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LA DOMANDA DI MONETA 61

CAPITOLO 2

LA DOMANDA DI MONETA

SOMMARIO: 2.1. Introduzione. 2.2. La moneta mezzo di


pagamento: la Teoria Quantitativa. 2.3. La moneta riserva di
valore: la Teoria della Preferenza per la Liquidità. 2.4. La
domanda di moneta e la politica monetaria nel modello IS-LM.
2.5. La domanda di moneta nella teoria delle scelte di
portafoglio. 2.6. Scelte di portafoglio e teoria della finanza:
cenni. Appendici: A2.1 Il modello delle scorte. A2.2 La
domanda di moneta in Friedman.

2.1 Introduzione

Lo studio delle determinanti della scelta di detenere moneta


da a e deg age f da e a e e ec a e a a;
costituisce un anello essenziale per comprendere i meccanismi
di tra e de a ca e a a a ec a ea e. I
questo capitolo, descriviamo brevemente le principali teorie
tradizionali elaborate per spiegare la domanda di moneta, sia a
livello microeconomico che ai fini della derivazione di una
domanda di m e a de e e a ec c .D a
a e e e e e fa e a a a a de e f
e da a e a e ec a, ec d a g ca ea
quella descritta nei semplici modelli dinamici esposti nel primo
capitolo. In particolare, la funzione di mezzo di pagamento sarà
eg a a da a e a a a a e c a ca (2.2) e da a
sua versione più moderna riproposta da Milton Friedman e dai
monetaristi (e discussa in appendice). La funzione di riserva di
valore è invece alla base della teoria keynesiana della
preferenza per la liquidità (2.3) e degli sviluppi successivi
e ca de e ce e d af g (2.5-2.6). Nel paragrafo 2.4
analizzeremo brevemente la domanda di moneta ed il
meccanismo di trasmissione della politica monetaria impliciti
nello schema IS-LM, che ha costituito a lungo il framework di
62 CAPITOLO 2

a a a d b d d
politiche di stabilizzazione ciclica.

2.2 La moneta mezzo di pagamento: la teoria quantitativa.

Per molti secoli, la visione largamente accettata che la


funzione predominante della moneta fosse quella di essere il
mezzo privilegiato e più efficace per effettuare gli scambi è
stata sintetizzata, sia pure in formulazioni diverse, in un
approccio che va sotto il nome di Teoria Quantitativa della
Moneta (TQM).22 Secondo questa teoria, gli agenti domandano
moneta per far fronte alla mancata sincronia, nel mondo reale,
di incassi e pagamenti. Se questi ultimi coincidessero, poiché la
moneta, almeno nella a d c c a , d ac
interesse, nessuno sarebbe disposto a detenere disponibilità
liquide infruttifere quando può invece acquistare attività
(sicure) con rendimento positivo.23 Se tuttavia incassi e
pagamenti avvengono in momenti diversi, la detenzione di
moneta consente di effettuare i pagamenti anche se
contemporaneamente non viene ricevuto nessun incasso. La
domanda di moneta dipenderà quindi, secondo questo
approccio, da due tipologie di fattori distinti:
1) fattori istituzionali-comportamentali, come ad esempio
a ad ca cc ab d d
spesa degli agenti nel periodo intercorrente tra i due incassi.
2) fattori di tipo economico, ad esempio il reddito ricevuto al
momento degli incassi, o la quantità di acquisti che si desidera
effettuare in un certo periodo.
Poiché la detenzione di saldi monetari da parte degli agenti
a a da a , a c da d ca
cc ( da ca d d ca a
d ) a ca a d d a a c
vengono effettuati giornalmente (o settimanalmente, a seconda
dello schema di pagamento considerato), la domanda di moneta
nel periodo in considerazione (nel nostro esempio, il mese)
viene ca c a a c d a d a da d ad a
detenuti nel periodo stesso. La domanda di moneta coincide

22
Riferimenti espliciti ai contenuti di questa teoria si trovano già nel
XVI secolo (Jean Bodin), e negli scritti di David Hume e Antonio Serra.
23
Si noti che la considerazione dei fenomeni di incertezza non era, nel
mondo classico, modellata in modo esplicito. Il contesto di riferimento deve
assumersi, almeno in prima analisi, deterministico.
LA DOMANDA DI MONETA 63

a a a a a a a
degli agenti.
Un esempio numerico aiuta a chiarire il concetto. Se un
agente riceve mensilmente un reddito monetario pari a 1000
Euro, che spende per ipotesi interamente e secondo uno schema
di pagamento lineare (quindi ogni giorno spenderà una identica
frazione del suo reddito per effettuare i propri acquisti), è ovvio
che la sua doman a a a a
ponderando i suoi saldi monetari giornalieri per il periodo di
giorni in cui vengono mantenuti. Se lo schema di pagamento è
lineare, questo calcolo coincide con la media aritmetica dei
saldi iniziali (1000 Euro) e fi a (0) a , a
pari a 500 Euro. Immaginate ora che un altro agente, con
esattamente lo stesso reddito e lo stesso schema di incassi (1
volta al mese), spenda 800 Euro nei primi quindici giorni
(assumiamo per semplicità che lo faccia ancora in modo lineare,
cioè ogni giorno delle prime due settimane spenderà una
frazione costante della somma), e i restanti 200 Euro nei
quindici giorni successivi. La sua domanda di moneta potrà
calcolarsi prendendo la media aritmetica delle due giacenze
medie dei due sottoperiodi.
Nel primo periodo, la domanda di moneta sarà pari alla
media dei saldi iniziali e finali:
(1000 + 200) / 2 = 600 Euro.
Nel secondo periodo, sarà data, analogamente, da:
(200 + 0) / 2 = 100.
La domanda di moneta mensile non è altro che la media
ponderata (con pesi pari al 50%) delle due giacenze medie
bisettimanali: sarà quindi pari a 350 Euro.
Il secondo agente spende più rapidamente il suo reddito,
conseguentemente i saldi monetari rimarranno per meno tempo
in media nelle s a , a a a a
moneta, definita come giacenza media, è inferiore rispetto a
quella del primo agente.
Della teoria quantitativa della moneta esistono diverse
a , a bb
riferite, rispettivamente, ad Irving Fisher e a Pigou, e che
a a b a
.
64 CAPITOLO 2

L equa ione degli scambi

La a F a a a c c ab ,
c a a a, a a economia in cui gli
scambi avvengono con contropartita monetaria, tra il valore
totale degli scambi (delle transazioni) e il prodotto della
quantità di moneta in circolazione per il numero di volte che in
a a a a a c omia. In
simboli: MV PT, dove M è la quantità complessiva di moneta
in circolazione, V la velocità di circolazione della moneta, il
numero di volte che in media ogni unità di moneta circola
a a c c , P
ind c a T a a
c ca b . L a a,
precisamente una teoria di determinazione del livello dei prezzi
P, allorquando vi si impongano, a fianco, delle assunzioni
caratterizzanti c a a c a.
Queste assunzioni sono sostanzialmente due, che Fisher eredita
a ca c a a a a c
scrive:
a) T è la quantità di transazioni che corrisponde alla
a a c a, a aa
condizioni di pieno impiego delle risorse.
b) V è costante perché dipende da fattori che, almeno nel
breve-medio periodo, non variano, come le abitudini di spesa
degli agenti, i loro schemi di incasso e di pagamento.
Da queste due ipotesi, segue chiaramente una teoria
a a a a :
a a a a a a a
in circolazione, con un fattore di proporzionalità pari al rapporto
tra V e T:
da MV = PT, segue infatti P = (V/T)M
Un aumento di M, se V e T sono costanti, si scarica
necessariamente in un proporzionale aumento dei prezzi.
L a a a a c a
monetaria. Infatti, indicando con ^ il tasso di variazione nel
tempo delle grandezze, e ricordando che per qualsiasi coppia di
a ab a: ( )^ = ^+ ^, a ca b
può riscriversi come segue: M^+V^ = P^+ T^.
Se V e T sono costanti, in coerenza con le ipotesi del
ca c , a a a a a
nulla, e quindi P^ = M^, il tasso di inflazione coincide con il
tasso di crescita della moneta.
LA DOMANDA DI MONETA 65

Da e a e de ca b ca a a e a de a
domanda di moneta solo indirettamente. Infatti, dati V e T, per
ogni livello dei prezzi P esiste solo una quantità di moneta
compatibile con il desiderio degli agenti di effettuare gli
scambi. La domanda reale di moneta, M/P è esattamente pari al
rapporto T/V, e risulta quindi rigida rispetto al livello dei prezzi
(Figura 1a). La domanda nominale di moneta, dipende invece
dal livello dei prezzi, o dal suo reciproco, dato che il valore
della moneta è, in questa sede, identificabile con il potere di
acquisto di una unità di moneta, cioè 1/P. In particolare, la
domanda nominale di moneta (Figura 1b) assume un andamento
descrivibile da una iperbole equilatera, una funzione tale che il
prodotto delle variabili sugli assi (M e 1/P) è costante (e nel
nostro caso pari a T/V).
Prima di passare alla presentazione della equazione delle
scorte, vale la pena osservare quanto segue:
i) le assunzioni di base della teoria quantitativa della
e a, a e e a a a e F e a a
c a a e e c e a e da e de a e ca, c e a
come né la velocità di circolazione della moneta sia costante, né
il sistema economico caratterizzato sempre da condizioni di
pieno impiego;
) a a, a e a e d e d a ea e
prezzi è una delle poche regolarità empiriche forti
de ec a. S a ca e e, a correlazione tra il tasso di
crescita (medio) di diversi aggregati monetari e il tasso di
inflazione non è significativamente diversa da 1 purché si
consideri un campione sufficientemente ampio di paesi in un
periodo sufficientemente lungo.24 La teoria quantitativa ha delle
implicazioni dunque che non sono counterfactual nel lungo
periodo.25

24
S eda a N be e ec e d R. L ca , bb ca a J a
Political Economy del 1996.
25
In realtà, la Teoria Quantitativa, va oltre la semplice correlazione
e ab e a eae e a a ad e e d ca a
dalla moneta ai prezzi che è solo coerente con la regolarità empirica descritta
nel testo, ma non ne discende necessariamente. In sostanza, la stessa regolarità
sarebbe osservabile nei dati anche se la direzione di causalità andasse
esattamente nel senso opposto, e cioè dai prezzi alla moneta.
66 CAPITOLO 2
68 CAPITOLO 2
FIGURA FIGURA
1a 1b
microeconomiche del bene di consumo x e di moneta in termini
reali come Mfrazioni delle disponibilità del singolo agente:
/P M
x = ay, m = (1-a)y.

Ovviamente,
T/ in termini nominali, la domanda di moneta è
V
M = (1-a)pY.

Prescindendo dalla costanza del coefficiente di


proporzionalità (1-a), dovuta alla specificazione adottata delle
a , a a a a a a
di moneta microeconomica appena derivata
P con la formulazione
1/
macro della teoria quantitativa della moneta di Pigou. P

2.2.1 Il modello
L equa macroeconomico
ione delle scorte. di riferimento.

LaNTQM a costituisce uno dei b capisaldi,


a insieme a al postulato
P ,
dilamercati
Teoria concorrenziali
Quantitativae delladellaperfetta
Moneta flessibilità
viene dei prezzi,
direttamente
delpresentata
modello comemacroeoconomico
una teoria della neoclassico.
domanda Questodi moneta.modello,Tale
come si vedrà
domanda in modo più
è derivata dalladettagliato nella seconda
massimizzazione, parte del
da parte degli
volume,
agenti, èdicaratterizzato
una funzionedadidue importanti
utilità tra i cui proprietà,
argomenti note come la
appare
c
moneta ain quanto fornitrice
a . (per
La ipotesi)
c adi servizi c apropri,
a
cariconducibili
a ca a a a a aa a a
determinare a ,i valori
a a di equilibrio
a a di aoccupazione,
a a produzione e .
salario
Essendo reale, indipendentemente
la soluzione di un processodalla considerazione
di ottimizzazione di
vincolata
domanda
(gli agenti eddevono
offertarispettare
di moneta. La neutralità
un vincolo di bilancio),dellala moneta
domanda
afferma
di moneta che dipenderà
le grandezze reali non
dal reddito sono, PY,
monetario in equilibrio,
definito dal
influenzate
prodotto del dalivello
variazioni dellaP quantità
dei prezzi di moneta.
per il reddito reale Y, Queste
secondo
variazioni inducono esclusivamente
un certo coefficiente di proporzionalità. modifiche
Si potràdelle
quindi variabili
scrivere
nominali, i prezzi dei beni e dei fattori.
Md =modello
Nel kPY, macroeconomico neoclassico, la parte
monetaria è in qualche modo semplicemente sovrapposta a
a conail coefficiente
, c cdi proporzionalità
c k che arisulta collegato
a
determinare
a il livellodella
ilità marginale deimoneta.
prezzi Talenominali, una esprimerà
coefficiente volta chela
b dela reddito
frazione a a
monetario a che gli agenti ca b ,desiderano
relativi.
detenere sotto forma di scorte monetarie. Da una parte, questo
N
coefficiente caè inversamente
a , proporzionale
b a alla
a velocità
a a di
a
circolazione dellaa moneta.
, ca moneta
Più a a
viene detenuta a a
in media,
massimizzazione
meno velocemente deilaprofitti
monetadelle imprese
circola, e delle utilità
dati determinati scambi deida
consumatori-lavoratori,
a . D a a adetermina , a il livello di occupazione a aed il
salario reale di equilibrio. La produzione (ed il reddito reale),
LA DOMANDA DI MONETA 69

che in equilibrio deve uguagliare il consumo aggregato (in un


modello statico), una volta noto il livello di occupazione, è
determinata dalla funzione aggregata di produzione. Questa è
una relazione matematica che esprime le conoscenze
tecnologiche rilevanti ai fini del processo produttivo,
collegando il numero di occupati (o le ore lavorate) con la
quantità massima di prodotto ottenibile in un certo momento.
Tutto ciò non richiede la considerazione del mercato della
moneta (dicotomia). La parte monetaria del modello è
composta da una offerta di moneta esogenamente stabilita dalla
banca centrale (M°), che in equilibrio deve uguagliarsi alla
domanda di moneta, così come espressa nella Teoria
quantitativa (kPY). Se k (almeno in un certo periodo) è
costante, e Y è stato determinato dalle condizioni di equilibrio
e ca ea , c e ffe a d ea M
de e a e de e d e b , P. A a a,
questo, dato il salario reale precedentemente determinato sul
mercato del lavoro, consente di calcolare il corrispondente
livello del salario nominale.
U a a a e de ffe a d ea difica il livello dei
prezzi nominali e, a fronte del medesimo salario reale, dei salari
nominali, ma non induce nessuna variazione nel livello di
e b de e a de e ea ( e a ).26 In questo
modello, il meccanismo di trasmissione della politica
monetaria, è inefficace o comunque esclusivamente transitorio,
data la proprietà di neutralità in equilibrio. Esso agisce
attraverso la maggiore domanda di beni che una quantità di
moneta in circolazione in eccesso induce. Tuttavia, in

26
Risultati simili si ottengono anche in un modello più complesso con
acc a e d ca a e e ce e d a .Le b e ca de
be c ede a a a a edd ea e e d a da a e a a
(equivalentemente tra risparmio ed investimenti privati, assumendo per
semplicità assenza del settore pubblico). In questo contesto, il ruolo di
allocare una certa quantità di beni prodotti tra consumi ed investimenti (o di
reddito tra consumo e risparmio) è svolto dal tasso di interesse, che si
configura anche esso come una grandezza reale, indipendente dalle condizioni
monetarie.
In definitiva il modello mantiene le proprietà di dicotomia e neutralità
descritte nel contesto statico. Infatti, il risparmio coincide con la domanda di
a f a a e e e a e, da a a e a a a d ce e a, e non
comprende la scelta di detenere in forma monetaria (infruttifera) parte delle
proprie disponibilità. La moneta conserva quindi solo la funzione di mezzo di
pagamento, non quella di riserva di valore che sarà invece sottolineata da
Keynes. Su questi temi si vedano Ackley (1961), Chirichiello (1989) e Arcelli
(2000).
70 CAPITOLO 2

condizioni di pieno impiego delle risorse, e per data tecnologia,


la produzione di tali beni non può variare, così che gli effetti
a d a d a a a .

2.3 La moneta riserva di valore: la teoria della preferenza


per la liquidità.

U a c a d a a a c a
moneta svolga oltre alle funzioni di mezzo di pagamento e
misura del valore già evidenziate dalla teoria quantitativa
(domanda di moneta transattiva e precauzionale) anche quella di
riserva di valore. In questo senso, la moneta si viene a
configurare come una tra le tante attività finanziarie che,
insieme alle varie attività reali, sono a disposizione degli agenti
per allocarvi le proprie disponibilità. La moneta è quindi in
rapporto di competizione e sostituibilità con tutte queste altre
attività, da cui si distingue tuttavia in quanto dotata di alcune
d ca a a . Ad , a a
c a c a da a
immediatamente utilizzabile (spendibile) per effettuare
transazioni di ogni genere. Ma la liquidità, definibile come
rapida convertibilità a basso costo in moneta circolante e
immediatamente spendibile, non è caratteristica esclusiva della
moneta. In misura diversa è posseduta anche da molte altre
attività, tanto che si potrebbero ordinare tutte le attività
finanziarie in funzione del loro grado di liquidità, in una scala
con al vertice la moneta circolante. A causa di questa sua
caratteristica, ritenuta preziosa, gli agenti sono disposti a
detenere moneta anche se in assenza di un rendimento, o
comunque a fronte di tassi di rendimento meno elevati rispetto
ad attività concorrenti: il differenziale di rendimento a cui si
rinuncia decidendo di detenere disponibilità in forma di saldi
monetari può allora interpretarsi come il prezzo da pagare per
godere dei benefici, in termini di servizi di liquidità, offerti
dalla moneta stessa.
Le scelte di allocazione delle proprie disponibilità in forma
monetaria o in forma alternativa vengono effettuate dagli agenti
sulla base di una serie di elementi rilevanti, che vanno dalla
trasferibilità al costo del trasferimento, alla certezza del valore
nominale e reale del proprio investimento, alla redditività ed al
rischio ad esso associati.
LA DOMANDA DI MONETA 71

In questa ottica, la moneta è facilmente e rapidamente


trasferibile, a costo zero, e garantisce il valore nominale delle
somme investite. Si configura anche come un investimento non
particolarmente rischioso, a prescindere dalle possibilità di
furto, o smarrimento durante un viaggio; tuttavia non garantisce
a a d , a ca a d a b
d d ac d aa a , d a a
redditività bassa, o addirittura nulla. In alternativa, ogni
individuo può decidere di tenere i propri risparmi in molte
diverse tipologie di strumenti offerti dai moderni sistemi
finanziari, attività finanziarie a reddito fisso o variabile o
a a c b a ab a a a b
d c a c d a a a a. C questo
termine si definisce la creazione di sempre nuovi strumenti
finanziari atti a soddisfare le mutevoli esigenze di risparmio
degli agenti. Tale creazione, spesso, nasce come risposta a
regolamentazioni particolarmente stringenti o penalizzanti che
limitano le potenzialità e il valore di strumenti finanziari
esistenti, ma che, ovviamente, non si applicano a strumenti
innovativi.27
Fino agli anni 60, a concorrere con la moneta come attività
finanziaria erano sostanzialmente le obbligazioni a reddito fisso
e, normalmente, a media-lunga scadenza e le azioni, forma di
investimento per definizione a reddito variabile e rischiosa,
esprimenti quote di proprietà delle imprese. Oggi, il panorama
dei mercati finanziari è molto più complesso e variegato.
Esiston c dd d ca a ,c
hanno scadenze molto brevi, di norma entro i 12-24 mesi. Tra
questi, i titoli governativi a breve, in Italia i BOT, che hanno
scadenza trimestrale, semestrale o annuale e che sono del tipo
zero coupon bonds , c c
calcolato come differenza tra il valore nominale ed il prezzo (di
solito inferiore) di emissione28; i pronti contro termine, che sono
operazioni di acquisto e vendita di titoli contro contante
effettuate oggi co d a a a ,

27
A volte si parla di una rincorsa ciclica tra mercati ed intermediari
finanziari ed autorità di regolamentazione, con le seconde che si occupano di
disciplinare gli strumenti ed i prodotti elaborati dai primi, e questi che ne
elaborano continuamente di nuovi proprio per superare i vincoli e le
regolamentazioni esistenti.
28
Le politiche monetarie molto espansive condotte da diverse banche centrali in
seguito alle recenti crisi finanziarie hanno indotto rendimenti negativi su molti titoli del
mercato monetario (e non solo): in tal caso alcune emissioni possono ben avvenire
a a a .
72 CAPITOLO 2

ma in senso contrario, ad una data stabilita in futuro: ad


esempio, la cessione di titoli da parte del settore bancario alle
a a a b ,
entrambe le parti che la cessione è solo temporanea, e la
differenza tra finanziamento ottenuto e somma restituita che
a ( , a
parte del settore bancario, per il finanziamento ottenuto dalla
banca centrale). Fanno parte del mercato monetario anche altri
strumenti cartolari la cui scadenza non supera al massimo i due
anni e che sono liberamente negoziate sul mercato: tra questi
hanno assunto notevole importanza nei mercati anglosassoni le
commercial papers, polizze di credito commerciale emesse da
a a a a a a
ad una data scadenza, e le accettazioni bancarie, che
a ba a a
effettuare un certo pagamento per conto di una impresa ad una
certa data.
Molti altri strumenti finanziari sono anche a disposizione
dei risparmiatori. Varie tipologie di obbligazioni (plain vanilla o
strutturate) e polizze assicurative i cui rendimenti sono collegati
alla variazione di uno o più indici del mercato azionario o al
prezzo di una merce o di una valuta quotate su mercati
organizzati. E diverse combinazioni di investimento in fondi
comuni. Questi fondi investono concentrandosi normalmente o
a a a a
(azionario, obbligazionario, monetario), ma esistono fondi
b a a a a a
a a ba ,
in cui titoli emessi o trattati in tutto il mondo sono oggetto di
negoziazione da parte del gestore.

Per analizzare in dettaglio la scelta di un individuo


razionale relativa alla forma in cui investire le proprie
disponibilità, limitiamo in prima approssimazione il nostro
insieme ammissibile a due soli strumenti, la moneta circolante e
a bb a a . L bb a aa
rendimento superiore a quello della moneta. Tuttavia, i corsi dei
titoli obbligazionari non sono invarianti nel tempo, ma
risentono delle variazioni dei tassi di interesse di mercato. In
questo senso, le obbligazioni non offrono, se non vincolandosi
ad attenderne la scadenza contrattuale, certezza del valore
a a . A , a
a a bb a a a a ,
LA DOMANDA DI MONETA 73

se un individuo dovesse trovarsi ad avere necessità di liquidare


dopo tre anni il proprio investimento, non avrebbe garanzia di
ottenere una somma uguale o superiore di quella corrisposta al
ac , c
possibili variazioni indotte nel prezzo di mercato del titolo dai
movimenti dei tassi di interesse. In questo senso, al maggior
rendimento offerto (rispetto alla moneta) si associa una
maggiore rischiosità, relativa alla possibile eventualità di
perdite (o guadagni) in conto capitale associati alla variazione
nel tempo del corso del titolo stesso. La moneta assicura contro
tali rischi, pur a fronte di rendimenti minori (o nulli). È ovvio
allora che la scelta tra investire in titoli od in moneta, o la loro
combinazione dipenderà dalle preferenze del soggetto nei
confronti di rischio e rendimento atteso. Naturalmente, un
aumento del tasso di interesse implica un maggiore incentivo ad
investire in titoli remunerativi ed a ridurre la domanda di
moneta, viceversa, una maggiore rischiosità percepita sui
mercati spinge più individui a detenere le proprie disponibilità
in forma liquida.

La teoria keynesiana della preferenza per la liquidità può


essere sintetizzata con efficacia seguendo la presentazione di
James Tobin (1958), che analizza il problema di scelta di un
singolo individuo con a disposizione una certa somma (W) che
può decidere di allocare tra due attività alternative, la moneta
(M) e un titolo obbligazionario (B).
Q ca a a a un certo valore
nominale, che indichiamo con P, che paga al termine di ogni
periodo una cedola, proporzionale al valore nominale e indicata
con c c a ca a b a a a
titolo.
Per un titolo con scadenza ad n anni, il valore corrente (o
ca , V), a , ca c a
attualizzando la serie dei futuri flussi di pagamenti che il titolo
stesso genera. Assumendo per semplicità un tasso di interesse di
mercato costante nel tempo, sarà:

cP cP cP P
V .............
1 r (1 r ) 2 (1 r ) n 1
(1 r ) n
74 CAPITOLO 2

Per semplificare ulteriormente i calcoli, Tobin assume che


il titolo in questione sia del tipo della rendita perpetua, un titolo
cioè che paga una somma costante per un periodo infinito di
tempo.
Si immagini ad esempio che questo titolo paghi un Euro
ogni periodo (cioè cP=1 Euro). È facile verificare che il prezzo
di mercato di tale titolo, per n che tende ad infinito diviene 1/r:

1 1 1 1 1 1 1 r
V ............ ....... 1/ r
1 r (1 r ) 2
(1 r ) n 1
1 r 1 1 r r
1
1 r

Ovviamente, il prezzo di mercato di un titolo analogo, ma


che paga una cedola costante esattamente pari al tasso di
interesse corrente (cP=r) sarà 1. Il prezzo dello stesso titolo,
calcolato in un periodo futuro, dipenderà invece dal tasso di
interesse che sarà in vigore in quel momento. In particolare,
definendo con re le attese sul tasso di interesse futuro, il prezzo
futuro del titolo in questione può scriversi come r/ re.
Per il soggetto in esame, investire in moneta significa
ottenere un rendimento nullo, e conservare il valore nominale
delle proprie disponibilità. Viceversa, investire nel titolo
obbligazionario consente di ricevere r come rendimento in
. T a a ,
temporale di riferimento è di un periodo, espone anche al
rischio di perdite o guadagni in conto capitale. Definendo con g
la differenza percentuale tra prezzo futuro atteso e prezzo
corrente del titolo, sarà g = r/ re - 1. Il guadagno complessivo
a a (G) a a a
come la somma del guadagno in conto interessi (r) e del
guadagno (o perdita) in conto capitale g:

G = r + g = r + r/ re - 1.

A questo punto, il problema di scelta relativo a se investire


in titoli o moneta, sotto il vincolo che M+B = W, può essere
a a ,a a a a
relative al valore futuro del tasso di interesse, una ipotesi
a , a aa a , a a a a
una delle critiche rivolte alla teoria keynesiana dalla teoria delle
scelte di portafoglio. Infatti, il soggetto avrà convenienza ad
investire in titoli se G > 0, in moneta se G < O, e sarà
indifferente se G = 0.
LA DOMANDA DI MONETA 75

La condizione G = 0 definisce un certo valore del tasso di


e e e c e e, c e T b c a a a c c , aec e e
un soggetto sia completamente indifferente investire in moneta
e titoli, dato entrambe le scelte danno un rendimento
complessivo nullo in termini nominali. È facile verificare che
tale tasso critico dipende dalle attese circa il tasso futuro di
interesse, risultando pari al suo valore attuale.

rcrit = re / 1+ re

Si noti che per ogni agente, esiste un tasso critico diverso,


dato che agenti diversi non hanno necessariamente le stesse
aspettative circa il valore futuro del tasso di mercato. La
a e e ca d ce e a de e a e a e Ke e , c e
Tobin critica, va quindi considerata a livello del singolo agente,
e a d a da d ea e e a a a c ec a a
innanzitutto vista come una domanda microeconomica.29 Per
ogni individuo, la domanda di moneta sarà nulla se il tasso di
interesse c e e e e a a c c ( fa
e ca G > 0), a a a ead b d cc e a
se il tasso corrente sarà minore del tasso critico (G < 0), e sarà
indeterminata per r = rcrit = re / 1+ re.

M
FIGUR
A2
Una domanda di moneta speculativa, o finanziaria,
inversamente collegata al tasso di interesse di mercato si può
e ee agg ega d a e de e a ec a e ce e

29
Si veda Arcelli (2000).
76 CAPITOLO 2

a .I a ,a a a a c c
la percentuale di agenti che hanno attese relative ad un livello
futuro del tasso di interesse superiore a quello corrente, e che
sono quindi disposti ad aspettare per acquistare titoli ad un
ba ( c a c c
inferiori al tasso corrente). A livello macroeconomico, si può
a a a a a a a c a a a
dalla teoria keynesiana della preferenza per la liquidità come
nella figura 2:

M
FIGURA 3
Si noti dal grafico che esisterà un tasso di interesse corrente
c a c a c a a a
detenere moneta, ma tutti sceglieranno di investire solo in titoli.
Analogamente, potrà esistere un tasso di interesse così basso
che tutti gli agenti decidono di detenere moneta perché si
attendono un aumento del tasso di interesse in futuro e quindi
una riduzione del prezzo a cui acquistare titoli. Questo ultimo
ca c a a a a a ,
una situazione in cui la domanda di moneta diviene
infinitamente elastica rispetto al tasso di interesse, ed in cui la
politica monetaria perde efficacia come strumento di
stabilizzazione delle fluttuazioni del reddito, almeno se si limita
a a ca a a c cca mo di
a ca a a a c a
reale. Nel caso della trappola, rappresentato in figura 3, una
a a a, a a a, a
grado di far ridurre il tasso di interesse, cha ha già raggiunto il
LA DOMANDA DI MONETA 77

suo valore minimo. Non si può quindi avere nessuno stimolo


agli investimenti ed alla spesa per consumi durevoli.30

2.3.1 I limiti della teoria keynesiana

La teoria della preferenza per la liquidità ha spostato


a a a i valore svolta dalla
moneta. Questa teoria considera inoltre il tasso di interesse
come una grandezza essenzialmente di carattere monetario, dato
che il suo valore di equilibrio può pensarsi ottenuto
a a a a a a a
domanda decrescente rispetto al tasso disegnata nella figura 2.
In questo senso, si distacca nettamente dalla teoria quantitativa
e dal modello neoclassico, in cui il tasso di interesse era
a b a a a a a a ra
risparmi ed investimenti. La sintesi delle due impostazioni si
deve alla costruzione del modello IS-LM da parte di Hicks,
schematizzato nel paragrafo successivo e una cui trattazione
rigorosa è rinviata alla seconda parte del volume. In questo
paragrafo vogliamo semplicemente evidenziare alcuni limiti
della teoria precedentemente presentata.
U a a a a aa a
moneta transattiva e speculativa. Keynes scrive una domanda di
moneta complessiva sommando algebricamente le due
, a a a a a
dal tasso di interesse. Nella realtà la moneta svolge
contemporaneamente più funzioni, e questa distinzione netta
a a a a ,a a a aaa
sempl a .I a
richiede ad esempio di derivare una domanda di moneta a scopo
a a a a ,
modello cash in advance del capitolo 1 (o nel modello delle
scorte di Baumol, che analizziamo in appendice).
Un secondo limite è relativo alla assenza, a livello
, a a b a
a . U a
a , a a
particolare in cui il tasso corrente è esattamente pari a quello

30
A , a a a a a o lo
.A a a 2013, a a, a Ba a C a E a, a
a a , a a ba a a .L
conseguenze di queste decisioni sono ancora difficili da valutare pienamente.
78 CAPITOLO 2

critico ed in cui la scelta è totalmente irrilevante. Nella realtà,


ogni agente detiene simultaneamente sia moneta che altre
attività: un modello in cui questo fenomeno non venga spiegato
non può essere considerato soddisfacente.
Un terzo limite, collegato al precedente, è relativo alla
rilevanza di un solo tasso di interesse, riconducibile alla
assunzione di perfetta sostituibilità tra tutte le attività finanziarie
distinte dalla moneta. Nella realtà, esistono più tassi di
interesse, la variazione di alcuni può avere un effetto positivo
piuttosto che negativo sulla domanda di moneta, come nel caso
de a e ea e de de ba ca , e c e e e
di una data variazione di tasso sulla domanda di moneta è
diverso a seconda del tasso di interesse che si considera (a
breve, a lunga, su titoli pubblici o emessi da privati etc.).
Le b e ca de e a a a e
limitarsi a determinare un tasso di interesse, ma deve spiegare
ea a e e e de a d e d e a ca a
diversi strumenti e prodotti finanziari. Vi sono due strade per
raggiungere tale scopo. La prima consiste nello specificare un
de a e , d d a da ed e a d d e e a ,
considerate come imperfettamente sostituibili tra loro, e
risolverlo. La seconda si basa su semplici modelli in forma
ridotta che partono dalla considerazione di relazioni di
equilibrio, o assenza di possibilità di arbitraggio, tra i vari tassi
di interesse. Ci occuperemo di questi problemi quando
studieremo versioni più sofisticate del meccanismo di
trasmissione della politica monetaria via tasso di interesse.
Un quarto limite è relativo alla assenza di considerazione
per la ricchezza come variabile determinante delle scelte
finanziarie dei singoli individui, cosa che diviene invece
essenziale in un contesto aleatorio, in cui si considera
esplicitamente il rischio associato a diversi investimenti. A
questo pro ae a c e e ae c e a e d
a e a e ce e de a e a e de a
di interesse sia molto insoddisfacente e non consenta una
a a e ade a a de ce e a a c a a a e ce e d
investimento. Questi limiti saranno superati dalla teoria delle
scelte di portafoglio, che analizzeremo in dettaglio più avanti.
Vediamo ora brevemente quali conseguenze discendano in
e d a e de a ca e a a da a e
di una domanda di moneta di tipo keynesiano.
pubblico, gli scambi internazionali, o considerando la
possibilità di prezzi flessibili. Tratteremo alcuni di questi aspetti
più avanti nel volume. Torniamo ora ad analizzare gli sviluppi
principali della teoria della domanda di moneta keynesiana, con
a a a a a a .

2.5 La domanda di moneta nella teoria delle scelte di


portafoglio

Nel paragrafo precedente abbiamo visto come derivare una


domanda di moneta per transazioni sensibile alle variazioni del
tasso di interesse. Occorre ora passare ad occuparci degli altri
limiti evidenziati nella teoria keynesiana della preferenza per la
liquidità. In particolare, gli sviluppi ottenuti in ambito
a a a a a a lle scelte di
portafoglio, a partire dagli anni 50 con i contributi di Tobin
(1958) e Markowitz (1952), consentono di superare il risultato
a a a ( a tutto titoli)
effettuata a livello microeconomico da ogni agente razionale.
La a a a a a a
scelte di detenere moneta di un agente razionale avverso al
rischio produce infatti, generalmente, il risultato della
diversificazione di portafoglio, e cioè della razionalità di una
scelta di investimento del portafoglio individuale parte in
moneta e parte in titoli fruttiferi. La moneta viene domandata da
agenti razionali per la protezione che offre contro il rischio
a a a .Da ,a lo
macroeconomico, il risultato keynesiano di una domanda di
moneta a scopo finanziario inversamente correlata con le
variazioni del tasso di interesse viene confermato.
Ma procediamo con ordine, e torniamo ad analizzare le
scelte di un agente che si trova a decidere come investire la
propria ricchezza (W) in titoli (B) o moneta (M). La moneta è
caratterizzata dal fornire un rendimento nullo, ma anche
a a a .V a, a
84 CAPITOLO 2

complessivo pari alla somma della cedola in conto interesse e


del guadagno o perdita in conto capitale associati alle variazioni
del suo corso. Queste variazioni evidenziano il rischio che un
investimento in titoli comporta.
Il vincolo che il nostro agente dovrà rispettare sarà
ovviamente dato da e a a a W = M + B. Pe e c ,
conviene lavorare con un portafoglio unitario. Dividendo
e a a a d a e a cc e a de a e e e a
che la somma della quota di ricchezza investita in forma
monetaria e di quella investita in titoli deve necessariamente
essere pari ad 1: M/W + B/W = W/W = 1.
Definendo rispettivamente le quote di investimento in
forma monetaria e in titoli con le lettere minuscole x ed y, sarà
allora x + y = 1. Ed anche x = 1-y.
Tobin (1958) assume che i parametri rilevanti per ogni
agente, ai fini della decisione di investire una somma in un certo
periodo, siano essenzialmente due: il rischio associato
a e e e c de e e d e a e ad a
data futura prestabilita. È quindi necessario calcolare il
rendimento atteso ed il rischio di un generico portafoglio
unitario (x,y).
Poiché la moneta ha rischio e rendimento nullo, il rischio
ed e d e de a d e d da e e
titoli rischiosi. Si assuma che questi titoli offrano una cedola in
conto interessi costante e pari ad r. Ovviamente, la possibilità
di variazioni del corso dei titoli nel tempo definisce anche un
guadagno o perdita in conto capitale, che nel paragrafo 2.2.
abbiamo indicato con g. Il rendimento complessivo di
portafoglio sarà quindi dato dal rendimento associato ad un
titolo per la quota di titoli detenuta nel portafoglio stesso. In
formule:

1) R = y (r + g)

T a a, e e d e a e e e
post. Al momento di prendere a dec ed e e, a e e
non sa quale sarà il prezzo futuro del titolo (o il valore futuro
del tasso di interesse). Dovrà formulare una aspettativa, e basare
e e dec e d e a e (e a e) e
quello effettivo. Tobin qui si discosta dalla analisi keynesiana in
cui le aspettative sul tasso futuro di interesse erano determinate,
da ogni agente, sulla base della conoscenza di un certo livello
a e de a d e e e, da c d ce de a ce
LA DOMANDA DI MONETA 85

guadagno o una certa perdita in conto capitale. Nella teoria


delle scelte di portafoglio si assume infatti che la distribuzione
di probabilità del guadagno in conto capitale sia una
distribuzione normale centrata sullo zero. Questo è coerente con
a e e, a ca a d ulteriori elementi, che un agente
qualsiasi ritenga ugualmente probabili sia un guadagno che una
perdita del 5 (o 10) % nel corso dei titoli domani rispetto al
a e d e . E che a eg a e e che e de
rimanga costante (il che implica un tasso di interesse futuro
uguale a quello corrente) la probabilità massima (ma diversa da
1).
Ne a a d Ke e , ece, e a e a e a e
futuro del tasso di interesse potevano rappresentarsi con una
distribuzione di probabilità degenere, che assegnava, per ogni
individuo, probabilità 1 alla realizzazione del tasso ritenuto
ae ,ac c de a ce g adag ed a
c ca a e. G af ca e e, e d T b e e a d
Keynes possono confrontarsi come effettuato nella figura 5.
Ne a e a de e ce e d af g , a e d
normalità della distribuzione di probabilità sul guadagno o
perdita in conto capitale implica che il suo valore atteso sia
nullo Gli agenti non avranno dunque aspettative di guadagni o
ed e c ca a e, ed e d e a e d
portafoglio sarà allora semplicemente:

3) E(R) = yr.
86 CAPITOLO 2

I c a ca a e e e e a
utilizzando come misura di dispersione della variazione del
corso dei titoli e del conseguente guadagno o perdita in conto
capitale lo scarto quadratico medio, indicato con g. Il rischio
totale di portafoglio ( R) si può allora scrivere:

3) R = y g.

Le espressioni per il rendimento atteso e per il rischio di


portafoglio possono finalmente combinarsi per ottenere la
cosiddetta frontiera rendimento rischio, il luogo di tutte le
combinazioni di rischio e rendimento atteso ottenibili da parte
de a e e. I a , da e e e de c d a
può risolvere per y = R / g e, e d e e e e de
rendimento atteso, avere:

4) E(R) = (r / g) R.

Il rendimento atteso di portafoglio può vedersi come una


funzione lineare del rischio totale di portafoglio, con
coefficiente angolare definito dal rapporto tra tasso di interesse
e c a c a a a de e e de a c a.
Un agente che desideri un rendimento atteso elevato dovrà
necessariamente accettare un adeguato rischio di portafoglio. La
frontiera rendimento atteso - rischio (figura 6) esprime quindi
tutte le possibili combinazioni che un agente può ottenere
effettuando le proprie scelte di investimento. Ovviamente, la
decisione ottimale, per ogni singolo agente, dipenderà dalle sue
preferenze verso rendimento atteso e rischio. Queste preferenze
possono essere di diverso tipo, e sono rappresentabili attraverso
opportune funzioni di utilità, i cui argomenti sono, appunto, il
rendimento atteso ed il rischio.
LA DOMANDA DI MONETA 87

E(
R)

r/ g

FIGURA 6 = g R

È naturale assumere che gli agenti siano sempre più


soddisfatti al crescere del rendimento atteso del portafoglio. In
termini formali, questa ipotesi può esprimersi affermando che
a a d d a a.
La a c c d ac
considerazione in più. Gli agenti possono infatti dividersi in
due grandi categorie, quelli per i quali un aumento del rischio di
portafoglio (a parità di rendimento atteso) implica una riduzione
d a , a c ca a d
utilità. I secondi vengono definiti amanti del rischio.
Se volessimo rappresentare graficamente le preferenze di
d d a , ada c
dalle curve di indifferenza. Definita la funzione di utilità di un
generico agente come una funzione del rendimento atteso e del
rischio totale di portafoglio, U = U (E(R), R ), diversi livelli
d a a a da
diverse nel piano delle rispettive curve di indifferenza, essendo
tali curve il luogo delle combinazioni di rendimento atteso e
rischio che inducono il medesimo livello di utilità.
Naturalmente, tali curve avranno forma diversa a seconda
d a a c d a .
Un amante del rischio, per esempio, avendo una utilità
marginale del rischio positiva, sarà caratterizzato da curve di
indifferenza con andamento decrescente nel piano rischio-
d .I a ,a a a d d a ,a
88 CAPITOLO 2

di mantenere lo stesso livello di utilità totale, dovrà


necessariamente associarsi una riduzione del rischio (figura 7).
Ovviamente curve di indifferenza associate a livelli di
rendimento atteso maggiori a fronte dello stesso rischio (o, in
questo caso, a livelli di rischio maggiori a fronte dello stesso
rendimento atteso) esprimono livelli maggiori di utilità.

E(
R)

<

R
FIGURA 7: amante del rischio

Analiticamente, la pendenza negativa delle curve di


indifferenza di un amante del rischio si ottiene differenziando
totalmente la funzione di utilità totale ed assumendo un valore
costante di U. Sarà:

U U
5) dU 0 dE ( R ) d R ,
E ( R) R

da cui è facile ricavare

dE ( R ) U/ R
6) ,
d R U / E ( R)

una espressione che ha segno negativo essendo per un risk lover


positive entrambe le utilità marginali. È ovvio che un amante
del rischio non investirà mai in moneta, essendo questa attività
priva di rischio. Le sue scelte di investimento saranno sempre
LA DOMANDA DI MONETA 89

indirizzate alla massimizzazione del rischio di portafoglio ( R


= g ) e dunque sceglierà sempre di investire tutto in titoli (y=1).
Nella categoria degli agenti a cui il rischio non piace, per i
a d e a a e de c e a a, cc e
d ee e e e aa e a c e a (
questa categoria classifichiamo anche gli agenti che hanno
preferenze lineari). Gli avversi al rischio sono definiti come
quei soggetti che, lungo la stessa curva di indifferenza,
accettano aumenti del rischio di portafoglio solo se compensati
da più che proporzionali aumenti del rendimento atteso. I
tuffatori (lineari) sono definiti invece come quei soggetti che,
lungo la stessa curva di indifferenza, accettano aumenti del
rischio di portafoglio purché compensati da aumenti del
rendimento atteso meno che proporzionali (esattamente
proporzionali).
Tutti gli agenti a cui il rischio non piace avranno curve di
indifferenza crescenti nel piano rischio rendimento atteso,
come è facile verificare dalla 6) quando si considera una utilità
marginale negativa del rischio (invece che positiva come nel
caso degli amanti del rischio). Tuttavia, gli avversi al rischio
avranno curve di indifferenza convesse, mentre i tuffatori
(lineari) concave (lineari). Tecnicamente, per definire un
soggetto a cui il rischio non piace come un soggetto avverso al
d 2 E ( R)
rischio, occorre che risulti 2
0 . In questo caso le sue
d R
curve di indifferenza si presentano come in figura 8a, mentre in
figura 8b raffiguriamo le curve di indifferenza di un tuffatore
con preferenze non lineari. In entrambi i grafici, curve di
indifferenza più in alto nel piano si associano a situazioni in cui
a e.
90 CAPITOLO 2

E( E(
R) R)

U >U U >U
>U

FIGURA 8a FIGURA 8bR

La diversificazione del portafoglio, vale a dire


e e de a cc e a a e f a e a a ed
in parte sotto forma di titoli, può emergere dal processo di
ottimizzazione di un agente avverso al rischio. Questi infatti,
selezionerà quella combinazione rendimento atteso-rischio, tra
tutte quelle possibili (sulla frontiera) tale da consentirgli di
raggiungere il massimo livello di utilità. Graficamente, la
combinazione ottimale rendimento rischio sarà definita dal
punto di tangenza tra la frontiera rendimento atteso rischio e
la curva di indifferenza più elevata, come evidenziato dal punto
A nel diagramma superiore della figura 9. Analiticamente, ciò
implica che nel punto di ot de e a e e a a a a e
pendenze della curva di indifferenza e della frontiera
U/ R r
rendimento rischio: .
U / E ( R) g
Nel diagramma inferiore è possibile riportare la relazione
tra rischio totale di portafoglio e quota del portafoglio investita
in titoli. Dato il rischio ottimale di portafoglio R*, questa
relazione determina la quota ottima da investire in titoli (y*), e,
per complemento, quella da investire in moneta (x* = 1 y*).
LA DOMANDA DI MONETA 91

E(
R)
A
^

1/ g R* g
R

y
*
y
^

FIGURA 9

La domanda complessiva di moneta del nostro agente


avverso al rischio, pari alla quota ottimale x* moltiplicata per il
valore della ricchezza W, risulterà allora essere una funzione
del tasso di interesse ( r ) corrisposto dai titoli, oltre che della
loro rischiosità. Infatti, se a parità di g, aumenta il tasso di
interesse, nel diagramma superiore della figura 8 si osserverà
a a e e a de a ea e d e a e
rischio (visto che la sua pendenza è pari a r / g). Il nuovo
punto di tangenza con la curva di indifferenza più alta sarà ora
raggiunto nel punto A^, a cui corrisponde una nuova
combinazione ottimale rendimento atteso rischio di
portafoglio coerente con una maggiore quota del portafoglio
investita in titoli (y^> y*) e, quindi, con una minore quota
investita in moneta. La domanda di moneta risulta dunque
inversamente collegata, anche a livello microeconomico, con il
tasso di interesse. Si noti che questo risultato non è valido
92 CAPITOLO 2

e e, a ba a a e c e effe e
indotto da a e de a d e e e, c e c agg a g
agenti a spostarsi verso i titoli, risulti superiore al suo effetto
edd : ba e a e fa , a e de a e ea e
de c e ebbe d c ae a d e de c
di portafoglio aumentando la quota del portafoglio detenuta in
moneta, dato che comunque la percentuale investita in titoli
e de d . I c ec a, a e d effe
e f e de effe edd da de f e e e,
e genera e e c b a a da e de a e ca. Abb a
quindi dimostrato come, nel caso di un agente avverso al
c , a a a e d e f ca e e e a e
moneta, e come la quota di portafoglio investita in moneta
risulti (di norma) una funzione inversa del tasso di interesse.32
Analiticamente, la scelta ottima di un agente avverso al
rischio può derivarsi risolvendo un facile esercizio di
a a e de c de e b
combinazioni rischio-rendimento atteso ottenibili.
Formalmente,

Max U (E(R), R )
Sub E(R) = (r/ g) R (frontiera rendimento atteso rischio)

Si noti che sostituendo il rendimento atteso dalla frontiera


nella funzione obiettivo, il problema è riconducibile ad un
banale problema di massimizzazione libera nella variabile
rischio. La condizione di massimo richiede che la derivata
prima si annulli e che la derivata seconda sia negativa.33
Rimane per completezza da analizzare il caso delle scelte di
un tuffatore. Consideriamo per semplicità un tuffatore con
preferenze lineari, restando inteso che quanto diremo rimane
valido anche per tuffatori con preferenze non-lineari come
quelle espresse nella figura 7b. I tuffatori saranno sempre
caratterizzati da scelte di angolo, o tutto titoli (come avviene
sempre per gli amanti del rischio) o tutto moneta, a seconda,
e a e e, c e a e de a a g e de e c e ( ee)
di indifferenza sia minore o maggiore di quella della frontiera

32
La c a ece a e e d c e de e effe d da una
riduzione del rischio dei titoli.
33
In modo analogo, il problema è risolvibile con il metodo Lagrangiano.
Il lettore dovrebbe verificare che nelle condizioni del primo ordine per un
c a g ag a a a e e de e de a c a d d fferenza e
della frontiera rendimento rischio. Si veda anche Chirichiello (2001).
LA DOMANDA DI MONETA 93

rendimento rischio. I due casi sono presentati nelle figure 10a


(tutto titoli) e 10b (tutto moneta).

E E
(R) (R)

* *
R = R R

g =0 FIGURA 10b:
FIGURA 10a:
tuffatore
tuffatore
a
a
moneta

2.6 Scelte di portafoglio e teoria della finanza: cenni.

La d a d a d a da d a a d a
teoria delle scelte di portafoglio è stata effettuata ipotizzando il
caso particolare che un agente potesse scegliere solo tra moneta
ed un titolo rischioso. Nella realtà tuttavia ogni agente ha a
disposizione un numero molto elevato di attività finanziarie le
cui caratteristiche di rendimento atteso e rischio sono quanto
mai varie. La teoria della domanda di moneta elaborata sarebbe
d a a d b a b a a a
considerazione di queste modifiche realistiche. In realtà, gli
a b d a a d a a
confermato la validità dei risultati del paragrafo precedente
anche in presenza di una moltitudine di titoli rischiosi a reddito
fisso diversi per emittente, scadenza etc. In tal caso, infatti, è
possibile interpretare la quota del portafoglio investita in titoli
(y) come la somma delle singole quote investite nelle diverse
a , d c d d a c d
dei singoli rischi e rendimenti dei vari titoli.
C d a c , c ,
portafoglio possa essere costituito dalla moneta x e da due
attività rischiose, y1 ed y2, caratterizzate rispettivamente da
94 CAPITOLO 2

rendimenti attesi r1 ed r2 e rischi 1 e 2.34 Dovrà essere x + y1


+ y2 = 1. Il rendimento atteso del portafoglio è

7) E(R) = iyiri = yr (i = 1,2),

avendo definito con y la somma delle quote di portafoglio


investite in titoli rischiosi e con r la media ponderata dei due
rendimenti attesi con pesi pari appunto alle quote investite nei
due titoli.
In modo analogo può calcolarsi il rischio di portafoglio.
Tuttavia, occorre ora considerare che questo non dipende solo
dai rischi associati ai titoli individuali, ma anche dalla possibile
correlazione tra tali rischi. Indicando con R il rischio totale di
portafoglio, esso sarà pari a

2 2 2 2
8) R y1 1 y2 2 2 y1 y2 1 2

dove con si indica il rapporto di correlazione tra i due


titoli, dato dal rapporto tra la covarianza dei rischi e il prodotto
dei rispettivi scarti quadratici medi, e 1 1.
Nel caso di un numero n di attività rischiose presenti a
fianco della moneta, avremo che il rendimento atteso del
portafoglio ed il rischio di portafoglio sono dati, rispettivamente
da

9) E(R) = iyiri (c = 1,2 . )

10) R yi y k i k
i 1,n k 1,n

I ca a a: Q a
portafoglio è costituito da un titolo non rischioso (ad esempio la
a) a c , a c
si comporta come se fosse una sola attività, nel senso che al
variare della proporzione selezionata tra moneta e titoli non
muta la composizione percentuale prescelta tra i titoli
c .35 Conseguentemente, è possibile ottenere una

34
Per ognuno dei titoli rischiosi vale quindi la ipotesi che la
distribuzione di probabilità dei guadagni (perdite) in conto capitale sia
normale e centrata sullo zero.
35
Si ve a a c a ca 8 Ac (2000) a
dimostrazione del teorema.
LA DOMANDA DI MONETA 95

frontiera rendimento rischio lineare, collegando le due


espressioni del rendimento atteso e del rischio di portafoglio di
sopra esattamente come nel caso in cui la scelta era solo tra
moneta e un titolo. Si noti che il teorema resta valido anche nel
caso della considerazione della moneta bancaria (cioè dotata di
un rendimento) o di un qualsiasi altra attività remunerativa, ma
non rischiosa, al posto della moneta circolante. Ovviamente, la
frontiera lineare rendimento rischio, in questo caso, avrà una
intercetta positiva, anziché nulla, in corrispondenza del tasso di
e d e ffe da a ch a ( a risk free). A
questo punto, vale la pena di abbandonare brevemente il campo
de ec a e a a e a e a a e e ded ca a ad
introdurre alcuni concetti fondamentali di teoria del portafoglio,
molto utilizzati nella finanza.

2.6.1 Analisi della frontiera rendimento rischio con due soli


titoli rischiosi.

Iniziamo con lo studio della forma che assume la frontiera


rendimento rischio nel caso di un portafoglio costituito da due
soli titoli rischiosi (y1 ed y2) al variare del loro rapporto di
correlazione tra 1 ed 1. Le espressioni da cui occorre partire
sono quelle del rendimento atteso e del rischio di portafoglio. Il
rendimento atteso può ora scriversi nel modo seguente:

11) E(R) = (1-y2)r1 + y2r2 = r1 + y2(r2-r1)

e essere rappresentato graficamente come una funzione


lineare della quota di portafoglio (compresa tra 0 e 1) investita
nel titolo più rischioso e remunerativo (per ipotesi y2). Tale
funzione avrà intercetta pari al rendimento del primo titolo
(quando si investe 0 nel titolo più rischioso) e coefficiente
angolare pari alla differenza tra i due rendimenti.
Il rischio di portafoglio è espresso dalla equazione 8) di
sopra, da cui risulta evidente che esso dipende criticamente dal
rapporto di correlazione tra la rischiosità dei due titoli.
Nel caso in cui = 1, esiste massima correlazione positiva.
La 8) può allora semplificarsi e riscriversi come segue:

2 2 2 2
12) R y1 1 y2 2 2 y1 y2 1 2 = y1 1 + y2 2
96 CAPITOLO 2

da cui, ricordando che y1 = 1 y2, si ha

13) R = 1+ ( 2 - 1)y2

Nel caso in cui il rapporto di correlazione è pari ad 1,


quindi, il rischio di portafoglio è anche esso una funzione
lineare della quota investita nel titolo più rischioso. Le funzioni
del rendimento atteso e del rischio possono allora combinarsi
per ottenere la frontiera rendimento rischio. A tale scopo,
occorre ricavare y2 dalla 13) e sostituire nella 11). Risulterà
quindi:

R 1
14) E ( R) r1 ( r2 r1 )
2 1

E(R)

r
2

r
1

1 2 R

FIGURA 11 ( =1)

La 14) esprime il rendimento atteso ottenibile per ogni


possibile valore assunto dal rischio di portafoglio. Se il
portafoglio è investito interamente nel primo titolo è ovvio che
il rendimento ed il rischio del portafoglio coincideranno con
quelli di questa attività. La stessa cosa vale nel caso in cui il
portafoglio sia interamente composto della seconda attività. Nel
ca d a d a teso ed il rischio
di portafoglio saranno una media di quelli relativi alle singole
attività, con pesi pari alle quote prescelte dei due titoli. La
frontiera nel caso di =1 è rappresentata in figura 11.
LA DOMANDA DI MONETA 97

Nel caso simmetrico di = -1, la correlazione tra i corsi dei


titoli è perfetta ma negativa. In questo caso, il rischio di
portafoglio è ovviamente minore perché guadagni e perdite in
a a a .E a a
il rischio totale di portafoglio, selezionando una opportuna
combinazione di portafoglio. Si noti infatti che il rischio di
portafoglio può ora riscriversi come

15)
2 2 2 2
R y1 1 y2 2 2 y1 y2 1 2
= (y1 1 - y2 2) = ( 1(1-y2) -
y2 2)

da cui R = 0 per y2 = 1 / ( 2 + 1).


Ovviamente, R = 1 se y1 = 1 (y2 = 0), e R = 2 se y2 =1.

Sostituendo y2 a a 15) a 11)


della frontiera rendimento rischio nel caso in cui = -1. I due
tratti della frontiera nella figura 12 corrispondono alle due
radici (positiva e negativa) della 15). Tuttavia, il tratto inferiore
a ,
rischio di portafoglio sono accessibili combinazioni dei due
titoli che danno un rendimento atteso maggiore e che saranno
quindi preferite dagli agenti.
Il rapporto di correlazione tra i rischi dei due titoli può
ovviamente assumere qualsiasi altro valore compreso tra 1 e 1,
in questo caso la frontiera rendimento rischio assumerà un
andamento compreso tra i due casi estremi appena analizzati.
Quando il rapporto di correlazione è negativo, esisterà sempre
un tratto della frontiera in cui la diversificazione di portafoglio è
a a , a a
98 CAPITOLO 2

E(
R) r2

r1

0
1 2 R
FIGURA 12 ( = -1)

una opportuna combinazione dei due titoli di ottenere un


rischio di portafoglio inferiore a quello corrispondente
a e e af g e e ch .36 Le
possibili combinazioni sono rappresentate nella figura 13.

=-
1 =1

-1< <1

0 1 2 R

FIGURA 13

36
Ciò è tecnicamente possibile anche nel caso di un rapporto di
correlazione positivo, ma sufficientemente basso. In particolare, la condizione
tecnica perché ciò si verifichi è che sia inferiore al rapporto tra 1 e 2.
LA DOMANDA DI MONETA 99

La frontiera efficiente rendimento rischio sintetizza tutte le


possibili combinazioni di rendimento e rischio tra cui
e e ce e e. O a e e ce e a e e a
combinazione che rende massima la sua utilità, in funzione
dunque delle proprie preferenze.

2.6.2 Scelte di portafoglio con più titoli.

Nel caso di un portafoglio che include un numero n di


attività, il rendimento effettivo di portafoglio sarà dato da

16) R = y1ret1 + y2ret2 + ynretn

avendo definito con reti il rendimento associato alla i-esima


attività. Il rendimento atteso del portafoglio sarà invece pari a

17) E(R) = y1r1 + y2r2 +ynrn,

essendo ovviamente ri = E(reti)

Il rischio del portafoglio può misurarsi con lo scarto


quadratico medio, o analogamente con la varianza, del
rendime d af .Q e a da a da a ed
del quadrato degli scarti del rendimento di portafoglio dal suo
valore atteso. In formule,
2
18) R = E(R-E(R))2 ,

o anche, sostituendo dalla 16) e dalla 17) e sfruttando la


ea de e atore valor medio,
2
19) R =
2
E y1 ret1 r1 y2 ret2 r2 ............ yn retn rn

La 19) può essere riscritta nel modo seguente:

20) R2= E [ y1 (ret1 r1 ) y2 (ret2 r2 )............ yn (retn rn )] [R E( R)]


= y1 E{[ret1-r1] [R-E(R)] + nE{[retn-rn] [R-E(R)]}
= y1 1R + y2 2R + +yn nR
LA DOMANDA DI MONETA 107

Appendici:

A.2.1. Il modello delle scorte.

Il problema di legare anche la domanda di moneta per


transazioni, e non solo quella finanziaria speculativa, al tasso
di interesse, superando in questo modo la rigida separazione
funzionale implicita nella domanda di moneta keynesiana dove
Md = Mt(y) + Ms(r), è stato per la prima volta risolto, in due
contributi indipendenti, da Baumol (1952) e Tobin (1956).
Il modello proposto è abbastanza semplice, ma coglie
alcuni aspetti molto realistici della scelta di detenere moneta da
parte di un singolo individuo. Si assume infatti che un agente
debba effettuare, in un certo periodo, un certo ammontare di
transazioni (T), che necessitano di essere effettuate pagando in
c a . A d e d ce e a a e c
acc ed de e d c c e e ba ca
che rende un tasso di interesse pari a r sulle somme ivi detenute.
Tuttavia, dato che i pagamenti vanno effettuati in contanti,
questo agente dovrà disinvestire periodicamente alcune somme
per provvedere agli acquisti. Si assume che ogni operazione di
disinvestimento abbia un costo fisso, ad esempio
rappresentativo del tempo perduto per recarsi alla banca (o al
ba c a ) c , e de e e a e c e a ca a
dalla banca stessa. Il nostro agente affronta un chiaro trade-off.
Se d e e ea a ece a a ad effe a e
pagamenti (T), sopporterà bassi costi di disinvestimento, ma
ce a ee e c e e de e e
banca. Se invece detiene gran parte dei saldi in banca dovrà
pagare i costi delle varie operazioni di disinvestimento. Il
modello assume anche che i pagamenti siano distribuiti in modo
uniforme nel periodo considerato, il che implica che la somma
disinvestita di volta in volta, che indicheremo con D, sia
c a e. A e , a e e ce e a ae
ottimo da disinvestire (o il numero ottimale di operazioni di
disinvestimento) tenendo presente il trade off descritto sopra.
In termini formali, si può definire una funzione di costo
totale CT data dalla somma dei costi associati alle operazioni di
d e e (c e a a e d T/D, e e
ammontare di transazioni va effettuato nel periodo in esame) e
del costo opportunità associato al mancato guadagno in conto
interesse sulla giacenza media relativa alle somme disinvestite:
108 CAPITOLO 2

se lo schema di pagamento è lineare, come assunto per


semplicità, tale costo è pari a r(D/2).
Definendo con b il costo fisso di ogni operazione di
disinvestimento, il problema è quindi il seguente:

Min CT = b(T/D) + r(D/2)


D

La condizione del primo ordine per un minimo è

dCT / dD = 0; - bT / D2 + r / 2 = 0

da cui, D* = (2bT/r)1/2
41
L da disinvestire per effettuare le
transazioni, D*, risulta una funzione decrescente del tasso di
,
transazioni, sia pure in modo meno che proporzionale, dato
1.
Una volta ottenuto D*, la funzione di domanda di moneta,
definita come giacenza media, è semplicemente Md = D*/2 =
(bT/2r)1/2 , una formula nota in letteratura anche con il termine
.
Ovviamente il numero delle operazioni di disinvestimento
/D*. ,
disinvestire, non abbiamo tenuto conto di un vincolo aggiuntivo
di forte rilevanza pratica: infatti, avendo trattato D come una
variabile continua, è teoricamente possibile che il rapporto T/D
non risulti essere un numero intero, cosa ovviamente poco
realistica. Non è infatti possibile effettuare 1,34 o 2,56
operazioni di disinvestimento. La formula teorica ricavata sopra
va quindi interpretata solo come una approssimazione del
comportamento effettivo di una agente razionale, che, nella
realtà, dovrà scegliere D vincolando il rapporto T/D ad essere
un numero intero.
Si noti che dalla funzione di domanda di moneta teorica
ottenuta è possibile ricavare una sua formulazione ai logaritmi,
che esprime Md come una funzione lineare dei parametri
rilevanti.
Sarà infatti:

41
Si noti che la derivata seconda d2CT/dD2 > 0, quindi D* è
propriamente un minimo della funzione di costo totale.
LA DOMANDA DI MONETA 109

m = log (bT/ 2r)1/2 = 0,5 log (bT/2r) = 0,5( log b/2 + log T
log r) = A + 0,5 log T 0,5 log r

dove A = 0,5 log b/2.


Questa formulazione consente di sottoporre a verifica
empirica il modello di Baumol-Tobin, stimando una domanda
di moneta lineare ai logaritmi sulla base dei dati ricavati dalle
serie storiche di uno o più paesi. Tanto più i coefficienti stimati
della variabile transattiva (reddito, valore degli scambi) e del
tasso di interesse si avvicinano significativamente a 0,5 e 0,5,
tanto più il modello potrà essere considerato come una buona
spiegazione delle scelte di detenere moneta da parte degli
agenti.

A.2.2. La Domanda di Moneta in Friedman e il


Monetarismo

Un ulteriore sviluppo teorico rilevante per descrivere le


determinanti della detenzione di moneta da parte degli agenti si
deve al contributo del principale esponente di quel filone di
a a , a
a a C a ,M F a , a
riformulare una versione moderna della teoria quantitativa della
a a a
introdotto da Tobin.
La a a a a a
a a a a a a
occupazione tipica del mondo neoclassico, da cui dipendeva, in
campo monetario, la conclusione circa la neutralità della
moneta. Se il sistema economico non riesce spontaneamente a
a b
risorse, ne consegue la necessità di un ruolo attivo della politica
a a a a
soddisfacenti in termini di benessere sociale. Inoltre, dato il
meccanismo diretto di trasmissione di interventi di politica
fiscale sulla domanda aggregata, questo strumento di politica
a a a b a
della politica monetaria ai fini della stabilizzazione ciclica. La
politica monetaria ha infatti, per i keyensiani, un meccanismo di
trasmissione indiretto che si basa sulla variazione del tasso di
a a
in beni durevoli. Ma questo meccanismo è visto come
110 CAPITOLO 2

imperfetto e capace di bloccarsi a causa di una possibile elevata


sensibilità della domanda di moneta rispetto al tasso di interesse
( a a a a a a ), a
instabilità di questa relazione, o della rigidità al tasso di
interesse della domanda aggregata.42
Negli anni 60, i monetaristi aprirono con i keynesiani un
acceso dibattito sia in termini di teoria economica, ma
soprattutto relativamente alle implicazioni relative agli
interventi auspicabili di politica economica. Il punto di partenza
a a a
concorrenziali e del meccanismo di aggiustamento degli
squilibri svolto nel tempo dalle variazioni dei prezzi, e la
riproposizione di una teoria della domanda di moneta che
enfatizza il ruolo della stessa di essere intermediario degli
scambi, pur svolgendo in aggiunta, e parzialmente, anche la
funzione di misura e riserva di valore.
N a F a , a a a a
consegue dalla semplice applicazione della teoria delle scelte
razionali di un consumatore risparmiatore, che decide
simultaneamente come allocare le proprie disponibilità tra
moneta, beni di consumo, servizi ed a altre attività finanziarie.
I , a a a
portafoglio, in cui la scelta di un agente era limitata a moneta e
titoli dato che si enfatizzava il ruolo finanziario della moneta,
pur mantenendosi coerente, da un punto di vista metodologico,
con lo stesso. Per Friedman la moneta è una attività particolare
che svolge tutte le funzioni che le sono tradizionalmente
attribuite, offre dei servizi che sono considerati utili dagli
agenti, ma soprattutto il servizio di poter essere utilizzata per
acquistare beni, servizi ed ogni altra attività. Per le sue
caratteristiche, la moneta è quindi sostituibile, in linea di
, a a economia, e non
solo con le attività finanziarie, come ipotizzava Tobin. Ma tale
sostituibilità è relativamente bassa, dato che solo la moneta può
essere utilizzata come intermediario degli scambi.
Volendo sintetizzare, si può dire che per Tobin ed i
keynesiani la moneta fa parte del complesso delle attività
finanziarie, con cui è altamente sostituibile, mentre la
sostituibilità tra attività finanziarie e attività reali è considerata
bassa. Per Friedman invece, la moneta, definita come il

42
Si noti che la teoria che fa dipendere gli investimenti aggregati dalla
variazione di un tasso di interesse non ha mai avuto riscontri empirici
soddisfacenti.
LA DOMANDA DI MONETA 111

circolante più tu a a a ba ca a, c ,
sostituibile in modo generalizzato, ma scarso, con tutte le altre
attività. Chiaramente, da queste due diverse visioni del ruolo
della moneta e dei suoi rapporti di sostituibilità discendono
conseguenze rilevanti per il meccanismo di trasmissione della
ca a a. N ca a a, a a a d a
quantità di moneta in circolazione induce la riformulazione di
tutti i piani di spesa degli agenti, ha quindi un impatto diretto
sulla domanda di beni e servizi oltre che di attività finanziarie.
Fin tanto che la capacità produttiva è sotto-utilizzata la
maggiore domanda di beni e servizi induce il corrispondente
aumento della produzione e del reddito reale, tuttavia, una volta
raggiunta una configurazione di pieno impiego delle risorse,
ulteriori aumenti della quantità di moneta producono solo
variazioni dei prezzi. La politica monetaria può quindi per i
monetaristi avere effetti reali nel breve periodo, ma in
equilibrio, nel lungo periodo, ha il solo compito di determinare
la variazione dei prezzi, il tasso di inflazione.
La domanda di moneta di un singolo agente, per Friedman,
dipende dalle sue preferenze e dalla sua ricchezza, dal
rendimento che offre e dal rendimento offerto da tutte le attività
che alla moneta sono alternative. La caratteristica della teoria
della domanda di moneta elaborata da Friedman è di specificare
un numero limitato di variabili da cui la domanda di moneta è
fatta dipendere, così da poterne direttamente stimare, con dati a
livello macroeconomico, i coefficienti, e verificare in tal modo
quali variabili risultano più importanti.
A livello microeconomico, la domanda di moneta di un
agente dipenderà:
a) dal prezzo dei beni che la moneta può acquistare, indicato
dal livello generale dei prezzi (P), il cui reciproco misura il
potere di acquisto della moneta stessa, e quindi il suo valore
come mezzo di pagamento;
b) dalla variazione attesa del livello generale dei prezzi, dato
che la moneta può essere domandata oggi per essere utilizzata
1 dP e
come intermediario degli scambi in una data futura,
P dt
;
c) dal rendimento della moneta (rm) e delle attività ad essa
alternativa, come obbligazioni (rb) ed azioni (re);
d) dalla ricchezza di un agente (W) e dalla sua composizione
tra ricchezza patrimoniale e non patrimoniale (capitalizzazione
112 CAPITOLO 2

di redditi da lavoro), dato che agenti con uguale ricchezza, ma


di diversa fonte possono razionalmente compiere scelte distinte:
Friedman indica con la lettera w la quota della ricchezza
patrimoniale sul totale;
e) da e e e e e de a e e (ad e e a c a a de a
sua funzione di utilità, che esprime il grado di avversione al
rischio), che Friedman indica con il parametro u.

Possiamo allora scrivere:


1 dP e
29) md = f [P, , W, w, u, rm, rb, re]
P dt
Per passare ad una domanda di moneta macroeconomica da
sottoporre a stima sono necessarie alcune ipotesi tecniche
e ca c , c e a e d a d e e c a e
nel tempo dei valori delle variabili intorno alla media e
a azione del valore della ricchezza con il valore
attuale (del flusso perpetuo) del reddito permanente in termini
nominali (Y). Si avrà allora:

1 dP e
30) Md = F [P, , Y, w, u, rb, re]
P dt

dove abbiamo posto per semplicità pari a zero il tasso di


rendimento della moneta (o, in modo analogo, interpretato rb ed
re come i differenziali di rendimento di obbligazioni ed azioni
rispetto alla moneta), ed usato la media (r) dei rendimenti per
attualizzare il reddito permanente.
Il postulato di razionalità degli agenti implica che la
funzione di domanda di moneta risulti omogenea lineare nel
reddito nominale e nei prezzi, cioè che gli agenti non soffrano
d e ea a : a a ae d e e edd d
certo fattore percentuale, anche la domanda di moneta dovrà
variare nella stessa proporzione. Analiticamente, questo
richiede che per ogni , si dovrà avere:
1 dP e
31) F [ P, , Y, w, u, rb, re] =
P dt
1 dP e
= F [P, , Y, w, u, rb, re] = Md
P dt
LA DOMANDA DI MONETA 113

Dalla 31), ponendo = 1/P, si può ottenere la domanda di


moneta in termini reali, che risulta essere una funzione del
reddito reale Y/P. Infatti:

1 dP e
32) Md / P = F [ ,Y/P, w, u, rb, re]
P dt

La stima di una domanda di moneta come la 32) consente a


Friedman di corroborare le sue ipotesi circa le caratteristiche di
scarsa sostituibilità della moneta con altre attività finanziarie.
Infatti i coefficienti associati ai rendimenti di attività alternative
erano spesso bassi e poco significativi (anche in virtù della
definizione adottata di moneta). Le variabili principali per
spiegare la domanda di moneta risultavano quindi reddito e
, acc c a a a a c a ca
della moneta quale veicolo per gli scambi. La funzione stimata
appariva inoltre piuttosto stabile, consentendo di superare le
critiche dei keynesiani circa la possibile instabilità nei parametri
a a a a, c a a a ca
monetaria ai fini della stabilizzazione ciclica. Si noti che la
riproposizione anche formale della teoria quantitativa si può
ottenere dalla 31) semplicemente ponendo = 1/Y. Si avrà
allora,

1 dP e
33) Md / Y = F [ , P/Y, w, u, rb, re]
P dt

che può riscriversi, ricordando che Y indica il reddito


a finendo con V(.) = 1 / F (.) la velocità di
circolazione della moneta come una funzione di un numero
limitato di variabili, in modo formalmente equivalente alla
teoria quantitativa:

34) Md V (.) = Y

Si noti che la condizione di equilibrio sul mercato della


moneta, data la 34), consente anche di spiegare la famosa
a a a a c a a a (a
a ca c a c c a) c a. I a , a
MV(.) = Y segue che il reddito nominale è determinato dallo
stock di moneta in circolazione per la velocità di circolazione.
114 CAPITOLO 2

Una variazione della quantità di moneta indurrà una variazione


del reddito pari appunto alla velocità di circolazione. Sotto
e che e a a a a f e ff c e e e e
stabile, è quindi noto il valore del moltiplicatore della moneta:
dY/dM = V(.)
Nel breve periodo, e fintanto che la capacità produttiva è
sotto- a a, a a de ffe a d ea d c
variazioni del reddito nominale che dipendono sia da
cambiamenti nel valore reale della produzione e del reddito che
dalla variazione dei prezzi. La politica monetaria ha quindi, nel
breve periodo, effetti reali. Tuttavia, una volta raggiunta una
configurazione di equilibrio caratterizzata dal pieno impiego
delle risorse, torna ad essere valida la proposizione di neutralità
della moneta, dato che variazioni della quantità di moneta
indurranno solo equiproporzionali variazioni nei prezzi.43

43
Per una più ampia e dettagliata analisi della teoria monetarista e del
confronto keynesiani monetaristi si vedano i testi di Arcelli (2000) e
Chirichiello (1989, 1994).

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