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28/02/2022

PATOLOGIA SISTEMATICA I – MODULO


PNEUMOLOGIA
Lezione 1

Sommario
1. INTRODUZIONE ALLE MALATTIE RESPIRATORIE......................................................2
2. NOZIONI DI ANATOMIA......................................................................................................3
3. APPROCCIO GENERALE AL PAZIENTE.........................................................................4
4. ANAMNESI...........................................................................................................................5
4.1 ANAMNESI FISIOLOGICA............................................................................................................5
4.1.1 ANAMNESI FAMILIARE:...............................................................................................................................5
4.1.2 ANAMNESI PERSONALE:............................................................................................................................6
4.2. ANAMNESI PATOLOGICA..........................................................................................................6
4.2.1 ANAMNESI REMOTA:...................................................................................................................................7
4.2.2 ANAMNESI PROSSIMA:...............................................................................................................................7

5. ESAME OBIETTIVO.............................................................................................................8
5.1 ISPEZIONE.....................................................................................................................................8
5.2 PALPAZIONE.................................................................................................................................9
5.3 PERCUSSIONE..............................................................................................................................9
5.4 AUSCULTAZIONE.......................................................................................................................10
6. ESEMPIO 1: VERSAMENTO PLEURICO........................................................................11
7. ESEMPIO 2: MALATTIA OSTRUTTIVA CRONICA (BPCO)..........................................11
8. SINTOMI RESPIRATORI...................................................................................................11
9. LA TOSSE...........................................................................................................................11
9.1 LE CAUSE DI TOSSE..................................................................................................................12
9.2 APPROCCIO AL PAZIENTE AVENTE LA TOSSE..................................................................15
9.1.1 TOSSE INEFFICACE...................................................................................................................................17
9.3 PRINCIPI DI TERAPIA DELLA TOSSE.....................................................................................18
10. DISPNEA...........................................................................................................................19
10.1 MISURAZIONE DELLA DISPNEA...........................................................................................20
10.1.1 MRC DYSPNEA SCALE...........................................................................................................................20
10.1.2 SCALA DI BORG........................................................................................................................................20
10.1.3 SCALA VAS (scala analogico-visiva)......................................................................................................21
10.1.4 SCALE BDI e TDI.......................................................................................................................................21
10.2 LE CAUSE DI DISPNEA............................................................................................................21
10.3 APPROCCIO AL PAZIENTE CON DISPNEA.........................................................................22
10.4 GESTIONE PAZIENTE CON DISPNEA...................................................................................23

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10.5 TERAPIA DELLA DISPNEA.....................................................................................................23

1. INTRODUZIONE ALLE MALATTIE RESPIRATORIE

La lezione seguente sarà fondamentalmente una lezione introduttiva incentrata sull’approccio


clinico
al paziente respiratorio, sulla semeiotica e sui sintomi tipici di questi pazienti.

Gli argomenti che si affronteranno durante il corso sono:


• Introduzione alle malattie respiratorie:
- approccio al paziente respiratorio in termini di semeiotica, di sintomi;
- insufficienza respiratoria.
• Patologie ostruttive: a carico delle vie aeree (bronchi principalmente):
- l’asma;
- la BPCO.
• Patologie restrittive:
- fibrosi polmonari
- pneumoconiosi.
• Patologie infettive:
- polmoniti
- tubercolosi.
• Patologie neoplastiche:
- tumori polmonari
- mesotelioma pleurico (il tumore pleurico per eccellenza).
• Patologia pleurica:
- versamenti pleurici
- pneumotorace.

Durante il corso saranno analizzati anche altri argomenti, di più difficile inserimento nei quadri
ostruttivi, restrittivi o infettivi, tra i quali: le bronchiectasie, che oggi assumono un ruolo importate
nell'ambito delle patologie respiratorie croniche, e l’OSAS o sindrome delle apnee ostruttive nel
sonno che è di grande impatto nella popolazione generale.

Per quanto riguarda il testo da adottare nello studio della pneumologia il professore afferma che se
si riesce a seguire bene le lezioni con tanto di slides fornite allora già ¾ del programma sarà già
fatto, questo è il testo che consigliamo Malattie dell’apparato respiratorio - G. Bonsignore V. Bellia)
perché lo abbiamo scritto negli anni ma vanno bene anche altri testi, ad esempio il Rugarli è anche
un ottimo testo.

Questo è il programma, nel dettaglio, che prevede i seguenti argomenti:


 Introduzione alle malattie respiratorie, quindi l’approccio al paziente respiratorio, la
semeiotica, sintomi e insufficienza respiratoria. Questo sarà quanto affrontato in questa
lezione.

Gli altri argomenti si dividono in quattro capitoli di malattie dell’apparato respiratorio, i primi due
riguardano le malattie croniche per definizione:
 Malattie ostruttive, che riguardano l’asma e la BPCO. Ostruttive perché riguardano le vie
aeree, quindi una riduzione del calibro di queste. Quindi, quando si parla di ostruzione, ci si
riferisce alle vie aeree.
 Malattie restrittive, che comportano una riduzione dei volumi polmonari. Quindi non è una
restrizione delle vie aeree, non vanno confusi i due termini, i quali, in gergo pneumologico,

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indicano due cose diverse. Quindi non va detto “restrizione delle vie aeree” o restrizione
intesa come restringimento del calibro delle vie aeree.
Il termine fa pensare a malattie dei volumi polmonari, quindi, una riduzione del volume
funzionale, riduzione dei volumi polmonari.
Esempi sono le fibrosi polmonari o le malattie fibrosanti del polmone, oppure, cause
extrapolmonari, in quanto l’apparato respiratorio non comprende solo il polmone ma tutte
le strutture di riferimento; quindi, alcune cause possono riguardare la gabbia toracica, come
una patologia neuromuscolare per esempio, o una cifosi, una gabbia toracica a gibbo. In
questa categoria di malattie rientra tutto quello che altera il volume polmonare e la
meccanica respiratoria, dove le vie aeree rimangono intoccate.
 Malattie infettive, sono malattie non più ostruttive e restrittive che sono croniche per
definizione, infatti con le malattie infettive ci riferiamo alle malattie acute o subacute: le
polmoniti, in primo luogo, o la tubercolosi.
 Malattie neoplastiche, quindi i tumori polmonari e della pleura, come i mesoteliomi. Le
pleure e i polmoni sono un’unica cosa, quindi non si potrà parlare di tumori polmonari o di
malattie infettive, senza che vi sia un coinvolgimento anche della pleura, e i tumori della
pleura vanno anche presi in considerazione per questo motivo.
 Malattie della pleura, in particolare lo pneumotorace e i versamenti pleurici.
 Ci sono anche altre patologie che verranno affrontate, come le bronchiettasie o l’OSAS,
che non sono inquadrabili in uno di questi suddetti capitoli, perché, ad esempio, l’OSAS è
una malattia che potrebbe immaginarsi come restrittiva ma che ha anche un’ostruzione
delle vie aeree, in particolare delle alte vie aeree, quindi, è di difficile inquadramento.
L’OSAS è la sindrome delle apnee ostruttive del sonno ed è estremamente diffusa.

In questa introduzione del corso si deve parlare di semeiotica e sintomi, perché tutto quello che
verrà affrontato nel corso di pneumologia, deve avere un substrato che è dato dall’approccio
clinico al paziente.
Si parlerà poco di terapia, dando alcuni cenni, perché si parlerà molto di più di approccio
diagnostico, perché si deve imparare a fare il ragionamento diagnostico. L’obiettivo del corso è
imparare a sapersi muovere di fronte a determinate situazioni (cosa si sospetta? Verso quali
esami indichiamo il paziente?)

2. NOZIONI DI ANATOMIA

Il muscolo respiratorio per eccellenza, che gioca un


ruolo fondamentale nell’ambito della meccanica
respiratoria, è il diaframma.

Tra i muscoli inspiratori troviamo:


- gli intercostali esterni;
- gli intercostali interni intercartilaginei
(parasternali);
- gli sternocleidomastoidei;
- Scaleni.

Si parla della componente inspiratoria perché la


meccanica respiratoria è, nella sua fase attiva
inspiratoria.

La fase espiratoria è una fase di rilasciamento


muscolare; quindi, tutto il ciclo respiratorio ha la sua fase attiva, con la messa in moto di quei
muscoli, gli intercostali esterni, soprattutto, ma in primo luogo il diaframma, che, appiattendosi,
aumentano il volume polmonare, creano una depressione inspiratoria e facilitano l’ingresso di aria.

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Tra i muscoli espiratori troviamo:


- gli addominali (retto, obliquo e trasverso);
- gli intercostali interni (interossei),
entrano in gioco nell’espirazione
forzata. A riposo, la fase espiratoria è
una fase di rilasciamento muscolare.
- Se si dovesse soffiare con forza,
allora si attiverebbero i muscoli
espiratori, gli addominali in
particolare. Quindi, nel respiro
normale agisce solo il diaframma, e
l’espirazione è passiva.

L’aggancio dei muscoli intercostali esterni e interni è


con un orientamento diverso delle fibre e ciò
determina che l’azione sia inspiratoria o espiratoria
tale da generare un movimento della gabbia toracica che altrimenti sarebbe un movimento
sprecato, assolutamente inutile.

Altro concetto fondamentale è che il cuore e i


grossi vasi mediastinici sono abbracciati
dal polmone: si dice sempre che il cuore e il
polmone vanno a braccetto.

Una condizione che mette in evidenza questa


stretta relazione è ad esempio
l’iperinsufflazione polmonare, cioè i polmoni
gonfi di aria più del normale e ciò crea una
pressione all’interno del cuore e un ostacolo
al ritorno venoso a questo. Quindi, qualunque
patologia respiratoria può avere delle
conseguenze anche sul cuore e naturalmente
su tutte le strutture mediastiniche.

Ad esempio, il nervo laringeo ricorrente di sinistra, parte della branca ascendente del nervo
vago, può essere compresso da tumori polmonari e dato che innerva la corda vocale può
determinare una paralisi della corda vocale; quindi, una raucedine inspiegata o una voce bitonale,
potrebbe fare sospettare una infiltrazione del nervo laringeo ricorrente e quindi, un tumore
polmonare.

3. APPROCCIO GENERALE AL PAZIENTE

Questo aspetto viene trattato trasversalmente su tutte le patologie nella semeiotica clinica.
L’anamnesi è fondamentale per qualunque malattia ma deve essere indirizzata verso domande
specifiche; infatti va ricordato che la raccolta anamnestica e l’esame obiettivo consentono già,
se non di fare diagnosi, di avere un forte sospetto diagnostico. Gli esami laboratoristici e
strumentali che poi si chiederanno, servono a confermare la diagnosi, ma il sospetto può arrivare
anche solo da mezz’ora passata col paziente.

Dunque, l’approccio al paziente prevede:


 Anamnesi, che è sia fisiologica sia patologica.
 Esame obiettivo, che ha le quattro fasi: ispezione, palpazione, percussione, auscultazione

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 Indagini di primo livello, che consistono nell’ EGA arteriosa (emogas analisi) e nella
Imaging del torace che è la radiografia del torace ma il più delle volte è la TAC del torace
(la radiografia è la più immediata e di facile esecuzione ma la TAC del torace è il gold
standard) e, infine, le prove di funzionalità respiratoria a cui dedicheremo una lezione
intera.

4. ANAMNESI

L’anamnesi si distingue in:


 Fisiologica, che si declina in familiare e personale (che ricerca i fattori di rischio presenti in
ambito familiare o nella storia del paziente);
 Patologica, che viene a sua volta declinata in remota (con riferimento alle patologie
pregresse patologie croniche) o prossima (il motivo dell’accesso in ospedale o del ricorso
alle cure del medico).

In ambito respiratorio, quando ci si riferisce ad un’anamnesi patologica prossima, si intende una


sintomatologia che comprende principalmente:
- la tosse, l’espettorato, la vomica (l'emissione di espettorato abbondante al
mattino che si è accumulato durante la notte, in posizione supina, in una situazione
che favorisce l’accumulo di espettorato a causa di una dilatazione abnorme dei
bronchi; è tipico della bronchiectasia);
- l'emottìsi (è l’emissione di sangue rosso vivo proveniente dall’apparato
respiratorio. Si differenzia dall’ematemesi, che è il vomito di sangue che ha origine
gastrointestinale e dall’emòftoe che è l’emissione di espettorato con striature di
sangue, abbastanza frequente nelle patologie respiratorie) è tipica di alcune
patologie in cui si ha un’erosione dei capillari, per esempio nella tubercolosi, nelle
neoplasie polmonari ma anche nelle bronchiettasie.
Altri sintomi sono:
- il dolore toracico
- la dispnea, che è uno dei sintomi più variabili (vengono contemplati più di
cento descrittori della dispnea) e più aspecifici, ma allo stesso tempo più
specifici, di determinate patologie respiratorie.

La raccolta anamnestica completa consente di formulare un’ipotesi diagnostica e quanto più è


accurata la raccolta delle informazioni, tanto più forte sarà il sospetto diagnostico. Una buona
anamnesi, corredata da un buon esame obiettivo, consente di fare diagnosi almeno nell’80% dei
casi; tutti gli esami chiesti in un secondo momento sono esami di conferma.

4.1 ANAMNESI FISIOLOGICA

4.1.1 ANAMNESI FAMILIARE:

Volta ad accettare se esistono altri casi in famiglia, o,


meglio se ci sono delle situazioni predisponenti per quella
determinata patologia.

 Nella raccolta dell'anamnesi familiare bisogna


tenere conto di alcune patologie che hanno una
familiarità o una ereditarietà,
Per esempio l’atopia, cioè la predisposizione genetica alla
produzione di IgE, di immunoglobuline di tipo E che, in un
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successivo processo di sensibilizzazione, danno luogo all'allergia (si potrebbe semplicemente dire
che l’atopia è la predisposizione all'allergia).
Quanto detto vale anche per alcune patologie che hanno una familiarità quali l’asma, la fibrosi
cistica
e la distrofia muscolare.

 La presenza di un familiare che ha avuto un’infezione, una polmonite, una tubercolosi,


ovviamente fa immaginare che vi sia stato un contagio anche nel paziente.
Alcune patologie presentano una trasmissione per via aerogena, per cui se nella famiglia di
un dato paziente vi sono casi di tubercolosi, il paziente rappresenterà un contatto stretto
con particolare suscettibilità e probabilità all’infezione, così come situazioni influenzali e/o
malattie infettive presenti in famiglia o l’utilizzo di condizionatori e umidificatori che possono
essere veicoli di contagio.
 Il terzo aspetto, nell’anamnesi fisiologica familiare, è rappresentato dall'ambiente e quindi
dall'esposizione al fumo passivo, a polveri organiche o inorganiche, l’esposizione a piume,
a forfora di animali domestici, a piante, a fiori, dall’igiene e dall’alimentazione.

4.1.2 ANAMNESI PERSONALE:

 L’esposizione al fumo (attivo o passivo) o


l’esposizione a polveri inorganiche, o ad animali
domestici, o ad eventuali abitudini alimentari
rientrano nell’anamnesi personale che indaga lo
stile di vita di un individuo.
 Di fondamentale importanza è anche l’anamnesi
occupazionale. Oggi i regolamenti in ambito
lavorativo consentono di escludere situazioni di
esposizione lavorativa, come succedeva nei
decenni passati per chi lavorava nei cantieri
navali e si ammalava di malattie da esposizione
ad asbesto, amianto. Queste situazioni oggi sono
molto rare e vediamo solo la coda di questo
fenomeno, perché sono state adottate misure per
prevenire l’esposizione a queste sostanze; però,
soprattutto nei soggetti anziani, non si può non
tenerne conto, per cui l’anamnesi occupazionale
è anche fondamentale in questo senso.

4.2. ANAMNESI PATOLOGICA

4.2.1 ANAMNESI REMOTA:

Si raccoglie perché potrebbe avere delle


conseguenze sulla patologia che si sta indagando,
soprattutto nelle condizioni croniche.

Se si ha un paziente con una sintomatologia che fa


pensare a una malattia cronica, bisogna tornare
indietro nel tempo e capire quando questa malattia
può essere insorta e con che caratteristiche.

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Naturalmente anche un recente intervento chirurgico o un trauma possono orientare verso altre
condizioni patologiche.

4.2.2 ANAMNESI PROSSIMA:

È quella che più di ogni altro entra in gioco,


perché permette di focalizzare subito
l’attenzione sulla sintomatologia riferita dal
paziente (in questa lezione si vedrà
singolarmente ciascun sintomo). Ad esempio,
quanto alla tosse, non si appurerà solo questa,
bensì anche quando sia insorta, con quale
frequenza, secca o produttiva etc.
Quindi quando si ha di fronte un paziente e si
indaga sulla sintomatologia che viene riferita, si
tengano sempre a mente questi aspetti:
 l’epoca di comparsa dei disturbi,
 le modalità d’insorgenza
 le caratteristiche del sintomo: a crisi
parossistica, o è continua, se è
ingravescente, se interferisce con gli atti fisiologici.
Per esempio, se il dolore toracico è un dolore che si esacerba con l’atto del respiro,
penseremo a un problema pleurico.

Poi c’è anche un’anamnesi per funzione e sintomi: da quelle meno legate all’apparato respiratorio,
per esempio le alterazioni del sonno che possono avere causa in una malattia respiratoria, fino ai
sintomi respiratori veri e propri riferiti dal paziente, quali:
 Tosse,
 Espettorato,
 Vomica. Essa è l’emissione abbondante di espettorato al mattino perché durante la notte si
è accumulato per la posizione sdraiata del soggetto. Questo sintomo lo ritroviamo nelle
bronchiettasie, di cui è segno caratteristicoe ciò avviene perché vi sono delle dilatazioni
anormali dei bronchi e quindi si creano come dei sacchi dove si accumula il muco durante
la notte e al risveglio il paziente si libera di tutto il suo contenuto.
 Emottisi è l’emissione di sangue rosso vivo di provenienza bronchiale, o comunque
polmonare, altrimenti sarebbe ematemesi, l’emissione di sangue dall’apparato digestivo.
 Emoftoe è l’emissione di sangue misto a muco.
 Dolore toracico, quindi bisognerà indagare se vi è dolore toracico
 Dispnea.
Questi sintomi accomunano praticamente tutte le malattie respiratorie in misura variabile. Si
potrebbe quasi dire che non esiste una malattia respiratoria che non abbia la dispnea. È chiaro
però che la dispnea dello pneumotorace è diversa dalla dispnea dell’asma o della BPCO, quindi
poi ci si dovrà orientare non solo chiedendo al paziente se abbia dispnea, ma chiedendo più
informazioni su questa.

5. ESAME OBIETTIVO

Una volta raccolta l’anamnesi, si sa meglio cosa sta riferendo il paziente, ci si è fatta un’idea e a
questo punto si deve visitare il paziente: si fa l’esame obiettivo, che ha quattro passaggi
obbligatori: ispezione, palpazione, percussione e ascultazione. Non bisogna mai essere
superficiali nell’esame obiettivo perché da qui emergono tutte le informazioni utili per fare diagnosi.

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5.1 ISPEZIONE

Si vedrà il paziente a torso nudo e la prima cosa da fare per visitarlo è guardare il complesso e non
solo il torace:
 Decubito può essere indifferente o
può essere un decubito obbligato: il
paziente che non riesce a stare disteso
avrà una patologia verosimilmente
cardiaca, per un problema di ritorno
venoso.

 Mani ad esempio si parlerà di


ippocratismo digitale, le dita a bacchetta
di tamburo, che fanno pensare a una
ipossia cronica, un problema periferico di
ossigenazione, quindi, se non si sa nulla
del paziente e si vedono queste dita a
bacchetta di tamburo, con le unghie a
vetrino di orologio, questo fa pensare a
una ipossia cronica.

 Gambe in quanto gli edemi declivi


fanno pensare a un problema
cardiocircolatorio o anche respiratorio.

Successivamente si procede all’ispezione del torace:


 Respirazione:
o Frequenza in epoca covid per gli pneumologi è diventato il parametro di
riferimento. Infatti, quando si deve decidere se un paziente covid è un paziente che
sta soffrendo, non si guarda l’emogasanalisi, che può essere fuorviante, non si
guardano altri parametri tipicamente respiratori, ma si guarda la frequenza
respiratoria, cioè gli atti respiratori al minuto. Il paziente può essere eupnoico o
tachipnoico (anche 30 atti al minuto) ma da 24 o 26 a salire sono indice di fatica
respiratoria, poiché esprimono un meccanismo di compenso da parte del paziente
che, per una fame d’aria da insufficienza respiratoria, impegna la sua meccanica
respiratoria che tenderà nel tempo a sfiancarsi. Quindi si è anche deciso se intubare
o meno pazienti in funzione di una frequenza respiratoria, che è qualcosa di più di
una EGA. Per questa ragione la frequenza respiratoria è un parametro
importantissimo.
Domanda collega: un paziente ansioso, che tende a accelerare il respiro, come
distinguerlo?
Risposta: se il paziente è ansioso o tachipnoico in qualche modo lo si scopre
dall’aspetto e dalle domande che fa. Ed è la pratica che fa capire la differenza.
o Tipo di respiro se è un respiro superficiale o profondo. Un respiro superficiale fa
immaginare una situazione in cui il paziente non può respirare profondamente
perché questo gli provocherebbe dolore o altro.

 Aspetto generale:
o Simmetria Un’eventuale asimmetria può fare pensare a una patologia di un
emilato: se la gabbia toracica non si espande in maniera simmetrica dobbiamo
immaginare che vi sia l’alterazione di un emitorace.
o Presenza di cicatrici se vediamo una cicatrice sotto la scapola di 15 cm lo si
chiede se il paziente ha avuto una lobectomia per qualche motivo.
o Reticoli venosi La presenza di reticoli venosi superficiali fa pensare a un
impegno circolatorio con il reclutamento di circoli collaterali.
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 Parete toracica:
o Posteriore La presenza di alterazioni della gabbia toracica, per esempio di un
gibbo o di una cifosi, scoliosi, lordosi, sono tutte situazioni che in condizioni gravi
possono alterare la meccanica respiratoria,
o Anteriore Petto escavato per esempio lo troviamo in alcuni giovani, o il torace a
botte, che si ritrova nell’enfisema. Sono tutte situazioni che orientano fortemente
verso la diagnosi.

5.2 PALPAZIONE

Ha nel suo cardine il fremito vocale tattile (FTV) che rileva le vibrazioni prodotte dalla voce
normale.
 FTV aumenta significa che le vibrazioni stanno scorrendo in maniere più vivace e quindi
è presente un addensamento polmonare, cioè non c’è l’aria del polmone che normalmente
attenua il passaggio delle vibrazioni.
 FTV riduzione o scomparsa  indica o la presenza di aria, quindi uno pneumotorace, o,
al contrario, la presenza di liquido, un versamento pleurico o un’atelettasia, cioè il collasso
di parte del polmone.
La palpazione si effettua posizionando la mano a taglio, e, naturalmente, questa manovra va fatta
simmetricamente alternando i due lati. Quindi se da un lato si sentono le vibrazioni, e l’altro lato è
muto, probabilmente o c’è aria o c’è altro in mezzo.

5.3 PERCUSSIONE

Anche questa va effettuata secondo lo stesso principio,


alternando i due emitoraci e percuotendo dall’alto verso il
basso.
Le variazioni del suono della percussione in un torace
normale sono:
 suono chiaro polmonare, che è un suono tipico
del polmone,
 Suono di ottuso (es. ottusità cardiaca o epatica),
 Suono timpanico (es. timpanismo gastrico).

Quindi, normalmente il suono del polmone è un suono


cosiddetto chiaro.
- Se c’è un aumento di aria, nell’enfisema o ancora di
più nello pneumotorace, il suono diventa
timpanico.
- Al contrario, la presenza di un versamento pleurico
o di un addensamento parenchimale con bronchi
occlusi, quindi quando aumenta il liquido o
comunque la componente di addensamento, rende
il suono ottuso.

5.4 AUSCULTAZIONE

Viene fatta con il fonendoscopio e consente di auscultare i rumori polmonari normali, i soffi
respiratori e i rumori patologici, definiti anche rumori aggiunti.
 Tra i rumori respiratori normali ritroviamo:
o Murmure vescicolare è il suono dato dal passaggio di aria attraverso i bronchi
che mobilitano il film liquido che ricopre l’epitelio delle vie aeree o il muco che è

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sempre presente. Questo moto turbolento dell’aria fino agli alveoli, che sono
comunque vuoti, determina il cosiddetto murmure vescicolare.
o Respiro bronchiale o soffio
bronchiale si può udire a livello di
trachea, ma è meno importante, non
ha alcun significato.

 Tra i soffi respiratori importanti vi sono


o Soffi laringei sono espressione
dello stridore a livello delle corde
vocali e ciò fa pensare a qualcosa di
acuto che causa riduzione del calibro
a livello delle alte vie aeree.
Interessa più l’otorinolaringoiatra che
lo pneumologo.
o Soffio bronchiale

Quello che è più importante nella nostra pratica quotidiana sono i rumori patologici cosiddetti
aggiunti che vengono distinti in rumori secchi e rumori umidi.
 I rumori umidi sono quelli
prodotti dal passaggio, o
meglio, dallo scoppio delle
bollicine quando c’è un
aumento del muco: se si
accumula del muco, per
esempio, in una bronchite
cronica, o in una polmonite
in fase organizzante, oppure
in uno scompenso cardiaco,
quindi, c’è un accumulo di
una quota, di una imbibizione
di liquido a livello bronco-
alveolare. Il passaggio di aria
determina questo scoppiettìo
e quindi dà luogo ai rantoli,
definiti a piccole, medie e
grandi bolle, distinti
dall’orecchio esperto del
medico, che distingue se è una cosiddetta marea montante, un respiro rantolare
grossolano, come nella RDS, cioè nella sindrome da distress respiratorio, l’edema
polmonare, oppure un problema di patologie bronchitiche croniche.
 I rumori secchi sono invece i rumori prodotti dal passaggio di aria attraverso vie aeree
ridotte di calibro, quindi per esempio un attacco acuto di asma determina una riduzione
del calibro e quindi la stessa aria passa attraverso una cannuccia creando questo sibilo che
può essere inspiratorio o espiratorio.
 Tra i rumori aggiunti vanno anche considerati gli sfregamenti pleurici. Normalmente noi il
movimento della gabbia toracica e quindi della pleura che scivola sul polmone non li
sentiamo, non li apprezziamo. Un processo infiammatorio a carico della pleura, con la
deposizione di fibrina può determinare anche dei rumori che vengono apprezzati, e questi
sono gli sfregamenti pleurici.

6. ESEMPIO 1: VERSAMENTO PLEURICO

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 L’ispezione mostra una asimmetria, una ridotta espansione nell’emitorace interessato,


quindi se vi è del liquido a destra, all’ispezione l’emitorace di destra si muoverà meno del
controlaterale.
 La palpazione farà vedere una riduzione del fremito vocale tattile perché vi è il liquido
che ostacola, che abolisce il movimento.
 La percussione una ottusità
 L’auscultazione l’abolizione del murmure vescicolare o la riduzione se il liquido non è
tale da interferire..?... ed eventualmente se il liquido non è abbondante e consente ancora
lo scivolamento dei due foglietti l’uno sull’altro, gli sfregamenti pleurici. Quando il liquido è
abbondante i due foglietti pleurici sono distaccati l’uno dall’altro.

7. ESEMPIO 2: MALATTIA OSTRUTTIVA CRONICA (BPCO)

 All’ispezione gli emitoraci sono simmetrici ma sono ipomobili e vi è un prevalente


atteggiamento inspiratorio. Si sta parlando di una malattia ostruttiva cronica quindi di aria
intrappolata, di enfisema, e i polmoni devono essere gonfi di aria, e si muovono meno,
anche se sono simmetricamente armonici.
 La palpazione, in presenza di aria maggiore del normale consta una riduzione del fremito
vocale tattile
 La percussione mostra un suono timpanico o cosiddetto iperchiaro perchè se c’è più
aria il suono è timpanico.
 In auscultazione potremmo avere una attenuazione del murmure vescicolare oppure la
presenza di rumori secchi o umidi a seconda che prevalga la componente bronchitica
cronica o la componente enfisematosa.

Quindi si vede che dall’esame obiettivo e dall’anamnesi si riesce a fare diagnosi, nella
maggioranza dei casi.

8. SINTOMI RESPIRATORI

Le malattie che interessano i polmoni e le vie aeree sono definite patologie polmonari o
respiratorie. I sintomi che descrivono le patologie respiratorie includono:
 La tosse, con o meno espettorato,
 La dispnea,
 L’emoftoe
 L’emottisi,
 Il dolore toracico.

Nelle patologie respiratorie è possibile riscontrare uno o più di questi sintomi.


Non esiste inoltre tra questi un sintomo patognomonico, ovvero esclusivo per una determinata
malattia. Ad esempio, è possibile riscontrare la tosse in diverse patologie come asma, polmoniti,
fibrosi polmonari, ecc. Ricaviamo da ciò come tutti questi siano sintomi aspecifici.

9. LA TOSSE

La tosse è un atto motorio espulsivo caratterizzato da 3 fasi:


 Fase inspiratoria, in cui un volume di aria superiore al volume corrente viene immesso nei
polmoni;
 Fase compressiva, data da una espirazione forzata a glottide chiusa;
 Fase espulsiva, caratterizzata dall’apertura della glottide e da un’espulsione di materiale
che può essere aria, o aria frammista a materiale inalato, oppure la presenza di muco.

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La tosse è quindi una manovra forzata espulsiva che si associa a un suono caratteristico.
La tosse è un meccanismo di protezione, per cui si faccia attenzione quando si voglia sedare la
tosse, perché è insistente, perché è sempre un meccanismo di protezione: finalisticamente lo
scopo è quello di eliminare qualcosa che sta lì dove non dovrebbe stare, quindi un corpo estraneo,
particelle inalate, o, comunque qualcosa di irritativo per la mucosa bronchiale.
Quindi, la tosse è un meccanismo protettivo e sedarla non sempre è corretto perché aboliremmo
questo riflesso.

Vi è la tosse cosiddetta inefficace, cioè ci si riferisce soprattutto alle patologie degenerative


corticali oppure patologie neurologiche dove la tosse diventa inefficace. Si immaginino ad esempio
i pazienti con Alzheimer, che non riescono più a tossire in maniera efficace.
Hanno un aumento della mortalità, perché aumenta il rischio di polmoniti, perché il materiale non è
più eliminato e il muco si accumula, e diventa terreno di crescita per eventuali batteri e germi.
Oppure particelle, soprattutto cibo, accidentalmente inalate, finiscono quindi nei bronchi, possono
poi dare luogo a una polmonite ab ingestis perché la tosse è inefficace: questi pazienti non
riescono a eliminare il materiale che è stato accidentalmente inalato.
È chiaro che ci sono altre condizioni in cui la tosse, che è un meccanismo di difesa, è del tutto
inutile o inefficace, per esempio nelle infezioni virali la tosse non ha nulla da rimuovere e non
rimuove nulla, però diventa non più un meccanismo di difesa ma un vero e proprio sintomo
dell’infezione.

La tosse può avere un’insorgenza acuta o cronica.


Questo distingue due grossi capitoli:
 Le patologie acute, e quindi potenzialmente anche delle emergenze respiratorie;
 Le patologie croniche, dove abbiamo più tempo per ragionare.

9.1 LE CAUSE DI TOSSE

Le cause di tosse si possono ricondurre a patologie broncopolmonari come:


 le patologie ostruttive delle vie aeree, come asma, BPCO
 le bronchiectasie, (dilatazione anormale dei bronchi per processi infiammatori dove si ha
accumulo di muco che stimola la tosse);
 la fibrosi cistica, quindi un’altra patologia tipo bronchiectasie, ma su base genetica, che si
caratterizza per l’accumulo di muco denso che scatena il riflesso della tosse.
 Le infiltrazioni batteriche o virali quindi tutte le infezioni, che hanno un carattere
irritativo,
 le interstiziopatie, quindi le fibrosi polmonari, che stimolano i recettori della tosse,
 le neoplasie,
 l’inalazione di corpi estranei o di gas irritanti oppure
 l’aria calda o l’aria fredda,

Quindi basta questo per dire che tutti i capitoli che si sono affrontati (le patologie ostruttive,
restrittive, infettive, neoplastiche), sono tutti rappresentati, e tutti possono essere caratterizzati
dalla tosse, quindi il primo messaggio è che se si ha un paziente con tosse, non ci si può orientare
su una malattia rispetto a un’altra, perché è comune a tutte, e dobbiamo capire meglio, e il primo
modo per capire è quello di distinguere tra acute e croniche.

 In più si ricordi che fra le cause di tosse vi sono non solo malattie respiratorie prettamente
polmonari, ma anche quelle extrapolmonari, quindi:

 una massa mediastinica: per esempio, una neoplasia, un linfoma mediastinico, può
dare tosse, quindi nulla a che vedere col polmone.
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 La pleurite,
 Un’insufficienza ventricolare sinistra può avere la tosse fra i suoi sintomi,
 Il reflusso gastroesofageo, che dà tosse perché crea quasi una laringite: a volte l’otorino
vede delle strie. Quindi i succhi gastrici, materiale acido che risale, determina una
irritazione delle vie aeree superiori, e quindi stimola la tosse.

Quando si dice vie aeree superiori ci si riferisce alle vie aeree che stanno sopra le corde vocali.
Vie aeree inferiori sono al di sotto delle corde vocali, e sono vie aeree inferiori prossimali, le prime
diramazioni bronchiali, o distali, le ultime diramazioni bronchiali.

 Quindi malattie delle alte vie aeree:

 il raffreddore, scatena tosse,


 lo scolo di muco retronasale scatena tosse.
 Patologie flogistiche a carico della faringe, della laringe,
 patologie neoplastiche a carico della faringe e della laringe,

 Poi la tosse può essere un effetto collaterale di farmaci


 o anche un tic nervoso, cioè avere causa psicogena.

Uno dei principali irritanti della mucosa delle vie aeree è il fumo.

Domanda collega: Come l’insufficienza ventricolare sinistra può dare tosse?


Risposta: Perché lo scompenso cardiaco, la congestione a monte determina una irritazione dei
recettori della tosse, quindi è una imbibizione a monte e quindi un accumulo di liquidi da
scompenso, che irrita le terminazioni nervose.
La tosse nel fumatore è già segno di una patologia. Nulla c’è di più normale della tosse perché si
fuma.
La tosse del fumatore è un sintomo già di una bronchite cronica, di una patologia che si è già
instaurata, non è fisiologico tossire.

Domanda professore: Quali sono le cause principali di tosse cronica, escluso il fumo di
sigaretta?
Si sono viste patologie neoplastiche, patologie infettive, patologie ostruttive, restrittive, patologie
tutte queste polmonari, ma patologie anche extrapolmonari: pleura, mediastino, alte vie aeree.

In ordine di frequenza, quali sono le malattie che più frequentemente nella popolazione generale
causano tosse cronica, intendendo per cronico una patologia che dura almeno tre settimane?
 BPCO o asma. Fra le due di più l’asma.
 Poi, l’enfisema, siamo sempre nelle ostruttive.

Cause più frequenti di tosse cronica nell’adulto non fumatore:

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1. La causa in assoluto più frequente di tosse cronica nell’adulto (40% dei casi) è lo scolo di
muco retronasale: muco che dalle cavità nasali passa in gola, a causa di fenomeni
allergici o infiammatori (ad esempio rinite). Lo scolo di muco retronasale, e quindi la
presenza di muco in gola, induce il riflesso della tosse; questa è di gran lunga la causa più
frequente di tosse cronica.
2. Al secondo posto, nel 25% dei casi, si trova l’asma;
3. Al terzo posto, nel 20% dei casi, la tosse cronica è dovuta alla MRGE (malattia da reflusso
4. gastroesofageo);
5. Al quarto posto (nel 5% dei casi) la BPCO;
6. Tutte le altre patologie rappresentano meno del 10% delle cause di tosse cronica.

Quindi, nel 90% dei casi, la tosse cronica è dovuta a una patologia benigna.
Ovviamente l’intuito e l’esperienza del medico permettono di indagare anche patologie diverse a
seconda dei casi.

Quindi tra le prime cause, se prendiamo:


 il 40% di scolo retronasale;
 il 25% di asma;
il 20% di reflusso gastroesofageo, la stragrande maggioranza di cause di tosse cronica sono
queste tre, perché è inutile pensare alla tubercolosi o alla inalazione di corpi estranei o alla
polmonite: si pensi intanto alle cause più frequenti, quindi scolo di muco retronasale (sensazione
di muco in gola).

Bisogna tenere in considerazione il fatto che la causa più frequente di tosse cronica è lo scolo
retronasale, ovvero la presenza di muco in gola: in questo caso, anziché eseguire esami quali
TAC, RM, broncoscopia, sarebbe sufficiente fare una buona anamnesi ed eventualmente fare un
tentativo anche con farmaci per provare a risolvere il problema.
Bisogna anche ricordare che in un paziente su 5 con tosse cronica, la causa è il reflusso
gastroesofageo.
Quindi, concentrandoci eccessivamente su patologie respiratorie come causa della tosse cronica,
rischiamo di non prendere in considerazione queste altre cause e quindi rischiamo di non arrivare
a una diagnosi corretta.

Aree da indagare in caso di un paziente con tosse cronica:

 la raucedine o un problema
con la voce, e si ricordi la
paralisi del ricorrente, si pensa
a una infiltrazione neoplastica.
 La necessità di rischiarare la
gola, ciò è sinonimo della
presenza di un corpo estraneo,
processi infiammatori o muco in
gola;
 la sensazione che qualcosa
goccioli verso il basso, quindi lo
scolo di muco retronasale,
 i conati di vomito, oppure il
vomito quando si tossisce;
 la tosse che cambia con la posizione, o con gli atti del respiro, ad esempio una tosse
che compare appena sdraiato o chinato;
 Tosse che si accompagna ad altri sintomi, come il senso di costrizione toracica o il respiro
sibilante quando si tossisce: la presenza di questi sintomi permette di ipotizzare una
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condizione di asma;

Queste sono tutte situazioni che vanno attenzionate.


Naturalmente vi sono anche tutti i segni di bruciore retrosternale o epigastrico, che fanno
pensare al reflusso.
 La tosse col cibo, solo con alcuni alimenti,
 la tosse quando ci si alza al mattino, con l’emissione di espettorato, vomica.
 La tosse causata dagli sforzi
 e dall’utilizzo delle corde vocali, quindi ci concentriamo sulle alte vie aeree,
 tosse più frequente quando un paziente è sveglio che quando dorme, e questo fa pensare
a una tosse psicogena.
 Sensazione di strano sapore in bocca, quindi un espettorato fetido e maleodorante, che fa
pensare a infezioni da parte di alcuni germi.

Si ricordi che la tosse si associa anche alle comorbidità: una tosse cronica insistente in una donna
adulta o anziana può essere causa di incontinenza urinaria, oppure un eccesso di tosse che
ostacola l’afflusso momentaneo di sangue al cervello e può essere causa di sincopi e a volte di
incidenti stradali, se succede mentre il paziente guida, perdita di coscienza improvvisa, e tutto
quello che questo comporta.

9.2 APPROCCIO AL PAZIENTE AVENTE LA TOSSE

In che modo bisogna approcciare un paziente che si presenta dal medico chiedendo aiuto per
la tosse?
In primo luogo, bisogna valutare:
- Se si tratta di una tosse cronica o acuta;
- Da quanto tempo il paziente è affetto da questo sintomo;
- Se vi sono state delle modifiche: ad esempio il passaggio da una forma acuta a una forma
subacuta e poi alla forma cronica (in genere è la forma cronica che spinge il paziente a
recarsi dal medico);
- Capire se si tratta di una tosse di nuova insorgenza o se una tosse che è variata rispetto a
qualcosa che era già presente.

Un elemento che deve essere tenuto in conto è che tutti i pazienti con tosse, alla prima
valutazione, dovrebbero eseguire una radiografia del torace, anche solo come diagnosi di
esclusione.

Infatti, la radiografia del torace è un’indagine sicuramente importante perché ci fornisce tante
informazioni:
- Se è presente una neoformazione;
- Se è presente un processo bronchitico;
- Se è presente una massa extra-polmonare;
- Se è presente un versamento pleurico.

Ovviamente, una radiografia del torace che non mostra versamento pleurico, addensamenti
polmonari o neoformazioni etc, indirizza la nostra attenzione verso altre cause.

La tosse può essere:


- Secca, cioè irritativa;
- Produttiva di espettorato.

Dire che la tosse è produttiva è un’informazione parziale, la tosse può essere produttiva di un
espettorato:
- Mucoso: cioè chiaro-biancastro, quindi benigno, non infetto;
- Muco-purulento o francamente purulento: l’espettorato assume un colorito giallastro, verdastro,
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marrone, espressione di un’infezione. Talvolta risulta anche maleodorante o fetido.

La diagnosi cambia in relazione alle caratteristiche dell’espettorato:


- Un espettorato mucoso permette di ipotizzare non un processo infettivo bensì un processo iper-
secretivo da stimolo, per esempio da allergia;
- Un espettorato purulento permette di ipotizzare immediatamente un processo infettivo, a
questo punto vengono utilizzati gli antibiotici.

Quindi, una semplice domanda fatta al paziente, riguardante in questo caso la qualità
dell’espettorato, comporta implicazioni diverse sia diagnostiche che terapeutiche.
Secondo alcuni autori la colorazione del muco ci orienta verso un batterio rispetto che un altro ma
ormai l’esame microbiologico dell’espettorato ci consente di superare questo.

L’espettorato può essere anche striato di sangue, in


questo caso si ha l’emoftoe che si aggiunge, e si va
dalle striature a un espettorato ruginoso, cioè sangue
mescolato al muco.

 Se l’espettorato muco-purulento
dobbiamo immaginare una componente
infettiva e quindi antibiotici e aerosol,
che servono a mobilizzare il muco,
soprattutto quando è denso e
appiccicato e deve essere aiutato
nell’eliminazione.
 Se l’espettorato è estremamente abbondante,
si immagina la presenza di bronchiectasie,
cioè di situazioni in cui questo muco si accumula, prima di essere eliminato in maniera così
abbondante fino a determinare la vomica. Se è fetido, maleodorante, immaginiamo un
ascesso o comunque infezione da anaerobi, germi che causano questo aspetto e odore
intenso.

Distinguiamo diversi tipi di terapia antibiotica:


- Una terapia antibiotica mirata, sotto indicazione di un esame microbiologico
dell’espettorato.
Essa è importante per evitare l’insorgenza di resistenze agli antibiotici;

- In alternativa alla terapia antibiotica mirata, può essere proposta una terapia ragionata o
empirica, basata anche su criteri epidemiologici: se il pz proviene da un’area del mondo in
cui è stata documentata un’epidemia di un determinato germe, si può iniziare la terapia
antibiotica contro quel germe senza la necessità assoluta di un esame microbiologico.
La terapia empirica ragionata è opportuna soprattutto nei casi in cui si ha la necessità di
intervenire prima del referto microbiologico, che può richiedere diversi giorni.

Quindi sia l’esame diretto, che può mostrare ad esempio lo pneumococco, o il bacillo di Koch, o
l’esame colturale, che richiede più tempo, ma in questo caso noi avremo una risposta su quale
tipo di germe è presente e su qual è la sua sensibilità agli antibiotici testati.

È stato dimostrato anche che la densità del colore dell’espettorato è espressione della carica
batterica: più è intenso il colore, maggiore sarà la carica batterica.
Quindi, le scale colorimetriche permettono di valutare la purulenza dell’espettorato.

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Il colore dell’espettorato può


indicare anche la carica batterica:
più è denso in termini di gradazione
di colore, maggiore potrà essere la
carica batterica.

Uno dei problemi è quello della tosse


inefficace.

9.1.1 TOSSE INEFFICACE

Le cause della tosse inefficace sono:


 un dolore toracico o addominale per cui, (si pensi se si è fratturati una costola), non si
può nemmeno respirare né tossire. Tossire evoca il dolore, e quindi si cerca di frenare, la
tosse diventa inefficace.
 Una paralisi o una debolezza dei muscoli respiratori,
 una depressione del SNC,
 l’ostruzione delle alte vie extratoraciche, quindi si parla del tratto sopra la glottide, fuori
dalla gabbia toracica.
 Ridotto flusso espiratorio,
 alterazione del muco, nella fibrosi cistica per esempio il muco è talmente denso che forma
dei calchi e la tosse è inefficace, non riesce a disperdere questo muco.

Le conseguenze della tosse inefficace sono:


 i tappi di muco,
 le atelettasie, perché il tappo di muco determina una ostruzione totale e quindi un mancato
passaggio di aria e quindi il collasso a valle
 anomalie degli scambi gassosi, perché si accumula muco che determina un’alterazione
del passaggio di aria, quindi degli scambi gassosi
 la polmonite, perché l’accumulo di muco può rappresentare un terreno di crescita a tutti gli
effetti di germi, quindi se vi è del muco che non viene eliminato questo può favorire sia la
contaminazione che la crescita di germi, fino agli ascessi polmonari.
 E le bronchiectasie, perché l’accumulo di muco a sua volta crea un effetto di pulsione
sulla parete delle vie aeree e quindi uno sfiancamento delle vie aeree.

Per i pazienti affetti da patologie


caratterizzate da una tosse inefficace
(come la SLA, fibrosi cistica ) esiste uno
strumento che si chiama In-Exsufflator.
Questo si sostituisce ai muscoli respiratori,
non più in grado di svolgere tale attività, e
induce il colpo di tosse dando una scarica e
permettendo la mobilizzazione del muco.
Questo aiuta moltissimo a rimuovere le
secrezioni in questi pazienti.

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9.3 PRINCIPI DI TERAPIA DELLA TOSSE

Come tutti i sintomi che verranno affrontati, la vera terapia è la terapia sulla causa, non sul
sintomo.

I sedativi della tosse sono sempre controindicati a meno di poche eccezioni come per:
 una tosse secca che è irritativa e non ha più una funzione protettiva,
 una infezione virale, come ad esempio il Covid, dove non si hanno secrezioni da rimuovere
per cui quando la tosse diventa incoercibile e irrefrenabile si usano sedativi.
 Lo stesso nelle neoplasie maligne, non si ha motivo di fare soffrire il paziente con una
tosse sapendo che quella per certi versi è una tosse inefficace.
 In caso di emoftoe, lì si che si deve sedare la tosse, perché ogni colpo di tosse può
accentuare l’emoftoe perché vi è evidentemente una perdita di sangue da qualche capillare
rotto che perde, e quindi la tosse potrebbe aumentare questo danno,
 o la tubercolosi, in cui la tosse disseminerebbe i germi nell’ambiente. Poi la terapia
specifica è quella della causa della patologia in toto che ha determinato la tosse.

L’uso dei sedativi al di fuori di queste eccezioni provoca l’effetto collaterale del ristagno di muco e
aboliscono il riflesso della tosse.

Possono essere utili invece, i mucolitici:


 N-acetilcisteina;
 Carbocisteina;
 Ambroxolo.

Queste molecole sono utili per facilitare la fluidificazione di un muco abbastanza denso e quindi
garantire la mobilizzazione di esso per l’espulsione. Da sottolineare che il mucolitico va prescritto
in
associazione a una terapia di fondo.

Bere un litro d’acqua equivale più o meno a compresse di mucolitico e costa anche molto meno,
nel senso che i mucolitici sono molto utilizzati, sono prodotti da banco, ma per coadiuvare una
terapia di fondo, non certo quale terapia principale, quindi non ci si lasci prendere dalla tentazione
di prescrivere il mucolitico, che, in associazione a una terapia di fondo ha un senso, da solo, non
ha alcun senso.
Possono essere alcuni di questi invece efficaci perché svolgono, non solo la funzione di mucolitico
ma anche quella di antiossidante.
L’ N-acetil cisteina per esempio è anche un buon antiossidante. Anche qui, da solo, gli studi ci
dicono che non ce la fa ma in associazione ad altri farmaci, agli steroidi o ai broncodilatatori, può
essere utile.

10. DISPNEA

La dispnea è un altro dei sintomi cardine nelle malattie dell’apparato respiratorio.


Si tratta di un’esperienza soggettiva, ed è enfatizzato il termine soggettivo, di respirazione
spiacevole.
Il soggetto sano in qualunque momento sta respirando, e non è in dispnea, in affanno, non si
accorge che sta respirando. La percezione del proprio respiro è una sensazione spiacevole, cioè
se ci si dovesse accorgere di stare respirando, questo darebbe fastidio, e questa è la dispnea, una
esperienza, una percezione soggettiva di un respiro spiacevole, qualitativamente, con una

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gradazione in termini di intensità, perché a parità di dispnea, il fastidio che dà a una persona può
essere diverso da quello che dà a un’altra.

Si è fatto uno studio in cui si è indotta sperimentalmente un’ostruzione bronchiale, facendo inalare
una sostanza spasmogena, e si è misurato il grado di ostruzione bronchiale. A parità di ostruzione
bronchiale, quindi di riduzione del calibro delle vie aeree, le persone descrivevano con una
intensità diversa la dispnea.
Con la scala di Borg, quindi dovevano dire da 1 a 10 quanto fosse la propria dispnea, e c’era chi
diceva 10, chi 8, 5, 0. Quindi la percezione, a parità di stimolo, è soggettiva.

Quindi è importante definire la dispnea come un’esperienza soggettiva di respiro spiacevole.


La fame d’aria è un qualcosa di più, che già descrive un tipo di dispnea, ma non è la dispnea: non
tutta la dispnea è fame d’aria. Si può avere un fastidio, o si può avere una sensazione di morte
imminente, sono due cose diametralmente opposte. Quindi la fame d’aria già è una descrizione.
Qualcuno ha usato il termine fatica, che già fa pensare a un impegno dei muscoli respiratori, la
fatica fa pensare, in gergo respiratorio, impegno dei muscoli respiratori, quindi è un qualcosa di più
grave di una percezione.
I meccanismi della dispnea sono molteplici, non esiste un meccanismo, e quindi non c’è un’unica
origine del sintomo. Uno studio di alcuni anni fa ha dimostrato che esistono cento definizioni
diverse di dispnea e cento meccanismi diversi di questa.

(Attenzione!) Dispnea ≠ insufficienza respiratoria

Insufficienza respiratoria  è una diagnosi laboratoristica, è una misura oggettiva di una carenza
di
ossigeno. Serve fare un emogas analisi, cioè prelevare il sangue arterioso, analizzarlo, valutare la
pO2 e la pCO2 e stabilire se si ha un’ipossemia.

Dispnea  un sintomo soggettivo, la percezione spiacevole del proprio respiro ed è la


conseguenza
di una carenza di ossigeno. Quindi, la dispnea è un sintomo dell’insufficienza respiratoria ma più in
generale è un sintomo di tutte le patologie respiratorie.
Se c’è un’insufficienza respiratoria c’è dispnea, ma ci può essere dispnea senza insufficienza
respiratoria.

Quindi si ricordi anche che dispnea non significa insufficienza respiratoria, che è tutt’altro.
Quindi si può avere dispnea ma avere una saturazione di ossigeno esattamente nella norma.
Quindi dispnea verrà descritta nei modi più diversi, come affanno, oppressione al petto, petto
chiuso, fame d’aria, oppure “non riesco a prendere un respiro profondo”.

Inoltre, Dispnea ≠ stanchezza


 La dispnea è riferita ad una limitazione del respiro.
 La stanchezza è una limitazione funzionale
 L’astenia è una debolezza generale, e quindi se si è astenico non significa che si è
dispnoico, la dispnea è la percezione spiacevole del proprio respiro, quindi non è
stanchezza, e non è insufficienza respiratoria, oppure ipossiemia, che si vede
dall’emogasanalisi.

10.1 MISURAZIONE DELLA DISPNEA

La dispnea è una percezione soggettiva ma si può misurare con delle scale, esattamente come il

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dolore. La misurazione è sia per confrontare la dispnea da un individuo a un altro, cioè la gravità di
dispnea, sia per monitorarla nel tempo, e vedere per esempio l’efficacia di un trattamento, quindi,
in uno stesso soggetto.
Si misura utilizzando dei questionari che sono delle vere e proprie scale.

Alcune scale servono per misurare la dispnea cronica, altre servono per quella acuta.
In quest’ultimo caso, si fa eseguire al paziente uno sforzo, per es. camminare per 6 minuti in un
corridoio (test del cammino) o eseguire due rampe di scale.
Questo è un modo per descrivere in acuto la sensazione e la gravità della dispnea.
A parità di stimolo, di danno, due soggetti possono descrivere in maniera opposta la percezione
dispnoica.

10.1.1 MRC DYSPNEA SCALE

Una delle scale di dispnea più comune ed estremamente affidabile è la MRC (Medical Research
Council) Dyspnea scale: serve non tanto per valutare quanto è grave la dispnea in quel momento
ma per valutare come si è modificata nel tempo, in seguito ad un intervento terapeutico o al
contrario stimare quanto è peggiorata in seguito a patologia.

Questa scala va da 0 a 4:
0  Non ho nessun problema di affanno, tranne che per lavori molto faticosi;
1  o ho il fiato corto quando vado di fretta o quando cammino in leggera salita;
2  A causa dell’affanno cammino più piano delle persone della mia stessa età o mi devo fermare
per respirare quando cammino al mio proprio passo;
3  Mi devo fermare per respirare dopo una passeggiata, sul terreno pianeggiante, di circa 100
metri o dopo pochi minuti;
4  Ho troppo affanno per uscire di casa o ho affanno quando mi devo vestire o svestire.
(Il professore ha letto solo il punto 0 e 4 ma li ho riportati tutti).

10.1.2 SCALA DI BORG

La scala di Borg va da 0 (nessun problema di dispnea) a 10 (gravissima fame d’aria, sensazione


di soffocamento), come una scala del dolore.

Quindi, lo 0 significa assente e via via seguono gradi crescenti fino a gravissima, cioè fame d’aria.
Il paziente piazza una crocetta laddove pensa sia il suo grado di dispnea.

0  Assente;
0.5  Leggerissima (appena percettibile);
1  Molto leggera;
2  Leggera;
3  Moderata;
4  Da moderata a grave;
5  Grave;
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7  Molto grave;
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9
10  Gravissima (massimale)
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10.1.3 SCALA VAS (scala analogico-visiva)

Si tratta di una linea retta di 10 cm, il paziente piazza una crocetta dove pensa sia il suo livello.
Si passa da “nessuna mancanza di respiro” a “totale mancanza di respiro”.

10.1.4 SCALE BDI e TDI

Nei trials clinici, nelle sperimentazioni dove si testano soprattutto i farmaci, vengono utilizzati degli
indici un po’ più complessi che esplorano non solo la dispnea in senso lato, quanto il danno
funzionale e l’entità dello sforzo che ha creato la dispnea stessa.
Si tratta della Baseline Dyspnea Index (BDI) e Transitional Dyspnea Index (TDI).

Sono un po’ più strutturati e perché hanno già tre domini: valutano il danno funzionale, la
dimensione, del compito, l’entità dello sforzo. Quindi già esplorano più in dettaglio la dispnea.
Questi strumenti in realtà vengono utilizzati nei trial clinici, quando vengono misurate tra le varie
variabili e parametri, anche l’efficacia di un farmaco, quindi si necessita non solo del MRC o della
scala VAS, ma di strumenti più strutturati.

La dispnea va misurata prima e dopo l’intervento terapeutico, un programma riabilitativo, oppure il


test di cabina in sei minuti, che è molto usato per vedere quanti metri percorre il paziente in piano
in sei minuti, se desatura durante lo sforzo fisico, se, quindi, la capacità della gabbia toracica e
della meccanica respiratoria è insufficiente alle aumentate richieste di ossigeno, e poi vedere se
insorge dispnea, e lo misuriamo con queste scale, prima e dopo il test del cammino.

Anche in questo caso, come per la tosse, la prima cosa da capire è se la dispnea ha
un’insorgenza acuta o cronica, perché lo scenario cambia completamente.

10.2 LE CAUSE DI DISPNEA

Tra le cause di dispnea ancora una volta riconosciamo cause polmonari e cause
extrapolmonari.

 Cause polmonari vanno da quelle infettive a quelle ostruttive, a quelle restrittive, a


quelle neoplastiche. Non c’è una patologia respiratoria che non possa contemplare fra i
suoi sintomi la dispnea.
 Tra le cause extrapolmonari si ricordino quelle associate alla pleura, quindi versamenti
pleurici e il pneumotorace, che causano appunto un ostacolo alla meccanica respiratoria,

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alle escursioni della gabbia toracica. Ma la stessa cifosi o scoliosi o l’obesità possono
essere due cause di dispnea per questo motivo.

- Cause polmonari: - Cause extrapolmonari:

• Patologia ostruttiva delle vie aeree: • Versamenti pleurici


– Asma bronchiale • Pneumotorace
– Broncopneumopatia cronica • Cifoscoliosi
ostruttiva • Patologia neuromuscolare
• Patologia restrittiva da cause • Obesità
polmonari: • Insufficienza ventricolare sinistra
– Interstiziopatie da cause diverse • Anemie
• Infiltrazioni batteriche, virali ecc. • Insufficienza renale cronica
• Inalazione di corpo estraneo • Chetoacidosi diabetica
• Sindrome da sofferenza respiratoria
acuta dell’adulto (ARDS)
• Embolia polmonare
• Neoplasie primitive e metastatiche

- Cause psicogene

10.3 APPROCCIO AL PAZIENTE CON DISPNEA

Come approcciare un paziente con dispnea:


L’approccio è quello di indagare sulla insorgenza, sul peggioramento, sulla cronicità del
sintomo, e sullo stato generale del paziente.
Se si avrà risposta a questi quesiti, già di fatto ci si sarà orientati sulla o sulle cause.
Infatti, in funzione dell’esordio, la dispnea può orientare nella diagnosi differenziale:

 La dispnea può avere un’insorgenza nell’arco di minuti. In primo luogo viene da pensare a
uno pneumotorace, che è l’introduzione di aria nel cavo pleurico, e questa avviene per
cause che anche le più banali, quindi tosse, uno sforzo, uno starnuto, oppure un trauma. E
subito si ha un dolore trafittivo e lancinante, con dispnea che insorge nell’arco di minuti.
Questa è per esempio fra le cause più frequenti.

Altri esempi: l’embolia polmonare, o un


attacco acuto di asma, dissecazione
dell’aorta
 L’insorgenza nell’arco di ore o
giorni, fa pensare a un
versamento pleurico che si va
formando, a una polmonite che si
va organizzando, oppure all’asma.
 Naturalmente poi la dispnea può
avere un’insorgenza e uno sviluppo
nell’arco di settimane o di mesi o
addirittura di anni.
Di anni è la BPCO per eccellenza,
una patologia cronica ostruttiva.

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Nell’arco di mesi, o di settimane sono patologie croniche che vanno sviluppandosi, o anche
non patologie, l’obesità, condizioni fisiologiche o parafisiologiche, che determinano la
dispnea per vari motivi, primo fra tutti l’ostacolo delle escursioni diaframmatiche.

10.4 GESTIONE PAZIENTE CON DISPNEA

Bisogna stabilizzare il paziente, cioè accertarsi che i parametri vitali siano conservati perché la
dispnea può essere, come detto prima, espressione di un infarto del miocardio.
- Valutare sempre la saturazione ossiemoglobinica o l’EGA, quindi gli scambi gassosi per
verificare che non ci sia un’insufficienza respiratoria acuta;
- La pressione arteriosa;
- La frequenza cardiaca;
- Le caratteristiche dello stato generale (cute: pallore, cianosi e sudorazione);
- Tracciato ECG.

Chiaro è che se la dispnea è acuta va compreso se questa sia un’emergenza o no. Quindi va
compreso se vi sono segni di instabilità clinica, com’è la saturazione, quindi come sono gli scambi
gassosi, un’emogas, in particolare. Com’è la pressione, com’è la frequenza cardiaca, e quali sono
le caratteristiche generali del paziente. Sono tutti aspetti che fanno capire se il paziente è stabile
clinicamente o è instabile, quindi come intervenire.

10.5 TERAPIA DELLA DISPNEA

Non esiste una terapia della dispnea in quanto tale ma esiste la terapia della patologia che ne ha
determinato l’insorgenza. Quindi è chiaro che la terapia è della causa, e non del sintomo, quindi
non posso alleviare il sintomo o curare la dispnea ma la causa di questa.
Se la causa è il versamento pleurico, ovviamente si dovrà rimuovere il liquido e non fornire una
terapia palleativa per alleviare la dispnea.

Tranne in alcuni casi, per esempio nei soggetti fine vita, con le cure palliative, per alleviare la
dispnea somministriamo la morfina, che riduce la frequenza respiratoria.

Nei casi end-stage (terminali), il paziente viene posto sotto terapia con morfina solo per ridurre la
frequenza respiratoria ed alleviare la sensazione di morte imminente, di fame d’aria. Questo è
l’unico
motivo in cui si tratta la dispnea a prescindere dalla terapia di base.

Da ricordare è anche che la dispnea innesca nella stragrande maggioranza dei casi, quando non si
tratta di una dispnea acuta, ma cronica, un circolo vizioso, perché se si ha dispnea ci si muoverà di
meno, si tenderà a rimanere confinato in un determinato ambiente, domestico per esempio.

La dispnea si porta dietro delle conseguenze disastrose, causa un circolo vizioso:


- un soggetto dispnoico tenderà a muoversi meno perché più si muoverà più andrà in
affanno;
- Meno si muoverà, più aumenta il decondizionamento muscolare, cioè i muscoli vanno
incontro a una ipotrofia (perderà tono muscolare).
Questa ipotrofia dei muscoli, per esempio degli arti inferiori, peggiora la dispnea, perché ce
ne sarà di più quando ci si muove perché non si avrà il supporto della componente
muscolare. Se perderà tono muscolare, quando si muoverà sarà
ancora più dispnoico;

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- D’altro canto, l’immobilità induce la sedentarietà perché muovendosi poco, il soggetto si


isolerà dalle attività quotidiane (es: fare la spesa, andare al cinema) e ciò presuppone una
ridotta partecipazione
a programmi riabilitativi;
- In più si aggiungono condizioni di isolamento sociale, perché il paziente che non si muove
più, che non esce a fare la spesa, o che non va al teatro, o al cinema, si isola dal punto di
vista sociale, assume uno stile di vita sedentario, questo ostacola anche l’aderenza al
trattamento, perché entrano in gioco delle note depressive, e la terapia dei pazienti
respiratori spesso è una terapia inalatoria dove è fondamentale anche l’aderenza al
trattamento.
- L’isolamento sociale induce depressione e crea un circolo vizioso. Il soggetto depresso non
esce di casa e quindi peggiora l’immobilità.

La terapia inalatoria, non essendo compresse, viene spesso non concepita come una terapia,
nonostante sia l’ottimizzazione della terapia, perché si raggiunge il target, l’organo bersaglio.
Quindi in questo senso la depressione, intesa come note depressive, o i deficit cognitivi associati
anche a una ipossiemia latente, possono determinare una ridotta aderenza al trattamento, quindi si
vede come si inneschino questi circoli viziosi.

Docente: Nicola Scichilone


Sbobinatore: Andrea Micarelli
Controsbobinatore: Giorgia Meschisi

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