensì l’applicazione della disciplina in tema di responsabi-
lità precontrattuale. Proprio la riconduzione alla responsabilità precontrattua-
le delle ipotesi più controverse potrà, forse, offrire «la possibilità di ridare
620
nuova linfa al “vero” Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte» .
La riforma tedesca ha dato adito, però, ad interpretazioni parzialmente di-
vergenti. Si è rilevato, infatti, come il contestato orientamento giurispruden-
ziale in materia di Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte avrebbe comunque ri-
621
cevuto un esplicito riconoscimento legislativo . Nonostante le critiche della
dottrina, la riforma dello Schuldrecht è sembrata muoversi «proprio nella pro-
spettiva ora censurata» là dove il comma 3 del § 311 «fa esplicitamente l’esem-
pio di una responsabilità da affidamento, che diventa il modello di responsabi-
lità nei confronti della persona e/o delle cose del terzo [...] nell’ambito del
principio più generale della “culpa in contrahendo” assurto dopo la riforma al
622
livello di uno degli istituti centrali del nuovo diritto civile tedesco» .

18. A margine di queste pagine è possibile trarre alcune conclusioni.


Pur in presenza delle notevoli differenze che hanno caratterizzato i percor-
si dell’obbligazione di sécurité e della stipulation pour autrui tacite, in Francia,
della culpa in contrahendo, delle violazioni positive del contratto, degli obbli-
ghi di protezione e del Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte, in Germania, la
scoperta di tali figure può essere considerata all’origine di quella “evoluzione
comune” che ha caratterizzato la scienza giuridica euro-continentale in mate-
ria di responsabilità contrattuale, la quale è pervenuta a “creazioni” del tutto
simili, pur muovendo da modelli legali assai distanti, in tema di responsabilità
sia delittuale sia contrattuale.
619
Afferma, in proposito, che si è così «passati dalla Drittschutz alla Dritthaftung», G. VARANESE,
op. ult. cit., p. 136.
620
G. VARANESE, op. loc. ult. cit. Nella dottrina tedesca, H.-P. HAFERKAMP, Der Vertrag mit
Schutzwirkung für Dritte nach der Schuldrechtsreform – ein Auslaufmodell?, in B. DAUNER LIEB, H.
KONZEN, K. SCHMIDT, Das Neue Schuldrecht in der Praxis, Köln, 2003, p. 180 ss.
621
Sulla base del «combinato disposto dei §§ 311, comma 3, e 241, comma 2, BGB novellato, in
forza dei quali gli obblighi di protezione ex § 241, comma 2, sono estesi dal comma 3° del § 311 a chi
non sia parte del contratto» (E. MOSCATI, I rimedi contrattuali, cit., p. 372).
622
E. MOSCATI, op. ult. cit., pp. 379 e 380.
90 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Pur se risulta difficile verificare storicamente i rapporti tra l’obbligazione


di sécurité e gli obblighi di protezione, e, soprattutto, tra la stipulation pour au-
trui tacite e il Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte, al fine di dimostrare se
un’esperienza abbia univocamente influenzato l’altra attraverso la ricezione
cosciente di un modello già compiuto (non è escluso, infatti, che potrebbe
trattarsi di creazioni autonome e parallele), quanto meno da un punto di vista
cronologico l’obbligazione di sécurité può essere considerata l’antesignana di
quel fenomeno che, dal 1932, si svilupperà nella scienza giuridica germanica
in termini di obblighi di protezione e che, oggi, viene recepito, in Italia, come
623
“obbligazione senza obbligo primario di prestazione” o, viceversa, come
624
“prestazione senza obbligazione” . L’estensione della responsabilità contrat-
tuale ad ipotesi nelle quali l’inesatto adempimento ha ad oggetto un’obbliga-
zione che non ha la sua fonte diretta ed esplicita in un contratto concluso tra il
debitore e il creditore danneggiato trova un fondamento sufficiente in una re-
625
lazione giuridicamente rilevante , o in un rapporto a contenuto determina-
626 627
to caratterizzato, semmai, da un “contatto sociale” (più o meno) qualificato.
L’obbligazione di sécurité, in Francia, e gli obblighi di protezione, in Ger-
mania, assumono un’analoga fisionomia strutturale e realizzano identiche fun-
zioni. Anche i casi riscontrati in giurisprudenza paiono abbastanza simili. In
presenza di una comune origine legata al contratto di trasporto, in entrambi i
paesi la giurisprudenza estenderà l’applicazione della responsabilità contrattua-
le, ravvisando l’esistenza di obbligazioni di sécurité o di obblighi di protezio-
ne, ai rapporti giuridici più disparati. Già Luigi Mengoni aveva constatato un
sostanziale allineamento tra le obbligazioni di sécurité, in Francia, e gli obbli-
ghi di protezione, in Germania, rilevando come, anche in Italia, identici ob-
blighi reciproci “di correttezza”, esplicitamente qualificati dall’art. 1175 c.c.
sul fondamento del principio di buona fede, potessero “accedere” al rapporto
obbligatorio in vista dell’interesse di ciascuna parte a preservare la propria
persona e il proprio patrimonio dalle specifiche possibilità di danno derivanti
628
proprio dalla particolare relazione costituitasi tra i due soggetti .
Pur in presenza di un’elaborazione sicuramente più colta e raffinata della
dottrina tedesca, che ha distinto chiaramente gli obblighi di prestazione da
quelli di protezione, e che oggi attribuisce ad essi pari dignità, classificando
entrambi come obblighi primari, rispetto ad altri considerati “secondari” (come
quello, ad es., al risarcimento dei danni), gli obblighi di protezione e le obbli-
623
C. CASTRONOVO, L’obbligazione senza prestazione, cit., p. 191 ss.
624
In questi termini, A. DI MAJO, L’obbligazione senza prestazione, cit., p. 451.
625
Secondo l’ampia definizione proposta da C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 70 ss.
626
In questi termini A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni e «rapporto proprietario», cit.,
p. 309 e passim.
627
Emblematica, in proposito, è la posizione assunta, nell’esperienza italiana, da Cass., III Sez.
civ., 22 gennaio 1999, n. 589, cit., p. 298 s.
628
Testualmente, L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 368.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 91

gazioni di sécurité rappresentano rapporti giuridici non (più) necessariamente


629
“accessori” (rispetto alla prestazione), che trovano la loro fonte senz’altro
nella legge. Tale conclusione, che oggi ha una conferma evidente nella riforma
legislativa tedesca (§§ 241, comma 2, e 311 BGB), era stata anticipata dalla
630 631
migliore dottrina, sia germanica , sia d’oltralpe la quale, contestando que-
gli indirizzi che ora avevano preferito far ricorso alla finzione rappresentata
dalla “volontà ipotetica delle parti” (seppure ancorata al dato oggettivo dello
scopo del contratto), ora avevano tentato di qualificare come contractuelle l’ob-
bligazione di sécurité, non ravvisa più in quest’ultima «alcun carattere specifi-
632
camente contrattuale» , proponendo di definire tale figura con l’inedita espres-
633
sione «devoir de sécurité» .
Anche in presenza di analoghe vicende che hanno caratterizzato le obbli-
gazioni di sécurité e gli obblighi di protezione, una consistente differenza ha
riguardato la loro efficacia (protettiva) nei confronti di terzi, in virtù del diver-
so ruolo che la stipulation pour autrui tacite ha assunto in Francia (e in Italia),
rispetto alla funzione che il contratto con effetti di protezione per terzi ha
svolto nell’ambito del diritto tedesco. Pur essendo stati “scoperti” dalle Corti
francesi e tedesche in pari epoca e nella stessa materia del contratto di traspor-
to, il Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte assurge in breve tempo a grande dif-
fusione nella scienza giuridica tedesca al precipuo scopo di superare, a favore
della vittima, i rigorosi limiti previsti dal sistema di responsabilità delittuale.
Tuttavia, malgrado la sua occasionale e spesso contestata applicazione nel-
l’esperienza francese (e in quella italiana), dovuta, probabilmente, alla tradi-
zionale formazione “delittuale” della scienza giuridica d’oltralpe ed alla diffe-
rente estensione (e comprensione) di un sistema di responsabilità extracon-
trattuale costruito attorno a due clausole onnicomprensive considerate di or-
dine pubblico “costituzionale” (gli artt. 1382 e 1384 code civ.), la stipulation
pour autrui tacite assume connotazioni strutturali abbastanza simili al contrat-
to con effetti protettivi per terzi. Entrambi sono stati pensati per estendere la
responsabilità contrattuale (anche) nei confronti di terzi estranei all’originario
contratto, che sono considerati portatori di un “interesse” all’esatto adempi-
mento dell’obbligazione nei riguardi del creditore e che hanno subito un dan-
no proprio a causa (o, “in occasione”) di un “inadempimento”.
629
Così, C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 550, ove sottolinea come gli ob-
blighi di protezione abbiano «rischiato di perdere la propria autonomia» proprio nella concezione di
Heinrich Stoll.
630
Per tutti, C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., p. 807 ss.; ed ora, D. MEDICUS, Schuldrecht,
I, cit., p. 3.
631
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., III éd., 2006, p. 471 s.; e già, P. JOURDAIN,
L’obligation de sécurité, in Gaz. Pal., 1993, 2, Doctr., p. 1171; ID., Le fondement de l’obligation de
sécurité, cit., p. 1198 s.; Y. LAMBERT FAIVRE, Fondement et régime de l’obligation de sécurité, cit., p.
81 s.
632
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 471.
633
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
92 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Non si può, però, non rilevare come il Vertrag mit Schutzwirkung für Drit-
te, proprio in virtù della sua rigogliosa, contrastante e contrastata evoluzione,
sia divenuto un fenomeno estremamente più complesso rispetto al suo omolo-
go francese. Nato sulla base dello schema del contratto a favore di terzi (attra-
verso l’applicazione analogica del § 328 BGB), sarà il successivo collegamento
alla teoria degli obblighi di protezione a consentirne lo straordinario sviluppo,
sulla base dei criteri giurisprudenziali della “prossimità” del terzo alla sfera di
rischio della prestazione dovuta; dello “stretto rapporto” tra creditore e terzo,
che ingenera nello stesso creditore un “particolare interesse”, meritevole di
634
tutela , alla protezione del terzo (le Corti tedesche, in proposito, richiedono
che il creditore debba essere in qualche modo o forma responsabile del bene e
del male del terzo: das Wohl und Wehe des Dritten); della consapevolezza, da
635
parte del debitore, della destinazione (anche a terzi) della prestazione e, più
in generale, della conoscenza o prevedibilità di questi criteri da parte del debi-
tore.
Ciò non significa, però, che il Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte abbia
avuto un’esistenza pacifica e incontestata. Malgrado la dottrina e le Corti tede-
sche abbiano fatto riferimento, a volta a volta, ad uno o a più criteri, sono sta-
636
te rilevate «incertezze ed ambiguità» che non avrebbero consentito di ela-
borare una dottrina del Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte che fosse “dog-
maticamente” rigorosa e coerente. Da un lato, si è rilevato come sia «abba-
637
stanza empirico» , e comunque «”esterno” al contratto», il criterio della “pros-
simità”, ravvisandosi il fondamento della tutela non (necessariamente) nel
contratto, ma nell’esposizione al rischio venutasi a creare anche in conseguen-
za di un mero “contatto” (che mai giungerà al “contratto”), che talvolta è ca-
ratterizzato da “stabilità” (relazione di parentela, ad es.), talaltra da “occasio-
638
nalità” . Dall’altro, si è sottolineato che se l’interesse del creditore all’esten-
sione della tutela potrebbe essere considerato «un elemento dotato di maggio-
639
re visibilità giuridica» , esso avrebbe l’indubbio limite di riguardare i soli
rapporti familiari o di servizio, apparendo del tutto inconferente per i rapporti
di scambio: non sarebbe sostenibile, infatti, che l’acquirente di un prodotto
«venga a collocarsi nell’area protettiva del contratto tra produttore e distribu-
634
Sottolinea il carattere della meritevolezza di tutela dell’interesse, A. DI MAJO, La protezione
contrattuale del terzo, in Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi nella prospettiva storico-com-
paratistica, a cura di L. Vacca, Atti del IV Convegno Internazionale ARISTEC (Roma, 13-16 settem-
bre 1999), Torino, 2001, p. 113.
635
A. DI MAJO, op. loc. ult. cit.
636
Tra gli altri, da A. DI MAJO, op. ult. cit., p. 114, in nota 3.
637
A. DI MAJO, op. ult. cit., p. 113 s., in nota 3.
638
Così, A. DI MAJO, op. ult. cit., p. 113, in nota 3, ove rileva come anche la presenza di un paren-
te nell’abitazione del creditore potrebbe essere occasionale, e non per questo irrilevante ai fini
dell’estensione degli effetti di protezione, mentre la presenza di un estraneo potrebbe essere “stabi-
le”, là dove risieda abitualmente nell’abitazione.
639
A. DI MAJO, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 93

640
tore» . Tale criterio sarebbe, altresì, inoperante ogni qualvolta la tutela con-
trattuale viene estesa anche a soggetti per definizione “distanti” dal creditore
della prestazione, sulla base «di una valutazione ad ampio raggio, di carattere
641
oggettivo, della Interessenlage quale espressa nel contratto» (si pensi al terzo
che utilizzi un’informazione ad altri destinata, facendo affidamento sulle quali-
tà del soggetto che l’ha resa). Infine, anche il criterio delimitativo fondato sul
“riferimento al terzo” della prestazione dovuta, per quanto maggiormente
idoneo degli altri due, perché “interno” al contratto ed alle indicazioni che da
esso possono trarsi, avrebbe il difetto di connotare il Vertrag mit Schutzwir-
642
kung für Dritte come un «“sottotipo” del contratto a favore di terzo» e, quin-
di, di disconoscere gran parte dell’evoluzione giurisprudenziale di questa figu-
ra, che si è caratterizzata proprio a seguito della sua emancipazione dal Ver-
trag zugunsten Dritter.
Questi rilievi testimoniano, ulteriormente, come la scienza giuridica tede-
643
sca, «sempre prodig[a] di categorie teoriche» che siano scientificamente
ineccepibili, abbia sostanzialmente abdicato alle sue tradizionali aspirazioni
dogmatiche nell’elaborazione del Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte. Ma, si
può rilevare, compito della giurisprudenza (tedesca) era non tanto quello di
elaborare una dottrina generale che fosse teoreticamente ineccepibile, quanto
quello di proporre soluzioni giuridiche che, in relazione al complessivo siste-
ma, fossero espressione di giustizia e di equità. Il diritto, d’altronde, non è una
scienza esatta, e la giurisprudenza, dovendo decidere, case by case, e nel corso
del tempo (nella specie, di quasi un secolo), casi eterogenei sia sotto il profilo
dei fatti, sia sotto quello del diritto, non è certo l’istituzione più idonea a pro-
porre soluzioni dotate, anche, di assoluto rigore sistematico. Invece, sotto il
profilo operazionale, non può disconoscersi alla scienza giuridica tedesca il
merito di aver corretto, in via interpretativa, anche attraverso l’applicazione di
questa figura, alcune delle principali lacune del sistema legale, indicando,
probabilmente, allo stesso legislatore i termini precisi della riforma. La quale,
pur avendo percorso una strada sensibilmente diversa da quella del Vertrag
mit Schutzwirkung für Dritte, attraverso l’esaltazione degli obblighi di prote-
zione e la codificazione della responsabilità per culpa in contrahendo risolve,
pur con un differente strumentario giuridico, gran parte delle problematiche
che, nel corso del XX secolo, avevano indotto le Corti ad esplorare la strada
degli effetti di protezione del contratto rispetto a terzi.
Riguardo al contratto con effetti di protezione per terzi ed alla stipulation
pour autrui tacite, quindi, appaiono evidenti le profonde differenze, soprattut-
to quantitative, che hanno caratterizzato l’applicazione di tali modelli nelle
640
A. DI MAJO, op. loc. ult. cit.
641
A. DI MAJO, op. loc. ult. cit.
642
A. DI MAJO, op. ult. cit., p. 114, in nota 3.
643
A. DI MAJO, op. ult. cit., p. 112.
94 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

esperienze tedesca e francese. Mentre, in Germania, questa figura ha riguarda-


644
to «una serie di casi il cui elenco è quasi sterminato» , in Francia, malgrado
la sua scoperta sia avvenuta, quasi un secolo fa, parallelamente alla “codifica-
zione”, da parte della Cassazione, dell’obbligazione di sécurité, essa ha rara-
mente tavalicato l’ambito del contratto di trasporto. In questa materia sono
645
riscontrabili soltanto isolate decisioni che, sulla scia del leading case del 1913,
hanno consentito a terzi, prossimi congiunti del contraente, di beneficiare
dell’obbligazione determinata di sécurité alla quale era tenuto il vettore. La
Cassazione, nel celebre arrêt Capitaine d’artillerie Noblet, ha ritenuto che, aven-
do assunto, la Compagnia ferroviaria, «in virtù del contratto di trasporto»,
verso la persona trasportata, «l’obbligazione di condurla sana e salva a desti-
nazione», nel caso di «incidente mortale sopravvenuto nel corso dell’esecu-
zione del contratto, il diritto di ottenere la riparazione del danno si è dischiu-
so, ai sensi dell’art. 1147 C. Civ., a vantaggio del coniuge e dei figli della vitti-
ma, a favore dei quali quest’ultima ha stipulato, senza che vi fosse bisogno di
646
farlo espressamente, dans la mesure de leur intérêt» . La medesima soluzione,
che ha riguardato anche il contratto di assicurazione «pour le compte de qui il
647
appartiendra», a vantaggio dei proprietari successivi della merce trasportata ,
non è stata però estesa a molti altri settori del diritto civile. La stessa Assem-
648
blée Plénière, allorché ha deciso l’arrêt Perruche , ha escluso il ricorso a tale
figura nel qualificare la responsabilità del medico per il danno subito dal “ter-
zo” nato andicappato, preferendo applicare la disciplina in tema di responsa-
bilità delittuale. A partire dagli anni ‘50, poi, la giurisprudenza ha ulterior-
mente disapplicato la stipulation pour autrui tacite a vantaggio dell’“azione di-
649
retta” normalmente esperibile nelle chaînes de contrats .
Tra i settori nei quali si è riscontrato, in controtendenza, un sensibile utiliz-
zo della stipulation pour autrui tacite v’è quello della responsabilità delle strut-
ture sanitarie per trasfusioni di sangue o per la somministrazione di emoderi-
vati infetti. Il fornitore del plasma è stato giudicato contrattualmente respon-
sabile nei confronti del paziente (terzo) al quale era stata praticata la trasfu-
sione, sulla base di un’obbligazione determinata di sécurité che ha trovato la
sua fonte in una stipulation pour autrui tacite presente nel contratto di sommi-
nistrazione del plasma stipulato tra il fornitore e la struttura sanitaria nella

644
G. VARANESE, Il contratto, cit., p. 137.
645
Si pensi, ad es., a Cass. civ., 6 décembre 1932, in Rec. Sirey, 1934, I, p. 81.
646
Cass. civ., 6 décembre 1932, cit., p. 81.
647
Su tale ipotesi cfr. M.L. IZORCHE, Les effets des conventions à l’égard des tiers: l’expérience fran-
çaise, in Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi, a cura di L. Vacca, cit., p. 85.
648
Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, in Sem. jur., 2000, II, Jur., 10438, p. 2309.
649
G. VINEY, Responsabilité civile, in Sem. jur., 1996, Doctr., I, 3985, p. 487. In giurisprudenza,
consentono il risarcimento della vittima mediante l’“azione diretta”, senza ricorrere alla stipulation
pour autrui tacite, ad es., Cass., I civ., 12 avril 1995 (2 arrêts), in Sem. jur., 1995, II, Jur., 22467; Cass.,
I civ., 9 Juillet 1996, in Rec. Dalloz, 1996, Inf. rap., p. 211.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 95

650
quale il paziente era stato ricoverato . Le strutture sanitarie sono state consi-
derate obbligate a fornire ai pazienti «prodotti esenti da vizi», e l’esonero da
questa obbligazione di sécurité di risultato è stato consentito soltanto in pre-
senza della «prova di una cause étrangère che non potesse essere loro imputa-
651
ta» . Malgrado tale contratto sia stato inquadrato sulla base non soltanto de-
gli artt. 1147 e 1384, comma 1, ma anche della Direttiva CEE n. 85/374 del 24
652 653
luglio 1985 , la quale ha poi «cancellato» la distinzione tra responsabilità
654
contrattuale e delittuale, Pierre Sargos ha considerato «felice» la soluzione
fondata sulla presunzione di stipulazione, poiché sarebbe stato altrimenti «ra-
gionevolmente incomprensibile» per un giurista medio «che il fondamento del
risarcimento del danno della vittima immédiate (cioè la persona contaminata
direttamente dalla trasfusione, o quella da essa a sua volta contaminata – è il
caso del coniuge emotrasfuso che infetta l’altro coniuge –) fosse differente da
quello della vittima par ricochet, essendo il pregiudizio nato proprio dal fatto
655
del quale ha sofferto la vittima immediata» . Dopo aver premesso che «ogni
produttore è responsabile per i danni causati da un difetto del proprio pro-
dotto, nei confronti tanto delle vittime immediate quanto di quelle par rico-
chet, senza che si debba distinguere se esse hanno le qualità di parte o di ter-
zi», è stato accolto dalla Suprema Corte il ricorso del marito e dei figli «per il
fatto della contaminazione della loro moglie e madre», non avendo la struttura
sanitaria assolto all’onere di provare «l’esistenza di una cause étrangère esone-
656
ratoria della loro responsabilità» .
Un orientamento analogo verrà seguito, in tema di responsabilità da pro-
dotto, dalla giurisprudenza austriaca la quale, sulla scia di un’autorevole dot-
657
trina , non presupponendo (a differenza di quella tedesca) «un rapporto
stretto tra creditore e terzo tale da costringere il creditore a occuparsi di per-
sona [...] del “Wohl und Wehe” di quest’ultimo», applicherà il Vertrag mit
Schutzwirkung für Dritte alla responsabilità del produttore nei riguardi del
consumatore finale, sulla base della fiducia da questi riposta «nel prodotto,
658
nel marchio ed in ultimo nel produttore stesso» . Infatti, il «contatto» era da
considerare «prevedibilissimo, perché si produce affinché il prodotto giunga
nella sfera del consumatore», stante l’interesse economico del produttore a che
il consumatore entri in possesso del prodotto, e l’interesse dell’ultimo rivendi-
650
In questi termini, già Cass., 17 décembre 1954, in Rec. Dalloz, 1955, Jur., p. 269, con nota di R.
RODIÈRE; Cass., 14 novembre 1995, cit. in G. VINEY, op. loc. ult. cit.
651
Cass., I civ., 12 avril 1995, in Sem. jur., 1995, II, Jur., 22467, con nota di P. JOURDAIN.
652
Cass., I civ., 28 avril 1998, in Sem. jur., 1998, II, Jur., 10088, p. 983.
653
P. SARGOS, Rapport a Cass., I civ., 28 avril 1998, in Sem. jur., 1998, II, Jur., 10088, p. 983.
654
P. SARGOS, op. loc. ult. cit.
655
P. SARGOS, op. loc. ult. cit.
656
Cass., I civ., 28 avril 1998, cit., p. 983.
657
F. BYDLINSKI, Vertragliche Sorgfaltspflichten zugunsten Dritter, in JBL,1960, p. 359 ss.
658
J.M. RAINER, I contratti con effetti protettivi nei confronti di terzi nel diritto austriaco, in Gli ef-
fetti del contratto nei confronti dei terzi, a cura di L. Vacca, cit., pp. 212 e 213.
96 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

tore a che «l’acquirente preservi la sua incolumità fisica e il prodotto non ar-
659
rechi danno al consumatore» . Da qui l’estensione degli effetti di protezione
a tutti i terzi «il cui contatto con la prestazione primaria era prevedibile al
momento della conclusione del contratto ed ai quali la parte contraente voleva
far pervenire dei vantaggi derivanti dalla prestazione primaria o per i quali la
parte contraente mostra un particolare interesse o nei confronti dei quali ha
660
degli obblighi di protezione derivanti dalla legge» .
Tuttavia, sarà proprio la successiva evoluzione della giurisprudenza d’ol-
tralpe, ispirata alla nuova disciplina d’origine europea (la direttiva n. 85-374
del 25 luglio 1985 verrà recepita, con tredici anni di ritardo, nella legge n. 98-
389 del 19 maggio 1998, inserita nel Titolo IV bis del Code civ.: artt. 1386-1 –
1386-18) a «condannare [...] l’obbligazione pretorienne di sécurité gravante sul
661
fabbricante e sul produttore» , a favore di una diversa ricostruzione tendente
a ravvisare «nella violazione contrattuale dell’obbligazione di sécurité [...] una
662
faute delittuale nei riguardi dei terzi» . La Corte di Giustizia delle Comunità
Europee, nel decidere che le vittime non possono avvalersi, avverso i fabbri-
663
canti e produttori, di un regime diverso da quello previsto dalla Direttiva ,
ha imposto alla giurisprudenza francese di limitare l’applicazione del droit
commun e, quindi, dell’obbligazione di sécurité ai soli «venditori professionnels
664
non fabbricanti», ovvero ai «distributori non produttori» . Ma, a seguito di
665
una successiva decisione della giurisprudenza comunitaria , si è dubitato che
un regime di responsabilità oggettiva proprio di un diritto nazionale, come
quello derivante dall’inadempimento di un’obbligazione determinata di sécuri-
666
té, potesse gravare anche sul fornitore non produttore .

659
J.M. RAINER, op. cit., p. 213.
660
J.M. RAINER, op. cit., p. 212.
661
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, III éd., 2006, cit., p. 463.
662
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 462. In giurisprudenza, per tutte, Cass., I civ., 13
février 2001, in Sem. jur., 2002, II, Jur., 10099.
663
CJCE, 25 avril 2002, in Rec. Dalloz, 2002, Jur., p. 1670. In dottrina, su tale decisione, J. CA-
LAIS-AULOY, Menace européenne sur la jurisprudence française concernant l’obligation de sécurité du
vendeur professionnel, in Rec. Dalloz, 2003, Chron., p. 2458; G. VINEY, L’interprétation par la CJCE
de la directive du 25 juillet 1985 sur la responsabilité du fait des produits défectueux, in Sem. jur., 2002,
I, Doctr., 177; Ph. BRUN, La directive du 25 juillet 1985, le législateur français et la Commission euro-
péenne: propos désabusés sur la réalisation d’un marché de dupes, in Mélanges B. Dutoit, Droz, Genève,
2002, p. 21 ss.
664
Lo rilevano G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 464.
665
CJCE, 10 janvier 2006, C-402-03, in Rev. trim. dr. civ., 2006, p. 333, con osservazioni di P.
JOURDAIN.
666
Così, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 463 e 464. Infatti, CJCE, 10 janvier 2006, cit., p.
333, afferma che la direttiva «si oppone a una regola nazionale secondo la quale il fornitore risponde,
di là dai casi limitatamente enumerati dall’art. 3, par. 3, della direttiva, della responsabilità senza col-
pa che la direttiva istituisce ed imputa al produttore»; mentre «non si oppone a una regola nazionale
secondo la quale il fornitore è tenuto a rispondere senza restrizioni della responsabilità per colpa del
produttore».
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 97

19. Nei riguardi del fenomeno dell’estensione degli effetti del contratto ri-
spetto a terzi, la scienza giuridica francese, erede della tradizione giansenista e
667
giusnaturalista di Domat , assume un atteggiamento estremamente più rigido
di quella tedesca. La regola generale declamata in dottrina, con citazioni di
fonti romane, medievali, canoniche e gius-razionaliste (res inter alios acta aliis
neque nocere, neque prodesse potest; alteri nemo stipulari potest), è quella del-
l’effetto relativo del contratto, considerato un vero e proprio «principe univer-
668
sel» . La più avvertita dottrina francese, però, si è interrogata sulla reale por-
tata del principio, considerando «il rigore» che il dogma assume nel diritto in-
669
glese come «sconosciuto» allo stesso diritto d’oltralpe e comprensibile sol-
670
tanto alla luce dei «dati puramente tecnici» propri di quella esperienza giu-
671
ridica (privity of contract e consideration) . L’orientamento della giurispru-
denza tedesca è considerato «lassista», là dove ha consentito l’estensione del
campo di applicazione degli effetti protettivi del contratto attraverso l’inter-
672
pretazione «della volontà presunta, spesso fittizia, delle parti» . Ma il diritto
germanico, a differenza di quello franco-italiano, pone al centro del discorso
la dichiarazione di volontà, l’obbligazione, e non la nozione di contratto, per
cui invano si cercherebbe nel BGB una norma corrispondente agli artt. 1165
code civ. o 1372, comma 2, c.c., né «maggiori lumi si ottengono in proposito
673
consultando le opere dottrinali tedesche dedicate al negozio» .
Inizia a farsi strada, nella stessa dottrina francese, l’idea secondo la quale il
principio de l’effet relatif des contrats ha potuto sopravvivere «senza inconve-
nienti» fino ad oggi poiché, «ben presto, si sono trovati gli strumenti sia per
674
aggirarlo, sia per spogliarlo delle sue conseguenze più perniciose» . Dire che
il contratto in quanto rapporto tra due parti non può nuocere o giovare a terzi
«è erroneo perché in tal modo si ignora che esso può bene essere ed anzi è
675
normalmente una fonte di esternalità sia positive che negative» . L’espedien-
te unanimemente utilizzato per giustificare le eccezioni al principio è quello
667
G. ALPA, A. FUSARO, Relazione introduttiva, in Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi, a
cura di L. Vacca, cit., p. 1, ove individuano nella «libertà individuale» la «ragione del divieto».
668
V., in proposito, Ch. LARROUMET, Droit civil, III, Les obligations. Le contrat, II éd., Paris,
1990, spec. p. 783.
669
In questi termini, J. GHESTIN, Les effets du contrat à l’égard des tiers. Introduction, in Les effets
du contrat à l’égard des tiers. Comparaisons franco-belges, sotto la direzione di M. Fontaine, J. Ghestin,
Paris, 1992, p. 8.
670
J. GHESTIN, op. loc. ult. cit.
671
Sul punto, v. l’indagine condotta da M. SERIO, Esame del diritto inglese e raffronti comparatisti-
ci, in Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi, a cura di L. Vacca, cit., p. 323 ss.
672
Le parole tra virgolette sono di J. GHESTIN, op. ult. cit., p. 9.
673
Con estrema lucidità, M. GRAZIADEI, I terzi e gli effetti contrattuali: una prima riflessione com-
parativa, in Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi, a cura di L. Vacca, cit., p. 153.
674
Così, Y. FLOUR, L’effet des contrats à l’égard des tiers en droit international privé, thèse dactyl.,
Paris II, 1977, n. 19.
675
A. GAMBARO, Gli effetti del contratto rispetto a terzi, in Gli effetti del contratto nei confronti dei
terzi, a cura di L. Vacca, cit., p. 342.
98 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

della distinzione tra “effetti obbligatori” del contratto e “opponibilità” «della


676
situazione giuridica della quale esso è la fonte» . Distinzione che, grosso mo-
do, corrisponde a quella tra effetti “interni” ed effetti “esterni” del contratto,
677
professata dal diritto belga , ed a quella tra effetti diretti ed effetti riflessi,
678 679
declamata dal diritto italiano , sulla scia del celebre saggio di Jhering dedi-
680
cato a dimostrare come, non soltanto in tema di immissioni , l’azione dei sin-
681
goli interferisse inevitabilmente con la libertà degli altri . Proprio la distin-
zione tra “effetto obbligatorio” ed “opponibilità” ha consentito alla dottrina,
682
secondo la consueta tecnica regola-eccezione , di enucleare, anche sul fon-
damento dell’art. 1165 Code civ. («Les conventions n’ont effet qu’entre les par-
ties contractantes; elles ne nuisent point au tiers, et elles ne lui profitent que
dans le cas prévu par l’article 1121»), «due principi di eguale importanza: i
contratti non producono la loro forza obbligatoria (gli effetti interni) che tra le
parti; essi sono opponibili ai terzi (producono i loro effetti esterni nei confron-
683
ti dei terzi)» . L’art. 1165 non costituirebbe un ostacolo: il terzo si limita a
domandare il risarcimento del danno subito; non pretende la qualità di credi-
tore, non si avvale di un’eccezione inerente alla relatività delle convenzioni e,

676
In questi termini, tra i tanti, J. GHESTIN, op. cit., p. 11.
677
Cfr., sul punto, M. FONTAINE, Les effets «internes» et les effets «externes» des contrats (Rap-
port belge), in Les effets du contrat à l’égard des tiers, sous la direction de M. Fontaine et J. Ghestin,
cit., p. 40 ss.
678
Basti consultare, in proposito, non soltanto la manualistica tradizionale (per tutti, A. TRABUC-
CHI, Istituzioni, cit., p. 619), ma anche quella più recente (ad es., M. PARADISO, Corso, cit., p. 402).
Un esplicito riferimento a tale problematica è in A. DI MAJO, La protezione contrattuale del terzo, cit.,
p. 109, il quale, però, conclude che la qualificazione in termini di effetti riflessi «risulterebbe insoddi-
sfacente» poiché «rischia di trascurare proprio i principali fenomeni che qui si intendono classificare
e che sono quelli che vedono i terzi titolari di una propria situazione che li legittima ad agire in base
al contratto» (p. 110).
679
R. VON JHERING, Die Reflexwirkungen oder die Rückwirkung rechtlicher Thatsachen auf Dritte
Personen, in Gesammelte Aufsätze aus den Jahrbüchern für die Dogmatik des heutigen römischen und
deutschen Privatrechts, Jena, 1871, p. 245 ss.
680
R. VON JHERING, Zur Lehre von den Beschränkungen des Grundeigenthümers im Interesse der
Nachbarn, in Gesammelte Aufsätze aus den Jahrbüchern für die Dogmatik des heutigen römischen und
deutschen Privatrechts, Jena, 1882, rist. Stuttgart-Darmstadt, 1969, p. 22 ss.
681
M. GRAZIADEI, I terzi e gli effetti contrattuali, cit., p. 156.
682
Il ricorso, nell’esperienza franco-italiana, all’espediente delle eccezioni al principio è sottoli-
neato, ad es., da A. GAMBARO, Gli effetti del contratto, cit., p. 339 s. Paragonano le regole del Code
Napoléon in materia ad una «cittadella, arroccata sul colmo di una montagna», che è stata trasformata
«in una sorta di giungla estesa di fattispecie e di questioni», G. ALPA, A. FUSARO, Relazione introdut-
tiva, cit., p. 5. La dottrina francese, infatti, ormai da tempo ha iniziato a contestare tale principio: ba-
sti citare, per tutti, il pensiero di R. SAVATIER, Le prétendu principe de l’effet relatif des contrats, in
Rev. trim. dr. civ., 1934, p. 525, e di A. WEILL, Le principe de la relativité des conventions en droit
privé français, th. Strasbourg 1938, pubbl. a Paris nel 1938, préf. M. Nast, pp. 174 ss., 279 ss., per i
quali, se l’art. 1165 si opponesse al riconoscimento dell’opponibilità dei contratti nei confronti dei
terzi, negando il «rispetto del carattere sociale dei diritti», esso dovrebbe, «senza dubbio, sparire dal
nostro Codice». Ma tale rischio non v’è, «dal momento che l’interpretazione classica è errata».
683
M. FONTAINE, Synthèse des travaux, in Les effets du contrat à l’égard des tiers, cit., p. 431.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 99

684
soprattutto, non esige l’esecuzione del contratto . Soltanto se l’azione del
danneggiato rivestisse natura contrattuale «bisognerebbe ammettere in prin-
cipio l’esistenza di un’eccezione alla relatività delle convenzioni». Ma poiché
essa «si rivela essere un’azione delittuale o quasi-delittuale, si può senz’altro
685
concludere per l’inesistenza di un’eccezione all’art. 1165» . In tal senso, il
principio di opponibilità degli effetti del contratto rispetto a terzi dà luogo ad
un modello di responsabilità delittuale da inadempimento.
686
La nozione di opponibilità, elaborata in occasione dei primi tentativi di
coordinare il principio del consenso traslativo con gli adempimenti pubblici-
tari (rispetto ai terzi) – e pertanto sconosciuta all’esperienza tedesca, che adot-
687
ta, per il trasferimento della proprietà immobiliare , un meccanismo del tut-
to diverso –, conquista, ben presto, in Francia, «lo scettro di categoria ordi-
688
nante» , divenendo, nella sua generalizzazione, la «qualità riconosciuta ad un
elemento dell’ordine giuridico, attraverso la quale esso s’irradia indirettamen-
te al di fuori del suo cerchio di attività diretta», la «tecnica la cui finalità consi-
ste nel collegare l’elemento opposé all’ambiente giuridico generale» e, infine, la
«qualità giuridica autonoma, della quale in principio tutti i fatti, gli atti, i dirit-
689
ti o situazioni sono dotati» .
690
Questa idea ha avuto, «per effetto» , di consentire alla scienza giuridica
francese di affermare la responsabilità delle parti di un contratto nei riguardi
691
di terzi . Ma la faute viene «invocata non quale manquement di un’obbliga-
zione contrattuale, ma in quanto fatto generatore di responsabilità delittua-
692
le» . La Cassazione, palesando fino in fondo l’indole aquiliana che la respon-
sabilità civile assume nel diritto francese, ha per lungo tempo affermato che
l’inexécution di un’obbligazione era insufficiente, di per sé, a fondare la do-
manda di un terzo danneggiato a causa dell’inadempimento. Questi avrebbe
dovuto comunque provare una «faute délictuelle envisagée en elle-même, in-
693
dépendamment de tout point de vue contractuel» , ovvero la violazione «di
una regola di portata generale» (negligenza, imprudenza, ad es.) costitutiva di
684
I. MARCHESSAUX, L’opposabilité du contrat aux tiers (La distinction entre effet obligatoire et
opposabilité du contrat), in Les effets du contrat à l’égard des tiers, cit., p. 91.
685
A. WEILL, op. ult. cit., p. 397.
686
M. GRAZIADEI, op. ult. cit., p. 157.
687
Cfr. A. CHIANALE, Obbligazione di dare e trasferimento della proprietà, Milano, 1990, p. 80 ss.
e passim; A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Teorie del contratto, pubblicità e apparenza nel trasferi-
mento della proprietà immobiliare, in Annuario dir. comp., 2011, p. 381 ss.; P.G. MONATERI, Contrat-
to e trasferimento della proprietà. I sistemi romanisti, Milano, 2008, p. 35 ss.
688
M. GRAZIADEI, op. loc. ult. cit.
689
Così, J. DUCLOS, L’opposabilité (Essai d’une théorie générale), préf. D. Martin, Paris, 1984, pp.
22, 35 e passim.
690
M. FONTAINE, op. ult. cit., p. 432.
691
In argomento, I. MARCHESSAUX, op. cit., p. 91 ss.
692
I. MARCHESSAUX, op. cit., p. 91.
693
Cass., I civ., 8 octobre 1962, in Bull. civ., 1962, I, n. 405; nello stesso senso, Cass., I civ., 7 no-
vembre 1962, in Sem. jur., 1963, II, Jur., 12987.
100 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

694
una faute, ulteriore e indipendente rispetto alle «stipulazioni contrattuali» .
Oggi, invece, la giurisprudenza sembra ammettere che l’inadempimento o
l’adempimento inesatto dell’obbligazione sono sufficienti a fondare l’esistenza
di una faute delittuale nei riguardi dei terzi: un medesimo fatto, «suscettibile
di costituire un manquement a un’obbligazione esistente tra due parti legate
da un contratto, può costituire, nei riguardi dei terzi estranei al contratto, una
695
faute quasi-delittuale che implica la responsabilità del suo autore» . Ma la
696
questione non è ancora «tranchée» : mentre alcune sentenze richiedono che
l’inadempimento costituisca, indipendentemente dal contratto, la violazione di
697
un’obbligazione generale di prudenza o di diligenza , altre si sono affrancate
da tale indirizzo, avendo deciso che «i terzi rispetto a un contratto sono legit-
timati ad invocare l’esecuzione difettosa dello stesso allorché essa ha causato
698
loro un danno» . Come si è scritto, «ciò, dopo tutto, non è per nulla scioc-
cante, se si osserva che un buon padre di famiglia (secondo lo standard che
serve a definire abitualmente la faute delittuale o quasi-delittuale) non deve
rendersi colpevole dell’inadempimento, dannoso per i terzi, di un’obbligazio-
699
ne che ha assunto per contratto» .
Tuttavia, la dottrina non è unanime: da un lato si afferma, in generale, il
principio secondo il quale «qualsiasi faute contrattuale è delittuale nei riguardi
700
dei terzi estranei al contratto» . Dall’altro si rileva che, comunque, la respon-
sabilità non sorgerebbe «dal contratto in sé, poiché non trova in esso diretta-
mente la sua fonte, ma nasce dalla faute che è stata commessa per non aver ri-
spettato un diritto del quale si conosceva l’esistenza grazie alla conclusione del
701
contratto» . In ogni caso, dall’insieme della scienza giuridica francese emerge
chiaramente la connotazione delittuale della responsabilità che sorge, per la
parte di un contratto, dall’inadempimento di un’obbligazione che causa un

694
M.L. IZORCHE, Les effets des conventions, cit., p. 82.
695
Tra le prime decisioni in tal senso, Cass., 16 janvier 1973, in Bull. civ., 1973, IV, n. 28.
696
M.L. IZORCHE, op. ult. cit., p. 83.
697
Ad es., Cass. com., 17 juin 1997, in Sem. jur., 1998, I, p. 144, anche in Rev. trim. dr. civ., 1998,
p. 113, in tema di faute contrattuale del mandatario nei riguardi del mandante, la quale può essere
qualificata come faute quasi-delittuale nei confronti di un terzo «a condizione che essa costituisca
anche la violazione di un’obbligazione generale di prudenza e diligenza» (nello stesso senso, Cass.
com., 16 décembre 1997, ivi, 1998, I, p. 144). Secondo P. JOURDAIN, in Rev. trim. dr. civ., 1998, p.
113, tale decisione «non potrebbe esprimere meglio l’idea della relatività della faute contrattuale», la
quale «non costituisce necessariamente una faute delittuale nei riguardi dei terzi. Tutto dipende dalla
portata del vincolo contrattuale che è stato violato».
698
Cass., I civ., 15 décembre 1998, in Contr. conc. consom., 1999, n. 37, con nota di L. LEVENEUR.
Tale orientamento è stato condiviso dalla Sezione di diritto commerciale (Cass. com., 12 marzo 1991,
in Contr. conc. consom., 1991, n. 135) e dalla III sezione civile (Cass., III civ., 25 mars 1998, in Sem.
jur., 1998, I, p. 144).
699
L. LEVENEUR, op. loc. cit.
700
F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, Droit civil, Les obligations, Paris, VI éd., 1996, p. 391, e
già G. DURRY, in Rev. trim. dr. civ., 1974, p. 815.
701
J. GHESTIN, Les effets du contrat, cit., p. 15.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 101

danno a un terzo, sia che tale faute sia direttamente “opponibile” al terzo, sia
che questi debba dimostrare che l’inadempimento costituisca, altresì, una fau-
te delittuale. In ogni caso il terzo dovrà fondare la sua azione sulla faute prou-
vée (artt. 1382 e 1383 code civ.) o sul fatto della cosa, là dove l’art. 1384 «glie-
702
ne dia facoltà» ; non, invece, sulle regole della responsabilità contrattuale.
Egli non sarebbe «creditore dell’adempimento di un’obbligazione contrattua-
le: è soltanto creditore di un’obbligazione risarcitoria, qualora l’inadempimen-
703
to gli abbia causato un danno» .
704
Una vera e propria eccezione al principio dell’effetto relativo dei contrat-
ti è stata ravvisata, invece, nella giurisprudenza che, aderendo alla teoria dei
705 706
“groupes de contrats” , o degli «ensembles contractuels» , ha riconosciuto
l’esistenza di un’azione contrattuale diretta tra le «parti estreme», consenten-
do di agire ex contractu a tutti coloro che hanno sofferto un danno a causa di
un legame con il contratto iniziale. La Terza Sezione civile della Cassazione,
aderendo ad una «concezione ortodossa» della distinzione tradizionale tra le
nozioni di parte e di terzo, «di opponibilità e di eccezione al principio di rela-
tività dei contratti, di responsabilità contrattuale e di responsabilità delittua-
707
le» , ha censurato, per violazione dell’art. 1165, le sentenze delle Corti
d’appello che avevano ammesso la responsabilità del subappaltatore che aveva
inadempiuto la sua obbligazione determinata, al fine di garantire l’appaltatore
dalle condanne pronunziate contro di lui a favore del committente, non esi-
stendo alcun legame contrattuale tra l’appaltatore e il subappaltatore del suo
708
subappaltatore . Poiché «l’obbligazione di risultato di eseguire lavori esenti
da vizi, alla quale il subappaltatore è tenuto nei confronti dell’appaltatore, ha
per solo fondamento i rapporti contrattuali e personali esistenti tra loro, essa
non può essere invocata dal committente, che è estraneo al contratto di su-
709
bappalto» .
La prima Sezione civile, invece, ha assunto un orientamento contrapposto:
dopo aver deciso che l’azione degli aventi causa a titolo particolare contro il
710
dante causa del loro dante causa «è necessariamente di natura contrattuale» ,
702
I. MARCHESSAUX, op. cit., p. 91.
703
M.L. IZORCHE, op. ult. cit., p. 84.
704
In questi termini, I. MARCHESSAUX, op. cit., p. 95.
705
La dottrina francese già da tempo ha approfondito questa problematica: per tutti, B. TEYSSIE,
Les groupes de contrats, préf. J.-M. Mousseron, Paris, 1975, passim.
706
A differenza delle «chaînes de contrats», considera simili le due nozioni, poiché in entrambe
«v’è una concezione economica del contratto che è presa in considerazione», C. JAMIN, Breves réfle-
xions sur un mécanisme correcteur: l’action directe en droit français, in Les effets du contrat à l’égard des
tiers, cit., p. 293.
707
Le espressioni tra virgolette sono di I. MARCHESSAUX, op. loc. ult. cit.
708
Cass., III civ., 13 décembre 1989, in Rec. Dalloz, 1991, Jur., p. 25, con nota di J. KULLMANN;
conf. Cass., III civ., 28 mars 1990, ivi, 1991, p. 25.
709
Così, già Cass., III civ., 22 juin 1988, in Bull. civ., 1988, III, n. 115, p. 63.
710
Cass., I civ., 9 octobre 1979, in Rec. Dalloz, 1980, Inf. rap., p. 222, con le osservazioni di C.
102 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ha affermato che, «atteso che in un gruppo di contratti, la responsabilità con-


trattuale disciplina necessariamente la domanda di risarcimento di tutti coloro
che hanno sofferto un danno a causa di un legame con il contratto iniziale;
[...] dovendo il debitore prevedere le conseguenze della sua violazione secon-
do le regole contrattuali in materia, la vittima non può disporre contro di lui
che di un’azione di natura contrattuale, anche in assenza di un contratto tra
711
loro» . Benché i contraenti “estremi”, per quanto parti di un medesimo in-
sieme contrattuale, non siano parti dello stesso contratto, si è ritenuto che «la
presenza del contraente intermedio, pur non potendo fare da schermo alle re-
lazioni giuridiche che li uniscono, modifica necessariamente il contenuto dei
loro diritti, al punto che l’estensione del diritto di ciascun contraente estremo
deve essere apprezzata sia con riferimento ai diritti dei quali dispone nei con-
fronti del contraente intermedio, sia con riguardo ai diritti che quest’ultimo
712
vanta verso l’altro contraente estremo» . L’idea di prevedibilità, che dà fon-
damento all’intero regime della responsabilità contrattuale, può rappresentare
713
un «argomento di coerenza che può essere avanzato per giustificare» tale
soluzione. Il contratto non è più l’opera unica delle parti, ma «si radica in
elementi esterni, nella legge, nella giurisprudenza, negli usi». È, in gran parte,
«uno statuto che sviluppa i suoi effetti al di là delle sole persone che lo hanno
concluso». E, in quanto statuto, deve essere protetto «esattamente come una
legge»; l’equilibrio da esso creato «deve essere conservato e le azioni che lo
714
minacciano, respinte nei loro limiti naturali» . Malgrado il codice francese
non preveda un principio generale di responsabilità contrattuale pour autrui,
la dottrina è unanime nel ritenere che tale soluzione «s’imponga come una ne-
715
cessità assoluta», in materia contrattuale, ancor più che in ambito delittuale .
In presenza dell’orientamento oscillante della Cassazione, l’Assemblée
Plénière è intervenuta a più riprese. Con due sentenze rese nel febbraio del
1987, ha deciso che il «maître de l’ouvrage, come il subacquirente, gode di tut-
ti i diritti e di tutte le azioni legate alla cosa che apparteneva al suo dante cau-
sa; egli dispone, quindi, contro il fabbricante, di un’azione contrattuale diretta
716
fondata sulla non conformità della cosa consegnata» . Ma questo indirizzo
non è stato considerato innovativo, poiché esso rappresentava «una semplice
eccezione all’effetto relativo, che la Cassazione giustificava con il carattere

LARROUMET, anche in Rev. trim. dr. civ., 1980, con il commento di G. DURRY; Cass., I civ., 29 mai
1984, in Sem. jur., 1985, II, Jur., 20387, con nota di P. MALINVAUD, e in Rec. Dalloz, 1985, Jur., p.
213, annotata da A. BÉNABENT; Cass., I civ., 4 mars 1986, in Bull. civ., 1986, I, n. 57, p. 53.
711
La massima standard è citata da I. MARCHESSAUX, op. cit., p. 94.
712
J. NERET, Le sous-contrat, th. Paris II, 1977, p. 513.
713
P. DELEBECQUE, Note a Cass., I civ., 21 juin 1988, in J.P.C., 1988, éd. E, n. 15294.
714
Le espressioni tra virgolette sono di P. DELEBECQUE, op. loc. cit.
715
G. VINEY, Groupes de contrats et responsabilité du fait d’autrui (rapport français), in Les effets
du contrat à l’égard des tiers, cit., p. 340.
716
Cass., Ass. Plén., 7 février 1986, 2 arrêts, in Sem. jur., 1986, II, Jur., 20616, con nota di P. MA-
LINVAUD.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 103

717
propter rem dell’azione trasmessa» . Infatti, allorché l’Assemblée Plénière si è
pronunziata sullo specifico contrasto che era sorto tra le due Sezioni civili del-
la Cassazione, essa ha ribadito l’orientamento più tradizionale, affermando
che «viola l’art. 1165 code civ. la Corte d’appello la quale [...] ritiene che, nel
caso in cui il debitore di un’obbligazione contrattuale ha incaricato un’altra
persona di adempierla, il creditore non disponga contro quest’ultima che di
un’azione necessariamente contrattuale, [...], deducendo che il subappaltatore
può opporre al committente tutti i mezzi di difesa inerenti al contratto d’ap-
palto concluso tra questi e l’appaltatore». Il subappaltatore non sarebbe «con-
718
trattualmente legato al committente» .
Da tale orientamento, che sembra condannare la teoria dei gruppi di con-
tratti, e, più in generale, l’esperibilità della tutela contrattuale da parte di sog-
getti che non siano parti dello stesso contratto, si arguisce un’ulteriore, fon-
damentale differenza che può essere letta, in controluce, tra le righe della
scienza giuridica francese e di quella tedesca. Il Vertrag mit Schutzwirkung zu-
gunsten bestimmter Dritte, per quanto contestato in particolare con riferimen-
to alle sue applicazioni più estreme, assurge, grazie soprattutto all’influenza
del pensiero di Karl Larenz, alla dignità di istituto dotato di una propria auto-
nomia “ontologica” nel panorama del diritto tedesco. Prova ne è, altresì, la
copiosa ed autorevole letteratura che, nel corso dei decenni, ha tentato di spie-
gare e di illustrare tale modello, colloquiando, seppur criticamente, con la giu-
risprudenza. Al contrario, la stipulation pour autrui tacite, oltre a non essere
stata considerata meritevole di studi monografici da parte della dottrina fran-
cese, risulta raramente citata perfino negli scritti che hanno ad oggetto gli ef-
fetti del contratto «à l’égard des tiers» e la stessa problematica dell’obbliga-
zione di sécurité. Il saltuario e raro impiego, da parte della giurisprudenza, di
tale istituto ha indotto a considerarlo, implicitamente, come un “accidente”
giuridico che non merita un autonomo approfondimento, come un infelice
escamotage escogitato da qualche Corte al solo scopo di individuare una fonte
contrattuale fittizia, attraverso la quale legittimare l’applicazione della disci-
plina dell’obbligazione determinata di sécurité (la quale, in realtà, ha invece
fonte legale).
Il disfavore mostrato dalla scienza giuridica francese per la stipulation pour
autrui tacite ha trovato, infine, ulteriore conforto nelle riforme legislative che
717
I. MARCHESSAUX, op. cit., p. 93.
718
Cass., Ass. Plén., 12 juillet 1991, in Rec. Dalloz, 1991, Somm., p. 321, con osservazioni di J.L.
AUBERT, anche ivi, 1991, Jur., p. 549, con nota di J. GHESTIN. Questa decisione ha sollevato, in dot-
trina, molteplici commenti critici; cfr., ad es., C. LARROUMET, L’effet relatif des contrats et la négation
de l’existence d’une action en responsabilité nécessairement contractuelle dans les ensembles contrac-
tuels, in Sem. jur., 1991, I, 3531; C. JAMIN, Une restauration de l’effet relatif du contrat (à propos de
l’arrêt de l’Assemblée Plénière du 12 juill. 1991, Besse), in Rec. Dalloz, 1991, Chron., p. 257; P. JOUR-
DAIN, La nature de la responsabilité civile dans les chaînes de contrats après l’arrêt d’Assemblée Plé-
nière du 12 juillet 1991, ivi, 1992, Chron., p. 149 ss.

5.
104 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

hanno interessato la quasi totalità dei settori nei quali aveva trovato applica-
zione: «abbandonata», dalla giurisprudenza, alle soglie della nuova disciplina
comunitaria in materia di danno da prodotti, il campo di applicazione di tale
modello si è notevolmente ristretto anche nell’ambito del contratto di traspor-
to a seguito dell’entrata in vigore della Loi Badinter (legge 5 luglio 1985), al-
meno per quanto riguarda il risarcimento dei danni causati alle persone tra-
sportate nell’ambito della circolazione di veicoli a motore. Il futuro giurispru-
denziale della stipulation pour autrui tacite sembra interamente destinato al
719
trasporto ferroviario o su tramvia .
Tuttavia, se si prescinde dalla diversa collocazione che i due modelli assu-
mono nei diritti francese e tedesco, tra il Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte
ed il suo omologo d’oltralpe è possibile rilevare alcune analogie, anche sotto il
profilo funzionale, sulla base delle differenze che caratterizzano i due sistemi
di responsabilità delittuale. Entrambi gli istituti, di origine giurisprudenziale,
si sono prefissi di offrire una maggiore protezione al danneggiato, allorché il
regime della responsabilità aquiliana appariva, sotto qualche profilo, «inade-
720
guato» , perché mancava del tutto una tutela delittuale, o perché la respon-
sabilità contrattuale risultava più vantaggiosa, per la vittima, di quella delittua-
le. Mentre il contratto con effetti di protezione per terzi, in Germania, ha
permesso alle Corti di risarcire, mediante l’estensione, di là dal contratto, della
responsabilità contrattuale, eventi dannosi che avrebbero rischiato di rimanere
sforniti di ogni tutela delittuale (si pensi, ad es., ai cc.dd. danni meramente
economici), in virtù della tipizzazione legale che caratterizza il sistema dise-
gnato nei §§ 823 ss. del BGB. La stipulation pour autrui tacite ha consentito
alle Corti francesi, pur in presenza di una tutela delittuale comunque esperibi-
le ai sensi della clausola onnicomprensiva di cui all’art. 1382 code civ., di ap-
plicare il regime di responsabilità oggettiva contrattuale conseguente all’ina-
dempimento di un’obbligazione determinata di sécurité e, quindi, di far bene-
ficiare il danneggiato/creditore di un regime ben più favorevole di quello de-
littuale fondato sulla prova (talvolta “diabolica”) della faute. Ma anche là dove
l’obbligazione di sécurité verrà qualificata, al di fuori del contratto di traspor-
to, come obbligazione “di mezzi” o di diligenza, il frequente ricorso a presun-
zioni di responsabilità e al meccanismo dell’inversione dell’onere della prova
consentirà alla giurisprudenza d’oltralpe, di là dalle “declamazioni” di rito, di
estendere al danneggiato un regime decisamente più favorevole di quello pre-
visto dalla responsabilità delittuale per colpa. Non va sottaciuto, però, come
anche nell’esperienza tedesca, forse proprio nella maggior parte dei casi, la
contrattualizzazione del rapporto (anche nei confronti di “terzi”) abbia assolto
alla precipua funzione di garantire al danneggiato l’applicazione di una disci-
plina di responsabilità “oggettiva” (del preponente per il fatto dell’ausiliario)
719
In questi termini, M.L. IZORCHE, op. ult. cit., p. 87, in nota 46.
720
M. GRAZIADEI, I terzi e gli effetti contrattuali, cit., p. 162.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE AL CONFINE TRA CONTRATTO E TORTO 105

ben più vantaggiosa (§ 278 BGB) di quella prevista in tema di responsabilità


delittuale (§ 831 BGB). Tant’è che proprio l’aver riconosciuto, da parte delle
Corti, in maniera generalizzata, il risarcimento del danno “in via contrattuale”,
anche là dove l’illecito avrebbe dovuto essere ricondotto ad una «violazione
del dovere generale del neminem laedere», ha consentito al § 831 di poter es-
721
sere mantenuto «fino ad oggi in vigore nel BGB» . Infine, anche in Italia, la
contrattualizzazione della responsabilità – sia pure in ambiti ben più limitati di
quanto accaduto nelle esperienze tedesca e francese – attraverso la teoria del
“contatto sociale” tende a far beneficiare la vittima/creditore, nell’ambito dei
722
«c.d. contratti di protezione» , dell’inversione dell’onere della prova conse-
723
guente al “principio di vicinanza” alla stessa, e, quindi, a favorire la tutela
del danneggiato rispetto a quanto accadrebbe sulla base della disciplina gene-
rale dettata per l’illecito extracontrattuale (art. 2043 c.c.).
L’esigenza di fornire alla vittima una tutela maggiormente vantaggiosa sem-
bra, quindi, la principale ragione che spinge le Corti, sia in Francia, sia in Ger-
mania, sia in Italia, a “contrattualizzare” rapporti che altrimenti sarebbero sta-
ti soggetti alla disciplina della responsabilità delittuale per colpa. Tale inten-
dimento, d’altronde, è chiaramente espresso, in Francia, nelle stesse sentenze
leader del 1911 e del 1913 e nell’appassionato commento del Procuratore Ge-
nerale Luis Sarrut; in Germania, nella stessa evoluzione che, sulla scia di un
724
acuto rilievo di Hermann Staub , caratterizzerà la scienza giuridica tedesca
per tutto il XX secolo; in Italia, nelle medesime argomentazioni che le Sezioni
Unite pongono a fondamento dei cc.dd. “contratti di protezione”. Non è da
escludere, però, che una «simile trasposizione della responsabilità nel contrat-
to» possa aver trovato ulteriore fondamento, nel diritto d’oltrape, nell’esigen-
za di evitare la breve prescrizione triennale alla quale doveva sottostare l’azio-
ne civile nascente da délit che rivestiva anche carattere criminale (art. 638 Co-
725
de instr. crim.) ; il Italia, nella volontà della Cassazione di consentire comun-
que la riparazione del danno ad un fanciullo nato malformato a causa di una
condotta commissiva negligente del ginecologo, pur in presenza dell’avvenuta
prescrizione (quinquennale) del diritto al risarcimento del danno in via extra-
726
contrattuale .
Con la riforma della disciplina dell’inadempimento e con la “positivizza-
zione” della culpa in contrahendo (§ 311 BGB), degli obblighi di protezione (§
721
K. ZWEIGERT, H. KÖTZ, Introduzione al diritto comparato, II, cit., p. 331.
722
Così, testualmente, Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975,
cit., p. 30.
723
Per tutte, Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, in Danno e resp., 2008, p. 791 s.
724
Le violazioni positive del contratto, cit., p. 70 s.
725
P.G. MONATERI, Cumulo di responsabilità, cit., pp. 78 e 128.
726
A tale ipotesi, infatti, si riferisce proprio la prima decisione che introduce, nella nostra espe-
rienza giuridica, la figura del contratto con effetti di protezione per terzi (Cass., Sez. III, 22 novembre
1993, n. 11503, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 557 s.).
106 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

241, comma 2) e di una clausola generale di responsabilità contrattuale (§ 280)


il diritto tedesco tende a smussare le principali differenze rispetto ai diritti
dell’area francese, i quali hanno sicuramente tratto vantaggio da un illuminato
modello legale che, a distanza di quasi duecento anni, continua a garantire un
mirabile equilibrio tra le responsabilità contrattuale e delittuale. L’evoluzione,
coronata nella Schuldrechtsmodernisierung del 2002, di un lungo e complesso
itinerario dottrinale e giurisprudenziale, che trova comunque il suo fondamen-
to primario nell’esigenza di superare le principali inconguenze del BGB in te-
ma di perturbative dell’adempimento, di risoluzione e di responsabilità, elimi-
na alcuni elementi di divergenza notevole tra i modelli francese e tedesco, fa-
vorendo l’idea di una possibile armonizzazione delle regole, quanto meno in
materia di inadempimento e di responsabilità contrattuale. L’atteggiamento di
non particolare favore del legislatore tedesco della riforma verso il contratto
con effetti protettivi per terzi, anche in virtù del suo utilizzo “abusivo” in caso
di interessi discordanti e/o contrapposti, potrebbe condurre ad un allinea-
mento tra le esperienze francese e tedesca, caratterizzate oggi entrambe dalla
valorizzazione degli obblighi di protezione o di sécurité “all’interno”, più che
“all’esterno”, del rapporto obbligatorio.
CAPITOLO SECONDO

L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI


DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE

SOMMARIO: 1. Il modello italiano di responsabilità delittuale quale intricato compromesso tra i


sistemi francese e tedesco. Il faticoso itinerario giurisprudenziale dell’ingiustizia del danno e
l’attuale tendenza alla “contrattualizzazione” della responsabilità civile. Le contraddizioni
del sistema di riparazione del danno non patrimoniale. – 2. La limitazione della tutela civili-
stica della persona alla sussistenza di un fatto di reato. La storia delle “occasioni mancate” del-
la giurisprudenza costituzionale. La sentenza della Consulta n. 87 del 1979 e le incomprensioni
della dottrina. – 3. I meriti della sentenza n. 184 del 1986 della Corte costituzionale. Il ruolo
dell’ingiustizia (ex art. 2043 c.c.) nel risarcimento dei danni alla persona. Il processo di “ero-
sione” del danno non patrimoniale: il danno morale soggettivo. I fraintendimenti in merito alla
dicotomia “danno-evento”/“danno-conseguenza”. – 4. I demeriti della sentenza n. 372 del
1994 della Consulta. Vita e salute come beni «ontologicamente» diversi: la non risarcibilità del
danno da morte immediata. Le pecche, logiche e giuridiche, del criterio “cronometrico”. – 5.
Segue. Il censurabile orientamento in tema di danno “da morte” quale conseguenza dell’ade-
sione ai dogmi della teoria differenziale. La perdita della vita e la lesione della salute come
identici danni-eventi ingiusti, risarcibili sulla base di un sistema a-reddituale di liquidazione.
Gli escamotages della Cassazione per il danno patito iure proprio dalla vittima: il danno cata-
strofico «da sofferenza esistenziale». – 6. Segue. L’involuzione dell’orientamento della Cas-
sazione in tema di danno da morte: il “danno biologico terminale”. L’assenza di una tutela
privatistica del diritto alla vita, protetto con il solo strumento della sanzione penale. Il revi-
rement prospettato obiter dictum da Cass. n. 15760 del 2006. – 7. Il danno psichico.
L’inadeguatezza dei parametri della permanenza o della temporaneità della lesione: il
ruolo dell’intensità del dolore. Verso il superamento del danno morale soggettivo. La ri-
sarcibilità dei danni neurologici, psicologici, psichici e morali. – 8. Il danno riflesso: la
sua risarcibilità anche nel caso di sopravvivenza della vittima iniziale. Le interferenze con
i danni “da morte”, psichico e morale. Il préjudice d’affection come danno morale “ingiu-
sto”, risarcibile anche in assenza di un reato. – 9. Il c.d. danno esistenziale: critica dell’ori-
ginaria concezione onnicomprensiva, che lo qualifica, per altro, come un danno-conseguenza. Il
riconoscimento giurisprudenziale e l’estensione dell’area dei danni risarcibili. L’esigenza di
porre radicalmente in discussione l’ermeneutica bipolare. – 10. Il danno ambientale, risar-
cibile ai sensi degli artt. 2043 c.c. e 2 ss. Cost. L’autonoma riparabilità del turbamento psi-
chico transitorio in caso di reato plurioffensivo. La lesione della reputazione personale qua-
le danno ingiusto risarcibile in re ipsa. Dalla riparabilità delle conseguenze (patrimoniali o
no) della lesione alla risarcibilità dell’evento dannoso in quanto ingiusto. – 11. L’overruling
della Cassazione (n. 1361 del 2014) in tema di danno «da perdita della vita». La finzione del
danno-conseguenza e la sua erronea identificazione con la prova (presuntiva) del danno.
108 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

L’impossibilità di applicare la teoria differenziale ai danni immateriali. – 12. Segue. Il danno


da perdita della vita è un danno biologico, ma non un danno alla salute, che è alternativo ri-
spetto al “danno biologico terminale”. L’autonoma risarcibilità del danno morale “da (luci-
da) agonia” e del «danno da perdita del rapporto parentale». – 13. La valutazione e la liqui-
dazione del danno da perdita della vita. Il possibile utilizzo del sistema tabellare. – 14. La
preminenza del valore della personalità umana nella teoria dell’illecito. Il principio di ripa-
razione integrale in ordine alle nuove occasioni di danno che prescindono dagli aspetti fisio-
psichici dell’individuo. Una rinnovata riflessione sulla struttura e sulla funzione degli artt.
2043 e 2059 c.c. – 15. Segue. La vicenda paradigmatica dei danni alla persona, quale terreno
di scontro tra le due opposte correnti della Scuola bipolare. I limiti al processo di “costitu-
zionalizzazione” dell’art. 2059. L’ingiustizia quale unico criterio selettivo del danno risarci-
bile. – 16. L’esigenza di rielaborare la stessa nozione di danno risarcibile. L’ambito di non
interferenza tra gli artt. 2043 e 2059 c.c. deve essere individuato nel rispetto delle diverse
strutture e funzioni. L’art. 2059 c.c. quale espressione di una funzione punitiva, operante
qualora la condotta integri in concreto «una fattispecie criminosa in tutti i suoi elementi co-
stitutivi». «In tutti gli altri casi», ogni danno è risarcibile in quanto ingiusto, sulla base della
generale funzione di compensation espressa dall’art. 2043 c.c.

1. Il sistema italiano di responsabilità delittuale delineato nel codice del


1942 non può essere annoverato, di certo, tra i modelli più univoci e prestigio-
si, rappresentando un intricato compromesso tra il diritto francese e quello
tedesco.
Dal modello francese il codice del ’42 recepisce, attraverso la mediazione
del codice del 1865, la struttura della clausola onnicomprensiva («Tout fait
quelconque de l’homme»: art. 1382 code civ.; «Qualunque fatto dell’uomo»:
art. 1151 c.c. 1865 e art. 2043 c.c. del 1942). Ma, a differenza dell’art. 1151
del codice del 1865, che costituiva la traduzione letterale dell’art. 1382 code
1
civ. , l’art. 2043 introduce, anche a livello testuale, il dato giuridico dell’in-
2
giustizia ai fini della qualificazione del danno risarcibile, per quanto concerne
3
sia il risarcimento in denaro, sia la riparazione del danno in forma specifica .
Dal modello tedesco, ispirato invece ad un principio di tipicità legale che
limita il risarcimento alla violazione di un Rechtgut (vita, integrità fisica, salute,
1
Così recitano, rispettivamente, l’art. 1382 code civ. e l’art. 1151 c.c. del 1865: «Tout fait quel-
conque de l’homme, qui cause à autrui un dommage, oblige celui par la faute duquel il est arrivé à le
reparer»; «Qualunque fatto dell’uomo, che arreca danno ad altri, obbliga quello per colpa del quale è
avvenuto, a risarcire il danno».
2
Tuttavia, sul ruolo che l’illicéité assume nella scienza giuridica francese del XIX secolo, basti ci-
tare il pensiero di C. AUBRY, C. RAU, Cours de droit civil français, vol. IV, Paris, IV éd., 1871, p. 746,
e l’opera di M. PUECH, L’illicéité dans la responsabilité civile extra-contractuelle, Paris, 1973, passim.
Sul punto, P. GALLO, L’elemento oggettivo del tort of negligence. Indagine sui limiti della responsabi-
lità delittuale per negligence nei paesi di common law, Milano, 1988, p. 69 ss.
3
Su tali aspetti si rinvia ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto (Dall’ermeneuti-
ca “bipolare” alla teoria generale e monocentrica della responsabilità civile), Parte II, in Riv. crit. dir.
priv., 2003, p. 234 s.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 109

libertà, proprietà, reputazione), di «ogni altro diritto» (sonstige Rechte) stabili-


to dalla legge, delle «norme di protezione» (§ 823 BGB) o del buon costume
(§ 826), se l’illecito è doloso, il codice del 1942 trae la disciplina del c.d. dan-
no non patrimoniale. Mentre il codice italiano del 1865, integralmente fedele
al modello francese, non conosceva alcuna norma che limitasse la risarcibilità
del danno morale in deroga all’art. 1151, il legislatore del 1942, anche al fine
di attribuire un senso giuridico compiuto alle ambigue espressioni contenute
4
nel comma 2 dell’art. 185 c.p. , ha la discutibile idea di tradurre e di inserire
5
nell’art. 2059 c.c. il testo del § 253 BGB . Tuttavia il nostro legislatore proba-
bilmente dimenticò, anche in virtù del complesso sistema di richiami sul quale
il BGB ha fondamento, che la disciplina del nicht Vermögensschaden trovava
un essenziale completamento in una norma “speciale” dettata nel Capo ri-
guardante l’illecito delittuale (il § 847 BGB), la quale riconosceva espressa-
mente la riparazione del danno non patrimoniale in ipotesi «di lesione del
corpo o della salute, come pure nel caso di privazione della libertà». La recen-
te abrogazione del § 847 BGB e il suo inserimento nel comma 2 del § 253
BGB hanno poi esplicitamente esteso l’area di risarcibilità del danno non pa-
trimoniale sia ad ogni violazione «dell’autodeterminazione sessuale», sia all’in-
tero settore della responsabilità contrattuale.
Frutto di questo compromesso legislativo, il sistema italiano di responsabi-
lità delittuale ha vissuto, e vive tutt’oggi, una serie di paradossi dottrinali e
giurisprudenziali.
L’ingiustizia del danno fu individuata dalla giurisprudenza nella violazione
di un diritto soggettivo assoluto. Ciò ha rischiato di trasformare tacitamente,
sub specie interpretationis, la clausola onnicomprensiva di responsabilità (art.
2043 c.c.) in una regola ispirata ad una sostanziale tipicità, sulla falsariga del
modello germanico. L’estensione della sfera della responsabilità delittuale
6 7
dapprima ai diritti soggettivi cc.dd. relativi o, comunque, «non nominati» ,
8
poi, agli interessi «giuridicamente rilevanti» , ed a quelli “pretensivi” e “op-
9
positivi”, non ha ancora dissipato dubbi e perplessità sulla capacità delle
4
Secondo il quale «Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale,
obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere
per il fatto di lui».
5
Il quale così recita, sotto la rubrica «Immaterieller Schaden»: «Wegen eines Schadens, der nicht
Vermögensschaden ist, kann Entschädigung in Geld nur in den durch das Gesetz bestimmten Fällen
gefordert werden».
6
Epocale, in proposito, il ”caso Meroni “ (Cass., 26 gennaio 1971, n. 174, in Giur. it., 1971, I, 1,
c. 681 ss.).
7
L’espressione è coniata da A. DI MAJO, Ingiustizia del danno e diritti non nominati, nel com-
mentare la decisione della Cassazione sul “caso De Chirico” (Cass., 4 maggio 1982, n. 2765, in Giust.
civ., 1982, I, p. 1745 ss.).
8
In questi termini, Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p. 2270.
9
Ad esempio, sull’ambiguo riferimento al “bene della vita” cfr. C. CASTRONOVO, L’interesse legit-
timo varca le frontiere della responsabilità civile, in Europa e dir. priv., 1999, p. 1221 ss.; A. DI MAJO,
Danno ingiusto e danno risarcibile nella lesione di interessi legittimi, in Corriere giur., 2000, p. 395.
110 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Corti di abbandonare la difesa dei loro dogmi tradizionali. Tant’è che la stessa
giurisprudenza, al fine di porre rimedio a questa sua limitata visione, ma senza
ammettere espliciti revirements, ha ritenuto di dover eludere il problema pro-
cedendo alla “contrattualizzazione” di vasti settori della responsabilità civile,
sia per consentire il risarcimento del danno in ipotesi nelle quali non sarebbe
possibile ottenere tutela sulla base delle regole della responsabilità delittuale
10
(per difetto, ad es., del danno “ingiusto”) , sia per garantire una più ampia
protezione al danneggiato (anche là dove sarebbe comunque possibile esperire
11
un’azione delittuale) sotto i profili della prescrizione e dell’onere della prova .
Il maggior inconveniente del sistema italiano di responsabilità civile, tutta-
via, ha riguardato la riparazione dei cc.dd. danni non patrimoniali. Le lesioni
dei “diritti” alla vita, alla salute, alla dignità e a qualsiasi altro interesse della
persona, pur rappresentando, secondo la dogmatica tradizionale, violazioni di
diritti soggettivi assoluti, sono state considerate non risarcibili in assenza della
«configurabilità di un fatto-reato», rinviando l’art. 2059 «all’art. 185 c.p. che,
12
a sua volta, rimanda alle singole fattispecie delittuose» . Pur in presenza della
lesione di “diritti soggettivi” di rango costituzionale, il criterio giuridico del-
l’ingiustizia non è stato considerato utilizzabile ai fini del giudizio di respon-
sabilità, poiché l’applicazione dell’art. 2043 c.c è stata limitata, ma senza alcu-
13
na convincente motivazione , al solo danno patrimoniale.
Ricostruito in tal guisa, il modello italiano di riparazione del danno non pa-
trimoniale ha finito con l’essere ancor più restrittivo perfino di quello tedesco,
ispirato ad una tipicità testuale. In Germania, i limiti al risarcimento del nicht
Vermögensschaden hanno riguardato il solo danno morale, mentre sia il § 847
sia, oggi, il comma 2 del § 253 espressamente hanno disposto la riparazione di
ogni lesione del corpo, della salute, della libertà e dell’autodeterminazione ses-
suale. Un avvertito orientamento dottrinale e giurisprudenziale ha provveduto
ad estendere la tutela risarcitoria ad ogni ulteriore violazione dell’allgemeines
14
Persönlichkeitsrecht .
10
Osserva che la giurisprudenza italiana, a differenza di quella francese, preferisce risarcire il
danno da perdita di chances in ambito quasi esclusivamente contrattuale, e ciò anche per risolvere i
problemi inerenti all’ingiustizia del danno, M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, Napoli, 2004, p.
47 ss. e passim.
11
In questo settore possono essere inquadrate sia quelle decisioni che hanno esteso la responsabi-
lità contrattuale a quella da “contatto sociale qualificato” (ad es., Cass., 22 gennaio 1999, n. 589, in
Corriere giur., 1999, p. 448 s.; Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9346, in Foro it., 2002, I, c. 2649),
sia quelle sentenze che hanno affermato l’esistenza di un contratto con effetti protettivi per i terzi, al
fine di consentire al minore nato andicappato di poter ottenere direttamente il risarcimento dei danni
patrimoniali e non (Cass., 22 novembre 1993, n. 11503, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 557 s.; Cass., 14 lu-
glio 2003, n. 11001, in CED Cass., RV. 565548).
12
Tale regola è ribadita nella decisione resa sul “caso Seveso” (Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002,
n. 2515, in Corriere giur., 2002, p. 464, della quale sono le parole citate nel testo tra virgolette).
13
Per una critica di tale dogma, si rinvia ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto,
Parte II, cit., p. 221 ss.
14
Nonostante la mancata previsione di tale figura nel testo del comma 2 del nuovo § 253 BGB,
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 111

Ancora più evidente è la divaricazione tra il nostro diritto e quello francese,


che ignora ogni discriminante disparità di trattamento tra i danni matériel e
15
moral , applica nella sua massima estensione il principio di riparazione inte-
16
grale e risarcisce senza limiti, sulla base di una funzione compensativa – non
conoscendo una norma analoga all’art. 2059 c.c. – anche i danni morali (d’af-
fection, par ricochet, sexuel, d’agrément, ecc.) derivanti da reato. Fin dai primi
anni del XX secolo, tramontata la stagione germanistica, la giurisprudenza
francese ha iniziato a risarcire «qualsiasi danno, causato da una qualsiasi fau-
17
te» , senza più richiedere un elemento oggettivo autonomo dalla faute e con-
sistente nella illicéité. Lo stesso controllo sull’intérêt légitime juridiquement
18
protégé, che non rappresenta più un “sinonimo” della lesione del diritto sog-
gettivo, diviene uno strumento di politica legislativa che permette ai tribunali
di verificare l’esistenza di un interesse meritevole da parte dei danneggiati par
ricochet, sulla base di un criterio di prossimità parentale o soltanto affettiva
19
che lega l’attore alla vittima immédiate . L’evoluzione del sistema francese
pone in evidenza «la vocazione indennitaria della responsabilità civile che
tende ormai a comprendere ogni lesione portata a qualsiasi interesse, a condi-
20
zione che essa sia certa» .

2. Il legislatore fascista del 1930 (art. 185 c.p.) e del 1942 (art. 2059 c.c.),
21
sulla scia di orientamenti dottrinali che s’ispiravano ormai alla scienza giuri-
dica germanica, piuttosto che ai modelli legali (art. 1151 c.c. 1865) e dottorali
d’origine francese, allora vigenti in Italia, sulla base della filosofia produttivi-
stica ed autoritaria del regime, “condiziona” la tutela delittuale della persona
umana alla necessità, di natura squisitamente pubblicistica, di sanzionare il so-

considera possibile la sua ricezione in via d’interpretazione G. CIAN, La riforma del BGB, cit., p. 132.
Sul punto, il noto insegnamento di K. LARENZ, Das «allgemeine Persönlichkeitsrecht», cit., p. 521 ss.
15
L’art. 1382 code civ., per unanime convinzione, si applica sia ai danni morali sia a quelli c.d. pa-
trimoniali: per tutte, Cass. civ., 13 febbraio 1923, ora in H. CAPITANT, Les grands arrêts de la juri-
sprudence civile, VIII ed. a cura di A. Weill, F. Terré, Y. Lequette, Paris, 1984, p. 404.
16
G. VINEY, B. MARKESINIS, La réparation du dommage corporel. Essai de comparaison des droits
anglais et français, préf. di A. Tunc, Paris, 1985, pp. 46, 54 e 56.
17
Così, H., L. MAZEAUD, Traité de la responsabilité civile, Paris, 1931, p. 31.
18
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 66, in nota 338.
19
Com’è noto, la regola posta da Cass. civ., 27 juillet 1937, in Dalloz Pér., 1938, I, p. 5, fu ribalta-
ta dalla famosa decisione della Chambre mixte del 27 février 1970, in Rec. Dalloz, 1970, Jur., p. 201.
20
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 11. Sul problema della valutazione della condotta
dell’agente, v. M. BUSSANI, La colpa soggettiva. Modelli di valutazione della condotta nella responsabi-
lità extracontrattuale, Padova, 1991, passim.
21
Tra gli autori che, in vario senso, assunsero una posizione contraria alla risarcibilità dei danni
morali, sembra opportuno ricordare C.F. GABBA, Contro la dottrina della risarcibilità del danno mora-
le, in Questioni di diritto civile, II, Torino, 1898, p. 225 ss.; G.P. CHIRONI, Colpa extracontrattuale, II,
Torino, 1906, p. 320 ss.; C. MANDRIOLI, Il risarcimento del danno in forma specifica, in Riv. dir. comm.,
1922, I, p. 359 ss.; ID., Il danno non patrimoniale nell’art. 185 c.p., in Riv. pen., 1931, p. 695; G. PAC-
CHIONI, Della irrisarcibilità dei danni morali, in Riv. dir. comm., 1922, II, p. 178 ss.
112 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

lo illecito penale, che deve essere provato dal danneggiato (o dai suoi aventi
causa) in tutti i suoi elementi costitutivi. Con tale scelta, per nulla “neutra-
22 23
le” , aveva inteso negare, anche al cittadino , ogni protezione di diritto civile,
salvo sparute ipotesi tipiche (artt. 7 e 10 c.c., ad es.), tra l’altro connotate da
24
uno spiccato carattere patrimoniale . Ma a seguito dell’entrata in vigore della
Costituzione repubblicana, che introduce un contrapposto sistema di valori,
25
fondato proprio sulla tutela “incondizionata” della persona (art. 2) , della sua
integrità psico-fisica (art. 32) e dignità, l’angusto sistema di riparazione del
danno non patrimoniale, così come elucubrato dalla prevalente interpretazio-
ne “bipolare”, diviene chiaramente incostituzionale.
Tuttavia, la storia della giurisprudenza costituzionale in materia sarà, per lo
26
più, una storia d’occasioni mancate , d’incomprensibili esitazioni, d’infondati
27 28
timori, di contraddizioni , di vere e proprie incongruenze giuridiche . Forse
perché la Corte prenderà coscienza troppo tardi della struttura “aperta” non-
29
ché della portata precettiva dell’art. 2 Cost. e delle altre norme che garanti-
scono i fondamentali diritti della persona umana. Forse perché avrà il timore
d’introdurre, attraverso la dichiarazione d’incostituzionalità dell’art. 2059 c.c.,
un sistema d’integrale risarcibilità del danno “non patrimoniale”, senza consi-
derare che l’opera di selezione degli interessi protetti sarebbe stata comunque
rimessa alla giurisprudenza, così com’è avvenuto sia in Francia, sia in quei paesi
(come la Germania) che, al contrario, avevano posto a fondamento di un si-
stema legale tipico la velleitaria scelta di riservare al solo legislatore l’indivi-

22
Il civilista italiano, al fine di presentarsi come un “puro” scienziato, preferisce evitare ogni rife-
rimento alla “ideologia” del legislatore, nel nome di una fantomatica “neutralità” del diritto. Ma i giu-
risti socialisti avevano smascherato l’atteggiamento menzognero del giurista occidentale, rilevando
come «La presunta obiettività borghese, al pari dell’ideologia dell’imparzialità, rappresenta soltanto
una maschera dietro la quale l’ingiustizia capitalistica nasconde il suo volto» (la frase di Arzanof è
citata da L.-J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 17).
23
Per lo straniero, com’è noto, era l’art. 16 disp. prel. c.c. a limitare ulteriormente il godimento
dei diritti civili, sulla base della «condizione di reciprocità». Con riguardo all’interpretazione costitu-
zionalmente legittima di tale norma in riferimento al danno morale, M. FEOLA, Il risarcimento del
danno morale del cittadino straniero, in Dir. e giur., 2005, p. 274 ss.
24
In argomento, G. RESTA, Autonomia privata e diritti della personalità, Napoli, 2005, p. 123 ss.
25
Cfr., in proposito, le pagine di P. PERLINGIERI, La personalità umana nell’ordinamento giuridi-
co, Camerino-Napoli, 1972, p. 161 ss. e passim; ID., Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli,
1991, p. 325 ss.
26
Rileva, infatti, che «nell’affermare la costituzionalità dell’attuale disciplina normativa, la Corte
ha perso […] una favorevole occasione per delineare nuove prospettive in tema di risarcimento del
danno alla salute maggiormente aderenti alle necessità di una giustizia sostanziale», G. PONZANELLI,
Danno non patrimoniale e danno alla salute: due sentenze della Corte Costituzionale, in Resp. civ. prev.,
1979, p. 707.
27
Sottolinea, a più riprese, le «contraddizioni emergenti da una […] lettura incrociata» delle sen-
tenze n. 87 e 88 del 26 luglio 1979, G. PONZANELLI, op. ult. cit., pp. 701 e 699.
28
Così, ancora, G. PONZANELLI, op. ult. cit., p. 701 s.
29
In questi termini, P. PERLINGIERI, Norme costituzionali e rapporti di diritto civile, in Tendenze e
metodi della civilistica italiana, Napoli, 1979, p. 111 ss.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 113

30
duazione dei “beni” da proteggere in via delittuale .
La Corte costituzionale volle incamminarsi sulla difficile strada della difesa
a oltranza del modello nostrano di danno non patrimoniale fin dall’estate del
1979, allorché fu chiamata per la prima volta a pronunziarsi sulla legittimità
costituzionale degli artt. 2059 e 2043 c.c. Il «caso Gennarino» aveva destato
31 32
scandalo otto anni prima e, nel frattempo, sia la giurisprudenza genovese ,
33
sia quella toscana , se pure con diversi metodi liquidativi, erano giunte alla
conclusione che il danno c.d. biologico dovesse essere risarcito in sé e per sé
34
(quale violazione dell’art. 32 Cost.) , anche in assenza della commissione di
un reato e a prescindere dalle ulteriori conseguenze economiche provocate
sulla capacità reddituale del soggetto leso.
La Consulta, pur riconoscendo che il «nostro sistema di responsabilità civi-
le» risultava «fondato su una scala di valori profondamente diversa» da quella
35
delineata dalla Costituzione repubblicana , invece di trarre le logiche conse-
guenze da questa affermazione, decide di seguire una soluzione “debole”, sal-
vando la legittimità costituzionale dell’art. 2059 c.c. subordinatamente all’even-
tualità che esso non rappresentasse un limite alla tutela delle «situazioni sog-
36
gettive costituzionalmente garantite» . Leggendo tale regola in senso afferma-
tivo, dottrina e giurisprudenza avrebbero dovuto comunque concludere che
questa decisione, che si presentava «al confine con una pronuncia interpreta-
37
tiva di rigetto» , aveva riconosciuto l’incostituzionalità di ogni ermeneutica del-
l’art. 2059 c.c. che limitasse la tutela di interessi costituzionalmente protetti. Ma
poiché tutte le violazione della personalità umana e, innanzitutto, quelle concer-
nenti l’integrità psico-fisica (art. 32), la vita e la dignità, riguardavano la lesio-
38
ne di «situazioni soggettive costituzionalmente garantite» (dall’art. 2 Cost.) ,
30
L’intenzione del legislatore tedesco di sottrarre alla giurisprudenza qualsiasi ruolo nella selezio-
ne degli interessi protetti, tuttavia, rimarrà vana, poiché essa svolgerà un essenziale ruolo “additivo”
(per tutti, R. SACCO, Introduzione, cit., p. 104 ss.; L.J. CONSTANTINESCO, op. ult. cit., p. 242 s.).
31
La dottrina più avvertita immediatamente denunziò il carattere «classista» del sistema di ri-
parazione reddituale dei danni alla salute (S. RODOTÀ, Una sentenza classista, in Pol. dir., 1971, p.
435 ss.; A.M. GALOPPINI, Il caso Gennarino, ovvero quanto vale il figlio dell’operaio, in Dem. dir.,
1971, p. 225 ss.). Il “caso” fu sollevato da Trib. Milano, 18 gennaio 1971, in Giur. merito, 1971, I,
p. 210 ss.
32
Trib. Genova, 30 maggio 1974, in Resp. civ. prev., 1975, p. 424 ss.; Trib. Genova, 20 ottobre
1975, ivi, 1976, p. 472 ss. L’orientamento programmatico dei giudici genovesi è definito nel manife-
sto redatto da V. MONETTI, G. PELLEGRINO, Proposte per un nuovo metodo di liquidazione del danno
alla persona, in Foro it., 1974, V, c. 159 ss.
33
Trib. Pisa, 10 marzo 1979, in Resp. civ. prev., 1979, p. 365 ss.; App. Firenze, 16 febbraio 1979,
ivi, 1979, p. 359.
34
Lo sottolinea G. ALPA, Danno “biologico” e diritto alla salute. Un’ipotesi di applicazione diretta
dell’art. 32 della Costituzione, in Giur. it., 1976, I, 2, c. 443 ss.
35
G. PONZANELLI, op. ult. cit., p. 702, ivi le parole citate nel testo tra virgolette.
36
Corte cost., 26 luglio 1979, n. 87, in Resp. civ. prev., 1979, p. 702.
37
Cfr. G. PONZANELLI, op. loc. ult. cit.
38
L’unico dubbio poteva riguardare il solo danno morale soggettivo che, non ancora considerato
una lesione dell’interesse (costituzionalmente rilevante ex art 2 Cost.) «all’integrità morale» (Cass., III
114 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

già nel 1979 sarebbe stato possibile concludere che la Corte costituzionale
aveva riconosciuto l’incostituzionalità di ogni interpretazione che avesse inteso
circoscrivere la tutela civile della persona umana alla sussistenza di un illecito
penale.
Dottrina e giurisprudenza, tuttavia, non compresero o non vollero com-
prendere il significato di quella decisione (n. 87 del 1979) la quale, afferman-
do la costituzionalità dell’art. 2059 c.c., ne aveva sancito, nella quasi totalità
delle possibili interpretazioni, l’incostituzionalità. La letteratura giuridica pre-
ferì sottolineare le contraddizioni e le incongruenze tra le due sentenze della
39
Corte, negando loro, in tal modo, un significato giuridico coerente .

3. La «contraddizione che emerge dalla lettura contestuale delle due sen-


40
tenze» , resa ancor più evidente dalla velleità d’intendere l’espressione “dan-
no non patrimoniale” come nozione «ampia e generale e tale da riferirsi […] a
qualsiasi pregiudizio che si contrapponga, in via negativa, a quello patrimonia-
41 42
le» (compreso «quello alla salute») , viene colta anche dal Tribunale di Ge-
43
nova il quale, con ordinanza dell’8 ottobre del 1979 , propone una nuova
questione di legittimità costituzionale dell’art. 2059 c.c. Secondo tale giudice,
dal coordinamento tra le motivazioni delle sentenze n. 87 e n. 88 del 1979
«appare evidente l’illegittimità costituzionale dell’art. 2059 c.c., nella parte in
cui prevede la risarcibilità del danno non patrimoniale derivante dalla lesione
del diritto, costituzionalmente tutelato, alla salute soltanto in conseguenza di
reato, sia per la violazione dell’art. 32 Cost. […] e sia per la violazione dell’art.
3 Cost. (tutela differenziata del diritto alla salute a seconda che le lesioni deri-
44
vino da un reato o da un illecito civile)» .
45
La nuova questione di legittimità costituzionale offre alla Consulta l’op-
46
portunità, da un lato, di seguire la scelta già effettuata nel 1979 , dall’altro, di

Sez. civ., 31 maggio 2003, n. 8828, in Danno e resp., 2003, p. 818), poteva essere risarcito nei soli casi
di un fatto-reato.
39
Nella sentenza n. 88 del 26 luglio 1979 (in Resp. civ. prev., 1979, p. 707 s.) il danno alla salute,
pur considerato come lesione di un «diritto fondamentale dell’individuo» che si configura «come un
diritto primario ed assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra privati», fu qualificato come
danno non patrimoniale e risarcito soltanto perché ricorrevano «nella fattispecie in esame i presup-
posti per l’applicabilità dell’art. 2059 del c.c. (il [convenuto] era stato condannato in sede penale, per
il reato di cui all’art. 582 c.p.)».
40
G. PONZANELLI, op. ult. cit., p. 703.
41
Corte cost., 26 luglio 1979, n. 88, cit., p. 706.
42
Corte cost., 26 luglio 1979, n. 88, cit., p. 706.
43
Analoga questione di legittimità costituzionale è proposta, con ordinanza del 4 dicembre 1981,
dal Tribunale di Salerno.
44
Il petitum del Trib. Genova è così riassunto da Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, in Resp. civ.
prev., 1986, p. 521.
45
Ben sette anni dopo.
46
Circa la mancata dichiarazione d’incostituzionalità dell’art. 2059 c.c.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 115

ricostruire il sistema di responsabilità delittuale su basi più solide e, soprattut-


to, di chiarire le contraddizioni e le ambiguità nelle quali fino ad allora si era-
no dibattute dottrina e giurisprudenza.
Il primo luogo comune che la sentenza n. 184 del 1986 contribuisce a por-
re in discussione è quello, assai caro alla nostra letteratura, secondo il quale il
dato giuridico che dà fondamento alla risarcibilità ai sensi dell’art. 2043 c.c.
47
sarebbe la patrimonialità e non l’ingiustizia del danno . La Corte, viceversa,
sottolinea che ciò che «condiziona il sorgere dell’obbligazione risarcitoria,
viene indicato unicamente attraverso l’“ingiustizia” del danno prodotto dall’il-
48
lecito» . È «l’ingiustizia (lesione del diritto alla salute) insita nel fatto meno-
mativo dell’integrità bio-psichica, il fondamento giuridico del risarcimento del
danno biologico ed eventualmente, ove esistano, anche di altre conseguenze
49
dannose» . «In tanto le ulteriori (oltre l’evento) conseguenze dannose sono
50
rilevanti e risarcibili in quanto, prima, già esiste un’ingiustizia dell’illecito» .
L’aver correttamente individuato la risarcibilità del danno nel dato giuridi-
co dell’ingiustizia (di cui all’art. 2043 c.c.), e non nell’equivoco fattore della
patrimonialità, consente alla Corte di individuare la fonte del risarcimento
(con funzione di compensation) del danno alla salute, e di ogni altra lesione di
un interesse costituzionalmente protetto, proprio nell’art. 2043 c.c. (e non
nell’art. 2059 c.c.). La Corte dimostra di conoscere e di ponderare – cosa del
tutto rara nella nostra esperienza giuridica – anche gli essenziali aspetti fun-
zionali del sistema di responsabilità civile. A differenza di quanto accade per
la generale funzione di compensation espressa dall’art. 2043, «La scelta legisla-
tiva operata con l’emanazione dell’art. 2059 c.c.» è considerata espressione
della volontà «di sanzionare in modo adeguato chi si è comportato in maniera
51
vietata dalla legge» . Questa ulteriore funzione della responsabilità civile, pre-
vista dagli artt. 2059 c.c. e 185 c.p., opera «solo nei casi determinati dalla leg-
ge», cioè ogni qualvolta l’evento dannoso sia arrecato da una condotta che in-
tegri anche in concreto una fattispecie criminosa in tutti i suoi elementi costitu-
52
tivi .
La Consulta, però, pur avvertendo le differenti funzioni che danno fonda-
mento, da un lato, all’art. 2043 c.c., dall’altro, agli artt. 2059 c.c. e 185 c.p.,
non perviene consapevolmente a tale conclusione, preferendo contribuire, sul-
47
Per una critica di questa dottrina si rinvia ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno in-
giusto, Parte II, cit., pp. 221-264.
48
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 527.
49
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 528.
50
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 528.
51
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 524 (il corsivo è aggiunto).
52
In questi termini, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 56;
per ulteriori svolgimenti, ID., Le trasfigurazioni del sistema di responsabilità civile nella giurisprudenza
costituzionale, in La responsabilità civile nella giurisprudenza costituzionale, a cura di M. Bussani, Na-
poli, 2006, pp. 77-124.
116 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

53
la scia di un’autorevole dottrina , al processo di “erosione” dell’art. 2059 c.c.
La lettura dei lavori preparatori renderebbe palese che, «almeno nelle inten-
zioni» del legislatore, «il danno non patrimoniale, di cui al comma 2 dell’art.
54
185 c.p., costituisce l’equivalente del danno morale subiettivo» . Ciò significa
che il limite del fatto-reato di cui agli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. opera soltanto
per tale categoria di danni, che è identificata con «l’ansia, l’angoscia, le soffe-
55
renze fisiche o psichiche […] effimere e non durature» , con «l’ingiusto per-
56
turbamento dello stato d’animo del soggetto offeso» , mentre l’art. 2043 c.c.
permette di risarcire senza alcun limite ogni altra lesione dell’integrità psico-
fisica, della libertà e della dignità della persona umana. La Corte, con questa
interpretazione, tende a contemperare il principio di riparazione integrale, che
trova fondamento nella previsione aperta dell’art. 2043 c.c., con il regime di
stretta tipicità previsto per il danno “da reato” ex art. 2059 c.c., limitando
questo al solo danno morale soggettivo.
Al fine di giustificare ulteriormente la differente disciplina e le distinte fun-
zioni che concernono il risarcimento del danno alla salute (compensation) ri-
spetto a quello morale soggettivo (sanzione), la Consulta sottolinea anche le
diversità strutturali che caratterizzerebbero questi due tipi di danno. Il danno
alla salute dovrebbe essere considerato sempre un danno-evento, poiché «co-
stituisce l’evento del fatto lesivo della salute», mentre «il danno morale subiet-
tivo (ed il danno patrimoniale)» apparterrebbero «alla categoria del danno-
57
conseguenza in senso stretto» . La Corte intendeva distinguere il «fatto costi-
tutivo dell’illecito civile extracontrattuale» (evento dannoso consistente nella
menomazione psicofisica patita dalla vittima) dalle «conseguenze, in senso
proprio, del fatto, dell’intero fatto illecito, causalmente connesse al medesimo
58
da un secondo nesso di causalità» . Ma l’utilizzo di un linguaggio talvolta ge-
neralizzante, talora effettivamente ambiguo, ingenererà nella dottrina la (pur
infondata) convinzione che la Corte avesse inteso qualificare i danni morali e
patrimoniali sempre come danni-conseguenza, mentre tale conclusione sareb-
59
be stata foriera, effettivamente, di conseguenze «assurde» .
Una più grave pecca della sentenza n. 184 del 1986 consiste nell’aver quali-
60
ficato l’art. 2043 c.c. come «una sorta di “norma in bianco”» , cioè come
«una norma giuridica secondaria, la cui applicazione suppone l’esistenza

53
F.D. BUSNELLI, Diritto alla salute e tutela risarcitoria, in Tutela della salute e diritto privato, a
cura di F.D. Busnelli, U. Breccia, Milano, 1978, pp. 530-534.
54
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 523.
55
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 523.
56
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 523.
57
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 524.
58
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 524.
59
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Morte e resurrezione di una teoria generale e monocen-
trica della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 2003, p. 631.
60
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 527.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 117

61
d’una norma giuridica primaria» . Nell’art. 2043 sarebbe «espressamente e
chiaramente indicata l’obbligazione risarcitoria, che consegue al fatto doloso o
62
colposo» , mentre non sarebbero «individuati i beni giuridici la cui lesione è
63
vietata» .
Questa concezione tipizzata dell’ingiustizia del danno, che trova fonda-
mento in una “lettura” penalistica dell’illecito civile, non impedisce, però, di
ravvisare nella sentenza n. 184 del 1986 il momento più alto al quale perviene
la giurisprudenza costituzionale nell’opera di coerente ricostruzione del nostro
modello di responsabilità delittuale. Pur se con talune imprecisioni, che forniran-
no alla dottrina e alla giurisprudenza l’alibi per riaffermare dogmi obsoleti, il di-
scorso svolto dalla Consulta si dimostrava idoneo a correggere le più gravi incom-
prensioni che fino ad allora avevano caratterizzato la nostra scienza giuridica.
Purtroppo, nelle successive decisioni, la Corte, piuttosto che procedere sulla
strada tracciata dalla questa sentenza, ripensando le affermazioni meno convin-
centi, preferirà effettuare un brusco salto all’indietro, vanificando l’intero pa-
trimonio di preziose conoscenze che tale decisione aveva tentato di conseguire.

4. A differenza della sentenza n. 184 del 1986, che aspirava a ricostruire


l’intero sistema della responsabilità delittuale sull’ingiustizia del danno, e non
sulla patrimonialità delle conseguenze, la successiva decisione n. 372/1994
della Consulta aveva avuto ad oggetto un tema assai più specifico, il c.d. dan-
no da morte immediata, ed era intervenuta quasi contemporaneamente ai
primi orientamenti della Suprema Corte che, pur affermando il principio di
64
riparazione integrale dei danni alla persona , avevano iniziato a pronunziarsi
sul diritto degli eredi di ottenere il risarcimento ora della menomazione all’in-
tegrità psicofisica, ora del danno morale sofferto dalla vittima nel periodo che
65
va dal momento della lesione a quello del decesso . La Consulta aveva escluso
la risarcibilità iure hereditario del danno da morte immediata, dopo aver af-
fermato che «vita e salute sono beni giuridici diversi, oggetto di diritti distinti,
61
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 527 s.
62
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 527.
63
Corte cost., 14 giugno 1986, n. 184, cit., p. 527. Una critica di questa impostazione è rinvenibi-
le, ad es., in G.G. SCALFI, Reminiscenze dogmatiche per il c.d. danno alla salute: un ripensamento della
Corte Costituzionale, in Resp. civ. prev., 1986, p. 534 ss.
64
Cass., 6 ottobre 1994, n. 8177, in Foro it., 1995, I, c. 1866, là dove sottolinea «il principio gene-
rale che prevede l’integrale ristoro del danno ingiusto». In argomento, già A. PROCIDA MIRABELLI DI
LAURO, Sul principio di riparazione integrale dei danni alla persona, in Studi in onore di R. Sacco, vol.
II, Milano, 1993, pp. 567-590.
65
Cfr., ad es., Cass., 27 dicembre 1994, n. 11169, e Cass., 6 ottobre 1994, n. 8177, in Foro it., 1995,
I, cc. 1853 ss., 1863 ss., annotate criticamente da R. CASO, La Cassazione, la macchina del tempo e la
risarcibilità «iure hereditario» del danno (biologico) da lesioni mortali. Alcuni rilievi critici su questa
tipologia di danni sono mossi da F.D. BUSNELLI, Figure controverse di danno alla persona nella recen-
te evoluzione giurisprudenziale, in Resp. civ. prev., 1990, p. 474 ss., e da G. ALPA, Il danno biologico, II
ed., Padova, 1993, p. 97 s.
118 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

sicché la lesione dell’integrità fisica con esito letale» non potrebbe essere con-
siderata «una semplice sottoipotesi di lesione alla salute in senso proprio, la
66
quale implica la permanenza in vita del leso con menomazioni invalidanti» .
Tali discutibili argomentazioni avevano condizionato il successivo orienta-
mento della Cassazione, la quale aveva affermato ben presto unanime che «la
lesione dell’integrità fisica con esito letale, intervenuta immediatamente o a
breve distanza di tempo dall’evento lesivo, non è configurabile quale danno
biologico, dal momento che la morte non costituisce la massima lesione possi-
bile del diritto alla salute, ma incide sul bene giuridico, ontologicamente di-
67
verso, della vita» . Il «pregiudizio della salute nell’intervallo di tempo inter-
corso tra le lesioni e la morte in tanto può dar luogo a risarcimento del danno
(trasmissibile agli eredi) in quanto il soggetto sia rimasto in vita per un tempo
apprezzabile, che consenta di configurare un’effettiva ripercussione delle le-
68
sioni sulla sua complessiva qualità della vita» .
Sulla base di queste opinabili convinzioni, la Cassazione aveva elaborato
tre distinte regole giurisprudenziali: nel caso di decesso istantaneo, non sareb-
be stato dovuto alcun risarcimento iure successionis né per il danno c.d. biolo-
69
gico da morte, né per il danno morale subito dal defunto . La stessa regola
riguardava il decesso quasi immediato (poche ore o qualche giorno di vita),
che fosse intervenuto in assenza di un «apprezzabile» arco di tempo tra l’inci-
70
dente e la morte . Soltanto qualora il giudice avesse considerato adeguato
questo diacronismo temporale, sarebbero stati risarcibili iure successionis sia il
c.d. danno biologico terminale, sia il danno morale del defunto, senza che ri-
71
levasse lo stato d’incoscienza della vittima .
72
La valutazione del «tempo minimo di sopravvivenza necessario» , essendo di-
venuta un presupposto essenziale del risarcimento, aveva dato luogo a un vero e
proprio bailamme, essendo di competenza del giudice di merito. In alcuni casi si
73
era considerato «apprezzabile» il lasso di tempo di alcune ore o di pochi gior-
ni. In altri casi, non era stato giudicato «apprezzabile» il decorso di intere setti-
74
mane tra l’evento lesivo e la morte . Con buona pace per la certezza del diritto.
66
Corte cost., 27 ottobre 1994, n. 372, in Foro it., 1994, I, c. 3298 s.
67
Tra le tante, Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, in Danno e resp., 2000, p. 995 s.
68
Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, cit., p. 996.
69
Oltre a Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, cit., p. 996, ivi gli ulteriori precedenti, cfr. Cass., 26
ottobre 1998, n. 10629, in Foro it., 1998, I, c. 3109.
70
Ad es., Cass., 24 aprile 1997, n. 3592, e Cass., 26 settembre 1997, n. 9470, in Giur. it., 1998, p.
1589 ss.
71
Per Cass., 6 ottobre 1994, n. 8177, in Foro it., 1995, I, c. 1852, il danno non patrimoniale è ri-
sarcibile anche nel caso di sofferenze fisiche e morali sopportate in stato di incoscienza.
72
In questi termini, Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, cit., p. 996.
73
Nel caso deciso da Cass., Sez. III, 24 febbraio 2003, n. 2775, in Danno e resp., 2003, p. 1081,
ventiquattro ore di sopravvivenza sono state considerate un lasso di tempo “apprezzabile”.
74
Oltre alle più recenti decisioni che saranno citate infra, cfr. Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in
Danno e resp., 2002, p. 147, per la quale sarebbe risarcibile ai familiari iure hereditatis il danno psi-
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 119

Che vita e salute fossero beni ontologicamente diversi, inoltre, era afferma-
zione che contraddiceva l’evoluzione delle scienze giuridiche e mediche non-
ché la stessa logica comune. Già Adriano de Cupis, nel 1948, aveva affermato
che l’integrità fisica è «al pari del bene della vita, un modo di essere fisico del-
75
la persona, percepibile mediante i sensi» . Essa segue «nella gerarchia dei be-
ni più elevati, il bene della vita; ed invero, mentre quest’ultimo consiste pura-
mente e semplicemente nell’esistenza, l’integrità fisica, presupponendo l’esi-
stenza, vi aggiunge un qualcosa di altro […] di importanza indubbiamente in-
76
feriore al suo presupposto» . Anche ulteriori esimi studiosi avevano continua-
to a sottolineare l’inseparabilità tra questi aspetti, avendo considerato il prin-
cipio di intangibilità dei diritti alla vita e alla salute come «l’anima stessa del
carattere personalistico» della Costituzione, che trova conferma, in primo luo-
go, «nel principio cardine dell’art. 2 che, col riconoscere i diritti inviolabili
dell’uomo, non può non fare anzitutto riferimento ai diritti prioritari della vita
e della salute […] in quanto vita-salute e personalità sono due aspetti inscin-
77
dibili» .
Le stesse Corti del merito avevano contrastato la tesi della Cassazione e, fin
dai primi tempi, avevano affermato che la morte, quale perdita assoluta e irre-
versibile dell’integrità psico-fisica, dovesse essere risarcita, anche se sopravve-
78
nuta quasi immediatamente . «In contrasto con l’orientamento che nega[va]
la risarcibilità iure hereditatis del danno biologico da morte», si era osservato
che, «ancor prima che giuridicamente, la morte costituisce indubbiamente un
fatto dannoso per chi la subisce; che essa costituisce, altrettanto indubbiamen-
te, un evento più grave della lesione; e che il soggetto che produce la morte di
un’altra persona determina, non meno indubbiamente, un danno più grave
79
rispetto al soggetto che produce la sola lesione di un’altra persona» . La di-

chico subito dalla vittima, anche in presenza del decorso di un intervallo di tempo molto breve (quat-
tro ore circa) tra le lesioni e la morte. In Cass., 26 settembre 1997, n. 9470, in Giur. it., 1998, p. 1589,
invece, non si considera sufficiente un periodo di sopravvivenza di tre giorni, mentre in Cass., 25
febbraio 1997, n. 1704, ivi, 1998, p. 1589, si giudica “apprezzabile” il decorso di trenta giorni. Sotto-
linea «la difficoltà di individuare un criterio temporale fisso di riferimento per la spettanza del risar-
cimento e del requisito dell’apprezzabilità del lasso di tempo, fino ad oggi soggetto a variazioni a se-
conda dei casi esaminati», V. DI GREGORIO, Criteri di risarcibilità del danno psichico da morte del
congiunto: intervallo temporale e intensità della sofferenza, in Danno e resp., 2002, p. 149. Un tentativo
di «rivisitazione del concetto dell’‘apprezzabilità’ dell’arco di tempo tra lesione e decesso» è, tuttavia,
compiuto da M. BONA, Sofferenza esistenziale da agonia pre-morte e “loss of life” de iure condendo: il
nuovo approccio della Suprema Corte, ivi, 2001, p. 825 ss.
75
A. DE CUPIS, Il diritto all’integrità fisica, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1948, p. 254.
76
Le parole citate tra virgolette sono, ancora, di A. DE CUPIS, op. cit., p. 254; conf. A. PROCIDA
MIRABELLI DI LAURO, La valutazione del danno alla persona, Napoli, 1982, p. 81 s.
77
Così, testualmente, F. MANTOVANI, I trapianti e la sperimentazione umana nel diritto italiano e
straniero, Padova, 1974, p. 80.
78
App. Roma, 4 giugno 1992, in Resp. civ. prev., 1992, p. 597 ss.
79
Trib. Cassino, 8 aprile 1999, n. 228, in Giur. it., 2000, p. 1204. Tale orientamento è stato con-
diviso da molteplici Corti, le quali hanno continuato a distaccarsi dalla giurisprudenza della Cassa-
120 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

versa interpretazione avrebbe condotto «all’assurdo che il danneggiante e il


suo assicuratore» avrebbero potuto «sperare nella morte (istantanea) dell’in-
fortunato anziché nella sua sopravvivenza perché nel primo caso il risarcimen-
80
to a favore degli eredi sarebbe [stato] minimo» . Non si comprendeva come
la morte, «che costituisce la massima lesione del diritto alla salute» potesse es-
sere sfornita «di quella tutela risarcitoria che, invece, è riconosciuta anche a
81
forme lievi» di compromissione dell’integrità fisio-psichica . Il riparare in mi-
sura maggiore una menomazione, anche non grave, all’integrità psico-fisica
anzi che il decesso avrebbe significato affermare il principio «che è meglio,
82
perché economicamente più conveniente, uccidere piuttosto che ferire» .
Cooter e Ulen potevano esclamare: «Fortunately for my client, the victim died».
Per Gennaro Giannini, che aveva dedicato al problema pagine intense e ap-
passionate, la piena risarcibilità del danno da morte era soprattutto una que-
83
stione di logica e di giustizia .

5. L’orientamento della Cassazione che si era consolidato in tema di danno


“da morte” riposava su un’inappropriata trasposizione dei postulati della teo-
ria differenziale al settore del danno non patrimoniale. La Suprema Corte
considerava il danno da morte immediata, al pari di quello alla salute, una
classica ipotesi di danno-evento. Ma negava la sua riparabilità rilevando che
dovesse essere risarcibile non l’evento dannoso, anche se ingiusto, bensì la sua
(eventuale) incidenza sul godimento di un determinato bene, situazione, que-
84
sta, che avrebbe dovuto essere suscettibile di valutazione economica .
Tuttavia, la giurisprudenza della Cassazione appariva tutt’altro che uni-
forme. In una diversa decisione aveva affermato, in contrasto con la preceden-

zione: tra le prime, Trib. Massa Carrara, 16 dicembre 1997, n. 670, in Arch. giur. circol. strad., 1998,
p. 165 ss.; Trib. Massa Carrara, 19 dicembre 1996, in Danno e resp., 1997, p. 354 ss.; Trib. Civitavec-
chia, 26 febbraio 1996, n. 76, in Riv. giur. circol. trasp., 1996, p. 958 ss.
80
Trib. Massa, 20 gennaio 1990, in Resp. civ. prev., 1990, p. 616, con nota di E. NAVARRETTA, Il
danno da uccisione supera i confini del danno alla salute: verso un’estensione dell’art. 2059 c.c.
81
Pret. Montella, 12 aprile 1996, in Nuovo dir., 1998, p. 855.
82
In questi termini, G. GIANNINI, Il danno biologico in caso di morte, in Resp. civ. prev., 1989, p.
385 s.; ID., Il danno alla persona come danno biologico, Milano, 1986, p. 128 ss. A tale evidente consi-
derazione è ispirato anche lo scritto di R. CASO, Uccidere è più conveniente che ferire: la distruzione
della vita tra paradossi, irrazionalità e costi del “sistema” risarcitorio del danno non patrimoniale, in U.
IZZO (cur.), Dialoghi sul danno alla persona, Trento, 2006, p. 211 ss.
83
G. GIANNINI, op. ult. cit., p. 128.
84
Postulato, questo, che rappresenta l’ortodossa adesione alla teoria della differenza tra i patri-
moni, e che la Cassazione riproduce anche quando decide in casi diversi dal c.d. danno da morte: ad
es., Cass., 3 aprile 2001, n. 4881, in Guida al Dir., 2001, n. 19, p. 61. Rileva, esattamente, che «la teo-
ria compromissoria adottata dalla Corte di Cassazione finisce per tutelare più la perdita di utilità che
la persona in sé e per sé considerata», L. FANELLI, Il danno biologico da morte e la sua risarcibilità
iure hereditario: un nuovo, deciso, “no” della Corte di Cassazione, in Danno e resp., 2000, p. 999, sulla
scia di P. COSTANZO, Il “danno biologico da morte” tra diritto all’integrità psico-fisica e diritto alla vita,
in Giust. civ., 1997, I, p. 2845.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 121

te, che «Non, dunque, la minore godibilità della vita è in sé risarcibile a tale
titolo, ma solo la lesione della salute, costituente il bene giuridicamente tutela-
85
to dall’art. 32 della Costituzione» . Sembra altresì opportuno ricordare che le
Sezioni Unite avevano definito il danno risarcibile – in aperto contrasto con
quanto affermato in tema di danno da morte – come una «lesione di un inte-
86
resse rilevante per l’ordinamento» . Tale orientamento veniva ribadito nel ca-
so di violazione dei «diritti della persona, come il diritto alla reputazione o alla
salute», là dove si ammetteva che «il danno è in re ipsa e dovrà essere risarcito
87
senza che il danneggiato debba fornire la prova dell’esistenza del danno» .
Ad analoghe conclusioni si giungeva implicitamente anche in materia di dan-
no all’ambiente, riparato ai sensi dell’art. 2043 c.c., sulla base del collegamen-
88
to con gli artt. 2, 3, 9, 41 e 42 Cost. .
Tali contrastanti argomenti testimoniavano come l’adesione della Corte di
Cassazione ai dogmi della teoria differenziale (che preferisce immaginare il ca-
rattere patrimoniale del godimento del bene salute come condizione del risar-
cimento) fosse oggetto di una profonda discussione, soprattutto là dove im-
poneva di pervenire a risultati paradossali. Secondo il contestato ragionamen-
to, il danno-evento consistente, ad esempio, in una piccola permanente avreb-
be dato luogo a risarcimento, perché tale evento avrebbe inciso sul godimento
della salute, situazione, questa, che sarebbe stata suscettibile di valutazione
economica. Al contrario, il danno-evento consistente nella perdita della vita
non sarebbe stato risarcibile, non potendo il soggetto danneggiato, in quanto
defunto, percepire alcun detrimento dal venir meno di tale bene. In altri ter-
89
mini, come si è scritto , riportando un eloquente passaggio di Epicuro: «quan-
do ci siamo noi non c’è la morte, quando c’è la morte non ci siamo più noi. La
morte quindi è nulla, per i vivi come per i morti: perché per i vivi essa non c’è
ancora, mentre per quanto riguarda i morti, sono essi stessi a non esserci».
Secondo un non condivisibile postulato costruito sullo strumentario dog-
matico della teoria differenziale, la responsabilità civile avrebbe consentito di
risarcire le conseguenze della lesione del godimento del bene (salute), non, in-
vece, la perdita totale del bene medesimo (vita). Tuttavia, l’individuazione del
danno risarcibile nella violazione di un interesse giuridicamente e/o costitu-
zionalmente rilevante e la conseguente affermazione della riparabilità del-
l’evento dannoso in quanto ingiusto (ai sensi dell’art. 2043 c.c.), a prescindere
dalle eventuali conseguenze patrimoniali (consistenti nel diminuito godimento
del bene), testimoniavano il progressivo abbandono, da parte della Cassazio-
ne, della tesi già contestata e inducevano a sperare che la stessa volesse uni-
85
Testualmente, Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, in Danno e resp., 2000, p. 996.
86
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p. 2270.
87
Cass., 23 marzo 1996, n. 2576, in Danno e resp., 1996, p. 321.
88
Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, in Riv. giur. ambiente, 1997, p. 679 ss.
89
Tra i tanti che citano il dotto passo v’è G.M.D. ARNONE, Danno tanatologico: l’imperituro bar-
rage della Cassazione, in Danno e resp., 2010, p. 808.
122 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

formare i suoi criteri di decisione, sulla base di un’univoca concezione dell’il-


lecito e del danno.
La censurabile soluzione prospettata, dalla prevalente giurisprudenza di le-
gittimità, in tema di decesso immediato della vittima era stata ingenerata, pro-
babilmente, da una malintesa comprensione delle espressioni «danno-evento»
e «danno-conseguenza», contenute nella sentenza della Consulta n. 184 del
1986. L’estensore Dell’Andro, da autorevole penalista e da esimio studioso dei
temi della responsabilità e dell’antigiuridicità, ritenne del tutto inutile definire
la nozione di evento. Qualsiasi manuale spiega che questo deve essere «con-
cepito come risultato esteriore causalmente riconducibile all’azione umana:
paradigmatico l’esempio del delitto di omicidio, nel quale la lesione del bene
protetto (la vita umana) si materializza in una modificazione della realtà natu-
rale (morte come arresto dei processi biologici di un essere umano) concet-
90
tualmente e fenomenicamente separabile dalla condotta omicida» . Pur pre-
scindendo dalla disputa in merito alla nozione di evento in senso giuridico,
«il concetto di evento assume, dunque, un’accezione più tecnica e ristretta
rispetto a quella propria del linguaggio comune che identifica invece l’evento
91
con un accadimento qualsiasi della realtà esterna» . In tal senso, sia la lesio-
ne (più o meno grave) dell’integrità psico-fisica della persona, sia la morte
rappresentavano “eventi” che erano del tutto omogenei sotto il profilo del
diritto e che dovevano essere risarciti nella misura in cui fossero “ingiusti”,
cioè in presenza di una condotta – caratterizzata dall’elemento soggettivo, se
richiesto – che fosse causalmente ricollegabile a un evento dannoso qualifica-
to dalla violazione di un interesse considerato meritevole di protezione da
92
parte dell’ordinamento . La stessa Cassazione, dopo quattordici anni dalla
sentenza della Consulta, finalmente ha affermato – se pure in un ambito diver-
so da quello del danno da morte – che qualsiasi lesione dei diritti della perso-
na umana, in quanto «collocati al vertice dei valori costituzionalmente garanti-
ti», debba andare «incontro alla sanzione risarcitoria per il fatto in sé della le-
sione (danno evento) indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali
93
che la stessa possa comportare (danno conseguenza)» . La menomazione del-
l’integrità psico-fisica e la morte, alla pari di qualsiasi altro danno, devono es-
sere risarciti nel momento in cui si provi che l’evento dannoso ingiusto sia ri-
conducibile, attraverso un nesso di causalità, ad una determinata condotta.
Tale ricostruzione trovava un’ulteriore conferma nella rivoluzione che ave-
va caratterizzato il sistema di riparazione del danno alla salute, il quale – ormai
90
Per tutti, G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte generale, III ed., Bologna, 2002, p.
191.
91
G. FIANDACA, E. MUSCO, op. cit., p. 192.
92
Sul punto, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I danni alla persona tra responsabilità civile e si-
curezza sociale, in Riv. crit. dir. priv., 1998, pp. 772 ss., 775 ss. (da qui le ulteriori citazioni), e in Studi
in onore di P. Rescigno, vol. V, Milano, 1998, p. 345 ss.
93
Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, in Danno e resp., 2000, p. 836.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 123

da molti lustri – era risarcito in sé, sulla base della valutazione percentuale as-
segnata alla mera lesione dell’integrità psico-fisica, in sede di perizia medico-
legale, a prescindere dalle ulteriori eventuali “conseguenze” (patrimoniali e
non) subite dal danneggiato. Ciò è confermato dallo stesso legislatore, là dove
prescrive che «Il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua
incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato» (art. 5,
comma 3, legge 5 marzo 2001, n. 57; art. 138, comma 2, lett. a, d.lgs. 7 settem-
bre 2005, n. 209). I danni-eventi rappresentati dalla menomazione psico-fisica
o dalla morte non potevano non essere riparati in sé, salvo poi a provare
l’esistenza di ulteriori conseguenze morali o patrimoniali (art. 137, comma 1,
d.lgs. n. 209 del 2005). In questi termini la Consulta aveva inteso utilizzare la
contestata, e probabilmente non elegante, nozione di danno-conseguenza. Il
danno alla salute e quello «da perdita della vita» – risarcibili in sé, in quanto
danni-eventi ingiusti, sulla base di un sistema che prescinda totalmente dalla
posizione reddituale della vittima – possono essere a loro volta fonte (sulla ba-
se di un secondo nesso di causalità) di ulteriori conseguenze dannose, che la
Corte costituzionale, per esigenze di semplificazione, volle qualificare come
patrimoniali (c.d. lucro cessante, spese mediche o funerarie documentate,
ecc.) o non patrimoniali (danni morali). Tali ulteriori ed eventuali danni, che
rappresentavano la conseguenza di eventi dannosi già di per sé risarcibili e ri-
sarciti, dovevano essere autonomamente riparati.
Il fraintendimento delle parole della Consulta è stato così pervicace che,
soltanto molti anni dopo, la Corte di Cassazione, ancora a Sezioni unite, ha
scoperto che doveva escludersi, in merito «alla interpretazione della dicotomia
danno-evento e danno-conseguenza […], che il danno-evento, delineato dalla
Corte costituzionale nella citata sentenza 184/86, si esaurisca nella menoma-
zione psico-fisica propria del danno biologico, senza comprendere anche even-
94
tuali lesioni suscettibili di tutela aquiliana diretta ed autonoma» . In tal senso
si è affermato che il danno non patrimoniale è risarcibile autonomamente, al-
lorché «esso consista nel turbamento psichico della vittima causato da un rea-
95
to» . Chiarito l’equivoco, tale danno è stato giudicato «risarcibile anche in as-
96
senza di danno biologico o di altro evento produttivo di danno patrimoniale» .
Anche sotto altro profilo l’orientamento della Cassazione in tema di danno
“da morte” aveva iniziato a incrinarsi. Ma la Suprema Corte, invece di ricono-
scere le incongruenze che caratterizzavano la sua costruzione giuridica, nella
97
ricerca di una soluzione che fosse finalmente in linea con quelle decisioni
94
Testualmente, Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, in Corriere giur., 2002, p. 463, là dove
riproduce i motivi dell’ordinanza delle Sezioni Unite del 24 marzo 2000.
95
Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, cit., p. 463.
96
Ancora Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, cit., p. 463.
97
Cfr., in particolare, Cass., 23 marzo 1996, n. 2576, in Danno e resp., 1996, p. 321; Cass., 19 giu-
gno 1996, n. 5650, in Riv. giur. ambiente, 1997, p. 679 ss.; e, soprattutto, Cass., Sez. Un., 22 luglio
1999, n. 500, cit., p. 2270.
124 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

che sembravano presupporre l’abbandono della teoria differenziale, aveva pre-


ferito mutare i termini del problema. Nel caso in cui fosse intercorso tra
l’evento lesivo e la morte un lasso di tempo di poche ore, in presenza di un
orientamento «assolutamente consolidato» che negava ogni tipo di risarcimen-
to, e in assenza di una pur auspicabile riforma de iure condendo che superasse
la discrasia che si creava tra il decesso immediato e le lesioni mortali – con
conseguente disparità di trattamento per i superstiti –, si era affermato che
fosse necessario comunque risarcire l’eventuale sussistenza del «danno psichi-
co da sofferenza esistenziale», patito dal soggetto che aveva atteso lucidamen-
98
te l’estinzione della propria vita . L’accertamento dell’intensità e della durata,
anche limitata a poche ore, di siffatto pregiudizio avrebbe inciso «sulla valuta-
zione dell’esistenza (l’an) e della consistenza (il quantum) del danno e […] nes-
sun ostacolo» sarebbe sussistito «al riconoscimento della trasmissibilità del
99
danno biologico iure hereditatis» .
Ecco che la categoria del danno (da sofferenza) esistenziale si rivelava la
panacea per tutti i mali, quasi che fosse un novello demiurgo che consentiva di
salvare il contestato orientamento della Cassazione e, nel contempo, di esten-
dere pragmaticamente l’area del danno risarcibile anche alle ipotesi nelle quali
la morte fosse intervenuta dopo qualche ora dalle lesioni, allorché la vittima
aveva assistito consapevolmente all’estinzione della propria vita. Ma la dispari-
tà di trattamento tra gli eredi non veniva meno, qualora il malcapitato fosse
caduto in stato di incoscienza. Il «cinismo giuridico» della Cassazione avrebbe
dovuto far auspicare al coniuge o ai genitori della vittima qualche ora di so-
pravvivenza, tra atroci sofferenze e nella lucida attesa della morte, poiché sol-
tanto in questo caso tale danno sarebbe stato, in qualche misura, risarcibile.

6. La figura del danno, d’intensità catastrofica, “da sofferenza esistenziale”,


mentre ha contribuito a consolidare in Cassazione la problematica del danno
esistenziale – anche con riguardo al distinto danno “da lutto” patito iure pro-
prio dai parenti a causa del decesso del congiunto –, non ha sostanzialmente
100
inciso sull’indirizzo tradizionale in tema di danno da morte . Proprio nel
momento in cui la giurisprudenza realizzava una vera e propria rivoluzione
copernicana in materia di danno non patrimoniale, considerando risarcibile,
anche in assenza di un fatto di reato (art. 185 c.p.), la lesione di un qualsiasi
101
interesse della persona costituzionalmente rilevante , la Suprema corte con-
fermava il suo orientamento, considerando non risarcibile sia il «danno biolo-
gico richiesto iure hereditatis», sia il «danno da perdita del diritto alla vita,
98
Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in Danno e resp., 2001, p. 821.
99
Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, cit., p. 821.
100
Cfr., ad es., Cass., Sez. III, 24 febbraio 2003, n. 2775, in Danno e resp., 2003, p. 1081 s.
101
Il riferimento è a Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828 e n. 8827, in Danno e resp., 2003, pp.
816 ss., 821 ss., e a Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, ivi, 2003, p. 939 s.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 125

102
detto anche danno tanatologico» . In linea con la distinzione operata tra sa-
lute e vita, la Suprema corte distingueva, anche sotto il profilo dell’evento
dannoso, il danno biologico (permanente) dal “danno tanatologico”, i quali,
tuttavia, sarebbero stati entrambi accomunati, sotto il profilo della disciplina,
dall’essere «inconcepibile una forma di risarcimento anche solo per equivalen-
te», trattandosi di lesioni «di un bene intrinsecamente connesso alla persona
103
del suo titolare e da questi fruibile solo in natura» .
Malgrado le molteplici norme, di rango costituzionale, che tutelano il dirit-
104
to alla vita , la Cassazione affermava che non rilevava «in contrario la man-
canza di tutela privatistica del diritto alla vita (peraltro protetto con lo stru-
mento della sanzione penale), attesa la funzione non sanzionatoria ma di rein-
tegrazione e riparazione di effettivi pregiudizi svolta dal risarcimento del dan-
105
no» . Poiché «il sistema risarcitorio non è l’unico mezzo di tutela», il diritto
alla vita poteva legittimamente essere sfornito di ogni tutela civile, in quanto
esso era «ampiamente tutelato in sede penale (ex multis, artt. 575 e 589 c.p.) e
106
la sanzione penale è la massima forma di reazione ad un illecito» .
Decorso l’“apprezzabile” lasso di tempo di dieci giorni tra l’incidente e la
morte – ma una sentenza immediatamente precedente aveva ritenuto suffi-
107
cienti soltanto «ventiquattro ore di agonia» –, la Suprema corte aveva rite-
nuto risarcibile il solo danno da inabilità temporanea per i dieci giorni di so-
108
pravvivenza , come se la vittima avesse subito un leggero “colpo di frusta”.
Secondo i giudici, i due casi sarebbero stati assolutamente identici poiché, in
entrambi, dopo dieci giorni vi sarebbe stato l’assenza del «consolidarsi di po-
109
stumi permanenti» . Nel secondo caso, con la completa guarigione; nel pri-
mo, con la morte. Non essendo configurabile «alcuna invalidità permanente in
senso medico-legale», poiché la malattia «non si risolve con esiti permanenti,
110
ma determina la morte dell’individuo» , l’unica differenza (con la piccola
temporanea) era che nel «danno biologico terminale» la valutazione raggiun-
geva «quantitativamente la misura del 100%, come nel caso dell’inabilità tem-
111
poranea assoluta, cui consegue la guarigione» . La figura del «danno biologi-
112
co terminale» , quindi, s’identificava con l’inabilità temporanea assoluta. Ma
l’assenza di consolidazione derivava non dalla guarigione, bensì dalla morte.
102
Così, Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, in Danno e resp., 2003, p. 1078.
103
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1078.
104
Alcune di queste norme sono citate dalla stessa Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p.
1079.
105
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1078.
106
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1079.
107
Cass., Sez. III, 24 febbraio 2003, n. 2775, cit., p. 1081.
108
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1079 s.
109
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1079.
110
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1079.
111
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1080.
112
Cass., Sez. III, 16 maggio 2003, n. 7632, cit., p. 1080.
126 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

113
L’orientamento della Cassazione era stato considerato «sconcertante» ,
114 115 116 117
«contraddittorio» , «irrazionale» , «improponibile» , «aberrante» , «illo-
118
gico e paradossale» . La salute, «intesa come benessere psico-fisico, è per de-
finizione una qualità essenziale della vita costituendone un presupposto inde-
119
fettibile» . Il decesso, «per quanto ravvicinato all’evento lesione non può che
porsi ontologicamente, prima che temporalmente, fra le conseguenze del fat-
120 121
to» . Inoltre, il criterio c.d. “cronometrico” adottato dalla Suprema corte
non tutelava in sé l’integrità psico-fisica o la vita della persona, «ma solo le uti-
122
lità che con la permanenza in vita se ne possono trarre» , con la conseguen-
za, difficilmente spiegabile anche sotto il profilo dell’analisi economica, che il
valore del «danno si abbatte progressivamente man mano che la lesione si av-
123
vicina temporalmente alla morte» . Ma poiché non v’è nulla di più “perma-
nente” della morte, il perdere la vita equivaleva «incontestabilmente al 100%
124 125
d’invalidità» . A tale conclusione era pervenuta la stessa Cassazione , là do-
ve aveva proposto di valutare l’entità del danno da morte non sulla base fitti-
zia della durata dell’agonia, ma sul fondamento della speranza di vita futura
che la morte, inevitabilmente, fa venir meno.
L’esclusione di qualsiasi tutela civilistica per il danno tanatologico, infine,
si poneva in palese violazione con le norme di rango costituzionale, tra le quali
v’è, da ultimo, l’art. II-62 Cost. europea, che tutela esplicitamente la vita come
il valore primario della persona. L’ammettere una tutela soltanto penalistica
della vita, oltre ad essere espressione di un’ormai superata lettura pubblicistica
126
ed autoritaria dei diritti della persona, violava il principio di sussidiarietà
della sanzione penale e contraddiceva l’orientamento della stessa Cassazione
che aveva disposto una tutela civilistica dei diritti della personalità anche in

113
R. FOFFA, Il danno tanatologico e il danno biologico terminale, in Danno e resp., 2003, p. 1090.
114
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 16 ss.
115
R. CASO, Uccidere è più conveniente che ferire, cit., p. 211 ss.
116
R. FOFFA, op. loc. cit.
117
R. FOFFA, Danno biologico terminale: istruzioni per l’uso, in Danno e resp., 2004, p. 1221.
118
Così, M. BONA, Sofferenza esistenziale da agonia, cit., p. 824.
119
Così, ad es., Trib. Venezia, 15 marzo 2004, in F. LORENZATO, V. MOSCON, Il danno da morte,
in Danno e resp., 2006, p. 622.
120
Trib. Venezia, 15 marzo 2004, cit., p. 622.
121
Per tale termine, tra i tanti, F. LORENZATO, V. MOSCON, op. cit., p. 624.
122
Così F. LORENZATO, V. MOSCON, op. cit., p. 625, sulla scia di A. PROCIDA MIRABELLI DI
LAURO, op. ult. cit., p. 18 ss.
123
In questi termini, già R. CASO, Le ultime pronunce di Cassazione in tema di risarcibilità iure he-
reditario del danno biologico da lesioni mortali: un difficile cammino sulla strada della teoria generale,
in Foro it., 1996, I, c. 3109.
124
Tra i tanti, M. CAPUTI, Chi muore giace e chi vive (non) si dà pace: la (quasi) irrisarcibilità iure
hereditatis del danno tanatologico, in Danno e resp., 2004, p. 1218.
125
Cass., 23 maggio 2003, n. 8204, in Arch. civ., 2003, p. 1281.
126
Lo rileva R. FOFFA, Il danno tanatologico, cit., p. 1090. Sul principio di sussidiarietà della nor-
ma penale, per tutti, G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale, cit., p. 28 ss.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 127

127
assenza della commissione di un fatto di reato . Era paradossale che la Su-
prema corte, mentre estendeva la tutela civile ad ulteriori diritti della persona
(reputazione personale, dignità ed ogni altro aspetto “esistenziale”), la negas-
se, poi, proprio alla vita, che rappresenta il diritto “fondamentale” per defini-
zione.
La Cassazione, dopo un periodo di riflessione sulla possibilità di adottare
per il “danno biologico terminale” quegli stessi valori tabellari che normal-
mente sono utilizzati per la liquidazione del danno biologico da invalidità tem-
128
poranea , finalmente conscia dell’insostenibilità delle sue argomentazioni,
aveva prospettato un radicale revirement, ma enunciandolo soltanto obiter dic-
tum. Nel decidere su un «danno ingiusto parentale conseguente alla morte» di
un minore, aveva qualificato tale danno non come esistenziale, ma come dan-
no morale ingiusto, risarcibile sulla base del principio di riparazione integra-
129
le . La Cassazione aveva sottolineato l’autonoma funzione satisfattiva e/o
130
punitiva del “danno da reato” , affermando che la «presenza di un fatto rea-
to lesivo della persona» dovesse rilevare «come peso, come entità da valutare
131
ai fini della complessa valutazione del danno parentale morale» .
Con una radicale inversione di tendenza rispetto al citato orientamento
giurisprudenziale che, nel distinguere tra vita e salute come beni “ontologica-
mente” diversi, aveva limitato la riparazione iure hereditatis del danno da mor-
te alla inabilità temporanea assoluta patita dalla vittima durante l’“apprezza-
bile” arco di tempo della sopravvivenza, la Cassazione, per la prima volta,
aveva riconosciuto in maniera generalizzata il risarcimento del «danno da
morte come perdita della integrità e delle speranze di vita biologica, in rela-
zione alla lesione del diritto inviolabile della vita, tutelato dall’art. 2 della Co-
132
stituzione [...], nel senso di diritto ad esistere» . La sentenza, nel rilevare che
«la morte cerebrale non è mai immediata, con due eccezioni: la decapitazione
o lo spappolamento del cervello», affermava che, a differenza di queste due
ultime ipotesi, «anche il danno da morte, come danno ingiusto da illecito, è
[sempre] trasferibile mortis causa, facendo parte del credito del defunto verso
133
il danneggiante ed i suoi solidali» . Come «il diritto al risarcimento del dan-
no biologico» entra «a far parte del patrimonio della vittima nello stesso mo-
mento della lesione», così, anche nel caso di decesso, «il danno deve essere ri-
127
Orientamento inaugurato da Cass., 31 maggio 2003, n. 8828 e n. 8827, in Danno e resp., 2003,
pp. 816 ss., 821 ss.
128
Alcuni correttivi, pur nel segno della continuità dell’indirizzo tradizionale, sono introdotti da
Cass., 14 luglio 2003, n. 11003, in Resp. civ. prev., 2003, p. 1049 ss., e da Cass., 23 febbraio 2005, n.
3766, in Rep. Foro it., 2005, voce Danni civili, n. 23.
129
Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, in Corriere giur., 2006, p. 1376.
130
In questi termini, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte II, cit., p.
249 ss.
131
Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, cit., p. 1377.
132
Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, cit., p. 1376.
133
Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, cit., p. 1376.
128 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ferito al periodo intercorso tra la data dell’incidente e quello della morte» e,


pertanto, si trasmette «agli eredi secondo le comuni regole della successione
mortis causa».
L’affermata risarcibilità iure hereditario del danno “da morte”, però, assu-
meva rilievo di «obiter sistematico», poiché gli attori avevano chiesto, iure
proprio, il risarcimento del solo «danno ingiusto parentale conseguente alla
134
morte del congiunto» . Era probabile, ed auspicabile, tuttavia, che la regola
relativa al risarcimento iure hereditario del danno da «perdita della vita» dive-
nisse quanto prima la ratio decidendi di un rinnovato indirizzo della Cassazio-
ne, così come era già avvenuto in molteplici altri settori nei quali, seguendo
uno stile tipicamente anglosassone, l’inedito obiter dictum si era poi inevita-
bilmente trasformato nella ratio decidendi di un nuovo orientamento giuri-
sprudenziale.

7. Oltre ai danni “biologico terminale”, da “lucida agonia” e “da lutto”,


anche il danno c.d. psichico è stato oggetto di maldestri tentativi di tipizzazio-
ne. Questa figura è apparsa spuria sotto il profilo dell’individuazione giuridica
dei suoi confini, poiché nel law in action tale problematica è stata spesso so-
vrapposta a quella dei danni “da morte”, riflesso, esistenziale o morale, al pun-
to da confondersi con questi e da perdere ogni autonomia ontologica.
135
Il danno psichico è stato considerato dalla Cassazione come un “surroga-
to” del danno tanatologico. Allorché l’intervallo di tempo intercorso tra le le-
sioni e il decesso sia stato molto breve, in misura da non poter essere conside-
rato “apprezzabile” sotto il profilo cronometrico, sarebbe stata comunque ri-
sarcibile la sofferenza psichica di intensità «catastrofica» patita dalla vittima
136
che attende il momento della morte . In questo caso, il richiamo alla intensità
del dolore, sovrapponendosi e rendendo inoperante il criterio fondato sulla
apprezzabilità del lasso di tempo, è stato utilizzato dai giudici di legittimità
per correggere il proprio censurabile indirizzo in tema di danno tanatologico e
per risarcire un danno che altrimenti non sarebbe stato riparabile sulla base di
una rigorosa osservanza dei precedenti in materia. Il danno psichico “catastro-
fale” è stato risarcito direttamente alla vittima e trasmesso, poi, agli aventi cau-
137
sa iure hereditario .
Tale orientamento, pur essendo mosso da un intento empirico apprezzabile,
che tuttavia è “strumentale” a risolvere un problema che la Cassazione avreb-
be dovuto affrontare in maniera diversa, è sembrato infrangere all’incontrario
l’unitarietà del danno alla salute. In presenza di gravissime lesioni fisiche, che
134
Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, cit., p. 1376.
135
Cfr. Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in Danno e resp., 2001, p. 821.
136
In questi termini, Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, cit., p. 821.
137
Cfr. Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, cit., p. 821.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 129

avevano avuto conseguenze letali, l’unico danno risarcibile sarebbe stato il


danno biologico terminale (liquidato come inabilità temporanea assoluta) pati-
to dalla vittima durante l’“apprezzabile” lasso di tempo intercorso tra le lesio-
ni e il decesso. La (sofferenza per la) perdita della vita, invece, avrebbe trovato
ristoro (anche là dove la morte fosse sopravvenuta dopo breve tempo) allorché
138
la vittima avesse subito un ulteriore danno psichico di natura catastrofica . In
altri termini, il danno all’integrità fisica, pur avendo provocato il decesso, era
considerato risarcibile non in sé, ma in quanto causa di un danno psichico
consistente nella sofferenza esistenziale patita dalla vittima che lucidamente
attende il momento della morte.
Ciò determinava, però, un’evidente disparità di trattamento, in presenza di
un medesimo evento (la morte), a seconda che il giudice ravvisasse o no la
presenza dell’elemento psicologico consistente nella consapevolezza del deces-
so. La Cassazione abbandonava il criterio cronometrico per considerare risar-
139
cibile «la stessa intensità della sofferenza e della disperazione» . Anche qual-
che momento di coscienza, prima del decesso, avrebbe potuto ingenerare nella
vittima un dolore di tale intensità da essere considerato danno catastrofico.
Tale soluzione ha assunto un particolare rilievo nella storia dei “nuovi
danni”, sia perché ha rappresentato, pur impropriamente, uno dei primi rico-
noscimenti, da parte della Suprema Corte, del danno esistenziale; sia perché,
senza avvedersene, la Cassazione aveva risarcito ai sensi dell’art. 2043 c.c. un
danno che, secondo la dogmatica della tesi bipolare, sarebbe dovuto rientrare
nella categoria del danno morale soggettivo (riparabile, fino ad allora, nei limi-
ti degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p.), consistendo proprio in un «transeunte tur-
bamento psicologico», anche se di gravissima intensità. Infatti non si trattava,
in realtà, né di un danno psichico né di un danno esistenziale, ma di un danno
essenzialmente morale, poiché il breve lasso di tempo intercorso tra l’inciden-
te ed il decesso non consentiva alla sofferenza patita, sia pur della massima
gravità, di poter “evolvere” in un danno biologico o in un danno esistenziale.
La categoria del danno psichico non si è prestata ad un’agevole tipizzazio-
ne anche sotto altro profilo. L’equivoco ha trovato origine, ancora una volta,
nella sentenza n. 372 del 1994 della Consulta, la quale ha avuto l’ulteriore de-
merito di tentare di confondere le idee, fino ad allora faticosamente affermate-
si, in tema di danno biologico. In palese contrasto con il suo precedente orien-
140
tamento , la Corte volle ribaltare l’interpretazione dominante del diritto vi-
141
vente e volle prospettare l’inclusione del danno alla salute nella categoria del
138
V., infatti, Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, cit., p. 821.
139
Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, cit., p. 821.
140
Lo rileva, con dovizia di argomentazioni, G. PONZANELLI, La Corte costituzionale e il danno
da morte, in Foro it., 1994, I, c. 3303.
141
Cfr. Corte cost., 14 luglio 1986, n. 184, in Resp. civ. prev., 1986, p. 523, e Corte cost., 17 feb-
braio 1994, n. 37, in Foro it., 1994, I, c. 1326. In questi termini si erano già pronunziate Corte cost.,
26 luglio 1979, n. 87, e Corte cost., 26 luglio 1979, n. 88, in Foro it., 1979, I, c. 2542 ss.
130 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

danno non patrimoniale. Nel valutare le conseguenze dello shock patito dal fa-
miliare, affermò che non sarebbe stato possibile discernere «ciò che è soltanto
danno morale soggettivo da ciò che incide sulla salute», perché tale danno sa-
rebbe «il momento terminale di un processo patogeno originato dal medesimo
turbamento dell’equilibrio psichico che sostanzia il danno morale soggettivo e
che in persone predisposte da particolari condizioni (debolezza cardiaca, fragili-
tà nervosa, ecc.), anziché esaurirsi in un patema d’animo o in uno stato di ango-
142
scia transeunte, può degenerare in un trauma fisico o psichico permanente» .
Le perplessità maggiori nascevano dal voler considerare il danno psichico
permanente come danno non patrimoniale, separatamente dal danno fisico,
qualificato (all’epoca ancora) come danno patrimoniale. La contestata distin-
zione dogmatica, propria dell’ermeneutica bipolare, questa volta era stata uti-
143
lizzata per infrangere l’unitarietà del danno alla salute . Tuttavia, da un lato,
si è osservato come, «a prescindere dalla sostanza dei concetti espressi», l’obiter
dictum della Consulta risentisse «ancora di una terminologia arcaica e organi-
144
cistica» . La più recente scienza psichiatrica insegna come, «pur in assenza di
franca “infermità” psichica o, comunque, di un ben delimitato quadro psico-
patologico, non si possa, con semplice automatismo, concludere che non c’è
danno. Infatti, il danno potrebbe consistere in un più sfumato “disturbo” o
145
“disagio”» . Dall’altro, lo stesso legislatore aveva definitivamente superato
ogni pericolo di scissione del danno fisico da quello psichico definendo il
danno biologico quale lesione all’integrità psicofisica della persona, suscettibi-
le di accertamento e/o di valutazione medico-legale (per le due versioni, v. gli
artt. 5, comma 3, legge 5 marzo 2001, n. 57, e 13 d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38; e
ora l’art. 138, comma 2, lett. a, d.lgs. n. 209 del 2005). La Cassazione percepì
immediatamente tale aspetto sottolineando che, «quanto poi alla frattura, po-
sta dall’interpretazione della Corte costituzionale nella […] sentenza del 1994,
n. 374 all’unitarietà del danno biologico, nel senso di una collocazione del dan-
no psichico nell’ambito dell’art. 2059 c.c., si osserva che tale frattura è ormai
legislativamente composta dalla recente legge di riforma dell’INAIL […], la
quale considera unitariamente sotto unico genus la categoria del danno biolo-
gico […]. Cade dunque il possibile riferimento ermeneutico al precedente del-
la Consulta, e la problematica del danno ai congiunti della vittima primaria
146
deve considerarsi […] nel quadro della clausola generale dell’art. 2043 c.c.» .
142
Corte cost., 27 ottobre 1994, n. 372, in Foro it., 1994, I, c. 3307. Tra le innumerevoli critiche
che hanno accolto tale decisione, di particolare interesse sono le pagine di F.D. BUSNELLI, Tre «punti
esclamativi», tre «punti interrogativi», un «punto a capo», in Giust. civ., 1994, I, p. 3035 ss.
143
Stigmatizzato, tra gli altri, da F.D. BUSNELLI, op. ult. cit., p. 3035.
144
In questi termini, R. CASTIGLIONI, Danno psichico: diagnosi, nesso causale, transitorietà e per-
manenza, quantificazione. Una rassegna casistica, Milano, 2001, p. 3 dell’estratto rinvenuto sul sito
web.tiscali.it/ceredoc/html/art3.html (da qui le ulteriori citazioni), anche in Tagete, 1999, p. 56 ss.
145
R. CASTIGLIONI, op. cit., p. 3.
146
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, in Corriere giur., 2001, p. 1319 ss. Il testo della l. 5 marzo
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 131

Dal patema d’animo o dalla stessa sofferenza, la scienza medico-legale ha


sempre distinto il danno c.d. neurologico, che colpisce il sistema nervoso, os-
sia l’apparato costituito da encefalo, midollo spinale, organi di senso e nervi
periferici, «entità anatomiche ben individuabili, ciascuna su un atlante di ana-
147
tomia» . Ma è stato considerato autonomamente risarcibile anche il danno
che incide sulla «psiche, o mente che dir si voglia, costituita, secondo la psi-
copatologia classica, da tre fondamentali facoltà o sfere: conoscitiva, affettivo-
148
istintiva, volitiva» . Nonostante queste facoltà non siano individuabili negli
atlanti di anatomia, tale danno «si accerta con l’esame obiettivo psichico, mer-
cé l’osservazione e il colloquio, che saggiano i cinque parametri fondamentali:
vigilanza-coscienza, percezione, ideazione, affettività, comportamento, che de-
149
finiscono i quadri psichici» . Si tratta di un vero e proprio esame obiettivo,
atto a raccogliere precisi dati obiettivi, «ancorché con qualche margine di sog-
gettività, essendo, appunto, fondato sulle facoltà psichiche dell’osservatore
che valuta le facoltà psichiche dell’esaminando, senza l’ausilio di strumenti fi-
150
sici» . Lo stesso danno neurologico può manifestarsi con una sintomatologia
di tipo psichico allorché, pur «traendo origine da pregresse lesioni cranio-
encefaliche, non si esprime […] con sindromi riconducibili a precisi centri
encefalici. Si tratta, per lo più, di difficoltà di concentrazione, di dismnesie,
di deterioramenti modesti, di alterazioni di carattere, sovente riscontrabili
151
anche in casi di danno psichico, senza pregresse lesioni cranio-encefaliche» .
Anche in questi casi si è in presenza di un danno alla integrità psichica me-
dicalmente valutabile e/o accertabile che deve essere risarcito allorché «i
152
dubbi possano essere fugati con test psicometrici e neuropsicologici» .
L’incertezza che ha regnato in materia, ha indotto spesso a sovrapporre il
danno psichico al danno riflesso, a quello esistenziale, al lutto e allo stesso
danno morale. Non sembrava realisticamente possibile distinguere il danno
morale soggettivo (come proponeva una corrente della teoria bipolare) da tut-
te le altre figure che consentivano di considerare risarcibili sofferenze e patemi
d’animo più o meno intensi e duraturi. «Non sempre i dati della letteratura
giuridica e psichiatrica forniscono elementi utili per dirimere i dubbi; in molti
casi si tratta di modificazioni quantitative, di interpretazioni o di valutazioni

2001, n. 57, è pubblicato ivi, 2001, p. 576 ss., con il commento di M. ROSSETTI, Nuove norme in tema
di assicurazione della r.c.a. e di danno biologico.
147
R. CASTIGLIONI, Danno psichico, cit., p. 1, ove precisa che tale danno «si accerta con l’esame
obiettivo neurologico mercé l’ausilio di martelletto, diapason, provetta calda e fredda, oftalmoscopio,
ecc., nonché con esami strumentali più complessi come l’elettroencefalogrammma, l’angiografia, la
scintigrafia, la tomografia, la risonanza magnetica», mezzi questi che «consentono di raccogliere pre-
cisi dati obiettivi e di definire il quadro clinico in cui consiste il danno».
148
R. CASTIGLIONI, op. cit., p. 1.
149
R. CASTIGLIONI, op. loc. ult. cit.
150
Così R. CASTIGLIONI, op. loc. ult. cit.
151
Cfr., ancora, R. CASTIGLIONI, op. cit., p. 1 s.
152
Lo afferma R. CASTIGLIONI, op. cit., p. 2.
132 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

153
che devono essere tarate nel contesto socio ambientale specifico» . Inoltre, il
rapporto esistente tra la lesione psichica e il “difetto nel funzionamento”, che
ne rappresenta la conseguenza, non è sempre direttamente proporzionale. Una
forma morbosa lieve può provocare un accentuato difetto funzionale, in de-
terminati soggetti e in presenza di specifiche condizioni, mentre una lesione
psichica più grave può talvolta causare manifestazioni di entità sicuramente
più ridotta. Da qui la necessità che lo psichiatra e il medico legale agiscano di
concerto, nell’individuare la coerenza interna dei nessi che collegano i vari fat-
tori, al fine di fornire una «descrizione psicopatologica o psicodinamica atten-
dibile che, partendo dalla struttura della personalità del soggetto leso, consen-
ta di comprendere quale sia stato l’effetto dell’evento traumatico su quel sog-
getto, per quale motivo si sia determinato un danno e di quale entità» esso
154
realmente sia .
Non è, quindi, sempre possibile distinguere il danno psichico sulla base del
suo carattere di permanenza o di temporaneità, poiché taluni disturbi, «lungi
dall’essere staticamente strutturati, presentano, nel tempo, notevole mutevo-
lezza. Persino le malattie più gravi sogliono modificarsi, possono migliorare,
155
talvolta finanche guarire sia pure con qualche defettualità» . Viceversa, un
danno originariamente considerato psicologico può seriamente aggravarsi: «la
letteratura dimostra come la schizofrenia può essere influenzata da eventi
traumatici che producono la riacutizzazione dei disturbi floridi, così come ac-
cade nel disturbo bipolare in cui gli episodi depressivi o maniacali possono es-
156
sere scatenati da eventi stressanti» . Ciò significa che, sotto un profilo medi-
co e giuridico, lo stesso danno psicologico che si presume non permanente,
ma che si manifesta con grave intensità, non poteva essere automaticamente
classificato nell’ambito della categoria del danno morale soggettivo. La stessa
Cassazione ha riparato il danno «da sofferenza esistenziale» sulla base esclusi-
va della sua intensità, senza prestare alcuna attenzione al carattere di perma-
nenza della lesione.
La categoria del danno psichico, nella sua gran parte, comprendeva lesioni
che, prima del 2003, avrebbero dovuto essere riparate nei limiti dell’art. 2059
c.c., in presenza di un fatto di reato, ma che sono state talvolta risarcite ai sen-
si dell’art. 2043 c.c., mutando all’uopo etichetta giuridica. Oltre al danno neu-
rologico, suscettibile di essere provato in sede di consulenza tecnica, anche il
mero danno psicologico può essere risarcito, là dove sia accertato sulla base di
descrizioni psicopatologiche o psicodinamiche attendibili. Come ha esatta-
mente rilevato la stessa Corte Suprema, «nel danno psichico non è solo il fatto

153
S. BONZIGLIA, A. ANGLESIO, Proposta di valutazione del danno psichico, in Danno e resp.,
2000, p. 1161.
154
L’espressione tra virgolette è di S. BONZIGLIA, A. ANGLESIO, op. cit., p. 1162.
155
R. CASTIGLIONI, Danno psichico, cit., p. 5.
156
S. BONZIGLIA, A. ANGLESIO, op. cit., p. 1163.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 133

durata a determinare la patologia, ma è la stessa intensità della sofferenza e


157
della disperazione» .

8. Tale discorso trova ulteriore conferma se si esaminano le figure del dan-


no riflesso e del danno esistenziale. Anche il danno non patrimoniale par rico-
chet si trova spesso sovrapposto, nel law in action, al danno morale, al danno
psichico e/o a quello esistenziale “da lutto” patito iure proprio dai parenti del
158
defunto . Al fine di assimilare le situazioni di sofferenza derivanti da lesioni o
da decesso, «la giurisprudenza ha, talvolta, affermato il diritto dei congiunti al
risarcimento del danno psichico iure hereditatis […], altre volte ha dichiarato
spettante ai congiunti il diritto al risarcimento di tale posta di danno iure pro-
prio, purché la patologia sia derivata dalla sofferenza subita per la scomparsa
159
del familiare e sia accertabile» . La problematica del danno riflesso si è ulte-
riormente arricchita allorché la Cassazione, illuminata dalla tradizione giuridi-
160
ca d’oltralpe in materia di préjudice par réfléchi , ha considerato riparabile ai
parenti della vittima immediata anche il danno riflesso derivante da mere le-
161
sioni personali . Ma già nel lontano 1986 si era considerato risarcibile al co-
niuge della vittima, ai sensi dell’art. 2043 c.c., il danno ingiusto consistente
162
nella sopravvenuta impossibilità dei rapporti sessuali .
Alla luce di questo orientamento della Suprema Corte risulta superato
l’ulteriore infelice obiter dictum contenuto nella sentenza n. 372 del 1994 della
163
Consulta, la quale aveva suscitato perplessità per l’«incomprensibile» confi-
164
gurazione di una «responsabilità oggettiva per pura causalità» nel caso di
riparazione del danno sofferto iure proprio dal familiare a causa dell’uccisione
di un congiunto. La Consulta aveva confuso il problema dell’elemento sogget-
tivo, comunque presente – là dove richiesto dal particolare regime di imputa-

157
Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, cit., p. 821.
158
Cfr., ad es., Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, in Corriere giur., 2006, p. 1377.
159
Così, V. DI GREGORIO, Criteri di risarcibilità, cit., p. 148.
160
Sul quale, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni alla persona, Camerino-
Napoli, 1993, p. 176 ss. Nell’esperienza d’oltralpe cfr., per tutti, A. JOLY, Essai sur la distinction du
préjudice direct et du préjudice indirect, Caen, 1939, p. 39 ss.; G. MARTY, La relation de cause à effet
comme condition de la responsabilité civile (Étude comparative des conceptions allemande, anglaise et
française), in Rev. trim. dr. civ., 1939, p. 685 ss.; Y. LAMBERT FAIVRE, De la responsabilité encourue en-
vers les personnes autres que la victime initiale: le problème dit du «dommage par ricochet», Lyon, 1959, p.
16 ss.; J. DUPICHOT, Des préjudices réfléchis nés de l’atteinte à la vie ou à l’intégrité corporelle, Paris,
1969, p. 3 ss.
161
Ad es., Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, in Corriere giur., 2001, p. 1319 ss., e già Cass., 23 aprile
1998, n. 4186, in Danno e resp., 1998, p. 689, che costituisce il leading case in materia di risarcibilità
del danno sofferto dai congiunti nel caso di sopravvivenza della vittima primaria dell’illecito.
162
Cass., 11 novembre 1986, n. 6607, in Giur. it., 1987, I, 1, c. 2044, con nota di S. PATTI, La le-
sione del diritto all’attività sessuale e gli attuali confini del danno risarcibile.
163
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I danni alla persona, cit., p. 780.
164
Corte cost., 27 ottobre 1994, n. 372, cit., c. 3306.
134 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

zione della responsabilità – nella condotta che ha provocato l’evento dannoso


iniziale o principale (morte o lesione permanente), con il nesso di causalità che
lega quest’ultimo all’ulteriore evento dannoso (c.d. riflesso) sofferto dai paren-
ti della vittima.
165
Tuttavia, senza doversi soffermare nuovamente su tale problematica , v’è
da rilevare che la giurisprudenza si è avveduta di questa incomprensione, af-
fermando che non v’è ragione per distinguere l’ipotesi di lesioni colpose da
quella del decesso della vittima iniziale poiché, in entrambi i casi, le sofferenze
dei prossimi congiunti derivano come conseguenze normali e ordinarie del fat-
166
to illecito (sulla base della teoria della regolarità causale) . Il danno subito
dal coniuge della vittima primaria (che non è deceduta, ma che ha subito
un’invalidità permanente) può consistere in una «ingiusta menomazione della
propria sfera patrimoniale», configurandosi come lucro cessante, allorché essa
«rinunzi per solidarietà familiare ad una propria attività lavorativa (insegna-
167
mento) per dedicarsi al soccorso del proprio marito» . Tale danno, sicura-
mente risarcibile ai sensi dell’art. 2043 c.c., è «un danno riflesso o di rimbalzo
rispetto alla vittima primaria (secondo l’originaria intuizione della giurispru-
denza francese), ma è un danno diretto […] per la vittima secondaria, che lo
168
subisce come conseguenza rispetto al medesimo evento» . Il nesso eziologi-
co, rispetto alla condotta imputabile, deve essere individuato in termini di
causalità giuridica, e non materiale, secondo l’id quod plerumque accidit di cui
169
all’art. 1223 c.c. . Lo stesso evento subito dalla vittima primaria provoca ai
prossimi congiunti (nella specie, al coniuge) l’ulteriore danno psichico e/o mo-
rale, rivelandosi «inconsistente il tradizionale argomento dell’ostacolo costitui-
to dall’art. 1223 c.c. (argomento della causalità diretta ed immediata), in quan-
to il danno morale in favore dei congiunti trova causa efficiente nel fatto del
terzo, sicché il criterio di imputazione concerne la colpa e la regolarità causale,
in quanto sono risarcibili i danni che rientrano nelle conseguenze ordinarie e
170
normali del fatto» .
171
Fa sorridere la Cassazione italiana la quale, pur avendo scoperto il danno
172
riflesso settant’anni dopo la Chambre criminelle francese e ad oltre trent’an-
165
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 176 ss.
166
Sulla scia di Cass., 23 aprile 1998, n. 4186, cit., p. 689, cfr., da ultimo, Trib. Como, 12 ottobre
2001, in Danno e resp., 2002, p. 427, con nota di F. AGNINO, Risarcimento del danno morale riflesso.
167
Le espressioni tra virgolette sono di Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, cit., p. 1319.
168
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, cit., p. 1319.
169
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, cit., p. 1319 s., sottolinea «che il conducente dell’auto che gui-
da spericolatamente o imprudentemente, ben può prevedere che la vittima sia un padre o una madre
di famiglia, e che dunque le conseguenze dell’evento possano essere plurioffensive».
170
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, cit., p. 1320.
171
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, cit., p. 1320.
172
Cass. crim., 26 novembre 1926, in Dalloz Pér., 1927, I, p. 73; Cass. crim., 24 febbraio 1959, in
Sem. jur., 1959, II, 11095; contra, Cass. civ., 27 luglio 1937, in Dalloz Pér., 1938, I, p. 5; Cass. civ., 10
gennaio 1963, in Rec. Dalloz, 1963, Jur., p. 404.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 135

ni dalla celeberrima decisione della Chambre mixte che giudicò risarcibile il


173
danno par ricochet patito dalla «concubina adultera» , dimostra di padro-
neggiare così bene la materia da considerare «fuorviante parlare di danno ri-
flesso o di rimbalzo […], proprio perché lo stretto congiunto, convivente e/o
solidale (per la doverosa assistenza) con la vittima primaria, riceve immedia-
tamente un danno consequenziale, di varia natura (biologico, anche se può es-
sere di ordine psichico/morale, patrimoniale, e secondo recente dottrina e giu-
risprudenza, anche esistenziale) che lo legittima ad agire contro il responsabile
174
dell’evento lesivo» .
La decisione in esame, nel confermare l’affermata sovrapposizione tra il
danno riflesso «psichico/morale» e quello esistenziale, ha risolto un’ipotesi che
prevedeva la sussistenza di un reato di lesioni colpose patito dalla vittima pri-
maria. Da qui il risarcimento, a favore del coniuge, del danno riflesso da lucro
cessante, ai sensi dell’art. 2043 c.c., e del c.d. danno riflesso psichico e/o mo-
rale, riparato sulla base dell’art. 2059 c.c. Tuttavia, anche in assenza di uno spe-
cifico fatto di reato (si pensi alla presunzione di cui al comma 2 dell’art. 2054
175
c.c.) , doveva essere considerato comunque risarcibile qualsiasi danno psi-
chico, d’affezione e/o morale subito dai prossimi congiunti della vittima, che
potesse essere medicalmente valutato o comunque provato e che rappresen-
tasse la conseguenza immediata e diretta dell’evento dannoso primario.
Tale conclusione è stata implicitamente confermata dalla stessa Cassazione,
176
ben prima delle sentenze di San Martino , là dove ha affermato ora che «il
danno morale debba essere “costituzionalizzato” e cioè “conformato” ai valori
che la Costituzione arreca alla persona umana, come diritti umani inviolabili
177
che arricchiscono la sua dignità» , ora che, sulla base del «principio del ri-
sarcimento integrale del danno morale», questo «è non solo il pretium doloris
o il prezzo del patema d’animo transeunte (una sorta di danno da lutto) ma è
la valutazione della lesione della stessa dignità umana, tanto più intensa, quan-
to la sofferenza morale attiene agli effetti ed all’integrità di una famiglia nume-
173
L’espressione è tratta da F. CHABAS, Le cœur de la cour de cassation (le droit à réparation de la
concubine adultère), in Rec. Dalloz, 1973, Chron., p. 211. La Chambre mixte, desiderosa di unificare la
giurisprudenza di legittimità, decide che l’art. 1382 non richiede, nel caso di decesso, l’esistenza di un
legame familiare tra il defunto e l’attore che agisce per il risarcimento: Cass., Ch. mixte, 27 febbraio
1970, in Gaz. Pal., 1970, I, p. 163, e in Sem. jur., 1970, II, 16305. Su tale fondamentale decisione, J.
VIDAL, L’arrêt de la Chambre mixte du 27 février 1970, le droit à réparation de la concubine et le con-
cept de dommage réparable, in Sem. jur., 1971, I, 2390; N.M.K. GOMAA, La réparation du dommage et
l’exigence d’un intérêt légitime juridiquement protégé (à propos de l’arrêt de la Chambre mixte du 27
fév. 1970), in Rec. Dalloz, 1970, Chron., p. 145 ss. Il dibattito fu introdotto dalle pagine di H. MA-
ZEAUD, La lésion d’un «intérêt légitime juridiquement protégé», condition de la responsabilité civile,
ivi, 1954, Chron., p. 39 ss.
174
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, cit., p. 1320.
175
Trib. Roma, Sez. XIII, 20 maggio 2002 (ord.), in Danno e resp., 2002, p. 856 ss.
176
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Danno e resp., 2009,
p. 19 ss.
177
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, cit., p. 1320.

6.
136 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

178
rosa e solidale» . In questi termini si è proposta una lettura del danno (mora-
le e/o esistenziale) risarcibile iure proprio ai congiunti della vittima iniziale
che, da un lato, risultava più ampia di quella fornita dalla stessa Corte costitu-
zionale nella sentenza n. 184 del 1986 (la quale limitava quest’ultimo al tran-
seunte turbamento dell’animo), e che, dall’altro, travalicava decisamente tale
categoria sotto i profili funzionale e strutturale. In particolare, il riferimento
179
alla «lesione della stessa dignità umana» dei parenti della vittima primaria e
ai diritti-doveri di solidarietà familiare esprimeva la necessità di riparare tale
evento dannoso riflesso, in assenza di un fatto di reato, ma in presenza del cri-
terio ordinante dell’ingiustizia, sulla base della funzione di compensation che è
garantita dall’art. 2043 c.c.
180
Quindi, ancor prima della svolta del 2008 , la stessa artificiosa nozione di
“danno morale soggettivo” aveva esaurito la sua originaria finalità, che era quel-
la di salvare temporaneamente la costituzionalità dell’art. 2059 c.c. attraverso
l’erosione della ben più estesa categoria del danno non patrimoniale, inducen-
do a considerare risarcibili una serie di danni (emblematiche, in proposito, le vi-
cende del danno fisico, di quello psichico e, infine, del danno c.d. esistenziale)
che costituivano la violazione di interessi costituzionalmente rilevanti. Sulla
181
base dell’interpretazione proposta , che ha rappresentato il logico punto
d’arrivo delle argomentazioni della Suprema Corte, l’art. 2043 c.c. ha comun-
que riacquistato la sua funzione di norma primaria (rispetto all’art. 2059 c.c.),
garantendo la risarcibilità – sul fondamento della essenziale funzione di com-
pensation – di ogni danno che l’ordinamento consideri ingiusto, a prescindere
dalla pretesa natura (patrimoniale o no) dei beni lesi e/o delle loro conseguenze.

9. Il dibattito sul danno esistenziale, e sulla sua ontologia, è quello che


maggiormente ha testimoniato in questi anni, in Italia, “l’impatto dei formanti
182
dottrinali sulle Corti di vertice” . La “scoperta” di tale nuova figura di danno
da parte della Scuola triestina ha rapidamente influito sugli orientamenti dei
183
giudici di merito e di legittimità . Così come l’immediata contrapposizione
da parte della “Scuola anti-esistenzialista” ha provocato un orientamento an-
tagonista nella giurisprudenza della Cassazione, al punto che, dopo alcuni an-
184
ni, sono dovute intervenire le Sezioni Unite al fine di dirimere il contrasto.
178
Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in Danno e resp., 2001, p. 821 s.
179
In questi termini, Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, cit., p. 821 s.
180
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 19 ss.
181
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 34 ss.
182
Non a caso questo scritto s’inserisce, unitamente a tutti gli altri contributi contenuti in questo
volume, nell’ambito della ricerca PRIN 2010-1011 su «Corti, dottrina e società inclusiva: l’impatto
dei formanti dottrinali sulle Corti di vertice».
183
Per la giurisprudenza in materia e per più ampi svolgimenti, cfr. il cap. IV.
184
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 19 ss.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 137

Al compito di esaminare questa nuova figura di danno mi sono già sottratto


allorché Paolo Cendon mi chiese, a conclusione del Convegno di Trieste sul
danno esistenziale, di inviargli la trascrizione della mia relazione di sintesi (che
fui invitato a tenere in quella sede), al fine di pubblicarla negli Atti del-
185
l’incontro . L’imperdonabile omissione probabilmente trovò una concausa
nella ritrosia – o forse idiosincrasia, dell’epoca – a occuparmi nuovamente di
argomenti già tante volte arati. Ma v’è da confessare che sottovalutai l’impatto
che tale Convegno avrebbe avuto sull’attuale dibattito giuridico. Unica conso-
lazione è che, nel redigere quelle pagine, ho potuto arricchire le riflessioni già
esposte in quella sede con la valutazione della rigogliosa giurisprudenza che,
nel frattempo, si è espressa in materia.
Alla promozione di questa ulteriore categoria di danno hanno contribuito,
probabilmente, più i suoi detrattori, che i suoi fautori, proprio per l’inconsi-
stenza delle argomentazioni che hanno caratterizzato la maggior parte degli
scritti “critici” in materia. I promotori di questo inedito pregiudizio, infatti,
hanno sovente caratterizzato in negativo tale figura, affermando che «lo statu-
to tecnico» appariva, al momento, «in gran parte da scrivere» o, addirittura,
prospettando l’eventualità di applicare il danno esistenziale «anche alle perso-
186
ne giuridiche» , sulla scia di quella ormai desueta teoria antropomorfa che
proponeva di estendere indistintamente, sulla base della neutralità del concet-
to di persona, elucubrato dalla scienza germanistica di fine ’800, ogni attributo
187
dei c.d. diritti della personalità . Ma alcune critiche dirette a contestare il
danno esistenziale sono subito apparse infondate, e la facilità con cui si è ri-
sposto a tali censure può aver rappresentato un contributo all’affermazione di
questa figura. Sostenere che non esiste alcun criterio oggettivo in base al quale
quantificare il danno esistenziale, il quale darebbe luogo a una vera e propria
babele risarcitoria, significa non avere una qualche percezione degli stessi cri-
188
teri utilizzati dalle Corti, da oltre un secolo , per valutare e liquidare – ma
sulla base di una discutibile funzione di compensation – quegli stessi danni
185
Gli Atti di tale Convegno, svoltosi il 13 e 14 novembre 1998, sono stati, poi, puntualmente
pubblicati, per i tipi della Giuffrè, nel volume intitolato Il danno esistenziale. Una nuova categoria
della responsabilità civile, a cura di P. Cendon, P. Ziviz, Milano, 2000.
186
Cfr. G. CITARELLA, Danno psichico e danno esistenziale, in Il danno esistenziale, cit., p. 404.
L’invito a estendere il danno esistenziale alle persone giuridiche è stato prontamente raccolto da Cor-
te dei Conti, Sez. giur. Umbria, 18 ottobre 2000, n. 557/R/2000, in Danno e resp., 2001, p. 119 ss.
187
Per la ricezione, nella dottrina italiana, di tale orientamento, basti citare il pensiero di F. FER-
RARA sr., Le persone giuridiche, in Tratt. di dir. civ., diretto da Vassalli, II, 2, Torino, 1958, p. 302. L’at-
tribuzione alla persona giuridica di atti e situazioni che presupporrebbero una struttura psichica rife-
ribile soltanto alle persone fisiche trova fondamento nella teoria del rapporto organico: per tutti, F.
SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1986, p. 44; A. FALZEA, voce Ca-
pacità (teoria generale), in Enc. dir., VI, Milano, 1960, p. 33. Per ulteriori indicazioni, F. GALGANO,
Delle persone giuridiche, in Comm. del cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1969, p. 54 ss.
188
Cfr., infatti, Cass. Palermo, 23 febbraio 1895, in Foro it., 1896, I, c. 685. Sul punto, F.D. BU-
SNELLI, Interessi della persona e risarcimento del danno, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1996, pp. 1 ss.,
12 ss.
138 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

immateriali che sono stati considerati riparabili ai sensi dell’art. 2059 c.c. Que-
sta norma poneva limiti alla risarcibilità di tali danni (esistenza di un fatto di
reato), ma non, invece, alla valutabilità ed alla liquidabilità degli stessi, pro-
blemi questi che rappresentano comunque un posterius rispetto all’esistenza
del danno risarcibile.
Ciò non vuol dire che la categoria del danno esistenziale, almeno per come
è stata elaborata nella dottrina triestina, sia effettivamente utile e convincente.
Non persuade, innanzitutto, la proposta distinzione ontologica con il dan-
189
no c.d. morale. Questo consisterebbe in una mera sofferenza soggettiva , in
«malinconie», «lamenti notturni», «cuscini bagnati di lacrime», mentre il dan-
no esistenziale si sostanzierebbe piuttosto in «una sequenza di dinamismi alte-
190
rati, in un diverso fare o dover fare (o non più fare)» , in una rinunzia a
compiere una qualsivoglia attività che rappresenti una realizzazione della pro-
pria personalità. Tuttavia – e la casistica giurisprudenziale lo dimostra –, la
sofferenza morale provocata dall’illecito trova sempre la sua causa in una ri-
nunzia: il dolore per il decesso di un congiunto è provocato dal dover “rinun-
ziare” alla sua presenza; così, la lesione permanente a un tendine della mano o
del ginocchio potrà arrecare ulteriore sofferenza nella vittima che dovrà “ri-
nunziare”, per il futuro, a dilettarsi suonando la chitarra, sciando o giocando a
football; la moglie che, a seguito della grave invalidità permanente patita dal
marito, è costretta ad assisterlo giorno e notte, dovrà “rinunziare” a molteplici
191
attività esistenziali e, talvolta, allo stesso lavoro . In queste ipotesi, come in
tante altre, il danno esistenziale si sovrappone, oltre a quello c.d. morale, an-
che ai danni riflesso e da lutto, non a caso ribattezzato come «danno per la
192
privazione del rapporto familiare» . Chiunque debba rinunziare a una qual-
sivoglia attività dell’esistenza «soffre per tale rinunzia, e la sua sofferenza non
può non essere soggettiva. In altri termini, per chi rinunzia ad una attività esi-
stenziale costituisce danno non l’attività perduta, ma la sofferenza causata dal-
193
la perdita» .
Del pari, risulta riduttivo l’aver qualificato il danno esistenziale come dan-
194
no-conseguenza . Ma tale configurazione, che rappresenta un noto corollario
189
Tale aspetto è stato posto in evidenza da P. ZIVIZ, Alla scoperta del danno esistenziale, in
Contr. e impr., 1994, p. 863, là dove sottolinea che il danno morale rimarrebbe confinato nella sfera
interna del danneggiato.
190
Così, P. CENDON, Non di sola salute vive l’uomo, in Il danno esistenziale, cit., p. 10.
191
È proprio questo il caso deciso da Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, in Corriere giur., 2001, p.
1319, che ripara «il danno subito dalla moglie della vittima primaria, che rinunci per solidarietà fami-
liare ad una propria attività lavorativa (insegnamento)», come «danno riflesso o di rimbalzo rispetto
alla vittima primaria».
192
Cfr. App. Torino, 4 ottobre 2001, n. 1285, in Danno e resp., 2002, p. 152, con nota di M. BO-
NA, La violazione del rapporto familiare nel segno del danno esistenziale, il quale sottolinea (p. 154) la
«dimensione ‘esistenziale’ del danno riflesso dei congiunti».
M. ROSSETTI, Danno esistenziale: adesione, iconoclastia od ƞ?, in Danno e resp., 2000, p. 215.
193

194
Cfr. P. CENDON, Non di sola salute, cit., p. 10.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 139

della teoria differenziale, la quale induce a individuare l’esistenza medesima


195
del danno risarcibile nelle sole «conseguenze della lesione» nel patrimonio
della vittima, fa perdere al danno esistenziale una propria autonomia e ne ri-
dimensiona il suo rilievo pratico anche e soprattutto sotto il profilo della pro-
va dell’an e del quantum del danno risarcibile.
Ciò che ha nociuto, in maniera ancor più decisiva, all’esistenza di questa
nuova figura, che i suoi autori hanno voluto disegnare come tendenzialmente
onnicomprensiva, è l’aver tentato di prospettare, all’interno della tradizionale
tesi bipolare, «una nuova categoria di danni risarcibili e l’inserimento della
stessa nell’ambito di un modello risarcitorio volto a segmentare l’area non pa-
196
trimoniale del danno in due distinti ambiti disciplinari» . Ma non ci si è av-
veduti che, in questo modo, lungi dal proporsi «una profonda modificazione
197
del sistema risarcitorio classico» , si andava a ricondurre l’intera problematica
del danno esistenziale nei limiti dell’art. 2059 c.c. L’affermare, sulla base di tali
premesse, che il danno esistenziale dovesse essere risarcito quale «segmento»
del danno non patrimoniale, ai sensi non dell’art. 2059, bensì dell’art. 2056 o,
addirittura, dell’art. 1223 c.c., rappresentava un teorema non dimostrato, te-
stimoniato dal disagio di chi si interrogava se fosse «più fondato ricorrere ad
un’interpretazione estensiva della norma, mirante a ricondurre al concetto di per-
dita anche la compromissione della sfera di realizzazione personale del soggetto
198
leso, ovvero ad un’interpretazione in chiave analogica di tale disposizione» .
Il riconoscimento giurisprudenziale del danno esistenziale, invece, si è di-
stinto profondamente da questa costruzione, poiché è stato ancorato alla di-
retta violazione di interessi di rilevanza costituzionale, nel senso di una qual-
siasi lesione che l’individuo subisce in riferimento alle attività realizzatrici del-
199
la propria persona . A fronte di quegli orientamenti che negavano l’autono-
ma risarcibilità del danno esistenziale, rilevando che esso in nulla si distingue-
200
va dal danno morale , iniziava ad affermarsi l’opinione, come già accadde al-
le origini dell’itinerario del danno biologico, secondo la quale «Tale particola-
re categoria di danno» era risarcibile – se di natura extracontrattuale – ex art.
2043 c.c. e si poneva «come terzo rispetto al danno patrimoniale e a quello
morale (pur condividendo con quest’ultimo la caratteristica della non patri-
201 202
monialità)» . Tuttavia non sembrava corretto , neppure in questo caso, tro-
195
Testualmente, P. ZIVIZ, Verso un altro paradigma risarcitorio, in Il danno esistenziale, a cura di
P. Cendon, P. Ziviz, cit., p. 36.
196
In questi termini, ancora, P. ZIVIZ, op. ult. cit., p. 51.
197
Così, invece, P. ZIVIZ, op. ult. cit., p. 51.
198
P. ZIVIZ, op. ult. cit., p. 50 s.
199
Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, in Danno e resp., 2000, p. 835 s., e Corte cost., 11 luglio 2003, n.
233, ivi, 2003, p. 940 s.
200
Trib. Roma, Sez. XIII, 7 marzo 2002, in Corriere giur., 2002, p. 1340.
201
Trib. pen. Agrigento, 4 giugno 2001, in Corriere giur., 2002, p. 521.
202
Anche se in tema di danno alla salute: cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La valutazione
del danno, cit., p. 48 ss.; ID., La riparazione dei danni, cit., pp. 264 ss., 273 ss.
140 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

vare una facile soluzione sistematica nella individuazione dell’ennesimo ter-


tium genus, pur se la scienza giuridica italiana si è dimostrata spesso incline – si
203
pensi, ad esempio, al problema della responsabilità c.d. precontrattuale – a
individuare ipotesi di questo tipo, ogni qualvolta è stata costretta ad accogliere
inedite fattispecie all’interno di un modello dogmatico prestabilito che non
sembrava idoneo allo scopo.
Il danno esistenziale è risultato essere un espediente, prontamente utiliz-
zato in giurisprudenza, al solo fine di estendere l’area dei danni risarcibili in
ordine a inedite esigenze di tutela della personalità umana che non sembra-
vano più riconducibili alla (senz’altro incostituzionale) interpretazione bipo-
lare dell’art. 2059 c.c. Il riconoscimento di tale controversa figura anche da
204
parte della Consulta , ma in una visuale totalmente diversa da quella pro-
posta in dottrina, risultava espressione del grave disagio della giurisprudenza
e del suo crescente imbarazzo nell’applicare, in settori che esulano dall’ori-
ginaria logica patrimoniale, i postulati della teoria differenziale. Un corretto
itinerario da percorrere sembrava quello di riflettere a tutto campo sulla rap-
presentazione che l’ermeneutica bipolare fornisce dell’attuale modello di re-
sponsabilità civile, piuttosto che continuare a inventare – a regolari intervalli
di tempo – figure assai dubbie sotto il profilo giuridico, al solo scopo di ar-
ginarne qualche più evidente falla, considerando tali contingenti escamotages
quali terzi (e poi quarti, quinti, sesti, ecc.) generi da inserire in un modello
dogmatico preconcetto che, invece, deve essere posto radicalmente in discus-
sione.
Di tale disagio sono espressione le stesse pagine di Pigi Monateri, il quale
ha implicitamente colto tutti i punti deboli della tesi. In primo luogo, sottoli-
neando come il danno c.d. esistenziale non possa rappresentare la categoria
unica e unificante dei danni non patrimoniali diversi da quelli morali, poiché
questo, semmai, andrebbe ad affiancarsi, e non a sostituirsi, al danno c.d. bio-
205
logico . In secondo luogo, affermando che «danno esistenziale e danno psi-
chico possono finire col sovrapporsi se si aderisce ad una nozione allargata del
206
secondo» . In terzo luogo, rilevando come «la strada da percorrere sia quella
207
dell’allargamento del danno ingiusto di cui all’art. 2043 c.c.» . Il danno esi-
stenziale, secondo questa diversa, condivisibile versione, dovrebbe essere inte-

203
In tal senso, R. SACCO, Culpa in contraendo e culpa aquiliana; culpa in eligendo e apparenza, in
Riv. dir. comm., 1951, II, p. 86.
204
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Danno e resp., 2003, p. 940 s.
205
P.G. MONATERI, Alle soglie di una nuova categoria risarcitoria: il danno esistenziale, in Danno e
resp., 1999, p. 8.
206
P.G. MONATERI, Verso una teoria del danno esistenziale, in Il danno esistenziale, cit., p. 720.
207
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 723. Anche P. CENDON, Non di sola salute, cit., p. 11, sembra
dissentire dalla tesi proposta da P. ZIVIZ (retro, testo e note 196 ss.), prospettando «una disciplina
codicistica affidata non già alle forche caudine dell’art. 2059, bensì alla common law dell’art. 2043, e
norme successive-collegate».
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 141

so «come danno conseguente alla lesione di un civil right, nel senso di un dirit-
208
to assistito da garanzia costituzionale» . Ma il diretto riferimento alla viola-
zione di una situazione giuridica soggettiva pone in discussione, implicitamen-
te, ogni residua utilità della categoria onnicomprensiva del danno esistenziale,
il quale viene così a coincidere con la lesione di un qualsiasi interesse costitu-
zionalmente protetto.
209
Tuttavia, la migliore giurisprudenza della Cassazione si è spinta oltre, là
dove ha affermato che l’art. 2043 c.c. è norma primaria, che contiene in sé il
precetto e la sanzione; che il requisito dell’ingiustizia vada riferito al danno, e
non alla condotta, e che è ingiusto e, quindi, risarcibile qualsiasi danno che le-
da un qualunque interesse (anche di rango non costituzionale) che sia consi-
derato dall’ordinamento come meritevole di protezione; che i danni risarcibili
devono essere individuati dal giudice sulla base di «una selezione degli inte-
ressi giuridicamente rilevanti», valutazione da effettuarsi «alla stregua del di-
ritto positivo, al fine di accertare se, e con quale consistenza ed intensità, l’or-
dinamento assicura tutela all’interesse del danneggiato, con disposizioni speci-
210
fiche» o prendendolo «in considerazione sotto altri profili» .
In questo senso, la categoria onnicomprensiva del danno esistenziale perde
ogni significato. D’altronde la stessa Cassazione, nel discorrere di «danno esi-
stenziale ed alla vita di relazione» in presenza di «ogni analoga lesione di dirit-
211
ti comunque fondamentali della persona» , ha utilizzato tale nozione per
212
esprimere un concetto giuridico del tutto diverso . Il vuoto che rimane in un
soggetto il cui familiare perisce o subisce gravi lesioni a causa del comporta-
mento colposo o doloso altrui, la menomazione e il ferimento della dignità
personale del lavoratore soggetto ad azioni di mobbing, lo stress fisico che de-
riva da immissioni rumorose, il danno emozionale e psicologico che può di-
scendere da una vacanza finita male per colpa altrui, il trauma derivante dal-
l’uccisione del proprio animale domestico, le conseguenze di un protesto ille-
gittimo, i danni derivanti da una calunnia o da una diffamazione, gli inconve-
nienti sofferti dai condomini di un edificio crollato a seguito di una fuga di
213
gas, ecc., sono tutte ipotesi non da ricondurre nella categoria unificante del
danno esistenziale, ma eventi dannosi da considerare risarcibili nella misura in
cui siano ingiusti, sulla base della generale funzione di compensation che è as-
sicurata, nel nostro ordinamento, dall’art. 2043 c.c.

208
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 724.
209
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p. 2261 ss.
210
Le espressioni tra virgolette sono tratte da Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270 s.
211
Cfr. Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, in Danno e resp., 2000, p. 836.
212
Se ne avvede G. PONZANELLI, Attenzione: non è danno esistenziale, ma vera e propria pena pri-
vata, in Danno e resp., 2000, p. 841 ss.
213
I cui specifici riferimenti giurisprudenziali possono essere individuati in G. RAGO, Il danno esi-
stenziale, cit., p. 329, nota 2 ss.
142 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

214
10. La soluzione, da tempo proposta con convinzione , che tende a indi-
viduare nell’ingiustizia del danno, e non nelle conseguenze (patrimoniali) della
lesione, l’elemento strutturale essenziale per la sua risarcibilità, ha trovato con-
ferma in ulteriori decisioni della Cassazione dettate nelle materie più dispara-
te: in tema di danno ambientale, così come in materia di «reputazione perso-
nale».
Tra le sentenze più emblematiche può essere annoverata quella delle Se-
zioni Unite sul “caso Seveso”, nella quale si è deciso che, in ipotesi di com-
promissione dell’ambiente a seguito di disastro colposo (art. 449 c.p.), il dan-
no morale soggettivo consistente nel turbamento psichico (sofferenze e patemi
d’animo) di natura transitoria, provocato dall’esposizione a sostanze inquinan-
ti, «è risarcibile autonomamente anche in mancanza di una lesione all’integrità
psico-fisica (danno biologico) o di altro evento produttivo di danno patrimo-
niale, trattandosi di reato plurioffensivo che comporta, oltre all’offesa all’am-
biente e alla pubblica incolumità, anche l’offesa ai singoli, pregiudicati nella
215
loro sfera individuale» . Tale decisione ha avuto il merito di avere ribaltato il
216
precedente orientamento della Cassazione che, fraintendendo la giurispru-
denza della Corte costituzionale, sulla base di una malintesa comprensione
217
della «dicotomia danno-evento e danno-conseguenza» , aveva individuato
nel «danno alla salute o al patrimonio» il necessario presupposto per la rile-
vanza dei danni di cui all’art. 2059 c.c. A ciò si riduce la portata innovativa di
tale decisione la quale, per un verso, implicitamente si è conformata al genera-
le orientamento che riconduceva il danno biologico al danno patrimoniale,
per altro verso, ha riparato il danno «psichico […] di natura transitoria» sulla
base degli artt. 2059 e 185 c.p.
Più significativa è un’altra sentenza della Suprema Corte, la quale ha confi-
gurato l’ambiente come bene giuridico, «interesse pubblico fondamentale,
primario ed assoluto», la cui tutela trova la sua «fonte genetica» non nell’art.
18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, «che si occupa piuttosto della ripartizione
della tutela tra Stato, enti territoriali ed associazioni protezionistiche», ma «di-
rettamente nella Costituzione, considerata dinamicamente come diritto vigen-
te e vivente, attraverso il combinato disposto di quelle disposizioni (quali gli
artt. 2, 3, 9, 41 e 42) che concernono l’individuo e la collettività nel suo habitat
218
economico, sociale, ambientale» . La lesione dell’ambiente «configura per gli
214
Cfr., ad es., A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La valutazione del danno, cit., p. 48 ss.; ID., La
riparazione dei danni, cit., pp. 264 ss., 273 ss.
215
Testualmente, Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, in Corriere giur., 2002, p. 464, con
nota di G. DE MARZO, Il danno morale nel caso Seveso: l’intervento delle Sezioni Unite.
216
Cass., 24 maggio 1997, n. 4631, in Corriere giur., 1997, p. 1172, con nota di G. DE MARZO,
Danno morale e reati di pericolo: il caso Icmesa, e Cass., 20 giugno 1997, n. 5530, in Foro it., 1997, I, c.
2068 ss.
217
Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, cit., p. 463.
218
Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, in Riv. giur. ambiente, 1997, p. 680, con il commento di F. BO-
RASI, Un problema superato: la “retroattività” della risarcibilità del danno ambientale.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 143

enti territoriali danno ingiusto risarcibile in base al principio del neminem lae-
dere, che è norma primaria (principio di diritto) rispetto alle norme generali
219
risarcitorie di cui agli artt. 2043 ss. c.c.» . Pur assurgendo l’ambiente a bene
pubblico di natura immateriale, tale qualifica «non preclude la doppia tutela,
patrimoniale e non, che è relativa alla lesione di quel complesso di beni mate-
220
riali e immateriali determinanti in cui esso si sostanzia» . Tale conclusione è
confermata dal d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, il quale, nel far salvi – come dispo-
sto dalla Direttiva 2004/35 CE del 21 aprile 2004 (“considerando” nn. 11 e 14)
– gli strumenti risarcitori (in forma specifica e “per equivalente”) previsti (da
ciascun diritto) a tutela dei privati, limita al solo Ministero dell’ambiente la le-
gittimazione ad agire per la riparazione in forma specifica e «per equivalente
patrimoniale» nei «confronti dello Stato», anche esercitando l’azione civile in
sede penale (art. 311, comma 1), avverso «Chiunque realizzando un fatto ille-
cito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge,
di regolamento o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia,
imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all’ambiente, alte-
randolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte» (art. 311, comma
2; permane in vigore il solo comma 5 dell’art. 18 legge 8 luglio 1986, n. 349,
essendo stati abrogati i restanti dall’art. 318, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006).
La Cassazione, pur utilizzando la contestata terminologia propria della tesi
bipolare, allorché qualifica l’art. 2043 c.c. come uno strumento di tutela avver-
so il danno patrimoniale, aveva già sganciato la protezione dell’ambiente dalla
inefficiente tutela prevista dall’art. 18 della legge n. 349 del 1986 e aveva assi-
curato l’effettiva salvaguardia di tale bene attraverso il collegamento con l’art.
221
2043 c.c., inteso come la «norma primaria» invocabile, in via generale, in
ogni settore dell’ordinamento, ogni qualvolta sussista la lesione di un interesse
giuridicamente rilevante. La violazione dell’ambiente configura un danno in-
giusto, pertanto risarcibile in via autonoma – unitamente al danno non patri-
222
moniale – ai sensi degli artt. 2043 c.c. e 2058 c.c., ogni qualvolta sussista la
lesione di interessi giuridici primari della persona, non potendo, la tutela
pubblicistica, «pregiudica[re] qualsiasi diritto concernente» i «casi di lesioni
personali» o il «danno alla proprietà privata o alle perdite economiche e non»
(14° «considerando» della Direttiva 2004/35).
Così la Cassazione, in ulteriori pronunzie dedicate a differenti questioni, ha
affermato che l’illegittimo protesto di una cambiale determina sia una lesione
della reputazione commerciale, sia un danno alla reputazione del protestato
quale persona umana. La violazione di un valore fondamentale dell’individuo,
sancito dall’art. 2 Cost., dà diritto al risarcimento del danno ai sensi dell’art.
219
Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, cit., p. 680.
220
Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, cit., p. 681.
221
Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, cit., p. 680.
222
«Sempre che risulti accertato, anche per il danno non patrimoniale, il nesso di causalità tra
l’evento lesivo e la condotta determinante» (Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, cit., p. 681).
144 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

2043 c.c. Tuttavia, enunciato tale principio, la Suprema Corte ha articolato il


suo ragionamento in maniera divergente. Da un lato, la Prima Sezione civile,
aderendo alla prospettiva che individua la risarcibilità nell’ingiustizia del dan-
no, correttamente afferma che «nelle ipotesi in cui sia prospettato che il prote-
sto illegittimo abbia leso diritti della persona, come il diritto alla reputazione o
alla salute, il danno è in re ipsa e dovrà essere risarcito senza che il danneggia-
223
to debba fornire la prova dell’esistenza del danno» . Dall’altro, la Terza Se-
zione, conformemente ad un suo generale orientamento più conservativo, nel
tentativo di giustificare tale massima con i postulati della teoria differenziale,
ha rilevato che, identificandosi la reputazione con «il senso della dignità per-
sonale in conformità all’opinione del gruppo sociale, secondo il particolare
contesto storico», essa vada valutata «in abstracto, cioè con riferimento al con-
tenuto della reputazione, quale si è formata nella comune coscienza sociale di
224
un determinato momento» . Una volta provata detta lesione, «il danno è in
re ipsa, in quanto si realizza una perdita di tipo analogo a quello indicato dal-
l’art. 1223 c.c., costituita dalla diminuzione o dalla privazione di un valore
(per quanto non patrimoniale) alla quale il risarcimento deve essere commisu-
225 226
rato» . Tale diverso «inquadramento dogmatico degli schemi operativi del
risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 2043 c.c., di valori assoluti della per-
sona umana» non contraddirebbe «il principio che detto danno è in re ip-
227 228
sa» . Ma il ragionamento giuridico proposto dalla Terza Sezione non le ha
impedito comunque di affermare, in perfetta sincronia con la massima enun-
ciata dalla Prima Sezione, che «il pregiudizio obiettivo ai diritti che rientrano
nei fondamentali attributi della personalità umana, come il decoro, il prestigio,
la dignità e la salute, deve trovare indefettibilmente ristoro, in applicazione
dell’art. 2043 c.c., al di là dei limiti previsti per il risarcimento dei danni non
229
patrimoniali derivanti da reati» .
Sotto il profilo teorico, v’è da rilevare come la Terza Sezione della Cassa-
zione, nel tentativo di trasporre i postulati della teoria differenziale in un set-
tore (come quello delle situazioni esistenziali) che non si presta ad essere mi-
223
Cass., Sez. I, 23 marzo 1996, n. 2576, in Danno e resp., 1996, p. 321, con nota di V. CARBONE,
Il protesto, la riabilitazione, il risarcimento; conf. Cass., 5 novembre 1998, n. 11103, in Giur. it., 1999,
p. 770 ss., annotata da S. SANZO, Note in tema di protesto illegittimo e danno alla reputazione (perso-
nale e commerciale).
224
Cass., Sez. III, 3 aprile 2001, n. 4881, in Guida al Dir., 2001, n. 19, p. 61.
225
Cass., Sez. III, 3 aprile 2001, n. 4881, cit., p. 61.
226
Invero, Cass., Sez. III, 3 aprile 2001, n. 4881, cit., p. 61, discorre di “un più esatto” inquadra-
mento dogmatico.
227
Testualmente, Cass., Sez. III, 3 aprile 2001, n. 4881, cit., p. 61.
228
Al quale bisogna aggiungere anche quello proposto da Cass., Sez. III, 10 maggio 2001, n.
6507, in Guida al Dir., 2001, n. 21, p. 32, la quale, nel richiedere la prova ulteriore del pregiudizio
economico nel solo caso della lesione alla reputazione professionale, qualifica tale danno come non
patrimoniale.
229
Cass., Sez. III, 3 aprile 2001, n. 4881, cit., p. 60; e già Cass., Sez. I, 23 marzo 1996, n. 2576, cit.,
p. 321.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 145

surato in termini di differenza tra i patrimoni, identifichi «il fatto di lesione in


sé» con l’evento dannoso, considerando risarcibile non il danno (evento) in
quanto ingiusto, ma «la riduzione (o la perdita) di tale valore, che l’evento le-
230
sivo ha prodotto» . In altri termini, tale giurisprudenza ha continuato a giu-
dicare risarcibile non il danno ingiusto, come prescrive l’art. 2043 c.c., ma il
solo danno-conseguenza, consistente nelle eventuali perdite patrimoniali pro-
231
dotte dall’evento dannoso . Ciò che preme sottolineare, in questa sede, è che
la stessa Terza Sezione, pur argomentando in maniera non convincente, abbia
avvertito comunque l’esigenza di allineare pragmaticamente la sua giurispru-
denza agli ulteriori orientamenti della Cassazione, al fine di prospettare una
unitaria tutela delittuale sull’unico fondamento dell’art. 2043 c.c. Sulla base di
una lettura dell’art. 2 Cost., quale «clausola generale aperta» immediatamente
precettiva nei rapporti intersoggettivi, essa afferma che «nell’ambito di questa
concezione “monistica” dei diritti della personalità umana […] il diritto al-
l’immagine, al nome, all’onore, alla reputazione, alla riservatezza non sono che
singoli aspetti della rilevanza costituzionale che la persona, nella sua unitarie-
232
tà, ha acquistato nel sistema della Costituzione» .
Il puntuale riferimento agli artt. 2 Cost. e 2043 c.c., per danni che tradizio-
nalmente sono stati considerati risarcibili nei limiti dell’art. 2059 c.c., ha muta-
to sostanzialmente il quadro di riferimento ed ha posto in crisi gli stessi fon-
damenti giuridici sui quali è stata edificata l’ermeneutica bipolare, aprendo
inediti spazi ad una unitaria tutela risarcitoria che si estenda oltre i limiti
dell’integrità fisio-psichica dell’individuo. Ma la molteplicità degli orientamen-
ti della Suprema Corte, che segue percorsi diversi, talvolta contrastanti, nel-
l’interpretazione degli artt. 2059 e 2043 c.c. e dei loro rapporti all’interno del
sistema di responsabilità civile, è espressione del disagio di voler assicurare al-
la persona umana – sulla base di un’incerta base teorica – strumenti di tutela
che vanno ben al di là di quelli imposti dalla dogmatica tradizionale. Strumen-
ti, questi, che sono stati elaborati sul fondamento di una costruzione squisita-
mente patrimoniale del danno e che non si prestano ad essere generalizzati in
ambiti che esulano da tale originaria concezione.
Pertanto, se si vuole tentare di offrire una soluzione più generale, valida per
ogni forma di danno (che rappresenti la violazione anche di interessi costitu-
zionalmente rilevanti) e per ogni modello di riparazione (sia in denaro, sia in
forma specifica), è necessario ricostruire il sistema dell’illecito delittuale dan-
230
Cfr. Cass., Sez. III, 3 aprile 2001, n. 4881, cit., p. 61.
231
In questi termini, Cass., Sez. III, 3 aprile 2001, n. 4881, cit., p. 60, la quale, anche se in tema di
«lesione della reputazione commerciale del protestato», afferma che «il danno risarcibile a norma
dell’art. 2043 c.c. è il danno-conseguenza patrimoniale».
232
Testualmente, Cass., Sez. III, 3 aprile 2001, n. 4881, cit., p. 61. La concezione dell’art. 2 Cost.
come clausola aperta, così come la proposta di applicare le norme costituzionali ai rapporti intersog-
gettivi si devono a P. PERLINGIERI, La personalità umana, cit., p. 12 ss. e passim; ID., Norme costitu-
zionali, cit., p. 111 ss.
146 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

do conto del ruolo e della funzione svolti dagli artt. 2043 e 2059 c.c. all’inter-
no dell’odierno modello di tort liability. La fase di sviluppo e transizione che
attraversa la nostra giurisprudenza, apertasi con i primi tentativi di qualifica-
zione del danno biologico, poi forzatamente confinato prima nell’area del dan-
no patrimoniale, poi in quella del danno non patrimoniale, non può non esse-
re indice di una nuova, profonda quanto opportuna riflessione sulla “crisi” –
233
già da tempo, con veemenza denunciata – dell’ermeneutica bipolare, alme-
no secondo la configurazione che di essa, tradizionalmente, si suole rappre-
sentare attraverso i postulati della teoria differenziale.

11. Un fondamentale tassello nella ricostruzione dell’ontologia dei “nuovi


danni” e di un inedito statuto dei danni risarcibili è stato posto, di recente,
dalla Cassazione proprio in tema di danno da «perdita della vita».
Le Sezioni Unite, pur dicendosi perfettamente consapevoli del «vuoto di
tutela determinato dalla giurisprudenza di legittimità che nega, nel caso di mor-
te immediata o intervenuta a breve distanza dall’evento lesivo, il risarcimento
234
del danno biologico per la perdita della vita» , piuttosto che procedere
all’auspicato revirement, avevano preferito riesumare quell’isolato orientamen-
to che aveva riconosciuto il danno esistenziale da sofferenza catastrofica, pro-
vata dalla vittima di lesioni fisiche che fosse rimasta lucida durante l’agonia, in
235
consapevole attesa del decesso . Questa sofferenza, «non essendo suscettibile
di degenerare in danno biologico», avrebbe dovuto «essere risarcita come
236
danno morale, nella sua nuova più ampia accezione» . L’inadeguatezza della
soluzione, però, era testimoniata proprio dal giudice di merito, il quale aveva
deciso di liquidare in … 5.000 euro «le atroci sofferenze fisiche e il danno psi-
chico di massima intensità sofferto dalla vittima del sinistro durante l’agonia
protrattasi per undici ore […], in condizioni di lucidità che la rendevano con-
sapevole dell’imminenza della morte (danno catastrofico), in conseguenza del-
237
le gravissime ferite e delle devastanti ustioni riportate» . Le Sezioni Unite
avevano cassato la decisione sotto il profilo della quantificazione del danno
morale, avendo ritenuto la cifra «palesemente inadeguata». Ma la mancata
enunciazione degli standard ai quali vincolare la liquidazione del danno signi-
ficava spingere la valutazione equitativa del giudice oltre l’arbitrio. E non vi

233
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., pp. 264 ss., 273 ss.; ID., I
danni alla persona, cit., p. 770 ss.
234
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Danno e resp., 2009,
p. 32.
235
Già Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in Danno e resp., 2001, p. 821; e Cass., Sez. Un., 11 novem-
bre 2008, n. 26973, nel giudicare sul ricorso n. 10517/04, n. 3.1.
236
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 27.
237
In questi termini si esprime Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26973, nel giudicare sul ri-
corso n. 10517/04, n. 3 (in fine).
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 147

sarebbe stato da meravigliarsi se ciascuna Corte avesse continuato a liquidare


il medesimo danno in cifre astronomicamente differenti.
La Cassazione, nell’esprimersi nuovamente in materia, dopo ottantanove
anni da un suo precedente in materia che aveva negato la risarcibilità del dan-
238
no c.d. tanatologico , ed a vent’anni dalla contestata sentenza della Corte co-
stituzionale che aveva dato la stura al c.d. criterio cronometrico ed alle sue
239
finzioni , ha riconciliato il diritto con la ragione e con la giustizia, oltre che
con il comune buon senso, decidendo finalmente di risarcire il danno da
240
«perdita della vita». Questo overruling , che forse non piacerà al c.d. «”parti-
241
to” dei danneggianti (recte: le imprese di assicurazioni)» , si inserisce in un
“nuovo corso” della nostra giurisprudenza di legittimità, sempre più attenta a
pensare il diritto sulla base dei contributi della letteratura giuridica italiana e
242
straniera . Una giurisprudenza che, nel rielaborarne i contenuti, «si fa dottri-
243
na» . Ma la dottrina, a sua volta, attraverso il costante colloquio con le Corti,
e la rinunzia ad una prospettazione spesso sterilmente dogmatica degli “istitu-
ti” del diritto civile, dev’essere ancora in grado di fare (e di farsi) giurispru-
denza. Se è vero che dietro ogni “nuovo” orientamento giurisprudenziale c’è
quasi sempre una dottrina. Così è accaduto, ad esempio, per il danno biologi-

238
Il risalente indirizzo giurisprudenziale inaugurato dalle Sezioni Unite nel lontano 1925 (sent. n.
3475, in Foro it., 1926, I, c. 328), secondo il quale non era risarcibile il c.d. decesso immediato, «non
essendo sorto nel patrimonio del defunto un diritto di risarcimento relativo al danno alla salute», è
pervenuto fino ai giorni nostri: tra le tante decisioni che hanno ribadito la soluzione negativa, Cass.,
Sez. III, 8 gennaio 2010, n. 79, in Danno e resp., 2010, p. 807. Afferma, altresì, che non sono risarcibi-
li a titolo ereditario i danni biologici e morali subiti dal defunto in caso di morte avvenuta soltanto
mezz’ora dopo l’incidente, senza che la vittima abbia ripreso conoscenza, Cass., Sez. III, 14 dicembre
2010, n. 25264 (ord.), ivi, 2011, p. 1042 s., con il commento di S. SCALZINI, I punti fermi della Cassa-
zione sul risarcimento del danno tanatologico. Risarcisce, invece, iure proprio, alla madre della vittima
di un incidente stradale lo «stato di prostrazione (con tutti i suoi sintomi, quali profondo abbattimen-
to, disinteresse per il lavoro, tendenza all’isolamento, ecc.)», considerando tale evento dannoso né un
danno biologico né un danno morale, bensì una lesione «alla intangibilità della sfera degli affetti e
della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia e alla inviolabilità della libera e piena esplicazio-
ne delle attività realizzatrici della persona nell’ambito di quella peculiare formazione sociale costituita
dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost.», Cass., Sez. III, 3 febbraio 2011,
n. 2557, ivi, 2011, p. 830, annotata da V. MONTANI, La morte del danno da perdita parentale?
239
In tal senso, e per più diffuse critiche all’orientamento “negazionista”, si rinvia ad A. PROCIDA
MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 14 ss.; ID., I “nuovi” danni e le funzioni della
responsabilità civile, in Danno e resp., 2003, p. 462 ss.
240
Considera, esplicitamente, un overruling la propria soluzione, Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014,
n. 1361, in Danno e resp., 2014, p. 385. Su tale decisione, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno
da perdita della vita e il «nuovo statuto» dei danni risarcibili, in Danno e resp., 2014, p. 686 ss.
241
(Con sottile ironia?) G. PONZANELLI, La sentenza “Scarano” sul danno da perdita della vita:
verso un nuovo statuto del danno risarcibile, in Danno e resp., 2014, p. 391.
242
Non a caso, questo studio, unitamente agli altri contributi contenuti in questo volume, s’inqua-
dra nell’ambito della ricerca PRIN 2010-2011 su «Corti, dottrina e società inclusiva: l’impatto dei
formanti dottrinali sulle Corti di vertice», Unità di Ricerca dell’Università degli Studi di Napoli “Fe-
derico II”.
243
Cfr. F.D. BUSNELLI, Verso una giurisprudenza che si fa dottrina, in Riv. dir. civ., 2013, p. 1519 ss.
148 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

244 245
co e poi per il danno esistenziale , figure sicuramente elaborate in dottrina
246
(così come l’avversa corrente anti-esistenzialista) prima di essere stabilmente
recepite in giurisprudenza. Così è accaduto per la discussa teoria del contatto
247 248
sociale , per l’obbligazione senza prestazione , per il contratto con effetti di
249
protezione per terzi e per il danno da perdita di chances . Così è accaduto
250
per il risarcimento del danno da «nascita malformata» , ove il revirement si è
accompagnato ad una dettagliata critica del precedente orientamento della
Cassazione, sulla base di una pregevole e puntuale analisi delle principali
251
obiezioni già espresse in dottrina . Così è accaduto in materia di immissioni
252
industriali, allorché la Cassazione, aderendo all’interpretazione unitaria

244
In argomento, F.D. BUSNELLI, Il danno biologico dal “diritto vivente” al “diritto vigente”, Tori-
no, 2001, p. 135 ss. e passim. Innegabile, tuttavia, il contributo dei giudici genovesi sintetizzato nel
“manifesto” redatto da V. MONETTI, G. PELLEGRINO, Proposte, cit., c. 159 ss.
245
Cfr. il volume Il danno esistenziale. Una nuova categoria della responsabilità civile, a cura di P.
Cendon, P. Ziviz, cit., passim ed, in particolare, il contributo di P. CENDON, Non di sola salute vive
l’uomo, ivi, p. 10 ss.
246
G. PONZANELLI, Sei ragioni per escludere il risarcimento del danno esistenziale, in Danno e
resp., 2000, p. 693 ss.; ID., Una voce contraria alla risarcibilità del danno esistenziale, ivi, 2002, p. 339
ss.; ID. (cur.), Critica del danno esistenziale, Padova, 2003, p. 7 ss.; ID. (cur.), Il risarcimento integrale
senza il danno esistenziale, Padova, 2007, passim.
247
Riconducibile addirittura da G. HAUPT, Über faktische Vertragsverhältnisse, cit., p. 1 ss.
248
C. CASTRONOVO, L’obbligazione senza prestazione, cit., p. 191 ss.
249
Sul punto, M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., passim.
250
Cass., Sez. III, 2 ottobre 2012, n. 16754, in Nuova giur. civ. comm., 2013, p. 175 ss.
251
La sentenza cit. in nota prec. sembra ispirarsi, riproducendo testualmente anche talune espres-
sioni tra virgolette, ai lavori di M. FEOLA, Violazione degli obblighi d’informazione, cit., p. 611 ss.;
EAD., Essere o non essere, cit., p. 392 ss.; EAD., La responsabilità del medico per il danno prenatale, in
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, M. FEOLA, La responsabilità civile, cit., p. 237 ss., ed alla migliore
dottrina italiana e straniera ivi cit. (ad es., M. FABRE-MAGNAN, Avortement et responsabilité médica-
le, in Rev. trim. dr. civ., 2001, pp. 289 ss., 311 ss.; G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, II ed.,
1998, cit., p. 17 ss.; P. JOURDAIN, Réflexions sur un malentendu, in Rec. Dalloz, 2001, Jur. comm., p.
337; A. LISERRE, Ancora in tema di mancata interruzione della gravidanza e danno da procreazione, in
Corriere giur., 2006, p. 1693; C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 101, in nota 80; F. GALGANO,
Danno da procreazione e danno al feto, ovvero quando la montagna partorisce un topolino, in Contr. e
impr., 2009, p. 537 ss.). Avevano anticipato un possibile revirement, dopo Cass., Sez. III, 11 maggio
2009, n. 10741, M. FEOLA, La Cassazione e il diritto del minore «a nascere sano», in Danno e resp.,
2010, p. 702 ss.; EAD., Le responsabilità del medico e della struttura sanitaria, cit., p. 91 ss.; F. DI
CIOMMO, Giurisprudenza-normativa e “diritto a non nascere se non sano”. La Corte di cassazione in
vena di revirement?, in Danno e resp., 2010, p. 144 ss. Per ulteriori indicazioni, anche relative all’«im-
patto dei formanti dottrinali sulle Corti di vertice», si rinvia al saggio di M. FEOLA, Il danno da «na-
scita malformata», in Riv. crit. dir. priv., 2014, p. 75 ss.
252
Proposta trent’anni fa (e senza alcuna speranza) dal sottoscritto: A. PROCIDA MIRABELLI DI
LAURO, Immissioni e «rapporto proprietario», cit., p. 257 ss.; ID., Immissioni, normale tollerabilità e
tutela dell’ambiente (alla ricerca delle «declamazioni mentitorie» della giurisprudenza), in Rass. dir. civ.,
1990, p. 903 ss.; ID., Immissioni, normale tollerabilità e tutela dell’ambiente, in Scritti in onore di G.
Capozzi, I, 2, Milano, 1992, p. 997 ss.; ID., La proprietà come rapporto. A proposito dell’interpretazione
unitaria e sistematica dell’art. 844 c.c., in Riv. crit. dir. priv., 1997, p. 76 ss. In prospettiva analoga, an-
che se con autonomi svolgimenti, A. GAMBARO, Il diritto di proprietà, in Tratt. di dir. civ. e comm.
Cicu e Messineo, continuato da Mengoni, VIII, 2, Milano, 1995, p. 509 ss. Proponevano, invece, la
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 149

253
dell’art. 844 c.c., piuttosto che a quella dicotomica da sempre prevalente , ha
individuato la norma primaria nella regola di normale tollerabilità (e non nel
“giudizio di contemperamento”), affermando che «l’accertamento del supe-
ramento della soglia di normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c. comporta,
nella liquidazione del danno da immissioni, sussistente in “re ipsa”, l’esclusio-
ne di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di prio-
rità dell’uso in quanto, venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente
l’illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema
dell’azione generale di risarcimento danni di cui all’art. 2043 c.c., e, specifica-
mente, per quanto concerne il danno alla salute, nello schema del danno non
254
patrimoniale risarcibile ai sensi dell’art. 2059 c.c.» . Così accade nella sen-
tenza n. 1361 del 2014, e non soltanto per quanto riguarda la risarcibilità iure
255
hereditario del danno da morte immediata , poiché essa assume un ruolo al-
trettanto significativo allorché consolida, con argomentazioni difficilmente
contestabili, quell’orientamento ormai emergente in Cassazione che, propo-
nendo il definitivo superamento della concezione globalizzante ed onnicom-
prensiva del danno non patrimoniale accolta dalle sentenze di San Martino,
considera il danno biologico, il danno morale e il danno esistenziale come pre-
256
giudizi «ontologicamente diversi» e «tutti risarcibili» .
Questo overruling, per sua esplicita ammissione, tende a razionalizzare l’ar-
ticolata sequenza di figure di danno che sono state elaborate al solo scopo di
evitare di risarcire, alla vittima immediata, il danno tanatologico. In proposito,
la Suprema corte dichiara di voler sgombrare il campo da quei «meri escamo-
tages interpretativi» («lasso di tempo non trascurabile», «criterio dell’intensità
della sofferenza») che erano stati elaborati al solo scopo di «superare le dispa-
rità di trattamento» e le «iniquità scaturenti dalla negazione del risarcimento
257
del danno da perdita della vita» . Tant’è che lo stesso tentativo di «sopperire
alla mancanza di ristoro della perdita della vita mediante l’attribuzione ai fa-
miliari – iure proprio – del diritto di risarcimento di tutti i danni non patri-
moniali, comprensivi non delle sole sofferenze fisiche (eventuali danni biolo-
gici) o psichiche (danni morali o soggettivi), ma anche dei c.d. danni esisten-

possibilità di una tutela diretta della salute, G.G. D’ANGELO, L’art. 844 codice civile e il diritto alla
salute, in Tutela della salute e diritto privato, a cura di F.D. Busnelli, U. Breccia, Milano, 1978, p. 411
ss.; V. SCALISI, Immissioni di rumore e tutela della salute, in Riv. dir. civ., 1982, I, p. 142 ss.
253
Per tutti, C. SALVI, Le immissioni industriali. Rapporti di vicinato e tutela dell’ambiente, Mila-
no, 1979, p. 399.
254
Cass., Sez. III, 9 maggio 2012, n. 7048, in Danno e resp., 2012, p. 1179 ss., con note di G.
PONZANELLI, Danno non patrimoniale da pianoforte troppo rumoroso e da pignoramento illegittimo, e
di C. BALDASSARRE, Immissioni intollerabili: quando Mozart fa male alla salute.
255
In argomento, N. LIPARI, Danno tanatologico e categorie giuridiche, in Riv. crit. dir. priv., 2012,
p. 523 ss.
256
Così, da ultima, Cass., Sez. III, 11 ottobre 2013, n. 23147, in Danno e resp., 2014, p. 282, con
nota di G. PONZANELLI, Il “buonismo” della Cassazione e la facile dimenticanza del danno conseguenza.
257
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 384.
150 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ziali» appariva come un soluzione «inutile» che, tra l’altro, poneva «il rischio
di confusioni concettuali ovvero di avallare l’idea di un uso strumentale di de-
258
terminati istituti per sopperire al mancato riconoscimento di altri» .
Da qui il riconoscimento della risarcibilità «ex se», «nella sua oggettività»,
del danno non patrimoniale da perdita della vita, consistente nella perdita di
un «bene supremo dell’individuo oggetto di un diritto assoluto e inviolabile
dall’ordinamento garantito in via primaria, anche sul piano della tutela civile»,
259
a prescindere «dalla consapevolezza che il danneggiato/vittima ne abbia» .
Come era logico, anche dal punto di vista giuridico, il ristoro del danno da
perdita della vita «si acquisisce dalla vittima istantaneamente al momento della
lesione mortale, e quindi anteriormente all’exitus», giacché la morte «ha per
conseguenza la perdita non già solo di qualcosa bensì di tutto; non solamente
di uno dei molteplici beni, ma del bene supremo della vita; non già di qualche
effetto o conseguenza, bensì di tutti gli effetti e conseguenze, di tutto ciò di
cui consta(va) la vita della (di quella determinata) vittima e che avrebbe conti-
nuato a dispiegarsi in tutti i molteplici effetti suoi propri se l’illecito non ne
260
avesse causato la soppressione» .
La Cassazione, nel risarcire il danno da perdita della vita, preferisce non af-
frontare specificamente l’annosa questione del danno-evento e del danno-
conseguenza al fine di prospettarne l’auspicabile superamento, ma, nel classi-
ficare la soluzione adottata nell’ambito della contestata dicotomia, la conside-
ra come una «ontologica, imprescindibile eccezione al principio dell’irrisarci-
261
bilità del danno-evento e della risarcibilità dei soli danni-conseguenza» . Ma
poi, dando prova di aver ben chiara la relazione tra il preteso danno-conseguen-
za e il problema della causalità, ovvero dell’incidenza dell’illecito nel “patri-
monio” della vittima, afferma che la morte ha “per conseguenza” la perdita di
262
tutti gli effetti e conseguenze .
Inizia ad emergere come, in tema di danni immateriali, discorrere dell’irri-
sarcibilità del danno-evento e della risarcibilità del solo danno-conseguenza
sia un dogma che tutti continuano a ripetere, ma che nessuno vuol intendere
nelle sue reali implicazioni. La riprova è data da quella dottrina che, conside-
rando il «punto dolente» della decisione proprio l’essere «questa forma di
danno ontologicamente in re ipsa», la considera «in chiara contradizione con il
principio della necessaria prova che deve essere data con riguardo ad ogni
263
pregiudizio» . Ecco che, allora, il problema, come sempre accade, viene tra-
sposto dalle conseguenze dell’illecito nel patrimonio della vittima alla prova
presuntiva (dell’an) del danno. Secondo la tradizionale interpretazione della
258
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 384.
259
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 384.
260
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 385.
261
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 385.
262
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 385.
263
G. PONZANELLI, La sentenza “Scarano”, cit., p. 390.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 151

teoria differenziale, il danno-conseguenza non è altro che la perdita economica


che si verifica nel patrimonio del danneggiato per effetto dell’illecito, la quale
deve essere quantificata sulla base di un calcolo differenziale effettuato tra il
patrimonio così com’era nella sua originaria consistenza e tra il patrimonio co-
sì com’è diminuito a seguito dell’illecito. Questa teoria rappresenta comunque
una finzione che, se può essere ancora pensata con riferimento alle lesioni re-
lative a beni che hanno uno specifico valore di mercato – ma Renato Scogna-
264
miglio la considerava già «superata» quasi sessant’anni fa, ritenendo il risar-
cimento quasi sempre espressione dell’“arbitrio della convenzione” –, è del
tutto inapplicabile ai danni immateriali. Ecco perché, al fine di mascherare un
evidente disagio, la dottrina e la giurisprudenza, senza mai spiegare cosa in-
tendano esattamente per danno-conseguenza, preferiscono trasferire un pro-
blema, che è di causalità e di entità del danno risarcibile, sul diverso terreno
della prova (ovviamente sempre presuntiva) del danno.
In più, non sembra possibile affermare che il danno da perdita della vita
sarebbe l’«unico esempio di danno non conseguenza ammesso nel nostro or-
265
dinamento» . Sul piano ontologico, ed anche su quello della prova, non v’è
alcuna differenza tra il danno alla salute e il danno da morte. Il danno all’inte-
grità psico-fisica è un tipico danno-evento che viene risarcito innanzitutto in
sé, tant’è che la prova del danno è data dalla perizia medico-legale la quale va-
luta in termini percentuali una determinata invalidità permanente. È l’evento
dannoso consistente nella lesione dell’integrità psico-fisica, così come valutata
percentualmente nella perizia, che è l’oggetto primario del risarcimento. Da
questo evento, in sé risarcibile e risarcito, poi, eventualmente possono derivare
ulteriori conseguenze dannose, le quali possono essere di natura patrimoniale
(danno emergente, lucro cessante) o non patrimoniale (danno morale, danno
esistenziale).
La stessa identica cosa succede nel caso di danno da morte. La prova del
danno è il certificato che attesta il decesso di una determinata persona, sulla
base di un rapporto di causalità con l’illecito. Da questo evento, così come ac-
cade per il danno alla salute, possono eventualmente derivare ulteriori conse-
guenze patrimoniali (danno emergente, lucro cessante) e non (danno da perdi-
ta del rapporto parentale, ad es.).
Il fatto, poi, che il sistema tabellare possa rappresentare il tentativo di tra-
durre, in maniera sia pur approssimativa – «ma quale tecnica di liquidazione
266
non lo è?» –, la perdita della validità psico-fisica in termini economicamente
oggettivi nulla aggiunge all’annosa discussione sul danno-evento e sul danno-
264
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale (Contributo alla teoria del danno extracontrattuale), in Riv.
dir. civ., 1957, I, p. 282; per una critica approfondita, ID., Appunti sulla nozione di danno, in Riv.
trim. dir. proc. civ., 1969, p. 468 s.
265
Così, invece, G. PONZANELLI, op. ult. cit., p. 389.
266
Così, R. PARDOLESI, R. SIMONE, Postilla a La sentenza “Scarano” sul danno da perdita della vi-
ta: verso un nuovo statuto di danno risarcibile?, in Danno e resp., 2014, pp. 404 e 402.
152 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

conseguenza. Così com’è accaduto per il danno all’integrità psico-fisica, la


predisposizione di un analogo modello tabellare per la riparazione del danno
da perdita della vita altro non rappresenterà che un utile strumento offerto al
giudice nella difficile opera di liquidazione di un danno che non è possibile
tradurre in denaro sulla base di un mero calcolo “differenziale”, tant’è che fi-
no a qualche anno fa il danno alla salute non era considerato «altrimenti risar-
267
cibile se non in funzione della perdita della capacità reddituale» . Ma il ten-
tativo di predisporre, anche per questo nuovo tipo di danno, un sistema sia
pur approssimativo di liquidazione è attività «comunque preferibile» rispetto
268
«all’idea di lasciare che il danno rimanga lì dov’è caduto» .
Il problema della prova, erroneamente identificato con la questione del
danno-conseguenza, si pone, invece, per tutti quei danni non patrimoniali i
quali, per la loro connotazione immateriale, a differenza del danno alla salute
e del danno da perdita della vita, non possono essere provati con eguale cer-
tezza. Il patema d’animo più o meno transeunte, lo stress emozionale, la soffe-
renza in tutte le sue possibili graduazioni, la lesione della personalità morale,
la violazione della sfera della privatezza, la lesione della reputazione personale,
lo stesso turbamento della persona offesa dalla commissione di un reato, ecc.,
sono danni che non potranno mai essere risarciti, come danni-conseguenza,
secondo la dogmatica della teoria differenziale.
In tutti questi casi non è soltanto il quantum che non può essere calcolato
sulla base della differenza tra i due patrimoni, ma è lo stesso an (e la relativa
prova) che è del tutto incompatibile con una nozione rigorosa di danno-con-
seguenza. Da qui il ricorso, ampiamente invalso in giurisprudenza, alla prova
presuntiva, la quale, se può far “presumere” l’esistenza di un danno immate-
riale inteso come danno-evento, sicuramente non è in grado di dimostrare e di
commisurare le conseguenze non patrimoniali, sulla base di un improponibile
269
calcolo economico differenziale tra dati così eterei ed infungibili .
Quindi, se si ritiene che la funzione compensativa della responsabilità civile
sia ancora indissolubilmente connessa alla teoria differenziale e ad una certa
idea di danno-conseguenza, bisogna concludere che in tema di danni immate-
riali la riparazione assolve ad una funzione essenzialmente preventivo-punitiva
o, al più, satisfattoria.
270
L’autorevole conferma di questa idea viene, oggi, proprio da chi, più di
271
ogni altro, è «incline a coniugare algebra e pandette» . Una volta ricondotti
tutti i danni non patrimoniali nell’alveo dell’art. 2059 c.c., «non c’è più ragio-
ne per ostinarsi a seguire la tesi della perdita da apprezzare ex post», tanto più
267
R. PARDOLESI, R. SIMONE, op. cit., p. 402.
268
R. PARDOLESI, R. SIMONE, op. cit., p. 404.
269
R. PARDOLESI, R. SIMONE, op. cit., p. 403.
270
Per una critica circa l’applicabilità della teoria differenziale ai danni immateriali, cfr. A. PRO-
CIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 18 ss.
271
R. PARDOLESI, R. SIMONE, op. cit., p. 404.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 153

che, «rispetto a beni infungibili, ossia che non trovano un surrogato di merca-
272
to, la funzione compensativa non è in grado di operare» . Appare, allora,
«miglior partito guardare alla vita e a tutto l’universo del “personale” come
insieme di beni già compresi nel “valore base” di ogni individuo, da tutelare
273
ex ante mediante il riconoscimento del danno non patrimoniale» . Senza vo-
ler scomodare le più recenti teorie economiche, basta por mente al risarcimen-
to del danno morale da diffamazione «per riconoscere che questo non aveva (e
274
non ha) alcuna funzione compensativa, ma solo riparatoria/sanzionatoria» .
In questi casi, anche se, sotto il profilo della causalità, il danno immateriale
è la “conseguenza” di un ulteriore evento (danno biologico, ad es.) – era que-
sta la sequenza causale che la Corte costituzionale aveva a suo tempo descrit-
275
to , senza essere a tutt’oggi compresa –, il danno immateriale non potrà non
essere risarcito che quale danno in re ipsa, soprattutto allorché rappresenti la
“conseguenza” di un fatto-reato (artt. 2059 c.c., 185 c.p.).

12. Ammessa, finalmente, la risarcibilità del danno da perdita della vita,


occorre ora verificare l’eventuale persistenza delle ulteriori figure di danno
elaborate dalla Cassazione, al fine di evitare la possibilità di duplicazioni risar-
citorie. In considerazione dell’identità dell’oggetto, il danno da perdita della
vita appare senz’altro alternativo rispetto al c.d. danno biologico terminale. La
Suprema corte, ora, risarcisce integralmente il danno biologico (non quello,
invece, alla salute) consistente nella perdita della vita, quale conseguenza di-
retta dell’illecito, mentre anteriormente aveva considerato risarcibile, in pre-
senza di un “ragionevole” lasso di tempo di sopravvivenza, il solo danno
“temporaneo” alla salute intercorrente tra l’incidente e la morte.
Quindi, se, con riferimento ai danni patiti iure proprio dalla vittima diretta
dell’incidente, e il cui risarcimento è trasmissibile agli eredi, è possibile affer-
mare che il danno da perdita della vita sostituisce ed assorbe del tutto il c.d.
danno biologico terminale, come il più comprende il meno, un discorso diver-
so deve riguardare il c.d. danno catastrofico (in origine definito “da sofferenza
esistenziale”), o quello patito dalla vittima che, in modo consapevole, e tra sof-
ferenze atroci, attende lucidamente la propria morte (c.d. danno da lucida
276
agonia). L’analisi della giurisprudenza più recente ha indotto a individuare
due figure di danno: la prima caratterizzata «unicamente» dalla «percezione
della sofferenza subita a seguito delle lesioni», e non già dalla percezione «che

272
R. PARDOLESI, R. SIMONE, op. cit., p. 403.
273
R. PARDOLESI, R. SIMONE, op. loc. cit.
274
R. PARDOLESI, R. SIMONE, op. loc. ult. cit.
275
In questi termini già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I “nuovi” danni, cit., p. 463 s.
276
Condotta, ad es., da C. MEDICI, Morte immediata della vittima e aporie della responsabilità civi-
le: verso la caduta di un dogma, in Danno e resp., 2010, p. 1020 ss.
154 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

277
tali lesioni siano mortali» ; la seconda, che la Cassazione ha talvolta erro-
278
neamente definito proprio come danno tanatologico , consistente nella soffe-
renza patita dalla vittima che sia rimasta lucida durante l’agonia in consapevo-
279
le attesa della propria fine . Nella specie si trattava di un agricoltore che,
immobilizzato da una scarica elettrica, era rimasto in vita per non più di mez-
z’ora, senza possibilità di chiedere aiuto e nella lucida consapevolezza dell’ine-
280
vitabile approssimarsi della morte . Le due ipotesi, però, esprimono, con evi-
denza, due diverse manifestazioni di un medesimo danno, che è un danno es-
senzialmente morale, avendo ad oggetto gravissime sofferenze, qualificate, non
a caso, della massima intensità (come catastrofali o catastrofiche), che, in ra-
gione del breve lasso di tempo di sopravvivenza della vittima, non possono
evolvere in un danno biologico o in un danno esistenziale. È evidente che l’ul-
teriore consapevole percezione, da parte della vittima, tra atroci patimenti,
dell’imminenza della propria morte rappresenta una «sofferenza ulteriormente
281
aggravata» che, in quanto tale, dovrà dar luogo, in sede di valutazione del
danno morale, ad un risarcimento della massima entità.
Quindi, anche se la Cassazione probabilmente elaborò questa figura di
danno nel misericordioso tentativo di risarcire “qualcosa” nel caso di decesso
quasi istantaneo, allorché il periodo di sopravvivenza era stato considerato “non
apprezzabile” ai fini del ristoro del danno biologico terminale, è evidente co-
me essa si distingua ontologicamente dal danno da perdita della vita, sia per-
ché richiede la coscienza della vittima durante il periodo di sopravvivenza, sia
perché, nella sua essenza, costituisce un vero e proprio danno morale, tenden-
do a riparare proprio la sofferenza fisica e psichica percepita dalla vittima nel
lasso di tempo (non più “apprezzabile”…) che intercorre tra l’incidente e la
morte. Questo danno, che non può essere riparato nel caso di morte istanta-
nea (ammesso che essa esista), può essere risarcito, in aggiunta al danno da
perdita della vita (pur in presenza di una liquidazione unitaria), là dove sussi-
stano specifiche condizioni: la sopravvivenza della vittima, anche se per un
breve lasso di tempo; il suo stato di coscienza; la sussistenza di sofferenze fisi-
che e psichiche (anche, ma non soltanto, da “lucida agonia”) avvertite dalla
vittima prima di morire.
Un danno ontologicamente del tutto diverso è, poi, quello che la Cassazio-
ne definisce come «danno da perdita del rapporto parentale o c.d. esistenzia-
282
le» . In questo caso si tratta di un danno patito iure proprio dai parenti della
vittima immediata che, definito dai francesi come préjudice d’affection (con ri-
277
C. MEDICI, op. cit., p. 1031.
278
Cass., Sez. III, 8 aprile 2010, n. 8360, in Danno e resp., 2010, p. 1011 ss.
279
Discorre di un distinto «pregiudizio derivante dal protrarsi della consapevolezza di una lunga,
lenta, ingiustificata agonia», C. MEDICI, op. cit., p. 1030, in nota 48.
280
Questo, il caso deciso da Cass., Sez. III, 8 aprile 2010, n. 8360, cit., p. 1011 ss.
281
C. MEDICI, op. cit., p. 1030.
282
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 387.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 155

ferimento soprattutto all’aspetto “morale” della sofferenza), rappresenta il ti-


pico dommage par ricochet. E questo danno, là dove provato, sia pur presunti-
vamente, può essere risarcito in aggiunta ai danni biologico (danno da perdita
della vita) e morale (danno catastrofico e/o da lucida agonia) patiti iure pro-
prio dalla vittima diretta, poiché ha un oggetto e soggetti del tutto distinti: la
sofferenza morale sofferta dagli stretti congiunti a causa della morte della vit-
tima diretta e l’alterazione dei profili relazionali (danno esistenziale) propri
della comunità familiare, consistente «nello sconvolgimento dell’esistenza», «del-
le abitudini di vita» e «del modo di rapportarsi con gli altri nell’ambito della
283
comune vita di relazione» .
Il danno da perdita della vita è, quindi, nella sua essenza, un danno biolo-
gico, anche perché bios significa vita e non salute. In questo senso non aveva-
284
no errato quegli autori i quali, agli albori di questa problematica, avevano
definito tale figura come “danno biologico da morte”, il quale si distingue net-
tamente dall’altra species rappresentata dal danno alla salute.
Come afferma la Cassazione, v’è duplicazione risarcitoria soltanto allorché
«lo stesso aspetto (o voce) viene computato due o più volte, sulla base di di-
verse, meramente formali, denominazioni», mentre essa non sussiste «in pre-
senza della liquidazione dei molteplici e diversi aspetti negativi causalmente
derivanti dal fatto illecito o dall’inadempimento ed incidenti sulla persona del
285
danneggiato/creditore» . Il danno da perdita della vita, il danno morale cata-
strofico o da lucida agonia e il danno da perdita del rapporto parentale hanno
oggetti del tutto distinti e, quindi, là dove sussistenti e provati, possono essere
«tutti risarciti».

13. La Cassazione considera il danno da perdita della vita «imprescindi-


286
bilmente rimesso alla valutazione equitativa del giudice» , non essendo esso
esplicitamente previsto dall’attuale sistema tabellare. Il giudice di merito, pe-
rò, nell’esercizio della sua «prudente discrezionalità», dovrà individuare «dei
criteri di relativa valutazione che consentano di pervenire alla liquidazione di
un ristoro equo, nel significato delineato dalla giurisprudenza di legittimità,
non apparendo pertanto idonea una soluzione di carattere meramente sogget-
tivo, né la determinazione di un ammontare uguale per tutti, a prescindere
287
cioè dalla relativa personalizzazione» .
Il giudice, quindi, non può liquidare il danno da perdita della vita soltanto
sulla base di valori predeterminati per legge, come nel caso degli indennizzi
283
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 387.
284
Su tutti, G. GIANNINI, Il danno biologico, cit., p. 385 s.; ID., Il danno alla persona, cit., p. 128
ss.; in questa prospettiva, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 16 ss.
285
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 372.
286
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 387.
287
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 387.
156 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

288
previsti dalla legge n. 497 del 1999 per le vittime della funivia del Cermis ,
non tanto per l’esigenza di “attualizzare” la cifra ivi indicata al valore odierno,
quanto per la funzione tipicamente indennitaria, e non risarcitoria, della ripa-
razione. In attesa che, per il danno da perdita della vita, venga predisposto
«un sistema di quantificazione particolare e specifico, diverso da quello detta-
289
to per il danno biologico» , il giudice potrà far riferimento, ma in qualità di
mero “parametro”, all’importo tabellare indicato per il 100% di invalidità
permanente. Benché la giurisprudenza riaffermi che “vita e salute sono beni
ontologicamente diversi”, è incontestabile che il danno da perdita della vita,
nella nuova accezione proposta dalla Cassazione, sia, ontologicamente, un
danno biologico, ma non un danno alla salute o un danno morale. Attualmen-
te, il valore “biologico” della vita può essere desunto senz’altro dal sistema ta-
bellare, ma con la precisazione, non irrilevante, che il dato ivi specificato indi-
ca il valore non della “perdita della vita”, ma di una vita che dovrà essere vis-
suta (quasi sempre in maniera non auto-sufficiente, e talvolta in presenza di un
coma profondo e irreversibile) con un tasso di invalidità pari al 100%. Questo
sistema, che la stessa Cassazione considera come quello «più frequentemen-
290
te» utilizzato dai giudici di merito, più di ogni altro, allo stato, si presta sia
ad indicare, pur approssimativamente, il valore biologico della vita, sia ad
adeguare la valutazione alle «circostanze del caso», sulla base di quel «giudizio
di personalizzazione» da effettuare «in considerazione in particolare dell’età,
delle condizioni di salute e delle speranze di vita futura, dell’attività svolta,
291
delle condizioni personali e familiari della vittima» .
Lo stesso problema che oggi sembra di difficile soluzione si pose, alcuni
decenni or sono, in maniera senz’altro più complessa, proprio per il danno alla
salute, allorché alcuni pionieri, sulla scia dell’esperienza francese, proposero
292
di sostituire strumenti di liquidazione fantasiosi e inadeguati con il modello
del calcul au point, al fine di proporre un sistema equitativo differenziato fon-
dato sulle regole di esperienza consolidate in giurisprudenza, idoneo a con-
temperare il carattere di oggettività, uniformità e certezza dell’unità pecuniaria
288
L’art. 1 della legge 21 dicembre 1999, n. 497, recante Disposizioni per la corresponsione di in-
dennizzi relativi all’incidente della funivia del Cermis del 3 febbraio 1998 a Cavalese così dispone:
«Al fine di consentire la corresponsione di indennizzi in conseguenza di incidenti sul territorio italia-
no che hanno coinvolto unità delle Forze armate operanti nell’ambito della NATO, sulla base di
quanto previsto dall’articolo VIII, paragrafo 5, della Convenzione tra gli Stati partecipanti al Trattato
Nord-Atlantico sullo statuto delle loro Forze armate, firmato a Londra il 19 giungo 1951 e resa esecu-
tiva ai sensi della legge 30 novembre 1955, n. 1335, per ogni persona deceduta e per i superstiti
nell’incidente della funivia del Cermis del 3 febbraio 1998 a Cavalese, in provincia di Trento, è previ-
sto un indennizzo pari nel massimo a lire 3,8 miliardi, da corrispondere secondo le procedure ed alle
condizioni indicate nella presente legge».
289
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
290
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 385.
291
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 387.
292
Una puntuale critica dei criteri che, «ricorrendo a fantasiose ‘immaginazioni’», erano all’epoca
adottati per liquidare i danni alla salute fu proposta da F.D. BUSNELLI, Diritto alla salute, cit., p. 542 s.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 157

293
di base con l’elasticità e la flessibilità della valutazione in concreto . Quindi
non sembra possibile auspicare, come afferma la stessa Cassazione, una fretto-
losa adesione dei nostri Tribunali alla teoria del c.d. “rischio (per) equivalen-
te”. Sia nella sua versione “soggettivistica”, là dove manifesta «un rischio di
“sovrastima”», nel determinare la somma dovuta sulla base dell’«indicazione
della stessa vittima di quanto sarebbe disposta a pagare o ad accettare al fine
294
di evitare o di sostenere il rischio dell’illecito» , salvo a non voler commisu-
rare l’entità della riparazione in misura proporzionale alla ricchezza della vit-
295
tima primaria . Sia nella versione statistico-oggettiva di c.d. valutazione so-
ciale, la quale, nel rimettere «a quanto una data collettività […] sarebbe di-
sposta a pagare per ridurre le probabilità di morte di un soggetto, di identità
non nota, alla stessa appartenente», prospetta «un rischio di “indifferenza” nei
296
confronti della vittima e delle circostanze del caso concreto» . Non sembra
che il problema sia risolvibile in maniera appagante anche allorché tale ultimo
modello, fondato sul parametro della vita statistica, venga modificato introdu-
cendo «“riferimenti legati al caso di specie, quali l’età della vittima e, quando
sussistano elementi idonei, il valore indicativo attribuito dal danneggiato alla
propria vita (ad es., gli oneri assicurativi sopportati in proporzione alla sua ca-
297
pacità patrimoniale)”» . Infatti, se, da un lato, tale modello sembra di diffici-
le attuazione in ragione del diverso sistema assicurativo esistente in Italia (ma,
più in generale, in Europa) e negli Stati Uniti. Dall’altro sembra premiare una
concezione reddituale della perdita della vita, là dove, invece, è opportuno
elaborare un modello che, oltre a caratterizzarsi per la sua natura rigorosa-
mente a-reddituale, consenta di coniugare, come a suo tempo fu per il danno
biologico, la valutazione in astratto con quella in concreto. Se è vero che re-
centi «ricerche condotte a livello istituzionale, sulla base del parametro della
vita statistica, hanno attestato la misura in media di ogni vita umana tra 1 e 5
298
milioni di euro» , in attesa della predisposizione di uno specifico sistema di
liquidazione, la tendenza dei nostri giudici di merito a riferirsi, pur nella sola
qualità di “parametro”, al dato indicato con riguardo al 100% di invalidità
non rappresenta «una scelta poco coraggiosa e men che coerente con l’ormai
acclarata (e indiscutibile) autonoma rilevanza del bene vita» (dal bene salu-
299
te) , ma una soluzione molto pragmatica e rigorosamente conforme alla na-
tura squisitamente biologica del danno da perdita della vita.

293
Sulla base di un’indagine comparativa svolta anche con l’esperienza francese, cfr. A. PROCIDA
MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 352 ss.
294
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
295
C. MEDICI, Morte immediata della vittima, cit., p. 1028.
296
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386; e già, C. MEDICI, op. ult. cit., p. 1029.
297
Così Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386, la quale riproduce, tra virgolette,
una frase interamente tratta da C. MEDICI, op. ult. cit., p. 1032.
298
Lo riferisce C. MEDICI, op. loc. ult. cit.
299
Contra, invece, C. MEDICI, op. ult. cit., p. 1028.
158 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

14. Volendo trovare un primo filo comune in questo pot-pourri di orienta-


menti giurisprudenziali, v’è da rilevare che s’inizia finalmente a percepire un
significativo mutamento di metodo. Sia pure con qualche oscillazione, la Su-
prema Corte allarga i suoi orizzonti riflettendo sui contributi della più avverti-
ta dottrina civil-comparativa – il che è importante nel settore della responsabi-
lità civile – e, di conseguenza, si allinea alle più evolute esperienze appartenen-
ti alla comune tradizione occidentale. La consapevolezza della posizione as-
sunta nel tempo presente dalla persona all’apice della gerarchia dei valori, la
300
riscoperta di una concezione umana della responsabilità civile e dei suoi
fondamenti costituzionali e solidaristici, la preminenza accordata alla «integri-
301
ty of a person» rispetto a proprietà e contratto determinano un ribaltamento
302
del tradizionale rapporto tra i danni al patrimonio e alla persona(lità) e con-
sacrano il primato di questi ultimi nella teoria dell’illecito. La tutela risarcito-
ria della dignità personale, della reputazione e della sua libertà, in relazione a
nuove ed accresciute occasioni di danno, travalica quella visione cruenta del-
303
l’illecito che per tanti anni ha caratterizzato la maggior parte delle esperien-
ze europee.
L’opportuna estensione dell’area dei danni risarcibili induce a individuare
nuove figure di danno (mental shock, préjudice d’affection, danno riflesso, per-
dita di chance, bébé préjudice, préjudice sexuel, danno da lutto, danno da per-
dita della vita, danno esistenziale, danno all’identità e alla reputazione perso-
nale, ecc.), molte delle quali sono estranee alla tradizione italiana, che spingo-
no le Corti a motivare le loro decisioni sulla base di un’anfibologia sistematica,
nel tentativo di conciliare inedite soluzioni – che offrano una protezione mi-
nimale ai diritti costituzionalmente garantiti – con la tradizionale, obsoleta,
dogmatica “differenziale”. Alla tendenziale pluralità dei danni fa inevitabil-
mente riscontro una indiscutibile unitarietà ermeneutica e categoriale, che tro-

300
Il riferimento è al pensiero di R. SAVATIER, Le dommage et la personne, in Rec. Dalloz, 1955,
Chron., pp. 5 e 8. Nell’esperienza italiana v., in vario senso, le pagine di P. RESCIGNO, Nuove prospet-
tive di ricerca nello studio del danno alla salute, in Resp. civ. prev., 1986, p. 195 ss., di G.B. FERRI, Il
risarcimento del danno biologico nel sistema della responsabilità civile, in Giur. cost., 1986, I, p. 1720
ss., di P. PERLINGIERI, Il diritto alla salute quale diritto della personalità, in Rass. dir. civ., 1982, p.
1020 ss., di A. DI MAJO, L’avventura del danno biologico: considerazioni in punta di penna, in Riv. crit.
dir. priv., 1996, p. 229 ss., e di E. QUADRI, Orientamenti e prospettive nel risarcimento del danno alla
persona, in Danno e resp., 2000, p. 769 ss.
301
Testualmente, F.H. LAWSON, B. MARKESINIS, Tortious Liability for Unintentional Harm in the
Common Law and the Civil Law, Cambridge, 1982, p. 49; sul punto cfr. altresì P.S. ATIYAH, Negli-
gence and Economic Loss, in L. Q. Rev., 1967, p. 269; W.L. PROSSER, Law of Torts, St. Paul, 1964, p.
300. Conferma che l’integrità della persona è «uno degli interessi più protetti» anche nei paesi di
common law, P. GALLO, L’elemento oggettivo, cit., p. 130.
302
F.D. BUSNELLI, Problemi di inquadramento sistematico del danno alla persona, in Riv. crit. dir.
priv., 1987, pp. 28 e 30.
303
Con la consueta chiarezza, P.S. JAMES, The Fallacies of Simpson v. Thomson, in Modern L.
Rev., 1971, p. 149 ss.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 159

304
va il suo fondamento nell’indissolubile valore dell’individuo . La tutela risar-
citoria della personalità umana, che pone «il più arduo dei problemi nel vasto
305
campo della responsabilità civile» , non può non rivoluzionarne l’impianto
concettuale e la stessa sistematica, richiedendo soluzioni univoche e metodo-
logicamente corrette sul fondamento di una rifondazione dell’intero Law of
Tort. Tali rivolgimenti riguardano non soltanto l’esperienza nostrana, ma an-
che ulteriori diritti di civil e common law, e trovano elementi di significativa
concordanza in documenti internazionali (dalla Risoluzione del Consiglio
d’Europa del 14 maggio 1975 alla proposta di direttiva sulla responsabilità per
il fatto dannoso di servizi che presentano un difetto di produzione) e in indi-
rizzi legislativi, dottrinali e giurisprudenziali elaborati nelle tradizioni giuridi-
306
che più disparate .
La completa e piena riparazione dei danni alle posizioni costituzionalmente
rilevanti è oggi una soluzione difficilmente revocabile in dubbio, tant’è che
307
problemi altrettanto essenziali divengono la valutazione e la liquidazione ,
l’individuazione dell’oggetto dell’obbligazione risarcitoria e la sua misurazione
in termini pecuniari. Esigenze di solidarietà e di eguaglianza inducono a risar-
cire tali danni in funzione della loro gravità e durata, sulla base di un principio
308
di riparazione integrale , che trova fondamento nella clausola generale iscrit-
ta nell’art. 2043 c.c.
La riparazione incondizionata di questi danni implica, in primo luogo, una
decisione di policy consideration sull’allocazione dei costi e delle disutilità che
309
derivano dall’illecito . L’escludere dal risarcimento alcune figure di danno
(da «perdita della vita», morale, par ricochet, psichico, alla reputazione perso-
nale, ecc.) significherebbe imputare alla vittima, per intero, il relativo onere.
Viceversa, l’adozione di un sistema di integrale riparazione consente di trasfe-
310
rire sull’obbligato – che non necessariamente deve essere il “responsabile” –
tutte le disutilità che sono effettivamente sopportate dal danneggiato. Lo stes-

304
Su tale ultimo aspetto, P. PERLINGIERI, La tutela giuridica della «integrità psichica» (a proposito
delle psicoterapie), in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1972, p. 763 ss.
305
Con specifico riferimento alla problematica del danno alla salute, G. GENTILE, voce Danno al-
la persona, in Enc. dir., vol. XI, Milano, 1962, p. 634.
306
Si rinvia ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsabilità civile alla sicurezza sociale,
Napoli, 1992, pp. 12 ss., 64 ss.; ID., La riparazione dei danni, cit., pp. 25 ss., 105 ss., 286 ss. e passim.
307
Per un’esortazione a studiare con maggiore attenzione questi fondamentali aspetti, che attual-
mente sono di esclusiva pertinenza della letteratura medico-legale, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAU-
RO, op. ult. cit., pp. 13, 105 s., 286 ss.; ID., Valutazione e liquidazione dei danni alla persona, in Rass.
dir. civ., 1994, p. 95 ss., anche in Scritti in memoria di Gino Gorla, Scintillae Iuris, III, Milano, 1994,
p. 2173 ss.
308
In tal senso è la Risoluzione 75/7 adottata il 15 marzo 1975 dal Comitato dei Ministri del Con-
siglio d’Europa.
309
Lo ricorda P.G. MONATERI, in P.G. MONATERI, A. BELLERO, Il «quantum» nel danno a per-
sona. Una banca di dati: mille casi di giurisprudenza a confronto, Milano, 1984, p. 4 s.
310
Sulle conseguenze di tale precisazione, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione
dei danni, cit., p. 16 e passim.
160 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

so dogma che fonda in maniera apodittica la responsabilità sulla colpa richie-


de un’ulteriore riflessione, in presenza di molteplici interventi legislativi e giu-
risprudenziali che risolvono in via preventiva l’imputazione dei danni a titolo
di responsabilità oggettiva o assoluta, al fine di assicurare alla vittima una ripa-
311
razione più rapida, giusta, integrale e incondizionata .
In secondo luogo, la corretta riparazione di questi danni richiede la ricon-
duzione delle singole figure all’interno di un unitario sistema di responsabilità
civile, sulla base di un’univoca individuazione degli strumenti giuridici utiliz-
zabili. Ed è proprio questo il problema che la giurisprudenza italiana si trova
nuovamente a dover risolvere, in presenza di ulteriori inediti modelli di illecito
che non sembrano facilmente conciliabili con la rappresentazione che la scien-
za giuridica prevalente si dà del modello bipolare, che ruota intorno ad una –
a mio avviso – erronea interpretazione della struttura e della funzione degli
artt. 2043 e 2059 c.c.

312
15. Caduta la pregiudiziale ideologica che individuava nel reddito l’unico
parametro di valutazione, i danni alla persona sono divenuti riparabili in sé, a
313
prescindere dalle loro conseguenze economiche sulla capacità di guadagno .
Hanno acquisito un’autonomia concettuale e normativa rispetto sia ai danni
patrimoniali, sia a quelli “da reato”, per i quali dovrebbe operare la funzione
punitiva espressa dall’art. 2059 c.c.
Una più ampia tutela risarcitoria che si estenda oltre la mera integrità fisio-
psichica della persona non richiede l’invenzione di ulteriori figure para-giuri-
diche e di dubbia consistenza (come i danni edonistico, alla serenità familiare,
314
alla tranquillità morale, e simili) , anche se questi slogan, come tutte le sem-
plificazioni, possono assumere una suggestiva efficacia persuasiva nel propa-
gandare l’insorgere di inedite esigenze di tutela nel mondo del diritto.
V’è bisogno, soprattutto a seguito dei contrastanti interventi della giuri-
sprudenza, di ricostruire il sistema su basi più certe e rigorose: il processo di
rielaborazione dei danni alla persona deve muovere da una rinnovata conside-
razione degli strumenti giuridici utilizzabili all’interno dell’odierno modello di
315
responsabilità civile . Per un verso, le Corti avvertono l’esigenza di estendere
ulteriormente l’area dei danni risarcibili, valorizzando utilità non direttamente
311
Per la verifica di questa affermazione, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsa-
bilità civile, cit., p. 52 ss.; cfr., altresì, G. COMANDÉ, Risarcimento del danno alla persona e alternative
istituzionali. Studio di diritto comparato, Torino, 1999, p. 141 ss.
312
In questi termini, M. FRANZONI, La liquidazione del danno alla persona, in Tratt. di dir. comm.
e dir. pubbl. econ., diretto da F. Galgano, Padova, 1990, p. 105.
313
Per una ricostruzione dei diversi orientamenti, G. ALPA, Il danno biologico, cit., p. 9 ss.
314
Così, G. GENTILE, voce Danno alla persona, cit., p. 667, e F.D. BUSNELLI, Diritto alla salute,
cit., p. 542.
315
Come propone P. CENDON, Non di sola salute, cit., p. 5 ss.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 161

collegate alla produzione, al reddito o alla stessa integrità fisica della persona.
Ma tali soluzioni non sembrano conciliabili con l’interpretazione corrente de-
gli artt. 2043 e 2059 c.c. e, più in generale, con il claudicante itinerario di for-
316
zata “costituzionalizzazione” dell’art. 2059 c.c., proposto dai corifei dall’er-
meneutica bipolare. Per altro verso, si pone il problema di perfezionare ulte-
riormente i sistemi di valutazione e di liquidazione. La giurisprudenza italiana
– ancora una volta sulla scia delle esperienze straniere – sembra alla ricerca di
parametri sempre più validi, che consentano di temperare la valutazione in
astratto con criteri che considerino adeguatamente le particolarità del caso con-
creto .
Pur avendo la scienza giuridica italiana affermato ormai da tempo l’integra-
le risarcibilità dei danni alla persona, non v’è stata concordia sulla natura, pa-
trimoniale o no, di tali danni e sul procedimento ermeneutico che consentisse
di superare correttamente la previsione tipizzante e restrittiva dell’art. 2059
c.c. Da un lato, la tendenza, confermata fino ad ora dalla Corte costituziona-
317
le , a conservare la vigenza dei criteri di razionalità legislativa espressi dal-
l’art. 2059 ha smentito, allo stato, chi considerava risarcibili i danni non pa-
318
trimoniali soltanto in ipotesi di reato e ne subordinava la piena risarcibilità
all’eliminazione – mediante abrogazione espressa o dichiarazione di incostitu-
319
zionalità – dell’art. 2059 c.c. Dall’altro, la proposta di ampliare ontologica-
mente il tradizionale concetto di patrimonio, al fine di applicare la concezione
economica cara alla teoria differenziale, aveva indotto a qualificare la lesione
320
della salute come danno patrimoniale , in quanto menomazione di «un valo-

316
Su tale questione, introdotta da Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828 e n. 8827, in Danno e
resp., 2003, pp. 816 ss., 820 ss., con i commenti di F.D. BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate. La Corte di
Cassazione e il danno alla persona, G. PONZANELLI, Ricomposizione dell’universo non patrimoniale: le
scelte della Corte di Cassazione, e A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c. va in Paradiso,
v., infra, i cap. III e IV. In dottrina, tale interpretazione “costituzionalizzata” era stata proposta da E.
NAVARRETTA, Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Torino, 1996, p. 320 ss. e passim.
317
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Danno e resp., 2003, p. 939 s.
318
Cfr. A. DE CUPIS, I diritti della personalità, in Tratt. di dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Mes-
sineo, Milano, II ed., 1982, p. 53 ss.; C. SALVI, Il danno extracontrattuale. Modelli e funzioni, Napoli,
1985, p. 214; C. CASTRONOVO, «Danno biologico» senza miti, in Riv. crit. dir. priv., 1988, p. 31 ss.; B.
GRASSO, Il problema della valutazione del danno «non patrimoniale» all’integrità psicofisica, in Rass.
dir. civ., 1982, p. 42 s.
319
La prima soluzione era proposta, tra gli altri, da A. DE CUPIS, Il risarcimento del danno non pa-
trimoniale, in Assicurazioni, 1972, I, p. 230; la seconda, da F. ROMANO, Cenni normativi per il risar-
cimento del danno nella «miniriforma», in Riv. giur. circol. trasp., 1978, p. 366, e da G. BONILINI, Il
danno non patrimoniale, Milano, 1983, p. 206 s.
320
Aderiscono a questa «soluzione a prima vista temeraria», ma che «per divenire plausibile ne-
cessita di alcuni chiarimenti in tema di patrimonialità del danno», la giurisprudenza e la dottrina,
all’epoca, di gran lunga prevalenti: cfr. F.D. BUSNELLI, Problemi di inquadramento, cit., p. 40 s. (del
quale sono le espressioni citate tra virgolette); F. MASTROPAOLO, Il risarcimento del danno alla salute,
Napoli, 1983, p. 300 ss.; P.G. MONATERI, in P.G. MONATERI, A. BELLERO, Il «quantum», cit., p. 27
ss.; M. FRANZONI, La liquidazione, cit., p. 122; P. D’AMICO, Il danno da emozioni, Milano, 1992, p.
56 s.; A. GIULIANI, Il danno biologico è, dunque, patrimoniale, in Contr. e impr., 1986, p. 47 ss. Anche
162 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

re essenziale che fa parte integrante del patrimonio del soggetto, cioè di quel
321
complesso di beni di sua esclusiva e diretta pertinenza» . Al modello dei
danni patrimoniali avrebbero dovuto essere ricondotti tutti i danni alla perso-
na suscettibili di misurazione economica secondo una valutazione sociale tipi-
ca. Restava da dimostrare perché i danni fisici e quelli c.d. psichici erano su-
scettibili di essere valutati in tal guisa, mentre ciò era da escludere per i danni
morali, psicologici e/o riflessi e, più in particolare, per la stessa sofferenza che
la giurisprudenza qualifica come catastrofica.
L’ermeneutica dominante dell’art. 2059 c.c., nostrana form of action, ha
continuato a condizionare la piena risarcibilità dei danni che rappresentavano
la violazione di situazioni particolarmente protette, costringendo la giurispru-
denza e la dottrina italiane o a prospettare infinite questioni di legittimità co-
stituzionale, o a proporre un’improponibile “costituzionalizzazione” di tale
norma, che collide con la sua struttura e con la sua funzione, oltre che con la
sua storia, al solo – ma pur nobile – scopo di erodere la consolidata interpre-
tazione della categoria del danno non patrimoniale. Tali esperimenti, tuttavia,
rappresentano discutibili e contingenti palliativi, che non sono in grado di
prevedere e di dirigere la stessa evoluzione della giurisprudenza, difettando
una riflessione più complessiva che involga la struttura e la funzione dell’in-
tero sistema di responsabilità civile, sulla base di una revisione critica dei po-
stulati sui quali è stata edificata la concezione bipolare.
Il problema dell’esatta qualificazione giuridica del danno alla salute fu im-
322
plicitamente considerato come una questione ormai squisitamente dogmati-
ca e superata, sottolineandosi la necessità di risolvere i ben più significativi
problemi della sua valutazione e liquidazione. La soluzione “politica”, giam-
mai tecnicamente condivisa, che considerava il danno alla salute ora come pa-
trimoniale, ora come “non patrimoniale”, ne garantiva (come oggi ne garanti-
sce) pragmaticamente la piena risarcibilità. I miei tentativi di contestare viva-
cemente la natura patrimoniale o quella “non patrimoniale” del danno all’in-
323
tegrità psico-fisica potevano essere considerati come mere disquisizioni di
carattere accademico, senza alcun riscontro pratico con la realtà operativa del
case law, o come opinioni senz’altro pericolose che, se fraintese, avrebbero
potuto apportare ulteriori argomenti a favore dell’equazione: non patrimonia-

P. RESCIGNO, Nuove prospettive, cit., p. 202, afferma che la risarcibilità del danno alla salute richiede
un allargamento della nozione di patrimonio, inteso non necessariamente in termini materiali. Così
D. MESSINETTI, Recenti orientamenti sulla tutela della persona. La moltiplicazione dei diritti e dei
danni, in Riv. crit. dir. priv., 1992, pp. 201 e 199, rileva che «sembra miglior partito riconoscere aper-
tamente la natura patrimoniale del danno biologico» poiché, nel «grande business della società po-
stindustriale [...], l’essere in salute subisce un processo di patrimonializzazione».
321
Già Cass., 11 febbraio 1985, n. 1130, in La valutazione del danno alla salute. Profili giuridici,
medico-legali ed assicurativi, a cura di M. Bargagna, F.D. Busnelli, Padova, 1988, p. 344.
322
Da me stesso, ne La riparazione dei danni, cit., p. 13; ID., I danni alla persona, cit., p. 765 s.
323
In questi termini, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 775 ss; ID., La riparazione
dei danni, cit., p. 274 ss.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 163

lità = non risarcibilità. Il superamento della problematica del danno alla salute
e l’attuale emergere di ulteriori occasioni di danno rispetto alla tutela fisio-
psichica dell’individuo – questione oggi abilmente sintetizzata nella locuzione
«danno esistenziale» – richiedono una trattazione finalmente unitaria e siste-
matica della responsabilità civile e sembrano avvalorare la tesi di chi – anche
se con prevalente riferimento alla problematica del danno alla salute – propo-
neva di accantonare tale querelle, richiedendo di porre al centro del dibattito il
324
requisito dell’ingiustizia di cui all’art. 2043 c.c. , tanto evidente quanto igno-
rato dalla prevalente dottrina e giurisprudenza.

16. L’attuale disputa sulla integrale riparazione dei danni che ineriscono al-
la sfera esistenziale e che prescindono da una specifica lesione all’integrità psi-
co-fisica richiede, quindi, una rinnovata riflessione: da un lato, interrogandosi
sul significato dell’ingiustizia e ponendo in discussione il preteso carattere pa-
trimoniale del danno di cui all’art. 2043 c.c.; dall’altro, riesaminando l’attuale
interpretazione dell’art. 2059 c.c. sulla base della sua struttura e della sua fun-
zione originarie, che mal si prestano, non senza qualche forzatura, a ricom-
prendere l’intero universo dei danni alla persona; dall’altro ancora, interpre-
tando tali norme all’interno di un unitario modello di responsabilità civile e,
più in generale, conformemente al complessivo sistema del diritto vigente.
Danno non patrimoniale era, secondo la Corte costituzionale, un’espres-
sione adoperata dal nostro legislatore per indicare soltanto «l’ansia, l’angoscia,
le sofferenze fisiche o psichiche [...] effimere e non durature», l’ingiusto «per-
325
turbamento dello stato d’animo del soggetto offeso» . Tuttavia, tale interpre-
tazione doveva essere necessariamente precisata con ulteriori argomentazioni
rinvenibili nella struttura e nella funzione dell’art. 2059 c.c., da sempre appli-
cabile «solo nei casi determinati dalla legge». L’identificazione della categoria
dei danni non patrimoniali con il sistema tipizzato dal legislatore per gli illeciti
derivanti da reato permetteva di individuare la funzione di tale norma nelle
326
finalità satisfattorie e/o afflittive , consentendo di instaurare un corretto rap-
porto di genere a specie, di regola a eccezione, tra gli artt. 2043 e 2059 c.c.
324
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 273 ss.; ID., I danni alla persona, cit., p.
773 ss.
325
L’interpretazione restrittiva del danno non patrimoniale è seguita da Corte cost., 14 luglio
1986, n. 184, in Resp. civ. prev., 1986, p. 523, della quale sono le espressioni citate nel testo.
326
Non v’è accordo, in dottrina, sulle finalità deterrenti, preventive, satisfattorie e punitive
dell’art. 2059 c.c. Per un verso, v’è chi pone convincentemente in evidenza l’essenziale funzione di
pena privata (in particolare, G. BONILINI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 272 ss., e C. SALVI, Il
danno extracontrattuale, cit., p. 126 ss.). Per altro verso, v’è chi dubita che tale finalità possa essere
svolta dal diritto privato (R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p. 300 s.), affermando che la ripa-
razione del danno morale avrebbe una funzione solo satisfattiva. Sul punto, V. ZENO ZENCOVICH, La
responsabilità civile da reato. Lineamenti e prospettive di un sottosistema giurisprudenziale, Padova,
1989, passim.
164 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Un giustificato attacco all’ermeneutica imperante, ed alle sue evidenti con-


traddizioni, è pervenuto dal Tribunale di Roma il quale sollevò una questione
di legittimità costituzionale dell’art. 2059 c.c., per contrasto con gli artt. 2 e 3
Cost., nella parte in cui differenziava la condizione di chi perde il congiunto in
conseguenza di un illecito accertato (art. 185 c.p.) e di chi subisce tale evento
per effetto di un illecito presunto ex art. 2054 c.c. (o in base ad altra analoga
327
previsione) . In assenza della prova della commissione di un reato a carico
del responsabile sarebbe venuta meno la stessa esistenza del danno risarcibile
(quindi, l’an del medesimo), con il risultato di escludere ogni forma di ripara-
zione anche in presenza della violazione di diritti primari della persona costi-
tuzionalmente protetti. La Consulta, dichiarando, per un verso, non fondata,
per altro verso, inammissibile, tali questioni di legittimità costituzionale, ricor-
rerà all’escamotage di considerare risarcibile il danno non patrimoniale anche
nell’ipotesi in cui, configurando solo in astratto una fattispecie di reato, «la
328
colpa dell’autore del fatto risulti da una presunzione di legge» .
La tesi che sommessamente si prospetta in queste pagine, e che si appro-
fondirà nei prossimi due capitoli, muove dalla più ampia esigenza di voler ri-
spettare la scelta operata dal legislatore del 1942, che intese affrancarsi dal-
l’originaria integrale adozione del modello francese. Tuttavia, nel contempo,
intende fornire l’unica interpretazione dell’art. 2059 c.c. che possa essere con-
siderata costituzionalmente legittima, tentando di fare chiarezza in ordine alla
censurabile ermeneutica (degli artt. 2043 e 2059 c.c.) che fin qui è stata pro-
posta dai rappresentanti della tesi bipolare. I quali, da un lato, hanno elucu-
329
brato la categoria onnicomprensiva del danno non patrimoniale ; dall’altro,
confondendo la funzione di compensation (che è propria dell’art. 2043 c.c.)
con quella di “pena privata” (eccezionalmente espressa dall’art. 2059 c.c.),
hanno utilizzato l’art. 2059 c.c., sulla base di una surrettizia funzione di com-
pensation, per risarcire qualsiasi danno alla persona. Si cercherà di dimostrare
come tale ricostruzione, oltre a non essere sicuramente in linea con le esigenze
di giustizia, che pure il diritto si propone di realizzare, si riveli incompatibile
con l’attuale modello di responsabilità civile sotto i profili sistematico, esegeti-
co-strutturale e funzionale nonché, più in generale, con i valori costituzionali
che l’odierno ordinamento intende tutelare.
La constatata impossibilità di distinguere nuove e vecchie figure di danno
(morale, psichico, psicologico, da sofferenza esistenziale, riflesso, ecc.) in ma-
327
Trib. Roma, Sez. XIII, 20 maggio 2002, in Danno e resp., 2002, spec. p. 859.
328
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Danno e resp., 2003, p. 941, con note di G. PONZANELLI,
La Corte Costituzionale si allinea alla Corte di Cassazione, di A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il
sistema di responsabilità civile dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 233/03, e di O. TROIANO,
L’irresistibile ascesa del danno non patrimoniale.
329
Considera “arbitrario” ed “aprioristico” il tentativo di «raggruppare, per ragioni di completez-
za, in una sola categoria tutti quei danni, che non siano patrimoniali», R. SCOGNAMIGLIO, op. ult.
cit., p. 280.
L’ONTOLOGIA DEI “NUOVI DANNI” E LE FUNZIONI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE 165

niera netta e rigida, poiché tali eventi si presentano nella prassi in modo assai
più complesso di come la prospettiva semplificante del giurista auspicherebbe,
suggerisce di abbandonare definitivamente l’ermeneutica bipolare, che tenta di
individuare la disciplina di ogni singolo danno sulla base di una arbitraria ti-
pizzazione ontologica ispirata al dato imperscrutabile – e comunque non nor-
mativo – della patrimonialità o della non patrimonialità della lesione, per fon-
dare l’unitaria tutela risarcitoria su criteri di tipo strutturale e funzionale, che
graduino gli strumenti di riparazione (previsti dagli artt. 2043 o 2059 c.c.) in
considerazione delle finalità di compensation o afflittive che le norme in concre-
to si prefiggono di realizzare.
L’art. 2043 c.c. deve essere considerato, conformemente alla sua struttura e
alla sua funzione, come la norma primaria che l’ordinamento ha dettato per
“compensare” ogni danno ingiusto. La gravità e l’eventuale permanenza di tali
danni potrà rilevare soltanto ai fini della loro successiva valutazione e liquida-
zione, ma non nel senso di condizionarne l’esistenza e, dunque, la risarcibilità.
L’art. 2059 c.c., unitamente all’art. 185 c.p., è norma che, svuotata di ogni
malintesa funzione compensativa, anche per quanto riguarda l’equivoca cate-
goria dei danni morali soggettivi, deve tornare a svolgere la sua originaria fun-
zione punitiva, risultando applicabile per riparare, ma «solo nei casi determi-
nati dalla legge», quei danni che sono caratterizzati da una particolare antigiu-
ridicità, in quanto arrecati sulla base di un illecito che integra «in concreto
[…] una fattispecie criminosa in tutti i suoi elementi costitutivi, anche di ca-
330
rattere soggettivo» . «In tutti gli altri casi», deve aggiungere l’interprete, e
cioè in assenza di un fatto di reato, qualsiasi danno sarà comunque risarcibile
in quanto ingiusto, sulla base della generale funzione di compensation garanti-
ta dall’art. 2043 c.c.

330
Corte. cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940.
166 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO TERZO

IL DANNO INGIUSTO.
PER UN SISTEMA MONOCENTRICO
DELLA RESPONSABILITÀ DELITTUALE

SOMMARIO: 1. Il quadruplice malinteso nel quale incorre la teoria bipolare. A) Il profilo siste-
matico: critica della tesi che ravvisa negli artt. 2043 e 2059 c.c. due norme equi-ordinate che
disciplinano simmetricamente le categorie dei danni patrimoniali e non patrimoniali. La
funzione ordinante dell’ingiustizia di cui all’art. 2043 è testimoniata dal carattere comple-
mentare e/o speciale degli artt. 2044-2046, 2047-2054, 2055-2058 c.c. L’art. 2059 come re-
gola eccezionale che, attraverso l’art. 185 c.p., qualifica ipotesi di danno arrecate da fatti di
reato. L’art. 2043 quale norma primaria che disciplina tutti i danni ingiusti non riconducibi-
li all’art. 185 c.p. – 2. B) Il profilo esegetico strutturale e la teoria generale del danno. Criti-
ca della tesi che deduce dall’art. 1223 c.c. una nozione unitaria di danno patrimoniale nelle
responsabilità contrattuale e delittuale. L’argomento comparativo: l’art. 1149 Code Nap.
quale espressione del principio di riparazione integrale. L’argomento logico sistematico:
l’art. 2056 c.c. come norma dettata in tema di valutazione di un danno che, in quanto ingiu-
sto, è già esistente e risarcibile (anche in forma specifica). L’errore di inversione logica: la
nozione giuridica di danno non può essere desunta dalla natura del rimedio. L’ingiustizia
quale unico elemento di formalizzazione del “dover essere” del danno risarcibile. – 3. Segue.
Il significato metodologico assunto dalla tutela della persona nella elaborazione di una teo-
ria generale della responsabilità civile. L’irrilevanza del requisito della patrimonialità ai fini
dell’esistenza del danno risarcibile in denaro o in forma specifica. Il ruolo della eccessiva
onerosità nella scelta del modello più efficiente di riparazione. Il c.d. arbitrio della conven-
zione. – 4. Segue. La duplicazione tra danno ingiusto e danno patrimoniale. Il carattere poli-
senso di una concezione del danno in senso economico. Il significato del sintagma danno
ingiusto: il collegamento della norma primaria (art. 2043) con l’intero sistema delle fonti. –
5. Segue. Il riferimento dell’ingiustizia al danno e non al fatto: il ridimensionamento del ruo-
lo della colpa; lo spostamento di attenzione dall’agente alla vittima; l’oggettivazione del giu-
dizio di responsabilità. Dalla lesione dei diritti soggettivi assoluti alla violazione degli inte-
ressi giuridicamente rilevanti. L’ingiustizia tra danno non iure e contra ius: la complementa-
rità tra le due teorie. Il giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto. – 6. C) Il profi-
lo funzionale. La generale funzione di compensation avverso ogni danno ingiusto. Gli artt.
2059 c.c. e 185 c.p. come norme applicabili ai soli danni «da reato»: le funzioni deterrente e
afflittiva consentono di comminare punitive damages in relazione al grado di antigiuridicità
della condotta e alle condizioni economiche del responsabile. – 7. D) Il profilo della legitti-
mità costituzionale. La tesi bipolare proponeva un’ermeneutica dell’art. 2059 c.c. che era
incostituzionale, poiché condizionava la tutela dei «diritti inviolabili» della persona alla pre-
senza di un fatto di reato. Verso una lettura costituzionalmente legittima dell’art. 2059 c.c.,

7.
168 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

nel rispetto della struttura e della funzione. – 8. Segue. Il contributo metodologico offerto
da Corte cost. n. 184 del 1986. La risarcibilità di ogni danno ingiusto sull’unico fondamento
della «sussistenza dell’illecito». L’art. 2 Cost. come clausola aperta e la sua diretta efficacia
nei rapporti interprivati. – 9. La nuova fisionomia del sistema di responsabilità civile a se-
guito degli interventi della Cassazione e della Corte costituzionale nel 2003. La generalizzata
riparazione dei danni non patrimoniali di là dal limite derivante dall’art. 185 c.p., che viene
giudicato «inoperante» in presenza della lesione di interessi costituzionalmente rilevanti. Ri-
lievi critici. – 10. La fisionomia del sistema sotto l’aspetto della struttura: a) i danni “non pa-
trimoniali” arrecati da condotte che integrano solo in astratto una fattispecie di reato; b) gli
«ulteriori casi di risarcibilità del danno non patrimoniale estranei alla materia penale»; c) i
danni “non patrimoniali” che rappresentano la violazione di interessi costituzionalmente ri-
levanti; d) i danni provocati da condotte che integrano in concreto una fattispecie di reato.
Il ruolo assorbente dell’ingiustizia e degli altri «elementi costitutivi» previsti dall’art. 2043
c.c. – 11. La fisionomia del sistema sotto il profilo della funzione. I rischi di una «dolce
morte» del modello bipolare: la sua possibile sopravvivenza sotto l’aspetto della funzione
(afflittiva), in ordine ai danni arrecati da condotte che integrano in concreto una fattispecie
di reato «in tutti i suoi elementi costitutivi». – 12. Il falso problema del «danno-conseguen-
za»: la sua incidenza sul nesso di causa, non sulla configurazione “ontologica” delle voci di
danno. Il danno (anche non patrimoniale) come evento dannoso «ingiusto» in sé risarcibile,
quale lesione di un interesse giuridicamente rilevante. – 13. L’esigenza di adottare parametri
standard ma flessibili nella valutazione e nella liquidazione del danno alla salute e degli altri
danni non patrimoniali. I limiti della valutazione equitativa. Il sistema introdotto dal d.lgs.
n. 209 del 2005. – 14. Rilievi conclusivi. La morte (apparente) e la resurrezione di una «teoria
generale e monocentrica» della responsabilità civile. La necessità di una svolta metodologica
fondata sulla generale teoria del danno ingiusto, che individui i limiti strutturali e funzionali
dei singoli istituti (e dello stesso art. 2059 c.c.) «nel» sistema della responsabilità civile.

1
1. L’ermeneutica bipolare fonda la sua rappresentazione dogmatica su un
quadruplice malinteso: sistematico, esegetico strutturale (che involge altresì
profili significativi di teoria generale della responsabilità civile), funzionale e
di legittimità costituzionale. Tale costruzione viene considerata come un’entità
a priori, che si presume connaturata al nostro ordinamento, alla quale baste-
rebbe “strizzare l’occhio” con rapidi quanto fugaci riferimenti per confermar-
ne l’ineluttabile esistenza. L’esame di questi quattro aspetti confermerà, inve-
ce, l’esigenza di ricostruire un sistema «monocentrico» di responsabilità civile

1
Sembrano confermare la propria fiducia nel sistema bipolare, sia quegli studiosi che qualificano
il danno alla salute come patrimoniale (per talune perplessità, tuttavia, G. PONZANELLI, Sei ragioni,
cit., p. 693), sia quegli autori che propendono per l’opposta tesi della non patrimonialità (v., ad es.,
A. IANNARELLI, Il danno non patrimoniale: le fortune della “doppiezza”, in Il danno esistenziale. Una
nuova categoria della responsabilità civile, a cura di P. Cendon, P. Ziviz, cit., p. 730 ss.), sia coloro che,
in una prospettiva analoga, propongono di forzare estensivamente il testo dell’art. 2059 c.c., al fine di
tutelare i diritti costituzionalmente garantiti (in questi termini, E. NAVARRETTA, Diritti inviolabili,
cit., p. 320; EAD., Art. 2059 c.c. e valori costituzionali: dal limite del reato alla soglia della tolleranza, in
Danno e resp., 2002, p. 873, ove ribadisce che «il danno non patrimoniale è certamente risarcibile ex
art. 2059 c.c. e 2 Cost.»).
IL DANNO INGIUSTO 169

attorno all’art. 2043 c.c. e, soprattutto, al requisito dell’ingiustizia del danno,


chiarendo i controversi, e talvolta contraddittori, rapporti con l’art. 2059 c.c.
A) Sotto il profilo sistematico, la teoria bipolare è stata elaborata – da parte
di coloro che hanno studiato in modo precipuo il danno (non) patrimoniale,
mentre tale discorso non trova sempre un puntuale riscontro nei contributi
che si propongono di esporre in chiave tendenzialmente esaustiva gli elementi
2
strutturali e gli istituti della responsabilità civile – disconoscendo il ruolo
primario svolto dall’art. 2043 c.c. e presupponendo l’esistenza di due catego-
rie generali, simmetriche e contrapposte di danni, distinte dal carattere patri-
3
moniale o no degli stessi , che troverebbe fondamento in una pretesa posizio-
ne equi-ordinata assunta dagli artt. 2043 e 2059 c.c.
Tuttavia, non si è considerato che l’art. 2043 è la norma centrale che ordina
l’intero sistema della responsabilità delittuale, anche perché è l’unica regola che
individua in via generale gli elementi strutturali essenziali: quello soggettivo
(dolo o colpa); il nesso di causalità tra fatto ed evento; soprattutto, il dato og-
gettivo dell’ingiustizia che, come si cercherà di dimostrare, rappresenta il pre-
supposto per la risarcibilità di ogni tipo di danno (c.d. patrimoniale o non pa-
trimoniale) e per qualsiasi modello di riparazione (in denaro o in forma speci-
fica). In tal senso l’art. 2043 c.c. assume la medesima posizione sistematica che
è rivestita dall’art. 1382 code civ. all’interno dell’esperienza giuridica d’oltralpe.
Le regole che seguono l’art. 2043 c.c., dall’art. 2044 all’art. 2059, contem-
plano previsioni speciali, specificazioni o integrazioni, rispetto alla suddetta
norma primaria. Gli artt. 2044 e 2045, ad esempio, individuano situazioni par-
ticolari (legittima difesa e stato di necessità) che esonerano il danneggiante
dalla responsabilità prescritta, in via generale, dall’art. 2043. L’art. 2046 inte-
gra l’elemento soggettivo del dolo e della colpa (previsto dall’art. 2043), ri-
chiedendo la capacità d’intendere e di volere del danneggiante al momento
del compimento del fatto, sempre che lo stato d’incapacità non derivi da sua
colpa. Gli artt. 2047, 2048 e 2049 individuano regimi speciali di responsabilità

2
Un cauto atteggiamento viene assunto da chi, pur rilevando la «summa divisio rappresentata
dalla bipartizione tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale», sottolinea come «i termini di
questa diairesis sono tutti oggi posti in qualche modo in discussione», là dove «la bipartizione stessa
vale quindi, […] per il diritto vivente, come grande esemplificazione di categorie differenti, che han-
no perso, però, i loro contorni tradizionali» (P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 275).
Una strenua difesa del modello bipolare è, invece, proposta da G. PONZANELLI (cur.), Critica del
danno esistenziale, cit., p. 7 ss.
3
Tra i tanti, C. SALVI, voce Danno, in Dig. Disc. Priv., diretto da R. Sacco, IV ed., Sez. civ., V, To-
rino, 1989, p. 66. In questo equivoco sembra cadere anche P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 572, là
dove afferma che «sussiste con tutta evidenza il problema generale di coniugare il dettato generale
dell’art. 2043 c.c. con la tutela di interessi meramente economici», e che «Ciò è tanto più vero in
quanto l’art. 2043 si è sganciato da una mera tutela di diritti soggettivi assoluti». Invero, lo «sgancia-
mento» dell’ingiustizia di cui all’art. 2043 c.c. dalla violazione di diritti soggettivi assoluti sembra met-
tere in crisi – come dimostrato dalla stessa giurisprudenza della Cassazione (sul punto v. i cap. II e
IV) – proprio la teoria che limitava tale norma al danno c.d. patrimoniale.
170 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

4
– in deroga a quanto disposto dall’art. 2043 – per il sorvegliante dell’incapa-
ce, per i genitori, tutori, precettori e maestri d’arte, padroni e committenti,
che trovano il loro fondamento nella particolare situazione personale del dan-
neggiante e nella peculiare funzione svolta dai soggetti ai quali viene imputata
5
(in via presuntiva, secondo alcuni, o a titolo oggettivo, secondo altri) la re-
sponsabilità. Del pari gli artt. 2050, 2051, 2052, 2053 e 2054, troppo noti per
essere anche se brevemente illustrati, disciplinano ulteriori regimi di imputa-
zione, in deroga a quanto previsto dall’art. 2043 in tema di elemento soggetti-
vo, tant’è che la scienza giuridica ha ravvisato in tali fattispecie, a volta a volta,
«presunzioni di colpa» o modelli di responsabilità oggettiva o semi-oggettiva.
Anzi, proprio il rapporto di specialità che caratterizza i diversi modelli rispet-
to alla regola generale di responsabilità (art. 2043 c.c.) deve impedire di appli-
care indiscriminatamente il negligence standard di cui all’art. 2043 c.c. a nor-
mative che sono connotate in termini di strict liability. L’interpretazione giuri-
sprudenziale della «prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno»
(art. 2054, comma 1, c.c.), ad esempio, testimonierà – sulla scia dell’esperienza
francese – come il fondamento di tale regola debba essere individuato non
nell’art. 2050 c.c. o nell’ennesima presunzione di colpa (sia pure lievissima)
costruita sull’art. 2043 c.c., bensì nella disciplina della responsabilità per dan-
ni cagionati da cosa in custodia (art. 2051 c.c.), che opportunamente esonera il
danneggiante soltanto attraverso la dimostrazione del caso fortuito.
Gli artt. 2055, 2056, 2057 e 2058, infine, contengono importanti disposizioni
che trovano comunque fondamento nel regime generale statuito dall’art. 2043,
anche se alcune di queste norme – pur fondamentali per lo sviluppo del sistema
di responsabilità civile – hanno subito una crudele quanto ingiusta sorte, essendo
6
state fino ad oggi sottovalutate (art. 2058 c.c.) dagli interpreti , inspiegabilmente
7
disapplicate o addirittura considerate tacitamente abrogate (art. 2057 c.c.) . Co-
me successivamente si preciserà, l’art. 2056 è norma sussidiaria rispetto all’art.
2043 c.c., in quanto concerne il regime di valutazione di danni già qualificati
risarcibili ai sensi dell’art. 2043 c.c. Lo stesso sistema della riparazione in forma
specifica (art. 2058), nel prescindere dal requisito della patrimonialità, risulta
interamente costruito sul criterio ordinante dell’ingiustizia di cui all’art. 2043 c.c.
In questo quadro, l’art. 2059 c.c. – se si prescinde dalle disinvolte interpre-
tazioni che sono state elaborate, nel 2003 e nel 2008 dalla Cassazione e dalla

4
È pacifico, infatti, che la condotta «debba integrare gli estremi di un fatto illecito ex art. 2043
c.c.» (cfr. P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 948, ivi gli ulteriori riferimenti bibliografici).
5
Cfr., ad es., S. RODOTÀ, Il problema, cit., pp. 156, 160 ss.
6
Sul «nutrito filone giurisprudenziale che […] tende a restringere di molto l’ambito effettivo di
operatività del risarcimento in forma specifica nel sistema», cfr. M.R. MARELLA, La riparazione del
danno in forma specifica, Padova, 2000, p. 64 ss. e passim.
7
Considera l’art. 2057 c.c. tacitamente abrogato per desuetudine, M. POGLIANI, Responsabilità e
risarcimento da illecito civile, Milano, 1964, p. 366. Per una critica di tale interpretazione, A. PROCI-
DA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 306 s.
IL DANNO INGIUSTO 171

stessa Consulta – rappresenta un’ulteriore regola speciale, che anzi si colora di


eccezionalità (ai sensi dell’art. 14 disp. prel. c.c.), nella misura in cui, attraver-
so la mediazione dell’art. 185 c.p., rinvia alle singole norme del diritto penale
che integrano le fattispecie di reato, disciplinando ipotesi improntate a una ri-
gorosa tipicità. In questi casi, per un verso, rimangono operanti alcuni elemen-
8
ti strutturali pur sempre previsti dall’art. 2043 , rispetto all’enunciato eviden-
9
temente ellittico e negativo di cui all’art. 2059 c.c. Per altro verso, la eccezio-
nale (in relazione alla generale finalità di compensation di cui all’art. 2043 c.c.)
10
funzione privatamente afflittiva di cui all’art. 2059 c.c. può trovare applica-
zione «solo nei casi determinati dalla legge», ovvero in presenza di condotte
che integrino una figura di reato. La previsione rigorosamente tipizzata conte-
nuta nell’art. 2059 c.c. («solo nei casi determinati dalla legge») dovrebbe im-
pedire che tale norma possa essere estesa, per difetto di comprensione e di
estensione, a tutti quei danni (anche corrispondenti a violazioni di diritti costi-
tuzionalmente protetti) che vengono arrecati in assenza di una condotta pe-
nalmente rilevante e che, invece, devono essere risarciti, in quanto ingiusti, sul-
la base della generale funzione di compensation di cui all’art. 2043 c.c.
L’ermeneutica bipolare inizia così a rivelarsi destituita di un preciso fon-
damento sistematico, sol che si inizi a studiare la disciplina del danno non pa-
trimoniale – non atomisticamente, come finora s’è fatto, ma – all’interno del
vigente modello di responsabilità civile. Questa tesi, come s’è detto, presup-
pone una relazione tra norme equi-ordinate, in riferimento agli artt. 2043 e
2059 c.c. Rappresentazione, questa, che non esiste e che non è mai esistita nel
nostro ordinamento, se non nella mente di quegli autori che recepirono
l’orientamento contrario alla risarcibilità del danno morale, espresso, già sotto
11
il vigore del codice civile del 1865 , sulla base delle sollecitazioni che prove-
nivano, fin dagli ultimi anni del XIX secolo, dall’esperienza germanica tardo-
pandettistica. Tali opinioni – all’epoca veementemente contestate dalla dottri-
12
na allora prevalente – sono state, poi, tramandate attraverso gli scritti di co-
8
Infatti, secondo R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p. 304, «occorre pur sempre il verifi-
carsi del danno nel senso del diritto civile».
9
Sul punto, sempre attuali sono le lucide osservazioni di R. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p. 280.
Contesta, altresì, il «taglio nominale al negativo» dell’espressione «danno non patrimoniale», affer-
mando che «Comunque lo si intenda, è un piano lessicale che spinge a fare i conti con l’opposto che
non c’è», P. CENDON, Non di sola salute, cit., p. 20 s.
10
Per una ricostruzione dell’art. 2059 c.c. in termini di pena privata, cfr., per tutti, G. BONILINI,
Il danno non patrimoniale, cit., p. 297 ss. e passim, il quale sottolinea che «la soluzione privatamente
afflittiva qui (ri)proposta, dunque, sembra imporsi quale frutto di un esame che è passato attraverso
una serie di punti obbligati che ne hanno mostrato […] la congruenza non solo logica, ma altresì storica
e strettamente giuridica» (p. 300). Sulle finalità satisfattorie, R. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p. 300 s.
11
Ad es., C.F. GABBA, Contro la dottrina, cit., p. 225 ss.; G.P. CHIRONI, Colpa extracontrattuale,
cit., p. 320 ss.; C. MANDRIOLI, Il risarcimento, cit., p. 359 ss.; ID., Il danno non patrimoniale, cit., p.
695; G. PACCHIONI, Della irrisarcibilità, cit., p. 178 ss.
12
Tra gli autori favorevoli alla risarcibilità dei danni morali non possono essere dimenticati: A.
MINOZZI, Studio sul danno non patrimoniale (danno morale), Milano, 1909, II ed., p. 1 ss. e passim; B.
172 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

loro che ne hanno seguito le gesta, senza troppo interrogarsi sulla struttura e
sulla funzione dell’odierno sistema di responsabilità civile. Fenomeno, questo,
molto diffuso nella tradizione della civilistica italiana, la quale, piuttosto che
13
esaminare scientificamente il fondamento normativo di talune categorie , pre-
ferisce argomentare la loro pretesa esistenza con il semplice riferimento ad al-
14
tri dogmi, i quali rinviano ad altri, sempre più generali e astratti . Come sotto-
linea Antonio Gambaro, i giuristi nostrani diventano i campioni dell’Inver-
sionsmethode. Proclamano che i concetti da loro elaborati sono null’altro che
la sintesi di disposizioni giuridiche e che esse sono «solo il precetto provenien-
te dallo Stato, salvo poi incorrere invariabilmente nel “peccato contro lo spiri-
to santo”, e dedurre le regole dal sistema di concetti da essi creato anziché dal-
15
le norme positive» .
Il rispetto della configurazione sistematica del nostro modello di tort liabi-
lity suggerisce di abbandonare una visione bipolare fondata sulla pretesa con-
trapposizione tra gli artt. 2043 e 2059 c.c. (in virtù del carattere patrimoniale o
non patrimoniale del bene, dell’interesse, della situazione soggettiva o delle
16
conseguenze della lesione) , per trascorrere ad una prospettiva «monocentri-
ca», fondata sul criterio ordinante dell’ingiustizia, che individui nell’art. 2043
17
c.c. l’unica norma primaria , il solo centro attorno al quale ruota l’universo
della responsabilità civile. Come si è da tempo rilevato, pur nel silenzio della
dottrina, la figura qualificata dall’art. 2043 «non è contrapposta a quella
dell’art. 2059 né considerata sinonimo di “danno patrimoniale”; è […] nozio-
ne generale, rispetto alla quale possono darsi diverse qualificazioni; quindi di-

BRUGI, Risarcimento del danno morale, in Riv. dir. comm., 1921, II, p. 448 ss.; F. CARNELUTTI, Dan-
no e reato, Padova, 1930, p. 40 ss.; P. CALAMANDREI, Il risarcimento dei danni non patrimoniali nella
nuova legislazione penale, in Riv. it. dir. pen., 1931, p. 131 ss.; L. COVIELLO, L’articolo 185 del codice
penale e la risarcibilità dei danni morali in materia civile, in Riv. dir. civ., 1932, p. 312 ss.; A. MONTEL,
Sulla risarcibilità dei danni morali, in Foro it., 1932, I, c. 1622 ss.; F. ROVELLI, La risarcibilità dei dan-
ni non patrimoniali, in Riv. dir. priv., 1933, II, p. 266 ss.; ID., L’art. 185 c.p. e la risarcibilità dei danni
non patrimoniali, ivi, 1935, II, p. 33 ss.; A. ASCOLI, Sulla risarcibilità dei danni morali, ivi, 1935, II, p.
18 ss.; T. BRASIELLO, I limiti della responsabilità nel nuovo sistema legislativo italiano, Napoli, 1942,
p. 343 ss.
13
Emblematica, in proposito, la vicenda del negozio giuridico: cfr. il dibattito pubblicato in C.
SALVI (a cura di), Categorie giuridiche e rapporti sociali. Il problema del negozio giuridico, Milano,
1978. Per una difesa di tale figura, G.B. FERRI, Il negozio giuridico tra libertà e norma, Rimini, 1989,
p. 52 ss.
14
Sul punto, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La civilistica italiana e il metodo comparativo, in
Riv. crit. dir. priv., 1999, p. 374 ss.
15
A. GAMBARO, in A. GAMBARO, R. SACCO, Sistemi Giuridici Comparati, in Tratt. di Dir. comp.
diretto da R. Sacco, Torino, 1996, p. 380.
16
Sulle diverse tesi v., infra, in questo cap., nota 21.
17
La stessa giurisprudenza delle Sezioni Unite è giunta a questa affermazione, che assume un par-
ticolare significato metodologico: cfr. Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p.
2270, là dove afferma che l’art. 2043 c.c. «non è norma (secondaria) volta a sanzionare una condotta
vietata da altre norme (primarie), bensì norma (primaria) volta ad apprestare una riparazione del
danno ingiustamente sofferto da un soggetto per effetto dell’attività altrui».
IL DANNO INGIUSTO 173

verse nozioni particolari di danno, tutte definite in positivo, in relazione alle


18
caratteristiche del bene leso» . L’espressione «danno non patrimoniale», in-
vece, esprime un concetto negativo e tipizzante, sicuramente non generalizza-
bile, che deve essere dimensionato ai soli danni “da reato” e che non impedi-
sce di individuare una pluralità di fattispecie definite in riferimento all’interes-
19
se giuridico leso, direttamente inquadrabili nell’ambito dell’art. 2043 c.c. .
A più di settant’anni dall’entrata in vigore del codice civile anche la dottri-
na e la giurisprudenza italiane devono prendere coscienza della rivoluzione
copernicana realizzata dal legislatore del 1942. L’art. 2043 costituisce l’unica
norma-cardine che ordina il nostro sistema di responsabilità civile, intorno alla
quale orbitano tutti i diversi modelli e lo stesso art. 2059, che è informato ad
una evidente tipicità, sul fondamento di una palese funzione punitiva. Soltan-
to sulla base di questa realtà sistematica è possibile ricostruire i rapporti esi-
stenti tra le due norme e, di conseguenza, l’effettiva portata applicativa e l’og-
gettivo significato giuridico che la disciplina del danno “da reato” assume
nell’odierno diritto civile.

2. La ricostruzione proposta dalla teoria bipolare, inoltre, si fonda su:


B) una dubbia ermeneutica dell’art. 2043 che, da un lato, contraddice la
struttura e lo stesso enunciato della norma, dall’altro, si rivela incompatibile
con una generale teoria del danno che comprenda unitariamente i vari modelli
risarcitori (in denaro e in forma specifica) previsti dal vigente ordinamento. La
tesi contestata trova fondamento in una discutibile interpretazione a contrario,
che rappresenta il corollario, a sua volta, della pretesa posizione simmetrica
assunta dagli artt. 2043 e 2059 c.c. nel sistema della responsabilità civile. Poiché
l’art. 2059 contemplerebbe espressamente il danno non patrimoniale, l’art.
2043 non potrebbe non disciplinare che il solo danno patrimoniale. Ma tale
elementare sillogismo non sembra trovare fondamento nel nostro ordinamen-
to, pur avendo spinto intere generazioni di giuristi a trascurare, se non a obli-
terare, la struttura e la funzione delle norme che si prefiggevano di interpretare.
La contestata tesi ha trovato ulteriore applicazione negli scritti di quegli au-
20
tori che, sulla base dell’identificazione tra il danno e la lesione , hanno affer-
18
Così M. LIBERTINI, Le nuove frontiere, cit., p. 97. Anche M. FRANZONI, La liquidazione, cit.,
pp. 113 e 120, pur ribadendo la natura patrimoniale del danno alla salute (p. 113), rileva che «ricon-
durre l’area del danno risarcibile secondo l’art. 2043 c.c. al profilo dell’ingiustizia» significa «descri-
vere un concetto di danno per il quale la patrimonialità non è necessaria» (p. 120).
19
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 275. Anche P. CENDON, Non
di sola salute, cit., p. 20 s., precisa che «nell’art. 2059 (cornice al negativo) non vengono invece fornite in-
dicazioni apprezzabili né rispetto al profilo dell’an (incontriamo una formula di semplice rinvio, vaga
come più non si potrebbe) né in ordine al quantum respondeatur (qui il silenzio è addirittura assoluto)».
20
Lo fa rilevare, lucidamente, G. PONZANELLI, La Corte costituzionale, cit., c. 3303 s., in nota 15;
conf. A. BATÀ, La vicenda del danno biologico, in Corriere giur., 1995, p. 472, nel criticare la tesi di C.
CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile. Regola e metafora, Milano, 1991, pp. 93 ss., 135 ss.
174 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

mato la non patrimonialità di tutti i danni alla persona (compreso quello c.d.
biologico), sul fondamento della “natura” dell’interesse connesso al bene leso,
non considerando il principio espresso dall’art. 1174 c.c., là dove sgancia l’in-
teresse giuridicamente protetto (che può essere anche non patrimoniale) dalla
21
patrimonialità della prestazione . Secondo gli stessi studiosi che seguono
l’ermeneutica bipolare – sia pure in una diversa prospettiva –, la patrimoniali-
tà del danno non potrebbe essere «una qualità desumibile a priori dall’interes-
se leso», bensì dipenderebbe «dalle conseguenze dell’evento lesivo sui beni del
22
danneggiato» . Dalla lesione di un interesse patrimoniale (ad es. la distruzio-
ne di un caro ricordo di famiglia) potrebbero derivare «conseguenze patrimo-
niali e non patrimoniali entrambe negative per la vittima», mentre dalla «le-
sione di un interesse non patrimoniale (ad es. ferimento alla mano di un piani-
sta) possono discendere conseguenze in termini di danno alla salute (in re ipsa
nella lesione), di danno morale e di danno patrimoniale da diminuita attività
23
economica del soggetto leso» .
In senso opposto, la teoria bipolare è stata oggetto di una diversa rappre-
sentazione da parte di coloro che, pur continuando a considerare non patri-
moniali tutti i danni alla personalità umana, lesivi di interessi costituzional-
mente rilevanti (e riparabili ai sensi dell’art. 2059 c.c.), con un’evidente inver-
sione di metodo hanno arguito la risarcibilità del solo danno biologico – in ra-
24
gione della sua «materialità» , che lo distinguerebbe dai cc.dd. danni morali
soggettivi – dalla patrimonialità del rimedio, cioè dalla sua commensurabilità
25
in denaro secondo parametri oggettivi . Secondo un’abusata tautologia, il
danno sarebbe risarcibile in quanto patrimoniale, cioè suscettibile di valuta-
zione economica, e, viceversa, valutabile economicamente in quanto risarcibi-
le. Un ulteriore tentativo di salvare il rigore scientifico di questa concezione

21
Definisce in via residuale il danno non patrimoniale come quel pregiudizio che, «conforme-
mente alla sua negativa espressione letterale», non rientra nel danno patrimoniale, avendo per ogget-
to un interesse non patrimoniale inerente a un bene non patrimoniale, A. DE CUPIS, Il danno. Teoria
generale della responsabilità civile, I, Milano, 1966, p. 51. In senso sostanzialmente analogo, afferma
che il danno è patrimoniale quando patrimoniale è la situazione soggettiva vulnerata dalla lesione, C.
CASTRONOVO, op. ult. cit. La necessità di collegare la nozione di patrimonialità del danno a quella di
patrimonialità della prestazione (art. 1174 c.c.) è stata avvertita dalla maggior parte degli autori che si
sono occupati del problema in forma monografica: cfr. M. PARADISO, Il danno alla persona, Milano,
1981, pp. 81-105; F. MASTROPAOLO, Il risarcimento, cit., p. 311 ss.; M. FRANZONI, op. ult. cit., p.
123. Tuttavia per C. CASTRONOVO, «Danno biologico», cit., p. 35, il «faticoso richiamo all’art. 1174
per illuminare i problemi relativi alla patrimonialità del danno appare del tutto inconferente, come
non necessaria la dimostrazione che patrimonialità della prestazione non significa patrimonialità
dell’interesse».
22
P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 278.
23
Le espressioni tra virgolette sono di P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 278.
24
Lo rileva, opportunamente, A. IANNARELLI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 758.
25
Opinione condivisa, tra i tanti, da P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 279, là dove afferma che «Si
parla, perciò, di patrimonialità del danno quando le conseguenze pregiudizievoli della lesione siano
valutabili economicamente in base ad un criterio sociale tipico».
IL DANNO INGIUSTO 175

proviene da chi, sulla base dell’enunciazione del dogma secondo il quale «il
concetto di danno patrimoniale appare […] intimamente connesso, e in un
certo senso coincidente, con quello di danno patrimoniale risarcibile», propo-
ne una più ampia definizione che comprenda, oltre all’astratta e contestata
«lesione del patrimonio», anche quella «dei diritti della persona», purché «ido-
26
nea a costituire un obbligo giuridico di risarcimento» . Ma proprio il colle-
gamento tra l’«obbligo giuridico di risarcimento» e il preteso carattere patri-
moniale del danno rende del tutto illusoria tale declamazione, inducendo a
escludere dalla categoria del danno risarcibile tutti quei «diritti della persona»
costituzionalmente rilevanti (e, cioè, la quasi totalità) che siano considerati
sforniti del requisito della patrimonialità.
Entrambe le contrapposte tesi – che costituiscono due diverse versioni del-
la medesima teoria bipolare – presuppongono, in maniera apodittica, il carat-
tere patrimoniale del danno di cui all’art. 2043 c.c. Questo viene desunto, in
assenza di qualsiasi indicazione normativa, dall’art. 1223 c.c. (in quanto ri-
chiamato dall’art. 2056 c.c.), il quale individuerebbe l’oggetto del risarcimento
– e, pertanto, il contenuto del danno – nella «perdita subita dal creditore» (in-
tesa, anch’essa, in termini squisitamente economici) come nel «mancato gua-
dagno». Sulla base di questa inversa prospettiva di metodo, che tende a risol-
vere il problema del danno risarcibile (il c.d. an respondeatur) con regole det-
tate in tema di valutazione e di liquidazione (il c.d. quantum), si è tentato di
ricostruire una teoria generale del danno, separatamente dall’illecito, valida
per la responsabilità sia contrattuale sia delittuale, collegando il dato della ri-
sarcibilità non all’evento dannoso prodotto dall’inadempimento (art. 1218 ss.
c.c.) o qualificato in termini di ingiustizia (art. 2043), bensì al preteso carattere
patrimoniale della lesione o delle sue conseguenze. Ma poi, in palese contrasto
con quanto proposto, «si dà per presupposto che il danno sia risarcibile» al-
lorché «siano soddisfatti i requisiti previsti negli artt. 1218 ss. c.c., con riferi-
mento alla responsabilità contrattuale, e negli artt. 2043 ss. c.c., per quanto
27
concerne la responsabilità extracontrattuale» . Ciò significa ammettere che il
problema della risarcibilità trova una soluzione sicuramente positiva nella pro-
duzione di un evento dannoso che è ingiusto (art. 2043 c.c.) o che è causal-
mente collegato all’inadempimento o al ritardo (art. 1223), senza che alcun ri-
lievo assuma, in proposito, il dato della patrimonialità. Tuttavia, anche a voler
ammettere una automatica trasposizione del carattere patrimoniale della pre-

26
S. PATTI, voce Danno patrimoniale, in Dig. Disc. Priv., IV ed., Sez. civ., V, Torino, 1989, p. 93.
Una serrata critica di tali argomentazioni è in C. CASTRONOVO, op. ult. cit., pp. 24 e 29. Al contrario,
C. SALVI, Il danno extracontrattuale, cit., pp. 41 e 44, dopo aver sottolineato che «è sulla base del ri-
sarcimento per equivalente [...] che va ricostruito, strutturalmente e funzionalmente, il modello di
danno proprio del sistema del codice» (p. 41), afferma che «danno in senso giuridico è quel tipo di
perdita, per il quale tale equivalenza sia possibile; e quindi il danno che possa essere misurato in de-
naro secondo parametri oggettivi».
27
S. PATTI, op. cit., pp. 92 e 97.
176 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

stazione di cui all’art. 1174 c.c. in tema di responsabilità contrattuale (che pe-
rò sembra da escludere, in virtù della mancata necessaria corrispondenza tra
prestazione e interesse), v’è da rilevare che in materia di illecito delittuale di-
fetta qualsiasi analogo riferimento alla suscettibilità «di valutazione economica»
del bene leso o delle conseguenze, individuando la norma l’elemento di for-
malizzazione giuridica del danno risarcibile nel solo requisito dell’ingiustizia.
La contestata ricostruzione, in evidente contrasto con quanto prescritto dal-
l’art. 2043 c.c., è costretta ad asserire che «il requisito dell’ingiustizia è estra-
neo alla teoria generale del danno, dovendo esso considerarsi un presupposto
per il sorgere della responsabilità extracontrattuale, e quindi un prius rispetto
28
alla problematica in esame» . Affermazione, questa, che, nel confermare –
nella sua enigmatica valenza anfibologica – che il dato giuridico della risarcibi-
lità è assolto dal «requisito dell’ingiustizia», quale «presupposto per il sorgere
della responsabilità», solleva inquietanti interrogativi in ordine alla decantata
estraneità tra ingiustizia e danno: non si comprende, infatti, a quale dato que-
sta sarebbe altrimenti riferibile! (forse alla condotta). Ma se si ammette che, in
presenza dell’ingiustizia, sorga senz’altro una responsabilità delittuale, è fuor
di dubbio che il danno il quale sia la conseguenza «immediata e diretta» (art.
1223 c.c.) della condotta qualificata ai sensi degli artt. 2043 ss. c.c. rappresenti
comunque un evento risarcibile, a prescindere dal dato, eventuale, della pa-
trimonialità.
Avverso la corrente interpretazione bipolare v’è altresì da precisare, sulla
base di un argomento comparativo, che l’art. 1223 c.c. rappresenta la trasposi-
zione quasi letterale dell’art. 1149 del codice d’oltralpe («Les dommages et in-
térêts dus au créancier sont, en général, de la perte qu’il a faite et du gain dont
il a été privé»), ma non risulta che la dottrina e la giurisprudenza francesi – nel
corso dei due secoli di vigenza di tale regola – abbiano mai sostenuto la risar-
cibilità (ex art. 1382) del solo danno patrimoniale, sulla base del collegamento
sistematico tra queste due norme. Anzi, la scienza giuridica d’oltralpe ha af-
fermato la regola esattamente opposta, ravvisando nell’art. 1149 la consacra-
zione del principio della riparazione integrale di tutti i danni, soprattutto di
29
quelli alla persona . Tant’è che «revocare in dubbio, anche se soltanto in par-
28
S. PATTI, op. loc. ult. cit. Tra i primi a richiedere la patrimonialità del danno sulla base dell’art.
1223 c.c., anche se con riferimento esclusivo alla responsabilità contrattuale, A. DALMARTELLO,
Danni morali contrattuali, in Riv. dir. civ., 1933, p. 53 ss. Tale tesi è stata poi automaticamente traspo-
sta in tema di responsabilità delittuale dalla dottrina del tutto prevalente, e ciò rende inutile qualsiasi
ulteriore citazione.
29
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., pp. 119 ss., 137 ss., 199 ss. In questa sede,
basti ricordare il pensiero di G. RIPERT, La règle morale dans les obligations civiles, Paris, III éd.,
1935, p. 255 ss.; L. RIPERT, La réparation du préjudice dans la responsabilité délictuelle, Paris, 1933,
pp. 12 ss., 62 ss., 88 ss.; N. DEJEAN DE LA BATIE, Appréciation in abstracto et appréciation in concreto
en droit civil français, Paris, 1965, p. 266 ss.; G. VINEY, Le déclin de la responsabilité individuelle, Pa-
ris, 1965, p. 194 ss.; M.È. ROUJOU DE BOUBÉE, Essai sur la notion de réparation, Paris, 1974, pp. 69
ss., 354 ss.; Y. CHARTIER, La réparation du préjudice dans la responsabilité civile, Paris, 1983, p. 150
IL DANNO INGIUSTO 177

te, la risarcibilità dei danni morali» significherebbe «rimettere in discussione


30
lo stesso principio di riparazione integrale» .
Inoltre v’è da rilevare che l’art. 2056 c.c. è norma espressamente dettata in
tema di «valutazione dei danni» (così come testualmente recita la stessa rubri-
ca di tale articolo): gli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c. vengono richiamati ai soli
fini della «determinazione» del «risarcimento dovuto al danneggiato». Lo
stesso comma 2 dell’art. 2056 c.c. rinvia all’«equo apprezzamento delle circo-
stanze del caso» per la valutazione dell’eventuale lucro cessante. Ciò significa
che l’art. 2056 ha comunque ad oggetto un posterius che è logico, cronologico
e giuridico – cioè i criteri di valutazione – rispetto a un danno che evidente-
mente già esiste e che, in quanto ingiusto, è già risarcibile, semmai in forma
specifica (art. 2058 c.c.). Ancora una volta è lo stesso legislatore che ha anco-
rato eventuali distorsioni ermeneutiche a precisi dati normativi: l’art. 2043, at-
traverso il generale requisito dell’ingiustizia, è norma di formalizzazione del
“dover essere” del danno risarcibile. L’art. 2056, invece, è regola dettata ai soli
fini della successiva valutazione in danaro (c.d. per equivalente) di un danno
che è già risarcibile, in quanto ingiusto.
Infine – ma il discorso è strettamente collegato al precedente – v’è da ri-
cordare, come invano sottolineato da Renato Scognamiglio quasi sessant’anni
fa, che il danno emergente e il lucro cessante riflettono «soltanto e, senza
dubbio, le ripercussioni patrimoniali del danno, le sue conseguenze» e, dun-
que, non possono «rappresentare un limite alla raffigurazione del danno stes-
31
so» . La teoria bipolare cade «in un grave errore di inversione logica, quando
vuole desumere in modo definitivo, e che si ritiene tranquillante, la nozione
32
del danno dalla natura del rimedio che contro di esso la legge appresta» . Né
vale obiettare che il rimedio «è proprio l’effetto giuridico del danno», poiché
«sarebbe a sua volta un grave errore di metodo estendere la nozione del dan-
33
no al di là dei confini della sua rilevanza per il diritto» . Qui si tratta non di
attribuire valore giuridico al danno al di fuori del risarcimento o di qualsiasi
altra forma di riparazione, ma di precisare «quale sia la portata del danno (in-
giusto) risarcibile (sempre per l’art. 2043 c.c.) e di combattere così la corrente
tendenza a ricavare la definizione di tale danno soltanto, e senz’altro, secondo
gli argomenti che dalla natura del rimedio – il risarcimento nei modi di legge –
34
vengono offerti» .

ss.; G. VINEY, B. MARKESINIS, La réparation, cit., p. 45 s.; M. LE ROY, L’évaluation du préjudice cor-
porel, Paris, 1980, p. 9 ss.
30
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 199, sulla scia di Y. CHARTIER, La répara-
tion, cit., p. 162.
31
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p. 289.
32
Ancora, l’insegnamento di R. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p. 290.
33
R. SCOGNAMIGLIO, op. loc. ult. cit.
34
R. SCOGNAMIGLIO, op. loc. ult. cit.
178 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

L’identificazione della (area della) risarcibilità con la (sfera della) patrimo-


35
nialità, vero stereotipo della nostra dottrina, oltre ad essere tautologica, fi-
36
nisce altresì con l’essere – nonostante le diverse intenzioni degli autori –
espressione della più angusta concezione “economicistica” del diritto civile.

3. Il danno inteso in senso giuridico è nozione che il nostro legislatore, at-


traverso il requisito dell’ingiustizia, volle affrancare dall’alternativa «patrimo-
37
niale/non patrimoniale» . Ciò emerge con chiarezza dalla stessa Relazione al
Re, n. 267, ove si afferma: «Perché il fatto doloso e colposo sia fonte di re-
sponsabilità occorre che esso produca un danno ingiusto. Si precisa così, con-
ferendo maggiore chiarezza alla norma dell’articolo 1151 c.c. del 1865, che la
culpa e la iniuria sono concetti distinti; e quindi si esige che il fatto o l’omis-
sione, per essere fonte di responsabilità, debba essere doloso o colposo […] e
38
debba inoltre essere compiuto mediante la lesione dell’altrui sfera giuridica» .
La tutela delittuale delle situazioni costituzionalmente protette offre all’in-
terprete un angolo visuale del tutto privilegiato, che assume un significato me-
todologico essenziale, là dove consente di verificare la parzialità e l’inconsi-
stenza di quei postulati che sono stati elaborati sul fondamento di una conce-
zione ristretta e unilaterale del solo danno patrimoniale, e che si rivelano del
tutto inadeguati a fondare una teoria della responsabilità civile che sia effetti-
vamente generale e onnicomprensiva, capace di contemplare ogni figura di
danno (anche alla personalità umana) e ogni modello risarcitorio (in denaro e
in forma specifica), a prescindere da ulteriori posticce aggettivazioni.
A risultati analoghi – almeno su questo punto – pervenne chi, avendo avu-

35
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I danni alla persona, cit., p. 773. Sul ruolo degli stereotipi
nell’analisi giuridica, D. MESSINETTI, voce Danno giuridico, in Enc. dir., App. di agg., vol. XXX, Mi-
lano, 1997, p. 469 ss.; M.R. MARELLA, G. MARINI, La costruzione sociale del danno ovvero l’importan-
za degli stereotipi nell’analisi giuridica, in Riv. crit. dir. priv., 1999, p. 3 ss.
36
Scrive, infatti, che l’ampliamento della categoria della patrimonialità, «anche se può apparire
una contraddizione in termini, si inserisce nella progressiva tendenza alla depatrimonializzazione del
diritto privato», A. BATÀ, op. cit., p. 472, che richiama, ma in maniera che non pare pertinente, C.
DONISI, Verso la «depatrimonializzazione» del diritto privato, in Rass. dir. civ., 1980, p. 644 ss.
37
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 773 ss.; ID., La riparazione dei danni, cit., p.
274 s.; e poi G. MARINI, Una nuova lettura dottrinale del danno alla persona, in Danno e resp., 1999,
p. 590 ss. Per alcuni interessanti spunti v., già, M. LIBERTINI, Le nuove frontiere, cit., p. 104. Anche
M. FRANZONI, La liquidazione, cit., p. 119, ammette che «Se si afferma [...] che ogni danno ingiusto
va risarcito, in quanto rientra nell’art. 2043 c.c., si negano le premesse del ragionamento che vedono
una necessità sistematica nella distinzione tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale». Critica,
invece, «l’operazione con cui si mira al superamento della distinzione tra danno patrimoniale e non
patrimoniale [...] in base all’assunzione del principio dell’ingiustizia a criterio selettivo di ogni pro-
blema che possa insorgere nel campo della responsabilità civile», D. MESSINETTI, Recenti orienta-
menti, cit., p. 195.
38
Il passo è riportato da G. VISINTINI, La responsabilità civile nei grandi orientamenti della giuri-
sprudenza, in Riv. crit. dir. priv., 1998, p. 832 s.
IL DANNO INGIUSTO 179

to modo di studiare tali problematiche con mente scevra dai dogmi già allora
imperanti, suggerì una opportuna «revisione critica della Differenztheorie […],
39
anche, e soprattutto, riguardo alla sfera del danno ai beni della personalità» .
Nel silenzio della dottrina, a tali esiti sta pervenendo oggi una parte significa-
40
tiva della giurisprudenza di merito e di legittimità , la quale testimonia – con
le sue argomentazioni divergenti – il disagio di dover continuare ad applicare
le norme vigenti sulla base di un’ermeneutica che si rivela sempre più insoddi-
sfacente, la quale non si presta a tutelare senza inammissibili forzature (em-
blematico, in proposito, il tentativo, anteriore al 2003, di risarcire il danno
psichico, ai sensi dell’art. 2043 c.c., in quanto danno “patrimoniale”) interessi
– anche di rango costituzionale – non riconducibili all’originaria logica eco-
nomica.
V’è da rilevare, inoltre, che le medesime obiezioni, implicando il generale
problema della risarcibilità, involgono tale interpretazione anche con riguardo
al danno c.d. patrimoniale. L’incerto significato assunto dal termine «patri-
monio» e il carattere fittizio del confronto richiesto dalla Differenztheorie esi-
gono la revisione critica della costruzione giuridica del danno, fondata sulla
endiadi risarcimento/riparazione, al fine di ricostruire una teoria della respon-
sabilità civile che, nel rispetto del dato normativo, sia esente da pre-giudizi lo-
gici e giuridici che ne limitino senza motivo la portata operativa.
Il risarcimento in denaro, che non a caso la teoria della differenza – sulla
base di un’indebita assimilazione del danno con il rimedio – ha indotto a
chiamare “per equivalente”, è parte di un più complesso sistema che qualifica
il dover essere della riparazione a prescindere dal carattere patrimoniale del
bene, dell’interesse, della situazione soggettiva o delle conseguenze della le-
sione. Questo modello non costituisce né l’unico né il principale rimedio av-
verso l’illecito. L’esperienza italiana inizia ad accogliere, con sempre maggior
41
convinzione, il Naturalherstellungsprinzip , considerando la reintegrazione in
39
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p. 282, per il quale la teoria della differenza, «oggetto
di vivaci obiezioni da parte di altre correnti dottrinali, appare oggi abbastanza superata, seppure vale
ancora la pena di prospettarne una critica di fondo» (in questi termini, ID., Appunti sulla nozione di
danno, cit., p. 468 s.). Una valutazione opposta è espressa, invece, da C. SALVI, Il danno extracontrat-
tuale, cit., p. 103, il quale considera la teoria differenziale un «passaggio cruciale nell’evoluzione mo-
derna della nozione di danno, da fenomeno naturalistico-materiale […] a entità giuridico-economi-
ca». Sul punto, noto è il pensiero di F. MOMMSEN, Zur Lehre von dem Interesse, in Beiträge zum
Obligationenrecht, Braunschweig, 1855, p. 3 ss.; L. ARNDTS, Trattato delle pandette, vers. it. di S. Se-
rafini, II, Bologna, 1880, p. 23; A. VON TUHR, Naturalherstellung und Geldersatz, in Jhering’s Jahrb.,
1904, p. 39 ss.; ID., Partie générale du Code fédéral des obligations, trad. par M. De Torrenté, H. Thi-
lo, I, Lausanne, 1933, p. 68; H. STOLL, Begriff und Grenzen des Vermögensschadens, Karlsruhe, 1973,
p. 15 ss. In diversa prospettiva, R. NEUNER, Interesse und Vermögensschaden, in Arch. civ. Prax.,
1931, p. 277 ss.; al quale adde K. LARENZ, Der Vermögensbegriff im Schadensersatzrecht, in Festschrift
Nipperdey, I, Monaco, 1965, p. 489 ss.
40
Cfr. i cap. II e IV.
41
Sul punto, M.R. MARELLA, Attuazione del diritto e regole di responsabilità. Contributo allo stu-
dio della riparazione del danno, Perugia, 1996, p. 125 ss., ivi le ulteriori indicazioni bibliografiche.
180 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

42
forma specifica come il rimedio primario e più efficace , pur ricorrendovi
qualora sia in tutto o in parte possibile e non sia eccessivamente onerosa per il
debitore (art. 2058, comma 2, c.c.). In tal senso depongono la formulazione e
la stessa sistematica della «tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente» (Par-
te sesta, titoli II e III, del d.lgs. n. 152 del 2006), che antepone esplicitamente
il risarcimento in forma specifica, senza prevedere il limite della eccessiva one-
rosità, rispetto a quello «per equivalente patrimoniale», al quale è possibile ri-
correre soltanto «se necessario» (art. 311, comma 1), nella convinzione che le
misure di precauzione, di prevenzione (art. 304) e di ripristino ambientale
(art. 305 ss.) siano gli strumenti essenziali e prioritari. La riparazione del dan-
no in forma specifica, infatti, risulta particolarmente idonea a riparare l’illecito
in via preventiva, al fine di evitare che il ripetersi della condotta possa arrecare
un danno ulteriore e più grave, pure dal punto di vista economico. La giuri-
sprudenza ha imparato a utilizzare questo strumento in chiave di property rule,
43
anche a tutela della salute individuale e dell’ambiente . Avverso le emissioni
che eccedono gli standard normativi e, più in generale, contro ogni fatto illeci-
to suscettibile di reiterazione, possono essere esperiti gli efficaci rimedi inibi-
44
tori , nella loro forma positiva o negativa, al fine di impedire l’ulteriore ag-
gravamento del danno.
In tal senso, l’art. 2058 c.c. inizia ad essere considerato il fondamento di
45
una tutela inibitoria atipica che individua nel generale criterio dell’ingiusti-
zia, prescritto dall’art. 2043 c.c., l’unitario parametro di selezione degli inte-
ressi giudicati meritevoli di protezione. L’evoluzione della riparazione in for-
ma specifica «conduce a mettere in discussione la centralità del modello dan-
46
no patrimoniale-risarcimento» . Quando la riparazione del danno assume va-
lenza restitutoria, la ricostituzione «dello status quo ante non avrà allora riguar-
47
do a quali poste abbiano carattere strettamente patrimoniale e quali no» . Il

42
Tra i tanti, A. DE CUPIS, Dei fatti illeciti, in Comm. del cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-
Roma, 1971, p. 132 s.
43
Per una ricostruzione di tale orientamento, M.R. MARELLA, op. ult. cit., p. 25 ss.
44
In questi termini, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni, cit., p. 426 ss.; ID., La
proprietà come rapporto, cit., p. 85; A. GAMBARO, Il diritto di proprietà, cit., p. 518. In diversa pro-
spettiva, U. MATTEI, Tutela inibitoria e tutela risarcitoria. Contributo alla teoria dei diritti sui beni,
Milano, 1987, pp. 238 ss., 349 ss.; C. SALVI, voce Immissioni, in Enc. giur. Treccani, vol. XV, Roma,
1989, p. 7.
45
Per la disamina degli orientamenti della giurisprudenza, si rinvia a M.R. MARELLA, La ripara-
zione del danno, cit., p. 16 ss. L’intuizione si deve a M. LIBERTINI, Le nuove frontiere, cit., p. 110 ss.
Ma la dottrina non gli ha risparmiato critiche: per tutti, C. CASTRONOVO, Il risarcimento in forma
specifica come risarcimento del danno, in S. MAZZAMUTO (a cura di), Processo e tecniche di attuazione
dei diritti, I, Napoli, 1989, p. 505; P. BARCELLONA, Sul risarcimento del danno in forma specifica (ov-
vero sui limiti della c.d. interpretazione evolutiva), ivi, p. 615 ss.; A. DI MAJO, La tutela civile dei dirit-
ti, II ed., Milano, 1993, p. 147 s.; M. FRANZONI, Dei fatti illeciti, in Comm. del cod. civ. Scialoja e
Branca, a cura di F. Galgano, Bologna-Roma, 1993, p. 1132 ss.
46
M.R. MARELLA, op. ult. cit., p. 65.
47
M.R. MARELLA, op. ult. cit., p. 250 s.
IL DANNO INGIUSTO 181

ricorso alla clausola generale dell’art. 2043, attraverso il criterio dell’ingiusti-


zia, riconosce «al giudice un ampio potere di mediazione del conflitto, consen-
tendo l’accesso alla tutela inibitoria di ogni interesse giuridicamente protetto,
di pari passo con il delinearsi di nuove tipologie di conflitto e con l’emergere
48
di nuove situazioni soggettive meritevoli di tutela» . Per un verso, «è il con-
cetto di danno medesimo ad essere ridefinito, accogliendo di esso una nozione
più ampia che consenta di intendere una tutela tradizionalmente letta come
49
successiva anche in senso di strumento preventivo» . Per altro verso, una più
estesa valutazione «della nozione di ingiustizia del danno», come «ogni lesione
di interesse giuridicamente protetto che assuma rilevanza in relazione alle ca-
ratteristiche del bene leso […], mira apertamente a spezzare il modello bina-
rio di danno, fondato sulla contrapposizione danno patrimoniale/danno non
50
patrimoniale» .
La riparazione in forma specifica, affrancandosi dalla subordinazione nei
confronti del rimedio in denaro, cui l’ha costretta una radicata tradizione dot-
51
trinale , diviene l’ulteriore riprova della fallacia dell’ermeneutica bipolare, co-
struita su una malintesa concezione differenziale del danno patrimoniale, la
quale si rivela inidonea a sorreggere una teoria della responsabilità civile che
opportunamente involga tutti i modelli giuridici e tutte le tecniche di ripara-
zione degli interessi protetti, così come previsti e prescritti dall’odierno diritto
civile.
L’art. 2043 c.c., nel discorrere di danno ingiusto, esprime un concetto di ri-
sarcibilità che è indifferente rispetto al requisito della patrimonialità, consen-
tendo la integrale riparazione in denaro e in natura di quegli eventi dannosi
che rappresentino la violazione di interessi protetti, secondo una valutazione
52
giuridica e sociale proiettata nella dimensione del danneggiato . Il danno vie-
ne ad esistenza, ed è conseguentemente riparabile (in denaro o in forma speci-
fica), nel momento in cui una condotta provochi un evento, che sia ingiusto,
nella sfera giuridica di un determinato centro di interessi. Il “dover essere”
della risarcibilità (in denaro e in forma specifica), ai sensi del diritto vigente, si
esaurisce nel giudizio positivo di ingiustizia che l’ordinamento formula in rela-
zione a un determinato evento dannoso, non certo nell’eventuale carattere pa-
trimoniale o meno del bene, dell’interesse, della situazione soggettiva o delle
conseguenze della lesione. La patrimonialità non è un elemento costitutivo del
danno risarcibile, né per quanto riguarda la riparazione in danaro, né per
quanto concerne la reintegrazione in forma specifica, nei confronti della qua-
le, anzi, tale caratteristica è ancor più insignificante. L’evoluzione giurispru-
denziale di questo rimedio dimostra come «il ricorso all’art. 2058 c.c. è andato
48
M.R. MARELLA, op. ult. cit., p. 67.
49
M.R. MARELLA, op. ult. cit., p. 69.
50
Lo afferma, M.R. MARELLA, op. loc. ult. cit.
51
Testualmente, M.R. MARELLA, op. ult. cit., p. 70.
52
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I danni alla persona, cit., p. 774.
182 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

di pari passo con la tendenza, emergente nell’ordinamento, a promuovere i va-


53
lori personalistici, l’integrità fisica prima di tutti» .
L’eventuale carattere della patrimonialità è un dato che può incidere, nella
reintegrazione in forma specifica, ai soli fini della scelta del modello più effi-
ciente di riparazione, in ordine a un danno che è già risarcibile in quanto in-
giusto: allorché essa è eccessivamente onerosa per il debitore (art. 2058, com-
ma 2), il giudice può preferire il risarcimento in pecunia. Ciò significa che il
danno è già stato considerato risarcibile, in quanto ingiusto (art. 2043). Ma il
giudice, in considerazione dell’eccessiva onerosità del rimedio in natura, pro-
pende per l’altra modalità di riparazione. Anche in relazione al risarcimento in
denaro l’elemento della patrimonialità rileva in un momento logico e cronolo-
gico successivo rispetto all’esistenza del danno risarcibile. Il carattere econo-
mico delle conseguenze del danno, o quanto meno di alcune di esse, può as-
sumere importanza, come espressamente previsto dal legislatore (art. 2056
c.c.), nella fase susseguente della valutazione e della liquidazione e può indur-
re a preferire alcuni strumenti di misurazione rispetto ad altri. La «tendenziale
ambivalenza delle lesioni prodotte nella sfera giuridica individuale» consente
che, nella prassi, «si diano poste di danno non patrimoniale all’interno dei dan-
ni patrimoniali» e che, viceversa, «lesioni in origine dotate di carattere non pa-
54
trimoniale tendano, ai fini di una migliore tutela, a patrimonializzarsi» .
Là dove il danno sia produttivo di conseguenze economiche agevolmente
quantificabili, il giudice potrà valutarle “in astratto”, sulla base di parametri
oggettivi e standard (interessi legali, spese documentate, ecc.). Qualora esso
non possa «essere provato nel suo preciso ammontare», sarà «liquidato dal
giudice con valutazione equitativa», sulla base dell’«equo apprezzamento delle
circostanze del caso» (così come prescritto dall’art. 1226 c.c., in quanto
espressamente richiamato dall’art. 2056, comma 2, almeno con riguardo alla
valutazione del «lucro cessante»). L’interprete, in considerazione del carattere
biologico o d’affection del danno, o in presenza di una perdita di chance o di
una lesione all’avviamento di un’impresa, sarà costretto a contemperare la va-
lutazione in astratto con quella “in concreto”, ricorrendo anche a criteri equi-
tativi nel formulare il giudizio convenzionale sul quantum respondeatur.
Come si è autorevolmente sottolineato, il problema della valutazione (e
quindi della patrimonialità delle conseguenze) «riveste una sua innegabile im-
portanza pratica, ma appartiene già ad un piano diverso e vorremmo dire infe-
riore», poiché «qui non si pone più un problema di concetto» (il danno risar-
55
cibile), «ma semmai di accertamento e di misura» . Occorre riconoscere «che
alla radice di ogni valutazione in termini pecuniari sussiste sempre, per così
dire, l’arbitrio della convenzione e che si tratta, per questo riguardo, di valuta-
53
M.R. MARELLA, op. ult. cit., p. 63.
54
Le espressioni citate nel testo tra virgolette sono di M.R. MARELLA, op. ult. cit., p. 255.
55
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p. 290.
IL DANNO INGIUSTO 183

56
zioni sempre relative» . La constatazione vale sia «per la conversione in dena-
ro dei beni economici, che pure sembra ormai cosa ovvia per il perpetuarsi di
57
un giudizio convenzionale» , sia per quegli strumenti che sono stati apposi-
tamente elaborati per la liquidazione dei danni alla persona (si pensi al pas-
saggio dal sistema reddituale, ai modelli non reddituali fondati sul triplo della
pensione sociale e, poi, sul calcul au point). In ogni caso si è in presenza di un
problema di misurazione. Ma «non si può – a voler seguire un metodo corret-
to – risolvere una questione dogmatica solo in base alle difficoltà particolari
che una certa soluzione solleva: i due piani dell’indagine debbono tenersi ben
58
distinti» .

4. La corrente maggioritaria della Scuola bipolare, generalizzando i postu-


lati della teoria differenziale, ha collocato «il danno risarcibile sul solo versan-
te dell’effetto, distinguendo tale danno dal “danno ingiusto” di cui parla l’art.
59
2043» . In altri termini, coloro che condizionano la risarcibilità del danno
non alla sua ingiustizia, ma alle eventuali conseguenze patrimoniali, conside-
rano esistente per il diritto il solo danno-conseguenza. Dovrebbe ipotizzarsi la
sussistenza di un danno giuridicamente esistente, in quanto ingiusto, ma non
risarcibile, perché non considerato produttivo di effetti economici. Ovvero, se
si vuole evitare di separare arbitrariamente il momento del dover essere del
danno da quello della sua risarcibilità, si dovrebbe ammettere che l’esistenza
stessa del danno sia condizionata dal (preteso) carattere patrimoniale delle con-
seguenze, e non dal requisito dell’ingiustizia. Si dovrebbe affermare, cioè, che
il danno ingiusto, che non sia anche giudicato patrimoniale, non verrebbe
neppure ad esistenza per il diritto. Ma è evidente l’assurdo logico e giuridico
al quale si perverrebbe così argomentando, e lo stesso legislatore – ma non pen-
so che ve ne fosse bisogno – è intervenuto, a più riprese, a smentire definiti-
vamente tale inspiegabile ragionamento, prescrivendo la immediata risarcibili-
tà del danno-evento consistente nella mera «lesione all’integrità psicofisica
della persona», riparabile «indipendentemente dalla sua incidenza sulla capa-
cità di produzione di reddito del danneggiato» (art. 5, comma 3, legge 5 mar-
zo 2001, n. 57). Tale idea è stata ribadita con vigore, nel codice delle assicura-
zioni private, dall’art. 138 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, ove per danno
biologico esplicitamente «si intende la lesione temporanea o permanente al-
l’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-le-
gale», che «esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspet-
ti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da even-
56
R. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p. 294.
57
R. SCOGNAMIGLIO, op. loc. ult. cit.
58
Ammonisce R. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p. 290 s.
59
Testualmente, A. IANNARELLI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 769.
184 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

tuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito».


La dottrina bipolare, riducendo la nozione giuridica di risarcibilità agli ef-
fetti pecuniari del danno, ha finito con il sostituire, nel testo dell’art. 2043, il
requisito normativo dell’ingiustizia con quello, immaginario, della patrimonia-
lità. L’ampliamento della risarcibilità «oltre il solo dato fattuale costituito dalla
patrimonialità oscilla tra una “giuridicizzazione” della patrimonialità, tale per
cui il termine assume un autonomo significato giuridico non più coincidente
con il dato economico, e l’equiparazione giuridica alla patrimonialità della
semplice ricorrenza (variamente motivata e talora soltanto apoditticamente) di
60
una suscettibilità alla valutazione economica, da attuarsi secondo equità» .
Questa operazione, definitivamente smentita dallo stesso legislatore, desta
ulteriori perplessità sia sotto l’aspetto esegetico strutturale, sia sotto il profilo
teorico, poiché duplica arbitrariamente la problematica del danno, ai fini della
sua risarcibilità, nel distinguere il danno patrimoniale da quello ingiusto. Pur
ipotizzando che in Italia non sia mai esistito il testo dell’art. 2043, il requisito
della patrimonialità, per espressa ammissione degli stessi autori che seguono la
tesi contestata, attiene comunque al profilo «dell’effetto», non a quello della
fattispecie costitutiva del danno. Per poter valutare le ulteriori conseguenze del
danno è evidente che, sotto un profilo logico, cronologico e giuridico, questo
già esiste per il diritto ed è risarcibile, nel momento stesso in cui una determi-
nata condotta – sulla base di un nesso di causalità, in presenza dell’elemento
soggettivo, se richiesto – ha inciso nella sfera giuridica altrui provocando un
evento che l’ordinamento qualifica come ingiusto. La teoria bipolare, per giun-
gere alle sue non condivisibili conclusioni, continua a riferire – pur senza am-
metterlo – il requisito dell’ingiustizia al fatto e non al danno. Secondo tale ri-
costruzione, il problema della risarcibilità troverebbe soluzione nella causa-
zione di un danno patrimoniale da parte di una condotta qualificata in termini
di ingiustizia (recte, di colpa). Ma tale argomentare ha trovato una sua smenti-
ta fin dalla promulgazione del vigente codice civile e, forse, è venuto oggi il
momento di ravvedersene.
Il legislatore italiano, nell’ambito di una diversa scelta discrezionale, ben
avrebbe potuto sostituire al requisito dell’ingiustizia quello del carattere pa-
trimoniale del danno. Tuttavia il nostro ordinamento non ha mai «giuridiciz-
zato» il dato della patrimonialità, e ciò permette di elaborare una nozione di
61
danno in senso giuridico (e non in senso meramente economico) , indivi-
duando nell’ingiustizia l’elemento selettore della rilevanza e della generale ri-
parabilità del danno, sia in denaro sia in forma specifica. Ciò consente di col-
legare la problematica dell’illecito all’intero sistema delle fonti del diritto. Una
60
A. IANNARELLI, op. ult. cit., p. 769.
61
Anche S. PATTI, voce Danno patrimoniale, cit., p. 95, ammette che la Differenzhypothese sa-
rebbe «collocabile per molti versi nell’ambito delle teorie che definiscono il danno in senso natura-
listico».
IL DANNO INGIUSTO 185

diversa scelta avrebbe affidato la problematica a un criterio empirico, contin-


gente e incerto, che avrebbe subordinato la risarcibilità del danno a una (talo-
ra) difficile e controversa qualificazione, da effettuarsi sempre a posteriori, sul-
la base della “natura” dell’interesse connesso al bene leso o delle conseguenze
della lesione. Ciò è testimoniato da quegli stessi orientamenti che ora estendo-
no arbitrariamente, ora restringono in maniera eccessiva la categoria del dan-
no patrimoniale. Si è affermato, al fine di risolvere l’annosa questione del dan-
no alla salute, ma contraddicendo una secolare tradizione, che l’integrità psi-
chica e/o fisica della persona dovesse rientrare in una nozione “estesa” di pa-
62
trimonio . Del pari, sulla base dei postulati dell’ermeneutica bipolare, si con-
63
sidera risarcibile la stessa perdita di chance in quanto danno patrimoniale ,
dimenticando che la stessa (basterebbe consultare i repertori della giurispru-
64
denza francese) potrebbe avere, come spesso accade, un contenuto eminen-
temente “non patrimoniale”. Allora è lecito chiedersi quale sia il parametro
oggettivo che impedisce di comprendere nella categoria del danno patrimo-
niale anche la violazione della reputazione personale, il dolore «catastrofico»,
la sofferenza derivante, ad esempio, dalla perdita di un congiunto, lo stress, il
patema d’animo intenso e duraturo, l’angoscia e la paura, ecc.
I sostenitori della tesi bipolare, nell’affermare che «la risarcibilità si fonda o
sulla ricorrenza in concreto della patrimonialità […] o affiancando alla patri-
monialità il diverso dato equiparato alla prima rappresentato dalla sola suscet-
65
tibilità dell’evento ad essere valutato in termini economici» , riconoscono
implicitamente che un criterio di risarcibilità fondato sulla patrimonialità è del
tutto vago, oscuro e opinabile, tant’è che ciascun autore esprime una sua per-
sonale opzione, «magari adottando una nozione ampia della stessa in grado di
66
abbracciare anche entità non commisurabili in termini oggettivi» .
La letteratura che segue la concezione bipolare, piuttosto che interrogarsi
sull’incerto fondamento giuridico di tale tesi, preferisce contestare l’opposta
ricostruzione asserendo che l’idea secondo la quale «il danno corrisponda alla
violazione dell’interesse tutelato, e non già alle conseguenze della lesione stes-
sa», disancorerebbe «il rimedio risarcitorio […] da qualsiasi considerazione
dei riflessi negativi a carico della vittima», conducendo «ad un inevitabile sna-
turamento dell’illecito aquiliano: la rinuncia a transitare attraverso una nozio-
ne di danno distinta dall’illecito» spingerebbe «verso un allargamento ingo-
62
Tra i tanti, F.D. BUSNELLI, Problemi di inquadramento, cit., p. 40 s.; F. MASTROPAOLO, Il ri-
sarcimento, cit., p. 300 ss.; P.G. MONATERI, in P.G. MONATERI, A. BELLERO, Il «quantum», cit., p.
27 ss.; M. FRANZONI, La liquidazione, cit., p. 122; P. D’AMICO, Il danno da emozioni, cit., p. 56 s.; A.
GIULIANI, Il danno biologico, cit., p. 47 ss.; P. RESCIGNO, Nuove prospettive, cit., p. 202; D. MESSI-
NETTI, Recenti orientamenti, cit., pp. 201 e 199.
63
In questi termini, P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 275.
64
In assenza dei quali, si rinvia a M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., p. 28 ss., 167 ss. e
passim.
65
A. IANNARELLI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 769.
66
A. IANNARELLI, op. loc. ult. cit.
186 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

67
vernabile dei confini del danno risarcibile» . Il rilievo, nello stupire che venga
riferito proprio da una convinta sostenitrice della figura del danno esistenzia-
le, pare contestabile, sia perché confonde ancora una volta il piano del dover
essere del danno risarcibile con quello dei parametri di valutazione e di liqui-
dazione delle sue (ulteriori) conseguenze, sia perché trascura l’essenziale fun-
zione selettiva svolta dal criterio giuridico dell’ingiustizia, in tema di ripara-
zione sia in denaro sia in forma specifica, che non potrà mai consentire un «al-
largamento ingovernabile» dei confini della responsabilità civile. Il sintagma
«danno ingiusto» rappresenta una scelta indisponibile del nostro ordinamen-
to, la quale non lascia spazi soverchi a una teoria economica del danno che
consenta la sua risarcibilità indipendentemente dall’illecito, inducendo a dubi-
tare della stessa ammissibilità – nel campo di applicazione dell’art. 2043 c.c. –
della teoria dell’atto lecito dannoso.
Il legislatore del 1942 volle modificare scientemente il testo dell’art. 1151
del codice del 1865, che riproduceva la più ampia formula ideata dall’art. 1382
del codice francese, proprio al fine di introdurre, anche a livello legale, un
nuovo elemento, quello oggettivo, che fino ad allora aveva avuto implicito ri-
68
lievo nell’interpretazione selettiva della dottrina e della giurisprudenza , al
precipuo scopo di subordinare la risarcibilità del danno al solo parametro giu-
ridico dell’ingiustizia. Nel testo dell’art. 2043 c.c., l’obbligazione di «risarcire
il danno» trova la sua fonte esclusiva nell’aver cagionato un danno ingiusto.
La separazione del momento della risarcibilità (che verrebbe subordinata
all’elemento della patrimonialità) da quello della causazione del danno ingiu-
sto (che sarebbe non risarcibile in quanto non patrimoniale) rappresenta
un’operazione ermeneutica del tutto arbitraria, che si pone in insanabile con-
trasto sia con il testo sia con la stessa struttura della regola generale di respon-
sabilità scritta nell’art. 2043 c.c.
Il dato dell’ingiustizia, inoltre, appare non sempre conciliabile con il prete-
so requisito della patrimonialità nel processo di formalizzazione del danno ri-
sarcibile, poiché è evidente che un danno ingiusto può ledere diritti e interessi
che non possono essere considerati tipicamente patrimoniali – almeno nella
accezione che tale categoria storicamente assume –, mentre un danno, anche
grave, al patrimonio, può non essere caratterizzato dall’elemento dell’ingiusti-
zia. Ad esempio, il fatto di porre sul mercato beni più appetibili dai consuma-
tori, perché più efficienti ed evoluti sotto il profilo scientifico, provoca un
danno sicuramente patrimoniale ai commercianti e produttori delle stesse
merci poiché, stornando una parte considerevole della loro clientela, li margi-

67
Le espressioni tra virgolette sono di P. ZIVIZ, Verso un altro paradigma, cit., p. 36. Ma in
tutt’altra prospettiva è orientato P. CENDON, Non di sola salute, cit., p. 11, il quale propone di affida-
re la tutela delle situazioni esistenziali all’art. 2043 c.c.
68
Sul punto, R. SACCO, Introduzione, cit., p. 93 ss.
IL DANNO INGIUSTO 187

69
nalizza e arreca loro un sensibile danno economico . Ma tale danno, per quan-
to patrimoniale, non sarà giuridicamente risarcibile poiché, ai sensi dell’art.
2043 c.c., non potrà essere considerato ingiusto, là dove rappresenti l’espres-
sione del libero gioco della concorrenza. In altri termini, il danno, anzi ogni
danno, è riparabile soltanto e nella misura in cui sia ingiusto, non certo perché
sia considerato patrimoniale. Anche il danno (che si suppone) patrimoniale
sarà risarcibile soltanto là dove costituisca la violazione di un interesse giuridi-
camente rilevante.
Ancorare la risarcibilità del danno al dato della patrimonialità, in primo
luogo, avrebbe comportato un rinvio “in bianco” alle scienze economiche, e al
loro stato di attuale elaborazione, della problematica dell’illecito, il quale sa-
rebbe stato così sganciato da ogni ulteriore riferimento all’ordinamento giuri-
dico e allo stesso sistema civilistico. In secondo luogo, avrebbe significato in-
trodurre un criterio maggiormente incerto, poiché un danno può essere con-
siderato patrimoniale, in un medesimo momento storico, sulla base di una cer-
ta teoria economica, politica, morale o religiosa mentre, secondo altra dottri-
na, quello stesso evento può essere qualificato come non patrimoniale. In ter-
zo luogo, l’aver considerato risarcibile il solo danno patrimoniale avrebbe si-
gnificato contraddire gran parte dell’evoluzione del diritto nella tradizione oc-
70
cidentale . Una visuale soltanto economica dell’illecito civile sarebbe risultata
incompatibile con quel sistema di valori che a ciascun ordinamento è, più o
71
meno tacitamente, sotteso, e che anzi ne costituisce l’autentico fondamento .
In quarto luogo, il presunto requisito della patrimonialità non potrebbe quali-
ficare il danno neppure come mero riflesso della natura dell’obbligazione ri-
sarcitoria poiché, altrimenti, ogni danno dovrebbe essere patrimoniale. Anche
l’art. 2059 prevede la riparazione patrimoniale del cosiddetto danno non pa-
72
trimoniale .

5. Ancorare la risarcibilità del danno al requisito dell’ingiustizia ha signifi-


cato, invece, collegare la problematica dell’illecito all’intero sistema delle fonti
previste non soltanto dal diritto civile, ma da ogni branca dell’ordinamento. Il
criterio dell’ingiustizia è funzionalmente collegato al complesso del diritto vi-
gente allo scopo di qualificare, sulla base di una valutazione eminentemente
giuridica, la sussistenza del danno che può e che deve essere risarcito (in de-
naro o in forma specifica). E ciò conferisce al modello di responsabilità civile
un elevato grado di certezza, pur in presenza dell’ovvia necessità di individua-
69
L’esempio è tratto da P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 197.
70
Interessanti riferimenti in proposito sono esposti, sia pure con inevitabili semplificazioni, da
Trib. Roma, Sez. XIII, 20 maggio 2002, in Danno e resp., 2002, p. 857 ss.
71
Sul ruolo della gerarchia dei valori quale «elemento determinante», v. L.J. CONSTANTINESCO,
Il metodo comparativo, cit., p. 208 s.
72
C. CASTRONOVO, «Danno biologico», cit., pp. 34 e 37.
188 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

re, a volta a volta, da parte dell’interprete, gli interessi considerati meritevoli


di protezione. Il riferimento dell’ingiustizia direttamente al danno, anzi che al
fatto, conduce a un ulteriore ridimensionamento del ruolo della colpa; «fa
passare in primo piano il fatto obiettivo della lesione, dando così forma tecni-
ca al ricordato spostamento di attenzione dall’agente alla vittima; e si risolve in
un più generale processo di obiettivizzazione del dato in rapporto al quale va
73
pronunciato il giudizio di responsabilità» . Ne consegue un’interpretazione
più elastica della norma primaria e a una progressiva estensione dell’area dei
danni risarcibili. Dal piano dei diritti si trascorre a quello degli interessi meri-
74
tevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico .
Gli autori che professano la teoria differenziale, invece, affermano che tale
dottrina costituirebbe «un’impostazione più moderna che tende a disancorare
la tutela aquiliana dalla necessaria violazione dei soli diritti soggettivi e, in de-
finitiva, ad identificare il danno risarcibile con il danno-conseguenza salvo a
75
dividersi circa la sua coincidenza con il danno patrimoniale» . Ma, ancora
una volta, le argomentazioni addotte, più che mettere in luce – come ci si
aspetterebbe – il rigore della teoria e i suoi vantaggi pratici, sembrano piutto-
sto denunziarne i vizi logici e le incongruenze giuridiche. Da un lato, le idee
espresse all’interno dell’ermeneutica bipolare sono oggi così confuse, da giu-
stificare divisioni in ordine alla stessa fattispecie costitutiva del danno risarci-
bile. Dall’altro, non è vero che la pretesa «giuridicizzazione» dell’elemento
della patrimonialità rappresenterebbe «un’impostazione più moderna», poi-
ché, tentando di restringere arbitrariamente la tutela delittuale a quelle situa-
zioni soggettive che si presume abbiano rilievo economico, procede nel senso
di una riduzione dell’area dei danni risarcibili, anche in presenza di interessi
muniti di garanzia costituzionale. Inoltre, il voler limitare il significato dell’in-
giustizia alla violazione dei soli diritti soggettivi costituisce un’ulteriore peti-
zione di principio, che anche la giurisprudenza ha superato ormai con deci-
sione. Tramontata la stagione nella quale si richiedeva – sulla base delle inter-
pretazioni restrittive invalse durante il XIX secolo – la lesione di un diritto
76
soggettivo assoluto , le frontiere del danno ingiusto si sono estese fino a com-
prendere anche le violazioni di diritti relativi (tutela delittuale del credito), di

73
In questo senso è l’insegnamento di S. RODOTÀ, Il problema, cit., p. 107 ss. Riferivano, invece,
l’ingiustizia al fatto anzi che al danno, rimproverando al legislatore di essere incorso in un errore ter-
minologico, tra gli altri, G. PACCHIONI, Il danno ingiusto secondo il vecchio e il nuovo codice, in Scritti
in onore di G. Ferrini, II, Milano, 1947, p. 174 ss.; S. PUGLIATTI, voce Alterum non laedere, in Enc.
dir., II, Milano, 1958, pp. 98 ss. e 103; L. BARASSI, Teoria generale delle obbligazioni, II, Milano,
1964, p. 432; A. FEDELE, Il problema della responsabilità del terzo per il pregiudizio del credito, Mila-
no, 1954, p. 117.
74
Sulla scia di S. RODOTÀ, op. ult. cit., pp. 183 ss. e 186, G. ALPA, Il problema della atipicità
dell’illecito, Napoli, 1979, p. 256.
75
Testualmente, A. IANNARELLI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 770.
76
Cfr. R. SACCO, op. ult. cit., p. 93 ss.; P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 201 ss.
IL DANNO INGIUSTO 189

77
interessi legittimi e di aspettative . Chiarito che l’unico elemento costitutivo
del danno risarcibile (in denaro o in forma specifica) è la valutazione che l’or-
dinamento effettua in termini di ingiustizia, il vero problema è quello di indi-
viduare il significato che tale nozione assume nell’ambito del nostro diritto.
Il danno ingiusto, per un verso, va inteso nel suo essere contra ius o, più
precisamente, nella violazione di un qualsiasi interesse protetto dall’ordina-
78
mento . Per altro verso, va verificato nel suo manifestarsi non iure, nell’as-
senza di un diritto (o di un dovere) dell’agente al compimento della condot-
79
ta che ha causato il danno . Le due concezioni, originariamente pensate come
antitetiche, anziché elidersi vicendevolmente, individuano il compiuto signi-
ficato del danno ingiusto proprio nella loro reciproca combinazione, secon-
80
do quella logica di complementarità che lega la norma primaria di cui al-
l’art. 2043 c.c. alle regole successive e, in questo caso, alla disciplina delle
esimenti (in particolare, agli artt. 2044 e 2045 c.c.). In tal senso, l’ingiustizia
si conferma come l’unico criterio giuridico che permette di qualificare il
81
danno risarcibile .
82
La soluzione intuita, fin dal 1964, da Stefano Rodotà , secondo la quale
l’elemento dell’ingiustizia deve essere identificato nella lesione di un interesse
comunque protetto dall’ordinamento, contempera le opposte esigenze, là do-
ve riconosce la «non positività» della regola estrema e onnicomprensiva e
«cerca ovviamente di risolvere in modo liberale il problema dell’area del dan-
83
no risarcibile» . L’ingiustizia non richiede la lesione di uno specifico diritto
soggettivo né la diretta violazione di una norma di protezione avverso possibili
eventi dannosi. Basta che l’interprete ravvisi, «rispetto alla situazione della vit-
tima, un qualunque indice di tutela predisposto dal complesso delle norme in
84
vigore» . Ad esempio, sarebbe sufficiente, onde proclamare la responsabilità
del produttore per i danni sofferti dal consumatore, «constatare come la posi-
zione di quest’ultimo sia protetta dall’art. 1492 c.c., anche se questo articolo si
riferisce ai vizi nella vendita, ed anche se non si può riconoscere in tale norma
77
Per tutte, Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p. 2270 ss. Nella giurispru-
denza di merito, nei termini del testo, Trib. Como, 12 ottobre 2001, in Danno e resp., 2002, p. 427.
78
Cfr. il pensiero, rispettivamente, di R. SACCO, L’ingiustizia di cui all’art. 2043, in Foro pad.,
1960, I, c. 1438 ss., e di S. RODOTÀ, op. ult. cit., pp. 112, 183 ss. e 199 ss.
79
P. SCHLESINGER, La «ingiustizia» del danno nell’illecito civile, in Jus, 1960, pp. 342 ss. e 347.
80
Della quale si è discorso, retro, nel § 1 di questo cap.
81
G. VISINTINI, I fatti illeciti, I, Ingiustizia del danno. Imputabilità, in I grandi orientamenti della
giurisprudenza civile e commerciale, a cura di F. Galgano, Padova, 1987, p. XIX; EAD., Il danno ingiu-
sto, in Riv. crit. dir. priv., 1987, p. 182. Rileva altresì un «ridimensionamento (o un superamento) del
carattere della patrimonialità del danno per adattare la regola generale dell’art. 2043 alle esigenze ri-
sarcitorie evidenziate dalla doppia metamorfosi del danno», F.D. BUSNELLI, La parabola della respon-
sabilità civile, ivi, 1988, p. 654.
82
Ne Il problema, cit., p. 183 ss.
83
P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 209.
84
Così, P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
190 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

lo scopo di tutelare il consumatore dai danni eventualmente derivabili dall’im-


85
missione sul mercato di un prodotto difettoso» .
Ed è proprio questa la strada intrapresa dalla migliore giurisprudenza della
Cassazione. Le Sezioni Unite affermano che, essendo l’art. 2043 c.c. la norma
primaria volta ad apprestare la riparazione del danno ingiustamente sofferto
per effetto dell’attività altrui, «ai fini della configurabilità della responsabilità
aquiliana non assume rilievo determinante la qualificazione formale della posi-
zione giuridica vantata dal soggetto, poiché la tutela risarcitoria è assicurata
solo in relazione all’ingiustizia del danno, che costituisce fattispecie autonoma,
86
contrassegnata dalla lesione di un interesse giuridicamente rilevante» . Esclu-
so che «oggetto della tutela risarcitoria sia [soltanto] il diritto soggettivo (e
tantomeno il diritto assoluto […])», non potendo l’interprete stabilire a priori
quali siano gli interessi meritevoli di tutela, compito del giudice è «quello di
procedere ad una selezione degli interessi giuridicamente rilevanti, […] ed a
tanto provvederà istituendo un giudizio di comparazione degli interessi in
87
conflitto» . Tali comparazione e valutazione devono essere condotte alla stre-
gua del diritto positivo, al fine di verificare «se, e con quale consistenza ed in-
tensità, l’ordinamento assicura tutela all’interesse del danneggiato, con dispo-
sizioni specifiche (così risolvendo in radice il conflitto, come avviene nel caso
di interesse protetto nella forma del diritto soggettivo, soprattutto quando si
tratta di diritti costituzionalmente garantiti o di diritti della personalità), ovve-
ro comunque lo prenda in considerazione sotto altri profili (diversi dalla tutela
88
risarcitoria), manifestando così un’esigenza di protezione» .

6. Il riferimento della risarcibilità del danno ingiusto alla violazione di un


qualsiasi interesse giuridicamente rilevante e la ovvia quanto fondamentale
constatazione secondo la quale «risulta netta la centralità del danno, del quale
viene previsto il risarcimento qualora sia “ingiusto”, mentre la colpevolezza
della condotta (in quanto contrassegnata da dolo o colpa) attiene all’imputabi-
89
lità della responsabilità» , contribuiscono ad allineare, oltre che sotto l’aspet-
to strutturale,
C) anche sotto il profilo funzionale, il modello italiano a quello d’oltralpe, in-
90
ducendo a considerare la stessa ermeneutica bipolare come un «brontosauro»
superstite, cultore di una prospettiva etnografica della responsabilità civile.
85
Per tale esemplificazione, P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
86
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270.
87
Testualmente, Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270.
88
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., pp. 2270 e 2271.
89
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270.
90
Secondo l’efficace immagine disegnata da P.G. MONATERI, Danno biologico da uccisione o le-
sione della serenità familiare? (L’art. 2059 visto come un brontosauro), in Resp. civ. prev., 1989, p.
1180 ss.
IL DANNO INGIUSTO 191

Sulla scia di un modello elaborato dalla giurisprudenza francese nel corso


di due secoli, e che rappresenta ancora oggi una delle soluzioni più avanzate
in materia, il danno è risarcibile sulla base della generale funzione di compen-
91
sation desunta dagli artt. 1382 e 1149 code civ. , secondo una regola di equi-
valenza tra entità del risarcimento e gravità (e durata) del danno, allorché vi
sia la violazione di un interesse giuridicamente rilevante. Sia il modello ger-
92
manico, caratterizzato – ma soltanto a livello legislativo – dal principio di ti-
93
picità, sia quelli francese (art. 1382 code civil) e italiano (art. 2043 c.c.) , che
conoscono regole maggiormente comprensive, qualificano la riparazione del
danno, nelle sue diverse forme (risarcimento in denaro o in forma specifica,
astreintes, inibitorie positive o negative, ecc.), sulla base di una valutazione che
è ispirata al parametro dell’antigiuridicità (in tal senso, il § 823 BGB).
Il sistema francese ignora le nozioni di danno patrimoniale e non patrimo-
niale, applica nella sua massima estensione il principio di riparazione integrale
94
e risarcisce senza limiti, sulla base di una funzione compensativa – non cono-
scendo una norma analoga all’art. 2059 c.c. –, anche i danni morali (d’af-
95
fection, par ricochet, sexuel, d’agrément, ecc.) derivanti da reato e i pregiudizi
subiti a causa della perdita di chances, per il venir meno della probabilità di un
evento favorevole. L’esperienza tedesca, pur contemplando una norma simile
all’art. 2059 c.c., che anzi rappresenta la fedele ricezione del § 253 BGB, tant’è
che la stessa locuzione “danno non patrimoniale” fu importata in Italia pro-
prio sulla base del modello del Nicht Vermögensschaden, affermava espressa-
mente la riparazione del danno in ipotesi «di lesione del corpo o della salute,
come pure nel caso di privazione della libertà» (§ 847 BGB). La recente abro-
gazione del § 847 e il suo inserimento nel comma 2 del § 253 BGB, poi, hanno
esteso ulteriormente l’area di risarcibilità del danno non patrimoniale sia ad

91
Che «Le propre de la responsabilité civile est de rétablir aussi exactement que possible l’équili-
bre détruit par le dommage et de replacer la victime, aux dépens du responsable, dans la situation où
elle se serait trouvée si l’acte dommageable n’avait pas eu lieu», è affermazione del tutto pacifica: per
tutti, Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 150; M. LE ROY, L’évaluation, cit., p. 9, del quale sono le
parole tra virgolette.
92
Sul ruolo della giurisprudenza tedesca che, «più che completare, ha ricostruito il modello lega-
le» della responsabilità delittuale, cfr., per tutti, L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit.,
p. 243 ss. e passim; R. SACCO, Introduzione, cit., p. 100 s.
93
Rileva, tra gli altri, che nelle esperienze francese, tedesca e italiana «le ipotesi di tutela extracon-
trattuale tendono in massima parte a convergere», P.G. MONATERI, La sineddoche. Formule e regole
nel diritto delle obbligazioni e dei contratti, Milano, 1984, p. 131.
94
Per tutti, G. VINEY, B. MARKESINIS, La réparation, cit., pp. 46, 54 e 56, là dove sottolineano
che «ce qui caractérise le droit français c’est […] à la fois l’attachement qu’il affiche officiellement à
l’égard de l’objectif indemnitaire – le seul dont puisse faire état le juge lorsqu’il évalue les dommages-
intérêts».
95
Applicano l’art. 1382 ai danni morali e a quelli c.d. patrimoniali, ad es., Cass. civ., 13 febbraio
1923, in H. CAPITANT, Les grands arrêts, cit., p. 404; Cass. civ., 21 ottobre 1960, in Gaz. pal., 1960,
II, p. 303; Cass. civ., 8 dicembre 1971, in Rec. Dalloz, 1972, Somm., p. 88; Cass. civ., 23 maggio 1977,
ivi, 1977, Inf. rap., p. 441; Cass. civ., 1 marzo 1978, in Sem. jur., 1978, IV, p. 145.
192 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ogni lesione «dell’autodeterminazione sessuale», sia all’intero settore della re-


sponsabilità contrattuale.
Il legislatore del ’42, probabilmente influenzato dalla stessa dottrina no-
strana che aveva studiato il danno non patrimoniale nel diritto germanico sen-
za avvedersi del complesso sistema di richiami su cui il BGB trova fondamen-
to, dopo aver tradotto il § 253 nel testo dell’art. 2059 c.c., non inserì nel no-
stro codice una norma analoga a quella prevista nel § 847 BGB. Grazie a que-
sto accidente, la disciplina in tema di danno non patrimoniale si è trovata a
dover fare i conti con una imperfetta e, comunque, compromissoria imitazione
di due modelli (quello francese, per quanto riguarda l’art. 2043, con l’aggiunta
del fondamentale criterio dell’ingiustizia, e quello tedesco, in relazione all’art.
2059), peraltro originariamente antitetici, che comunque hanno funzionato
96
entrambi assai meglio di quanto accadrà nella nostra esperienza giuridica,
che si caratterizzerà per la presenza di una norma “monca” (l’art. 2059 c.c.,
appunto), perché priva del necessario riferimento di cui al § 847 del BGB (og-
gi, sub comma 2 del § 253 BGB). Ma l’esistenza, nel sistema tedesco, di tale
ultima norma, che pure ha consentito di tutelare in maniera rafforzata taluni
aspetti significativi della personalità (lesione fisica e della salute, privazione
della libertà), non ha impedito di elaborare in via ermeneutica ulteriori figure
97
(l’allgemeine Persönlichkeitsrecht, ad esempio) proprio al fine di proteggere
quelle situazioni esistenziali, considerate meritevoli di tutela anche a livello co-
stituzionale, che non risultassero riconducibili alle fattispecie legali specifica-
mente previste.
Quindi, se si vuole individuare un minimo di razionalità nel nostro sistema
di responsabilità civile, l’art. 2059 c.c. non può continuare ad essere pensato
98
come la regola che disciplina, con malcelate funzioni di compensation , la ca-
99
tegoria dei danni non patrimoniali , ma deve essere interpretato come la nor-
96
Tale valutazione trova conferma in altri Autori che hanno studiato il problema in chiave com-
parativa: per tutti, P.G. MONATERI, Verso una teoria, cit., p. 715, per il quale l’ordinamento tedesco,
«pur contenendo una limitazione in tutto simile al 2059 c.c., si dimostra assai più duttile di quello
italiano».
97
In ordine alla mancata ricezione di tale figura nel comma 2 del § 253 BGB (a seguito della ri-
forma del 25 luglio 2002), cfr. G. CIAN, La riforma del BGB, cit., p. 132. Sul punto, già K. LARENZ,
Das «allgemeine Persönlichkeitsrecht», cit., p. 521 ss.
98
Tale equivoca funzione, assegnata all’art. 2059 c.c., emerge implicitamente dalle dominanti dot-
trina e giurisprudenza che, pur declamando in astratto la suddetta distinzione funzionale tra gli artt.
2043 e 2059 c.c., non si sono poste il problema di approfondire coerentemente le differenze, anche in
sede di valutazione e di liquidazione. Un eloquente esempio è rappresentato da Cass., 14 febbraio
2000, n. 1637, in Resp. civ. prev., 2000, p. 610, là dove afferma che «il risarcimento ha funzione me-
ramente surrogante e compensativa delle sofferenze indotte dal fatto illecito costituente reato».
99
In tal senso è orientato anche M. LIBERTINI, Le nuove frontiere, cit., p. 97, il quale propone di
sostituire il concetto negativo di danno non patrimoniale «con una pluralità di nozioni definite in
riferimento al bene giuridico leso: danno alla salute, alla reputazione, alle attività in quanto tali (cioè
indipendentemente da riflessi “contabili” negativi), tutte direttamente inquadrabili nella fattispecie
dell’art. 2043».
IL DANNO INGIUSTO 193

ma che è applicabile, «nei casi determinati dalla legge», ai soli danni “da rea-
100
to”, prevedendo la reazione afflittiva dell’ordinamento in ordine a quelle
condotte, particolarmente antigiuridiche, che integrano in concreto una fatti-
specie delittuosa. In questo senso l’art. 2059 c.c. ritrova una sua razionalità nel
sistema della responsabilità civile, che permane informato al generale criterio
dell’ingiustizia del danno, e viene meno ogni ulteriore sospetto di illegittimità
costituzionale, nella misura in cui tale norma non rappresenta più un ingiusti-
ficato limite al principio di riparazione integrale dei «diritti inviolabili» di cui
101
agli artt. 2 e ss. Cost. , comunque risarcibili sulla base della generale funzio-
ne di compensation espressa dall’art. 2043 c.c.
Il criterio dell’ingiustizia qualifica la risarcibilità del danno (in funzione di
compensation) sulla base della violazione di un interesse comunque protetto,
in un dato momento storico, dall’ordinamento. E poiché il danno risarcibile ai
sensi dell’art. 2043 non risulta caratterizzato dal requisito della patrimonialità
del bene, dell’interesse, della situazione soggettiva o delle conseguenze della
lesione (secondo i divergenti orientamenti nei quali si frantuma l’ermeneutica
bipolare), la norma primaria di cui all’art. 2043 c.c. disciplina tutte le figure di
danno (anche relative a situazioni costituzionalmente rilevanti) la cui condotta
non integri una fattispecie di reato.
In tal senso, la tutela delittuale degli interessi protetti dall’ordinamento
trova un fondamento diversificato nella struttura e nella funzione che il nostro
legislatore ha oggettivamente assegnato agli artt. 2043 e 2059 c.c. L’art. 2059
protegge, in maniera “eccezionale” – rispetto al modello generale di compen-
sation di cui all’art. 2043 –, e sulla base di una diversa funzione punitiva, si-
tuazioni soggettive particolarmente rilevanti perché qualificate tipologicamen-
te (attraverso il rinvio di cui all’art. 185 c.p.) da norme penali. L’aver previsto
una tutela specifica per tali fattispecie, ma «solo nei casi determinati dalla leg-
ge», non impedisce di risarcire, «in tutti gli altri casi», ai sensi dell’art. 2043
c.c., quei danni ingiusti che costituiscono violazioni di interessi giuridicamente
rilevanti, soprattutto là dove rappresentino lesioni di «diritti» della persona
garantiti ai sensi degli artt. 2 e ss. della Costituzione.
La funzione privatamente afflittiva della riparazione di cui agli artt. 2059
c.c. e 185 c.p. non deve incidere negativamente sul quantum, in sede di valuta-
zione e di liquidazione, così come è accaduto in forza dell’orientamento giuri-
100
Per la dimostrazione – difficilmente contestabile – delle finalità punitive dell’art. 2059 c.c.,
condotta sulla base di un’approfondita ricostruzione storica, svolta anche alla luce dei lavori prepara-
tori, si rinvia all’indagine di G. BONILINI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 272 ss.; sul punto, altresì,
C. SALVI, Il danno extracontrattuale, cit., p. 126 ss. Per R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p.
300 s., invece, la riparazione del danno morale avrebbe una funzione satisfattiva, poiché il denaro,
«oltre che mezzo per la riparazione del danno, è anche strumento di soddisfazioni materiali e morali
ed in tal senso può servire come adeguato compenso per le sofferenze psichiche del leso».
101
È in questo senso che va intesa la decisione della Corte cost., 14 luglio 1986, n. 184, in Resp.
civ. prev., 1986, p. 527 ss.; sul punto, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni, cit., p. 395.
194 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

sprudenziale che arbitrariamente riduce l’entità del danno “da reato” a una
somma «generalmente oscillante tra un terzo e la metà dell’importo ricono-
102
sciuto per il risarcimento del danno alla salute» . Anzi, la peculiare finalità di
tali norme consente al giudice italiano – diversamente da quanto accade nel
diritto d’oltralpe, che non conosce una previsione analoga all’art. 2059 c.c. –
di sganciare la valutazione da una logica di compensation e di liquidare l’entità
della riparazione, sul modello dei punitive damages statunitensi, oltre che sulla
base della «gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa»,
anche in relazione al carattere di maggiore o minore antigiuridicità della con-
dotta (gravità del reato, circostanze aggravanti, intensità del dolo o della col-
pa, carattere abietto dell’azione, ecc.) ed alle condizioni economiche del re-
sponsabile (artt. 133 e 133-bis c.p.). Se, invece, si è in presenza di un danno
che non integri una previsione di reato, esso sarà normalmente risarcibile, in
quanto ingiusto (per violazione di un interesse giuridicamente rilevante, de-
sunto dagli artt. 2 ss. Cost. o da qualsiasi altra norma o gruppo di norme di
livello ordinario), sulla base della generale funzione di compensation rappre-
sentata dall’art. 2043 c.c.
In tal senso viene meno anche il pericolo di una duplicazione di risarci-
menti, poiché qualsiasi evento dannoso è sempre riparabile, in via alternativa,
o ai sensi degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. (con l’aggravante pecuniaria che è
propria dei danni punitivi, e che libera la riparazione dalla misurazione con-
venzionale dell’entità e della durata del danno), o ai sensi dell’art. 2043 c.c.,
sulla base della ordinaria quanto generale funzione di compensation.
A ben vedere, il ventilato pericolo di una duplicazione (dei danni o) dei ri-
sarcimenti rischia di rivelarsi l’ennesimo falso problema. Se si inizierà a distin-
guere nitidamente la funzione di compensation sub art. 2043 ss. c.c., da quella
deterrente e punitiva ex artt. 185 c.p. e 2059 c.c., nulla potrebbe impedire al
giudice, in presenza di un evento dannoso che sia anche conseguenza di un
fatto di reato, di risarcire il danno e, nel contempo, di punire il responsabile.
Ciò avviene usualmente nell’esperienza statunitense: il punitive damage, che
svolge un’insostituibile funzione di deterrence, contribuendo a “internalizzare”
le perdite causate, è comminato, qualora ne ricorrano i presupposti, in aggiun-
ta – e non in alternativa – rispetto al risarcimento con funzione di compensa-
tion. I recenti interventi della Corte Suprema Federale, che tendono ad evitare
102
Così, invece, Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, in Danno e resp., 2000, p. 996. Afferma che
«appare all’evidenza iniqua e giuridicamente errata la liquidazione sommariamente motivata dai giu-
dici di merito, che non considerano neppure la natura di debito di valore del credito, e che sostan-
zialmente riducono un criterio equitativo integrativo (artt. 2056 e 1226 c.c.) ad un criterio del tutto
arbitrario, sottratto a qualsiasi controllo di congruità», Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, ivi, 2001, p. 822.
Un inedito criterio di valutazione, pur espressione di una equivoca funzione compensativa dell’art.
2059 c.c., viene proposto da Cass., 14 febbraio 2000, n. 1637, in Resp. civ. prev., 2000, p. 610, per la
quale «Non è errato ritenere che, nella determinazione equitativa della somma volta al risarcimento
del danno morale subiettivo, debba tenersi conto anche della realtà socio-economica in cui vive il
danneggiato».
IL DANNO INGIUSTO 195

103
che l’entità della riparazione del danno punitivo sia «grossly excessive» , in
quanto superi un ragionevole “multiplo” del valore del danno compensativo,
facendo beneficiare l’attore di un risarcimento eccessivo, perché erroneamente
commisurato alla totalità di tutti i possibili danneggiati che, invece, non hanno
104
agito in giudizio , hanno rafforzato «la piena legittimità anche costituziona-
le» dei punitive damages e dovrebbero spingere anche le esperienze continen-
tali a rivedere i propri «giudizi negativi basati unicamente sull’esclusiva fun-
105
zione riparatoria delle regole di responsabilità civile» .

7. La soluzione appena accolta, che definisce i rapporti e, soprattutto, i li-


miti strutturali e funzionali esistenti tra l’art. 2043 e l’art. 2059 all’interno
dell’odierno sistema di responsabilità civile, impone una verifica:
D) anche sotto il profilo della legittimità costituzionale, evitando tuttavia di
eccedere in una “mistica dei valori” di stampo neo-giusnaturalista, che pure
ha avuto il merito di influenzare in maniera significativa gli orientamenti più
retrivi della giurisprudenza. Per evitare tale rischio, ci si atterrà al law in ac-
tion, così come delineato dagli interventi della Corte costituzionale e degli altri
giudici di merito e di legittimità.
La teoria bipolare, nella opzione ermeneutica dominante, dimostrava tutta
106
la sua inadeguatezza proprio al cospetto del vaglio di costituzionalità , mani-
festando una totale incapacità di proteggere quelle situazioni esistenziali della
persona che trovano la propria tutela – così come anche la Cassazione unani-
107
memente afferma – nella «clausola aperta» di cui all’art. 2 Cost., quale nor-
103
Così, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, 20 maggio 1996, BMW v. Gore, anche in
Foro it., 1996, IV, c. 421, annotata da G. PONZANELLI, L’incostituzionalità dei danni punitivi «grossly
excessive». Il limite del decuplo del valore del danno compensativo viene deciso dalla Corte Suprema
degli Stati Uniti in State Farm Mutual Auto Ins. Co. v. Campbell 538 U.S. 408 (2003), anche in Foro
it., 2003, IV, c. 355, con il commento di G. PONZANELLI, La «costituzionalizzazione» dei danni puni-
tivi: tempi duri per gli avvocati nord-americani, dopo un acceso dibattito (per una sintesi del quale, P.
FAVA, Punitive damages e ordine pubblico: la Cassazione blocca lo sbarco, in Corriere giur., 2007, p.
499 ss.) che ha coinvolto giurisprudenza e dottrina. In argomento, Francesca BENATTI, Correggere e
punire dalla law of torts all’inadempimento del contratto, Milano, 2008, passim; EAD., La circolazione
dei danni punitivi: due modelli a confronto, in Corriere giur., 2012, p. 263 ss.; M. TOCCI, Il danno pu-
nitivo in prospettiva comparatistica, Bologna, 2014, p. 15 ss.
104
Così, Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, 20 febbraio 2007, in Foro it., 2008, IV, c. 178
ss., nel caso Philip Morris Usa v. Williams.
105
Ora, anche G. PONZANELLI, I danni punitivi sempre più controllati: la decisione Philip Morris
della Corte suprema americana, in Foro it., 2008, IV, c. 181.
106
In questo senso, anche G. PONZANELLI, Limiti del danno esistenziale, in P. Cendon, P. Ziviz (a
cura di), Il danno esistenziale. Una nuova categoria della responsabilità civile, cit., p. 803, ove ricorda
che lo stesso «giudice delle leggi aveva affermato che dell’art. 2059 c.c. avrebbe dovuto essere dichia-
rata l’incostituzionalità se non fosse stata permessa la riparazione del danno non patrimoniale
nell’ipotesi di lesione di diritti soggettivi fondamentali».
107
È confortante verificare che la concezione che ravvisa nell’art. 2 Cost. una clausola aperta e
una norma direttamente applicabile nei rapporti intersoggettivi è stata seguita sia da quelle decisioni
196 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ma immediatamente precettiva nei rapporti interprivati. Coloro che ammette-


vano la risarcibilità del solo danno biologico, anche in assenza di reato, quale
danno patrimoniale, formulavano – prima dei noti interventi legislativi (art. 13
del d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38; art. 5, comma 3, legge 5 marzo 2001, n. 57;
art. 138 d.lgs. n. 209 del 2005) e giurisprudenziali – una regola composita che
trovava il suo precetto nel collegamento tra gli artt. 2043 c.c. e 32 Cost., ma a
continuavano a disconoscere ogni tutela di compensation per le altre situa-
zioni esistenziali protette dalle ulteriori norme della Costituzione (artt. 2, 3 ss.
Cost.), considerando tali posizioni soggettive riparabili nei limiti di cui all’art.
2059 c.c. Questa tesi, che ha avuto il solo merito di sganciare la problematica
del danno alla salute (quale preteso danno patrimoniale) dalla categoria del
danno “da reato”, iniziando ad incrinare dall’interno l’ermeneutica bipolare,
finiva con il negare una tutela positiva e prettamente civilistica (sulla base del-
la generale funzione di compensation di cui all’art. 2043 c.c.) a tutti gli altri
«diritti inviolabili» che sono riconosciuti e garantiti dalla nostra Costituzione.
La riparabilità di tali danni (considerati, questa volta, non patrimoniali) veniva
arbitrariamente subordinata alla commissione di un fatto che integrasse una
previsione di reato.
Questa dottrina, tuttavia, non ha mai spiegato perché l’art. 32 Cost. doves-
se essere l’unica norma costituzionale direttamente applicabile ai rapporti in-
tersoggettivi e perché la menomazione dell’integrità psicofisica della persona
dovesse essere qualificata danno patrimoniale, mentre la lesione della reputa-
zione personale, il dolore «catastrofico», l’ingiusta detenzione e la sofferenza
derivante, ad esempio, dalla perdita di un congiunto, ecc. dovevano essere
considerati danni non patrimoniali. La pretesa patrimonialità del danno alla
salute non poteva discendere dal carattere di materialità o di corporalità della
lesione, se è vero che il danno psichico c.d. permanente, per gli stessi sosteni-
108
tori di tale tesi , doveva essere comunque risarcito, quale danno biologico, ai
sensi dell’art. 2043 c.c. Un ulteriore criterio alla cui stregua qualificare il dan-
no come patrimoniale poteva essere rappresentato dalla sua valutabilità e/o
accertabilità attraverso una perizia medico-legale. In questo senso depongono
anche gli interventi legislativi in tema di danno biologico (art. 13, d.lgs. n. 38
del 2000; art. 5, comma 3, legge n. 57 del 2001; art. 138 d.lgs. n. 209 del 2005),
ma appare evidente come un simile dato, pur potendo qualificare il danno alla
salute quale lesione – in sé risarcibile – dell’integrità psichica oltre che fisica,

che prospettano una nozione di danno in senso giuridico, e che considerano risarcibile il danno even-
to in sé (per tutte, Cass., Sez. I, 7 giugno 2000, n. 7713, in Danno e resp., 2000, p. 836; Cass., Sez. III,
19 giugno 1996, n. 5650, in Riv. giur. ambiente, 1997, p. 680), sia da quelle sentenze che si rifanno –
sia pure con qualche indecisione – all’ermeneutica bipolare (Cass., Sez. III, 3 aprile 2001, n. 4881, in
Guida al dir., 2001, n. 19, pp. 60 e 61).
108
Per tutti, F.D. BUSNELLI, Tre «punti esclamativi», cit., p. 3035 ss.; ID., A dieci anni dalla sen-
tenza n. 184 del 1986 della Corte costituzionale sul danno alla salute. Conferme, correzioni di rotta, pro-
spettive, in Resp. civ. prev., 1997, p. 917 ss.; P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 300 ss.
IL DANNO INGIUSTO 197

incidendo sul regime della prova e sulle modalità di valutazione, prescinda dal
carattere patrimoniale del danno e/o delle sue conseguenze.
Il carattere palesemente incostituzionale dell’interpretazione dominante
dell’art. 2059 c.c. è stato testimoniato dal tentativo estremo, ed abbastanza di-
sinvolto, di chi, pur proponendo di confermare «un sistema bipolare anche
nel danno agli interessi della persona», auspicava «una valutazione positiva del
collegamento tra art. 2059 c.c. e art. 2 Cost., non in quanto rinvio di per sé
esaustivo, ma come fondamento di un itinerario ermeneutico complesso, sot-
tratto sia ai presupposti dell’art. 185 c.p. sia alla cogenza del richiamo testuale
109
al danno non patrimoniale» . Ma tale soluzione, che può essere considerata
come contrapposta in via speculare a quella che si argomenta in queste pagine,
là dove muove dall’esigenza di apprestare una tutela minimale per le situazioni
costituzionalmente garantite sulla base dell’estensione del testo dell’art. 2059
c.c., piuttosto che sul fondamento del criterio dell’ingiustizia di cui all’art.
2043 c.c., sembrava forzare insostenibilmente il tenore letterale, strutturale e
funzionale dell’art. 2059 c.c. oltre i «casi determinati dalla legge», contraddi-
110 111
cendo sia l’unanime giurisprudenza , sia la più attenta dottrina che aveva
ricostruito, anche in chiave storica e alla luce dei lavori preparatori, l’ambito
di operatività e le finalità dichiaratamente afflittive che ispirano la disciplina di
cui agli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. Tale proposta, inoltre, implicava – per espres-
sa ammissione dell’autrice – un’interpretazione abrogante sia dei «presupposti
dell’art. 185 c.p.», sia del «richiamo testuale al danno non patrimoniale», e ciò
non sembrava operazione consentita al giurista, in assenza di una sentenza di
accoglimento della Corte costituzionale che eliminasse, almeno in parte – ma
in questo caso l’intero art. 2059 c.c. non avrebbe avuto probabilmente più
senso –, l’enunciato che limita la portata applicativa dell’art. 2059 c.c. ai soli
«casi determinati dalla legge».

8. Come opportunamente sottolineato dalla (troppo a lungo) incompresa


sentenza n. 184 del 1986 della Corte costituzionale, il sintagma danno ingiusto
collega la norma primaria (art. 2043 c.c.) alla violazione di un qualsiasi interes-
se giuridicamente rilevante. Poiché la vita, la salute e, più in generale, la digni-
109
E. NAVARRETTA, Diritti inviolabili, cit., p. 320; ID., Art. 2059 c.c., cit., p. 873, ove ribadisce
che «il danno non patrimoniale è certamente risarcibile ex art. 2059 c.c. e 2 Cost.». Pare orientato
verso una «lettura costituzionalizzata della disciplina codicistica», la quale assicurerebbe «l’amplia-
mento della sfera di tutela ben oltre la soglia del solo danno morale in senso stretto», anche A. IAN-
NARELLI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 764. Un tentativo di estendere la portata dell’art. 2059
c.c. oltre le fattispecie tipiche di reato si deve già ad A. CATAUDELLA, La tutela civile della vita priva-
ta, Milano, 1972, p. 55 ss.
110
Per tutte, Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, in Corriere giur., 2002, p. 463 s.
111
Basti citare l’approfondita indagine di G. BONILINI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 139 ss.,
ivi gli ulteriori riferimenti bibliografici. Cfr. anche ID., voce Danno morale, in Dig. Disc. Priv., IV ed.
diretta da R. Sacco, Sez. civ., V, Torino, 1989, p. 87 s.; C. SALVI, voce Danno, cit., p. 68.
198 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

tà della persona assumono nella gerarchia dei valori costituzionali una carica
garantistica che risulta la più elevata possibile in termini di ampiezza e di effet-
112
tività , la lesione di tali aspetti costituisce danno ingiusto, risarcibile ai sensi
degli artt. 2043 c.c. e 2 ss. Cost. Il consueto riferimento al regime di responsa-
bilità delittuale non impediva di ravvisare una responsabilità di tipo contrat-
tuale ogni qual volta sussistesse la violazione di obblighi a contenuto specifi-
113
co . Gli artt. 2 e ss. della Costituzione, quali norme «pienamente operanti
anche nei rapporti di diritto privato», qualificano «la sussistenza dell’illecito,
114
con conseguente obbligo della riparazione» anche là dove l’evento dannoso
sia collegato a un particolare regime di responsabilità oggettiva o assoluta che
115
prescinda dalla colpa o dal dolo del danneggiante e della vittima .
L’itinerario metodologico tracciato dalla Consulta appariva immediata-
116
mente generalizzabile anche di là dall’ipotesi di danno alla salute, che pure
rappresentava la specifica ratio decidendi. Come ha riconosciuto la stessa Cas-
sazione, «la nota sentenza n. 184 del 1986, relativa al danno-evento da lesione
del diritto alla salute» risultava «riferibile (per la latitudine dei suoi enunciati)
117
ad ogni analoga lesione di diritti comunque fondamentali della persona» . La
nozione di danno-evento, definita dalla Corte costituzionale, ha trovato una
sua incontrovertibile conferma legislativa sia nella formula introdotta dall’art.
5, comma 3, della legge 5 marzo 2001, n. 57, sia nell’enunciato dell’art. 138,
comma 2, lett. a, d.lgs. n. 209 del 2005. In questo senso, soprattutto se si evita
di incorrere nell’errore di confondere il problema della risarcibilità con quello
118
della valutazione, e di sostituirsi (a sproposito) al legislatore , risulta evidente
come questi testi abbiano qualificato il danno biologico quale ingiusta lesione
(temporanea o permanente) dell’integrità psicofisica della persona, come evento
dannoso che è risarcibile in sé, sulla base della valutazione medico-legale e del
sistema non reddituale del calcolo a punto. Le ulteriori “conseguenze” patri-
moniali devono essere separatamente liquidate.
112
F.D. BUSNELLI, Note introduttive alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, in Nuove leggi civ. comm.,
1979, p. 1190 s.; A. CORASANITI, Commento alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, ivi, 1979, p. 1196 ss.
113
Per una sottolineatura di tale aspetto, sovente trascurato, v. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAU-
RO, La riparazione dei danni, cit., p. 279 s.
114
Le espressioni tra virgolette sono di Corte cost., 14 luglio 1986, n. 184, in Resp. civ. prev.,
1986, p. 527 s.
115
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 280 s.
116
Così A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I danni alla persona, cit., p. 775 ss.
117
Testualmente Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, in Danno e resp., 2000, p. 836; implicitamente, già
Cass., 19 giugno 1996, n. 5650, in Riv. giur. ambiente, 1997, p. 680.
118
Non sfugge a entrambe le tentazioni, invece, M. ROSSETTI, Nuove norme, cit., p. 589, là dove
afferma che tale norma non dovrebbe confermare la nozione di danno evento, «perché il comma 4
dell’art. 5 della legge prevede […] la possibilità di modificare il risarcimento in considerazione delle
peculiarità del caso concreto». Sulla base di questa dubbia argomentazione, l’A. preferisce esercitarsi
nel mestiere del legiferare, proponendo di riscrivere il testo della norma in questi termini: «il danno
biologico è la lesione all’integrità psicofisica della persona, da accertare medico-legalmente, e da valu-
tare in base alle conseguenze pregiudizievoli prodotte sulla vita concreta del leso».
IL DANNO INGIUSTO 199

La Corte costituzionale, nella citata decisione, già considerava risarcibile


ogni danno (ingiusto) sul fondamento della mera «sussistenza dell’illecito»,
iniziando a percorrere l’unico itinerario ermeneutico che fosse in grado di ga-
rantire, senza inammissibili forzature, la legittimità costituzionale dell’art.
2059 c.c. Tale affermazione che, al contrario, ha dato luogo ad una rimarche-
vole serie di incomprensioni giuridiche, aveva già trovato un primo riscontro
nella stessa giurisprudenza della Cassazione allorché, sempre nel corso del 1986,
aveva affermato che la colpevole violazione del diritto alla «attività sessuale»
dei coniugi rappresentava un danno «di per sé risarcibile, […] qualificabile
come danno che non è né patrimoniale (art. 2056 c.c. in relazione all’art. 1223
dello stesso codice) né non patrimoniale (art. 2059 c.c. in relazione all’art. 185
119
c.p.), comunque rientrante nella previsione dell’art. 2043 c.c.» .
Tale orientamento, che iniziava a incrinare i postulati della teoria bipolare,
sganciando opportunamente la risarcibilità del danno dal problema della pa-
trimonialità, aveva trovato poi ulteriore conferma nella convinzione che il pre-
giudizio ai diritti che rientrano nei fondamentali attributi della personalità
umana, come il decoro, il prestigio, la dignità e la salute, dovesse trovare ne-
cessariamente ristoro, «in applicazione dell’art. 2043 c.c., al di là dei limiti
120
previsti per il risarcimento dei danni non patrimoniali derivanti da reati» .
Superata «ormai da anni la questione relativa alla funzione precettiva e non
programmatica dell’art. 2 Cost., con conseguente affermazione della rilevanza
costituzionale della persona umana, in tutti i suoi aspetti, questa norma com-
porta che l’interprete […] è legittimato a costruire tutte le posizioni soggettive
idonee a dare garanzia, sul terreno dell’ordinamento positivo, ad ogni proie-
zione della persona nella realtà sociale, entro i limiti in cui codesto risultato si
121
ponga come conseguenza della tutela dei diritti inviolabili dell’uomo» . Una
volta provati la condotta e il nesso di causalità, il danno è in re ipsa e dovrà es-
sere risarcito senza che il danneggiato debba fornire la dimostrazione dell’esi-
122
stenza del danno .
La vigente Costituzione, «garantendo principalmente e primariamente va-
lori personali impone, infatti, una lettura costituzionalmente orientata dell’art.
2043 c.c. (che non si sottrarrebbe altrimenti ad esiti di incostituzionalità) in
123
correlazione agli articoli della Carta che tutelano i predetti valori» . Ne con-
segue che l’«art. 2043 c.c., correlato agli artt. 2 e ss. Cost., va così necessaria-
mente esteso fino a ricomprendere il risarcimento non solo dei danni in senso
stretto patrimoniali ma di tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano

119
Cass., 11 novembre 1986, n. 6607, in Giust. civ., 1986, I, p. 3037; criticamente, C. SALVI, voce
Danno, cit., p. 69.
120
Cass., 23 marzo 1996, n. 2576, in Danno e resp., 1996, p. 321.
121
Cass., 3 aprile 2001, n. 4881, in Guida al dir., 2001, n. 19, p. 60 s.
122
Testualmente, Cass., 23 marzo 1996, n. 2576, cit., p. 321.
123
Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, cit., p. 836.

8.
200 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

124
le attività realizzatrici della persona umana» . «Essendo le norme costituzio-
nali di garanzia dei diritti fondamentali della persona pienamente e diretta-
mente operanti “anche nei rapporti tra privati” (cd. Drittwirkung), non è ipo-
tizzabile un limite alla risarcibilità, della correlativa lesione, “per sé considera-
125
ta” (n. 184 del 1986), ai sensi dell’art. 2043 c.c.» .
Finalmente la corretta lettura della sentenza n. 184 del 1986 della Consulta,
dopo oltre tre lustri dalla sua pubblicazione, conduceva la giurisprudenza del-
la Cassazione a una svolta epocale che, se coerentemente intesa e perseguita,
126
sulla scia dei principi enunciati dalle Sezioni Unite , non poteva non prelu-
dere al superamento dell’ermeneutica bipolare.
L’unico riferimento oscuro, probabilmente, era quello relativo alla qualifi-
127
cazione del danno come «esistenziale ed alla vita di relazione» . Non si trat-
128
tava, però, della «prima vittoria in Cassazione del danno esistenziale» , né di
129
una «vera e propria pena privata» , poiché i giudici avevano risarcito il dan-
no sulla base della funzione di compensation che è propria dell’art. 2043 c.c.
La Suprema Corte sembrava più semplicemente accogliere una lettura degli
artt. 2043 e 2059 c.c. che, abbandonando progressivamente i postulati della
teoria differenziale, iniziava a intendere ed a valorizzare appieno il significato
dell’ingiustizia del danno di cui all’art. 2043 c.c. La pretesa ricezione della fi-
gura del danno esistenziale appariva dettata da una logica improntata al
pragmatismo, poiché aveva consentito alla giurisprudenza di mutare orienta-
mento e di tutelare comunque quegli aspetti della personalità umana che sono
costituzionalmente rilevanti, senza doversi porre in un atteggiamento di aperta
contestazione con la concezione bipolare (ma sostanzialmente superandola).
Le argomentazioni della Cassazione, tuttavia, richiedevano un’ulteriore svolta
sistematica. Limitare l’art. 2059 alle sole ipotesi nelle quali la condotta inte-
grasse una previsione di reato e ammettere che l’art. 2043 c.c. consentisse di
risarcire, in tutti gli altri casi, qualsiasi danno ingiusto, a prescindere dalla sua
qualificazione i termini di patrimonialità – non patrimonialità, significava pro-
spettare una generale teoria della responsabilità civile che aveva superato le
incongruenze della tesi bipolare.

124
Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, cit., p. 836.
125
Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, cit., p. 836.
126
Nella più volte citata sentenza della Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270 s.
127
Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, cit., p. 836.
128
In questi termini, invece, P.G. MONATERI, «Alle soglie»: la prima vittoria in Cassazione del
danno esistenziale, in Danno e resp., 2000, p. 836 ss.
129
Così, invece, G. PONZANELLI, Attenzione: non è danno esistenziale, cit., p. 841 ss.
IL DANNO INGIUSTO 201

130
9. Nella lunga calda estate del 2003, tra mille chiaroscuri e qualche visio-
ne onirica, mentre la Consulta stava decidendo sull’ennesima questione di le-
gittimità costituzionale dell’art. 2059 c.c., questa volta motivata con argomen-
131
tazioni meno convincenti , la Corte di Cassazione, rinnegando gran parte
132
della sua giurisprudenza, anche delle Sezioni Unite , la decisione n. 184 del
133
1986 e, da ultimo, lo stesso legislatore, ha deciso di sostituirsi alla Corte co-
stituzionale e ha accolto un’interpretazione parzialmente abrogante del testo
dell’art. 2059, in ordine sia ai «presupposti dell’art. 185 c.p.», sia al «richiamo
134
testuale al danno non patrimoniale» . La Corte, nelle due sentenze-fotoco-
pia, ha caratterizzato tale ermeneutica abrogante in senso relativo, là dove ha
dichiarato di «ritenere inoperante il detto limite se la lesione ha riguardato va-
135
lori della persona costituzionalmente garantiti» .
136
«Con fulminea tempestività» , nell’arco di qualche settimana, è stata de-
137
positata anche l’attesa sentenza della Consulta , che nella sostanza ha ratifi-
cato, recepito e approvato l’inedito orientamento della Suprema Corte. Alla
luce di questa ulteriore decisione, sembra opportuno tentare una ricostruzione
del sistema di responsabilità civile, proprio sulla base di un’interpretazione
coordinata di questi imprevisti e imprevedibili interventi giurisprudenziali, al
fine di verificarne il loro effettivo significato. Infatti, in presenza di un costan-
te orientamento della Suprema Corte che correttamente prospettava «una let-
138
tura costituzionalmente orientata dell’art. 2043 c.c.» , tutto sarebbe stato le-
cito pensare, fuorché ipotizzare che l’art. 2059 fosse «tirato fuori dallo stanzi-
no dei robivecchi, fatto oggetto di respirazione bocca a bocca, riverniciato
completamente, salvato all’ultimo momento dalla rottamazione, rilanciato co-
139
me grande star della responsabilità civile e magari di tutto il diritto privato» .
130
Il riferimento è a F.D. BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate, cit., p. 826 ss.; v., altresì, G. PONZANELLI,
Ricomposizione dell’universo non patrimoniale: le scelte della Corte di Cassazione, ivi, 2003, p. 829 ss.
131
Per la critica delle quali si rinvia ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I “nuovi” danni, cit., p.
473 s. Ma egualmente critici sono i rilievi mossi da G. PONZANELLI, Art. 2059 c.c. tra esame di costi-
tuzionalità e valutazione di opportunità, in Danno e resp., 2002, p. 875 ss., e da P.G. MONATERI, Il
brontosauro alla resa dei conti? «I will survive», ivi, 2002, p. 862 ss.
132
In particolare, Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, in Corriere giur., 2002, p. 461 ss., e
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p. 2270 s.
133
Citata anche da Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, in Danno e resp., 2003, p. 817, e da
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827, ivi, 2003, p. 821.
134
Tale interpretazione (parzialmente) abrogante era propugnata da E. NAVARRETTA, Diritti in-
violabili, cit., p. 320, della quale sono le parole tra virgolette.
135
Testualmente, Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827,
cit., p. 822 (alla quale sembra inutile un costante riferimento, proprio per l’identità delle espressioni
utilizzate).
136
F.D. BUSNELLI, op. ult. cit., p. 829.
137
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Danno e resp., 2003, p. 939 ss.
138
Cfr., ad es., Cass., 7 giugno 2000, n. 7713, in Danno e resp., 2000, p. 836. Per le ulteriori deci-
sioni v., retro, il cap. II, §§ 6-11.
139
Così P. CENDON, Anche se gli amanti si perdono l’amore non si perderà. Impressioni di lettura
su Cass. 8828/2003, in Riv. crit. dir. priv., 2003, p. 385.
202 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Tuttavia, anche a seguito di queste repentine, discutibili vicende giurispru-


denziali, si è consumata la morte di un’«ermeneutica bipolare» vieta e incosti-
tuzionale, mentre risorge un modello di riparazione più complesso e articola-
to, che individua comunque nel criterio dell’ingiustizia del danno (art. 2043
c.c.) l’unico centro attorno al quale ruota l’universo della responsabilità civi-
140
le . Per il resto, sotto un profilo strettamente teorico, il nostro ordinamento
pare essersi arricchito: non possiede, come si era un po’ da tutti creduto, una
sola clausola onnicomprensiva in tema di responsabilità civile (l’art. 2043 c.c.).
Rischia di possederne due. Poco male se la Cassazione, sulla scia di una grade-
141
vole quanto isolata dottrina, ha inventato una «pseudo-clausola generale» ,
rappresentata dall’art. 2059 c.c., dettata espressamente per tutti i danni non
patrimoniali, anche di là dai «casi determinati dalla legge» e dal collegamento
con l’art. 185 c.p. L’importante è che questa elucubrazione (il diritto, d’altron-
de, non è mai appartenuto al novero delle scienze esatte) abbia consentito di
risarcire integralmente tutti quei danni e tutte quelle ulteriori conseguenze pa-
trimoniali e non patrimoniali che sono arrecati alle situazioni della persona
munite di garanzia costituzionale. A seguito dell’intervento della Consulta
142
l’art. 2059 non rimarrà in Paradiso , come si era maliziosamente ipotizzato.
Ma non andrà neanche direttamente all’Inferno, come pure si era pensato.
Sempre che si voglia accogliere un’interpretazione che consideri sopravvissuto
un barlume di autonomia strutturale e funzionale degli artt. 2059 c.c e 185
c.p., pur nel quadro di un’accresciuta prospettiva «monocentrica» della re-
sponsabilità civile.
Per oltre settant’anni il nostro sistema si è caratterizzato, rispetto alla carte-
siana razionalità del modello «unicentrico» d’oltralpe, per una scelta (poi de-
finita, dai più, come) «bipolare». A fronte di una clausola generale di respon-
sabilità civile avverso ogni danno ingiusto (art. 2043 c.c.), il nostro legislatore
aveva dedicato un’apposita norma «speciale» (l’ultima, in ordine numerico:
l’art. 2059 c.c.) alla riparazione dei danni non patrimoniali. La limitazione ai
soli «casi determinati dalla legge» richiedeva, secondo la Cassazione, «la con-
figurabilità di un fatto-reato, rinviando all’art. 185 c.p. che, a sua volta, riman-
143
da[va] alle singole fattispecie delittuose» . Secondo una consolidata interpre-
tazione, che leggeva tali norme in maniera burocratica e strutturale, senza in-
teressarsi minimamente alle differenti funzioni delle quali le due regole (artt.
144
2043 e 2059) pur erano espressione , si era deciso che nessun danno “non
patrimoniale” fosse riparabile, per il diritto civile, in assenza di una condotta

140
In questi termini, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 53
ss.; Parte II, cit., spec. p. 225.
141
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il sistema di responsabilità civile, cit., p. 967.
142
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c. va in Paradiso, cit., p. 831 ss.
143
Cass., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515, cit., p. 464.
144
Per una critica di tale ermeneutica, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto,
Parte I, cit., pp. 13-56; Parte II, cit., p. 247 ss.
IL DANNO INGIUSTO 203

che configurasse «una fattispecie criminosa in tutti i suoi elementi costitutivi,


145
anche di carattere soggettivo» .
Questa ermeneutica bipolare era chiaramente incostituzionale. Tant’è che
fin dal 1979 la Consulta iniziò a pronunziarsi, a regolari intervalli di tempo,
sulle molteplici ordinanze che, in coincidenza con l’emergere del problema del
danno alla salute e con l’affermarsi della diretta applicabilità dell’art. 32 Cost.,
tendevano a dimostrare l’illegittimità costituzionale dell’art. 2059 c.c. Quest’ul-
timo fu considerato ancora degno di esistere nei limiti in cui non rappresen-
tasse un ingiustificato ostacolo alla risarcibilità delle «situazioni soggettive co-
146
stituzionalmente garantite» . Quale logica soluzione, i danni alla salute furo-
no risarciti ai sensi degli artt. 2043 c.c. e 32 Cost., mentre il testo dell’art. 2059
conobbe un processo di progressiva erosione. Operazione, questa, tecnica-
147
mente ineccepibile, se fosse stata fondata sul criterio dell’ingiustizia ; del tut-
to censurabile, invece, là dove si proponeva – cosa che, poi, disgraziatamente
accadde – di riparare i danni alla integrità fisica e, poi, psichica, non come danni
ingiusti (ai sensi dell’art. 2043 c.c.), ma come danni patrimoniali. Affermatasi,
148
finalmente, anche in giurisprudenza, la concezione che individua nell’art. 2
Cost. sia una «clausola aperta» (e non una regola puramente «riassuntiva»),
sia una norma direttamente efficace nei rapporti interprivati (con buona pace
per le tesi «programmatiche» o «progettuali»), non era più pensabile conti-
nuare a risarcire (ai sensi dell’art. 2043) il danno psichico (più o meno perma-
nente) come preteso danno patrimoniale, e a non riparare (perdurando il veto
dell’art. 2059) tutte le ulteriori lesioni dei diritti costituzionalmente rilevanti
149
della persona . Da qui la nascita della figura del danno esistenziale, fondata –
da qualche suo autore – più su confusi paradigmi risarcitori, che sull’art. 2043
150
c.c., come pur lucidamente suggerivano Paolo Cendon e Pier Giuseppe
151
Monateri .
In presenza di tale situazione si proposero svariate soluzioni al fine di ri-
condurre il nostro modello di responsabilità civile al rispetto della legalità co-
stituzionale. La prima, più che una terapia, per il sistema bipolare, era una so-
luzione terminale. In attesa di un eventuale intervento del legislatore, la Con-
sulta aveva la possibilità di accogliere la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 2059, eliminandolo in toto, ovvero cancellando, anche in via interpre-
tativa, dal testo dell’art. 2059 c.c. la limitazione ai «casi determinati dalla leg-

145
Lo sottolinea proprio Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940.
146
Corte cost., 26 luglio 1979, n. 87, in Giust. civ., 1979, III, p. 124.
147
Così già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni, cit., p. 395.
148
Che si deve a P. PERLINGIERI, La personalità umana, cit., p. 17 ss.
149
In tal senso, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 29 ss.;
Parte II, cit., p. 254 e passim.
150
Non di sola salute, cit., p. 11.
151
Verso una teoria, cit., p. 723.
204 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

152
ge». Ma anche in questa ipotesi, come già rilevato , l’intero art. 2059 c.c. non
avrebbe avuto comunque più senso.
La seconda soluzione era stata proposta in modo compiuto soltanto di re-
153
cente . Pur contestando con veemenza l’inveterata «ermeneutica bipolare»,
più che una soluzione terminale rappresentava – almeno per il suo autore –
l’unica possibile terapia per il sistema bipolare. Nel rispetto delle chiare diffe-
renze strutturali rese palesi dai testi degli artt. 2043 e 2059 c.c., si era proposto
di considerare, anche ai fini applicativi, l’originaria diversa funzione che è a
fondamento di tali norme. La eccezionale (rispetto alla generale finalità di
compensation espressa dall’art. 2043 c.c.) funzione privatamente afflittiva del-
l’art. 2059 avrebbe consentito di comminare, ma «solo nei casi determinati
dalla legge» (art. 185 c.p.), danni punitivi nei casi di reato. «In tutti gli altri ca-
si», e quindi anche in ipotesi di violazione di interessi costituzionalmente rile-
vanti non riconducibili a fatti di reato, l’art. 2043 c.c. avrebbe assicurato, con
funzione di compensation, il risarcimento avverso ogni ulteriore danno ingiu-
154
sto . A tal fine si è cercato di dimostrare, sulla scia di un’autorevole dottri-
155
na , come il dogma che considera risarcibile ai sensi dell’art. 2043 c.c. il solo
danno patrimoniale fosse destituito di ogni fondamento, sia sotto il profilo si-
stematico, sia sotto gli aspetti strutturale, funzionale e civil-costituzionale, de-
nunziando altresì la sua inadeguatezza a fornire una rappresentazione generale
e coerente del sistema di responsabilità civile, idonea a comprendere ogni fi-
gura di danno (non soltanto patrimoniale) e ogni tipo di riparazione (in dena-
156
ro e in forma specifica) .
Tale ricostruzione, nella sua portata generale, rimane inalterata rispetto ai
sopravvenuti orientamenti delle Corti, che hanno un oggetto ben più limitato.
Ma anche in relazione alla specifica interpretazione degli artt. 2043 e 2059 c.c.
il discorso che si è svolto in quelle pagine permane intatto, anzi risulta con-
fermato dai pur maldestri svolgimenti giurisprudenziali. Con un unico corret-
tivo. Ai fini della riparazione dei danni non patrimoniali che non derivano «da
reato», la struttura e la funzione dell’art. 2043 c.c. operano attraverso la me-
diazione, ormai soltanto formale, di un art. 2059 c.c. che è stato ridotto ai suoi
minimi termini normativi, spogliato com’è di ogni ulteriore collegamento con
l’art. 185 c.p. e con il sistema del diritto penale. La Cassazione e la Consulta
hanno affermato che tutti gli interessi costituzionalmente rilevanti della perso-
na (finalmente un’accezione corretta), il cui catalogo «aperto» è sancito negli
artt. 2 ss. Cost., devono trovare necessariamente una tutela risarcitoria in caso
152
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte II, cit., p. 255.
153
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 55 s.; Parte II, cit., pp.
220-264.
154
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., pp. 9-56; Parte II, cit.,
p. 243 ss.
155
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p. 289 s.
156
Sia consentito rinviare ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., pp. 220-262.
IL DANNO INGIUSTO 205

157
di ingiusta lesione, di là dai limiti previsti dall’art. 2059 c.c. . Venendo meno
il riferimento all’art. 185 c.p., allorché si tratta di ipotesi che sono del tutto
estranee alla materia penale, l’art. 2059 c.c. opera soltanto in ordine alla quali-
ficazione formale del danno come «non patrimoniale», mentre ai fini della con-
creta riparazione risulta necessario verificare innanzitutto se il danno sia ingiu-
sto ai sensi dell’art. 2043 e, quindi, risarcibile. La riparazione, per quanto ri-
guarda sia l’an respondeatur, sia il quantum, risulta subordinata agli «elementi
158
costitutivi» previsti dallo stesso art. 2043 c.c. e dalle norme ad esso collegate.
Si tratta di un sistema inutilmente complicato che, ai fini del risarcimento
del danno «non patrimoniale», richiede un pleonastico collegamento tra gli
159
artt. 2059 e 2043 c.c. e che non considera la valenza di «norma primaria»
che le Sezioni unite (n. 500 del 1999) e la stessa Consulta hanno inteso asse-
gnare all’art. 2043 c.c. Sarebbe stato più logico e coerente considerare i danni
alla personalità umana non derivanti da reato immediatamente risarcibili ai
sensi dell’art. 2043 c.c., sulla base del criterio dell’ingiustizia e della sua fun-
zione di compensation, senza richiedere la superflua mediazione tecnica di un
art. 2059 che è stato ormai svuotato di ogni ulteriore (art. 185 c.p.) significato.
Pertanto, sembra più che mai «legittimo chiedersi: perché non tornare ai testi
160
originari degli artt. 2043 e 2059 c.c.» .
Se la Cassazione e la Consulta hanno elaborato questa inusuale interpreta-
zione degli artt. 2059 e 2043 c.c. è anche perché la dottrina, in questi anni,
non è stata in grado di porre seriamente in discussione dogmi assiomaticamen-
te acquisiti, essendosi sempre rifiutata di verificare il reale fondamento giuri-
dico del preteso carattere «patrimoniale» del danno (di cui all’art. 2043 c.c.) e
del conseguente binomio patrimonialità/risarcibilità. L’aver tentato di riparare
il danno all’integrità fisica e, poi, psichica e, poi, esistenziale pur ai sensi del-
161
l’art. 2043 c.c., ma quale danno «patrimoniale», e non come danno ingiusto ,
rappresentava un nonsenso giuridico che inevitabilmente avrebbe autorizzato
chiunque a proporre le interpretazioni più spregiudicate, alla ricerca di una
necessaria tutela minimale per le altre situazioni protette dalle Costituzioni ita-
liana e, oggi, europea.
Posto l’assioma secondo il quale l’art. 2043 c.c. avrebbe ad oggetto il solo
danno patrimoniale, esigenze elementari di eguaglianza e di parità di tratta-
mento imponevano di risarcire tutte le altre lesioni di interessi muniti di ga-
ranzia costituzionale o come danni patrimoniali (ai sensi dell’art. 2043) o, evi-
157
Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 822, e Corte
cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940 s.
158
Così proprio Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818; Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit.,
p. 822, e già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 221 ss.
159
Tale qualificazione è, ora, avvalorata anche da Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., nella
parte della sentenza dedicata al «Ritenuto in fatto».
160
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c., cit., p. 834.
161
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni, cit., p. 395.
206 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

dentemente, nella (fino ad allora negletta) categoria del danno non patrimo-
niale, attraverso un’interpretazione non certo rispettosa del testo, della storia,
della struttura e della funzione dell’art. 2059 c.c. Gli equilibrismi teorici e le
irrazionalità giuridiche della dottrina, prima o poi, si dovevano necessariamen-
te scontrare con il pragmatismo di una giurisprudenza che deve comunque
salvaguardare fondamentali esigenze di certezza e di giustizia. Le incompren-
sioni sulla sentenza n. 184 del 1986, che discorreva di risarcibilità del danno
alla salute in quanto ingiusto (ex art. 2043) e non quale danno patrimoniale, il
162
falso problema del danno in re ipsa e di quello «meramente patrimoniale» ,
l’accoglimento apodittico della teoria della differenza anche nel campo delle
163
situazioni esistenziali , l’incomprensibile dibattito (tutto italiano) sulla risar-
cibilità del danno-evento o del danno-conseguenza, i vacui interventi (ancora
una volta del tutto provinciali) volti a qualificare questo o quel danno (la per-
164
dita di chance, ad es.) come danno emergente o come lucro cessante , là dove
165
è evidente che «ogni danno si può scomporre in queste due componenti» , la
pretesa separazione della problematica del danno da quella della responsabili-
166
tà delittuale e contrattuale (sempre al fine di suffragare il requisito della pa-
trimonialità del danno separatamente dall’ingiustizia), l’incapacità di compren-
dere il nostro sistema delittuale alla luce delle esperienze francese e tedesca
(dalle quali, pure, è interamente derivato), l’inspiegabile orientamento in tema
di danno «tanatologico», fondato sulla pretesa distinzione «ontologica» tra vi-
ta e salute, sul criterio dell’apprezzabile lasso di tempo e scandito dal fatuo
dibattito in merito alla risarcibilità iure proprio o iure hereditario, da ultimo, lo
stesso inutilmente acceso confronto sul danno esistenziale e sul suo preteso
167
riconoscimento giurisprudenziale , che tende a risolversi in una questione di
168
mera etichetta giuridica , ecc., non hanno certo contribuito a favorire la
comprensione del nostro sistema di responsabilità civile ed a chiarire le idee
alla pur volenterosa giurisprudenza.

162
Cfr. F. TORTORANO, Il danno meramente patrimoniale (Percorsi giurisprudenziali e compara-
zione giuridica), con la presentazione di P. Pollice, Torino, 2001, p. 230 ss.
163
Per la critica, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 44 ss.;
Parte II, cit., pp. 232 ss., 237 ss.
164
Non condivisibile è, dunque, lo scritto di M. ROSSETTI, Il danno da perdita di chance, in Riv.
giur. circol. trasp., 2000, p. 662 ss.
165
Esattamente, A.M. PRINCIGALLI, Perdita di chances e danno risarcibile, in Riv. crit. dir. priv.,
1985, p. 324.
166
Così, invece, S. PATTI, voce Danno patrimoniale, cit., p. 93.
167
Cfr., ad es., P.G. MONATERI, «Alle soglie», cit., p. 836 ss., e la replica di G. PONZANELLI, At-
tenzione, cit., p. 841 ss.
168
In tal senso, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, I “nuovi” danni, cit., p. 467 ss.
IL DANNO INGIUSTO 207

10. Un sistema binario può dirsi ancora esistente finché risulti «composto
169
di due unità, di due elementi» ben distinti e diversificati sotto i profili della
struttura e della funzione. La Consulta, nel rigettare – non senza aver infieri-
170
to – una questione di legittimità costituzionale che risultava motivata con
scarsa convinzione, supera definitivamente l’«ermeneutica bipolare» ma non
demolisce, almeno formalmente, il modello binario, assumendo un atteggia-
mento minimalista. Anzi, sembra osservare proprio quella «regola del minimo
171
sforzo» che Rodolfo Sacco ci ha insegnato essere una delle caratteristiche
tipiche della nostra giurisprudenza, quando decide in tema di responsabilità
civile.
Ecco come risulta delineata la fisionomia complessiva del sistema, sotto
l’aspetto della struttura, dopo gli interventi del 2003 della Cassazione e della
Corte costituzionale.
a) Danni non patrimoniali arrecati da condotte che integrano solo in astratto
una fattispecie di reato. La ratio decidendi della sentenza della Consulta ha ad
oggetto proprio questa classe di danni, e la loro risarcibilità è certa. La Corte
costituzionale cerca, in qualche modo, di salvare il collegamento «tipizzante»
172
tra gli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. . Ma una volta che il danno non patrimoniale
è causato da una condotta che non integra gli elementi costitutivi, anche di ca-
rattere soggettivo, della fattispecie criminosa, viene meno il collegamento con
il reato medesimo (che non può essere ascritto al danneggiante), mentre per-
mane il suo astratto simulacro.
b) «Ulteriori casi di risarcibilità del danno non patrimoniale estranei alla ma-
teria penale». In questa categoria, la Consulta comprende quelle sparute ipote-
si che sono state introdotte specificamente dal legislatore: i danni da ingiusta
privazione della libertà personale cagionati nell’esercizio di funzioni giudizia-
rie (art. 2, legge n. 117 del 1988) e quelli derivanti dal mancato rispetto del
173
termine ragionevole di durata del processo (art. 2, legge n. 89 del 2001) . A
questi la Cassazione aggiunge anche quei danni che scaturiscono dall’impiego
di modalità illecite nella raccolta di dati personali (art. 29, comma 9, legge n.
675 del 1996) e dall’adozione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici o
174
religiosi (art. 44, comma 7, d.lgs. n. 286 del 1998) . In questi casi la risarcibi-

169
La definizione è tratta da G. DEVOTO, G.C. OLI, Il dizionario della lingua italiana, cit., p. 235,
voce «Binario».
170
V., infatti, Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 939, là dove rileva che l’ordinanza di ri-
messione si fonda sull’erroneo «assunto che l’art. 2043 sia una norma in bianco», e che «Una corretta
valutazione del rapporto di pregiudizialità tra le questioni [...] porta ad invertire l’ordine di trattazio-
ne seguito dal rimettente, esaminando prioritariamente la questione sollevata, nell’ordinanza in via
subordinata».
171
Introduzione, cit., p. 102.
172
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940 s.
173
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940.
174
Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 821.
208 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

lità è certa (e lo era anche prima), ma la Corte costituzionale significativamen-


te precisa che, trattandosi di casi estranei alla materia penale, «è del tutto in-
175
conferente qualsiasi riferimento ad esigenze di carattere repressivo» .
c) Danni non patrimoniali che rappresentano la violazione di interessi costi-
tuzionalmente rilevanti, ma la cui condotta non integra né in concreto né in
astratto una fattispecie di reato. La Corte costituzionale affronta il problema
della loro risarcibilità rilevando che «può dirsi ormai superata la tradizionale
affermazione secondo la quale il danno non patrimoniale riguardato dall’art.
176
2059 c.c. si identificherebbe con il cosiddetto danno morale soggettivo» . Ci-
tando e specificamente approvando il recente orientamento della Cassazione,
la Consulta comprende in questa categoria tripartita, sia i danni all’integrità
psico-fisica suscettibili di «accertamento medico (art. 32 Cost.)», sia i danni
(definiti «esistenziali») che conseguono «dalla lesione di (altri) interessi di ran-
177
go costituzionale inerenti alla persona» , sia il danno morale soggettivo. Am-
178
bigua figura, questa, che, come si era già previsto , rischiava di perdere ogni
autonomia (rispetto, soprattutto, alla categoria dei danni costituzional-esisten-
ziali), se la si continuava a considerare quale lesione dell’interesse «all’integrità
179
morale, la cui tutela [è] agevolmente ricollegabile all’art. 2 Cost.» . Viene ac-
colta, quindi, la concezione dell’art. 2 Cost. quale clausola generale «aperta» e
risulta confermato l’indirizzo della Cassazione secondo il quale «il danno non
patrimoniale deve essere inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni
180
ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona» .
Poiché sono in considerazione «valori personali di rilievo costituzionale,
deve escludersi che il risarcimento del danno non patrimoniale che ne consegua
sia soggetto al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 c.p.»,
181
che viene giudicato «inoperante» . Ciò significa che la risarcibilità di tali
danni è certa, sulla base del collegamento sistematico tra gli artt. 2 Cost., 2059
e, soprattutto, 2043 c.c. Venendo meno ogni riferimento all’art. 185 c.p., risulta
necessario verificare la «sussistenza degli elementi nei quali si articola l’illecito
182
civile extracontrattuale definito dall’art. 2043» . «L’art. 2059 non delinea una
distinta figura di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma, nel presup-
posto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell’illecito

175
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940.
176
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 941.
177
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940 s. In senso analogo, ma senza specifici riferimen-
ti al danno esistenziale, Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817 s.
178
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 34.
179
Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818.
180
Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 816, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 821.
181
Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 822.
182
Testualmente, Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit.,
p. 822 (il corsivo è aggiunto), e già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte II,
cit., p. 221 ss.
IL DANNO INGIUSTO 209

183
civile, consente […] anche la riparazione di danni non patrimoniali» .
d) Danni non patrimoniali arrecati da condotte che integrano anche in con-
creto una fattispecie criminosa «in tutti i suoi elementi costitutivi». Problema
del tutto marginale è interrogarsi sulla sorte di questa categoria di danni. Sotto
il profilo dell’an respondeatur la loro risarcibilità è certa. Non sarebbe pensa-
bile di aver esteso la riparazione del danno non patrimoniale a ipotesi che non
integrano in concreto una fattispecie criminosa, e di escludere dalla riparazio-
ne proprio quei danni che sono arrecati da un fatto-reato. Tuttavia, riguardo
alle caratteristiche della riparazione di questi ultimi, sotto il profilo della fun-
zione (compensativa o afflittiva), il problema verrà esaminato di seguito.
Nel caso dei danni non patrimoniali di cui si è detto sub a), b) e c), il loro
risarcimento è dunque subordinato alla sussistenza di tutti gli «elementi costi-
184
tutivi» previsti dall’art. 2043 c.c. (elemento soggettivo, ove richiesto, ingiu-
stizia del danno, nesso di causalità, ecc.) e dalle norme ad esso collegate: l’art.
2058, per l’eventuale riparazione in forma specifica; gli artt. 2056, 1223 e 1226
c.c., ai fini del risarcimento in denaro; l’art. 2057, norma ingiustamente di-
menticata, ma che prevede lo strumento della rendita vitalizia per i danni alla
persona che hanno carattere permanente.
Il modello bipolare, nei casi contemplati sub a), b) e c), è ridotto a una me-
ra espressione linguistica: l’art. 2059 proclama, in astratto, che «Il danno non
patrimoniale deve essere risarcito», ma, ai fini del risarcimento, operano in via
esclusiva il criterio dell’«ingiustizia» e l’intero sistema che ruota intorno alla
«norma primaria» di cui all’art. 2043 c.c. È, questo, il trionfo della teoria «ge-
nerale e monocentrica» della responsabilità civile e, per converso, il supera-
mento dell’«ermeneutica bipolare».
Un’importante precisazione introdotta da questa decisione della Consulta
consiste nell’aver finalmente confermato che il danno «non patrimoniale» è
risarcibile anche in presenza di norme che prescrivono regimi di imputazione
della responsabilità (a titolo oggettivo, semi-oggettivo o di «colpa presunta»)
che prescindono dagli stessi criteri soggettivi di collegamento (dolo o colpa)
185
previsti, in via generale, dall’art. 2043 c.c. . Sulla scia di alcune pronunzie
della Cassazione, la Corte costituzionale ha infatti affermato che alla ripara-
zione del danno non patrimoniale «non osta il mancato positivo accertamento
della colpa dell’autore del danno se essa, come nei casi di cui agli artt. 2051 e
186
2054, “debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge”» .

183
Le parole tra virgolette, che testimoniano il totale svuotamento normativo dell’art. 2059 c.c.,
sono ancora di Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818, e di Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit.,
p. 822 (il corsivo è nostro).
184
L’espressione è utilizzata proprio da Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818, e da Cass., 31
maggio 2003, n. 8827, cit., p. 822. In tal senso, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit.,
pp. 221-223.
185
In questi termini già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 280 s.
186
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 941.
210 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Il legislatore tedesco, nel riformulare il testo del § 825, nell’abrogare il §


847 e nell’inserire nel § 253 un secondo comma che dispone anch’esso, ma
stavolta in via generale (a prescindere dal tipo di fonte del rapporto obbligato-
rio), la riparazione del danno derivante da ogni «lesione del corpo, della salu-
te, della libertà o dell’autodeterminazione sessuale», ha esteso il risarcimento
del danno non patrimoniale – pur in presenza di qualche rilevata incongruenza
tecnica rispetto alle norme che individuano le fattispecie generatrici dell’ob-
bligazione risarcitoria – all’intero settore della responsabilità contrattuale e di
Gefährdungshaftung. Il mancato riferimento all’allgemeine Persönlichkeitsrecht
nel comma 2 del § 253 BGB non è sembrato costituire un ostacolo alla sua ri-
cezione in via ermeneutica, attraverso l’estensione analogica della tutela previ-
sta per i beni specificamente protetti, risultando vietata la sola argomentazione
per induzione volta ad elaborare un opposto principio generale – rispetto a
quello previsto nel § 253 BGB – di risarcibilità del danno non patrimoniale.
Tale problematica si è posta anche nell’esperienza italiana, ma sulla base di
un diverso itinerario argomentativo. In presenza di un orientamento giuri-
sprudenziale che ha stravolto i tradizionali limiti applicativi dell’art. 2059 c.c.
e che ha considerato il danno non patrimoniale «come categoria ampia, com-
prensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona», è parso
superato quel tradizionale indirizzo restrittivo che, basandosi sulla collocazio-
ne sistematica dell’art. 2059 c.c. nell’ambito del Titolo IX dedicato ai «fatti il-
leciti», limitava la riparazione del danno non patrimoniale al solo campo della
responsabilità delittuale. La generalizzazione della riparazione di tali danni sul
fondamento della diretta applicazione dell’art. 2 ss. Cost. e, soprattutto, la
conclamata censura di illegittimità per qualsiasi interpretazione che intendesse
limitare la tutela degli interessi primari della persona muniti di garanzia costi-
tuzionale hanno indotto a pensare che i danni «non patrimoniali» fossero ri-
sarcibili (così come sono stati effettivamente risarciti dalla giurisprudenza) an-
che in assenza di una condotta costituente reato, sia nell’ambito della respon-
sabilità delittuale, attraverso il requisito dell’ingiustizia di cui all’art. 2043 c.c.,
sia nel settore della responsabilità contrattuale, in virtù dell’inadempimento o
del ritardo (art. 1218 c.c.).

11. In merito alla nuova fisionomia del sistema di responsabilità civile, sot-
to il profilo della funzione, i discorsi della Corte costituzionale e della Cassa-
zione sono apparsi, rispettivamente, ora alquanto confusi, ora del tutto reti-
centi. Da qui l’esigenza di proporre una lettura più generale di tali decisioni
(così come si è già tentato, nelle pagine precedenti, per quanto riguarda la
struttura), al fine di chiarirne il significato nelle loro implicazioni sistematiche.
La Consulta ricorda che la limitazione dell’art. 2059 c.c. ai soli danni non
patrimoniali derivanti da reato trovava fondamento nel «carattere sanzionato-
rio, reso manifesto, tra l’altro, dalla stessa relazione al codice civile, secondo la
IL DANNO INGIUSTO 211

quale “soltanto nel caso di reato è più intensa l’offesa all’ordine giuridico e
maggiormente sentito il bisogno di una più energica repressione con carattere
187
anche preventivo”» . Affermazione, questa, tanto evidente quanto puntual-
mente disattesa, poiché non risulta che la giurisprudenza abbia mai inteso (o
saputo) applicare le finalità riparatorie di tipo afflittivo che sono (o erano) a
fondamento dell’art. 2059, avendo preferito appiattirsi su una prassi di risar-
cimento indifferenziato dei danni «da reato» (di cui all’art. 2059 c.c.) con fun-
188
zione ambiguamente compensativa . Pur avendo la dottrina ben precisato i
189
termini del problema , la giurisprudenza ha continuato a confondere le fina-
lità punitive e/o satisfattive dell’art. 2059 con la generale funzione di compen-
sation espressa, invece, dall’art. 2043 c.c.
La Corte, richiamando sia gli interventi del legislatore che hanno introdot-
to «ulteriori casi di risarcibilità del danno non patrimoniale estranei alla mate-
ria penale», sia il «travagliato itinerario» della giurisprudenza che, «pure
muovendosi nell’ambito di operatività dell’art. 2043», ha «da tempo indivi-
duato ulteriori ipotesi di danni sostanzialmente non patrimoniali, derivanti
dalla lesione di interessi costituzionalmente rilevanti, risarcibili a prescindere
dalla configurabilità di un reato (in primis il cosiddetto danno biologico)», af-
ferma che «Il mutamento legislativo e giurisprudenziale venutosi in tal modo a
realizzare ha fatto assumere all’art. 2059 c.c. una funzione non più sanzionato-
ria, ma soltanto tipizzante dei singoli casi di risarcibilità del danno non patri-
190
moniale» .
Se si esclude che possa esistere una funzione «tipizzante» (tale aspetto at-
tiene alla struttura della norma che, invero, appare oggi assai poco «tipizzata»
191
da una concezione dell’art. 2 Cost. quale clausola «aperta») , è certo che la
Corte neghi ogni finalità «sanzionatoria», di tipo afflittivo e/o satisfattivo, per
i danni dei quali si è discorso sub b) e c), che sono del tutto estranei alla materia
penale. Ad essi la Consulta assimila anche i casi sub a), i quali rappresentano l’og-
getto della ratio decidendi. L’affermata «funzione non più sanzionatoria» non
può non involgere tutte le ipotesi esaminate nella decisione. Ed, invero, anche
nella classe di danni prevista sub a) si è al di fuori della commissione di un reato.
In questi casi il risarcimento assume, evidentemente, una funzione compensati-
192
va . Il dilemma permane irrisolto almeno per quei danni che sono riconducibi-
li a una condotta che integri, in concreto, una fattispecie criminosa in tutti i suoi
elementi costitutivi (ipotesi non contemplata dalla decisione della Consulta).
187
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940.
188
Un esempio eloquente è rappresentato da Cass., 14 febbraio 2000, n. 1637, in Resp. civ. prev.,
2000, p. 610.
189
G. BONILINI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 272 ss.; C. SALVI, Il danno extracontrattuale,
cit., p. 126 ss.
190
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940 (il corsivo è aggiunto).
191
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il sistema, cit., p. 967 s.
192
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 968.
212 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Se si dovesse consolidare un’interpretazione che individuasse anche nella


riparazione dei danni non patrimoniali derivanti da reato una funzione com-
pensativa, si dovrebbe coerentemente concludere che il sistema bipolare è or-
mai definitivamente defunto. A tale idea perviene autorevolmente, e con la con-
sueta sagacia, anche Francesco Donato Busnelli, il quale segnala il rischio «di
193
una “abrogazione criptica” dell’art. 2059», di una «dolce morte» . Si tratte-
194
rebbe non più di una «riparazione» , bensì di un vero e proprio risarcimen-
to, i presupposti del quale sarebbero da rinvenire, in ogni caso, direttamente
ed esclusivamente nell’art. 2043 c.c. Il sistema bipolare non esisterebbe più né
sotto il profilo strutturale (non richiedendosi la «ricorrenza in concreto di una
195
fattispecie criminosa in tutti i suoi elementi costitutivi» , bensì operando sol-
tanto gli «elementi costitutivi» previsti dall’art. 2043 c.c.), né sotto il profilo
funzionale, considerandosi defunta l’originaria funzione afflittiva e/o satisfat-
tiva espressa dall’art. 2059 c.c. e vivente la sola finalità di compensation previ-
sta pur sempre dall’art. 2043 c.c.
Avverso questa ingloriosa «dolce morte» del sistema binario sembra ancora
possibile esprimere qualche perplessità. Il definitivo superamento di un’«er-
meneutica bipolare» dichiaratamente incostituzionale (obiettivo, questo, or-
mai sancito dai citati orientamenti della Cassazione e della Corte costituziona-
le) non impedisce di provare a riproporre una configurazione minimale del si-
stema bipolare fondata sulla diversità delle funzioni della responsabilità in ambi-
to civile e penale, ma nel rispetto di un’accentuata prospettiva «monocentrica»
che la responsabilità assume nel campo del diritto civile.
Nel senso della sopravvivenza del sistema bipolare sotto il profilo della
funzione (afflittiva), in ordine ai danni non patrimoniali arrecati da condotte
che integrano in concreto «una fattispecie criminosa in tutti i suoi elementi
costitutivi, anche di carattere soggettivo», sembrano deporre sia un’ermeneu-
tica “dichiarativa” della sentenza della Consulta, che ne circoscriva la portata
innovativa alla sola ratio decidendi, sia la conservazione del testo dell’art. 2059
c.c. (che altrimenti risulterebbe abrogato «cripticamente» in via interpretati-
va), sia la stessa struttura dell’art. 2059 in relazione ai danni “da reato” (che
opera pur sempre attraverso la mediazione dell’art. 185 c.p.).
La decisione della Corte costituzionale, infatti, ha ad oggetto il solo caso
della risarcibilità del danno non patrimoniale «nell’ipotesi in cui, in sede civi-
196
le, la colpa dell’autore del fatto risulti da una presunzione di legge» . Non
ricorrendo, in concreto, «una fattispecie criminosa in tutti i suoi elementi co-
stitutivi», il danno (qualificato astrattamente «non patrimoniale» ai sensi del-
193
All’unisono, F.D. BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate, cit., p. 827, P. CENDON, Anche se gli amanti,
cit., p. 385, e A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c., cit., p. 834.
194
Così, anche Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit.,
p. 822.
195
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940.
196
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 941.
IL DANNO INGIUSTO 213

l’art. 2059) è risarcibile sulla base degli elementi costitutivi previsti dagli artt.
2054, comma 2, e 2043 c.c.
La Corte, inoltre, non è intervenuta sul testo dell’art. 2059 c.c., come pure
avrebbe potuto. Si è limitata ad estendere la sfera di risarcibilità del danno
non patrimoniale (con funzione di compensation) anche alle ipotesi nelle quali
non ricorrano in concreto gli elementi costitutivi della fattispecie criminosa.
Ma ciò non vuol significare il contrario. Qualora ricorrano in concreto tutti gli
elementi costitutivi della figura di reato, la riparazione del danno non patri-
moniale, sotto il profilo strutturale, opera attraverso la mediazione dell’art.
185 c.p. e, sotto l’aspetto funzionale, conserva l’originaria finalità privatamen-
te afflittiva.

197
12. A differenza della Terza sezione civile della Cassazione , la Corte co-
stituzionale non qualifica il danno non patrimoniale come danno-conseguen-
za. E ciò rappresenta una significativa presa di distanza da tale discutibile ca-
tegoria, nata nell’immaginario di quei giuristi che inspiegabilmente fraintesero
le parole della sentenza della Consulta n. 184 del 1986. La quale utilizzò tale
non felice espressione nel tentativo di far comprendere come il danno alla sa-
lute fosse risarcibile in sé, quale autonomo e ingiusto evento dannoso (poi de-
finito danno-evento), e come a sua volta potesse causare ulteriori conseguenze
patrimoniali e non patrimoniali.
Il chirurgo che, a seguito di un incidente, perde entrambe le braccia e subi-
sce ustioni, estremamente dolorose, sul 45% del corpo, soffre un danno bio-
logico che deve essere risarcito in sé (danno-evento), sulla base della percen-
tuale di invalidità permanente accertata in sede medico-legale, e, in più, pati-
sce un danno economico, e, in più, può subire danni non patrimoniali risarci-
bili, ad esempio, in termini di danno morale e di danno esistenziale.
Nel caso, ad esempio, di ingiusta detenzione, di perdita di uno stretto con-
giunto, di danno alla reputazione personale o alla dignità della persona, ecc.,
tali eventi dannosi sono risarcibile in sé (danno-evento), quali lesioni di inte-
198
ressi protetti dall’ordinamento , che, a loro volta, possono essere produttive
di ulteriori conseguenze patrimoniali. A seguito del protesto ingiustamente
199
elevato che lede la reputazione personale (danno non patrimoniale in sé ri-
sarcibile), l’imprenditore potrà subire altresì un grave danno economico (che
deve essere riparato, là dove si provi l’esistenza del nesso di causalità), ma po-
trà anche non patire ulteriori conseguenze patrimoniali.

197
Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 819, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 823 s.
198
Contra, Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 819, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p.
824.
199
Cfr. Cass., 23 marzo 1996, n. 2576, in Danno e resp., 1996, p. 321, e Cass., 3 aprile 2001, n. 4881,
in Guida al dir., 2001, n. 19, p. 60.
214 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Ciò significa che, se proprio si vorrà continuare a utilizzare tale linguaggio,


il danno patrimoniale e quello non patrimoniale sono risarcibili, a volta a vol-
ta, come danno-evento e come danno-conseguenza, secondo che si provi che
l’uno sia stato causa dell’altro, sulla base del rapporto di causalità. Il preteso
problema del danno-conseguenza concerne le eventuali ulteriori conseguenze
dannose prodotte da un determinato evento. Quindi riguarda la prova del
nesso di causalità, non certo la configurazione “ontologica” delle singole voci
di danno, come pure, ambiguamente, si è voluto far intendere!
Maggiore consistenza scientifica assume, invece, quel diverso orientamento
che, muovendo dalla convinzione che il dato della risarcibilità (ai sensi del-
l’art. 2043 c.c.) debba essere individuato nel carattere patrimoniale del danno,
e che l’unico metodo scientifico di qualificazione del danno risarcibile (anche
nel campo delle situazioni esistenziali) sia quello indicato dalla teoria della dif-
ferenza tra i patrimoni, deduce con metodo inverso la stessa nozione giuridica
200
di danno dalle sue conseguenze economiche (art. 1223 c.c.) , considerando
risarcibili giammai i danni in sé, quali eventi dannosi “ingiusti” consistenti nel-
la lesione di un interesse protetto dall’ordinamento, bensì le sole conseguenze
della lesione nel patrimonio del danneggiato. Questa tesi, la quale desta per-
plessità in riferimento allo stesso danno “economico” che sia quantificabile
201
soltanto sul fondamento dell’«arbitrio della convenzione» (e ciò accade nel-
la maggior parte dei casi sottoposti al giudizio delle Corti), purtroppo appare
del tutto inapplicabile – soprattutto a seguito degli odierni indirizzi della giu-
risprudenza – sia ai danni alla personalità umana, sia alla riparazione in forma
202
specifica .
Anche tale teoria sembra destinata al tramonto, poiché la stessa Corte co-
stituzionale ha ribadito, ancora una volta, che il danno non patrimoniale con-
siste nella «lesione di valori inerenti alla persona», che il danno biologico va
«inteso come lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità
psichica e fisica», e che lo stesso danno definito «come esistenziale» rappre-
senta la «lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla perso-
203
na» . Persino la Terza Sezione della Cassazione, che pur continua a discorre-
re di danno-conseguenza e ad affermare che «Non vale pertanto l’assunto se-
condo cui il danno sarebbe in re ipsa, nel senso che sarebbe coincidente con la
204
lesione dell’interesse» , contraddittoriamente è costretta ad ammettere che
«ciò che rileva, ai fini dell’ammissione a risarcimento, in riferimento all’art.

200
Per una critica di tale teoria, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte
II, cit., pp. 226-243.
201
R. SCOGNAMIGLIO, Il danno morale, cit., p. 294.
202
Sul punto, si rinvia ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., pp. 226-246.
203
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 941 (il corsivo è aggiunto).
204
Testualmente Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 819, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit.,
p. 824.
IL DANNO INGIUSTO 215

205
2059, è l’ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona» . E ciò è per-
fettamente in linea con quanto affermato nella nota decisione delle Sezioni
Unite della Cassazione (n. 500 del 1999), che considera ogni danno come una
lesione di un interesse giuridicamente rilevante.

13. Invece di interessarsi soltanto a questioni di qualificazione giuridico-


formale, che, allo stato, pur con molte ombre, sembrano risolte nel senso di
una generalizzata risarcibilità dei danni “non patrimoniali”, la dottrina e so-
prattutto la giurisprudenza devono approfondire gli essenziali problemi della
loro valutazione e liquidazione, così come a suo tempo accadde per coloro che
tentarono di illustrare criteri ben più evoluti proprio in tema di riparazione
206
dei danni alla salute .
207
La pur irrazionale, ma ventilata «dislocazione topografica» del danno al-
la integrità fisio-psichica nell’ambito dei danni “non patrimoniali” è del tutto
irrilevante in ordine alle tecniche di valutazione e di liquidazione. Come si è
già esclamato, ma con intenti non soltanto provocatori, «art. 2043 o art. 2059:
208
si tratta soltanto di numeri!» . Gli artt. 2 ss. Cost. e 2059 c.c. fungono da me-
ri criteri di collegamento formale dell’art. 2043 c.c., ai fini della verifica del ca-
rattere “ingiusto” del danno, mentre per quanto riguarda il risarcimento (an-
che con riferimento all’an debeatur), alla valutazione e alla liquidazione opera-
no in via esclusiva la «norma primaria» di cui all’art. 2043 c.c. e il sistema di
regole ad essa collegate. Ulteriori interventi legislativi (art. 5 legge n. 57 del
2001, parzialmente modificato dall’art. 23 legge n. 273 del 2002; art. 13 d.lgs.
n. 38 del 2000; artt. 138 e 139 d.lgs. n. 209 del 2005) hanno confermato che il
sistema del calcul au point, così come inteso ed applicato dalla stessa giuri-
sprudenza italiana, rappresenta l’unico possibile metodo di valutazione e di
liquidazione dei danni alla salute. Porre in discussione questo principio, come
209
pure aveva proposto la Cassazione , avrebbe significato spiccare un pericolo-
205
L’espressione, evidentemente antinomica rispetto a quella precedente, è tratta ancora da Cass.,
31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, e da Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 822 (il corsivo è no-
stro).
206
Cfr., soprattutto, gli innumerevoli contributi di F.D. BUSNELLI, M. BARGAGNA, ai quali adde
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., pp. 336-386. Oltre agli Atti del
Convegno Nazionale di Medicina Legale su «L’invalidità: una, nessuna o centomila? Metodologie e
valutazioni diverse per uno stesso danno» (Isola d’Elba, 24-27 maggio 1990), in Giorn. d’attualità
mediche, 1990, VI/3, VI/4, cfr., ad es., M. BARGAGNA, Lo stato attuale della valutazione del danno
alla salute in medicina legale, in M. Bargagna, F.D. Busnelli (a cura di), La valutazione del danno alla
salute, III ed., Padova, 1995, p. 17 ss.; M. BARNI, Verso una accezione unitariamente biologica della
invalidità permanente, in Resp. civ. prev., 1994, p. 527 ss.
207
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c., cit., p. 833.
208
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. loc. ult. cit.
209
Cfr. i rilievi critici di F.D. BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate, cit., p. 828, mossi a Cass., 31 maggio
2003, n. 8827, cit., p. 824, ove afferma che non è da escludere «che la valutazione equitativa di tutti i
danni non patrimoniali possa anche essere unica, senza una distinzione – bensì opportuna, ma non
216 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

so “salto nel buio”, vanificando alcuni decenni di evoluzione dottrinale e giu-


risprudenziale.
Anzi, per la liquidazione degli “ulteriori” danni non patrimoniali (il c.d.
pretium doloris, alcune tipologie di danno esistenziale, ecc.), è auspicabile che
anche nell’esperienza italiana si consolidi l’adozione di parametri standard, ma
resi flessibili dal meccanismo della fourchette, che consentano di contemperare
210
la valutazione “in astratto” con quella “in concreto” . Ciò, al fine di garantire
certezza e parità di trattamento, pur nell’ambito di una valutazione “relativiz-
zata” alle peculiarità della singola persona e del caso in esame. La stessa ripa-
211
razione del dolore «catastrofico» è indice dell’applicazione di parametri og-
gettivi che tendono a commisurare l’entità del danno sulla base dell’intensità e
della durata. La novella funzione compensativa del risarcimento del danno
non patrimoniale che deriva da una condotta non costituente reato impone di
ricorrere al criterio equitativo puro soltanto in via eccezionale (evitando, co-
212
munque, soluzioni “globalizzanti”) , là dove non sia possibile in alcun modo
utilizzare strumenti che consentano di valutare, anche con approssimazione,
l’entità del danno ai fini della sua liquidazione.
La Corte costituzionale, nel sancire la tripartizione del danno “non patri-
moniale” che consegue alla violazione di interessi costituzionalmente rilevanti,
ha individuato tre categorie autonome e distinte di danni risarcibili. Sia il
danno biologico, sia il danno c.d. esistenziale, sia quello c.d. morale dovranno
essere specificamente risarciti, in caso di ingiusta lesione (art. 2043 c.c.), senza
che ciò possa ingenerare il timore di una pretesa duplicazione (o triplicazione)
delle riparazioni. Con riferimento ai danni cc. dd. “esistenziali”, sembra diffi-
cile ipotizzare un parametro unitario di valutazione, in virtù delle ipotesi estre-
mamente diversificate che vengono convenzionalmente ricondotte all’interno
di questa categoria. Se per il c.d. pretium doloris sembra possibile adoperare
una tabella fondata sulla intensità e sulla durata del dolore e della sofferenza,
parametri del tutto diversi devono essere pensati per la valutazione del danno
da ingiusta detenzione, da illegittimo “demansionamento”, per le lesioni della
dignità e della reputazione personale, ecc.
Riguardo al danno alla salute, il valore del punto non può essere stabilito
per legge, mediante tabelle egualitarie, rigide e predeterminate, che nel passa-
213
to hanno sollevato più di un dubbio di legittimità costituzionale , le quali la-

sempre indispensabile – tra quanto va riconosciuto a titolo di danno morale soggettivo e quanto a
titolo di ristoro dei pregiudizi ulteriori e diversi dalla mera sofferenza psichica».
210
Sul punto, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 345 ss.
211
Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in Danno e resp., 2001, p. 821. In argomento, S. BONZIGLIA, A.
ANGLESIO, Proposta di valutazione, cit., p. 1162.
212
Così, F.D. BUSNELLI, op. loc. ult. cit.
213
Il riferimento è al disegno di legge n. 281, di iniziativa parlamentare, presentato al Senato della
Repubblica il 23 luglio 1987 e successivamente confluito nel testo unificato del progetto di legge n.
5272 del 21 novembre 1990, approvato dal Senato e successivamente dalla Camera, ma mai promul-
gato dal Presidente della Repubblica, il quale assumeva quali parametri i multipli e dividendi della
IL DANNO INGIUSTO 217

214
sciano poco spazio alla valutazione “in concreto” dell’interprete . Il valore
del punto non può non oscillare in relazione alla singola personalità della vit-
215
tima . Quanto più grave è il danno alla salute e quanto più giovane è la vitti-
ma, tanto maggiore deve essere il valore del singolo punto; quanto più lieve è
la menomazione e quanto più anziano è il danneggiato, tanto minore deve es-
sere il suo valore. Tali fattori hanno assunto un’importanza primaria nell’espe-
rienza francese e hanno spinto i giudici a valutare il singolo punto in cifre su-
periori al doppio e, talvolta, al triplo, al quadruplo o al sestuplo del suo valore
216
medio . Questo sistema è stato ripreso anche dal legislatore italiano il quale,
anche in sede di valutazione del danno biologico per lesioni di non lieve enti-
tà, ha disposto che il valore economico del punto debba essere funzione cre-
scente della percentuale di invalidità, e che l’incidenza della menomazione su-
gli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato debba crescere in
maniera più che proporzionale rispetto all’aumento percentuale assegnato ai
postumi (art. 138, comma 2, lett. c, d.lgs. n. 209 del 2005). Al contrario, il va-
lore del punto deve essere funzione decrescente dell’età del soggetto, sulla ba-
se delle tabelle di mortalità elaborate dall’ISTAT, al tasso di rivalutazione pari
all’interesse legale (art. 138, comma 2, lett. d, d.lgs. n. 209 del 2005).
Una posizione del tutto censurabile è stata assunta, invece, in ordine al me-
todo di accertamento del valore economico del punto, sia dalla mini riforma
in tema di responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione di veicoli,
e sia dal codice delle assicurazioni private, che ne ha riprodotto quasi testual-
mente gli enunciati. L’art. 5, comma 2, lett. a della legge n. 57 del 2001, e l’art.
139, comma 1, lett. a del d.lgs. n. 209 del 2005 dispongono, questa volta in
tema di valutazione del danno biologico per lesioni di lieve entità, che «a tito-
lo di danno biologico permanente, è liquidato per i postumi da lesioni pari o
inferiori al nove per cento un importo crescente in misura più che proporzio-

pensione sociale: per alcuni rilievi critici, soprattutto sui criteri automatici di liquidazione dei danni
alla salute, A. NANNIPIERI, Profili di incostituzionalità della proposta normativa sulla liquidazione del
danno a persona r.c.a., in Resp. civ. prev., 1991, p. 205 ss.; F.D. BUSNELLI, M. BARGAGNA, A. NANNI-
PIERI, S. BADALASSI, G. PONZANELLI, D. POLETTI, Osservazioni sul disegno di legge «unificato» per
la riforma dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veico-
li a motore, in Foro it., 1991, V, c. 442 ss.
214
Per ulteriori svolgimenti, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., pp. 364 ss., 384
s.; ID., Valutazione e liquidazione, cit., pp. 114 ss., 126 s., ed, evidentemente, la migliore letteratura
francese: per tutti, Y. LAMBERT FAIVRE, Le droit du dommage corporel. Systèmes d’indemnisation,
Paris, 1990, p. 108 ss.; Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 660 ss.; G. VINEY, B. MARKESINIS, La ré-
paration, cit., p. 131 ss.; M. LE ROY, L’évaluation, cit., p. 10 ss. Oltre alle statistiche redatte
dall’A.G.I.R.A. e alle tavole di mortalità e «d’espérance de vie» predisposte dall’I.N.S.E.E., cfr. le
pubblicazioni annuali della Gazette du Palais (Accidents de la circulation. Fixation des dommages-
intérêts).
215
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., pp. 367 ss., 384 s.; ID., Valu-
tazione e liquidazione, cit., pp. 114 ss., 126 s.
216
Cfr., ad es., M. LE ROY, L’évaluation du préjudice en cas de lésions corporelles. Valeur moyen du
point en 1989, in Rec. Dalloz, 1990, Chron., p. 227 ss., p. 229.
218 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

nale in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità». Tuttavia, il valore


del primo punto è stato predeterminato per legge, rispettivamente, in «lire un
milione duecentomila» e, poi, in «euro seicentosettantaquattro virgola settan-
totto», salvo ad essere successivamente aggiornato in misura corrispondente
alla variazione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo. L’importo com-
plessivo del danno è calcolato «in base all’applicazione a ciascun punto per-
centuale di invalidità del relativo coefficiente secondo la correlazione esposta
nel comma 6». Tale importo deve essere ridotto «con il crescere dell’età del
soggetto in ragione dello zero virgola cinque per cento per ogni anno di età a
partire dall’undicesimo anno». E ciò significa che, per le vittime di età supe-
riore ai dieci anni, l’abbattimento deve applicarsi senza considerare i primi
dieci anni di vita, poiché la norma prevede espressamente che, per tali sogget-
ti, la detrazione operi «a partire dall’undicesimo anno di età» (art. 5, comma 2,
lett. a, legge n. 57 del 2001; art. 139, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 209 del 2005), e
217
non dal primo .
Tale disciplina, che trova il suo fondamento nell’esigenza – palesata con
veemenza dalle imprese assicuratrici – di contenere drasticamente l’entità del-
le c.d. piccole permanenti, pur adottando correttamente un criterio crescente
in misura più che proporzionale in relazione alla maggiore gravità del danno, e
una riduzione proporzionale in riferimento all’età della vittima, incorre nel-
l’errore – che rappresenta l’espressione di una precisa scelta legislativa – di in-
dividuare meccanicamente non soltanto il valore del punto, ma anche la sua
stessa variazione in aumento o in diminuzione secondo una precisa funzione
matematica. Ben poco è lasciato alla valutazione “in concreto” del giudice, il
quale dovrebbe svolgere una funzione squisitamente burocratica: una volta
che la percentuale di invalidità permanente è stata accertata in sede di perizia
medico-legale, l’importo complessivo del danno può essere calcolato con ma-
tematica certezza sulla base dell’entità della lesione e dell’età del danneggiato.
Un inadeguato correttivo a questo sistema, fin qui connotato da estrema ri-
gidità, che predetermina risarcimenti palesemente inadeguati, è stato introdot-
to dalla norma (art. 5, comma 3, legge n. 57 del 2001; art. 139, comma 3, d.lgs.
n. 209 del 2005) che consente al giudice, di “aumentare” l’ammontare del
danno biologico «liquidato ai sensi del comma 1», con «equo e motivato ap-
prezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato». Se si esclude – co-
me sembra doveroso – che tale norma debba rappresentare un’equivoca con-
cessione all’ipocrisia del diritto, deve concludersi che il giudice è tenuto a ef-
fettuare due distinte valutazioni del medesimo danno: la prima costituisce la
riparazione del danno c.d. biologico, che è esattamente eguale per tutti i dan-

217
Contra, M. ROSSETTI, Nuove norme, cit., p. 590, il quale, muovendo contro il chiaro enunciato
della norma, afferma che «applicare ad ogni risarcimento una “franchigia” (e cioè non tenendo conto
dell’abbattimento per i primi dieci anni di età già vissuti) significa in sostanza liquidare il danno come
se il danneggiato avesse dieci anni di meno rispetto alla sua età effettiva».
IL DANNO INGIUSTO 219

neggiati, a parità di lesione (in termini percentuali) e di età. La seconda, ulte-


riore ma egualmente dovuta, rappresenta la valutazione della concreta inci-
denza della lesione psicofisica sulla complessiva personalità della vittima. Se
era seriamente da escludere che per «condizioni soggettive del danneggiato»
dovessero intendersi «l’essere mori o biondi, alti o bassi, arroganti od umili,
218
spazzini o deputati» , sembrava invece da considerare con estremo favore
l’eventualità che il giudice di merito, dandone adeguata motivazione, potesse
«disattendere in tutto la misura “legale” del risarcimento, aumentandola an-
219
che del 100%» . In tal senso non sarebbe «naufraga[to] del tutto» il «fine
220
perseguito dal legislatore» , poiché nel diritto francese – e poi in quello ita-
liano, dove è stato opportunamente recepito sulla base delle indicazioni della
dottrina civil-comparativa – il sistema del calcul au point è fondato proprio
sull’esigenza di contemperare la valutazione “in astratto” con quella “in con-
creto”. E tale esperienza insegna che il punto di invalidità può acquisire un
valore anche dieci volte superiore rispetto a quello medio, proprio nella fase di
relativizzazione del giudizio alle peculiarità del caso concreto, in considera-
zione sia della maggiore entità del danno, sia della sua incidenza sulla com-
plessiva personalità della vittima (loss of amenities of life, impossibilità di po-
221
ter praticare sport o hobby, ulteriori traumi psichici, ecc.) .
Il legislatore italiano, inspiegabilmente allarmato dal ruolo essenziale che il
giudizio di personalizzazione del danno avrebbe potuto svolgere, è intervenu-
to (art. 23, comma 3, legge n. 273 del 2002; e, ora, l’art. 139, comma 3, d.lgs.
n. 209 del 2005) al fine di ribadire l’esigenza di risarcimenti irrisori, disponen-
do che «L’ammontare del danno biologico liquidato [...] può essere aumenta-
to dal giudice in misura non superiore ad un quinto».
Un’analoga e ancor più infelice disciplina è stata prevista anche per il dan-
no biologico per lesioni di non lieve entità, che riguarda le menomazioni al-
l’integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti. Qui, la previsione, per
legge, del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità
ancor meno si giustifica, in assenza delle considerazioni di policy tendenti a
ridurre il valore eccessivo assunto, in giurisprudenza, dalle micro-permanenti.
Sicuramente illegittimo – ma il discorso può involgere anche l’analoga disci-
plina prevista in tema di danno biologico di lieve entità – è, poi, il limite del
trenta per cento imposto al giudice in sede di “aumento” dell’ammontare del
danno biologico liquidato sulla base della tabella nazionale, poiché non è pen-
sabile di porre limiti e condizioni così ristretti ad una «rilevante» incidenza
della menomazione «su specifici aspetti dinamico-relazionali personali» (art.
138, comma 3, d.lgs. n. 209 del 2005). L’inadeguatezza della regola è ancor

218
La boutade è riferita, invece, da M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 591.
219
Contra, M. ROSSETTI, op. loc. ult. cit.
220
Contra, M. ROSSETTI, op. loc. ult. cit.
221
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., pp. 364 ss., 384 ss.
220 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

più evidente se si accede all’interpretazione che, sulla base dell’ambiguo enun-


ciato contenuto nel comma 2, lett. a dell’art. 138 («agli effetti della tabella per
danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità
psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che espli-
ca un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-re-
lazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercus-
sioni sulla sua capacità di produrre reddito»), propone di valutare e di liqui-
dare il profilo relazionale della menomazione, e, quindi, anche il danno “esi-
stenziale”, nei limiti del trenta per cento del valore del danno biologico. In pre-
senza di un esiguo danno biologico, vi potrebbe essere un gravissimo danno
“esistenziale”. Voler considerare questo un’esigua frazione fissa (ora del 20%,
ora del 30%) del danno biologico, significa voler “limitare” a priori la tutela
della persona in ordine a diritti fondamentali che, per definizione, non sono
condizionabili.
La disciplina relativa alla liquidazione del danno biologico per lesioni di
non lieve entità è, allo stato, concretamente inapplicabile, poiché il legislato-
re, dopo aver pasticciato nella redazione dell’art. 138, non ha ancora predi-
sposto la tabella unica da approvare con decreto del Presidente della Repub-
blica. Prima di procedere a tale opera, il legislatore farà bene a riflettere sul-
l’esigenza di contemperare i rilevanti interessi economici delle imprese assi-
curative con i valori che sono all’apice del nostro ordinamento civil-costitu-
zionale.
Un corretto meccanismo di calcul au point deve necessariamente combina-
re un parametro solo tendenzialmente egualitario con indispensabili esigenze
222
di flessibilità . La costituzione di una banca-dati completa e affidabile, basata
su un’attenta analisi delle peculiari caratteristiche fisio-psichiche di ciascun
pregiudizio, può permettere, soprattutto per quanto riguarda le grandi per-
manenti, di pervenire a una determinazione elastica dei valori pecuniari mini-
mo e massimo del punto, sul fondamento di una casistica sufficientemente va-
223
sta ed esauriente . In tal senso il calcul au point diviene il perno di un sistema
222
Nonostante il titolo del mio lavoro Dalla responsabilità civile alla sicurezza sociale, cit., passim,
abbia dato luogo ad alcuni fraintendimenti, tali conclusioni sono state a più riprese riaffermate: cfr.
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., pp. 366 ss., 384 ss.; ID., Valutazione
e liquidazione, cit., pp. 96 ss., 126 ss.
223
Y. LAMBERT FAIVRE, Le droit du dommage, cit., pp. 134 e 135, nel criticare la ripartizione in
rubriche effettuata dal Fichier A.G.I.R.A., che esprime «la méthodologie désuète de cette anachroni-
que I.P.P. globale, amalgame d’économie et de physiologique» (p. 153), propone di contemplare al-
meno 25 diverse voci. Vittima: 1) età; 2) sesso; 3) percentuale di responsabilità; 4) stato anteriore.
Danni economici e patrimoniali: 5) spese mediche attuali; 6) spese future; 7) assistenza e tierce per-
sonne; 8) guadagno annuale; 9) incapacità temporanea e perdita di reddito; 10) incapacità permanen-
te e sua incidenza professionale; 11) danno professionale futuro; 12) capitale o rendita; 13) danno
economico complessivo (5 + 6 + 7 + 11); 14) ricorso alla Sicurezza sociale. Danni morali e fisiopsichi-
ci: 15) stato anteriore; 16) percentuale di I.P.P. secondo il barème d’incapacità funzionale; 17) entità
dell’indennizzo per il pregiudizio d’agrément; 18) valore vitalizio del punto d’incapacità funzionale;
IL DANNO INGIUSTO 221

equitativo differenziato, secondo le diverse variabili di carattere oggettivo e


soggettivo, che, rifiutando l’irreale uniformità del sistema tabellare previsto da
sclerotici testi di legge, o l’inaccettabile disparità di trattamento del sistema
224
equitativo puro , coniughi la certezza del diritto con la giustizia di una deci-
sione assunta “in concreto”. Garantisce un’uniformità pecuniaria di base – lo
stesso tipo di danno non può essere valutato in maniera troppo differente in
riferimento ai singoli soggetti, poiché è proprio la lesione psicofisica in sé che
rappresenta l’elemento primario di valutazione – e, nel contempo, soddisfa un
bisogno di elasticità e di flessibilità, nell’adeguare «la liquidazione del caso di
specie all’effettiva incidenza della accertata menomazione sulle attività della
vita quotidiana, attraverso le quali, in concreto, si manifesta l’efficienza psico-
225
fisica del soggetto danneggiato» .

14. Gli interventi giurisprudenziali che hanno proposto una lettura dell’art.
2059 c.c. assai più ampia di quella che era arguibile dal testo e dalle sue origi-
narie struttura e funzione possono aver indotto a pensare alla repentina, pre-
matura morte di una «teoria generale e monocentrica» della responsabilità ci-
226
vile. Ma anche alla sua resurrezione , subito dopo aver verificato il reale si-
gnificato giuridico di tali decisioni.
Tuttavia, l’unico lettore che mi avrà seguito, con molta pazienza, fin qui
potrebbe ragionevolmente osservare come tale teoria non sia mai defunta, e
come anzi sia la Corte costituzionale, sia la stessa Cassazione abbiano incon-
sapevolmente delineato un orientamento persino più «monocentrico» di quel-
lo proposto, in dottrina, dal suo autore. Trattasi, infatti, di morte apparente,
ma che si è tentato di celebrare da parte di tutti coloro i quali, a seguito dei
noti risvolti giurisprudenziali, immancabilmente hanno iniziato a tessere le lo-
di di un «risorto» modello bipolare, pur senza avere una precisa percezione
degli aspetti strutturali e funzionali sui quali tale sistema si fonda.
Se si vuole evitare che i nuovi e gli antichi seguaci della teoria bipolare con-
tinuino ad esercitarsi, anche nel prossimo millennio, nei problemi di qualifica-
227
zione del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale , sembra oppor-

19) numero degli anni di “speranza di vita” della vittima al giorno dell’incidente; 20) valore annuale
del punto d’incapacità funzionale; 21) pretium doloris; 22) danno estetico; 23) codice ed entità di tali
danni; 24) totale dei danni alla persona (17 + 21 + 22); 25) costo complessivo dell’incidente (13 + 24).
224
Per una timida applicazione di tale metodo, già App. Firenze, 20 settembre 1986, n. 821, in
Dir. prat. assic., 1987, p. 693; App. Genova, 22 febbraio 1984, in Resp. civ. prev., 1984, p. 333; Trib.
Napoli, 30 giugno 1984, n. 5840, in Riv. giur. circol. trasp., 1985, p. 72; Trib. Lamezia Terme, 25 mar-
zo 1983, in Resp. civ. prev., 1983, p. 509.
225
Ancora una volta degno di menzione, è il pensiero espresso da Corte cost., 14 luglio 1986, n.
184, in Foro it., 1986, I, c. 2067.
226
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Morte e resurrezione, cit., pp. 615-635.
227
Una felice rappresentazione di tale scenario è contenuta nelle pagine che descrivono il «model-
lo masochista» di Wile Coyote, «racchiuso nella vicenda del risarcimento del danno non patrimonia-
222 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

228
tuno reinserire definitivamente l’ingombrante «brontosauro» (art. 2059 c.c.)
in una prospettiva organica e finalmente non contingente del sistema di re-
sponsabilità civile. In questo modo il diritto italiano, anche se vorrà proseguire
229
nella scelta «masochista» di non cancellare quella norma che imponeva di
230
accertare «il reato che esisterebbe se non avesse cessato di esistere» , potrà
allinearsi di nuovo – ma in ordine alla sola funzione di compensation, cono-
scendo una diversa disciplina in tema di danni «da reato» – al modello origi-
231
nario e dominante, che è quello d’oltralpe , riacquistando una sua coerenza
sistematica.
Non sembra, quindi, possibile limitarsi a constatare che il nostro diritto
avrebbe sostituito a una originaria concezione bipolare, una novella prospetti-
va «tripolare», fondata sulle «categorie: danno patrimoniale, danno alla salute,
232
danno morale» , o sulla ulteriore tripartizione in danno patrimoniale, danno
233
non patrimoniale e danno personale . In questo modo la dottrina nostrana
dimostra, ancora una volta, il suo imbarazzo nell’anticipare e nel coordinare,
in un rigoroso quadro sistematico, i mutamenti della giurisprudenza, pur sen-
tendosi obbligata – suo malgrado – a registrarne la contingente evoluzione. La
pretesa prospettiva tripolare testimonia l’ulteriore difficoltà della nostra lette-
ratura giuridica di riesaminare criticamente dogmi dati troppo rapidamente
per acclarati, apparendo, anzi, escogitata nell’ultimo tentativo di salvare la
centralità dei postulati cari alla teoria differenziale, fondati sulla immaginaria
234
«giuridicizzazione» del carattere patrimoniale del danno. La neonata pro-
spettiva tripolare, in assenza di un disegno non contingente, si rivelerà anch’essa
inadeguata a descrivere l’incessante divenire del law in action e troverà un ul-
teriore temporaneo correttivo in una successiva classificazione quadripolare
(con l’accoglimento, ad esempio, dell’eterogenea categoria del danno esisten-
ziale), la quale potrebbe poi sfociare in una concezione pentapolare, ecc., fino
a raggiungere cifre difficilmente numerabili non solo da giuristi ma anche da
esperti matematici.
Riaffermato, invece, il principio di riparazione integrale avverso ogni “dan-
no ingiusto” patrimoniale e non patrimoniale (che non può non operare anche
in relazione alle situazioni costituzionalmente rilevanti), e sgombrato il campo
da ultronei problemi di qualificazione, che da troppi anni preoccupano gli
studiosi italiani, saranno la migliore dottrina e, soprattutto, la giurisprudenza

le» (V. ZENO ZENCOVICH, Law and comics: Paperon de Paperoni, Gatto Silvestro, Bugs Bunny, Wile
Coyote e la responsabilità civile, in Il danno esistenziale, cit., p. 815 s.).
228
La felice metafora si deve a P.G. MONATERI, Danno biologico da uccisione, cit., p. 1182.
229
Il riferimento è a V. ZENO ZENCOVICH, op. ult. cit., p. 814 ss.
230
Le parole di Piero Calamandrei sono riferite da V. ZENO ZENCOVICH, op. ult. cit., p. 816.
231
Così R. SACCO, Introduzione, cit., p. 266.
232
Così, invece, P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 275.
233
In questi termini, C. SALVI, voce Danno, cit., p. 67, sulla scia di R. SCOGNAMIGLIO, Il danno
morale, cit., p. 292 ss., al quale si deve la fondazione della categoria del «danno personale».
234
Contra, A. IANNARELLI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 769.
IL DANNO INGIUSTO 223

– come accade in Francia, da circa due secoli – a selezionare gli interessi con-
siderati meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento, sulla base della loro ti-
pizzazione giuridico-sociale. Ricondotti finalmente gli artt. 2043 e 2059 c.c.
«nel» sistema generale e «monocentrico» della responsabilità civile, sulla base
di un’ermeneutica che garantisca l’autonomia e la non interferenza tra le ri-
spettive strutture e funzioni, il risarcimento di ogni danno ingiusto troverà il
suo fondamento normativo nella ordinaria funzione di compensation che è as-
sicurata dall’art. 2043 c.c., o nelle eccezionali finalità punitive contemplate da-
gli artt. 2059 c.c. e 185 c.p., esperibili, tuttavia, solo in presenza «della ricor-
renza in concreto di una fattispecie criminosa in tutti i suoi elementi costituti-
235
vi, anche di carattere soggettivo» .

235
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 940.
224 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO QUARTO

I DANNI NON PATRIMONIALI

SOMMARIO. SEZIONE I: La nascita del danno esistenziale e i suoi rapporti con gli altri danni non
patrimoniali. – 1. Il riconoscimento del danno esistenziale e le discordanti posizioni assunte
dalla Cassazione. La distinzione ontologica con il danno biologico e con il danno morale
soggettivo. – 2. Il superamento della concezione “onnicomprensiva”. Il danno esistenziale
quale lesione di un interesse costituzionalmente rilevante. – 3. Gli equivalenti del danno esi-
stenziale nel panorama giuridico contemporaneo: le esperienze inglese, tedesca e francese.
Le analogie e le differenze con il loss of amenities of life e con il préjudice d’agrément. – 4. La
progressiva espansione, in Italia, dell’area del danno non patrimoniale risarcibile. L’orienta-
mento «nominalistico» della giurisprudenza di merito che, sovente, ha confuso il danno esi-
stenziale con quello morale. L’accoglimento della concezione pluralista delle “voci” del
danno non patrimoniale. – 5. Il tentativo di arginare la riparazione dei danni “micro-esisten-
ziali” sulla base di un principio di tipicità dei danni non patrimoniali. Critica. Le differenti
soluzioni nelle responsabilità da torto e da contratto. L’atipicità dei sistemi di responsabilità
contrattuale e delittuale, con funzione di compensation, con riguardo ai danni sia patrimo-
niali, sia non patrimoniali. – 6. Segue. Le ulteriori critiche alla tesi della tipicità del sistema
di riparazione del danno non patrimoniale. Il carattere primario, prioritario e sistemico-
assiologico del giudizio d’ingiustizia. Il danno “ingiusto” non patrimoniale nella giurispru-
denza della Cassazione. – 7. Il controverso orientamento sull’onere della prova. Il ricorso a
valutazioni prognostiche, a massime d’esperienza e a presunzioni: l’inversione dell’onere
della prova. – SEZIONE II: Il danno non patrimoniale secondo le Sezioni Unite. – 8. Il dibatti-
to in tema di danno esistenziale e la sua incidenza negativa su una pacata riflessione in tema
di danni alla persona. Le incongruenze del discorso generalizzante delle Sezioni Unite, che
trova un insormontabile ostacolo in molteplici testi di legge, anche di rango costituzionale. –
9. Il superamento della figura del danno morale soggettivo e il riconoscimento del danno
“ingiusto” non patrimoniale. L’affievolimento della teoria c.d. “consequenzialistica” e il ri-
corso alle valutazioni prognostiche e alla prova presuntiva. – 10. La pretesa tipicità dei “di-
ritti inviolabili” e del sistema di riparazione del danno non patrimoniale. La prospettiva di-
namica del rapporto e il giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto. – 11. I con-
troversi criteri della «serietà del danno» e della «gravità della lesione» (recte, della “serietà
della lesione” e della “gravità del danno”). – 12. Il danno non patrimoniale “da inadempi-
mento” e l’erroneo ricorso al giudizio d’ingiustizia. Il mancato superamento dell’«espedien-
te del cumulo di azioni». – 13. La tendenza riduzionista delle Sezioni Unite e la “globalizza-
zione” del danno non patrimoniale. Critica. – 14. Segue. La confusione creata dall’indistin-
zione tra il danno biologico e il danno morale. La liquidazione individualizzata di ciascuna
“voce” dei danni patrimoniali e non patrimoniali. – 15. I correttivi proposti per la liquida-
zione del danno biologico, al fine di risarcire il danno morale consequenziale unitariamente
al danno anatomo-funzionale. Il distinto ruolo del giudizio di “personalizzazione”. – 16. La
226 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

riparazione dei danni non patrimoniali sulla base delle diverse finalità della responsabilità
civile. L’autonomia strutturale e funzionale dell’art. 2043 c.c. e degli artt. 2059 c.c. e 185
c.p. – SEZIONE III: Il «nuovo statuto» dei danni non patrimoniali risarcibili. – 17. Il supera-
mento, da parte del legislatore e della giurisprudenza, del fragile impianto argomentativo
edificato dalle Sezioni Unite. La prevedibile “resurrezione” dei danni morali ed esistenziali.
– 18. Segue. Il danno biologico, il danno morale e il danno esistenziale come pregiudizi «on-
tologicamente diversi» e «tutti risarcibili». – 19. Segue. Verso una nuova sistematica della
responsabilità civile da torto e da contratto. La suddivisione in due modelli strutturalmente
e funzionalmente distinti: la generale funzione di compensation e la finalità preventivo-
punitiva della riparazione nei danni (patrimoniali e non patrimoniali) da reato. – 20. Segue.
Il superamento della semplificante contrapposizione tra “esistenzialisti” ed “antiesistenzia-
listi” e il nuovo statuto dei danni non patrimoniali risarcibili.

1
1. Le numerose sentenze delle corti di merito e della Cassazione, che han-
2
no risarcito il danno esistenziale in ambito sia delittuale sia contrattuale , han-
no mutato l’attuale dibattito in materia, tant’è che la stessa dottrina che aveva
3
contestato questa figura fin dal suo nascere ha rilevato che, tre anni dopo le
decisioni del maggio 2003, nelle quali nessun cenno sarebbe stato fatto a tale
categoria, s’iniziava, «invece, a parlare di danno esistenziale per qualificare il
1
Tra le tante, Giud. di pace Bari, 22 dicembre 2003, in Danno e resp., 2004, p. 880, con note di
L. CAPUTI, Liti bagatellari, dal paradosso al parossismo: il danno da disappunto per illegittima introdu-
zione di volantini pubblicitari nelle cassette di posta, e di G. CATALANO, Di cassette per la corrispon-
denza piene e danno “esistenziale” derivante; Giud. di pace Napoli, 26 febbraio 2004, ivi, 2005, p. 433,
con nota di F. DI BONA DE SARZANA, Sciopero dei farmacisti e responsabilità; Giud. di pace Casoria,
13 luglio 2005, n. 2781, ivi, 2006, p. 54 ss., con il commento di G. PONZANELLI, Le “pericolose” fron-
tiere della responsabilità civile: il caso dei danni da blackout elettrico; Giud. di pace Casoria, 8 settem-
bre 2005, ivi, 2006, p. 432, annotata da D. FARACE, Danno esistenziale da mancata vacanza?; Trib.
Genova, 23 gennaio 2006, ivi, 2006, p. 759, con nota di P. ZIVIZ, Adelante ... ma con giudizio! (Due
sentenze genovesi sul nuovo danno non patrimoniale); Giud. di pace Napoli, I Sez. civ., 27 marzo
2006, in Dir. e giur., 2007, p. 111 ss., con nota di M. FEOLA, Il danno esistenziale del tifoso napoleta-
no. Sottolinea il ruolo assunto dal danno esistenziale nell’ambito della responsabilità contrattuale,
M.R. MARELLA, Le conseguenze «non patrimoniali» dell’inadempimento. Una tassonomia, in Colloqui
in ricordo di Michele Giorgianni, Napoli, 2007, p. 181 ss.
2
A favore del riconoscimento del danno esistenziale si sono espresse, ad es., oltre a Cass., Sez.
Un., 24 marzo 2006, n. 6572, in Danno e resp., 2006, p. 852 ss. (ivi le ulteriori citazioni), e in Corriere
giur., 2006, p. 787, con nota di P.G. MONATERI, Sezioni Unite: le nuove regole in tema di danno esi-
stenziale e il futuro della responsabilità civile; Cass., Sez. III, 31 gennaio 2008, n. 2379, in Altalex,
Quotidiano d’inf. giur., n. 2071 del 15 marzo 2008, p. 1 ss.; Cass. Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22884,
ivi, n. 2071 del 15 marzo 2008, p. 1 ss.; Cass., Sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2311, cit. in dattiloscritto;
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, in Danno e resp., 2006, p. 843 ss.; Cass., Sez. I, 4 ottobre
2005, n. 19354, in Dir. e Giust., 2005, n. 46, p. 21 ss. Hanno negato, invece, tale figura, Cass., Sez. III,
15 luglio 2005, n. 15022, ivi, 2005, n. 40, p. 48 ss. (da qui le altre citazioni), e in Resp. civ. prev., 2006,
p. 91 ss., con annotazione di P. CENDON, Danno esistenziale: segreti e bugie; Cass., Sez. III, 12 luglio
2006, n. 15760, in Corriere giur., 2006, p. 1377; Cass., Sez. III, 9 novembre 2006, n. 23918, ivi, 2007,
p. 522 ss.; Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9510, in Guida al dir., 2007, n. 19, p. 47.
3
G. PONZANELLI, Sei ragioni, cit., p. 693 ss.; ID., Una voce contraria, cit., p. 339 ss.; ID. (cur.),
Critica del danno esistenziale, cit., p. 7 ss.; ID. (cur.), Il risarcimento integrale, cit., passim.
I DANNI NON PATRIMONIALI 227

danno non patrimoniale» derivante «dalla lesione di interessi costituzional-


4
mente rilevanti» della persona . E lo si definiva «come il pregiudizio consi-
5
stente in un mutamento peggiorativo della qualità di vita della vittima» .
6
Se si eccettuano alcuni sfumati interventi della Suprema Corte , il primo,
consolidato riconoscimento giurisprudenziale del danno esistenziale si deve
alla Corte costituzionale la quale, nell’individuare la tipologia del danno non
patrimoniale, ha distinto dalla «lesione dell’interesse, costituzionalmente ga-
rantito, all’integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accer-
7
tamento medico (art. 32 Cost.)» , e dal danno morale soggettivo «inteso come
8
transeunte turbamento dello stato d’animo della vittima» , il danno «spesso
definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale», derivante «dalla
9
lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona» .
Nell’acceso dibattito che, in seguito, ha riguardato tale figura, avversata ora
con puntuali argomentazioni, ora con veementi critiche che, in modo frettolo-
so, avevano ravvisato «la fine di un incubo» e di una «gramigna» che «infesta-
10
va i Tribunali» , la Cassazione ha iniziato ad assumere posizioni confliggenti,
al punto che si è invocato un intervento delle Sezioni Unite al fine di dirimere
11
il contrasto . Avvertita l’insostenibilità di questa situazione, la Terza Sezione
civile ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni
Unite, constatando sia un possibile revirement in tema di danno “tanatologi-
12
co” , sia «l’esistenza di un ormai irredimibile contrasto di giurisprudenza in-
13
sorto in seno a questa stessa sezione sul tema del “danno esistenziale”» .
Infatti, da un lato, la Prima Sezione civile aveva esplicitamente riconosciuto
il danno esistenziale come “voce” autonoma del danno non patrimoniale, che
14
«non si identifica e non si esaurisce nel danno morale soggettivo» o nel dan-
no alla salute. Nella specie, l’irragionevole durata del processo era stata con-
siderata una possibile causa non soltanto di un danno morale soggettivo,
«costituito dalla sofferenza contingente e dal turbamento transeunte dell’ani-
4
G. PONZANELLI, Il danno esistenziale e la Corte di Cassazione, in Danno e resp., 2006, p. 849.
5
G. PONZANELLI, op. loc. ult. cit.
6
Cfr., ad es., Cass., 7 giugno 2000, in Danno e resp., 2000, p. 836; Cass., 2 aprile 2001, n. 4783,
ivi, 2001, p. 821. Sul punto, P.G. MONATERI, Alle soglie di una nuova categoria, cit., p. 8 ss.
7
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Danno e resp., 2003, p. 941.
8
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 941.
9
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., p. 941.
10
M. ROSSETTI, Danno esistenziale: fine di un incubo. Quella gramigna infestava i tribunali, in Dir.
e giust., 2005, n. 40, p. 43.
11
M. DI MARZIO, Danno esistenziale, ancora contrasti nonostante il “conforto” costituzionale, in
Dir. e giust., 2005, n. 46, p. 20; A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, in M. FEOLA, A. PROCIDA MIRA-
BELLI DI LAURO, Il danno ingiusto non patrimoniale, in Riv. crit. dir. priv., 2007, p. 471.
12
Testimoniato da Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, in Corriere giur., 2006, p. 1376 (retro,
cap. II): in questi termini, nel rimettere la questione alle Sezioni Unite, Cass., III Sez. civ., 25 febbraio
2008, n. 4712, in Altalex. Quotidiano d’inf. giur., n. 2067 dell’11 marzo 2008, p. 8, nel quesito n. 7.
13
Cass., Sez. III, 25 febbraio 2008, n. 4712, cit., p. 2.
14
Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 22.
228 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

15
mo» , cioè «dagli stati d’ansia, dal patimento e dal disagio interiore connessi
al protrarsi nel tempo dell’attesa di una decisione vertente su un bene della
16
vita reclamato dal soggetto interessato» , ma anche di un danno esistenziale,
comprendente «altresì il pregiudizio che dalla durata irragionevole dell’attesa
17
di giustizia si riflette sulla vita di relazione del medesimo soggetto» . Anche la
Sezione lavoro, pur non avendo ravvisato, nella specie, la possibilità di risarci-
re ad un lavoratore il danno esistenziale in aggiunta a quelli biologico e morale
già liquidati, aveva considerato il primo come una «autonoma e legittima cate-
goria dogmatico-giuridica in seno all’art. 2059 c.c.», che «si fonda sulla natura
non meramente emotiva ed interiore, propria del cosiddetto danno morale,
ma oggettivamente accertabile del pregiudizio attraverso la prova di scelte di
vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l’evento
18
dannoso» .
Dall’altro, la Terza Sezione civile, nel ribadire, in un primo tempo, l’atteg-
giamento scettico seguito nelle due sentenze gemelle del 2003, le quali pur
avevano affermato l’integrale risarcibilità di qualsiasi «lesione [che avesse] ri-
19
guardato valori della persona costituzionalmente garantiti» , aveva assunto
una posizione esplicitamente contraria al danno esistenziale, categoria «dagli
20
incerti e non definiti confini» , che, «attraverso questa via», avrebbe condotto
21
«anche il danno non patrimoniale nell’atipicità» .
In seguito, anche la Terza Sezione si è aperta al dibattito interno. Nel deci-
dere su due analoghe richieste di risarcimento del danno non patrimoniale pa-
22
tito iure proprio dai congiunti del defunto, in una decisione ha riaffermato la
23
sua posizione contraria al danno esistenziale «come categoria generale» . In
24
un’altra, invece, ha mutato orientamento , sulla scia di una sentenza delle Se-
25
zioni Unite che, nel pronunziarsi su un caso di “demansionamento”, aveva
definito come danno esistenziale qualsiasi «lesione del diritto fondamentale
del lavoratore alla libera esplicazione della sua personalità nel luogo di lavo-
26
ro» , cioè «ogni pregiudizio che l’illecito [...] provoca sul fare areddituale del
15
Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 22.
16
Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 22.
17
Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 22.
18
Cass., Sez. lav., 16 maggio 2007, n. 11278.
19
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828 e n. 8827, in Danno e resp., 2003, pp. 817 e 822.
20
Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n. 15022, cit., p. 52; conf. Cass., Sez. III, 9 novembre 2006, n.
23918, cit., p. 523.
21
Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n. 15022, cit., p. 52; conf. Cass., Sez. III, 9 novembre 2006, n.
23918, cit., p. 523.
22
Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, cit., p. 1377.
23
Lo rileva G. PONZANELLI, Pacs, obiter, miopia giornalistica e controllo della Cassazione sulla
quantificazione del danno, in Corriere giur., 2006, p. 1379. Esclude l’esistenza di una «categoria gene-
rica del “danno esistenziale”» anche Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9510, cit., p. 47.
24
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 845.
25
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 854 ss.
26
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 856.
I DANNI NON PATRIMONIALI 229

soggetto, alterando le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano
propri, sconvolgendo la sua quotidianità e privandolo di occasioni per la espres-
27
sione e la realizzazione della sua personalità nel mondo esterno» . Il danno
esistenziale dei parenti sarebbe consistito proprio in «quello “sconvolgimento
delle abitudini di vita”» che si sostanzia «in una modificazione (peggiorativa)
della personalità dell’individuo», quale «conseguenza della subita alterazione,
della privazione (oltre che di quello materiale anche) del rapporto personale
con lo stretto congiunto nel suo essenziale aspetto affettivo o di assistenza mo-
rale (cura, amore), cui ciascun componente del nucleo familiare ha diritto nei
28
confronti dell’altro» . La Suprema corte, inoltre, nel sottolineare «come, nella
struttura dell’illecito, il danno ingiusto deriva dalla lesione di un bene della per-
sona, giuridicamente riconosciuto sulla base di referenti costituzionali o legi-
29
slativi» , aveva affermato che, in virtù del valore della solidarietà familiare,
«altrettanto solido nella Costituzione e nelle leggi italiane», il danno esisten-
ziale (risarcibile «ai sensi dell’art. 2059 correlato agli artt. 29 e 30 della Costi-
tuzione italiana») appariva configurabile tanto più per un nucleo familiare com-
30
patto .
La Cassazione, nelle successive pronunzie, aveva ribadito il suo orienta-
mento in materia. Pur rilevando come non fosse «possibile creare nuove cate-
gorie di danni, ma solo adottare per chiarezza del percorso liquidatorio, voci o
profili di danno, con contenuto descrittivo (ed in questo senso ed a questo fi-
ne può essere utilizzata anche la locuzione danno esistenziale, accanto a quella
31
di danno morale e danno biologico)» , aveva affermato che «l’interesse al ri-
sarcimento del danno non patrimoniale da uccisione del congiunto, per la de-
finitiva perdita del rapporto parentale, si concreta nell’interesse all’intangibili-
tà della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della fami-
glia, all’inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici
della persona umana nell’ambito della peculiare formazione sociale costituita
32
dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost.» . La voce
di danno, definita come “esistenziale”, era collocata «nell’area del danno non
patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c., in raccordo con le suindicate norme della
Costituzione e si distingue[va] sia dall’interesse al “bene salute” (protetto
dall’art. 32 Cost. e tutelato attraverso il risarcimento del danno biologico), sia
dall’interesse all’integrità morale (protetto dall’art. 2 Cost. e tutelato attraverso

27
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 856.
28
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 846.
29
Cass., Sez. III, 31 gennaio 2008, n. 2379, cit., p. 10.
30
Cass., Sez. III, 31 gennaio 2008, n. 2379, cit., p. 10.
31
Cass., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22884, cit., p. 4. In questi termini, discorre di danno biologi-
co, di danno esistenziale e di danno morale soggettivo come «simboli linguistici» utili a precisare le
specifiche “voci” del danno non patrimoniale, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, in M. FEOLA,
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il nuovo danno non patrimoniale, in Danno e resp., 2007, p. 856 s.
32
Cass., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22884, cit., p. 4.
230 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

33
il risarcimento del danno morale soggettivo)» . Poiché il danno esistenziale
era da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed
interiore, ma oggettivamente accertabile) che alterasse le abitudini e gli assetti
relazionali della persona, inducendola a scelte di vita diverse quanto all’espres-
sione e alla realizzazione della sua personalità, esso costituiva non «una com-
ponente o voce né del danno biologico né del danno morale, ma un autonomo
titolo di danno, il cui riconoscimento non [poteva] prescindere da una speci-
fica allegazione nel ricorso introduttivo del giudizio sulla natura e sulle carat-
34
teristiche del pregiudizio medesimo» .
Il danno esistenziale, quale ulteriore “voce” del danno non patrimoniale,
ha trovato ulteriore conferma anche nella «perdita della capacità di avere rap-
35
porti sessuali per la conseguita impotenza coeundi» . Relatore della sentenza
era stato lo stesso magistrato che, soltanto qualche mese prima, si era espresso
36
negativamente sulla figura del danno esistenziale . Oltre al danno all’integrità
psicofisica provocato dall’incidente, ed alla desueta “voce” consistente nella
menomazione della capacità lavorativa generica (però, rientrante nel danno
patrimoniale), la Cassazione non dubitava che, sulla base del «principio fon-
damentale del risarcimento integrale del danno alla persona», la perdita o «la
compromissione anche soltanto psichica della sessualità (come avviene nei casi
di stupro o di pedofilia) costituisse di per sé un danno esistenziale, la cui rile-
vanza doveva essere autonomamente apprezzata e valutata equitativamente in
termini non patrimoniali e con una congrua stima dell’equivalente economico
37
del debito di valore» .

2. La giurisprudenza che pur ha accolto il danno esistenziale come “voce”


autonoma del danno non patrimoniale non ne ha condiviso, però, la sua origi-
38
naria definizione «onnicomprensiva» , secondo la quale esso abbraccerebbe
«l’intero universo dell’antigiuridicità (delle posizioni civilisticamente protet-
39
te)» , con una «estensione a 360°» che comprenda anche «l’intero campo del-
33
Cass., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22884, cit., p. 4 s. Anche per Cass., Sez. III, 12 febbraio
2008, n. 3284, poiché il danno alla salute «è ontologicamente diverso dal danno derivante dalla lesio-
ne di un diverso diritto costituzionalmente protetto», non può essere risarcito «come danno biologico
il danno, cosiddetto esistenziale, che si affermi essere derivato da “stress psicologico da timore”, per la
compromissione della serenità e sicurezza del soggetto interessato».
34
Cass., Sez. III, 6 febbraio 2007, n. 2546.
35
Cass., Sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2311, cit., p. 7.
36
G.B. Petti è, infatti, il relatore sia di Cass., 12 luglio 2006, n. 15760, cit., p. 1377, sia di Cass., 2
febbraio 2007, n. 2311, cit., p. 9 (le quali si esprimono in senso opposto sul riconoscimento del danno
esistenziale).
37
Cass., Sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2311, cit., p. 9.
38
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La responsabilità civile. Strutture e funzioni, Torino,
2004, p. 31.
39
Così, P. CENDON, Non di sola salute, cit., p. 10.
I DANNI NON PATRIMONIALI 231

40
le lesioni della salute», oltre alle ulteriori «ipotesi extrasomatiche» . La rileva-
ta inopportunità di ricondurre il danno biologico nell’ambito del danno esi-
stenziale, anche perché questo non avrebbe potuto essere, «per sua natura,
41
oggetto di consulenza medico-legale» , sembrava aver indotto le Corti a segui-
re una diversa interpretazione che, pur sottolineando l’autonomia del danno
esistenziale, individuava tale modello nel «danno conseguente alla lesione di
42
un civil right, nel senso di un diritto assistito da garanzia costituzionale» . Ma
la natura multiforme e, per certi versi, residuale del danno esistenziale sem-
brava negare uno specifico rilievo unitario a tale figura, la quale veniva «così
interamente a coincidere con la lesione di un qualsiasi [altro] interesse costi-
43
tuzionalmente protetto» .
Disattesa la teoria che proponeva di assorbire i danni biologico e morale
all’interno del danno esistenziale, una parte della giurisprudenza aveva impli-
citamente proposto una più limitata tesi unitaria, nel qualificare come danni
esistenziali una pluralità di danni non patrimoniali, assai eterogenei, molti dei
44
quali erano previsti dalla legge , che si caratterizzavano, essenzialmente in
senso negativo, per non essere danno alla salute o danno morale “soggettivo”.
Nel law in action, il danno esistenziale era identificato con il danno patito iure
proprio dai congiunti del defunto (che era ridefinito come danno esistenziale
45
da privazione del rapporto parentale) , con il danno par ricochet subito dai
familiari anche in ipotesi di sopravvivenza, con lesioni invalidanti, della vitti-
46
ma primaria dell’illecito , con il «danno psichico da sofferenza esistenziale»
47
di intensità «catastrofica» , con il danno da ingiusta privazione della libertà
48 49
personale o da irragionevole durata del processo , con la violazione del «di-
50
ritto alla sessualità» , con la lesione della dignità personale, con il mobbing e

40
P. CENDON, op. loc. ult. cit.
41
P.G. MONATERI, Verso una teoria, cit., p. 723 s.
42
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
43
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 34.
44
Si pensi, ad es., al danno derivante dalla ingiusta privazione della libertà personale nell’esercizio
di funzioni giudiziarie (art. 2, legge 13 aprile 1988, n. 11; emblematico, in proposito, il caso Barillà:
sul quale, G. PONZANELLI, Gli «esistenzialisti» dopo la svolta del 2003 e la sentenza della Cassazione
penale sul caso Barillà, in Danno e resp., 2004, p. 966); al danno conseguente al mancato rispetto del
termine ragionevole di durata del processo (art. 2, l. 24 marzo 2001, n. 89; qualifica tale danno come
“esistenziale”, ad es., Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 22 s.); al danno da “vacanza rovi-
nata”; ecc.
45
Cfr., ad es., Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 846 s.
46
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, in Corriere giur., 2001, p. 1319 ss.; e già Cass., 23 aprile 1998,
n. 4186, in Danno e resp., 1998, p. 689.
47
Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in Danno e resp., 2001, p. 821.
48
Sulla sentenza della Cassazione resa sul caso Barillà, cfr. E. NAVARRETTA, Non è solo esistenzia-
le il danno da errore giudiziario: il caso Barillà e il processo kafkiano, in Nuova giur. civ. comm., 2003,
p. 506 ss.
49
Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 22 s.
50
Cass., Sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2311, cit., p. 8 s.

9.
232 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

51
l’illegittimo “demansionamento” , con lo stress che deriva da immissioni ru-
morose, con il danno emozionale che può discendere da una vacanza “rovina-
ta”, con la sofferenza derivante dalla morte del proprio animale domestico,
con le conseguenze di un protesto illegittimo, con i danni derivanti da una ca-
lunnia o da una diffamazione, persino con gli inconvenienti sofferti dai con-
domini di un edificio crollato a seguito di una fuga di gas, ecc., ovvero con i
52
più disparati casi tratti dalla responsabilità delittuale e contrattuale , «al pun-
to da confondersi con questi ultimi e da perdere ogni autonomia dogmatica e
53
normativa» . La Cassazione, riguardo a queste ultime ipotesi che trovavano
esclusivo riconoscimento nella giurisprudenza di merito, aveva assunto un orien-
tamento più restrittivo: aveva escluso il risarcimento del danno esistenziale de-
rivante dal decesso di un animale d’affezione (nella specie, un cavallo), poiché
aveva ritenuto non sussistere un danno «consequenziale alla lesione di un inte-
resse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva
54
costituzionalmente protetta» . Una posiziona analoga era stata seguita allor-
ché si era chiesto, a seguito della collocazione di un lampione che avrebbe po-
tuto consentire l’ingresso di ladri in un’abitazione prospiciente, il risarcimento
del danno esistenziale per “stress psicologico da timore”. Ma la Suprema corte
aveva affermato, in maniera non del tutto condivisibile, che «né la serenità né
la sicurezza costituiscono, in se stesse considerate, diritti fondamentali di ran-
go costituzionale inerenti la persona, la cui lesione consente il ricorso alla tute-
55
la risarcitoria del danno non patrimoniale» .
In presenza di una siffatta congerie di ipotesi dannose, che la giurisprudenza
riconduceva indistintamente nell’ambito della categoria del danno esistenziale,
il denominatore comune di questa figura era ravvisato nell’essere un aspetto del
danno “non patrimoniale” «che, pur dovendo – diversamente dal danno morale
soggettivo – obiettivarsi, a differenza del danno biologico rimane[va] integrato
56
a prescindere dalla relativa accertabilità in sede medico-legale» . Anche pre-
scindendo dalle contestazioni rivolte all’espressione “danno esistenziale”, con-
57
siderata «troppo generica e atecnica» , anfibologica o addirittura inconsisten-
58
te sotto il profilo giuridico, non sembrava esistere «una linea di distinzione
certa e univoca» tra il danno morale conseguente alla lesione di un diritto in-
59
violabile e il «danno esistenziale derivante dalla lesione degli stessi diritti» .
51
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 854 ss.
52
I riferimenti giurisprudenziali dei casi citati nel testo sono in G. RAGO, Il danno esistenziale, in
Danno e resp., 2002, p. 329, in nota 2 ss., e in P. CENDON, P. ZIVIZ, Il risarcimento del danno esisten-
ziale, Milano, 2003, p. 317 ss.
53
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 23.
54
Cass., Sez. III, 27 giugno 2007, n. 14846.
55
Cass., Sez. III, 12 febbraio 2008, n. 3284.
56
Così, Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 846.
57
G. PONZANELLI, Il danno esistenziale, cit., p. 850.
58
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 80.
59
G. PONZANELLI, op. loc. ult. cit.
I DANNI NON PATRIMONIALI 233

L’ampia definizione del danno alla salute, resa dal Codice delle Assicura-
zioni, quale lesione dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di accer-
tamento medico-legale, «che» esplichi «un’incidenza negativa sulle attività quo-
tidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato» (art. 138,
comma 2, lett. a del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209), sembrava escludere «una
ontologica diversità tra il danno biologico c.d. dinamico, non legato e non
60
identificato nella sola sfera della lesione psico-fisica» , e il danno esistenziale
inteso quale conseguenza relazionale della menomazione. Ma tale interpreta-
zione, oltre a richiedere una generalizzazione della regola di là dai rapporti as-
sicurativi, rimaneva comunque confinata alla problematica del danno biologi-
co, non riguardando le innumerevoli ipotesi nelle quali il danno esistenziale
non era conseguenza di una lesione dell’integrità psicofisica. Inoltre, l’art. 138
61
avrebbe potuto essere invocato anche all’inverso , poiché proprio questo te-
sto sembrava prescrivere la liquidazione del danno alla salute nelle distinte
“voci” della menomazione psicofisica in sé (danno-evento) e delle sue (even-
tuali ed ulteriori) conseguenze dinamiche e relazionali non patrimoniali.

3. L’inesistenza del danno esistenziale nel panorama giuridico contempo-


raneo rappresentava un’anomalia del diritto italiano, che lo avrebbe allontana-
62
to dagli altri modelli europei . Infatti, che il danno morale riguardasse il solo
patema d’animo transeunte o la sofferenza di carattere interno, mentre il dan-
no esistenziale concerneva ogni pregiudizio «di natura non meramente emoti-
63
va ed interiore [...], ma oggettivamente accertabile» , anche se non in sede
medico-legale, era una convinzione che, in questi termini, trovava consenso
soltanto nell’esperienza italiana. Così, che esistesse una generale figura di dan-
no esistenziale, ontologicamente diversa da quello morale, era un’idea che non
avrebbe avuto un univoco riscontro in altri diritti. Ma tali osservazioni dove-
64
vano essere vagliate sulla base dell’esatto rilievo di metodo secondo il quale
il comparatista, più che ravvisare (o meno) presunte “identità” sussistenti a
livello istituzionale, deve ricercare le effettive analogie esistenti, tra i termini
65
da comparare, sul piano funzionale e dei risultati pratici , nel rispetto delle
peculiarità di ciascuna esperienza giuridica.

60
G. PONZANELLI, op. loc. ult. cit.
61
Come sembra rilevare la stessa Cassazione (cfr., ad es., Sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2311, cit., p.
5 s.).
62
F.D. BUSNELLI, Il danno alla persona al giro di boa, in Danno e resp., 2003, pp. 237-243.
63
Ad es., Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 856.
64
Sottolineato, implicitamente, da P. CENDON, Esistere o non esistere, in P. CENDON (cur.), Trat-
tato breve dei nuovi danni. Il risarcimento del danno esistenziale: aspetti civili, penali, medico-legali,
processuali, vol. I, Padova, 2001, p. 40 ss.
65
Così, L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 66 ss.
234 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

66
La «visione cruenta dell’illecito» che ha caratterizzato, per tradizione, il
diritto anglosassone, ha garantito al danno all’integrità fisica una posizione
privilegiata, mentre emotional distress e nervous shock e, più in generale, lo
stesso danno psichico, anche se provocati alla vittima “secondaria” dal deces-
so di uno stretto congiunto, hanno potuto assumere rilievo soltanto sulla base
di tests di physical e causal proximity che testimoniassero un certo “impatto fi-
67
sico” dell’evento dannoso sull’attore . Revocato in dubbio l’orientamento più
liberale che dava rilievo assorbente al principio di “ragionevole prevedibilità”
68
(foreseeability), unitamente ad una «recognizable psychiatric illness» , hanno
assunto importanza la presenza o prossimità della vittima par ricochet alla zone
of danger, la percezione od osservazione diretta dell’incidente, l’intensità del
69
legame di parentela esistente tra l’attore e la vittima diretta . Dal danno rifles-
so d’affezione per la privazione del rapporto parentale è necessario, tuttavia,
70
distinguere il loss of amenities of life che, riguardando specificamente la per-
dita delle amenità della vita da parte della vittima (primaria), e, quindi, un non
poter più fare, maggiormente si avvicina all’idea del danno esistenziale. Pro-
71
prio la distinzione, sancita in West v. Shephard , e confermata in Lim v.
72
Camden Health Authority , tra loss of amenities of life e pain and suffering ha
indotto la Camera dei Lords a risarcire la «privazione delle sensazioni e dei
73
piaceri ordinari dell’esistenza» , a differenza del dolore e della sofferenza, an-
che nel caso d’incoscienza della vittima. Da rilevare, tuttavia, che il loss of
amenities of life è allocato essenzialmente quale conseguenza di un danno
all’integrità fisica.
Con riferimento all’esperienza tedesca, pur in presenza di talune rilevate
74
similitudini , non sembra possibile affermare che il danno esistenziale trovi il
suo equivalente nelle figure che usualmente sono inquadrate nell’ambito
dell’allgemeines Persönlichkeitsrecht, che la giurisprudenza tedesca elaborò
per estendere i limiti risarcitori prescritti, per il nicht Vermögensschaden, dai
66
P.S. JAMES, The Fallacies, cit., p. 149 ss.
67
In argomento, G. MARINI, Emotional distress, nervous shock e prevedibilità del danno, in Dan-
no e resp., 1999, p. 502 ss., al quale si rinvia per le ampie citazioni di dottrina e giurisprudenza.
68
In questi termini si espresse la Camera dei Lords nel decidere McLoughlin v. O’Brian [1983]
A.C. 410, e Junior Book Ltd. v. Veitchi Co. Ltd. [1983] A.C. 520.
69
Cfr., ad es., Alcock v. Chief Constable of the South Yorkshire Police [1991] 4 All E.R. 907.
70
Un discorso diverso riguarda, invece, il loss of expectation of life che, sulla scia delle obiezioni
formulate dal Pearson Committee, ai sensi dell’art. 1 (a) dell’Administration of Justice Act, non può
più rappresentare una voce autonoma del danno risarcibile. Tale figura fu riconosciuta, per la prima
volta, nel 1935, in Flint v. Lovell [1935] 1 K.B. 354, e confermata, dalla Camera dei Lords, in Rose v.
Ford [1937] A.C. 826. Rigorosi limiti risarcitori furono previsti, in seguito, in Benham v. Gambling
[1941] A.C. 157.
71
West and Sons Ltd. v. Shephard [1964] A.C. 326. Sul punto si era già espressa la Court of Ap-
peal in Wise v. Kaye [1962] 1 Q.B. 638.
72
Lim Poh Choo v. Camden and Islington Area Health Authority [1980] A.C. 174.
73
Cfr., infatti, Lord Morris, in West and Sons Ltd. v. Shephard [1964] A.C. 326.
74
G. CIAN, La riforma del BGB, cit., p. 130.
I DANNI NON PATRIMONIALI 235

§§ 253 e 847 BGB. A seguito della riforma del 2002, la situazione non è stata
sostanzialmente innovata dall’abrogazione del § 847 e dal suo (re)inserimento
75
nel comma 2 del § 253, che pur hanno esteso, non senza contestazioni , l’area
di risarcibilità del danno non patrimoniale ad ogni violazione dell’autodeter-
minazione sessuale e all’intero settore della responsabilità contrattuale. Anche
76
in presenza di una possibile estensione in via analogica della tutela prevista
dal capoverso del § 253 ai casi di lesione dell’allgemeines Persönlichkeitsrecht,
77
ricerche svolte in materia confermano, implicitamente , come i giudici tede-
schi tendano talvolta a risarcire, all’interno di specifiche figure, le conseguenze
relazionali dei danni biologici e degli altri danni «immateriali», ma senza che il
danno esistenziale riesca ad assumere un generale ed autonomo rilievo.
La ricerca sugli equivalenti del danno esistenziale non può non riguardare
il diritto francese che, a ragione, può essere considerato come il sistema più
78
ampio di risarcimento del danno non patrimoniale . La dottrina, non scevra
da influenze germanistiche, discorre di «préjudice patrimonial» e «préjudice
79
extra-patrimonial» , ovvero di «pregiudizi puramente economici» e di attein-
80
tes «a interessi non esclusivamente economici» . La giurisprudenza e il legi-
slatore, sulla scia di una consolidata tradizione, preferiscono distinguere tra
danni «matériels», «corporels» e «moraux» (art. 3, comma 2, Code proc. pén.).
Mentre il préjudice physiologique (o corporel) ha acquisito ben presto una fi-
sionomia del tutto autonoma, influenzando, in Italia, la stessa evoluzione del
81
danno biologico , le sofferenze fisiche e morali, i danni estetico e juvénile, le
lesioni dell’onore, della reputazione, di tutti i diritti e libertà della persona
(nome e identità, immagine, privatezza, dignità, ecc.), il préjudice d’affection
sofferto dalla vittima par ricochet, il danno sexuel, il «préjudice spécifique de
82
contamination» o «de séropositivité» e lo stesso préjudice d’agrément rien-
trano indistintamente nella tradizionale categoria del danno morale, senza che
nessun rilievo assuma, esplicitamente, la figura del “danno esistenziale”.
All’interno dei dommages moraux, tuttavia, proprio il danno sexuel e, so-
prattutto, il préjudice d’agrément maggiormente si avvicinano al danno esisten-

75
Sul punto, G. CIAN, op. ult. cit., p. 132 ss. e passim.
76
G. CIAN, op. ult. cit., p. 132.
77
Malgrado le diverse intenzioni dell’Autore, cfr., infatti, G. CHRISTANDL, Il danno alla sfera di
realizzazione personale nella giurisprudenza tedesca. Una panoramica sul “danno esistenziale” in Ger-
mania, relazione tenuta al Convegno “Le nuove frontiere del danno non patrimoniale”, organizzato
dall’Ordine Forense di Forlì (Cesena) il 15 ottobre 2004.
78
Ammettono che il diritto francese sia «uno dei più generosi del mondo», G. VINEY, P. JOUR-
DAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., p. 36.
79
Per tutti, Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 149.
80
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 19 e 23.
81
La proposta, poi divenuta del tutto dominante, di applicare il sistema del calcul au point, al po-
sto dei primordiali criteri di liquidazione, si deve a quella dottrina che, per prima, illustrò ai giuristi
italiani il funzionamento del sistema d’oltralpe (F.D. BUSNELLI, Diritto alla salute, cit., p. 567 ss.).
82
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 43 s.
236 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ziale, in virtù delle peculiari connotazioni che caratterizzano tali figure. Mentre
il primo ha ad oggetto il risarcimento per la perdita sia della capacità di pro-
83
creare, sia «del piacere dell’atto sessuale» , derivante da un trauma o da una
84
mutilazione, il préjudice d’agrément, o, più esattamente, di «désagrément» ,
85
fin dalla definizione, un po’ “elitaria” , resa dalla Corte d’appello di Parigi
nel 1961, si è caratterizzato per il consistere nella «privazione delle soddisfa-
zioni diverse di ordine sociale, mondano e sportivo delle quali è in diritto nor-
86
malmente di beneficiare un uomo dell’età e della cultura della vittima» . In
seguito, il préjudice d’agrément ha assunto connotazioni sempre più ampie,
comprendendo qualsiasi «diminuzione dei piaceri della vita causata [...] dall’im-
possibilità o dalla difficoltà di potersi dedicare a delle attività normali d’agré-
87
ment» . Questa ampia definizione è stata in breve recepita sia dalla Seconda
88 89
Sezione civile della Cassazione , sia dalla Chambre sociale e dalle Sezioni
penali che hanno esteso tale figura a qualsiasi «privazione dei piaceri di una
90
vita normale» , affermando esplicitamente che il préjudice d’agrément «deve
essere inteso non soltanto come l’impossibilità di potersi dedicare a un’attività
ludica o sportiva, ma anche come la privazione definitiva dei piaceri normali
91
dell’esistenza» . In proposito, la Suprema corte ha vietato al giudice di «poter
rifiutare alla vittima un’indennità a titolo di pregiudizio d’agrément per il fatto
che non è stata apportata la prova di un’attività di svago alla quale le conse-
92
guenze dell’incidente le avrebbero impedito di potersi dedicare» . Malgrado
93
si sia proposto di assorbire il préjudice d’agrément in quello physiologique , al
fine di evitare duplicazioni risarcitorie, e nonostante, per un certo periodo, si
sia potuto «credere a priori che l’adozione di questa concezione estesa avreb-
be provocato un raggruppamento, all’interno di questa categoria, dell’insieme
94
dei pregiudizi morali conseguenti ad una lesione dell’integrità biologica» , le
95
Corti hanno continuato ad allocare indennità distinte , risarcendo il préjudice
d’agrément in aggiunta agli ulteriori danni fisiologici e morali.

83
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 43.
84
Così, Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 226.
85
Discorre di una «coloration élitiste», Y. CHARTIER, op. loc. ult. cit.
86
App. Paris, 25 mars 1961, in Rec. Dalloz, 1962, Jur., p. 136.
87
App. Paris, 2 décembre 1977, in Rec. Dalloz, 1978, Jur., p. 285.
88
Ad es., già Cass., II Ch. civ., 20 mai 1978, in Sem. jur., 1978, IV, p. 221; Cass., II Ch. civ., 25
février 1981, ivi, 1981, IV, p. 16.
89
Il leading case in materia è Cass., Ch. Soc., 16 novembre 1983, in Rec. Dalloz, 1984, Jur., p. 466.
90
Cass., Ch. Soc., 5 janvier 1995, in Sem. jur., 1995, I, 3853, n. 23, e in Rev. trim. dr. civ., 1995,
p. 892.
91
Cass. Crim., 26 mai 1992, in Sem. jur., 1992, I, 3625, n. 27.
92
Cass., Ch. Soc., 16 novembre 1983, cit., p. 466.
93
Y. LAMBERT FAIVRE, Note a App. Paris, 2 décembre 1977, in Rec. Dalloz, 1987, Jur., p. 286; Y.
CHARTIER, La réparation, cit., p. 230.
94
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 42.
95
Cfr. G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
I DANNI NON PATRIMONIALI 237

La fortuna del préjudice d’agrément nell’esperienza francese, però, è dovuta


non tanto alla sua componente relazionale/esistenziale, che consente di risar-
cire i “piaceri della vita” ai quali la vittima deve rinunziare, quasi sempre “in
conseguenza” di un danno biologico, quanto agli espliciti riconoscimenti con-
tenuti nell’art. 11 della Risoluzione 75/7 del Comitato dei ministri del Consi-
glio d’Europa e, soprattutto, negli artt. L. 397 e L. 470 Code Séc. soc. Ma i due
testi esprimono una significativa convergenza in ordine alla natura soggettiva,
e non oggettiva, di tale danno. L’art. 11 della Risoluzione ingloba il préjudice
d’agrément, insieme con «i malesseri, le insonnie», il «sentimento d’inferiori-
tà», nell’ambito delle sofferenze psichiche. Gli artt. L. 397 e L. 470 Code Séc.
soc. escludono dal ricorso delle Casse di Sicurezza sociale «la parte d’inden-
nità, di carattere personale, corrispondente alle sofferenze fisiche e morali [...]
sopportate (dalla vittima), al pregiudizio estetico e d’agrément». Il préjudice
d’agrément si caratterizza per il carattere soggettivo e personale che è proprio
degli altri danni morali, e che lo contrappone al préjudice physiologique il qua-
96
le, proprio per il suo «carattere oggettivo» , è sottoposto al ricorso delle Casse.
Quindi, la declamata natura oggettiva del danno esistenziale, contrapposta
a quella soggettiva del danno morale, rappresenta un dato che non trova ri-
scontro negli altri diritti, tanto meno ai fini di una diversa dinamica dell’onere
97
della prova , se si eccettua lo specifico problema del risarcimento del loss of
amenities of life e del préjudice d’agrément anche nei casi d’incoscienza della
98
vittima . La Cassazione civile d’oltralpe, però, sulla scia della Chambre crimi-
99
nelle , ha esteso tale indirizzo a tutti i danni morali conseguenti ad un «préju-
100
dice personnel» , dolore e sofferenza inclusi. Ciò ha determinato «il prevale-
101
re di una concezione oggettiva» di tutti i danni morali e la modifica dei si-
stemi di valutazione, inducendo «a rinunziare al metodo consistente nel tenta-
re di ragguagliare l’ammontare del risarcimento all’intensità del dolore effetti-
vamente provato [...], per rivolgersi risolutamente verso metodi di valutazione
oggettiva, fondati su criteri esterni rispetto alla psicologia della vittima e, per
questa ragione, verificabili (entità e gravità oggettiva della lesione fisica, situa-
102
zione sociale e modo di vita della vittima prima del fatto dannoso, ecc.)» .

96
Cfr., ad es., Cass., Ch. Soc., 9 novembre 1976, in Bull. civ., V, n. 573, p. 467; Cass., Ch. Soc., 13
décembre 1979, ivi, V, n. 997, p. 730.
97
Questa tesi è, invece, sostenuta da Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 856.
98
Sottolineava un allineamento, sotto questo profilo “oggettivo”, tra il préjudice d’agrément e il
loss of amenities of life, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 233 s.
99
Il leading case è considerato, in materia, Cass. crim., 3 avril 1978, in Sem. jur., 1979, II, Jur.,
19168.
100
Cass., II Ch. civ., 22 février 1995 (2 arrêts), in Sem. jur., 1996, II, Jur., 22570.
101
Così, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 47.
102
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
238 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

4. A seguito della “svolta” del 2003, essendo oramai risarcibile qualsiasi


103
«ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona» , il nostro sistema di
responsabilità civile si è venuto a trovare in una posizione molto simile a quel-
la del diritto francese. Ma la nostra giurisprudenza non può ancora vantare
una tradizione analoga a quella delle corti d’oltralpe, abituate, da circa due se-
104
coli, a creare diritto , con maestria ed equilibrio.
Il problema, inedito, che la nostra letteratura giuridica si trovava ad affron-
tare sembrava essere non tanto quello definitorio, consistente nel qualificare
un medesimo danno ora come “esistenziale” ora come “morale”, quanto quel-
lo di individuare limiti ragionevoli alla risarcibilità dei danni cc.dd. micro-
105
esistenziali . La stessa dottrina d’oltralpe si è espressa, in varie occasioni, cri-
ticamente avverso un’eccessiva estensione del danno morale d’affection, allor-
ché i giudici avevano risarcito alla vittima par ricochet il danno derivante dalla
106
morte di un animale, come il cavallo Lunus o la cagnetta Mirza .
Al danno “da disappunto” del titolare della cassetta postale per l’illegittima
107
introduzione di materiale pubblicitario , a quello del cittadino che subisce
108
uno stress a causa di una minaccia di sospensione del servizio farmaceutico ,
109
al danno emozionale da black out , al danno “da disagio” patito dal profes-
sionista per effetto del cattivo funzionamento del centralino telefonico del
110 111
proprio studio , all’ormai classico danno da vacanza “rovinata” , ecc., si era
perfino aggiunto il danno del tifoso che, a causa nel mancato “ripescaggio” del
Napoli Soccer in serie B, era stato «costretto ad assistere a gare di calcio [...]
di pessimo spessore tecnico tattico» e che, «sebbene la propria squadra vin-
c[esse] e [fosse] in testa alla classifica, [...] comunque soffr[iva] per la militan-
za della predetta nella serie definita da molti un “inferno”, laddove avrebbe
potuto godere di uno spettacolo più adeguato, sia al blasone della squadra che
112
della città» . È evidente l’incomprensione nella quale era incorso il giudice
partenopeo: dopo aver limitato il danno morale al «dolore che il danneggiato
ha intimamente patito», e dopo aver definito il danno esistenziale come «la le-
103
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817; Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827,
cit., p. 822.
104
R. SACCO, Introduzione, cit., p. 258, sottolinea che «In Francia opera una Corte di Cassazione
consapevole dei suoi ampi poteri, e l’interprete suole considerare la giurisprudenza come una fonte,
sussidiaria ma attendibile».
105
Il termine è di G. PONZANELLI, Il danno esistenziale, cit., p. 850 s.
106
Per questi due casi, rispettivamente, Cass. civ., 16 gennaio 1962, in Rec. Dalloz, 1962, Jur.,
p. 199, e Trib. gr. inst. Caen, 30 ottobre 1962, in Sem. jur., 1962, II, Jur., 12954. Criticamente, A.
TUNC, La réparation du préjudice moral causé par la mort d’un animal cher, in Rev. trim. dr. civ.,
1962, p. 316 ss.
107
Giud. di pace Bari, 22 dicembre 2003, cit., p. 880.
108
Giud. di pace Napoli, 26 febbraio 2004, cit., p. 433.
109
Giud. di pace Casoria, 13 luglio 2005, n. 2781, cit., p. 54 ss.
110
Trib. Genova, 23 gennaio 2006, cit., p. 759.
111
Giud. di pace Casoria, 8 settembre 2005, cit., p. 432.
112
Giud. di pace Napoli, I Sez. civ., 27 marzo 2006, cit., p. 132.
I DANNI NON PATRIMONIALI 239

sione della personalità del soggetto nel suo modo di essere sia personale che
sociale che si sostanzia nella alterazione apprezzabile della qualità della vita
113
consistente in “agire altrimenti” o in un “non poter più fare come prima”» ,
poi aveva risarcito come danno esistenziale proprio la «sofferenza» patita dal
tifoso, che, anche a suo dire, avrebbe dovuto connotare il solo danno morale.
In presenza di tali decisioni, argomentate in maniera poco convincente, gli
stessi sostenitori del danno esistenziale avevano denunciato un utilizzo «pu-
114
ramente nominalistico» e formalista di tale figura. Il danno esistenziale sa-
rebbe divenuto, «di questo passo, un involucro di carattere formale, un flatus
vocis, il cui utilizzo prescinde[va] da qualsiasi verifica circa l’effettività dei
115
pregiudizi patiti dalla vittima» . Per di più, la giurisprudenza, in tutte queste
ipotesi, definiva danno esistenziale ciò che, in realtà, era un danno morale,
116
poiché riparava situazioni di «disagio e sofferenza della vittima» , «di ordine
psichico ed emotivo» che, invece, dovevano «essere ascritt[e] al danno mora-
117
le» . Tuttavia, permaneva un dubbio: il fatto che le corti non fossero sempre
in grado di distinguere il danno esistenziale da quello morale, identificando
sovente il primo con il secondo, o chiamando danno esistenziale ciò che, per
118
tradizione e negli altri diritti, è sempre stato considerato un danno morale ,
confermava l’equivocità di una partizione che, ispirata ad alcuni tratti distinti-
vi individuati a priori e “in astratto”, nel law in action rischiava d’ingenerare
119
una certa confusione .
Inoltre, pur se si aderiva alla tesi, per così dire, “atomistica” del danno non
patrimoniale, cioè alla proposta di scomporre tale figura in una pluralità di
120
“voci” eventualmente concorrenti , l’una riguardante la lesione dell’integrità
psicofisica, l’altra l’aspetto relazionale della lesione, l’altra ancora il profilo
“soggettivo” della sofferenza, non sembrava comunque condivisibile l’orienta-
mento di quella giurisprudenza che intendeva riqualificare i “nuovi danni”, in
modo occasionale, ora come danno morale, ora come danno esistenziale. Se si
considerava tale ultima voce “ontologicamente” distinta dalle altre per il suo
carattere relazionale, sembrava possibile che, nel risarcire la maggior parte dei
danni non patrimoniali, anche non biologici, la “voce” del danno esistenziale
113
Giud. di pace Napoli, I Sez. civ., 27 marzo 2006, cit., p. 131.
114
P. ZIVIZ, Adelante, cit., p. 765.
115
P. ZIVIZ, F. BILOTTA, Danno esistenziale: forma e sostanza, in Resp. civ. prev., 2004, p. 1308.
116
Lo rileva anche P. ZIVIZ, op. loc. ult. cit.
117
P. ZIVIZ, op. ult. cit., p. 764.
118
Si pensi, ad es., al préjudice moral patito iure proprio dalla vittima par ricochet (cfr. Cass., Sez.
III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 845 s.).
119
In questi termini, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 23
ss. e passim.
120
Che il «pregiudizio esistenziale» costituisca la “terza” voce del danno non patrimoniale è opi-
nione affermata sia dalla Cassazione (ad es., I Sez. civ., 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 22), sia dalla
stessa dottrina che ha contestato tale figura (G. PONZANELLI, Le tre voci di danno non patrimoniale:
problemi e prospettive, in Danno e resp., 2004, p. 5 ss.).
240 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

potesse aggiungersi a quella del danno morale “soggettivo”. Ad esempio, nel


risarcire il danno derivante dalla ingiusta privazione della libertà personale,
oltre allo «sconvolgimento delle abitudini di vita», alla «modificazione (peg-
121
giorativa) della personalità dell’individuo» , a ciò che la vittima avrebbe po-
tuto fare e “non aveva più potuto fare” durante gli anni d’ingiusta detenzione,
il giudice avrebbe dovuto riparare anche la sofferenza provata in conseguenza
dell’illecito.
La possibile valutazione cumulativa delle due distinte voci trovava fonda-
mento proprio nella delimitazione dei confini di tale partizione, che avrebbe
dovuto escludere, almeno in astratto, una possibile sovrapposizione, col con-
seguente rischio di duplicazioni risarcitorie. Una conferma potrebbe essere
rinvenuta nelle altre esperienze giuridiche che, pur non conoscendo una gene-
rale “voce” dedicata al danno esistenziale, risarciscono i medesimi aspetti rela-
zionali ricorrendo a distinte figure di danno morale.

5. Una parte della dottrina italiana, aderendo all’orientamento anti-esisten-


zialista della Cassazione, nel tentativo di arginare il risarcimento dei danni cc.
dd. micro-esistenziali, ha cercato di ricostruire il sistema di responsabilità civi-
le sulla base di un principio di tipicità dei danni non patrimoniali, che si con-
trapporrebbe all’atipicità dei danni patrimoniali, disciplinati dalla «clausola
122
generale e primaria di cui all’articolo 2043 c.c.» .
Tale problematica, tuttavia, si era rilevato, non poteva riguardare tutte quelle
ipotesi nelle quali il risarcimento del danno non patrimoniale conseguisse
123
all’inadempimento di un obbligo di prestazione o fosse «occasionato» dalla
violazione di un obbligo di protezione. Ogni qualvolta la responsabilità è con-
trattuale (vacanza rovinata, «film delle nozze», perdita del percorso artistico,
ritardo del volo di linea, tardiva attivazione della linea telefonica, black out
124
elettrico, mobbing, demansionamento e dequalificazione del lavoratore, ecc.)
o da contatto sociale qualificato, il danno non patrimoniale è risarcibile quale
conseguenza immediata e diretta (art. 1223 c.c.) dell’inadempimento, con il
solo limite della prevedibilità (art. 1225 c.c.), senza che alcun rilievo assuma
l’“ingiustizia” del danno, ovvero la lesione dell’interesse costituzionalmente ri-
125
levante .
La questione dell’eventuale tipicità dell’illecito non patrimoniale, quindi,
riguardava la sola responsabilità delittuale, in virtù della controversa sopravvi-
121
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 846.
122
Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n. 15022, cit., p. 52.
123
Così, M.R. MARELLA, Le conseguenze «non patrimoniali», cit., p. 176.
124
Per tali ipotesi si rinvia a M.R. MARELLA, op. ult. cit., p. 181 ss.
125
C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 73. Per un analogo problema in tema di danno da per-
dita di chances, cfr. M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., p. 42 ss.; EAD., Il danno da perdita
di chances tra contratto e torto, in Dir. e giur., 2006, p. 204 ss.
I DANNI NON PATRIMONIALI 241

126
venza dell’art. 2059 c.c. Tuttavia, allorché si era considerato «inoperante» il
«limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 c.p.», ogni qualvol-
ta la lesione avesse «riguardato valori della persona costituzionalmente garan-
127
titi» , e, soprattutto, allorché si era fondato il “risarcimento” del danno non
patrimoniale, inteso «come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui
128
sia leso un valore inerente alla persona» , direttamente sull’art. 2 Cost., al
punto che lo stesso danno morale soggettivo, inteso come lesione dell’«interes-
129 130
se all’integrità morale» , appariva «agevolmente ricollegabile all’art. 2 Cost.» ,
diveniva poi contraddittorio evocare un sistema di tipicità del danno (rectius,
illecito) non patrimoniale da torto. Tale concezione si scontrava non soltanto
con l’ormai unanime orientamento che individua nell’art. 2 Cost. una clausola
131 132
generale “aperta” che giuridifica il valore della persona , ma anche con l’ef-
ficacia delle «fonti internazionali recepite attraverso l’art. 10 Costituzione» e
con quelle «sovranazionali (in primo luogo europee) che vanno a collocarsi,
133
nella gerarchia, al di sopra delle norme di rango ordinario» . Ipotizzare un
modello tipizzato per i danni non patrimoniali, contrapposto ad un sistema
atipico per i danni patrimoniali, voleva dire leggere all’inverso, in ordine ai ri-
134
medi, la “gerarchia dei valori” che è a fondamento dell’odierno ordinamen-
to civil-costituzionale.
Nel ricollegare «l’art. 2 Cost. all’art. 2059 c.c. piuttosto che all’art. 2043
c.c.», la giurisprudenza, probabilmente senza avvedersene, aveva «abroga[to]
il limite di legge previsto dall’art. 2059 c.c., affermandone l’incostituzionali-
135
tà» . Ed era «proprio per evitare questo inevitabile [...] esito» che, in epoca
anteriore al 2003, la letteratura giuridica più avvertita aveva «aggirato l’osta-
colo con il collegamento all’art. 2043 c.c., che il limite di legge non preve-
136
de» . «Eliminato» il limite di legge di cui all’art. 2059 c.c., il nostro sistema

126
Cfr. Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, e Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n.
8827, cit., p. 822.
127
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, e Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827,
cit., p. 822.
128
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 816, e Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827,
cit., p. 821; conf. Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n. 15022, cit., p. 52.
129
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818, e Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827,
cit., p. 822.
130
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 818, e Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827,
cit., p. 822.
131
In questi termini, già P. PERLINGIERI, La personalità umana, cit., p. 12 ss. e passim.
132
D. MESSINETTI, voce Personalità (diritti della), in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, p. 355 ss.
133
M. DI MARZIO, op. cit., p. 18.
134
Che tale dato rappresenti un “elemento determinante”, sotteso a ciascun diritto, è sottolineato
da L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 208 s.
135
F. GAZZONI, L’art. 2059 c.c. e la Corte costituzionale: la maledizione colpisce ancora, in Resp.
civ. prev., 2003, p. 1304, si chiede, retoricamente, se sia stato «corretto ricollegare l’art. 2 Cost. all’art.
2059 c.c. piuttosto che all’art. 2043 c.c.».
136
Le espressioni tra virgolette sono di F. GAZZONI, op. loc. cit.
242 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

di responsabilità civile è divenuto «monolitico, nel senso che tutti i danni, pa-
trimoniali e non patrimoniali, sono risarcibili in base ai principi posti dall’art.
137
2043 c.c., ivi compresa la presunzione di colpa, se del caso» .
Come si era, fin da subito, rilevato, la dichiarata “inoperatività” del limite
di cui agli artt. 2059 c.c. e 185 c.p., nel caso di lesione di interessi costituzio-
nalmente rilevanti, avrebbe sancito la nascita di una «neonata clausola genera-
138
le» di cui agli artt. 2059 c.c. e 2 Cost. la quale, in assenza dell’originario rife-
rimento alla specifica fattispecie di reato, avrebbe mutuato dall’art. 2043 c.c. il
139
criterio civilistico dell’“ingiustizia” , al fine di operare la selezione degli inte-
140
ressi «giuridicamente rilevanti» . La dottrina era stata concorde nel ravvi-
sare sia una «dolce morte» dell’art. 2059 «per sopravvenuta inutilità di una
141
sua persistente vita autonoma» , sia una “morte apparente” e una contestua-
142
le «resurrezione» di una teoria “monocentrica” della responsabilità civile
143
fondata, con funzione di compensation, sulla norma primaria di cui all’art.
2043 c.c.
Tali considerazioni erano state confermate sia da chi aveva ravvisato, nel-
l’evoluzione della giurisprudenza di merito e di legittimità, una sostanziale abro-
144
gazione dell’art. 2059 c.c. , reso, ormai, un «inutile duplicato dell’art. 2043
145
c.c.» ; sia dalla stessa Cassazione, che esplicitamente discorreva di «un’ingiu-
sta lesione di valori della persona costituzionalmente garantiti, dalla quale [...]
conseguano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica, senza sogge-
zione al limite derivante dalla riserva di legge correlata principalmente all’arti-
146
colo 185 c.p.» .
Il danno non patrimoniale da torto, in assenza del collegamento ad una
specifica fattispecie di reato che esplicitasse, a volta a volta, i suoi peculiari
“elementi costitutivi”, era risarcibile in quanto danno ingiusto non patrimonia-
137
F. GAZZONI, op. cit., p. 1305, ove precisa che tale esito è «reso possibile anche dal fatto che,
sul piano formale, l’art. 2043 c.c. parla di “danno ingiusto” e di “obbligo di risarcire il danno”, senza
mai precisare che il danno deve essere patrimoniale». In questi termini, A. PROCIDA MIRABELLI DI
LAURO, Il danno ingiusto, Parte II, cit., pp. 219-264.
138
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c., cit., p. 833.
139
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 834.
140
L’espressione è stata “codificata” da Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999,
I, p. 2270.
141
F.D. BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate, cit., p. 827; e già, P. CENDON, Anche se gli amanti si per-
dono, cit., p. 385.
142
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Morte e resurrezione, cit., p. 621 ss.
143
Tale qualificazione è stata autorevolmente ribadita da Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500,
cit., p. 2270.
144
Tra gli altri, M. DI MARZIO, Danno esistenziale, cit., p. 18.
145
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c., cit., p. 834; e ora, M. DI MARZIO, op. loc.
ult. cit., per il quale l’art. 2059 c.c. è stato «sostituito da una sorta di articolo 2043 bis dedicato al
danno non patrimoniale».
146
Questa espressione, comune a tutte le più recenti decisioni della Suprema corte, è tratta dalla
stessa sentenza (Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n. 15022, cit., p. 52) che, al contrario, tenta di dimo-
strare la tipicità del sistema di riparazione del danno non patrimoniale.
I DANNI NON PATRIMONIALI 243

le. L’ingiustizia del danno assurgeva ad unico possibile criterio di selezione


147
degli interessi «giuridicamente rilevanti» , meritevoli di protezione secondo
l’ordinamento civil-costituzionale, delineando un sistema unitario ispirato
all’atipicità dei fatti produttivi di danni risarcibili, sia nel campo del danno pa-
trimoniale, sia in quello del danno non patrimoniale.

6. Il tentativo di desumere un limite alla risarcibilità dei danni micro (e ma-


cro) esistenziali da una presunta tipicità del sistema di riparazione del danno
non patrimoniale non sembrava, quindi, una strada ragionevolmente percor-
ribile. Innanzitutto, perché tale conclusione poteva riguardare la sola respon-
sabilità extracontrattuale. Poi, per l’evidente difficoltà di fondare un sistema
tipico di rimedi delittuali su una clausola generale (art. 2 Cost.) che riconosce
e garantisce in modo atipico i “diritti” della persona. L’argomento, inoltre,
peccava, nel contempo, per eccesso e per difetto. Per eccesso, poiché non sa-
rebbe stato necessario affermare la tipicità del sistema di riparazione degli ille-
citi non patrimoniali per dimostrare la non risarcibilità dei danni micro-
esistenziali. Per difetto, poiché questi avrebbero potuto essere risarciti anche
in un modello ispirato ad una pretesa tipicità dei diritti della persona. Se si
esaminano, ad esempio, i casi micro-esistenziali anche più estremi, decisi dai
giudici di merito, l’illegittima introduzione di materiale pubblicitario nella
cassetta della posta incide sul “fondamentale” diritto della persona alla tutela
della propria sfera di privatezza; così, l’improvvisa sospensione del servizio
farmaceutico pone in pericolo la tutela del “fondamentale” diritto alla salute,
soprattutto per quei pazienti che necessitano di cure quotidiane e che non
hanno potuto approvvigionarsi dei farmaci necessari.
Anche chi proponeva di “ripensare” il sistema dei danni non patrimoniali
148
sulla base di una «impronta tipizzante» dei diritti inviolabili di cui all’art. 2
Cost. ammetteva che tale sistema dovesse «essere necessariamente dinamico, e
non rigidamente chiuso e statico, poiché mutano incessantemente le aggres-
sioni all’uomo che richiedono uno spazio di tutela intangibile (si pensi, da ul-
timo, alla clonazione, alle pratiche eugenetiche, al commercio di organi, al
149
controllo di dati personali)» . Ed è evidente che «i caratteri della giuridicità e
della forza inviolabile dell’interesse non possono attingersi [...] che all’interno
150
del sistema» . Ma tale argomento non sembrava sufficiente a confutare
151
«l’idea di una semplice connotazione aperta dell’art. 2 C.» . Lo stesso am-
plissimo catalogo dei “diritti inviolabili”, quale «genus dotato di una capacità

147
Così Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270.
148
E. NAVARRETTA, Ripensare il sistema dei danni non patrimoniali, in Resp. civ. prev., 2004, p. 8.
149
E. NAVARRETTA, op. ult. cit., p. 9.
150
E. NAVARRETTA, op. loc. ult. cit.
151
Non così, invece, E. NAVARRETTA, op. loc. ult. cit.
244 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

152
espansiva autopoietica» , reso a titolo esemplificativo e senza pretesa di com-
153
pletezza , ne era la prova evidente. Un’autorevole dottrina resta ancora in at-
tesa «che qualcuno [...] indichi un solo caso di danno alla persona che non sa-
154
rebbe risarcibile, in quanto non ricollegabile all’art. 2 Cost.» .
155
Malgrado l’ambiguità delle espressioni talvolta utilizzate , il sistema di ri-
parazione del danno non patrimoniale non sembrava poter essere contestato
156
quale espressione di una «costituzionalizzazione» dei danni . Era la lesione
157
dell’interesse «giuridicamente» e/o costituzionalmente rilevante ad essere l’uni-
co fondamento del risarcimento dei danni patrimoniale e non patrimoniale.
Non doveva essere il risarcimento del danno, invece, a poter “costituzionalizza-
re” l’interesse, così come talvolta avviene in quei diritti che, prescindendo, per
tradizione, dalla retorica costituzionale e dalla stessa qualificazione a priori del-
l’interesse, pragmaticamente muovono, «al contrario, dai tipi di danno che sono
158
giuridicamente riparabili» al fine di «indurre gli interessi che sono protetti» .
Tale posizione era confermata anche da chi sembrava non condividere lo
159
«stupore» della dottrina «per l’accoglimento di un concetto di ingiustizia
160
del danno “alternativo” rispetto a quello dell’art. 2043 c.c.» . «Non vi è dub-
bio», si affermava, «che il risarcimento del danno non patrimoniale debba ne-
cessariamente trascorrere per il requisito dell’ingiustizia, e che il filtro per la
selezione delle pretese risarcitorie debba opportunamente collocarsi su tale
requisito anziché sul piano delle conseguenze dannose, per le quali opera
161
semmai il criterio della causalità» .
162
«Assolutamente vana» era parsa, infine, l’idea di escludere il risarcimen-
to dei danni esistenziali sulla base della «intensità in concreto dell’offesa» e
163
della sua «oggettiva tollerabilità» . Affermare che la valutazione d’ingiustizia
164
dovesse «scattare [...] solo una volta che il danno superi una certa entità» , e
152
E. NAVARRETTA, op. loc. ult. cit.
153
Cfr., infatti, E. NAVARRETTA, op. ult. cit., pp. 9-12.
154
F. GAZZONI, L’art. 2059 c.c., cit., p. 1306.
155
Per una critica delle quali, cfr. E. NAVARRETTA, op. ult. cit., p. 5.
156
Così, invece, E. NAVARRETTA, op. loc. ult. cit.
157
In questi termini, Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270. Per una ricostruzione
delle definizioni dell’ingiustizia nella dottrina italiana, come «interesse giuridicamente tutelato e pro-
tetto nella vita di relazione», «interesse giuridicamente rilevante», «interesse socialmente apprezzabi-
le», «interesse tout court», cfr. V. SCALISI, Ingiustizia del danno e analitica della responsabilità civile, in
Riv. dir. civ., 2004, I, p. 38 s., in nota 35.
158
Lo rileva, ma con riferimento al diritto francese, M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 302.
159
Manifestato, ad es., da P. ZIVIZ, F. BILOTTA, Danno esistenziale, cit., p. 1315.
160
Cfr., infatti, D. POLETTI, Manifesta inammissibilità per l’ennesima questione di legittimità costi-
tuzionale dell’art. 2059 c.c., in Resp. civ. prev., 2005, p. 660.
161
D. POLETTI, op. loc. ult. cit.
162
F. GAZZONI, op. cit., p. 1307.
163
Per tale proposta v., invece, E. NAVARRETTA, op. ult. cit., p. 14.
164
Critica tale soluzione P. ZIVIZ, Brevi riflessioni sull’ingiustizia del danno non patrimoniale, in
Resp. civ. prev., 2003, p. 1341.
I DANNI NON PATRIMONIALI 245

che non dovrebbe «stupire che il tipo e la gravità dell’offesa possano incidere
sull’identificazione del diritto o del valore lesi, poiché è proprio dalle aggres-
165
sioni che nasce l’impulso ad affermare la tutela giuridica degli interessi» , si-
gnificava utilizzare proprio quello stesso metodo inverso, che si era contestato
per la “costituzionalizzazione” dei danni, al fine di dedurre l’esistenza dell’in-
teresse protetto dal danno risarcito.
Una diversa proposta, invece, conferiva al giudice il compito di limitare il
risarcimento a quei danni che sarebbero «significativi secondo una valutazione
166
sociale tipica» , in considerazione del «disvalore sociale» che «una certa le-
167
sione assume in un certo momento storico» . Trasponendo il problema sul
168
piano degli interessi giuridicamente e/o costituzionalmente rilevanti , ciò non
significava che il giudice potesse creare un qualsiasi dovere «secondo il modo
in cui riterrà opportuno interpretare la coscienza collettiva in un determinato
169
momento storico» , bensì che l’ingiustizia del danno dovesse «ritenersi ope-
rante in tutte le situazioni per le quali è prevista una qualsiasi forma di prote-
170
zione» .
Spettando comunque al giudice esprimere il giudizio d’ingiustizia, decidere
sulla reale entità del danno e delle sue conseguenze, respingere eventuali «pre-
171
tese inconsistenti e capricciose» , non sembrava proficuo nutrire una genera-
172
lizzata sfiducia nell’opera delle corti , soprattutto in un settore, come quello
della responsabilità civile, che in ogni paese ha la sua fonte primaria proprio
nella giurisprudenza.
173
Appariva opportuno ribadire, con la più avvertita dottrina , il carattere
primario, prioritario, unitario e sistemico-assiologico del giudizio d’ingiustizia,
che non può essere, a piacimento dell’interprete, suddiviso in molteplici e
174
multiformi “livelli” , secondo che il danno sia patrimoniale o non patrimo-
niale, o in una «iniuria nell’art. 2043 c.c.» che si vorrebbe contrapposta al-
175
l’«iniuria nell’art. 2059 c.c.» . Tale conclusione era sottolineata dalla stessa
Cassazione la quale, nel portare a compimento l’itinerario già intrapreso, chia-
riva che «la norma in tema di danni non patrimoniali, di cui all’art. 2059 c.c.»,
165
E. NAVARRETTA, op. ult. cit., p. 16.
166
Così, P. ZIVIZ, F. BILOTTA, op. cit., p. 1317.
167
M. FRANZONI, Il danno esistenziale è il nuovo danno non patrimoniale, in Corriere giur., 2006,
p. 1393.
168
Secondo l’insegnamento di S. RODOTÀ, Il problema, cit., pp. 112, 199 ss.
169
S. RODOTÀ, op. ult. cit., p. 112.
170
S. RODOTÀ, op. ult. cit., p. 112 s.
171
L’espressione è tratta da P. ZIVIZ, F. BILOTTA, op. ult. cit., p. 1317, in nota 29.
172
Cfr., invece, F. GAZZONI, op. ult. cit., p. 1307 ss.
173
Oltre agli Autori già citati, cfr. A. IANNARELLI, Il «sistema» della responsabilità civile proposto
dalla Corte costituzionale ed i «problemi» che ne derivano, in Giur. it., 1995, I, p. 415.
174
Così, invece, P. ZIVIZ, F. BILOTTA, op. ult. cit., p. 1315.
175
Tale tesi, seguita da E. NAVARRETTA, I danni non patrimoniali nella responsabilità extracontrat-
tuale, in E. Navarretta (a cura di), I danni non patrimoniali. Lineamenti sistematici e guida alla liqui-
dazione, Milano, 2004, p. 35 s., è così sintetizzata da D. POLETTI, op. ult. cit., p. 657.
246 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

non è costruita in termini «di restrizione della responsabilità extracontrattua-


le, la quale è regolata in termini generali dall’art. 2043 c.c. ed in termini spe-
ciali dalle norme successive (artt. 2044-2054), con riferimento a fattispecie
176
specifiche» . Sono soltanto tali norme a individuare, «per così dire a monte,
se un soggetto è responsabile o meno extracontrattualmente, e ciò indipen-
177
dentemente dal punto se il danno sia patrimoniale o meno» .

7. Dimostratosi impervio il tentativo di costruire un argine al risarcimento


dei danni (micro e macro) esistenziali sulla base di un preteso principio di ti-
picità, le Sezioni Unite della Cassazione, nel riconoscere il danno esistenziale
178
del prestatore di lavoro da «inadempimento contrattuale» (ex artt. 1218,
2103 e 2087 c.c.), avevano mutato orientamento. La delimitazione dell’area
dei danni risarcibili era stata spostata, in modo pragmatico, sul piano dell’one-
re della prova, in ossequio ai corollari che deriverebbero dall’adesione alla tesi
179
c.d. «consequenzialistica» .
Il danno esistenziale, «costituendo pur sempre un danno-conseguenza», do-
vrebbe essere «specificamente allegato e provato ai fini risarcitori, non poten-
180
do mai considerarsi “in re ipsa”» . «Concretandosi in una modificazione del-
181
l’agire del singolo» , in «scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero adot-
182
tate se non si fosse verificato l’evento dannoso» , sarebbe «agevolmente ac-
certabile [...] in via oggettiva, ovvero sulla base di indici più sicuri di quelli
183
che suggeriscono l’esistenza di un danno morale soggettivo» . A differenza di
questo, che, quale danno in re ipsa, dispenserebbe l’attore dall’onere di prova-
184
re l’evento dannoso , il danno esistenziale richiederebbe l’integrale assolvi-
mento dell’onere probatorio, sia pure «attraverso tutti i mezzi che l’ordina-
185
mento processuale pone a disposizione» . Nel ricorrere a presunzioni sem-
plici, «è necessario che la parte alleghi elementi di fatto i quali, per poter esse-
re valorizzati come fonti di presunzione, devono presentare i requisiti, ex art.
2729 c.c., di precisione, gravità e concordanza, sì che da essi il giudice possa
186
desumere, secondo un criterio di normalità, l’esistenza del fatto ignoto» . In
mancanza di «allegazioni sulla natura e le caratteristiche del danno esistenzia-
le» non sarebbe possibile, per il giudice, «neppure la liquidazione in forma
176
Cass., Sez. III, 1 giugno 2004, n. 10482, cit., p. 956.
177
Cass., Sez. III, 1 giugno 2004, n. 10482, cit., p. 956.
178
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 854.
179
Il termine è utilizzato da P. CENDON, P. ZIVIZ, Il risarcimento, cit., p. 40.
180
Cass., Sez. III, 8 ottobre 2007, n. 20987.
181
Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 23.
182
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 856.
183
Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 23.
184
In questi termini, tra i tanti, G. PONZANELLI, Le tre voci, cit., p. 9.
185
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 856.
186
Cass., Sez. lav., 7 marzo 2007, n. 5221.
I DANNI NON PATRIMONIALI 247

equitativa, perché questa, per non trasmodare nell’arbitrio, necessita di para-


187
metri a cui ancorarsi» .
Nei casi nei quali è stato seguito questo indirizzo, in forma ora implicita,
ora esplicita, la Cassazione, pur ammettendo in astratto l’esistenza di danni
esistenziali derivanti, rispettivamente, dalla irragionevole durata del proces-
188 189
so , dalla morte di una bambina non curata adeguatamente , dall’avvenuto
190 191
“demansionamento” , dal danno biologico patito da un lavoratore , da uno
192
«stress psicologico da timore» di malintenzionati , dal decesso dell’animale
193
d’affezione (un cavallo) , dalla condotta omissiva del datore di lavoro che
non aveva dato seguito alla domanda di trasformazione del rapporto di lavoro
194
da full-time in part-time , in concreto non ne ha ravvisato la sussistenza, af-
fermando che l’attore non era stato in grado di assolvere all’onere probatorio.
Questi avrebbe dimostrato «non già – come si dovrebbe – il danno conse-
guenza della lesione, e cioè l’esistenza dei riflessi pregiudizievoli prodotti nella
vita dell’istante attraverso una negativa alterazione dello stile di vita, ma l’esi-
195
stenza della lesione medesima» . In sostanza, «l’esistenza del danno si è fatta
196
erroneamente coincidere con la esistenza della lesione» .
Se questo orientamento fosse stato generalizzato di là dal danno da deman-
sionamento, v’era il rischio che la novella (ri)qualificazione in termini di danno
esistenziale di danni che da sempre erano stati considerati morali poteva tra-
dursi, per i fautori della nuova dottrina, in una vera e propria “vittoria di Pir-
197
ro”, anzi di “Pirrone” , per citare le parole di un indimenticato studioso. La
contestata distinzione tra danni in re ipsa e danni che non sarebbero in re ipsa,
secondo la quale sarebbero danni-conseguenza tutti gli eventi dannosi, ad ec-
cezione dei soli danni morali, che muove dalla critica del danno quale “le-
sione di un interesse giuridicamente rilevante”, salvo poi contraddirsi di con-
198
tinuo , confondendo il problema del danno risarcibile con quello del nesso
187
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 857.
188
Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, cit., p. 23.
189
Cass., Sez. III, 8 ottobre 2007, n. 20987.
190
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 856 s.
191
Cass., Sez. lav., 16 maggio 2007, n. 11278.
192
Cass., Sez. III, 12 febbraio 2008, n. 3284.
193
Cass., Sez. III, 27 giugno 2007, n. 14846.
194
Cass., Sez. lav., 7 marzo 2007, n. 5221.
195
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 857.
196
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 857.
197
G. GIANNINI, La vittoria di Pirrone, in Resp. civ. prev., 1994, p. 990 ss.
198
Sottolinea le contraddizioni nelle quali incorre tale orientamento, A. PROCIDA MIRABELLI DI
LAURO, La responsabilità civile, cit., p. 102 s., ove rileva come, a fronte delle declamazioni della Terza
Sezione della Cassazione, la definizione del danno quale lesione di un interesse giuridicamente rile-
vante è sancita dalla più autorevole giurisprudenza delle Sezioni Unite (ad es., Cass., Sez. Un., 22 lu-
glio 1999, n. 500, cit., p. 2270), della Corte costituzionale (da ultima, Corte cost., 11 luglio 2003, n.
233, cit., p. 941), e della stessa Terza Sezione civile (Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, cit., p. 817, e
Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 822).
248 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

199
causale , poteva divenire il controverso espediente dogmatico che avrebbe con-
sentito di poter risarcire sempre il “semplice” danno morale soggettivo e, vicever-
sa, con estrema difficoltà, un danno, come quello esistenziale che, a dispetto
dell’inedito blasone, presentava le medesime difficoltà di prova del danno morale.
Le conclusioni delle Sezioni Unite erano parse ancor meno condivisibili,
trattandosi, nella specie, di un prestatore di lavoro subordinato che era nel-
l’impossibilità di accedere ad informazioni rilevanti, come quelle relative al
programma di riassetto aziendale ed alla conseguente redistribuzione degli in-
carichi, che sarebbero state indispensabili ai fini di provare “oggettivamente”
200
il danno . I giudici avrebbero dovuto (ex art. 115 c.p.c.) dare rilievo «ad in-
dizi, presunzioni semplici ovvero massime di esperienza» ispirate a «“criteri di
201
normalità o di tipicità sociale”» .
Tuttavia, il maggior rigore probatorio richiesto alla vittima del danno esi-
stenziale trovava un’inattesa smentita in una successiva sentenza nella quale la
Cassazione mutava nuovamente orientamento. Le conclusioni in tema di pro-
202
va elaborate dalle Sezioni Unite erano limitate ai soli rapporti di lavoro , men-
tre, in materia di «danno da uccisione», era ammesso «il ricorso a valutazioni
203
prognostiche ed a presunzioni» . «Nella deduzione dal fatto noto a quello
ignoto» il giudice di merito incontrerebbe «il solo limite del principio di pro-
babilità: non occorre, cioè, che i fatti, su cui la presunzione si fonda, siano tali
da far apparire la esistenza del fatto ignoto come l’unica conseguenza possibile
dei fatti accertati secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva [...],
ma è sufficiente che l’operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone
di ragionevole probabilità, con riferimento alla connessione degli accadimenti
la cui normale sequenza e ricorrenza può verificarsi secondo regole di espe-
204
rienza» . Nelle situazioni di «perdita del rapporto parentale, normalmente vi
è la sussistenza di un pregiudizio non patrimoniale, la cui prova può essere
anche fondata su presunzioni, che non siano adeguatamente contrastate da al-
205
tre prove contrarie» .
In tal modo, la “presunzione” di danno esistenziale operava nuovamente a
199
Almeno secondo A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. loc. ult. cit.
200
Cfr. F. MALZANI, Il danno da demansionamento professionale e le Sezioni Unite, in Danno e
resp., 2006, p. 861.
201
F. MALZANI, op. loc. cit.
202
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 848, afferma che, anche se «nell’ambiente fa-
miliare è astrattamente possibile che la perdita dello stretto congiunto (coniuge o genitore) possa non
determinare conseguenze pregnanti nella sfera soggettiva» delle vittime par ricochet, «tale conseguen-
za appare invero nei normali rapporti di vita familiare assolutamente meno probabile e frequente che
non nei rapporti di tipo lavorativo, come quello preso in considerazione da Cass., Sez. Un., 24 marzo
2006, n. 6572».
203
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 846; e già Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n.
15022, cit., p. 53.
204
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 847.
205
Così, Cass., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22884, cit., p. 5.
I DANNI NON PATRIMONIALI 249

favore della vittima (immediata o par ricochet), mentre era la parte «contro cui
206
gioca la presunzione» a dover «fornire la prova contraria» . Il ricorso alle
presunzioni ed alle regole di comune esperienza induceva a ritenere che «quan-
to più stretto è il rapporto parentale tanto più è intenso il dolore, specie se al
207
rapporto si associa la convivenza» . È sufficiente, per la vittima par ricochet,
provare «il fatto-base della sussistenza di un rapporto di coniugio o di filiazio-
ne e della convivenza con il congiunto defunto» per dimostrare che «la priva-
zione di tale rapporto presuntivamente determina ripercussioni [...] sia sull’as-
setto degli stabiliti ed armonici rapporti del nucleo familiare, sia sul modo di
relazionarsi degli stretti congiunti del defunto (anche) all’esterno di esso ri-
208
spetto ai terzi, nei comuni rapporti della vita di relazione» .

209
8. Il parto quadrigemino delle Sezioni Unite è stato sorretto dalla premi-
nente volontà di overruling del pregresso orientamento (forse, ormai prevalen-
210
te) della Suprema Corte, che aveva riconosciuto il danno esistenziale come
autonoma voce (o sotto-voce) del danno non patrimoniale. Il revirement ha
operato anche nei riguardi della Corte costituzionale che, nel 2003, nel tripartire
il danno non patrimoniale, aveva esplicitamente riconosciuto il danno esisten-
211
ziale , e delle stesse Sezioni Unite che, soltanto due anni prima, avevano qua-
212
lificato e definito il danno esistenziale del prestatore di lavoro subordinato .
213
Dalle sentenze, tuttavia, traspaiono più ombre che luci . Poche volte a
sentenze della Suprema Corte è toccato in sorte di essere travolte da una mes-
se così ampia ed aspra di critiche. Tant’è che gli stessi curatori di un pregevole
214
volume collettaneo sorto per “celebrare” le attese decisioni hanno dovuto
constatare i «numerosi rilievi critici» dei commentatori, i quali avevano dimo-
strato di non condividere «la maggior parte dei passaggi più importanti delle
215
decisioni delle Sezioni Unite» .
Il maggior limite delle sentenze è stato quello di aver voluto ricostruire
l’intero sistema di responsabilità civile in funzione della contestazione del dan-
no esistenziale, al precipuo scopo di sbarrare la strada all’esuberante, ma inve-
206
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 847 s.
207
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 848.
208
Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 848.
209
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Danno e resp.,
2009, p. 19 ss.
210
In dottrina si era infatti rilevato come dalla stessa ordinanza di rimessione (Cass., Sez. III, 25
febbraio 2008, n. 4712, in Altalex, n. 2067 dell’11 marzo 2008) trasparisse un atteggiamento sostan-
zialmente favorevole all’ammissibilità del danno esistenziale.
211
Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Danno e resp., 2003, p. 941.
212
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 856.
213
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Le Sezioni Unite e il danno non patrimoniale: luci ed om-
bre, in Dir. e giur, 2008, pp. 527-549.
214
Il danno non patrimoniale, a cura di G. Ponzanelli, M. Bona, cit., passim.
215
G. PONZANELLI, M. BONA, Premessa, in Il danno non patrimoniale, cit., p. IX.
250 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ro inconsistente, giurisprudenza dei giudici di prossimità. Sentenze scritte, quin-


di, al fine di evitare situazioni patologiche che, più correttamente, avrebbero
dovuto essere risolte con l’adozione di regole, soprattutto procedurali, che,
ponendo un drastico argine ai ricorsi per cassazione, restituissero alla Suprema
Corte il suo antico ruolo di giurisprudenza di legittimità. In questo sforzo ab-
norme, che taluno ha visto ispirato ad un motto di Deng Xiao Ping, «non im-
216
porta di che colore è il gatto, l’importante è che mangi il topo» , la Cassazione
dimentica molteplici testi di legge, e perfino recentissimi suoi benemeriti orien-
tamenti (ad es., in tema di responsabilità del medico, e, più in generale, di
danno non patrimoniale “da inadempimento”), che risultano invero incompa-
217
tibili con il percorso argomentativo svolto nelle sentenze «di San Martino» .
Ma non ha convinto lo stesso affrettato tentativo di elaborare una rigorosa
regola di chiusura per il sistema di riparazione del danno non patrimoniale.
Proprio l’evidente discordanza tra l’interpretazione dell’art. 2059 c.c. proposta
dalle Sezioni Unite e quella fatta propria dalla Corte costituzionale nella sen-
tenza del 2003 ha suscitato più di un dubbio di legittimità costituzionale.
Tra le “novità” introdotte, può essere accolta con favore la negazione della
tutela risarcitoria per quei pregiudizi, invocati «a titolo di danno esistenziale»,
consistenti in «disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddi-
sfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana», ai quali
218
«ha prestato invece tutela la giustizia di prossimità» . Non sarebbe stato cor-
retto, «per dirli risarcibili, invocare diritti del tutto immaginari, come il diritto
alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva il dirit-
219
to ad essere felici» . Di là dai casi determinati dalla legge ordinaria, «solo la
lesione di un diritto inviolabile della persona concretamente individuato» po-
220
trebbe essere «fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale» .
Secondo le Sezioni Unite, l’espressione “danno esistenziale” ha valenza
221
«prevalentemente nominalistica» e «descrittiva», che «non implica il ricono-
222
scimento di distinte categorie di danno» . Anche in questo caso v’è una no-
tevole consonanza con il sommesso parere di chi aveva inteso le espressioni
«“danno morale soggettivo” e “danno esistenziale” […] quali simboli lingui-
stici che la nostra giurisprudenza [aveva] scelto, anche al fine di precisare l’og-
223
getto della domanda attorea» .
216
Lo rammenta M. DI MARZIO, A momentary lapse of reason, in Il danno non patrimoniale, cit.,
p. 179.
217
Così definite da F.D. BUSNELLI, … E venne l’estate di San Martino, in Il danno non patrimo-
niale, cit., p. 91 ss.
218
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 28.
219
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 28 s.
220
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29.
221
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
222
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
223
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, in M. FEOLA, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno
ingiusto non patrimoniale, cit., p. 469.
I DANNI NON PATRIMONIALI 251

Tuttavia, se condivisibile è il discorso generale, particolarmente infelici ap-


paiono le esemplificazioni proposte dalle Sezioni Unite. Desta perplessità, ad
esempio, l’affermazione secondo la quale non sarebbe giammai risarcibile la
lesione del «diritto alla libera circolazione di cui all’art. 16 Cost.», perché po-
224
trebbe «essere limitato per varie ragioni» . Del pari, non condivisibile è
225
l’assunto che prevede apoditticamente un’analoga sorte «per la compromis-
sione della serenità e sicurezza, sul rilievo che i menzionati interessi» non sa-
226
rebbero «presidiati da diritti di rango costituzionale» . Così, è quanto meno
dubbio che «il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla sereni-
227
tà» siano «diritti del tutto immaginari» , soprattutto se si considera che l’art.
2, comma 1, lett. o, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, nel recepire l’enunciato già
proposto dall’O.M.S., definisce la salute come lo «stato di completo benessere
fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’in-
fermità». Il pregiudizio sofferto per «la perdita di un animale (un cavallo da
corsa)» è considerato non risarcibile, perché «privo, nell’attuale assetto del-
228
l’ordinamento, di copertura costituzionale» . Ma v’è da rilevare che il legisla-
tore penale, oltre a conservare il reato di uccisione o danneggiamento di ani-
mali altrui (art. 638 c.p.), ha inserito ulteriori fattispecie di reato negli artt.
544-bis e 544-ter c.p. Eguale sfavore viene espresso, dalle Sezioni Unite, per i
«diritti predicati dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti del-
l’uomo», poiché ad essi non spetterebbe «il rango di diritti costituzionalmente
protetti», non assumendo la Convenzione, «in forza dell’art. 11 Cost., il rango
di fonte costituzionale», né potendo essere parificata, «a tali fini, all’efficacia
229
del diritto comunitario nell’ordinamento interno» . Tuttavia, come ricorda la
230
Cassazione, la Convenzione è stata «ratificata con la L. n. 88 del 1955» , e le
stesse Sezioni Unite affermano che, oltre agli interessi costituzionalmente pro-
tetti, sono risarcibili tutte quelle ipotesi che sono qualificate dalla «legislazione
231
ordinaria», anche «al di fuori dell’ipotesi di reato» . Eguale dimenticanza ri-
232
guarda, oltre alle fattispecie puntualmente ricordate dalla dottrina , ed inve-
ro obliterate dalla Cassazione, il vituperato danno da “vacanza rovinata”: se si
224
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29.
225
Così, M. FRANZONI, Il danno non patrimoniale del diritto vivente, in Il danno non patrimoniale,
cit., p. 212, per il quale sarebbe stato più opportuno che, nel citato caso del “lampione”, le Sezioni
Unite considerassero il danno non risarcibile per mancanza della «concreta lesione».
226
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29.
227
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., pp. 28 e 29.
228
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29.
229
Le espressioni tra virgolette sono tratte da Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972,
26973, 26974 e 26975, cit., pp. 25 e 26.
230
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 25.
231
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 24.
232
Cfr., ad es., il “catalogo” dei danni non patrimoniali risarcibili per volontà del solo legislatore
ordinario illustrato da M. PARADISO, Le Sezioni Unite e la “atipica tipicità” del danno non patrimonia-
le, in Il danno non patrimoniale, cit., p. 284 s.
252 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

dovessero applicare «rigidamente le articolazioni del danno non patrimoniale


fornite» dalle Sezioni Unite si dovrebbe pervenire al risultato, «evidentemente
233
paradossale» , della non risarcibilità di tale danno nell’ambito della respon-
sabilità da inadempimento contrattuale. Ma il legislatore, nel disporre esplici-
tamente la risarcibilità, oltre al danno patrimoniale, «di ogni ulteriore danno
dipendente dalla mancata esecuzione del contratto» (art. 92, comma 2, d.lgs. 6
settembre 2005, n. 206), non poteva non riferirsi che al danno non patrimo-
niale, che pertanto era risarcibile, a prescindere dal parere espresso delle Se-
234
zioni Unite, per l’essere direttamente previsto dalla legge .

9. Il linea con l’orientamento che ridimensiona il danno esistenziale è il su-


235
peramento della figura del «c.d. danno morale soggettivo transeunte» . Que-
sta «artificiosa nozione», si era già detto, aveva ormai «esaurito la sua origina-
ria finalità, che era quella di salvare temporaneamente la costituzionalità del-
l’art. 2059 c.c. attraverso l’erosione della ben più estesa categoria del danno
non patrimoniale, inducendo a considerare risarcibili una serie di danni (em-
blematiche, in proposito, le vicende del danno fisico e, poi, di quello psichico)
236
che costituivano la violazione di diritti costituzionalmente protetti» .
Le Sezione Unite dichiarano «definitivamente superata» la «tradizionale fi-
gura del c.d. danno morale soggettivo», sia per il suo «fondamento normativo
assai dubbio», sia «sul piano della adeguatezza della tutela, poiché la sofferen-
za morale cagionata dal reato non è necessariamente transeunte, ben potendo
237
l’effetto penoso protrarsi anche per lungo tempo» . Affermazione, questa,
del tutto evidente, ma che serve a sgombrare il campo da una figura contro-
versa che, soprattutto, aveva esaurito le finalità per le quali era stata pensata.
Il nuovo danno morale descrive, «tra i vari possibili pregiudizi non patri-
moniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata
dal reato in sé considerata». E poiché l’intensità e la durata della sofferenza
«non assumono rilevanza ai fini della esistenza del danno, ma solo della quan-
238
tificazione del risarcimento» , il danno morale da reato, per usare un’ambi-
gua ma abusata espressione, sembra permanere danno in re ipsa.
Finalmente le Sezioni Unite convengono che il danno non patrimoniale,
così come qualsiasi altro danno, è risarcibile nella misura in cui sia “ingiu-
239 240
sto” . Anche chi seguiva un orientamento “consequenzialista” aveva dovu-
233
C. AMATO, Nozione unitaria di danno, cit., p. 25 s., in nota 16.
234
Tale conclusione è condivisa, tra i tanti, da C. AMATO, op. cit., p. 26.
235
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 25.
236
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 34.
237
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 25.
238
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 25.
239
Sul punto, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte II, cit., p. 219 ss.
240
Come, ad es., A. IANNARELLI, Il «sistema», cit., p. 415.
I DANNI NON PATRIMONIALI 253

to ammettere come il piano della valutazione dell’ingiustizia fosse essenziale e


logicamente antecedente rispetto al risarcimento dei danni patrimoniali e non
patrimoniali che, quali danni-conseguenza, rappresentavano voci da prendere
in considerazione ai soli fini della quantificazione dell’obbligazione risarcito-
241
ria . Ma il tratto comune dell’ingiustizia del danno sancisce, nell’unitarietà del-
242
l’ordinamento, il logico superamento della tesi bipolare , fondata su una in-
consistente contrapposizione tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale,
e consente la riunificazione del sistema di responsabilità civile extracontrattuale
243
(così come delineato dagli artt. 1151 cc. del 1865 e 1382 code Nap.) , con fun-
zione di compensation, con riguardo ad un medesimo evento dannoso risarci-
244
bile, sia esso produttivo di conseguenze patrimoniali e/o non patrimoniali .
245
Quindi, distinguere tra “ingiustizia” e “iniuria” , o frantumare un proce-
dimento che, per definizione, è unitario, in una pluralità di “livelli” e di scan-
246
sioni , diviene un sofistico gioco di parole. Non tanto, perché l’iniuria fu
considerata, dallo stesso legislatore, come un sinonimo, oggi obsoleto e sor-
passato, dell’“ingiustizia” del danno. Quanto perché il carattere valoristico,
sistemico ed assiologico del giudizio d’ingiustizia è del tutto incompatibile con
un siffatto argomentare.
Le Sezioni Unite avvertono che la crociata contro la definizione del danno
quale lesione di un interesse giuridicamente e/o costituzionalmente rilevante,
a favore dell’inedita figura del danno-conseguenza, nell’eludere l’elemento og-
gettivo della responsabilità, stava ingenerando un fenomeno di «costituziona-
247
lizzazione» dei danni . Ed ecco che la Cassazione ricorda, anche a se stessa,
che «L’art. 2059 c.c. non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva
di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non
patrimoniali […] nel presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitu-
tivi della struttura dell’illecito civile, che si ricavano dall’art. 2043 c.c. (e da altre
norme, quali quelle che prevedono ipotesi di responsabilità oggettiva), elementi
che consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di
danno, connotato quest’ultimo dall’ingiustizia, determinata dalla lesione, non
248
giustificata, di interessi meritevoli di tutela, e nel danno che ne consegue» .
In tal modo, le Sezioni Unite «smentiscono la stessa impostazione consequen-
249
zialistica» , al punto che taluno dei suoi delusi fautori ritiene opportuno

241
Testualmente, A. IANNARELLI, op. loc. ult. cit.
242
Per una critica della quale, si rinvia ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 220 ss.
243
Sul punto, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Le trasfigurazioni del sistema, cit., p. 78 ss.
244
Così, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte II, cit., p. 221 ss. e passim.
245
Come propone, invece, E. NAVARRETTA, Ripensare il sistema, cit., p. 16 s.
246
Così, invece, P. ZIVIZ, F. BILOTTA, op. cit., p. 1315.
247
Denunziato da E. NAVARRETTA, op. ult. cit., p. 5.
248
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 24 (i corsivi sono
aggiunti).
249
M. DI MARZIO, A momentary lapse, cit., p. 177.
254 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

chiedersi: «se il danno si desume dalla natura dell’interesse, che ci occupiamo


250
a fare delle conseguenze?» .
251
La teoria c.d. «consequenzialistica» , quale giano bifronte, se, da un lato,
sottraeva il danno esistenziale al giudizio d’“ingiustizia”, dall’altro, all’oppo-
sto, era stata esaltata in giurisprudenza al solo scopo di costruire un argine ar-
252
tificiale al risarcimento dei danni micro-esistenziali attraverso la negazione
del danno in re ipsa. Ma questo risultato si era rivelato illusorio, anche perché
la stessa Cassazione, attraverso un sempre più consapevole ed esteso ricorso
253
alle valutazioni prognostiche ed alla prova presuntiva , stava, nella sostanza,
vanificando ogni sforzo. Come si era rilevato, «il maggior rigore probatorio
richiesto alla vittima del danno esistenziale» rischiava di «trasformarsi nell’en-
254
nesima fictio» che, edificata troppo rapidamente, crollava ai primi rilievi
della critica.
Le Sezioni Unite si allineano a questo orientamento, ritenendo paritario il
ricorso alle prove testimoniale, documentale e presuntiva. Poiché il pregiudi-
zio non biologico attiene «ad un bene immateriale», il ricorso alla prova pre-
suntiva «è destinato ad assumere particolare rilievo, e potrà costituire anche
l’unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, non trattandosi
255
di mezzo di prova di rango inferiore agli altri» . Il danneggiato dovrà allegare
tutti gli elementi che, nel caso concreto, «siano idonei a fornire la serie conca-
tenata dei fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto».
Da un lato, la vituperata figura dell’«evento di danno», dopo alcuni anni di
amnesie collettive, è reintegrata nelle sue originarie funzioni. Dall’altro, in as-
senza della sussunzione della condotta nell’ambito della specifica fattispecie di
reato (ex art. 185 c.p.), il parametro per la selezione dell’interesse inciso e, più
in generale, gli altri «elementi costitutivi» della struttura dell’illecito civile so-
no indicati dall’art. 2043 c.c. In questi termini la Cassazione sembra concorda-
re con quella teoria “monocentrica” che, a suo tempo, si era inteso esplicitare.
Ma un feticcio di modello “bipolare”, sia pure costituzionalizzato, riemerge
sulla base di una contrastante lettura dell’ingiustizia, in ordine al sistema del
danno patrimoniale e di quello non patrimoniale.
256
Un’ingiustizia una e bina … .

250
M. DI MARZIO, op. loc. ult. cit.
251
Il termine è utilizzato da P. CENDON, P. ZIVIZ, Il risarcimento, cit., p. 40, i quali aderiscono a
tale teoria.
252
Per tale vocabolo, G. PONZANELLI, Il danno esistenziale, cit., p. 850 s.
253
Ad es., Cass., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13546, cit., p. 846.
254
M. FEOLA, in M. FEOLA, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto non patrimonia-
le, cit., p. 461.
255
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 32.
256
Parafrasando P. PERLINGIERI, L’art. 2059 c.c. uno e bino: una interpretazione che non convince,
in Rass. dir. civ., 2003, p. 775 ss.
I DANNI NON PATRIMONIALI 255

10. Le Sezioni Unite, allarmate dalle possibili conseguenze del discorso in-
257
trodotto con le sentenze-gemelle del 2003 , e, cioè, dall’aver in fatto trasfor-
mato la proposta interpretazione combinata degli artt. 2 Cost., 2059 e 2043
258
c.c. in una vera e propria clausola generale avverso ogni danno ingiusto non
patrimoniale, affermano che l’art. 2059 c.c. sarebbe ancora una «norma di rin-
vio» alle «leggi che determinano i casi di risarcibilità del danno non patrimo-
259
niale» . Oltre alle ipotesi previste dalle fattispecie di reato e dalle altre «leggi
ordinarie», la tutela dovrebbe essere «estesa ai casi di danno non patrimoniale
prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Co-
260
stituzione» . In proposito si propone una divergente lettura dell’ingiustizia
del danno, secondo che riguardi il danno patrimoniale o quello non patrimo-
niale. Mentre, nel primo caso, il sistema sarebbe connotato da atipicità, in vir-
tù della clausola “onnicomprensiva” di responsabilità iscritta nel testo dell’art.
261
2043 c.c. ; nel secondo, esso si caratterizzerebbe per un opposto principio di
tipicità. La stessa «generica sottocategoria denominata “danno esistenziale”»
viene contestata sulla base di questo postulato, ribadendo quel Leitmotiv un
po’ claudicante, che aveva rappresentato il baluardo della corrente anti-esi-
stenzialista della Cassazione: in tal modo si sarebbe condotto «anche il danno
non patrimoniale nell’atipicità, sia pure attraverso l’individuazione della appa-
rente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia conflui-
scono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risar-
cibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore
ordinario né è necessitata dall’interpretazione costituzionale dell’art. 2059 c.c.,
che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona
262
presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione» .
La tesi della “tipicità” del danno non patrimoniale, ripresa da quella dot-
263 264
trina che si è già avuto modo di criticare , è stata considerata erronea , an-
che perché si fonda su un’antinomica correlazione tra «il fatto illecito “atipi-
co” e la (presunta) “tipicità del danno non patrimoniale risarcibile”», così con-
fondendo tra «norma di fattispecie (l’art. 2043) e norma di disciplina (l’art.
265
2059) che quella fattispecie postula» . Il fatto generatore del danno ingiusto
«appartiene ad una struttura aperta di illecito civile, e in questo senso quel fat-
257
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, n. 8828 e n. 8827, in Danno e resp., 2003, pp. 817 e 822.
258
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c. va in Paradiso, cit., p. 833; concorda
anche F. GAZZONI, L’art. 2059 c.c. e la Corte costituzionale, cit., p. 1305.
259
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 24.
260
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 24.
261
Così come riconosciuto da Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p. 2270.
262
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29. L’espressione
è ripresa da Cass., Sez. III, 15 luglio 2005, n. 15022, cit., p. 52, e da Cass., Sez. III, 9 novembre 2006,
n. 23918, cit., p. 523.
263
Nei §§ 5 e 6 di questo cap.
264
Cfr. M. DI MARZIO, Danno esistenziale, cit., p. 17.
265
G. TRAVAGLINO, Il danno esistenziale tra metafisica e diritto, in Corriere giur., 2007, p. 532.
256 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

to è “sempre” atipico, qual che sia la specie di danni (patrimoniali e non) ad


266
esso collegata» .
Lo sforzo interpretativo delle Sezioni Unite, inoltre, presuppone una con-
cezione tipizzata e tassativa dei «diritti inviolabili». In tal senso, l’art. 2 Cost.
dovrebbe essere nuovamente inteso come regola “riassuntiva” (e, quindi, so-
stanzialmente inutile) dei diritti della persona qualificati da specifiche norme
costituzionali. Al contrario, sembra contraddittorio voler coniugare la pretesa
tipicità dei “diritti inviolabili” con l’affermazione, ormai condivisa dall’unani-
me dottrina e giurisprudenza, secondo la quale l’art. 2 Cost. è clausola genera-
267 268
le aperta , regola direttamente applicabile ai rapporti intersoggettivi , nor-
269
ma di formalizzazione del valore unitario della persona . Le Sezioni Unite,
infatti, affermano che, non costituendo i “diritti inviolabili” «numero chiuso»,
la tutela «non è ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamen-
te riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma, in virtù
dell’apertura dell’art. 2 Cost., ad un processo evolutivo, deve ritenersi consen-
tito all’interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che
siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano […]
di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona uma-
270
na» . In tal modo, si era rilevato, «tutti, ma proprio tutti gli interessi che fan-
no capo alla persona […] in quanto tale […] hanno o possono avere rilevanza
271
costituzionale ex art. 2 Cost.» .
Pur nella consapevolezza che tipicità e numero chiuso siano nozioni distin-
te e non (necessariamente) consustanziali, l’equivoco delle Sezioni Unite sta
nel tentativo di voler coniugare un’arcaica concezione dell’“ingiustizia” e dei
“diritti inviolabili” con le idee che ormai dominano la scienza giuridica.
Un’ulteriore dimostrazione dell’inconciliabilità tra la proposta lettura
dell’art. 2 Cost. e il principio di tipicità è offerta dalle stesse Sezioni Unite, là
dove individuano il referente normativo dei diritti «alla reputazione, all’imma-
gine, al nome, alla riservatezza» proprio negli artt. 2 e 3 Cost., quali «diritti
272
inviolabili della persona incisa nella sua dignità» . Ma la questione potrebbe
riguardare il c.d. “diritto all’identità personale”, il c.d. diritto all’autodetermi-
nazione sessuale, il c.d. diritto al consenso informato, il c.d. diritto a tutelare la
persona avverso le manipolazioni genetiche, ecc., cioè qualsiasi posizione sog-
gettiva che, in un determinato momento storico, assurge a “diritto inviolabile”
della persona. La nozione di diritto “inviolabile”, inoltre, presuppone, logi-
camente, quella di diritto “violabile”. E ciò, oltre a porsi in contrasto con i va-
266
G. TRAVAGLINO, op. loc. cit.
267
Così già P. PERLINGIERI, La personalità umana, cit., passim.
268
P. PERLINGIERI, Norme costituzionali, cit., p. 111 ss.
269
D. MESSINETTI, voce Personalità (Diritti della), cit., p. 355 ss.
270
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 26.
271
F. GAZZONI, op. ult. cit., p. 1306.
272
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 25.
I DANNI NON PATRIMONIALI 257

lori fondativi del nostro ordinamento, pare una superfetazione e, nel contem-
po, una contraddizione in termini, giacché tutti i diritti sono, in astratto, invio-
labili.
Quindi, delle due l’una: o i diritti cc. dd. “inviolabili” sono tipici, nella mi-
sura in cui sono esplicitamente riconosciuti e garantiti da specifiche norme co-
stituzionali. O l’art. 2 Cost. è clausola generale aperta, e allora la concezione
della tipicità dei “diritti inviolabili” pare dissolversi miseramente.
273
La «atipica tipicità» del sistema del danno non patrimoniale, maldestra-
mente evocata dalle Sezioni Unite, rappresenta una soluzione velleitaria, che
non ha mancato di sollevare sconcerto in dottrina. Se, per un verso, si è sotto-
lineato come anche un’eventuale «tipicità legislativa» sia «contraddetta dallo
sviluppo successivo del discorso, che tra gli interessi non patrimoniali merite-
voli di tutela include i casi individuabili “in via interpretativa” quando l’illeci-
to leda un diritto fondamentale della persona munito di tutela costituziona-
274
le» . Per altro verso, si è autorevolmente rilevato che «Fragile è, anzitutto, la
costruzione di una bipolarità, concepita come summa divisio “tra danno pa-
275
trimoniale (art. 2043) e danno non patrimoniale (art. 2059)”» , poiché l’art.
2059 «non può avocare a sé un connotato di autonomia tale da elevarlo, sic et
simpliciter, a “norma deputata alla tutela risarcitoria del danno non patrimo-
276
niale inteso nella sua più ampia accezione”» . Del pari, «Ambigua appare, in
particolare, la configurazione dell’art. 2059 come norma, per così dire, a dop-
277
pia soglia di ingiustizia» . Se non si vuole giungere «alla conclusione estrema
di una sostanziale estinzione del codice binario concepito dal legislatore del
‘42 […], occorre cercare di rinvenire altrove l’autonomia dell’art. 2059, e
278
quindi di ricostruire altrimenti la bipolarità evocata dalle Sezioni Unite» .
V’è anche una contraddizione metodologica nel voler far coesistere una vi-
suale statica e formalista, come quella ispirata alla tipicità, alla tassatività e al
principio di legalità, che si giustifica allorché il diritto (come quello penale)
pone limiti e condizioni alle libertà e ai diritti della persona, con una prospet-
tiva civilistica che, all’opposto, è, e non può non essere, dinamica e garantista.
Le stesse Sezioni Unite, in una sentenza che è stata, giustamente, conside-
279
rata «epocale» , a suo tempo hanno affermato che, non potendo l’interprete
stabilire a priori quali siano gli interessi meritevoli di tutela, compito del giudi-
ce è «quello di procedere ad una selezione degli interessi giuridicamente rile-
vanti, […] ed a tanto provvederà istituendo un giudizio di comparazione degli
273
La felice espressione è di M. PARADISO, Le Sezioni Unite e la “atipica tipicità” del danno non
patrimoniale, cit., p. 277 ss.
274
M. PARADISO, op. cit., p. 281.
275
F.D. BUSNELLI, … E venne l’estate di San Martino, cit., p. 93 s.
276
F.D. BUSNELLI, op. ult. cit., p. 94.
277
F.D. BUSNELLI, op. loc. ult. cit.
278
F.D. BUSNELLI, op. loc. ult. cit.
279
Cfr. A. GAMBARO, La sentenza n. 500, cit., p. 356.
258 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

interessi in conflitto, […] al fine di accertare se il sacrificio dell’interesse del sog-


getto danneggiato trovi o meno giustificazione nella realizzazione del contrap-
280
posto interesse dell’autore della condotta in ragione della sua prevalenza» .
Questa precisazione di metodo riguarda non soltanto gli interessi patrimo-
niali, ma soprattutto le situazioni soggettive cc.dd. esistenziali. In presenza di
valori che il diritto tutela in posizione equi-ordinata, non è mai possibile, per
l’interprete, qualificare a priori la preminenza di una situazione soggettiva sul-
l’altra. Come affermava, oltre quarant’anni or sono, Stefano Rodotà, l’ingiusti-
zia, a seguito del contatto sociale «tra le due diverse situazioni, individuate e
distinte dalla lesione», «si palesa come giudizio di valore», che deve «ritenersi
operante in tutte le situazioni per le quali è prevista una qualsiasi forma di
281
protezione» . Il giudizio d’ingiustizia si risolve nell’istituzione di un «ordine
assiologico di prevalenza tra le contrapposte posizioni soggettive dell’agente e
della vittima attraverso la individuazione di precisi criteri decisori, risolutori
del conflitto», i quali non sono «determinabili a priori e una volta per tutte, ma
solo a posteriori, ed avendo riguardo alla particolare natura dei beni e servizi
colpiti, alla specifica condizione dei soggetti coinvolti, al rango degli interessi
282
sottesi all’intera vicenda» . La fonte alla quale «attingerli resta e deve restare
il sistema, interrogato ed esplorato nella totalità e nella globalità dei valori e
dei suoi principi, dei suoi standard valutativi, delle sue regole e norme genera-
283
li» . È anche sulla base dell’attività con la quale si dispiega il concreto rap-
porto giuridico che l’interprete deve esprimere il giudizio d’ingiustizia, isti-
tuendo una comparazione tra gli interessi in conflitto. Così, la dinamica inter-
soggettiva del rapporto contribuisce alla qualificazione ed alla conformazione
delle rispettive posizioni soggettive.
Mentre in altri casi è la stessa Costituzione ad indicare, ad esempio, che
l’iniziativa economica privata non debba recare danno alla sicurezza, alla liber-
tà e alla dignità umana (ma l’interpretazione della disciplina delle immissioni
dimostra come la giurisprudenza per lungo tempo abbia continuato a conside-
rare prevalenti le esigenze della produzione sulle ragioni non soltanto della
284
proprietà, ma anche della salute e dell’ambiente) , o che la formazione socia-
le debba assolvere ad una funzione strumentale rispetto alla promozione della
285
personalità dei componenti il gruppo , allorché si è in presenza di diritti
equi-ordinati il giudizio d’ingiustizia deve essere espresso sulla base della ne-
cessaria comparazione tra gli interessi in conflitto nel concreto rapporto. “Di-
280
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270.
281
S. RODOTÀ, Il problema, cit., pp. 114 e 112 s.
282
V. SCALISI, Ingiustizia del danno, cit., p. 56.
283
V. SCALISI, op. loc. cit.
284
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni e «rapporto proprietario», cit., passim.
285
Con riferimento alla famiglia adottiva, si rinvia ad A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dell’ado-
zione di persone maggiori di età, in Comm. del Cod. Civ. Scialoja e Branca a cura di F. Galgano, Art.
291 – 314, Bologna-Roma, 1995, passim.
I DANNI NON PATRIMONIALI 259

ritti inviolabili”, che a priori sono esplicitamente riconosciuti e garantiti dalla


Costituzione (si pensi, ad es., al diritto di manifestare liberamente il proprio
pensiero, alle c.d. libertà di stampa, di critica, d’informazione, ecc.), sulla base
di un giudizio a posteriori possono risultare avere leso “ingiustamente” la sfe-
ra della privatezza, della dignità o della reputazione di altre persone.
La concezione statica e formale della tipicità dei “diritti inviolabili”, oltre a
risultare fondata su una lettura dell’art. 2 Cost. che è incompatibile con lo
stesso principio di tipicità, contrasta con il carattere relazionale, unitario, valo-
286
ristico e sistemico-assiologico del giudizio d’ingiustizia, unico «vero criterio
287
arbitratore dal quale viene fatta dipendere l’allocazione del danno» .

11. Oltre ad avventurarsi per oscuri meandri, nel vano tentativo di far col-
limare la pretesa tipicità dei “diritti inviolabili” con una clausola generale che
li qualifica in termini di atipicità (art. 2 Cost.), la Cassazione, al fine di debel-
lare la «proliferazione delle c.d. liti bagatellari», nelle quali il danno «è futile o
288
irrisorio», «insignificante o irrilevante per il livello raggiunto» , individua –
289
ancora una volta sulla scia della dottrina – due ulteriori criteri di selezione
del danno risarcibile nella «gravità della lesione» e nella «serietà del dan-
290
no» . Il «bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima e quello
di tolleranza» imporrebbe che il risarcimento del danno sia dovuto «solo nel
caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futi-
291
le» . Tali requisiti dovrebbero essere accertati «secondo il parametro costi-
tuito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico» e non po-
trebbero «essere ignorati dal giudice di pace nelle cause di valore non superio-
292
re ad euro millecento, in cui decide secondo equità» .
Questa soluzione, però, era già stata considerata, per un verso, «assoluta-
293
mente vana» , nella misura in cui proponeva di collegare il giudizio d’ingiu-
294
stizia al fatto che il danno superasse una certa entità ; per altro verso, espres-
sione di quello «stesso metodo inverso, che si è contestato per la “costituzio-
nalizzazione” dei danni, al fine di dedurre l’esistenza dell’interesse protetto
295
dal danno risarcito» . Preferibile era stato giudicato il riferimento alla signi-
286
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, in M. FEOLA, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno
ingiusto, cit., p. 465.
287
V. SCALISI, op. cit., p. 49.
288
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29.
289
Così già E. NAVARRETTA, Ripensare il sistema, cit., p. 14.
290
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29.
291
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 29.
292
Per le due espressioni tra virgolette, Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973,
26974 e 26975, cit., p. 29.
293
F. GAZZONI, L’art. 2059 c.c., cit., p. 1307.
294
P. ZIVIZ, Brevi riflessioni, cit., p. 1341.
295
M. FEOLA, in M. FEOLA, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, cit., p. 457.
260 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

296
ficatività dei danni risarcibili secondo una «valutazione sociale tipica» , che
apprezza il «disvalore sociale» che «una certa lesione assume in un certo mo-
297
mento storico» . Inoltre, l’utilizzo dell’arcaico sintagma «diritti inviolabili»,
rispetto alle usuali espressioni “diritti costituzionalmente protetti” o “interessi
costituzionalmente rilevanti” della persona, sembrava assumere una connota-
zione tendenzialmente restrittiva, ma induce a interrogarsi sulla legittimità dei
parametri utilizzabili dal giudice al fine di operare, in presenza di diritti sog-
gettivi tutti della persona, una distinzione tra «diritti di “serie A” e diritti di
“serie B”, fondata sul preteso carattere inviolabile che connoterebbe i primi e
298
non anche i secondi» .
Questi inediti criteri proposti dalle Sezioni Unite, che hanno sollevato in
299
dottrina valutazioni quasi sempre critiche , appaiono eterogenei e concer-
nenti distinte fasi della struttura dell’illecito civile. La «serietà del danno»
intende operare una selezione a livello di ingiustizia, e quindi appartiene alla
sfera del danno-evento. Quindi sarebbe stato più corretto discorrere di “se-
rietà della lesione” dell’interesse costituzionalmente protetto, ovvero di se-
rietà del “diritto inviolabile” della persona che risulta essere stato inciso. La
«gravità della lesione» attiene, invece, al distinto piano del danno-conseguen-
za – quindi, più esattamente, la Cassazione avrebbe dovuto parlare, questa
volta, di “gravità del danno” – e tende ad evitare il risarcimento di quei dan-
ni che, pur attenendo a lesioni di diritti inviolabili della persona considerati
“seri”, non superano una soglia di offensività considerata minimale dall’in-
terprete.
300
Ricostruiti in questi termini , i due criteri proposti dalla Cassazione, che a
prima vista potevano sembrare un innocuo frutto della fantasia creatrice del
giurista, da un lato, ampliano a dismisura la già estesa sfera di discrezionali-
301
tà che, in tema di responsabilità civile, ha il giudice, soprattutto di merito;
dall’altro, denotano ulteriori incongruenze con il complessivo sistema della re-
sponsabilità civile. Tant’è che anche il più convinto ed autorevole assertore
della tesi anti-esistenzialista non ha potuto evitare di considerare «non del tut-
to condivisibili» questi «due ulteriori requisiti», i quali possono, «se interpre-
tati in modo rigoroso e severo, delimitare eccessivamente l’area di risarcibilità
296
P. ZIVIZ, F. BILOTTA, Danno esistenziale, cit., p. 1317.
297
Così, M. FRANZONI, Il danno esistenziale, cit., p. 1393.
298
G. REYNAUD, Il danno non patrimoniale dopo l’intervento della Cassazione a Sezioni Unite:
qualche certezza e molti dubbi, in G. Ponzanelli, M. Bona (a cura di), Il danno non patrimoniale, cit.,
p. 379.
299
Oltre agli A. citati di seguito, cfr. i contributi racchiusi nel volume Il danno non patrimoniale,
cit., passim.
300
Concordano, nella sostanza, con questa interpretazione, R. PARDOLESI, R. SIMONE, Il danno
esistenziale e le Sezioni unite: dal bipolarismo al doppio binario del danno non patrimoniale, in Il danno
non patrimoniale, cit., p. 293 s.
301
C. SCOGNAMIGLIO, Il sistema del danno non patrimoniale dopo le decisioni delle Sezioni Unite,
in Il danno non patrimoniale, cit., p. 467.
I DANNI NON PATRIMONIALI 261

302
del danno non patrimoniale» . I «diritti inviolabili, se sono tali, devono non-
dimeno essere sempre risarciti, sia pure con un piccolo risarcimento ove si
303
trattasse di un danno “non serio”» (recte, “non grave”). I requisiti della se-
rietà della lesione e della gravità del danno, quindi, dovrebbero essere inter-
pretati «in senso fortemente riduttivo, con speciale riguardo agli illeciti di
304
competenza dei giudici di pace» .
Il dato della serietà della lesione appare un parametro sostanzialmente inu-
tile ed insignificante, in quanto non assume alcun rilievo di novità rispetto al
giudizio di selezione degli interessi incisi, che il giudice esprime in termini di
ingiustizia. È sicuramente “seria” la lesione di un interesse costituzionalmente
protetto della persona o, che dir si voglia, di un diritto “inviolabile”, se s’in-
tendono, con questa infelice locuzione, in maniera tautologica, proprio quei
diritti della persona che sono connotati da un maggior grado di “serietà”. Al-
trimenti si dovrebbe ammettere che alcuni diritti inviolabili della persona pos-
sano essere “non seri”, e che, pertanto, in questi casi sia legittima la “violazio-
ne dei diritti inviolabili”. Il che, oltre a rappresentare un vulnus nei riguardi
dei valori ordinanti, costituisce, secondo la logica comune, una palese con-
traddizione in termini.
Anche il dato della gravità del danno, che riguarda la sola entità delle con-
seguenze della lesione di un diritto “serio” della persona, appare fortemente
ambiguo e, probabilmente, incostituzionale per violazione degli artt. 2, 3, 32 ss.
Cost., nella misura in cui ingenera un’intollerabile disparità di trattamento
non soltanto con la disciplina dei danni sia patrimoniali, sia non patrimoniali,
ma anche con quella dei danni derivanti “da reato” e “negli altri casi previsti
dalla legge” (ad es., danni causati dalla circolazione di veicoli soggetti all’ob-
bligo di assicurazione). In queste ultime ipotesi, infatti, il danno sarebbe co-
munque risarcibile, non applicandosi i controversi criteri della “serietà della
305
lesione” e della “gravità del danno” .
Applicando il criterio della “gravità” anche al danno patrimoniale, biso-
gnerebbe concludere, ad es., che la «”strisciatina” sulla propria autovettura in
306
un parcheggio», la «lacerazione del proprio vestito che un urto accidentale»
può determinare, il pagamento di una polizza assicurativa o di «una bolletta in
307
ritardo» , essendo danni “non gravi”, dovrebbero essere non risarcibili. Ma
302
G. PONZANELLI, Riparazione integrale del danno senza il danno esistenziale, in Il danno non
patrimoniale, cit., p. 338.
303
G. PONZANELLI, op. ult. cit., p. 339.
304
G. PONZANELLI, op. loc. ult. cit.
305
Tale interpretazione è del tutto unanime, ed è condivisa anche da quegli autori che accettano
passivamente i criteri della “serietà della lesione” e della “gravità del danno”, senza troppo interro-
garsi sulla coerenza di tali nozioni con il complessivo sistema della responsabilità civile: cfr., ad es.,
M. ROSSETTI, Post nubila Phoebus, ovvero gli effetti concreti della sentenza n. 26972/2008 delle Se-
zioni Unite in tema di danno non patrimoniale, in Il danno non patrimoniale, cit., p. 439.
306
Le gustose, ma significative, ipotesi sono individuate da C. SCOGNAMIGLIO, op. ult. cit., p. 465.
307
M. DI MARZIO, A momentary lapse, cit., p. 183.
262 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

la chiara inapplicabilità di tale criterio al danno patrimoniale, resa ancor più


evidente dall’entrata in vigore in Italia del regolamento (CE) n. 861/2007 che
istituisce un procedimento semplificato al fine di favorire l’accesso alla giusti-
zia proprio per le controversie di modesta entità, crea «una discriminazione
tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale, che anche il criterio seletti-
308
vo dell’art. 2059 c.c. non pare automaticamente» legittimare . Non risulta,
quindi, «giustificabile la rilevanza di un’offesa minima al patrimonio e la irri-
309
levanza della stessa offesa ad un interesse personale» .
Il criterio della gravità del danno, poi, è apertamente contraddetto dalla di-
sciplina dettata, dal codice delle assicurazioni private, in materia di micro-per-
manenti (art. 139 d.lgs. n. 209 del 2005). Il legislatore disciplina specificamen-
te proprio la risarcibilità delle lesioni dell’integrità psico-fisica, «di lieve enti-
tà», che sono pari o inferiori al nove per cento d’invalidità. Non è pensabile
che le medesime lesioni, se patite nell’ambito di attività diverse da quelle di-
sciplinate da questa normativa, possano essere considerate “non risarcibili”,
per difetto del requisito della “gravità” del danno. Tale interpretazione, infat-
ti, oltre a palesarsi chiaramente incostituzionale, è implicitamente contraddet-
ta dalle stesse Sezioni Unite, che riconoscono come «suscettiva di generale
310
applicazione» la definizione (e la disciplina) del danno biologico contenuta
proprio negli artt. 138 e 139 del d.lgs. n. 209 del 2005.

12. È erroneo, poi, affermare che il danno non patrimoniale che è conse-
guenza di un inadempimento di un’obbligazione possa essere risarcito soltan-
311
to in presenza della lesione di un “diritto inviolabile” della persona . Voler
ricostruire, sotto il profilo dei criteri d’imputazione, un «”diritto comune”
312
della responsabilità civile» , non significa dover ignorare le peculiari diffe-
renze di disciplina che caratterizzano i due modelli di responsabilità. L’ingiu-
stizia del danno è un giudizio di valore che riguarda la sola responsabilità de-
littuale. Anche perché l’inadempimento o l’adempimento inesatto possono es-
sere considerati come “fatti illeciti” che, in sé, impongono di risarcire tutte le
conseguenze dannose (anche “non patrimoniali”) che sono provocate al credi-
313
tore o, addirittura, al “terzo” . Ciò, allorché l’inadempimento riguardi un
obbligo di prestazione o la violazione di un obbligo di protezione. Tale con-
clusione vede unanime la più autorevole dottrina. Anche quella che, proprio
308
C. SCOGNAMIGLIO, op. loc. ult. cit.
309
G. VETTORI, Danno non patrimoniale e diritti inviolabili, in Il danno non patrimoniale, cit., p. 543.
310
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 26.
311
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
312
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Verso un “diritto comune”, cit., p. 1 ss.
313
Il ruolo delittuale, nei riguardi del “terzo”, dell’inadempimento come “fatto” è sottolineato, tra
i tanti, da F. CHABAS, Note a Cass., Ass. Plén., 17 novembre 2000, in Sem. jur., 2000, II, Jur., 10438,
p. 2309, e da M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 299, ai quali si rinvia per la giur. ivi cit.
I DANNI NON PATRIMONIALI 263

sulla base dell’opportuna distinzione tra le due “specie” della responsabilità


314
civile , tende a connotare in senso tipizzato la sola responsabilità delittuale,
negando la natura di “clausola generale” all’art. 2043 c.c. e limitando l’ingiu-
315
stizia del danno alla violazione dei soli diritti soggettivi .
È, infatti, del tutto pacifico che ogni qualvolta la responsabilità è contrat-
tuale o “contattuale”, il danno non patrimoniale è risarcibile in quanto viola-
316
zione di un dovere , con il solo limite della prevedibilità (art. 1225 c.c.), sen-
za che alcun rilievo assuma l’ingiustizia del danno, cioè la lesione dell’interesse
giuridicamente e/o costituzionalmente rilevante. Non si esige alcun ulteriore
317
«criterio che abbia la funzione di fornire giustificazione alla responsabilità» .
La logica dell’autonomia contrattuale non richiede di escludere le pretese risarci-
torie prive di rango costituzionale, ma al contrario di dare rilevanza agli inte-
318
ressi riguardati dal programma contrattuale così come stabilito dalle parti .
Tale elementare principio di diritto è sancito dalle stesse Sezioni Unite le
quali, proprio nel distinguere la responsabilità contrattuale da quella delittuale
ex art. 2059 c.c., affermano che, in caso d’inadempimento, v’è un «diretto ac-
cesso alla tutela di tutti i danni non patrimoniali», non essendo «necessario
[…] verificare se l’interesse leso […] sia meritevole di tutela in quanto protet-
319
to a livello costituzionale» .
Le Sezioni Unite, inoltre, nel declamare con enfasi che «L’interpretazione
costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. consente ora di affermare che
anche nella materia della responsabilità contrattuale è dato il risarcimento del
320
danno non patrimoniale» , incorrono in una dimenticanza e in un’impreci-
sione. Nel riferirsi ad orientamenti ormai del tutto superati dalla stessa giuri-
sprudenza di Cassazione, dimenticano, ad es., che nell’ambito della responsa-
bilità medica ed in quello degli infortuni sul lavoro, e cioè nei due settori che,
insieme con quello della circolazione dei veicoli, rappresentano, da sempre, la
fonte più rilevante di danni non patrimoniali, i danni biologici e morali sono
da lungo tempo risarciti ai sensi della responsabilità contrattuale, sulla base di
regole inequivoche (artt. 1218, 1223 ss. c.c.), senza che la giurisprudenza ab-
bia mai pensato di esprimere una valutazione in termini di ingiustizia del dan-
no. Proprio la sottoposizione della responsabilità (anche «da contatto socia-
321
le») del medico, pur dipendente da strutture sanitarie pubbliche o private,
alle peculiari regole di una responsabilità contrattuale fondata sull’affidamen-

314
C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 73.
315
C. CASTRONOVO, Del non risarcibile aquiliano: danno meramente patrimoniale, c.d. perdita di
chance, danni punitivi, danno c.d. esistenziale, in Europa e dir. priv., 2008, p. 320 e passim.
316
C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 72.
317
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 73.
318
Testualmente, M.R. MARELLA, Le conseguenze «non patrimoniali», cit., p. 175 ss. e passim.
319
Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, cit., p. 855.
320
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
321
Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, in Danno e resp., 2008, p. 792.

10.
264 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

322
to generato dalla natura professionale dell’attività esercitata ha consentito
alla Suprema Corte di estendere il particolare regime probatorio caratterizzato
323
dal «principio di riferibilità o di vicinanza della prova» , e, di seguito, nel
porre in discussione la tradizionale partizione tra obbligazioni “di mezzi” e “di
324
risultato” , di configurare le obbligazioni sia della struttura sanitaria (pubbli-
ca o privata), sia del professionista sanitario come vere e proprie obbligazioni
325
di risultato . In tutte queste ipotesi la Cassazione ha risarcito il danno non
patrimoniale “da inadempimento” del paziente (o del prestatore di lavoro su-
bordinato) senza giammai proporre alcun riferimento all’art. 2059, anzi limi-
tando opportunamente la problematica alla disciplina dettata in tema di ina-
dempimento. E ciò le ha consentito di affermare, proprio in contrapposizione
a quanto previsto dalla comune responsabilità delittuale per colpa (artt. 2043
e 2059 c.c.), che nel caso di inadempimento o di inesatto adempimento del
professionista sanitario, il creditore che agisce per la risoluzione, per il risar-
cimento del danno o per l’adempimento, data «la prova della fonte negoziale
326
o legale del suo diritto» , può limitarsi alla mera allegazione della circostanza
dell’inadempimento o dell’inesatto adempimento, mentre è il debitore conve-
nuto ad essere gravato dell’onere della prova del fatto estintivo, costituito dal-
327
l’avvenuto o esatto adempimento .
328
Ancor più inconferente è, poi, il riferimento all’art. 2059 c.c. per quanto
riguarda la responsabilità del datore nei riguardi del prestatore di lavoro su-
bordinato, per i danni non patrimoniali da inadempimento. Qui v’è addirittu-
ra una norma del codice civile, l’art. 2087 c.c., appunto, che esplicitamente
impone al datore di lavoro di adottare, nell’esercizio dell’impresa, tutte le mi-
sure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, «sono
necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di
lavoro».
Il riferimento ai “diritti inviolabili” ex art. 2059 c.c., quindi, si rivela tal-
mente irrazionale che la quasi totalità della dottrina, in sede di commento del-
le sentenze pluri-gemellari, non ha potuto esimersi dal qualificarlo come un
329
vero e proprio errore di diritto. Se, da un lato, si è ravvisato uno «svilimen-
322
Cass., 13 aprile 2007, n. 8826, in Resp. civ. prev., 2007, p. 1824 ss., con nota di M. GORGONI,
Le conseguenze di un intervento chirurgico rivelatosi inutile.
323
Cass., Sez. III, 21 giugno 2004, n. 11488, Cass., Sez. III, 28 maggio 2004, n. 10297, e Cass.,
Sez. III, 19 maggio 2004, n. 9471, in Danno e resp., 2005, pp. 25 s., 28 s., 33, sulla scia di Cass., Sez.
Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, ivi, 2001, p. 1567.
324
Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 790.
325
Cfr., ad es., A. NICOLUSSI, Sezioni sempre più unite contro la distinzione fra obbligazioni di ri-
sultato e obbligazioni di mezzi, in Danno e resp., 2008, p. 879.
326
Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 790.
327
Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 790.
328
Come è costretta ad ammettere anche Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973,
26974 e 26975, cit., p. 30.
329
Oltre agli A. citt. retro e infra, cfr., ad es., M. GAZZARA, Danno non patrimoniale da inadempi-
I DANNI NON PATRIMONIALI 265

330
to» della stessa nozione di causa concreta del contratto e il «non condivisi-
bile» tentativo di «sottrarre all’autonomia privata la contrattualizzazione di
331
interessi non patrimoniali degni di tutela risarcitoria» ; e ciò, sulla base di
una «forzata ricostruzione unitaria della nozione di danno non patrimoniale,
332
che si spinge oltre le necessità per le quali è nata» . Dall’altro, si è rilevato
come, in presenza di un rapporto giuridicamente rilevante, la pretesa “serietà”
dell’interesse leso corrisponda all’identificazione di una causa individuale e
concreta, attuativa di un programma contrattuale condiviso dalle parti e meri-
tevole di tutela (art. 1322, comma 2, c.c.), intesa proprio come «sintesi degli
333
interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare» , mentre «il bilan-
ciamento delle ragioni contrapposte del debitore (ad adempiere nei limiti del-
la diligenza e della buona fede) e del creditore (a veder soddisfatto l’interesse
dedotto in obligatione)» è affidato ai soli criteri legali «della causalità, della pre-
334
vedibilità e dell’importanza dell’inadempimento» . In una prospettiva «allar-
gata» del rapporto obbligatorio, tale soluzione si estende anche alla serie di
obblighi di protezione che sono «a corona dell’obbligo di prestazione», i quali
corrispondono «agli interessi che secondo buona fede devono essere tutelati
335
nell’attuazione del rapporto stesso» . Tali interessi sono di natura patrimo-
niale e non patrimoniale, «onde la tutela di questi ultimi non può non signifi-
336
care anche risarcimento del danno che consegua alla violazione di essi» .
L’erronea soluzione proposta dalle Sezioni Unite, probabilmente, trova la
337
sua ragione in un «insostenibile» quanto affrettato tentativo di generalizzare
l’art. 2059 c.c. anche al settore della responsabilità contrattuale, che viola la
sua «connaturale vocazione alla limitazione tipizzante dei danni non patrimo-
338
niali risarcibili nell’ambito della [sola] responsabilità extracontrattuale» . Ma
«La verità è che la risarcibilità del danno non patrimoniale nella responsabilità
339
contrattuale non abbisogna dell’art. 2059» , cioè di un testo che ha lo scopo
precipuo di «governare un contatto sociale non mediato da un preventivo
progetto, ma che non pare invece idoneo ad escludere la tutela risarcitoria di

mento: le SS.UU. e le prime applicazioni nella giurisprudenza di merito, in Danno e resp., 2009, p. 284,
il quale ritiene «errato il riferimento all’art. 2059 c.c., trattandosi di norma che [...] disciplina soltanto
la responsabilità da fatto illecito e non anche la responsabilità da inadempimento».
330
Così, C. AMATO, Nozione unitaria, cit., p. 25.
331
C. AMATO, op. cit., p. 24.
332
C. AMATO, op. cit., p. 26.
333
Così proprio Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
334
C. AMATO, op. cit., p. 30.
335
C. CASTRONOVO, Danno esistenziale: il lungo addio, in G. Ponzanelli, M. Bona (a cura di), Il
danno non patrimoniale, cit., p. 126.
336
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit., il quale, tuttavia, almeno sotto il profilo del rimedio, sembra
prospettare la natura extracontrattuale degli obblighi di protezione, nell’affermare che il risarcimento
debba avvenire «negli stessi termini e limiti in cui essi sono risarcibili in sede aquiliana».
337
In questi termini, M. DI MARZIO, A momentary lapse, cit., p. 185.
338
Autorevolmente, F.D. BUSNELLI, … E venne l’estate, cit., p. 105.
339
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 125.
266 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

pregiudizi non patrimoniali derivanti dalla lesione di interessi che le parti del
340
rapporto hanno inteso comunque dedurre in obligatione» . Il risarcimento
del danno non patrimoniale “da inadempimento” è disciplinato, invece, se-
341
condo i principi, dall’art. 1223 c.c. . E già la dottrina aveva dimostrato come
la risarcibilità, in sede contrattuale, del danno non patrimoniale trovasse la sua
342
fonte direttamente nell’art. 1174 c.c. , là dove opportunamente sgancia l’in-
teresse, anche non patrimoniale, del creditore dalla prestazione, la sola a dover
343
essere «suscettibile di valutazione economica» . Nel campo contrattuale, quin-
di, il risarcimento del danno non patrimoniale non può non essere inteso «in
conformità con il principio fondamentale dell’autonomia contrattuale, che im-
pone di rispettare la legittimità di accordi diretti a stabilire liberamente l’esten-
sione e/o l’ammontare della copertura di tali danni, con o anche senza la sti-
344
pulazione di una clausola penale» .
Da rilevare un’altra imprecisione, dettata dall’amore per le affermazioni
generiche, piuttosto che per l’esame dei casi concreti. Secondo le Sezioni Unite
la risarcibilità del “nuovo” danno non patrimoniale da inadempimento consen-
345
tirebbe di superare definitivamente l’«espediente del cumulo di azioni» . Ma,
poiché, proprio nel paese che, con difficoltà, tenta di applicare con rigore il
principio del non-cumul, esso impone di disapplicare le regole della responsabili-
346
tà aquiliana (anche di responsabilità oggettiva ex art. 1384, comma 1) allor-
ché siano «réunies [...] les conditions qui donnent à la responsabilité une nature
347
contractuelle» , v’è da chiedersi in qual misura tale regola sia applicabile a
tutela della vittima che, spirato il termine annuale proprio dell’azione contrattua-
le di cui all’art. 2951 c.c., non ha altra via per agire se non quella delittuale ...

13. Al fine di sgombrare la scena dall’ingombrante “sauro” del danno esi-


stenziale, le Sezioni Unite riducono le diverse figure ad un Modello Unificato
di Danno non patrimoniale, affermando che le «distinte denominazioni (dan-
no morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale)», «co-
348
me mera sintesi descrittiva» , non implicano il riconoscimento di distinte ca-
349
tegorie di danno .
340
C. SCOGNAMIGLIO, Il sistema, cit., p. 466.
341
Così, anche M. FRANZONI, Il danno non patrimoniale, cit., p. 219.
342
Tra i tanti, M. PARADISO, Il danno alla persona, cit., p. 95.
343
Sul punto, l’insegnamento di M. GIORGIANNI, L’obbligazione (La parte generale delle obbliga-
zioni), Milano, 1951, pp. 30, 61 ss.
344
F.D. BUSNELLI, op. loc. ult. cit.
345
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 30.
346
Cfr., ad es., G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, III éd., 2006, cit., p. 788 ss.
347
Tra le tante, Cass. civ., 9 mars 1970, anche in Rev. trim. dr. civ., 1971, p. 139, con osservazioni
di G. DURRY.
348
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 26.
349
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
I DANNI NON PATRIMONIALI 267

Nel passare in rassegna le decisioni della Cassazione che hanno affermato,


nei diversi ambiti, la sussistenza di un danno esistenziale, si tenta di dimostrare
come tale qualificazione abbia rappresentato un veniale incidente, non assumen-
do tale connotazione un significato ulteriore rispetto alla generalissima figura
del danno non patrimoniale. Tra queste, «la sentenza n. 7713/2000, pur discor-
rendo di danno esistenziale», ravvisò «il fondamento della tutela nella lesione
del diritto costituzionalmente protetto del figlio all’educazione ed all’istruzione,
350
integrante danno-evento» . Tale decisione, quindi, non sorreggerebbe «la tesi
che vede il danno esistenziale come categoria generale e [che] lo dice risarcibi-
351
le indipendentemente dall’accertata lesione di un interesse rilevante» . An-
che in tema di rapporto di lavoro la Cassazione ha ravvisato «il danno esisten-
ziale da mancato godimento del riposo settimanale (sent. n. 9009/2001) e da de-
mansionamento (sent. n. 8904/2003)», ma pure in questi casi vi era «la lesione
di diritti fondamentali del lavoratore» e, pertanto, si è ricollegata «la risarcibi-
352
lità ad una ingiustizia costituzionalmente qualificata» . Una «menzione del
danno esistenziale si rinviene anche nella sentenza n. 4783/2001», che ha defi-
nito in tal modo la sofferenza psichica “catastrofica” provata dalla vittima di
lesioni fisiche, che decede prima che sia decorso un “apprezzabile” lasso di tem-
po. Ma in questo caso, non di danno esistenziale si tratterebbe, ma di «danno
morale, nella sua nuova più ampia accezione», dovendosi risarcire la «soffe-
353
renza psichica, di massima intensità anche se di durata contenuta» . Allorché
venga cagionata «ad una persona coniugata l’impossibilità di rapporti sessua-
li», l’illecito «è immediatamente e direttamente lesivo del diritto dell’altro co-
niuge a tali rapporti, quale diritto-dovere reciproco, inerente alla persona, strut-
354
turante, insieme agli altri diritti-doveri reciproci, il rapporto di coniugio» .
Questo danno «è conseguente alla violazione dei diritti inviolabili della fami-
355
glia spettanti al coniuge del soggetto leso nella sua integrità psicofisica» .
Il pregiudizio da perdita o «compromissione» della sessualità è qualificato,
per la vittima diretta, come danno biologico. Secondo le Sezioni Unite, il distinto
danno morale consistente nella sofferenza per il non poter più avere rapporti
sessuali per il resto dell’esistenza, essendo conseguenza della lesione psicofisi-
ca, dovrebbe essere valutato «nell’ambito del danno biologico» che, «secondo
giurisprudenza ormai consolidata», è «comprensivo» sia del c.d. danno estetico,
356
sia del c.d. danno alla vita di relazione . La liquidazione di una specifica voce
357
per il danno morale rappresenterebbe «duplicazione di risarcimento» .
350
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 26 s.
351
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 27.
352
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 27.
353
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 27.
354
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 28.
355
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 28.
356
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 27.
357
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
268 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Potrebbe essere risarcito il solo danno morale, invece, «a ristoro della sof-
ferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche» che, decedendo dopo
breve tempo, «sia rimasta lucida durante l’agonia in consapevole attesa della
358
fine» . Questa sofferenza psichica, anche se di «massima intensità», sarebbe
«di durata contenuta», e ciò le impedirebbe di «degenerare in patologia e dare
359
luogo a danno biologico» .
Riguardo al danno sofferto dai parenti, determinerebbe duplicazione del
risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, «nella sua rinnovata
configurazione», e del danno da perdita del rapporto parentale, «poiché la
sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che ac-
compagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita altro non sono che compo-
nenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente risto-
360
rato» . In una precedente decisione, invece, la Cassazione aveva censurato
una generica affermazione dei giudici del merito, la quale «non indica[va] se il
giudice nella liquidazione dell’unitario danno non patrimoniale [avesse] tenu-
to conto solo delle sofferenze morali degli attori, danneggiati dalla morte del
congiunto, o anche (in tutto o in parte) dei profili di danno non patrimoniale,
derivanti dalla perdita del rapporto parentale, con i conseguenti pregiudizi al-
361
la quotidianità della vita, quale si era in precedenza instaurata» .
Secondo le Sezioni Unite, la stessa partizione tra danno biologico e danno
morale non implicherebbe «il riconoscimento di distinte categorie di danno».
Con la conseguenza che, anche là dove l’illecito configuri reato, costituirebbe
una «duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biolo-
gico e del danno morale […], sovente liquidato in percentuale (da un terzo
362
alla metà) del primo» . Esclusa la «praticabilità di tale operazione, dovrà il
giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, procedere ad adeguata persona-
lizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva
consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde per-
363
venire al ristoro del danno nella sua interezza» . Potrebbero, infine, costitui-
re soltanto “voci” del danno biologico nel suo aspetto dinamico i pregiudizi
«di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conseguenti a le-
sioni dell’integrità psicofisica, sicché darebbe luogo a duplicazione la loro di-
364
stinta riparazione» .
La fusione, proposta dalle Sezioni Unite, tra i danni biologico e alla vita di
relazione trova, in qualche modo, un implicito riscontro in quelle precedenti
decisioni che, al fine di limitare l’estensione del danno esistenziale, avevano
358
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., pp. 31 e 32.
359
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 32.
360
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
361
Cass., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22884, cit., p. 5.
362
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
363
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
364
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 31.
I DANNI NON PATRIMONIALI 269

365
identificato questa figura con il danno «alla vita di relazione» , dimenticando
che questa vetusta figura (che si pensava ormai defunta) affondava le sue radi-
ci, ai primordi del danno biologico, in una concezione prettamente patrimo-
niale.
Il sistema globalizzante descritto dalle Sez. Un., quindi, sembrava legitti-
mare la generica affermazione dei giudici del merito secondo la quale, «nella
liquidazione del danno biologico, si è “tenuto conto dei pregiudizi all’integrità
fisica del soggetto considerato in tutte le situazioni e i rapporti di esplicazione
della persona ed in tutti i suoi aspetti, tra i quali quelli dell’attività produttiva,
come quello delle altre attività, nonché quello della vita sociale, affettiva, spiri-
366
tuale”» . Ma v’è un’insanabile contraddizione nell’asserire, dapprima, che,
nel liquidare il danno alla salute, «il giudice deve tener conto dell’apporto del-
367
le varie voci che lo compongono e del peso che esse svolgono» , e, poi, che
«il danno alla vita di relazione (come il danno estetico o la riduzione della ca-
pacità lavorativa generica)» non sarebbero suscettibili «di autonoma valuta-
368
zione rispetto al danno biologico» . In tal modo si confondono sia le voci
inerenti alle conseguenze “non patrimoniali” della menomazione, sia, addirit-
tura, le voci relative ai danni non patrimoniali e a quelli patrimoniali (emble-
matica la riscoperta di un altro reperto archeologico, quello della capacità la-
vorativa generica), in un pot-pourri che non ha senso.

14. Una parte della dottrina ha considerato la creazione, da parte delle Se-
zioni Unite, di una categoria generale ed unitaria di danno non patrimoniale
come l’opzione «interpretativa più coerente con la premessa teorica del valore
giuridico e del rilievo normativo unitario della persona umana, affidati alla nor-
369
ma fondamentale dell’art. 2 Cost.» . Il rilievo, invero, non convince, nella
misura in cui intende instaurare un preteso “parallelismo” tra unitarietà della
persona ed unitarietà del danno non patrimoniale, mentre, superata la prospet-
tazione, nel nostro ordinamento, di un unico diritto soggettivo generale della
personalità costruito sulla base dell’allgemeines Persönlichkeitsrecht, l’orienta-
mento, ormai dominante, collega all’unitarietà del “valore della persona” la
molteplicità degli aspetti, degli interessi e, quindi, delle situazioni soggettive
che ad essa afferiscono. Ciò non significa incorrere nelle tesi atomistiche, ca-
ratterizzate quasi sempre da una concezione tipizzante dei diritti della perso-
na, poiché valore unitario non significa diritto soggettivo unico. Tale idea tro-

365
Il “merito” di questa riscoperta si deve a Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9510, cit., p. 47, e a
Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9514, in Diritto e Giustizi@, 27 aprile 2007, www.dirittoegiustizia.it,
p. 2.
366
Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9510, cit., p. 47.
367
Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9514, cit., p. 2.
368
Cass., Sez. III, 20 aprile 2007, n. 9514, cit., p. 2.
369
C. SCOGNAMIGLIO, Il sistema, cit., p. 457.
270 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

va conferma persino nel pensiero di chi è considerato tra i corifei della mo-
370
derna teoria assiologico-unitaria della personalità : il fondamento del valore
della persona «è dunque unico, anche se le possibili manifestazioni della per-
sonalità sono molteplici e non tutte preventivamente identificabili (come di-
verse sono le forme della loro rilevanza: diritto soggettivo, interesse legittimo,
potestà, ecc.), dal momento che le esigenze di tutela nascono di volta in volta
secondo il modificarsi delle aspirazioni individuali nel tempo ed anche secon-
371
do le aggressioni che l’evoluzione sociale pone in evidenza» .
La tendenza integralmente “riduzionista” delle Sezioni Unite, inoltre, rive-
la, per un verso, un equivoco, per altro verso, confusione, soprattutto per
quanto riguarda l’indistinzione tra danno biologico e danno morale. L’equivo-
co consiste nell’affermare, in maniera generica, che le diverse “voci” del dan-
no non patrimoniale debbano essere valutate congiuntamente, rappresentan-
do, la diversa ipotesi, una duplicazione di risarcimenti. Ma, in concreto, i pa-
rametri che i giudici dovrebbero adottare per la valutazione e la liquidazione
del danno morale (dolore e sofferenza) sono del tutto diversi da quelli utilizza-
ti per il danno biologico. La confusione consiste nell’aver adottato un modello
372
di globalisation, che già l’esperienza francese ha rigettato con decisione . La
Suprema Corte d’oltralpe, all’opposto della nostra, ha considerato la valuta-
zione «toutes causes de préjudices confondues» come una prassi che, in sé,
giustifica la cassazione della decisione di merito, nella misura in cui non con-
sente di discernere proprio l’indennità allocata a titolo di danno biologico da
quella «di carattere personale, corrispondente alle sofferenze fisiche e morali»
(artt. L. 397 e L. 470 Code séc. soc.), la quale è esclusa dal ricorso delle Casse
373
di sicurezza sociale .
L’incongruo sistema di “globalizzazione” era già stato minacciato dalla sen-
tenza n. 8827 del 2003, la quale si era distaccata dalla sua gemella soltanto per
affermare la legittimità di un’unica «valutazione equitativa di tutti i danni non
patrimoniali […], senza una distinzione – bensì opportuna, ma non sempre in-
374
dispensabile –» . Tale proposta, che aveva sollevato le veementi critiche della
375
più autorevole dottrina , aveva poi trovato una smentita nella successiva evo-
luzione della giurisprudenza. Ma, oggi, il riproporre una confusione tra il danno
biologico e quello morale significa non percepire che i due tipi di pregiudizio
sono ontologicamente diversi, e che differenti sono i sistemi di valutazione che

370
P. PERLINGIERI, La personalità umana, cit., p. 184.
371
P. PERLINGIERI, L. LONARDO, in P. PERLINGIERI, Manuale di diritto civile, Napoli, 1997, p. 151.
372
Per una critica di tale sistema, per tutti, Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 230; G. VINEY, P.
JOURDAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., pp. 37 ss. e 44.
373
Cfr. M. LE ROY, Un tournant dans l’évaluation du préjudice corporel, in Rec. Dalloz, 1978,
Chron., p. 57; J. BEDOURA, Les incidences de la loi du 27 décembre 1973 sur les concepts traditionnels
relatifs au préjudice, ivi, 1980, Chron., p. 139.
374
Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, cit., p. 824.
375
F.D. BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate, cit., p. 828 s.
I DANNI NON PATRIMONIALI 271

i giudici dovrebbero adottare. Per il danno all’integrità psicofisica, è lo stesso


376
legislatore che ha recepito, pur con qualche ombra , il c.d. calcul au point nel
codice delle assicurazioni private (art. 138 e 139 d.lgs. n. 209 del 2005). Per la
valutazione del dolore e della sofferenza, proprio l’aggettivo “catastrofico”, se
non vuol rimanere un vano ossequio all’ipocrisia dell’interprete, sta ad indica-
re che la valutazione del danno morale debba essere effettuata utilizzando pa-
rametri standard che, suddividendo la sofferenza e il dolore in distinte “classi”
in funzione della loro intensità e durata, siano in grado di contemperare la va-
377
lutazione “in astratto” con quella “in concreto” . Ciascuna delle classi scalari
(très léger – léger – modéré – moyen – assez important – important – très impor-
tant) che commisurano l’entità del dolore potrebbe essere collegata ad una four-
chette che individua, sulla base dei precedenti, i valori minimo e massimo del
378
danno . Questa valutazione può essere “personalizzata” sulla base dell’età,
del sesso, della durata della sofferenza e, più in generale, della sua effettiva in-
cidenza sulla complessiva personalità della vittima.
Piuttosto che «profondersi in dibattiti meramente accademici, al fine di
supportare questa o quella tesi», sembrava opportuno che i giudici italiani,
«sull’esempio delle altre corti europee», dovessero «esercitarsi maggiormente
379
nella difficile arte della valutazione e della liquidazione» . «Quantificare con
precisione, e non con generica approssimazione, in relazione al caso concreto,
le singole voci dei danni patrimoniali e non patrimoniali» appariva essere «at-
380
tività ben più pertinente, nell’interesse delle parti e della giustizia» . Indivi-
duare l’esatto ammontare di ciascuna “voce” significa poter controllare, anche
da parte della Cassazione, l’esistenza «di una risposta motivata sui diversi capi
381
del dispositivo» . Il giudice deve «dar ragione per ogni singola voce del rela-
tivo ammontare e del motivo dell’ammissione ed esclusione, anche se per al-
382
cuna ritenga di doverne fare valutazione equitativa» . Un sistema che non
consente di poter verificare ipotesi di over-compensation o di under-compensa-
tion si pone in insanabile conflitto con lo stesso principio di riparazione inte-
383
grale .
376
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, in A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO,
M. FEOLA, La responsabilità civile, cit., p. 120 ss.
377
Ancora attuali, quindi, sono le pagine dedicate a tale problema da A. PROCIDA MIRABELLI DI
LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 345 ss.
378
Sul sistema adottato in Francia che, ancora una volta, potrebbe illuminare la nostra esperienza
giuridica, cfr. già M. LE ROY, L’évaluation du préjudice corporel, cit., pp. 86 s., 91 s.; M. THIERRY, B.
NICOURT, Réflexions sur les «souffrances endurées», in Gaz. Pal., 1981, II, Doctr., p. 480 ss.; Y. LAM-
BERT FAIVRE, Le droit du dommage corporel, cit., pp. 101 ss., 167 e passim.
379
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, in M. FEOLA, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il
danno ingiusto, cit., p. 470.
380
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 470 s.
381
Y. CHARTIER, op. cit., p. 838.
382
Cass., 12 marzo 1960, n. 475, in Giust. civ., 1960, I, p. 2012.
383
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 471, sulla scia di Y. CHARTIER, op. cit., p.
169.
272 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Ma questo auspicio, che avrebbe indotto la nostra giurisprudenza a svolge-


re un’attività considerata forse troppo difficile o poco nobile e gratificante, è
384
stato nuovamente disatteso. E questo «Paradiso dei giudici indecisi» è stato
auspicato dalle Sezioni Unite le quali, invece di richiamare i Tribunali alle loro
funzioni primarie, hanno proposto un sistema riduzionista e “globalizzante”,
che ha finito con l’aggiungere confusione ad altra confusione.

15. Le Sezioni Unite hanno tentato di negare un rilievo giuridico autonomo


alla controversa categoria del danno esistenziale. Tuttavia, se alcuni obiettivi
perseguiti dalle Sez. Un. erano condivisibili, non sempre convincenti sono ap-
parsi gli argomenti che avrebbero dovuto sorreggere il discorso. Sarebbe stato
possibile negare l’esistenza del danno esistenziale, identificandolo, sic et sim-
385
pliciter, con un danno morale non più “soggettivo” (così come esso era, in
origine, anche se limitatamente ai fatti di reato), ed evitare ultronee motiva-
zioni che, inevitabilmente, si sono prestate con facilità agli strali della critica e
ne hanno minato l’auctoritas di leading case.
Sotto i profili teorico e pratico, uno dei punti più deboli delle sentenze è
stato senz’altro l’arbitraria eliminazione del danno morale, ogni qualvolta sia
conseguenza di un danno biologico. Le Sezioni Unite hanno posto in discus-
sione proprio uno dei pochi punti sui quali, da sempre, v’era stato l’accordo
unanime della scienza giuridica, italiana e straniera. Se, infatti, il danno biolo-
gico, anche per espressa volontà del legislatore (art. 13 d.lgs. n. 38 del 2000;
art. 5, legge n. 57 del 2001, come modificato dall’art. 23, legge n. 273 del 2002;
artt. 138 e 139, d.lgs. n. 209 del 2005), rappresenta un pregiudizio disfunzio-
386
nale , ovvero una modificazione peggiorativa dello stato anteriore della vit-
387
tima, che è misurabile con «l’accertamento nosografico» , il danno morale
riguarda la sola «sofferenza la cui intensità e durata nel tempo non assumono
rilevanza ai fini della esistenza del danno, ma solo della quantificazione del ri-
388 389
sarcimento» . Costituiva senz’altro un «errore» l’aver sovrapposto due fi-
gure che, invece, essendo chiaramente distinte sotto il profilo ontologico, non
erano destinate ad incrociarsi e, tanto meno, ad identificarsi. Tale differenza è
colta dalla totalità delle esperienze giuridiche, che individuano in pain and suf-
fering, nelle souffrances endurées physiques et morales, ecc., una figura di dan-
384
L’espressione, di R. SAVATIER, Une faute peut-elle engendrer la responsabilité d’un dommage
sans l’avoir causé?, in Rec. Dalloz, 1970, Chron., p. 125, è citata da M. FEOLA, Il danno da perdita di
chances, cit., p. 178.
385
In questi termini, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 36
ss. e passim.
386
M. ROSSETTI, Post nubila Phoebus, cit., p. 423 e passim.
387
P.G. MONATERI, Il pregiudizio esistenziale come voce del danno non patrimoniale, in G. Ponza-
nelli, M. Bona (a cura di), Il danno non patrimoniale, cit., p. 255.
388
Così, proprio Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 25.
389
Tra i tanti, P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
I DANNI NON PATRIMONIALI 273

no del tutto distinta dalla lesione dell’integrità fisio-psichica. Tant’è che la sof-
ferenza può evolvere in danno biologico soltanto allorché si trasformi in una
specifica patologia sussumibile sotto la figura del danno psico-patologico che
interessa i sistemi nervoso centrale e periferico e l’apparato psichico. In tal
senso deponeva anche la Tabella delle menomazioni elaborata ai sensi dell’art.
138 del d.lgs. n. 209 del 2005.
A conferma di tale discorso v’è lo stesso metodo di valutazione e di liqui-
dazione del danno all’integrità psico-fisica. Le tabelle utilizzate dagli uffici giu-
diziari riguardavano il solo danno biologico, tant’è che, in assenza di una valu-
tazione della sofferenza misurata sulla base di specifiche classi scalari, era in-
valso l’uso di liquidare, in aggiunta alla somma concernente il danno biologi-
co, un’ulteriore cifra a titolo di danno morale, oscillante tra un terzo e la metà
390
della prima . Ma poiché le sentenze delle Sezioni Unite rinviavano alla di-
screzionalità motivata del giudice, senza prevedere alcun automatismo risarci-
torio, non era da escludere che la valutazione del danno morale potesse assu-
mere un’entità ancora maggiore, allorché, in relazione alla concreta lesione, la
sofferenza patita fosse di gran lunga maggiore rispetto alla lesione biologica
stabilizzata. La stessa Cassazione, infatti, aveva affermato che «il danno morale
è ingiusto così come il danno biologico, e nessuna norma costituzionale con-
sente al giudice di stabilire che l’integrità morale valga la metà di quella fisi-
ca». Il danno morale «ha una propria fisionomia, e precisi referenti costituzio-
nali, attenendo alla dignità della persona umana, e dunque il suo ristoro deve
391
essere tendenzialmente satisfattivo e non simbolico» .
L’inspiegabile vulnus operato dalle sentenze plurigemellari era così eviden-
te, che nessun commentatore aveva posto in dubbio l’esigenza di modificare il
sistema di liquidazione del danno biologico, al fine di risarcire anche il danno
morale, così com’era avvenuto fino ad allora. Il problema riguardava le moda-
lità con le quali inserire il risarcimento del danno morale, che, per volontà del-
le sentenze delle Sezioni Unite, non poteva più rappresentare un’autonoma
voce (o sotto-voce) del danno non patrimoniale, ma doveva essere formulato
unitariamente rispetto alla liquidazione del danno biologico.
Sulla base della vigente normativa, bisognava innanzitutto distinguere se si
era in presenza di un evento dannoso disciplinato dal Codice delle assicura-
zioni private e, in caso positivo, se si trattava di una lesione «di lieve entità».
In questo caso l’art. 139 prevede un meccanismo integralmente automatico
che, indicando il valore del singolo punto, e i coefficienti che ad esso si appli-
cano in aumento e in diminuzione, limita l’eventuale incremento dell’entità
del danno biologico liquidato sulla base del giudizio di “personalizzazione”

390
Lo ricorda D. CHINDEMI, Una nevicata su un campo di grano, in Il danno non patrimoniale, cit.,
p. 145.
391
Le due espressioni tra virgolette sono tratte da Cass., 4 marzo 2008, n. 4795, cit. in D. CHIN-
DEMI, op. ult. cit., p. 145 s.
274 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

«in misura non superiore ad un quinto» (comma 3). Dovendo il danno morale
essere liquidato unitariamente al danno biologico, non sembrava esservi molto
spazio per una liquidazione del danno morale che eccedesse il 20 % previsto
per legge. La mancata vigenza degli «importi stabiliti dalla tabella unica na-
zionale» (richiamata dal comma 4 dell’art. 138) svincolava, invece, la discipli-
na delle macro-permanenti (tra dieci e cento punti percentuali) da analoghi
automatismi risarcitori, anche se, in astratto, il giudizio di “personalizzazione”
del danno non poteva eccedere il trenta per cento del valore del danno biolo-
gico. Tuttavia, non essendo previsto il valore del punto d’invalidità e, quindi,
non essendo possibile quantificare matematicamente «l’ammontare del danno
determinato ai sensi della tabella unica nazionale» (comma 3 dell’art. 138), ai
danni biologici «per lesioni di non lieve entità» (ex art. 183) si applicava la di-
sciplina di diritto comune.
Poiché la tabella adottata dagli uffici giudiziari era stata pensata per risarci-
re il solo danno biologico, la soluzione primaria era quella di doverla modifi-
care in aumento, al fine di adeguare i valori previsti dalla tabella all’imprevedi-
bile “abrogazione” del danno morale conseguenziale come voce autonoma-
mente liquidabile. Sarebbe bastato aumentare dal trenta al cinquanta per cen-
to il valore medio del punto d’invalidità, per ricomprendere anche la liquida-
zione del danno morale.
In proposito sembravano possibili altre soluzioni. Poiché l’irragionevole
dictum delle Sezioni Unite concerneva il solo “divieto” di liquidare voci (o sot-
to-voci) distinte per il danno biologico e per il danno morale conseguente,
mentre non concerneva la distinta valutazione, il giudice avrebbe potuto effet-
tuare una liquidazione unitaria, sulla base di una valutazione analiticamente dif-
ferenziata.
La genericità e l’indeterminatezza del procedimento descritto dalla Cassa-
zione, che prevedeva il ricorso alle “note tabelle” come non vincolante, e che
tendeva ad attribuire al giudice la più ampia discrezionalità che discende dalla
valutazione equitativa del danno (art. 1226 c.c.), avrebbero potuto consentire
perfino la sostanziale vanificazione del suo discorso, permettendo ai giudici,
con un semplice escamotage, di continuare ad applicare il modello fino ad al-
lora seguito. Se, in passato, il giudice liquidava 100 a titolo di danno biologico
e, ad es., da 25 a 50 a titolo di danno morale, poi avrebbe potuto iniziare «a
liquidare sistematicamente (e cioè a prescindere dalle circostanze del caso con-
392
creto)» il danno biologico nella misura da 125 a 150.
Queste soluzioni, per quanto corrette sotto il profilo formale, poiché ri-
guardavano un processo di liquidazione che, per volontà delle Sezioni Unite,
doveva rimanere nella mente dell’interprete, senza essere esplicitato nella sen-
393
tenza, non sono sembrate, però, «rispettose» dei principi stabiliti dalla Cas-
392
Per tale proposta, M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 445.
393
Così, M. ROSSETTI, op. loc. ult. cit.
I DANNI NON PATRIMONIALI 275

sazione. Ma la verità è che proprio l’assenza di ogni regola, a parte quella che
richiedeva una liquidazione necessariamente unitaria del danno biologico e del
danno morale, legittimava il giudice a pervenire a tale risultato con il sistema
che preferiva, sulla base di una motivazione «fittizia» del tipo: «tenuto conto
394
dell’entità delle lesioni e delle loro conseguenze, si stima equo …, ecc. ecc.» .
Utilizzando questi procedimenti, però, si sarebbe ricaduti nello stesso erro-
re commesso dalle Sezioni Unite. Il danno morale avrebbe avuto un valore
standard, rigido, direttamente proporzionale all’entità della menomazione ana-
tomico-funzionale, mentre, com’è evidente, la sofferenza può variare in rela-
zione alla singola menomazione ed alle peculiari condizioni della vittima.
Sembrava, quindi, preferibile che, al fine di valutare il danno morale patito
dalla vittima, comunque in aggiunta al danno biologico, il giudice tenesse con-
to «delle sofferenze soggettive patite dalla vittima, aumentando caso per caso
395
la liquidazione del danno biologico» .
In proposito, v’è da chiarire un ulteriore equivoco. La c.d. “personalizza-
zione” del danno biologico nulla ha a che vedere con la liquidazione del dan-
no morale. Essa concerne la valutazione della lesione anatomo-funzionale in
relazione allo specifico stato anteriore ed alle condizioni soggettive della vitti-
ma, ovvero «l’eventuale incidenza rilevante della menomazione su specifici
aspetti dinamico-relazionali personali, la cui valutazione non è da esprimersi
percentualmente, ma, quando necessario, […] con indicazioni aggiuntive at-
traverso equo e motivato apprezzamento, da parte del medico valutatore, delle
396
condizioni soggettive del danneggiato» . Altra cosa è, invece, il danno mora-
le, ovvero la sofferenza fisica e morale che la lesione anatomico-funzionale ar-
reca alla vittima.
A tali conclusioni sostanzialmente perveniva anche chi, pur tendendo ad
identificare danno morale e “personalizzazione” del danno biologico, propo-
neva un meccanismo fondato su una scala progressiva ispirata a presunzioni
semplici. Affermare che «non sarebbe irragionevole ritenere in via presuntiva
che, quando l’invalidità permanente superi il 10%, la vittima patirà conse-
guenze tali da rendere opportuna una personalizzazione in aumento – ponia-
mo – del 10%; quando l’invalidità superi il 20%, la vittima patirà conseguen-
ze tali da rendere opportuna una personalizzazione in aumento del 25%; per
invalidità del 40% presumere che si renda necessaria una personalizzazione
397
del 60% e così via, secondo una progressione geometrica» , significava fon-
dare tale giudizio sulla sola entità della menomazione anatomico-funzionale,
senza che alcun rilievo assumesse la sofferenza concretamente patita. La quale,
pertanto, doveva essere aggiuntivamente valutata.
394
In questi termini, M. ROSSETTI, op. loc. ult. cit.
395
M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 447.
396
In questo senso, i “Criteri applicativi” della «Tabella delle menomazioni prevista dall’articolo
138, del D. Legislativo 7 settembre 2005 n. 209».
397
M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 447 s.
276 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

16. Le Sezioni Unite, infine, affermano che «è risarcibile non soltanto il


danno non patrimoniale conseguente alla lesione di diritti costituzionalmente
inviolabili», ma anche «quello conseguente alla lesione di interessi inerenti la
persona non presidiati da siffatti diritti, ma meritevoli di tutela in base
all’ordinamento (secondo il criterio dell’ingiustizia ex art. 2043 c.c.), poiché la
tipicità, in questo caso, non è determinata soltanto dal rango dell’interesse
protetto, ma in ragione della scelta del legislatore di dire risarcibili i danni non
398
patrimoniali cagionati da reato» .
L’osservazione pare ovvia, poiché sarebbe stato alquanto bizzarro se l’aver
esteso la tutela risarcitoria oltre i limiti delle fattispecie di reato (di cui all’art.
185 c.p.) avesse significato, in assenza dell’abrogazione dell’art. 185 c.p., esclu-
dere dalla tutela delittuale proprio quei danni (non patrimoniali, ma anche pa-
trimoniali) che sono stati arrecati da condotte che integrano anche in concreto
una fattispecie criminosa «in tutti i suoi elementi costitutivi», anche di caratte-
re soggettivo.
La Cassazione, tuttavia, fonda la sua distinzione tra i danni non patrimo-
niali “da reato”, e tra quelli che non sono la conseguenza di illeciti penali, sul-
la base di questa unica argomentazione: mentre per i secondi si richiederebbe
la violazione di un “diritto inviolabile”, per i primi sarebbe sufficiente la lesio-
ne di un qualsiasi interesse giuridicamente rilevante. Ma, evidentemente, tale
interesse è già qualificato dalla specifica fattispecie di reato.
Manca, invece, una considerazione in merito alla diversa funzione svolta
dalla responsabilità: che, nel secondo caso, interessa soltanto il diritto civile,
mentre nel primo involge il diritto penale.
Un avvertito orientamento della Cassazione ha affermato che la «presenza
di un fatto reato lesivo della persona» debba rilevare «come peso, come entità
399
da valutare ai fini della complessa valutazione» del danno morale . In effetti,
la responsabilità “da reato” appartiene a un modello del tutto indipendente
dalla comune responsabilità civile, differenziandosi per struttura e per funzio-
400
ne . La riparazione del danno ex art. 185 c.p., dopo l’avvenuta emancipazio-
ne dall’art. 2059 c.c., può svolgere un’autonoma funzione punitiva nei campi
del torto e del contratto, dei danni non patrimoniali e di quelli patrimoniali,
limitatamente ai fatti di reato.
401
La funzione lato sensu preventivo-punitiva della riparazione del danno
“da reato” trova, innanzitutto, il suo fondamento nel comma 2 dell’art. 185, il
quale, nel prendere in considerazione lo specifico fatto reato integrato, in con-
creto, dalla condotta del danneggiante, statuisce, esplicitamente, che «ogni
398
Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 25.
399
Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 15760, cit., p. 1377; e già Cass., Sez. III, 1 giugno 2004, n. 10482,
in Danno e resp., 2004, p. 955 s., con nota di A.L. BITETTO, All’ombra dell’ultimo sole: il danno mora-
le soggettivo e la sua funzione «punitiva».
400
Per tale tesi, già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte II, cit., p. 249 ss.
401
In questi termini, F.D. BUSNELLI, ... E venne l’estate, cit., p. 104.
I DANNI NON PATRIMONIALI 277

reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale, o non patrimoniale, obbli-


ga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, deb-
bono rispondere per il fatto di lui». Ma, oltre a tale ineludibile (e troppo spes-
so dimenticato) testo, come rilevai ancor prima delle sentenze gemelle del
402
2003 , un opportuno ritorno alla funzione preventivo-punitiva della ripara-
zione nei danni patrimoniali e non patrimoniali “da reato” era richiesto anche
sotto il profilo sistematico, a seguito dell’“estensione” del risarcimento ai dan-
ni che rappresentano la mera lesione di interessi costituzionalmente protetti
della persona (e che non rilevano, in alcun modo, per il diritto penale). Se non
si vuole che anche l’art. 185 c.p. (oltre all’art. 2059 c.c.) venga sostanzialmente
abrogato, divenendo uno sterile duplicato dell’art. 2043 c.c. (ma ciò sarebbe
ancor più bizzarro, poiché l’art. 185 c.p., a differenza dell’art. 2059, non ha
alcun tipo d’interferenza con l’art. 2043 c.c., rinviando a compiute fattispecie
di reato), è necessario riconsiderare l’autonoma e peculiare funzione che la re-
sponsabilità assolve in presenza di un danno che è causato da un fatto reato e
che, pertanto, «risente dell’accessorietà rispetto al singolo reato di riferimen-
403
to» . Su tale punto si registrano, oggi, significative ed autorevoli convergen-
ze, anche da parte di quella dottrina che, in passato, non ha mancato di porre
in evidenza la sola funzione compensativa della responsabilità civile.
Quindi, non è esatto affermare, anche se con riferimento ai punitive dama-
ges, che «Nel vigente ordinamento l’idea della punizione e della sanzione è
estranea al risarcimento del danno, così come è indifferente la condotta del
404
danneggiante» . Questa conclusione è originata dalla consueta confusione che,
in Italia, concerne l’istituto anglo-sassone dei danni punitivi, i quali riguarda-
405
no ipotesi che, da sempre, travalicano le fattispecie di reato . Qui non si trat-
ta di comminare danni punitivi a chi ha compiuto un illecito soltanto civile,
pur riprovevole, ma si tratta di condannare l’autore di un illecito penale ad
una riparazione che ha una funzione di “pena privata”. La finalità dichiarata-
406
mente afflittiva e non scevra da «riflessi pubblicistici» , che induce a ravvisa-
407
re nella riparazione «una vera e propria sanzione penale» , rimane ferma an-
che a seguito dell’estensione della risarcibilità del danno non patrimoniale agli
illeciti non costituenti reato, ma lesivi di interessi costituzionalmente rilevanti.
L’entità della riparazione potrebbe essere valutata, utilizzando come “parame-
tri” funzionalmente compatibili quelli dettati per la commisurazione della pe-
402
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 55 s.
403
F.D. BUSNELLI, op. loc. ult. cit.
404
Cass., Sez. III, 19 gennaio 2007, n. 1183, in Corriere giur., 2007, p. 497. Cfr., altresì, più di re-
cente, pur in assenza di una qualificazione in termini di “danno punitivo”, Cass., Sez. I, 8 febbraio
2012, n. 1781, in Danno e resp., 2012, p. 609 s., con nota di G. PONZANELLI, La Cassazione bloccata dal-
la paura di un risarcimento non riparatorio.
405
Sottolinea i vantaggi dei danni punitivi, anche in presenza di illeciti soltanto civili, G. CALA-
BRESI, The Complexity of Torts. The Case of Punitive Damages, New York, 2005, p. 333 ss.
406
Per tutti, G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte generale, cit., p. 796 s.
407
G. FIANDACA, E. MUSCO, op. cit., p. 797.
278 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

na pecuniaria, oltre che sulla base della “gravità del danno o del pericolo ca-
gionato alla persona offesa”, anche in relazione al carattere di maggiore o mi-
nore antigiuridicità della condotta ed alle condizioni economiche del respon-
408
sabile . In questi casi la riparazione del danno “non patrimoniale” patito dal-
la vittima non può non avere l’originaria funzione sanzionatoria, che il legisla-
tore del 1930 e quello del 1942 vollero esplicitamente assegnarle.

17. La sentenza n. 1361 del 2014 verrà ricordata dai posteri per aver giudi-
409
cato risarcibile il danno da perdita della vita . Ma non meno importante può
essere considerata, e non soltanto dai sostenitori del danno esistenziale, per il
contributo apportato al più complessivo revirement che la giurisprudenza del-
la Cassazione sta operando in tema di danno non patrimoniale, nell’elabora-
410
zione di un «nuovo statuto di danno risarcibile» .
Le innumerevoli criticità racchiuse nelle sentenze seriali delle Sezioni Unite
consentono di concludere che, effettivamente, si sia trattato di «un’occasione
411
mancata» . Se, da un lato, parte della dottrina ha rilevato, da subito, come
proprio le sentenze quadrigemine avessero, paradossalmente, sancito la nasci-
412
ta del pregiudizio esistenziale come voce del danno non patrimoniale . Dal-
l’altro, non v’è dubbio che le stesse contraddizioni nelle quali le Sezioni Unite
si sono imbattute hanno travolto il complessivo percorso argomentativo, mi-
nando l’autorità delle decisioni anche per quel che riguardava la contestazione
413
del danno esistenziale . Se è apparsa eccessivamente conservativa la scelta di
414
non considerare risarcibile il danno tanatologico e di riesumare, in sua vece,
il danno morale da sofferenza catastrofica, sicuramente perniciosa può essere
415
considerata la liquidazione onnicomprensiva del danno non patrimoniale che,
non consentendo di distinguere tra danno biologico e danno morale, ha richie-
416
sto la modifica del sistema tabellare . Così, la mancata indicazione di qualsiasi
408
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte II, cit., p. 251 s.
409
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, in Danno e resp., 2014, p. 363 ss.
410
A tale idea è, infatti, dedicato il titolo che accomuna i primi commenti della sentenza (in Dan-
no e resp., 2014, p. 363 ss.). Così, anche A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno da perdita della
vita e il «nuovo statuto» dei danni risarcibili, ivi, 2014, p. 686 ss.
411
In questi termini, P. ZIVIZ, Un’occasione mancata per le Sezioni Unite, in G. Ponzanelli, M. Bo-
na (a cura di), Il danno non patrimoniale, cit., p. 545 ss.
412
P.G. MONATERI, Il pregiudizio esistenziale, cit., p. 247 ss. Questa idea è ripresa in ID., L’onto-
logia dei danni non patrimoniali, in Danno e resp., 2014, p. 63, ove afferma che il danno esistenziale è
stato «Espressamente nominato» e «ritenuto risarcibile da quelle mirabili Sezioni Unite».
413
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Chiaroscuri d’autunno, cit., p. 369 s.
414
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Le Sezioni Unite e il danno non patrimoniale, cit., p. 539 s.;
D. CHINDEMI, Una nevicata, cit., p. 135.
415
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno non patrimoniale, cit., p. 40 ss.
416
V., infatti, G. PONZANELLI, Il danno non patrimoniale dopo le Sezioni Unite tra giurisprudenza,
interventi legislativi e nuove tabelle, in Danno e resp., 2010, p. 4 s.; M. ROSSETTI, Le nuove tabelle dei
Tribunali di Roma e Milano, ivi, 2010, p. 29 ss.
I DANNI NON PATRIMONIALI 279

standard per la valutazione del “nuovo” danno morale non consequenziale


(ovvero risarcibile in sé, in assenza di un danno biologico) è sembrata rimette-
re integralmente la materia all’opera equitativa del giudice.
417
Il sistema globalizzante descritto dalle Sez. Un., come si era previsto , ha
contribuito a creare confusione in materia di liquidazione del danno non pa-
trimoniale. Ulteriore conferma ne è una recente sentenza, la quale cassa la de-
cisione del giudice d’appello per insufficienza della motivazione «data non so-
lo dalla mancata indicazione circa le tabelle applicate ed i parametri adottati
per la relativa elaborazione e applicazione, ma anche dalla mancata effettiva
considerazione» di «un’adeguata e reale personalizzazione, tale cioè da carat-
terizzare la liquidazione del danno come riferibile a quel determinato soggetto
leso, e non ad altro, pur avente la stessa età e la stessa percentuale di invalidi-
418
tà» . In analogo senso si è pronunziata la Suprema corte anche in tema di
danno morale, là dove ha cassato la sentenza di merito perché non indicava «i
criteri adottati per tale liquidazione in modo da rendere impossibile il control-
419
lo sull’iter logico seguito» . Lo stesso danno morale, invece, deve essere spe-
cificamente «liquidato con criterio equitativo, che tenga debito conto di tutte
420
le circostanze del caso concreto» . Tale liquidazione «deve rendere evidente
e controllabile l’iter logico attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla
relativa quantificazione, permettendo di stabilire se e come abbia tenuto conto
della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell’entità del-
421
la relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d’animo» . Occorre,
quindi, provvedere «all’integrale riparazione secondo un criterio di persona-
lizzazione del danno, che, escluso ogni semplicistico meccanismo di liquida-
zione di tipo automatico, tenga conto, pur nell’ambito di criteri predetermina-
ti, delle condizioni personali e soggettive del danneggiato, della gravità delle
conseguenze pregiudizievoli e delle particolarità del caso concreto, al fine di
valutare in termini il più possibile equilibrati e realistici, l’effettiva entità del
422
danno» .
Se si esamina la giurisprudenza successiva al 2008 si deve concludere per
un evidente superamento delle regole poste dalle sentenze di San Martino, le
quali, però, sono (almeno formalmente, dalla stessa Cassazione) harmonized
con le nuove. Allo stato, il reale contributo delle decisioni gemelle può essere
circoscritto al solo divieto di risarcire il danno c.d. bagatellare. E questo fu,
probabilmente, l’intento primario che spinse le Sezioni Unite a intervenire un
po’ frettolosamente, al fine di debellare la miriade di sentenze dei giudici di
pace che avevano risarcito, per ogni dove, un qualche danno esistenziale. In-
417
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. loc. ult. cit.
418
Cass., Sez. III, 6 marzo 2014, n. 5243, in www.altalex.com, 1 aprile 2014.
419
Cass., Sez. III, 30 maggio 2014, n. 12265.
420
Cass., Sez. III, 30 maggio 2014, n. 12265.
421
Cass., Sez. III, 30 maggio 2014, n. 12265.
422
Cass., Sez. III, 30 maggio 2014, n. 12265.
280 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

fatti, se si eccettuano quelle decisioni che hanno confermato la non risarcibili-


tà del danno bagatellare (ad es., nel caso di “molestie”, “disagi” o “fastidi” ar-
423
recati da un sollecito di pagamento del canone Rai o da un black out elettri-
424
co) , alle consuete ipotesi di danno esistenziale da «demansionamento profes-
425 426
sionale» o da “dequalificazione”, da «perdita del rapporto parentale» , da
ingiusta privazione della libertà personale nell’esercizio di funzioni giudizia-
427
rie , da mancato rispetto del termine di ragionevole durata del processo (art.
428
2, legge 24 marzo 2001, n. 89) – danno, quest’ultimo, risarcibile anche per il
429
tempo in cui la parte del giudizio sia rimasta contumace –, da «perdita della
430
capacità di avere rapporti sessuali per la conseguita impotenza coeundi» , da
“vacanza rovinata” (art. 47 del “Codice del turismo”, allegato al d. lgs. 23
431
maggio 2011, n. 79; art. 93 ss., d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206) , la Cassazio-
432
ne ha aggiunto il danno non patrimoniale da licenziamento ingiurioso , quel-
lo derivante dalla violazione degli obblighi familiari e coniugali (c.d. illecito
433
endofamiliare) , quello “da lesione all’immagine professionale” (causata, nel-
423
Cass., Sez. Un. civ., 19 agosto 2009, n. 18356, in Danno e resp., 2010, p. 497 s., con nota di R.
FOFFA, Focolai di danno esistenziale e cure radicali della Cassazione.
424
Cass., Sez. III, 21 settembre 2009, n. 20324 (ord.), in Danno e resp., 2010, p. 498 ss.; Cass., Sez.
III, 7 gennaio 2011, n. 251, ivi, 2011, p. 1035, con nota di G. GRASSELLI, Danno da black-out: ina-
dempimento non fa rima con risarcimento.
425
Un ruolo primario è assolto, nella giurisprudenza del lavoro, da Cass., Sez. un., 24 marzo 2006,
n. 6572, in Danno e resp., 2006, p. 856; sulla cui scia, Cass., Sez. un., 22 febbraio 2010, n. 4063, ivi, 2010,
p. 1043 ss., commentata da F. MALZANI, Prova e liquidazione del danno non patrimoniale da contratto di
lavoro dopo le Sezioni Unite del 2008; Cass., Sez. lav., 14 aprile 2011, n. 8527, ivi, 2012, p. 41 ss., con nota
di F. MALZANI, Tollerabilità della lesione alla dignità professionale e demansionamento; Cass., Sez. III, 2
febbraio 2010, n. 2352, ivi, 2010, p. 1137 ss., con nota di N. CALCAGNO, Responsabilità dell’autore materia-
le del “demansionamento illecito” e risarcibilità del danno esistenziale da dequalificazione post 26972/08;
Cass., Sez. lav., 30 settembre 2009, n. 20980, e Cass., Sez. lav., 5 ottobre 2009, n. 21223, ivi, 2010, pp. 586 e
588, con il commento di F. MALZANI, Il danno alla professionalità dopo le Sezioni Unite del novembre 2008.
426
Ad es., oltre a Cass., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22884, in Altalex, n. 2071 del 15 marzo 2008,
v. le sentenze citate retro.
427
Sul punto, G. PONZANELLI, Gli «esistenzialisti», cit., p. 966.
428
Cass., Sez. I, 4 ottobre 2005, n. 19354, in Dir. e giust., 2005, n. 46, p. 22 s.
429
Cass., Sez. Un., 14 gennaio 2014, n. 585, in Danno e resp., 2014, p. 597 ss., con nota di S.
MONTI, L’equa riparazione per l’irragionevole durata del processo compete anche al contumace: garanti-
smo o buonismo?
430
Cass., Sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2311.
431
Da ultimo, G. MALGIERI, Il punto sul danno da vacanza rovinata: certezze, novità, questioni
aperte, in Danno e resp., 2014, p. 237 ss.
432
Tra le tante, Cass., 30 dicembre 2011, n. 30668, in Riv. it. dir. lav., 2012, p. 587 ss., con nota di
V. ALLOCCA, La liquidazione del danno non patrimoniale da licenziamento ingiurioso tra autonomia e
personalizzazione del risarcimento.
433
Ad es., Cass., 10 maggio 2005, n. 9801, in Fam. e dir., 2005, p. 365 ss., con note di M. SESTA,
Diritti inviolabili della persona e rapporti familiari: la “privatizzazione” arriva in Cassazione, e di G.
FACCI, L’illecito endofamiliare al vaglio della Cassazione. Per un inventario delle ipotesi, F. LONGO,
Danno non patrimoniale e rapporti familiari, in Danno e resp., 2011, p. 588 ss., D. AMRAN, Il risarci-
mento del danno intrafamiliare a due anni dalle SS.UU. 2008: le certezze acquisite e le sfide per il futu-
ro, ivi, Num. speciale, 2011, p. 29 ss.
I DANNI NON PATRIMONIALI 281

la specie, dal mancato inserimento del numero di uno studio legale nell’elenco
434
telefonico) , i danni non patrimoniali derivanti dalla violazione di obblighi di
435
protezione o di sécurité , il danno esistenziale dei genitori, dei fratelli e delle
436
sorelle per la nascita non voluta di un bambino affetto da andicap , il danno
437
da «esistenza diversamente abile» del minore nato malformato, il c.d. danno
438
da lucida agonia , i danni non patrimoniali provocati da immissioni ecceden-
439 440
ti la normale tollerabilità , da pignoramento illegittimo e dalla paura di
441
contrarre una malattia inguaribile , i danni alla persona per lesione di diritti
442
diversi dalla salute , ecc., e perfino, quello – esplicitamente “vietato” dalle
443
Sezioni Unite – derivante dalla perdita dell’animale d’affezione . La giuri-
sprudenza di merito, poi, tra gli altri, propone anche il risarcimento del danno
non patrimoniale da lesione della libertà sessuale del convivente more uxo-
444
rio e quello conseguente alla lesione del diritto all’abitazione, posto che
quest’ultimo, «inteso come diritto al rispetto della vita privata e familiare,
nonché del domicilio, è qualificabile come diritto inviolabile di rilevanza costi-
434
Cass., Sez. III, 21 gennaio 2011, n. 1418, in Danno e resp., 2011, p. 607 s., con nota di R. FOF-
FA, Danno da mancato inserimento del numero nell’elenco telefonico.
435
La responsabilità da “contratto di protezione”, oltre alla sterminata giurisprudenza in materia
di responsabilità del medico (così come introdotta da Cass., III Sez. civ., 22 gennaio 1999, n. 589, in
Corriere giur., 1999, p. 446 ss.), ad es., involge anche la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’in-
segnante per il danno arrecato dal minore a sé stesso: sulla scia di Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n.
9346, in Foro it., 2002, I, c. 2635 ss., v. Cass., Sez. III, 20 aprile 2010, n. 9325, e Cass., Sez, III, 26
aprile 2010, n. 9906, in Danno e resp., 2011, pp. 392 e 393, con il commento di M. PASTORE, Respon-
sabilità da contatto sociale dell’insegnante: cui prodest?
436
Cass., Sez. III, 2 ottobre 2012, n. 16754, in Nuova giur. civ. comm., 2013, p. 178 ss.; e già, con
riferimento ai soli genitori, Cass., Sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, in Danno e resp., 2010, p. 699 s., con
nota di M. FEOLA, La Cassazione e il diritto del minore «a nascere sano».
437
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., pp. 178 ss., 193, 195.
438
Ad es., Cass., Sez. Un. civ., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974, 26975, cit., p. 27; sul-
la cui scia, Cass., Sez. lav., 7 giugno 2010, n. 13672, in Danno e resp., 2011, p. 29 s., annotata da R.
FOFFA, Il danno da morte va in Paradiso (con il danneggiato), e, ivi, 2011, p. 256 s., con il commento
di C. MEDICI, Battuta d’arresto per il riconoscimento del danno tanatologico; Cass., Sez. III, 8 aprile
2010, n. 8360, ivi, 2010, p. 1011.
439
Cass., Sez. III, 9 maggio 2012, n. 7048, e Cass., Sez. III, 11 giugno 2012, n. 9434, in Danno e
resp., 2012, p. 1179 ss.; Cass., Sez. III, 31 marzo 2009, n. 7875 (ord.), ivi, 2009, p. 763 s.; e già Cass.,
13 marzo 2007, n. 5844, in C.e.d. Cass., 2997. Nega, invece, in caso di immissioni, la risarcibilità di un
danno non patrimoniale alla «tranquillità domestica», Cass., Sez. II, 8 marzo 2010, in Danno e resp.,
2010, p. 776 ss., con nota di G. PONZANELLI, Le immissioni intollerabili e il rimedio del danno non
patrimoniale.
440
Cass., Sez. III, 11 giugno 2012, n. 9445, in Danno e resp., 2012, p. 1182 ss.
441
Cass., Sez. III, 13 maggio 2009, n. 11059, in Danno e resp., 2009, p. 766 s.
442
Per un’esposizione della giurisprudenza in materia si rinvia a T. GASPARRO, E. SERANI, Il ri-
sarcimento del danno non patrimoniale alla persona per lesioni di diritti diversi dalla salute, in Danno e
resp., 2013, p. 1169 ss.
443
Cass., Sez. III, 25 febbraio 2009, n. 4493, in Danno e resp., 2009, p. 761 s., con nota di G.
PONZANELLI, Conferme ed incertezze della Cassazione dopo le Sezioni Unite.
444
Trib. Verona, Sez. III, 26 settembre 2013, in Danno e resp., 2014, p. 627 ss., con nota di V.
BARBA, Il danno non patrimoniale da lesione della libertà sessuale del convivente more uxorio.
282 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

445
tuzionale» . Un posto di sicuro rilievo assume, sulla scia della secolare elabo-
razione giurisprudenziale degli artt. 1384, comma 1, e 1385 code civ., il risar-
cimento dei danni non patrimoniali derivanti da regimi di imputazione della
responsabilità diversi dalla colpa. Oltre ai danni alla persona causati dalla cir-
446
colazione automobilistica e dall’utilizzo di prodotti “difettosi” , che rappre-
sentano da sempre due dei più importanti capitoli della responsabilità civile,
una giurisprudenza sempre più articolata ha iniziato a risarcire i danni non pa-
trimoniali cagionati dagli animali (art. 2052 c.c.) e dalle cose in custodia (art.
447
2051 c.c.) , dalla rovina di edificio (art. 2053), dall’esercizio di attività peri-
colose (art. 2050), o quelli riconducibili alla responsabilità di genitori e tutori
448
(art. 2048), padroni e committenti (art. 2049) , perché «sarebbe irragionevo-
le ritenere che nelle ipotesi di responsabilità oggettiva in cui il legislatore ha
aggravato l’onere liberatorio del danneggiante dal piano della colpa – dimo-
strare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno – al piano causale – il
caso fortuito che interrompe il nesso causale – in funzione di maggior tutela
della vittima per la riparazione dei danni, l’ipotesi di lesione grave di valori
449
della persona sia risarcibile soltanto come danno patrimoniale» .
Nel settore del diritto del lavoro, poi, anche successivamente alle sentenze
del 2008, il danno alla salute, il danno morale e quello esistenziale hanno con-
tinuato ad essere considerati pregiudizi non patrimoniali «ontologicamente
450
diversi» e individualmente risarcibili , al punto che ci si è chiesti se «il danno
451
non patrimoniale giuslavorista» fosse «diverso da quello “generale”» . Ma la

445
Trib. Milano, Sez. X, 3 settembre 2012, n. 9733, e Trib. Brindisi, 26 marzo 2013, n. 2126, in
Danno e resp., 2014, p. 522 ss., con nota di R. ROLLI, Diritto di abitazione e risarcimento del danno
non patrimoniale.
446
Ad es., Cass. civ., Sez. III, 8 ottobre 2007, n. 20985, in Corriere giur., 2008, p. 811 s. Nel senso
di una responsabilità “presunta”, anche se non “oggettiva”, cfr. Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n.
13458, in Danno e resp., 2014, spec. p. 493, e Cass., Sez. III, 6 agosto 2013, n. 18654, ivi, 2014, p. 494
ss.; e già Cass., 15 marzo 2007, n. 6007, in Foro it., 2007, I, c. 2414.
447
Oltre a Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, in Danno e resp., 2012, p. 755 ss., a Cass., Sez.
III, 2 febbraio 2010, n. 2360, ivi, 2010, p. 555 ss., ed a Cass., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24739,
ivi, 2008, p. 782, cfr. Cass., 9 maggio 2012, n. 7037, ivi, 2012, p. 799; Cass., 18 ottobre 2011, n.
21508, ivi, 2012, p. 614; Cass., 18 luglio 2011, n. 15723, in Resp. civ. prev., 2012, p. 515; Cass., 18
luglio 2011, n. 15720, in Danno e resp., 2012, p. 282 s., annotata da P. LAGHEZZA, Di custodia, caso
fortuito e responsabilità oggettiva; Cass., 24 maggio 2011, n. 11430 (ord.), ivi, 2012, p. 284 s.; Cass., 19
maggio 2011, n. 11016, ivi, 2012, p. 27 ss., con il commento di R. FOFFA, Animale in autostrada e re-
sponsabilità del gestore; Cass., 22 marzo 2011, n. 6550, ivi, 2011, p. 1183; Cass., 15 ottobre 2010, n.
21739, in Resp. civ. prev., 2011, p. 1043; Cass., 22 aprile 2010, n. 9546, in Giust. civ., 2011, I, p. 2679;
Cass., 2 febbraio 2010, n. 2360, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, p. 940.
448
Sul punto, si rinvia alla giurisprudenza cit. in A. GARIBOTTI, G. PAGANO, Il risarcimento del
danno alla persona nelle ipotesi speciali di responsabilità, in Danno e resp., 2013, p. 1189 ss.
449
Cass., Sez. III, 18 agosto 2011, n. 17344, in Danno e resp., 2012, p. 775, con nota di V. MON-
TANI, Le voci di danno risarcibili nella responsabilità del custode.
450
Cass., Sez. lav., 28 giugno 2013, n. 16413, in Danno e resp., 2013, p. 1085.
451
G. PONZANELLI, Il danno non patrimoniale giuslavorista è diverso da quello “generale”?, in
Danno e resp., 2013, p. 1081.
I DANNI NON PATRIMONIALI 283

Sezione Lavoro della Cassazione, citando proprio alcune decisioni della Terza
Sezione civile, non ha riscontrato «alcuna duplicazione» allorché le «voci ri-
sarcitorie hanno distintamente riguardato» il danno biologico, «inteso come
mera lesione dell’integrità psico-fisica», il danno morale, «inteso come soffe-
renza interiore temporanea causata dalla commissione di un fatto illecito», e il
danno esistenziale, «inteso come umiliazione delle capacità ed attitudini lavo-
rative con pregiudizio all’immagine del dipendente sul luogo di lavoro». Ai
fini della “duplicazione”, «rileva non il nome assegnato dal giudicante al pre-
giudizio lamentato dall’attore (biologico, morale, esistenziale)», ma il liquidare
452
il medesimo pregiudizio più volte, «sebbene con l’uso di nomi diversi» .

18. A sconvolgere il fragile impianto argomentativo costruito dalle Sezioni


Unite, poi, è intervenuto lo stesso legislatore. Il quale, nell’art. 47 del Codice
del turismo (allegato al d.lgs. n. 79 del 2011), troncando oziose discussioni
della dottrina sulla risarcibilità del danno da vacanza rovinata in quanto lesio-
ne (o meno) di un diritto “inviolabile” della persona (riconducibile all’art. 32
453
Cost., o, addirittura, al “catalogo aperto” di cui allo stesso art. 2) , nel disporre
che il turista possa chiedere il risarcimento del danno per il «tempo di vacanza
454
inutilmente trascorso» e per l’«irripetibilità dell’occasione perduta» , «non
455
lascia dubbi» sulla risarcibilità di questo danno non patrimoniale da ina-
dempimento. Con buona pace per l’orientamento implicitamente contrario
espresso nelle sentenze di San Martino, le quali, nel considerarlo un danno
“bagatellare”, ne avrebbero voluto mettere in dubbio la risarcibilità.
456
Così, l’art. 5, comma 1, del D.P.R. 3 marzo 2009, n. 37 si è espresso in
457
senso «diametralmente opposto» a quanto deciso dalle sentenze dell’11 no-
vembre 2008, riaffermando la distinzione concettuale tra danno biologico e
danno morale, individuando i suoi contenuti nel turbamento dello stato d’ani-
mo e nella lesione della dignità della persona, prescrivendo l’autonoma risar-
cibilità del danno morale rispetto al danno biologico, che anzi può essere quan-
tificato nella misura fino ad un massimo di due terzi del valore percentuale di
quest’ultimo.
In proposito, sembrava paradossale chiedersi, al fine di sindacare la “legit-
timità” della normativa, se il legislatore, nel redigere il testo, fosse stato ... o
452
Cass., Sez. lav., 28 giugno 2013, n. 16413, cit., p. 1085.
453
Sul punto si rinvia a G. MALGIERI, op. cit., p. 241.
454
Allorché l’inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico
«non sia di scarsa importanza».
455
Così, anche G. MALGIERI, op. cit., p. 238.
456
Regolamento per la disciplina dei termini e delle modalità di riconoscimento di particolari in-
fermità da cause di servizio per il personale impiegato nelle missioni militari all’estero, nei conflitti e
nelle basi militari nazionali.
457
M. BONA, Il danno morale distinto dal danno biologico nel d.P.R. 3 marzo 2009, n. 37, in Danno
e resp., 2010, p. 21 ss.
284 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

458
meno a conoscenza del parto plurigemellare delle Sezioni Unite . Il rispetto
per la gerarchia delle fonti avrebbe suggerito di prescindere da più o meno
pertinenti «curiosità» dell’interprete. Tuttavia, se era vero che si trattava di
una normativa settoriale la quale tendeva a risarcire «menomazioni all’integri-
tà psicofisica permanentemente invalidanti» ovvero il decesso causati dal-
459
l’esposizione e dall’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito , era pur vero
che il legislatore, se avesse voluto, avrebbe potuto prevedere una valutazione
unitaria del danno non patrimoniale, senza disporre un’articolazione autono-
ma e separata del danno biologico e del danno morale.
Nella stessa linea si è mosso ancora una volta il legislatore allorché ha di-
sciplinato i criteri medico-legali per l’accertamento e la determinazione dei
danni biologico e morale a carico delle vittime del terrorismo e delle stragi
(art. 1, D.P.R. 30 ottobre 2009, n. 181). Anche in questo caso la norma distin-
gue nitidamente tra il danno biologico e il danno morale: mentre il primo è
qualificato, sulla scia dell’art. 138, comma 2, lett. a del d.lgs. n. 209 del 2005,
come la «lesione di carattere permanente all’integrità psicofisica della persona
suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa
sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del dan-
neggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di
produrre reddito», il secondo è specificamente definito come «pregiudizio
non patrimoniale costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal fatto lesi-
vo in sé considerato».
D’altronde, anche studi statistici svolti dopo le sentenze di San Martino
hanno confermato come, nella gran parte dei casi, la giurisprudenza abbia con-
tinuato a riconoscere «autonomia risarcitoria al danno morale, liquidandolo in
460
via equitativa o in percentuale o frazione del danno biologico» . L’«autono-
mia» logica ed ontologica del danno morale (rispetto a quello biologico) trova
il suo fondamento sia in relazione alla evidente «diversità del bene protetto»
(«integrità morale, quale massima espressione della dignità umana desumibile
dall’art. 2 Cost., in relazione all’art. 1 della Carta di Nizza, contenuta nel trat-
461
tato di Lisbona, ratificato dall’Italia con legge 2 agosto 2008, n. 190») , sia
come «conseguenza della configurabilità, quantomeno in astratto, nella fatti-
462
specie in esame, di un’ipotesi di reato» .

458
Così, invece, F. BONACCORSI, “A volte ritornano”: il danno morale tra diritto vivente e diritto
vigente, in Danno e resp., 2010, p. 20.
459
E dalla dispersione nell’ambiente «di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione
di materiale bellico»: in argomento, L. NOCCO, La giurisprudenza delle Corti superiori e le novità legi-
slative in tema di danno alla persona, in Danno e resp., 2011, Num. speciale, p. 9.
460
M. GERBI, C. LANCIONI, Il risarcimento del danno alla persona nella r.c. auto, in Danno e resp.,
2011, Num. speciale, p. 21.
461
Le espressioni di Trib. Bari, Sez. III, 5 maggio 2010, sono tratte da M. GERBI, C. LANCIONI,
op. cit., p. 21.
462
Per la giurisprudenza citata, cfr. M. GERBI, C. LANCIONI, op. loc. cit.
I DANNI NON PATRIMONIALI 285

Un’importante conferma di tale orientamento si è avuto allorché la Cassa-


zione ha ribadito che, ogni qual volta il comportamento illecito integri «ogget-
tivamente […] gli estremi del reato», il danno morale debba essere risarcito
sulla base degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. E, pertanto, è stata cassata la sentenza
di merito che, «sulla base dell’errata interpretazione delle norme richiamate
dal ricorrente», aveva «commisurato la liquidazione esclusivamente al c.d.
danno biologico, escludendo espressamente la risarcibilità delle sofferenze
463
morali conseguenti alle lesioni fisiche» . E tale indirizzo aveva richiamato la
dottrina sia sull’«errore di chi, nel nome di una mal compresa unità categori-
ca», aveva ritenuto di «non dover più esaminare nel dettaglio i singoli e diversi
profili di pregiudizio che connotano, a diverso livello, l’astratta figura del
464
danno non patrimoniale» ; sia su quella teoria che, pur espressa in epoca
immediatamente anteriore alle sentenze gemelle del 2003, nel ricostruire come
“monocentrico” il sistema di compensation di responsabilità civile, aveva indi-
viduato l’unica bipolarità giuridicamente prevista proprio nella funzione afflit-
465
tivo-punitiva assolta dalla riparazione del danno morale da reato .
Tuttavia, anche in assenza di un fatto reato, la Cassazione, nel ribadire l’au-
tonoma risarcibilità del danno morale in una sentenza che ha assunto i conno-
466
tati di un «vero e proprio manifesto» , ha sottolineato che la “nuova” tabella
milanese del 2009 non ha «mai ”cancellato” la fattispecie del danno morale
intesa come voce integrante la più ampia categoria del danno non patrimonia-
le, né avrebbe potuto farlo senza violare un preciso indirizzo legislativo, mani-
festatosi in epoca successiva alle sentenze delle Sezioni Unite dell’11 novem-
bre 2008 (D.P.R. nn. 37/2009 e 191/2009) che ha reso manifesta la volontà del
legislatore di distinguere tra la voce di danno c.d. biologico e la voce del dan-
467
no morale» .
D’altronde, prima che la Cassazione affermasse, anche nella sentenza n.
1361 del 2014, la specifica risarcibilità del danno morale e degli «altri pregiu-
dizi di tipo esistenziale», come conseguenza della «lesione di un diritto invio-
468
labile della persona diverso dal diritto all’integrità psicofisica» , si erano avu-
469
ti molteplici e concordanti indizi su una possibile “resurrezione” di queste
463
Cass., Sez. III, 17 settembre 2010, n. 19816 (ord.), in Danno e resp., 2011, p. 146 s., annotata
da M. HAZAN, Danno morale e danno biologico: regole di convivenza e RC auto.
464
M. HAZAN, op. cit., p. 148.
465
Il dato è riconosciuto dalla stessa M. GORGONI, Le duplicazioni risarcitorie del danno alla per-
sona, in Danno e resp., 2010, p. 15, ove afferma che, «anche secondo tradizione, il riconoscimento del
danno morale da reato assolve (anche) ad una finalità afflittivo punitiva piuttosto che ad una mera
funzione compensativa».
466
G. PONZANELLI, La Cassazione e il danno morale: un contributo per una lettura, in Danno e
resp., 2012, p. 17.
467
Così, nella sua “massima”, Cass., Sez. III, 12 settembre 2011, n. 18641, in Danno e resp., 2012,
p. 13.
468
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 369.
469
In proposito, M. FORTINO, La prevedibile resurrezione del danno esistenziale, in Resp. civ.
286 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

figure di danno. Ancora in tema di risarcimento «del danno da perdita del rap-
porto parentale o del c.d. danno esistenziale», la Suprema corte aveva sottolinea-
470
to che dovevano essere «ristorati anche i c.d. aspetti relazionali» , sicché era
«necessario verificare se i parametri recati dalle tabelle» tenessero conto «(anche)
dell’alterazione/cambiamento della personalità del soggetto che si estrinsechi
in uno sconvolgimento dell’esistenza, e cioè in (radicali) cambiamenti di vita,
dovendo in caso contrario procedersi alla c.d. “spersonalizzazione”, riconsideran-
do i parametri recati dalle tabelle in ragione (anche) di siffatto profilo, al fine
471
di debitamente garantire l’integralità del ristoro spettante al danneggiato» .
Malgrado la Cassazione si eserciti oggi nell’arte dell’interpretazione har-
monized, nell’affermare che «deve escludersi che le Sezioni Unite del 2008 ab-
biano negato la configurabilità e la rilevanza a fini risarcitori (anche) del c.d.
472
danno esistenziale» , il colpo decisivo alle ambiguità delle citate sentenze è
stato inferto, oltre che dal legislatore, proprio dalla più recente giurisprudenza
della Suprema corte. La «categoria generale del danno non patrimoniale» è con-
siderata categoria «di natura composita» che, al pari del danno patrimoniale,
scandito nelle tradizionali voci del danno emergente e del lucro cessante, «si
473
articola in una pluralità di aspetti (o voci)» . Le quali, pur assumendo una
funzione «descrittiva», sono individuate nel danno biologico, nel danno mora-
474
le e nel danno dinamico-relazionale, definito come «esistenziale» .
Un determinato evento «può causare, nella persona stessa della vittima
come in quella dei familiari, un danno alla salute medicalmente accertabile, un
475
dolore interiore ed un’alterazione della vita quotidiana» . Il giudice di meri-
to, pur senza essere obbligato, «in via automatica, alla liquidazione di tutte que-
ste singole poste di danno», dovrà dar conto «di aver tenuto presente i diversi
aspetti della fattispecie dannosa, evitando duplicazioni, ma anche “vuoti” ri-
476
sarcitori» .
Il danno morale, poi, deve essere risarcito sia «come patema d’animo o sof-
ferenza interiore o perturbamento psichico», sia «come lesione alla dignità o
477
integrità morale, quale massima espressione della dignità umana» . Il giudi-

prev., 2010, p. 1027 ss.; A. MAIETTA, La “resurrezione” del danno esistenziale dopo le Sezioni Unite, in
Corr. merito, 2009, p. 264 ss.; D. CHINDEMI, Danno morale: alla morte segue la resurrezione, in Resp.
civ. prev., 2009, p. 814 ss.
470
Cass., Sez. II, 7 giugno 2011, n. 12273, e Cass., Sez. III, 30 giugno 2011, n. 14402, in Danno e
resp., 2011, pp. 961 e 963, con il commento di G.M.D. ARNONE, Umanità e tecnica nel risarcimento
del danno alla persona.
471
Cass., Sez. III, 30 giugno 2011, n. 14402, cit., p. 963.
472
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 369.
473
Le espressioni tra virgolette sono tratte da Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
474
Cass., Sez. III, 11 ottobre 2013, n. 23147, in Danno e resp., 2014, p. 282.
475
Cass., Sez. III, 22 agosto 2013, n. 19402, in Danno e resp., 2014, p. 29, con nota di G. PONZA-
NELLI, Il controllo della Cassazione sul quantum del risarcimento.
476
Cass., Sez. III, 22 agosto 2013, n. 19402, cit., p. 29.
477
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
I DANNI NON PATRIMONIALI 287

ce, nella valutazione di tale figura di danno, dovrà «dare motivatamente conto
del relativo significato al riguardo considerato, e in particolare se lo abbia va-
478
lutato» nell’uno e nell’altro senso .
Il danno esistenziale, anch’esso risarcibile, è individuato «nello sconvolgi-
mento dell’esistenza» che può indurre a «fondamentali e radicali scelte di vita
diversa», nella alterazione «delle abitudini di vita» e «del modo di rapportarsi
con gli altri nell’ambito della comune vita di relazione», sia «all’interno che
479
all’esterno del nucleo familiare» .
Poiché il ristoro pecuniario del danno non patrimoniale «non può mai cor-
rispondere alla relativa esatta commisurazione», «se ne impone la valutazione
equitativa»: valutazione che, attenendo «alla quantificazione e non già all’indi-
viduazione del danno», deve essere condotta «con prudente e ragionevole ap-
prezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, considerandosi in parti-
colare la rilevanza economica del danno alla stregua della coscienza sociale e i
480
vari fattori incidenti sulla gravità della lesione» . I criteri di valutazione equi-
tativa «devono essere idonei a consentire altresì la c.d. personalizzazione del
danno, al fine di addivenire ad una liquidazione equa, e cioè congrua, adegua-
481
ta e proporzionata» .
La liquidazione deve rispondere al principio «dell’integralità del ristoro» e,
cioè, «non deve essere puramente simbolica o irrisoria o comunque non corre-
lata all’effettiva natura o entità del danno ma tendere, in considerazione della
particolarità del caso concreto e della reale entità del danno, alla maggiore ap-
prossimazione possibile all’integrale risarcimento». Deve concernere «tutti gli
aspetti (o voci) di cui la generale ma composita categoria del danno non pa-
482
trimoniale si compendia» .
È questo, forse, il passaggio più importante, che fa chiarezza sulle ambigui-
tà nelle quali erano incorse le sentenze di San Martino. Le quali, agitando lo
spettro delle “duplicazioni risarcitorie”, avevano proposto quella irragionevole
e fittizia valutazione “globalizzata” del danno non patrimoniale che, a suo
483
tempo, si era con veemenza contestato . La Cassazione, ora, rileva che non
484
v’è antitesi, ma anzi logica «correlazione» tra principio di riparazione inte-
grale e divieto di duplicazioni risarcitorie.
Quest’ultimo non impedisce, ma anzi impone di risarcire, in virtù dell’on-
485
tologica «diversità del bene protetto» , tutte e tre le voci del danno non pa-

478
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 387.
479
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 387.
480
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
481
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
482
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
483
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno non patrimoniale, cit., p. 40 ss.
484
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 386.
485
Cfr. A. DI MAJO, Sopravvive il danno morale?, in Corriere giur., 2012, p. 58.
288 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

486
trimoniale . Il principio di riparazione integrale induce a considerare illegit-
tima l’«apposizione di una limitazione massima non superabile alla quantifica-
zione del ristoro dovuto» e impone «la indefettibile necessità che nessuno de-
gli aspetti di cui si compendia la categoria generale del danno non patrimonia-
le […] rimanga privo di ristoro, dovendo essere essi presi tutti in considera-
zione ai fini della determinazione dell’ammontare complessivo del risarcimen-
487
to conseguentemente dovuto» .
Il risarcimento del danno da perdita della vita «ha funzione compensativa»
488
e «il relativo diritto (o ragione di credito) è trasmissibile iure hereditatis» .
Ma il danno morale, allorché è conseguenza di un fatto illecito che «si confi-
489
guri anche solo astrattamente come reato» , non soltanto dovrà essere speci-
ficamente risarcito in aggiunta al danno biologico ed a quello esistenziale, ove
sussistenti, ma assumerà una funzione preventiva e punitiva, quale «sofferenza
soggettiva cagionata dal reato in sé considerata, la cui intensità e durata nel tem-
po rilevano non già ai fini della esistenza del danno, bensì della mera quantifi-
490
cazione del relativo ristoro» . Il dato non è insignificante poiché, come si era
491
rilevato – e la Cassazione oggi cita proprio questi casi –, pur in presenza di un
danno biologico limitato (o del tutto assente), per le atroci modalità con cui il
reato è stato commesso, il danno morale potrà essere estremamente più grave.
Il danno morale ed il danno esistenziale possono essere risarciti anche in
assenza di un danno biologico o di altro tipo di danno del quale rappresentino
l’eventuale “conseguenza”, perché, in presenza della volontà del legislatore
«di distinguere, morfologicamente prima ancora che funzionalmente» queste
diverse figure, la stessa «modifica del 2009 delle tabelle del Tribunale di Mila-
no […] in realtà, non ha mai cancellato la fattispecie del danno morale intesa
492
come voce integrante la più ampia categoria del danno non patrimoniale» .
Come afferma anche da ultimo in modo stentoreo la Cassazione, «il danno
morale configura una autonoma ipotesi di danno non patrimoniale, risarcibile
al verificarsi di determinati presupposti, dotato di piena autonomia ontologica
rispetto al danno biologico, per cui la specifica richiesta di quest’ultimo non
493
può essere interpretata come riferibile anche al primo» . In caso di fatto ille-
cito plurioffensivo, «ciascun danneggiato è titolare di un autonomo diritto al
risarcimento di tutto il danno morale (cioè la sofferenza interiore soggettiva

486
Così, anche Cass., Sez. III, 11 ottobre 2013, n. 23147, cit., p. 282.
487
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 367.
488
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 387.
489
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 369.
490
Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 367.
491
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 44.
492
Cass., Sez. III, 3 ottobre 2013, n. 22585, in Danno e resp., 2014, p. 60, con nota di P.G. MO-
NATERI, L’ontologia dei danni non patrimoniali; e già, tra le altre, Cass., Sez. III, 12 settembre 2011,
n. 18641, in Corriere giur., 2012, p. 53.
493
Cass., Sez. III, 14 maggio 2014, n. 10524, in www.altalex.com del 9 luglio 2014, p. 5.
I DANNI NON PATRIMONIALI 289

sul piano strettamente emotivo, nell’immediatezza dell’illecito, ma anche dura-


tura nel tempo e nelle sue ricadute […]), e dinamico-relazionale (altrimenti
definibile “esistenziale”), consistente nel peggioramento delle condizioni e
494
abitudini, interne ed esterne, della vita quotidiana» .

19. Pur nel rispetto dei tratti distintivi che caratterizzano i due modelli di
495
responsabilità , un fenomeno di uniformazione può involgere anche il con-
tratto e il torto, quali fonti di un medesimo sistema di responsabilità civile che,
496
come illustri autori seppero dimostrare , può essere ricostruito sulla consa-
497
pevole individuazione dei diversi regimi di imputazione . Responsabilità og-
gettiva, «présomption de faute» e/o «de responsabilité», res ipsa loquitur, re-
sponsabilità per colpa, appaiono istituti che, in modo trasversale, attraversano
un unico sistema di responsabilità civile, contrattuale e delittuale, coinvolgen-
do, parallelamente, il danno patrimoniale e quello non patrimoniale. Il regime
della responsabilità oggettiva da torto (per cosa in custodia, ad es.) e da con-
tratto (obbligazione determinata) tende a convergere in un modello che può
rivelarsi unitario sotto i profili delle cause di esonero (causa non imputabile,
cause étrangère, caso fortuito e forza maggiore), dell’oggetto e dell’inversione
498
della prova . Una diversa posizione potrebbe riguardare, invece, il regime
per faute prouvée, che risulterebbe limitato alla sola responsabilità delittuale
499
per colpa, se il principio di riferibilità della prova (al debitore), anche nel
500
caso d’inesatto adempimento , dovesse essere generalizzato dalle Corti, di là
dalle ipotesi di negligenza professionale, all’intero settore delle obbligazioni di
501
diligenza . Investigando il diritto delle obbligazioni sotto il profilo dei di-
versi regimi di responsabilità, anziché sotto l’aspetto, tradizionalmente for-
male, delle fonti dell’obbligazione, la summa divisio appare essere non più
quella tra responsabilità delittuale e contrattuale, e tanto meno quella tra dan-
no patrimoniale e danno non patrimoniale, bensì quella tra responsabilità og-
gettiva e responsabilità per colpa, nella consapevolezza dell’esistenza di re-
494
Cass., Sez. III, 17 aprile 2013, n. 9231, in Danno e resp., 2013, p. 596, con il commento di G.
PONZANELLI, Tabelle, prova del danno e concezione unitaria del danno non patrimoniale.
495
C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 73 ss.
496
Una insuperata esposizione parallela delle regole della responsabilità civile delittuale e contrat-
tuale è stata proposta, in Italia, da S. RODOTÀ, Il problema, cit., passim.
497
Questo modello sistematico, che è proprio del diritto francese, è seguito, ad es., da G. VINEY,
P. JOURDAIN, Les conditions, cit., pp. 315 ss., 597 ss., 807 ss.
498
M. FEOLA, in M. FEOLA, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, cit., p. 466; M.
FEOLA, L’obbligazione di sécurité, cit., p. 315. Nell’esperienza francese, C. LARROUMET, Droit civil,
Tome 3, cit., p. 599 ss.
499
Cass., Sez. III, 21 giugno 2004, n. 11488, e Cass., Sez. III, 28 maggio 2004, n. 10297, in Danno
e resp., 2005, pp. 28 s., 32 s.
500
Il leading case è Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, in Corriere giur., 2001, p. 1565.
501
Come sembra proporre C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 74 s.
290 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

gimi intermedi, che coinvolgono sia il torto, sia il contratto.


I “nuovi” danni non patrimoniali nascono, quindi, con una fisionomia più
complessa di quella che caratterizzava il “vecchio” danno morale da reato, co-
struito sul collegamento necessario tra gli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. Il sistema di
502
responsabilità si suddivide in due modelli, del tutto distinti e indipendenti .
Il primo, soltanto civilistico, presuppone l’assenza di un fatto reato, ha fun-
zione di compensation e si scompone in due sotto-modelli. Il nuovo danno non
patrimoniale da torto è risarcibile, sulla base dell’“ingiustizia”, in presenza della
lesione di un interesse costituzionalmente rilevante della persona. Il nuovo
danno non patrimoniale da contratto prescinde dall’ingiustizia (e, a maggior
ragione, dalla colorazione costituzionale dell’interesse inciso) ed è risarcibile
sulla base delle regole della responsabilità contrattuale. Entrambi si suddivi-
dono nelle voci, eventualmente concorrenti, del danno biologico, del danno
morale e del danno relazionale o esistenziale. Il secondo modello, che ha ad
oggetto il danno “da reato”, e che si estende ai campi del torto e del contratto,
del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, ha funzione punitiva e
consegue all’accertamento, in concreto, di una specifica fattispecie di reato,
attraverso la mediazione dell’art. 185 c.p. Il giudice civile può accertare la sus-
sistenza del fatto reato ai soli fini di condannare il responsabile ad una ripara-
zione che ha funzione punitiva.
I danni (patrimoniali e non patrimoniali) ex art. 185 c.p. possono essere ri-
parati in ipotesi evidentemente tipiche, poiché tipici e tassativi sono i fatti di
reato. Sicuramente atipici, invece, sono i fatti che possono causare i “nuovi”
danni civili non patrimoniali. L’atipicità permea sia il sistema di responsabilità
delittuale, sia quello di responsabilità contrattuale. Ingiustizia del danno e
inadempimento (o adempimento inesatto) sono le clausole generali che, come
503
si è egregiamente scritto , governano il sistema di responsabilità civile da tor-
to e da contratto, con riguardo ai fatti produttivi di danni patrimoniali e non
patrimoniali.
In tal senso deve essere rimeditata quella pretesa «funzione unitaria» della
responsabilità civile, che un indimostrato stereotipo della nostra esperienza
giuridica vorrebbe «valida tanto per i danni che hanno natura patrimoniale,
504
tanto per quelli che non l’hanno» , disinteressandosi delle connotazioni che
un determinato danno assume anche per il diritto penale. Diversamente rico-
struita, invece, la tassonomia del sistema di responsabilità civile si fonda, sotto
il profilo della funzione, non più sulla consueta contrapposizione tra il danno
patrimoniale e quello non patrimoniale, ma sulla distinta partizione tra i danni
patrimoniali e non patrimoniali soltanto civili, per i quali il risarcimento ha
502
Cfr. già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte I, cit., p. 56.
503
M. FEOLA, in M. FEOLA, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 451 ss.
504
Una puntuale sintesi di tali orientamenti è in G. MIOTTO, La funzione del risarcimento dei
danni non patrimoniali nel sistema della responsabilità civile, in Resp. civ. prev., 2008, p. 194 e passim,
del quale sono le espressioni citate nel testo.
I DANNI NON PATRIMONIALI 291

funzione compensativa, e i danni patrimoniali e non patrimoniali “da reato”,


per i quali la “riparazione” ha finalità anche (e, talvolta, soprattutto) preventi-
vo-punitive. Soltanto in questa prospettiva è possibile comprendere, ed appli-
care nuovamente, il testo dell’art. 185 c.p., che dottrina e giurisprudenza han-
no tentato di “abrogare”, sulla base dell’opinabile convinzione secondo la quale
sarebbe «indubbiamente una forzatura», «in virtù di tale disposto», «connotare
di finalità punitive [anche] la riparazione» del danno patrimoniale (da rea-
505
to) . Ma l’art. 185 c.p., contemplando esplicitamente nel suo enunciato sia il
danno patrimoniale, sia quello non patrimoniale che siano la conseguenza di
un fatto reato, prevede per entrambi una riparazione che ha un’identica fun-
zione punitiva. Del pari, pare arbitrario immaginare che il riferimento alle
«leggi civili» (contenuto nel comma 1) sia sufficiente a rappresentare un gene-
rale quanto generico rinvio alla «unitaria e specifica funzione [compensativa]
506
della responsabilità civile» , poiché esso riguarda soltanto le «restituzioni»,
che, ovviamente, devono essere effettuate «a norma delle leggi civili», mentre
è il solo capoverso a dettare la regola, del tutto autonoma e distinta (dagli ob-
blighi di restituzione), in tema di risarcimento del danno.
Se si inizierà a distinguere nitidamente la funzione di compensation del ri-
sarcimento del delitto soltanto civile da quella deterrente e punitiva della ri-
parazione (ex art. 185 c.p.) del delitto penale, nulla potrebbe impedire al
giudice, in presenza di un evento dannoso che sia anche conseguenza di un
fatto reato, di risarcire il danno e, nel contempo, di punire il responsabile.
Ciò avviene usualmente nell’esperienza statunitense: il danno punitivo svolge
un’insostituibile funzione di deterrence, contribuendo a “internalizzare” le
perdite causate, ed è comminato, qualora ne ricorrano i presupposti, in ag-
giunta rispetto al risarcimento con funzione di compensation. Nei settori che
involgono i rapporti tra il consumatore e l’impresa multi-nazionale è soltanto
il “timore” del danno punitivo (e della class action), in assenza di un’efficien-
te tutela penale (si pensi, ad es., alle frodi, all’applicazione di tassi usurari,
all’inquinamento, ecc.), a dissuaderla dall’abusare della sua evidente posizio-
ne di vantaggio. I recenti interventi della Corte Suprema Federale, tendenti
ad evitare che l’entità della riparazione del danno punitivo – superando un
ragionevole “multiplo” del valore del danno compensativo – sia «grossly ex-
507
cessive» , e che l’attore possa beneficiare ingiustificatamente di un risarci-
508
mento eccessivo , potrebbero indurre le esperienze continentali a rimedita-
505
G. MIOTTO, op. cit., p. 191.
506
In questi termini, invece, G. MIOTTO, op. cit., p. 195.
507
Così, la Corte Suprema degli Stati Uniti, 20 maggio 1996, BMW v. Gore, anche in Foro it.,
1996, IV, c. 421. Il limite del decuplo del valore del danno compensativo viene deciso dalla Corte
Suprema degli Stati Uniti in State Farm Mutual Auto Ins. Co. v. Campbell 538 U.S. 408 (2003), an-
che in Foro it., 2003, IV, c. 355.
508
Corte Suprema degli Stati Uniti, 20 febbraio 2007, in Foro it., 2008, IV, c. 178 ss., nel caso Phi-
lip Morris Usa v. Williams.
292 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

re le proprie convinzioni fondate sull’esclusiva funzione riparatoria delle re-


509
gole di responsabilità civile .

20. Il tema del danno non patrimoniale si è caratterizzato, negli ultimi anni,
per una veemente contrapposizione tra “esistenzialisti” ed “anti-esistenzia-
listi”, al punto che ciascun autore, che giammai avrebbe voluto contribuire spe-
cialmente a questa discussione, ha finito, suo malgrado, con l’essere coinvolto,
a torto o a ragione, tra i contendenti dell’asperrima tenzone. La quale ha tal-
mente influenzato una pacata riflessione in materia, che anche chi non aveva
avuto simpatia per l’originaria ricostruzione “onnicomprensiva” del danno
esistenziale si è visto inserire tra coloro che, in maniera surrettizia, avevano
apportato significativi argomenti a favore di tale figura. «Singolare» era appar-
sa «la vicinanza» della tesi esistenzialista con le conclusioni alle quali era giun-
ta «la dottrina che, pur criticando la figura del danno esistenziale, propo-
ne[va] di ignorare il cambiamento giurisprudenziale, ridimensionando esplici-
tamente la portata applicativa dell’art. 2059 c.c., con il travaso di tutti i danni
non patrimoniali (dolore e sofferenza compresi) nella previsione dell’art. 2043
c.c. e la riassegnazione alla prima norma della sua originaria funzione punitiva,
510
dipendente dall’ipotesi di fatto reato» . Invero, come si legge in questa im-
meritata quanto pregevole sintesi, tale dottrina, nel tentativo di fornire una let-
tura sistematica e funzionale del sistema di responsabilità civile, aveva cercato
di dimostrare come «il bipolarismo “minimale” del sistema» si giustificasse
ormai «solo con riferimento alla componente sanzionatoria, l’unica contrap-
511
ponibile alla predominante funzione compensativa» . Questa dottrina, però,
avrebbe esteso “eccessivamente” i confini del danno risarcibile, applicando «la
clausola dell’ingiustizia del danno sia ai pregiudizi patrimoniali sia a quelli non
512
patrimoniali» e interpretando «l’art. 2059 c.c. in chiave meramente punitiva» .
In questo clima manicheo di contesa, il referendum “a favore” o “contro”
il danno esistenziale non aveva risparmiato né la Cassazione, né la giurispru-
denza dei giudici di Pace, la quale aveva iniziato ad estendere i confini del-
l’area dei danni non patrimoniali risarcibili ad ipotesi sempre più «fantasiose,
513
ed a volte risibili» . Era da attendere, quindi, un intervento delle Sezioni Unite
che, preoccupate dalla quantità delle liti già avviate e, soprattutto, dal numero
ben più alto di quelle che avrebbero potuto essere intraprese, svolgesse una
509
G. PONZANELLI, I danni punitivi, cit., c. 181.
510
Così, D. POLETTI, Manifesta inammissibilità, cit., 658 s., la quale cita, in proposito, la seguente
opera: A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La responsabilità civile. Strutture e funzioni, cit., p. 48.
511
Ancora D. POLETTI, op. ult. cit., p. 459, ove riferisce la tesi sostenuta (ma ancor prima che in-
tervenisse il “cambiamento giurisprudenziale”) da A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. loc. ult. cit.
512
Testualmente E. NAVARRETTA, Ripensare il sistema, cit., p. 17, in nota 56, ma con riferimento,
questa volta, al mio scritto Il danno ingiusto, Parte II, cit., p. 221.
513
In questi termini, Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, cit., p. 27.
I DANNI NON PATRIMONIALI 293

funzione contro-riformista. Ma le rilevate incongruenze avrebbero potuto es-


sere evitate se la Cassazione avesse rinunziato a perseverare nel “peccato ori-
ginale” di proseguire nell’impraticabile itinerario della “costituzionalizzazio-
514
ne” dell’art. 2059 c.c. (intrapreso con le sentenze-gemelle del 2003) , e, so-
prattutto, se avesse inteso rispondere con maggiore puntualità ai singoli quesi-
ti, resistendo alla tentazione di allargare eccessivamente il discorso all’intera
teoria della responsabilità civile, non soltanto da torto, ma anche da contratto.
515
Un nuovo intervento delle Sezioni Unite , così, può divenire l’occasione,
non per revocare in dubbio la risarcibilità del danno da perdita della vita, che
dovrebbe essere considerato un risultato di civiltà giuridica ormai acquisito
nel nostro diritto, ma per rielaborare, sul fondamento della loro “ontologia”,
un nuovo statuto dei danni non patrimoniali risarcibili, in considerazione de-
gli indirizzi legislativi e dei contributi dottrinali e giurisprudenziali successivi
alle sentenze del 2008.
Nell’attuale sistema della responsabilità civile non sembra esservi più spa-
zio per una semplificante contrapposizione tra esistenzialisti ed anti-esistenzia-
listi, tra pretesi fautori del danno-evento o del danno-conseguenza. Sgombrato
il campo dagli equivoci e dai dogmi più contestabili, la Cassazione è chiamata
a proseguire nell’apprezzabile itinerario già intrapreso. L’auspicio è che le no-
stre Corti, sempre più attente ai rilievi critici ed alle proposte provenienti dalla
dottrina, molto più attente di quanto non lo sia, talvolta, la stessa dottrina, sia-
no in grado di procedere nella ricostruzione di un sistema di responsabilità ci-
vile che sia rigoroso sotto il profilo del discorso giuridico e, nel contempo,
adeguato all’incessante divenire della società.

514
L’opinione è autorevolmente validata da F.D. BUSNELLI, La “dottrina delle Corti”, cit., p. 470,
il quale, opportunamente, discorre di una «disinvolta “rilettura costituzionalmente orientata” intro-
dotta dalla terza sezione della Corte di cassazione con le c.d. “sentenze gemelle” del 2003», la quale
risulta «sorprendente» là dove riferisce «la categorica esclusione di profili sanzionatori del risarci-
mento dei danni non patrimoniali […] anche alle ipotesi di reato, ossia proprio a quelle che, tramite
il raccordo con l’art. 186 c.p., riflettono emblematicamente la tradizionale vocazione sanzionatoria
dell’art. 2059 c.c.: una norma che non trova l’eguale nel sistema francese».
515
Cass., Sez. III, 4 marzo 2014, n. 5956 (ord.), in Danno e resp., 2014, p. 388, ha rimesso gli atti
al Primo Presidente perché valuti l’opportunità di assegnare il ricorso alle Sezioni unite al fine di di-
rimere «il contrasto di giurisprudenza così generatosi» e di «definire e precisare per imprescindibili
ragioni di certezza del diritto il quadro della risarcibilità del danno non patrimoniale già delineato nel
2008, alla stregua degli ulteriori contributi di riflessione, tra loro discordanti».
294 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO QUINTO

RAPPORTO DI CAUSALITÀ
E DANNO DA PERDITA DI CHANCES

SOMMARIO: 1. L’orientamento che nega l’autonoma risarcibilità del danno da perdita di chances,
giudicandolo un escamotage per eludere le difficoltà relative alla prova del nesso eziologico.
L’evoluzione della nozione di causalità: dalla “certezza” del diritto quale scienza esatta, a
criterio d’imputazione della responsabilità. – 2. Segue. Il diritto inglese e i limiti del modello
all-or-nothing: “de-responsabilizzazione” e “iper-responsabilizzazione” del danneggiante.
La maggiore varietà del diritto statunitense: teoria “causale” dell’aumento del rischio e ri-
sarcibilità del danno da perdita di chance of survival. – 3. L’espansione, nella giurisprudenza
italiana, dell’area di riparazione del danno da perdita di chances. Il superamento dell’ori-
ginario orientamento gius-lavorista. Critica della tesi che qualifica tale figura quale “lucro
cessante” presente o futuro. – 4. Il danno “ingiusto” da perdita di chances nel caso di lesio-
ne di interessi pretensivi. Dalla concezione “eziologica”, all’idea della chance quale danno
risarcibile in sé, “per equivalente” o in forma specifica. La responsabilità della P.A. nei ri-
guardi del cittadino. – 5. Rapporto di causa e danno da perdita di chances nel settore della
responsabilità del medico. Dalla giurisprudenza c.d. del 30% al giudizio di «alto o elevato
grado di credibilità razionale». Il risarcimento, da parte della Cassazione, del danno da per-
dita di chances di guarigione o di sopravvivenza, anche in presenza di una sentenza penale
di assoluzione. L’autonomia tra le domande. – 6. Il falso dilemma della natura delittuale o
contrattuale del danno da perdita di chances, che è risarcibile sulla base dell’uno o dell’altro
modello di responsabilità. Il problema nelle “obbligazioni senza prestazione”: irrilevanza
dell’interesse protetto e inversione dell’onere della prova. – 7. Il danno da perdita di chances
in Francia: i garde-fous. La prova del danno e/o del rapporto causale. Il carattere «reale» e
«serio» delle chances perdute. Il requisito della certezza del danno: la “sufficiente probabili-
tà” che la chance si sarebbe realizzata e la “certezza” che il vantaggio previsto è stato irrime-
diabilmente perduto. – 8. La perdita delle «chances di realizzare un profitto o di evitare una
perdita» quale «danno in sé risarcibile» che è «specifico e autonomo rispetto al pregiudizio
finale». Una conclusione divergente rispetto alla dottrina francese: il danno da perdita di
chances non è «futuro e aleatorio», bensì certo e attuale, poiché ha sempre ad oggetto chan-
ces irrimediabilmente perdute. – 9. Critica della dottrina italiana che qualifica la perdita di
chances come danno emergente o come lucro cessante. La perdita di chances, quale figura
generale di danno, può consistere in un danno emergente presente e/o futuro, in un lucro
cessante presente e/o futuro o in entrambi. – 10. La logica all-or-nothing, che è propria del
diritto penale, non riguarda la responsabilità civile. La destrutturazione del tema della cau-
salità da parte della dottrina di lingua inglese. Il rapporto causale quale strumento
d’imputazione dei danni. Contributory negligence e concorso di responsabilità. Il danno da
perdita di chances quale strumento giusto ed efficiente di valutazione dei competing interests
delle parti, espressione della generale funzione di compensation della responsabilità civile.

11.
296 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

1. La Corte di Cassazione, in sempre più numerose sentenze, ha recepito


l’indirizzo di quella dottrina che, sulla scia dell’esperienza francese, ha propo-
sto di riconoscere una generalizzata risarcibilità del danno da perdita di chan-
1
ces, soprattutto nell’ambito della responsabilità contrattuale .
Tale figura, tuttavia, prima di ottenere l’auspicato suggello giurisprudenzia-
le, ha sollevato non poche riserve, testimoniando le difficoltà di pensare un
“danno” da perdita di chances effettivamente distinto dall’usuale rapporto di
2
causalità strutturato in termini probabilistici . La questione ha riguardato, in
particolare, nelle esperienze francese, anglo-americana ed italiana, la respon-
sabilità del professionista sanitario, sia per le evidenti interferenze tra il diritto
civile e quello penale, sia per le maggiori difficoltà di provare che la condotta
colposa (soprattutto omissiva) del medico fosse la causa “certa” del decesso,
dell’invalidità o della mancata guarigione del paziente.
Questa controversa problematica, che può concernere la teoria della perdi-
3
ta di chances anche ai fini di una sua delimitazione , è stata utilizzata da quella
4
dottrina – considerata oggi come minoritaria dalla Cassazione – che, confon-
dendo la parte (e cioè la inidoneità della nozione di chance di sopravvivenza o
di guarigione a provare in senso presuntivo probabilistico un nesso causale
ipotetico) con il tutto (la teoria della perdita di chances nel suo significato ori-
ginario), ha generalizzato tale concezione al fine di assumere un atteggiamento
ostile nei confronti dello stesso tema della risarcibilità della lost chance. In tal
senso si è rilevato che, «Fuori dai denti, la risarcibilità del danno da perdita di
chances» si tradurrebbe «nel riconoscimento della giuridica rilevanza di un
5
nesso di causalità espresso in termini probabilistici» .
Così, per un verso, si è ribadito che la stessa chance di promozione di un
lavoratore non possa né avere un proprio valore economico né rappresentare
6
un’autonoma entità patrimoniale . Essa non sarebbe «idonea a costituire, nep-
pure in astratto, oggetto di scambio, non presentando in quanto tale alcuna
obiettiva utilità economica trasferibile, ma essendo, al contrario, semplicemen-
te destinata a realizzarsi (e, quindi, a tradursi nel vantaggio sperato) ovvero a
7
non realizzarsi» .
1
Sul punto, si rinvia ad M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., passim.
2
Da ultimo, sul punto, R. PUCELLA, La causalità «incerta», Torino, 2007, p. 91 ss.
3
Per tale, implicita, proposta, F. CHABAS, La perdita di chance nel diritto francese della responsa-
bilità civile, in Resp. civ. prev., 1996, p. 238 ss.
4
Afferma, infatti, che soltanto una «parte minoritaria della dottrina» continua a confondere il
tema della perdita di chances con il distinto problema del nesso causale esistente tra la condotta e
l’evento «finale» consistente nella morte o nell’invalidità, Cass., Sez. III, 4 marzo 2004, n. 4400, in
Dir. e giust., 2004, n. 14, p. 40, anche in Danno e resp., 2005, p. 47, con il commento di M. FEOLA, Il
danno da perdita delle chances di sopravvivenza o di guarigione è accolto in Cassazione.
5
A.M. PACCES, Alla ricerca delle chances perdute: vizi (e virtù) di una costruzione giurisprudenzia-
le, in Danno e resp., 2000, p. 661.
6
Così, A.M. PACCES, Competizioni automobilistiche: nuovo terreno fertile per il risarcimento delle
chances perdute?, in Riv. dir. sportivo, 1994, p. 452.
7
A.M. PACCES, op. loc. ult. cit.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 297

8
Per altro verso, ci si è profusi nel dibattito, tutto italiano , avente a oggetto
la classificazione dogmatica della chance in termini di “danno emergente” o di
9
“lucro cessante” , al fine di tentare di contestarne l’autonoma risarcibilità e di
10
affermarne l’inquadramento «nel genus del lucro cessante futuro» . In propo-
sito sembra opportuno fin d’ora precisare, sulla scia di chi sottolinea che «la
11
teoria della perte d’une chance nel campo medico ha un significato ambiguo» ,
che, «contrariamente a quanto fin qui sostenuto da una parte della dottrina, la
risarcibilità della chance perduta non sta […] nella sua qualificazione di danno
emergente o lucro cessante», poiché «ogni danno si può scomporre in queste
12
due componenti» .
Per altro verso ancora, si è rilevato che il danno da perdita di chance sareb-
be «pari in toto al valore della utilità sperata e perduta: a condizione, ovvia-
mente, che possa ritenersi soddisfatta la doppia inferenza probabilistica tra
commissione dell’illecito e perdita della chance, e quindi tra perdita della
13
chance e perdita del risultato sperato» . La propensione a risarcire tale danno
s’inquadrerebbe in «una tendenza giurisprudenziale alluvionale, la quale ha
preferito piuttosto la via dell’analisi e della moltiplicazione delle categorie
concettuali, piuttosto che lo sforzo per la riductio ad unitatem delle varie cate-
14
gorie di danno» .
Queste argomentazioni, proposte ancora con particolare tenacia, possono
essere considerate come l’ultimo tentativo di salvare una nozione di causalità
monolitica e indivisibile, di stampo ottocentesco, che, «sulla spinta di analo-
ghe e assai più pregnanti riflessioni svolte dalla dottrina penalistica (in partico-
lare tedesca) e da correnti filosofiche (in particolare inglesi: J.S. Mills)», inten-
devano considerare il rapporto eziologico «uno degli elementi essenziali nella
struttura della responsabilità per fatto illecito, utilizzato soprattutto al fine di
15
escluderla» . Una delle ragioni «dell’emergere del problema eziologico sta
8
Lo rileva A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 c.c., cit., p. 832.
9
Tra i primi a considerare il danno da perdita di chance come danno emergente, A. DE CUPIS, Il
danno, I, cit., p. 264; M. BOCCHIOLA, Perdita di una “chance” e certezza del danno, in Riv. trim. dir. e
proc. civ., 1976, p. 86. Tendono, invece, a ricondurre la perdita di chances nel quadro del lucro cessante,
sulla scia di G. CATTANEO, La responsabilità del professionista, Milano, 1958, p. 184 ss., oltre agli au-
tori citt. nelle note che seguono, G. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, Padova, 1999,
p. 545, e F. MASTROPAOLO, voce Danno (risarcimento del danno), in Enc. giur. Treccani, X, Roma,
1988, p. 12. Affermano la risarcibilità del danno da perdita di chances, distinguendo la perdita di una
probabilità di conseguire un risultato favorevole dal danno consistente nel mancato conseguimento
del risultato, C.M. BIANCA, Dell’inadempimento delle obbligazioni, in Comm. del cod. civ. Scialoja e Bran-
ca, Bologna-Roma, 1979, p. 330; A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p.
150 ss.; conf. A. PONTECORVO, La responsabilità per perdita di chance, in Giust. civ., 1997, II, p. 447 s.
10
Da ultimo, M. ROSSETTI, Il danno da perdita di chance, cit., p. 676.
11
A.M. PRINCIGALLI, Perdita di chances, cit., p. 321, in nota 18.
12
A.M. PRINCIGALLI, op. ult. cit., p. 324.
13
M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 676.
14
M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 677.
15
V. ZENO ZENCOVICH, La responsabilità civile, in G. ALPA, M.J. BONELL, D. CORAPI, L. MOC-
298 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

nella concezione, assai diffusa nell’Ottocento e che trova ancora seguito ai


giorni nostri, del diritto come “scienza” e dunque governato da regole “scien-
tifiche” di cui quelle causali – in larga misura mimate dalla fisica – costitui-
16
rebbero l’aspetto più significativo» . L’attributo «di “scienza” ben si sposava
con la “certezza” che si riteneva dovesse essere scopo primario delle regole
17
giuridiche» . Molteplici ragioni hanno condotto, soprattutto nel corso del
18
XX secolo, «al superamento di tali concezioni» . In questa sede può essere
sufficiente rilevare come, allo stato, il nesso causale costituisca non più un
elemento indefettibile dell’illecito civile, bensì, più propriamente, uno dei cri-
teri di imputazione del medesimo.

2. Le critiche sollevate nella dottrina italiana richiamano le conclusioni alle


quali perviene una parte consistente dell’esperienza inglese, la quale non ha
dedicato al tema della perdita di chances una trattazione autonoma in termini
di danno, essendo tale problematica esaurita nell’accertamento, on the balance
of probabilities, della sussistenza del rapporto causale tra condotta ed evento
19 20
“finale” . Se si eccettua il caso Chaplin v. Hicks , nel quale l’impresario è
condannato a risarcire la perdita delle chances di vittoria (stimate nel 25% cir-
ca; 50:12) alla concorrente che viene esclusa dalla selezione finale perché im-
possibilitata a presentarsi per impegni di lavoro – ma in questo caso l’illegit-
tima esclusione è considerata fonte di un danno risarcibile poiché l’attrice
rientrava tra un numero limitato di soggetti che si contendevano un premio
economico –, la quasi totalità dei casi leader ha ad oggetto ipotesi di responsa-
bilità medica, nelle quali il rilievo della perdita di chances si esaurisce nell’inte-
grazione probabilistica del nesso causale. Ad esempio, nel caso McGhee v.

CIA, V. ZENO ZENCOVICH, Diritto privato comparato. Istituti e problemi, Roma-Bari, 2004, p. 302. Sul
punto, M. CAPECCHI, Il nesso di causalità. Da elemento della fattispecie «fatto illecito» a criterio di
limitazione del risarcimento del danno, Padova, 2002, passim.
16
V. ZENO ZENCOVICH, op. loc. ult. cit.
17
V. ZENO ZENCOVICH, op. loc. ult. cit.
18
V. ZENO ZENCOVICH, op. loc. ult. cit.
19
Tra i contributi più significativi v., ad es., B. CHAPMAN, Chance, Reason, and the Rule of Law,
in 50 Univ. Toronto L. J., 2000, p. 469 ss.; N. JANSEN, The Idea of a Lost Chance, in 19 Journ. Legal
Studies, 1999, p. 271 ss.; T.S. AAGAARD, Identifying and Valuing the Injury in Lost Chance Cases, in
96 Michigan L. Rev., 1997-98, I, p. 1335 ss.; S.M. WADDAMS, The Valuation of Chances, in 30 Cana-
dian Business L. Journal, 1998, p. 86 ss.; M.T. MANGAN, The Loss of a Chance Doctrine: A Small Price
for Human Life, in 42 South Dakota L. Rev., 1997, p. 279 ss.; H. REECE, Losses of Chances in the Law,
in 59 Modern L. Rev., 1996, p. 188 ss.; R.S. BRUER, Loss of a Chance as a Cause of Action in Medical
Malpractice Cases, in 59 Missouri L. Rev., 1994, p. 969 ss.; T. HILL, A Lost Chance for Compensation
in the Tort of Negligence by the House of Lords, ivi, 1991, vol. 54, p. 511 ss.; L.J. ANDERSON, Loss of a
Chance in Tort, in 131 Solicitor’s Journal, 1987, p. 1258 ss.; J.H. KING, Causation, Valuation, and
Chance in Personal Injury Torts Involving Preexisting Conditions and Future Consequences, in 90 Yale
L. Journal, 1981, p. 1378 ss.
20
Chaplin v. Hicks [1911] 2 K.B. 786.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 299

National Coal Board la riforma, da parte della Camera dei Lords, della deci-
sione che, pur riconoscendo la negligenza dell’impresa, aveva escluso la sua
responsabilità nei confronti del dipendente che aveva contratto la dermatite,
viene motivata verificando se il convenuto «substantially contributed» alla
causazione del danno, in ordine ai rapporti tra violazione dell’obbligo di dili-
21
genza, omissione di determinate cautele e creazione di un rischio .
Così, nella maggioranza delle opinions espresse dalla House of Lords in Ho-
22
tson v. East Berkshire Area Health Authority – che unitamente a Wilsher v.
23
Essex Health Authority sembra escludere che McGhee abbia statuito un’ec-
cezione all’obbligo dell’attore di provare, on the balance of probabilities, che la
24
condotta del convenuto sia stata la conditio sine qua non del danno – il pro-
blema della loss of a chance di riacquistare la piena funzionalità degli arti offesi
(nella specie, del 25%) viene dibattuto non in termini di danno autonomo, ma
quale eventuale strumento di integrazione probabilistica del nesso causale tra
violazione del duty of care ed evento dannoso, qualora la stima delle cc.dd.
25
chances perdute abbia superato il 50% delle possibilità .
26
Nella contraria decisione resa in appello , sulla scia dei giudici di primo
27
grado , il giudice Donaldson aveva acutamente rilevato come tale caso pones-
se un problema non di accertamento del nesso eziologico, bensì di quantifica-
zione del danno patito dal minore, distinguendo i fatti passati da quelli futu-
28
ri che, per la loro natura speculativa, richiedevano una stima del loro am-
montare. Anche secondo il giudice Dillon il sistema tradizionale si dimostrava
inadeguato, sia per l’incertezza che regna nell’ambito delle scienze mediche,
sia perché garantisce un’impunità al medico negligente ogni qualvolta l’attore
non riesca a provare il nesso causale adducendo percentuali superiori al 50%.
Come si è rilevato, mentre il rapporto causale tra la negligenza del medico e il

21
McGhee v. National Coal Board [1972] 2 A.E.R. 1008. Cfr., in particolare, le opinions di Lord
Reid, che richiama la nozione di contribuzione causale, di Lord Wilberforce, che affronta il problema
dei rapporti tra violazione dell’obbligo di diligenza e creazione di un rischio, e di Lord Simon. Sul
significato di tale decisione, E.J. WEINRIB, A Step Forward in Factual Causation, in 38 Mod. L. Rev.,
1975, p. 518 ss.; P.S. ATIYAH, Accidents, Compensation and the Law, ed. P. CANE, London, 1987, p.
101. Ricorda che «the House of Lords held that it could be enough to establish a causal connection if
the plaintiff showed that the defendant “substantially contributed” to the harm», N. JANSEN, The
Idea, cit., p. 275.
22
[1987] 2 A.E.R. 909.
23
[1986] 3 A.E.R. 801; e soprattutto [1988] 1 A.E.R. 870. Sul ruolo precedenziale di McGhee v.,
tuttavia, M.A. JONES, Textbook in Tort, London, 1991, p. 132 s.
24
In questi termini, N. JANSEN, op. cit., pp. 276 e 271, anche in note 1 e 2, ove cita il pensiero di
Lord Bridge.
25
Per una critica all’orientamento seguito dalla Camera dei Lords, D.P.T. PRICE, Causation: The
Lords’ Lost Chance?, in 38 Int. Comp. L. Q., 1989, p. 735.
26
[1987] 1 A.E.R. 210.
27
[1985] 3 A.E.R. 167.
28
Per la distinzione tra «past happenings» e «future events», cfr. Davies v. Taylor [1974] A.C.
207, 212.
300 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

pregiudizio patito dalla vittima era stato accertato nella misura del 25%, il
danno consistente nella perdita del 25% delle chances di guarigione poteva
29
essere provato con una certezza pari al 100% . Viceversa, la distinzione tra
30
chances meramente statistiche e chances “personali” della vittima , proposta
dal giudice Johnson, introducendo un dato che è estremamente difficile da ve-
31
rificare , sembra proporre un distinguo sicuramente sfavorevole all’idea della
risarcibilità della lost chance. L’atteggiamento tradizionale manifestato dalla
Camera dei Lords, tanto fermo nel considerare il profilo della chance limitato
al solo aspetto di accertamento probabilistico del nesso causale, quanto con-
trario a individuare un distinct harm da valutare in maniera proporzionale alla
stima effettuata, si innesta in un più complessivo discorso scientifico, talvolta
32
altamente metaforico , teso a verificare il profilo meccanicistico dell’accerta-
mento della “catena” causale e della sua “interruzione”, cioè del «break of a
33
chain of causation» .
Molto più ricca è l’esperienza statunitense la quale, sia per la varietà che è
propria di tale diritto, influenzato da molteplici e diverse componenti culturali
34
e istituzionali , sia per l’attenzione prestata ai fattori di policy, sia per il ruolo
svolto dalla giuria nell’accertamento in fatto del nesso causale, non conosce, in
materia, l’unicità di prospettiva espressa dal diritto inglese. Ciò non impedisce
che alcune decisioni siano comunque ispirate alla regola tradizionale della pre-
valenza della “causa efficiente” le quali, negando la risarcibilità «per se» della
lost chance, considerano integrato il rapporto causale in termini di ragionevole
“probabilità” soltanto in presenza della prova, fornita dall’attore, che le chan-
35
ces perdute fossero superiori al cinquanta per cento . Questo indirizzo trova
fondamento nelle esigenze di evitare un sovvertimento delle tradizionali regole
36
causali e, soprattutto, di contenere l’efficacia “espansiva” del danno da per-
dita di chances in altri settori della responsabilità civile, così come è avvenuto
in Francia e, di recente, anche in Italia.
A fronte di questo orientamento è ravvisabile un ulteriore indirizzo, che
29
Cfr. J. STAPLETON, The Gist of Negligence, II, in 104 L. Quarterly Rev., 1988, p. 392.
30
Sull’opinion del giudice Johnson, T. HILL, A Lost Chance, cit., p. 514.
31
J. STAPLETON, op. cit., p. 394. Sul punto, altresì, W. SCOTT, Causation in Medico-Legal Practice:
A Doctor’s Approach to the “Lost Opportunity” Cases, in 55 Mod. L. Rev., 1992, p. 521.
32
Insuperate, in proposito, le pagine di H.L.A. HART, T. HONORÉ, Causation in the Law, Ox-
ford, II ed., 1985, pp. 12, 72 ss., e di J.G. FLEMING, Probabilistic Causation in Tort Law, in 68 Can. B.
Rev., 1989, p. 661 ss. Sulla più estesa nozione di “causalità giuridica”, quale insieme di tecniche giu-
ridiche di selezione delle conseguenze risarcibili, il pensiero di P. TRIMARCHI, Causalità e danno, Mi-
lano, 1967, p. 2 ss. e passim.
33
H.L.A. HART, T. HONORÉ, op. loc. cit.
34
Sul punto, U. MATTEI, Common Law. Il diritto anglo-americano, in Tratt. di dir. comp. diretto
da R. Sacco, Torino, 1992, pp. 122 ss., 214 ss., 262 ss. e passim.
35
Per un caso esemplare in tal senso, cfr., ad es., Cooper v. Sisters of Charity of Cincinnati, 272
N.E. 2d 97 (1971).
36
Lo rileva V. ZENO ZENCOVICH, La sorte del paziente. La responsabilità del medico per l’errore
diagnostico, Padova, 1994, p. 27.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 301

poi si è esteso anche alla medical malpractice, il quale tende ad allocare il ri-
schio dell’evento dannoso sul soggetto negligente. Esso si ispira a un noto pre-
cedente riguardante la morte di un marinaio caduto in mare durante la navi-
37
gazione . Il comandante, nonostante fosse stato avvertito della sua scomparsa,
si rifiutò si procedere alle ricerche in mare, pensando che in virtù della distan-
za già percorsa (molte decine di miglia) e delle circostanze del caso (era notte,
il mare era infestato da squali, ecc.) non vi sarebbe stata alcuna possibilità di
trovarlo ancora in vita. La sua condotta negligente non avrebbe dovuto essere
considerata la causa della morte del marinaio, essendo la stessa dovuta a fatto-
ri naturali (la caduta in mare). La Corte d’appello federale, tuttavia, nel rifor-
mare la decisione resa in primo grado, ravvisava la violazione dell’obbligo di
compiere ogni “ragionevole sforzo” per salvare la vita del naufrago. La con-
dotta omissiva del comandante aveva contribuito a produrre l’evento della
morte in quanto aveva negato allo sfortunato marinaio ogni ragionevole possi-
bilità di soccorso, avendo considerato irrilevante la percentuale probabilistica
che, concretamente, la ricerca in mare avrebbe avuto di trovarlo ancora in vi-
ta. Se fosse stata effettuata una stima delle chances che il naufrago avrebbe
avuto di sopravvivere anche là dove il comandante avesse deciso di procedere
tempestivamente alla ricerca, la percentuale sarebbe stata irrisoriamente bassa,
di gran lunga inferiore al 50%, e ciò avrebbe dovuto impedire di ravvisare
l’esistenza del nesso causale tra la condotta omissiva e l’evento morte. Ma la
responsabilità del comandante fu acclarata per sanzionare il suo comportamen-
to, anche in considerazione delle ragioni di policy che sottendono lo specifico
settore del diritto della navigazione.
Pochi anni dopo, la regola dell’allocazione del rischio sul soggetto negli-
gente è stata applicata nel caso leader Hicks v. U.S., per condannare un medi-
co di un pronto soccorso per il decesso di una paziente che, a seguito di un
38
suo errore di diagnosi, non era stata operata d’urgenza . Nonostante il rap-
porto causale tra l’errore diagnostico e il decesso fosse stato affermato con un
notevole grado di probabilità dai periti, i quali sostenevano che la paziente sa-
rebbe sopravvissuta se fosse stata operata in modo tempestivo, la Corte d’ap-
pello colse l’occasione per enunciare, probabilmente in via di obiter dictum,
un principio estremamente rigoroso, che troverà successive applicazioni in
materia: allorché la condotta commissiva od omissiva negligente di un sogget-
to fa venir meno anche qualche “sostanziale possibilità” di sopravvivenza, ciò
è sufficiente a integrare il nesso causale e a dichiarare la responsabilità del-
l’agente. Soluzioni ispirate a questa regola sono state assunte in una pluralità
di ipotesi concernenti errori diagnostici, nelle quali le percentuali di sopravvi-
venza del paziente erano sicuramente molto limitate e incerte. Così, nel caso in
cui vi era stata una serie di colpevoli negligenze che, ritardando di qualche
37
Gardner v. National Bulk Carriers, 310 F. 2d 284 (1962).
38
Hicks v. U.S., 368 F. 2d 626 (1966).
302 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

mese la cura di un linfosarcoma, avevano ridotto le chances di sopravvivenza


dal 35 al 5%, la Corte d’appello, nel riformare la decisione di primo grado,
affermò che il nesso causale non doveva essere dimostrato con matematica
certezza, poiché l’attore, altrimenti, non sarebbe mai stato in grado di assolve-
39
re l’onere della prova, non essendo la medicina una scienza esatta . La re-
sponsabilità è stata altresì dichiarata avverso un dentista che, non essendosi
accorto tempestivamente di un carcinoma della cavità orale, aveva fatto perde-
40
re alla paziente una possibilità di sopravvivenza stimata nel 30% ; nei con-
fronti di un medico che, avendo interpretato male un elettocardiogramma,
aveva ridotto dal 30-35% al 15% le chances di sopravvivere a seguito di un in-
41
farto ; avverso alcuni sanitari che non avevano praticato un’appropriata tera-
42
pia d’urgenza in presenza di uno shock anafilattico , ecc.
Tale orientamento, fondato comunque sulla verifica della causalità della
condotta colposa quale substantial factor dell’evento “finale”, trova poi un si-
43
gnificativo arricchimento in quelle più recenti decisioni che hanno citato il §
323(a) del Restatement of Torts, il quale imputa la responsabilità a colui che,
nel fornire un servizio ad altri, con la sua condotta negligente abbia “aumenta-
to il rischio di danno”. Nell’applicare la teoria dell’aumento del rischio, la sus-
sistenza del nesso causale viene provata attraverso una metodologia apparen-
temente opposta a quella della perdita delle probabilità di guarigione o di so-
pravvivenza: si tratta, da parte dell’attore, non di dimostrare “in negativo” la
quantità, più o meno significativa, delle chances che sono state perdute per ef-
fetto della condotta negligente, bensì di provare “in positivo” che questa ha
aumentato il rischio di danno. In astratto, entrambi i procedimenti, proprio
perché esattamente speculari, dovrebbero pervenire a un identico risultato:
affermare che la condotta negligente del medico ha fatto perdere al malato il
30% delle chances di sopravvivenza potrebbe significare che il professionista
ha aumentato del 30% il rischio di morte del paziente. Se si adotta un parame-
tro numerico superiore a cinquanta al fine di dichiarare la sussistenza del rap-
porto causale, il procedimento per addizione (+ 30% di rischio di morte) e
quello per sottrazione (– 30% di chances di sopravvivenza) dovrebbero con-
durre alla medesima conclusione: in entrambi i casi non sarebbe individuabile
nella condotta del medico la causa della morte poiché essa non ha inciso sul
residuo 70%.
Tuttavia, se si seguisse questa metodologia, si discorrerebbe sia di perdita
di chances, sia di aumento del rischio in modo improprio. La prima figura ver-
39
Jeanes v. Milner, 428 F. 2d 598 (1970).
40
O’Brien v. Stover, 443 F. 2d 1013 (1971).
41
McBride v. U.S., 462 F. 2d 72 (1972).
42
Daniels v. Hadley Memorial Hospital, 566 F. 2d 749 (1977).
43
Cfr., ad es., Hamil v. Bashline, 392 A. 2d 1280 (1978); Gradel v. Inouye, 421 A. 2d 674 (1980);
Jones v. Montefiore Hospital, 431 A. 2d 920 (1981), per quanto riguarda la Corte Suprema della
Pennsylvania.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 303

rebbe evocata strumentalmente al solo fine di provare in senso probabilistico


il rapporto causale tra condotta ed evento finale, mentre del tutto diverso è il
discorso del “danno” da perdita di chances quale pregiudizio autonomo, risar-
cibile in misura proporzionale (30%, ad es.) alla quantità di probabilità per-
dute. Eguale inconsistenza, quanto meno sotto il profilo del rispetto delle doc-
trines originarie, avrebbe il tentativo di individuare un inedito “danno da au-
mento del rischio”, da risarcire in maniera proporzionale alla quantità nume-
rica (30%, ad es.) dei rischi di danno che la condotta colposa ha con certezza
causato. Se s’intende rispettare la configurazione che queste due teorie hanno
avuto negli ordinamenti di appartenenza, come non può essere condiviso il
discorso che esaurisce la nozione di perdita di chances in ordine alla prova del
nesso eziologico in relazione all’evento “finale”, così non sembra concepibile
un orientamento, per assurdo qui ipotizzato, che volesse utilizzare la teoria
dell’aumento del rischio al fine di valutare percentualmente il “danno”, piut-
tosto che considerare tale dottrina come un criterio di imputazione del nesso
causale tra condotta ed evento finale, che determina un’inversione dell’onere
della prova. Infatti, «si potrebbe pensare che non v’è alcuna differenza tra
esposizione al rischio e distruzione di una left chance, se l’unica cosa che inte-
44
ressa è il contributo causale in relazione al danno finale» . Viceversa, è neces-
sario considerare «l’esposizione al rischio come un normale problema di cau-
salità in ordine al danno finale e intendere la lost chance come un danno che
45
richiede riparazione» . L’introduzione della nozione di “aumento del rischio”,
quale teoria della causalità e non del danno, ha provocato un’inversione della
prospettiva tradizionale e ha indotto i giudici (e la giuria, nell’esperienza sta-
tunitense) ad affermare la sussistenza del nesso eziologico per il solo fatto che
la condotta negligente avesse provocato “un” sicuro aumento del rischio di
danno, senza verificare se questo fosse superiore o no a cinquanta.
Nella varietà degli orientamenti che caratterizzano l’esperienza statuniten-
se, dovuti soprattutto alla coesistenza di diversi e variegati diritti statali, è pos-
sibile ravvisare anche un indirizzo che più fedelmente fa riferimento al danno
46
da perdita di chances (of survival) , risarcibile in sé. Anche qui si avverte l’esi-
genza di spostare il problema dall’ambito dell’accertamento causale tra con-
dotta negligente e final event a quello della specificità della situazione lesa in
concreto. Il sistema all-or-nothing provoca una “de-responsabilizzazione”
dell’agente ogni qualvolta la perdita delle probabilità di sopravvivenza sia sti-
mata in misura inferiore al 50%, e ciò a prescindere dal dato dell’intensità del-
47
la colpa , mentre, al contrario, genera una “iper-responsabilizzazione” del
44
N. JANSEN, The Idea, cit., p. 295.
45
N. JANSEN, op. loc. ult. cit.
46
Cfr., ad es., la concurring opinion del giudice Pearson in Herskovits v. Cooperative of Puget
Sound, 664 P. 2d 474 (1983); Thompson v. Sun City Community Hospital, 668 P. 2d 605 (1984);
Mays v. U.S., 608 F. Supp. 1476 (1985).
47
Cfr., ad es., Herskovits v. Cooperative of Puget Sound, 664 P. 2d 474 (1983).
304 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

convenuto, allorché le chances ammontino al 50,01%. Nel danno da perdita di


chance, come si è rilevato anche in ambiente di common law, il pregiudizio da
risarcire non consiste nella morte o nel decesso, o comunque in un final harm,
bensì nella specifica riduzione delle chances of survival. Anche una modesta
diminuzione della percentuale di probabilità che il paziente aveva, in assenza
della condotta negligente, di sopravvivere o di guarire non esclude la respon-
sabilità dell’agente, ma è fonte di un risarcimento proporzionale alle chances
48
perdute, e ciò con riferimento sia ai past losses, sia ai future losses . Là dove,
ad esempio, la condotta negligente del medico ha diminuito le chances di so-
pravvivenza del malato dal 40% al 15%, le diverse voci di danno dovrebbero
essere calcolate riducendo l’entità dei danni passati e di quelli futuri al 25%
49
(40% – 15%) del loro valore complessivo .

3. Nell’esperienza italiana, la Corte di cassazione sembra aver finalmente


superato quegli equivoci che avevano caratterizzato l’originaria ricezione del
50
danno da perdita di chances in termini, per così dire, “eziologici” . Con la
sentenza n. 22026 del 2004, la Seconda Sezione civile, nell’assumere una posi-
51
zione finalmente chiara in tema di professioni legali , decide che «in ambito
contrattuale, l’inadempimento dell’una delle parti cui consegua la perdita, per
l’altra, della chance di intraprendere o gestire […] una lite in sede giudiziaria,
[…] determina un danno per il quale non può, di regola, porsi alcun proble-
ma d’accertamento sotto il profilo dell’an, questo non essendo revocabile in
52
dubbio nell’ipotesi d’accertato inadempimento contrattuale» .
Così, nell’emendare quell’orientamento che, per primo in Italia, ha intro-
dotto il risarcimento del danno da perdita delle chances di essere assunti o di
conseguire avanzamenti di carriera (con riferimento a promozioni a scelta), a
seguito d’irregolarità nell’espletamento dei concorsi in violazione degli obbli-
53
ghi di buona fede e di correttezza , la Sezione lavoro della Cassazione ha con-
fermato la distinzione esistente tra il danno da mancata promozione e quello

48
Mays v. U.S., 608 F. Supp. 1476 (1985).
49
In Mays v. U.S., 608 F. Supp. 1476 (1985), dal quale è tratto l’esempio citato nel testo, la ridu-
zione proporzionale venne effettuata soltanto per i future losses.
50
La felice espressione è coniata da Pret. Ascoli Piceno, 23 marzo 1993, in Foro it., 1994, I, c.
1838.
51
Rispetto a quella già proposta, obiter dictum, da Cass., 13 dicembre 2001, n. 15759, in Danno e
resp., 2002, p. 395.
52
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026 in Dir. e prat. trib., 2005, II, p. 13 s. In senso con-
forme, già M. FEOLA, Nesso di causalità e perdita di chances nella responsabilità civile del professioni-
sta forense, in Riv. crit. dir. priv., 2004, p. 179 ss.
53
Oltre al leading case Cass., Sez. lav., 19 novembre 1983, n. 6909, in Giust. civ., 1984, I, p. 1841
ss., cfr., tra le molteplici decisioni conformi, Cass., Sez. lav., 10 agosto 1987, n. 6864, in Foro it., 1987,
I, c. 2987 ss.; Cass., Sez. lav., 29 aprile 1993, n. 5026, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 234 ss.; Cass., Sez. lav.,
15 marzo 1996, n. 2167, ivi, 1996, I, 1, c. 799 s.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 305

da perdita di chances. Mentre, nel primo caso, il prestatore di lavoro che agi-
sce per il risarcimento del danno «deve provare sia l’illegittimità della proce-
dura concorsuale sia che, in caso di legittimo espletamento, sarebbe stato cer-
54
tamente incluso nell’elenco dei promossi» . Nel secondo caso, sul presuppo-
sto della irrimediabile perdita di chances in ragione dell’irripetibilità della pro-
cedura con le stesse modalità e gli stessi partecipanti di quella ritenuta illegit-
tima, «si fa valere il danno associato alla perdita di una probabilità non trascu-
55
rabile di conseguire il risultato utile» . Con la conseguenza che mentre il
danno da mancata promozione può trovare «un ristoro corrispondente in pie-
no con la perdita dei vantaggi connessi alla superiore qualifica (non solo di na-
tura economica, ma anche normativa), il danno da perdita di chance può solo
commisurarsi, ma non identificarsi, nella perdita di quei vantaggi, in ragione
del grado di probabilità – esistente al momento della legittima esclusione – di
56
conseguire la promozione» . In questo caso, il lavoratore ha l’onere di prova-
re, «pure se solo in modo presuntivo e basato sul calcolo delle probabilità, la
57
possibilità che avrebbe avuto di conseguire il superiore inquadramento» . Vi-
ceversa, «pretendere la prova delle attitudini professionali dei singoli impiega-
ti [...] significherebbe confondere la perdita di chance con la perdita del risul-
58
tato, vale a dire il giudizio di verosimiglianza col giudizio di verità» .
Le Sezioni Unite civili, nel ribadire la risarcibilità del danno da perdita di
59
chances in materia giuslavorista , hanno successivamente precisato le questio-
ni relative alla causalità ed all’onere della prova. In caso «di violazione, da par-
te dell’ente pubblico/datore di lavoro, dell’obbligo di predeterminare i criteri
di selezione degli impiegati necessari per il riconoscimento e l’attribuzione
della qualifica superiore, incombe sul singolo dipendente non promosso ed
attore in giudizio per il risarcimento del danno da perdita della possibilità di
promozione (c.d. perdita di chance), l’onere di provare – alla stregua dei prin-
cipi generali in tema di responsabilità contrattuale – il nesso di causalità tra
detto inadempimento datoriale ed il danno, ossia la concreta sussistenza della
60
probabilità di ottenere la qualifica superiore» . Il lavoratore-creditore «che
voglia ottenere i danni derivanti dalla perdita di chance ha l’onere di provare,
pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realiz-
zazione in concreto dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato
54
Cass., Sez. lav., 18 gennaio 2006, n. 852, riprodotta nella Appendice giurisprudenziale del vo-
lume di D. CHINDEMI, Il danno da perdita di chance, Milano, 2007, p. 191.
55
Cass., Sez. lav., 18 gennaio 2006, n. 852, cit., p. 191. Conf., Cass., Sez. lav., 12 agosto 2004, n.
15688, in D. CHINDEMI, op. ult. cit., p. 199, che discorre di «“rilevante probabilità” dei lavoratori di
essere prescelti nel caso di osservanza dei criteri stabiliti».
56
Cass., Sez. lav., 18 gennaio 2006, n. 852, cit., p. 191.
57
Cass., Sez. lav., 18 gennaio 2006, n. 852, cit., p. 192; conf., tra le tante, Cass., Sez. lav., 1 dicem-
bre 2004, n. 22524, in D. CHINDEMI, op. ult. cit., p. 195.
58
Cass., Sez. lav., 6 giugno 2006, n. 13241, in D. CHINDEMI, op. ult. cit., p. 187.
59
Cass. civ., Sez. Un., 23 settembre 2013, n. 21678; Cass. civ., Sez. Un., 27 marzo 2008, n. 7943.
60
Cass. civ., Sez. Un., 23 settembre 2013, n. 21678.
306 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev’essere


61
conseguenza immediata e diretta» . Ma il riferimento alla prova, sia pur pro-
babilistica o mediante presunzioni, della perdita del “risultato sperato e impe-
dito”, piuttosto che delle chances (perdute) che il lavoratore avrebbe avuto di
conseguire la qualifica superiore, inducono a pensare che la Cassazione, pur
senza avvedersene, nel tentativo di rendere più rigorosa la prova del nesso di
causa, continui a perseverare nel suo “peccato originale” (già manifestato nel
62
caso Baroncini contro Enel) di confondere la teoria (c.d. ontologica) del
danno da perdita di chance con la concezione c.d. eziologica la quale, situan-
dosi totalmente al di fuori della concezione ortodossa della perdita di chances
quale danno risarcibile, intende soltanto verificare la sussistenza di un nesso
causale provato in modo probabilistico tra la “condotta illecita” e la perdita
dell’intera “posta finale” (ovvero il “risultato sperato e impedito”).
In un’altra importante decisione, invece, la Terza sezione civile ha afferma-
to, per la prima volta, la risarcibilità delle chances di guarigione o di sopravvi-
63
venza , circa quarant’anni dopo la prima decisione della Chambre civile
64
d’oltralpe . Tale figura, che fu proprio la più contestata nella letteratura fran-
cese, va quindi ad aggiungersi all’area di risarcibilità delle chances perdute, che
la giurisprudenza italiana ha già esteso progressivamente a settori sempre più
ampi che comprendono, ad esempio, la perdita della possibilità «d’être secou-
65 66
ru par la victime immédiate» , le attività professionali , le ipotesi di “deman-
67 68
sionamento” o di “dequalificazione” del prestatore di lavoro, le conseguen-
69
ze patrimoniali e non patrimoniali di un negligente intervento chirurgico , il
pregiudizio subito da un libero professionista per l’irragionevole durata di un
70
processo penale che si conclude con una sentenza di assoluzione , la posizio-
61
Cass. civ., Sez. Un., 23 settembre 2013, n. 21678.
62
V., infra, la nota 82.
63
Cass., Sez. III, 4 marzo 2004, n. 4400, in Danno e resp., 2005, p. 45 ss. Questo orientamento,
poi, si è ulteriormente consolidato anche con riguardo alla risarcibilità delle chances di miglioramento
della qualità e delle aspettative di vita del paziente: cfr. Cass., Sez. III, 18 settembre 2008, n. 23846, in
Dir. e giur., 2008, p. 581 ss., con il commento di M. FEOLA, La responsabilità del medico per il danno
da perdita delle chances di miglioramento della qualità e delle aspettative di vita del paziente.
64
Cass. civ., 14 décembre 1965, in Sem. jur., 1966, II, Jur., 14753, con nota critica di R. SAVATIER,
che recepisce l’orientamento di App. Grenoble, 24 octobre 1961, in Rev. trim. dr. civ., 1963, p. 334 s.
65
Si deve a F.D. BUSNELLI, Perdita di una «chance» e risarcimento del danno, in Foro it., 1965, IV,
c. 50, l’aver sottolineato come il risalente orientamento della Cassazione (ad es., Cass., 27 gennaio
1964, n. 186, ivi, 1964, I, c. 1200), favorevole a riconoscere il risarcimento del danno «non soltanto a
chi, nei confronti dell’ucciso, fosse titolare di un vero e proprio diritto (agli alimenti), ma anche a chi
sia stato leso in un mero interesse di fatto», significasse «riconoscere, sia pure limitatamente al circo-
scritto settore alimentare, la risarcibilità del danno dovuto a mera perdita di chance, in deroga al co-
mune modo di intendere la “ingiustizia del danno”».
66
V., retro, le note 53 e 60 ss.
67
Cass. civ., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, in Danno e resp., 2006, p. 855.
68
Cass., Sez. lav., 10 giugno 2004, n. 11045, in D. CHINDEMI, op. ult. cit., p. 202.
69
Cass., 28 gennaio 2005, n. 1752, in D. CHINDEMI, op. ult. cit., p. 207 s.
70
Cass., I Sez. civ., 28 settembre 2005, n. 18953, in D. CHINDEMI, op. ult. cit., p. 228.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 307

71 72 73
ne dello studente , dell’“aspirante ballerino” o del pugile dilettante che, a
causa di un incidente o di un negligente controllo sanitario, perdono la possi-
bilità di svolgere una futura attività lavorativa, i danni patiti da un corridore
74 75
automobilistico o da un revisore dei conti per l’illegittima esclusione dalle
competizioni sportive o per l’erroneo protesto di un assegno, la perduta op-
portunità di partecipare ad un concorso a causa della mancata consegna del
76
telegramma di convocazione , la seduzione con promessa di matrimonio (con
77
particolare riguardo alle perdute opportunità di sposarsi) , gli interessi «pre-
tensivi» del cittadino che sono stati lesi da comportamenti illegittimi della
78
Pubblica Amministrazione , ecc.
La codificazione del danno da perdita di chances all’interno di un modello
79
«a potere “legislativo” diffuso» dimostra come la giurisprudenza civile e
quella amministrativa abbiano ormai superato le incomprensioni dell’origina-
rio orientamento gius-lavorista che, esaurendo il danno da perdita di chances
nel problema della causalità esistente tra la condotta e l’evento “finale”, ovve-
80 81
ro nella sua componente «esplicativa» o «eziologica» , ne subordinava la ri-
sarcibilità alla prova che il «risultato positivo» potesse essere conseguito con
82
una probabilità «superiore al 50%» , senza peraltro disporre (come coeren-
temente avviene nel modello all-or-nothing) la riparazione dell’intero pregiu-
dizio. Il risarcimento delle chances perdute richiede non percentuali probabili-
71
App. Trieste, 25 novembre 1987, in Dir. prat. ass., 1988, p. 535.
72
Cass., III Sez. civ., 25 settembre 1998, n. 9598, in Danno e resp., 1999, p. 534, con nota di U.
VIOLANTE, La chance di un giro di valzer (sul danno biologico dell’aspirante ballerino).
73
Trib. Roma, 28 ottobre 1999, in Danno e resp., 2000, p. 658 ss.
74
Trib. Monza, 21 febbraio 1992, in Resp. civ. prev., 1993, p. 859 ss.
75
App. Roma, Sez. III, 17 febbraio 1988, in Giur. it., 1991, I, 2, c. 640 ss., con nota di G. NAR-
DULLI, Perdita di chance: verso l’ampliamento dell’area del danno risarcibile.
76
Successivamente alla sentenza della Corte cost., 20 giugno 2002, n. 254, in Foro it., 2002, I, c.
2209, che ha dichiarato incostituzionale l’art. 6 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, «nella parte in cui
dispone che l’Amministrazione ed i concessionari del servizio telegrafico non incontrano alcuna re-
sponsabilità per il mancato recapito del telegramma», Trib. Reggio Calabria, Sez. II, 11 ottobre 2004,
in Danno e resp., 2005, p. 165 ss., con la nota di G. PONZANELLI, La quantificazione del danno da per-
dita di chance per telegramma spedito, ma non consegnato. Sulla questione, già Trib. Termini Imerese,
10 maggio 1999, in Giur. it., 1999, p. 2075.
77
Per una critica di tale giurisprudenza v., tuttavia, V. CARBONE, La seduzione con promessa di
matrimonio non è perdita di chance, in Danno e resp., 1998, p. 1144 ss., e M. FEOLA, Il danno da perdi-
ta di chances, cit., pp. 87-90.
78
Oltre alle sentenze citate nel § successivo, cfr., ad es., T.A.R. Lombardia, 23 dicembre 1999, n.
5049, T.A.R. Toscana, 21 ottobre 1999, n. 766, in Foro it., 2000, III, cc. 227 s., 2340 s., e Cons. Stato,
Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281, in Giust. civ., 2002, I, p. 1417 ss.
79
Cfr. A. GAMBARO, La sentenza n. 500, cit., p. 359.
80
G. MARI, Responsabilità per perdita di chance e domanda di risarcimento in forma specifica impli-
cita nella domanda di annullamento dell’affidamento a trattativa privata di un servizio, in Giust. civ.,
2002, I, p. 1423, in critica a Cons. Stato, Sez. VI, 8 febbraio 2002, n. 686.
81
Pret. Ascoli Piceno, 23 marzo 1993, in Foro it., 1994, I, c. 1838.
82
Ad es., Cass., Sez. lav., 19 dicembre 1985, n. 6506, in Riv. dir. comm., 1986, II, p. 212. Criticamen-
te, già P.G. MONATERI, Fattispecie di responsabilità extracontrattuale, in Riv. dir. civ., 1986, II, p. 364.
308 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

stiche particolarmente elevate, ma l’esistenza di concrete possibilità di esito


favorevole, rilevando la misura di queste in ordine al diverso profilo dell’entità
83
del danno . La perdita di chances va risarcita «tutte le volte in cui l’attore può
dimostrare fatti costitutivi da cui dedurre che le probabilità favorevoli sono
maggiori di zero e il convenuto non riesce a provare fatti impeditivi che avreb-
84
bero comunque escluso la realizzazione della “chance”» .
La Cassazione conferma, infine, il definitivo rigetto della tesi che ha tentato
85
di qualificare il danno da perdita di chances quale preteso “lucro cessante” ,
alla quale la nostra giurisprudenza non ha mai aderito, avendola considerata
destituita di ogni fondamento.

86
4. Sulla scia dell’indirizzo «epocale» inaugurato delle Sezioni unite con la
87
sentenza n. 500 del 1999 , il danno da perdita di chances assume un inedito
rilievo anche nel risarcimento della “ingiusta” lesione degli interessi legittimi
pretensivi. Nel caso di illegittimo diniego del provvedimento richiesto o di in-
giustificato ritardo nella sua adozione, la Cassazione ribadisce che la perdita di
chances, «come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un de-
terminato bene non è una mera aspettativa di fatto, ma un’entità patrimoniale
a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valu-
88
tazione» . La quale costituisce «normalmente l’effetto immediato ed evidente
della lesione dell’interesse pretensivo del soggetto ad acquisire posizioni sog-
89
gettive abilitanti o, comunque, ammissive di status e capacità» .
Così, in tema di procedure di aggiudicazione di pubblici appalti, il Consi-
glio di Stato dispone che occorre distinguere «la fattispecie in cui il ricorrente
riesce a dimostrare che, in mancanza dell’adozione del provvedimento illegit-
timo, avrebbe vinto la gara (ad esempio perché, se non fosse stato indebita-
mente escluso, sarebbe stata selezionata la sua offerta) dai casi in cui non è
possibile acquisire alcuna certezza su quale sarebbe stato l’esito della procedu-
90
ra in mancanza della violazione riscontrata» . La dimostrazione della spettan-
za dell’appalto all’impresa danneggiata risulta configurabile soltanto allorché
il criterio di aggiudicazione si basi su «parametri vincolati e matematici» (ad
es., come nel caso del massimo ribasso in un pubblico incanto), mentre «si ri-
83
C.M. BIANCA, Dell’inadempimento, cit., p. 330; A. DE CUPIS, Il risarcimento della perdita di una
chance, in Giur. it., 1986, I, 1, c. 1181.
84
A. MUSY, Sicilcasse ed il danno da perdita di una “chance”, in Giur. it, 1994, I, 1, c. 237, sulla
scia di P.G. MONATERI, op. loc. cit.
85
Cass., 4 marzo 2004, n. 4400, cit., p. 47. Contra, da ultimo, M. ROSSETTI, Il danno da perdita di
chance, cit., p. 676.
86
Cfr. A. GAMBARO, op. ult. cit., p. 356.
87
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, p. 2271.
88
Cass., Sez. III, 29 marzo 2006, n. 7228, in D. CHINDEMI, op. ult. cit., p. 213.
89
Cass., Sez. III, 29 marzo 2006, n. 7228, cit., p. 213.
90
Cons. Stato, 22 giugno 2004, n. 278, in D. CHINDEMI, op. ult. cit., p. 220.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 309

vela impossibile là dove la selezione del contraente viene operata sulla base di
un apprezzamento tecnico-discrezionale dell’offerta (come nel caso dell’offer-
91
ta economicamente più vantaggiosa)» . In tali ipotesi, non essendovi «agevole
92
rinnovabilità» delle attività amministrative o delle operazioni di gara, il dan-
no vantabile nei confronti dell’amministrazione «deve essere visto unicamente
nella prospettiva della perdita di chance, quale perdita, definitiva, di un’occa-
sione favorevole di cui il soggetto danneggiato si sarebbe avvalso con ragione-
vole certezza, ossia nella elisione di un bene, giuridicamente ed economicamen-
te rilevante, già esistente nel patrimonio del soggetto al momento del verificar-
si dell’evento dannoso, il cui valore, però, è dato dalle sue utilità future, ovve-
ro dalla sua idoneità strumentale a far sorgere in capo al dominus dello stesso
93
una data e specifica situazione di vantaggio» . Quando il ricorrente allega la
sola perdita di una chance a sostegno della pretesa risarcitoria, la somma com-
misurata all’utile d’impresa deve essere proporzionalmente ridotta in ragione
94
delle concrete possibilità di vittoria risultanti dagli atti della procedura . La
decurtazione deve essere effettuata prendendo in considerazione tutti gli indi-
ci significativi delle potenzialità di successo del ricorrente, quali, ad esempio,
il numero dei concorrenti, la graduatoria eventualmente stilata, il contenuto
dell’offerta presentata dall’impresa danneggiata, ecc.
Anche nel decidere in tema di illegittimo affidamento di un servizio me-
diante trattativa privata al di fuori dei casi consentiti dalla legge e, più in gene-
rale, in riferimento ad ogni ipotesi nella quale ad un soggetto è stata preclusa
la partecipazione ad una gara o concorso, «sicché non è possibile dimostrare,
ex post, né la certezza della vittoria, né la certezza della non vittoria», il Consi-
glio di Stato ha precisato che «la situazione soggettiva tutelabile è la chance,
95
cioè l’astratta possibilità di un esito favorevole» . Il risarcimento della perdita
di chances potrebbe avvenire, sia in forma specifica, attraverso la «riammissio-
ne in gara del concorrente escluso» o la «ripetizione della procedura», sia «per
equivalente», mediante la quantificazione «con la tecnica della determinazione
dell’utile conseguibile in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al
96
numero dei partecipanti alla gara o concorso» . In astratto «sarebbe perse-
guibile la strada di ipotizzare in via di medie e presunzioni quale sarebbe stato
il numero presumibile di partecipanti alla gara, se gara vi fosse stata (sulla base
dei dati relativi a gare similari indette dal medesimo ente), e di dividere l’utile
d’impresa (quantificato in via forfetaria in misura pari al dieci per cento del
prezzo base dell’appalto) per il numero presuntivo dei partecipanti: il quo-

91
Cons. Stato, 22 giugno 2004, n. 278, cit., p. 220.
92
Cons. Stato, Sez. VI, 14 settembre 2006, n. 5323, in Rep. Foro it., 2006, voce Responsabilità ci-
vile (Responsabilità della p.a.), p. 2037, n. 400, anche in Urban. e appalti, 2006, p. 1355 s.
93
Cons. Stato, Sez. VI, 14 settembre 2006, n. 5323, cit., p. 2037, n. 400.
94
Cons. Stato, 22 giugno 2004, n. 278, cit., p. 220.
95
Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281, in Giust. civ., 2002, I, p. 1418 s.
96
Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281, cit., p. 1419.
310 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

97
ziente costituisce la misura del danno risarcibile» . Ma se è vero che la ripara-
zione in forma specifica e il risarcimento per equivalente «costituiscono forme
alternative di ristoro, di cui la prima, ove praticabile, di regola elimina l’area
del danno da risarcire per equivalente, ovvero la riduce al solo danno emer-
gente», l’annullamento dell’illegittima aggiudicazione e il rinnovo della gara,
con la partecipazione dell’impresa ricorrente, costituiscono il «risarcimento in
98
forma specifica della chance di successo» . Tale rimedio può essere preferito
rispetto al risarcimento per equivalente ogni qualvolta vi sia «la possibilità
pratica di rinnovo della gara», cioè quando l’appalto «non abbia già avuto in-
tegrale esecuzione, o non sia ad uno stadio talmente avanzato, ovvero non vi
siano ragioni di urgenza tali che la indizione di una nuova gara si tradurrebbe
99
in un costo eccessivo per la stazione appaltante» .
Il danno da perdita di chances che consegue alla lesione di interessi legitti-
mi meramente pretensivi concerne situazioni giuridiche che, sicuramente, non
è possibile configurare in termini di diritto soggettivo, concretandosi in «istan-
100
ze di sviluppo della sfera […] personale e patrimoniale del soggetto» che
vengono frustrate dalla mancata possibilità di ottenere un provvedimento fa-
vorevole, a seguito di una condotta illegittima della pubblica amministrazione.
La risarcibilità di utilità che non possono essere considerate “già” acquisite
alla sfera del pretendente (come, ad es., gli interessi “oppositivi”), ma che con-
sistono in posizioni giuridicamente definibili in termini di “oggettivo affida-
101
mento” circa la conclusione positiva di un procedimento concorsuale , dà la
misura del recente ampliamento della nozione di danno ingiusto e del definiti-
vo abbandono di una teorica fondata sulla lesione dei soli “diritti” formalmen-
te costituiti. La risarcibilità di ogni interesse meritevole di tutela da parte del-
l’ordinamento, da un lato, ridimensiona il significato del collegamento al “be-
102
ne della vita” , dall’altro, sembra escludere dall’area del danno risarcibile sol-
103
tanto quegli interessi legittimi «definiti meramente “procedimentali”» . A
differenza di quanto si potrebbe arguire dalla definizione di questa inedita ca-
tegoria, individuabile attraverso un procedimento per esclusione rispetto al-
l’esistenza di un “qualsiasi” interesse sostanziale giuridicamente rilevante, sareb-
bero da comprendere nella sfera di risarcibilità del danno ingiusto anche quel-
le posizioni soggettive del privato che consistono nel mero «interesse a parte-
cipare alla gara», le quali rilevano «sotto il profilo giuridico come lesione della
chance di divenire aggiudicatario della gara, e, quindi, come perdita della pos-

97
Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281, cit., p. 1419.
98
Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281, cit., p. 1419.
99
Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281, cit., p. 1419 s.
100
Cass., Sez. un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2265.
101
In questi termini, A. DI MAJO, Danno ingiusto e danno risarcibile, cit., p. 394.
102
Così, C. CASTRONOVO, L’interesse legittimo, cit., p. 1221 ss., in riferimento a Cass., Sez. Un.,
n. 500 del 1999.
103
A. DI MAJO, op. ult. cit., p. 395.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 311

104
sibilità di conseguire un vantaggio» . La lesione di qualsiasi interesse (legit-
timo) si colora d’“ingiustizia” nella misura in cui rappresenta la violazione di
105
una situazione soggettiva giuridicamente rilevante . Negare il risarcimento di
tale danno sulla base della considerazione che la chance integrerebbe un «me-
106
ro interesse di fatto» significa fondare il ragionamento su un «errore di fon-
107
do» , consistente nel «non considerare la chance come un bene già presente
nel patrimonio del ricorrente, strumentale al conseguimento del risultato fina-
108
le, ma da esso distinto» .
In tal senso, anche se si vuol continuare a considerare come delittuale la re-
sponsabilità della pubblica amministrazione nei confronti del privato, «una
“ragionevole probabilità” viene ritenuta sufficiente al fine di considerare veri-
109
ficatosi il danno» ed a legittimarne il risarcimento.
Il problema della risarcibilità del danno da perdita di chances in questo set-
tore può trovare, però, una soluzione totalmente svincolata dal problema del-
110
l’ingiustizia del danno , se si accede all’opinione secondo la quale «la respon-
sabilità della pubblica amministrazione sia di natura contrattuale, naturalmen-
te nel senso di responsabilità da violazione di un rapporto obbligatorio, in
111
questo caso costituito di soli obblighi di protezione» . A questa costruzione
112
aderiscono sia il Consiglio di Stato , sia la stessa Cassazione, là dove afferma
che, soprattutto a seguito delle riforme legislative che hanno esteso la cogni-
zione dei T.A.R. a «tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del
danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti
patrimoniali consequenziali» (art. 35 d.lgs. n. 80 del 1998, come modificato
113
dall’art. 7, legge 21 luglio 2000, n. 205) , «il fenomeno, tradizionalmente no-
to come lesione dell’interesse legittimo, costituisce in realtà inadempimento
alle regole di svolgimento dell’azione amministrativa, ed integra una respon-
114
sabilità che è molto più vicina alla responsabilità contrattuale» . Rivelatosi
l’art. 2043 c.c. «insoddisfacente, e inadatto a risolvere con coerenza i problemi
applicativi dopo Cass. 500/99/SU», l’inquadramento «degli obblighi proce-
dimentali nello schema contrattuale, come vere e proprie prestazioni da adem-
piere secondo il principio di correttezza e buona fede (artt. 1174 e 1175 c.c.),
104
G. MARI, Responsabilità, cit., p. 1423.
105
Tale interpretazione sembra praticabile, sulla base delle considerazioni svolte da C. CASTRO-
NOVO, op. ult. cit., p. 1271.
106
Trib. amm. reg. Lombardia, sez. Brescia, 14 gennaio 2000, n. 8, cit., c. 223.
107
G. MARI, op. cit., p. 1425.
108
G. MARI, op. loc. ult. cit.
109
G. MARI, op. loc. ult. cit.
110
Lo rileva C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 97 s.
111
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 97.
112
Cons. Stato, 6 agosto 2001, n. 4239, cit. in C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 97, in nota 70.
113
Il riferimento ai “diritti consequenziali” non sfugge a Cass., I Sez. civ., 10 gennaio 2003, n.
157, in Danno e resp., 2003, spec. p. 593 s.
114
Cass., I Sez. civ., 10 gennaio 2003, n. 157, cit., p. 588.
312 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

è proponibile, ove si voglia sperimentare un modello tecnico-giuridico opera-


tivo di ricostruzione della responsabilità amministrativa» che, «fra l’altro [...]
rende applicabili agli accordi partecipativi i principi codicistici in materia di
115
obbligazioni e di contratti» .
Il risarcimento del danno da perdita di chances conseguente alla lesione de-
gli interessi legittimi troverebbe più idonea collocazione nell’ambito della re-
sponsabilità contrattuale, nell’area della figura di diritto giurisprudenziale or-
116
mai accreditata come obbligazione senza prestazione . Ricondotta anche la
responsabilità della pubblica amministrazione a tale modello, alla sfera della
responsabilità delittuale resterebbero confinate soltanto le ipotesi, del tutto
marginali e pressoché ignorate dalla giurisprudenza italiana, nelle quali la ri-
parazione del danno da perdita di chances sia la conseguenza del fatto di un
117
terzo che sia «completamente estraneo» alla preesistenza di una relazione
giuridicamente rilevante.

5. Il settore nel quale la figura del danno da perdita di chances trova la sua
più significativa verifica, sia per la quantità dei casi decisi, sia per la qualità de-
gli scritti in materia, pur subendo le contestazioni più veementi, è proprio
quello della responsabilità del professionista sanitario. Tale tendenza riguarda
118
non soltanto il diritto francese , nel quale tale problematica ha trovato le pri-
me, contrastate, applicazioni, ma anche quegli ordinamenti di civil law (tra i
119
quali v’è quello italiano) e di common law che direttamente o implicitamen-
te sono stati influenzati dall’acceso dibattito che ha caratterizzato l’esperienza
d’oltralpe.
Proprio l’esperienza italiana si caratterizza per avere integralmente colloca-
to la responsabilità del medico all’interno della problematica dell’inadempi-
120
mento contrattuale e, soprattutto, per aver saputo individuare, sulla base di
121
una ben nota decisione delle Sezioni Unite , una disciplina sostanziale e pro-
cessuale dell’oggetto e dell’onere della prova che ha superato le tradizionali
credenze fondate sulla rigida partizione tra obbligazioni cc.dd. “di mezzi” e di
risultato.
Un distinto, più arduo problema concerne il rapporto di causalità, poiché,
nella maggior parte dei casi decisi dai giudici, si è in presenza di una compro-
vata negligenza del medico, ma ciò che difetta è la prova che tale condotta sia
stata la causa “certa” dell’evento dannoso subito dal paziente. La tanto decla-
115
Cass., I Sez. civ., 10 gennaio 2003, n. 157, cit., p. 588.
116
Testualmente, C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
117
Cfr. Cass., 7 ottobre 1998, n. 9911, in Foro it., 1998, I, c. 3526.
118
Sul punto, si rinvia a M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., pp. 167-247.
119
V., retro, il § 2.
120
Il leading case è Cass., 22 gennaio 1999, n. 589, in Corriere giur., 1999, p. 448 s.
121
Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, in Corriere giur., 2001, p. 1565 ss.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 313

mata “certezza” del nesso di condizionamento costituisce una categoria astrat-


ta e rigida che ontologicamente confligge con l’incertezza costante che da
sempre caratterizza gli itinerari della scienza medica. Tale questione, come
poche altre, assume un rilievo interdisciplinare e assurge a terreno esemplare
di confronto e di scontro tra le teorie che sono state elaborate dalla scienza
penalista e quelle, non sempre corrispondenti, che sono state pensate dalla
122
dogmatica civilista . Questo confronto, già complesso e, per molti versi, de-
mistificante, trova poi ulteriori inediti svolgimenti in riferimento ai peculiari
rapporti che caratterizzano, nei singoli ordinamenti, il valore e l’operatività del
giudicato – e, più in generale, del processo – penale rispetto a quello civile.
L’esperienza italiana presenta caratteristiche del tutto singolari rispetto al di-
ritto francese. Mentre oltralpe il problema è stato esaminato in un contesto
essenzialmente civilistico, «nel nostro ordinamento sono i giudici penali ad
aver affrontato la questione […], mentre la giurisprudenza civile è rimasta
quasi sempre assente o, quando si è occupata specificamente del tema, attesta-
123
ta generalmente su posizioni estremamente tradizionali» .
124
Un’autorevole dottrina francese ha negato, fin dall’inizio, che il danno da
perdita di chances di guarigione o di sopravvivenza – a differenza di tutte le
altre ipotesi “tradizionali” di perdita di chances – fosse risarcibile poiché,
quando interviene la decisione del giudice, la chance sarebbe stata courue, es-
sendo il paziente già defunto o invalido. Le Corti valuterebbero chances di
125
guarigione o di sopravvivenza che si collocano «nel passato» , creando con-
fusione tra «la riparazione retrospettiva della perdita di una possibilità passata
e incerta di causare il danno e il risarcimento di una chance perduta per
126
l’avvenire» . In proposito, però, si è opportunamente rilevato che, ai fini del-
la valutazione delle chances perdute, sia necessario situarsi non al tempo della
127
decisione del giudice, bensì «al momento della condotta colposa» . In quel-
128
l’istante il paziente aveva tutte le sue chances , una parte delle quali sono sta-
te, poi, irrimediabilmente perdute proprio a “causa” della faute. Compito del
giudice è quello di accertare se, in quel preciso momento, il paziente ha subito
un danno (consistente nel decesso o nell’invalidità) che deve essere riparato
integralmente, un pregiudizio da perdita di chances o, viceversa, nessuno di
questi due tipi di danno, non potendo essi essere imputati alla condotta colpo-
sa del professionista sulla base di rapporti di causalità autonomi e distinti. Se
122
In argomento, R. PUCELLA, La causalità «incerta», cit., p. 151 ss.
123
Anche se prima del revirement della giurisprudenza della Cassazione penale, V. ZENO
ZENCOVICH, La sorte del paziente, cit., p. 44.
124
R. SAVATIER, Observations a Cass. civ., 14 décembre 1965 e ad App. Paris, 10 mars 1966, in
Sem. jur., 1966, II, Jur., 14753.
125
R. SAVATIER, op. loc. ult. cit.
126
R. SAVATIER, Une faute peut-elle engendrer, cit., p. 123.
127
F. CHABAS, Observations a Cass. crim., 9 janvier 1979, in Sem. jur., 1980, II, Jur., 19272, sub II
A 2°; conf. Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 37.
128
G. DURRY, Faute médicale et perte de chances de survie, in Rev. trim. dr. civ., 1972, p. 409.
314 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

si prendono in considerazione le unità temporali che immediatamente prece-


dono e che succedono all’intervento della condotta colposa causale, le ipotesi
riconducibili alla responsabilità medica appaiono analoghe a quelle “classi-
che”. La perdita delle chances di guarigione o di sopravvivenza rappresenta
comunque «un capo autonomo di danno, con cui si fa riferimento alla perdita
129
attuale di un miglioramento futuro e possibile» .
130
La Suprema Corte d’oltralpe seguirà, fin dalla prima sentenza in materia ,
implicitamente questo orientamento, senza conoscere effettive soluzioni di con-
131 132 133
tinuità , nonostante la dottrina francese e quella italiana tenteranno di
ravvisare pretesi revirements. Come rileverà uno dei più acuti critici della figu-
ra del danno da perdita di chance in ambito medico, «contrariamente a ciò che,
all’epoca, si affermò con maggiore [...] o con minore [...] prudenza, la Prima
sezione civile, nel rendere la decisione del 17 novembre 1982 non ha in alcun
modo operato un revirement di giurisprudenza. La sentenza dell’8 gennaio
1985 e la sua motivazione lo dimostrano con evidenza; e, sulla base di una
comparazione tra le due decisioni, una nuova analisi della sentenza [...] dimo-
134
stra che tutti i commentatori si sono sbagliati sul suo effettivo significato» .
La dottrina e la giurisprudenza italiane, invece, piuttosto che riflettere
sull’evoluzione unanime delle Corti francesi, hanno seguito, per molti decenni,
un itinerario del tutto diverso. Posta innanzi all’alternativa all-or-nothing, in
assenza della prova certa del nesso di causalità tra il fatto del professionista e
135
l’evento dannoso, la Cassazione penale, sulla scia del caso Melis , ha ritenuto
sufficiente per condannare questi per omicidio o lesioni colpose il solo trenta
136
per cento delle probabilità di sopravvivenza o di guarigione sottratte al pa-
ziente per colpa del medico. Fino ai recenti revirements, la nostra giurispru-
denza penale ripeterà, in maniera monotona, che «nella ricerca del nesso di
causalità tra la condotta dell’imputato e l’evento, in materia di responsabilità
per colpa professionale sanitaria, al criterio della certezza degli effetti della
condotta si possa sostituire quello della probabilità di tali effetti (e della ido-
neità della condotta a produrli), nel senso che il rapporto causale sussiste an-
129
P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 283.
130
Cass. civ., 14 décembre 1965, cit., 14753, che segue App. Grenoble, 24 octobre 1961, cit., p.
334 s.
131
Per una ricostruzione di tale orientamento, M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., pp.
167-247.
132
Ad es., A. DORSNER DOLIVET, Note a Cass., I Ch., 17 novembre 1982, in Rec. Dalloz, 1984,
Jur., p. 305 ss.; J. PENNEAU, Observations, ivi, 1983, Inf. rap., p. 380.
133
A.M. PRINCIGALLI, Perdita di chances, cit., p. 315 s.
134
J. PENNEAU, Note a Cass., I Ch. civ., 8 janvier et 27 mars 1985, in Rec. Dalloz, 1986, Jur., p. 391.
135
Cass. pen., Sez. IV, 7 gennaio 1983, in Foro it., 1986, II, c. 351.
136
Ad es., Cass. pen., Sez. IV, 17 gennaio 1992, n. 371, in Resp. civ. prev., 1992, p. 361 ss., e in Fo-
ro it., 1992, II, c. 363, secondo la quale «sussiste sempre il rapporto di causalità tra la colposa omis-
sione di diagnosi da parte del medico e la morte del paziente, anche qualora l’esatta e tempestiva ope-
ra del sanitario avrebbe potuto evitare l’evento non già con certezza o elevate probabilità, ma solo
con probabilità apprezzabili nella misura del trenta per cento».
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 315

che quando l’opera del sanitario, se correttamente e tempestivamente interve-


nuta, avrebbe avuto non già la certezza quanto soltanto serie ed apprezzabili
possibilità di successo, tali che la vita del paziente sarebbe stata probabilmente
137
salvata» . In tal modo la giurisprudenza penale, introducendo nella nostra
esperienza quel dibattito che, in qualche modo, aveva già caratterizzato il di-
ritto anglo-sassone, ha impropriamente utilizzato il termine chance per presu-
mere, sulla base di un criterio probabilistico di tipo quantitativo, l’esistenza di
un rapporto di causalità (che non era provato con scientifica certezza), accon-
tentandosi di «serie», «notevoli», «apprezzabili», quando non addirittura «po-
138
che probabilità» , al fine di condannare il medico al reato ascrittogli.
Tale indirizzo, tuttavia, a seguito delle fondate critiche mosse dalla dottrina
civile e penale, ha subito, oggi, un completo ribaltamento. Da un lato, era sta-
ta evidenziata l’illogicità della «strana regola del ciò che accade nel minor nu-
139
mero dei casi» , che avrebbe sostituito, paradossalmente, nel campo medico,
l’opposto broccardo id quod plerumque accidit. D’altro lato, si era rilevata l’er-
ronea applicazione della teoria dell’aumento del rischio ai reati omissivi im-
140
propri, che aveva trasformato, contra legem , tali delitti in reati di mera con-
dotta o di pericolo, «nei quali l’evento lesivo (e dunque il nesso causale con
esso) non costituirebbe un elemento essenziale, bensì solo una condizione obiet-
141
tiva di punibilità» . Ciò, in violazione del «principio di materialità del reato
previsto (oltre che dall’art. 25, comma 2, Cost., anche) dall’art. 27, comma 1,
142
Cost.» . Rimaneva il dubbio che la Cassazione, lungi dal voler ricostruire il
nesso eziologico in termini di “probabilità”, avesse inteso «costruire un rap-
143
porto causale sul poco “probabile”, vale a dire su basi “possibilistiche”» . La
«scarsa probabilità (cioè la grande improbabilità) di rapporto causale» avreb-
be dovuto senz’altro condurre «all’assoluzione del medico nel processo pena-
le», mentre «la pur subita perdita di chances, da parte del paziente», avrebbe
dovuto rilevare soltanto sul piano civile, «come autonoma e separata voce di
144
danno» .

137
Cass. pen., Sez. IV, 7 gennaio 1983, cit., c. 355.
138
Più approfondite indicazioni sull’indirizzo c.d. “lassista” della giurisprudenza italiana sono in
M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., pp. 248-267.
139
G. GIANNINI, La questione del nesso causale, la Suprema Corte e la strana regola del ciò che ac-
cade nel minor numero dei casi, in Resp. civ. prev., 1992, p. 367 (il corsivo è dell’A.).
140
Per tutti, G. FIANDACA, voce Causalità (rapporto di), in Dig. it., IV ed., Disc. pen., II, Torino,
1988, p. 128; L. RENDA, Sull’accertamento della causalità omissiva nella responsabilità medica, in Foro
it., 1986, II, c. 352.
141
V. ZENO ZENCOVICH, La sorte del paziente, cit., p. 45, in nota 82, che aderisce al pensiero di
A. CRESPI, voce Medico chirurgo, in Dig. it., IV ed., Disc. pen., VII, Torino, 1993, p. 597 ss.
142
I. GIACONA, Sull’accertamento del nesso di causalità tra la colposa omissione di terapia da parte
del medico e la morte del paziente, in Foro it., 1992, II, c. 366.
143
L. RENDA, Sull’accertamento, cit., c. 352.
144
E. RONCHI, Perdita di chances, nesso causale e danno alla persona risarcibile nella responsabilità
per colpa professionale sanitaria: aspetti medico-legali, in Resp. civ. prev., 2000, p. 846.
316 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Nel riconoscere la risarcibilità del danno da perdita delle chances nel cam-
145
po medico , la Cassazione civile ha assunto una posizione coerente nei con-
fronti dell’orientamento elaborato dalle Sezioni Unite penali in tema d’accer-
146
tamento del rapporto di causalità . Non può essere condiviso, quindi, il pa-
rere di chi, al contrario, aveva ravvisato un preteso «contrasto tra le sezioni ci-
147
vili e penali della Suprema corte» , identificando ancora una volta la temati-
ca del “danno” da perdita di chances nel diverso problema della causalità in-
tercorrente tra la condotta colposa e l’evento c.d. finale. È difficilmente con-
trovertibile che gli artt. 40 e 41 c.p. disciplinino un rapporto di causalità che è
unitario sia per il diritto civile sia per quello penale. Tale conclusione è stata
confermata dalle Sezioni Unite civili: nel giudicare come «non decisive» le ar-
gomentazioni poste a fondamento dell’orientamento che intendeva separare i
concetti di causalità in sede penale e civile, la Suprema Corte dispone che, fat-
te salve le differenti regole probatorie le quali, stante la diversità dei valori in
gioco, informano il processo civile e quello penale, «i principi generali che re-
golano la causalità di fatto sono anche in materia civile quelli delineati dagli
artt. 40 e 41 c.p. […], in assenza di altre norme nell’ordinamento in tema di
148
nesso eziologico» . Ma le abusate espressioni «causalità materiale», o «di fat-
to», e «causalità giuridica» paiono improprie, sia perché il diritto qualifica in
termini giuridici qualsiasi fatto, non esistendo un fatto giuridicamente “indif-
ferente”, sia perché il vero e proprio nesso di condizionamento lega soltanto la
condotta all’evento, mentre la disciplina di cui agli artt. 1223 ss. c.c. collega
«non la condotta all’evento, ma l’evento/inadempimento ai danni/conseguen-
149
za» . Per esplicita ammissione della stessa Cassazione, la pretesa “causalità
giuridica”, «presupponendo già risolto il problema dell’imputazione – e quin-
di già accertata l’esistenza della responsabilità –, si preoccupa soltanto di de-
terminare l’estensione della stessa, risolvendo […] un problema che non è più
150
di causalità, ma di ammontare del danno risarcibile» . Così, il risarcimento
del danno da perdita di chances non rappresenta una riprova del differente
nesso causale sussistente in sede civile o penale, se s’intende correttamente ta-
le nozione come un’autonoma figura di danno, e non come una manifestazio-
ne del nesso di causalità “probabilistico” o “possibilistico” esistente soltanto
in materia civile.
145
Così, Cass., Sez. III, 4 marzo 2004, n. 4400, in Danno e resp., 2005, p. 45 ss.
146
Cass., Sez. Un. pen., 10 luglio 2002, in Foro it., 2002, II, c. 619 ss.
147
M. ROSSETTI, Allargati ancora i confini della responsabilità del medico. Ma è contrasto tra le se-
zioni civili e penali della Suprema corte, in Dir. e giust., 2004, n. 14, p. 35 ss.
148
Così Cass., Sez. Un. civ., 11 gennaio 2008, n. 581, in Altalex, n. 2253 del 13 settembre 2008, p.
12 s., che non accoglie la tesi proposta da Cass., Sez. III, 16 ottobre 2007, n. 21619, in Corriere giur.,
2008, p. 35 ss., con nota di M. BONA, Causalità civile: il decalogo della Cassazione a due “dimensioni di
analisi”.
149
Cass., Sez. III, 16 ottobre 2007, n. 21619, cit., p. 39.
150
Cass., Sez. III, 16 ottobre 2007, n. 21619, cit., p. 39.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 317

Su questo punto concorda un’ulteriore significativa sentenza della Cassa-


151
zione , la quale supera implicitamente quella tesi, invero già ribaltata dalle
152
Sezioni Unite , che aveva tentato di graduare, in una «serie discendente»
unitaria, la probabilità (“relativa” o “variabile”) dalla possibilità, riferendo la
prima al rapporto causale “probabilistico” con l’evento dannoso c.d. finale
(che riguarderebbe il solo diritto civile), e la seconda al danno da perdita di
153
chances . Secondo la Suprema corte, invece, distinta l’ipotesi in cui l’attore
sia in grado di provare, secondo gli orientamenti delineati dalle Sezioni Unite
civili e penali, il rapporto eziologico tra la condotta e l’evento c.d. finale, il
danno da perdita di chances è risarcibile ogni qual volta «sia stata fornita la
dimostrazione, anche in via presuntiva e di calcolo probabilistico, dell’esisten-
za di una chance di consecuzione di un vantaggio in relazione ad una determi-
nata situazione giuridica», «indipendentemente dalla dimostrazione che la
concreta utilizzazione della chance avrebbe presuntivamente o probabilmente
determinato la consecuzione del vantaggio, essendo sufficiente anche la sola
154
possibilità di tale consecuzione» . La idoneità della chance «a determinare
presuntivamente o probabilmente ovvero solo possibilmente la detta consecu-
zione» rileva «soltanto ai fini della concreta individuazione e quantificazione
155
del danno» . Probabilità e possibilità stanno ad indicare la differente consi-
stenza numerica delle chances perdute, «posto che nel primo caso il valore del-
la chance è certamente maggiore che nel secondo e, quindi, lo è il danno per la
156
sua perdita» . Il medesimo rapporto causale collega, quindi, alla condotta
colposa ora il pregiudizio consistente nell’invalidità, nel decesso o nel mancato
miglioramento della qualità e delle aspettative di vita del paziente, ora il dan-
no, qualitativamente diverso, risultante dalla quantità delle chances che si sti-
mino essere state effettivamente perdute.
Com’era logicamente prevedibile, anche la giurisprudenza italiana doveva
conoscere quella divaricazione che, ancor prima della sentenza della Cassazio-
157
ne del 1981 , ha caratterizzato l’esperienza francese in ordine ai rapporti tra
il giudicato penale e quello civile. E ciò, a maggior ragione rispetto al diritto
d’oltralpe, se si considera il principio d’autonomia fra il processo civile e quel-
lo penale che è stato introdotto in Italia dalla riforma del codice di procedura
penale. In Francia, pur in presenza di una sentenza penale di assoluzione, il
151
Cass., Sez. III, 18 settembre 2008, n. 23846, in Diritto e giur., 2008, p. 581 ss. (da qui le ulterio-
ri citazioni), anche in Nuova giur. civ. comm., 2009, I, p. 293 ss., con il commento di M. FEOLA, Il
danno da perdita delle chances di miglioramento della qualità e delle aspettative di vita del paziente.
152
Cass., Sez. Un. civ., 11 gennaio 2008, n. 581, cit., p. 12 s.
153
Cass., Sez. III, 16 ottobre 2007, n. 21619, cit., p. 41 s.
154
Cass., Sez. III, 18 settembre 2008, n. 23846, cit., p. 604.
155
Cass., Sez. III, 18 settembre 2008, n. 23846, cit., p. 604.
156
Cass., Sez. III, 18 settembre 2008, n. 23846, cit., p. 604.
157
Cass., I Ch. civ., 24 mars 1981, in Rec. Dalloz, 1981, Jur., p. 545 s. Tale decisione, tuttavia,
rappresenta il punto d’arrivo di un lungo itinerario, sul quale si rinvia a M. FEOLA, Il danno da perdi-
ta di chances, cit., p. 188 ss.
318 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

giudice civile ha, da molti lustri, l’obbligo di pronunziarsi, pena la cassazio-


158
ne , sulla domanda di risarcimento del danno da perdita di chances, poiché
l’autorità della cosa giudicata penale ha operato, sul piano civile, soltanto nei
limiti di precludere al giudice, successivamente adito, di poter condannare il
convenuto al risarcimento integrale del danno consistente nell’invalidità o
nel decesso. Non contemplando il diritto penale uno specifico reato di per-
159
dita delle chances di sopravvivenza o di guarigione , tale danno non può es-
sere stato oggetto di decisione. L’accertamento del giudice penale riguarda il
solo rapporto causale tra la faute e il decesso o l’invalidità, non il diverso
nesso eziologico intercorrente tra la condotta e la perdita di chances, quale
160
danno anch’esso “finale” , del tutto autonomo, distinto e specifico rispetto
al primo.
Un logico corollario è che «la domanda per perdita di chances è ontologi-
camente diversa dalla domanda di risarcimento del danno da mancato rag-
giungimento del risultato sperato» e, quindi, deve essere proposta, in quanto
161
«domanda diversa», in maniera specifica . Soluzione, questa, anch’essa rece-
pita dall’esperienza francese la quale, però, ammette che l’attore possa indica-
re le cifre complessive dei diversi danni (biologico, morale, patrimoniale), es-
sendo «compito del giudice accertarne il fondamento e determinare, attraver-
so una valutazione sovrana, la frazione di questi danni corrispondente alla
162
perdita delle chances di evitarli» .
Questa problematica, oggi, si presenta anche nel diritto italiano. L’accerta-
mento effettuato in sede penale ha ad oggetto la responsabilità del medico per
il decesso o l’invalidità del paziente, dovendo il giudice decidere in ordine alla
condanna dell’imputato ai reati colposi di omicidio o di lesioni. La sentenza
d’assoluzione, pronunziata con qualsiasi formula processuale, non impedisce
alla vittima o ai suoi aventi causa di poter agire in sede civile per poter richie-
dere il risarcimento del (solo) danno da perdita di chances. È probabile, tutta-
via, che in un numero crescente di casi, la vittima o i suoi parenti potrebbero
163
decidere di non costituirsi parte civile nell’ambito del giudizio penale , pre-
ferendo agire direttamente in sede civile per ottenere il risarcimento dei danni
derivanti dal decesso o dall’invalidità o, in via graduata, la riparazione del
danno da perdita di chances. E ciò, soprattutto a seguito dell’orientamento
giurisprudenziale che ammette il risarcimento dei danni biologico, morale ed
esistenziale, come lesioni di interessi costituzionalmente rilevanti, pur in as-
158
Così, Cass., I Ch. civ., 24 mars 1981, in Rec. Dalloz, 1981, Jur., p. 546.
159
In questi termini, F. CHABAS, Observations, cit., 19272; e già, G. DURRY, La perte de chances
de survie imputable au médecin, in Rev. trim. dr. civ., 1976, p. 361.
160
M. FEOLA, op. ult. cit., p. 209 s.
161
Cass., 4 marzo 2004, n. 4400, cit., p. 47.
162
Cass., I Ch. civ., 8 juillet 1997, arrêt Rocq c. Chasseriau, in Sem. jur., 1997, II, Jur., 22921, p. 439.
163
Lo afferma L. NOCCO, Il “giudizio di alta probabilità logica” nell’accertamento del nesso causale:
prime applicazioni, in Danno e resp., 2003, p. 1211.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 319

senza di una condotta che integri, in concreto o in astratto, gli elementi costi-
tutivi di una fattispecie di reato.
La logica all-or-nothing pervade soltanto il diritto penale. E ciò fu esatta-
mente avvertito dalla giurisprudenza della Suprema Corte francese la quale de-
164
cise, a seguito della sentenza della Cassazione belga del 23 settembre 1974 ,
che il nesso di causalità tra la condotta e l’evento morte (o invalidità) non do-
vesse essere più accertato, anche ai fini della condanna penale, in termini me-
ramente statistici e probabilistici, anche là dove la stima delle cc.dd. chances
perdute poteva ammontare al 90%. Esigenze costituzionali di libertà, di digni-
tà della persona e gli stessi principi di legalità, tassatività, tipicità delle fatti-
specie criminose e di personalità della responsabilità penale (artt. 25, comma.
2, e 27, comma 1, Cost.) hanno spinto, in Italia, le Sezione Unite a ribaltare
165
definitivamente la c.d. giurisprudenza del 30% e a individuare nel giudizio
166
di «probabilità logica» o di «alto o elevato grado di credibilità razionale»
una soluzione equilibratamente garantista che consenta di coniugare la rara
certezza scientifica che il rapporto causale assume nel campo medico, con le
finalità preventivo-repressive proprie del diritto penale.

167 168
6. In presenza di una dottrina e di una giurisprudenza le quali hanno
affermato con insistenza, in Italia, che la perdita di chances sia una «possibile
169
fonte di responsabilità extracontrattuale» , ci si è chiesti se tale figura di
170
danno abbia natura delittuale o contrattuale .
Il problema, invece, non ha interessato l’esperienza francese. E ciò, non
tanto perché l’assenza del requisito dell’ingiustizia del danno (nel testo del-
l’art. 1382 code civ.) tenderebbe a parificare le ipotesi di responsabilità delit-
tuale e contrattuale, quanto perché non sarebbe né possibile né corretto forni-
re una risposta astratta e generalizzata. Poiché la perdita di chances rappresen-
ta un modello generale di danno, esso, come qualsiasi altro pregiudizio, sarà
risarcibile sulla base delle regole della responsabilità contrattuale o delittuale
secondo che sia causato, rispettivamente, da un inadempimento (e/o da un
inesatto adempimento), nell’ambito di un rapporto obbligatorio derivante da
171
un contratto o da un “contatto sociale” qualificato o, più in generale, da una
relazione «che preesiste alla responsabilità e di cui quest’ultima costituisce lo

164
Cass. belge, II Ch. Civ., 23 septembre 1974, in Sem. jur., 1976, II, Jur., 18216.
165
Per tutte, Cass., IV Sez. pen., 17 gennaio 1992, n. 371, in Resp. civ. prev., 1992, p. 361 ss.
166
Cass., Sez. Un. pen., 10 luglio 2002, cit., c. 623.
167
Ad es., A.M. PACCES, Alla ricerca, cit., p. 659.
168
Tra le tante decisioni, Trib. Roma, 28 ottobre 1999, in Danno e resp., 2000, p. 658.
169
Così, Trib. Roma, 28 ottobre 1999, cit., p. 658.
170
Su tale problema, ad es., T. TORRESI, Il «danno da perdita di chance» tra contratto e torto: dirit-
to all’integrità patrimoniale? Danno meramente patrimoniale?, in Giur. it., 1999, p. 2073 ss.
171
Cass., 22 gennaio 1999, n. 589, cit., p. 448 s.
320 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

172
sviluppo patologico» , ovvero da un fatto illecito, in assenza di un previo
173
obbligo contrattuale, di un «rapporto a contenuto determinato» o di una
174
«relazione giuridicamente rilevante» .
Nell’ambito della faute professionale, il risarcimento del danno da perdita
di chances è disciplinato dalle regole della responsabilità contrattuale, almeno
in quegli ordinamenti che qualificano in tal modo le attività poste in essere in
adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti del cliente. Come sotto-
linea la nostra Cassazione, affinché possa sorgere una responsabilità aquiliana
«in luogo dell’esclusiva responsabilità di natura contrattuale, occorre che il
fatto prospettato come generatore del danno sia completamente estraneo al-
175
l’esecuzione della prestazione richiesta» . In ambito contrattuale, il danno da
176
perdita di chances è risarcibile in quanto violazione di un dovere , quale con-
seguenza immediata e diretta (artt. 1223 c.c. e 1151 code civ.) dell’inadempi-
mento dell’obbligazione nei confronti del danneggiato-creditore, senza che
assuma, in Germania, alcun rilievo la violazione del Rechtgut, degli «altri dirit-
177
ti», delle «norme di protezione» (§ 823 BGB) o del buon costume (§ 826) e,
in Italia, la valutazione in termini d’ingiustizia del danno (art. 2043 c.c.), nel
178
senso della lesione di un «interesse giuridicamente rilevante» . In presenza di
un obbligo di prestazione, «che si tramuta in una obbligazione di risarcimento
del danno […] a seguito dell’inadempimento», il danno da perdita di chances,
per essere risarcibile, «non abbisogna di un criterio che abbia la funzione di
179
fornire giustificazione alla responsabilità» . Anche quando si è in presenza di
relazioni che nascono a seguito di un “contatto sociale” e che sono fondate su
un affidamento, «specialmente quando quest’ultimo sia sollecitato da uno sta-
tus professionale di colui al quale ci si affida», il danno da perdita di chances,
«causato nell’ambito di quella che già si rivela essere una prestazione», assume
natura contrattuale, pur se «tra il danneggiante e il danneggiato non ci sia un
180
obbligo di prestazione» .
Rilevando, in tema di responsabilità contrattuale, in maniera esclusiva
l’inadempimento, il nesso di causalità e la prevedibilità del pregiudizio, il ri-
sarcimento del danno da perdita di chances discende dalla mera «concatena-
181
zione causale» . Sul versante della responsabilità professionale e, più in gene-
rale, ogni qual volta la responsabilità sia qualificata come contrattuale, la risar-

172
C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 70.
173
Così, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Immissioni, cit., p. 309 e passim.
174
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
175
Cass., 7 ottobre 1998, n. 9911, in Foro it., 1998, I, c. 3526.
176
Lo precisa C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 72.
177
Cfr. C.W. CANARIS, Norme di protezione, cit., pp. 567 ss., 793 ss.
178
È, questa, la definizione fornita da Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270.
179
C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 73.
180
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 93.
181
T. TORRESI, op. cit., p. 2074.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 321

cibilità delle chances perdute «non sembra rappresentare altro che l’applica-
zione dei principi generali sulla certezza del danno e sulla reintegrazione inte-
grale dello stesso: se infatti di perdita di una possibilità si tratta, il danno non
182
può che recuperare il valore economico della possibilità stessa» . In ambito
contrattuale, il danno da perdita di chance è risarcibile quale conseguenza
immediata e diretta dell’inadempimento (art. 1151 code civ.; art. 1223 c.c.),
prescindendo «assolutamente da ogni considerazione della posizione soggetti-
183
va che sorregge tale danno» .
Un’altra importante caratteristica del risarcimento del danno da perdita di
chances in ambito contrattuale è che «non è onere del creditore insoddisfatto
provare la negligenza del debitore come se quest’ultimo fosse l’autore di un
illecito qualunque; al contrario, è il debitore che deve provare che l’inadempi-
184
mento è dovuto a un impedimento che a sua volta non gli sia imputabile» .
Tale soluzione trova oggi una significativa conferma nella giurisprudenza delle
Sezioni Unite, le quali hanno sancito che, in tema di prova dell’inadempimen-
to di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione, per il risarci-
mento del danno o per l’adempimento, deve soltanto provare la fonte (con-
trattuale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi
alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte,
mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere di provare il fatto estintivo
185
dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento . Anche nel caso in
cui sia dedotto il solo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficien-
te la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione dei
doveri accessori, come quelli d’informazione, o per mancata osservanza del-
l’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gra-
vando sul solo debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimen-
186
to . Tale regola, fondata sul «principio di riferibilità o di vicinanza della pro-
187
va» , cioè sull’esigenza di ripartire l’onere probatorio sulla base, «in concre-
to, della possibilità per l’uno e per l’altro soggetto di provare fatti e circostan-
188
ze che ricadono nelle rispettive sfere di azioni» , ha trovato un’immediata
applicazione anche in tema d’inesatta esecuzione della prestazione medica, da
189
sempre considerata il prototipo dell’obbligazione di mezzi e del suo preteso
regime probatorio. In base all’art. 1218 c.c., il paziente ha il solo onere di «al-
legare l’inesattezza dell’adempimento, non la colpa né, tanto meno, la gravità

182
T. TORRESI, op. loc. ult. cit.
183
T. TORRESI, op. loc. ult. cit.
184
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., pp. 73 e 74.
185
Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1568.
186
Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1568.
187
Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567.
188
Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567.
189
R. DEMOGUE, Traité des obligations, t. V, cit., pp. 538-541 (tra i tanti, J.L. HALPÉRIN, La nais-
sance, cit., p. 1183, in nota 78).
322 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

della colpa; il cui difetto (nel caso “ordinario” di cui all’art. 1176 c.c.) ovvero
anche solo la non qualificabilità della stessa in termini di gravità (nel caso di
cui all’art. 2236 c.c.) deve essere invece allegata e provata dall’obbligato della
190
prestazione che si assume inesattamente effettuata, e dunque dal medico» .
L’onere della prova va posto a carico del soggetto nella cui sfera si è prodotto
l’inadempimento e che è quindi in possesso degli elementi utili per paralizzare
191
la pretesa del creditore . La prova «della incolpevolezza dell’inadempimento
(recte: della impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile)
e della diligenza nell’adempimento è sempre riferibile alla sfera d’azione del de-
192
bitore» . Ne consegue che il paziente «dovrà provare l’esistenza del contratto
e l’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie
per effetto dell’intervento, restando a carico del sanitario o dell’ente ospeda-
liero la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo dili-
gente e che quegli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento im-
193
previsto e imprevedibile» .
Se si esamina la giurisprudenza italiana in tema di danno da perdita di
chances si può verificare che, anche di là dalla materia della responsabilità pro-
fessionale, che rappresenta in Francia come in Italia il terreno d’elezione di
tale forma di pregiudizio, la quasi totalità delle ipotesi decise è qualificata in
194
termini di responsabilità contrattuale . E questo, anche in virtù di quel fe-
nomeno di “contrattualizzazione” della responsabilità civile che si verifica
ogni qualvolta ci si trovi in presenza di esperienze giuridiche ispirate a modelli
legali tipici in materia di illecito delittuale (come in Germania) o a soluzioni
intermedie che si trovano ancora in una fase di sviluppo e transizione giuri-
sprudenziale (come in Italia). Ciò non esclude che anche quei sistemi (quello
francese, ad esempio) che pur prescindono (oggi) da una selezione degli inte-
ressi protetti in termini di “diritto soggettivo” possano estendere il regime di re-
195
sponsabilità contrattuale attraverso un’obbligazione determinata di sécurité ,
al fine di rafforzare, in specifici rapporti, la tutela del creditore-danneggiato.
La tendenza alla “contrattualizzazione” dei rapporti di diritto civile, che anche
la giurisprudenza italiana oggi prospetta con convinzione, accogliendo l’idea
«che obblighi di protezione possano darsi anche quando manca l’obbligo di
196
prestazione» , rappresenta una soluzione necessaria finché le corti rimarran-
190
In questi termini, Cass., Sez. III, 21 giugno 2004, n. 11488, in Danno e resp., 2005, p. 25, con
nota di R. DE MATTEIS, La responsabilità medica ad una svolta? Questa soluzione ha, poi, ottenuto, il
conforto delle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, ivi, 2008, p. 790 ss.).
191
Cass., 21 giugno 2004, n. 11488, cit., p. 25 s.
192
Cass., 21 giugno 2004, n. 11488, cit., p. 26.
193
Cass., Sez. III, 28 maggio 2004, n. 10297, in Danno e resp., 2005, p. 28.
194
Per la verifica di tale affermazione, si rinvia a M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., p.
40 ss. e passim.
195
Cfr., ad es., Y. LAMBERT-FAIVRE, Fondement et régime, cit., p. 81 ss.; P. JOURDAIN, Le fonde-
ment de l’obligation, cit., p. 1196 ss.; D. MAZEAUD, Le régime de l’obligation, cit., p. 1202 ss.
196
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 89.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 323

no attestate su posizioni comunque incerte nell’interpretazione dell’“ingiusti-


zia” del danno di cui all’art. 2043 c.c. Non è ancora chiaro come la giurispru-
denza intenderà, in sede civile, il generico riferimento a «l’interesse ad un be-
197
ne della vita» , contenuto nel leading case in materia, nel senso di escludere
198
«soltanto gli interessi definiti meramente procedimentali» , ovvero di rein-
trodurre, in sede di qualificazione dell’interesse protetto, una serie di distin-
guo che trovano fondamento nella teorica tradizionale delle situazioni sogget-
199
tive. In tal senso non può non condividersi l’opinione di chi ha contestato il
ragionamento seguito dalle Sezioni Unite poiché, se è vero che l’interesse (le-
200
gittimo o) «giuridicamente rilevante» rappresenta una situazione soggettiva
senz’altro protetta dall’ordinamento, la sua sola lesione dovrebbe integrare il
requisito dell’ingiustizia di cui all’art. 2043 c.c., senza che sia necessario ag-
giungere alcuna ultronea qualificazione. Richiedere un secondo giudizio di
meritevolezza in relazione all’eventuale collegamento con un ulteriore interes-
se sostanziale significherebbe privare la lesione dell’interesse (legittimo o)
«giuridicamente rilevante» di ogni specifico significato in ordine al giudizio di
responsabilità.
Se si muove da una concezione che declama sia l’atipicità dell’illecito delit-
tuale sia la struttura dell’art. 2043 c.c. in termini di «norma primaria», di
201 202
«clausola generale» aperta «in consonanza al principio solidaristico» , è
necessario che la giurisprudenza si abitui, in relazione ai singoli casi decisi, a
individuare gli interessi meritevoli di protezione, superando, anche a livello
culturale, la dogmatica dei diritti soggettivi. Come affermano le stesse Sezioni
Unite, il giudice, nell’accertare l’interesse meritevole di tutela del danneggiato,
deve rivolgere la sua opera di «comparazione e valutazione» non soltanto a
«disposizioni specifiche (risolvendo così in radice il conflitto […])», ma anche
a quegli interessi che il diritto prende «comunque» in considerazione «sotto
altri profili (diversi dalla tutela risarcitoria), manifestando così un’esigenza di
203
protezione» .
È ancora presto per verificare un orientamento attendibile della giurispru-
denza civile, soprattutto di legittimità, sul problema dell’ingiustizia del danno
e sulla sua capacità di mutare radicalmente prospettiva nell’interpretazione e
nell’applicazione dei principi enunciati nella sentenza n. 500/99 delle Sezioni
Unite. Se le corti non riusciranno in questa opera di rielaborazione del sistema
di responsabilità delittuale, il cammino intrapreso dall’esperienza italiana non
potrà non essere analogo a quello del diritto tedesco, che ha «avuto come
197
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2265.
198
In questi termini, A. DI MAJO, Danno ingiusto, cit., p. 395.
199
C. CASTRONOVO, L’interesse legittimo, cit., p. 1271.
200
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270.
201
In questi termini, Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., p. 2270.
202
Cass., Sez. I, 10 gennaio 2003, n. 157, in Corriere giur., 2003, p. 593.
203
Cass., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, cit., pp. 2270 e 2271.
324 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ponte la categoria degli obblighi di protezione, immaginati ad integrare l’ob-


bligo di prestazione in una struttura allargata del rapporto obbligatorio nella
quale trovava e trova tuttavia rilevanza, oltre all’interesse alla prestazione anche
quello alla tutela degli interessi altri che costituiscono la sfera giuridica, peraltro
non solo del creditore ma reciprocamente anche del debitore, quando risultino
204
violati nell’attuazione del rapporto stesso» . La teoria delle positiven Vertrags-
verletzungen e lo stesso contratto con effetti protettivi per terzi non rappresenta-
no un patrimonio esclusivo di un ordinamento, come quello germanico, che,
205
ispirato ad una disciplina «complessa e insufficiente» sia in tema di responsa-
bilità delittuale, sia in materia di risoluzione, ha introdotto, attraverso l’opera
mediatrice della giurisprudenza, tutele ulteriori e più efficienti rispetto a quel-
le originariamente contemplate dal legislatore. Il fenomeno, sia pur limitato, del-
206
la stipulation pour autrui tacite (o implicite) e, soprattutto, l’estensione della
categoria delle obbligazioni di sécurité, in un paese (come la Francia) che po-
trebbe riparare in via delittuale (e sulla base, anche, delle regole di responsabili-
207
tà oggettiva elaborate ex art. 1384, comma 1) qualsiasi danno che non rappre-
senti la lesione di un interesse illecito o immorale, pongono in evidenza una
tendenza del diritto europeo all’ampliamento del rapporto obbligatorio, «che a
208
un certo punto fu avvertita in vari ordinamenti, ed è rimasta a farne parte» .

7. Il danno da perdita di chances assume natura delittuale qualora sia cau-


sato dal fatto illecito del terzo al di fuori di una relazione giuridicamente rile-
vante. Tra le ipotesi più frequenti nell’esperienza d’oltralpe, ma poco cono-
sciute dalle Corti italiane, vi sono quelle nelle quali la condotta colposa del
terzo impedisce alla vittima di poter sostenere una prova (esame, concorso,
provino, ecc.), di partecipare ad una competizione sportiva, di stipulare un
209
contratto economicamente vantaggioso, ecc. . Oltre a questi casi, il diritto
francese ha conosciuto molteplici altre ipotesi: il danno subito dalla banca che
ha pagato un assegno senza la relativa copertura di provvista e che chiede il
210
risarcimento al terzo che con la sua colpa ha provocato la morte del cliente ; il

204
Lo ricorda C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 78.
205
Per tutti, L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 245.
206
Cfr. M.L. IZORCHE, Les effets des conventions, cit., p. 85.
207
Oltre all’applicazione, con il “caso Valverde” (Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989,
II, Jur., p. 632 s.), agli accidents de gare accaduti al passeggero della disciplina delittuale di cui all’art.
1384, comma 1, di grande interesse è l’elaborazione di un generale principio di responsabilità ogget-
tiva contrattuale per il fatto delle cose (Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p.
350 s.) e d’autrui (Cass., Ass. Plén., 29 mars 1991, in Sem. jur., 1991, II, Jur., 21673).
208
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 79.
209
Per una rassegna della giurisprudenza francese in materia si rinvia a M. FEOLA, Il danno da
perdita di chances, cit., pp. 28-40 e passim.
210
È il celebre caso deciso, ma in senso negativo, da App. Parigi, 6 marzo 1964, in Foro it., 1965,
IV, c. 46 s.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 325

danno patito dalla fanciulla che, a seguito di un fatto di un terzo, non potrà
211
più divenire hostess di volo ; il pregiudizio sofferto dai danneggiati par rico-
chet che, per effetto della morte della victime immédiate causata da un terzo,
212
non potranno più beneficiare di un futuro sostegno economico , ecc.
Per quanto, nel settore della responsabilità extracontrattuale, si sia verifica-
ta una tendenziale uniformazione delle regole specifiche in modelli che nasco-
no, a livello legale, come contrapposti, sulla base di un procedimento interpre-
tativo “per sottrazione”, in Francia, ove vige una regola (tendenzialmente) on-
nicomprensiva (art. 1382 code civ.) che consente di risarcire tutti i danni che
non sono assistiti da una causa di giustificazione, e “per addizione”, in Ger-
mania, ove la risarcibilità dovrebbe essere limitata alla lesione di un diritto o a
213
casi ad essa equiparati , la giurisprudenza francese, nel giudicare sulla risar-
cibilità del danno delittuale da perdita di chances, si disinteressa quasi sempre
di verificare se sussista la lesione di un interesse giuridicamente protetto, rile-
vando garde-fous del tutto diversi che tendono a incentrare l’indagine sui re-
quisiti della certezza, del carattere “diretto”, reale e serio delle chances perdu-
te. Tramontata la stagione germanistica nella quale la letteratura francese ri-
chiedeva la violazione di un diritto soggettivo, di un dovere o di un obbligo,
cioè un elemento oggettivo del tutto autonomo dalla faute e consistente nella
illicéité, già nel 1931 un’autorevole dottrina avvertiva che v’era un obbligo di
214
risarcimento per qualsiasi danno, causato da qualsiasi faute . L’evoluzione
del sistema d’oltralpe ha «allargato la vocazione indennitaria della responsabi-
lità civile che tende ormai a comprendere ogni lesione portata a qualsiasi inte-
215
resse, a condizione che essa sia certa» . L’unica classe d’ipotesi nella quale si
richiede la sussistenza di un «intérêt légitime, juridiquement protégé» è quella
216
della perdita di chances «d’être secouru par la victime immédiate» . Ma que-
sta nozione, lungi dall’identificarsi, come un tempo, con la violazione di un
217
diritto soggettivo, al punto da divenirne un “sinonimo” , ha finito con il per-
dere anche «la sua funzione primitiva di dissuasione delle azioni proposte da
alcune vittime par ricochet, soprattutto dalle concubine, pur conservando tut-
218
tavia un ruolo, almeno potenziale, di strumento di politica giudiziaria» . Essa
consente «ai tribunali di non accogliere alcune domande presentate da sogget-
ti che sarebbero tentati di servirsi dei principi della responsabilità civile per di-
219
fendere interessi manifestamente illeciti o immorali» . Nel caso del danno da
211
Cass. civ., 17 février 1961, in Gaz. Pal., 1961, I, p. 440.
212
Ad es., Cass. crim., 24 février 1970, in Sem. jur., 1970, II, Jur., 16456; App. Paris, 9 juillet 1975,
in Gaz. Pal., 1976, I, Somm., p. 58.
213
In tal senso, l’insegnamento di R. SACCO, Introduzione, cit., p. 104 ss.
214
Cfr. H., L. MAZEAUD, Traité, cit., p. 31.
215
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 11.
216
Cfr. Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 45.
217
Lo sottolineano G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 66, in nota 338.
218
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 66.
219
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
326 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

perdita delle chances di poter beneficiare, in futuro, delle obbligazioni alimen-


tari, il controllo sull’intérêt légitime juridiquement protégé serve al giudice al
solo fine di verificare la sussistenza di un interesse da parte dei danneggiati par
ricochet, sulla base di un criterio di prossimità parentale o soltanto affettiva (è
il caso della concubina adultera) che lega l’attore “di rimbalzo” alla vittima
immédiate, la quale è deceduta a causa del fatto colposo del terzo.
Un essenziale garde-fou richiesto in giurisprudenza riguarda la prova del
220
danno da perdita di chances e/o del rapporto di causalità . Di regola, la chan-
221
ce perduta non deve essere stata «courue» . Là dove si verifichi il contrario,
222
il danno non sarebbe risarcibile . La Cassazione tende ad escludere l’esisten-
223
za del nesso causale qualora il candidato, che abbia subito un incidente pri-
ma di effettuare una prova (un concorso, un provino, un esame, una gara
sportiva, ecc.), si sia recato egualmente a sostenerla (pur menomato), non su-
perandola.
Una parte della giurisprudenza, inoltre, nega la riparazione allorché rileva
224
che la chance invocata non era «personnelle» all’attore . Qualora gli eredi di
un soggetto che decede a seguito di un incidente chiedono iure successionis la
riparazione della perdita della «speranza di vita» patita dalla vittima, la giuri-
225
sprudenza risponde in modo negativo , salvo che si tratti di casi di contagio
da HIV causati da trasfusioni di sangue. Ma, in queste ipotesi, tale figura rap-
presenta soltanto una delle molteplici “voci” legali (art. 47, legge 31 décembre
1991) che compongono la riparazione del danno non patrimoniale «da conta-
gio» o da «sieropositività» che, posto al riparo dal ricorso dei tiers payeurs, è
226
qualificato come «dommage personnel» .
Un altro essenziale garde-fou concerne il carattere «reale» e «serio» delle
chances perdute. Le corti, al fine di accertare tali dati, verificano innanzitutto
se la condotta colposa sia intervenuta allorché la vittima era «en train de cou-
227
rir sa chance» . L’attualità o, addirittura, l’imminenza della possibile realizza-
zione della chance sono considerati requisiti essenziali per quanto riguarda la ri-
parazione del danno derivante dalla perduta possibilità sia di trovare un impie-
go o di accedere a una determinata carriera (richiedendosi la conclusione degli
228
studi specialistici o l’acquisizione della preparazione professionale necessaria) ,

220
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 79.
221
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
222
In questi termini, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
223
Cfr. G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 80, ivi la giurisprudenza citata.
224
Cfr. G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 79.
225
V., ad es., Cass. crim., 30 octobre 1979, in Sem. jur., 1980, IV, p. 15.
226
In argomento, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 43 s., e Y. LAMBERT FAIVRE, Principes
d’indemnisation des victimes post-transfusionnelles du SIDA, in Rec. Dalloz, 1993, Chron., p. 67 ss.
227
Tale formula di sintesi è elaborata da G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 81.
228
V. la giurisprudenza cit. in M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., pp. 28-33.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 327

229
sia di ottenere una promozione , sia di poter beneficiare di secours alimentai-
230
re , soprattutto allorché il soggetto obbligato è ancora minore. Questo crite-
rio cronologico assume rilievo anche nelle ipotesi più disparate, come, ad
esempio, in relazione alla possibilità di beneficiare di una pensione di reversi-
231
bilità , di poter sfruttare economicamente un’invenzione non ancora compiu-
232
tamente elaborata , di creare un’impresa, ecc. Il fondamento di tale orienta-
mento appare chiaro: «l’attore, allorché non ha ancora tentato la sua chance
nel momento in cui interviene l’evento che impedisce definitivamente il suo
verificarsi, deve dimostrare, per ottenere il risarcimento […], che era in grado,
a partire da quel momento, di profittare della speranza perduta o sul punto di
233
poterlo fare» . Diversamente, le chances che non risultano fondate su fatti
234
«d’ores et déjà acquis» nel momento in cui interviene la faute sono giudicate
non risarcibili, perché puramente eventuali.
La diversità delle applicazioni pretorili della “perdita di chance” non ha
impedito di elaborare una «teoria generale» idonea a comprendere in tale fi-
gura la perdita delle possibilità sia «di ottenere un guadagno», sia «di evitare
235
l’aggravamento di uno stato» . La riparazione della chance perduta riposa su
una probabilità e su una certezza: «è verosimile che la chance si sarebbe realiz-
zata; è certo che il vantaggio previsto è stato perduto» e che da esso «ne è de-
236
rivato un danno» . Il danno da perdita di chance presenta «in sé un carattere
diretto e certo, ogni qualvolta si constati la sparizione, per effetto dell’illecito,
della probabilità di un evento favorevole, anche se, per definizione, la realiz-
237
zazione di una chance non è mai certa» . La chance persa di realizzare un
238
profitto o di evitare una perdita doveva essere «reale e seria» , nel senso che
l’evento divenuto impossibile era probabile. Poiché «rien n’est absolument
239
certain, et tout n’est pas également probable» , il giudici possono accertare
240
solo ciò che è sufficientemente probabile .
Alle semplici probabilità che vengono invocate «deve, all’opposto, corri-
241
spondere una certezza» : la perdita, per la vittima, del vantaggio sperato. La
229
Cfr., ad es., Cass., II Ch. civ., 19 juillet 1966, in Rev. dr. aér., 1966, p. 455, che considera trop-
po lontana nel tempo la chance di promozione.
230
Si rinvia alle decisioni cit. in M. FEOLA, op. ult. cit., p. 34 ss.
231
Cass. soc., 21 juin 1978, in Bull. civ., V, p. 370, n. 491.
232
Cass., II Ch. civ., 26 janvier 1977, in Gaz. Pal., 1977, I, Somm., p. 84.
233
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 84.
234
L’espressione è riferita da Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 25 ss., e da G. VINEY, P. JOUR-
DAIN, op. loc. ult. cit.
235
Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 50.
236
Y. CHARTIER, op. loc. ult. cit.
237
Ad es., Cass. crim., 18 mars 1975, in Bull. crim., 1975, p. 223, n. 79; Cass. crim., 9 octobre
1975, in Gaz. Pal., 1976, I, p. 4; Cass. crim., 3 février 1979, in Bull. crim., 1979, p. 380, n. 134.
238
In questi termini, ad es., Cass. crim., 12 février 1979, in Sem. jur., 1979, IV, p. 131.
239
Secondo la celebre frase di G. DURRY, in Rev. trim. dr. civ., 1972, p. 600.
240
Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 51.
241
Y. CHARTIER, op. loc. ult. cit.

12.
328 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

242
certezza del danno consiste nel fatto non che «l’evento futuro si sarebbe ve-
243
rificato», ma «che esso non potrà più sopravvenire» .

8. In presenza di una giurisprudenza del tutto uniforme, la dottrina france-


se è unanime nell’affermare sia che «il problema classico della perdita di una
244
chance si pone in termini di pregiudizio» , riguardando la valutazione del
245
danno e non il rapporto di causalità , sia che la chance di realizzare un profit-
246
to o di evitare una perdita rappresenta «un danno specifico ed autonomo
247
rispetto al pregiudizio finale» , il quale, proprio per l’alea che è intrinseca al-
la chance, non si saprà mai se si sarebbe verificato. «La situazione è definitiva;
più nulla potrà modificarla; a causa della sua condotta colposa, l’agente ha ar-
restato lo svolgimento di una serie di fatti che potevano essere fonte di guada-
248
gni» . La chance, quindi, «costituisce un danno (attuale, certo e) risarcibi-
249
le» . Ma «è soltanto questa perdita che deve essere compensata attraverso il
risarcimento», non, invece, «la totalità di ciò che la chance avrebbe procurato
250
alla vittima, se si fosse realizzata» .
La prevalente letteratura francese non s’interessa di verificare se la perdita
di chances sia un danno attuale o futuro. Come si è autorevolmente sottolinea-
to, «bisogna distinguere non tra il pregiudizio attuale e quello futuro, ma tra il
251
danno certo e quello eventuale» , poiché la riparazione deve essere negata
non a chi è titolare di un interesse futuro, ma soltanto a colui che invoca un
252
interesse ipotetico . Una parte della dottrina, tuttavia, considera esplicita-
253
mente il danno da perdita di chance come un danno futuro ed aleatorio poi-
254
ché, «per definizione, una chance non si realizza giammai» . Nulla permette
di affermare che, «se l’evento che ha privato la vittima della chance non fosse
255
intervenuto, il profitto sperato sarebbe stato effettivamente realizzato» . Ma

242
J. BORÉ, L’indemnisation pour les chances perdues: une forme d’appréciation quantitative de la
causalité d’un fait dommageable, in Sem. jur., 1974, 2620, n. 29 s.
243
Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 51.
244
Testualmente, F. CHABAS, Observations a Cass. crim, 9 janvier 1979, cit., 19272.
245
P. MALAURIE, L. AYNÈS, Cours de droit civil. Les obligations, Paris, 1985, p. 117. In tal senso è lo
stesso F. CHABAS, Note a Trib. gr. inst. Montpellier, 21 décembre 1970, in Rec. Dalloz, 1971, Jur., p. 640.
246
Così, tra i tanti, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 72; Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 31.
247
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 85, sulla scia dell’unanime giurisprudenza della Cassazione.
248
H. e L. MAZEAUD, A. TUNC, Traité théorique et pratique de la responsabilité civile délictuelle et
contractuelle, Préface par H. Capitant, tome I, VI éd., Paris, 1965, p. 273.
249
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 155.
250
Le espressioni tra virgolette sono di P. LE TOURNEAU, L. CADIET, Droit de la responsabilité,
Paris, 1996, p. 186.
251
H. e L. MAZEAUD, A. TUNC, Traité, cit., p. 268.
252
H. e L. MAZEAUD, A. TUNC, op. loc. ult. cit.
253
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 73.
254
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
255
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 329

l’esistenza di un’alea non impedisce al diritto di riconoscere un valore certo


256
all’esistenza della chance . Di conseguenza, «il suo venir meno non può non
257
essere avvertito come un danno» .
Il danno da perdita di chances consisterebbe, quindi, in un danno futuro e
virtuale, ma certo. La certezza del danno va individuata nella sola circostanza
che «non esista, in futuro, una chance ragionevole che il danno non si produr-
258
rà» . Non si potrà mai sapere se l’evento favorevole alla vittima si sarebbe ve-
259
rificato, «poiché è divenuto impossibile» . Ma è certo «che la chance di rea-
lizzare un guadagno, o di evitare una perdita, che era nell’ordine possibile – se
260
non probabile – delle cose, non potrà più realizzarsi» . La perdita di una
chance reale e seria è, dunque, una certezza. «Questa certezza giustifica un ri-
261
sarcimento» .
La ricostruzione della dottrina francese, che si fonda sull’affermazione
esplicita secondo la quale la perdita di chances sarebbe un danno futuro e alea-
torio, ma certo, finisce, tuttavia, con il pervenire ad una conclusione implicita,
262
che pare divergente. Come si è sottolineato , il giurista non deve mai fidarsi,
263
«in maniera assoluta e senza riserve» , delle declamazioni della dottrina na-
zionale, dovendo verificare la coerenza delle soluzioni sulla base della com-
264
plessità delle fonti e in relazione anche ai «dati impliciti» . Ciascuna dottrina
utilizza concetti e vocaboli in maniera tipicamente convenzionale e sovente
«non riesce ad affrancarsi dalla logica o dai pregiudizi della prospettiva muni-
265
cipale» . Se la perdita di chances “reali e serie” rappresenta una certezza, e
questo dato è incontestato sia in dottrina sia, soprattutto, in giurisprudenza,
tale danno non è virtuale, ma certo. Il carattere della probabilità rileverà nella
fase della valutazione e della liquidazione, non in quella dell’accertamento del
danno. Così, se la chance è già stata irrimediabilmente perduta, il danno non è
futuro, ma presente.
La tesi della perdita di chances quale danno futuro trova un’ulteriore, im-
plicita smentita proprio nella dottrina francese che contesta la distinzione tra
le chances, secondo che esse si situino nel passato o nell’avvenire. Nel giudica-
re tale tesi «artificiosa», si è invece esattamente precisato che «quando una
chance perduta viene risarcita, essa è, per definizione e in ogni ipotesi, passa-
266
ta» . Anzi, una «condizione essenziale per la sua riparazione» è proprio che
256
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
257
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
258
Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 28.
259
Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 31.
260
Y. CHARTIER, op. loc. ult. cit.
261
Y. CHARTIER, op. loc. ult. cit.
262
R. SACCO, Introduzione, cit., p. 125 ss.
263
L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 149.
264
Secondo il pensiero di R. SACCO, op. ult. cit., p. 126 s.
265
L.J. CONSTANTINESCO, op. loc. ult. cit.
266
Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 37.
330 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

267
essa «sia definitivamente venuta meno» . Sia che la chance sia stata tentata,
sia che ciò non sia accaduto, «il risultato è il medesimo: la perdita della chance
268
è irrimediabile nel momento in cui il danno è invocato» . Il danno «è costi-
269
tuito dalla perdita della chance in sé» .

9. Nel diritto francese non v’è mai stato un dibattito sulla perdita di chan-
ces quale danno emergente o lucro cessante. E ciò, non certo perché l’espe-
rienza d’oltralpe non conosca tali figure, caratterizzandosi per la presenza di
una norma (l’art. 1149 code civ.) – fondamento del principio di riparazione in-
270
tegrale «de chaque chef de préjudice» – che può essere considerata l’ante-
cedente del nostro art. 1223 c.c. Forse, le ragioni di tale situazione possono es-
sere ravvisate non tanto nella minor propensione del giurista francese per clas-
sificazioni di tipo dogmatico – allorché le stesse non abbiano un immediato
riscontro pratico ai fini della soluzione del concreto problema e/o della disci-
plina applicabile – o nel fatto che nessun autore abbia mai avuto l’idea di
qualificare il danno da perdita di chances come lucro cessante, quanto nella
stessa definizione che la dottrina e la giurisprudenza d’oltralpe forniscono di
tale pregiudizio, che viene unanimemente considerato quale perdita della pos-
271
sibilità «di realizzare un guadagno o di evitare una perdita» .
La perdita di chance assurge a modello generale di danno, senza ulteriori
qualificazioni, che può consistere sia nella «perte qu’il a faite», sia nel «gain
dont il a été privé» (art. 1149 code civ.), ovvero, traducendo in italiano, sia nel-
la «perdita subita», sia nel «mancato guadagno» (ex art. 1223 c.c.). In tal sen-
so, questa figura non è identificabile né (soltanto) con il danno emergente, né
(soltanto) con il lucro cessante, ma costituisce un evento dannoso che, a sua
volta, in relazione ai singoli casi concreti, può essere composto, al pari di ogni
altro pregiudizio, da un danno emergente, da un lucro cessante o, come spesso
accade, da entrambi. Se è vero che il danno emergente ha ad oggetto un «inte-
resse attuale, ovverosia l’interesse relativo a un bene già spettante ad una per-
272
sona nel tempo in cui il danno medesimo è cagionato» , e che, nel lucro ces-
sante, «viceversa, oggetto del danno è un interesse futuro, [cioè] l’interesse
273
relativo a un bene non ancora spettante ad una persona» , qualora il danno
da perdita di chances si concreti, ad esempio, nella perdita delle possibilità di
guarigione, il paziente potrà subire sia un danno emergente, consistente nella
frazione, espressa in termini percentuali, di mancato «risparmio delle spese
267
Y. CHARTIER, op. loc. ult. cit.
268
Y. CHARTIER, op. loc. ult. cit.
269
Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 38.
270
Ad es., Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 182 ss.
271
Per tutti, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 72; Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 31.
272
A. DE CUPIS, Il danno, I, cit., p. 257.
273
A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 331

274
chirurgiche ed ospedaliere» , sia in un lucro cessante, e cioè nella frazione di
«utile ottenibile nel futuro da quei beni patrimoniali che la conservata integri-
275
tà fisica avrebbe fatto conseguire» . Come si può verificare, senza dover pro-
cedere ad altre esemplificazioni, il danno da perdita di chance, proprio perché
consiste nella perdita della possibilità di realizzare un guadagno o di evitare
una perdita, può concernere, come ogni altro evento dannoso, sia un danno
emergente, sia un lucro cessante, sia entrambi.
La distinzione tra danno emergente e lucro cessante, come autorevolmente
si ammonisce, non deve essere confusa con «l’altra, non espressamente men-
276
zionata dalla legge, tra danno presente e danno futuro» . In realtà, «il signifi-
cato ne è diverso», poiché tale partizione assume una propria accezione in or-
277
dine al momento del giudizio sul danno . Il danno presente è «il danno già
verificatosi, [...] esistente in atto, nel momento in cui si giudica intorno ad es-
278
so» . Per danno futuro «s’intende, invece, il danno non ancora verificatosi in
279
tale momento» . Il danno emergente può essere sia presente sia futuro, «e
280
del pari dicasi per il lucro cessante» . Questo, «che è sempre futuro riguardo
al momento in cui è cagionato (avendo per oggetto un interesse ancora futuro),
281
può essere presente o futuro in relazione al momento del giudizio su esso» .
Il danno da perdita di chances, come figura generale di danno, potrà consi-
stere in un danno emergente presente e/o futuro e in un lucro cessante presente
e/o futuro, secondo che il giudice ripari, in termini percentuali, la lesione di un
interesse relativo ad un bene presente o futuro, rispetto al tempo in cui il danno
stesso è cagionato (danno emergente o lucro cessante) e/o rispetto al momento
in cui si giudica del pregiudizio (danno presente o danno futuro). Riprendendo
l’esempio già proposto, se il giudice, nel risarcire un danno da perdita di chances
di guarigione, ripara, in termini percentuali, spese chirurgiche e ospedaliere
che sono già state o che non sono ancora state sostenute dalla vittima rispetto
al momento del giudizio, si avrà, rispettivamente, un danno emergente presen-
te o futuro. Così, se il giudice ripara proporzionalmente l’impedito incremen-
to patrimoniale che si è sofferto nell’intervallo tra il fatto dannoso e il giudizio
o, invece, quello che è successivo rispetto al momento della valutazione, si
avrà, rispettivamente, un lucro cessante presente o futuro. Il danno da perdita
di chances, al pari di qualsiasi altro evento dannoso, può essere fonte di conse-
guenze patrimoniali che possono essere inquadrate sia nel danno emergente
presente e/o futuro, sia nel lucro cessante presente e/o futuro, sia in entrambi.
274
Per tale classica ipotesi di “danno emergente”, cfr. A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
275
A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
276
A. DE CUPIS, op. ult. cit., p. 265.
277
A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
278
A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
279
A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
280
A. DE CUPIS, op. ult. cit., p. 266.
281
A. DE CUPIS, op. loc. ult. cit.
332 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Non può essere condivisa, quindi, l’opinione di quegli autori i quali, al fine
di negare l’esistenza del danno da perdita di chances, hanno identificato tale
282
specifica problematica in quella del lucro cessante, più o meno futuro .
Quando si affronta questa tematica, così come si manifesta all’interno dell’uni-
ca esperienza giuridica che ne ha dato i natali, non si tratta di “aderire” o me-
283
no alla «tesi della perdita di chance come perdita di un bene patrimoniale» ,
ma semplicemente di voler comprendere in cosa consista tale figura. Se s’in-
tende escludere a priori l’esistenza di tale danno, non ha senso richiedere che
debba ritenersi soddisfatta una duplice inferenza probabilistica tra illecito,
284
perdita della chance e perdita del risultato sperato . Poiché, se la questione
che si vuol risolvere è soltanto quella di accertare se una condotta, attraverso il
“medio” di un calcolo probabilistico fondato sulla quantità delle cc.dd. chan-
ces perdute, ha provocato o no il verificarsi dell’evento c.d. finale, al fine di
riparare integralmente tutte le conseguenze patrimoniali e non patrimoniali
che ad esso sono collegate, il problema si pone sul solo piano (della prova) del
rapporto causale tra questi due dati, ma si deve avere la consapevolezza che il
tema del danno da perdita di chances non è stato neppure sfiorato. Come si è
efficacemente affermato, sulla scia di questa ricostruzione, perdita di chance,
lucro cessante e pregiudizio futuro «sono concetti non omogenei e dunque
285
non assimilabili» . Mentre il primo è il solo a definire “un tipo” di danno, «il
secondo rappresenta una modalità di espressione del danno e il terzo è con-
cetto idoneo ad evidenziare il mero sfasamento temporale tra pretesa risarcito-
286
ria e momento di verificazione del pregiudizio» .
Il problema non muta per quanto riguarda la qualificazione del danno da
perdita di chance in termini di “danno emergente”, la quale, però, ha avuto,
nella nostra esperienza giuridica, un’essenziale funzione educativa, poiché ha
287
consentito ad alcuni avvertiti autori di far comprendere alla gran parte della
dottrina e, soprattutto, alla giurisprudenza, la reale fisionomia di tale danno,
chiarendo, attraverso l’utilizzo di una figura dogmatica, che esso non aveva
alcun punto di contatto con le tesi che, più o meno fedelmente, si riferivano
alla tematica del lucro cessante. Tuttavia, insistere oggi su una ricostruzione in
termini di danno emergente, ora che tale modello di pregiudizio è ormai co-
stantemente riconosciuto, sic et simpliciter, dalla Cassazione e dal Consiglio di
Stato, significherebbe continuare a porre in evidenza soltanto un aspetto, pur
essenziale, del problema. Sembra, forse, opportuno seguire l’esempio dell’espe-
rienza d’oltralpe la quale non si è mai interessata a tali qualificazioni, mentre
282
Per tutti, M. ROSSETTI, Il danno da perdita di chance, cit., p. 676.
283
M. ROSSETTI, op. ult. cit., p. 675.
284
Così, invece, M. ROSSETTI, op. loc. ult. cit.
285
R. PUCELLA, La causalità «incerta», cit., p. 142.
286
R. PUCELLA, op. loc. ult. cit.
287
Tra i quali, cfr. A. DE CUPIS, Il danno, I, cit., p. 264; M. BOCCHIOLA, Perdita di una “chance”,
cit., p. 86.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 333

ha da sempre privilegiato un’attenta individuazione dei garde-fous necessari al


fine di selezionare i requisiti essenziali che consentissero di considerare come
risarcibile il danno da perdita di chances.

10. Nel campo del diritto civile, a differenza di quanto accade nel diritto
penale, non deve necessariamente operare, in tema di responsabilità, la logica
all-or-nothing. Autorevoli studiosi di lingua inglese hanno destrutturato il te-
ma della causalità, ora dimostrando come tale nozione non sia univoca, cono-
scendo molteplici variazioni che in gran parte dipendono dalle diverse tecni-
288
che di formulazione , ora sottolineando come le argomentazioni eziologiche
siano oggetto di finalizzazione da parte dei giudici, i quali le utilizzano per
289
raggiungere risultati considerati opportuni . La pretesa “certezza” del rap-
porto causale, più che una realtà oggettiva, rappresenta uno schermo dietro il
quale l’interprete o il legislatore celano, talvolta, convinzioni personali o scelte
di policy.
Le soluzioni espresse in ordine al problema causale variano in riferimento
290
ai diversi modelli di imputazione dei danni , fino a identificarsi con le diverse
291
regole di responsabilità . La generalizzata estensione della teoria della crea-
292
zione di un rischio ingiustificato e, soprattutto, l’adozione di modelli di ab-
solute liability nel campo medico tenderebbero, nell’affievolire o addirittura
nell’escludere ogni rilievo all’elemento della colpa, ad astrarre la riparazione
293
dallo stesso rapporto di causalità, al fine di “garantire” in ogni caso l’inte-
grale compensation del danno “subito” dalla vittima. Nel campo del diritto ci-
vile, le regole causali non possono essere pensate separatamente dai diversi
294
modelli d’imputazione della responsabilità che, anche in base a scelte di po-
licy, tendono a ripartire il peso del danno tra la vittima, il danneggiante,
l’impresa assicurativa e lo Stato o, viceversa, a «lasciare i danni là dove cado-
295
no» , ovvero a trasferirli altrove, facendoli gravare interamente su determina-
ti soggetti pubblici o privati.
La critica tradizionale alla figura del danno da perdita di chances, che parte
della dottrina italiana riprende ex professo dall’esperienza inglese, si fonda in-
288
Per tutti, H.L.A. HART, T. HONORÉ, Causation, cit., pp. 12 ss., 72 ss. e passim. Sul carattere
induttivo e probabilistico di ogni accertamento causale, J.G. FLEMING, Probabilistic Causation, cit.,
p. 661 ss.
289
Già G. CALABRESI, Concerning Cause and the Law of Torts: An Essay for Harry Kalven Jr., in
43 U. Chicago L. Rev., 1975, p. 69 ss.
290
In argomento, P. TRIMARCHI, Causalità e danno, cit., p. 44 ss.
291
In tal senso, G. PONZANELLI, La responsabilità civile, cit., p. 89 ss.
292
Proposta da G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 71 ss.
293
Sul punto, il pensiero di P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 31.
294
Cfr. S. RODOTÀ, Modelli e funzioni della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1984, p.
600 ss.
295
A. GAMBARO, La sentenza n. 500, cit., p. 382.
334 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

296
tegralmente sui ben noti «ostacoli logici» e sulle «illusioni probabilistiche»
che si frapporrebbero all’utilizzo di una siffatta figura. Ma in tal modo si di-
mentica che il diritto non è una disciplina logica o matematica, ma una scienza
sociale “finalistica” che non disdegna «il ricorso ad espedienti di varia natura
per offrire maggiore protezione agli interessi lesi laddove il mutare dei tempi
297
od esigenze del caso concreto lo richiedano» . Basti pensare, per rimanere in
ambiti limitrofi, alle numerose forme di semplificazione e/o d’inversione del-
l’onere della prova, alla regola res ipsa loquitur, alla stessa disciplina delle pre-
298 299
sunzioni , ai principi della market share liability , ecc. Il diritto non ha il
compito di fotografare il mondo fisico così come esso realmente è, ma deve
300
disciplinarlo così come dovrebbe essere . Quindi, nella figura del danno da
perdita di chances non v’è «nulla di nuovo, [...] se non l’intuizione che anche
la perdita di astratte possibilità favorevoli si presta ad essere configurata come
301
danno» .
Nel sistema del “tutto o niente”, l’incertezza causale viene, ingiustamente,
ad avvantaggiare proprio la parte che, versando in colpa, è meno meritevole di
protezione. La teoria della perdita di chance, invece, inducendo a quantificare
il danno nella misura che rifletta il grado di probabilità che esso sia stato cau-
sato dal responsabile, cioè “ridimensionando” l’entità del danno in una pro-
porzione che tenga conto «del rischio che esso non sia l’effetto della condot-
302
ta» , rappresenta uno strumento giusto ed efficiente, rispondente alle fun-
zioni compensative e di deterrenza dei sistemi di responsabilità civile, che tende
a ripartire proporzionalmente il peso del danno tra la vittima e il danneggian-
te, soprattutto in settori nei quali non è previsto un modello di Social security
o d’assicurazione sociale diretto a “garantire”, in ogni caso, anche a prescinde-
re dalla stessa individuazione del responsabile, il diritto del danneggiato alla
riparazione integrale del pregiudizio. Imputare per intero il danno all’agente,
nel caso in cui le probabilità statistiche indicano una percentuale di “circa” il
51%, significherebbe addossargli, in ossequio ad una mendace idea di certez-
za (del rapporto causale e) del diritto, un danno che per il 49% non è stato da

296
Oltre agli autori già citati, basti rinviare a R. PUCELLA, La causalità «incerta», cit., pp. 91 ss., 97 ss.
297
R. PUCELLA, op. ult. cit., p. 90.
298
Assai utilizzata, di recente, dalla nostra giurisprudenza. Il rapporto di dipendenza logica tra
fatto noto ed ignoto, infatti, può «essere accertato alla stregua di canoni di probabilità con riferimen-
to ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti la cui sequenza e ricorrenza possono veri-
ficarsi secondo regole di esperienza» (Cass. civ., Sez. Un., 13 novembre 1996, n. 9961, in Giur. it.,
1997, I, 1, c. 1564), e il cui accertamento può presentare margini di opinabilità.
299
R. PUCELLA, op. ult. cit., pp. 90 s., 289 ss., ivi le essenziali indicazioni bibliografiche.
300
In termini analoghi, R. PUCELLA, op. ult. cit., p. 109.
301
R. PUCELLA, op. ult. cit., p. 90.
302
R. PUCELLA, op. ult. cit., p. 110, in nota 79, il quale, tuttavia, considera criticamente questa
impostazione, poiché «risarcire un danno in base alle probabilità che il convenuto lo abbia causato»
rappresenterebbe «una rinunzia, fin dall’origine, [...] al tentativo di accertare la causa del danno».
Nei termini del testo, invece, W. SCOTT, Causation, cit., p. 523.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 335

lui “causato”. Viceversa, escludere qualsiasi risarcimento allorché le probabili-


tà stimate sono “circa” del 49%, vorrebbe dire voler far gravare il 100% del
peso del danno interamente sulla vittima. E può forse essere considerato equo
dal diritto «that a victim with a less than 50 per cent chance of regaining health
303
is always denied a legal remedy despite being treated negligently?» . Infatti,
pare «assurdo» che il convenuto, il quale abbia chiaramente contribuito a pro-
304
vocare un danno, possa essere interamente esonerato , mentre in ipotesi di
concorso di responsabilità, ripartendo l’«incidenza causale in un 60% a carico
di Tizio e in un 40% a carico di Caio, la responsabilità di quest’ultimo non vie-
305
ne meno per essere il suo contributo inferiore al 50%» . Se il danneggiato che
ha «in gran parte concorso con la propria colpa ha comunque diritto al risarci-
306
mento, è ragionevole negare il ristoro a chi non vi ha nemmeno contribuito?» .
La figura del danno da perdita di chances realizza essenziali policy conside-
rations: rafforza la funzione deterrente della responsabilità civile, soprattutto
allorché sono in gioco valori primari della persona; consente di valutare com-
parativamente gli opposti interessi del danneggiante e del danneggiato, da
commisurare in maniera proporzionale anche ai fini della riparazione, evitan-
do di far gravare per intero il peso del danno sull’uno o sull’altro; esprime una
valutazione del rilievo sociale del problema, poiché «the basis for none the
less acknowledging such a harm is to be found in people’s interest in the pro-
307
tection of such chances» .
L’idea all-or-nothing trova concorde un noto studioso della chance nel dirit-
to francese, il quale sottolinea che la probabilità perduta «dovrebbe servire
non a stimare l’entità della riparazione, ma semplicemente a permettere ai
giudici di dire, attualmente, qualora la chance fosse stata courue, se essa si sa-
308
rebbe realizzata o no» . Risarcendo la vittima con l’equivalente delle chances
perdute, «la si colloca nella situazione nella quale essa si sarebbe trovata se
avesse venduto la sua chance, non in quella nella quale essa si troverebbe se
309
l’avesse courue» .
Tuttavia, proprio questa considerazione rappresenta un’argomentazione che,
se addotta in senso contrario, costituisce una delle ragioni che in maniera più
decisiva militano a favore del riconoscimento del “danno” da perdita di chan-
ces. Se è vero che la funzione compensativa della responsabilità civile consiste
proprio nella riparazione del pregiudizio secondo una regola generale di equi-
310
valenza tra entità del risarcimento e gravità del danno , nel senso che essa
303
N. JANSEN, The Idea, cit., p. 278.
304
Sul punto, H.L.A. HART, T. HONORÉ, op. cit., p. 411.
305
V. ZENO ZENCOVICH, La sorte del paziente, cit., p. 102.
306
V. ZENO ZENCOVICH, op. loc. ult. cit.
307
Così, N. JANSEN, op. ult. cit., p. 274 e passim.
308
A. BÉNABENT, La chance et le droit, Préface de J. Carbonnier, Paris, 1973, p. 180.
309
A. BÉNABENT, op. loc. cit.
310
In questi termini, G. VINEY, B. MARKESINIS, La réparation, cit., p. 54.
336 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

deve «ristabilire il più esattamente possibile l’equilibrio distrutto dal danno e


collocare la vittima nella medesima situazione nella quale si sarebbe trovata se
311
l’atto dannoso non fosse stato posto in essere» , il giudice è tenuto a risarcire
alla vittima proprio l’esatto valore delle chances perdute per effetto della con-
dotta colposa che ha “causato” tale danno, non certo un pregiudizio che ha un
valore finale fittizio pari a 100 o, viceversa, pari a 0, e che, proprio per questo,
non è stato “causato” dalla faute.
Il diritto non può riparare, se non vuole contraddire l’essenziale funzione
compensativa della responsabilità civile, un danno ipotetico che sarebbe potu-
to conseguire all’eventuale verificazione o all’annientamento delle chances. Il
fatto illecito del terzo o l’inadempimento hanno fermato definitivamente il
corso degli eventi. Nessuno potrà mai sapere se l’evento si sarebbe verificato o
no. Non è compito del diritto quello di prevedere il futuro. Viceversa è com-
pito della responsabilità civile riparare, sulla base di un principio di propor-
zionalità, “quella” perdita di chances che è stata effettivamente causata da
“quella” determinata faute, corrispondendo alla vittima l’esatto valore delle
probabilità perdute, proprio come se il danneggiato avesse dovuto “venderle”
un istante prima che intervenisse la condotta impeditiva dell’agente. In tal
senso il danno da perdita di chances rappresenta un’espressione immediata e
diretta della funzione di compensation della responsabilità civile, nella misura
in cui «colloca la vittima nella medesima situazione nella quale si sarebbe tro-
vata» se il fatto dannoso non fosse intervenuto.
Al contrario, la tesi che considera la chance un elemento statistico-proba-
bilistico idoneo a provare, in casi d’incertezza sul rapporto causale, il legame
tra la condotta e l’evento “finale” incorre in un’obiezione che trova fondamen-
to nel dogma causale all-or-nothing. Piuttosto che corrispondere al danneggia-
to l’esatto valore delle chances realmente perdute, preferisce immaginare, sulla
base di un criterio quantitativo convenzionalmente ancorato a 50, se le chances
si sarebbero realizzate o meno. Ma questa concezione, che risente del retaggio
neo-positivista tipico dello scienziato naturalista che spiega i fenomeni ripor-
312
tando gli effetti alle cause ed elaborando leggi scientifiche , non sembra adat-
tabile al diritto, poiché, lungi dal risolvere l’incertezza in certezza, trasferisce
l’incertezza dal piano del danno e della sua valutazione (ove essa è fisiologica)
a quello del rapporto causale. Affermare che il medico debba essere condan-
nato per omicidio colposo e che, inoltre, debba risarcire per intero il danno
313
biologico in quanto vi era “circa” il 50,01%, o addirittura il 30% , delle pro-
babilità che, in presenza della condotta doverosa omessa, il paziente affetto da
neoplasia sarebbe sopravvissuto per una settimana, un mese o, forse, un anno,
e, viceversa, sostenere il contrario allorché le statistiche indicavano percentuali

311
Per l’unanime giurisprudenza, cfr. Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 150.
312
V. ZENO ZENCOVICH, op. ult. cit., p. 68 s.
313
Come è accaduto in Italia, per effetto del criticato orientamento della Cassazione penale.
RAPPORTO DI CAUSALITÀ E DANNO DA PERDITA DI CHANCES 337

appena inferiori, significa voler credere a un’illusione mendace sulla pretesa


esistenza del nesso causale, in ossequio a una falsa “certezza” del diritto. È al-
314
lora che si è realmente in presenza di una «causalità aleatoria» , la quale gene-
ra, nel primo caso, un fenomeno di overcompensation e, nel secondo, un’inam-
missibile assenza di ogni riparazione. In entrambe le ipotesi, la funzione com-
pensativa della responsabilità civile è stata irrimediabilmente violata.

314
A differenza di quanto afferma J. PENNEAU, Note a Cass., 27 mars 1973, in Rec. Dalloz, 1973,
Jur., p. 596, il quale discorre di causalità aleatoria proprio in riferimento al danno da perdita di chances.
338 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO SESTO

LA RESPONSABILITÀ CIVILE
NELLE PROFESSIONI LEGALI

SOMMARIO: 1. Il tradizionale orientamento della giurisprudenza italiana che, fin dal 1866, con-
sidera incerto ed aleatorio il danno circa l’esito sfavorevole della lite. La ricerca di un nesso
di causalità certo tra il fatto dell’inadempimento e la soccombenza in giudizio. Il supera-
mento del principio di intangibilità dei giudicati. – 2. La proposta di ricorrere alla statistica
giudiziaria. L’esigenza di una stima “in concreto” nella valutazione (equitativa) di un danno
già esistente e risarcibile. Prognosi postuma e «certezza morale» del nesso di causa. – 3. Le
decisioni della Chambre civile e des Requêtes in tema di responsabilità del professionista le-
gale. La tendenza delle Corti a risarcire il danno attraverso un processo fittizio, al fine di ve-
rificare le concrete possibilità di vittoria del cliente in assenza della condotta negligente
dell’avvocato. Il presunto contrasto tra i giudicati. – 4. Le due tendenze della giurispruden-
za francese. Le deviazioni dalla teoria della perte d’une chance: chance «seria» di successo e
certezza del rapporto di causalità. Il principio secondo il quale «si ha sempre una chance di
vincere il peggiore processo e, viceversa, si corre sempre il rischio di perdere la migliore
causa». – 5. L’evoluzione della giurisprudenza italiana: i criteri prognostici della «ragione-
vole certezza» e della «ragionevole probabilità» riguardano non la teoria della perdita di
chances, ma la diversa prova del nesso eziologico tra condotta negligente e “posta finale”. –
6. La prestazione professionale: diligenza e causa non imputabile. L’estensione delle obbli-
gazioni di sécurité e della disciplina in tema di prestazioni di facile esecuzione. Verso il su-
peramento della partizione tra obbligazioni “di mezzi” e di risultato. – 7. Il mutamento di
prospettiva in tema di responsabilità del dottore commercialista. La chance quale «entità pa-
trimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile d’autonoma valuta-
zione», la cui risarcibilità è «conseguenza immediata e diretta del verificarsi d’un danno
concreto e attuale». – 8. La rigorosa responsabilità del notaio: sul piano contrattuale, per
l’inadempimento di obblighi di prestazione o di protezione nei riguardi delle parti; sul pia-
no extracontrattuale, per violazione del dovere di attenzione verso chiunque possa essere
stato danneggiato da atti od omissioni. La responsabilità nel compimento delle attività ne-
cessarie per il conseguimento del “risultato” voluto dalle parti. – 9. Verso uno statuto unita-
rio delle responsabilità professionali. Il progressivo distacco dal “modello classico”: dall’«ob-
bligazione di mezzi con presunzione di colpa» all’obbligazione di risultato. Il ruolo degli
obblighi d’informazione. – 10. Il problema essenziale nella responsabilità del professionista
legale: il rapporto di causalità. Le incertezze perduranti in materia e la distinzione tra i dan-
ni «da mancata impugnazione» e da «perdita della possibilità di impugnazione». Il nesso
eziologico, certo e diretto, si situa tra la condotta negligente e l’evento dannoso, consistente
nel numero percentuale delle chances perdute.
340 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

1. La giurisprudenza italiana in materia di responsabilità civile del profes-


1
sionista forense si è caratterizzata per una posizione alquanto conservativa e
soltanto di recente ha iniziato a porre in discussione l’orientamento sostenuto
negli ultimi centoquarantotto anni. Come si avrà modo di verificare, la Corte
Suprema, nel decidere in questa delicata materia, ha seguito – e per molti versi
continua a seguire – un approccio meno rigoroso di quello elaborato in altri
settori della responsabilità professionale (sanitaria, ad es.). La ragione è da
ravvisare, probabilmente, più che in dati eminentemente strutturali (che avvi-
cinano, invece, le diverse prestazioni professionali), in un’implicita valutazione
assiologica, la quale induce a considerare le esigenze di protezione della vita e
dell’integrità psicofisica del creditore danneggiato sicuramente più pregnanti
(di quelle relative al suo patrimonio).
Già nel 1866, appena qualche anno dopo il raggiungimento dell’Unità, la
Corte d’Appello di Napoli affermò che se la soccombenza in giudizio fosse
sempre la conseguenza della colpa dell’avvocato, la sua attività «si tramute-
2
rebbe in un uffizio aleatorio e pericoloso» che nessuno vorrebbe più intra-
3
prendere. Così, nel 1883 la Corte d’Appello di Catania , pur riconoscendo la
colpa del difensore per la perenzione del giudizio, limitò la riparazione alle so-
le spese del giudizio, mentre escluse la possibilità di condannare il professioni-
sta all’ulteriore risarcimento del danno (ai sensi dell’art. 1151 c.c. del 1865) a
favore del cliente affermando il principio, che poi diventerà il motivo domi-
nante in materia, del carattere incerto ed eventuale del pregiudizio circa l’esito
sfavorevole della lite. In particolare, la Corte siciliana rilevò che «nessuno può
accertare che, se il merito degli appelli fosse giunto a giudizio, la Corte avreb-
4
be giudicato in conformità delle aspirazioni degli appellanti» . Nelle liti «hav-
vi sempre qualche cosa di aleatorio, di dubbio e d’incerto, e nessuno può con
5
sicurezza preventivamente accertare il risultato di una lite» . Ogni magistrato
è «invitato a decidere una controversia giuridica, secondo la sua coscienza, ed
il suo giudizio; ma non si può essere sicuri che la medesima controversia, se
6
fosse presentata ad altro magistrato, sarebbe nello stesso modo decisa» .
1
Per una complessiva ricostruzione della problematica cfr., in vario senso, G. PONZANELLI, Re-
sponsabilità civile del professionista intellettuale, in Nuova giur. civ. comm., II, 2010, p. 519 ss.; G.
MUSOLINO, Contratto d’opera professionale, in Commentario Schlesinger, continuato da F.D. Busnelli,
Milano, 2009, p. 407 ss.; G. FACCI, La responsabilità civile del professionista, Padova, 2006, p. 763 ss.;
ID., L’errore dell’avvocato, l’appello tardivo e la chance di vincere il processo, in Resp. civ. prev., 2002,
p. 1373 ss.; D. COVUCCI, G. PONZANELLI, Responsabilità civile dell’avvocato: un sistema in evoluzio-
ne, in Nuova giur. civ. comm., II, 2008, p. 421 ss.; A. GARELLO, D. PISELLI, S. SCUTO, La responsabilità
dell’avvocato, Milano, 2003, passim; A. BERLINGUER, Professione forense, impresa e concorrenza. Ten-
denze e itinerari nella circolazione di un modello, presentazione di G. Tesauro, Milano, 2003, p. 91 ss.
2
App. Napoli, 27 agosto 1866, in Giur. it., 1866, II, c. 465.
3
App. Catania, 1 ottobre 1883, in Giur. it., 1884, II, c. 63 ss.
4
App. Catania, 1 ottobre 1883, cit., c. 65 s.
5
App. Catania, 1 ottobre 1883, cit., c. 65 s.
6
App. Catania, 1 ottobre 1883, cit., c. 65 s.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 341

Nel commentare tale decisione si rilevò come il carattere eventuale e incer-


to del danno, «di cui non può tenersi alcuno responsabile», potesse discende-
7
re soltanto dal «capriccio, o dall’arbitrio del giudice» . Ma «se è vero che la
pronuncia del magistrato deve essere conforme a giustizia […], è pur vero,
che, potendosi valutare siffatte ragioni, sparisce l’incertezza e l’eventualità del
8
danno» . Se la parte dimostra che il giudice avrebbe dovuto riformare la sen-
tenza a lei contraria, «si è raggiunta con ciò la certezza del danno derivato al
cliente dalla negligenza del suo procuratore; or se il danno è certo, perché
egualmente certa non deve essere la responsabilità di colui che per propria
9
colpa vi ha dato causa?» .
Come si può notare, ancor prima che si concludesse il XIX secolo, la que-
stione era già stata affrontata nei suoi termini essenziali. Ma l’indirizzo favore-
10
vole a sancire un regime di sostanziale «irresponsabilità professionale» tro-
11
verà ulteriori conferme sia in dottrina sia in giurisprudenza. All’inizio degli
12
anni ’30 la Suprema Corte porrà le basi del successivo orientamento attra-
verso una decisione che si sarebbe rivelata un autentico leading case. Pur aven-
do accertato la condotta chiaramente negligente di un patrocinante che aveva
interposto appello in modo tardivo, e pur avendo qualificato tale ipotesi come
inadempimento contrattuale nei confronti del cliente, escludeva che il primo
potesse essere condannato al risarcimento di un danno incerto ed eventuale
derivante da un processo “non celebrato” e riconosceva all’attore il rimborso
delle sole spese e competenze anticipate.
Le argomentazioni della decisione trovavano riscontro nelle peculiarità pro-
prie dell’attività giudiziaria, caratterizzata dall’incertezza sull’esito della lite,
frutto della connessione di molteplici fattori quasi sempre imponderabili: oltre
alle argomentazioni giuridiche poste a fondamento delle difese, il risultato del-
la vittoria o della soccombenza potrebbe dipendere dalla condotta processuale
delle parti, dalla scelta tecnica operata dai patrocinanti della parte attrice e di
quella convenuta, dalla stessa reputazione che il professionista forense ha ac-
quisito in un determinato foro, dall’ammissione e dall’assunzione dei mezzi di
prova, dal convincimento personale del giudice sia in ordine ai fatti e al loro
13
svolgimento , sia in merito alle sue opzioni culturali che possono condiziona-
7
F. RICCI, Nota ad App. Catania, 1 ottobre 1883, in Giur. it., 1884, II, c. 64.
8
F. RICCI, op. loc. cit.
9
F. RICCI, op. loc. cit.
10
Così, R. FAVALE, La responsabilità civile, cit., p. VII.
11
Per tutti, C. CAVAGNARI, E. CALDARA, voce Avvocati e procuratori, in Dig. it., IV, 2, Torino,
1893-1899, p. 673 s., i quali sottolineano l’inammissibilità del riesame della sentenza passata in giudicato.
12
Cass. Regno, 10 febbraio 1931, in Foro it., 1932, I, c. 628, commentata da A. PARRELLA, Colpa
del procuratore e stima preventiva della lite, ivi, 1932, I, c. 628 ss.; P. CALAMANDREI, Limiti di respon-
sabilità del legale negligente, in Riv. dir. proc, 1931, II, p. 260 ss.; U. PAOLI, La responsabilità del lega-
le negligente, ivi, 1932, II, p. 17 ss.; F. CARNELUTTI, Rimedi contro la negligenza del difensore, ivi,
1932, II, p. 57 ss.; A.C. IEMOLO, Rimedi contro la negligenza del difensore, ivi, 1933, I, p. 50 ss.
13
Per Cass. Regno, 10 febbraio 1931, cit., c. 628, «Nel calcolo concorrono elementi di difficile va-
342 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

re la stessa interpretazione giuridica attraverso l’adesione a uno specifico, an-


che se minoritario, orientamento, ecc. Questi «elementi subbiettivi», di «natu-
ra morale e psicologica», influiscono «grandemente sul risultato del giudizio»
e «a nessun osservatore è dato antivedere la loro azione e la loro efficacia sulla
14
decisione» . L’antico motto habeant sua sidera lites indicherebbe «lo stato di
incertezza circa il risultato di quel complesso concorso di fattori morali e tec-
nici che, attraverso il contrasto di elementi di fatto e di diritto e il conflitto de-
15
gli interessi, deve sboccare nella sentenza» .
Fin dall’inizio, con il consenso della dottrina prevalente, la problematica
relativa alla responsabilità del professionista forense viene individuata non tanto
16
nell’accertamento della negligenza , che nella maggior parte dei casi è age-
volmente dimostrabile da parte del cliente, quanto nella (diabolica prova del-
la) esistenza di un danno certo e attuale (consistente nella soccombenza in giu-
dizio) che sia causalmente collegabile all’inadempimento. La tematica della per-
dita di chances non entra per nulla in considerazione – d’altronde, anche la
giurisprudenza francese, nei primi decenni del ’900, non aveva ancora assunto
una posizione dominante in materia –, mentre il problema giuridico si esauri-
sce nell’accertamento della “certezza” del nesso di causalità tra il fatto dell’ina-
dempimento e la mancata realizzazione della posta finale. In presenza dell’im-
possibilità di fornire la prova, da parte dell’attore, che l’eventuale comporta-
mento diligente del patrocinante gli avrebbe garantito con sicurezza la vittoria
in giudizio (e ciò, proprio per l’aleatorietà che caratterizza il contenzioso), il
professionista legale viene esonerato da ogni responsabilità in ordine ai suoi
comportamenti omissivi e commissivi anche più negligenti, sulla base dell’af-
fermata assenza di un nesso eziologico certo tra condotta ed evento (inteso co-
me realizzazione dell’intera posta finale). Come si è osservato, la giurispruden-
za più risalente è «compatta nel senso di ritenere impossibile il risarcimento
del danno da lucro cessante, consistente cioè nel mancato raggiungimento del
risultato patrimonialmente favorevole che, attraverso l’opera del professioni-
17
sta, il cliente sperava di ottenere» .
Tra le argomentazioni poste a fondamento di tale soluzione si rilevò che,

lutazione, quali l’opinione personale del giudice, l’apprezzamento che egli dovrà fare delle prove,
l’apprestamento delle stesse per opera dei varii litiganti, il regolare corso del processo, l’attività delle
parti, le loro risorse difensionali, ecc.».
14
Cass. Regno, 10 febbraio 1931, cit., c. 628.
15
Cass. Regno, 10 febbraio 1931, cit., c. 628. L’estensore di tale decisione, nel commentare egli
stesso la sentenza (A. PARRELLA, op. cit., c. 633), sottolinea che «esorbita dalle umane concrete pos-
sibilità che il giudice chiamato a decidere sul danno dipendente da un appello mancato possa formar-
si una idea esatta di quello che avrebbe potuto essere l’esito di tale gravame, difettando per il rie-
same completo del merito non foss’altro il controllo delle eventuali difese della parte avversaria
alle ragioni dedotte o deducibili dal danneggiato».
16
Cfr. N. COSENTINO, Colpa professionale dell’avvocato e “chance” di vittoria del cliente, in Danno
e resp., 1996, p. 645.
17
C. SEVERI, Perdita di chance e danno patrimoniale risarcibile, in Resp. civ. prev., 2003, p. 332.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 343

poiché il giudizio nel quale si era manifestata la condotta negligente del pro-
fessionista era ormai coperto dal principio di intangibilità della cosa giudicata,
doveva ritenersi precluso ogni ulteriore accertamento, anche ai fini dell’even-
tuale risarcimento del danno, in merito a fatti che erano stati oggetto di deci-
18
sione . Ma tale rilievo – così come accaduto nell’esperienza d’oltralpe – è sta-
19
to da tempo superato, essendo concordi la dottrina e la giurisprudenza nel-
l’ammettere come sia pienamente legittimo riesaminare il merito di una con-
troversia per fini diversi da quelli aventi ad oggetto la cosa giudicata, come, ad
esempio, decidere in via incidentale sull’eventuale risarcimento del danno del
professionista, prendendo in considerazione, nella ricostruzione della “pro-
gnosi postuma”, gli argomenti difensivi e i mezzi di prova dei quali il cliente
non si è potuto avvalere a causa della condotta negligente del patrocinante.
Tuttavia, a quasi cento anni dalla decisione della Corte partenopea, la posi-
zione della giurisprudenza non sembra mutare. Un giudice di prime cure af-
ferma che «se ogni soccombente fosse autorizzato a richiedere i danni al pro-
prio patrono per il semplice fatto dell’esito sfavorevole della lite, solo pochi
martiri eserciterebbero la professione forense». Ed essi «dovrebbero essere
muniti di grossi patrimoni per far fronte alle conseguenze del loro insuccesso
20
professionale». Affermare un siffatto principio sarebbe «davvero mostruoso» .

2. La posizione di tendenziale irresponsabilità del professionista forense fu


21
posta in rilevo da un’autorevole dottrina la quale, contestando l’orientamen-
to giurisprudenziale che iniziava ad affermarsi proprio a seguito del caso lea-
der del 1931, propose il ricorso alla statistica giudiziaria al fine di pervenire a
una valutazione delle probabilità di vittoria perse dal cliente e di salvaguardare
l’equità, la quale, invero, «si ribella al pensiero che il legale, colpevole di aver
rovinato con la sua incuria il cliente, si tragga d’impaccio così a buon mercato
22
solo col restituirgli la spesa della carta bollata […]» . Il danno subito dal clien-
te, nel caso di omesso appello dovuto alla negligenza del patrocinante, avreb-
be dovuto essere stimato rapportando il valore della causa alla percentuale di

18
Così, già C. CAVAGNARI, E. CALDARA, op. cit., p. 673 s.
19
G. CATTANEO, La responsabilità del professionista, cit., p. 189.
20
Le espressioni tra virgolette sono di Pret. Cividale del Friuli, 30 giugno 1961, in Nuovo dir.,
1962, p. 401 ss.
21
P. CALAMANDREI, Limiti di responsabilità, cit., p. 261, pur sottolineando come nessuno po-
trebbe con sicurezza affermare «che cosa sarebbe successo se l’appello fosse stato interposto tempe-
stivamente, come nessuno può dire qual corso avrebbe avuto la storia del mondo se il naso di Cleopa-
tra fosse stato più lungo o meno lungo di quello che fu», afferma che tale orientamento giurispruden-
ziale «costituisce però una pericolosa smentita a un antico canone di diligenza professionale».
22
P. CALAMANDREI, op. cit., p. 268, rileva come «per il resto, per le speranze di vittoria, anche se
fondatissime, che riponeva nel secondo grado, per gli interessi anche se gravissimi, che la negligenza
del professionista ha definitivamente compromessi, nulla è dovuto dall’avvocato o dal procuratore
negligenti».
344 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

probabilità che la decisione del tribunale aveva di essere riformata innanzi al


giudice di secondo grado. Tale valutazione avrebbe dovuto essere effettuata sul-
la base del calcolo della media degli appelli accolti o rigettati presso la specifi-
23
ca corte competente per territorio .
Questa proposta fu contestata in quanto considerata idonea, semmai, a
pervenire alla valutazione equitativa di un danno già certo nella sua esistenza,
mentre fu giudicata del tutto inutilizzabile in sede di accertamento del danno,
24
perché contrastante con il sistema dell’onere della prova previsto per legge .
Inoltre si rilevò come tale criterio fosse fondato su un metodo di calcolo cen-
25
surabile anche dal punto di vista statistico , in quanto fondato sull’applicazio-
ne di dati astratti e non omogenei relativi alle percentuali di successo di ricorsi
e appelli molto diversi tra loro, ognuno dei quali aveva un diverso oggetto,
una distinta linea difensiva e, quindi, differenti probabilità di essere accolto.
Porre sullo stesso piano dati così eterogenei avrebbe significato pervenire a
26
una stima fittizia, perché effettuata soltanto in astratto , che tralasciava di con-
siderare le circostanze specifiche del caso concreto.
In tempi più recenti si è rilevato come Piero Calamandrei, «dopo aver ri-
conosciuto che un nesso di causalità immediata e diretta non potrebbe riscon-
trarsi tra la colpa del procuratore e la soccombenza completa», abbia però av-
vertito come «tale nesso esisteva indubbiamente tra la colpa del procuratore e
l’immediata perdita delle probabilità favorevoli statisticamente esistenti per
27
ogni appello» . Egli aveva intuito che «non era certo il venir meno dell’intero
risultato finale, ma [che] era certo il venir meno della possibilità di un risulta-
to favorevole, cioè […] di ciò che la dottrina e la giurisprudenza francesi indi-
28
cano come chance» . Attraverso un uso, per quanto contestabile e astratto,
degli strumenti statistici non s’intendeva dimostrare l’esistenza di un danno in
violazione delle regole sull’onere della prova, ma si voleva soltanto accertare
«se prima che si verificasse l’evento dannoso esisteva un’entità avente un certo
contenuto patrimoniale positivo per un soggetto, il quale poi ne è stato priva-
29
to» . Il ricorso alla statistica giudiziaria tendeva a individuare uno strumento
utilizzabile dal giudice (sulla base di uno specifico accertamento peritale) ai
soli fini della valutazione equitativa di un danno già esistente e risarcibile,
provocato dall’inadempimento del professionista.

23
Per P. CALAMANDREI, op. cit., p. 261, «se la statistica giudiziaria […] ci dice, per esempio, che
su cento appelli interposti, 40 sono in media accolti, si può ritenere che l’appellante […] avrebbe
avuto 40 probabilità su 100 di vincere la causa».
24
F. CARNELUTTI, Rimedi contro la negligenza, cit., p. 57 ss.
25
G. PACCHIONI, Dei delitti e quasi delitti, in Diritto civile italiano, IV, Padova, 1940, p. 110.
26
G. PAOLI, La responsabilità del legale, cit., p. 21, considera questo calcolo astratto «sicuramente
sbagliato».
27
M. BOCCHIOLA, Perdita di una “chance”, cit., p. 94.
28
M. BOCCHIOLA, op. loc. cit.
29
M. BOCCHIOLA, op. loc. cit.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 345

Tale intuizione non inciderà sugli orientamenti che le Corti elaboreranno


negli anni successivi, le quali rimarranno fedeli all’approccio metodologico se-
guito dalla sentenza del 1931. Lo «schermo della decisione giudiziale» conti-
nuerà a «deflettere le non poche perplessità verso una immunità di fatto assicu-
rata agli avvocati dalla probatio diabolica che se il comportamento fosse stato di-
30
ligente il risultato sarebbe stato favorevole al cliente» . Pur avendo progressiva-
mente superato le obiezioni derivanti dall’intangibilità del giudicato e le diffi-
coltà di prova dell’inadempimento derivanti dalla configurazione dell’attività pro-
fessionale come obbligazione “di mezzi”, anche la giurisprudenza successiva, nel-
l’ammettere la “prognosi postuma”, ovvero il giudizio ipotetico sull’esito vitto-
31
rioso della lite , richiederà la prova del sicuro e chiaro fondamento dell’azione
«che si intendeva promuovere o che era stata promossa e non fu diligentemente
coltivata», nel senso della «certezza morale che gli effetti di una diversa attività
32
del professionista medesimo sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente» .

3. A differenza della giurisprudenza italiana, in Francia, sia la Chambre civi-


le, sia la Chambre des Requêtes non hanno avuto difficoltà, fin dal 1889, ad
ammettere il risarcimento della chance perduta di poter intraprendere valida-
mente un processo, nel caso in cui un ufficiale giudiziario aveva notificato un
33 34
atto d’appello nullo o non l’aveva notificato per nulla . Rapidamente l’area
di risarcibilità si è estesa a ipotesi riguardanti la negligenza, l’imperizia o
l’imprudenza del professionista legale. È stato condannato a riparare il danno
causato al suo cliente l’avvocato che aveva impedito, con il suo comportamen-
to, di richiedere un’indagine, la quale avrebbe consentito di pervenire a un ri-
35
sultato favorevole , o il patrocinante che, incaricato di intraprendere un’azio-
ne contro un vettore aereo, aveva atteso il deposito di una perizia prima di
procedere ad un atto di citazione, lasciando spirare inutilmente il termine di
36
due anni previsto dalla Convenzione di Varsavia .
30
V. ZENO ZENCOVICH, La sorte del paziente, cit., p. 1.
31
Tale giudizio è ancora escluso da Trib. Roma, 3 marzo 1954, in Giust. civ., 1954, I, p. 726, il
quale afferma l’impossibilità, per il Tribunale, di «sostituire a priori il proprio giudizio ipotetico a
quello che il competente giudice d’appello avrebbe potuto pronunziare nella controversia inter par-
tes», atteso che «un normale giudizio ipotetico è sostanzialmente impossibile per quell’elemento di
imprevedibilità che è sempre insito in ogni processo civile».
32
Tra le tante, Cass., 28 aprile 1994, n. 4044, in Resp. civ. prev., 1994, p. 634 s. (il corsivo è ag-
giunto); in senso analogo, già Cass., 10 agosto 1991, n. 8728, in Corriere giur., 1991, p. 1319; Cass., 13
dicembre 1969, n. 3958, in Giust. civ., 1970, I, p. 404.
33
Req., 17 juillet 1889, in Sirey, 1891, I, p. 399, che rappresenta il leading case in materia; a cui
adde Req., 30 juin 1902, ivi, 1907, I, p. 436.
34
Cfr., ad es., Cass. civ., 2 juin 1969, in Bull. civ., 1969, I, p. 167, n. 206.
35
Cass. civ., 16 mars 1965, in Rec. Dalloz, 1965, Jur., p. 425, che rigetta il ricorso presentato con-
tro App. Paris, 16 mai 1963, ivi, 1963, Jur., p. 692, anche in Sem. jur., 1963, II, Jur., 13372.
36
App. Paris, 7 février 1979, in Vie judiciaire, 8 mars 1980.
346 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

A queste ipotesi vanno aggiunte quelle, classiche, del professionista forense


che ha notificato le sue conclusioni successivamente alla ordonnance de clôtu-
37 38
re , che ha interposto appello al di là del termine previsto per legge , che ha
39
depositato tardivamente le memorie , che ha perso la chance di successo di
un’azione per il disconoscimento della paternità perché proposta fuori termi-
40 41
ne , che non si è presentato a un’udienza , che ha provveduto a un rilancio
42
tardivo nel corso di un’asta , che ha trascurato di far valere le ragioni del pro-
43
prio assistito o che non ha proposto ricorso per cassazione, privando il suo
cliente delle chances che gli erano attribuite da una giurisprudenza che egli
44
non poteva ignorare nella sua qualità di specialista . In questi casi le Corti
hanno affermato la responsabilità del professionista legale per avere fatto per-
dere al proprio cliente le chances di poter ottenere la vittoria della causa in-
nanzi al giudice adito, in conseguenza della condotta negligente tenuta nel
corso del procedimento, o a quello che, a causa del suo comportamento col-
poso, non ha potuto conoscere della controversia. Questa giurisprudenza è
stata estesa a ogni errore commesso in occasione della redazione di un atto
giuridico o di un’attività, come nel caso del mandatario che ha fatto perdere la
45
chance di ottenere benefici fiscali , del banchiere che ha impedito al suo clien-
46
te di effettuare operazioni in borsa o del notaio che, redigendo un atto nullo,
ha fatto perdere all’acquirente o all’alienante la possibilità di trarre vantaggio
47
da una vendita .
I Tribunali, fin dall’inizio, non hanno avuto dubbi nel risarcire le condotte
negligenti dei patrocinanti e procuratori, anche perché sono stati in grado di
individuare i loro comportamenti colposi e di accertarne la gravità, di valutare
48
le ragioni dei clienti anche in riferimento al profilo giuridico e, quindi, di
stimare il danno subito. Essi si sono affidati «alla loro scienza e alla loro espe-
49
rienza […] per pesare la colpa dell’uomo di legge» . Tuttavia, con il prete-
37
In particolare, Cass. civ., 4 mars 1980, in Bull. civ., 1980, I, p. 59, n. 72, e in Sem. jur., 1980, IV,
p. 197.
38
Cass. civ., 8 décembre 1981, in Rec. Dalloz, 1982, Inf. rap., p. 212.
39
App. Paris, 25 mai 1987, in Rec. Dalloz, 1987, Inf. rap., p. 153.
40
App. Dijon, 27 janvier 1987, in Rec. Dalloz, 1988, Somm., p. 238.
41
Trib. inst. Nice, 22 décembre 1960, in Sem. jur., 1960, II, Jur., 11410, anche in Rev. trim. dr.
civ., 1960, p. 1960, con le osservazioni di H. et L. MAZEAUD.
42
App. Paris, 19 décembre 1949, in Rec. Dalloz, 1950, Somm., p. 33.
43
Cass. civ., 13 janvier 1942, in Rec. Sirey, 1942, I, p. 97.
44
Cass. civ., 18 novembre 1975, in Bull. civ., 1975, I, p. 274, n. 322.
45
Per un caso analogo, Trib. gr. inst. Versailles, 7 juillet 1971, in Journ. not., 1971, p. 1272.
46
App. Paris, 15 mars 1937, in Gaz. Pal., 1937, I, p. 956.
47
Un precedente è già in Req., 26 mai 1932, in Rec. Sirey, 1932, I, p. 387.
48
Così, H., L. MAZEAUD, A. TUNC, Traité, tome I, cit., p. 278, ove precisano che «lorsque la
chance perdue est celle de gagner un procès, les juges examinent ce que valait au fond ce procès et si
la décision attaquée aurait pu être transformée ou cassée; ils sont évidemment particulièrement com-
pétents pour se livrer à une pareille recherche».
49
P. LE TOURNEAU, L. CADIET, Droit de la responsabilité, cit., p. 187.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 347

50
sto di risarcire le sole chances perdute, le corti hanno posto in essere, soven-
te, una sorta di processo fittizio al fine di verificare le concrete possibilità di
vittoria che la parte danneggiata avrebbe avuto in presenza del comportamen-
to alternativo dovuto. Ad esempio, al cospetto di un appello irricevibile, esse
si sono chieste, a seguito dell’esame del merito della controversia, se i motivi
posti a fondamento dell’impugnazione erano seri e avrebbero potuto essere
51
accolti dalla Corte . Nel caso del mancato rilancio nel corso di un’asta da par-
te di un procuratore legale, i giudici hanno ricercato le chances effettive del
52
cliente di risultare aggiudicatario .
Il professionista responsabile della condotta negligente ha preso il posto
della controparte che il suo cliente non ha potuto perseguire. Le corti hanno
condannato il primo al risarcimento dei danni quando sono pervenute al con-
vincimento che l’assistito avrebbe effettivamente vinto la causa, qualora il pro-
53
cesso (mancato o perduto) si fosse svolto regolarmente , sulla base della nor-
male diligenza professionale. Esse si sono dimostrate inclini a negare il risar-
cimento ogni qual volta il patrocinante non abbia voluto utilizzare un vero e
proprio escamotage, come, ad esempio, proporre un ricorso con finalità esclu-
sivamente dilatorie, poiché ciò avrebbe significato «voler dare un premio a co-
54
loro che sono colpevoli di abusi procedurali» . Del pari, hanno rigettato l’istan-
za se sono giunte alla conclusione che la controversia sarebbe stata in ogni ca-
55
so perduta , mentre hanno limitato l’entità della riparazione alle sole spese e
56
competenze, se hanno accertato che la chance era «praticamente inesistente» .
Questo metodo di procedere delle corti è stato oggetto di vivaci contesta-
zioni, là dove si è rilevato che il giudizio sulla risarcibilità delle chances perse
in giudizio avrebbe potuto condurre a cose giudicate contraddittorie, rappre-
57
sentando un «modo indiretto di violazione del contenzioso» . Ma, come ac-
58
caduto anche nell’esperienza italiana , tale obiezione è stata superata affer-
mando sia che l’autorità della cosa giudicata non viene lesa da un tale modo di
procedere delle Corti, trattandosi di profili distinti, sia che una diversa solu-
zione avrebbe accordato un’inammissibile impunità all’operato dei professio-
59
nisti legali e degli ulteriori auxiliaires de justice . La Cassazione, secondo un
50
Cfr. Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 33.
51
App. Paris, 4 juillet 1977, in Sem. jur., 1978, II, Jur., 18975.
52
App. Paris, 19 décembre 1949, in Rec. Dalloz, 1950, Somm., p. 33.
53
Ad es., App. Reims, 26 avril 1976, in Sem. jur., 1977, II, Jur., 18549.
54
Così, App. Reims, 26 avril 1976, cit., 18549.
55
Cass. civ., 29 avril 1963, in Sem. jur., 1963, II, Jur., 13226, e in Rev. trim. dr. civ., 1964, p. 111,
n. 15, con il commento di A. TUNC.
56
Cass. civ., 11 mai 1964, in Rec. Dalloz, 1964, Jur., p. 517, e in Rev. trim. dr. civ., 1964, p. 739,
con le osservazioni di R. RODIÈRE; App. Poitiers, 12 novembre 1969, in Gaz. Pal., 1970, I, p. 8, e in
Rev. trim. dr. civ., 1970, p. 572, con il commento di G. DURRY.
57
Per questa dottrina, cfr. Y. CHARTIER, op. cit., p. 34, nota 192.
58
In questi termini, G. CATTANEO, op. ult. cit., p. 189.
59
Cfr. le osservazioni di G. DURRY, op. ult. cit., p. 573.
348 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

principio costantemente ribadito sia in dottrina sia in giurisprudenza, si rimet-


te al potere sovrano d’appréciation dei giudici del merito, evitando perfino di
60
rettificare gli errori di diritto eventualmente commessi da questi ultimi . E ciò
ha spinto a rilevare che «il ne serait pas bon que, puisque révision il peut y
avoir en fait, celle-ci puisse être opérée sans contrôle par la Cour de Cassation
61
des principes de droit appliqués» .

4. Una valutazione complessiva della giurisprudenza in materia ha indotto


62
a sottolineare come, talvolta, si sia verificata una vera e propria deviazione
63
dalla teoria della perdita di chances , poiché oggetto del risarcimento non è
stato questo danno, inteso nella sua identità e autonomia rispetto alla «posta
64
finale» , essendo stata condizionata la valutazione giudiziale sullo stesso an
respondeatur da un apprezzamento circa la fondatezza delle effettive possibili-
tà (fino alla certezza, in un senso o nell’altro) che la parte avrebbe avuto di
vincere in giudizio o, comunque, di realizzare il risultato finale. Ad esempio, la
Corte di Cassazione non ha avuto dubbi nel rigettare un ricorso avverso una
decisione che aveva rifiutato di tener conto, nella valutazione del danno risul-
tante dalla gestione fraudolenta di un portafoglio di valori mobiliari, della
perdita delle chances di guadagno del cliente, qualora tale gestione fosse stata
effettuata da un mandatario normalmente diligente, poiché ha giudicato tale
65
vantaggio economico come «ipotetico» . Così, essa ha approvato una deci-
sione nella quale si era negata la responsabilità di un ufficiale giudiziario che
non aveva notificato in tempo un atto di pignoramento presso terzi, perché il
66
soddisfacimento patrimoniale del creditore è stato giudicato improbabile .
Viceversa ha cassato una decisione che aveva condannato un assicuratore a risar-
cire il danno subito a causa del non rispetto di una clausola di défense-recours,
affermando che la Corte d’Appello avrebbe dovuto ricercare quali erano in con-
creto le chances di successo di tale azione, dovendo, di conseguenza, valutare
67
l’entità del danno risultante dalla perdita di tali chances . In questo caso la
Cassazione ha opportunamente trasferito la soluzione del problema dall’an re-
spondeatur al quantum, ritenendo essenziale un preciso accertamento quantita-
tivo delle chances perdute ai fini della corretta valutazione del danno.
60
Y. CHARTIER, op. cit., p. 34.
61
G. DURRY, in Rev. trim. dr. civ., 1973, p. 345.
62
Utilizza l’espressione «Sous le couvert d’évaluer la chance perdue», Y. CHARTIER, op. cit., p.
33. Discorre, invece, di «una vera e propria deviazione della teoria», anche se con esclusivo riferimen-
to al problema della responsabilità medica, F. CHABAS, La perdita di chance, cit., p. 230.
63
Afferma che «les règles du jeu sont quelque peu modifiées», Y. CHARTIER, op. cit., p. 33.
64
Questa locuzione è utilizzata da F. CHABAS, op. ult. cit., p. 228.
65
Cass. crim., 19 février 1975, in Bull. crim., 1975, p. 161, n. 59. V., altresì, Cass. civ., 25 octobre
1989, in Rec. Dalloz, 1990, Jur., p. 581; App. Paris, 15 juin 1983, ivi, 1983, Inf. rap., p. 502.
66
Cass. civ., 18 février 1997, in Bull. civ., 1997, I, n. 65.
67
Cass. civ., 10 juin 1986, in Rev. gén. ass. terr., 1986, p. 386.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 349

In tal senso si è rilevato che sarebbero individuabili due specifiche tenden-


68
ze giurisprudenziali che si contenderebbero il campo . Da un lato, vi sareb-
bero alcune decisioni le quali affermano che la condotta colposa del profes-
sionista o dell’auxiliaire de justice, al fine di giustificare la loro responsabilità,
debba aver fatto perdere alla vittima una chance «seria» di successo. E ciò in-
durrebbe i magistrati a valutare la vicenda nel merito e a rigettare la domanda
allorché stimino che la pretesa attorea aveva soltanto poche chances di essere
69
accolta . La constatazione del carattere «non serio» della chance diviene allo-
ra un ostacolo alla prova della certezza del nesso di causalità e alla possibilità
di una condanna, anche minima, del legale. Dall’altro, vi sono decisioni che,
muovendo dall’idea che un processo non è mai perso in partenza, essendo in-
trinsecamente aleatorio, hanno stabilito che il professionista debba essere con-
dannato comunque al risarcimento per la perdita di chances, anche se l’azione
proposta non aveva concrete possibilità di essere accolta.
La Cassazione, ad esempio, ha confermato la decisione dei giudici di meri-
to i quali, pur avendo accertato che il cliente non aveva alcuna chance di vede-
re riformata la decisione a lui sfavorevole, «hanno sovranamente valutato l’esi-
stenza e l’estensione del danno causato alla parte dall’errore del procuratore
legale, a seguito del quale l’atto d’appello non era stato formalizzato nei ter-
mini di legge, decidendo che questo danno era limitato alla perdita sia del di-
ritto di ricorrere alla procedura d’appello, sia dello strumento di pressione di
fatto che ogni attore è in diritto di utilizzare nell’esercizio di un’azione giudi-
70
ziaria» . Nello stesso senso si è deciso che, anche se risulti dall’esame della
causa e delle motivazioni dei giudici di primo e di secondo grado che la con-
troversia giudiziale non era semplice e che, «fin dall’origine, era votata all’in-
successo, appare certo il danno subito dalla parte per il fatto della mancanza
di difesa della quale è stata vittima innanzi alla corte d’appello, a causa dell’as-
senza dell’avvocato, poiché l’esposizione delle argomentazioni difensive […]
avrebbe obbligato la Corte a prenderle in considerazione, anche se per riget-
tarle, e la stessa sentenza, pur nell’ipotesi di una reiezione, avrebbe quanto
71
meno fatto perdere all’attore le illusioni sul valore dei suoi argomenti» . In
questa prospettiva si pone anche quella decisione nella quale, pur in presenza
delle contestazioni dell’avvocato che affermava che la chance del cliente era
«sans intérêt, ni portée pratique, l’action étant mal fondée, et destinée néces-
sairement à être rejetée», il professionista viene condannato a risarcire le chan-
ces perdute dal proprio cliente per aver fatto prescrivere il termine per inter-
68
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., p. 81.
69
Oltre a Cass. civ., 18 février 1997, cit., n. 65, e Cass. civ., 10 juin 1986, cit., p. 386, cfr. Cass.
civ., 18 juillet 1972, in Bull. civ., 1972, I, p. 164; App. Bordeaux, 16 juin 1992, in Sem. jur., 1992, IV,
p. 1769; App. Reims, 26 avril 1976, ivi, 1977, II, Jur., 18569.
70
Cass. civ., 19 octobre 1976, in Gaz. Pal., 1976, II, Pan., p. 274 s. Conf., App. Poitiers, 12 no-
vembre 1969, ivi, 1970, I, p. 8.
71
Trib. gr. inst. Nantes, 20 décembre 1977, in Rec. Dalloz, 1978, Inf. rap., p. 302.
350 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

porre appello, sulla base dell’osservazione secondo la quale «si ha sempre una
chance di vincere il peggiore processo e, viceversa, si corre sempre il rischio di
72
perdere la migliore causa» .
Le Corti si sono dimostrate propense a riparare i danni da perdita di chan-
ces anche laddove le probabilità di successo erano «praticamente inesisten-
73
ti» , pur avendo talvolta contenuto l’entità della riparazione alle sole spese so-
stenute. Più in generale, la giurisprudenza si è limitata ad accertare la presenza
di una condotta colposa e a verificare l’esistenza di un danno da perdita di
chances sulla base della constatazione, quasi sempre implicita, che la parte era
74
«en train de courir sa chance» . Nel caso di un professionista forense con-
dannato a risarcire il danno alla sua cliente per aver omesso di depositare le
conclusioni prima dell’ordonnance de clôture, la Cassazione ha confermato la
decisione limitandosi ad affermare che la Corte d’Appello aveva stimato esat-
tamente, «nell’esercizio del potere sovrano d’appréciation appartenente ai giu-
dici di secondo grado, che se le conclusioni fossero state esaminate, sarebbe
stato certo che i giudici sarebbero stati indotti a valutare in un contesto diver-
75
so le argomentazioni invocate dal marito contro la moglie» . Questa aveva
una chance concreta di opporsi alla domanda di divorzio presentata dal coniuge,
76
mentre la condotta del legale «ha fatto perdere questa chance alla sua cliente» .
Pertanto, ogni tipo di condotta negligente che ha impedito l’avvio o
l’accoglimento di un’azione in giudizio può essere fonte del risarcimento dei
danni, nella misura in cui abbia privato il danneggiato di reali chances di rea-
77
lizzare un profitto o di evitare una perdita . Il numero limitato di tali chances
non deve essere considerato come un ostacolo all’accoglimento dell’azione ten-
dente ad accertare la responsabilità (sotto il profilo dell’an respondeatur) del
professionista legale o degli auxiliaires de justice. La maggiore o minore quan-
tità percentuale delle chances di successo rileva esclusivamente ai fini della va-
lutazione dell’entità del risarcimento del danno.

72
Trib. gr. inst. Aix-en-Provence, 27 novembre 1975, in Gaz. Pal., 1976, I, Jur., p. 262, entrando
nel merito in relazione al caso deciso, afferma che, nonostante «le Tribunal s’estime dans l’impossibi-
lité de déterminer ce qu’aurait jugé dans ces conditions la Cour; [...] selon la jurisprudence française,
la faute d’un piéton, renversé par une automobile [...] apparaît rarement imprévisible et irrésistible,
au point d’exclure totalement la responsabilité du gardien». Lo stesso tribunale (Trib. gr. inst. Aix-
en-Provence, 18 décembre 1975, ivi, 1976, I, Jur., p. 261), però, rigetta un’ulteriore richiesta di risar-
cimento affermando che, «Attendu que s’il y a toujours une chance de gagner le procès apparemment
le plus mauvais, cette chance en l’espèce était extrêmement faible au départ».
73
Cass. civ., 11 mai 1964, cit., p. 517; App. Poitiers, 12 novembre 1969, cit., p. 8.
74
Tale aspetto è sottolineato da G. VINEY, P. JOURDAIN, op. cit., p. 81.
75
Cass. civ., 4 mars 1980, in Sem. jur., 1980, IV, p. 197, afferma che «L’arrêt attaqué qui con-
damne notamment un avoué à verser des dommages-intérêts à sa cliente […] a estimé […] que si les
conclusions rejetées avaient été examinées, il était certain que la Cour d’Appel aurait été amenée à
apprécier dans un contexte différent les griefs invoqués par le mari contre son épouse».
76
Cass. civ., 4 mars 1980, cit., p. 197.
77
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. cit., p. 72; Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 31.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 351

5. Nell’esperienza giuridica italiana, invece, in un periodo nel quale la giu-


risprudenza non aveva ancora pensato di ricorrere alla figura del danno da
perdita di chance, i termini del problema non sono cambiati neanche con il
successivo passaggio dal parametro della «certezza morale» al più elastico cri-
terio della «ragionevole certezza» che, in presenza della condotta alternativa
dovuta dal professionista, il cliente avrebbe vinto in giudizio. Nel rigettare il
ricorso con il quale un lavoratore chiedeva il risarcimento del danno subito a
seguito della mancata impugnazione (per negligenza del sindacato) di una sen-
tenza a lui sfavorevole, la Cassazione ha confermato la decisione di secondo
grado che aveva escluso «la sussistenza del nesso causale tra il danno lamenta-
to dall’attore (licenziamento dichiarato legittimo in appello e conseguente re-
stituzione delle somme ricevute in esecuzione della sentenza di primo grado) e
la omissione colpevole del sindacato convenuto (mancata comunicazione al
78
difensore e alle parti della sentenza di appello)» . La Suprema Corte ha af-
fermato che «per la esistenza del detto nesso causale – richiesto sia per il risar-
cimento da fatto illecito sia per la responsabilità da inadempimento – non è
sufficiente provare che vi è stata una mancata impugnazione, ma occorre di-
mostrare altresì che alla proposizione dell’impugnazione avrebbe fatto seguito,
secondo una ragionevole previsione, il suo accoglimento, essendo la sentenza
79
impugnata erronea» . Sarebbe «solo l’accoglimento dell’impugnazione […]
che determina il danno costituito dal contenuto della sentenza che si sarebbe
impugnata, mentre nessun danno può ricollegarsi alla mancata proposizione del-
80
l’impugnazione, di per sé sola considerata» . Ai fini della prova della respon-
sabilità del professionista forense nel caso di omessa impugnazione, il cliente
«non può limitarsi a dedurre la astratta possibilità della riforma in appello in
senso a lui favorevole […], ma deve dimostrare l’erroneità di questa, oppure
produrre nuovi documenti o altri mezzi di prova idonei a fornire la ragionevo-
81
le certezza che il gravame, se proposto, sarebbe stato accolto» . Come si è ri-
levato, «la “ragionevole certezza” richiamata […] come parametro alla stregua
del quale operare l’accertamento del nesso di causalità, altro non può signifi-
82
care se non elevato grado di probabilità» . Tale criterio sarebbe intrinseca-
mente contraddittorio «nell’ammettere la prova di un ipotetico diverso svi-
luppo della vicenda processuale e, contemporaneamente, nel richiedere che
83
questa prova raggiunga il limite della certezza» .
Tuttavia, «il deciso “passaggio dal terreno della certezza a quello della
probabilità”», che nel frattempo si era verificato in altri settori della responsa-
78
Cass., 27 gennaio 1999, n. 722, in Danno e resp., 1999, p. 1123, con nota di A. LAZZARI, Perdita
di chances in giudizio: la responsabilità del sindacato per omesso appello da parte del lavoratore.
79
Cass., 27 gennaio 1999, n. 722, cit., p. 1123.
80
Ancora Cass., 27 gennaio 1999, n. 722, cit., p. 1123.
81
Cass., 27 gennaio 1999, n. 722, cit., p. 1123 (il corsivo è nostro).
82
N. COSENTINO, Colpa professionale, cit., p. 647.
83
N. COSENTINO, op. loc. ult. cit.
352 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

84
bilità professionale , nonché lo stesso declamato abbandono della teoria con-
dizionalistica quale modello di spiegazione causale, a favore dell’adozione di
85
modelli basati sull’id quod plerumque accidit , possono, eventualmente, essere
proficui soltanto in quelle ipotesi (invero infrequenti) nelle quali è possibile
dimostrare che la condotta negligente sia stata la causa della soccombenza in
giudizio. Ma in questo caso si è al di fuori della teoria della perdita di chances
e il professionista è tenuto a risarcire integralmente i danni patiti dal cliente. Il
problema verte su una diversa prova del nesso eziologico tra inadempimento e
danno, inteso nella interezza della posta finale (perdita del processo), e non
come perdita delle chances di conseguire un risultato favorevole. La prospetti-
va seguita è «esclusivamente quell[a] della causalità del comportamento del
86
professionista rispetto al mancato guadagno» o al danno emergente sofferti
dal cliente, allorché al «criterio della certezza degli effetti della condotta viene
87
sostituito quello della probabilità ed idoneità della condotta a produrli» . In
tal senso va interpretata quella giurisprudenza che, ammettendo la prova per
presunzioni, afferma che non occorre «che i fatti su cui si fonda la presunzio-
ne siano tali da far apparire l’esistenza del fatto ignoto come l’unica conse-
guenza possibile dei fatti accertati in giudizio», essendo «sufficiente che l’ope-
rata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di probabilità, con rife-
rimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui se-
88
quenza può verificarsi secondo regole di comune esperienza» .
La prova del nesso di causalità non viene messa in dubbio qualora la con-
dotta negligente del professionista abbia vanificato uno dei presupposti neces-
sari per il conseguimento di un vantaggio economico o abbia arrecato un dan-
no certo al “patrimonio”. Ad esempio, la giurisprudenza ammette il risarci-
mento integrale del danno provocato dall’avvocato che abbia notificato tar-
divamente l’opposizione a decreto ingiuntivo determinandone l’inammissibi-
lità, senza che nella fattispecie possa essere invocata la limitazione prevista
89
dall’art. 2236 c.c., qualora «deve ragionevolmente presumersi» che la sud-
detta opposizione, ove proposta nel termine, avrebbe potuto essere accolta.
Giocano, inoltre, in ordine all’esistenza del nesso di causalità tra inadempi-
mento ed evento finale sia quelle decisioni che non hanno condannato il pa-
trocinante al risarcimento del danno nel caso di omesso esperimento dell’ap-
84
Si pensi, ad es., in tema di responsabilità del medico, al celeberrimo “caso Melis” (Cass. pen.,
Sez. IV, 7 gennaio 1983, in Foro it., 1986, II, c. 351), che poi darà luogo alla giurisprudenza c.d. del
30% (ad es., Cass. pen., Sez. IV, 17 gennaio 1992, n. 371, in Resp. civ. prev., 1992, p. 361 s., emble-
maticamente annotata da G. GIANNINI, La questione del nesso causale, la Suprema Corte e la strana
regola del ciò che accade nel minor numero dei casi).
85
Lo afferma N. COSENTINO, op. loc. ult. cit.
86
Pone in risalto solo l’aspetto del lucro cessante, C. SEVERI, Perdita di chance, cit., p. 335.
87
C. SEVERI, op. loc. ult. cit.
88
Già Cass., 18 settembre 1991, n. 9717, in Rep. Foro it., 1991, voce Presunzione, n. 5.
89
Trib. Roma, 11 ottobre 1995, in Danno e resp., 1996, p. 645, nel chiedersi «se la opposizione,
ove proposta nel termine, avrebbe potuto essere accolta», afferma che «la risposta è positiva».
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 353

90
pello , nel rilevare che «la mancata interposizione della impugnazione non
può di per sé generare responsabilità a carico dei difensori, occorrendo dimo-
strare che l’appello, qualora azionato, avrebbe avuto serie probabilità di acco-
91
glimento» ; sia quelle sentenze che hanno condannato il legale alla riparazio-
ne dei danni in ipotesi di omessa informazione riguardo alla data fissata per
l’udienza dibattimentale, facendo decadere il cliente dalla costituzione di par-
92
te civile nonché dalla possibilità di citare i testimoni ammessi , o che hanno
accertato che la condotta negligente del dottore commercialista aveva impedi-
to di proporre ricorso alla Commissione tributaria avverso un’ordinanza che
93
irrogava una sanzione pecuniaria . In questo caso la Suprema Corte, dimo-
strando di aver superato i criteri della “certezza morale” e della “ragionevole
certezza”, afferma che la responsabilità del professionista per il suo comporta-
mento (omissivo) ricorre quando è possibile formulare un «giudizio prognostico
di ragionevole probabilità» (ai sensi dell’art. 1225 c.c.), «alla stregua della legisla-
94
zione vigente già all’epoca in cui il ricorso avrebbe dovuto essere proposto» ,
sugli effetti vantaggiosi per il cliente di una diversa condotta non negligente.

6. La responsabilità contrattuale del professionista legale ha trovato un ul-


teriore limite proprio nell’accertamento dell’inadempimento. Trovandosi in
presenza di un’attività considerata come uno dei prototipi dell’obbligazione
“di mezzi”, egli s’impegna a eseguire una prestazione che deve essere impron-
tata al principio della diligenza professionale espresso dall’art. 1176, comma 2,
c.c. Giudicare responsabile il patrocinante sulla base dell’esito vittorioso o no
della lite equivarrebbe a trasformare – come si è affermato nella stessa espe-
95
rienza d’oltralpe – l’obbligazione di mezzi in un’obbligazione di risultato. Ai
fini della prova dell’inadempimento non sarebbe sufficiente neppure «dimo-
96
strare che la prestazione non è stata eseguita» , ma occorrerebbe accertare la
97
negligenza sulla base del modello di condotta desumibile dalla natura dell’at-
90
Trib. Milano, 25 marzo 1996, in Resp. civ. prev., 1997, p. 1170 ss.
91
Trib. Milano, 25 marzo 1996, cit., p. 1174.
92
Cass., 6 febbraio 1998, n. 1286, in Danno e resp., 1999, p. 441, con nota di A. FABRIZIO-
SALVATORE, La colpa professionale dell’avvocato: in crisi la distinzione tra obbligazioni di mezzi e di
risultato, e in Nuova giur. civ. comm., 1999, I, p. 358 ss., commentata da S. LEPRE, Nuovi spunti in
tema di responsabilità civile dell’avvocato.
93
Cass., 5 giugno 1996, n. 5264, in Danno e resp., 1996, p. 582, con nota di E. BRUNETTI, Respon-
sabilità del commercialista per mancata presentazione del ricorso alla Commissione tributaria.
94
Cass., 5 giugno 1996, n. 5264, cit., p. 582 (il corsivo è aggiunto). Il modello probabilistico è poi
ribadito da Cass., 6 febbraio 1998, n. 1286, cit., p. 441 ss., anche in Danno e resp., 1998, p. 343 ss.,
con nota di F. MAGNI, Responsabilità dell’avvocato per negligente perdita della lite tra certezza e pro-
babilità di un diverso esito del giudizio.
95
F. CHABAS, Vers un changement de nature de l’obligation médicale, in Sem. jur., 1973, I, Doctr.,
2541.
96
F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, Droit civil. Les obligations, cit., p. 452.
97
F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, op. loc. ult. cit.
354 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

tività esercitata e dal particolare contenuto della prestazione, cioè la sua non
diligente esecuzione ai sensi della regola generale, valida per ogni tipo di ob-
98
bligazione, prescritta dagli artt. 1218 e 2697 c.c. .
Tale prova diventerebbe un ostacolo quasi insormontabile per quanto ri-
guarda le opzioni tecniche della prestazione professionale, quali, ad esempio,
le personali determinazioni in ordine alle argomentazioni giuridiche poste a
fondamento della linea difensiva, l’interpretazione dei fatti, la scelta e l’assun-
zione dei mezzi di prova, ecc. Il principio di libertà che è a fondamento delle
99
attività professionali renderebbe rigorosa la prova della negligenza, mentre,
allorché «la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale dif-
ficoltà» (art. 2236 c.c.), la responsabilità del prestatore d’opera è espressamen-
100
te limitata ai casi di dolo o di colpa grave . Tuttavia, riguardo alla sfera di
operatività dell’art. 2236 c.c., la giurisprudenza tende opportunamente a cir-
coscrivere tale norma a quelle ipotesi nelle quali «l’impegno intellettuale ri-
chiesto […] sia superiore a quello professionale medio, con conseguente pre-
supposizione di preparazione e dispendio di attività anch’esse superiori alla
101
media» . In questi casi si verifica un’inversione dell’onere probatorio poiché
la dimostrazione di «quel “quid pluris” comportante una attenuazione della
normale responsabilità», per «costante giurisprudenza di legittimità, incombe-
102
rebbe del resto al professionista» .
Qualora, invece, il legale incorra in condotte palesemente negligenti (ricor-
si per cassazione o appelli interposti oltre i termini, omessa informazione alla
parte ai fini della costituzione di parte civile, atti nulli o irricevibili, comporta-
menti difensivi che incorrono nel sistema delle preclusioni, ecc.) l’orientamento
103
in tema di prestazioni professionali di facile esecuzione , che può trovare appli-
cazione anche in tema di attività forense, può permettere di dedurre presuntiva-
104
mente l’inadempimento dalla dimostrazione dell’insuccesso della prestazione ,
salvo la prova contraria che l’omissione sia stata causata dal fatto del terzo, del
98
Per tutti, M. ZANA, voce Responsabilità del professionista, in Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma,
1991, p. 5.
99
In argomento, G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, in Il codice civile commentato,
diretto da P. Schlesinger, Milano, 1987, p. 199; F. CAFAGGI, voce Responsabilità del professionista, in
Dig. Disc. Priv., IV ed., Sez. civ., XVII, Torino, 1998, p. 168; D. CAVALLARO, Il prestatore d’opera
intellettuale e le obbligazioni di risultato, in Giust. civ., 1994, I, p. 539 ss.
100
Cfr. Cass., 19 novembre 1992, n. 12364, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 1637, con nota di M.C. TRA-
VERSO, Appunti sulla responsabilità del professionista legale.
101
Cass., Sez. II, 23 aprile 2002, n. 5928, in Danno e resp., 2003, p. 68 s., con nota di A. BONETTA,
Per la serie “Anche gli avvocati piangono”: il procuratore risponde della nullità dell’atto di citazione.
102
Cass., Sez. II, 23 aprile 2002, n. 5928, cit., p. 69.
103
Un primo revirement si è avuto con Cass., 21 dicembre 1978, n. 6141, in Foro it., 1979, I, c. 4,
che, pur riferendo i principi (fino ad allora) consolidati in tema di responsabilità del professionista
(sanitario), ha deciso che, qualora il paziente abbia dimostrato che l’intervento era di facile esecuzio-
ne, richiedendo non una particolare abilità, ma una ordinaria preparazione professionale, il risultato
peggiorativo doveva far presumere la non diligente esecuzione della prestazione.
104
In questi termini, già G. CATTANEO, La responsabilità, cit., p. 181.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 355

105
danneggiato o «da un evento imprevisto o imprevedibile» . Una volta accer-
tato il nesso eziologico tra la prestazione e l’evento dannoso, quando l’inter-
vento «non è di difficile esecuzione», l’esistenza stessa del pregiudizio confi-
gura, «a norma dell’art. 1218 c.c., una presunzione semplice in ordine all’ina-
deguata o negligente prestazione, spettando all’obbligato […] fornire la prova
106
che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo idoneo» . Il prin-
cipio generale in tema di responsabilità «opera come presunzione di colpa vin-
cibile con la dimostrazione che l’inadempimento è dipeso da una causa non
imputabile al debitore, da un evento cioè che ha determinato un’impossibilità,
che è liberatoria quando il sopravvenuto impedimento non è evitabile né su-
107
perabile con la diligenza richiesta al debitore» . In tal senso si è parlato di una
108
«semplificazione dell’onere probatorio del danneggiato» , mentre, più pro-
babilmente, si è in presenza di un’inversione dell’onere della prova, rispetto al
regime della responsabilità delittuale per colpa, che trova fondamento nella
disciplina dell’inadempimento. In questi casi il professionista forense «rispon-
109
de anche per la colpa lieve» .
Tale indirizzo ha avuto un nuovo impulso nel settore della responsabilità
del medico, nel quale l’ulteriore aggravamento della responsabilità (che da “sog-
gettiva” è divenuta, a tutti gli effetti, “oggettiva”) trova fondamento, proba-
bilmente, nell’esigenza di tutelare massimamente la persona avverso condotte
professionali colpose che possono ledere irrimediabilmente la sua integrità fi-
110
sio-psichica. Il declamato superamento della contestata distinzione tra obbli-
111
gazioni di mezzi e di risultato , che ha trovato il suo terreno d’elezione anche
nell’esperienza d’oltralpe, ove è stata considerata utile soltanto a fini pedago-
112
gici , ha favorito l’estensione dell’obbligazione di sécurité (che, nella specie, è
pur sempre un’obbligazione “di risultato”) – di là dagli originari limiti del
contratto di trasporto – anche al settore delle attività professionali, al fine di
113
rafforzare la tutela del creditore, oltre che nelle ipotesi nelle quali v’è l’ina-
114
dempimento di un’obbligazione d’informazione , allorché il danno è provo-

105
Cass., 11 marzo 2002, n. 3492, in Rep. Foro it., 2002, voce Professioni intellettuali: responsabili-
tà del professionista, p. 1644, n. 110.
106
Cass., 11 marzo 2002, n. 3492, cit., p. 1644, n. 110.
107
M. FORTINO, La responsabilità civile, cit., p. 105.
108
N. COSENTINO, Colpa professionale, cit., p. 646; A. FABRIZIO-SALVATORE, La colpa professio-
nale, cit., p. 444.
109
Cass., Sez. II, 23 aprile 2002, n. 5928, cit., p. 69.
110
Afferma che «l’idée d’obligation de sécurité […] conduit à dépasser la problématique des
obligations de moyens et de résultat», L. BOY, Note a Trib. gr. inst. Paris, 5 mai 1997 et 20 octobre
1997, in Rec. Dalloz, 1998, Jur., p. 560.
111
Così, anche se in tema di responsabilità medica, Cass. civ., Sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577, in
Danno e resp., 2008, p. 790, commentata da A. NICOLUSSI, Sezioni sempre più unite, cit., p. 871 ss.
112
L. BOY, op. cit., p. 560.
113
F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, op. ult. cit., p. 467.
114
Cfr., ad es., Cass., I Ch. civ., 25 février 1997, in Rec. Dalloz, 1997, Somm. comm., p. 319.
356 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

115
cato al paziente da una cosa (la protesi impiantata da un dentista, ad es.) , an-
116
che quando permanga incerta o ignota la causa dell’evento dannoso . In que-
sti casi è proprio la qualificazione in termini di «obbligazione di sécurité di ri-
117
sultato» che consente di engager la responsabilità del professionista, quando
«le constatazioni degli esperti non hanno permesso né di determinare, tra le
cause possibili della complicazione sopravvenuta, quella che ha assunto un
ruolo determinante nella realizzazione del danno [...], né di affermare che tale
118
pregiudizio è stato favorito dallo stato anteriore» della vittima. La stessa as-
119
senza «di un’imprudenza o di un’imperizia colposa imputabile» al professio-
nista non è sufficiente ad esonerarlo da responsabilità, allorché «i periti hanno
espressamente affermato l’esistenza di un nesso di causalità diretto» tra l’atti-
vità del medico e l’evento dannoso, anche là dove esso sia stato provocato da
un «incidente che è considerato come una complicazione sconosciuta alle pub-
blicazioni scientifiche, ma che non è imputabile allo stato anteriore della pa-
120
ziente» .
La violazione degli specifici obblighi di informazione del cliente (ad esem-
pio, sulle difficoltà di poter vincere in giudizio o su qualsiasi altra notizia che
potrebbe indurlo ad assumere un diverso atteggiamento in merito alla lite),
che sono considerati esplicazione ora del dovere di diligenza professionale
sancito ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., ora del dovere di buona fede ope-
rante nelle fasi della formazione e dell’esecuzione del contratto (ex artt. 1337 e
121
1375 c.c.) , comproverebbero la responsabilità del professionista anche qua-
lora egli adduca il diligente adempimento delle obbligazioni derivanti dal
mandato ricevuto. Queste obbligazioni, che assurgono a un ruolo sempre più
rilevante anche nell’esperienza francese, rappresentano espressione del gene-
122
rale dovere di cooperazione «esistente tra i contraenti» e riguardano sia le
123
obbligazioni de renseignement, sia quelle di mise en garde . Ma la giurispru-
denza italiana, nel caso di violazione degli obblighi di informazione da parte
115
Cass. civ., I Ch. civ., 9 et 29 octobre 1985, in Rec. Dalloz, 1986, Jur., p. 417 ss., con Note di J.
PENNEAU. Sul punto, J. HUET, Obligation du médecin dentiste: en principe de moyens, mais parfois de
résultat, ou la garantie contre les vices cachés d’une prothèse, in Rev. trim. dr. civ., 1996, p. 762 ss.
116
Trib. gr. inst. Paris, I Ch. civ., 5 mai 1997, in Rec. Dalloz, 1998, Jur., p. 559.
117
Effettuata da Trib. gr. inst. Paris, 5 mai 1997, cit., p. 559.
118
Trib. gr. inst. Paris, 5 mai 1997, cit., p. 559.
119
Trib. gr. inst. Paris, I Ch. civ., 20 octobre 1997, in Rec. Dalloz, 1998, Jur., p. 560.
120
Trib. gr. inst. Paris, 20 octobre 1997, cit., p. 560.
121
Per M. FORTINO, op. ult. cit., p. 83, l’obbligo di conoscenza, «quale traduzione concreta degli
obblighi di buona fede e correttezza, da un lato, adempie alla funzione di garantire il cliente, incapa-
ce di un’attività di controllo, dall’altro allarga il campo della definizione di esatto adempimento, limi-
tando correlativamente, ai fini del giudizio di responsabilità, il rilievo giuridico della diligenza alla
sola attività di esecuzione della prestazione, sulla quale possono incidere eventi estranei, qualificabili
come causa non imputabile».
122
F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, op. ult. cit., p. 361.
123
Su queste nozioni v. F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, op. loc. ult. cit., e, in giurisprudenza,
Cass. civ., 25 février 1997, in Rec. Dalloz, 1997, Somm. comm., p. 319.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 357

del difensore, ha seguito ancora una volta un indirizzo meno rigoroso di quel-
124
lo osservato in materia di responsabilità medica , nel richiedere che vada
«provato non solo il danno subito, ma anche il nesso eziologico tra esso e la
condotta del professionista [forense]», in quanto non sarebbe «ravvisabile al-
cuna essenziale diversità tra l’ipotesi di inesatto adempimento […] e l’ipotesi
125
di adempimento mancato» . L’affermazione della responsabilità impliche-
rebbe «la valutazione positiva che alla proposizione di una diversa azione, o al
diligente compimento di determinate attività sarebbero conseguiti effetti più
vantaggiosi per l’assistito, non potendo viceversa presumersi dalla negligenza
del professionista che tale sua condotta abbia in ogni caso arrecato un danno,
126
come pure, in caso di omesso svolgimento di un’attività professionale» .
Tale orientamento, che testimonia il favor di cui ha goduto l’avvocato ri-
spetto anche agli altri professionisti legali (dottore commercialista e notaio, ad
es.), trova ulteriore conferma in una sentenza della Terza Sezione civile della
Cassazione, la quale, disapplicando la regola aurea sancita dalle Sezioni Unite
127
civili in tema di prova dell’inadempimento , ha affermato che, anche là dove
la negligenza del difensore consista «nella omissione di incombenti processuali
elementari che certamente non presupponevano la soluzione di problemi tec-
nici di speciale difficoltà», come la tardiva od omessa costituzione del conve-
nuto, «incombe al cliente il quale assume di avere subito un danno, l’onere di
provare la difettosa od inadeguata prestazione professionale, l’esistenza del
danno ed il rapporto di causalità tra la difettosa od inadeguata prestazione pro-
128
fessionale ed il danno» . In particolare, per quanto riguarda l’adempimento
inesatto, il cliente avrebbe «l’onere di fornire la prova di idonei dati obiettivi
in base ai quali il giudice valuterà se, in relazione alla natura del caso concreto,
129
l’attività svolta dal professionista possa essere giudicata sufficiente» .
V’è da pensare, tuttavia, che questa sentenza abbia assunto un ruolo del
tutto episodico, sia perché viola il dictum delle Sezioni Unite in tema di prova
130
dell’inadempimento, che, sulla base del principio di riferibilità o di vicinanza ,
fa gravare sul debitore (e non sul creditore) l’onere di provare il fatto estintivo
dell’altrui pretesa, o l’avvenuto esatto adempimento; sia perché legittimerebbe
una giurisprudenza “speciale” per il solo professionista forense, del tutto con-
trapposta a quella esistente negli altri settori della responsabilità professiona-
131
le . Infatti, l’onere di provare il fatto estintivo dovrebbe gravare in ogni caso

124
Cfr., ad es., Cass. civ., Sez. III, 28 luglio 2011, n. 16543, in Danno e resp., 2012, p. 621 ss., con
nota di V. MONTANI, L’inadempimento medico per la (sola) violazione del consenso informato.
125
Cass., 7 agosto 2002, n. 11901, in Rep. Foro it., 2002, voce Professioni intellettuali, p. 1644, n. 116.
126
Cass., 7 agosto 2002, n. 11901, cit., p. 1644, n. 116.
127
Cass. civ., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, in Corriere giur., 2001, p. 1565 ss.
128
Cass., Sez. III, 18 aprile 2007, n. 9238, in dattiloscritto, pp. 1 e 3.
129
Cass., Sez. III, 18 aprile 2007, n. 9238, cit., p. 3.
130
Cass. civ., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567 s.
131
Ribadiscono le regole dettate da Cass. civ., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567 s.,
358 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

sul debitore, sia nel caso di interventi “facili” o di routine, sia nella soluzione
di problemi tecnici di speciale difficoltà, dovendo essere inteso l’art. 2236 c.c.
«come contemplante una regola di mera valutazione della condotta diligente
132
del debitore» .

7. Gli orientamenti affermatisi oltralpe hanno influenzato anche la giuri-


sprudenza italiana, dapprima in ordine alla responsabilità professionale del
dottore commercialista. La Cassazione, nel decidere un caso di responsabilità
professionale derivante dalla omessa impugnazione di avvisi di accertamento
fiscale notificati a un domiciliatario (il quale non li aveva recapitati in tempo
utile), ha condannato questi al risarcimento del danno considerando dimostra-
to il nesso di causalità tra condotta ed evento finale allorché si sia provata l’esi-
133
stenza di “ragionevoli probabilità” di successo dell’azione . Anche in questo
caso la Suprema Corte si è preoccupata di accertare la sussistenza del nesso
eziologico tra l’inadempimento e il danno, stimato nella sua interezza, giudi-
cando sufficiente che il risultato vantaggioso per il cliente si sarebbe realizzato
in assenza della condotta negligente, sulla base di una valutazione di “ragione-
vole probabilità” (e non di certezza morale o di ragionevole certezza), «non
essendo dato esprimere, in relazione ad un evento esterno già verificatosi, op-
pure ormai non più suscettibile di verificarsi “certezze” di sorta, nemmeno di
segno “morale”, ma solo semplici probabilità d’una eventuale diversa evolu-
134
zione della situazione stessa» . La Cassazione, censurando il ricorrente per
«il richiamo di precedenti di riferimento piuttosto datati», che non considera-
no l’evoluzione giurisprudenziale in tema d’individuazione del nesso di causa-
lità tra inadempimento della prestazione dedotta in contratto e danno, sottolinea
«l’esigenza di superamento della concezione tradizionale» e la necessità di pas-
sare «dal criterio della certezza degli effetti della condotta omessa a quello del-
135
la probabilità di essi e dell’idoneità della stessa a produrli ove posta in essere» .
Questa decisione, per un verso, ha risolto «il problema della causalità an-
cora una volta adottando i criteri elaborati dalla giurisprudenza in tema di
causalità di fatto», per altro verso, ha accolto la tesi della «certezza del nesso
136
causale, in relazione al danno da perdita di chance» . L’innovazione più rile-
vante, infatti, va rinvenuta non nella ratio decidendi, bensì nell’acquisita con-
sapevolezza che il «danno da mancata impugnazione» debba essere tenuto
«nettamente» distinto da quello derivante dalla «perdita della possibilità di

Cass., 13 aprile 2007, n. 8826, in tema di responsabilità medica, e Cass., 9 novembre 2006, n. 23918,
in Foro it., 2007, I, c. 71 ss.
132
Cass., 13 aprile 2007, n. 8826, cit.
133
Cass., 13 dicembre 2001, n. 15759, in Danno e resp., 2002, p. 393 ss.
134
Cass., 13 dicembre 2001, n. 15759, cit., p. 394 s.
135
Le espressioni tra virgolette sono di Cass., 13 dicembre 2001, n. 15759, cit., p. 394.
136
C. SEVERI, Perdita di chance, cit., p. 336.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 359

137
impugnazione» , cioè dalla chance di ottenere un vantaggio o di evitare un
danno. Con questa importante sentenza la giurisprudenza italiana ha afferma-
to, per la prima volta, la risarcibilità del danno da perdita di chances anche in
tema di professioni legali, sottolineando come tale danno consista nella perdi-
ta di «un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente
138
suscettibile d’autonoma valutazione» .
Tale orientamento ha ricevuto, in seguito, un felice esito. Nel confermare la
soluzione già prospettata in sede di obiter dictum, la Cassazione ha definitiva-
139
mente riconosciuto il danno da perdita di chances del professionista legale ,
sottolineando l’autonomia di tale figura. Ancora una volta, a fondamento della
decisione della Suprema corte v’è l’inadempimento di un dottore commercia-
lista riguardo all’incarico d’impugnare avvisi d’accertamento fiscale ritenuti,
dal cliente, «infondati ed illegittimi». La Corte d’appello di Milano, nel con-
fermare la soluzione proposta dal Tribunale di Como, aveva rigettato la do-
manda, pur avendo accertato la responsabilità professionale del commerciali-
sta «per negligente svolgimento dell’incarico quanto meno sotto due rilevanti
profili, ravvisati nel difetto dei motivi per i ricorsi alla Commissione di secondo
140
grado e nella tardiva proposizione per i ricorsi alla Commissione centrale» .
Ma i giudici d’appello avevano deciso che era «rimasto indimostrato che, ove
il professionista avesse svolto diligentemente l’attività richiestagli, gli effetti di
essa sarebbero stati, con ragionevole probabilità, vantaggiosi per i clienti; [...] che
non risultassero, pertanto, provati né il nesso causale tra inadempimento e dan-
141
no né la sussistenza stessa del danno e della sua riferibilità all’inadempiente» .
Nel proporre ricorso per cassazione, il cliente, pur avendo riferito, in modo
poco pertinente, il vizio di motivazione alla violazione art. 2043 c.c. (trattan-
dosi, nella specie, di responsabilità contrattuale), aveva sottolineato come la
sentenza d’appello, nonostante avesse ravvisato l’inadempimento del profes-
sionista alle obbligazioni derivanti dall’incarico professionale, non aveva, poi,
riconosciuto «il consequenziale danno subito dai clienti, omettendo di pro-
nunziarsi e/o di fornire adeguata motivazione sulla domanda d’accertamento
in ordine alla maggiore o minore possibilità d’esito favorevole dei ricorsi [...],
142
nonché in ordine alla perdita di chances comunque verificatasi» .
La Suprema corte, nell’accogliere il ricorso, cassa la sentenza d’appello ri-
chiedendo che le difese e i mezzi di prova prospettati come deducibili nelle
impugnazioni degli accertamenti fiscali de quibus «dovevano essere esaminati
dal giudice del merito [...] non in vista dell’acquisizione della certezza assoluta
137
Cass., 13 dicembre 2001, n. 15759, cit., p. 395.
138
Cass., 13 dicembre 2001, n. 15759, cit., p. 395.
139
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, in Dir. prat. trib., 2005, II, p. 10 ss., annotata da G.
VISINTINI, In tema di responsabilità professionale del commercialista per perdita di chances.
140
Cfr. Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 10.
141
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 10 s.
142
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 11.

13.
360 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

d’un esito positivo delle liti, con pretesa di deduzione ed allegazione di tutti gli
elementi necessari alla pronunzia sulle questioni [...], bensì formulando una
valutazione prognostica circa la sussistenza d’un consistente fumus boni iuris
143
o, se vuolsi, di serie ed apprezzabili possibilità di successo delle azioni» .
Nella sentenza impugnata si era «radicalmente esclusa la sussistenza di qual-
siasi obbligazione risarcitoria a carico del professionista per il danno cagionato
ai clienti, pur essendosi accertata la responsabilità dello stesso», sulla base della
«sola considerazione che gli attori-appellanti non avessero fornito la prova della
“ragionevole probabilità” di esito positivo dei ricorsi avverso gli accertamenti fi-
144
scali in discussione» . Ma tale impostazione non aveva tenuto conto «dell’evo-
luzione giurisprudenziale in tema d’individuazione del nesso di causalità tra ina-
dempimento della prestazione dedotta in contratto e danno», che è passata «dal
criterio della certezza degli effetti della condotta omessa a quello della probabi-
145
lità di essi e dell’idoneità della condotta stessa a produrli ove posta in essere» .
La Cassazione, inoltre, afferma con chiarezza che «Diversa dalla questione
del danno da inadeguata ed intempestiva impugnazione degli accertamenti è
la questione del danno da perdita di chances, che nella prima è implicitamente
146
contenuta come il meno nel più, ma dalla quale nettamente si distingue» .
Com’è stato ormai da tempo evidenziato, «tanto da autorevole dottrina quan-
to dalla giurisprudenza di questa Corte [...], la chance [...] non è una mera
aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed
economicamente suscettibile d’autonoma valutazione, onde la sua perdita, id
est la perdita della possibilità di conseguire un qualsivoglia risultato utile del
quale risulti provata la sussistenza, configura una lesione all’integrità del pa-
trimonio la cui risarcibilità è, quindi, conseguenza immediata e diretta del ve-
147
rificarsi d’un danno concreto ed attuale» .
Il risarcimento del danno da perdita di chances è esteso dalla Cassazione a
tutte le situazioni «che si determinano con la partecipazione ad una controver-
148
sia in sede di giustizia ordinaria, od amministrativa, o tributaria» . L’agire o
il contraddire, «anche indipendentemente dalle maggiori o minori possibilità
d’esito favorevole della lite e, tuttavia, com’è ovvio, con effetti tanto più consi-
stenti quanto più argomentate e valide siano le difese», offrono «in ogni caso,
frequentemente occasione, tra l’altro, di transigere la vertenza o di procrasti-
narne la soluzione o di giovarsi di situazioni di fatto o di diritto sopravvenute,
risultati che indiscutibilmente rappresentano, già di per se stessi, apprezzabili
149
vantaggi sotto il profilo economico» .
143
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 12 s.
144
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 11 s.
145
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 12.
146
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 13.
147
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 13.
148
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 13.
149
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 13.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 361

L’inadempimento di una delle parti «cui consegua la perdita, per l’altra, del-
la chance di intraprendere o gestire [...] una lite in sede giudiziaria, dal lato at-
tivo come da quello passivo, determina un danno per il quale non può, di re-
gola, porsi alcun problema di accertamento sotto il profilo dell’an, questo non
essendo revocabile in dubbio nell’ipotesi d’accertato inadempimento contrat-
150
tuale, ma solo, eventualmente, sotto quello del quantum» . Il danno da per-
dita di chances «va, infatti, liquidato in ragione d’un criterio prognostico basa-
to sulle concrete ragionevoli possibilità dei richiamati risultati utili, assumendo
come parametro di valutazione il vantaggio economico complessivamente rea-
lizzabile dal danneggiato diminuito di un coefficiente di riduzione proporzio-
nato al grado di possibilità di conseguirlo e deducibile, questo, caso per caso,
dagli elementi costitutivi della situazione giuridica dedotta od, ove tale criterio
risulti di difficile applicazione, con ricorso al criterio equitativo ex art. 1226
151
c.c.» .

8. Nell’ambito delle professioni legali, l’attività del notaio si è caratterizza-


ta, e non soltanto nell’ambito dell’opera di redazione di atti giuridici, per un
«rigoroso regime di responsabilità», cui è risultato «sempre più difficile sot-
152
trarsi» . La spiegazione risiede, secondo dottrina e giurisprudenza, nella stes-
sa peculiare funzione che connota la sua attività, la quale deve conformarsi sia
agli obblighi imposti dalle norme sull’ordinamento del notariato e dalle recen-
ti riforme che gli hanno attribuito nuove funzioni pubbliche (ad es., in materia
153 154
di esecuzioni e divisioni immobiliari e di omologazione di atti societari ),
sia «a tutte le disposizioni di diversa natura che riguardano l’esercizio del mi-
nistero notarile, siano esse volte a disciplinare in genere il rapporto di presta-
zione d’opera professionale (artt. 1176 e 2230 ss. c.c.), o siano esse più specifi-
camente dirette a garantire la serietà e la certezza degli atti giuridici, per un
interesse di natura pubblicistica che trascende quello concreto ed egoistico
155
delle parti» . La responsabilità del notaio, quindi, è ingaggiata non soltanto,
156
sul piano contrattuale , dall’inadempimento di obblighi di prestazione o di
protezione assunti nei confronti delle parti, dei diretti beneficiari dell’atto e
157
dei propri clienti, ma anche, sul piano extracontrattuale , dalla violazione del
150
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 13 s.
151
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 14.
152
M. D’AURIA, M. RIZZUTI, La responsabilità civile dell’avvocato e del notaio, in Giur. it., 2014,
p. 191.
153
Art. 76, comma 1, d.l. 21 giugno 2013, n. 69, conv. in l. 9 agosto 2013, n. 98; l. 17 febbraio
2012, n. 10; l. 3 agosto 1998, n. 302.
154
L. 24 novembre 2000, n. 340.
155
P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 779.
156
Per tutti, G. ALPA, Aspetti attuali della responsabilità del notaio, in Riv. not., 1984, p. 992.
157
Questa qualificazione è ribadita da Cass., 23 ottobre 2002, n. 14934, in Nuova giur. civ. comm.,
2004, I, p. 112. Non così, Trib. Monza, 17 novembre 2003, in Giur. merito, 2004, p. 680, che tende
362 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

«dovere di attenzione verso qualsiasi prevedibile attore che possa essere stato
158
danneggiato da atti o omissioni del professionista» .
La Cassazione, pur non ponendo formalmente in discussione la posizione
del notaio come “debitore di mezzi”, lo considera obbligato a «predisporre e
impegnare i mezzi di cui dispone, in vista del conseguimento del risultato vo-
luto dalle parti, sicché la sua opera non può ridursi a quella di un passivo regi-
stratore delle dichiarazioni altrui, ma deve estendersi ad un’attività preparato-
159
ria adeguata; senza necessità di uno specifico incarico delle parti» . Quale
che sia il regime di responsabilità (contrattuale o extracontrattuale), il suo ri-
gore discende da specifiche circostanze: gli obblighi «nascono anche in assen-
za di uno specifico incarico, la sua condotta diligente deve tendere al miglior
risultato per le parti, ed i terzi devono comunque poter confidare sull’affidabi-
160
lità del suo operato» .
Per quanto attiene allo standard di condotta esigibile, gli obblighi del no-
taio «vanno ben al di là della diligenza media», dovendo egli garantire anche
«il compimento delle attività preparatorie e successive necessarie per il conse-
161
guimento del risultato voluto dalle parti» . L’esame della giurisprudenza di-
mostra come si individui nel notaio il «soggetto che si deve assicurare per il
ristoro di qualsiasi danno», a cui «si impone la responsabilità relativa come in-
centivo ad assicurarsi per l’“errore” professionale, il quale diviene sempre più
162
indipendente dalla colpa, e sempre più oggettivo» . Così se, da un lato, la re-
sponsabilità è stata limitata, nel caso di atti invalidi, ai soli casi di nullità ine-
quivoca ed assoluta, con esclusione delle ipotesi di nullità relativa, di annulla-
163
bilità e di inefficacia stricto sensu , dall’altro il notaio è stato giudicato re-
sponsabile, anche là dove sia stato incaricato soltanto della redazione di un de-
terminato atto, della corretta esecuzione di tutte le indagini volte a garantire la
libertà del bene da passività od oneri non dichiarati dalle parti. L’eventuale
responsabilità del venditore per la mendace dichiarazione con la quale abbia
assicurato la libertà dell’immobile trasferito concerne il solo rapporto con
l’acquirente, ma non elide la responsabilità del professionista nei confronti di
164
quest’ultimo . Inoltre il notaio, obbligato ad accertare, attraverso la consul-
tazione dei registri catastali e immobiliari, l’effettiva “intestazione” del bene in
capo al cedente e l’assenza di trascrizioni o iscrizioni pregiudizievoli, può esse-
re considerato responsabile, pur in assenza di uno specifico incarico, nei casi

ad estendere l’applicabilità delle norme in tema di responsabilità contrattuale anche a soggetti diversi
dalle parti contrattuali in forza della teoria del contatto sociale.
158
P.G. MONATERI, op. loc. cit.
159
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 780.
160
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
161
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
162
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 785.
163
Per tutte, Cass., 11 marzo 2011, n. 5913, in Resp. civ. prev., 2011, p. 1528; Cass., 9 dicembre 2010,
n. 24867, in Giust. civ., 2011, II, p. 348; Cass., 11 novembre 1997, n. 11128, in Riv. not., 1998, p. 493.
164
Cass., 12 novembre 1980, n. 6073, in Vita not., 1981, p. 728.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 363

165
di evizione . E può essere condannato a risarcire il danno anche in forma
specifica (per quanto tale norma sia esplicitamente dettata con riguardo alla
responsabilità extracontrattuale) mediante la cancellazione delle formalità pre-
166
giudizievoli . Oggi, a differenza di quanto si era deciso in un recente passa-
167
to , il notaio non è più esente dall’obbligo delle visure anche allorché si sia
limitato ad autenticare le firme delle parti contraenti poste in calce ad una
168
scrittura privata predisposta dalle stesse . Così, può essere considerato respon-
sabile anche là dove vi sia stata una particolare difficoltà pratica nella con-
sultazione dei registri (essendo inapplicabile l’art. 2236 c.c., poiché si tratta,
169
nella specie, di un problema di diligenza, e non di perizia) o allorché gli stessi
non siano stati aggiornati, in quanto comunque tenuto ad informare le parti ed
170
a renderle consapevoli dei rischi conseguenti alla stipula dell’atto . L’indagi-
ne del notaio deve riguardare l’intero ventennio anteriore alla stipula, senza
171
fermarsi alla data dell’eventuale ultimo atto . Anche l’espresso esonero da ta-
li obblighi non sempre potrà avere una piena efficacia liberatoria, non poten-
do assurgere a mera clausola di stile: la dichiarazione deve provenire da tutte
le parti coinvolte nell’atto, che siano state adeguatamente informate sui rischi
ai quali si espongono, e dovrà essere sorretta da motivazioni serie, come, ad
es., i particolari motivi d’urgenza che hanno indotto le parti a stipulare
172
l’atto . In ogni caso il professionista non è esonerato da responsabilità allor-
ché, con la diligenza di cui al comma 2 dell’art. 1176 c.c., avrebbe potuto esse-
re in grado di rilevare o, anche soltanto, di sospettare l’esistenza di formalità
173
pregiudizievoli dell’interesse delle parti .
Il notaio è tenuto ad adempiere tempestivamente – ma, in assenza di un
termine di legge, la diligenza dovrà essere valutata caso per caso, secondo le
174
circostanze – alle formalità successive alla stipula dell’atto al fine di garanti-
re la sua opponibilità nei riguardi di terzi (ad es., trascrizione o iscrizione nei
pubblici registri; notifica al debitore ceduto), anche nel caso di mancata anti-
175
cipazione, da parte del cliente, delle relative spese . Infatti il notaio, in pre-
senza del diniego del cliente di procedere al deposito delle tasse, degli onorari
165
Ad es., Cass., 30 gennaio 2013, n. 2219, in Guida al dir., 2013, 15, p. 48; Cass., 28 novembre
2007, n. 24733, in Vita not., 2008, I, p. 356.
166
Cass., 16 gennaio 2013, n. 903, in Foro it., 2013, I, c. 1178; Cass., 3 gennaio 1994, n. 6, in Foro
it., 1994, I, c. 1783.
167
Cass., 22 marzo 1994, n. 2699, in Giust. civ., 1994, I, p. 2217.
168
Per la giurisprudenza, cfr. M. D’AURIA, M. RIZZUTI, op. loc. cit.
169
Cass., 27 ottobre 2011, n. 22398, in Vita not., 2012, I, p. 367.
170
Cass., 26 gennaio 2004, n. 1330, in Giust. civ., 2005, I, p. 808.
171
Cass., 2 marzo 2005, n. 4427, in Foro it., 2005, I, c. 2045.
172
Per la giurisprudenza si rinvia a M. D’AURIA, M. RIZZUTI, op. cit., p. 191 s.
173
Cass., 2 luglio 2010, n. 15726, in Guida al dir., 2010, 35, p. 47; Trib. Bari, 16 marzo 2004, in
Foro it., 2004, I, c. 1930.
174
Cfr., ad es., Cass., 19 gennaio 2000, n. 566, in Vita not., 2000, p. 503; Cass., 24 ottobre 1988, n.
5756, ivi, 1988, p. 1286.
175
Cass., 16 gennaio 2013, n. 904, in Riv. not., 2013, p. 929.
364 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

e delle spese, potrebbe legittimamente (ai sensi dell’art. 28 ord. not.) rifiutare
il suo ministero. Ma, allorché abbia comunque accettato di procedere al rogi-
to, non potrà sottrarsi agli adempimenti previsti dalla legge, incorrendo, in ca-
so contrario, nelle sanzioni previste nei confronti dell’erario e nell’obbligo del
risarcimento dei danni nei riguardi delle parti.

9. Questi dati dimostrano come, malgrado si sia proposto uno statuto uni-
176
tario della responsabilità professionale , fondato su «almeno due caratteri
177
comuni» , quali l’intrinseca aleatorietà del conseguimento del risultato e l’asim-
metria informativa tra le parti, pur nell’ambito delle stesse professioni legali la
posizione del notaio risulta valutata con maggior rigore rispetto a quella
dell’avvocato, al punto che si è ravvisato il pericolo di «trasformare il notaio in
un assicuratore, tenuto a coprire ogni rischio, a prescindere dalle sue effettive
178
possibilità di controllo» . Ma un aggravamento della responsabilità profes-
sionale è intervenuta soprattutto in ambito sanitario, e non è da escludere che
179
questi orientamenti possano influire anche sulla responsabilità forense . Non
a caso, nello stesso anno (il 2004) è stata per la prima volta riconosciuta dalla
Cassazione la risarcibilità del danno da perdita di chance prima in tema di atti-
180 181
vità medica , poi nell’ambito delle professioni legali . Successivamente, le
Sezioni Unite della Cassazione hanno compiuto, pur sempre con riguardo agli
operatori sanitari, una vera e propria rivoluzione copernicana in materia di re-
sponsabilità professionale, in ordine sia alla prestazione, sia alla causalità. Sot-
to il primo profilo, la Suprema corte, nell’uniformare il settore della responsa-
bilità sanitaria al principio di riferibilità o di vicinanza alla prova, ha dichia-
182
rato ormai superata la partizione tra obbligazioni di mezzi e di risultato ed
ha invertito l’onere probatorio della stessa causalità, la quale, in presenza di
183
un «preteso danno», viene ad essere presunta (seppur iuris tantum). L’ac-
collo, al professionista, del rischio della causa ignota o inaccertabile ha indotto
176
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 779.
177
M. D’AURIA, M. RIZZUTI, op. cit., p. 185.
178
M. D’AURIA, M. RIZZUTI, op. cit., p. 192. Sul punto, A. FUSARO, Le tre – o troppe? – responsa-
bilità del notaio, in Riv. not., 2004, p. 1313 ss.
179
Sul punto, L. NOCCO, La responsabilità civile dell’avvocato, in Danno e resp., 2009, p. 302 ss.
180
Cass., Sez. III, 4 marzo 2004, n. 4400, in Danno e resp., 2005, p. 45 ss., con nota di M. FEOLA,
Il danno da perdita delle chances di sopravvivenza o di guarigione è accolto in Cassazione. Tra le tante
decisioni che hanno fatto seguito, si segnala, in particolare, Cass., Sez. III, 18 settembre 2008, n.
23846, in Dir. e giur., 2008, p. 581 ss., con il commento di M. FEOLA, La responsabilità del medico per
il danno da perdita delle chances di miglioramento della qualità e delle aspettative di vita del paziente.
181
Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 10 ss.
182
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, in Danno e resp., 2008, pp. 790 e 791.
183
Cass., Sez. III, 12 settembre 2013, n. 20904, in Danno e resp., 2014, p. 33, con nota di G.M.D.
ARNONE, La responsabilità medica verso la presunzione del nesso di causa, sulla scia di Cass. civ., Sez.
Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 792. In argomento, M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité, cit., p.
366.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 365

la dottrina a ravvisare il passaggio della prestazione sanitaria dalle obbliga-


184
zioni “di mezzi” a quelle “di risultato” . Sotto il secondo profilo le Sezioni
Unite civili, dovendo rispondere sia al necessario irrigidimento della causalità
185
in ambito penale intervenuto con la sentenza Franzese , sia ad un’articolata
186
ipotesi di soluzione proposta l’anno prima dalla Terza sezione civile , han-
no concluso per l’adozione, in ambito civile, del principio della preponderan-
ce of evidence (tradotto con l’espressione “più probabile che non”), e non, in-
vece, della regola “oltre ogni ragionevole dubbio”, valida soltanto in ambito
187
penale .
Malgrado la responsabilità medica continui a rappresentare un sotto-si-
stema tendenzialmente autonomo rispetto a quella forense, non è da escludere
che anche quest’ultimo settore inizi ad avvertire gli effetti del mutato orienta-
mento giurisprudenziale. Pur senza esprimersi con la stessa chiarezza con la
quale si è pronunziata in materia di responsabilità medica e, soprattutto, senza
affrontare impegnativi discorsi di principio, la Cassazione, gradualmente, co-
188
mincia a distaccarsi dal «modello classico» , assumendo posizioni maggior-
mente rigorose.
Sotto il profilo della prestazione si inizia, pur «lentamente, faticosamente,
anche a causa degli ostacoli frapposti da opinioni dottrinarie consolidate», a
rientrare «nel modello generale» della responsabilità professionale, «che fa pe-
sare sul debitore una presunzione di colpa ogniqualvolta l’attività di quest’ul-
timo produca un risultato aberrante o comunque “anormale” (secondo l’id
189
quod plerumque accidit), non conforme al “risultato dovuto”» . Tale presun-
zione, tendente a ravvisare nella tecnica della prova prima facie un doveroso
190
alleggerimento della posizione del cliente creditore , nell’inquadrare la fatti-
specie in un’«obbligazione di mezzi con presunzione di colpa», consentirebbe
di restaurare la «corretta applicazione della norma generale dell’art. 1218 c.c.,
secondo la quale al debitore spetta di provare che l’inesattezza della presta-
191
zione è dipesa da causa a lui non imputabile» . Le conclusioni a cui perviene
la dottrina italiana risultano allineate ancora una volta all’esperienza francese,
la quale individua nella «présomption de faute» a carico del debitore, «suscet-
192
tibile di prova contraria» , la caratteristica comune alle due categorie “inter-
medie” rappresentate dalle «obligations de moyens renforcées» e/o dalle
184
A. NICOLUSSI, Sezioni sempre più unite, cit., p. 875; ed ora G.M.D. ARNONE, op. ult. cit., p. 40 s.
185
Cass. pen., Sez. Un., 10 luglio 2002, in Foro. it., 2002, II, c. 619 ss.
186
Cass., Sez. III, 16 ottobre 2007, n. 21619, in Corriere giur., 2008, p. 35 ss.
187
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 581, in Altalex, n. 2253 del 13 settembre 2008, p. 12 s.
188
Così, P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 776.
189
A. PERULLI, Il lavoro autonomo. Contratto d’opera e professioni intellettuali, in Tratt. di dir. civ.
e comm. Cicu e Messineo, continuato da Mengoni, Milano, 1996, p. 577 s.
190
Già F. GALGANO, Contratto e responsabilità contrattuale nell’attività sanitaria, in Riv. trim. dir.
e proc. civ., 1984, p. 716 ss.
191
R. FAVALE, La responsabilità civile, cit., p. 163.
192
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., III éd., 2006, p. 519.
366 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

193
«obligations de résultat atténuées» . Tuttavia, da un lato v’è l’esigenza di «ne
194
pas confondre la présomption de faute avec l’obligation de résultat» , proprio
per la diversità dell’oggetto della prova che grava sul debitore (colpa o caso
fortuito). Dall’altro, v’è da sottolineare che la stessa dottrina francese ha inteso
195
considerare la faute contrattuale come «la storia di un concetto falso» , «inutile
196
e superato» . Le differenze strutturali e funzionali tra le due specie della respon-
sabilità civile spiegherebbero «perché il creditore non abbia bisogno di dimos-
trare la faute del debitore e un pregiudizio distinto dalla inexécution dell’obbli-
197
gazione contrattuale, essendo sufficiente che egli provi l’inadempimento» af-
198
finché «il suo diritto si prolunghi e fondi l’azione in giustizia» . Questa soluzio-
ne, che sgancia la responsabilità da inadempimento dal modello della respon-
199
sabilità delittuale per colpa , nell’allineare le responsabilità professionali al prin-
cipio di prossimità o di vicinanza alla prova, potrebbe comportare «indubita-
bilmente due vantaggi, anche in termini di “giustizia morale”»: dispenserebbe
il cliente dall’onere di provare la negligenza commessa dal debitore, prova che
invece è “vicina” a quest’ultima posizione e che è «resa spesso difficoltosa an-
che a causa di quella “conspiracy of silence tra professionisti talvolta denunciata
dalle Corti inglesi e dalla dottrina francese”»; preserverebbe, «in termini ragio-
nevolmente accettabili, la libertà del professionista intellettuale, il quale sarà
comunque esonerato da responsabilità adducendo la prova di eventi impeditivi
200
non ricollegabili a negligenza o imperizia» . Ma, allora, dietro la parvenza del-
l’inversione dell’onere della prova «sul punto della colpa, si giunge nella sostan-
201
za a trasformare una obbligazione di mezzi in una obbligazione di risultato» .
La giurisprudenza, pur non ponendo formalmente in dubbio l’inquadra-
mento delle obbligazioni inerenti l’attività professionale forense nell’ambito
delle «obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, as-
sumendo l’incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il
202
risultato desiderato ma non a conseguirlo» , oltre a rilevare la responsabilità
193
B. STARCK, H. ROLAND, L. BOYER, Droit civil. Les obligations, 2, Contrat, Paris, VI éd., p. 419;
F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, Droit civil. Les obligations, cit., p. 452.
194
C. LARROUMET, Droit civil, cit., p. 626.
195
Per tutti, P. RÉMY, La «responsabilité contractuelle»: histoire d’un faux concept, in Rev. trim. dr.
civ., 1997, p. 323 ss. L’orientamento trae spunto dalle pagine di D. TALLON, L’inexécution du contrat:
pour une présentation, ivi, 1994, p. 223 ss.; ID., Pourquoi parler de faute contractuelle?, in Écrits en
hommage à Gérard Cornu, Paris, 1995, p. 429 ss.
196
G. VISINTINI, Colpa contrattuale: un falso concetto?, in Contr. e impr., 2004, p. 16.
197
M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité, cit., p. 405 s.
198
G. VISINTINI, op. cit., p. 14.
199
Così M. FEOLA, op. ult. cit., p. 406 s.
200
A. PERULLI, op. loc. cit.
201
M. FRANZONI, Colpa presunta e responsabilità del debitore, Padova, 1988, p. 433.
202
Cass., Sez. III, 5 agosto 2013, n. 18612, in Danno e resp., 2013, p. 1090, con nota di R. CONTE,
Contrasti giurisprudenziali sul termine di prescrizione e responsabilità dell’avvocato, e in Giur. it., 2014,
p. 841 ss., commentata da R. FAVALE, Contrasto giurisprudenziale ed obbligo dell’avvocato di “seguire
la via più sicura”.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 367

dell’avvocato per l’omissione o il compimento di atti i quali, «di regola, non


203
richiedono speciale capacità tecnica» e sono riconducibili «a negligenze par-
204
ticolarmente connotate» – come quelli relativi all’omessa attività diretta ad
205
evitare la prescrizione del diritto , alla proposizione di un appello inammis-
206
sibile , alla perdita di titoli esecutivi da parte del professionista con conse-
207
guente mancato recupero dei relativi crediti , alla «inopinata e maldestra»
richiesta di prova testimoniale sulla esistenza di un contratto (di trasferimento
di azienda) soggetto a forma ad probationem, della quale «si sarebbe dovuto
208
fare a meno per meglio tutelare la posizione» del proprio cliente, alla man-
cata impugnazione della sentenza che ne determina il passaggio in giudicato,
all’omesso deposito di documenti (o della nota di trascrizione della domanda
209
giudiziale presso la conservatoria dei registri immobiliari) , alla mancata cita-
zione di teste in prova delegata, all’omessa indicazione delle prove indispen-
sabili per l’accoglimento della domanda, all’omessa partecipazione alla prima
udienza del procedimento di convalida di sfratto, alla mancata iscrizione a ruolo
210
dell’opposizione a decreto ingiuntivo , ecc. –, inizia ad assumere una posi-
zione più rigorosa, richiedendo al professionista una diligenza ed una perizia
211
qualificate, adeguate alla contingenza .
Così è stato condannato a risarcire i danni al cliente derivanti dal ritardo nel-
la conclusione della causa il difensore che, avendo dichiarato in corso di giu-
dizio erroneamente la sussistenza di una causa interruttiva del processo (nella
specie, l’avvenuta fusione per incorporazione della società patrocinata), abbia
212
provocato «un’ulteriore, sensibile dilazione della conclusione della causa» ,
non potendo costituire causa di esenzione da tale responsabilità il solo fatto
che sussistevano ritardi già accumulati durante il corso del giudizio, giacché il
sovrapporsi di nuove dilazioni ha aggravato le conseguenze dannose dell’illeci-
to. Così, anche con riguardo alle controversie di notevole difficoltà, tali da
esporre il cliente ad elevato rischio di soccombenza, il difensore è stato consi-
derato responsabile qualora abbia tenuto un comportamento inerte, poiché
«È indubbio che – anche e soprattutto con riferimento alle c.d. “cause perse”
(ammesso e non concesso che tale fosse quella di cui trattasi) – l’attività del
difensore, se bene svolta, può essere preziosa, al fine di limitare o di escludere
203
Cass., Sez. III, 5 agosto 2013, n. 18612, cit., p. 1090.
204
M. D’AURIA, M. RIZZUTI, op. cit., p. 186.
205
In argomento, R. FAVALE, La responsabilità civile, cit., p. 248 ss., e la giurisprudenza ivi cit.
206
R. FOFFA, Responsabilità professionale per la proposizione di un appello inammissibile, in Danno
e resp., 2007, p. 1115 ss.
207
Cass., 16 ottobre 1980, n. 5557, in Arch. civ., 1981, p. 35 s.
208
Cass., 18 maggio 2008, n. 3463, in DeJure on line.
209
Per la giurisprudenza, cfr. M. D’AURIA, M. RIZZUTI, op. loc. ult. cit.
210
Cass., 6 luglio 2010, n. 15861, in Resp. civ. prev., 2011, p. 381.
211
Testualmente, Cass., Sez. III, 5 agosto 2013, n. 18612, cit., p. 1090.
212
Cass., Sez. III, 6 agosto 2010, n. 18360, in Danno e resp., 2011, p. 743 s., con il commento di
D. COVUCCI, La responsabilità professionale dell’avvocato: l’evoluzione continua.
368 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

il pregiudizio insito nella posizione del cliente (se non altro sollevando le ecce-
zioni relative ad eventuali errori di carattere sostanziale o processuale della
213
controparte)» . Così si è considerato responsabile il legale che non ha inter-
posto appello avendo confidato nella conclusione di un accordo transattivo
(poi non più perfezionato proprio a seguito della mancata proposizione del
214
gravame) . Così si è deciso che l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale
(successivamente risolto dalle Sezioni Unite in senso sfavorevole al cliente del
legale), in ordine alla consistenza biennale e non quinquennale del termine di
prescrizione dell’illecito civile conseguente a un fatto di reato perseguibile a
querela, «non esime il professionista dall’obbligo di diligenza richiesto dall’art.
1176 c.c.» (non implicando la soluzione di problemi tecnici di particolare dif-
ficoltà ex art. 2236 c.c.), poiché «l’opinabilità stessa della soluzione giuridica
impone al professionista una diligenza ed una perizia adeguate alla contingen-
za, nel senso che la scelta professionale deve cadere sulla soluzione che con-
senta di tutelare maggiormente il cliente e non danneggiarlo e, dunque, nella
specie, egli è tenuto ad un comportamento (introduzione del giudizio e com-
pimento di atti interruttivi idonei) che sia riferito alla decorrenza del termine
215 216
più breve» . L’inedito obbligo dell’avvocato di “seguire la via più sicura”
mostra in maniera ancor più evidente la «progressiva erosione del tradizionale
principio secondo il quale l’obbligazione dell’avvocato è un’obbligazione di
217
mezzi e non di risultato» . Ma molti anni prima che la giurisprudenza delle
218 219
Sezioni Unite ufficializzasse il “commiato” dalla distinzione tra obbliga-
zioni di mezzi e di risultato, la stessa Cassazione aveva precisato come tale par-
tizione non avesse più «ragion d’essere perché i mezzi altro non sono che il
cosiddetto risultato immateriale dovuto, il quale, inteso in questo senso, non si
220
distingue dall’attività impiegata per ottenerlo» .
Soprattutto con riferimento agli incarichi specifici aventi ad oggetto la con-
sulenza stragiudiziale, la redazione di pareri e di contratti nonché i doveri
d’informazione e di dissuasione circa i rischi di soccombenza del cliente in un
221 222
possibile giudizio , dottrina e giurisprudenza discorrono sempre più fre-
213
Cass., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15717, in Danno e resp., 2011, p. 743.
214
Cass., Sez. II, 13 maggio 2011, n. 10686, in Danno e resp., 2012, p. 295 ss., con nota di L. BU-
GATTI, Mancata proposizione dell’appello e responsabilità del professionista forense.
215
Cass., Sez. III, 5 agosto 2013, n. 18612, cit., p. 1090.
216
In argomento, con pregevoli riferimenti comparativi al diritto tedesco, v. R. FAVALE, Contrasto
giurisprudenziale, cit., p. 847 ss.
217
A. MAZZUCCHELLI, L’avvocato, in F. MARTINI, A. MAZZUCCHELLI, M. RODOLFI, E. VIVORI,
La responsabilità civile del professionista, Torino, 2007, p. 209.
218
Cass. civ., Sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 790.
219
Così, già A. NICOLUSSI, Il commiato della giurisprudenza dalla distinzione tra obbligazioni di ri-
sultato e obbligazioni di mezzi, in Europa e dir. priv., 2006, p. 781 ss.
220
Cass., 22 marzo 1968, n. 905, in Foro it., 1968, I, c. 2207.
221
Cfr. R. FAVALE, La responsabilità civile, cit., p. 243.
222
Sul punto, A. FABRIZIO-SALVATORE, L’avvocato e la responsabilità da parere, in Danno e resp.,
2003, p. 219 ss.; e già G. MUSOLINO, Il contratto d’opera professionale, Milano, 2001, p. 101 ss.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 369

223
quentemente di un’obbligazione di risultato . La Cassazione, in proposito,
ha affermato che rientrano senz’altro nell’obbligo di diligenza dell’avvocato «i
doveri d’informazione, di sollecitazione e di dissuasione, ai quali il professio-
nista deve adempiere, così all’atto dell’assunzione dell’incarico come nel corso
del suo svolgimento, prospettando, anzi tutto, al cliente le questioni di fatto e-
o di diritto, rilevabili ab origine od insorte successivamente, riscontrate ostati-
ve al raggiungimento del risultato e-o comunque produttive d’un rischio di
conseguenze negative o dannose, invitandolo, quindi, a comunicargli od a for-
nirgli gli elementi utili alla soluzione positiva delle questioni stesse, sconsi-
gliandolo, in fine, dall’intraprendere o proseguire la lite ove appaia improba-
bile tale positiva soluzione e, di conseguenza, probabile un esito sfavorevole e
224
dannoso» . «A maggior ragione» incombe sull’avvocato «l’onere d’informare
il cliente in ordine alle questioni di fatto o di diritto che impediscano o renda-
no difficoltoso il perseguire la realizzazione di un determinato interesse ed ai
rischi ai quali possa esporre il tentativo di tale realizzazione», allorché l’inca-
rico professionale ricevuto ed accettato «abbia ad oggetto non un’attività giudi-
ziale conseguenza immediata e diretta del conferimento d’un mandato ad litem,
225
bensì un’attività stragiudiziale […] intesa alla formulazione d’un parere» . In
tal caso «neppure può ravvisarsi nella prestazione d’opera intellettuale pro-
messa un’obbligazione di mezzi, dacché l’opus richiesto rappresenta di per se
stesso la realizzazione dell’interesse perseguito dal cliente nel conferire l’inca-
rico, interesse che è, appunto, quello d’ottenere dal tecnico gli elementi di va-
lutazione necessari ed i suggerimenti opportuni onde poter adottare consape-
226
voli decisioni a seguito d’un apprezzamento ponderato di rischi e vantaggi» .
L’orientamento giurisprudenziale che ha fatto seguito a questa decisione
dimostra come, sulla scia di quanto accaduto in ambito sanitario, gli obblighi
d’informazione nei confronti del cliente inizino ad assumere un ruolo sempre
più notevole anche nell’ambito dell’esercizio della professione forense. V’è da
chiedersi se il più rigoroso indirizzo oggi esistente in materia di responsabilità
medica, secondo il quale il solo inadempimento dell’obbligo d’informazione
assume di per sé «valenza causale sul danno o sui danni subiti dal paziente»
anche là dove l’«atto terapeutico necessario» è stato «correttamente eseguito
227
secondo le regole dell’arte» , possa interessare anche l’attività forense. In pro-
posito v’è da rilevare, però, che tale regola non sembra suscettibile di un’auto-
223
Cass., 14 novembre 2002, n. 16023, in Danno e resp., 2003, p. 257.
224
Cass., 14 novembre 2002, n. 16023, cit., p. 257, che rappresenta il leading case in materia. Tra
le altre, Cass., 20 novembre 2009, n. 24544, in Rep. Foro it., 2009, voce Avvocato, n. 123, per la quale
il professionista forense è tenuto ad informare il cliente sulle conseguenze del compimento o del
mancato compimento degli atti del processo e, se del caso, a sollecitarlo nel compimento di essi ovve-
ro, sussistendo le condizioni, a dissuaderlo dalla loro esecuzione. Sul tema, M.R. TRAZZI, Responsabi-
lità dell’avvocato per violazione dell’obbligo di informazione, in Contr. e impr., 1999, p. 56 ss.
225
Cass., 14 novembre 2002, n. 16023, cit., p. 257.
226
Cass., 14 novembre 2002, n. 16023, cit., p. 257.
227
Cass., Sez. III, 28 luglio 2011, n. 16543, in Danno e resp., 2012, p. 625.
370 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

matica trasposizione nell’ambito di una responsabilità che produce conseguenze


dannose essenzialmente patrimoniali, se è vero che la stessa giurisprudenza
considera il diritto al consenso informato come un «vero e proprio diritto del-
la persona» che trova il suo fondamento, a sua volta, in «due diritti fondamen-
tali della persona: quello all’autodeterminazione e quello alla salute, al punto
che deve essere ritenuto un principio fondamentale in tema di tutela della sa-
228
lute» .
È probabile che la progressiva espansione degli standard di diligenza ri-
chiesti all’avvocato, così come, più in generale, l’intero processo di amplia-
mento della responsabilità professionale forense potrebbero subire un’improv-
visa accelerazione in virtù sia della considerevole estensione dei doveri deon-
229
tologici e degli obblighi di informazione e di aggiornamento, sia, soprattut-
to, dell’introduzione di un’assicurazione obbligatoria a copertura della re-
sponsabilità civile (art. 12, 31 dicembre 2012, n. 247), così come è accaduto in
tutti quei settori nei quali l’interferenza della struttura dell’illecito con i mec-
canismi assicurativi ha spinto le Corti ad una piena attuazione del principio di
riparazione integrale.

10. Il maggior rigore assunto nella valutazione del grado di diligenza esigi-
bile dal professionista forense, al punto che si discorre, quanto meno in alcuni
230
casi, di un’obbligazione che è non più di mezzi, bensì di risultato , diviene,
però, nella prassi, inversamente proporzionale rispetto al problema della (pro-
va della) causalità, che si rivela, da sempre, la vera questione essenziale da ri-
solvere. Talvolta, quanto più è evidente la condotta negligente dell’avvocato,
tanto più è difficile provare che essa sia stata la causa di un danno risarcibile.
Un esempio è dato soprattutto da quelle decisioni della Cassazione nelle quali,
pur essendosi ravvisato un’evidente negligenza dell’avvocato, che, nel dimen-
ticare di informare il cliente circa la soccombenza, aveva mancato di impugna-
re la sentenza sfavorevole determinandone il passaggio in giudicato, si esclude
che il professionista debba risarcire il danno, non avendo il cliente assolto
all’onere di provare che l’impugnazione, «ove proposta, avrebbe avuto con-
231
crete possibilità di essere accolta» . Questi non potrebbe «limitarsi a dedurre
228
Cass., Sez. III, 28 luglio 2011, n. 16543, cit., p. 623, sulla scia di Corte cost., 23 dicembre 2008,
n. 438, in Foro it., 2009, I, c. 1328.
229
Sulla violazione delle norme deontologiche quale fonte di responsabilità professionale nei ri-
guardi del cliente cfr. Cass., Sez. Un., 20 dicembre 2007, n. 26810, in Foro it., 2009, I, c. 3167, con
nota di G. SCARSELLI, La responsabilità civile del difensore per l’infrazione della norma deontologica.
Sul punto già V.L. MARTINI, La violazione di norme deontologiche quale fonte di responsabilità profes-
sionale dell’avvocato, in Nuova giur. civ. comm., 1998, I, p. 894 ss.
230
Per tutti, L. BUGATTI, Mancata proposizione dell’appello, cit., p. 299; D. COVUCCI, La respon-
sabilità professionale, cit., p. 751.
231
Cass., 29 settembre 2009, n. 20828, il cui testo è riprodotto in R. FAVALE, La responsabilità ci-
vile, cit., p. 263.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 371

l’astratta possibilità della riforma in appello di tale pronuncia in senso a lui fa-
vorevole», ma dovrebbe «dimostrare l’erroneità della pronuncia in questione
oppure produrre nuovi documenti o altri mezzi di prova idonei a fornire la ra-
gionevole certezza che il gravame, se proposto, sarebbe stato accolto […], se-
condo il criterio del “più probabile che non”, criterio ribadito da questa Corte
anche a Sezioni Unite – 581/2008 – poiché l’accertamento del rapporto di
causalità ipotetica derivante dalla condotta omissiva passa attraverso l’enun-
ciato “controfattuale” che pone al posto dell’omissione il comportamento al-
ternativo dovuto, alla luce del quale verificare se la condotta doverosa avrebbe
232
evitato il danno lamentato dal danneggiato» .
La felice sintesi con la quale la Suprema corte sintetizza, in maniera dida-
scalica, la dinamica del giudizio controfattuale non esime dal sollevare dubbi
sulla rapidità con la quale, in maniera incoerente, essa coniughi il criterio del
“più probabile che non” con un improbabile ritorno al modello della “certez-
za”, pur “ragionevole”. La confusione poi aumenta se ci si accorge che, nello
stesso anno (il 2009), qualche mese prima, la Cassazione, nel riferirsi ad orien-
tamenti estremamente datati e comunque superati dal dictum delle Sezioni
233
Unite del 2008 , aveva tentato di risolvere il problema della causalità riscopren-
do, addirittura, il criterio della “certezza morale”. Secondo questa pronunzia,
la responsabilità dell’avvocato sussisterebbe soltanto in presenza della «certez-
za morale che gli effetti di una diversa attività del professionista medesimo sa-
rebbero stati più vantaggiosi per il cliente, rimanendo, in ogni caso, a carico
del professionista l’onere di dimostrare l’impossibilità (a lui non imputabile,
234
della perfetta esecuzione della prestazione)» . Importante rilevare, però, co-
me la Cassazione, nella stessa sentenza, ribadisca l’autonomia del danno da
perdita di chances, rispetto ai problemi di un rapporto di causalità (con l’even-
235
to “finale”) inteso ora in chiave probabilistica , ora in termini di certezza
236
morale . Poiché la perdita di chances si configura «come concreta ed effettiva
occasione favorevole di conseguire un determinato bene, atteso che non costi-
tuisce una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giu-
ridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione», l’atto-
re ha l’onere di provare, «pur se solo in modo presuntivo o secondo un calco-
lo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il
raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita della

232
Cass., 29 settembre 2009, n. 20828, cit., p. 263.
233
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 581, cit., p. 12 s.
234
Cass., 27 maggio 2009, n. 12354, in R. FAVALE, op. ult. cit., p. 263 (da qui le ulteriori citazioni),
anche in Resp. civ. prev., 2009, p. 193 ss., con il commento di M. AZZALINI, Responsabilità professio-
nale dell’avvocato e risarcimento del danno: riflessioni su un curioso caso d’omessa informazione al
cliente, ed ivi, 2010, p. 819 ss., con nota di G. MUSOLINO, Responsabilità dell’avvocato per perdita
della chance di appellare la sentenza sfavorevole.
235
Secondo Cass., 29 settembre 2009, n. 20828, cit., p. 263.
236
Almeno secondo Cass., 27 maggio 2009, n. 12354, cit., p. 263.
372 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

237
quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta» .
Al fatto che la Cassazione abbia coniugato la figura del danno da perdita di
chances ad un criterio causale fondato sulla certezza morale non può essere at-
tribuito un significato decisivo. Ciò non vuol dire che la chance come danno
risarcibile (concezione, questa, che, secondo una certo Leitmotiv, assume il
nome di “tesi ontologica”) non sia compatibile con la teoria probabilistica del-
la causalità sancita dalle Sezioni Unite nel 2008. Infatti, altro è aver sostituito,
238
in ambito civile , al criterio della certezza quello della probabilità degli effetti
della condotta in ordine alla causazione dell’evento dannoso, altro è conside-
rare la perdita delle chances (secondo l’unica concezione storicamente verifi-
cabile, che è quella ideata dall’unanime esperienza francese) come un danno
autonomamente risarcibile.
Ecco che, allora, proprio la distinzione tra «il danno da mancata impugna-
239
zione» e il «danno da perdita della possibilità d’impugnazione» , tra il danno
consistente nella perdita del processo e quello che ha ad oggetto la perdita
delle chances di vincere in giudizio appare come il metodo più idoneo per ri-
sarcire il danno subito dal cliente in ipotesi di negligenze palesi dell’avvocato.
In questi casi, al fine di riparare il danno subito dal creditore dell’obbligazione
professionale, non è più necessario forzare la prova della causalità tra la con-
dotta colposa e la perdita della “posta finale” consistente nella soccombenza
in giudizio, sulla base di un blando criterio probabilistico, che in tema di re-
sponsabilità sanitaria è degenerato nell’inconsistente giurisprudenza del “tren-
240
ta per cento” . Una siffatta soluzione, oltre ad essere contestabile sotto il
profilo logico-giuridico, potrebbe produrre conseguenze eccessivamente gra-
vose per il professionista (e per il suo assicuratore). Allorché la causalità è “in-
241
certa” , il risarcimento della perdita di chances appare come una soluzione
maggiormente equa ed efficiente, perché idonea a distribuire proporzional-
mente il peso del danno tra il professionista negligente e il suo cliente.
Inizia a delinearsi, anche in tema di responsabilità del professionista legale,
una più precisa percezione del danno derivante dalla perdita della possibilità
di conseguire un risultato favorevole o di evitare un danno. Anche la dottrina
che si è espressa in questa specifica materia rileva come la perdita di chances si
caratterizzi per «il fatto che il pregiudizio non è la perdita della posta in gioco
242
(vittoria del processo), bensì la possibilità di conservarla» . Nel caso della lite
237
Cass., 27 maggio 2009, n. 12354, cit., p. 264.
238
In ambito penale, infatti, altra è la soluzione indicata da Cass. pen., Sez. Un., 10 luglio 2002, in
Foro it., 2002, II, c. 619 ss.
239
Così Cass., Sez. II, 22 novembre 2004, n. 22026, cit., p. 13 s.
240
Contra, identifica surrettiziamente la giurisprudenza del 30% con un «vero e proprio giochetto
illusionistico chiamato perdita di chance», C. VIAZZI, Perdita di chance nella responsabilità medica:
una questione ancora da definire, in Danno e resp., 2013, p. 591.
241
Parafrasando R. PUCELLA, La causalità «incerta», cit., passim.
242
G. DE FAZIO, Responsabilità del legale e perdita della chance di vincere il processo, in Resp. civ.
prev., 1997, p. 1179.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 373

in sede giudiziaria non è sempre «certo (o ragionevolmente certo) che il clien-


te, se correttamente assistito, avrebbe vinto il processo, ma è al contrario certo
che lo stesso cliente avrebbe avuto delle probabilità di vincere senza l’omissio-
ne del legale, [e] allora in tali casi egli ha diritto al ristoro di quest’autonoma
243
situazione giuridica (…) violata» . In tal senso bisogna distinguere «tra risul-
tato mancato e chance di conseguirlo», precisandosi che «con il termine chan-
ce non si indica affatto un vantaggio possibile – e conseguentemente un danno
244
eventuale e futuro – ma la probabilità di ottenere un risultato favorevole» .
La perdita di chances costituisce «un danno certo e presente poiché se è vero
che si ha il venir meno della possibilità di ottenere un futuro risultato favore-
vole, è pur vero che la chance viene persa nel momento stesso in cui si verifica
245
il comportamento dannoso» . Tale danno va tenuto distinto da quello consi-
stente nella perdita della posta finale nella sua interezza. Altrimenti si confon-
derebbe il risarcimento per la perdita del processo con la riparazione delle
246
chances di vincere in giudizio .
Questi due problemi devono essere tenuti separati, in ordine sia al profilo
teorico, sia, conseguentemente, agli aspetti della valutazione e della liquida-
zione. Pur accogliendosi la tesi che esclude che la perdita di chances possa es-
247
sere considerata un danno parziale , ma che ravvisa in tale figura comunque
248
un’applicazione del principio di riparazione integrale , il risarcimento deve
essere limitato – in relazione al quantum – all’entità delle chances che in con-
creto sono state effettivamente perse. In questo caso l’ammontare della ri-
parazione sarà comunque inferiore (in quanto proporzionato alla quantità di
chances perdute) a quello che potrebbe essere liquidato là dove si fornisca la
prova che l’inadempimento del professionista è la causa della soccombenza
in giudizio. Il termine chances al plurale, che già dai primi studi in materia si
249
è preferito utilizzare , indica con maggior precisione il rilievo quantitativo
e numerico che esse assumono nella valutazione e nella liquidazione del
danno.
Malgrado la perdita delle chances sia stata sovente confusa con la distinta
questione (della prova probabilistica) dell’esistenza del nesso di causalità tra
l’inadempimento e la soccombenza in giudizio, essa non può essere intesa co-
me una semplice «limitazione della pretesa risarcitoria e, al contempo, un al-
243
G. DE FAZIO, op. loc. cit.
244
G. DE FAZIO, op. cit., p. 1180.
245
G. DE FAZIO, op. loc. ult. cit.
246
Cfr. G. DE FAZIO, Responsabilità dell’avvocato: per la perdita del processo e per la perdita della
chance di vincere il processo, in Resp. civ. prev., 1998, p. 659.
247
Per tutti, Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 49, in nota 277. In giurisprudenza, tra le tante,
Cass. civ., 27 mars 1973, Cass., II Ch. civ., 9 mai 1973, e Cass., I Ch. civ., 9 mai 1973, in Sem. jur.,
1974, II, Jur., 17643; Cass. civ., 2 mai 1978, ivi, 1978, IV, p. 205; Cass. civ., 18 janvier 1989, in Rec.
Dalloz, 1989, Inf. rap., p. 32.
248
Cfr. G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 84 s.
249
M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., passim.
374 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

250
leggerimento dell’onere probatorio» . Il danno da perdita di chances non
può essere costruito quale pregiudizio “intermedio” di un’unica sequenza cau-
sale che collega la condotta negligente al preteso evento “finale”. Esso, invece,
251
«modifica l’oggetto del nesso di causalità» . Poiché la perdita di chances «è
252
una forma particolare di pregiudizio» , la riparazione deve essere ammessa
ogni qual volta il cliente apporti la prova che l’evento imputato al professioni-
sta legale abbia fatto venir meno almeno “una” chance reale, che egli era «en
253
train de courir» .
Nel caso della perdita di chances il nesso eziologico è egualmente certo:
non corre tra l’inadempimento e l’evento finale (nella specie, perdita del pro-
cesso), bensì tra la condotta negligente e le chances realmente perdute che il
cliente aveva di far valere le sue ragioni in giudizio. Nel caso del danno da per-
dita di chances «le regole causali rimangono invariate ma si modifica la struttu-
254
ra dell’illecito» . L’evento dannoso «non consiste nella lesione del bene con-
cretamente colpito [...] bensì nella chance, cioè nella possibilità, qualificata, di
255
raggiungere un certo risultato utile o evitare una conclusione sfavorevole» .
Il vero problema, quindi, non è quello della risarcibilità di tale danno in ordi-
256
ne all’an respondeatur , poiché esso è riparabile sulla base dell’inadempi-
mento o del ritardo (ex art. 1218 c.c.), ma è quello della sua quantificazione in
relazione al numero percentuale delle chances (da 0,1 a 99,9) che si stimino es-
sere state effettivamente perdute. La commisurazione della riparazione al pre-
giudizio realmente causato induce a considerare questa figura come uno stru-
mento giusto ed efficiente di valutazione dei competing interests delle parti,
espressione del principio di equivalenza tra entità del risarcimento e gravità
del danno e, quindi, della generale funzione di compensation della responsabi-
257
lità civile .
Il risarcimento del danno deve essere escluso soltanto nell’ipotesi in cui le
probabilità di successo sono eguali a zero, poiché è assolutamente certo che
l’azione non avrebbe avuto alcuna possibilità di essere accolta. Tale regola è
stata sancita dalla Assemblée Plénière della Cassazione la quale, nel conferma-
re la decisione della Corte d’Appello, ha escluso che l’avvocato fosse tenuto al
risarcimento del danno per la sua omissione colposa soltanto allorché il ricor-
258
so per cassazione «non presentava nessuna chance di successo» . In tutti gli
250
In questi termini, invece, N. COSENTINO, Colpa professionale, cit., p. 648.
251
P. SARGOS, Rapport a Cass. civ., 8 juillet 1997, in Sem. jur., 1997, II, Jur., 22921, p. 436.
252
Lo afferma F. CHABAS, La perdita di chance, cit., p. 231.
253
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 82.
254
V. ZENO ZENCOVICH, La responsabilità civile, in G. ALPA, M.J. BONELL, D. CORAPI, L. MOC-
CIA, V. ZENO ZENCOVICH, Diritto privato comparato, cit., p. 305.
255
V. ZENO ZENCOVICH, op. loc. ult. cit.
256
In questi termini, V. ZENO ZENCOVICH, op. loc. ult. cit.
257
Così, M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., p. 286 ss. e passim.
258
Cfr. Cass., Ass. plén., 3 juin 1988, in Gaz. Pal., 1988, II, Pan., p. 180, e il commento di P.
JOURDAIN, Le plaideur qui n’a aucune chance d’obtenir la cassation d’un arrêt ne subit pas de préjudice
LA RESPONSABILITÀ CIVILE NELLE PROFESSIONI LEGALI 375

259
altri casi, è possibile pronunziare una condanna anche «faible» , ma che sia
proporzionata alla quantità delle chances perdute. Qualora la pretesa della vit-
tima aveva anche soltanto qualche possibilità di successo, «il danno allora esi-
ste incontestabilmente» e deve essere risarcito, realizzando, altresì, una «fun-
260
zione di pena privata» .
La perdita delle chances attachées à un droit, che si caratterizza per un nes-
261
so di causalità certo e per l’esistenza di un pregiudizio «attuale» , esclude
che questo debba essere risarcito «come se» la pretesa in giudizio «fosse stata
262 263
accolta favorevolmente» . Non è possibile «cambiare il passato» . Il danno
risarcibile consiste nelle sole chances che si sono realmente perse di ottenere
264
un vantaggio o di evitare una perdita . Esse, per essere «serie», devono esi-
stere in numero superiore allo zero, e ciò è sufficiente a escludere che possano
265
essere considerate alla stregua di una «qualsiasi chimera» .

du fait de l’omission fautive d’un avocat aux Conseils de soutenir un pourvoi, in Rev. trim. dr. civ.,
1989, p. 82.
259
Cfr. G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 82.
260
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
261
Così, tra gli altri, P. LE TOURNEAU, L. CADIET, Droit de la responsabilité, cit., p. 186. V.,
altresì, H., L. MAZEAUD, A. TUNC, Traité, cit., p. 269.
262
P. LE TOURNEAU, L. CADIET, op. cit., p. 187.
263
P. LE TOURNEAU, L. CADIET, op. loc. ult. cit.
264
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. cit., p. 72; Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 31.
265
Testualmente, P. LE TOURNEAU, L. CADIET, op. loc. ult. cit.
376 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO SETTIMO

LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO


PER IL DANNO DA “NASCITA MALFORMATA”

SOMMARIO: 1. La responsabilità del medico nelle varie ipotesi di bébé préjudice. Il danno prena-
tale provocato da una condotta commissiva: in Francia e in Italia, il professionista è respon-
sabile in via contrattuale di tutti i danni, patrimoniali e non, arrecati sia al soggetto nato
malformato, sia ai genitori. – 2. L’omessa o erronea informazione quale inadempimento di
un’obbligazione “di risultato”. La nascita indesiderata di un bambino sano: la giurispruden-
za d’oltralpe e la Cassazione italiana, a differenza del BGH, escludono il risarcimento per
l’assenza di un interesse protetto. Critica. – 3. Il danno prenatale che consegue all’inadempi-
mento di un’obbligazione d’informazione. Il Conseil d’État e la Cassazione italiana, in origi-
ne, riconoscono il risarcimento dei danni a favore di entrambi i genitori, ma non del minore.
L’affermazione, da parte dell’Assemblée plénière, del principio dell’integrale risarcibilità dei
danni subiti dal fanciullo nato malformato. – 4. Segue. Critica della giurisprudenza italiana.
La propagazione intersoggettiva delle conseguenze dell’illecito: l’estensione del risarcimento
ai danni mediati e indiretti che costituiscono effetti normali (regolarità causale) del fatto. –
5. L’utilità di esaminare il dibattito d’oltralpe. Le critiche della dottrina francese all’arrêt
Perruche: le accuse di eugenismo e di eutanasia prenatale. Pur in presenza di differenti con-
dizioni, le esperienze francese e italiana riconoscono alla donna un “diritto” alla sua autode-
terminazione. I «pretesi diritti di nascere (o di non nascere, “andicappato”)». – 6. Segue. Il
pregiudizio dei genitori, quale danno par ricochet, presuppone la riparazione del préjudice
immédiat in capo al fanciullo andicappato. Il superamento dei rilievi mossi a tale tesi. – 7.
L’inadempimento dell’obbligazione d’informazione nei confronti della madre come “fatto”
idoneo a ingenerare la responsabilità dei sanitari. L’Assemblée plénière ravvisa una respon-
sabilità del medico che è contrattuale nei confronti dei genitori e delittuale avverso il bam-
bino. L’eventuale estensibilità degli effetti di protezione del contratto verso terzi. – 8. Il
rapporto di causalità. La scelta, dei sistemi francese e italiano, per la teoria della condicio si-
ne qua non induce a ravvisare nell’inadempimento degli obblighi d’informazione la “condi-
zione essenziale” del processo causale che, in assenza di fatti interruttivi, concorre a produr-
re l’evento dannoso consistente nella “nascita malformata”. – 9. Le tesi che escludono la ri-
sarcibilità del danno sofferto dal minore andicappato ora per l’assenza di un interesse pro-
tetto, ora perché lesivo del valore della dignità umana. Il richiamo alle «categorie antropo-
logiche fondamentali»: critica. L’interpretazione dell’art. 1 della l. n. 2002-303, detta anche
loi anti-Perruche. – 10. Il risarcimento del danno prenatale nel caso d’incertezza sulla deci-
sione che la donna avrebbe assunto. Le difficoltà di ricorrere ad una nozione soggettiva di
perdita di chance de décision. Il ruolo presuntivo delle condizioni legali che prevedono
l’aborto quale atto necessario a tutelare la salute della donna. – 11. L’evoluzione della giuri-
sprudenza italiana: il “danno esistenziale” dei genitori causato dalla tardiva diagnosi delle
378 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

malformazioni fetali della figlia. Dall’inesistenza del «diritto a non nascere se non sano»
all’affermazione del «diritto a nascere sano». Il fondamento e le ragioni dell’overruling. – 12.
Il revirement della Cassazione (n. 16754 del 2012) in tema di risarcimento del danno da
«nascita malformata». Essere o non essere, non era questo il problema: la critica di Cass. n.
14488 del 2004 e l’apprezzamento della «lunga e approfondita riflessione» contenuta nella
sentenza n. 10741 del 2009. – 13. Segue. La «condotta colpevole», la legittimazione sogget-
tiva, l’evento di danno e gli interessi tutelati. – 14. Segue. La «questione giuridica essenzia-
le»: la sussistenza del rapporto di causalità. – 15. Segue. Le responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale del medico e della struttura sanitaria (pubblica o privata) nei riguardi del-
la gestante e del minore. Il risarcimento del danno da «nascita malformata» come responsa-
bilità delittuale da inadempimento. La prestazione sanitaria tra obblighi di prestazione e
obblighi di protezione. I limiti alla “contrattualizzazione” della responsabilità. – 16. Segue.
L’onere della prova nella responsabilità delittuale da inadempimento. – 17. I danni (patri-
moniali e non patrimoniali) risarcibili. Il danno da «nascita malformata» quale causa di una
«esistenza diversamente abile».

1. La dottrina è solita ricondurre alle categorie della «naissance non dési-


1
rée» o del «bébé préjudice» una serie di ipotesi eterogenee nelle quali l’even-
to dannoso è ravvisato ora nella mera nascita indesiderata, ora nella lesione
dell’integrità psico-fisica del nascituro. In quest’ultimo caso si è parlato di
2 3
danno prenatale , di danno da procreazione e di danno al feto , e, da ultimo,
4
di danno da «nascita malformata» che è causa di un’esistenza diversamente
5
abile , proprio perché il rimedio risarcitorio, che è azionato pur sempre dopo
la nascita del neonato, ha ad oggetto non la naissance “contro volontà”, bensì
l’invalidità provocata – nella fase endouterina e comunque prima del distacco
del feto dal grembo materno – da una «faute dans l’excercice de l’art médical»
6
e/o dalla violazione degli obblighi d’informazione . Pur esaminando anche il
problema della nascita indesiderata, nella misura in cui presenta tematiche
comuni con il bébé préjudice, queste pagine tenteranno di approfondire so-
prattutto il controverso problema del danno prenatale che trova la sua “cau-
sa” nell’inadempimento del medico alle obbligazioni d’informazione. Tale fi-

1
Le due espressioni sono considerate equivalenti da J. ROCHE-DAHAN, Note a Cass., I Ch. civ.,
26 mars 1996, in Rec. Dalloz, 1997, Jur., p. 37, testo e nota 4. Distinguono, invece, la «naissance non
désirée» dalla «naissance d’un enfant handicapé», G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, II éd.,
1998, cit., pp. 12 e 14. Per un approfondimento, soprattutto bibliografico, di queste pagine, sia rinvia
a M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., pp. 294-366.
2
M. FEOLA, Violazione degli obblighi d’informazione, cit., p. 589 ss.; EAD., Essere o non essere,
cit., p. 392 ss.
3
Ad es., A. LISERRE, Mancata interruzione della gravidanza e danno da procreazione, in Corriere
giur., 2004, p. 1432; F. GALGANO, Danno da procreazione, cit., p. 537 ss.
4
La locuzione è stata introdotta da Cass., Sez. III, 2 ottobre 2012, n. 16754, in Nuova giur. civ.
comm., 2013, spec. p. 195.
5
Per questo collegamento, M. FEOLA, Il danno da «nascita malformata», cit., p. 103 s.
6
M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 294 s.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 379

gura denota peculiarità che involgono tanto i temi tradizionali della responsa-
7
bilità civile, quanto gli aspetti assiologici degli ordinamenti. Si è scelto di eleg-
gere il diritto francese a termine preferenziale di paragone, sia per le evidenti
affinità sistemiche esistenti con l’esperienza italiana, sia perché è in esso che si
è svolto il dibattito più significativo in materia.
Una soluzione ormai consolidata – e sulla quale, pertanto, non è necessario
soffermarsi – riguarda l’ipotesi nella quale la condotta commissiva del medico
assurga a causa del danno prenatale. Qualora il professionista sanitario leda il
feto, ad esempio, nel corso di erronei interventi ostetrici o d’interruzione della
gravidanza, egli dovrà risarcire integralmente i danni arrecati al fanciullo che,
una volta nato, sia affetto da un handicap permanente. Per principio, in Fran-
cia, ogni medico «è responsabile soltanto allorché una faute possa essere di-
mostrata a suo carico, cioè una condotta anormale, contraria alle obbligazioni
8
della sua professione» . Tuttavia, se accetta di praticare un’interruzione della
gravidanza, non avvalendosi della «clause de conscience» che gli permette di
9
rifiutare l’esecuzione di tale intervento , dovrà essere giudicato responsabile
allorché la sua condotta negligente, imprudente e/o imperita sia in rapporto di
causalità con l’evento dannoso. Il medico sarà tenuto a risarcire al soggetto na-
to andicappato i danni biologico (consistente nella complessiva percentuale
d’invalidità permanente), patrimoniale, morale e/o esistenziale.
Questa regola è affermata sia nell’esperienza francese, sia in quella italiana.
Da un lato, il Conseil d’État ha condannato al risarcimento del danno per
wrongful life (danno biologico e sofferenze psichiche) patito dal fanciullo, na-
to deforme, i medici che, a seguito di una mancata interruzione della gravi-
10
danza, avevano arrecato al feto gravissimi danni . Dall’altro, la Cassazione ita-
liana è ricorsa all’applicazione del contratto con effetti protettivi per i terzi al
fine di dichiarare la responsabilità delle strutture sanitarie nei confronti di un
soggetto menomato da un negligente intervento ostetrico «praticato all’atto
11
della nascita» . Tale soluzione è stata ribadita anche in tema di risarcimento
12
dei danni conseguenti a un parto effettuato presso un ente ospedaliero . Il
rapporto di immedesimazione organica, rendendo «irrilevante l’esatta indivi-
duazione del sanitario o dei sanitari cui sia imputabile la condotta lesiva nei
confronti del nascituro», impone all’ente di rispondere «direttamente della ne-
gligenza ed imperizia dei propri dipendenti nell’ambito delle prestazioni sani-
7
Sul punto, P. PERLINGIERI, L’interpretazione della legge come sistematica ed assiologica. Il broc-
cardo in claris non fit interpretatio, il ruolo dell’art. 12 disp. prel. c.c. e la nuova scuola dell’esegesi, in
Rass. dir. civ., 1985, p. 990 ss.
8
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 294.
9
La disciplina francese è simile a quella italiana: cfr. l’art. 2212-8 code santé publ.
10
Cons. État, 27 septembre 1989, in Rec. Dalloz, 1991, Jur., p. 80, con il commento di M. VERE-
PAUX.
11
Cass., Sez. III, 22 novembre 1993, n. 11503, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 557 s.
12
«Che è contratto con effetti protettivi a favore del terzo»: Cass., Sez. III, 14 luglio 2003, n.
11001, in CED Cass., RV. 565548.
380 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

tarie effettuate al nascituro», mentre «il diverso apporto causale dei vari di-
13
pendenti attiene al rapporto interno tra questi ultimi e l’ente» .
In queste ipotesi il nesso eziologico è evidente, poiché è la stessa condotta
colposa del medico che, ledendo il feto, rappresenta la causa certa del danno
psico-fisico arrecato al nascituro. Si tratta di un «danno che incide immedia-
tamente […] su un soggetto venuto ad esistenza, sia pure per effetto di un fat-
14
to colposo commesso anteriormente alla nascita» . La riparazione dei danni
patiti dal minore andicappato non impedisce di risarcire anche i pregiudizi par
ricochet subiti dai genitori. È la condizione di invalidità «a costituire il danno,
15
e nessuno può negare la fondatezza di questa soluzione» .

2. La responsabilità del medico può trovare la sua fonte non soltanto in


una condotta commissiva, ma anche nella violazione degli obblighi d’informa-
16
zione. Poiché questa obbligazione è considerata «di risultato» , l’omessa o er-
ronea trasmissione al paziente delle informazioni (pertinenti) che sono in pos-
sesso del professionista sanitario è sufficiente, di per sé, a configurare un ina-
dempimento.
Nonostante questa convinzione caratterizzi le esperienze francese e italia-
na, la giurisprudenza prevalente considera il danno non risarcibile allorché
l’inadempimento del medico – che si concreta sia in un negligente intervento
di sterilizzazione o d’interruzione della gravidanza, sia nella violazione degli ob-
blighi d’informazione – provochi una nascita indesiderata di un bimbo sano.
In assenza di un danno riparabile nei confronti del minore, poiché egli nasce
senza alcuna invalidità, un problema risarcitorio potrebbe porsi nei confronti
dei genitori che, per effetto dell’inadempimento del medico, sono costretti a
generare un figlio non voluto. Il caso è stato deciso in Francia, sia dal Consi-
glio di Stato, sia dalla Cassazione, ed entrambe le giurisdizioni hanno dimostra-
17
to una significativa convergenza nell’esprimere una soluzione negativa . Que-
sta idea, fondata sulla constatazione che la vita rappresenti (anche per i geni-
18
tori “contro volontà”) una inaestimabilis res , trova una certa concordanza nel-
la Cassazione italiana, la quale ha stabilito, in una sentenza ormai datata, che il
risarcimento dei danni (anche patrimoniali) può essere riconosciuto alla don-
na non per il solo inadempimento dell’obbligazione del sanitario, ma qualora
sia «positivamente accertato che tale fatto abbia messo in pericolo ovvero ab-

13
Cass., 14 luglio 2003, n. 11001, cit., RV. 565548.
14
Lo sottolinea Cass., 22 novembre 1993, n. 11503, cit., c. 556.
15
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 14.
16
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 295.
17
Cons. État, 2 juillet 1982, in Rec. Dalloz, 1984, Jur., p. 425, e Cass., I Ch. civ., 25 juin 1991, in
Sem. jur., 1992, II, Jur., 21784.
18
In proposito, il pensiero di A. TRABUCCHI, Il figlio, nato o nascituro, inaestimabilis res e non
soltanto res extra commercium, in Riv. dir. civ., 1991, I, p. 211 ss.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 381

19
bia inciso negativamente sulla salute della donna» . La «situazione patrimo-
niale della madre» non rientrerebbe «nella tutela della norma», ma sarebbe
assunta «come condizione giustificatrice dell’interruzione della gravidanza ove
20
dalla stessa possano insorgere pericoli per la salute della donna» .
Parte della giurisprudenza italiana di merito, nel ribadire la propria con-
21
trapposta posizione favorevole al risarcimento sia dell’evento dannoso rap-
presentato dalla lesione del diritto alla procreazione cosciente e responsabile,
sia delle ulteriori conseguenze patrimoniali consistenti in «quella parte di red-
dito e di consumi diretti degli attori che la nascita del nuovo figlio verrà irri-
22
mediabilmente a compromettere» , si è allineata all’orientamento delle corti
tedesche, che hanno affermato la risarcibilità dei danni patrimoniali subiti dal-
la coppia per la nascita di un bambino in contrasto con il piano familiare, nel
23
caso di erronei interventi di sterilizzazione o di interruzione della gravidan-
24
za , «quando la tutela di simili oneri sia stata oggetto di un contratto di cura o
25
di consulenza» .
Una soluzione affermativa può essere prospettata nell’esperienza italiana a
seguito dei principi già enunciati dalla Cassazione nella sentenza n. 6735 del
2002. Da un lato, essa ha precisato che la disciplina relativa ai requisiti richie-
sti dalla legge n. 194 del 1978 non deve venire in considerazione quando si
decide sulla responsabilità del medico per inadempimento, poiché l’operativi-
tà di tali regole si è esaurita allorché l’intervento fu effettuato proprio in pre-
26
senza di tali condizioni . Dall’altro, si è rilevato come tali norme non debba-
no essere generalizzate, al fine di individuare gli interessi protetti (pericolo per
la salute della donna) la cui sola lesione, integrando il requisito dell’ingiustizia
del danno (ai sensi dell’art. 2043 c.c.), potrebbe giustificare il risarcimento.
«Trattandosi di responsabilità contrattuale, ad essere risarcibili sono i danni
che costituiscono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento (art.
1223 c.c.), non questi danni ma in quanto derivanti dalla lesione di un interes-
se protetto e come tali ingiusti, com’è nella responsabilità da fatto illecito (ar-
19
Cass., Sez. III, 8 luglio 1994, n. 6464, in Giur. it., 1995, I, 1, c. 790 ss.
20
Cass., 8 luglio 1994, n. 6464, cit., c. 799.
21
In proposito già Trib. Milano, Sez. VII, 20 ottobre 1997, in Danno e resp., 1999, p. 86 s., che
discorre di «danno-evento», con nota di M. BONA, Filiazione indesiderata e risarcimento del “danno
da bambino non voluto”; v., altresì, Trib. Venezia, 10 settembre 2002, ivi, 2003, p. 403 ss.
22
Così, Trib. Milano, 20 ottobre 1997, cit., p. 82 (in massima).
23
Il risalente orientamento del BGH, 18 marzo 1980, in Neue Jur. Woch., 1980, p. 1450, ha trova-
to conferma nella decisione della Prima Sezione della Corte costituzionale (BVerfG, 12 novembre
1997, ivi, 1998, p. 519), che ha negato il contrasto del risarcimento da nascita indesiderata con il va-
lore costituzionale della dignità umana.
24
Ad es., BGH, 27 novembre 1984, in Neue Jur. Woch., 1985, p. 671. Cfr., tuttavia, BVerfG, 28
maggio 1993, ivi, 1993, p. 1751 ss.
25
Tale limitazione è stata introdotta da BGH, Sez. VI, 15 febbraio 2000, in Danno e resp., 2001,
p. 481 ss., con il commento di R. FAVALE, Genitori contro volontà e risarcimento per i danni da na-
scita.
26
Cass., Sez. III, 10 maggio 2002, n. 6735, in Resp. civ. prev., 2003, p. 123.
382 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

27
ticolo 2043 c.c.)» . Il giudice non deve esprimere il suo parere in termini di
“ingiustizia” del danno (da verificare attraverso un richiamo ai pretesi interes-
si tutelati dalla legge n. 194 del 1978), ma deve limitarsi ad accertare l’inadem-
pimento e i danni (patrimoniali e non) che ad esso sono oggettivamente colle-
gati. Questi essenziali chiarimenti inducono a pensare che la Cassazione po-
trebbe mutare il suo orientamento, elaborato, tra l’altro, in un periodo nel qua-
le la stessa responsabilità del medico (soprattutto se dipendente da strutture sa-
nitarie pubbliche o private) non era stata ancora chiaramente percepita come
28 29
contrattuale o da «contatto sociale» .
La soluzione negativa adottata nell’esperienza francese è stata giudicata «le-
gittima, anche se non sembra possibile nascondere che essa riposi su un giudi-
zio di valore, di natura puramente morale, non essendo stato considerato de-
gno in sé di protezione giuridica l’interesse della donna a evitare gli oneri di
30
una maternità normale» . Ciò dimostra come la selezione degli interessi pro-
tetti possa assumere (implicitamente), anche in materia di responsabilità con-
trattuale, una sua valenza ultronea rispetto all’inadempimento, ove questo do-
vrebbe giustificare – sino al limite della prova (invertita), da parte del debitore
danneggiante, della cause étrangère (art. 1147 code civ.), del caso fortuito, della
forza maggiore (art. 1148) o dell’impossibilità della prestazione derivante da
causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.) – il risarcimento integrale di tutti i
danni (art. 1149 code civ.) immediati e diretti (artt. 1151 code civ. e 1223 c.c.)
che siano prevedibili (artt. 1150 code civ. e 1225 c.c.). E questo, persino in
un’esperienza che non coniuga esplicitamente neppure al danno delittuale, a
livello testuale (art. 1382), l’elemento oggettivo della responsabilità, e in pre-
senza di una giurisprudenza che, oggi, dimostra di volerne prescindere anche
31
in tale ambito, almeno fino al limite dell’interesse illecito o immorale . Però,
se è vero che la responsabilità del medico nei confronti del paziente è di natu-
ra contrattuale (sia in Francia, sia in Italia), e se è vero che l’inadempimento
prescinde da una selezione del danno risarcibile effettuata in termini di “inte-
ressi protetti”, la condotta negligente, imperita o imprudente che si concreti in
un fallito intervento abortivo o di sterilizzazione, oltre che nella conseguente
violazione degli obblighi d’informazione, dovrebbe legittimare la riparazione
dei danni patrimoniali e non arrecati ai genitori contro volontà, sulla base del-
la sussistenza del rapporto di causalità.

27
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120.
28
Cass., 8 luglio 1994, n. 6464, cit., c. 798, pur qualificando la responsabilità come contrattuale,
poi, nella sostanza, si comporta come se la norma applicabile fosse l’art. 2043 c.c.
29
Cass., Sez. III, 22 gennaio 1999, n. 589, in Danno e resp., 1999, p. 294 ss.
30
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 13.
31
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 9 ss., spec. p. 66, nota 339.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 383

3. La soluzione contraria alla risarcibilità della nascita indesiderata implica,


in Francia, una regola giurisprudenziale opposta allorché sussistano «circo-
32
stanze o situazioni particolari» , ovvero «sofferenze morali che vengono ad
33
aggiungersi agli oneri normali della maternità» . In questi casi «è allora non la
nascita – e dunque la vita del bambino – a costituire il danno, ma una soffe-
34
renza specifica inflitta alla madre in occasione di questa nascita» . Non sem-
bra possibile limitare le «circonstances particulières» alle sole ipotesi di nasci-
ta di un figlio andicappato. Nel caso di una gravidanza provocata a seguito di
un incesto o di una violenza sessuale, la madre e il figlio potranno agire auto-
35
nomamente per il risarcimento dei danni contro l’autore della condotta . Ma
la donna potrà agire anche avverso il medico che, con la sua faute, non le ab-
bia consentito d’interrompere la gravidanza. Qui si tratta di risarcire non la
nascita di un figlio indesiderato, bensì il «danno particolare» sofferto dalla
madre, «qui se trouverait dans une situation de véritable détresse au moment
36
de la naissance et du fait de celle-ci» .
La giurisprudenza civile d’appello, nel dichiarare l’assenza del rapporto
causale tra la faute del medico e il danno prenatale subito dal bambino nato
37
malformato , ha limitato il risarcimento al solo pregiudizio morale da perdita
di chances patito dalla madre, considerando risarcibili le mere «sofferenze su-
38
bite da essa a causa della constatazione quotidiana degli handicap del figlio» .
Questo orientamento ha trovato una rettifica nell’indirizzo del Consiglio di
39
Stato , che ha diversificato il suo orientamento su tre punti essenziali: i danni
sono stati risarciti a entrambi i genitori; essi sono stati riparati integralmente,
non essendo stati limitati alla sola perdita di chances; oggetto del risarcimento
è stato non soltanto il danno morale, ma anche il préjudice matériel.
La soluzione favorevole a riconoscere a entrambi i genitori il risarcimento
del danno prenatale derivante dall’inadempimento degli obblighi d’informa-
40
zione è stata accolta anche nell’esperienza italiana . Nei pochi casi nei quali la
richiesta del risarcimento del danno prenatale era stata fondata sul mero ina-
dempimento degli obblighi d’informazione, la Suprema corte aveva deciso in
maniera contraddittoria. In una sentenza aveva risposto negativamente, affer-
32
In questi termini, sia Cons. État, 2 juillet 1982, cit., p. 425, sia Cass., I Ch. civ., 25 juin 1991,
cit., 21784.
33
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 13.
34
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
35
La giurisprudenza francese consente al bambino nato da una relazione incestuosa imposta da un
padre alla figlia minore di costituirsi parte civile nel processo intentato da sua madre, al fine di chiedere
il risarcimento del proprio pregiudizio: già Cass. crim., 4 février 1998, in Sem. jur., 1999, II, Jur., 1835.
36
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 13.
37
App. Versailles, I Ch., 8 juillet 1993, in Rec. Dalloz, 1995, Somm. comm., p. 98, e App. Paris, I
Ch., 17 décembre 1993, ivi, 1995, Somm. comm., p. 99.
38
J. PENNEAU, Note, in Rec. Dalloz, 1995, Somm. comm., p. 99.
39
Cons. État, 14 février 1997, in Sem. jur., 1997, II, Jur., 22828, p. 192 s.
40
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 117 ss.
384 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

mando che l’omessa comunicazione di notizie «circa le possibili malformazio-


ni del nascituro non è sufficiente a giustificare il risarcimento del danno con-
seguente alla lesione del diritto all’interruzione della gravidanza», in assenza di
41
un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna . La Cassazione si
è poi sbarazzata di questo precedente, che aveva indebitamente trasposto in
sede di risarcimento del danno contrattuale una valutazione da effettuare in
termini di “ingiustizia” (art. 2043 c.c.), attraverso un opportuno uso del di-
stinguishing, affermando che esso «non è andato oltre la discussione sul nesso
42
di causalità» . In un’altra sentenza la Suprema Corte, al contrario, aveva ri-
sposto in senso affermativo, sottolineando come l’omissione delle informazio-
ni (risultanti dall’esame ecografico) circa gravi malformazioni o anomalie del
feto giustificasse il risarcimento dei danni causati «per il mancato esercizio del
43
diritto all’interruzione della gravidanza» . Il risarcimento non doveva essere
limitato al solo danno patito dalla gestante, ma doveva concernere anche gli
44
ulteriori danni riflessi subiti dai prossimi congiunti (nella specie, il marito) .
La Cassazione, nel rileggere nel 2002 tale precedente, sottolinea esattamente
come esso «avvertì che il danno alla salute della donna […] delimita il diritto
all’aborto secondo la legge 194/78, ma non la responsabilità contrattuale del sani-
45
tario» . Tale considerazione consentì di «escludere che l’interesse tutelato dalle
norme sulla interruzione della gravidanza valesse a selezionare i danni risarci-
46
bili, restringendoli a quelli relativi alla salute fisica o psichica della donna» .
La Suprema corte, nel correggere le tesi espresse in dottrina e in giurisprudenza,
secondo le quali «l’interesse protetto dalla norma» (e rilevante ai fini del risar-
47
cimento del danno) è soltanto «la salute della donna» , ha ribadito la respon-
48
sabilità contrattuale del medico nei confronti sia della madre, sia del padre ,
attraverso un’implicita applicazione del contratto con effetti protettivi per terzi.
La possibilità, «per la madre, di esercitare il suo diritto ad una procreazio-
ne cosciente e responsabile interrompendo la gravidanza, assume dunque rilie-
49
vo nella sede del giudizio sul nesso causale» . Il risarcimento deve avere ad og-
getto non soltanto i danni alla salute «in senso stretto» subiti sia dalla donna
50
sia dal marito, ma anche gli ulteriori pregiudizi patiti da entrambi i coniugi .

41
Cass., Sez. III, 24 marzo 1999, n. 2793, in Danno e resp., 1999, p. 766.
42
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120.
43
Cass., Sez. III, 1 dicembre 1998, n. 12195, in Danno e resp., 1999, p. 522 ss. (il corsivo è aggiun-
to), con nota di E. FILOGRANA, “Se avessi potuto scegliere …”: la diagnosi prenatale e il diritto all’auto-
determinazione.
44
Cass., 1 dicembre 1998, n. 12195, cit., p. 526.
45
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120 (il corsivo è aggiunto).
46
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120.
47
Cass., 8 luglio 1994, n. 6464, cit., c. 799 s.
48
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120, e già Cass., 1 dicembre 1998, n. 12195, cit., p. 526.
49
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120 (il corsivo è aggiunto).
50
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., pp. 126 e 120; Cass., 1 dicembre 1998, n. 12195, cit., pp.
524 e 526, la quale estende la riparazione al «danno biologico in tutte le sue forme».
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 385

Oltre ai danni patrimoniali, consistenti negli oneri di mantenimento e di edu-


cazione del figlio andicappato, nel rimborso delle «spese mediche già soppor-
tate e che dovranno essere sopportate in futuro», nella «diminuzione di reddi-
to» derivante dalla «limitazione del tempo da dedicare all’attività professiona-
51
le e alla vita di relazione» , dovranno essere riparati anche i danni morali e/o
esistenziali che il sopravvenuto orientamento giurisprudenziale ormai ammette
52
anche in tema di responsabilità contrattuale , pur in assenza dalla ricorrenza,
in concreto o in astratto, di una fattispecie di reato, ma in presenza della lesio-
ne di un interesse costituzionalmente rilevante.
Un radicale mutamento di prospettiva nella giurisprudenza francese si è ve-
53
rificato quando la Suprema Corte, con due decisioni rese il 26 marzo 1996 ,
ha ribaltato l’orientamento delle Corti di merito e del Consiglio di Stato con-
trario a riconoscere la risarcibilità del danno prenatale direttamente al fanciul-
54
lo nato andicappato. La Suprema Corte, nel cassare parzialmente la sentenza
55
della Corte d’appello di Parigi nella parte in cui escludeva che il danno subi-
to dal fanciullo fosse in relazione eziologica con le fautes mediche, rinvia il pro-
cesso innanzi alla Corte d’appello d’Orléans. La quale, invece di seguire l’orien-
tamento indicato dalla Cassazione, si allinea nuovamente all’indirizzo delle al-
tre Corti del merito decidendo che «il fanciullo […] non ha subito un pregiu-
56
dizio risarcibile in relazione di causalità con le fautes» . La “ribellione” della
Corte d’Orléans richiede che il caso venga sottoposto alla decisione sovrana
57
della Assemblée Plénière , la quale, sulla base degli articoli 1165 e 1382 code
civ., ribalta la sentenza d’appello, rilevando che «le fautes commesse dal medi-
co e dal laboratorio nell’esecuzione dei contratti stipulati con [la madre] ave-
vano impedito di esercitare la sua scelta d’interrompere la gravidanza al fine di
58
evitare la nascita di un bambino affetto da handicap» . Quest’ultimo può
«chiedere il risarcimento del danno risultante da questo handicap e causato
59
dalle fautes» .

4. È noto il clamore che tale arrêt solleverà nella dottrina francese, tanto
pronta a contestare con veemenza le soluzioni giurisprudenziali più innovatri-
51
Così, Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 126.
52
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Morte e resurrezione, cit., p. 627 s. Il riferimento è alle
note sentenze della Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, nn. 8828 e 8827, in Danno e resp., 2003, pp. 816
ss., 821 ss., e della Corte cost., 11 luglio 2003, n. 233, ivi, 2003, p. 940 s.
53
Cass., I Ch. civ., 26 mars 1996 (2 arrêts), in Rec. Dalloz, 1997, Jur., p. 35 ss.
54
Con il 2° arrêt: Cass., I Ch. civ., 26 mars 1996, cit., p. 36.
55
App. Paris, I Ch., 17 décembre 1993, cit., p. 99.
56
La decisione resa da App. Orléans, 5 février 1999, è in P. SARGOS, Rapport a Cass., Ass. plén.,
17 novembre 2000, in Sem. jur., 2000, II, Jur., 10438, p. 2294.
57
Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, in Sem. jur., 2000, II, Jur., 10438, p. 2309.
58
Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, cit., 10438, p. 2309.
59
Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, cit., 10438, p. 2309.
386 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

60
ci, quanto ben presto propensa a osservarle come diritto vigente , e nella stes-
sa esperienza italiana, la quale non conosceva nessun caso, deciso in Cassazio-
ne, che potesse essere considerato analogo all’arrêt Perruche. Ma nel luglio del
2004 la Suprema Corte ha avuto modo, per la prima volta, di pronunziarsi sul-
61
la questione . E nel luglio del 2006 ha reiterato, ma più sinteticamente, la sua
62
posizione , nel tentativo di espungere quegli argomenti maggiormente «reto-
63 64 65 66
rici» , «elusivi del problema» , contraddittori e per nulla convincenti , che
avevano suscitato la critica della dottrina.
Nell’esprimere una soluzione negativa, la Cassazione si discosta dall’arrêt
Perruche – che, tra l’altro, è citato erroneamente come Ass. Plén., 28 novem-
67 68
bre 2001 – e da un’avvertita giurisprudenza di merito , che aveva giudicato
il medico responsabile direttamente nei confronti del neonato per i danni pa-
trimoniali e non conseguiti al suo inadempimento (omissione di diagnosi di
69
una grave malformazione fetale) . Tuttavia, in virtù delle lacune manifestate
nell’argomentazione e di un tangibile contrasto con gli ulteriori orientamenti
70
della Cassazione , questo indirizzo aveva sollevato molteplici perplessità,
rendendo assai debole il suo ruolo precedenziale. Sulla scia delle suggestioni
espresse oltralpe da chi aveva contestato l’arrêt Perruche, gran parte delle mo-
tivazioni delle due sentenze era dedicata ad escludere che «nel nostro ordina-
mento esisterebbe un diritto del nascituro a nascere sano o non nascere affat-
71 72
to» , ovvero «a “non nascere se non sano”» . Ma, come si era rilevato, l’alter-
nativa non riguarda il nascere malato o il non nascere, bensì il «nascere sano o
73
nascere malato» . Se, da un lato, il nostro ordinamento non ha previsto un
diritto a non nascere. Dall’altro, il problema che la Suprema corte avrebbe
dovuto risolvere era il seguente: «se una persona nasce con una malformazio-
ne che ne segna la vita e di cui sicuramente non è responsabile, questa persona
60
Sottolinea che «Il valore formativo del precedente è sempre meno discusso, in un’atmosfera in
cui si apprezza la funzione di avanguardia europea spesso adempiuta dal modello giurisprudenziale
francese», R. SACCO, Introduzione, cit., p. 234.
61
Cass., Sez. III, 29 luglio 2004, n. 14488, in Danno e resp., 2005, p. 379 ss.
62
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, in Corriere giur., 2006, p. 1691 s.
63
Così, A. LISERRE, Mancata interruzione, cit., p. 1432.
64
A. LISERRE, op. loc. cit.
65
M. FEOLA, Essere o non essere, cit., p. 391 ss.
66
M. FEOLA, op. ult. cit., p. 392.
67
Cfr., infatti, Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 383.
68
Trib. Reggio Calabria, Sez. II, 31 marzo 2004, in Danno e resp., 2005, p. 179 ss. Un approccio
più tradizionale è seguito, invece, da Trib. Roma, Sez. XIII, 9 marzo 2004, ivi, 2005, p. 197 ss.
69
Trib. Reggio Calabria, 31 marzo 2004, cit., p. 181 ss.
70
Oltre alle decisioni citt. infra, questa sentenza sembra porre in discussione i risultati ai quali è
pervenuta Cass., Sez. III, 10 maggio 2002, n. 6735, in Resp. civ. prev., 2003, p. 123 ss.
71
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 382.
72
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1691.
73
A. LISERRE, op. loc. ult. cit.; e già ID., In tema di danno prenatale, in Riv. dir. civ., 2002, I, p.
102. Contra, ricostruisce la problematica sulla base del “diritto a non nascere”, V. GUGLIELMUCCI,
Riflessioni in tema di danni da procreazione, in Danno e resp., 2007, p. 960 ss.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 387

ha diritto o no di chiederne conto a qualcuno, considerato che il nostro ordi-


namento [...] favorisce la procreazione (ma in quanto) “cosciente e responsabi-
le” (art. 1 l. n. 194 del 1978) e [...] tutela (come ribadisce la stessa Cassazione)
74 75
il diritto del concepito a nascere sano?» . Al contrario, l’«ovvietà» delle ar-
gomentazioni della sentenza, la quale «dispiega le sue migliori energie a confu-
76
tare l’esistenza di un diritto “a non nascere” da tutti in realtà negata» , non
avrebbe richiesto una così prolissa dimostrazione, sia per l’«insuperabile pre-
77
clusione logica» , sia per l’improponibilità, anche costituzionale, dell’assunto
contestato. La Corte, così, deviò il suo ragionamento dalle reali questioni di
responsabilità civile che essa avrebbe dovuto esaminare e che, all’epoca, per-
masero irrisolte.
La Suprema Corte ribadisce che, nel caso di omessa o erronea informazio-
ne da parte del medico, anche là dove essa sia stata provocata da una notizia
inesatta riferita dal paziente, v’è responsabilità contrattuale del professionista
nei confronti di entrambi i genitori per i «gravi danni sia patrimoniali che bio-
78
logici patiti» a seguito della nascita di un figlio andicappato. Tant’è che la
sentenza d’appello viene cassata per «l’inadeguatezza del quantum liquida-
79 80
to» , non essendo stata giudicata «congrua la somma di lire 350 milioni» . La
Cassazione, tuttavia, non spiegava in maniera convincente perché doveva esse-
re considerato terzo protetto dal contratto il coniuge della donna e non anche
il minore, che è il soggetto direttamente interessato dalla malformazione. In-
fatti, il riferimento agli “effetti protettivi” del contratto verso terzi comunque
esposti ai pregiudizi conseguenti all’inadempimento dei contraenti «indebo-
li[va] e, anzi, complica[va] il diniego espresso dalla Corte all’ammissibilità
dell’analoga pretesa fatta valere dai genitori a nome della figlia, che rientra
81
certamente nella cerchia dei terzi anzidetti» . Se si ammette che «il contratto
tra la gestante e il ginecologo» è «contratto con effetti protettivi in favore di
82
terzi» , e che «l’inadempimento del medico rileva direttamente non solo nei
confronti della gestante, ma anche nei confronti del padre del nato handicap-
83
pato» , sarebbe stato poi necessario dimostrare, in palese contrasto con il di-
74
A. LISERRE, Mancata interruzione, cit., p. 1432.
75
A. LISERRE, Ancora in tema di mancata interruzione, cit., p. 1693; così, già M. FEOLA, op. loc.
ult. cit.; EAD., Violazione degli obblighi d’informazione, cit., p. 599.
76
A. LISERRE, op. loc. ult. cit.
77
A. LISERRE, op. loc. ult. cit.
78
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 387. Il risarcimento del «danno esistenziale» patito da
entrambi i genitori per la nascita di un bambino andicappato, a seguito della mancata individuazione
delle malformazioni fetali da parte dei medici, è disposto anche da Cass., 20 ottobre 2005, n. 20320,
in Danno e resp., 2006, p. 513 ss., con nota di S. CACACE, La decisione solo alla madre, il risarcimento
anche al padre: cronache di una nascita indesiderata.
79
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 387.
80
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 387.
81
A. LISERRE, Mancata interruzione, cit., p. 1431.
82
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 383.
83
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 383.
388 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

verso indirizzo della Cassazione espresso in tema di causalità attiva, perché ta-
le effetto di protezione non dovesse riguardare anche il fanciullo che aveva
subito il danno psico-fisico, se è vero che è soprattutto l’interesse della gestan-
te alla tutela del neonato a rilevare in funzione dell’estensione degli effetti di
84
protezione . In precedenti decisioni la Suprema corte aveva affermato, sem-
pre ricorrendo alla figura del contratto con effetti protettivi per terzi, la re-
sponsabilità diretta delle strutture sanitarie nei confronti del fanciullo meno-
85
mato da un negligente intervento ostetrico «praticato all’atto della nascita» .
La Cassazione ora ammetteva, ora escludeva l’estensione degli effetti di pro-
tezione del contratto nei confronti del neonato nato andicappato, secondo che
la condotta colposa del medico consistesse in un’azione o nell’omissione d’in-
formazioni doverose. Ma in entrambi i casi sussisteva un identico inadempi-
86
mento . Questa “anomalia” degli effetti protettivi non poteva trovare certo fon-
damento nell’art. 40, comma 1, c.p., che riferisce il rapporto di causalità alla
«azione od omissione», equiparando tali condotte. Nella gran parte dei casi,
inoltre, l’informazione mancata o erronea costituisce il risultato dell’omessa, im-
perita o negligente esecuzione della prestazione primaria di un contratto di con-
87
sulenza che è stato stipulato proprio al fine di ottenere quella conoscenza .
Nel tentativo di giustificare l’anormalità della vicenda, la Suprema corte af-
fermava che, «pur inserendo il concepito nella Schutzbereich del contratto, po-
sto che le conseguenze della prestazione medica […] finiscono inevitabilmen-
te per riflettersi sul concepito, il dovere di protezione […] nei confronti del
nascituro attiene alla nascita dello stesso e non alla non nascita, se malforma-
88
to» . Argomentando in tal senso, la Cassazione escludeva il neonato dall’esten-
sione dell’effetto di protezione – pur considerandolo, al pari del coniuge,
89
«soggetto egualmente protetto dal contratto originario» –, sulla base di una
valutazione espressa in termini di “non ingiustizia” del danno (art. 2043 c.c.).
Tuttavia, i due contrapposti orientamenti della Suprema corte non potevano
trovare fondamento nell’eventuale lesione dell’interesse protetto, che, oltre a
non riguardare la disciplina della responsabilità contrattuale, non permette di
distinguere il danno prenatale causato dall’omissione d’informazioni doverose
da quello arrecato dalla condotta commissiva del medico. La Suprema corte,
nella decisione n. 14488/04, avrebbe dovuto giustificare la sua soluzione sulla
base della diversa dinamica del rapporto causale, unico dato che avrebbe po-

84
Con la consueta chiarezza, C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 89, in nota 47; conf. M.
FEOLA, op. ult. cit., p. 600; EAD., Essere o non essere, cit., p. 392.
85
Cass., Sez. III, 22 novembre 1993, n. 11503, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 557 s.; questa soluzione
era stata ribadita anche in tema di risarcimento dei danni conseguenti a un parto effettuato presso un
ente ospedaliero (Cass., Sez. III, 14 luglio 2003, n. 11001, in CED Cass., RV. 565548).
86
Testualmente, M. FEOLA, op. loc. ult. cit.
87
Cfr., ad es., Trib. Reggio Calabria, 31 marzo 2004, cit., p. 182.
88
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 385.
89
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 385.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 389

tuto legittimare razionalmente una siffatta diversità di trattamento: a differen-


za dell’omissione delle informazioni dovute ai genitori, che è causa concorren-
te (unitamente alla malattia genetica) del danno prenatale arrecato al minore,
soltanto la condotta attiva erronea del sanitario avrebbe dovuto assurgere a
causa unica del danno all’integrità psico-fisica del neonato. Ma, nel pervenire
a queste conclusioni, la Cassazione avrebbe dovuto affermare – in contrasto
90
con gli indirizzi dominanti della giurisprudenza italiana e francese – che la
teoria della condicio sine qua non implicasse una nozione di causalità prossima,
disciplinando diversamente la condotta attiva rispetto all’omissione. Tuttavia,
«il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indi-
pendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di
causalità fra l’azione od omissione e l’evento» (art. 41, comma 1, c.p.), mentre
le cause sopravvenute possono interrompere il nesso causale soltanto «quando
sono state da sole sufficienti a determinare l’evento» (comma 2).
In presenza di questa disciplina, che impediva di assumere soluzioni con-
trapposte allorché il danno prenatale trovasse la sua causa in un’azione o in
un’omissione colpose del professionista, la Cassazione ricorreva ad un inedito
escamotage: allorché decideva sull’inadempimento del medico consistente in
un’omessa o erronea informazione, arrestava la sequenza causale al fatto della
nascita (che in sé non è un danno), escludendo l’handicap dall’area del danno
risarcibile; quando, viceversa, decideva sul danno prenatale arrecato dalla
condotta commissiva del medico giudicava in maniera diversa, identificando,
con esattezza, il danno nell’handicap e non nella nascita. Ma in entrambe le
ipotesi l’evento dannoso consisteva nella lesione psico-fisica, e non nel fatto
della nascita, a meno che non si fosse dimostrato che soltanto la condotta atti-
va, e non l’omissione di un comportamento doveroso, poteva essere conside-
rata “causa” giuridica del danno prenatale.
La Cassazione, nel ritornare nel 2006 sul problema, fa, in parte, tesoro di
queste indicazioni. Mentre disperde ancora la gran parte delle sue argomenta-
zioni sulla questione dell’inesistenza del “diritto a non nascere”, non dedica
più alcuna considerazione al contratto con effetti protettivi per terzi, proba-
bilmente conscia delle contraddizioni nelle quali era incorsa nella precedente
sentenza. Identifica, invece, correttamente, «il tema particolare proposto dal
caso concreto» nello «stabilire se la violazione del dovere di informazione cui
il sanitario era tenuto» possa «dar luogo al risarcimento del danno subito dal
91
nascituro» . Ebbene, dopo aver ampiamente divagato sul carattere «adespo-
92 93
ta» del diritto a non nascere e sull’inammissibilità dell’aborto “eugenetico” ,
in maniera sorprendente conclude che «la tutela dell’individuo, che con la na-

90
Sui quali v., infra, il § 8.
91
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1691.
92
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1691.
93
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1692.
390 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

scita acquista la personalità giuridica, nella fase prenatale è limitata alle lesioni
imputabili ai comportamenti colposi dei sanitari, ma non si estende alle situa-
zioni diverse come quella di specie, ove a carico del [medico] la Corte di meri-
to ha accertato non errori diagnostici e/o terapeutici, ma la mancata informa-
zione ai genitori e indicazione nella cartella clinica di malformazioni a lui non
94
imputabili» . La figlia malformata, «in quanto non destinataria del diritto al-
95
l’informazione, soltanto la cui omissione è stata imputata» al medico , non
avrebbe un diritto al risarcimento autonomo rispetto a quello dei genitori. La
Corte, pur rendendosi «conto che la decisione adottata comporta un vulnus ai
diritti delle due minori», ritiene «che la soluzione positiva [...] non possa esse-
re ricercata nella elaborazione giurisprudenziale ove manchi il supporto indi-
96
spensabile di una normativa che la consenta» .
L’inatteso self restraint della Cassazione, che richiedeva un imprecisato in-
tervento legislativo al fine di poter risolvere in maniera positiva il problema
risarcitorio, indeboliva ulteriormente la soluzione adottata, che la stessa Corte
considerava incongrua, avendo abdicato al suo compito ermeneutico di forni-
re una risposta che, sulla base dei principi ordinanti, non rappresentasse un
“vulnus ai diritti delle due minori”. Riguardo alle argomentazioni addotte, la
Corte affermava che l’inadempimento del medico agli obblighi d’informazione
rappresentava un inadempimento nei confronti dei genitori, che “non si esten-
deva” alle posizioni delle minori. A parte «l’ovvietà di precisare che nei confronti
del nascituro» non era configurabile un diritto d’informazione sui rischi legati
97
alla sua nascita , e a parte ulteriori indecisioni sulla solita pretesa differenza
tra omissione e commissione, nel senso che l’inadempimento dell’obbligazione
d’informazione sembrava considerata come una condotta “non colposa” o “non
imputabile” al sanitario, così come, invece, sarebbe avvenuto in presenza di «er-
rori diagnostici e/o terapeutici», la Corte tralasciava di esaminare l’unico pro-
98
blema giuridico pertinente, cioè quello della causalità . In proposito, la Corte
avrebbe dovuto valutare l’eventuale propagazione intersoggettiva delle conse-
guenze di un medesimo fatto illecito, quale «evento plurioffensivo incidente
sulla lesione d’interessi afferenti a più titolari, secondo una fenomenologia am-
99
piamente conosciuta (e sorretta da una ricca giurisprudenza)» . Acclarata l’esi-
stenza del nesso eziologico tra la condotta professionale negligente (violazione
degli obblighi d’informazione) e il danno procurato alla gestante, che la stessa
Cassazione ammetteva senza alcuna perplessità, non sarebbe stato «azzardato il
passaggio ulteriore volto a ricollegare al mancato esercizio della facoltà di au-

94
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1692.
95
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1692.
96
Cass., Sez. III, 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1692.
97
A. LISERRE, Ancora in tema di mancata interruzione, cit., p. 1693.
98
M. FEOLA, Violazione degli obblighi d’informazione, cit., p. 617 ss.; EAD., Essere o non essere,
cit., p. 393.
99
A. LISERRE, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 391

todeterminarsi della gestante anche il danno esistenziale patito dal nato mal-
formato», potendosi, a tal fine, «invocare e applicare la costante interpreta-
zione giurisprudenziale dell’art. 1223 c.c. [...], secondo cui la risarcibilità deve
essere estesa ai danni mediati ed indiretti purché costituiscano effetti normali
100
(regolarità causale) del fatto illecito» .
Pur escludendo l’applicazione del contratto con effetti protettivi per terzi,
e quindi l’estensione della responsabilità contrattuale nei riguardi del neonato,
l’inadempimento dell’obbligazione d’informazione nei riguardi della madre (o
dei genitori) rappresentava comunque un “fatto” illecito che, là dove avesse
causato un danno a terzi, obbligava il danneggiante al risarcimento ai sensi della
101
responsabilità delittuale .
In presenza di questo controverso orientamento della Cassazione, l’esame
delle argomentazioni critiche avanzate oltralpe sull’affaire Perruche diviene
un’occasione significativa al fine di poter valutare l’ammissibilità della solu-
zione adottata dall’Assemblée plénière anche con riguardo al diritto italiano.

5. La Cassazione italiana, non avendo esaminato specificamente i problemi


di causalità, aveva posto a fondamento della sua decisione un’unica, generica
argomentazione, che aveva già travagliato la dottrina d’oltralpe: «Est-ce un pré-
102
judice que de naître, au lieu de ne pas naître?» . In tal senso aveva fatto propria
una semplificazione retorica, espressa con vigore polemico dai contestatori del-
l’arrêt Perruche, secondo la quale il medico sarebbe stato giudicato «responsabi-
le per il fatto di aver impedito, con la sua condotta colposa, alla madre di optare
103
nel senso della morte di suo figlio» . Una parte della dottrina francese, infat-
104
ti, aveva «messo alla gogna» tale decisione sulla base di considerazioni di or-
105
dine più etico che giuridico , accusandola di avere sancito un vero e proprio
106 107 108
«dovere» all’aborto, fondato sull’eugenismo e sull’«eutanasia prenatale» .
Tant’è che, nell’apprendere che lo stesso Comité Consultatif National d’Étique
si era pronunziato (il 15 giugno 2001) al fine di censurare la decisione, v’è chi
aveva esclamato, con evidente ironia: «Vi sarebbe molto da dire su questo pa-
rere nel quale il CCNE si erige a Giurisdizione suprema. L’etica come appro-

100
A. LISERRE, op. loc. ult. cit.
101
In questi termini, già M. FEOLA, op. ult. cit., p. 397.
102
Così, F. CHABAS, Note a Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, cit., 10438, p. 2309.
103
F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2311.
104
Secondo la felice espressione di M. GOBERT, La Cour de cassation méritait-elle le pilori?, in Pe-
tites aff., 8 déc. 2000, p. 4.
105
Lo rileva, criticamente, M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., pp. 286 s. e 318.
106
F. CHABAS, op. loc. ult. cit.
107
Per questa accusa, F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2312. In argomento, A. PICHOT, La so-
ciété pure. De Darwin à Hitler, Flammarion, 2000, spec. p. 158.
108
J. ROCHE-DAHAN, Note, cit., p. 38.

14.
392 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

109
priazione scientifico-religiosa della funzione di dire il Diritto …» .
La decisione della Haute Assemblée è «stata oggetto di numerosi malintesi»
110
e di «critiche ingiustificate» . Questa sentenza, che come poche altre aveva
avuto amplissima risonanza sulla stampa e sugli altri mass media, aveva inge-
nerato un vero e proprio «paradosso», poiché era stata «avvertita come un af-
fronto proprio da parte di coloro ai quali essa aveva tentato di venire in aiu-
111
to» . Un’ulteriore bizzarria è stata ravvisata nella circostanza che i due schie-
ramenti «si sono appellati ai medesimi valori umani, mentre si sono divisi sol-
tanto sulle conseguenze, semi-simboliche e semi-futuriste, che essi hanno cre-
duto di poter dedurre dalla sentenza, grazie a un grande impiego di sofistiche-
112
rie e di astrazione» . Al termine di un «dibattito tra teologi» si è pervenuti
alla conclusione «un po’ laboriosa, secondo la quale la decisione di far risarci-
re lo sfortunato Perruche dai medici negligenti (o piuttosto dai loro assicura-
tori) sarebbe suonata come un insulto alla miseria degli andicappati e delle lo-
113
ro famiglie» . Lo stesso manifesto pubblicato su Le Monde, «a mezza via tra
il “J’accuse” e la petizione, e sottoscritto da una trentina di professori», è stato
finalizzato a dimostrare «che la decisione resa urtava la coscienza e che non
poteva non essere disapprovata dal giurista. […] L’affaire Dreyfus, di colpo, si
è ripetuto, ma balbettando: dopo l’innocente ingiustamente condannato, è
l’innocente ingiustamente risarcito che è stato proposto alla nostra capacità di
114
indignazione» .
Volendo verificare, ora, la fondatezza delle principali obiezioni che sono sta-
te avanzate, sembra opportuno sgombrare il campo da quelle accuse che han-
no inteso ravvisare nella sentenza la creazione di un vero e proprio «dovere
verso il possibile bambino», da parte della madre, di non generare o d’inter-
rompere la gravidanza, «facendo una scommessa fatale sui sentimenti che egli
115
avrebbe potuto avvertire se fosse vissuto» . Anche a seguito della pronunzia
dell’Assemblée plénière, però, queste scelte non rappresentavano un dovere,
116
per la madre, ma continuavano a costituire un diritto , o, meglio, una libertà
109
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 318, in nota 135.
110
In questi termini, tra i tanti, M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 287; G. VINEY, Brèves re-
marques à propos d’un arrêt qui affecte l’image de la justice dans l’opinion, in Sem. jur., 2001, I, 286, p.
65 s.; M. GOBERT, op. loc. cit.; D. MAZEAUD, Réflexions sur un malentendu, in Rec. Dalloz, 2001, Jur.
comm., p. 332; C. RADÉ, Être ou ne pas naître? Telle n’est pas la question!, in Resp. civ. ass., janv.
2001, p. 4 .
111
G. VINEY, op. ult. cit., p. 65
112
P. JESTAZ, Une question d’épistémologie (à propos de l’affaire Perruche), in Rev. trim. dr. civ.,
2001, p. 547.
113
P. JESTAZ, op. loc. cit.
114
P. JESTAZ, op. loc. ult. cit.
115
F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2311.
116
Ciò è ammesso anche da coloro che pur hanno contestato tale sentenza: per tutti, F. CHABAS,
op. loc. ult. cit.; J. ROCHE-DAHAN, op. ult. cit., p. 39, ove sottolinea che «l’avortement est désormais
devenu un droit». Nell’esperienza italiana, discorrono di un diritto della donna all’aborto, sia Cass., 1
dicembre 1998, n. 12195, cit., p. 524, sia Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 123.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 393

della donna che l’ordinamento riconosce e garantisce in presenza di determi-


117
nate condizioni . Se la decisione di non generare un fanciullo andicappato
rappresenta una libertà che dovrebbe essere tutelata incondizionatamente da
118
ogni diritto laico , l’interruzione della gravidanza può essere praticata in
Francia «in ogni momento, […] allorché due medici attestino […] che la pro-
secuzione della gestazione metta in grave pericolo la salute della donna o che
esista una notevole probabilità che il nascituro sia affetto da una malattia di
una particolare gravità, riconosciuta come incurabile al momento della dia-
gnosi» (art. L. 2213-1 code santé publ.).
Una posizione più articolata si rinviene nella disciplina italiana. Mentre nei
primi novanta giorni «la malformazione del nascituro agisce esclusivamente
119
come “previsione” di pericolo per la salute […] della gestante» (art. 4, legge
n. 194 del 1978), e si può affermare che la decisione è interamente rimessa «al-
120
la libera scelta della madre» , dopo tale periodo «il sacrificio del concepito»
sarebbe consentito se determini un processo patologico che provochi un grave
pericolo per la salute psico-fisica della donna (art. 6, lett. b). Inoltre, quando
«sussiste la possibilità della vita autonoma del feto» (art. 7, comma 3), l’aborto
può essere praticato soltanto se «la gravidanza o il parto comportino un grave
pericolo per la vita della donna» (art. 6, lett. a). La malformazione fetale appa-
re rilevare non in sé, ma in quanto generi «un processo patologico (anche di
natura psichica) della gestante, mettendo in grave pericolo la salute predet-
121
ta» . Qualora il medico non adempia ai suoi obblighi d’informazione in un
periodo successivo ai primi novanta giorni, al fine di verificare la «lesione del
diritto ad interrompere la gravidanza» occorrerà «accertare se l’informazione
delle gravi malformazioni del feto (dovuta dal sanitario, ma non data) avrebbe
122
determinato durante la gravidanza detto processo patologico nella gestante» .
Questa controversa disciplina sull’interruzione della gravidanza è stata og-
getto di una puntuale interpretazione da parte della sentenza n. 6735/2002
della Cassazione. Poiché la nozione di grave pericolo per la donna «può inte-
ressare anche solo la sua salute psichica e siccome questo pericolo può deriva-
re da un processo patologico innescato dal fatto di sapere che il figlio da lei
concepito presenta […] rilevanti anomalie e malformazioni», allorché si tratta
«di stabilire non se la donna possa esercitare il suo diritto di interrompere la
gravidanza, ma se avrebbe potuto farlo ove fosse stata convenientemente in-
117
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 289.
118
Sul punto, M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., p. 326, in nota 187. Con riferimento
agli artt. 6, comma 3, e 14, commi 1 e 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, M.R. MARELLA, Esercizi
di biopolitica, in Riv. crit. dir. priv., 2004, p. 6, sottolineava che «l’eventuale rifiuto della donna all’im-
pianto non è in alcun modo sanzionato e resta sempre aperta la possibilità di una interruzione volon-
taria della gravidanza».
119
Cass., 1 dicembre 1998, n. 12195, cit., p. 523.
120
Per tutti, E. CAPOBIANCO, Nascituro e responsabilità civile, in Rass. dir. civ., 1997, p. 54.
121
Cass., 1 dicembre 1998, n. 12195, cit., p. 523.
122
Cass., 1 dicembre 1998, n. 12195, cit., pp. 524 e 523.
394 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

formata sulle condizioni del nascituro, non si deve già accertare se in lei si sia
instaurato un processo patologico capace di evolvere in grave pericolo per la
sua salute psichica, ma se la dovuta informazione sulle condizioni del feto
avrebbe potuto determinare durante la gravidanza l’insorgenza di un tale pro-
123
cesso patologico» . Inoltre, la possibilità di vita autonoma del feto è «quel
grado di maturità […] che gli consentirebbe, una volta estratto dal grembo
della madre, di mantenersi in vita e di completare il suo processo di forma-
124
zione anche fuori dall’ambiente materno» . E poiché la disciplina sulla di-
stribuzione dell’onere della prova «vuole che l’attore dia dimostrazione dei
fatti che bastano a far sorgere il diritto, non anche dell’assenza di quelli che
vi sono d’ostacolo», non spetta alla donna «provare che quando è maturato
l’inadempimento del medico il feto non era ancora pervenuto alla condizione
125
della possibilità di vita autonoma, spetta al medico provare il contrario» .
Pur in presenza della più lineare disciplina francese, che attribuisce
all’esistenza della malformazione fetale il ruolo di requisito autonomo per po-
ter procedere in ogni tempo all’interruzione della gravidanza, e della meno
126
univoca normativa italiana che, dopo i primi novanta giorni, in assenza della
possibilità di vita autonoma del feto, richiede (almeno formalmente) l’esisten-
za di un grave pericolo per la salute della donna – costringendola «a doversi
presentare come patologicamente turbata nella propria psiche […], per poter
127
vedere rispettato un suo diritto di autodeterminazione» –, la madre assurge
comunque (in entrambi gli ordinamenti) a «unico giudice» della sua decisione,
128
«non avendo il padre alcuna possibilità di contestare questa scelta» . Tale
soluzione è stata ribadita in Italia dalla Corte costituzionale, la quale ha esclu-
so qualsiasi rilievo decisorio alla volontà del marito in ordine alla scelta della
129
moglie d’interrompere la gravidanza . Il ricorso a tale intervento costituisce
«una modalità della libertà inalienabile e strettamente personale della donna
130
di avere o no un figlio» . Il fatto che «l’aborto sia sottomesso a talune condi-
zioni non rappresenta un ostacolo teorico al riconoscimento di un vero e pro-
prio “diritto”», poiché la maggior parte di essi «richiedono, per il loro eserci-
131
zio, l’esistenza di determinate condizioni» . Il «solo fatto che un medico ab-

123
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 123.
124
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 123.
125
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 124.
126
E. CAPOBIANCO, op. cit., p. 55, là dove discorre di «segnali normativi contraddittori, e co-
munque non univoci».
127
P.G. MONATERI, «La marque de Caïn». La vita sbagliata, la vita indesiderata, e le reazioni del
comparatista al distillato dell’alambicco, in Un bambino non voluto è un danno risarcibile?, a cura di A.
D’Angelo, Milano, 1999, p. 292.
128
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 289. Nell’esperienza italiana, Cass., 10 maggio 2002, n.
6735, cit., pp. 120 e 124 s.
129
Corte cost., 31 marzo 1988, n. 389 (ord.), in Foro it., 1988, I, c. 2110.
130
P. SARGOS, Rapport, cit., 10438, p. 2297.
131
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit. In Italia, anche Cass., 1 dicembre 1998, n. 12195, cit., p. 524.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 395

bia colposamente impedito di esercitare una libertà, una facoltà offerta dalla
132
legge, è sufficiente a costituire un danno» .
Secondo i contestatori della decisione, il medico verrebbe giudicato «re-
sponsabile per il fatto di aver impedito alla madre, con la sua condotta colpo-
133
sa, di optare nel senso della morte di suo figlio» . Tale rilievo, che dimostra
come, in questa materia, la regola giuridica abbia difficoltà a emanciparsi dai
condizionamenti della morale e della religione (rappresentandone, anzi, la di-
134
retta espressione) , è parso manifestazione «di una assiologia radicalmente
personale, non suscettibile del grado minimo di oggettivazione richiesto da
135
qualsiasi ragionamento giuridico» . Il problema in questione non consiste
nell’affermare o nel negare «i pretesi diritti di nascere (o di non nascere [...]) o
136
di morire (o di non morire)» , ma di verificare se l’ordinamento riconosca
non soltanto ai genitori, ma anche al soggetto nato malformato il risarcimento
dei danni derivanti da un inadempimento del medico che ha impedito alla
madre di esercitare liberamente la sua scelta di non generare o di ricorrere
all’interruzione della gravidanza. E poiché i diritti francese e italiano hanno
137
inteso affidare la decisione soltanto alla donna , in presenza delle condizioni
richieste dalla legge, l’aver impedito colposamente l’esercizio «di un vero e
138
proprio diritto costituzionale all’autodeterminazione» (art. 13 Cost.) do-
vrebbe imporre al responsabile di risarcire integralmente i danni arrecati an-
che a terzi (nella specie, il coniuge e il figlio andicappato), i quali siano in rap-
porto di causalità con la faute commessa.
Riconosciuta, sia in Francia, sia in Italia, la responsabilità del medico nei
confronti di entrambi i genitori, l’unico elemento di novità introdotto dalla
contestata decisione dell’Assemblée plénière è consistito nell’aver esteso il ri-
sarcimento dei danni anche al minore, che è il soggetto condannato a vivere
con le gravi lesioni invalidanti, le quali, nella maggior parte dei casi, non gli
consentiranno di poter condurre un’esistenza autosufficiente. A tal fine è ne-
cessario esaminare quelle ulteriori obiezioni che, secondo una parte della dot-
trina francese, si opporrebbero all’accoglimento di tale soluzione.

132
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 290.
133
Così, F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2311; L. AYNÈS, Préjudice de l’enfant né handicapé: la
plainte de Job devant la Cour de cassation, in Rec. Dalloz, 2001, Chron., p. 493; J. SAINTE-ROSE, Con-
clusions a Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, in Sem. jur., 2000, II, Jur., 10438, p. 2303 ss.
134
Sul punto, L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 189 ss.
135
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 293.
136
Così, M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 291.
137
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 124.
138
Trib. Milano, 20 ottobre 1997, cit., p. 86, che, citando Corte cost., 22 ottobre 1990, n. 471,
collega all’art. 13 cost. il «riconoscimento costituzionale della libertà di autodeterminarsi». In argo-
mento, le pagine di S. RODOTÀ, Tecnologie e diritti, Bologna, 1995, p. 184 e passim.
396 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

6. Che il problema giuridico non consista nel risolvere il quesito «Est-ce un


139
préjudice que de naître, au lieu de ne pas naître?» è dimostrato da quegli
140
stessi autori che, pur contestando vivacemente la risarcibilità del danno psi-
co-fisico patito dal soggetto nato malformato, ammettono invece senza alcuna
riserva la riparazione dei danni sofferti da entrambi i genitori. Ma, allora, delle
due l’una. O si contesta, sotto i profili assiologico e giuridico, che l’handicap
possa costituire un danno risarcibile non solo per il fanciullo, ma anche per i
genitori, ovvero sembra poi difficile (anche sotto l’aspetto assiologico), am-
mettere la riparazione esclusivamente per i genitori, e non per il minore, che
141
rappresenta la vittima diretta della condotta colposa del medico .
Come si è rilevato, questo paradosso valoristico costituisce anche, e soprat-
142
tutto, un’incongruenza tecnico-giuridica . Il voler «rifiutare di ammettere
che un handicap sia, per l’handicappato medesimo, un “danno”, risulta essere
143
[…] un puro e semplice sofisma» . Ancora una volta «è non la “vita” del-
144
l’handicappato che si tratta di assimilare a un danno, ma il suo handicap» . Ri-
conoscere, come propongono la giurisprudenza francese e la stessa Cassazione
italiana, che entrambi i genitori subiscono, per il fatto della nascita del figlio
andicappato, un danno patrimoniale, biologico, morale e/o esistenziale risar-
145
cibile , significa ammettere la riparazione di un dommage par ricochet senza
che sia considerato risarcibile il pregiudizio alla vittima diretta. Ma «non può
146
esservi un danno par ricochet senza un dommage immédiat» . Quindi, «il ri-
conoscimento dell’esistenza del danno dei genitori implica a fortiori quello del
147
pregiudizio del bambino» .
Queste argomentazioni, esposte con chiarezza ancor prima che si pronun-
ziasse l’Assemblée Plénière, sono state considerate come dotate «d’une grande
148
puissance» . Ma sono state sottoposte a una critica serrata, che non risulta
149
aver ricevuto risposta nella letteratura d’oltralpe .

139
Così, invece, F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2309.
140
Tra i quali vi sono anche F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2310, e J. ROCHE-DAHAN, op. ult.
cit., p. 38.
141
Non a caso, la Corte amministrativa d’appello di Lione aveva «fixé de façon indissociable la
réparation allouée aux parents et à leur fils», prima che il Consiglio di Stato decidesse per l’annulla-
mento della decisione (lo riferisce J. MOREAU, Note a Cons. État, 14 février 1997, in Sem. jur., 1997,
Jur., 22828, p. 193).
142
In questi termini, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 17.
143
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
144
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
145
Cons. État, 14 février 1997, cit., 22828, p. 193.
146
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
147
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
148
F. CHABAS, Note, cit., 10438, p. 2310.
149
M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 305, in nota 90, pur non condividendo le opinioni
espresse da François Chabas, non ne critica il pensiero, limitandosi a riferire che, secondo l’illustre
Autore, «la réparation du préjudice réfléchi ne postule pas nécessairement celle du préjudice immé-
diat et qu’en outre en l’espèce, les parents avaient un préjudice propre et pas seulement réfléchi».
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 397

a) Innanzitutto si è affermato che «se il danno risarcito è l’handicap, si po-


150
trebbe dubitare del fatto che i genitori siano vittime par ricochet» . Questa
qualificazione «sarebbe forse ammissibile per ciò che attiene al danno morale;
essa lo è meno per quanto riguarda il danno matériel, perché il danno riflesso
151
è, quasi sempre, la conseguenza del préjudice matériel di altri» .
La dottrina e la giurisprudenza d’oltralpe, tuttavia, insegnano che il danno
par ricochet può consistere sia in un «préjudice matériel», che anzi è conside-
152
rato la voce principale, sia in un danno non patrimoniale . L’evoluzione di
questa figura ha riguardato indifferentemente sia «il danno patrimoniale sia il
153 154
danno morale par ricochet» . Tant’è che, allorché la Chambre mixte estese
il risarcimento anche alla «concubina adultera», lo stesso François Chabas ri-
155
tenne opportuno inneggiare al “buon cuore” della Corte di Cassazione . Nel-
l’ipotesi in esame, i pregiudizi sofferti dai genitori rappresentano la conse-
guenza “riflessa” del danno all’integrità psico-fisica subito dal bambino al mo-
156
mento della nascita : sia sotto il profilo della causalità, poiché in assenza del-
l’handicap del figlio il danno dei genitori sarebbe inesistente; sia sotto l’aspet-
to teorico, in quanto il danno réfléchi normalmente si scompone in un préjudi-
ce matériel e in un préjudice moral. Anche il Consiglio di Stato ha qualificato il
157
danno par ricochet patito dai genitori sia come «préjudice moral» – che, in
158
quanto «préjudice personnel» , non è soggetto al ricorso dei «tiers payeurs» –,
sia come danno patrimoniale.
b) Quale ulteriore argomento addotto per contrastare la tesi proposta, si
afferma che «si avrebbe torto nel credere che la riparazione del danno riflesso
postuli quella del préjudice immédiat. Un gran numero di danni riflessi deriva-
no dalla morte della vittima diretta, e la Cassazione non ammette più che gli
eredi possano domandare, in nome della victime directe, il risarcimento del
danno che è causato dalla sua morte. Si può essere, dunque, vittima par rico-
159
chet di un danno irrisarcibile» .
Da notare, innanzitutto, che tale autorevole dottrina, nel muovere questa
contestazione, ipotizza che il danno patito dai genitori sia un danno par rico-
chet, e questa ammissione si pone in contrasto con quanto in precedenza af-
150
F. CHABAS, op. loc. ult. cit.
151
F. CHABAS, op. loc. ult. cit.
152
Per tutti, Y. CHARTIER, La réparation, cit., pp. 238-250 ss.; G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult.
cit., p. 130 ss., che discorrono di un «dommage patrimonial ‘par ricochet’» e di un «dommage moral
‘par ricochet’».
153
Lo affermano G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 131.
154
Cass., Ch. mixte, 27 février 1970, in Sem. jur., 1970, II, Jur., 16305.
155
F. CHABAS, Le cœur de la Cour de cassation, cit., p. 211.
156
Oltre a G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 17, cfr. M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit.,
p. 305.
157
Così, Cons. État, 14 février 1997, cit., 22828, p. 193.
158
Lo rileva J. PENNEAU, Note, cit., p. 99.
159
F. CHABAS, Note, cit., 10438, p. 2310.
398 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

fermato. Inoltre, il caso citato, che richiama alla mente il dibattito nostrano
sulla risarcibilità del danno da morte iure proprio o iure hereditario, rappresen-
ta una soluzione, peraltro finalmente superata per quanto riguarda l’esperien-
160
za italiana , che la giurisprudenza francese ha assunto limitatamente all’ipo-
tesi del decesso della vittima immediata. Per un verso, rappresenta un limite al
principio del cumulo tra il risarcimento «du dommage personnel et du dom-
mage successoral», secondo il quale «l’azione successoria suppone di far valere
161
un pregiudizio nato per la persona del defunto prima del suo decesso» ; per
altro verso, trova fondamento nel generalizzato riconoscimento che il danno
par ricochet assume nell’esperienza d’oltralpe.
L’irrisarcibilità iure hereditario del danno “tanatologico” patito dalla vitti-
ma immediata avrebbe la sua ragion d’essere proprio nel fatto del decesso, che
impedirebbe di trasferire agli eredi un “diritto al risarcimento” che non è sor-
to prima del decesso, ma che nasce proprio nel momento e per effetto della
morte. Tale ricostruzione ha trovato conferma, con argomentazioni simili, an-
che nella giurisprudenza italiana la quale, mentre ha escluso il risarcimento iu-
re successorio del danno biologico da morte patito dalla vittima immediata nel
caso di decesso istantaneo, lo aveva ammesso qualora fosse intercorso un “ap-
162
prezzabile lasso di tempo” tra le lesioni invalidanti e la morte . In ipotesi di
sopravvivenza della vittima iniziale, sia la giurisprudenza francese sia quella
163
italiana hanno risarcito tanto i danni biologico, morale e patrimoniale patiti
da questa, quanto i danni par ricochet (patrimoniali e no) sofferti dai parenti,
164
anche là dove il pregiudizio immediato non fosse di «eccezionale gravità» .
Nel caso che qui si esamina, invece, non si è in presenza della morte del figlio
andicappato. Anzi, il presupposto del risarcimento consiste proprio nell’inva-
lidità permanente che funesterà interamente la sua vita. Non v’è nulla di simile
tra questa ipotesi e la soluzione che la giurisprudenza francese e quella italiana
hanno elaborato per la morte della vittima immediata, la quale, anzi, ha impe-
dito che il danno patito dal defunto potesse essere risarcito come un danno
all’integrità psico-fisica, proprio per l’assenza di consolidazione dei postumi
permanenti della lesione.
160
V., retro, il cap. II, §§ 11 e 12. Il revirement è operato da Cass., Sez. III, 23 gennaio 2014, n.
1361, in Danno e resp., 2014, p. 363 ss., annotata da G. PONZANELLI, R. FOFFA, R. PARDOLESI, R. SI-
MONE, La sentenza “Scarano” sul danno da perdita della vita: verso un nuovo statuto di danno risarcibile?
161
Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 320 ss.
162
Cfr., ad es., Cass., 12 novembre 1999, n. 12756, in Danno e resp., 2000, p. 996; Cass., 26 set-
tembre 1997, n. 9470, in Giur. it., 1998, p. 1589; Cass., 25 febbraio 1997, n. 1704, ivi, 1998, p. 1589.
Cfr., altresì, Cass., 2 aprile 2001, n. 4783, in Danno e resp., 2002, p. 147.
163
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, in Corriere giur., 2001, p. 1319 ss.; e già, Cass., 23 aprile 1998,
n. 4186, in Danno e resp., 1998, p. 689.
164
Il ribaltamento del precedente orientamento che, nel caso di sopravvivenza della vittima inizia-
le, consentiva il risarcimento, per le vittime par ricochet, delle «souffrances endurées» soltanto nel ca-
so di una loro «gravité exceptionnelle», si deve a Cass., II Ch. civ., 23 mai 1977, in Rec. Dalloz, 1977,
Inf. rap., p. 441, ed a Cass., II Ch. civ., 1 mars 1978, in Sem. jur., 1978, IV, p. 145.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 399

c) Da ultimo si rileva che «i genitori si dolgono per la privazione del diritto


di decidere se il figlio dovesse accedere alla vita. Il loro pregiudizio è di natura
specifica, e non riflessa, anche se si estende di riflesso ai danni che saranno lo-
165
ro causati dalla vita del bambino» .
Con questo ulteriore rilievo si nega nuovamente che il danno patito dai ge-
nitori sia par ricochet, anche se si ammette che esso rappresenti il «riflesso», la
«conseguenza» del danno subito dal minore. Pur prescindendo, per ora, dal
166
verificare come la violazione del diritto della donna (e non «dei genitori»)
all’autodeterminazione sia fonte della responsabilità del medico anche nei con-
fronti del coniuge e del figlio (nato malformato), l’argomentazione addotta
non sembra idonea ad escludere, anche sotto altro profilo, che i danni arrecati
ai genitori siano par ricochet, almeno secondo l’accezione che questa figura
normalmente assume. Ad esempio, nel caso di lesione invalidante della vittima
iniziale, i danni patrimoniali e morali risarciti al coniuge (che nessuno dubita
essere par ricochet) trovano la loro causa nel pregiudizio immédiat, ma ciò non
esclude che il danno riflesso rappresenti l’autonoma lesione della sfera psichi-
167
ca, patrimoniale, morale e/o esistenziale della vittima par réfléchi . A tale
conclusione è pervenuta anche la giurisprudenza italiana, la quale ha addirit-
tura considerato «fuorviante parlare di danno riflesso o di rimbalzo […], pro-
prio perché lo stretto congiunto […] riceve immediatamente un danno conse-
quenziale, di varia natura […], che lo legittima ad agire contro il responsabile
168
dell’evento lesivo» . Nel caso in esame, il pregiudizio dei genitori trova la sua
causa esclusiva nel danno psico-fisico patito dal minore, ma ciò non esclude
che essi, quali vittime par ricochet, subiscano una lesione che è autonoma ri-
spetto a quella sofferta dal bambino. L’handicap del figlio, però, rappresenta
il presupposto essenziale del pregiudizio par ricochet dei genitori, tant’è che in
assenza del primo, il secondo sarà inesistente.
Riconosciuta la natura par ricochet del danno patito dai genitori, il discorso
potrebbe essere ribaltato. Soltanto se si ammette la risarcibilità del danno sof-
ferto dal minore sarebbe possibile considerare riparabile anche il pregiudizio
par ricochet patito dai genitori, che trova la sua causa proprio nel primo.

7. La risarcibilità del danno prenatale nei confronti del fanciullo richiede di


verificare se sia possibile passare «dal pregiudizio della madre a quello del
169
bambino» . Il contratto medico è di regola concluso con il paziente (in mate-

165
F. CHABAS, Note, cit., 10438, p. 2310.
166
Come, invece, afferma F. CHABAS, op. loc. ult. cit.
167
G. VINEY, L’autonomie du droit à réparation de la victime par ricochet par rapport à celui de la
victime initiale, in Rec. Dalloz, 1974, Chron., p. 3 ss.
168
Cass., 2 febbraio 2001, n. 1516, cit., p. 1320.
169
M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 298.
400 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

170
ria di interruzione volontaria della gravidanza, con la gestante) , e ciò signifi-
ca che il professionista sarebbe tenuto agli obblighi di informazione soltanto
nei suoi confronti, rivestendo il nascituro la posizione di “terzo” rispetto a
questo contratto.
171
L’Assemblée Plénière, nel richiamare gli artt. 1165 e 1382 code civ. , ha
corretto la soluzione precedentemente fornita dalla Cassazione (che aveva de-
ciso sulla base dell’art. 1147, dettato in tema d’inadempimento del rapporto
172
obbligatorio) e ha qualificato la responsabilità del medico verso il minore
come delittuale. Escludendo il ricorso alla figura della stipulation pour autrui
173
tacite, che taluno aveva giudicato «ipotetica» , l’Assemblée Plénière ha consi-
derato il “fatto” dell’inadempimento degli obblighi d’informazione come una
condotta colposa che genera, nei confronti dei genitori, una responsabilità
contrattuale e, nei riguardi del minore, una responsabilità delittuale. Il richia-
mo all’art. 1165 intende ribadire il principio secondo il quale, se è vero che i
contratti «ne profitent pas aux tiers», la loro inesecuzione può essere costitu-
tiva di una responsabilità extra-contrattuale, «dont les tiers peuvent faire
174
état» . La più recente giurisprudenza di legittimità è orientata a riconoscere
l’opponibilità dei contratti nei confronti dei terzi, considerandoli legittimati «a
invocare la loro esecuzione difettosa, allorché abbiano causato ad essi un dan-
175
no, senza che sia necessario apportare nessun’altra prova» .
Tale soluzione deve conciliarsi, in Francia, con il principio del non-cumul
delle responsabilità contrattuale e delittuale, che opera allorché in un mede-
simo attore vi sia «la coïncidence entre les fautes délictuelle et contractuel-
176
le» . In tale diritto vale il principio secondo il quale «la vittima non può av-
valersi, anche quando vi abbia interesse, delle regole della responsabilità delit-
tuale» allorché «sono presenti […] le condizioni che danno alla responsabilità
177
natura contrattuale» . Ciò significa che, là dove la Cassazione avesse ricono-
sciuto un possibile concorso di responsabilità, il danno risarcito al minore
avrebbe dovuto essere qualificato come contrattuale. Ma la Suprema corte
avrebbe anche potuto individuare nel contratto stipulato con la madre o con i
genitori l’esistenza di un’obbligazione di protezione (o di sécurité) nei con-
fronti del minore. L’estensione del regime della responsabilità contrattuale nei
riguardi del fanciullo avrebbe trovato fondamento nel fatto che le informazioni
170
Lo precisa M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
171
Così, Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000, cit., 10438, p. 2309.
172
Cass., I Ch. civ., 26 mars 1996, cit., p. 36.
173
F. CHABAS, Note, cit., 10438, p. 2309, in nota 3.
174
In questi termini, è lo stesso F. CHABAS, op. ult. cit., 10438, p. 2309, in nota 4.
175
Cass., I Ch. civ., 18 juillet 2000, e Cass., I Ch. civ., 15 décembre 1998, le cui massime sono ri-
prodotte in M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 299, in nota 57. Non così, Cass. com., 17 juin 1997, in
Rev. trim. dr. civ., 1998, p. 113.
176
Cfr. M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 299.
177
Ad es., Cass., I Ch. civ., 9 mars 1970, in Rev. trim. dr. civ., 1971, p. 139; conf. Cass. civ., 11
janvier 1989, in Sem. jur., 1989, II, Jur., 21326.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 401

che avrebbero dovuto essere comunicate alla madre sullo stato di salute del na-
scituro concernevano «anche necessariamente il bambino, il quale è, dunque,
autorizzato, una volta nato, a dolersi del fatto che esse siano state incomplete o
178
erronee» . Nel caso di specie, «non è tanto l’identica prossimità del terzo alla
prestazione e perciò l’essere sottoposto al medesimo rischio della parte con-
trattuale, quanto l’interesse del creditore (la gestante) alla protezione del terzo
179
(il neonato) a rilevare in funzione dell’estensione degli effetti di protezione» .
L’Assemblée Plénière, pur avendo condiviso nella sostanza tali considera-
zioni, piuttosto che ricorrere all’estensione della responsabilità contrattuale sulla
base dell’effetto protettivo (che la giurisprudenza francese prevede entro limiti
180
rigorosi , potendo risolvere il problema sul piano della responsabilità delittua-
le) nei confronti del neonato, ha preferito ricorrere all’ulteriore principio secon-
do il quale: «allorché l’inadempimento causa un pregiudizio a terzi, la ripara-
zione del danno non dovrà essere limitata alle stipulazioni contrattuali, ma do-
vrà essere effettuata secondo la disciplina applicabile in materia di responsabi-
181
lità delittuale» . In questo modo l’Assemblée Plénière consegue il medesimo
risultato, pur in presenza delle diversità di disciplina che possono caratterizzare
i due modelli di responsabilità. Pur affermando implicitamente che «la faute
del medico nei confronti della madre è dunque anche una faute nei confronti
182
del bambino» , l’Alta Assemblea ha voluto evitare di ricorre all’«artificio di far
183
entrare [nel contratto] braccia rotte e morti di uomini» e, in questo caso, bam-
bini nati malformati. Il problema non viene risolto attraverso una ricostruzione
«difficile da comprendere e da delimitare», là dove presuppone la «violazione
di un’obbligazione considerata in sé indipendentemente da ogni punto di vista
contrattuale», ma trova fondamento nella opponibilità del contratto nei con-
fronti di terzi, i quali «si limita[no] a far valere il fatto dell’inadempimento, al
pari di ogni terzo che può invocare la situazione di fatto costituita dal contrat-
184
to, che esso sia o no stato eseguito» . Poiché il nascituro è terzo rispetto al
contratto stipulato con la madre, allorché «l’inadempimento dell’obbligazione
sorta da questo contratto ha prodotto conseguenze nei suoi confronti, egli
[una volta nato] può invocare questa faute, considerata come un fatto giuridi-
185
co, a fondamento della sua azione per il risarcimento del danno» .
178
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 300; e già B. MARKESINIS, Réflexions d’un comparatiste an-
glais sur et à partir de l’arrêt Perruche, in Rev. trim. dr. civ., 2001, p. 91.
179
Così C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 101, in nota 80, nel commentare i criteri menzio-
nati da A. DI MAJO, La protezione del terzo tra contratto e torto, in Europa e dir. priv., 2000, p. 16.
180
La figura della stipulation pour autrui tacite s’interseca con il riconoscimento della obligation de
sécurité (cfr. M. FEOLA, L’obbligazione di sécurité, cit., pp. 29 ss., 47 ss.).
181
Così Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 116, ivi le citazioni della giurisprudenza (in nota 681).
182
Cfr. M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 300.
183
Le parole del doyen Carbonnier sono ricordate da Y. CHARTIER, op. ult. cit., p. 117.
184
P. SARGOS, Rapport, cit., 10438, p. 2300, ove cita il pensiero di J.-L. AUBERT, Y. FLOUR, E.
SAVAUX, Les obligations, 3, Le rapport d’obligation, Paris, 1999, § 183.
185
P. SARGOS, op. ult. cit., 10438, p. 2299 (il corsivo è aggiunto).
402 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

L’insofferenza del diritto francese nel ravvisare eccezioni al principio di re-


latività del contratto – che pur non verrebbe inciso se si distinguono gli effetti
186
di prestazione da quelli di protezione – non avrebbe impedito all’esperienza
italiana, più propensa per tradizione a recepire gli elaborati modelli germanici,
di poter seguire anche il percorso del contratto con effetti protettivi per terzi.
Allorché v’è concorso di responsabilità, nel senso che v’è la «possibilità di av-
valersi alternativamente di uno dei due regimi», la nostra giurisprudenza, a
differenza di quella d’oltralpe, tende a risolvere il problema affidando al giu-
dice il compito «di valutare se il danneggiato meriti o no di avvalersi del regi-
me di responsabilità che, tra contratto e torto, nel caso concreto si rivela più
187
conveniente» . Sulla base della constatazione secondo la quale «numerosi
contratti hanno ad oggetto una pluralità di prestazioni in cui, accanto e oltre il
diritto alla prestazione principale, è garantito e rimane esigibile un ulteriore
diritto a che non siano arrecati danni a terzi», la Cassazione ha affermato, in
un importante leading case, che «in caso di inadempimento della prestazione
accessoria, può agire non solo la controparte […], ma anche e soprattutto il
188
soggetto a protezione del quale è posta quella previsione» . Parte del con-
tratto «rimane sempre la partoriente, o, comunque, colui che lo abbia stipula-
to, ma il terzo, alla cui tutela tende quell’obbligazione accessoria, non è più il
nascituro, bensì il nato, anche se le prestazioni devono essere assolte, in parte,
189
anteriormente alla nascita» .
Tale principio, elaborato in occasione di una condotta commissiva del me-
dico che aveva arrecato, sulla base di un nesso certo di causalità, un danno
permanente all’integrità psico-fisica del nascituro durante le operazioni pro-
pedeutiche al parto, sarebbe stato suscettibile di essere applicato anche là do-
ve l’inadempimento del medico si fosse concretato nell’omessa o erronea co-
municazione d’informazioni doverose sulla probabilità di generare un bimbo
malformato. Gli effetti di prestazione del contratto intercorrono tra il medico
(e/o la struttura sanitaria) e la madre, ma l’effetto di protezione opera a favore
del nascituro il quale, una volta nato, può agire autonomamente, al fine di ot-
tenere il risarcimento integrale dei danni. In questo caso si è in presenza di
una condotta colposa del medico, consistente nell’omessa o erronea informa-
zione, che si dirige, parallelamente, nei confronti della madre e del nascituro,
contenendo notizie sullo stato di salute proprio di questi.
La lettura della maggior parte delle sentenze della Cassazione italiana in
materia dimostrava come fosse possibile ricostruire un orientamento favorevo-
le alla risarcibilità del danno prenatale nei confronti del minore, anche allor-
ché l’handicap rappresentasse la conseguenza della violazione di obbligazioni
186
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 101, in nota 79.
187
Le espressioni tra virgolette sono tratte da C. CASTRONOVO, op. ult. cit., pp. 89, in nota 47, e 123.
188
Cass., 22 novembre 1993, n. 11503, cit., c. 557 s.
189
Cass., 22 novembre 1993, n. 11503, cit., c. 558.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 403

d’informazione. L’inadempimento del medico opera non soltanto come fonte


di responsabilità contrattuale nei riguardi della donna e del suo coniuge (sia in
Francia, sia in Italia), ma anche come “fatto” idoneo ad ingenerare una re-
sponsabilità delittuale (o contrattuale) nei confronti del minore andicappato,
al pari di tutte quelle altre ipotesi nelle quali l’inesatta esecuzione di un con-
tratto arreca danni risarcibili nei confronti di terzi, siano essi considerati “pro-
tetti” o no dal contratto.
Il diritto francese, pur non ponendo (a differenza di quello italiano) ecces-
sivamente «l’accento sul diritto all’integrità fisio-psichica» e sul suo fondamen-
to costituzionale, enuncia chiaramente il principio secondo il quale «il préjudi-
190
ce corporel è risarcibile» . Nonostante tale ordinamento «non stabilisca una
lista degli interessi che sono giuridicamente protetti […], ma parta al contra-
rio dai tipi di danno che sono giuridicamente riparabili» al fine di «indurre gli
191
interessi che sono protetti» , l’handicap del fanciullo è considerato senz’altro
un danno risarcibile. Non è «per nulla necessario […] riconoscere al bambino
un diritto di non nascere in stato di handicap […], né un pregiudizio risultan-
192
te dal fatto di essere nato (o “nato andicappato”)» . Non si tratta «di valuta-
193
re quanto valga il “non-essere” rispetto all’“essere andicappato”» , ma oc-
corre allontanarsi «dalla concezione del danno come paragone con la vita sa-
194
na, perché appunto questa vita sana non ci sarebbe stata» .
Oltre a riparare al bambino il danno psico-fisico (consistente nella percen-
tuale d’invalidità permanente) e le spese (attraverso l’assegnazione di una ren-
195
dita vitalizia indicizzata, a cadenza mensile) che egli dovrà affrontare per tutta
la vita, a causa del suo handicap, bisogna risarcire anche il danno morale e/o
esistenziale. Il danno risarcibile, secondo il principio della riparazione integra-
le, s’identifica con il pregiudizio biologico consistente nell’handicap e con tutte
le conseguenze economiche e non patrimoniali che ad esso sono causalmente
collegate (art. 1223 c.c.). Tale riparazione può essere liquidata direttamente al
fanciullo poiché, in caso di abbandono successivo, di separazione tra i coniugi
o di premorienza dei genitori (ipotesi, queste, assai frequenti in giurispruden-
196
za) , egli sarà comunque autosufficiente dal punto di vista economico. Inol-
tre, nel caso di una cattiva amministrazione, da parte dei genitori, del danaro
allocato al minore, sarà possibile ricorrere a quegli istituti che il diritto civile
pone a protezione dei suoi interessi patrimoniali. Soltanto in tal modo si po-
trà evitare il rischio di una dilapidazione delle somme che sono state erogate

190
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 302, in nota 75.
191
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 302.
192
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
193
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 307, in nota 100.
194
P.G. MONATERI, “La marque de Caïn”, cit., p. 298.
195
È, questo, il sistema adottato da Cons. État, 14 février 1997, cit., 22828, p. 193.
196
Cfr., nell’ordine, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 18, e M. FABRE-MAGNAN, op. ult.
cit., p. 307.
404 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

al minore, al fine di garantirgli un’esistenza libera e dignitosa.


Avendo assegnato proprio al danno patito dal fanciullo una valenza prima-
ria e onnicomprensiva di tutte le conseguenze patrimoniali, biologiche, morali
ed esistenziali derivanti dall’handicap, al fine di evitare una duplicazione di
197
risarcimenti , è opportuno limitare il pregiudizio subito dai genitori ai soli
danni morale e/o esistenziale par ricochet, che proprio il Consiglio di Stato ha
198
definito come «troubles dans les conditions d’existence» . Tale soluzione è
stata recepita, in Francia, nell’art. 1 I, comma 3, della legge n. 303/2002 del 4
marzo 2002. Come si era efficacemente rilevato, «nella misura in cui il loro fi-
199
glio soffre, i genitori soffrono di vederlo soffrire» . È soltanto questo il dan-
no patito dai genitori, dovendo tutti gli altri (anche quelli patrimoniali) essere
risarciti direttamente al fanciullo.
200
Sembravano «assai poco convincenti» , infine, quelle ulteriori obiezioni
che, al fine di contestare la responsabilità del medico nei confronti del minore
nato malformato, prospettavano un preteso diritto del fanciullo di ottenere il
risarcimento dei danni anche avverso la madre che, correttamente informata
sui rischi della nascita, avesse liberamente deciso di procreare un figlio invali-
do. Del pari, si è anche affermato che non sarebbe stato «un artificio eccessivo
concepire un’azione del padre contro la madre, poiché è lei sola a decide-
201
re» . Ma in queste ipotesi, che un’avvertita dottrina ha giudicato come «non
202
pertinenti» , tali danni non sono risarcibili per l’assenza di una faute e, nella
specie, dell’inadempimento del medico che, violando gli obblighi d’informa-
zione, lede il diritto di scelta della madre. «Il fatto di dare la vita» o la rinun-
cia, da parte della madre, a interrompere la gravidanza non potranno mai es-
203
sere considerati come fautes . L’atto della procreazione è il risultato di una
scelta che spetta, giuridicamente, soltanto ai genitori. E poiché «la donna è il
solo giudice della decisione di procedere o no all’interruzione della gravidan-
za, è impossibile rimproverarla di non avervi fatto ricorso, allorché il fanciullo
204
nasca gravemente andicappato» .

8. Il problema più controverso in materia di responsabilità del medico nei


confronti del fanciullo nato malformato era quello che concerneva la sussi-
stenza del rapporto di causalità, soprattutto in quegli ordinamenti che qualifi-
197
Così, B. MARKESINIS, Réflexions, cit., p. 86 s., e M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 308.
198
Cons. État, 14 février 1997, cit., 22828, p. 193.
199
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 305.
200
Secondo M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 301.
201
Entrambe le ipotesi sono prospettate da F. CHABAS, Note, cit., 10438, p. 2311.
202
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 18.
203
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.; J. ROCHE-DAHAN, Note, cit., p. 38; M. FABRE-
MAGNAN, op. loc. ult. cit.
204
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.; P. SARGOS, Rapport, cit., 10438, p. 2297.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 405

cano tale responsabilità come delittuale. Qualora, invece, la faute del profes-
sionista assuma natura contrattuale, è lo stesso inadempimento che, sulla base
dell’effetto protettivo per terzi, giustifica il risarcimento integrale del danno
prenatale e di tutte le conseguenze patrimoniali e non patrimoniali che ad esso
sono collegate in maniera immediata e diretta (artt. 1223 c.c. e 1151 code civ.).
Sia la giurisprudenza del Consiglio di Stato e delle Corti d’appello, sia gli
autori che avevano contestato la decisione della Assemblée Plénière avevano
affermato l’assenza del legame eziologico tra l’inadempimento e il danno, per-
205
ché la causa dell’handicap sarebbe inerente «al patrimonio genetico» dei
206
genitori o alla «rosolia trasmessa in utero dalla madre» . Tuttavia, questo
207
modo di ragionare è stato considerato una «lapalissade sans portée» . Rileva-
re che la trisomia non sarebbe imputabile alla faute commessa nella realizza-
zione dell’amniocentesi, o che il parere erroneo non sarebbe la causa giuridica
dell’affezione genetica significava effettuare una constatazione «di un’evidenza
208
biologica che confina con il truismo» . Il limitare il problema della causalità
alle leggi della biologia – senza applicare un criterio eziologico di tipo giuridi-
co – al fine di negare che sussista un danno, voleva dire «rifiutare l’evidenza»:
«tale danno non deriva dalla vita del fanciullo, ma dal suo handicap, ed è pro-
209
prio quest’ultimo che permette di giustificare il risarcimento» .
L’orientamento che escludeva l’esistenza del nesso di causalità per il danno
patito dal fanciullo andicappato incorreva in un’ulteriore contraddizione. Se si
210
adottava una linea di «biologisation du droit» nei confronti del danno subi-
to dal minore, questa stessa prospettiva doveva essere seguita anche in ordine
al pregiudizio sofferto dai genitori. Pure questo trovava la sua causa biologica
nella malattia trasmessa in utero dalla madre. Rappresentava un’incoerenza adot-
tare due opposte letture del nesso eziologico per un danno che aveva la mede-
sima causa biologica nella malattia trasmessa in utero dalla madre, ora esclu-
dendo ora ammettendo l’esistenza del rapporto causale secondo che si trattas-
se, rispettivamente, del danno del minore o di quello dei genitori.
L’orientamento del Consiglio di Stato testimoniava un’ulteriore incon-
211
gruenza . Nonostante negasse la risarcibilità del danno del fanciullo, con-
dannava il Centro ospedaliero di Nizza a pagare «una indennità in capitale co-
stituita dal versamento di una rendita mensile di 5.000 franchi per tutta la du-

205
Cons. État, 14 février 1997, cit., 22828, p. 192.
206
App. Paris, 17 décembre 1993, cit., p. 99.
207
P. JOURDAIN, in Rev. trim. dr. civ., 1996, p. 623.
208
Con la consueta lucidità, P. SARGOS, op. ult. cit., 10438, p. 2299.
209
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 15 (il corsivo è degli A.).
210
L’espressione del Doyen Nerson è ricordata da P. SARGOS, op. loc. ult. cit.
211
Puntualmente rilevata, in dottrina, da M. GOBERT, La Cour de cassation, cit., p. 7, da J.L. AU-
BERT, Indemnisation d’une existence handicapée qui, selon le choix de la mère, n’aurait pas dû être, in
Rec. Dalloz, 2001, Chron., p. 490, e da D. MAZEAUD, Réflexions, cit., p. 334, il quale afferma che «le
decisioni dell’Assemblée plénière e del Consiglio di Stato non sono molte lontane l’una dall’altra».
406 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

212
rata della vita [del bambino]» . Il danno esplicitamente risarcito era quello
dei genitori ma, poi, la rendita vitalizia era commisurata alla vita del fanciullo
andicappato. La finalità era evidente: in caso di premorienza dei genitori, il
Consiglio di Stato voleva garantire al soggetto nato malformato i mezzi di so-
stentamento. Un espediente analogo era stato escogitato nel 1994 dalla District
Court dell’Alabama la quale, dopo aver dichiarato l’inammissibilità dell’azione
per wrongful life, aveva risarcito ai genitori una somma molto elevata «tale da
coprire le esigenze di mantenimento e di cura del figlio andicappato per tutta
213
la vita» . Un tale danno «negli effetti cesserebbe di essere danno dei genitori
214
per corrispondere più propriamente al danno del bambino» . Allora, sem-
brava lecito chiedersi quale fosse l’atteggiamento preferibile: risarcire diretta-
mente il danno del fanciullo, o ripararlo comunque, di là dalle declamazioni
formali, con l’utilizzo di questi pur nobilissimi sotterfugi?
Il problema del nesso causale doveva essere riguardato sotto il profilo non
biologico, ma giuridico, così come accade in tutte le ipotesi analoghe. Ad esem-
pio, nel caso di contagio, non v’è dubbio che la causa biologica della malattia
sia il virus HIV o delle epatiti B o C. Ma nessuno dubita che la responsabilità
vada imputata, sulla base di un criterio di causalità giuridica, a quel soggetto
che, con la sua omissione colposa, ha provocato o reso possibile il contagio.
V’è da rilevare, inoltre, come il nesso di causalità operi in maniera del tutto
peculiare nella specifica materia della responsabilità medica. A differenza di
altre ipotesi, nelle quali è possibile affermare che «senza l’atto o il comporta-
mento anormale di una persona, il danno sarebbe stato evitato», in questo set-
tore il paziente, in quanto malato, «è già coinvolto in un “corso normale delle
215
cose” che gli causa un danno» . I medici hanno «per missione (e dunque per
obbligazione contrattuale) d’interrompere questo corso normale, attraverso i
loro atti di cura»: la loro attività non è quasi mai «all’origine di una malattia e
216
non ne è […] la causa efficiente» . Qualora il paziente non è curato diligen-
temente «perché i medici hanno commesso un errore di diagnosi o di tratta-
mento, essi ne sono responsabili e la loro condotta deve essere considerata
come aver “causato” il danno, nel senso giuridico del termine, cioè la malattia
217
e le sue conseguenze, ovvero il decesso» . Il diritto positivo «non esige che si
dimostri che la faute del medico sia stata la causa efficiente del danno […]; è
sufficiente che la condotta sia stata una delle condizioni che hanno reso possi-
218
bile il sopravvenire del danno, o anche il suo non-venir meno» .
212
Cons. État, 14 février 1997, cit., 22828, p. 193.
213
Lo riferisce M. LUPOI, in Un bambino non voluto è un danno risarcibile?, a cura di A.
D’Angelo, cit., p. 37.
214
M. LUPOI, op. loc. ult. cit.
215
M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 311.
216
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
217
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
218
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 407

La scelta, che è indiscutibile per quanto concerne i danni all’integrità psi-


co-fisica, effettuata dalla gran parte degli ordinamenti occidentali per la teoria
219
dell’equivalenza delle condizioni consente di risolvere il problema. Il diritto
«positivo prende talvolta in considerazione delle “cause” nel senso giuridico del
termine, che non sono cause efficienti, perché non hanno direttamente pro-
220
dotto il danno […], ma lo hanno semplicemente reso possibile» . Il «rigetto ca-
tegorico» delle «teorie della “causalità immediata” e della “causa proxima”» in-
duce a considerare integrato il nesso eziologico ogni qualvolta una condizione,
a prescindere dal suo «ordine di apparizione», abbia «“giocato un ruolo” o “con-
221
tribuito” alla realizzazione del risultato» . Non si richiede il «carattere “prepon-
derante” o “essenziale” della partecipazione al pregiudizio, né […] che il fatto
esaminato abbia reso il danno probabile, verosimile o anche semplicemente
222
prevedibile» . In assenza di qualsiasi «selezione fondata sul grado di efficacia,
sulla prossimità temporale, sulle modalità d’intervento della causa o su qual-
siasi altro fattore», le corti sono unanimi nel ritenere che «il fatto di non aver
223
preso una precauzione che avrebbe impedito il danno è “causa” di questo» .
Una posizione analoga è assunta dalla giurisprudenza italiana. Come sotto-
lineato dalle Sezioni Unite, l’interpretazione «assolutamente dominante […]
nella lettura degli artt. 40 e 41 c.p. sul rapporto di causalità e sul concorso di
cause fa leva sulla “teoria condizionalistica” o dell’“equivalenza delle cause”
(temperata, ma in realtà ribadita mediante il riferimento, speculare e in nega-
tivo, alla “causalità umana” quanto alle serie causali sopravvenute, autonome e
224
indipendenti, da sole sufficienti a determinate l’evento: art. 41, comma 2)» .
Ciò significa che è «causa penalmente rilevante (ma il principio stabilito dal
codice penale si applica anche nel distinto settore della responsabilità civile
[…]) la condotta umana, attiva o omissiva, che si pone come condizione “ne-
cessaria” – condicio sine qua non – nella catena degli antecedenti che hanno
225
concorso a produrre il risultato» . Il maggior rigore assunto, ma in ordine al
diverso profilo dell’onere della prova, dal giudizio di “alto o elevato grado di
226
credibilità razionale” o di “probabilità logica” non ha impedito di ribadire
come nelle «fattispecie di causalità (prevalentemente) omissiva attinenti
all’attività medico-chirurgica», il reato omissivo improprio o «“commissivo
mediante omissione” […] è realizzato da chi viola gli speciali doveri collegati
227
alla posizione di garanzia non impedendo il verificarsi dell’evento» . Traspo-

219
In argomento, P. GALLO, L’elemento oggettivo, cit., p. 130 ss.
220
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 310.
221
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 171 s.
222
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 172.
223
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
224
Cass., Sez. Un. pen., 10 luglio 2002, in Foro it., 2002, II, c. 613 s.
225
Cass., Sez. Un. pen., 10 luglio 2002, cit., c. 614 s.
226
Cass., Sez. Un. pen., 10 luglio 2002, cit., c. 621 ss.
227
Cass., Sez. Un. pen., 10 luglio 2002, cit., c. 618.
408 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

nendo tale problematica sul piano del diritto civile, che non conosce il princi-
pio di tipicità delle fattispecie penali, ma che anzi si ispira a una regola oppo-
sta anche nel settore della responsabilità contrattuale, la violazione degli ob-
blighi d’informazione assurge a condizione necessaria di un processo causale
che, in assenza di fatti interruttivi, si conclude con il «danno subito dal fan-
228
ciullo» per il fatto colposo del medico. Al pari di quanto affermato nell’espe-
rienza d’oltralpe, anche nel diritto italiano l’inadempimento degli obblighi
d’informazione è la causa del danno consistente nell’handicap, secondo la se-
guente «massima standard»: «tutti gli antecedenti in mancanza dei quali non
si sarebbe verificato l’evento lesivo debbono considerarsi sue cause, abbiano
229
essi agito in via diretta e prossima o in via indiretta e mediata» .
Lungi «dall’idea di voler negare che la malattia della madre sia una causa
(biologica) dell’handicap, ciò non esclude che altre cause abbiano contribuito
230
alla realizzazione del danno, tra le quali le fautes mediche» . Poiché «è acqui-
sito che, senza queste fautes, l’handicap avrebbe potuto essere evitato, esse sono
certamente delle cause del danno ai sensi della teoria dell’equivalenza delle
231
condizioni» . Nel caso di specie «era provato che la madre aveva deciso di
ricorrere all’interruzione della gravidanza in caso di rosolia e che il medico e il
laboratorio di analisi avevano commesso delle fautes non informandola su
232
questo rischio» . Il negare «questa causalità per il motivo, talvolta avanzato,
che il processo dannoso era già in corso nel momento in cui le fautes sono sta-
te commesse significava contestare il carattere causale della condotta colposa –
di omissione – consistente nel non impedire o nel non permettere d’impedire
233
un danno che si poteva evitare» . Le fautes commesse dai medici «assurgono
senz’altro a condizioni necessarie del danno subito dal fanciullo poiché […]
esse hanno “impedito” alla madre “di esercitare la sua scelta di interrompere
la gravidanza al fine di evitare la nascita di un bambino affetto da handi-
234
cap”» . La condotta colposa del medico, «impedendo la decisione presa dal-
la madre, si trova direttamente all’origine della situazione che è consistita nel
235
condurre a termine la gravidanza» . L’inadempimento «ha lasciato costituire
la situazione generatrice del danno, che sarebbe stata impedita in assenza di
tale condotta. Il fatto di non avere compiuto – colposamente – ciò che avreb-
be permesso di impedire la realizzazione del danno è in rapporto di causalità
236
diretta con questo» . Si tratta di «un’applicazione banale dell’equivalenza
228
L’espressione è tratta da Cass., I Ch. civ., 26 mars 1996, cit., p. 36.
229
Per la prevalente giurisprudenza che applica tale regola, P.G. MONATERI, La responsabilità ci-
vile, cit., p. 161.
230
P. JOURDAIN, Réflexions, cit., p. 337.
231
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
232
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
233
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
234
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
235
J.L. AUBERT, Indemnisation, cit., p. 491.
236
J.L. AUBERT, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 409

237
delle condizioni», mentre la diversa soluzione «è, in realtà, senza fondamento» .
Anche chi ha contestato con veemenza la decisione della Assemblée pléniè-
re è stato costretto ad ammettere la sussistenza del nesso di causalità tra la
condotta del medico e il danno (del fanciullo) consistente nell’handicap poi-
ché, «in una certa maniera, tutto è causa di tutto»: «è vero che bisogna inten-
dere per causa di un pregiudizio non soltanto l’evento che ha positivamente
prodotto quest’ultimo, ma anche quello che non ha impedito il suo verificar-
238
si» . «Non è difficile trovare un rapporto di causalità. È sufficiente che il fat-
to generatore – la faute medica, nella specie – non sia totalmente estraneo al
239
danno» . La decisione della Cassazione francese era «discutibile – come ogni
240
altra questione di causalità – ma accettabile» .

241
9. La «véritable question» , invece, sarebbe consistita nel fatto che il dan-
no patito dal fanciullo non fosse risarcibile per l’assenza di un interesse giuri-
dicamente rilevante. Ma tale rilievo trovava una smentita in quegli ordinamen-
ti (come quelli francese e italiano) che non subordinano la risarcibilità del
danno da contratto alla lesione di un interesse protetto e che, anzi, riconosco-
no alla gestante il diritto di scegliere per la non procreazione o per l’interru-
zione della gravidanza, sussistendo le condizioni richieste dalla legge. In pre-
senza di queste, entrambi gli ordinamenti attribuiscono alla donna la facoltà di
decidere, oltre che per il marito, anche per il nascituro. La violazione di tale
242
diritto, come legittima il risarcimento del danno nei confronti del coniuge ,
così, a maggior ragione, dovrebbe dare fondamento anche alla domanda del
figlio che si reputi danneggiato dall’inadempimento del medico, il quale lo ha
obbligato a dover vivere in una condizione di handicap permanente.
Inoltre nessuno dubita, né nell’esperienza francese, né in quella italiana,
che l’handicap sia un danno risarcibile per il minore allorché sia provocato, ad
esempio, dall’azione negligente del medico nel corso di un intervento ostetri-
243
co . Viceversa, lo stesso handicap non sarebbe un danno risarcibile là dove
risulti provocato (pur sempre a seguito di un inadempimento del medico) nel-
la vita endouterina, a seguito di un’erronea od omessa informazione. Ma se ta-
le conclusione avesse un qualche fondamento, si dovrebbe coerentemente
concludere che il danno consistente nell’handicap non sarebbe mai risarcibile
(nei confronti del minore e/o dei genitori), né qualora derivi dalla condotta
237
J.L. AUBERT, op. loc. ult. cit.
238
L. AYNÈS, Préjudice, cit., p. 494.
239
L. AYNÈS, op. loc. ult. cit.
240
L. AYNÈS, op. loc. ult. cit.
241
Secondo L. AYNÈS, op. cit., p. 495. Sul punto, D. MAZEAUD, op. ult. cit., p. 334.
242
Soluzione, questa, del tutto pacifica sia nell’esperienza francese, sia in quella italiana (Cass., 10
maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120; Cass., 1 dicembre 1998, n. 12195, cit., p. 526).
243
Cfr. Cass., 22 novembre 1993, n. 11503, cit., c. 553 ss.
410 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

commissiva del medico, né allorché consegua alla violazione degli obblighi


d’informazione.
Riguardo all’obiezione secondo la quale il risarcimento del danno al mino-
re andicappato sarebbe lesivo del valore della dignità della persona umana,
basti rammentare l’interrogativo che si pone Pierre Sargos: «Dov’è l’autentico
rispetto della persona umana e della vita: nel rifiuto astratto di ogni riparazio-
ne, o al contrario nella sua ammissione, che consentirà al fanciullo di vivere,
almeno sotto il profilo materiale, nelle condizioni più conformi alla dignità
umana, senza essere abbandonato all’alea degli aiuti di tipo familiare, pubblici
244
o privati?» . La risposta «non lascia dubbi: il rispetto della persona umana
245
risiede nella riparazione delle sue sofferenze» .
In merito all’ulteriore rilievo, secondo il quale nell’ammettere il risarcimen-
to del danno al minore si riconoscerebbe all’embrione lo status di persona
246
umana, essendo egli considerato titolare di diritti ancor prima della nascita ,
v’è da rilevare come tale problematica fosse «totalmente fuori luogo, poiché il
247
pregiudizio appare soltanto alla nascita e non colpisce che il bambino nato» .
Come si è sottolineato, anche nella giurisprudenza italiana, si è «al di fuori
della previsione dell’art. 1, comma 2, c.c.» poiché, se è vero che il fatto colpo-
so è commesso anteriormente alla nascita, «il danno di cui si chiede il risarci-
mento […] è immediatamente collegabile alla nascita», in quanto «incide […]
248
direttamente su un soggetto venuto ad esistenza» .
Il tentativo della «retorica universitaria» di individuare nell’affaire Perruche
249
un attentato alle «categorie antropologiche fondamentali» sembrava fallito,
poiché questa idea «non si era mai rivelata così debole e così debolmente im-
250
piegata come in questo dibattito» . Il ricorso alle «“categorie antropologiche
fondamentali” non era probabilmente nient’altro che una maschera posta sulle
251
ambizioni di prescrivere un certo numero di valori, egualmente dissimulati» .
Tuttavia, l’aspro dibattito sollevato dall’affaire Perruche ha trovato il suo epi-
logo in un oscuro intervento del legislatore francese, approvato nel totale si-
lenzio della dottrina, che, se pure intitolato «ai diritti dei malati e alla qualità
del sistema della salute» (legge n. 303/2002 del 4 marzo 2002), verrà ricordato
come «legge anti-Perruche». L’art. 1 I, comma 3, non sembra porre limiti
all’azione del fanciullo andicappato, poiché circoscrive la domanda proposta
244
P. SARGOS, op. ult. cit., 10438, p. 2302.
245
P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 338.
246
G. MÉMETEAU, L’action de vie dommageable, in Sem. jur., 2000, I, 279, p. 2279; J.L. AUBERT,
op. ult. cit., p. 489 s.
247
P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 336.
248
Cass., 22 novembre 1993, n. 11503, cit., c. 556.
249
In argomento, D. DE BÉCHILLON, Porter atteinte aux catégories anthropologiques fondamen-
tales? Réflexions, à propos de la controverse Perruche, sur une figure contemporaine de la rhétorique
universitaire, in Rev. trim. dr. civ., 2002, p. 47 ss.
250
D. DE BÉCHILLON, op. cit., p. 49.
251
D. DE BÉCHILLON, op. cit., p. 69.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 411

iure proprio dai genitori al risarcimento dei soli danni morali (2° inciso) che
sono stati da loro subiti, mentre nulla dispone in ordine a quei danni che pos-
sono essere richiesti da soggetti diversi. L’interdizione all’esercizio dell’azione
proposta dal fanciullo potrebbe essere desunta, a contrario, più dal comma 2
dell’art. 1, che non disciplina quei danni che “non” sono stati provocati «di-
rettamente» dalla condotta colposa del medico, che dal primo comma. Secon-
do tale norma, è «il solo fatto della nascita» a non poter costituire un danno
risarcibile, non certo l’handicap dal quale il fanciullo è affetto.
L’intervento legislativo è stato considerato «laconico» e «poco chiaro», an-
che perché il riferimento alla solidarietà nazionale appare come un «diritto
252
muto», un semplice «effet d’affichage» . Ma le lacune di tecnica legislativa
riguardano soprattutto l’enunciato previsto nel comma 2 dell’art. 1 I. Il riferi-
mento ad una nozione di causalità “diretta” non sembra avere senso sotto il
profilo giuridico poiché, se si esclude che il legislatore abbia inteso abrogare la
regola cardine della condicio sine qua non, sostituendola con quella della cau-
salità prossima (ma, in questo caso, verrebbe travolto l’intero sistema d’oltral-
pe), è evidente che, secondo i principi, in ogni ipotesi il danno risarcibile deve
essere stato causato “direttamente” da una condotta. Proprio nell’arrêt Perru-
che, l’Assemblée plénière è giunta alla conclusione che la violazione degli ob-
blighi d’informazione nei confronti della madre rappresentasse la causa “diret-
ta” dell’handicap subito dal figlio. Quindi, nonostante le evidenti intenzioni
del legislatore, il problema è rimasto ancora aperto e la stessa Cassazione
avrebbe potuto confermare il suo orientamento, includendo nell’espressione
«lorsque l’acte fautif a provoqué directement le handicap ou l’a aggravé» an-
che l’ipotesi del danno prenatale provocato “direttamente” al minore dalla
violazione degli obblighi d’informazione. Inoltre, tale norma si limita a preve-
dere l’azione del minore nel caso in cui l’handicap sia arrecato “direttamente”
dalla condotta del medico, mentre nulla prevede per le altre ipotesi. In assenza
di uno specifico divieto, sembra possibile considerare ancora attuale la regola
posta dall’Assemblée plénière.
Il Consiglio di Stato, nel decidere sulle incongruenze giuridiche di tali nor-
me, ha affermato sia che il comma 2 dell’art. 1 I è «definito con una precisione
sufficiente per essere applicato dalle giurisdizioni competenti senza che l’inter-
vento di un nuovo testo sia necessario», sia che il comma 3 dell’art. 1 I poteva
entrare in vigore anche in assenza di un sistema di «solidarietà nazionale» che
253
consentisse di riparare il danno economico patito dai genitori . La legge anti-
Perruche, essendo stata promulgata per «motivi d’interesse generale», anche
di «ordine etico», non sarebbe «incompatibile» con le disposizioni previste
252
In tal senso si è pronunziato il quotidiano Le Monde, che riporta il pensiero del Comm. di go-
verno Terry Olson.
253
Le espressioni citate nel testo tra virgolette sono riprese dall’Avis del Conseil d’État n. 250167,
séance del 22 novembre 2002, lecture del 6 dicembre 2002, pubblicato nel Journ. Off. Rép. Franç. e
reso su richiesta del Trib. amm. di Parigi, in ordine alla decisione da assumere nel caso Draon.
412 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

dalla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà


fondamentali e sarebbe d’immediata applicazione a tutti i giudizi in corso, con
il solo limite delle sentenze che abbiano acquisito la forza della cosa giudicata.
Alcune organizzazioni di genitori di fanciulli andicappati hanno esultato,
affermando che l’«handiphobie» della Corte di Cassazione era stata finalmen-
254
te abbattuta . Tra le prime sentenze che hanno applicato questa legge v’è una
255
decisione della Corte amministrativa d’appello di Parigi la quale, nel limita-
re (ai sensi dell’art 1 I, comma 3) la riparazione dovuta ai genitori al solo dan-
no morale, ha ridotto l’indemnité provisionnelle elargita in primo grado da
152.449 a … 15.245 euro, ovvero a un decimo della cifra già liquidata. Forse,
non tutte le famiglie dei minori andicappati avranno esultato per questa legge.

10. L’esperienza italiana non ha mai conosciuto uno specifico intervento le-
gislativo anti-Perruche. La soluzione elaborata dall’Assemblée plénière, quindi,
avrebbe potuto giustificare l’integrale risarcibilità del danno prenatale patito
dal minore e di quello esistenziale e/o morale par ricochet subito genitori, qua-
lora vi fosse stata la convinzione che la madre non avrebbe procreato o sareb-
be ricorsa all’interruzione della gravidanza, se debitamente informata. Un ul-
teriore problema si poneva quando, al contrario, mancasse la certezza sulla
decisione che la donna avrebbe assunto, all’epoca, se fosse stata posta a cono-
scenza dell’eventualità di generare un bambino andicappato.
Secondo un orientamento della giurisprudenza anteriore alla decisione
dell’Assemblée plénière, ogni qual volta vi fosse stato un dubbio, più o meno
grave, sulla decisione che il paziente, correttamente informato, avrebbe assun-
256
to, il danno avrebbe dovuto essere risarcito come perdita di chances . Tutta-
via tale figura, rappresentando un dato tipicamente aleatorio, «che dipende dal
257
caso e sul quale è possibile elaborare statistiche» , può consistere soltanto
«in un evento futuro e incerto, la cui realizzazione non può discendere dall’at-
258
teggiamento della vittima» . Il sapere cosa avrebbe deciso la donna se avesse
ricevuto l’informazione non sarebbe qualificabile in termini di perdita di chan-
ces, proprio perché le probabilità di verificazione dell’evento (procreazione,
259
interruzione della gravidanza) sarebbero dipese dalla sua esclusiva volontà .
Ciò non significa che la perdita di chance non giochi un ruolo decisivo nel set-

254
A seguito dell’arrêt Perruche è stato costituito un «Collectif contre l’handiphobie», che ha de-
ciso di chiedere, innanzi al Trib. gr. inst. di Parigi, un risarcimento dei danni allo Stato francese per
«colpa grave nell’esercizio della giustizia».
255
Cour adm. App. Paris, 13 juin 2002, n. 02PA00280, Ass. Publique des Hôpitaux de Paris c.
Époux M.
256
Cass., I Ch. civ., 16 juillet 1991, in Rec. Dalloz, 1991, Inf. rap., p. 229.
257
M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 314.
258
Cass., I Ch. civ., 2 octobre 1984, in Rev. trim. dr. civ., 1986, p. 117.
259
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 315.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 413

tore medico. Se, ad esempio, il professionista «omette colposamente di pre-


scrivere un trattamento che aveva qualche possibilità di guarire il paziente,
260
egli può essere tenuto a risarcire le chances che sono state così perdute» .
Queste sono «obiettivamente calcolabili e dipendono non dall’espressione
261
soggettiva di una volontà, ma dall’efficacia riconosciuta del trattamento» .
Un ulteriore orientamento giurisprudenziale, che pur escludeva il ricorso
alla teoria della perdita di chances, sembrava orientato verso un «recul de la
262
sanction» in tema d’inadempimento delle obbligazioni d’informazione. In
presenza della violazione degli obblighi d’informazione da parte di un chirur-
go, al quale, però, non poteva essere ascritta alcuna negligenza nell’esecuzione
dell’intervento, la Cassazione ha approvato la decisione dei giudici di merito
che avevano escluso il risarcimento del danno a favore del paziente, poiché
egli non era stato in grado di dimostrare che avrebbe rifiutato l’intervento,
qualora fosse stato informato sui rischi «eccezionali» connessi a un’operazione
263
chirurgica giudicata comunque «necessaria» . Questa soluzione è stata criti-
cata, poiché si è rilevato che, oltre all’eventuale danno patrimoniale, la viola-
zione del «diritto del paziente all’informazione» – oggi «assimilato a un vero e
proprio diritto soggettivo della personalità, quale prolungamento del diritto al
rispetto della dignità della persona umana» – provochi comunque un danno
264
morale, anche in mancanza di un pregiudizio biologico . In assenza della
prova che il paziente avrebbe deciso di rifiutare l’operazione, se fosse stato
debitamente informato sui rischi “eccezionali” che essa avrebbe potuto com-
portare, la giurisprudenza ha considerato la “necessità” dell’intervento come
265
«un indice abbastanza sicuro di una probabile accettazione» .
Nel caso del danno da nascita malformata, invece, la presunzione opera in
senso contrario, poiché è la stessa legge sull’interruzione della gravidanza che
prevede tale intervento in presenza di specifiche condizioni, richieste al fine di
proteggere la salute della gestante (sia in Francia, sia in Italia). Questa norma-
tiva, nel consentire l’interruzione della gravidanza in casi nei quali sia “neces-
sario” tutelare la salute della gestante, induce a presumere che la donna
avrebbe deciso per l’interruzione della gravidanza, se fosse stata correttamente
informata.
Questa soluzione trova concorde la dottrina francese, la quale ha proposto
di distinguere, anche sotto il profilo teorico, la problematica della perdita di
260
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit. Sul punto, M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit.,
p. 276 ss.
261
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
262
P. JOURDAIN, Obligation d’information médicale: le recul de la sanction, in Rev. trim. dr. civ.,
2003, p. 98 ss.
263
Cfr. Cass., I Ch. civ., 13 novembre 2002, n. 1579, in Rev. trim. dr. civ., 2003, p. 98, e Cass., I
Ch. civ., 13 novembre 2002, n. 1581, ivi, 2003, p. 99.
264
P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 100.
265
P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 99.
414 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

266
chances dalla teoria dell’esposizione al rischio . Quando una persona «perde
una chance a causa della faute di un’altra, ciò significa che essa aveva, prima
267
della condotta colposa, una possibilità oggettiva che è ormai perduta» . Al-
lorché un soggetto «è esposto al rischio a causa della faute di altri, egli non di-
spone di nessuna chance precisa, cioè di una probabilità quantificabile, di ot-
tenere un guadagno; bensì […] assume un rischio (che non aveva prima) di
268
subire un danno» . In presenza della violazione delle obbligazioni d’informa-
zione, «il debitore, con la sua reticenza colposa, sia espone il creditore a un
rischio, sia, più spesso, non avvertendolo di un rischio già esistente, non lo
mette in grado di reagire e di scegliere tra assumere pienamente il rischio o
269
tentare di prevenirlo» . Nell’ipotesi in esame, se è vero che «il rischio esiste-
va ancor prima dell’intervento colposo del medico, poiché la donna aveva già
contratto la rosolia», è pur vero che «la faute del medico l’ha privata della
possibilità di prendere coscienza di questo rischio, al fine di decidere in tutta
270
libertà e in maniera consapevole» . Nel caso di un professionista «che è tenu-
to per contratto […] a dare un’informazione […] in occasione dell’assunzione
di una complessa decisione», qualora la prima venga omessa o sia erronea egli
sarebbe tenuto a risarcire in ogni caso la madre e il figlio delle conseguenze
dannose della scelta mancata, «senza che sia necessario interrogarsi su ciò che
271
la donna avrebbe deciso, se fosse stata correttamente informata» .
Una regola meno rigida è stata elaborata dalla Cassazione italiana: «la cir-
costanza che, nel ricorso di dati presupposti, […] la legge consenta alla donna
di evitare il pregiudizio che da quella condizione del figlio […] deriverebbe al
suo stato di salute, rende legittimo per il giudice assumere come normale e
corrispondente a regolarità causale che la gestante interrompa la gravidanza se
272
informata di gravi malformazioni del feto» . Il fatto «che la gestante si rivolse
al professionista appunto per esami volti a conoscere se il feto presentasse o
no malformazioni o anomalie» costituisce un «segno questo di un comporta-
mento orientato piuttosto nel senso di rifiutare che di accettare di portare a
273
termine la gravidanza» . Inoltre, «l’essersi riferita [la corte d’appello] alla
reazione instauratasi nella madre al momento della nascita del figlio implica
un conforme giudizio sul fatto che analoga reazione si sarebbe determinata
durante la gravidanza, una volta che la gestante si fosse trovata di fronte alla
rappresentazione delle conseguenze che sulla vita sua e del nascituro sarebbe-

266
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 315.
267
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
268
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.
269
M. FABRE-MAGNAN, op. loc. ult. cit.; EAD., De l’obligation d’information dans les contrats. Essai
d’une théorie, Paris, 1992, p. 493 s.
270
M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 316.
271
M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., pp. 315 e 313.
272
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 125.
273
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 125.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 415

274
ro potute derivare dalle malformazioni che il feto presentava» .
La Suprema Corte, pur escludendo, a differenza dei più rigorosi orienta-
275
menti della giurisprudenza e della dottrina d’oltralpe , che siano «danni [ri-
sarcibili] che derivano dall’inadempimento del medico quelli che il suo adem-
276
pimento non avrebbe evitato» , propone di valutare la decisione della donna
con riferimento sia alle condizioni di legge che qualificano l’aborto terapeutico
come intervento “necessario” al fine di evitare un danno (alla sua salute psico-
fisica), sia al comportamento tenuto durante la gestazione e dopo essere stata
informata di avere generato un fanciullo nato malformato. L’atteggiamento
assunto dalla donna in queste circostanze, riferito anche nella prova per testi-
moni, appare decisivo al fine di accertare la scelta che essa avrebbe effettuato
all’epoca, se fosse stata correttamente informata.

11. Il controverso orientamento della Cassazione italiana in tema di danno


277
prenatale ha indotto la stessa a tornare reiteratamente sul problema. La sen-
tenza n. 13 del 2010 può essere ricompresa nell’indirizzo delle Corti francesi,
anteriore all’arrêt Perruche, ma recepito anche in Italia, che limitava ai genitori
(alla madre, innanzitutto, e al coniuge, come dommage par ricochet) il risarci-
mento dei danni patrimoniali e non patrimoniali causati dall’inesatto adempi-
mento delle obbligazioni d’informazione. Nella specie, i giudici condannano
l’Azienda sanitaria al risarcimento dei danni causati ai genitori dalla tardiva
diagnosi delle malformazioni fetali della figlia, che lede «il loro diritto di au-
278
todeterminazione nella scelta procreativa» . La ritardata diagnosi ha impedi-
to alla madre di poter ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza, e
ciò ha violato il «legittimo diritto di scelta “circa il diventare madre di un mi-
nore con problemi fisici, oppure rinunciare per motivi di ordine persona-
279
le”» . Malgrado il consistente danno “esistenziale” liquidato a ciascuno dei
coniugi (euro 200.000, per un totale di euro 400.000), identificato nella «radi-
280
cale trasformazione delle prospettive di vita dei genitori» , la decisione non
affronta il controverso problema inerente all’eventualità che il minore nato
malformato possa ottenere direttamente il risarcimento dei danni patrimoniali
e non (danno biologico, innanzitutto) per la lesione del suo «diritto a nascere
274
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 123.
275
Ad es., Cass., I Ch. civ., 18 juillet 2000, in Bull. civ., 2000, I, n. 186, e M. FABRE-MAGNAN, op.
loc. ult. cit.
276
Cass., 10 maggio 2002, n. 6735, cit., p. 120, la quale prevede, tra queste ipotesi: «una nascita che
la madre non avrebbe potuto scegliere di rifiutare; una nascita che non avrebbe in concreto rifiutato».
277
Espresso da Cass., Sez. III, 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 379 ss., e da Cass., Sez. III, 14 lu-
glio 2006, n. 16123, cit., p. 1691 ss.
278
Cass., Sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, in Danno e resp., 2010, p. 699, con nota di M. FEOLA, La
Cassazione e il diritto del minore «a nascere sano».
279
Cass., Sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 699 ss.
280
Cass., Sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 699.
416 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

281
sano» . Infatti i genitori, pur avendo agito in primo grado iure proprio e quali
rappresentanti della figlia minore, nell’interporre appello avevano mutato stra-
tegia processuale, avendo richiesto il solo risarcimento dei danni subiti «in
proprio».
Questa sentenza poco ha aggiunto alla precedente giurisprudenza in mate-
ria di danno prenatale, se non nella parte in cui ha qualificato come inedito
danno esistenziale quello provocato ad entrambi i genitori dall’inadempimen-
to dei medici in merito all’omessa comunicazione circa «rilevanti anomalie o
282
malformazioni del nascituro» . Poiché il contratto di prestazione di opera
professionale produce «effetti protettivi anche nei confronti del padre del
concepito», il danno provocato dall’inadempimento dei sanitari «costituisce
una conseguenza immediata e diretta anche nei suoi confronti e, come tale, è
283
risarcibile a norma dell’art. 1223 c.c.» .
Sul punto, ben più significativa era parsa un’altra pronunzia della Cassa-
284
zione la quale, a seguito della nascita di un bambino affetto da gravi mal-
formazioni, aveva condannato sia la struttura sanitaria, sia i medici che aveva-
no prescritto alla madre una terapia contro la sterilità, che prevedeva la som-
ministrazione di farmaci potenzialmente teratogeni (senza informarla debita-
mente dei rischi conseguenti), al pagamento di una considerevole cifra (di lire
2.152.400.000) a favore dei coniugi nella qualità di legali rappresentanti del
fanciullo, e di somme assai più contenute (lire 78.037.000 e lire 41.508.000 a
favore, rispettivamente, della madre e del padre) a titolo di risarcimento dei
danni subiti iure proprio dai genitori. Quest’ultima decisione aveva assunto un
particolare rilievo perché, nel confermare la condanna al risarcimento dei
danni, da parte del Centro e dei due professionisti sanitari, a favore dei geni-
tori “nella qualità” di legali rappresentanti del fanciullo, aveva dichiarato la
responsabilità dei convenuti direttamente nei confronti del minore nato mal-
formato, sulla base della lesione del suo «diritto a nascere sano».
Tale orientamento sembrava prospettare, nella giurisprudenza della Cassa-
285
zione, un ripensamento in materia di responsabilità del medico per il danno
prenatale “causato” dall’inadempimento di un’obbligazione di informazione,
281
Così, invece, Cass., Sez. III, 11 maggio 2009, n. 10741, in Danno e resp., 2009, p. 1172.
Un’approfondita disamina delle problematiche, anche in chiave comparativa, è in F. BRUNETTA
D’USSEAUX, Esistere per il diritto. La tutela giuridica del non nato, Milano, 2001, p. 129 ss.
282
Cass., Sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 699.
283
Cass., Sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 700.
284
Cass., Sez. III, 11 maggio 2009, n. 10741, annotata da F. GALGANO, Danno da procreazione,
cit., p. 537 ss.; da S. CACACE, Figli indesiderati nascono. Il medico in tribunale, in Danno e resp., 2009,
p. 1190 ss.; da M. FEOLA, Le responsabilità del medico e della struttura sanitaria, cit., p. 91 ss.; da F.
DI CIOMMO, Giurisprudenza-normativa, cit., p. 144 ss.
285
Tale aspetto sembrava particolarmente evidente, se è vero che era posto a fondamento sia nella
mia annotazione, cit. in nota prec., sia di quella redatta da F. DI CIOMMO, op. loc. cit., il quale discor-
reva esplicitamente di un revirement della Cassazione in materia, anche se sulla base di un percorso
argomentativo totalmente diverso.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 417

risultando, la soluzione, in contrasto con il diverso indirizzo espresso dalla Su-


286 287
prema Corte nelle sentenze del 2004 e nel 2006 .
Nel risolvere il controverso problema della risarcibilità del danno prenatale
“causato” al neonato dalla condotta omissiva del medico in ordine a informa-
zioni doverose e, più in particolare, dall’inesatto adempimento delle obbliga-
zioni d’informazione, piuttosto che incentrare l’indagine sul pregiudizio arre-
cato alla vita dei genitori, che avrebbe dato luogo alla creazione dell’ennesima,
288
non necessaria, figura di danno esistenziale , sembrava opportuno riportare
al centro del dibattito la lesione psico-fisica patita dal minore, il quale doveva
convivere con la stessa per tutta la sua esistenza. Nel caso in cui il danno bio-
logico fosse particolarmente grave, e non consentisse una vita auto-sufficiente,
il soggetto nato malformato doveva essere in grado di usufruire di consistenti
forme di assistenza, soprattutto dopo il decesso dei genitori.
Tuttavia la Cassazione, nella sentenza n. 10741 del 2009, esplicitamente si
schermisce, tentando di distinguere il caso esaminato, giudicato sulla base del
«diritto a nascere sano», da quelli già decisi, in senso contrario, sull’opposto
fondamento dell’inesistenza del diritto del fanciullo «a non nascere (se non
sano)». Se si prescinde dalla reprimenda stilistica per un enunciato tutto arti-
colato al negativo, che, nel prevedere una triplice ravvicinata negazione (non
esiste il diritto a non nascere se non sano), denota una certa difficoltà di pen-
siero, poteva essere vero che l’idea del “non nascere” “se non sano”, rispetto a
quella del “nascere sano”, evocasse il controverso istituto dell’interruzione
della gravidanza. La Cassazione si affrettava a precisare, obiter dictum, che il
neonato nato andicappato «Non avrebbe invece [...] avuto diritto al risarci-
mento qualora il consenso informato necessitasse ai fini dell’interruzione della
gravidanza (e non della mera prescrizione di farmaci), stante la non configu-
289
rabilità del diritto a non nascere (se non sano)» .
Il discorso così proposto, però, non poteva essere condiviso, innanzitutto
perché non v’era «alcun bisogno» di riconoscere «l’esistenza, in capo al nasci-
290
turo, di un “diritto a non nascere se non sano”» . Inoltre, trattandosi di re-
sponsabilità contrattuale, l’irrilevanza del requisito dell’ingiustizia del danno
induceva a prescindere dallo stesso giudizio di «meritevolezza di tutela dell’in-
teresse del nascituro» a che la madre compisse una scelta consapevole e re-
291
sponsabile .
286
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 379 ss.
287
Cass., 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1691 ss.
288
L’orientamento delle Sezioni Unite (11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, in
Danno e resp., 2009, p. 19 ss.) contrario al danno esistenziale trova concorde G. PONZANELLI, Ripa-
razione integrale del danno, cit., p. 331 ss., il quale, pertanto, contesta (ID., Conferme ed incertezze,
cit., p. 768 ss.) la giurisprudenza “ribelle” della Cassazione.
289
Cass., Sez. III, 11 maggio 2009, n. 10741, cit., p. 1172.
290
Anche F. DI CIOMMO, op. ult. cit., p. 152.
291
Così, invece, F. DI CIOMMO, op. loc. ult. cit.
418 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Le similitudini esistenti, in fatto e in diritto, tra i casi esaminati nelle due


sentenze impedivano di addurre un credibile distinguishing e inducevano a
considerare la decisione del 2009 come un possibile overruling del precedente
orientamento. Tale aspetto era sottolineato anche da chi si professava esplici-
292
tamente “anti-perruchista” : dopo aver accusato di «perbenismo» le «toghe
italiane», si affermava che la Cassazione aveva «trovato il modo, in questa vi-
cenda, di risarcire il bambino senza dare scandalo, senza fare (è proprio il caso
293
di dirlo) la “rivoluzione francese”» .
Tuttavia, sembra opportuno rilevare che il problema dell’interruzione della
gravidanza, evocato come essenziale, può non presentarsi sempre come tale.
Qualora l’informazione sia stata richiesta dai coniugi prima di procedere al
concepimento, l’erronea mancata diagnosi della malattia genetica priva i geni-
tori del diritto di “autodeterminarsi” in ordine alla decisione di “non genera-
re” il fanciullo. Ma la battaglia prevalentemente ideologica che si è scatenata
dopo l’affaire Perruche, culminata nell’estemporanea approvazione di un oscu-
294
ro intervento legislativo (art. 1, legge n. 303/2002 del 4 marzo 2002, c.d.
295
legge anti-Perruche) – il quale, a tutt’oggi, come si era previsto , non ha tro-
296
vato applicazione da parte di una Cassazione più che mai “ribelle” –, ha vo-
luto tralasciare tale ipotesi, identificando un problema che è soltanto di re-
sponsabilità civile, e, in particolare, di causalità, con una questione di interru-
zione della gravidanza.
Se si esaminano comparativamente i problemi posti dai casi decisi dalla
Cassazione nel 2004 e nel 2009, essi non sembravano giustificare un’opposta
soluzione.
Nel caso deciso nel 2004 i genitori di una minore, poi nata affetta da una
malattia genetica, lamentavano che il medico specialista al quale si erano rivol-
ti, pur avendo prescritto alla madre gli accertamenti di rito per la gravidanza,
«sul presupposto errato della non talassemia del coniuge, non aveva dato al-
cun avvertimento circa i rischi della nascitura, che, dopo il parto, risultò affet-
297
ta da talassemia maior» .
Questo caso appariva simile a quello deciso, in senso opposto, dalla sen-
tenza n. 10741/2009 della Cassazione. In entrambe le ipotesi si chiedeva un
risarcimento del danno biologico a favore di un fanciullo nato andicappato,
sulla base di un medesimo fondamento giuridico: la responsabilità contrattua-

292
S. CACACE, Figli indesiderati, cit., p. 1190 ss.
293
S. CACACE, op. cit., pp. 1192 e 1193.
294
M. FEOLA, Il danno da perdita di chances, cit., p. 358; EAD., Violazione degli obblighi d’infor-
mazione, cit., p. 624.
295
M. FEOLA, op. ult. cit., p. 624 ss.; EAD., Il danno da perdita di chances, cit., p. 359 ss.
296
Lo testimonia S. CACACE, op. cit., p. 1191 s., ove indica le modalità interpretative seguite dalla
Cour de Cassation al fine di far risorgere «la giurisprudenza Perruche, come la fenice, [...] dalle sue
stesse ceneri».
297
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 380.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 419

le della struttura sanitaria (pubblica o privata) e quella “da contatto sociale”


del medico per l’inadempimento di un’obbligazione d’informazione.
L’unica variante è che nel caso deciso dalla Cassazione nel 2004 v’era la
sussistenza di una malattia genetica. Nell’altra ipotesi v’era la somministrazio-
ne di farmaci che, in base ad una percentuale probabilistica, avrebbero potuto
comportare effetti teratogeni. Ma la condotta illecita non poteva essere ravvi-
sata nella legittima somministrazione di farmaci solo potenzialmente teratoge-
ni (ogni farmaco può produrre conseguenze anche gravi in relazione al singolo
paziente), bensì doveva essere individuata nell’omissione delle informazioni
doverose circa i possibili effetti nocivi del trattamento. Tant’è che la Cassazio-
ne esplicitamente affermava la «sussistenza del nesso di causalità» tra l’ine-
satto adempimento dell’obbligazione d’informazione e le malformazioni arre-
cate al nascituro che, «con la nascita, acquista l’ulteriore diritto patrimoniale
298
al risarcimento» .
Trattandosi di farmaci finalizzati alla cura della sterilità, il rifiuto del trat-
tamento da parte della madre avrebbe comportato, anche in questo caso, la
299
“non nascita” della minore . E se la donna fosse stata doverosamente infor-
mata dai professionisti sanitari, in ritardo, cioè durante la gestazione, degli ef-
fetti potenzialmente teratogeni dei farmaci, la sua decisione di non assumere il
rischio della nascita di un figlio andicappato avrebbe avuto come unica possi-
bilità, sussistendone i presupposti di legge, l’interruzione della gravidanza.
Inoltre, in entrambe le decisioni la Cassazione applicava esplicitamente la
figura del contratto con effetti di protezione per terzi. Soltanto che, mentre
nella decisione del 2004 gli effetti di tale contratto si arrestavano al coniuge
300
della donna , nella sentenza 10741/2009 correttamente si producevano an-
che nella sfera del «destinatario “finale” del negozio (il concepito che poi vie-
301
ne ad esistenza)» .
Sulla nuova soluzione accolta dalla Cassazione in tema di danno prenatale
pesava, probabilmente, la decisione delle Sezioni Unite civili dell’11 gennaio
302
2008 , la quale aveva ulteriormente aggravato le responsabilità della struttura
sanitaria e del medico, introducendo un itinerario del tutto autonomo rispetto
303
alle altre responsabilità professionali . In particolare, non poteva essere sot-
taciuto il ravvisato trascorrere della prestazione sanitaria dall’obbligazione “di
mezzi” a quella di risultato, che segnava il passaggio da una responsabilità per
304
colpa ad una responsabilità oggettiva . Il riferimento al rapporto “eziologi-
298
Cass., Sez. III, 11 maggio 2009, n. 10741, cit., p. 1172.
299
Lo rileva, sia pur criticamente, anche S. CACACE, op. cit., p. 1193, ove si chiede: «lo stesso farma-
co che ha causato l’handicap non ha anche, con grande probabilità, determinato il concepimento?».
300
In questi termini, già M. FEOLA, Essere o non essere, cit., p. 392.
301
Cass., Sez. III, 11 maggio 2009, n. 10741, cit., p. 1170.
302
Cass., Sez. Un. civ., 11 gennaio 2008, n. 577, in Danno e resp., 2008, p. 790 s.
303
Cfr. L. NOCCO, La responsabilità civile, cit., p. 309 ss.
304
A. NICOLUSSI, Sezioni sempre più unite, cit., p. 875.
420 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

camente rilevante” induceva a ravvisare non soltanto l’inversione dell’onere


305
della prova (della colpa), ma il mutamento del suo oggetto , in quanto è sol-
tanto la dimostrazione del caso fortuito o della forza maggiore a poter inter-
rompere il nesso causale.
In presenza di fatti analoghi e di un’identica qualificazione giuridica, l’uni-
ca fondamentale divergenza esistente tra le due sentenze della Cassazione (del
2004 e del 2009) era ravvisabile proprio nella diversa decisione assunta in or-
dine all’estensione degli effetti di protezione del contratto rispetto a terzi (coniu-
ge e/o minore nato andicappato). Ecco perché la Cassazione, pur affermando
il contrario, nel riconoscere la causalità dell’inesatto adempimento dell’ob-
bligazione d’informazione nei riguardi delle malformazioni che andicappava-
no il fanciullo fin dalla nascita, sulla scia del precedente del 1993 procedeva,
306
nella sostanza, all’overruling dei contestati precedenti del 2004 e del 2006.

12. Questa interpretazione è stata finalmente accolta da una pregevole, col-


307
ta, argomentata e fondamentalmente giusta decisione che ha operato l’auspi-
cato revirement del precedente orientamento che aveva accolto, nelle sentenze
del 2004 e del 2006, gli argomenti sostenuti in Francia dalla dottrina c.d. “an-
ti-perruchista”. Tale mutamento di indirizzo non è giunto del tutto inaspetta-
308
to, essendosi già sottolineato come in una precedente decisione la Suprema
309
Corte aveva posto le basi per un possibile overruling . Pur in presenza di una
fattispecie parzialmente diversa, caratterizzata da una condotta, da parte del
medico, non soltanto omissiva (mancata informazione, nei riguardi della ma-
dre, sui rischi conseguenti ad una terapia contro la sterilità), ma anche com-
missiva (la somministrazione di farmaci potenzialmente teratogeni), la Cassa-
zione aveva per la prima volta ammesso, sul fondamento del diritto del minore
“a nascere sano”, la causalità dell’inesatto adempimento degli obblighi d’in-
formazione nei riguardi del danno da «nascita malformata».
Prima di procedere alla ricostruzione della problematica in termini del tut-
to innovativi rispetto al suo precedente orientamento, la Cassazione sottopone
ad una penetrante discussione critica le argomentazioni addotte nella sentenza
n. 14488 del 2004, dando prova di un’approfondita conoscenza delle opinioni
già espresse in dottrina.
Il ricorso al contratto con effetti protettivi per terzi, così come proposto
nella sentenza del 2004, al fine di estendere la responsabilità contrattuale al
305
M. FEOLA, L’obbligazione di sécurité, cit., pp. 84 ss., 254 ss.
306
In questi termini, testualmente, M. FEOLA, La Cassazione e il diritto del minore, cit., p. 707;
EAD., Le responsabilità del medico e della struttura sanitaria, cit., p. 92 ss.
307
Cass., Sez. III, 2 ottobre 2012, n. 16754, in Nuova giur. civ. comm., 2013, p. 175 ss., da qui le
ulteriori citazioni del testo della decisione.
308
Cass., Sez. III, 11 maggio 2009, n. 10741, cit., p. 1172.
309
In questi termini, M. FEOLA, op. ult. cit., pp. 92 ss., 99 ss., e F. DI CIOMMO, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 421

310
solo coniuge della donna, viene considerato, sulla scia della dottrina , un ar-
tificio che “indeboliva” «la soluzione del diniego dell’analoga pretesa fatta va-
lere dai genitori a nome della figlia», in quanto quest’ultima «a più forte ra-
gione doveva ritenersi ricompresa nella cerchia dei suddetti terzi danneggiati»,
essendo il padre «non legittimato in alcun modo ad interloquire sull’interru-
zione della gestazione (e ciò nondimeno “egualmente protetto dal contratto
311
originario”)» . La soluzione elaborata dalla Cassazione era stata considerata
312
«contraddittoria» , risultando ammessa o esclusa l’estensione dell’effetto di pro-
tezione a seconda che la condotta colposa del medico si risolvesse in un’azione
o nell’omissione di informazioni doverose. In entrambi i casi, però, si era in
313
presenza di «un medesimo inadempimento» .
Così, il preteso «argomento cardine» costituito dalla conclamata inesisten-
za, nel nostro ordinamento, di un diritto a non nascere se non sano è conside-
rato «affermazione meramente retorica» e quindi «elusiva del grave problema
314
posto a quel tempo al collegio» . Si ricorda come «perplessità vennero solle-
vate» in dottrina in ordine alla pretesa assenza di un interesse protetto, in quan-
to, in tal guisa, tale sentenza «postulava una valutazione di “non ingiustizia”
del danno estranea all’ambito della responsabilità contrattuale (lasciando così
il fanciullo handicappato senza alcuna tutela nei casi di abbandono, di cattiva
315
amministrazione o di premorienza dei genitori)» .
La questione non consiste «nell’affermare o nel negare pretesi diritti di na-
scere (o di non nascere, o di non “nascere handicappato”) o di morire (o di
non morire), né di valutare quanto valga il “non-essere” rispetto all’“essere”
316
(handicappato)» , posto che «il vivere una vita malformata è di per sé una si-
tuazione esistenziale negativa, onde il danno ingiusto risarcibile – provocato
da un’azione comunque colpevole altrui – consisterebbe nell’obiettività del
317
vivere male indipendentemente dalle alternative a disposizione» . A seguito
310
Già A. LISERRE, Mancata interruzione, cit., p. 1431, e M. FEOLA, Essere o non essere, cit., p. 392.
311
Così, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 181. In proposito si era, a suo tempo, rilevato che
la Suprema Corte non aveva spiegato «in maniera convincente perché» dovesse «essere considerato
terzo protetto dal contratto il coniuge della donna e non anche il minore», «se è vero che è soprattut-
to l’interesse della gestante alla tutela del neonato a rilevare in funzione dell’estensione degli effetti di
protezione» (M. FEOLA, op. loc. ult. cit.; e già C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 89, in nota 47).
312
Testualmente, M.R. MARELLA, Le conseguenze «non patrimoniali», cit., p. 197, in nota 81;
conf., M. FEOLA, op. ult. cit., p. 392 s.
313
M.R. MARELLA, op. loc. ult. cit.
314
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., pp. 181 e 182.
315
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; e già, sui diversi aspetti, M. FEOLA, op. ult. cit., p.
394; EAD., Violazione degli obblighi d’informazione, cit., p. 616. Nella dottrina francese, G. VINEY, P.
JOURDAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., p. 18; M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 307.
316
Ora, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; conf., M. FEOLA, Essere o non essere, cit., p.
394; EAD., La responsabilità del medico per il danno prenatale, cit., p. 255, ove si riporta tra virgolette,
traducendola, un’espressione di M. FABRE-MAGNAN, op. ult. cit., p. 291. In prospettiva analoga, A.
LISERRE, op. ult. cit., p. 1432.
317
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; e già, P.G. MONATERI, «La marque de Caïn», cit.,
p. 298.
422 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

della nascita, «“la questione non è più quella della sua venuta al mondo, ma
318
soltanto quella del suo handicap”» .
«Poco convincenti» sono apparse, inoltre, le avverse «obiezioni che paven-
tavano un potenziale quanto “innaturale” diritto risarcitorio del minore eserci-
319
tabile nei confronti della madre» . Danni, questi, «in realtà irrisarcibili per
l’assenza di una condotta colposa» e dell’ingiustizia del danno, essendo la
donna, «inevitabilmente, il solo legittimo destinatario del diritto a decidere se
320
procedere o no all’interruzione della gravidanza» .
La Cassazione, finalmente, a differenza della sentenza del 2004, che «non
affrontò specificamente il problema», pone al centro dell’indagine «quella che
venne (del tutto condivisibilmente) ritenuta da più parti la questione giuridica
321
essenziale, quella, cioè, del rapporto di causalità» . In proposito, lungi dal-
322
l’esaurire la problematica in una prospettiva di «biologisation du droit» , la
Suprema corte ricorda come si fosse proposto di esaminare la questione «sotto
un profilo rigorosamente giuridico, così come accade ad esempio in caso di
contagio da trasfusione, ove la causa “biologica” della malattia è certamente il
virus HIV o HCV, ma nessuno dubita che la responsabilità vada imputata,
sulla base di un criterio di causalità giuridicamente rilevante, a quel soggetto
(pubblico o privato) che, con la sua colpevole omissione, abbia provocato, re-
323
so possibile o non impedito il contagio» .
A fronte delle critiche rivolte alla decisione del 2004, la Cassazione apprezza,
invece, la «lunga e approfondita riflessione» contenuta nell’«iter motivazionale
318
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; e già M. FEOLA, Essere o non essere, cit., p. 394,
che cita tra virgolette, traducendola, un’espressione di M. FABRE-MAGNAN, op. cit., p. 308. In manie-
ra simile, anche G. VINEY, P. JOURDAIN, op. cit., p. 15, per i quali il «danno non deriva dalla vita del
fanciullo, ma dal suo handicap, ed è proprio quest’ultimo che permette di giustificare il risarcimento»
(il corsivo è degli A.).
319
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; così, M. FEOLA, op. loc. ult. cit.; EAD., Violazione
degli obblighi d’informazione, cit., p. 616, ove condivide il pensiero di M. FABRE-MAGNAN, op. cit., p.
301. Le ipotesi “assai poco convincenti” erano state prospettate da F. CHABAS, Note a Cass., Ass.
plén., 17 novembre 2000, cit., 10438, p. 2311.
320
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; conf. M. FEOLA, op. ult. cit., p. 617; EAD., Essere o
non essere, cit., p. 394, ove si citano, tra virgolette, traducendole, due espressioni di M. FABRE-MA-
GNAN, op. loc. ult. cit. Nello stesso senso, P. SARGOS, Rapport a Cass., Ass. plén., 17 novembre 2000,
cit., 10438, p. 2297.
321
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 182; e già, M. FEOLA, op. ult. cit., p. 397, ove si afferma
che «La questione giuridica preminente in materia di responsabilità del medico nei confronti del fan-
ciullo handicappato è quella che concerne la sussistenza del rapporto di causalità».
322
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 183. L’espressione francese citata dalla Cassazione è del
Doyen Nerson la quale, a sua volta, è ricordata da P. SARGOS, op. cit., p. 2299, e riportata da M.
FEOLA, op. loc. ult. cit.
323
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 183; così, testualmente, già M. FEOLA, Violazione degli
obblighi d’informazione, cit., p. 619, ove si afferma che «Il problema del nesso causale deve essere
riguardato sotto il profilo non biologico, ma giuridico»: ad esempio, «nel caso di contagio, non v’è
dubbio che la causa biologica della malattia sia il virus HIV o dell’epatite B o C. Ma nessuno dubita
che la responsabilità vada imputata, sulla base di un criterio di causalità giuridica, a quel soggetto
che, con la sua faute, ha provocato o reso possibile il contagio».
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 423

324
della sentenza del 2009» . Con particolare riguardo alla «grande novità» con-
sistente «nel riconoscimento che gli effetti protettivi del rapporto obbligatorio
(contrattuale o da c.d. “contatto sociale”) instaurato tra la paziente e i sanitari
che la assistono durante la gestazione si producono non solo a favore del marito,
325
bensì anche del figlio» . «Per la prima volta» questo giudice di legittimità si è
spinto, sia pur in presenza di una fattispecie parzialmente diversa, «a valutare
l’incidenza della nascita di un bambino in condizioni menomate sul piano del-
l’esistenza dell’intera famiglia, e non più solo della coppia, riconoscendo un au-
tonomo diritto al risarcimento anche al protagonista principale di una vicenda di
326
danno prenatale» . Tuttavia, riguardo alla «irrisarcibilità del danno direttamen-
te subito dal neonato», la Cassazione, nel 2009, incorre nello «stesso equivoco
concettuale immanente alla sentenza n. 14488/2004»: quello secondo il quale «il
nato» non avrebbe «comunque diritto ad alcun risarcimento del danno per essere
327
venuto alla vita, in quanto privo della titolarità di un interesse a non nascere» .
Questa concezione «della vita come oggetto di tutela, da parte dell’ordina-
mento, in termini di “sommo bene”, di alterità normativa superiorem non re-
cognoscens», percorsa «da forti aneliti giusnaturalistici», è destinata «a cedere
328
il passo al raffronto con il diritto positivo» . È la stessa legge che, nel ricono-
scere alla donna il diritto di interrompere la gravidanza, non soltanto nei primi
novanta giorni, ma anche «dopo», esplicitamente prevede l’ipotesi che il «se-
rio» (art. 4 l. 22 maggio 1978, n. 194) o «grave» (art. 6 lett. b) pericolo per la
salute fisica o psichica della donna possa essere determinato da «accertati pro-
cessi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del
329
nascituro» (art. 6 lett. b) .
Sgombrato il campo «dall’equivoco che si annida nella poco felice locuzio-
ne “diritto a non nascere se non sano”», e «ricondotta la vicenda alla sua più
corretta dimensione giuridica», la Cassazione afferma che «il principio di di-
ritto che appare predicabile è quello secondo il quale la propagazione inter-
soggettiva dell’illecito legittima un soggetto di diritto, quale il neonato, per il
tramite del suo legale rappresentante, ad agire in giudizio per il risarcimento
330
di un danno che si assume in ipotesi ingiusto» . Per la Suprema corte, la pro-
tezione del nascituro non passa, invece, «attraverso la negazione di diritti del
tutto immaginari, come quello a “non nascere se non sano”, locuzione che
331
semplicemente non rappresenta un diritto» .

324
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 183.
325
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 183; e già M. FEOLA, Le responsabilità del medico e del-
la struttura sanitaria, cit., p. 92 ss.
326
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., pp. 183 e 184.
327
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 184.
328
Così, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 185.
329
Lo rileva, con estrema lucidità, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 185.
330
Le espressioni tra virgolette sono tratte da Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 186.
331
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 186.

15.
424 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

L’intero «plesso normativo, ordinario e costituzionale» muove «nella dire-


zione del concepito inteso come oggetto di tutela e non anche come soggetto
332
di diritto» . E poiché «la lesione inferta al concepito si manifesta e diviene
attuale al momento della nascita, la situazione soggettiva tutelata è il diritto al-
333
la salute, non quello a nascere sano» . Colui che «nasce malato per via di un
fatto lesivo ingiusto occorsogli durante il concepimento» non fa «valere un di-
ritto alla vita né un diritto a nascere sano né tantomeno un diritto a non nasce-
re». Fa valere, ora per allora, «la lesione della sua salute». Oggetto «della pre-
tesa e della tutela risarcitoria è, pertanto, sul piano morfologico, la nascita
malformata, su quello funzionale (quello, cioè, del dipanarsi della vita quoti-
diana) il perdurante e irredimibile stato di infermità. Non la nascita non sana.
334
O la non nascita» .
Al momento e per effetto della nascita si verifica una «propagazione inter-
335
soggettiva dell’effetto dell’illecito» e sorge un diritto di credito al risarci-
mento, del quale diviene titolare un soggetto fornito della capacità giuridica
336
per essere nato .

13. In presenza della richiesta della gestante di essere sottoposta a tutti gli
accertamenti necessari ad escludere malformazioni del feto, il ginecologo ave-
va proposto e fatto eseguire il solo “Tritest”, omettendo di prescrivere riscon-
337
tri più specifici al fine di escludere alterazioni cromosomiche del feto . A se-
guito della nascita di una bambina affetta da sindrome di Down, la Suprema
corte rileva come la colpevolezza della condotta si sia, nella specie, manifestata
sotto il duplice profilo della non sufficiente attendibilità del test in presenza di
una esplicita richiesta di informazioni finalizzate all’interruzione della gravi-
danza da parte della gestante e del «difetto di informazioni circa la gamma
338
complessiva delle possibili indagini e dei rischi ad essa correlati» .
L’«indiscutibile e indiscussa» rilevanza giuridica del concepito nel nostro
ordinamento non ha quale «ineludibile conseguenza la creazione ex nihilo di
una sua soggettività, ma si sostanzia [...] nel riconoscimento, ben più pregnan-
339
te e pragmatico, della sua qualità di oggetto speciale di tutela» . Affrancato il
332
Con estrema chiarezza, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 188.
333
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 188 (il corsivo è nel testo della sentenza).
334
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 188.
335
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 189. Discorreva esplicitamente di una «propagazione
intersoggettiva delle conseguenze di un medesimo fatto illecito», M. FEOLA, op. ult. cit., p. 94, sulla
scia di A. LISERRE, Ancora in tema, cit., p. 1693.
336
Così, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 189.
337
Cfr. Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 175.
338
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 196.
339
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 191 (della quale sono le parole in corsivo citate nel te-
sto) si allontana dall’impostazione seguita da Cass. n. 10741/2009, sul fondamento di quella autorevo-
le dottrina che aveva contestato a questa decisione l’aver voluto «intraprendere discorsi sui massimi
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 425

discorso giuridico «“dai pantani della soggettività”» e «convertita in questione


giuridica la posizione del soggetto che, attualmente esistente, avanza pretese
risarcitorie», la Suprema corte afferma con risolutezza che «va riconosciuto al
neonato/soggetto di diritto/giuridicamente capace (art. 1 c.c.)» il diritto di
chiedere il risarcimento del danno conseguente alla nascita malformata «dal
340
momento in cui è nato» .
Così, snidato l’«equivoco costituito dalla pretesa equazione “diritto di na-
scere o di non nascere/diritto al risarcimento da nascita malformata”», risulta
«innegabile come l’esercizio del diritto al risarcimento da parte del minore in
proprio non sia in alcun modo riconducibile ad un impersonale “non nasce-
re”, ma si riconnetta, personalmente e soggettivamente, a quella singola, pun-
tuale e irripetibile vicenda umana che riguarda quel determinato (e altrettanto
irripetibile) soggetto che, invocando un risarcimento, fa istanza al giudice di
piena attuazione del dettato costituzionale [...], onde essere messo in condi-
zione di poter vivere meno disagevolmente, anelando ad una meno incompleta
realizzazione dei suoi diritti di individuo singolo e di parte sociale scolpiti
341
dall’articolo 2 della Costituzione» .
Confinato «nella sfera dell’irrilevante giuridico» quel «vero e proprio “di-
battito sulle ombre”» volto a sostenere che tale facoltà «potrebbe attuarsi sol-
tanto attraverso due modalità dell’impossibile, il non essere dell’essere ovvero
l’essere del non essere», la «legittimità dell’istanza risarcitoria iure proprio del
minore deriva, pertanto, da una omissione colpevole cui consegue non il dan-
no della sua esistenza, né quello della malformazione in sé sola considerata,
342
ma la sua stessa esistenza diversamente abile» .
Affermando, «per il tramite del diritto, ciò che una logica astrattamente
giusnaturalistica vorrebbe viceversa negare», l’evento di danno risulta costitui-
to, «nella specie, dalla individuazione di sintesi della “nascita malformata”, in-
tesa come condizione dinamica dell’esistenza riferita ad un soggetto di diritto
343
attualmente esistente» . Come si era già affermato, è la condotta dei sanitari

sistemi», nel «cimentarsi sul se e sul come neutralizzare l’art. 1, comma 1, c.c., per il quale la capacità giu-
ridica si acquista solo al momento della nascita» (F. GALGANO, Danno da procreazione, cit., p. 537).
340
Le espressioni tra virgolette sono tratte da Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., pp. 191 e 192,
la quale, a differenza di Cass. n. 10741/2009, si affranca dall’«odierno aspro dibattito sul diritto alla
vita» (la critica di F. GALGANO, op. loc. ult. cit., era infatti diretta proprio a quest’ultima decisione).
341
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 194, la quale fa esplicito riferimento a quella dottrina
che ha proposto di collegare direttamente all’art. 2 cost. il diritto dell’individuo al pieno svolgimento
della propria personalità (nell’ambito di una copiosa letteratura, basti rammentare, per tutti, P. PER-
LINGIERI, La personalità umana, cit., p. 12 ss. e passim; D. MESSINETTI, voce Personalità, cit., p. 355
ss.; N. OCCHIOCUPO, Liberazione e promozione umana nella Costituzione. Unità di valori nella plura-
lità di posizioni, Milano, 1984, p. 58 ss.).
342
Testualmente Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., pp. 195, 194 e 195, sulla scia delle dottrine
francese (per tutti, M. FABRE-MAGNAN, op. cit., pp. 307 e 308) e italiana (P.G. MONATERI, «La mar-
que de Caïn», cit., p. 298; M. FEOLA, Violazione degli obblighi d’informazione, cit., p. 615; EAD., Esse-
re o non essere, cit., p. 394) che hanno condiviso la soluzione proposta dall’arrêt Perruche.
343
Ancora Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 195.
426 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

a ledere «il diritto del nato, quantunque l’azione lesiva sia stata posta in essere
344
prima della sua nascita» . È l’azione lesiva ad essere anteriore alla nascita,
345
«non l’evento lesivo» , che ad essa è successivo. Il vulnus lamentato dal mi-
nore è non soltanto «la malformazione in sé considerata», bensì lo «stato fun-
346
zionale di infermità, la condizione evolutiva della vita handicappata» .
Come si è acutamente rilevato, la Cassazione «ha il grande merito intellet-
347
tuale di affrontare alla radice» questa delicata problematica, attraverso un
significativo mutamento di prospettiva che s’impernia sulla tutela oggettiva del
348
nascituro. Nel disgiungere, sulla scia di una nota dottrina , la tutela dalla se-
quenza classica “soggetto-diritto-pretesa-azione”, la Suprema corte giudica
«tanto necessario quanto sufficiente considerare il nascituro oggetto di tutela
indipendentemente da ogni discussione sulla sua soggettività, o dalla ricostru-
349
zione del principio della centralità della persona» . La tutela riguarda “entità
protette”, «onde, stabilito che il nascituro possa venire considerato una tale
“entità” non è ulteriormente necessario – per la Corte – addentrarsi nella que-
350
stione del “soggetto” o della “persona”» . Il superamento del problema della
soggettività giuridica del concepito consente di uscire “dal guado” e rende fi-
nalmente liberi «dalle categorie metafisiche costituite dalla triade concettuale
351
personalità, soggettività, capacità» .
Così puntualmente ricostruito l’evento dannoso risarcibile, la Cassazione
esprime il convincimento che la domanda risarcitoria avanzata personalmente
dal bambino malformato trovi il suo diretto fondamento negli artt. 2, 3, 29, 30
352
e 32 Cost. . Se la violazione dell’art. 2 Cost. è individuata nella «innegabile
[...] limitazione del diritto del minore allo svolgimento della propria personali-
tà», e se quella dell’art. 3 Cost. è rappresentata dalla «sempre più evidente»
limitazione «al pieno sviluppo della persona», la lesione degli artt. 29, 30 e 31
Cost. costituisce la conseguenza dell’«arrivo del minore in una dimensione
familiare “alterata”», la quale «impedisce o rende più ardua la concreta e co-
stante attuazione dei diritti-doveri dei genitori sanciti dal dettato costituziona-
353
le, che tutela la vita familiare nel suo libero e sereno svolgimento» . La viola-
zione dell’art. 32 Cost., poi, ha ad oggetto la salute «non soltanto nella sua di-
mensione statica di assenza di malattia, ma come condizione dinamico/funzio-

344
F. GALGANO, op. cit., p. 539.
345
F. GALGANO, op. loc. ult. cit.
346
Così, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 193.
347
P.G. MONATERI, Il danno al nascituro e la lesione della maternità cosciente e responsabile, in
Corriere giur., 2013, p. 61.
348
È lo stesso P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 59, a sottolineare come la Cassazione abbia seguito,
sul punto, il pensiero di A. DI MAJO, La tutela civile dei diritti, Milano, 2001.
349
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 60.
350
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
351
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 191.
352
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 191 s.
353
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 193.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 427

354
nale di benessere psichico» . Le situazioni soggettive, «giuridicamente tutela-
te e giuridicamente rilevanti, sono pertanto riconducibili non alla sola nascita
né al solo handicap, bensì [...] alla futura vita handicappata intesa nella sua
più ampia accezione funzionale, la cui “diversità” non è discriminata in un
giudizio metagiuridico di disvalore tra nascita e non nascita, ma soltanto tute-
355
lata, rispettata ed alleviata per via risarcitoria» .
Proprio il riferimento ad una nozione “positiva” e dinamica di salute, così
come qualificata dallo stesso legislatore (art. 1, lett. o del d.lgs. n. 81 del 2008),
356
consente quel «mutamento di prospettiva [...] veramente notevole» che è a
fondamento di questo revirement.

14. Se può essere contestata, secondo la Cassazione, l’esistenza di un nesso


di causalità tra l’omissione di diagnosi e la nascita, «attesa la inconfigurabilità
di quest’ultima in termini di evento dannoso», e tra la condotta omissiva e
l’handicap in sé considerato, in quanto «la malformazione non è conseguenza
dell’omissione bensì del presupposto di natura genetica», la sussistenza del
nesso di condizionamento «appare senz’altro predicabile una volta identifica-
357
to con esattezza l’evento di danno nella nascita malformata» . Tale evento è
«senz’altro riconducibile, secondo un giudizio prognostico ex post, all’omis-
sione, volta che una condotta diligente e incolpevole avrebbe consentito alla
donna di esercitare il suo diritto all’aborto (sì come espressamente dichiarato
358
al medico nel caso di specie)» .
La Suprema corte afferma, sul piano del nesso di condizionamento, l’equi-
parazione «quoad effecta tra la fattispecie dell’errore medico che non abbia
evitato l’handicap evitabile (l’handicap, si badi, non la nascita handicappata),
ovvero che tale handicap abbia cagionato [...] e l’errore medico che non ha
evitato (o ha concorso a non evitare) la nascita malformata (evitabile, senza
l’errore diagnostico, in conseguenza della facoltà di scelta della gestante deri-
359
vante da una espressa disposizione di legge)» .
Tale soluzione, però, non ha convinto del tutto la dottrina, anche quella
che, agli albori della problematica nel diritto italiano, era sembrata propensa
ad affermare la risarcibilità del danno direttamente nei riguardi del minore
360
“nato malformato” . Ripercorrendo l’itinerario eziologico scandito dalla Cas-
sazione, si rileva che l’omissione del medico, che tace colposamente alcune in-
formazioni doverose, «priva la donna del suo diritto di abortire e, quindi, ca-
354
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 193.
355
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 193.
356
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 62.
357
Testualmente, Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 195.
358
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 195.
359
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., pp. 195 e 196.
360
P.G. MONATERI, «La marque de Caïn», cit., p. 298.
428 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

giona conseguentemente una vita handicappata, quale effetto negativo su un


terzo di un inadempimento di fornire accurate informazioni al soggetto che le
361
ha richieste» al fine di poter esercitare una sua legittima manifestazione di
volontà. Questo ragionamento sarebbe criticabile per più profili: innanzitutto,
perché questa soluzione richiederebbe la «costruzione dell’aborto come dirit-
to o facoltà di scelta della donna» e, in questo modo, opererebbe un ritorno
362
«al soggettivismo della volontà» , essendo «un ragionamento di collegamen-
363
to negoziale» a sorreggere «alla fine l’intera costruzione» . In secondo luogo,
perché non vi sarebbe «nessun danno biologico da propagare», dal momento
che la lesione della “maternità cosciente e responsabile” «non è evidentemen-
364
te un danno biologico ma una lesione della personalità» . L’intera costruzio-
ne del nesso causale andrebbe ripensata in termini di lesione della personalità,
e non «di danno alla salute», anche in virtù della «influenza che l’omissione
medica ha avuto sulla “scelta” della madre», non potendo «che dipendere dalla
365
natura giuridica di tale atto di scelta» .
Con riferimento alla prima obiezione, però, v’è da rilevare che la Cassazio-
ne non qualifica l’interruzione della gravidanza come un “diritto potestativo”
della madre, esercitabile arbitrariamente, ma come una facoltà da far valere in
presenza degli specifici requisiti previsti dagli artt. 4 e 6 della legge n. 194 del
1978. D’altronde è la stessa legge a prevedere che il «serio» (art. 4) o «grave»
(art. 6 lett. b) pericolo per la salute fisica o psichica della gestante possa essere
stato causato da «rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro» (art. 6 lett.
b). La locuzione «che determinino» (art. 6 lett. b) sta ad indicare, con eviden-
za, un (possibile) rapporto di causalità tra i due fattori posti in relazione.
Più condivisibile sembra il secondo rilievo. La propagazione intersoggetti-
va dell’illecito, che avviene attraverso il contatto dei “corpi fisici” della madre
e del figlio, richiederebbe l’omogeneità dei danni. E poiché «la lesione operata
verso la madre» consisterebbe nella violazione del diritto, di rango costituzio-
nale, alla procreazione “cosciente e responsabile”, si tratterebbe, nei riguardi
sia della gestante, sia del figlio, di una lesione «della personalità», rilevante
366
nella sua «dimensione appunto “morale”» . Qui non sarebbe «in considera-
zione la dimensione fisica organica dell’uomo, ma la dimensione morale della
367
scelta tragica» .
Tuttavia, nel caso di specie, si tratta di due separati ed autonomi danni, che
la stessa Cassazione – ed ancor prima la giurisprudenza francese – ha tenuto
sempre distinti. Se, con riferimento alla posizione della madre, l’omissione
361
Le parole tra virgolette sono di P.G. MONATERI, Il danno al nascituro, cit., p. 64.
362
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 63.
363
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 64 (il corsivo è dell’A.).
364
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
365
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit. (il corsivo è dell’A.).
366
P.G. MONATERI, op. ult. cit., pp. 63 e 64.
367
P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 64.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 429

delle informazioni doverose viola il suo diritto all’autodeterminazione in fun-


zione di una “maternità cosciente e responsabile”, altrettanto non può dirsi
per il concepito. Insormontabili problemi (pratici e) giuridici sembrano ostare
ad una diversa soluzione. E d’altronde, come la giurisprudenza è unanime
nell’affermare, è la madre e soltanto la madre a poter decidere, in presenza
della sussistenza dei requisiti di legge, se interrompere o no la gravidanza. In-
fine, ipotizzare, per il nato malformato, la risarcibilità del solo danno alla «sua
personalità» potrebbe rappresentare una soluzione dubbia sotto il profilo del-
la legittimità costituzionale, la quale sancisce incondizionatamente la pari di-
gnità sociale per ogni essere umano.
La soluzione, quindi, è proprio quella ipotizzata dall’illustre autore, che pur
la critica. L’inadempimento o l’inesatto adempimento delle obbligazioni d’in-
formazione, nel privare la donna, in presenza dei requisiti di legge, della sua
facoltà di interrompere la gravidanza, ovvero nell’indurla ad acconsentire a un
concepimento che altrimenti non avrebbe voluto, «cagiona conseguentemente
368
una vita handicappata» , la quale, a sua volta, è causa di ulteriori danni pa-
trimoniali e non patrimoniali (questi ultimi aventi ad oggetto un danno mora-
le, con connotazione “esistenziale”, salvo a non degenerare in un vero e pro-
prio danno biologico) in capo alla stessa madre ed agli altri componenti la
comunità familiare.
369
Come aveva sottolineato la dottrina francese , occorreva «passare dal nes-
so causale naturalisticamente inteso ad un nesso causale giuridicamente inteso
370
per poter operare l’equiparazione de qua» . Così, secondo un’«eziologia giu-
ridicamente rilevante» è proprio l’inadempimento ad aver «comunque cagio-
371
nato una quotidianità afflitta da malattia» . Come si è rilevato puntualmente
372
interpretando quanto affermato in un precedente scritto in materia , proprio
la costante interpretazione giurisprudenziale dell’art. 1223 c.c., secondo cui la
risarcibilità deve essere estesa ai danni mediati e indiretti purché consistenti in
effetti normali del fatto-inadempimento, secondo il criterio della c.d. regolari-
373
tà causale , consentiva di pervenire «all’ulteriore conseguenza di ancorare il
danno, inteso come vita disagiata, alla responsabilità del medico secondo il

368
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit. (il corsivo è dell’A.).
369
Affermavano la sussistenza di un nesso causale inteso in senso giuridico, tra gli altri, G. VINEY,
P. JOURDAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., p. 15; P. JOURDAIN, Réflexions, cit., p. 336; J.L. AU-
BERT, Indemnisation, cit., p. 489 ss.; M. FABRE-MAGNAN, Avortement, cit., p. 311 (per ulteriori indi-
cazioni si rinvia a M. FEOLA, Violazione, cit., p. 619 ss.). Una critica alla «biologisation» del nesso
causale è in P. SARGOS, Rapport, cit., p. 2299.
370
Così, lo stesso P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 63.
371
Lo ammette anche S. CACACE, Il giudice “rottamatore” e l’enfant préjudice, in Danno e resp.,
2013, p. 160.
372
Lo scritto specificamente citato è M. FEOLA, La Cassazione, cit., p. 704.
373
Cass., Sez. Un., 1 luglio 2002, n. 9556, in Giust. civ., 2003, I, p. 2195, e Cass., Sez. Un., 11 gen-
naio 2008, n. 581, in Foro it., 2008, I, c. 453. In dottrina, sul punto, A. LISERRE, Ancora in tema, cit.,
p. 1693.
430 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

criterio di imputazione della responsabilità omissiva, ritenendo che l’omissio-


ne nell’adempimento di un obbligo (quale quello di informazione) a carico del
sanitario implica la sua responsabilità anche per gli eventi che l’assolvimento
374
di tale obbligo avrebbe impedito» .
E tale «ricostruzione», diversamente da quanto poi si afferma, non sembra
375
celare «difficoltà concettuali» proprio con riferimento all’annoso problema
della causalità, là dove l’obbligo risarcitorio si fonderebbe direttamente «sulla
violazione del consenso informato, inteso quale autonomo obbligo di prote-
zione gravante sul medico in ragione del suo status professionale, indipenden-
376
temente da un obbligo di prestazione» . Il diritto all’autodeterminazione, in
origine considerato come inglobato nel diritto alla salute (e tutelato ai sensi
377
del solo art. 32 Cost.), anche per merito di un’autorevole dottrina e della
378
stessa giurisprudenza costituzionale , ha trovato progressivamente un auto-
nomo riconoscimento (negli artt. 2, 13 e 32, comma 2, Cost.) come «diritto
379
fondamentale e inviolabile della persona umana» . Le obbligazioni del medi-
co e delle strutture sanitarie pubbliche o private nelle quali egli opera tendono
ad assumere una struttura complessa, comprensiva non soltanto dell’attività
terapeutica, ma anche di quella diagnostica e di consulenza. A prescindere
dalla questione puramente tassonomica inerente all’inquadramento o meno
380
delle obbligazioni d’informazione nell’ambito degli obblighi di protezione o
di sécurité – da rilevare, però, come la dottrina francese tenda a distinguere,
sotto il profilo sistematico, le obligations de sécurité dalle obligations d’infor-
mation, de renseignement, de mise en garde et de conseil, trattando le relative
381
problematiche in maniera autonoma, parallela ed equivalente –, la sola vio-
374
A. MASTRORILLI, To be or not to be: comparare l’incomparabile, in Danno e resp., 2013, p.
496, che cita (in nota 19) proprio M. FEOLA, op. loc. ult. cit.
375
Così, invece, A. MASTRORILLI, op. loc. cit.
376
Anche A. MASTRORILLI, op. ult. cit., p. 497.
377
Nell’ambito di una copiosa dottrina, cito soltanto, e per tutti, l’insegnamento di S. RODOTÀ, Il
nuovo habeas corpus: la persona costituzionalizzata e la sua autodeterminazione, in S. RODOTÀ, M.
TALLACCHINI, Ambito e fonti del Biodiritto, in Trattato di Biodiritto diretto da S. Rodotà, P. Zatti,
Milano, 2010, p. 169.
378
Corte cost., 23 dicembre 2008, n. 438, in Foro it., 2009, I, c. 1328, per la quale il c.d. diritto al
consenso informato, quale vero e proprio diritto della persona che trova fondamento nei principi
espressi negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione, svolge una funzione di sintesi tra due diritti fonda-
mentali della persona, quello all’autodeterminazione e quello alla salute, in quanto se è vero che ogni
individuo ha il diritto di essere curato, è altresì vero che egli ha il diritto di ricevere le opportune in-
formazioni al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua
stessa libertà personale.
379
V. MONTANI, L’inadempimento medico, cit., p. 629.
380
In senso affermativo, A. MASTRORILLI, To be, cit., p. 497, e V. MONTANI, op. cit., p. 631, sulla
scia di C. CASTRONOVO, Profili della responsabilità medica, in Scritti in onore di P. Rescigno, V, Re-
sponsabilità civile e tutela dei diritti, Milano, 1998, p. 126.
381
Per tutti, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, III éd., 2006, cit., pp. 453 ss. e 473 ss., ove
distinguono nettamente, sotto il profilo sistematico, le due problematiche sub 1) e sub 2). Sulle obbli-
gazioni di sécurité sia consentito rinviare a M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité, cit., passim.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 431

lazione degli obblighi d’informazione costituisce inadempimento e impone ai


sanitari il risarcimento dei danni anche «in presenza di un atto terapeutico ne-
cessario e correttamente eseguito in base alle regole dell’arte, dal quale siano
382
derivate conseguenze dannose» . L’inesatto adempimento degli obblighi
d’informazione «assume una valenza causale sul danno o sui danni subiti dal
383
paziente» e da “terzi”.
Quindi, la soluzione fondata sulla violazione degli obblighi d’informazione
non rappresenta un’idea “alternativa” che consentirebbe di risarcire un danno
in assenza di causalità, nel senso di poter affermare che «La negligenza non
causa il danno ma diventa titolo per imporre al convenuto l’obbligo risarcito-
384
rio» . Il rapporto di causalità non riguarda soltanto la responsabilità extra-
contrattuale, ma, evidentemente, anche quella che trova la sua fonte in un
contratto o in un’altra relazione giuridicamente rilevante. Del pari, non pare
decisivo, al fine di risolvere la vexata quaestio, evocare una funzione «puniti-
385 386
va» , «sanzionatoria e deterrente» della responsabilità civile, nel senso che
il medico negligente sarebbe «punito attraverso il risarcimento», e questo ver-
rebbe «quantificato in ragione del detrimento patito dal soggetto nato con
387
gravi deficit personali e sociali rispetto a chi questi deficit non ha» . Così ar-
gomentando, anzi, si definisce una funzione di compensation, che storicamente
388
(seppur, oggi, anacronisticamente, per quanto riguarda i danni immateriali)
è fondata proprio sulla teoria della differenza, mentre la finalità satisfattorio-
punitiva implica una valutazione fondata non soltanto sull’entità del danno
cagionato alla persona offesa, ma anche sul «carattere di maggiore o minore
antigiuridicità della condotta» e sulle «condizioni economiche del responsabi-
389
le» . Infine, anche la responsabilità penale richiede la sussistenza di un nesso
causale, il quale, anzi, deve essere provato, con maggior rigore, sulla base di
390
un giudizio di «alto o elevato grado di credibilità razionale» , “oltre ogni ra-
gionevole dubbio”, non essendo sufficiente la soluzione civilistica ispirata al
391
criterio del “più probabile che non” . Il problema, quindi, non può essere
risolto evocando le diverse funzioni della responsabilità civile, ma consideran-
do, con la Cassazione, come condicio sine qua non il fatto che la gestante non
sia stata posta in condizione di decidere «con volontà consapevole delle impli-
382
Cass., Sez. III, 28 luglio 2011, n. 16543, in Danno e resp., 2012, p. 625.
383
Cass., 28 luglio 2011, n. 16543, cit., p. 625.
384
Così, invece, A. MASTRORILLI, op. loc. ult. cit.
385
A. MASTRORILLI, op. loc. ult. cit.
386
E. PALMERINI, Nascite indesiderate e responsabilità civile: il ripensamento della Cassazione, in
Nuova giur. civ. comm., 2013, I, p. 203.
387
A. MASTRORILLI, op. loc. ult. cit.
388
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno da perdita della vita, cit., p. 692 ss.
389
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno ingiusto, Parte II, cit., p. 251.
390
Cfr., in proposito, la celeberrima decisione resa, sul c.d. caso Franzese, da Cass., Sez. Un. pen.,
10 luglio 2002, in Foro it., 2002, II, c. 623.
391
Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 581, in Foro it., 2008, I, c. 453 ss.
432 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

cazioni, attraverso una informazione adeguata» che permettesse alla stessa «di
avere piena coscienza della natura, della portata e della estensione, dei rischi,
392
dei risultati conseguibili e delle eventuali conseguenze negative» .
La migliore dottrina francese che ha studiato la questione di causalità suc-
cessivamente all’arrêt Perruche aveva qualificato il danno da “nascita malfor-
mata” del minore come dommage immédiat, e il danno morale dei genitori sol-
tanto come dommage par ricochet. Tant’è che si era affermato come «il ricono-
scimento dell’esistenza del danno dei genitori» implicasse «a fortiori quello del
pregiudizio del bambino», non potendosi ammettere l’esistenza (e, soprattut-
393
to, la risarcibilità) di «un danno par ricochet senza un dommage immédiat» .
Nell’unica sequenza causale possibile è la “nascita malformata” del minore
a causare anche il danno non patrimoniale della madre, e quelli, eventuali, e
per taluno sovrabbondanti, del padre e dei fratelli. Il risarcimento di questi
ultimi presuppone, evidentemente, la prima. La giurisprudenza della Suprema
corte dubita che, in assenza di “conseguenze” dannose patrimoniali e non pa-
trimoniali (soprattutto biologiche) risarcibili, la sola violazione del diritto al
394
c.d. consenso informato possa rappresentare un danno risarcibile in re ipsa ,
395
costituendo essa un tipico danno-evento, ma non un danno-conseguenza .
Quest’ultimo, invece, ha ad oggetto proprio tutte le conseguenze patrimoniali,
biologiche e morali (e/o esistenziali) che la violazione del diritto ad una pro-
creazione “cosciente e responsabile” ha provocato, da dimostrare con il ricor-
so a valutazioni prognostiche ed alla prova presuntiva, che in materia di danno
non patrimoniale è destinata «ad assumere particolare rilievo, e potrà costitui-
re anche l’unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, non
396
trattandosi di mezzo di prova di rango inferiore ad altri» .
Sotto il profilo delle scelte di «politica del diritto» e della «efficiente allo-
397
cazione dei danni e dei risarcimenti» , anche la dottrina che solleva perples-
sità sulla questione della causalità sottolinea come l’«intento» della sentenza
398
sia «encomiabile, il risultato meritorio» : «alleviare una condizione umana di
difficoltà gravissima, di perenne sofferenza, affrontare, molto pragmaticamen-
te, la questione dell’handicap, laddove quella della nascita non riveste più in-
teresse alcuno»; superare, infine, «l’absurdum di liquidare tutti fuorché colui

392
Cass., 28 luglio 2011, n. 16543, cit., p. 624.
393
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., p. 17.
394
Cfr., ad es., Cass., 9 febbraio 2010, n. 2847, in Foro it., 2010, I, c. 2113; Cass., 8 ottobre 2007,
n. 20987, in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, p. 289, con nota di C. SGANGA, la quale esplicitamente
afferma che non è l’inadempimento da mancato consenso informato ad essere di per sé oggetto di
risarcimento, ma il «danno consequenziale», secondo i principi di cui all’art. 1223 c.c. In tal senso già
Cass., Sez. III, 31 maggio 2003, nn. 8828 e 8827, in Danno e resp., 2003, p. 819 ss.
395
Cfr. V. MONTANI, op. cit., p. 633.
396
Così, Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Danno e resp.,
2009, p. 32.
397
S. CACACE, op. ult. cit., p. 161.
398
S. CACACE, op. ult. cit., p. 160.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 433

che vive la malformazione in prima persona, anche ai fini della certezza che il
risarcimento così apprestato sia utilizzato ad esclusivo beneficio del bambino,
399
senza mediazione di terzi» .

15. Il risarcimento del danno al minore per la sua «nascita malformata» può
assumere i connotati sia della responsabilità contrattuale, sia di quella extra-
contrattuale.
La tradizione italiana degli ultimi anni è stata nel senso della responsabilità
contrattuale.
Nel leading case in materia la Cassazione, anche al fine di riparare al neona-
to un danno all’integrità psicofisica non più risarcibile in sede delittuale per
effetto del decorso della prescrizione quinquennale, qualificò il «soggetto ve-
nuto ad esistenza» come terzo protetto dal contratto stipulato tra la madre
partoriente e la struttura sanitaria, con la conseguenza di risarcire in ambito
contrattuale il danno patito dal minore a causa di un negligente intervento
400
ostetrico praticato al momento della nascita . Orientamento, questo, che tro-
verà conferma nella giurisprudenza successiva, anche con riferimento alle
401
condotte omissive dei sanitari. Ma se, in un primo tempo, la Cassazione
considererà terzo protetto dal contratto il solo coniuge della donna (il quale,
pertanto, è anch’egli legittimato a chiedere il risarcimento dei danni patrimo-
niali e non patrimoniali conseguenti alla nascita di un figlio “non voluto” che
402
è affetto da gravi patologie) , escludendo che l’errore o l’omissione delle in-
formazioni doverose possano giustificare il risarcimento del danno psico-fisico
con cui il bambino nasce; più di recente, la Suprema Corte, nell’affermare la
sussistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva dei medici e le mal-
formazioni subite dal nascituro, ha qualificato il rapporto che la paziente pone
in essere con la struttura sanitaria (e con il medico), come un contratto che,
oltre ad avere effetti tra le parti, produce effetti c.d. protettivi nei confronti sia
403
del coniuge, sia dello stesso figlio nato andicappato .
Sul punto, la giurisprudenza francese, invece, aveva assunto un diverso at-
teggiamento, avendo qualificato, proprio nel decidere l’affaire Perruche, come
contrattuale la responsabilità del medico (e/o della struttura sanitaria) nei ri-
guardi della donna, ma come delittuale la responsabilità dei sanitari nei con-
fronti del fanciullo nato andicappato.
399
Le espressioni tra virgolette sono di S. CACACE, op. ult. cit., pp. 160 e 161; così già M. FEOLA,
Violazione, cit., p. 618 ss.
400
Cass., Sez. III, 22 novembre 1993, n. 11503, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 557 s.
401
Cass., 29 luglio 2004, n. 14488, cit., p. 379 ss. L’orientamento viene riconfermato, ma senza espliciti
riferimenti al contratto con effetti protettivi per terzi, da Cass., 14 luglio 2006, n. 16123, cit., p. 1691 ss.
402
In questi termini, anche Cass., Sez. III, 4 gennaio 2010, n. 13, in Danno e resp., 2010, spec. p.
699 s. (con nota parzialmente critica di M. FEOLA, La Cassazione, cit.).
403
Cass., 11 maggio 2009, n. 10741, cit., p. 108.
434 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

404
Come si è avuto modo di rilevare , la soluzione che ravvisa, in generale,
405
una responsabilità delittuale da inadempimento , oltre a non rappresentare
una contraddizione in termini, appare perfettamente in linea sia con la tradi-
zione, sia con l’odierna evoluzione del diritto francese. Tuttavia, rispetto all’al-
ternativa tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, la soluzione se-
guita dalla sentenza n. 16754 del 2012 pare ulteriormente articolata.
Per un verso, la Cassazione afferma «il principio di diritto secondo il quale
la responsabilità sanitaria per omessa diagnosi di malformazioni fetali e conse-
guente nascita indesiderata va estesa, oltre che nei confronti della madre nella
qualità di parte contrattuale (ovvero di un rapporto da contatto sociale quali-
ficato), anche al padre [...], nonché [...] ai fratelli e alle sorelle del neonato,
che rientrano a pieno titolo tra i soggetti protetti dal rapporto intercorrente
406
tra il medico e la gestante, nei cui confronti la prestazione è dovuta» . Infatti,
«non può non presumersi» l’attitudine di costoro «a subire un serio danno
non patrimoniale, anche a prescindere dagli eventuali risvolti e dalle inevitabili
esigenze assistenziali destinate ad insorgere, secondo l’id quod plerumque acci-
407
dit, alla morte dei genitori» .
Per altro verso, allorché deve qualificare i danni risarcibili direttamente al
minore per la sua “nascita malformata”, la Suprema Corte ritiene necessario
verificare la sussistenza di «tutti gli elementi della fattispecie concreta onde
inferirne la legittima riconducibilità alla fattispecie astratta dell’illecito aqui-
liano in tutti i suoi elementi di struttura così come descritti dall’art. 2043
408
c.c.» .
Quindi, se è senz’altro contrattuale (e/o da “contatto sociale”, per l’opera-
tore sanitario) la responsabilità della struttura sanitaria nei riguardi della ge-
stante per il danno morale (ed “esistenziale”) patito a seguito della violazione
del suo diritto ad una “maternità cosciente e responsabile” – responsabilità
che viene estesa, sulla base degli effetti di protezione del contratto, non soltanto
al coniuge, ma anche ai fratelli ed alle sorelle del soggetto nato malformato –,
il risarcimento, al minore “terzo”, del danno da «nascita malformata» assume i
connotati dell’illecito extracontrattuale, proprio sulla scia della soluzione pre-
diletta dal diritto francese.
L’orientamento della Suprema corte in tema di danno da “nascita malfor-
mata”, che all’applicazione del c.d. contratto con effetti di protezione per terzi
preferisce il rinvio alle comuni regole della responsabilità delittuale, può tro-
vare ulteriore conferma proprio nella struttura della prestazione sanitaria.
D’altronde, che in tema di responsabilità del medico la tematica degli obblighi
di protezione trovasse un’applicazione assai controversa era già stato posto in
404
M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité, cit., p. 130 ss.
405
M. FEOLA, op. ult. cit., p. 133.
406
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 178.
407
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 178.
408
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 191.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 435

luce, con autorevolezza, da Luigi Mengoni, ove aveva precisato come l’obbli-
gazione di somministrare «cure attente, prudenti e conformi ai canoni della
scienza» fosse senz’altro un obbligo di prestazione, giammai un obbligo di
protezione, non avendo alcuna autonomia rispetto all’obbligo di curare il ma-
409
lato . È impensabile che un obbligo che, inter partes, è di prestazione possa
poi divenire, nei riguardi di terzi, di protezione. Tuttavia, se si qualifica come
obbligo di protezione (almeno) l’«obbligo di informazione gravante su una
parte del contratto nei confronti dell’altra quando l’informazione non costitui-
410
sca l’oggetto del contratto stesso» , il problema potrebbe dirsi superato. Sal-
vo, poi, a non ricomprendere, sempre e comunque, l’obbligo d’informazione
411
proprio nella struttura della prestazione sanitaria , ma a considerarlo come
un obbligo “accessorio”, autonomo e indipendente, per quanto funzionalmen-
te correlato rispetto all’esecuzione della prestazione. In tal senso, nelle varie
ipotesi sottoposte al giudizio delle Corti, l’obbligo d’informazione potrebbe
atteggiarsi ora come obbligo di prestazione, ora come obbligo di protezione,
consentendo il ricorso agli effetti protettivi del contratto qualora l’informazio-
ne non integri specificatamente l’oggetto dello stesso.
Non sembra che sulla decisione abbia inciso il c.d. “Decreto Balduzzi” (d.l.
n. 158 del 13 settembre 2012), convertito in legge, in maniera peraltro non con-
forme, nel novembre dello stesso anno (legge n. 189 dell’8 novembre 2012).
L’improvvido richiamo all’art. 2043 c.c., effettuato dopo aver disposto la de-
penalizzazione delle condotte sanitarie connotate da mera colpa lieve, là dove
l’esercente l’attività sanitaria si sia attenuto a linee guida e buone pratiche ac-
creditate dalla comunità scientifica (art. 3, comma 1), non assume le caratteri-
stiche di una generale riforma della responsabilità sanitaria, sia perché la di-
412
sciplina è destinata ai soli medici del servizio pubblico sanitario , sia perché
la limitazione della responsabilità penale concerne le sole regole di perizia,
413
senza involgere le ipotesi di colpa per negligenza o imprudenza , sia perché,
con riguardo al citato rinvio alla disciplina della responsabilità extracontrat-
tuale, la Cassazione si è affrettata a precisare, proprio in sede di commento al-
la predetta “riforma”, come sia «evidente che la materia della responsabilità
civile segue le sue regole consolidate, e non solo per la responsabilità aquiliana
del medico, ma anche per la c.d. responsabilità contrattuale del medico e della
414
struttura sanitaria, da contatto sociale» . Quindi, il richiamo all’art. 2043 c.c.

409
L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., pp. 368 e 371.
410
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 497.
411
Sul punto, M.R. MARELLA, Le conseguenze, cit., p. 195.
412
Così V. CARBONE, La responsabilità del medico pubblico dopo la legge Balduzzi, in Danno e
resp., 2013, p. 383, ove considera l’art. 3 della l. n. 189 del 2012 una «lex specialis o norma ad hoc o ad
personam».
413
Cass. pen., Sez. IV, 11 marzo 2013, n. 11493, cit. da L. CAPUTI, Medical malpractice: nodi ine-
stricabili e nuove prospettive, in Danno e resp., 2013, p. 857.
414
Cass., Sez. III, 19 febbraio 2013, n. 4030, in Danno e resp., 2013, p. 367.
436 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

di per sé non è sembrato «sufficiente a sostenere che la volontà del legislatore


sia stata quella di modificare il titolo della responsabilità medica», in quanto la
disciplina di cui all’art. 3 legge n. 189 del 2012, «dedicata all’ambito penale
della responsabilità, si limita a ricordare il principio secondo il quale l’assenza
di responsabilità penale non elimina la responsabilità civile e il conseguente
415
obbligo di risarcire il danno» .
La Suprema corte, anzi, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordina-
to o para-subordinato tra clinica e chirurgo, ha esteso ulteriormente la respon-
sabilità contrattuale sia della struttura sanitaria ove ha avuto luogo il tratta-
mento contestato, giudicandola responsabile (ex art. 1218 c.c.) non soltanto
dell’inadempimento delle obbligazioni su di essa incombenti, ma anche (ai
sensi dell’art. 1228 c.c.) dell’inadempimento della prestazione eseguita dal pro-
fessionista, in quanto «ausiliario necessario dell’organizzazione aziendale»; sia
dello stesso medico che, quale debitore della prestazione chirurgica e/o tera-
peutica promessa, è considerato responsabile anche dell’operato dei terzi (e,
quindi, della stessa clinica) della cui attività si avvale, avendo un dovere speci-
fico di controllo del buon funzionamento delle apparecchiature necessarie al-
416
l’esecuzione dell’intervento . Il collegamento tra il rapporto medico/paziente
e quello tra questi e la casa di cura è stato considerato rilevante sul piano giu-
ridico anche in assenza di una relazione di subordinazione o di collaborazione
tra clinica e chirurgo, in quanto «di norma, l’individuazione della Casa di cura
dove il medico eseguirà la prestazione promessa costituisce parte fondamenta-
le del contenuto del contratto stipulato tra il paziente ed il professionista, nel
senso che ciascun medico opera esclusivamente presso determinate cliniche e
che, a sua volta, ciascuna Casa di cura accetta solo i pazienti curati da deter-
417
minati medici» .
La soluzione prescelta in tema di danno da “nascita malformata”, invece,
418
trova il suo immediato precedente in una decisione della Suprema corte che,
pur avendo riconosciuto tra le parti una responsabilità contrattuale, ha quali-
ficato in termini di responsabilità delittuale i danni arrecati a terzi (pur “vici-
ni” alla prestazione) dall’inesatto adempimento di un’obbligazione di sicurez-
za. Si trattava, nella specie, dell’azione promossa da una figlia avverso una casa
di riposo la quale, non avendo adempiuto ai propri obblighi di protezione e di
“controllo” nei confronti della madre che ivi era ricoverata, ne aveva consenti-
to il suicidio. La Cassazione, pur confermando in astratto la risarcibilità del
danno non patrimoniale anche in caso di inadempimento contrattuale, rileva
415
Questa è l’interpretazione fornita da Trib. Cremona, 1 ottobre 2013, in Danno e resp., 2014, p.
633 ss., con nota di L. MATTINA, “Legge Balduzzi”: natura della responsabilità civile del medico.
416
Cass., Sez. III, 26 giugno 2012, n. 10616, in Danno e resp., 2013, p. 840.
417
Cass., 26 giugno 2012, n. 10616, cit., p. 840.
418
Cass., Sez. III, 8 maggio 2012, n. 6914, in Danno e resp., 2012, p. 1201 s., con nota di D. ZOR-
ZIT, La Cassazione “dimentica” il contratto con effetti protettivi a favore del terzo: vero oblio o consape-
vole ripudio?
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 437

come il rapporto contrattuale fosse intercorso tra la casa di riposo e la ricove-


419
rata, «non certo tra la prima e la figlia della seconda» . La tesi della ricorren-
te «sarebbe stata legittimamente prospettata» là dove la stessa avesse doman-
dato il risarcimento del «danno proprio della vittima (effettiva contraente nel
rapporto con la casa di cura); ella, invece, chiede il risarcimento del danno non
patrimoniale da sé stessa subito a causa della morte della madre, con la conse-
guenza che l’ambito risarcitorio nel quale la domanda deve essere inquadrata
420
è necessariamente di natura extracontrattuale» .
La Cassazione, anche in questo caso, esclude che la figlia, “terza” rispetto
al contratto stipulato tra la madre e l’istituto, possa chiedere, ai sensi dell’art.
1218 c.c., il risarcimento del danno non patrimoniale patito iure proprio per la
perdita della madre, attraverso lo strumento della traslazione degli effetti di
protezione del contratto nei riguardi di terzi pur “qualificati” da uno stretto
rapporto parentale. E la soluzione è, ancora una volta, in linea con gli archeti-
pi della scienza giuridica francese, che qualifica il risarcimento del danno par
ricochet nei riguardi degli «”ayants droit” admis à se prévaloir d’un droit à ré-
421
paration» in termini di responsabilità extracontrattuale , anche là dove il
danno sia stato causato a “terzi” da un inadempimento di obbligazioni che
hanno la propria fonte in un contratto.

16. Le descritte interferenze tra le responsabilità contrattuale ed extracon-


trattuale pongono, a questo punto, un problema di onere probatorio. In as-
senza di un’espressa ed univoca dichiarazione della volontà di interrompere la
gravidanza in caso di malattia genetica, così come invece accaduto nel caso
deciso nella sentenza n. 16754 del 2012, la Cassazione ritiene che la sola ri-
chiesta di accertamento diagnostico assuma il carattere di presunzione sempli-
ce che il giudice, di là da «qualsivoglia automatismo probatorio», deve valuta-
422
re sulla base delle «circostanze concrete e specifiche» della singola vicenda
processuale. La questione, «assai delicata», della materiale possibilità di rico-
struzione dell’efficacia probatoria della presunzione semplice deve trovare ri-
sposta «nella specificità ed unicità di quello stesso processo», sulla base dei
«fatti così come narrati», delle circostanze «come di volta in volta evidenzia-
419
Cass., 8 maggio 2012, n. 6914, cit., p. 1201.
420
Cass., 8 maggio 2012, n. 6914, cit., p. 1201.
421
Infatti, le vittime par ricochet «sont en principe assujetties au régime des articles 1382 et sui-
vants du Code civil» (per tutti, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, III éd., 2006, cit., p. 173, dei
quali sono anche le parole citate nel testo tra virgolette), avendo la Cassazione contestato la possibili-
tà di ricorrere alla «construction jurisprudentielle» fondata sulla stipulation pour autrui tacite (Cass., I
Ch. civ., 28 octobre 2003, in Rec. Dalloz, 2004, Jur., p. 233, con nota di P. DELEBECQUE, e in Rev.
trim. dr. civ., 2004, p. 96, con le osservazioni di P. JOURDAIN). Per un raffronto tra il Vertrag mit
Schutzwirkung für Dritte e la stipulation pour autrui tacite, cfr. M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité,
cit., pp. 55-139.
422
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 196.
438 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

423
te», delle «stesse qualità personali delle parti agenti e resistenti» . In assenza
di qualsiasi ulteriore elemento che «“colori” processualmente la presunzione
de qua», il principio di vicinanza alla prova «e quello della estrema difficoltà
(ai confini con la materiale impossibilità) di fornire la prova negativa di un fat-
to» (cioè, della «volontà di non abortire nonostante la diagnosi infausta») in-
ducono a ritenere che «sia onere di parte attrice integrare il contenuto di quel-
la presunzione con elementi ulteriori (di qualsiasi genere) da sottoporre al-
l’esame del giudice per una valutazione finale circa la corrispondenza della
424
presunzione stessa all’asserto illustrato in citazione» .
Questo indirizzo è stato confermato da una più recente decisione, la quale,
425
pur intendendo collocarsi «in sostanziale continuità» con il leading case del
426
2012, sembra seguire una linea ermeneutica più rigorosa , là dove limita il
valore dei meccanismi presuntivi fondati su criteri di valutazione di tipo stati-
stico sia nell’accertamento delle condizioni legittimanti il ricorso all’aborto te-
rapeutico, sia nella prova della volontà di ricorrervi, qualora la gestante fosse
stata correttamente informata delle malformazioni del feto. A fronte di un
onere probatorio «oggettivamente difficile», in quanto volto a dimostrare «non
già quel che si è nei fatti verificato, ma quel che si sarebbe presumibilmente
verificato, ove il medico avesse adempiuto alla sua obbligazione», la prova del-
la volontà della gestante d’interrompere la gravidanza non può essere desun-
ta dalla sola «richiesta [...] anche di più accertamenti diagnostici, ove non
427
espressamente funzionalizzati alla verifica di eventuali anomalie del feto» ,
essendo tale atto soltanto un indizio di per sé privo dei caratteri di gravità ed
univocità.
L’inversione dell’onere della prova, che viene a gravare sull’attore/credito-
re e non sul debitore convenuto, viene giustificata dalla Cassazione come ap-
plicazione dell’orientamento delle Sezioni Unite in tema di vicinanza alla pro-
428
va nella “prova negativa di un fatto” , quindi, pur sempre nell’ambito della re-
sponsabilità contrattuale, piuttosto che attraverso una qualificazione della fat-
tispecie in termini di responsabilità extracontrattuale.
Un distinto discorso, poi, riguarda l’ulteriore rapporto tra l’inadempimento
nei confronti della gestante e il danno arrecato al “terzo” nato malformato,
ovvero tra «violazione di una relazione giuridicamente rilevante, anche quan-
do non sussista un obbligo di prestazione, e lesione della sfera giuridica altrui
429
al di fuori di tale relazione» , pur là dove la fattispecie esaminata sia stata

423
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 196.
424
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 197.
425
Così Cass., Sez. III, 22 marzo 2013, n. 7269, in Danno e resp., 2013, p. 1072 ss.
426
C. TRECCANI, Richiesta di accertamento diagnostico e onere della prova: i primi punti fermi della
Corte di Cassazione, in Danno e resp., 2013, p. 1079.
427
Le espressioni citate tra virgolette sono tratte da Cass., 22 marzo 2013, n. 7269, cit., pp. 1075 e 1074.
428
Cass., Sez. Un civ., 30 ottobre 2001, n. 13533, in Danno e resp., 2001, p. 1567 s.
429
Testualmente, C. CASTRONOVO, La Cassazione supera se stessa e rivede la responsabilità pre-
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 439

qualificata implicitamente dalla Cassazione in termini di responsabilità delit-


tuale da inadempimento. Se è incontestato che il rapporto intercorrente tra la
madre e la struttura sanitaria sia disciplinato dalle regole probatorie relative
alla responsabilità contrattuale, sorge il dubbio che altrettanto possa dirsi per
l’ulteriore relazione che legittima il risarcimento del danno da nascita malfor-
mata direttamente nei riguardi del minore. Istintivamente si potrebbe essere
propensi ad affermare che, trattandosi di responsabilità delittuale, sia pure
“da inadempimento”, dovrebbe applicarsi la disciplina generale della prova
che è propria del torto per faute prouvée (art. 2043 c.c.). Ma, a ben guardare,
la circostanza che il fatto sia rappresentato da un inadempimento che causa
conseguenze dannose nei riguardi di un “terzo” pur estraneo agli obblighi di
prestazione nascenti dal contratto, e non da una qualsiasi faute, può determi-
nare alcune conseguenze. Si è già detto come la stessa scienza giuridica france-
se inizi a non richiedere più l’elemento della faute delittuale o quasi-delittuale,
ma consideri sufficiente l’inesatto adempimento dell’obbligazione a fondare
una responsabilità delittuale verso terzi. E tale soluzione appare perfettamente
in linea con quella autorevole dottrina italiana che, in ipotesi analoghe, ora
considera come non necessaria la prova della colpa del danneggiante ai fini
430
dell’accertamento della responsabilità , ora «esclude» che il soggetto ina-
dempiente possa liberarsi mediante la sola dimostrazione dell’assenza di col-
431
pa, non essendo tale prova sufficiente secondo l’art. 1218 c.c. .
In altri termini, il fatto dell’inadempimento assorbe per intero sia l’elemen-
to della colpa, che è proprio della responsabilità delittuale per faute, sia quello
“oggettivo” (antigiuridicità o “ingiustizia”), che, com’è noto, non rileva auto-
nomamente in tema di responsabilità contrattuale, risultando implicitamente
presente nella «violazione di un rapporto giuridicamente rilevante», anche là
dove esso «tipicamente non nasce da contratto, e tipicamente non deriva da
432
inadempimento di un obbligo di prestazione» . Malgrado si definisca come
delittuale tale responsabilità, quest’ultima trova il suo fondamento nella viola-
zione di obblighi di protezione o di sécurité nei riguardi di “terzi” qualificati,
che sono autonomi, ma funzionalmente collegati all’inadempimento di obbli-
gazioni che hanno la loro fonte in una relazione giuridicamente rilevante. È
possibile, quindi, che anche sotto il profilo probatorio possano applicarsi le
regole che sono proprie della responsabilità contrattuale, rispetto a quelle che,
per tradizione, connotano la disciplina della responsabilità extracontrattuale
per colpa. Quanto meno in Italia, ove vige un regime di chiara differenziazio-

contrattuale, in Europa e dir. priv., 2012, p. 1240, in nota a Cass. civ., 20 dicembre 2011, n. 27648; e
già ID., La relazione come categoria essenziale dell’obbligazione e della responsabilità contrattuale, ivi,
2011, p. 72 s.
430
C. CASTRONOVO, La Cassazione, cit., p. 1234.
431
Così, L. MENGONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale (in Riv. dir. comm., 1956,
II), ora in Scritti, vol. II, Obbligazioni e negozio, Milano, 2011, p. 281.
432
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 1237.
440 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ne probatoria per le due specie della responsabilità civile, il principio di vici-


nanza alla prova potrebbe consentire al “terzo” danneggiato – di là dallo spe-
cifico onere probatorio richiesto per la prova negativa di un fatto – di limi-
tarsi ad allegare l’inadempimento «astrattamente idoneo a provocare il dan-
no», incombendo sul debitore l’onere di «dimostrare o che tale inadempimen-
to non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente
433
rilevante» .
Quindi, la prova del nesso causale, quale fatto costitutivo della domanda
intesa a far valere la responsabilità per l’inadempimento del rapporto di cura,
si sostanzia nella dimostrazione che l’esecuzione del rapporto curativo (il qua-
le può articolarsi in comportamenti positivi ed eventualmente omissivi) si è
inserita nella serie causale che ha condotto all’evento di (preteso) danno, il
quale è rappresentato «o dalla persistenza della patologia per cui si era richie-
sta la prestazione o dal suo aggravamento fino anche ad un esito finale come
quello mortale o dall’insorgenza di una nuova patologia che non era quella
434
con cui il rapporto era iniziato» . Il danneggiato, ai fini della prova del nesso
di causa, può limitarsi a dimostrare «uno di tali eventi», che si connotano
«come inadempimento sul piano oggettivo, essendosi essi verificati a seguito
dello svolgimento del rapporto curativo e, quindi, necessariamente – sul piano
435
della causalità materiale – quale conseguenza del suo svolgimento» . La pre-
436
sunzione (seppur iuris tantum) del rapporto eziologico fa gravare sui sanita-
ri le cause “incerte” ed “ignote”, dovendo essi dimostrare «in alternativa il fat-
to di avere esattamente adempiuto, il fatto che non sussiste un nesso eziologi-
camente rilevante» tra l’inadempimento, la lesione, l’aggravamento, il decesso
o l’insorgenza di una nuova patologia, ovvero che «gli esiti peggiorativi siano
437
stati determinati da un evento imprevisto o imprevedibile» . Ancora una vol-
ta la prova del caso fortuito, così come avviene nei casi di responsabilità ogget-
tiva delittuale, si rivela l’unico elemento realmente idoneo ad interrompere il
nesso causale e, quindi, a consentire l’esonero dalla responsabilità.

17. Malgrado le Sezioni Unite abbiano (forse, un po’ troppo frettolosamen-


438
te) riunito le voci dei danni biologico e “morale” (e/o esistenziale) nell’«uni-
ca categoria legislativamente prevista, che è quella del danno non patrimonia-
433
Così Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, in Danno e resp., 2008, p. 792.
434
Cass., Sez. III, 12 settembre 2013, n. 20904, in Danno e resp., 2014, p. 33.
435
Cass., Sez. III, 12 settembre 2013, n. 20904, cit., p. 33.
436
Così, G.M.D. ARNONE, La responsabilità medica, cit., p. 40.
437
G.M.D. ARNONE, op. ult. cit., pp. 40 e 41.
438
Per una critica, sul punto, all’orientamento delle Sezioni Unite (11 novembre 2008, nn. 26972,
26973, 26974, 26975, cit., p. 31 s.), cfr., per tutti, S. PATTI, Le Sezioni Unite e la parabola del danno
esistenziale, in G. Ponzanelli, M. Bona (a cura di), Il danno non patrimoniale, cit., p. 304 s.; A. PRO-
CIDA MIRABELLI DI LAURO, Chiaroscuri d’autunno, cit., p. 362 ss.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 441

439
le» , è necessario distinguere i danni patiti dalla donna (in base alla respon-
sabilità contrattuale), dal marito e dai fratelli del bambino (in virtù degli effetti
di protezione del contratto nei confronti di terzi), dai danni risarciti iure pro-
prio al minore nato malformato (sul fondamento di una responsabilità delit-
tuale da inadempimento), non tanto per le differenti qualificazioni della re-
sponsabilità, quanto per il diverso “oggetto” degli eventi dannosi che devono
essere presi in considerazione (e, quindi, valutati e liquidati) ai fini della ripa-
razione.
Il risarcimento alla donna ed al marito, come già precisato dalla Cassazione
440
in una precedente decisione , dovrà avere ad oggetto sia i danni patrimoniali
sia i danni non patrimoniali.
Con riferimento ai primi, la Suprema corte ha già affermato che il risarci-
mento deve «tener conto, non solo del “differenziale” tra la spesa necessaria
per il mantenimento di un figlio “sano” e la spesa per il mantenimento di un
figlio affetto da deficit», ma dell’«intero [...] costo economico che altrimenti
441
non avrebbe avuto» . Con una valutazione «necessariamente equitativa», il
giudice di merito deve liquidare il complessivo danno patrimoniale, indivi-
duando «il momento del raggiungimento della indipendenza economica alla
442
età di trenta anni» .
Nel liquidare il danno non patrimoniale dei coniugi, «indipendentemente
443
da un danno morale o biologico, peraltro sempre possibile» , la Cassazione
risarcisce specificatamente quel danno consistente nel «condurre giorno per
giorno, nelle occasioni più minute come in quelle più importanti, una vita di-
versa e peggiore (quanto si voglia nobilitata dalla dedizione al congiunto svan-
444
taggiato, ma peggiore [...]) di quella che avrebbe[ro] altrimenti condotto» .
Utilizzando come parametro di riferimento quello per il calcolo del danno
biologico, si approva la liquidazione equitativa effettuata dai giudici di appello
della somma di euro 200.000,00 «alla attualità» in favore di ciascuno dei co-
445 446
niugi . Il medesimo danno da “nascita indesiderata” deve essere risarcito,
ora, anche ai fratelli del minore nato malformato, una volta che la Suprema
447
corte ha inserito «a pieno titolo» anche costoro tra i soggetti protetti dal
contratto. Danno consistente nella «inevitabile, minor disponibilità dei genito-
ri nei loro confronti, in ragione del maggior tempo necessariamente dedicato
al figlio affetto da handicap», nonché «nella diminuita possibilità di godere di
439
Lo rileva, in proposito, P.G. MONATERI, Il danno al nascituro, cit., p. 65.
440
Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 700.
441
Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 700.
442
Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 700.
443
Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 701.
444
Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 699 s.
445
Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 701.
446
Così Cass., 4 gennaio 2010, n. 13, cit., p. 699.
447
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 178.
442 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

un rapporto parentale con i genitori stessi costantemente caratterizzato da se-


448
renità e distensione» . Con riferimento alla madre, poi, potrà essere risarcito
anche il danno biologico specificamente previsto dagli artt. 4 e 6 della l. n. 194
del 1978, allorché il «grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna»
(art. 6, lett. b) si sia tradotto in una patologia accertabile e valutabile in sede
medico-legale.
Riguardo ai danni risarcibili direttamente al minore, una posizione di asso-
luto rilievo assume il danno da “nascita malformata”, da valutare e liquidare
sulla base del calcul au point. La giurisprudenza, nel risolvere un caso analogo,
ha quantificato in Lire 2.152.400.000 il danno non patrimoniale risarcibile ai
genitori nella qualità di legali rappresentanti del minore, mentre ha liquidato
somme assai più contenute (lire 78.037.000, e lire 41.508.000, a favore, rispet-
tivamente, della madre e del padre) a titolo di danni non patrimoniali subiti
449
iure proprio dai singoli genitori . Ma la Suprema corte, nella sentenza n.
16754 del 2012, indica ulteriori specifici elementi che devono essere oggetto
di risarcimento. Non limita il danno non patrimoniale subito dal minore “nato
malformato” al solo danno biologico, bensì individua l’evento dannoso nella
lesione della salute «non soltanto nella sua dimensione statica di assenza di
450
malattia, ma come condizione dinamico/funzionale di benessere psico-fisico» .
Oltre alla «malformazione in sé considerata», ovvero oltre alla «infermità inte-
sa in senso naturalistico (o secondo i dettami della scienza medica)», il risar-
cimento deve essere «funzionale ad alleviare sofferenze e infermità, talora pre-
451
valenti sul valore della vita stessa» . In aggiunta al danno biologico dovrà es-
sere risarcito anche il danno esistenziale, in quanto «il vivere una vita malfor-
452
mata è di per sé una condizione esistenziale di potenziale sofferenza» . La
più recente giurisprudenza della Cassazione, proprio nel ridefinire lo “statu-
453
to” dei danni non patrimoniali , considera nuovamente, e non più soltanto in
454
ambito giuslavorista , i danni biologico, morale ed esistenziale come pregiu-
455
dizi «ontologicamente diversi» e «tutti risarcibili» .
La «nascita malformata», quindi, è causa di una «esistenza diversamente
448
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 178.
449
Cass., 11 maggio 2009, n. 10741, cit., p. 94.
450
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 193.
451
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 191.
452
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 178.
453
Non a caso, i commenti di G. PONZANELLI, R. FOFFA, R. PARDOLESI, R. SIMONE a Cass., Sez.
III, 23 gennaio 2014, n. 1361, cit., p. 363 ss., sono intitolati: «verso un nuovo statuto di danno risar-
cibile?». In senso affermativo, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il danno da perdita della vita e il
«nuovo statuto» dei danni risarcibili, cit., p. 686 ss.
454
Cass., Sez. lav., 28 giugno 2013, n. 16413, in Danno e resp., 2013, p. 1085, con nota critica di
G. PONZANELLI, Il danno non patrimoniale giuslavorista è diverso da quello “generale”?
455
Così, tra le tante, Cass., Sez. III, 11 ottobre 2013, n. 23147, in Danno e resp., 2014, p. 282;
Cass., Sez. III, 22 agosto 2013, n. 19402, ivi, 2014, p. 27 ss.; Cass., Sez. III, 3 ottobre 2013, n. 22585,
ivi, 2014, p. 55 s.
LA RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA SANITARIO 443

abile». L’aver definito questa figura di danno con riferimento alla prima alter-
nativa, piuttosto che alla seconda, significa non già voler limitare l’area della
risarcibilità ai soli aspetti biologici e “passati”, ma individuare, con espressio-
ne di sintesi, l’evento iniziale che, a sua volta, è causa delle ulteriori “conse-
guenze” dannose che sono, inevitabilmente, rivolte verso il presente e il futu-
ro. Anche nell’eventualità che il giudice voglia procedere, secondo i dettami
456
delle sentenze di San Martino , ad una liquidazione unitaria dei danni non
patrimoniali, il risarcimento non può non avere ad oggetto anche l’«esistenza
diversamente abile», ovvero «lo stato funzionale di infermità, la condizione
evolutiva della vita handicappata intese come proiezione dinamica dell’esisten-
za che non è semplice somma algebrica della vita e dell’handicap, ma sintesi di
457
vita ed handicap, sintesi generatrice di una vita handicappata» .

456
Com’è noto, l’appellativo si deve a F.D. BUSNELLI, ... E venne l’estate di San Martino, cit., p. 91 ss.
457
Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, cit., p. 193 (i corsivi sono nel testo della sentenza).
444 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO OTTAVO

LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE


NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE

SOMMARIO: 1. La responsabilità del vettore nel trasporto di persone. Il concorso tra le azioni (o
tra le norme applicabili). La nozione di “viaggio” e l’esigibilità dell’obbligazione di sicurez-
za. La conclusione del contratto di trasporto mediante comportamento concludente. – 2.
Segue. Il trasporto “amichevole” o “di cortesia” e la controversa distinzione dal trasporto
gratuito. L’applicazione della disciplina in tema di responsabilità delittuale per colpa e la
frantumazione della fattispecie unitaria del trasporto: critica. Il superamento della disparità
di trattamento tra i trasportati e l’unificazione dei regimi della responsabilità delittuale e
contrattuale in Italia e in Francia. – 3. La contrastante giurisprudenza sui trasporti ferroviari
e stradali: la critica delle contrapposte soluzioni e la ricerca di una regola comune. Il contri-
buto della dottrina: esigibilità dell’obbligazione di sécurité ed esecuzione del contratto di
trasporto. La disciplina del trasporto aereo. – 4. L’evoluzione della giurisprudenza francese
in materia di trasporto ferroviario. L’esigibilità dell’obbligazione di sécurité di risultato nel
caso di incidenti occorsi al passeggero nelle fasi di salita o di discesa dal treno. La responsa-
bilità contrattuale del vettore negli accidents de gare. – 5. Segue. La critica della dottrina
francese alla giurisprudenza sugli accidents de gare. Il revirement sancito (nel 1969) nel caso
“Caramello” per l’intero settore del diritto dei trasporti: l’obbligazione di sécurité-résultat è
esigibile dal vettore solo «durante l’esecuzione del contratto di trasporto, cioè a partire dal
momento in cui il viaggiatore inizia a salire sul veicolo e fino al momento in cui egli ha ter-
minato di scenderne». – 6. Le vicende dell’obbligazione determinata di sécurité a seguito del
“caso Caramello”. Le soluzioni proposte dalla giurisprudenza in tema di trasporto terrestre
non ferroviario. Il problema delle eventuali «interruzioni» nell’esecuzione del contratto di
trasporto, che determinano vicende modificative della disciplina del rapporto. Le possibili
soluzioni. – 7. Segue. Il regime di «responsabilità rafforzata» dell’obbligazione di sécurité del
vettore: inversione dell’onere e mutamento dell’oggetto della prova. La cause étrangère.
L’ulteriore aggravamento della responsabilità del vettore per i danni subiti dal passeggero in
«assenza di collisione». – 8. La Cassazione colma la “lacuna” creata dall’affaire Caramello
per gli accidents de gare: il caso Dame Decharme. Nelle fasi che precedono o che seguono
l’esecuzione del rapporto di trasporto, il vettore è debitore non di un’obbligazione di sécuri-
té concepita come un «risultato promesso», ma di un’obbligazione di «prendere le misure
di sicurezza» idonee ad evitare il danno. Il ricorso a presunzioni di responsabilità e al-
l’inversione dell’onere della prova. – 9. Segue. L’estensione della regola posta nel caso Dame
Decharme al soggetto detentore di un biglietto de quai. La critica della soluzione contrat-
tuale: l’ingiustificato sfavore per il creditore danneggiato e la violazione di un dovere gene-
rale di diligenza che è indipendente da un vincolo contrattuale. Gli escamotages delle Corti
che, presumendo la faute, costruiscono «un’obbligazione di mezzi assai vicina ad un’obbli-
446 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

gazione di risultato». – 10. Segue. Le ulteriori critiche della dottrina francese al fraziona-
mento dell’obbligazione di sécurité: la disparità di trattamento tra il passeggero e il “terzo”.
I problemi posti dall’individuazione del grado di diligenza esigibile dal debitore nell’adem-
pimento dell’obbligazione di sécurité-moyens. Il ricorso alla faute virtuale. – 11. Il nuovo re-
virement (del 1989) dei revirements del 1969 e del 1970: il caso Valverde. L’applicazione,
agli accidents de gare, della responsabilità delittuale ex art. 1384, comma 1, code civ., nei ri-
guardi sia del passeggero, sia di qualsiasi “terzo”. Il “riflusso” dell’obbligazione di sécurité
di mezzi e la restaurazione di un regime di responsabilità oggettiva che, prima del “caso Ca-
ramello”, aveva la sua fonte nel contratto. L’equivalenza tra i risultati. – 12. Il raffronto con
il diritto italiano. La responsabilità del vettore per i “sinistri” che colpiscono la persona del
viaggiatore. Il superamento della tesi che richiedeva l’“anormalità” o l’“accidentalità” del
trasporto. L’obbligazione di sicurezza quale obbligazione “di risultato” che identifica ogget-
tivamente l’inadempimento del vettore «nel fatto dell’infortunio di viaggio». La responsabi-
lità del vettore per le cause ignote. L’allineamento al diritto francese. – 13. Rilievi conclusivi.
La contraddittoria evoluzione della giurisprudenza francese all’interno ed all’esterno del
contratto di trasporto. La generalizzazione della regola posta nel caso Valverde: il supera-
mento del “frazionamento” dell’obbligazione di sécurité e della distinzione tra responsabili-
tà contrattuale ed extracontrattuale. Il passeggero risulta tutelato, sia durante il trasporto,
sia nelle fasi anteriori e successive, da una regola “equivalente” di responsabilità oggettiva
che ha fonte ora nel contratto, ora nel torto. Le “nuove frontiere” della responsabilità civile
e le prospettive di una diversa sistematica.

1. Il legislatore del ’42, nel disciplinare il contratto di trasporto di persone,


fa tesoro dell’evoluzione della scienza giuridica franco-italiana che aveva avuto
modo di esprimersi nei primi decenni del ’900, proprio in materia di obbliga-
1
zione di sécurité. Un’autorevole dottrina aveva qualificato come contrattuale
la responsabilità del vettore anche per i danni subiti dai passeggeri durante il
trasporto, ritenendo che questi fosse tenuto per contratto non soltanto all’ob-
bligazione di trasportare, ma anche a tutte le obbligazioni, definite “accesso-
2
rie” e “di protezione” , che rappresentavano lo strumento necessario per il
conseguimento dello scopo economico dell’obbligazione principale. In tal mo-
do, l’incolumità del passeggero trasportato diveniva oggetto di un’obbligazio-
ne determinata o “di risultato”, strutturalmente analoga a quella scoperta dalla
Cassazione francese nel caso leader del 1911. Pur senza aderire esplicitamente
a questa soluzione, il codice del ’42 colma comunque la “lacuna” del Code ci-
vil in materia di trasporto di persone ed inserisce l’obbligazione di sécurité
proprio nel testo dell’art. 1681, comma 1, prevedendo la responsabilità del
1
A. ASQUINI, Il contratto di trasporto terrestre di persone, Padova, 1915, p. 40 ss.; ID., La respon-
sabità del vettore per l’infortunio del viaggiatore, in Riv. dir. comm., 1919, II, p. 350 ss.
2
Così, A. ASQUINI, op. ult. cit., p. 350 s.; ID., Il contratto di trasporto, cit., p. 118. Tale aspetto è
colto anche da V. BUONOCORE, I contratti di trasporto e di viaggio, in Tratt. di dir. comm. diretto da
V. Buonocore, Torino, 2003, p. 89, in nota 25, il quale, però, rileva che «nelle opere più recenti, que-
sto a. non fa alcun riferimento espresso al dovere di protezione come ad un’obbligazione autonoma,
sia pure accessoria del vettore».
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 447

vettore non soltanto «per il ritardo e per l’inadempimento nell’esecuzione del


trasporto» – locuzione, questa, che rinvia alle regole generali in tema di con-
3
tratti , soprattutto con riferimento all’obbligo di prestazione –, ma anche per i
«sinistri che colpiscano la persona del viaggiatore durante il viaggio».
L’esplicita previsione della responsabilità del vettore per i sinistri subiti dal
passeggero durante il trasporto (art. 1681, comma 1) rappresenta la “codifica-
zione” dell’orientamento al quale erano pervenute, sotto l’influenza della
scienza giuridica francese, la dottrina e la giurisprudenza italiane già sotto il
4
vigore del codice di commercio , le quali avevano qualificato la responsabilità
come contrattuale. Ciò ha indotto la dottrina di gran lunga prevalente a riba-
5
dire, a maggior ragione, tale idea anche sotto l’imperio del codice vigente . La
tesi contraria, che ha sostenuto, invece, il carattere extracontrattuale della re-
sponsabilità del vettore è legata, in particolare, ad isolate ed antiche decisioni,
che argomentano tale soluzione sulla base dell’opinabile congettura secondo
la quale l’obbligazione del vettore di trasportare incolume il passeggero a de-
stinazione sarebbe «un obbligo legale non deducibile per sua natura in un
contratto, essendo esso la garanzia di un correlativo diritto soggettivo, di cui
6
lo stesso titolare non può disporre» .
Una sicura differenza con il diritto francese, che risulta ispirato al principio
del non-cumul, riguarda, invece, l’adesione della nostra giurisprudenza alla so-
7
luzione del concorso tra le due specie della responsabilità civile, osservata
pragmaticamente dalle Corti ogni qual volta uno dei due regimi si riveli più
vantaggioso per la vittima. Nella specie, il ricorso alla “concorrente” respon-
sabilità delittuale ha consentito al trasportato (o ai suoi aventi causa) di poter
agire avverso il vettore nel più ampio termine prescrizionale di due anni (pre-
visto dall’art. 2947 c.c.), pur dopo il compimento della prescrizione annuale

3
V. BUONOCORE, op. cit., p. 93.
4
Per i riferimenti alla dottrina italiana si rinvia a M. IANNUZZI, Del trasporto, in Comm. del cod.
civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1970, p. 72 ss.
5
Cfr., tra gli altri, M. DOMINEDÒ, Natura giuridica del contratto di passaggio, in Riv. dir. nav.,
1940, I, pp. 9 ss., 14 ss.; A. DE MARTINI, Responsabilità del vettore di persone per i danni derivati ai
viaggiatori dall’esecuzione del contratto di trasporto, in Giur. compl. Cass. civ., 1944, p. 426 ss.; E.
VALSECCHI, La responsabilità del vettore di persone secondo il nuovo codice civile, in Riv. dir. priv.,
1943, I, p. 69 ss.; A. VENDITTI, Sulla natura dell’obbligo del vettore di trasferire incolume il viaggiato-
re, in Giust. civ., 1959, I, p. 1605 ss.; M. IANNUZZI, Del trasporto, cit., p. 81 s.
6
Trib. Venezia, 30 maggio 1959, in Giust. civ., 1959, I, p. 1605.
7
Tra le tante, Cass., 24 maggio 1993, n. 5831, in Arch. giur. circol., 1993, p. 878; Cass., 29 marzo
1983, n. 2278, in Riv. giur. circol. trasp., 1983, p. 709; Cass., 30 maggio 1980, n. 3565, in Rep. Foro it.,
1980, voce Trasporto, n. 36; Cass., 12 settembre 1968, n. 2925, in Resp. civ. prev., 1969, p. 473; Cass.,
30 luglio 1966, n. 2139, in Giur. it., 1967, I, 1, c. 658; Cass., 27 ottobre 1965, n. 2259, in Rep. Foro it.,
1965, voce Prescrizione in materia civile, nn. 89-91; Cass., 22 ottobre 1958, n. 3415, in Resp. civ. prev.,
1959, p. 50. Per gli ulteriori riferimenti alla giurisprudenza e all’ampio dibattito che ha interessato la
dottrina, si rinvia a M. IANNUZZI, op. cit., p. 85, in nota 5, a G. RUBINO, Massimario sistematico di
giurisprudenza nel contratto di trasporto, Piacenza, 1973, p. 61, ed a V. BUONOCORE, op. cit., p. 119 s.,
note 91 e 92.
448 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

8
prevista dall’art. 2951 per i diritti nascenti dal contratto di trasporto . L’orien-
tamento prevalente è nel senso che si tratti di un concorso elettivo, mentre è
9
del tutto isolata la tesi che postula la possibilità di esperire cumulativamente
le azioni sia contrattuale sia delittuale. Oltre all’indirizzo dominante che af-
ferma il concorso tra le azioni, si è altresì ravvisato un concorso tra le norme
10
applicabili , con la conseguenza che, essendo unica l’azione, il danneggiato
non sarebbe tenuto ad individuare il regime di responsabilità del quale chiede
l’applicazione. Ma la giurisprudenza ha ribadito la distinzione tra le due azio-
ni, pur affermando che rientra nel potere dispositivo della parte non soltanto
11
la scelta tra le due azioni, ma anche il loro esercizio cumulativo . Se la parte,
però, opta per una di esse, non sarebbe consentito al giudice sostituirsi ad essa
nella scelta ed accogliere la domanda per un titolo diverso. L’azione delittuale,
oltre a far beneficiare il danneggiato del più esteso termine prescrizionale, gli
consentirebbe di ottenere il risarcimento integrale di tutti i danni sofferti, pre-
12
vedibili e non . Ma farebbe gravare sulla vittima lo sfavorevole regime proba-
torio di cui all’art. 2043 c.c., avendo la giurisprudenza escluso che il trasporta-
to possa avvalersi, invece, dell’art. 2054 c.c., testo, questo, che riguarderebbe
13
soltanto i terzi «che non traggono beneficio dal trasporto» .
14
La tesi del concorso, contestata in dottrina per il suo carattere “empirico”
15
e per l’assenza di una solida base dogmatica , presuppone che il fatto genera-
tore del danno subito dal trasportato costituisca la violazione di un duplice e
distinto diritto, quello particolare che ha fonte nell’accordo contrattuale, e
quello generale derivante dalla protezione di un bene garantito dall’ordine

8
Così, ad es., Cass., 22 ottobre 1958, n. 3415, in Resp. civ. prev., 1959, p. 551, in tema di traspor-
to ferroviario, la quale afferma che alla prescrizione dell’azione nascente dal contratto per il decorso
del tempo previsto dall’art. 2951 c.c. sopravvive l’azione per responsabilità non contrattuale, soggetta
al più lungo termine di prescrizione previsto dall’art. 2947.
9
Sostenuta, autorevolmente, da G. PACCHIONI, Diritto civile, IV, 2, Padova, 1943, pp. 159 e 164.
10
Ad es., Trib. Milano, 24 febbraio 1972, in Giur. it., 1973, I, 2, c. 298, per il quale il viaggiatore
colpito da sinistro durante il trasporto avrebbe contro il vettore un’unica azione, la quale, però, può
essere regolata da norme diverse, secondo che la parte o il giudice riterranno di applicare la disciplina
del contratto o quella del fatto illecito. Tale orientamento è stato sostenuto da G. CHIOVENDA, Isti-
tuzioni di diritto processuale civile, Napoli, 1935-36, I, p. 325, per il quale, essendo unico il petitum
(risarcimento del danno) ed unica la causa petendi (il fatto produttivo del danno), l’azione sarebbe
unica, mentre il carattere contrattuale o delittuale del danno rappresenterebbe soltanto una qualifica-
zione della causa petendi che non ne altererebbe l’identità.
11
Cass., 3 ottobre 1996, n. 8656, in Rep. Foro it., 1996, voce Trasporto, n. 15.
12
Così, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 122.
13
Per la giurisprudenza, cfr. M. IANNUZZI, op. loc. ult. cit.
14
U. BRECCIA, Le obbligazioni, cit., p. 672, il quale, però, approva, dal punto di vista della politica
del diritto, la tendenza giurisprudenziale favorevole al concorso.
15
S. MAZZAMUTO, Una rilettura del mobbing, cit., p. 669. L’orientamento prevalente della dot-
trina è infatti contrario alla tesi del concorso: cfr. gli autori citt. da L.F. PAOLUCCI, Il trasporto di per-
sone, in M.I. BRUGGI, L.F. PAOLUCCI, Il contratto di trasporto, in Giur. sist. civ. e comm. fondata da
W. Bigiavi, Torino, 1979, p. 127 s.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 449

16
giuridico, al di fuori e indipendentemente dal vincolo pattizio , «essendo l’in-
columità della persona e la salvezza dei propri beni diritti soggettivi che sussi-
stono indipendentemente dal contratto in virtù del precetto generale di diritto
17
oggettivo che impone di non recare danno ad altri» . Di conseguenza, l’assor-
bimento e la consumazione di un’azione nell’altra comporterebbero un’inam-
missibile prevalenza dell’autonomia dei privati sulla disciplina di ordine pub-
18
blico che caratterizza la responsabilità aquiliana .
19
Un’autorevole dottrina ha giudicato, però, tali argomentazioni frutto di
un sofisma, poiché la responsabilità del vettore troverebbe il suo fondamento
non in un patto espresso, tacito o presunto, ma nella legge che, ai sensi del-
l’art. 1374 c.c., integra gli effetti del contratto, tutelando in ambito contrattua-
le quegli stessi interessi del contraente danneggiato che, nei rapporti extracon-
trattuali, sono protetti dalle norme che danno fondamento alla responsabilità
aquiliana. Pur in presenza di un medesimo bene tutelato, e di un’identica fon-
te dell’obbligazione risarcitoria, che è pur sempre la legge, il concorso tra le
due specie della responsabilità civile sarebbe escluso dal rapporto di comple-
mentarità che la disciplina della responsabilità delittuale assume nei riguardi
di quella contrattuale. Le regole sulla responsabilità contrattuale troverebbero
esclusiva applicazione ogni qualvolta il danno sia la conseguenza immediata e
diretta dell’inadempimento di una preesistente obbligazione, che abbia la sua
fonte nel contratto o nella legge. Questo orientamento della dottrina italiana si
allinea, così, al principio del non-cumul osservato dalla scienza giuridica fran-
cese, il quale impedisce alla vittima di potersi avvalere, anche quando ne abbia
interesse, delle regole della responsabilità delittuale, allorché sono presenti «le
20
condizioni che danno alla responsabilità natura contrattuale» .
Anche in Italia, così come in Francia, ci si è chiesti quali siano i momenti
21 22
«iniziale» e «di cessazione» della responsabilità del vettore per i danni su-
biti dal trasportato. Posto che il contratto di trasporto è caratterizzato dal
23
principio di libertà delle forme e che tale contratto si perfeziona, di norma,
con l’accettazione da parte del viaggiatore dell’offerta del vettore, ovvero con
l’accettazione da parte del vettore dell’offerta del viaggiatore, si è rilevato co-
me il momento di formazione del contratto possa non coincidere con quello
16
Testualmente, Cass., 16 aprile 1951, n. 933, in Riv. dir. comm., 1952, II, p. 2.
17
Cass., 16 marzo 1953, n. 633, in Giust. civ., 1953, p. 873.
18
In questi termini spiega l’orientamento della giurisprudenza, M. IANNUZZI, Del trasporto, cit.,
p. 86 s.
19
A. ASQUINI, Massime non consolidate in tema di responsabilità nel trasporto di persone, in Riv.
dir. comm., 1951, II, p. 4 ss.
20
Per tutte, Cass., I Ch. civ., 9 mars 1970, in Rev. trim. dr. civ., 1971, p. 139; conf., tra le tante,
Cass. civ., 11 janvier 1989, in Sem. jur., 1989, II, Jur., 21326.
21
In questi termini, ad es., L.F. PAOLUCCI, op. cit., p. 36.
22
V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 98.
23
Per tutti, A. ASQUINI, voce Trasporto di persone (contratto di), in Noviss. dig. it., XIX, Torino,
1973, p. 615; da ultimo, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 83.
450 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

24
dell’esecuzione dello stesso ed, in particolare, con l’esigibilità dell’obbliga-
zione di condurre il passeggero incolume a destinazione. In presenza di un
contratto formalmente concluso, l’obbligazione di sécurité diviene esigibile dal
momento in cui il contratto inizia ad essere eseguito. In assenza di una conclu-
sione espressa del contratto, la dottrina e la giurisprudenza italiane, conside-
25
rando il biglietto di viaggio un mero documento di legittimazione , ammetto-
no la conclusione del contratto di trasporto – almeno per quanto riguarda i
26
servizi pubblici non ferroviari – per comportamento concludente , mediante
27
l’ingresso del viaggiatore nel mezzo di trasporto .
Per quanto la scienza giuridica francese sembri maggiormente ossequiosa
dei dogmi volontaristici, almeno con riferimento allo schema tipico di forma-
zione del contratto di trasporto, richiedendo, per la sua conclusione, due ma-
nifestazioni di volontà esplicitamente espresse dalle parti, salvo poi a prevede-
re l’eccezione alla regola rappresentata dalla stipulation pour autrui tacite (gio-
cata pur sempre sul piano della dichiarazione di volontà, anche se tacita o im-
plicita), le regole operazionali risultano analoghe. L’esecuzione del contratto
di trasporto, racchiusa nella nozione di “viaggio” (art. 1681, comma 1), quan-
to all’individuazione dei suoi momenti iniziale e finale, per un verso, non coin-
cide necessariamente con la “formazione” del contratto, per altro verso pre-
scinde dalle idee di “movimento” o di dislocazione, comprendendo il traspor-
to sia il periodo nel quale il veicolo si muove, sia le soste effettuate per consen-
tire l’ingresso o l’uscita dei passeggeri, sia la fase che precede l’inizio del mo-
vimento del veicolo, nella quale si svolgono le operazioni preparatorie al tra-
28
sporto . Tale soluzione, suffragata dalla considerazione secondo la quale è l’af-
29
fidamento della persona , e non il movimento del veicolo, a giustificare l’ap-
plicazione della disciplina della responsabilità del vettore di cui all’art. 1681,
comma 1, si allinea perfettamente sia agli orientamenti delle Corti francesi an-
30
teriori e successivi al “caso Caramello” , sia a quella autorevole dottrina che
31
aveva individuato nel “contatto” con il mezzo di trasporto il momento inizia-
le dell’esigibilità dell’obbligazione determinata di sécurité gravante sul vettore.
Alcune differenze sono ravvisabili, invece, ma essenzialmente sotto il profi-
lo declamatorio, con riferimento alla fattispecie di conclusione del contratto e
al problema del trasporto gratuito.
24
V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 99 s.
25
In dottrina, ad es., A. ASQUINI, op. loc. ult. cit. L’orientamento è del tutto prevalente anche in
giurisprudenza: già Cass., 10 agosto 1946, n. 1173, in Foro it., 1947, I, c. 86; Cass., 28 luglio 1954, n.
2763, in Giur. it., 1955, I, 1, c. 509.
26
In questi termini, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 87.
27
Si rinvia, sul punto, alla giurisprudenza citata da L.F. PAOLUCCI, op. ult. cit., p. 129 ss.
28
Testualmente, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 85, ove cita, a suffragio di questa tesi, tre casi
leader della Cassazione.
29
Così, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 87.
30
Cfr. S.N.C.F. v. Caramello, deciso da Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
31
R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 23.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 451

Riguardo al primo tema, la giurisprudenza italiana ha risolto il problema


del passeggero che viaggia in assenza di biglietto, anche se con riferimento al
trasporto auto-filo-tramviario, sulla base di una generalizzazione dello schema
di conclusione del contratto mediante comportamento concludente, che pre-
32
suppone un’accettazione tacita . Poiché le imprese che gestiscono il pubblico
servizio dei trasporti con autobus, filobus e tram porrebbero in essere un’of-
33
ferta generale a contrarre, secondo lo schema dell’offerta al pubblico , con il
solo ingresso nel mezzo di trasporto il viaggiatore, pur sprovvisto di biglietto,
manifesta inequivocabilmente la sua volontà di stipulare il contratto. Secondo
una costante e risalente giurisprudenza, il contratto di trasporto «si perfeziona
nel momento in cui il viaggiatore mette piede sul predellino per accedere
nella vettura, anche se non ha ancora acquistato il biglietto, poiché con tale
comportamento manifesta la sua accettazione alla proposta di contratto che
l’impresa, che gestisce il pubblico servizio di trasporto, rivolge al pubblico,
34
con il mettere a disposizione di chiunque le vetture» . Il rapporto ha inizio,
35
quindi, «nella fase di salita del viaggiatore sulla vettura» . Poiché da tale
momento, anche per il diritto italiano, è esigibile l’obbligazione di trasporta-
re il passeggero incolume a destinazione, la responsabilità del vettore è con-
figurabile anche per quei danni che il passeggero subisce mentre è ancora sul
predellino della vettura, rimessa in moto senza la preventiva chiusura della
36
portiera , non occorrendo, al riguardo, che egli abbia preso posto al suo in-
37
terno .
Tale regola non riguarda, invece, il trasporto ferroviario, in ordine al quale
38
il contratto di trasporto si perfezionerebbe con il solo acquisto del biglietto .
L’estensione della responsabilità del vettore a tutte le operazioni prepara-
torie, accessorie o, comunque, funzionalmente collegate all’esecuzione del tra-
sporto trova fondamento sia in quelle decisioni che affermano la responsabili-
tà del vettore per avere, ad es., il viaggiatore urtato il ginocchio contro lo spi-
39
golo di un gradino, a causa della ressa dei passeggeri , sia, soprattutto, in quella
giurisprudenza che fa gravare sul gestore di una strada ferrata «l’obbligo di
adottare tutte le misure e cautele necessarie per evitare e prevenire sinistri nel-
la esecuzione del trasporto, riferita una tale espressione alla complessa orga-

32
Per questa precisazione, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 99.
33
Sul punto cfr. la giurisprudenza cit. da L.F. PAOLUCCI, op. ult. cit., pp. 129 e 130.
34
Per tutte, Cass., 9 marzo 1967, n. 558, in Giur. it., 1968, I, 1, c. 181.
35
Cass., 9 marzo 1967, n. 558, cit., c. 181.
36
Testualmente, Cass., 24 ottobre 1960, n. 2875, in Resp. civ. prev., 1960, p. 305; Cass., 23 giugno
1958, n. 2212, in Mass. Giust. civ., 1958, p. 789.
37
Cass., 21 luglio 1979, n. 4388, in Rep. Foro it., 1979, voce Trasporto, n. 12.
38
Ad es., Cass., 17 giugno 1964, n. 1542, in Arch. giur. circol., 1965, p. 309, la quale ribadisce che,
mentre nei trasporti ferroviari il contratto di trasporto si perfeziona con l’acquisto del biglietto, nei
trasporti autofilotramviari basta, invece, che il viaggiatore abbia posto il piede sul predellino della
vettura.
39
Cass., 17 giugno 1964, n. 1542, cit., p. 309.
452 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

nizzazione dell’impresa tramviaria e quindi anche ai servizi accessori tra i quali


40
va compresa la disciplina dell’entrata ed uscita dalle stazioni» .

2. A differenza del diritto francese, che, non prevedendo una disciplina in


tema di trasporto gratuito, è stato talvolta costretto a ricorrere al contestato
espediente della stipulation pour autrui tacite, al fine di riconoscere la natura
contrattuale del rapporto e, di conseguenza, l’esigibilità dell’obbligazione di
sécurité, il nostro codice dispone esplicitamente, nel comma 3 dell’art. 1681,
che «Le norme di questo articolo si osservano anche nei contratti di trasporto
gratuito».
41
La giurisprudenza italiana di gran lunga prevalente ha ben presto abban-
donato quei primi orientamenti che avevano modellato il trasporto amiche-
42
vole o di cortesia sulla base di quello gratuito , rinvenendo nei due modelli
un’identità strutturale del rapporto obbligatorio. L’inapplicabilità al trasporto
amichevole del regime di responsabilità contrattuale previsto dall’art. 1681,
comma 3, c.c. è stata motivata sulla base dell’assenza di un interesse giuridi-
camente rilevante del vettore, sia pure mediato e indiretto, ad eseguire la pre-
stazione di trasportare; interesse che, invece, sussisterebbe nel trasporto gra-
43
tuito e che ne giustificherebbe la previsione . Da qui l’elaborazione di una di-
stinzione, essenzialmente dogmatica, tra le due fattispecie, imperniata sull’esi-
stenza (o meno) di tale interesse. Secondo una massima divenuta ormai stan-
dard, il trasporto terrestre di persone a titolo gratuito porrebbe in essere, ana-
logamente a quello oneroso, obbligazioni di carattere contrattuale per en-
trambe le parti, pur in assenza di uno specifico corrispettivo, sulla base di un
interesse giuridicamente rilevante del vettore ad eseguire la prestazione di tra-
44
sportare . Viceversa, il trasporto amichevole o di cortesia si caratterizzerebbe
per l’assenza di un interesse economico, diretto o indiretto, del vettore e per la
40
Cass., 22 marzo 1954, n. 809, in Riv. giur. circol., 1955, p. 1067.
41
Già Cass., 13 ottobre 1951, n. 2635, in Rep. Giur. it., 1951, voce Trasporto (contratto di), c.
2478, n. 28; Cass., 8 ottobre 1959, n. 2717, in Rep. Foro it., 1959, voce Trasporto (contratto di), nn. 4 e
5; Cass., 10 marzo 1965, n. 389, in Giust. civ., 1965, I, p. 903. Per ulteriori, più recenti, indicazioni
giurisprudenziali, si rinvia a V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 67, nota 111.
42
Cfr., ad es., Trib. Bologna, 18 dicembre 1946, in Rep. Giur. it., 1947-1948, voce Trasporto (con-
tratto di), c. 2267, n. 13; App. Genova, 8 febbraio 1951, ivi, 1951, voce cit., c. 2578, n. 36; Cass., 29
marzo 1950, n. 848, ivi, 1950, voce cit., c. 2457, n. 24; Cass., 16 aprile 1951, n. 933, ivi, 1951, voce cit.,
c. 2578, n. 41. In dottrina, tra i tanti, C. DE MARCO, La R.C. nel trasporto di persone e cose, Milano,
1985, p. 109 ss.
43
Cass., 19 novembre 1973, n. 3118, in Rep. Giur. it., 1973, voce Trasporto (contratto di), c. 3481,
n. 13; Cass., 1 agosto 1986, n. 4924, in Rep. Giust. civ., 1986, voce Trasporto, p. 3904, n. 16 ss. In ar-
gomento, A. FLAMINI, Il trasporto amichevole, Napoli, 1977, p. 34 ss., anche in nota 52; C. DE MAR-
CO, L’inquadramento giuridico del trasporto amichevole o di cortesia: un problema ancora aperto, in
Dir. prat. assic., 1984, p. 499; F. PONTONIO, Il danno ai trasportati di mera cortesia in recenti orienta-
menti di giurisprudenza, in Resp. civ. prev., 1983, p. 603 ss.
44
Cass., 8 ottobre 1959, n. 2717, cit., nn. 4 e 5.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 453

presenza di uno spirito di «condiscendenza», di amicizia o di «mera liberali-


tà», che non darebbe vita ad alcun rapporto contrattuale tra persona traspor-
tata e vettore. Non sussistendo in tali ipotesi un vincolo giuridico, tale rappor-
to apparterrebbe alla sfera dei rapporti sociali non giuridicamente tutelati co-
45
me tali .
Tale soluzione trova, ancora una volta, il suo precedente nella meno recen-
te scienza giuridica francese, la quale aveva escluso l’esistenza dell’obbligazio-
ne determinata di sécurité in tema di trasporto amichevole o di cortesia, in quan-
to non aveva inteso considerare legati da alcun contratto di trasporto il pas-
46
seggero e il vettore “compiacente” . Tale orientamento aveva considerato il
vettore “di cortesia” responsabile soltanto in via delittuale ed aveva giudicato
applicabile la regola, sicuramente sfavorevole per il danneggiato, della faute
prouvée sancita dagli artt. 1382 e 1383 code civ.
Affermata la natura extracontrattuale della responsabilità del vettore “a ti-
tolo di cortesia”, anche la dottrina e la giurisprudenza italiane hanno inqua-
47
drato tale fattispecie nell’ambito dell’art. 2043 c.c. , richiedendo al trasporta-
to la difficile prova della colpa del vettore. Non sono mancate, però, ulteriori
soluzioni che, pur nell’ambito della responsabilità delittuale, avevano argo-
mentato l’applicabilità di discipline più vicine alla regola prevista nell’art.
48
1681, comma 1, c.c. Ma le Corti hanno escluso l’utilizzabilità dell’art. 2054 c.c. ,
avendo considerato tale norma preordinata alla tutela (non dei trasportati, ma)
dei terzi estranei all’uso del veicolo. Del pari, non hanno seguito il suggeri-
49
mento di un’autorevole dottrina che, pur contraria a ricorrere all’art. 414 c.
50 51
nav. , agli artt. 1218 e 1176 c.c. , e allo stesso art. 1681, aveva proposto di
applicare al trasporto di cortesia l’art. 2050 c.c., sul fondamento della evidente
pericolosità della circolazione stradale. In tal modo si sarebbe ottenuto il risul-
tato di uniformare la disciplina della responsabilità del vettore, «stante la so-
52
stanziale equivalenza delle norme di cui agli artt. 1681, 2050, 2054 c.c.» , e di
eliminare «l’incolmabile diversità oggi sussistente senza ragione logica o valida
giustificazione, fra i due orientamenti che fanno capo, nello stesso fenomeno del
trasporto, a norme contenenti presunzioni di responsabilità (artt. 1681, 1683

45
Cass., 8 ottobre 1959, n. 2717, cit., nn. 4 e 5.
46
Discorre di «voiturier complaisant» R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 17.
47
Per tutti, M. STOLFI, Appalto-Trasporto, in Tratt. di dir. civ. diretto da Grosso e Santoro Passa-
relli, V, 4, Milano, 1966, p. 122 s.
48
Così, invece, E. VALSECCHI, Responsabilità per trasporto amichevole e onere della prova, in Riv.
dir. comm., 1947, II, p. 344 s.
49
Cfr. M. COMPORTI, Esposizione al pericolo e responsabilità civile, Napoli, 1965, p. 316.
50
In questo senso, invece, A. ASQUINI, Massime non consolidate in tema di responsabilità nel tra-
sporto di persone, in Riv. dir. comm., 1952, II, p. 14 s.
51
In questi termini, invece, A. MONTEL, Ancora in tema di responsabilità per trasporto terrestre a
titolo di cortesia, in Foro pad., 1948, I, c. 203; D.R. PERETTI GRIVA, Trasporto amichevole o di cortesia,
ivi, 1957, I, c. 482.
52
Per l’espressione tra virgolette, cfr. V. BUONOCORE, I contratti, cit., p. 78.
454 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

c.c.; 409, 412, 942 e 951 c. nav.) ed a norme che tali presunzioni non conten-
53
gono (art. 2043 c.c.)» .
La distinzione tra trasporto gratuito e trasporto amichevole o di cortesia,
estremamente chiara sotto il profilo declamatorio e dogmatico, ha lasciato
54
«aperti problemi di non poco momento» : sia in ordine alla qualificazione di
fattispecie concrete assai dubbie, che si ponevano al confine tra le due ipote-
55
si e che hanno indotto a parlare di un «“apprendista stregone” trasformato
56
per l’occasione in “apprendista vettore”» ; sia per la difficoltà di discernere i
casi sulla base di un polisenso “interesse” del vettore che, pur essendo stato
57
inteso quasi sempre in senso economico e patrimoniale (senza considerare
quanto disposto dall’art. 1174 c.c.), ha dato luogo a decisioni opinabili e spes-
58
so contraddittorie ; sia con riferimento alla disparità di trattamento derivante
dalla frantumazione dei diversi criteri di imputazione della responsabilità ap-
plicabili ad un medesimo “fatto” del vettore, per i danni alla persona subiti da
passeggeri tutti trasportati in uno stesso “viaggio”, alcuni a titolo gratuito o
oneroso (e risarciti ai sensi dell’art. 1681), altri a titolo “di cortesia” (che, sem-
mai, non erano stati in grado di assolvere all’onere probatorio di cui all’art.
2043 c.c.); sia in relazione alla responsabilità da inadempimento o da ritardo.
Sulla base della disciplina applicabile al trasporto amichevole sarebbe stato
esente da responsabilità colui che, dopo aver promesso ad un conoscente di
portarlo in un determinato luogo per il disbrigo di un affare di massima ur-
genza e importanza, «si sia poi, capricciosamente, rifiutato di tener fede alla
promessa», pur avendo il conoscente fatto affidamento sulla seria e incondi-
zionata proposta, che lo ha indotto a rinunziare «ad un altro, tempestivo e
59
possibile mezzo di trasporto» .
53
V. BUONOCORE, op. loc. ult. cit.
54
V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 76.
55
Ad es., è stato considerato trasporto di cortesia quello effettuato dal proprietario di un autovei-
colo che aveva soccorso un’autocisterna, bloccata da avverse condizioni meteorologiche, senza corri-
spettivo ma con l’impegno degli autisti di quest’ultima di risarcire gli eventuali danni che avrebbe
subito il mezzo di soccorso (App. Trieste, 6 marzo 1981, in Riv. giur. circol. trasp., 1982, p. 861).
56
Così, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 69, ove dà conto dell’arbitrarietà dei criteri seguiti dalla
giurisprudenza.
57
Se l’esempio più ricorrente è quello del datore di lavoro che si sia impegnato al trasporto dei
propri dipendenti nel luogo dove deve essere eseguita la prestazione lavorativa (per tutte, Cass., 28
aprile 1967, n. 790, in Resp. civ. prev., 1968, p. 56; Cass., 13 novembre 1972, n. 3364, ivi, 1973, p.
288), è rinvenibile qualche ipotesi, qualificata come trasporto gratuito, in cui l’interesse del vettore
assume rilievo anche se ha natura non patrimoniale: tale è l’interesse del vettore a godere della com-
pagnia del trasportato durante il viaggio, sempre che sia possibile accertare che tale dato abbia condi-
zionato positivamente l’assunzione dell’obbligo di trasportare (cfr. Cass., 15 settembre 1981, n. 5098,
in Riv. giur. circol. trasp., 1982, p. 94).
58
Per l’esame della casistica giurisprudenziale si rinvia a V. BUONOCORE, op. ult. cit., pp. 69-71,
anche in nota 115.
59
V. BUONOCORE, op. loc. ult. cit.; e già, D.R. PERETTI GRIVA, Ancora in tema di trasporto di cor-
tesia, in Giur. it., 1964, I, 2, c. 522.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 455

Tuttavia, se è vero che la disciplina della responsabilità delittuale deve ri-


guardare soltanto quegli illeciti causati in assenza d’ogni relazione giuridica-
60
mente rilevante , il trasporto amichevole, sotto il profilo strutturale, potrebbe
essere inquadrato, al pari di quello gratuito, nell’ambito di un unico paradig-
61
ma normativo che caratterizza il trasporto «senza corrispettivo» , per
l’esistenza di due volontà convergenti (quella del vettore e quella del passegge-
ro) che pongono in essere un rapporto giuridico che tende alla realizzazione di
un interesse pur sempre meritevole di tutela (ai sensi dell’art. 1322, comma 2)
62
secondo l’ordinamento giuridico . Come si è rilevato, l’obbligo che il vettore
assume nell’accedere, con propria determinazione di volontà, al trasporto di
cortesia «è correlato all’aspettativa di un “facere” che il vettore stesso crea
63
nell’altra parte» . E la pretesa assenza di un analogo interesse nel vettore
«non può costituire obiezione decisiva ove si consideri che anche in ordine ad
altri rapporti la cui natura contrattuale è incontestata, come ad esempio la do-
nazione, “può mancare nel donante un interesse giuridicamente apprezzabi-
64
le”» , se per tale s’intende un interesse meramente patrimoniale. È, poi, al-
meno dubbio che i rapporti di cortesia non comportino l’insorgere di una re-
65
lazione giuridica tra le parti . Nel momento in cui il vettore accetta la propo-
sta del passeggero di trasportarlo, anche se a titolo “di cortesia”, a destinazio-
ne, si costituisce un rapporto giuridicamente rilevante «che preesiste alla re-
66
sponsabilità e di cui quest’ultima costituisce lo sviluppo patologico» .
Il problema del trasporto stradale “amichevole” ha, oggi, un significato più
storico che pratico, sia in Italia, sia in Francia. La legge 24 dicembre 1969, n.
990, nel prevedere l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile (de-
rivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti) per i trasportati a
qualsiasi titolo, aveva probabilmente già incrinato l’utilità di una distinzione
67
tra il trasporto gratuito e quello di cortesia . La successiva estensione, da par-
te della Corte costituzionale, mediante la dichiarazione d’illegittimità costitu-
68
zionale dell’art. 4, lett. b) legge 24 dicembre 1969, n. 990 , dei benefici deri-
60
C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 70.
61
Cfr., ad es., V. BUONOCORE, op. ult. cit., pp. 65 e 79 s., ove intitola le Sezioni IV e V, rispetti-
vamente, a «Il trasporto senza corrispetivo» ed a «La fattispecie unitaria del trasporto», pur distin-
guendo nettamente, anche sotto il profilo strutturale, il trasporto di persone dal trasporto di cose.
62
D.R. PERETTI GRIVA, op. loc. ult. cit.
63
D.R. PERETTI GRIVA, op. loc. ult. cit.
64
D.R. PERETTI GRIVA, op. loc. ult. cit.
65
Per tutti, Salv. ROMANO, Il trasporto di cortesia, in Riv. dir. civ., 1960, I, p. 488 ss.; più di recen-
te, C. DE MARCO, L’inquadramento, cit., p. 499 s.
66
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
67
Problematicamente, sul punto, V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 78, il quale, tuttavia, cita una
giurisprudenza contraria.
68
Fondata sull’affermazione dell’irragionevolezza di una discriminazione basata sul rischio d’im-
probabili collusioni e sull’esistenza di una pretesa comunione giuridica d’interessi patrimoniali tra i
componenti il gruppo parentale (così, Corte cost., 2 maggio 1991, n. 188, in Giust. civ., 1991, I, p.
1387 s.; in epoca anteriore all’intervento della Consulta, cfr. G. SCALFI, Persone obbligate, persone

16.
456 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

vanti dal contratto di assicurazione obbligatoria al coniuge, agli ascendenti e ai


discendenti legittimi, naturali o adottivi del contraente, nonché agli altri pa-
renti e affini fino al terzo grado conviventi, che ha rappresentato un opportu-
no adeguamento alle richieste del legislatore comunitario (direttiva del 30 di-
cembre 1983, n. 84/5), ha apportato un ulteriore correttivo a quelle controver-
se interpretazioni della disciplina del trasporto amichevole che, con l’applica-
zione dell’infausto regime probatorio previsto dall’art. 2043 c.c., avevano fini-
to con il tutelare oltre modo il vettore (e, soprattutto, il suo assicuratore) piut-
tosto che il trasportato.
Il percorso di unificazione tra trasporto amichevole e trasporto gratuito
trova, infine, una definitiva conferma nel “Codice delle assicurazioni private”
(d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209) il quale, nell’art. 141, senza distinguere sulla
base del titolo del trasporto (se oneroso, gratuito o di cortesia) dispone che,
salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo
trasportato, a qualsiasi titolo, «è risarcito dall’impresa di assicurazione del vei-
colo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo
di legge [...], a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei condu-
centi dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento dell’even-
tuale maggior danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsa-
bile civile, se il veicolo di quest’ultimo è coperto per un massimale superiore a
quello minimo».
In Francia, ancor prima dell’entrata in vigore della Loi Badinter (legge n.
85-677 del 5 luglio 1985), la Cassazione aveva già eliminato l’ingiustificata di-
sparità di trattamento esistente tra i passeggeri trasportati a titolo gratuito o di
cortesia. Se, fino al 1968, la giurisprudenza aveva continuato ad applicare al
trasporto amichevole o di cortesia la disciplina di responsabilità per faute
69
prouvée iscritta nell’art. 1382, motivando “ufficialmente” tale orientamento
sulla base dell’idea dell’accettazione del rischio da parte della vittima, ma non
volendo, nella sostanza, penalizzare eccessivamente l’autore di un gesto bene-
volo e disinteressato; dopo l’entrata in vigore della legge 27 febbraio 1958, che
aveva reso obbligatoria l’assicurazione di responsabilità per i veicoli a motore,
tale indirizzo era stato considerato «del tutto inopportuno», poiché era «a
vantaggio del solo assicuratore e poneva ostacoli al risarcimento di numerose
70
vittime» . Così la Cassazione, avendo preso coscienza di tale incongruenza,
71
con due sentenze rese dalla Chambre mixte il 20 dicembre 1968 aveva ribal-
tato il suo orientamento, ammettendo che sia i passeggeri, sia le vittime par ri-

responsabili e terzi beneficiari nell’assicurazione obbligatoria della r.c. auto, in Resp. civ. prev., 1982, p.
291 ss., e F. PADOVINI, Rapporti di parentela e nozione di terzo nella assicurazione obbligatoria auto,
ivi, 1982, p. 319 ss.).
69
Con la consueta chiarezza, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, III éd., 2006, cit., p. 699.
70
Per le espressioni tra virgolette, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
71
Cass., Ch. mixte, 20 décembre 1968, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 37; adde Cass. civ., 15 no-
vembre 1972, ivi, 1973, Jur., p. 533, con nota di F. CHABAS.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 457

cochet di un incidente intervenuto nel corso di un trasporto di cortesia potes-


sero avvalersi, «come tutte le altre vittime», del regime di responsabilità ogget-
tiva previsto dall’art 1384, comma 1, con un’azione di responsabilità diretta con-
tro il gardien della “cosa”. Tale regola è stata successivamente estesa oltre il set-
tore del trasporto di cortesia. Così, si è riconosciuta la responsabilità del vetto-
re ai sensi dell’art. 1384, comma 1, anche là dove il passeggero viaggiava senza
72
un valido e regolare titolo di trasporto , senza che fosse possibile opporre «una
73
pretesa “accettazione dei rischi”» .
L’applicazione, al trasportato a titolo di cortesia, di una regola di respon-
sabilità oggettiva delittuale (l’art. 1384, comma 1) garantiva, finalmente, una
totale identità di disciplina sia con tutti gli altri soggetti coinvolti in incidenti
stradali (sottoposti, appunto, al medesimo regime di responsabilità), sia con la
regola di responsabilità oggettiva contrattuale gravante sul vettore per l’inadem-
pimento dell’obbligazione determinata di sécurité. In tal modo la giurispru-
denza, confermando ancora una volta quella tendenza alla fungibilità ed all’equi-
valenza delle regole, aveva realizzato l’uniformazione dei regimi di responsabi-
lità civile attraverso l’applicazione di un’unitaria norma di responsabilità og-
gettiva che aveva fonte ora delittuale (art. 1384, comma 1) ora contrattuale,
secondo che vi fosse (o meno) un preesistente contratto di trasporto.
L’ulteriore passo è stato compiuto dalla Loi Badinter, la quale, non limi-
tandosi ad uniformare le regole d’imputazione di responsabilità, ha addirittura
unificato i regimi di responsabilità delittuale e contrattuale in materia, nel di-
sporre che tale disciplina si applica a tutte le vittime della circolazione strada-
le, anche se «trasportate in virtù di un contratto» (art. 1).
Per quanto la legge non abbia innovato la natura dell’obbligazione del vet-
tore, né il carattere contrattuale dell’azione, essa ha realizzato una definitiva
«unificazione dei regimi di responsabilità», nel senso che la disciplina in essa
prevista si applica «senza alcun riguardo per il carattere delittuale o contrat-
tuale della responsabilità, permettendo così un utile superamento della distin-
74
zione tra le due specie di responsabilità» . In tal senso essa rappresenta un
ulteriore, importante esempio di quella “nuova” responsabilità civile che, su-
perando la tradizionale partizione ispirata alla natura del “fatto” cui è collega-
ta l’obbligazione risarcitoria, s’interessa soprattutto di uniformare le “condi-
zioni” e i modelli d’imputazione della responsabilità, a prescindere dalla cir-
costanza che essa trovi la sua fonte in un torto o in una relazione giuridica-
mente rilevante.

72
Cfr. Trib. gr. inst. Paris, 5 mai 1982, in Rev. trim. dr. civ., 1982, p. 604, con il commento di G.
DURRY; Cass., II Civ., 5 octobre 1988, in Bull. civ., II, 1988, n. 189.
73
Così, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
74
Le espressioni tra virgolette sono di G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 1289 s.
458 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

3. Oltre a queste ipotesi di “confine” tra contratto e torto, le vicende del-


l’obbligazione di sécurité hanno assunto risvolti problematici anche nelle stes-
se ipotesi, di gran lunga prevalenti, nelle quali essa ha trovato la sua fonte in-
contestata in uno specifico contratto di trasporto, in presenza di un’obbliga-
zione di trasportare assunta, verso corrispettivo, dal vettore. Poiché l’obbliga-
zione di sécurité è stata qualificata come un’obbligazione accessoria rispetto a
quella di trasportare, essa è assunta dal vettore a seguito e per effetto della con-
clusione del contratto. Ma il momento dell’assunzione dell’obbligazione può
non coincidere con quello della sua esigibilità che, in alcune ipotesi, può risul-
tare sospesa. Come si è rilevato, la dissociazione tra le fasi dell’assunzione del-
l’obbligazione e della sua esigibilità rappresenta «una necessità pratica e una
75
realtà giuridica» . Il contratto di trasporto può essere stipulato molti giorni
prima della sua esecuzione. Anzi, ciò accade frequentemente allorché sia ne-
cessario viaggiare in periodi pre-festivi o di particolare affluenza. Se il traspor-
to dovrà essere eseguito molto tempo dopo, sarebbe «evidentemente irragio-
76
nevole» considerare la Compagnia ferroviaria debitrice di un’obbligazione di
sécurité dal momento in cui il biglietto è stato emesso e un posto riservato.
Pur essendo chiaro che l’obbligazione di sécurité è esigibile non dal mo-
mento in cui essa è assunta dal vettore sulla base della conclusione del contrat-
to, ma dall’istante in cui inizia l’esecuzione del rapporto, la giurisprudenza
francese ha seguito, per lungo tempo, posizioni contrastanti in relazione ai di-
77
versi tipi contrattuali di trasporto. Sotto la spinta delle critiche della dottrina
78
ha dovuto, però, mutare orientamento, producendosi in celebri revirements
che hanno avuto il merito, da un lato, di uniformare la disciplina dell’obbli-
gazione di sécurité all’interno del diritto dei contratti, dall’altro, di evitare che,
in talune ipotesi, l’applicazione della disciplina delittuale sulla responsabilità
79
per la cosa in custodia (art. 1384, comma 1) potesse ingenerare un’ingiusti-
ficata disparità di trattamento, tutelando in maniera più efficace proprio il “ter-
zo”, rispetto al creditore di un’obbligazione di sécurité qualificata “di mezzi” o
di diligenza.
Il settore che maggiormente si è caratterizzato per tali rivolgimenti giuri-
sprudenziali è proprio quello del trasporto ferroviario. In origine, alcune Corti
d’appello avevano deciso che l’obbligazione di sécurité fosse esigibile dal mo-
mento in cui iniziava l’esecuzione del rapporto contrattuale di trasporto, cioè
dall’istante in cui «la Compagnia, facendo chiudere dai suoi preposti le portie-
75
R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 21.
76
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
77
Particolarmente significativo è stato il ruolo svolto da R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, spec. n. 23.
78
Per gli accidents de gare, celebre è il revirement intervenuto con l’affaire Caramello (Cass., I Ch.
civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.).
79
In questi termini, Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 632 ss. La novità
della soluzione giurisprudenziale è posta in evidenza da P. JOURDAIN, La responsabilité de la S.N.C.F.
pour un accident de gare est de nature délictuelle, in Rev. trim. dr. civ., 1989, p. 548 ss.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 459

re del treno, era in grado di soddisfare la sua obbligazione di trasportare il


80
passeggero» . Ma tale orientamento non fu duraturo poiché, già in epoca
coeva a queste prime sentenze, altre Corti d’appello iniziarono a decidere che
le Compagnie ferroviarie alle quali era stata affidata la sicurezza delle stazioni
erano «tenute ad obbligazioni altrettanto rigorose nei riguardi dei viaggiatori
nel corso del loro soggiorno nelle stazioni [di quelle sussistenti] durante la
81
marcia dei treni sui quali essi avevano preso posto» . Questa soluzione si af-
fermò, ben presto, nella giurisprudenza prevalente, la quale sancì che l’ob-
bligazione di sécurité, assunta dal vettore in virtù della stipula del contratto
di trasporto, diveniva esigibile fin dal momento in cui il viaggiatore, «munito
del biglietto, era stato autorizzato ad entrare all’interno della stazione di par-
82
tenza» .
Tale regola, da un lato, permise di considerare protetto dall’obbligazione
determinata di sécurité il passeggero che si era ferito nello scendere dal treno
(scivolando sul marciapiede) prima di iniziare il viaggio, o che era salito anti-
cipatamente sul vagone ferroviario al solo scopo di prendere possesso di un
83
posto a sedere . Dall’altro, fu all’origine della giurisprudenza sugli accidents
de gare, contestata in dottrina anche per la disparità di trattamento alla quale
84
dava luogo in relazione agli ulteriori contratti di trasporto terrestre .
Nei casi di trasporto mediante tram o autobus, infatti, la prevalente giuri-
85
sprudenza considerava esigibile l’obbligazione di sécurité soltanto dal mo-
mento in cui il viaggiatore era stato ammesso dal preposto del vettore a pren-
dere posto sulla vettura, dopo essersi munito del titolo di viaggio. Tale solu-
zione, sicuramente condizionata dall’uso, invalso all’epoca, di corrispondere il
prezzo del biglietto direttamente sulla vettura, e dalla constatazione che sol-
tanto da quel momento il contratto di trasporto era stato concluso, esclude-
va che l’obbligazione di sécurité potesse tutelare il passeggero per gli inci-
denti accaduti nella fase di salita sulla vettura, poiché tale rapporto non avreb-
be potuto gravare il vettore in un momento anteriore rispetto all’esistenza
stessa dell’obbligazione di trasportare, assunta con la stipula del contratto di
trasporto.
Tale regola aveva trovato implicita conferma anche nella giurisprudenza
che, in considerazione della “eccezionalità” della situazione, aveva deciso di
risarcire occasionalmente il danno alla vittima sulla base di un’obbligazione di
sécurité. Ciò era accaduto ad un viaggiatore che era salito sul predellino di un
tram e che si era ferito cadendo sul selciato dopo essere rimasto per un certo

80
Oltre ad App. Bordeaux, 10 janvier 1917, in Rec. Dalloz, 1917, II, p. 31, cfr. l’ulteriore giuri-
sprudenza citata in R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 22, in nota 90.
81
App. Montpellier, 4 décembre 1913, cit. in R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
82
App. Angers, 24 avril 1951, in Rec. Dalloz, 1951, Jur., p. 460.
83
App. Lyon, 12 mars 1921, in Rec. Dalloz, 1921, II, p. 168.
84
Per tutti, R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, spec. nn. 22 e 24.
85
Sulla quale, cfr. R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 24.
460 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

86
tempo in quella «situazione irregolare» , la quale, tra l’altro, era stata notata
anche dagli agenti della Compagnia presenti sul veicolo. Eguale soluzione ave-
va riguardato il passeggero che aveva subito la rottura del pollice nella chiusu-
87
ra della portiera, nel momento in cui stava salendo sull’autoveicolo , e il viag-
giatore che si era ferito nel prendere posto su un autobus che non era «in par-
tenza», ma che si trovava al capolinea, «sotto lo sguardo degli agenti dell’im-
88
presa» .
La regola che escludeva l’esigibilità dell’obbligazione di sécurité nella fase
di salita sull’autobus o sul tram, oltre ad essere in aperta collisione con la solu-
zione assai più garantista adottata per il trasporto ferroviario, non aveva una
sua giustificazione razionale e mal si prestava a disciplinare quelle ipotesi nelle
quali il contratto di trasporto era stato stipulato in un momento anteriore ri-
spetto alla salita del passeggero sul mezzo di trasporto. All’epoca ciò si verifi-
cava per i titolari di un contratto di “abbonamento”, per coloro che erano
ammessi a viaggiare gratuitamente per esigenze di servizio, per i passeggeri
89
che utilizzavano i trasporti pubblici in quelle città (Algeri, ad es.) nelle quali
il prezzo del biglietto era riscosso anteriormente alla salita sul veicolo. Oggi, a
seguito di una pressoché integrale meccanizzazione delle procedure di emis-
sione dei biglietti, il passeggero, quasi sempre, deve essere in possesso del tito-
lo di viaggio già al momento della salita sul mezzo di trasporto, ove dovrà pro-
cedere alla sua obliterazione (autobus, tram, ecc.), allorché tale operazione non
sia stata già compiuta per accedere alla stazione (metro, ad es.) o in occasione
di un precedente tragitto (per i biglietti orari).
90
La proposta, già avanzata negli anni ’50 da un’autorevole dottrina , di
considerare coperta dall’obbligazione di sécurité anche la fase dell’entrata in
un qualsiasi veicolo, a prescindere dall’eventualità che il prezzo del biglietto
fosse stato già corrisposto, trovava fondamento non certo in un atto «materia-
91
le di prensione» del veicolo, richiesto da un malinteso «carattere reale del
92
contratto di trasporto» , mediante il quale il passeggero prenderebbe «posses-
93
so del veicolo al quale ha libero accesso» , bensì nell’esigenza di considerare
94
«le modalità [temporali] di pagamento del prezzo» del tutto irrilevanti ai fini
sia della stipula del contratto di trasporto, sia dell’esigibilità dell’obbligazione
di sécurité. Il salire sulla vettura non poteva essere considerato «un atto sem-
86
Lo rileva R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 22. Per il caso deciso in giurisprudenza, cfr. Req., 7
mai 1935, in Rec. Sirey, 1935, I, p. 206.
87
Cfr. App. Nancy, 1 mars 1950, in Sem. jur., 1950, II, Jur., 5892, con nota di J. HÉMARD.
88
Queste circostanze sono sottolineate da R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 22, nel commentare la
decisione assunta da Cass civ., 20 avril 1942, ivi cit.
89
Lo ricorda R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 24.
90
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
91
Così, invece, R. ROGER, Note, in Rec. Dalloz, 1946, p. 165, col. 2 (il corsivo è aggiunto).
92
Contra, R. ROGER, op. loc. cit. (il corsivo è aggiunto).
93
Questa ricostruzione è condivisa, in giurisprudenza, da App. Nancy, 1 mars 1950, cit., 5892.
94
Così, R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 461

95
plicemente materiale» , poiché «si compie con il consenso del vettore e segna
96
il momento in cui questi assume la sicurezza dei suoi passeggeri» . Rappre-
sentando l’obbligazione di sécurité «una conseguenza necessaria dell’obbliga-
zione di trasportare», essa risultava collegata al «trasferimento ottenuto me-
diante un apparecchio mobile affetto da una certa velocità e, anche se immo-
bile, congegnato in maniera da raggiungere nel tempo promesso il punto di
97 98
destinazione» . Era soltanto il «contatto» con questo congegno a rilevare ai
fini dell’assunzione, da parte del vettore, dell’obbligazione di sécurité, mentre
«nessuna considerazione» doveva essere accordata «alla sistemazione nei locali
99
destinati all’attesa del pubblico» , al fatto che il viaggiatore fosse all’interno o
100
all’esterno della stazione , alla circostanza che si trattasse di una stazione fer-
roviaria o di autobus.
Secondo questa opinione, che precorre (e modifica) la successiva evoluzio-
ne della giurisprudenza francese in materia, in qualsiasi ipotesi di trasporto
l’obbligazione di sécurité era esigibile «dall’istante in cui il viaggiatore prende
contatto con una parte qualsiasi del mezzo che deve condurlo a destinazio-
101
ne» . Questa nuova idea, da un lato, aveva il merito di rappresentare una so-
luzione equilibrata rispetto a quelle che proponevano ora di “anticipare” l’ob-
bligazione di sécurité al momento dell’ingresso nella stazione di partenza, ora
di “posticipare” la sua esigibilità al momento della percezione del prezzo del
biglietto sul veicolo. Dall’altro, aveva l’ulteriore pregio di uniformare la disci-
plina di tale rapporto in tutti i contratti di trasporto terrestre, eliminando in-
comprensibili diversità di disciplina per il trasporto ferroviario e per quello
effettuato mediante autobus, pullman o tram.
L’unica ipotesi che sembrava richiedere una differente soluzione era quella
del trasporto aereo, in virtù delle particolari modalità che caratterizzano il tra-
sferimento dei passeggeri all’interno degli aeroporti. Questi, allorché non si
avvicinano liberamente e individualmente all’apparecchio nel quale devono
prendere posto, «sono accompagnati fino all’entrata della passerella che con-
duce alla porta della carlinga e l’itinerario, più o meno lungo, che essi effet-
tuano nell’aria dell’aerodromo è guidato da un preposto della compagnia di
102
trasporto aereo» . In questi casi, l’obbligazione di sécurité doveva iniziare a
gravare sul vettore non dal momento in cui i passeggeri entrano nell’aerosta-
zione, e neppure da quello (immediatamente successivo) in cui «sono pregati
di attendere nelle dipendenze più o meno spaziose dell’aeroporto, perché essi

95
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
96
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
97
Testualmente, R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
98
Lo sottolinea R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
99
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
100
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
101
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
102
R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 25.
462 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

103
godono ancora della loro libertà di movimento» , bensì dall’istante in cui i
104
viaggiatori penetrano nella zona nella quale sono guidati verso l’apparecchio .
A differenza di quanto avviene negli altri casi, e soprattutto per gli accidents de
gare, nel trasporto aereo l’obbligazione di sécurité sarebbe esigibile dal pas-
seggero anche per gli incidenti di aérogare che si sono verificati fin dal mo-
mento in cui la sua libertà di movimento è stata limitata, al fine di dover assi-
curare la sicurezza collettiva.

4. Le regole relative all’esigibilità dell’obbligazione di sécurité trovano una


progressiva ricezione anche nel trasporto per ferrovia che, in origine, si era ca-
ratterizzato, dapprima, per l’elaborazione di una pluralità di soluzioni diver-
genti e, poi, per la creazione di regole eccessivamente rigorose che si poneva-
no in contrasto con quelle adottate negli altri settori del trasporto terrestre.
105
Fino al revirement del 1969 , nell’ambito del trasporto ferroviario l’obbli-
gazione di sécurité è esigibile dal viaggiatore fin dal momento in cui, munito di
un valido biglietto di viaggio, penetra nell’area (riservata ai passeggeri) della
106
stazione di partenza , e perdura fin quando egli non sia uscito dal recinto
interno della stazione di arrivo. Ciò significa che il vettore è contrattualmen-
te responsabile, ai sensi di un’obbligazione di sécurité di risultato, oltre che
per gli incidenti verificatisi dal momento della salita a quello della discesa
dal treno, anche per quelli occorsi al passeggero durante la sua permanenza
nelle stazioni di partenza e di arrivo, indipendentemente dal trasporto ferro-
viario.
Riguardo alla prima categoria d’incidenti, e cioè quelli patiti dal passeggero
dalla fase della salita a quella della discesa dalla carrozza ferroviaria, la dottri-
na francese aveva assunto una posizione favorevole all’orientamento delle Cor-
ti. Per giurisprudenza costante, la Cassazione, nel confermare la sentenza dei
giudici d’appello di Nancy, aveva deciso che la Société Nationale des Chemins
de Fer Français (S.N.C.F.) doveva essere condannata a risarcire i danni subiti
da un passeggero che, mentre si apprestava a scendere da un treno nella sta-
zione di Sedan, a seguito dell’inopinato spostamento del convoglio, era stato
trascinato sul marciapiede e ferito da alcuni pali che erano stati posti ai lati
107
della strada ferrata . Inoltre, poiché il viaggiatore non era stato in grado di
provare il contratto di trasporto con l’esibizione del biglietto di viaggio, la Su-
prema corte aveva deciso che il fatto di «non essere stato oggetto di alcun
108
processo verbale di contravvenzione, da parte degli agenti ferroviari» , atte-
103
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
104
Così, R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
105
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 ss. (sulla quale v., infra, il § 6).
106
Per tutti, R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 23.
107
Cass., I Ch. civ., 15 mars 1965, in Rec. Dalloz, 1965, Jur., p. 448.
108
Cass., I Ch. civ., 15 mars 1965, cit., p. 448.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 463

109
stante con certezza che egli «non era munito di alcun titolo di trasporto» , era
una circostanza idonea a consentire alla corte del merito di «dedurre che egli
110
aveva viaggiato regolarmente e che era legato contrattualmente alla S.N.C.F.» .
La Cassazione, in questo caso, aveva ribadito il suo orientamento del tutto
prevalente, secondo il quale il viaggiatore doveva «semplicemente stabilire che
l’incidente si era prodotto nel corso del trasporto, senza dover provare né la
111
causa dell’accidente né il suo rapporto con il trasporto» .
Una differente posizione viene assunta, invece, dalla Corte di appello di
112
Parigi la quale, nel giudicare su un incidente occorso ad una passeggera che
era caduta all’interno di un vagone ferroviario, dichiara la responsabilità della
S.N.C.F. poiché lo sgabello utilizzato per salire sulla cuccetta non era stato fis-
sato e, dunque, si era richiuso bruscamente al momento in cui il treno era par-
tito dalla stazione. L’accertamento della responsabilità è interamente fondato
sulla faute della S.N.C.F., la quale «non avrebbe dovuto far utilizzare ai viag-
giatori un materiale la cui stabilità non era stata assicurata in ogni circostanza,
senza almeno avere fornito le istruzioni che avrebbero loro permesso di verifi-
113
care la chiusura dello sgabello» .
114
Un’autorevole dottrina si dichiara stupita «da questa ricerca della faute» ,
in presenza di un’obbligazione di sécurité di risultato che gravava sul vettore. I
giudici avevano tentato di trasformare l’obbligazione determinata in un’obbli-
gazione di diligenza, in considerazione del fatto che, al momento dell’inci-
dente, la viaggiatrice aveva posto in essere un atto «del quale aveva l’iniziati-
115 116
va» . Ma tale regola è stata considerata «eretica» . In primo luogo, perché,
in materia di contratto di trasporto, «non è possibile distinguere tra i momenti
117
nei quali il passeggero dispone di una certa libertà e gli altri» . In ogni ipote-
si, «dall’istante in cui il passeggero sale in vettura e fino al momento in cui ne
118
scende, l’obbligazione del vettore è di risultato» . Diversamente, «al fine di

109
Cass., I Ch. civ., 15 mars 1965, cit., p. 448.
110
Cass., I Ch. civ., 15 mars 1965, cit., p. 448.
111
In questi termini, la Note di richiami pubblicata, a margine della decisione, in Rec. Dalloz,
1965, Jur., p. 448. Secondo l’annotatore, un’ipotesi nella quale il viaggiatore non era, invece, protetto
dall’obbligazione di sécurité era «en particulier lorsqu’il est descendu du train en cours de route met-
tant ainsi fin au contrat et est ensuite revenu à la gare où en l’absence de tout préposé à la délivrance
des billets il a pénétré sur le quai et a été trouvé blessé plusieurs heures plus tard» (in argomento v.,
altresì, Cass., I Ch. civ., 29 juin 1960, in Bull. civ., 1960, I, n. 354, p. 291). Per quanto riguarda la re-
sponsabilità della S.N.C.F., per faute della vittima, in un caso nel quale questa non era munita di bi-
glietto, cfr. Cass., I Ch. civ., 10 juin 1963, in Rec. Dalloz, 1964, Somm., p. 9.
112
App. Paris., 20 mai 1974, in Sem. jur., 1975, 18073, con nota di R. KŒRING-JOULIN.
113
Lo riferisce G. DURRY, L’initiative dont dispose parfois le voyageur durant le transport fait-elle
disparaître l’obligation de résultat pesant sur le transporteur?, in Rev. trim. dr. civ., 1975, p. 724 s.
114
G. DURRY, op. ult. cit., p. 725.
115
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
116
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
117
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
118
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
464 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

conoscere la natura dell’obbligazione del vettore, si rischierebbe di dover con-


durre una ricerca perpetua sulla maggiore o sulla minore iniziativa del viaggia-
tore; pressoché totale quando egli circola nei corridoi durante una fermata,
119
essa sarebbe al contrario molto minore allorché il treno riparte, ecc. ecc.» .
La struttura (e la disciplina) dell’obbligazione del vettore si trasformereb-
be(ro) in continuazione. Tale ricerca, inoltre, finirebbe con il «togliere ogni
interesse alla costruzione giurisprudenziale dell’obbligazione di sécurité di ri-
120
sultato dovuta dal vettore, i cui vantaggi sono la chiarezza e la semplicità» .
In secondo luogo, «e su di un piano più generale, l’attività del creditore non
sembra essere un criterio indiscutibile di distinzione tra le obbligazioni di
121
mezzi e quelle di risultato» . Basti «pensare, per convincersene, ai casi del
maneggio o dell’auto-scontro, ai gestori dei quali la Cassazione persiste nel-
122
l’imputare un’obbligazione di risultato» . Vi è forse «un esempio più chiaro
123
di una situazione nella quale il creditore assume un ruolo attivo?» .
La regola proposta dalla Corte d’appello di Parigi, così vivacemente conte-
124
stata, viene superata da una successiva sentenza della Cassazione che riaf-
125
ferma la posizione tradizionale legata all’obbligazione di risultato del vetto-
re, chiudendo ogni possibile varco all’espansione dell’obbligazione di diligen-
za, anche là dove il trasportato abbia svolto un ruolo attivo al momento del
verificarsi dell’incidente. Una signora, nello scendere dal treno alla stazione di
Merpuis, era scivolata su un marciapiede che la pioggia aveva reso umido, «ed
126
era caduta all’indietro» . Avverso la sentenza della Corte d’appello di Poi-
tiers, che aveva dichiarato il vettore ferroviario interamente responsabile del
danno, la S.N.C.F. rileva che, «allorché il viaggiatore, come nella specie, gioca
un ruolo attivo e deve, di conseguenza, vegliare sulla propria sicurezza, l’ob-
127
bligazione del vettore non sarebbe che un’obbligazione di mezzi» . Ciò
avrebbe dovuto indurre i giudici ad invertire l’onere della prova «che gravava
128
sul viaggiatore, il quale avrebbe dovuto provare una faute della S.N.C.F.» .
La Cassazione, però, respinge il ricorso, dichiarando che «il vettore è tenuto,
per quanto riguarda la sicurezza del viaggiatore, ad un’obbligazione di risulta-
to che inizia [ad essere esigibile] nel momento in cui questi sale sul veicolo e
129
che si conclude allorché finisce di scenderne» , senza che sia necessario «ef-
119
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
120
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
121
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
122
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
123
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
124
Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, in Sem. jur., 1976, II, Jur., 18477, annotata da R. RODIÈRE.
125
Lo rileva, commentando la decisione, G. DURRY, L’obligation de résultat du transporteur et son
exonération par la cause étrangère, in Rev. trim. dr. civ., 1977, p. 138.
126
Cfr. Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, cit., 18477.
127
Lo riferisce Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, cit., 18477.
128
Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, cit., 18477.
129
Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, cit., 18477.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 465

fettuare alcuna distinzione in ragione del ruolo più o meno attivo che incombe
130
sul passeggero» . Poiché l’incidente si era verificato «mentre la Signora Ri-
131
deau scendeva dal vagone» , e cioè in costanza di un “contatto” tra il pas-
seggero ed il veicolo, la Corte d’appello aveva «esattamente deciso, senza in-
vertire l’onere della prova, che la S.N.C.F. era interamente responsabile, poi-
ché essa non aveva dimostrato l’esistenza di una faute della vittima o di una
132
causa di forza maggiore» .
133
La soluzione è considerata del tutto apprezzabile ed è perfettamente in
linea con la regola che impone “sempre” al vettore un’obbligazione di sécurité
di risultato, sia durante l’esecuzione del rapporto di trasporto caratterizzato
dal movimento, dal trasferimento nello spazio di una persona da un luogo ad
un altro, sia durante le fasi della salita o della discesa, dell’entrata e dell’uscita
dal veicolo, per tutti «gli incidenti sopravvenuti dall’istante in cui il viaggiatore
ha preso contatto con il vagone e fino al momento in cui lo ha completamente
134
abbandonato» , senza che «alcuna distinzione debba essere fatta secondo il
135
ruolo più o meno attivo» della vittima. Questo parametro sarebbe privo di
136
«ogni fondamento teorico» e, quanto meno nel contratto di trasporto, non
potrebbe mai essere considerato «il criterio della distinzione tra le obbligazio-
137
ni di mezzi e quelle di risultato» .
Con riferimento alla seconda classe d’incidenti, definiti come accidents de
gare, perché intervenuti durante la permanenza del passeggero nell’area pro-
tetta della stazione di partenza o di quella d’arrivo, il pur consolidato orienta-
138
mento della Cassazione non aveva avuto un eguale conforto in dottrina . La
maggior parte dei casi decisi aveva riguardato incidenti subiti dai passeggeri
che erano caduti mentre scendevano le scale della stazione o che erano scivo-
lati su pavimenti più o meno sdrucciolevoli. Nel 1961, nell’arrêt «detto de “la
139
gare Saint-Lazare”» , la Cassazione estende ulteriormente l’esigibilità del-
140
l’obbligazione di sécurité di risultato anche al di fuori del perimetro “chiuso
al pubblico” della stazione, decidendo un caso nel quale una passeggera (tale
demoiselle Lambert) si era fratturata una caviglia nello scendere la scala che
130
Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, cit., 18477.
131
Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, cit., 18477.
132
Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, cit., 18477.
133
Così, sia R. RODIÈRE, Observations a Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, in Sem. jur., 1976, II, Jur.,
18477, sia G. DURRY, op. ult. cit., p. 138 s.
134
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
135
G. DURRY, op. ult. cit., p. 138.
136
Così G. DURRY, op. ult. cit., p. 139.
137
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
138
Cfr., soprattutto, R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 23.
139
Tale appellativo è riferito da G. C.-M., Note a Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz,
1969, Jur., p. 641.
140
Quest’ultima qualificazione non è espressamente contemplata nella decisione (così come inve-
ce accadrà nella maggior parte delle sentenze che hanno ad oggetto contratti “analoghi” a quello di
trasporto), ma emerge incontestabilmente dal significato complessivo dell’arrêt.
466 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

141
conduceva dalla hall all’esterno . Nonostante ella avesse già restituito il suo
142
titolo di viaggio , poiché, al momento dell’incidente, si trovava «al di fuori
del recinto non aperto al pubblico, in una scala accessibile da ogni persona,
143
senza che un’autorizzazione o un titolo di trasporto fossero necessari» , la
S.N.C.F. era stata considerata comunque responsabile in virtù dell’obbligazio-
ne di sécurité-résultat posta a carico del vettore, in quanto «l’incidente oggetto
144
del litigio si era prodotto prima della cessazione del contratto di trasporto» .
La viaggiatrice, «come conseguenza del contratto di trasporto, doveva neces-
sariamente attraversare [le dipendenze della stazione] al fine di guadagnare
145
l’uscita» . Sulla base di questa considerazione di tipo funzionale «l’obbliga-
zione di sicurezza posta a carico del vettore non poteva essere considerata
146
estinta» .
Questo orientamento, ancor prima di essere esteso da questa decisione alle
zone “aperte al pubblico” della stazione, era stato criticato, da lungo tempo,
147
per la «confusione» ingenerata tra «una misura di controllo istituita dal vet-
tore [...] nelle stazioni chiuse e il punto di partenza di una situazione contrat-
148
tuale» . Si era rilevato che «la parte interna di una stazione non si distingue
149
giuridicamente da quella che è posta al di là della porta d’accesso» . Gli uti-
lizzatori non sono «più o meno liberi nell’una o nell’altra parte, nelle sale
150
d’attesa o in quella dei passi perduti» . Se i pericoli dell’attività ferroviaria
«si accentuano all’interno della stazione, ciò significa che le misure di sicurez-
za devono essere rafforzate, ma il pericolo non è maggiore nella sala d’attesa
151
che dà sui binari piuttosto che nelle sale situate all’esterno» . Non si com-
prendeva perché il viaggiatore dovesse essere protetto in maniera maggiore
152
«nella buvette della stazione piuttosto che al “Café de la Gare”» . Per di più,
«le misure di sicurezza che i capitolati e i regolamenti imponevano alle impre-
se ferroviarie erano state emanate nell’interesse pubblico, dei viaggiatori e dei
non viaggiatori, e nessuna conclusione poteva essere tratta dalla situazione
153
giuridica particolare dei passeggeri» .

141
Cfr. Cass., I Ch. civ., 17 mai 1961, in Rec. Dalloz, 1961, Jur., p. 532 s.
142
Cass., I Ch. civ., 17 mai 1961, cit., p. 533.
143
Lo afferma Cass., I Ch. civ., 17 mai 1961, cit., p. 533.
144
Cass., I Ch. civ., 17 mai 1961, cit., p. 532.
145
Cass., I Ch. civ., 17 mai 1961, cit., p. 533.
146
Cass., I Ch. civ., 17 mai 1961, cit., p. 533.
147
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
148
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
149
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
150
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
151
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
152
Così R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit. Infatti, l’esigibilità di un’obbligazione di sécurité-résultat è
negata ai clienti di un caffè (Req., 13 novembre 1945, in Sem. jur., 1946, II, 3040, annotata da R. RO-
DIÈRE).
153
R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 23.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 467

154
«Infondata in diritto» , questa giurisprudenza è giudicata «insufficiente e
155
imprecisa nelle sue applicazioni pratiche» . La regola poteva riguardare il
viaggiatore che, munito di un biglietto già convalidato, «usciva dalla stazione
156
per acquistare un giornale o delle sigarette» , gli abbonati, «che non avevano
157
nulla da farsi punzonare» , le stazioni “aperte al pubblico”, che già all’epoca
158
esistevano in «numerose linee secondarie» .
Quindi, l’obbligazione di sécurité sarebbe stata esigibile soltanto «dal mo-
159
mento in cui il viaggiatore sale sul treno che deve condurlo a destinazione» .
Più precisamente, dall’istante «nel quale egli prende contatto con il macchina-
rio, sia che metta il piede sul predellino, sia che ponga la mano sulla maniglia
160
della portiera o sul corrimano di sostegno predisposto a tale scopo» .

5. La tesi sostenuta con tanta veemenza e perseveranza da René Rodière


trova la sua consacrazione giurisprudenziale nel 1969, allorché la Cassazione
161
decide di procedere a un fondamentale revirement che, immediatamente,
assurge a regola generale per ogni specie e tipo di trasporto terrestre.
Negli anni che precedono il revirement del 1969, la dottrina aveva conti-
nuato a contestare l’unanime orientamento della giurisprudenza di merito e di
legittimità, affermando di «non comprendere perché gli accidents de gare, che
non erano per nulla collegati ai pericoli dell’attività ferroviaria, dovessero essere
162
trattati come incidenti di trasporto» ; e perché, viceversa, dovessero essere
163
disciplinati diversamente dagli incidenti stradali . In questi ultimi, era «il con-
tatto materiale del viaggiatore con il mezzo di trasporto ad essere considerato
164
come l’unico punto di partenza dell’obbligazione di risultato del vettore» .
Anche Paul Esmein aveva ribadito l’irrazionalità di una giurisprudenza che
continuava «a decidere che la responsabilità dovesse essere accertata in ma-
niera differente secondo che la caduta riguardasse la scalinata di una stazione
165
piuttosto che quella di un hotel, di un cinema o di un grande magazzino» .
154
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
155
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
156
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
157
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
158
Lo riferisce R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
159
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
160
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
161
È il caso deciso nella controversia S.N.C.F. v. Caramello da Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in
Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
162
In questi termini, ancora R. RODIÈRE, Note a Cass., 17 mai 1961, in Sem. jur., 1961, II, Jur.,
12217 bis.
163
R. RODIÈRE, Note a Cass., 17 mai 1961, cit., 12217 bis.
164
G. C.-M., Note a Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 641. In giurisprudenza cfr., infatti, oltre
a Req., 7 mai 1935, in Dalloz Hebd., 1935, p. 348, Cass., I Ch. civ., 22 février 1955, in Rec. Dalloz,
1955, p. 306.
165
P. ESMEIN, Note a Cass., I Ch. civ., 12 février 1964, in Rec. Dalloz, 1964, Jur., p. 359.
468 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Pur avendo considerato la regola giurisprudenziale che poneva a carico del


vettore un’obbligazione determinata di sécurité come una soluzione «molto
utile per i viaggiatori, specialmente nei casi di deragliamento o di collisione tra
treni, perché il passeggero non è in grado [...] di poter accertare le cause
166
dell’incidente» , anch’egli aveva criticato la sua indiscriminata estensione al
«contratto di trasporto per intero, alla sua integralità nel tempo e nello spa-
167
zio» . In particolare, aveva rilevato, con ironia, come una generale speranza
si fosse ormai dischiusa per i «viaggiatori deboli nelle gambe o soggetti a ver-
tigini: la speranza di beneficiare della presunzione qualora essi fossero scivola-
ti nei corridoi, nei passaggi o per le scale, non soltanto all’arrivo, ma anche alla
168
partenza» .
Nel caso di danni psicofisici provocati da cadute in alberghi, ristoranti, ci-
169 170 171
nema , stabilimenti termali , bagni turchi , ecc., la giurisprudenza, fino ad
allora, aveva escluso di poter dichiarare la responsabilità del gestore in assenza
dell’accertamento di difetti nell’installazione o nel funzionamento degli im-
172
pianti o degli stabilimenti. Quando «tutto era in ordine» , il giudice presu-
meva la faute della vittima. «Salvo circostanze particolari», il gestore di uno
stabilimento di bagni turchi non assumeva nei confronti dell’utente «un’obbli-
gazione di sécurité che andasse fino alla garanzia dell’immunità fisica, tale che
questi potesse impunemente essere dispensato dal vegliare sulla propria sicu-
173
rezza» . La disciplina degli accidents de gare, invece, si distingueva per una
soluzione estremamente più rigorosa, fondata sull’obbligazione di sécurité di
risultato, la quale era stata ideata dalle Corti per il contratto di trasporto di
174
persone in virtù del «movimento» che caratterizza l’esecuzione del rapporto
e «del fatto che è il vettore a governare il movimento e il materiale impiega-
175
to» . Elementi, questi, che evidentemente difettavano nella caduta di cui era
vittima il passeggero che era scivolato sul marciapiede di una stazione o nel
salire le scale di un sottopassaggio. L’identità tra le cadute avvenute in una
176
stazione ferroviaria o in ogni altro luogo era così «evidente» da avere spinto
a chiedersi «come mai si fosse giunti a trattare in maniera differente casi così
177
simili» . La soluzione appariva del tutto irragionevole anche nel caso di una
scivolata accaduta ad un passeggero (titolare di un abbonamento o già in pos-
166
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
167
G. C.-M., op. loc. cit.
168
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
169
Cass. civ., 17 mars 1947, in Rec. Dalloz, 1947, Jur., p. 269.
170
Cass., II Ch. civ., 9 janvier 1959, in Rec. Dalloz, 1959, Somm., p. 66, e in Gaz. Pal., 1959, I, p. 292.
171
Cass., I Ch. civ., 17 juillet 1961, in Rec. Dalloz, 1961, p. 647.
172
Sul punto, P. ESMEIN, Transporteurs, veillez sur nous, in Rec. Dalloz, 1962, Chron., p. 2.
173
Cass., I Ch. civ., 17 juillet 1961, cit., p. 647.
174
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
175
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
176
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
177
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 469

sesso del biglietto) nel perimetro interno o, invece, nello spazio esterno della
stazione. In presenza di un’identica caduta patita dallo stesso passeggero nella
medesima stazione, nel primo caso la giurisprudenza applicava il regime di re-
sponsabilità contrattuale derivante dall’inadempimento dell’obbligazione di
sécurité di risultato; nel secondo, le regole della responsabilità delittuale fon-
date sulla faute prouvée.
Secondo questa dottrina, dunque, era «impossibile ideare un regime razio-
nale, facendo scaturire la responsabilità del vettore dal contratto, così come la
178
giurisprudenza ricostruiva» tale fenomeno. Inoltre era «ingiustificabile trat-
tare il vettore, nel caso di caduta del viaggiatore in una sala d’attesa o sul mar-
179
ciapiede, diversamente dal gestore di un albergo» . Una siffatta disparità di
trattamento non era comprensibile: anche perché, in entrambe le ipotesi, l’in-
cidente si era verificato «in un luogo del quale il [debitore] aveva il gover-
180
no» . Nulla poteva impedire, invece, alla giurisprudenza di decidere che l’ob-
bligazione determinata di sécurité trovasse applicazione allorché l’incidente si
181
era verificato nel corso del trasporto . D’altronde, «la formula delle senten-
ze» faceva riferimento al fatto che «il vettore si obbligava a condurre il viag-
182
giatore sano e salvo a destinazione» . Ma era possibile arrivare a destinazione
183
soltanto se «la partenza aveva avuto luogo» . La formula della giurispruden-
184
za «implicava il movimento, come l’elemento stesso del trasporto» . In essa
«si trovava un’applicazione dell’idea secondo la quale era il movimento a giu-
185
stificare un regime speciale di responsabilità» .
Pur senza individuare nel “movimento” il fondamento della responsabili-
tà del vettore, con il rischio di escludere l’obbligazione di sécurité di risultato
– oltre che per gli accidents de gare – pure per le fasi di entrata e di uscita da
un veicolo non “in movimento”, anche André Tunc aveva avuto modo di ri-
186
levare la «discriminazione» tra le diverse soluzioni giuridiche applicabili
187
«al viaggiatore che scivola sul pavimento di una stazione (ferroviaria)» e,
viceversa, a colui il quale cade sul suolo di uno stabilimento balneare o ter-
male, sul bordo di una piscina, in una pista per pattinaggio, ecc. L’esimio
autore aveva messo in guardia la scienza giuridica francese dalle «regole ri-
188 189
strette» e dalle «formule troppo rigide» , auspicando soluzioni «inter-
178
P. ESMEIN, op. ult. cit., p. 4.
179
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
180
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
181
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
182
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
183
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
184
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
185
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
186
Così G. C.-M., op. loc. ult. cit.
187
A. TUNC, in Rev. trim. dr. civ., 1961, p. 670.
188
A. TUNC, op. loc. ult. cit.
189
A. TUNC, op. loc. ult. cit.
470 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

190
medie» . In tal senso aveva proposto di limitare l’obbligazione di risultato
del vettore, in quanto «conseguenza necessaria dell’obbligazione di trasporta-
191 192
re» , al «trasporto nel senso usuale del termine» . L’obbligazione di sécuri-
té-résultat avrebbe dovuto essere esigibile soltanto «tra il momento in cui il
viaggiatore sale sul treno che deve condurlo a destinazione e quello in cui vi
193
discende» , mentre le fasi «anteriori e successive al viaggio, allorché il viag-
194
giatore è nella stazione ma non sul treno» , avrebbero dovuto essere discipli-
195
nate da «una semplice obbligazione generale di prudenza e di diligenza» .
A seguito di queste pressanti critiche della dottrina, la Cassazione inizia a
196
prendere «coscienza degli abusi ai quali poteva condurre la [sua] posizione»
197 198
in un arrêt del 1964 , con il quale cerca di «attenuarne gli inconvenienti» .
Al fine di approvare la decisione della Corte d’appello che aveva esonerato la
R.A.T.P. da ogni responsabilità per un incidente accaduto ad una viaggiatrice
sulla scalinata di una stazione del metro che immetteva sui binari, la Suprema
199
corte «è costretta a ricorrere» a una generica nozione di «esecuzione» del
contratto di trasporto. Poiché la vittima, al momento della caduta, non aveva
ancora punzonato il suo biglietto, i giudici di merito, a buon diritto, avevano
potuto decidere che «l’esecuzione del contratto di trasporto, la sola a poter
200
riguardare l’applicazione dell’art. 1147 c.c., non era già iniziata» .
Tuttavia, oltre a confondere l’esecuzione del contratto con «la detenzione
201
(dal suo rilascio alla restituzione) del titolo di trasporto dell’utilizzatore» ,
questa decisione era stata del tutto reticente nel «distinguere, ai fini dell’appli-
cazione dell’obbligazione di risultato, nell’esecuzione del contratto di traspor-
to, ciò che costituiva il trasporto propriamente detto da tutto ciò che lo prece-
202
deva o lo seguiva» . La Cassazione aveva mancato di precisare proprio «ciò
203
che bisognava intendere come esecuzione del contratto di trasporto» .
Questa lacuna verrà colmata nella decisione assunta dalla Suprema Corte il
204
1° luglio del 1969 . A differenza dei giudici di merito, i quali, seguendo l’orien-
tamento ancora dominante, avevano affermato che «l’esecuzione del contratto

190
A. TUNC, op. loc. ult. cit.
191
R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 24.
192
P. ESMEIN, op. loc. ult. cit.
193
A. TUNC, op. loc. ult. cit., il cui pensiero verrà ripreso dalla Cassazione nel “caso Caramello”.
194
A. TUNC, op. loc. ult. cit.
195
A. TUNC, op. loc. ult. cit.
196
Così G. C.-M., op. loc. ult. cit.
197
Cass., I Ch. civ., 12 février 1964, in Rec. Dalloz, 1964, Jur., p. 358.
198
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
199
Lo rileva G. C.-M., op. loc. ult. cit.
200
Cass., I Ch. civ., 12 février 1964, cit., p. 358.
201
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
202
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
203
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
204
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 471

205
di trasporto era già iniziata» , poiché la caduta del Sig. Caramello «si era ve-
206
rificata nella scalinata del passaggio sotterraneo che dava accesso ai binari» ,
la Cassazione decide, per la prima volta in tema di trasporto ferroviario, che
«l’obbligazione di condurre il viaggiatore sano e salvo a destinazione» (ex art.
1147 code civ.) «esiste a carico del vettore solo durante l’esecuzione del con-
tratto di trasporto, cioè a partire dal momento in cui il viaggiatore inizia a mon-
207
tare sul veicolo e fino al momento in cui egli ha terminato di scenderne» .
208
La «preoccupazione di precisione» che la Suprema corte manifesta nel
dettare questa definizione è dovuta all’esigenza di «determinare i limiti del-
209
l’obbligazione di risultato» . L’aver rifiutato d’individuare la soluzione del
210
problema nel «contatto» con il mezzo di trasporto «tendeva ad evitare d’in-
globare entro questi limiti altri casi di “contatto” con il veicolo, che non avreb-
211
bero giustificato l’operatività di un’obbligazione di risultato» .
La decisione resa sul “caso Caramello”, che a torto una parte della dottrina
212
dell’epoca considerò non come «un revirement véritable» , ma come una
213
semplice «evoluzione» dell’orientamento della Cassazione e un mero «colpo
214
di freno» , assurge ad autentico leading case che informerà l’intera giurispru-
denza successiva. La nuova regola posta dalla Suprema corte verrà considerata
215
«una soluzione che soddisfa, con il diritto, la logica e l’equità» . In tal modo
il trasporto ferroviario riprenderà quella posizione di centralità che aveva ac-
216
quisito fin dalle decisioni della Cassazione del 1913 , «la quale aveva svolto,
217
in questo campo, opera creatrice» e continuerà ad essere, ancora per molti
lustri, il modello ordinante l’intero settore del diritto dei trasporti.

218
6. Il principale merito del “caso Caramello” è quello di aver identificato
con sufficiente precisione le vicende dell’obbligazione determinata di sécurité,
individuando i momenti iniziale e finale entro i quali tale obbligazione grava
sul debitore dell’obbligazione di trasportare. Poiché l’esigibilità dell’obbliga-
zione di sécurité-résultat viene fatta coincidere con la sola esecuzione del rap-

205
La circostanza è riferita da Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 641.
206
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 641.
207
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640.
208
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
209
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
210
Così, invece, R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 23.
211
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
212
Contra, infatti, G. C.-M., op. loc. ult. cit.
213
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
214
G. C.-M., op. loc. ult. cit.
215
G. C.-M., Note, cit., p. 642.
216
Cass., I Ch. civ., 27 janvier 1913 e 21 avril 1913, in Rec. Dalloz, 1913, I, pp. 253 ss., 256 s.
217
Lo sottolinea G. C.-M., op. cit., p. 641.
218
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s. (sulla quale, retro, il § prec.).
472 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

porto di trasporto, che inizia nell’istante in cui il passeggero comincia a salire


sul veicolo e termina allorché egli ha finito di scenderne, la Cassazione, da un
lato, ripristina un’uniformità di disciplina all’interno del diritto dei trasporti,
escludendo che gli accidents de gare possano essere considerati “esecuzione”
del rapporto di trasporto, dall’altro, cerca di superare quella disparità di trat-
tamento che aveva caratterizzato l’incidente di stazione accaduto al viaggiatore
(munito di un valido biglietto) rispetto a quello subito dal terzo. Pur in pre-
senza di un medesimo evento dannoso che aveva coinvolto entrambi, mentre il
primo poteva giovarsi della disciplina contrattuale dell’obbligazione di sécuri-
té-résultat, il secondo era gravato dall’onere di provare la faute della Compa-
219
gnia ferroviaria, sulla base della regola di responsabilità delittuale iscritta
nell’art. 1382 code civ.
Tuttavia, nel decidere questo caso, la Cassazione si limita ad escludere, per
il viaggiatore che subisce un accident de gare, l’applicazione dell’obbligazione
di sécurité-résultat, mentre non precisa null’altro sulla disciplina applicabile.
220
L’eventualità di considerare esigibile un’obbligazione di sécurité di mezzi o,
221
viceversa, di applicare le regole della responsabilità delittuale (ma quali?:
l’art. 1382 o l’art. 1384, comma 1, code civ.) susciteranno un vivace dibattito
che troverà soluzione nella celebre sentenza assunta nel 1989 dalla Prima se-
222
zione civile della Cassazione , sotto la presidenza di M. Ponsard.
Prima di affrontare tale questione, però, occorre verificare quale sia stato
l’impatto della regola posta nel “caso Caramello” sulle vicende dell’obbliga-
zione di sécurité-résultat, soprattutto con riferimento ai contratti di trasporto
terrestre non ferroviario. Essa continua ad essere esigibile dal trasportato, ol-
tre che durante le fasi di movimento del veicolo, anche per le operazioni di sa-
lita e di discesa, di entrata e di uscita dal mezzo.
Tale soluzione era già stata indicata con chiarezza dalla giurisprudenza an-
teriore, la quale, nel caso di una donna che si era ferita gravemente nello scen-
dere da un autobus, cadendo sulla carreggiata, aveva condannato al risarci-
mento dei danni la Compagnia che, in presenza di un contratto di trasporto a
223
titolo oneroso , aveva assunto l’obbligazione di far pervenire detta signora
224
sana e salva a destinazione . L’impresa di trasporti, viceversa, «non aveva
adempiuto tale obbligazione, poiché la vittima era caduta nel momento in cui
225
stava lasciando l’autobus» . Viene rigettata l’argomentazione, sostenuta dal

219
Cfr. R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 28 s.
220
In questi termini si pronunzierà l’orientamento immediatamente successivo della Cassazione
(Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, in Rec. Dalloz, 1970, Jur., p. 767 s.), sul quale v., infra, il § 8.
221
Su queste posizioni era già R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, nn. 28 e 29, molto prima che
la Cassazione si pronunziasse sul «caso Caramello».
222
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 632 s.
223
Cass., I Ch. civ., 19 janvier 1965, in Rec. Dalloz, 1965, Jur., p. 258.
224
Così, Cass., I Ch. civ., 19 janvier 1965, cit., p. 258.
225
Cass., I Ch. civ., 19 janvier 1965, cit., p. 258.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 473

convenuto, secondo la quale il contratto di trasporto era già stato integralmen-


226
te eseguito allorché la caduta si era verificata . Poiché, al momento dell’inci-
dente, risultava esigibile un’obbligazione di sécurité-résultat, la vittima, a ra-
227
gione, si era limitata a «dimostrare l’esistenza del contratto di trasporto» , men-
tre «incombeva sul vettore l’onere di provare, per liberarsi dalla responsabilità
contrattuale, che il contratto avait pris fin quando l’incidente si era prodot-
228
to» . In presenza di questa disciplina, gravava sul vettore l’onere di dimostra-
229
re il fatto che aveva prodotto l’estinzione dell’obbligazione .
230
Una soluzione analoga è assunta, dalla giurisprudenza di merito , anche
per una donna che era stata ferita dopo essere scesa dall’autobus, mentre ave-
va ancora la mano appoggiata al corrimano, e che era caduta proprio a seguito
della partenza del veicolo. In questo caso il perdurare del “contatto” della
passeggera con il mezzo, tra l’altro rilevante ai fini della causa dell’incidente,
aveva consentito di estendere la disciplina dell’obbligazione di sécurité-résultat
anche ad un momento successivo al completamento della discesa dal veicolo.
Il “caso Caramello”, nella consueta sintesi che caratterizza le sentenze della
Cassazione d’oltralpe, individua precisamente le vicende dell’obbligazione di
sécurité-résultat. A differenza dell’orientamento precedente, che considerava
estinta tale obbligazione con la «restituzione al vettore del biglietto che gli era
231
stato consegnato alla partenza» , o al momento del passaggio del viaggiatore
232
dal «portillon libératoire» , la decisione individua tale vicenda nel momento
in cui, completata la fase di discesa o di uscita dal veicolo, viene meno, defini-
233
tivamente, «qualsiasi contatto» tra questo e il passeggero.
Pur non avendo affrontato esplicitamente il problema, la sentenza permet-
234
te di desumere un’ulteriore regola per le eventuali «interruzioni» dell’obbli-
gazione di sécurité, che possono determinare vicende modificative della disci-
plina del rapporto. La questione si pone, ad esempio, per il passeggero che,
per giungere a destinazione, è costretto a cambiare treno (senza uscire dalla sta-
zione), autobus o tram, avendo stipulato un unico contratto di trasporto. An-
teriormente al “caso Caramello”, la giurisprudenza aveva previsto soluzioni
diversificate, poiché aveva riconosciuto l’esigibilità di un’obbligazione di sécu-
rité-résultat soltanto nelle ipotesi di accidents de gare, mentre tale disciplina
226
Cass., I Ch. civ., 19 janvier 1965, cit., p. 258.
227
Cass., I Ch. civ., 19 janvier 1965, cit., p. 258.
228
Cass., I Ch. civ., 19 janvier 1965, cit., p. 258.
229
Cass., I Ch. civ., 19 janvier 1965, cit., p. 258.
230
App. Paris, 24 juin 1959, in Rec. Dalloz, 1959, Jur., p. 551. Sul punto, P. ESMEIN, Transpor-
teurs, cit., p. 1.
231
L’espressione tra virgolette è di R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 26. In giurisprudenza, ad es.,
Cass. civ., 17 octobre 1945, in Sem. jur., 1946, II, Jur., 2945.
232
Cass. civ., 17 octobre 1945, cit., 2945.
233
Ancor prima di Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640 s., tale aspetto era stato posto in evi-
denza da R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 26.
234
Così le chiama R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 27.
474 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

non era stata considerata applicabile qualora il passeggero fosse sceso da un


tram o da un autobus, per poi continuare l’itinerario su un altro veicolo, pur
utilizzando il medesimo biglietto. Successivamente alla sentenza del 1969 que-
sta disparità di trattamento viene meno, nel senso che anche gli accidents de
gare vengono ad allinearsi alla disciplina già prevista per le altre ipotesi. Se è
vero che l’obbligazione determinata di sécurité grava sul vettore «a partire dal
momento in cui il viaggiatore inizia a montare sul veicolo e fino al momento in
235
cui egli ha terminato di scenderne» , essa non risulta esigibile nelle “soste”
temporanee del viaggio, allorché il passeggero che è già sceso da un primo vei-
colo non è ancora salito sull’altro che gli consentirà di giungere a destinazione.
Pur in presenza di un unico contratto, l’«esecuzione» del rapporto di traspor-
to è temporaneamente sospesa, con conseguente inesigibilità dell’obbligazione
di sécurité-résultat.
Questa soluzione, soltanto sfiorata nel “caso Caramello”, sarà esplicitamen-
236
te affermata dalla giurisprudenza successiva . Nel caso di un incidente acca-
duto ad un passeggero di un autocarro che è investito da un’auto mentre at-
traversava la strada dopo essere sceso dal veicolo e prima di esservi risalito per
continuare il viaggio, la Suprema Corte, nel ribadire che «l’obbligazione di
condurre il viaggiatore sano e salvo a destinazione [...] esiste a carico del vet-
237
tore soltanto durante l’esecuzione del contratto di trasporto» , cassa la deci-
sione della Corte d’appello che aveva giudicato responsabili il conducente e il
proprietario del veicolo in virtù della «obbligazione di risultato che incombe
238
sul vettore» . L’incidente era «sopravvenuto allorché il viaggiatore era sceso
239
dal veicolo per un motivo estraneo al trasporto» .
Questa decisione viene considerata una conseguenza «logica della soluzio-
ne di principio ammessa dalla Cassazione in ordine alla durata della situazione
240
contrattuale coperta dal contratto di trasporto di persone» . Poiché l’obbli-
gazione di sécurité-résultat «dovuta dal vettore è legata alla presenza fisica del
passeggero nel veicolo o al contatto fisico che egli ha con questo, v’è estinzio-
ne dell’obbligazione quando, pervenuto a destinazione, ne è uscito, così come
v’è interruzione quando, in corso di tragitto, egli ne discende per rimontarvi
241
dopo» .
Da rilevare, però, che nel caso deciso il passeggero era sceso dall’autocarro
«su domanda del conducente, per portare un pacco in un caffè (pratica cor-
242
rente nei trasporti stradali “alla buona”)» . Comunque, pur prescindendo
235
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640.
236
Cass., I Ch. civ., 15 juillet 1975, in Sem. jur., 1976, II, Jur., 18418.
237
Cass., I Ch. civ., 15 juillet 1975, cit., 18418.
238
Cass., I Ch. civ., 15 juillet 1975, cit., 18418.
239
Cass., I Ch. civ., 15 juillet 1975, cit., 18418.
240
R. RODIÈRE, Observations a Cass., I Ch. civ., 15 juillet 1975, in Sem. jur., 1976, II, Jur., 18418.
241
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
242
Lo riferisce R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 475

dalla valutazione di merito, che la Cassazione avrebbe potuto evitare elimi-


243
nando una «inutile e oscura proposizione incidentale» , la regola giuridica che
viene posta da questa decisione è la seguente: «nel corso delle interruzioni “per
motivi estranei al trasporto”, l’obbligazione di sécurité è sospesa dall’istante in
cui il passeggero è sceso (ha terminato la sua discesa) al momento in cui è risa-
244
lito (o ha iniziato a risalire)» .
Piuttosto che ipotizzare la costituzione e l’estinzione dell’obbligazione di
sécurité-résultat ogni qual volta il passeggero, nell’ambito di un unico contrat-
to di trasporto, ha terminato di uscire e non ha ancora iniziato ad entrare nel
veicolo che dovrà portarlo a destinazione, sembra preferibile ravvisare, all’in-
terno di un unico rapporto obbligatorio che trova la sua fonte nel medesimo
contratto di trasporto, vicende modificative della disciplina del rapporto (coin-
cidenti con le situazioni nelle quali il passeggero, pur nell’esecuzione di un
medesimo rapporto di trasporto, non si trovi temporaneamente in “contatto”
con il veicolo), che si caratterizzano, da un lato, per l’inesigibilità dell’obbliga-
zione di sécurité-résultat, dall’altro, per l’applicazione di una disciplina diver-
sa. In ordine a quest’ultimo problema, due sono le possibili soluzioni: l’opera-
tività di una responsabilità comunque contrattuale, conseguente all’inadempi-
mento del vettore a un’obbligazione (pur denominata di sécurité) di diligenza
o di mezzi; o, viceversa, l’applicabilità di una disciplina di tipo delittuale, fon-
data, o no, sulla colpa. Tali problemi saranno affrontati, di seguito, soltanto
dopo aver dato conto della significativa evoluzione giurisprudenziale che, ne-
gli anni a venire, caratterizzerà l’esperienza francese.

7. La soluzione della questione relativa all’esigibilità di un’obbligazione di


sécurité-résultat o, viceversa, di un’obbligazione di sécurité-moyens, non è in-
differente per il trasportato e per il vettore poiché, com’è noto, soltanto nel
245
primo caso il «debitore di sécurité sopporta una responsabilità rafforzata» .
Come unanimemente afferma la giurisprudenza, poiché «il vettore assume,
in virtù del contratto di trasporto, l’obbligazione di condurre il passeggero sa-
246
no e salvo a destinazione» , qualora si verifichi un incidente «nel corso del
247
trasporto» egli «può esonerarsi dalla responsabilità solo provando l’esisten-

243
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
244
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
245
In questi termini, C. ATIAS-LETRÉMY, Note a App. Paris, 17 décembre 1974, in Rec. Dalloz,
1975, Jur., p. 523.
246
Tale regola, già enunciata con chiarezza fin dai primi leading cases (Cass., 21 novembre 1911,
in Rec. Dalloz, 1913, I, p. 253; Cass., 27 janvier 1913, ivi, 1913, I, p. 255), rappresenta il fondamento
primario di ogni decisione in materia. Ad es., nella giurisprudenza di merito, App. Paris, 17 décem-
bre 1974, ivi, 1975, Jur., p. 521, e App. Paris, 21 juin 1972, ivi, 1973, Jur., p. 40, delle quali è l’espres-
sione citata nel testo tra virgolette.
247
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
476 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

248
za di una causa étrangère che non sia a lui imputabile» , anche se il suo vei-
249
colo «soddisfa le condizioni di sicurezza previste dalla legge» . Il vettore
250
«non è liberato dalla prova di non aver commesso alcuna faute» , ma deve
dimostrare «il fatto preciso di forza maggiore o di caso fortuito, estraneo ad
ogni sua faute, che ha reso impossibile l’adempimento della sua obbligazio-
251
ne» .
In presenza di una disciplina già di per sé rigorosa, che considera insuffi-
ciente la prova della diligenza da parte del vettore e, più in generale, qualsiasi
connotazione soggettiva inerente all’esecuzione della prestazione di trasporta-
re, limitando l’esonero dalla responsabilità alla prova di specifiche circostanze,
“estranee” alla sfera d’azione del debitore, la giurisprudenza francese ha ulte-
riormente aggravato tale regime, soprattutto nel trasporto stradale, escluden-
do che taluni eventi, pur “esterni” rispetto alla condotta del vettore, potessero
assumere quelle caratteristiche di esteriorità, imprevedibilità e di irresistibilità
che sono proprie del caso fortuito.
L’evoluzione giurisprudenziale in materia di “collisioni evitate”, ad esem-
pio, «si è caratterizzata per un accrescimento della severità nei confronti del
252
vettore» . Per giurisprudenza costante, fino al 1966, la manovra del terzo che
aveva intralciato improvvisamente il tragitto del veicolo di trasporto era stata
quasi sempre considerata una causa étrangère idonea ad esonerare il vettore
253
dalla responsabilità . A causa del suo carattere imprevisto e improvviso, la
manovra perturbatrice del conducente non identificato che aveva causato la
brusca frenata dell’autobus (la quale, a sua volta, aveva arrecato un danno al
passeggero che era caduto) doveva assumere quelle caratteristiche di «esterio-
rità incontestata, irresistibilità, imprevedibilità, ovvero tutte le condizioni di
254
esistenza della cause étrangère» . Ancora nel 1972, la Corte d’appello di Pari-
gi aveva affermato che «l’anormalità della manovra di un terzo, consistente nel
fatto che egli ha bruscamente tagliato la strada all’autobus in violazione delle
prescrizioni del codice della strada e della più elementare prudenza, determi-
255
na l’esonero da ogni responsabilità» per il vettore poiché, «innanzi all’osta-
colo imprevisto che gli si presentava e tenuto conto dei minimi margini di
tempo e di spazio dei quali disponeva, il conducente, la cui condotta era parti-
colarmente regolare, ha effettuato l’unica manovra di salvataggio possibile,
248
Così, App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521, e App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
249
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521.
250
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
251
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
252
C. ATIAS-LETRÉMY, op. cit., p. 523.
253
Cfr., ad es., Req., 30 septembre 1940, in Rec. Dalloz, 1940, Jur., p. 165; Cass., I Ch. civ., 30 no-
vembre 1960, ivi, 1961, Jur., p. 121; App. Paris, 31 janvier 1962, in Gaz. Pal., 1962, II, p. 233; App.
Paris, 22 janvier 1963, in Rec. Dalloz, 1963, Jur., p. 257; App. Paris, 19 octobre 1964, in Sem. jur.,
1965, II, Jur., 14220; App. Paris, 24 novembre 1965, in Rec. Dalloz, 1966, Jur., p. 235.
254
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. cit.
255
App. Paris, 4 juillet 1972, in Rec. Dalloz, 1973, Jur., p. 40.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 477

una brusca frenata che ha evitato un incidente più grave, senza aumentare il
256
rischio per i passeggeri del suo veicolo» .
257
Tale orientamento, però, si rivelava «pregiudizievole» per il trasportato e
le Corti, profittando «abbondantemente della relatività delle caratteristiche
258
della cause étrangère» , iniziarono ad ammettere sempre «meno facilmente la
259
liberazione del vettore» . Così, «il sopraggiungere dalla sinistra di una vettu-
260
ra privata che non aveva rispettato la precedenza» non è più considerato
cause étrangère che esonera il conducente il quale, «obbligato a frenare bru-
261
scamente per evitare la collisione» , provoca la caduta di un passeggero, che
s’infortuna. Poiché «i molteplici incidenti della circolazione nell’agglomerato
di Parigi obbligano a frequenti rallentamenti o a frenate più o meno istanta-
262
nee» , è compito dei vettori, «tenuti a un’obbligazione di sécurité, assumere
le misure necessarie a che i loro veicoli siano condotti e attrezzati in maniera
tale che gli utilizzatori non siano esposti a cadere e ad essere feriti in caso di
263
frenate improvvise» . Qualsiasi manovra di un veicolo non identificato «non
può essere considerata come imprevedibile o come irresistibile nelle strade di
264
Parigi alle nove e un quarto del mattino» . Pertanto, il vettore che «non si
esonera dalla presunzione di responsabilità che grava su di lui, deve essere di-
chiarato responsabile del danno, in quanto l’incidente è legato alla condotta
del veicolo e alle condizioni secondo le quali il trasporto era stato organizza-
265
to» . Nella specie, egli non aveva apportato la prova «che la caduta del pas-
seggero, a seguito di una brusca frenata, era stata per lui inevitabile e impre-
266 267 268
vedibile» . In assenza di collisione , la «causa diretta della caduta» era
costituita dal «colpo di freni dato dal conducente, il quale non rappresenta
269
una cause étrangère idonea ad esonerare» il vettore dalla responsabilità nei
confronti del trasportato.
L’aggravamento della responsabilità del vettore era già stato sancito da al-
cune decisioni della Cassazione, nelle quali si era richiesto al conducente «uno
270
sforzo particolare di previsione» . E ciò, sia perché, nella specie, egli aveva

256
App. Paris, 4 juillet 1972, cit., p. 40.
257
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
258
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
259
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
260
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
261
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
262
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
263
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
264
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521.
265
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
266
App. Paris, 21 juin 1972, cit., p. 40.
267
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521 s.
268
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521.
269
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 522.
270
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
478 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

271
incrociato un ciclista di soli quindici anni , sia perché era giunto in prossimi-
272
tà di un incrocio, ove «avrebbe dovuto prevedere» il rischio di essere osta-
colato e ove, quindi, avrebbe dovuto fermarsi. Così, sempre in tema di “colli-
sioni evitate”, la Suprema corte ha affermato che la brusca frenata di un con-
ducente di un filobus, dovuta all’esigenza di evitare uno scontro con due au-
tovetture che erano entrate in collisione, non poteva assumere un’efficacia di
esonero per il vettore, poiché ciò costituiva «un incidente normale della circo-
273
lazione» , che non integrava la cause étrangère «normalmente imprevedibile e
274
irresistibile» . L’aggiunta «dell’avverbio “normalmente” agli aggettivi quali-
275
ficativi tradizionali introduce una valutazione più severa per il vettore» .
Questa regola troverà applicazione in quella giurisprudenza che, nel dichiara-
re responsabile l’autore di una manovra destinata ad evitare una collisione, af-
fermerà che l’incidente che aveva reso necessaria tale manovra «poteva essere
276
ragionevolmente previsto da un diligente conducente di trasporti pubblici» .
Questo orientamento, nel professare una nozione assai rigida di forza mag-
giore, resa ancor più rigorosa dall’ampio criterio della ragionevole prevedibili-
tà, tende ad escludere «implicitamente che, in assenza di collisione, la mano-
277
vra perturbatrice del terzo possa essere liberatoria» per il vettore . Secondo i
278
principi, il debitore di sécurité deve «tentare di provare che il danno subito
279
dalla vittima deriva esclusivamente da una cause étrangère» . Viceversa, l’in-
dirizzo delle Corti volto a restringere, in fatto e in diritto, la nozione di forza
maggiore «toglie al convenuto, in assenza di collisione, la possibilità d’invoca-
280 281
re i mezzi di esonero previsti dall’art. 1147 c.c.» . Ma era «dubbio» che ciò
282
avvenisse «conformemente alle regole applicabili alle liti» .
Secondo un’autorevole dottrina, questa soluzione era da considerare «inso-
283 284
stenibile» , in riferimento ai canoni classici , poiché, «dal momento in cui si
ammette l’esonero del vettore in virtù della cause étrangère, questa può sussi-
285
stere, che vi sia o no collisione» . Il problema consisterebbe nel verificare se,
in concreto, l’intervento del terzo sia stato effettivamente imprevedibile ed ir-
271
Cfr. Cass., I Ch. civ., 16 juin 1965, in Sem. jur., 1966, II, 14649.
272
Cass., I Ch. civ., 8 janvier 1964, in Rec. Dalloz, 1964, Somm., p. 61.
273
Cass., I Ch. civ., 10 novembre 1965, in Rec. Dalloz, 1966, Jur., p. 235.
274
Cass., I Ch. civ., 10 novembre 1965, cit., p. 235.
275
Così C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
276
Cass., I Ch. civ., 18 novembre 1970, in Bull. civ., I, n. 308, p. 254.
277
C. ATIAS-LETRÉMY, Note a App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 524.
278
La definizione è di C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
279
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
280
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
281
Lo afferma C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
282
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
283
G. DURRY, L’obligation de résultat, cit., p. 139.
284
Così G. DURRY, L’exonération du transporteur par le fait d’un tiers, in Rev. trim. dr. civ., 1975,
p. 726.
285
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 479

resistibile. Al contrario, escludere automaticamente la cause étrangère per l’as-


senza di una collisione significherebbe indurre il vettore «a dolersi che i suoi
286
preposti siano riusciti a evitare l’incidente» , poiché «soltanto allora egli po-
287
trebbe utilmente invocare la cause étrangère» .
288
Piuttosto che insistere su queste «deplorevoli» decisioni «di puro fatto
289
sulla cause étrangère» , la giurisprudenza avrebbe potuto pervenire al mede-
simo risultato di tutelare in via rafforzata il trasportato ponendo la regola se-
290
condo la quale «gli incidenti di guida non possono mai esonerare il vettore» .
Tale soluzione troverebbe fondamento nella constatazione che «tali incidenti
non hanno mai nulla di imprevedibile, nella circolazione urbana in particola-
291
re» . È sufficiente guidare «in una grande città per rendersi conto che le ma-
292
novre più audaci ed irregolari sono del tutto usuali» . Di conseguenza, sa-
rebbe possibile «andare più lontano anche dal punto di vista teorico e porre la
regola secondo la quale gli incidenti di guida non assolvono alla condizione di
esteriorità, richiesta in particolare al vettore, per la quale si abbia forza mag-
293
giore» . Ciò significherebbe trasporre in materia contrattuale «la tesi soste-
nuta da Starck per gli incidenti della circolazione riconducibili alla responsa-
294
bilità delittuale» . Sarebbe «seducente questa unificazione della disciplina del-
la responsabilità delittuale del custode di un veicolo e della responsabilità con-
295
trattuale del vettore» . Ma le Corti unificano tali problemi «in tutt’altra ma-
niera: permettendo all’uno e all’altro di esonerarsi mediante la prova della cau-
296
se étrangère, anche se si tratta di un incidente della circolazione» . L’esonero
mediante la prova della cause étrangère permane ammissibile allorché, nel cor-
so del trasporto, «interviene un incidente che è senza rapporto con la guida
297
stessa» . In tal senso, può effettivamente costituire un caso di forza maggiore
l’atteggiamento di alcuni giovani sovraeccitati che, in una vettura del metro,
298
picchiano a caso i viaggiatori . Ma queste ipotesi sono «del tutto ecceziona-
299
li» rispetto all’orientamento in tema di collisioni “evitate” che, diversamen-
300
te, sancirebbe la sostanziale «irresponsabilità del vettore» , se si escludesse
che il passeggero possa rivalersi «contro il suo vettore, che non l’ha condotto
286
G. DURRY, L’obligation de résultat, cit., p. 139.
287
G. DURRY, L’exonération, cit., p. 726.
288
G. DURRY, L’obligation de résultat, cit., p. 139.
289
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
290
G. DURRY, L’exonération, cit., p. 726.
291
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
292
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
293
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
294
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
295
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
296
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
297
G. DURRY, L’exonération, cit., p. 727.
298
Cfr. Cass., I Ch. civ., 3 juillet 1974, in Sem. jur., 1975, II, Jur., 17919.
299
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
300
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
480 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

301
sano e salvo a destinazione a causa di un incidente di guida» .
La giurisprudenza, attenta più alle finalità di giustizia della regola che alla
sua ricostruzione teorica, avrebbe giustificato la responsabilità del vettore me-
302
diante una «originale analisi» della causalità, la quale si è rivelata una «bel-
303 304
la» quanto immotivata «rivincita della teoria della causa prossima» , che ha
305 306
stupito per la «ingenuità della sua messa in opera» . Nel decidere sulla ma-
novra di emergenza consistita in una «brusca frenata effettuata per evitare un
307
veicolo che aveva girato a sinistra» , la Corte d’appello di Parigi ha stabilito
che, «nella specie, la causa diretta della caduta della signora [...], in assenza di
collisione, è costituita dal colpo di freno dato dal conducente dell’autobus, il
308
quale non rappresenta la cause étrangère idonea a determinare l’esonero»
del vettore dalla responsabilità. Con questa ricostruzione, che ha inteso limita-
re, in assenza di collisione, la causa del danno subito dal passeggero alla causa
prossima consistente nella manovra d’emergenza (colpo di freno), la giuri-
309
sprudenza ha negato ogni rilievo alla «causa più lontana» , ed ha escluso
310
l’efficacia liberatoria di un intervento probabilmente causale del terzo .
Tale soluzione, che tende a «limitare il numero dei casi in cui il debitore di
311
sécurité è liberato» , può trovare un qualche fondamento nella «presunzione
312
di causalità» che grava sul vettore. Allorché il creditore eccepisce l’inadem-
pimento, «nelle obbligazioni di risultato la prova della non imputabilità in-
313
combe sul debitore» . In assenza di collisione, «la partecipazione del terzo
314
alla produzione del danno non può essere stabilita con certezza» . Pur es-
sendo escluso, in generale, che il ruolo causale del fatto della cosa sia subordi-
315
nato all’esistenza di un contatto materiale , nel settore dell’obbligazione de-
terminata di sécurité che grava sul vettore stradale l’assenza di collisione è con-
siderata dalle Corti come un dato che impedisce al debitore di poter provare
che il proprio inadempimento è stato dovuto ad una cause étrangère, impreve-
dibile, irresistibile ed inevitabile.
L’orientamento giurisprudenziale che esclude l’efficacia causale del fatto
del terzo, in assenza di collisione, trova la sua reale ragion d’essere in «una
301
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
302
Così, C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 522.
303
C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 523.
304
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
305
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
306
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
307
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521.
308
App. Paris, 17 décembre 1974, cit., p. 521 s.
309
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
310
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
311
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
312
C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 523.
313
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
314
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
315
Cfr., ad es., Cass., II Ch. civ., 30 juin 1971, in Rec. Dalloz, 1971, Somm., p. 135.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 481

316
scelta di politica giudiziaria» che tende a rafforzare ulteriormente la tutela
per il creditore di sécurité, nell’ambito del trasporto stradale. Per ottenere que-
sto risultato, la «presunzione di causalità viene considerevolmente rafforza-
317
ta» e la stessa teoria della causalità, che nella totalità delle ipotesi inerenti a
318
danni alla persona è ispirata alle regole della conditio sine qua non , viene oc-
casionalmente piegata alla tesi della causalità prossima, al fine di escludere l’ef-
ficacia liberatoria del fatto del terzo. In assenza di collisione, la presunzione di
319
causalità che grava sul vettore diviene sostanzialmente «irrefragabile» .
La regola che esclude l’esonero da responsabilità, per il vettore, in assenza
di collisione è stata considerata, però, «un progresso nella protezione delle
320 321
persone trasportate» , poiché «offre numerosi vantaggi» . Nel caso in cui il
danno al passeggero è provocato da una manovra d’emergenza che si è resa
necessaria per l’imprudenza di un pedone o per il fatto di un animale che ri-
mangono sconosciuti, in assenza della riparazione del Fondo di garanzia o in
322
presenza di una sua riparazione parziale , il trasportato sarebbe nell’impossi-
bilità di ottenere il risarcimento integrale, se il vettore fosse esonerato dalla re-
sponsabilità.
Una conferma del rigore che la Cassazione richiede al vettore nella prova
della cause étrangère, al fine di esonerarsi totalmente dalla responsabilità, si ha
nelle decisioni rese a proposito degli attentati criminali, ove esige dalla S.N.C.F.
323
la prova che l’attentato non sia stato dovuto al fatto dei cheminots . Anche al
fine dell’esonero parziale dovuto alla faute della vittima, la Suprema corte ma-
nifesta un notevole rigore. Nel caso di un passeggero che era rimasto ferito a
324
causa della chiusura automatica delle porte di un’automotrice , la S.N.C.F.
aveva chiesto l’esonero parziale dalla responsabilità adducendo, da un lato, la
disattenzione colposa della vittima, dall’altro, «le dichiarazioni rese dal dan-
neggiato immediatamente dopo l’incidente, nelle quali si riconosceva che il
325
vettore non aveva commesso alcuna faute» . Ma sia i giudici di merito, sia la
Cassazione hanno rigettato tali argomentazioni, poiché, da un lato, «la dichia-
razione del passeggero non costituiva una rinunzia alla sua azione, fondata
non sull’imprudenza del vettore, ma sulla sua obbligazione di sécurité; dall’al-
316
C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 524.
317
C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 523.
318
In questi termini è l’analisi comparativa condotta da P. GALLO, L’elemento oggettivo, cit., p.
130 ss.
319
C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 525.
320
C. ATIAS-LETRÉMY, op. ult. cit., p. 524.
321
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
322
Sottolinea, infatti, che «il Fondo di garanzia non risarcisce sempre integralmente i danni subi-
ti», C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
323
Cfr., ad es., Cass., I Ch. civ., 3 octobre 1967, in Rev. trim. dr. civ., 1968, p. 383. Contra, App.
Colmar, 7 juin 1968, in Sem. jur., 1969, II, Jur., 16146.
324
Il caso è deciso da Cass., I Ch. civ., 20 octobre 1969, in Sem. jur., 1970, II, Jur., 16231.
325
Lo riferisce G. DURRY, L’obligation du transporteur de personnes, in Rev. trim. dr. civ., 1970, p. 583.
482 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

tro, non era stata accertata alcuna colpa da parte del passeggero, perché non
rappresentava una faute il lasciarsi sorprendere dalla chiusura delle porte, al-
lorché “non era provato che il viaggiatore fosse stato avvisato della partenza
326
immediata del treno”» .
La complessa disciplina elaborata dalla giurisprudenza sulla cause étrangère
e, più in generale, sulle altre cause di esonero dalla responsabilità tende a con-
siderare il debitore dell’obbligazione di sécurité-résultat sempre responsabile,
anche per le cause del danno che permangono sconosciute. La certezza, «data
alla vittima, di ottenere dal vettore il risarcimento del danno, fa nascere l’idea
che questi divenga progressivamente il garante di tutte le conseguenze pregiu-
327
dizievoli della sua attività» . Pur senza «abbandonare totalmente i principi
328
della responsabilità civile» , la giurisprudenza francese «contribuisce ad av-
vicinare l’obbligazione di risultato del vettore ad un’obbligazione di garan-
329
zia» .

8. Questa disciplina assai rigorosa prevista per l’esonero dalla responsabili-


tà del vettore imponeva di risolvere quanto prima i problemi che non avevano
330
trovato risposta nel “caso Caramello” . Questo si era espresso soltanto in or-
dine alla limitazione della disciplina dell’obbligazione di sécurité-résultat all’ese-
cuzione non tanto del contratto quanto del rapporto di trasporto, cioè «del-
331
l’operazione materiale» di trasferimento nello spazio di una persona da un
luogo ad un altro. Se, da un lato, aveva avuto «il merito di porre un principio
di responsabilità che, [...] nei trasporti terrestri, non doveva variare secondo i
332
mezzi di locomozione destinati a trasportare il viaggiatore» , dall’altro, aveva
lasciato sostanzialmente insoluto il problema inerente alla disciplina applicabi-
le a quegli incidenti che il passeggero aveva subito prima dell’istante in cui
333
«aveva iniziato» ad entrare nel veicolo e dopo «il momento in cui aveva
334
terminato» di uscirne.
Tale problema non viene affrontato nella prima delle due decisioni rese,
nello stesso giorno, dalla Cassazione, a qualche mese dal “caso Caramello”. In
335
questa sentenza la Suprema corte si limita a confermare la decisione dei giu-
dici di merito, che avevano dichiarato la responsabilità del vettore per i danni
326
Cfr. G. DURRY, op. loc. ult. cit.
327
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit. (il corsivo è aggiunto).
328
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
329
C. ATIAS-LETRÉMY, op. loc. ult. cit.
330
Deciso da Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s. (v., retro, il § 5).
331
Così si esprime R. ABADIR, Note a Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, in Rec. Dalloz, 1970, Jur., p. 768.
332
R. ABADIR, op. loc. cit.
333
L’espressione è tratta, a contrario, da Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640.
334
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640.
335
Cfr., infatti, Cass., I Ch. civ., 12 novembre 1969, in Sem. jur., 1970, II, Jur., 16190 (primo
arrêt).
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 483

riportati da una passeggera di un tram che era caduta durante il tragitto, senza
che fosse stato possibile accertare con precisione quali erano state le circo-
stanze dell’incidente. Poiché il contratto «era dunque in corso di esecuzione, e
non era stata provata alcuna faute della vittima, la responsabilità del vettore
336
era del tutto certa, come bene aveva deciso la Corte d’appello» .
337
Nel secondo caso, invece, la Suprema Corte , nell’applicare la regola po-
sta nel “caso Caramello”, cassa la decisione dei giudici di merito che aveva
338
condannato la S.N.C.F. sulla base della “presunzione” di responsabilità che
gravava sul debitore di un’obbligazione di sécurité di risultato anche per gli
accidents de gare. Nella specie, un giovane passeggero, che si trovava sul mar-
ciapiede di una stazione, era stato investito da un treno di passaggio, forse a
seguito di una spinta inferta da alcuni suoi compagni. Tale decisione, che in-
339
duce l’annotatore ad insorgere contro l’eccessivo «rigore, per la vittima, del-
340
la soluzione imposta dalla nuova regola» , è espressione delle contraddizioni
nelle quali si dibatte la giurisprudenza nell’applicare l’ellittico enunciato posto
nel “caso Caramello”. Il passeggero che è investito da un veicolo «del quale il
vettore è custode, non potrebbe beneficiare né dell’art. 1384, comma 1, per-
ché ha il torto di essere un contraente, né dell’art. 1347 perché, anche se è par-
341
te del contratto, il trasporto stesso non è in corso di esecuzione» . Il passeg-
342
gero sarebbe, «quindi, più mal trattato del terzo» .
Per evitare questo paradosso, un’autorevole dottrina aveva proposto di
«stabilire una completa identità tra la durata del contratto di trasporto e quella
343
dell’obbligazione di sécurité» . Poiché tale obbligazione grava sul vettore dal
momento in cui il passeggero inizia ad entrare nel veicolo e fino all’istante in
cui ha terminato di uscirne, l’efficacia «del contratto non dovrebbe eccedere
344
questo periodo» . Questa soluzione appariva «perfettamente giustificata in
materia di trasporto di persone, perché i trasportati, che si spostano con propri
345
mezzi, devono innanzitutto vegliare sulla propria sicurezza» . Inoltre si evite-
rebbero «malaugurati “sezionamenti” del contratto di trasporto, che sono sem-
346
pre fonte di considerevoli difficoltà» . Qualunque sia il mezzo di trasporto
utilizzato, «delle due l’una: o il trasporto è in corso di esecuzione, e la respon-
sabilità [...] del vettore è contrattuale ed è fondata su un’obbligazione di risul-
tato; o il trasporto non è ancora iniziato, o è finito, e la responsabilità è delit-
336
G. DURRY, L’obligation du transporteur, cit., p. 582.
337
Cass., I Ch. civ., 12 novembre 1969, anche in Gaz. Pal., 1970, I, Jur., p. 26.
338
Il termine è utilizzato da G. DURRY, op. loc. ult. cit.
339
La Note è in Gaz. Pal., 1970, I, Jur., p. 26.
340
In questi termini, anche G. DURRY, op. loc. ult. cit.
341
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
342
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
343
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
344
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
345
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
346
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
484 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

347
tuale ed è fondata, secondo i casi, sull’art. 1384, comma 1, o sull’art. 1382» .
Malgrado la lucidità di queste considerazioni, che anticipano di circa ven-
t’anni la soluzione poi data dalla giurisprudenza, il problema viene risolto, esat-
348
tamente un anno dopo l’arrêt Caramello , in maniera del tutto diversa dalla
349
sentenza della Cassazione che decide il caso “Dame Decharme”. La Supre-
ma Corte, appena ha l’opportunità di colmare la “lacuna” normativa creata dal-
l’affaire Caramello, nello scegliere tra le due possibili soluzioni, e cioè tra l’ap-
plicabilità delle discipline delle responsabilità delittuale o contrattuale, prefe-
risce decisamente quest’ultima.
350
Esclusa la sussistenza di un’obbligazione di sicurezza «concepita come un
351
risultato promesso» , nelle fasi che precedono o che seguono l’esecuzione del
rapporto di trasporto il vettore sarebbe pur sempre debitore, nei confronti del
352
trasportato, di un’obbligazione di «prendere le misure di sicurezza» idonee
ad evitare il danno, cioè di un’obbligazione generale di prudenza e diligenza
costruita sul modello teorico dell’obbligazione “di mezzi”.
La nuova regola viene enunciata dalla Cassazione in occasione di un inci-
dente occorso ad un’anziana passeggera la quale, mentre sostava presso una
porta di uscita della parte interna della stazione «per cercare il biglietto e resti-
353
tuirlo al preposto della S.N.C.F.» , veniva «successivamente spinta da due
354
viaggiatori che si precipitavano, correndo, verso l’uscita» . Dopo aver perso
355
l’equilibrio, essa cadeva fratturandosi il collo del femore . La Suprema Corte
ribadisce, sulla scia dell’affaire Caramello e all’unisono con la Corte d’appello,
che, poiché «l’obbligazione di sécurité esiste a carico del vettore solo durante
356
l’esecuzione del contratto di trasporto» , nessuna «obbligazione di sécurité
esiste a carico della S.N.C.F. per i viaggiatori che circolano in completa auto-
357
nomia nella hall di una stazione» , in quanto essi «devono vegliare sulla pro-
358
pria sicurezza» senza che il vettore sia «tenuto nei loro confronti ad alcuna
359
obbligazione di sorveglianza» .
Tuttavia, «atteso che l’obbligazione di condurre il viaggiatore sano e salvo
347
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
348
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640 s.
349
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, in Rec. Dalloz, 1970, Jur., p. 767 s.
350
Da Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640 s.
351
Con la consueta chiarezza, R. RODIÈRE, Voyageurs veillez sur vous! Dialogue avec l’indulgence,
in Rec. Dalloz, 1971, Chron., p. 45 (il corsivo è dell’A.).
352
L’espressione, coniata da R. Savatier, è posta in evidenza già da R. RODIÈRE, Le régime légal,
cit., 997, n. 8.
353
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 767.
354
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 767.
355
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 767.
356
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
357
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
358
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768. Da questa espressione prende il titolo l’ironico ar-
ticolo di R. RODIÈRE, Voyageurs veillez sur vous!, cit., p. 45 ss.
359
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 485

a destinazione di cui all’art. 1147 c. civ. cessa di applicarsi allorché il viaggia-


360
tore ha finito di scendere dal veicolo» , il vettore è comunque «ancora tenuto
361
nei suoi confronti ad un’obbligazione generale di prudenza e di diligenza» .
Nella specie, poiché i giudici di merito avevano accertato che «la S.N.C.F. non
aveva assunto le misure appropriate ad assicurare l’evacuazione normale e pa-
cifica dei passeggeri, e che essa li aveva lasciati senza protezione contro le spin-
362
te» anche nei luoghi ove «erano sottoposti a controllo in punti obbligati di
363
passaggio» , era quindi possibile «dedurre che la S.N.C.F. aveva commesso
364
delle fautes tali da implicare la sua responsabilità» .
Una soluzione analoga, in qualche misura anch’essa fondata su una “dedu-
zione” della responsabilità contrattuale del vettore, viene assunta qualche an-
no dopo, in presenza di una giurisprudenza del tutto costante, dalla Corte
365
d’appello di Bourges , in occasione di un incidente che coinvolge uno scola-
ro, il quale viene investito dal bus scolastico (che si stava fermando), dopo es-
sere caduto, forse a causa di una spinta inferta da alcuni compagni di scuola. I
giudici di merito accertano che «ogni giorno vi era un pigia pigia all’arrivo del
366
bus al fine di salire per primi sul veicolo» e che, «il giorno dell’incidente,
l’autobus si era fermato qualche metro più avanti rispetto al luogo ove i ragaz-
367
zi lo attendevano» . Questi «si erano precipitati in gruppo verso l’entrata an-
368
teriore del veicolo» . Tale comportamento era del tutto abituale per gli sco-
lari all’arrivo del bus, essendo «ogni volta l’occasione di una ressa tra gli stu-
369
denti, i quali cercavano di essere i primi a salire sul veicolo» .
La Corte afferma «che il contratto di trasporto concluso nel quadro di un
servizio di accompagnamento di studenti impone al vettore non soltanto di
condurre sani e salvi gli alunni a destinazione, ma anche di assumere, in virtù
dell’obbligazione generale di prudenza e di vigilanza che incombe su di esso,
tutte le misure appropriate per assicurare sia l’entrata regolare, pacifica e sen-
za rischi degli studenti nel veicolo di trasporto, sia la loro uscita dal bus alle
370
medesime condizioni» . Nella specie, le circostanze accertate non dimostra-
vano che il vettore o il suo preposto «avevano preso le misure di sorveglianza
che s’imponevano per evitare che i fanciulli non si spingessero per salire sul
veicolo e le misure di protezione che erano necessarie per impedire che essi si
avvicinassero o si potessero avvicinare al bus prima del suo completo arre-
360
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
361
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
362
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
363
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
364
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768 (il corsivo è aggiunto).
365
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, in Sem. jur., 1977, II, Jur., 18587.
366
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
367
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
368
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
369
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
370
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
486 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

371
sto» . Queste misure, «se fossero state prese, sarebbero state idonee ad evita-
372
re l’incidente accaduto al fanciullo» , il quale, invece, aveva «potuto precipi-
tarsi, correndo verso il bus, in compagnia dei suoi compagni, senza essere pro-
373
tetto da alcunché fino al momento della sua fermata» . Il vettore, avendo vio-
374
lato «una propria obbligazione di prudenza e di diligenza» , non poteva «in-
vocare a suo vantaggio, e a carico della giovane vittima, una faute d’impruden-
375
za, che anzi egli aveva precisamente il compito di prevenire» .
La soluzione è considerata «nel contempo equanime e [...] giusta, se non
376
addirittura ben fondata» in diritto. Il vettore «deve assumere misure speciali
di sorveglianza per assicurare la salita in buon ordine degli allievi nei bus che
377
li conducono a scuola» . Pertanto egli deve essere dichiarato responsabile
«dell’incidente provocato da una corsa, intrapresa da un gruppo di fanciulli
che si avvicinavano all’autobus che doveva trasportarli, e sfortunatamente con-
378
clusasi con una scivolata di uno di loro sotto una ruota del veicolo» . L’or-
ganizzatore del servizio «deve vegliare particolarmente sulla sicurezza degli
379
scolari dei quali assicura il trasporto» . Questa «obbligazione si giustifica per
la petulanza ordinaria degli studenti e per la loro eccitazione allorché sono in
380
gruppo» . Ed anche, evidentemente, per la particolare condizione di persone
minori, la quale implica che essi siano massimamente protetti dai soggetti ai
quali sono stati temporaneamente affidati dai genitori.
Secondo l’esaminata giurisprudenza di merito e di legittimità, «l’obbliga-
381 382
zione generale di prudenza, di vigilanza» e «di diligenza» che incombe sul
vettore troverebbe la sua fonte nel contratto di trasporto. Ma tale soluzione,
383
per quanto «equa» , soprattutto nello specifico settore del trasporto scolasti-
384
co di minori, è considerata giuridicamente «falsa» . Prima che sia esigibile
385
l’obbligazione di sécurité-résultat , il vettore non sarebbe «tenuto ad alcuna
386
obbligazione contrattuale di sécurité [...] nei confronti degli utilizzatori» .
Anche nel caso-limite del trasporto scolastico «non si può dire che il contratto
371
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
372
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
373
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
374
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
375
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
376
R. RODIÈRE, Observations ad App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, in Sem. jur., 1977,
II, Jur., 18587.
377
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
378
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
379
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
380
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
381
App. Bourges, I Ch. civ., 23 décembre 1974, cit., 18587.
382
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
383
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
384
Da R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
385
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
386
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 487

di trasporto imponga al vettore di prendere le misure di sicurezza appropriate


387
per assicurare la salita senza rischi degli utenti» , prima che essi abbiano pre-
so “contatto” con il veicolo. Altrimenti sarebbe «ragionevole esigere analoghe
388
precauzioni da parte delle imprese di autobus anche in aperta campagna» .
I passeggeri che subiscono un accident de quai, quindi, sia nel caso del tra-
sporto ferroviario, sia in qualsiasi altra ipotesi di trasporto terrestre, sono «cit-
389
tadini ordinari protetti» dalle norme dettate in materia di responsabilità de-
littuale. Al contrario, se si considera il viaggiatore «creditore contrattuale di
un’obbligazione di sécurité, di mezzi o di risultato [...], mentre deambula sui
marciapiedi o si affretta nei corridoi sotterranei che è tenuto ad utilizzare, egli
390
non può agire in responsabilità contro il vettore» sulla base delle regole de-
littuali. La giurisprudenza anteriore al “caso Caramello” «non svantaggiava i
passeggeri poiché, anche se erano [...] privati del caritatevole articolo 1384,
comma 1, l’obbligazione contrattuale di sécurité di risultato che loro era dovu-
391
ta produceva sensibilmente i medesimi effetti» . Il principio del non cumul
392
delle responsabilità «non li danneggiava» . Paul Esmein poteva tranquilla-
393
mente scrivere: «Transporteurs veillez sour nous» , poiché «la vigilanza della
S.N.C.F. non doveva più allentarsi dopo aver superato il limite della porta
394
d’entrata» . A seguito della regola elaborata, in maniera combinata, dalle
sentenze rese nei casi Caramello e Dame Decharme, invece, «il viaggiatore sul
marciapiede beneficia soltanto di un credito contrattuale “di mezzi”, e il vet-
tore non veglia più su di lui con la stessa sollecitudine, dal momento che il
395
passeggero non può più avvalersi della responsabilità de plein droit» . Se il
396
trasportato scivola su una «buccia di banana» assieme a colui che lo accom-
pagna, mentre quest’ultimo ha «la risorsa di una presunzione lourde di re-
397
sponsabilità» , il primo dovrebbe dimostrare la faute del vettore. La soluzio-
ne fondata sull’assunzione, da parte della S.N.C.F., dell’obbligazione di “pren-
dere le misure di sicurezza” era senz’altro «un regalo avvelenato fatto dalla
398
Corte di Cassazione ai viaggiatori» . Non restava che esclamare, con René
399
Rodière, «Voyageurs veillez sur vous!» .

387
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
388
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
389
R. RODIERE, Observations ad App. Bourges, cit., 18587.
390
R. RODIERE, Voyageurs, cit., p. 46.
391
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
392
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
393
P. ESMEIN, Transporteurs, veillez sur nous, cit., p. 1 ss.
394
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
395
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
396
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
397
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
398
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.
399
R. RODIERE, op. loc. ult. cit.

17.
488 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

9. Malgrado le vivaci critiche sollevate in dottrina, la Corte d’appello di


400
Montpellier propone, circa tre anni dopo l’arrêt Dame Decharme, un’ulte-
riore estensione della regola sull’obbligazione di sécurité “di mezzi”, la quale
viene applicata ad un incidente accaduto, questa volta, non a un soggetto che
aveva stipulato un contratto di trasporto, ma a un titolare di un biglietto de
quai, che era stato acquistato al fine di poter entrare legittimamente all’interno
di una stazione ferroviaria. Nell’attraversare la porta a vetri che permetteva,
previo controllo del biglietto, di accedere ai binari, una signora era stata ferita
alla mano dalla porta che, sotto l’impeto del vento, si era richiusa violentemen-
te. Il Tribunale di grande instance di Narbonne aveva deciso per un concorso
di responsabilità nella misura del 50%. La S.N.C.F. aveva assunto nei con-
fronti della signora «un’obbligazione “di mezzi” che non era stata adempiuta,
ma la vittima, da parte sua, aveva commesso un’imprudenza mantenendo la
401
mano sul montante» della porta.
La S.N.C.F. interpone appello affermando che, essendo tenuta «soltanto
ad un’obbligazione di mezzi, essa era in diritto di esigere dalla vittima la prova
che la porta offriva un pericolo particolare che l’utente, pur vigile, non avreb-
402
be potuto riconoscere» . La parte appellante affermava, altresì, sia «che la
403
dimostrazione di una faute a suo carico non era stata apportata» , sia «che la
causa generatrice ed esclusiva dell’incidente risiedeva nell’imprudenza com-
messa dalla signora, la quale aveva collocato la sua mano là dove non avrebbe
404
dovuto trovarsi» .
La Corte di Montpellier rileva, preliminarmente, che la S.N.C.F., nell’emet-
tere un biglietto de quai, «sottoscrive un impegno che, senza comportare un’ob-
bligazione di risultato, la quale può essere invocata soltanto dalle persone tra-
sportate, la obbliga tuttavia, e nei limiti dei diritti conferiti dal titolo rilasciato
al contraente, a mettere a disposizione di costui istallazioni o impianti rispon-
405
denti ad un’elementare sicurezza» . Nella ricerca della responsabilità della
S.N.C.F. «è necessario, ma sufficiente, che la vittima di un incidente, detentri-
ce di un siffatto biglietto, apporti la prova di un cattivo funzionamento delle
istallazioni che il contratto le consentiva di utilizzare, e della relazione tra il
406
danno e il difetto» . In assenza della prova che «imputi il movimento della
porta a una cause étrangère alle parti in causa, la sola spiegazione possibile ri-
siede nel fatto che la porta è stata spinta dal vento che soffiava nella stazione al
407
momento dell’incidente» . Per essersi richiusa «con una violenza tale da frat-

400
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, in Rec. Dalloz, 1974, Jur., p. 566.
401
Lo riferisce App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
402
Cfr. App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
403
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
404
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
405
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
406
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
407
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 489

turare un dito alla signora, bisogna ammettere che la porta in questione era
408
munita di un dispositivo “yale” deteriorato» . In assenza di un’indagine svol-
ta negli istanti immediatamente successivi all’incidente, al fine di accertare la
posizione occupata dalla vittima «e il motivo per il quale essa era stata indotta
409
a collocare la mano destra sulla porta o sulla sua cornice» , la Corte conclude
che la vittima, «sulla base delle circostanze relative all’incidente, così come ri-
sultavano dal dibattito, era stata autorizzata a considerare che la porta, aperta
allorché si era presentata innanzi a lei, non avrebbe dovuto chiudersi brusca-
410
mente e in modo inatteso sulla mano» . Quindi, «a torto la S.N.C.F. preten-
deva di essere liberata dalla responsabilità imputando l’incidente a un’impru-
411
denza della vittima, che non avrebbe vegliato sulla sua sicurezza» , mentre, al
412
contrario, essa era «interamente responsabile dei danni» .
La prima questione risolta da questa sentenza riguarda la posizione giuridi-
ca assunta dal titolare di un biglietto de quai il quale, non potendo essere as-
similato alla situazione del viaggiatore durante l’esecuzione del contrato di tra-
sporto, non può risultare creditore di un’obbligazione di sécurité di risultato.
La posizione del soggetto detentore di un biglietto de quai, invece, è mag-
giormente simile a quelle del viaggiatore o del terzo che subiscono un accident
de gare. Come si è sottolineato, «il viaggiatore (non ancora entrato o già uscito
dal treno) è un utente del servizio, al pari degli accompagnatori muniti di bi-
413
glietti di quai» . Ma la Corte di Montpellier svolge un discorso che è esatta-
mente opposto rispetto a quello dell’illustre autore. Mentre René Rodière, at-
traverso l’assimilazione della posizione del passeggero che subisce un accident
de quai a quella del detentore di un biglietto di quai e del terzo intende porta-
re le tre ipotesi su un piano delittuale, la Corte utilizza tale analogia per risol-
vere in chiave contrattuale anche la responsabilità della S.N.C.F. nei confronti
del titolare del biglietto de quai. Essendo di natura contrattuale il legame che
unisce la S.N.C.F. e il portatore di un biglietto de quai, la Corte d’appello indi-
vidua nell’imprevedibilità della chiusura della porta a vetri, dovuta a un dispo-
414
sitivo deteriorato , la «violazione dell’obbligazione generale di prudenza e di
415
diligenza della quale [la S.N.C.F.] era debitrice nei riguardi della vittima» .
Non v’è dubbio che, «inserendo una moneta da un franco nell’apparec-
416 417
chio» , v’è «l’incontro di due volontà» che danno luogo ad un contratto il
408
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
409
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
410
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
411
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
412
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
413
R. RODIÈRE, Voyageurs, cit., p. 49.
414
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
415
Così, R. KŒRING-JOULIN, Note a App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, in Rec. Dal-
loz, 1974, Jur., p. 566.
416
R. KŒRING-JOULIN, op. ult. cit., p. 567.
417
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
490 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

cui oggetto è «“la messa a disposizione”, per il contraente, dei marciapiedi e


delle piattaforme, con l’esclusione del materiale viaggiante, destinato ai soli
418 419
passeggeri» . In tal senso, «l’acquisto di un biglietto de quai» , che «autoriz-
420
za una persona a utilizzare momentaneamente le banchine della stazione» ,
costituisce un rapporto sinallagmatico, commutativo e a titolo oneroso, che
421
può essere qualificato come «contratto di prestazione di servizi» , piuttosto
422
che come «contratto di locazione» .
Affermata la natura contrattuale di un rapporto che è fonte di un’obbliga-
zione di fare, nell’interrogarsi sull’estensione della garanzia dell’adempimen-
423
to , innanzi «all’alternativa “obbligazione di risultato, obbligazione di mez-
424
zi”, non si può che rigettare la prima e scegliere la seconda» . L’individuo
«resta padrone dei suoi movimenti sui marciapiedi della stazione e, come tale,
425
deve vegliare sulla sua sicurezza» . E poiché «i rapporti nati tra la S.N.C.F. e
426
il detentore di un biglietto di quai sono indiscutibilmente contrattuali» , a dif-
ferenza di quanto accade per l’obbligazione di risultato che consegue all’ese-
cuzione del contratto di trasporto, «spetta al titolare del biglietto di quai o di
un altro titolo di trasporto, al di fuori del viaggio propriamente detto, di ap-
portare la prova che la S.N.C.F. ha inadempiuto le sue obbligazioni, per la
presenza sui marciapiedi di materiali o di oggetti anormalmente pericolosi, o
427
per un’organizzazione insufficiente nella sorveglianza delle stazioni» .
Allineata alla situazione del passeggero che subisce un accident de gare, la
posizione del titolare del biglietto de quai viene qualificata, sulla base della re-
428
gola sancita nell’affaire Dame Decharme , in termini di obbligazione di sécu-
rité “di mezzi”.
Tuttavia, nel contestare la decisione della Corte d’appello di Montpellier,
un’autrice ricorda che, se «nel 1911 la giurisprudenza arricchì il contratto di
trasporto con un’obbligazione di sécurité, essa lo fece a vantaggio della vitti-
ma, in un’epoca in cui l’art. 1384, comma 1, code civ., panacea degli incidenti
429
contemporanei, non conosceva che una debole applicazione» . Al contrario,
«poiché, oggi, la vittima di un accidente di quai può quasi sempre invocare
418
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
419
R. KŒRING-JOULIN, op. ult. cit., p. 568.
420
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
421
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
422
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
423
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
424
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
425
R. KŒRING-JOULIN, op. ult. cit., p. 569.
426
Lo afferma anche il Trib. gr. inst. Paris, IV Ch. civ., 10 avril 1970, nel caso Dame Delius Stor-
cheim c. S.N.C.F., inedita, cit. in R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit., in nota 26.
427
Trib. gr. inst. Paris, IV Ch. civ., 10 avril 1970, caso Dame Delius Storcheim c. S.N.C.F., cit. in
nota prec.
428
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, in Rec. Dalloz, 1970, Jur., p. 767 s.
429
R. KŒRING-JOULIN, op. ult. cit., p. 569.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 491

l’art. 1384, comma 1, farla beneficiare di un’obbligazione di sécurité di mezzi


430
significherebbe sfavorirla e, dunque, sviare l’istituto dal suo scopo originario» .
431
Inoltre, è assai dubbio che il «franco simbolico» pagato dall’utente per
poter accedere all’interno della stazione possa giustificare l’assunzione, a cari-
co della S.N.C.F., di un’obbligazione di sécurité di mezzi. A differenza di
432 433
quanto accade nei casi dell’autoscontro , delle montagne russe , dello scivo-
434 435 436
lo acquatico , della pista di pattinaggio , della piscina , ecc., nei quali le
obbligazioni di sécurité (rispettivamente) di risultato e di mezzi trovano fon-
damento nell’utilizzo «di un’istallazione che ha per principale o per unico og-
437
getto lo svago» , e il prezzo «corrisponde approssimativamente al “servizio”
438 439
reso» , nella fattispecie giudicata dalla Corte di Montpellier la S.N.C.F. ga-
440
rantisce «principalmente il trasporto dei viaggiatori» , mentre soltanto «acces-
soriamente essa accetta di rendere un servizio agli accompagnatori, permet-
441
tendo loro di accedere ai marciapiedi e alle piattaforme» . La persona che
«versa questa somma minima, destinata a consentirle di profittare di un servi-
442
zio del tutto marginale [...] della S.N.C.F.» , non acquisterebbe un credito di
sécurité.
La soluzione contrattuale introdotta dall’arrêt Dame Decharme, e successi-
vamente generalizzata per gli altri trasporti terrestri e per i titolari di un bi-
glietto di quai, malgrado sia contestata in maniera sempre più veemente dalla
dottrina, permarrà in vigore ancora per più di tre lustri. Anche tre mesi dopo
443
il revirement operato dalla Cassazione nel 1989 , la giurisprudenza di merito
cercherà di dimostrare la sua affezione nei riguardi della soluzione contrattua-
le, decidendo che il «passeggero che circola sul marciapiede dal quale parte
un treno, con l’aiuto di una poltrona mobile per andicappati, pur non riguar-
dando la fase d’esecuzione del contratto di trasporto, beneficia delle presta-
zioni contrattuali della S.N.C.F., che ha messo la poltrona a sua disposizione
444
per facilitargli l’accesso al treno» . La S.N.C.F. violerebbe «la sua obbliga-
430
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
431
Così R. KŒRING-JOULIN, op. ult. cit., p. 570.
432
Cfr., ad es., Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, in Rec. Dalloz, 1975, Jur., p. 512.
433
Cass., I Ch. civ., 28 octobre 1991, in Rec. Dalloz, 1992, Somm. comm., p. 271, con nota di É.
FORTIS, L’obligation de sécurité pesant sur l’exploitant d’un jeu est une obligation de résultat.
434
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 janvier 1992, in Sem. jur., 1993, II, Jur., 22125, p. 372.
435
Ad es., Cass., I Ch. civ., 8 février 1961, in Rec. Dalloz, 1961, Jur., p. 254; Cass., I Ch. civ., 8 no-
vembre 1983, ivi, 1984, Inf. rap.– Somm. comm., p. 486.
436
App. Lyon, I Ch. civ., 21 juin 1973, in Rec. Dalloz, 1973, Inf. rap., p. 116.
437
R. KŒRING-JOULIN, Note a App. Montpellier, cit., p. 570 (il corsivo è dell’A.).
438
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
439
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
440
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit. (il corsivo è dell’A.).
441
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit. (il corsivo è dell’A.).
442
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
443
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 632 s.
444
App. Paris, 9 juin 1989, in Rec. Dalloz, 1989, Inf. rap., p. 208.
492 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

zione generale di prudenza e di diligenza nei riguardi del contraente e la sua


responsabilità deve essere dichiarata su tale fondamento, con esclusione degli
artt. 1384 e 1386 code civ., allorché essa, senza avvertire i passeggeri, ha lasciato
persistere sul marciapiede una fessura di asfalto che presenta un pericolo par-
445
ticolare per un viaggiatore che si sposta su una poltrona per andicappati» .
La soluzione contrattuale dell’accident de quai, che si fondava sull’assunzio-
ne di un’obbligazione di sécurité di mezzi a carico del vettore, tuttavia, destava
molteplici perplessità, nei riguardi sia del passeggero (nelle fasi anteriori o
successive al trasporto), sia del titolare di un biglietto di quai, sia del terzo. La
regola sancita nell’affaire Dame Decharme era contestata anche perché non
chiariva il contenuto del rapporto obbligatorio, omettendo di precisare «dove
446
inizia e dove finisce questa obbligazione generale di prudenza e di diligenza» .
Inoltre, al fine di proteggere in modo più efficiente il danneggiato, faceva
«pesare sulla S.N.C.F. un’obbligazione di mezzi molto vicina ad un’obbliga-
zione di risultato, in quanto la faute posta a carico della società evocava più
447
una responsabilità oggettiva che una responsabilità per faute prouvée» . Tale
448
escamotage probatorio, già rilevato nel commentare il caso Dame Decharme ,
trova una sua evidente conferma nella quasi totalità delle sentenze in materia,
e nella stessa decisione assunta dalla Corte d’appello di Montpellier, la quale
dichiara l’intera responsabilità della S.N.C.F. in virtù della mancata prova, da
parte del debitore dell’obbligazione di sécurité, che il «movimento della por-
449 450
ta» era stato dovuto «a una cause étrangère alle parti in causa» . La con-
danna della S.N.C.F. risultava interamente fondata sulla presunzione (desunta
451
dal fatto stesso dell’incidente) che il dispositivo fosse deteriorato , sulla man-
452 453
cata prova, da parte del convenuto, circa «la posizione» e «i motivi» della
vittima, la quale «era stata autorizzata a ritenere che la porta [...] non si sareb-
454
be chiusa bruscamente e in maniera inattesa sulla sua mano» .
La regola enunciata nell’arrêt Dame Decharme, più che una decisione «di
455
principio» , sembrava destinata a lasciare «progressivamente posto alla genera-
lizzazione della responsabilità delittuale al di fuori del “trasporto” propriamente
456 457
detto» . Il titolare di un biglietto di quai, pur essendo «un contraente» ,
445
App. Paris, 9 juin 1989, cit., p. 208 s.
446
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
447
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
448
Da R. ABADIR, Note a Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
449
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
450
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
451
Cfr. App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
452
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
453
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
454
App. Montpellier, I Ch. civ., 20 décembre 1973, cit., p. 566.
455
Così R. KŒRING-JOULIN, Note a App. Montpellier, cit., p. 570.
456
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
457
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 493

458
non poteva essere considerato «il creditore di un’obbligazione di sécurité» .
E, così, la dottrina iniziava ad affermare che i passeggeri e gli accompagnatori
«che si trovavano sui marciapiedi della stazione avrebbero potuto agire sul
459
fondamento di una responsabilità quasi delittuale» , ai sensi dell’art. 1384,
comma 1, code civ., poiché non era ravvisabile un inadempimento, da parte
della S.N.C.F., di un’obbligazione di sécurité nata dal contratto. Tale discipli-
na avrebbe riguardato anche «tutte le persone che utilizzano i diversi servizi
della stazione (chioschi adibiti alla vendita di giornali, distributori di bevande
o di sigarette, ecc.), e [...] gli accompagnatori che non sono titolari di biglietti
460
di quai, così come accadeva nelle piccole stazioni francesi» , oltre che in gran
parte dell’Europa.

10. Contro l’imposizione, a carico del vettore, di un’obbligazione generale


di sécurité di mezzi, si era espresso, molti anni prima, anche René Rodière, che
l’aveva considerata «troppo complicata, svantaggiosa per la vittima e infonda-
461
ta in diritto» .
Eccessivamente complicata, «perché avrebbe obbligato a distinguere tre ti-
pologie di danni [...]; gli incidenti in corso di trasporto, coperti dall’obbliga-
zione di sécurité; gli incidenti di stazione interni, coperti dall’obbligazione
contrattuale di prendere le misure di sicurezza, e gli incidenti di stazione
462
esterni» , disciplinati ai sensi della responsabilità delittuale.
Infondata in diritto, «perché le obbligazioni di prendere le misure di sicu-
rezza sono imposte alle compagnie ferroviarie nell’interesse generale dei con-
463
sociati» e non, invece, quale conseguenza della stipula di un contratto indi-
viduale di trasporto.
Svantaggiosa per le vittime, «poiché la regola del non-cumul delle respon-
sabilità avrebbe impedito loro d’invocare le disposizioni di cui all’art. 1384,
464
comma 1 [...] per gli incidenti di stazione» .
Dopo «aver battagliato per circa vent’anni per far cessare la giurispruden-
465
za» che considerava esigibile l’obbligazione di risultato del vettore con
l’attraversamento della porta dell’entrata interna della stazione, tutelando in
maniera ingiustificatamente rafforzata il passeggero del treno rispetto «alla so-
luzione ammessa per gli autoveicoli e, più in generale, per i mezzi che il viag-
giatore può prendere [...] senza un titolo di trasporto preventivamente acqui-

458
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
459
R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
460
Lo rileva R. KŒRING-JOULIN, op. loc. ult. cit.
461
R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 28.
462
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
463
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
464
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
465
Così, R. RODIÈRE, Observations ad App. Bourges, cit., 18587.
494 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

466
stato» , non sembrava possibile condividere, ora, una soluzione che discri-
minava in maniera del pari ingiustificata il passeggero rispetto al terzo che lo
aveva accompagnato nella stazione. «In altri tempi, la soluzione della Corte di
467
Cassazione era ingiusta per l’amico che accompagnava il viaggiatore» , poi-
ché soltanto quest’ultimo era tutelato da un’obbligazione di sécurité-résultat
durante la loro permanenza in stazione. Ora, «la soluzione della Suprema cor-
te era ingiusta per il passeggero, che era trattato assai peggio» del suo accom-
468
pagnatore . Se l’uno e l’altro fossero stati «feriti da uno di quei carrelli che
sono maneggiati con destrezza e disinvoltura dagli agenti della S.N.C.F. [...],
469
il “terzo” avrebbe potuto invocare l’art. 1384, comma 1, code civ.» , mentre
ciò non sarebbe stato possibile per il viaggiatore, «a causa del principio del
470
non-concorso delle responsabilità contrattuale e delittuale» . Quindi, se la
Cassazione avesse continuato ad insistere «nel dire che la S.N.C.F. è debitri-
ce di un’obbligazione contrattuale di mezzi, il viaggiatore sarebbe stato sfa-
471
vorito» .
La valutazione del comportamento del vettore inerente al suo dovere di
472
prendere «le misure appropriate» , inoltre, era considerata «una pura que-
473
stione di fatto» che doveva essere decisa in maniera sovrana dal giudice di
merito. Un suo atteggiamento tollerante «avrebbe avvantaggiato il vettore, che
474
si vedrà meno difficilmente accordare l’esonero» . Al contrario, l’intransigenza
del giudice avrebbe svantaggiato «il vettore, che sarà giudicato responsabile,
475
più o meno sistematicamente, di qualsiasi incidente subito dal passeggero» .
476
La regola “codificata” dalla sentenza della Cassazione del 27 luglio 1970 ,
che introduce il frazionamento nel tempo dell’obbligazione di sécurité nel con-
477
tratto di trasporto , verrà ulteriormente contestata, negli anni a venire.
478
La dottrina francese oltre a criticare, sulla scia di René Rodière , la «di-
479
sparità scioccante» tra le vittime degli accidents de gare, secondo la loro qua-
466
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
467
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
468
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
469
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
470
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit. Su tale problematica cfr., ad es., Cass., I Ch. civ., 9 mars 1970, in
Rev. trim. dr. civ., 1971, p. 139, con le osservazioni di G. DURRY.
471
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
472
Così, Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
473
R. ABADIR, Note a Cass., 21 juillet 1970, cit., p. 768.
474
R. ABADIR, op. loc. ult. cit.
475
R. ABADIR, op. loc. ult. cit.
476
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, in Rec. Dalloz, 1970, Jur., p. 767 s.
477
In questi termini, P. JOURDAIN, La responsabilité de la S.N.C.F., cit., p. 548.
478
R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 29; ID., Observations ad App. Bourges, cit., 18587.
479
Così, C. MASCALA, Accidents de gare: le «déraillement» de l’obligation de sécurité, in Rec. Dal-
loz, 1991, Chron., p. 81. Afferma, del pari, che la soluzione era «scioccante ma inevitabile, se si quali-
fica come contrattuale la responsabilità della ferrovia per gli accidents de gare», R. ABADIR, op. ult.
cit., p. 769.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 495

lità di contraente o di terzo, considera la regola giurisprudenziale espressione


480
di un «duplice artificio» .
Un primo artificio consiste nel voler far rientrare ad ogni costo nel quadro
della responsabilità contrattuale danni verificatisi anteriormente o posterior-
481
mente rispetto al trasporto , mentre questi danni «non derivano dall’inadem-
482
pimento delle obbligazioni nate dal contratto o imposte nel contratto» . Le
stesse misure di sicurezza previste dal Cahier des charges de la S.N.C.F. erano
state prescritte «nell’interesse del pubblico in generale, e non nascevano dal
483
contratto di trasporto» . All’interno delle stazioni e sui marciapiedi sono
«ammessi sia i viaggiatori, sia altre persone che non hanno alcun legame con-
484
trattuale con le ferrovie» . Le «chances di un’eventuale sopravvenienza di un
485
incidente sono eguali per le due categorie» di persone . Non è, dunque, «il
contratto che, ponendo in relazione la vittima con il vettore o con la cosa, co-
stituisce circostanze di fatto senza le quali il danno non si sarebbe prodot-
486
to» . Viceversa, è piuttosto il contratto che, casualmente, «si inserisce in cir-
487
costanze di fatto nelle quali il danno si è prodotto» .
Un secondo artificio viene ravvisato, dalla dottrina, nella prassi giurispru-
denziale che aveva facilitato, nelle obbligazioni di sécurité-moyens, la prova
«del fatto generatore che permette di far applicare la responsabilità contrat-
488
tuale» . Secondo i principi, «l’onere della prova della faute del vettore in-
489
combe[rebbe] sulla vittima» . Non sarebbe sufficiente stabilire «una carenza
490
del vettore per provare la sua colpa» , ma sarebbe necessario dimostrare che
l’incidente «ha per causa una faute caratterizzata dall’inadempimento di un’ob-
491
bligazione» . Le decisioni in materia, al contrario, «deducevano la faute del
492
vettore [...] dal semplice fatto dell’incidente» . Il mero verificarsi del danno
diveniva la prova che il vettore non aveva preso le misure necessarie per pro-
teggere i viaggiatori. Era sufficiente «per i giudici, nella loro valutazione so-
vrana, constatare il danno, per indurre che aveva commesso una faute colui
493 494
che l’aveva causato» . Questo ricorso alla teoria della «faute virtuale» vani-
480
C. MASCALA, op. cit., p. 82.
481
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
482
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
483
R. ABADIR, op. loc. ult. cit.
484
R. ABADIR, op. loc. ult. cit.
485
R. ABADIR, op. loc. ult. cit.
486
R. ABADIR, op. loc. ult. cit.
487
R. ABADIR, op. loc. ult. cit.
488
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
489
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
490
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
491
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
492
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
493
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
494
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
496 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

495
ficava nella sostanza, «ma senza dirlo esplicitamente» , il revirement operato
496
con il caso Caramello . Fungendo il danno (subito in un accident de gare) da
elemento presuntivo della faute del debitore dell’obbligazione di sécurité “di
mezzi”, la situazione del vettore non appariva essenzialmente mutata rispetto a
quella che, anteriormente alla sentenza del 1 luglio 1969, lo considerava vinco-
lato ad un’obbligazione di sécurité di risultato. La deduzione della faute del
vettore dal semplice fatto dell’incidente equiparava, almeno sotto il profilo
dell’inversione dell’onere probatorio, l’obbligazione di sécurité “di mezzi” a
quella di risultato.
Anche per queste ragioni la scienza giuridica francese, che nel frattempo
pur aveva iniziato a teorizzare le categorie delle obbligazioni di mezzi renfor-
497
cées o aggravées , e delle obbligazioni di risultato atténuées o allégées, quali
partizioni intermedie rispetto alla tradizionale summa divisio, preferirà abban-
donare, in questa materia, la soluzione contrattuale ed applicare, invece, altre
498
regole considerate maggiormente «fondate in diritto» e più idonee a «far
499
scomparire l’ingiustizia» della disparità di trattamento tra viaggiatore e terzo.

500 501
11. Vent’anni dopo il revirement del 1° luglio 1969 e del 21 luglio 1970 ,
la giurisprudenza d’oltralpe, aderendo alle critiche mosse dalla dottrina avver-
so la soluzione contrattuale fondata sull’obbligazione di sécurité “di mezzi”,
procede ad un ulteriore, decisivo revirement. Ciò consente, altresì, di unificare
le regole applicabili agli incidenti accaduti all’interno e all’esterno delle sta-
zioni, i quali, fino ad allora, erano sottoposti, ora al regime dell’obbligazione
di sécurité di diligenza, ora alla disciplina della responsabilità delittuale.
502
Il caso che sancisce, in Cassazione , la nuova sistemazione dei rapporti tra
responsabilità contrattuale e delittuale rappresenta una tipica ipotesi di acci-
503
dent de gare. Il 17 gennaio del 1982 un passeggero, il Sig. Valverde, dopo
essere sceso dal treno, mentre camminava sul marciapiede adiacente i binari,
scivolava su una lastra di ghiaccio e veniva investito dal treno, che nel frat-
495
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
496
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
497
Sulla «obligation de moyens “renforcée”» e sulla «obligation de résultat atténuée», cfr., ad es.,
B. STARCK, H. ROLAND, L. BOYER, Droit civil. Les obligations, 2, cit., p. 419. Discorrono, altresì, di
«obligations de moyens renforcées ou aggravées», e di «obligations de résultat allégées» o «aggra-
vées», F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, Droit civil. Les obligations, cit., p. 452; G. VINEY, P.
JOURDAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., pp. 451 ss., 454 s.; C. LARROUMET, Droit civil, Tome 3,
cit., p. 626.
498
Tra gli altri, R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 28.
499
Così, C. MASCALA, Accidents de gare, cit., p. 81.
500
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
501
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, in Rec. Dalloz, 1970, Jur., p. 767 s.
502
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 632 ss.
503
Lo precisa G. PAIRE, Note a Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 633.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 497

504
tempo era ripartito, fratturandosi le gambe . Nel decidere, nel 1986, la con-
troversia, la Corte d’appello di Parigi, applicando in maniera rigorosa le regole
statuite dalla giurisprudenza “Caramello” e “Dame Decharme”, aveva rigetta-
to la domanda volta ad ottenere il risarcimento dei danni. Poiché non era con-
testato che l’incidente si era verificato allorché il passeggero era già sceso dal
505
treno, il vettore non era più tenuto all’obbligazione di sécurité di risultato ,
506
«accessoria rispetto al contratto di trasporto» , consistente «nel condurre il
507
viaggiatore sano e salvo a destinazione» .
In assenza di un’obbligazione di sécurité-résultat, incombendo «su M. Val-
verde l’onere di dimostrare che la S.N.C.F., commettendo una faute, aveva
inadempiuto la sua obbligazione di mezzi, perché aveva trascurato, nell’occa-
508
sione, di eliminare le lastre di ghiaccio sui marciapiedi» , la Corte d’appello
aveva deciso che l’attore non aveva «apportato la prova di essere caduto sui
binari dopo essere scivolato su una lastra di ghiaccio che il vettore aveva la-
509
sciato persistere sulla banchina» e che, pertanto, «nessuna faute in relazione
510
con l’incidente era stata accertata nei confronti della S.N.C.F.» .
La Suprema Corte «cassa, annulla e rinvia innanzi alla Corte di Versail-
511
les» la sentenza dei giudici parigini accogliendo il secondo moyen del ricor-
512
so . «Visto l’art. 1384, comma 1, code civ., e atteso che, al di fuori dell’esecu-
zione del contratto di trasporto, la responsabilità del vettore nei riguardi del
513
passeggero è sottoposta alle regole della responsabilità delittuale» , la Corte
514
d’appello aveva «violato il testo su citato» , in quanto «l’incidente si era pro-
dotto nel momento in cui era ripartito il treno dal quale il viaggiatore era sceso
515
e del quale la S.N.C.F. aveva la custodia» .
La sentenza, nel disporre, per gli accidents de gare, l’applicazione della re-
sponsabilità delittuale ex art. 1384, comma 1, code civ., nei riguardi sia del ter-
zo, sia del passeggero, allorché il danno è causato dal fatto della cosa che il
vettore ha in custodia, da un lato, elimina una «disparità difficilmente ammis-
516
sibile» tra le due posizioni giuridiche, dall’altro, pone fine al «“frazionamen-
517
to” o “sezionamento”» del contratto di trasporto in un’obbligazione di sécu-
504
Il fatto è sinteticamente descritto sia da G. PAIRE, op. loc. cit., sia da C. MASCALA, op. ult. cit., p. 81.
505
Lo riferisce Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
506
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
507
Cfr. Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
508
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
509
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
510
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
511
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
512
Così, Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
513
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
514
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
515
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
516
G. PAIRE, op. loc. ult. cit.
517
P. JOURDAIN, La responsabilité de la S.N.C.F., cit., p. 548.
498 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

rité di risultato, esigibile durante l’esecuzione del rapporto di trasporto, ed in


un’obbligazione di sécurité di mezzi, applicabile agli incidenti «che precedono
518
o che succedono al trasporto propriamente detto» .
519
Nel decidere che, «al di fuori dell’esecuzione del contratto di trasporto» ,
la responsabilità del vettore è sottoposta alle regole della responsabilità delit-
tuale, la Cassazione restringe sensibilmente la responsabilità contrattuale del
vettore, come «conseguenza di una limitazione apportata [...] all’estensione
520
dell’obbligazione di sécurité» . Questa, intesa nella sua unica accezione di
obbligazione determinata di sicurezza, «esiste soltanto durante l’esecuzione
521
del contratto di trasporto» , mentre viene disconosciuta, quanto meno nel-
l’ipotesi dell’accident de gare, l’obbligazione cosiddetta di mezzi o di diligenza.
Prima del “caso Valverde” era necessario dissociare il «trasporto propriamen-
522
te detto dalla durata di esecuzione del contratto» . Dopo il revirement, «l’ese-
523
cuzione del contratto di trasporto si identifica con la durata del trasporto» ,
le quali coincidono con la sfera di esigibilità dell’obbligazione di sécurité di
risultato.
Secondo un’autorevole dottrina, questo orientamento «merita una totale
524
approvazione» . Frazionando l’obbligazione di sécurité del vettore in un’ob-
bligazione “di mezzi” e in un’obbligazione determinata, la giurisprudenza an-
teriore «era giunta, in sostanza, a un risultato contrario alla sua finalità, che
525
era quella di migliorare la situazione delle vittime» . Invece di beneficiare «di
un allégement dell’onere della prova, che è proprio delle obbligazioni di risul-
tato, i viaggiatori che erano vittima di danni causati nel recinto delle stazioni
dovevano provare la faute del vettore e si vedevano privati della facoltà d’in-
526
vocare la responsabilità oggettiva di cui all’art. 1384, comma 1, code civ.» .
Questa ingiusta disparità di trattamento sussisteva non soltanto per gli inci-
denti de gare occorsi ai terzi, ma anche per i danni subiti all’interno dei ma-
gazzini, che la giurisprudenza, nei settori estranei al trasporto, poneva invece
527
sul terreno delittuale .

518
In questi termini, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 549, nel citare sia Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969,
in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s., sia Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, ivi, 1970, Jur., p. 767 s.
519
Testualmente, Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, cit., p. 633.
520
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
521
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
522
Lo afferma P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
523
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
524
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
525
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit. Conf., sul punto, C. MASCALA, Accidents de gare, cit., p. 81. In
questi termini, già R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 28 s.; G. DURRY, in Rev. trim. dr. civ.,
1970, p. 582; G. VINEY, Note, in Sem. jur., 1975, II, Jur., 18179.
526
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
527
Lo riferisce P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 549 s. In giurisprudenza, cfr. Cass., II Ch. civ., 15 mai
1984, in Rev. trim. dr. civ., 1985, p. 585, e Cass., II Ch. civ., 24 janvier 1985, ivi, 1986, p. 115, en-
trambe con il commento di J. HUET.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 499

Sotto un profilo più propriamente sistematico, il caso Valverde, temperan-


528
do «l’imperio acquisito dall’obbligazione di sécurité» , riduce a più giuste
529
dimensioni la responsabilità contrattuale del vettore , operando un rialli-
neamento tra le responsabilità. Non era ammissibile «che fosse stato esteso ar-
tificialmente l’ambito della responsabilità contrattuale di là dall’inadempimen-
530
to delle obbligazioni esplicitate dalle parti o imposte dalla legge» . L’obbliga-
531 532
zione «implicita» di sécurité avrebbe dovuto essere «aggiunta» al contratto
soltanto allorché «era necessario raggiungere un obiettivo preciso che la giuri-
sprudenza si era prefissato e, in ogni caso, nelle sole ipotesi nelle quali la sua
533
opportunità era certa» . Cosa che, invece, non accadeva «per i danni subiti dai
534
passeggeri prima o dopo l’esecuzione del trasporto effettivo» , i quali poteva-
no essere disciplinati in maniera più pertinente dall’art. 1384, comma 1, code civ.
535
Al «riflusso» dell’obbligazione di sécurité di mezzi corrisponde, più in ge-
nerale, un restringimento della responsabilità contrattuale e, viceversa, una rie-
spansione della “frontiera mobile” della responsabilità delittuale, che recupera
536
«il posto che le compete» . Con il revirement operato, in due tempi, dalle
537 538
sentenze “collegate” del 1969 e del 1970 , la Cassazione aveva disegnato la
disciplina del trasporto interamente all’interno della responsabilità contrattua-
le, fondando le diverse vicende della sua esecuzione sulla contestata distinzio-
539
ne tra obbligazioni (di sécurité) di mezzi e di risultato. La sentenza del 1989 ,
540
viceversa, sostituisce a questo criticabile «découpage» un’altra partizione,
quella tra responsabilità contrattuale e delittuale.
La disciplina del contratto di trasporto è ridisegnata. Il campo contrattuale
si trova ristretto alla sola esecuzione del rapporto di trasporto, mentre tutti i
danni che il passeggero subisce prima dell’ingresso e dopo l’uscita dal veicolo
541
«non entrano più nel contratto» . Questo refoulement dell’obbligazione di
sécurité, che limita considerevolmente l’ambito in cui la responsabilità contrat-
542
tuale del vettore può essere evocata , determina un «riequilibrio tra le re-
543
sponsabilità» , che ha due conseguenze principali.
528
P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 550.
529
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
530
Così P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
531
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
532
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
533
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
534
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
535
Il termine «reflux» è utilizzato da P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
536
C. MASCALA, Accidents de gare, cit., p. 82.
537
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
538
Cass., I Ch. civ., 21 juillet 1970, in Rec. Dalloz, 1970, Jur., p. 767 s.
539
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 632 s.
540
L’espressione è di C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
541
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
542
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
543
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
500 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

In primo luogo, superata la «denunciata e condannata estensione artificia-


544
le» agli accidents de gare della responsabilità contrattuale, essa riacquista «la
545
sua veritiera dimensione» , essendo ormai il vettore responsabile sul piano
contrattuale dell’inadempimento delle sole obbligazioni previste dalle parti o
imposte dalla legge. L’obbligazione di sécurité continua a far parte del contrat-
546
to, ma nei rigorosi limiti dell’esecuzione del trasporto . Questo «riequili-
547
brio» si traduce in «una visione molto più oggettiva del diritto della respon-
sabilità, che non cerca più, con mezzi sviati, di raggiungere un obiettivo preci-
548
so, ma che ritrova la sua originaria dimensione» .
In secondo luogo, «parallelamente al riflusso della responsabilità contrattua-
le, questo riequilibrio provoca un aumento della pressione della responsabilità
549
che grava sul vettore» . Infatti, sia l’incidente che avviene nell’esecuzione del
rapporto di trasporto, per il quale il vettore è tenuto all’adempimento di un’ob-
bligazione di sécurité di risultato, sia il danno subito dal passeggero nella stazio-
ne a causa del fatto di una cosa della quale il vettore è custode, per il quale si
applica l’art. 1384, comma 1, code civ., sono sottoposti ad una disciplina de plein
550
droit che esonera la vittima dalla prova della faute , rispettivamente, del debi-
tore o del gardien. In entrambe le ipotesi il vettore sarà gravato da una respon-
sabilità oggettiva, ora contrattuale, ora delittuale, dalla quale potrà esimersi sol-
tanto con la prova della cause étrangère, del caso fortuito o della forza maggiore.
Tali aspetti, relativi alla prova, sono ulteriormente precisati da una succes-
551
siva sentenza della Cassazione la quale, nel ribadire la regola aurea secondo
la quale l’obbligazione di sécurité «è a carico del vettore a partire dal momento
in cui il passeggero inizia a salire sul veicolo e fino all’istante in cui termina di
552
scenderne» , afferma che il vettore può esimersi dalla responsabilità soltanto
«allorché l’incidente è dovuto alla faute esclusiva della vittima che presenta il
carattere della forza maggiore, appartenendo, però, al vettore l’amministrazio-
553
ne della prova di questa faute» . Nel caso di un passeggero caduto tra il mar-
ciapiede e il binario nel momento in cui il treno era già ripartito, poiché non
554
erano state «precisate le circostanze dell’incidente» , il vettore «non si è po-
tuto esonerare dalla sua obbligazione contrattuale di sécurité, in assenza della
555
prova della faute della vittima» .
544
Così C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
545
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
546
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
547
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
548
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
549
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
550
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
551
Cass., I Ch. civ., 26 juin 1990, in Rec. Dalloz, 1990, Inf. rap., p. 193.
552
Cass., I Ch. civ., 26 juin 1990, cit., p. 193.
553
Cass., I Ch. civ., 26 juin 1990, cit., p. 193.
554
Cass., I Ch. civ., 26 juin 1990, cit., p. 193.
555
Cass., I Ch. civ., 26 juin 1990, cit., p. 193.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 501

Riguardo, poi, alla prova della cause étrangère, ai fini del difficile esonero
dalla responsabilità delittuale di cui all’art. 1384, comma 1, code civ., è bene
556
ricordare che la Suprema Corte , anche in presenza di una cosa inerte (porta
a vetri), considera responsabile il gardien «senza precisare in cosa il compor-
tamento della vittima presenti per il custode un carattere imprevedibile e irre-
557
sistibile tale da esonerarlo» dalla responsabilità.
L’esclusione dell’obbligazione di sécurité-moyens per gli accidents de gare,
disposta con il caso Valverde, avviene sicuramente in controtendenza rispetto
agli orientamenti della stessa giurisprudenza francese, la quale procede, vice-
versa, in molteplici altri settori, e nello stesso ambito delle obbligazioni di
sécurité, ad espandere le frontiere della responsabilità contrattuale. Si pensi,
558
altresì, ai “gruppi” o alle chaînes di contratti , nei quali la responsabilità con-
trattuale tende ad essere estesa anche nei casi in cui, tra il convenuto e la vit-
559
tima, non vi sia un «vincolo contrattuale diretto» .
560
Questo «asséchement» dell’obbligazione di sécurité di mezzi, quindi, «non
561
s’iscrive nella tendenza dominate della giurisprudenza» , che invece esprime,
anche in Francia, un più generale orientamento alla “contrattualizzazione”
della responsabilità civile, ma trova fondamento nella specifica esigenza di su-
perare un contestato utilizzo strumentale della responsabilità contrattuale, che
risultava, soprattutto, svantaggioso per la vittima. Questa non deve più invo-
care il controverso meccanismo probatorio che discende dall’inadempimento
di un’obbligazione di diligenza, che, almeno secondo le declamazioni giuri-
sprudenziali, imporrebbe pur sempre al danneggiato creditore di dimostrare
562
la faute del debitore . Si è avuto modo di verificare, però, come la giurispru-
denza, nella quasi totalità delle decisioni, abbia comunque condannato il debi-
tore, trasformando, nella sostanza, l’obbligazione “di mezzi” in un’obbliga-
556
Cass., II Ch. civ., 4 juillet 1990, in Rec. Dalloz, 1990, Inf. rap., p. 193.
557
Così Cass., II Ch. civ., 4 juillet 1990, cit., p. 193.
558
In giurisprudenza, cfr. Cass., Ass. Plén., 7 février 1986, in Rec. Dalloz, 1986, Jur., p. 293, anno-
tata da A. BÉNABENT (pp. 293-296), e in Sem. jur., 1986, II, Jur., 20616, con le osservazioni di P. MA-
LINVAUD; App. Agen, I Ch. civ., 7 décembre 1988, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 899 s., con il com-
mento di P. CONTE (pp. 900-902). In dottrina, C. LARROUMET, L’action de nature nécessairement
contractuelle et la responsabilité civile dans les ensembles contractuels, in Sem. jur., 1988, Doctr., 3357;
G. VINEY, L’action en responsabilité entre participants à une chaîne de contrats, in Mélanges D. Hol-
leaux, Paris, 1990, p. 399 ss.
559
Lo afferma, tra gli altri, C. MASCALA, op. ult. cit., p. 83.
560
Il termine è di P. JOURDAIN, La responsabilité de la S.N.C.F., cit., p. 550.
561
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
562
Proprio il caso che ispira il revirement effettuato da Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal.,
1989, II, Jur., p. 632 s., era stato deciso, dai giudici d’appello, in senso sfavorevole al danneggiato,
poiché egli non era stato in grado di dimostrare la faute del vettore. Tale conclusione è condivisa an-
che da un’autorevole dottrina, ove afferma che non vi sarebbe «alcuna differenza tra la faute contrat-
tuale consistente nel violare un’obbligazione di sécurité di mezzi e quella, delittuale, risultante dalla
trasgressione del dovere generale di condotta prudente e diligente di cui agli artt. 1382 e 1383» (P.
JOURDAIN, op. loc. ult. cit.).
502 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

zione “rinforzata” di diligenza, attraverso il ricorso all’inversione dell’onere


probatorio e a presunzioni di responsabilità.
Non è un caso, forse, che il revirement della Cassazione nel caso Valverde
sia stato deciso proprio in presenza di una sentenza dei giudici d’appello che
aveva negato la responsabilità della S.N.C.F., per l’impossibilità della vittima
di provare una faute che fosse la causa dell’evento dannoso. A seguito della qua-
lificazione dell’accident de gare in termini di responsabilità delittuale, l’attore
ha la possibilità di beneficiare dell’applicazione del regime de plein droit pre-
visto dall’art. 1384, comma 1, che, attraverso la sua generalizzazione ad ipotesi
sempre più varie, assurge ad equivalente sistematico dell’art. 1382 code civ.
Mentre quest’ultimo esprime soltanto il regime di responsabilità delittuale ap-
plicabile al «fait personnel», il primo rappresenta lo statuto generale della re-
563
sponsabilità civile con riguardo ad ogni «fait des choses» o «d’autrui» .

12. Rispetto ad un sistema così articolato, interamente costruito dalla giuri-


sprudenza francese al fine di colmare la “lacuna” del code civil in tema di tra-
sporto di persone, il diritto italiano si caratterizza per una norma che discipli-
564
na «esclusivamente il contenuto della prova liberatoria» . Ma, come insegna
anche l’esperienza francese, è proprio la struttura della prova liberatoria a
chiarire la tipologia del rapporto obbligatorio e, conseguentemente, il regime
d’imputazione della responsabilità.
L’art. 1681, comma 1, nel disporre la responsabilità del vettore per i «sini-
stri» che colpiscono il passeggero durante il viaggio, «se non prova di aver
adottato tutte le misure idonee a evitare il danno», adopera un’espressione già
utilizzata, con alcune variazioni, in tema di trasporto aereo di persone (art.
942 cod. nav.: «il vettore risponde del danno [...] per i sinistri che colpiscono
la persona del passeggero [...] a meno che provi che egli e i suoi dipendenti e
preposti hanno preso tutte le misure necessarie e possibili secondo la normale
diligenza per evitare il danno»). Ma, a differenza di quest’ultima norma, l’art.
1681, comma 1, non riferisce (quanto meno esplicitamente) l’obbligazione di
assumere “tutte” le misure idonee ad evitare il danno alla normale diligenza
esigibile dal vettore. E ciò caratterizza tale regola per un maggior rigore rispet-
to a quella posta in tema di trasporto aereo. Tanto più che l’enunciato di cui
all’art. 1681, comma 1, appare assolutamente identico, almeno nel suo tenore
letterale, a quello, assai noto, che disciplina la responsabilità delittuale del-
l’esercente attività pericolose (art. 2050 c.c.). La perfetta coincidenza di una
regola di responsabilità contrattuale con una di responsabilità extracontrattua-
le conferma, ancora una volta, come sia possibile individuare un “diritto co-
563
Questa costruzione sistematica è percepibile nelle pagine di G. VINEY, P. JOURDAIN, Les con-
ditions, cit., pp. 315 ss., 597 ss., 807 ss.
564
Così, V. BUONOCORE, I contratti, cit., p. 93.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 503

mune” della responsabilità civile che, prescindendo da una classificazione ispi-


rata alla natura della fonte (contratto o torto), si incentri soprattutto sull’esa-
me dei regimi di imputazione “altri” rispetto alla colpa.
L’art. 2050 c.c., com’è noto, ha suscitato un ampio dibattito nel quale sono
intervenuti tutti i maggiori studiosi di responsabilità civile, i quali ora hanno
565
posto in evidenza il fondamento comunque colposo della responsabilità ,
566
che, però, attribuirebbe rilevanza giuridica alla c.d. colpa lievissima , ora
567
hanno discorso di responsabilità semi-oggettiva , ora hanno ricondotto la fat-
tispecie nell’ambito della responsabilità oggettiva, parlando di responsabilità
568 569
“per rischio oggettivamente evitabile” , “per esposizione al pericolo” ov-
570
vero di un modello oggettivo derivante da un’“entità irrazionale seagente” e
571
qualificato dal concetto di pericolosità . Del pari, anche l’art. 1681, comma
1, è stato oggetto di svariate interpretazioni, pur limitate prevalentemente agli
studiosi del diritto dei trasporti, le quali si sono caratterizzate, anch’esse, per
572
l’oscillare tra qualificazioni in termini di “responsabilità soggettiva” , ovvero
573
di «responsabilità quasi oggettiva» o «oggettiva relativa» .
574
Se si prescinde da un’autorevole dottrina – che si è rivelata del tutto iso-
575
lata nella letteratura successiva e, soprattutto, nella giurisprudenza –, la qua-
le, nel collegare la responsabilità del vettore al principio della diligenza nell’adem-
pimento, è giunta ad affermare la sua irresponsabilità ogni qualvolta la causa
del danno fosse “estranea” alla sfera economica del vettore (anche se si trat-
576
tasse di una causa “evitabile” con le misure di diligenza del caso) , la natura
soggettiva della responsabilità è stata in concreto argomentata innanzitutto at-
traverso un’interpretazione restrittiva del termine “sinistro”, limitata a quegli
eventi dannosi (occorsi alla persona del viaggiatore) in conseguenza di inci-
denti «riconducibili ad accidentalità o anomalie inerenti allo svolgimento del-
577
l’operazione di trasporto» . In tale formula sono state ricomprese «sia le ac-
565
Ad es., C. CASTRONOVO, Problema e sistema nel danno da prodotti, Milano, 1979, p. 711 ss.
566
A. DE CUPIS, Dei fatti illeciti, cit., p. 79.
567
Per tale nozione, anche con riferimento all’art. 2054 c.c., F.D. BUSNELLI, La parabola, cit., p.
680 ss.
568
P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., pp. 275-280.
569
M. COMPORTI, Esposizione al pericolo, cit., p. 255.
570
D. DE MARTINI, I fatti produttivi di danno risarcibile, Padova, 1983, p. 241.
571
M. FRANZONI, Il danno da attività pericolose nella giurisprudenza, in Contr. e impr., 1985, pp.
176 ss., 186 ss.
572
Oltre gli Autori cit. di seguito, cfr., riassuntivamente, L.F. PAOLUCCI, Il trasporto, cit., p. 117 s.
573
C. DE MARCO, La R.C. nel trasporto, cit., p. 184.
574
U. MAJELLO, Custodia e deposito, Napoli, 1958, p. 142 ss.
575
Per una critica di tale tesi, già M. IANNUZZI, Del trasporto, cit. p. 103 s.
576
Così, U. MAJELLO, op. loc. cit.
577
In questi termini, M. IANNUZZI, op. ult. cit., p. 90, il quale aderisce all’interpretazione già pro-
posta da A. DE MARTINI, Appunti sulla responsabilità del vettore nel trasporto di persone, in Giur.
compl. Cass. civ., 1949, I, p. 597; conf. A. VENDITTI, Alcune osservazioni sulla responsabilità del vetto-
re nel contratto di trasporto di persone, ivi, 1955, I, p. 788.
504 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

cidentalità concernenti il modo di essere o di funzionare del veicolo nel suo


insieme e operanti sulla persona del viaggiatore tramite la loro incidenza sul
veicolo (per es. ribaltamento od incendio della vettura, naufragio della nave,
eccezionali scuotimenti del veicolo), sia le altre anomalie o difettosità relative
al funzionamento del complesso di mezzi e dell’attività organizzativa ed esecu-
tiva necessaria per l’attuazione del trasporto (per es. difettoso funzionamento
di dispositivi meccanici relativi alla chiusura del veicolo; assenza di necessari
dispositivi di prevenzione di accidenti; mancata adozione, da parte del perso-
nale dell’impresa di trasporto, di necessarie misure di prevenzione di acciden-
578
ti)» . L’individuazione del concetto di sinistro in «tutti gli eventi dannosi ri-
conducibili al difettoso funzionamento dell’attività organizzativa ed esecutiva
necessaria per l’attuazione del trasporto (e cioè riconducibili agli atti e alle
579
omissioni del vettore e dei suoi ausiliari)» , da un lato, ha consentito di com-
prendere nella sfera di responsabilità del vettore «qualunque evento dannoso
comunque imputabile alla condotta positiva od omissiva sua e dei suoi ausilia-
ri», anche se «materialmente causato dall’atto di un terzo (per es.: ferimento
580
di un viaggiatore da parte di un terzo a scopo di rapina)» , ma imputabile ad
omissione dell’attività di prevenzione normalmente dovuta dal vettore. Dall’al-
tro, ha inteso «circoscrivere – nella moltitudine degli eventi dannosi che du-
rante il viaggio possono colpire il viaggiatore per sua o per altrui colpe o per
fortuito – quegli eventi rispetto ai quali può ragionevolmente operare una pre-
sunzione di imputabilità al vettore intesa ad attuare una intensa tutela del
581
viaggiatore» .
Rispetto a questa ricostruzione, però, sembra possibile rilevare che la no-
zione di causalità incentrata sulla «anormalità» o «accidentalità» del servizio,
del tutto assente nell’enunciato di cui all’art. 1681, comma 1, c.c., è stata ri-
presa (ed ivi trasposta, in via d’interpretazione) dalla previgente disciplina in
tema di trasporto ferroviario (r.d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, convertito nella
legge 4 aprile 1935, n. 911), la quale esplicitamente limitava la responsabilità
del vettore ferroviario ai danni «derivanti da anormalità del servizio a meno
che non provi che l’anormalità è avvenuta per caso fortuito o forza maggio-
582
re» . Tale regola, che pur circoscriveva oggettivamente l’esonero dalla respon-
sabilità del vettore alla interruzione del nesso causale dovuta alla prova positi-
va di eventi esterni, ineluttabili e imprevedibili (caso fortuito e forza maggio-
re), e comunque indipendenti dalla sfera della diligenza del debitore, è stata
poi modificata da più recenti interventi legislativi (legge 24 ottobre 1975, n.
810, che ratifica la Convenzione internazionale per il trasporto dei viaggiatori
578
M. IANNUZZI, op. ult. cit., p. 91.
579
M. IANNUZZI, op. ult. cit., p. 92.
580
M. IANNUZZI, op. loc. ult. cit.
581
M. IANNUZZI, op. ult. cit., p. 90.
582
Per la giurisprudenza in materia di responsabilità dell’Amministrazione ferroviaria, formatasi
sotto il vigore della previgente disciplina, cfr., per tutti, L.F. PAOLUCCI, op. ult. cit., p. 165 ss.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 505

e dei bagagli per ferrovia) i quali prevedono una responsabilità ancora più ri-
gorosa, definita “per rischio di esercizio” e considerata come “quasi obbietti-
va”, là dove limita le cause di esonero a circostanze del tutto estranee all’eser-
cizio della ferrovia (colpa del viaggiatore o del terzo, ad es.) che «valgano ad
583
interrompere palesemente il nesso di causalità» . A seguito dell’entrata in vi-
gore della legge 7 ottobre 1977, n. 754, poi, si è verificato un ulteriore am-
pliamento della responsabilità dell’Amministrazione ferroviaria, la quale ri-
sponde per ogni danno conseguente ad un “incidente che sia in relazione con
l’esercizio ferroviario”. Scompare il concetto di anormalità del servizio e, im-
plicitamente, la necessità per il viaggiatore di provare la condotta colposa del
vettore. A fondamento della pretesa risarcitoria «è posta infatti la prova del
danno, del contratto di trasporto, e della sola materiale riferibilità dell’evento
584
dannoso ad una modalità del trasporto» .
È estremamente dubbio, quindi, che la nozione di “anormalità” del servi-
zio, abrogata dal legislatore proprio nel settore nel quale era stata normativa-
mente prevista, possa continuare a sopravvivere, in via d’interpretazione, nella
disciplina generale del trasporto, nella quale era stata traslata dalla dottrina,
proprio sulla base della previgente disciplina in tema di trasporto ferroviario.
Inoltre, v’è da rilevare come, pur sotto il vigore di tale normativa, una conso-
lidata giurisprudenza aveva circoscritto la più rigorosa prova dell’anormalità
del servizio al solo trasporto ferroviario (il cui esercizio era disciplinato da
585
norme “tecniche”, che pertanto “derogavano” al diritto comune), avendo
affermato che, ai sensi dell’art. 1681, il passeggero dovesse limitarsi a provare
il solo pregiudizio «risentito durante il viaggio» e il «nesso di causalità tra il
586
trasporto e l’evento lesivo» . Un’avvertita dottrina, nel considerare sinonimi,
anche dal punto di vista lessicale, le nozioni di “accidentalità” (ovvero «quan-
587
to avviene nell’ambito della pura contingenza o dell’imprevedibilità») e di
“anormalità” (nel senso della «mancata rispondenza a criteri oggettivi di pre-
588
visione, di giudizio o di classificazione») , aveva rilevato come tali termini,
nella lingua italiana, implicassero una «marcata contiguità con l’imprevedibili-
tà dell’evento», coincidendo «sostanzialmente con le classiche nozioni di caso
589
fortuito e di forza maggiore» .
583
F.D. BUSNELLI, M. SANTILLI, Ammodernamento del sistema giuridico in materia di danno alla
persona del viaggiatore mediante modificazioni ed integrazioni alle Condizioni e Tariffe per i trasporti
delle persone e delle cose sulle Ferrovie dello Stato, in Nuove leggi civ. comm., 1978, p. 1426.
584
Così, F.D. BUSNELLI, M. SANTILLI, op. ult. cit., p. 1429.
585
Tale termine è esplicitamente utilizzato da Cass., 17 luglio 1963, n. 1956, in Resp. civ. prev.,
1964, p. 387.
586
Testualmente, Cass., 19 dicembre 1958, n. 3912, in Resp. civ. prev., 1959, p. 556. Per tale orien-
tamento giurisprudenziale, sia consentito rinviare a L.F. PAOLUCCI, Il trasporto, cit., p. 166, e a V.
BUONOCORE, I contratti, cit., p. 105, in nota 61.
587
Così, G. DEVOTO, G.C. OLI, Il dizionario della lingua italiana, cit., p. 15.
588
G. DEVOTO, G.C. OLI, op. cit., p. 97.
589
V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 94, là dove sottolinea come la stessa dottrina che accede a
506 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

L’identità delle formule usate negli artt. 1681, comma 1, e 2050 c.c. rende-
rebbe esplicita la volontà del legislatore di rasentare, in entrambi i casi, «il tet-
590
to della responsabilità oggettiva» , sulla base di una comune disciplina detta-
591 592
ta per la responsabilità per rischio d’impresa . Da qui «l’abbandono» delle
posizioni, invero assai datate, della dottrina che limitavano la responsabilità
del vettore alle “accidentalità normalmente connesse al mezzo di trasporto”,
ovvero ai soli eventi dannosi prodottisi durante il viaggio, riconducibili alla
(prova della) negligenza del vettore e dei suoi ausiliari.
Un’illustre dottrina che aveva esaminato il problema della responsabilità
del vettore, sia pur con riferimento al concetto di diligenza professionale ex
art. 1176, comma 2, c.c., aveva sottolineato come tale nozione riguardasse non
soltanto lo sforzo compiuto dall’imprenditore e dai suoi ausiliari nell’adempi-
mento dell’obbligazione, ma anche l’apprestamento della necessaria organiz-
593
zazione adeguata al puntuale adempimento , avendo individuato un «aggra-
594
vamento» dello sforzo richiesto rispetto al parametro della diligenza.
Tuttavia, la ricostruzione più puntuale della disciplina della responsabilità
595
del vettore si ritrova già in un celeberrimo saggio di Luigi Mengoni , quasi
sempre citato dalla letteratura specialistica in modo parziale, spesso al fine di
596
validare soluzioni esattamente antitetiche rispetto a quelle espresse, in real-
tà, dall’Autore.
Al fine di fugare qualsiasi equivoco in materia, si afferma che «l’obbligo di
protezione» della persona e delle cose del viaggiatore, che ha fonte nel con-
597
tratto di trasporto, «è un obbligo di risultato e non di mera diligenza» . Il
vettore è tenuto «a questo preciso risultato: far pervenire alla mèta stabilita, e
598
in orario, il viaggiatore incolume col proprio bagaglio intatto» . Nel caso di
danno alla persona del passeggero, «l’inadempimento del vettore si identifica

tale ermeneutica (M. IANNUZZI, Del trasporto, cit., p. 90 ss.) abbia sentito «il bisogno di scrivere
esplicitamente che è possibile accogliere la formula [...] solo a patto di interpretarla come equiva-
lente a eventi dannosi causati sia da anomalie relative al funzionamento del veicolo, sia da anoma-
lie relative al complesso dell’attività organizzativa necessaria per l’attuazione del trasporto» (p. 95,
in nota 44).
590
G. COTTINO, Contratti commerciali. Il trasporto e la spedizione, in Tratt. Galgano, XVI, Pado-
va, 1991, p. 767.
591
G. COTTINO, op. loc. ult. cit.; O. CAGNASSO, G. COTTINO, Contratti commerciali, in Tratt. di
dir. comm. diretto da G. Cottino, Padova, 2000, p. 244 s.
592
Così V. BUONOCORE, op. ult. cit., p. 97, il quale, tuttavia, utilizza tale termine per manifestare
un’idea esattamente opposta a quella espressa nel testo.
593
M. GIORGIANNI, voce Buon padre di famiglia, in Noviss. Dig. it., II, Torino, 1958, p. 598.
594
Questa tesi è autorevolmente sostenuta da M. GIORGIANNI, cit. in M. IANNUZZI, Del trasporto,
cit., p. 99, in nota 4.
595
L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 380 ss.
596
Cfr., ad es., M. IANNUZZI, Del trasporto, cit., pp. 96 e 98 s., in note 2 e 4; L.F. PAOLUCCI, op.
ult. cit., p. 147.
597
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 380.
598
L. MENGONI, op. loc. ult. cit. (il corsivo è nostro).
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 507

599
oggettivamente nel fatto dell’infortunio di viaggio» . Pertanto, la prova del-
l’inadempimento dell’obbligo di protezione, imposto al vettore dall’art. 1681,
«non implica una valutazione della condotta del debitore alla stregua dell’art.
1176, ma solo la dimostrazione oggettiva del sinistro di viaggio, vale a dire di
una lesione subita dalla persona o dalle cose del viaggiatore durante il traspor-
600
to e a causa di esso» .
È «inaccettabile», quindi, la tesi che addossa al viaggiatore «addirittura
l’onere di provare che il sinistro è conseguenza di una anormalità del traspor-
601
to» . Tale orientamento «confonde il concetto di “sinistro di viaggio” col
concetto di “anormalità del trasporto”», là dove la nozione di sinistro indica
«un danno causato al viaggiatore da un fatto in cui si svolge l’attività di esecu-
zione del contratto, ma non necessariamente da un fatto anormale, cioè con-
602
trario alle regole tecniche e di prudenza che il vettore deve osservare» .
La chiave di lettura del sistema è individuata nella disciplina sulla riparti-
zione dell’onere probatorio. Come, d’altronde, afferma una consolidata giuri-
603
sprudenza , il passeggero deve limitarsi a provare il «contratto di trasporto e
604
il danno della persona o delle proprie cose, patito a causa del trasporto» .
Con la prova del contratto, del danno e del rapporto di causalità il passeggero
605
«ha assolto al suo onere di prova» . L’apprezzamento della condotta del vet-
tore e dei suoi ausiliari secondo la misura della diligenza professionale verrà in
considerazione soltanto «in sede di prova liberatoria, cioè per stabilire
l’imputabilità al vettore dell’impossibilità sopravvenuta del risultato dovuto,
606
insomma per stabilire il caso fortuito nel senso dell’art. 1218» .
La qualificazione dell’obbligazione di sécurité del vettore quale obbligazio-
ne di risultato, nel riallineare l’esperienza italiana alla tradizione francese, ri-
sulta implicitamente confermata dalla giurisprudenza prevalente, la quale, al-
lorché decide sulla responsabilità, afferma che il passeggero deve provare
«esclusivamente» il danno e il nesso causale, mentre il vettore «è liberato da
responsabilità solo fornendo la prova che il danno non è stato determinato da
599
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 381.
600
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 380 (il corsivo è dell’Autore); e già A. ASQUINI, La responsabilità
del vettore, cit., p. 368 s.
601
L. MENGONI, op. loc. ult. cit. (il corsivo è dell’Autore).
602
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
603
Ad es., Cass., 28 aprile 1965, n. 752, in Resp. civ. prev., 1965, p. 384; Cass., 26 ottobre 1974, n.
3170, cit. in L.F. PAOLUCCI, op. ult. cit., p. 133, al quale si rinvia (p. 144) per l’indicazione delle ulte-
riori decisioni in tal senso. V’è da rilevare, inoltre, come vi sia qualche sentenza che estende ulterior-
mente il rapporto di causalità, nell’affermare che «la responsabilità del vettore [...] sussiste [...] non
soltanto quando il sinistro sia avvenuto a causa del trasporto, ma anche quando esso si sia verificato
semplicemente in occasione del trasporto» (Cass., 29 marzo 1979, n. 1803, in Giur. it., 1980, I, 1, c.
688).
604
Così, L. MENGONI, op. ult. cit., p. 380 s.
605
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 381. Tale orientamento è confermato più di recente da V. BUO-
NOCORE, op. ult. cit., p. 103 s.
606
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
508 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

causa a lui imputabile, per essere stato determinato dal fatto di terzi o dello
607
stesso danneggiato, ovvero da caso fortuito o forza maggiore» .
La giurisprudenza, in proposito, richiede sia che debba essere il vettore a
dover dare la dimostrazione del caso fortuito con una positiva identificazione
608
dell’evento , sia che tale evento, per interrompere il nesso causale, debba
presentare i caratteri dell’imprevedibilità, dell’inevitabilità e dell’eccezionali-
609
tà . La Cassazione, ad esempio, ha escluso che integrassero le ipotesi del caso
610
fortuito il “colpo di sonno” fisiologico , l’improvviso afflosciamento di un
611 612
pneumatico , l’affollamento della vettura , lo slittamento del veicolo su stra-
613 614
da bagnata o ghiacciata , l’abbagliamento da fari o da riflessi solari , il bloc-
615
caggio del volante , il colpo di vento che non assuma «un carattere cicloni-
616
co» , il sasso «proiettato su un’autovettura in sorpasso su una strada non
617
asfaltata» , la manovra di emergenza che non risulti adeguata allo stato di
618
necessità e inevitabile rispetto alla soluzione di guida prescelta , lo stesso im-
619
provviso malore che ha colpito il conducente (infarto, attacco epilettico, ecc.) ,
se preceduto da segnali premonitori. Anche il fatto del creditore, per inter-
rompere il nesso eziologico ed esimere il debitore dalla responsabilità, deve
consistere in un’azione imprevedibile e inevitabile, di per sé efficiente a causa-
620
re l’evento .
Sulla base della dinamica (invertita) dell’onere probatorio, l’esigenza di in-
dicare specificamente, ai fini dell’esonero, l’evento fortuito fa gravare sul vet-
607
Cass., 26 ottobre 1974, n. 3170, cit., p. 133.
608
Cass., 19 aprile 1955, n. 1090, in Mon. Trib., 1955, p. 313; conf., tra le tante, Cass., 5 giugno
1956, n. 1913, in Giust. civ., 1956, I, p. 1899; Cass., 23 giugno 1958, n. 2212, in Arch. giur. circol.,
1960, p. 121; Cass., 29 aprile 1964, n. 1034, in Resp. civ. prev., 1964, p. 508.
609
Ad es., Cass. pen., 18 marzo 1983, n. 2280, in Arch. giur. circol., 1983, p. 478; Cass. pen., 12
gennaio 1979, n. 324, ivi, 1979, p. 341; App. Milano, 12 luglio 1974, ivi, 1975, p. 84.
610
Cass. pen., 14 maggio 1985, n. 4660, in Riv. giur. circol. trasp., 1986, p. 160; Cass. pen., 12 ot-
tobre 1984, n. 8513, ivi, 1985, p. 275.
611
Cfr., in proposito, L.F. PAOLUCCI, op. ult. cit., p. 156.
612
Cass., 22 marzo 1954, n. 809, in Riv. giur. circol. trasp., 1955, p. 1067.
613
Cass. pen., 22 ottobre 1986, n. 11314, in Riv. giur. circol. trasp., 1987, p. 705; Cass. pen., 16
marzo 1982, in Resp. civ. prev., 1982, p. 837; Cass. pen., 22 dicembre 1981, n. 11329, in Riv. giur.
circol. trasp., 1982, p. 1118.
614
Cass. pen., 18 marzo 1986, n. 2183, in Riv. giur. circol. trasp., 1986, p. 1061; Cass. pen., 10 lu-
glio 1980, n. 8796, ivi, 1981, p. 157 s.; Cass. pen., 19 gennaio 1980, n. 753, ivi, 1980, p. 601; Trib.
Firenze, 9 febbraio 1981, ivi, 1982, p. 1107.
615
Cass. pen., 27 marzo 1980, n. 4268, in Riv. giur. circol. trasp., 1981, p. 1109.
616
Cass. pen., 20 gennaio 1970, in Giust. pen., 1970, II, c. 890.
617
Pret. Bassano del Grappa, 24 novembre 1977, in Resp. civ. prev., 1979, p. 115; Pret. Mestre, 10
marzo 1973, in Dir. prat. assic., 1974, p. 689.
618
Cass. pen., 10 marzo 1982, in Resp. civ. prev., 1982, p. 839; Cass. pen., 18 febbraio 1972, ivi,
1973, p. 483.
619
Cass. pen., 8 aprile 1982, in Resp. civ. prev., 1983, p. 550; Cass. pen., 16 gennaio 1978, n. 530,
in Arch. giur. circol., 1978, p. 207; App. Brescia, 16 ottobre 1974, in Resp. civ. prev., 1974, p. 162.
620
Nel diritto francese, basti citare l’arrêt Desmares: Cass. civ., 21 luglio 1982, in Rec. Dalloz,
1982, Jur., p. 449, e in Sem. jur., 1982, II, 19861.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 509

tore la responsabilità anche per le cause cc.dd. ignote o inaccertabili. Poiché il


passeggero deve limitarsi a provare il nesso eziologico tra trasporto e danno,
cioè che il danno è stato causato dal trasporto, spetta al vettore, al fine di esi-
621
mersi dalla responsabilità, «identificare» lo specifico evento non imputabile
(caso fortuito o fatto del terzo o del trasportato) che ha interrotto il rapporto
causale.

622
13. Il revirement operato con il “caso Valverde” ha risolto gli annosi
problemi derivanti dagli accidents de gare ma, nel contempo, ha posto inediti
interrogativi. Il nuovo assetto assunto dalle responsabilità delittuale e contrat-
tuale, quanto meno in ordine all’esecuzione del contratto di trasporto, ha de-
623
notato «una considerevole portata generale» ed ha tracciato «la trama di
624
nuove prospettive contrattuali in materia di obbligazione di sécurité» , di-
625
schiudendo «nuove frontiere tra le responsabilità» .
La prima questione riguarda l’impatto che la decisione assunta nel “caso
626
Valverde” può assumere nei cc.dd. «contratti vicini» che, in virtù di più o
meno evidenti analogie con il contratto di trasporto, la giurisprudenza disci-
plina in maniera similare, ricorrendo, anche qui, al “frazionamento” dell’ob-
bligazione di sécurité in obbligazione di mezzi e di risultato.
Le Corti d’oltralpe, a differenza di quanto accade per il contratto di tra-
sporto, nel caso delle seggiovie, tendono a limitare l’obbligazione di sécurité di
risultato alla sola esecuzione del rapporto di trasporto caratterizzato da dina-
mismo, inteso come effettivo trasferimento di una persona da un luogo ad un
altro (durante il quale essa assume un ruolo passivo), mentre considerano ob-
bligato il gestore degli impianti di risalita ad una mera obbligazione di sécurité
di mezzi per quanto riguarda le fasi dell’ingresso e dell’uscita dal veicolo, in
627
ragione del “comportamento attivo” tenuto dal trasportato . Tale soluzione
si pone in contrasto con la disciplina del contratto di trasporto, così come san-
628
cita dal caso Caramello. Anche a seguito dell’arrêt Valverde, la Cassazione ,
629
seguendo un itinerario già percorso nel trasporto mediante teleferica , po-
630
trebbe operare un «rafforzamento dell’obbligazione di sécurité» anche nel
621
Così, G. COTTINO, Contratti commerciali, cit., p. 786.
622
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 632 s.
623
C. MASCALA, Accidents de gare, cit., p. 83.
624
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
625
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
626
La definizione, assai diffusa in dottrina, è tratta da C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
627
Per questa soluzione, cfr. Cass. civ., 11 mars 1986, in Gaz. Pal., 1986, II, p. 333.
628
Cass., I Ch. civ., 4 juillet 1995, Nercessian c. S.A. SAMDA et a., in Sem. jur., 1996, II, Jur.,
22620.
629
Cass., I Ch. civ., 17 février 1987, in Sem. jur., 1988, II, Jur., 21082.
630
Così G. PAISANT, P. BRUN, Note a Cass., I Ch. civ., 4 juillet 1995, Nercessian c. S.A. SAMDA
et al., in Sem. jur., 1996, II, Jur., 22620.
510 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

settore delle seggiovie e, optando per la soluzione favorevole all’obbligazione


di risultato, condannare gli esercenti degli impianti meccanici di risalita a ri-
sarcire i danni occorsi al trasportato anche durante le fasi di imbarco e di
sbarco, prescindendo dall’ambiguo criterio del ruolo (più o meno) attivo as-
631
sunto dalla vittima . Riguardo, poi, agli incidenti accaduti nelle “stazioni”
delle funivie e delle seggiovie, sarebbe doverosa l’applicazione dell’art. 1384,
comma 1, code civ.
Il tendenziale allineamento della disciplina prevista per le seggiovie al con-
tratto di trasporto potrebbe non riguardare, invece, le sciovie, per le quali
l’obbligazione di sécurité di mezzi viene evocata non soltanto per le fasi della
partenza e dell’arrivo, ma anche per la stessa esecuzione della risalita, in virtù
632
della «partecipazione attiva che la persona trasportata» , «tirata sui suoi sci,
633
è tenuta ad apportare all’operazione» .
La giurisprudenza “Valverde” potrebbe incidere anche su quei contratti,
considerati analoghi al trasporto, che si caratterizzano per il fatto che un pro-
fessionnel «mette a disposizione della sua clientela istallazioni o materiali,
634
l’utilizzazione dei quali può essere occasione d’incidenti» . Sia nei casi di au-
635 636 637
toscontro , di montagne russe , di manège di altalene , di una vacanza tra-
638 639
scorsa in un villaggio turistico , sia in altre ipotesi di trasporti «pour rire» ,
la giurisprudenza, continuando a qualificare la responsabilità dell’esercente in
ogni caso come contrattuale, afferma che grava sul debitore un’obbligazione
di sécurité di risultato soltanto durante l’esecuzione del trasporto o del gioco,
mentre vi sarebbe un’obbligazione “di mezzi” o di diligenza per le fasi che
640
precedono o che seguono «l’adempimento dell’obbligazione principale» .
Se dovesse estendersi anche a questi contratti la regola sancita nel caso
Valverde, dovrebbe essere giudicata insussistente ogni obbligazione di sécurité
641
(di mezzi) al di fuori dell’esecuzione della prestazione , mentre, «in buona
642
logica» , dovrebbe trovare applicazione la disciplina della responsabilità de-
littuale di cui all’art. 1384, comma 1, code civ., in ordine ai danni causati dalle
cose in custodia. Anche in questi rapporti la dicotomia “obbligazione di sécu-
631
Cfr., in particolare, Cass., I Ch. civ., 4 juillet 1995, Nercessian c. S.A. SAMDA et al., cit.,
22620.
632
In questi termini Cass., I Ch. civ., 4 novembre 1992, in Sem. jur., 1993, II, Jur., 22058.
633
Cass., I Ch. civ., 4 novembre 1992, cit., 22058.
634
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
635
Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, in Rec. Dalloz, 1975, Jur., p. 512.
636
Cass., I Ch. civ., 28 octobre 1991, in Rec. Dalloz, 1992, Somm. comm., p. 271.
637
Cass., I Ch. civ., 18 février 1986, in Rec. Dalloz, 1986, Inf. rap., p. 235. Sul punto, J. HUET, En-
treprise d’attraction pour enfant: obligation de résultat, in Rev. trim. dr. civ., 1986, p. 770 s.
638
Cass. crim., 1 juillet 1997, in Rec. Dalloz, 1997, Inf. rap., p. 212.
639
L’espressione è di P. LE TOURNEAU, Note a Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, in Rec. Dalloz,
1975, Jur., p. 512.
640
P. JOURDAIN, La responsabilité de la S.N.C.F., cit., p. 550.
641
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
642
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 511

rité di risultato/obbligazione di sécurité di mezzi” dovrebbe essere soppiantata


dalla diversa alternativa tra responsabilità contrattuale e responsabilità delit-
tuale. La responsabilità contrattuale sussisterebbe soltanto durante l’esecuzio-
ne del contratto e dovrebbe essere limitata alla sola obbligazione di sécurité di
risultato. Nel quadro di un più generale riflusso dell’obbligazione di sécurité
“di mezzi”, l’incidente accaduto prima e dopo l’esecuzione della prestazione
sarebbe del tutto indipendente dal contratto e, quindi, sottoposto alla disci-
plina della responsabilità delittuale.
643
Un’autorevole dottrina è favorevole alla generalizzazione della regola po-
sta nel “caso Valverde” a tutte le fattispecie contrattuali che, per un motivo o
per un altro, sono state assimilate al contratto di trasporto, nella convinzione
644
che «gli equivalenti delittuali» rimpiazzino più vantaggiosamente l’ambigua
categoria (e disciplina) delle obbligazioni di sécurité “cosiddette” di mezzi. Il
progressivo svuotamento di quest’ultima categoria «potrebbe rafforzare quella
645
delle obbligazioni di sécurité di risultato» , le uniche a poter assumere in
maniera appropriata la denominazione di obbligazioni di sécurité. La tendenza
alla «sparizione dell’obbligazione di sécurité di mezzi», nuovamente conferma-
ta dalla Cassazione nel risarcire un incidente accaduto nell’attesa di una coin-
646 647
cidenza , trova il suo fondamento nella «lodevole intenzione» di restringe-
re l’ambito dell’obbligazione di sécurité «ai rischi del trasporto propriamente
648
detto» . Questa si giustificherebbe soltanto qualora il creditore sia «esposto,
649
per il fatto dell’esecuzione del contratto, a un rischio anormale» , il quale,
secondo le circostanze, interviene «durante la fase del trasporto propriamente
650
detto» . Viceversa, negli accidents de gare e, più in generale, in tutti gli inci-
denti che precedono o che seguono l’esecuzione della prestazione, «i pericoli
non sono per nulla né specifici né abbastanza anormali da giustificare un’ob-
651
bligazione contrattuale di sécurité» , anche perché essi riguardano nella stes-
sa misura sia i viaggiatori, sia i terzi.
Un ulteriore problema consiste nel verificare se l’obbligazione di sécurité
“di mezzi”, considerata inidonea (dalla Cassazione, nel 1989) a disciplinare, nel-
l’ambito dell’esecuzione del contratto di trasporto, gli incidenti accaduti al
passeggero prima dell’ingresso e dopo l’uscita dal veicolo, possa essere utiliz-
zata, negli altri contratti considerati “analoghi”, per qualificare la posizione del
643
Cfr., ad es., H. GROUTEL, Vers un chambardement de l’obligation de sécurité dans les contrats?,
in Resp. civ. ass., 1989, Chron., n. 16; P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.; G. VINEY, P. JOURDAIN, Les con-
ditions, II éd., 1998, cit., p. 485.
644
H. GROUTEL, op. loc. ult. cit.
645
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
646
Cass., I Ch. civ., 19 février 1991, cit. in G. VINEY, P. JOURDAIN, op. cit., p. 485, in nota 852.
647
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
648
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
649
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
650
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
651
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
512 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

652
debitore, ogni qualvolta il creditore trasportato giochi un “ruolo attivo” nel-
la fase dell’esecuzione della prestazione. La giurisprudenza, questa volta, ha
assunto una posizione favorevole, e ciò ha indotto a parlare di una possibile
653
reintroduzione della partizione tra le obbligazioni di sécurité di risultato e
654
“di mezzi” «in un campo contrattuale ridefinito» .
L’obbligazione determinata di sécurité, infatti, viene concessa dalle Corti
soltanto in presenza di due condizioni: la sicurezza del trasportato deve essere
655
«strettamente legata all’esecuzione corretta del contratto» ; il debitore del-
l’obbligazione di sécurité deve «controllare e dominare l’esecuzione materiale
656
del trasporto» o, più in generale, dell’attività oggetto dell’obbligazione. Nel-
le ipotesi nelle quali non sono presenti entrambe le condizioni potrebbe essere
657
reintrodotta «la dicotomia condannata» . Allorché il trasportato non assume
un ruolo passivo durante il tragitto, ma partecipa con la sua condotta all’ese-
cuzione della prestazione debitoria – emblematico è il caso del trasporto me-
diante sciovia –, contribuendo, con la sua negligenza o imperizia, alla causa-
zione del danno, non sembrerebbe «ragionevole far gravare sul vettore un’ob-
658
bligazione di sécurité di risultato» . Quando il fatto della vittima è la causa
659
del danno, «si potrebbe liberare il vettore dalla responsabilità oggettiva» . La
reintroduzione, in questo ambito, dell’obbligazione di sécurité “di mezzi” «non
660
avrebbe niente di sorprendente» , ma anzi sarebbe in linea con quell’orienta-
mento delle Corti che, in numerosi contratti, esclude che la vittima possa «be-
661
neficiare della garanzia di un’obbligazione di risultato» , allorché essa con-
servi «un largo margine d’iniziativa e di libertà d’azione che priva il debitore
662
del totale dominio sull’esecuzione dell’operazione» .
Il persistere, in questi contratti, di un’obbligazione di sécurité di mezzi, che
in molte fattispecie è stata ufficialmente “rafforzata” dalle Corti mediante il
ricorso ad esplicite presunzioni di responsabilità, dovrebbe essere verificato
alla luce di un ulteriore principio, posto dalla Prima Sezione civile della Cas-
663
sazione nel 1995 , che si potrebbe rivelare ben più rivoluzionario, per le sue
652
In tema di sciovie v., ad es., Cass., I Ch. civ., 4 novembre 1992, in Sem. jur., 1993, II, Jur.,
22058.
653
C. MASCALA, Accidents de gare, cit., p. 83.
654
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
655
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
656
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
657
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
658
C. MASCALA, op. ult. cit., p. 84.
659
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
660
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
661
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
662
C. MASCALA, op. loc. ult. cit. Oltre a Cass., I Ch. civ., 4 novembre 1992, cit., 22058 (in tema di
sciovie), cfr. Cass., I Ch. civ., 31 janvier 1984, in Rec. Dalloz, 1984, Inf. rap., p. 236 (port de paisance);
App. Versailles, 30 janvier 1986, ivi, 1986, Inf. rap., p. 235 (ipermercato); App. Paris, 18 février 1982,
in Gaz. Pal., 1982, II, Somm., p. 316.
663
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 350 s.
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 513

conseguenze sia applicative, sia sistematiche, di quello posto nel “caso Valver-
de”. Mentre questo fu pensato per operare nei circoscritti limiti del contratto
di trasporto, la “codificazione” di un principio generale di responsabilità con-
664
trattuale per il fatto delle cose potrebbe investire l’intero sistema di respon-
sabilità civile. Nel porre definitivamente in crisi la tradizionale partizione tra
obbligazioni di mezzi e di risultato e, più in generale, gli stessi confini della re-
sponsabilità delittuale e contrattuale, potrebbe suggerire all’interprete di rico-
struire un sistema “comune” delle responsabilità civili sulla base di una regola
di strict liability. Ne conseguirebbe una progressiva erosione del campo delle
obbligazioni di sécurité di mezzi, che potrebbe estendersi parallelamente a
quella già avvenuta nell’ambito della responsabilità delittuale per colpa, e ciò
potrebbe preludere ad un’inedita ricostruzione unitaria del sistema di respon-
sabilità civile, fondata non tanto sui tradizionali poli distintivi del contratto e
del torto, quanto sulla valenza “ordinante” dei criteri d’imputazione delle re-
sponsabilità diversi dalla colpa.
Pur prescindendo, per ora, da questa più generale problematica, che, tut-
tavia, non ha avuto seguito nell’esperienza francese, è innegabile che lo stesso
revirement del 1989 abbia iniziato ad incidere significativamente sulle «nuove
665
frontiere tra le responsabilità» , poiché l’esclusione «della responsabilità
contrattuale [per colpa] dall’ambito degli accidents de gare, con tutte le conse-
guenze evocate, provoca inevitabilmente problemi di territorio in relazione al
diritto dei contratti e apre prospettive di riunificazione in ordine al diritto del-
666
la responsabilità» . Con il “caso Valverde”, la Cassazione ha inteso «cancel-
lare le differenze tra le responsabilità, per favorire una riparazione uniforme di
tutti i danni alla persona, sia che la vittima sia parte del contratto, sia che sia
667
terzo» . Da un lato, è assicurata alle vittime una parità di trattamento, a pre-
scindere dalle qualità di contraente o di terzo; dall’altro, pur in presenza di
una ripartizione dei danni tra responsabilità contrattuale e delittuale, questa
distinzione non assume più alcun interesse sotto l’aspetto pratico, «poiché il
risarcimento dei danni alla salute obbedisce al medesimo regime per quanto
668
riguarda le sue conseguenze in materia sia contrattuale [...], sia delittuale» .
Il principio del non-cumul tra le responsabilità è rispettato, «principio saldamen-
669
te ancorato alla tradizione giuridica» francese, ma la nuova soluzione ne «at-
670
tenua gli inconvenienti» , garantendo alla vittima la disciplina più favorevole.
In questi termini, anche se limitatamente al contratto di trasporto, nella ri-
partizione delle responsabilità tra il vettore e il passeggero, una posizione del
664
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
665
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
666
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
667
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
668
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
669
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
670
C. MASCALA, op. loc. ult. cit.
514 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

tutto preminente è accordata a quest’ultimo. La giurisprudenza, «perseguen-


do un movimento più che secolare, [...] facilita una volta di più» il risarcimen-
671
to dei danni biologici «anche nel caso dell’accident de quai» . Il contratto di
trasporto «non fa più nascere un’obbligazione di sécurité di mezzi, ma soltanto
672
un’obbligazione di risultato» . Allorché è stipulato tale contratto, il passeg-
gero è tutelato, sia durante il tragitto, sia nelle fasi anteriori e successive, da
un’analoga responsabilità oggettiva a carico del vettore/custode, che ora è
contrattuale (obbligazione di risultato), ora è delittuale (art. 1384, comma 1).
673
Escluso che il contratto di trasporto sia divenuto un contratto reale , «la tra-
674
dizionale distinzione tra formazione ed effetti del contratto si attenua» , dal
momento che il contratto di trasporto di persone (come molti altri) produce la
675
pienezza dei suoi effetti soltanto allorché viene eseguito .
In presenza di questo itinerario complesso e articolato che ha riguardato il
diritto francese, la soluzione ideata nel caso Valverde, per risolvere un pro-
blema di limitato rilievo sociale (come quello degli accidents de gare), può as-
sumere però un pregnante significato sistematico, allorché comprova in ma-
niera paradigmatica le attuali interferenze tra le due specie della responsabilità
civile. Sulla base di un principio di fungibilità tra regole delittuali e contrat-
tuali, ispirate ad un medesimo criterio oggettivo d’imputazione, la Cour de
676
Cassation ha garantito una sostanziale equivalenza tra i risultati con la situa-
zione anteriore al “caso Caramello”, applicando una regola di responsabilità
delittuale (l’art. 1384, comma 1, code civ.), che è del tutto simile, anche sotto il
profilo dell’oggetto e dell’onere della prova, a quella che disciplina l’inadem-
pimento di un’obbligazione di sécurité di risultato. Mentre sotto il profilo si-
stematico v’è un significativo mutamento della natura della responsabilità, che
da contrattuale diviene delittuale, sotto l’aspetto più propriamente giuridico e
pragmatico la Cassazione ha ristabilito nuovamente un regime di responsabili-
tà oggettiva che trova la sua fonte non più nel contratto di trasporto (allorché
si applicava l’obbligazione di sécurité di risultato), ma nella disciplina delittua-
le che la giurisprudenza ha elaborato per i danni cagionati dalle cose in custo-
dia. Anzi, il regime di responsabilità oggettiva risulta ulteriormente esteso,
poiché, mentre anteriormente al caso Caramello poteva beneficiare dell’obbli-
gazione di sécurité di risultato il solo passeggero, nella qualità di parte del con-
tratto, successivamente al caso Valverde la disciplina della responsabilità (de-

671
P. MALAURIE, Note a Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Rec. Dalloz, 1991, Jur., p. 3.
672
P. MALAURIE, op. loc. cit.
673
Così come, invece, afferma parte della dottrina svizzera (cfr., ad es., P. ENGEL, Traité des obli-
gations en droit suisse, Neufchätel, 1973, p. 38).
674
P. MALAURIE, op. loc. ult. cit.
675
P. MALAURIE, op. loc. ult. cit.
676
La moderna scienza comparativa pone in evidenza come, pur in presenza di regole e di istituti
strutturalmente diversi, la giurisprudenza sovente realizzi una sostanziale equivalenza tra i risultati (in
argomento, L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., pp. 65, 66 ss., 222 s. e passim).
LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE NEL CONTRATTO DI TRASPORTO DI PERSONE 515

littuale) de plein droit risulta applicabile, parallelamente, sia al viaggiatore, sia


a qualsiasi “terzo”. Questa copre la quasi totalità degli accidents de gare, se si
considera l’evoluzione che la nozione di chose ha avuto nell’esperienza d’ol-
tralpe, la quale comprende sia le cose statiche, sia, attraverso la sua estensione
agli incidenti provocati nel corso della circolazione stradale, le cose «azionate
677
[...] dalla mano dell’uomo» .
Così come accade da oltre un secolo nel diritto francese, ai fini della «ripar-
678
tizione della sicurezza» tra l’obbligo del vettore di vegliare sulla sicurezza del
viaggiatore, e tra il corrispondente obbligo del passeggero di vegliare sulla pro-
pria sicurezza, assume un rilievo preminente senz’altro il primo. «Voyageurs,
679
veillez sur vous» . Ma, soprattutto, come esclamava, precorrendo i tempi, P.
680
Esmein, «Transporteurs, veillez sur nous!» .

677
Precisa, infatti, che «la loi [...] ne distingue pas suivant que la chose qui a causé le dommage
était ou non actionnée par la main de l’homme», Cass., Ch. réun., 13 febbraio 1930, in Rec. Dalloz,
1930, Jur., p. 57 ss., nel decidere il celebre arrêt Jand’heur.
678
In questi termini, C. MASCALA, Accidents de gare, cit., p. 84.
679
L’espressione è di R. RODIÈRE, Voyageurs, veillez sur vous!, cit., p. 45 ss.
680
Come esclamava P. ESMEIN, Transporteurs, veillez sur nous, cit., p. 1 ss.
516 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO NONO

LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI”


E “DI RISULTATO” NELL’UNIFORMAZIONE
DEI MODELLI DI IMPUTAZIONE
DELLE RESPONSABILITÀ

SOMMARIO. 1. La consacrazione degli obblighi di protezione e di sécurité: verso un modello uni-


tario di rapporto obbligatorio che tende a realizzare «un’attiva tutela contrattuale» dell’in-
tegrità della persona e dei suoi beni. La proliferazione delle obbligazioni di sécurité “di dili-
genza”, quale espressione del tradizionale retaggio “colposo” della responsabilità civile d’ol-
tralpe. – 2. Le incertezze della partizione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”: la cri-
tica ai criteri tipologici astratti fondati sulle peculiarità dell’oggetto (più o meno determina-
to) dell’obbligazione, sul carattere aleatorio dell’attività del debitore, sull’accettazione (im-
plicita) dei rischi da parte del creditore, sul ruolo (più o meno) passivo del creditore nell’ese-
cuzione del contratto. L’esigenza di una valutazione non “in astratto” ma “in concreto”. – 3.
Segue. Le incongruenze della giurisprudenza che qualifica un’obbligazione di sécurité di ri-
sultato pur in presenza di una condotta eminentemente “attiva” del creditore, che è titolare
dei poteri di direzione e di controllo. La ricerca di più idonei criteri ordinanti. – 4. Segue.
Gli escamotages della giurisprudenza francese: l’elaborazione della categoria delle obbliga-
zioni “di mezzi” renforcées o aggravées e la loro possibile identificazione con le obbligazioni
“di risultato” (allégées o atténuées). Dall’inversione della prova negativa della faute, alla di-
mostrazione, “in positivo”, del caso fortuito o della forza maggiore. – 5. Segue. La presta-
zione di alimenti di buona qualità quale “risultato” certo che il ristoratore promette ai suoi
clienti. L’estensione dell’obbligazione determinata di sécurité all’affidamento di minori che
non sono in grado di “vegliare” sulla propria sicurezza. L’obbligazione “principale ed espli-
cita” di sorvegliare, che ha una funzione, più che di prevenzione, di «garanzia». – 6. Il con-
fronto con l’esperienza italiana. Il pensiero di Luigi Mengoni in merito alla partizione tra
obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”. Critica della dottrina che, costruendo la responsa-
bilità contrattuale in termini paralleli a quella delittuale per colpa, ravvisa nella contestata
partizione un criterio di spostamento dell’onere della prova. Inadempimento e caso fortui-
to. – 7. Segue. Il tentativo della giurisprudenza italiana di superare la distinzione tra obbli-
gazioni “di mezzi” e “di risultato”. La generalizzazione del principio di «riferibilità o di vi-
cinanza alla prova» e la sua applicazione agli obblighi di prestazione e di sicurezza. – 8. Se-
gue. La divaricazione, in tema di responsabilità “contrattuale” del medico, tra le esperienze
francese e italiana. La proposta di distinguere dall’obbligo di prestazione, “di mezzi”, un’ob-
bligazione di sécurité “di risultato”, la quale, però, non assume alcuna autonomia rispetto al
primo. L’inversione dell’onere della prova della causalità e l’accollo, al debitore, della causa
ignota e inaccertabile. Verso una «responsabilità oggettiva» contrattuale. – 9. Segue. Le ul-
518 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

teriori ipotesi di “contrattualizzazione” della responsabilità civile, in Italia, mediante l’indi-


viduazione di obblighi di sicurezza. La parallela “de-contrattualizzazione” della responsabi-
lità dei gestori di strutture pubbliche e private per i danni “da caduta” occorsi ai clienti. La
responsabilità “da custodia” della P.A. Il principio di equivalenza tra le regole della respon-
sabilità oggettiva delittuale del custode (art. 2051 c.c.) e della responsabilità contrattuale del
soggetto tenuto all’obbligo di sicurezza. – 10. Segue. La de-contrattualizzazione della re-
sponsabilità da prodotto. Il problema della distribuzione dell’onere probatorio. L’allinea-
mento tra i regimi di responsabilità con riferimento alle attività dell’organizzatore e del ven-
ditore di pacchetti turistici. – 11. Rilievi conclusivi. La regola di responsabilità oggettiva con-
trattuale per il fatto d’autrui (nel caso consorts Blieck) e la simmetria con il regime di re-
sponsabilità (contrattuale e delittuale) del gardien per il fatto della cosa. L’espansione della
regola di responsabilità oggettiva contrattuale per il fatto d’autrui al settore della garde, delle
associazioni sportive e dei groupes de contrats. L’estensione ai preposti, agli ausiliari non
preposti ed ai “sostituti”. – 12. Segue. Il principio di responsabilità oggettiva contrattuale per il
fatto delle cose: lo scarso seguito di questa soluzione e la tendenza a procedere ad una pro-
gressiva ri-qualificazione delle obbligazioni di sécurité “di mezzi” in obbligazioni “di risulta-
to”. Critica della dottrina che intende “unificare” la responsabilità civile attraverso un’ec-
cessiva compressione della responsabilità contrattuale. – 13. Segue. Il superamento delle
obbligazioni di sécurité-moyens e la ricerca di nuovi modelli ordinanti. La “colpa contrattua-
le” come «falso concetto» e l’emancipazione della disciplina dell’inadempimento dalla re-
sponsabilità delittuale per colpa. Il ruolo ordinante assunto dai principi di responsabilità
oggettiva contrattuale per i fatti d’autrui e delle cose in custodia. Verso l’uniformazione del
sistema di responsabilità civile, da torto e da contratto: la “fungibilità” tra le regole sulla ba-
se dei criteri d’imputazione diversi dalla colpa.

1. La giurisprudenza francese, che ha esteso in maniera indiscriminata e


non sempre convincente la figura dell’obbligazione di sécurité “di mezzi” a
gran parte dei rapporti civili, ha determinato uno snaturamento dell’originaria
struttura di tale modello e richiede alcune precisazioni, prima di affrontare le
1
ulteriori problematiche legate ad un’eventuale “de-contrattualizzazione”
dell’obbligazione di sicurezza in settori pur primari della responsabilità civile.
Tali incertezze, che hanno spinto la dottrina a parlare di un vero e proprio
2
«chambardement» dell’obbligazione di sécurité di diligenza e ad interrogarsi
sulla sua utilità ed opportunità all’interno del diritto dei contratti, non hanno
tuttavia impedito che questa figura trovasse un’importante conferma nell’Avant-
projet de reforme du droit des obligations diretto da Pierre Catala, il quale,
nell’art. 1151, dispone che «L’obligation de sécurité, inhérente à certains en-
gagements contractuels, impose de veiller à l’intégrité de la personne du cré-
3
ancier et de ses biens» . L’esigenza di “codificare” la sicurezza in una generale
1
Il termine è utilizzato, tra gli altri, da P. JOURDAIN, L’obligation de sécurité du vendeur et les
chaînes de contrats, in Rev. trim. dr. civ., 1993, p. 594.
2
In particolare, H. GROUTEL, Vers un chambardement, cit., n. 16.
3
Il testo può essere letto in G.B. FERRI, P. SPADA (a cura di), L’avant-projet Catala (progetto di ri-
forma del diritto delle obbligazioni e della prescrizione – art. 1101/1386 e 2234/2281 del Code civil –
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 519

categoria di obbligazioni, che si affianca alle (ancor più consolidate) obbliga-


zioni di fare e di non fare (art. 1144), di dare (art. 1145), di “dare in uso” (art.
1146), alle obbligazioni pecuniarie e “in natura” (art. 1147), a quelle “di valo-
re” (art. 1148), naturali (art. 1152), “di mezzi” e “di risultato” (art. 1149), ri-
badisce l’attualità e la preminente considerazione della scienza giuridica fran-
cese per una tipologia di rapporti obbligatori che tendono a realizzare, «in una
società de précaution, l’aspirazione ad un’attiva tutela contrattuale dell’integri-
4
tà della persona e dei suoi beni» . Necessità avvertita anche nell’esperienza te-
desca, la quale ha destinato una parte significativa della riforma legislativa del
diritto delle obbligazioni ad offrire un fondamento legale sia agli obblighi di
protezione (§ 241, comma 2, BGB), sia alla responsabilità precontrattuale ed
alla culpa in contrahendo (§ 311 BGB).
Si afferma, quindi, nell’esperienza europea continentale, un modello unita-
rio di «obblighi di sicurezza o, come dicono i tedeschi, “di protezione” (...)
oppure – giusta la terminologia del nostro art. 1175 – obblighi “di correttez-
za”» che, in virtù del principio di buona fede, «accedono al rapporto obbliga-
torio in vista dell’interesse di ciascuna parte a preservare la propria persona e
le proprie cose dalla specifica possibilità di danno, derivante dalla particolare
5
relazione costituitasi fra i due soggetti» . Si tratta di obblighi essenzialmente
reciproci, così come «messo felicemente in rilievo» dall’art. 1175, «in contrap-
posto agli obblighi “di prestazione”, tipici della posizione giuridica del debi-
tore», che salvaguardano un «interesse negativo di protezione», cioè «di mera
6
conservazione» dell’integrità fisica e del patrimonio . Ma ciò non impedisce
che essi possano avere ad oggetto un facere positivo, così come gli obblighi di
prestazione, i quali, pur realizzando sempre uno scopo positivo, possono avere
7
un contenuto negativo .
Nell’odierna società accade sempre più frequentemente che colui il quale
«si mette in relazione con un altro soggetto allo scopo di realizzare un regola-
mento di interessi, espone la propria sfera giuridica a rischi che altrimenti non
la toccherebbero, entra in una specifica zona di pericolo determinata dalla
possibilità che l’attività dell’altra parte, connessa allo svolgimento del rappor-
8
to, sia di tale natura da arrecargli danno» . Di fronte a questa specifica cerchia
di pericolo, in cui sono coinvolti i beni di una parte che vengono in contatto
con l’attività e le cose della controparte, il principio della buona fede «com-
pleta e rafforza la tutela del diritto assoluto [...], creando una serie parallela di

redatto da una Commissione di civilisti francesi diretta da Pierre Catala), Testo, Exposé des motifs e
traduzione in italiano, presentazione di G. ALPA, Milano, 2008, p. 191 (la trad. it. del testo è a p. 302).
4
Così, D.R. MARTIN, in G.B. FERRI, P. SPADA (cur.), L’avant-projet Catala, cit., p. 92.
5
L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 368.
6
Le espressioni citate tra virgolette sono di L. MENGONI, op. ult. cit., p. 368, anche in note 12
e 13.
7
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
8
L. MENGONI, op. ult. cit., pp. 368 e 369.

18.
520 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

obblighi relativi, come tali soggetti alle norme della responsabilità contrattua-
9
le» . Questi obblighi di sicurezza (di protezione o “di correttezza”) assumono
una struttura, una funzione ed un contenuto autonomi rispetto agli obblighi di
prestazione, pur concorrendo con questi alla realizzazione dello scopo com-
plessivo del rapporto obbligatorio. Ciò non significa, però, che tra di essi pos-
sano essere annoverati anche i cc.dd. “obblighi secondari, non autonomi”,
meglio denominati come “obblighi integrativi strumentali”, «i quali non han-
no uno scopo a sé stante (e quindi non possono farsi valere in giudizio con
una azione autonoma), ma tendono ad assicurare l’esatto adempimento della
10
prestazione principale» .
Le obbligazioni di sécurité, così come gli obblighi di protezione (Schutz-
pflichten), trovano il loro fondamento storico nella creazione giurisprudenziale
di multiformi figure di obbligazione e nella loro progressiva applicazione a
settori sempre più ampi dei rapporti civili, anche slegati da ogni somiglianza
con il contratto di trasporto. Lo stesso deprecato “arretramento” dell’obbliga-
11
zione di sécurité “di risultato” ed il suo correlato “depotenziamento” a favo-
re di un’inedita obbligazione di diligenza, la quale ha interessato – ad eccezio-
ne degli accidents de gare – soprattutto i contratti diversi dal trasporto, hanno
rappresentato il risultato di una lenta elaborazione casistica della giurispru-
denza francese, la quale, in assenza di un intervento ordinante del legislatore,
si è assunta il compito sia di individuare, a volta a volta, i diversi modelli di
decisione, sia di chiarirne il fondamento, nel tentativo di ideare una doctrine
che fosse idonea a giustificare razionalmente l’intero catalogo delle soluzioni.
Ma se una maggiore coerenza sistematica ha potuto essere garantita allorché
l’obbligazione di sécurité si è evoluta all’interno del contratto di trasporto, sia
pure attraverso le articolate vicende giuridiche che hanno caratterizzato per
quasi ottant’anni l’esperienza d’oltralpe, e che sono culminate nella de-
12
contrattualizzazione effettuata con il caso Valverde , il riferimento a parame-
tri unitari e costanti è divenuto particolarmente problematico allorché l’obbli-
gazione di sécurité è stata inserita in contratti del tutto diversi, che nulla hanno
in comune tra loro e, tanto meno, con il contratto di trasporto.

9
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 369.
10
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 370.
11
La dottrina, nell’esporre le relative vicende giurisprudenziali, discorre di un «recul» dell’obbli-
gazione di sécurité di risultato, sia all’interno, sia al di fuori del contratto di trasporto (con la consueta
chiarezza, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, II éd., 1998, cit., pp. 478 ss., 483 ss.). Tale fe-
nomeno è unanimemente contestato dalla migliore dottrina: cfr., ad es., H. GROUTEL, op. ult. cit., n.
16; G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 410 ss., 486 ss.; G. VINEY, Rapport de synthèse, cit., p.
1215; Y. LAMBERT-FAIVRE, Fondement et régime, cit., p. 82 ss.; P. JOURDAIN, Le fondement, cit., p.
1198 ss.; D. MAZEAUD, Le régime, cit., p. 1202 ss.
12
Deciso da Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 632 ss.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 521

13
2. La summa divisio ideata da Demogue , ma, forse, già intuita da un noto
14
pandettista tedesco che, in sede di commento al progetto del BGB, eviden-
ziò l’opportunità di differenziare i rapporti obbligatori «secondo la corrispon-
15
denza o meno dell’oggetto al risultato finale di utilità atteso dal creditore» ,
ha caratterizzato l’intera esperienza continentale al punto da assurgere a fonte
16
di diritto positivo . Malgrado le veementi critiche della dottrina, sovente limi-
17
tate a sottolineare le incongruenze formali e nominalistiche di una partizione
18
che è stata considerata soltanto descrittiva, ma dogmaticamente inconsistente ,
la distinzione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato” è stata altresì accolta
nei Principi dei contratti commerciali internazionali elaborati dall’Unidroit, sia
al fine di stabilire le conseguenze dell’obbligazione (art. 5.1.4.), sia allo scopo
di precisare i criteri per determinare il tipo di rapporto (art. 5.1.5.). Presuppo-
sta anche nel Code Européen des Contrats (Gatt 2002, 369) e nei Principles of
European Contract Law (PECL), relativamente al commento dell’art. 6:102
dedicato alle implied conditions, questa partizione è stata recepita dall’Avant-

13
R. DEMOGUE, Traité des obligations, t. V, cit., pp. 538-541. Il contributo di R. Demogue è sot-
tolineato, ad es., da G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 441.
14
F. BERNHÖFT, Kauf, Miethe und verwandte Verträge, in E.I. BEKKER, O. FISCHER (cur.), Beiträge
zur Erläuterung und Beurtheilung des Entwurfs eines BGB für das deutsche Reich, Berlin, 1889, p. 17.
Tale idea fu ripresa e sviluppata da H.A. FISCHER, Vis major in Zusammenhang mit Unmöglichkeit
der Leistung, in Jherings J., 37, 1897, p. 199 ss.
15
L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 305.
16
Così, P. RESCIGNO, Fondamento e problemi della responsabilità medica, in La responsabilità me-
dica, Milano, 1982, p. 78 ss.; R. FAVALE, La responsabilità civile, cit., p. 107.
17
La critica alla partizione tra obbligazioni di mezzi e di risultato, che è stata dapprima mossa
nell’esperienza francese [in ordine cronologico, G. MARTON, Obligations de résultat et obligations de
moyens, in Rev. trim. dr. civ., 1935, p. 499 ss.; H. MAZEAUD, Essai de classification des obligations, ivi,
1936, pp. 1 ss., 28 ss.; A. TUNC, La distinction des obligations de résultat, cit., 449; J. FROSSARD, La
distinction des obligations de moyens et des obligations de résultat, Paris, 1965, passim; R. RODIÈRE,
Une notion menacée, la faute ordinaire dans les contrats, in Rev. trim. dr. civ., 1954, p. 201 ss.; A.
PLANCQUÉEL, Obligations de moyens, obligations de résultat (Essai de classification des obligations
contractuelles en fonction de la charge de le preuve en cas d’inexécution), ivi, 1972, p. 334 ss.; G. DUR-
RY, Quelques exemples d’application de la distinction des obligations de moyens et des obligations de
résultat, ivi, 1974, p. 616 ss. Anche la più avvertita trattatistica riprende, sia pure in sintesi, le princi-
pali obiezioni: cfr., per tutti, C. LARROUMET, Droit civil, tome 3, cit., p. 597 ss.; B. STARCK, H. RO-
LAND, L. BOYER, Droit civil. Les obligations, 2, cit., p. 411 ss.; F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE,
Droit civil. Les obligations, cit., p. 450 ss.], è stata recepita, dopo qualche decennio, anche nell’espe-
rienza italiana: tra i tanti, L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 185 ss. e passim; P. RESCI-
GNO, voce Obbligazioni, cit., p. 190 ss.; C.M. BIANCA, Diritto civile, IV, L’obbligazione, Milano, 1991,
p. 71 ss.; U. BRECCIA, Le obbligazioni, cit., p. 480 ss.; C. CASTRONOVO, La responsabilità per inadem-
pimento tra Osti e Mengoni, in Europa e dir. priv., 2008, p. 11 ss.; M. FRANZONI, Obbligazioni di mez-
zi e di risultato, in Le obbligazioni, I, L’obbligazione in generale (1173-1320 c.c.), Torino, 2004, p. 1339
ss.; A. DI MAJO, Mezzi e risultato nelle prestazioni mediche: una storia infinita, in Corriere giur., 2005,
p. 33 s.; F. PIRAINO, Obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzi ovvero dell’inadempimento incon-
trovertibile e dell’inadempimento controvertibile, in Europa e dir. priv., 2008, p. 94 ss.; V. CARBONE,
Obbligazioni di mezzi e di risultato tra progetti e tatuaggi, in Corriere giur., 1997, p. 546 s.
18
In questi termini, il contributo di L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
522 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

projet Catala, ove si stabilisce (nell’art. 1149): che «L’obligation est dite de
résultat lorsque le débiteur est tenu, sauf cas de force majeure, de procurer au
créancier la satisfaction promise, de telle sorte que, ce cas excepté, sa respon-
sabilité est engagée du seul fait qu’il n’a pas réussi à atteindre le but fixé»
(comma 1); che l’obbligazione è, invece, «dite de moyens lorsque le débiteur
est seulement tenu d’apporter les soins et diligences normalement nécessaires
pour atteindre un certain but, de telle sorte que sa responsabilité est subor-
19
donnée à la preuve qu’il a manqué de prudence ou de diligence» (comma 2) .
Tale distinzione, ispirata ad una giurisprudenza secolare che, sulla base del-
l’oggetto e delle finalità dell’obbligazione, ha mantenuto separati i due modelli
al fine di applicare una disciplina fortemente differenziata, si sarebbe imposta
all’attenzione della scienza giuridica proprio in virtù della sua forza «struttu-
20
rante» .
Tale partizione rappresenta un dato costante della giurisprudenza francese
anche in tema di obbligazioni di sécurité, la quale ha tentato di modulare va-
riamente il rigore delle sue decisioni, in relazione al singolo contratto, allocan-
do il rischio del danno ora sul creditore/vittima, ora sul debitore, proprio sulla
base del diverso regime probatorio che caratterizzerebbe le obbligazioni “di
mezzi” e quelle “di risultato”. In tal modo la stessa categoria dell’obbligazione
di sécurité è stata interamente suddivisa ed assorbita dalla contestata partizio-
ne, senza che la giurisprudenza sia stata in grado di giustificare razionalmente
le sue soluzioni, sulla base di coerenti e rigorosi criteri di decisione. La prefe-
renza per un’indiscriminata estensione dell’obbligazione di sécurité di diligen-
za ha trovato fondamento nella tradizionale centralità della faute, che ancora
connota, a livello giurisprudenziale, l’esperienza d’oltralpe; nel carattere “qua-
si-costituzionale” riconosciuto alla regola onnicomprensiva e primaria iscritta
nell’art. 1382 code civ., che darebbe fondamento e giustificazione all’intero si-
stema di responsabilità civile; nell’aver ricalcato la disciplina dell’inadempi-
mento dell’obbligazione “di diligenza” su quella della responsabilità delittuale
per colpa, in uno strenuo tentativo di dimostrare la «relativa unità delle re-
21
sponsabilità contrattuale e delittuale» .
Nella gran parte dei casi, le Corti, pur senza riferirsi sempre esplicitamente
22
alla contestata partizione fondata sul diverso “oggetto” dell’obbligazione , nel
senso di ravvisare una promessa di un «risultato preciso» o una promessa di
23
«mezzi appropriati» , hanno esteso in maniera accentuata la figura dell’obbliga-
zione di sécurité di diligenza, richiamando, in prevalenza, il principio “pragma-
19
Cfr. G.B. FERRI, P. SPADA (cur.), L’avant-projet Catala, cit., p. 191 (la trad. it. del testo è a p. 301).
20
In tal senso è il commento di D.R. MARTIN, in G.B. FERRI, P. SPADA (a cura di), L’avant-projet
Catala, cit., p. 91.
21
Le ragioni del pensiero di R. Demogue sono così sintetizzate da G. VINEY, P. JOURDAIN, op.
ult. cit., p. 442.
22
A tale criterio era ispirata, in origine, la partizione ideata da R. DEMOGUE, op. loc. ult. cit.
23
Per tale interpretazione, F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, op. ult. cit., p. 451.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 523

tico” del comportamento (più o meno attivo) tenuto dal creditore nell’esecu-
24
zione del contratto; talvolta, il criterio, incerto ed evanescente , dell’alea del
25
risultato e/o dell’attività del debitore ; talaltra, il fatto dell’accettazione (im-
26
plicita) dei rischi da parte del creditore ; infine, l’eventuale carattere gratuito
del contratto, considerato incompatibile con l’obbligazione di risultato.
Questi parametri, ai quali la giurisprudenza fa riferimento spesso singolar-
mente, in qualche caso cumulativamente, sono considerati come dati automa-
ticamente sufficienti a sancire, in maniera generale ed astratta, la partizione tra
obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”. Ma tali elementi si sono rivelati quasi
sempre inidonei allo scopo, sotto i profili sia teorico, sia pratico, poiché non
hanno impedito alle Corti di incorrere in contraddizioni, in palesi incongruen-
ze, in ingiustificate disparità di trattamento. La minore o maggiore libertà di
movimento che è riconosciuta al creditore nel singolo contratto, il carattere
più o meno aleatorio dell’attività del debitore, l’accettazione implicita dei ri-
schi da parte del creditore non rappresentano dati di per sé sufficienti a sanci-
re, in via generale, la qualificazione di un determinato rapporto obbligatorio
in termini “di mezzi” o di risultato. Piuttosto che riferirsi a parametri astratti e
generici, sembra necessario verificare, in relazione al concreto rapporto, le ef-
fettive condotte del debitore e del creditore, per come si sono in concreto di-
spiegate, e non per come si vuole che si sarebbero dispiegate sulla base di
un’astratta qualificazione derivante dal “tipo” contrattuale. Così, la valutazio-
ne del rapporto, e della responsabilità da esso derivante, deve essere effettuata
“in concreto”, non “in astratto”. Ad esempio, nel trasporto mediante sciovia
non v’è sempre una maggiore libertà di movimento del creditore, una maggio-
re “alea” dell’attività del debitore o una più consapevole accettazione dei ri-
schi da parte del creditore, rispetto a quanto accade nell’auto-scontro o in qual-
siasi altro contratto analogo. E, comunque, anche se tali connotazioni fossero,
in astratto, ravvisabili, esse potrebbero essere del tutto irrilevanti al fine di
qualificare la responsabilità del gestore sulla base di un’obbligazione “di mez-
zi” o di risultato.
Infatti, può accadere che, pur nell’ambito di un contratto di trasporto fer-
roviario o mediante teleferica, ove si ritiene esistente un’obbligazione di sécu-
rité di risultato, sia il trasportato ad essere interamente responsabile della sua
fuoriuscita dal veicolo, ad esempio, per essersi sporto eccessivamente dal fine-
strino. Viceversa, può avvenire che in uno dei tanti contratti considerati più o
meno “analoghi” al trasporto, e ai quali la giurisprudenza applica costante-
mente un’obbligazione di sécurité di diligenza, il danno si verifichi a prescin-
24
Discorrono, infatti, di un criterio «assez flou», F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, op. ult. cit.,
p. 459.
25
Sul punto, in particolare, A. TUNC, op. ult. cit., 449; tuttavia, G. MARTON, Obligation de résul-
tat, cit., p. 499.
26
In dottrina, il contributo di J. HONORAT, L’idée d’acceptation des risques dans la responsabilité
civile, Paris, 1969, passim, con prefazione di J. FLOUR.
524 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

dere da un qualsiasi comportamento colposo del creditore. Si pensi al caso in


cui il cavo di una sciovia, per circostanze ignote, recida le dita di una sciatrice,
27
senza che sia ascrivibile alla vittima alcuna specifica faute . Se l’obbligazione
che grava sul gestore degli impianti è considerata “di mezzi”, proprio in virtù
dell’astratta qualificazione fondata (dalle Corti) sul preteso “ruolo attivo” del-
la vittima, il primo sarà esonerato dalla responsabilità per il solo fatto che lo
sventurato cliente non sia in grado di provare la faute del gestore, essendo ri-
maste ignote le circostanze del danno. Se, invece, l’obbligazione di trasportare
è considerata sempre determinata, a prescindere dal fatto che il trasferimento
del creditore avvenga mediante un treno, un autobus, una teleferica o una
sciovia, l’inesatto adempimento derivante da causa ignota graverà sul debitore,
mentre saranno soltanto il caso fortuito o la forza maggiore, là dove provati,
ad esonerare il debitore dalla responsabilità.
L’equivocità dei criteri tipologici astratti fondati sull’alea, sull’accettazione
dei rischi e/o sul preteso ruolo più o meno attivo del creditore nell’esecuzione
di un certo tipo di contratto trova una significativa conferma nella contraddit-
torietà degli orientamenti seguiti dalla Cassazione. Da un lato, si è continuato
a differenziare la disciplina dell’obbligazione di sécurité nelle fasi di entrata e
di uscita dal veicolo e per gli accidents de gare, secondo che si trattasse di un
contratto di trasporto terrestre (ove la giurisprudenza garantisce alla vittima il
risarcimento integrale dei danni sulla base di modelli di responsabilità oggetti-
28
va ora contrattuale, ora delittuale) o, viceversa, di un rapporto “analogo”.
Dall’altro, sono stati applicati, quasi sempre tacitamente, modelli intermedi di
responsabilità, fondati sull’equazione danno = presunzione di responsabilità
29
(del debitore) , al fine di rafforzare la posizione di una vittima, considerata
meritevole di protezione, che, altrimenti, non sarebbe stata in grado di assol-
vere all’onere probatorio. Infine si è considerata “di risultato” l’obbligazione
del gestore anche in contratti nei quali si è in presenza di una condotta emi-
30
nentemente “attiva” del creditore (si pensi, ad es., all’auto-scontro) , rispetto
ad altri per i quali si ritiene esistente, invece, un’obbligazione di diligenza.
L’incoerente criterio fondato sul ruolo più o meno attivo del creditore, tut-
tavia, non ha trovato un convincente surrogato negli standard, suggeriti dalla
dottrina, imperniati sul carattere più o meno aleatorio dell’attività del debitore
e sul diverso grado di assunzione del rischio da parte del creditore. Se, da un
lato, si è rilevato come sia estremamente “aleatorio” distinguere le obbligazio-

27
Il caso è deciso da Cass., I Ch. civ., 4 novembre 1992, in Sem. jur., 1993, II, Jur., 22058, p. 207,
con nota di P. SARRAZ-BOURNET, e in Rec. Dalloz, 1994, Jur., p. 45. Sul punto, M. FEOLA, Le obbli-
gazioni di sécurité, cit., p. 240 s.
28
In proposito, il cap. VIII, § 11 ss.
29
Per l’analisi della casistica giurisprudenziale, si rinvia a M. FEOLA, op. ult. cit., pp. 251 ss., 260
ss. e passim.
30
Ad es., Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, in Rec. Dalloz, 1975, Jur., p. 512; Cass., I Ch. civ., 17
juin 1975, ivi, 1975, Inf. rap., p. 216. In proposito v., infra, il § 3, testo e nota 60 ss.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 525

31
ni «realmente aleatorie da quelle che presentano un rischio normale» , rap-
presentando, tali dati, “elementi comuni” a tutti i contratti; dall’altro, il crite-
rio dell’accettazione implicita dei rischi risulta fondato su un’interpretazione
32
presunta e fittizia della volontà del creditore , in ossequio ad una concezione
falsamente volontaristica della responsabilità contrattuale, in quanto nessun
creditore, se preventivamente interpellato, accetterebbe di assumere, su di sé,
il rischio del danno. Ancora più contestabile è il criterio, proposto in dottri-
33
na , ma disatteso in giurisprudenza, secondo il quale l’obbligazione di risulta-
to si distinguerebbe per avere ad oggetto la promessa di eseguire una presta-
zione determinata, dai contorni giuridici e materiali precisi, mentre quella di
mezzi avrebbe ad oggetto una prestazione indeterminata, nella quale il debito-
re, senza garantire “le but”, si riserverebbe una libertà più o meno estesa di
azione. Tale orientamento, nell’individuare il criterio di distinzione in una tau-
tologica qualificazione dell’“oggetto” dell’obbligazione (è “determinata” l’ob-
bligazione che ha ad oggetto una prestazione “determinata”) risulta inappli-
cabile proprio alle obbligazioni di sécurité ed alle altre obbligazioni implicite
(d’informazione, ecc.) che non sono espressamente contemplate nel contratto
34
e «delle quali questo non ne ha definito i contorni» .
L’insufficienza di tali criteri a fondare una chiara partizione tra le obbliga-
zioni “di mezzi” e di risultato trova conferma, all’inverso, anche in quella giu-
risprudenza che, pur ravvisando, in taluni contratti, un’obbligazione determi-
nata di sécurité, non illustra il perché di tale qualificazione, nel valutare tale
dato in comparazione con quegli altri casi, del tutto analoghi, per i quali è in-
vocata, invece, un’obbligazione di diligenza. La Cassazione, ad esempio, af-
ferma esplicitamente l’esistenza di un’obbligazione determinata di sécurité a
carico del gestore delle giostre di altalene, in occasione di un accidente subito
da una bambina che, «dopo aver preso posto, era caduta al suolo e si era ferita
35
in maniera mortale» . Ma non spiega perché, in questo specifico caso, l’ob-
bligazione di sécurité sia di risultato, mentre, nella quasi totalità dei contratti
36
“analoghi” , l’obbligazione di sécurité si affievolisca in un’obbligazione “di
mezzi”, che richiede la prova, da parte del creditore, della faute del debitore.
37
La Suprema Corte cassa, per violazione dell’art. 1147 code civ. , la senten-
za della Corte d’appello d’Amiens che aveva rigettato la domanda di risarci-
mento presentata dai genitori della bimba, avendo qualificato l’obbligazione

31
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 461.
32
Discorrono di un criterio fondato sulla «volontà probabile delle parti», che prende in conside-
razione «l’attente légitime» del creditore, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 462.
33
J. FROSSARD, op. loc. ult. cit. Su tale A. v., altresì, E. CARBONE, Diligenza e risultato nella teoria
dell’obbligazione, Torino, 2007, p. 128 ss.
34
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
35
Cass., I Ch. civ., 18 février 1986, in Rec. Dalloz, 1986, Inf. rap., p. 235.
36
Sui quali, cfr. M. FEOLA, op. ult. cit., pp. 233-321.
37
Cfr. Cass., I Ch. civ., 18 février 1986, cit., p. 235.
526 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

38
del gestore “di prudenza” e di diligenza . Secondo i giudici di merito, anche a
39
voler «supporre che questi fosse stato tenuto ad un risultato» , è dubbio che
avrebbe potuto essere giudicato responsabile allorché la vittima, «che aveva
voluto sedersi, aveva perso l’equilibrio “lasciando le barre dell’altalena in mo-
40
vimento, in violazione delle prescrizioni affisse nella giostra”» . Ma la Cassa-
zione decide, al contrario, pur in presenza di un’eventuale faute commessa
dalla vittima, che la responsabilità del gestore delle giostre di altalene discen-
de, in maniera oggettiva, dall’inadempimento di una «obbligazione di risulta-
41
to, per quanto concerne la sicurezza dei suoi clienti» .
La qualificazione, in termini di risultato, dell’obbligazione di sécurité del
gestore dell’impianto di altalene sembra trovare un qualche reale fondamento
non tanto nel criterio del ruolo (più o meno) passivo tenuto dalla vittima nell’ese-
cuzione del contratto (che è analogo a quello assunto dal creditore nella mag-
gior parte dei trasporti cc.dd. pour rire), o nella peculiare tipologia del con-
tratto di manège de balançoire rispetto ai giochi da luna-park o agli altri pseu-
do trasporti, per i quali si prevede, invece, una diversa disciplina pur in pre-
senza di una dinamica del tutto analoga (si pensi, ad es., al toboggan acquati-
42
co) , quanto nella considerazione di una mancata assunzione del rischio a cui
sono esposti gli utenti, soprattutto se minori d’età. La stessa eventuale faute di
una vittima particolarmente meritevole di protezione, proprio perché minore,
non assurge a causa di esonero dalla responsabilità, se tale condotta poteva esse-
re ragionevolmente prevista dal debitore. Ma la Suprema Corte generalizza la re-
gola, riferendo l’obbligazione determinata di sécurité a qualsiasi gestore di un im-
pianto di altalene, a prescindere dalla maggiore o dalla minore età degli utenti.
Le argomentazioni addotte nella sentenza inducono a pensare che, nella
43
specie, la condizione di “debolezza” di una vittima minore possa avere in-
fluito sulla decisione, essendo, a maggior ragione, il gestore dell’impianto ob-
bligato a condurre sano e salvo il fanciullo “a destinazione” e, cioè, fino al-
l’uscita dal veicolo o, quanto meno, fino alla cessazione del “movimento” del-
l’altalena. Secondo la Suprema Corte, prima di far gravare la responsabilità
sulla vittima, i giudici d’appello avrebbero dovuto «accertare se la barra non le
44
fosse sfuggita a seguito di una semplice mancanza di forze» , nonché «chiari-
38
Lo riferisce J. HUET, Entreprise d’attraction pour enfants, cit., p. 770.
39
J. HUET, op. loc. ult. cit.
40
L’espressione della sentenza è riprodotta da J. HUET, op. loc. ult. cit.
41
Cass., I Ch. civ., 18 février 1986, cit., p. 235.
42
In questo caso, tuttavia, nella giurisprudenza di merito, l’obbligazione di mezzi è spesso assisti-
ta da un’inversione dell’onere della prova (ad es., App. Montpellier, I Ch. civ., 20 janvier 1992, in
Sem. jur., 1993, II, Jur., 22125, p. 372). Sulla diversa qualificazione dell’obbligazione del gestore di
toboggan terrestri, P. JOURDAIN, L’exploitant d’un toboggan est tenu d’une obligation de sécurité de ré-
sultat, in Rev. trim. dr. civ., 1992, p. 397 (su tale problematica cfr. M. FEOLA, Le obbligazioni di sécu-
rité, cit., pp. 251-260).
43
In proposito, M. BUSSANI, La colpa soggettiva, cit., p. 155 ss.
44
Cfr. J. HUET, op. loc. ult. cit.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 527

re il carattere volontario o involontario del gesto che le era stato imputato a


45
titolo di faute» . Da tali argomenti «si deduce che il fanciullo debba essere
46
protetto avverso la sua debolezza fisica» , così come «contro la sua noncu-
47
ranza o negligenza» . La stessa faute d’imprudenza commessa dalla vittima
minore «non è idonea ad esonerare il debitore, perché doveva essere da questi
48 49
prevista» . Trattandosi di «attrazioni per minori» , deve essere maggiore il
livello di sicurezza richiesto al debitore nell’esecuzione della prestazione.
Sicuramente infelice è, infine, il riferimento, da parte dei giudici d’appello,
alle condizioni di utilizzo affisse all’interno della giostra. Tale dato avrebbe
potuto assumere un qualche rilievo per un contraente adulto, nei limiti in cui
si presume che egli avrebbe potuto accettare queste condizioni, assumendo il
50
rischio dell’attività. Ma «fa quasi sorridere» che tale argomento sia stato in-
vocato avverso una bambina, alla quale non si può richiedere un analogo ob-
51
bligo di informarsi (ammesso che fosse già in grado di leggere) e, soprattut-
to, un’identica capacità di accettare consapevolmente i rischi.

3. A fronte di questa ipotesi, nella quale l’obbligazione determinata del ge-


store degli impianti di altalene di assicurare la sicurezza dei clienti, soprattutto
se minori d’età, può trovare un qualche fondamento nelle limitazioni imposte
alla partecipazione attiva del creditore riguardo all’esecuzione della prestazio-
ne, in altri casi la giurisprudenza si dimostra ancora più incoerente con gli
standard adottati. Pur dichiarando di utilizzare il criterio fondato sul ruolo più
o meno attivo del creditore, al fine di attribuire al concreto rapporto obbliga-
torio la disciplina considerata più consona, attraverso la qualificazione dell’ob-
bligazione di sicurezza in termini “di mezzi” o di risultato, le Corti pervengo-
no a conclusioni che si rivelano in palese contrasto con le proprie premesse e,
per di più, con le soluzioni adottate in ipotesi analoghe.
Si è già avuto modo di verificare, ad esempio, che, nell’ambito del contrat-
to di trasporto, il passeggero che cade, incespicando, nello scendere da un va-
gone ferroviario (o da un qualsiasi altro mezzo di trasporto terrestre) beneficia
52
di una presunzione di esecuzione difettosa del contratto , malgrado l’azione
consistente nello scendere i gradini di una vettura che è immobile implichi
un’evidente partecipazione attiva da parte del creditore danneggiato. Del pari,
45
J. HUET, op. loc. ult. cit.
46
J. HUET, op. loc. ult. cit.
47
J. HUET, op. loc. ult. cit.
48
J. HUET, op. ult. cit., p. 770 s.
49
Così J. HUET, op. ult. cit., p. 771.
50
In questi termini, J. HUET, op. ult. cit., p. 770.
51
Sul punto, P. JOURDAIN, Le devoir de «se» renseigner (Contribution à l’étude de l’obligation de
renseignement), in Rec. Dalloz, 1983, Chron., p. 139 ss.
52
In questi termini, N. DEJEAN DE LA BATIE, Note a Cass., I Ch. civ., 12 juin 1979, in Sem. jur.,
1980, II, Jur., 19422. V., altresì, Cass., I Ch. civ., 27 avril 1976, ivi, 1976, II, Jur., 18477.
528 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

in presenza di un medesimo contratto di toboggan, la giurisprudenza, ora di


legittimità, ora di merito, si orienta verso divergenti soluzioni, fondate sull’ob-
bligazione di risultato o, viceversa, su quella “di mezzi” rafforzata, secondo
53
che la giostra sia “terrestre” o “acquatica” . Così non pare sempre chiara la di-
stinzione, proposta dalla Cassazione, tra il contratto di noleggio di cavalli e
54
quello di organizzazione di “passeggiate a cavallo” , che prevede l’assunzione,
a carico del debitore, ora di una mera obbligazione “di mezzi”, ora di un’obbli-
gazione di diligenza “rafforzata”, o di risultato “attenuata”. Del pari, in tema di
obbligazioni di sécurité che gravano su gestori di attività che si svolgono all’in-
55
terno di perimetri conchiusi , l’aggravamento dell’usuale responsabilità per
faute prouvée in specifici contratti non trova quasi mai fondamento nel ruolo
maggiormente “passivo” svolto dal creditore. Sia nel caso dei parchi zoologici,
sia in quello delle piscine o delle piste di pattinaggio, ad esempio, la condotta
del creditore è evidentemente “attiva”, e non consente di giustificare, neppure in
tali ipotesi, l’aggravamento della responsabilità del debitore rispetto agli altri
contratti analoghi (ristoranti, alberghi, ipermercati, discoteche, laboratori di
analisi, lavanderie automatiche, laboratori, cliniche, ecc.) nei quali si ravvisa, inve-
56
ce, un’obbligazione di mera diligenza . Il tradizionale criterio giurisprudenziale
fondato sul ruolo del creditore non permette di spiegare neppure le divergenti
decisioni assunte dalla Cassazione in materia di responsabilità dei soggetti affi-
datari di minori, ove l’aggravamento della responsabilità del debitore è impu-
tato a “fatti” e “circostanze” particolari che, secondo la dottrina, trasformano, in
concreto, «pseudo obbligazioni “di mezzi”» in vere e proprie obbligazioni di
risultato, «mediante presunzioni giurisprudenziali di colpa e di nesso di causali-
57
tà» . Così, i principi di responsabilità contrattuale per i fatti della cosa o d’autrui,
che pur introducono un regime di responsabilità oggettiva contrattuale in un
campo che, altrimenti, sarebbe ancora dominato dall’obbligazione “di mezzi”,
prescindono dal comportamento passivo del “creditore” (che, anzi, in un caso
58
si ferisce da solo con un oggetto , nell’altro addirittura appicca un incendio
59
ad un fondo vicino) , per porre a fondamento ben altri criteri di decisione.

53
V., retro, la nota 42. Sui toboggan terrestri v., altresì, P. LE TOURNEAU, Note a Cass., I Ch. civ.,
12 février 1975, cit., p. 512; É. FORTIS, L’obligation de sécurité, cit., p. 271.
54
Cfr. M. FEOLA, op. ult. cit., pp. 260 ss., 267 ss. In argomento, G. CORNU, Responsabilité du
loueur de chevaux de promenade envers ses clients, in Rev. trim. dr. civ., 1970, p. 794; G. DURRY, Le
loueur de chevaux n’est tenu que d’une obligation de moyens, in Rev. trim. dr. civ., 1971, p. 161; J. HUET,
Entreprise de promenade équestre: obligation de moyen, mais appréciée avec sévérité, in Rev. trim. dr.
civ., 1986, p. 768; P. REMY, Le coup de l’étrier «américain»; distinction du louage de chevaux et de
l’entreprise de promenade à cheval, in Rev. trim. dr. civ., 1986, p. 608.
55
M. FEOLA, op. ult. cit., p. 275 ss.
56
Su tali ipotesi, M. FEOLA, op. ult. cit., p. 284 ss.
57
J. BONNARD, Note a Cass., I Ch. civ., 10 février 1993, in Rec. Dalloz, 1993, Jur., p. 607.
58
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 350 s.
59
Cass., Ass. Plén., 29 mars 1991, in Sem. jur., 1991, II, Jur., 21673.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 529

Una divergenza del pari evidente con il criterio del “ruolo attivo” della vitti-
ma si ha nella giurisprudenza in materia di autoscontro, la quale qualifica il ge-
60 61
store come debitore di un’obbligazione determinata o “di risultato” . Se fosse
preso realmente in considerazione il criterio fondato sul grado di partecipazione
del creditore, l’obbligazione del gestore dovrebbe essere, sicuramente, “di mezzi”,
poiché il cliente intenzionalmente provoca lo scontro che gli causa il danno, aven-
do l’esclusivo controllo e la direzione della vettura. La Cassazione, invece, forse
62
applicando la regola generale stabilita in tema di trasporto terrestre di persone ,
fin dalle prime decisioni in materia ha iniziato ad affermare che il cliente, essen-
do «creditore nei riguardi del gestore di una giostra di autoscontro di un’ob-
bligazione determinata di sécurité, non ha l’onere di apportare la prova della
63
faute» . Nel condannare il gestore a risarcire le conseguenze dannose dell’inci-
dente del quale è stato vittima il cliente a seguito di uno scontro provocato duran-
te uno dei percorsi effettuati sulla pista con la vettura della giostra, nella quale
aveva preso posto al fianco del conducente, la Suprema corte afferma che «i giu-
dici di merito hanno esattamente applicato l’art. 1147 code civ., dichiarando il
gestore tenuto ad una siffatta obbligazione di sécurité, allorché egli non ha dimo-
64
strato che il suo inadempimento derivava da una cause étrangère» . L’obbliga-
zione determinata di sécurité gravante sul gestore doveva spingerlo «sia a ri-
durre la velocità dei veicoli, sia ad intervenire nel corso del gioco, sia, perfino,
ad interromperlo nel momento in cui egli riteneva che fosse divenuto perico-
65
loso» . Questa obbligazione farebbe pesare sul gestore «una presunzione di
responsabilità dalla quale può esonerarsi soltanto provando le fautes della vit-
66
tima o del terzo o qualsiasi altro avvenimento derivante da forza maggiore» .
Sulla scia di questo orientamento, la Suprema Corte ha altresì cassato la
decisione della Corte d’appello di Aix, che aveva rigettato la domanda di ri-
sarcimento dei danni subiti da un giovane che «si era ferito a seguito di uno
67
scontro sopravvenuto tra la sua vettura e quella di un altro cliente» , affer-
mando che il gestore «non era tenuto ad un’obbligazione di “sicurezza assolu-
ta” e che, pertanto, non era stato accertato che egli aveva inadempiuto la sua
68
obbligazione generale di sorveglianza» . La Cassazione, invece, ribadisce che
il gestore dell’autoscontro «è tenuto, durante il gioco, a un’obbligazione di ri-
69
sultato, per quanto riguarda la sicurezza dei suoi clienti» .
60
Cass., I Ch. civ., 3 avril 1973, in Rec. Dalloz, 1973, Somm., p. 91.
61
Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, in Rec. Dalloz, 1975, Jur., p. 512; Cass., I Ch. civ., 17 juin
1975, ivi, 1975, Inf. rap., p. 216.
62
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
63
Cass., I Ch. civ., 3 avril 1973, cit., p. 91.
64
Cass., I Ch. civ., 3 avril 1973, cit., p. 91.
65
Cass., I Ch. civ., 3 avril 1973, cit., p. 91.
66
Cass., I Ch. civ., 3 avril 1973, cit., p. 91.
67
Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, cit., p. 512.
68
Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, cit., p. 512.
69
Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, cit., p. 512.
530 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

70
Così, la Suprema Corte ha cassato anche la sentenza della Corte d’appello
di Besançon, per violazione dell’art. 1147 code civ., la quale, nel rigettare
l’azione di risarcimento danni proposta da una cliente di una giostra di auto-
scontro che si era ferita a seguito di un urto tra la propria vettura e quella di
un altro utente, aveva «enunciato che il convenuto non era tenuto ad un’ob-
bligazione di risultato, e che nessuna faute era stata provata nei suoi riguar-
71
di» . La Cassazione conferma ancora una volta che «il gestore dell’autoscon-
tro è tenuto, durante il gioco, ad un’obbligazione di risultato per quanto ri-
72
guarda la sicurezza dei suoi clienti» .
La limitazione dell’obbligazione di sécurité di risultato, che grava sul gesto-
73
re, agli incidenti accaduti «durante il gioco» appare una fedele applicazione
74
della regola aurea, stabilita in occasione del caso Caramello , che circoscrive
tale modello obbligatorio tra il «momento in cui il passeggero inizia ad entrare
75 76
nel veicolo» e l’istante «in cui egli ha terminato di scenderne» . Ciò signifi-
cherebbe, per contro, che l’obbligazione debba essere qualificata “di mezzi”,
allorché il cliente «non ha ancora preso posto nel veicolo o lo ha già abbando-
77
nato» . Ma l’applicazione, anche a tali ipotesi, della regola statuita dalla Cas-
78
sazione nel 1989 nel decidere il caso Valverde indurrebbe a ravvisare una re-
sponsabilità delittuale fondata sull’art. 1384, comma 1, code civ., piuttosto che
una responsabilità contrattuale conseguente all’inadempimento di un’obbliga-
zione di mezzi.
79
L’assimilazione del «trasporto pour rire» , che avviene in occasione del-
80
l’autoscontro, al «vero e proprio» contratto di trasporto ha destato perplessi-
81
tà, perché «le situazioni sono assai distinte» : durante il trasporto, il passeg-
82
gero può assumere «un ruolo passivo» , mentre tale aspetto manca del tutto
nel caso dell’autoscontro, ove la vittima ha, per tutta la durata del gioco, l’esclu-
sivo e diretto controllo della vettura. L’utente dell’autoscontro «vuole ricerca-
re sensazioni forti: egli desidera, se non ferite e botte, almeno degli shock, e
83
degli shock violenti» . Il suo ruolo «non è per nulla passivo. [...] Egli dirige la
manovra o, se subisce movimenti imposti, questi risultano dall’energia cinetica
70
Cass., I Ch. civ., 17 juin 1975, in Rec. Dalloz, 1975, Inf. rap., p. 216.
71
Lo riferisce Cass., I Ch. civ., 17 juin 1975, cit., p. 216.
72
Cass., I Ch. civ., 17 juin 1975, cit., p. 216 (il corsivo è aggiunto).
73
Cass., I Ch. civ., 17 juin 1975, cit., p. 216.
74
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 640 s.
75
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640.
76
Cass., I Ch. civ., 1 juillet 1969, cit., p. 640.
77
Lo afferma P. LE TOURNEAU, Note a Cass., I Ch. civ., 12 février 1975, cit., p. 512.
78
Cass., I Ch. civ., 7 mars 1989, in Gaz. Pal., 1989, II, Jur., p. 632 s.
79
Così P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
80
P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
81
P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
82
P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
83
P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 531

84
prodotta dallo scontro» . Se «v’è qualcuno che mantiene un atteggiamento
85
passivo» , questi è senz’altro il gestore dell’impianto.
Sicuramente non in linea con il preteso criterio del “ruolo passivo” del cre-
ditore nella fase di esecuzione del contratto è anche quella giurisprudenza che
si è formata in materia di villaggi turistici. Pur senza affermare espressamente
che il gestore del villaggio è tenuto ad un’obbligazione determinata di sécurité
nei riguardi dei clienti (ma tale assenza di qualificazioni esplicite è assai fre-
quente nelle sentenze più recenti), la Suprema Corte cassa la decisione della
86
Corte d’appello di Papeete , che aveva fondato il rigetto della domanda del
cliente danneggiato sulla circostanza che questi non era stato in grado di pro-
vare l’inadempimento del club alla sua obbligazione “di mezzi”. Secondo la Cas-
sazione, invece, «non dà una base giuridica alla sua decisione la Corte d’ap-
pello che, nel rigettare la domanda di risarcimento presentata da un turista
che, nel corso del suo soggiorno in un villaggio turistico, è stato morso da una
murena mentre partecipava, con uno scafandro autonomo, ad un’immersione
87
organizzata per conto del club» , affermi che «il club era tenuto soltanto a
88
mettere in opera i mezzi dei quali disponeva per assicurare la sua sicurezza» .
La Corte d’appello aveva accertato che «la murena, normalmente, attacca
89
soltanto per difendere la sua tana» (e che, quindi, presumibilmente era stata
molestata dal subacqueo), che l’immersione «si era svolta con materiali con-
formi alle prescrizioni regolamentari, sotto la sorveglianza di personale tecnico
e medico competente, che aveva saputo far prova della diligenza richiesta al
90
momento dell’incidente» , che l’escursione era avvenuta «in un luogo turisti-
co conosciuto, frequentato da altri clubs, i quali abitualmente danno cibo ai
91
pesci» . Ma tali circostanze non sono state considerate sufficienti a dimostra-
92
re «che il club aveva adempiuto le sue obbligazioni» , poiché la Corte d’ap-
pello aveva omesso di accertare «il carattere imprevedibile e irresistibile della
93
presenza di una murena sui luoghi dell’immersione» . L’esplicita esclusione
di un’obbligazione (del gestore del club) limitata «a mettere in opera i mez-
94
zi» per assicurare la sicurezza degli utenti e l’evidente riferimento alle carat-
teristiche liberatorie della cause étrangère consentono di considerare il cliente
del villaggio turistico creditore di un’obbligazione determinata di sécurité, pur
in presenza del suo comportamento decisamente “attivo”, non soltanto nello
84
P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
85
P. LE TOURNEAU, op. loc. ult. cit.
86
Cfr. Cass. crim., 1 juillet 1997, in Rec. Dalloz, 1997, Inf. rap., p. 212.
87
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
88
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
89
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
90
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
91
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
92
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
93
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
94
Cass. crim., 1 juillet 1997, cit., p. 212.
532 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

svolgere le attività sportive all’interno del villaggio, ma anche nel compiere


immersioni molestando pesci decisamente mordaci.
Il tradizionale orientamento della Cassazione, che adotta quale preminente
criterio della distinzione tra le obbligazioni di sécurité “di mezzi” e di risultato
il ruolo, rispettivamente, attivo o passivo svolto dal creditore nell’esecuzione
del contratto, non si rivela idoneo a spiegare la maggior parte delle ipotesi,
perdendo, così, ogni valore sistematico. Da qui l’esigenza di ricercare nuovi
criteri, concorrenti o, addirittura, alternativi rispetto al primo, che possano as-
sumere un effettivo valore ordinante.

4. Le incertezze manifestate nell’individuazione di un criterio unitario,


idoneo a distinguere con coerenza l’obbligazione di sécurité “di mezzi” da
quella di risultato, hanno indotto la giurisprudenza a ricorrere assai spesso al-
l’escamotage dell’obbligazione di diligenza implicitamente “rafforzata” da una
presunzione di responsabilità, al fine di garantire la giustizia della concreta
decisione, senza dover prospettare un revirement a favore dell’obbligazione di
risultato, in un sistema che, sulla base delle declamazioni tradizionali, anche in
materia di responsabilità contrattuale, è ancora legato all’idea della responsa-
bilità per colpa.
95
Le Corti ricorrono alle obbligazioni di mezzi “rinforzate” o “aggravate”
sia in presenza di contratti considerati analoghi al trasporto (toboggan acquati-
ci, organizzazione di “passeggiate a cavallo”, ad es.), sia in occasione di rap-
porti che prescindono dal dislocamento della persona nello spazio, svolgendo-
si, invece, all’interno di stabilimenti e locali (piscine, piste di pattinaggio, par-
chi zoologici, affidamento di minori ai gestori di colonie, ecc.). Secondo la
dottrina che sottolinea l’esistenza di queste mutevoli categorie intermedie, tali
obbligazioni si caratterizzerebbero, rispetto alle semplici obbligazioni di mez-
96
zi, per il fatto di prevedere una «presunzione di faute» e, di conseguenza,
un’inversione dell’onere della prova della diligenza. Più precisamente, non sa-
rebbe il creditore a dover fornire la prova della faute del debitore inadempien-
te, così come si crede – almeno secondo l’orientamento tradizionale – che deb-
ba avvenire per le mere obbligazioni “di mezzi”, ma sarebbe il debitore a do-
95
Su questa classificazione cfr. B. STARCK, H. ROLAND, L. BOYER, Droit civil. Les obligations, 2,
cit., p. 419; F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, Droit civil. Les obligations, cit., p. 452; C. LARROU-
MET, Droit civil, Tome 3, cit., p. 626. Distinguono le obbligazioni di mezzi in «obligations de moyens
renforcées» e in «obligations de moyens allégées», e le obbligazioni di risultato in «obligations de
résultat atténuées» e in «obligations de résultat aggravées», G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions,
cit., pp. 451 ss., 454 s., pur senza utilizzare la contestata espressione di «responsabilité pour faute ap-
préciée avec sévérité» (così, invece, J. HUET, Entreprise de promenade équestre, cit., p. 768).
96
In questi termini, con la consueta chiarezza, C. LARROUMET, op. ult. cit., pp. 601 e 626 s. Ri-
scontrano la presenza della caratteristica di una «présomption de faute» sia nelle «obligations de
moyens renforcées», sia nelle «obligations de résultat atténuées», senza identificare le due categorie,
ma senza tuttavia spiegare tale similitudine, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 452 e 454.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 533

97
ver dimostrare l’assenza di faute, ovvero a dover fornire la «prova negativa»
che la sua condotta si è fondata su «elementi, su circostanze le quali autoriz-
98
zano a considerare che il suo comportamento è stato irreprensibile» . Le ob-
bligazioni di mezzi “rinforzate”, invece, si distinguerebbero da quelle di risul-
tato in ordine al diverso oggetto della prova. Mentre per queste ultime la libe-
razione del debitore dalla responsabilità contrattuale sarebbe condizionata
soltanto alla «prova positiva della causa del danno, che deve essere estranea
99
all’attività del debitore» , ovvero di una cause étrangère, del caso fortuito o
della forza maggiore, e cioè di un evento inevitabile, imprevedibile, irresistibi-
le, insormontabile e comunque esterno rispetto alla condotta del debitore, nel-
le prime la prova invertita, a carico del debitore, si connoterebbe in senso ne-
gativo, avendo ad oggetto l’assenza di faute.
La giurisprudenza, come si è avuto modo di verificare, propone un ampio
quanto tacito ricorso alle obbligazioni di mezzi “rinforzate” ogni qualvolta,
senza voler mutare apertamente indirizzo, qualificando “di risultato” un’ob-
bligazione che in precedenza è stata sempre definita “di mezzi”, ritiene neces-
sario attribuire una maggior tutela alla vittima, anche in considerazione di una
sua particolare situazione (emblematiche, in proposito, le ipotesi di affidamen-
to di minori o di soggetti diversamente abili ai gestori di colonie, di associa-
zioni e di altre istituzioni analoghe). In questi casi, lo stesso verificarsi dell’in-
cidente viene considerato come un dato dal quale dedurre, presuntivamente,
la faute del debitore. La presunzione di colpa inverte l’onere probatorio, ri-
chiedendo che debba essere il debitore a dover dimostrare la propria assenza
di faute nell’adempimento. Ma in presenza del verificarsi di un danno, che
presuntivamente rappresenta un indice “oggettivo” della negligenza del debi-
tore, è assai difficile che, in concreto, questi riesca ad esimersi dalla responsa-
bilità assolvendo l’onere di provare la propria assenza di faute. Ciò implica,
nella sostanza, un mutamento dell’oggetto della prova, e il debitore è sovente
costretto a dover dimostrare l’interruzione del nesso causale tra la condotta
(fautive) e il danno, con la prova di un evento fortuito o di forza maggiore, co-
sì come se si trattasse di un’obbligazione di risultato.
La categoria delle obbligazioni di mezzi “rinforzate” o “aggravate”, tutta-
via, lascia perplessi, in primo luogo, perché, malgrado una distinzione teorica
alquanto chiara, almeno sotto il profilo definitorio, nella gran parte dei casi
esse tendono a identificarsi con quelle di risultato, soprattutto allorché il giu-
dice ha già deciso di condannare il debitore danneggiante sulla base di una
presunzione di responsabilità difficilmente superabile. E ciò è testimoniato da
quella dottrina che, in proposito, piuttosto che di obbligazioni di mezzi “rin-
forzate”, preferisce parlare di obbligazioni di risultato “attenuate”, identifi-

97
C. LARROUMET, op. ult. cit., p. 626.
98
C. LARROUMET, op. ult. cit., p. 626 s.
99
C. LARROUMET, op. ult. cit., p. 626.
534 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

100
cando, esplicitamente o in modo tacito , le prime con le seconde. In tal sen-
so, le obbligazioni di mezzi «rinforzate o aggravate» si vengono a «ritrovare, in
101
questo pericoloso viaggio, sul versante delle obbligazioni di risultato» . Tale
identificazione è implicitamente confermata anche da quegli autori i quali,
all’opposto, pur criticando la tendenza a considerare obbligazioni di risultato
(sia pure atténuées) quelle obbligazioni che determinano una presunzione di
faute, preferiscono racchiudere tali ipotesi nella categoria delle «obligations de
102
moyens renforcées» .
In secondo luogo, la categoria delle obbligazioni di mezzi “rafforzate” si
fonda sulla tesi che, avendo costruito interamente sull’illecito delittuale per
colpa la disciplina dell’inadempimento delle obbligazioni di diligenza, fa gra-
vare sul creditore danneggiato l’onere della prova della faute del debitore, così
come se si trattasse di una responsabilità ex art. 1382 code civ. Se si segue, in-
103
vece, l’opposta tesi – di gran lunga prevalente fino al 1928 , e cioè fino al
momento in cui Demogue enunciò la distinzione tra obbligazioni di mezzi e di
risultato –, che tende a distinguere la responsabilità contrattuale da quella de-
littuale per colpa proprio per il diverso operare dell’onere della prova, l’intera
categoria delle obbligazioni di mezzi risulterebbe “rafforzata” dal fatto che
l’onere della prova dell’esatto adempimento, una volta dimostrata dal credito-
re l’esistenza di un contratto o di una relazione giuridicamente rilevante, do-
vrebbe gravare (non sul creditore, bensì) sul debitore. In tal senso, la soluzio-
104
ne accolta, in Italia, dalle Sezioni Unite della Cassazione , appare un parame-
tro più trasparente (e convincente) di quelli adottati, occasionalmente, nel-
l’esperienza d’oltralpe: l’invertire l’onere probatorio (ma di “inversione” non
si tratterebbe, se si accoglie la rigorosa ricostruzione proposta da tempo dalla
105
dottrina italiana) , sulla base di una “presunzione di responsabilità” del debi-
tore, appare uno standard più consono ad una coerente interpretazione della
106
disciplina, altresì idoneo a risolvere l’apparente «conflitto» di norme tra le
regole dettate in tema di inadempimento (artt. 1218 c.c e 1147 code civ.) e di
107
diligenza nell’adempimento (artt. 1176 c.c. e 1137 code civ.) , senza sovra-
ordinare queste ultime rispetto alle prime.
100
Un’esplicita identificazione delle due categorie di obbligazioni è sostenuta da B. STARCK, H.
ROLAND, L. BOYER, op. ult. cit., p. 419. Anche G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 451 s. e 454
s., pur trattando le due categorie di obbligazioni in distinti paragrafi (i §§ 533-1 e 534-1), nella so-
stanza sembrano implicitamente propendere per la loro identificazione.
101
F. TERRÉ, P. SIMLER, Y. LEQUETTE, op. ult. cit., p. 452.
102
Cfr., ad es., C. LARROUMET, op. ult. cit., p. 626.
103
Tale circostanza, quasi sempre dimenticata, è invece sottolineata da G. VINEY, P. JOURDAIN,
op. ult. cit., p. 442.
104
Così, Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, in Corriere giur., 2001, p. 1567.
105
L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 366 ss. e passim.
106
Parlano di un vero e proprio «conflit entre les articles 1147 et 1137 du Code civil», G. VINEY,
P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 438 s.
107
Con riferimento all’esperienza italiana, C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 74.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 535

Ai fini della prova della non imputabilità della causa difficilmente potrà es-
sere sufficiente la dimostrazione della diligenza, poiché l’evento dannoso, in
sé, per il fatto di essersi verificato, comprova “oggettivamente” l’assenza della
diligenza necessaria (ad evitare il danno). Invertito l’onere della prova, al debi-
tore, ai fini dell’esonero da responsabilità, non rimane che provare l’interru-
zione del nesso causale mediante una cause étrangère, il caso fortuito o la forza
maggiore. Anche la giurisprudenza francese, pur declamando una responsabi-
lità del debitore fondata su una faute di sorveglianza o di diligenza, nella so-
stanza va spesso ad imputare “oggettivamente” la faute al debitore per il solo
fatto che il danno si è verificato. Quindi, le gravi ferite patite dal visitatore di
108
un parco zoologico che pur imprudentemente si avvicina agli animali feroci ,
il danno prodotto al cavaliere dall’animale da monta, sia pure nell’ambito di
109
una relazione giuridica diretta all’organizzazione di passeggiate equestri , le
110 111
lesioni subite dall’utente di una piscina , di una pista di pattinaggio o da
un minore affidato ad un soggetto pubblico o privato, più che una qualifica-
zione in termini di obbligazioni di mezzi “rinforzate”, potrebbero richiamare
quella delle obbligazioni “determinate”. Questa conclusione deriva non sol-
tanto dalla dubbia consistenza teorica e pratica della categoria delle obbliga-
zioni di mezzi “rafforzate”, sotto la quale la giurisprudenza sovente dissimula
vere e proprie obbligazioni di risultato (“attenuate” o meno), ma soprattutto
dalla possibilità di estendere al campo contrattuale i principi sanciti dall’artt.
1384, comma 1, e dall’art. 1385 code civ., sulla scia di quegli orientamenti della
Cassazione che hanno sancito, anche in campo contrattuale, i principi della
112 113
responsabilità “oggettiva” per i fatti della cosa e d’autrui . Tale soluzione
trova il suo fondamento anche nell’esigenza di evitare un’irragionevole dispa-
rità di trattamento tra la disciplina dei danni causati dai fatti della cosa, del-
l’animale o d’autrui nell’ambito delle responsabilità contrattuale e delittuale.
In presenza di un medesimo evento, il creditore danneggiato sarebbe tutelato
con minor rigore rispetto al “terzo”, che potrebbe comunque ricorrere alle
più vantaggiose regole di responsabilità oggettiva delittuale ex artt. 1384, com-
ma 1, e 1385 code civ.
L’equiparazione tra i regimi di responsabilità oggettiva delittuale e contrat-
tuale per i fatti della cosa e dell’animale non deve meravigliare, poiché tale so-
luzione riposa sulla stessa storia del diritto francese della responsabilità civile.
108
Trib. gr. inst. de Moulins, 10 mai 1977, in Rec. Dalloz, 1978, Inf. rap., p. 324.
109
Cfr. ad es., Cass., I Ch. civ., 11 mars 1986, in Rev. trim. dr. civ., 1986, p. 609; Cass., I Ch. civ.,
27 mars 1985, ivi, 1986, p. 768.
110
Cfr. App. Lyon, I Ch., 21 juin 1973, in Rec. Dalloz, 1973, Inf. rap., p. 116.
111
Cass., I Ch. civ., 8 février 1961, in Rec. Dalloz, 1961, Jur., p. 254; App. Lyon, I Ch., 21 juin
1973, ivi, 1973, Inf. rap., p. 116.
112
La decisione, che avrebbe potuto acquisire un valore ordinante, è quella resa da Cass., I Ch.
civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 350 s.
113
V., infra, il § 11.
536 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

114
Successivamente alla «scoperta» codificata dalla Cassazione nell’arrêt Tef-
115
faine , lo stesso art. 1385 code civ. è stato considerato come «un’applicazione
116
particolare del principio generale posto dal comma 1 dell’art. 1384» , al pun-
to che il diritto d’oltralpe si è «risolutamente orientato verso una generalizza-
117
zione ed un’uniformazione della “responsabilità per il fatto delle cose”» ,
iniziando a trattare unitariamente la disciplina «”de plein droit” del custode di
118
una cosa o di un animale» . V’è da rilevare, anzi, come, ancor prima del-
l’arrêt Teffaine, e della conseguente elaborazione di un «principio autonomo
di responsabilità per il fatto delle cose e degli animali, a priori più vantaggioso
119
per le vittime del regime di responsabilità per il fatto personnel» , fu proprio
la giurisprudenza della Cassazione sul fatto dell’animale a introdurre la prima
“presunzione di colpa” del custode, dapprima, suscettibile della prova contra-
120
ria consistente nella dimostrazione dell’assenza di faute , e, dopo, limitata al-
121
la prova «del caso fortuito e della faute commessa dalla parte lesa» , quindi
122
della «cause étrangère imprevedibile e irresistibile» .
Nel campo contrattuale, però, a differenza di quanto accade per il fatto
della cosa, non sarebbe pensabile un’automatica estensione della regola di re-
sponsabilità oggettiva per il fatto dell’animale a qualsiasi situazione caratteriz-
zata dalla presenza di un nesso di causalità tra la condotta e l’evento dannoso.
Il regime di responsabilità e, più a monte, la sussistenza di un’obbligazione di
diligenza o di risultato dovrebbero essere verificati alla luce del generale prin-
cipio di accettazione dei rischi, da parte del creditore, delle concrete modalità
comportamentali tenute da questi nell’esecuzione del contratto.
Riguardo al primo aspetto, a differenza di quanto accade nel settore della
responsabilità delittuale, ove l’assenza di una previa relazione tra i soggetti
123
rende ancor più «ridotta» l’idea di un’accettazione dei rischi da parte della
114 er
Parlano, forse con sottile ironia, di una «”découverte” de l’alinéa 1 de l’article 1384», che
«non ha tuttavia provocato la sparizione dei regimi speciali disciplinati espressamente dagli artt. 1385
e 1386», G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 602.
115
Cass., 18 juin 1896, in Rec. Dalloz, 1897, I, p. 433.
116
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
117
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
118
In questi termini, dedicano una trattazione unitaria alla «responsabilité “de plein droit” du
gardien d’une chose ou d’un animal», identificando totalmente le due discipline, G. VINEY, P. JOUR-
DAIN, Les conditions, cit., pp. 607-672.
119
Testualmente, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 607.
120
Req., 23 décembre 1879, in Rec. Sirey, 1880, I, p. 463.
121
Cass., 27 octobre 1885, in Dalloz Pér., 1886, I, p. 207.
122
Cass., 11 mars 1902, in Dalloz Pér., 1902, I, p. 216.
123
Tale circostanza è sottolineata, con la consueta sagacia, da G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit.,
pp. 618, 516 ss. La dottrina francese, tuttavia, ha dedicato a questo tema importanti contributi: cfr.,
ad es., P. ESMEIN, De l’influence de l’acceptation des risques par la victime éventuelle d’un accident, in
Rev. trim. dr. civ., 1938, p. 387 ss.; ID., L’idée d’acceptation des risques en matière de responsabilité
civile, in Rev. int. dr. comp., 1952, p. 682 ss.; M. FONTAINE, L’acceptation des risques, thèse, Paris,
1944, passim; M. HÉRAN, Acceptation des risques et clause d’irresponsabilité quant aux dommages cau-
sés aux personnes, thèse, Montpellier, 1952, passim; J. HONORAT, L’idée d’acceptation, cit., passim.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 537

vittima, nell’ambito della responsabilità contrattuale, lo stesso accordo inter-


venuto tra le parti può essere indice di un’assunzione, abbastanza esplicita, dei
rischi “normali” derivanti dall’attività che s’intende svolgere. Così, nell’eserci-
124
zio delle attività sportive e, più in particolare, degli sport equestri, il fantino
professionista è ben consapevole dei rischi corsi, sia che si tratti di una corsa al
galoppo, sia che si tratti di un gara di salto ad ostacoli. Del pari, il cavaliere
provetto che noleggia un cavallo per compiere una passeggiata in completa
autonomia, per quanto riguarda sia l’itinerario, sia le ulteriori modalità di svol-
gimento dell’attività (velocità, ecc.), è senz’altro consapevole dei rischi di ca-
duta che possono derivare dall’improvviso incespicare o dall’imbizzarrirsi del
cavallo. Una siffatta consapevolezza nell’accettazione dei rischi, invece, manca,
secondo la giurisprudenza, nelle passeggiate per turisti organizzate a dorso di
cavalli, di asini o di altri animali da monta. I cavalli «fanno il loro percorso
125
dormendo, l’incollatura bassa e l’occhio spento» . Gli “istruttori”, «in testa e
126
in coda alla teoria, [...] sognano un mezzo litro [di vino] fresco» . L’intera
passeggiata si svolge «con l’ardore degli impiegati delle biblioteche universita-
127
rie, che chiudono i loro banconi alle cinque meno cinque» . In questo clima,
i giovani e meno giovani cavalieri, che, semmai, durante l’estenuante compi-
128
mento del percorso, «sognano di attaccare una diligenza» , ben difficilmente
sono in grado di assumere consapevolmente i rischi derivanti dall’esercizio di
tale attività. In questi casi, l’organizzatore della passeggiata assume l’obbliga-
zione di condurre i trasportati “sani e salvi a destinazione”. Non pare corretto,
come fa la giurisprudenza, parlare di un’obbligazione di diligenza, seppure
“rafforzata”. L’obbligazione determinata di sécurité grava sull’organizzatore,
secondo i principi, sia per tutta la durata del percorso, sia per le fasi di salita e
di discesa dall’animale.
Il criterio dell’accettazione dei rischi, in questo caso, trova una certa con-
ferma nel comportamento tenuto dal creditore nell’esecuzione del contratto e,
infine, nel ricorrere dei tratti distintivi della qualità di custode. Il fantino pro-
fessionnel dirige il cavallo ove desidera ed alla velocità che più gli aggrada. Più
è sconnesso il terreno, più è sostenuta la velocità, (più è consapevole che)
129
maggiore è il rischio di caduta. Il fantino che noleggia un cavallo o il profes-
130
sionnel al quale esso è affidato «per farne l’uso della sua professione» hanno
124
Che sono il terreno d’elezione dell’idea dell’accettazione dei rischi. Per la più significativa giu-
risprudenza in materia si rinvia a G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 620 s., 517 ss.
125
Così, P. RÉMY, Le coup de l’étrier «américain», cit., p. 608.
126
P. RÉMY, op. loc. ult. cit.
127
P. RÉMY, op. loc. ult. cit.
128
P. RÉMY, op. loc. ult. cit.
129
Infatti, secondo la giurisprudenza, anche lo stesso contratto di «prêt à usage» trasferisce la gar-
de all’utilizzatore, salvo che il proprietario non si sia riservato un controllo sull’uso della cosa o
dell’animale (cfr. G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 660, nota 301).
130
La qualità di gardien del professionnel che accoglie l’animale per l’esercizio della sua attività
professionale fu acclarata già da Cass. civ., 2 mai 1911, in Dalloz Pér., 1911, I, p. 367.
538 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

131
la direzione e il completo controllo dell’animale, al punto da acquistarne
temporaneamente la garde. In qualità di gardien, il fantino o il professionnel
che subiscono un danno causato dall’animale che hanno in garde non possono
beneficiare, a loro volta, della (estensione al campo contrattuale della) disci-
plina dell’art. 1385 code civ., che è pensata per tutelare il terzo per il danno
causato dall’animale che altri abbia «sous sa garde» (così, l’art. 1385 code civ.).
Nel caso di un danno fisico conseguente ad una caduta o ad uno scontro, il
fantino, secondo la giurisprudenza, dovrà provare il “difetto” dell’animale o
qualsiasi altra circostanza idonea a dimostrare la violazione, da parte del no-
leggiatore, della generale obbligazione di diligenza.
Ben altra situazione è, invece, quella del turista che viene “trasportato” a
dorso di un animale, come se fosse un collo o una qualsiasi merce, sotto la
guida, necessariamente vigile, degli istruttori preposti dall’organizzatore della
gita. Il turista, seppure ha l’uso temporaneo del cavallo, non assume mai, «in
132 133
completa indipendenza» , un «potere di direzione e di controllo» sull’ani-
male, e, quindi, la garde. Custodi permangono il proprietario, organizzatore
della passeggiata, e i moniteurs da lui preposti al fine di guidare la fila di caval-
li “al passo”. Qualora il turista subisca un danno a seguito dell’improvviso im-
bizzarrirsi del cavallo, nulla sembrerebbe ostare all’applicazione, anche in am-
bito contrattuale, di una regola di responsabilità oggettiva, coincidente con
quella (dell’inadempimento) dell’obbligazione di risultato, che è analoga a
quella contenuta nell’art. 1385 code civ. Con la conseguenza che anche l’orga-
nizzatore della gita, al pari del vettore nel contratto di trasporto, è gravato
dall’obbligazione determinata di sécurité consistente nel condurre il turista sa-
no e salvo a destinazione.

5. La dottrina francese sottolinea, sulla base delle “declamazioni” della giu-


risprudenza, che esisterebbero soltanto due «eccezioni, o attenuazioni al prin-
134
cipio» secondo il quale «il gestore di un parco di giochi per fanciulli, di un
“club” sulla spiaggia», di una colonia, e, più in generale, qualsiasi affidatario
di soggetti minori sarebbero tenuti «soltanto ad un’obbligazione generale di
135
prudenza e di diligenza (obbligazione di mezzi)» . La prima ha ad oggetto le
136
prestazioni che concernono l’alimentazione . La seconda riguarda «i fanciulli
137
in tenera età affidati a nutrici professionali» .
131
Su tali poteri, come elementi qualificativi della situazione di garde, cfr. G. VINEY, P. JOUR-
DAIN, op. ult. cit., p. 647 ss.
132
Sottolineano tale aspetto, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 647.
133
Cfr., ad es., Cass., II Ch. civ., 22 février 1984, in Rec. Dalloz, 1985, Jur., p. 19.
134
F. C(HABAS), Note a Cass., I Ch. civ., 19 janvier 1982, in Gaz. Pal., 1982, I, Pan., p. 174.
135
F. C(HABAS), op. loc. ult. cit.
136
F. C(HABAS), op. loc. ult. cit.
137
F. C(HABAS), op. loc. ult. cit.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 539

Riguardo alla prima ipotesi, la Prima Sezione civile della Cassazione am-
138
mette esplicitamente l’esistenza di un’obbligazione di sécurité di risultato ,
ed estende questa disciplina anche in tema di attrazioni turistiche per minori
(colonie, alberghi, villaggi turistici, ecc.), quando il danno subito consiste in
un’intossicazione alimentare. In proposito, la Suprema Corte ha affermato,
seppure in contrasto con quanto deciso in altre sentenze, che «l’assenza di uno
scopo di lucro è senza alcun rilievo per quanto concerne l’estensione delle ob-
bligazioni assunte dal gestore di una colonia di vacanze [...] in ordine all’ali-
139
mentazione» . La responsabilità del gestore viene acclarata in modo oggetti-
vo, in questi casi, poiché l’obbligazione concerne una «prestazione per la qua-
140
le bisogna rimettersi interamente alla sua vigilanza» . La buona qualità del
vitto rappresenta un “risultato” certo che il gestore promette ai suoi clienti. Il
fatto che l’intossicazione sia stata provocata da una salmonella, apparentemen-
te difficile da debellare, non è circostanza idonea ad esonerare il debitore dalla
141
responsabilità . La Cassazione ha confermato che «l’associazione aveva viola-
142
to la sua obbligazione» , allorché la Corte d’appello aveva accertato «in mo-
do sovrano che i bambini erano stati ricoverati in ospedale a seguito di un’in-
tossicazione alimentare dovuta a salmonella, la quale era stata diagnosticata a
un gran numero di loro, senza che le condizioni della sua apparizione fossero
143
state accertate» . L’associazione non «aveva provato di essere stata nella im-
possibilità di evitare l’intossicazione sia mediante una migliore scelta, sia attra-
144
verso una preparazione appropriata dei cibi e delle bevande» .
Con questa sentenza, la Prima Sezione civile della Cassazione chiarisce, «a
145
contrario» , che la scelta per l’obbligazione generale di prudenza e di dili-
genza, la quale, pur in presenza dei “correttivi” derivanti dall’utilizzo delle
presunzioni di colpa o della res ipsa loquitur, impedisce al danneggiato di po-
tersi avvalere del regime più favorevole della responsabilità delittuale per la
cosa in custodia (art. 1384, comma 1), è limitata ad un solo «tipo dei numerosi
146
impegni che sono assunti dalle colonie: l’obbligazione di sorveglianza» . Di

138
In questi termini, esplicitamente, Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, in Gaz. Pal., 1982, I, Pan., p. 9
(da qui le ulteriori citazioni), anche in Rev. trim. dr. civ., 1982, p. 770.
139
Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, cit., p. 9.
140
Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, cit., p. 9.
141
Cfr. G. DURRY, La responsabilité de ceux qui se chargent des enfants d’autrui, in Rev. trim. dr.
civ., 1982, p. 770 s.
142
Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, cit., p. 9.
143
Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, cit., p. 9.
144
Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, cit., p. 9.
145
Così, F. C(HABAS), Note a Cass., I Ch. civ., 2 juin 1981, in Gaz. Pal., 1982, I, Pan., p. 10.
146
F. C(HABAS), op. loc. ult. cit., per il quale, tuttavia, non è chiaro se, a giustificare questa solu-
zione, vi siano «l’alea, l’eccessivo numero dei rischi, l’obbligazione minimale del fanciullo, qualunque
sia l’età, di vegliare sulla propria sicurezza». Forse «si vuole semplicemente che il fanciullo non corra
più rischi nel proprio focolare domestico, ove la sua sicurezza non è evidentemente assicurata in ma-
niera assoluta, e dipende dalla diligenza dei genitori o dei loro sostituti».
540 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

là da questa attività, la Cassazione abbandona l’obbligazione di mezzi per ri-


correre a tutele maggiormente efficienti.
Conformemente all’indirizzo giurisprudenziale formatosi in materia di in-
147
tossicazioni alimentari avvenute nei ristoranti , la Cassazione opta per l’ob-
bligazione di sécurité di risultato anche là dove tale evento abbia riguardato
minori ospitati in una colonia. E ciò perché, riguardo al cibo, «è necessario
148
rimettersi interamente alla vigilanza [dei gestori] della colonia» . Non si trat-
ta, però, di un’obbligazione di garanzia, poiché si ammette, pur sempre, la
149
prova della cause étrangère . Ma questa difficile prova deve essere apportata
dal convenuto, consistendo «non nell’impossibilità reale di scoprire il bacillo,
ma nell’impossibilità di prevenirne la presenza attraverso una buona scelta de-
150
gli alimenti o una preparazione appropriata» .
La Prima Sezione civile della Cassazione ravvisa un’obbligazione di sécurité
di risultato anche nell’adempimento della stessa obbligazione di sorveglianza,
allorché siano affidati ad una baby sitter o ad una balia professionale fanciulli
in tenera età, che non sono in grado di “vegliare” sulla propria sicurezza. La
151
Suprema Corte , nel confermare una decisione della Corte d’appello di Metz,
152
che aveva dichiarato una nutrice «interamente responsabile» per i danni su-
biti da un bambino di quattordici mesi che aveva perso un occhio cadendo
sulla canna di una pistola di materiale plastico, ha affermato l’esistenza di «un’ob-
bligazione contrattuale di sécurité, che costituisce un’obbligazione di risulta-
153
to» , a carico «della persona che, a titolo professionale e retribuito, si vede
154
affidare fanciulli molto giovani» . Secondo la Corte la nutrice, nel lasciar
155
giocare il bambino con il revolver, che è stato lo strumento del danno , ha
inadempiuto «la sua obbligazione primordiale di assicurare una custodia effi-
156
cace e d’impedire qualsiasi incidente» . Diversamente, «l’incidente non si sa-
rebbe verificato se la nutrice avesse sorvegliato, conformemente alla sua ob-
bligazione, i giochi di un bambino così giovane, del quale aveva accettato la
157
custodia» . In assenza del verificarsi di un caso fortuito, la responsabilità del-
la balia discende chiaramente dalla sussistenza del «nesso di causalità tra il
158
danno subito e l’inadempimento dell’obbligazione» .
147
Ad es., Trib. gr. inst. Poitiers, 7 janvier 1969, in Rec. Dalloz, 1969, Jur., p. 174 ss.; sul quale
App. Poitiers, 16 décembre 1970, in Sem. jur., 1972, II, Jur., 17127, e in Rev. trim. dr. civ., 1971, p. 665.
148
F. C(HABAS), op. loc. ult. cit.
149
F. C(HABAS), op. loc. ult. cit.
150
F. C(HABAS), op. loc. ult. cit.
151
Cass., I Ch. civ., 13 janvier 1982, in Rev. trim. dr. civ., 1982, p. 770.
152
Cass., I Ch. civ., 13 janvier 1982, in Rec. Dalloz, 1982, Inf. rap. – Somm. comm., p. 363.
153
Cass., I Ch. civ., 13 janvier 1982, in Rev. trim. dr. civ., cit., p. 770.
154
Cass., I Ch. civ., 13 janvier 1982, in Rev. trim. dr. civ., cit., p. 770.
155
Cass., I Ch. civ., 13 janvier 1982, in Rec. Dalloz, cit., p. 363.
156
Cass., I Ch. civ., 13 janvier 1982, in Rec. Dalloz, cit., p. 363.
157
Cass., I Ch. civ., 13 janvier 1982, in Rec. Dalloz, cit., p. 363.
158
Cass., I Ch. civ., 13 janvier 1982, in Rec. Dalloz, cit., p. 363.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 541

Questa soluzione, che pur è considerata opportuna, poiché «la sorveglian-


za di un neonato deve essere assai più costante di quella necessaria per un
159
bambino più grande» , è stata tuttavia criticata sotto il profilo teorico, poi-
ché manifesterebbe una «contraddizione nell’affermare, da un lato, [...] che la
Corte d’appello ha potuto ammettere la responsabilità del debitore senza aver
individuato una faute a suo carico, dall’altro, [...] che il nesso di causalità tra la
violazione dell’obbligazione e il danno era stato constatato [...], rilevando che
l’incidente non si sarebbe prodotto se la nutrice avesse sorvegliato i giochi del
160
bambino conformemente alla sua obbligazione» . In effetti, secondo la sen-
tenza, «benché la dimostrazione della faute non sia necessaria per affermare la
responsabilità del debitore, tale constatazione s’imporrebbe per decidere che
161
il danno non può essere attribuito al caso fortuito» . La Cassazione deduce
l’assenza del caso fortuito dall’inadempimento dell’obbligazione da parte del
debitore, ma ciò appare «criticabile, poiché la prova del caso fortuito ha ad
oggetto non il negare l’adempimento dell’obbligazione, ma il giustificare
l’assenza di responsabilità malgrado l’inadempimento, essendo esso dovuto ad
162
una causa estranea all’attività del debitore» . L’inadempimento è un fatto
«che il giudice può soltanto constatare, nel momento in cui il risultato pro-
163
messo non è stato raggiunto» . Si trattava, allora, «di ricercare, incombendo
la prova sul debitore, perché questi non è stato in grado di adempiere la sua
164
obbligazione» . Per rispondere a questa domanda, sarebbe stato sufficiente
affermare, da parte dei giudici, che «il debitore non ha apportato la prova del
165
caso fortuito» , o che l’evento invocato «non integrava le condizioni richieste
(esteriorità, imprevedibilità e insormontabilità) per comportare l’esonero dalla
166
responsabilità» .
Il nesso causale tra l’incidente e l’attività del debitore, inoltre, viene dedot-
to «non dall’assenza della prova del caso fortuito, così come dovrebbe accade-
re, ma dall’inadempimento dell’obbligazione, che è un fenomeno del tutto
167
neutro riguardo alla causalità» . Nella sentenza si afferma, «a torto, che non
può esservi un caso fortuito in presenza dell’inadempimento di un’obbliga-
168
zione» . L’inadempimento è utilizzato «due volte, da un lato, per ammettere
l’assenza di un caso fortuito, cosa che è già criticabile, dall’altro, per decidere
che il nesso causale non può non essere constatato, ciò che è del pari conte-
159
G. DURRY, op. ult. cit., p. 770.
160
C. LARROUMET, Note a Cass., I Ch. civ., 13 janvier 1982, in Rec. Dalloz, 1982, Inf. rap.-Somm.
comm., p. 364.
161
Lo rileva C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
162
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
163
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
164
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
165
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
166
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
167
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
168
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
542 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

stabile, poiché la sussistenza del nesso causale deve risultare dall’assenza della
169
prova del caso fortuito» .
Pur prescindendo dalla confusione che la sentenza fa tra le nozioni di faute,
d’inadempimento, di nesso causale e di caso fortuito, la scelta dei giudici di qua-
lificare “di risultato” l’obbligazione della nutrice di vegliare sulla sicurezza dei
bambini che le sono affidati si fonda non tanto sul carattere professionale e
170
remunerato dell’attività, quanto sulla «circostanza determinante» della giova-
nissima età dei minori, che impone che «siano sorvegliati quasi costantemente,
in ragione dell’impossibilità di riconoscere loro una qualsiasi libertà d’iniziativa
171
o di azione» . Nel caso degli altri affidamenti di minori a terzi (colonie, ecc.),
che sono parimenti caratterizzati da un’attività professionale e remunerata del
gestore, la qualificazione in termini di “mezzi” dell’obbligazione di vegliare sulla
sicurezza dei fanciulli troverebbe fondamento nella loro condizione di “grandi
minori” e, quindi, nella libertà d’iniziativa e di azione che è loro riconosciuta,
quanto meno all’interno del perimetro della colonia o del parco giochi.
La previsione di un’obbligazione di risultato, per chi professionalmente
deve vegliare sulla sicurezza di un bambino in tenera età privo di qualsiasi ca-
pacità di discernimento, sembra assumere «tutte le caratteristiche di un’obbli-
172
gazione di garanzia» . L’irrigidimento della responsabilità, che consiglia il
ricorso a meccanismi assicurativi idonei a trasferire il rischio dal debitore a
soggetti istituzionalmente preposti a riparare il danno “subito”, sembra trova-
re fondamento più in finalità di mera garanzia, che in una funzione preventiva,
basata «sull’idea secondo la quale più la responsabilità è severa, più il debitore
173
sarà vigilante» . La finalità di prevenzione potrebbe essere realizzata soltanto
qualora si attribuisca rilievo al comportamento negligente (o no) del debitore,
pur ricorrendo al meccanismo della “presunzione di colpa”. Ciò sembrerebbe
«maggiormente in armonia con il contenuto dell’obbligazione di sorveglian-
174
za» . Ma, «verosimilmente, [sarebbe] più facile per i giudici affermare, senza
l’ausilio di un testo, l’esistenza di un’obbligazione di risultato, che una pre-
175
sunzione di responsabilità» .
Il preteso escamotage giudiziale, consistente nel ravvisare un’obbligazione
di risultato nell’esercizio di un’attività professionale di sorveglianza di soggetti
minori pur privi della libertà d’iniziativa o di azione, non impedisce di indivi-
duare nella soluzione prospettata dalla Cassazione un’ipotesi particolarmente
169
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
170
Così C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
171
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
172
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
173
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
174
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
175
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit. Infatti, secondo questo autore (p. 364 s.), sarebbe possibile
«creare un’obbligazione di risultato fondandola su ciò che si considera essere, a torto o a ragione,
conforme all’economia del contratto, mentre la presunzione di colpa richiederebbe un testo che per-
metta di acclararla, anche se esso debba essere interpretato in modo assai liberale».
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 543

significativa anche sotto il profilo teorico, che testimonia l’esistenza di un pe-


culiare modello di obbligazione di sécurité. Di solito, questa, così come accade
nel settore leader del contratto di trasporto e nella maggior parte degli altri
contratti, si presenta come un’obbligazione accessoria rispetto all’obbligo di
prestazione (di trasportare, ad es.), «che consente, allorché la sicurezza del
contraente è stata violata, di considerare l’azione di responsabilità di natura
176
contrattuale, e non delittuale» . In alcune ipotesi, però, che riguardano, ad
esempio, l’attività del medico e della nutrice, l’obbligazione di sécurité non co-
stituisce un rapporto accessorio (e talvolta implicito), ma s’identifica con la
stessa prestazione che questi professionisti hanno di «vegliare sulla sicurezza
177
del contraente» . L’identificazione dell’obbligo di sécurité con l’obbligo di
178
prestazione ha indotto un’autorevole dottrina ad escludere che si possa par-
lare, correttamente, ancora di un obbligo di protezione, perdendo quest’ulti-
mo ogni autonomia rispetto all’obbligo di prestazione, in quanto il debitore
deve realizzare, con il suo comportamento, direttamente l’interesse del credi-
tore all’(esatto) adempimento.
La scienza giuridica francese, invece, discorre di una diversa struttura
dell’obbligazione di sécurité, escludendo che, quanto meno in tema di custo-
dia di minori in tenera età, questa obbligazione di sécurité di risultato possa
“affievolirsi” in un’obbligazione di mezzi, allorché la sorveglianza dei minori
sia svolta in assenza di remunerazione. L’obbligazione «deve essere del pari ri-
gorosa per tutti coloro che accettano di custodire un bambino molto giovane,
179
anche a titolo gratuito» . Sul punto v’è chi ha obiettato che, «se il contenuto
del contratto fosse stato esplicitamente precisato, giammai il debitore avrebbe
180
accettato di essere vincolato da un’obbligazione di risultato» . Ma è noto
come, «nel silenzio delle parti, i tribunali, da lungo tempo, si siano arrogati il
181
potere di fissare, del tutto liberamente, il contenuto delle obbligazioni» . L’ob-
bligazione determinata di «riconsegnare sano e salvo un giovanissimo fanciullo
rappresenta l’essenza del contratto di custodia, che le parti non hanno la pos-
182
sibilità di escludere, neppure esplicitamente» .
L’esame delle decisioni in tema di responsabilità dell’affidatario per i danni
subiti dai minori potrebbe consentire di confermare l’individuazione dei crite-
ri normalmente adottati dalla Cassazione nella qualificazione delle obbligazio-
ni “di mezzi” o di risultato. La Suprema Corte sembra adottare i consueti pa-
183
rametri legati al «grado di autonomia» del soggetto. Se il fanciullo è «com-

176
G. DURRY, La responsabilité de ceux, cit., p. 770.
177
G. DURRY, op. ult. cit., p. 771.
178
L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., pp. 368 ss., 371 s.
179
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
180
Per questa dottrina, cfr. G. DURRY, op. loc. ult. cit.
181
Il rilievo è di G. DURRY, op. loc. ult. cit.
182
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
183
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
544 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

pletamente abbandonato nelle mani di colui che ne ha la custodia (i casi del


bébé che è a balia, o anche, riguardo all’alimentazione, del fanciullo che è in
184
colonia), l’obbligazione di questi è di risultato» . Se, al contrario, il minore è
«dotato di autonomia (bambino più grande affidato ad una colonia turistica o
185
ad uno stabilimento di giochi), l’obbligazione [sarebbe] soltanto di mezzi» .
Ma tale declamazione, come s’è visto, cede il passo rispetto ad una diversa
realtà: l’usuale disciplina dell’obbligazione di mezzi viene tacitamente raffor-
zata con l’utilizzo di speciali espedienti (inversione dell’onere della prova della
diligenza o regola res ipsa loquitur, che determinano una presunzione di re-
sponsabilità del debitore) che, secondo la tradizione, dovrebbero essere estra-
nei a tale modello obbligatorio, ma che, in concreto, vengono sovente applica-
ti, sulla base di una peculiare lettura dei “fatti” e delle concrete “circostanze”,
al fine di garantire alla vittima il risarcimento dei danni subiti.
Si tratta, allora, di verificare se sia più opportuno ricorrere a tali pur effica-
ci escamotages, nel senso di ravvisare in essi delle tacite “eccezioni” al regime
della prova nella responsabilità contrattuale per colpa, o, viceversa, conforma-
re la regola sulla base di queste pretese “eccezioni” e differenziare, sulla base
dei testi (artt. 1147 s. code civ.; 1218 c.c.), l’inadempimento dell’obbligazione
di diligenza dalla generale disciplina della responsabilità delittuale per colpa.
E ancora: se non sia più opportuno individuare nell’obbligazione di sorveglia-
re un risultato certo e determinato, che induca a qualificare tale rapporto, in
ogni caso, in termini di “risultato”.

6. La partizione delle obbligazioni, in relazione al loro oggetto, tra “mezzi”


o “risultato” è stata sottoposta, proprio nella dottrina italiana, ad una delle più
rigorose e convincenti critiche. Malgrado il celeberrimo saggio di Luigi Men-
goni sia apparso sessant’anni fa, esso conserva una impressionante attualità,
tant’è che, proprio dalle sue pagine la più recente giurisprudenza italiana ha
tratto spunto per elaborare alcuni orientamenti che hanno “rivoluzionato”
l’intero settore della responsabilità per inadempimento.
186
Contestate le varie denominazioni proposte dalla letteratura francese , e
sottolineata la “relatività” dei concetti di mezzo e di risultato, nel senso che
qualsiasi fatto, «valutato come mezzo in ordine a un fine successivo, rappre-
senta già un risultato quando sia considerato in se stesso, come termine finale
187
di una serie teleologica più limitata» , l’illustre Autore concorda con l’opi-
nione, già espressa dalla dottrina germanica, secondo la quale non esistono
184
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
185
G. DURRY, op. loc. ult. cit.
186
Secondo L. MENGONI, op. ult. cit., p. 186, l’altra denominazione “inventata” dalla dottrina fran-
cese (ovvero: “obbligazioni determinate”, da una parte, e “obbligazione generale di prudenza e dili-
genza”, dall’altra) sarebbe «peggiore della prima».
187
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 188.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 545

188
obbligazioni che non abbiano per oggetto la produzione di un risultato . La
partizione, quindi, non vuol significare che in talune obbligazioni manchi il
risultato dovuto, ma piuttosto che possa esistere, nei rapporti obbligatori, una
maggiore o una minore corrispondenza del termine finale dell’obbligazione
(risultato dovuto) al termine iniziale, ovvero all’interesse da cui l’obbligazione
trae origine. Mentre in alcuni rapporti (c.d. obbligazioni di risultato) «il risul-
tato dovuto consiste in una realizzazione finale in cui si risolve, con piena sod-
disfazione, il fine economico del creditore, l’interesse che ha determinato il
sorgere del vincolo», in altri (c.d. obbligazioni di mezzi, o “di mezzo”, come le
definisce lo stesso Demogue) vi sarebbe soltanto un comportamento qualifica-
to da un certo grado di convenienza o utilità in ordine a quel fine, la cui rea-
189
lizzazione non è di per sé compresa nell’orbita del rapporto obbligatorio .
La diligenza non può essere «giammai l’oggetto di una obbligazione di com-
190
portamento» . Nonostante la diligenza abbia assunto, nella prassi, un signifi-
cato ulteriore, più ampio di quello originario, «attività diligente e attività
obiettivamente adeguata allo scopo del rapporto obbligatorio non sono con-
191
cetti reciprocamente impliciti» .
La diligenza “in senso tecnico”, essendo essenzialmente un criterio di im-
putabilità, una misura della colpa, non riguarda il raggiungimento dello scopo
192
dell’obbligazione . In un ordinamento come il nostro, «che alla responsabili-
tà del debitore non riconosce altro limite se non il casus (art. 1218), ovvero il
limite stesso dell’obbligazione (art. 1256), la diligenza in senso stretto, intesa
come dovere di sforzo in vista dell’adempimento, non può avere quella rile-
193
vanza generale che, prima facie, sembrerebbe indicata dall’art. 1176» . La re-
gola della «culpa-diligentia» viene in considerazione per la fondazione della
responsabilità contrattuale unicamente nell’ipotesi di sopravvenuta impossibi-
194
lità (oggettiva) dell’adempimento . Soltanto in questo caso «importa accerta-
re se e quanto il debitore si è sforzato per non lasciare inappagata l’aspettativa
195
del creditore» .
Questa conclusione, valida per i diritti francese e italiano, ma non per quel-
lo tedesco, ispirato ad un diverso dettato normativo, viene fondata anche su
un argomento comparativo: «l’art. 1176 deriva dall’art. 1137 del codice fran-
cese, dove la regola della “diligentia boni patrisfamilias” è enunciata a propo-
sito dell’obbligazione di vegliare alla conservazione della cosa dovuta, ossia
con specifico riguardo proprio alle ipotesi di interitus o amissio rei debitae
188
Testualmente, L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
189
Così, L. MENGONI, op. ult. cit., p. 190 s.
190
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 193 s.
191
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 195.
192
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 199.
193
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
194
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
195
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
546 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

che, fino alla rielaborazione moderna iniziata da Federico Mommsen, hanno


costituito il punto di riferimento pressoché esclusivo della dottrina dell’impos-
196
sibilità susseguente» .
Secondo questa ricostruzione, l’art. 1176 non contraddice dunque l’art.
1218, ma anzi integra la norma che estende la responsabilità del debitore fino
197
all’impossibilità fortuita della prestazione . Da tale regola generale «l’inter-
prete apprende che – salva diversa volontà delle parti (art. 1229) – deve essere
imputata all’obbligato, vale a dire non è fortuita, l’impossibilità derivante da
198
una causa evitabile con l’ordinaria diligenza del buon padre di famiglia» .
L’«errore» della dottrina è consistito «nell’affermare che il dominio del-
l’art. 1176 è circoscritto alle obbligazioni di comportamento, mentre le obbli-
199
gazioni di risultato sarebbero soggette esclusivamente all’art. 1218» . Ma l’«in-
fondatezza» di tale tesi è comprovata dallo stesso art. 1137 Code civ., «pro-
genitore del nostro art. 1176», il quale sancisce la regola della diligenza proprio
200
con riguardo ad un’obbligazione di risultato . La valutazione della diligenza
come regola generale di responsabilità nell’ipotesi di sopravvenuta impossibili-
201
tà della prestazione, cioè «come norma integrativa dell’art. 1218» , consente
di individuare nella buona fede (artt. 1366-1375) «il vero principio di deter-
minazione dell’oggetto dell’obbligazione», che «non solo esige che il debitore
compia tempestivamente tutti gli atti necessari da parte sua per la realizzazio-
ne del risultato dovuto, ma anche che, prima della scadenza, si comporti da
202
buon padre di famiglia per mantenersi in grado di adempiere» . La conside-
razione del dovere di diligenza stricto sensu non già come obbligo autonomo,
203
bensì come una specificazione del contenuto dell’obbligo di prestazione
consente di scorgere una fondamentale differenza con la responsabilità delit-
tuale: mentre in quest’ultima la negligenza «– intesa nel senso di deviazione da
un determinato criterio di condotta, distinto dalla norma la cui infrazione co-
stituisce l’ingiustizia – è rilevante come qualificazione del comportamento ille-
cito, come elemento soggettivo normalmente complementare della fattispecie
condizionante il diritto al risarcimento del danno (art. 2043)»; nell’ambito dei
196
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 199 s.
197
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 200.
198
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
199
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 201. Nella dottrina più recente, l’idea secondo la quale l’art. 1218
c.c. sia una regola unitaria alla stregua della quale valutare la responsabilità del debitore è condivisa
da G. D’AMICO, Responsabilità per inadempimento e distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risulta-
to, in Il diritto delle obbligazioni e dei contratti: verso una riforma?, Atti del Convegno svoltosi a Tre-
viso dal 23 al 25 marzo 2006, Padova, 2006, p. 141 ss.; ID., La responsabilità ex recepto e la distinzio-
ne tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”. Contributo alla teoria della responsabilità contrattuale,
Napoli, 1999, p. 185 ss. e passim.
200
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 202.
201
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 202 s.
202
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 203.
203
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 547

rapporti obbligatori, invece, la norma della buona fede (oggettiva) allarga la


tutela dell’interesse del creditore fino a comprendere nel contenuto del vinco-
lo anche l’osservanza di un complesso di cautele, normalmente necessarie per
evitare ogni pregiudizio al pieno e integrale raggiungimento dello scopo dell’ob-
204
bligazione .
«Disattesa l’idea di risolvere con la distinzione delle obbligazioni di mezzi e
205
di risultato l’apparente antitesi fra l’art. 1176 e l’art. 1218» , l’esimio Autore
procede ad una completa «revisione della concezione corrente della responsa-
206
bilità contrattuale come responsabilità essenzialmente connessa alla colpa» .
Determinato, alla stregua della buona fede, il contenuto dell’obbligo di pre-
stazione e precisati, sulla base degli obblighi reciproci di correttezza (art. 1175),
quegli obblighi di protezione o di sécurité che accedono al rapporto obbliga-
torio in ragione dell’interesse di ciascuna parte a preservare la propria persona
e il proprio patrimonio dal pericolo di danno derivante dalla specifica relazio-
207
ne costituitasi tra le parti , si afferma che il debitore dovrà rispondere del-
l’adempimento «indipendentemente dall’entità dello sforzo necessario per il
208
compimento degli atti dovuti» .
La dottrina tradizionale che «costruisce la responsabilità contrattuale in
termini paralleli alla responsabilità extracontrattuale, vale a dire come respon-
209
sabilità fondata su un illecito subiettivo» , si fonda sull’«illusione» che con-
210
sidera l’inadempimento come una colpa eo ipso . Ma, nella maggior parte dei
casi, la c.d. “presunzione di colpa” si rivela «per quello che veramente è: una
211
finzione di colpa» . Questa concezione che, erroneamente, «scambia la colpa
con la responsabilità, quasi che essere responsabili equivalga a essere in col-
pa», non si avvede della «fondamentale verità», secondo la quale l’inadempi-
mento di un’obbligazione precostituita è condizione logicamente sufficiente
della responsabilità del debitore, senza bisogno della qualificazione soggettiva
212
della colpa . Nella «secolare controversia» che ha interessato tale questione
«si è dimenticato troppo spesso che la responsabilità è un momento essenziale
dell’obbligazione, e come tale non può cessare se non in virtù di un fatto che
213
produca l’estinzione o la sospensione del vincolo di prestazione» . La fatti-
specie della responsabilità «è costituita in ogni caso dall’inadempimento in sé
214
considerato, come si argomenta del resto dall’art. 2740» . Anche nelle “ob-
204
Testualmente, L. MENGONI, op. ult. cit., p. 204.
205
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
206
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 281.
207
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 285.
208
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 287.
209
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 289.
210
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 296.
211
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 297.
212
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 300.
213
L. MENGONI, op. ult. cit., pp. 300 e 301.
214
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 302.
548 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

bligazioni di mera diligenza” la responsabilità si fonda «sul fatto oggettivo del-


l’inadempimento, e non sull’inadempimento in quanto imputabile all’obbli-
215
gato» . In tal senso la colpa non è mai «parte integrante della fattispecie di
responsabilità», ma è «propriamente un presupposto mediato, in quanto eser-
cita una funzione di conservazione del rapporto obbligatorio, escludendo una
circostanza (assenza di colpa) che, congiunta all’impossibilità sopraggiunta, com-
216
pleterebbe una fattispecie estintiva del rapporto obbligatorio» . Quindi, «il
debitore non è responsabile non già per mancanza di colpa, cioè perché l’ina-
dempimento non è a lui imputabile, ma piuttosto perché ha adempiuto la sua
217
obbligazione» .
L’incomprensione in cui è incorsa la dottrina è stata quella di aver pensato
che la contestata partizione tra le obbligazioni “di mezzi” e quelle “di risulta-
218
to” si ripercuotesse sul relativo onere di prova, atteggiandolo diversamente ,
secondo che si trattasse di un’obbligazione inquadrabile nell’una o nell’altra
categoria. E tale convinzione è stata così pervicace da spingere una buona par-
te degli scrittori fino al punto da proporre tale summa divisio come «destinata
a sostituire la tradizionale contrapposizione fra responsabilità contrattuale e
responsabilità extracontrattuale, ai fini della ripartizione del carico della prova
219
nelle cause di responsabilità civile» . Le regole sull’onere della prova sareb-
bero sempre eguali, qualunque sia la fonte della responsabilità (contratto o
torto), «in relazione al contenuto dell’obbligo che si assume violato»: in pre-
senza di obblighi di risultato spetterebbe «all’autore del danno provare di es-
sersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di evitare il danno»; in presenza
di obblighi di mero comportamento toccherebbe, invece, alla vittima del dan-
220
no dimostrare la colpa del danneggiante . In tal senso, la differenza tra re-
sponsabilità contrattuale e delittuale, sotto il profilo dell’onere della prova, do-
221
vrebbe essere ristretta alle sole obbligazioni di risultato . Affermazione que-
sta che, nel ricostruire indebitamente la disciplina dell’inadempimento sulla
base delle regole dettate per la responsabilità delittuale per colpa, denuncia
222
una «duplice confusione di concetti» , oltre a rivelarsi erronea, nella sua ge-
nericità, anche sotto altro profilo, riconoscendosi «universalmente» che per le
obbligazioni negative, che sono una «specie di obbligazioni di risultato», spet-
223
ta al creditore la dimostrazione dell’inadempimento .

215
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 301.
216
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 304.
217
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 307.
218
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 314. Ricorda il pensiero di Mengoni anche G. D’AMICO, Respon-
sabilità per inadempimento, cit., p. 155, nota 35.
219
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
220
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
221
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 375.
222
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
223
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 316 s.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 549

Per Luigi Mengoni, la pretesa contrapposizione tra obbligazioni c.d. “di


mezzi” e “di risultato” non poteva incidere sull’onere della prova dell’adempi-
224
mento . A differenza del diritto tedesco, che era ispirato ad una soluzione
meno rigorosa (§ 275 BGB) di quella accolta dai diritti francese (art. 1147) e
225
italiano (art. 1218) , e che pertanto accollava al creditore l’onere di provare i
fatti oggettivi che costituiscono la “violazione contrattuale positiva”, mentre è
226
il debitore a dover dimostrare l’assenza di colpa , il sistema franco-italiano «è
costruito sul concetto di inadempimento: ciò che importa è la violazione
dell’obbligazione, in qualunque forma e rispetto a qualunque singolo obbligo
227
si manifesti» . Corrispondentemente a questa costruzione unitaria, la riparti-
zione dell’onere della prova stabilita dall’art. 1218 c.c. «vale per qualsiasi ipo-
tesi di inesatto adempimento, consista la violazione in un comportamento omis-
sivo del debitore (ritardo della prestazione principale o violazione di un ob-
bligo positivo di protezione) oppure in un comportamento commissivo (difet-
tosità qualitativa della prestazione eseguita, o violazione di un obbligo negati-
228
vo di protezione)» .
L’esperienza giuridica francese, nel riversare sul creditore l’onere di prova-
re la colpa, ha «deformato» i principi generali sulla responsabilità contrattua-
le, «eliminando la tradizionale differenza rispetto alla responsabilità aquilia-
229
na» . Infatti, come accade per la gran parte delle obbligazioni di sécurité, an-
che in tema di responsabilità professionale si è affermato che «vi è scarso van-
230
taggio a dichiarare il medico tenuto contrattualmente» , essendo considerata
la sua prestazione il prototipo dell’obbligazione “di mezzi”. Ma tale orienta-
mento pone «la premessa di una ulteriore offesa al principio dell’art. 1147
231
cod. Nap.» .
«La verità è che uno spostamento dell’onere della prova della colpa può
verificarsi soltanto in un sistema di responsabilità, come quello dell’art. 2043,
legato al presupposto specifico della colpa, ravvisata come elemento integran-
232
te della fattispecie del diritto al risarcimento del danno» . Viceversa, tale
233
modello «non è nemmen concepibile» quando la responsabilità è connessa a
un rapporto obbligatorio preesistente. Il «vincolo di responsabilità è un mo-
224
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 318.
225
Così, L. MENGONI, op. ult. cit., p. 379.
226
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 376.
227
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 374.
228
L. MENGONI, op. loc. ult. cit. Il corsivo è nostro e tende a sottolineare come, nel pensiero
dell’A., diversamente da quanto rilevato in sede di commento di Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001,
n. 13533, in Danno e resp., 2001, p. 1565 ss., il problema dell’(in)esatto adempimento non può essere
risolto separatamente (e, semmai, in maniera opposta) rispetto a quello dell’inadempimento.
229
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 377.
230
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
231
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 379.
232
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 378.
233
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
550 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

mento coessenziale al concetto di obbligazione, cosicché l’esistenza del rapporto


obbligatorio è un presupposto logicamente sufficiente della responsabilità del
234
debitore inadempiente» . E poiché qui la colpa ha una rilevanza soltanto in-
diretta, come mero «requisito di conservazione dell’obbligazione», essa rap-
presenta «in ogni caso un tema di prova indicato non già dalla norma di cui
l’attore chiede l’applicazione, bensì da una norma diversa, richiamata dal con-
venuto in quanto prevede un fatto estintivo o sospensivo dell’obbligo di pre-
235
stazione» . In tal senso, tale tema di prova «dovrà sempre essere svolto dal
236
debitore» . Le regole sull’onere della prova «giammai potranno aggravare la
posizione dell’attore a tal segno, da imporgli anche la prova dell’inesistenza di
237
fatti estintivi o modificativi del diritto reclamato in giudizio» .
In conclusione, «il concetto di inadempimento presuppone l’assenza del
caso fortuito, cioè di un fatto estraneo al tema di prova assegnato al credito-
re». Ma, «in questi termini il rilievo non ha alcuna importanza, dato il princi-
pio (art. 1218) per cui, fino al limite della possibilità oggettiva della prestazio-
238
ne, il debitore risponde indipendentemente dalla colpa» .

7. La ricostruzione elaborata da questa autorevole dottrina, ed avvalorata


239
da più recenti indirizzi della scienza giuridica italiana , è stata recepita dalla
nostra giurisprudenza, con talune varianti di ordine processuale e sistematico,
quasi cinquant’anni dopo.
In una decisione che poi ha assunto una portata assai rilevante, perché ha
investito la disciplina generale del rapporto obbligatorio, le Sezioni Unite del-
la Cassazione, nell’abbandonare un altalenante percorso fin lì seguito sulla scia
delle Corti francesi, affermano che il «principio di riferibilità o di vicinanza
alla prova» impone di esentare il creditore dall’onere di provare il «fatto nega-
tivo» dell’inadempimento in tutte le ipotesi contemplate dall’art. 1453 c.c.,
«con correlativo spostamento sul debitore convenuto dell’onere di fornire la
240
prova del fatto positivo dell’avvenuto adempimento» . Tale regola, che muo-
ve dalla considerazione secondo la quale «il creditore incontrerebbe difficoltà,
spesso insuperabili, se dovesse dimostrare di non aver ricevuto la prestazio-
ne», è giudicata altresì coerente con l’art. 2697 che, distinguendo tra fatti co-
stitutivi e fatti estintivi, dispone che la prova dell’adempimento, fatto estintivo
del diritto azionato dal creditore, spetti al debitore convenuto, che dovrà

234
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 379.
235
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
236
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
237
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
238
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
239
Per tutti, basti citare C. CASTRONOVO, il cui pensiero (oltre alle opere già citt.) è espresso in
La nuova responsabilità civile, cit., passim.
240
Cass. civ., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, in Danno e resp., 2001, p. 1567.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 551

quindi dare la prova diretta e positiva dell’adempimento, trattandosi di fatto


241
riferibile alla sua sfera di azione .
Il principio «della presunzione di persistenza del diritto, desumibile dal-
l’art. 2697», in virtù del quale, «una volta provata dal creditore l’esistenza di
un diritto destinato ad essere soddisfatto entro un certo termine», grava sul
debitore l’onere di dimostrare l’esistenza del fatto estintivo costituito dall’adem-
pimento, deve ritenersi operante non soltanto nel caso in cui il creditore agisca
per l’adempimento, ove deve provare il titolo contrattuale o legale del suo di-
ritto, ma anche nel caso in cui, sul comune presupposto dell’inadempimento
242
della controparte, agisca per la risoluzione o per il risarcimento del danno .
Le domande di adempimento, di risoluzione per inadempimento e di risarci-
mento del danno si collegano tutte al medesimo presupposto costituito
dall’inadempimento. Al contrario, non sarebbe «ragionevole» attribuire diver-
sa rilevanza al fatto dell’inadempimento a seconda del tipo di azione che viene
in concreto esercitata, essendo le azioni di adempimento e di risoluzione «po-
ste dall’art. 1453 sullo stesso piano, tanto è vero che il creditore ha facoltà di
243
scelta tra l’una o l’altra» . Se la parte che agisce per l’adempimento «può li-
mitarsi (come è incontroverso) ad allegare (senza onere di provarlo) che adem-
pimento non vi è stato, eguale onere limitato alla allegazione va riconosciuto
sussistente nel caso in cui invece dell’adempimento la parte richieda, postu-
lando pur sempre che adempimento non vi è stato, la risoluzione o il risarci-
244
mento del danno» .
L’identità del regime probatorio per i tre rimedi previsti dall’art. 1453 c.c.
245
meriterebbe di essere affermata anche per palesi esigenze di ordine pratico .
Il creditore che deduce «di non essere stato pagato avrà serie difficoltà ad in-
dividuare, come oggetto di prova, fatti positivi contrari idonei a dimostrare
tale fatto negativo; al contrario, la prova dell’adempimento, ove sia avvenuto,
sarà estremamente agevole per il debitore, che di regola sarà in possesso di
una quietanza [...] o di altro documento relativo al mezzo di pagamento utiliz-
246
zato» .
Sulla base di tali argomentazioni, le Sezioni Unite concludono che il credi-
tore che agisca per l’adempimento, per la risoluzione e/o per il risarcimento
del danno, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se
previsto, del termine di scadenza, limitandosi ad allegare l’inadempimento
della controparte, mentre sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova
247
del fatto estintivo del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento .
241
Testualmente, Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567.
242
Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567.
243
Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567.
244
Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567.
245
Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567.
246
Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., pp. 1567 e 1568.
247
Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1568.

19.
552 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Questo “criterio di riparto”, che trova la sua eccezione soltanto nel caso di
inadempimento di obbligazioni negative, oltre ad applicarsi, a ruoli invertiti,
248
nel caso di eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.) , viene esteso, per le
«richiamate esigenze di omogeneità del regime probatorio», anche all’ipotesi
dell’inesatto adempimento. Infatti, appare «artificiosa la ricostruzione della
vicenda secondo la quale il creditore che lamenta un inadempimento inesatto
manifesterebbe, per implicito, la volontà di ammettere l’avvenuto adempimen-
249
to» . In realtà, «il creditore esprime una ben precisa ed unica doglianza in-
centrata sulla non conformità del comportamento del debitore al programma
negoziale, ed in ragione di questa richiede tutela, domandando l’adempimen-
250
to, la risoluzione o il risarcimento» . Al contrario, sarebbe “irragionevole”
considerare sufficiente l’allegazione per l’inadempimento totale e pretendere
dal creditore la prova del fatto negativo dell’inesattezza. In entrambi i casi la
pretesa del creditore si fonda sull’allegazione di un inadempimento alla quale
il debitore dovrà contrapporre la prova del fatto estintivo costituito dall’esatto
251
adempimento .
Il far gravare, anche in tale eventualità, sul debitore, l’onere di dimostrare
l’avvenuto esatto adempimento assume capitale importanza, non soltanto per
gli obblighi di prestazione, ma anche per gli obblighi di protezione e di sécuri-
té, tant’è che la stessa Cassazione cita, come esempi tipici di inesatto adempi-
mento, oltre alle «difformità quantitative o qualitative dei beni» ed alla «man-
cata osservanza dell’obbligo di diligenza», l’inadempimento degli obblighi
252
d’informazione e, più in generale, la «violazione di doveri accessori» .

8. Tale importante decisione, che non fu condivisa dalla dottrina dell’epo-


253
ca, la quale le riservò soltanto qualche annotazione , prevalentemente critica,
è stata poi recepita dalla giurisprudenza successiva, soprattutto da quella che
si è pronunziata in tema di responsabilità del professionista sanitario.
248
Potendosi limitare, chi formula l’eccezione, ad allegare l’altrui inadempimento, mentre «sarà la
controparte a dover neutralizzare l’eccezione, dimostrando il proprio adempimento o la non ancora
intervenuta scadenza dell’obbligazione a suo carico» (Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533,
cit., p. 1568).
249
Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1568.
250
Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1568.
251
Testualmente, Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1568.
252
Cass. civ., Sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1568.
253
Cfr., ad es., G. VILLA, Onere della prova, inadempimento e criteri di razionalità economica, in
Riv. dir. civ., 2002, I, p. 707 ss.; G. VISINTINI, La Suprema Corte interviene a dirimere un contrasto tra
massime (in materia di inadempimento e onere probatorio a carico del creditore vittima dell’inadempi-
mento), in Contr. e impr., 2003, p. 903; V. MARICONDA, Inadempimento e onere della prova: le Sezioni
Unite compongono un contrasto e ne aprono un altro, in Danno e resp., 2001, p. 1569 ss.; P. LAGHEZ-
ZA, Inadempimenti ed onere della prova: le Sezioni unite e la difficile arte del rammendo, in Foro it.,
2002, I, c. 769 ss.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 553

254
Ribadita la “scoperta” del 1999 , ovvero che la relazione che si instaura
tra medico (nonché tra la struttura sanitaria) e paziente dà luogo ad un rap-
255
porto di tipo contrattuale (quand’anche fondato sul solo contatto sociale) ,
poiché «l’accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una
256
visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto» , la Cassazio-
ne doveva risolvere il dato più rilevante della questione, cioè quale fosse la di-
sciplina applicabile alle ipotesi di gran lunga più frequenti, quelle nelle quali
viene contestato un inesatto adempimento. In Francia, la qualificazione della
257
responsabilità del medico come responsabilità contrattuale non aveva ap-
portato alcuna significativa innovazione, poiché la giurisprudenza non aveva
mai seguito l’idea «di rovesciare sul medico l’onere di provare l’(esatto) adem-
258
pimento» . Considerando, sulla scia di R. Demogue, l’obbligazione del pro-
fessionista sanitario come la tipica obbligazione “di mezzi”, e avendo ricalcato
la disciplina di tale modello su quella della responsabilità delittuale per faute
prouvée, le Corti avevano continuato, nella sostanza, ad applicare alla mede-
sima il testo dell’art. 1382, come se si trattasse di un’ipotesi di responsabilità
aquiliana.
259
Una parte della dottrina francese aveva tentato di distinguere dall’obbli-
go di prestazione, cioè dall’obbligo di visitare il malato e di curarlo in maniera
puntuale, considerato “di mezzi” o di semplice comportamento, un’obbliga-
zione di sécurité “di risultato”, avente ad oggetto la somministrazione di cure
attente, prudenti e conformi ai canoni della scienza. Ma la giurisprudenza non
aveva seguito tale teoria, la quale, tra l’altro, si esponeva a facili contestazioni,
là dove tendeva a confondere l’obbligo di prestazione con l’obbligazione di
sécurité. Infatti, l’obbligo del medico «di evitare ogni comportamento pregiu-
260
dizievole al buon esito della cura» non assume alcuna autonomia rispetto
all’obbligo di curare il malato. La prestazione «principale» dovuta dal medico
involge per sua natura l’osservanza di certe regole scientifiche e tecniche e,
quindi, uno sforzo costante di attenzione, di prudenza e di diligenza, «senza di
che verrebbe meno lo stesso concetto di cura che vuol essere essenzialmente
una buona cura, cioè una cura conveniente al fine della guarigione del mala-
261
to» . Anche nell’esecuzione del contratto che intercorre tra medico (e strut-
254
Cass., III Sez. civ., 22 gennaio 1999, n. 589, in Danno e resp., 1999, p. 298 s.
255
Così, Cass., III Sez. civ., 21 giugno 2004, n. 11488, in Danno e resp., 2005, p. 25, annotata, in-
sieme con le altre di seguito citt., da R. DE MATTEIS, La responsabilità medica ad una svolta? Sul pun-
to, già E. QUADRI, La responsabilità medica tra obbligazioni di mezzi e di risultato, in Danno e resp.,
1999, p. 1165 ss.
256
Cass., III Sez. civ., 28 maggio 2004, n. 10297, in Danno e resp., 2005, p. 27.
257
Cass., 20 maggio 1936, in Rec. Sirey, 1936, I, p. 321.
258
Così, L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 367, in nota 4.
259
La tesi è proposta da H. ed L. MAZEAUD, Traité théorique et pratique de la responsabilité civile,
I, Paris, 1947, pp. 110 s., 161 s.
260
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 371.
261
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
554 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

tura sanitaria) e paziente può esservi la violazione di un obbligo di protezione


o di sécurité, là dove, ad esempio, «Si faccia l’ipotesi che, terminata felicemen-
te una operazione addominale, il chirurgo o un suo assistente, nel riporre i fer-
ri, si lasci sfuggire di mano un bisturi che va a colpire un occhio del pazien-
262
te» . In questo caso il chirurgo «risponde contrattualmente», ma il titolo del-
la responsabilità non è propriamente l’obbligo di prestazione, bensì quello di
protezione. Ma «se il chirurgo non opera a regola d’arte, se il medico non dà
263
le prescrizioni adatte al malato» , questi comportamenti ledono l’interesse
positivo all’(esatto) adempimento, non, invece, l’interesse di protezione, rap-
presentando «forme diverse di inadempimento dello stesso obbligo primario
264
di prestazione» .
La giurisprudenza italiana, applicando alla responsabilità del medico il prin-
265
cipio di riferibilità o di vicinanza alla prova , diversifica chiaramente lo “sta-
tuto” del rapporto obbligatorio dal calco della responsabilità delittuale (per
colpa), provvedendo altresì a uniformare la disciplina tra obblighi di prestazio-
ne (eventualmente “di mezzi”) ed obblighi di protezione o di sécurité (even-
tualmente “di risultato”). La Cassazione dispone che, sulla base dell’art. 1218
c.c., il paziente ha soltanto «l’onere di allegare l’inesattezza dell’adempimento,
non la colpa né, tanto meno, la gravità della colpa; il cui difetto (nel caso “or-
dinario” di cui all’art. 1176 c.c.) ovvero anche solo la non qualificabilità della
stessa in termini di gravità (nel senso di cui all’art. 2236 c.c.) deve essere inve-
ce allegata e provata dall’obbligato alla prestazione che si assume inesattamen-
266
te effettuata, e quindi dal medico» .
Rilevato che la distinzione tra prestazione di facile esecuzione e prestazione
implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà non rileva
267
più quale criterio di distribuzione dell’onere della prova , la Corte decide che
«è tuttavia certo che la prova della incolpevolezza dell’inadempimento (recte:
della impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile) e della
diligenza nell’adempimento è sempre riferibile alla sfera d’azione del debitore;
in misura, inoltre, tanto più marcata quanto più l’esecuzione della prestazione
consista nell’applicazione di regole tecniche, sconosciute al creditore siccome
estraneo al bagaglio della comune esperienza e specificamente proprie di quel-
lo del debitore, nella specie specialista nell’esercizio di una professione protet-
268
ta» . Tale conclusione, in un primo tempo, viene fatta collimare con la disci-
plina dell’obbligazione “di diligenza”: secondo la Suprema Corte, «consisten-
262
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
263
L. MENGONI, op. loc. ult. cit.
264
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 372.
265
Ad es., Cass., III Sez. civ., 21 giugno 2004, n. 11488, cit., p. 25; Cass., III Sez. civ., 28 maggio
2004, n. 10297, cit., p. 28.
266
Cass., III Sez. civ., 21 giugno 2004, n. 11488, cit., p. 25.
267
Cass., III Sez. civ., 28 maggio 2004, n. 10297, cit., p. 28.
268
Cass., III Sez. civ., 21 giugno 2004, n. 11488, cit., p. 26.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 555

do l’obbligazione professionale in un’obbligazione di mezzi», il paziente (che


agisce in giudizio deducendo l’inesatto adempimento dell’obbligazione sanita-
ria) «dovrà provare l’esistenza del contratto e l’aggravamento della situazione
patologica o l’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento, re-
stando a carico del sanitario o dell’ente ospedaliero la prova che la prestazione
professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti peggiorativi
269
siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile» . Ma già in
una sentenza coeva si rileva come la «colpa medica» sia giunta a sfiorare «una
dimensione paraoggettiva della responsabilità (o, quanto meno, una dimen-
sione comunque “aggravata”)», avendo rappresentato la «presunzione di col-
pa tout court» collegata alla “facilità” dell’intervento «il primo passo verso la
sostanziale trasformazione dell’obbligazione del professionista da obbligazio-
270
ne di mezzi in obbligazione di (quasi) risultato» .
Il successivo passo verso l’individuazione di una disciplina unitaria del
rapporto obbligatorio, di prestazione e di sécurité, fondata sulla convinzione
che in ogni caso v’è sempre un “risultato dovuto”, sia pure di maggiore o di
271
minore ampiezza, rispetto al contenuto dell’interesse finale del creditore ,
viene compiuto da un’ulteriore sentenza della Cassazione, resa questa volta a
Sezioni Unite, la quale si prefigge altresì l’ambizioso scopo di considerare or-
mai «dogmaticamente superata» la distinzione tra obbligazioni di mezzi e di
272
risultato, ammissibile soltanto a fini “descrittivi” . Ma, come si avrà modo di
verificare, il significato più pregnante di questa decisione involge il problema
della causalità e, soprattutto, quello del caso fortuito come «limite generale
273
della responsabilità per inadempimento» . Infatti, come ricorda ancora una
volta Luigi Mengoni, «caso fortuito e inadempimento sono termini antinomi-
274
ci, l’uno comincia là dove finisce l’altro» , nel senso che «rispetto alla prova
[oggi, allegazione] dell’inadempimento, prodotta dall’attore, la prova del caso
fortuito ha valore di controprova, giacché dimostra che i fatti, fissati dal credi-
tore insoddisfatto, non hanno sostanza di inadempimento: una volta accertata
l’estinzione o la quiescenza dell’obbligazione, non si può più parlare di ina-
275
dempimento» .
Nella specie, le Sezioni Unite sono chiamate a risolvere un contrasto tra le
Sezioni semplici in merito al problema del riparto dell’onere probatorio: nel-
l’applicare in tema di responsabilità del medico i principi statuiti dalle Sezioni
Unite nel 2001 (e ciò sembra chiarire altresì la portata di ratio decidendi del
269
Cass., III Sez. civ., 28 maggio 2004, n. 10297, cit., p. 28.
270
Cass., III Sez. civ., 19 maggio 2004, n. 9471, in Danno e resp., 2005, p. 33.
271
In questi termini, già L. MENGONI, op. ult. cit., p. 188 ss. e passim.
272
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, in Danno e resp., 2008, p. 790, annotata da G.
VINCIGUERRA, Nuovi (ma provvisori?) assetti della responsabilità medica.
273
In questi termini, L. MENGONI, op. ult. cit., p. 290.
274
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 299.
275
L. MENGONI, op. ult. cit., p. 318.
556 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

relativo dictum, all’epoca revocata in dubbio da qualche Autore), alcune Corti


avevano «ritenuto che gravasse sull’attore (paziente danneggiato che agisce in giu-
dizio deducendo l’inesatto adempimento della prestazione sanitaria) oltre alla
prova del contratto, anche quella dell’aggravamento della situazione patologica o
l’insorgenza di nuove patologie nonché la prova del nesso di causalità tra l’azio-
ne o l’omissione del debitore e tale evento dannoso, allegando il solo inadempi-
276
mento del sanitario» . Per converso, restava «a carico del debitore l’onere di
277
provare l’esatto adempimento, cioè di aver tenuto un comportamento diligente» .
Secondo le Sezioni Unite, proprio il punto relativo alla prova del nesso di
causalità, che nelle controversie in materia di responsabilità professionale rap-
presenta il vero punto nodale al fine di condannare il debitore inadempiente
al risarcimento del danno, «non può essere condiviso», anche perché «esso
risente implicitamente» proprio della ormai superata «distinzione tra obbliga-
278
zioni di mezzi ed obbligazioni di risultato» . Ma «in ogni obbligazione si ri-
chiede la compresenza sia del comportamento del debitore che del risulta-
279
to» . D’altronde, dalla casistica giurisprudenziale emergerebbero «spunti in-
teressanti» in ordine alla dicotomia tra obbligazioni di mezzi e di risultato,
spesso utilizzata al fine di risolvere problemi di ordine pratico, «operandosi
non di rado, per ampliare la responsabilità contrattuale del professionista, una
sorta di metamorfosi dell’obbligazione di mezzi in quella di risultato, attraver-
so l’individuazione di doveri di informazione e di avviso [...], definiti accessori
ma integrativi rispetto all’obbligo primario della prestazione, ed ancorati a
principi di buona fede, quali obblighi di protezione, indispensabili per il cor-
280
retto adempimento della prestazione professionale in senso proprio» .
Poiché la partizione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato” «è stata
281
sottoposta a revisione sia da parte della giurisprudenza che della dottrina» ,
il meccanismo di ripartizione dell’onere della prova (ai sensi dell’art. 2697 c.c.)
in materia di responsabilità contrattuale, «in conformità a criteri di ragionevo-
lezza per identità di situazioni probatorie, di riferibilità in concreto dell’onere
probatorio alla sfera di azione dei singoli soggetti e di distinzione strutturale
tra responsabilità contrattuale e da fatto illecito», è «identico, sia che il credi-
tore agisca per l’adempimento dell’obbligazione, ex art. 1453 c.c., sia che do-
mandi il risarcimento per l’inadempimento contrattuale, ex art. 1218 c.c.»,
282
senza dipendere in alcun modo dalla contestata divisione .
276
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 790.
277
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 790.
278
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 790. Sul punto, in dottrina, A. NICOLUSSI,
Il commiato, cit., p. 797 ss. Crede ancora a questa partizione, invece, G. D’AMICO, Responsabilità per
inadempimento e distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato, in Riv. dir. civ., 2006, p. 141 ss.
279
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 790.
280
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., pp. 790 e 791.
281
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 791.
282
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 791.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 557

Prestata piena adesione al principio espresso dalla sentenza n. 13533 del


2001, le Sezioni Unite «ritengono [...] che l’inadempimento rilevante nell’am-
bito dell’azione di responsabilità per risarcimento del danno nelle obbligazioni
così dette di comportamento non è qualunque inadempimento, ma solo quello
283
che costituisce causa (o concausa) efficiente del danno» . Ciò significa, per
un verso, che «l’allegazione del creditore non può attenere ad un inadempi-
mento, qualunque esso sia, ma ad un inadempimento, per così dire, qualifica-
to, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno»; per altro verso,
che «competerà al debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è
proprio stato ovvero che, pur esistendo, non è stato nella fattispecie causa del
284
danno» .
In tal modo, il problema si sposta dalla (pretesa) inversione dell’onere della
285
colpa, all’inversione della prova della causalità che, secondo l’unanime dot-
trina, caratterizza le fattispecie di responsabilità oggettiva. L’allegazione di un
inadempimento o di un inesatto adempimento solo «astrattamente idoneo a
provocare il danno lamentato» inverte, nella sostanza, l’onere della prova della
causalità, dovendo il debitore «dimostrare o che tale inadempimento non vi è
286
stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante» .
Ai fini della prova dell’interruzione del rapporto causale è del tutto irrilevante
la prova della diligenza nell’adempimento, dovendo il debitore dimostrare il
caso fortuito o la forza maggiore.
287
Tale conclusione era sembrata del tutto evidente ancor prima che inter-
288
venisse nuovamente la Cassazione a sancire siffatta soluzione. Ai fini della
prova del nesso di causa tra inesatto adempimento e danno è sufficiente dimo-
strare che l’esecuzione del rapporto curativo si è inserita nella serie causale
che ha condotto all’evento, rappresentato o «dalla persistenza della patologia
per cui si era richiesta la prestazione», o «dal suo aggravamento», o «dall’in-
sorgenza di una nuova patologia che non era quella con cui il rapporto era ini-
289
ziato» . In tal modo la Suprema Corte ha accollato agli operatori sanitari il
290
rischio della causa ignota o incerta , addossando loro «l’onere di provare la
291
specifica causa inaccertabile che ha reso impossibile il risultato dovuto» . Ma
poi tale regola è stata generalizzata all’intera responsabilità contrattuale. An-
che nel caso di un danno cagionato da un allievo a sé stesso durante una parti-
ta di pallavolo svoltasi in assenza del “precettore”, in presenza di una causa
283
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 791.
284
Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 791.
285
Testualmente, M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité, cit., p. 366.
286
Così Cass. civ., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit., p. 792.
287
M. FEOLA, op. loc. ult. cit.
288
Cass., Sez. III, 12 settembre 2013, n. 20904, in Danno e resp., 2014, p. 33 ss.
289
Cass., Sez. III, 12 settembre 2013, n. 20904, cit., p. 33.
290
M. FEOLA, op. loc. ult. cit.; e ora G.M.D. ARNONE, La responsabilità medica, cit., p. 39 ss.
291
A. NICOLUSSI, Sezioni sempre più unite, cit., p. 875.
558 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ignota che non consente al debitore di dimostrare che «l’evento dannoso è sta-
to determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante», è
sufficiente dimostrare che il danno (una distorsione al ginocchio arrecata dal-
l’aver poggiato «malamente la gamba sinistra») si sia verificato «nel corso del-
lo svolgimento del rapporto» per ingaggiare la responsabilità contrattuale (e
292
da contatto sociale) della scuola e del precettore . Con la conseguenza di aver
“trasformato” la responsabilità (da inadempimento) del debitore «in una re-
293
sponsabilità oggettiva, se non addirittura in una garanzia» .

9. Oltre alla specifica problematica della responsabilità del professionista


sanitario, particolarmente rilevante non tanto per l’applicazione della teoria
del contatto sociale qualificato, quanto per il ruolo di avanguardia svolto in
ordine al revirement operato dalla Cassazione in merito alla distribuzione
dell’onere probatorio e, più in generale, al particolare regime che colloca la
responsabilità contrattuale in un ambito di maggior rigore (e di chiara distin-
zione) rispetto alla responsabilità delittuale per colpa, la nostra giurisprudenza
aveva già avviato un’opera di “contrattualizzazione” della responsabilità in
294
materia di danno prenatale , di responsabilità della Pubblica Amministrazio-
295
ne per attività procedimentale , di responsabilità dell’istituto scolastico e de-
296
gli insegnanti per i danni causati dall’alunno a sé stesso .
La Cassazione, ancor prima di elaborare le sentenze in tema di responsabi-
lità del medico, nelle quali il regime della responsabilità contrattuale viene
esplicitamente coniugato non soltanto all’allocazione dell’onere della prova in
capo al debitore, ma anche alla scelta in tema di causalità, che poi rappresenta
il vero corollario del superamento della partizione tra obbligazioni “di mezzi”
e “di risultato”, aveva già sperimentato sia l’introduzione di una specifica ob-
bligazione di sécurité-résultat in capo al soggetto debitore della «prestazione
297
scolastica» , sia la disciplina del più generale regime di responsabilità con-
trattuale, che limita l’onere del creditore a dover «esclusivamente dimostrare
che il minore ha subito un danno mentre era affidato ai precettori», dovendo
essere la scuola stessa, «per liberarsi dall’obbligo risarcitorio, a dover provare
292
Così, Cass., Sez. III, 10 maggio 2013, n. 11143, in Danno e resp., 2014, p. 605 s.
293
A. NICOLUSSI, op. loc. ult. cit.
294
Con il ricorso al contratto con effetti di protezione per terzi (il leading case è Cass., Sez. III, 22
novembre 1993, n. 11503, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 557 s.).
295
Tra le prime, Cons. Stato, 2 settembre 2005, n. 4461, in Foro it., 2006, I, c. 457, Cass., 10 gen-
naio 2003, n. 157, in Foro it., 2003, I, c. 78, anche in Danno e resp., 2003, p. 588 ss., con nota di A.
LAMORGESE, Nuovi fermenti in Cassazione sulla responsabilità per attività provvedimentale della Pub-
blica amministrazione.
296
Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9346, in Foro it., 2002, I, c. 2635 ss. (da qui le ulteriori cita-
zioni), e in Danno e resp., 2003, p. 51 ss., con il commento di A. LANOTTE, Condotta autolesiva del-
l’allievo: non risponde l’insegnante.
297
Così Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9346, cit., c. 2649.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 559

che il danno non è dipeso dall’inadempimento dell’obbligo [...] di vigilare af-


298
finché gli alunni non subiscano danni durante l’orario scolastico» .
Tuttavia, la tematica degli obblighi di (protezione o di) sicurezza, in Italia,
sembra aver superato il tradizionale, originario settore dei danni alla perso-
299
na , per comprendere ipotesi che riguardano specificamente anche il diritto
privato patrimoniale. Un ulteriore ampliamento dei confini della responsabili-
tà contrattuale si è avuto con riferimento alla responsabilità “per inesatto pa-
gamento“ della banca che negozia in favore di soggetto non legittimato un as-
segno munito di clausola di non trasferibilità, essendosi ravvisata la violazione
di un «obbligo di protezione, che opera nei confronti di tutti i soggetti interes-
sati alla regolare circolazione del titolo ed al buon fine della sottostante opera-
300
zione: obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto» . Benché si
svincoli dalla tradizionale tesi contrattuale, la quale ravvisava nella banca ne-
goziatrice la qualità di mandataria dell’istituto di credito sul quale grava l’ob-
bligazione cartolare di pagamento, la Cassazione afferma che v’è responsabili-
tà contrattuale «non soltanto nel caso in cui l’obbligo di prestazione derivi
propriamente da un contratto [...], ma anche in ogni altra ipotesi in cui essa
dipenda dall’inesatto adempimento di un’obbligazione preesistente, quale che
301
ne sia la fonte» . Malgrado l’usuale riferimento alla «violazione di obblighi
nascenti da situazioni (non già di contratto, bensì) di semplice contatto socia-
le, ogni qual volta l’ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in tali si-
302
tuazioni, un determinato comportamento» , le Sezioni Unite ravvisano, op-
portunamente, «un quadro sistematico peraltro connotato da un graduale av-
303
vicinamento dei due tradizionali tipi di responsabilità» . E poiché il regime
al quale sono soggette le obbligazioni ex lege «non si discosta da quello delle
obbligazioni contrattuali in senso stretto», in quanto «tutte le obbligazioni si
304
fondano sulla legge» , la stessa distinzione tra responsabilità contrattuale e
delittuale consisterebbe, oggi, «essenzialmente nel fatto che quest’ultima con-
segue dalla violazione di un dovere primario di non ledere ingiustamente la
sfera di interessi altrui, onde essa nasce con la stessa obbligazione risarcitoria,
laddove quella contrattuale presuppone l’inadempimento di uno specifico ob-
bligo giuridico già preesistente e volontariamente assunto nei confronti di un
305
determinato soggetto (o di una determinata cerchia di soggetti)» .
298
F. DI CIOMMO, La responsabilità contrattuale della scuola, cit., c. 2638.
299
Per l’esplicito riconoscimento del danno non patrimoniale da inadempimento (da parte di
Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Danno e resp., 2009, pp.
39-31) si rinvia, retro, al § 1 del cap. I.
300
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, in Corriere giur., 2007, spec. p. 1709, con il com-
mento di A. DI MAJO, Contratto e torto: la responsabilità per il pagamento di assegni non trasferibili.
301
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, cit., p. 1708.
302
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, cit., p. 1708.
303
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, cit., p. 1708.
304
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, cit., p. 1709.
305
Cass., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712, cit., p. 1708 s.
560 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Nella multiforme e magmatica giurisprudenza italiana dell’era presente so-


no rinvenibili, però, anche importanti orientamenti che si pongono in contro-
tendenza con il fenomeno della c.d. contrattualizzazione della responsabilità
civile. Si tratta, in particolare, di quegli indirizzi della nostra giurisprudenza
che, ripercorrendo gli itinerari delle Corti francesi nell’instancabile elabora-
zione dell’art. 1384, comma 1, tendono ad applicare sempre più frequente-
mente la norma sulla responsabilità per i danni cagionati da cosa in custodia,
ovvero un testo che affonda le sue radici in ambito sicuramente delittuale (art.
2051 c.c.), ad ipotesi che avrebbero potuto essere qualificate ai sensi della re-
sponsabilità contrattuale e che, anzi, le stesse Corti francesi e tedesche hanno
disciplinato sulla base ora di un’obbligazione di sécurité (di diligenza), ora del
306
contratto con effetti protettivi per terzi .
In una prima decisione la Suprema Corte cassa la sentenza dei giudici d’ap-
pello che aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni (ex art. 2043
c.c.) avverso il gestore di una piscina, per i gravissimi danni biologici patiti da
una minore (di quindici anni) che si era tuffata impattando il fondale della
307
stessa . La domanda era stata proposta, in primo grado, «ex art. 2050 c.c. e,
308
in subordine, ex art. 2043 c.c.» , ma il Tribunale aveva escluso l’applicabilità
della norma sulla responsabilità per l’esercizio di attività pericolose, acco-
gliendo la domanda ai sensi dell’art. 2043 c.c. Nei riguardi dell’avversa decisio-
ne della Corte d’appello, la Cassazione rileva che essa «ha erroneamente rite-
nuto» che la mancanza di una specifica normativa, che imponeva al gestore
della piscina di dover collocare cartelli indicatori della diversa profondità e del
divieto di tuffarsi dove l’acqua era bassa, «escludesse la configurabilità di un
309
comportamento colposo in capo al gestore» . Ma l’apposizione di mezzi idonei
a segnalare la profondità della piscina e di un esplicito cartello per vietare i tuffi,
dove la profondità non li consente in sicurezza, «risponde alle comuni regole
di prudenza, specificate nei confronti del gestore della piscina, volte ad impedi-
re il superamento dei limiti del rischio connaturato allo svolgimento dell’attivi-
310
tà sportiva» . Esclusa dal Tribunale l’applicabilità dell’art. 2050 c.c., sulla
base dell’orientamento che limita tale norma a quelle attività che, per la loro
stessa natura, rendono “probabile”, e non semplicemente “possibile”, il verifi-
311
carsi dell’evento dannoso , la Cassazione decide sulla base dell’art. 2043 c.c.,
312
avendo escluso che «il principio dispositivo che fonda il processo civile» po-
306
Si pensi, ad es., al celebre Gemüseblattfall, deciso dal BGH il 28 gennaio 1976, in NJW, 1976,
p. 712, anche in JZ, 1976, p. 776, con nota critica di K.F. KREUZER.
307
Cass., Sez. III, 2 marzo 2011, n. 5086, in Giust. civ., 2011, I, p. 1715 ss.
308
Cass., Sez. III, 2 marzo 2011, n. 5086, cit., p. 1715.
309
Cass., Sez. III, 2 marzo 2011, n. 5086, cit., p. 1717.
310
Cass., Sez. III, 2 marzo 2011, n. 5086, cit., p. 1717.
311
Cfr., ad es., Cass., 15 ottobre 2004, n. 20334, in Foro it., 2005, I, c. 1794; Cass., 26 aprile 2004,
n. 7916, in Giust. civ., 2005, I, p. 3120.
312
Cass., Sez. III, 2 marzo 2011, n. 5086, cit., pp. 1717 e 1716.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 561

tesse consentire alla Corte di giudicare sulla base dell’art. 2051 c.c.
Negli altri casi la Cassazione ha qualificato proprio nell’ambito della re-
sponsabilità “da custodia” (ex art. 2051 c.c.) quei danni che pur si sono verifi-
cati in presenza di una preesistente “relazione giuridicamente rilevante”. Da
un lato, si è affermata, ai sensi dell’art. 2051 c.c., la responsabilità della società
che gestisce un’autostrada (a pagamento) per il decesso (per annegamento) di
un conducente di un veicolo che, uscito di strada per cause non accertate
(colpo di sonno o malore), aveva terminato la sua corsa in un raccoglitore
dell’acqua piovana posto a “soli” otto metri dalla carreggiata e privo di prote-
313
zione . Dall’altro, l’art. 2051 ha trovato un’ampia applicazione nei danni “da
caduta” (tripping and slipping cases), consentendo, così, di sancire la respon-
sabilità dei gestori di strutture alberghiere per i danni occorsi a clienti che ora
erano inciampati nel percorrere una scala di marmo che dall’esterno conduce-
314
va al piano seminterrato , ora erano scivolati nella sala da pranzo a causa del-
la presenza sul pavimento di alcuni residui di verdura cotta che non erano sta-
315
ti prontamente rimossi dal personale , ora erano caduti in una vasca da ba-
gno predisposta ad essere impiegata anche come doccia, senza, tuttavia, essere
316
stata dotata degli indispensabili presidi antiscivolo e di sostegno .
Nella medesima linea va citata una recente decisione nella quale la Cassa-
zione, ancora una volta ai sensi dell’art. 2051 c.c., ha affermato la responsabili-
tà della società che gestiva una struttura alberghiera nei riguardi di una cliente
sedicenne che, durante una gita scolastica, dopo aver fumato uno “spinello”
con un compagno, aveva scavalcato il parapetto del proprio balcone e, avuto
317
acceso al lastrico solare, era caduta al suolo riportando gravi lesioni . Oltre
alla responsabilità delittuale del custode-albergatore, la Suprema Corte ravvi-
sa, altresì, la responsabilità contrattuale dell’istituto scolastico e quella, da con-
tatto sociale, dell’insegnante, sulla base del noto orientamento delle Sezioni
318
Unite che riconosce in capo a costoro, a seguito dell’accoglimento della do-
manda di iscrizione, un’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e sull’incolumi-
tà dell’allievo nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica. In caso di
gita scolastica, tali obbligazioni avrebbero dovuto essere adempiute in via pre-
ventiva, assicurando agli alunni che le camere messe a loro disposizione non
319
presentassero rischi o pericoli per la loro incolumità .
La scelta, della nostra Cassazione, per l’applicazione dell’art. 2051 c.c. an-
che in casi che sono caratterizzati dalla contrattualità del rapporto può trovare
il suo fondamento nell’esigenza di maggior protezione per la vittima, tutelata

313
Cass., Sez. III, 2 febbraio 2010, n. 2360, in Danno e resp., 2010, p. 555 ss.
314
Cass., Sez. III, 9 novembre 2005, n. 21684, in Foro it., 2006, c. 1807 ss.
315
Cass., Sez. III, 4 agosto 2005, n. 16373, in Resp. civ. prev., 2006, p. 720.
316
Cass., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24739, in Danno e resp., 2008, p. 782.
317
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, in Danno e resp., 2012, p. 757 s.
318
Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9346, cit., c. 2635 ss.
319
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, in Danno e resp., 2012, p. 758 s.
562 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

da una norma di responsabilità oggettiva (delittuale), che esplicitamente limita


l’esonero al solo caso fortuito (art. 2051 c.c.), rispetto ad un’obbligazione di
sécurité che, se qualificata “di diligenza”, come accaduto in Francia, farebbe
gravare la prova della negligenza (del debitore) sul creditore-danneggiato o,
320
quanto meno, attraverso l’inversione dell’onere , consentirebbe al debitore-
danneggiante di esonerarsi dalla responsabilità attraverso la dimostrazione
della propria condotta diligente. Ma la Cassazione, pur affermando, in generale,
che la responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. «ha carattere oggettivo ed, ai fini
della sua configurabilità, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in
custodia e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità attuale o po-
tenziale della cosa stessa (e, perciò, anche per le cose inerti) e senza che rilevi
al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigi-
321
lanza» , allorché deve decidere lo specifico caso, talvolta contamina in senso
soggettivo l’interpretazione dell’art. 2051, seguendo, quanto meno a livello de-
322
clamatorio, quell’ormai «anacronistico» orientamento che richiedeva come
necessaria l’intrinseca “pericolosità” della cosa ovvero il suo dinamismo conna-
323
turato o, quanto meno, “derivato” . Indirizzo che ha indotto a ravvisare come
la giurisprudenza italiana, in realtà, applichi l’art. 2043 c.c. sotto «”le mentite
324
spoglie” dell’art. 2051 c.c.» , secondo un discutibile modello ermeneutico che
propone «l’applicazione di una regola di res ipsa loquitur al negligence stan-
325
dard (stile art. 2043), espressa con riferimento alla formula dell’art. 2051» .
Una conferma di tale orientamento si ha anche con riferimento alla c.d. re-
sponsabilità “da custodia” della Pubblica Amministrazione. Abbandonato, an-
326
che per merito delle critiche mosse in dottrina , l’indirizzo tradizionale della

320
Nell’esperienza italiana v., infatti, Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1565 ss.
321
Testualmente, Cass., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24739, cit., p. 782.
322
Così P. PARDOLESI, Sul “dinamismo” connaturato alla cosa, cit., p. 557.
323
Su tale nozione, D. BOSCHI, Alcune considerazioni, cit., p. 784, ivi ampie esemplificazioni giu-
risprudenziali.
324
D. BOSCHI, op. ult. cit., p. 786.
325
P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 1055.
326
Per tutti, M. BESSONE, Commento a Corte d’Appello di Milano 19 giugno 1981, in Riv. dir.
comm., 1982, II, p. 121; M. COMPORTI, Presunzioni di responsabilità e P.A.: verso l’eliminazione di
privilegi ingiustificati, in Foro it., 1985, I, c. 1497; e ora, ID., Fatti illeciti. Le responsabilità oggettive.
Artt. 2049-2053, in Il Codice Civile. Commentario, diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2009, p. 330; G.
VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, Padova, 1996, p. 789; M. FRANZONI, L’illecito, in
Trattato della responsabilità civile diretto da M. Franzoni, Milano, 2004, p. 418. Più di recente, P.
DONADONI, La responsabilità civile nella pubblica amministrazione tra onere di custodia e cd. “insidia”
(o “trabocchetto”), in Contr. impr., 2008, p. 982; G. BUFFONE, Responsabilità della P.A. per omessa
manutenzione del demanio stradale, in Resp. civ. prev., 2008, p. 2432; G. MORLINI, La responsabilità
custodiale della Pubblica Amministrazione per sinistri stradali, in Giur. merito, 2011, p. 1283; P. LA-
GHEZZA, La presunzione di responsabilità dell’art. 2051 non opera nei confronti della P.A., in Danno e
resp., 2002, p. 626; ID., Strade e responsabilità della pubblica amministrazione: la lenta evoluzione della
giurisprudenza, ivi, 2011, p. 54; ID., Responsabilità da cose in custodia: prova del fortuito, ivi, 2012, p.
499; S. SCALZINI, Danno da cose in custodia, cit., p. 616.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 563

giurisprudenza italiana che esprimeva una posizione di ingiustificato favore


327
per la P.A., la Cassazione, in molteplici recenti sentenze , applica sempre più
frequentemente l’art. 2051 c.c. al fine di accertare la responsabilità della P.A.
nella sua qualità di “custode” delle strade destinate al pubblico utilizzo. La
Suprema Corte, in via “di principio”, afferma sempre con forza che la respon-
sabilità del custode ex art. 2051 c.c. «ha natura oggettiva» e che, pertanto, può
essere esclusa soltanto dalla prova (da parte del custode) del caso fortuito, do-
vendo il danneggiato limitarsi a dimostrare la sussistenza del nesso causale tra
328
bene in custodia ed evento dannoso . Ma, nella sostanza, ora ammette la sus-
329
sistenza del fortuito in presenza di una “distrazione” del pedone . Ora, inve-
ce, decide per la responsabilità della P.A. in presenza di un’abbondante nevi-
cata che ha contribuito a ghiacciare ampi tratti di carreggiata, ma sulla base
della constatazione che il custode non è riuscito a fornire la prova di aver
espletato, con la “diligenza” necessaria, le attività di controllo, vigilanza e ma-
330
nutenzione necessarie . Ora limita l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. alle sole
ipotesi nelle quali si dimostri che l’Amministrazione era in grado di esercitare
un’“effettiva” custodia sulla cosa: qui i criteri di valutazione “in concreto” del-
la c.d. esigibilità della custodia ineriscono alla natura e alle caratteristiche del
bene e, dunque, all’estensione e alla dimensione della strada, alle dotazioni e
ai sistemi di sicurezza, di assistenza e di segnalazione di pericolo, generico e
331
specifico, che sono funzionali alla sicurezza della circolazione e dell’utente .
Ora considera il comportamento colposo del danneggiato (che sussiste anche
quando egli abbia utilizzato il bene senza l’ordinaria “diligenza”) un elemento
idoneo ad escludere la responsabilità della P.A., qualora si tratti di un com-
portamento efficiente ad interrompere il nesso eziologico, integrandosi in caso
contrario un “concorso di colpa” rilevante ai sensi dell’art. 1227, comma 1,
332
c.c. Ora, come nel caso della caduta di un pedone in un tombino, pur af-
fermando che «la responsabilità del custode di una strada per dissesti stradali
integra un’ipotesi di responsabilità oggettiva», non considera provato il nesso
327
Cass., 9 maggio 2012, n. 7037, in Danno e resp., 2012, p. 799; Cass., 18 ottobre 2011, n. 21508,
ivi, 2012, p. 614; Cass., 18 luglio 2011, n. 15723, in Resp. civ. prev., 2012, p. 515; Cass., 18 luglio
2011, n. 15720, in Danno e resp., 2012, p. 282 s.; Cass., 24 maggio 2011, n. 11430 (ord.), ivi, 2012, p.
284 s.; Cass., 19 maggio 2011, n. 11016, ivi, 2012, p. 27 ss.; Cass., 22 marzo 2011, n. 6550, ivi, 2011,
p. 1183; Cass., 15 ottobre 2010, n. 21739, in Resp. civ. prev., 2011, p. 1043; Cass., 22 aprile 2010, n.
9546, in Giust. civ., 2011, I, p. 2679; Cass., 2 febbraio 2010, n. 2360, in Nuova giur. civ. comm., 2010,
I, p. 940.
328
Tra le decisioni più recenti, cfr. Cass. civ., Sez. III, 16 marzo 2012, n. 4231, nella controversia
tra M.R. e altri c. Telecom Italia S.p.A. e Provincia di Alessandria.
329
Ad es., Cass. civ., Sez. VI, 30 gennaio 2012, n. 1310 (ord.), nella causa tra P.L.A. c. Comune di
Monteroni di Lecce e altri.
330
Tra le altre, Cass. civ., Sez. III, 22 febbraio 2012, n. 2562, ANAS S.p.A. c. F.Z. e altri.
331
Testualmente, Cass., 15 ottobre 2010, n. 21328, in Resp. civ. prev., 2011, p. 1043. Cfr., altresì,
Cass., 22 aprile 2012, n. 9546, in Giust. civ., 2011, I, p. 2679; e già Cass., 6 luglio 2006, n. 15383, in
Corr. giur., 2007, p. 1285.
332
Cass. civ., Sez. III, 16 marzo 2012, n. 4251, in P.P. c. ANAS S.p.A.
564 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

di causa posto a carico della vittima «ove la cosa in custodia non mostri di pos-
sedere elementi particolari di lesività e l’evento dannoso risulti ascrivibile alla
condotta negligente del danneggiato, posto che la nozione di caso fortuito va
intesa in senso lato, quale fattore autonomo e imprevedibile che, interrom-
pendo il nesso causale tra cosa e danno, libera il custode dalla responsabilità
333
di cui all’art. 2051 c.c.» . In altri casi, infine, pur affermando che l’unico one-
re probatorio che grava sul danneggiato è quello di dimostrare la sussistenza
del rapporto causale tra cosa in custodia ed evento dannoso, in concreto va ad
aggravare la prova del nesso eziologico rilevando che la vittima non può limi-
tarsi ad assumere che la cosa sia stata l’“occasione” del danno, dovendo invece
dimostrare che essa ne sia stata la “causa“.
In tal modo la Cassazione, da un lato, fa rientrare, anche in questo settore,
nella struttura della causalità le caratteristiche della cosa, rinviando alle nozio-
334 335
ni di “pericolosità” , di “anormalità” o di “anomalia” della stessa (buca, chiu-
sino sporgente o irregolare, recinzione stradale non idonea, griglia di raccolta
delle acque piovane, “trabocchetto”, ecc.). Dall’altro, pur utilizzando un lin-
guaggio apparentemente causale, attraverso interpretazioni decisamente “sog-
336
gettive” del caso fortuito , che è giudicato sussistente nel caso di condotta
“diligente” del custode, approda a soluzioni non sempre coerenti che espri-
337
mono un ritorno, talvolta inconsapevole , al dogma della colpa. La valuta-
338
zione comparativa della diligenza tenuta dal custode e dalla vittima , unita-
mente ad altri fattori quali le caratteristiche specifiche del bene, l’“effettività”
della relazione tra custode e cosa, l’incidenza di fattori causali “esterni” rispet-
339
to al bene e alla condotta del terzo , l’affidamento riposto dall’utilizzatore
333
Cass., Sez. III, 4 ottobre 2013, n. 22684, in Danno e resp., 2014, p. 616 ss., con nota di M.
TORRESANI, La responsabilità oggettiva da cose in custodia per dissesti stradali.
334
Per questa tesi, invero risalente, A. DE CUPIS, Dei fatti illeciti, cit., p. 89 ss.; G. GENTILE, La
responsabilità “per il fatto delle cose”, in Resp. civ. prev., 1956, p. 535 ss.; contra, già U. BRASIELLO,
Cose pericolose o cose seagenti?, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1956, p. 27 ss., che contesta la possibilità
di individuare una categoria di cose pericolose che sia giuridicamente rilevante. In argomento, R.
BREDA, Danni da cose in custodia: pericolosità e nesso causale, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, p.
942. Affermano, in giurisprudenza, l’irrilevanza delle caratteristiche di pericolosità della cosa, ad es.,
Cass., 7 aprile 2010, n. 8229, in Arch. circ., 2010, p. 604; Cass., 28 novembre 2007, n. 24739, in Dan-
no e resp., 2008, p. 782; non così, Cass., 8 febbraio 2012, n. 1769, ivi, 2012, p. 755; Cass., 4 ottobre
2010, n. 20602, in Arch. circ., 2011, p. 325.
335
In argomento, C. SEVERI, La condotta del custode nella fattispecie di responsabilità di cui all’art.
2051 c.c., in Resp. civ. prev., 2011, p. 1472.
336
Sul punto, ma in prospettiva diversa, A.P. BENEDETTI, Responsabilità da beni in custodia e
comportamento del danneggiato, in Danno e resp., 2008, p. 1112 ss., e Condotta del danneggiato e re-
sponsabilità da cose in custodia: spunti di riflessione, ivi, 2011, p. 234; S. SCALZINI, op. ult. cit., p. 616.
337
Sottolinea, però, che i “correttivi” adottati dalla giurisprudenza tendono ad evitare un’incon-
trollata moltiplicazione delle ipotesi di responsabilità della Pubblica Amministrazione, M. NUZZO, La
responsabilità della Pubblica Amministrazione per sinistro su strada statale, in Riv. dir. civ., 2007, II, p.
745.
338
F. CAFAGGI, Profili di relazionalità, cit., p. 481 ss.
339
Ad es., per Cass., 24 febbraio 2011, n. 4484, in Foro it., 2011, I, c. 1082, con nota di A. PAL-
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 565

nella “sicurezza” della cosa, sono tutti dati che la nostra giurisprudenza utiliz-
za al fine di limitare la responsabilità del custode, secondo una deriva “colpe-
volista” che pare incompatibile con un’interpretazione rigorosa della discipli-
na della responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia e, soprattutto,
con la “storia” che tale modello di responsabilità ha vissuto proprio in quelle
esperienze giuridiche che sono state assunte a modello (la Francia, appunto)
della codificazione dell’art. 2051 c.c.
In alcune decisioni della Cassazione, però, sembra rinvenibile un orienta-
mento che tende a privilegiare un’interpretazione più rigorosa dell’art. 2051
c.c. La novità più rilevante consiste non tanto nell’enunciazione della massima
standard secondo la quale la responsabilità per i danni cagionati da cose in cu-
stodia «ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è suffi-
ciente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato,
senza che rilevi al riguardo la condotta del custode o l’osservanza o meno di
un obbligo di vigilanza», essendo «funzione della norma [...] quella di imputa-
re la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti
340
alla cosa» ; quanto nell’affermazione della irrilevanza, ai fini della prova del
nesso causale, della «pericolosità attuale o potenziale degli oggetti e della con-
341
dotta» del custode, e nell’esatta ricostruzione del fortuito, «che è qualifica-
zione incidente sul nesso causale e non sull’elemento psicologico dell’illecito»,
quale «fattore riconducibile a un elemento esterno, avente i caratteri dell’im-
342
prevedibilità e dell’inevitabilità» . Al punto che, «in definitiva, il custode ne-
gligente non risponde in modo diverso dal custode perito e prudente, se la co-
343
sa ha provocato danni a terzi» .
Sulla base di questo indirizzo, la Suprema corte ha condannato (ai sensi
dell’art. 2051 c.c.) l’ANAS s.p.a. per i danni cagionati ad un’autovettura da
una frana staccatasi da terreni di proprietà di terzi, avendo ritenuto insuffi-
ciente e contraddittoria la motivazione della Corte territoriale che aveva con-

MIERI, occorrerebbe peraltro distinguere le situazioni di pericolo connesse in modo immanente alla
struttura o alle pertinenze dell’autostrada, da quelle provocate dagli stessi utenti ovvero da una re-
pentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa, che pongano a repentaglio
l’incolumità degli utenti e l’integrità del loro patrimonio. Mentre per le situazioni del primo tipo, l’uso
generalizzato e l’estensione della res costituiscono dati in via generale irrilevanti in ordine al concreto
atteggiarsi della responsabilità del custode, per quelle del secondo tipo dovrà configurarsi il fortuito
tutte le volte che l’evento dannoso presenti i caratteri dell’imprevedibilità e della inevitabilità. Così,
Cass., 24 febbraio 2011, n. 4495, in Arch. circ., 2011, p. 695; Cass., 3 aprile 2009, n. 8157, in Nuova
giur. civ. comm., 2009, I, p. 1025; Cass., 25 luglio 2008, n. 20427, in Foro it., 2008, I, c. 3461, per la
quale il caso fortuito è configurabile in relazione a quelle vicende che sono provocate dagli stessi
utenti, o da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa che, no-
nostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempesti-
vo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere.
340
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, in Danno e resp., 2012, p. 756.
341
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, cit., p. 757.
342
Cass., 19 maggio 2011, n. 11016, in Danno e resp., 2012, p. 28.
343
Cass., 19 maggio 2011, n. 11016, cit., p. 28.
566 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

siderato imprevedibile l’evento franoso, nonostante avesse riconosciuto che


344
negli anni precedenti si erano verificati analoghi fenomeni . Così ha condan-
nato (ex art. 2051) il Comune di Cervia a risarcire i danni subiti da un pedone
per la caduta in una buca presente nella pavimentazione del marciapiede, aven-
do escluso che la circostanza secondo la quale la buca era “piena di acqua” e
“non visibile dal viandante” potesse costituire un fatto imprevedibile idoneo a
345
rappresentare una causa interruttiva del nesso causale . Così ha giudicato re-
sponsabile ancora la Pubblica Amministrazione (sempre ai sensi dell’art.
2051) per aver omesso di rimuovere o segnalare, su una strada statale, la pre-
senza di fango e detriti trasportati il giorno precedente da “piogge torrenzia-
346
li”, determinando lo sbandamento di un motociclo che la percorreva . Così
ha condannato la Società Autostrade per l’Italia s.p.a. a risarcire i danni pro-
vocati ad un automobilista a causa della presenza di un animale sulla carreg-
giata, non spettando «all’attore in responsabilità, sia nell’ambito della tutela
offerta dall’art. 2051 c.c., sia alla stregua del principio generale del neminem
laedere, di cui all’art. 2043 c.c., provarne anche la specie, la quale potrà sem-
mai essere dedotta e dimostrata dal convenuto quale indice della ricorrenza di
347
un caso fortuito» .
La Cassazione ha affermato, altresì, che i fatti del terzo e della vittima pos-
sono rilevare soltanto qualora rivestano le stesse caratteristiche di imprevedi-
bilità e di inevitabilità proprie del caso fortuito, essendo irrilevante lo stesso
348
«comportamento del custode» . La condotta della vittima, per avere «un’ef-
ficacia causale idonea a interrompere del tutto il nesso causale tra cosa ed
evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produ-
349
zione del pregiudizio» , deve rivestire «il carattere di una peculiare impreve-
dibilità e con caratteristiche tali che esse si debbano ritenere eccezionali e cioè
manifestamente estranee ad una sequenza causale ordinaria o normale, corri-
spondente allo sviluppo potenzialmente possibile in un contesto dato secondo
350
l’id quod plerumque accidit» .
Così la Cassazione ha condannato, in via delittuale (ex art. 2051 c.c.), il cu-
stode-albergatore, ed in via contrattuale l’istituto scolastico (alla cui responsa-
bilità fa da pendant quella “contattuale” dell’insegnante) anche in presenza di
351
una condotta «potenzialmente autolesiva» della vittima, la quale, essendo
probabilmente in uno stato di ebbrezza, cade al suolo dal lastrico solare dopo
aver scavalcato il parapetto della finestra. Il fatto intenzionale della vittima
344
Cass. civ., Sez. III, 18 luglio 2011, n. 15720, in Danno e resp., 2012, p. 283.
345
Cass. civ., Sez. III, 24 maggio 2011, n. 11430, in Danno e resp., 2012, p. 284.
346
Cass. civ., Sez. III, 18 ottobre 2011, n. 21508, in Danno e resp., 2012, p. 614 s.
347
Cass. civ., Sez. III, 19 maggio 2011, n. 11016, in Danno e resp., 2012, p. 29.
348
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, cit., p. 756.
349
Cass. civ., Sez. III, 19 maggio 2011, n. 11016, cit., p. 28.
350
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, cit., p. 757.
351
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, cit., p. 757.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 567

non è giudicato idoneo ad interrompere il nesso causale in quanto è da «esclu-


dersi la possibilità di qualificare abnorme o del tutto eccezionale la condotta,
per quanto volontaria, di scavalcamento di una protezione di non particolare
insuperabilità (non oltre un metro dall’interno) verso un’ampia superficie pia-
na contigua, senza segnalazione non solo e non tanto della sua non destinazio-
352
ne a calpestio, ma soprattutto delle sue caratteristiche suddette» .
Quindi, se si esamina con attenzione la giurisprudenza in materia, ci si av-
vede che il frequente riferimento alla condotta della vittima, presente in gran
parte delle decisioni esaminate, più che rappresentare una concessione ad un’in-
terpretazione “soggettiva” dell’art. 2051 c.c., costituisce un passaggio dovuto,
attraverso il quale la Suprema Corte valuta se il fatto della vittima abbia “og-
gettivamente” quelle caratteristiche di imprevedibilità ed inevitabilità, proprie
del fortuito, necessarie ai fini dell’esonero dalla responsabilità del custode.
Un criterio analogo a quello utilizzato per sancire la responsabilità delittua-
le del custode-albergatore viene individuato per condannare, ma questa volta
ai sensi della responsabilità contrattuale, l’istituto scolastico. Sulla base del no-
to orientamento in base al quale l’accoglimento della domanda d’iscrizione in-
staura «un vincolo negoziale dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazio-
ne di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui fruisce
353
della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni» , la Cassazione affer-
ma che, mentre l’allievo può limitarsi a dimostrare «di aver subito un evento
lesivo durante quest’ultima», incombe «all’istituto la prova liberatoria, consi-
stente nella riconducibilità dell’evento lesivo ad una sequenza causale non evi-
tabile e comunque imprevedibile, neppure mediante l’adozione di ogni misura
idonea, in relazione alle circostanze, a scongiurare il pericolo di lesioni deri-
354
vanti dall’uso delle strutture prescelte» . Il comune richiamo alle caratteristi-
che di imprevedibilità e di inevitabilità del fatto interruttivo della causalità sem-
bra allineare, nella specie, la responsabilità contrattuale a quella delittuale “og-
gettiva” del custode, sulla base di un principio di equivalenza e di fungibilità
tra le regole.
In tal senso sembra ulteriormente suffragato quell’orientamento che consi-
dera «inconsistente», da un lato, «l’identificazione della responsabilità aqui-
liana con la responsabilità per colpa, dall’altro l’idea che pure la responsabilità
355
per inadempimento sia una responsabilità per colpa» . Tesi, «l’una e l’altra,
smentite dalla disciplina rispettivamente contenuta nel titolo IX, libro IV, e
356
nell’art. 1218 del codice civile» . Mentre il primo, «per dottrina ormai una-
357
nime, include anche fattispecie di responsabilità oggettiva» ; il secondo qua-
352
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, cit., p. 757.
353
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, cit., p. 758.
354
Cass., Sez. III, 8 febbraio 2012, n. 1769, cit., p. 759.
355
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 449.
356
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
357
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., pp. 449 e 450.
568 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

lifica il «risultato difforme da quello dovuto [...] per ciò stesso fonte di re-
sponsabilità per il debitore senza la necessità di un criterio di imputazione, re-
358
so superfluo dal vinculum iuris che originariamente astringe il debitore» . La
colpa non è dunque criterio di imputazione della responsabilità contrattuale
«ma criterio di esclusione della rilevanza dell’impossibilità come limite della
(oltre il quale si esclude la) responsabilità e, prima ancora, come causa di
359
estinzione dell’obbligazione (art. 1256)» .

10. Tra gli esempi paradigmatici esaminati in questa sede, un ruolo di sicu-
ro rilievo è stato assunto dalla de-contrattualizzazione della responsabilità da
prodotto. In assenza di una disciplina specifica, alcune esperienze europee
avevano propeso per la qualificazione in termini di responsabilità contrattuale.
Emblematica, in proposito, la giurisprudenza francese che, proprio in tema di
danno da prodotto, aveva espresso due decisioni leader nelle quali la proble-
matica era stata risolta attraverso la “scoperta” di un’obbligazione di sécurité
di risultato.
Il primo indirizzo aveva riguardato la responsabilità delle strutture sanita-
rie per trasfusioni di sangue o per la somministrazione di emoderivati infetti.
L’obbligazione determinata di sécurité aveva trovato la sua fonte in una stipu-
lation pour autrui tacite presente nel contratto di somministrazione del plasma
stipulato tra il fornitore e la struttura sanitaria nella quale il paziente era stato
360
ricoverato . Le strutture sanitarie erano state considerate obbligate a fornire
ai pazienti «prodotti esenti da vizi» e l’esonero da questa obbligazione di sé-
curité-résultat era stato consentito soltanto in presenza della «prova di una
361
cause étrangère che non potesse essere loro imputata» .
Con il secondo orientamento, poi rimasto sostanzialmente isolato, la Cassa-
zione aveva addirittura elaborato un principio generale di responsabilità con-
362
trattuale per il fatto delle cose , che avrebbe potuto assumere, in ambito con-
trattuale, lo stesso formidabile rilievo assolto dall’art. 1384, comma 1, in cam-
po delittuale.
363 364
Anche nei paesi di lingua tedesca, come l’Austria e la Germania , la
358
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 451; conf., A. DI MAJO, La tutela civile dei diritti, Milano, IV
ed., 2003, p. 199.
359
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 450.
360
In questi termini, già Cass., 17 décembre 1954, in Rec. Dalloz, 1955, Jur., p. 269, con nota di R.
RODIÈRE; Cass., 14 novembre 1995, cit. in G. VINEY, Responsabilité civile, cit., 3985, p. 487.
361
Cass., I civ., 12 avril 1995, in Sem. jur., 1995, II, Jur., 22467, con nota di P. JOURDAIN.
362
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 350 s., con nota di P. JOURDAIN.
Sul punto, F. LEDUC, La spécificité de la responsabilité contractuelle du fait des choses, ivi, 1996,
Chron., p. 164.
363
Cfr. J.M. RAINER, I contratti con effetti protettivi, cit., pp. 212 e 213, sulla scia di un’autorevole
dottrina (F. BYDLINSKI, Vertragliche Sorgfaltspflichten zugunsten Dritter, cit., p. 359 ss.).
364
Per tutti, G. HOHLOCH, Produkthaftung in Europa, in Zeitsch. eur. Privatrecht, 1994, p. 414.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 569

dottrina aveva proposto, oltre alla c.d. Drittschadensliquidation, l’ennesima


applicazione del Vertrag mit Schutzwirkung für Dritte. Ma se la prima soluzio-
ne, nel non riconoscere un’azione autonoma al danneggiato nei confronti del
produttore, si collocava «per ciò stesso nella preistoria del danno da prodot-
365
ti» ; la seconda rappresentava una ricostruzione «di dubbio risultato», poi-
ché l’ultimo acquirente in una catena contrattuale «non rientra sicuramente in
quella cerchia di soggetti nei confronti dei quali l’acquirente iniziale sia tenuto
366
da obblighi di protezione» .
In Italia, superata l’obiezione secondo la quale era «paradossalmente» il
profilo contrattuale dell’intera vicenda «a rendere inizialmente improbabile
un’azione di danni esperita dal danneggiato contro il produttore in sede aqui-
367
liana» , e rilevato come la responsabilità da prodotti rappresentasse «una vi-
368
cenda naturalmente straripante» rispetto al rapporto ex contractu, si era
considerato non utilizzabile l’art. 2043 c.c. (così come l’art. 1382 Code civ., e il
§ 823 BGB) ai fini di qualificare una realtà che era «per gran parte indifferen-
369
te» rispetto a tale norma, emergendo quale autore del prodotto «non più il
soggetto individuale ma l’impresa come struttura di entità composite, della
quale solo una parte è costituita da quel fattore umano che la culpa-diligentia
370
esclusivamente qualifica» . Si era pertanto tentato di individuare, pur sempre
in ambito delittuale, la disciplina applicabile sulla base di quei testi che, più o
meno disancorati dal dato della colpa (artt. 2049, 2050, 2051, 2053 e 2054
371
c.c.) , fossero in grado di garantire il raggiungimento di soglie minime di tu-
tela dei consumatori danneggiati dai prodotti difettosi.
Nel caso della responsabilità da prodotti, la de-contrattualizzazione della
relativa responsabilità è stata disposta direttamente dal legislatore comunita-
rio, il quale ha ritenuto opportuno, in un settore così nevralgico, uniformare le
discipline degli Stati dell’Unione europea. La direttiva CEE n. 85/374 del 24
372 373
luglio 1985 , la quale ha «gommée» la stessa distinzione tra responsabilità
contrattuale e delittuale, è stata recepita, in Francia, con notevole ritardo (nel-
la l. n. 98-389 del 19 maggio 1998), anche perché introduceva una ricostruzio-
ne difficilmente compatibile con l’obbligazione di sécurité-résultat (fino ad al-
374
lora) gravante sul fabbricante e sul produttore . È dovuta intervenire, a più
riprese, la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, la quale, decidendo,
365
Così, C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 672.
366
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 673.
367
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 662.
368
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 667.
369
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 682.
370
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
371
Per tutti, P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 12 ss.; C. CASTRONOVO,
Problema e sistema, cit., p. 786 ss.
372
Cass., I civ., 28 avril 1998, in Sem. jur., 1998, II, Jur., 10088, p. 983.
373
In questi termini, P. SARGOS, Rapport a Cass., I civ., 28 avril 1998, cit., 10088, p. 983.
374
Così G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, III éd., 2006, cit., p. 463.
570 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

dapprima, che le vittime non potevano avvalersi, avverso i fabbricanti e pro-


375
duttori, di un regime diverso da quello previsto dalla Direttiva , ha imposto
alla giurisprudenza francese di limitare l’applicazione dell’obbligazione di sé-
curité ai soli «venditori professionnels non fabbricanti» e ai «distributori non
376 377
produttori» . Ma, con una successiva decisione , ha indotto definitiva-
mente a dubitare che un regime di responsabilità oggettiva proprio di un di-
ritto nazionale (come quello derivante dall’inadempimento di un’obbligazio-
ne determinata di sécurité) potesse continuare a gravare sul fornitore non pro-
378
duttore .
In Italia, la disciplina comunitaria è stata recepita, con maggiore tempesti-
vità, nel D.P.R. 24 maggio 1988, n. 224, il cui testo è poi confluito negli artt.
114 ss. del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, c.d. “Codice del consumo”. Tra i
tanti problemi interpretativi posti da questa disciplina, quello che maggior-
mente interessa in questa sede, al fine di verificare le interferenze tra le re-
sponsabilità delittuale e contrattuale, è quello relativo all’imputazione del par-
ticolare regime di responsabilità ed alla distribuzione dell’onere della prova.
Infatti, malgrado la complessiva disciplina sia stata qualificata in dottrina co-
me un’ipotesi di responsabilità oggettiva, poiché «la norma fa rispondere il
produttore senza colpa, e per converso le cause di esclusione della responsabi-
379
lità, previste dall’art. 118, a loro volta prescindono dall’assenza di colpa» ,
l’art. 120, comma 1, sembrava imputare il carico probatorio in capo al dan-
neggiato, là dove disponeva che questi dovesse «provare il difetto, il danno, e
la connessione causale tra difetto e danno». Questa regola, che rischiava di va-
380
nificare le scelte del legislatore , «così articolata» sembrava non avere alcun
senso, poiché la connessione causale tra danno e difetto era «impossibile» se
381
non era «mediata dall’uso del prodotto» . E con riguardo all’ipotesi di inesi-
stenza del difetto al momento in cui il prodotto è stato messo in circolazione,
si era rilevato che, se si riteneva sufficiente, in favore del produttore, la prova
della probabilità dell’inesistenza del difetto, a fortiori si doveva considerare
«sufficiente, in favore del danneggiato, la prova della probabilità dell’esistenza
382
del difetto» . Altrimenti, si sarebbe incorsi in «una disparità che, per essere
antagonista alla posizione probatoria delle parti», sarebbe risultata «irragione-
vole in una corretta logica processuale, prima che viziata di illegittimità costi-
375
CJCE, 25 avril 2002, in Rec. Dalloz, 2002, Jur., p. 1670. In dottrina, su tale decisione, J. CA-
LAIS-AULOY, Menace européenne, cit., p. 2458; G. VINEY, L’interprétation par la CJCE, cit., 177; P.
BRUN, La directive, cit., p. 21 ss.
376
Lo rilevano G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 464.
377
CJCE, 10 janvier 2006, C-402-03, in Rev. trim. dr. civ., 2006, p. 333, con osservazioni di P.
JOURDAIN.
378
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 463 e 464.
379
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 687.
380
Così, C. DI PALMA, Responsabilità da prodotto difettoso, cit., p. 815.
381
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 697.
382
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 699.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 571

tuzionale, quanto meno per evidente disparità di trattamento dei contendenti


383
nel giudizio di danno da prodotti» .
A risolvere la questione è stata una significativa sentenza della Cassazione,
la quale, considerando sufficiente che il difetto causativo del danno emerga
(implicitamente) dall’anomalia dei risultati conseguiti con l’utilizzo, fa gravare
l’onere probatorio sul produttore, che, in presenza del danno, deve dimostrare
che «il difetto riscontrato [...] non esisteva quando ha posto il prodotto in cir-
colazione» 384. Mentre il danneggiato deve limitarsi a dimostrare, oltre al danno
ed alla connessione causale, che l’uso del prodotto ha comportato risultati
anomali rispetto alle normali aspettative e tali da evidenziare la sussistenza di
un difetto, è il produttore a dover provare «che è probabile che il difetto non
esistesse ancora nel momento in cui il prodotto è stato messo in circolazio-
385
ne» . Tale sentenza, più che determinare, sulla base del noto principio di vi-
386
cinanza o di prossimità, un’inversione dell’onere della prova della colpa ,
che, dal danneggiato, viene traslata in capo al produttore, ha avuto il merito di
individuare con chiarezza gli elementi presuntivi che consentono di “eviden-
ziare” (in assenza proprio di un accertamento con procedimento probatorio
387
diretto) la sussistenza del difetto del prodotto , sulla base delle “legittime
aspettative” che esso avrebbe dovuto offrire, considerate tutte le circostanze
di ragionevole impiego (art. 117 cod. cons.). E ciò, conformemente a quella
prospettiva che considera il parametro della culpa-diligentia come inadeguato
ad indagare la moderna products liability, al punto che ogni decisione circa
l’allocazione del danno assunta con riferimento alla colpa risulta inevitabil-
mente «falsata e perciò inconferente» 388.
Una precisazione, ma anche un ridimensionamento, di tale orientamento si
sono avuti, poi, in più recenti decisioni le quali hanno affermato che la re-
sponsabilità da prodotto ha natura «presunta» ma non oggettiva poiché, se è
vero che non rileva l’accertamento della colpevolezza del produttore, è pur
vero che non si può prescindere dalla dimostrazione, da parte del danneggia-
to, dell’esistenza di un “difetto” del prodotto, incombendo su di lui la prova
del collegamento causale «non già tra il prodotto e il danno, bensì tra “difetto
389
e danno”» . Nell’interpretare, poi, l’art. 117 del d.lgs. n. 206 del 2005 si rile-
383
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
384
Cass. civ., Sez. III, 8 ottobre 2007, n. 20985, in Corriere giur., 2008, p. 812.
385
Cass. civ., Sez. III, 8 ottobre 2007, n. 20985, cit., p. 812.
386
Così, invece, C. DI PALMA, op. ult. cit., p. 816, ove afferma che mentre tale soluzione «si risol-
ve nella negazione dell’essenzialità della dimostrazione della colpa del produttore da parte del dan-
neggiato», la colpa stessa «sembrerebbe tornare ad assumere un ruolo costruttivo-sistematico nella
prospettiva probatoria del produttore».
387
C. DI PALMA, op. ult. cit., pp. 815 e 816.
388
C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 682.
389
Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13458, in Danno e resp., 2014, p. 493, con nota di C. BAL-
DASSARRE; Cass., Sez. III, 6 agosto 2013, n. 18654, ivi, 2014, p. 494 ss.; e già Cass., 15 marzo 2007, n.
6007, in Foro it., 2007, I, c. 2414, con nota di A. PALMIERI. Per una qualificazione in termini di “re-
572 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

va che tale testo definisce “difettoso” non ogni prodotto insicuro, «ma quel
prodotto che non offra la sicurezza che ci si può legittimamente attendere in
relazione al modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, alla sua pre-
sentazione, alle sue caratteristiche palesi, alle istruzioni o alle avvertenze forni-
te, all’uso per il quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato, e ai
comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevede-
390
re, al tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione» . Quindi, la no-
zione di difetto «è sostanzialmente riconducibile al difetto di fabbricazione
ovvero alle ipotesi […] dell’assenza o carenza di istruzioni ed è strettamente
391
connesso al concetto di sicurezza» . Nell’affermare che il difetto può non
corrispondere alla nozione di vizio contemplata dal codice civile (art. 1490
ss.), che identifica «un’imperfezione del bene che può anche non comportare
un’insicurezza del prodotto», o a quella di “difetto di conformità” introdotta
dalla disciplina sulla vendita dei beni di consumo, la Cassazione precisa che «il
livello di sicurezza prescritto, al di sotto del quale il prodotto deve, perciò,
considerarsi difettoso, non corrisponde a quello della sua più rigorosa inno-
cuità, dovendo, piuttosto, farsi riferimento ai requisiti di sicurezza general-
mente richiesti dall’utenza in relazione alle circostanze specificamente indicate
[dall’art. 117 del d.lgs. n. 206 del 2005] o ad altri elementi in concreto valuta-
bili e concretamente valutati dal giudice di merito, nell’ambito dei quali, ov-
viamente, possono e debbono farsi rientrare gli standards di sicurezza even-
392
tualmente imposti dalle norme in materia» . Quindi il danno «non prova indi-
rettamente, di per sé, la pericolosità del prodotto in condizioni normali di impie-
go, ma solo una più indefinita pericolosità del prodotto di per sé insufficiente
per istituire la responsabilità del produttore, se non sia anche in concreto ac-
certato che quella specifica condizione di insicurezza del prodotto si pone al
di sotto del livello di garanzia di affidabilità richiesto dalla utenza o dalle leggi
393
in materia» . Ancorata esplicitamente la nozione di difetto a quella di sicu-
rezza del prodotto prevista dall’art. 103 del d.lgs. n. 206 del 2005, la Suprema
Corte precisa, quanto alla regolazione dell’onere della prova, «che spetta in-
nanzitutto al soggetto danneggiato di dimostrare che il prodotto ha evidenziato
il difetto durante l’uso, che ha subito un danno e che quest’ultimo è in connes-
sione causale con detto difetto», mentre grava sul produttore la prova liberato-
ria «consistente nella dimostrazione che il difetto riscontrato non esisteva quan-
do ha posto il prodotto in circolazione ovvero che all’epoca non era riconoscibi-
394
le come tale a causa dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche» .

sponsabilità oggettiva limitata”, già G. PONZANELLI, R. PARDOLESI, La responsabilità per danno da


prodotti, cit., p. 502.
390
Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13458, cit., p. 493.
391
Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13458, cit., p. 493.
392
Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13458, cit., p. 493.
393
Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13458, cit., p. 493.
394
Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13458, cit., p. 493.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 573

Quindi, sebbene la prova della difettosità di un prodotto possa basarsi su pre-


sunzioni semplici, non costituisce corretta inferenza logica ritenere che il dan-
no subito dall’utilizzatore sia l’inequivoco elemento di prova indiretta del ca-
rattere difettoso del prodotto, secondo una sequenza deduttiva che, sul pre-
supposto della difettosità di ogni prodotto che presenti un’attitudine a pro-
durre danno, tragga la certezza dell’esistenza del difetto dalla mera circostanza
395
che il danno è temporalmente conseguito all’utilizzazione del prodotto .
Malgrado l’attenuazione del regime probatorio, rispetto a quello che carat-
terizza l’obbligazione di sécurité (di risultato), la giurisprudenza italiana, nel
dedurre il difetto del prodotto dalla mancanza di sicurezza dello stesso, rico-
nosce una generale obbligazione legale di sécurité che trova il suo fondamento
nell’art. 103 del d.lgs. n. 206 del 2005. La violazione di tale obbligazione di
sécurité è fonte di una responsabilità – non già contrattuale, così come avveni-
va nel diritto francese anteriore alla ricezione della disciplina comunitaria,
bensì – extracontrattuale, e ciò testimonia ulteriormente come, nel moderno
diritto civile, ciò che rileva è soprattutto il peculiare regime di imputazione
della responsabilità, il quale viene poi riferito, a seconda dei casi, in ambito
contrattuale ovvero extracontrattuale. La scelta, in questo caso, per un’obbli-
gazione extracontrattuale di sécurité consente di estendere la protezione di là
dal rapporto contrattuale e di tutelare – senza dover ricorrere ad una abnorme
estensione degli effetti di protezione per terzi – «tutti», ma proprio «tutti i
soggetti che in qualche modo si sono trovati esposti, anche in maniera occa-
sionale, al rischio derivante dal prodotto difettoso», riferendosi la tutela risar-
396
citoria avverso le lesioni alla vita e all’integrità psico-fisica della persona
«accordata all’“utilizzatore” in senso lato e, quindi, indubbiamente ad una
persona fisica […], ma non esclusivamente al “consumatore” o utilizzatore non
397
professionale» .
Un allineamento tra i regimi delle responsabilità contrattuale e delittuale è
stato effettuato, altresì, nello stesso codice del consumo, ma questa volta ri-
comprendendo la responsabilità nell’ambito del contratto, con riferimento alle
attività dell’organizzatore e del venditore di pacchetti turistici (artt. 93 e 96 d.lgs.
6 settembre 2005, n. 206). A differenza della direttiva comunitaria (art. 5,
comma 2, direttiva n. 90/314), in cui compare esplicitamente il riferimento al-
la “colpa” ed alla “diligenza” dell’organizzatore o dei prestatori di servizi dei
quali il tour operator si è avvalso, il legislatore italiano, nel limitare l’esonero
dalla responsabilità dell’organizzatore e del venditore alle sole ipotesi nelle

395
Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13458, cit., p. 494.
396
Con riferimento alla lesione di beni diversi dalla vita e dall’integrità fisica, invece, Cass., Sez.
III, 22 agosto 2013, n. 19414, in Danno e resp., 2014, p. 498 ss., afferma che «L’art. 11, comma 1, lett.
b del d.P.R. n. 224/1988 limita la risarcibilità del danno alle cose normalmente destinate all’uso o
consumo privato e come tali utilizzate dalla vittima, non consentendo, quindi, che in base a detta di-
sciplina possano essere risarcite le cose destinate ad uso professionale e utilizzate in tal senso».
397
Cass., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13458, cit., p. 491.
574 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

quali la «mancata o inesatta esecuzione del contratto» sia «imputabile al con-


sumatore», sia «dipesa dal fatto di un terzo a carattere imprevedibile o inevi-
tabile», ovvero sia stata causata «da un caso fortuito o di forza maggiore» (art.
96 d.lgs. n. 206 del 2005), introduce, in sede di responsabilità contrattuale,
un’obbligazione di sécurité che trova la sua fonte in «una norma coincidente,
quasi alla perfezione, con la regola giurisprudenziale e dottrinale messa a pun-
398
to [...] in seno all’interpretazione dell’art. 2051 c.c.» . Così il nostro legislato-
re, nell’optare per un regime di responsabilità più favorevole per il consuma-
tore rispetto allo schema di protezione minima seguito dalla direttiva, adotta
in sede di responsabilità contrattuale (dell’organizzatore e del venditore di
pacchetti turistici) un modello di responsabilità oggettiva (delittuale) che «ri-
produce, sotto ogni profilo e quasi alla lettera (fatta eccezione per l’aggiunta
della fattispecie della “forza maggiore”), una clausola di esonero in tutto e per
tutto assimilabile a quella elaborata dalla giurisprudenza e dalla dottrina no-
399
strane con riferimento all’art. 2051 c.c.» .

11. Rispetto all’esperienza italiana, il diritto francese risulta meno propenso


a de-contrattualizzare la responsabilità, almeno in quei settori che, per tradi-
zione, sono sottoposti al regime delle obbligazioni di sécurité. Tuttavia, le cri-
tiche mosse dalla dottrina all’incontrollato proliferare delle obbligazioni di
sécurité “di mezzi”, ed al loro incoerente regime probatorio, hanno senz’altro
favorito un qualche “ritorno alle origini” dell’obbligazione di sécurité. La ten-
denza alla progressiva “oggettivazione” delle regole della responsabilità civile
contrattuale trova una conferma soprattutto nella giurisprudenza più recente
400
che, a seguito della generalizzazione dell’arrêt Consorts Blieck , ha sancito la
nascita di una regola autonoma e onnicomprensiva di responsabilità oggettiva
(de plein droit) contrattuale per il fatto d’autrui.
401
Malgrado un’autorevole dottrina avesse tentato di dimostrare che, in as-
senza di uno specifico testo che prevedeva una «eccezionale garanzia» per il
fatto d’altri, il debitore dovesse rispondere per le sole fautes personnelles, e ciò
in virtù del carattere strettamente personale della responsabilità nel diritto
d’oltralpe, fin dall’inizio degli anni ’50 la gran parte della dottrina e della giu-
risprudenza era stata concorde nell’affermare che, «anche nei contratti per i
quali il legislatore non ha previsto una regola particolare di responsabilità per
il fatto altrui, il debitore deve rispondere dell’inadempimento imputabile al
fatto degli ausiliari o dei sostituti che ha volontariamente introdotto nell’adem-
398
Così, M. BONA, Cadute nei villaggi turistici, cit., p. 717.
399
M. BONA, op. ult. cit., p. 716 s.
400
Cass., Ass. Plén., 29 mars 1991, in Sem. jur., 1991, II, Jur., 21673, con il commento di J. GHE-
STIN (da qui le ulteriori citazioni), e in Rec. Dalloz, 1991, Jur., p. 324, con nota di C. LARROUMET.
401
R. RODIÈRE, Y a-t-il une responsabilité contractuelle du fait d’autrui?, in Rec. Dalloz, 1952,
Chron., p. 79 ss.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 575

pimento dell’obbligazione, senza che sia necessario provare né che il debitore


era tenuto ad eseguire personalmente la prestazione, né che si sia reso colpe-
vole di una faute personale nella scelta, nella sorveglianza o nella direzione
402
dell’exécutant» . Il fondamento di tale regime di responsabilità è ravvisato
non tanto nella mancanza di “esteriorità” del fatto d’autrui rispetto all’attività
del debitore, quanto, «molto semplicemente, nel rispetto del contratto e della
403
sua forza obbligatoria» . Riconoscere al debitore il potere di «eludere, o an-
che di alleviare, la sua responsabilità, nel far eseguire la prestazione da un ter-
zo, o nel lasciar agire un terzo al suo posto, significherebbe autorizzarlo a libe-
404
rarsi unilateralmente dal suo debito» . Ecco perché in materia contrattuale,
ancor più che in quella delittuale, la responsabilità per il fatto altrui s’impone-
405
va «come una necessità assoluta .
La Cassazione individua, ancora una volta, nel testo dell’art. 1384, comma
1, una perfetta simmetria tra la responsabilità contrattuale per il fatto d’autrui
e quella (delittuale e, poi, contrattuale) del custode per il fatto della cosa, au-
torizzando l’interprete a «creare in modo del tutto libero nuovi casi di respon-
406
sabilità pour autrui» . L’enunciato estremamente ampio contenuto nel com-
ma 1 dell’art. 1384 («on est responsable [...] du fait des personnes dont on
doit répondre») consente «ai giudici di trasformare, ogni qual volta lo reputi-
no utile, le applicazioni attuali della responsabilità per faute personnelle che si
verifica in occasione di un danno causato da un terzo in un vero e proprio re-
407
gime di responsabilità pour autrui» .
Il revirement giurisprudenziale, rispetto ad un consolidato orientamento
408
che, fin dal 1901 , aveva professato un’interpretazione del tutto restrittiva
409
dell’art. 1384, comma 1, interviene allorché la Corte d’appello di Limonges ,
nel giudicare responsabile l’associazione privata alla quale un andicappato
mentale era stato affidato, per l’incendio doloso appiccato da questi ad una
foresta, individua il fondamento di tale responsabilità non in una «faute di
sorveglianza», ma nel regime di responsabilità oggettiva previsto nel comma 1
dell’art. 1384. La difesa del convenuto aveva contestato, innanzi ai giudici d’ap-
pello, la decisione di condanna del tribunale fondata sulla faute, affermando

402
Testualmente, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 913 s., ai quali si rinvia per le
ampie citazioni della letteratura francese in materia.
403
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 914.
404
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
405
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
406
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 820.
407
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
408
Req., 21 octobre 1901, in Rec. Sirey, 1902, I, p. 32; conf., nella giurisprudenza penale, Cass.
crim., 15 juin 1934, in Gaz. Pal., 1934, II, p. 477; in quella civile, Cass., II Ch. civ., 15 février 1956, in
Rec. Dalloz, 1956, p. 410. Un tentativo di interpretare estensivamente i casi previsti dall’art. 1384 è
stato respinto da Cass., II Ch. civ., 24 novembre 1976, in Rec. Dalloz, 1977, Jur., p. 595, con nota di
C. LARROUMET.
409
App. Limonges, 23 mars 1989, in Resp. civ. ass., 1989, Com., n. 361.
576 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

che l’associazione non era tenuta ad esercitare nessuna sorveglianza durante lo


svolgimento delle attività lavorative da parte dei soggetti a lei affidati, essendo,
questi ultimi, sottoposti ad un regime ispirato ad una totale libertà di movi-
mento e di circolazione. La delicata questione viene sottoposta, su richiesta
410
della Seconda Sezione civile, all’Assemblée Plénière della Cassazione , la qua-
le, nell’abbandonare definitivamente la controversa regola fondata sulla prova
della faute di sorveglianza, dichiara senz’altro responsabile l’associazione sulla
411
base del comma 1 dell’art. 1384 . Malgrado riconosca che l’autore dell’incen-
dio «era sottoposto ad un regime comportante una totale libertà di circolazione
412
nella giornata» , la Suprema Corte afferma la responsabilità dell’associazione
per il fatto d’autrui, poiché essa «aveva accettato il compito di organizzare e di
413
controllare, a titolo permanente, il modo di vita di questo andicappato» .
Questo fondamentale revirement, che, di là dalla maggiore o minore per-
414
suasività delle argomentazioni addotte , sancisce la nascita di un generale re-
gime di responsabilità oggettiva pour autrui fondato sull’art. 1384, comma 1,
inizia ad influire, in maniera sempre più generalizzata, sulla disciplina appli-
cabile al fatto delle persone delle quali si ha la garde. Mentre fino all’arrêt
Consorts Blieck si poteva esitare a ravvisare, «in ogni circostanza», un modello
di responsabilità oggettiva, poiché, all’epoca, la responsabilità per “garde
415
d’autrui” era generalmente fondata su una presunzione semplice di colpa ,
nel febbraio del 1997 la Seconda Sezione civile della Cassazione effettua un
ulteriore revirement anche con riferimento alla responsabilità dei genitori per
il fatto del figlio minore, qualificandola, ai sensi dell’art. 1384, comma 1, come
416
una «responsabilité de plein droit» , dalla quale è possibile esonerarsi con la
sola prova «di una cause étrangère che presenti i caratteri della forza maggio-
417
re» . Nella specie, la Suprema Corte, nel decidere sul ricorso presentato dai
legali di un conducente di un motociclo, che aveva riportato lesioni a seguito
di uno scontro con un ciclista dodicenne, afferma che la Corte d’appello di
Bordeaux «non doveva ricercare l’esistenza di un difetto di sorveglianza da
parte del padre», avendo «esattamente enunciato che soltanto la forza mag-
giore o la faute della vittima potevano esonerare il genitore dalla responsabilità
oggettiva nella quale era incorso per il fatto dei danni provocati dal figlio mi-
418
nore, con lui convivente» .
410
Cass., Ass. Plén., 29 mars 1991, cit., 21673.
411
Cass., Ass. Plén., 29 mars 1991, cit., 21673.
412
Cass., Ass. Plén., 29 mars 1991, cit., 21673.
413
Cass., Ass. Plén., 29 mars 1991, cit., 21673.
414
Per una critica delle quali, cfr. G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 840 s.
415
Le espressioni citate nel testo tra virgolette sono di G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions,
cit., p. 844 s.
416
Cass., II Ch. civ., 19 février 1997, in Sem. jur., 1997, II, Jur., 22848, con nota di G. VINEY.
417
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., pp. 845 e 848.
418
Cass., II Ch. civ., 19 février 1997, cit., 22848. Sul punto, C. RADÉ, Le renouveau de la responsa-
bilité du fait d’autrui, in Rec. Dalloz, 1997, Chron., p. 279 ss.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 577

La nuova regola è consacrata soltanto un mese dopo anche dalla Chambre


criminelle la quale, nel generalizzare ulteriormente la soluzione, afferma in
modo esplicito che «le persone tenute a rispondere per il fatto altrui ai sensi
dell’art. 1384, comma 1, non possono liberarsi dalla responsabilità de plein droit
419
risultante da tale testo dimostrando di non aver commesso alcuna faute» .
Oltre ai genitori, il regime di responsabilità oggettiva di cui all’art. 1384,
420
comma 1, è esteso, sia dalla Seconda Sezione civile , sia dalla Chambre pena-
le, alle persone fisiche ed alle associazioni che esercitano a titolo professionale
l’attività della garde d’autrui, alle quali viene affidato un minore, con provve-
dimento del giudice o dell’amministrazione, anche in applicazione della disci-
421
plina sulla assistance éducative . In questi casi, allorché il fanciullo è affidato
soltanto per alcune ore al giorno, la responsabilità dell’ente è limitata al perio-
422
do di reale affidamento . Il rigoroso regime di responsabilità oggettiva fon-
dato sul comma 1 dell’art. 1384 non sembra doversi applicare, invece, agli af-
fidatari a titolo gratuito, diversi dai genitori. Nel caso di un minore, affidato ai
nonni, che aveva causato un danno a un terzo, avendolo investito con la sua
bicicletta, la Seconda Sezione civile della Cassazione ha escluso la responsabi-
lità degli affidatari, per l’assenza di una faute di sorveglianza, affermando che,
nella specie, «le condizioni per l’applicazione dell’art. 1384, comma 1, non
423
erano réunies» . La gratuità del rapporto, così come accade in altri contratti,
escludeva la possibilità di ravvisare un’obbligazione determinata di sécurité.
La nuova regola di responsabilità coniata nell’arrêt Consorts Blieck è ben
presto applicata dalla giurisprudenza anche ad ipotesi, del tutto diverse, nelle
quali il fait d’autrui riguarda persone per le quali «non si giustifica alcuna sor-
424
veglianza particolare» . In due sentenze rese il 22 maggio 1995, la Seconda
Sezione civile della Cassazione ha deciso che anche le associazioni sportive
possono essere considerate responsabili sulla base dell’art. 1384, comma 1, dei
425
danni causati dai propri giocatori ad uno dei membri della squadra avversa ,
allorché tale evento si è verificato sia nell’ambito di una rissa intervenuta du-
rante l’incontro, sia nel corso del regolare svolgimento della competizione. Le
sentenze d’appello, invece, avevano condannato i rispettivi club di rugby a ri-
sarcire i danni subiti dalle vittime ai sensi del comma 5 dell’art. 1384, avendoli
426
considerati come “committenti” dei giocatori . Nell’ambito dei ricorsi per
cassazione, i due club avevano contestato tale qualifica rilevando sia l’assenza

419
Cass. crim., 26 mars 1997, in Sem. jur., 1997, II, Jur., 22868.
420
Cass., II Ch. civ., 24 janvier 1996, in Bull. civ., 1996, II, n. 16.
421
Cfr. Cass. crim., 10 octobre 1996, in Sem. jur., 1997, II, Jur., 22833, con il commento di F. CHABAS.
422
Cass., II Ch. civ., 25 février 1998, in Rec. Dalloz, 1998, Inf. rap., p. 96.
423
Cass., II Ch. civ., 18 septembre 1996, in Sem. jur., 1996, IV, 2208, e in Rec. Dalloz, 1998, Jur.,
p. 118.
424
Lo rilevano, proprio nel titolo del paragrafo, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 854.
425
Cass., II Ch. civ., 22 mai 1995, in Sem. jur., 1995, II, Jur., 22550.
426
Cfr. Cass., II Ch. civ., 22 mai 1995, cit., 22550.
578 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

di un rapporto di subordinazione con gli atleti, sia, in uno dei due casi, l’im-
possibilità di identificare il “preposto” colpevole, essendo rimasto sconosciuto
il giocatore che aveva causato le gravi lesioni. In presenza di questi rilievi, non
certo decisivi, la Cassazione avrebbe potuto agevolmente confermare le sen-
427
tenze di appello e «rimanere sul terreno dell’art. 1384, comma 5» . Da un la-
to, non era richiesta l’identificazione personale del soggetto al quale il fatto
dannoso era imputabile, poiché i giudici avevano accertato che l’autore del
danno era «necessariamente uno dei preposti della persona considerata come
428
civilmente responsabile» . Dall’altro, è noto come la giurisprudenza francese
abbia progressivamente esteso il rapporto di preposizione ad ipotesi nelle qua-
li manca un vero e proprio legame di subordinazione, sussistendo, invece, un
429
«potere di controllo puramente teorico» . Di là da un reale rapporto di su-
bordinazione, secondo la Cassazione, «il rapporto di preposizione può essere
dedotto dall’interesse di una persona ad utilizzare i servizi di un’altra per i bi-
430
sogni della propria impresa» . Cioè, dal «fatto di agire per conto del commit-
431
tente e nel suo profitto» .
L’aver voluto ricondurre, da parte della Suprema Corte, anche la respon-
sabilità delle associazioni sportive per il fatto dei propri giocatori nell’ambito
della regola iscritta nel comma 1 dell’art. 1384, piuttosto che nell’usuale rap-
porto di preposizione di cui al comma 5, estende il regime di responsabilità
432
oggettiva contrattuale per il fatto altrui a «nuove prospettive» , disancoran-
dolo dalla nozione di garde d’autrui, sulla quale si erano fondati, invece, sia il
leading case Consorts Blieck, sia le successive decisioni della Cassazione volte
ad affermare la responsabilità degli altri gardiens, persone fisiche o associazio-
ni, pubbliche o private, sui quali gravava il compito di sorvegliare o controlla-
re minori, giovani delinquenti, malati o persone diversamente abili. Mentre la
giurisprudenza Blieck e quella immediatamente successiva sembravano aver
imperniato la lettura rigorosa dell’art. 1384, comma 1, sulla peculiare situazio-
ne soggettiva dell’agente, la quale richiedeva una garde particolarmente vigile
ed attenta, a seguito dell’estensione di tale regime di responsabilità anche al
fatto degli atleti, la regola di responsabilità oggettiva contrattuale conosce una
ben più ampia generalizzazione. Gli sportivi «sono nel pieno possesso delle
433
loro facoltà fisiche e mentali» e non sono «sottoposti ad alcuna restrizione
434
di libertà né ad alcuna incapacità giuridica» . Nei loro riguardi, il club ha il
solo compito «di gestire la vita materiale dell’équipe, di organizzare gli allena-
427
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 856.
428
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 855 s.
429
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 855.
430
Cass., II Ch. civ., 11 décembre 1996, in Resp. civ. ass., 1997, Com., n. 83.
431
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 866.
432
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 856.
433
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
434
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 579

menti e le competizioni; in breve, assolve al ruolo di manager e non di tuto-


435
re» . Affermando che la relazione contrattuale tra l’atleta e il suo club legit-
tima una responsabilità oggettiva pour autrui fondata sul comma 1 dell’art.
1384, la Corte di Cassazione conferisce alla nuova regola una portata assai in-
436
novatrice rispetto a ciò che traspariva dall’arrêt Blieck .
A seguito della sentenza del 12 maggio 1995, oltre a dichiarare responsabi-
le ai sensi del comma 1 dell’art. 1384 anche un’associazione venatoria per il
437
fatto dei propri cacciatori , la giurisprudenza inizia ad estendere la regola di
responsabilità oggettiva contrattuale non soltanto al settore delle responsabili-
tà fondate sull’idea di garde o di sorveglianza d’autrui, ma anche al campo del-
la responsabilità pour autrui fondata sul potere economico e la presa in carico
438
di un’attività collettiva all’interno di un’impresa , soprattutto con riferimento
al fenomeno delle «chaînes» e dei «groupes de contrats». E poiché, in materia
contrattuale, coloro che devono rispondere dell’adempimento «sono non sol-
tanto i preposti e i mandatari, ma anche coloro che sono stati introdotti volon-
439
tariamente nell’esecuzione» della prestazione, nel regime della responsabili-
tà contrattuale per il fatto d’autrui, a differenza di quanto avviene per
440
l’analogo modello delittuale , il debitore risponde «in via di principio per il
fatto di tutte le persone che egli ha incaricato dell’esecuzione totale o parziale
del contratto, senza distinguere se si tratti di preposti, di ausiliari non preposti
441 442 443
o di sostituti» . Così se, da un lato, il vettore , il venditore , l’imprendito-
444 445 446 447
re , il banchiere , l’istituto scolastico , l’assicuratore , l’impresa di vigi-

435
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
436
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 857.
437
Trib. gr. inst. Cusset, 29 février 1996, in Sem. jur., 1997, II, Jur., 22849, con il commento di J.
MOULY.
438
Testualmente, G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
439
Così, già App. Angers, 27 mai 1941, in G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 919.
440
Afferma l’autonomia della responsabilità contrattuale per il fatto altrui rispetto alla responsabi-
lità delittuale del committente per il fatto del preposto, Cass. com., 18 janvier 1961, in Bull. civ., III,
n. 37, p. 32.
441
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit. In tema di obbligazione di sécurité, App. Grenoble, 15
juin 1993, in Rec. Dalloz, 1994, Jur., p. 239.
442
Ad es., Cass. civ., 3 octobre 1967, in Sem. jur., 1968, II, Jur., 15365; Cass. com., 24 novembre
1987, ivi, 1988, IV, p. 47.
443
In merito all’inadempimento degli obblighi d’informazione sul prodotto venduto, cfr. App.
Paris, 6 mai 1987, in Rec. Dalloz, 1987, Inf. rap., p. 144.
444
Tra le tante, Cass. civ., III Ch., 4 février 1976, in Rec. Dalloz, 1976, Inf. rap., p. 134; Cass. civ.,
16 mai 1979, in Rev. trim. dr. civ., 1979, p. 610, con le osservazioni di G. DURRY.
445
App. Orléans, 15 décembre 1975, in Sem. jur., 1976, IV, p. 172. In argomento, C. GAVALDA,
La responsabilité civile et pénale du fait des préposés de banque, in Responsabilité professionnelle du
banquier. Contribution à la protection des clients de banque, Paris, 1978, p. 53 ss.
446
App. Chambéry, 20 janvier 1976, in Rec. Dalloz, 1977, Jur., p. 209 ss.
447
Cass. civ., I Ch., 11 janvier 1989, in Sem. jur., 1989, II, Jur., 21236 (I espèce), con nota di C.
LARROUMET.
580 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

448 449 450


lanza e di sorveglianza , il professionista sanitario , la clinica e, più in ge-
nerale, qualsiasi debitore che fa intervenire un préposé che è incaricato di adem-
451
piere alle sue obbligazioni rispondono dell’«attività contrattuale» di tali sog-
getti, rendendo, talvolta, di controversa applicazione la regola del non-cumul,
in virtù della similitudine delle “condizioni” di applicazione delle regole di re-
sponsabilità contrattuale e delittuale (ex art. 1384, comma 5); dall’altro, in giu-
risprudenza è indiscussa la responsabilità oggettiva del debitore per il fatto
452
degli ausiliari non preposti e dei soggetti che si sono a lui “sostituiti” nel-
l’adempimento delle obbligazioni derivanti da un contratto. Si pensi, ad es.,
alla responsabilità di un qualsiasi professionista autonomo (medico, ingegnere,
architetto, avvocato, ecc.) il quale chiede la cooperazione di un collega nel-
l’adempimento di un’obbligazione, e, più in particolare, alla responsabilità del
chirurgo per il fatto degli altri medici specialisti (l’anestesista, ad es.) compo-
nenti un’équipe. In proposito la Cassazione ha più volte ribadito che «un chi-
rurgo, scelto dal paziente, è tenuto, in virtù del contratto» a rispondere «delle
fautes del medico che fa parte dell’équipe che egli ha liberamente composto,
[...] e che si è a lui sostituito, senza il consenso del paziente, al fine di adem-
453
piere ad una parte indivisibile della sua obbligazione» .

12. Nell’ambito delle molteplici creazioni giurisprudenziali elaborate in


materia, la Corte di Cassazione francese ha assunto una posizione contrappo-
sta, sotto il profilo “dogmatico” – ma “analoga” se si considerano le regole
operazionali –, a quella seguita dalla Suprema Corte italiana, allorché ha pro-
454
ceduto, in una sentenza estremamente importante , ma che poi non ha rice-
vuto l’auspicato seguito, alla “contrattualizzazione” della regola di responsabi-
lità oggettiva per il fatto della cosa. Tale orientamento era stato apprezzato
dalla migliore dottrina, in quanto volto a superare, attraverso «l’unificazione
448
Cass. civ., I Ch., 18 janvier 1989, in Sem. jur., 1989, II, Jur., 21326 (II espèce); App. Paris, 26
février 1986, in Rec. Dalloz, 1986, p. 397.
449
Già Cass. civ., I Ch., 15 novembre 1955, in Rec. Dalloz, 1956, p. 13, con nota di R. SAVATIER;
alla quale adde Cass. civ., II Ch., 15 mars 1976, in Sem. jur., 1976, IV, p. 164; Cass. civ., I Ch., 28 mai
1980, in Rec. Dalloz, 1981, Inf. rap., p. 32.
450
Ad es., Cass. civ., I Ch., 4 juin 1991, in Sem. jur., 1991, II, Jur., 21730; Cass. crim., 5 mars
1992, ivi, 1993, II, Jur., 22013, con il commento di F. CHABAS.
451
In questi termini, J. MESTRE, in Rev. trim. dr. civ., 1989, p. 307.
452
Cfr., ad es., Cass., I Ch. civ., 2 octobre 1979, in Sem. jur., 1979, IV, p. 360; Cass., I Ch. civ., 27
février 1980, ivi, 1980, IV, p. 186, la quale afferma che, trattandosi di responsabilità contrattuale, non
bisogna ricercare se l’esecutore della prestazione «era rimasto sotto la subordinazione» del debitore,
per condannare questi.
453
Tra le tante, Cass., I Ch. civ., 18 juillet 1983, in Rec. Dalloz, 1984, Jur., p. 149, con il commento
di J. PENNEAU; Cass., I Ch. civ., 9 octobre 1984, in Sem. jur., 1984, II, Jur., 22303, annotata da A.
DORSNER DOLIVET. E già, Cass., I Ch. civ., 18 octobre 1960, ivi, 1960, II, Jur., 11846, commentata
da R. SAVATIER.
454
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 350 s., con nota di P. JOURDAIN.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 581

delle regole di responsabilità applicabili alle vittime di danni causati dal fatto
delle cose», quelle «diseguaglianze veramente scioccanti tra le vittime di uno
455
stesso fatto sopravvenuto nelle medesime circostanze» , secondo che la con-
troversia venisse decisa attraverso l’applicazione della regola di responsabilità
oggettiva delittuale di cui all’art. 1384, comma 1, o sulla base di un’obbliga-
zione di sécurité “di mezzi”. Infatti, l’enorme espansione che il principio iscrit-
to nell’art. 1384, comma 1, ha avuto, nel corso di più di un secolo, in ambito
delittuale ha indotto a ravvisare in esso una vera e propria clausola generale di
responsabilità oggettiva delittuale (art. 1384, comma 1, code civ.), contrappo-
sta, per estensione e per comprensione, a quella di responsabilità per colpa da
456
fait personnel, fondata sul testo dell’art. 1382 code civ. .
Una generalizzata applicazione di tale principio (art. 1384, comma 1) anche
in ambito contrattuale, proprio in quei settori nei quali la giurisprudenza ha
ravvisato obbligazioni di sécurité qualificate quasi sempre “di mezzi”, avrebbe
potuto contribuire a ristabilire una parità di trattamento tra le vittime tutte
danneggiate dai medesimi fatti e nelle stesse circostanze, favorendo un ampio
457
ritorno, per più versi auspicato , all’obbligazione di sécurité di risultato. La
Cassazione, con la decisione del 17 gennaio 1995, aveva manifestato «l’inten-
zione di lasciare sotto l’imperio delle regole contrattuali gli accidenti alla per-
sona sopravvenuti in occasione dell’esecuzione di contratti, ma accordando
finalmente a tutte le vittime di questi danni la medesima protezione contro il
458
“fatto della cosa”» . Tale decisione, però, è rimasta sostanzialmente isolata in
giurisprudenza, sia per la tradizionale convinzione della dottrina francese in
ordine all’inapplicabilità, in ambito contrattuale, dell’art. 1384, comma 1, al
fine di non violare il principio del non-cumul delle responsabilità contrattuale
459
e delittuale , sia perché ispirata ad un’ipotesi riconducibile al danno da pro-
460
dotto «difettoso» , poi disciplinato dalla legge n. 98-389 del 19 maggio 1998,
che, sulla base della direttiva n. 85-374 del 25 luglio 1985, ha “decontrattua-
461
lizzato” tale materia, “condannando” , nella sostanza, l’obbligazione di sécu-
rité (di risultato) gravante sul fabbricante e sul produttore.
462
La Prima Sezione civile della Cassazione aveva elaborato tale regola nel
455
In questi termini, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, III éd., 2006, cit., p. 799.
456
Basti pensare che il noto trattato di G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., dedica 313 pagine alla
responsabilità per il fatto personnel (pp. 361-674), e ben 227 pagine (pp. 675-902) alla responsabilità
per il fait des choses.
457
H. GROUTEL, Vers un chambardement, cit., n. 16; G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., II éd., 1998,
pp. 410 ss., 486 ss.; G. VINEY, Rapport de synthèse, cit., p. 1215; Y. LAMBERT-FAIVRE, Fondement et ré-
gime, cit., p. 82 ss.; P. JOURDAIN, Le fondement, cit., p. 1198 ss.; D. MAZEAUD, Le régime, cit., p. 1202 ss.
458
G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, III éd., 2006, cit., p. 797.
459
Ampi riferimenti dottrinari sono rinvenibili in G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., III éd.,
2006, p. 788 s., in nota 9.
460
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., III éd., 2006, p. 798.
461
Così G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., III éd., 2006, p. 463.
462
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 350 s.
582 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

decidere sulla domanda di risarcimento intentata dai genitori di una bambina


di quattro anni avverso l’istituito scolastico nel quale essa si era ferita a seguito
della rottura di un cerchio di materiale plastico. Dopo aver affermato la re-
sponsabilità del venditore professionnel «nei confronti sia dei terzi, sia del-
463
l’acquirente» , nella misura in cui «è tenuto a consegnare prodotti esenti da
ogni vizio o difetto di fabbricazione, idonei a creare pericolo per le persone o
464
per i beni» , nonché la responsabilità di colui che «ha concepito e fabbricato
465
questo prodotto» , la Corte d’appello aveva escluso la responsabilità dell’isti-
tuto scolastico poiché l’attore «non aveva dimostrato che l’incidente fosse sta-
to la conseguenza di una faute commessa da questo nell’adempimento delle
466
sue obbligazioni contrattuali» . La Cassazione, invece, cassa la sentenza d’ap-
pello limitatamente a tale ultima parte, affermando che, «visti gli artt. 1135
e 1147, un istituto scolastico, che è contrattualmente tenuto ad assicurare la
sicurezza degli studenti che gli sono stati affidati, è responsabile dei danni che
a loro sono stati causati non soltanto dalla sua faute, ma anche dal fatto delle
cose che egli pone in opera nell’adempimento della sua obbligazione contrat-
467
tuale» .
Questa soluzione, come si può notare, è simile a quella che, nel 2002, verrà
adottata dalle nostre Sezioni Unite civili in tema di responsabilità contrattuale
dell’istituto scolastico per il danno che il minore si procura da sé. Ma, mentre
la Corte d’oltralpe incentra la responsabilità dell’istituto scolastico sul fatto
della cosa in custodia (art. 1384, comma 1), al fine di estendere tale regola (e,
soprattutto, il relativo criterio di imputazione) all’ambito contrattuale, la Cas-
sazione italiana applica le regole della responsabilità contrattuale, forte del suo
468
precedente del 2001 , prescindendo dalla circostanza che la minore aveva ri-
portato la lesione biologica per il fatto “della cosa”, cioè dell’essere «scivolata
469
a terra [...], mentre saltava tra i banchi, rincorrendosi con altri compagni» .
Un’autorevole dottrina francese aveva posto in evidenza come, con questo
470
«ultimo colpo di audacia» , la Prima Sezione civile della Cassazione avesse
471
inteso sia descrivere «i nuovi sviluppi dell’obbligazione di sécurité» , sia ma-
nifestare una «ferma volontà di uniformare i regimi delle responsabilità con-
472
trattuale e delittuale» . Da un lato, la Cassazione aveva approvato la decisio-
ne impugnata per aver affermato la responsabilità (delittuale) della società di-

463
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
464
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
465
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
466
Lo riferisce Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
467
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
468
Cass., Sez. Un. civ., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1565 ss.
469
Cass., Sez. Un. civ., 27 giugno 2002, n. 9346, cit., c. 2638.
470
P. JOURDAIN, Note a Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
471
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
472
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 583

473
stributrice , ponendo, in modo del tutto inedito, un’obbligazione extra-con-
474
trattuale di sécurité a carico del venditore professionnel non fabbricante ; dal-
l’altro, nel censurare la sentenza nella parte in cui aveva rigettato l’azione con-
trattuale della vittima contro l’istituto scolastico, la Suprema corte aveva po-
sto, «questa volta, un principio di responsabilità contrattuale per il fatto delle
475
cose, messe in opera dal debitore di un’obbligazione di sécurité» . La stessa
massima della sentenza riprendeva, «nel contenuto come nella sua formula-
476
zione» , la disposizione del comma 1 dell’art. 1384, sostituendo all’enunciato
477
«cose che sono sotto la propria custodia» , l’espressione «cose che egli mette
478
in opera per l’adempimento della sua obbligazione contrattuale» .
Riguardo all’orientamento tradizionale, che ha considerato quasi sempre
“di mezzi” l’obbligazione delle colonie e di ogni altro istituto che diviene affi-
datario di soggetti minori, salvo poi prevedere, implicitamente, presunzioni di
colpa o di causalità o la regola res ipsa loquitur, questa decisione conferiva con
479
chiarezza alla vittima «un vantaggio probatorio evidente» , in quanto la di-
spensava dal provare la faute dell’istituto. Più precisamente, «la responsabilità
480
della scuola sussiste[va] indipendentemente da ogni faute» .
Per giustificare la sua decisione, la Prima Sezione civile della Cassazione
avrebbe potuto accontentarsi di affermare l’esistenza di un’obbligazione di sé-
481
curité di risultato . Ma essa aveva preferito ricorrere ad una «soluzione più
originale, consistente nel distinguere i danni risultanti da una faute, da quelli
482
causati dal “fatto delle cose”» . Anche là dove si volesse convenire, con la giu-
risprudenza dominante, che «l’obbligazione di sécurité alla quale sono tenuti
483
gli istituti scolastici sia normalmente di mezzi» , tale obbligazione diveniva
”di risultato” ogni qualvolta il danno era causato «dal fatto di una cosa utiliz-
484
zata nell’esecuzione del contratto» . Alla responsabilità per faute prouvée si
aggiungeva una responsabilità senza colpa per il fatto delle cose, che veniva ad
485
amputare largamente il settore delle obbligazioni di mezzi .
Riguardo all’estensione soggettiva della responsabilità contrattuale per il
fatto delle cose, l’individuazione delle «persone responsabili» non doveva es-
473
P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 352.
474
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
475
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
476
Lo sottolinea, opportunamente, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 354.
477
È la traduzione libera dell’espressione francese: «choses que l’on a sous sa garde» (art. 1384,
comma 1, in fine).
478
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351 (in francese: «choses qu’il met en œuvre pour
l’exécution de son obligation contractuelle»).
479
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
480
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
481
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
482
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
483
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
484
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
485
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.

20.
584 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

sere limitata ai soli istituti scolastici, ma poteva estendersi a tutti coloro ai qua-
li la giurisprudenza impone un’obbligazione di sécurité di mezzi: gestori di ri-
storanti o di hôtel, imprese di spettacoli, di centri e istituti ai quali sono affida-
ti fanciulli, istallazioni sportive o di giochi, stabilimenti che ricevono una clien-
486
tela, ecc. . Ma la responsabilità contrattuale per il fatto delle cose avrebbe ri-
guardato anche i debitori di un’obbligazione di risultato, come i «vettori di
487
persone e alcuni organizzatori di giochi o di sport pericolosi» . Veniva meno,
allora, la tradizionale distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato, effet-
tuata sulla base degli abituali parametri, a vantaggio di un’altra, il cui criterio
aveva ad oggetto il fatto generatore dei danni: faute personnelle o fatto della
488
cosa .
489
I termini «molto generali» della decisione, inoltre, ponevano il problema
dei rapporti tra l’obbligazione di sécurité derivante dal fatto della cosa e quella
del venditore professionnel. L’affermazione di un principio generale di re-
sponsabilità contrattuale per il fatto delle cose, analogo a quello che risulta
dall’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 1384, comma 1, code civ. in am-
bito delittuale, avrebbe potuto escludere che la vittima dovesse provare il di-
fetto o il vizio della cosa. Tutti i danni causati da una cosa avrebbero potuto
«essere risarciti, sempre che la cosa abbia avuto un “ruolo attivo”» 490 e sia sta-
491
ta «lo strumento del danno» . Tuttavia, sia il tenore della sentenza della Cas-
492
sazione, la quale faceva espresso riferimento al «vizio» o «difetto di fabbri-
493
cazione» del cerchio, sia la subordinazione della responsabilità contrattuale
per il fatto delle cose all’esistenza di un’obbligazione di sécurité, sulla base del-
la quale l’istituto affidatario è «contrattualmente tenuto ad assicurare la sicu-
494
rezza degli alunni» , avrebbero potuto indurre ad «esigere, come per l’obbli-
495
gazione di sécurité del venditore, un difetto di sicurezza della cosa» .
496
Secondo questa dottrina bisognava evitare di esagerare sulla portata in-
novativa della decisione. Da un lato, le violazioni della sécurité non risultano
sempre dal fatto di una cosa; dall’altro, anche prima della decisione della Cas-
sazione, allorché il danno era causato da una cosa utilizzata per l’esecuzione
del contratto, «la giurisprudenza riconosceva molto spesso un’obbligazione di
497
sécurité di risultato (trasporto di persone, autoscontro, toboggan, ecc.)» . In

486
In questi termini, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
487
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
488
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
489
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
490
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
491
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
492
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
493
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 351.
494
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
495
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit. (il corsivo è dell’A.).
496
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
497
Lo ricorda P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 585

molti altri casi, «l’obbligazione principale di mezzi lascia puntualmente il po-


498
sto a un’obbligazione di risultato, allorché il danno è causato da una cosa» .
Ciò accade, ad esempio, nei casi nei quali un medico, un chirurgo o un denti-
499
sta utilizzano apparecchi o protesi , o nelle ipotesi nelle quali sono causati da
cose i danni subiti dai soggetti che si trovano all’interno di strutture che accol-
500
gono una clientela .
Tuttavia, proprio tali argomentazioni sembravano provare il contrario. Era
proprio nella generalizzazione della responsabilità oggettiva contrattuale per il
fatto della cosa a soluzioni che fino ad allora erano state considerate «più o
meno eccezionali», che la sentenza della Prima Sezione della Cassazione avreb-
501
be potuto condurre a cambiamenti significativi. Ad esempio, la giurispru-
denza sull’obbligazione di sécurité di mezzi del gestore di sciovie avrebbe po-
502
tuto essere considerata «come superata» . Così, le obbligazioni di sécurité po-
ste a carico dei gestori di stabilimenti che accolgono una clientela, che sono
ordinariamente qualificate “di mezzi”, avrebbero potuto essere ispirate alla
nuova giurisprudenza, allorché una cosa si trovasse all’origine del danno. Re-
stava, però, «da intendersi sulla nozione di “cosa messa in opera per l’esecu-
503
zione dell’obbligazione contrattuale”» . Dall’interpretazione più o meno
ampia che sarebbe stata seguita sarebbe dipesa in buona parte la portata della
504
decisione esaminata .
L’orientamento giurisprudenziale che riconosce la responsabilità contrat-
tuale per il fatto delle cose avrebbe potuto contribuire al superamento della
contestata partizione tra obbligazioni di sécurité “di mezzi” e “di risultato”, a
cui l’esperienza giuridica francese è tanto affezionata, migliorando altresì «in-
contestabilmente la sorte delle vittime dei danni causati dalle cose durante
l’esecuzione del contratto, in quanto esse non saranno più tenute a provare la
505
faute del debitore» . In tal modo la Cassazione poteva contribuire «al ravvi-
498
Così P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
499
Cfr., ad es., Cass., I Ch. civ., 28 juin 1960, in Sem. jur., 1960, II, Jur., 11787, con nota di R. SA-
VATIER; Cass., I Ch. civ., 9 octobre 1985 e 29 octobre 1985, in Rec. Dalloz, 1986, Jur., p. 417 s., con le
osservazioni di J. PENNEAU; App. Paris, 4 mai 1963, in Gaz. Pal., 1962, II, p. 260; App. Versailles, 14
octobre 1993, in Rec. Dalloz, 1995, Somm., p. 101, con il commento di J. PENNEAU; Trib. gr. inst.
Paris, I Ch. civ., 5 mai 1997 e 20 octobre 1997, ivi, 1998, Jur., p. 558 ss., con Note di L. BOY.
500
Emblematici i casi decisi da Cass., I Ch. civ., 12 juin 1979, in Sem. jur., 1980, II, Jur., 19422,
con le Observations di N. DEJEAN DE LA BATIE (danni causati da prodotti esposti alla vendita); Cass.,
I Ch. civ., 2 juin 1981, ivi, 1982, II, Jur., 19912, con nota di N. DEJEAN DE LA BATIE (sull’obbligazio-
ne del gestore di un caffè di mettere a disposizione dei clienti sedie solide). Riguardo all’obbligazione
di sécurité di risultato che grava sul ristoratore in ordine al vitto servito ai clienti, cfr. Cass., I Ch. civ.,
2 juin 1981, in Gaz. Pal., 1982, I, Pan., p. 9, anche in Rev. trim. dr. civ., 1982, p. 770; App. Poitiers,
16 décembre 1970, in Sem. jur., 1972, II, Jur., 17127.
501
P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 354.
502
Lo afferma P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
503
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
504
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
505
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
586 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

cinamento della situazione delle vittime di inadempimenti contrattuali a quella


delle vittime che possono avvalersi [in via delittuale] dell’art. 1384, comma 1,
marcando ancora una volta la sua volontà di uniformare i regimi di responsa-
506
bilità» .
Un’autorevole dottrina si doleva che «questo innegabile progresso» passas-
se, ancora una volta, attraverso il riconoscimento di un’obbligazione di sécuri-
507
té . Oltre che sul piano teorico, ove avrebbe potuto essere discussa la stessa
508
natura contrattuale dell’obbligazione di sécurité , anche sul piano pratico re-
509
stava «ancora da provarne l’interesse, pure quando essa è di risultato» . Nel-
lo specifico caso, negare l’obbligazione di sécurité della scuola avrebbe signifi-
cato lasciare campo libero alla messa in opera di una responsabilità delittua-
510
le . Forse sarebbe stato «più semplice, più chiaro e quanto meno del pari ef-
ficace permettere alla vittima d’invocare contro la scuola, considerata nella
qualità di custode del cerchio, le disposizioni dell’art. 1384, comma 1, code
511
civ.» . Soluzione, questa, che, come s’è visto, anche la giurisprudenza italiana
preferisce, allorché “decontrattualizza” il regime di responsabilità dal preesi-
stente rapporto obbligatorio, al fine di applicare l’art. 2051 c.c. In tal modo,
512 513
più che una «uniformazione» o un «ravvicinamento» tra i regimi delle re-
sponsabilità delittuale e contrattuale, si potrebbe ottenere la loro «unificazio-
514
ne» , mediante la «sottoposizione del risarcimento al diritto comune della
515
responsabilità delittuale» , «con l’instaurazione di un regime di responsabili-
516
tà unico, autonomo e necessariamente extra-contrattuale» .
Tuttavia, la proposta di questa dottrina desta perplessità perché, nel ripro-
porre l’antica idea della primazia della responsabilità delittuale, intende “uni-
ficare” la responsabilità civile attraverso un’eccessiva compressione della re-
sponsabilità contrattuale, la quale potrebbe trovare applicazione soltanto in
presenza di un danno che sia «specificamente contrattuale». Ma, a parte la dif-
ficoltà di definire, a volta a volta, i limiti di questa partizione, tale opinione si
pone, questa volta, in contrasto con l’itinerario intrapreso dalle Corti francesi,
tedesche e italiane le quali, sia pure con diversi accenti, e in presenza di speci-
fiche peculiarità, hanno sancito l’applicazione di una responsabilità “da rap-
porto”, anche là dove non sia presente un contratto, ma preesista una relazio-
ne che può essere qualificata come giuridicamente rilevante.
506
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
507
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
508
In questa prospettiva si pone, infatti, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
509
P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 355.
510
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
511
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
512
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit. (il corsivo è dell’A.).
513
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
514
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
515
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
516
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 587

In questa prospettiva, soprattutto per il diritto francese, che continua a


modellare inspiegabilmente la disciplina dell’inadempimento sulla base della
517
responsabilità delittuale per colpa, “offendendo” la regola di cui all’art. 1147
code civil, l’elaborazione di un principio di responsabilità oggettiva contrat-
tuale per il fatto delle cose potrebbe rappresentare una “scoperta” in grado di
modificare profondamente non soltanto la categoria delle obbligazioni di
sécurité, nel porre realmente in crisi la insoddisfacente partizione tra obbliga-
zioni di mezzi e di risultato, ma anche il più complessivo assetto della respon-
sabilità civile, facendole guadagnare un maggior equilibrio sistematico sulla
base di un principio di parità di trattamento tra soggetti tutti vittime dei me-
desimi “fatti delle cose”. Infatti, potrebbe applicarsi il regime di responsabilità
oggettiva contrattuale, che è collegato alle obbligazioni di risultato, ogni qual
volta il danno è causato da una cosa che il debitore/custode ha utilizzato nel-
l’esecuzione del contratto. Così come d’altronde accade, attraverso l’applicazio-
ne dell’art. 1384, comma 1, allorché il fatto della cosa sia causa del danno al di
fuori di una preesistente relazione contrattuale. L’estensione della disciplina
del fatto della cosa al campo contrattuale potrebbe altresì permettere di «uni-
518
formare, di ravvicinare i regimi» delle responsabilità contrattuale e delittua-
le, «al fine di evitare le distorsioni e le ingiustizie generate dalle differenze di
519
trattamento tra le vittime» . Nel diritto francese, all’imponente espansione
dell’art. 1384, comma 1, è paradossalmente corrisposto un regime di favore per
le vittime che possono chiedere il risarcimento sulla base delle regole della re-
sponsabilità delittuale, rispetto a quelle che, in virtù della preesistenza di una
relazione giuridicamente rilevante, devono agire in via contrattuale. Ma piut-
tosto che “unificare” le responsabilità attraverso la loro forzata collocazione in
un ambito esclusivamente delittuale, anche là dove si è in presenza di un con-
tratto, l’interazione e l’eventuale “fungibilità” tra la soluzione contrattuale e
quella delittuale potrebbero trovare adeguato fondamento in un “diritto co-
mune” delle responsabilità che, ergendosi al di sopra della tradizionale parti-
zione fondata sulla natura delle fonti (contratto o torto), e della stessa distin-
zione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”, consenta di fornire risposte
univoche, uniformi e, quindi, giuste sulla base della dinamica che i singoli fatti
giuridici assumono nell’incessante divenire della società.

13. La scarsa coerenza, più volte sottolineata in queste pagine, che traspare
dalle soluzioni adottate dalla giurisprudenza francese, più preoccupata di ga-
rantire la giustizia della singola decisione, che di elaborare parametri mag-
giormente coerenti sotto il profilo sistematico, suggerisce di verificare l’even-
517
Così, L. MENGONI, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 379.
518
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
519
P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
588 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

tuale esistenza di altri criteri, che preludano, nel campo contrattuale, ad una
progressiva erosione del generale modello di responsabilità per colpa.
A fronte del contraddittorio orientamento della giurisprudenza, che tenta
di individuare la “natura” delle obbligazioni di sécurité sulla base dell’astratto
criterio fondato sul presumibile ruolo (attivo o passivo) che il creditore dovreb-
be assumere in riferimento ad un determinato tipo contrattuale, la stessa indi-
520
viduazione di obbligazioni di mezzi «rafforzate» e di obbligazioni di risulta-
to «attenuate», che una parte della dottrina ha proposto di individuare anche
521
nelle specifiche ipotesi di responsabilità «per difettosità provata» , esprime il
disagio della moderna scienza d’oltralpe di dover individuare il contenuto e la
disciplina di ogni rapporto obbligatorio attraverso il suo inquadramento nella
controversa summa divisio tra obbligazioni di mezzi e di risultato. Tale conce-
zione poggia, altresì, su una non condivisibile tradizione giuridica che, avendo
strutturato la disciplina della responsabilità contrattuale su quella della re-
sponsabilità delittuale per colpa, continua a far gravare sul creditore danneg-
giato l’onere della prova della faute, così come se questi avesse subito il danno
in assenza di un rapporto obbligatorio derivante da un contratto, o, più in ge-
522
nerale, di una relazione giuridicamente rilevante .
In proposito un’autorevole dottrina ha sottolineato, da oltre sessant’anni,
523
come la «contraddizione» esistente tra queste tre regole giurisprudenziali:
«1) il vettore è tenuto a condurre il viaggiatore sano e salvo a destinazione; 2)
il gestore di una sciovia non è tenuto a condurre lo sciatore sano e salvo al punto
di arrivo; 3) il gestore delle “montagne russe” è tenuto a condurre l’utente sano
524
e salvo alla fine della pista» , potesse essere superata soltanto «con l’abbando-
525
no di una o di due di queste proposizioni» . La ragione per la quale l’obbliga-
526
zione del vettore «richiede di essere un’obbligazione di risultato» dovrebbe
essere rinvenuta nella promessa «ferma, fatta al viaggiatore, di condurlo alla de-
527
stinazione per la quale gli è stato rilasciato il biglietto» . Poiché l’obbligazione
di sécurité «appare come una conseguenza necessaria dell’obbligazione di tra-
528
sportare, essa deve, al pari di questa, contenere una promessa di risultato» .
Per escludere che l’utente di una sciovia possa essere creditore di un’ob-
bligazione di risultato la giurisprudenza ha affermato che egli «partecipa al-
529
l’operazione più di quanto non lo faccia colui che è situato in un treno» .
520
P. BRUN, Note a Cass., I Ch. civ., 4 novembre 1992, in Rec. Dalloz, 1994, Jur., p. 47.
521
Propone tale ambigua partizione P. BRUN, op. loc. ult. cit., spec. in nota 28.
522
Tale posizione è criticata da C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 74 ss.
523
Così, R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., 997, n. 32.
524
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
525
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
526
R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 31.
527
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
528
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
529
R. RODIÈRE, op. ult. cit., 997, n. 33.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 589

Tuttavia, non è forse vero che il viaggiatore, «per entrare in un treno, è dovuto
salire da solo, essendo protetto da un’obbligazione di sécurité anche nel corso
530
di questa salita?» . Le decisioni della giurisprudenza che considerano protet-
to da un’obbligazione determinata di sécurité anche il viaggiatore che sale o
che scende dal treno o da un altro veicolo di trasporto, «cioè nei momenti in
531
cui il vettore non ha la direzione esclusiva delle operazioni» , inducono a
considerare il criterio del “ruolo attivo” del debitore come «un’argomentazio-
532
ne che non è soddisfacente ... o che prova troppo» . La discriminazione fon-
data sul comportamento positivo o negativo, attivo o passivo del cliente «manca
533
di una base reale» . Al contrario, la sola distinzione «che risponde alla psico-
logia delle parti e che ha un senso pratico» sarebbe quella fondata sul grado di
534
fiducia che il cliente conferisce al macchinario del debitore . Questo criterio
potrebbe spiegare perché «il vettore è tenuto a condurre il viaggiatore sano e
salvo a destinazione ed è responsabile per il fatto stesso dell’incidente, senza
535
che il creditore debba provare la faute commessa dall’obbligato» . Poiché v’è
un’assoluta incompatibilità tra «la giurisprudenza in materia di sciovie e quella
sugli incidenti nel corso della salita o della discesa dei viaggiatori da un tre-
536 537
no» , spetterebbe sicuramente «alla prima allinearsi alla seconda» .
Generalizzando tale idea all’intero settore dei rapporti obbligatori, sarebbe
possibile affermare che, in ogni caso, l’obbligazione di sécurité, per essere tale,
implichi una promessa determinata o “di risultato”. Ma questo “ritorno alle
origini” dell’obbligazione di sécurité potrebbe essere contestato in virtù del-
l’enorme espansione assunta da tale categoria che, oltre alle ipotesi normal-
mente riconducibili al trasporto ed alle altre obbligazioni qualificate “di risul-
tato”, annovera casi di responsabilità per fait personnel, che sarebbero indisso-
lubilmente connessi all’idea di faute civile.
L’eventuale cammino delle obbligazioni di sécurité verso un modello di re-
sponsabilità oggettiva non può prescindere, da un lato, e questa volta sulla
scia dell’esperienza italiana, da un generale ripensamento, da parte della scien-
za giuridica francese, sul ruolo della faute nella rifondazione di un moderno
sistema di responsabilità contrattuale. Dall’altro, da una riflessione sull’auto-
nomia della disciplina dell’inadempimento delle obbligazioni da quella della
responsabilità delittuale per colpa. La limitazione delle obbligazioni di sécurité
al campo delle obbligazioni (considerate come) determinate rappresenta un
passaggio auspicabile, poiché, come si è più volte rilevato, la stessa idea di

530
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
531
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
532
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
533
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
534
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
535
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
536
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
537
R. RODIÈRE, op. loc. ult. cit.
590 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

un’obbligazione di sécurité “di mezzi” rischia di rappresentare una contraddi-


zione in termini. Alla ridefinizione del campo delle obbligazioni di sécurité si
può pervenire iniziando a porre finalmente in evidenza la promessa “determi-
nata” del debitore, che la giurisprudenza francese, invece, continua a conside-
rare “di mezzi”, pur rafforzandola con il meccanismo delle presunzioni di re-
sponsabilità. In questo senso si è precisato come la stessa obbligazione “di
sorveglianza”, che per tradizione è stata considerata il prototipo dell’obbliga-
zione “di mezzi”, al punto che le Corti fanno sovente riferimento ad un’indif-
ferenziata obbligazione “di sorveglianza o di diligenza”, possa essere intesa co-
me una generale promessa di risultato, e ciò non soltanto là dove si tratti di un
soggetto “debole” e/o particolarmente meritevole di protezione. Un analogo
discorso può essere proposto per qualsiasi tipo di trasporto, anche “pour ri-
re”. Come si è rilevato, non esistono fondate argomentazioni per escludere l’ap-
plicazione della disciplina del trasporto terrestre per le figure che sono con-
siderate analoghe, ma che poi, al contrario, sono qualificate all’insegna del-
l’obbligazione “di diligenza”. In tutte le ipotesi contemplate v’è sempre la
promessa del debitore di condurre il cliente “sano e salvo a destinazione”. La
riqualificazione in termini di “risultato” di obbligazioni che, nella prassi delle
Corti, sono state considerate “di diligenza” trova il suo fondamento, oltre che
nella stessa nozione di sécurité, nell’idea di inesatto adempimento, inteso nella
sua valenza più propriamente oggettiva, quale esecuzione di una prestazione
non conforme a quella promessa. A poco rileva che la condotta del debitore
non sia stata affetta da faute. Ciò che conta, è che l’inadempimento o l’inesatto
adempimento non hanno realizzato l’interesse del creditore, il quale subisce
un danno proprio a causa di essi. Compito della responsabilità civile è risarci-
re questo danno, senza interessarsi all’atteggiamento soggettivo del debitore.
In tal senso, come fa la giurisprudenza italiana, non sembra possibile di-
stinguere tra inadempimento e inesatto adempimento, proponendo di applica-
re il “principio di riferibilità o di vicinanza alla prova” soltanto al primo, poi-
ché soltanto in questo caso si sarebbe in presenza dell’assenza pura e semplice
della prestazione, mentre nel secondo (il creditore ammetterebbe implicita-
mente che) un adempimento, seppur inesatto, si sarebbe comunque verifica-
538
to . L’equiparazione, sotto il profilo giuridico, tra inadempimento e adem-
pimento inesatto trova il suo esplicito fondamento, in Italia, proprio nell’art.
1218 che, «a presupposto della responsabilità per inadempimento pone unita-
riamente l’ipotesi del “debitore che non esegue esattamente la prestazione do-
539 540
vuta”» ; in Francia, nella clausola generale racchiusa nel termine inexécu-
538
Per questa tesi, che intende estendere il regime probatorio dell’adempimento inesatto anche
agli obblighi di protezione, S. MAZZAMUTO, Una rilettura del mobbing, cit., p. 685 s.; A. NICOLUSSI,
Diritto europeo della vendita di beni di consumo e categorie dogmatiche, in Europa e dir. priv., 2003, p.
567 s.
539
Così, C. CASTRONOVO, Le due specie, cit., p. 116.
540
Implicitamente, G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, cit., p. 315 ss. e passim.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 591

tion, che comprende sia l’inesatto adempimento, sia il «retard dans l’exécu-
tion». Ma, a parte il dato testuale, non sarebbe comprensibile né giustificabile
una disparità di trattamento, sotto il profilo della prova, per l’inadempimento
e per l’adempimento inesatto. In entrambe le ipotesi, così come deciso dalle
541
Sezioni Unite , il creditore si deve limitare ad allegare ora l’inadempimento,
ora l’inesattezza dell’adempimento, spettando in entrambi i casi al debitore
provare l’adempimento o l’esattezza dell’adempimento, ovvero che le contrap-
poste vicende sono state dovute a impossibilità derivante da cause a lui non
imputabili.
La giurisprudenza francese, sia pure con cautela, da oltre un decennio ha
intrapreso un’opera di erosione dei confini della responsabilità contrattuale
“per colpa”, riqualificando in termini “di risultato” obbligazioni che, per tra-
dizione, erano sempre state considerate di diligenza. In presenza di una scien-
za giuridica, come quella d’oltralpe, che, prevalentemente per ragioni cultura-
li, non sembra pronta a superare, in via “di principio”, il dogma della colpa –
sia recuperando l’originario senso della norma iscritta nell’art. 1174, sia vali-
cando la pur contestata partizione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”,
sia, soprattutto, emancipando la disciplina dell’inadempimento (e dell’adem-
pimento inesatto) dal calco della responsabilità delittuale per faute prouvée,
così come è avvenuto, invece, nell’ultimo decennio in Italia –, soltanto un’ope-
ra di graduale ri-classificazione delle obbligazioni “di mezzi” in obbligazione
“di risultato” può contribuire a rinnovare (rispetto alle mutate esigenze sociali)
il settore della responsabilità civile contrattuale, semmai in virtù della possibile
applicazione, in sede d’inadempimento, del generale principio di responsabili-
542
tà oggettiva per il fatto d’autrui , e della (finora disattesa) regola di responsa-
543
bilità oggettiva contrattuale per il fatto delle cose . La progressiva generaliz-
zazione di tale ultima regola nel settore del diritto dei contratti potrebbe con-
sentire di ravvisare un’obbligazione determinata di sécurité ogni qualvolta il
debitore risulti essere anche il custode della cosa che causa il danno, con il ri-
sultato di garantire il medesimo regime di imputazione della responsabilità
che potrebbe essere invocato in sede delittuale. Il conferire agli inediti regimi
di responsabilità oggettiva contrattuale per i fatti d’autrui (ex art. 1384, comma
1) e delle cose (ex art. 1384, comma 1) un ruolo ordinante il settore del diritto
dei contratti potrebbe indurre la scienza giuridica francese sia a superare l’attua-
le, insoddisfacente distinzione tra obbligazioni “di mezzi” e di risultato, sia la
stessa rigidità della contrapposizione tra responsabilità contrattuale e delittuale.
544
In proposito non si può non rammentare come un’autorevole dottrina ,
molti decenni prima che la Cassazione iniziasse a seguire tale orientamento,
541
Cass., Sez. Un. civ., 30 ottobre 2001, n. 13533, cit., p. 1567 ss.
542
Sul punto, cfr., retro, il § 11.
543
Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 350 s.
544
R. RODIÈRE, Le régime légal, cit., n. 33.
592 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

aveva proposto di individuare le obbligazioni di sécurité di risultato sulla base


del fatto che il debitore avesse utilizzato, nell’eseguire la prestazione, «mezzi
545
tecnici e, in particolare, macchine» . Estendendo tale idea, fino a compren-
dere qualsiasi “cosa” utilizzata dal debitore nell’adempimento dell’obbligazio-
546
ne, tale criterio si può dimostrare «incontestabilmente seducente» , nella mi-
sura in cui permette di «giustificare una certa simmetria tra la responsabilità
contrattuale e quella delittuale, per quanto riguarda i danni causati dall’inter-
547
mediazione di una cosa» .
Proprio a tale idea si riallaccerà la Cassazione allorché proporrà la regola di
548
responsabilità oggettiva «contrattuale per il fatto delle cose» . Un generaliz-
zato impiego di tale criterio potrebbe razionalizzare il settore delle obbliga-
zioni di sécurité, evitando che la giurisprudenza, al fine di porre rimedio a si-
tuazioni di ingiustizia sostanziale, sia costretta a procedere ad estemporanee
549
“de-contrattualizzazioni” . Non sarà più necessario, come accaduto alla Se-
conda Sezione civile, dover propendere, talvolta forzatamente, e sovente in
deroga al principio del non-cumul, per l’applicazione del regime della respon-
sabilità oggettiva delittuale ex art. 1384, comma 1, al solo scopo di sottrarre il
danneggiato creditore all’onerosa disciplina dell’obbligazione di mezzi, ed alla
conseguente disparità di trattamento con il “terzo”. Non sarà più necessario,
da parte della Prima Sezione civile, creare tacitamente nuove figure di obbli-
gazioni di diligenza “rafforzate”, fondate su criteri incerti e contrastanti, al fi-
ne di tutelare una vittima che, altrimenti, non sarebbe in grado di poter dimo-
550
strare la faute del debitore . Non sarà più necessario, da parte della dottrina,
auspicare la «completa sparizione» dell’obbligazione di sécurité “di mezzi”,
551
che «nuoce alle vittime più di quanto non le protegga» .
La Cassazione francese, notoriamente insofferente a mutare i propri orien-
tamenti su problematiche di tipo generale e sistematico, come la partizione tra
obbligazioni “di mezzi” e “di risultato”, e il fondamento essenzialmente col-
poso della responsabilità civile, sia da torto (art. 1382), sia da contratto, attra-
verso la cauta ma progressiva applicazione dei principi di responsabilità ogget-
tiva contrattuale per i fatti d’autrui e della cosa avrebbe la possibilità di quali-
ficare in termini “di risultato” la maggior parte delle ipotesi caratterizzate
dall’esistenza di un’obbligazione di sécurité. Quando il danno è causato al pas-
seggero dal “fatto” di un mezzo di trasporto o, più in generale, di un qualsiasi

545
Riconoscono la lungimiranza di tale dottrina, pur non condividendone le ragioni, G. VINEY, P.
JOURDAIN, op. ult. cit., p. 460.
546
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
547
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. loc. ult. cit.
548
P. JOURDAIN, Note a Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, cit., p. 354.
549
Su tale tendenza, P. JOURDAIN, L’obligation de sécurité du vendeur, cit., p. 594.
550
Per l’analisi della giurisprudenza relativa alla I ed alla II Sezione civile della Cassazione france-
se, si rinvia a M. FEOLA, Le obbligazioni di sécurité, cit., pp. 292-321.
551
G. VINEY, P. JOURDAIN, op. ult. cit., p. 487.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 593

oggetto in movimento (treno, autobus, autoveicolo, aereo, nave, bob-luge,


“montagne russe”, giostra, funivia, seggiovia, sciovia, autoscontro, animale,
ecc.), piuttosto che propendere per le differenti soluzioni ispirate agli incoe-
renti criteri sui quali è attualmente imperniata la qualificazione dell’obbliga-
zione in termini di “mezzi” o di risultato, sarebbe possibile uniformare la di-
sciplina di tali ipotesi all’interno di un’unica obbligazione “determinata” di
sécurité. In questi casi, l’applicazione, al campo contrattuale, di un modello di
responsabilità oggettiva che è stato pur sempre ideato in ambito delittuale
(art. 1384, comma 1), può garantire una parità di trattamento sia all’interno
delle diverse obbligazioni di sécurité, sia, soprattutto, in ordine ad identiche
ipotesi di danno che possono verificarsi in ambito ora contrattuale, ora delit-
tuale.
L’alternativa, per la giurisprudenza francese, sarebbe quella di intrapren-
dere un percorso analogo a quello delle Corti italiane, che, da qualche anno,
hanno emancipato le problematiche dell’inadempimento dal modello della re-
sponsabilità delittuale per colpa. Ma questo itinerario sembra più difficile, in
una cultura giuridica, come quella d’oltralpe, che, fondata sull’osservanza del-
le tradizioni e dei precedenti giurisprudenziali, crede ancora nella partizione
tra obbligazioni di “mezzi” e di risultato e non si sente pronta (allo stato) a di-
sancorare la responsabilità contrattuale da inadempimento dalla regola di re-
sponsabilità delittuale iscritta nell’art. 1382 code civil. Ciò è testimoniato, per
altro, dalla giurisprudenza successiva alla sentenza del 17 gennaio 1995, la
quale, ogni qual volta ha dovuto pronunziarsi sul risarcimento dei danni cau-
sati da “choses” utilizzate dal debitore nell’esecuzione di un contratto, ha «con-
tinuato a ragionare attraverso la distinzione tra obbligazioni di risultato e di
552
mezzi, senza aver riguardo per l’esistenza di un “fatto della cosa”» .
Le strade percorribili dalla Cassazione d’oltralpe nel suo itinerario di ne-
cessaria sottoposizione delle responsabilità contrattuale e delittuale ad un prin-
cipio di parità di trattamento (tra le vittime) possono essere, in astratto, due.
Da un lato, può procedere, ogni qual volta si sia in presenza di un danno
causato dal fatto della cosa in custodia nell’ambito dell’esecuzione di un con-
tratto, alla de-contrattualizzazione del regime di responsabilità, attraverso l’ap-
plicazione della regola di responsabilità oggettiva delittuale di cui all’art. 1384,
comma 1, così come deciso, d’altronde, dalla Cassazione italiana, la quale ap-
plica l’art. 2051 c.c. anche allorché preesista una relazione giuridicamente rile-
vante tra il gestore di una struttura (pubblica o privata) e il “cliente”. Ma tale
soluzione, che pure è espressione del principio di “fungibilità” delle regole in
una logica di superamento della tradizionale contrapposizione tra le due spe-
cie della responsabilità civile, non sembra agevolmente praticabile nel diritto
francese, che osserva il principio del non-cumul e che, quindi, crede (e vuol
552
Lo testimoniano G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, III éd., 2006, cit., p. 799, e le deci-
sioni cit. in nota 49.
594 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

continuare a credere, almeno a livello declamatorio) nella “rigida” separazione


tra i due modelli di responsabilità.
Dall’altro, l’itinerario che la giurisprudenza francese può intraprendere e
che, infatti, ha già iniziato a percorrere, anche perché ha il vantaggio di non
mettere in discussione né la partizione tra obbligazioni “di mezzi” e “di risul-
tato”, né il “declamato” fondamento colposo della responsabilità civile, né la
separazione sistematica tra i due modelli di responsabilità, né la (malcelata
idea di) primazia della responsabilità aquiliana, è quello della lenta, ma pro-
gressiva ri-qualificazione delle obbligazioni di sécurité in termini “di risultato”
in settori tradizionalmente disciplinati all’insegna delle obbligazioni di dili-
genza. Ad esempio, nel caso di un incidente stradale avvenuto all’estero du-
rante un soggiorno “tutto compreso”, l’agenzia di viaggi è stata considerata re-
sponsabile non quale «semplice mandataria» dei suoi clienti, ma come vetto-
553
re . Con la conseguenza che si è considerata inadempiuta non una semplice
obbligazione di sorveglianza, consistente nel «vegliare che tale trasporto fosse
554
stato effettuato secondo condizioni di sicurezza sufficienti» , bensì un’obbli-
gazione di risultato, che consente l’esonero dalla responsabilità soltanto me-
555
diante «la prova di un caso di forza maggiore» . Se, in questa ipotesi, è pos-
sibile ravvisare una tacita applicazione della regola di responsabilità oggettiva
556
contrattuale per il fatto d’autrui , ogni qual volta la giurisprudenza ha quali-
ficato “di risultato” l’obbligazione di un professionista, in deroga all’originario
orientamento che considera tali attività come il prototipo dell’obbligazione “di
mezzi”, ciò è avvenuto perché, nella quasi totalità dei casi, la giurisprudenza
ha considerato il danno subito dal cliente non come l’effetto del fait personnel
del professionnel (sottoposto, per tradizione, alla prova della faute dell’agente),
ma come la conseguenza della “cosa” o del prodotto (protesi dentaria, ad
557
es.) che erano stati utilizzati dal debitore. In altri casi, la qualificazione
dell’obbligazione di sécurité in termini di risultato può aver trovato conferma
nella tendenziale convergenza tra la regola di responsabilità oggettiva per il
fatto della cosa, elaborata sulla base dell’art. 1384, comma 1, e la disciplina
558
della responsabilità da prodotto .
Tuttavia, la Cassazione si è spinta ancora oltre. Riguardo alla responsabilità
per il fatto d’autrui (art. 23, legge 13 luglio 1992), l’agente di viaggio è stato
considerato gravato, nei confronti del proprio cliente, di una responsabilità
oggettiva per quanto riguarda l’esatto adempimento delle obbligazioni “de-
553
Trib. civ. Nouméa, 12 août 1991, in Rec. Dalloz, 1992, Jur., p. 437.
554
In questi termini, invece, Cass., I Ch. civ., 23 février 1983, in Sem. jur., 1983, II, Jur., 19967.
555
Trib. civ. Nouméa, 12 août 1991, cit., p. 437.
556
Così, P. DIENER, Note a Trib. civ. Nouméa, 12 août 1991, in Rec. Dalloz, 1992, Jur., p. 439 s.
557
Sull’obbligazione di sécurité di risultato che grava sul dentista che ha impiantato una protesi al
suo cliente, cfr. Cass., 29 octobre 1985, in Rec. Dalloz, 1986, Jur., p. 417 s., con nota adesiva di J.
PENNEAU.
558
Il caso è deciso da Cass., I Ch. civ., 17 janvier 1995, in Rec. Dalloz, 1995, Jur., p. 351.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 595

terminate” derivanti dal contratto, anche là dove tali obbligazioni sono state
adempiute da altri «prestataires de services», senza che fosse possibile oppor-
559
re al cliente l’eventuale faute commessa da questi . Un’applicazione combi-
nata dei principi di responsabilità oggettiva contrattuale per i fatti della cosa e
d’autrui si è avuta, poi, allorché la Cassazione ha deciso per la responsabilità di
un’agenzia di viaggi, per il danno subito dal cliente a causa di una caduta dalla
scala di un albergo dove soggiornava, allorché la stessa, «responsabile oggetti-
vamente dell’adempimento delle obbligazioni [determinate] derivanti dal con-
tratto, non ha provato né la faute della vittima, né il fatto imprevedibile e irre-
sistibile di un terzo estraneo alla fornitura delle prestazioni contrattuali, né un
560
caso di forza maggiore» . Anche in tema di responsabilità del medico, la Su-
prema Corte ha deciso che il contratto concluso tra il paziente ed il professio-
nista sanitario pone a carico di questi «un’obbligazione di sécurité di risultato
per quanto riguarda i materiali che egli utilizza per l’esecuzione di un atto
561
medico d’indagine o di cura» . Un’ulteriore applicazione, in campo medico,
della regola di responsabilità oggettiva contrattuale per il fatto delle cose si è
avuta, anche successivamente all’entrata in vigore della disciplina sul danno da
prodotti, in materia di trasfusioni di sangue e di emoderivati: le cliniche, gli
562
ospedali e qualsiasi altro centro nel quale sono esercitate tali attività sono
563
stati considerati debitori di un’obbligazione di sécurité “di risultato” . Con la
conseguenza di consentire l’esonero dalla responsabilità soltanto in presenza
564
di una causa di forza maggiore .
Ancora più significativa è quella giurisprudenza francese, ancora minorita-
ria e prevalentemente di merito, che, analogamente a quanto accaduto in Ita-
lia, propone un definitivo superamento della partizione tra obbligazioni “di
mezzi” e di risultato proprio sulla base di un’unitaria configurazione dell’ob-
bligazione “determinata” di sécurité, a prescindere dalla circostanza che il
danno sia stato cagionato da una cosa o dal fatto personnel del professionista.
Nel decidere nel nevralgico settore della responsabilità del professionista sani-
tario, il Tribunale di grande instance di Parigi, in due sentenze che hanno inte-
so assumere un valore “di principio”, ha affermato che, malgrado «la natura
del contratto che si forma tra il chirurgo e il suo cliente metta in principio a ca-
rico del professionista una semplice obbligazione di mezzi», questi è comun-
que tenuto, «sul fondamento di un’obbligazione di sécurité-résultat, a risarcire
il danno causato al suo paziente in occasione di un intervento chirurgico ne-
cessario», ogni qual volta tale danno, «del quale la causa reale non ha potuto
essere determinata, è in relazione diretta con l’intervento praticato e senza un
559
Cass., I Ch. civ., 15 mars 2005, in Gaz. Pal., 2006, Jur., p. 1173.
560
Cass., I Ch. civ., 2 novembre 2005, in Rec. Dalloz, 2006, Jur., p. 1016.
561
Cass., I Ch. civ., 9 novembre 1999, in Rec. Dalloz, 2000, Jur., p. 117, con nota di P. JOURDAIN.
562
Cass., II Ch. civ., 25 janvier 2007, in Sem. jur., 2007, II, Jur., 10035.
563
Ad es., Cass., II Ch. civ., 20 octobre 2005, in Rec. Dalloz, 2006, Pan., p. 1930.
564
Cass., II Ch. civ., 20 octobre 2005, cit., p. 1930.
596 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

565
rapporto certo con lo stato anteriore della vittima» . Così, se in materia di
566 567
responsabilità dell’architetto o del costruttore è considerata esistente
un’obbligazione “di risultato” in ordine alla sicurezza dell’opera eseguita, tale
qualificazione concerne anche le obbligazioni del datore di lavoro per quanto
568
riguarda sia le malattie professionali contratte dal lavoratore , sia gli infortu-
569 570
ni sul lavoro , sia le turbative morali , sia, più in generale, la salute e la sicu-
571
rezza sul posto di lavoro . In tal modo, l’obbligazione determinata di sécurité
fuoriesce dal pur amplissimo ambito della responsabilità contrattuale per i fat-
ti della cosa o d’autrui, per coinvolgere l’intero settore delle obbligazioni ca-
ratterizzate dal “fatto personnel” del debitore.
Parallelamente a quest’opera di lenta, ma progressiva “riforma giurispru-
denziale” volta a liberare – sia pur limitatamente a taluni specifici settori –
l’obbligazione di sécurité e, più in generale, le tematiche dell’inadempimento e
della responsabilità contrattuale dall’idea di faute civile che sarebbe a fonda-
572
mento della “disciplina comune” in tema di responsabilità , v’è da rilevare
come una parte della dottrina francese abbia iniziato a porre in discussione
l’automatico “parallelismo” tra le due specie della responsabilità civile, affer-
mando che la stessa nozione di “colpa contrattuale” rappresenterebbe la «sto-
573
ria di un falso concetto» . L’idea, assai radicata nell’esperienza d’oltralpe, se-
condo la quale la faute civile sarebbe il fondamento comune delle responsabi-
lità sia delittuale, sia contrattuale è contestata sotto molteplici profili. Innanzi-
tutto si rileva come il Code civil abbia previsto distinte regole (gli artt. 1382-
1386, per la responsabilità che deriva da délits e da quasi-délits; gli artt. 1146 e
ss., per quella che nasce dall’inadempimento delle obbligazioni) ed abbia uti-
lizzato terminologie concettualmente differenti. Mentre in tema di responsabili-
tà delittuale si prescrive chiaramente un obbligo di riparazione, in materia di ina-
dempimento si fa esplicito riferimento ai «dommages et intérêts résultant de l’ine-
xécution» (così la stessa rubrica della Section IV). In quest’ultimo caso «c’est
574
le contrat lui-même qui est la cause de la dette de dommages et intérêts» .
565
Tali espressioni sono testualmente ripetute sia da Trib. gr. inst. Paris, 5 mai 1997, sia da Trib.
gr. inst. Paris, 20 octobre 1997, in Rec. Dalloz, 1998, Jur., pp. 559 e 560.
566
Cass., III Ch. civ., 16 février 1983, in Gaz. Pal., 1984, I, p. 269.
567
Cass., III Ch. civ., 8 novembre 2005, in Rev. dr. imm., 2006, p. 55.
568
Cass. soc., 28 février 2002, in Sem. jur., 2002, II, Jur., 10053.
569
Cass. soc., 11 avril 2002, in Rec. Dalloz, 2002, Jur., p. 2215.
570
Cass. soc., 21 juin 2006, in Bull. civ., 2006, V, n. 223, e in Rec. Dalloz, 2006, Jur., p. 2831.
571
Cass. soc., 28 février 2006, in Bull. civ., 2006, V, n. 87.
572
Basti citare, per tutti, la pregevole (per quanto non condivisibile) ricostruzione sistematica del
diritto “vigente” d’oltralpe compiuta da G. VINEY, P. JOURDAIN, Les conditions, II éd., 2006, cit., p.
363 ss., i quali articolano la trattazione della faute civile, parallelamente, per “Les devoirs extra-
contractuels”, nella Sous-section 1 (p. 374 ss.), e per “Les devoirs et les obligations nés du contrat ou
greffés sur celui-ci”, nella Sous-section 2 (p. 428 ss.).
573
In questi termini, P. RÉMY, La «responsabilité contractuelle», cit., p. 323 ss.; D. TALLON,
L’inexécution du contrat, cit., p. 223 ss.; ID., Pourquoi parler de faute contractuelle?, cit., p. 429 ss.
574
P. RÉMY, op. cit., p. 325.
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 597

Questo dato evidenzierebbe come il legislatore abbia voluto attribuire al risar-


cimento del danno contrattuale e al pagamento degli interessi moratori non
una funzione risarcitoria, bensì finalità diverse, consistenti nel «procurare al
creditore, per equivalente, lo stesso beneficio che egli si attendeva dall’esecu-
575
zione del contratto che invece non è andato a buon fine» . Quindi, mentre
soltanto la responsabilità aquiliana troverebbe la sua fonte in un vero e pro-
prio atto antigiuridico, in caso di inadempimento il creditore chiederebbe un
“sostituto dell’adempimento”, una “realizzazione contenziosa” del contratto.
Queste differenze (strutturali e funzionali) tra le due specie della responsabili-
tà civile spiegherebbero perché il creditore non abbia bisogno di dimostrare la
“faute” del debitore e un pregiudizio distinto dalla inexécution dell’obbliga-
zione contrattuale, essendo sufficiente che egli provi l’inadempimento «perché
576
il suo diritto si prolunghi e fondi l’azione in giustizia» .
Tuttavia questa ricostruzione se, da un lato, ha il merito di considerare la
577
faute un concetto «inutile e superato» in materia di contratto, di sottolinea-
578
re l’irrilevanza del carattere colposo dell’inadempimento e della prova del-
l’ulteriore pregiudizio, di favorire l’«abbandono di un concetto di colpa come
579
base della responsabilità in tutto assimilabile alla faute délictuelle» , di porre
in evidenza i «fraintendimenti provocati dall’uso da parte dei giuristi francesi
del termine faute contractuelle al posto di quello di responsabilité contractuelle
580
e in parallelo alla faute délictuelle» , di contestare l’arbitrarietà del «formali-
581
smo giuridico» e dell’«esasperato concettualismo» attraverso i quali si è ri-
costruita la “responsabilità” contrattuale nel solco di quella delittuale, poiché
v’è una «opposition irréductible entre le cas où un lien d’obligation préexiste
582
à la dette de dommages et intérêts et le cas des articles 1382 et suivants» .
Dall’altro è contestabile là dove il mezzo sembra eccedere lo scopo, in quanto
pretende di “dissolvere” la dicotomia responsabilità contrattuale/extracontrat-
tuale non «mediante una assimilazione o una riduzione dell’una all’altra, bensì
583
eliminando la prima come falsa categoria» . Il risarcimento del danno da ina-
dempimento sarebbe non una vera forma di responsabilità civile, ma un’“ese-
584
cuzione per equivalente” o un “pagamento forzato” , totalmente altro rispet-
to alla funzione riparatoria che è propria della responsabilità civile.
Questa dottrina, nel tentativo di scardinare dal contratto una delle idee più

575
G. VISINTINI, Colpa contrattuale, cit., p. 13.
576
G. VISINTINI, op. ult. cit., p. 14.
577
G. VISINTINI, op. ult. cit., p. 16.
578
D. TALLON, L’inexécution du contrat, cit., p. 229 ss.
579
G. VISINTINI, op. ult. cit., p. 19.
580
G. VISINTINI, op. loc. ult. cit.
581
Così G. VISINTINI, op. ult. cit., p. 23.
582
P. RÉMY, op. loc. ult. cit.
583
C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 449, in nota 15.
584
C. CASTRONOVO, op. loc. ult. cit.
598 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

radicate nella scienza giuridica francese, cioè quella di “faute”, che pur nella
585
dottrina italiana ha dato adito a teorie “oggettivistiche” e “soggettivistiche” ,
finisce con il disconoscere la stessa idea di responsabilità contrattuale e la fun-
zione di compensation che pur deve conseguire all’inadempimento o all’adem-
pimento inesatto dell’obbligazione. Questa tesi, inoltre, risulta l’espressione di
un malcelato “volontarismo contrattuale”, nella misura in cui esaurisce la re-
sponsabilità nel contratto, e la responsabilità civile nella responsabilità delit-
tuale, risultando, peraltro, del tutto inapplicabile alle obbligazioni di sécurité
e, più in generale, alle obbligazioni che trovano la loro fonte nella legge piut-
tosto che nella volontà espressa esplicitamente dalle parti. Quindi, come si è
rilevato, «il discorso importante è di sostanza»: piuttosto che abbandonare la
qualificazione in termini di responsabilità contrattuale dell’obbligazione risar-
citoria conseguente all’inadempimento, il problema vero è che «non si posso-
no imprestare a tale tipo di responsabilità le regole coniate per la responsabili-
tà conseguente a un fatto illecito», dovendosi «portare l’attenzione sul concet-
to di responsabilità, nel significato più pregnante di garanzia che il debitore
deve dare al creditore di far fronte all’impegno assunto, e sulla diversa funzio-
ne del risarcimento per equivalente o in forma specifica cui il debitore ina-
586
dempiente può essere costretto dal creditore» .
Prima che la scienza giuridica francese riesca ad emancipare definitivamen-
te la problematica dell’inadempimento e della responsabilità contrattuale dal
modello di responsabilità delittuale per colpa, prima che la giurisprudenza sia
in grado di unificare le obbligazioni di sécurité, nei molteplici settori nei quali
operano, sulla base di un’unica obbligazione di sécurité-résultat, e prima che la
contestata partizione tra obbligazioni “di mezzi” e di risultato possa essere con-
587
siderata realmente utile soltanto a fini pedagogici , la giurisprudenza ha l’op-
portunità di riformare, con gradualità ma con continuità, gran parte del diritto
delle obbligazioni (anche di sécurité) e dei contratti sulla base della regola di
responsabilità oggettiva contrattuale per i fatti d’autrui e delle cose. Così, nel
portare a compimento la più che centenaria interpretazione dell’art. 1384,
588
comma 1, code civ. , potrebbe contribuire a ripensare gli stessi rapporti esi-
stenti tra i due modelli di responsabilità, preludendo a un loro superamento in
una prospettiva di unificazione.
L’intera problematica si gioca ai margini del labile confine tra fatti compiu-
585
Per le quali si rinvia a G. VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, cit., p. 75 ss.; EAD.,
Trattato breve della responsabilità civile. Fatti illeciti. Inadempimento. Danno risarcibile, Padova, II
ed., 1999, pp. 73 ss. e 79 s.
586
G. VISINTINI, op. ult. cit., p. 22.
587
In questi termini si esprime L. BOY, Note, cit., p. 560.
588
Proposta, in giurisprudenza, nell’arrêt Teffaine (Cass. civ., 18 juin 1896, in Sirey, 1897, 1, p. 17,
con nota di A. ESMEIN, e in Dalloz Pér., 1897, I, p. 433, con il commento di R. SALEILLES) e, in dot-
trina, grazie alle teorie elaborate da L. JOSSERAND (De la responsabilité des choses inanimées, cit., p.
103 ss.) e da R. SALEILLES (Les accidents de travail, cit., p. 19 ss.).
LE OBBLIGAZIONI DI SÉCURITÉ “DI MEZZI” E “DI RISULTATO” 599

ti nell’esecuzione del contratto e fatti commessi “in occasione” dell’esecuzio-


ne, tra fatti che violano situazioni ex contractu e fatti che determinano il peg-
gioramento dello statu quo, della vittima e di terzi, attraverso la lesione del-
589
l’aspettativa contrattuale . Ma l’alternativa responsabilità delittuale/respon-
sabilità contrattuale non può certo essere sciolta con l’assorbimento dell’una
nell’altra e, quindi, con l’eliminazione di una delle due specie della responsa-
bilità civile. Lo stesso itinerario di “contrattualizzazione” della responsabilità
non si rivela sempre univoco, inarrestabile e incontrovertibile, dipendendo da
una serie di variabili e di circostanze fisionomiche che caratterizzano “quel”
diritto in “quel” determinato momento storico. Più che ad una rigida parti-
zione ispirata alle fonti dell’obbligazione, la giurisprudenza, nel descrivere i
percorsi della responsabilità contrattuale v. quella delittuale, sembra ispirarsi,
pragmaticamente ed in concreto, ai diversi modelli d’imputazione, sulla base
di un percorso che (soprattutto in taluni ambiti) dalla faute civile conduce alla
responsabilità oggettiva. In relazione ad un determinato settore di attività (an-
che qui il discorso non sembra ammettere generalizzazioni), le Corti propen-
dono per la qualificazione in termini di responsabilità contrattuale o di re-
sponsabilità extracontrattuale (essendo entrambe possibili in astratto) sulla
base della regola che, in riferimento agli interessi incisi, si dimostra maggior-
mente giusta ed efficiente. È innegabile che in presenza della lesione di inte-
ressi particolarmente pregnanti, le Corti scelgano la regola che offre una mag-
giore e più effettiva protezione per la vittima.
Così, da un lato, il regime della responsabilità oggettiva da torto (art. 1384,
comma 1) e da contratto (obbligazione determinata) tende a convergere in un
medesimo modello, che si rivela unitario sotto i profili delle cause di esonero
(causa non imputabile, cause étrangère, caso fortuito e forza maggiore), della
(distribuzione dell’onere della) prova e del suo oggetto. E ciò impedisce che
possa persistere un’ingiustificata disparità di trattamento per il creditore, ri-
spetto al “terzo”, in presenza di fattispecie del tutto identiche. Dall’altro, i
modelli di responsabilità oggettiva e di responsabilità per colpa (presunta o
prouvée), in modo obliquo, attraversano il medesimo sistema di responsabilità
civile, interessando, parallelamente, il danno patrimoniale e quello non patri-
moniale. Se si esamina il diritto delle obbligazioni sotto il profilo dei diversi
modelli d’imputazione, anziché sotto l’aspetto, tradizionale, delle fonti dell’ob-
bligazione, la summa divisio è non più tra obbligazioni “di mezzi” o di risulta-
to, e neppure tra responsabilità delittuale e contrattuale, bensì tra responsabi-
lità oggettiva e responsabilità per colpa, nella consapevolezza della persisten-
za, in giurisprudenza, di regimi intermedi che coinvolgono, parallelamente, sia
il torto, sia il contratto.

589
Così, P.G. MONATERI, Cumulo di responsabilità, cit., pp. 17 s., 78 e 79.
600 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO DECIMO

CONTRATTO E TRASFERIMENTO
DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE

SOMMARIO: 1. La nascita del sistema franco-italiano. Il progressivo abbandono del modello ro-
mano ad opera dei glossatori e dei giusnaturalisti. La pratica della tradition feinte e il conse-
guente assorbimento del modus adquirendi nel titulus. Nantissement e appropriance. La pro-
blematica coesistenza di due regole opposte nel conflitto tra successivi acquirenti. – 2. Se-
gue. La ricezione del modello del consenso traslativo nel Code Napoléon e nel cod. it. del
1865. La dinamica tra regola ed eccezione nei diritti di area francese: le vendite condizionali
e obbligatorie. Il ruolo della trascrizione e la scoperta della categoria dell’“opponibilità”. La
doppia vendita immobiliare: responsabilità delittuale del secondo acquirente e inopponibili-
tà della seconda vendita in Italia e Francia. Scomposizione della proprietà e trust. – 3. Titulus
e modus adquirendi nel diritto tedesco. L’efficacia obbligatoria del contratto causale, l’Auf-
lassung e il ruolo costitutivo della pubblicità. L’unificazione degli effetti traslativi tra le parti
e nei confronti dei terzi. I limiti al potere di disposizione del venditore: divieto giudiziale di
alienare e Vormerkung. – 4. Le analogie con il diritto inglese. La duplice efficacia, obbliga-
toria e reale, del contract for sale of land in common law e in equity. L’efficacia reale della
conveyance e la doctrine of merger. Le tutele del venditore ai fini del pagamento del prezzo.
L’inadempimento dell’obbligazione di dare: doctrine of conversion e constructive trust. Ri-
sarcimento del danno ed esecuzione in forma specifica. – 5. Segue. Gli inconvenienti della
investigation of title e l’introduzione di un modello di registration obbligatoria su base reale.
L’incidenza della pubblicità “costitutiva” sul Law of Property. Il perfezionamento del mirror
principle ad opera del Land Reg. Act 2002 e del Land Reg. Rule 2003. Overriding interests e
tutela del principio di pubblica fede nell’electronic conveyancing. Dalla «registration of title»
al «title by registration». – 6. Il formalismo del Torrens System. La fase dell’immatricola-
zione e la circolazione cartolare della proprietà immobiliare. Il ruolo del principio di astra-
zione ai fini dell’inoppugnabilità del titolo di proprietà. L’istituto del caveat e l’eccessiva
espansione delle “in personam exceptions”. Le ragioni del fallimento del Torrens System ne-
gli Stati Uniti. – 7. Rilievi conclusivi. Le affinità del diritto tedesco con l’area di common law
in ordine alle modalità di trasferimento della proprietà. Alcune analogie con il sistema fran-
co-italiano. La preferenza per i registri immobiliari di tipo reale. Il principio di pubblica fe-
de tutela in maniera più efficiente il traffico giuridico, proteggendo le posizioni degli acqui-
renti e dei terzi che hanno fatto affidamento sull’apparenza delle risultanze pubblicitarie. –
8. Segue. Teorie del contratto, pubblicità e apparenza nel trasferimento della proprietà im-
mobiliare. Dalla dottrina dell’affidamento legittimo alla teoria della legittimazione formale
(Rechtsschein). L’allineamento del modello inglese all’idea tedesca di apparenza, come ge-
nerale soluzione che privilegia l’esteriorizzazione dei fatti e delle vicende. La realizzazione
delle esigenze di celerità e di certezza del traffico giuridico sulla base dei diversi modelli
proposti dalla tradizione.
602 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

1. Sia in civil law, sia in common law, i modelli di trasferimento della pro-
prietà immobiliare sono stati pensati per facilitare ed accelerare la circolazione
delle situazioni soggettive e, nel contempo, per garantire la certezza degli ac-
quisti e la tutela dell’affidamento. Gli ordinamenti che privilegiano il contratto
causale (titulus) rispetto alla traditio (modus) conoscono un modello di pub-
blicità dichiarativa, mentre quelli che hanno conservato il tradizionale rilievo
del modus adquirendi prescrivono formalità con effetto costitutivo, le quali
hanno assunto nel tempo il ruolo della traditio.
1
Nel diritto romano il contratto di vendita (emptio-venditio) produceva ef-
fetti essenzialmente obbligatori, nel senso che era fonte, per il venditore,
dell’obbligazione di trasferire e, per l’acquirente, dell’obbligazione di pagare il
prezzo. Il trasferimento delle situazioni reali era prodotto dalla traditio: la
vendita, quale titulus adquirendi, rappresentava la iusta causa traditionis, men-
tre la consegna operava come modus adquirendi. Il trasferimento della proprietà
avveniva mediante due atti distinti e successivi, seppure tra loro collegati.
Nella pratica contrattuale di diritto comune, conformemente a quanto af-
2 3
fermato dai glossatori , dai giusnaturalisti e, da ultimo, dagli autori coutu-
4
miers , si inizia a presumere la tradition, che diviene, quindi, feinte, con l’inse-
rimento, nei contratti di vendita, della clausola di dessaisine-saisine (o di pre-
cario), con la quale si dichiarava, anche falsamente, che la consegna era stata
effettuata. Attraverso questo artifizio, il trasferimento della proprietà poteva
essere realizzato con un solo atto, e senza una reale consegna, nei casi in cui le
parti fossero d’accordo, quando il contratto era redatto per iscritto ed aveva
5
ad oggetto beni immobili . Il modus adquirendi risultava, così, assorbito dal
titulus. Il trasferimento della proprietà avveniva nella massima segretezza, in
assenza di strumenti esteriori che permettessero ai terzi di venire a conoscenza
delle relative vicende.
1
Per tutti, G. PUGLIESE, Compravendita e trasferimento della proprietà in diritto romano, in L.
Vacca (a cura di), Vendita e trasferimento della proprietà in diritto romano. Materiali per un corso di
diritto romano, Torino, 1997, p. 37 ss.; M. TALAMANCA, voce Vendita (dir. rom.), in Enc. dir., XLVI,
Milano, 1993, p. 370 ss.
2
Sul punto, C.A. FUNAIOLI, La tradizione, Padova, 1942, pp. 57 ss., 68 ss., 71 ss. e passim.
3
Sottolinea l’influenza di Ugo Grozio (1583-1645), che «nel suo De Jure Belli Ac Pacis [...] so-
stiene che per quanto riguarda la vendita la proprietà può essere trasferita senza consegna al momen-
to della conclusione del contratto», A. WATSON, Il trapianto di norme giuridiche. Un “approccio” al
diritto comparato, trad. it. di J. Morley, L. Lonardo, Camerino-Napoli, 1984, p. 73. Sul contributo
della scuola del diritto naturale, G. ASTUTI, I principi fondamentali dei contratti nella storia del diritto
italiano, in Annali St. dir., I, 1957, p. 13 ss.; ID., I contratti obbligatori nella storia del diritto italiano,
Parte generale, I, Milano, 1952, p. 362 ss.
4
R.J. POTHIER, Traité des obligations, in Traités, II éd., t. I, Paris, 1781, p. 64; sulla clausola di
precario sottintesa, J. DOMAT, Les loix civiles dans leur ordre naturel, Paris, 1977, p. 28. Per un’ampia
ricostruzione storica cfr. E. CHENON, Histoire générale du droit français public et privé dès origines à
1815, I, Paris, 1929, p. 219 s.; V. COLORNI, Per la storia della pubblicità immobiliare e mobiliare, Mi-
lano, 1954, p. 201 ss.
5
Così, A. WATSON, op. cit., p. 75.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 603

Il diritto comune francese prevedeva una forma di pubblicità soltanto per


le donazioni, allo scopo di tutelare i creditori del donante e i successivi aventi
causa. Pur continuando a considerare la traditio come modus adquirendi delle
donazioni di beni mobili, le ordinanze di Villers Cotterets (del 1539) e d’Agues-
sau (del 1731) prescrissero, a pena di nullità (art. 27), l’insinuazione delle do-
nazioni mediante trascrizione dell’atto negli appositi registri conservati presso
6
i tribunali regi . Per la vendita e per le ipoteche non era prevista alcuna forma
di pubblicità. Il sistema di registrazione dei contratti, istituito tra il XVI e il
XVII secolo, realizzava finalità fiscali e, pertanto, non era liberamente utiliz-
7
zabile per scopi pubblicitari . Le esigenze di sicurezza dei traffici giuridici fu-
rono parzialmente assicurate dalla costosa e poco diffusa procedura giudiziale
del décret volontaire e, soltanto alla fine del XVIII secolo, dal sistema delle let-
tres de ratification. I creditori erano tenuti a rendere palesi le proprie ipoteche
iscrivendole, a pena di decadenza, nel pubblico registro ove era stato deposita-
8
to l’atto d’acquisto .
Nelle regioni nord orientali della Francia, invece, non si affermò mai la
pratica della tradition feinte. Il trasferimento della proprietà, già effettuato con
la traditio, cominciò a essere realizzato, in epoca post feudale, attraverso una
semplice procedura giudiziale, detta nantissement, che fu estesa, con alcune
modifiche procedurali, anche ai beni allodiali. Il verbale era conservato nei re-
9
gistri delle corti signorili e poteva essere liberamente consultato . Assai simile
10
era il sistema di appropriance adottato in Bretagna e in Normandia . In assen-
za del nantissement la vendita assumeva soltanto efficacia obbligatoria, attri-
buendo all’acquirente un diritto ad ottenere l’ensaisinement. Ma la procedura
giudiziaria trasferiva i soli diritti dei quali era titolare l’alienante, non permet-
11
tendo acquisti a non domino in forza della mera formalità pubblicitaria .
Fino alla Rivoluzione francese, quindi, nei paesi di droit écrit ed in alcuni
pays coutumiers il trasferimento della proprietà avveniva sulla base del solo
contratto di vendita, mediante la traditio ficta. Nei pays de nantissement, inve-
ce, l’effetto reale era collegato all’espletamento di una pubblicità “costitutiva”.
Il conflitto tra due successivi acquirenti da un medesimo dante causa veniva
risolto, nelle regioni nord orientali, dando prevalenza a colui che per primo
aveva eseguito le formalità pubblicitarie, mentre nel resto della Francia veniva
6
Cfr. A. CHIANALE, Obbligazione di dare, cit., p. 80.
7
Per tutti, L. GUILLOUARD, Traité des privilèges et hypothèques, I, Paris, 1896, p. 28 ss.
8
L. GUILLOUARD, op. cit., p. 32 ss.; N. COVIELLO, Della trascrizione, in Dir. Civ. it. a cura di Fio-
re, II ed., Napoli-Torino, 1914, p. 49 s.
9
L. GUILLOUARD, op. cit., p. 21 ss.; N. COVIELLO, op. cit., p. 43 s.; V. COLORNI, op. cit., p. 208.
10
Sottolinea che l’appropriance consisteva nella proclamazione dell’acquisto di beni immobili «”à
haute et intelligible voix”, in tre domeniche consecutive, al termine della Messa principale, nella par-
rocchia in cui si trovavano gli immobili in questione, al fine di ottenere dall’autorità giudiziaria, in
assenza di opposizioni, la certification de bannier, che perfezionava l’acquisto», A. CHIANALE, op. ult.
cit., p. 81, in nota 46.
11
Da ultimo, A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 81.
604 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

preferito colui che, avendo effettuato per primo la tradition feinte, poteva van-
tare un titolo anteriore avente data certa.
Sulla base di un generale favore per il sistema del nantissement, che garan-
tiva una maggior certezza per i creditori e per gli acquirenti di beni immobili,
la legge rivoluzionaria del 19 settembre 1790, nell’istituire la trascrizione, finì
12
con l’estendere il precedente modello a tutto il paese . Sulla sua scia, la legge
del 9 messidoro anno III (27 giugno 1795) prescrisse l’esecuzione dell’onere
pubblicitario come elemento perfezionativo delle alienazioni dei diritti reali
immobiliari, mediante l’iscrizione dell’atto in registri fondiari a base reale. Il
rilascio di una cedola suscettibile di girata consentiva la circolazione cartolare
13
della garanzia ipotecaria . La legge dell’11 brumaio anno VII (l novembre 1798),
nell’abrogare la precedente disciplina, che non aveva avuto una diffusa appli-
cazione, impose la trascrizione in registri immobiliari a base personale dei
14
contratti traslativi di diritti su beni suscettibili d’ipoteca .
Tale sistema rappresentava il riconoscimento della preminente trasparenza
15
del modello germanico su quello romano-comune delle alienazioni segrete .
16
Malgrado taluni autori , sulla base dell’espressione contenuta nell’art. 28 («la
17
transcription [...] transmet à l’acquéreur les droit») , avessero attribuito alla
trascrizione gli effetti costitutivi del nantissement, l’esigenza di contemperare
il regime di pubblicità immobiliare con il principio di trasferimento dei diritti
reali in forza del contratto causale (che incorporava la tradition feinte) suggerì
di enunciare la regola, divenuta poi fondamento degli ordinamenti ispirati al-
l’esperienza francese, della scomposizione degli effetti tra le parti e nei con-
18
fronti dei terzi . La trascrizione assumeva un qualche valore “costitutivo” sol-
tanto erga omnes, attraverso la categoria dell’“opponibilità”, mentre tra le par-
ti l’effetto reale del contratto si verificava per effetto del consenso, sul fonda-
mento della tradition feinte.

12
Cfr. R. TROPLONG, Commentaire de la loi du 23 mars 1855 sur la transcription en matière hypo-
thécaire, II ed., Paris, 1864, p. 185.
13
L. GUILLOUARD, op. cit., p. 43 ss.; N. COVIELLO, op. cit., p. 52 s.
14
L’art. 26 così recitava: «Gli atti traslativi di beni e diritti suscettibili d’ipoteca devono essere
trascritti nei registri dell’ufficio della conservatoria delle ipoteche, nella circoscrizione nella quale i
beni sono situati».
15
V. COLORNI, Per la storia, cit., p. 229.
16
A. DURANTON, Cours de droit français suivant le Code civil, III ed., t. IX, Paris, 1834, p. 210; C.
TOULLIER, Le droit civil français suivant l’ordre du Code, t. III, Bruxelles, 1847, p. 314. Si esprimono,
al contrario, per la natura dichiarativa della trascrizione, R. TROPLONG, Commentaire, cit., p. 190; L.
GUILLOUARD, Traité, cit., p. 48; G. BAUDRY-LACANTINERIE, L. BARDE, Des obligations, I, in Traité
théorique et pratique de droit civil, Paris, 1897, p. 346; C. BUFNOIR, Propriété et contrat. Théorie des
modes d’acquisition des droits réels et des sources des obligations, Paris, 1900, p. 69.
17
Così, per esteso, l’art. 28: «La trascrizione prescritta dall’art. 26 trasmette all’acquirente i diritti
che il venditore aveva sulla proprietà dell’immobile, ma con i debiti e le ipoteche dei quali questo
immobile è gravato».
18
N. PICARDI, La trascrizione delle domande giudiziali, Milano, 1968, p. 25.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 605

2. Il Code Napoléon recepisce il modello della vendita romano comune at-


traverso la generalizzazione occulta della tradition feinte, ma rappresenta un
arretramento, sotto il profilo degli strumenti pubblicitari, rispetto all’istituzio-
ne, prima, del nantissement e, poi, della trascrizione. L’art. 1583 code civil e,
sulla sua scia, l’art. 1448 c.c. it. del 1865, che letteralmente lo traduce, non la-
sciano dubbi circa l’effetto traslativo del consenso, massima espressione del
dogma dell’autonomia della volontà. Per effetto della vendita, «la proprietà si
acquista di diritto dal compratore riguardo al venditore, al momento che si è
convenuto sulla cosa e sul prezzo, quantunque non sia seguita ancora la tradi-
zione della cosa né sia pagato il prezzo». La proprietà, quindi, si trasferisce ex
lege nel momento in cui si raggiunge l’accordo, mentre la consegna diviene,
unitamente al pagamento del prezzo, un’obbligazione che trova la sua fonte in
un contratto che ha già prodotto l’effetto reale. L’assorbimento del modus ad-
quirendi nel titulus è testimoniato dallo stesso Portalis, il quale ravvisa nel con-
19
tratto «una sorta di tradition civile», che realizza il trasferimento del diritto .
Tuttavia, la ricezione, nell’art. 1447 c.c. it. del 1865, del modello dottrinale
20
francese dell’obbligazione di donner , alla quale, secondo gli autori, è ricolle-
21
gato ex lege l’effetto reale , spinge il legislatore post-unitario a definire la ven-
dita come un contratto «per cui uno si obbliga a dare una cosa e l’altro a pa-
22
garne il prezzo». Sulle spoglie dello jus ad rem , riemerge l’obbligazione di
dare, che media l’efficacia traslativa del consenso. Da un lato, la vendita ob-
bligherebbe, comunque, a dare, cioè a trasferire la proprietà. Dall’altro, l’effet-
to reale si produce automaticamente poiché l’obbligazione di dare è conside-
23
rata adempiuta “di diritto” fin dal suo nascere . Secondo questa costruzione,
l’obbligazione di dare nasce e si estingue ex lege in un’unica unità temporale,
al momento e per effetto del consenso.
Il postulato dell’efficacia traslativa del consenso induce i compilatori del

19
Cfr. P.A. FENET, Recueil complet des travaux préparatoires du Code civil, rist. 1968 (1827),
Osnabrück, XIV, p. 113.
20
Rispetto al modello legale dell’obligation de livrer.
21
Cfr. C. BEUDANT, Cours de droit civil français, II éd. a cura di L. Beudant, P. Lerebours-
Pigeonnière, Paris, t. IX, 1938, p. 111 s., e la più diffusa trattatistica: ad es., M. PLANIOL, G. RIPERT,
Traité pratique de droit civil, II éd., t. X, Paris, 1956, pp. 10 e 74; A. COLIN, H. CAPITANT, Cours
élémentaire de droit civil français, X ed., a cura di L. Julliot de la Morandière, t. II, Paris, 1953, p. 595;
A. WEILL, F. TERRÉ, Droit civil. Les obligations, III éd., Paris, 1980, p. 2 s.; P. MALAURIE, Vente (gé-
néralités), in Enc. Dalloz, Droit civil, t. VII, Paris, 1983, p. 13 ss.
22
Sulla nascita, in epoca medievale, dello jus ad rem, l’analisi di A. CHIANALE, Obbligazione di
dare, cit., p. 10 ss.
23
Lo rileva A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 91, sulla scia della dottrina allora prevalente: per tutti, T.
CUTURI, Della vendita, della cessione e della permuta, Napoli, 1891, p. 1 ss.; E. PACIFICI-MAZZONI,
Istituzioni di diritto civile italiano, IV ed., Firenze, 1913, pp. 4 s., 35 s.; E. DE RUGGIERO, Istituzioni
di diritto civile, VI ed., III, Messina, 1935, p. 302; L. TARTUFARI, Della vendita e del riporto, VI ed.,
Torino, 1936, pp. 5 s., 225 ss. Per un’accurata ricostruzione, anche in chiave comparativa, della pro-
duzione dell’effetto traslativo, cfr. P. POLLICE, Appunti sulla parte generale del contratto, Torino,
2014, pp. 227 ss., 246 ss.
606 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

codice francese a non prevedere alcun sistema di pubblicità immobiliare. Un’iscri-


zione nei registri ipotecari, ai fini dell’opponibilità dell’effetto reale nei con-
fronti dei terzi (art. 941), è prevista soltanto per le donazioni di beni «suscep-
tibles d’hypothèque» (art. 939), pur in presenza del principio del trasferimen-
to del diritto in forza del contratto. Anche secondo l’art. 938, «la proprietà
degli oggetti donati è trasferita al donatario» per effetto del «solo consenso
delle parti», senza che vi sia bisogno di una successiva tradizione. L’art. 2182
considera la trascrizione della vendita soltanto come un mezzo per la purga-
24
zione delle ipoteche, ignorando qualsiasi finalità pubblicitaria . La promul-
gazione del Code Napoléon comporta l’abrogazione di tutte le leggi incompa-
25
tibili con il nuovo corpus , tra le quali v’è la legge ipotecaria dell’11 brumaio
anno VII. L’esclusione di qualsiasi effetto delle formalità pubblicitarie sul tra-
sferimento oneroso della proprietà induce a collegare al contratto causale
l’effetto reale non soltanto inter partes, come esplicitamente disposto dall’art.
26
1583 , ma anche nei confronti dei terzi. Tra due successivi acquirenti dallo
stesso dante causa prevale colui che ha acquisito per primo il diritto sulla base
del contratto, anche se il secondo sia stato il solo a trascrivere l’atto ai sensi
degli artt. 2181 e 2182. Ai creditori dell’alienante, anche se muniti di garanzia
reale, può sempre essere opposta la vendita stipulata anteriormente all’iscri-
27
zione dell’ipoteca .
Il sistema adottato dal Code civil è parzialmente modificato dagli artt. 834 e
835 code. proc. civ. che permettono ai creditori dell’alienante di iscrivere, an-
che dopo la vendita, ma entro quindici giorni dalla sua eventuale trascrizione,
le ipoteche concesse prima della stipulazione di tale atto. Tuttavia l’attuale si-
stema pubblicitario viene introdotto soltanto dalla legge ipotecaria del 23 mar-
28
zo 1855 che, seguendo l’esempio belga, assoggetta a trascrizione le alienazio-
ni a titolo oneroso di beni immobili, ai fini della loro “opponibilità” nei con-
fronti dei terzi.
La previsione di meccanismi pubblicitari, anche se di natura dichiarativa,
modifica l’assolutezza della regola del consenso traslativo, introducendo quel-
la scomposizione del trasferimento “tra le parti” e nei confronti dei terzi che
caratterizzerà, da quel momento, tutti i modelli di area francese. Affermare
che la trascrizione serve “soltanto” a rendere opponibile il trasferimento nei
riguardi dei terzi, equivale a dire che «il consenso trasferisce [...] una proprie-
24
Il ruolo del mero consenso ai fini del trasferimento della proprietà immobiliare, anche nei con-
fronti dei terzi, è posto in evidenza, ad es., da R. TROPLONG, Commentaire, cit., p. 191.
25
Su tale questione, G. BAUDRY-LACANTINERIE, L. BARDE, Des obligations, I, cit., p. 349.
26
Per A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 89, «In un sistema che non riconosce la rilevanza di indici
pubblicitari è senza significato la precisazione che la proprietà si trasferisce in forza del contratto sol-
tanto inter partes». Si comprendono, quindi, le perplessità degli interpreti, sino all’emanazione della
legge ipotecaria del 1855, «di fronte all’art. 1583 ed al rapporto tra l’effetto traslativo del contratto e
l’art. 1141».
27
G. BAUDRY-LACANTINERIE, L. BARDE, op. cit., p. 350.
28
Sulla quale, N. PICARDI, op. cit., p. 33 ss.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 607

29
tà non a tutti opponibile» , ovvero che «il consenso trasferisce solo alcune
componenti della proprietà (quelle che si possono opporre all’alienante e ai
30
terzi di mala fede)» . E ciò vuol dire, altresì, che, una volta introdotta una
pubblicità, sia pur “dichiarativa”, soltanto il consenso + la trascrizione trasfe-
31
riscono «la compiuta proprietà a tutti opponibile» . Da quel momento, la
32
formula consensualista convivrà con le regole che la contraddicono .
Nel codice italiano del 1942 l’idea dell’efficacia traslativa del consenso vie-
ne ulteriormente perfezionata. Da un lato, assurge a principio attraverso la sua
generalizzazione nella categoria del contratto con effetti reali (art. 1376).
Dall’altro, nella definizione della vendita, e nell’interpretazione della dottrina,
scompare ogni riferimento all’obbligazione di dare – il cui adempimento ri-
33
chiederebbe un atto traslativo astratto, vietato dall’art. 1325, n. 2 – e la pro-
34
duzione della vicenda reale è considerata un effetto necessario del contratto .
Ancora una volta gli strumenti concettuali recepiti dalla Scienza delle Pandet-
te e fatti propri dall’esperienza neosistematica si rivelano essenziali per riela-
35
borare i postulati della tradizione francese . Diversamente da quanto disposto
dal codice post-unitario, e dalla prevalente interpretazione di una letteratura
fedele alla tradizione d’oltralpe, la dottrina italiana che si forma sotto il codice
del 1942 conclude «il passaggio teorico dalla vendita come fonte dell’obbliga-
zione di trasferire alla vendita come atto traslativo, non produttivo di obbliga-
zioni di dare: la volontà di obbligarsi a trasferire è convertita in volontà di tra-
36
sferire» .
Il principio del consenso traslativo, mentre nel settore delle ipoteche con-
sente una forma pubblicitaria di natura costitutiva, nel campo del trasferimen-
to della proprietà e delle altre situazioni reali impone una trascrizione che ha
37
effetti soltanto dichiarativi . La proprietà si trasferisce per effetto del consen-
29
P.G. MONATERI, Contratto e trasferimento, cit., p. 227.
30
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
31
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
32
P.G. MONATERI, op. loc. ult. cit.
33
Per tutti, G. GAZZARA, La vendita obbligatoria, Milano, 1957, pp. 25 ss., 136 ss. e passim; A. DI
MAJO GIAQUINTO, L’esecuzione del contratto, Milano, 1967, pp. 255 s., 278, 318 s.
34
Tra i tanti, P. GRECO, La compravendita, II ed., Milano, 1952, p. 9; G. GAZZARA, op. cit., p. 38
ss.; G. MIRABELLI, Dei singoli contratti, in Comm. cod. civ. UTET, IV, 3, Torino, II ed., 1968, p. 12;
D. RUBINO, La compravendita, in Tratt. di dir. civ. e comm. Cicu e Messineo, Milano, II ed., 1971, p.
297 ss. e passim; C.M. BIANCA, La vendita. La permuta, in Tratt. di dir. civ. Vassalli, Torino, 1972, p.
82 ss.; P. GRECO, G. COTTINO, Della vendita, in Comm. del cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-
Roma, II ed., 1981, p. 9 ss.; G.B. FERRI, La vendita in genere, in Tratt. di dir. priv. Rescigno, XI, Tori-
no, 1984, p. 228 ss.
35
P.G. MONATERI, La sineddoche, cit., p. 358.
36
A. CHIANALE, Obbligazione di dare, cit., p. 94.
37
In argomento, F. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, Artt. 2643-2645 bis, I, in Comm. al cod.
civ. Schlesinger, II ed., Milano, 1998, p. 13 ss. e passim; N. PICARDI, voce Pubblicità immobiliare (Di-
ritto comparato e straniero), in Enc. giur. Treccani, XXV, Roma, 1991, p. 2 ss.; A. CHIANALE, voce
Pubblicità immobiliare, in Dig. Disc. Priv. diretto da R. Sacco, IV ed., Sez. civ., XVI, Torino, 1997, p.
131 ss.
608 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

so, e non dell’adempimento delle formalità pubblicitarie. Tutti i modelli del-


l’area francese adottano un sistema che ha carattere personale. Le trascrizioni
o le iscrizioni sono effettuate a carico o contro il soggetto che dismette il diritto
e a favore di colui che lo acquista, mentre per l’individuazione degli immobili
38
si rinvia ai registri catastali . Secondo le declamazioni, il consenso fondato sulla
39
causa produrrebbe immediatamente il trasferimento delle situazioni reali sia
tra le parti sia nei confronti dei terzi. Tuttavia, nel caso di conflitto tra molte-
plici titoli di acquisto della proprietà, muniti di pari forza e provenienti da un
medesimo autore, l’ordinamento dà prevalenza a quello che risulta trascritto
prima degli altri.
Il ruolo essenziale della pubblicità ai fini del trasferimento della proprietà
nei confronti dei terzi ha trovato un corollario nell’orientamento della giuri-
sprudenza italiana che negava ogni responsabilità, verso il precedente acqui-
rente, del successivo acquirente che, pur essendo a conoscenza della vendita
non trascritta, avesse trascritto per primo il proprio atto al fine di rendere a sé
inopponibili gli effetti del precedente contratto, salvo che non fosse dimostra-
40
bile la preordinazione di una frode ai danni del precedente acquirente . Ma,
41
dopo il 1982, la Cassazione ha mutato orientamento, considerando respon-
sabile per fatto illecito il successivo acquirente trascrivente in mala fede, che
era a conoscenza della vendita non trascritta, per aver cooperato all’inadempi-
mento dell’alienante. La giurisprudenza francese adotta un rimedio più effica-
ce: nel caso di concert frauduleux e, successivamente al 1968, in presenza di
42
una semplice faute , la Cour de Cassation ammette la possibilità di dichiarare
l’inopponibilità, rispetto al primo compratore, della seconda vendita trascritta.
L’utilizzo, nell’esperienza italiana, dell’azione revocatoria avverso la seconda
alienazione, in ipotesi di dolosa preordinazione tra venditore e secondo acqui-
rente, rappresenta, quindi, «uno slittamento, nel campo della pauliana, della
soluzione francese, imperniata sulla limitazione degli effetti favorevoli della
43
trascrizione» . Questa soluzione, però, è parsa poco soddisfacente rispetto a
quella d’oltralpe, sia perché occorre dimostrare pur sempre l’eventus damni,
sia perché non consentirebbe «al primo acquirente di ottenere l’immobile og-

38
Per taluni rilievi critici, A. GALOPPINI, Catasto e pubblicità immobiliare: un problema irrisolto,
in Riv. trim. dir. proc. civ., 1996, p. 71 ss.
39
Sul punto, R. SACCO, in R. SACCO, G. DE NOVA, Il contratto, in Tratt. di dir. civ. diretto da R.
Sacco, t. I, Torino, 2004, pp. 77 ss., 809 ss.
40
Cass., 27 aprile 1960, n. 942, in Giust. civ., 1960, I, p. 1358 s.; Cass., 1 giugno 1976, n. 1983, in
Rep. Foro it., 1976, voce Trascrizione e conservatorie dei registri immobiliari, c. 2962, n. 18.
41
Cass., 8 gennaio 1982, n. 76, in Resp. civ. prev., 1982, p. 174 ss., con nota di G. BENACCHIO,
Alienazione successiva di uno stesso immobile e responsabilità del secondo acquirente; adde Cass., 15
giugno 1988, n. 4090, ivi, 1988, p. 984 ss. Per il sistema tavolare, il principio è riaffermato da Cass.,
22 novembre 1984, n. 6006, in Rep. Foro it., 1984, voce Trascrizione e conservatorie dei registri immo-
biliari, c. 2990, n. 24.
42
Cass. civ., 22 marzo 1968, in Sem. jur., 1968, II, Jur., 15587.
43
A. CHIANALE, Obbligazione di dare, cit., p. 170.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 609

44
getto della seconda vendita» . In Francia, invece, fatti salvi gli effetti dell’usu-
capione, la semplice conoscenza di una precedente cessione dell’immobile ad
un terzo «è costitutiva di una faute che non permette al secondo acquirente
45
d’invocare a suo vantaggio le regole della pubblicità fondiaria» .
L’esperienza francese ha guardato con sfavore alla trascrizione delle do-
mande giudiziali dirette ad ottenere la risoluzione, la rescissione o la nullità di
un atto traslativo, poiché esse sono di regola dirette a ottenere una sentenza che
produce un’efficacia retroattiva (c.d. reale) nei confronti dei terzi che hanno
acquistato non soltanto durante la pendenza della lite, ma anche anteriormen-
46
te . La funzione dichiarativa della pubblicità non sembrava in linea con
l’efficacia reale che alla trascrizione delle domande poteva essere ascritta. Ma
l’essenziale finalità di avvertire i terzi in ossequio al principio dell’affidamento
ha indotto anche l’esperienza d’oltralpe, sulla scia del modello belga, poi se-
guito in Lussemburgo, a prevedere una forma di pubblicità notizia. L’iscrizione
della domanda assurge a condizione di procedibilità della stessa.
Il modello di area francese appare articolato sulla consueta dialettica tra
47
regola ed eccezione , la quale, nella prospettiva tradizionale, potrebbe limita-
re soltanto dall’esterno il principio, ribadendone il suo valore generale. Mal-
48
grado il preteso contenuto unitario della proprietà , che rappresenta comun-
que la generale regola sistemologica, soltanto la dissociazione degli effetti tra
le parti e nei confronti dei terzi consente di comprendere il postulato del con-
senso traslativo. La formalità pubblicitaria riveste natura dichiarativa, almeno
a livello di regola, salvo poi individuare una serie di fattispecie che manifesta-
no, in via di eccezione, un ruolo costitutivo (ad es., cfr. l’art. 1159 c.c. e gli
artt. 555 e 679 c.p.c.). Il principio consensuale impone di escludere la trascri-
zione dagli elementi della fattispecie traslativa, e ciò è possibile grazie alla fin-
49
zione introdotta con la nozione di opponibilità . La scomposizione degli ef-
fetti del contratto in reali e obbligatori ha indotto a considerare, in principio,
suscettibili di pubblicità soltanto gli atti immediatamente traslativi, mentre poi
l’esperienza italiana ha dovuto ammettere, pur sempre a livello di eccezione, la
50
trascrivibilità della vendita con patto di riservato dominio e quella di cosa
44
Secondo A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 171.
45
Cass. civ., 30 janvier 1974, in Sem. jur., 1975, II, Jur., 18001, con nota di M. DAGOT.
46
N. PICARDI, op. ult. cit., p. 1 s.
47
Sul punto, A. GAMBARO, Jus aedificandi e nozione civilistica della proprietà, Milano, 1975, p.
114; P.G. MONATERI, op. ult. cit., p. 421 ss.; ID., Contratto e trasferimento, cit., p. 170 ss.
48
Rileva che, in realtà, «una compattezza totalitaria della proprietà non è esistita nemmeno
all’indomani della rivoluzione liberale; così come non esiste oggi, e come non è esistita mai», R. SAC-
CO, Modificazione (soggettiva) della proprietà e dissociazione del diritto, in Studi Scaduto, vol. III, Pa-
dova, 1970, pp. 115 ss. e 170. V., altresì, A. DE VITA, La proprietà nell’esperienza giuridica contempo-
ranea. Analisi comparativa del diritto francese, Milano, 1967, p. 45 ss.
49
I difetti della sistemazione teorica dei diritti dell’area francese sono posti in evidenza, altresì, da
G. VETTORI, Consenso traslativo e circolazione dei beni. Analisi di un principio, Milano, 1995, p. 25 ss.
50
Ad es., D. RUBINO, La compravendita, cit., p. 433; U. NATOLI, R. FERRUCCI, Della tutela dei di-
ritti. Trascrizione. Prove, in Comm. del cod. civ., VI, 1, Utet, Torino, 1971, p. 61.
610 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

51
futura , fino a giungere alle note vicende riguardanti il contratto preliminare,
la cui trascrizione è stata disposta dallo stesso legislatore (art. 2645-bis c.c.). Il
meccanismo condizionale, grazie alla sua azione retroattiva, è stato utilizzato
come strumento per giustificare la possibilità di trascrivere le vendite cc. dd.
52
obbligatorie e, nel contempo, per legittimare l’eccezione alla regola della
immediata efficacia traslativa del consenso. Superata l’originaria concezione che
considerava affetta da nullità assoluta la vendita di cosa altrui (art. 1599 code
53
civ.) , il moderno diritto francese ammette l’apposizione di clausole di riserva
di proprietà o che condizionano sospensivamente il contratto alla redazione
54
dell’atto pubblico . L’articolazione del trasferimento in due atti non impedi-
sce di ribadire il principio secondo il quale è soltanto la vendita a costituire la
55
fattispecie traslativa, sia pure condizionata . Il trasferimento della proprietà
costituisce un «effetto meramente legale» del contratto di vendita e si realizza
56
«in modo del tutto automatico» .
Inoltre, sulla scia della “globalizzazione” dei rapporti economici e della con-
seguente soggezione rispetto al modello anglo-americano, le esigenze di tutela
di eventuali sub-acquirenti e, più in generale, dell’affidamento dei terzi richie-
dono di sottoporre a trascrizione ulteriori fattispecie, che non sempre sono
espressione dei diritti di area francese. Si pensi, ad esempio, al trust (o, meglio,
57
ai trusts) , che è uno degli istituti più diffusi in ambiente di common law, so-
prattutto per una duttilità strutturale e funzionale, che gli consente di assume-
re le forme più varie in funzione del concreto atteggiarsi degli interessi a volta
58
a volta perseguiti . Nella letteratura italiana v’è chi ha posto in discussione la

51
In questi termini, proponendo una ricostruzione condizionale della vendita di cosa futura, P. PER-
LINGIERI, I negozi su beni futuri, I, La compravendita di beni futuri, Napoli, 1962, p. 260; ID., Sulla tra-
scrivibilità della compravendita di cosa futura, in Vita not., 1985, p. 954. In giurisprudenza, ammettono la
trascrivibilità di tale atto come vendita obbligatoria, Cass., 10 luglio 1986, n. 4447, in Rep. Foro it., 1986,
voce Trascrizione, c. 3213, n. 17; Cass., 16 luglio 1983, n. 4901, ivi, 1983, voce Vendita, c. 3356, n. 36.
52
Sul punto, v. la nota prec. In argomento, A. LUMINOSO, La compravendita, Torino, 1991, p.
110; F. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, Art. 2643-2645, I, in Comm. al cod. civ. Schlesinger,
Milano, 1991, p. 113.
53
Cfr., ad es., A. DURANTON, Cours, cit., p. 68 ss.; V. MARCADÉ (e C. PONT), Explication théo-
rique et pratique du Code Napoléon, V éd., t. VI, Paris, 1855, p. 203 ss. Pur non essendo stato mai
abrogato l’art. 1599 (che così dispone: «La vente de la chose d’autrui est nulle: elle peut donner lieu à
des dommages-intérêts lorsque l’acheteur a ignoré que la chose fût à autrui»), la giurisprudenza e la
dottrina ravvisano, oggi, una nullità relativa.
54
Considerando, in tal senso, l’art. 1583 derogabile dalle parti (sulle due questioni citate nel testo
cfr., rispettivamente, Cass. civ., 5 janvier 1983, in Rec. Dalloz, 1983, Jur., p. 617, e Cass. civ., 24 jan-
vier 1984, ivi, 1984, Jur., p. 24).
55
In questi termini, A. CHIANALE, Obbligazione di dare, cit., p. 102.
56
J. GHESTIN, Riflessioni di un civilista francese sulla clausola di riserva della proprietà, in Riv. dir.
civ., 1981, I, p. 448.
57
Al plurale è intitolato, infatti, uno degli studi fondamentali in materia: M. LUPOI, Tusts, Mila-
no, 2001, passim.
58
Sul diritto inglese, per tutti, M. GRAZIADEI, Diritti nell’interesse altrui. Undisclosed agency e
trust nell’esperienza giuridica inglese, Trento, 1995, p. 156 ss. e passim.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 611

compatibilità del nostro diritto con tale istituto rilevando come, in assenza di
disposizioni specifiche e di “adattamento ordinario” da parte della legge di ra-
tifica (legge 16 ottobre 1989, n. 364) della Convenzione dell’Aja del 1° luglio
1985, il trust si porrebbe in contrasto con norme e principi inderogabili del-
59 60
l’ordinamento giuridico . Ma la dottrina e, soprattutto, la giurisprudenza
ormai prevalenti hanno dimostrato un indiscusso favore verso il riconoscimen-
61
to del trust c.d. interno, prevedendone la trascrizione , anche in assenza di
un’esplicita previsione (nell’art. 2643 c.c.). La particolare situazione giuridica
del trustee – che at law è considerato legal proprietario del patrimonio “auto-
nomo” e “separato” costituito dai beni conferiti in trust, ma che è obbligato
ad amministrare i beni sulla base del vincolo di destinazione e nell’interesse
del beneficiario, il quale, proprietario in equity, è tutelato da un’azione reiper-
62
secutoria (tracing) nei confronti del trustee infedele – non può non essere
“dichiarata” ai terzi, eventuali aventi causa dal trustee o suoi creditori perso-
nali, sia per i limiti ai poteri di disposizione (del trustee) sulla trust property, sia
in virtù della sottrazione dei beni oggetto del trust alla garanzia patrimoniale
di cui all’art. 2740 c.c. In assenza dell’adempimento degli oneri pubblicitari,
da un lato, i creditori personali del trustee potrebbero pensare, erroneamente,
che la garanzia patrimoniale si estenda anche ai beni dei quali il trustee appare
“proprietario”; dall’altro, i terzi in buona fede che abbiano acquistato a titolo
oneroso dal trustee infedele, trascrivendo i loro acquisti, potrebbero prevalere,
59
In particolare, F. GAZZONI, Tentativo dell’impossibile (osservazioni di un giurista “non vivente”
su trust e trascrizione), in Riv. not., 2000, p. 15 ss.; ID., In Italia tutto è permesso anche quel che è vieta-
to (lettera aperta a Maurizio Lupoi sul trust e su altre bagattelle), in Notariato, 2002, p. 1247 ss.; ID., Il
cammello, il leone, il fanciullo e la trascrizione del trust, in Riv. not., 2002, p. 1107 ss.; ID., Il cammello,
la cruna dell’ago e la trascrizione del trust, in Rass. dir. civ., 2003, p. 953 ss.; V. MARICONDA, Contra-
stanti decisioni sul trust interno: nuovi interventi a favore ma sono nettamente prevalenti gli argomenti
contro l’ammissibilità, in Corriere giur., 2004, pp. 82 ss., 87 ss.
60
Per tutti, M. LUPOI, Riflessioni comparatistiche sui trusts, in Europa e dir. priv., 1998, p. 425 ss.;
ID., Lettera ad un notaio conoscitore del trust, in Riv. not., 2001, p. 1159 ss.; ID., I trusts interni al va-
glio giurisdizionale in occasione della trascrizione di un trust autodichiarato, in Notariato, 2002, p. 383
ss.; A. GAMBARO, Notarella in tema di trascrizione degli acquisti immobiliari del trustee ai sensi della
XV Convenzione dell’Aja, in Riv. dir. civ., 2002, II, p. 257 ss.; ID., Un argomento a due gobbe in tema
di trascrizione del trustee in base alla XV Convenzione dell’Aja, ivi, 2002, II, p. 919 ss.; G. PALERMO,
Sulla riconducibilità del trust interno alle categorie civilistiche, in Riv. dir. comm., 2000, I, p. 133 ss.; A.
PALAZZO, Successione, trust e fiducia, in Vita not., 1998, p. 773 ss.; ID., Pubblicità immobiliare e oppo-
nibilità del trust, in Trusts e attività fid., 2002, p. 337 ss.; A. FUSI, Ammissibilità di trusts interni e pro-
fili pubblicitari, in Dir. e prat. soc., 2000, p. 49 ss.; A. TONELLI, Affidamento dei beni immobili e tra-
scrizione, in Trusts e attività fid., 2000, p. 621 ss.
61
Cfr., ad es., App. Firenze, 9 agosto 2001, in Trusts e attività fid., 2002, p. 244; Trib. Trento, 20
luglio 2004, ivi, 2004, p. 573; Trib. Parma, 21 ottobre 2003, in Corriere giur., 2004, p. 76; Trib. Vero-
na, 8 gennaio 2003, in Trusts e attività fid., 2003, p. 409 ss.; Trib. Milano, 29 ottobre 2002, ivi, 2002,
p. 270; Trib. Pisa, 22 dicembre 2001, in Notariato, 2002, p. 383 ss.; Trib. Bologna, 18 aprile 2000, ivi,
2001, p. 45 ss.; Trib. Chieti, 10 marzo 2000, in Trusts e attività fid., 2000, p. 372; Trib. Genova, 24
marzo 1997, in Nuova giur. civ. comm., 1998, I, p. 759 ss.; Trib. Lucca, 23 settembre 1997, in Foro it.,
1998, I, c. 2007 ss.
62
S. FERRERI, Le azioni reipersecutorie in diritto comparato, Milano, 1988, p. 51 ss.
612 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

unitamente ai loro creditori, sulle posizioni giuridiche vantate dai beneficiari.


Con la trascrizione del trust e delle diverse posizioni giuridiche ad esso ineren-
ti, i diritti dell’area francese conoscono un’ulteriore decostruzione della pro-
prietà, la quale risulta scomposta tra il trustee (legal property) e il beneficiario
(equitable property). Ancor più di quanto accade per la diacronia della vicenda
traslativa tra le parti e nei confronti dei terzi, tale soluzione è apparsa in con-
trasto sia con il principio di tipicità dei diritti reali, sia, soprattutto, con il
63
dogma dell’assolutezza e dell’unitarietà del diritto di proprietà .
La dialettica regola-eccezione si rivela, nel settore del trasferimento della
64
proprietà , una caratteristica profonda, essenziale per descrivere gli ordina-
menti di area francese secondo l’insegnamento tradizionale. Ma, in realtà, la
dinamica tra le formule declamatorie e le regole operative può anche suggeri-
re, e non a fini di mera provocazione, di ribaltare tale prospettiva, offrendo
una diversa chiave di lettura. La stessa regola dell’accordo fondato sulla causa,
di là dai dogmi, sembra assumere, secondo il chiaro enunciato dell’art. 1583
del codice francese (che s’interessa soltanto degli effetti «entre les parties»),
un’efficacia reale soltanto relativa, poiché trasferisce in via immediata le situa-
zioni soggettive tra le parti. In tema di circolazione dei beni mobili, colui che
acquista il possesso in buona fede è considerato effettivo proprietario anche
rispetto a coloro che hanno acquistato precedentemente dal medesimo dante
causa, pure se il loro titolo è di data anteriore (artt. 1155 e 1153 c.c. it.). In
materia immobiliare, il bene venduto, nonostante sia già divenuto proprietà
dell’acquirente, almeno secondo le declamazioni, è sottratto all’azione esecuti-
va dei creditori del venditore soltanto dopo l’adempimento degli oneri pub-
blicitari (art. 2914). La dottrina, al fine di armonizzare l’efficacia dei meccani-
smi pubblicitari con la tradizionale formula consensualista, è costretta a di-
stinguere tra «elementi della fattispecie, ed elementi destinati alla pubblicità di
tale fattispecie, così che, se pur da questi ultimi possono derivare effetti giuri-
dici in contrasto con la fattispecie, essi (e cioè la tradizione e la trascrizione)
65
non rientrano nell’elencazione degli elementi della fattispecie» . Ma l’acqui-
sto effettivo dei diritti nei confronti dei terzi, che gli autori di stile franco-
66
italiano giustificano con l’invenzione della categoria dell’opponibilità , avvie-
63
Cfr. F. GAZZONI, Tentativo dell’impossibile, cit., p. 15 ss., e le critiche di A. GAMBARO, Segre-
gazione e unità del patrimonio, in Trusts e attività fid., 2000, p. 155 ss.
64
Una convincente spiegazione è resa da R. SACCO, Principio consensualistico ed effetti del mandato,
in Foro it., 1966, I, c. 1387, per il quale «L’errore dei redattori del Code Napoléon fu quello di aver iden-
tificato le piccole regole sulla tradizione finta come elemento naturale della vendita e della donazione
con la grande regola giusnaturalistica che lega il passaggio della proprietà al consenso: e di aver poscia
enunziato cumulativamente l’una e le altre regole senza scegliere tra di esse con consapevole chiarezza».
65
P.G. MONATERI, Contratto e trasferimento, cit., p. 227.
66
Precisano che l’opponibilità «è caratteristica del tutto estrinseca al rapporto», poiché «attiene,
più propriamente, al fatto da cui il rapporto origina», F. SANTORO PASSARELLI, voce Diritti assoluti e
relativi, in Enc. dir., XII, Milano, 1964, p. 749 s.; A. CATAUDELLA, I contratti. Parte generale, IV ed.,
Torino, 2014, p. 291.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 613

ne soltanto per effetto della trascrizione. Questa conforma dall’interno il prin-


cipio del consenso traslativo, proponendosi, insieme ad esso, come un co-
elemento essenziale della fattispecie che concorre a determinare il concreto
trasferimento delle situazioni reali erga omnes.

3. Il diritto comune germanico non ha mai conosciuto la prassi della tradi-


tio ficta e ha sempre richiesto necessariamente un modus adquirendi per il tra-
sferimento della proprietà e delle altre situazioni reali: la traditio, per i beni
mobili; per i beni immobili, un atto dispositivo con effetti meramente reali ac-
67
compagnato da formalità pubblicitarie . Il contratto causale (vendita, permu-
ta, donazione ecc.), detto anche negozio fondamentale, produce soltanto effet-
ti obbligatori. Il trasferimento della proprietà e degli altri diritti immobiliari si
realizza con l’iscrizione nei libri fondiari a carattere reale di un ulteriore atto,
l’Auflassung o negozio di attribuzione, normalmente bilaterale, che ha natura
astratta.
Qualora il venditore, debitore di dare, non voglia più compiere tale atto, il
creditore può chiedere, ai sensi del § 894 ZPO, una pronunzia giudiziale che
dichiari manifestata la volontà del soggetto che non ha adempiuto l’obbligo di
trasferire la proprietà. L’iscrizione è eseguita su disposizione dell’autorità giu-
68
diziaria e ha natura costitutiva . Il contratto di vendita tedesco e il contratto
preliminare di vendita italiano, quindi, denotano analogie non soltanto riguar-
do alla loro comune efficacia obbligatoria, ma anche in ordine all’esecuzione
in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto (art. 2932 c.c.), che,
nel primo caso, è il negozio dispositivo astratto, nel secondo, è il contratto di
vendita c.d. definitivo. Analogamente a quanto accade in Germania per il con-
tratto di vendita immobiliare, se il promittente compratore italiano non adem-
69
pie l’obbligazione (di dare) , la parte non inadempiente può ottenere dal giu-
67
Tra i tanti, T. SÜSS, Das Traditionsprinzip – Ein Atavismus des Sachenrechts, in Fest. M. Wolff,
Tübingen, 1952, p. 141 ss. Per una ricostruzione storica dell’istituto, F. WIEACKER, Storia del diritto
privato moderno, I, trad. it. di U. Santarelli, Milano, 1980, p. 360. In sintesi, H. KRONKE, Il trasferi-
mento della proprietà in diritto tedesco, in Atlante di dir. priv. comp., a cura di F. Galgano, con la col-
laborazione di F. Ferrari, G. Ajani, D. Tuzov, V ed., Bologna, 2011, p. 110 ss. Sull’Auflassung, F.
RANIERI, Brevi note sull’origine della nozione di negozio reale ed astratto, in Tijdschrift voor Rechts-
geschiedenis – Rev. d’histoire du droit, 1970, p. 315 ss.; Y. THOMAS, Une invention de la romanistique
allemande: l’acte de transfert abstrait, in Droits, 1988, L’acte juridique, p. 37 ss.
68
Cfr. W. MÜNZBERG, sub § 894 ZPO, in Stein-Jonas Kommentar zur ZPO, XX ed., B. IV, Tb. II,
Tübingen, 1988, pp. 103 ss., 111 s.; B. VON HOFFMANN, Das Recht des Grundstükskaufs, Tübingen,
1982, p. 154 s.
69
In questi termini, per tutti, R. SACCO, Il contratto, in Tratt. di dir. civ. Vassalli, Torino, 1975, p.
686; G. GABRIELLI, Il contratto preliminare, Milano, 1970, p. 102; A. DI MAJO, Delle obbligazioni in
generale, cit., p. 381. Anche secondo A. CHIANALE, Obbligazione di dare, cit., p. 38, il promittente
venditore «si obbliga a far acquistare la proprietà alla controparte, non invece a un mero contrahere,
come affermano le opinioni più tradizionali, che qualificano il contenuto di questa obbligazione come
facere».
614 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

dice una sentenza costitutiva che produca gli effetti del contratto non conclu-
so, trasferendo il diritto reale sul bene oggetto del preliminare. Se, da un lato,
70
«non deve essere sopravvalutata» la differenza, soltanto «definitoria» , tra la
sentenza costitutiva italiana, che produce gli effetti contrattuali, e la sentenza
tedesca, che reputa come manifestata la dichiarazione negoziale produttiva
dell’effetto traslativo. Dall’altro, v’è da sottolineare che, a fronte della conte-
stata prassi giurisprudenziale di pronunziare sentenze costitutive condiziona-
te, che subordinano l’effetto traslativo all’esecuzione della prestazione pattuita
(ex art. 2932, comma 2, c.c.), la sentenza resa ai sensi del § 894 ZPO, al pari
dell’Auflassung, quale actus legitimus (§ 925, Abs. 2, BGB), non consente di
71
subordinare la propria efficacia all’adempimento da parte del compratore .
Gli acquisti mortis causa si verificano a prescindere dalle formalità pubblicita-
rie, ma queste sono essenziali per l’esercizio delle relative situazioni soggettive.
Il sistema tedesco, quindi, accoglie un modello che sembra opposto rispet-
to a quello francese. Mentre in quest’ultimo il titulus è considerato essenziale e
sufficiente, poiché la trascrizione assolverebbe alla “diversa” funzione della
opponibilità, nell’esperienza germanica il modus tende a divenire sufficiente
rispetto al contratto causale. Il rigoroso accoglimento del principio di astra-
72
zione, elucubrato da von Savigny nella prima metà del XIX secolo , sulla base
73
di un’interpretazione creativa delle fonti romane , determina la completa in-
sensibilità del negozio di attribuzione rispetto alla validità e all’esistenza stessa
74
del contratto obbligatorio . L’iscrizione dell’Auflassung nei libri fondiari
produce effetti reali, sia fra le parti sia rispetto ai terzi, anche nei casi di inva-
lidità (nullità, annullabilità) o di inesistenza dell’atto causale.
Il § 925a BGB tende a temperare nella prassi le conseguenze del principio
di astrazione. Il pubblico ufficiale (notaio o giudice) abilitato a ricevere le di-
chiarazioni delle parti con le quali esse dispongono degli effetti reali deve ac-
75
certare l’esistenza di un (valido) contratto di vendita. Questo può essere re-
datto anche mediante scrittura privata, poiché il compimento e la successiva
iscrizione del negozio dispositivo sanano l’eventuale nullità del precedente
76
contratto stipulato in assenza della prescritta forma pubblica . La dottrina
tedesca attribuisce uno scarso rilievo sistematico al § 925a BGB, in quanto la
sua violazione non influisce sulla validità e sull’efficacia dell’Auflassung, ma
può essere fonte soltanto di una responsabilità disciplinare per il pubblico uf-
70
A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 138, in nota 11.
71
A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 138.
72
L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 239, anche in nota 568.
73
Y. THOMAS, op. loc. cit.
74
Già O. GIERKE, Deutsches Privatrecht, B. II, Sachenrecht, Leipzig, 1905, pp. 266 ss., 290 ss.
75
È dubbio, infatti, se il pubblico ufficiale debba controllare la validità del contratto obbligatorio
causale (cfr., sul punto, R. ERTL, sub § 925a BGB, in Staudingers Kommentar zum BGB, XII ed., Ber-
lin, 1987, p. 91; R. KLANZLEITER, sub § 925a BGB, in Münchener Kommentar zum BGB, B. 4, II ed.,
München, 1986, p. 671).
76
R. ERTL, op. loc. cit., ivi gli ulteriori riferimenti di dottrina e giurisprudenza.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 615

77
ficiale . Nel caso di nullità, di annullabilità o di inesistenza del contratto cau-
sale, l’iscrizione del negozio di attribuzione produce comunque i suoi effetti
reali: ai terzi sub-acquirenti che abbiano correttamente curato le formalità
pubblicitarie non sono opponibili le eccezioni fondate sul contratto causale; il
disponente non (più) proprietario può fare soltanto ricorso alla disciplina
dell’arricchimento senza causa (§§ 812-822 BGB). Tuttavia, se il secondo ac-
quirente che ha posto in essere l’Auflassung ha tenuto un comportamento con-
trario ai buoni costumi (mala fede derivante dalla semplice conoscenza della
78
prima vendita o ulteriore condotta riprovevole) , il primo compratore può
agire ai sensi dei §§ 826 e 249 BGB e chiedere una sentenza di condanna al
risarcimento del danno in forma specifica che imponga al secondo acquirente
79
l’obbligazione di trasferirgli la proprietà del bene , eventualmente dietro pa-
80
gamento del prezzo da questi non ancora corrisposto al venditore .
Una soluzione intermedia, rispetto a quella tedesca e a quella francese, è
adottata, invece, dagli ordinamenti austriaco e svizzero, che sono rimasti fedeli
alla soluzione di diritto comune, non conoscendo il principio di astrazione.
Per il trasferimento delle situazioni reali sono egualmente essenziali sia il titu-
lus sia il modus adquirendi. Pur in presenza di una pubblicità costitutiva a base
81
reale , oggetto dell’intavolazione è il contratto causale, poiché non è previsto
un successivo negozio astratto con effetti soltanto dispositivi. L’invalidità o
l’inesistenza del contratto possono incidere sulle risultanze pubblicitarie e,
quindi, sulla medesima vicenda traslativa. L’usucapione può operare in danno
del soggetto che ha effettuato l’intavolazione.
Il modello tedesco segue una soluzione che sembra, sotto il profilo sistema-
tico, più unitaria e coerente di quella francese, anche in riferimento al rappor-
to tra principi e regole operative. I contratti causali producono soltanto effetti
obbligatori, mentre l’iscrizione del negozio dispositivo è requisito essenziale e
sufficiente per la creazione degli effetti reali sia tra le parti sia nei confronti dei
terzi. Conformemente alle formule declamatorie, la proprietà conserva un con-
tenuto unitario anche sotto il profilo delle regole operazionali, non conoscen-
do quella scomposizione degli effetti e quella dissociazione tra titolarità reale e
77
R. ERTL, op. cit., p. 92; R. KLANZLEITER, op. loc. cit.
78
Sull’evoluzione della giurisprudenza in materia, la quale, oltre alla mera conoscenza della prima
vendita, richiede che il secondo acquirente abbia posto in essere un comportamento ulteriormente ri-
provevole (verwertliche Handlung) (ad es., offerta di un prezzo maggiore di quello pattuito nella prima
vendita e promessa di tenere indenne il venditore dalle conseguenze derivanti dall’inadempimento del
primo contratto), cfr. già RG, 27 aprile 1931, in Jur. Wochen., 1931, p. 2238 ss.; BGH, 2 giugno 1981,
in Neue Jur. Wochen., 1981, p. 2184 ss. Per ulteriori approfondimenti, H. KÖTZ, Deliktsrecht, III ed.,
1983, Frankfurt, p. 302 s.; R. DUBISCHAR, Doppelverkauf und «jus ad rem», in JuS, 1970, p. 6 ss.
79
La soluzione fondata sull’esecuzione in natura, rispetto a quella del risarcimento per equivalen-
te, sembra oggi prevalere: cfr., ad es., H. KÖTZ, op. ult. cit., p. 303; K. SCHÄFER, sub § 826 BGB, in
Staudingers Kommentar zum BGB, Berlin, 1985, p. 597.
80
A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 188.
81
In argomento, G. GABRIELLI, Lineamenti di una comparazione tra il sistema della trascrizione e
l’ordinamento tavolare, Trieste, 1974, passim; A. CHIANALE, voce Pubblicità immobiliare, cit., p. 139 s.

21.
616 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

apparente che sono, invece, tipiche degli ordinamenti di area francese. In os-
sequio al principio di certezza dei rapporti giuridici, l’apparenza tende a iden-
tificarsi con la realtà del diritto, poiché questa coincide, di norma, con le risul-
tanze degli strumenti pubblicitari predisposti dal legislatore. Il sistema dell’iscri-
zione costituisce una caratteristica strutturale profonda del modello germani-
co e trova diretto fondamento nel principio di legalità e, soprattutto, in quello
di pubblica fede, che è intimamente legato al carattere astratto dell’alienazio-
82
ne e che impedisce, quale ulteriore corollario, ai terzi di usucapire a sfavore
83
del soggetto che appare proprietario sulla base delle risultanze pubblicitarie .
I terzi acquistano il diritto spettante al loro dante causa in forza della mera
iscrizione del negozio di attribuzione, e ciò li tutela da ogni vizio del contratto
causale. Quindi, mentre i modelli dell’area francese si preoccupano di proteg-
gere il “vero” titolare, l’ordinamento tedesco, attraverso la forza probante del-
la pubblicità fondiaria, salvaguarda in maniera assoluta l’affidamento dei terzi
e le esigenze di certezza del traffico giuridico.
Il principio di pubblica fede tutela pienamente l’acquirente che abbia
adempiuto alle formalità pubblicitarie, ma può ledere i titolari di situazioni
contrapposte. Per attenuare tali inconvenienti l’ordinamento austriaco preve-
de la possibilità di inserire nel pubblico registro l’annotazione della lite, men-
tre quello germanico consente di iscrivere l’opposizione contro l’esattezza del
libro fondiario. Il carattere costitutivo della pubblicità e l’efficacia meramente
obbligatoria del contratto causale hanno spinto l’ordinamento tedesco a pre-
vedere alcuni istituti che hanno lo scopo di proteggere il creditore di dare nel-
le more dell’iscrizione definitiva, onde evitare che il debitore, ancora proprie-
tario, possa gravare l’immobile di oneri o alienarlo a terzi che, nel frattempo,
potrebbero rendere intangibile il loro acquisto ottemperando alle formalità
pubblicitarie. L’acquirente ha la possibilità di iscrivere nei libri fondiari un di-
84
vieto giudiziale di alienazione (ex § 938 ZPO) , rendendolo così opponibile a
tutti i successivi aventi causa dal venditore. In mancanza dell’iscrizione, le li-
mitazioni al potere di disposizione del venditore sono opponibili ai soli aventi
causa che ne siano a conoscenza (§ 892, Abs. 1, S. 2, BGB).
Inoltre, qualsiasi titolare di un diritto di credito al trasferimento o alla co-
stituzione di un diritto reale immobiliare, soggetto a pubblicità costitutiva, può
tutelare la sua posizione giuridica con l’iscrizione di una prenotazione (Vor-
85
merkung) che abbia a oggetto il bene in questione (§ 883, ABS. 1, BGB).

82
In questi termini, anche F. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, I ed., cit., pp. 20 ss., spec. 23.
83
A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 130.
84
Cfr. F. BAUR, Lehrbuch des Sachenrechts, XIV ed., München, 1987, p. 188.
85
Su tale istituto, in particolare, A. WACKE, sub §§ 883 ss. BGB, in Münchener Kommentar zum
BGB, B. 4, München, 1981, p. 174 ss.; C.W. CANARIS, Die Verdinglichung obligatorischer Rechte, in
Fest. W. Flume, B. 1, Köln, 1978, p. 381 ss.; H.A. WEIRICH, Grundbuchrecht, München, 1985, p. 208
ss.; F. BAUR, op. ult. cit., p. 175 ss. Sottolinea l’efficacia della Vormerkung nella tutela del credito di
dare, A. DI MAJO, Delle obbligazioni, cit., p. 139.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 617

Scopo di tale istituto, che, a differenza dell’Auflassung, è sottoposto ad un


modello di pubblicità “dichiarativa”, è quello di evitare che, nel lasso di tem-
po che intercorre tra la stipulazione del contratto di vendita, la redazione del-
l’Auflassung e la sua iscrizione con effetti costitutivi del trasferimento, il vendi-
tore-debitore di dare possa compiere atti dispositivi sull’immobile, del quale è
ancora proprietario. L’alienante deve acconsentire all’iscrizione della Vormer-
kung (§ 885 BGB), ma tale attività rientra tra le obbligazioni accessorie del
venditore e il consenso è, di regola, prestato contestualmente alla stipulazione
86
del contratto causale . Il mancato assenso del venditore può essere sostituito
da una pronuncia giudiziale interinale, concessa anche in assenza della prova
87
del pericolo per il credito (§ 885, Abs. 1, S. 2) . La prenotazione rende ineffi-
cace ogni ulteriore vicenda giuridica che abbia a oggetto l’immobile ed è op-
ponibile nei confronti dei successivi acquirenti, degli eredi (che accettino an-
88
che col beneficio d’inventario) , dei creditori e del curatore dell’alienante,
anche in sede di espropriazione forzata e di fallimento (che venga dichiarato
dopo la stipulazione della vendita).
La Vormerkung priva, nella sostanza, l’alienante di quel potere di disporre
che formalmente gli è invece riconosciuto e che, costituendo inadempimento
contrattuale, può essere successivamente vanificato dal creditore di dare. In-
fatti, nel caso di una successiva vendita, anche qualora si proceda all’iscrizione
dell’Auflassung nei libri fondiari – la Vormerkung non comporta un divieto di
registrazione per l’atto compiuto tra il venditore e il secondo acquirente –, tali
89
vicende sono relativamente inefficaci nei confronti del primo acquirente che
abbia tempestivamente iscritto la prenotazione. L’iscrizione della Vormerkung
è opponibile al secondo acquirente anche se è successiva alla data della secon-
da vendita. Tuttavia, deve essere anteriore rispetto all’iscrizione dell’Auflassung
a favore del secondo acquirente. Il primo acquirente protetto dalla Vormer-
kung può far valere il proprio credito chiedendo al venditore di procedere ad
una nuova Auflassung nei suoi confronti e al secondo acquirente di acconsen-
90
tire alla sua iscrizione . Le manifestazioni di volontà del venditore e del se-
condo acquirente costituiscono atti dovuti e, qualora non vengano rese spon-
taneamente, possono essere sostituite da una sentenza di esecuzione forzata ai
91
sensi del § 894 ZPO .
A differenza dell’Auflassung, che è atto legittimo, l’iscrizione della prenota-
zione può avere ad oggetto anche un credito futuro o condizionato. Tale istitu-
to, che conferisce al sistema una notevole flessibilità, viene utilizzato per pro-
86
F. BAUR, op. ult. cit., p. 180.
87
Sul punto, T. REINICKE, Der Schutz des guten Glaubens beim Erwerb einer Vormerkung, in
Neue Jur. Wochen., 1964, p. 2381; H.A. WEIRICH, op. cit., p. 218; A. WACKE, op. ult. cit., p. 202.
88
F. BAUR, Lehrbuch, cit., p. 184; A. WACKE, op. ult. cit., p. 178.
89
Discorrono di nullità relativa, W. BREHM, C. BERGER, Sachenrecht, Tübingen, 2000, p. 207 s.
90
F. BAUR, op. ult. cit., p. 182; A. WACKE, op. ult. cit., p. 190 ss.
91
F. BAUR, op. loc. ult. cit.
618 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

teggere l’acquirente e, nel contempo, per garantire l’alienante, qualora si in-


tenda differire il compimento del negozio dispositivo e delle conseguenti for-
92
malità pubblicitarie al momento in cui il prezzo verrà integralmente pagato .

4. Al pari dell’ordinamento tedesco, anche i sistemi anglo-americani cono-


scono, at law, nel campo delle alienazioni immobiliari inter vivos, una rigida
distinzione tra contract, che produce effetti soltanto obbligatori, e conveyan-
93 94
ce , che è l’atto solenne necessario e sufficiente per trasferire i legal estates .
Ma il contract for sale of land si caratterizza, rispetto alla maggior parte degli
altri contratti, per una tipizzazione legislativa che, dalla fine del secolo scorso
(Sales of Goods Act 1893) giunge fino al Law of Property (Miscellaneous Provi-
sions) Act 1989, e che gli fa assumere, nell’ambito delle tradizionali partizioni
95
del diritto inglese, una posizione «ibrida» , intermedia tra law of contract e
law of property, forse collocata maggiormente verso il secondo di questi due
poli, anche in virtù della possibilità di ottenere, nel caso d’inadempimento
96
dell’obbligazione di dare, il rimedio della specific performance .
Il contratto di vendita immobiliare riproduce lo schema di un bargain, di
97
uno scambio fondato su una consideration . La promessa del venditore ha ad
oggetto (l’eseguire) il trasferimento dell’estate sul bene (mediante la redazione
e la consegna della conveyance), mentre l’acquirente assume l’obbligazione di
pagare il prezzo, che rappresenta la consideration del contratto. Se il contract è
un atto consensuale, che si perfeziona con l’incontro tra proposta e accetta-
zione, il contract for sale of land è considerato concluso (dopo la riforma inter-
venuta con il Law of Property Act 1989) non più dopo lo scambio, tra i con-
traenti, di due copie dell’atto sottoscritte, alternativamente, dal venditore e dal-
l’acquirente, ma con la sottoscrizione di almeno una delle due copie da parte
di entrambi i contraenti. La conveyance, a differenza del contract e dell’Auflas-
sung germanica, che assumono struttura bilaterale, è un atto unilaterale e forma-
le, che deve essere redatto per iscritto, sottoscritto dal venditore in presenza di
98
un testimone (normalmente un solicitor) e consegnato all’acquirente .
92
F. BAUR, op. ult. cit., p. 179 s.; A. WACKE, op. ult. cit., p. 184.
93
Per tutti, M.R. FRIEDMANN, Contracts and Conveyances of Real Property, IV ed., New York,
1984, p. 2 ss. e passim.
94
Cfr. G.C. CHESHIRE, E.H. BURN, Modern Law of Real Property, XIV ed., London, 1988, pp.
149 ss., 343 ss.; R. MEGARRY, H.W.R. WADE, The Law of Real Property, V ed., London, 1984, pp. 38
ss., 123 ss. e passim. Sul punto v., altresì, J.A. ILIFFE, Lineamenti di diritto inglese, Padova, 1966, p.
88 ss.; M. LUPOI, Appunti sulla real property e sul trust nel diritto inglese, Milano, 1971, p. 78 ss.
95
R.G. ROWLEY, Effects of Notice on Contracts for the Sale of Lands, in 18 Conv., 1954, p. 301 ss.
96
Sulle molteplici differenze che caratterizzano il contract for sale of land rispetto agli altri con-
tratti, cfr. J.T. FARRAND, Contract and Conveyance, IV ed., London, 1983, p. 4 ss.; P.S. ATIYAH, The
Sale of Goods, VII ed., London, 1985, p. 4 ss.
97
Per tutti, G. GORLA, Il contratto. Problemi fondamentali trattati con il metodo comparativo e ca-
sistico, vol. I, Milano, 1955, p. 348 ss.
98
Per le modifiche apportate alla disciplina del deed dal Law of Property (Miscellaneous Provi-
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 619

La conveyance non prevede la menzione della consideration e, almeno in ri-


ferimento alle concrete regole operazionali, sembra fondata sul principio di
99
astrazione , conformemente a quanto accade per l’Auflassung nel sistema te-
desco. Infatti, secondo la doctrine of merger, l’atto formale traslativo sostitui-
sce integralmente il precedente contratto obbligatorio, che perde ogni auto-
100
nomia . Nel deed of conveyance, che è atto dovuto rispetto al contract, rap-
presentando la sua “esecuzione” l’obbligazione principale del venditore, si
fondono e si dissolvono le obbligazioni e le garanzie assunte dall’alienante con
101
il contract . Tutte le clausole e le obbligazioni previste nell’originario contrat-
to che non siano state nuovamente inserite nella conveyance sono considerate
inefficaci e non azionabili. Tuttavia, a differenza di quanto accade per il vendi-
tore, l’acquirente è obbligato dal contract non alla redazione dell’atto traslati-
vo, bensì «direttamente all’esecuzione della prestazione finale, il pagamento
102
del prezzo» . Anche dopo la redazione e la consegna della conveyance, nel
caso di inadempimento dell’obbligo di pagare il prezzo, il venditore agirà av-
verso l’acquirente sulla base del contract, e non della conveyance, al fine di ot-
tenere l’esecuzione in forma specifica o il risarcimento del danno “per equiva-
lente”. L’autonomia tra contract e conveyance e, soprattutto, la diversa effica-
cia del contract rispetto alle parti hanno spinto ad individuare in esso un istitu-
to ibrido che, per quanto riguarda l’obbligazione dell’alienante (di trasferire),
può essere assimilato al nostro contratto preliminare; per quanto concerne
l’obbligazione dell’acquirente (di pagare il prezzo), può essere ricondotto al
contratto “definitivo” di vendita, «dove all’assunzione dell’impegno segue im-
103
mediatamente la fase esecutiva» .
In equity, tuttavia, il contract for sale of land produce effetti ulteriori rispet-
to alla disciplina at law, rappresentando un fenomeno che non trova eguali in
alcun modello di civil law. Sulla base della doctrine of conversion, la promessa
(del venditore) di trasferire un legal estate, se valida ed eseguibile in forma
104 105
specifica , produce, in equity, quell’effetto traslativo che è riservato, at law,
alla conveyance, “eseguita” proprio in adempimento di quella promessa. Stipu-
106
lato il contract, «l’equity considera come eseguito ciò che deve esserlo» , an-

sions) Act del 1989, cfr. R.E. ANNAND, The Law of Property (Miscellaneous Provisions) Act, 1989, in
105 L. Q. Rev., 1989, p. 553 ss.
99
A. CHIANALE, voce Conveyance, in Dig. Disc. Priv., diretto da R. Sacco, IV ed., Sez. civ., IV,
Torino, 1989, p. 382 ss.
100
Infatti, «The contract is merged in the deed» (Knight Sugar Co. Ltd. v. Alberta Railway and
Irrigation Co. [1938] 1 A.E.R. 269).
101
J.T. FARRAND, op. cit., p. 201.
102
M.D. PANFORTI, La vendita immobiliare nel sistema inglese. Storia di un problema nell’analisi
comparativa, pres. di P. Stein, Milano, 1992, p. 90.
103
M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 91.
104
In questi termini è l’opinione del tutto prevalente: per tutti, J.T. FARRAND, op. cit., p. 172 s.
105
Ad es., A.J. OAKLEY, Constructive Trusts, II ed., London, 1987, p. 141 ss.
106
Così, già Lechmere v. Earl of Carlisle [1733] 3 P. Wms 211.
620 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ticipando l’effetto della futura esecuzione degli obblighi contrattuali. La con-


version è «una sorta di surrogazione che opera quando le parti hanno stipulato
un contratto di scambio, e fa sì che le cose oggetto di tale contratto siano rite-
107
nute già sostituite dal loro corrispettivo» . Il bene determinato indicato nel
contract quale oggetto della vendita e la somma di denaro pattuita come prez-
zo, pur rientrando, at law, nella disponibilità dei “proprietari” originari, «sono
“convertiti” fittiziamente in ciò che sarà il loro equivalente una volta comple-
108
tato il trasferimento» . In presenza dell’obbligo (derivante at law dal con-
tract) del venditore di trasferire, l’equity, al fine di tutelare la posizione del-
l’acquirente, finge che sia stata redatta e consegnata la conveyance (che in real-
tà deve essere ancora stipulata) e, quindi, che sia già stato trasferito l’estate og-
getto della vendita. Per effetto del contract, il compratore, mentre at law è un
mero creditore dell’obbligazione di dare, in equity acquisisce una situazione
soggettiva reale tutelata (equitable interest), assumendo la posizione di pro-
prietario. Ma diventerà proprietario at law soltanto dopo l’effettiva “esecuzio-
ne” della conveyance. Si assiste, quindi, ad una duplicazione delle posizioni pro-
prietarie, ovvero ad una scissione della proprietà del venditore in due distinte
109
situazioni soggettive : a seguito del contract, e prima del perfezionamento
della conveyance, permane proprietario at law il venditore, in quanto titolare
110
del legal estate , mentre in equity è considerato proprietario l’acquirente,
111
quale titolare di un equitable estate o interest . Il diritto di proprietà acquisi-
to da questi in equity è opponibile a tutti i terzi, ad eccezione del successivo
acquirente a titolo oneroso dello stesso immobile che in buona fede ignori
l’esistenza del contratto.
La dissociazione degli effetti reali in common law e in equity è giustificata
112
attraverso il ricorso al constructive trust : il contratto di vendita rende l’alie-
nante-debitore di dare, che è ancora titolare at law del legal title, trustee in fa-
113
vore dell’acquirente-creditore , che vanta un equitable interest. Finché il
107
La definizione è di M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 103.
108
M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 104.
109
Così, M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 105.
110
Definisce l’estate quale «entità astratta che definisce il rapporto che intercorre tra il titolare e la
terra nonché rappresenta lo spazio giuridico che si frappone fra l’uno e l’altra», M. SERIO, Property
(Diritto inglese), in R. Conti (a cura di), La proprietà e i diritti reali minori. Beni, limiti, tutela naziona-
le e sovranazionale, Milano, 2009, p. 146.
111
Precisa, tuttavia, che, in equity, il contract for sale è considerato equivalente alla stessa con-
veyance soltanto «a condizione che il contract stesso possa, in conformità ai principi di equity, a pro-
pria volta qualificarsi equitable (e, quindi, meritevole di tutela)», M. SERIO, op. ult. cit., p. 161.
112
In epoca successiva allo Statute of Uses del 1535, voluto da Enrico VIII, che incrina l’originario
meccanismo degli uses, disponendo la conversione automatica di ogni equitable estate nel corrispon-
dente legal estate, v. J.L. BARTON, The Statute of Uses and the Trust of Freeholds, in 82 L.Q. Rev.,
1966, p. 215 ss.; S.F.C. MILSOM, Historical Foundations of the Common Law, II ed., London, 1981,
pp. 200 ss., 237 ss.
113
Sul punto, D.W.M. WATERS, The English Constructive Trust. A Look into the Future, in 19
Vand. L. R., 1966, p. 1214 ss.; J.H. MERRYMAN, The Inter Vivos Trasfer of Land, in 26 Am. J. Comp.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 621

prezzo non viene interamente pagato, il venditore assume la posizione di qua-


lified trustee e gli è riconosciuto il diritto di proteggere il proprio interesse
114
quale alienante del bene . A differenza del trust volontario (o express), che
non consente al trustee di soddisfare alcun interesse personale in ordine al be-
ne oggetto del trust, nel constructive trust il venditore-trustee ha il diritto di
occupare l’immobile e di appropriarsi dei frutti civili e naturali fino al perfe-
115
zionamento del trasferimento . A seguito del pagamento del prezzo, egli di-
viene bare trustee e, come qualsiasi altro trustee, è tenuto alla diligente ammi-
nistrazione, alla manutenzione ed alla “ragionevole vigilanza” sugli immobili
oggetto del trust.
Nelle more tra la stipula del contract e l’esecuzione della conveyance,
l’equity riconosce al venditore una tutela in parte analoga a quella che la con-
version garantisce all’acquirente. Tuttavia, malgrado si sia solennemente af-
fermato che anche «the vendee, as to the money», è considerato «a trustee for
116
the vendor» , è assai dubbio che l’acquirente divenga trustee del venditore
prima del pagamento del prezzo. Questi, a seguito della stipulazione del con-
tract, è ancora legal owner e, più che divenire beneficiary per il prezzo, acqui-
117
sta un diritto di garanzia (lien) sulla somma pattuita come corrispettivo . Fi-
no all’integrale pagamento del prezzo, il venditore ha il diritto di ritenere l’im-
mobile e può legittimamente rifiutare di eseguire la conveyance. Se questa è già
stata effettuata, e le parti non hanno pattuito l’immediato trasferimento del
legal estate all’acquirente, si presume che la conveyance sia sospensivamente
118
condizionata al completo pagamento del corrispettivo . Soltanto con l’esatto
adempimento l’acquirente ottiene il right to possession ed è legittimato all’azio-
ne contrattuale. Nel caso di permuta, invece, si costituiscono due constructive
119
trusts esattamente speculari tra loro .
La dissociazione degli effetti del contract in equity e at law pone il proble-
ma del trasferimento del rischio, che il diritto inglese risolve, ancora una volta,
in maniera originale. Poiché il common law non accoglie, a differenza dei mo-
delli d’area francese, il principio dell’efficacia traslativa del consenso (del con-
tract for sale of land), il trasferimento del rischio, dal venditore all’acquirente,
sul bene oggetto della vendita dovrebbe avvenire soltanto dopo l’esecuzione
della conveyance. Tuttavia, la dissociazione tra il passaggio del rischio e il tra-
sferimento (at law) della proprietà trova il suo fondamento nella doctrine of

L., 1978 (suppl.), p. 102 ss.; W.J. WILLIAMS, Contract for Sale of Land and Title to Land, IV ed., a
cura di G. Battersby, London, 1975, p. 712 ss.; D.G. BARNSLEY, P.W. SMITH, Conveyancing Law and
Practice, II ed., London, 1982, p. 258 ss.; S. GARDNER, Equity, Estate Contracts and the Judicature
Acts: Walsh v. Lonsdale Revisited, in 7 Oxford J. of Legal St., 1987, p. 60 ss.
114
Così, già Shaw v. Foster [1872] L.R. 5 H.L. 321.
115
Per la giurisprudenza in materia, si rinvia a M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 107.
116
Così Lord Hardwicke, in Green v. Smith, in 26 E.R.R. 360.
117
Mackreth v. Symmons [1808] 15 Ves 329.
118
Thompson v. McCullough [1947] 1 K.B. 447.
119
A. UNDERHILL, Law relating to Trust and Trustees, XIII ed., London, 1979, p. 339.
622 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

conversion, sulla base della quale il contract produce, oltre ad effetti obbligato-
ri (at law), effetti reali, in equity. Sulla base di questa costruzione, il trasferi-
mento del rischio all’acquirente per il perimento dell’immobile (ad es., a causa
di un terremoto, di un incendio, di un’alluvione, di un attentato, ecc.) avviene
per effetto del solo contract, essendo egli considerato, dall’equity, ormai come
120
il «proprietario sostanziale dell’immobile» . Da qui un’originale coincidenza
con quei modelli che s’ispirano al principio del consenso traslativo: come di-
sposto dal nostro art. 1465, comma 1, nei contratti che trasferiscono la pro-
prietà di una cosa determinata, il perimento della cosa per una causa non im-
putabile all’alienante non libera l’acquirente dall’obbligo di eseguire la con-
troprestazione, ancorché la cosa non sia stata consegnata. Quindi, se nei diritti
che s’ispirano al modello francese v’è una dissociazione tra il trasferimento del
121
rischio e la consegna del bene (venduto) , con riferimento al common law la
dissociazione investe lo stesso rapporto tra passaggio del rischio e trasferimen-
to della proprietà. Come si è sottolineato, il passaggio del rischio non rappre-
122
senta un indicatore costante del trasferimento della proprietà .
Nel caso di inadempimento del contract, allorché il tradizionale rimedio (di
common law) del risarcimento del danno “per equivalente” sia considerato
123
non adeguato , la parte che ha adempiuto o che è disposta ad adempiere le
124
proprie obbligazioni può ottenere tutela mediante specific performance . Poi-
ché, in equity, il risarcimento del danno è considerato un rimedio non idoneo
a compensare l’acquirente per il mancato trasferimento della proprietà su un
bene immobile, se l’alienante è inadempiente all’obbligo di “eseguire” la con-
veyance, il compratore può ottenere un provvedimento di esecuzione in forma
specifica avverso il venditore, affinché adempia il suo obbligo primario, sem-
pre che abbia eseguito o sia disposto ad eseguire la prestazione di pagare il
prezzo convenuto. Qualora sia inadempiente l’acquirente, egli potrà essere
condannato a risarcire il danno.
Se, nel lasso di tempo che intercorre tra la conclusione del contract e il perfe-
zionamento della conveyance, il venditore aliena il medesimo immobile ad un
terzo, provvedendo ad “eseguire” la conveyance, il secondo trasferimento è valido
125
ed efficace se è avvenuto a titolo oneroso e se l’acquirente era in buona fede .
120
M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 111.
121
Secondo A. WATSON, Il trapianto di norme, cit., p. 75 s., la soluzione adottata dal diritto sa-
rebbe casuale (p. 75), e comunque di difficile percezione da parte dei cittadini, poiché «la maggior
parte della popolazione in questi paesi crede, allora come adesso, sia che la proprietà ed il rischio si
trasferiscano [...] al momento della consegna sia che così dovrebbe essere qualunque cosa giuristi e
tribunali dicano in contrario».
122
F.H. LAWSON, The Passing of Property and Risk in the Sale of Goods, in Selected Essays, VII,
The Comparison, Amsterdam-New York-Oxford-North Holland, 1977, p. 266 ss.
123
A.J. OAKLEY, Constructive Trusts, cit., p. 143.
124
Tra i tanti, P.S. ATIYAH, The Sale of Goods, cit., pp. 4 ss., 437 ss.; J.T. FARRAND, Contract, cit.,
p. 4 ss. e passim. Per una ricostruzione storica del rimedio, S. GARDNER, Equity, cit., p. 77 ss.
125
A.J. OAKLEY, op. ult. cit., p. 166.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 623

Poiché il secondo acquirente diviene legittimamente titolare dell’estate sul be-


ne, il venditore-promittente sleale che ha inadempiuto l’obbligo derivante dal
contract sarà tenuto a risarcire il danno per breach of contract al primo acqui-
rente. Tuttavia, «la plurisecolare affermazione» secondo la quale il venditore è
trustee in favore del compratore, per quanto contestata, «non poteva però re-
126
stare senza effetti» . La costituzione di un constructive trust a carico del ven-
ditore consente al primo acquirente di poter agire, per violazione dei doveri
incombenti sul trustee-venditore, con il rimedio reale, restitutorio e reipersecu-
127
torio del tracing. Poiché, a seguito del trasferimento dell’estate sull’immobile
al secondo acquirente, oggetto del trust diviene il prezzo della vendita pagato
da questi, l’originario acquirente, in qualità di beneficiary, potrà farsi conse-
gnare l’intero corrispettivo pagato dal terzo, anche là dove esso sia superiore a
128
quello pattuito nel contract inadempiuto .
Una tutela maggiore per il primo acquirente si è ottenuta con l’introdu-
zione degli strumenti pubblicitari. La registration del contract nell’apposito re-
gistro dei Land Charges rende inopponibile al primo acquirente qualsiasi tra-
sferimento dell’immobile che sia successivo all’espletamento delle formalità
pubblicitarie. Secondo i principi, se la trascrizione è effettuata, invece, in epo-
ca anteriore, dal secondo acquirente, vengono meno i diritti che il primo com-
pratore abbia acquisito per effetto del contract.
La ricostruzione delle vicende della vendita immobiliare sulla base del con-
structive trust è stata recepita anche nei diritti irlandese, canadese, australiano,
129
neozelandese e statunitense , ma la dottrina ha sottoposto l’applicazione di
130
questo istituto a veementi quanto autorevoli critiche , proponendo talvolta
una diversa ricostruzione, che contesta la qualificazione del venditore quale
trustee. Ciò confermerebbe che il constructive trust rappresenti, in ambiente di
common law, soltanto «una fra le varie possibili verbalizzazioni di un insieme

126
A. CHIANALE, Obbligazione di dare, cit., p. 128.
127
Per tali qualificazioni, L. MOCCIA, Il modello inglese di proprietà, in G. ALPA, M.J. BONELL, D.
CORAPI, L. MOCCIA, V. ZENO-ZENCOVICH, A. ZOPPINI, Diritto privato comparato. Istituti e proble-
mi, Roma-Bari, III ed., 2008, p. 130.
128
In questi termini, il giudice Walton in Lake v. Bayliss [1974] 2 A.E.R. 1114. Considera tale ri-
sultato «paradossale», M.D. PANFORTI, La vendita, cit., p. 119.
129
Per il diritto statunitense, cfr. già l’opera di J. STORY, Commentaries on Equity Jurisprudence,
XII ed., I, 1877, Boston, rist. Buffalo, 1984, p. 785 ss.; A.J. CASNER (ed.), American Law of Property,
III, Boston, 1952, p. 62 ss. Per gli altri diritti si rinvia alla sintesi proposta da A. CHIANALE, op. ult.
cit., p. 130 ss., in nota 188 ss.
130
Oltre al noto saggio di C.C. LANGDELL, Equitable Conversion, in 18 Harv. L. Rev., 1904-1905,
pp. 1 ss., 83 ss., 245 ss., e in 19 Harv. L. Rev., 1905-1906, pp. 1 ss., 79 ss., 233 ss. e 321 ss., cfr., ad es.,
W. WILLISTON, The Risk of Loss after an Executory Contract of Sale in the Common Law, in 9 Harv.
L. Rev., 1895-1896, p. 118 ss.; W.A. KEENER, The Burden of Loss as an Incident of the Right to the
Specific Performance of a Contract, in 1 Col. L. Rev., 1901, p. 8 ss.; H.F. STONE, Equitable Conversion
by Contract, in 13 Col. R. Rev., 1913, p. 369 ss.; A.W. SCOTT, The Law of Trusts, III ed., I, Boston-
Toronto, 1967, p. 140 s.
624 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

131
di regole operazionali» , le quali, a prescindere dall’adesione più o meno con-
vinta all’opzione dogmatica tradizionale, manifestano comunque un significa-
tivo indice di omogeneità.

132
5. La molteplicità e la suddivisibilità degli estates e, soprattutto, l’esigen-
133
za di garantire un’adeguata segretezza nel settore dei trasferimenti immobi-
liari hanno ritardato, in Inghilterra, l’introduzione di un efficiente modello di
pubblicità. In assenza di un siffatto sistema – per il deed of grant non era pre-
134
vista alcuna forma di registration –, era assai difficile conoscere in maniera
certa il soggetto effettivamente proprietario dell’immobile, l’estensione della
sua posizione giuridica e l’esistenza di altri diritti reali gravanti sul bene.
L’acquirente doveva farsi consegnare il titolo di proprietà, per evitare che il
venditore potesse trasferire o costituire situazioni reali a favore di terzi, ed era
costretto a procedere, a suo rischio e pericolo, a lunghe e complesse verifiche
135
sui titoli dell’alienante e dei suoi danti causa .
136
Se si eccettua lo Statute of Enrolments 1535 che, unitamente allo Statute
of Uses, diventò ben presto desueto, è all’inizio del XVIII secolo che venne
introdotto in alcune zone del Middlesex e dello Yorkshire un modello di pub-
blicità volontaria a base personale, al fine di rendere opponibili i trasferimenti
immobiliari. Ma è soltanto verso la metà del XIX secolo che si iniziò ad attua-
re un più esteso sistema di pubblicità che permettesse di superare gli inconve-
nienti (eccessiva macchinosità del sistema, costi troppo elevati, scarsa tutela
137 138
per l’acquirente) derivanti dalla investigation of title . Il «fallimento» del
131
A. CHIANALE, op. ult. cit., p. 132.
132
In proposito, rileva che il sistema proprietario inglese «contempla come fisiologica, se non addirit-
tura costante, la compresenza di diritti su un medesimo oggetto di natura e caratteri corrispondenti a quelli
di una proprietà individuale ed esclusiva», M. SERIO, op. ult. cit., p. 144. Sulle «anfibologie» del termine
property, A. GAMBARO, La proprietà nel Common Law anglo-americano, in A. CANDIAN, A. GAMBARO,
B. POZZO, Property – Propriété – Eigentum. Corso di diritto privato comparato, Padova, 1992, p. 16 ss.
133
W. HOLDSWORTH, A History of English Law, VII, London, 1942, p. 358 ss.; A.W.B. SIMPSON,
An Introduction to the History of Land Law, London, 1961, p. 177; S.F.C. MILSOM, Historical Foun-
dations, cit., p. 224 s.
134
Cfr. W. HOLDSWORTH, A History of English Law, III, cit., p. 222 ss. Afferma che, ancora nel
1905, il Land Law non era mutato dal tempo di Blackstone, A.V. DICEY, The Paradox of the Land
Law, in 21 L. Q. Rev., 1905, p. 222 ss.
135
Per tutti, W. HOLDSWORTH, A History of English Law, IV, cit., p. 459 ss.
136
Sul quale, W. HOLDSWORTH, A History of English Law, IV, cit., p. 460 ss. Un’originale inter-
pretazione del ruolo di questo testo è proposta da J.H. KAYE, A Note on the Statute of Enrolments, in
104 L. Q. Rev., 1988, p. 617 ss.
137
Su tale modello, che ha caratterizzato il diritto inglese, R. MEGARRY, H.W.R. WADE, The Law
of Real Property, IV ed., London, 1975, p. 578 ss.; W.J. WILLIAMS, Contract for Sale of Land, cit., p.
662 ss.; R.A. DONELL (cur.), Gibson’s Conveyancing, XXI ed., London, 1980, p. 191 ss.; I.R. STOREY,
Conveyancing, III ed., London, 1990, p. 124 ss.; S. ROWTON SIMPSON, Law Land and Registration,
Cambridge, 1976, pp. 43 ss., 63 ss.
138
Così, M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 188, la quale nota che nei sei anni che seguirono l’entrata
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 625

Land Registry Act 1862 e del Land Trasfer Act 1875 fu dovuto, probabilmente,
139
al carattere volontario della pubblicità – che non esentava il primo acquiren-
te dall’indagine sul titolo – ed al persistere di un eccessivo numero di diritti
140
reali immobiliari che avrebbero dovuto essere trascritti nel registro .
Un moderno sistema di pubblicità immobiliare richiedeva una drastica ri-
duzione dei legal estates. La semplificazione operata dal Law of Property Act
1925 sec. 1(1) – che ne ha ridotto il novero all’estate in fee simple absolute in
141
possession e al term of years absolute – ha consentito di introdurre, in Inghil-
terra e nel Galles, un modello unico di registration obbligatoria a base reale
(disciplinato dal Land Registration Act del 1925, reiteratamente modificato),
che è stato progressivamente esteso, mediante appositi provvedimenti ammi-
nistrativi, alla totalità del paese. Nelle zone nelle quali non era stato ancora
applicato tale sistema, i diritti sugli immobili erano fondati sulla tradizionale
investigation of title e, quindi, permanevano i complessi e costosi oneri di verifi-
ca a carico dell’acquirente. Al fine di circoscrivere gli inconvenienti derivanti dal-
la verifica dei titoli di proprietà, soprattutto negli Stati Uniti si è andata diffon-
dendo la prassi di affidare il loro esame a imprese specializzate, assicurate presso
142
stabili istituzioni finanziarie . Mentre in origine il contratto di assicurazione
limitava la riparazione a determinati vizi del titolo ed alle eventuali spese giudi-
ziarie (sulla base del principio «risk identification and elimination»), negli ultimi
anni si è assistito ad una graduale evoluzione, che ha consentito di estendere la
143
copertura assicurativa a tutti i possibili rischi derivanti dall’indagine sui titoli .
Il Land Charges Act 1925, e la sua versione del 1972, hanno permesso
l’iscrizione sia del contract for sale of land come land charge, sia delle ulteriori
situazioni che il terzo poteva vantare sull’immobile (ipoteche, servitù, obbliga-
144
zioni, oneri reali ecc.) . L’adempimento di queste formalità ha reso opponi-

in vigore del Land Registry Act 1862 vennero trascritti soltanto 349 titoli immobiliari, mentre nei die-
ci anni successivi al Land Transfer Act 1875 furono registrati soltanto 113 titoli.
139
Anche il successivo Land Transfer Act 1897, pur introducendo la trascrizione obbligatoria dei
titoli, la limitò a determinate zone del paese.
140
M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 189.
141
Sul punto, L. MOCCIA, op. ult. cit., p. 106 ss. Riguardo al fee simple, M. SERIO, Property, cit., p.
147 s., in nota 30, rileva come la locuzione indichi «il doppio requisito dell’ereditarietà – fee – e della
trasmissibilità a qualunque erede in linea retta, collaterale, ascendente, discendente: simple. Quanto
al termine absolute esso viene usato per sottolineare il carattere incondizionato e puro, anche dal pun-
to di vista della durata, dell’estate».
142
Cfr J.C. PAINE, Title Insurance and the Unauthorized Practice of Law Controversy, in 53 Minne-
sota L. Rev., 1969, p. 423 ss.
143
J.P. RIEGER, Evolution to Revolution: Enhanced Title Insurance Protection, in 34 Maryland B.
J., 2001, pp. 25 ss., 27 ss. Sull’esclusione del comportamento colposo scusabile dell’assicurato quale
causa di esenzione dalla copertura, J.E. SMITH, Annotation, Title Insurance: Exclusion of Liability for
Defects, Liens, or Encumbrances Created, Suffered, Assumed, or Agreed to by the Insured, in 87 Ameri-
can L. Rep., III, 1978, p. 515 ss.
144
H.W.R. WADE, The Effect of Statutory Notice of Incumbrances, in Cambr. L. J., 1954, p. 89 ss.;
ID., Land Charges Registration Reviewed, ivi, 1956, p. 216 ss.
626 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

bili tali posizioni giuridiche a ogni successivo acquirente, anche a titolo onero-
145
so e without notice . Nelle zone sottoposte a registration obbligatoria, invece,
il contract di vendita ha potuto essere iscritto (sulla base della sect. 59 del Land
Registration Act 1925) come «caution against dealings with the land». L’iscri-
zione determina una presunzione assoluta di conoscenza (notice) della prima
vendita, opponibile a tutti i successivi acquirenti. Il diritto inglese prevede an-
che la pubblicità delle domande giudiziarie, mediante l’iscrizione nei pubblici
registri di una caution avverso gli atti di disposizione concernenti l’immobile.
In tal modo le risultanze processuali saranno senz’altro opponibili al terzo che
146
abbia acquistato il bene durante la pendenza della lite . La riforma interve-
nuta con Land Registration Rules 1995 (r. 4), conformemente alle modifiche
introdotte con il Law of Property (Miscellaneous provisions) Act 1989, ha vieta-
to la presentazione di notices of deposit e di intended deposit dirette ad ottene-
147
re il charge certificate, facendo salvi gli effetti delle note già trascritte .
Man mano che il regime di registration obbligatoria si è andato estendendo,
l’iscrizione nei libri fondiari dell’immobile non registrato è avvenuta in occa-
sione della prima alienazione (o della prima concessione in locazione) succes-
siva all’introduzione del regime di compulsory registration. Il controllo sui tito-
li è stato effettuato dagli impiegati dell’ufficio, con modalità analoghe a quelle
seguite dal solicitor dell’acquirente nella investigation of title. Effettuata la pri-
ma iscrizione, l’indagine diviene estremamente semplificata, poiché tutte le ul-
teriori vicende che hanno ad oggetto l’immobile, per assumere rilevanza giuri-
dica, devono essere sottoposte a pubblicità. In tal modo, il modello inglese di
registration, oltre a coniugare una maggiore celerità dei trasferimenti con l’ele-
vato grado di certezza che deriva da un sistema di pubblicità costitutiva, rea-
lizza finalità di efficienza economica, poiché dispensa l’acquirente dal dover
procedere, ogni volta, alla costosa indagine sui titoli.
Ogni titolo, identificato con un numero, e non con il nome del titolare, è
incluso nelle tre sezioni del registro, ognuna delle quali è ispirata ad un diver-
so criterio di classificazione. Il Property Register contiene la precisa individua-
zione e descrizione dell’immobile (attraverso l’allegazione di una planimetria),
indica i diritti del trascrivente e contempla tutte le situazioni giuridiche acces-
148
sorie che riguardano l’immobile . Il Proprietorship Register specifica le gene-
ralità del titolare dell’interesse trascritto e determina la natura e l’estensione
del titolo, classificandolo, in relazione al suo grado di certezza, in una delle
quattro categorie previste per legge (absolute, good leasehold, qualified, posses-
149
sory) . Il Charges Register, infine, menziona tutte le situazioni dei terzi che
145
Cfr., ad es., W.J. WILLIAMS, op. cit., p. 694 s.; J.T. FARRAND, Contract, cit., p. 100 s.
146
N. PICARDI, voce Pubblicità immobiliare, cit., p. 5.
147
Per ulteriori approfondimenti, J. MANTHORPE, Land Charges: The Rule Protecting Equitable
Charges on the Land Register under the Land Registration Rule 1995, in Law Soc. Gaz., 1995, p. 22 ss.
148
Law of Registration Rules 1925, r. 3 e 5.
149
Law of Registration Rules 1925, r. 6.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 627

gravano sul bene, comprese le ipoteche (mortages), gli oneri reali, le servitù e
150
gli eventuali contenziosi giudiziari . Il land certificate rappresenta un docu-
mento nel quale, per ogni immobile, v’è la menzione delle vicende che lo ri-
guardano, così come risultano da un estratto dalle tre sezioni del registro. Esso
svolge una funzione analoga a quella dei title deeds del conveyancing non tra-
scritto, poiché costituisce la prova dell’esistenza dei diritti iscritti.
Colui che riesce a provare in via preventiva il suo diritto in modo assolu-
tamente evidente può ottenere la registrazione with absolute title. Egli è con-
siderato “primo proprietario” ad ogni effetto, nei confronti sia dei terzi acqui-
renti, sia di chi invochi qualsiasi diritto sul bene. Tuttavia, sugli absolute titles
possono comunque prevalere gli overriding interests, i minor interests trascritti
e altri interessi dei quali il titolare sia comunque a conoscenza. Il titolo good
151
leasehold riguarda, invece, i rapporti di locazione . Oltre a conoscere tutte le
limitazioni degli absolute titles, è privo di tutela anche nei confronti degli aventi
152
causa del locatore . Il soggetto che è nel possesso dell’immobile e che esibi-
sca un titolo che, a un primo esame, appaia valido, può ottenere l’iscrizione
come possessory title. Costui è considerato proprietario nei confronti dei terzi
acquirenti, ma non è protetto contro una rivendicazione fondata su un titolo
poziore. Egli otterrà un absolute title soltanto dopo dodici anni di possesso
continuo e pacifico. In taluni casi possono essere iscritti anche qualified titles,
che sono titoli “incerti”, sui quali prevalgono tutti i diritti esistenti al momen-
to della registration. Il mortgage si costituisce, al pari delle ipoteche nei sistemi
153
di civil law, con l’iscrizione nel registro . I minor interests non possono essere
oggetto di pubblicità autonoma, ma devono essere annotati in margine al dirit-
to maggiore (registrable interest). Poiché il titolare di un legal estate sottoposto
154
a registration è vincolato soltanto dagli oneri risultanti dal pubblico registro ,
in assenza della trascrizione il minor interest cesserà di esistere.
155
Malgrado la dottrina abbia talvolta ridimensionato l’impatto che il regi-
me di registration ha avuto sulla tradizionale fisionomia del Law of Property
inglese, rilevando come i contenuti degli estates siano rimasti sostanzialmente
150
Law of Registration Rules 1925, r. 7.
151
Sulle modifiche introdotte dal Land Registration Act 1986, che ha disciplinato le ipotesi di
conversione dei titoli da good leasehold a absolute leasehold, da possessory freehold a absolute freehold,
da possessory leasehold a good leasehold, cfr. P.M. KENNY, Land Registration Act 1986, in 83 Law Soc.
Gaz., 1986, p. 2902 ss.
152
Così, M.D. PANFORTI, La vendita, cit., p. 199, ove sottolinea che, se il locatore subisce evizio-
ne, «i diritti del conduttore, anche se trascritti, cedono di fronte alle pretese del terzo».
153
S. ROWTON SIMPSON, Law Land, cit., p. 47.
154
K. GRAY, Elements of Law Land, London, 1987, p. 163.
155
In risposta ad H. POTTER, Registered Conveyancing and the Law Land, in 12 Mod. L. Rev.,
1949, p. 205 ss., cfr. A.D. HARGREAVES, Registered Conveyancing and the Law Land – A Reply, ivi,
1949, p. 477 ss. V., altresì, D. JACKSON, Registration of Land Interests – The English Version, in 88 L.
Q. Rev., 1972, p. 93 ss.; T.B.F. RUOFF, R.B. ROPER, The Law and Practice of Registered Conveyancing,
a cura di T.B.F. Ruoff, R.B. Roper, E.J. Pryer, C. West, London, 1986, p. 81 ss.; J.T. FARRAND, Con-
tract, cit., p. 155 ss.; R. MEGARRY, H.W.R. WADE, The Law, IV ed., cit., p. 1061 ss.
628 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

immutati, l’estate sottoposto a pubblicità sembra assumere caratteristiche pe-


culiari: poiché la sua fonte è il pubblico registro, e non il titolo del venditore,
l’iscrizione incorpora, in sé, l’esistenza stessa (e, dunque, la prova dell’esisten-
za) dello statutory estate. Inoltre, è la legge (il Land Registration Act) a disci-
plinarne, in via esclusiva, il trasferimento e ad individuare i registrable interests
sulla base di un’esplicita classificazione tipologica (legal estates, minor inte-
rests, overriding interests, registred charges).
Il sistema di compulsory registered conveyancing ha modificato il tradiziona-
le regime di circolazione degli immobili. Mentre anteriormente all’introduzio-
ne di tale disciplina il trasferimento della proprietà si realizzava con l’“esecu-
zione” della conveyance, cioè con la consegna del deed da parte del venditore,
a seguito dell’entrata in vigore del regime di registration obbligatoria l’effetto
traslativo si verifica per effetto dell’iscrizione del form of trasfer nei libri fon-
156
diari . Qualora si debba procedere al primo inserimento del titolo nel regi-
stro, la mancata iscrizione della conveyance, entro due mesi dalla sua redazio-
157
ne, opera come una condizione risolutiva dell’alienazione, nel senso che
l’atto traslativo «shall [...] became void» [sect. 123 (1) del Land Registration
158
Act], pur senza travolgere gli effetti prodotti dalla vendita in equity . L’effet-
to risolutivo della vicenda traslativa, derivante dal mancato puntuale adempi-
mento degli oneri pubblicitari, fa sì che l’estate, già trasferito con il deed al
compratore, venga nuovamente ritrasferito al venditore. Per i titoli già trascrit-
ti, invece, il deed non produce più alcun effetto traslativo dell’estate. È l’adem-
pimento delle formalità pubblicitarie ad assumere un valore “costitutivo”,
analogamente a quanto accade nell’ordinamento tedesco. La registration del-
l’atto è condizione necessaria e sufficiente per il trasferimento o per la costitu-
zione dei diritti reali immobiliari.
Anche nella pratica il registered conveyancing conosce notevoli semplifica-
zioni formali, poiché viene effettuato con la redazione di un modulo standard
159
già predisposto dall’ufficio del registro (denominato form of transfer) , che,
160
tuttavia, dal punto di vista giuridico, è pur sempre un deed . L’impiego del
form of transfer è obbligatorio, tant’è che l’utilizzo di un modulo anche par-
161
zialmente diverso giustifica il diniego dell’iscrizione . L’effetto traslativo re-
troagisce al momento in cui la domanda è stata presentata all’impiegato del-
162
l’ufficio del registro, corredata dalla documentazione richiesta .
156
Law of Registration Act 1925, sec. 19 (1), 20 (1), 22 (1), 23 (1).
157
Riferisce tale interpretazione, A. CHIANALE, Obbligazione di dare, cit., p. 130.
158
Cfr., per tutti, T.B.F. RUOFF, R.B. ROPER, op. ult. cit., p. 204; J.T. FARRAND, op. ult. cit., p. 142
s. V., tuttavia, D.G. BARNSLEY, Compulsory Registration of Title – The Effect of Failure to Register, in
32 Conveyancer, 1968, p. 391 ss.
159
T.B.F. RUOFF, R.B. ROPER, op. ult. cit., p. 314. Sui vari tipi di forms, v. I. FERRARI, Land Law
nell’era digitale. Le recenti riforme britanniche, Padova, 2013, pp. 130 ss., 215 ss.
160
Così Chelsea and Walham Green Building Society v. Armstrong [1951] 2 A.E.R. 250.
161
Land Registration Rules 1925, r. 78.
162
Land Registration Act 1925, s. 19 (1), 22 (1). Sul punto, K. GRAY, Elements, cit., p. 157.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 629

Malgrado le indubbie peculiarità manifestate dal common law, soprattutto


in materia di Land law, l’essenziale ruolo svolto dall’atto traslativo e gli effetti
costitutivi assunti dalla pubblicità immobiliare avvicinano il modello inglese a
quello germanico. In entrambi i diritti la sequenza “contratto causale – Auflas-
sung – iscrizione nel registro fondiario”, “contract for sale of land – form of
transfer – registration” opera con analoghe modalità.
La registration ha un’efficacia sanante dei vizi del deed. Tuttavia, il princi-
pio di pubblica fede, che è alla base del sistema di compulsory registration e
che tende a garantire la certezza del regime di circolazione degli immobili,
trova un importante temperamento nella possibilità di procedere alla rettifica
del registro nel caso di iscrizione ottenuta con frode, qualora l’atto sia falso, e
163
ogni qualvolta ciò sia necessario per correggere un errore o un’omissione .
Ma se, nelle more, il nuovo titolare aliena ad un terzo il proprio estate, l’atto
sarà valido ed efficace malgrado la cancellazione dal registro del primo deed,
164
che ha giustificato proprio quel trasferimento . Coloro che risultano danneg-
giati dalla rettificazione del registro, dall’eventuale diniego, dalla perdita o di-
struzione dei documenti depositati o da errori nelle ricerche effettuate dai pub-
blici funzionari possono ottenere la corresponsione di un’indennità, che viene
165
elargita attraverso uno specifico fondo assicurativo . Sulla base dell’insurance
principle è lo Stato a garantire l’esattezza delle risultanze pubblicitarie: colui
che appare proprietario, se è privato del suo titolo o se subisce comunque un
danno a causa dell’attività negligente dei funzionari, ha diritto di ottenere la
166
riparazione da parte della pubblica amministrazione . In tal modo l’ordina-
mento cerca di contemperare la posizione del terzo acquirente in buona fede
167
che ha ottenuto la registrazione con quella dell’effettivo titolare del diritto .
Oltre all’insurance principle, non si può dire che il curtain principle e, so-
prattutto, il mirror principle, che avrebbero dovuto ispirare il sistema inglese
di registration, abbiano avuto un’integrale attuazione. Da un lato, il curtain
168
principle è stato in parte incrinato dalla possibilità di iscrivere gli interessi
del beneficiario del trust in margine al legal estate del trustee, che, at law, è il
proprietario dell’immobile. Dall’altro, un ampio riconoscimento di overriding
interests [previsti dalla sect. 70 (1) del Land Registration Act 1925], cioè di
quei diritti (rights), oneri reali, interessi (interests) e poteri (powers) che, pur
non risultando dal registro, sono opponibili anche all’acquirente che in buona
fede ne ignorava l’esistenza, ha rappresentato una vera e propria «contraddi-

163
Land Registration Act 1925, s. 82.
164
T.B.F. RUOFF, R.B. ROPER, op. ult. cit., p. 70 ss.
165
Law of Registration Act 1925, s. 83.
166
C. SARA, Personal Injuries and Industrial Tribunals, in Law Soc. Gaz., vol. 86, n. 23, 14 june
1989, p. 15 ss.
167
N. PICARDI, voce Pubblicità immobiliare, cit., p. 5.
168
Così, M.D. PANFORTI, La vendita, cit., p. 192.
630 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

169
zione» del mirror principle, non potendo, altresì, il compratore danneggiato
ottenere alcuna forma di risarcimento da parte dell’Ufficio.
Proprio la più adeguata realizzazione del mirror principle, cioè dell’esigenza
che il registro “rispecchi” un quadro completo ed esaustivo della situazione
giuridica dell’immobile e di tutti gli interessi che ad esso afferiscono, ha ri-
chiesto una generale riforma del sistema pubblicitario, poi intervenuta con il
Land Registration Act 2002 e con il Land Registration Rules 2003 che, operan-
170
do un’integrale informatizzazione , ha sancito una più coerente adesione del
modello inglese al principio di pubblica fede. Il novero degli overriding inte-
rests è stato ridotto, molti estates sono divenuti oggetto di un’autonoma regi-
stration obbligatoria, è stata elaborata una nuova nozione di duty of disclosure.
Gli overriding interests, che mutano il loro nome in «interests that override»,
171
risultano opponibili soltanto se sono conoscibili . La «electronic conveyan-
172
cing» , nel sostituire il tradizionale sistema cartaceo, sancisce il principio se-
condo il quale ogni interest, per esistere in ordine ad un determinato immobi-
le, deve essere electronically iscritto. La stessa nozione di notice indica l’iscri-
zione di un interesse, che esiste in quanto iscritto nel registro. Il sistema, già
ispirato da oltre ottant’anni ad una pubblicità costitutiva, subisce un’ulteriore
rivoluzione. Mentre gli altri ordinamenti hanno cercato di adattare l’innova-
zione tecnologica a vecchi modelli, il legislatore inglese ha conformato il mo-
173
dello pubblicitario alla registrazione telematica , senza il timore di modifica-
re il meccanismo tradizionale che, at law e in equity, ha garantito per secoli il
trasferimento della proprietà. L’electronic conveyancing, eliminando the law of
unregistered conveyancing, modifica la disciplina che il trasferimento della pro-
prietà aveva assunto, in common law e in equity, al fine di contemperare gli in-
teressi delle parti che erano coinvolte nella vicenda traslativa.
La riforma garantisce, infine, un elevato grado di rapidità dei trasferimenti
ed un accresciuto livello di certezza, identificandosi l’esistenza stessa delle di-
verse situazioni soggettive (o interests) con quanto “appare” dalle risultanze
del registro. Quando la riforma avrà avuto integrale attuazione, ogni situazio-
174
ne che manchi di «electronic entry» sarà considerata inesistente . L’itinerario
175
dalla «registration of title» al «title by registration» potrà dirsi realmente com-
piuto.
169
M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 201.
170
Sui diversi aspetti, S. MARKS, The Land Registration Act, in 152 New Law J., 2002, p. 492 ss.
171
Cfr. B. WHITTERS, Property: Land Registration. Disclosable Overriding Interests, in 2 Property
Service, 2003, p. 3 ss. Per alcune esemplificazioni in tema di overriding interests cfr. I. FERRARI, op.
cit., p. 87 ss.
172
Già auspicata dalla Law Commission inglese: D. CAPPS, Electronic Conveyancing: The Future of
Property Transfer?, in 151 New Law J., 2001, p. 862 ss.
173
Così L. DI COSTANZO, La pubblicità immobiliare nei sistemi di Common Law, Napoli, 2005, p. 71 s.
174
Sul punto, Mallory v. Cheshire Homes [2003], commentata in 5 Finance and Credit L., 2003, §
8, p. 3 ss.
175
S. MARKS, op. ult. cit., p. 492.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 631

6. L’Australia del Sud fu il primo paese di common law a risolvere gli in-
convenienti derivanti dall’alea della verifica dei titoli. Nel 1858, con la pro-
mulgazione del Real Property Act, Sir Robert Torrens ideò un sistema a base
176
reale , fondato sul principio dell’assoluta efficacia formale della pubblicità
immobiliare. Questo modello, con il quale lo Stato garantisce l’esattezza delle
risultanze del registro fondiario, è stato successivamente adottato in Nuova
177
Zelanda (nel 1870), in ulteriori territori britannici e, con alterne fortune, in
178
molteplici Stati U.S. , al fine di porre rimedio alle inefficienze del recording
system. Ma la gran parte degli statutes con i quali s’intendeva recepire il mo-
179
dello australiano sono rimasti inattuati, se non successivamente abrogati , e
ciò per le difficoltà di conciliare il Torrens System con le peculiarità giuridiche
e sociali che caratterizzano il diritto statunitense.
Tale sistema si propone di determinare in modo assolutamente certo, una
volta e per sempre, la situazione giuridica delle singole unità fondiarie ordina-
te nel registro. Questo obiettivo viene realizzato al momento della prima iscri-
zione. Il procedimento si apre con l’esame approfondito del titolo di proprietà
che l’istante ha esibito. A tal fine vengono invitati a partecipare all’udienza
tutti i possibili contro interessati. Se non è proposta alcuna opposizione e se il
richiedente riesce a provare in modo certo il suo titolo di proprietà sull’immo-
bile, può esserne ordinata l’immediata registrazione. Se invece vengono pre-
sentate opposizioni, si apre una fase incidentale e si potrà procedere all’im-
matricolazione soltanto sulla base di un provvedimento definitivo che elimi-
ni ogni incertezza sulla titolarità della proprietà. Ma l’esperimento del più ra-
pido e meno costoso procedimento di tipo amministrativo è stato giudicato
180
incostituzionale negli Stati Uniti , sulla base del principio due process of
law, il quale richiede che, prima di procedere alla registration, sia esperito un

176
Il manifesto della riforma è anticipato in R. TORRENS, A Handy Book on the Real Property Act
of South of Australia, Adelaide, 1862, p. 11 ss. e passim. Una ricostruzione storica di tale modello è in
P. O’CONNOR, Book Review: The New Law of Land Registration by E. Cooke, in Australian Prop. L.
J., 2004, p. 1 ss.
177
Ad es.: British Honduras (Belize), 1859; Vancouver Island (British Columbia), 1860; Tasma-
nia, 1862; New South Wales, 1862; Irlanda, 1865; Galles, 1875; Jamaica, 1888; Nova Scotia, 1904;
Uganda, 1908.
178
Gli Stati che hanno promulgato statutes ispirati al Real Property Act australiano del 1858 sono:
California, Colorado, Georgia, Massachusetts, Mississippi, New York, Minnesota, Nebraska, North
Carolina, South Carolina, North Dakota, South Dakota, Ohio, Oregon, Pennsylvania, Tennessee,
Utah, Virginia e Washington. Ulteriori indicazioni in P. BORDWELL, Registration of Title to Land, in
12 Iowa L. Rev., 1927, p. 114 ss.; B.C. SHICK, I.H. PLOTKIN, Torrens in the United States: A Legal
and Economic History and Analysis of Land-Registration System, Lexington, 1978, p. 17 ss. e passim.
179
Come, ad es., in California (cfr. B.E. WITKIN, Summary of California Laws. Real Property §
230, IX ed., St. Paul, 1987, p. 433 ss.) e nello Stato di New York (M. MITZNER, Torrens Act Repeal,
in 416 Pract. Law Institute, 1996, p. 731 ss.). Così, nel 1991, il legislatore dell’Ohio ha autorizzato le
Contee ad abolire tale «obsoleto e costoso» sistema di registrazione.
180
Cfr. People v. Chase, 46 N.E. 454 (Ill. 1896); People v. Simon, 52 N.E. 910 (Ill. 1898); Ohio v.
Guilbert, 47 N.E. 551 (Ohio 1897).
632 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

181
giudizio dotato di tutte le necessarie garanzie giurisdizionali .
Una volta eseguita l’immatricolazione, il titolo originario perde ogni valore
giuridico e viene sostituito da un nuovo documento, che incorpora i diritti del
proprietario. Tale certificato è redatto in duplice copia: la prima viene conse-
gnata al titolare e consente una circolazione cartolare della proprietà immobi-
182
liare ; la seconda è conservata dall’ufficio e inserita nell’apposito registro. I
successivi trasferimenti tra vivi e la costituzione degli altri diritti reali avven-
gono in maniera assai semplice, rapida ed economica, attraverso il rilascio di
un nuovo certificato o mediante l’annotazione sul titolo delle eventuali situa-
zioni di godimento o di garanzia. I diritti reali immobiliari vengono acquistati,
costituiti, modificati o estinti con la mera iscrizione nel libro fondiario, senza il
concorso di altri elementi. In tal modo le vicende giuridiche relative agli im-
mobili finiscono con l’assumere la natura di modi di acquisto a titolo origina-
183
rio . Ogni trasferimento di proprietà, che si verifica per effetto dell’adempi-
mento delle formalità pubblicitarie, determina un’astrazione assoluta nei con-
fronti sia di ogni ulteriore titolo, sia della posizione giuridica dei precedenti
danti causa.
Questo sistema si propone di garantire in maniera assoluta la certezza dei
rapporti giuridici immobiliari attraverso un approfondito accertamento pre-
ventivo del titolo che, una volta effettuato, tende ad essere immodificabile e
inoppugnabile (indefeasibility), ma sacrifica i diritti degli eventuali contro in-
teressati che non abbiano proposto tempestivamente il giudizio di opposizione
o che non siano riusciti a provare le proprie ragioni. Quale necessario corolla-
rio, questo modello dovrebbe vietare l’ulteriore proponibilità di qualsiasi
azione in evizione e disporre che la produzione in giudizio del certificato del
titolo impedisca la prosecuzione del procedimento avverso colui che risulti
designato come proprietario. In un sistema che accoglie in modo così rigoroso
il principio dell’efficacia letterale dell’iscrizione dei titoli, il problema della
184
pubblicità delle domande giudiziali non dovrebbe porsi nemmeno . Dal mo-
mento dell’immatricolazione, la posizione del proprietario diviene inattaccabi-
le e sarebbe esclusa la stessa possibilità di proporre istanze di risoluzione o di
annullamento. Chi viene leso da un’immatricolazione erronea, potrebbe chie-
dere soltanto il risarcimento dei danni. La presunzione assoluta di completez-
za dei registri fondiari (conclusiveness principle) e la garanzia di inoppugnabili-
tà dei Torrens Titles non hanno impedito di prevedere l’istituzione di fondi
assicurativi (in attuazione del principio indemnity), finalizzati a risarcire i dan-

181
Sulla necessità di pubblicizzare il procedimento giudiziario a tutti i contro-interessati, emble-
matica è la decisione assunta dalla Corte Suprema del Colorado in Lobato v. Taylor, commentata in
J.A. GOLDSTEIN, Lobato v. Taylor, in St. Mary’s L. Rev., 2003, p. 183 ss.
182
In questi termini, N. PICARDI, op. ult. cit., p. 3 s.
183
N. PICARDI, op. ult. cit., p. 4.
184
Già L.M. STAPLES, The Conclusiveness of a Torrens Certificate of Title, in 8 Minnesota L. Rev.,
1924, p. 200 ss.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 633

ni subiti a causa delle inesattezze del registro o della lesione degli interessi già
185
iscritti .
Il rigido formalismo del Torrens system, ispirato ad una rigorosa applica-
zione del principio dell’apparenza, secondo il quale ogni “interesse” esiste giu-
ridicamente dal momento in cui risulti iscritto nel registro, ha ricevuto, tutta-
via, un notevole temperamento ad opera della giurisprudenza, la quale ha con-
ferito tutela anche a situazioni che non “apparivano” dalle risultanze pubblici-
tarie. Tale problema, se non può essere richiamato con pertinenza in ordine ai
provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità, poiché in ogni diritto v’è
la percezione che, in determinati casi, l’interesse pubblico debba prevalere
sulle situazioni soggettive, anche preesistenti, dei privati, ha riguardato, inve-
ce, gli interessi registrati che erano stati acquistati con frode e, soprattutto, gli
interessi di equity sorti legittimamente in capo a soggetti diversi dall’iscrivente,
186
e che l’ordinamento considera meritevoli di tutela . Si pensi, in proposito, al-
l’inadempimento, da parte del venditore, dell’obbligazione di dare nascente
da un contract for sale of land (consistente nel diniego di “eseguire” la con-
veyance) e alla possibilità di ottenere l’esecuzione in forma specifica (specific per-
formance) sulla base della doctrine of conversion. Si pensi, altresì, al trasferimen-
to iscritto nel registro dal trustee, che at law è considerato proprietario del-
l’immobile, in violazione degli obblighi derivanti dal trust. In entrambi i casi,
l’acquirente e il beneficiary possono agire in giudizio «e il proprietario iscritto
187
non potrà opporre la tutela offerta dalla indefeasibility clause» .
Nel caso di acquisto ex novo da parte del successivo acquirente di buona
fede, invece, anche là dove il venditore è un trustee sleale che ha alienato un
immobile oggetto di trust, il nuovo proprietario, che abbia adempiuto all’one-
re pubblicitario, acquisterà l’estate libero da equitable interests, a meno che
188
questi non siano stati iscritti mediante il meccanismo del Registrar’s caveat .
Tale istituto fu introdotto nel Torrens System proprio al fine di contemperare il
principio della immediate indefeasibility del registered title con la tutela dei pree-
189
sistenti interessi “sostanziali” di equity giudicati meritevoli di protezione .
185
Tuttavia, sui ritardi e sulle incongruenze relativi a questi fondi, cfr. M. NEAVE, C.J. ROSSITER,
M.A. STONE, Sackville and Neave Property Law. Cases and Materials, Sydney, 1994, p. 527 ss.
186
Cfr., per tutti, L. MCCRIMMON, Protection of Equitable Interests under the Torrens System:
Polishing the Mirror of Title, in 20 Monash Univ. L. Rev., 1994, p. 300 ss.
187
M.D. PANFORTI, voce Torrens title, in Dig. Disc. Priv. diretto da R. Sacco, IV ed., Sez. civ.,
XIX, Torino, 1999, p. 5.
188
Sulla natura degli “interessi” che possono essere oggetto di caveat, S. BOYLE, Caveatable Interests:
The Common Core Distinguished, in 1 Murdoch Univ. El. J. of Law, 1993, p. 11 ss.; R. COCKS, Caveat-
able Interest, in 3 Australian Prop. L. J., 1995, p. 1 ss.; P.E. LUCAS, Caveatable Interests in Land:
Crampton v. French, in 4 Australian Prop. L. J., 1996, p. 1 ss.; A.J. BRADBROOK, S. MCCALLUM, A.
MOORE, Australian Property Law: Cases and Materials, II ed., North Ryde, 1996, p. 4 ss. e passim.; S.
LINDSAY, Caveats Against Dealings in Australia and New Zealand, Leichhardt, 1995, p. 89 ss.
189
S. HEPBURN, Concepts of Equity and Indefeasibility in the Torrens Systems of Land Registration,
in 3 Australian Prop. L. J., 1995, p. 41 ss.
634 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

190
Un utilizzo anche più esteso del caveat, che in origine era diretto a protegge-
re le sole situazioni di equity derivanti da express trusts, non sembra incrinare,
191
tuttavia, la filosofia del mirror principle , posto alla base del Torrens system,
poiché tale istituto si fonda proprio sul tempestivo adempimento dell’onere
pubblicitario, allo scopo di rendere conoscibili, e quindi opponibili, ai terzi
tutti gli oneri e le limitazioni che gravano su un determinato bene. L’annota-
zione a margine del title di tutti gli interessi ed oneri contribuisce a fornire un
quadro realmente completo della situazione giuridica dell’immobile. Il caveat,
quindi, appare come un’ulteriore espressione del mirror principle nella misura
in cui l’annotazione “costituisce” la fonte di ciascuna situazione soggettiva,
che esiste per il diritto in quanto sia stata iscritta nel registro.
Una seria minaccia al principio della indefeasibility proviene, invece, dal-
l’esperibilità di in personam exceptions, ovvero dalla possibilità, riconosciuta in
giurisprudenza, di poter impugnare direttamente i Torrens titles al fine di far-
ne dichiarare l’annullamento, con la conseguente rettifica del registro. Mentre,
in origine, tale possibilità era consentita nelle sole ipotesi di frode posta in es-
sere dal trascrivente, di recente si è assistito ad un’estensione delle fattispe-
192
cie che, riguardando la nullità del contract, la sua annullabilità per difetto di
consideration, l’errore scusabile commesso dall’alienante, ogni caso d’ingiusti-
ficato arricchimento da parte dell’acquirente, rischiano di frantumare il prin-
cipio della immediate indefeasibility che è a fondamento dei Torrens titles. Pie-
193
namente giustificate sono, quindi, le critiche della dottrina che, ravvisando
in questo orientamento il pericolo di minare il Torrens System in una delle sue
essenziali caratteristiche, avrebbe preferito il rimedio del solo risarcimento del
194
danno .

7. Questa panoramica su alcuni modelli di trasferimento della proprietà im-


mobiliare pone in evidenza taluni elementi divergenti ma, nel contempo, signifi-
cativi tratti comuni. Tutti i sistemi declamano in astratto la necessità di salva-
190
Cfr. S. LINDSAY, op. loc. ult. cit.; A.J. BRADBROOK, S. MCCALLUM, A. MOORE, op. ult. cit., pp.
4-57; G.J. WHALAN, The Torrens System in Australia, Sydney, 1982, p. 223 ss.
191
Sul punto, M.-A. HUGHSON, M. NEAVE, P. O’CONNOR, Reflections on the Mirror of Title: Re-
solving the Conflict between Purchasers and Prior Interest Holders, in 21 Melbourne Univ. L. Rev.,
1997, p. 465 ss.
192
Sulle quali, R. LANGFORD, The In Personam Exceptions to Indefeasibility, in Aspects of Real
Property and Insolvency Law, a cura di R. Langford, J. Dodds Streeton, in 6 Adelaide L. Rev., 1994,
pp. 91 ss., 121 ss. Giustifica un allargamento delle ipotesi di “in personam exceptions”, affermando la
legittimità del controllo giurisdizionale sull’operato dei funzionari amministrativi, S. ROBINSON,
Transfer of Land in Victoria, Sydney, 1979, p. 36 ss.
193
A.J. BRADBROOK, S. MCCALLUM, A. MOORE, op. ult. cit., p. 4 ss.; R. LANGFORD, op. ult. cit.,
p. 147 ss.; M.-A. HUGHSON, M. NEAVE, P. O’CONNOR, op. ult. cit., p. 493 s.
194
In questi termini, già R. SACKVILLE, The Torrens System: Some Thoughts on Indefeasibility and
Priorities, in 47 Australian L. J., 1973, pp. 526 ss., 531 ss.; M.A. HUGHSON, M. NEAVE, P. O’CON-
NOR, op. ult. cit., p. 491.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 635

guardare le esigenze del traffico giuridico, ma, in concreto, soprattutto i modelli


di pubblicità costitutiva (germanico, inglese e Torrens) offrono una maggiore ga-
ranzia dell’esattezza e della completezza dei rapporti formalizzati nel libro fon-
diario, tutelando in maniera efficiente le posizioni degli acquirenti e dei terzi.
Mentre il sistema inglese si è proposto (soprattutto con le riforme del 2002
e del 2003) di ridurre gli overriding interests, al fine di garantire il mirror prin-
ciple e, di conseguenza, l’indefeasibility dei titoli registrati, in parecchi ordi-
namenti europei continuano a sfuggire al sistema pubblicitario gli acquisti a
titolo originario e numerose ipotesi di conflitto derivanti da successioni mortis
195
causa e da contratti tra vivi (si pensi, ad es., ai casi regolati dagli artt. 1380 e
1599 c.c. it.). Esistono ancora numerosi vincoli sugli immobili che non vengo-
no resi pubblici. In Italia, non sono soggetti a trascrizione taluni privilegi spe-
ciali immobiliari, come quelli a favore dello Stato a garanzia del pagamento
delle imposte. In Francia il loro numero è ancora maggiore e, fino alla riforma
del 1955, rimanevano occulti pure alcuni tipi di ipoteca. In deroga ai principi
in tema di pubblicità, il nostro ordinamento conferisce efficacia retroattiva al-
l’iscrizione dell’ipoteca legale (art. 2650, comma 3, c.c.) a favore dell’alienante
e del condividente, la quale, se iscritta contemporaneamente alla trascrizione
del titolo d’acquisto o della divisione, prevale sulle trascrizioni o iscrizioni esegui-
196
te anteriormente contro l’acquirente o il condividente tenuto al conguaglio .
Sotto i profili della completezza, della rapidità e della sicurezza di consul-
tazione, i registri immobiliari di tipo reale dimostrano un’evidente supremazia.
Mentre nei modelli a base personale occorre esaminare tutti gli atti concernen-
ti la persona oggetto dell’indagine, per poi procedere a nuove ricerche sul suo
dante o avente causa, nei sistemi di tipo reale la semplice individuazione del
bene consente di conoscere tutte le vicende giuridiche ad esso afferenti. Sotto
il profilo della complessiva efficienza del sistema, anche il modello di pubblici-
tà costitutiva può essere considerato come preferibile, poiché, unificando gli
effetti tra le parti e nei confronti dei terzi, subordina il verificarsi della vicenda
traslativa alla sua conoscibilità legale da parte dei terzi. L’accertamento in via
preliminare della validità dei titoli evita successive contestazioni e tutela in
maniera rafforzata il principio dell’affidamento dei terzi e le esigenze di cer-
tezza del traffico giuridico. Garantisce, nella fase della prima registrazione,
un’adeguata protezione dei contro interessati ma, successivamente all’iscrizio-
ne, rende assai semplici, rapidi ed economici i successivi trasferimenti. La com-
pletezza e la sicurezza nella consultazione dei registri conferiscono maggiore
efficienza al mercato immobiliare e permettono lo sviluppo del credito garan-
tito da immobili.
195
Sulle interpretazioni che hanno riguardato tale testo, per tutti, U. NATOLI, Il conflitto dei dirit-
ti e l’art. 1380 del codice civile, Milano, 1950, p. 54 ss. e passim.
196
Per una spiegazione di tale regola, cfr., per tutti, U. NATOLI, R. FERRUCCI, Della tutela dei diritti,
cit., p. 153 ss.; P. DE LISE, Della trascrizione, in Comm. del cod. civ. De Martino, Roma, 1970, p. 363 ss.
636 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Il modello pubblicitario franco-italiano, fondato sull’anacronistica “rapidi-


tà” del trasferimento della proprietà anticipato al momento del consenso, è
quello che oggi meno sembra salvaguardare la trasparenza delle vicende im-
mobiliari e la tutela degli acquirenti e dei terzi. Inoltre, «proprio il venir meno
del modello del modus distinto dal titulus adquirendi in nome di astratte idee,
totalmente avulse dalla realtà dei traffici commerciali, ha determinato la neces-
sità per i privati di inventare uno strumento giuridico» (il contratto prelimina-
197
re) attraverso il quale «ricreare quell’antica scissione» . Tuttavia la triade
“contratto preliminare – contratto “definitivo” di vendita – trascrizione”, che
pur si basa sulla dissociazione degli effetti inter partes e nei confronti dei terzi,
in un certo senso ripercorre le vicende descritte, in Germania, da “contratto
causale – Auflassung – iscrizione” e, in common law, da “contract for sale of
land – conveyance – electronic registration”. La pubblicità “dichiarativa” del con-
tratto con effetti obbligatori (preliminare) e di quello ad effetti reali assolve, in
Italia, ad una funzione analoga a quella realizzata, in Germania e in Inghilter-
ra, con la registrazione (con effetti “dichiarativi”) della Vormerkung e del con-
tract, e con l’iscrizione (con effetti “costitutivi”) dell’Auflassung o della form of
transfer. In fondo, ciò che interessa il diritto è non tanto la modalità con cui si
realizza la vicenda traslativa interna (o inter partes) (consenso o modus adqui-
rendi), bensì il “momento” in cui l’acquisto assume efficacia nei confronti dei
terzi. In tal senso la nozione di “opponibilità” assolve ad una funzione analoga
a quella realizzata dai modelli di pubblicità costitutiva, rappresentandone, in
qualche modo, un equivalente.
Oggi è, forse, il sistema inglese riformato a coniugare, in maniera più feli-
ce, l’esigenza di celerità dei trasferimenti con il principio di pubblica fede,
posto a tutela dell’affidamento che i terzi ripongono nelle risultanze pubbli-
citarie del registro. Risultato, questo, ancor più meritorio, se si pensa alla ne-
cessità di aver dovuto risolvere l’annoso problema della tradizionale duplici-
tà degli effetti (obbligatori e reali) del contract for sale in common law e in
equity, che ancora travaglia il Torrens System. Non possono essere sottaciute, in-
vece, le contraddizioni e le inefficienze che derivano dall’adozione, in alcuni
Stati U.S., di sistemi misti ispirati parallelamente alla registration facoltativa
e alla recordation, i quali consentono al cittadino di ricorrere liberamente a
198
un sistema di pubblicità costitutiva o ad uno di pubblicità dichiarativa , sulla
base di una valutazione individuale ispirata all’esigenza di sopportare il minor

197
F. GAZZONI, Il contratto preliminare, III ed., Torino, 2010, p. 1. Afferma che nel modello
franco-italiano «la certezza appare un valore compresso e svalutato rispetto alla rapidità del negozio»,
M.D. PANFORTI, La vendita, cit., p. 242.
198
Non esattamente esaustiva della tradizionale bipartizione è la tripartizione, dei recording acts
statunitensi, in «notice statutes», «race notice statutes» e «race statutes»: cfr., per tutti, R.E. SWEAT,
Race, Race-notice and Notice Statutes: The American Recording System, in Probate and Property, May-
June, 1989, p. 27 ss.; T. MATTIS, Recording Acts: Anachronistic Reliance, in 25 Real Property, Probate
and Trust J., 1990, p. 19 ss.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 637

199
costo . Pur prescindendo dall’analisi delle cause del “fallimento” dell’impie-
go del Torrens System negli Stati Uniti (lentezza del procedimento di registra-
200
tion che, ai sensi del principio costituzionale due process of law, deve avveni-
re in sede giurisdizionale; eccessivi oneri economici per il primo iscrivente,
201
che aumentano il costo dell’immobile anche nei successivi trasferimenti ; dif-
202
ficoltà di finanziare un efficiente sistema di Assurance Fund , ecc.), la scarsa
sicurezza dei registri immobiliari U.S. deriva, probabilmente, dall’assenza di
203
una legislazione federale in materia che abbia imposto ai singoli Stati di
adottare una soluzione uniforme ispirata alla registration obbligatoria di tutti
gli immobili.
Riguardo al sistema italiano, piuttosto che porsi il problema di un supera-
mento del principio del consenso traslativo, che rischierebbe di sconvolgere
l’intero diritto delle obbligazioni e dei contratti, sembra più opportuno tenta-
re di perfezionare i nostri meccanismi pubblicitari. Completata l’informatizza-
204
zione dei registri delle conservatorie immobiliari , nel far seguito all’istituzio-
ne dell’Ufficio Unico del Territorio, che ha concentrato in un’unica struttura
amministrativa le competenze del Catasto, delle Conservatorie e del Dema-
205
nio , sarebbe possibile studiare una riforma della pubblicità su base reale,
che, unificando in un Registro Unico tutte le notizie relative ad un medesimo
immobile, assicuri una più rapida acquisizione delle informazioni, una mag-
giore certezza e trasparenza delle vicende giuridiche e una più efficace tutela
degli acquirenti e dei terzi. In tal senso, il modello tavolare, vigente in alcune
206
province dell’Italia nord-orientale , può rappresentare un convincente punto
di partenza, al fine di coniugare la maggiore rapidità e certezza dei meccani-
smi pubblicitari di tipo reale con il principio di causalità dei contratti traslati-
vi. L’ordinamento italiano, pur senza dover accogliere il principio di astrazio-
199
Sottolineava la “diseconomicità” dell’impiego del Torrens System negli Stati Uniti già R.R.
POWELL, Registration of the Title to Land in the State of New York, New York, 1938, p. 70 ss. e pas-
sim; sul quale, criticamente, W. FAIRCHILD, W. SPRINGER, A Criticism of Professor Richard R.
Powell’s Book Entitled Registration of the Title to Land in the State of New York, in 24 Cornell L.
Rev., 1939, p. 557 ss.
200
Sul punto, il Comment, Possessory Title Registration: An Improvement of the Torrens System, in
11 William Mitchell L. Rev., 1985, pp. 825 e 832.
201
J.E. CRIBBETT, C.W. JOHNSON, Principles of the Law of Property, III ed., St. Paul, 1989, pp.
346 ss., 353 ss.; e già R.R. POWELL, op. loc. cit.
202
Il contributo versato dall’iscrivente andrebbe ad aumentare il già cospicuo onere economico
(J.L. MCCORMACK, Torrens and Recording: Land Title Assurance in the Computer Age, in 18 William
Mitchell L. Rev., 1992, pp. 61 ss., 68 ss., 83 s.).
203
Nel ricordare che la competenza in materia di proprietà immobiliare è riservata ai singoli Stati,
rileva che «i modelli di pubblicità sono adottati, interpretati e applicati in virtù delle specifiche e pe-
culiari esigenze locali», L. DI COSTANZO, La pubblicità, cit., p. 226.
204
Auspicata da A. GALOPPINI, Catasto e pubblicità, cit., p. 75 s.
205
Cfr. A.A. ETTORRE, L. SILVESTRI, La pubblicità immobiliare e il Testo Unico delle imposte ipo-
tecaria e catastale, Milano, 1996, pp. 36 ss., 86 ss.
206
Il sistema tavolare è entrato in vigore nella legislazione italiana con il R.D. 28 marzo 1929, n.
499, con riguardo alla Venezia Tridentina ed alla Venezia Giulia.
638 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ne, potrebbe adottare un modello più efficiente che, unificando gli effetti tra
le parti e nei confronti dei terzi, farebbe coincidere la vicenda traslativa della
proprietà con l’espletamento degli adempimenti pubblicitari.

8. Salvo alcune illuminanti eccezioni, la dottrina italiana che si è interessata


di questa materia non sempre ha levato il suo sguardo oltre gli angusti confini
nazionali. Un’educazione giuridica ispirata ai dogmi del positivismo legislativo
e del concettualismo ha spinto sovente lo studioso nostrano ora ad avventu-
rarsi in improbabili costruzioni di una teoria generale delle vicende giuridiche
e della pubblicità (sulla base dei collaudati modelli di area germanica), ora a
compilare opere di mera ricognizione delle fattispecie contemplate dall’ordi-
namento. La stessa contrapposizione tra l’efficacia reale, nei diritti dell’area fran-
cese, e quella obbligatoria, in Germania e in common law, del contratto causa-
le (vendita, permuta, donazione, ecc.), e, più in generale, tra i modelli fondati
207
sul consenso traslativo o sulla traditio, è stata declamata con eccessiva enfasi
e sulla base di indagini sovente parziali. Spesso è stato trascurato ogni più pro-
fondo collegamento tra le teorie del contratto e delle situazioni soggettive e gli
istituti della pubblicità immobiliare. Anche in questo caso il metodo compara-
208
tivo diacronico e sincronico, se correttamente applicato , si rivela l’unico
209
strumento epistemologico che consente, anche al giurista nazionale, di co-
noscere le regole operazionali effettivamente vigenti, di comprenderne il reale
contenuto e di spiegarne le ragioni profonde, di cogliere le strutture e le finali-
tà dei diversi istituti nel momento dinamico del loro funzionamento, di verifi-
care i risultati nell’ambito dell’evoluzione di un sistema dato e, nel contempo,
nei confronti degli altri termini da comparare.
Il trasferimento della proprietà immobiliare rappresenta, in ogni spazio e
tempo, il corollario delle scelte sistemiche profonde effettuate da ciascun or-
dinamento sulla base dei modelli giuridici proposti dalla tradizione. Nell’am-
bito dei rapporti patrimoniali, la vicenda traslativa interagisce con i principi di
causalità o di astrazione, con la struttura, con la funzione e con gli effetti degli
atti, con i meccanismi pubblicitari, in altri termini, con l’intera teoria dei fatti
e delle situazioni soggettive. Ma i modelli di trasferimento della proprietà co-
stituiscono anche l’espressione culturale di un certo modo di pensare il diritto,
di risolvere l’eterno dilemma tra forma e sostanza, tra regola ed eccezione. È
207
Sul punto, R. SACCO, voce Circolazione giuridica, in Enc. dir., vol. VII, Milano, 1960, p. 8; G.
GORLA, La “logica-illogica” del consensualismo o dell’incontro di consensi e il suo tramonto, in Riv. dir.
civ., 1966, I, p. 255 ss.; P.G. MONATERI, Contratto e trasferimento, cit., p. 226, per il quale «le formu-
le ingigantiscono differenze inesistenti, e impediscono una adeguata considerazione delle affinità ope-
razionali che sussistono tra il nostro ed altri sistemi».
208
L.J. CONSTANTINESCO, Il metodo comparativo, cit., p. 113 ss. e passim.
209
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Il diritto comparato tra storia e futuro, in Riv. crit. dir.
priv., 2010, p. 326 ss.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 639

210
proprio nel diverso significato assunto dall’apparenza , come dottrina “dell’af-
211
fidamento legittimo” o come teoria della “legittimazione formale” , che, pro-
babilmente, va individuata la ragione – e nel contempo l’effetto – della divari-
cazione esistente all’interno delle esperienze continentali.
Ispirato al diritto naturale, che respingeva, con coerenza, ogni «attentato al
212
potere esclusivo del titolare del diritto» , il modello francese e, sulla sua scia,
quello italiano, muovono dall’idea che l’apparenza designi una situazione che
213
non corrisponde allo «stato di diritto» e che, tuttavia, in presenza di “de-
terminate” circostanze, «produce i medesimi effetti giuridici del corrispon-
214
dente stato di diritto» . Essi considerano come inesistenti, ma come «illuso-
215
riamente creduti veri» , quei fatti esteriorizzati che sono in conflitto con la
realtà non apparente presa in considerazione dal diritto. Qui l’apparenza, ela-
216
borata soprattutto a livello giurisprudenziale , anche quando inizia ad essere
217
considerata come principio e non più come eccezione , indica comunque la
manifestazione di un fatto irreale come reale. Il meccanismo effettuale del si-
stema pubblicitario è fondato più sulla verità dei fatti interni, che su quella dei
fatti esteriorizzati. La trascrizione è lo strumento per giungere alla conoscenza
di un fatto che ha già prodotto, tra le parti, la vicenda traslativa, la quale, tut-
tavia, “deve essere” conforme al diritto. Perciò la pubblicità rappresenta, se-
condo le declamazioni ufficiali, e salvo ipotesi particolari, uno strumento che
non consente l’acquisto di situazioni soggettive, ma che assolve alla funzione
218
legale di assicurarne la priorità , nel rendere conoscibili i fatti, gli atti e le vi-
cende che ne formano l’oggetto.
Pur non mancando, nella letteratura nostrana, un orientamento che, nello
sviluppare l’indagine soprattutto sul piano della teoria generale, nega ogni con-

210
Su tutti, l’insegnamento di R. SACCO, voce Apparenza, in Dig. Disc. Priv. diretto da R. Sacco,
Sez. Civ., IV ed., vol. I, Torino, 1987, p. 354 ss.
211
Per tale terminologia, R. MOSCHELLA, Contributo alla teoria dell’apparenza giuridica, Milano,
1973, passim.
212
R. SACCO, op. ult. cit., p. 353.
213
Una definizione tipicamente italiana dell’apparenza è proposta, in questi termini, da M. BES-
SONE, voce Apparenza, in Enc. Giur. Treccani, vol. II, Roma, 1988, p. 1.
214
M. BESSONE, op. loc. cit.
215
Così R. SACCO, op. ult. cit., p. 356.
216
L’importante contributo dato da M. D’AMELIO, nella qualità di primo Presidente della Corte
di Cassazione, trova un riscontro anche nelle sue opere letterarie (per tutte, la voce Apparenza del
diritto, in Noviss. Dig. it., I, 1, Torino, 1957, p. 714 ss., che rappresenta la mera ristampa della voce
pubblicata, nel 1937, nel Nuovo Dig. it., da lui diretto).
217
Nega l’esistenza di un principio generale del diritto volto a garantire la rilevanza dell’apparen-
za, G. STOLFI, L’apparenza del diritto, Modena, 1934, passim. Contra, L. MOSSA, Volontà e dichiara-
zione nella creazione della cambiale, in Riv. dir. comm., 1930, I, p. 6 ss.; ID., La dichiarazione cambia-
ria, ivi, 1930, I, p. 305 ss.; M. D’AMELIO, op. loc. cit.; E. REDENTI, Dei contratti nella pratica commer-
ciale, Padova, 1931, p. 312 ss.
218
Ad es., Cass., 16 gennaio 1987, n. 294, in Rep. Foro it., 1987, voce Trascrizione, c. 3335, n. 24.
640 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

219
trasto tra il fatto reale e quello apparente , tra il fatto interno e quello este-
riorizzato, lo “stile” franco-italiano emerge con chiarezza allorché la letteratu-
ra contrappone esplicitamente apparenza e pubblicità, considerandoli dati an-
tinomici. «Le fortune della dottrina dell’apparenza del diritto nel nostro ordi-
220
namento» scaturirebbero «dall’insufficienza del sistema di pubblicità» . Il di-
ritto dovrebbe «assicurare alle apparenze una rilevanza tanto maggiore quanto
221
più inadeguato è l’apparato di pubblicità» , mentre, al contrario, un sistema
efficiente di pubblicità toglierebbe efficacia a principi di tutela dell’apparenza.
Anche chi, autorevolmente, considera apparenza e pubblicità come «strumen-
222
ti concorrenti» e «complementari» di tutela giuridica di una medesima esi-
genza pratica, finisce con l’affermare che «là dove la pubblicità si attua piena-
mente e compiutamente, deve escludersi ogni autonoma tutela dell’apparenza,
223
comunque venga intesa» .
Il rigoroso formalismo del sistema tedesco, invece, professa l’opposto prin-
cipio e trova fondamento nella concezione storico positivista del diritto che è
espressa nella teoria del Rechtsschein. L’ordinamento, depurato da ogni riferi-
224
mento trascendente al diritto naturale, è esso stesso Schein . Identificandosi
con la sfera dell’apparenza, dà preminenza alla dichiarazione (e non alla vo-
lontà interna), alla consegna, alla pubblicità e, più in generale, all’esterioriz-
zazione dei fatti e delle situazioni giuridiche. Mancando una dissociazione tra
diritto e apparenza, questa indica la manifestazione del reale come reale. Il di-
ritto germanico salvaguarda le aspettative dell’acquirente, tutela il valore della
sicurezza dei traffici, condiziona l’efficacia degli atti di disposizione al rispetto
di procedimenti formali, pubblicizzati e conoscibili dai terzi, individua la real-
tà giuridica nelle risultanze degli strumenti pubblicitari e accorda, di regola,
protezione alle posizioni esteriorizzate, anche se non corrispondono alla “real-
tà” sottostante e nascosta. Questa «riduzione dell’elemento esteriore, conosci-
bile ed accertabile, ad apparenza» conduce non all’eliminazione, ma ad un «am-
pliamento della nozione di apparenza fino a comprendere ogni elemento este-
225
riore cui corrisponda un elemento interno» . Diventano apparenza la dichia-
razione, la consegna, le risultanze del libro fondiario, ecc. Lo stesso diritto po-
226
sitivo è ridotto, in maniera generalizzata, ad apparenza .
Il Torrens System e, soprattutto, l’esperienza giuridica inglese – che, a se-
guito delle riforme del 2002 e del 2003, ha felicemente coniugato l’efficacia co-
stitutiva della registration con l’electronic conveyancing –, malgrado abbiano
219
A. FALZEA, voce Apparenza, in Enc. dir., II, Milano, 1958, p. 682 ss.
220
In questi termini, M. BESSONE, op. ult. cit., p. 3.
221
M. BESSONE, op. loc. ult. cit.
222
S. PUGLIATTI, La trascrizione, in Tratt. di dir. civ. e comm. Cicu e Messineo, Milano, 1975, p. 264 s.
223
S. PUGLIATTI, op. loc. ult. cit.
224
Così, R. SACCO, op. ult. cit., p. 355.
225
R. SACCO, op. loc. ult. cit.
226
R. SACCO, op. loc. ult. cit.
CONTRATTO E TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ IMMOBILIARE 641

dovuto confrontarsi con i complessi problemi derivanti dalla creazione di inte-


ressi “sostanziali” di equity in possibile conflitto con l’apparenza delle risultanze
del registro, manifestano, oggi, significative analogie con il sistema tedesco e
inducono a considerare il modello franco-italiano come marginale, anche sotto
il profilo della sua circolazione. Ancora una volta, di là da una declamata quan-
to fittizia contrapposizione tra civil law e common law, le concrete soluzioni
escogitate dai diversi ordinamenti avvicinano il diritto anglosassone ad alcune
esperienze euro-continentali (in questo caso, a quella germanica) nell’ambito
di una comune tradizione occidentale, mentre allontanano modelli considerati
simili a priori soltanto per aver creduto all’illusione di una onnicomprensiva
codificazione. Il diverso modo di pensare il rapporto tra apparenza e diritto e
ulteriori fattori culturali e di educazione giuridica scandiscono la grande diva-
ricazione esistente tra i diversi sistemi dell’area europea, sul fondamento di
differenti teorie del contratto e della proprietà. Ma, a prescindere dagli assio-
mi fondati sui tradizionali stereotipi, è lo stesso atteggiarsi del dinamico rap-
227
porto tra la regola e l’eccezione , nell’interpretazione fornita dalla dottrina e
dalla giurisprudenza, a temperare le differenze più notevoli attraverso l’elabo-
razione di regole operative che testimoniano un tendenziale ravvicinamento
tra i diversi modelli.
Le esigenze di celerità e di certezza del traffico giuridico sono realizzate non
tanto dalle diverse modalità di trasferimento della proprietà (consenso trasla-
tivo, Auflassung, conveyance), tutte più o meno in grado di assolvere allo sco-
po sulla base delle diverse tradizioni, quanto dalla necessità di coniugare la
rapidità di conoscere la “realtà” giuridica con la certezza derivante dall’“appa-
renza” delle risultanze pubblicitarie. In tal modo, le vicende giuridiche e i fatti
s’identificano con quelli esteriorizzati e la realtà del diritto tende a convergere
con l’immediata percezione di ciò che appare.

227
In questi termini, P.G. MONATERI, La sineddoche, cit., p. 421 ss., e A. CHIANALE, Obbligazio-
ne di dare, cit., p. 392 ss.
642 LA RESPONSABILITÀ CIVILE
CAPITOLO UNDICESIMO

RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE

SOMMARIO: 1. I modelli di responsabilità oggettiva e/o assoluta che assicurano la riparazione


dei danni alla persona sul fondamento del mero rapporto di causalità, prescindendo dalla
colpa o dal dolo dell’agente. Il collegamento con i sistemi di valutazione e di liquidazione. –
2. Segue. La no fault insurance introdotta nel 1971 nel Massachusetts. L’absolute liability
israeliana del 1975. L’«alternativa svedese» del 1976. L’assurance-véhicule del 1978 in Qué-
bec. La loi Badinter del 1985 in Francia. Il modello neozelandese di social security. – 3. Il
raffronto con l’esperienza italiana. La responsabilità da circolazione di veicoli nell’interpre-
tazione oggettiva della giurisprudenza. Garde juridique e materielle e soggetti solidalmente
responsabili. – 4. Segue. Alcuni modelli di compensation in Italia. Il sistema di assicurazione
sociale avverso gli infortuni sul lavoro. Le tecniche di “canalizzazione” della responsabilità.
Le finalità correttive dei fondi di garanzia e il loro fallimento. – 5. I limiti della third party
insurance e i vantaggi di un unitario modello first party di sicurezza e/o di assicurazione so-
ciale: l’estensione dell’area dei danni risarcibili e l’eliminazione delle disparità di trattamen-
to, generate dalle discipline di settore, nella riparazione di identici danni. Il superamento
dello scopo di lucro e la possibile istituzione di un unico ente assicurativo con funzione di
cooperazione a carattere di mutualità. – 6. Segue. I sistemi di social security realizzano un’al-
locazione più efficiente dei costi primari e secondari degli incidenti; garantiscono una più
razionale e giusta distribuzione dei rischi; impediscono di opporre le eccezioni derivanti dal
contratto di assicurazione; favoriscono il meccanismo delle prestazioni periodiche e il rein-
serimento sociale e professionale della vittima. – 7. Segue. I correttivi da apportare ai model-
li di compensation. Il problema della deterrenza: il ruolo dei premiums, degli strumenti im-
positivi, delle azioni di rivalsa e delle sanzioni civili e penali. L’adozione di un sistema diffe-
renziato di liquidazione che coniughi l’uniformità pecuniaria di base con le esigenze di ela-
sticità e di flessibilità. – 8. Rilievi conclusivi. Spersonalizzazione e moltiplicazione degli sta-
tuti di responsabilità. Crisi della concezione individualistica di tortious liability e prevalenza
del «diritto alla riparazione». L’avvento della strict liability e della garanzia assicurativa ob-
bligatoria. I rischi dei modelli misti. Verso un unitario sistema di social security che garanti-
sca la più ampia copertura del rischio sulla base del principio di riparazione integrale.

1. Nel percorrere gli itinerari della responsabilità civile si avverte un signi-


1
ficativo mutamento di prospettiva . La posizione preminente assunta, nel tem-

1
Mi sembra di poter riaffermare oggi le idee proposte in questo scritto, malgrado esse siano state
644 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

po presente, dalla tutela dell’individuo, anche con riguardo agli aspetti che
prescindono dalla sua integrità psicofisica, induce a ravvisare un ribaltamento
2
del tradizionale rapporto tra danni al patrimonio e alla persona . Nella gran
parte delle esperienze occidentali il sistema di responsabilità civile assume una
valenza costituzionale là dove riguarda la tutela di interessi particolarmente
3
protetti . Il risarcimento integrale, con funzione di compensation, di tali danni
è oggi una soluzione difficilmente contestabile. La regola di responsabilità ci-
vile tende, sempre più spesso, a emanciparsi dalla presenza dell’elemento sog-
gettivo. Anche i modelli di valutazione e di liquidazione normalmente variano
in relazione ai differenti sistemi di riparazione e di collegamento della respon-
sabilità.
La preminente attenzione dedicata a taluni settori nei quali v’è un rilevante
rischio sociale (circolazione di autoveicoli, infortuni sul lavoro, prodotti difet-
tosi, incidenti nucleari, tutela dell’ambiente, ecc.) implica, sovente, una mano-
vra sui criteri d’imputazione. Il danno viene risarcito sulla base del solo nesso
di causalità tra fatto ed evento, sul fondamento della sua ingiustizia, risultando
talora insignificante per il diritto il carattere diligente o negligente della con-
dotta dell’agente. E ciò contribuisce ad allontanare definitivamente l’elemento
dell’ingiustizia, che rappresenta il risultato di una valutazione oggettiva di tipo
4
ordinamentale (che non può mai mancare), dall’elemento soggettivo che, in-
vece, può non essere richiesto ai fini dell’integrazione della specifica fattispe-
cie di responsabilità. Molteplici interventi legislativi e sempre più numerosi
orientamenti giurisprudenziali contemplano l’imputazione in via preventiva
dei danni a titolo di responsabilità oggettiva o assoluta, al fine di assicurare al-

pensate ventidue anni fa (A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsabilità civile alla sicurezza
sociale, cit., passim) ed abbiano rappresentato, per me, un significativo elemento di confronto anche
in importanti Convegni. Tra i quali ricordo, in particolare, il Congresso «La responsabilità civile fra
presente e futuro», organizzato dalla Rivista Critica del Diritto Privato, presso l’Università degli Studi
di Perugia, il 30 e 31 maggio 1997, e il Convegno Internazionale «Personal Injury Beyond National
Experiences», svoltosi a Pisa, Scuola Superiore S. Anna, il 30 ottobre 1997. Le relazioni da me tenute
sono state poi pubblicate: la prima, negli Atti del Convegno, in Riv. crit. dir. priv., 1998, pp. 763-828,
e negli Studi in onore di P. Rescigno, V, Milano, 1998, pp. 345-414, con il titolo I danni alla persona
tra responsabilità civile e sicurezza sociale; la seconda (nella sua versione italiana) è apparsa in Rass.
dir. civ., 1998, pp. 599-647, I danni alla persona tra responsabilità civile e sicurezza sociale. A proposito
del modello neozelandese, e, in formato ridotto, in Danno e resp., 1998, pp. 323-329, Danno alla per-
sona nel modello neozelandese tra responsabilità civile e sicurezza sociale.
2
F.D. BUSNELLI, Problemi di inquadramento sistematico, cit., pp. 28 e 30.
3
Oltre alle sempre attuali pagine di R. SAVATIER, Le dommage et la personne, cit., p. 5 ss., cfr.,
in ambiente di common law, F.H. LAWSON, B. MARKESINIS, Tortious Liability, cit., p. 49; P.S.
ATIYAH, Negligence, cit., p. 269 ss.; W.L. PROSSER, Law of Torts, cit., p. 300 ss.
4
In questi termini si esprime chiaramente la stessa Relazione al Re, n. 267. Sugli ambigui rap-
porti tra ingiustizia e colpa, che hanno caratterizzato l’esperienza francese, cfr. R. SACCO, Introdu-
zione, cit., p. 99. Ricorda che nella concezione originaria formulata da Toullier, e ripresa in Fran-
cia dai teorici dell’illicéité négative, l’ingiustizia era identificata in «ogni danno recato con colpa o
dolo», in assenza di una causa di giustificazione, P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p.
205.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 645

5
la vittima una riparazione più rapida, giusta e incondizionata .
Le vicende giuridiche di questi modelli descrivono l’accelerata evoluzione
della teoria dell’illecito, consentono di esaminare la struttura e la funzione del-
le regole di responsabilità e di verificare il ruolo (spesso evanescente) della
colpa e delle sue presunzioni in relazione ai fenomeni dell’assicurazione obbli-
6
gatoria di responsabilità e della socializzazione dei rischi . L’estensione del-
l’area dei danni risarcibili, l’individuazione di criteri di collegamento che pre-
scindono del tutto o in parte dalla negligenza, la preminenza del rapporto di
causalità sull’elemento soggettivo, l’identificazione del danno causato in quello
7
«subìto» , l’esclusione delle cause di esonero totale o parziale fondate sulla
faute della vittima o sul fatto del terzo, l’adozione di modelli no-fault e first
party insurance testimoniano – quanto meno in alcuni settori, nei quali la ripa-
razione dei danni corrisponde alla violazione di interessi particolarmente pro-
tetti – la progressiva trasformazione dei modelli di responsabilità in sistemi di
social security, nel quadro di una garanzia collettiva che ripartisca l’onere del
risarcimento tra coloro che devono sopportare il costo sociale ed economico
dell’accident (e che, sempre più spesso, sono chiamati a finanziare l’organismo
di compensation). Lo studio comparato dei sistemi d’imputazione, di ripara-
zione e di liquidazione diviene un indispensabile strumento di verifica dei
modelli che assegnano alla disciplina della responsabilità civile più ampie fun-
8
zioni di controllo e di direzione sociale .

5
Per la verifica di questa affermazione, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsabi-
lità civile, cit., p. 52 ss.; ID., La riparazione dei danni, cit., p. 25 ss. e passim.
6
Le reciproche interferenze tra assicurazione e responsabilità, che determinano un radicale mu-
tamento della struttura e della funzione dell’illecito, sono poste in evidenza soprattutto dalla lettera-
tura francese (R. SAVATIER, Vers la socialisation de la responsabilité et des risques individuels?, in Dal-
loz Hebd., 1931, Chron., p. 9 ss.; G. RIPERT, Le régime démocratique et le droit civil moderne, Parigi,
II éd., 1984, pp. 307, 309 ss.; A. TUNC, La responsabilité civile, Paris, 1981, pp. 6, 73 ss.; G. VINEY,
Le déclin, cit., p. 3 ss.; B. STARCK, Droit civil. Obligations. Responsabilité individuelle, Paris, 1985, p.
25 ss.; C. LARROUMET, L’indemnisation des victimes d’accidents de la circulation: l’amalgame de la
responsabilité civile et de l’indemnisation automatique. À propos de la loi n. 85-677 du 5 juillet 1985, in
Rec. Dalloz, 1985, Chron., p. 240 s.) e di lingua inglese (per tutti, P.S. ATIYAH, Accidents, cit., passim;
G. SCHWARTZ, The Ethics and the Economics of Tort Liability Insurance, in Cornell L. Rev., 1990, p.
314 ss.; K. ABRAHAM, Making Sense of the Liability Insurance Crisis, in Ohio St. L. J., 1987, p. 399 ss.;
R. EPSTEIN, Products Liability as an Insurance Market, in J. Legal St., 1985, p. 645 ss.; P. DANZON,
Tort Reform and the Role of Government in Private Insurance Markets, ivi, 1984, p. 517 ss.; M. TRE-
BILCOCK, The Social Insurance-Deterrence Dilemma of Modern North-America Tort Law: A Canadian
Perspective on the Liability Insurance Crisis, in San Diego L. Rev., 1987, p. 929 ss.).
7
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
8
Sul punto, S. RODOTÀ, Modelli e funzioni, cit., pp. 600 ss., 603 ss. Sulle «funzioni estranee alla
responsabilità civile» v., altresì, G. CALABRESI, Costo degli incidenti e responsabilità civile. Analisi eco-
nomico-giuridica, trad. it. di A. De Vita, V. Varano, V. Vigoriti, Milano, 1975, p. 56 s. Per un’indagine
sui criteri legali di determinazione del danno, cfr. G. SMORTO, Il danno da inadempimento, Padova,
2005, p. 87 ss.
646 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

2. Sulla scia del sistema delineato dalla c.d. loi Badinter (legge 5 luglio 1985,
n. 85-677), anche in altre esperienze giuridiche la distinzione primaria ed es-
senziale che informa e che conforma oggi le regole di responsabilità è quella
9
tra danni alla persona e «dommages aux biens» (art. 5) . Mentre la disciplina
dei danni cosiddetti economici, sia da delitto sia da contratto, appare ancora
riconducibile al sistema tradizionale della responsabilità civile, secondo i con-
sueti criteri di collegamento fondati – oltre che sull’ingiustizia del danno – sul-
la colpa o sul dolo dell’agente, la problematica dei danni alle situazioni parti-
colarmente protette appare fondata su principi in parte diversi che tendono a
realizzare una integrale socializzazione dei rischi.
La centralità e la preminenza di tali danni si manifestano soprattutto in or-
dine ai criteri di imputazione della responsabilità. Sulla scia della legislazione
che ha introdotto nel 1971 in Massachusetts un sistema no-fault di assicura-
10
zione diretta per i danni alla persona , il settore della responsabilità civile da
circolazione di veicoli ha rappresentato, in molti paesi, il principale strumento
di elaborazione e di sperimentazione dei nuovi modelli. Il diritto israeliano,
nel 1975, ha previsto un regime di responsabilità assoluta che riguardava la
riparazione di tutti i danni alla persona, ma che era considerato «conservato-
11
re» perché adottava l’usuale meccanismo dell’assicurazione privata obbliga-
toria. L’eliminazione dell’azione di responsabilità civile di diritto comune, ad
eccezione della condotta intenzionale, ha consentito di introdurre un sistema
di indennizzo automatico che prescindeva del tutto dalla ricerca della negli-

9
Su questa fondamentale innovazione introdotta dalla Loi Badinter v., per tutti, A. TUNC, La loi
française du 5 juillet 1985 sur l’indemnisation des victimes d’accidents de la circulation, in Rev. gén. ass.
resp., 1986, 11003; C. LARROUMET, L’indemnisation, cit., p. 237 ss.; G. VINEY, Réflexions après quelques
mois d’application des articles 1 à 6 de la loi du 5 juillet 1985 modifiant le droit à indemnisation des
victimes d’accidents de la circulation, in Rec. Dalloz, 1986, Chron., p. 205 ss.; F. CHABAS, Le droit des
accidents de la circulation après la réforme du 5 juillet 1985, Paris, II éd., 1988, pp. 13 ss., 67 ss.
10
Oltre al classico studio di R.E. KEETON, J. O’CONNELL, Basic Protection for the Traffic Vic-
tim. A Blueprint for Reforming Automobile Insurance, Boston, 1965, p. 299 ss., per ulteriori dettagli
cfr. A. TUNC, La réforme du droit des accidents de la circulation: l’étude du Département des Transports
des États-Unis, in Rev. int. dr. comp., 1971, p. 444 ss.; R.E. KEETON, L’assurance automobile per-
mettant l’indemnisation des victimes indépendamment de la faute dans le Massachusetts, ivi, 1971, p.
117 ss. Un panorama della situazione successiva è in J. O’CONNELL, A «Neo No-Fault» Contract in
Lieu of Tort: Preaccident Guarantees of Postaccident Settlement Offers, in California L. Rev., 1985,
p. 898 ss.; J. O’CONNELL, R. JOOST, Giving Motorist a Choice Between Fault and No-Fault Insu-
rance, in Virginia L. Rev., 1986, p. 61 ss.; G.L PRIEST, L’assicurazione obbligatoria per la circolazio-
ne degli autoveicoli negli Stati Uniti, trad. it. di C. Amato, G. Ponzanelli, in Quadrimestre, 1990, p.
32 ss.
11
U. YADIN, La nouvelle loi israélienne sur l’indemnisation des victimes d’accident de la circula-
tion, in Rev. int. dr. comp., 1976, p. 482, precisa che «la responsabilità del conducente è assoluta e
totale», anche perché è del tutto irrilevante la colpa della vittima o del terzo (p. 477). Propone di
«continuare ad avanzare nella medesima direzione» e di «percorrere la seconda parte del cammino»
che conduce a un sistema integrale di sicurezza sociale, A.L. MILLER, Le droit israélien des accidents
de la circulation: vers un système d’assurance sociale?, ivi, 1983, p. 67.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 647

12
genza del danneggiante, della vittima o del terzo .
13
La «alternativa» svedese è stata fondata su un sistema statale assai avanza-
to di generale sicurezza sociale, completato e rafforzato da una serie di mec-
canismi integrativi di accident compensation e dall’accoglimento di un modello
no fault insurance, operante nei settori nei quali il problema della riparazione
dei danni alla persona si è presentato con maggiore rilevanza e gravità (infor-
tuni sul lavoro, danni causati da circolazione di veicoli, da interventi medici e
14
da assunzione di farmaci) . Nel settore della circolazione stradale, ad esem-
pio, a differenza dei danni ai veicoli, che erano risarciti sulla base di un’assi-
curazione third party e delle comuni regole di responsabilità, i pregiudizi alla
persona hanno trovato riparazione nell’ambito di un modello no fault edifica-
to su un’assicurazione diretta «a favore» del danneggiato, che si è prefisso di
garantire la integrale e automatica riparazione di tutte le lesioni all’integrità
15
psicofisica .
16
Sulla base del principio «la persona innanzi tutto» , nel marzo del 1978 è
entrata in vigore in Québec una legge che, pur conservando per i dommages
aux biens le tradizionali regole sull’illecito civile, ha abolito per i danni alla
persona il regime della colpa presunta ed ha sostituito l’assicurazione adverse
17
con una assurance-véhicule fondata sui principi della responsabilità assoluta .
Anche l’esperienza francese, pur non avendo accolto nella sua interezza la
proposta di introdurre un integrale regime di sicurezza sociale, si è liberata
dalla «prigionia del dogma della responsabilità per colpa» con la legge 5 luglio
1985, n. 85-677 (loi Badinter), che rappresenta un’interessante «amalgama di
18
responsabilità civile e d’indennizzo automatico» . La legge, nel disciplinare
specificatamente i danni alla persona – per i pregiudizi aux biens si applicano
le regole di diritto comune –, impedisce che le «vittime, inclusi i conducenti
[...], possano vedersi opposta la forza maggiore o il fatto del terzo dal condu-
cente o dal custode del veicolo» (art. 2). Anche la negligenza della vittima di-
12
In particolare, A.L. MILLER, op. cit., p. 54.
13
In questi termini, F.D. BUSNELLI, Modelli e tecniche di indennizzo del danno alla persona.
L’esperienza italiana a confronto con «l’alternativa svedese», in Jus, 1986, p. 220 ss.
14
Per tutti, A. TUNC, L’indemnisation des victimes d’accidents de la circulation: la loi suédoise du
15 décembre 1975, in Rev. int. dr. comp., 1977, p. 775 ss.; J. HELLNER, in A. Tunc (a cura di), Pour
une loi sur les accidents de la circulation, Paris, 1981, p. 227 ss.; G. CALABRESI, Policy Goals of the
“Swedish Alternative”, in Am. J. Comp. L., 1986, p. 657 ss. Sul punto, gli Atti dell’International Collo-
quium su «Compensation for Personal Injury. The Swedish Alternative in an International Perspective»
(Uppsala, 16-19 giugno 1986).
15
J. HELLNER, op. cit., pp. 227 e 229.
16
Lo ricorda C. BELLEAU, in A. Tunc (a cura di), Pour une loi sur les accidents de la circulation,
cit., p. 207.
17
Su tali aspetti, tra gli altri, J.L. BAUDOUIN, La nouvelle législation québécoise sur les accidents de
la circulation, in Rev. int. dr. comp., 1979, p. 382 ss.; J. O’CONNELL, C. TENSER, North America’s
Most Ambitious No-Fault Law: Quebec’s Auto Insurance Act, in San Diego L. Rev., 1987, p. 917 ss.
18
Le espressioni tra virgolette sono, nell’ordine, di A. TUNC, in ID. (cur.), Pour une loi sur les
accidents de la circulation, cit., p. 17, e di C. LARROUMET, L’indemnisation, cit., pp. 237 e 240 ss.

22*.
648 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

viene inopponibile, salvo la colpa inescusabile che sia stata la causa esclusiva
dell’incidente. La legge «consacra il principio della preminenza assoluta dei
19
danni personali e quello della tendenziale riparazione integrale degli stessi» .
Il modello più interessante e completo è senz’altro quello neozelandese.
Entrato in vigore nell’aprile del 1974, nonostante alcune significative modifi-
che, esso ha costituito, sotto il profilo dei criteri d’imputazione, il sistema più
avanzato in materia. L’abolizione, per le lesioni personali, del tort system era
stata coniugata alla totale irrilevanza della diligenza/negligenza delle condotte
del danneggiante, della vittima e del terzo. Ciò aveva spinto ad affermare che
20
il giudizio di responsabilità «non si pone[va] più del tutto» . Ogni personal
injury era riparabile sul fondamento della mera dimostrazione dell’evento dan-
noso. Ad eccezione dei danni fisici o psichici causati da una malattia, da un’epi-
demia o dal normale processo di senescenza, la disciplina dell’Accident Com-
pensation Act si estendeva a ogni ipotesi di danno alla persona dovuto a un ac-
cidente. Nonostante tale modello si fosse dimostrato uno dei più efficienti e
avesse conservato sempre un alto livello di gradimento presso la popolazione
(l’80% circa), anche per la rapidità dei tempi di riparazione, l’eccessivo au-
mento dei costi per le indennità di non «appropriata» occupazione e per la
copertura totale degli incidenti subiti dai lavoratori – soprattutto nell’esercizio
di attività (ad es., sportive) espletate al di fuori dell’orario di lavoro – ha spinto a
riformare l’originario piano di compensation con l’adozione di un sistema di as-
sicurazione sociale e con una parziale e sussidiaria reintroduzione del tort law.
Al fine di internalizzare in modo più efficiente i costi degli incidenti, realiz-
zando obiettivi di deterrenza, il sistema neozelandese ha assunto un diverso
21
aspetto strutturale . Disciplinato pur sempre in modo unitario dall’Accident
19
S. SICA, Circolazione stradale e responsabilità: l’esperienza francese e italiana, Camerino-Napoli,
1990, p. 264.
20
Testualmente, M.A. VENNELL, L’indemnisation des dommages corporels par l’État: les résultats
d’une expérience d’indemnisation automatique en Nouvelle Zélande, in Rev. int. dr. comp., 1976, p. 74.
Per un’informazione complessiva su tale modello, G.W.R. PALMER, Compensation for Personal Inju-
ry: A Requiem for the Common Law in New Zealand, in Am. J. Comp. L., 1973, p. 1 ss.; A. TUNC, L’in-
demnisation des dommages corporels accidentels des lois nord-américaines et néo-zélandaise. Les com-
missions anglaise et irlandaise, in Rev. int. dr. comp., 1973, p. 684 s.; ID., Quatorze ans après: le sys-
tème d’indemnisation néo-zélandais, ivi, 1989, p. 139 ss.; M.A. FRANKLIN, Personal Injury Accidents
in New Zealand and the United States: Some Striking Similarities, in Stanford L. Rev., 1975, p. 65 ss.; J.
HENDERSON, The New Zealand Accident Compensation Reform, in Univ. Chicago L. Rev., 1979, p.
780 ss.; ID., The Substance of the New Zealand Reforms, ivi, 1981, p. 781 ss.; D. HARRIS, Can the Law
of Torts Fulfill its Aims?, in New Zealand L. Rev., 1990, p. 113.
21
Per maggiori approfondimenti, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Les dommages à la per-
sonne entre responsabilité civile et sécurité sociale. À propos du modèle néo-zélandais, relazione tenuta
al Convegno su «Personal Injury Beyond National Experiences» (Pisa, 30 ottobre 1997). Ulteriori
dettagli sulla riforma del modello neozelandese in R.S. MILLER, Comments: The New Zealand Expe-
rience, in U. Hawaii L. Rev., 1993, p. 626 ss.; ID., An Analysis and Critique of the 1992 Changes to
New Zealand’s Accident Compensation Scheme, in Maryland L. Rev., 1993, p. 1070 ss.; M.A. VEN-
NELL, Comments: The New Zealand Experience, in U. Hawaii L. Rev., 1993, p. 621 ss.; R. MAHONEY,
New Zealand’s Accident Compensation Scheme: A Reassessment, in Am. J. Comp. L., 1992, p. 159 ss.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 649

Rehabilitation and Compensation Insurance Act 1992 e 1993, esso ha sostituito


l’originario modello generalizzato di sicurezza sociale con un articolato mec-
canismo che ha previsto la combinazione di cinque piani settoriali. Il Wor-
kers’Compensation Scheme è stato pensato per riparare i danni subiti dai lavo-
ratori nell’esercizio e a causa delle loro mansioni ed è stato finanziato attraver-
so premi pagati dalle imprese sulla base della loro industry class. Per gli inci-
denti subiti dai prestatori di lavoro nello svolgimento di attività non produtti-
ve è stata introdotta un’assicurazione sociale diretta a carico degli stessi. Per
gli infortuni patiti dai soggetti non occupati è rimasto un programma di sicu-
rezza sociale che è stato finanziato con il ricorso alla fiscalità generale e che si
è prefisso di proteggere ogni cittadino dal bisogno. Per i danni derivanti dalla
circolazione stradale è stato conservato un piano no-fault sorretto dai proprie-
tari dei veicoli, con il pagamento di premi e di ulteriori imposte, e dai condu-
centi, attraverso una tassa sui carburanti. Nel settore della responsabilità me-
dica è stato introdotto un piano misto, che ha conferito di nuovo rilievo alla
condotta negligente e/o imperita e che è stato finanziato dai singoli operatori
con il pagamento di premi commisurati alla «classe professionale» e alla expe-
rience rating.

3. Il diritto italiano, invece, non conosce una disciplina chiaramente diver-


sificata per i danni che rappresentano la violazione di interessi particolarmente
protetti (in questo senso, tuttavia, si è mossa la riforma dell’INAIL attuata con
il d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38) e per quelli aux biens, colloca all’interno del-
l’impianto del codice civile gran parte delle regole speciali di responsabilità e
richiede un’attenta analisi ermeneutica per chiarire gli elementi strutturali (pro-
va liberatoria, ad es.) delle singole fattispecie. La giurisprudenza, seguendo
22
l’orientamento dell’esperienza francese anteriore all’introduzione della loi
Badinter, ha revocato in dubbio, soprattutto quando si è trattato di riparare
danni alla persona, l’interpretazione tendenzialmente soggettiva di quella dot-
trina che individuava la «prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il
danno» (art. 2054, comma 1, c.c.) nella misura della diligenza esigibile dal
23
conducente . Questi non è liberato dalla responsabilità se prova di aver tenu-
to un comportamento ineccepibile (assenza di colpa). Egli, invece, deve dimo-
strare, là dove abbia provocato lesioni all’integrità psicofisica di altre persone,
che una causa esterna alla sua sfera d’influenza, inevitabile e imprevedibile, è
stata idonea di per sé a causare il danno. Una consolidata giurisprudenza, nel

22
Per una ricostruzione del quale, cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei dan-
ni, cit., p. 33 ss.
23
Il riferimento è, evidentemente, a chi costruisce la fattispecie prevista dall’art. 2054, comma 1,
c.c. sulla condotta del conducente e, quindi, sulla sua colpa quantunque lievissima: noto è, sul punto,
il pensiero di A. DE CUPIS, Il danno, Milano, 1946, p. 191 ss.; ID., Dei fatti illeciti, cit., p. 79.
650 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

24
caso di investimento di pedoni , richiede ora l’estraneità del fatto del condu-
25
cente , ora l’onere di indicare specificamente l’elemento causale nel quale si
sarebbe concretizzato il caso fortuito con i suoi caratteri di imprevedibilità e
26
di inevitabilità . Il conducente è giudicato sempre responsabile e si esclude la
sussistenza del caso fortuito nelle ipotesi di slittamento della vettura su strada
27 28
bagnata o ghiacciata , di abbagliamento da fari o da riflessi solari , di bloc-
29
caggio del volante , di colpo di vento che non assuma «un carattere ciclonico,
30
e cioè di vortice improvviso» . Il carattere dell’imprevedibilità è stato negato
al «sasso proiettato su un’autovettura in sorpasso su una strada non asfalta-
31 32
ta» . Anche la stanchezza fisica, il sonno fisiologico o un malore improvviso
33
del conducente (cardiopatia, epilessia, ecc.) non sono stati considerati cause
d’esonero in quanto eventi più o meno prevedibili, allorché l’agente sia stato
interessato nel passato da analoga patologia. La stessa manovra di emergenza
non è idonea ad affrancare il danneggiante dalla responsabilità se non risulti
adeguata rispetto allo stato di necessità e inevitabile in relazione alla «soluzio-
34
ne di guida prescelta» . Il comportamento colposo della vittima, per inter-
rompere il nesso eziologico e per liberare il danneggiante, deve consistere in
35
un fatto imprevedibile e inevitabile, di per sé efficiente a causare l’evento .

24
Già Cass. pen., 28 ottobre 1960, n. 1674, in Riv. giur. circol. trasp., 1961, p. 227 (per ulteriori
indicazioni, M. FRANZONI, Colpa presunta, cit., p. 156 ss.).
25
Cfr., ad es., Cass., 19 settembre 1980, n. 5321, in Resp. civ. prev., 1980, p. 728; Cass., 10 marzo
1970, n. 625, ivi, 1971, p. 383.
26
Per tutte, Cass. pen., 18 marzo 1983, n. 2280, in Arch. giur. circol., 1983, p. 478; Cass. pen., 12
gennaio 1979, n. 324, ivi, 1979, p. 341. Tuttavia non manca qualche parziale revirement che ripropo-
ne la rilevanza delle «cautele dell’uomo di normale diligenza» (Cass., 17 febbraio 1987, n. 1724, in
Dir. prat. assic., 1987, p. 911).
27
Cass. pen., 22 ottobre 1986, n. 11314, in Riv. giur. circol. trasp., 1987, p. 705; Cass. pen., 16
marzo 1982, in Resp. civ. prev., 1982, p. 837; Cass. pen., 22 dicembre 1981, n. 11329, in Riv. giur.
circol. trasp., 1982, p. 1118.
28
Cass. pen., 18 marzo 1986, n. 2183, in Riv. giur. circol. trasp., 1986, p. 1061; Cass. pen., 10 lu-
glio 1980, n. 8796, ivi, 1981, p. 157 s.; Cass. pen., 19 gennaio 1980, n. 753, ivi, 1980, p. 601; Trib. Fi-
renze, 9 febbraio 1981, ivi, 1982, p. 1107.
29
Cass. pen., 27 marzo 1980, n. 4268, in Riv. giur. circol. trasp., 1981, p. 1109.
30
Così Cass. pen., 20 gennaio 1970, in Giust. pen., 1970, II, c. 890.
31
Pret. Bassano del Grappa, 24 novembre 1977, in Resp. civ. prev., 1979, p. 115; Pret. Mestre, 10
marzo 1973, in Dir. prat. assic., 1974, p. 689.
32
Cass. pen., 14 maggio 1985, n. 4660, in Riv. giur. circol. trasp., 1986, p. 160; Cass. pen., 12 ot-
tobre 1984, n. 8513, ivi, 1985, p. 275.
33
Cass. pen., 8 aprile 1982, in Resp. civ. prev., 1983, p. 550; Cass. pen., 16 gennaio 1978, n. 530,
in Arch. giur. circol., 1978, p. 207; App. Brescia, 16 ottobre 1974, in Resp. civ. prev., 1974, p. 162.
34
Cass. pen., 10 marzo 1982, in Resp. civ. prev., 1982, p. 839; Cass. pen., 18 febbraio 1972, ivi,
1973, p. 483.
35
Secondo quanto stabilito nel celeberrimo arrêt Desmares: Cass. civ., 21 luglio 1982, in Rec. Dal-
loz, 1982, Jur., p. 449, e in Sem. jur., 1982, II, 19861. Per l’incidenza di tale decisione sul diritto fran-
cese della responsabilità civile, Y. LAMBERT FAIVRE, Aspects juridiques, moraux et économiques de
l’indemnisation des victimes fautives, in Rec. Dalloz, 1982, Chron., p. 207 ss.; G. VINEY, La faute de la
victime d’un accident corporel: le présent et l’avenir, in Sem. jur., 1984, I, 3155.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 651

In ipotesi di collisione, la presunzione che «ciascuno dei conducenti abbia


concorso egualmente a produrre il danno» (art. 2054, comma 2, c.c.) può es-
sere superata non con la prova della propria diligenza o della altrui violazione
delle regole della circolazione, ma dimostrando che il comportamento dell’al-
tro conducente integri gli estremi dell’imprevedibilità, dell’inevitabilità e del-
l’autonomia causale propri del caso fortuito. In tal senso depongono le deci-
sioni della giurisprudenza nell’evenienza di un’improvvisa apertura dello spor-
tello o nelle ipotesi di distacco del carico o di parti meccaniche del veicolo (ruo-
36
ta, marmitta, paraurti, ecc.) . Al pari della responsabilità del conducente (art.
2054, comma 1), la norma sulla collisione tra veicoli si pone «sul mero piano
oggettivo della idoneità causativa delle rispettive condotte e, in ossequio alla
comunanza [...] del rischio prodotto, si rivolge agli autori del fatto, sotto for-
37
ma di reciprocità» . L’esonero da responsabilità è individuato nel profilo del-
la causalità, fino ad assorbire del tutto quello della colpevolezza.
La norma (art. 2054, comma 3, c.c.) che sancisce la responsabilità solidale
(con il conducente: art. 2054, comma 1) del proprietario del veicolo, del-
l’usufruttuario o dell’acquirente con patto di riservato dominio testimonia pa-
rimenti il favor nei confronti del danneggiato. A questi è conferita un’ulteriore
garanzia patrimoniale, che si aggiunge a quella del conducente, ai fini della ri-
parazione del danno. La responsabilità ha carattere alternativo e grava sul sog-
getto che, godendo della disponibilità giuridica del bene (la garde juridique,
nel sistema francese), avrebbe potuto e dovuto impedire la circolazione del
38
veicolo . L’elenco dei responsabili (art. 2054, comma 3) non è stato inteso in
senso tassativo e, pertanto, la norma è sembrata estensibile ai soggetti che
esercitano sul bene quei poteri di direzione e di controllo che trovano fonda-
39
mento nella relazione giuridica di custodia (leasing, ad es.) . Sulla scia del-
l’elaborazione d’oltralpe delle nozioni di garde juridique e materielle, la giuri-
sprudenza italiana correttamente riconduce alla figura della custodia (art. 2051
36
Ad esempio, il conducente di un veicolo in sorpasso non ha l’obbligo di prevedere l’apertura
dello sportello di una vettura in sosta (Cass. pen., 11 settembre 1981, n. 8102, in Arch. giur. circol.,
1982, p. 107). La giurisprudenza, inoltre, distingue se la collisione tra un veicolo e le parti separate
dell’altro si verifichi mentre entrambi sono in movimento o allorché l’oggetto giaccia sulla carreggia-
ta: nel primo caso sarebbe applicabile il comma 2 dell’art. 2054; nel secondo, il comma 1 (Cass., 26
maggio 1959, n. 1618, in Riv. giur. circol. trasp., 1959, p. 518, con nota di E. BONASI BENUCCI, Sulla
nozione di veicolo in circolazione).
37
S. SICA, Circolazione stradale, cit., p. 219.
38
Su tali aspetti, Cass., 30 maggio 1977, n. 2209, in Resp. civ. prev., 1977, p. 792; Cass. pen., 25
febbraio 1966, in Giust. civ., 1966, I, p. 1090 ss.; altre indicazioni in F. PECCENINI, La responsabilità
civile per la circolazione dei veicoli, in G. ALPA, M. BESSONE, La responsabilità civile, II, in Giur. sist.
civ. e comm. Bigiavi, Torino, 1986, p. 691 s.
39
Nella prospettiva del testo, Trib. Milano, 13 gennaio 1984, in Resp. civ. prev., 1984, p. 101, con
nota critica di G. SCALFI, Analogia o produzione giudiziaria di norme? Considerazioni sull’art. 2054,
comma 3, c.c. Sul punto, U. BRECCIA, F.D. BUSNELLI, Leasing automobilistico e responsabilità civile ex
art. 2054, comma 3, c.c., in Riv. leasing, 1986, p. 495; G. GIANNINI, M. MARIANI, La responsabilità
per i danni dalla circolazione dei veicoli, II ed., Milano, 1983, p. 24.
652 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

40
c.c.) tutte le ipotesi previste dall’art. 2054 c.c. . Ciò è comprovato altresì dalla
regola (art. 2054, comma 4) che imputa la responsabilità dei danni derivanti
da vizi di costruzione o da difetti di manutenzione del veicolo a tutte le «per-
sone indicate dai commi precedenti», sia al conducente (comma 1), sia ai tito-
lari di situazioni giuridiche sul bene (comma 3).
Gli orientamenti della giurisprudenza e la stessa struttura dell’art. 2054 c.c.
attestano l’allontanamento della disciplina sulla responsabilità da circolazione
di veicoli dal dogma della colpa e contribuiscono ad allineare l’esperienza ita-
liana a quella francese, ponendo a fondamento dell’art. 2054 – non l’art. 2050
c.c. o, addirittura, il negligence standard dell’art. 2043 c.c., bensì – l’art. 2051
c.c., inerente alla responsabilità per danni cagionati da cose in custodia. Anche
nel nostro sistema la prova negativa di responsabilità diviene «illusoria» là do-
ve la dimostrazione di aver fatto realmente (e non soltanto in astratto) «tutto il
possibile per evitare il danno» (art. 2054, comma 1) tende a identificarsi con la
41
fattispecie del caso fortuito (art. 2051 c.c.) . La prova liberatoria opera sul
piano del nesso di causalità e il criterio di (imputazione della) responsabilità
va ravvisato – non tanto in un comportamento o in un’attività del convenuto
quanto – nella relazione giuridica (di custodia, utilizzo, proprietà, ecc.) esi-
stente tra soggetto e bene. Pertanto non sembra opportuno parlare né di una
42 43
responsabilità semi-oggettiva , né dell’ennesima presunzione di colpa che
resiste fino alla prova del fortuito, anche perché la presunzione è «logicamente
44
costruibile» soltanto sull’oggetto della prova contraria . La responsabilità «non
45
può [...] presumersi poiché essa è un’obbligazione e non un fatto» . Il caso
fortuito è nozione qualitativamente diversa dall’assenza di colpa, in quanto con-
siste in uno specifico e autonomo elemento causale, esterno al comportamento
del danneggiante e della vittima e contrassegnato dagli essenziali caratteri
46
dell’inevitabilità e dell’imprevedibilità . Soprattutto nel settore dei danni alla
persona, la pretesa presunzione di colpa ha lasciato il campo a una responsabi-
40
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 33 ss. e passim.
41
A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 40.
42
In relazione all’art. 2054 c.c.: così, invece, F.D. BUSNELLI, La parabola, cit., p. 680 ss. Afferma,
altresì, che, «in assenza di una disciplina speciale», sarebbe applicabile alla responsabilità da circola-
zione di veicoli lo standard dell’art. 2050 c.c., P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 1093,
aderendo alla tesi di M. COMPORTI, Esposizione al pericolo, cit., p. 259 ss.
43
Contra, discorre di «responsabilità per colpa presunta», D. POLETTI, Danni alla persona negli
«accidenti da lavoro e da automobile», Torino, 1996, p. 285 s.
44
Cfr. C. SALVI, voce Responsabilità extracontrattuale (dir. vig.), in Enc. dir., XXXIX, Milano,
1988, p. 1231 (ma v., tuttavia, Cass., 24 novembre 1979, n. 6148, in Giur. it., 1980, I, 1, c. 557; Cass.,
21 luglio 1979, n. 4385, in Giust. civ., 1979, I, p. 2035).
45
Testualmente, P. LE TOURNEAU, La responsabilité civile, III éd., Paris, 1982, p. 121; conf., B.
STARCK, Droit civil. Obligations, cit., p. 270 ss.
46
Con la consueta chiarezza, S. RODOTÀ, Il problema, cit., p. 162 s., sottolinea «una interpreta-
zione della norma che tende a risolvere il profilo della inevitabilità in quello della imprevedibilità; e la
stessa nozione di prevedibilità viene intesa in senso così ampio che la semplice possibilità del fatto (il
suo concreto essersi verificato) è intesa come indice della prevedibilità».
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 653

lità oggettiva che è collegata alla titolarità di una situazione o all’esercizio di


un’attività. Superata la convinzione che le ipotesi previste dall’art. 2054 sareb-
bero costruite sulla condotta del conducente, e quindi sulla sua negligenza quan-
47
tunque lievissima , la giurisprudenza ha allineato la fattispecie di responsabi-
lità da circolazione di veicoli alla disciplina della cosa in custodia (artt. 1384
code civ. e 2051 c.c.), sia sotto il profilo strutturale e normativo, sia sotto
l’aspetto funzionale, in modo che si possa discorrere non tanto di rischio o di
48
colpa (presunta o no), quanto di oggettiva garanzia del danneggiato .

4. Nell’affascinante, travagliato itinerario che conduce dalla responsabilità


civile alla sicurezza sociale, la disciplina italiana sulla circolazione dei veicoli
(artt. 2054 e 2051 c.c.) assume una collocazione intermedia poiché testimonia
il processo di oggettivazione della responsabilità, la quale è collegata a un si-
stema di assicurazione obbligatoria. La preminente logica riparatoria dell’azio-
ne diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore, che consente di in-
dividuare celermente un soggetto solvibile al quale imputare il (rischio del)
danno nella sua totalità, ha dimostrato l’incidenza dell’assicurazione obbliga-
toria sulla struttura e sulla funzione sociale della responsabilità civile ed ha in-
dotto a considerare i danneggiati come portatori di un interesse «quasi pub-
49
blicistico» .
In tale prospettiva si sono inseriti gli orientamenti giurisprudenziali che
50
hanno consentito sempre più spesso il superamento dei massimali di polizza
e che hanno considerato operativa la garanzia pure nel caso di atto doloso
47
Per tutti, A. DE CUPIS, Dei fatti illeciti, cit., p. 79.
48
In questi termini, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsabilità civile, cit., p. 37, sulla
scia della letteratura d’oltralpe: v., tra i tanti, R. SAVATIER, Vers la socialisation, cit., p. 9 ss.; P. RAY-
NAUD, De la responsabilité civile à la sécurité sociale. À propos de la nouvelle législation sur les acci-
dents du travail, in Rec. Dalloz, 1948, Chron., p. 93 ss.; A. TUNC, Responsabilité, assurance et solidarité
sociale dans l’indemnisation des dommages, in Travaux et recherches de l’Institut de Droit Comparé de
Paris. Études de droit contemporain, Paris, s.d., p. 61 ss.; R. GRANGER, L’influence de la sécurité so-
ciale sur la responsabilité civile, in Dr. soc., 1955, p. 503 ss.; D. CONSTANT, L’influence de la sécurité
sociale sur la responsabilité civile, in Mélanges en honneur de R. Savatier, Paris, 1965, p. 235 ss.; R.
BARROT, De la responsabilité à l’indemnisation du préjudice corporel, in Gaz. Pal., 1982, I, p. 158 ss.
49
Cfr. G. GENTILE, Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile degli autoveicoli e dei na-
tanti, Milano, 1971, p. 149 ss. La disciplina dell’azione diretta determina un mutamento nella «strut-
tura stessa dell’assicurazione della responsabilità civile», provocando un «radicale ribaltamento della
tradizionale visione del rapporto tra contratto e pretesa del terzo» (E. QUADRI, Indennizzo e assicura-
zione, in Dir. giur., 1985, pp. 868 e 870).
50
Cfr. le decisioni citate da S. RUTA, Assicurazione r.c.a. e responsabilità ultramassimale
dell’assicuratore: un’ennesima conferma, in Resp. civ. prev., 1994, p. 462 ss., e da L. STANGHELLINI, I
diritti del danneggiato e le azioni di risarcimento nell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civi-
le, Milano, 1990, p. 174 ss. Sul vivace dibattito che ha coinvolto la dottrina italiana agli inizi degli an-
ni ’80, v., in vario senso, E. QUADRI, La «vittima della strada» tra inflazione e massimale: una proposta
ricostruttiva, in Foro it., 1982, I, c. 1074 ss.; R. PARDOLESI, Ultramassimale: ultimo atto?, ivi, 1983, I,
c. 2390 ss.; G. SCALFI, Massimale nella r.c. auto e svalutazione, in Resp. civ. prev., 1982, p. 693 ss.
654 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

51
compiuto da persona diversa dal contraente . In questo senso si è posta anche
la norma (art. 24, legge 24 dicembre 1969, n. 990), considerata all’epoca «assai
52
ardita» , che ha permesso al giudice di condannare l’assicuratore a corri-
spondere al danneggiato, il quale versasse in stato di bisogno a causa dell’acci-
53
dente, una somma di denaro a titolo di provvisionale . Una motivata sfiducia
nei confronti di un legislatore sovente inefficiente ha indotto ancora una volta
la Consulta a esercitare funzioni di supplenza «per quanto riguarda i danni al-
le persone, in relazione ai quali assume rilievo preminente la tutela costituzio-
54
nale della salute» . Un’ulteriore, significativa estensione della garanzia assicu-
rativa obbligatoria è stata realizzata dalla riforma del codice della strada là do-
ve ha disposto – a livello di principi, e sotto la minaccia di sanzioni ammini-
strative – che tutti i veicoli a motore senza guida di rotaie non potessero essere
posti in circolazione senza la necessaria copertura assicurativa (art. 193, comma
1, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, in att. della legge delega 13 giugno 1991, n. 190).
Lo stesso Codice delle assicurazioni private (d.lgs. 7 settembre 2005, n.
209), redatto più nel segno di una consolidazione delle regole anteriormente
vigenti che delle loro riforma, annovera talune soluzioni innovative, come, ad
esempio, in tema di risarcimento «diretto» (art. 149), che consente ai danneg-
giati di rivolgere la richiesta di riparazione all’impresa di assicurazione «che ha
stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato» (e non più all’impresa assi-
curativa del “terzo” danneggiante), la quale «è obbligata a provvedere alla li-
quidazione dei danni per conto dell’impresa di assicurazione del veicolo re-
sponsabile» (commi 1 e 3). Se il danneggiato dichiara di accettare la somma
offerta, l’impresa di assicurazione deve provvedere al pagamento entro quin-
dici giorni dalla ricezione della comunicazione (comma 4). Questo meccani-
smo, che pur non rappresenta un sostanziale mutamento della struttura del
rapporto assicurativo da third party a first party, e che pur è limitato ai danni
ai veicoli ed alle cose trasportate (di proprietà dell’assicurato o del conducen-
te), nonché ai soli danni alla persona subiti dal conducente non responsabile
nei limiti dell’art. 139 (art. 149, comma 2), ha avuto il merito di utilizzare una
particolare modalità procedurale (poi definita dal d.P.R. 18 luglio 2006, n.
254, entrato in vigore il 1° gennaio 2007) al fine di rendere più rapida la liqui-
51
Cass., 17 maggio 1982, n. 3038, in Resp. civ. prev., 1982, p. 570 ss., precisa che l’esclusione dalla
copertura dell’assicurazione obbligatoria riguarda soltanto i fatti dolosi commessi dal contraente.
Nella giurisprudenza di merito v., altresì, Trib. Roma, 11 gennaio 1994, e Trib. Milano, 15 luglio 1993,
in Foro it., 1994, I, c. 1588 ss.; Trib. Milano, 9 febbraio 1981, in Resp. civ. prev., 1981, p. 467 ss.; Trib.
Roma, 22 novembre 1978, in Riv. giur. circol. trasp., 1979, p. 610 ss., là dove richiede, al fine del-
l’assunzione del rischio da parte dell’assicuratore, che la circolazione sia avvenuta senza il consenso
del contraente.
52
C.A. FUNAIOLI, Provvisionale per danni derivanti da atti illeciti e assicurazione obbligatoria di
veicoli, in Corti Brescia, Venezia e Trieste, 1967, p. 313.
53
Considerava tale previsione una «sorta di privilegio» per i danneggiati da sinistro stradale, A.
DURANTE, L’assicurazione obbligatoria della responsabilità da veicoli a motore, Milano, 1970, p. 193.
54
Così, Corte cost., 2 maggio 1991, n. 188, in Giust. civ., 1991, I, p. 1387 s.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 655

dazione della maggior parte dei danni subiti nell’ambito della circolazione stra-
dale, e di ridurre il numero delle controversie giudiziarie che avevano fatto
lievitare i costi dei sinistri di lieve entità.
Anche la regola che obbliga al risarcimento dei danni subiti dal «terzo tra-
sportato» l’impresa di assicurazione del veicolo «sul quale era a bordo al mo-
mento del sinistro» (art. 141, comma 1, d.lgs. n. 209 del 2005) ha il pregio di
individuare con certezza, e a prescindere da eventuali problemi di “responsa-
bilità” dei conducenti, il soggetto che deve provvedere al risarcimento dei
danni patiti da quelle persone che, per definizione incolpevoli in quanto “tra-
sportate”, hanno subito (talvolta gravi) lesioni all’integrità psicofisica. Si tratta,
questa, di una regola di responsabilità oggettiva, poiché l’unica ipotesi di eso-
nero (dell’impresa di assicurazione) dal risarcimento dei danni subiti dal terzo
trasportato è specificamente individuata nel «sinistro cagionato da caso fortui-
to» (art. 141, comma 1, I inciso).
Pur in presenza di alcune scelte talvolta incongruenti, il sistema italiano si è
55
rivelato sempre più «eclettico» anche in altri settori e ha testimoniato il su-
peramento della tort liability a favore del progressivo, ma incerto, affermarsi
di modelli ispirati a principi di sicurezza sociale. Per le vittime del terrorismo
e delle stragi (in particolare, il D.P.R. 30 ottobre 2009, n. 181, a norma del-
l’art. 6 legge 3 agosto 2004, n. 206), per le persone lese da ingiusta detenzione
56
(artt. 314 e 315 c.p.p.) o da errore giudiziario (art. 643 ss. c.p.p.) , per i sog-
getti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione
57
di emoderivati infetti (legge 25 febbraio 1992, n. 210 e successive modifiche)

55
Sottolinea, opportunamente, i pericoli del sistema eclettico, F.D. BUSNELLI, Modelli e tecniche,
cit., p. 237.
56
Anche in questo caso il soggetto danneggiato poteva ottenere un indennizzo, stabilito dal giu-
dice in via equitativa, che non poteva eccedere il limite massimo di lire cento milioni. Questa cifra già
all’epoca si rivelava del tutto irrisoria in relazione ai sempre più gravi e frequenti casi di ingiusta de-
tenzione e di errore giudiziario (Cass., Sez. Un. pen., 31 maggio 1995, in Resp. civ. prev., 1995, p.
712). Il legislatore ha opportunamente “novellato” il comma 2 dell’art. 315 c.p.p. (art. 15, comma 1,
lett. b della legge 16 dicembre 1999, n. 479) estendendo l’entità della riparazione fino a «lire un mi-
liardo [euro 516.456, 90]». Un superamento di tale limite – ma tale problematica s’interseca con quella,
già esaminata, del danno esistenziale – è stato comunque proposto in giurisprudenza (già, App. Ge-
nova, Sez. II pen., 7 febbraio 2003, in Danno e resp., 2003, p. 628 ss.).
57
Un’analisi comparativa della problematica è stata proposta da U. IZZO, La precauzione nella re-
sponsabilità civile. Analisi di un concetto sul tema del danno da contagio per via trasfusionale, Padova,
2004, p. 63 ss., e da L. DI COSTANZO, Il danno da trasfusione ed emoderivati infetti, Napoli, 1998, p.
222 ss. La normativa italiana, anche a causa delle sue molteplici e gravi imperfezioni, ha suscitato
numerose pronunzie nella giurisprudenza costituzionale, di merito e di legittimità: tra le tante, oltre a
Corte cost., 26 febbraio 1998, n. 27, a Corte cost., 16 ottobre 2000, n. 423, e a Corte cost., 26 novem-
bre 2002, n. 476, cfr. Corte cost., 18 aprile 1996, n. 118, in Foro it., 1996, I, c. 2326, con nota di G.
PONZANELLI, «Pochi, ma da sempre»: la disciplina sull’indennizzo per il danno da vaccinazione, trasfu-
sione o assunzione di emoderivati al primo vaglio di costituzionalità; Corte cost., 2 giugno 1994, n. 218,
ivi, 1995, I, c. 46, Corte cost., 2 giugno 1994, n. 210, ivi, 1995, I, c. 46, Corte cost., 3 marzo 1994, n.
70, ivi, 1995, I, c. 47, annotate da U. IZZO, Un difficile test per la consulta: l’AIDS, le leggi e i giudici
fiduciosi; Corte cost., 15 luglio 1994, n. 308, ivi, 1995, I, c. 32; Cass., Sez. III, 31 maggio 2005, n.
656 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

il vigente ordinamento ha previsto sistemi di compensation che, nella sostanza,


riparano il danno con funzione indennitaria, piuttosto che imputarlo diretta-
mente al “responsabile”. In alcuni casi sono state previste azioni di rivalsa,
operanti in via successiva e sussidiaria e in funzione prevalentemente redistri-
butiva. Il danno viene riparato, sulla base della mera previsione legislativa, al
di fuori del tradizionale rapporto bilaterale tra danneggiante e danneggiato ed
58
è posto a carico della solidarietà collettiva. Questa soluzione ha collocato tali
modelli «completamente fuori dal reticolato, normativo e culturale, delle rego-
le di responsabilità civile», mentre ha contribuito a delineare una pletora di
micro-sistemi di sicurezza sociale nel quale lo Stato diviene «l’assicuratore per
eccellenza dei rischi che possono incidere su situazioni soggettive costituzio-
59
nalmente rilevanti» .
60
Nel settore previdenziale – di assicurazione, più che di sicurezza sociale –
che riguarda gli infortuni sul lavoro la riparazione dei danni alla persona si è
caratterizzata, da lungo tempo, per la costituzione ex lege (e non per contrat-
to) del rapporto assicurativo, per la integrale assunzione del rischio da parte di
un ente pubblico (INAIL), per un meccanismo di indennizzo automatico delle
lesioni subite dal lavoratore nell’esercizio della sua attività. La disciplina pre-
videnziale ha contemplato gli eventi assicurati, ha individuato i beneficiari, ha
stabilito le modalità di valutazione e di liquidazione dell’indennizzo, secondo
61
una solidarietà più corporativa che collettiva . Ma la Consulta ha delineato il
nuovo modello costituzionale di un sistema idoneo ad apprestare una piena e
integrale garanzia al danno derivante da infortunio sul lavoro o da malattia
62
professionale : ha proposto di estendere la protezione assicurativa oltre il va-
lore capitale della rendita previdenziale e ha invitato il legislatore a compren-

11609, in Danno e resp., 2006, p. 269 ss., e Trib. Roma, Sez. II, 29 agosto 2005, n. 18523, con il com-
mento di M. CAPECCHI, Note in tema di illecito omissivo.
58
Che, almeno per quanto riguarda la legge n. 210 del 1992, trae ispirazione da un’importante
decisione della Consulta (Corte cost., 22 giugno 1990, n. 307, in Foro it., 1990, I, c. 2694, con note di
A. PRINCIGALLI, Tutela della salute e vaccinazioni a rischio, e di G. PONZANELLI, Lesione da vaccino
antipolio: che lo Stato paghi l’indennizzo), la quale ha giudicato incostituzionale la legge 4 febbraio
1966, n. 51 e ha affermato la responsabilità no fault dello Stato per i danni alla salute derivanti dal
rischio di contagio o «da altra apprezzabile malattia causalmente riconducibile alla vaccinazione ob-
bligatoria».
59
In questi termini, G. PONZANELLI, La responsabilità civile, cit., p. 150; A. PROCIDA MIRABELLI
DI LAURO, La riparazione dei danni, cit., p. 58 s.
60
Esclude che tale disciplina realizzi appieno un modello di sicurezza sociale ai sensi dell’art. 38
Cost., G. BALANDI, voce Assicurazione sociale, in Dig. Disc. Priv., Sez. comm., II, Torino, 1987, p. 388 s.
61
Così, D. POLETTI, Danni alla persona, cit., p. 156, la quale, tuttavia, afferma che «la disciplina
degli infortuni sul lavoro realizza un sistema di sicurezza sociale “in senso lato”» (p. 280, in nota 3).
62
Il riferimento è, evidentemente, alla nota trilogia della Corte cost., 15 febbraio 1991, n. 87, in
Riv. it. dir. lav., 1992, II, p. 6 ss., con nota di A. AVIO, Danno biologico e malattie professionali: un
ritorno alla teoria del rischio professionale?; Corte cost., 18 luglio 1991, n. 365, in Foro it., 1991, I, cc.
2967 ss., 3291 ss., con nota di D. POLETTI, Il danno «biologico» del lavoratore tra tutela previdenziale
e responsabilità civile; Corte cost., 27 dicembre 1991, n. 485, in Giur. it., 1994, I, 1, c. 161, commenta-
ta da M. DOGLIOTTI, Diritto alla salute e danno biologico nella giurisprudenza della Corte costituzionale.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 657

dere nella tutela infortunistica ogni rischio di menomazione dell’integrità psi-


cofisica del lavoratore che si sia verificato nell’esercizio e a causa delle sue
63
mansioni . Ciò, al fine di rendere il sistema conforme non soltanto agli artt. 4,
35 e 38 Cost., che assegnano al lavoro una posizione privilegiata, ma anche e
soprattutto agli artt. 2, 3 e 32 Cost.
Tali esigenze, costituzionalmente rilevanti, hanno trovato poi ulteriore con-
ferma nella riforma dell’INAIL (d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38) e, soprattutto,
nella norma (art. 13, comma 1) che ha imposto di risarcire in sé ogni «danno
biologico» del prestatore di lavoro, come lesione dell’integrità psicofisica della
persona suscettibile di valutazione medico legale. Nel delineare il nuovo «si-
stema d’indennizzo e sostegno sociale» (comma 2), si dispone, abbandonando,
almeno in parte, la vecchia logica patrimoniale, che «le menomazioni conse-
guenti alle lesioni dell’integrità psicofisica» debbano essere valutate sulla base
di una specifica “tabella delle menomazioni”, «comprensiva degli aspetti di-
namico-relazionali» (comma 2, lett. a). Mentre per le piccole permanenti (dal
6% al 15% d’invalidità) è prevista l’erogazione di una somma in capitale, per
le grandi permanenti (dal 16% al 100%), opportunamente, si dispone che la
riparazione debba essere corrisposta con il meccanismo della rendita, sulla ba-
se di un’apposita tabella che va applicata con riferimento all’età dell’assicurato
al momento della guarigione (comma 2, lett. a). Per le menomazioni di grado
pari o superiore al 16%, il lavoratore ha diritto all’erogazione di un’ulteriore
quota di rendita, commisurata al grado della menomazione, alla retribuzione
dell’assicurato e al coefficiente di un’altra tabella, che rappresenta l’indice di
determinazione della percentuale di retribuzione da prendere in considerazio-
ne per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali, sulla base della categoria
di attività lavorativa di appartenenza dell’assicurato e della sua «ricollocabili-
tà» (comma 2, lett. b). Questa disciplina, pur fondando la valutazione del
danno biologico essenzialmente sul grado d’invalidità psico-fisica del lavorato-
re, non prescinde, però, dai tradizionali aspetti fondati sul reddito percepito,
rappresentando una singolare amalgama di aspetti biologici e patrimoniali, che
avrebbero richiesto una valutazione ed una liquidazione distinte e differenziate,
così come avviene nel campo della comune responsabilità civile.
Per i danni cagionati da attività assai rischiose che sono caratterizzate dalla
64
concentrazione del potenziale lesivo in un’unica fonte di economia – si pen-
65
si, ad esempio, alla disciplina dell’aeromobile (art. 965 c. nav.) , all’impiego

63
Così, rispettivamente, Corte cost., 27 dicembre 1991, n. 485, cit., c. 161 ss., e Corte cost., 15
febbraio 1991, n. 87, cit., p. 6 ss.
64
Cfr. A. LA TORRE, Colpa, rischio e danno fra responsabilità e assicurazione, in Assicuraz., 1979, I,
p. 311.
65
La dottrina, tuttavia, ha dubitato che si trattasse sempre di una responsabilità fondata sul mero
nesso di causalità: l’esercente, infatti, non rispondeva in caso di colpa del danneggiato o di fatto vo-
lontario e inevitabile di persone estranee (sul punto, E. SPASIANO, Appunti sulla responsabilità ogget-
tiva dell’esercente l’aeromobile, in Riv. dir. nav., 1954, I, p. 36 ss.). Sulla legge 7 luglio 1988, n. 274,
658 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

pacifico dell’energia nucleare (legge 31 dicembre 1962, n. 1860; D.P.R. 10


66
maggio 1975, n. 519) , all’inquinamento marino da idrocarburi (legge 6 aprile
67 68
1977, n. 185) o ai danni causati da oggetti spaziali – è stato introdotto un
69
regime di responsabilità oggettiva «particolarmente rigoroso» che è collegato
a un’assicurazione obbligatoria. Esigenze di tutela collettiva, funzionali al per-
seguimento di obiettivi di garanzia sociale, hanno giustificato significative de-
viazioni anche rispetto alle fattispecie così dette speciali (art. 2050 ss. c.c.)
previste dal codice civile. La responsabilità è stata fondata sul mero rapporto
70
di causalità tra la condotta e il danno ed è stata canalizzata in un unico sog-
getto. La prova liberatoria, in alcune ipotesi, è stata individuata nella dimo-
strazione non di fatti generici (caso fortuito, forza maggiore, fatto del terzo o
71
della vittima), ma di fatti “estranei” specifici . Si è considerato irrilevante il

che, nel tentativo di introdurre nuovamente nell’ordinamento le norme dichiarate incostituzionali da


Corte cost., 6 maggio 1985, n. 132, in Foro it., 1985, I, c. 1585, eleva i limiti risarcitori – previsti dalla
legge 26 marzo 1983, n. 84 – per i danni da lesione o da morte subiti dai passeggeri, cfr. i rilievi critici
di F.D. BUSNELLI, Limitazioni risarcitorie, diritto dei trasporti, codice civile, in Il limite risarcitorio
nell’ordinamento dei trasporti. Profili sistematici e problematiche attuali (Modena, 2-3 aprile 1993),
Milano, 1994, p. 14.
66
Sul punto, già C. GRASSETTI, Diritto dell’energia nucleare. Il regime giuridico della responsabili-
tà civile, in Foro pad., 1960, c. 54 ss.; C. ANGELICI, Aspetti specifici dell’assicurazione dei rischi nuclea-
ri, in Riv. dir. comm., 1980, I, p. 59 ss.; P. DI MARTINO, La responsabilità civile nelle attività pericolo-
se e nucleari, Milano, 1979, pp. 14 ss., 188 ss.; G. MUSOLINO, Aspetti della responsabilità civile per
l’esercizio di attività nucleari, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1985, p. 476 ss.
67
Poi modificata dalla legge 25 gennaio 1983, n. 39. In particolare, sul fondo internazionale d’in-
dennizzo previsto dall’art. 2 della Convenzione di Bruxelles del 18 dicembre 1971, H. BOCKEN, Al-
ternative alla responsabilità ed all’assicurazione della responsabilità nel risarcimento dei danni da inqui-
namento, in Assicuraz., 1988, p. 99 ss.
68
Una responsabilità assoluta che non ammette prova liberatoria e che non contempla limiti ri-
sarcitori è stata prevista, a carico dello Stato italiano, dall’art. 5 della legge 25 gennaio 1983, n. 23
(Norme di attuazione della Convenzione sulla responsabilità internazionale per i danni causati da
oggetti spaziali, firmata a Londra, Mosca e Washington il 29 marzo 1972). Contra, sembra escludere
la possibilità di ravvisare in questa ipotesi una responsabilità assoluta a causa dell’assenza di limiti
risarcitori, D. POLETTI, op. ult. cit., p. 283, in nota 12.
69
In questi termini, F.D. BUSNELLI, A. GALOPPINI, U. NATOLI, Responsabilità, assicurazione e
solidarietà sociale nel risarcimento dei danni, in Ann. dir. comp., 1970, p. 59. In proposito, afferma che
si è in presenza di una responsabilità assoluta allorché la nozione di prevedibilità del danno viene
estesa fino a comprendere eventi che, a stretto rigore, interrompono il nesso causale, C. GRASSETTI,
La responsabilità civile per la produzione e l’impiego dell’energia nucleare, in Riv. trim. dir. e proc. civ.,
1959, p. 71.
70
Su tale fenomeno, per tutti, G. ALPA, L’assicurazione di fronte all’evolversi del concetto di re-
sponsabilità, in Assicuraz., 1985, I, p. 540 ss. Più in generale, sui principi che ispirano la categoria dei
mass disasters, G. PONZANELLI, Mass tort nel diritto italiano, in Resp. civ. prev., 1994, p. 173 ss.
71
Proprio l’ammissibilità, anche se entro limiti assai circoscritti, di una prova liberatoria (esclusa,
evidentemente, la fattispecie concernente i danni causati da oggetti spaziali) consiglierebbe di parlare
ancora di una responsabilità oggettiva particolarmente rigorosa piuttosto che di una responsabilità
assoluta. Infatti, per Corte cost., 6 maggio 1985, n. 132, cit., v’è responsabilità assoluta allorché il vet-
tore non dispone più della prova liberatoria e la riparazione del danno è automaticamente collegata a
una «anomalia del servizio».
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 659

72
concorso di colpa del danneggiato . La deroga al principio di riparazione in-
tegrale dovrebbe trovare un correttivo nella previsione di un’adeguata coper-
tura assicurativa e nel periodico aggiornamento del limite di responsabilità.
Questi interventi legislativi confermano che, in taluni settori, è la medesima
struttura dell’assicurazione di responsabilità a non essere considerata idonea a
riparare i danni (decesso compreso) che possono essere causati nell’esercizio
di determinate attività. Nel campo della responsabilità civile da circolazione di
veicoli, ad esempio, la disciplina third party risks non accorda alcuna tutela al-
le lesioni fisiopsichiche patite dal conducente o dal pedone che sono conside-
73
rati “colpevoli” dell’evento. Il proliferare di fondi di garanzia , volti a esten-
dere l’area di riparazione dei danni che rimangono sforniti di tutela assicurati-
va, cerca di correggere la struttura decisamente imperfetta dell’assicurazione
di responsabilità, testimoniando l’aspirazione del sistema italiano a risarcire in-
condizionatamente le lesioni dell’integrità psicofisica anche mediante la previsio-
74
ne di meccanismi di sicurezza sociale . I fondi per le vittime della strada o della
caccia, che hanno lo scopo di indennizzare i danni provocati a terzi da soggetti
non assicurati (presso un ente solvibile) o non identificati, ribadiscono la fun-
zione solidaristica di tali strumenti e comprovano le profonde interazioni esi-
stenti tra la struttura dell’illecito e il momento assicurativo. Da un lato, l’am-
bito della garanzia e quello della responsabilità tendono a un affievolimento pro-
gressivo e incessante. Dall’altro, la stessa proposta di riparare le lesioni causate
da incidenti dovuti a colpa esclusiva del danneggiato attesta la volontà di pro-
cedere nel cammino verso un sistema di integrale socializzazione dei danni.
I fondi di garanzia, pur contribuendo a rappresentare un esempio di mo-
dello misto che tende a combinare strumenti risarcitori e meccanismi di sicu-
72
Sicuramente per quanto riguarda le norme sull’impiego pacifico dell’energia nucleare (art. 18,
comma 4, D.P.R. 10 maggio 1975, n. 519) e sull’inquinamento marino da idrocarburi (art. 3 Conv.
Bruxelles), ove rileva soltanto il comportamento doloso del danneggiato. La colpa della vittima è del
tutto insignificante anche nei danni causati da oggetti spaziali. Non così, invece, nel caso di trasporto
aereo.
73
Oltre al più noto di essi, previsto dall’art. 19 della legge n. 990 del 1969 (Fondo di garanzia per
le vittime della strada), l’ordinamento italiano ha registrato il proliferare di Fondi di garanzia nei set-
tori più disparati: ad esempio, nel campo dei viaggi e vacanze, l’art. 21 del d.lgs. 17 marzo 1995, n.
111, ha previsto la costituzione di un fondo nazionale per il rimpatrio e il rientro forzato dei turisti da
paesi extracomunitari; l’art. 25 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, ha istituito presso l’INA un fon-
do di garanzia per le vittime della caccia, al fine di riparare i danni alla persona provocati a terzi nel-
l’esercizio dell’attività venatoria, allorché il danneggiante non fosse assicurato o non fosse stato iden-
tificato (sul punto, Corte cost., 4 marzo 1992, n. 79, in Foro it., 1992, I, c. 1348, con nota di G. PON-
ZANELLI, «Pallino anonimo», ovvero attività pericolosa con responsabile ignoto e problemi di welfare
state); nel settore dei danni economici, l’art. 15 della legge 2 gennaio 1991, n. 1, ha disposto l’istitu-
zione di fondi di garanzia per la tutela dei crediti vantati nei confronti delle SIM.
74
Il fondo di garanzia è stato considerato sia un «tipico esempio di assicurazione sociale» (D. DE
STROBEL, Assicurazione R.C., Milano, 1974, p. 328), sia «la fase più avanzata dell’evoluzione della
responsabilità civile orientata verso l’idea di sicurezza sociale» (N. DI PRISCO, Introduzione a L’assicu-
razione della r.c.a. tra disciplina codicistica e legislazione speciale, a cura di N. Di Prisco, in Nuova giur.
civ. comm., 1987, II, p. 198).
660 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

75
rezza sociale , hanno dimostrato di funzionare male e non sembrano idonei a
realizzare in modo efficiente quelle finalità di solidarietà sociale che invece
avrebbero dovuto assolvere. Gli insufficienti meccanismi di finanziamento, im-
prontati all’estemporaneità legislativa piuttosto che a una valutazione comples-
siva del sistema, si ripercuotono sulle tecniche di valutazione, provocano este-
nuanti ritardi nelle procedure di liquidazione e contribuiscono a determinare
indennizzi palesemente irrisori. Neppure l’attribuzione della natura risarcito-
76
ria alle prestazioni del fondo, che pur impone opportunamente di riparare
77
anche i danni cosiddetti non patrimoniali , ha consentito di rispettare il prin-
cipio dell’adeguatezza dei limiti monetari per gli interventi in favore del dan-
78
neggiato e di ispirare il sistema alla integrale e incondizionata riparazione del
79
danno .

5. Il sistema di assicurazione contro i torts è stato «generalmente giudicato


80
un inefficiente metodo di distribuzione dei costi degli incidenti» . Il carattere

75
Criticano tale tendenza, F.D. BUSNELLI, La parabola, cit., p. 665 s.; C. SALVI, Il danno extracon-
trattuale, cit., p. 156 ss.; e, con toni più sfumati, C. CASTRONOVO, Alle origini della fuga dal codice.
L’assicurazione contro gli infortuni tra diritto privato generale e diritti secondi, in Jus, 1985, p. 76 ss.
76
In questi termini, Cass., 12 settembre 1984, n. 4790, in Rep. Foro it., 1984, voce Assicurazione
(contratto di), c. 205 s., n. 159. Per la natura indennitaria sembrava propendere, invece, Corte cost.,
29 dicembre 1981, n. 202, in Foro it., 1982, I, c. 1 ss. Con un parziale revirement, ha dichiarato l’il-
legittimità costituzionale dell’art. 21 della legge n. 990 del 1969, là dove poneva limiti al risarcimento
del fondo, rilevando che il carattere solidaristico non esclude né limita in alcun modo la funzione ri-
sarcitoria – e non indennitaria – delle sue prestazioni, Corte cost., 18 dicembre 1987, n. 560, in Giust.
civ., 1988, I, p. 619 ss., e in Rass. dir. civ., 1988, p. 942, con nota di E. ZERELLA, La natura risarcitoria
del fondo di garanzia. A seguito dell’intervento della Consulta, la lacuna legislativa è stata colmata
dall’art. 19 della legge 9 gennaio 1991, n. 20, che ha previsto come limite risarcitorio del fondo i «mi-
nimi di garanzia» stabiliti per l’assicurazione obbligatoria (con riferimento alle tabelle in vigore
all’epoca del sinistro).
77
Cfr., ad es., Cass., 10 marzo 1982, n. 1537, in Riv. giur. circol. trasp., 1982, p. 828.
78
D. POLETTI, Danni alla persona, cit., p. 239.
79
Come suggeriva, con grande incisività, Corte cost., 18 luglio 1991, n. 365, in Foro it., 1991, I, c.
2967.
80
Così, già G.L. WILLIAMS, B.A. HEPPLE, I fondamenti del diritto dei «torts», trad. it. di M. Se-
rio, Camerino-Napoli, 1983, pp. 103 e 115. Negli ultimi anni questa tesi ha trovato sempre più nume-
rosi e autorevoli sostenitori: oltre agli autori citati nei paragrafi che seguono, cfr. R.L. ABEL, A Criti-
que of Torts, in UCLA L. Rev., 1990, p. 785 ss.; R. PIERCE, Encouraging Safety: The Limits of the Tort
Law and Government Regulation, in Vand. L. Rev., 1981, p. 1281 ss.; I. ENGLARD, The System Buil-
ders: A Critical Appraisal of Modern American Tort Theory, in J. Legal St., 1980, p. 27 ss., al quale si
riconosce il merito di avere ridimensionato la validità di gran parte delle teorie di R. POSNER (Eco-
nomic Analysis of Law, Boston-Toronto, II ed., 1977, passim; ID., The Economic Approach to Law, in
Texas L. Rev., 1975, p. 757 ss.; ID., A Theory of Negligence, in J. Legal St., 1972, p. 29 ss.; ma v. anche
ID., Uses and Abuses of Economics in Law, in Univ. Chicago L. Rev., 1980, p. 297 ss.). Con particolare
riferimento ai danni non pecuniari, S.D. SUGARMAN, Doing Away With Tort Law, in California L.
Rev., 1985, p. 555 ss.; S.D. SMITH, The Critics and the “Crisis”: A Reassessment of Conceptions of Tort
Law, in Cornell L. Rev., 1987, p. 765 ss.; L. COHEN, Towards an Economic Theory of the Measure-
ment of Damages in Wrongful Death Action, in Emory L. J., 1985, p. 295 s.; J. MC CLURG, It is a
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 661

macchinoso di un meccanismo incerto e sovente ingiusto, ancora in gran parte


fondato sull’idea di negligenza, gli elevati costi di «amministrazione» e la crisi
di accesso all’assicurazione provocata dall’estensione dell’area dei danni risar-
cibili inducono a considerare il modello third party risks inadeguato a riparare
81
i danni che rappresentano violazione di interessi particolarmente protetti .
Intorno alla metà degli anni ’80, in un momento di grave crisi dell’assicura-
zione di responsabilità, una campagna «lanciata da una potente federazione di
assicuratori» tese a individuare le cause del dissesto nel «movimento verso la
82
responsabilità senza colpa» , nelle istanze di ripartizione sociale dei rischi, nel-
l’estensione del concetto di causalità, nella responsabilità solidale delle com-
pagnie, nella formidabile crescita dell’ammontare dei risarcimenti allocati per
la riparazione dei danni alla persona e dei punitive damages, nel costo eccessi-
vo delle spese giudiziarie. Questa visione «spettrale» della responsabilità civi-
le, piuttosto che postulare un ritorno all’anacronistico dogma della colpa, al-
l’eliminazione del vincolo di solidarietà, alla compressione del nesso di causali-
tà, all’arbitraria riduzione delle somme assegnate a titolo di risarcimento (so-
prattutto danni morali e punitivi), sollecita l’abbandono di un sistema fondato
sulla third party insurance a favore di modelli di sicurezza e/o di assicurazione
sociale a struttura diretta che ripartiscano l’onere della riparazione secondo
83
principi ispirati all’efficienza e alla giustizia sociale .
Anche la Royal Commission presieduta da Lord Pearson suggeriva di adot-
tare una sistema di sicurezza sociale che, sulla base dell’esperienza neozelan-
dese, consentisse di riparare integralmente ogni danno alla persona, a prescin-
dere dalla causa che lo aveva provocato e dall’atteggiamento soggettivo (dili-
84
genza/negligenza) del danneggiante, della vittima o del terzo . L’esigenza di
erigere la sicurezza sociale a fonte principale di riparazione di tali danni non

Wonderful Life: The Case for Hedonic Damages in Wrongful Death Cases, in Notre Dame L. Rev.,
1990, p. 57 ss.
81
A. TUNC, Le spectre de la responsabilité civile, in Rev. int. dr. comp., 1986, p. 1163, riferisce il
giudizio del «Tort Policy Working Group» statunitense «on the Causes, Extent and Policy Implica-
tions of the Current Crisis in Insurance Availability and Affordability».
82
In questi termini, A. TUNC, op. ult. cit., p. 1163 s.
83
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsabilità civile, cit., p. 53 ss.; ID., La ripara-
zione dei danni, cit., p. 62 ss. Considerava un vero e proprio «salto qualitativo» il passaggio da un’as-
sicurazione di responsabilità a un’assicurazione diretta che prescindesse dalla responsabilità dell’autore
del danno, A. GAMBINO, Tramonto dell’assicurazione della responsabilità civile automobilistica?, in
Assic., 1973, p. 349.
84
Tra gli innumerevoli scritti che espongono i principi della Royal Commission on Civil Liability
and Compensation for Personal Injury presieduta da Lord Pearson v., per tutti, J.G. FLEMING, The
Pearson Report: Its Strategy, in Modern L. Rev., 1979, p. 249 ss.; J.A. WEIR, Compensation for Personal
Injuries and Death: Recents Proposals for Reform, Cambridge, 1979, p. 3 ss.; N.S. MARSH, The Pear-
son Report on Civil Liability and Compensation for Death and Personal Injury, in L. Quarterly Rev.,
1979, p. 530 ss.; J.A. JOLOWICZ, L’indemnisation des victimes d’accidents de la circulation en droit an-
glais, in Rev. int. dr. comp., 1985, p. 296 ss.
662 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

85
implica la necessaria eliminazione della responsabilità per negligence . Tutta-
via, l’introduzione di un modello di assicurazione sociale a favore del con-
traente (first party insurance) garantisce alla vittima la riparazione delle lesioni
personali qualunque sia la condotta dell’agente e la causa del danno (incidente
stradale, infortunio sul lavoro, danno da prodotti, da trasfusioni o da sommi-
nistrazione di emoderivati infetti, ecc.). L’acquisita consapevolezza che la re-
sponsabilità per colpa, anche se assistita da un’assicurazione obbligatoria, ab-
86
bandona la maggior parte delle vittime «totalmente alle loro disgrazie» sug-
87
gerisce di introdurre un sistema first party che, superando gli inconvenienti
dell’assicurazione third party, permetta una riparazione integrale e qualificata
di tutti i danni all’integrità psicofisica, sulla base di una valutazione in concre-
to, tendenzialmente uniforme e senza limiti prestabiliti.
La proposta di adottare nell’esperienza italiana, per la riparazione di tali
danni, un modello unitario first party insurance che sostituisca integralmente la
88
farraginosa miriade delle assicurazioni di responsabilità trova fondamento,
innanzitutto, nei principi di solidarietà (art. 2 Cost.) e di eguaglianza (art. 3
Cost.) che, anche negli ordinamenti di common law, si propongono di ridistri-
buire in modo efficiente i redditi e le risorse secondo gli ideali della giustizia
89
sociale . Esigenze di perequazione e di parità di trattamento suggeriscono di
85
Lo sottolineava, con grande lucidità, J.A. JOLOWICZ, in A. TUNC (cur.), Pour une loi sur les ac-
cidents de la circulation, cit., p. 140, aderendo alle conclusioni della Pearson Commission.
86
Così J.A. JOLOWICZ, op. ult. cit., pp. 132, 135, 138 e 140.
87
Per una simile proposta cfr. già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsabilità civile,
cit., pp. 20 ss., 64 ss. L’adozione «sempre più generalizzata» della regola first party (cfr. il parziale
revirement di G. CALABRESI, First Party, Third Party, and Product Liability Systems: Can Economic
Analysis of Law Tell Us Anything About Them?, in Iowa L. Rev., 1984, p. 833 ss., e in Riv. crit. dir.
priv., 1985, p. 7 ss., trad. it. di R. Pardolesi, Costo degli incidenti, efficienza e distribuzione della ric-
chezza: sui limiti dell’analisi economica del diritto), «evidentemente resa pienamente obbligatoria» e
«collegata opportunamente alla propensione al rischio di tutta la serie di soggetti potenzialmente
danneggiati», potrebbe limitare «gli eccessivi costi finanziari» derivanti da un sistema puro di assicu-
razione sociale fondato sull’automaticità dell’indennizzo (G. PONZANELLI, Diritto privato, diritto pub-
blico, diritto misto, nella responsabilità civile nordamericana negli anni ‘80, in Riv. crit. dir. priv., 1987,
p. 325). Sul punto, in particolare, S.D. SUGARMAN, Doing Away, cit., p. 555 ss.; M.J. TREBILCOCK,
Incentive Issues in the Design of “No-Fault” Compensation Systems, in U. Toronto L. J., 1989, p. 19 ss.;
tuttavia, criticamente, J.D. HANSON, K.D. LOGUE, The First-Party Insurance Externality: An Economic
Justification for Enterprise Liability, in Cornell L. Rev., 1990, p. 129 ss.
88
In tal senso A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 20 ss. e passim. Anche la dottrina
nordamericana, dopo alterne e ben note discussioni (W.J. BLUM, H. KALVEN, Public Law Perspec-
tives on a Private Law Problem: Auto Compensation Plans, Boston, 1965, p. 81 ss.; G. CALABRESI,
Fault, Accidents and the Wonderful World of Blum and Kalven, in Yale L. J., 1965, p. 216 ss.; ID.,
Costo degli incidenti, cit., p. 21 ss.; sul quale, W.J. BLUM, H. KALVEN, The Empty Cabinet of Dr. Cala-
bresi: Auto Accidents and General Deterrence, in Univ. Chicago L. Rev., 1967, p. 264 ss.), ha proposto
di agire sul meccanismo assicurativo al fine di contrastare la «indiscriminate expansion of substantive
tort liability» (G. PRIEST, The Current Insurance Crisis and Modern Tort Law, in Yale L. J., 1987, p.
1589).
89
Sulla scia del noto insegnamento di J. SMITH, Sequal to Workmen’s Compensation, in Harvard
L. Rev., 1913, p. 235 ss., v. D. ROSENBERG, The Causal Connection in Mass Exposure Cases: A «Public
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 663

ispirare il sistema di riparazione, di valutazione e di liquidazione a principi uni-


formi, mentre la disordinata moltitudine delle discipline di settore favorisce,
anche nell’esperienza italiana, una disparità di trattamento tra identici danni,
in relazione alle diverse tipologie di accadimenti (circolazione di veicoli, ae-
romobile, prodotti difettosi, interventi chirurgici, infortuni sul lavoro, ecc.)
che li hanno provocati. L’unitarietà concettuale e normativa del danno alla sa-
lute (art. 2 Cost.) impone di riparare, di valutare e di liquidare una medesima
lesione secondo parametri analoghi e conformi, a prescindere dalla causa che
occasionalmente l’ha determinata. In assenza di un modello generale di ripa-
razione, che soltanto un coerente progetto di sicurezza e/o di assicurazione
sociale può garantire, e in presenza di una scompigliata legislazione di settore
che adotta differenti criteri di imputazione, di valutazione e di liquidazione
per identici danni, il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) deve assurgere a
parametro di controllo della legittimità costituzionale delle (irragionevoli di-
90
sparità di trattamento determinate dalle) diverse discipline .
Un unitario modello di sicurezza e/o di assicurazione sociale, oltre a esten-
dere l’area dei danni risarcibili e a garantire una tendenziale uniformità valuta-
tiva, deve internalizzare il costo degli incidenti coniugando l’effettiva tutela
della vittima con un’efficiente ridistribuzione delle risorse. L’assicurazione
privata di responsabilità, invece – e lo hanno testimoniato gli approfonditi
91
studi del Ministero della Giustizia statunitense –, segue una logica rigorosa-
mente imprenditoriale, si prefigge di massimizzare i profitti e appare inade-
guata a intervenire su rapporti che riguardano gli aspetti esistenziali della per-
sona, anche perché si disinteressa completamente dei bisogni delle vittime de-
92
gli incidenti . L’assicurazione sociale, a differenza dell’impresa a scopo di lu-
cro che è unrelated to needs, può risolvere in maniera unitaria e coerente il
problema della riparazione sulla base di un definitivo «spostamento dell’atten-
93
zione dall’autore del danno alla vittima» . Un modello di sicurezza e/o di as-
sicurazione sociale non richiede necessariamente la natura pubblica del sog-
getto che amministra il sistema risarcitorio. In Italia, e più in generale negli al-
tri paesi europei, in un’epoca che si è caratterizzata per un faticoso processo di
«privatizzazioni», sarebbe pensabile la nascita di un unico ente assicurativo
preposto a garantire una first party insurance che copra no fault ogni ipotesi di
danno alla persona. Questo potrebbe essere costituito attraverso la partecipa-
zione delle maggiori banche e imprese di assicurazione in qualità di soci sov-

Law» Vision of the Tort System, in Harvard L. Rev., 1984, p. 849 ss.; J. MASHAW, Pro-delegation: Why
Administrators Should Make Political Decision, in Yale L. J., 1985, p. 81 ss.
90
Sul punto, anche se in una prospettiva sensibilmente diversa, D. POLETTI, Danni alla persona,
cit., p. 292 ss.
91
Cfr., ad esempio, il Tort Policy Working Group, già cit., pubblicato nel febbraio del 1986, del
quale v’è un ampio resoconto in A. TUNC, Le spectre, cit., p. 1163 ss.
92
Così, incisivamente, A.L. MILLER, Le droit israélien, cit., p. 56.
93
S. RODOTÀ, Il problema, cit., p. 23.

23.
664 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ventori e dovrebbe essere caratterizzato da una funzione sociale di coopera-


94
zione a carattere di mutualità, differenziata se non addirittura contrapposta
rispetto allo scopo di lucro che invece informa la maggior parte delle imprese
di assicurazione.

6. L’attuale sistema di assicurazione third party risks è sempre meno in gra-


do di internalizzare in maniera efficiente i costi primari e secondari degli inci-
denti. La letteratura nordamericana ha sottolineato che tale modello costitui-
95
sce «uno strumento perverso nel funzionamento del mercato assicurativo» ,
anche perché comporta spese di amministrazione notevolmente più alte di
quelle presentate dal sistema first party insurance. La Pearson Commission ha
calcolato che ogni dollaro netto percepito dalla vittima costa alle imprese di
assicurazione altri 85 cents. Altri studi svolti negli Stati Uniti hanno innalzato
rispettivamente a 1,07 e a 1,25 dollari gli oneri di esercizio della responsabilità
96
relativa alla circolazione dei veicoli e ai prodotti difettosi . Una vicenda ana-
loga è vissuta in Italia, con quasi trent’anni di ritardo rispetto all’esperienza
statunitense, dalla gran parte delle imprese di assicurazione le quali, pur in pre-
senza di un costante aumento dei premi (soprattutto nel ramo r.c. auto), di-
chiarano che tali maggiori oneri sopportati dai contraenti sarebbero a mala
pena sufficienti a coprire il costo complessivo di amministrazione dei sinistri.
L’introduzione del sistema del «risarcimento diretto» (art. 149 d.lgs. n. 209
del 2005) per la gran parte dei micro-danni causati nel corso della circolazione
stradale – che, quanto meno nel meccanismo liquidatorio, propone uno sche-
ma analogo a quello dell’assicurazione first party – tende proprio alla riduzione
di questi costi aggiuntivi, attraverso l’eliminazione delle spese di contenzioso.
I costi di transazione del tort system sono sicuramente maggiori di quelli
che concernono i progetti di compensation. In Nuova Zelanda i risparmi deri-
vanti dai minori costi di transazione hanno consentito di estendere la ripara-
97
zione a ogni vittima di un incidente allo stesso prezzo complessivo . Anche
prima della riforma del 1992, il modello neozelandese si è dimostrato uno dei
più efficienti: si è calcolato che il 94% delle risorse raccolte sono state ridistri-
buite ai cittadini sotto forma di compensation, mentre soltanto il 6% è stato
98
speso in costi di gestione . L’assicurazione privata di responsabilità tende a

94
G. FERRI, Le società, in Tratt. di dir. civ. it. Vassalli, X, 3, Torino, 1971, p. 722.
95
Lo riferisce G. PONZANELLI, Diritto privato, cit., p. 307 s., sulla scia di G.L. PRIEST, L’assicura-
zione obbligatoria, cit., p. 35 ss.
96
Cfr. J. FLEMING, C’è un futuro per i torts?, trad. it. di R. Pardolesi, C. Rossello, in Riv. crit. dir.
priv., 1984, p. 290. Ulteriori dati allarmanti sono forniti da A. TUNC, op. ult. cit., p. 1164, da G.
PRIEST, The Current Insurance Crisis, cit., p. 1521 ss., e già da T.G. ISON, The Forensic Lottery, Lon-
don, 1967, p. 28 ss.
97
J. FLEMING, op. loc. ult. cit.
98
In argomento, R. MILLER, Comments, cit., p. 626 ss.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 665

ripartire gli oneri giudiziari, organizzativi e pubblicitari sia sui danneggiati sia
sugli assicurati mediante una riduzione dell’entità dei risarcimenti e un conti-
99
nuo incessante aumento dei premi . La sicurezza sociale, invece, garantisce
una procedura di valutazione e di liquidazione dei danni assai più economica,
semplice e rapida sia perché non deve realizzare un profitto d’impresa e recu-
perare le spese di amministrazione e di pubblicità, sia perché non deve contra-
stare necessariamente le domande delle vittime innanzi al giudice ordinario, in
quanto l’entità della riparazione è determinata da commissioni speciali o da
100
giurisdizioni specializzate .
Nel sistema di assicurazione di responsabilità la ripartizione dei rischi av-
viene in riferimento a un numero eccessivamente limitato di soggetti. Il costo
101
dei danni è trasferito dall’autore all’insieme dei contraenti che hanno stipu-
lato con ogni singola compagnia, ma soprattutto nelle piccole imprese assicu-
ratrici il complesso dei premi non è sempre sufficiente a garantire la copertura
per gravi incidenti che coinvolgono una grande quantità di persone. E così
non di rado è accaduto che talune società di assicurazione, anche per illeciti
atti di distrazione dei fondi, hanno esposto i danneggiati/creditori al rischio
della loro insolvenza, al quale si è tentato di porre rimedio – ma con risultati
senz’altro insoddisfacenti – con il meccanismo dei fondi di garanzia. L’esigen-
za di ripartire in modo efficiente i rischi (loss allocation) e gli oneri (loss distri-
bution) di riparazione induce a preferire imprese che diano idonee garanzie di
solvibilità. Un grande e unitario ente assicurativo con funzione di cooperazio-
ne a carattere di mutualità può essere amministrato in modo assai più efficien-
te, non espone i danneggiati a tali sfavorevoli eventualità e costituisce il sistema
102
più stabile dal punto di vista economico anche in periodi di recessione . Tale
103
organismo può ripartire – come è accaduto nell’esperienza neozelandese – il

99
Su tali aspetti, G. PRIEST, op. ult. cit., p. 1540 ss.; ID., Modern Tort Law and its Reform, in Val-
paraiso U. L. Rev., 1987, p. 1 ss.; O. FISS, Against Settlement, in Yale L. J., 1984, p. 1078 ss.; A. TUNC,
Le spectre, cit., p. 1163, ove riferisce che «les assureurs refusent désormais de couvrir le risque» no-
nostante i premi siano aumentati «de 50% à 500 %» e «de 400% à 1000% ailleurs».
100
Testualmente, A.L. MILLER, Le droit israélien, cit., p. 60.
101
La dottrina francese considera il responsabile come un mero «supporto per l’assicurazione» o
come una «persona interposta» tra il danneggiato e l’assicuratore (R. SAVATIER, Les métamorphoses
économiques et sociales du droit civil d’aujourd’hui, Première série, Panorama des mutations, Paris, III
éd., 1964, p. 344; A. TUNC, La responsabilité civile, cit., p. 6). Anche la letteratura anglosassone con-
sidera the insurance factor come un elemento di policy consideration che ha la funzione di limitare
l’operatività della regola neminem laedere: colui che è assicurato, anche se non può essere considerato
colpevole, è giudicato spesso nella posizione migliore per sopportare il danno (J.F. CLERK, W.H.B.
LINDSELL, On Torts, London, XV ed., 1982, pp. 11 ss., 424 ss.).
102
G. WANNAGAT, Lehrbuch des Sozialversicherungsrechts, I, Tubinga, 1965, p. 29. Nella
medesima prospettiva v. F.V. HARPER, F. JAMES jr., The Law of Torts, II, Boston, 1956, p. 759 ss.; J.
HELLNER, Tort Liability and Liability Insurance, in Scandinavian S. L., 1962, p. 129 ss.; M.A. FRANK-
LIN, Replacing the Negligence Lottery: Compensation and Selective Reimbursement, in U. Virginia L.
Rev., 1967, p. 795 ss.; D.W. ELLIOTT, H. STREET, Roads Accidents, London, 1968, p. 254 ss.
103
Sul ruolo svolto dall’Accident Compensation Corporation nell’amministrazione dei cinque piani
666 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

costo degli incidenti sull’insieme dei premi versati da tutti i soggetti che eserci-
tano una determinata attività (imprese, proprietari e conducenti di veicoli, la-
voratori e professionisti, istituti ospedalieri, ecc.) o, qualora si adotti un diver-
so sistema, sull’intera collettività mediante strumenti di prelievo fiscale fondati
su criteri di progressività nella capacità contributiva e ispirati al generale
104
«principio di eguaglianza nella giustizia sociale» .
L’assicurazione di responsabilità comporta ulteriori quanto ingiustificati
svantaggi per la vittima. Nel modello third party risks l’effetto a favore del ter-
zo/danneggiato è condizionato da una pluralità di clausole, predisposte unila-
teralmente dal soggetto economicamente più forte (l’assicuratore), che sovente
105
paralizzano l’efficacia del contratto . Ad esempio, qualora il comportamento
106
dannoso del contraente sia intenzionale , il terzo che ha subito una lesione
dell’integrità psicofisica si trova senza la necessaria copertura assicurativa e,
nel caso d’insolvenza del danneggiante, il costo del danno grava interamente
sulla vittima. Nei sistemi di sicurezza e/o di assicurazione sociale, invece, il
rapporto è sottratto all’autonomia dei privati e, trovando la sua fonte diretta-
mente nella legge, può produrre effetti al verificarsi di ogni evento dannoso
considerato ingiusto dall’ordinamento. L’assicuratore non può opporre (al
danneggiante e) alla vittima le clausole contrattuali più vessatorie e, là dove
non sia previsto l’esonero dalla riparazione per il fatto doloso dell’agente, è
107
praticamente impossibile l’esistenza di «casi non coperti dall’assicurazione» .
Le imprese private, a scopo di maggior lucro, preferiscono liquidare anche
108
le lesioni più gravi all’integrità psicofisica della persona in unica soluzione ,

settoriali previsti dall’Accident Rehabilitation and Compensation Insurance Act 1992 e 1993, cfr. R.S.
MILLER, An Analysis, cit., p. 1071 ss.; R. MAHONEY, New Zealand’s Accident, cit., p. 164 ss.
104
Così, P. PERLINGIERI, Eguaglianza, capacità contributiva e diritto civile, in Rass. dir. civ., 1980,
p. 742. La più avvertita letteratura già da tempo proponeva di far gravare i costi dei piani di assicura-
zione sociale sulle entrate tributarie dello Stato, quali imposte negative sul reddito (negative income
tax: v., ad es., F.V. HARPER, F. JAMES, op. loc. cit.; A.F. CONARD, The Economic Treatment of Auto-
mobile Injuries, in Michigan L. Rev., 1964, pp. 289 ss., 294 ss.; D.W. ELLIOTT, H. STREET, op. loc.
cit.), o direttamente sulle attività che sono causa degli incidenti (M.A. FRANKLIN, op. loc. ult. cit.;
R.E. KEETON, J. O’CONNELL, Basic Protection, cit., passim). Tuttavia v’è chi paradossalmente ha
proposto, per difendere strenuamente il modello di responsabilità per colpa, di far gravare il costo
degli incidenti sui passeggeri o sui pedoni anziché sui conducenti (W.J. BLUM, H. KALVEN, A Stop-
gan Plan for Compensating Auto Accident Victims, in Insurance L. J., 1968, p. 61 ss.).
105
Emblematica è, in proposito, l’esperienza inglese (sulla quale, con differenti accenti, J.A.
JOLOWICZ, L’indemnisation, cit., p. 280 ss.; J.G. FLEMING, An Introduction to the Law of Torts, Ox-
ford, 1967, p. 179 s.; G.L. WILLIAMS, B.A. HEPPLE, I fondamenti, cit., pp. 97 ss., 102 ss.).
106
Su questo punto concordano la maggior parte delle esperienze giuridiche: v., ad es., Tinline v.
White Cross Insurance Association (1921) 3 K.B. 327; James v. British General Insurance Co. (1927)
2 K.B. 311; Hardy v. Motor Insurers’Bureau (1964) 2 Q.B. 745, 760, 765, 769, che espressamente
esclude il risarcimento nel caso di atto «volontario o intenzionale» commesso dall’assicurato. La giuri-
sprudenza italiana, tuttavia, al fine di tutelare quanto più possibile il danneggiato, considera operativa
la garanzia anche nel caso di comportamento doloso posto in essere da persona diversa dal contraente.
107
Così, A.L. MILLER, Le droit israélien, cit., p. 57.
108
Ad eccezione del sistema francese, che ormai considera la rendita vitalizia indicizzata lo stru-
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 667

liberandosi così dallo scomodo e sgradevole compito di dover riparare inte-


gralmente il danno. Tale sistema si rivela del tutto inadeguato sia perché so-
vente obbliga a prevedere l’imprevedibile sulla base di semplici congetture o
profezie, quando ancora la lesione non ha esaurito la serie delle sue conse-
guenze dannose, sia perché espone alla svalutazione monetaria e al gaspillage il
danneggiato che non sia in grado di investire in modo fruttuoso il denaro ot-
109
tenuto . L’offerta di un risarcimento, anche non adeguato al danno sofferto,
induce la vittima, soprattutto se indigente, ad accettare la proposta transattiva
e a rinunziare a far valere ogni ulteriore pretesa in giudizio. Le attuali società
di assicurazione non sono in grado di favorire il meccanismo delle prestazioni
periodiche, né lo prediligono, poiché altrimenti sarebbero obbligate a sotto-
porre i danneggiati a visite continuative e ad aumentare la riparazione in pro-
110
porzione al successivo eventuale aggravamento del danno .
Un’emblematica conferma di tale situazione è rinvenibile nell’esperienza
italiana. Nonostante l’art. 2057 c.c. indichi espressamente la rendita vitalizia
111
quale forma privilegiata di riparazione dei danni permanenti , dottrina e giu-
risprudenza sono ancora orientate in senso decisamente contrario. Da un lato
la rendita è stata considerata, ma senza sufficienti argomentazioni, una moda-
112
lità eccezionale di riparazione ; dall’altro, addirittura, v’è chi ha azzardato
113
l’abrogazione tacita, per desuetudine, della norma , senza considerare i limi-

mento più idoneo a realizzare il principio di riparazione integrale dei danni alla persona (Trib. gr.
inst. Fontainebleau, 3 marzo 1972, in Rec. Dalloz, 1972, Jur., p. 588, e, soprattutto, sulla sua scia,
Cass., Ch. mixte, 6 novembre 1974, in Sem. jur., 1975, II, Jur., 17978; Cass. civ., 17 aprile 1975, in
Rec. Dalloz, 1976, Jur., p. 152; Cass. civ., 1 giugno 1976, in Sem. jur., 1976, II, Jur., 18483; Cass. civ.,
3 maggio 1979, ivi, 1979, IV, p. 220; in dottrina, per tutti, M.È. ROUJOU DE BOUBÉE, Essai, cit., p.
384 s.; Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 560 ss.; M. LE ROY, H. MARGEAT, Indexation et revalori-
sation des rentes de droit commun allouées en réparation d’un accident, in Gaz. Pal., 1975, I, p. 131 ss.;
S. BROUSSEAU, Le point sur l’indemnisation par rentes indexées, in Sem. jur., 1977, I, 2855; G. VINEY,
B. MARKESINIS, La réparation, cit., p. 105 ss.), la maggior parte delle esperienze giuridiche privilegia-
no le lump sums: tuttavia, cfr. gli acuti rilievi critici di J.G. FLEMING, Damages: Capital or Rent?, in
U. Toronto L. J., 1969, p. 295 ss.; H. MC GREGOR, Personal Injury and Death, in Int. Enc. Comp.
Law, XI (Torts), 9, Tubinga-Parigi-New York, 1972, p. 20 ss.; R.G. HAMMOND, Compensation for
the Lost Value of Money: A Canadian Proposal, in L. Quarterly Rev., 1983, p. 80 s.; altri riferimenti in
S.A. REA jr., Lump-Sum Versus Periodic Damage Awards, in J. Legal St., 1981, p. 131.
109
Cfr., tra gli altri, P.S. ATIYAH, Accidents, Compensation, cit., p. 176 s.; H. BERG, P. KILBY, Mo-
tor Vehicle Accident Compensation in Ontario, in West Ontario L. Rev., 1974, pp. 125 e 131.
110
Così già I. ENGLARD, Reform of the Automobile Accident Compensation System, in Israel L.
Rev., 1974, pp. 234 ss., 247 s.; A.L. MILLER, Le droit israélien, cit., p. 59. Precisa che un’assicurazione
«à base de répartition administrée par un assureur public est de toute évidence mieux adaptée» a ri-
valutare le «indemnités versées sous forme de rente», C. BELLEAU, in A. Tunc (a cura di), Pour une
loi, cit., p. 210.
111
Lo ricordano, ad es., E. QUADRI, Indennizzo, cit., p. 860, e A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO,
La riparazione dei danni, cit., p. 306 ss., sulla scia di G.P. CHIRONI, Colpa extracontrattuale, II, cit., p.
363, per il quale tale istituto ha il merito di arrecare «maggiore utilità al danneggiato».
112
Per tutti, A. DE CUPIS, Il danno. Teoria generale della responsabilità civile, II, Milano, 1979, p.
280.
113
M. POGLIANI, Responsabilità, cit., p. 366; criticano, in vario senso, l’istituto della rendita vita-
668 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

ti, derivanti dal rispetto del principio di legalità, che si frappongono alla prati-
cabilità di una simile operazione ermeneutica. La spregiudicata interpretazio-
ne dell’art. 2057, che è ispirata dalla potente lobby degli assicuratori e dal ti-
114
more di costi aggiuntivi di amministrazione , è stata coerentemente allineata
all’ossequio del principio nominalistico e ha indotto a considerare con sfavore
115
la rivalutazione delle obbligazioni derivanti da risarcimento dei danni . L’in-
dicizzazione delle rendite giudiziali, che è giudicata una necessità imprescin-
dibile dall’art. 7 della Risoluzione del Consiglio d’Europa (14 marzo 1975),
oltre che dal Pearson Report e dall’unanime esperienza francese, avrebbe rap-
presentato una soluzione adottabile fin dal principio anche nel sistema italia-
no, se la giurisprudenza avesse deciso di attuare effettivamente i principi costi-
tuzionali, anteponendo la tutela dell’interesse della vittima «a ogni altro e, in
particolare, agli sforzi di organizzazione richiesti alle imprese assicuratrici e
116
agli eventuali aumenti di premi richiesti alla generalità degli assicurati» .
I modelli di sicurezza e/o di assicurazione sociale, invece, normalmente uti-
117
lizzano il meccanismo delle prestazioni periodiche . E ciò è confermato dalla
riforma in tema di infortuni sul lavoro (d.lgs. n. 38 del 2000) che prescrive,
opportunamente, la rendita vitalizia come obbligatoria per i danni all’integrità
psico-fisica che eccedono una determinata percentuale di invalidità. Questo
sistema è senz’altro più adeguato a riparare danni, come quelli alla persona,
che è impossibile valutare immediatamente nella loro complessità e in modo
definitivo, in quanto sono suscettibili di evolversi nel tempo. Talvolta può ve-
rificarsi un miglioramento o, addirittura, una guarigione; tal altra, al contrario,
le condizioni della vittima possono aggravarsi irreversibilmente, fino all’invalidi-
tà totale o al decesso. Gli organi del servizio sociale sono dotati di personale spe-
cializzato, di strumenti e di strutture idonee a valutare e a controllare, nel cor-
so degli anni, le successive modificazioni dello stato di salute del danneggiato.
I modelli di social security, quindi, tutelano maggiormente la vittima, evi-

lizia anche E. BONVICINI, La responsabilità civile, II, Milano, 1971, p. 1081, e G. GENTILE, Problemi
insoluti nella valutazione del danno alla persona, in Resp. civ. prev., 1951, p. 294.
114
In questi termini, R.A. POSNER, Economic Analysis, cit., p. 144 s. Ma questa tesi è stata con-
traddetta dalla riforma del modello neozelandese, che ha eliminato le lump sums in materia di danni
non pecuniari – e le ha sostituite con una rendita sottoposta a periodica revisione –, giudicandole di-
seconomiche (cfr. R.S. MILLER, An Analysis, cit., p. 1074 ss.; R. MAHONEY, New Zealand’s Accident,
cit., pp. 202 ss., 208 ss.).
115
Sul punto, E. QUADRI, Principio nominalistico e disciplina dei rapporti monetari, Milano, 1979,
passim, ivi ampi riferimenti alla letteratura e alla giurisprudenza italiana e straniera.
116
E. QUADRI, Indennizzo, cit., p. 863. I contenuti del Pearson Report e della Risoluzione del
Consiglio d’Europa sono esposti, rispettivamente, da N.S. MARSH, The Pearson Report, cit., p. 530, e
da A. TUNC, La réparation des dommages corporels: une résolution du Comité des ministres du Conseil
de l’Europe, in Rev. int. dr. comp., 1975, p. 911 ss.
117
In questo senso l’esperienza neozelandese, che ha provveduto all’eliminazione «of the provi-
sion in the former Act that prohibited reduction of the earnings-related compensation», prevedendo
«periodic reassessments at intervals of noto less than six months» (R.S. MILLER, op. ult. cit., p. 1076).
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 669

tando le lungaggini, spesso dolosamente defatiganti, della transazione con l’as-


sicuratore. Parallelamente garantiscono una maggior efficienza del sistema,
eliminando le spese pubblicitarie e di “amministrazione” degli incidenti; con-
tribuiscono al reinserimento sociale e professionale del danneggiato, anche
perché tale vicenda può permettere di ridurre o, addirittura, di estinguere
l’ammontare delle prestazioni prestabilite; consentono di assegnare alla vitti-
ma ciò che le spetta in relazione alla sua speranza di vita e allo stato psicofisico
118
reale e non supposto . L’assicurazione privata di responsabilità, invece, è più
costosa e non è in grado di garantire né lo strumento della rendita vitalizia, né
la rieducazione professionale e sociale del danneggiato, né il sostentamento
119
della vedova e dei figli orfani .

7. Questi sono alcuni dei non trascurabili vantaggi offerti dai sistemi di si-
curezza e/o di assicurazione sociale. La maggior parte degli autori ravvisa il
principale difetto di questi modelli nell’assenza di un valido effetto deterren-
120
te , che potrebbe favorire fenomeni di moral hazard da parte dei potenziali
danneggianti e delle vittime. Gli ordinamenti che adottano integralmente pia-
ni no fault di sicurezza sociale non promuoverebbero quel confronto, provo-
121
cato dalla litigation , sulle problematiche di interesse comune e, soprattutto,
guarderebbero con sfavore le azioni di rivalsa. L’esperienza italiana ha cono-
sciuto questo fenomeno proprio in riferimento a quegli istituti che sono mag-
giormente ispirati a regole di social security. Da un lato non ha contemplato
alcuna azione di rivalsa in materia di danni da vaccinazioni obbligatorie, da
trasfusioni e da somministrazione di emoderivati infetti. Dall’altro ha previsto
azioni di regresso e/o di surroga in tema di vittime del terrorismo, di respon-
sabilità civile del magistrato, di impiego pacifico dell’energia nucleare e nel
122
settore degli infortuni sul lavoro .
118
Testualmente, A.L. MILLER, Le droit israélien, cit., p. 58.
119
Tra i tanti, A.L. MILLER, op. ult. cit., p. 58 s.
120
Sul punto, A.M. POLINSKY, An Introduction to Law and Economics, Little, 1989, p. 56 s.; K.S.
ABRAHAM, Insurance Law and Regulation, Foundation Press, 1990, p. 4 ss. Ridimensionano, invece,
le potenzialità deterrenti della responsabilità civile declamate dalle tradizionali teorie giuseconomi-
che, G.T. SCHWARTZ, Reality in the Economic Analysis of Tort Law: Does Tort Law Really Deter?, in
UCLA L. Rev., 1994, p. 263 ss.; R.L. ABEL, A Critique of Torts, cit., p. 785 ss.; R. PIERCE, Encoura-
ging Safety, cit., p. 1281 ss.; I. ENGLARD, The System Builders, cit., p. 27 ss. V’è anche chi ha sottoli-
neato come l’avvento del modello di social security non abbia diminuito il livello di deterrenza in
Nuova Zelanda (ad es., C. BROWN, Deterrence in Tort and No-Fault: The New Zealand Experience, in
California L. Rev., 1985, p. 976 ss.).
121
R.S. MILLER, Comments, cit., p. 631.
122
L’art. 10 della legge n. 302 del 1990 (vittime del terrorismo e della criminalità organizzata) ha
previsto la surroga dello Stato nei diritti spettanti al beneficiario verso i responsabili. Uno strumento
analogo è stato previsto, ad esempio, nel settore degli infortuni sul lavoro (sui limiti apposti dalla giuri-
sprudenza costituzionale all’azione di regresso dell’INAIL, D. POLETTI, Danni alla persona, cit., pp. 123
ss., 183 ss. e passim) e nel caso di responsabilità del magistrato, ma quest’ultima fattispecie risulta rara-
670 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Le azioni di rivalsa possono costituire un importante correttivo per i mo-


delli ispirati alla sicurezza sociale in quanto impediscono la «deresponsabiliz-
123
zazione» del sistema e, nel contempo, non pregiudicano il preminente inte-
resse del danneggiato a essere risarcito nel modo più rapido e pieno, poiché
possono essere esercitate soltanto successivamente alla avvenuta riparazione
del danno. In questo senso tali azioni potrebbero svolgere sia funzioni di ridi-
stribuzione dei costi sociali dei danni e di finanziamento del sistema, sia finali-
124
tà deterrenti, preventive e/o punitive . Ma un’avvertita dottrina sottolinea il
carattere diseconomico delle azioni di rivalsa, poiché rimetterebbero in movi-
125
mento costosi procedimenti di accertamento della responsabilità .
Se questo è vero, le finalità di finanziamento e di deterrenza possono essere
realizzate più opportunamente, in via preventiva, mediante un intervento sulla
disciplina dei premi, prevedendo tariffe fortemente differenziate in relazione
alle diverse classi di merito, secondo quel sistema che aumenta o riduce pro-
porzionalmente il premium sulla base della frequenza e/o della gravità degli
126
infortuni causati . Questa è la via che anche il modello neozelandese ha scel-
to con la riforma del 1992: la determinazione del costo del premium – che, an-
127
che a livello terminologico, ha sostituito i levies – avviene sulla base di rigo-
rosi principi di classificazione che riguardano la pregressa storia assicurativa
delle imprese – per i danni patiti dai prestatori di lavoro nell’esercizio e a cau-
128
sa delle loro mansioni – e dei proprietari di autoveicoli , mentre l’imposizio-
ne di una tassa sul carburante ha provveduto a internalizzare il costo degli in-
129
cidenti provocati dai conducenti occasionali, soprattutto se di giovane età .

mente applicata. Anche l’art. 20, comma 2, della legge n. 1860 del 1962 sull’impiego pacifico dell’ener-
gia nucleare ha previsto la rivalsa dello Stato nei confronti dell’esercente colpevole dell’incidente. La
disciplina sulle vaccinazioni e sulle emotrasfusioni infette, invece, non prevede alcuna azione di rivalsa.
123
Questo aspetto preoccupa P. PERLINGIERI, Relazione di sintesi, in Le «responsabilità speciali».
Modelli italiani e stranieri, Napoli, 1993, p. 333.
124
In proposito v’è chi ha affermato (D. POLETTI, op. ult. cit., p. 315) che queste azioni «assolve-
ranno a funzioni essenzialmente ridistributive nei casi in cui il soggetto che indennizza il danneggiato
in luogo del responsabile non sia a questi legato da un rapporto di natura assicurativa»; qualora, in-
vece, la rivalsa sia esercitata da un assicuratore, «l’azione in esame potrebbe assumere un colorito in-
dubbiamente sanzionatorio».
125
È, questa, un’opinione ampiamente diffusa: con particolare riferimento al modello svedese, J.
HELLNER, The Swedish System, in Compensation for Personal Injury in Sweden and Other Countries,
Stoccolma, 1988, p. 17 ss.
126
M.J. TREBILCOCK, Incentive Issues, cit., p. 19 ss.
127
La Section 134 dell’Accident Rehabilitation and Compensation Insurance Act 1992 così recita:
«Levies paid or payable under the Accident Compensation 1982 shall be deemed to be premiums
paid or payable for the purposes of this Act».
128
Cfr. R.S. MILLER, An Analysis, cit., p. 1078 ss., il quale sottolinea le finalità deterrenti di tale
sistema.
129
La classe che riguarda i conducenti tra i 16 e i 24 anni «has a particularly high accident rate
and therefore has a disproportionate effect on public health costs. They often drive vehicles owned
by others, such as their parents, and this additional premium will impact on them directly when they
purchase petrol» (cfr. R.S. MILLER, op. ult. cit., p. 1082).
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 671

Nel futuro modello di riparazione dei danni alla persona, caratterizzato sem-
pre più dalla progressiva adozione di piani no fault di sicurezza e/o di assicu-
razione sociale, il complessivo finanziamento del sistema e il principio di re-
sponsabilità individuale possono essere realizzati attraverso un’efficiente ma-
novra sui premi e sui meccanismi d’imposizione e/o, eventualmente, mediante
una disciplina omogenea e coerente delle azioni di rivalsa, di surroga o di re-
gresso. Quando, ad esempio, il comportamento dell’autore dell’illecito è in-
tenzionale o particolarmente riprovevole, le regole di responsabilità possono
costituire il presupposto per far gravare – pur sempre in via successiva – sul
danneggiante l’intero costo dell’incidente, con l’applicazione di una sanzione
130
civile o penale . Venuta meno la preoccupazione di assicurare alla vittima
una riparazione rapida e integrale, sia gli strumenti dei premiums – fondati sul-
131
la experience rating – o degli user charges, sia i meccanismi impositivi e le
azioni di rivalsa possono svolgere finalità di finanziamento, ma anche di pre-
venzione e di deterrenza.
Secondo un altro diffuso luogo comune, i modelli di social security sareb-
bero incompatibili con il principio di riparazione integrale. In effetti, la mag-
gior parte dei sistemi di sicurezza e/o di assicurazione sociale ha adottato mec-
canismi di indennizzo automatico che propongono una valutazione forfetaria
e standardizzata dei danni. Anche i modelli israeliano, canadese e neozelande-
se hanno stabilito limiti assai rigorosi per la liquidazione sia dei danni alla sa-
lute, sia dei pregiudizi c.d. non pecuniari (pain and suffering, loss of amenities
of life, ecc.). Ma questa volta è proprio l’ordinamento italiano a fornire utili
suggerimenti. Da un lato la disciplina a favore delle vittime del terrorismo e
delle stragi (D.P.R. n. 181 del 2009) e il Codice delle assicurazioni private (artt.
138 e 139 d.lgs. n. 209 del 2005) hanno disposto il risarcimento dei danni sulla
base del sistema del punto percentuale di invalidità. Dall’altro, la Corte costi-
tuzionale ha affermato il diritto alla piena e integrale riparazione anche per i
danni alla salute derivanti da infortuni sul lavoro o da malattie professionali,
consentendo al lavoratore di ottenere dall’INAIL il risarcimento del danno
biologico oltre il valore capitale della rendita previdenziale e promuovendo, a
tal fine, la complessiva riforma del sistema assicurativo. Il d.lgs. n. 38 del 2000
rappresenta il necessario adeguamento di tale sistema ai principi ordinanti, sia
130
Sul ruolo deterrente delle sanzioni penali e della regolamentazione amministrativa v., in vario
senso, N.K. KOMESAR, Injuries and Institutions: Tort Reform, Tort Theory, and Beyond, in N.Y.U.L.
Rev., 1990, p. 30 ss.; P. DUEFFERT, The Role of Regulatory Compliance in Tort Actions, in Harv. J.
Legisl., 1989, p. 175 ss.; K.D. LOGUE, Solving the Judgment-Proof Problem, in Texas L. Rev., 1994, p.
1375 s.; tuttavia, C.T. BOGUS, War on the Common Law: The Struggle at the Center of Products Lia-
bility, in Missouri L. Rev., 1995, p. 1 ss. La dottrina dubita sempre più che il libero mercato e la re-
sponsabilità civile siano in grado di promuovere efficacemente la prevenzione degli incidenti: cfr., ad
es., C. SUNSTEIN, After the Rights Revolution, Cambridge, 1990, passim.
131
Nell’esperienza neozelandese «the introduction of experience rating» è considerata «an essen-
tial part of the change in emphasis towards an insurance scheme funded by premiums» (R.S. MILLER,
op. ult. cit., p. 1081).
672 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

sotto il profilo della riparazione del danno biologico del lavoratore, sia in rela-
zione ai criteri di valutazione e di liquidazione.
Il principio di riparazione integrale, quindi, può costituire il fondamento
essenziale anche dei sistemi di sicurezza e/o di assicurazione sociale. In tali mo-
delli, se si vogliono evitare le disfunzioni, i disservizi e le lungaggini della giu-
stizia ordinaria, sarebbe possibile prevedere la costituzione di speciali com-
missioni miste o di collegi arbitrali, composti, ad esempio, da medici legali, da
docenti universitari, da magistrati onorari e da altri esperti del settore, che
possano svolgere la loro attività con competenza e celerità.
«Responsabilità assoluta limitata» e «responsabilità per colpa (presunta) il-
132
limitata» sono espressioni che non indicano dogmatiche e sempiterne cer-
tezze. Tali esperienze appartengono alla fase di transizione dei sistemi di ripa-
razione e possono senz’altro trovare opportuna modifica nei futuri modelli di
sicurezza e/o di assicurazione sociale. Superati quegli ingiusti e macchinosi
criteri di liquidazione che facevano riferimento agli automatismi tabellari, al
reddito nazionale pro capite o al triplo della pensione sociale, i danni alla per-
sona possono essere risarciti integralmente anche all’interno di sistemi di social
security, coniugando i criteri di valutazione in astratto con quelli in concre-
133
to , ricercando un metodo che, da un lato, si fondi su un’uniformità pecunia-
ria di base e che, dall’altro, permetta una valutazione in concreto, personaliz-
zata e flessibile la quale adegui la riparazione alle caratteristiche della vittima e
della fattispecie concreta (gravità e natura delle lesioni, età, condizioni perso-
nali, familiari e sociali, durata del periodo di invalidità, sesso, incidenza della
menomazione sulla vita quotidiana e ricreativa, prevedibili danni futuri, perdi-
ta di chances, ecc.).
132
Sembra insistere su queste qualificazioni, invece, come se avessero un valore assoluto, D. PO-
LETTI, Danni alla persona, cit., p. 284 ss. La quale ribadisce, ma in maniera più sfumata, tale conce-
zione nell’esaminare (D. POLETTI, Il danno alla persona tra responsabilità civile e sicurezza sociale, in
Riv. crit. dir. priv., 1998, p. 752, in nota 62) la proposta (avanzata in A. PROCIDA MIRABELLI DI LAU-
RO, I danni alla persona, cit., p. 815 ss.) di conciliare i modelli di sicurezza e/o di assicurazione sociale
con il principio di riparazione integrale dei danni alla persona. Secondo l’A. si configurerebbe «non
più un sistema “puro” di sicurezza sociale, ma un sistema “misto”, che unisce a regole strutturali di
sicurezza sociale volte a garantire in ogni caso il ristoro al danneggiato […], criteri valutativi desunti
dalla responsabilità civile, che, attraverso una liquidazione “para-giurisdizionale” del danno […],
dovrebbe adattare la misura del “quantum” alle peculiarità del caso di specie». Ma la qualificazione
della nostra ricostruzione quale modello “misto” trova ancora fondamento nella convinzione dell’A.
secondo la quale i modelli di sicurezza sociale non potrebbero giammai essere ispirati al principio di
riparazione integrale.
133
I necessari approfondimenti in A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Valutazione e liquidazione,
cit., p. 96 ss. La letteratura francese è la più avvertita su tale problema: già, N. DEJEAN DE LA BATIE,
Appréciation, cit., p. 292 ss.; M.È. ROUJOU DE BOUBÉE, Essai, cit., p. 37 ss. Anche la Cassazione vieta
ai giudici di merito di applicare automaticamente parametri astratti e prestabiliti e censura quelle sen-
tenze nelle quali si decide senza ricercare l’entità reale del danno quale risulta dalla sua valutazione in
concreto: cfr., ad es., Cass. soc., 21 marzo 1979, in Rec. Dalloz, 1979, Inf. rap., p. 439; Cass. com., 2
ottobre 1979, in Bull. civ., 1979, p. 194, n. 241; Cass civ., 5 aprile 1973, ivi, 1973, p. 108, n. 136; Cass.
soc., 27 gennaio 1971, in Rec. Dalloz, 1971, Jur., p. 341.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 673

8. Con questi essenziali correttivi, è auspicabile che la riparazione dei danni


che afferiscono a interessi particolarmente protetti si possa caratterizzare, an-
che nell’esperienza italiana, per il passaggio da una responsabilità civile ancora
eccessivamente fondata sulla colpa a modelli di sicurezza e/o di assicurazione
sociale che garantiscano l’integrale copertura dei rischi. Già nell’ora presente
l’analisi dei diversi modelli di imputazione dei danni inizia a porre in discus-
sione, in modo generalizzato, i tradizionali confini tra le fattispecie assicurative
e di responsabilità.
L’assicurazione muta progressivamente funzione, modifica la struttura del
Tort Law e tende a divenire, nei modelli più evoluti, first party insurance. La
spersonalizzazione e la moltiplicazione delle regole, delle discipline di settore
e delle ipotesi di danno inducono a ravvisare una molteplicità di fattispecie di
responsabilità (per colpa, oggettiva o assoluta) caratterizzate da funzioni di-
verse e talvolta contrastanti, tant’è che sembra opportuno discorrere, come già
134 135
per le proprietà , dei differenti statuti delle responsabilità civili al plurale .
Il collegamento dell’obbligo risarcitorio a meccanismi assicurativi di sicurezza
e/o di assicurazione sociale conferisce al danneggiato uno stabile patrimonio
di riferimento sul quale soddisfare celermente le sue pretese alla riparazione
integrale del pregiudizio sofferto mediante l’imputazione del rischio del danno
136
«a chi è meglio in grado di assicurarsi contro di esso» . In tal senso sembra
avverarsi quanto intuito, parecchi decenni or sono, da Georges Ripert: soltan-
to quando «tutte le menti saranno convinte che non v’è nulla in comune tra
l’idea di responsabilità fondata sulla colpa e l’idea di riparazione fondata sul
137
rischio», «una grande chiarezza penetrerà il diritto civile» . Il passaggio
«dall’assicurazione privata e facoltativa a quella sociale e obbligatoria permet-
terà di sbarazzarsi completamente [della colpa], portando finalmente a com-
138
pimento il processo di socializzazione del rischio» .
I modelli più evoluti sanciscono la prevalenza del «diritto alla riparazio-
139
ne» rispetto all’obbligo risarcitorio del colpevole. Con l’assurance directe la
garanzia assicurativa “assorbe” il danno e tende a riparare tutti i pregiudizi
subiti dai soggetti coinvolti nell’evento. L’assicurazione privata contro terzi,
che corregge solo parzialmente le tradizionali regole di responsabilità risar-
cendo il «torto» sul fondamento della negligenza del danneggiante/assicurato
e dell’assenza di colpa della vittima e del terzo, deve lasciare il campo progres-
134
S. PUGLIATTI, La proprietà e le proprietà (con riguardo particolare alla proprietà terriera), in La
proprietà nel nuovo diritto, Milano, 1954, p. 274 ss.
135
In questi termini, A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsabilità civile, cit., p. 72; ID.,
La riparazione dei danni, cit., p. 84; per significative adesioni, L. BIGLIAZZI GERI, La responsabilità o
le responsabilità?, in La responsabilità civile da atto illecito nella prospettiva storico-comparatistica, To-
rino, 1995, p. 195 ss.; D. POLETTI, Danni alla persona, cit., p. 53.
136
P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 31.
137
Lo riferisce P. RAYNAUD, De la responsabilité civile, cit., p. 95.
138
Così P. RAYNAUD, op. ult. cit., p. 95.
139
G. RIPERT, Le régime démocratique, cit., p. 309.
674 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

sivamente a quei meccanismi di social security che riparano in modo diretto e


incondizionato i danni che ledono interessi particolarmente protetti, per il so-
lo fatto che essi si sono verificati, senza considerare i ruoli e le situazioni di re-
140
sponsabilità .
In questa ulteriore fase del cammino verso la sicurezza sociale è necessario
superare lo schema third party risks. L’organo di garanzia è tenuto a indenniz-
zare in ogni caso il danneggiato. L’obbligo della riparazione è imputato a un
soggetto qualificato, a prescindere dalle modalità della condotta dell’agente,
della vittima o del terzo. Lo strumento di sicurezza e/o di assicurazione sociale
sostituisce integralmente il regime di “responsabilità” invece di sovrapporsi a
141
esso, come accade nel modello third party . First party insurance e accident
compensation costituiscono la necessaria evoluzione e il logico superamento
dell’assicurazione obbligatoria di responsabilità. L’onere della riparazione è
ripartito tra i soggetti che creano il rischio e, pertanto, non v’è ragione di con-
tinuare a condizionare alla colpa del danneggiante l’efficacia dell’assicurazione
142
nei confronti della vittima . Il sistema di social security risolve il problema di
imputazione e di ridistribuzione del danno in via preventiva, senza aver ri-
guardo alle modalità soggettive della condotta. Soltanto la previsione di un
modello unitario di riparazione, di valutazione e di liquidazione per tutti i
danni alla persona può evitare che continui a sussistere un’inammissibile di-
143
sparità di trattamento , in relazione all’an e al quantum, per l’infortunio sul
lavoro, per la lesione subita nel corso della circolazione stradale o della navi-
gazione marittima o aerea, per la menomazione causata da emotrasfusioni in-
fette o da infausti interventi medici o chirurgici, ecc. In considerazione della
severità dell’obbligo e dell’ampliamento dell’area dei danni risarcibili, un mo-
dello di sicurezza e/o di assicurazione sociale non è pensabile di là da un si-
stema di garanzia collettiva che ripartisca proporzionalmente i costi tra coloro
144
che sono coinvolti nel processo di esposizione al rischio .
Gli itinerari dei diversi sistemi di imputazione e di riparazione dei danni
delineano l’attuale variegata fisionomia del Tort Law, e ciò ha indotto a discor-
rere ora di uno snaturamento delle regole di responsabilità civile, ora della loro
145 146
morte e resurrezione , ora di una crisi ampia e per molti versi paradossale .
All’inevitabile declino della responsabilità individuale corrisponde l’individua-
140
Cfr. A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Dalla responsabilità civile, cit., p. 37 ss.
141
Incisivamente, C. LARROUMET, L’indemnisation, cit., p. 241.
142
C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
143
Sul punto già A. PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, op. ult. cit., p. 74.
144
Per tutti, C. LARROUMET, op. loc. ult. cit.
145
J. O’CONNELL, The Interlocking Death and Rebirth of Contract and Tort, in Michigan L. Rev.,
1977, p. 676 ss.
146
G.L. PRIEST, Puzzles of the Tort Crisis, in Ohio State L.J., 1987, p. 499 ss.; A. TUNC, Où va la
responsabilité civile aux Etats-Unis?, in Rev. int. dr. comp., 1989, p. 711 ss. Sottolineano il “parados-
so” della responsabilità civile, A. TUNC, La responsabilité civile, cit., p. 2 ss.; C. SALVI, Il paradosso
della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1983, p. 124 ss.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 675

147 148
zione di nuove frontiere , di inediti modelli e funzioni che non sono sem-
pre riconducibili ai tradizionali compiti di sanzione e punizione dei compor-
tamenti dannosi, ma che privilegiano una riparazione integrale e incondiziona-
ta delle lesioni all’integrità psicofisica e alla libertà e dignità della persona.
Questa tipologia di danni, nell’esperienza europea e comparata, è divenuta la
categoria primaria e ordinante l’intero settore delle responsabilità. Da un lato
la nozione di specific deterrence concerne sempre più l’efficienza economica
del sistema, allontanandosi dalle generiche finalità di punizione suscitate dal
149
timore della sanzione . Dall’altro, i meccanismi di riparazione dei danni, pur
nel loro diverso atteggiarsi, abbandonano la logica retributiva e individualisti-
ca della responsabilità per colpa e realizzano funzioni di garanzia proprie dei
150
modelli di sicurezza sociale .
Il ridimensionamento del ruolo della faute, l’emancipazione dei modelli di
riparazione dai tradizionali sistemi di imputazione della responsabilità, la valo-
rizzazione di interpretazioni sempre più oggettive delle regole e delle discipli-
ne speciali, l’elaborazione delle nozioni di rischio e di esposizione al perico-
151
lo , la rottura della struttura bilaterale del rapporto a favore di istanze perso-
nalistiche e di controllo sociale, l’utilizzo – nei settori maggiormente a rischio
(attività nucleari, inquinamento da idrocarburi, ecc.) – di sistemi di canalizza-
zione dei torts coniugati a un obbligo di assicurazione e alla istituzione di fon-
di internazionali di indennizzo, il riconoscimento di «diritti propri della vitti-
152
ma» e l’esigenza di massimizzare le opportunità di tutela per determinate
categorie di soggetti qualificati (consumatore, lavoratore, pedone, emotrasfu-
so, ecc.), la progressiva estensione dell’area di operatività delle assicurazioni
sociali e dei fondi di garanzia contribuiscono a configurare, anche nell’espe-
153
rienza italiana, un diritto delle responsabilità che è in parte ispirato alla fun-
zione solidaristica dei modelli di Social security. Non sembra che tale tendenza
possa essere revocata in dubbio dai tentativi di «recuperare alla sua purezza
154
normativa» la regola generale di responsabilità o di decantare «la verdeur de
147
Sul primo aspetto, R. SAVATIER, Vers la socialisation, cit., p. 9 ss.; G. VINEY, Le déclin, cit., p.
3 ss. e passim. Sul secondo, F.D. BUSNELLI, Nuove frontiere, cit., p. 62 ss.; S. RODOTÀ, Le nuove fron-
tiere, cit., p. 22 ss.; M. LIBERTINI, Le nuove frontiere, cit., p. 85 ss.
148
S. RODOTÀ, Modelli e funzioni, cit., p. 596 ss.
149
Con la consueta chiarezza, J. FLEMING, C’è un futuro per i torts?, cit., p. 276.
150
Significativi spunti sono in B. STARCK, Droit civil. Obligations, cit., p. 18 ss.
151
Nell’esperienza italiana cfr., ad es., P. TRIMARCHI, op. ult. cit., passim, e M. COMPORTI, Espo-
sizione al pericolo, cit., p. 99 ss.
152
Testualmente, Y. CHARTIER, La réparation, cit., p. 920 s.
153
Il Cons. const., 22 ottobre 1982, in Rec. Dalloz, 1983, Jur., p. 189, ad esempio, afferma la va-
lenza costituzionale della regola «toute faute dommageable appelle réparation» e considera illegittime
le norme che lasciano senza risarcimento i danni subiti in occasione dei conflitti collettivi di lavoro.
Per ulteriori riferimenti, F. LUCHAIRE, Les fondements constitutionnels du droit civil, in Rev. trim. dr.
civ., 1982, pp. 246 ss., 325.
154
Così F.D. BUSNELLI, La parabola, cit., p. 674, il quale, tuttavia, non suggerisce un «ritorno alla
concezione riduttiva e sanzionatoria della responsabilità civile», ma auspica la proiezione dell’art.
676 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

155
la faute» fino a proporne la sua restaurazione . La commedia della responsa-
156
bilità civile si arricchisce di inedite vicende che ne modificano la struttura e
la funzione: le nuove fattispecie di imputazione e di riparazione dei danni non
possono più essere considerate come le eccezioni alla regola della responsabi-
lità per colpa, ma richiedono una valutazione finalmente sistematica che per-
metta di ridurre a unità la molteplicità delle discipline di settore nell’ambito di
un coerente ed efficiente modello di sicurezza e/o di assicurazione sociale.
La tradizionale responsabilità civile, in un’epoca non più interessata all’azio-
157
ne individualistica, «occupa una posizione a mezza via» e sempre più dimes-
sa, usurpa al diritto penale le funzioni di punizione e di vendetta, fa gravare
sulla vittima il costo sociale di quei danni per i quali non sia possibile provare
la colpa del convenuto, considera meritevole di tutela soltanto chi sia capace
di addossare il danno alla altrui trasgressione. Oggi il Tort Law comporta enor-
mi spese aggiuntive di amministrazione «senza che ne benefici chi, essendo
158
vittima del danno, sopporta il costo primario dell’evento pregiudizievole» .
Anche l’impresa è sempre meno misurabile con il parametro della diligenza,
159
«al quale è sottesa una realtà puramente umana di scelte e volizioni» . Lo
stesso tenace attaccamento alla nozione di deterrenza sembra essere un dispe-
rato tentativo di conservare un ideale di libero mercato in un sistema decisa-
160
mente volto alla socializzazione . I modelli di social security, senza emulare la
161
«lotteria forense» o la «pentola d’oro» promessa dai torts , permettono di
riparare ogni lesione all’integrità della persona estendendo l’area dei danni ri-
sarcibili, favoriscono la riabilitazione sociale e professionale della vittima, ridi-
stribuiscono il costo dei danni in un vasto raggio mediante gli strumenti d’im-
posizione fiscale e la disciplina dei premi, allocano in modo efficiente le risor-
162
se riducendo al minimo gli sprechi causati alla società dagli incidenti , com-

2043 c.c. «verso il territorio magmatico della casistica non ancora tipizzata dal legislatore o insuscet-
tibile di tipizzazione legislativa».
155
Secondo le proposte di P. LE TOURNEAU, La verdeur de la faute dans la responsabilité civile (ou
de la relativité de son déclin), in Rev. trim. dr. civ., 1988, p. 505 ss., e di A. DORSNER DOLIVET, Con-
tribution à la restauration de la faute, Paris, 1986, p. 75 ss. Tale orientamento, senz’altro minoritario
nell’esperienza europea, trova convinti sostenitori nell’ambito del diritto angloamericano: oltre agli
aa. citati fin qui, cfr. J.S. JOHNSTON, Punitive Liability: A New Paradigm of Efficiency in Tort Law, in
Columbia L. Rev., 1987, p. 1385 ss.; T. HONORÉ, Responsibility and Luck, in L. Quarterly Rev., 1988,
p. 530 ss.
156
La metafora è di F. GALGANO, La commedia della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv.,
1987, p. 191 ss.
157
J. FLEMING, C’è un futuro per i torts?, cit., pp. 271 e 285.
158
C. CASTRONOVO, Alle origini, cit., p. 75.
159
Lo sottolinea C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 75 s., per il quale «la conclusione non può che
essere la responsabilità oggettiva dell’impresa».
160
Così J. FLEMING, op. ult. cit., p. 284.
161
Le espressioni sono, rispettivamente, di T.G. ISON, The Forensic Lottery, cit., p. 28 ss., e di J.
FLEMING, op. ult. cit., p. 287.
162
Cfr. J. FLEMING, op. ult. cit., pp. 284 e 275.
RESPONSABILITÀ CIVILE E SICUREZZA SOCIALE 677

primono i costi di transazione, scoraggiano le condotte socialmente non desi-


derabili e, pertanto, realizzano anche finalità deterrenti e di prevenzione sociale.
Nell’itinerario che conduce dal dogma jheringhiano «nessuna responsabili-
tà senza colpa» alla sicurezza sociale, attraverso le fasi intermedie dell’assicu-
razione obbligatoria di responsabilità e della strict liability, il modello italiano
si evolve assai lentamente e con discontinuità. L’immobilismo di un legislatore
ora imbelle ora confusionario non sempre trova un efficiente correttivo nella
funzione di supplenza della dottrina e della giurisprudenza. E ciò non tanto e
163
non soltanto per la tradizionale arretratezza culturale dei giuristi italiani e
164
per la loro generale «ignoranza del contesto socioculturale» , quanto per la
scelta, non sempre consapevole, di «procedere lungo la via di un lento, fram-
165
mentario, discontinuo iter di moderato aggiornamento» , al fine di persegui-
re con gradualità e senza riforme radicali soluzioni miste che combinino, ma
in modo spesso confuso e incoerente, regole di responsabilità civile e principi
di sicurezza sociale.
Il sistema misto, in astratto, costituisce l’ideale punto di confluenza di mi-
sure general-preventive (di mercato) e special-preventive (autoritative), di di-
minuzione dei costi primari e secondari, di responsabilità civile e di assicura-
166
zione . Questo modello sarebbe più soddisfacente del Tort Law per quanto
riguarda la riduzione del costo degli accidenti e, nel contempo, permetterebbe
di realizzare fondamentali esigenze di giustizia. Anche tra i corifei dell’analisi
economica del diritto v’è chi propone, come Guido Calabresi, di «cominciare
ad avvicinarsi ad un sistema di questo tipo, imputando il costo degli incidenti
a quelle categorie che possono evitare gli incidenti nel modo più economico, e
che sono sufficientemente ampie da frazionare i costi in misura tale da soddi-
167
sfare l’esigenza di evitare i costi secondari» . Ma l’ovvietà della conclusione
non giustifica la premessa: il modello misto rischia di rappresentare, più che
168 169
un sistema eclettico , un non sistema se, come quasi sempre accade, l’ela-
borazione delle diverse discipline di settore è occasionale, caotica e contrad-
dittoria e si pone in contrasto con i principi ordinanti.
Per quanto assicurazione e responsabilità siano sovente «due metà che non
170
riescono a fare un intero» , la scelta di un sistema di social security richiede la
maturazione di alcune essenziali condizioni sociali e culturali. Il passaggio dal
163
In questi termini, invece, C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 29, il quale rivolge questa feroce va-
lutazione alla «dottrina general privatistica».
164
Lo esclude anche F.D. BUSNELLI, Modelli e tecniche, cit., p. 223.
165
F.D. BUSNELLI, op. ult. cit., pp. 223 e 221.
166
Tra gli altri, C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 30.
167
G. CALABRESI, Costo degli incidenti, cit., p. 401.
168
Così, F.D. BUSNELLI, op. ult. cit., p. 237.
169
Avverte tale pericolo anche chi, nella sostanza, sembra affascinato da tale modello (v., ad es.,
D. POLETTI, Danni alla persona, cit., p. 298).
170
Il giudizio è di C. CASTRONOVO, op. ult. cit., p. 74; non così, invece, J. FLEMING, op. ult. cit.,
p. 294.
678 LA RESPONSABILITÀ CIVILE

Tort Law alla sicurezza sociale può prevedere forme temporanee di coesisten-
za caratterizzate da una lenta erosione dei confini delle responsabilità e da una
progressiva accumulazione dei piani di compensation fino alla loro fusione in
un modello unitario. Questo ulteriore passaggio è senz’altro il più complesso,
poiché richiede alla dottrina e al legislatore la capacità di progettare un siste-
ma che sia, nel contempo, fondato sull’efficienza e sulla giustizia. La Costitu-
zione, nel tutelare particolarmente la persona (art. 2) e la sua integrità psicofi-
sica (art. 32), nel disporre il diritto all’assistenza sociale per il «cittadino inabi-
le al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere» (art. 38, comma 1), nel
garantire ai lavoratori i «mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di in-
fortunio, malattia, invalidità e vecchiaia» (art. 38, comma 2), delinea un mo-
171
dello di sicurezza sociale (art. 38, comma 4) che non ha avuto ancora attua-
zione.
La necessità di riparare in modo uniforme i danni che rappresentano la
violazione di interessi particolarmente protetti, senza ingiustificate disparità di
trattamento (art. 3 Cost.), suggerisce di sostituire, anche nel sistema italiano, il
meccanismo dell’assicurazione di responsabilità con un unitario modello di si-
curezza o di assicurazione sociale. Il problema da risolvere non è soltanto quello
di internalizzare in modo efficiente il costo degli incidenti: le scuole nord ame-
ricane di law and economics indicano, sia pure con evidenti oscillazioni e re-
172
pentini revirements, le strade percorribili e le soluzioni più idonee . Nel tempo
presente, un modello di social security può essere validamente proposto e, più
in generale, lo Stato sociale può essere ancora legittimamente difeso, di là da
anacronistiche rivendicazioni di immunità e di privilegi corporativi, soltanto se
si coniugano efficienza e giustizia. Ciò che preoccupa, e che oggettivamente
intralcia il cammino verso tale modello, è la tradizionale assenza di trasparenza
nella gestione delle assicurazioni sociali e l’eccessiva – e non sempre casuale –
173
burocratizzazione delle istituzioni . Anche un disegno che in astratto è su-
scettibile di risolvere in modo più giusto ed efficiente i problemi di imputa-
zione e di riparazione dei danni, in concreto può intraprendere percorsi tor-
tuosi e rivelarsi velleitario nel momento in cui si confronta con i limiti culturali
e morali dei soggetti preposti al funzionamento delle pubbliche istituzioni.

171
Sottolinea «la natura tipicamente pubblicistica delle assicurazioni sociali oggi esistenti», F.D.
BUSNELLI, op. ult. cit., p. 236, sulla scia di Corte cost., 28 aprile 1976, n. 91, in Foro it., 1976, I, c.
1445, e di Corte cost., 6 giugno 1974, n. 160, ivi, 1974, I, c. 1965.
172
In proposito, G.L. PRIEST, L’assicurazione obbligatoria, cit., p. 42, rileva che «il vero problema
[...] non è la misura del risarcimento [...] quanto, piuttosto l’esternalizzazione (cioè, il trasferimento)
dei costi derivanti dagli incidenti».
173
Tali preoccupazioni riguardano anche sistemi giuridici e sociali considerati più evoluti di quel-
lo italiano (cfr., ad es., A.L. MILLER, Le droit israélien, cit., p. 61 s.). Afferma che «Les inconvénients
de l’étatisation sont aussi bien connu, surtout pour un pays aussi fortement centralisé que la France:
lordeur administrative, inefficacité, immobilisme et irresponsabilité des préposés au règlement des
sinistres», C. BELLEAU, in A. Tunc (a cura di), Pour une loi, cit., p. 211.
INDICE DEGLI AUTORI 


Aagaard T.S. V (19) Astuti G. X (3), X (3)
Abadir R. VIII (331) Atias-Letrémy C. VIII (245)
Abel R.L. XI (80) Atiyah P.S. II (301), V (21), X (96)
Abraham K. XI (6), XI (120) Aubert J.L. I (718), VII (211)
Addis F. I (46) Aubert J.L., Flour Y., Savaux E. VII
Afferni G. I (59) (184)
Agnino F. II (166) Aubry C., Rau C. II (2)
Ajani G. X (67) Avio A. XI (62)
Allocca V. IV (432) Aynès L. VII (133)
Alpa G. I (2), I (5), I (32), II (34), II (65), Azzalini M. VI (234)
III (74), VI (156), IX (3), XI (70)
Alpa G., Bessone M. XI (38) Balandi G. XI (60)
Alpa G., Bonell J.M., Corapi D., Moccia Baldassarre C. I (85), II (254)
L., Zeno Zencovich V. V (15) Barassi L. III (73)
Alpa G., Bonell J.M., Corapi D., Moccia Barba V. IV (444)
L., Zeno Zencovich V., Zoppini A. I Barcellona E. I (587)
(2), X (127) Barcellona M. I (21), I (58)
Alpa G., Fusaro A. I (667) Barcellona P. III (45)
Amato C. I (57), XI (10) Bargagna M. III (206)
Amran D. IV (433) Bargagna M., Busnelli F.D. III (206)
Anderson L.J. V (19) Barni M. III (206)
Angelici C. I (6), XI (66) Barnsley D.G. X (158)
Annand R.E. X (98) Barnsley D.G., Smith P.W. X (113)
Arndts L. III (39) Barrot R. XI (48)
Arnone G.M.D. II (89), IV (470), VI Barton J.L. X (112)
(183) Batà A. III (20)
Ascoli A. III (12) Battersby G. X (113)
Asquini A. VIII (1), VIII (1), VIII (19), Baudouin J.L. XI (17)
VIII (23), VIII (50) Baudry-Lacantinerie G., Barde L. X (16)
Astore M., Locuratolo E. I (84) Baur F. X (84)


I numeri romani si riferiscono ai capitoli; quelli arabi alle note in cui gli Autori sono citati per inte-
ro la prima volta.
680 INDICE DEGLI AUTORI

Bayer W. I (507) Boschi D. I (71)


Bédarride J. I (217) Boy L. VI (110)
Bedoura J. IV (373) Boyle S. X (188)
Behrends O. I (542) Bradbrook A.J., McCallum S., Moore A.
Bekker E.I., Fischer O. IX (14) X (188)
Belleau C. XI (16) Brasiello T. III (12)
Bénabent A. I (710), V (308), VIII (558) Brasiello U. IX (334)
Benacchio G. I (82), X (41) Breccia U. I (9)
Bénard L. I (258) Breccia U., Busnelli F.D. XI (39)
Benatti F. I (99), I (140) Breda R. IX (334)
Benatti Francesca III (103), III (103) Brehm W., Berger C. X (89)
Benedetti A.P. I (73), IX (336), IX (336) Brousseau S. XI (108)
Benöhr H.P. I (367) Brown C. XI (120)
Berg H. I (491), I (491) Brox H., Walker W.D. I (468)
Berg H., Kilby P. XI (109) Bruer R.S. V (19)
Berlinguer A. I (45), VI (1) Bruère M. I (259)
Bernhöft F. IX (14) Brüggemeier G. I (382)
Bessone M. IX (326), X (213) Bruggi M.I., Paolucci L.F. VIII (15)
Betti E. I (6) Brugi B. III (12)
Beudant C. X (21) Brun P. I (389), I (663), IX (520)
Beudant L., Larebours-Pigeonnière P. X Brunetta d’Usseaux F. VII (281)
(21) Brunetti E. VI (93)
Bianca C.M. I (391), V (9), IX (17), X Buffone G. IX (326)
(34) Bufnoir C. X (16)
Bigiavi W. VIII (15) Bugatti L. VI (214)
Bigliazzi Geri L. XI (135) Buonocore V. VIII (2)
Bitetto A.L. I (84), IV (399) Busnelli F.D. I (4), I (5), I (11), I (90), II
Blum W.J., Kalven H. XI (88), XI (88), (53), II (65), II (142), II (188), II
XI (104) (243), II (244), II (302), II (316), III
Bocchiola M. V (9) (81), III (108) III (112), IV (62), IV
Bocken H. XI (67) (217), V (65), VI (1), XI (13), XI (65)
Bona M. I (80), II (74), II (192), IV Busnelli F.D., Bargagna M., Nannipieri
(457), V (148), VII (21) A., Badalassi S., Ponzanelli G., Polet-
Bonaccorsi F. IV (458) ti D. III (213)
Bonasi Benucci E. XI (36) Busnelli F.D., Breccia U. II (53)
Bonell M.J. I (2) Busnelli F.D., Galoppini A., Natoli U.
Bonelli F. I (5) XI (69)
Bonetta A. VI (101) Busnelli F.D., Santilli M. VIII (583)
Bonilini G. II (319), III (111) Bussani M. II (20), II (52)
Bonnard J. IX (57) Bydlinski F. I (418), I (657)
Bonvicini E. XI (113)
Bonziglia S., Anglesio A. II (153) Cabella Pisu L. I (5)
Borasi F. II (218) Cacace S. VII (78), VII (284), VII (371)
Bordwell P. X (178) Cafaggi F. I (76), VI (99)
Boré J. V (242) Cagnasso O., Cottino G. VIII (591)
INDICE DEGLI AUTORI 681

Calabresi G. IV (405), V (289), XI (8), Chartier Y. III (29)


XI (14), XI (87), XI (88) Chenon E. X (4)
Calais-Auloy J. I (663) Cheshire G.C., Burn E.H. X (94)
Calamandrei P. III (12), VI (12) Chianale A. I (687), X (37), X (99)
Calcagno N. IV (425) Chindemi D. IV (390), IV (469), V (54)
Calcaterra D. I (70) Chiovenda G. VIII (10)
Canaris C.W. I (94), I (162), I (405), I Chironi G.P. II (21)
(493), I (584), I (590), I (593), I (609), Christandl G. IV (77)
X (85) Cian G. I (48), I (593), I (612)
Candian Alb. X (132) Cigna E. I (362)
Candian Alb., Gambaro A., Pozzo B. X Cigna E., Gangemi A. I (362)
(132) Citarella G. II (186)
Cane P. V (21) Clerk J.F., Lindsell W.H.B. XI (101)
Cannata C.A. I (126) C.-M. G. VIII (139)
Capecchi M. V (15), XI (57) Cocat M. I (237)
Capitant H. II (15) Cocks R. X (188)
Capobianco E. VII (120) Cohen L. XI (80)
Capps D. X (172) Colin A., Capitant H. I (193), X (21)
Caputi L. IV (1), VII (413) Colorni V. X (4)
Caputi M. II (124) Comandè G. II (311)
Carbone E. IX (33) Comporti M. VIII (49), IX (326), IX (326)
Carbone V. I (22), II (223), V (77), VII Conard A.F. XI (104)
(412), IX (17) Constant D. XI (48)
Carbonnier J. V (308) Constantinesco L.-J. I (129)
Carnelutti F. III (12), VI (12) Conte P. VIII (558)
Casner A.J. X (129) Conte R. VI (202)
Caso R. II (65), II (82), II (123) Conti R. X (110)
Castiglioni R. II (144) Corapi D. I (2)
Castronovo C. I (1), I (3), I (7), I (32), I Corasaniti A. III (112)
(93), I (124), I (140), II (9), II (318), Cornu G. IX (54)
III (20), III (45), IV (315), IV (335), Corsaro L. I (11)
VII (380), VII (429), VII (429), VIII Cosentino N. VI (16)
(565), IX (17), XI (75) Costanza M. I (49)
Catalano G. IV (1) Costanzo P. II (84)
Cataudella A. III (109), X (66) Cottino G. I (409), VIII (590), VIII (591)
Cattaneo G. I (5), V (9) Coviello L. III (12)
Cavagnari C., Caldara E. VI (11) Coviello N. X (8)
Cavallaro D. VI (99) Covucci D. VI (212)
Cendon P. I (5), I (542), II (190), III Covucci D., Ponzanelli G. VI (1)
(139), IV (2), IV (64) Crespi A. V (141)
Cendon P., Ziviz P. II (185), IV (52) Cribbett J.E., Johnson C.W. X (201)
Chabas F. II (173), IV (313), V (3), V (127), Cuturi T. X (23)
V (245), VI (95), VIII (71), IX (134),
IX (145), IX (421), IX (450), XI (9) Dagot M. X (45)
Chapman B. V (19) Dalmartello A. III (28)
682 INDICE DEGLI AUTORI

D’Amelio M. X (216), X (216) Di Palma C. I (86)


D’Amico G. IX (199), IX (199), IX (278) Di Prisco N. XI (74)
D’Amico P. II (320) Dogliotti M. XI (62)
D’Angelo A. VII (127) Dölle H. I (18), I (426)
D’Angelo G.G. II (252) Domat J. X (4)
Danzon P. XI (6) Dominedò M. VIII (5)
Dauner Lieb B. I (620) Donadoni P. IX (326)
D’Auria M., Rizzuti M. VI (152) Donell R.A. X (137)
De Béchillon D. VII (249) Donisi C. III (36)
De Cristofaro G. I (593), I (593) Dorsner Dolivet A. V (132), IX (453), XI
de Cupis A. II (75), II (318), II (319), III (155)
(21), III (42), V (83), XI (23), XI (112) Dubischar R. X (78)
De Fazio G. VI (242), VI (246) Duclos J. I (689)
Dejean de la Batie N. III (29), IX (52), Dupichot J. II (160)
IX (500) Durante A. XI (53)
de la Gorce E. I (259) Duranton A. X (16)
Delebecque P. I (713), VII (421) Durry G. I (700), I (710), IV (347), V
De Lise P. X (196) (128), V (159), V (239), VI (56), VI
Della Negra F. I (101), I (104) (61), VIII (72), VIII (113), VIII
De Marco C. VIII (42), VIII (43) (125), VIII (284), VIII (325), VIII
De Martini A. VIII (5), VIII (577) (470), VIII (525), IX (17), IX (54), IX
De Martini D. VIII (570) (141), IX (444)
De Marzo G. II (215), II (216)
De Matteis R. I (22), V (190) Ebene Cobelli C. I (5)
Demogue R. I (144), I (189) Ehmann H., Sutschet H. I (603)
Dernburg H. I (452) Elliott D.W., Street H. XI (102)
De Ruggiero E. X (23) Emmerich V. I (442)
De Strobel D. XI (74) Engel P. VIII (673)
De Torrenté M., Thilo H. III (39) Englard I. XI (80), XI (110)
De Vita A. X (48), XI (8) Epstein R. XI (6)
Devoto G., Oli G.C. I (13) Ertl R. X (75)
di Bona de Sarzana F. IV (1) Esmein A. I (152), I (190)
Dicey A.V. X (133) Esmein P. VIII (165), VIII (172), IX
Di Ciommo F. I (34), II (251) (123), IX (123)
Di Costanzo L. X (173), XI (57) Esser J. I (119)
Diener P. IX (556) Esser J., Schmidt E. I (476)
Diesselhorst M. I (542) Ettorre A.A., Silvestri L. X (205)
Di Gregorio V. II (74)
di Majo A. I (8), I (22), I (32), I (60), I Fabre-Magnan M. II (251), VII (269)
(89), I (162), I (163), I (362), I (409), Fabrizio-Salvatore A. VI (92), VI (222)
I (414), I (414), I (634), II (7), II (9), Facci G. IV (433), VI (1), VI (1)
II (300), III (45), IV (485), VII (179), Faillace S. I (17)
VII (348), IX (17), X (33) Fairchild W., Springer W. X (199)
Di Martino P. XI (66) Falzea A. II (187), X (219)
Di Marzio M. IV (11), IV (216) Fanelli L. II (84)
INDICE DEGLI AUTORI 683

Farace D. IV (1) Frata L. I (84)


Farrand J.T. X (96) Friedmann M.R. X (93)
Fava P. III (103) Frossard J. IX (17)
Favale R. I (22), I (45), I (415), I (420), I Fuchs M. I (441)
(542), VI (202), VII (25) Funaioli C.A. I (6), X (2), XI (52)
Favale R., Marucci B. I (415) Fusaro A. VI (178)
Fedele A. III (73) Fusi A. X (60)
Fenet P.A. X (19)
Feola M. I (25), I (26), I (27), I (28), I Gabba C.F. II (21)
(45), I (136), I (136), II (10), II (23), Gabrielli G. X (69), X (81)
II (251), II (251), IV (1), IV (125), V Galgano F. I (2), II (187), II (251), II
(4), V (52), V (63), V (151), VI (180) (312), VI (190), X (67), XI (156)
Feola M., Procida Mirabelli di Lauro A. Gallo P. I (481), II (2)
IV (11), IV (31) Galoppini A.M. II (31), X (38)
Ferrara F. sr. II (187) Gambaro A. I (32), I (362), I (675), II
Ferrari F. X (67) (252), III (15), X (47), X (60), X (60),
Ferrari I. X (159) X (63), X (132)
Ferrarini G. I (5) Gambaro A., Sacco R. III (15)
Ferreri S. X (62) Gambino A. XI (83)
Ferri G. XI (94) Gardner S. X (113)
Ferri G.B. II (300), III (13), X (34) Garello A., Piselli D., Scuto S. VI (1)
Ferri G.B., Spada P. IX (3) Garibotti A., Pagano G. IV (448)
Fiandaca G. V (140) Gasparro T., Serani E. IV (442)
Fiandaca G., Musco E. II (90) Gavalda C. IX (445)
Fikentscher W. I (414) Gazzara G. X (33)
Filograna E. VII (43) Gazzara M. I (49), IV (329)
Fischer H.A. IX (14) Gazzoni F. IV (135), X (37), X (52), X
Fiss O. XI (99) (59), X (59), X (59), X (59), X (197)
Flamini A. VIII (43) Gentile G. II (305), IX (334), XI (49), XI
Fleming J.G. V (32), XI (84), XI (96), XI (113)
(105), XI (108) Gerbi M., Lancioni C. IV (460)
Flour J. IX (26) Gernhuber J. I (406), I (528), I (540)
Flour Y. I (674) Ghestin J. I (144), I (669), I (718), IX
Foffa R. II (113), II (117), IV (423), IV (400), X (56)
(434), IV (438), IV (447), VI (206) Giacona I. V (142)
Fontaine M. I (677), I (683), IX (123) Giannini G. II (82), II (82), IV (197), V
Fontaine M., Ghestin J. I (669) (139)
Forkel H. I (377) Giannini G., Mariani M. XI (39)
Fortino M. I (409), IV (469) Giardina F. I (9)
Fortis É. VIII (433) Gierke O. X (74)
Franceschelli V. I (6), I (6) Giorgianni M. I (49), I (126), IV (343),
Franklin M.A. XI (20), XI (102) VIII (593)
Franzoni M. I (32), II (312), III (45), IV Giuliani A. II (320)
(167), IV (225), VI (201), VIII (571), Gobert M. VII (104)
IX (17), IX (326) Goldstein J.A. X (181)
684 INDICE DEGLI AUTORI

Gomaa N.M.K. II (173) Huber U. I (162), I (162), I (591)


Gorgoni M. IV (322), IV (465) Huet J. VI (115), VIII (527), VIII (637),
Gorla G. X (97), X (207) IX (54)
Granger R. XI (48) Hughson M.-A., Neave M., O’Connor P.
Grasselli G. IV (424) X (191)
Grassetti C. XI (66), XI (69)
Grasso B. II (318) Iannarelli A. III (1), IV (173)
Gray K. X (154) Iannuzzi A. VIII (4)
Graziadei M. I (673), X (58) Iemolo A.C. VI (12)
Greco P. X (34) Iliffe J.A. X (94)
Greco P., Cottino G. X (34) Inzitari B. I (5)
Groutel H. VIII (643) Ison T.G. XI (96)
Grundmann S. I (47) Izorche M.-L. I (647)
Grunewald B. I (575) Izzo U. II (82), XI (57), XI (57)
Guglielmucci V. VII (73)
Guibal J. I (259) Jackson D. X (155)
Guillouard L. X (7) James P.S. II (303)
Jamin C. I (176), I (706), I (718)
Haferkamp H.-P. I (620) Jansen N. V (19)
Halpérin J.-L. I (166), I (203) Jestaz P. VII (112)
Hammond R.G. XI (108) Johnston J.S. XI (155)
Hanson J.D., Logue K.D. XI (87) Jolowicz J.A. XI (84), XI (85)
Hargreaves A.D. X (155) Joly A. II (160)
Harper F.V., James jr. F. XI (102) Jones M.A. V (23)
Harris D. XI (20) Josserand L. I (153), I (194), I (194), I
Hart H.L.A., Honoré T. V (32) (208)
Hartmann G. I (411) Jourdain P. I (161), I (389), I (651), I
Hattenhauer C. I (593) (665), I (697), I (718), II (251), VI
Haupt G. I (6) (258), VII (207), VII (262), VII (421),
Hazan M. IV (463) VIII (79), IX (1), IX (42), IX (51), IX
Heinrichs H. I (427) (362), IX (561)
Hellner J. XI (14), XI (102), XI (125) Julliot de la Morandière L. X (21)
Hémard J. VIII (87)
Henderson J. XI (20), XI (20) Kaye J.H. X (136)
Hepburn S. X (189) Keener W.A. X (130)
Héran M. IX (123) Keeton R.E. XI (10)
Herholz F. I (473) Keeton R.E., O’Connell J. XI (10)
Hill T. V (19) Kenny P.M. X (151)
Himmelschein J. I (452), I (460) King J.H. V (19)
Hirth R.-A. I (490) Kipp T. I (452)
Hohloch G. IX (364) Klanzleiter R. X (75)
Holdsworth W. X (133) Koch J. I (616)
Honorat J. IX (26) Kœring-Joulin R. VIII (112), VIII (415)
Honoré T. XI (155) Konzen H. I (620)
Honsell H. I (576) Köpcke G. I (458)
INDICE DEGLI AUTORI 685

Kötz H. I (375), X (78) Lorenz S., Riehm T. I (601)


Koziol H., Welser R. I (420) Lorenz W. I (538), I (541), I (542)
Kress H. I (465) Lorenzato F., Moscon V. II (119)
Kreuzer K.F. I (64) Losano M.G. I (363)
Kronke H. X (67) Lucas P.E. X (188)
Kullmann J. I (708) Luchaire F. XI (153)
Luminoso A. X (52)
Lacombe M. I (259) Lupoi M. VII (213), X (57), X (60), X
Laghezza P. I (101), IV (447), IX (253), (60), X (60), X (94)
IX (326), IX (326), IX (326) Lyon-Caen C. I (175), I (223)
Lambert Faivre Y. I (161), II (160), III
(214), IV (93), V (226), XI (35) Maggiolo M. I (19)
Lambo L. I (10) Magni F. VI (94)
Lambrecht P. I (6) Mahoney R. XI (21)
Lamorgese A. IX (295) Maietta A. IV (469)
Langdell C.C. X (130) Majello U. I (5), VIII (574)
Lange H. I (542) Malaurie P. VIII (671), X (21)
Langford R. X (192) Malaurie P., Aynès L. V (245)
Langford R., Dodds Streeton J. X (192) Malgieri G. IV (431)
Lanotte A. IX (296) Malinvaud P. I (710), I (716), VIII (558)
Larenz K. I (58), I (377), I (406), I (442), Malzani F. IV (200), IV (425), IV (425),
I (518), I (518), III (39) IV (425)
Larenz K., Canaris C.W. I (368) Mandrioli C. II (21), II (21)
Larroumet C. I (323), I (668), I (710), I Mangan M.T. V (19)
(718), VIII (558), IX (160), IX (400), Manthorpe J. X (147)
IX (408), IX (447), XI (6) Mantovani F. II (77)
La Torre A. XI (64) Mantovani M.P. I (542)
Lawson F.H. X (122) Marcadé V. (e Pont C.) X (53)
Lawson F.H., Markesinis B. II (301) Marchessaux I. I (684)
Lazzari A. VI (78) Marella M.R. I (162), III (6), III (41), IV
Leduc F. IX (362) (1), VII (118)
Lehmann H. I (452) Marella M.R., Marini G. III (35)
Lepre S. VI (92) Mari G. V (80)
Le Roy M. III (29), III (216), IV (373) Mariconda V. IX (253), X (59)
Le Roy M., Margeat H. XI (108) Marini G. III (37), IV (67)
le Tourneau P. VIII (639), XI (45), XI (155) Markesinis B. VII (178)
le Tourneau P., Cadiet L. V (250) Markesinis B.S., Unberath H. I (461)
Leveneur L. I (698) Marks S. X (170)
Libertini M. I (4) Marsh N.S. XI (84)
Liebs D. I (542) Martin D. I (689)
Lindsay S. X (188) Martin D.R. IX (4)
Lipari N. I (6), II (255) Martini F., Mazzucchelli A., Rodolfi M.,
Liserre A. II (251), VII (3), VII (73) Vivori E. VI (217)
Lonardo L. X (3) Martini V.L. VI (229)
Longo F. IV (433) Marton G. IX (17)
686 INDICE DEGLI AUTORI

Marty G. II (160) Montani V. I (101), II (238), IV (449), VI


Mascala C. VIII (479) (124)
Mashaw J. XI (89) Montel A. III (12), VIII (51)
Mastropaolo F. II (320), V (9) Monti S. IV (429)
Mastrorilli A. VII (374) Morelli S. I (20)
Mattei U. III (44), V (34) Morello U. I (5)
Mattina L. VII (415) Morley J., Lonardo L. X (3)
Mattis T. X (198) Morlini G. IX (326)
Mazeaud D. I (161), VII (110) Moscati E. I (88)
Mazeaud H. II (173), IX (17) Moschella R. X (211)
Mazeaud H., L. II (17), VI (41), IX (259) Mossa L. X (217), X (217)
Mazeaud H., L. e Tunc A. V (248) Mouly J. IX (437)
Mazzamuto S. I (1), I (49), I (139), III (45) Mousseron J.M. I (705)
Mazzucchelli A. VI (217) Münzberg W. X (68)
Mc Clurg J. XI (80) Musielak H.-J. I (575), I (575)
McCormack J.L. X (202) Musolino G. VI (1), VI (222), VI (234),
McCrimmon L. X (186)
XI (66)
Mc Gregor H. XI (108)
Musy A. V (84)
Medici C. II (276), IV (438)
Medicus D. I (162), I (368), I (468), I
(519), I (606) Nannipieri A. III (213)
Megarry R., Wade H.W.R. X (94), X Napolitano I. I (38)
(137) Nardulli G. V (75)
Mémeteau G. VII (246) Nast M. I (682)
Mengoni L. I (79), I (92), I (163), VII (431) Natoli U. X (195)
Merryman J.H. X (113) Natoli U., Ferrucci R. X (50)
Messinetti D. II (320), III (35), IV (132) Navarretta E. I (32), II (80), II (316), III
Mestre J. IX (451) (1), IV (48), IV (148), IV (175)
Miller A.L. XI (11) Neave M., Rossiter C.J., Stone M.A. X
Miller R.S. XI (21), XI (21) (185)
Milsom S.F.C. X (112) Neuner R. III (39)
Minozzi A. III (12) Nicolussi A. IV (325), VI (219), IX (538)
Miotto G. IV (504) Nivarra L. I (1), I (1)
Mirabelli G. X (34) Nocco L. IV (459), V (163), VI (179)
Mitzner M. X (179) Nuzzo M. IX (337)
Moccia L. I (2), X (127)
Molaschi V. I (20) Oakley A.J. X (105)
Mommsen F. I (411), I (411), III (39) Occhiocupo N. VII (341)
Monateri P.G. I (5), I (14), I (687), II O’Connell J. XI (10), XI (145)
(205), II (206), II (309), III (90), III O’Connell J., Joost R. XI (10)
(93), III (128), III (131), IV (2), IV O’Connell J., Tenser C. XI (17)
(387), IV (412), V (82), VII (127), VII O’Connor P. X (176)
(347) Oliviero M. I (45)
Monateri P.G., Bellero A. II (309) Oppo G. I (32)
Monetti V., Pellegrino G. II (32) Osti G. I (409), I (409)
INDICE DEGLI AUTORI 687

Pacces A.M. V (5), V (6) Planiol M. I (179), I (183)


Pacchioni G. II (21), III (73), VI (25), Planiol M., Ripert G. X (21)
VIII (9) Plötner M. I (500)
Pacifici-Mazzoni E. X (23) Pogliani M. III (7)
Pack H. I (508) Poletti D. IV (160), XI (43), XI (62), XI
Padovini F. VIII (68) (132)
Paine G.C. X (142) Polinsky A.M. XI (120)
Paire C. VIII (503) Pollice P. III (162), X (23)
Paisant G., Brun P. VIII (630) Pontecorvo A. V (9)
Palandt O. I (376) Pontonio F. VIII (43)
Palazzo A. X (60), X (60) Ponzanelli G. I (4), I (11), II (26), II
Palermo G. X (60) (140), II (212), II (241), II (246), II
Palmer G.W.R. XI (20) (246), II (246), II (254), II (256), II
Palmerini E. VII (386) (316), II (328), III (103), III (103), III
Palmieri A. I (77), I (85) (105), III (106), III (131), IV (1), IV
Panforti M.D. X (102), X (187) (4), IV (23), IV (44), IV (120), IV
Paolucci L.F. VIII (15) (302), IV (404), IV (416), IV (439),
Papa M. I (45) IV (443), IV (451), IV (466), IV (475),
Paradiso M. I (141), III (21), IV (232) IV (494), V (76), VI (1), XI (10), XI
Pardolesi P. I (68) (57), XI (58), XI (70), XI (73), XI
Pardolesi R. XI (50), XI (87), XI (96) (87)
Pardolesi R., Simone R. II (266), IV Ponzanelli G., Bona M. I (56), IV (215)
(300) Ponzanelli G., Foffa R., Pardolesi R., Si-
Parrella A. VI (12) mone R. VII (160)
Parziale A. I (37) Ponzanelli G., Pardolesi R. I (85)
Pastore M. IV (435) Posner R. XI (80), XI (80), XI (80), XI
Patti S. II (162), III (26), VII (438) (80)
Peccenini F. XI (38) Pothier R.-J. X (4)
Pegoraro L. I (45) Potter H. X (155)
Penneau J. V (132), V (134), V (314), VI Powell R.R. X (199)
(115), VII (38), IX (453), IX (499) Pozzo B. X (132)
Peretti Griva D.R. VIII (51), VIII (59) Price D.P.T. V (25)
Perlingieri P. II (25), II (25), II (29), II Priest G.L. XI (10), XI (88), XI (99), XI
(300), II (304), IV (256), IV (371), (146)
VII (7), X (51), X (51), XI (104), XI Princigalli A.M. III (165), XI (58)
(123) Procchi F. I (478)
Perlingieri P., Lonardo L. IV (371) Procida Mirabelli di Lauro A. I (40), I
Perulli A. VI (189) (41), I (45), I (56), I (87), I (125), I
Picardi N. X (18), X (37) (129), I (524), I (687), II (3), II (52),
Piccinelli G.M. I (45) II (59), II (64), II (76), II (92), II
Pichot A. VII (107) (160), II (239), II (240), II (252), II
Picker E. I (162) (252), II (252), II (306), II (307), II
Pierce R. XI (80) (316), II (328), III (14), IV (38), IV
Piraino F. IX (17) (213), IV (285), IV (376), IV (410), X
Plancquéel A. IX (17) (209), XI (1), XI (1), XI (21)
688 INDICE DEGLI AUTORI

Procida Mirabelli di Lauro A., Feola M. Romano F. II (319)


I (524) Romano Salv. VIII (65)
Prosser W.L. II (301) Ronchi E. V (144)
Pucella R. V (2) Roppo E. I (5)
Puech M. II (2) Rosenberg D. XI (89)
Pugliatti S. III (73), X (222), XI (134) Rossello C. I (5), XI (96)
Pugliese G. X (1) Rossetti M. II (146), II (193), III (164),
IV (10), IV (305), IV (416), V (147)
Quadri E. II (300), IX (255), XI (49), XI Roujou de Boubée M.È. III (29)
(50), XI (115) Rovelli F. III (12), III (12)
Rowley R.G. X (95)
Rabel E. I (413), I (413), I (418) Rowton Simpson S. X (137)
Radé C. VII (110), IX (418) Rubino D. X (34)
Rago G. IV (52) Rubino G. VIII (7)
Rainer J.M. I (658) Ruoff T.B.F., Roper R.B. X (155)
Ranieri F. X (67) Ruoff T.B.F., Roper R.B., Pryer E.J.,
Rea jr. S.A. XI (108) West C. X (155)
Redenti E. X (217) Ruta S. XI (50)
Reece H. V (19)
Reinicke T. X (87)
Reischauer R. I (419) Sacco R. I (5), I (14), I (130), I (360), II
Rémy P. VI (195), IX (54) (203), III (3), III (15), III (78), X
Renda L. V (140) (37), X (39), X (48), X (64), X (69), X
Rescigno P. I (5), I (126), II (300), IX (16) (187), X (207), X (210)
Resta G. II (24) Sacco R., De Nova G. X (39)
Reynaud G. IV (298) Sackville R. X (194)
Reynaud P. XI (48) Sainctelette C. I (173)
Ricca L. I (6) Sainte-Rose J. VII (133)
Ricci F. VI (7) Saleilles R. I (152), I (154), I (185)
Rieger J.P. X (143) Salvi C. I (11), II (253), II (318), III (3),
Ries G. I (491) III (13), III (44), XI (44), XI (146)
Ripert G. III (29), XI (6) Santarelli U. X (66)
Ripert L. III (29) Santoro P. I (66)
Robinson S. X (192) Santoro Passarelli F. II (187), X (66)
Roche-Dahan J. VII (1) Sanzo S. II (223)
Rodière R. I (235), I (650), VI (56), VIII Sargos P. I (653), VII (56)
(133), VIII (152), VIII (162), VIII Sarraz-Bournet P. IX (27)
(240), VIII (351), VIII (376), IX (17), Sarrut L. I (223), I (275), I (313)
IX (401) Sauzet M. I (169)
Rodotà S. I (4), I (14), I (392), II (31), V Savatier R. I (682), II (300), IV (384), V
(294), VII (138), VII (377) (124), IX (449), IX (453), IX (499),
Rodotà S., Tallacchini M. VII (377) XI (6), XI (101)
Rodotà S., Zatti P. VII (377) Sbisà G. I (5)
Roger R. VIII (91) Scalfi G.G. II (63), VIII (68), XI (39), XI
Rolli R. IV (445) (50)
INDICE DEGLI AUTORI 689

Scalisi V. II (252), IV (157) Stein P. X (102)


Scalzini S. I (75), II (238) Stella G. I (85)
Scarselli G. VI (229) Stella Richter G. I (6)
Schäfer H.B., Ott C. I (461) Stolfi G. X (217)
Schäfer K. X (79) Stolfi M. VIII (47)
Schlechtriem P. I (610) Stoll H. I (426), III (39)
Schlesinger P. III (79), VI (99), X (37) Stoll He. I (145)
Schmidt E. I (426) Stone H.F. X (130)
Schmidt K. I (620) Storey I.R. X (137)
Schulze R. I (593) Story J. X (129)
Schwab D. I (442) Strauch D. I (405)
Schwab M. I (618) Sugarman S.D. XI (80)
Schwartz G. XI (6), XI (120) Süss T. X (67)
Schwerdtner P. I (493) Sutschet H. I (545)
Scognamiglio C. I (49), I (58), I (58), IV Sweat R.E. X (198)
(301) Syz C. I (6)
Scognamiglio R. I (5), I (99), II (264), II
(264) Talamanca M. X (1)
Scott A.W. X (130) Tallon D. VI (195), VI (195)
Scott W. V (31) Tarello G. I (364)
Serafini S. III (39) Tartufari L. X (23)
Serio M. I (45), I (134), I (134), I (671), Teisseire M. I (161)
X (110), XI (80) Terré F., Simler P., Lequette Y. I (700)
Sesta M. IV (433) Tesauro G. VI (1)
Severi C. VI (17), IX (335) Teyssie B. I (705)
Sganga C. VII (394) Thaller E. I (180)
Shavell S. I (394) Thiele W. I (405)
Shick B.C., Plotkin I.H. X (178) Thiene A. I (19)
Siber H. I (452) Thierry M., Nicourt B. IV (378)
Sica S. XI (19) Thomas Y. X (67)
Simpson A.W.B. X (133) Tocci M. III (103)
Smith J. XI (89) Tomarchio V. I (49)
Smith J.E. X (143) Tonelli A. X (60)
Smith S.D. XI (80) Torrens R. X (176)
Smorto G. XI (8) Torresani M. I (78)
Somma A. I (6) Torresi T. V (170)
Sourdat A. I (220) Tortorano F. III (162)
Spasiano E. XI (65) Toullier C. X (16)
Stagl J.F. I (22) Trabucchi A. I (141), VII (18)
Stanghellini L. I (6), XI (50) Travaglino G. IV (265)
Staples L.M. X (184) Traverso M.C. VI (100)
Stapleton J. V (29) Trazzi M.R. VI (224)
Starck B. XI (6) Trebilcoch M.J. XI (6), XI (87)
Starck B., Roland H., Boyer L. VI (193) Treccani C. VII (426)
Staub H. I (416), I (425), I (425), I (425) Trimarchi P. I (5), I (393), V (32)
690 INDICE DEGLI AUTORI

Troiano O. II (328) von Tuhr A. III (39), III (39)


Troplong R. X (12)
Tunc A. I (408), II (16), IV (106), VI Wacke A. X (85)
(55), VIII (187), XI (6), XI (9), XI Waddams S.M. V (19)
(10), XI (14), XI (14), XI (18), XI Wade H.W.R. X (144), X (144)
(20), XI (20), XI (48), XI (81), XI Wannagat G. XI (102)
(116), XI (146) Waters D.W.M. X (113)
Turco C. I (400) Watson A. X (3)
Tuzov D. X (67) Weber R.H. I (421)
Weill A. I (682)
Underhill A. X (119) Weill A., Terré F. X (21)
Weill A., Terré F., Lequette Y. II (15)
Vacca L. I (634), X (1) Weinrib E.J. V (21)
Valsecchi E. VIII (5), VIII (48) Weir J.A. XI (84)
Vansteenberghe V. I (161) Weirich H.-A. X (85)
Varanese G. I (6), I (416), I (495) Whalan G.J. X (190)
Varano V. XI (8) Whitters B. X (171)
Venditti A. VIII (5), VIII (577) Wicher R. I (452)
Vennell M.A. XI (20), XI (21) Wieacker F. I (366), I (413), X (67)
Venosta F. I (1), I (1) Williams G.L., Hepple B.A. XI (80)
Verepaux M. VII (10) Williams W.J. X (113)
Vettori G. IV (309), X (49) Williston W. X (130)
Viazzi C. VI (240) Windscheid B., Kipp T. I (412)
Vidal J. II (173) Witkin B.E. X (179)
Vigoriti V. XI (8) Wolf F. I (397)
Villa G. IX (253) Wolf J.G. I (542)
Vinciguerra G. IX (272) Wollschläger C. I (542)
Viney G. I (161), I (649), I (663), I (715),
III (29), VII (110), VII (167), VIII (525), Yadin U. XI (11)
VIII (558), IX (416), XI (9), XI (35)
Viney G., Jourdain P. I (144) Zana M. VI (98)
Viney G., Markesinis B. II (16) Zeno Zencovich V. I (2), I (5), II (326),
Violante U. V (72) III (227), V (15), V (36)
Visintini G. I (5), I (5), I (390), III (38), Zens A. I (181)
III (81), III (81), V (9), VI (99), VI Zerella E. XI (76)
(139), VI (196), IX (253), IX (326), Zimmermann R. I (367)
IX (585) Ziviz P. II (189), II (195), IV (1), IV
von Bar C. I (397), I (441), I (566) (164), IV (411)
von Böhmer E. I (542) Ziviz P., Bilotta F. IV (115)
von Caemmerer E. I (542) Zoppini A. I (2)
von Hoffmann B. X (68) Zorzit D. VII (418)
von Jhering R. I (386), I (426), I (478), I Zweigert K., Kötz H. I (362)
(679), I (680)
INDICE DEGLI AUTORI 691
692 INDICE DEGLI AUTORI

Finito di stampare nel mese di settembre 2014


nella Stampatre s.r.l. di Torino – Via Bologna, 220
INDICE DEGLI AUTORI 693
694 INDICE DEGLI AUTORI

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