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(1) Non sto qui a ricordare cose note a qualsiasi operatore e studioso del diritto,
come la previsione dell’analogia e del divieto del ricorso ad essa per le norme penali ed
eccezionali (rispettivamente art. 12, comma 2°, e art. 14 delle Preleggi). Un quadro
complessivo della letteratura è offerto da M. FRACANZANI, Analogia e interpretazione
estensiva nell’ordinamento giuridico, Giuffrè, Milano, 2003.
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(8) A.G. CONTE, Ricerche in tema d’interpretazione analogica (1957), ora in Id.,
Filosofia dell’ordinamento normativo. Studi 1957-1968, Giappichelli, Torino, 1997, p.
26, n. 58. In quella sede Conte mette correttamente in luce che tale struttura logica del
ragionamento analogico in campo giuridico, ponendo l’accento sul fatto che la somi-
glianza determina applicazione della medesima conseguenza giuridica, elimina il difet-
to della configurazione dell’analogia fornita da Norberto BOBBIO nel suo L’analogia
nella logica del diritto, Memorie dell’Istituto giuridico dell’Università di Torino, Torino,
1938, p. 87 ss., ristampa inalterata a cura di P. DI LUCIA, Giuffrè, Milano, 2006, ove
invece la struttura logica finiva col risolvere la somiglianza nell’identità delle fattispecie,
secondo lo schema Q è P; S è simile a Q; S è P. Adeguata invece la nozione di analogia
giuridica proposta da Bobbio nella voce Analogia (1957), in Id., Contributi ad un dizio-
nario giuridico, Giappichelli, Torino, 1994, p. 1: «S’intende per ‘analogia giuridica’, o,
con altre espressioni, ‘ragionamento per analogia’, ‘procedimento per analogia’, ‘esten-
sione analogica’, ‘interpretazione analogica’, quell’operazione, compiuta dagli interpre-
ti del diritto (giuristi e giudici in specie), mediante la quale si attribuisce ad un caso o
ad una materia, che non trovano una regolamentazione espressa nell’ordinamento giu-
ridico, la stessa disciplina prevista dal legislatore per un caso o per una materia simili».
(9) Sulla ratio legis è eccellente il contributo di E. DICIOTTI, Interpretazione della
legge e discorso razionale, Giappichelli, Torino, 1999, pp. 398-413.
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(13) È in voga l’idea che qualsiasi ragionamento abbia natura necessariamente ana-
logica. Tuttavia, anche se così fosse gli stessi assertori di tale posizione riconoscono che
le questioni giuridiche legate all’analogia, come ad esempio il divieto di analogia per
talune norme e ambiti e la distinzione tra analogia giuridica e interpretazione estensiva,
hanno senso se collocati «… nella dimensione dell’analogia» e si può «… tracciare un
confine in qualche misura plausibile per mezzo di criteri adeguati» (A. KAUFMANN,
L’analogia. Un problema insoluto della scienza del diritto, in Id., Analogia e «natura della
cosa», trad. it., Vivarium, Napoli, 2003, p. 16). Posta in questi termini la questione rima-
ne attuale e permane l’interesse per l’oggetto di indagine: quale sia il rapporto tra ana-
logia giuridica e interpretazione estensiva, seppur all’interno di una dimensione neces-
sariamente analogica del ragionare. Resta, cioè, la specificità dell’analogia giuridica e
dei problemi che essa porta seco.
(14) N. BOBBIO, L’analogia nella logica del diritto, cit., p. 63 e pp. 139 ss.
(15) N. BOBBIO, Analogia (1957), in Id., Contributi ad un dizionario giuridico, cit.,
p. 10.
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(16) N. BOBBIO, Ancora intorno alla distinzione tra interpretazione estensiva e analo-
gia, in Giur. it, I, 1968, c. 698.
(17) M. S. GIANNINI, L’analogia giuridica, in Jus IV, 1941 e I, 1942, ora in Id., Scritti,
vol. II, Giuffrè, Milano, 2002, pp. 187-255, il saggio è particolarmente utile, oltre che
per la profondità delle argomentazioni in esso contenute, per la messe di riferimenti a
saggi e manuali degli inizi del ‘900.
(18) L. GIANFORMAGGIO, L’analogia giuridica, cit., p. 150. La differenza è quindi di
mero grado.
(19) G. CARCATERRA, Analogia (teoria generale), p. 8 e p. 16.
(20) A. BELVEDERE, Interpretazione estensiva e analogia: alcune considerazioni, cit.,
specialmente pp. 568-572. Particolare attenzione meriterebbero le pagine di E. BETTI,
Interpretazione della legge e degli atti giuridici (teoria generale e dogmatica), (1949)
seconda ed. riveduta e ampliata da G. CRIFÒ, Giuffrè, Milano, 1971, 130 ss., solo che
in Betti la critica alla distinzione tra interpretazione estensiva e analogia passa attraver-
so la distinzione ulteriore tra norma e massima di decisione. Si tratta di una questione
complessa che investe le basi della teoria di Betti e non la si può affrontare in questa
sede. Nelle pagine di Betti si trova anche una accurata ricostruzione e discussione delle
tesi di Bobbio del 1938.
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(21) In questi termini con riferimento alla più generale dicotomia interpretazione/-
integrazione si era espresso con chiarezza già L. CAIANI, Analogia (teoria generale), cit.,
352 ss.
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ve? La domanda è epocale, mi limito qui a fornire una risposta che con-
siste nell’esporre sinteticamente la teoria dell’interpretazione giuridica
da me preferita per poi valutarne i riflessi sul tema oggetto di questo
breve saggio.
In buona parte della letteratura più e meno recente di teoria del di-
ritto, specie d’indole analitica, si è soliti distinguere le teorie dell’inter-
pretazione in tre grandi filoni: formalista, scettico, intermedio. Ogni
filone presenta molteplici varianti, sovente significative (22). Perso-
nalmente aderisco allo scetticismo interpretativo moderato inteso nei
seguenti termini. Se si muove da una definizione di interpretazione giu-
ridica, al pari di quanto si è fatto, come determinazione del significato
delle formulazioni normative, si può ragionevolmente sostenere che
«determinare» il significato sia cosa diversa dallo «scoprire» e dal
«creare» il significato medesimo. Si sostiene, cioè, che nell’interpreta-
zione giuridica le soluzioni possibili aperte alla scelta dell’interprete
sono molteplici, ma delimitate: l’interprete opera discrezionalmente,
ma non arbitrariamente. Tuttavia, se l’ambito delle soluzioni interpreta-
tive possibili è delimitato, in qual senso lo è? Per rispondere all’interro-
gativo posto, ho introdotto in un mio scritto recente alcune distinzioni,
muovendo dall’assunto che per interpretare è necessario conoscere la
lingua nella quale è espressa la formulazione normativa (23). Conoscere
la lingua significa, di conseguenza, conoscerne le regole di funziona-
mento (24), ed allora si può affermare che il primo ambito a venire in
(25) Quali e quanti siano gli argomenti interpretativi accettati nella comunità giuri-
dica e soprattutto in che cosa consista la loro accettazione è arduo dirlo, in questa sede
non posso in alcun modo trattarne.
(26) Estendere il significato può significare ampliarne la denotazione, cioè la classe
cui il termine si riferisce, o la connotazione, cioè le caratteristiche della classe.
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(27) Basti pensare alla legalità in ambito penale. A tal proposito è importante sotto-
lineare un aspetto. Sostenere che si può distinguere tra analogia giuridica e interpreta-
zione estensiva non significa sostenere l’automatica ammissibilità di qualsiasi interpre-
tazione estensiva in ambito penale. Fino a quale punto una estensione di significato
confligga o non confligga con la stretta legalità penale dipende dal modo di concepire
quest’ultima. Lo studio delle forme di integrazione non analogica si lega, almeno in
parte, a quello di vari tipi di sistemazione o sistematizzazione del diritto, segnalo in pro-
posito il lavoro di G. B. RATTI, Sistema giuridico e sistemazione del diritto, Tesi presen-
tata al Dottorato di ricerca in Filosofia del diritto dell’Università di Milano, ciclo XVIII.
(28) A. BELVEDERE, Interpretazione estensiva e analogia: alcune considerazioni, cit.,
specialmente pp. 568-572, ma potrei assumere come riferimento più genericamente l’af-
fermazione che l’interpretazione estensiva è una estensione del significato priva di una
giustificazione o della giustificazione tipica del ragionamento analogico (si vedano ad
esempio retro le opinioni di Bobbio del 1957, Giannini e Gianformaggio).
(29) Sia ben chiaro che il riferimento a Belvedere è operato per comodità espositiva
e non in funzione critica: infatti da una accorta lettura delle sue pagine emerge la piena
consapevolezza della differenza tra una estensione per mezzo della ratio che resta entro
certi confini, ed una estensione che li varca.
(30) Insomma: all’interno dei significati possibili abbiamo interpretazioni (giuridica-
mente ammissibili o meno), al di fuori abbiamo integrazioni (analogiche e non).
(31) Nel quale, come il lettore noterà, il dato più problematico e insoddisfacente, tra
i molti presenti, è la definizione di integrazione.
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INTERPRETAZIONE INTEGRAZIONE
Bibliografia essenziale
BETTI E., Interpretazione della legge e degli atti giuridici (1949), Giuffrè,
Milano, 1971.
CAIANI L., Analogia (teoria generale), Enc. Dir., II, Giuffrè, Milano,
1958.
CARCATERRA G., Analogia (teoria generale), Enc. Giur. it., II, Treccani,
Roma, 1988.
GIANNINI M.S., L’analogia giuridica, in Jus IV, 1941 e I, 1942, ora in Id.,
Scritti, vol. II, Giuffrè, Milano, 2002, pp. 187-255.
VASSALLI G., Analogia nel diritto penale, Dig. disc. pen., I, Utet, Torino,
1987.
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