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LA TUTELA AMBIENTALE

RIASSUNTO A CURA DELLA PROF.SSA FRANCESCA ZANETTI

1. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO


1.a La normativa nazionale

L’art. 9 della Costituzione italiana, in vigore dal primo gennaio del 1948, è l’articolo di riferimento
in tema ambientale. Al contrario dello Statuto Albertino che non contemplava tali aspetti della vita
del cittadino, l’art. 9 della Costituzione stabilisce che «La Repubblica promuove lo sviluppo della
cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della
Nazione».
Tali disposizioni costituzionali delineano i principi della cd. «Costituzione culturale» che si fonda su
due principi fondamentali:

- la promozione e lo sviluppo di cultura e ricerca, cioè la Repubblica in tutte le sue articolazioni si


impegna a preservare, valorizzare e incentivare attraverso la promozione della cultura (e ricerca) il
progresso culturale, scientifico e tecnico del paese;

- la tutela del paesaggio e dei beni culturali ed ambientali intesa anche come regolazione degli
insediamenti umani nel territorio. Si sottolinea così la funzione dell’urbanistica quale “sub materia”
della tutela del paesaggio in cui lo Stato deve intervenire per la parte che lo riguarda. Si prefigura
dunque la tutela del paesaggio attraverso la «regolazione cosciente degli interventi».

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L’ art. 9 Cost. è divenuto anche l’asse portante per il riconoscimento del diritto primario a godere di
un ambiente salubre, ciò attraverso una sua lettura in combinato con gli artt. 2 e 32 Cost.
Art. 2 Cost. «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo
sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».
L’ambiente è “un bene giuridico riconosciuto e tutelato da norme” e la sua protezione rappresenta
un “diritto fondamentale della persona umana”.
Art. 32 Cost. : La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse
della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
L’ articolo definisce espressamente la «salute» come un diritto fondamentale dell’individuo che deve
essere garantito a tutti (cittadini italiani e stranieri).
La protezione costituzionale del diritto alla salute si ricollega, quindi, alla protezione costituzionale
del diritto ad un ambiente “sano” : “PROTEGGERE L’AMBIENTE CHE CI CIRCONDA VUOL DIRE PRO-
TEGGERE LA NOSTRA SALUTE E QUELLA DEGLI ALTRI”.
Sul piano normativo nazionale , un riferimento veramente importante è certamente la L. n. 349 del
1986 istitutiva del Ministero dell'Ambiente (che sostituiva il Dipartimento per l’Ecologia del 1983)
con funzioni di salvaguardia del territorio e delle acque, di tutela della biodiversità, degli ecosistemi
e del patrimonio marino-costiero, che attua politiche di contrasto al cambiamento climatico e al
surriscaldamento globale, sviluppo sostenibile, efficienza energetica ed economia circolare e ove si
prevede, per la prima volta, di citare in causa chi reca un danno ambientale nonché l'annullamento
di quegli atti illegittimi che incidano negativamente su interessi di natura ambientale.
Con la Legge costituzionale n. 3/2001, che ha riformato il Titolo V Parte II della Costituzione, all’ art.
117 viene fatto riferimento alla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali come ma-
teria espressamente riservata alla legislazione esclusiva dello Stato, mentre restano alla legislazione
concorrente delle Regioni il compito di promulgare norme ambientali sulle materie della tutela della
salute, del governo del territorio, della protezione civile, del trasporto e distribuzione dell’energia,
della valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, sempre secondo i principi generali fissati dalle
leggi dello Stato.
Tra le fonti normative di rilievo spicca anche il Decreto Legislativo del 3 aprile 2006 n. 152
denominato Testo Unico Ambientale (D.Lgs 152/2006).
Il Testo Unico si occupa del riordino, del coordinamento e dell’ integrazione delle disposizioni
normative disciplinanti tale materia, in conformità ai principi e ai criteri direttivi dell’ordinamento
comunitario, nel rispetto degli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese.
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Tra questi principi si segnalano quello “dell’ azione ambientale”, “dello sviluppo sostenibile”, “di
sussidarietà e di leale collaborazione”.
Il principio “dell’azione ambientale” postula che la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e
del patrimonio culturale debba essere garantita da tutti, sia enti pubblici che privati, nonché dalle
persone fisiche e giuridiche, mediante un’adeguata azione che tenda a prevenire o al limite a
correggere alla fonte i danni causati.
Il principio “dello sviluppo sostenibile” predica che ogni attività umana che si eserciti al fine di
garantire il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non comprometta la qualità della
vita delle generazioni future (art 3 quater del D.Lgs 152/2006).
Come sopra evidenziato, rilevanti, nel nostro ordinamento, appaiono, altresì, il “principio di
sussidarietà”, nonché il principio di “leale collaborazione”, in base ai quali lo Stato interviene in
questioni concernenti interessi ambientali solo ove gli obiettivi dell’azione prevista non possano
essere sufficientemente realizzati dalle Regioni.

1.b La normativa comunitaria

In ambito comunitario il legislatore ha dedicato all’ambiente una disciplina organica nel Trattato sul
Funzionamento dell’Unione Europea (T.F.U.E.) adottato a Lisbona il 13.12.2007 (in vigore dal
1°.12.2009).

Il rilievo che ha assunto, nel corso degli anni, la tutela dell’ambiente nel contesto dell’Unione
europea è desumibile sia dal numero davvero ingente di atti vincolanti (oltre 450 tra direttive,
regolamenti e decisioni), sia dalla presenza di disposizioni che pongono la protezione
dall’inquinamento come centrale nell’attività delle istituzioni dell’Unione

La politica dell’Unione in materia ambientale è fondata sui principi dell’ “azione preventiva”, sul
principio di “correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente” (principi già
trattati a livello nazionale) e sul principio di “chi inquina paga”.

Il principio “chi inquina paga” deve essere inteso, secondo la Corte di Giustizia Europea, nel senso
che i danni ambientali non debbano ricadere sulla collettività ma devono essere risarciti dai soggetti
che li hanno cagionati.
Come già illustrato , tali principi, in quanto direttamente contemplati dal Trattato sul Funzionamento
dell’Unione Europea, non potevano non essere recepiti da parte degli ordinamenti dei Paesi membri.

1.c Evoluzione della normativa alla luce dei principali eventi internazionali
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Nel Trattato istitutivo della Comunità economica europea (C.E.E.) del 25.3.1957 non era individuata
una competenza dell’allora Comunità Economica Europea in materia di ambiente in ragione del fatto
che le tematiche di lotta all’inquinamento nella fase di ricostruzione successiva alla seconda guerra
mondiale non erano particolarmente sentite, tenendo conto che l’obiettivo prioritario era la
ricostruzione economica.

Tuttavia, proprio mentre era in svolgimento la Conferenza delle Nazioni Unite, conclusasi con la
Dichiarazione di Stoccolma del 5.6.1972, si lanciò il monito sull’ambiente “Only one world”, e l’allora
Cee, il 22 luglio 1971, adottò la prima comunicazione in materia di ambiente nella quale si stabilì che
la protezione e il miglioramento dell’ambiente facevano parte dei compiti assegnati alla Comunità,
come ribadito anche nel Vertice di Parigi del 1972. Così, in questo cammino, nel 1983 le Nazioni
Unite crearono la Commissione Mondiale per l’ Ambiente e lo Sviluppo posta sotto la presidenza
del primo ministro norvegese Brundtland che per primo, nel suo rapporto (il famoso rapporto
Brundtland) parlò di “sviluppo sostenibile” come realizzazione di un equilibrio tra le esigenze di
tutela ambientale e sviluppo economico, cioè uno sviluppo che consente di “ soddisfare i bisogni
dell’ attuale generazione senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i
propri”.

In seguito altra fondamentale” tappa” fu il Protocollo di Montréal, un trattato internazionale volto


a ridurre la produzione e l'uso di quelle sostanze che minacciano lo strato di ozono, in particolare i
gas CFC o clorofluorocarburi. Il protocollo di Montréal è stato firmato il 16 settembre1987, entrato
in vigore il 1º gennaio1989, e sottoposto alle revisioni nel 1990 (Londra) , 1992 (Copenaghen), 1995
(Vienna), 1997 (Montréal) e1999,(Pechino). Secondo un rapporto del 2018 pubblicato dall’Organiz-
zazione meteorologica mondiale (Omm), per un recupero dello strato dell’ozono ai livelli del 1970
bisognerà attendere il 2060 ma siamo sulla “buona strada” !
La Conferenza di Rio o “Summit della Terra”, (cd. “Vertice per la Terra”), tenutosi a Rio de Janeiro dal
3 al 14 giugno 1992, è stata la prima conferenza mondiale dei capi di Stato sull'ambiente. È stato un
evento senza precedenti anche in termini di impatto mediatico e di scelte politiche e di sviluppo
conseguenti: vi parteciparono 172 governi e 108 capi di Stato o di Governo, 2.400 rappresentanti
di organizzazioni non governative (ONG). La Dichiarazione di Rio del 5.6.1992 ha sancito
l’integrazione dell’ambiente in tutte le politiche dell’Unione, evidenziando il legame tra crescita
economica e tutela dell’ambiente nell’ottica di uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile
realizzabile attraverso la cosiddetta “Agenda 21”. Il trattato, come stipulato originariamente, non
poneva limiti obbligatori per le emissioni di gas serra alle singole nazioni; era quindi, sotto questo
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profilo, non vincolante. Esso però includeva la possibilità che le parti firmatarie adottassero, in
apposite conferenze, atti ulteriori (denominati "protocolli") che avrebbero posto i limiti obbligatori
di emissioni di gas serra.

Il principale di questi, adottato nel 1997, è il protocollo di Kyōto, che è diventato molto più noto della
stessa Conferenza di Rio.

Il Protocollo di Kyōto è un accordo internazionale per contrastare il riscaldamento climatico , feno-


meno ambientale degli ultimi tempi, mai messo in dubbio della scienza e di cui è peraltro chiara e
comprovata la responsabilità antropica, cioè dell’ uomo.

Il trattato climatico che è stato sottoscritto l'11 dicembre 1997 durante la Conferenza delle parti di
Kyoto, è entrato in vigore solo il 16 febbraio 2005 grazie dalla ratifica del Protocollo da parte della
Russia (che era avvenuta nel precedente Novembre 2004).

Infatti, perché il trattato potesse entrare in vigore era necessario che venisse ratificato da non meno
di 55 Nazioni, e che queste stesse Nazioni firmatarie complessivamente rappresentassero non meno
del 55% delle emissioni serra globali di origine antropica: un obiettivo raggiunto proprio grazie alla
sottoscrizione della Russia.

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Il Protocollo di Kyoto impegnava i Paesi sottoscrittori (le Parti) ad una riduzione quantitativa delle
proprie emissioni di gas ad effetto serra (i gas climalteranti che riscaldano il clima terrestre) rispetto
ai propri livelli di emissione del 1990, in percentuale diversa da Stato a Stato. Per fare questo le Parti
sono tenute a realizzare un sistema nazionale di monitoraggio delle emissioni ed assorbimenti di
gas ad effetto serra, l' "Inventario Nazionale delle emissioni e degli assorbimenti dei gas a effetto
serra", da aggiornare annualmente (puoi consultare on line la serie storica delle emissioni nazionali
italiane).

I gas climalteranti oggetto degli obiettivi di riduzione sono:


- la CO2 (anidride carbonica), prodotta dall'impiego dei combustibili fossili in tutte le attività ener-
getiche e industriali oltre che nei trasporti;
- il CH4 (metano), prodotto dalle discariche dei rifiuti, dagli allevamenti zootecnici e dalle coltiva-
zioni di riso;
- l'N2O (protossido di azoto), prodotto nel settore agricolo e nelle industrie chimiche;
- gli HFC (idrofluorocarburi), impiegati nelle industrie chimiche e manifatturiere;
- i PFC (perfluorocarburi), impiegati nelle industrie chimiche e manifatturiere;

- l'SF6 (esafluoruro di zolfo), impiegato nelle industrie chimiche e manifatturiere.


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Il Protocollo di Kyoto, che ha terminato la sua validità al 31/12/2012, prevedeva una riduzione emis-
siva di - 5% (rispetto ai dati del 1990), da conseguire entro il 2012.
Alcuni stati Europei già nel 2009 avevano raggiunto il proprio target di riduzione emissiva: questo è
segno che gli Stati che hanno voluto investire nell'economia low carbon ( Economia fondata su un
sistema di produzione e consumi a basso contenuto di carbonio) hanno ridotto le emissioni di CO2 in
atmosfera.
A partire dall'obiettivo sottoscritto nell'ambito del Protocollo di Kyoto, in Italia sono stati
storicamente realizzate diverse norme di recepimento ed attuazione del Protocollo medesimo, tra
le quali la delibera di Approvazione del “Piano Nazionale per la riduzione delle emissioni di gas
responsabili dell’effetto serra, 2003-2010 (Legge 120/2002).
Considerando invece gli specifici obiettivi del Protocollo di Kyoto, la media di riduzione delle
emissioni italiane nel periodo di impegno (2008-2012) rispetto all’anno base (1990) è stata "solo"
del -4,6%.
Il progressivo rafforzamento dell’obiettivo di protezione ambientale, continuato anche con il
Trattato di Nizza del 26.2.2001, in vigore dal 1°.2.2003, ha poi condotto al Trattato di Lisbona, che
riprende i principi e gli obiettivi già presenti nei precedenti Trattati dando, però, esplicito rilievo ai
cambiamenti climatici che, in effetti, sono considerati una vera e propria sfida. A tal proposito,
l’Unione europea ha firmato l’Accordo globale sui cambiamenti climatici concluso a Parigi il
12.12.2015.
La Conferenza di Johannesburg del 2002, altro evento di rilievo, è stata interamente dedicata allo
sviluppo sostenibile. Durante la conferenza di Johannesburg gli Stati si rendono conto che una tutela
dell’ambiente “imposta dall’alto ”è impossibile : bisogna coinvolgere la popolazione. Lo sviluppo
sostenibile non dipende solo dalla soluzione dei grandi problemi del pianeta ma dipende anche
dai comportamenti quotidiani dei cittadini per cui è necessario che tutti noi impariamo a
rispettare l’ambiente in cui viviamo. Per esempio occorre effettuare la raccolta differenziata,
spegnere le luci quando non servono, usare lampadine a risparmio energetico, usare riscaldamento
e condizionatori solo se necessario, consumare prodotti alimentari di stagione, ridurre l’uso della
plastica, riciclare, acquistare prodotti con confezioni ecologiche, fatti in Italia e a basso impatto
ambientale.
Nella Conferenza Rio+20 del 2012 l’Unione europea ha dato anche un impulso preparatorio con la
Comunicazione «Rio+20 verso un’economia verde e una migliore governance, seguita dall’Agenda
2030 per lo sviluppo sostenibile adottata dall’Onu nel 2015.

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2. L’ AGENDA 2030
L’Agenda 2030 con i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile o Goals esprime un chiaro giudizio
sull’irragionevolezza dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su
quello economico e sociale. La sostenibilità non è unicamente una questione ambientale ma
attraverso questa agenda si afferma una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo.
Di seguito si riassumono i 17 Goals:
1. Porre fine alla povertà in tutte le sue forme
Ad oggi sono ancora molte le persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno; un fenomeno
ingiusto per la dignità di qualsiasi essere umano che può giungere al termine con la cooperazione
tra Paesi e l’implementazione di sistemi e misure sociali di protezione per tutti.
2. Azzerare la fame, realizzare la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere
l’agricoltura sostenibile
Ognuno di noi ha diritto ad avere cibo sufficiente per tutto l’anno: un concetto elementare ma
ancora trascurato. Tuttavia lo si può affermare, ad esempio, con sistemi di coltivazione e produzione
di cibo sostenibili e mantenendo intatto l’ecosistema e la diversità di semi e di piante da coltivare.
3. Garantire le condizioni di salute e il benessere per tutti a tutte le età
Monito basilare è la riduzione del tasso mondiale di mortalità materna e impedire la morte di
neonati e di bambini sotto i 5 anni ad esempio, assicurando l’assistenza sanitaria per tutti e
supportando la ricerca e sviluppo di vaccini e medicine per malattie trasmissibili o meno.
4. Offrire un’educazione di qualità, inclusiva e paritaria e promuovere le opportunità di apprendi-
mento durante la vita per tutti
L’istruzione può davvero garantire ai giovani un futuro migliore. Un passo in avanti è fare in modo
che tutti, uomini e donne, possano leggere e scrivere, eliminando ogni forma di discriminazione di
genere e promuovendo un accesso paritario a tutti i livelli di educazione.
5. Realizzare l’uguaglianza di genere e migliorare le condizioni di vita delle donne
Ancora oggi vengono perseguite discriminazioni verso il genere femminile: sradicare ogni forma di
violenza contro le donne nella sfera privata e pubblica è fondamentale.
6. Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e condizioni igieniche per tutti
L’acqua è fonte di vita ed è necessario che questa sia accessibile a chiunque. Un’affermazione che
sprona a garantire entro il 2030 l’accesso universale all'acqua pulita e potabile, e a garantire
adeguate condizioni igieniche.
7. Assicurare l’accesso all'energia pulita, a buon mercato e sostenibile per tutti

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Ad oggi, i sistemi energetici sono elemento fondamentale per la vita quotidiana di tutti noi: per
questo una tappa importante è quella di renderli accessibili a tutti.
8. Promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena e produttiva oc-
cupazione e un lavoro decoroso per tutti
Il lavoro ci dà la possibilità di vivere la nostra vita dignitosamente: sostenere la crescita economica
e raggiungere alti livelli di produttività possono aiutare la nostra sopravvivenza.
9. Costruire infrastrutture resistenti, promuovere l’industrializzazione sostenibile e inclusiva e fa-
vorire l’innovazione
Sia le infrastrutture che l’industria sono importanti per supportare l’intero sviluppo economico e il
nostro benessere divenendo sostenibili ed affidabili con lo sviluppo tecnologico e la ricerca.
10. Riduzione delle disuguaglianze tra i Paesi
Ogni Paese dovrebbe avere pari opportunità e diritti a livello economico e globale: per questo è
necessario che sia raggiunta e sostenuta la crescita del reddito interno. Per andare in questa
direzione entro il 2030 devono essere promosse politiche fiscali, salariali, di protezione che
assicurino una maggiore uguaglianza tra la popolazione.
11. Rendere le città e le comunità sicure, inclusive, resistenti e sostenibili
L’ambiente che ci circonda può influire drasticamente sulle nostre abitudini e stili di vita. Per questo
il miglioramento in ottica sostenibile dei nostri spazi vitali è un obiettivo imprescindibile entro il
2030.
12. Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili
Il nostro pianeta ha bisogno di essere rispettato e salvaguardato: in quest’ottica entro il 2030 è
importante ridurre gli sprechi e le sostanze chimiche rilasciate soprattutto dalle grandi aziende
tramite politiche sostenibili e improntate sul riciclaggio dei prodotti.
13. Fare un’azione urgente per combattere il cambiamento climatico e il suo impatto
I cambiamenti climatici sono all’ordine del giorno e balzano agli occhi di tutti: una situazione che
non può più essere ignorata e che deve essere affrontata entro il 2030 con politiche e strategie
globali in modo da arginare i rischi ambientali e gli effettivi disastri naturali.
14. Salvaguardare gli oceani, i mari e le risorse marine per un loro sviluppo sostenibile
La conservazione e lo sfruttamento sostenibile degli oceani, dei mari e di tutte quelle risorse al loro
interno sono importanti per la nostra vita: la riduzione dell’inquinamento marino sono obiettivi
necessari per salvaguardare la nostra salute.

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15. Proteggere, ristabilire e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, la gestione
sostenibile delle foreste, combattere la desertificazione, fermare e rovesciare la degradazione del
territorio e arrestare la perdita della biodiversità
Preservare il nostro pianeta è un compito affidato a tutti noi e per questo motivo è necessario che
entro il 2030 si persegua un’azione congiunta per proteggere, ristabilire e promuovere l’impiego
sostenibile dell’ecosistema terrestre.
16. Promuovere società pacifiche e inclusive per lo sviluppo sostenibile, garantire a tutti l’accesso
alla giustizia, realizzare istituzioni effettive, responsabili e inclusive a tutti i livelli
Un futuro migliore per ognuno di noi è possibile ma solo in caso di una riduzione drastica di violenza
e mortalità: una visione che oggi sembra lontana, ma tuttavia fattibile con la realizzazione entro il
2030 di società pacifiche, l’accesso alla giustizia per tutti e l’esistenza di istituzioni responsabili.
17. Rinforzare i significati dell’attuazione e rivitalizzare le collaborazioni globali per lo sviluppo
sostenibile
L’attuazione dell’Agenda richiede un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalle
imprese al settore pubblico, dalla società civile alle istituzioni filantropiche, dalle università e centri
di ricerca agli operatori dell’informazione e della cultura.
Tutti i paesi sono chiamati a contribuire allo sforzo di portare il mondo su un sentiero sostenibile,
senza più distinzione tra paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo: ciò significa che ogni paese
deve impegnarsi a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere
gli SDGs, rendicontando sui risultati conseguiti all’interno di un processo coordinato dall’ONU.
Con l’adozione dell’Agenda 2030, i paesi si sono volontariamente sottoposti al processo di
monitoraggio effettuato direttamente dalle Nazioni Unite rispetto allo stato di attuazione degli
SDGs. Il luogo deputato al monitoraggio dell’Agenda è l’High Level Political Forum (HLPF), che si
riunisce annualmente sotto l’egida del Comitato Economico e Sociale dell’ONU, mentre ogni quattro
anni la riunione si svolge sotto l’egida dell’Assemblea Generale dell’ ONU.

Note :
- Il Power Point può essere utile per ricapitolare quanto trattato, ad esclusione dell’ “agenda2030”;
- Per eventuali approfondimenti è lasciata facoltà ad ogni studente di consultare la documentazione
condivisa a suo tempo, come “il caso Ilva”, non oggetto in questo sunto.

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