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INTRODUZIONE
Nel contesto del trattamento chirurgico di grande efficacia si sono dimostrati i mezzi di
sintesi endomidollare che ricalcando e rispettando la conformazione anatomica, e pi in
generale la biomeccanica del segmento osseo in questione, permettono una sintesi stabile
utilizzando procedure chirurgiche poco invasive. Tali mezzi di sintesi permettono inoltre la
precoce concessione del carico sullarto fratturato, il recupero della deambulazione entro
pochi giorni e quindi un importante miglioramento della prognosi del paziente.
Gli impianti endomidollari a disposizione del traumatologo sono tantissimi, ognuno con
pregi e difetti, indicazioni, controindicazioni ed eventuali tendenze verso complicanze a
breve e lungo termine.
Nella seguente trattazione particolare attenzione verr rivolta al sistema E.B.A (ENDOVIS
BIO ADVANCED) : si tratta di un chiodo endomidollare disponibile in tre formati
(standard, medio e lungo) caratterizzato da due viti cefaliche, una o due viti di bloccaggio
distale (sia statico che dinamico). Dei tre modelli a disposizione verr escluso dalla
trattazione il chiodo lungo in quanto indicato unicamente nel trattamento delle fratture della
regione laterale del collo femore associate a fratture diafisarie. Grande rilievo verr dato alle
complicanze locali che tuttoggi interessano dal 5% al 20% dei pazienti operati.
Prima di impegnarsi nelle argomentazioni riguardanti la frattura laterale del collo femore
necessario introdurre lanatomia e la biomeccanica del segmento osseo in questione con
particolare attenzione agli aspetti che hanno un risvolto fisiopatologico, clinico e chirurgico.
1.1 Anatomia muscoloscheletrica
Sebbene denominate fratture laterali del collo femore in realt poco interessano il collo
anatomico: di fatti la maggior parte delle fratture extra-capsulari del collo femore si
realizzano nel contesto della regione trocanterica definita come il segmento osseo compreso
tra la porzione distale del collo femorale ed il margine distale del piccolo trocantere,
prossimalmente alla diafisi femorale 2.
Il femore losso lungo che costituisce lo scheletro della coscia. Prossimalmente si articola
con lacetabolo dellosso dellanca mentre distalmente con la tibia e la rotula.
Il femore costituito da un corpo (diafisi femorale) e due estremit: prossimale e distale. Il
corpo incurvato a concavit posteriore (procurvato), in sezione prismatico, si distinguono
tre margini (mediale, laterale e posteriore) e tre facce (anteriore, postero-mediale e posterolaterale). Il margine posteriore viene definito linea aspra e si biforca distalmente nella linea
sopracondiloidea mediale e laterale mentre prossimalmente tripartita andando a costituire
linserzione del muscolo pettineo (linea pettinea), del grande gluteo (tuberosit glutea) e
lorigine del vasto mediale (cresta del muscolo vasto mediale).
Lestremit prossimale (fig.1.3) costituita dalla testa femorale sostenuta da un segmento
osseo prismatico rettangolare detto collo anatomico e dalla regione trocanterica. Il collo non
allineato con la diafisi femorale ma forma con questa un angolo detto di inclinazione di
120-130 (fig. 1.1), inoltre orientato anteriormente formando un angolo detto di
antiversione di 10-30sul piano orizzontale rispetto la posizione dei condili (fig 1.2).
Figura 1.1
Figura 1.2
Alla base del collo sono presenti due grossi rilievi: il grande e piccolo trocantere, uniti
anteriormente dalla linea intertrocanterica e posteriormente dalla cresta intertrocanterica.
Medialmente il grande trocantere presente la fossa trocanterica (o fossa piriforme).
Larticolazione dellanca unenartrosi e si realizza tra lacetabolo dellosso dellanca e la
testa femorale. La capsula articolare si fissa sul contorno dellacetabolo, sul labbro
acetabolare, mentre sul femore si fissa anteriormente sulla linea intertrocanterica e
posteriormente a livello del terzo distale del collo anatomico.
Figura 1.3
tronco e parallelamente sono causa della scomposizione della frattura instabile del femore
prossimale.
Muscoli interni dellanca: ileopsoas (flessore adduttore ed extra-rotatore della coscia) e
piccolo psoas (flessore del tronco) che si inseriscono sul piccolo trocantere.
Muscoli esterni dellanca disposti in pi strati:
1. Strato superficiale: tensore della fascia lata che si fonde con la fascia lata, il muscolo
grande gluteo (estensore e rotatore esterno della coscia) si inserisce alla tuberosit
glutea del femore.
2. Strato intermedio: muscolo medio gluteo (abduttore della coscia e rotatore interno o
esterno a seconda dei fasci muscolari considerati) si inserisce sul gran trocantere.
3. Strato profondo: il muscolo piccolo gluteo (abduttore e rotatore interno della coscia)
e il muscolo piriforme (abduttore e rotatore esterno della coscia) si inseriscono sul
gran trocantere; il muscolo otturatore esterno (rotatore esterno) otturatore interno e i
muscoli gemelli superiore e inferiore (rotatori esterni) si inseriscono a livello della
fossa trocanterica; il muscolo quadrato del femore (rotatore esterno) si inserisce alla
base del gran trocantere e alla cresta intertrocanterica.
Inoltre vanno citati anche i muscoli mediali della coscia o adduttori che nella frattura
pertrocanterica obliqua inversa determinano una scomposizione caratterizzata dallo
spostamento in direzione mediale del frammento distale, assoluta controindicazione al
trattamento con viti e placca ed indicazione elettiva allutilizzo di mezzi di sintesi
endomidollari.
Figura 1.4
Figura 1. 5
Figura 1.6
Larticolazione dellanca (enartrosi a solido incastro) caratterizzata da tre assi e quindi tre
gradi di libert:
1. Asse trasversale sul piano frontale (movimenti di flesso-estensione);
2. Asse antero-posteriore sul piano sagittale (movimenti di adduzione-abduzione);
3. Asse verticale (movimenti di rotazione interna ed esterna)
I movimenti consentiti da tali gradi di libert permettono di orientare larto in tutte le
direzioni dello spazio, anche se lescursione di tali movimenti non molto ampia (tale
limitazione in parte compensata dal movimento del rachide lombare). Di fatti levoluzione
ha selezionato unarticolazione quanto pi stabile possibile rispetto unarticolazione dotata
di notevole movimento ma al contempo predisposta alla lussazione. Esplicativa la
fisiologia del ciglio cotiloideo che un ostacolo ai movimenti di abduzione ma al tempo
stesso una struttura fondamentale per mantenere la testa femorale in sede.
6
Figura 1.7
Tali forza viene ottimamente trasferite alla corticale diafisaria dalla particolare architettura
dellosso spongioso.
In sezione longitudinale (fig. 1.8) possibile scorgere la struttura interna dellosso spugnoso:
Si evidenziano due sistemi trabecolari (inizialmente descritti da Ward): il sistema principale
(costituito dal fascio cefalico e dal fascio arciforme) ed i fascio accessori (fascio trocanterico,
fascio di tensione verticale e fascio di compressione secondario). Tra questi fasci si viene a
delimitare unarea triangolare denominata triangolo di Ward che costituisce un locus
minoris resistentiae (W in fig.1.9).
Figura 1.8
Figura 1.9
Riguardo il sistema principale i fasci che si dipartono dalla corticale diafisaria laterale sono
sottoposti a tensione mentre i fasci mediali vanno in compressione (fig 1.7).
Lanalisi strutturale delle trabecole in riferimento alla loro funzione permise la realizzazione
di diversi modelli geometrico-meccanici del femore prossimale (fig. 2.10):
Figura 2.10
Il modello universalmente accettato quello di Koch che nel 1917 realizza un modello in
cui valuta punto per punto lintensit massima delle forze in tensione e compressione (valori
8
in figura normalizzati per un carico di circa 45 Kg); inoltre definisce la precisa localizzazione
dellasse neutro del femore prossimale (fig 1.11).
Figura 1.11
Figura 1.12
Figura 1.13
Figura 1.14
osteoporosi. Tale metodica diagnostica venne introdotta da Singh e coll. a cui dobbiamo la
classificazione omonima (fig.1.15).
Figura 1.15
Lindice di Singh (SI) usato per la stima del grado di osteoporosi, mediante valutazione
del radiogramma del femore prossimale; esso fornisce un dato sulla qualit dellosso
mediante unanalisi della struttura trabecolare della spongiosa.
10
2.1 Epidemiologia.
La frattura laterale del collo femore rappresenta circa il 60% delle fratture del femore
prossimale. Si tratta di una lesione che interessa generalmente la popolazione over 75,
conseguenza di cadute o traumi di modesta entit; anche la popolazione giovane-adulta ne
interessata seppure raramente a causa di traumi ad alta energia o a causa di morbilit varie
che determinano debolezza strutturale del segmento osseo in questione.
Parlando pi in generale le fratture del femore prossimale sono le fratture pi frequenti in
assoluto: si stima che in Italia ogni anno si verifichino tra le 70.000 e le 90.000 fratture del
femore 3.
Circa il 75% colpisce le donne anziane (rapporto M:F=1:3), per le quali il rischio di morire
in seguito alle complicanze della frattura uguale a quello di passare a miglior vita a causa
di un tumore al seno.
Lincidenza in Europa di circa 30 casi su 100.000 abitanti fino a 55 anni di et e di 200 su
100.000 fino a 85 anni (Mediterranean Osteoporosis Study)
La prevalenza aumenta allaumentare dellet: circa il 3% nelle donne tra i 65 e i 74 anni e
del 12,6% nelle donne di et> 85.
Nei paesi industrializzati il lifetime risk per le fratture danca di circa il 18% nelle donne
e del 6% negli uomini.
Le fratture di femore sono pi frequenti nell'ambiente cittadino rispetto a quello rurale.
L'incidenza della patologia purtroppo in rapido aumento, si prevede che in Italia per il 2030
vi saranno 150.000 nuovi casi (fig. 2.1), nel panorama europeo verr raggiunto il milione nel
2050 4. LOrganizzazione Mondiale della Sanit ha stimato che nel 2050 nel mondo si
verificheranno 6,3 milioni di fratture del femore.
11
Figura 2.1
nella maggior parte delle popolazioni occidentali che interessa pressoch esclusivamente le
popolazioni di et pi avanzata. Questo aumento di incidenza non pu essere giustificato dal
semplice invecchiamento della popolazione. Analizzando i dati stato dimostrato anche un
aumento dellincidenza corretto per et (fig.2.2).
Figura 2.2
Le cause dellincremento et-corretto della frattura del femore non sono del tutto chiare.
Le possibili spiegazioni:
12
Figura 2.3
Il 90% delle fratture di femore causato da cadute accidentali; viceversa il 95% delle cadute
fortunatamente non esita in conseguenze gravi.
Lanalisi statistica dei pazienti ricoverati per tale tipo di lesione mette in evidenza come
principali fattori di rischio: et avanzata, sesso femminile, osteoporosi, ipotrofia muscolare,
razza caucasica, dieta, inattivit fisica, disturbi psicomotori, disturbi visivi, malattie
cardiovascolari, artrosi, dieta scorretta, fumo, alcool, terapia farmacologica ed altri fattori
predisponenti le cadute.
Secondo unanalisi di Cummings 7 sono quattro i fattori che sinergicamente determinano la
frattura in seguito a caduta accidentale:
13
1. Limpatto della caduta deve essere localizzato a livello della superficie laterale della
coscia o della regione glutea (tipicamente lanziano cade allindietro) (fig. 2.3);
2. I riflessi devono essere inadeguati o assenti;
3. Gli ammortizzatori locali (tessuto adiposo e muscoli) devono essere insufficienti;
4. Losso deve essere fragile.
Grande attenzione merita losteoporosi. Si tratta di una patologia sistemica caratterizzata
dalla riduzione del tessuto osseo e dalla alterazione della architettura trabecolare: riguardo il
femore prossimale queste alterazioni interessano principalmente le strutture mediali
(triangolo di Ward) fino a 75 anni mentre successivamente risultano maggiormente
indebolite le strutture di sostegno laterali (calcar femorale) : tale andamento giustifica la
diversa incidenza di fratture mediali e laterali del femore prossimale in riferimento alla
classe det considerata. Difatti il rapporto tra fratture laterali e fratture mediali aumenta con
let del paziente 8.
Diversamente, nella popolazione giovane-adulta la frattura del femore prossimale in genere
dovuta a traumi ad alta energia o a patologie che minano le caratteristiche biomeccaniche
dellosso rendendolo pi suscettibile alla fratture ovvero tumori, infezioni, osteomalacia e
rachitismo, displasie e malformazioni.
2.3 Classificazione
Classificare le fratture non un esercizio intellettuale a puro scopo didattico: il valore di un
sistema di classificazione risiede nella capacit di uniformare e standardizzare le varie
condizioni cliniche in categorie ben definite in modo tale da garantire il migliore trattamento
e la possibilit di formulare una prognosi quanto pi accurata possibile.
Nel caso delle fratture laterali del collo del femore importantissimo avvalersi di diversi
sistemi di classificazione poich ognuno di questi focalizza la sua attenzione su aspetti
differenti, tutti da tenere in gran considerazione prima di scegliere il trattamento opportuno.
Classicamente le fratture del femore prossimale si distinguono in base alla localizzazione
rispetto linserzione femorale della capsula articolare (fig. 2.4):
14
Figura 2.4
Nel contesto delle fratture laterali, in base alla morfologia e localizzazione della rima di
frattura parliamo di frattura pertrocanterica quando la rima articolare unisce i trocanteri,
frattura intertrocanterica quando la rima di frattura divide il grande dal piccolo trocantere,
per-sottotrocanterica quando la frattura del massiccio trocanterico si estende distalmente
verso la diafisi, frattura isolata del trocantere quando la rima interessa solamente uno dei due
massicci. Dalla seguente trattazione verranno escluse le fratture isolate del trocantere; quanto
sar esposto viceversa valido per le fratture basicervicali, che per localizzazione
(extracapsulare) e clinica sono sovrapponibili alle fratture pertrocanteriche. Anche se non
indicato linchiodamento endomidollare, in tali fratture raccomandata losteosintesi con 3
viti cannulate o il posizionamento di un sistema vite-placca a scivolamento 9. Inoltre se vi
un interessamento dellarteria circonflessa (evento non raro visto che le fratture basicervicali
possono realizzarsi medialmente linserzione femorale della capsula articolare) a causa
dellalto rischio di osteonecrosi consigliabile la sostituzione protesica.
La prima classificazione risale al 1949 con Boyde Griffin (fig. 2.5) che divisero lampio
spettro di fratture pertrocanteriche in 4 tipi:
I.
15
II.
III.
IV.
Figura 2.5
Sempre nel 1949 Evans propose la sua classificazione basata sul numero di frammenti e sulla
scomposizione della frattura (fig. 2.6), sulla stabilit del muro postero-mediale e sulla
possibilit di convertire una frattura instabile in una riduzione stabile:
I.
II.
III.
IV.
V.
16
Figura 2.6
Nella classificazione di Evans la rima principale di frattura decorre sempre dal grande al
piccolo trocantere, la frattura obliqua a d orientamento inverso viene inclusa in una categoria
a parte.
Questa classificazione stata successivamente modificata nel 1975 da Jensen e Michaelsen
e nel 1979 da Kyle e Gustilio.
La classificazione di Jensen e Michaelsen (fig. 2.7) identifica 3 tipi di fratture sulla base
della possibilit di una riduzione anatomica dei frammenti:
I.
Frattura a 2 frammenti senza spostamento (I) o con spostamento (Ib) che possono
essere ridotte perfettamente in modo stabile su due piani.
II.
Fratture a 3 frammenti con frammento separato costituito dal grande trocantere (IIa)
o dal piccolo trocantere (IIb) che possono essere ridotte solamente su un piano e
quindi instabili.
III.
17
Figura 2.7
La classificazione di Kyle e Gustilo (fig 2.8) valuta lintegrit della corticale mediale e
posteriore:
I.
II.
III.
IV.
Frattura
instabile
con
comminuzione
della
corticale
postero-mediale
sottotrocanterica.
Figura 2.8
Tutte le fratture A1 sono considerate stabili come anche le fratture A2.1, mentre le fratture
A2.2, A2.3 e tutte le fratture A3 sono considerate instabili.
Figura 2.9
19
Accorciamento dellarto.
Arto addotto.
Figura 2.10
Latteggiamento e la deformit dellarto (fig. 2.10) sono determinate dallazione dei muscoli
pelvitrocanterici, in particolare gli extrarotatori e adduttori. Trattandosi di fratture laterali i
frammenti non vengono contenuti dalla capsula articolare permettendo vistose
scomposizioni (a dispetto del robusto manicotto muscolare che circonda la regione
trocanterica).
20
Di solito per questo tipo di frattura non si realizzano complicazioni locali immediate quali
lesioni vascolari, nervose o lussazioni associate.
La sintomatologia e i reperti obiettivi possono essere assenti nel caso in cui la frattura sia
ingranata o particolarmente stabile.
La diagnosi di certezza si ha grazie a tecniche strumentali: la radiografia standard dellanca
in due proiezioni (antero-posteriore e laterale/assiale) di regola sufficiente per valutare la
presenza di frattura, la sua localizzazione e morfologia ma in rari casi necessario il ricorso
a tecniche diagnostiche pi complesse come la TC, la risonanza magnetica (che permettono
la rappresentazione tomografica del segmento osseo e dei tessuti molli circostanti) o la
scintigrafia.
Lindagine Rx in AP completa solo quando comprende entrambe le anche (fig. 2.11): in
tal modo pi semplice mettere in evidenza le alterazioni dovute alla frattura. Lindagine in
proiezione laterale (fig. 2.12) utile perch ci permette di valutare leventuale presenza di
comminuzione posteriore, inoltre da preferire la proiezione assiale rispetto quella a rana
(fig. 2.13) poich questultima necessita dellabduzione e rotazione esterna dellarto leso.
Figura 2.11
Figura 2.12
21
Figura 2.13
Figura 2.14
22
3. TRATTAMENTO
Lo scopo del trattamento della frattura laterale del collo femore quello di ripristinare i
livelli di funzionalit e indipendenza del paziente nel pi breve tempo possibile. Da questo
punto di vista un obiettivo imperativo la precoce concessione del carico ed il recupero della
deambulazione o della posizione seduta. Trattandosi infatti in buona parte di pazienti anziani
necessario preservare il precario stato funzionale ed impedire lo sviluppo della sindrome
da allettamento causa importante di mortalit e morbilit. In linea generale parliamo di un
approccio conservativo ed un approccio chirurgico.
La letteratura scientifica concorde nel definire il trattamento chirurgico il trattamento
delezione che deve essere realizzato non appena le condizioni del paziente lo permettano:
la precocit del trattamento importantissima per garantire la prognosi migliore possibile.
La mortalit a 1 anno dopo frattura del femore prossimale :
Figura 3.1
Figura 3.2
24
Figura 3.3
Figura 3.4
25
Figura 3.5
Considerando tutto questo, indicazione elettiva allutilizzo del chiodo endomidollare sono
le fratture instabili (AO 31 A2/A3), in particolare quelle per-sotto trocanteriche e le fratture
ad obliquit inversa. In effetti lincidenza di complicanze per i sistemi vite-placca a
scivolamento cresce allaumentare dellinstabilit della frattura: in particolare il braccio di
leva poco vantaggioso associato alla comminuzione del muro mediale (che provoca un
elevato stress in flessione), si traduce in rottura o piegamento della placca con collasso in
varo (fig. 3.6), pull-out delle viti diafisarie (fig. 3.7) oppure cut-out (fig. 3.8) della vite
cefalica.
26
Figura 3.6
Figura 3.7
Figura 3.8
Non vi unanime accordo riguardo le fratture stabili (AO 31 A1): i dati in letteratura non
permettono di evidenziare significative differenze riguardo tempo chirurgico, perdite
ematiche intraoperatorie, infezioni, deiscenze delle ferite chirurgiche e degenza
ospedaliera14-15. Tuttavia in altri studi vengono messi in evidenza gli aspetti negativi del
sistema placca a scivolamento (in quanto si tratta di una osteosintesi a cielo aperto) ovvero
consistenti perdite ematiche, carico ritardato, maggiore incidenza di infezioni e
pseudoartrosi. Alcuni limiti di tale sistema sono oggi stati superati con la diffusione di
impianti mini-invasivi: le placche percutanee.
I vantaggi del sistema vite-placca a scivolamento sono la riduzione anatomica del focolaio
di frattura e una curva di apprendimento pi rapida.
Indicazione elettiva lutilizzo della vita-placca a scivolamento il trattamento di fratture
della regione trocanterica nel paziente giovane che necessita una riduzione quanto pi
anatomica possibile a costo di una concessione del carico ritardata. Altro notevole vantaggio
la facilit di rimozione dellimpianto a guarigione avvenuta. Ulteriori indicazioni sono i
pazienti con canale endomidollare obliterato o con eccessiva curvatura della diafisi femorale.
Una valida alternativa rappresentata del sistema Dilops che promette di riprodurre la
funzione meccanica dellarco di Adams con un impianto monoblocco con tre viti cefaliche
e sei diafisarie (fig. 3.9). Si tratta di una sintesi vite-placca rivisitata estremamente stabile
che permette di trasferire il carico dal calcar alla corticale diafisaria mediale tramite viti in
titanio elastiche. Lapproccio chirurgico mini invasivo con risparmio della muscolatura
glutea e rispetto del focolaio di frattura.
27
Figura 3.9
Ulteriore possibilit di trattamento chirurgico losteosintesi mediante sistema chiodoplacca ovvero un sistema polivalente costituito da una vite cervico-cefalica abbinabile ad
una placca o ad un chiodo endomidollare, il tutto in un unico strumentario (dando la
possibilit intraoperatoria di convertire agevolmente una sintesi extramidollare in
endomidollare e viceversa).
Losteosintesi esterna con fissatore (fig. 3.10) indicata esclusivamente nel paziente
politraumatizzato, debilitato o comunque in presenza di importanti lesioni dei tessuti molli.
Infatti tale trattamento permette mini-invasivit, rapidit di esecuzione, possibilit di
correggere eventuali scomposizioni realizzatesi successivamente allintervento. Daltro
canto la soluzione non affatto valida biomeccanicamente ed elevatissimo il rischio
infettivo.
Figura 3.10
29
4. INCHIODAMENTO ENDOMIDOLLARE
Figura 4.1
Figura 4.2
Figura 4.3
Un chiodo (in argento) che viene introdotto nel canale midollare per via anterograda
attraverso una breccia a livello del gran trocantere;
Una o pi viti cervico-cefaliche (femoral neck element: FNE)(in azzurro) che come
suggerisce il nome si posizionano a cavallo tra la regione trocanterica, il collo e la
testa del femore; sono libere di scivolare allinterno del chiodo.
Una o pi viti di blocco distale (in verde); anchesse libere di scivolare attraverso il
foro distale.
31
Figura 4.4
Figura 4.5
32
La prima generazione (fig. 4.7 A) universalmente nota per le notevoli aspettative che
purtroppo non vennero realizzate a causa di alte percentuali di complicanze.
Limpianto (Gamma Standard) era caratterizzato da un chiodo endomidollare molto
grande (fino a 17 mm di diametro prossimale, 12-14-16 distale, 200 mm di lunghezza con
un angolo in valgo di 10), una vite cervico-cefalica (capace di scivolare liberamente
allinterno del chiodo), due viti di bloccaggio distale e il tappo del chiodo. Il tutto realizzato
in acciaio. Il razionale di queste caratteristiche era di ottenere un riempimento osseo quanto
maggiore possibile17, la vite cervico-cefalica libera di scivolare permette un compattamento
della rima di frattura (collasso controllato), la rigidit e stabilit dellimpianto era assicurata
dallacciaio e dal sistematico bloccaggio distale.
La seconda generazione (fig. 4.7 B) denominata Trochanteric Gamma Nail (o Gamma
short) viene introdotta nel 1997; si distingue per la lunghezza che passa da 200 a 180 mm,
la curvatura che passa da 10 a 4 ed un unico foro distale.
Figura 4.6
Nel 2003 venne introdotto il Gamma 3 caratterizzato da una ulteriore riduzione di volume
del 17% rispetto al Gamma short, disponibile in acciaio o in titanio con foro distale ad asola
adatto ad un blocco statico o dinamico (fig. 4.7 C).
33
35
Oggi quasi tutti i chiodi sono fabbricati in leghe di titanio (leghe in cui tale metallo
rappresenta pi del 90%) perch tale metallo oltre che essere resistente, leggero,
biocompatibile e compliante, ha modulo di elasticit sovrapponibile a quello dellosso,
fattore importantissimo insieme alla capacit di scivolamento della vite cervico-cefalica per
garantire unottima dinamicit dellimpianto.
Altri accorgimenti che migliorano la dinamicit e ladattabilit (intesa come capacit di
disporsi favorevolmente allo scivolamento del mezzo di sintesi cervico-cefalico) sono:
Il razionale uso del blocco distale: il blocco distale sicuramente valido quando
necessita un maggior grado di stabilit della sintesi. Daltro canto non
raccomandato nelle fratture stabili in quanto unancoraggio che impedisce lo
scivolamento e la rotazione del chiodo ovvero la sua adattabilit: in poche parole
deve essere evitato quando possibile (anche perch pur sempre una procedura
traumatica per la diafisi). Nei chiodi odierni si ha la possibilit del bloccaggio
dinamico: il foro presente sul chiodo ellittico permettendo un certo grado di
scivolamento e rotazione seppur entro i limiti del foro (fig. 4.7).
Figura 4.7
Figura 4.8
36
3
Posizionamento della vite cefalica
Figura 4.9
Figura 4.10
Figura 4.11
37
Nel caso di una migrazione perfettamente secondo lasse del chiodo si parla di migrazione
mediale (Medial migration o cut-out centrale) (fig. 4.10) con eventuale penetrazione pelvica.
unevenienza molto rara ed causata dallinstabilit della frattura, dal fallimento del
sistema di scivolamento o a causa di errori tecnici durante il posizionamento del chiodo.
Non vi unanime accordo riguardo la definizione di cut-off (cut-out prossimale o migrazione
laterale) (fig. 4.11), complicanza caratterizzata dalla perdita dei rapporti nell interfaccia
osso-mezzo di sintesi e dalleccessivo scivolamento laterale della vite cefalica lungo lasse
maggiore di introduzione. Si accompagna una sintomatologia dolorosa con o senza collasso
del collo femore in varo e accorciamento dellarto. La medesima sintomatologia e reperto
radiografico (ad occhi inesperti) si ha nel caso in cui il chirurgo utilizzi una vite cervicocefalica troppo lunga che sporge lateralmente nei tessuti e provoca dolore.
Sulla base di studi volti alla ricerca di una correlazione tra posizione della vite di lag (vite
cervico-cefalica) e incidenza di cut-out si mise in evidenza che la posizione ottimale il
quadrante inferiore del collo femorale con la punta quanto pi vicina possibile lapice della
testa femorale fino a raggiungere una distanza di 5-10 mm dalla superficie articolare.
Per diminuire drasticamente lincidenza del cut-out venne introdotto da Baumgaertner il
concetto di Tip-Apex distance (TAD) come fattore predittivo di cut-out 21; con lacronimo
TAD si intende la somma della distanza tra la punta della vite e il centro della testa femorale
calcolata sotto controllo radiografico nelle due proiezioni AP e laterale (fig. 4.12). TAD =
XAP + XLAT .
Figura 4.12
Figura 4.13
4
Capacit di scivolamento del mezzo cervico-cefalico
La capacit di scivolamento della componente cervico-cefalica lelemento fondamentale
che permette la coartazione della rima di frattura e quindi la guarigione. Caratteristica
inizialmente studiata sui sistemi vite-placca a scivolamento: gli esperimenti condotti da Kyle
dimostrarono che lo scivolamento direttamente proporzionale allangolo vite-placca, alla
lunghezza del tunnel di scorrimento, inversamente proporzionale alla lunghezza della vite.
Aumentare la superfice di contatto tra la vite e il tunnel di scorrimento diminuisce le forze
di attrito. Sulla base di queste ricerche la Smith & Nephew introdusse nel mercato il chiodo
IMHS con codolo di scorrimento che permette lo scivolamento telescopico della vite
offrendo minime resistenze (fig. 4.14).
Ovviamente tale movimento deve essere controllato altrimenti il paziente osteoporotico o
con frattura gravemente comminuta rischia il collasso del femore prossimale a causa di un
eccessivo scivolamento laterale della vite e protrusione nei tessuti molli. Per questo motivo
diversi impianti sono caratterizzati da sistemi di blocco che limitano lescursione della vite.
Ad esempio il tappo del chiodo Gamma 3 funge anche da vite di blocco (set-screw)
permettendo lo scivolamento preferenziale in direzione laterale impedendo eccessive
migrazioni (fig. 4.15). Altra funzione quella di prevenire la rotazione inserendosi in
scanalature parallele lasse della vite che in questo modo ha un singolo grado di libert: lo
scivolamento lungo il proprio asse.
Figura 4.14
39
Figura 4.15
Figura 4.16
Figura 4.17
Tale apparato fece luce sulla possibile dinamica del cut-out: gli esperimenti evidenziarono
una iniziale rotazione della testa femorale seguita dal collasso in varo, osteolisi della
spongiosa e della corticale e fuoriuscita della vite attraverso la superficie articolare.
In uno studio recente24 venne utilizzato il simulatore HIPS per mettere a confronto un
sistema a singola vite cervico-cefalica ( DHS della Synthes) ed un sistema a doppia vite
(Endovis della Citieffe). I risultati furono eloquenti: a parit di cicli di carico il sistema a
doppia vite era molto pi resistente alla rotazione (fig. 4.18), come anche al collasso in varo
(fig. 4.19). Inoltre valutando la sequenza temporale dei due fenomeni si conferma lipotesi
che linstabilit rotazionale sia il fattore determinate il collasso in varo e quindi del cut-out.
41
Figura 4.18
Figura 4.19
La prima soluzione proposta con due viti cefaliche fu il chiodo PFN (fig. 4.20) in cui la vite
prossimale pi piccola ha funzione antirotatoria, mentre quella distale ha funzione di sintesi.
Sullo stesso principio il chiodo Endovis (fig. 4.21) caratterizzato da due viti cefaliche di
uguale diametro.
Figura 4.20
Figura 4.21
Riguardo il posizionamento delle due viti bisogna comunque fare riferimento al TAD con la
seguente interpretazione: la vite distale quanto pi in vicina possibile la corticale inferiore
del collo o addirittura intersecare tangenzialmente questultima, mentre la vite prossimale in
posizione eccentrica. Inoltre la punta delle viti deve raggiungere una distanza di 5 mm dalla
superficie articolare In questo modo si certi di assicurate un TAD inferiore a 25 mm per
entrambe le viti. Per garantire lo scorrimento le viti devono essere assolutamente parallele.
Purtroppo nemmeno i sistemi a doppia vite cefalica sono esenti da complicanze correlate
alla osteolisi e mobilizzazione dei mezzi di sintesi: Il cut-out assume diversa denominazione
42
Figura 4.22
Figura 4.23
Trattasi sempre di fenomeno Z la situazione in cui solo la vite distale a migrare: in questo
caso si assiste spesso al collasso in varo della frattura e quindi al cut-out della seconda vite
che sporge in cavit articolare.
Lo studio pi importante25 riguardo questa complicanza mette in evidenza il possibile
processo fisiopatologico attraverso un modello sperimentale in cui vennero utilizzate
Sawbones (mascherine sintetiche simulanti il tessuto osseo) con differenti caratteristiche
meccaniche per simulare la testa e il collo femorale. Alla base vi la teoria che la migrazione
si realizzi a causa di una importante differenza di densit ossea tra la testa femorale (pi
densa) e il collo (meno denso), densit che si correla a differenti carichi flettenti. Si tratta di
una situazione molto vicina alla realt di una frattura instabile con muro mediale
insufficiente e con tendenza alla scomposizione in varo. Le simulazioni riuscirono a ricreare
il fenomeno Z classico (fig. 4.24). Gli autori tentarono di ricreare anche il fenomeno Z
inverso ma senza risultati (creando la situazione opposta ovvero densit del collo maggiore
della testa, frattura scomposta in valgo con integrit del muro mediale).
43
Figura 4.24
Figura 4.25
Da un punto di vista statistico il fenomeno Z una complicanza rara che interessa gli impianti
con angolazione cervico-diafisaria inferiore a 125, inoltre non si realizza nei sistemi con
scivolamento telescopico o codolo di scorrimento.
6
Qualit della riduzione
Unottima riduzione correla con una buona prognosi. Si tratta di un fattore certamente
dipendente dal tipo di frattura considerata e dalla bravura della equipe chirurgica. Sono
disponibili mezzi di sintesi che promettono ulteriori garanzie sulla riuscita ed il
44
Figura 4.26
Altra soluzione al problema della riduzione lutilizzo del sistema polivalente chiodo-placca
(fig. 4.27) che offre la possibilit di ottenere la sintesi dei frammenti con il posizionamento
della vite che precede lintroduzione del chiodo (con relativa possibilit di scomporre la
frattura non ancora stabilizzata).
Figura 4.27
45
7
Qualit ossea e possibile PMMA augmentation dellosteosintesi
Altro parametro fondamentale la qualit dellosso. Uno studio tedesco
26
dimostra che il
valore soglia di densit ossea, al di sotto del quale le probabilit di cut-out del mezzo cefalico
aumentano esponenzialmente, 0,6 g/cm3 misurato a livello del collo femorale mediante
DEXA. La condizione osteoporotica pu condurre ad una sintesi poco valida, venendo a
mancare il substrato osseo stabile in grado di accogliere le viti cefaliche
In questi casi raccomandabile affidarsi a tecniche demolitive quali limpianto di una
endoprotesi
oppure
fare
affidamento
allaugmentation
osseo
con
PMMA
46
Figura 4.28
28
superficie di osso asportato dal posizionamento di una vite (A) e di una lama(B) nella sezione
di una testa femorale. Invece di avvitare una vite sottile dai bordi affilati che determina
osteolisi e predisposizione al cut-out, in questo caso viene inserita una lama dai margini
smussi e con ampia superficie di contatto con la spongiosa: in questo modo si determina un
addensamento della spongiosa circostante e quindi un miglioramento notevole della tenuta
del mezzo di sintesi.
Figura 4.29
47
5.1 Caratteristiche
Il chiodo Endovis Bio Advanced, si caratterizza per la presenza di due viti cervicocefaliche di uguale diametro e una o due viti di bloccaggio distale (statico o dinamico). Il
chiodo disponibile in tre formati (fig. 5.1):
chiodo lungo per il trattamento di fratture laterali del collo femore associate a fratture
diafisarie (tre diverse misure di lunghezza, ciascuna con 2 curvature per il femore
destro e sinistro)
Gli impianti presi in considerazione dallo studio sono il chiodo Standard ed il chiodo Medio.
Il chiodo Standard non ha lateralit, realizzato in una sola misura con angolo cervicocefalico di 130, angolo metafisario di 5 (offset), lunghezza totale 195 mm compresi i 30
mm del diapason (a quattro raggi), diametro prossimale di 13 mm e distale di 10 mm, due
fori per le viti cefaliche e uno per la vite diafisaria (ortogonale allasse del chiodo), inoltre
presente un alloggiamento per il tappo di protezione e unasola per facilitare leventuale
rimozione del chiodo.
Il chiodo Medio si differenzia per dimensioni (lunghezza 240mm, diametro prossimale
13,5mm) e per la presenza di due fori distali per un blocco statico o dinamico (fig. 5.5).
Figura 5.2
Figura 5.3
Figura 5.4
48
Figura 5.5
La vite cefalica disponibile in 9 taglie (da 70 a 110 mm). Le viti non sono cannulate, la
parte introduttiva ha un diametro di 6,5 mm ed ha un profilo autoperforante ed autofilettante.
Il filetto a doppio passo e permette un avanzamento rapido. La testa ha diametro di 7,5 mm
(fig. 5.3).
La vite diafisaria disponibile in 11 taglie (da 30 a 80 mm), ha un diametro di 5 mm e come
le viti cefaliche il filetto presenta un profilo autoperforante e autofilettante (fig. 5.4 in alto).
Il tappo opzionale (fig. 5.5 in basso)
Il chiodo indicato nelle fratture laterali del collo femore, fratture 31-A1, 31-A2, 31-A3
secondo la classificazione AO. Il blocco distale raccomandato solamente nelle fratture
altamente instabili quali le 31-A3.
Le controindicazioni sono dovute alle sue minute dimensioni, di fatto non indicato nelle
fratture sottotrocanteriche o comunque fratture laterali del collo femore ad estensione
sottotrocanterica per le quali viene proposto dalla medesima azienda il chiodo medio.
Il prodotto biocompatibile in conformit alla norma ASTM F-136. Tutte le sue componenti
sono in lega di titanio. La composizione chimica percentuale nella tabella 5.6
Tabella 5.6
Il diapason distale a quattro raggi permette un ulteriore adattamento del chiodo alle
caratteristiche anatomiche del paziente permettendo inoltre una graduale variazione
del modulo di elasticit tra osso armato e il resto della diafisi (il diapason quadri
raggiato, a differenza di un diapason a due raggi, permette lammortizzazione del
carico su tutta la circonferenza della punta del chiodo),
50
Figura 5.7
I diametri molto ridotti delle viti permettono un notevole risparmio di tessuto osseo,
inoltre si tratta di viti autofilettanti ed auto-avvitanti che permettono una
compattazione del tessuto osseo durante il loro posizionamento effettuato
manualmente (non necessitano frese n tantomeno trapani).
In uno studio effettuato su Sawbones composito si messo in evidenza che nel chiodo
Endovis (come anche possibilmente in altri chiodi) vi una correlazione tra capacit di
scivolamento del chiodo e presenza del blocco distale. Entro certi limiti (si parla di
millimetri) il chiodo deve essere libero di ruotare e scivolare allinterno del canale midollare
altrimenti si genera un conflitto meccanico tra le parti mobili dellimpianto con mancato
scivolamento delle viti cefaliche che esita in complicanze quali cut-out, pseudoatrosi ecc.
Non appena si concretizza la concessione del carico normale assistere ad un assestamento
del chiodo: lo spostamento che si realizza durante le prime fasi di carico dellimpianto in un
modello sperimentale realizzato da Caiaffa 20 di circa 1.6 mm per i chiodi non bloccati, 0,6
mm per i chiodi bloccati.
Le pubblicazioni riguardo lutilizzo del chiodo Endovis sono numerose, quelle pi rilevanti
sono:
30
31
Endovis ( 70% donne, et media 84 anni, il 60% in grado di deambulare prima della
lesione), fratture stabili nel 40% dei casi, tempo medio operatorio 25 minuti,
complicanze intraoperatorie nel 13,36% dei casi, complicanze post operatorie nel
20%. Nel postoperatorio il 26,7% dei pazienti ha ripreso a camminare in maniera
indipendente, il 45,7% deambula con necessit di assistenza, il 27,6% non in grado
di camminare.
I risultati dei precedenti studi non possono essere paragonati tra loro perch molte sono
le variabili che non vengono approfondite, non si tratta di popolazioni omogenee, inoltre
le procedure standard suggerite dal produttore non sempre vengono messe in pratica
(difatti il chirurgo libero di utilizzare tecniche chirurgiche differenti).
Gli svantaggi del chiodo Endovis Standard rispetto altri impianti endomidollari sono: la
mancata possibilit di una compressione intraoperatoria; langolo cervico-diafisario
fisso; la presenza di un foro distale utilizzabile solamente come blocco statico.
52
Il paziente con frattura laterale del collo femore, spesso molto anziano, un paziente fragile,
complicato a causa di frequenti lesioni associate e per via di comorbilit varie presenti nel
70% dei casi (in particolare ipertensione, diabete mellito, cardiopatia).
Primo passo fondamentale stabilizzare il paziente e monitorarne i parametri vitali,
immobilizzare larto leso. Successivamente lesame obiettivo, la compilazione della cartella
clinica e lesecuzione di indagini strumentali permettono la diagnosi di certezza e
lesclusione di lesioni associate.
6.1 Planning preoperatorio
La valutazione preoperatoria consta in un RX torace, consulenza cardiologica,
anestesiologica ed in una serie di indagini di laboratorio. Quando tutti i criteri di operabilit
vengono soddisfatti possibile programmare lintervento.
La scelta di intervenire chirurgicamente deve essere validata dal consenso del paziente (o di
chi lo rappresenta) preventivamente informato riguardo vantaggi rischi e complicanze.
La terapia chirurgica deve essere intrapresa quanto pi precocemente possibile: recenti
indicazioni ministeriali raccomandano lintervento entro le prime 48 ore dal trauma. In
questo modo viene migliorata notevolmente la prognosi a lungo termine del paziente. La
contrattura, ledema, lemorragia sono meno pronunciate e questo rende la riduzione pi
semplice ed efficace.
Per quanto riguarda il chiodo Endovis Standard e Medio non necessario un planning
preoperatorio per selezionare la misura, langolo cervico-diafisario e il calibro del chiodo: il
chiodo disponibile in ununica misura e ha dimensioni tanto minute da adattarsi
perfettamente a qualunque femore.
6.2 Preparazione del paziente.
Viene eseguita una anestesia generale o loco-regionale.
53
Figura 6.1
Figura 6.2
Per migliorare laccesso al grande trocantere (soprattutto nei pazienti di grande taglia) utile
basculare il tronco (abdurre di 20 verso larto non interessato) e addurre larto.
6.3 Riduzione della frattura
Prima dellincisione necessario ridurre la frattura. Spesso sufficiente la semplice trazione
longitudinale per allineare i segmenti scheletrici ma talvolta sono necessarie manovre esterne
o strumentario opportuno. Da attenzionare il fatto che leccessiva trazione pu determinare
la rotazione della pelvi del paziente con abduzione relativa dellarto fratturato (fig. 6.3); se
tale posizione non viene prontamente corretta pu essere causa di difficolt ed errori durante
lintroduzione del chiodo.
Figura 6.3
54
Figura 6.7
Figura 6.8
Figura 6.9
55
Dopo aver inciso cute, sottocute e fascia, si giunge allapice del gran trocantere attraverso
un split delle fibre del muscolo medio gluteo (parallelamente la direzione delle sue fibre).
Individuato il gran trocantere tramite apposito perforatore cannulato si seleziona il punto di
ingresso (fig. 6.10): pu essere perfettamente sullapice del gran trocantere, leggermente
laterale o leggermente mediale. Ci dipende dalla conformazione del femore poich deve
essere quanto pi allineato possibile allasse del canale midollare. (Laccesso troppo laterale
estremamente pericoloso poich aumenta il braccio di leva dellimpianto predisponendone
il collasso in varo
32
Figura 6.10
Figura 6.11
56
Figura 6.12
Successivamente si mette da parte il perforatore e utilizzando come binario il filo guida viene
introdotta la fresa dopo aver posizionato la cannula paratessuti; occorre quindi fresare fin
quanto consentito dal blocco montato sulla fresa (in tal modo viene fresato solamente losso
spongioso del gran trocantere) (fig. 6.12).
Si monta il chiodo sullarco metallico della guida e si introduce seguendo il filo guida che
pu essere tolto non appena si supera la rima di frattura (fig. 6.13). Quando il chiodo
raggiunge la posizione ottimale (sotto controllo scopico) possibile montare la parte
radiotrasparente della guida). Le componenti della guida devono essere saldamente serrate
tra di loro e altrettanto stabilmente deve essere unito il chiodo al suo introduttore altrimenti
tutto il sistema diventa impreciso. Inoltre utile inserire preventivamente i fili guida negli
appositi fori per verificarne la corretta posizione e valutare la precisione dellintero sistema
33
Figura 6.13
Figura 6.14
57
Si introduce la cannula e il trocar nel foro cefalico pi distale della guida, si esegue
lincisione di cute e sottocute fino a toccare la corticale laterale della diafisi (fig. 6.14) .
Quindi il filo graduato bloccato nel mandrino viene inserito nel trocar. Si verifica la corretta
posizione del filo graduato in proiezione antero-posteriore: deve passare vicino alla corticale
inferiore del collo, mentre in proiezione assiale deve trovarsi al centro del collo e della testa
femorale (fig. 6.15). Successivamente si rileva sul filo graduato la lunghezza della vite
cefalica distale.
Figura 6.15
Si monta una vite cefalica (di lunghezza 5 mm inferiore rispetto quanto rilevato sul filo
graduato) sul giravite e viene introdotta con una cannula nel foro cefalico prossimale. Viene
avvitata manualmente fino a raggiungere il riferimento 0 in corrispondenza del bordo della
cannula (fig. 6.16).
Lasciando in situ vite, giravite e cannula prossimale si posiziona allo stesso modo la vite
distale (fig. 6.17). Ci si accerta sotto controllo scopico che il TAD non sia superiore a 25
mm per entrambe le viti.
58
Figura 6.16
Figura 6.17
Se ritenuto necessario dal chirurgo, viene posizionata la vite distale. Si introduce nel foro
orizzontale della guida la cannula e il trocar fino alla corticale. Quindi si inserisce il filo
graduato (precedentemente bloccato nel mandrino) e, dopo aver superato la corticale
mediale, si rileva la lunghezza della vite. Si rimuovono gli strumenti appena citati e si
introduce la fresa di diametro 7,5 mm e si perfora solo la corticale laterale.
Quindi la vite diafisaria montata sul giravite, viene introdotta nella cannula e avvitata fino
allindice di riferimento 0 in corrispondenza con il bordo della cannula (fig. 6.18).
Figura 6.18
Figura 6.19
59
Si rimuove la guida e inserire il tappo di protezione con lo stesso giravite usato per le viti
cefaliche (fig. 6.19). La funzione del tappo duplice: permette di rimuovere il chiodo
proteggendo lasola di estrazione e al tempo stesso riduce le perdite ematiche bloccando la
fuoriuscita di sangue dal canale midollare traumatizzato.
Le raccomandazioni del produttore ammettono la fresatura di tutto il canale midollare solo
quando strettamente necessario e consigliano lintroduzione manuale di tutte le componenti
senza lutilizzo del battitore.
6.6 Rimozione del chiodo
Leventuale rimozione del chiodo, in seguito ad esempio a fallimento dellimpianto,
possibile tramite opportuno strumentario: bisogna prima rimuovere il tappo di protezione, la
vite distale (se presente) e una vite cefalica. Tramite un uncino si aggancia il chiodo e,
mantenendo una opportuna tensione, si rimuove la seconda vite cefalica e successivamente
si estrae il chiodo. Il particolare trattamento superficiale del chiodo (Smooth surface) ne
permette una facile rimozione.
6.7 Post-intervento
In prima giornata post-operatoria si effettua un RX di controllo e viene avviato il trattamento
riabilitativo con consulenza fisiatrica e ortogeriatrica. Nei mesi successivi la frattura si
possono realizzare complicanze tardive non correlate al mezzo di sintesi come: emorragie,
osteomieliti, infezioni vescicali e polmonari, rigidit articolari, scompenso cardiaco, shock
ed embolia polmonare.
Si consigliano controlli radiografici a 1 mese, 3 mesi e 6 mesi. Inoltre alcuni Autori
consigliano la rimozione delleventuale blocco distale (dinamizzazione del chiodo) dopo 2
mesi.
60
7. RIABILITAZIONE
Branca della medicina che comprende tutte le manovre terapeutiche che mirano alla
prevenzione e alla riduzione degli esiti invalidanti delle malattie, con il fine di migliorare la
qualit della vita della persona.
La riabilitazione ha una funzione fondamentale nel trattamento delle fratture trocanteriche,
di fatti lintervento chirurgico da solo non in grado di assicurare un completo recupero
funzionale del paziente.
La sinergia tra chirurgia e riabilitazione tanto maggiore quanto pi precoce risulta
lintervento terapeutico. Fondamentale lapproccio globale al paziente e la collaborazione
di diversi specialisti quali il fisiatra, il chirurgo ortopedico, linfermiere, il fisioterapista e il
tecnico ortopedico che insieme costituiscono il team riabilitativo.
La riabilitazione del paziente giovane non si discosta molto da quella del paziente anziano
anche se differenti sono le finalit: di fatti nel paziente giovane si tenta un recupero
funzionale del 100% anche a costo di un programma riabilitativo molto pi gravoso.
Nella seguente trattazione verr preso in considerazione il percorso riabilitativo del paziente
anziano.
La riabilitazione comprende una fase preoperatoria che ha principalmente funzione di
prevenzione delle complicanze con:
Kinesiterapia respiratoria;
Kinesiterapia degli arti (ad esclusione di quello lesionato) per mantenere un adeguato
grado di trofismo muscolare, migliorare in ritorno venoso per evitare fenomeni
tromboembolici;
Corretto posizionamento del paziente: larto leso deve essere salvaguardato per
evitare scomposizioni della frattura. A questo scopo possono essere utili docce
gessate, cunei o cuscini.
Figura 7.1
Figura 7.2
Per garantire maggiore autonomia e per prevenire cadute accidentali sono raccomandati
ausili per la mobilit e protezione personale: bastoni, girelli, maniglioni (fig. 7.3), sedia per
doccia (fig. 7.4), alza WC (fig. 7.5), calzature antiscivolo ecc.
Figura 7.3
Figura 7.4
Figura 7.5
63
In pazienti deambulanti ad elevato rischio raccomandata una ortesi danca (hip protector)
valido mezzo di attenuazione di eventuali traumi.
Figura 7.6
64
Per concludere: I pazienti con frattura di collo femore occupano pi del 30% dei posti letto
dei reparti di Ortopedia e Traumatologia di tutto il mondo. Si tratta di una percentuale in
continuo aumento. Per questo motivo parecchie energie devono essere spese in tale
direzione, avviando nuovi studi volti ad un ulteriore miglioramento dei risultati.
66
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