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Frodo e Sam s'inerpicano intanto per le montagne che cingono il regno del Male assoluto.

C'è un
essere che da tempo li sta inseguendo, Gollum, affascinato ancora e sempre dall'Anello. Frodo lo
affronta e soggioga, obbligandolo a scortarli fino a una galleria nella montagna che cinge il temibile
regno. Il mostro delle caverne, Shelob, piomba sui due amici e ferisce Frodo; una pattuglia di Orc
s'impadronisce di lui. Sam, rimasto solo, si mette, invisibile grazie all'Anello, a inseguirli. Frattanto
il Signore del Male ha scatenato le sue truppa innumerevoli contro il reame di Numenor, retto dal
vecchio re Denethor. Soltanto l'arrivo tempestivo delle truppe di Rohan potrebbe salvarlo. Questa
incerta battaglia sospesa al filo d'un momento decisivo è il tema della terza parte della trilogia, The
Return of the King. Numenor è un mago decaduto, la sua stirpe regale prese a cercare i segreti delle
arti nere o si stemprò nell'ozio, e fu sostituita dalla stirpe dei maestri di palazzo. Il re Denethor
impazzirà nel colmo della mischia, isolato nera sua rocca. Soltanto la presenza di Gandalf evita il
crollo e dopo la vittoria che vede congiungersi sul campo i cavalieri di Rohan, la compagnie
capeggiata da Aragorn e gli uomini di Numenor assediata, una nuova dinastia, con Aragorn, salirà
sul trono. La designazione è semplice: Aragorn mostra di saper guarire i feriti: «Le mani del Re
sono mani di guaritore. E così sempre si è potuto stabilire chi fosse il legittimo sovrano». Una
spedizione capeggiata da Aragorn e Gandalf va incontro al Nemico, senza speranza alcuna,
nell'unico intento di distrarlo mentre Frodo tenta d'accostarsi al vulcano. La disperata impresa
riesce: crollano le difese del Male, Frodo giunge, dopo essere stato liberato da Sam, a far sparire
nelle fiamme l'Anello. È in iscacco (per poco, certamente) il Male, la potenza che può parodiare ma
non sa costruire, che si regge sull'odio e sulle gradazioni dell'odio (talché le sue creature, che
vivono odiandosi, tuttavia odiano ancor di più il bene). Sarebbe finita l'avventura, se, per simmetria,
Tolkien non avesse aggiunto, come Omero una lotta contro i Proci all'Odissea, un funesto ritorno
alla terra degli Hobbits, dove Saruman è riuscito a ispirare una tirannide che spegne tutte le virtù
naturali del popolo. La lugubre atmosfera, l'organizzazione cupa d'ogni atto, sono perfette
rappresentazioni dei tanti regimi oppressivi che il secolo ha prodotto. Poiché la fiaba deve
concludersi per il bene, l'arrivo dei reduci scioglie l'incantesimo; la vita ripiglia a scorrere nel modo
usato, anche se la dolcezza di vivere non tornerà mai più qual era prima

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