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POLITECNICO DI MILANO

Facoltà di Ingegneria Industriale e dell’informazione

Corso di Laurea in
Ingegneria Energetica

Il controllo microclimatico passivo: caratterizzazione sperimentale


delle isoterme di adsorbimento dei materiali essiccanti e applicazione
numerica in ambito museale.

Relatore: Prof. Ing. Cesare Maria Joppolo

Co-relatore: Prof. Luigi Pietro Maria Colombo

Tesi di Laurea Magistrale di:


Giulia Buttolo Matricola 824454

Anno Accademico 2015 – 2016


Ringraziamenti
Desidero innanzitutto ringraziare il Prof. Luigi Pietro Maria Colombo per il
tempo dedicatomi e per i numerosi consigli ed insegnamenti forniti sia
durante lo sviluppo di questo lavoro che durante il percorso di studi.
Un ringraziamento particolare va al Prof. Ing. Cesare Maria Joppolo per
avermi introdotto nelle tematiche della conservazione dei beni culturali e
all’Ing. Francesco Romano per la sua disponibilità e il suo prezioso aiuto.
Un grazie è inoltre dovuto a Vallestaffora e Climacell per la gentilezza nel
concedermi alcuni dei materiali necessari per le prove sperimentali.

Giulia
Sommario
Il tema del controllo microclimatico è da tempo di particolare interesse per i
conservatori dei musei. È noto infatti come i parametri ambientali
(temperatura, umidità relativa, velocità dell’aria, concentrazione dei
contaminanti…) possano innescare o aggravare processi di degradazione che
riducono sensibilmente le aspettative di vita di un bene culturale. Ciascun
oggetto artistico deve essere mantenuto in predefinite condizioni
termoigrometriche e spesso è necessario un impianto di trattamento dell’aria
dedicato per ciascuna vetrina espositiva. Tuttavia la necessità sempre
crescente di diminuire il fabbisogno energetico per la climatizzazione nei
musei pone l’attenzione sulle tecniche di conservazione passive, che hanno il
merito di stabilizzare le fluttuazioni di temperatura e di umidità relativa senza
consumo di energia. Tutto ciò viene perseguito aumentando l’inerzia termica
ed igrometrica delle vetrine espositive, con l’introduzione di opportuni
materiali.
L’obbiettivo del presente elaborato è quello di analizzare le proprietà
igroscopiche dei materiali adsorbenti più comuni (tra cui l’Artsorb, il silica
gel RD, il sodio poliacrilato, l’allumina attivata e la cellulosa) al fine di
caratterizzarne in maniera rigorosa la capacità d’adsorbire e rilasciare
l’umidità contenuta nell’aria ambiente, anche detta moisture buffering
capacity. La prima parte di questo lavoro introduce i modelli empirici per la
trattazione delle isoterme di adsorbimento e una descrizione delle principali
grandezze che le contraddistinguono. Inoltre, sempre nella parte introduttiva,
viene fornito un overview delle principali famiglie di essiccanti in commercio.
Nella seconda parte vengono descritte le prove effettuate e i dati sperimentali
raccolti. Le isoterme di adsorbimento dei materiali sono state ottenute in
camera climatica a 23±0.5°C, tramite il metodo gravimetrico. In particolare
lo strumento utilizzato è una bilancia termogravimetrica Quantachrome,
caratterizzata da un’altissima risoluzione. Inoltre si è analizzata la comparsa
di isteresi, fenomeno spesso trascurato, anche se responsabile del
decadimento nel tempo delle proprietà igroscopiche del materiale. Si vuole
sopperire infatti all’urgenza di dati sperimentali in grado di descrivere in
modo scrupoloso l’effetto dei materiali sulla stabilizzazione dell’umidità
relativa.
Nella parte finale dell’elaborato si è analizzato il rapporto di ciascun materiale
con la dinamica di scambio termico e di massa di una vetrina standard:
attraverso simulazioni numeriche, fondate sul modello a parametri
concentrati, si sono definiti gli aspetti fondamentali, con e senza la presenza
di isteresi, al variare delle quantità e delle forzanti esterne.
Parole chiave: isoterme di adsorbimento; isteresi; controllo microclimatico;
vetrine da museo; stabilizzazione dell’umidità relativa

I
II
Abstract
Museum conservators have been interested for times in the theme of the
microclimatic control. In fact, the indoor climate might be one of the main
causes for degradation of museum objects. Inappropriate values or rapid
fluctuations of temperature and/or of the air humidity may cause serious and
irreparable damages. Moreover, it is difficult making the indoor climate
suitable for the preservation of objects. Care of artefacts sensitive to RH in
historic buildings especially requires a different approach than in buildings
designed as museums. In historic buildings, it is very hard and expensive to
install air-conditioning and maintenance and running costs are high in terms
of energy. In order to lower energetic consumptions, artefacts are often
preserved in showcases and desiccants are used to passively stabilize the
hygrometric conditions.
This research investigates the highly absorbing materials capacity to dampen
RH% variations. The moisture sorption isotherms of conventional materials
(silica gel RD, Artsorb, sodium polyacrylate, activated alumina, cellulose) are
experimental determined at 23±0.5°C by gravimetric dynamic vapour
sorption (DVS) in accordance with BS EN ISO 12571:2000 and compared
each other. The aim is severely characterize desiccants with accurate
measures.
The second objective was to describe the effect of hysteresis by recent
empirical model. In fact, every sorption isotherms show hysteresis loop that
quite strongly influences the water vapour transport in the material.
Finally, this research analyses the reliability of the measured hygroscopic
properties and their influence on numerical simulation at lumped parameters
is carried out. It is investigated the difference between desiccants
performances by forcing and varying external temperature and RH%.

Key words: sorption isotherms; hysteresis; microclimatic control;


showcases; moisture buffer capacity;

III
IV
Indice
Sommario ...................................................................................................... I
Abstract ...................................................................................................... III
Introduzione .............................................................................................. XV
Isoterme di adsorbimento ............................................................................ 1
Classificazione IUPAC .................................................................... 2
Modelli semi-empirici ..................................................................... 4
1.2.1 Adsorbimento mono-strato ....................................................... 4
1.2.2 Adsorbimento multi-strato ....................................................... 5
L’isteresi e i modelli per la sua interpretazione ............................. 11
Calore di adsorbimento .................................................................. 20
Stato dell’arte dei materiali adsorbenti .................................................... 21
Silica gel ........................................................................................ 21
Materiali compositi a base di silica gel.......................................... 22
MS – Molecular Sieves .................................................................. 23
Allumina attivata ........................................................................... 24
Zeoliti ............................................................................................. 25
Alluminofosfati .............................................................................. 25
Carboni attivi ................................................................................. 26
Cellulosa ........................................................................................ 27
Sodio Poliacrilato........................................................................... 28
Prove sperimentali ...................................................................................... 31
L’apparato sperimentale ................................................................ 34
Isoterme di adsorbimento .............................................................. 36
3.2.1 Laterizi: mattone industriale e pietra di Noto ......................... 36
3.2.2 Silica gel Regular Density ...................................................... 39
3.2.3 Artsorb .................................................................................... 43
3.2.4 Cellulosa Climacell Pure ........................................................ 47
3.2.5 Sodio Poliacrilato ................................................................... 50
3.2.6 MS-Type A: 3A e 4A ............................................................. 53
3.2.7 Allumina Attivata ................................................................... 54
Materiali a confronto ..................................................................... 56
3.3.1 Moisture buffering capacity ................................................... 60
3.3.2 Ripetibilità e Riproducibilità .................................................. 66

V
Indice

Il controllo del microclima all’interno delle teche museali .................... 71


I meccanismi di deterioramento .................................................... 74
I sistemi di controllo...................................................................... 78
Simulazioni numeriche.................................................................. 80
4.3.1 Risposta al gradino di temperatura ........................................ 84
4.3.2 Decadimento delle proprietà per isteresi ............................... 90
4.3.3 Risposta al profilo sinusoidale dell’umidità relativa ............. 92
4.3.4 Risposta sul lungo periodo ..................................................... 93
Conclusioni e sviluppi futuri ..................................................................... 99
Appendice A ............................................................................................. 103
Appendice B.............................................................................................. 107
Bibliografia ............................................................................................... 113

VI
Indice delle figure
Figura 1. Classificazione IUPAC delle isoterme di adsorbimento ................. 2
Figura 2. Adsorbimento di Azoto a 77.3K tracciato secondo l’equazione
(1.9) ricavata dalla teoria BET. ...................................................................... 7
Figura 3. Interazione fase gas e solido poroso secondo la teoria del
potenziale di M. Polanyi. ................................................................................ 9
Figura 4. Classificazione IUPAC delle forme di isteresi. ............................ 11
Figura 5. Cicli di isteresi: L-T-U isoterma di desorbimento teorica; C1, C2,
C3 cicli d’adsorbimento e desorbimento dipendenti dall’isteresi. Fonte: [7]
...................................................................................................................... 12
Figura 6. Rappresentazione schematica della condensazione capillare nei
materiali porosi. Durante il desorbimento il capillare non viene svuotato
completamente, dando inizio alla formazione del ciclo d’isteresi. Fonte: [8]
...................................................................................................................... 13
Figura 7. Ciclo di isteresi a spirale interno alle curve fondamentali nel range
xL<x<xU ...................................................................................................... 15
Figura 8. Scanning curves complete ottenute in Matlab per il silica gel RD;
i turning points inferiori (j-1) appartengono all’isoterma di desorbimento
principale. Tutte le curve secondarie seguono la stessa forma e terminano
nel limite superiore U. .................................................................................. 16
Figura 9. Scanning curves complete ottenute in Matlab per l’ARTsorb®; i
turning points inferiori (j-1) appartengono all’isoterma di desorbimento
principale. Tutte le curve secondarie seguono la stessa forma e terminano
nel limite superiore U. .................................................................................. 16
Figura 10. Scanning curve ottenute con il modello di Rajniak and Yang per
il silica gel. ................................................................................................... 18
Figura 11. Scanning curve ottenute con il modello di Rajniak and Yang per
l’ARTsorb. .................................................................................................... 18
Figura 12. Processo di adsorbimento/ desorbimento intermedio con
variazioni di umidità relativa nel range 0.4-0.6 P/P₀ del silica gel RD; in
rosso e verde le isoterme principali, in blu il ciclo dipendente dall’isteresi. 19
Figura 13. Sintesi del MCM-41 con il metodo Sol gel ................................ 23
Figura 14. Isoterma di adsorbimento dell’allumina attivata:
chemisorbimento, fisisorbimento e condensazione capillare. ...................... 24
Figura 15. Struttura cristallina della Zeolite. ................................................ 25
Figura 16. Distribuzione della dimensione dei pori delle principali famiglie
di essiccanti .................................................................................................. 26
Figura 17. Isoterme di adsorbimento del vapore acqueo a 25°C (A) allumina
in granuli, (B) allumina in sfere, (C) silica gel, (D) 5A zeolite, (E) carbone
attivo. Fonte: Yang, 1997. ............................................................................ 27
Figura 18. Struttura polimerica a catena della cellulosa. ............................. 28

VII
Indice delle figure

Figura 19. Adsorbimento di H₂O del Sodio Poliacrilato: deformazione delle


catene polimeriche. ...................................................................................... 28
Figura 20. Fotografie dei materiali adsorbenti misurati in laboratorio. ....... 33
Figura 21. Apparato sperimentale presso il Museum Lab del Politecnico di
Milano: Aquadyne DVS Dynamic vapour sorption, bilancia
termogravimetrica prodotta dalla Quantachrome; bombola di Azoto e PC. 34
Figura 22. Bilancia termogravimetrica: schema di impianto semplificato. . 35
Figura 23. Cinetica di adsorbimento/ desorbimento della pietra di Noto. ... 37
Figura 24. Isoterme di adsorbimento del mattone industriale e della pietra di
Noto. Test preliminare. ................................................................................ 38
Figura 25. Cinetica di adsorbimento e desorbimento del silica gel a 23°C. 39
Figura 26. Cinetica di adsorbimento “single step” del silica gel RD a 23°C.
..................................................................................................................... 40
Figura 27. Isoterme di adsorbimento / desorbimento del silica gel RD a
23°C. ............................................................................................................ 40
Figura 28. Valor medi e barre d’errore delle misure di adsorbimento più
rappresentative. ............................................................................................ 41
Figura 29. Fitting dei dati sperimentali del silica gel RD con il modello
empirico DA e modellizzazione del ciclo di isteresi secondo la teoria del
pore blocking. .............................................................................................. 42
Figura 30. Cinetica di adsorbimento e desorbimento dell’ARTsorb a 23°C.
..................................................................................................................... 43
Figura 31. Cinetica “single step” della fase di adsorbimento:
raggiungimento dell’equilibrio dell’ARTsorb. ............................................ 44
Figura 32. a) Isoterme di adsorbimento / desorbimento a 23°C
dell’ARTsorb®: in blu i punti della prova preliminare; in arancione la prova
con campione essiccato in azoto per 10h; in grigio la prova con campione
rigenerato in forno a 102°C. b) valor medi e barre di errore. ...................... 44
Figura 33. Fitting dei dati sperimentali dell’ARTsorb: confronto tra il
modello DA e il modello DR. ...................................................................... 45
Figura 34. Fitting dei dati sperimentali dell’ARTsorb secondo il modello
DR: ciclo di isteresi modellizzato secondo la teoria del pore blocking. ...... 46
Figura 35. Cinetica di adsorbimento e desorbimento della cellulosa
Climacell Pure® a 23°C. ............................................................................. 47
Figura 36. Cinetica “single step” della fase di adsorbimento:
raggiungimento dell’equilibrio della cellulosa Climacell Pure. .................. 48
Figura 37. Isoterma di adsorbimento/ desorbimento della cellulosa Climacell
Pure a 23°C. ................................................................................................. 48
Figura 38. Linearizzazione dei dati sperimentali tramite il modello di E.
Smith proprio per l’adsorbimento di vapore d’acqua dai cosiddetti swelling
gel................................................................................................................. 49
Figura 39. Cinetica di adsorbimento e desorbimento del sodio poliacrilato a
23°C. ............................................................................................................ 50

VIII
Indice delle figure

Figura 40. Cinetica “single step” della fase di adsorbimento:


raggiungimento dell’equilibrio del sodio poliacrilato .................................. 51
Figura 41. Isoterme di adsorbimento/desorbimento del sodio poliacrilato a
23°C. In giallo i risultati della prova più recente con tempo di soglia
maggiore di 10 ore. ....................................................................................... 51
Figura 42. Valor medi e barre di errore delle misure effettuate. .................. 52
Figura 43. Fitting dei dati sperimentali per il sodio poliacrilato: confronto
tra il modello DA il modello DR. ................................................................. 52
Figura 44. Cinetica d’adsorbimento per MS-4A a 23°C. ............................. 53
Figura 45. Isoterma di adsorbimento a 23°C per i materiali MS-3A e MS-
4A. ................................................................................................................ 53
Figura 46. Cinetica di adsorbimento dell’allumina attivata a 23°C. ............ 54
Figura 47. Misure di adsorbimento e desorbimento dell’allumina attivata a
23°C. ............................................................................................................. 55
Figura 48. Interpolazione dei dati sperimentali mediante il modello DR. Il
ciclo di isteresi è stato modellizzato secondo il modello derivato dalla teoria
del pore blocking. ......................................................................................... 55
Figura 49. Isoterme di adsorbimento a 23±0.5°C ottenute sperimentalmente
al Museum Lab del Politecnico di Milano. .................................................. 56
Figura 50. Fitting dei dati sperimentali nell’intervallo 0<P/P₀<0.4 con il
modello GAB (UR%= P/P₀∙100). ................................................................ 57
Figura 51. Contenuto alla saturazione del vapore d’acqua adsorbito da i vari
materiali. ....................................................................................................... 59
Figura 52. MBV di alcuni materiali: sodio poliacrilato, perlite, cellulosa,
gesso e gomma. Fonte: [21] . ....................................................................... 61
Figura 53. Moisture buffering capacities a confronto: risultati ottenuti dai
dati sperimentali utilizzando un ΔUR% pari a 10%UR. .............................. 62
Figura 54. Decadimento delle proprietà igroscopiche a causa dell’isteresi. 63
Figura 55. L’isteresi nelle isoterme di adsorbimento sperimentali ottenute a
23°C presso il Museum Lab del Politecnico di Milano................................ 63
Figura 56. Valori minimi di quantità di materiale da inserire in una teca di 1
m³ per ottenere un controllo efficace sui 150 giorni, semi tempo igrometrico
ricavato dalla formula di Thomson, a partire dalla capacità del singolo
materiale di trattenere vapore d’acqua M [g/kg/%UR]. ............................... 65
Figura 57. Confronto delle isoterme di adsorbimento dell’ARTsorb ottenute
in laboratori diversi. ..................................................................................... 67
Figura 58. Confronto delle isoterme di adsorbimento del silica gel RD
ottenute in laboratori diversi......................................................................... 67
Figura 59. Confronto delle isoterme di adsorbimento della cellulosa ottenute
in laboratori diversi. ..................................................................................... 68
Figura 60. Dimensioni delle sfere: a) Allumina attivata; b) Silica gel; c)
Artsorb; ......................................................................................................... 70
Figura 61. Sarcofagi egizi conservati al museo egizio di Torino. ................ 71

IX
Indice delle figure

Figura 62. Deformazioni nel legno, reversibili e irreversibili, causate dalle


variazioni di umidità . .................................................................................. 76
Figura 63. 1Degradazione meccanica di un dipinto su legno mal conservato.
..................................................................................................................... 77
Figura 64. POLIteche.m: programma messo a punto dal Politecnico di
Milano per simulare l’andamento dell’umidità relativa all’interno di una
teca. Modello a parametri concentrati.......................................................... 80
Figura 65 Schema della teca e dei relativi flussi termici e di umidità. ........ 81
Figura 66. Circuito elettrico equivalente per lo scambio termico (a) e per lo
scambio di massa (b).................................................................................... 82
Figura 67. Trasformazioni dell’aria esterna sul diagramma psicometrico:
punto 1 – condizione iniziale; punto 2-condizione finale; punto P-
condizione di progetto; La linea rossa indica la quantità di umidità che il
materiale deve adsorbire. ............................................................................. 85
Figura 68. Valore di progetto 30%UR; a) profili UR% dell’aria umida al
variare del materiale essiccante introdotto. Simulazione del gradino di
riscaldamento con introduzione di 1 cassetta di adsorbente; b) gradino di
riscaldamento con 5 cassette di adsorbente; c) profili UR% dell’aria umida
al variare del materiale essiccante introdotto. Simulazione del gradino di
raffrescamento con introduzione di 1 cassetta di adsorbente; d) gradino di
raffrescamento con 5 cassette. ..................................................................... 86
Figura 69. Riduzione del ΔUR% inteso come la differenza tra il valore di
progetto e il valore di umidità che si ottiene per effetto della temperatura,
dopo 10h (tempo necessario al materiale per portarsi all’equilibrio) al
variare del numero di panetti. ...................................................................... 87
Figura 70. a) profili di temperatura esterna e interna alla teca; b) profili di
umidità relativa: confronto tra cellulosa e ARTsorb. .................................. 87
Figura 71. Valore a) profili UR% dell’aria umida al variare del materiale
essiccante introdotto. Simulazione del gradino di riscaldamento con
introduzione di 1 cassetta di adsorbente; b) gradino di riscaldamento con 5
cassette di adsorbente; c) profili UR% dell’aria umida al variare del
materiale essiccante introdotto. Simulazione del gradino di raffrescamento
con introduzione di 1 cassetta di adsorbente; d) gradino di raffrescamento
con 5 cassette. .............................................................................................. 88
Figura 72. Valore a) profili UR% dell’aria umida al variare del materiale
essiccante introdotto. Simulazione del gradino di riscaldamento con
introduzione di 1 cassetta di adsorbente; b) gradino di riscaldamento con 5
cassette di adsorbente; c) profili UR% dell’aria umida al variare del
materiale essiccante introdotto. Simulazione del gradino di raffrescamento
con introduzione di 1 cassetta di adsorbente; d) gradino di raffrescamento
con 5 cassette. .............................................................................................. 90
Figura 73. Simulazione del gradino di raffrescamento, confronto tra le
prestazioni del silica gel senza isteresi e del silica gel affetto da isteresi. ... 90

X
Indice delle figure

Figura 74. Simulazione del gradino di raffrescamento, confronto tra le


prestazioni del Artsorb senza isteresi e dell’Artsorb affetto da isteresi. ...... 91
Figura 75. Profili dell’umidità relativa ricavati al variare dei materiali;
valutazione dell’incidenza delle infiltrazioni sul sistema. Caso a) valore di
progetto 30%UR; caso b) valore di progetto 50%UR; caso c) valore di
progetto 60%UR. .......................................................................................... 93
Figura 76. Risposta sul lungo periodo e verifica dell’esaurimento del
materiale. a) caso 30%UR; b) caso 50%UR; c) caso 60%UR. ................... 96

XI
Indice delle tabelle
TABELLA 1. Materiali testati in laboratorio, (*) materiali consigliati per
uno sviluppo futuro e riferimenti in letteratura. ........................................... 32
TABELLA 2. Specifiche tecniche di Aquadyne DVS ............................... 35
TABELLA 3. Parametri dei modello utilizzato per l’interpolazione dei dati
sperimentali del mattone industriale e la pietra di Noto. .............................. 38
TABELLA 4. Parametri del modello DA ottenuti tramite regressione non
lineare per il Silica gel .................................................................................. 42
TABELLA 5. Parametri dei modelli DA, DR ottenuti tramite regressione
non lineare per l’ARTsorb. ........................................................................... 46
TABELLA 6. Parametri dei modelli DA e DR ricavati dalla regressione
non lineare per il sodio poliacrilato. ............................................................. 52
TABELLA 7. Stima delle grandezze fisiche fondamentali dei materiali:
area superficiale, volume dei pori e diametro medio dei pori. ..................... 58
TABELLA 8. Valori del parametro M nell’intervallo 0-100 % UR per i
materiali misurati al Museum Lab................................................................ 62
TABELLA 9. Peso di un panetto di ARTsorb pre conzidionato al 50%UR.
...................................................................................................................... 68
TABELLA 10. Estratto dalla UNI 10829 che indica i valori microclimatici
entro i quali sarebbe opportuno conservare le diverse categorie di materiali
per prevenire danni di tipo chimico-fisico o microbiologico. ...................... 73
TABELLA 11. M-Specific moisture reservoir e quantità di essiccante
necessaria in una vetrina 160x140x30 affinchè non si esaurisca entro 90
giorni. ........................................................................................................... 94

XIII
XIV
Introduzione
I materiali porosi sono noti da tempo per le loro capacità di adsorbimento di
specie liquide e gassose. Accanto alle più note e tradizionali applicazioni
industriali di purificazione e filtrazione, lo sviluppo di nuovi composti e la
spinta verso l’efficienza energetica negli edifici, ha dato l’avvio a un
rinnovato interesse scientifico-tecnologico, dovuto alla possibilità di
utilizzare solidi porosi quali componenti chiave per il controllo termo-
igrometrico negli ambienti indoor. Infatti tali materiali hanno la capacità di
catturare e rilasciare l’umidità, stabilizzandone le fluttuazioni nel tempo: si
parla in questo senso di effetto tampone o di moisture buffering capacity.
Nell’ambito museale è ancor più di vitale importanza il controllo delle
condizioni termo-igrometriche, dal momento che hanno l’arduo compito di
conservare opere dal valore artistico e/o storico spesso incommensurabile.
I meccanismi di danneggiamento (meccanico, biologico e chimico) di
quest’ultime sono strettamente dipendenti, infatti, dalle condizioni ambientali
e dalle loro modalità di variazione. Spesso le collezioni fisse dal più grande
valore sono conservate in edifici storici, che, sebbene la struttura muraria di
grande inerzia termica, non sono l’ideale per loro natura a mantenere
l’ambiente interno in condizioni di equilibrio: apertura porte, apertura
finestre, ingresso visitatori, irraggiamento e mancanza talora di impianti di
climatizzazione idonei sono sufficienti a rendere l’ambiente di conservazione
instabile nel tempo. Talora gli oggetti antichi sono stati sottoposti per secoli
a particolari condizioni di temperatura e umidità relativa, rimanendone
condizionati irreversibilmente. Spesso si ritrovano collezioni di oggetti
costituiti da materiali molto diversi tra loro, che necessitano per una
conservazione ottimale, condizioni ambientali altrettanto differenti. La
soluzione privilegiata allora consiste nell’adozione di vetrine espositive che,
delimitando fisicamente lo spazio intorno all’opera, concedono la possibilità
di trattare e controllare in modo differenziato l’aria in contatto con l’opera.
L’adozione di tecniche di controllo passivo, che consistono appunto
nell’introduzione in vetrina di materiali adsorbenti, è spesso la soluzione
migliore in termini di costi/benefici. L’alternativa infatti sarebbe quella di
dedicare per ciascuna vetrina un vero e proprio sistema di trattamento
dell’aria per il riscaldamento, il raffrescamento, la deumidificazione,
l’umidificazione e la filtrazione di quest’ultima.

XV
Introduzione

Proprio per questi motivi, a partire dagli anni ’60, si è largamente diffuso nei
musei l’impiego di materiali altamente adsorbenti come agenti buffer
dell’umidità relativa. Da quel momento, in realtà, si originò anche una gran
confusione sull’utilizzo di questi materiali: tipologia e caratteristiche del
materiale, quantità necessarie, modalità di inserimento nella vetrina e
procedura di gestione e manutenzione sono i principali aspetti su cui bisogna
soffermarsi. Ciascuno di questi aspetti è innanzitutto condizionato dalla
capacità intrinseca del solido poroso di adsorbire vapor d’acqua. Per questo
vi è l’urgenza di dati sperimentali che possano quantificare questa proprietà.

L’ isoterma di adsorbimento, poiché esprime la relazione tra il vapore


adsorbito nella matrice porosa e la pressione parziale del vapore ad una data
temperatura, tenuta costante, racchiude in sé tutte queste informazioni.
Nella prima parte dell’elaborato perciò verranno descritti i principali modelli
empirici per la trattazione delle isoterme e i fenomeni che interessano il
fisisorbimento del vapor d’acqua. Verranno presentate le classificazioni
IUPAC delle isoterme e delle forme di isteresi, focalizzandosi sulle grandezze
fisiche che le determinano: diametro dei pori, superficie specifica e volume
totale dei pori. Oltretutto verrà dato uno sguardo d’insieme alle tipologie di
essiccanti di maggior interesse attuale, cercando di identificare quelli più
indicati nel campo della conservazione.
In seguito verranno presentati i risultati sperimentali ottenuti al Museum Lab
del Politecnico di Milano mediante il metodo gravimetrico. Verrà descritto
lo strumento di misura (bilancia termogravimetrica) e la procedura di prova,
con alcuni suggerimenti pratici per evitare errori sistematici nelle misure.
Verranno illustrate le isoterme di adsorbimento ottenute interpolando i dati
sperimentali con opportuni modelli, i cui parametri sono stati stimati per
regressione non lineare. Ogni materiale verrà rigorosamente caratterizzato e
confrontato mediante i grafici della cinetica, che evidenziano la lunga durata
di ciascuna prova (una settimana circa) e grafici EMC%/RH% che forniscono
il contenuto all’equilibrio di umidità nel materiale (Equilibrium Moisture
Content) al variare dell’umidità relativa.
Verrà inoltre descritta la presenza di isteresi mediante un recente modello
teorico, che ha permesso nel corso di questa ricerca la scrittura di un algoritmo
di calcolo previsionale di tutti i possibili cicli di adsorbimento e desorbimento
che si possono originare nell’area di isteresi.
Nell’ultima parte di questo elaborato verranno affrontati i risultati delle
simulazioni numeriche condotte al fine di verificare nel tempo la prestazione
di ciascun materiale, al variare delle condizioni di interesse.

XVI
Capitolo 1
Isoterme di adsorbimento
I materiali porosi hanno la capacità di catturare e rilasciare il vapore presente
in aria. Questa proprietà è molto diffusa in natura, basti pensare al legno e
all’argilla, ma quello che distingue gli essiccanti commerciali è la loro
capacità di assorbimento che può superare, anche di molti punti percentuali,
il proprio peso. Da qualche tempo viene investigata la capacità dei materiali
igroscopici di tamponare le fluttuazioni dell’umidità relativa, in inglese
moisture buffering, per migliorare il benessere negli ambienti, siano essi
materiali naturali (cellulosa, fibra di legno, paglia..), lapidei artificiali
(calcestruzzo e laterizi), o prodotti più sofisticati a base di alluminosilicato
(per esempio MCM-41); l’utilizzo appropriato di questi materiali potrebbe
infatti contribuire in modo significativo all’aumento del comfort termo-
igrometrico e della qualità dell’aria negli ambienti indoor [1]. La curva che
racchiude le informazioni principali che definiscono il fenomeno di scambio
di massa tra il solido poroso e l’ambiente viene detta isoterma di
adsorbimento. Essa definisce la relazione non-lineare ad una data temperatura
tra la massa adsorbita e l’umidità relativa, quest’ultima definita come il
rapporto tra la pressione parziale del vapore e la pressione di saturazione a
pari temperatura:
𝑃
𝑤 = 𝒻( ) (1.1)
𝑃0 (𝑇)
Dove:
𝑤 è la quantità di sostanza adsorbita, in inglese amount adsorbed;
𝑃 è la pressione parziale del vapore;
𝑃0 è la pressione di saturazione del vapore;
L’adsorbimento, sia di tipo chimico che fisico, è un processo spontaneo ed
esotermico e perciò sfavorito dall’innalzamento della temperatura, secondo il
principio di Le Châtelier.
A differenza del chemiadsorbimento il fisisorbimento è un processo a bassa
specificità (a temperatura sufficientemente bassa l'adsorbimento fisico ha
luogo su qualsiasi superficie e per qualsiasi gas, mentre il chemiadsorbimento
dipende dall'affinità chimica tra un particolare adsorbente e un particolare

1
Isoterme di adsorbimento

adsorbato) e reversibile in quanto non si forma nessun legame chimico tra


l’adsorbente e l’adsorbato e grazie a queste proprietà può manifestarsi
l’adsorbimento multistrato.
L'adsorbimento di tipo fisico vede l’azione di forze deboli, forze attrattive di
Van Der Waals e ha dei valori di entalpia di formazione dei legami adsobente‐
adsorbato di circa 20 kJ ∙ 𝑚𝑜𝑙 −1 , mentre l'adsorbimento di tipo chimico,
formando legami forti (spesso covalenti) tra gli atomi, presenta valori dieci
volte superiori, intorno a 200 kJ ∙ 𝑚𝑜𝑙 −1 .
Essendo il fisisorbimento un fenomeno superficiale i parametri fondamentali
che regolano l’intero processo sono la superficie specifica esposta, ovvero
l’area occupata dai pori, il volume totale dei pori e la dimensione caratteristica
dei pori intesa come il diametro medio degli stessi. Da un’analisi di tipo
qualitativo di una isoterma di adsorbimento sperimentale si possono quindi
ricavare alcune informazioni sulla porosità del materiale analizzato [2]. In
particolare, confrontando la forma ottenuta con quelle classificate da IUPAC
[3] è possibile valutare di che tipo è la porosità e in base all’ amount adsorbed
in condizioni di saturazione il volume totale dei pori [4].

CLASSIFICAZIONE IUPAC
Nel contesto del fisisorbimento è conveniente classificare i pori secondo la
loro dimensione caratteristica:

 Pori di diametro superiore a 50 nm sono chiamati macropori;


 Pori di diametro compreso tra 2 nm e 50 nm sono chiamati mesopori;
 Pori di diametro inferiore a 2 nm sono chiamati micropori;

Figura 1. Classificazione IUPAC delle isoterme di adsorbimento

2
Capitolo 1

Nella figura 1 è riportata la classificazione IUPAC delle isoterme di


adsorbimento, in ordinata compare l’amount adsorbed, 𝑤, mentre in ascissa
𝑃
la pressione relativa, che corrisponde al rapporto 𝑃 nell’espressione (1.1).
0 (𝑇)
L’isoterma Tipo I è concava rispetto alle ascisse e presenta un “ginocchio”
oltre il quale il materiale di fatto non adsorbe più nonostante l’aumento della
pressione parziale del vapore. Questa tipologia è propria dei solidi
microporosi (per esempio carboni attivi, setacci molecolari di zeolite e alcuni
ossidi porosi) con una superficie esterna relativamente contenuta. In
letteratura viene anche riconosciuta sotto il nome di isoterma di Langmuir,
derivata originariamente per interpretare il processo di chemiadsorbimento.
Una volta che i siti attivi (i pori) vengono ricoperti da un primo strato di
molecole la reazione chimica in atto rallenta fino all’esaurimento del solido.
La reazione non può procedere oltre il ricoprimento di un monostrato, in
inglese monolayer

L’isoterma Tipo II è caratteristica di solidi macroporosi o non-porosi. Essa


presenta un punto di flesso che individua la pressione alla quale si completa
il primo strato di molecole adsorbite e l’inizio della formazione del
multistrato molecolare. L’ordinata del punto di flesso (punto B in figura 1) è
quindi la quantità di sostanza necessaria a ricoprire la superficie attiva del
solido (ovvero i pori) con il primo strato di molecole. Successivamente il
materiale riprende ad adsorbire e per valori di pressione relativa tendenti ad
1 la curva tende a divergere. La crescita dopo il punto di flesso indica che il
monostrato ha più o meno la stessa affinità della superficie originale per
l’adsorbato, e si possono formare degli strati ulteriori.

L’isoterma Tipo III è convessa rispetto all’asse delle ascisse su tutto il


dominio e non mostra un punto in cui si ha formazione del monolayer
molecolare. Isoterme di questa tipologia non sono comuni e rappresentano
deboli legami adsorbente- adsorbato.
Una delle caratteristiche del Tipo IV è il ciclo di isteresi, a cui sono associati
i fenomeni del pore blocking e della condensazione del vapore nei capillari
mesoporosi (entrambi descritti più avanti nel paragrafo 1.3). Inizialmente
l’isoterma segue lo stesso profilo dell’isoterma Tipo II, in cui si verifica la
formazione del monolayer e a seguire la formazione del multilayer. Questa
curva è propria di molti adsorbenti industriali mesoporosi.

L’isoterma Tipo V è anch’essa poco comune; è legata al Tipo III per le deboli
interazioni tra il solido e l’adsorbato ed esibisce un’isteresi associata al
meccanismo di riempimento e svuotamento dei pori.

L’isoterma di tipo VI a scalini è propria di quei materiali che possiedono


un’uniformità morfologica ed energetica e non presentano porosità. I gradini
indicano rispettivamente gli stadi di riempimento dei singoli strati, mentre i
tratti di plateau più o meno netti indicano che, per intervalli di pressioni

3
Isoterme di adsorbimento

relative diverse da quelle a cui si osservano i gradini, niente o poco del gas
resta adsorbito.

MODELLI SEMI-EMPIRICI
Per la complessità dell’interfaccia solido/gas reali e per i differenti
meccanismi che possono contribuire al fisisorbimento non è così difficile
sorprendersi del fatto che nessuna delle teorie correnti è capace di descrivere
matematicamente un’isoterma sperimentale su tutto l’intervallo delle ascisse
𝑃
. Nella pratica esistono due differenti procedure per sopperire a questo
𝑃0
problema. Il primo prevede l’applicazione di varie equazioni semi-empiriche,
la cui forma matematica dipende dall’intervallo di regressione dei dati e dalla
natura del sistema. La seconda procedura fa uso di isoterme standard ottenute
da materiali di riferimento non-porosi. In questo capitolo si riassumono le
teorie su cui si basano le equazioni semi-empiriche sopradette.

1.2.1 Adsorbimento mono-strato


Teoria di Langmuir, 1916

L’approccio usato da Langmuir per descrivere il processo di


chemisorbimento si applica bene anche al processo di fisisorbimento nei
materiali microporosi, in quanto viene rispettato il fatto che il gas adsorbito
formi un solo strato molecolare sulla superficie del solido poroso. La sua
trattazione matematica è ricavata sulla base delle seguenti ipotesi
fondamentali e segue la derivazione statistica di Fowler [4]:

1. L’adsorbimento è localizzato e reversibile;

2. I siti di adsorbimento sono energeticamente equivalenti (superficie


omogenea).

Queste assunzioni implicano che ciascun sito può adsorbire al massimo una
molecola di soluto e che la probabilità di adsorbimento è la stessa per ciascun
sito. La collisione di una molecola di gas con un solido viene considerata
anelastica, cosicché la molecola di gas rimane in contatto con il solido per un
tempo finito prima di ritornare nella fase gassosa. Questo tempo viene
considerato responsabile per il fenomeno dell’adsorbimento.
La derivazione dell’equazione ha origine nel considerare il processo di
equilibrio tra la specie gassosa A e la specie B, i siti vacanti del solido poroso:

𝐴(𝑔) + 𝐵(𝑠) ⇄ 𝐴𝐵 (1.2)

A molecole della fase gassosa;


B siti vacanti;

4
Capitolo 1

Definendo K la costante di equilibrio della “reazione” (1.2) considerando le


concentrazione dei reagenti e prodotti si ottiene:
[AB] (1.3)
K=
[A][B]
Considerando che [AB] rappresenta il grado di copertura ϑ della superficie
del solido, che [B] è proporzionale invece ai siti vacanti, ovvero a (1-ϑ), e che
[A] è proporzionale alla pressione parziale del gas P è possibile definire la
costante di equilibrio di Langmuir:
𝜃 (1.4)
𝑏1 =
(1 − 𝜃)𝑃
Essendo il processo di adsorbimento spontaneo ed esotermico il calore di
adsorbimento è per definizione sempre positivo dal momento che la
variazione di entalpia nell’ adsorbimento fisico deve essere negativa (Yang,
1987). Per l’adsorbimento fisico inoltre il calore di adsorbimento è uguale
all’energia di legame tra adsorbente e adsorbato. Arrangiando nuovamente
l’espressione (1.4) si ottiene il grado di copertura (ϑ=0÷1):
𝑏𝑃
𝜗= (1.5)
1 + 𝑏𝑃
Spesso la teoria di Langmuir non è applicabile a causa della natura stessa del
solido microporoso che presenta una superficie altamente eterogenea con
variazioni significative del calore di adsorbimento dei siti attivi.

1.2.2 Adsorbimento multi-strato


Per quanto riguarda l’adsorbimento multi-strato esistono ad oggi diverse
teorie tra cui la teoria di polarizzazione, la teoria BET e la teoria del
potenziale. La prima, fu proposta da Boer e Zwikker nel 1929 e rivisitata da
Bradley nel 1936. Essa spiega che l’adsorbimento di molecole non-polari su
materiali ionici avviene nel momento in cui lo strato superficiale del solido
induce dipoli nel primo livello di adsorbato che a sua volta induce dipoli nel
livello successivo e così via. La seconda teoria proposta da Brunauer, Emmet
a Teller nel 1938 è basata invece sull’assunzione che le stesse forze che
portano alla condensazione di una fase gas sono le principali responsabili
dell’energia di legame nell’adsorbimento multistrato. Solo il primo strato
adsorbito è fortemente attratto dalla superficie; il secondo strato è adsorbito
sostanzialmente dal primo e non dalla superficie. In sintesi l’adsorbimento è
dovuto unicamente ai dipoli indotti secondo la teoria della polarizzazione,
mentre secondo la teoria BET sono le forze elementari di Van Der Waals, tra
cui le più importanti risultano le forze di dispersione di London [5] a causare
il fenomeno.

1
b è una costante solo se il calore di adsorbimento è indipendente dal grado di “copertura”:
questa è la seconda maggiore assunzione di Langmuir.

5
Isoterme di adsorbimento

1.2.2.1 La teoria BET


Brunauer, Emmet a Teller, 1938

Adsorbimento senza condensazione capillare


L’assunzione fondamentale della teoria BET prevede che le forze che
producono l’adsorbimento in un solido poroso dal secondo strato in poi siano
le stesse forze attive nella condensazione. Si considera quindi che la struttura
e le proprietà dei substrati molecolari siano simili a quella del liquido.

Dal momento che le forze di Van Der Waals sono a corto raggio, l’effetto
dell’adsorbente è trascurabile già nel secondo substrato molecolare. La
derivazione dell’espressione dell’isoterma BET parte dall’uguaglianza tra la
velocità di condensazione nello strato più profondo e della velocità di
evaporazione sulla superficie per ogni strato. Il procedimento analitico è
descritto in [1].
Il volume totale adsorbito risulta:
𝑣𝑚 𝑐 𝑃
𝑣= (1.6)
(𝑃0 − 𝑃)[1 + (𝑐 − 1)(𝑃⁄𝑃0 )]
Dove:

𝑣𝑚 è il volume adsorbito nel monolayer;

𝑐 è la costante BET ;
𝑃
Questa espressione può essere linearizzata nell’intervallo 𝑃 = 0.05 − 0.35
0
ottenendo:
𝑃 1 𝑐−1 𝑃
= + (1.7)
𝑣(𝑃0 − 𝑃) 𝑣𝑚 𝑐 𝑣𝑚 𝑐 𝑃0

Il confronto con i dati sperimentali mostra che l’equazione 1.7 rappresenta


efficacemente le isoterme del Tipo II e III, come illustrato nell’esempio di
𝑃 𝑃
figura 2. In particolare diagrammando 𝑣(𝑃 in funzione di si possono
0 −𝑃) 𝑃0
ottenere le costanti c e 𝑣𝑚 . Dalla costante c è possibile dedurre il calore di
adsorbimento medio nel primo layer; infatti

𝑐 = 𝑒 (𝐸1 −𝐸𝐿)/𝑅𝑇 (1.8)

dove 𝐸𝐿 entalpia di evaporazione dell’adsorbato (per la validità del modello


c>1). Introducendo un terzo parametro, n, il massimo numero di strati che
possono essere adsorbiti, l’equazione BET diventa la seguente (𝑥 = 𝑃⁄𝑃0 ):

𝑣𝑚 𝑐𝑥 1 − (𝑛 + 1)𝑥 𝑛 + 𝑛𝑥 𝑛+1
𝑣= (1.9)
1 − 𝑥 1 + (𝑐 − 1)𝑥 − 𝑐𝑥 𝑛+1
I parametri 𝑣𝑚 , 𝑐 e 𝑛 sono ricavati dai dati sperimentali tramite regressione
non lineare. In figura 2 viene mostrato come all’aumentare del parametro n

6
Capitolo 1

aumenti la capacità del materiale di adsorbire il gas per valori di P tendenti a


P₀.

Figura 2. Adsorbimento di Azoto a 77.3K tracciato secondo l’equazione (1.9) ricavata dalla teoria
BET.

Il metodo BET meglio si adatta a superfici adsorbenti omogenee. Si accenna


qui al lavoro di Fripiat et al (1986), che proposero una variante di questo
modello per superfici adsorbenti estremamente irregolari, ricorrendo alla
teoria dei frattali [1].

Adsorbimento con condensazione capillare


La condensazione capillare si verifica poiché la pressione di vapore al di sopra
di un menisco curvo differisce dalla pressione di vapore di una superficie
d’acqua piana. In particolare la curvatura del menisco deve essere negativa.
Più i capillari sono sottili, più il menisco sarà curvo e più bassa sarà la
pressione di vapore all’interno del capillare. Se la pressione di vapore
dell’aria è più alta di quella del capillare, una parte del vapore acqueo dell’aria
condensa sul menisco. Il raggio dei pori influisce sull’inizio di questo
fenomeno: più precisamente la pressione a cui corrisponde l’inizio della
condensazione capillare nei pori cilindrici di raggio rc è espressa secondo
l’equazione di Kelvin (valida per 1 nm < r < 25 nm):

𝑝 2𝜎𝑉𝑚
𝑙𝑛 = (1.10)
𝑝0 (𝑇) 𝑟𝑐 𝑅𝑇

7
Isoterme di adsorbimento

Dove:
𝜎 è la tensione superficiale dell’acqua;
𝑉𝑚 è il volume molare dell’acqua;
𝑟𝑐 è il raggio critico del capillare;
𝑅 è la costante universale dei gas;

L’equazione 1.9 non descrive matematicamente le isoterme Tipo IV e V,


tipiche dei materiali mesoporosi, la cui forma suggerisce l’inizio della
condensazione del vapore a pressioni più basse della pressione di saturazione.
Questo abbassamento indica che vi sono aggiunte delle forze capillari.
Quest’ultime sembrano far aumentare il calore di adsorbimento, o l’energia
di legame, nei layer più profondi. L’ultimo strato di adsorbato in un capillare
è attratto da entrambe le parti e per questo il calore di evaporazione
dell’ultimo strato deve essere più grande degli altri strati molecolari. La
velocità di evaporazione dell’adsorbato nell’ultimo strato quindi non è più
proporzionale a 𝑒 −𝐸𝐿/𝑅𝑇 ma a 𝑒 −(𝐸𝐿 +𝑄)/𝑅𝑇 , dove 𝑄 = 2𝜎𝑆, σ è la tensione
superficiale mentre S è la superficie ricoperta da 1 mole di adsorbato nel
mono-strato se l’ultimo strato viene adsorbito senza determinare sforzi.

La derivazione matematica dell’isoterma di adsorbimento è simile al caso di


adsorbimento senza condensazione capillare: si impone l’equilibrio per ogni
strato tra la velocità di condensazione e quella di evaporazione; si assume che
il numero massimo di layer che possono essere contati in questo capillare sia
2n-1; Il volume totale del gas adsorbito è ottenuto sommando il volume di gas
adsorbito per ogni strato.
1 𝑛−1 1
𝑣𝑚 𝑐𝑥 1 + (2 𝑛𝑔 − 𝑛) 𝑥 − (𝑛𝑔 − 𝑛 + 1)𝑥 𝑛 + 𝑛𝑔𝑥 𝑛+1
𝑣= 2 (1.11)
1−𝑥 1 1
1 + (𝑐 − 1)𝑥 + (2 𝑐𝑔 − 𝑐)𝑥 𝑛 − 2 𝑐𝑔𝑥 𝑛+1

Il termine 𝑔 = 𝑒 𝑄/𝑅𝑇 tiene conto delle forze capillari; gli altri termini hanno
lo stesso significato illustrato precedentemente. Per c<1 si ottiene l’isoterma
Tipo V per c>1 l’isoterma Tipo IV. Per g=1 questa espressione rappresenta
isoterme Tipo II, III.

La teoria dell’adsorbimento multi-molecolare è il primo tentativo di unificare


le teorie dell’adsorbimento fisico. Descrive l’intero percorso di un’isoterma,
includendo l’adsorbimento mono-strato, l’adsorbimento multi-strato e la
condensazione capillare. Tuttavia questo approccio fallisce spesso nella
regione 0.05<P/P₀<0.1. La teoria BET opera meglio nella regione intermedia;
l’equazione 1.6 a due costanti descrive bene il comportamento di molti
materiali fino a P/P₀= 0.25 e a volte fino a P/P₀=0.5.

8
Capitolo 1

1.2.2.2 La teoria del potenziale


M. Polanyi 1914

La teoria del potenziale formulata da Michael Polanyi si basa su una ricerca


piuttosto antica (dal geologo Horace-Bénédict de Saussure) che risale al 1814.
Si basa sulla constatazione che una struttura porosa esibisce una grande forza
attrattiva nei confronti del gas a contatto; essa causa l’adsorbimento multi-
molecolare. Si creano perciò diversi livelli di molecole adsorbite, le quali
sono sottoposte a compressione, in parte perché attratte dalla superficie e in
parte perché ogni livello è compresso da tutti quelli adsorbiti sopra di esso.
Sullo strato più profondo quindi la compressione è maggiore e diminuisce
risalendo verso la superficie del materiale in contatto col gas. Così la struttura
della fase adsorbita secondo la teoria del “film compresso” viene supposta
simile a quella dell’atmosfera che circonda la Terra (figura 3). Polanyi definì
il potenziale di adsorbimento in un punto come il lavoro necessario a portare
una molecola dalla fase gassosa in quel punto dato dalla cosiddetta equazione
idrostatica [4]:
𝛿𝑖
𝜀𝑖 = ∫ 𝑉𝑑𝑝 (1.12)
𝛿𝑥

In cui 𝜀𝑖 è il potenziale di adsorbimento nel punto in cui la densità della


𝑀
sostanza adsorbita è 𝛿𝑖 , 𝛿𝑥 è la densità della fase gassosa, e 𝑉 = dove M
𝛿
è il peso molecolare dell’adsorbato.

Figura 3. Interazione fase gas e solido poroso secondo la teoria del potenziale di M. Polanyi.

9
Isoterme di adsorbimento

Pe risolvere questo integrale è necessario esprimere il volume molare V in


funzione sia della pressione della fase gas che della pressione della fase
adsorbita, sotto le seguenti ipotesi semplificative:

1) Il vapore della fase gas obbedisce all’equazione di stato dei gas ideali;
2) Il liquido della fase adsorbita è incomprimibile;
Ne segue:
𝑝0
𝑅𝑇
𝜖𝑖 = ∫ 𝑑𝑝 (1.13)
𝑝𝑥 𝑝
Le isoterme che derivano da questa teoria hanno trovato impiego
nell’interpretare le isoterme Tipo IV e V affette da condensazione capillare o
dal riempimento dei pori. Sono specialmente utili a descrivere le curve
caratteristiche dei carboni attivi. La teoria del potenziale è una teoria empirica
che assume il volume della fase adsorbita in funzione del potenziale ε.
Dubinin (1960) propose la seguente forma empirica:

𝜀2
𝑉 = 𝑉0 exp(−𝑘 ) (1.14)
𝛽2
Dove V₀ è il valore limite del volume adsorbito corrispondente al monostrato,
k una costante, β è il coefficiente di affinità che caratterizza la polarizzabilità
dell’adsorbato. Questa equazione prende il nome di Dubinin-Radushkevich o
DR equation che può essere rimaneggiata nella seguente forma:

𝑃0 2
𝑉 = 𝑉0 exp[− (𝐾𝑙𝑛 ) ] (1.15)
𝑃
con
𝑅𝑇
𝐾= (1.16)
𝛽𝐸0
E₀ è l’energia di adsorbimento caratteristica di un vapore standard
(usualmente benzene). L’esponente 2 nell’equazione DR può essere sostituito
con n, ottenendo la cosiddetta Dubinin-Astakhov o DA equation. Il valore
empirico di n varia da 1 a 14 (Kapoor and Yang, 1988; Kapoor et al., 1989a)
e può essere collegato all’eterogeneità dei pori nel solido (Jaroniec and
Madey, 1988; Rudzinski and Everett, 1992).

10
Capitolo 1

L’ISTERESI E I MODELLI PER LA SUA INTERPRETAZIONE


Esiste una classificazione IUPAC anche delle forme di isteresi, illustrata nella
figura 4.

Figura 4. Classificazione IUPAC delle forme di isteresi.

 H1 è attribuita ad una distribuzione di mesopori molto stretta;

 H2 è indice della presenza di mesopori interconnessi di diversa forma


e grandezza;

 H3 viene spesso ricondotta alla presenza di pori interstiziali dovuti


ad aggregati di particelle a foglietti;

 H4 viene attribuita alla condensazione capillare in pori interstiziali


dovuti ad aggregazione di particelle;

L’isteresi generalmente viene quantificata come la differenza tra il contenuto


di adsorbato all’equilibrio in fase di desorbimento, 𝑤𝑑𝑒𝑠𝑜𝑟𝑏. e quello in fase
di adsorbimento, 𝑤𝑎𝑑𝑠𝑜𝑟𝑏. .
Il “peso” dell’isteresi è valutato a partire dall’espressione (1.17):

𝑤𝑑𝑒𝑠𝑜𝑟𝑏. − 𝑤𝑎𝑑𝑠𝑜𝑟𝑏. (1.17)


𝐼𝑠𝑡𝑒𝑟𝑒𝑠𝑖 % = 100 ×
𝑤𝑎𝑑𝑠𝑜𝑟𝑏.

11
Isoterme di adsorbimento

In figura 5 viene illustrata una schematizzazione del ciclo di isteresi presente


nel silica gel. Si osserva che ad un certo punto nella fase di desorbimento il
materiale non riesce più a rilasciare in ambiente lo stesso quantitativo di
vapore catturato precedentemente, (punto U). Per ogni punto compreso nei
limiti superiore U (Upper) ed inferiore L (Lower) del ciclo di isteresi la curva
di desorbimento segue un andamento piatto, idealmente orizzontale secondo
la teoria della percolazione [6], fino al punto T, dal quale ritorna rapidamente
con derivata infinita a convergere con l’isoterma di adsorbimento (punto L).

Figura 5. Cicli di isteresi: L-T-U isoterma di desorbimento teorica; C1, C2, C3 cicli d’adsorbimento
e desorbimento dipendenti dall’isteresi. Fonte: [7]

Rajniak and Yang nel 1993 [7] proposero a riguardo una spiegazione fisica
denominata pore blocking theory. Tale modello è l’estensione del indipendent
𝑃
pore model: esiste un singolo valore del rapporto 𝑃 al quale un capillare
0(𝑇)

verrà riempito di 𝐻2 𝑂 , ma molti ai quali verrà svuotato, uno per ogni


connessione con pori dalle dimensioni più piccole.
Per comprendere l’origine del modello bisogna considerare la tortuosità dei
microcanali: il modello più utilizzato per descrivere le interconnessioni dei
pori, su cui si basa tutta la trattazione e che ha il vantaggio di poter essere
espresso analiticamente è l’albero di Bethe (Mason, 1988). Dal canale
principale dipartono canali secondari da cui dipartono quelli successivi e così
via, sempre più piccoli…
Alla saturazione i pori all’interno del materiale risultano essere
completamente riempiti di adsorbato. L’effetto che si produce quando si
inverte il senso di marcia è paragonabile a quello prodotto dal traffico
congestionato di una grande città: per essere risolto si dovrà attendere che i
veicoli nelle vie esterne, più strette, lascino man mano il via a quella
principale. Nei materiali mesoporosi inoltre si ha condensazione capillare, la
cui rappresentazione è illustrata in figura 6, una delle principali cause della
comparsa dell’isteresi. Il fenomeno della condensazione capillare fa sì che si

12
Capitolo 1

𝑃
formi del liquido all'interno dei pori anche quando il rapporto è minore
𝑃0(𝑇)
di 1.

Figura 6. Rappresentazione schematica della condensazione capillare nei materiali porosi. Durante il
desorbimento il capillare non viene svuotato completamente, dando inizio alla formazione del ciclo
d’isteresi. Fonte: [8]

Il legame tra la pressione di condensazione e il raggio di curvatura dei canali


in cui avviene tale fenomeno è espresso attraverso l’equazione di Kelvin
(1.10), vista precedentemente.
Quando l’acqua si trova all’interno di piccole cavità, essa risente fortemente
della presenza dalle superfici del solido e quindi la tensione del vapore (che
rappresenta, ad una determinata temperatura, la tendenza ad evaporare)
diminuisce per effetto dell’attrazione esercitata dalle superfici solide sulle
molecole di acqua. Più vicine sono tra loro le superfici solide, minore diventa
la tensione di vapore dell’acqua. In un solido poroso avente pori capillari di
raggio variabile, il vapore condenserà alla pressione p (minore di quella
“convenzionale” p0) in tutti i pori di raggio inferiore ad rc.
Anche se l’isteresi è un fenomeno pervasivo non viene mai realmente
considerato nella modellizzazione dei processi di adsorbimento/
desorbimento, come sottolineano diversi autori in letteratura, causando una

13
Isoterme di adsorbimento

semplificazione a volte estrema del comportamento dei materiali altamente


adsorbenti. L’introduzione di un modello semplice ma allo stesso tempo
efficace nell’interpretazione delle isoterme di adsorbimento e desorbimento
risulta essere la soluzione migliore per sopperire a questo errore.
Questo modello, valido per l’isoterma di desorbimento principale, è
estendibile alle isoterme di adsorbimento e desorbimento di ordine superiore,
le cosiddette scanning curves. Infatti possono esistere infiniti cicli di
adsorbimento/desorbimento all’interno del ciclo di isteresi principale,
definito dalle isoterme di adsorbimento/desorbimento fondamentali. Il
percorso esatto dei cicli dipende dalla storia pregressa: è l’effetto memoria.
Inoltre la forma delle isoterme di adsorbimento e desorbimento secondarie
rimane matematicamente la stessa di quelle principali e la ragione di questo è
semplice: seguono il medesimo processo di riempimento e svuotamento dei
pori [15].
Sulla base di questo modello si è costruito un algoritmo in ambiente
MATLAB™ per predire tutti i cicli possibili all’interno dell’area d’isteresi,
in base alle isoterme fondamentali ottenute dai dati sperimentali.
La definizione delle equazioni delle isoterme fondamentali (dove il pedice A:
adsorbimento e D: desorbimento) del loro range di validità e dei punti di
inizio fine ciclo di isteresi è la seguente:
𝑃
Definita la variabile 𝑥 = 𝑃
0 (𝑇)

𝑤𝐴 = 𝑤𝐴 (𝑥) 0 ≤ 𝑥 ≤ 1

𝑤𝐴 (𝑥) 𝑥 ≤ 𝑥𝐿 𝑜 𝑥 > 𝑥𝑈
𝑤𝐷 = {
𝑤𝐷 (𝑥 − 𝑥𝐿 ) 𝑥𝐿 ≤ 𝑥 ≤ 𝑥𝑈

𝑐𝑜𝑛 𝑤𝐷 (0) = 𝑤𝐿 = 𝑤𝐴 (𝑥𝐿 )

𝑤𝐷 (𝑥𝑈 − 𝑥𝐿 ) = 𝑤𝑢 = 𝑤𝐴 (𝑥𝑈 )
Segue una procedura step by step per predire le isoterme secondarie:

1. Calcolare tramite regressione non lineare i parametri del modello


empirico prescelto per la descrizione analitica dell’isoterma di
adsorbimento;
2. Determinare la posizione dei due limiti2, L e U, del ciclo di isteresi
dai risultati sperimentali;
3. Calcolare tramite regressione non lineare i parametri del modello
empirico per la descrizione analitica dell’isoterma di desorbimento;

2
Il limite Upper è facilmente riconoscibile perché corrisponde alla biforcazione iniziale
dell’isoterma di desorbimento da quella di adsorbimento; invece per il limite Lower a volte
è necessaria una forzatura in quanto alcuni materiali presentano isteresi fino alla fine della
fase di desorbimento.

14
Capitolo 1

Non si necessitano di altre informazioni a priori, in questo sta la potenza del


modello descritto. Per ogni j-esimo turning point è necessario avere in
memoria i limiti superiore e inferiore, j-2 e j-1 del ciclo passato, visibili in
figura 7 la quale riporta a titolo di esempio un ciclo di
adsorbimento/desorbimento a spirale.

Figura 7. Ciclo di isteresi a spirale interno alle curve fondamentali nel range xL<x<xU

Viene mostrata la procedura di calcolo delle isoterme di adsorbimento e


desorbimento, primarie e di ordine superiore al primo, descritte dal modello
Dubinin-Astakhov, uno tra i più semplici. In base alla forma dell’isoterma e
dell’area di isteresi vi sono altri modelli che meglio le descrivono, per
esempio il modello GAB (derivato dalla teoria BET per l’adsorbimento
multistrato) e il modello DoDo specifico per i carboni attivi [9]. Ad ogni
modo la struttura del calcolo rimane la medesima.

Scanning Curves: fase di adsorbimento


L’equazione che descrive tutte le curve d’adsorbimento possibili all’interno
del ciclo di isteresi, che dipartono dalla curva di desorbimento principale
descritta dalla eq. (1.22), mantenendo la forma della curva di adsorbimento
principale eq. (1.18) è l’espressione (1.19). I parametri del modello,
𝑎𝑚,𝐴 , 𝑘𝐴 ed𝑛𝐴 , sono ottenuti per regressione non lineare.

1 𝑛𝐴
𝑤𝐴 (𝑥) = 𝑎𝑚,𝐴 ∙ exp [−𝑘𝐴 ∙ 𝑙𝑜𝑔 ( )] (1.18)
𝑥
𝑤𝑎 (𝑥) = 𝐶1 + 𝐶2 ∙ 𝑤𝐴 (𝑥)
(1.19)

Con 𝑤𝑗−1 𝑤𝐴,𝑗−2 − 𝑤𝐴,𝑗−1 𝑤𝑗−2


𝐶1 =
𝑤𝐴,𝑗−2 − 𝑤𝐴,𝑗−1 (1.20)

15
Isoterme di adsorbimento

e 𝑤𝑗−2 − 𝑤𝑗−1
𝐶2 = (1.21)
𝑤𝐴,𝑗−2 − 𝑤𝐴,𝑗−1
Dall’espressioni (1.20) e (1.21) si capisce come ogni isoterma dipenda da
quella precedente, infatti è sempre necessario conoscere i punti j-1 e j-2,
ovvero i limiti inferiore e superiore del ciclo passato. In figura 8 e 9 vengono
illustrate le scanning curves di adsorbimento ottenute per il silica gel RD e
l’ARTsorb tramite l’algoritmo riportato in appendice A. Tutte le curve
convergono in 𝑥 = 𝑥𝑈 limite superiore del ciclo.

Figura 8. Scanning curves complete ottenute in Matlab per il silica gel RD; i turning points inferiori
(j-1) appartengono all’isoterma di desorbimento principale. Tutte le curve secondarie seguono la
stessa forma e terminano nel limite superiore U.

Figura 9. Scanning curves complete ottenute in Matlab per l’ARTsorb; i turning points inferiori (j-1)
appartengono all’isoterma di desorbimento principale. Tutte le curve secondarie seguono la stessa
forma e terminano nel limite superiore U.

Scanning Curve: fase di desorbimento


Dopo aver stabilito i limiti U e L, (figura 5), è bene scrivere la curva di
desorbimento principale (1.22) in modo tale che in questi punti vi sia
congruenza con la curva di adsorbimento, ovvero che 𝑤𝐷 (𝑥𝐿 ) = 𝑤𝐴 (𝑥𝐿 ) =
𝑤𝐿 .
𝑛𝐷
1
𝑤𝐷 = 𝑤𝐿 + 𝑎𝑚,𝐷 ∙ exp [−(𝑘𝐷 ∙ 𝑙𝑜𝑔 ( )] (1.22)
𝑥 − 𝑥𝐿
Le curve di desorbimento di secondo, terzo, quarto ordine e così via… che
dipartono dal punto j-esimo appartenente alla curva di adsorbimento
principale, sono tutte descritte dalla seguente relazione:

16
Capitolo 1

𝑛𝐷
1
𝑤𝑑 = 𝑤𝑗−1 + 𝑎𝑚,𝑗 ∙ exp [−(𝑘𝑗 ∙ 𝑙𝑜𝑔 ( )] (1.23)
𝑥 − 𝑥𝑗−1

I parametri 𝑎𝑚,𝑗 e 𝑘𝑗 della (1.23) vengono calcolati di volta in volta a partire


dal rapporto tra la pendenza della curva di adsorbimento nel ciclo precedente
e la pendenza della curva di desorbimento nel punto j-esimo. Questo rapporto,
denominato Ej può essere facilmente ricavato mediante l’eq. (1.24)
conoscendo la storia passata del processo di adsorbimento:
(𝑑𝑤𝑑 ⁄𝑑𝑥)𝑥=𝑥𝑗 (𝑞𝑗 −𝑞𝑗−1 )(𝑞𝑗−2 −𝑞𝑗 ) 𝑘⁄𝑥𝑗
= +𝐶 = 𝐸𝑗 (1.24)
(𝑑𝑤𝑎 ⁄𝑑𝑥)𝑥=𝑥𝑗 (𝑞𝑗−2 −𝑞𝑗−1 )(𝑞𝑗 1/𝐶 −𝑞𝑗−1 1/𝐶 )𝑞𝑗 1−1/𝐶 2 (𝑑𝑤𝐴 ⁄𝑑𝑥)𝑥=𝑥𝑗

Il parametro 𝐶2 è lo stesso dell’espressione (1.21) mentre k viene stimato dai


dati sperimentali e rappresenta lo scostamento della curva di desorbimento
reale da quella ipotizzata nella teoria della percolazione dall’andamento
orizzontale. Di fatto il materiale desorbe un certo quantitativo di vapore e non
segue il profilo orizzontale atteso, figura 6. Mason ne propose una forma
empirica:

𝑤𝐷,𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒 = 𝑤𝐷,𝑡𝑒𝑜𝑟𝑖𝑐𝑎 − 𝑘 ∙ 𝑙𝑛(𝑥𝑢 ⁄𝑥) (1.25)


Il motivo per cui la curva reale si discosta da quella teorica viene imputato
alla decompressione della fase liquida (Mason 1988; Seaton, 1991) e alla
nucleazione e vaporizzazione del vapore dai pori sulla superficie del materiale
essiccante (Parlar and Yortsos 1989). Derivando in x la (1.25) rimane:
𝑑𝑤𝐷 𝑘
( ) =
𝑑𝑥 𝑥=𝑥𝑈 𝑥𝑈 (1.26)

Il parametro 𝑞𝑗 esprime la probabilità che un sito venga riempito


completamente di vapore o più in generale indica la frazione dei pori riempiti
per condensazione capillare:
𝑤𝑗 − 𝑤𝐿
0 ≤ 𝑞𝑗 = ≤1
𝑤𝑈 − 𝑤𝐿 (1.27)

Infine C è un parametro ricavabile sperimentalmente, viene chiamato


“connettività” ed indica il valor medio delle interconnessioni tra i pori.
Sapendo che per ogni punto j-esimo deve sussistere l’uguaglianza 𝑤𝑎 (𝑥𝑗 ) =
𝑤𝑑 (𝑥𝑗 ) , mettendo quindi a sistema la (1.19), (1.23) e la (1.26), si possono
ricavare, dopo qualche manipolazione, le seguenti espressioni esplicite per il
calcolo dei parametri 𝑎𝑚,𝑗 e 𝑘𝑗 :
1
𝐴𝑗 𝑛𝐷 (1.28)
𝑘𝑗 = ( )
𝐵𝑗 𝐶𝑗

17
Isoterme di adsorbimento

𝐶𝑗
𝑎𝑚,𝑗 = 𝑛𝐷
exp [−(𝑘𝑗 𝐷𝑗 ) ] (1.29)

1
𝐵𝑗 = 𝑛𝐷 𝐷𝑗 𝑛𝐷−1
𝑥𝑗 − 𝑥𝑗−1 (1.30)

𝐶𝑗 = 𝑤𝑗 − 𝑤𝑗−1
(1.31)

1
𝐷𝑗 = 𝑙𝑛
𝑥𝑗 − 𝑥𝑗−1 (1.32)

𝑛𝐴 1
𝐴𝑗 = (𝑙𝑛 ) 𝐸𝑗 𝑤𝑗 𝑘𝐴 𝑛𝐴
𝑥𝑗 𝑥𝑗 (1.33)

Figura 10. Scanning curve ottenute con il modello di Rajniak and Yang per il silica gel.

Figura 11. Scanning curve ottenute con il modello di Rajniak and Yang per l’ARTsorb.

Ottenendo così un modello di previsione per il “reale” comportamento del


materiale all’interno della zona afflitta da isteresi, è possibile stimare la
capacità di buffering del materiale tenendo in considerazione il decadimento
delle proprietà del materiale a causa della presenza di isteresi, senza dover
ricorrere obbligatoriamente ad innumerevoli prove sperimentali. In figura 10
e 11 vengono illustrate le scanning curves di desorbimento ottenute per il
silica gel RD e l’ARTsorb sempre tramite l’algoritmo riportato in appendice
A. Tutte le curve convergono in 𝑥 = 𝑥𝐿 limite inferiore del ciclo. Quindi tutti
quei modelli numerici che non considerano l’isteresi nelle simulazioni e che

18
Capitolo 1

descrivono per semplicità il processo di desorbimento con la stessa curva di


quello di adsorbimento incorrono ad un errore spesso grossolano. In figura
12 viene riportato in blu un ciclo di desorbimento e successivo adsorbimento
𝑃
del silica gel RD, partendo dalla condizione = 0.6. Il tratto di curva in
𝑃0
rosso appartiene all’isoterma di desorbimento principale, mentre il tratto in
verde appartiene all’isoterma di adsorbimento principale. È evidente che il
materiale se affetto da isteresi desorbe un quantitativo di adsorbato
nettamente inferiore rispetto al caso “ideale” senza isteresi (curva verde).

Figura 12. Processo di adsorbimento/ desorbimento intermedio con variazioni di umidità relativa nel
range 0.4-0.6 P/P₀ del silica gel RD; in rosso e verde le isoterme principali, in blu il ciclo dipendente
dall’isteresi.

19
Isoterme di adsorbimento

CALORE DI ADSORBIMENTO
Secondo la teoria BET il fisisorbimento è caratterizzato da quattro costanti:
c, 𝑣𝑚 , n, g. Due di queste, 𝑣𝑚 e n, sono da considerarsi constanti
dimensionali, la prima dipendente dalla superficie totale adsorbente, la
seconda dalla dimensione media dei pori. In particolare la costante
𝑣𝑚 dipende dal numero di molecole richieste per coprire l’intera superficie del
mono-strato molecolare; così l’area superficiale è misurata a partire dalla
proiezione della superficie (anche chiamata cross-sectional area) delle
molecole del gas. La costante n è il numero massimo di strati che possono
essere riempiti in un capillare; perciò la grandezza dei pori è misurata a partire
dallo spessore di molecole adsorbite perpendicolarmente alla superficie. Le
altre costanti, c e g, sono considerate costanti energetiche poichè dipendono
dal calore di adsorbimento del primo e dei successivi strati. Il calore di
adsorbimento del mono-strato risulta dall’interazione tra adsorbente-
adsorbato, mentre il calore di adsorbimento degli strati successivi dipende
dall’interazione adsorbente-adsorbente. Si assume inoltre che il calore di
adsorbimento degli strati successivi al primo (ad eccezione dell’ultimo) sia
uguale al calore di condensazione e del vapore adsorbito.

Non di rado il calore di adsorbimento è spesso espresso nei termini della sua
variazione da superficie libera a superficie coperta. Esso di ottiene mediante
una serie di isoterme costruite a differenti temperature secondo il cosiddetto
metodo isosterico. In analogia con l’equazione di Clausius-Clapeyron per un
sistema bifase gas - liquido, la seguente equazione può essere applicata per
determinare il calore di adsorbimento differenziale 𝐻𝑎𝑑𝑠 [𝐽⁄𝑘𝑔]:
𝑅 𝑇1 𝑇2 𝑃1 (1.34)
𝐻𝑎𝑑𝑠 = − ln
𝑇1 − 𝑇2 𝑃2
Dove R è la costante universale dei gas, e P₁, P₂, T₁, T₂ sono le pressioni di
equilibrio e le temperature per una data quantità di vapore adsorbito.

20
Capitolo 2
Stato dell’arte dei materiali
adsorbenti
L'obiettivo di questa sezione è quello di fornire uno sguardo d’insieme sui
materiali adsorbenti più diffusi e di maggiore interesse attuale,
evidenziandone le caratteristiche fondamentali e il processo produttivo. Tra
questi sono stati poi selezionati i candidati per le prove sperimentali, cercando
di identificare quelli più indicati nel campo della conservazione preventiva di
beni artistici e/o storici.

SILICA GEL
Il silica gel è un materiale sintetico amorfo formato dall’aggregazione di
particelle di silice la cui dimensione e impacchettamento determinano l’area
superficiale specifica e le dimensione dei pori. La struttura del materiale può
essere variata agendo su alcuni parametri come la natura chimica e la
concentrazione dei precursori, la temperatura, la durata e il Ph dell’idrolisi, la
condensazione, la transizione sol gel, temperatura e durata dell’asciugatura
del gel (Iler, 1979). Come risultato il diametro dei pori varia dai 2 nm per il
Regular Density (RD) silica gel ai 15-20 nm per i gel a bassa densità, mentre
il volume dei pori varia rispettivamente da 0.3-0.4 a 1-1.5 𝑐𝑚3 . RD è il
materiale più usato perché più stabile e risulta il più disponibile/economico
sul mercato, nonostante la sua minore capacità di adsorbimento rispetto ai
materiali compositi di silica gel.
Il Silica gel può essere sintetizzato seguendo due strade: (1) polimerizzazione
dell’acido silicico, e (2) per aggregazioni di particelle di silice colloidale. Il
prodotto commerciale viene preparato attraverso il primo metodo miscelando
una soluzione di sodio silicato con un acido minerale, ad esempio l’acido
idrocloridrico. La reazione produce la dispersione di particelle di SiO2 idrate,
finemente divise, composto conosciuto come acido silicico o hydrosol:

È ampiamente noto che il gel di silice è un materiale adsorbente ad alte


prestazioni (aumenta il proprio peso di circa il 40% con processo di
21
Stato dell’arte dei materiali adsorbenti

rigenerazione a 150°C invece di 350°C come per le zeoliti) il cui principale


inconveniente è costituito da un’isoterma di adsorbimento quasi lineare,
senza alcuna rapida variazione dell’amount adsorbed in funzione
dell’umidità relativa. Viene utilizzato molto spesso come moisture buffer e la
sua capacità di adsorbire/desorbire umidità è dovuta anche ai deboli legami
che stringe con le molecole d’acqua.

MATERIALI COMPOSITI A BASE DI SILICA GEL


Le prestazioni del Silica Gel possono essere modificate tramite la variazione
della dimensione dei suoi pori o mediante l'introduzione di un ulteriore
materiale. Generalmente i sali igroscopici hanno delle capacità adsorbenti
nettamente superiori di un essiccante inorganico come il silica gel. Tuttavia
le prestazioni del materiale tendono rapidamente a degradarsi a causa di un
fenomeno denominato lyolisis, ovvero la formazione di acidi o sali a seguito
dell’interazione tra sali e solvente. Il fenomeno spesso avviene intorno a
capacità 𝑤>0,3 [𝑔/𝑔] in seguito alla formazione di solidi cristallini idrati
𝐶𝑎𝐶𝑙₂∙2𝐻₂𝑂; tale inconveniente non permette ad oggi un diffuso utilizzo dei
soli sali igroscopici.
Nel 1929 venne iniettato per la prima volta un sale all’interno della matrice
di un materiale poroso per aumentarne la capacità adsorbente. Questo nuovo
materiale venne utilizzato inizialmente come filtro per le maschere antigas.
Per molto tempo questa idea rimase limitata al campo della filtrazione.
Solamente in questi ultimi anni, sono state rivalutate le potenzialità che ha
l’unione di una matrice porosa con un sale igroscopico anche nel campo della
climatizzazione. Infatti, l’addizione di un nuovo elemento, il sale igroscopico,
permette di migliorare notevolmente il comportamento della sostanza
essiccante: oltre alla possibilità di modificare la natura stessa dell’adsorbente,
si può modificare anche la tipologia del sale e la sua quantità all’interno della
matrice, ottenendo risultati di interesse. Inoltre l’unione di questi due
materiale essiccanti permette il superamento del difetto principale legato
dall’utilizzo del solo sale. Grazie alla sua struttura fisica, l’adsorbente
composito si pone in una condizione intermedia tra la matrice dell’adsorbente
solido e il puro sale, di cui è impregnato l’essiccante inorganico. La capacità
di adsorbimento di un sistema matrice - sale non è funzione lineare delle due
capacità dei due componenti viste separatamente ma dipende dall’interazione
tra i due. Una modifica della matrice può cambiare fortemente le proprietà
del sale confinato e quindi del materiale composito nella sua totalità
I materiali adsorbenti compositi sono sintetizzati impregnando la matrice
porosa del gel di silice con un sale igroscopico, 𝐶𝑎𝐶𝑙₂, 𝐶𝑎𝐿𝑖, 𝐿𝑖𝐶𝑙. I risultati
di numerose ricerche scientifiche mostrano che questi nuovi adsorbenti hanno
maggiori capacità essiccanti e una maggiore capacità termica.

22
Capitolo 2

MS – MOLECULAR SIEVES
Questi materiali, a differenza del gel di silice, presentano un sistema di canali
regolari con dimensioni dei pori uniformi. Si trovano in commercio sotto il
nome di setacci molecolari (altrimenti detti molecular sieves) e vengono
impiegati solitamente nel campo della filtrazione. Si differenziano dagli altri
silicati, caratterizzati da pori irregolari dalle dimensioni ampiamente
variabili, poiché presentano una distribuzione della porosità relativamente
limitata con pori dal diametro medio di 2.5 nm a 15 nm.
I materiali del tipo MCM appartengono ad una nuova famiglia di silicati/
alumino-silicati mesoporosi; mediante un processo di sintesi, in presenza di
particolari tensioattivi che fungono da veri e propri stampi, viene ottenuta una
struttura ordinata (Beck et al., 1992). Per esempio MCM-41 presenta un
ordinamento di mesopori uniformi (figura 13) da 2 nm a oltre 10 nm, invece
per SBA-15 le dimensioni variano da 6 a 13 nm. La sintesi dei materiali
mesoporosi è un processo top down che permette la creazione di strutture di
diverse dimensioni e forme in base alle necessità.
Una delle principali ragioni per cui le nanoparticelle mesoporose di silice
sono d’estremo interesse scientifico è l’elevata porosità che possiedono.
Come ricavato dalle analisi d’adsorbimento e desorbimento di azoto, in media

Figura 13. Sintesi del MCM-41 con il metodo Sol gel

23
Stato dell’arte dei materiali adsorbenti

a superficie specifica di questi materiali raggiunge circa 1000 m²/g e un


volume interno dei pori pari a circa 1 cm³/g.

ALLUMINA ATTIVATA
L’allumina attivata è anch’essa largamente utilizzata come essiccante perché
condivide le medesime proprietà del silica gel. Tuttavia, a differenza di
quest’ultima è cristallina e non amorfa. Si può modificare la chimica della
superficie attraverso trattamenti con acidi o basi e controllare la struttura
porosa mediante trattamenti termici. Come risultato l’allumina attivata è più
versatile del silica gel e maggiormente applicata come adsorbente. Una tipica
isoterma di adsorbimento viene riportata in figura 14, la quale evidenzia che
il processo di adsorbimento è la somma del chemiadsorbimento, del
fisisorbimento e della condensazione capillare.
L’allumina attivata figura soprattutto negli impianti industriali in cui è
necessario deumidificare flussi di aria compressa o gas di processo. L’uso
abbondante di questo materiale è dovuto a diverse proprietà, come il basso
costo, la resistenza chimico-fisica, la facilità nella rigenerazione e l’elevata
capacità di adsorbire l’acqua. La produzione di questo materiale è ottenuta
attraverso la disidratazione termica o l’attivazione di triidrato di alluminio,
Al(OH)₃ (MacZura et al., 1977). Convenzionalmente il materiale grezzo da
cui si origina l’allumina attivata è la bauxite. Essa, attraverso il cosiddetto
processo Bayer, viene trasformata in alluminato di sodio, viene lavata e
separata dalle impurità (come ossidi di ferro e silice) e resa gibbsite. Il
prodotto finito si ottiene attraverso calcinazione a 400°C-600°C. Tuttavia in
questo modo si ottiene un prodotto dall’area superficiale ridotta (solo pochi
metri quadrati per grammo) e un altrettanto modesto volume poroso. Per
questo alcune aziende produttrici, per ottenere prodotti migliori sottopongono
la gibbsite ad uno speciale processo tecnologico, chiamato flash process.

Figura 14. Isoterma di adsorbimento dell’allumina attivata: chemisorbimento, fisisorbimento e


condensazione capillare.

24
Capitolo 2

ZEOLITI
Le zeoliti sono solidi cristallini microporosi la cui struttura regolare è
caratterizzata da un’enorme quantità di volumi vuoti interni ai cristalli.
Chimicamente sono allumosilicati idrati cristallini con una struttura
tridimensionale. Le unità fondamentali sono i gruppi tetraedrici [SiO₄] e
[AlO₄]⁻, ognuno unito per i vertici ad altri quattro tetraedri mediante gli atomi
di ossigeno (figura 15). La carica negativa in [AlO₄]⁻ deve essere bilanciata
dalla presenza di cationi, da cui deriva la capacità di scambio cationica. Sono
conosciuti più di 180 tipi di zeoliti; le proprietà di adsorbente possono essere
adeguate variando la composizione, particolarmente il rapporto Si/Al
(Thompson, 1998): più basso è questo rapporto e più la zeolite diventa
idrofila. La superficie della struttura è costituita essenzialmente da atomi di
ossigeno, mentre gli atomi di Si o Al sono collocati nei piani interni della
struttura. L’interazione della struttura zeolitica con un gas è essenzialmente
dovuta alle interazioni di Van Der Waals tra le molecole di ossigeno e quelle
del gas.

Figura 15. Struttura cristallina della Zeolite.

Per alcune zeoliti, l’affinità con l’acqua è talmente elevata che possono
ottenere un largo adsorbimento anche a bassi valori di umidità relativa; infatti
si instaurano forti interazioni dei dipoli delle molecole di H₂O, molecola
polare, con il campo elettrostatico della struttura cristallina. La sostituzione
di Al e/o di Si con altri elementi porta a sintetizzare una miriade di setacci
molecolari (che formalmente non sono zeoliti), che sono però utilizzati
principalmente come catalizzatori.

ALLUMINOFOSFATI
Gli alluminofosfati rappresentano la prima famiglia di ossidi sintetizzati
senza Silica. Come le zeoliti e i MS questi materiali appartengono ai setacci
molecolari presentando una dimensione dei pori uniforme di 0.3 e 0.8 nm.
Data la maggior complessità nel processo di sintesi sono molto più costosi
degli altri adsorbenti. L’affinità con le molecole d’acqua è sicuramente
minore rispetto a quelle delle zeoliti, ma maggiore dei MS.

25
Stato dell’arte dei materiali adsorbenti

CARBONI ATTIVI
I carboni attivi sono materiali contenenti principalmente carbonio sotto forma
di micro-cristalli di grafite, trattati in modo da ottenere una struttura porosa
con una vasta area superficiale interna. I processi di produzione coinvolgono
fondamentalmente i seguenti stadi: la preparazione del materiale grezzo, la
carbonizzazione a basse temperature e l’attivazione. I materiali di partenza
per i carboni attivi sono costituiti da differenti tipi di materiali carbonacei. A
partire dai pori inizialmente presenti nel materiale grezzo, attraverso diversi
processi di attivazione, si fa in modo di incrementare la porosità secondo la
particolare distribuzione desiderata.

Due sono i metodi principali per l’attivazione: di tipo gas-assistita e di tipo


chimico. L’attivazione tramite gas coinvolge la carbonizzazione a 400°-
500°C per eliminare le sostanze volatili, e seguire una parziale gassificazione
a 800-1000°C che sviluppa la porosità e aumenta l’area superficiale. Nel caso
di attivazione chimica si utilizzano additivi inorganici in grado di degradare
e deidratare i materiali cellulosici e, simultaneamente, prevenire il
restringimento delle cavità durante la carbonizzazione. I carboni attivi sono
caratterizzati da un’ampia area superficiale che può andare da valori
dell’ordine di 300 fino a circa 4000 m₂/g. La caratteristica del carbone attivo
è quella di possedere una superficie non polare che gli permette di avere molti
vantaggi, tra cui un basso calore di adsorbimento che consente di rigenerare
il materiale a basse temperature. Non è tuttavia da considerarsi materiale
idrofobico, anzi l’adsorbimento del vapore in condizione di saturazione è
comparabile con quello degli altri materiali adsorbenti (curva E in figura 18).
L’adsorbimento del vapore da parte dei carboni attivi segue un’isoterma di
Tipo V, presentandosi quindi con la caratteristica curva a S (Yang, 1997).
Le figure 16 e 17 confrontano i materiali adsorbenti fin qui elencati, che
sintetizzano le proprietà discusse.

Figura 16. Distribuzione della dimensione dei pori delle principali famiglie di essiccanti

26
Capitolo 2

Figura 17. Isoterme di adsorbimento del vapore acqueo a 25°C (A) allumina in granuli, (B) allumina
in sfere, (C) silica gel, (D) 5A zeolite, (E) carbone attivo. Fonte: Yang, 1997.

CELLULOSA
La cellulosa è il biopolimero più abbondante in natura dal momento che
costituisce la struttura dei vegetali. É un materiale naturale grezzo largamente
utilizzato dall’uomo: carta, legno, cotone sono prodotti che troviamo nella
nostra quotidianità. È versatile e ben si presta alla modificazione chimica. Il
nome cellulosa fu coniato da Payen nel 1838 dopo esser stata riconosciuta
come sostanza a sé, mentre i primi esperimenti chimici risalgono agli anni
1920-30 solo negli anni ’20-’30. La catena polimerica è illustrata in figura
18.
È risaputo che i materiali ottenuti dalla cellulosa possono essere adoperati
come buoni adsorbenti e spesso li ritroviamo nei prodotti per l’igiene
personale. Le forme chimicamente modificate mediante acidi organici, basi o
agenti ossidanti invece esibiscono ottime capacità di adsorbimento al pari
degli altri essiccanti [10].
Nell’industria delle costruzioni il termine “cellulosa” viene utilizzato per
indicare un materiale isolante. Generalmente è ottenuto dalla carta di giornale
riciclata, dopo esser stata trattata con acido borico per diventare ignifuga e
resistente a batteri e insetti. Soprattutto in questo settore viene apprezzata la
capacità del materiale di tamponare le variazioni di umidità: contribuendo al
miglioramento della qualità dell’aria ambiente è possibile ottenere un
considerevole risparmio energetico e un livello di confort superiore [11].

27
Stato dell’arte dei materiali adsorbenti

Figura 18. Struttura polimerica a catena della cellulosa.

SODIO POLIACRILATO
Il Sodio Poliacrilato è un polimero super assorbente (SAP) ottenuto mediante
la polimerizzazione dell’acido acrilico. Posto a contatto con l’acqua aumenta
di volume e si trasforma in un gel trasparente. Si trova in commercio come
idroritentore tra i prodotti per l’igiene intima, per l’agricoltura e per il
giardinaggio. Come la cellulosa è stato recentemente studiato per la sua
elevata capacità di moisture buffering. I risultati sperimentali mostrano infatti
che le proprietà di questo materiale di assorbire vapore acqueo sono molto
maggiori rispetto a tutti gli altri materiali tradizionali, come il silica gel e le
zeoliti sintetiche [12] .
Alcune ricerche sperimentali riportano risultati interessanti sull’utilizzo di
cemento alleggerito con sodio poriacrilato, SAP, Vermiculite espansa, VER,
e Perlite, PER, nell’edilizia. Mentre i materiali densi tendono a saturarsi
velocemente risultando poco idonei al controllo passivo di umidità, i materiali
arricchiti in SAP mostrano una capacità eccellente di mitigare le fluttuazioni
dell’umidità relativa in ambiente indoor [13].

Figura 19. Adsorbimento di H₂O del Sodio Poliacrilato: deformazione delle catene polimeriche.

In figura 19 si ritrova il processo di assorbimento dell’acqua da parte del


sodio poliacrilato (swelling gel): esso è il risultato di due fenomeni

28
Capitolo 2

antagonisti: l’assorbimento dovuto alla presenza di gruppi idrofilici e polari


sulla rete polimerica, e la resistenza al rigonfiamento, dovuta alla presenza di
legami di tipo chimico o fisico tra le molecole del reticolo. Quando un idrogel
secco viene idratato, a causa dell’idrofilicità della matrice solida l’acqua si
inserisce tra le catene polimeriche tendendo a separarle, diminuendo così il
proprio potenziale chimico. La penetrazione dell’acqua causa una
deformazione delle catene polimeriche che esercitano una risposta elastica sul
fluido, opponendosi al rigonfiamento del gel, e aumentando il potenziale
chimico dell’acqua all’interno del reticolo.

29
Capitolo 3
Prove sperimentali
Nonostante i progressi dei modelli numerici per lo Heat Air and Moisture
Transfer (WUFI, DELPHIN, HAM lab, XAM…) rimane un generale bisogno
di dati sperimentali in grado di quantificare la prestazione igroscopica dei
materiali porosi. Recenti risultati di confronto, ottenuti in occasione di
progetti internazionali per la validazione dei modelli [14], hanno posto in
evidenza la necessità di accurate validazioni sperimentali, sebbene i dati siano
talora affetti da incertezza. Il confronto dei risultati sulla permeabilità al
vapore e sull’isoterma di adsorbimento/desorbimento ottenuti da diversi
laboratori sugli stessi materiali (materiali di finitura e laterizi) evidenzia
grandi differenze nei valori misurati. È fondamentale quindi definire
procedure univoche di prova e di scelte delle tecniche di misura, fornendo
istruzioni più precise e stringenti su come preparare i campioni e su come
condurre i test (metodo di test, valori soglia, durata, numero di misure,
intervalli tra diverse misure, temperatura di riferimento ecc…).

In questo capitolo si riportano i risultati delle misure delle isoterme di


adsorbimento effettuate nel laboratorio del Politecnico di Milano (Museum
Lab) su materiali di uso comune. In particolare si prendano in considerazione
anche le criticità della procedura sperimentale e gli effetti che ne derivano. Si
riportano per ciascun campione la curva della cinetica, le curve “single step”
per il raggiungimento dell’equilibrio e le isoterme sperimentali di
adsorbimento e desorbimento delle prove più rappresentative. Si illustra
inoltre un modello di interpolazione dei dati e i parametri ottenuti per
regressione non lineare evidenziandone la qualità.

Nella tabella 1, si indicano i materiali selezionati. Il criterio di scelta ha


tenuto conto essenzialmente delle informazioni e degli studi raccolti in
letteratura che trattano abbondantemente i materiali adsorbenti e il loro
utilizzo. È evidente la spinta innovativa, nel settore dell’edilizia soprattutto,
che vede i materiali igroscopici protagonisti nella sfida per la riduzione dei
consumi energetici della climatizzazione.

31
Prove sperimentali

Materiale Produttore / Fornitore Riferimenti bibliografici

Laterizio
industriale/ pietra - [15],[16],[1],[14]
di Noto

Artsorb® Fuji Silysia Chemical ltd. [17],[18]

Silica Gel RD - [17],[19],[20]

Sodio Poliacrilato - [12],[21],[9]

Axens
Allumina attivata [22]
IFT Group Technologies

Cellulosa Climacell [23],[10],[21],[24]

MS 4A e MS 3A Recuperator s.p.a. [22]

MCM-41* Sigma Aldricht [25],[26],[4],[22]

SBA-16* Sigma Aldricht [25],[26],[4]

Carbone attivo
Sigma Aldricht [22]
mesoporoso*
TABELLA 1. Materiali testati in laboratorio, (*) materiali consigliati per uno sviluppo futuro e
riferimenti in letteratura.

32
Capitolo 3

Laterizio industriale Pietra di Noto

Silica gel RD ARTsorb®

Sodio poliacrilato Climacell Pure®

Allumina attivata MS 4A

Figura 20. Fotografie dei materiali adsorbenti misurati in laboratorio.

33
Prove sperimentali

L’APPARATO SPERIMENTALE
AQUADYNE DVS DYNAMIC VAPOUR SORPTION – QUANTACHROME

Figura 21. Apparato sperimentale presso il Museum Lab del Politecnico di Milano: Aquadyne DVS
Dynamic vapour sorption, bilancia termogravimetrica prodotta dalla Quantachrome; bombola di
Azoto e PC.

Le isoterme di adsorbimento vengono ricavate tramite bilancia


termogravimetrica Aquadyne DVS2 (figura 21) che utilizza un flusso di gas
inerte (Azoto) alimentato da un recipiente in pressione a 200 bar. Un riduttore
di pressione porta il gas a 1.5 bar (pressione operativa) prima che venga
inviato alla macchina. L’umidità nella camera climatica viene controllata da
due controllori: uno gestisce il flusso attraverso l’umidificatore, l’altro il
flusso “secco”. I due flussi vengono miscelati prima di entrare nella camera
climatica per ottenere il livello di umidità relativa richiesto con logica PID.
La camera è munita di una sonda di umidità relativa e una sonda di
temperatura utilizzate per rilevare le condizioni interne. Aquadyne DVS è
equipaggiata con due microbilance ultra sensibili (figura 22). Le teste sono
chiuse in una camera la cui temperatura viene controllata separatamente
(affinchè non si formi condensa superficiale sui contrappesi) per mantenere
nel tempo l’elevata accuratezza del sistema, le cui prestazioni sono riportate
in tabella 2.

34
Capitolo 3

Figura 22. Bilancia termogravimetrica: schema di impianto semplificato.

Lo strumento ha incorporato un microprocessore collegabile a un PC. Questo


legge e controlla le impostazioni della portata del gas e della temperatura,
calcola e converte le letture della bilancia e memorizza i valori di
calibrazione.

Bilancia
Capacità massima 5g
Risoluzione ± 0.1 μg
Accuratezza ± 1 μg + 0.001% della massa sospesa
Umidità relativa %
Range 2%-98%
Risoluzione 0.1%RH
Accuratezza della ± 0.8%RH a 20°C – ±1.8%RH a 70°C
sonda
Temperatura
Range 25°C-85°C stabilità ±0.1°C
TABELLA 2. Specifiche tecniche di Aquadyne DVS (Quantachrome)

È essenziale calibrare la bilancia termogravimetrica per ottenere misure


accurate: il piatto deve essere pulito con alcool, asciugato e riposizionato sui
supporti della camera climatica mediante una pinzetta; dopo aver controllato
l’offset del contrappeso il peso del piatto deve essere settato sullo zero da PC.
In seguito ciascuna bilancia viene caricata con circa 50 mg di materiale o in
sfere o in polvere. Segue un processo di purge (disidratazione) in cui il
materiale viene esposto ad un flusso costante di gas secco.
La durata di tale processo dapprima è stata impostata a 6 h poi portata a 10 h
affinché il materiale raggiungesse l’equilibrio. È fondamentale rigenerare
completamente il campione per definirne il reale peso secco. Infatti dopo aver
confrontato i primi risultati per l’Artsorb con l’isoterma di riferimento della

35
Prove sperimentali

casa produttrice giapponese è stato possibile verificare l‘importanza di quanto


detto: se ad inizio prova il provino non è ben rigenerato l’isoterma risultante
viene sottostimata. Per evitare un consumo eccessivo di gas si è deciso in
seguito di rigenerare i materiali in forno a 102°C per circa 4 h (senza eccedere
per non far decadere le proprietà del materiale). In particolare l’Artsorb
completamente essiccato si presenta bianco opaco, il silica gel RD
completamente trasparente, mentre il sodio poliacrilato non cambia di colore.

Un limite riscontrato per questo strumento quindi è l’impossibilità di


raggiungere le temperature elevate (tabella 2) richieste per la rigenerazione
dei materiali. Per esempio il silica gel necessita una temperatura superiore a
90°C mentre le zeoliti intorno a 300°C [27].

ISOTERME DI ADSORBIMENTO
Per ogni materiale verranno riportati i seguenti diagrammi:
𝑃𝑒𝑠𝑜 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑖𝑜𝑛𝑒
1) Cinetica di adsorbimento e desorbimento ( ⁄𝑇𝑒𝑚𝑝𝑜);

2) Nuvola di dati sperimentali (𝐸𝑀𝐶%⁄𝑈𝑅%);

3) Modello semi-empirico (𝑤⁄𝑃⁄𝑃 );


0
𝑘𝑔
Lo Equilibrium Moisture Content % [𝑘𝑔 ∙ 100] è definito come la variazione
percentuale del contenuto di vapore trattenuto all’interno di un mezzo poroso
in equilibrio con l’ambiente circostante ad una specifica temperatura e
umidità relativa (ISO 12571 [28]). È il parametro standard con cui vengono
confrontati i materiali igroscopici.

3.2.1 Laterizi: mattone industriale e pietra di Noto


Sono state eseguite delle prove preliminari su materiali laterizi a disposizione
del Museum Lab del Politecnico di Milano. Successivamente la ricerca si è
spostata su materiali altamente essiccanti che mostrano prestazioni più
elevate e sono più confacenti alle applicazioni in museo, per la conservazione
preventiva di beni artistici e storici. Viene riportata in figura 23 la cinetica di
adsorbimento e desorbimento della pietra di Noto. L’Umidità Relativa nella
camera di prova viene aumentata a gradini di 5% da 0% a 100%UR e
successivamente diminuita da 100% a 0%UR. La temperatura è stata
impostata a 23°C, valore suggerito in [28]. In prossimità di UR 90-95%, il
valore del contenuto d’acqua aumenta rapidamente raggiungendo valori
molto elevati, in corrispondenza della quasi completa saturazione dei pori.
Per quanto riguarda le prove sperimentali risulta sicuramente un vantaggio la
breve la durata del test: circa 24 ore per un totale di 42 punti di misura. Di
fatto il materiale necessità di soli 30-45 minuti a step per raggiungere
l’equilibrio, condizione che non si verifica per i materiali analizzati
successivamente. Di conseguenza è possibile aumentare l’accuratezza delle

36
Capitolo 3

misure aumentando il numero dei test in modo significativo ed eseguire


un’analisi completa dell’errore di misura. Secondo la norma ISO 12571 tre è
il numero minimo di campioni che dovrebbero essere testati in laboratorio.

Cinetica UR %

47,7 100
47,6 90
47,5 80
70
47,4
Peso [mg]

60
47,3

UR%
50
47,2
40
47,1
30
47,0 20
46,9 10
46,8 0
0 5 10 15 20 25
Tempo [ore]

Figura 23. Cinetica di adsorbimento/ desorbimento della pietra di Noto.

L’isoterma di adsorbimento, riportata nella figura 24, dei materiali edilizi,


generalmente macroporosi, è classificabile secondo l’isoterma IUPAC Tipo
II. Questi materiali hanno una capacità di adsorbimento decisamente inferiore
agli essiccanti veri e propri descritti nel capitolo 2 (gel di silice, zeoliti,
polimeri super assorbenti…) trattandosi di pochi grammi per chilogrammo di
laterizio. Tuttavia essi possono influenzare significativamente le condizioni
termoigrometriche indoor poiché in un edificio le superfici di scambio (le
pareti) sono dell’ordine di grandezza dei metri quadrati.
Viene recentemente studiato anche il ruolo che la massa porosa dei materiali
ceramici può avere nel mitigare i contenuti d’acqua all’interno degli stessi
isolanti, assicurandone l’efficienza. Infatti gli isolanti di natura igroscopica
impiegati in stratigrafie di pareti rischiano di vedere ridotta la propria
resistenza termica (rispetto al valore “a secco”) in relazione al contenuto
d’acqua che accumulano su base giornaliera e stagionale. Recenti studi
dimostrano che le soluzioni costruttive in laterizio possono ridurre tali
problemi, fungendo essi stessi da tampone igroscopico.

37
Prove sperimentali

1,8
1,6
1,4
EMC % 1,2
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
0,0
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
UR%

Mattone industriale Pietra di Noto

Figura 24. Isoterme di adsorbimento del mattone industriale e della pietra di Noto. Test preliminare.

I dati sperimentali sono stati interpolati mediante il modello semi-empirico


Guggenheim - Anderson - de Boer (GAB) rivisitazione del modello BET
descritto nel primo capitolo. Le costanti energetiche C, K e il parametro 𝑤𝑚
(amount adsorbed nel monostrato) ricavati tramite regressione non lineare
sono elencati in tabella 3.
𝑃
𝑐∙𝐾∙𝑃
0
𝑤 = 𝑤𝑚 (3.1)
𝑃 𝑃 𝑃
(1 − 𝐾 ∙ 𝑃 ) (1 − 𝐾 ∙ 𝑃 + 𝑐 ∙ 𝐾 ∙ 𝑃 )
0 0 0

∆𝐻
𝑤𝑚 = 𝑤𝑚,ℎ exp ( ) (3.2)
𝑅𝑇
𝐻𝐿 − 𝐻𝑁
𝐾 = 𝐾ℎ exp ( ) (3.3)
𝑅𝑇

GAB Model
𝒘𝒎 C K Resnorm
0,0005 185.39 0.9776 7,411E-05
TABELLA 3. Parametri dei modello utilizzato per l’interpolazione dei dati sperimentali del mattone
industriale e la pietra di Noto.

38
Capitolo 3

3.2.2 Silica gel Regular Density


La cinetica di adsorbimento, illustrata in figura 25, fornisce l’informazione
necessaria a verificare il raggiungimento dell’equilibrio per ogni livello di
UR%. La condizione di equilibrio è verificata quando la variazione
percentuale del peso risulta inferiore al valore soglia (cut-off) imposto da
software (0,0005%/min). Si sono eseguiti diversi esperimenti aumentando per
tentativi la durata massima del test, o meglio il tempo di cut-off. Se infatti
poco si conosce riguardo al campione e lo scopo è quello di ottenere in un
secondo momento una curva accurata, è consigliabile lanciare inizialmente
una prova preliminare rapida.
Dopo diverse osservazioni è stato possibile modificare correttamente le
impostazioni della macchina, concedendo a ciascun gradino il tempo
sufficiente a raggiungere l’equilibrio.
Sebbene il gradino di UR% imposto rimanga sempre lo stesso, la risposta del
materiale ad ogni livello è molto diversa: in figura 26 viene illustrata la
variabilità della velocità di reazione del materiale ad ogni singola
perturbazione. Il parametro adimensionale 𝑤 ∗ è definito per ogni livello i-
𝑤𝑖 −𝑤0,𝑖
esimo dal rapporto , con 𝑤𝑜 il contenuto di vapore adsorbito
𝑤𝑚𝑎𝑥,𝑖 −𝑤0,𝑖
inizialmente.

Cinetica Umidità Relativa %

55 100
53 90
80
51
70
Peso [mg]

49 60
UR%

47 50
45 40
30
43
20
41 10
39 0
0 2 4 6
Tempo [giorni]

Figura 25. Cinetica di adsorbimento e desorbimento del silica gel a 23°C.

Mediamente il gel di silice impiega 5 o 6 ore per raggiungere l’equilibrio con


l’ambiente circostante, ad eccezione dei livelli 70-80-90%UR che impiegano
2 o 3 ore e il livello 100%UR che impiega più di 8 ore. I livelli più lenti sono
generalmente quelli che possono adsorbire maggiormente vapor d’acqua.

39
Prove sperimentali

100%UR 90%UR 80%UR 70%UR 60%UR


50%UR 40%UR 30%UR 20%UR 10%UR
1,2

0,8
w*[-]

0,6

0,4

0,2

0
0 2 4 6 8
Tempo [ore]

Figura 26. Cinetica di adsorbimento “single step” del silica gel RD a 23°C.

35

30

25
EMC %

20

15

10

5 Preliminare 1 2 3

0
0 20 40 60 80 100
UR%

Figura 27. Isoterme di adsorbimento / desorbimento del silica gel RD a 23°C.

Tra le misure della prova preliminare (chiamata anche fast isotherm) e quelle
delle prove successive all’equilibrio esiste una differenza percentuale
davvero elevata, anche più del 60%; ciò significa che sottoponendo il
materiale a variazioni di umidità repentine, dalla durata molto inferiore al
tempo con cui il materiale arriva all’equilibrio (denominato 𝑡𝐸𝑀𝐶 ), si
otterrebbe un adsorbimento di umidità esiguo, ridotto del 60% o più.
Un’escursione oraria di soli 3°C potrebbe produrre in un sistema che deve
essere mantenuto a 20°C e 50%UR, per esempio per la conservazione
ottimale di una tela dipinta, un’oscillazione di umidità del 10%UR. Le
variazioni di temperatura possono essere molto rapide, soprattutto negli
edifici storici, che spesso ospitano collezioni fisse di grande valore. Infatti
sebbene la struttura muraria dalle pareti molto spesse, quindi con grande
inerzia termica, sia la più idonea per sua natura a mantenere l’ambiente
interno in condizioni di equilibrio termoigrometrico, le perturbazioni

40
Capitolo 3

ordinarie (apertura porte, apertura finestre, ingresso visitatori,


irraggiamento…) sono sufficienti a rendere l’ambiente museale privo di un
microclima stabile perché caratterizzato da sbalzi dannosi per le opere in esso
contenute. Come spiegato nel prossimo capitolo, è essenziale smorzare le
fluttuazioni di temperatura all’interno delle teche espositive attraverso
l’introduzione di materiale capacitivo.

35

30

25
EMC%

20

15

10

0
0 20 40 60 80 100
UR %

Figura 28. Valor medi e barre d’errore delle misure di adsorbimento più rappresentative.

In figura 27 è possibile apprezzare oltretutto la discordanza tra i risultati


sperimentali ottenuti in condizioni di equilibrio con rigenerazione in forno
(indicatori 2 e 3) e quelli ottenuti in condizioni di equilibrio con rigenerazione
“a freddo 3 ” (indicatore 1): si capisce che se il materiale non viene
completamente rigenerato ne viene penalizzato l’amount adsorbed alla
saturazione. La figura 28 invece riporta i valor medi e le barre d’errore delle
misure, non tanto con l’intento di un’analisi statistica rigorosa (in quanto non
si è potuto ripetere la misura nelle stesse condizioni operative per almeno tre
volte) ma per evidenziare il luogo dei punti sottoposti a maggior incertezza.
In questo caso l’errore sistematico che si origina per UR >50%, è legato alla
condizione iniziale, ovvero alla determinazione del peso secco.

3
Si intende più precisamente il processo di essiccazione in camera climatica mediante il
flusso costante di gas secco, a temperature compatibili con il funzionamento della macchina
(≤ 90°C)

41
Prove sperimentali

La regressione dei dati sperimentali è stata eseguita mediante il modello


Dubinin-Astakhov che ben descrive le prestazioni di questo materiale (figura
29) su tutto l’intervallo 𝑃⁄𝑃0 .

Figura 29. Fitting dei dati sperimentali del silica gel RD con il modello empirico DA e modellizzazione
del ciclo di isteresi secondo la teoria del pore blocking.

I parametri di tale modello, 𝑎𝑚 , k e n (riassunti in tabella 4) sono stati stimati


tramite la regressione non lineare disponibile nello Statistical Toolbox di
MATLAB. La curva di desorbimento è stata ottenuta seguendo il modello del
Pore Blocking in quanto si verifica isteresi nell’intervallo 0.3-0.8.
1 𝑛𝐴
𝑤𝐴 = 𝑎𝑚,𝐴 ∙ exp [−(𝑘𝐴 log ( )]
𝑥 (3.4)

𝑛𝐷
1
𝑤𝐷 = 𝑤𝐿 + 𝑎𝑚,𝐷 ∙ exp [−(𝑘𝐷 log ( )] (3.5)
𝑥 − 𝑥𝐿

Adsorbimento
𝒂𝒎,𝑨 𝑘𝐴 𝑛𝐴 Resnorm
0,2585 0,5973 1,7359 1,91E-04
Desorbimento
𝒂𝒎,𝑫 𝑘𝐷 𝑛𝐷 Resnorm
0,1085 0,1648 1,0736 7,6097E-07
Ciclo di isteresi
𝒘𝑳 𝑥𝐿 𝑤𝑈 𝑥𝑈
0,147 0,3 0,2425 0,7094
TABELLA 4. Parametri del modello DA ottenuti tramite regressione non lineare per il Silica gel

42
Capitolo 3

3.2.3 Artsorb
Questo materiale è un prodotto tecnico, estremamente apprezzato e specifico
che viene ampiamente utilizzato nella conservazione di reperti, manufatti,
oggetti d'arte o qualsiasi altra antichità che deve essere conservata ad umidità
costante. Esso è composto da gel di silice e cloruro di litio ed è disponibile in
sfere sciolte, fogli o cassette.
Artsorb è un prodotto che viene utilizzato in teche museali per preservare
manufatti particolarmente sensibili ai picchi di umidità, in particolar modo
manufatti lignei, dipinti su tavola lignea, libri, diplomi su carta o pergamena
o altri oggetti che rientrano nell’ampio e variegato settore dei beni artistici e
culturali. Artsorb rappresenta una soluzione specialmente in sistemi passivi
tampone per la conservazione di opere che devono essere mantenute tra 60%-
75 % UR. Tuttavia proprio in questo intervallo di umidità il materiale presenta
isteresi (si veda più avanti la figura 34), che causa nel tempo la perdita delle
proprietà igrometriche.
La sua alta capacità di adsorbimento è dovuta sia ad un volume dei pori
notevolmente più ampio del gel di silice convenzionale, sia alla presenza del
sale LiCl. La cinetica di adsorbimento e desorbimento riportata nella figura
30 mette in luce l’elevata capacità igroscopica del materiale nell’intervallo
60-100%UR e la maggiore inerzia del materiale nel raggiungere l’equilibrio:
se per il gel di silice RD sono necessarie circa 5 ore per raggiungere
l’equilibrio per l’Artsorb occorrono anche più di 8 ore. In particolare la figura
31 mette in evidenzia che sono necessarie più di 12 ore perché il materiale
arrivi alla saturazione a 100% UR, ma stranamente poco meno di 2 ore a
90%UR.
Cinetica Umidità Relativa %

100 100
90
90 80
80 70
Peso [mg]

60
UR%

70 50
40
60 30
50 20
10
40 0
0 2 4 6
Tempo [giorni]

Figura 30. Cinetica di adsorbimento e desorbimento dell’ARTsorb a 23°C.

43
Prove sperimentali

100%UR 90%UR 80%UR 70%UR


60%UR 50%UR 40%UR 30%UR
1,2

0,8
W*[-]
0,6

0,4

0,2

0
0 5 10 15
Tempo [ore]
Figura 31. Cinetica “single step” della fase di adsorbimento: raggiungimento dell’equilibrio
dell’ARTsorb.

1 2 3 4

100
90 a)
80
70
EMC %

60
50
40
30
20
10
0
0 20 40 60 80 100
UR%

100
90 b)
80
70
60
EMC%

50
40
30
20
10
0
0 20 40 60 80 100
UR %

Figura 32. a) Isoterme di adsorbimento / desorbimento a 23°C dell’ARTsorb®: in blu i punti della
prova preliminare; in arancione la prova con campione essiccato in azoto per 10h; in grigio la
prova con campione rigenerato in forno a 102°C. b) valor medi e barre di errore.

Nella figura 32-a viene riportato il confronto dei risultati sperimentali


ottenuti in condizioni di equilibrio con rigenerazione in forno (indicatori 3 e
44
Capitolo 3

4) e in condizioni di equilibrio con rigenerazione a freddo (indicatori 1 e 2):


in questo caso le differenze non sono evidenti come per il silica gel RD.
Tuttavia si confermano le medesime osservazioni: il controllo della
condizione iniziale (il peso secco) è fondamentale per l’ottenimento della
reale capacità di adsorbimento del materiale. Infatti le misure del test più
recente (4), ottenute dopo aver rigenerato il materiale in forno mostrano valori
del Equilibrium Moisture Capacity più alti, soprattutto nell’intervallo 0-50%
UR.
La figura 32-b invece riporta i valor medi e le barre d’errore delle misure,
ancora non tanto con l’intento di un’analisi statistica rigorosa (in quanto non
si è potuto ripetere la misura nelle stesse condizioni operative per almeno tre
volte) ma per evidenziare il luogo dei punti sottoposti a maggior incertezza.
Anche in questo caso l’errore sistematico è legato alla condizione iniziale,
ovvero alla determinazione del peso secco.

Dalla nuvola di dati è prevedibile la curva sigmoide, Tipo IV (IUPAC), tipica


dell’Artsorb. Nella figura 33 viene illustrato il confronto tra il modello DR e
il modello DA, i cui parametri sono elencati in tabella 5. In questo caso il
modello che meglio interpola i dati sperimentali è il modello Dubibin-
Radushkevich (eq. 3.6 e 3.7) anche se mal interpreta i dati per UR% >80%.
Infatti tale modello non tiene in conto la presenza del sale LiCl responsabile
dell’incremento dell’adsorbimento in questo intervallo.

𝑃
Con 𝑥 =
𝑃0

1 2 1 2
𝑤𝐴 = 𝑎𝑚𝐴1 exp [−(𝑘𝐴1 log ( )] + 𝑎𝑚𝐴2 exp [−(𝑘𝐴2 log ( )]
𝑥 𝑥 (3.6)
𝑛𝐷
1
𝑤𝐷 = 𝑤𝐿 + 𝑎𝑚𝐷 ∗ exp [−(𝑘𝐷 ∗ log ( )]
𝑥 − 𝑥𝐿 (3.7)

Figura 33. Fitting dei dati sperimentali dell’ARTsorb: confronto tra il modello DA e il modello DR.

45
Prove sperimentali

La figura 34 rappresenta assieme l’isoterma di adsorbimento e di


desorbimento per evidenziare il ciclo di isteresi che si sviluppa nell’intervallo
0.6-0.8. I limiti inferiore e superiore e la forma del ciclo di isteresi sono stati
modellati secondo la teoria del Pore Blocking.

Figura 34. Fitting dei dati sperimentali dell’ARTsorb secondo il modello DR: ciclo di isteresi
modellizzato secondo la teoria del pore blocking.

Adsorbimento – modello DA
𝒂𝒎,𝑨 𝑘𝐴 𝑛𝐴 Resnorm
1,045 2,7504 0,664 1,63E-02
Desorbimento- modello DA
𝒂𝒎,𝑫 𝑘𝐷 𝑛𝐷 Resnorm
0,39115 0,17 1,9715 6,6097E-03
Ciclo di isteresi
𝒘𝑳 𝑥𝐿 𝑤𝑈 𝑥𝑈
0,2307 0,6 0,607 0,8

Adsorbimento – modello DR
𝒂𝒎,𝑨𝟏 𝑘𝐴1 𝑎𝑚,𝐴2 𝑘𝐴2 Resnorm

0,2055 0,6393 0,5324 3,0637 8,56E-04


TABELLA 5. Parametri dei modelli DA, DR ottenuti tramite regressione non lineare per l’ARTsorb.

46
Capitolo 3

3.2.4 Cellulosa Climacell Pure


Climacell pure è un coibentante in cellulosa di pura carta di giornali senza
inchiostro trattato in modo da ottenere un’ottima durata biologica e da
allontanare il pericolo di proliferazione di funghi, insetti e muffe.
In uno studio su tutti i principali materiali di isolamento termico, svolto dal
VDI, associazione di categoria degli ingegneri tedeschi, attraverso il Zentrum
Ressourceneffizienz (Centro Efficienza delle Risorse) per conto del Ministero
federale tedesco dell'ambiente, intitolato “La Conservazione della natura,
l’Edilizia e la Sicurezza nucleare”, si leggono alcune dichiarazioni secondo
le quali l'isolamento di cellulosa risulta vincente nel confronto con 29
materiali isolanti, sia convenzionali sia ecologici. Oltretutto la cellulosa
trattata mostra una discreta capacità igroscopica, si veda figura 37, e
rappresenta un prodotto interessante per il controllo delle condizioni termo-
igrometriche negli edifici. Inoltre i fabbisogni energetici per la produzione
delle fibre di cellulosa sfusa sono di gran lunga i più bassi, mentre il consumo
di energia per la produzione di tutti gli altri essiccanti in commercio, dal
momento che sono necessarie temperature elevate per l’attivazione della
superficie, è molto dispendioso. Sono poi quasi inesistenti i problemi legati
allo smaltimento, dal momento che si tratta di un materiale naturale.

Dalla figura 35 si deduce che i livelli 10%, 80%-90% e soprattutto 100%UR


sono quelli che riescono ad adsorbire maggiormente vapor d’acqua. Il profilo
della cinetica di adsorbimento e desorbimento è simile a quello dei laterizi
proprio a causa del picco centrale. Ma a differenza di quest’ultimi, per
raggiungere l’equilibrio nei livelli intermedi occorrono minimo tre ore,
mentre più di otto al 100%UR (si veda a tal proposito figura 36).

Cinetica Umidità Relativa %


42 100
90
40
80
70
38
Peso [mg]

60
UR%

36 50
40
34
30
20
32
10
30 0
0 1 2 3 4
Tempo [giorni]

Figura 35. Cinetica di adsorbimento e desorbimento della cellulosa Climacell Pure® a 23°C.

47
Prove sperimentali

100%UR 90%UR 80%UR 70%UR 60%UR


50%UR 40%UR 30%UR 20%UR 10%UR
1,2

0,8
W*[-]

0,6

0,4

0,2

0
0 2 4 6 8
Tempo [ore]

Figura 36. Cinetica “single step” della fase di adsorbimento: raggiungimento dell’equilibrio della
cellulosa Climacell Pure.

35%

30%

25%
EMC %

20%

15% 1
2
10%

5%

0%
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
UR%

Figura 37. Isoterma di adsorbimento/ desorbimento della cellulosa Climacell Pure a 23°C.

Le isoterme della cellulosa riportate in figura 37 (ottenute alle medesime


condizioni di prova) sono riconducibili all’isoterma Tipo II (IUPAC), e
presentano una forma di isteresi nell’intervallo 40-90%UR conforme alla
tipologia H3 (aggregazione di foglietti). Una ragione della sua comparsa
risiede però nel fatto che durante il desorbimento una parte degli ossidrili OH,
resisi disponibili in seguito all'allontanamento delle molecole d'acqua che li
saturavano, invece di rimanere liberi si saturano reciprocamente, aumentando
il grado di cristallizzazione della cellulosa e provocando una diminuzione
netta dei siti in cui l'acqua potrà attestarsi nei successivi cicli di adsorbimento.
In questo caso il ciclo di isteresi non si annulla mai completamente perché
ogni volta che la cellulosa entra in fase di desorbimento, una certa quantità di

48
Capitolo 3

legami di idrogeno tra i gruppi OH si spezza, favorendo così la formazione di


nuovi poli di attrazione delle molecole d'acqua.

Una seconda ragione presentata da E. Smith in [29] risiede nel fatto che
durante il processo di adsorbimento, come risultato del rigonfiamento delle
fibre di cellulosa (swelling process) si rendono disponibili ulteriori punti di
legame per le molecole d’acqua. Il modello proposto da Smith inoltre
considera allo stesso tempo l’acqua libera 𝑤𝑐 , e l’acqua legata, 𝑤𝑏 , e esprime
il legame tra la somma di queste e la pressione parziale del vapore secondo la
seguente relazione:
𝑤 = 𝑤𝑏 + 𝑤𝑐 = 𝑤𝑏 − 𝑤 ′ ∙ 𝑙𝑛(1 − 𝑃⁄𝑃0 ) (3.8)
Dove 𝑤 ′ è il contenuto di H₂O adsorbito nel primo strato (monolayer)
superficiale. Questi parametri sono stati ricavati diagrammando l’amount
𝑃
adsorbed con −𝑙𝑛 (1 − 𝑃 ). Essi corrispondono all’intercetta e al coefficiente
0
angolare della retta che interpola i dati sperimentali.

0,350
y = 0,0677x + 0,0215
0,300 R² = 0,9989

0,250

0,200
w

0,150
y = 0,0673x + 0,0054
R² = 0,982
0,100

0,050

0,000
0,00 0,50 1,00 1,50 2,00 2,50 3,00 3,50 4,00 4,50
-ln(1-P/P0)

Figura 38. Linearizzazione dei dati sperimentali tramite il modello di E. Smith proprio per
l’adsorbimento di vapore d’acqua dai cosiddetti swelling gel.

Le curve di adsorbimento e desorbimento riprodotte in figura 38 sono


parallele: ciò indica che 𝑤 ′ è indipendente dalla storia pregressa del
materiale. La distinzione più evidente riguarda l’intercetta tra le due linee: nel
caso di adsorbimento è 0.0054, in quello di desorbimento è 0.0215.
In generale è la presenza di strutture rigide di dimensioni apprezzabilmente
più grandi rispetto alle molecole d’acqua che costituisce la condizione
necessaria allo sviluppo dell’isteresi d’adsorbimento. Infatti tale fenomeno
non è atteso per quei polimeri che presentano maggiori gradi di libertà nei
movimenti.

49
Prove sperimentali

3.2.5 Sodio Poliacrilato


Il sodio poliacrilato rientra nella categoria dei Super Adsorbent Polymer
(SAP) in quanto ha la capacità di adsorbire acqua più del 150% del proprio
peso. Viene spesso utilizzato nei prodotti per l’igiene intima, nei prodotti per
l’agricoltura o per alleggerire e migliorare le prestazioni igrometriche del
cemento.
Non essendo presente in letteratura un’isoterma di adsorbimento di
riferimento si è deciso di avviare una misura preliminare “veloce” con tempo
di cut-off pari a 45 minuti. In seguito la durata della misura si è prolungata
per tentativi finchè punto per punto non si giungesse sempre più vicino alla
condizione di equilibrio.
La cinetica rappresentata in figura 39 rende l’idea della durata complessiva
della misura (circa 7 giorni) e rimarca il fatto che per alcuni livelli (50%, 90%,
100% UR in particolare) sia necessario un tempo ancora più lungo.
In figura 42-a si osserva che fino a 40% UR il prodotto non esibisce un
andamento favorevole all’adsorbimento del vapor d’acqua e offre prestazioni
inferiori alla cellulosa stessa (si veda più avanti il confronto in figura 49).
Nonostante ciò, per le prime fasi della misura non sono state sufficienti le
solite 4 h per raggiungere l’equilibrio (infatti in figura 40 alcune curve non
raggiungono l’asintoto in w*=1 con derivata nulla). Dal 40% UR in poi, il
tempo con cui il materiale raggiunge l’equilibrio si dilata fino a raggiungere
13 ore dato l’aumento considerevole della capacità di adsorbimento. Infatti
questo materiale raggiunge alla saturazione il valore massimo di 1640 g/kg
contro il valore di 946 g/kg dell’Artsorb.

Cinetica Umidità Relativa %

120 100
110 90
80
100
70
Peso [mg]

90 60
UR%

80 50
70 40
30
60
20
50 10
40 0
0 1 2 3 4 5 6 7
Tempo [giorni]

Figura 39. Cinetica di adsorbimento e desorbimento del sodio poliacrilato a 23°C.

50
Capitolo 3

100%UR 90%UR 80%UR 70%UR


60%UR 50%UR 40%UR 30%UR
1,2
1
0,8

W* [-]
0,6
0,4
0,2
0
0 5 10 15
Tempo [ore]
Figura 40. Cinetica “single step” della fase di adsorbimento: raggiungimento dell’equilibrio del
sodio poliacrilato

In figura 41 vengono riportati i risultati delle misure più rappresentative con


in evidenza (indicatore giallo) le misure ottenute impostando un tempo di cut-
off di ben 800 minuti per i livelli dal 50% UR in su. La figura 42 invece
riporta i valor medi e le barre d’errore delle misure per evidenziare il luogo
dei punti sottoposti a maggior incertezza. In questo caso per UR >60% è la
variabile tempo a causare gli errori sistematici maggiori: essendo il materiale
altamente igroscopico esso necessita di molto tempo per raggiungere
l’equilibrio ad ogni livello di UR % imposto (più di 13 ore). Perciò le misure
condotte in tempi più brevi sottostimano la capacità di adsorbimento del sodio
poliacrilato.

180
1 2 3 4
160
140
120
EMC%

100
80
60
40
20
0
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
UR%

Figura 41. Isoterme di adsorbimento/desorbimento del sodio poliacrilato a 23°C. In giallo i risultati
della prova più recente con tempo di soglia maggiore di 10 ore.

51
Prove sperimentali

180
160
140
EMC% 120
100
80
60
40
20
0
0,0 20,0 40,0 60,0 80,0 100,0
UR %
Figura 42. Valor medi e barre di errore delle misure effettuate.

Sebbene il sodio poliacrilato sia un polimero altamente adsorbente che


presenta il rigonfiamento tipico degli swelling gel, il modello di Smith
utilizzato in precedenza per interpretare i dati sperimentali della cellulosa,
non risulta applicabile. In particolar modo questo polimero mostra un
andamento concavo fino a P/P₀=0.5 e poi un andamento convesso nel tratto
0.5<P/P₀<0.9. Tale andamento ravvisabile in figura 43 è riconducibile
all’isoterma IUPAC Tipo V. Inoltre per valori UR<70% vi è la ricomparsa
costante di isteresi. In mancanza di un modello semi-empirico specifico si è
utilizzato il modello DR che, come si può notare sempre in figura 43, si
applica meglio rispetto al modello DA. I parametri della regressione sono
riportati in tabella 6.

Figura 43. Fitting dei dati sperimentali per il sodio poliacrilato: confronto tra il modello DA il modello
DR.

Adsorbimento – modello DA
𝒂𝒎,𝑨 𝑘𝐴 𝑛𝐴 Resnorm
1,5851 3,3873 0,9508 7,03E-02
Adsorbimento – modello DR
𝒂𝒎,𝑨𝟏 𝑘𝐴1 𝑎𝑚,𝐴2 𝑘𝐴2 Resnorm
1,0012 2,0218 0,6947 11,0437 1,6E-03
TABELLA 6. Parametri dei modelli DA e DR ricavati dalla regressione non lineare per il sodio
poliacrilato.

52
Capitolo 3

3.2.6 MS-Type A: 3A e 4A
Queste zeoliti sintetiche sono formate da strutture cristalline ordinate
formanti cavità microscopiche organizzate della dimensione uniforme di 3 o
4 Ångstrom. Grazie a questo reticolo e all’elevata polarità della superficie la
zeolite si presta ad essere un vero e proprio filtro per le molecole d’acqua, da
cui la denominazione MS, Molecular Sieves (vedere paragrafo 2.3).
I campioni misurati provengono da un’azienda che si occupa di ruote
entalpiche, componenti per la rimozione di umidità e il recupero di calore dai
flussi di aria. Nella figura 44 viene mostrata la cinetica di adsorbimento e
desorbimento: oltre alla rapidità della prova, paragonabile a quella dei laterizi,
si nota come siano solo il primo e l’ultimo livello (rispettivamente 10%UR e
100%UR) quelli con una maggiore capacità di adsorbimento. Per questo
motivo nel prossimo capitolo non verranno presi in considerazione per le
simulazioni numeriche.

Cinetica Umidità Relativa %


39 100
38,5 90
38 80
37,5 70
Peso [mg]

37 60

UR%
36,5 50
36 40
35,5 30
35 20
34,5 10
34 0
0 0,5 1 1,5
Tempo [giorni]

Figura 44. Cinetica d’adsorbimento per MS-4A a 23°C.

In figura 45 vengono riportate le isoterme di MS-4A e MS-3A, il cui profilo


non segue esattamente quello dell’isoterma di Lagmuir ma piuttosto quello
del Tipo II.

12

10

8
EMC %

6 4A
4 3A

0
0 20 40 60 80 100
UR%

Figura 45. Isoterma di adsorbimento a 23°C per i materiali MS-3A e MS-4A.

53
Prove sperimentali

Non c’è inoltre differenza sostanziale tra i due, poiché si tratta dello stesso
materiale, identico se non per la presenza di sodio al posto del potassio nella
formula chimica del 4A. Avendo la molecola d’acqua circa 1 Ångstrom di
diametro equivalente essa può in entrambi i casi essere attratta nei micropori.

3.2.7 Allumina Attivata


Per l’allumina attivata non ci sono stati problemi legati al pretrattamento del
campione, in quanto il produttore (Axens spa) ci ha fornito il materiale
completamente essiccato in un contenitore ben sigillato. Si sono così eseguite
due prove alle medesime condizioni iniziali.
Per quanto riguarda la cinetica di adsorbimento si è visto che, ad ogni gradino
di UR%, il materiale si porta in equilibrio con l’ambiente della camera
climatica dopo circa 10 h: la cinetica di adsorbimento e desorbimento
illustrata in figura 46 evidenzia chiaramente un plateau per ogni livello di
umidità relativa imposto. Anche per l’allumina attivata la durata della misura
è complessivamente di circa 7 giorni.

Allumina Attivata Umidità Realativa %

70 100
90
65 80

Umidità Relativa %
70
Peso [mg]

60
60
50
55
40

50 30
20
45 10
0 1 2 3 4 5 6 7
Tempo [giorni]

Figura 46. Cinetica di adsorbimento dell’allumina attivata a 23°C.

Le isoterme ottenute, di forma sigmoide, sono riconducibili alla tipologia IV,


con isteresi estesa a tutto l’intervallo UR% (si veda a tal proposito figura 47).
In particolare si nota un graduale restringimento dell’area d’isteresi tra 10%-
40% UR, mentre per UR<10% un leggero aumento, proprio come era stato
osservato per il sodio poliacrilato (per UR<70%). L’isteresi per UR<10 % è
probabilmente dovuta ai legami chimici che si formano tra le molecole
d’acqua e gli ossidi di Alluminio disponibili sulla superficie: il fenomeno di
chemiadsorbimento comporta inevitabilmente questa irreversibilità.
L’aumento dell’isteresi invece per UR>40% è dovuto fondamentalmente al
fenomeno di condensazione capillare e quindi può essere utilizzato il modello
di Rajniak e Yang descritto nel paragrafo 1.2.

54
Capitolo 3

Sfera grande Sfera piccola

45%
40%
35%
EMC % 30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
UR%

Figura 47. Misure di adsorbimento e desorbimento dell’allumina attivata a 23°C.

Le isoterme riportate mostrano andamenti leggermente differenti: nella prima


prova è stata inserita una singola sfera “grande” dal peso di circa 70 mg,
invece nella seconda una singola sfera “piccola” di circa 30 mg. Se da un lato
sono convenienti pesi minimi per massimizzare l’accuratezza delle misure,
dall’altro c’è il rischio di ottenere misure non rappresentative, data la
variabilità delle dimensioni delle sfere.
Essendo l’isoterma di forma sigmoide il modello che meglio la rappresenta è
quello di Dubinin-Radushkevich. La figura 48 illustra la qualità
dell’interpolazione delle misure mediante tale modello: la zona in cui il
modello perde la sua applicabilità è compresa in 0<𝑃⁄𝑃0 <0.2 (per la fase di
adsorbimento). Per la trattazione dell’isoterma di desorbimento è stata
considerata trascurabile la presenza dell’isteresi per 𝑃⁄𝑃0 <0.4.

Figura 48. Interpolazione dei dati sperimentali mediante il modello DR. Il ciclo di isteresi è stato
modellizzato secondo il modello derivato dalla teoria del pore blocking.

55
Prove sperimentali

MATERIALI A CONFRONTO
La figura 49 illustra le isoterme di adsorbimento dei materiali misurati e
descritti finora in modo da rendere immediatamente evidenti le differenze. Le
curve vengono rappresentate mediante l’indicatore EMC % (Equilibrium
Moisture Content) in funzione dell’umidità relativa, in modo da essere
allineati con lo standard in letteratura.

100

90

80

70

60
EMC %

50

40

30

20

10

0
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
UR%

Artsorb Silica gel RD Cellulosa


Sodio Poliacrilato 4A zeolite Allumina Attivata

Figura 49. Isoterme di adsorbimento a 23±0.5°C ottenute sperimentalmente al Museum Lab del
Politecnico di Milano.

In figura si distinguono l’Artsorb e il sodio poliacrilato per l’elevata capacità


di adsorbimento per valori UR>60 %, ma a differenza del sodio poliacrilato
che dal 50% UR in poi accresce la propria capacità di adsorbimento in
maniera circa esponenziale, l’Artsorb presenta al 80% UR un ginocchio che
ne rallenta l’adsorbimento fino al 90% UR. Il silica gel RD mostra un profilo
approssimativamente lineare e risulta essere il materiale più idoneo tra tutti
per valori UR%<60%. L’allumina attivata è in una posizione intermedia tra
il silica gel e la cellulosa, anche se in confronto con il primo mostra al 100%
UR un maggiore quantitativo di vapore adsorbito. D’altra parte si distinguono
la cellulosa e la zeolite 4A per il profilo piatto e concavo per quasi tutto
l’intervallo UR%. La scala della figura 49 però non permette di apprezzare il
profilo delle isoterme alle basse umidità relative. Si rimanda a tal proposito
alla figura 50, la quale mostra la qualità dell’interpolazione mediante il
𝑃
modello GAB delle misure nell’intervallo = 0 − 0.4 (ricordando che
𝑃0
𝑃
UR% = 𝑃 ∙ 100) rendendo riconoscibili le curve. Come si può facilmente
0

56
Capitolo 3

notare l’unico materiale la cui curva non presenta inizialmente un ginocchio


è il sodio poliacrilato, per tutti gli altri, soprattutto per il silica gel RD e
l’Artsorb si nota una concavità negativa legata alla formazione del monostrato
superficiale. La conoscenza dell’amount adsorbed del monostrato permette
di stimare alcune grandezze caratteristiche dei solidi porosi.

Figura 50. Fitting dei dati sperimentali nell’intervallo 0<P/P₀<0.4 con il modello GAB (UR%=
P/P₀∙100).

Infatti non avendo a disposizione le schede tecniche dei materiali complete di


informazioni come area superficiale, volume totale dei pori (VTP) e diametro
medio dei pori si è deciso di dedurne una stima interpolando i dati
sperimentali nell’intervallo di umidità 10%-40%UR, con il modello
Guggenheim Anderson de Boer (GAB).

Il modello GAB, parente del modello BET, permette di ottenere il contenuto


di vapore adsorbito nel monostrato, 𝑤𝑚 , grandezza che può essere facilmente
correlata all’area superficiale.
Avendo il dato dell’area superficiale è poi possibile ricavare il volume totale
dei pori e la dimensione media del poro (ipotizzando cavità cilindriche)
mediante le equazioni (3.5), (3.6), (3.7) [30]. I risultati ottenuti sono riassunti
in tabella 7.
𝑤𝑚 𝑁𝐴𝐶𝑆 (3.9)
𝑆=
𝑀

𝑃𝑎 𝑉𝑠𝑎𝑡 𝑉𝑚 (3.10)
𝑉𝑇𝑃 =
𝑅𝑇
4𝑇𝑃𝑉 (3.11)
𝑑𝑃 =
𝑆

Dove:
N è il numero di Avogadro;
𝐴𝑐𝑠 è la cross sectional area della molecola di H₂O;

57
Prove sperimentali

M corrisponde alla massa molare della molecola di H₂O;


𝑃𝑎 è la pressione atmosferica;
𝑉𝑠𝑎𝑡 è il volume di vapore adsorbito alla saturazione;
𝑉𝑚 è il volume molare del vapore;

Sodio Allumina
Cellulosa Silica gel RD Artsorb
Poliacrilato attivata
𝒘𝒎 [𝒈⁄𝒈] 0,04 0,155 0,1084 0,0922 0,0887
c 7,9442 3,7738 8,7751 0,5304 4,6795
K 0,8112 1,0343 1,0112 1,1904 0,8739
Resnorm 2,70E-06 3,10E-06 3,80E-06 6,32E-06 3,79E-06
S [𝒎𝟐 ⁄𝒈] 167,2 648,0 453,2 385,4 371,0
𝒘𝒔𝒂𝒕,𝟏𝟎𝟎%𝑼𝑹 [𝒈⁄𝒈] 0,3002 0,3102 0,9464 1,397 0,392
VTP [𝒄𝒎𝟑 ⁄𝒈] 0,2750 0,2842 0,8670 1,2798 0,3591
𝒅𝒑 [𝒏𝒎] 6,58 1,75 7,65 13,28 3,87
TABELLA 7. Stima delle grandezze fisiche fondamentali dei materiali: area superficiale, volume dei
pori e diametro medio dei pori.

Da un confronto con la letteratura, [20] e [31], emerge l’attendibilità dei


risultati stimati in tabella per il silica gel RD e per l’allumina attivata. Si
ritengono quindi plausibili anche i risultati per gli altri materiali di cui non
vengono menzionate le caratteristiche fisiche, ad eccezione del sodio
poliacrilato il cui coefficiente c<1 non ha significato fisico per l’equazione
1.8. In particolare la cellulosa presenta una fisionomia diversa dagli altri
solidi porosi: è un materiale fibroso e sicuramente non caratterizzato da cavità
cilindriche.
Per questo sarebbe necessaria una verifica, attraverso misure con picnometro
o con porosimetro a mercurio, per determinare la distribuzione dei pori.
Quest’ultima è fondamentale per determinare la diffusività del materiale [32],
qualora non si disponesse del Dry Cup Test [33].

Le stime riportate in tabella 7, inoltre, confermano:


 Il legame tra il contenuto di adsorbato alla saturazione,𝑤𝑠𝑎𝑡,100%𝑈𝑅 e
il volume totale dei pori: un aumento del VTP porta infatti il materiale
ad aumentare la capacità di adsorbire sostanza al suo interno.
 Il legame tra il diametro dei pori e il tempo caratteristico di
adsorbimento, tEMC (determinabile dai grafici della cinetica “single
step”). Inoltre è stato osservato sperimentalmente in [25] che esiste
una correlazione logaritmica tra questi due parametri (per materiali
mesoporosi con 2<𝑑𝑝 <50 nm).
 Il ruolo decisivo giocato dalla superficie specifica: essendo il
fisisorbimento un fenomeno superficiale, la capacità del materiale di
adsorbire vapore attraverso i pori è direttamente proporzionale alla
superficie specifica disponibile.

58
Capitolo 3

Wsat, 100%UR [g/g] W thermal comfort range

1,397

0,946

0,550
0,392
0,300 0,310
0,224
0,055 0,096 0,104

Cellulosa Silica Gel RD ARTsorb Sodio Allumina


Poliacrilato

Figura 51. Contenuto alla saturazione del vapore d’acqua adsorbito da i vari materiali.

Nella figura 51 viene illustrato il confronto tra il contenuto di vapor acqueo


alla saturazione, 𝒘𝒔𝒂𝒕,𝟏𝟎𝟎%𝑼𝑹 , dei vari materiali (grandezza proporzionale al
volume totale dei pori secondo la 3.10) e il contenuto di vapor acqueo
adsorbito nel cosiddetto thermal control range4 (ASHRAE). Si nota che il
silica gel e la cellulosa mostrano valori confrontabili del primo, mentre molto
differenti del secondo. Inoltre si evidenzia come si riduca il quantitativo di
vapore che il materiale riesce ad adsorbire se si fa riferimento al thermal
control range e non alla condizione di saturazione, per esempio: sodio
poliacrilato (-60%), Artsorb (-76%) e silica gel RD (69%).

4
Lo standard ASHRAE definisce il thermal control range l’intervallo 40%-70% UR a cui
conviene riferirsi per confrontare velocemente le prestazioni dei materiali.

59
Prove sperimentali

3.3.1 Moisture buffering capacity


Vi è l’esigenza di definire un parametro standard che quantifichi l’effetto
tampone del materiale, il moisture buffering capacity, e che permetta un agile
confronto dei materiali essiccanti misurati. In seguito ci si riferirà con la
variabile M alla riserva di umidità specifica, in inglese specific moisture
reservoir, parametro introdotto da Thomson nella sua opera The Museum
Environment (1977) [34] che definisce la capacità del materiale di trattenere
umidità in un dato intervallo ΔUR%. Questo parametro viene determinato a
partire dall’isoterma di adsorbimento secondo l’equazione (3.12), e
corrisponde al rapporto incrementale della curva in un dato intervallo.

𝑤 𝑔
𝑀= [ ] (3.12)
𝑤𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑠𝑒𝑐𝑐𝑜 ∙ ∆𝑈𝑅% 𝑘𝑔 𝑈𝑅%

Data la non linearità dell’isoterma di adsorbimento questo parametro cambia


al variare dell’ampiezza dell’intervallo ΔUR% considerato. È quindi di
fondamentale importanza specificare l’intervallo di umidità relativa rispetto
al quale calcolare l’indicatore. Generalmente si utilizza un passo di 10%UR
che corrisponde a quello utilizzato per le prove sperimentali.

Si capisce ancora di più la necessità di raccogliere dati sperimentali quanto


più possibile accurati e riproducibili, dato il legame stretto tra l’isoterma di
adsorbimento e questo parametro.
Una volta definita la capacità di adsorbimento dei singoli essiccanti è
possibile caratterizzare la capacità igroscopica di un intero sistema attraverso
la (3.13).
∑𝑖 𝑀𝑖 𝑚𝑎𝑑𝑠 ,𝑖 𝑔
𝐶𝑎𝑝𝑖𝑔𝑟𝑜𝑠𝑐𝑜𝑝𝑖𝑐𝑎 = [ 3 ] (3.13)
𝑉 𝑚 𝑅𝐻%

Recentemente è stato introdotto dal NORDTEST-project il cosiddetto


Moisture Buffer Value, MBV [15] definito come la quantità di vapore
adsorbito o desorbito dal materiale quando esso viene ripetutamente esposto
a variazioni di umidità relative tra due livelli predefiniti. Viene proposta una
serie di cicli di 8h+16h in camera climatica: 8 ore a 75% UR e 16 ore a 33
UR% alla temperatura costante di 23°C. Inizialmente il campione dovrà
essere in equilibrio al 50 UR%.
𝑤 𝑔
𝑀𝐵𝑉 = [ 2 ] (3.14)
𝐴 ∙ ∆𝑈𝑅% 𝑚 𝑈𝑅%

Poiché questo parametro è determinato secondo un rigoroso protocollo, è più


adatto per confrontare le prestazioni dei diversi materiali. Inoltre esso
considera l’area superficiale di scambio anziché la massa dell’essiccante. È
stato anche supposto un legame tra l’effusività del materiale e il parametro
MBV: quest’ ultimo potrebbe essere stimato, con le dovute cautele [11], a

60
Capitolo 3

partire dalla sola isoterma di adsorbimento. Da questo legame descritto


dall’equazione (3.15) è possibile stimare l’effusività del materiale se non si
ha a disposizione i dati sperimentali del Dry Cup Test (Rode et. Al).
𝑤
𝑀𝐵𝑉𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙 ≅ = 0.00568 ∙ 𝑏𝑚 ∙ 𝑃0 ∙ √𝑡 (3.15)
𝐴 ∙ ∆𝑈𝑅%
Dove:

𝑏𝑚 è l’effusività del materiale [kg/(m2 Pa s1/2 )]

𝑃0 è la pressione di saturazione ad una data temperatura [Pa]

𝑡 è la durata del test [Pa]

Non avendo a disposizione gli strumenti per il Dry Cup Test (EN IS0
12571:2001) i risultati sperimentali di questo studio verranno confrontati solo
mediante la variabile M.
Si riportano in figura 52 i risultati di recenti studi riguardanti valori di MBV
per alcuni materiali di uso comune, tra cui il sodio poliacrilato e la cellulosa.
Si evidenzia in particolare l’incredibile capacità di adsorbimento del primo e
la più alta prestazione della cellulosa rispetto al gesso e alla perlite. È grazie
a questa evidenza che è stato scelto di approfondirne lo studio e di ricavarne
le isoterme di adsorbimento e desorbimento (paragrafo 3.2.4 e 3.2.5).

Figura 52. MBV di alcuni materiali: sodio poliacrilato, perlite, cellulosa, gesso e gomma. Fonte:
[21] .

La tabella 8 riporta i valori di M per i materiali misurati in laboratorio: in


particolare al 20% UR è il silica gel RD ad avere l’adsorbimento più
consistente con un M quasi doppio rispetto a quello dell’allumina attivata; al
60% UR il sodio poliacrilato presenta un valore di 3 volte maggiore rispetto
all’ARTsorb e di quasi 6 volte rispetto al silica gel RD; invece la cellulosa
non supera le aspettative, anzi rispetto agli altri essiccanti mantiene sempre a
livelli troppo bassi la sua capacità di adsorbimento. Nella figura 53 vengono
diagrammati questi valori nel campo di utilizzo generale, 25-60% UR,
affinchè possa essere più immediato il raffronto. Se ne deduce che per UR<45
% il materiale da favorire sia il silica gel RD, mentre per UR >45 % il sodio
poliacrilato. L’utilizzo dell’Artsorb diventa più opportuno rispetto al silica
gel solo per valori UR> 50% .

61
Prove sperimentali

Silica Gel Sodio Allumina


UR% ARTsorb® Cellulosa
RD Poliacrilato Attivata
0 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000
10 6,020 5,270 0,566 1,860 3,058
20 3,408 4,305 0,956 1,043 2,241
30 2,880 4,653 1,760 0,912 2,232
40 3,272 4,967 2,516 0,874 2,218
50 4,064 4,531 6,602 0,763 2,361
60 6,231 3,608 18,741 0,752 3,275
70 12,091 1,470 21,105 1,215 4,810
80 22,719 0,649 22,328 2,586 6,685
90 1,254 0,585 30,126 4,494 6,555
100 32,700 0,656 41,069 18,548 5,825
TABELLA 8. Valori del parametro M nell’intervallo 0-100 % UR per i materiali misurati al Museum
Lab.

Tuttavia non bisogna tralasciare l’effetto dell’isteresi sulla capacità del


materiale di adsorbire e rilasciare il vapore. In particolare i materiali afflitti
dal pore blocking e dalla condensazione capillare (fenomeni descritti nel
primo capitolo) vedono un profondo decadimento di tali proprietà e le
isoterme sperimentali ne riportano visibilmente l’effetto. Mediante il modello
di Rayniak e Yang è stato possibile tracciare le scanning curves di
desorbimento per il silica gel e l’Artsorb (si rivedano le figure 9,10,11 e 12),
per i quali è stato calcolato successivamente il valore di 𝑀𝐻 , ovvero lo
specific moisture reservoir with hysteresis. In merito a ciò viene riportata la
figura 54: è evidente che bisogna prevedere delle contromisure nel momento
in cui si decide di utilizzare il materiale nell’intervallo colpito da isteresi (per
esempio aumentando le quantità del materiale da introdurre nell’involucro di
cui si vuole controllare il microclima). Da notare inoltre che l’Artsorb
presenta proprio nell’intervallo di massimo M la caduta maggiore per effetto
d’isteresi.

20,0

16,0

12,0 ARTsorb®
M

Silica Gel RD
8,0 Sodio Poliacrilato
Cellulosa
4,0
Allumina Attivata

0,0
25 35 45 55
UR%

Figura 53. Moisture buffering capacities a confronto: risultati ottenuti dai dati sperimentali utilizzando
un ΔUR% pari a 10%UR.

62
Capitolo 3

7,00 20
18
6,00 Silica gel RD ARTsorb
16
5,00 14
M - Mh 12
4,00
10
3,00 8
2,00 6
4
1,00 2
0,00 0
5 20 35 50 65 80 95 5 20 35 50 65 80 95
UR% UR%

Figura 54. Decadimento delle proprietà igroscopiche a causa dell’isteresi.

In figura 55 viene illustrata la distribuzione dell’isteresi% in funzione


dell’umidità relativa: tale fenomeno si instaura con una certa importanza nel
processo di fisisorbimento dei materiali misurati in laboratorio, poiché
caratterizzati da un’elevata tortuosità nei canali.
100%

75%
Isteresi %

ARTsorb
50% Silica gel RD
Sodio Poliacrilato
Allumina Attivata
25%
Cellulosa

0%
20 30 40 50 60 70 80
Umidità Relativa %

Figura 55. L’isteresi nelle isoterme di adsorbimento sperimentali ottenute a 23°C presso il Museum
Lab del Politecnico di Milano.

L’isteresi nel processo di fisisorbimento è un fenomeno spesso localizzato in


uno specifico intervallo. Infatti si osserva un picco per Artsorb, il silica gel
RD e l’allumina attivata, più o meno stretto, mentre un andamento abbastanza
piatto per la cellulosa e uno addirittura esponenziale per il sodio poliacrilato,
materiali per cui si ha presenza di chemiadsorbimento.
I materiali a base di gel di silice, come il silica gel RD e l’ARTsorb,
presentano un ciclo di isteresi di tipo H2 (IUPAC) dovuto essenzialmente,
come accennato nel paragrafo 1.1, alla manifestazione di condensazione
capillare in pori di diversa forma e grandezza.
La presenza di isteresi nell’isoterma della cellulosa e del sodio poliacrilato è
stata già commentata nei paragrafi 3.2.4 e 3.2.5. Sinteticamente sia la

63
Prove sperimentali

cellulosa che il sodio poliacrilato creano legami chimici con le molecole di


acqua. Quest’ultime presenti nell'ambiente circostante interagiscono tramite
legame idrogeno con la superficie polare del materiale: le energie di legame
acqua-cellulosa, cellulosa-cellulosa e acqua-sodio poliacrilato, sodio
poliacrilato-sodio poliacrilato sono dello stesso ordine di grandezza, cosicché
l'acqua può penetrarvi facilmente all'interno.
Si può facilmente confermare il fatto che questo fenomeno sia pervasivo, di
fatto in alcuni casi l’isoterma di desorbimento si discosta da quella di
adsorbimento di una differenza oltre il 50%.

Una volta definita la prestazione del materiale, in funzione del risultato che si
vuole ottenere in una data applicazione, bisogna stimare la quantità del
materiale da utilizzare.
Nel campo della conservazione dei beni culturali esiste un metodo formulato
da Thomson nel 1977 per determinare quanto silica gel sia necessario per
stabilizzare l’umidità relativa di una teca lungo un intero anno [34]. Egli prese
in considerazione il fatto che le infiltrazioni nella stagione estiva, tipicamente
caratterizzata da valori di umidità ambiente elevati, bilanciassero le
esfiltrazioni nella stagione invernale, generalmente più secca. Tuttavia
l’obbiettivo più stringente prevede di ottenere un valore di umidità all’interno
della teca sempre diverso rispetto all’umidità relativa della ambiente esterno
e con variazioni giornaliere contenute (massimo 5-6%). È necessario quindi
determinare la giusta quantità di essiccante (sufficiente per almeno una
stagione) per salvaguardare l’opera. Thomson assunse la portata
d’infiltrazione di un volume d’aria per giorno, considerando che le
infiltrazioni seguissero un andamento esponenziale nel tempo (simile al
tempo di dimezzamento dei materiali radioattivi), mentre è ormai uso
costruire vetrine ben sigillate con un tasso di ricambio dell’aria inferiore allo
0.3 vol/h per contenere l’esaurimento del materiale. A tal proposito nel
capitolo successivo verranno confrontate le risposte sul lungo periodo (90
giorni) dei materiali per prevederne la dinamica d’esaurimento.
Thomson definì il concetto di tempo di dimezzamento igrometrico come il
tempo necessario affinchè l’UR% dell’aria interna si porti ad un valore
intermedio tra il valore di progetto e il valore dell’umidità relativa dell’aria
esterna. Per via sperimentale ricavò la relazione (3.15) per stimare la quantità
di silica gel necessaria nell’arco di 150 giorni:
𝑛∙𝑡 (3.16)
𝑄1/2𝑡 =
4∙𝑀

Dove:
Q è la quantità di silica gel richiesta per metro cubo;
t è in numero dei giorni in cui il controllo dell’umidità deve rimanere efficace
(150 giorni);

64
Capitolo 3

N è il numero di ricambi dell’aria giornalieri;


M è la capacità di moisture buffering del materiale;

Sodio Poliacrilato Artsorb Silica Gel Allumina attivata Cellulosa

60
50
40
Q [kg]

30 Cellulosa
20 Allumina attivata
Silica Gel
10
Artsorb
0
30%UR Sodio Poliacrilato
50%UR
60%UR

Figura 56. Valori minimi di quantità di materiale da inserire in una teca di 1 m³ per ottenere un
controllo efficace sui 150 giorni, semi tempo igrometrico ricavato dalla formula di Thomson, a partire
dalla capacità del singolo materiale di trattenere vapore d’acqua M [g/kg/%UR].

Il calcolo della quantità di materiale da inserire in teca è stato applicato anche


nel caso della cellulosa e del sodio poliacrilato (materiali diversi dal gel di
silice) quindi fuori dal campo di valitìdità della ralazione 3.15. Nonostante
l’uso improprio essa ci permette di ricavare un’idea sulla proporzione
esistente tra tutti i materiali fin qui studiati. In particolare figura 56 illustra il
confronto delle quantità necessarie a mantenere un livello di umidità
accettabile in vetrina nei 150 giorni presi a riferimento, per tre valori di
umidità relativa (30%, 50% e 60%).

65
Prove sperimentali

3.3.2 Ripetibilità e Riproducibilità

Si richiamano di seguito le definizioni UNI CEI ENV 13005:


 Ripetibilità: accordo tra i risultati di misurazioni replicate dello stesso
misurando eseguite nelle stesse condizioni di misurazione:
laboratorio, giorno, operatore, strumento.
 Riproducibilità: grado di concordanza tra una serie di misure di uno
stesso misurando (la grandezza oggetto di misurazione), quando le
singole misurazioni sono effettuate cambiando una o più condizioni.
Per definizione è l’accordo tra i risultati di misurazioni replicate dello
stesso misurando eseguite da diversi laboratori.

Le figure 47, 48 e 49 forniscono un confronto tra le misure acquisite e i dati


disponibili in letteratura. In generale né gli studi precedenti e men che meno
i produttori degli stessi materiali dichiarano valori di incertezza. Inoltre non
tutti gli studi presi in considerazione hanno misurato le isoterme nelle
medesime condizioni di temperatura e nelle stesse modalità. Infatti alcuni
utilizzano l’essiccatore e misurano per brevità solo 5 punti, il minimo
applicabile, (ovviamente più è alto il numero nelle misure più il profilo
dell’isoterma è preciso), altri hanno considerato valori soglia differenti (per
esempio definendo la condizione di equilibrio per variazioni inferiori al
0.05%/min).
Per quanto riguarda la temperatura operativa si ritiene che essa influisca in
modo trascurabile sul processo di fisisorbimento, se la variazione della stessa
rimane limitata. In questo modo si possono confrontare le curve di questo
lavoro ottenute a 23±0.5°C (seguendo la ISO 12571:2013) con quelle ottenute
a 25°C. Inoltre spesso non viene misurata l’isoterma di desorbimento o viene
del tutto trascurata la presenza di isteresi. Per questo motivo non è stato
possibile confrontare l’intero ciclo di adsorbimento e desorbimento.

66
Capitolo 3

1,2

Amount adsorbed [g/g]


0,8
Fuji Silysia
0,6
Bresciani srl
0,4
David Yu, S. A. Klein,
Ph.D, and D. T. Reindl
0,2
Dati sperimentali
(Museum Lab)
0
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1

UR%

Figura 57. Confronto delle isoterme di adsorbimento dell’ARTsorb ottenute in laboratori diversi.

0,4

0,35
Amount adsorbed [g/g]

0,3

0,25
Multisorb Technologies
0,2 Inc.
0,15
David Yu, S. A. Klein,
0,1 Ph.D, and D. T. Reindl

0,05 Dati sperimentali


(Museum Lab)
0
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1

UR%

Figura 58. Confronto delle isoterme di adsorbimento del silica gel RD ottenute in laboratori diversi.

67
Prove sperimentali

0,35

0,3
Amount Adsorbed [g/g]
0,25

0,2 D. Eklund and T.


Lindstrom
0,15
A. G. Assaf, r. H. Haas
0,1 and c. B. Purves

0,05 Dati sperimentali


(Museum Lab)
0
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
UR %

Figura 59. Confronto delle isoterme di adsorbimento della cellulosa ottenute in laboratori diversi.

La figura 57 illustra le curve di adsorbimento dell’Artsorb ottenute in quattro


diverse situazioni, tra le quali il Museum Lab al Politecnico di Milano. Tra i
risultati sperimentali di questa ricerca e quella recente di David Yu, S. A.
Klein e T. D. Reindl (2001) esiste un fondamentale accordo, invece
l’andamento di Bresciani srl [35], distributore italiano di strumenti per la
conservazione di beni culturali, è decisamente diverso e piuttosto
sovrastimato. La forma sigmoide ottenuta con il modello DR segue il profilo
fornito dal produttore giapponese, anche se quest’ultimo non evidenzia il
𝑃
flesso nella condizione 𝑃 = 0.8.
0
Si può notare, tuttavia, come per le isoterme dell’Artsorb esista una scarsa
riproducibilità. Questo nella pratica potrebbe causare errori di valutazione:
per esempio, nei musei ci si serve solitamente di cassette di Artsorb pre-
condizionato ad un certo valore UR% per bilanciare le fluttuazioni di umidità
relativa all’interno delle teche. I produttori per semplicità forniscono in una
tabella la relazione tra il valore di pre-condizionamento e il peso della cassetta
in modo tale che si possa verificare il primo valutando direttamente il
secondo. Come si osserva in tabella 9 tra il peso dichiarato da Bresciani srl e
quello ricavato dai dati sperimentali esiste una differenza di ben 100g: una
differenza troppo elevata.
David Yu, S. A.
UR% Bresciani [g] Fuji Silysia [g] Museum Lab [g] Klein, Ph.D, and
D. T. Reindl [g]
50% 1040,00 1012,50 944,06 992,99

TABELLA 9. Peso di un panetto di ARTsorb pre conzidionato al 50%UR.

La figura 58 illustra il confronto tra le misure dell’isoterma del silica gel RD:
la forma dell’isoterma è la medesima, tuttavia i valori ottenuti sembrano
essere sottostimati.

68
Capitolo 3

Sebbene il silica gel RD sia largamente utilizzato non è stato possibile


ottenere altri raffronti per l’isoterma di adsorbimento dal momento che in
letteratura sono presenti misure ottenute a temperature da 40°C in su.
La figura 59 riporta le isoterme di adsorbimento della cellulosa: in questo
caso la corrispondenza con lo studio di D. Eklund e T. Lindstrom è davvero
alta.

Possibili contributi all’incertezza di misura


L’obbiettivo di una misura è quello di determinare il valore del misurando,
ovvero il valore “vero” di una particolare quantità. Tuttavia una misura è
sempre affetta da imperfezioni che danno luogo all’errore di misura.
Quest’ultimo comprende due componenti: una componente casuale e una
sistematica. L’errore casuale insorge presumibilmente da un’imprevedibile
variazione temporale e/o spaziale di una o più variabili. L’effetto della
variazione di tali variabili non può essere eliminato per sua natura, ma solo
ridotto incrementando il numero delle osservazioni. L’effetto dell’errore
sistematico invece se riconosciuto e quantificato può essere infine ridotto
introducendo delle correzioni o compensazioni.
Grazie all’esperienza in laboratorio è stato possibile osservare alcuni fattori
che determinano verosimilmente l’insorgere di errori:

 Trattamento del campione


È stato osservato che la condizione iniziale determina in modo
fondamentale l’accuratezza della misura. L’ottenimento del peso
secco tramite processo di essiccazione “a freddo”, ovvero alle
temperature compatibili con le caratteristiche della macchina
(inferiori a 80°C di fatto) viene raggiunto dopo diverse ore di utilizzo
di gas inerte. Per alcuni materiali è necessario un processo di
rigenerazione a temperature più alte. Perciò sarebbe opportuno dotare
il laboratorio di un forno in accordanza con ISO 12570. Per quanto
riguarda la durata della rigenerazione si aprirebbe un capitolo: molti
preparano i campioni ponendoli in forno per minimo 8 ore, mentre
altri affermano che bastino 10 minuti alla temperatura appropriata per
far evaporare tutta l’umidità [20]. La rigenerazione alle alte
temperature comunque porta ad un decadimento delle proprietà del
materiale: fenomeno chiamato collapse pores effect.
 Incertezze di pesate/ tarature
Durante l’esperimento viene provocata talvolta un'alterazione delle
normali condizioni di taratura dell’apparecchio. Per esempio,
quest’ultimo è molto sensibile alle vibrazioni che si possono
propagare appoggiandosi sul tavolo di supporto.
 Incertezza del materiale
Il fisisorbimento è un processo legato profondamente alle grandezze
superficiali del materiale: area superficiale, volume totale dei pori e

69
Prove sperimentali

diametro dei pori. Spesso gli essiccanti vengono prodotti in sfere di


dimensioni diverse (di conseguenza anche l’area superficiale sarà
diversa), come si può facilmente verificare in figura 60. Il campione
prova utilizzato nella termo-bilancia deve pesare circa 50 mg e meno
pesa il campione più è accurata la misura. Ciò significa testare una o
due sfere per volta: bisogna verificare che un quantitativo del
campione così esiguo sia rappresentativo. Per esempio la ISO12572
indica l’utilizzo di minimo 10 g di materiale.

a)

b)

c)

Figura 60. Dimensioni delle sfere: a) Allumina attivata; b) Silica gel; c) Artsorb;

 Disturbi
Ogni massa sospesa risente di una forza di galleggiamento interferente
data dal flusso del gas di densità ρg e volume v iniettato in camera
[36]:
𝑛

𝐹 = 𝑔 ∑ 𝑘(𝑚𝑗 − 𝑣𝑗 𝜌𝑔,𝑗 )
𝑗=𝑠,𝑡…

Dove ‘s’ indica sample side (k=+1) mentre ‘t’ tare side (k=-1).
Inoltre avviene la creazione di momenti interferenti sul piattino della
bilancia per campioni collocati in posizione non baricentrica.
 Isteresi del materiale
 Valori soglia
All’aumentare del valore soglia che rappresenta la condizione di
equilibrio (Δw%/min), aumenta l’accuratezza della misura e la durata
complessiva del test. Al variare di questo parametro variano le
isoterme di adsorbimento in quanto cambia la definizione stessa di
equilibrio. In letteratura non viene definito un valore standard, per
questo non si ha la certezza che si stiano confrontando misure
riprodotte alle medesime condizioni. In questo lavoro è stato utilizzato
il minimo: 0.0005%/min.

70
Capitolo 4
Il controllo del microclima
all’interno delle teche museali
Il tema del controllo microclimatico è da tempo di particolare interesse per i
conservatori dei musei. È noto infatti come i parametri ambientali,
temperatura e umidità relativa, possano innescare o aggravare processi di
degrado attraverso meccanismi di tipo chimico, fisico o biologico e come
contribuiscano ad aumentare o ridurre le “aspettative di vita” di un bene
culturale. Risulta quindi evidente come il controllo dei parametri ambientali,
inteso come controllo dei valori medi e delle fluttuazioni temporali, risulti
fondamentale per l’ottimale conservazione delle collezioni.
Per definizione il microclima è la sintesi delle condizioni ambientali
(distribuzione temporale e spaziale, fluttuazione e andamento dei valori medi
ed estremi, gradienti spaziali e frequenza di oscillazione) dovute o alle
variabili temperatura e umidità, o a scambi con altri corpi (emissione
infrarossa, riscaldamento, illuminazione), su un periodo rappresentativo di
tutte le condizioni determinate da fattori forzanti naturali e causati dall’uomo.

Figura 61. Sarcofagi egizi conservati al museo egizio di Torino.

71
Il controllo del microclima all’interno delle teche museali

I primi a documentare le origini e lo sviluppo dell’arte della conservazione,


comprendendo anche lo studio sull’involucro e sull’esposizione degli
ambienti, furono gli Antichi Greci. Tuttavia gli esempi più grandiosi di luoghi
di conservazione provengono dall’Egitto. Primamente viste come simbolo di
potere, gli architetti delle piramidi tentarono anche di farne un luogo di
protezione per gli oggetti ivi costuditi incorporando un controllo delle
condizioni ambiente. Sia stato per un caso o per un buon design, queste tombe
imponenti hanno mantenuto le condizioni ambientali costanti per alcuni
millenni permettendo di conservare le mummie dei grandi faraoni, i sarcofagi,
le suppellettili, i gioielli, i papiri e molto ancora. Oggi i musei si ritrovano con
l’ardua sfida di conservare gli stessi cimeli in condizioni ben diverse.
In Italia, il D.M. 10/05/2001 “Atto d’indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e
sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei” e la norma UNI 10829
“Beni di interesse storico artistico. Condizioni ambientali di conservazione.
Misurazione ed analisi.” offrono indicazioni sui valori di riferimento
raccomandati dei parametri ambientali da mantenere per la conservazione
delle opere d’arte antiche.
Il controllo dei valori di temperatura e umidità relativa dell’aria indoor è
possibile mediante l’impiego di impianti di climatizzazione a tutt’aria o misti
aria/acqua, che rappresentano inoltre l’unico provvedimento efficace per il
controllo degli inquinanti negli ambienti museali (rimozione e diluizione
delle sostanze nocive). Aspetto negativo di tali sistemi è però il costo elevato
sia di installazione che di gestione.
Un’alternativa al controllo dell’ambiente nelle sale espositive e dell’ambiente
museale nel suo insieme è rappresentato dall’adozione di vetrine all’interno
delle quali collocare le opere. In tal caso il controllo del microclima sarà
effettuato solo localmente dentro il contenitore museale. In base alle esigenze
del bene da conservare si dovrà scegliere se adottare un sistema di controllo
attivo, un vero e proprio micro impianto di climatizzazione a celle di Peltier,
oppure un sistema di controllo passivo, costituito da elementi capacitivi e
igroscopici.
L’elemento fondamentale delle politiche museali e della cura delle collezioni
è il concetto di “conservazione preventiva” che deve fondarsi su idonee
politiche basate sull’adozione di comportamenti e di precauzioni tecniche,
applicabili con continuità, volte a prevenire o rallentare i fenomeni di
degrado, riducendoli alla minima intensità.
Per perseguire la conservazione preventiva di un bene bisogna che siano
definite le condizioni ottimali, temperatura, umidità relativa e velocità di
scostamento dai valori decisi, nelle quali si può ritenere di garantire una
corretta conservazione, riportati in tabella 10. Brusche variazioni, dell’ordine
delle ore o dei giorni, sono infatti particolarmente pericolose.
È già stato accennato che i materiali adsorbenti più diffusi ad oggi nell’ambito
museale sono Artsorb, Prosorb e silica gel RD. Il silica gel fu per la prima
volta raccomandato nelle applicazioni di conservazione dei beni artistici e/o

72
Capitolo 4

storici già nel 1959 (Toishi 1959). Da quel momento si diffuse l’uso del silica
gel per il controllo dell’umidità nelle vetrine dei musei. Tuttavia si diffuse
anche una gran confusione sull’ utilizzo delle principali varianti di silica gel
sul mercato [17].
In questo capitolo sono indagate le prestazioni dei materiali testati per
rispondere ai requisiti di progetto più richiesti generalmente in ambito
museale. Nella tabella 10 si riportano i valori guida per una corretta
conservazione di ciascuna tipologia di manufatto. Sulla base delle dimensioni
delle vetrine e dei valori di umidità richiesti, in fase di presentazione del
progetto deve infatti essere specificato:
 Tipologia e caratteristiche del materiale tampone da adottare;
 Quantità necessarie di materiale tampone;
 Modalità di inserimento nella vetrina;
 Procedura di gestione e manutenzione del sistema di stabilizzazione
(eventuali sostituzioni/ rigenerazioni e loro ciclicità)
Manufatti Umidità Relativa % Temperatura [°C]
Mosaici di pietre, pietre,
20%-60% 15°C-25°C
rocce fossili, minerali
Mummie, animali
20%-35% 21°C-23°C
impagliati
Papiri, pergamene,
50°C-60°C 13°C-18°C
collezioni filateliche
Disegni, acquarelli,
pastelli su carta, dipinti 40%-55% 19°C-24°C
su tela, avori, coralli
Fotografie, film, materie
30%-45% 0°C-15°C
plastiche
Tavole legno, dipinti su
legno, icone, strumenti 50%-65% 19°C-24°C
musicali
Collezioni
40%-60% 19°C-24°C
entomologiche
Tessuti, arazzi, abiti,
25%-50% 19°C-24°C
paramenti
Affreschi staccati 55%-65% 10°C-24°C

TABELLA 10. Estratto dalla UNI 10829 che indica i valori microclimatici entro i quali sarebbe
opportuno conservare le diverse categorie di materiali per prevenire danni di tipo chimico-fisico o
microbiologico.

Possono, questi valori guida, essere sempre utili e da seguire per la migliore
conservazione? Valori di UR% e T che, in linea di principio, sono adatti ai
materiali possono essere inadatti o addirittura pericolosi per particolari
oggetti artistici. Infatti un particolare oggetto è stato sottoposto per secoli a
condizioni di UR% e T che hanno provocato tensioni interne, le quali hanno

73
Il controllo del microclima all’interno delle teche museali

raggiunto un nuovo equilibrio con le deformazioni (permanenti) della sua


struttura. Quindi un manufatto antico che si è adattato alle condizioni
ambientali potrebbe subire seri danni se portato in ambiente diverso, per
l’incapacità di adattarsi ad un nuovo microclima (per esempio conservazione
del legno, esposizione alla luce di terrecotte o vetri). Per queste ragioni è
necessario avere una conoscenza accurata delle condizioni di conservazione
passate. Quando un oggetto non è condizionato irreversibilmente dal suo
passato, si possono scegliere le condizioni migliori per la conservazione (UNI
10829). Queste sono in genere le condizioni fisiche in cui una variazione di
UR% porta la minor possibile variazione nell’assorbimento del vapor
d’acqua. Conviene in ogni caso, per mantenere sempre costanti le condizioni,
scegliere dei valori di UR% vicini a quelli naturali (ad esempio National
Gallery di Londra, 60% che corrisponde al valor medio naturale di quel
paese).

I MECCANISMI DI DETERIORAMENTO
La temperatura e l’umidità sono le principali grandezze fisiche coinvolte nella
degradazione dei beni da conservare. In generale le variazioni di temperatura
inducono differenti espansioni nei materiali e sforzi di tensione tra le
superficie le strutture sottostanti. Le variazioni cicliche contribuiscono a
danneggiare i materiali e i danni sono tanto maggiori quanto più rapidi sono
i cicli. Mentre più brevi sono le fluttuazioni tanto più sottile è lo strato
influenzato da esse. Poiché le parti di maggior valore artistico dei monumenti
si trovano sulla superficie, i cicli di temperatura giornalieri (o più brevi) sono
molto più importanti di quelli stagionali.
Sono tre invece le tipologie di degradazione che possono scaturirsi da un
inefficace controllo dell’umidità relativa. La prima, degradazione biologica,
avviene quando la temperature e l’umidità relativa sono tali da far proliferare
funghi e colonie di insetti. La seconda, degradazione meccanica, è legata alle
fluttuazioni dell’umidità relativa che comporta l’espansione o la contrazione
del materiale e quindi tensioni strutturali. La terza, degradazione chimica, è
associata alla velocità di reazione di un processo chimico influenzato dalla
temperatura e dall’umidità.

74
Capitolo 4

Degradazione biologica
In tutto il mondo si assiste al rovinoso attacco ai beni artistici e storici da parte
della proliferazione di microrganismi. L’elevata umidità relativa sulla
superficie crea le condizioni ottimali per la crescita di quest’ultimi [37]; valori
di umidità relative del 75% e oltre rappresentano un pericolo reale per la
conservazione. Spesso dove vi è condensazione superficiale vi è la più alta
probabilità di germinazioni estese di muffe; infatti queste possono assorbire
l’acqua e riprodursi molto velocemente. Anche periodi brevi a RH% elevate
non possono quindi essere trascurati. Ad esempio, il corpo di un fungo, che
si origina sempre da un elemento unicellulare, la spora, dà luogo alla
germinazione ogni qualvolta il valore dell’umidità relativa dell’aria
nell’adiacenza di una superficie rimane, per un sufficiente periodo di tempo,
più alto di un valore di soglia, detto attività minima. Il fungo che richiede il
minimo grado di attività è l’Aspergillus Versicolor, cioè una muffa, per il
quale a è pari al 75% sui materiali idroassorbenti. Gli effetti dei
microrganismi su carta, pitture su tela e canovaccio, legno ed altri materiali
sono visibili ad occhio nudo: inizialmente si formano delle macchie di vari
colori, poi, col passare del tempo, il materiale perde di consistenza e si
disintegra. I tessuti si macchiano irreversibilmente, si bucano e perdono di
consistenza; la plastica e la pelle si macchiano e infragiliscono.

Degradazione meccanica
I manufatti composti da più materiali, come mobili intarsiati, icone, dipinti su
legno e tele, nel momento in cui si rigonfiano o si contraggono perché
reagiscono alle condizioni climatiche indoor creano sforzi prossimi alle
discontinuità, tra uno strato e l’altro. Gli sforzi che superano la tensione di
snervamento, cadendo nella regione delle deformazioni plastiche, vanno
incontro a deformazioni irreversibili se non a rottura. Sia la tensione di
snervamento che il carico di rottura sono proprietà determinabili
sperimentalmente in laboratorio e quindi sono conosciute. Per prevenire
danni irreversibili e la perdita di valore dell’oggetto è opportuno mantenere
le tensioni dei materiali nel campo delle deformazioni elastiche. A causare i
danni maggiori non sono solo le variazioni repentine di umidità relativa ma
anche le fluttuazioni lente. Le fluttuazioni che causano il massimo sforzo
negli oggetti sono infatti quelle di durata maggiore del tempo di risposta
dell’oggetto, ossia il tempo necessario all’intero oggetto di reagire ad un
gradino di umidità.

75
Il controllo del microclima all’interno delle teche museali

Figura 62. Deformazioni nel legno, reversibili e irreversibili, causate dalle variazioni di umidità .

Si ha deformazione plastica dell’oggetto se si supera la tensione di


snervamento; a volte si generano sforzi perché essa viene ostacolata dalla
stessa struttura di sostegno. In figura 62 si illustra il campo delle
deformazioni plastiche ed eleastiche del legno, causate dalle variazioni di
umidità. Ligterink F.J. e Di Pietro (1998) si sono occupati dello stretcher
effect (effetto telaio) nei dipinti su tela: le condizioni in cui si trovano la
pittura e la tela direttamente collegate al telaio sono diverse da quelle in cui
si trova la regione dell’opera dietro la quale il telaio non è presente,
comportando un deterioramento dell’opera. Cambiamenti di umidità relative
non hanno nessun impatto sugli oggetti liberi di variare dimensione. Se
l’oggetto viene invece sottoposto a variazioni repentine dell’umidità, potrà
reagirvi solo una parte (solitamente la superficie) creandovi un gradiente di
umidità. Per gli oggetti costituiti da materiali igroscopici, all’interfaccia di
separazione tra ambiente e oggetto lo scambio di vapore acqueo indurrà stress
meccanici distruttivi o fenomeni di fessurazione, lacerazione, spaccature o
sfibramento.
Molti dipinti su legno sono sottoposti a degradazione meccanica. Infatti essi
sono oggetti composti da diversi materiali: una tavola di legno, uno strato di
gesso per rendere liscia e omogenea la superficie, e uno strato di pittura.
Quest’ultimo subisce stress dovuti alla diversa risposta alla fluttuazione di
umidità del gesso e del legno: al diminuire e all’aumentare di %RH il legno
si contrae e si espande più velocemente e con deformazioni più evidenti del
gesso, comportando tensioni tra gli strati. Questo causa crepe e lo scollamento
dei vari substrati dipinti [38] come è evidente nella figura 63.

76
Capitolo 4

Figura 63. 1Degradazione meccanica di un dipinto su legno mal conservato.

Degradazione chimica
Spesso ci si limita a porre rimedio e prevenire le degradazioni di tipo
biologico e meccanico, trascurando quelle di tipo chimico. I processi chimici
dipendono o sono accelerati dalla presenza dell’acqua [Erhardt et al, 1994].
La quantità di acqua contenuta nei materiali aumenta all’aumentare
dell’umidità relativa. Inoltre in caso di adsorbimento multistrato, le molecole
sono trattenute con meno forza del materiale e quindi più libere di reagire,
incrementando la velocità di reazione. Ottenere livelli bassi di umidità
relative e temperature basse permette di evitare per esempio l’idrolisi acida
della carta, la decomposizione del cuoio, lo sfibramento e lo scolorirsi dei
tessuti e la corrosione elettrochimica dei metalli. La presenza di acqua allo
stato liquido favorisce per esempio la trasformazione del marmo o delle rocce
calcaree in gesso (in presenza di SO₂). Le pietre, i mattoni, le ceramiche, gli
stucchi, gli affreschi e altri materiali aventi sali solubili nei pori sono sensibili
ai cambiamenti microclimatici: le condizioni ambientali che portano a cicli di
UR% possono generare cristallizzazione e dissoluzione di sali.
Il fenomeno di ossidoriduzione può essere fortemente accelerato in presenza
di opere con metalli a diverso potenziale elettrochimico. In questo caso il
metallo meno nobile tenderà a dissolversi essendo interessato da una reazione
anodica, mentre quello più nobile resterà intatto, essendo interessato da una
reazione catodica.

77
Il controllo del microclima all’interno delle teche museali

Studiando la degradazione della cellulosa [Zou, 1996] si concluse che essa


seguisse una legge del tipo Arrhenius:
𝐸𝑎
𝑘 = 𝐴 ∙ 𝑒 −𝑅𝑇 (4.1)

Con k Velocità di reazione [l/s]

A Indice di frequenza [l/s]

Ea Energia di attivazione [J/mol]

Michalski [2003] corresse questa equazione definendo il Lifetime Multiplier


LM , ovvero il numero degli intervalli di tempo in cui l’oggetto in questione
rimane inalterato rispetto alle condizioni di riferimento 20°C e 50%UR:

50% 1.3 −𝐸𝑎 (1− 1 )


𝐿𝑀𝑥 = ( ) ∙ 𝑒 𝑅 𝑇 293 (4.2)
𝑅𝐻%𝑥

I SISTEMI DI CONTROLLO
Le tecniche per il controllo del microclima possono essere divise in due
categorie: attive e passive. Le une prevedono l’utilizzo di sistemi di
condizionamento che necessitano di sorgenti di energia esterne, come
riscaldatori, deumidificatori, ecc.; le altre sfruttano alcune proprietà chimico-
fisiche di taluni materiali, come la capacità di adsorbimento o quella termica,
e non richiedono sorgenti di energia esterne.
Gli umidificatori sono introdotti per mitigare o compensare le variazioni di
umidità dovute a quelle della temperatura, ma se non sono ben bilanciati
possono creare ulteriori variazioni di umidità. Il funzionamento
dell’umidificatore dovrebbe compensare l’aria secca causata dal
riscaldamento ma se non è ben tarato può causare un aumento dell’umidità. I
sofisticati sistemi che mantengono l’umidità relativa in un intervallo
prefissato, causano dannose oscillazioni tra questi valori. Sebbene queste
variazioni siano solo di qualche percento e di breve durata, e quindi non
possono raggiungere gli strati più profondi, la ripetizione di questi cicli può
avere un impatto negativo sui materiali sottili come i dipinti su tela.
Inoltre la necessità sempre più crescente di diminuire il fabbisogno energetico
dei musei ha, negli ultimi anni, spostato l’attenzione sulle tecniche di
controllo passive.
L’adozione dei soli sistemi passivi, costituiti da materiali “buffer”, equivale
ad incrementare l’“inerzia” nel microambiente e quindi permette unicamente
di prolungare i tempi in cui le variabili si portano a regime [19]. In questi casi,
dunque, se l’obiettivo è il mantenimento di valori medi costantemente diversi
fra interno ed esterno occorre prevedere interventi periodici di sostituzione
del materiale tampone (“esaurito”) con cariche nuove e precondizionate ai
valori desiderati.

78
Capitolo 4

Da un punto di vista applicativo le situazioni che si possono presentare


nell’ambito del controllo passivo dell’umidità relativa sono due:
 Realizzazione di vetrine con umidità relativa stabilizzata,
 Realizzazione di vetrine con umidità relativa controllata.
In una vetrina stabilizzata si introduce un quantitativo di materiale tampone
(tipicamente Silca-gel, Art-sorb, Pro-sorb, …) tale da far sì che le oscillazioni
annue dell’umidità relativa all’interno della vetrina risultino ridotte e,
comunque, all’interno dei campi di tolleranza richiesti per la corretta
conservazione dell’oggetto esposto.
In questi casi il valore medio annuale dell’UR all’interno della vetrina
risulterà pari a quello della sala, ma con oscillazioni al di sopra ed al di sotto
di tale valore relativamente contenute.
Con questa configurazione il materiale buffer non viene sostituito
periodicamente, in quanto non necessita di processi di ri-condizionamento e
si dovrà procedere solamente alla sua sostituzione ogni 8-10 anni (poiché il
materiale tampone è soggetto ad un processo di invecchiamento che ne
degrada le caratteristiche).
La possibilità di adottare vetrine stabilizzate è legata all’ampiezza delle
oscillazioni annuali di UR consentite dalla corretta conservazione (di fatto
non è praticamente possibile limitare le oscillazioni a valori inferiori al 10-20
%), alle prestazioni dell’involucro (maggiore è la tenuta ai gas ed all’aria,
maggiori sono le possibilità di ridurre con la sola stabilizzazione passiva le
oscillazioni annuali di UR) ed alle condizioni di UR all’interno della sala
espositiva (più le condizioni termoigrometriche della sala espositiva si
avvicinano a quelle desiderate all’interno della vetrina, migliore sarà la
prestazione della vetrina stabilizzata).
Nel caso di vetrine con umidità relativa controllata passivamente, invece, la
strategia di gestione del sistema cambia.
In questo caso il materiale buffer ha funzione di correzione del valore di UR
media interna e non di sola stabilizzazione. A tal fine occorrerà introdurre
all’interno della vetrina opportuni quantitativi di materiale tampone
precedentemente pre-condizionato. Nella sua azione di correzione del
microclima interno il materiale tampone andrà incontro ad un processo di
“esaurimento” e si dovrà prevedere una sostituzione periodica del materiale
“esaurito” con nuovo materiale pre-condizionato.
Al fine di limitare le costose e, a volte, complesse operazioni di sostituzione
del materiale tampone si cerca di introdurre una quantitativo di materiale tale
da richiedere una sostituzione con cadenza come minimo trimestrale (o,
meglio, semestrale).
È possibile diminuire la frequenza di sostituzione del materiale buffer
incrementando la prestazioni in termini di tenuta all’aria ed ai gas.

79
Il controllo del microclima all’interno delle teche museali

SIMULAZIONI NUMERICHE

Figura 64. POLIteche.m: programma messo a punto dal Politecnico di Milano per simulare
l’andamento dell’umidità relativa all’interno di una teca. Modello a parametri concentrati.

Al fine di verificare la performance dei materiale adsorbenti nel tempo, una


volta ottenuti i risultati sperimentali, sono state eseguite simulazioni
numeriche per mezzo del Tool POLIteche.m , sviluppato in ambiente
MATLAB (figura 64). Grazie a questo strumento è possibile simulare gli
andamenti di umidità e temperatura dell’aria all’interno di una vetrina, una
volta impostate le principali caratteristiche della vetrina stessa (dimensione,
forma, materiali, tenuta all’aria, illuminazione) e i parametri dell’ambiente
“esterno”, ovvero di una sala espositiva.
Per simulare lo scambio termico e di massa viene utilizzato il modello a
parametri concentrati, precedentemente validato nel corso del suo sviluppo
[35] (2013). Questo modello permette una trattazione semplice, flessibile ma
altrettanto efficace perché ne garantisce l’utilizzo al di fuori del caso specifico
studiato. Ciascun componente può essere descritto da una resistenza, in
analogia elettrica, e i flussi di vapore ed energia equivalgono alla differenza
di potenziale e/o generatori di correnti. Nel modello lo scambio termico
conduttivo è stato considerato monodimensionale, ritenendo trascurabile
l’entità dei ponti termici. Ogni superficie costituente la vetrina è stata
assimilata ad una lastra piana indefinitamente estesa, costituita di materiale
isotropo, omogeneo e dalle proprietà termofisiche costanti.
Lo schienale, che può contenere materiale per la stabilizzazione della
temperatura, è stato considerato capacitivo e rappresentato tramite un modello
a parametri concentrati avente due resistenze ed una capacità (2RC). La
capacità delle superfici trasparenti, normalmente realizzate in doppio vetro,
non è stata ritenuta trascurabile: per tali superfici è stato sempre adottato il
modello 2RC.
Le superfici opache formanti l’eventuale mantello esterno, realizzate in
acciaio 20/10, non sono state invece ritenute capacitive. Lo scambio termico
radiativo è stato ritenuto in prima approssimazione trascurabile per
80
Capitolo 4

semplificare il problema, assumendo che la teca non fosse soggetta ad


illuminazione diretta.
A causa dell’assenza di un campo di moto imposto dalla presenza di un
impianto, all’interno delle vetrine dotate di controllo passivo certamente si
instaura convezione naturale. Da questo punto di vista, la tipologia
considerata (vetrina pensile) è stata modellata come un’intercapedine dallo
sviluppo verticale.
Il moto che interessa il fluido è considerato bidimensionale, stazionario e
incomprimibile, mentre si ritiene la densità variabile con la temperatura nel
termine che rappresenta le forze di galleggiamento nelle equazioni che
descrivono il moto. Si suppongono cioè valide le approssimazioni di
Oberbeck-Boussinesq nella teoria dello strato limite. La presenza di materiale
adsorbente per il controllo passivo dell’umidità implica la necessità di
introdurre anche un modello per lo scambio di massa: anche a tal proposito è
stato fatto uso di modello a parametri concentrati, seguendo le linee guida
proposte da Kafui in [16]. Nello scambio convettivo si ritiene valida
l’analogia tra scambio termico e di massa, e i due fenomeni vengono
considerati indipendenti. La sostanza adsorbente, sotto forma di panetto
avente un’unica superficie permeabile, è stata modellata come una lastra
piana.

Figura 65 Schema della teca e dei relativi flussi termici e di umidità.

L’aria umida contenuta all’interno della vetrina è stata trattata come una
miscela ideale di gas perfetti; è inoltre supposta valida l’ipotesi di
miscelamento perfetto, ovvero si considerano uniformi le proprietà
termofisiche nel volume considerato.
Infine la portata d’infiltrazione dovuta alla non perfetta tenuta dell’involucro
viene determinata a partire dal numero di ricambi giornalieri, fornito come
dato di progetto. Lo schema della teca e dei relativi flussi termici e di umidità
è mostrato nella figura 65. Le reti elettriche equivalenti sono illustrate nella
figura 66, mentre di seguito si riportano le equazioni di bilancio risultanti.

81
Il controllo del microclima all’interno delle teche museali

Figura 66. Circuito elettrico equivalente per lo scambio termico (a) e per lo scambio di massa (b).

𝑑𝑇𝑖 (𝑡) 𝑇𝑒 (𝑡) − 𝑇𝑖 (𝑡) 𝑇𝑎 (𝑡) − 𝑇𝑖 (𝑡) (4.3)


𝐶𝑖 = +
𝑑𝑡 𝑅𝑐𝑜𝑛𝑣 𝑒𝑥𝑡+𝑅𝑐𝑜𝑛𝑑 𝑖⁄ 𝑅𝑐𝑜𝑛𝑣 𝑖𝑛𝑡+𝑅𝑐𝑜𝑛𝑑 𝑖⁄
2 2
𝑑𝑇𝑎𝑑𝑠 (𝑡) 𝑑𝑊(𝑡) 𝑇𝑎𝑑𝑠 (𝑡) − 𝑇𝑎 (𝑡) (4.4)
𝐶𝑎𝑑𝑠 = 𝐻𝑎𝑑𝑠 −
𝑑𝑡 𝑑𝑡 𝑅𝑐𝑜𝑛𝑣 𝑎𝑑

𝑑𝑊(𝑡) 𝑥𝑎 (𝑡) − 𝑥𝑎𝑑𝑠 (𝑡) (4.5)


𝑚𝑎𝑑𝑠 =
𝑑𝑡 𝑅𝑚

𝑑𝑇𝑎 (𝑡) (4.6)


𝐶𝑎 = ∑ 𝑄𝑗 (𝑡) + ∑ 𝑄𝑖 (𝑡) + 𝑄𝑖𝑛𝑓 (𝑡)
𝑑𝑡 𝑗
𝑖
+ 𝑄𝑐𝑜𝑛𝑣 𝑎𝑑𝑠
𝑑𝑥𝑎 (𝑡) 𝑣𝑎𝑝 𝑎𝑑𝑠 (𝑡) (4.7)
𝑚𝑎 = 𝑀𝑖𝑛𝑓 (𝑡) − 𝑀𝑎𝑑𝑣
𝑑𝑡

L’equazione 4.1 descrive la variazione di tempeartura nel tempo per ciascun


componente i-esimo capacitivo (per esempio le superfici trasparenti, lo
schienale e la sostanza adsorbente), mentre l’eq. 4.2 e 4.3 modellizzano i
bilanci di energia e di massa per la sostanza adsorbente.
Le equazioni 4.6 e 4.7 invece riguardano il transitorio di energia e di massa
di vapore acqueo dell’aria contenuta nella teca.
I bilanci di potenza espressi dalle eq. (4.3), (4.4), (4.6), insieme alle equazioni
di bilancio di massa d’acqua (4.5) e (4.7), formano un sistema di equazioni

82
Capitolo 4

differenziali lineari del primo ordine. Per risolverlo, viene utilizzato uno
schema alle differenze finite in avanti. In questo modo le equazioni vengono
risolte in sequenza anziché contemporaneamente. Per garantire la stabilità
dello schema di risoluzione esplicito, il passo di integrazione è stato
convenientemente scelto (60 secondi).

In questo capitolo si mostrano gli andamenti simulati dai modelli in risposta


a delle funzioni di test, al fine di verificare se un materiale esibisca o meno
un comportamento predominante rispetto agli altri. Per quanto riguarda la
geometria della vetrina, è stata simulata una teca pensile dalle seguenti
dimensioni (altezza x larghezza x profondità) modellizzata in una tesi
precedente [35].

Vetrina pensile 160x140x30 cm;


Spessore pareti trasparenti 1,2 cm;
Spessore pareti opache 7 mm;
Schienale capacitivo: 15 cm di cartongesso;
Nello schienale è stata supposta la presenza di una capacità termica (lastre di
cartongesso) dello spessore di 15 cm con calore specifico pari a 1000 J/kg/K
e densità 1000 kg/m³. Il materiale adsorbente è solitamente ARTsorb in forma
di panetti da 750 g, con una superficie traspirante pari a circa 33 cm x 11 cm
e aventi uno spessore di 4 cm. Per semplicità è stato supposto che ogni
materiale venga confezionato con le medesime dimensioni e che la
confezione contenga sempre 750 g, almeno per mantenere equivalente la
superficie di scambio disponibile e per avere un confronto omogeneo
nell'assunzione di parametri concentrati.
Sono stati simulati due andamenti differenti delle condizioni climatiche
dell’ambiente: variazione a gradino di temperatura e variazioni sinusoidali
dell’umidità relativa e temperatura. Le funzioni utilizzate come test sono le
seguenti:
Gradino
𝑓0 , 𝑡 < 𝑡0
𝑓𝑒 (𝑡) = {
𝑓1 , 𝑡 ≥ 𝑡0
Sinusoide

𝑓𝑒 (𝑡) = 𝑓𝑠𝑒𝑡 + ∆𝑓 ∙ sin(𝜔𝑡)

Nelle due equazioni precedenti 𝑓𝑒 indica la generica grandezza (temperatura


T o umidità relativa %RH), 𝑓0 ed 𝑓1 i valori costanti assunti prima e dopo il
gradino, 𝑓𝑠𝑒𝑡 il valore medio dell’oscillazione, ∆𝑓 l’ampiezza della
fluttuazione e ω la sua pulsazione.

83
Il controllo del microclima all’interno delle teche museali

4.3.1 Risposta al gradino di temperatura


Ad una variazione della temperatura dell’ambiente esterno segue una
variazione dell’umidità relativa. Il materiale capacitivo inserito nello
schienale ha il compito di smorzare questa sollecitazione in modo da ottenere
una variazione lenta e non repentina e quindi dannosa per il manufatto da
conservare. Più la teca riesce a smorzare le variazioni di temperatura più il
contenuto sarà protetto anche da variazioni di umidità relativa, a meno del
contributo delle infiltrazioni. Un buon controllo della temperatura rende
efficace il controllo dell’umidità relativa da parte del materiale adsorbente.
Quando l’umidità relativa diminuisce al di sotto di un certo valore il buffer
risponde con un rilascio di vapore acqueo e viceversa. Il materiale viene
solitamente inserito nella teca precondizionato ad un valore di umidità
relativa il più vicino possibile al valore di progetto definito dalle normative,
tabella 10.
Per verificare l’adattamento del materiale essiccante, per il fatto che vi sono
cimeli dalle diverse esigenze in termini di umidità relativa, si è deciso di
simulare l’andamento a gradino in riscaldamento e raffrescamento per tre
valori di progetto, 30%UR - 50%UR -60%UR, rappresentativi dei casi più
frequenti nell’ambito della conservazione. Inoltre si è visto che gli stessi
materiali non hanno la stessa capacità di adsorbimento in tutto l’intervallo
UR%.
Poiché si vuole isolare il solo apporto del gradino di temperatura, per questo
vengono trascurate le infiltrazioni e l’igroscopicità dei materiali di finitura
della teca. Viene simulato l’innalzamento (17,5°C→26°C) e l’abbassamento
della temperatura esterna (30°C→20°C). La quantità di essiccante viene
inizialmente fissata a 750 g (1 panetto), poi aumentata a 3,75 kg (5 panetti).
In figura 67 vengono illustrate sul diagramma psicometrico le trasformazioni
dell’aria umida sottoposta al gradino di riscaldamento e di raffrescamento.

84
Capitolo 4

Figura 67. Trasformazioni dell’aria esterna sul diagramma psicometrico: punto 1 – condizione
iniziale; punto 2-condizione finale; punto P- condizione di progetto; La linea rossa indica la quantità
di umidità che il materiale deve adsorbire.

4.3.1.1 Valore di progetto 30%UR


Alcuni manufatti, tra cui mummie, pietre, minerali, fossili e animali
impagliati devono essere conservati alle basse umidità. Tipicamente vengono
rispettati i seguenti intervalli (da tabella 10):
 19°C-24°C
 20%UR-35%UR
Il sistema, inizialmente in equilibrio a 17,5°C e 30% UR, viene perturbato dal
gradino di temperatura di riscaldamento imposto a 26°C. Si sono valutate le
risposte a tale forzante introducendo inizialmente un panetto di essiccante,
figura 67-a, poi introducendone 5, figura 68-b. Specularmente si sono poi
analizzate le risposte del sistema (posto inizialmente in equilibrio a 30°C e
30% UR) al gradino di raffrescamento imposto a 20°C. Le figure 68 a, b, c e
d raffigurano i profili di umidità relativa dell’aria interna alla teca, al variare
della tipologia di materiale “buffer”.

85
Il controllo del microclima all’interno delle teche museali

31 30,5
a) b)
30 30,0

29 29,5

UR%
UR%

28 29,0

27 28,5

26 28,0
1 panetto 5 panetti
25 27,5
0 20 40 0 20 40
Tempo [ore] Tempo [ore]

37 33,0
c) d)
36 32,5
35
32,0
34
31,5
UR%

UR%

33
31,0
32
31 30,5

30 30,0
1 panetto 5 panetti
29 29,5
0 20 40 0 20 40
Tempo [ore] Tempo [ore]

ARTsorb Cellulosa
Silica Gel RD Sodio Poliacrilato
Allumina
Figura 68. Valore di progetto 30%UR; a) profili UR% dell’aria umida al variare del materiale
essiccante introdotto. Simulazione del gradino di riscaldamento con introduzione di 1 cassetta di
adsorbente; b) gradino di riscaldamento con 5 cassette di adsorbente; c) profili UR% dell’aria umida
al variare del materiale essiccante introdotto. Simulazione del gradino di raffrescamento con
introduzione di 1 cassetta di adsorbente; d) gradino di raffrescamento con 5 cassette.

Il volume d’aria della teca modellizzata in MATLAB è inferiore a 1 m³ e di


conseguenza il contenuto di vapore acqueo è modesto nelle condizione di
umidità e temperatura sopra descritte. In questo modo è possibile che le
differenze di prestazioni tra le varie tipologie di materiali diventino piccole,
soprattutto aumentando il numero di panetti. Nelle figure 68-b e 68-d si nota
infatti che con l’introduzione di 5 panetti, il divario tra i profili ottenuti si
riduce, soprattutto per il gradino di raffreddamento. Complessivamente è il
silica gel RD il materiale che meglio fra tutti a riconduce la teca nelle
condizioni di umidità pressoché iniziali.
Nella figura 69 viene riportato l’andamento del ΔUR% (inteso come la
differenza tra il valore di progetto, in questo caso 30%, e il valore di umidità
relativa raggiunto dopo 10 ore, circa il tempo necessario al materiale per
portarsi all’equilibrio) al variare della tipologia di materiale e del numero di
86
Capitolo 4

panetti. Si nota che l’ effetto tampone dei materiali non aumenta in maniera
proporzionale all’aumentare del numero dei panetti (come era stato ipotizzato
in [35]): in particolare silica gel, Artsorb e sodio poliacrilato da un lato e
cellulosa e allumina attivata dall’altro, comportano circa lo stesso ΔUR% dai
4 panetti in su. La cellulosa e l’allumina attivata inoltre mostrano,
inaspettatamente, la capacità di mantenere ΔUR%≤ 1.5%.

4,50 y = 2,6221x-1,169 Silica gel RD


4,00 R² = 0,9933
3,50 y = 2,2376x-1,112 Artsorb
3,00 R² = 0,9975
ΔUR %

2,50 y = 1,8944x-0,947 Sodio


2,00 R² = 0,9989 Poliacrilato
1,50 y = 4,0372x-0,753 Cellulosa
1,00 R² = 0,9985
0,50 y = 2,695x-0,491 Allumina
0,00 R² = 0,9673 Attivata
0 5 10 15
N°panetti
Figura 69. Riduzione del ΔUR% inteso come la differenza tra il valore di progetto e il valore di umidità
che si ottiene per effetto della temperatura, dopo 10h (tempo necessario al materiale per portarsi
all’equilibrio) al variare del numero di panetti.

L’Artsorb si rivela, come previsto, un ottimo buffer, come d’altra parte il


silica gel, il sodio poliacrilato (nonostante gli infelici risultati sperimentali
alle basse umidità) e l’allumina attivata. Inoltre nelle figure 68-b e 68-d si
nota chiaramente che la cellulosa, riporta la vetrina sempre vicino alle
condizioni di progetto (±1,5%), sebbene non riporti mai la teca esattamente
nelle condizioni iniziali. In figura 70 viene riportato il confronto tra l’effetto
ottenuto con 5 panetti di Artsorb e quello ottenuto con 5 panetti di cellulosa
nel caso di una forzante di tipo sinusoidale: non vi sono differenze sostanziali,
a conferma di quanto detto finora.

31 33 b)
a)
29
32
27
25 31
T[°C]

UR%

23
21 30
19 29
17
15 28
0 5 10 15 20 25 0 5 10 15 20 25
Tempo[ore] Tempo [ore]
T interna T esterna Cellulosa (5P) ARTsorb (5P)

Figura 70. a) profili di temperatura esterna e interna alla teca; b) profili di umidità relativa: confronto
tra cellulosa e ARTsorb.

87
Il controllo del microclima all’interno delle teche museali

4.3.1.2 Valore di progetto 50%UR


Dipinti su tela, acquarelli, pastelli, pitture a olio, sculture di legno, legno
dipinto, icone ecc… questi manufatti vengono tipicamente conservati nei
seguenti intervalli di temperatura e umidità relativa:
 19-24°C con ΔTmax= 1.5°C
 45-55%UR con ΔUR% max= 2% per gli acquarelli e ΔUR% max=6%
per le tele.

51 50,5
a) b)
50 50,0
49 49,5
49,0
48
48,5

UR%
UR%

47
48,0
46
47,5
45 47,0
44 46,5
43 46,0
1 panetto 5 panetti
42 45,5
0 10 20 30 40 0 10 20 30 40
Tempo [ore] Tempo [ore]

61 54,0
c) 53,5 d)
59
53,0
57 52,5
55 52,0
UR%
UR%

51,5
53 51,0
51 50,5
50,0
49
49,5 5 panetti
1 panetto
47 49,0
0 10 20 30 40 0 10 20 30 40
Tempo [ore] Tempo [ore]

Silica Gel ARTsorb


Sodio Poliacrilato Cellulosa
Allumina

Figura 71. Valore a) profili UR% dell’aria umida al variare del materiale essiccante introdotto.
Simulazione del gradino di riscaldamento con introduzione di 1 cassetta di adsorbente; b) gradino di
riscaldamento con 5 cassette di adsorbente; c) profili UR% dell’aria umida al variare del materiale
essiccante introdotto. Simulazione del gradino di raffrescamento con introduzione di 1 cassetta di
adsorbente; d) gradino di raffrescamento con 5 cassette.

Se a 17,5°C-30%UR il gradino di temperatura imposto comportava una


variazione del 10%UR-15%UR, partendo dal valore di progetto 50%UR lo
stesso provoca una perturbazione dell’umidità fino al 20%UR; lo si capisce
bene osservando il diagramma dell’aria umida nella figura 67. Perciò a fronte

88
Capitolo 4

del medesimo gradino di temperatura più si lavora a valori di UR% alti più
verranno richieste prestazioni elevate da parte del materiale. Inoltre
l’ampiezza stessa del gradino è stata volutamente esagerata per evidenziare la
caduta, laddove ci fosse, della capacità dell’adsorbente.
Si nota in primo luogo come la cellulosa perda la partita contro gli altri
essiccanti e come invece il sodio poliacrilato risponda perfettamente, anche a
partire dall’introduzione di un solo panetto di essiccante (figure 71-a e 71-c).
Introducendo 5 panetti le differenze più marcate si riscontrano tra allumina e
cellulosa da un lato e silica gel, Artsorbe sodio poliacrilato dall’altra (figure
71-b e 71-d). Tuttavia il silica gel RD, in questo intervallo è penalizzato dalla
comparsa d’isteresi: nella fase di riscaldamento non desorbe seguendo
l’isoterma d’adsorbimento, ma una scanning curve interna al ciclo di isteresi
principale. Per dimostrare l’incidenza del fenomeno sul controllo delle
condizioni igrometriche della teca, sono state eseguite un paio di simulazioni
caricando nel modello numerico le funzioni delle scanning curves. Si rimanda
la lettura al paragrafo 4.3.2.

4.3.1.3 Valore di progetto 60%UR


Pitture murarie, affreschi, sinopie (staccate), papiri, manoscritti sono oggetti
che invece devono essere preservati ad umidità elevata, in particolare alle
condizioni:
 10-24°C
 55-65%UR
Come nei casi precedenti sono state simulate le risposte al gradino di
riscaldamento e di raffrescamento al variare della tipologia del materiale e del
numero dei panetti. I risultati illustrati nelle figure 72-a, 72-b, 72-c e 72-d
confermano nuovamente il sodio poliacrilato come il miglior adsorbente; a
seguire l’Artsorb e l’allumina attivata.
In particolare, in figura 72-b si assiste ad una risposta quasi univoca da parte
dei materiali: le differenze ora si sono ridotte al minimo.

61 60,5
a) b)
60 60,0
59 59,5 RH%progetto
58 59,0
57 58,5 ARTsorb
UR%

UR%

56 58,0
55 57,5 Silica Gel RD
54 57,0
53 56,5 Sodio
52 56,0 Poliacrilato
1 panetto 5 panetti
51 55,5 Cellulosa
0 10 20 30 40 0 10 20 30 40
Tempo [ore] Allumina Tempo [ore]

89
Il controllo del microclima all’interno delle teche museali

72 65
c) d)
70 64
68
63
66

UR%
UR%

62
64
UR% di progetto
61
62 ARTsorb
60
60 Cellulosa
1 panetto 5 panetti
58 59 Silica Gel RD
0 10 20 30 40 0 10 20 30 40
Sodio Poliacrilato
Tempo [ore] Tempo [ore]
Allumina
ARTsorb Cellulosa

Silica Gel RD Sodio Poliacrilato

Allumina

Figura 72. Valore a) profili UR% dell’aria umida al variare del materiale essiccante introdotto.
Simulazione del gradino di riscaldamento con introduzione di 1 cassetta di adsorbente; b) gradino di
riscaldamento con 5 cassette di adsorbente; c) profili UR% dell’aria umida al variare del materiale
essiccante introdotto. Simulazione del gradino di raffrescamento con introduzione di 1 cassetta di
adsorbente; d) gradino di raffrescamento con 5 cassette.

4.3.2 Decadimento delle proprietà per isteresi


Grazie al modello di Rajniak e Yang [30] è stato possibile realizzare
l’algoritmo di calcolo, riportato in appendice A, per predire l’andamento delle
curve di desorbimento all’interno della zona colpita dal fenomeno d’isteresi,
al variare della posizione del turning point sulla curva di adsorbimento.
Grazie ad esso è stato possibile ricavare i parametri 𝑎𝑚,𝑗 e 𝑘𝑗 per descrivere
le cosiddette scanning curves di desorbimento nei casi 50%UR e 60%UR.

61 a) 54 b)
60 52
59
50
58
UR%

48
UR%

57
56 46
55
44
54
53 42
52 40
0 10 20 30 40 0 10 20 30 40
Tempo [ore] Tempo [ore]

Silica Gel (1 cassetta) Silica Gel (5 cassette) Silica gel (1 cassetta) Silica gel con isteresi

Silica Gel con isteresi Silica Gel con isteresi Silica gel (5 cassette) Silica gel con isteresi

Figura 73. Simulazione del gradino di raffrescamento, confronto tra le prestazioni del silica gel senza
isteresi e del silica gel affetto da isteresi.

90
Capitolo 4

Inserite tali funzioni nel tool Politeche si è simulato un comportamento più


verosimile del gel di silice mostrandone il decadimento delle proprietà
igroscopiche. Infatti simulando le risposte al gradino di riscaldamento,
riportate nelle figure 73-a e 73-b, è possibile constatare la perdita di efficacia
nella stabilizzazione dell’umidità relativa in teca durante la fase di
desorbimento. Si conferma quindi l’incidenza negativa di questo fenomeno
sulle prestazioni del silica gel nell’intervallo 40-60%UR: la perdita nel
controllo rispetto al caso senza isteresi si spinge anche oltre il 2%UR. In
figura 74 viene riportato invece il caso dell’Artsorb.
85

80

75
UR%

70

65

60
0 10 20 30 40
Tempo [ore]

Artsorb (1 panetto) Artsorb con isteresi


Artsorb (5 panetti) Artsorb con isteresi
Figura 74. Simulazione del gradino di raffrescamento, confronto tra le prestazioni del Artsorb senza
isteresi e dell’Artsorb affetto da isteresi.

Bisogna quindi porre l’accento sul fatto che molti software di simulazione
dinamica ancora oggi trascurano per semplicità e/o mancanza di dati
sperimentali questi effetti che sembrano invece fondamentali [39]. Infatti
viene considerata significativa la sola curva di adsorbimento. Al fine di
prevedere realisticamente le dinamiche di scambio di massa sarebbe
opportuno introdurre un algoritmo di calcolo che tenga in considerazione
l’isteresi e l’effetto memoria del fenomeno per prevedere puntualmente e
automaticamente le curve di adsorbimento e desorbimento secondarie,
secondo il modello del pore blocking. In breve quello che dovrebbe fare
l’algoritmo è: determinare se la condizione iniziale di equilibrio appartiene
alla curva di adsorbimento o a quella di desorbimento; definire e memorizzare
i turning points, ovvero i punti in cui si verifica un cambio di direzione dello
scambio di massa e verificare se essi corrispondono ai limiti superiore o
inferiore del ciclo di isteresi; in caso negativo aggiornare i parametri per il
calcolo selle scanning curves.

91
Il controllo del microclima all’interno delle teche museali

4.3.3 Risposta al profilo sinusoidale dell’umidità relativa


Viene in seguito analizzata la risposta dei materiali (1 cassetta) ad una
forzante sinusoidale dell’umidità relativa dell’aria esterna di ampiezza
sempre ±20%UR rispetto al valore di progetto, con un periodo di oscillazione
e di attenuazione di 8 ore, imponendo un valore del ricambio dell’aria di 1
vol/h. Questa volta la temperatura viene mantenuta costante per isolare il
contributo delle sole infiltrazioni. Le differenze più marcate si osservano tra
la cellulosa e il resto dei materiali, come mostrano le figure 75-a, 75-b e 75-
c. Nonostante le infiltrazioni siano elevate (in quanto il valore di 1 vol/h è ben
oltre il limite imposto di 0,3 vol/h dalle norme vigenti) la variazione
dell’umidità relativa nella teca è contenuta e rimane sempre sotto il 2%.
Quindi il contributo delle infiltrazioni non è importante sul breve periodo, ma
sul lungo in quanto comporta il progressivo esaurimento del materiale: nel
particolare, con l’infiltrazione di aria più umida esso tenderà verso la
saturazione, invece con l’introduzione di aria più secca tenderà ad essiccarsi.
Questo test introduce quindi lo studio della risposta sul lungo periodo in cui
vengono considerate assieme le fluttuazioni della temperatura e dell’umidità
relativa (si veda paragrafo 4.7).

ARTsorb Cellulosa Silica Gel RD Sodio Poliacrilato

31,0
a)
30,5
UR%

30,0

29,5

29,0
0 10 20 30 40
Tempo [ore]
51,0
b)
50,5
UR%

50,0

49,5

49,0
0 10 20 30 40
Tempo [ore]

92
Capitolo 4

60,5
c)
60,0

UR%
59,5

59,0

58,5
0 10 20 30 40
Tempo [ore]

Figura 75. Profili dell’umidità relativa ricavati al variare dei materiali; valutazione dell’incidenza
delle infiltrazioni sul sistema. Caso a) valore di progetto 30%UR; caso b) valore di progetto 50%UR;
caso c) valore di progetto 60%UR.

4.3.4 Risposta sul lungo periodo


Le simulazioni su un periodo piuttosto lungo risultano di grande interesse per
prevedere il processo di esaurimento della sostanza adsorbente e determinare
la cadenza della sostituzione, al fine di mantenere l’umidità relativa interna
entro i limiti necessari.
La stima della quantità di materiale adsorbente sufficiente a tamponare o
controllare l’umidità relativa all’interno di una vetrina deve tenere in
considerazione la variazione delle condizioni esterne, ovvero T e %UR delle
sale del museo, la capacità di buffering del materiale stesso e la capacità dei
materiali di finitura esterne e interne alla vetrina. Come già detto nelle
simulazioni viene considerato come unico materiale capace di scambiare
vapore con l’aria il panetto di essiccante.
Generalmente la procedura da seguire è la seguente:
1. Determinare la quantità di umidità che viene scambiata attraverso la
vetrina in uno specifico periodo di tempo;
2. Determinare il quantitativo di acqua che 1 kg di adsorbente può
adsorbire e desorbire nell’intervallo di UR% di progetto;
3. Calcolare la quantità di materiale essiccante come il rapporto di 1) e
2).

Weintraub and Tétreault svilupparono un’equazione che riassume questa


procedura [18]:
𝐶𝐻2𝑂 ∙ 𝑛 ∙ 𝑡 ∙ 𝑉 ∙ 𝐷
𝑄𝑠𝑒𝑎𝑠𝑜𝑛 = (4.6)
𝐹 ∙ 𝑀𝐻
Dove:

 𝑄𝑠𝑒𝑎𝑠𝑜𝑛 è la quantità di adsorbente richiesta [kg]


 CH2O è la concentrazione del vapor d’acqua alla saturazione [g/kg]
 D è la differenza tra RH% esterna e RH% dell’aria all’interno della
teca. RH% esterna è la media tra il minimo e il massimo stagionale.

93
Il controllo del microclima all’interno delle teche museali

Per RH% di riferimento dell’aria interna bisogna distinguere tra


vetrina da esposizione temporanea e vetrina da esposizione
permanente.
 Per una mostra temporanea, D è la differenza dei valori
minimi dell’umidità relativa dell’aria interna e dell’aria
dell’ambiente esterno.
 Per un’esposizione permanente, priva di manutenzione, è la
differenza tra il valor medio delle fluttuazioni dell’umidità
relativa dell’ambiente interno e la più alta/bassa
dell’ambiente esterno.
 V è il volume della teca.
 N sono i ricambi d’aria giornalieri [Thomson (1977) utilizzò il valore
di un ricambio d’aria al giorno per una vetrina moderatamente
sigillata].
 t è il numero massimo dei giorni in cui la teca può sopportare un
discostamento dall’umidità relativa di progetto [90 giorni per una
mostra temporanea].
 MH è la capacità di buffering del materiale all’interno dello specifico
range RH% di utilizzo, tenendo conto dell’isteresi.
 F è la massima fluttuazione di umidità concessa all’interno della
vetrina nei 90 giorni.

I risultati seguenti sono stati ricavati imponendo un profilo di test sinusoidale


su un periodo di 90 giorni, fig. a, coincidente con la durata di una stagione.
La quantità di sostanza adsorbente, precondizionata al 30%, 50%, 60%, è
stata inizialmente stimata dalla formula (5.6) determinando di volta in volta
il parametro M non dai dati sperimentali, ma in concordanza al modello
numerico, dalle funzioni interpolanti. In tabella 11 vengono mostrati tali
parametri.
Precondizionamento 30%UR 50%UR 60%UR 30%UR 50%UR 60%UR
M Q season (90gg)
Artsorb® 3,980 3,000 6,900 1,956 2,595 1,128
Silica gel RD 5,140 3,360 2,600 1,514 2,317 2,994
Sodio Poliacrilato 2,138 12,672 19,923 3,641 0,614 0,391
Climacell Pure® 0,700 0,940 1,180 11,120 8,281 6,596

TABELLA 111. M-Specific moisture reservoir e quantità di essiccante necessaria in una vetrina
160x140x30 affinchè non si esaurisca entro 90 giorni.

È stato scelto di determinare lo specific moisture reservoir, (3.12),


considerando variazioni del 5%UR, gradiente massimo ammissibile nell’arco
di una giornata. Il numero di ricambi di aria è stato fissato a 0.3 vol/h, limite
imposto ormai per le vetrine moderne.
Lo scopo di questo paragrafo è quello di verificare se la quantità di
adsorbente determinabile mediante la (4.6) è corretta, ovvero se lo

94
Capitolo 4

scostamento percentuale dell’umidità relativa dal valore di progetto iniziale


non superi mai il 10% nel corso dei tre mesi.
Condizioni di umidità relativa all’interno della vetrina:
1) Valore medio di progetto nei tre casi: 30% - 50% - 60%
2) Variazione stagionale ammessa: ±10%
3) Il gradiente di umidità relativa giornaliero (sulle 24 ore) deve essere
comunque inferiore al 5% (questi requisiti devono essere garantiti in
relazione all’andamento tipo annuale di temperatura e umidità
all’interno della sala espositiva).

Per non limitare la verifica al solo contributo delle infiltrazioni è stata imposta
una seconda forzante, ovvero una variazione della temperatura con
andamento sinusoidale (periodo di 24 ore e ampiezza 10°C). Infatti se
nell’arco di una stagione l’umidità relativa si discosta meno del 10% dal
valore iniziale grazie ad un buon controllo delle infiltrazioni, non è detto che
si verifichi la terza condizione, a causa delle rapide fluttuazioni della
temperatura esterna. In alcuni casi il gradiente giornaliero ammesso è
addirittura inferiore al 5% e occorre una progettazione del sistema ancora più
attenta. Nelle figure 76-a, 76-b e 76-c vengono riportati i risultati delle
simulazioni. Si osserva che Qseason in alcuni casi è insufficiente a mantenere
le oscillazioni giornaliere al di sotto dei limiti imposti.

35
a)
34

33

32
UR%

31

30

29

28
0 20 40 60 80
Giorni

95
Il controllo del microclima all’interno delle teche museali

60
b)
58
56
54
52
UR%

50
48
46
44
42
40
0 20 40 60 80
Giorni

68
c)
66

64

62

60
UR%

58

56

54

52

50
0 20 40 60 80
Giorni

Figura 76. Risposta sul lungo periodo e verifica dell’esaurimento del materiale. a) caso 30%UR; b)
caso 50%UR; c) caso 60%UR.

A colpo d’occhio potrebbe stupire l’andamento della cellulosa, ovvero il fatto


che essa riesca, al contrario di quanto detto precedentemente, a stabilizzare la
vetrina meglio di tutti gli altri materiali e soprattutto del sodio poliacrilato.
Tuttavia non c’è nulla di contraddittorio. La ragione abbastanza banale risiede
nel fatto che questa volta non viene rispettata l’equivalenza del numero dei
panetti (calcolato dividendo Qseason per il peso specifico 0.750 kg/panetto).
Solo nel caso 30%, riportato in figura 76-a, vengono introdotti “virtualmente”
15 panetti di cellulosa, mentre solo 2 di silica gel RD (solo considerando il
possibile ingombro viene da escludere la cellulosa).
Se durante la simulazione si considerasse costante la temperatura, Qseason
sarebbe in ogni caso adeguata, o addirittura sovradimensionata: nel caso
peggiore infatti (caso al 60% UR riportato in figura 76-c), considerando i
valor medi delle sinusoidi, si verifica una caduta dell’umidità solo di 4%UR.

96
Conclusioni

Il metodo di Weintrab quindi si conferma un utile e valido metodo per


preventivare la quantità minima di materiale adsorbente che occorre per
stabilizzare l’umidità durante 90 giorni, tenendo conto delle sole infiltrazioni.
Essa dovrà essere aumentata in base a quanto già detto al fine di proteggere i
manufatti dalle fluttuazioni più pericolose dovute alla temperatura.
Conclusioni

97
Conclusioni e sviluppi futuri
Questo lavoro presenta le isoterme di adsorbimento a 23±0.5°C dei materiali
igroscopici di uso comune: alcuni provenienti dal settore industriale
(materiali altamente adsorbenti a base di gel di silice, alumina attivata e sodio
poliacrilato), altri ancora provenienti dal settore edilizio (materiali laterizi e
cellulosa).
Per le misure è stata utilizzata una bilancia termogravimetrica ultra sensibile,
di cui il costruttore, Quantachrome, dichiara valori di accuratezza di 0.1 μg
(± 0.0001% della massa sospesa). Ciononostante, durante l’esperienza in
laboratorio, sono state riscontrate alcune criticità nella procedura di prova,
che hanno comportato errori sistematici nelle misure iniziali. Questo lavoro
pone dapprima l’attenzione sulle conditio sine qua non si otterrebbero risultati
accurati: il pretrattamento del materiale in particolare è di fondamentale
importanza. Gli errori sistematici infatti sono stati ridotti al minimo
rigenerando i campioni in forno a 102°C. Si consiglia fortemente di
predisporre in laboratorio un forno certificato per la completa rigenerazione
dei materiali, in quanto non è sufficiente il cosiddetto “step purge”
predisposto in macchina, a meno di un consumo ingente di gas inerte, per
ottenere il reale peso secco del campione.
Tra i risultati ottenuti in laboratorio per l’Artsorb e il silica gel RD e quelli di
una ricerca condotta nel 2001 si è verificata una fondamentale accordanza e
successivamente anche per la cellulosa è stata trovata un’ottima
corrispondenza in letteratura. Tuttavia è stato difficile reperire ulteriori
misure e procedure di riferimento in letteratura e in particolare non è stata
trovata traccia di isoterme del vapor d’acqua del sodio poliacrilato, il
materiale con la più alta potenzialità.
Ciò a conferma del generale bisogno di dati sperimentali, richiesti per avallare
le moderne tecniche di controllo passivo e i modelli per lo Heat Air and
Moisture Transfer.
Si propone di eseguire in futuro un numero significativo di misure (minimo
tre per materiale) al fine di verificare la riproducibilità e l’accuratezza delle
isoterme di adsorbimento e di creare un database di materiali adeguato. Non
solo, ma date le quantità esigue utilizzate in macchina (50 mg) e l’elevata
variabilità delle dimensioni delle unità caratteristiche degli adsorbenti
(sferette nella maggior parte dei casi) è possibile che le misure non siano
sufficientemente rappresentative e che solo aumentandone il numero si possa

99
Conclusioni e sviluppi futuri

sopperire a tale rischio. Si consiglia di estendere la sperimentazione su


materiali MS caratterizzati da pori di dimensioni regolari e uniformi (per
esempio MCM-41, SBA-16…) per le elevate aspettative dedotte da recenti
pubblicazioni.
Per quanto riguarda le temperature di riferimento delle isoterme di
adsorbimento si suggerisce di seguire la norma ISO 12571 “Hygrothermal
performance of building materials and products” (23±0.5°C e/o 27±0.5°C),
nel caso in cui l’applicazione dei materiali sia quella ivi descritta. Per uno
sviluppo futuro, si consiglia di eseguire le prove sperimentali ad entrambe le
temperature al fine di ottenere una stima del calore di adsorbimento.
Grazie alle misure sperimentali si è potuta analizzare la presenza consistente
di isteresi (in alcuni materiali la curva di desorbimento si allontana da quella
di adsorbimento di una differenza percentuale anche oltre il 50%) mettendo
in luce un ulteriore aspetto importante: il decadimento delle proprietà
igroscopiche dei materiali affetti da tale fenomeno.
Di contro, ad oggi, i software maggiormente utilizzati per le simulazioni
dinamiche si basano sulla sola curva di adsorbimento, trascurando gli effetti
provocati dall’isteresi. In questo lavoro invece, volendo riprodurre in modo
più verosimile il comportamento del materiale (ciclo di isteresi compreso), è
stato implementato un algoritmo di calcolo sulla base di un moderno modello
empirico. Tramite quest’ultimo è possibile prevedere ogni ciclo di
adsorbimento o di desorbimento interno all’area colpita da isteresi,
conoscendo solamente le curve di adsorbimento e desorbimento sperimentali.
Grazie a ciò è stato possibile simulare nel tempo l’incidenza negativa di
questo fenomeno sui materiali maggiormente utilizzati: silica gel RD e
Artosb.
In futuro sarebbe opportuno approfondire e validare tale modello con alcune
prove sperimentali mirate. Inoltre potrebbe essere ulteriormente interessante
la compilazione di un programma di simulazione che metta insieme la
dinamica di scambio di massa ed energia del sistema, con la dinamica,
completa di ciclo di isteresi, del singolo componente buffer, al fine di ottenere
uno strumento più completo e funzionale.
Come ci si aspettava i materiali a base di gel di silice e soprattutto il sodio
poliacrilato esibiscono un’ottima capacità di adsorbimento del vapor d’acqua,
aspetto che giustifica l’utilizzo di questi materiali come moisture buffers nei
sistemi di controllo igrometrico passivi. Grazie a questa loro capacità essi
diventano infatti i componenti chiave per la stabilizzazione dell’umidità
relativa nelle teche museali, per la conservazione dei beni artistico-culturali.
Per i materiali quali Artsorb, silica gel RD, sodio poliacrilato, allumina
attivata e cellulosa, è seguita un’analisi numerica a quella sperimentale, al
fine di valutarne la resa nel tempo. Servendosi del Tool “PoliTECHE”
(programma disponibile al Politecnico di Milano che utilizza il modello a
parametri concentrati) sono state investigate le risposte dell’intero “sistema
teca” al variare della tipologia e della quantità di materiale adsorbente e delle

100
Conclusioni

forzanti esterne. Le analisi e i risultati numerici hanno permesso di definire


innanzitutto le differenze tra le prestazioni dei materiali e le quantità minime
da introdurre per stabilizzare la vetrina nell’arco di una stagione. L’effetto
delle variazioni della temperatura è predominante su quello delle infiltrazioni:
le prime causano picchi dannosissimi per i manufatti artistici, il secondo
invece il progressivo esaurimento del materiale.
Infine si è verificato che l’effetto buffer non aumenta in maniera
proporzionale all’aumentare del numero delle confezioni di materiale nel
sistema: in alcuni casi quindi risulta indifferente l’utilizzo dell’uno e dell’altro
materiale con conseguenti benefici a livello economico.
Per uno sviluppo futuro andrebbe approfondito e validato tale aspetto con
prove sperimentali utilizzando la teca prodotta da Goppion per il Politecnico
di Milano.

101
Appendice A
Modello Rajniak and Yang: ciclo di isteresi delle isoterme di
adsorbimento del vapore acqueo.

I parametri delle funzioni delle isoterme fondamentali sono


stati ottenuti tramite regressione non lineare, fittando i dati
sperimentali con il modello Dubinin-Astakhov.

Silica Gel RD

%Curva adsorbimento-parametri modello DA


amA=0.2585; kA=0.5973; nA=1.7359;
%Curva desorbimento-parametri modello DA
amD=0.1085; kD=0.1648; nD=1.0736;
k=0.0254;
xL=0.3; xU=0.7094;
wL=amA*exp(-(kA*log(1/(xL)))^nA);
wU=amA*exp(-(kA*log(1/(xU)))^nA);

%Condizioni iniziali - x0 valore di precondizionamento,


Per esempio: 60%UR
x0=0.6; w0=amA*exp(-(kA*log(1/(x0)))^nA);
A=input('inserisci A >> ');
%creo la forzante:
%Se forzante sinusoidale, es. x(dt)=x0+A sin(wdt) [0-1];
dt=180; p=6; ng=5; nh=24*ng; s=nh*3600; m=s/dt; T=3600*p;
omega=2*pi/T;

%Preallocazione variabili
w=w0*ones(1,m);
dw=w0*ones(1,m);
x=x0*ones(1,m);
dx=(A*omega*cos(omega*dt));
xj=x0; wj=amA*exp(-(kA*log(1/(xj)))^nA);
xj_1=xL; wj_1=wL;
xj_2=xU; wj_2=wU;
C2=(wj_2-wj_1)/(amA*exp(-(kA*log(1/(xj_2)))^nA)-amA*exp(-
(kA*log(1/(xj_1)))^nA));
C1=(amA*exp(-(kA*log(1/(xj_2)))^nA)*wj_1-wj_2*amA*exp(-
(kA*log(1/(xj_1)))^nA))/(amA*exp(-(kA*log(1/(xj_2)))^nA)-
amA*exp(-(kA*log(1/(xj_1)))^nA));
D_aA_xj=(amA*kA*nA*exp(-
(kA*log(1./xj)).^nA).*(kA*log(1./xj)).^(nA - 1))./xj;
qj=(amA*exp(-(kA*log(1./xj)).^nA)-wL)/(wU-wL);
qj_1=0;
qj_2=1;
Ej=1-qj+(k/xj)/(D_aA_xj);
Aj=amA*exp(-(kA*log(1./xj)).^nA)*nA*kA^nA*(log(1/xj))^(nA-
1)*(xj-xL)*Ej;

103
Appendice A

Cj=log(1/(xj-xL));
Bj=nD*Cj.^(nD-1);
Dj=wj-wL;
Kj=(Aj./(Bj.*Dj)).^(1/nD);
amj=Dj./(exp(-(Kj.*Cj).^nA));

for i=2:m
x(1,i)=x0+A*sin(omega*dt*(i));
dx(1,i)=(A*omega*cos(omega*dt*(i)));

if (dx(1,i)<0 && dx(1,i)*dx(1,i-1)<0)


%%scanning curve (desorbimento)--> determino i parametri per
il ciclo di isteresi
xj=x(1,i-1);
wj=w(1,i-1);
D_aA_xj=(amA*kA*nA*exp(-
(kA*log(1./xj)).^nA).*(kA*log(1./xj)).^(nA - 1))./xj;
qj=(amA*exp(-(kA*log(1./xj)).^nA)-wL)/(wU-wL);
Ej=(qj-qj_1)*(qj_2-qj)/((qj_2-qj_1)*(qj^(1/2)-
qj_1^(1/2))*qj^(1-1/2))+(k/xj)/(C2*(D_aA_xj));
Aj=amA*exp(-(kA*log(1./xj)).^nA)*nA*kA^nA*(log(1/xj))^(nA-
1)*(xj-xL)*Ej;
Cj=log(1/(xj-xj_1));
Bj=nD*Cj.^(nD-1);
Dj=wj-wj_1;
Kj=(Aj./(Bj.*Dj)).^(1/nD);
amj=Dj./(exp(-(Kj.*Cj).^nD));

dw(1,i)=wj_1+amj*exp(-(Kj*log(1/(x(1,i)-xj_1)))^nD);

elseif (dx(1,i)>0 && dx(1,i)*dx(1,i-1)<0 && x(1,i)<xU &&


x(1,i)>xL)
%%scanning curve (adsorbimento)--> determino i parametri per
il ciclo di isteresi
xj_2=xj;
xj_1=x(1,i-1);
wj_2=wj;
wj_1=w(1,i-1);
qj_1=(amA*exp(-(kA*log(1./xj_1)).^nA)-wL)/(wU-wL);
qj_2=(amA*exp(-(kA*log(1./xj_2)).^nA)-wL)/(wU-wL);
C2=(wj_2-wj_1)/(amA*exp(-(kA*log(1/(xj_2)))^nA)-amA*exp(-
(kA*log(1/(xj_1)))^nA));