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Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia


Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Materno-Infantili e dell’Adulto
Clinica Ortopedica e Traumatologica

LE FRATTURE DI CORONOIDE DEL GOMITO

Relatore:
Chiar.mo Prof. Claudio Rovesta
Correlatore:
Chiar.mo Prof. Fabio Catani

Tesi di Laurea di:


Cecilia Saudati

Anno Accademico 2013-2014


Sommario

1 INTRODUZIONE ......................................................................................................... 2
2 BASI ANATOMICHE DEL GOMITO ........................................................................ 4
2.1 omero ...................................................................................................................... 4
2.2 radio ........................................................................................................................ 5
2.3 ulna ......................................................................................................................... 5
2.4 anatomia del processo coronoideo .......................................................................... 5
2.5 capsula e legamenti ................................................................................................. 8
3 BIOMECCANICA ...................................................................................................... 10
3.1 stabilizzatori ossei ................................................................................................ 11
3.2 stabilizzatori capsulo-legamentosi ........................................................................ 12
3.3 muscoli ................................................................................................................. 14
4 CINEMATICA ............................................................................................................ 15
5 EPIDEMIOLOGIA...................................................................................................... 17
6 CLASSIFICAZIONE .................................................................................................. 18
7 MECCANISMI TRAUMATICI E PATTERNS DI FRATTURA.............................. 20
8 PRINCIPI DI DIAGNOSI ........................................................................................... 22
8.1 anamnesi ............................................................................................................... 22
8.2 valutazione clinica ................................................................................................ 22
8.3 diagnostica strumentale ........................................................................................ 24
9 TRATTAMENTO ....................................................................................................... 27
10 COMPLICANZE ....................................................................................................... 31
10.1 acute .................................................................................................................... 31
10.2 complicanze croniche ......................................................................................... 32
11 MATERIALI E METODI ......................................................................................... 35
Mayo Elbow Performance Score .................................................................................... 37
Soddisfazione ................................................................................................................. 39
11.2 analisi statistica ................................................................................................... 42
12 RISULTATI .............................................................................................................. 43
12.1 confronto fra trattamento conservativo e chirurgico .......................................... 46
12.2 pazienti trattati conservativamente ..................................................................... 48
12.3 pazienti trattati chirurgicamente ......................................................................... 51
12.4 pazienti visitati ambulatorialmente..................................................................... 54
13 DISCUSSIONE ......................................................................................................... 56
14 CONCLUSIONI ........................................................................................................ 64
ALLEGATI .................................................................................................................... 67
BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................ 69
Ringraziamenti ............................................................................................................... 73

1
1 INTRODUZIONE

Il gomito è una delle articolazioni con la maggiore stabilità intrinseca del nostro
apparato muscolo-scheletrico, grazie all’elevato grado di congruità tra la troclea
omerale e la cavità sigmoidea ulnare. La coronoide è uno degli stabilizzatori ossei più
importanti, infatti recenti studi hanno enfatizzato il suo ruolo di vincolo in opposizione
all’azione diretta posteriormente dei principali muscoli flessori ed estensori del gomito
(tricipite, bicipite e brachiale) (1, 2).
Inoltre su di essa s’inseriscono importanti stabilizzatori statici (legamento collaterale
mediale ulnare e parte anteriore della capsula articolare) e dinamici (tendine del bicipite
brachiale) dell’articolazione (2, 4-8).
Le fratture dell’apofisi coronoidea si riscontrano nel 2-15% dei pazienti che hanno
riportato una lussazione del gomito, e sono spesso associate a fratture del capitello
radiale in quella che viene definita “la terribile triade del gomito” o a fratture
dell’olecrano. Le fratture isolate di coronoide sono invece relativamente rare, ma
rappresentano una sfida nella pratica clinica e possono avere importanti ripercussioni
sulla funzione del gomito.
Queste fratture possono essere associate a lesioni legamentose dei legamenti collaterale
mediale e laterale o a lesioni della capsula che contribuiscono a compromettere la
stabilità dell’articolazione.
La diagnosi di frattura della coronoide può presentare diverse problematiche poiché la
clinica non fornisce indicazioni precise sulla presenza o meno della frattura;
radiologicamente sono ben visibili nelle radiografie in proiezione laterale le fratture ad
andamento trasversale mentre quelle ad andamento obliquo spesso non sono
visualizzabili se non alla TAC.
Anche l’approccio chirurgico presenta delle notevoli difficoltà. L’accesso anteriore è
sconsigliato per la presenza d’importanti strutture anatomiche quali l’arteria brachiale e
i nervi ulnare e mediano, mentre gli accessi posteriore e mediale non permettono di
approcciare il processo coronoideo anteriormente.
In virtù di tutto ciò negli ultimi vent’anni sono stati pubblicati numerosi lavori
riguardanti la corretta diagnosi, classificazione e trattamento delle fratture della
coronoide ulnare in associazione ad altre fratture del gomito. Non sono stati descritti

2
però studi caso controllo che confrontino le differenti scelte terapeutiche nelle fratture
isolate, data la bassa incidenza di questa patologia.
Lo scopo di questo studio è di approfondire gli aspetti legati ai criteri diagnostici e alle
indicazioni al trattamento delle fratture isolate del processo coronoideo dell’ulna,
riferendoci ai risultati della casistica di tali lesioni valutate presso l’Ospedale Policlinico
di Modena tra gli anni 2004-2010.

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2 BASI ANATOMICHE DEL GOMITO

L’articolazione del gomito è una diartrosi complessa composta di tre differenti


articolazioni comprese nella stessa capsula articolare.
L’articolazione omero ulnare, con l’aspetto di un cardine, permette i movimenti di
flesso-estensione ed è pertanto definita ginglimo angolare.
L’articolazione radio omerale e radio ulnare, classificate rispettivamente come
un’enartrosi e un ginglimo assiale, nel complesso permettono i movimenti di prono-
supinazione dell’avambraccio.

Fig. 1 componenti ossee del gomito

2.1 omero

L’epifisi distale del gomito è formata medialmente dalla troclea e lateralmente dal
capitulum humeri.
La troclea omerale è rivestita da cartilagine articolare per un arco di 300 gradi ed è
sovrastata dall’epitroclea.
Il capitulum humeri presenta una superficie sferoidale anch’essa rivestita da cartilagine
ed è sovrastato dall’epicondilo.

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Nel complesso la superficie articolare distale dell’omero è ruotata rispetto al suo asse di
30 gradi anteriormente sul piano laterale ed è inclinata in valgo di 6 gradi sul piano
frontale.

2.2 radio

Il capitello radiale è di forma discoidale e presenta una depressione centrale per


l’articolazione con il capitulum humeri.
La cartilagine ialina riveste la sua superficie superiore e quella laterale, escluso il terzo
anterolaterale.
Il capitello e il collo del radio sono inclinati di circa 15 gradi rispetto alla diafisi.

2.3 ulna

L’estremità prossimale dell’ulna è composta per la maggior parte dalla grande cavità
sigmoidea o incisura semilunare che si articola con la troclea. Essa è formata dalle
superfici articolari dell’olecrano posteriormente e dell’apofisi coronoidea anteriormente,
separate nella maggior parte degli individui da tessuto adiposo.
Sul piano laterale la grande cavità sigmoidea ha un aspetto ellissoidale e forma un arco
di circa 190 gradi.
L’apertura è inclinata 30 gradi posteriormente rispetto all’asse longitudinale dell’ulna,
fornendo stabilità all’articolazione nell’estensione completa.
Lateralmente l’ulna si articola con la superficie laterale del capitello radiale tramite la
piccola incisura semilunare.

2.4 anatomia del processo coronoideo

Il processo coronoideo dell’ulna rappresenta la porzione anteriore della grande cavità


sigmoidea e si sviluppa anteriormente e medialmente alla diafisi ulnare.
Presenta due eminenze ossee: l’apice, ovvero la porzione più prossimale, e il tubercolo
sublime posto lungo il margine mediale della coronoide (24).
L’altezza del processo coronoideo può essere calcolata in due modi differenti.

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Nel primo caso, l’altezza della coronoide viene definita come la distanza perpendicolare
tra l’apice e la linea passante per la base dell’incisura semilunare e il cambiamento di
pendenza nella faccia anteriore della coronoide.
L’altezza così ottenuta è mediamente di 14,7 mm.
Questo valore può essere standardizzato come percentuale dell’altezza dell’ulna,
definita come distanza dall’apice della coronoide alla faccia posteriore dell’ulna
perpendicolare a esso.
L’altezza della coronoide
ottenuta con questo metodo
è il 42% dell’altezza
dell’ulna.
Questa definizione permette
di classificare agevolmente
le fratture di coronoide
basandosi su una radiografia
del gomito in proiezione Fig. 2 Visione laterale dell'ulna che mostra l'altezza della
coronoide prendendo come base la linea passanta per la base
laterale. dell'incisura semilunare e il cambiamento di pendenza della
faccia anteriore della coronoide (linea continua)
Nel secondo caso l’altezza
della coronoide viene definita come la distanza perpendicolare tra l’apice e la linea
passante per l’intersezione tra il solco trasversale dell’incisura semilunare e il ponte
guida e l’inserzione del muscolo brachiale.
L’altezza media della coronoide così ottenuta è di 14,9 mm, ovvero il 43% dell’altezza
dell’ulna.
Questa definizione è utile per gli studi anatomici che permettono una completa
esposizione dei punti di repere (2).
L’altezza della cartilagine articolare all’apice della coronoide misura varia da 1,7 a 4,6
mm con uno spessore medio di 2,6 mm (22).
Questo dato influisce sulla valutazione preoperatoria delle fratture mediante radiografia
e TAC che possono sottovalutare la porzione interessata dalla frattura rispetto al reperto
intraoperatorio.
La faccetta anteromediale della coronoide misura 12,5 mm dall’asse centrale della
grande incisura semilunare ed è supportata dalla metafisi ulnare per 5,4 mm; ne

6
consegue che in media il 58% della faccetta anteromediale non trova il sostegno della
diafisi ed è quindi particolarmente vulnerabile al verificarsi di fratture (23).

A B

Fig. 3 Visione antero-inferiore della Fig. 4 La faccetta anteromediale della coronoide si


coronoide ulnare. Sono visibili A) sviluppa medialmente rispetto all’asse centrale della
l’apice della coronoide e B) il grande incisura semilunare per 12,5 mm.
tubercolo sublime.

La porzione anteriore della capsula articolare si inserisce a circa 6 mm dall’apice della


coronoide.
Il tendine del muscolo brachiale termina con propri fasci profondi distalmente alla
capsula articolare, in media a 12 mm dall’apice.
Il fascio anteriore del MCL e il complesso del LCL s’inseriscono alla base del processo
coronoideo, in particolare il MCL termina presso il tubercolo sublime sulla faccetta
anteromediale della coronoide (23, 24).

Fig. 5 Inserzione del tendine del muscolo brachiale e del LCM sul processo coronoideo

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2.5 capsula e legamenti

La capsula articolare è debole anteriormente e posteriormente.


La parte anteriore s’inserisce prossimalmente sull’omero al di sopra delle fosse
coronoidea e radiale, mentre distalmente si inserisce sul margine anteriore della
coronoide medialmente e sul legamento anulare lateralmente.
La parte posteriore della capsula s’inserisce prossimalmente sopra la fossa dell’olecrano
e lungo le colonne ossee sovra condiloidee, distalmente s’inserisce lungo entrambi i
margini articolari dell’incisura trocleare e lateralmente sul legamento anulare.
La massima capacità dell’articolazione si osserva a 80 gradi di flessione e normalmente
misura 25-30 ml.
I legamenti collaterali sono ispessimenti della porzione mediale e laterale della capsula.
Il legamento collaterale mediale (LCM) origina dalla superficie anteriore
dell’epitroclea.
Può essere suddiviso in tre fasci ben distinti: il fascio anteriore, il fascio posteriore e il
fascio trasversale.
Il fascio anteriore rappresenta la componente più importante del LCM e s’inserisce
distalmente sul margine mediale della coronoide.
Il fascio posteriore può essere individuato bene solo a gomito flesso a circa 90 gradi e
termina lungo la parte centrale del margine mediale dell’incisura semilunare.
La componente trasversale del LCM sembra contribuire poco alla stabilizzazione del
gomito.
Le componenti del complesso legamentoso laterale (LCL) sono meno definite, ma può
essere ugualmente suddiviso in: legamento collaterale radiale, legamento anulare,
legamento collaterale laterale (variabile) e collaterale ulnare laterale.
Il legamento anulare origina e si inserisce sui margini anteriore e posteriore dell’incisura
semilunare minore, cingendo il capitello radiale.
I legamenti collaterale radiale e collaterale ulnare laterale prendono origine
dall’epicondilo.
Il legamento collaterale radiale termina fondendosi con il legamento anulare, è teso in
modo quasi uniforme per tutto l’arco di movimenti di flessione ed estensione.

8
Il legamento collaterale ulnare laterale curva superficialmente e distalmente al
legamento anulare, inserendosi sul tubercolo della cresta del muscolo supinatore
dell’ulna.

Fig. 6 componenti legamentose del gomito

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3 BIOMECCANICA

Nell’articolazione del gomito è possibile riconoscere strutture di stabilizzazione statiche


(stabilizzatori statici) e dinamiche (stabilizzatori dinamici) che possono essere suddivisi
in primari e secondari. Nell’insieme questi stabilizzatori sono paragonati da O’Driscoll
alle difese di una fortezza (7).

.
Fig. 7 stabilizzatori primari, secondari e dinamici del gomito.

Gli stabilizzatori primari statici sono l’articolazione omero-ulnare, il legamento


collaterale mediale (fascio anteriore che si inserisce sulla coronoide) e il complesso del
legamento collaterale laterale (porzione ulnare) e rappresentano le mura esterne della
fortezza.
Gli stabilizzatori secondari comprendono il capitello radiale e l’articolazione omero-
radiale, l’origine comune dei muscoli flessori ed estensori del carpo e la capsula
articolare e rappresentano le mura interne della fortezza.
Gli stabilizzatori dinamici includono i muscoli che attraversano l’articolazione e
producono forze compressive su essa, in particolare i muscoli anconeo, tricipite e
brachiale.
Il gomito è stabile se gli stabilizzatori primari sono integri.

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3.1 stabilizzatori ossei

La geometria dell’articolazione del gomito contribuisce per oltre il 75% alla resistenza
alle sollecitazioni in varo-valgo (6, 14).
La cavità sigmoidea avvolge la troclea per un arco di 190 gradi fornendo stabilità
all’articolazione omero-ulnare, stabilità che è accentuata a gomito flesso dal rapporto tra
coronoide e fossetta coronoidea e in estensione dal rapporto tra olecrano e fossa
olecranica (articolazione omero-ulnare).
Il processo coronoideo sembra però contribuire maggiormente a stabilizzare il gomito
quando questo è esteso piuttosto che flesso (13), e in associazione al capitello radiale
previene la lussazione posteriore del gomito (1).
L’apofisi coronoidea si oppone inoltre alle sollecitazioni in varo cui il gomito è soggetto
durante lo svolgimento di attività a braccio abdotto (13).
In diversi studi su gomiti da cadaveri si è evidenziato come in presenza di una capitello
radiale integro è necessario rimuovere più del 50% (frattura di tipo III secondo Regan-
Morrey) della coronoide per evidenziare una instabilità posterolaterale (9, 10, 12).
Il grafico mostra il variare
dell’angolo di valgismo del gomito a
coronoide intatta e dopo rimozioni
successive del 10, 50 e 90% della
coronoide.
Inoltre viene evidenziata l’influenza
della posizione dell’avambraccio
sulla stabilità del gomito stesso, in
Fig. 8 ruolo della coronoide nella stabilizzazione del
quanto l’instabilità è presente ad
gomito e influenza della prono-supinazione
avambraccio pronato ma non ad
avambraccio supinato (9).
La lussazione posteriore del gomito dopo rimozione del 50% dell’apofisi coronoidea
viene evidenziato maggiormente a gomito flesso tra i 60 e i 105 gradi, suggerendo un
interessamento sempre maggiore della coronoide nel sostenere le sollecitazioni assiali
posteriori all’aumentare dell’angolo di flessione (10).

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Fig. 9 il grafico mostra la percentuale di dislocazione posteriore del gomito dopo rimozione di parte
del processo coronoideo in rapporto a un gomito integro. Gli asterisco mostrano che la differenza
tra i due gruppi (fratture che interessano meno del 50%) è statisticamente significativa.

In assenza del capitello radiale è invece sufficiente la rimozione del 25-30% di


coronoide (tipo II secondo Regan-Morrey) per ottenere un’instabilità del gomito
statisticamente significativa (11,12).
Nella maggior parte di questi studi le fratture di coronoide sono state riprodotte
mediante osteotomie effettuate sul piano trasversale, senza quindi valutare gli effetti
sulla stabilità del gomito delle fratture oblique anteromediali e anterolaterali.
Jeon et al hanno valutato anche questo tipo di fratture. Il loro studio non ha però
evidenziato alterazioni della cinematica del gomito con capitello radiale integro.
Il capitello radiale assume un ruolo centrale nel mantenimento della stabilità del gomito
al verificarsi di una frattura della coronoide ulnare o una lesione del LCM; nel caso non
sia possibile riparare queste due strutture vi è una controindicazione alla rimozione della
testa del radio.
Il capitello radiale contribuisce inoltre per il 30% alla resistenza alle sollecitazioni in
valgismo.

3.2 stabilizzatori capsulo-legamentosi

Insieme alle componenti ossee, le componenti capsulo-legamentose rappresentano gli


stabilizzatori statici del gomito.

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La porzione anteriore della capsula articolare è tesa in estensione e detesa in flessione e
si oppone quindi all’iperestensione del gomito.
Il LCM rappresenta il principale vincolo alle sollecitazioni in valgismo e
posteromediali.
La componente più importante è il fascio anteriore che si inserisce sulla coronoide, a
sua volta suddiviso in una porzione anteriore, attiva in estensione, e una posteriore
attiva in flessione. Le componenti posteriore e trasversa del LCM incidono in misura
minore sulla stabilità del gomito.
Il LCL è uno stabilizzatore importante nelle sollecitazioni in varismo e nella rotazione
esterna, la sua azione è uniforme indipendentemente dalla posizione del gomito.
Il legamento collaterale laterale ulnare controlla lo spostamento laterale dell’ulna ed è
spesso deficitario nei casi d’instabilità rotatoria postero-laterale dell’articolazione.
Il legamento anulare assume un ruolo rilevante nella stabilità del gomito sia in varismo
che in valgismo.
Infine il legamento collaterale radiale stabilizza la testa del radio inserendosi sul
legamento anulare.
Il LCL è la prima struttura a essere lesionata nelle lussazioni di gomito.

Fig. 10 anello di Horii.


La lesione dei tessuti molli
progredisce in senso circolare
latero-mediale, descrivendo tre
stadi.

La lesione delle strutture capsulo-legamentose procede poi in senso latero-mediale in


una spirale denominata “anello di Horii” (Fig. 5) (7).

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3.3 muscoli

I muscoli che attraversano l’articolazione del gomito fungono da stabilizzatori dinamici


della stessa, esercitando forze compressive sul gomito durante la loro contrazione,
inoltre proteggono gli stabilizzatori statici da traumi esterni.
I muscoli che agiscono sul gomito sono suddivisibili in quattro gruppi: flessori del
gomito, estensori del gomito, estensori dell’avambraccio e flesso-pronatori
dell’avambraccio.
Fra i flessori del gomito il principale è il muscolo bicipite che attraversa anteriormente
l’articolazione per inserirsi sulla tuberosità radiale. Seguono poi il muscolo brachiale,
che termina lungo la base della coronoide e sulla tuberosità dell’ulna, e il brachio-
radiale.
Quando l’avambraccio si trova in posizione prona il bicipite funge anche da potente
supinatore.
Il tricipite brachiale è il principale estensore del gomito; esso costituisce la totalità della
muscolatura posteriore del braccio e si inserisce con un robusto tendine sull’olecrano.
Il muscolo anconeo è un debole estensore e la sua funzione primaria sembra essere
quella di stabilizzatore del gomito, unitamente ai muscoli bicipite e tricipite.
Originando dalla porzione posteriore dell’epicondilo, l’anconeo si porta sulla superficie
dorsale laterale dell’estremità prossimale dell’ulna dove termina; grazie a questa
disposizione si oppone all’instabilità rotatoria postero-laterale del gomito e fornisce
supporto al LCL (7).
I muscoli pronatori-flessori dell’avambraccio prendono origine dall’epitroclea e
rinforzano la porzione mediale del gomito.
I muscoli estensori comuni, estensore radiale breve del carpo, estensore radiale lungo
del carpo e brachio-radiale originano dall’epicondilo laterale e contribuiscono a
stabilizzare lateralmente il gomito.

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4 CINEMATICA

L’articolazione del gomito possiede due gradi di libertà: la flesso-estensione e la prono-


supinazione.
La flesso-estensione del gomito è permessa dall’articolazione omero-ulnare e omero
radiale le quali formano un'unica unità funzionale.
L’asse di rotazione passa per il centro della troclea e del capitulum humeri.
Normalmente l’escursione del gomito va da 0 gradi di estensione o da una leggera
iperestensione a 150 gradi di flessione; tuttavia in uno studio condotto su 33 soggetti
normali è risultato che l’arco di movimento (ROM) indispensabile per svolgere la
maggior parte delle attività quotidiane è di circa 100 gradi (da 30° di estensione a 130°
di flessione) ed è definito arco di movimento funzionale (15).
L’asse di rotazione dell’avambraccio passa prossimalmente attraverso il capitello
radiale e distalmente attraverso la superficie articola dell’ulna ed è pertanto obliquo
rispetto agli assi longitudinali di radio e ulna.
La prono-supinazione è indipendente dalla posizione del gomito e varia da circa 75
gradi in pronazione a 85 gradi in supinazione; anche in questo caso il ROM necessario
per svolgere il 90% delle attività quotidiane deve andare da 50 gradi in pronazione a 50
gradi in supinazione (arco di movimento funzionale) (15).

Fig. 11 Arco di movimenti del gomito nella flesso-estensione (A) e nella prono-supinazione (B).

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L’angolo di carico del gomito è l’angolo visibile ad avambraccio esteso e supinato
formato dall’asse longitudinale dell’omero e l’asse longitudinale dell’ulna; l’angolo può
variare dai 10 ai 15 gradi nell’uomo ed è mediamente maggiore nelle donne di circa 5
gradi (valgismo fisiologico).

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5 EPIDEMIOLOGIA

Le fratture di coronoide si verificano nel 2-15 % delle lussazioni di gomito (8) a cui si
associano nella maggior parte dei casi.
Negli studi incentrati sulle fratture di coronoide sono state riportate diverse percentuali
concomitanti lussazioni. Nello studio effettuato da Kiene et all (33) su 58 fratture di
coronoide 44 erano associate a lussazione (76%), mentre Adam et all (34) hanno
registrato solo 49 lussazioni su 103 fratture (47%).
Le fratture isolate di coronoide sono un evento molto raro di cui non è possibile stabilire
l’esatta incidenza nella popolazione generale.
All’interno di uno studio su 1469 fratture di gomito sono state riportate 23 fratture del
processo coronoideo (1,65 %) associate ad altre lesioni e solo 8 fratture isolate, ovvero
lo 0,5% di tutte le fratture (16, 17, 18).
Altri casi di fratture isolate sono stati riportati in letteratura (8, 19, 20, 21) ma sono
considerate da molti autori eventi eccezionali.

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6 CLASSIFICAZIONE

Attualmente esistono due sistemi di classificazione delle fratture della coronoide, la


classificazione di Regan-Morrey e la classificazione di O’Driscoll.
La classificazione di Regan-Morrey (8) introdotta nel 1989 si basa sulla percentuale di
coronoide interessata dalla frattura:
• Le fratture di tipo I interessano l’apice della coronoide;
• Le fratture di tipo II interessano il 50% o meno della coronoide,
indipendentemente dal numero di frammenti;
• Le fratture di tipo III interessano più del 50% della coronoide,
indipendentemente dal numero di frammenti.
La presenza o assenza di lussazione del gomito
viene indicata rispettivamente con le lettere B e
A.
Gli autori non hanno indicato in maniera
univoca i punti di repere utilizzati per calcolare
l’altezza del processo coronoideo (2).
Questo tipo di classificazione è ben applicabile
alle fratture trasversali di coronoide e può essere
Fig. 12 Classificazione di Regan-Morrey:
effettuato sulla base di una radiografia del fratture apicali (I), fratture che
gomito in proiezione laterale. interessano meno del 50% della
coronoide (II), fratture che interessano
Recentemente, alla luce della maggiore più del 50% della coronoide (III)

diffusione della tomografia computerizzata, sono state proposte variazioni alla


classificazione di Regan-Morrey, aggiungendo alle tre tipologie di frattura
precedentemente descritte una quarta tipologia, frattura obliqua anteromediale, e una
quinta, frattura obliqua anterolaterale (26).

La classificazione di O’Driscoll (27) si basa sulla localizzazione anatomica delle


fratture, dividendole in tre gruppi ulteriormente suddivisibili in sottogruppi a seconda
delle dimensioni del frammento.
• nel primo gruppo sono comprese le fratture che interessano l’apice ma non si
estendono medialmente al tubercolo sublime o al corpo della coronoide e

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corrisponde al tipo I di Regan-Morrey; anche i frammenti più piccoli possono
contenere l’inserzione della capsula;
o il sottotipo 1 interessa meno di 2 mm di coronoide;
o il sottotipo 2 interessa più di 2 mm di coronoide;
• nel secondo gruppo la frattura interessa la porzione anteromediale della
coronoide;
o le fratture del sottotipo 1 si estendono dal margine mediale dell’apice alla
metà anteriore del tubercolo sublime, dove si inserisce il fascio anteriore
del LCM;
o nelle fratture del sottotipo 2 la linea di frattura si estende all’apice;
o le fratture del sottotipo 3 interessano il tubercolo sublime con o senza
interessamento dell’apice;
• il terzo gruppo è rappresentato dalle fratture che interessano più del 50 % della
coronoide (fratture basali) e corrisponde al tipo III di Regan-Morrey; in questo
gruppo vi è minore interessamento delle strutture capsulo-legamentose rispetto
alle fratture apicali;
o il sottotipo 1 interessa esclusivamente il processo coronoideo;
o nel sottotipo 2 vi è interessamento dell’olecrano.
Questa classificazione può essere applicata tramite l’ausilio d’immagini tac e
ricostruzioni 3D, mentre la sola radiografia risulta insufficiente per definire la lesione.

Fig. 13 Classificazione secondo O’Driscoll. A) frattura apicale, B) frattura anteromediale, C)


frattura basale.

La classificazione secondo O’Driscoll permette di correlare meglio i diversi patterns di


lesioni associate alle fratture di coronoide e indirizza al trattamento più idoneo.

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7 MECCANISMI TRAUMATICI E PATTERNS DI
FRATTURA

Sono stati descritti numerosi meccanismi traumatici associati a frattura della coronoide,
alcuni dei quali non sono ancora del tutto chiariti.
Il più comune appare essere il meccanismo di
rotazione posterolaterale; il trauma è dato da una
caduta sul braccio esteso che funge da perno alla
rotazione del corpo, il quale crea una forza rotatoria
posterolaterale e in valgo sul gomito.
Ne risulta una lesione progressiva delle strutture
capsulo-legamentose a partire dal LCL fino al Fig. 14 L'immagine mostra il meccanismo
di rotazione posterolaterale che porta a una
LCM con possibile lussazione completa del lussazione del gomito, talvolta associata a
gomito. frattura di coronoide.

La lussazione può portare a frattura del capitello radiale o della coronoide ulnare o
entrambe le strutture.
La concomitante presenza di frattura del capitello, frattura della coronoide e lussazione
è denominata “terribile triade del gomito”.
La frattura di coronoide riscontrata in questa
triade è frequentemente di tipo apicale, sottotipo
2 secondo O’Driscoll (25, 32).
Il meccanismo di rotazione posteromediale è
simile al precedente, con caduta sul braccio
esteso ma con rotazione posteromediale che
genera una forza in varo sul gomito. (fig. 11)
La lesione risultante include l’avulsione del LCL
dall’epicondilo laterale, la frattura della faccetta
anteromediale della coronoide e sublussazione in
varo del gomito. Fig. 15 Meccanismo di rotazione
posteromediale caratterizzato da carico
Se la forza lesiva è di maggiore intensità può assiale e torsione in varo, generalmente
essere associata una lesione del LCM con è dovuto a una caduta sulla mano con
braccio esteso.
lussazione completa.

20
La testa del radio è generalmente risparmiata da questo meccanismo lesivo, mentre può
concomitare una frattura dell’olecrano (25, 32).
In entrambi questi meccanismi la troclea omerale impatta sul processo coronoideo
causando il distacco di un frammento (27, 28, 30).
Anche traumi che comportano un carico assiale su di un gomito in estensione possono
portare a fratture di coronoide (28).
A gomito esteso e caricato assialmente con allineamento neutro il 40% delle
sollecitazioni vengono trasmesse attraverso l’interfaccia omero-ulnare
dell’articolazione, ma se il gomito è allineato in varismo la componente trasmessa dalla
parte prossimale dell’ulna aumenta al 93% della forza assiale totale (13, 31).
Un colpo diretto sul gomito in flessione può generare una frattura-lussazione anteriore
di olecrano; circa il 50 % di questi pazienti presenta una frattura di coronoide (tipo III
secondo Regan-Morrey o basale secondo O’Driscoll), allo stesso modo una frattura-
lussazione posteriore di olecrano è frequentemente associata a frattura di coronoide e
presenta nel 50% dei casi una lesione del LCL (32). Quest’associazione può essere
classificata come frattura di Monteggia di tipo prossimale (25).
Vi è disaccordo tra i diversi autori sul fatto che una frattura apicale possa essere causata
da una forza avulsiva esercitata dalla capsula articolare, dal tendine brachiale o dalla
porzione anteriore del legamento collaterale ulnare (16, 28-29).

21
8 PRINCIPI DI DIAGNOSI

8.1 anamnesi

La valutazione di un paziente con sospetta frattura di coronoide deve sempre partire da


un’accurata anamnesi.
Si deve richiedere al paziente una dettagliata descrizione del meccanismo traumatico,
poiché questo può fornire indicazioni sul tipo di lesioni da ricercare e sulla loro entità.
Il trauma può avvenire con interessamento diretto del gomito, oppure può essere l’esito
di una caduta sulla mano con gomito atteggiato in iperestensione, di una rotazione
violenta del gomito o di un trauma con iperflessione del gomito.
Il trauma può essere ad alta energia, come in un incidente stradale, o a bassa energia, nel
caso di una caduta da una modesta altezza.
È inoltre importante chiedere se durante il trauma il paziente ha avvertito una
sensazione di lussazione seguita da riduzione spontanea, nel caso il gomito non appaia
lussato al momento della valutazione clinica (28).

8.2 valutazione clinica

I pazienti con frattura di coronoide possono presentarsi all’esame obiettivo con dolore,
gonfiore, ematomi, limitazione funzionale e instabilità.
Il dolore può essere multifocale e corrispondere alle strutture maggiormente lesionate,
tuttavia la localizzazione del dolore non è indicativa di una frattura della coronoide.
In caso di frattura composta inoltre il dolore può essere di lieve entità e la limitazione
funzionale può essere minima (33).
L’escursione del movimento in flessione, estensione e rotazione è normalmente limitata.
Ciò può essere dovuto alla presenza di dolore o a frammenti ossei dislocati.
Possono essere presenti inoltre crepitazioni e instabilità antero-posteriore.
La stabilita dell’articolazione nei traumi acuti viene valutata muovendo gentilmente il
gomito per l’arco di movimento possibile. Questa manovra può causare sublussazione o
dislocazione in caso di lesioni legamentose durante il movimento di estensione.

22
Il gomito deve essere inoltre valutato per l’instabilità in valgo, in varo e rotatoria
posterolaterale.
La stabilità in valgo viene valutata effettuando il valgo stress test con l’avambraccio in
posizione prona in modo da non essere influenzata da un eventuale instabilità rotatoria
posterolaterale.
La stabilità in varo viene valutata con il varo stress test ed è più facilmente
evidenziabile con la spalla ruotata internamente; la presenza di instabilità in varo è
indicativa di una lesione del legamento collaterale radiale.
Entrambi questi test devono essere effettuati con l’avambraccio in completa estensione
e successivamente flesso a circa 30 gradi (7).
L’instabilità rotazionale posterolaterale è
evidenziabile tramite il test del “pivot-
shift” laterale descritto da O’Driscoll (7).
Il test si esegue con il paziente seduto o
sdraiato in posizione supina; tenendo
l’avambraccio in posizione supina,
l’operatore applica una forza moderata in
valgo e flette il gomito a circa 40 gradi; il
test è da considerarsi positivo se vi è segno Fig. 16 test del pivot shift laterale
di apprensione da parte del paziente o una
franca sublussazione.
La positività al test del “pivot-shift” laterale deve far sospettare la presenza di una
lesione del legamento collaterale laterale ulnare.
In alcuni casi può essere necessario valutare la stabilità del gomito con paziente in
narcosi a escludere la stabilità muscolare data dalla contrazione antalgica alle manovre.
I test per valutare la stabilità possono risultare negativi anche in presenza di lesioni
legamentose se le strutture ossee sono integre (3).
Buona parte dei pazienti con frattura di coronoide si presenta con una lussazione del
gomito.
In questi casi è bene astenersi dalla valutazione della mobilità articolare. È invece
necessario l’esame delle strutture lesioni vascolo-nervose prima di ridurre la lussazione.

23
Dopo la riduzione, si devono valutare nuovamente le eventuali lesioni vascolo-nervose e
si deve procedere alla valutazione della stabilità del gomito.
Qualsiasi manovra clinica per valutare la stabilità del gomito o qualsiasi manovra
riduttiva, anche se in presenza quadro clinico evidente di lussazione, è preferibilmente
da eseguire dopo esame radiografico, per escludere fratture associate.

8.3 diagnostica strumentale

La diagnosi delle fratture di coronoide del gomito si basa inizialmente sulla radiologia
convenzionale.
Le radiografie standard in proiezione antero-posteriore e latero-laterale permettono di
visualizzare le fratture di coronoide e di escludere la presenza di lussazione o di altre
lesioni a carico del capitello radiale, dell’olecrano e dell’epifisi distale dell’omero.
La proiezione laterale del gomito si ottiene flettendo il gomito a 90 gradi, con
l’avambraccio in posizione neutra (mano posizionata con il pollice verso l’alto). Se il
fascio delle radiazioni è parallelo alla superficie articolare sarà possibile identificare tre
archi concentrici; l’arco più piccolo corrisponde al solco trocleare, quello intermedio
rappresenta il capitulum humeri e quello più ampio è dato dalla porzione mediale della
troclea.
In questa proiezione è possibile identificare la maggior parte delle fratture di coronoide
ed è inoltre possibile applicare la classificazione secondo Regan-Morrey.
Le fratture di tipo I sono visibili come un distacco della parte apicale del processo
coronoideo.
Le fratture di tipo II sono facilmente distinguibili dalle fratture di tipo III
(interessamento di più del 50% della coronoide) tracciando una linea tangenziale
all’apice dell’olecrano e parallela all’asse longitudinale dell’ulna; questa linea passa
attraverso il processo coronoideo a metà della sua altezza.
Le fratture oblique anteromediali presentano maggiori difficoltà nella loro diagnosi su
radiografie standard.
In proiezione antero-posteriore l’articolazione ulno-omerale può apparire asimmetrica
con perdita dello spazio articolare mediale o con allineamento del gomito in varo;

24
l’articolazione radio-omerale può presentare un aumento dello spazio articolare nel caso
vi sia una lesione del LCUL.
In proiezione laterale la perdita del parallelismo tra la coronoide mediale e la porzione
mediale della troclea deve far sospettare la presenza di una frattura anteromediale. La
dislocazione del frammento causa una doppia densità sub condrale visibile alla
radiografia come “double crescent sign” il quale è patognomonico di frattura della
faccetta anteromediale della coronoide (35).

Fig. 17 Segni radiologici di frattura obliqua anteromediale del processo coronoideo. A) la


proiezione anteroposteriore mostra una diminuzione dello spazio articolare mediale e un aumento
di quello laterale; B) la proiezione laterale mostra il “double crescent sign” patognomonico di
questa frattura.

Nelle radiografie apparentemente negative per segni diretti di frattura è comunque


necessario ricercare segni indiretti, come la dislocazione dei corpi adiposi anteriore e
posteriore, strutture intracapsulari ed extrasinoviali. In particolare la dislocazione del
corpo adiposo posteriore visibile in proiezione laterale è patognomonica di una raccolta
di liquido intra-articolare e deve far sospettare la presenza di una frattura.
È possibile eseguire proiezioni aggiuntive oblique o dedicate, nel caso le proiezioni di
routine non siano sufficienti a risolvere il quesito diagnostico.
Per identificare più chiaramente le fratture di capitello radiale è possibile effettuare una
proiezione per il capitello radiale, posizionando il paziente come per le radiografie in
proiezione laterale e angolando il tubo radiogeno a 45° verso l’articolazione della
spalla; quest’immagine proietta il capitello radiale lontano dall’ulna, permettendo di
identificare agevolmente anche lievi alterazioni.

25
Le fratture dell’olecrano sono invece facilmente individuabili in proiezione laterale.
Nei pazienti con sospetta lesione legamentosa, possono essere utili delle proiezioni sotto
stress in varo o in valgo che permettono di evidenziare lievi differenze nelle distanze
articolari. Il rapporto tra apice dell’olecrano e la sua fossa è un parametro importante
nell’interpretazione dell’instabilità radiografica.
Data la complessità delle strutture che
compongono l’articolazione del gomito, in
molti casi è necessario approfondire lo studio
delle fratture di coronoide effettuando una
tomografia assiale computerizzata (TAC).
Le fratture composte infatti possono facilmente
sfuggire alle indagini di primo livello(37).
Questa metodica, grazie anche alla possibilità
di eseguire ricostruzioni tridimensionali delle
strutture ossee, permette di suddividere le
fratture di coronoide secondo la classificazione
di O’Driscoll, su cui si basano le indicazioni al Fig. 18 Ricostruzione TAC 3D di una
frattura di coronoide di tipo anteromediale.
trattamento chirurgico o conservativo.
Sulla base delle immagini TAC è inoltre possibile valutare in maniera molto precisa
l’estensione della frattura, il suo andamento (trasversale e obliquo), il numero di
frammenti della coronoide e le loro dimensioni ed è quindi essenziale per un’accurata
pianificazione dell’intervento chirurgico.
Infine la risonanza magnetica può contribuire alla valutazione delle lesioni delle
strutture capsulo-legamentose associate alla frattura.

26
9 TRATTAMENTO

La scelta del trattamento delle fratture della coronoide si deve basare sulla valutazione
clinica del gomito, in particolare sulla presenza o meno d’instabilità, e sulla
classificazione della frattura.
Molti autori preferiscono basarsi sulla classificazione di O’Driscoll, in quanto tiene in
considerazione il meccanismo patogenetico e permette di anticipare la presenza di
lesioni associate (32).
Nelle fratture associate a lussazione del gomito il primo trattamento consiste nella
riduzione della lussazione. Nella maggior parte dei casi la riduzione può essere
effettuata a cielo chiuso sotto analgesia o leggera sedazione. Questo permette anche di
eseguire le manovre di stabilità e verificare la possibile presenza di lesioni legamentose
o d’instabilità del gomito.
Solo in rari casi è necessario eseguire le manovre riduttive sotto anestesia generale.
Il trattamento conservativo è da riservare ai pazienti con fratture apicali o anteromediali
composte in cui il frammento appaia di piccole dimensioni, in assenza di sublussazione
del gomito o di apertura dell’articolazione radio-omerale nelle radiografie sotto stress in
varo (gomito stabile) (8, 30).
Il gomito viene poi immobilizzato in gesso o valva mantenuti per un periodo di 2-4
settimane (16, 37).
Il trattamento chirurgico trova indicazione in tutti i casi in cui è presente instabilità
articolare.
Una volta in sala operatoria si può procedere all’esame fluoroscopio e alla valutazione
sotto anestesia della stabilità del gomito in modo da evidenziare lesioni a carico dei
legamenti non rilevabili alla precedente valutazione clinica (36).
La scelta dell’accesso chirurgico dipende dal tipo di frattura e dalle lesioni associate.
L’accesso anteriore è sconsigliato per la presenza d’importanti strutture anatomiche
quali l’arteria brachiale e i nervi ulnare e mediano, si preferisce quindi utilizzare gli
accessi posteriore e mediale che però non permettono di approcciare il processo
coronoideo anteriormente, ponendo ulteriori difficoltà al trattamento delle fratture di
coronoide.

27
Un’incisione posteriore universale
della cute, laterale all’apice
dell’olecrano, permette un accesso
profondo sia alle strutture mediali e
laterali del gomito e assicura la
versatilità necessaria al trattamento
delle lesioni ossee e legamentose (7,
37).
In caso di fratture anteromediali di
coronoide, l’approccio più Fig. 19 Accesso posteriore universale; è visibile il
nervo ulnare isolato.
appropriato è l’accesso mediale
estensibile secondo Hotchkiss; questo approccio è facilitato in caso di distacco
dell’origine dei muscoli flessori-pronatori (7).
In alternativa è possibile intervenire più posteriormente sollevando il capo del flessore
ulnare del carpo anteriormente per esporre la superficie articolare (29).
In entrambi i casi il nervo ulnare deve essere individuato e isolato in modo da
assicurarne l’integrità durante tutta la procedura.
La fissazione interna delle fratture apicali e
anteromediali sottotipo I può essere effettuata
tramite sutura, in quanto le dimensioni ridotte dei
frammenti non permettono l’utilizzo di viti. La
sutura viene fatta passare al di sopra del
frammento attraversando la capsula articolare;
tramite due fori praticati con un trapano nell’ulna
in direzione anteroposteriore a partire dal letto
della frattura, la sutura viene portata Fig. 20 Fissazione di una frattura apicale
posteriormente all’osso e legata (7, 37). di coronoide con sutura "lasso".

Le fratture di coronoide di tipo anteromediale possono essere fissate dopo esposizione


mediale tramite l’utilizzo di placche metalliche e viti (25).
Le fratture basali devono essere accuratamente ridotte prima di procedere alla fissazione
in modo da preservare la corretta anatomia della superficie articolare e prevenire
lussazioni recidivanti.

28
L’esposizione può avvenire tramite un accesso
posteriore con sollevamento del capo del
flessore ulnare del carpo e delle strutture
anteriori ad esso fino alla visualizzazione della
superficie articolare.
Se la densità ossea è buona, i frammenti
possono essere fissati con il solo utilizzo di una
o più viti dirette anteriormente fino a catturare
il frammento osseo, altrimenti le viti dovranno
essere protette da placche posizionate

posteriormente all’osso (29, 37). Fig. 21 Frattura anteromediale di coronoide


trattata con placca metallica.
Nel caso di fratture comminute non è sempre
possibile ricostruire una superficie articolare congrua mediante la semplice fissazione
dei frammenti; queste fratture possono essere trattate tramite un autotrapianto di tessuto
osteocartilagineo prelevato dall’olecrano o dal capitello radiale ipsilaterale, attraverso
l’incisione eseguita per esporre il processo coronoideo, oppure dalla cresta iliaca (36,
38).
Se il capitello radiale è fratturato si può approcciare il gomito lateralmente tramite
l’intervallo di Kocher; dopo la rimozione del capitello radiale la coronoide è ben visibile
e si può procedere al suo trattamento e successivamente alla fissazione o sostituzione
del capitello radiale;
In caso di concomitante frattura di olecrano, dopo aver effettuato una incisione
posteriore, è possibile approcciare la frattura di coronoide dislocando il frammento di
olecrano prossimalmente e operando attraverso il sito di frattura; dopo aver trattato la
frattura di coronoide si può procedere alla riduzione della frattura di olecrano con
fissazione tramite placca posteriore (43).
La fissazione dei frammenti ossei deve essere seguita dal trattamento delle lesioni
legamentose e la stabilità dell’articolazione deve essere testata prima della chiusura del
campo operatorio (29, 36, 42).
L’obiettivo del chirurgo deve essere la stabilità concentrica e assenza di sublussazione
posteriore o posterolaterale in un range di movimento di flesso-estensione da 20 a 130
gradi con avambraccio in posizione neutra.

29
Se l’instabilità persiste anche a seguito della riparazione del LCM si deve procedere
all’applicazione di un fissatore esterno (42).
Recentemente diversi autori hanno riportato casi di fratture di coronoide trattati con
tecnica artroscopia con fissazione interna mediante suture o viti (39-41).
In regime post-operatorio è preferibile una precoce mobilizzazione del gomito in modo
da prevenire la rigidità articolare, compatibilmente con la stabilità della sintesi; tuttavia
se la qualità dell’osso è scarsa e i mezzi di fissazione non sono completamente stabili
può essere necessario immobilizzare l’arto per 5-7 giorni (29).
Pugh et al nel loro “Standard surgical protocol” raccomandano esercizi supervisionati di
flessione ed estensione a partire dal secondo giorno post-operatorio, con avambraccio
pronato in modo da proteggere le strutture mediali del gomito in via di guarigione;
incoraggiano inoltre esercizi attivi di flesso-estensione in quanto permettono il
rafforzamento di gruppi muscolari implicati nella stabilizzazione del gomito (42).
È preferibile compiere gli esercizi di prono-supinazione con il gomito flesso a circa 90
gradi.
L’estensione oltre i 30 gradi dovrebbe essere evitata prima di 4 settimane
dall’intervento.

30
10 COMPLICANZE

10.1 acute

Le complicanze acute delle fratture di coronoide sono poco frequenti e sono


rappresentate dalle lesioni nervose acute e subacute, dalle lesioni vascolari e dalle
infezioni.
Le lesioni nervose e vascolari acute sono legate alla presenza di lussazione del gomito,
che può determinare stiramento e compressione delle strutture che decorrono
anteriormente al gomito, ovvero l’arteria brachiale, il nervo ulnare e il nervo mediano.
La valutazione della sensibilità periferica e della presenza dei polsi radiale ed ulnare
deve essere effettuata prima e dopo qualsiasi manovra di riduzione o procedura
chirurgica.
I deficit della vascolarizzazione periferica presenti in caso di gomito lussato
generalmente si risolvono a seguito della riduzione della lussazione, se ciò non avviene
è necessario proseguire lo studio delle strutture nervose tramite l’esecuzione di una
angiografia.
Nel caso siano presenti segni fortemente indicativi di un danno vascolare a carico
dell’arteria brachiale, quali cianosi, pallore, ematoma in espansione e dolore marcato è
necessario procedere ad un intervento di riparazione chirurgica in emergenza.
La maggior parte delle lesioni nervose riguardano
il nervo ulnare, il quale decorre in uno stretto
canale osteo-fibroso denominato tunnel cubitale
nella regione posteromediale del gomito ed è
particolarmente vulnerabile.
Le lesioni nervose subacute sono per lo più
conseguenti all’edema dei tessuti molli e al
versamento articolare che si realizzano
successivamente alle manovre riduttive incruenti o
chirurgiche.
Fig. 22 Territorio di innervazione
Le lesioni del nervo ulnare si manifestano con sensitiva del nervo ulnare.
parestesie, dolore e deficit motori.

31
La sintomatologia sensoriale è prevalentemente a carico delle ultime due dita della
mano.
Le lesioni del nervo mediano sono più rare e interessano prevalentemente il ramo
interosseo anteriore, con sintomi quali parestesie localizzate alle prime tre dita della
mano e deficit motori.
La funzione motoria viene valutata testando la forza in abduzione ed adduzione delle
dita (n. ulnare).
Nel caso d’interessamento del nervo interosseo anteriore l’unico deficit presente è a
carico del flessore profondo del secondo dito e lungo del pollice.
Nelle lesioni nervose subacute si assiste il più delle volte a un recupero spontaneo e
completo del deficit sensitivo e motorio nel periodo postoperatorio.
Le infezioni possono verificarsi in fratture esposte o a complicare un intervento
chirurgico e rappresentano un evento raro.
Possono essere trattate con pulizia chirurgica e somministrazione di terapia antibiotica
locale e parenterale; non è in genere necessario rimuovere i mezzi di sintesi (24).

10.2 complicanze croniche

Le complicanze croniche delle fratture di coronoide sono la neuropatia ulnare cronica,


l’instabilità cronica, la rigidità articolare, l’ossificazione eterotopica e l’artrosi.
La neuropatia ulnare cronica è conseguente alla cicatrizzazione e retrazione dei tessuti
circostanti, alla formazione di callo osseo e all’ossificazione eterotopica che
contribuiscono ad aumentare la pressione sul nervo ulnare all’interno del tunnel cubitale
(25, 36).
Anche l’instabilità del gomito può compromettere l’integrità del nervo.
La neuropatia cronica si presenta tipicamente durante il periodo post-operatorio con
perdita del movimento precedentemente recuperato, aumento del dolore e parestesie in
territorio ulnare (25).
In questi casi il nervo ulnare deve essere accuratamente indagato tramite valutazione
clinica e metodiche neurofisiologiche (elettromiografia ed elettroneurografia).
L’instabilità cronica del gomito è una frequente complicazione di fratture di coronoide
trattate in maniera conservativa, con un periodo d’immobilizzazione troppo breve che

32
non permette una guarigione completa delle lesioni legamentose, o con un mancato
consolidamento della frattura (32).
Un leggero cedimento dell’articolazione omero-ulnare senza una vera sublussazione è
frequente e può essere trattato con l’esecuzione di movimenti attivi del gomito, evitando
di sottoporre l’articolazione a stress in varo.
Sublussazioni o lussazioni ripetute spesso richiedono un intervento chirurgico con
posizionamento di fissatore esterno (25).
Al contrario la rigidità articolare si riscontra più frequentemente in pazienti trattati con
lunghi periodi d’immobilizzazione e se associata a ossificazione eterotopica, neuropatia
ulnare, instabilità o incongruità articolare deve essere trattata tramite chirurgia; invece
se la rigidità è dovuta a retrazione della capsula articolare può migliorare notevolmente
con l’esecuzione di esercizi attivi assistiti (25, 28).
Tuttavia dal punto di vista funzionale è preferibile un gomito rigido ma stabile rispetto a
un gomito con arco di movimento completo ma instabile.
Lo sviluppo di un certo grado di artrosi è probabilmente inevitabile, ma può essere
posticipato e limitato con la riduzione ottimale della frattura di coronoide e il ripristino
della stabilità articolare.
L’ossificazione eterotopica è frequente dopo lesioni traumatiche del gomito; altri fattori
di rischio che possono favorire la formazione di osso ectopico a livello del gomito sono:
• trauma cranico o lesioni del midollo spinale (teoria neurogena),
• ustioni agli arti,
• fattori genetici.
l’osso ectopico può svilupparsi nei tre principali tessuti molli che circondano il gomito,
vale a dire il muscolo (miosite ossificante), la capsula e i legamenti.
L’estensione dell’ossificazione eterotopica appare radiologicamente evidente dopo la 12
settimana dal trauma o dall’intervento. Nell’adulto l’osso non si riassorbe dopo il
completamento del processo di maturazione, mentre può ancora riassorbirsi nei ragazzi
di età inferiore ai 16 anni.
Esistono due strategie di trattamento dell’ossificazione eterotopica: la profilassi al
momento della lesione iniziale e la resezione dell’osso ectopico con sistemi collaterali
di prevenzione per evitare la recidiva.

33
I trattamenti disponibili per la prevenzione dell’ossificazione eterotopica sono i farmaci
antinfiammatori non steroidei per via orale (indometacina 75 mg al giorno per 6
settimane), i difosfonati per via orale e le radiazioni ionizzanti a basso dosaggio.
La profilassi contro l’ossificazione eterotopica nei pazienti con frattura di coronoide non
viene utilizza routinariamente, in quanto può ritardare la guarigione della frattura (25,
32).
L’intervento chirurgico non è sempre necessario e deve essere eseguito solo quando
l’osso ectopico appare radiologicamente maturo e la cicatrice è mobile e non edematosa
(solitamente almeno 4 mesi dopo la lesione).
In uno studio su 58 pazienti con frattura di coronoide (con o senza fratture associate)
con follow up di 48 mesi, 18 pazienti (31%) hanno riferito una sensazione di instabilità
al gomito trattato; 15 pazienti hanno riportato una lesione nervosa post-traumatica o
iatrogena, tra questi 7 non hanno recuperato il deficit (33).

34
11 MATERIALI E METODI

Per il nostro lavoro abbiamo considerato le fratture isolate di coronoide valutate presso
il reparto di ortopedia del Policlinico nel periodo ottobre 2004- dicembre 2010.
Lo scopo è di effettuare un’analisi accurata di questa patologia, valutando le
caratteristiche epidemiologiche, i meccanismi traumatici, i criteri diagnostici, le
indicazioni al trattamento e il risultato funzionale dopo un adeguato follow up,
confrontando i nostri dati con i risultati dei più recenti articoli scientifici internazionali.
Per identificare i pazienti abbiamo utilizzato i seguenti database:
• Centro Elaborazione Dati del policlinico di Modena (CED, tramite Davide
Malpighi) chiedendo di identificare i referti radiologici in cui era presente la
parola “coronoide”;
• Registro operatorio (Wake-up) ricercando la parola “coronoide” nella diagnosi
e/o nella descrizione dell’intervento;
Dalla ricerca effettuata sul CED sono risultati 459 referti, di cui 300 riferibili agli anni
2004-2010.
Di questi:
• 6 sono risultati essere riferiti alla coronoide mandibolare;
• 72 sono risultati essere controlli successivi alla prima diagnosi;
• 73 risultano avere patologie diverse da frattura o diagnosi errata di frattura della
coronoide.
La ricerca effettuata sull’archivio CED ha quindi portato a identificare 149 pazienti con
frattura di coronoide, mentre sono stati esclusi i restanti 151 risultati.
Dalla ricerca effettuata su Wake-up è risultato che tra il 2004 e il 2010 sono stati
eseguiti:
• 99 interventi al gomito con diagnosi di frattura dell’apofisi coronoidea, con o
senza lesioni associate;
• 41 interventi in cui è stata trattata una frattura di coronoide, con o senza
trattamento di altre lesioni;
In totale sono stati eseguiti 106 interventi in pazienti con frattura di coronoide.
Di questi, 59 sono stati effettuati su pazienti che comparivano anche nella ricerca
effettuata sul CED e 47 su pazienti che non comparivano nella ricerca precedente.

35
Integrando i risultati delle due ricerche, possiamo dire che nell’intervallo di tempo preso
in considerazione (2004-2010) sono stati valutati 196 pazienti con frattura di coronoide,
con o senza lesioni associate.
All’interno di questo gruppo sono stati selezionati i pazienti idonei allo studio.
I criteri d’inclusione sono la diagnosi di frattura di coronoide con o senza lussazione
associata.
I criteri di esclusione sono la presenza di fratture associate, età al momento del trauma
superiore a 80 anni, presenza di grave artrosi.
I 196 pazienti con frattura di coronoide sono stati divisi secondo i criteri
precedentemente indicati:
• 114 pazienti esclusi dallo studio per presenza di fratture associate (58,1%):
o 18 frattura di capitello radiale, olecrano e coronoide;
o 17 frattura di olecrano e coronoide;
o 3 frattura di omero e coronoide;
o 6 frattura di omero, coronoide e radio;
o 32 fratture di coronoide e radio;
o 28 fratture di coronoide e capitello radiale associate a lussazione
(terribile triade del gomito) (14% delle fratture di coronoide);
• 6 pazienti esclusi per età o per la presenza di grave artrosi;
• 76 pazienti con fratture isolate e quindi idonei allo studio (38,7 %).
Di questi pazienti sono stati raccolti i dati anagrafici, le immagini radiografiche
corredate dai referti, il trattamento eseguito (di tipo chirurgico o conservativo) e i
verbali operatori.
Analizzando le radiografie e le TAC disponibili sul sistema informativo radiologico
Syncromed è stato possibile applicare la classificazione di Regan-Morrey a tutte le
fratture; non è stato invece possibile applicare la classificazione di O’Driscoll, sebbene
sia preferibile per la scelta del trattamento, in quanto non tutti i pazienti sono stati
sottoposti a indagine TAC al momento della diagnosi.
Le fratture sono state suddivise in tipo I (apicale), tipo II (meno del 50% di coronoide
interessata), tipo III (basale) e tipo IV (anteromediale).
I pazienti ritenuti idonei sono stati divisi in base al trattamento chirurgico o
conservativo subito:

36
• 59 pazienti sottoposti a trattamento conservativo;
• 17 pazienti sottoposti a trattamento chirurgico.
Abbiamo cercato di contattare tutti i pazienti telefonicamente o via posta per raccogliere
informazioni più dettagliate riguardo le dinamiche del trauma, il trattamento subito e per
valutare dei risultati funzionali.
Per la valutazione dei risultati funzionali ci siamo basati sul “Mayo Elbow Performance
Score” (MEPS), uno score validato a livello internazionale.

Mayo Elbow Performance Score


Funzione Punteggio massimo Definizione (punti)
Dolore 45 Nessuno (45)
Lieve (30)
Moderato (15)
Severo (0)
Movimento 20 Arco >100 gradi (20)
Arco tra 50-100 gradi (15)
Arco <50 gradi (5)
Stabilità 10 Stabile (10)
Moderatamente instabile (5)
Fortemente instabile (0)
Funzioni quotidiane 25 Pettinarsi (5)
Mangiare (5)
Igiene personale (5)
Abbottonare la camicia (5)
Allacciare le scarpe (5)
totale 100
classificazione Ottimo >90; buono 75-89; discreto 60-74; scarso <60

Il MEPS assegna ad ogni paziente un punteggio da 0 a 100 dato dalla somma dei
punteggi ottenuti nelle 4 componenti valutate: dolore, movimento, stabilità e funzioni
quotidiane.
Se il dolore è assente vengono attribuiti 45 punti, lieve 30, moderato 15 e severo 0
punti.
A un arco di movimento maggiore di 100 gradi corrispondono 20 punti, compreso tra 50
e 100 gradi 15, minore di 50 gradi 0 punti; è stata valutata sia la flesso-estensione che la
prono-supinazione, e dopo aver assegnato il rispettivo punteggio si è deciso di tenere in
considerazione soltanto il valore minore, cioè quello corrispondente a un peggiore arco
di movimento.

37
Per quanto riguarda la stabilità dell’articolazione, a un gomito stabile è stato attribuito
un punteggio pari a 10, moderatamente instabile o con instabilità soggettiva 5,
fortemente instabile 0.
Infine è sono stati attribuiti 5 punti per ogni funzione quotidiana che il paziente è in
grado di svolgere con l’arto in questione tra pettinarsi, mangiare, provvedere alla
propria igiene personale, abbottonarsi la camicia e allacciare le scarpe, per un massimo
di 25.
In base al punteggio finale, il recupero funzionale del gomito è stato classificato come
ottimo (punteggio maggiore di 90), buono (tra 75 e 89), discreto (tra 60 e 74) e scarso
(punteggio inferiore a 60).
È stato redatto un questionario che fosse possibile sottoporre ai pazienti sia
telefonicamente che per via postale e permettesse di calcolare per ogni paziente il
“Mayo Elbow Performance Score” e di valutare la presenza di altre possibili
complicanze riportate in letteratura quali debolezza e lesioni nervose a carico del nervo
ulnare (allegato 1).
Nel questionario veniva richiesto ai pazienti di specificare:
• Quale arto è stato interessato dalla frattura e se si tratta dell’arto dominante;
• La dinamica del trauma;
• Se il gomito era lussato;
• La tipologia del trattamento subito (se di tipo chirurgico o conservativo);
• Il tipo e la durata dell’immobilizzazione;
• Se è stato seguito un programma riabilitativo;
• La presenza di disturbi al gomito al momento dell’intervista (dolore, limitazioni
al movimento, debolezza e instabilità) e la loro entità;
• La presenza di sintomi attribuibili a lesioni nervose (intorpidimento, formicolio,
ridotta sensibilità) e loro localizzazione;
• La presenza di limitazioni nello svolgere le attività quotidiane (lavarsi, vestirsi,
mangiare), il proprio lavoro o le attività sportive.
Infine è stato chiesto ai pazienti di attribuire un punteggio da 0 a 10 al risultato del
trattamento basandosi sulla propria soddisfazione (dove 0 equivale a totalmente
insoddisfatto del risultato ottenuto e 10 equivale a totalmente soddisfatto del risultato
ottenuto).

38
Soddisfazione

È soddisfatto del risultato della terapia?


0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
non soddisfatto molto soddisfatto

È risultato che dei 59 pazienti sottoposti a trattamento conservativo:


• 5 risultano deceduti;
• 2 non ricordano di aver subito un trauma al gomito;
• 8 non rintracciabili in quanto non è stato possibile risalire a un recapito
telefonico o postale; di questi 2 risultano in carcere;
• 10 rintracciabili, non hanno risposto né alle telefonate né alla lettera
inviata;
• 34 hanno accettato di rispondere al nostro questionario.
Dei 17 pazienti sottoposti a trattamento chirurgico:
• 1 risulta essere deceduto;
• 3 non hanno risposto né alle telefonate né alla lettera inviata;
• 13 hanno accettato di rispondere al nostro questionario.
In totale 47 pazienti hanno risposto al questionario (61,8 % del campione
selezionato).

39
CLASSIFICAZIONE
(REGAN MORREY)
DATA DI NASCITA

DATA TRAUMA

(DOMINANTE)

LUSSAZIONE

FOLLOW-UP
(ANNI)
SESSO
NOME

LATO
ETÀ
1. K.H.K. 08/10/1978 M 13/01/2009 31 (DX) Tipo II sì 5
2. C.B. 07/06/1971 F 21/01/2009 38 (DX) Tipo IV no 5
3. D.D.P. 22/05/1973 M 29/01/2007 33 (DX) Tipo IV no 7
4. F.A. 28/07/1956 F 05/07/2005 49 (DX) Tipo I sì 9
5. D.T. 05/05/1946 F 14/01/2008 62 (DX) Tipo I no 6
6. B.B. 01/04/1945 F 22/09/2010 65 (DX) Tipo IV no 4
7. R.G. 14/03/1989 M 25/04/2007 18 (DX) Tipo II sì 7
8. G.M. 02/03/1969 M 15/03/2009 40 (DX) Tipo IV no 5
9. P.M. 02/11/1936 F 15/03/2010 74 (DX) Tipo IV no 4
10. L.A.R. 08/01/1957 F 28/01/2010 53 SN Tipo IV no 4
11. G.R. 09/04/1981 M 04/02/2009 27 SN Tipo IV no 5
12. B.C. 17/02/1985 F 04/06/2009 24 SN Tipo IV no 5
13. P.D. 15/06/1950 F 29/09/2010 60 SN Tipo I sì 4
14. P.R.A. 03/04/1947 F 13/03/2005 58 (DX) Tipo I no 9
15. J.N. 19/08/1950 F 05/09/2006 56 (DX) Tipo II no 8
16. F.L. 21/12/1972 F 16/01/2006 34 SN Tipo I no 8
17. M.D. 21/05/2005 M 12/07/2009 4 SN Tipo I no 5
18. P.G. 30/07/1999 M 15/03/2010 11 SN Tipo I sì 4
19. D.F. 29/01/1957 M 06/04/2008 51 (DX) Tipo I no 6
20. Z.P. 04/11/1947 F 22/02/2008 61 (DX) Tipo IV no 6
21. P.A. 04/04/1958 F 25/07/2008 50 (DX) Tipo I no 6
22. R.R. 03/08/1962 F 27/10/2007 45 (SN) Tipo IV no 7
23. S.P. 02/08/1931 F 17/06/2010 79 SN Tipo IV no 4
24. M.W. 28/11/1995 M 23/08/2009 14 (DX) Tipo I no 5
25. L.R. 06/08/1961 M 23/06/2009 48 (DX) Tipo II sì 5
26. G.C. 05/03/1995 M 24/02/2010 15 SN Tipo I no 4
27. N.F. 04/03/1996 M 20/07/2010 14 SN Tipo II no 4
28. G.A. 01/01/1956 F 06/05/2010 53 (DX) Tipo I no 4
29. R.F. 04/10/1962 F 22/10/2004 42 (DX) Tipo IV no 10
30. D.A. 15/05/1936 M 05/01/2007 71 (DX) Tipo II no 7
31. C.F. 23/11/1973 M 07/02/2007 34 SN Tipo II no 7
32. B.E. 08/02/1946 F 02/09/2008 62 (DX) Tipo IV no 6
33. G.A. 25/11/1948 M 29/11/2007 59 (DX) Tipo IV no 7
34. D.C.D.P 10/07/1984 M 28/04/2008 24 SN Tipo IV no 6
.
Pazienti sottoposti a trattamento conservativo.

40
CLASSIFICAZIONE
(REGAN-MORREY)
DATA DI NASCITA

DATA TRAUMA

(DOMINANTE)

LUSSAZIONE

FOLLOW-UP
(ANNI)
SESSO
NOME

LATO
ETÀ
1. S.R. 14/12/1976 M 01/10/2005 29 (DX) Tipo II no 9
2. E.G. 11/11/1974 M 06/06/2008 34 (DX) Tipo I no 6
3. B.B. 28/08/1966 F 19/09/2008 42 (DX) Tipo III no 6
4. A.E. 06/08/1971 M 15/01/2009 38 (SN) Tipo II no 5
5. S.A. 24/02/1988 M 07/06/2005 17 (DX) Tipo IV no 9
6. M.M. 04/09/1967 M 13/05/2005 38 SN Tipo II sì 9
7. T.I. 16/02/1979 M 05/02/2010 31 SN Tipo III no 4
8. S.S. 29/03/1939 F 23/02/2008 69 SN Tipo IV no 6
9. R.I. 25/07/1979 M 20/02/2006 26 DX Tipo III sì 8
10. L.A. 28/12/1971 M 05/02/2007 35 (DX) Tipo II sì 7
11. G.M.R. 16/04/1959 F 18/05/2009 50 (DX) Tipo II sì 5
12. M.M. 22/04/1976 M 10/07/2005 28 (DX) Tipo IV sì 9
13. S.L. 24/02/1982 M 10/05/2010 28 SN Tipo II sì 4
Pazienti sottoposti a trattamento chirurgico.

Abbiamo invitato tutti i pazienti a una valutazione ambulatoriale a cui si sono presentati
in 8 (6 sottoposti a trattamento conservativo e 2 a trattamento chirurgico).
Il resto dei pazienti non si è presentato alla visita perché residente fuori Modena, per
mancanza di tempo o perché non sentiva la necessità di una visita a distanza di anni dal
trauma, ritenendosi in genere soddisfatto del risultato ottenuto.
Durante la visita ambulatoriale è stato possibile valutare in maniera oggettiva i deficit
residui del gomito precedentemente trattato riferiti dal paziente quali dolore,
dolorabilità, instabilità e riduzione del movimento attivo e passivo.
In particolare è stato possibile differenziare l’instabilità soggettiva (sensazione
d’instabilità) dall’instabilità oggettiva tramite l’esecuzione del valgo stress test, varo
stress test e“pivot-shift” test laterale.
La stabilità è stata valutata muovendo il gomito del paziente per l’arco di movimento
possibile in flesso-estensione e sottoponendolo a stress in varismo e in valgismo al fine
di evidenziare una sublussazione o una dislocazione.
L’instabilità rotazionale posterolaterale è stata valutata tramite il test del “pivot-shift”
laterale eseguito tenendo l’avambraccio in posizione supina, applicando una forza
moderata in valgo e flettendo il gomito a circa 40 gradi; il test è stato considerato

41
positivo se vi è stato segno di apprensione da parte del paziente o una franca
sublussazione.
Al termine della visita è stato chiesto ai pazienti di eseguire una radiografia di controllo
per valutare il corretto consolidamento della frattura e la presenza di artrosi secondaria
al trauma.

11.2 analisi statistica

I dati raccolti sono stati analizzati ed elaborati statisticamente con l’ausilio del software
Excel per Windows.
Per le variabili dicotomiche abbiamo calcolato le frequenze relative, con i relativi
intervalli di confidenza al 95%.
Per le variabili continue abbiamo calcolato le medie, con intervalli di confidenza al
95%.
Quando abbiamo confrontato differenze di frequenze o di medie tra due gruppi di
pazienti abbiamo elaborato le differenze, con intervalli di confidenza al 95%.
I valori sono stati considerati significativi nel caso in cui la probabilità che la differenza
fosse casuale è risultata minore di 0,05 (p<0,05).

42
12 RISULTATI

Tra gli anni 2004-2010 sono stati trattati 76 pazienti con fratture di coronoide isolate, 59
con trattamento conservativo e 17 con trattamento chirurgico.
47 pazienti (61,8 % del campione) hanno risposto al questionario da noi redatto, 34 di
questi trattati in maniera incruenta (58,6% di tutti i pazienti con trattamento
conservativo) e 13 trattati chirurgicamente (72,2 % di tutti i pazienti con trattamento
conservativo).

T. conservativo T. chirurgico Totale


N° pazienti 34 13 47
Maschi 16 10 26
Femmine 18 3 21
Età media 42,9 (4-79) 35,8 (17-69) 41 (4-79)
(al momento del trauma)
Età mediana 47 34 38
(al momento del trauma)
Meccanismo traumatico
Incidente stradale 6 (17,1%) 2 (15,4%) 8 (17%)
Trauma diretto 16 (47,1%) 5 (38,5%) 21 (44,7%)
Caduta con appoggio della 9 (26,5%) 6 (46,1%) 15 (31,9%)
mano
Trauma con torsione 2 (5,9%) - 2 (4,3%)
Nessun trauma riferito 1 (2,9%) - 1 (2,1%)
Follow up medio (anni) 5,8 (4-10) 6,7 (4-9) 6,1 (4-10)

Dall’analisi dei dati ottenuti risulta che il 72,3% dei pazienti che hanno partecipato allo
studio è stato trattato incruentemente, il 27,7% è stato trattato chirurgicamente.
Hanno riportato una frattura di coronoide isolata 26 maschi (16 con trattamento
conservativo e 13 con trattamento chirurgico) e 21 femmine (18 con trattamento
conservativo e 8 con trattamento
chirurgico).
L’età dei pazienti al momento del
trauma varia dai 4 ai 79 anni, con
una età media di 41 anni e una
mediana di 38 anni.
Per quanto riguarda il meccanismo
traumatico, 8 pazienti hanno

43
riportato una frattura di coronoide a seguito di un incidente stradale (17%), 21 a seguito
di un trauma diretto al gomito (44,7%), 15 cadendo da altezza uomo e appoggiando la
mano a terra (31,9%), infine 2 pazienti hanno riferito una torsione del gomito come
causa della frattura (4,3%) e una paziente non ricorda un trauma specifico avvenuto al
momento della lesione (2,1%).
Il follow up medio è di 6,1 anni (range da 4 a 10 anni).

N° pazienti La localizzazione della frattura


Gomito destro 29 è stata al gomito destro in 29
Gomito sinistro 18
Arto dominante 30 (2 ambidestri) pazienti (61,7% dei pazienti) e
Classificazione di Regan-Morrey al gomito sinistro in 18 pazienti
Tipo I 12 (25,5%)
Tipo II 13 (27,7%) (38,3%); in 30 pazienti è stato
Tipo III 3 (6,4%) interessato l’arto dominante
Tipo IV 19 (6,4%)
lussazioni 12 (25,5%) (63,8%), tra questi 2 pazienti
riferiscono di essere ambidestri.
Classificando le fratture di coronoide secondo il sistema di Regan-Morrey, 12 fratture
sono state classificate come tipo I (25,5%), 13 come tipo II (27,7%), 3 come tipo III
(6,4%) e 19 come tipo IV (40,4%); in 12 pazienti la frattura di coronoide è associata a
lussazione di gomito (25,5% delle fratture).
Il punteggio MEPS medio ottenuto dalla popolazione è pari a 87,5 su 100 (range 60-
100).
22 pazienti hanno ottenuto un risultato ottimo (46,8%), 16 un risultato buono (34%) e 9
un risultato discreto (19,2%); nessun paziente ha riportato un risultato scarso.
Tra le complicanze non valutate dal MEPS, in 5 pazienti (10,6%) sono presenti lesioni
nervose a carico del nervo ulnare che causano parestesie al IV e V dito della mano,
mentre 10 pazienti (21,4%) lamentano una diminuzione della forza.
Il valore attribuito dai pazienti alla propria soddisfazione è stato in media di 8,5 su 10
(range 5-10).
MEPS ±DS 87,5 ±12,8
Dolore ±DS 34,4 ±11,7
Movimento ±DS 19,2 ±1,8
Instabilità ±DS 9,4 ±1,7
Funzione ±DS 24,3 ±2,3
Lesioni nervose 5 (10,6%, 95% IC 4,6%-22,6%)
debolezza 10 (21,4%, 95% IC 12%-34,9%)
Soddisfazione ±DS 8,5 ±1,5

44
Abbiamo suddiviso i pazienti in due gruppi in base all’età al momento del trauma
(minore di 40 anni e maggiore di 40 anni) e confrontato il punteggio MEPS ottenuto e la
soddisfazione dei pazienti nei due gruppi.

Età
<40 >= 40
N° pazienti 24 23
MEPS 89,4 85,4 d = 3,9 95% IC (-3,8-11,7)
95% IC (84,0-94,8) 95% IC (79,9-90,9) p = 0,3124
Dolore 35,6 33,3
Movimento 19,4 19,1
Instabilità 9,4 9,3
funzione 25 23,7
soddisfazione 8,9 8,2 d = 0,7 95% IC (-0,2-1,5)
95% IC (8,4-9,4) 95% IC (7,5-8,9) p = 0,1191

I 24 pazienti che hanno subito il trauma a una età inferiore ai 40 anni hanno totalizzato
un punteggio MEPS medio di 89,4 (range 60-100) e hanno attribuito alla propria
soddisfazione un valore medio di 8,9 (range 6-10).
I 23 pazienti che al momento del trauma avevano un età pari o superiore a 40 anni
hanno totalizzato un punteggio MEPS medio di 85,4 (range 65-100) e hanno attribuito
alla propria soddisfazione un valore medio di 8,2 (range 5-10).
Tra i due gruppi non vi sono state differenze statisticamente significative.
Analizzando l’incidenza delle complicanze riportate, la più frequente è risultata essere il
dolore che è presente in 24 pazienti (51,1%); il dolore è risultato essere di entità lieve in
15 casi e moderata in 9.
7 pazienti (14,9%) presentano una riduzione del movimento con arco inferiore a 100°
che in 6 pazienti riguarda prevalentemente la flesso estensione e in 1 la prono
supinazione; altri 3 pazienti presentano una riduzione del movimento lieve con arco
maggiore di 100° e che quindi rientra nell’arco di movimenti funzionale.
10 pazienti (21,3%) riferiscono di sentire il braccio più debole rispetto a prima della
lesione, 17 pazienti (36,2%) lamentano una sensazione di discomfort legata soprattutto
ai cambiamenti climatici, 5 (10,6%) presentano sintomi riferibili a lesioni del nervo
ulnare.

45
6 pazienti (12,8%) riferiscono una sensazione d’instabilità articolare e 3 di questi sono
stati valutati ambulatorialmente, ma all’esame
obiettivo in nessun caso è stata rilevata una
sublussazione o una dislocazione durante
l’esecuzione del valgo stress test, varo stress test
e “pivot-shift” test laterale.
Infine 3 pazienti (6,4%) presentano limitazioni
nello svolgimento delle attività quotidiane (2
presentano difficoltà nel provvedere alla propria
igiene personale e 1 ha difficoltà a vestirsi), Fig. 23 Valutazione dell'instabilità
articolare; il segno dell'apprensione
mentre un solo paziente riferisce limitazioni nel risulta positivo.
praticare attività sportive.

12.1 confronto fra trattamento conservativo e chirurgico

Abbiamo suddiviso i pazienti in due gruppi in base al trattamento subito (chirurgico o


conservativo), ne abbiamo confrontato le rispettive caratteristiche e i risultati ottenuti.

T. conservativo T. chirurgico
N° pazienti 34 13
MEPS 85,9 91,5 d = -5,7 95% IC (-14,3-3,0)
95% IC (80,9-90,9) 95% IC (86,4-96,6) p = 0,1971
Dolore 32,6 39,2
Movimento 19,4 18,8
Instabilità 9,3 9,6
funzione 24,5 23,8
Lesioni 3 (8,8%) 2 (15,4%)
nervose 95% IC (3%-22%) 95% IC (4,3%-42,2%)
debolezza 6 (17,6%) 4 (30,8%)
95% IC (8,3%-33,5%) 95% IC (12,7%-57,6%)
soddisfazione 8,5 8,6 d = -0,08 95% IC (-1,04-0,87)
95% IC (8,0%-9,0%) 95% IC (7,7%-9,6%) p = 0,8572

34 pazienti sono stati sottoposti a trattamento conservativo, di cui 16 maschi e 18


femmine con un rapporto maschi/femmine di 0,9.

46
I pazienti sottoposti a trattamento chirurgico sono stati 13, di cui 10 maschi e solamente
3 femmine, con un rapporto maschi/femmine di 3,3.
L’età media al momento del trauma è pari a 42,9 anni nei pazienti con trattamento
conservativo (età mediana 47 anni), mentre è risultata inferiore nei pazienti con
trattamento chirurgico (35,8 anni, età mediana 34 anni).
Per quanto concerne il meccanismo
Meccanismo traumatico (t.
traumatico, tra i pazienti sottoposti
conservativo)
a trattamento conservativo 6 6% 3% 18%
incidente

(17,1%) riferiscono di aver trauma diretto

riportato una frattura di coronoide 26%


caduta con appoggio della
mano
durante un incidente stradale, 16 trauma con torsione

(47,1%) a seguito di un trauma 47%


nessun trauma riferito

diretto al gomito, 9 (26,5%)


cadendo da altezza uomo e Meccanismo traumatico (t.
appoggiando la mano a terra, 2 0%
15%
chirurgico)
incidente

(5,9%) riferiscono una torsione del trauma diretto

gomito al momento del trauma e 1 47% caduta con appoggio della


mano
(2,9%) non ricorda un trauma al trauma con torsione

momento della lesione. 38%


nessun trauma riferito

Tra i pazienti sottoposti a


trattamento chirurgico, 2 (15,4%) hanno riportato una frattura di coronoide durante un
incidente stradale, 5 (38,5%) a seguito di un trauma diretto al gomito e 6 pazienti
(46,1%) riferiscono di essere caduti da altezza uomo con appoggio della mano a terra.
Il follow up medio è stato di 5,8 anni per i pazienti con trattamento conservativo (range
4-10) e di 6,7 anni per i pazienti con trattamento chirurgico (range 4-9).
Confrontando i punteggi ottenuti al MEPS nei due gruppi di pazienti risulta che i
pazienti con trattamento conservativo presentano un risultato mediamente peggiore
rispetto ai pazienti con trattamento chirurgico (85,9 contro 91,5).
In particolare i pazienti con trattamento chirurgico presentano un punteggio migliore
nelle categorie dolore (39,2 t. chirurgico e 32,6 t. conservativo) e instabilità (9,6 t.
chirurgico e 9,3 t. conservativo), mentre riportano un punteggio peggiore nell’arco di
movimento (18,8 t. chirurgico e 19,4 t. conservativo) e nella funzione del gomito (23,8

47
t. chirurgico e 24,5 t. conservativo); la
differenza tra i due gruppi non è però MEPS
statisticamente significativa. 100
95
90
Le lesioni del nervo ulnare sono presenti 85
80
nell’8,8% dei pazienti sottoposti a 75
70
65
trattamento conservativo (3 pazienti), 60
55
mentre sono più frequenti nei pazienti 50
45
40
sottoposti a trattamento chirurgico (15,4%, 35
30
2 pazienti). Conservativi Chirurgici Totale
6 pazienti (17,6%) trattati
conservativamente lamentano debolezza all’arto interessato; la debolezza è lamentata
anche da 4 pazienti (30,8%) trattati chirurgicamente.
La soddisfazione dei pazienti per il risultato ottenuto è simile nei due gruppi, con un
punteggio medio di 8,5 (range 6-10) per i pazienti trattati conservativamente e di 8,6
(range 5-10) per i pazienti trattati chirurgicamente.

12.2 pazienti trattati conservativamente

Abbiamo analizzato i dati riguardanti i soli pazienti con trattamento conservativo,


suddividendoli in pazienti che presentavano una lussazione del gomito associata alla
frattura di coronoide e pazienti che non presentavano lussazione del gomito.

lussati Non lussati


N° pazienti 6 28
MEPS 83,3 86,4 d = -3,09 95% IC (-16,5-10,3)
95% IC (67,2-99,5) 95% IC (80,9-92) p = 0,6408
Dolore 32,5 32,6
Movimento 19,2 19,4
Instabilità 8,3 9,5 p = 0,1653
Funzione 23,3 24.8
Lesioni nervose 1 (16,7%) 2 (7,1%)
95% IC (3%-56,4%) 95% IC (2%-22,7%)
debolezza 0 6 (21,4%)
95% IC (10,2%-39,5%)
soddisfazione 8,5 8,5 d = -0,04 95% IC (-1,36-1,28)
95% IC (6,8-10,2) 95% IC (8,0-9,1) p = 0,9564

48
I 6 pazienti con frattura di coronoide associata a lussazione del gomito hanno totalizzato
al un punteggio MEPS medio di 83,3 (range 60-100).
I 28 pazienti con frattura non associata a lussazione hanno totalizzato un punteggio
MEPS di 86,4 (range 60-100).
In particolare i pazienti con lussazione presentano al follow up un gomito mediamente
meno stabile dei pazienti senza lussazione (punteggio di 8,3 contro 9,5); questa
differenza non è tuttavia statisticamente significativa.
Per quanto riguarda le restanti complicanze, le lesioni nervose a carico del nervo ulnare
sono state riferite da 1 paziente (16,7%) nel gruppo dei lussati e da 2 (7,1%) pazienti nel
gruppo dei non lussati.
Nessuno dei pazienti con lussazione ha riferito di percepire il gomito più debole rispetto
a prima del trauma, percezione che è stata riportata da 6 dei pazienti (21,4%) senza
lussazione del gomito.
Entrambi i gruppi presentano una valutazione media della propria soddisfazione di 8,5
(range 6-10 in entrambi i casi).
Abbiamo successivamente modificato i criteri di raggruppamento e suddiviso i pazienti
con trattamento conservativo e i loro risultati in base alla classificazione della frattura
secondo Regan-Morrey.

Classificazione (Regan-Morrey)
Tipo I Tipo II Tipo III Tipo IV
N° pazienti 11 7 0 16
MEPS 93,6 81,4 - 82,5
95% IC (86-101,3) 95% IC (64,4-98,5) 95% IC (75,6-89,5)
Dolore 39,5 30 - 29,1
Movimento 20 17,9 - 19,7
Instabilità 10 8,6 - 9,1
Funzione 24 25 - 24,7
Lesioni 1 1 - 1
nervose
debolezza 1 1 - 4
soddisfazione 9,3 8,2 - 8,2
95% IC (8,5-10) 95% IC (6,7-9,6) 95% IC (7,4-8,9)

Dei 34 pazienti trattati conservativamente, in 11 (32,4%) hanno riportato una frattura di


coronoide di tipo I, in 7 (20,6%) una frattura di tipo II, in 16 (47%) una frattura di tipo

49
IV; nessuno dei pazienti trattati conservativamente presentava alla diagnosi una frattura
di tipo III.
I pazienti con frattura di tipo I hanno ottenuto un punteggio MEPS medio di 93,6 (range
70-100) e una valutazione media della propria soddisfazione di 9,3 (range 7-10).
I pazienti con frattura di tipo II hanno ottenuto un punteggio MEPS medio di 81,4
(range 60-100) e una valutazione della propria soddisfazione in mediamente di 8,2
(range 6-10).
I pazienti con frattura di tipo IV hanno ottenuto un punteggio MEPS medio di 82,5
(range 60-100) e un valutazione della propria soddisfazione mediamente di 8,2 (range 6-
10).
Tra i gruppi con frattura di tipo I e di tipo IV è stata riscontrata una differenza
statisticamente significativa del punteggio MEPS (d = 11,14 95% IC 1,12-21,15, p =
0,0307) e della valutazione della soddisfazione personale (d = 1,08 95% IC 0,03-2,14, p
= 0,0439).
In ciascun gruppo un paziente presenta lesione del nervo ulnare.
È stata inoltre riscontrata debolezza del braccio interessato dalla frattura in 1 paziente
con frattura di tipo I, 1 paziente con frattura di tipo II e 4 pazienti con frattura di tipo IV.
Abbiamo infine suddiviso i pazienti con trattamento conservativo in 3 gruppi in base
alla durata dell’immobilizzazione del gomito: compresa tra 0 e 15 giorni, compresa tra
16 e 30 giorni e maggiore di 30 giorni.

Durata immobilizzazione
0-15 giorni 16-30 giorni >30 giorni Non riferita
N° pazienti 9 17 5 3
MEPS 88,9 84,7 76 100
95% IC (77,9-99,9) 95% IC (77,7-91,7) 95% IC (55,7-96,3)
Dolore 35 31,76 24 45
Movimento 20 19,11 19 20
Instabilità 8,9 9,7 8 10
Funzione 25 24,11 25 25
Lesioni 0 3 0 0
nervose
debolezza 1 4 1 0
soddisfazione 8,8 8,5 7,4 10
95% IC (7,9-9,6) 95% IC (7,7-9,2) 95% IC (5,7-9,1)

50
3 pazienti non ricordavano la durata dell’immobilizzazione del gomito, nonostante ciò il
punteggio ottenuto al MEPS è stato ottimo in tutti e tre i casi; anche la valutazione della
soddisfazione personale ha ottenuto il punteggio massimo in tutti i tre pazienti e
nessuno di loro ha riportato lesioni del nervo ulnare o debolezza del braccio interessato.
9 pazienti (24,5%) sono stati immobilizzati per un periodo di tempo compreso tra 0 e 15
giorni e hanno totalizzato un punteggio medio MEPS di 88,9 (range 65-100); il
punteggio medio dato alla propria soddisfazione è stato di 8,8 (range 7-10).
Tra questi, 2 pazienti riferiscono di non aver ricevuto nessun tipo di trattamento e quindi
di non essere stati immobilizzati; un paziente ha riportato un punteggio MEPS di 70 e
un indice di soddisfazione personale di 8 ed è stato l’unico in questo gruppo ha riferire
debolezza dell’arto interessato, l’altro un punteggio MEPS di 65 e un indice di
soddisfazione personale di 7.
17 pazienti (50%) sono stati
MEPS - immobilizzazione
immobilizzati per un periodo di
100
95
tempo compreso tra i 16 e i 30 90
85
giorni, hanno totalizzato un 80
75
70
punteggio MEPS medio di 85,7 65
60
(range 60-100) e un indice di 55
50
45
soddisfazione personale 40
35
30
mediamente di 8,5 (range 6-10);
0-15 giorni 16-30 giorni >30 giorni
di questi pazienti, 3 (17,6%)
hanno riportato lesioni del nervo ulnare e 4 (23,5%) debolezza del braccio.
Infine, 5 pazienti sono stati immobilizzati per più di 30 giorni, riportando un punteggio
MEPS medio pari a 76 (range 60-100) e un indice di soddisfazione personale
mediamente di 7,4 (range 6-9); tra questi, un paziente riferisce debolezza dell’arto
interessato.

12.3 pazienti trattati chirurgicamente

I dati riguardanti i 13 pazienti trattati chirurgicamente sono stati analizzati in base alla
tecnica chirurgica utilizzata.

51
Abbiamo suddiviso i pazienti in base all’utilizzo di mezzi di sintesi (viti, fili di
kirschner, placca), della tecnica della sutura di lasso o di altre procedure (artroplastica,
ricostruzione della coronoide con frammento di olecrano e ricostruzione del LCM senza
sintesi della frattura di coronoide).

Tecnica chirurgica
viti Fili di K sutura placca altro
N° pazienti 6 2 1 1 3
MEPS 92,5 85 95 100 90
Range (100-85) Range (95-75) Range (100-85)
Dolore 37,5 37,5 45 45 40
Movimento 20 15 20 20 18,3
Instabilità 10 10 5 10 10
funzione 25 22,5 25 25 21,7
Lesioni nervose 1 0 1 0 0
debolezza 1 1 0 0 2
soddisfazione 9,5 7 8 10 8,3
Range (10-9) Range (9-5) Range (9-6)

In 6 pazienti la sintesi della frattura di coronoide è stata effettuata con l’utilizzo di viti.
Questo gruppo ha ottenuto un punteggio MEPS medio di 92,5 (range 85-100) e un
indice di soddisfazione medio di 9,5 (range 9-10); un paziente presenta una lesione del
nervo ulnare e uno riferisce debolezza dell’arto.
In due pazienti la sintesi della frattura è stata realizzata con l’utilizzo dei fili di
kirschner.
Questo gruppo ha ottenuto il punteggio medio
MEPS peggiore (85, range 75-95), in particolare
entrambi i pazienti presentano una riduzione del
movimento con arco minore di 100° e uno dei
due presenta dolore, debolezza e difficoltà nel
provvedere alla propria igiene personale; il
punteggio dato alla propria soddisfazione è stato
9 per il paziente con l’outcome migliore e 5 per
quello con l’outcome peggiore.
Un paziente è stato trattato con la tecnica della Fig. 24 Sintesi di frattura di coronoide
sutura di Lasso; il punteggio MEPS è risultato mediante l'utilizzo di fili di kirschner.

52
pari a 95, con un punteggio di 5 per l’instabilità, e l’indice di soddisfazione è stato di 8.
In questo paziente è stata inoltre rilevata una lesione del nervo ulnare.
Un paziente è stato trattato con l’utilizzo di una placca modellata per la faccetta
anteromediale della coronoide, il quale ha ottenuto il punteggio massimo sia nel MEPS
che nell’indice di soddisfazione.
In fine nei 3 pazienti trattati con altre tecniche (artroplastica, ricostruzione con
frammento di olecrano e ricostruzione del LCM senza interventi sulla coronoide) è stato
ottenuto un punteggio MEPS medio di 90 (range 85-100), con un indice di
soddisfazione mediamente di 8,3 (range 6-9) e la presenza di debolezza dell’arto in due
pazienti.
È stato applicato un distrattore articolare a 2 dei pazienti sottoposti a trattamento
chirurgico a causa di lussazioni recidivanti successivamente al primo intervento.

Applicazione di un distrattore articolare


Si no
N° pazienti 2 11
MEPS 92,5 91,4
Range 85-100 95% IC (85,5-97,2)
Dolore 45 38,2
Movimento 17,5 19
Instabilità 10 9,5
Funzione 20 24,5
Lesioni nervose 0 2
debolezza 1 3
soddisfazione 8 8,7
Range (6-10) 95% IC (7,8-9,7)

Uno dei pazienti a cui è stato applicato il distrattore articolare ha ottenuto un punteggio
MEPS ottimo (100), con un indice di soddisfazione pari a 10 e riferisce come unica
complicanza una sensazione di discomfort legata ai cambiamenti climatici.
Il secondo paziente a cui è stato applicato il distrattore articolare ha totalizzato un
punteggio MEPS buono (85), con un arco di movimento in prono supinazione inferiore
a 100° e limitazioni nelle attività quotidiane, in particolare a vestirsi; il paziente riferisce
inoltre di provare una sensazione di debolezza al braccio e di discomfort legato ai
cambiamenti climatici e ha dato alla propria soddisfazione un punteggio di 6.

53
I due pazienti hanno totalizzato un punteggi MEPS medio di 92,5 (range 85-100),
mentre il punteggio medio dei pazienti chirurgici a cui non è stato applicato il distrattore
è di 91,4 (range 75-100); l’indice di soddisfazione medio è stato di 8 (range 6-10) per i
pazienti con distrattore e di 8,7 (range 5-10) per i restanti, le lesioni del nervo ulnare
sono state riscontrate solo in due pazienti a cui non è stato applicato il distrattore
articolare mentre la debolezza dell’arto è stata riferita da un paziente con distrattore
articolare e 3 pazienti senza.

12.4 pazienti visitati ambulatorialmente

8 pazienti si sono presentati alla visita ambulatoriale tra cui 6 pazienti sottoposti a
trattamento conservativo e 2 pazienti sottoposti a trattamento chirurgico; a tutti i
pazienti è stata consigliata l’esecuzione di una radiografia di controllo.
3 pazienti riferivano una sensazione d’instabilità del gomito, nessuno dei 3 presentava
una lussazione del gomito al momento della diagnosi e sono quindi stati sottoposti a
trattamento conservativo; abbiamo effettuato la valutazione dell’instabilità articolare
che è risultata negativa per la presenza di sublussazione in tutti i pazienti.
4 pazienti (2 con trattamento chirurgico e 2 con trattamento conservativo) riferivano di
sentire l’arto più debole rispetto a prima della lesione; all’esame obiettivo non sono
state riscontrate differenze di forza tra il braccio lesionato e il braccio controlaterale, ma
va sottolineato che in questi pazienti l’arto lesionato è anche l’arto dominante.
3 pazienti su 8 (1 con trattamento chirurgico e
3 con trattamento conservativo) presentano
riduzione dell’arco di movimento di flesso-
estensione, con una perdita dell’estensione
mediamente di 8,3 gradi e una perdita della
flessione mediamente di 28,3 gradi.
Un solo paziente tra quelli visitati
ambulatorialmente presenta una riduzione della
Fig. 24 Deficit di flessione del gomito
supinazione di 70 gradi e una riduzione della destro rispetto al controlaterale.
pronazione di 35 gradi.

54
6 dei pazienti valutati, tutti con trattamento
conservativo, riferiscono dolore a livello del
gomito, tuttavia in 3 pazienti il dolore è
localizzato alla regione posteriore del gomito
e sembra essere legato a una tendinopatia del
tricipite; a questi pazienti è stato suggerito di
effettuare una ecografia del tendine del
tricipite. Fig. 25 Dolore in regione posteriore del
In uno dei pazienti il dolore è presente gomito dovuto a tendinopatia del tricipite.

prevalentemente negli ultimi gradi di


flessione del gomito che risulta inoltre
limitata 20°, così come risulta limitata
l’estensione; il paziente ha eseguito una
radiografia di controllo che ha mostrato la
permanenza di un corpo intrarticolare.
Altri due pazienti hanno effettuato una
radiografia di controllo.
Un paziente mostra alla radiografia una Fig. 26 Dolore negli ultimi gradi di flessione
moderata artrosi che appare però del gomito.
immodificata rispetto al momento del trauma avvenuto 7 anni prima.
Il secondo paziente presentava alla valutazione clinica una limitazione della prono
supinazione con arco inferiore ai 100°; la radiografia mostra la presenza di artrosi
diffusa delle articolazioni radio-ulnare e radio-carpica.

55
13 DISCUSSIONE

Da un’analisi della letteratura prodotta sulle fratture di coronoide del gomito è risultato
che non sono stati descritti studi di tipo caso controllo o retrospettivi che indaghino il
trattamento delle fratture di coronoide isolate.
Sono stati invece descritti diversi studi retrospettivi riguardanti il trattamento delle
fratture di coronoide associate ad altre fratture.
Garrigues et al. hanno effettuato uno studio retrospettivo sul trattamento delle fratture di
coronoide in 40 pazienti con terribile triade del gomito (45).
Manidakis et al. hanno effettuato una review su 14 articoli che riportano i dati di un
totale di 236 fratture di coronoide associate a fratture di capitello radiale e fratture di
olecrano (36).
Aksu et al. hanno valutato i risultati del trattamento chirurgico di 8 pazienti con
lussazione del gomito associata a frattura di coronoide e ad altre fratture (44).
Kiene et al. hanno descritto i risultati di uno studio retrospettivo su 58 fratture di
coronoide di cui 11 pazienti con frattura di coronoide isolata associata a lussazione di
gomito e 4 con frattura isolata non associata a lussazione(33)
Doornberg et al. hanno effettuato uno studio su18 pazienti con frattura anteromediale di
coronoide (30).
Sono stati inoltre riportati alcuni casi di fratture di coronoide isolate (16, 21, 35, 46).

Dai dati che abbiamo raccolto, l’incidenza delle fratture di coronoide è simile tra maschi
e femmine, con un rapporto M/F di 1,2.

La complicanza riscontrata più frequentemente è stata il dolore, presente nel 51,1% dei
pazienti, il quale risulta essere lieve in 15 pazienti (31,9%) e moderato in 9 (19,1%).
Nello studio effettuato da Kiene et al. su 58 fratture di coronoide con fratture associate,
il 29,3% dei pazienti riferiva di provare un dolore lieve e il 24,1% un dolore moderato,
percentuali che si discostano poco da quelle da noi ottenute (33).
Tuttavia tra gli 8 pazienti visitati ambulatorialmente è risultato che in 3 casi su 6 il
dolore era legato a una tendinopatia del tricipite, quindi non collegabile alla frattura di
coronoide. Dai dati raccolti tramite intervista telefonica e questionario postale non è

56
possibile valutare se nei restanti casi il dolore sia dovuto alla frattura riportata o a una
patologia concomitante.
Riteniamo che la tendinopatia del tricipite, data l’elevata incidenza nel campione
valutato clinicamente, possa essere dovuta a un maggiore sollecitazione del tendine data
dalla presenza di instabilità articolare ed essere causata indirettamente dalla precedente
frattura di coronoide.

10 pazienti (21,3%) hanno riferito una riduzione dell’arco di movimento, tra cui 4 con
trattamento chirurgico e 6 con trattamento conservativo; di questi 4 (1 con trattamento
chirurgico e 3 con trattamento conservativo) si sono presentati alla visita ambulatoriale
dove è stata riscontrata in 3 pazienti una diminuzione dell’arco di flesso-estensione con
una perdita dell’estensione mediamente di 8,3 gradi e una perdita della flessione
mediamente di 28,3 gradi e in un paziente una diminuzione dell’arco di prono-
supinazione con riduzione della supinazione di 70 gradi e una riduzione della
pronazione di 35 gradi.
La perdita dell’arco di movimento di flesso-estensione ha riguardato quindi soprattutto
la flessione del gomito, con ripercussioni su attività quali pettinarsi e farsi la barba
riportate da alcuni pazienti.
Nello studio condotto da Kiene et al. i pazienti presentano un deficit dell’estensione
mediamente di 19 gradi e una flessione attiva media di 126 gradi; i pazienti presentano
inoltre un arco di prono-supinazione medio di 153 gradi (33); dal nostro studio risulta
quindi un migliore recupero della flesso-estensione, ma un peggiore recupero della
prono-supinazione.
Tutti i pazienti con riduzione dell’arco di movimento sono stati immobilizzati per un
periodo di tempo superiore a 20 giorni, con un periodo di immobilizzazione massimo di
60 giorni in due pazienti; l’immobilizzazione prolungata dell’arto si correla quindi a un
deficit dell’arco di movimento.

10 pazienti riferiscono di sentire il braccio più debole rispetto a prima della lesione
(21,3%); all’esame obiettivo effettuato su 4 di questi non sono state riscontrate
differenze di forza tra il braccio lesionato e il braccio controlaterale.

57
Va però sottolineato che in questi pazienti l’arto lesionato è anche l’arto dominante, il
quale presenta generalmente una forza maggiore rispetto all’arto non dominante del 5-
15% e che la valutazione della forza condotta senza l’ausilio di apposte apparecchiature
è piuttosto grossolana (3).
Nonostante ciò i nostri dati sono sovrapponibili a quelli presenti in letteratura, dove non
è stata trovata una differenza della forza statisticamente significativa tra arto sano e arto
lesionato (33).

6 pazienti riferiscono una sensazione d’instabilità articolare (12,8%) e 3 di questi sono


stati valutati ambulatorialmente, ma all’esame obiettivo in nessun caso è stata rilevata
una sublussazione o una dislocazione durante l’esecuzione del valgo stress test, varo
stress test e “pivot-shift” test laterale; il “pivot-shift” test laterale è però da considerarsi
positivo anche quando è presente apprensione da parte del paziente. I gomiti dei pazienti
con instabilità soggettiva sono stati quindi considerati lievemente instabili alla
valutazione MEPS.

Nessuno dei pazienti trattati ha riportato complicanze di tipo infettivo o vascolare, che
si confermano quindi essere estremamente rare nell’ambito delle fratture di coronoide.

Per quanto riguarda il meccanismo traumatico, il più frequente è risultato essere il


trauma diretto al gomito (44,7%), seguito dalla caduta da altezza uomo appoggiando la
mano a terra (31,9%) e dall’incidente stradale (17%).
Tuttavia dal confronto tra i pazienti trattati conservativamente e i pazienti trattati
chirurgicamente è emerso che mentre nei pazienti con trattamento conservativo il
trauma diretto al gomito si è confermato essere il meccanismo traumatico più frequente
(47,1% contro il 26,5 % della caduta con appoggio della mano), nei pazienti con
trattamento conservativo il meccanismo più frequente è stato la caduta da altezza uomo
con appoggio della mano a terra (46,1%, trauma diretto 38,5%).
Dalla ricerca effettuata sulla letteratura, il meccanismo patogenetico più comune delle
fratture di coronoide, associate ad altre fratture o isolate, appare essere il meccanismo di
rotazione posterolaterale, quindi con una caduta sul braccio esteso, il quale porta alla

58
lesione progressiva delle strutture capsulo-legamentose a partire dal LCL fino al LCM
con possibile lussazione completa del gomito (25, 32).
Questo meccanismo sembra quindi portare a una maggiore instabilità dell’articolazione
con la necessità in molti casi di un trattamento chirurgico.
Il meccanismo di rotazione posterolaterale può inoltre portare a frattura della testa del
radio.
Un trauma diretto al gomito porta invece a una frattura di coronoide frequentemente
associata a frattura dell’olecrano e nel 50% dei casi a un interessamento del LCL.
Il nostro studio valuta le sole fratture di coronoide isolate, non stupisce quindi che la
frequenza dei meccanismi traumatici si discosti da quella riportata in letteratura.
La differente frequenza dei meccanismi traumatici tra il gruppo dei pazienti chirurgici e
il gruppo dei pazienti conservativi può essere legato a una maggiore instabilità del
gomito (quindi a una maggiore lesione legamentosa) data dal meccanismo di caduta con
appoggio della mano rispetto al trauma diretto sul gomito; una delle più importanti
indicazioni al trattamento chirurgico è infatti la presenza di instabilità articolare.

Dal confronto dei punteggi MEPS ottenuti dai pazienti con trattamento chirurgico e da
quelli con trattamento conservativo risulta che i pazienti trattati chirurgicamente hanno
avuto un risultato mediamente migliore dei pazienti trattati conservativamente
(punteggio MEPS rispettivamente di 91,5 e 85,9); i pazienti con trattamento chirurgico,
pur avendo conseguito una maggiore stabilità articolare, presentano nel 30,8% dei casi
una riduzione dell’arco di movimento.
Diversi autori sostengono che sia comunque preferibile un gomito con limitazioni del
movimento ma stabile rispetto a un gomito instabile ma con un arco di movimento
completo (36).

La neuropatia cronica a carico del nervo ulnare è stata riscontrata nel 9% dei pazienti
con trattamento conservativo e nel 15% dei pazienti con trattamento chirurgico; la
maggiore incidenza di lesioni nervose nei pazienti chirurgici può essere dovuta alla
trazione del nervo durante le procedure chirurgiche e al suo isolamento necessario per la
osteosintesi.

59
Abbiamo analizzato i risultati ottenuti dai pazienti con trattamento conservativo,
distinguendo i pazienti che presentavano una lussazione di gomito al momento della
diagnosi da quelli che non la presentavano.
I pazienti con lussazione del gomito hanno riportato un punteggio MEPS leggermente
inferiore rispetto ai pazienti senza lussazione (83,3 contro 86,4); in particolare i pazienti
che hanno avuto una lussazione del gomito al momento del trauma presentano al follow
up una maggiore instabilità soggettiva del gomito, con un punteggio medio di 8,3 su 10
contro il punteggio medio di 9,5 dei pazienti senza lussazione.
Non vi è indicazione a trattare chirurgicamente tutte le fratture di coronoide associate a
lussazione di gomito, ma è comunque necessario valutare attentamente la stabilità del
gomito dopo la riduzione della lussazione per decidere se procedere con il trattamento
chirurgico di ricostruzione del legamento collaterale laterale ulnare ed eventualmente
anche del legamento collaterale mediale.
Dagli studi riportati in letteratura non vi è una differenza significativa nei risultati tra i
pazienti con frattura di coronoide associata a lussazione trattati chirurgicamente e quelli
trattati conservativamente (33).

Tra i pazienti trattati in maniera conservativa, i risultati migliori sono stati ottenuti dai
pazienti con frattura di coronoide di tipo I secondo la classificazione di Regan-Morrey
con un punteggio MEPS medio di 93,6, mentre sia i pazienti con frattura di tipo II che i
pazienti con frattura anteromediale hanno ottenuto un punteggio MEPS notevolmente
più basso (rispettivamente di 81,4 e 82,5).
Dal confronto dei dati ottenuti dai pazienti con frattura di tipo I e dai pazienti con
frattura anteromediale è risultata una differenza del punteggio medio MEPS di 11,14
statisticamente significativa (p di 0,0307).
Analizzando i punteggi ottenuti nelle singole categorie (dolore, instabilità, movimento e
funzione) la differenza maggiore tra i due gruppi è rappresentata dal dolore, presente nel
27,2% dei pazienti con frattura di tipo I, con un punteggio medio di 39,5 su 45, e nel
75% dei pazienti con frattura di tipo IV, con un punteggio MEPS medio di 29,1 su 45;
anche in questo caso si tratta di una differenza statisticamente significativa (p di
0,0226), così come è statisticamente significative la differenza nell’indice di
soddisfazione dei due gruppi, rispettivamente di 9,3 e 8,2 (p di 0,0439).

60
I risultati peggiori sono stati ottenuti dai pazienti con frattura di tipo II, con un
punteggio MEPS medio di 81,4 e un indice di soddisfazione medio di 8,2; questo
gruppo presenta una riduzione dell’arco di movimento (punteggio di 17,9 su 20) e una
minore stabilità dell’articolazione rispetto agli altri due gruppi (punteggio di 8,6 su 10),
mentre per quanto riguarda il dolore ha ottenuto un punteggio medio di 30,
sovrapponibile a quello ottenuto nel gruppo con frattura di tipo III.
Dato l’esiguo numero dei pazienti con frattura di coronoide di tipo II trattati
conservativamente (7 pazienti), non sono stati ottenuti risultati statisticamente
significativi.
Questi dati enfatizzano la necessità di una corretta e accurata classificazione delle
fratture di coronoide alla diagnosi e l’importanza di riconoscere le fratture anteromediali
come tali.
La classificazione di O’Driscoll è superiore alla classificazione di Regan-Morrey nella
descrizione delle fratture anteromediali, dividendole in tre sottotipi in base al
coinvolgimento o meno del tubercolo sublime e dell’apice della coronoide.
A questo scopo le radiografie standard in proiezione anteroposteriore e laterale risultano
insufficienti, in quanto una quota di fratture di coronoide di tipo anteromediale risulta
difficilmente individuabile e non è possibile inoltre valutare con precisione l’estensione
di questo tipo di fratture; è quindi consigliabile effettuare un esame TAC nei casi in cui
sia sospettabile una frattura anteromediale di coronoide.
Le fratture di coronoide anteromediali presentano un meccanismo traumatico
(meccanismo rotatorio posteromediale) diverso rispetto alle altre fratture di coronoide e
richiedono anche un trattamento diverso.
Nel loro studio sulle fratture anteromediali di coronoide, Doornberg et. al hanno
descritto i risultati di 18 pazienti con questo tipo di frattura, di cui 9 con trattamento
della frattura giudicato inadeguato (di tipo conservativo o con sintesi non
sufficientemente stabile) e 9 con trattamento giudicato adeguato (30); dai risultati
ottenuti gli autori hanno concluso che le fratture anteromediali di coronoide se associate
a instabilità richiedono sempre un trattamento di tipo chirurgico con accesso mediale e
fissazione dei frammenti più piccoli tramite sutura e dei frammenti più grandi tramite
l’utilizzo di viti e spesso di placche modellate per la faccetta anteromediale della
coronoide.

61
Le indicazioni al trattamento delle fratture di coronoide prevedono che le fratture di tipo
II associate a instabilità debbano essere trattate chirurgicamente con accesso posteriore
e sintesi della frattura tramite l’utilizzo di viti inserite in direzione postero-anteriore fino
a catturare il frammento di coronoide (25, 37).
Dai dati che abbiamo raccolti non è stato possibile stabilire quali pazienti presentassero
una instabilità del gomito al momento della diagnosi e se vi era quindi una indicazione
chirurgica.

Diversi studi indicano come fattore prognostico negativo nel trattamento delle fratture
di coronoide una durata dell’immobilizzazione maggiore di 21 giorni.
In particolare i pazienti che hanno subito una immobilizzazione del gomito maggiore di
3-4 settimane presentano più frequentemente rigidità del gomito, dolore e perdita della
funzione (28, 33).
Nel nostro studio i risultati migliori sono stati ottenuti dai pazienti immobilizzati per un
periodo compreso tra 0 e 15 giorni (punteggio medio MEPS di 88,9 e indice di
soddisfazione di 8,8); i pazienti con una durata dell’immobilizzazione tra i 16 e i 30
giorni hanno ottenuto risultati comunque buoni con un punteggio medio MEPS di 84,7 e
un indice di soddisfazione di 8,5 mentre i risultati peggiori sono stati ottenuti dal gruppo
di pazienti immobilizzati per un periodo di tempo maggiore di 30 giorni (punteggio
MEPS medio di 76 e indice di soddisfazione di 7,4).
I pazienti con durata dell’immobilizzazione maggiore di 30 giorni mostrano in
particolare una maggiore presenza di dolore, con in media 24 punti su 45 al MEPS
rispetto ai 35 e 31,8 rispettivamente del gruppo con immobilizzazione inferiore ai 15
giorni e del gruppo intermedio.
L’arco di movimento risulta essere leggermente migliore nei pazienti con
immobilizzazione inferiore ai 15 giorni (20 punti su 20) rispetto agli altri due gruppi (19
punti); per quanto riguarda invece la stabilità del gomito il punteggio medio migliore è
stato ottenuto dai pazienti con durata dell’immobilizzazione compresa tra i 16 e i 30
giorni (9,7 punti).

Garrigues et al. hanno concluso nel loro studio che la tecnica della sutura “lasso”
permette una migliore stabilità del frammento sintetizzato rispetto ad altre tecniche (45).

62
Altri autori raccomandano l’utilizzo di questa tecnica per le fratture apicali di coronoide
e l’utilizzo di placche sagomate per le fratture di tipo anteromediale e con frammenti di
grandi dimensioni (7, 37)
Nel nostro studio, un solo paziente è stato trattato con sutura del frammento di
coronoide e un paziente è stato trattato con l’applicazione di una placca metallica;
entrambi questi pazienti hanno ottenuto risultati ottimi, con punteggio MEPS
rispettivamente di 95 e 100 e indice di soddisfazione di 8 e 10.
I 6 pazienti trattati con viti hanno ottenuto un punteggio MEPS medio di 92,5 e un
indice di soddisfazione di 9,5.
Il risultato peggiore è stato ottenuto nei pazienti in cui il frammento di coronoide è stato
fissato con l’utilizzo di fili di kirschner, con un punteggio MEPS medio di 85 e un
indice di soddisfazione di 7.
Un terzo paziente, trattato in prima battuta con l’utilizzo di fili di kirschner, è stato
rioperato per lussazioni recidivanti; il trattamento definitivo è consistito nella
ricostruzione del processo coronoideo con apice dell’olecrano, ricostruzione del LCL e
posizionamento di distrattore articolare con un buon risultato finale (punteggio MEPS
85).
La sintesi con fili di kirschner si conferma quindi essere la tecnica meno adatta al
trattamento delle fratture di coronoide, in quanto non permette una sintesi
sufficientemente .stabile dei frammenti.

A due dei pazienti trattati chirurgicamente è stato applicato un distrattore articolare; tra
questi, uno ha ottenuto un risultato ottimo (punteggio MEPS pari a 100) con un arco di
movimento completo e l’altro un risultato buono (punteggio MEPS pari a 85) con una
riduzione dell’arco di movimento e limitazioni funzionali nel vestirsi.
In letteratura l’utilizzo di un distrattore articolare è indicato tra i fattori prognostici
negativi, insieme all’immobilizzazione prolungata e un’osteosintesi instabile; in questo
studio l’utilizzo del distrattore articolare, benché sia stato limitato a soli due pazienti,
non sembra essere collegato a un outcome peggiore.

63
14 CONCLUSIONI

La coronoide del gomito riveste un ruolo critico come stabilizzatore dell’articolazione,


data anche l’inserzione su di essa di alcuni stabilizzatori legamentosi e dinamici, e le
fratture che la interessano si confermano essere particolarmente complesse dal punto di
vista diagnostico e terapeutico.
La maggiore criticità consiste nella diagnosi clinica e radiologica delle fratture di
coronoide e delle lesioni legamentose ad esse associate.
L’anamnesi e in particolare la descrizione del meccanismo può fornire indicazioni utili
riguardo ai patterns di frattura e lesioni dei tessuti molli da sospettare, ma l’esame
obiettivo non dà ulteriori indicazioni sulla presenza di fratture di coronoide e risulta
spesso insufficiente nel ricercare la presenza di instabilità.
La diagnosi radiologica tramite proiezioni anteroposteriore e laterale fornisce dati
limitati sulla presenza di fratture e sulla loro classificazione; le fratture di tipo
anteromediale possono sfuggire a questo esame e quindi non venire trattate
adeguatamente, con conseguenze gravi sulla stabilità e sulla funzione dell’articolazione.
L’esame principe nel rivelare e classificare le fratture di coronoide risulta essere la
tomografia assiale computerizzata, la quale presenta però limiti di radioprotezione e di
logistica e non può quindi essere applicata a tutti i casi di sospetta frattura di coronoide.
Sono stati descritti due sistemi classificativi delle fratture di coronoide, la
classificazione di Regan-Morrey e la classificazione di O’Driscoll.
Questo studio conferma i limiti della classificazione di Regan-Morrey, la quale risulta
efficace nel descrivere le fratture trasversali di coronoide ma non quelle oblique e non
correla alle lesioni dei tessuti molli associate.
I limiti della classificazione di Regan-Morrey sembrano essere superabili grazie alla
classificazione di O’Driscoll, che non solo distingue le fratture anteromediali dalle altre
tipologie, ma fornisce anche indicazioni sul pattern di lesioni associate; inoltre
distinguendo i tre tipi principali di frattura (apicale, anteromediale e basale) in ulteriori
sottotipi permette di fornire indicazioni al trattamento più precise e specifiche.
La scelta del trattamento non può prescindere da una accurata valutazione
dell’instabilità articolare, anche con l’ausilio di radiografie sotto stress in varo e in
valgo, che nei casi più complessi deve essere effettuata in narcosi.

64
La presenza di instabilità articolare si conferma infatti essere una delle più importanti
indicazioni al trattamento chirurgico, con sintesi della frattura di coronoide e
ricostruzione dei legamenti lesionati, in quanto influenza negativamente la funzione del
gomito e favorisce l’instaurarsi di processi artrosici.
Il trattamento conservativo andrebbe riservato ai pazienti che presentano un gomito
stabile.
I nostri risultati confermano che una immobilizzazione dell’arto che duri più di 3-4
settimane è correlata a esiti peggiori, soprattutto sulla riduzione dell’arco di movimento;
tuttavia, una immobilizzazione troppo breve (minore di 15 giorni) sembra influire
negativamente sulla stabilità del gomito.
Per quanto riguarda la tecnica chirurgica, per i frammenti singoli di piccole dimensioni
(tipo I e tipo II sottotipo I secondo O’Driscoll) i risultati migliori sono ottenuti con la
sutura “lasso”, mentre per i frammenti di dimensioni maggiori sono stati ottenuti buoni
risultati con la sintesi con viti; anche l’utilizzo di placche metalliche può essere utile, in
particolare per le fratture di tipo anteromediale (tipo II sottotipo II e III secondo
O’Driscoll).
Si sconsiglia invece l’utilizzo di fili di kirschner, in quanto non permettono di effettuare
una sintesi stabile dei frammenti.
In letteratura l’utilizzo di distrattori articolari è correlato a un esito peggiore dal punto di
vista funzionale; ci troviamo in disaccordo con questa affermazione, in quanto il
distrattore articolare risulta essere un presidio utile nei casi di instabilità residua dopo
sintesi della frattura e ricostruzione dei legamenti lesionati, con risultati sovrapponibili
se non migliori ai pazienti a cui non è stato applicato.
I limiti di questo studio sono rappresentati dal lungo follow up (da 4 a 10 anni) che,
sebbene abbia permesso di valutare le complicanze a lungo termine delle fratture di
coronoide, ha reso difficile rintracciare tutti i pazienti trattati e raccogliere dati precisi in
particolare riguardo il meccanismo traumatico e la durata dell’immobilizzazione.
Un altro limite è stato l’utilizzo di un questionario telefonico e postale per la raccolta
dei dati che non permette di valutare quantitativamente e in maniera oggettiva i deficit
riferiti dal paziente.

65
Inoltre in molti casi non è stato effettuato uno studio TAC al momento della diagnosi e
non è stato quindi possibile applicare la classificazione di O’Driscoll, sebbene fornisca
informazioni più chiare e dettagliate sul tipo di frattura.
Le indicazioni attuali al trattamento delle fratture di coronoide si basano su studi
effettuati su patterns complessi di frattura quali la terribile triade del gomito e le fratture
di Monteggia.
Questo lavoro rappresenta quindi un punto di partenza nello studio delle fratture isolate
di coronoide del gomito, ulteriori studi incentrati su questo argomento permetteranno di
dare indicazioni più precise al trattamento di questo tipo di lesioni.

66
ALLEGATI
Questionario
Indichi il gomito interessato dal trauma: [destro] [sinistro]
È il suo braccio dominante? [si] [no]
Descriva come è avvenuto il trauma:
La frattura è stata trattata con un intervento chirurgico? [si] [no]
Se si indicare la data dell’intervento
La frattura è stata trattata con un’immobilizzazione del gomito? [si] [no]
Se si indicare con quale presidio:
• Tutore
• Gesso
• Doccia di cartone
• Valva gessata
• Fissatore esterno
Per quanto tempo?
Ha effettuato la riabilitazione del gomito presso uno specialista in fisioterapia?
Ha eseguito radiografie/TAC/risonanze magnetiche presso altre strutture?
In questo momento presenta uno dei seguenti problemi al gomito?
• Dolore (indicare se lieve, moderato o severo)
• riduzione del movimento (indicare in allegato)
• debolezza
• discomfort/fastidio (soprattutto legato a cambiamenti climatici)
• sensazione di instabilità
• lussazioni ricorrenti
• limitazioni nelle attività quotidiane (lavarsi, vestirsi, mangiare)
• limitazioni nello sport/hobby
• altro

presenta disturbi alla mano dello stesso arto?


• intorpidimento
• formicolio

67
• ridotta sensibilità
localizzato a quali dita?
altre segnalazioni :

Soddisfazione

È soddisfatto del risultato della terapia?


0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
non soddisfatto molto soddisfatto

Arco di movimenti del gomito


Indicare nelle seguenti figure l’arco di movimento possibile per il gomito lesionato.

68
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Ringraziamenti

Desidero ringraziare il professore Fabio Catani, il professore Claudio Rovesta e la


Clinica Ortopedica e Traumatologica per avermi permesso di prendere parte
all’attività clinica e sperimentale del reparto.

Ringrazio il professor Rovesta per il supporto e i preziosi consigli, senza i quali non
sarebbe stata possibile la realizzazione di questo lavoro.

Ringrazio inoltre la dottoressa Maria Carmen Marongiu per avermi seguita passo a
passo nella realizzazione di questa tesi e per il prezioso aiuto fornitomi.

Un immenso grazie ai miei genitori, per avermi sostenuta in questi anni, per avermi
aiutata a superare tutti i momenti di crisi e per non avermi fatto mancare mai il loro
amore.

Ringrazio mio fratello Matteo e Silvia, per essermi stati vicini anche in questo anno
ricco di impegni e di importanti appuntamenti.

Grazie a Diego, Giulia, Carol, Gek, Luca, Manu, Ceci, Chiara, Lore e Antonio, per
aver riempito questi anni di risate e di mangiate fino a scoppiare, per le vacanze fatte di
carbonare alle cinque del pomeriggio, bagni al tramonto e slittini a tutta velocità e
soprattutto per avermi fatto piangere con le loro sorprese.

Infine GRAZIE alle due persone che hanno creduto in me più di quanto abbia fatto io
stessa. Grazie a Maria Chiara e a Beatrice per essere sempre presenti nel momento del
bisogno, per aver sopportato i miei sfoghi, per i vostri impagabili consigli e per essere
le amiche fantastiche che siete.

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