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Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile

Le vistose modificazioni ambientali provocate dalle tecnologie industriali fanno emergere la necessità di comprendere
il sistema di relazioni estremamente complesse e delicate tra tutti gli esseri viventi e l'ambiente.

Nel 1866 il biologo tedesco Ernst Haeckel conia il termine ecologia per indicare una nuova scienza, preposta allo
studio delle relazioni fra gli animali, le piante e il territorio, oltre che a individuare i problemi derivanti dalle attività
umane e a suggerire le possibili soluzioni. Ma solo nella seconda metà del Novecento si prende realmente coscienza
della limitatezza delle risorse naturali, molte delle quali, una volta consumate, non hanno la capacità di rigenerarsi.
Sfruttarle in maniera incontrollata significa, quindi, pregiudicarne la disponibilità alle generazioni future.
A partire dagli anni Sessanta, così, la comunità internazionale comincia a prendere atto del danno ambientale
connesso all'esercizio di determinate attività (industriali, chimiche, nucleari). Lentamente si fa strada la
consapevolezza che i singoli Stati non possono assicurare al patrimonio naturale dell'umanità un'adeguata protezione
e che, a tale scopo, è indispensabile predisporre delle norme internazionali finalizzate alla salvaguardia della Terra.
A partire dagli anni Settanta del secolo scorso la progressiva presa di coscienza delle problematiche
ambientali ha dato origine a un ampio dibattito sul futuro del pianeta, che ha coinvolto organizzazioni
internazionali, movimenti di opinione, Governi e studiosi approdando al concetto di sviluppo sostenibile

Nel 1972, con l'obiettivo di tracciare le linee guida della politica ambientale internazionale da tenere negli anni
successivi, le Nazioni Unite organizzano a Stoccolma la prima Conferenza mondiale sull'ambiente umano.

Viene così creato un organismo, l'UNEP il Programma ambientale delle Nazioni Unite, cui si affida
il compito di vigilare sullo stato di salute dell'ambiente, elaborare strategie per far coincidere
esigenze di sviluppo e tutela delle risorse naturali, attuare programmi di educazione ambientale.

Nel 1983 l'ONU istituisce la Commissione mondiale per l'ambiente e lo sviluppo, preposta
analizzare i punti critici dell'interazione uomo-ambiente e a vagliare misure concrete per far fronte
al deterioramento ambientale. Quattro anni dopo, nel 1987, viene pubblicato il Rapporto
Brundtland, dal nome del primo ministro norvegese che presiede la Commissione, in cui si
formula per la prima volta il principio dello sviluppo sostenibile: "un modello di crescita che
coniughi gli aspetti economici con quelli sociali e ambientali: uno sviluppo che miri ad obiettivi
compatibili con la rigenerazione delle risorse naturali, in modo da garantire il soddisfacimento dei
bisogni delle generazioni attuali senza compromettere quelli delle generazioni future".

Nel 1992 i rappresentanti dei governi di ben 178 paesi si riuniscono a Rio de Janeiro, per la prima
volta, con lo scopo comune di individuare strategie utili a salvaguardare la salute del nostro
pianeta. Oltre all'idea dello sviluppo sostenibile, viene introdotto nel linguaggio comune il
fondamentale concetto di biodiversità. Venne stilato un documento, l'Agenda XXI, con proposte
dettagliate su come ridurre i consumi e combattere la povertà, così da costruire un modello dì
sviluppo sostenibile e durevole.
Da allora si sono avuti altri incontri internazionali con obiettivi sempre a tutela dell’ambiente;
particolare attenzione viene riservata al concetto e alla promozione della cosiddetta green
economy, vale a dire un'economia finalizzata a incrementare il livello di benessere e l’equità
sociale, riducendo contemporaneamente i rischi per l'ambiente e promuovendo di risorse non
inquinanti.

Il 25 settembre 2015 viene sottoscritta l’Agenda 2030 dai governi dei 193 Paesi membri delle
Nazioni Unite, e approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU. L’Agenda è un programma d’azione
per le persone, il pianeta e la prosperità, è costituita da 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile –
inquadrati all’interno di un programma d’azione più vasto costituito da 169 target o traguardi, ad
essi associati, da raggiungere in ambito ambientale, economico, sociale e istituzionale entro il
2030.
L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016,
guidando il mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi, infatti, si sono
impegnati a raggiungerli entro il 2030.

“Obiettivi comuni” significa che essi riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui: nessuno ne è
escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla
strada della sostenibilità.

In questo contesto, anche l’Unione europea è impegnata nel recepimento e definizione dei
principi dell’Agenda 2030 di sviluppo sostenibile. Le modalità di declinazione degli obiettivi a
livello comunitario sono destinate a rappresentare un’indicazione importante per i Paesi Membri
nella definizione finale dei rispettivi obiettivi strategici.

La Commissione europea, durante il discorso di apertura della seduta plenaria del Parlamento
europeo presieduta da Ursula von der Leyen (luglio 2019), ha presentato un ricco programma
d’azione per i prossimi cinque anni, in cui emerge chiaramente la volontà dell’Unione di
raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile, anche in relazione all’accordo di Parigi sui
cambiamenti climatici, e prepara il terreno per una strategia globale dell’UE per gli anni 2019-2024.

Ogni Paese del pianeta è tenuto a fornire il suo contributo sviluppando una propria Strategia
nazionale per lo sviluppo sostenibile.

In Italia è stata istituita la Cabina di regia “Benessere Italia”, l’organo della Presidenza del
Consiglio cui spetta il compito di “coordinare, monitorare, misurare e migliorare le politiche di tutti
i Ministeri nel segno del benessere dei cittadini”.

Rigenerazione equo sostenibile dei territori, mobilità e coesione territoriale, transizione energetica,
qualità della vita, economia circolare sono le cinque macroaree in cui si sviluppano le sue linee
programmatiche.

17 OBIETTIVI AGENDA 2030

I 17 Goals fanno riferimento ad un insieme di questioni importanti per lo sviluppo che prendono in


considerazione in maniera equilibrata le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile – economica,
sociale ed ecologica – e mirano a porre fine alla povertà, a lottare contro l‘ineguaglianza, ad
affrontare i cambiamenti climatici, a costruire società pacifiche che rispettino i diritti umani.

Le cinque "P" dello sviluppo sostenibile


L’Agenda 2030, sottoscritta nel 2015 da 193 Paesi delle Nazioni Unite, tra cui l'Italia, si basa su cinque
concetti chiave, rappresentati da cinque “P”:

1) Persone

2) Prosperità

3) Pace
4) Partnership

5) Pianeta.

L’Agenda definisce 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals) da raggiungere


entro il 2030, articolati in 169 target: 1) Sconfiggere la povertà 2) Sconfiggere la fame 3) Salute e benessere
4) Istruzione di qualità 5) Parità di genere 6) Acqua pulita e servizi igienico-sanitari 7) Energia pulita e
accessibile 8) Lavoro dignitoso e crescita economica 9) Imprese, innovazione e infrastrutture 10) Ridurre le
disuguaglianze 11) Città e comunità sostenibili 12) Consumo e produzione responsabili 13) Lotta contro il
cambiamento climatico 14) Vita sott’acqua 15) Vita sulla terra 16) Pace, giustizia e istituzioni solide 17)
Partnership per gli obiettivi.

La sostenibilità non riguarda solo l’ambiente: è necessario adottare un approccio integrato e misure
concrete per affrontare un importante cambio di paradigma socioeconomico.
PROBLEMI AMBIENTALI

AUMENTO DELLA TEMPERATURA

Secondo le stime, entro il 2099 (ovvero quando i nati nel 2019 avranno 80 anni), la temperatura media
della Terra potrebbe superare di almeno 4 gradi Celsius quella dell'epoca preindustriale.
4 gradi non sembrano molti, ma sono sufficienti a scatenare una serie di reazioni. Il riscaldamento
globale porta l'acqua degli oceani e del mare a dilatarsi e questo, unito allo scioglimento dei ghiacci,
aumenta il livello dei mari i diversi centimetri all'anno, mettendo a rischio le città costiere.
Si aggiungono:
serie di eventi catastrofici, tra i quali:
• inondazione di numerose città costiere, fenomeno che mette a rischio l'area del Mediterraneo;
• crescenti difficoltà nella produzione di cibo, a causa della siccità;
• scarsità di acqua in molte regioni;
 incremento dei cicloni;
• estinzione di una specie animale su sei, compresi gli scoiattoli rossi, i ricci, i pippistrelli e le api,
fondamentali per il mantenimento della biodiversità.

GAS SERRA

Con il termine impronta di carbonio [carbon footprint in inglese) ci si riferisce alla quantità di gas serra che
l'uomo, con le sue attività, immette nell'atmosfera. È facile pensare alle grandi industrie o ai grandi mezzi di
trasporto quando si sente parlare di questi argomenti. Eppure, ogni persona nell'arco della propria vita
produce gas a effetto serra. Tra questi gas, il principale è la C0 2, ossia l'anidride carbonica. A titolo
esemplificativo, di seguito sono riportati dieci comportamenti da adottare per ridurre la propria impronta di
carbonio:
1. evitare gli sprechi d'acqua;
2. spegnere luci e interruttori quando si esce da una stanza;
3. fare la raccolta differenziata e trovare nuovi utilizzi ai prodotti, prima di buttarli;
4. spostarsi in bicicletta o con i mezzi pubblici;
5. limitare l'uso dell'automobile e dell'aereo;
6. portare con sé le buste quando si fa la spesa;
7. prediligere sempre cibi e prodotti locali;
8. scegliere prodotti cosmetici il più possibile naturali;
9. prestare attenzione al low cost nell'abbigliamento (spesso non è etico e fa stragi
ambientali) ;
10. non superare i 20 gradi in casa.

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