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vol. 1 - n° 1 (2013)
SOMMARIO
3 4 9 16
Volume 1 - n° 1 23 52 73 86
05 ottobre 2013
di Fritz Hochstätter
Introduzione
Il genere Nolina Michaux è un gruppo di piante nordamericane
appartenente alla famiglia Asparagaceae (Nolinaceae): se i membri
della Sectio Arborescentes Trel. possono essere considerati come
veri alberi, con tronchi robusti ed alti (talvolta ramificati dopo
la fioritura), che sviluppano lunghe foglie fibrose e nastriformi,
alcune specie di Nolina mostrano una morfologia molto diversa,
con fusto molto breve e succulento (una specie di caudice in alcune
specie), con foglie erbacee e fibrose. Queste piante appartengono
alla Sectio Erumpentes (Trel.) Hochstaetter.
La pianta
Negli Stati uniti centro-occidentali, nella valle del fiume
Cimmaron (nord ovest dell’Oklahoma), ad un’altitudine di
1300 metri slm, cresce un’interessante Nolina erbacea, isolata
sui dolci pendii calcarei di colline rocciose, in aree di rada
boscaglia.
Questa pianta forma cespi compatti larghi fino a 1-2 metri,
mentre le specie di Nolina erbacee geograficamente ed
ecologicamente più vicine a questo taxon sono Nolina greeneii
S.Watson ex Wooton & Standl. e Nolina texana S.Watson. la
seguente tabella compara le caratteristiche di queste piante:
Come evidenziato in tabella, la specie più prossima è Nolina greenei che per contro presenta
foglie più grandi, lisce e piane, con margini anch’essi regolari. Inoltre N. greenei cresce ad
altitudini più elevate sul confine tra New Mexico e Colorado, piuttosto lontano dall’habitat
di questa nuova Nolina, su bassissime colline calcaree e vulcaniche, in boscaglie aperte.
Per queste ragioni, è mia opinione che questa Nolina dall’Oklahoma possa essere descritta
come una nuova specie.
Bibliografia:
- HESS, W.J. (2002): Nolina Michaux In: Flora of North America. Oxford University Press. 26: 419.
- HOCHSTÄTTER, F. (2010): The genus Nolina (Nolinaceae). Special Piante Grasse first 1-48.
- THIEDE, J. (2012): Nomenclatural status of unranked names published by Trelease (1911) in Beaucarnea, Dasylirion, and Nolina, in Phytoneuron 2012-77: 1-4 (2012-08-13).
- WATSON, S. (1879): Contributions to American Bot In: Proc. Amer. Acad. Arts. 14: 248.
- WOOTON, B.O. & STANDLEY, P.C. (1915): Flora of New Mexico. 19: 137.
di Davide Donati
Cuatrociénegas
Bibliografia:
- BARCENAS R.T. & al. (2011) ; Molecular systematic of the Cactaceae, in Cladistic 27: 1-20.
- BUTTERWOTH, C.A. & al. (2002). Molecular systematics of tribe Cacteae (Cactaceae:
Cactoideae): a phylogeny based on rpl16 intron sequence variation, in Syst. Bot. 27, 257–
270.
- DOWELD, A.B. (2001). Il genere Ancistrocactus Br. & R. Relazioni filogenetiche e
classificazione, in Cactus & Co 2(5), 60-102.
- HUNT D. & al. (2006), The New Cactus Lexicon.
Oreocereus celsianus
Austrocylindropuntia shaferi
Un discorso a parte
merita Azorella compacta,
una Apiaceae chiamata
anche yareta o llareta,
che vive tra 3000 e 4500 m
slm, formando dei veri e
propri cuscini di roselline
microscopiche, colorate di
Au verde brillante, che spiccano
str
ocy incredibilmente tra le rocce. Se in
lin
dro passato fu intensamente sfruttata
pu
nti
as come combustibile domestico ed
haf
eri industriale, ora per fortuna è specie
protetta.
Yavia cryptocarpa
Au
str
ocy
lin
dro
pu
nti
av
ers
cha
Spostandosi invece verso ovest, la ffe
ltii
Ruta National 40 corre lungo il confine con
il Cile per migliaia di Km, arrivando fino a Ushuaia,
nella terra del fuoco. Questa strada lungo il percorso è in
buona parte sterrata, difficile se non impossibile da transitare in
stagione di piogge, benchè anche nei periodi favorevoli presenti dei
tratti impegnativi per il guidatore. Non s’immagini però una landa
disabitata, perché qui, dove le Ande superano i 5000 metri, s’incontrano
piccoli paesi che sembrano immobili nel tempo. La zona è poi ricca di
lagune, e talvolta basta una piccola deviazione per incontrare spettacoli
straordinari come i fenicotteri rosa della Laguna Pozuelos.
x
fero
via Non dimentichiamo però le nostre amate
Lobi
Cactacee, perché in questa zona la varietà di specie è
molto alta, prima fra tutte la rara ed elusiva Yavia cryptocarpa,
il cui areale e limitato a poche colline, con una densità di popolazione
molto bassa. È addirittura possibile incontrare quasi dei veri boschi di
Orocereus celsianus, i cui peli dai riflessi sericei brillano sotto la luce del sole, in
controluce, creando atmosfere impensabili. Qui e là, fanno bella mostra di sé
Parodia maassii, Rebutia pygmaea, Lobivia pungionacantha subsp. pungionacantha,
Lobivia ferox var. longispina, ecc.; è addirittura possibile trovare anche degli
ibridi tra Lobivia ferox e L. pungionacantha.
Senza ovviamente dimenticare Tunilla tilcarensis, Austrocylindropuntia
shaferi, A. verschaffeltii, Cumulopuntia boliviana, ecc…
Tunilla tilcarensis
Yavia
cryp
toca
rpa (
pianta cre
stata)
2 Questo limite naturale molto spesso è in realtà virtuale, lontano da quello che effettivamente
è il limite reale sul campo, a causa dell’agricoltura, dell’urbanizzazione, della frequentazione turistica e
degli insulsi tentativi di fissare le dune tramite rimboschimenti...
7 Una delle sue concorrenti più efficaci sembra essere, in area atlantica, una
pianta marittima qui introdotta, sfuggita alla coltura in epoca antica ma spontanea
nell’area mediterranea: Senecio cineraria DC., la “Cineraria marittima”, ma questa
concorrenza si restringe solo a quei luoghi dove il clima è dolce e mitigato, essendo
Senecio cineraria molto più sensibile al gelo che non Crithmum maritimum. L’invasiva
Aizoacea sud-africana Carpobrotus sp. può ugualmente competergli fortemente in aree
a clima dolce, in particolare nell’area mediterranea. In posizioni molto esposte alla forza
del mare, Crithmum maritimum però regna e rimane senza rivali.
Aspetto invernale.
16 Ben Amor N. & al. (2005), Physiological and antioxidant responses of the perennial
halophyte Crithmum maritimum to salinity, in Plant Science 168(4): 889–899.
17 Si può anche utilizzare il sale venduto in acquariofilia per produrre acqua marina, è
piuttosto costoso ma l’utilizzo sarà piuttosto saltuario e durerà quindi molto tempo.
18 Ben Hamed K. & al. (2004), Salt response of Crithmum maritimum, an oleagineous
halophyte, in Tropical Ecology 45(1): 151-159.
19 Atia A. & al. (2006), Alleviation of salt-induced seed dormancy in the perennial
halophyte Crithmum maritimum, in Pak. J. Bot., 38(5): 1367-1372.
20 J.W.H. Trail (1884), The Illustrated Dictionary of Gardening 1: 398. ; F. Burr (1865),
The field and garden vegetables of America: 381. ; W.P. Thomson (1920), The Vegetable
Garden : 643.
Sinonimia:
≡ Cachrys maritima (L.) Spreng., Mag. Neu. Ent. Ges. Nat. Fr. Berlin 6: 259 (1812)
= Crithmum canariense Cav., Anal. Cienc. 3: 35 (1801)
Numero cromosomico: 2n = 10 (22).
I
semprevivi (genere Sempervivum L., famiglia Crassulaceae) sono sovente trascurati o addirittura dimenticati dagli amanti delle
piante succulente. È vero, queste piante non crescono sui pendii d’inaccessibili barrancas messicane, o sugli immensi campi di
quarzo del gran Karoo, ma crescono nel cuore dell’Europa, su montagne e colline, talvolta a due passi da casa nostra.
Belli, talvolta splendidi, interessanti da un punto di vista botanico ma soprattutto durante la coltivazione, non disperiamo di
poterne fare delle “star” agli occhi di tutti coloro che li hanno trascurati fino ad oggi, considerandoli piante “di serie B”.
Per inaugurare questa serie d’articoli dedicati ai semprevivi, abbiamo scelto uno dei più bei membri del genere, che può anche
essere definito come una delle più belle piante a rosetta: Sempervivum calcareum Jord., il semprevivo calcareo. Essendo anche una
pianta facile da coltivare (non tutti i semprevivi lo sono, al contrario di quanto si crede), questa scelta era d’obbligo.
Descrizione
Se tutti gli amanti delle piante succulente sanno generalmente riconoscere un semprevivo,
ben più difficile è la distinzione tra una specie e l’altra, soprattutto in coltivazione, quando ci
si deve basare su un unico esemplare disponibile. Il riconoscimento di S. calcareum è sempre
facile, perfino tra i sempervivum coltivati.
Cespi densi, regolari e molto compatti, che si accrescono lateralmente grazie alla produzione di
stoloni corti ed abbondanti, ciascuno dei quali porta una rosetta-figlia; tali stoloni sono pressoché
invisibili, poiché nascosti dalle rosette. Una volta adulte, le rosette non producono stoloni l’anno
della fioritura.
Rosette adulte appiattite, talvolta concave, con centro non prominente; foglie numerose (più
numerose che in qualsiasi forma di S. tectorum), densamente imbricate con scarso spazio tra le
facce delle varie foglie. Le foglie secche formano uno strato duro e spesso alla base della rosetta
(tale strato è molto più duro e pungente che in S. tectorum).
F.B.
1 Il colore del limbo dei petali è un carattere che permette di scindere i sempervivum strictu sensu
(sottogenere Sempervivum, escludendo cioè il sottogenere Jovibarba) in due gruppi ben definiti, cioè quello dei
semprevivi a fiore cosiddetto « rosso » e quello dei semprevivi a fiore « giallo » (le virgolette sono importanti).
Questa differenza di colore sembra essere importante, in quanto pare esistere una reale individualizzazione
filogenetica di questi due gruppi. I semprevivi a fiore giallo sono principalmente specie a distribuzione orientale,
tanto che i soli, veri sempervivum occidentali a fiore giallo sono S. grandiflorum e S. wulfenii, ma ne riparleremo...
Distribuzione
Sempervivum calcareum è una pianta endemica
delle Alpi calcaree sud-occidentali. Il suo areale di
distribuzione va da Triora in Italia fino al massiccio del
Devoluy a nord di Gap in Francia, disegnando una sorta
di mezzaluna regolare che contorna i massicci cristallini delle Alpi meridionali, da cui la specie è completamente assente. Da notare che il
suo limite settentrionale a nord di Gap corrisponde più o meno al limite biogeografico (floristico e faunistico) e climatologico abitualmente
riconosciuto tra le Alpi meridionali (occidentali) e le Alpi settentrionali. Il limite distribuzionale occidentale tocca la valle del Rodano
(monte Ventoux e altri), senza però oltrepassarla.
Ecologia
Sempervivum calcareum è una pianta saxicola, che colonizza rocce e zone pietrose sovente
esposte a sud-est. Come indica il nome, si tratta di una pianta calcicola, che però non sembra
essere fisiologicamente legata al substrato calcareo, dato che, seppur raramente, è possibile
incontrarla su substrato siliceo (su arenaria ad Annot e nelle gole di Daluis, su pelite nelle
alte gole del Cians, nelle gole di Daluis e a la Croix-sur-Roudoule, su scisto a Triora). Calcicola
dunque, ma non calcifila stretta: in realtà questa sua apparente attitudine è probabilmente
legata al fatto che le zone in cui vive sono quasi interamente calcaree, mentre la sua assenza
dai massicci cristallini delle Alpi Marittime, più che alla natura del suolo, è probabilmente
legata al clima di queste zone, molto meno caldo e secco, alle altitudini nettamente più elevate
ed alla scomparsa della vegetazione arbustiva mediterranea, che lascia spazio a foreste vere e
proprie. Le esigenze ecologiche di S. calcareum sembrano di tipo macro e micro climatologico,
più che legate al substrato.
Sempervivum calcareum occupa un range altitudinale che va da 500 a 1600 m s.l.m. circa, benché
lo s’incontri con maggior frequenza a meno di 1000 metri d’altezza: si tratta quindi di una pianta
di media e bassa altitudine. Facendo un confronto con il comune S. tectorum, quest’ultimo
sovrappone il proprio areale a quello di S. calcareum, ma cresce ad altitudine superiore, tanto
che le menzioni di S. calcareum sopra 1600-1700m sono dovute a confusione con S. tectorum; solo
in alcune zone si ha sovrapposizione altitudinale. Spostando il ragionamento sulle associazioni
vegetali, S. calcareum è una pianta tipica del piano collinare (o mediterraneo), rara sul piano
montano, rarissima sul piano subalpino e totalmente assente dal piano alpino, mentre S. tectorum
è pianta tipica del piano montano e subalpino, che può però essere incontrata in tutti e quattro i
piani menzionati.
Sempervivum calcareum è una pianta decisamente xerofila, eliofila e termofila (molto più di
S. tectorum), amante dell’esposizione piena al sole anche in zone di bassa altitudine con clima
torrido, dove assume un aspetto molto dimesso, pallido, tanto che uno dei più bei semprevivi
in coltivazione è sovente uno dei meno interessanti in natura. Alcune sue stazioni sono dei veri
e propri “forni solari”, dove il calore è così forte che ben pochi altri sempervivum potrebbero
resistervi: tra i semprevivi occidentali, S. calcareum è la specie che maggiormente sopporta il calore
Note di coltivazione
Come riportato, Sempervivum calcareum rappresenta una
perla in una collezione di piante succulente, alcune delle
sue particolarità ecologiche summenzionate (pianta
xerofila e termofila di bassa altitudine) la rendono facile
da coltivare in piano, in condizioni in cui molti altri
semprevivi soffrono il caldo estivo e la mancanza di
raggi UV. Malgrado questa facilità di coltivazione, non
è inutile conoscere qualche concetto in più, poiché un
semprevivo non si coltiva come un cactus!
F.B.
‘Grigg’s Surprise’
Bilbliografia:
- FAVARGER C. & SCHERBATOFF M. (1973) ; Sur une espèce intéressante des
Alpes austro-occidentales : Sempervivum calcareum Jordan, in Candollea 28:
219-235.
- DONATI D. & DUMONT G. (2012), Sempervivum calcareum, in Piante Grasse
36(1): 34-45.
F.B.
Così, sfortunatamente, la maggior parte dei Sempervivum caucasici è anche oggi conosciuta solo
attraverso alcuni campioni d’erbario, nonchè pochi cloni disponibili in coltivazione, molti dei quali
piuttosto dubbi e con dati di località molto vaghi o assenti. Di conseguenza molti taxa sono tutt’oggi
accettati benchè praticamente sconosciuti, non solo dagli hobbisti ma anche dai botanici.
Considerando che le specie appartenenti al genere Sempervivum sono decisamente variabili nella
morfologia, la corrente nomenclatura dei Sempervivum caucasici deve essere considerata ormai
obsoleta e non affidabile, una sorta di “lavoro in corso”.
L’obbiettivo di questo scritto è appunto analizzare due interessanti specie del Caucaso centro-orientale.
1 Abbiamo tentato di studiare gli olotipi di S. annae e di S. dzhavachischvilii, contattando a più riprese
a tal proposito l’erbario di Tbilisi. Non ricevemmo alcuna risposta… e nessun isotipo fu mai depositato in altri
erbari.
2 Riprodotto da Houseleeks n°41:3 (1994)
L
a concimazione delle piante è una pratica agronomica antica, effettuata sin
dagli albori dell’agricoltura in forme e modalità differenti, ma tutte tese a
migliorare la fertilità del suolo, traendovi il massimo beneficio attraverso
i raccolti.
Inizialmente la coltivazione era mirata alle piante eduli, successivamente, con
l’evolversi delle civiltà, anche alle piante ornamentali.(1)
Vorrei soffermarmi sulla trattazione della concimazione partendo da un
elemento chimico alla volta per capire meglio la vastità e nel contempo
complessità dell’argomento.
Dalle non più recenti indagini analitiche, studi e sperimentazioni, si è delineato
il concetto che solo una ristretta rosa di elementi minerali servono effettivamente
alle piante: è assodata la cifra di sedici elementi suddivisi in macroelementi,
mesoelementi e microelementi, a seconda che questi compaiano in quantità
più o meno abbondanti nelle ceneri dei vegetali. Ovviamente il tutto deve
essere condito da una certa tolleranza riguardo la specie, la cultivar e anche
l’utilizzo agronomico. Il quadro comunque è ancora ampiamente incompleto
perché molti elementi minerali spesso considerati insignificanti, poiché presenti
solo in tracce (se non assenti) nei tessuti vegetali, se variano nella disponibilità
comportano sofferenza non trascurabile in alcune piante.
1 Oggi, attraverso le moderne ed elaborate conoscenze, si può affermare che non sono più così
nettamente distinguibili le specie di solo interesse agrario edule ed agrario ornamentale: ogni specie
ha una coltivazione finalizzata ad un interesse economico o, meglio, economico/di sostentamento,
poiché anche le piante ornamentali, che non vengono coltivate come fornitrici di frutta, granella o
altro, oltre ad abbellire forniscono anch’esse ossigeno e spesso fungono come barriere sonore o visive Magnesio carenza su Echinocereus pentalophus.
indispensabili nell’era della sempre crescente urbanizzazione del territorio.
Magnesio carenza su
Turbinicarpus lophophoroides.
Contatto: info@nuovasunchemical.it
Crassulacea n° 3 [2013-04-15]
http://www.crassulaceae.ch/download.php?file_id=10275&download=true
Replacement type for Adromischus halesowensis.
Succulentopi@ n° 7 [2013-10]
http://www.cactuspro.com/succulentopia/Succulentopia-N6-2013-07.pdf
Conophytum, Lithops & Co / Echinopsis oxygona / Du pollen à l’ovule ou le difficile parcours du tube pollinique /
Matucana oreodoxa / Agave utahensis
Edizione italiana
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CONTATTO: contact@acta-succulenta.eu