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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

SCUOLA DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA INDUSTRIALE

CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN INGEGNERIA ENERGETICA

TESI DI LAUREA

in

Elettrotecnica T

Sanificatori d’aria basati su tecnologia a plasma freddo

CANDIDATO: RELATORE:

Luca Cimatti Prof. Ing. Gabriele Neretti

CORRELATORE:

Dott.ssa Silvia Giuditta Scaltriti

Anno accademico 2020 – 2021


Sessione III

1
INDICE

Introduzione.....................................................................................................................3
CAPITOLO 1...................................................................................................................5
STATO DELL’ARTE.....................................................................................................5
1.1. Definizione di plasma.........................................................................................5
1.2. Classificazione dei tipi di plasma...........................................................................6
1.3. Meccanismo di generazione del plasma non termico.............................................7
1.4. Sorgenti plasma freddo.........................................................................................10
1.4.1 Scarica a corona..............................................................................................10
1.4.2 Scarica a barriera dielettrica............................................................................11
CAPITOLO 2.................................................................................................................14
EFFETTI DEL PLASMA NON TERMICO..............................................................14
2.1. Inattivazione microbica.........................................................................................14
2.2. Fattori di inattivazione del plasma e valutazione dei loro ruoli............................15
2.4 Effetti sulla morfologia dei microrganismi............................................................18
CAPITOLO 3.................................................................................................................21
IMPATTO DEI PARAMETRI DI TRATTAMENTO SULLE PRESTAZIONI
DEI SANIFICATORI D’ARIA A PLASMA FREDDO............................................21
3.1 Inattivazione cinetica del plasma non termico.......................................................21
3.2 Effetto sanitizzante in funzione del tempo di trattamento.....................................23
3.3 Effetto dei reattori al plasma..................................................................................27
3.4 effetto della velocità del flusso d’aria....................................................................32
CAPITOLO 4.................................................................................................................35
MISURE DELLE SPECIE PRODOTTE DAI SANIFICATORI D’ARIA A
PLASMA FREDDO......................................................................................................35
4.1 Applicazioni indoor del plasma non termico.........................................................35
4.2 Effetti e misurazione degli ioni..............................................................................36
4.3 Misure ed effetti dell’ozono...................................................................................39
4.4 limitazioni, sfide e opportunità..............................................................................43
Conclusioni.....................................................................................................................49
Bibliografia.....................................................................................................................51

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3
Introduzione

I dati statistici forniti dalle indagini svolte dall’ISTAT affermano che le persone passano
in media tra l’80 % e il 90 % del loro tempo in ambienti al chiuso. Quindi, sullo sfondo
della recente pandemia da COVID – 19 la qualità dell’aria in spazi interni è diventato
un parametro decisivo per la salute e il benessere delle persone. Infatti, l’aria che
respiriamo risulta essere il principale veicolo di contagio e di trasporto di goccioline
salivari microscopiche (chiamate small droplets) le quali possono restare sospese
nell’aria anche per una ventina di minuti prima di depositarsi a terra, favorendo così la
diffusione di virus e batteri.

Per questo motivo la sanificazione dell’aria interna nelle abitazioni e luoghi di lavoro è
ormai fondamentale per eliminare le particelle virali e ridurre al minimo le possibilità di
contagio. Nonostante i purificatori d’aria siano dei prodotti validi, non sono sufficienti
per combattere e contrastare le cariche virali in quanto solo tramite la sanificazione si
uccidono microrganismi. Al contrario i sanificatori d’aria nascono anche con l’obiettivo
di distruggere batteri e inattivare virus oltre a eliminare sostanze indesiderate come
odori sgradevoli, composti organici volatili (VOCs) e altri inquinati tipici dell’aria
indoor. Infatti, nell’ultimo decennio il settore dei sanificatori d’aria ha avuto una forte
accelerazione e interesse tale da essere studiato da numerosi ricercatori e aziende anche
italiane orientate a offrire dispostivi sempre più sicuri agli ambienti di vita.

Pertanto, tra le molteplici tecnologie di sanificazione dell’aria indoor, il plasma freddo


che in passato è stato utilizzato principalmente in campo medico, nell’ultimo decennio
ha attirato una notevole attenzione come soluzione per diminuire il rischio della
diffusione di agenti patogeni come virus, batteri e muffe.
Oltre alla natura non termica del plasma, ulteriori caratteristiche positive di
questa tecnologia si basano sul fatto che si tratta di una tecnologia a secco, ecologica e,
nella maggior parte dei casi, rappresenta una buona soluzione in termini di costo-
efficacia che può integrare o sostituire altre tecnologie.

Nonostante l'elevata potenzialità di questa tecnologia, ci sono alcuni aspetti che non
sono ancora stati chiariti e studiati approfonditamente, come l'effetto ossidativo delle

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specie reattive sulle pareti cellulari dei microrganismi dopo il trattamento dei reattori al
plasma. Una incompleta conoscenza dei meccanismi alla base delle tecnologie basate
sul plasma freddo è sicuramente fonte di limitazioni nella produzione della stessa
tecnologia e di conseguenza un danno economico.

L’obiettivo principale di questo elaborato è quello di fornire nei primi due capitoli una
sintesi dello stato dell’arte relativo all’utilizzo del plasma freddo in campo della
sanificazione dell’aria. Successivamente, attraverso l’ausilio di una serie di dati in
funzione dei parametri di trattamento e di progettazione dei sanificatori a plasma non
termico, si vuole evidenziare quali siano le potenzialità di questa tecnologia e gli aspetti
meno conosciuti. Pertanto sono stati presi in considerazione anche casi studio e test di
laboratorio di sanificatori d’aria a plasma freddo già presenti sul mercato. Per fare
fronte a ciò, lo studio e la ricerca sono necessari al fine di approfondire e colmare le
lacune in modo tale da promuovere l’applicazione di questa tecnologia.

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CAPITOLO 1

STATO DELL’ARTE

1.1. Definizione di plasma

Lo studio del plasma risale a cavallo tra la fine del XIX secolo ed inizio del XX secolo
prima con gli studi di Sir Williams Crookes e poi successivamente con il fisico e
chimico Irving Langmuir con i suoi esperimenti riguardanti l’interazione del plasma con
le pareti dei contenitori all’interno dei quali venivano generati. Langmuir definì così il
plasma come un gas parzialmente ionizzato che costituisce più del 99% della materia
dell’universo. Macroscopicamente il plasma appare come un gas luminoso che emette
radiazioni che attribuiscono il colore viola alla scarica.
Il plasma sebbene sia formalmente in stato gassoso, per via delle sue diverse
caratteristiche fisiche e chimiche rispetto ai gas, costituisce il quarto stato della materia.
Il plasma oltre alle particelle cariche che presentano una carica totale
approssimativamente pari a zero, contiene anche atomi e molecole nello stato
fondamentale o stato eccitato, radicali liberi e fotoni UV.
È sufficiente quindi, fornire la giusta quantità di energia, mediante applicazione di un
campo elettrico, per espellere un elettrone da un atomo o molecola e generare il
processo di ionizzazione che sta alla base della transizione di fase da gas a plasma. La
ionizzazione si manifesta quando un elettrone acquisisce sufficiente energia per
superare le forze attrattive del nucleo dell’atomo. I parametri principali che permettono
di suddividere il plasma in diverse tipologie sono la densità elettronica e temperatura
che variano in base alla quantità di energia trasferita al gas ionizzato. Quindi gli
elettroni, che costituiscono la particella fondamentale per mantenere accesa la scarica
plasma, trasmettono l’energia ottenuta mediante applicazione del campo elettrico alle
particelle pesanti inizialmente neutre tramite collisioni. Le collisioni si suddividono
principalmente in:

6
 collisioni elastiche: l’elettrone contribuisce solo a variare l’energia cinetica delle
specie neutre senza variarne lo stato interno, ovvero l’energia interna. Ciò
comporta un surriscaldamento delle particelle pesanti.
 collisioni anelastiche: l’energia elettronica è sufficientemente alta tale da
provocare solo una variazione elettronica delle particelle neutre senza innalzare
la temperatura delle specie. Ne resulta la creazione di specie eccitate o ioni.

1.2. Classificazione dei tipi di plasma

Una classificazione spesso adottata è quella di suddividere il plasma in due diverse


categorie a seconda che le specie pesanti ed elettroni siano o meno in equilibrio
termodinamico. Un plasma è definito in equilibrio termodinamico se tutte le specie
chimiche possono essere descritte da funzioni di distribuzione in cui l’energia media sia
riconducibile alla temperatura macroscopica. Sotto questa condizione quindi la
temperatura macroscopica indica la media pesata delle energie cinetiche delle particelle
che compongono il gas ionizzato.
Da ciò il plasma può essere classificato come segue:

 Plasma termico: è anche definito come plasma in equilibrio termodinamico,


denominato LTE (Local Thermodynamic Equilibrium). La temperatura degli
elettroni e le specie pesanti (atomi e molecole neutre) è la stessa, perciò, il
plasma può essere descritto da un'unica temperatura, quella macroscopica. A
fronte di elevati valori di energia scambiati tra elettroni e particelle neutre, la
temperatura macroscopica raggiunge valori oltre i 10000 K. È detto perciò
plasma caldo.
 Plasma non termico: è detto anche plasma freddo, definito di non equilibrio
termico, non-LTE (Non Local Thermodynamic Equilibrium). La temperatura
degli elettroni è nettamente maggiore delle particelle pesanti. Essendo la
temperatura macroscopica assimilabile all’energia cinetica media delle particelle
pesanti, la temperatura di questo plasma raggiunge valori di qualche grado
superiore alla temperatura corporea dell’essere umano. Questa tipologia di
plasma risulta essere quella più interessante soprattutto in ambito biomedicale.

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La differenza di temperatura tra gli elettroni e le specie pesanti è proporzionale alla
radice del rapporto E/p (dove E è il campo elettrico, p è la pressione del gas e variano in
modo inverso), detto campo elettrico ridotto.

La generazione del plasma non termico è favorita da tensioni pulsate. Infatti, la breve
durata dell’impulso non permette alle particelle di raggiungere la condizione di
equilibrio termodinamico. Il motivo per cui il plasma freddo a pressione atmosferica ha
avuto un forte impatto nel campo biomedicale e della sanificazione è dovuto dalle sue
caratteristiche che lo rendono così affascinante.

Queste caratteristiche sono:

 Basse temperature d’esercizio.


 Esclude la necessità di pompe a vuoto rispetto al plasma a bassa pressione.
Questo porta ad un abbassamento dei costi nella realizzazione delle sorgenti e
permette di avere dispositivi con geometrie malleabili.
 Contiene particelle ad alto contenuto energetico e fortemente reattive che
causano numerosi processi chimici e fisici come l’ossidazione, l’eccitazione di
atomi e molecole, la produzione di radicali liberi e altre particelle reattive.

1.3. Meccanismo di generazione del plasma non termico

Il plasma presente abbondantemente nell’universo e in natura (sottoforma di fulmini,


aurora boreale) può essere prodotto anche artificialmente in condizioni d’ambiente
terrestre. La generazione della scarica avviene mediante elettrodi che accoppiati al
generatore elettrico permettono la creazione del campo elettrico necessario per
energizzare gli elettroni a seguito di una differenza di potenziale che si forma tra il
catodo e l’anodo. Dunque, il primo fattore da prendere in considerazione nella
generazione di un plasma è il valore di tensione che porta alla rottura del gas neutro,
detta “tensione di breakdown”. Le condizioni per cui si verifica il breakdown per le
varie tipologie di gas furono studiate per la prima volta dal fisico tedesco F. Paschen, il
quale riepilogò tutto ciò mediante uno specifico grafico che raccoglie distinte curve,
dette “curve di Paschen”. La parabola, quindi, esprime la correlazione tra tensione,
pressione e distanza tra gli elettrodi ( V B=f ( pd ) ). Qualunque sia il tipo di gas, la curva

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presenta sempre una concavità verso l’alto. Da ciò segue che esiste sempre un valore
ottimale del prodotto “pd” per il quale la tensione presenta sempre un valore minimo.

Figura 1 curva di Paschen per diverse composizioni del gas [1]

Come è mostrato in figura 1, il valore di tensione di breakdown, inizialmente decresce


fino ad uno specifico valore di pressione. Pertanto, questo andamento è favorevole
siccome diminuisce la tensione di soglia per avere breakdown e allo stesso tempo
aumenta il numero di urti che diventano sempre più energetici, essendo la pressione
inversamente proporzionale al libero cammino medio. Se invece la pressione subisce un
aumento troppo elevato si hanno urti meno energetici e quindi occorre aumentare il
valore di tensione. Quindi l’andamento esponenziale a destra del valore minimo di
tensione risulta essere sfavorevole. Quanto detto precedentemente viene descritto
analiticamente dalla seguente equazione:

Bpd
V b=

[ ( )]
log ( Apd )−log log 1+
1
γ

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Dove d è la distanza tra gli elettrodi, p è la pressione, A e B sono due costanti
sperimentali che dipendono dal tipo di gas, mentre γ è il coefficiente di emissione di
elettroni secondari al catodo.
La formazione del plasma si ottiene mediante due meccanismi che
si differenziano per come si distribuisce la scarica all’interno del volume in cui viene
generato. La generazione di una scarica omogena è associata al meccanismo di
Townsend Breakdown. In questa fase si viene a formare solamente una valanga
elettronica con gli elettroni (unici elementi che risentono del campo elettrico) che
driftano verso l’anodo e gli ioni (si formano a seguito degli elettroni che impattano
contro i neutri) che si muovono lentamente verso il catodo. Non si forma il plasma
perché non si ha una ragione di quasi neutralità. Perciò per la realizzazione della scarica
plasma, questo meccanismo primario necessita di un secondo processo detto
ionizzazione eterogena il quale è associato al bombardamento ionico. Il risultato di
questo processo è la liberazione di elettroni dal catodo quando gli ioni urtano
quest’ultimo con un’energia sufficiente da superare la work fuction dell’elettrodo.

Figura 2. formazione della valanga elettronica [1]

I parametri analitici che descrivono il meccanismo di Townsend Breakdown sono:

ki
( )
E
n0
( )
vi 1 E 1
 α= = ki n0=
vd vd n0 μe E
n0

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 γ [ exp ( αd ) −1 ]

dove α è il coefficiente di ionizzazione primaria di Townsend e rappresenta la frazione


di urti degli elettroni primari abili nel provocare la ionizzazione, essendo l’energia degli
elettroni una funzione di distribuzione. Il secondo parametro invece rappresenta il
numero di elettroni secondari rilasciati da catodo a partire da un elettrone primario. γ è
detto coefficiente di ionizzazione secondaria.

La generazione di una scarica di plasma disuniforme invece è associata al meccanismo


di Spark breakdown. La scarica è formata da tanti filamenti singoli che nascono e si
estinguono. In questo caso si hanno più valanghe elettroniche che si sviluppano in
maniera indipendente andando a generare colonne di plasma separate. Questo
meccanismo non è legato alla ionizzazione eterogena ma bensì al concetto di streamers.
Le proprietà degli streamers, come la velocità di propagazione e il diametro, sono
prevalentemente correlate alla tensione applicata, alla distanza degli elettrodi e al gas
adottato.

1.4. Sorgenti plasma freddo

Fra le numerose tipologie di plasma, e modi di generarlo, i più studiati per la pulizia
dell’ area in relazione agli obiettivi, sono quelli generati dagli scarichi della corona e da
scariche a barriera dielettrica.

1.4.1 Scarica a corona.

La sorgente che permette di generare una scarica a corona consiste in un elettrodo


(anodo) messo a terra ed un elettrodo (catodo) in alta tensione caratterizzato da una
geometria particolare (spesso è una punta con un filo). Questa configurazione permette
di applicare una tensione tale da non generare breakdown per tutto il gap tra gli
elettrodi. Infatti, l’unico punto in cui il campo elettrico è sufficientemente elevato per
generare il plasma è intorno all’elettrodo di alta tensione. Perciò si creano scariche di
plasma di non equilibrio fortemente localizzate con bassa densità di corrente e
alimentate da una sorgente DC pulsante. Il fine ultimo di fornire energia in maniera

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pulsante è quella di evitare l’innesco di streamers. Quindi la durata dell’impulso è più
corta del tempo necessario alla nascita di un arco di plasma. La scarica si estingue prima
di diventare troppo conduttiva.

Figura 3. Principio di una scarica a corona. [3]

Le più importanti forme di scarica sono le cosiddette “corona a bagliore” e “corona a


filamenti”. L’instaurarsi di una di uno di questi due regimi di scarica dipende dalla
distanza degli elettrodi e dalla tensione applicata.
Il principale inconveniente di questa sorgente è legato al ridotto volume del plasma che
si viene a formare, il quale permette di trattare piccole porzioni di area. Per ovviare a
questo problema la realizzazione di una configurazione elettrodica filo – piano o
filo - cilindrico permette di avere una distribuzione più omogena della scarica. Tuttavia,
insorge anche un ulteriore problema a causa degli streamers che si accendono sempre
negli stessi punti prestabiliti dove si ha una maggiore concentrazione della carica.
Questo genera un trattamento non omogeneo. Per evitare questo inconveniente si
preferisce utilizzare sorgenti a scarica a barriera dielettrica.

1.4.2 Scarica a barriera dielettrica

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La sorgente più diffusa che permette di abbinare la generazione della scarica plasma ad
aspetti costruttivi non complessi è quella che si basa sul principio della scarica a barriera
dielettrica, denominato anche DBD (Dielectric Barrier Discharge). Questa tipologia di
dispositivo è costituita da due elettrodi posti in parallelo dove almeno uno di essi è
ricoperto da materiale dielettrico, spesso realizzato in vetro, in materiale ceramico o
mediante strati polimerici. La presenza del dielettrico attribuisce alla scarica una
configurazione più omogenea permettendo al plasma di operare su uno strato
superficiale molto più esteso impedendo ai micro-archi di formarsi sempre nello stesso
punto.

I motivi per cui viene inserito un elemento dielettrico tra gli elettrodi sono:

 Evita la transizione ad arco del plasma in modo tale da impedire un


riscaldamento per effetto joule. Quindi limita l’energia impartita da ogni scarica.

 Distribuisce in maniera omogenea le scarica sulla superficie dell’elettrodo


garantendo un trattamento omogeneo.

Figura 4 Scarica a barriera dielettrica (DBD) [3]

Il circuto elettrico equivalente associato a questa sorgente è il seguente:

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Figura 5 circuito elettrico equivalente [2]

dove CDB è la capacità associata al dielettrico mentre il gap viene rappresentato


mediante una resistenza (Rp) e una capacità (Cp) in parallelo. Se il sistema vennisse
alimentato in corrente continua (DC), nel momento in cui si forma il plasma a segutito
della circolazione di corrente che porta ad un aumento di elettroni sulle faccie della
capacità, la caduta di potenziale associata al condensatore assumerebbe valori sempre
piu alti tali da conferire valori di potenziale associati al gap inferiori a quelli di
Breakdown. Questo comporta ad un interruzione della scarica.
Invece il sostentamento della scarica tramite corrente
alternata (AC), provoca un’inversione del campo elettrico cosicchè la caduta di
potenziale appartenente al condesatore diventa un stimolo al poteziale associato al gap.
Il risultato finale è che gli elettroni depositati sugli elettrodi fuoriescono provocando una
diminuzione della caduta di potenziale. In questa maniera il potenziale torna ad
assumere un valore superiore al potenziale di breakdown tale da generare un nuovo
ciclo della scarica.

La tipologia di scarica più utilizzata dai sanificatori d’aria basati su tecnologia a plasma
freddo presenti in commercio è la barriera dielettrica. Infatti il DBD presenta numerosi
vantaggi in termini di flessibilità della configurazione geometrica, parametri operativi,
costo e sicurezza. La propriètà della scarica dipende fortemente dallo spessore del
dielettrico. Ci sono anche altri parametri come la dimensioni della sorgente, il materiale
e la geometria dell’elettrodo, la tensione operativa che possono influenzare le proprietà
della scarica. Infatti la regolazione della tensione operativa influenza la grandezza del
campo elettrico e quindi l’energia delle particelle cariche. Invece la potenza controlla le
particelle cariche al secondo e quindi è una variabile approsimativa per la densità del
plasma. Allo stesso tempo è anche una variabile di controllo per l’energia delle specie
reattive del plasma. Mentre la geometria e la dimensione degli elettrodi può influenzare
l’enegia specfica d’ingresso SIE (input energy system) alterando il campo elettrico e la

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produzione di ozono insieme alle specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto. Pertanto, la
giusta regolazione dei vari parametri contribuisce all’efficienza e la stabilità del
dispostivo.

CAPITOLO 2

EFFETTI DEL PLASMA NON TERMICO

2.1. Inattivazione microbica

In letteratura sono presenti numerosi casi studi che dimostrano l’efficacia antimicrobica
del plasma non termico e il suo forte impatto tecnologico in diversi settori quali quello
alimentare, industriale, biomedicale e sanitario. In questo contesto, in modo particolare,
sistemi a plasma non termico (NTP) offrono anche un’ottima soluzione nel campo della
sanificazione dell’aria in ambiente al chiuso destinati alla presenza umana, grazie ai
vantaggi che forniscono, come:

 Brevi tempi di trattamento


 Pressione e temperature ambiente
 Natura non tossica
 Facilmente applicabili.

Rispetto alle altre tecnologie di sanificazione, i sistemi a plasma NTP si dimostrano


essere dispostivi fortemente rispettosi dell’ambiente e promettenti per la rimozione di
numerosi inquinanti atmosferici. Inoltre come combinazione di ioni, campo elettrico e
specie reattive è capace di rimuovere diversi microrganismi attraverso una combinazioni
di meccanismi inattivanti basati sulla fisica e sulla biochimica. Pertanto bassi costi
operativi, ampia gamma di temperatura e umidità applicabile, compatibilità ambientale

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e alta efficienza di abbattimento sono i vantaggi dei sistemi di sanificatori d’aria basati
su tecnologia a plasma freddo rispetto ai sistemi tradizionali dei purificatori d’aria.
Diverse tipologie di NTP si differenziano per densità di energia, metodo di produzione e
altri parametri, mentre il grado di inattivazione dipende dalla categoria del
microrganismo, dal tipo di plasma e dal tempo di trattamento. Quest’ultimo risulta
essere un fattore molto importante da considerare quando si progetta un dispositivo di
sanificazione al plasma poiché a seconda del tempo di trattamento varia la
composizione di ogni classe di batterio.

2.2. Fattori di inattivazione del plasma e valutazione dei loro ruoli

Quando i microrganismi vengono a contatto con la scarica possono essere inattivate


soprattutto da quattro agenti che si vengono a formare quando la scarica si trova nelle
condizioni sopracitate.
Gli agenti che hanno un ruolo preponderante nel processo di inattivazione sono:

 La radiazione UV
 Le particelle cariche
 Le specie reattive

radiazione UV

La letteratura riportata una serie di studi che evidenziano come le radiazioni UV con
una lunghezza d’onda compresa tra i 220 – 280 nm siano efficaci nel provocare danni
letali ai microrganismi. Tra i vari effetti degli UV sulle cellule batteriche è compresa la
dimerizzazione delle basi di timina nei loro filamenti di DNA che inibisce la capacità
dei batteri di replicarsi correttamente. Per quantificare il contributo degli UV al
processo di inattivazione del plasma di non equilibrio generato in aria sono state
condotte misure spettroscopiche e di potenza. Infatti, misure eseguite con un rivelatore
UV calibrato per rilevare lunghezze d’onda comprese tra i 200 – 300 nm hanno

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evidenziato come nessuna emissione significativa di radiazioni UV si è verificata sotto i
280 nm. Di conseguenza le radiazioni emesse da un plasma non termico a pressione
atmosferica non ricoprono un ruolo significativo nel processo d’inattivazione.

Figura 6. spettro di una sorgente DBD in aria nell'intervallo compreso tra 200 - 300 nm di lunghezza d'onda [5]

Particelle cariche

Le particelle cariche, invece, svolgono un ruolo importante nella rottura della membrana
esterna delle cellule batteriche. Ciò è connesso alla forza elettrostatica causata
dall’accumulo della carica sulla superficie esterna della membrana capace di assumere
valori superiori alla forza di trazione della membrana. Pertanto, come conseguenza si
ottiene la lacerazione della membrana stessa. Infatti, quando un corpo dalle dimensioni
di una cellula batterica (nell’ordine dei µm) risulta essere carico, sprigiona una forza
elettrostatica verso l’esterno dovuto al fatto che ogni carica sulla superficie cellulare è
soggetta alla forza repulsiva di tutte le altre cariche che si sono accumulate sulla stessa
membrana. Questa forza è proporzionale al quadrato del potenziale di carica, F, e
inversamente proporzionale al quadrato del raggio di curvatura della superficie, r.
Dunque, più piccolo è il raggio di curvatura più forte è la forza elettrostatica. Il
potenziale di carica F, invece, dipende dal rapporto tra la massa dello ione e la massa

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dell’elettrone. Quindi i gas con massa atomica maggiore conducono a forze
elettrostatiche più elevate. La condizione per la rottura della membrana è:

1
|Φ|>0 , 2 ∙ ( r ⋅ Δ ) 2 ∙ ( F t )1 /2

Dove r è il raggio di curvatura, D è lo spessore della membrana ed F t è la sua resistenza


alla trazione. Lo scenario descritto pocanzi è più probabile che si verifica per batteri
Gram- negativi, la cui membrana possiede una superficie più irregolare. Questa
irregolarità offre piccoli raggi di curvatura che causano elevate forze elettrostatiche
verso l’esterno.

specie reattive

Le prime particelle che assorbono l’energia del campo elettrico sono gli elettroni, i quali
per via della loro piccola massa subiscono forti accelerazioni che permettono loro di
trasferire energia alle particelle neutre. Infatti, gli elettroni accelerati inducono
ionizzazione, eccitazione e dissociazioni, che portano alla formazione di molecole
eccitate e radicaliche, che in presenza di ossigeno e azoto sono responsabile del potere
ossidativo del plasma.

Le specie reattive che si creano si possono differenziare in due gruppi:

 Le specie reattive dell’ossigeno, dette ROS (Reactive Oxigen Species), come


l’ozono O3, il radicale OH-, l’ossigeno monoatomico O- e il perossido di
idrogeno H2O2.
 Le specie reattive dell’azoto, dette RNS (Reactive Nitrogen Species), come
l’ossido nitrico NO, i nitriti NO2-, i nitrati NO3- e i perossinitriti ONOO-.

I radicali, in generale sono atomi o molecole che hanno un elettrone spaiato


nell’orbitale più esterno. Tale elettrone rende il radicale estremamente instabile e
reattivo; esso, quindi, è costretto a sottrarre un elettrone ad altre molecole vicine per
raggiunge uno stato di equilibrio stabile. Questo meccanismo dà origine a nuove
molecole instabili innescando una reazione a catena che finisce col danneggiare le
strutture cellulari.

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Quindi, le specie chimicamente reattive ricoprono un ruolo chiave nel processo di
sanificazione del plasma a pressione atmosferica, a differenza del calore e delle
radiazioni UV. Per dimostrare l’effetto di queste specie reattive sulla distruzione dei
batteri Laroussi e Leipold (2004) hanno impiegato un DBD a pressione atmosferica
utilizzando tre diversi gas: elio puro, miscela di ossigeno – elio e aria. Quando
l’elio è stato utilizzato come gas si sono ottenute piccole concentrazioni di radicali.
Invece nel caso della miscela ossigeno – elio erano presenti nella scarica di plasma
anche O ed O3. Quando è stata utilizzata l’aria, sono state generate sia specie a base
di ossigeno che d’azoto.
Pertanto, gli effetti più consistenti dal punto di vista dell’effetto germicida si sono
visiti nei casi di ionizzazione del gas contenete ossigeno. In particolare, sono stati
confrontati i risultati ottenuti da un getto di plasma a pressione atmosferica con e
senza ossigeno. È stato osservato che il potere ossidativo in caso di assenza di
ossigeno era inferiore rispetto al caso in cui era presente ossigeno. Similmente
diversi autori (Wu Y et al, 2015) hanno attribuito effetti virucida anche ad radicali
concernenti l’ozono. Queste specie reattive agiscono sull’integrità dei
microrganismi sia a livello strutturale che genomico, influenzando sia le proteine
che gli acidi nucleici. Inoltre, possono anche danneggiare l’RNA virale, portando a
una riduzione dell’espressione genica.

2.4 Effetti sulla morfologia dei microrganismi

L’interazione delle specie reattive prodotte dal plasma non termico con numerosi
microrganismi è stata studiata da diversi ricercatori, i quali hanno confermato l’efficacia
del plasma non termico di modificare la morfologia cellulare. Nonostante, come è già
stato accennato precedentemente, il meccanismo di interazione del plasma con i sistemi
cellulari viventi è decisamente complesso, pertanto, negli ultimi anni i ricercatori si
sono focalizzati ad esplorare l’efficacia della scarica a barriera dielettrica a pressione
atmosferica prodotta non utilizzando come gas aggiuntivo elio o argon ma bensì solo
aria, in quanto quest’ultima è sempre presente in natura e garantisce un processo che
può funzionare continuamente senza subire nessuna interferenza. Dunque, l’effetto di un
DBD ad aria è stato valutato rispetto a due microrganismi: Staphylococcus epidermis e

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Aspergillus niger che sono patogeni, spesso, associati a infezioni nosocomiali. Per il test
è stato utilizzato come sanificatore d’aria il modello Novaerus Protect 200, che consiste
in due bobine cilindriche in acciaio inossidabile dallo spessore di 0,2 mm separate da un
tubo di vetro borosilicato lungo 28 mm che funge da barriera dielettrica, mentre per
aerosolizzare le culture batteriche è stato utilizzato un nebulizzatore a compressione
com’è riportato in figura 8.

Figura 7. Schema della configurazione sperimentale [7]

Per generare la scarica elettrica è stata applicata tra gli elettrodi una tensione pari a 4kV,
mentre per comprendere il meccanismo di disattivazione delle cellule è stata utilizzata la
spettroscopia di assorbimento dei raggi X. Questa tecnica spettroscopica fornisce una
gamma di energie di raggi X applicabili alla maggior parte degli elementi della tavola
periodica adatta a determinare i cambiamenti nella chimica delle superfici dei batteri.
Infatti, l’involucro cellulare dei batteri Gram – negativi e Gram – positivi è costituito da
uno strato di peptidoglicano che è caratterizzato da una sequenza di zuccheri e
amminoacidi che formano una rete al di fuori della membrana plasmatica. Pertanto,
attraverso l’intensità dei vari spettri è stato possibile osservare come le specie reattive
come OH, O, O3, H2O2 vadano a rompere legami strutturalmente importanti di
peptidoglicano, ovvero C-O, C-N e C-C che conseguentemente portano alla distruzione
della parete cellulare.
La deformazione sulla morfologia cellulare è stata osservata mediante tecniche di
microscopia, come la microscopia elettronica a scansione SEM, la quale ha fornito

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immagini ad alta risoluzione che hanno permesso di osservare i cambiamenti fisici che
hanno subito i microrganismi trattati. Lo Staphylococcus epidermis ha perso
completamente la propria struttura sferica mentre la struttura cellulare è stata
gravemente danneggiata con conseguente distorsione. Dopo essere passata attraverso la
scarica plasma anche A. niger si è trovata completamente deturpata.
Nel complesso, le immagini ad alta risoluzione hanno denotano i danni e
cambiamenti a livello strutturale nei batteri Gram – positivi e nelle spore fungine
quando sono stati trattati con una sorgente DBD. I livelli delle specie reattive possono
essere regolati dal design della fonte di plasma, dai tipi di gas di alimentazione, dalle
condizioni operative, dalla natura del prodotto/substrato e dal microrganismo stesso.

Figura 8. Immagini SEM di S. epidermis e di A. niger prima e dopo il trattamento DBD, che mostrano la
deformazione cellulare a vari step [7]

Mentre in letteratura l’efficacia della tecnologia plasma per la disattivazione dei batteri
è indiscussa, invece i precisi meccanismi di interazione tra le specie reattive e i virus
non sono ancora del tutto compresi poiché non esiste ancora una configurazione
universalmente concordata per le applicazioni antimicrobiche. A causa delle numerose
reazioni che possono dare le specie reattive e della notevole complessità che un insieme

21
così eterogeneo di specie comporta è, pertanto, necessario condurre ulteriori esperimenti
per osservare l’effetto delle specie reattive sui microrganismi dopo il trattamento DBD.

CAPITOLO 3

IMPATTO DEI PARAMETRI DI TRATTAMENTO SULLE


PRESTAZIONI DEI SANIFICATORI D’ARIA A PLASMA
FREDDO

3.1 Inattivazione cinetica del plasma non termico.

Uno dei parametri utilizzati per studiare l’efficacia del processo di inattivazione delle
specie reattive prodotte dal plasma di non equilibrio sui microrganismi è il tempo di
riduzione logaritmico, detto D – Value (Decimal Value). Il D – Value è il tempo
richiesto per ridurre una concentrazione di microrganismi del 90 %.

Tale fattore viene espresso tramite la seguente espressione:

D=¿t / (log N0 - log NS)

dove t è il tempo per distruggere il 90% della popolazione iniziale, N0 è la popolazione


iniziale ed NS è la popolazione sopravvissute. Le figure che si ottengono andando a
plottare i valori di questo parametro sono dette “curve di sopravvivenza” ed esprimono
il numero di colonie formanti (UFC) per unità di volume rispetto al tempo di
trattamento. Questi grafici sono tracciati su scala semi – logaritmica, con le UFC
riportate sull’asse delle ordinate ed il tempo sull’asse delle ascisse. Pertanto,
l’andamento di una singola linea, come è riportato in figura 10, indica quale relazione

22
sussiste tra la concentrazione dei sopravvissuti ed il tempo di trattamento. Quindi
l’inattivazione degli agenti infettivi da parte degli ossidanti chimici segue generalmente
la legge di Chick come è illustrato dalla seguente equazione:

log ¿ ¿N(t) / N0] = - k · t

dove N0 è la concentrazione iniziale e k è la costante detta “Death rate” e il valore di D –


Value è riportato come il tempo per una riduzione logaritmica in base 10 (log10).

Figura 9. Riduzione logaritmica vs D – Value [8]

Il lavoro sperimentale condotto fino al giorno d’oggi per analizzare l’effetto germicida
del plasma freddo a pressione atmosferica ha dimostrato che le curve di sopravvivenza
assumono forme diverse a seconda del tipo di microrganismo, il tipo di trattamento
adottato: “trattamento diretto” o “trattamento indiretto” e il gas utilizzato. Quest’ultimo
fattore, in modo particolare, assume un ruolo decisivo per mostrare gli effetti delle
specie reattive sulla distribuzione dei batteri. Pertanto, a causa della natura chimica
dell’ambiente del gas in cui viene generato il plasma, variazioni del tempo di
trattamento portano a generare una diversa quantità di specie reattive e, di conseguenza,
a diversi effetti sui microrganismi trattati. In generale, tempi di trattamento più lunghi
portano ad una maggiore riduzione della carica microbica. Tuttavia, trattamenti
prolungati possono anche influire negativamente sulla morfologia cellulare.
Inoltre il tempo di trattamento è limitato dal tempo di
transito degli organismi attraverso la regione del plasma. Infatti per una geometria tipica
della sorgente e una velocità del flusso d’aria attraverso un dispositivo, il tempo di

23
transito può essere dell’ordine dei millisecondi. Tuttavia, diversi studi sperimentando il
passaggio di bioarosol attraverso una scarica DBD hanno osservato una riduzione dei
microrganismi di circa log 1,5 – 3,5 per un tempo di trattamento nell’intervallo di 0,2 –
0,6 ms. Ciò è merito principalmente delle specie reattive di breve durata come i radicali
O e OH, i quali riescono a diffondersi in una goccia di dimensioni micrometriche che è
simile alla lunghezza di diffusione reattiva dei seguenti radicali.

3.2 Effetto sanitizzante in funzione del tempo di trattamento

Per fare fronte a quanto detto precedente, sono stati effettuati diversi test per attestare
l’attività biocida delle specie ossidanti formate via plasma non termico in funzione del
tempo di trattamento.
La società “Jonix S.p.a.” per mostrare l’efficacia dei propri dispostivi per quanto
riguarda la riduzione di microrganismi, ha eseguito prima delle prove andando a
inoculare diversi microrganismi direttamente in piastre di agar e dopo andando a
collocare i dispositivi all’interno di ambienti caratterizzati da una contaminazione
microbica più elevate di quella rilevabile in un ambiente domestico. Nella prima fase le
piastre sono state collocate su scaffali e soggette a trattamento lasciando lo ionizzatore
utilizzato accesso per tutta la durata della prova. Il sanificatore utilizzato prevedeva 4
reattori al plasma con una tensione applicata in ciascuno di essi di 3 kV. Invece la
portata d’aria non è stata specificata anche se tuttavia l’azienda ha dichiarato che il
dispositivo è capace di trattare portate da 500 – 3000 m 3/h. Inoltre il dispositivo
conteneva tre filtri HEPA. Tra i vari microrganismi testati, rispetto ai quali è stata
verificata l’attività biocida dell’aria NTP vi sono Staphylococcus aureus (batterio Gram
– positivo, asporigeno, aerobio) e Aspergillus niger (fungo – Muffa). Le piastre sono
state trattate per diversi tempi 0 (controllo), 30, 60, 90, 120 min e 12 e 24 h con lo
ionizzatore. Ad ogni tempo sono stati analizzati cinque campioni. Dopo il trattamento
sono state incubate ad una temperatura compresa tra 25 e 37º C per 2-5 giorni a seconda
del microrganismo. Di seguito sono riportati i risultati delle prove.

24
Figura 10.Variazione concentrazione Staphilococcus auerus [9].

Figura 11. Variazione concentrazione Aspergillus niger [9]

Come si può evincere dai risultati delle prove sopra indicate, l’effetto di riduzione
microbica che si ottiene mediante il sistema di ionizzazione dell’aria Jonix è elevata,
permettendo di inibire completamente entro le 24 h gran parte di batteri. Per avere la
completa inattivazione delle muffe occorre un trattamento pari a 36 - 48 h.

Nella seconda prova sono stati confrontati due fan coil collocati in una stanza di 25 m 3,
uno dotato di due sorgenti NTP mentre l’altro non conteneva nessun dispositivo
sanificante. Entrambi i dispositivi sono stati settati a funzionare ad una portata d’aria di
ricircolo di 320 m3/h e fatti lavorare per un tempo pari a 7 giorni. La contaminazione è
stata effettuata con una soluzione contenente 106 CFU/ml di Aspergillus brasiliensis (ex
Niger) ed è stata applicata su entrambi i fan coil.

25
Figura 12. Andamento della carica batterica aerodispersa nella stanza di prova [10]

Figura 13. Andamento di muffe e lieviti aerodispersi nelle stanze di prova [10]

Dai seguenti grafici si può notare come sia la carica batterica che la muffa tendono a
diminuire in modo significativo nella camera contenete il dispositivo Jonix per tempi di
trattamento sempre più lunghi. Infatti, per quanto riguarda il batterio S. epidermis si è
passati da 620 UFC/m3 rilevati al tempo zero (t = 0 ore) a 20 UFC/m 3 dopo 48 ore. Per
la muffa si è passati da 280 UFC/m 3 al tempo zero a 20 UFC/m 3 dopo 3 giorni. Inoltre la
società Jonix ha testato anche l’attività biocida del proprio sanificatore d’aria dotato di
due reattori al plasma senza la presenza di filtri, nei confronti del virus SARS – CoV –
2. I risultati ottenuti hanno riportato un abbattimento della carica virale pari a
99,99999% (log 7) dopo solo 30 minuti di esposizione, superando nettamente il livello
di abbattimento previsto dalle norme tecniche (log 4).
I benefici portati dalla tecnologia a plasma freddo hanno spinto anche la società WellAir

26
a impiegare tale sistema nei loro sanificatori ed a valutare la capacità del proprio
dispositivo Novaerus di neutralizzare il bioaerosol trasportati dall’aria mediante test
sperimentali, collocando esso all’interno di una camera di prova di 15 m 3. Il sanificatore
utilizzato in questo caso era dotato di 2 reattori al plasma con una tensione applicata in
ciascuno di essi di 4 kV. La portata d’aria non è stata specificata anche se tuttavia
l’azienda ha dichiarato due livelli di velocità che cambiano da 220 a 300 m 3/h. Inoltre il
dispositivo conteneva due filtri HEPA. Tra i vari microrganismi, anche in questa
occasione, sono stati tratti il batterio staphylococcus epidermis (Gram – positivo) e
come spora fungina l’Aspergillus niger ai fini di confrontare la riduzione logaritmica
con il test di controllo. Queste prove di controllo sono servite come base per
determinare il tempo necessario per ottenere una importante riduzione dei microbi. Il
bioaerosol è stato diffuso all’interno della camera mediante un nebulizzatore mentre per
analizzare correttamente l’efficienza del dispositivo sono state eseguiti test per tempi di
trattamento da 4 e 6 ore.

Figura 14. Riassunto della riduzione netta logaritmica della concentrazione di bioaerosol [11]

Le prove effettuate con il generatore NTP acceso hanno determinato una riduzione
vitale pari a log 4.4 (99,9 - 99,99 % di riduzione) dopo 6 ore di trattamento per
S.epidermis e anche per il virus Batteriofago MS2 (surrogato del SARS – CoV -2 ),
mentre è stata rilevata una riduzione logaritmica pari a log 2.90 ( 99 – 99,9 % di

27
riduzione) sempre dopo 6 ore di trattamento per la muffa A. niger. La figura 18 mostra
la media dei risultati rilevati dai tre test eseguiti per ogni microrganismo.

Alla luce di quanto è stato esposto è possibile affermare l’efficacia del trattamento
sanificante con tecnologia plasma non termico. Dai grafici è possibile osservare come le
muffe tendono a diminuire nell’aria con una cinetica diversa rispetto a quella rilevata
per i batteri. I microrganismi più resistenti all’azione degli agenti inattivanti plasma
sono risultate le spore fungine in quanto le prove sperimentali hanno evidenziato una
diminuzione meno repentina sia in termini di unità colonie formanti (UFC) e sia in
termini di riduzione logaritmica (Log R) in funzione del tempo di trattamento. Le analisi
evidenziano anche come i microrganismi subiscono una riduzione intorno al 50 – 70 %
quando vengono utilizzati i dispostivi dotati di generatori NTP, rispetto a quando essi
erano spenti. Da ciò si può dedurre che circa il 50% dei microrganismi è stato ucciso da
specie ossidanti prodotte da generatore NTP. Il lieve calo rilevato nella prova di
controllo è da imputare al fatto che la camera veniva mantenuta isolata dall’ambiente
esterno, fonte di contaminazione ambientale. Sulla base di quanto è stato ottenuto
durante le varie prove sperimentali è possibile affermare come il trattamento con il
dispositivo NTP svolge effetti postivi, andando a:

 tempi più lunghi ridurre e gradualmente azzerare il numero di microrganismi


vitali.
 prevenire la colonizzazione, in quanto i microbi sopravvissuti verrebbero subito
uccisi o inattivati impedendone l’ulteriore accrescimento.

3.3 Effetto dei reattori al plasma

Nonostante i vantaggi delle sorgenti NTP che includono la rimozione di inquinanti


organici e di microrganismi, tuttavia sono presenti alcune preoccupazioni che limitano
l’applicazione dei sanificatori d’ara per l’ambiente interno. Una di queste
preoccupazioni è legato al consumo energetico e al tasso di generazione di ozono e di
ossidi di azoto. L’efficienza dei sanificatori d’aria dipende dal risultato di diversi
parametri che riguardano le configurazioni e la tipologia di elettrodi e le dimensioni dei
generatori NTP, i quali, a loro volta, sono un metro dominante sul consumo specifico di

28
energia immessa nel sistema (SIE) e il tasso di generazione di ozono. Tuttavia Bahri et
al [12] per studiare gli effetti dei seguenti parametri di progettazione sulle prestazioni
del sistema hanno eseguito una serie di esperimenti in cui il volume effettivo della zona
di plasma è stato modificato modificando le lunghezze degli elettrodi interni. Gli
esperimenti sono stati eseguiti per quattro diverse configurazioni dell’elettrodo di terra
tra cui acciaio inossidabile con due dimensioni di maglia di 600 µm (SS – T) e 90 µm
(SS – F), foglio di alluminio (Al) e pasta d’argento (Ag). Le prove sono state eseguite
con una portata d’aria impostata a 0,36 m 3/h, ad una temperatura ambiente pari a (21±1
ºC) ad una frequenza impostata su 60 Hz e con un valore di pressione ed air-gap sempre
costanti. Pertanto è stato osservato come variando la lunghezza dell’elettrodo interno è
aumentato il consumo energetico. Questo risultato è legato di conseguenza alla richiesta
di livelli di energia più elevati per la ionizzazione tra due molecole esistenti tra due
elettrodi essendo aumentato il volume effettivo della zona di plasma. Mentre, dall’altra
parte, la diminuzione della lunghezza dell’elettrodo interno richiede una quantità
maggiore di tensione per ottenere l’accensione del plasma. Infatti secondo la definizione
di tensione di Breakdown l’accensione del plasma è una funzione della pressione e della
distanza tra gli elettrodi. Poiché la pressione e l’air - gap sono mantenuti costanti in tutti
gli esperimenti, allora è stato postulato dagli stessi autori come la riduzione della
lunghezza dell’elettrodo implica la diminuzione della superficie esposta alle molecole
d’aria. Pertanto la diminuzione della superficie effettiva dell’elettrodo provoca la
formazione di meno scariche nella zona di plasma all’interno del reattore e quindi porta
ad una diminuzione della possibilità di rottura del gas. Dunque per mantenere acceso il
plasma occorre una tensione maggiore. Tendenze simili sono state osservate per tutti i
tipi di elettrodi di terra presi in considerazione e per diverse lunghezze dell’elettrodo
interno. I risultati sono visualizzabili nell’immagine a sinistra della figura 15.

29
Figura 15. Effetto dell'aumento del consumo di potenza all'aumentare della lunghezza dell'elettrodo interno per tutte
le configurazioni dell’elettrodo di terra (immagine a sinistra). Effetto della lunghezza dell’elettrodo interno nella
generazione di ozono (immagine a destra) [12].

Invece l’immagine a destra della figura 15 evidenzia come un aumento della lunghezza
dell’elettrodo interno che si traduce in una accensione del plasma ad una tensione
inferiore e quindi in una precedente accensione, provoca per di più un aumento del tasso
di generazione di ozono per una data energia specifica, essendo la quantità di SIE
proporzionale alla tensione.

60 VI
SIE=
Q

dove V è la tensione applicata, I è la corrente di scarica, Q è la portata del gas e 60 è un


fattore di conversione. È stato osservato che a influenzare la variazione della quantità di
ozono prodotto è anche la configurazione dell’elettrodo di terra, piuttosto che il metallo
con cui è realizzato. Pertanto la differenza tra le quantità di ozono generate per le due
diverse maglie di acciaio inossidabile (600 µm (SS -T) e 90 µm (SS-F)), come è
mostrato in figura 16, conferma come la conduttività dell’elettrodo di terra non può
essere un parametro efficace nella produzione di ozono. Dunque, la configurazione
dell’elettrodo di terra è il fattore dominante sulla generazione di ozono piuttosto che il

30
materiale. Pertanto la figura 16 mostra ciò che è stato scritto pocanzi. Evidenzia che per
una data lunghezza effettiva dell’elettrodo interno e una dato SIE, il tasso di
generazione dell’ozono cambia cambiando l’elettrodo di terra. La sequenza dei tassi di
generazione dell’ozono misurati per diverse configurazioni dell’elettrodo di terra è
risultato: Ag > Al > SS-F > SS-T per tutte le diverse lunghezze dell’elettrodo
interno. Il fatto che l’elettrodo Ag mostra prestazioni più elevate è stato
dimostrato dagli stessi autori anche mediante circuito elettrico. Nel circuito elettrico
equivalente studiato lo stato dielettrico, l’Air – gap e il vuoto tra l’elettrodo di terra e lo
stato dielettrico sono state considerate come capacità. La presenza tra qualsiasi piccolo
spazio tra barriera dielettrica e l’elettrodo di terra provoca scariche al di fuori del
reattore, pertanto l’energia utilizzata per ionizzare questa aerea è stata considerata come
energia sprecata. Quando è stato utilizzato l’argento il quale è stato fissato sulla
superficie della barriera dielettrica, essendo una pasta di strato, è stato osservato un
annullamento del vuoto tra l’elettrodo di terra e il dielettrico. Pertanto questa
eliminazione ha garantito una maggiore energia di ionizzazione nell’air – gap la quale
ha generato un più alto tasso di generazione di ozono. Invece la presenza di più vuoti
nella maglia dell’elettrodo SS-T ha provocato un aumento della quantità di energia
sprecata.

31
Figura 16. Effetto dell’energia specifica in ingresso sul tasso di generazione dell’ozono [12]

L’aumento delle dimensioni della sorgente, e quindi aumentando la distanza tra gli
elettrodi, ha individuato una richiesta di SIE maggiore per ottenere lo stesso livello di
concentrazione di ozono. Per studiare l’effetto della dimensione del reattore sulla
velocità di generazione dell’ozono, la dimensione del generatore è stata aumentata del
10%, che ha provocato un aumento dello spazio tra gli elettrodi del 14%, nonché circa il
5% di aumento dello spessore del dielettrico. Dal grafico in figura 17 è possibile
osservare come la stessa dose di ozono ottenuta applicando un SIE pari a 200JL -1 ad un
generatore con una determinata dimensioni degli elettrodi (reattore 2) , può essere
ottenuta applicando un SIE pari a 150 JL-1 utilizzando elettrodi con diametri inferiori
(reattore 1).

32
Figura 17. Effetto dell'aumento della dimensione del generatore sul tasso di generazione dell'ozono [12]

Inoltre, Zhou et al [14] hanno esaminato l’efficacia di inattivazione dei reattori a


seconda della loro disposizione d’installazione. In modo particolare, sono state
confrontate due unità al plasma posizionate orizzontalmente e due verticalmente (con un
diametro di 3,8 cm e una lunghezza di 18 cm) rispetto al flusso d’aria. Tuttavia, è stato
riscontrato un’efficienza di disinfezione pari solo al 31,6% quando gli attuatori sono
paralleli al bioaerosol mentre per gli attuatori installati in direzione perpendicolare al
flusso è stato ricavato un valore pari al 47%. Le due unità al plasma non hanno
mostrato un effetto di inattivazione schiacciante rispetto ad una sola unità al plasma.
Anche se il numero di ioni negativi è aumentato, però non è stato raddoppiato come si
attendeva. Nel caso degli attuatori in posizione orizzontale il motivo è stato associato
alla distanza molto ravvicinata tra i due generatori di plasma, dove l’unità sottovento
bloccava la diffusione degli ioni negativi generati dall’unità sopravento. Ciò spiega
anche il motivo per cui la loro l’efficienza di disinfezione è inferiore rispetto al caso
delle due unità in posizione verticale. Invece nel caso delle due unità al plasma
posizionate verticalmente, il flusso d’aria veniva bloccato dai due tubi diventando
instabile e oscillando nella parte sottovento delle due unità al plasma che può essere
osservato nel campo di velocità mostrato in figura 18. La figura sottostante mostra il
confronto dell’efficienza di disinfezione per due diverse configurazioni di installazioni.

33
Figura 18. Confronto del campo di velocita del flusso d’aria, numero di ioni, differenza di potenziale e
concentrazione di batteri per i due attuatori al plasma posizionati verticalmente (immagine a sinistra ) e
orizzontalmente (immagine a destra).

3.4 effetto della velocità del flusso d’aria

Un altro parametro che influisce sulle prestazioni dei sanificatori d’aria a plasma non
termico è il tasso di aria che viene sanificato in un preciso lasso di tempo, detto anche
CADR (Clean Air Delivery Rate), ovvero è un valore che indica il volume di aria pulita
emessa da un sanificatore in un’ora. È un parametro che è strettamente connesso con la
velocità della ventola, tempo di trattamento e le dimensioni della stanza. Infatti,
variando la velocità del flusso d’aria varia anche il tempo di contatto del bioarosol con
le specie reattive generate dai sanitizzanti e la percentuale di aria trattata.
Pertanto, la società WellAir per valutare il livello di funzionamento del proprio
dispositivo “Novaerus NV950”, lo ha fissato alla parete di una stanza di forma quadrata
di dimensioni standard avente un volume di 23 m3. Il sistema è stato fatto funzionare a
due diversi valori di tasso d’aria , in modo particolare, a 136 m 3/h e a 167 m3/h. Com’è
riportato nel grafico in figura 19, dopo vari test effettuati è stato osservato come
all’impostazione più bassa della velocità, 136 m 3/h, sono stati necessari 24 minuti prima
che la stanza fosse completamente riempita di aria trattata mentre il 90% è stato
raggiunto dopo 17 minuti; quindi è facilmente deducibile come il tasso di cambiamento
dopo questo punto ha subito una riduzione sostanziale. In confronto, per l’impostazione

34
della velocità più elevata, 167 m 3/h, sono stati necessari 21 minuti per il ricambio
completo mente il 90 % è stato raggiunto in 15 minuti.

Figura 19. frazione di volume tratta in funzione del tempo [13]

La misura del tasso d’aria che viene associato ad ogni sanificatore d’aria è un valore
medio e non diviso per le varie particelle. Questo perché entrano in gioco diverse
variabili che non permettono una misurazione perfetta. Due di queste variabili sono la
velocità della ventola e la prestazione del filtro che nel tempo può usurarsi.
Grazie alla simulazione fluidodinamica computazionale CFD (Computational
Fluid Dynamics) è stato tracciato anche l’andamento del flusso all’interno della stanza
al fine di esaminare e comprendere la natura della miscelazione dell’aria all’interno del
sanificatore. Le simulazioni ottenute hanno permesso di dimostrare come il
posizionamento del dispositivo al centro di una parete è una collocazione ottimale sulle
prestazioni di miscelazione dell’aria in una stanza. Ciò è avvalorato anche dal design del
modello dove l’aria è stata aspirata da un canale centrale mentre il rilascio dell’aria
trattata è avvenuto perpendicolarmente all’ingresso. Infatti, questo ha creato un flusso
d’aria pulito ed uniforme lungo le pareti laterali verso l’estremità opposta della stanza,
mentre la circolazione dell’aria sanitizzata nell’area centrale è stata promossa
dall’aspirazione da parte della ventola del sanificatore. Dalle immagini fluidodinamiche
(figura 20), le quali mostrano il profilo del flusso di aria pulita dopo diversi minuti di

35
funzionamento del sanificatore, è evidente come l’ultima sezione di aria contaminata
che viene sanificata è quella intorno all’area del dispositivo. Questo è evidenziato dalle
aree di colore blu presenti nell’immagine a destra della figura sottostante.

Figura 20. frazione di volume d'aria pulita dopo 64 secondi e 10 minuti di funzionamento[13].

Figura 21.traiettoria iniziale del flusso d'aria sanitizzata fuoriuscita dal dispositivo [13].

36
CAPITOLO 4
MISURE DELLE SPECIE PRODOTTE DAI
SANIFICATORI D’ARIA A PLASMA FREDDO

4.1 Applicazioni indoor del plasma non termico.

L’inquinamento delle abitazioni e dei luoghi di lavoro sta diventando un problema


sempre più significativo tale da nuocere sulla salute delle persone che vivono e
frequentano questi ambienti. Pertanto, il miglioramento della qualità dell’aria è una
sfida che comincia con lo scoppio delle prime malattie che ha incentivato a trovare
soluzioni, come sistemi di riscaldamento, di ventilazione e sistemi di aria condizionata,
per garantire ambienti più sanificati. Le recenti diffusioni di virus letali avvenute
nell’ultimo secolo hanno aumentato la consapevolezza dei pericoli dei microrganismi
trasportati dall’aria negli ambienti interni. Le tecniche utilizzate per ottimizzare la
condizione sanitaria dei luoghi di lavoro sono molteplici, passando dagli impianti di
trattamento dell’aria a dispositivi mobili indipendenti. Esistono diversi metodi che
includono solo lampade UV, o l’ozono che non sono capaci di ridurre il particolato e
certi livelli di contaminazione microbica. Tuttavia, molti di questi metodi non si sono
dimostrati un mezzo efficiente e conveniente per eliminare i virus trasportati dall’aria.
Molti si basano solo sull’utilizzo di filtri ad alta efficienza (HEPA) per rimuovere gran
parte dei microrganismi. I filtri HEPA sono efficaci nell’intrappolare particelle di
dimensioni fino a 0.5 micron; dunque, diversi studi hanno dimostrato che non sono
altrettanto efficaci nel catturare i virus trasportati dall’aria, che sono tra i più piccoli
microrganismi (20 – 300 nm). Pertanto, nell’ultimo decennio, il
plasma freddo è stato al centro della ricerca per migliorare la sanificazione dell’aria da
contaminanti biologici. Infatti, diversi casi studi dimostrano come il plasma non termico
inattiva virus e batteri. L’unico aspetto negativo legato a questo
ambito riguarda i pochi studi scientifici svolti per sanificare l’aria. Inoltre, i pochi
ricercatori che sono riusciti a sviluppare dispostivi al plasma per decontaminare un
flusso d’aria in movimento hanno dimostrato, a prescindere dai risultati, come questa
tecnologia è facilmente applicabile e flessibile a numerosi contesti.

37
Sebbene, al giorno d’oggi,
sono presenti in commercio diversi dispositivi di sanificazione che utilizzano la
tecnologia a plasma freddo, i quali si differenziano in base al principio di
funzionamento, è possibile suddividere queste tipologie di macchine in tre macroaree:

 Stand alone: si tratta della tipologia più semplice da utilizzare in quanto non
necessita di installazione e sono macchinari che solitamente vengono utilizzati
per ambienti ristretti, come singole stanze. Per farli funzionare è sufficiente
posizionarli all’interno della stanza e collegarli alla corrente elettrica. Sono
capaci di sanificare portate d’aria da 40 m 3/h fino anche a 1000 m 3/h a seconda
del modello

 Da installazione: questa categoria di sistemi di sanificazione a ionizzazione


invece prevede l’installazione della macchina su pareti o soffitti. Viene applicata
in ambienti medio – grandi come sale d’ufficio, palestre, ristoranti tale da
sanificare portate d’aria fino a 5000 m3/h.

 Da impianto: questa categoria permette di sanificare elevate portate d’aria, fino a


30000 m3/h. Vengono installati sui canali di areazione degli edifici o
direttamente su un impianto di ventilazione.

Nel corso degli ultimi anni, sono stati condotti numerosi studi su scala di laboratorio al
fine di aumentare la conoscenza sugli effetti prodotti da sistemi a tecnologia a plasma
non freddo in varie applicazioni. A questo proposito i successivi paragrafi si focalizzano
ad evidenziare la potenzialità e i vantaggi dei sanificatori d’aria a plasma freddo
confrontando i diversi test clinici e casi studio effettuati da diverse aziende come Jonix,
WellAir che presentano già sul mercato efficaci dispositivi.

4.2 Effetti e misurazione degli ioni

La presenza di ioni negativi nell’atmosfera emessi dagli ionizzatori d’aria NTP


promettono un aumento del benessere e un miglioramento della salute. Infatti, lo stato

38
dell’arte sugli effetti biologici delle particelle eccitate, grazie ad una sufficiente quantità
di dati, ha dimostrato come gli ioni negativi, soprattutto ioni di ossigeno, abbiano effetti
benefici all’interno dell’organismo delle persone oltre a impedire la diffusione di batteri
nell’aria. È importante, allo stesso tempo, sottolineare che tutto ciò si verifica se ioni
negativi e positivi sono presenti in natura in uguale proporzione; poiché se si verificasse
uno squilibro a favore degli ioni positivi verrebbe favorita l’insorgenza di disturbi e
malesseri di diverso tipo. Tuttavia, questo squilibrio, nell’ultimo decennio, è sempre più
legato al progressivo inquinamento atmosferico e all’evoluzione tecnologica che
producono un aumento di ioni positivi e anche un abbassamento totale degli ioni, tale da
costringere l’uomo a respirare aria impoverita di ioni.
Dunque, gli ionizzatori grazie alla tecnologia NTP producono ioni artificialmente che
permettono di ristabilire l’equilibrio ottimale negli ambienti di vita. È stato dimostrato
come l’esposizione a ioni negativi provoca un effetto benefico sul recupero del sistema
endocrino e cardiovascolare dopo un esercizio e una riduzione dello stress durante un
lavoro al computer. Rispetto all’assenza di ioni negativi si è infatti visto un
abbassamento della pressione sanguigna dopo il periodo di recupero da una attività
fisica e una diminuzione dei livelli di cromogranina A (considerato un indicatore
biologico dello stress) [14].
Analogamente, uno studio effettuato in otto località diverse su parecchi
locali come uffici sale di controllo ha dimostrato come l’effetto combinato di
ionizzazione e filtrazione dell’aria provoca riduzioni sostanziali dei sintomi di malattia e
un miglioramento in termini di produttività lavorativa. I risultati hanno dimostrato una
riduzione del 57% dei sintomi di stress ambientale al lavoro, una riduzione del 59% dei
principali sintomi di stress respiratorio e una del 71% dei casi di mal di testa. Questo ha
portato un aumento della produttività compreso tra il 5 e il 10% [15].
In uno studio effettuato da Zhou et al [16], è stata analizzata
la distribuzione degli ioni negativi da parte di attuatori al plasma (con un diametro di 3,5
cm e una lunghezza di 18 cm), collocati all’interno di un condotto di ventilazione a
grandezza naturale. La concentrazione degli ioni negativi emessa da generatori NTP è
stata valutata a diverse velocità del flusso d’aria. Dai risultati ottenuti è emerso come la
concentrazione di ioni è aumentata con la velocità acquisendo, in prossimità degli
attuatori al plasma, un valore massimo pari a 1,097 · 1012 ioni/m3, 1,219 · 1012 ioni/m3,
1,444 · 1012 ioni/m3 per velocità dell’aria rispettivamente di 2.0, 3.5 , 5.0 m/s.

39
Allo stesso modo è stata osservata una diminuzione drastica
del livello di ioni per distanze sempre più elevate dagli attuatori. Il motivo è stato
associato al piccolo coefficiente di diffusione degli ioni.

Figura 22. Campo di velocita, numero di ioni, differenza di potenziale e concentrazione di batteri per velocità del
flusso d’ara pari a 3,5 m/s [16].

Per determinare la distribuzione del campo di velocita, e la differenza di potenziale e la


concentrazione degli ioni a valle degli attuatori al plasma e il loro impatto
sull’inattivazione degli agenti patogeni è stato utilizzato un programma di simulazione
computazionale fluidodinamica. Come mostra la figura 22 è stato notato una differenza
di potenziale più alta e una concentrazione di batteri quasi nulla nella zona del tubo al
plasma dove gli ioni negativi hanno affluenza massima. Ciò dipende anche dall’effetto
del flusso d’aria intorno al tubo cilindrico circolare. Pertanto, è stato assunto una
diminuzione dell’efficacia di disinfezione quando ci si allontana dal tubo di plasma
perché si verifica una riduzione di ioni negativi. Il trattamento eseguito ad una velocita
del flusso pari a 5 m/s ha procurato un aumento dell’efficienza di disinfezione dal 32 %
al 42% rispetto ad una velocità di 2 m/s. Per quanto riguarda le analisi effettuate dalle
varie società che hanno come finalità lo studio di fattibilità di un nuovo sistema di
sanificazione d’aria basata su tecnologia NTP, consistono di fornire una serie di dati
attendibili che indicano quali siano le potenzialità di questa tecnologia. Pertanto, la

40
società “Jonix.S.p.a” svolgendo lo stesso esperimento, ossia collocando due attuatore di
plasma ognuno fatto funzionare con una tensione pari a 3kV, all’interno di una condotta
in acciaio da 30 cm e lunga 12 m, dove è stata fatta passare una portata d’aria a 130
m3/h ha misurato una concentrazione di ioni negativi pari a 1,0 · 1010 ioni/m3 e una
concentrazione di ioni positivi pari a 1,5 · 1010 ioni/m3. Entrambi i generatori al plasma
sono stati posizionati all’interno della condotta in direzione perpendicolare al flusso
d’aria.

4.3 Misure ed effetti dell’ozono

Uno dei maggiori problemi che le varie aziende produttrici di sanificatori d’aria a
plasma freddo hanno dovuto affrontare per ottenere le certificazioni che tutelano la
salute e il benessere abitativo riguarda la produzione di ozono L’ozono (O 3) è una
molecola metastabile prodotta a partire dall’ossigeno elementare (O 2) e formata da 3
atomi di ossigeno. Pertanto, la reazione di formazione dell’ozono è la seguente:

O + O2 +M → O3 +M

Questo terzo atomo di ossigeno rende l’ozono fortemente instabile, ossia molto incline a
reagire velocemente con altre sostanze tale da renderlo un forte ossidante. In
determinate concentrazioni è in grado di abbattere microrganismi, mentre quando è
presente in elevata dose è dannoso per la salute delle persone causando problemi
respiratori e polmonari. Sebbene tra le varie specie reattive che si formano nel plasma
non termico vi è l’ossigeno atomico, che si contraddistingue dalle altre particelle per la
sua disposizione a rimuovere impurità organiche a beneficio della salute, se però viene
prodotto in grandi quantità causa la formazione di un elevata concentrazione di ozono.
Per verificare il livello di ozono emesso, la società
“Jonix S.p.a.” in collaborazione con il laboratorio di analisi e ricerca di chimica
applicata di Pisa (ARCHA) ha effettuato mediante opportune metodiche analitiche
diverse misure per comprendere la concentrazione prodotto all’interno della camera di
sperimentazione dove è stato installato. I due attuatori al plasma sono stati installati
all’interno di un fain coil e sono stati applicati ad essi una tensione nominale pari a 3,0
kV. Il fan coil dotato del dispositivo Jonix è stato settato ad una portata d’aria di 320

41
m3/h. La stima del valore di concentrazione dell’ozono è avvenuta mediante uno
specifico misuratore caratterizzato da un range di lettura tra i 0,01 ppm e i 3,0 ppm. Ai
fini di valutare la cinetica di accumulo la misura è stata effettuata al tempo zero e
proseguita per le successive 24 ore.

In figura viene riportato il grafico dei valori di ozono acquisiti dall’analizzatore.

Figura 23. Curva di concentrazione di ozono emessa dal dispositivo Jonix [10]

Lo stesso esperimento è stato condotto anche dalla società “WellAir” utilizzando un


dispositivo marchiato Novaerus. In questo test il dispositivo è stato collocato all’interno
di una camera di prova avente una profondità di 2.4 m, un’altezza di 3 m, una capienza
volumetrica di 31.3 m3 e mantenuta ad una temperatura di 25 ± 2º C. Tra gli elettrodi
del generatore del plasma è stata applicata una tensione pari a 4kV. Il dispositivo è
stato fatto funzionare ad una portata d’aria paria a 80 m 3/h. Il misuratore d’ozono in
questo caso è stato collocato a 50 mm dall’uscita del flusso d’aria dell’apparecchio e
l’emissione è stata monitorata per 24 ore. I risultati ottenuti sono visualizzabili nel
grafico in figura 24.

42
Figura 24. Curva di concentrazione di ozono misurata in prossimità del dispositivo Novaerus [17]

Dal confronto dei grafici emerge subito che per entrambi i dispositivi il livello di ozono
all’interno della stanza di prova rimane costantemente intorno al valore di 0.030 ppm
senza alcuna variazione significativa di ozono nel lasso di tempo in cui è stato eseguito
il test. Entrambi i dispositivi erano privi di filtri mentre per quanto riguarda le
condizioni ambientali all’interno della camera di prova solamente Novaerus ha fornito i
valori. Pertanto, il test è stato eseguito all’interno di una stanza avente una temperatura
tra i 23.7 – 26.3 ºC e una umidità relativa tra i 50.2 – 51.2 %.
Il valore massimo di ozono registrato in prossimità del dispositivo
Jonix è stato di 0.034 ppm in seguito ad un test svolto per verificare l’uniformità nella
distribuzione di ozono all’interno del dispositivo, essendo l’attuatore posizionato
lateralmente all’interno del fan coil rispetto al flusso d’aria. Pertanto, l’area d’uscita
intono al generatore è stata suddivisa in tre zone ed in ognuna è stata eseguita la misura
di ozono per 40 minuti. Dai grafici riportati è possibile osservare chiaramente come vi
sia una netta concentrazione dell’ozono nella zona tre nella quale era presente
l’attuatore al plasma di Jonix, posizionato ad una estremità del fan coil.

43
Figura 25. livelli di ozono in uscita dal fan coil [10]

I dati riportati in figura 25, relativi alla distribuzione di ozono sono utili per valutare un
diverso posizionamento del generatore NTP con il fine di trovare l’eventuale posizione
ottimale in modo da avere una più omogenea diffusione della specie ossidante.
La massima concentrazione misurata, all’interno della camera di prova dov’è stato
collocato il dispositivo Novaerus 200 dopo il suo funzionamento, è stata di 0.036 ppm.

A causa degli effetti dell’ozono sull’uomo e sull’ambiente, la normativa europea e a


seguire quella italiana hanno regolamento i valori limiti e gli obiettivi di qualità per la
concertazione nell’aria ambiente dell’ozono, sia a breve che a lungo termine. Tuttavia,
come viene riportato dal WHO (Word Health Organization) nella pubblicazione “Air
Quality Guidelines for Europe” e dal Decreto Legislativo 155/2010, è stato fissato come
soglia di allarme oltre il quale sussiste un rischio per la salute umana, un valore pari a
0,050 ppm per un tempo di esposizione pari a 8 ore, mentre è stato stabilito un limite
pari a 0,100 ppm per un tempo di esposizione pari ad 1 ora. Le concentrazioni di ozono
precedentemente citate sono superiori alla soglia di odore a cui l’ozono può essere
percepito 0,02 ppm. Tuttavia la cosa più importante è che i livelli di ozono misurati
all’interno della stanza non hanno superato limiti stabiliti dalla normativa per un tempo
di funzionamento maggiore di 8 ore. In conclusione, i valori ottenuti risultano molto
promettenti in quanto sono stati ottenuti senza l’utilizzo di filtri o tecnologie alternative.
Pertanto la combinazione con altre tecnologie esistenti fanno pensare ad un ottima
soluzione per diminuire i livelli di emissione di ozono e aiutare a migliorare
l’inattivazione di microrganismi. In ogni caso l’attuale situazione risulta cautelativa e

44
ulteriori ricerche devono essere focalizzate in questa direzione poiché la generazione di
ozono rimane il principale ostacolo dei generatori NTP per diventare un comune
dispositivo.

4.4 limitazioni, sfide e opportunità.

Nonostante i numerosi vantaggi e le potenzialità, la tecnologia del plasma freddo ha


anche diverse limitazioni. Uno dei maggiori problemi è l’incapacità di controllare la
chimica della fase gassosa quando si utilizza l’aria, dato che varia a seconda delle
condizioni nell’atmosfera. Infatti, ciò si ripercuote nella produzione di ozono poiché in
condizioni atmosferiche sono necessarie tensioni più elevate per generare il plasma e
inattivare virus, questo comporta a generare un tasso di ozono e ossidi di azoto sempre
più elevato. Inoltre, anche la configurazione degli attuatori al plasma, le condizioni
operative dei sanificatori sono altrettanti parametri che le varie aziende produttrici
devono tenere in conto. Il loro fine è di realizzare dispostivi sempre più ottimali
cercando di immettere in aria un tasso di ozono sempre più basso. Diversi studi hanno
confermato che aumentando la corrente e la tensione di scarica aumenta chiaramente la
generazione di O3 e NOx. La cinetica di reazione della formazione di ozono e ossidi di
azoto può essere ottimizzata controllando i parametri operativi, tra cui la densità di
potenza, la frequenza, la larghezza dell’air -gap tra gli elettrodi e la loro configurazione.
Nella discussione sui fattori che hanno
un impatto sul tasso di emissione di ozono, la maggior parte dei ricercatori hanno dato
molta attenzione anche all’umidità (RH). Timmermann et al [18]. hanno analizzato
come condizioni di umidità dell’aria elevate favoriscono una minore produzione di
ozono. Infatti, l’ozono quando è in contatto con le molecole dell’acqua si presenta ad
essere più instabile; formando a sua volta radicali liberi come il radicale idrossile OH il
quale può aiutare nella formazione di perossido di idrogeno (H 2O2) che permette di
migliorare l’efficacia della sanificazione. Per ottenere un’accurata analisi quantitativa
gli autori hanno studiato l’andamento dell’ozono per diversi valori di umidità (da 0% a
60% RH) utilizzando diversi parametri di generazione della scarica. È stata applicata sia
una tensione a 10 kV e a 14 kV, prima a una frequenza a 50 Hz (caso a) e dopo a una
frequenza a 400 Hz (caso b). Nel caso dell’aria secca (0%RH) la concentrazione di

45
ozono è aumentata quasi proporzionalmente alla frequenza e quindi alla potenza
dissipata. Invece sia per la tensione che per la frequenza la concentrazione di ozono è
diminuita drasticamente con l’aumentare dell’umidità relativa. Per quanto riguarda il
calo dell’ozono a 50 Hz tra lo 0% e il 60% RH è stata ottenuta una riduzione del fattore
50, mentre a 400 Hz la concentrazione di ozono è stata ridotta solo di un fattore 9.
Pertanto la concentrazione di ozono misurata a frequenza più elevata è meno sensibile
alle variazioni dell’umidità relativa. I dati ottenuti sono stati riportati in figura 26.

Figura 26. concentrazione di ozono in funzione dell'RH per 10 e 14 kV a 50 Hz (a) ed a 400 Hz (b) [18].

Pertanto anche, Park [19] insieme ai suoi colleghi ha ottenuto ottimi risultati per quanto
riguarda la concentrazione dell’ozono quando ha introdotto goccioline di vapore acqueo
all’interno del sanificatore d’aria con sorgente DBD a plasma non termico utilizzato.
Nel loro esperimento le goccioline d’acqua sono state diffuse da un umidificatore
installato a 5 cm dalla ventola del sanificatore al plasma. La tensione e la frequenza
applicate sono state rispettivamente di 30 kHz e 7,5 kV mentre la quantità di goccioline
d’acqua assorbite dal ventilatore è stata di 4,3 mg/s. A seguito di ciò come è mostrato in
figura 27 quando è stato utilizzato l’umidificatore le concentrazioni di ozono hanno
dimostrato avere valori inferiori per distanze più lontane dal sanificatore, rispetto a
quando non è stato utilizzato.

46
Figura 27. Variazione della concentrazione di ozono con distanza di diffusione con o senza umidificatore [19].

Inoltre il sanificatore d’aria al plasma con vapore acqueo ha rilasciato una


concentrazione di radicali OH circa 30 volte superiore (9,78·1015 cm-3) a quella ottenuta
con una sorgente DBD con aria a pressione atmosferica satura di goccioline d’acqua
(2,8·1014 cm-3). Inoltre Jang et al [20] hanno osservato anche una diminuzione di
concentrazione di NO2 con l’aumento di umidità. Questo perché la presenza di umidità
provoca una superficie dielettrica più conduttiva e quindi una formazione di plasma più
debole. Pertanto l’alto vapore acqueo nel plasma di scarico tende a ridurre la densità di
elettroni energetici e la loro energia media, con conseguenza diminuzione di produzione
totale di specie reattive. Quindi, la presenza di umidità all’interno delle scariche gioca
un ruolo significativo nell’azione battericida, generando una maggiore quantità di
radicali idrossilici (OH) che possono attaccare chimicamente le strutture esterne delle
cellule batteriche.

Oltre alle condizioni ambientali, un’altra strategia capace di diminuire la concentrazione


di ozono emesso è la presenza di filtri di diverse tipologie. I filtri dell’aria svolgono un
ruolo importante nella qualità dell’aria. La selezione del filtro dipende
fondamentalmente dallo scopo per il quale viene utilizzato. Namdari et al [21] hanno
osservato come l’effetto combinato dei sanificatori d’aria con filtri al carbonio attivo
garantisce una riduzione del 60 – 80 % dell’emissione di ozono durante il
funzionamento del dispositivo. Infatti I filtri a carbone attivo convertono l’ozono in
ossigeno attraverso un meccanismo di decomposizione adsorbente. Pertanto, la capacità
di adsorbimento influisce sull’efficienza di rimozione. Generalmente i filtri a base di
carbonio hanno un’alta efficienza iniziale per poi diminuire con il tempo a causa del

47
consumo del carbonio da parte dell’ozono che produce ossigeno, anidride carbonica e
monossido di carbonio. Inoltre il tasso di disattivazione del carbone attivo dipende dalla
concentrazione di ozono. Per di più dati sperimentali hanno dimostrato che una
maggiore concentrazione di ozono permette di consumare carbonio più velocemente. In
questo caso invece la presenza dell’umidità ha un duplice effetto sull’efficienza. Se da
un parte può migliorare l’efficienza poiché il vapore d’acqueo permette di decomporre
l’ozono, dall’altra parte può anche diminuire l’efficienza andando a bloccare i pori del
filtro. Sebbene i risultati sperimentali siano promettenti tuttavia il filtro a carbone attivo
presenta diversi fattori che ne limitano l’applicazione. Oltre alla bassa durata in termini
di efficienza, la reazione dell’ozono con composti organici (polvere) depositati sui filtri
può produrre inquinanti organici nocivi. Pertanto sono state esaminate altre tecnologie
di rimozione dell’ozono come i catalizzatori e fotocatalizzatori in sinergia con la
tecnologia a plasma freddo. Sulla base dei risultati i ricercatori hanno osservato come i
catalizzatori sono i più promettenti presentando i risultati migliori. Tra i diversi
catalizzatori MnOx e TiOx hanno mostrato la massima efficienza di rimozione di ozono.
Il fattore più importante che influenza l’attività catalitica verso l’ozono è l’ossigeno
libero. Invece il principale svantaggio è la poca durata di efficienza sotto alti livelli di
umidità.

Pertanto la lotta contro la diffusione della pandemia da COVID-19 è da considerare


come un’opportunità per i ricercatori con l’obiettivo di impegnarsi a sviluppare
dispositivi di sanificazione basati sul plasma tali da essere pronti ad aiutare il futuro
dell’umanità nei prossimi decenni. Pertanto rimuovere gli agenti patogeni in modo più
efficiente è l’obiettivo della collaborazione tra i vari scienziati ed ingegneri.
L’ossidazione da parte delle specie reattive prodotte dalla scarica plasma è un modo
efficace per rimuovere fisicamente i microrganismi, specialmente per quelli con
diametro inferiore a 0,5 µm. Tuttavia, le limitazioni nell'aumentare la densità del plasma
(il numero di elettroni per unità di volume) e la bassa concentrazione di inquinamento
atmosferico (O3 e NOx) rendono difficile costruire un sanificatore d'aria ad alta
efficienza in piccole dimensioni. Una futura ricerca interessante da considerare è quella
di osservare se le specie reattive di lunga durata generate in un sottile strato d’acqua nel
lasso di tempo dei millisecondi, (dove di solito RONS di breve durata (O 2, O, OH) i
quali sono più efficace nell’inattivare gli aerosol in così poco tempo), sono capaci di

48
inattivare gli agenti patogeni all’interno del generatore al plasma o sui filtri. A seguito
di realizzare sanificatori basati su plasma non termico più proficui, uno studio
interessante condotto da Hernández-Díaz et al. (2021) [22], ha osservato come un
reattore Multipin Corona Discharge (modello AP-DC5601 di Shanghai Anping Static
Thecnology Co) ha dimostrato una migliore efficienza nella rimozione delle particelle
rispetto al reattore a scarica barriera dielettrica (modello BXMCB2 di Bioxigen S.r.l).
Per quanto riguarda la produzione di ozono il generatore MCPD ha prodotto meno
ozono rispetto al generatore DBD. Un'altra soluzione interessante potrebbe essere quella
di combinare una sorgente DBD con un vento ionico. Infatti Timmermann et al [18]
hanno osservato una maggiore suscettibilità quando i batteri di prova nell’aria (E.coli)
sono stati trattati con il plasma abbinato con il vento ionico. Una configurazione della
sorgente a 50 Hz e 10 kV insieme a un campo elettrico che ha fornito il vento ionico, ha
rimosso il 75% del UFC, producendo una concentrazione di ozono pari a 0,36 ppm.
Invece un plasma più forte a (400 Hz e 14kV) senza vento ionico e con una
concentrazione di ozono pari a 15 ppm ha eliminato solo il 24 % di UFC iniziale. La
realizzazione di un volume di plasma più ampio con l’ottimizzazione della struttura del
reattore, dei parametri di funzionamento insieme alla diminuzione di specie nocive (O 3 e
NOx) è alla base della ricerca. Pertanto un fattore che accomuna i diversi studi è la
progettazione di generatori per migliorare le prestazione dei sistemi di sanificazioni
dell’aria basati sul plasma

Nonostante sono disponibili sul mercato diversi dispostivi di sanificazione a plasma non
termico proposti da molti produttori, al giorno d’oggi, non esistono specifici test e
norme armonizzate. Infatti, un confronto tra i vari dispositivi è stato difficile
d’affrontare. A seguito della pandemia del virus SARS – CoV – 2, nel corso dell’anno
2021 sono stati pubblicati a livello nazionale e in altri stati, documenti sul tema dei
dispositivi di sanificazione con il fine di porre una maggiore chiarezza.
Per fare fronte alle varie incomprensioni il Ministero della Salute in
data 11 giugno 2021 tramite comunicato ufficiale ha chiarito che i sanificatori d’aria
non possono presentare la marcatura CE come dispositivo medico. Inoltre, ha affermato
che i prodotti impiegati per la sanificazione dell’aria negli ambienti interni possono
essere introdotti sulla base delle disposizioni generali sulla sicurezza dei prodotti
immessi in commercio, secondo il codice del consumo D.L.gs 206/2005.

49
Anche la linea guida “Manual or Borderline And
Classification in the Communitiy Regulatory Framework for medical devices” e il
Regolamento (UE) 2017/745 (MDR) in applicazione dal 26 maggio 2021 ha indicato
che i prodotti impiegati per la sanificazione dell’aria degli ambienti non rientrano nella
definizione di dispositivo medico. Questi prodotti hanno lo scopo di distruggere i
microrganismi presenti in aria, ma non agiscono su un singolo paziente non essendoci
un contatto diretto con esso. Vi è poi anche una norma tedesca
pubblicata a settembre 2021 che insieme ad altri testi di letteratura scientifica hanno
l’obiettivo di evidenziare l’attenzione che viene dedicata a tali dispositivi anche
nell’ambito della ricerca. Il documento tedesco intitolato “Measurement of indoor
pollution – Requirements for mobile air purifiers to reduce aerosol-borne transmission
of infectious diases” pone grande attenzione sui requisiti prestazionale dei dispositivi.
Precisamente, vengono descritti quali sono gli obiettivi dei test, le dimensioni degli
ambienti, le portate d’aria, la turbolenza, gli aspetti acustici, sistemi di filtraggio che
sono da testare. Inoltre, viene evidenziato anche qual è la corretta installazione dei
prodotti e la loro efficacia, i quali risultano essere gli aspetti centrali nella valutazione e
nella scelta dei sanificatori d’aria.

50
Conclusioni

Il questo lavoro di tesi sono stati discussi gli effetti dei parametri di progettazione, di
trattamento e le principali specie generate dai sanificatori d’aria a plasma freddo
prendendo come riferimento dispostivi presenti già sul mercato. Sono stati considerati
specificamente i sanificatori prodotti dall’azienda Jonix.S.p.a e WellAir. La possibilità
di svolgere un confronto diretto tra i due dispostivi è stato ostacolato dall’assenza di dati
forniti dalle varie società. Ciononostante i risultati ottenuti hanno fornito informazioni
interessanti.
Entrambi i sanificatori d’aria a plasma freddo qui studiati sono stati efficienti nel
rimuovere i microrganismi. In particolare il dispositivo Novaerus ha dimostrato di
raggiungere percentuali di riduzione del 99,9% in tempi molto più brevi rispetto al
dispostivo Jonix. Ciò può essere attribuito al fatto che tra gli elettrodi del generatore è
stata applicata una tensione maggiore e quindi questo potrebbe avere generato un
maggiore numero di specie reattive nonostante funzionasse ad una portata d’aria
inferiore. Non avendo trovato informazioni precise sulle dimensioni degli elettrodi non
è possibile considerare la loro lunghezza come fattore determinante. Tuttavia rimane un
parametro di progetto dal quale le quantità di specie prodotte dipendono fortemente.
Nella produzione di ozono, entrambi i sanificatori hanno rilasciato lo stesso tasso di
concentrazione 0,034 ppm per Jonix e 0,036 ppm per Novaerus. Per quanto riguarda il
confronto è stata considerata per entrambe le aziende la linea di prodotto più grezza
priva di filtri per osservare la massima concentrazione di ozono che i dispositivi
possono rilasciare. Anche in questo caso non conoscendo le dimensioni degli elettrodi
non è possibile sbilanciarsi più di molto. Tra le varie soluzioni per diminuire la
concentrazione di ozono, l’umidità si è rilevata un importante parametro da prendere in

51
considerazione tenendo d’occhio i parametri di scarica (tensione, corrente, potenza)
poiché si è dimostrata influente per certi valori
Alla luce delle specie generate dal plasma freddo in aria solo la società Jonix ha fornito
dei dati. Specificamente ha misurato il numero di ioni negativi e positivi emessi .
Per quanto riguarda le analisi fluidodinamiche, che sono state effettuate per il
dispositivo Novaerus, hanno dimostrato come la collocazione al centro di una parete è
un ottima soluzione per sanificare in tempi molto brevi, la quale permette a sua volta di
distribuire in modo omogeno l’aria trattata all’interno della stanza.
In conclusione, nonostante l’assenza di una normativa universale in
grado di specificare i controlli e le grandezze da testare, i valori riportati in questo
elaborato attestano l’efficacia del trattamento dell’aria mediante plasma freddo a
pressione atmosferica e sembrano promettenti per future ricerche scientifiche nel campo
dei sanificatori d’aria.

52
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