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Figura 2.15 - Profilo della velocità media del vento in siti con diversa rugosità del terreno.

Nella realtà la situazione reale è complicata da due fattori. In primo luogo non esistono aree indefi-
nite di uniforme scabrezza, ma la rugosità del terreno muta in maniera complessa da sito a sito. I-
noltre, il territorio ha una conformazione topografica spesso lontana dal caso ideale di zona pianeg-
giante. Le presenti Istruzioni trattano tali argomenti nel paragrafo 3.2.5 e nelle Appendici C e D.
Per quanto concerne le fluttuazioni della velocità, l’ingegneria del vento è solita schematizzare le
tre componenti della turbolenza, v1 , v2 , v3 , come processi aleatori stazionari gaussiani (talvolta
ergodici). Le presenti Istruzioni forniscono gli elementi essenziali per rappresentare tali processi nel
paragrafo 3.2.6 e nell’Appendice E.
Si consideri infine la componente longitudinale v (parallela a x) della velocità del vento (Eqq. 2.1-
2.3). Essa è espressa nella forma:

v M ;t vm z v M ;t (2.4)

dove, per semplicità, v v1 . La velocità v è caratterizzata da una funzione di densità gaussiana f(v).
Il valore massimo vmax di v nell’intervallo di tempo T = 10 minuti è una variabile aleatoria la cui
funzione di densità f(vmax) è in generale stretta e appuntita. Si definisce valore di picco della velocità
del vento vp il valore medio di vmax associato al periodo di ritorno di progetto. Esso è fornito dalle
relazioni:
vp z vm z gv z v z vm z Gv z (2.5)

Gv z 1 gv z I v z (2.6)

v z
Iv z (2.7)
vm z
dove Iv è l’intensità della (componente longitudinale della) turbolenza, gv è il coefficiente di picco
di v, Gv è il fattore di raffica della velocità (Figura 2.16).

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f (vmax)
f (v)

v
vm gv v

Figura 2.16 - Densità di probabilità della velocità del vento e del suo valore massimo.

Conseguentemente, osservando che l’intensità della turbolenza è generalmente molto minore di 1, il


valore di picco della pressione cinetica del vento può essere espresso mediante la relazione:

1 1
qp z v 2p z vm2 z 1 2 gv z Iv z (2.8)
2 2

dove è la densità dell’aria. Le presenti Istruzioni applicano l’Eq. (2.8) al paragrafo 3.2.7 ponendo
gv = 3,5. L’Appendice F chiarisce il ruolo dell’approssimazione introdotta nell’Eq. (2.6), e la rela-
zione che intercorre fra la velocità di picco e la pressione cinetica di picco del vento.

2.4 AERODINAMICA DELLE COSTRUZIONI


Si consideri un corpo fisso e indeformabile immerso nel vento. Si possono individuare due effetti
collegati: da un lato, il corpo modifica il flusso alterandone la configurazione locale; dall’altro, sulla
superficie del corpo nasce una pressione P differente dalla pressione statica P0 del flusso indisturba-
to. La superficie del corpo è pertanto sottoposta a un’azione aerodinamica legata, nel suo comples-
so, alla variazione della pressione sulla sua superficie, p=P-P0. La rappresentazione del fenomeno
fisico cambia a seconda che il fluido abbia proprietà tipicamente tridimensionali (Figura 2.17), op-
pure possa essere ricondotto, almeno lontano dalle zone di bordo, a un regime bidimensionale (Fi-
gura 2.18) (nel piano della sezione trasversale).

Figura 2.17 - Corpo tridimensionale in un campo di vento.

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fY

O
fX X
mZ
vm

Figura 2.18 - Corpo bidimensionale in un campo di vento.

In entrambi i casi, sulla superficie del corpo esposta al flusso incidente si realizza un sottile strato
limite di natura laminare o turbolenta (Figura 2.19), in funzione del numero di Reynolds Re, defini-
to nel paragrafo 3.3.7, e della scabrezza superficiale del corpo.

(a) (b)
Figura 2.19 - Strato limite laminare (a) e turbolento (b).

Quando lo strato limite è sottoposto a un gradiente di pressione negativo nella direzione del vento,
cioè quando il flusso tende ad accelerare per il principio di Bernoulli, lo spessore dello strato limite
tende a diminuire e la vorticità che si realizza al suo interno è trasportata verso la superficie; in altre
parole, lo strato limite tende ulteriormente a schiacciarsi contro la superficie. Il fenomeno opposto si
attua quando lo strato limite è sede di un gradiente positivo di pressione, detto gradiente avverso di
pressione; in tale circostanza lo spessore dello strato limite cresce, e la vorticità è trasportata dalla
superficie del corpo verso l’esterno, dando vita al fenomeno della separazione dello strato limite. A
valle di tale separazione, il flusso esterno allo strato limite è allontanato dalla superficie; pertanto, la
vorticità non è più confinata in una zona sottile aderente alla superficie, ma occupa un’ampia zona
di flusso. Questa zona del flusso prende il nome di scia vorticosa, e ha un ruolo essenziale nel com-
portamento delle costruzioni sottoposte all’azione del vento.
L’insorgenza di un gradiente avverso di pressione presenta aspetti diversi a seconda che la superfi-
cie del corpo sia arrotondata o abbia spigoli vivi.
Nel caso dei corpi con superfici arrotondate, il fenomeno fisico dipende, oltre dalla forma del corpo,
dal numero di Reynolds e dalla scabrezza della superficie. La Figura 2.20 illustra il caso classico di
un cilindro liscio di lunghezza infinita e sezione circolare, immerso in un campo di vento laminare,
cioè privo di turbolenza. Per Re < 1, lo strato limite è laminare e si mantiene attaccato al cilindro
lungo tutto il perimetro (Figura 2.20a). Per 1 < Re < 30, lo strato limite resta laminare, ma si separa
dal cilindro dando luogo a due vortici stazionari simmetrici a struttura laminare (Figura 2.20b). Per
30 < Re < 10000, lo strato limite è ancora laminare ma i vortici, pur conservando struttura laminare,
si staccano alternativamente dal cilindro realizzando una scia di Von Karman, cioè due treni di vor-

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tici (Figura 2.20c) dotati di velocità di traslazione nei riguardi del cilindro. Per 10000 < Re <
200000, lo strato limite permane laminare, ma i vortici presentano struttura in prevalenza turbolenta
con strati vorticosi di difficile individuazione (Figura 2.20d). Per Re > 200000, lo strato limite è
turbolento, i punti di separazione si spostano a valle e la scia, tuttora turbolenta, diventa più stretta
(Figura 2.20e). L’incremento della rugosità superficiale fa sì che il regime di transizione si realizzi
per numeri di Reynolds minori.

Figura 2.20 - Cilindro di lunghezza indefinita e sezione circolare immerso in un campo di flusso.

La situazione cambia profondamente nei corpi con spigoli vivi. Essi danno luogo alla separazione
dello strato limite poiché, se il flusso riuscisse a contornare lo spigolo, la velocità esterna allo strato
limite sarebbe molto alta e la pressione molto piccola. Subito dopo lo spigolo si avrebbe quindi un
gradiente avverso di pressione tanto elevato da essere insostenibile senza separazione. La Figura
2.21(a) mostra il flusso nell’intorno di un cilindro a sezione quadrata, dove la separazione di scia si
realizza presso gli spigoli della faccia frontale. La configurazione del flusso è quindi indipendente
dal numero di Reynolds e dalla scabrezza della superficie. Si noti anche che i corpi allungati nella
direzione del flusso spesso danno luogo, dopo la separazione dagli spigoli frontali, alla formazione
di bolle di separazione (Figura 2.21b); a valle di queste il flusso tende a riattaccarsi alle pareti late-
rali del corpo, poi si separa di nuovo in corrispondenza degli spigoli nel retro-corpo.
La resistenza offerta dal corpo al vento è tanto maggiore quanto più ampia è la scia vorticosa.

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Figura 2.21 - Separazione del flusso da corpi a spigoli vivi.

Sulla scorta di questi principi, le azioni aerodinamiche del vento sui corpi fissi e indeformabili di-
pendono, in maniera diversa, dal flusso incidente e dalla scia vorticosa. Il primo agisce attraverso la
velocità media e la sua fluttuazione. La seconda genera azioni legate alla turbolenza prodotta dal
corpo. L’ingegneria del vento è solita quantificare tali azioni attraverso parametri adimensionali
chiamati, nel loro complesso, coefficienti aerodinamici. Essi comprendono i coefficienti di pressio-
ne, i coefficienti di pressione complessiva, i coefficienti di forza e di momento risultante, i coeffi-
cienti di forza e di momento per unità di lunghezza, e i coefficienti di attrito.
Si definisce coefficiente di pressione il parametro:
p
cp (2.9)
1
2 V2
dove V è un valore medio o di picco della velocità, quindi indipendente dal tempo, caratteristico del
flusso indisturbato e valutato a una quota convenzionale di riferimento.
Quando p 0 (P > P0), cp è positivo e la pressione è detta sovrapressione; tale situazione è tipica
delle superfici frontali esposte al vento incidente e, più in generale, delle zone dove lo strato limite
resta aderente alla superficie del corpo. Per contro, se p < 0 (P P0), cp è negativo e la pressione è
definita depressione o suzione; tale situazione è tipica delle superfici laterali e sotto vento e, più in
generale, delle zone sede di separazione di scia.
Si definisce esterna la pressione pe che agisce sulle facce esterne del corpo; in questo caso il coeffi-
ciente cp è chiamato coefficiente di pressione esterna ed è indicato con il simbolo cpe. Si definisce
interna la pressione pi che agisce sulle facce interne del corpo; in questo caso il coefficiente cp è
chiamato coefficiente di pressione interna ed è indicato con il simbolo cpi. La Figura 2.22 riporta
una tipica distribuzione del coefficiente di pressione esterna di un edificio.

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