Sei sulla pagina 1di 71

UNIVERSIT DEGLI STUDI DI PALERMO

SCUOLA DI MEDICINA E CHIRURGIA


CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA
SISTEMA ENDOMIDOLLARE ENDOVIS NEL TRATTAMENTO
DELLA FRATTURA LATERALE DEL COLLO DEL FEMORE:
STUDI BIOMECCANICI, INDICAZIONI CLINICHE E
VALUTAZIONE DEI RISULTATI

Anno Accademico 2013/2014

INTRODUZIONE

Lallungamento della vita media ha determinato un proporzionale incremento dellincidenza


delle fratture della porzione prossimale del femore.
In particolare la frattura laterale del collo femore nellanziano causa importante di mortalit
e morbilit e deve essere considerata oltre che un importante problema clinico,
traumatologico e geriatrico, un rilevante problema sociale 1.
Le fratture laterali del femore sono infatti lesioni gravi per il paziente quanto dispendiose
per il sistema sanitario nazionale: basti pensare che circa il 15-20% dei pazienti muore entro
un anno (5% in fase acuta), inoltre considerando i pazienti precedentemente in buone
condizioni funzionali, solo il 30-40% riprende una buona autonomia nelle attivit quotidiane
mentre almeno il 50% dei pazienti perde parzialmente o totalmente l'autosufficienza dopo
aver subito questo tipo di lesione: la diretta conseguenza un incremento dei pazienti
istituzionalizzati permanentemente.
Sicuramente di grande aiuto sono le strategie preventive che individuando e risolvendo le
condizioni determinanti un aumento del rischio, riducono lincidenza della frattura rispetto
quanto atteso dalla semplice analisi degli indici di vecchiaia.
I possibili percorsi terapeutici sono numerosi: riguardo la frattura laterale del femore la
letteratura scientifica produce ogni anno centinaia di pubblicazioni, parallelamente le
istituzioni propongono linee guida e raccomandazioni. Un corretto percorso terapeutico non
si limita a valutare e trattare la frattura in quanto tale ma, attraverso percorsi diagnostico
terapeutici e riabilitativi opportuni, deve avere come obiettivo la salute nella sua accezione
pi ampia. Compito del medico quello di curare il paziente nella sua interezza e unicit
riservando la massima attenzione alle eventuali patologie concomitanti: solamente tramite
un approccio globale e multidisciplinare potr essere selezionato il trattamento pi
opportuno che verr messo in pratica di comune accordo con il paziente (o di chi lo
rappresenta).
La letteratura scientifica concorde nel definire il trattamento chirurgico delle fratture della
regione trocanterica come il trattamento delezione, da intraprendere non appena le
condizioni generali del paziente lo consentano.

Nel contesto del trattamento chirurgico di grande efficacia si sono dimostrati i mezzi di
sintesi endomidollare che ricalcando e rispettando la conformazione anatomica, e pi in
generale la biomeccanica del segmento osseo in questione, permettono una sintesi stabile
utilizzando procedure chirurgiche poco invasive. Tali mezzi di sintesi permettono inoltre la
precoce concessione del carico sullarto fratturato, il recupero della deambulazione entro
pochi giorni e quindi un importante miglioramento della prognosi del paziente.
Gli impianti endomidollari a disposizione del traumatologo sono tantissimi, ognuno con
pregi e difetti, indicazioni, controindicazioni ed eventuali tendenze verso complicanze a
breve e lungo termine.
Nella seguente trattazione particolare attenzione verr rivolta al sistema E.B.A (ENDOVIS
BIO ADVANCED) : si tratta di un chiodo endomidollare disponibile in tre formati
(standard, medio e lungo) caratterizzato da due viti cefaliche, una o due viti di bloccaggio
distale (sia statico che dinamico). Dei tre modelli a disposizione verr escluso dalla
trattazione il chiodo lungo in quanto indicato unicamente nel trattamento delle fratture della
regione laterale del collo femore associate a fratture diafisarie. Grande rilievo verr dato alle
complicanze locali che tuttoggi interessano dal 5% al 20% dei pazienti operati.

1. LA REGIONE TROCANTERICA: CENNI DI ANATOMIA


E FISIOPATOLOGIA

Prima di impegnarsi nelle argomentazioni riguardanti la frattura laterale del collo femore
necessario introdurre lanatomia e la biomeccanica del segmento osseo in questione con
particolare attenzione agli aspetti che hanno un risvolto fisiopatologico, clinico e chirurgico.
1.1 Anatomia muscoloscheletrica
Sebbene denominate fratture laterali del collo femore in realt poco interessano il collo
anatomico: di fatti la maggior parte delle fratture extra-capsulari del collo femore si
realizzano nel contesto della regione trocanterica definita come il segmento osseo compreso
tra la porzione distale del collo femorale ed il margine distale del piccolo trocantere,
prossimalmente alla diafisi femorale 2.
Il femore losso lungo che costituisce lo scheletro della coscia. Prossimalmente si articola
con lacetabolo dellosso dellanca mentre distalmente con la tibia e la rotula.
Il femore costituito da un corpo (diafisi femorale) e due estremit: prossimale e distale. Il
corpo incurvato a concavit posteriore (procurvato), in sezione prismatico, si distinguono
tre margini (mediale, laterale e posteriore) e tre facce (anteriore, postero-mediale e posterolaterale). Il margine posteriore viene definito linea aspra e si biforca distalmente nella linea
sopracondiloidea mediale e laterale mentre prossimalmente tripartita andando a costituire
linserzione del muscolo pettineo (linea pettinea), del grande gluteo (tuberosit glutea) e
lorigine del vasto mediale (cresta del muscolo vasto mediale).
Lestremit prossimale (fig.1.3) costituita dalla testa femorale sostenuta da un segmento
osseo prismatico rettangolare detto collo anatomico e dalla regione trocanterica. Il collo non
allineato con la diafisi femorale ma forma con questa un angolo detto di inclinazione di
120-130 (fig. 1.1), inoltre orientato anteriormente formando un angolo detto di
antiversione di 10-30sul piano orizzontale rispetto la posizione dei condili (fig 1.2).

Figura 1.1

Figura 1.2

Alla base del collo sono presenti due grossi rilievi: il grande e piccolo trocantere, uniti
anteriormente dalla linea intertrocanterica e posteriormente dalla cresta intertrocanterica.
Medialmente il grande trocantere presente la fossa trocanterica (o fossa piriforme).
Larticolazione dellanca unenartrosi e si realizza tra lacetabolo dellosso dellanca e la
testa femorale. La capsula articolare si fissa sul contorno dellacetabolo, sul labbro
acetabolare, mentre sul femore si fissa anteriormente sulla linea intertrocanterica e
posteriormente a livello del terzo distale del collo anatomico.

Figura 1.3

Di particolare interesse fisiopatologico sono i muscoli dellanca (fig.1.4) che inserendosi


sulla regione trocanterica e sottotrocanterica permettono i movimenti della coscia rispetto il
4

tronco e parallelamente sono causa della scomposizione della frattura instabile del femore
prossimale.
Muscoli interni dellanca: ileopsoas (flessore adduttore ed extra-rotatore della coscia) e
piccolo psoas (flessore del tronco) che si inseriscono sul piccolo trocantere.
Muscoli esterni dellanca disposti in pi strati:
1. Strato superficiale: tensore della fascia lata che si fonde con la fascia lata, il muscolo
grande gluteo (estensore e rotatore esterno della coscia) si inserisce alla tuberosit
glutea del femore.
2. Strato intermedio: muscolo medio gluteo (abduttore della coscia e rotatore interno o
esterno a seconda dei fasci muscolari considerati) si inserisce sul gran trocantere.
3. Strato profondo: il muscolo piccolo gluteo (abduttore e rotatore interno della coscia)
e il muscolo piriforme (abduttore e rotatore esterno della coscia) si inseriscono sul
gran trocantere; il muscolo otturatore esterno (rotatore esterno) otturatore interno e i
muscoli gemelli superiore e inferiore (rotatori esterni) si inseriscono a livello della
fossa trocanterica; il muscolo quadrato del femore (rotatore esterno) si inserisce alla
base del gran trocantere e alla cresta intertrocanterica.
Inoltre vanno citati anche i muscoli mediali della coscia o adduttori che nella frattura
pertrocanterica obliqua inversa determinano una scomposizione caratterizzata dallo
spostamento in direzione mediale del frammento distale, assoluta controindicazione al
trattamento con viti e placca ed indicazione elettiva allutilizzo di mezzi di sintesi
endomidollari.

Figura 1.4

In ortostatismo il femore obliquo in direzione latero mediale dallalto verso il basso.


Definiamo lasse anatomico del femore come quella retta passante per il gran trocantere e
5

lincisura intercondiloidea, mentre lasse meccanico la retta passante per il centro di


rotazione della testa femorale e lincisura intercondiloidea: tra i due assi vi unangolo di
6-8. Rispetto lasse verticale (linea verticale perpendicolare al suolo) lasse anatomico
inclinato di circa 6 mentre quello meccanico di 3. Gli angoli tra tali assi variano in
relazione alla larghezza del bacino, allangolo cervico-diafisario e alla lunghezza del collo
femore (fig.1.5).

Figura 1. 5

Figura 1.6

Larticolazione dellanca (enartrosi a solido incastro) caratterizzata da tre assi e quindi tre
gradi di libert:
1. Asse trasversale sul piano frontale (movimenti di flesso-estensione);
2. Asse antero-posteriore sul piano sagittale (movimenti di adduzione-abduzione);
3. Asse verticale (movimenti di rotazione interna ed esterna)
I movimenti consentiti da tali gradi di libert permettono di orientare larto in tutte le
direzioni dello spazio, anche se lescursione di tali movimenti non molto ampia (tale
limitazione in parte compensata dal movimento del rachide lombare). Di fatti levoluzione
ha selezionato unarticolazione quanto pi stabile possibile rispetto unarticolazione dotata
di notevole movimento ma al contempo predisposta alla lussazione. Esplicativa la
fisiologia del ciglio cotiloideo che un ostacolo ai movimenti di abduzione ma al tempo
stesso una struttura fondamentale per mantenere la testa femorale in sede.
6

Il movimento di circonduzione (fig.1.6) rappresenta la combinazione dei movimenti


elementari attorno i tre assi. Viene descritto un cono irregolare dato che le ampiezze dei
movimenti attorno i 3 assi non sono sovrapponibili.
1.2 Struttura ossea del femore prossimale e valutazioni biomeccaniche
Il terzo prossimale del femore per la maggior parte costituito da osso spongioso ovvero
tessuto osseo organizzato in trabecole, metabolicamente molto attivo e abbondantemente
vascolarizzato: di conseguenza a seguito di una frattura pertrocanterica questa situazione
anatomica determina grande perdita di sangue ma allo stesso tempo grandi capacit
riparative con abbondante formazione di callo osseo. Diversamente losso compatto
presente solamente nella porzione diafisaria, nel calcar e a livello sub-periostale.
ben risaputo che la forma e la struttura dellosso riflettono la funzione che deve svolgere,
inoltre il rimodellamento fa dellosso una struttura auto-adattante e auto ottimizzante.
Nella pratica: in una situazione di equilibrio con il soggetto in piedi su un solo piede la
risultante delle forze (forze muscolari e peso corporeo) agenti sul centro di rotazione della
testa del femore ha modulo circa due volte e mezzo il peso corporeo (valore che sale a 4
volte il peso corporeo nella fase di appoggio unipodale della deambulazione lenta) e
direzione orientata di circa 160 rispetto la verticale sul piano frontale.
Lanalisi meccanica di testa, collo e diafisi femorale mette in evidenza quello che in
ingegneria viene definito un sistema di costruzione a sbalzo, il peso corporeo trasmesso
dalla testa femorale alla diafisi per mezzo del collo che ne rappresenta il braccio di leva. In
un sistema del genere lapplicazione di un carico determina due ventagli di linee forza,
rispettivamente forze in compressione (verde) e forze in tensione(rosso) (fig 1.7).

Figura 1.7

Tali forza viene ottimamente trasferite alla corticale diafisaria dalla particolare architettura
dellosso spongioso.
In sezione longitudinale (fig. 1.8) possibile scorgere la struttura interna dellosso spugnoso:
Si evidenziano due sistemi trabecolari (inizialmente descritti da Ward): il sistema principale
(costituito dal fascio cefalico e dal fascio arciforme) ed i fascio accessori (fascio trocanterico,
fascio di tensione verticale e fascio di compressione secondario). Tra questi fasci si viene a
delimitare unarea triangolare denominata triangolo di Ward che costituisce un locus
minoris resistentiae (W in fig.1.9).

Figura 1.8

Figura 1.9

Riguardo il sistema principale i fasci che si dipartono dalla corticale diafisaria laterale sono
sottoposti a tensione mentre i fasci mediali vanno in compressione (fig 1.7).
Lanalisi strutturale delle trabecole in riferimento alla loro funzione permise la realizzazione
di diversi modelli geometrico-meccanici del femore prossimale (fig. 2.10):

Figura 2.10

Il modello universalmente accettato quello di Koch che nel 1917 realizza un modello in
cui valuta punto per punto lintensit massima delle forze in tensione e compressione (valori
8

in figura normalizzati per un carico di circa 45 Kg); inoltre definisce la precisa localizzazione
dellasse neutro del femore prossimale (fig 1.11).

Come possibile notare le linee di forza, non a caso, corrispondono perfettamente


allanatomia del tessuto osseo spongioso (fig.1.12).

Figura 1.11

Figura 1.12

Struttura importantissima da un punto di vista biomeccanico, come anche chirurgico (come


supporto-impalcatura-ancoraggio per vari tipi di impianti), il calcar femorale ovvero una
cresta di osso compatto che proviene dalla superficie endossea postero-mediale della diafisi
(figg 1.13, 1.14).

Figura 1.13

Figura 1.14

La presenza o meno dei sistemi trabecolari (e di conseguenza lampiezza del triangolo di


Ward) valutata tramite un RX in proiezione antero posteriore, utile per valutare il grado di
9

osteoporosi. Tale metodica diagnostica venne introdotta da Singh e coll. a cui dobbiamo la
classificazione omonima (fig.1.15).

Figura 1.15

Lindice di Singh (SI) usato per la stima del grado di osteoporosi, mediante valutazione
del radiogramma del femore prossimale; esso fornisce un dato sulla qualit dellosso
mediante unanalisi della struttura trabecolare della spongiosa.

10

2. LA FRATTURA LATERALE DEL COLLO FEMORE

2.1 Epidemiologia.
La frattura laterale del collo femore rappresenta circa il 60% delle fratture del femore
prossimale. Si tratta di una lesione che interessa generalmente la popolazione over 75,
conseguenza di cadute o traumi di modesta entit; anche la popolazione giovane-adulta ne
interessata seppure raramente a causa di traumi ad alta energia o a causa di morbilit varie
che determinano debolezza strutturale del segmento osseo in questione.
Parlando pi in generale le fratture del femore prossimale sono le fratture pi frequenti in
assoluto: si stima che in Italia ogni anno si verifichino tra le 70.000 e le 90.000 fratture del
femore 3.
Circa il 75% colpisce le donne anziane (rapporto M:F=1:3), per le quali il rischio di morire
in seguito alle complicanze della frattura uguale a quello di passare a miglior vita a causa
di un tumore al seno.
Lincidenza in Europa di circa 30 casi su 100.000 abitanti fino a 55 anni di et e di 200 su
100.000 fino a 85 anni (Mediterranean Osteoporosis Study)
La prevalenza aumenta allaumentare dellet: circa il 3% nelle donne tra i 65 e i 74 anni e
del 12,6% nelle donne di et> 85.
Nei paesi industrializzati il lifetime risk per le fratture danca di circa il 18% nelle donne
e del 6% negli uomini.
Le fratture di femore sono pi frequenti nell'ambiente cittadino rispetto a quello rurale.
L'incidenza della patologia purtroppo in rapido aumento, si prevede che in Italia per il 2030
vi saranno 150.000 nuovi casi (fig. 2.1), nel panorama europeo verr raggiunto il milione nel
2050 4. LOrganizzazione Mondiale della Sanit ha stimato che nel 2050 nel mondo si
verificheranno 6,3 milioni di fratture del femore.

11

Figura 2.1

Analizzando le modificazioni demografiche si stima infatti che laumento dellaspettativa di


vita porter da qui al 2050 al raddoppio della popolazione con et > 65 aa e triplicher i
soggetti > 80 aa.
Dagli studi epidemiologici

si evince un costante incremento di incidenza (1-3% annuo)

nella maggior parte delle popolazioni occidentali che interessa pressoch esclusivamente le
popolazioni di et pi avanzata. Questo aumento di incidenza non pu essere giustificato dal
semplice invecchiamento della popolazione. Analizzando i dati stato dimostrato anche un
aumento dellincidenza corretto per et (fig.2.2).

Figura 2.2

Le cause dellincremento et-corretto della frattura del femore non sono del tutto chiare.
Le possibili spiegazioni:
12

1. Crescenti livelli di osteoporosi (minore attivit lavorative pesanti e minore


esposizione al sole).
2. Incremento della statura delle popolazioni (allungamento progressivo del collo
femorale e quindi aumento del braccio di leva).
3. Crescente uso di farmaci (sistema nervoso centrale).
4. Costante aumento disabilit.
La mortalit ad una anno circa del 25%, nel contesto della popolazione di riferimento
significa un aumento della mortalit di otto volte.
Nei paesi industrializzati la mortalit non subisce variazioni in senso migliorativo da circa
20 anni: si pensa si sia raggiunto il livello minimo di mortalit per questa patologia 6. Da ci
deriva limpegno ad investire di pi sulla prevenzione che sul trattamento.
2.2 Eziologia
La frattura del femore tipicamente si realizza nella donna anziana osteoporotica a seguito di
una caduta accidentale o di un traumatismo a bassa energia.

Figura 2.3

Il 90% delle fratture di femore causato da cadute accidentali; viceversa il 95% delle cadute
fortunatamente non esita in conseguenze gravi.
Lanalisi statistica dei pazienti ricoverati per tale tipo di lesione mette in evidenza come
principali fattori di rischio: et avanzata, sesso femminile, osteoporosi, ipotrofia muscolare,
razza caucasica, dieta, inattivit fisica, disturbi psicomotori, disturbi visivi, malattie
cardiovascolari, artrosi, dieta scorretta, fumo, alcool, terapia farmacologica ed altri fattori
predisponenti le cadute.
Secondo unanalisi di Cummings 7 sono quattro i fattori che sinergicamente determinano la
frattura in seguito a caduta accidentale:
13

1. Limpatto della caduta deve essere localizzato a livello della superficie laterale della
coscia o della regione glutea (tipicamente lanziano cade allindietro) (fig. 2.3);
2. I riflessi devono essere inadeguati o assenti;
3. Gli ammortizzatori locali (tessuto adiposo e muscoli) devono essere insufficienti;
4. Losso deve essere fragile.
Grande attenzione merita losteoporosi. Si tratta di una patologia sistemica caratterizzata
dalla riduzione del tessuto osseo e dalla alterazione della architettura trabecolare: riguardo il
femore prossimale queste alterazioni interessano principalmente le strutture mediali
(triangolo di Ward) fino a 75 anni mentre successivamente risultano maggiormente
indebolite le strutture di sostegno laterali (calcar femorale) : tale andamento giustifica la
diversa incidenza di fratture mediali e laterali del femore prossimale in riferimento alla
classe det considerata. Difatti il rapporto tra fratture laterali e fratture mediali aumenta con
let del paziente 8.
Diversamente, nella popolazione giovane-adulta la frattura del femore prossimale in genere
dovuta a traumi ad alta energia o a patologie che minano le caratteristiche biomeccaniche
dellosso rendendolo pi suscettibile alla fratture ovvero tumori, infezioni, osteomalacia e
rachitismo, displasie e malformazioni.
2.3 Classificazione
Classificare le fratture non un esercizio intellettuale a puro scopo didattico: il valore di un
sistema di classificazione risiede nella capacit di uniformare e standardizzare le varie
condizioni cliniche in categorie ben definite in modo tale da garantire il migliore trattamento
e la possibilit di formulare una prognosi quanto pi accurata possibile.
Nel caso delle fratture laterali del collo del femore importantissimo avvalersi di diversi
sistemi di classificazione poich ognuno di questi focalizza la sua attenzione su aspetti
differenti, tutti da tenere in gran considerazione prima di scegliere il trattamento opportuno.
Classicamente le fratture del femore prossimale si distinguono in base alla localizzazione
rispetto linserzione femorale della capsula articolare (fig. 2.4):

Le fratture mediali: sottocapitate (a) e transcervicali (b)

Le fratture laterali o extracapsulari: basicervicali (c), pertrocanteriche (d) e


sottotrocanteriche (e).

14

Figura 2.4

Nel contesto delle fratture laterali, in base alla morfologia e localizzazione della rima di
frattura parliamo di frattura pertrocanterica quando la rima articolare unisce i trocanteri,
frattura intertrocanterica quando la rima di frattura divide il grande dal piccolo trocantere,
per-sottotrocanterica quando la frattura del massiccio trocanterico si estende distalmente
verso la diafisi, frattura isolata del trocantere quando la rima interessa solamente uno dei due
massicci. Dalla seguente trattazione verranno escluse le fratture isolate del trocantere; quanto
sar esposto viceversa valido per le fratture basicervicali, che per localizzazione
(extracapsulare) e clinica sono sovrapponibili alle fratture pertrocanteriche. Anche se non
indicato linchiodamento endomidollare, in tali fratture raccomandata losteosintesi con 3
viti cannulate o il posizionamento di un sistema vite-placca a scivolamento 9. Inoltre se vi
un interessamento dellarteria circonflessa (evento non raro visto che le fratture basicervicali
possono realizzarsi medialmente linserzione femorale della capsula articolare) a causa
dellalto rischio di osteonecrosi consigliabile la sostituzione protesica.
La prima classificazione risale al 1949 con Boyde Griffin (fig. 2.5) che divisero lampio
spettro di fratture pertrocanteriche in 4 tipi:
I.

Fratture composte che si estendono lungo la linea intertrocanterica.

15

II.

Fratture comminute con rima principale lungo la linea intertrocanterica e con


multiple rime di frattura secondarie.

III.

Fratture pi o meno comminute che si estendono dal (o immediatamente distalmente


il) piccolo trocantere fino alla diafisi femorale.

IV.

Fratture ad obliquit inversa o che interessano la regione trocanterica e la diafisi


femorale con rima di frattura che interessa almeno due piani.

Figura 2.5

Sempre nel 1949 Evans propose la sua classificazione basata sul numero di frammenti e sulla
scomposizione della frattura (fig. 2.6), sulla stabilit del muro postero-mediale e sulla
possibilit di convertire una frattura instabile in una riduzione stabile:
I.

Frattura composta a 2 frammenti.

II.

Frattura scomposta a 3 frammenti.

III.

Frattura scomposta a 3 frammenti con comminuzione del frammento posterolaterale.

IV.

Frattura scomposta a 3 frammenti con comminuzione del frammento posteromediale.

V.

Frattura scomposta a 4 frammenti con entrambi i massicci trocanterici comminuti.

16

Figura 2.6

Nella classificazione di Evans la rima principale di frattura decorre sempre dal grande al
piccolo trocantere, la frattura obliqua a d orientamento inverso viene inclusa in una categoria
a parte.
Questa classificazione stata successivamente modificata nel 1975 da Jensen e Michaelsen
e nel 1979 da Kyle e Gustilio.
La classificazione di Jensen e Michaelsen (fig. 2.7) identifica 3 tipi di fratture sulla base
della possibilit di una riduzione anatomica dei frammenti:
I.

Frattura a 2 frammenti senza spostamento (I) o con spostamento (Ib) che possono
essere ridotte perfettamente in modo stabile su due piani.

II.

Fratture a 3 frammenti con frammento separato costituito dal grande trocantere (IIa)
o dal piccolo trocantere (IIb) che possono essere ridotte solamente su un piano e
quindi instabili.

III.

Fratture a 4 frammenti che interessano il grande e piccolo trocantere, sono fratture


difficilmente riducibili su qualsiasi piano e quindi molto instabili.

17

Figura 2.7

La classificazione di Kyle e Gustilo (fig 2.8) valuta lintegrit della corticale mediale e
posteriore:
I.
II.

Fratture stabili e composte.


Fratture stabili ma minimamente comminute tendenti alla scomposizione.

III.

Frattura instabile con comminuzione della corticale postero-mediale.

IV.

Frattura

instabile

con

comminuzione

della

corticale

postero-mediale

sottotrocanterica.

Figura 2.8

Le fratture di tipo I e II una volta ridotte permettono una sintesi stabile.


La classificazione AO/OTA (associazione per losteosintesi) dettata dalla omonima
fondazione la pi recente e completa opera di codificazione diagnostica delle fratture; la
descrizione si basa su parametri quali localizzazione, morfologia e gravit.
la classificazione pi adoperata in Letteratura Scientifica. Il segmento prossimale del
femore viene identificato dal numero 3.1 mentre la regione trocanterica dalla lettera A. La
successiva suddivisione in gruppi e sottogruppi (fig 2.9):
18

A1 fratture semplici a 2 frammenti.

A2 fratture comminute con coinvolgimento della corticale mediale.

A3 fratture comminute con coinvolgimento della corticale laterale e le fratture ad


obliquit inversa.

Tutte le fratture A1 sono considerate stabili come anche le fratture A2.1, mentre le fratture
A2.2, A2.3 e tutte le fratture A3 sono considerate instabili.

Figura 2.9

19

2.4 Quadro clinico e diagnosi


In una buona percentuale di casi il quadro clinico delle fratture laterali del collo femore
estremamente eloquente sebbene siano comunque necessarie indagini strumentali per una
diagnosi di certezza. In ogni caso il medico deve sempre prendere in considerazione la
possibilit di una frattura danca in tutti i pazienti anziani che lamentano dolore alla coscia
o allinguine in seguito ad una caduta.
Il quadro clinico del paziente con frattura laterale del femore prossimale tipicamente
caratterizzato da:

Extrarotazione dellarto interessato: in posizione supina il margine esterno del piede


poggia sul piano del letto.

Accorciamento dellarto.

Arto addotto.

Dolore nella regione esterna dellanca.

Impotenza funzionale e impossibilit alla deambulazione.

Presenza di ecchimosi a livello del gran trocantere.

Figura 2.10

Latteggiamento e la deformit dellarto (fig. 2.10) sono determinate dallazione dei muscoli
pelvitrocanterici, in particolare gli extrarotatori e adduttori. Trattandosi di fratture laterali i
frammenti non vengono contenuti dalla capsula articolare permettendo vistose
scomposizioni (a dispetto del robusto manicotto muscolare che circonda la regione
trocanterica).
20

Tra le complicazioni generali immediate/precoci quelle pi gravi sono lo shock, lembolia


adiposa, la tromboembolia, la sindrome compartimentale, le infezioni e il delirium. Possono
essere presenti lesioni associate che andranno attentamente ricercate, in ordine di frequenza:

Nel paziente anziano la frattura del radio distale e dellomero prossimale;

Nel giovane (trauma ad alta energia) un trauma cranico, cervicale e toracico.

Di solito per questo tipo di frattura non si realizzano complicazioni locali immediate quali
lesioni vascolari, nervose o lussazioni associate.
La sintomatologia e i reperti obiettivi possono essere assenti nel caso in cui la frattura sia
ingranata o particolarmente stabile.
La diagnosi di certezza si ha grazie a tecniche strumentali: la radiografia standard dellanca
in due proiezioni (antero-posteriore e laterale/assiale) di regola sufficiente per valutare la
presenza di frattura, la sua localizzazione e morfologia ma in rari casi necessario il ricorso
a tecniche diagnostiche pi complesse come la TC, la risonanza magnetica (che permettono
la rappresentazione tomografica del segmento osseo e dei tessuti molli circostanti) o la
scintigrafia.
Lindagine Rx in AP completa solo quando comprende entrambe le anche (fig. 2.11): in
tal modo pi semplice mettere in evidenza le alterazioni dovute alla frattura. Lindagine in
proiezione laterale (fig. 2.12) utile perch ci permette di valutare leventuale presenza di
comminuzione posteriore, inoltre da preferire la proiezione assiale rispetto quella a rana
(fig. 2.13) poich questultima necessita dellabduzione e rotazione esterna dellarto leso.

Figura 2.11

Figura 2.12

21

Figura 2.13

Parallelamente lutilizzo di tecniche come la RM e la TC di ultima generazione (che


permettono lesecuzione di rendering 3D della struttura interna oltre che di superficie)
consente un miglioramento della confidenza diagnostica ma tale vantaggio non tale da
giustificarne un utilizzo indiscriminato a causa del costo e della importante esposizione ai
raggi X.
Ad esempio nella figura 2.14 A ( RX AP) non visibile la frattura, che si appalesa in maniera
eloquente nella figura B risultante da una risonanza magnetica T1 pesata.

Figura 2.14

22

3. TRATTAMENTO

Lo scopo del trattamento della frattura laterale del collo femore quello di ripristinare i
livelli di funzionalit e indipendenza del paziente nel pi breve tempo possibile. Da questo
punto di vista un obiettivo imperativo la precoce concessione del carico ed il recupero della
deambulazione o della posizione seduta. Trattandosi infatti in buona parte di pazienti anziani
necessario preservare il precario stato funzionale ed impedire lo sviluppo della sindrome
da allettamento causa importante di mortalit e morbilit. In linea generale parliamo di un
approccio conservativo ed un approccio chirurgico.
La letteratura scientifica concorde nel definire il trattamento chirurgico il trattamento
delezione che deve essere realizzato non appena le condizioni del paziente lo permettano:
la precocit del trattamento importantissima per garantire la prognosi migliore possibile.
La mortalit a 1 anno dopo frattura del femore prossimale :

8,7% nei pazienti operati entro 1g,

7,3% nei pazienti operati tra 1 e 4 gg di ritardo,

10,7% nei pazienti operati oltre i 4 gg,

3.1 Trattamento conservativo.


Il trattamento conservativo deve essere riservato ai pazienti non deambulanti prima della
frattura, con rischio anestesiologico elevato, pazienti terminali o con altre controindicazioni
alla chirurgia 10.
Si realizza con il riposo a letto (con o senza trazione) (fig. 3.1), in doccia gessata (fig. 3.2) o
apparecchio gessato pelvi-podalico. Il periodo necessario per la consolidazione va da 8 a 12
settimane. Quindi necessaria la prevenzione di complicanze generali e locali che
definiscono in senso lato la sindrome da allettamento (infezioni delle vie urinarie da catetere;
piaghe da decubito; stipsi fino a quadri clinici subocclusivi intestinali; flebotrombosi e
tromboflebiti; infezioni delle vie aeree; edema polmonare progressivo e acuto;
tromboembolia polmonare; scompenso cardiocircolatorio; cachessia). La mortalit con
questo tipo di trattamento raggiunge il 50% 11.
23

Figura 3.1

Figura 3.2

3.2 Trattamento chirurgico.


Il trattamento chirurgico permette una riduzione importante della mortalit e morbilit
rispetto il trattamento conservativo: il carico precoce ed il recupero della deambulazione
riducono sensibilmente le complicanze generali e locali tipiche della sindrome da
allettamento, la stabilit dellosteosintesi riduce la percentuale di pseudoartrosi e viziose
consolidazioni e conseguente disabilit. Una valutazione strettamente economica mette in
evidenza che il trattamento chirurgico, a fronte di una maggiore spesa iniziale, presenta un
migliore rapporto costo-beneficio grazie ad una riduzione importante del costo globale della
terapia.
Obiettivo del trattamento chirurgico la sintesi stabile dei frammenti: pu essere ottenuta
con fili, chiodi, placche; attraverso tecniche a cielo aperto o mini-invasive.
Storicamente la sintesi rigida ha rappresentato per molti anni il gold standard, fino
allintroduzione dei Chiodi di Ender (osteosintesi interna elastica) e della vite-placca a
scivolamento (circa anni 60) (fig. 3.3) che permettendo la compressione dinamica controllata
(collasso controllato) del focolaio di frattura ridusse sensibilmente le percentuali di
fallimento dellimpianto. I sistemi extramidollari a scivolamento hanno rappresentato il
trattamento di prima scelta fino agli inizi del nuovo secolo, momento in cui si sono imposti
i chiodi endomidollari (fig. 3.4) di seconda\terza generazione (non vi unanime accordo da
parte degli autori riguardo i criteri che definiscono il cambio generazionale degli impianti
endomollari) che permisero un ulteriore miglioramento della prognosi.

24

Figura 3.3

Figura 3.4

Durante il secolo precedente limpianto di chiodi endomidollari di 1a generazione (per il


trattamento delle fratture del collo femore) rappresentava una rara evenienza. Erano
esclusivamente indicati per il trattamento di fratture altamente instabili: si trattava di chiodi
di ricostruzione ovvero caratterizzati da estrema rigidit dellimpianto, la vite cervicocefalica era bloccata nel chiodo oppure venivano utilizzate due o pi viti di bloccaggio
prossimale convergenti o divergenti impedendo lo scivolamento.
Oggi lindustria biomedica ha investito parecchio sui chiodi endomidollari, ogni anno
vengono introdotti sul mercato numerosi nuovi impianti. Ci nonostante non ancora stata
dimostrata la superiorit dellimpianto endomidollare rispetto il sistema a vite-placca a
scivolamento. Anzi la pi grande meta-analisi che confronta i due sistemi di sintesi
pubblicata dalla Cochrane Collaboration 12 mette in evidenza la superiorit della vite-placca
a scivolamento. Purtroppo tale meta-analisi prende in considerazione soprattutto i vecchi
sistemi endomidollari caratterizzati da elevate percentuali di complicanze e quindi risulta
oggi poco attendibile.
I vantaggi teorici del chiodo endomidollare sono:

Migliore biomeccanica: il chiodo rispecchia e rispetta lanatomia e la biomeccanica


del femore presentando un minore braccio di leva (fig. 3.5) e quindi una riduzione
del momento di flessione e torsione sullimpianto. Inoltre si ha una ottima
ripartizione del carico sulla corticale diafisaria.

25

Figura 3.5

Rispetto della rima di frattura.

Mini-invasivit: minore perdita ematica, incisione cutanea pi piccola, ridotta


esposizione dei tessuti profondi (riduzione del rischio infettivo, rapida riparazione
tissutale), tempo operatorio ridotto, minore esposizione ai raggi X, riduzione dei casi
inoperabili. I principi della mini-invasivit sono strettamente correlati al pi alto
concetto di Tissue Sparing Surgery, implicante un alto rispetto delle strutture ossee,
muscolo tendinee e capsulo-legamentose: un atto chirurgico corretto e poco
traumatico favorisce una rapida ripresa dal punto di vista riabilitativo, ottimizzando
il recupero funzionale dei pazienti e riducendo la spesa socio-sanitaria 13.

Rapida concessione del carico e precoce deambulazione.

Riduzione di complicanze quali laccorciamento/collasso in varo del femore


prossimale e il cut-out.

Considerando tutto questo, indicazione elettiva allutilizzo del chiodo endomidollare sono
le fratture instabili (AO 31 A2/A3), in particolare quelle per-sotto trocanteriche e le fratture
ad obliquit inversa. In effetti lincidenza di complicanze per i sistemi vite-placca a
scivolamento cresce allaumentare dellinstabilit della frattura: in particolare il braccio di
leva poco vantaggioso associato alla comminuzione del muro mediale (che provoca un
elevato stress in flessione), si traduce in rottura o piegamento della placca con collasso in
varo (fig. 3.6), pull-out delle viti diafisarie (fig. 3.7) oppure cut-out (fig. 3.8) della vite
cefalica.

26

Figura 3.6

Figura 3.7

Figura 3.8

Non vi unanime accordo riguardo le fratture stabili (AO 31 A1): i dati in letteratura non
permettono di evidenziare significative differenze riguardo tempo chirurgico, perdite
ematiche intraoperatorie, infezioni, deiscenze delle ferite chirurgiche e degenza
ospedaliera14-15. Tuttavia in altri studi vengono messi in evidenza gli aspetti negativi del
sistema placca a scivolamento (in quanto si tratta di una osteosintesi a cielo aperto) ovvero
consistenti perdite ematiche, carico ritardato, maggiore incidenza di infezioni e
pseudoartrosi. Alcuni limiti di tale sistema sono oggi stati superati con la diffusione di
impianti mini-invasivi: le placche percutanee.
I vantaggi del sistema vite-placca a scivolamento sono la riduzione anatomica del focolaio
di frattura e una curva di apprendimento pi rapida.
Indicazione elettiva lutilizzo della vita-placca a scivolamento il trattamento di fratture
della regione trocanterica nel paziente giovane che necessita una riduzione quanto pi
anatomica possibile a costo di una concessione del carico ritardata. Altro notevole vantaggio
la facilit di rimozione dellimpianto a guarigione avvenuta. Ulteriori indicazioni sono i
pazienti con canale endomidollare obliterato o con eccessiva curvatura della diafisi femorale.
Una valida alternativa rappresentata del sistema Dilops che promette di riprodurre la
funzione meccanica dellarco di Adams con un impianto monoblocco con tre viti cefaliche
e sei diafisarie (fig. 3.9). Si tratta di una sintesi vite-placca rivisitata estremamente stabile
che permette di trasferire il carico dal calcar alla corticale diafisaria mediale tramite viti in
titanio elastiche. Lapproccio chirurgico mini invasivo con risparmio della muscolatura
glutea e rispetto del focolaio di frattura.

27

Figura 3.9

Ulteriore possibilit di trattamento chirurgico losteosintesi mediante sistema chiodoplacca ovvero un sistema polivalente costituito da una vite cervico-cefalica abbinabile ad
una placca o ad un chiodo endomidollare, il tutto in un unico strumentario (dando la
possibilit intraoperatoria di convertire agevolmente una sintesi extramidollare in
endomidollare e viceversa).
Losteosintesi esterna con fissatore (fig. 3.10) indicata esclusivamente nel paziente
politraumatizzato, debilitato o comunque in presenza di importanti lesioni dei tessuti molli.
Infatti tale trattamento permette mini-invasivit, rapidit di esecuzione, possibilit di
correggere eventuali scomposizioni realizzatesi successivamente allintervento. Daltro
canto la soluzione non affatto valida biomeccanicamente ed elevatissimo il rischio
infettivo.

Figura 3.10

La sostituzione protesica unalternativa sempre valida in ragione del nullo rischio di


pseudoartrosi, necrosi avascolare della testa femorale, carico immediato, riduzione di
complicanze locali quali laccorciamento della testa femorale ed il cut-out. Sono candidati
alla sostituzione protesica in pazienti gravemente osteoporotici con fratture pertrocanteriche
28

complesse o in caso di grave coxartrosi, patologie tumorali e alterazioni locali del


metabolismo osseo. Riguardo il paziente osteoporotico, a causa dellassenza o insufficienza
del calcar, necessario ricostruire la metafisi, utilizzare protesi cementate oppure impianti
con presa diafisaria. I risultati sono ottimi ma non tanto da giustificare un sistematico ricorso
alla sostituzione protesica 16.

29

4. INCHIODAMENTO ENDOMIDOLLARE

4.1 Le origini dellinchiodamento endomidollare


Lutilizzo di mezzi di sintesi endomidollari nella pratica traumatologica una grandissima
conquista che si strutturata e consolidata nel corso dei secoli rappresentando ad oggi il gold
standard nel trattamento delle fratture laterali del collo femore.
Lantropologo del 600 Bernardino De Sahagun testimonia lantica usanza dei medici
aztechi di introdurre bastoni di legno nel canale diafisario per trattare le fratture delle ossa
lunghe. Nel 1800 i traumatologi dellepoca utilizzavano allo stesso scopo chiodi di avorio,
questi erano forati prossimalmente e distalmente e venivano bloccati da altrettanti perni dello
stesso materiale. Lutilizzo dellavorio come mezzo di sintesi sorprendentemente valido:
le caratteristiche meccaniche rispecchiano quelle dellosso circostante, inoltre
perfettamente biocompatibile ed completamente riassorbibile. Successive evoluzioni di
questo concetto furono: il chiodo di Kntscher, con sezione trasversa a forma di trifoglio
(fig. 4.1) e diametro uguale al canale midollare nel quale deve essere applicato (fratture delle
diafisi omerali e tibiali); e il chiodo di Rush, con un'estremit a forma di manico d'ombrello
e l'altra a becco di flauto (fig. 4.2).

Figura 4.1

Figura 4.2

A cavallo della seconda guerra mondiale i mezzi di sintesi endomidollare utilizzati


elettivamente nel trattamento delle fratture laterale del femore furono i chiodi di Ender (fig.
4.3). Venivano introdotti per via retrograda attraverso un foro praticato sul condilo mediale
si aprivano a ventaglio a livello del femore prossimale fratturato, preventivamente ridotto,
realizzando una sintesi endomidollare elastica caratterizzata da un vantaggioso braccio di
30

leva. Purtroppo molto frequenti erano le complicanze, si trattava di unosteosintesi precaria,


biomeccanicamente poco valida: numerosi furono i casi di extrarotazione, varizzazione,
accorciamento, fuoriuscita dei chiodi.

Figura 4.3

Degno di menzione il chiodo di ricostruzione o chiodo bloccato, precursore dei chiodi


cefalo-midollari a scivolamento di ultima generazione (seconda o terza in riferimento a
diversi Autori).

4.2 Sistema endomidollare moderno: le componenti


In linea molto generale un moderno impianto endomidollare (fig. 4.4) costituito da:

Un chiodo (in argento) che viene introdotto nel canale midollare per via anterograda
attraverso una breccia a livello del gran trocantere;

Una o pi viti cervico-cefaliche (femoral neck element: FNE)(in azzurro) che come
suggerisce il nome si posizionano a cavallo tra la regione trocanterica, il collo e la
testa del femore; sono libere di scivolare allinterno del chiodo.

Una o pi viti di blocco distale (in verde); anchesse libere di scivolare attraverso il
foro distale.

31

Figura 4.4

Figura 4.5

La funzione dellimpianto quella di realizzare una sintesi primaria dei frammenti


mantenendoli allineati nella posizione corretta e al tempo stesso annullare (o per meglio dire
trasferire distalmente alla corticale diafisaria laterale) le forze di taglio parallele la rima
della frattura mantenendo le forze di compressione perpendicolari (fig. 4.5). In arancio la
risultante delle forze agenti sul centro di rotazione della testa femorale, in rosso le forze che
tendono a scomporre la frattura, in blu le forze di compressione ortogonali la rima di
frattura.

4.3 Il chiodo Gamma


Di seguito la descrizione e levoluzione del primo chiodo di moderna concezione ad essere
stato ampiamente utilizzato nella pratica traumatologica: il chiodo Gamma introdotto nel
1980.
Si tratta del chiodo endomidollare per eccellenza, sulla base del quale furono sviluppati i
successivi impianti.

32

La prima generazione (fig. 4.7 A) universalmente nota per le notevoli aspettative che
purtroppo non vennero realizzate a causa di alte percentuali di complicanze.
Limpianto (Gamma Standard) era caratterizzato da un chiodo endomidollare molto
grande (fino a 17 mm di diametro prossimale, 12-14-16 distale, 200 mm di lunghezza con
un angolo in valgo di 10), una vite cervico-cefalica (capace di scivolare liberamente
allinterno del chiodo), due viti di bloccaggio distale e il tappo del chiodo. Il tutto realizzato
in acciaio. Il razionale di queste caratteristiche era di ottenere un riempimento osseo quanto
maggiore possibile17, la vite cervico-cefalica libera di scivolare permette un compattamento
della rima di frattura (collasso controllato), la rigidit e stabilit dellimpianto era assicurata
dallacciaio e dal sistematico bloccaggio distale.
La seconda generazione (fig. 4.7 B) denominata Trochanteric Gamma Nail (o Gamma
short) viene introdotta nel 1997; si distingue per la lunghezza che passa da 200 a 180 mm,
la curvatura che passa da 10 a 4 ed un unico foro distale.

Figura 4.6

Nel 2003 venne introdotto il Gamma 3 caratterizzato da una ulteriore riduzione di volume
del 17% rispetto al Gamma short, disponibile in acciaio o in titanio con foro distale ad asola
adatto ad un blocco statico o dinamico (fig. 4.7 C).

33

4.4 Approccio descrittivo orientato per problemi


Con lutilizzo dei sistemi endomidollari su larga scala emersero le complicanze tipiche di
tale mezzo di sintesi che possono essere distinte in:

Intraoperatorie: fratture diafisarie intraoperatorie, scomposizione della frattura,


cattiva riduzione, deformit da malrotazione intraoperatoria, posizionamento fuori
sede delle viti (prossimali o distali), perdita nei tessuti molli del tappo.

Postoperatorie: cut-out, rottura del mezzo di sintesi, pseudoartrosi, infezioni,


jamming prossimale e distale, rotazione della testa, necrosi della testa del femore.

In linea generale le complicanze incidono maggiormente nelle fratture non perfettamente


ridotte o instabili e nei pazienti con osteoporosi grave.
Sono stati condotti numerosi studi al fine di spiegare e quindi prevenire tali complicanze, e
sulla base di questi le aziende propongono ogni anno diversi impianti endomidollari.
I fattori pi importanti in grado di ridurre lincidenza di complicanze intra e post-operatorie,
garantendo quindi una migliore prognosi, sono:
1. Dimensioni dellimpianto e traumatismo correlato alla tecnica operatoria.
2. Resistenza, dinamicit, elasticit e compliance dellimpianto;
3. Posizionamento della vite cefalica;
4. Capacit di scivolamento del mezzo cervico-cefalico;
5. Controllo rotazionale della testa femorale;
6. Qualit della riduzione;
7. Qualit ossea e possibile PMMA augmentation dellosteosintesi;
8. Utilizzo di lame al posto delle viti;
Di seguito la trattazione sistematica di questi fattori e le soluzioni proposte dagli studiosi ed
eventualmente messe in pratica dallindustria biomedica.
1
Dimensioni dellimpianto e traumatismo correlato alla tecnica operatoria.
Le maggiori complicanze correlate al chiodo GS (Gamma Standard) furono quelle
intraoperatorie come lincarceramento del chiodo durante il suo inserimento, lerrato
posizionamento del blocco distale. Ma la complicanza pi frequente e temibile fu la frattura
diafisaria (intra e post-operatoria) in corrispondenza dellapice del chiodo; effetto delle
eccessive dimensioni del chiodo, a cui corrispondeva un altrettanto generoso alesaggio del
34

canale midollare, la sua introduzione mediante battitore e il posizionamento imperativo delle


due viti di bloccaggio distale (per altro statiche). Per scongiurare questa complicanza si
consigliava di introdurre il chiodo manualmente, senza battitore; in caso di incarceramento
estrarre il chiodo e rialesare il canale. Questi comportamenti sono ancora validi poich losso
dellanziano molto fragile: in particolare ridotta la resistenza allespansione dallinterno
per cui durante lintroduzione violenta del chiodo si possono creare microlesioni a livello
dellapice, che amplificate dalla successiva perforazione della corticale (per il
posizionamento delle viti di blocco distale) possono esitare in pi o meno evidenti lesioni
diafisarie. In seguito a queste osservazioni vennero ridotte le dimensioni del chiodo e venne
modificato il suo profilo per meglio adattarsi allanatomia del femore: parallelamente si
ottenne una migliore distribuzione del carico flettente sulla corticale.
2
Resistenza, dinamicit, elasticit e compliance dellimpianto
Altre complicanze delle prime generazioni del chiodo Gamma erano dovute allutilizzo
dellacciaio, metallo resistente ma poco compliante. Leccessiva rigidit dellimpianto
infatti non si adattava alle fisiologiche deformazioni dellosso, per cui il carico era trasferito
su una superficie molto limitata ovvero sullapice (effetto punta) con ipertrofia della
corticale documentabile radiograficamente. Diretta conseguenza era il dolore di coscia
oppure una frattura diafisaria da stress 18.
Infrequente ma ben documentata fu la rottura dellimpianto a livello del foro prossimale:
lincidenza va dal 0,2% al 5,7% considerando tutte le generazioni Gamma. La causa
raramente un difetto dellimpianto, pi comunemente il sovraccarico secondario a ritardata
o mancata consolidazione 19.
Un grandissimo passo avanti si ebbe con il Gamma 3 in titanio, che grazie alla sua elevata
resistenza permise una notevole riduzione del volume del chiodo.
Iniziava a farsi strada lidea alla base degli attuali mezzi di sintesi ovvero che il sistema
endomidollare non deve costituire una struttura di supporto invasiva, rigida e sostitutiva
dellosso, ma deve mantenere la riduzione della frattura sotto carico e permettere una
naturale coartazione del focolaio stimolando la formazione del callo osseo. Il
sottodimensionamento deve consentire al chiodo di assestarsi allinterno del canale senza
forzature esterne 20.

35

Oggi quasi tutti i chiodi sono fabbricati in leghe di titanio (leghe in cui tale metallo
rappresenta pi del 90%) perch tale metallo oltre che essere resistente, leggero,
biocompatibile e compliante, ha modulo di elasticit sovrapponibile a quello dellosso,
fattore importantissimo insieme alla capacit di scivolamento della vite cervico-cefalica per
garantire unottima dinamicit dellimpianto.
Altri accorgimenti che migliorano la dinamicit e ladattabilit (intesa come capacit di
disporsi favorevolmente allo scivolamento del mezzo di sintesi cervico-cefalico) sono:

Il razionale uso del blocco distale: il blocco distale sicuramente valido quando
necessita un maggior grado di stabilit della sintesi. Daltro canto non
raccomandato nelle fratture stabili in quanto unancoraggio che impedisce lo
scivolamento e la rotazione del chiodo ovvero la sua adattabilit: in poche parole
deve essere evitato quando possibile (anche perch pur sempre una procedura
traumatica per la diafisi). Nei chiodi odierni si ha la possibilit del bloccaggio
dinamico: il foro presente sul chiodo ellittico permettendo un certo grado di
scivolamento e rotazione seppur entro i limiti del foro (fig. 4.7).

Diapason distale: elasticizza ulteriormente la punta del chiodo ammortizzando


eventuali stress in flessione, riducendo leffetto punta ed il relativo dolore di coscia.
Lo troviamo ad esempio nel chiodo Endovis (4.8).

Figura 4.7

Figura 4.8

36

3
Posizionamento della vite cefalica

Figura 4.9

Figura 4.10

Figura 4.11

Tuttoggi la causa pi importante di fallimento di una sintesi endomidollare la


mobilizzazione del mezzo di sintesi (componente) cervico-cefalico (femoral neck element:
FNE): il cut-out (fig. 4.9) ovvero la perdita dei rapporti nellinterfaccia osso-mezzo di
sintesi, con osteolisi della spongiosa prima e della corticale poi, del collo e della testa
femorale che determina lo scivolamento del mezzo di sintesi cefalico fin nella rima articolare
dellanca. Lincidenza varia dal 4% al 20% a seconda degli Autori ed correlata
positivamente con linstabilit della frattura; tale complicanza responsabile di un tasso del
2%-16% di reinterventi nei pazienti affetti da frattura laterale del femore. Solitamente si
realizza entro i primi 2 mesi dallintervento.
Nella maggior parte dei casi si parla di cut-out antero-superiore causato dal carico assiale,
dalla instabilit rotazionale e dal cedimento in varo del collo del femore. Frequentemente si
realizza per via dellerroneo posizionamento della vite cefalica nei quadranti superiori del
collo femore. In alcuni casi, quando la vite non sporge in articolazione, la conseguenza del
cut-out la consolidazione in varismo, mentre in altri casi si ha penetrazione in cavit
articolare o addirittura nel cotile: in questi casi la sintomatologia dolorosa sar imponente
con impossibilit alla deambulazione. Il trattamento prevede la strategia conservativa nel
caso in cui non viene interessata la cavit articolare, diversamente sar indicata
unendoprotesi o unartroprotesi se danneggiato il cotile.

37

Nel caso di una migrazione perfettamente secondo lasse del chiodo si parla di migrazione
mediale (Medial migration o cut-out centrale) (fig. 4.10) con eventuale penetrazione pelvica.
unevenienza molto rara ed causata dallinstabilit della frattura, dal fallimento del
sistema di scivolamento o a causa di errori tecnici durante il posizionamento del chiodo.
Non vi unanime accordo riguardo la definizione di cut-off (cut-out prossimale o migrazione
laterale) (fig. 4.11), complicanza caratterizzata dalla perdita dei rapporti nell interfaccia
osso-mezzo di sintesi e dalleccessivo scivolamento laterale della vite cefalica lungo lasse
maggiore di introduzione. Si accompagna una sintomatologia dolorosa con o senza collasso
del collo femore in varo e accorciamento dellarto. La medesima sintomatologia e reperto
radiografico (ad occhi inesperti) si ha nel caso in cui il chirurgo utilizzi una vite cervicocefalica troppo lunga che sporge lateralmente nei tessuti e provoca dolore.
Sulla base di studi volti alla ricerca di una correlazione tra posizione della vite di lag (vite
cervico-cefalica) e incidenza di cut-out si mise in evidenza che la posizione ottimale il
quadrante inferiore del collo femorale con la punta quanto pi vicina possibile lapice della
testa femorale fino a raggiungere una distanza di 5-10 mm dalla superficie articolare.
Per diminuire drasticamente lincidenza del cut-out venne introdotto da Baumgaertner il
concetto di Tip-Apex distance (TAD) come fattore predittivo di cut-out 21; con lacronimo
TAD si intende la somma della distanza tra la punta della vite e il centro della testa femorale
calcolata sotto controllo radiografico nelle due proiezioni AP e laterale (fig. 4.12). TAD =
XAP + XLAT .

Figura 4.12

Figura 4.13

Quando tale valore supera la soglia dei 25 mm il rischio di cut-out aumenta


esponenzialmente (fig. 4.13). La spiegazione deriva dallanalisi biomeccanica che evidenzia
in questa posizione unottima coalescenza trabecolare sia in trazione che in compressione,
sfruttando quanto meglio possibile il calcar femorale.
38

4
Capacit di scivolamento del mezzo cervico-cefalico
La capacit di scivolamento della componente cervico-cefalica lelemento fondamentale
che permette la coartazione della rima di frattura e quindi la guarigione. Caratteristica
inizialmente studiata sui sistemi vite-placca a scivolamento: gli esperimenti condotti da Kyle
dimostrarono che lo scivolamento direttamente proporzionale allangolo vite-placca, alla
lunghezza del tunnel di scorrimento, inversamente proporzionale alla lunghezza della vite.
Aumentare la superfice di contatto tra la vite e il tunnel di scorrimento diminuisce le forze
di attrito. Sulla base di queste ricerche la Smith & Nephew introdusse nel mercato il chiodo
IMHS con codolo di scorrimento che permette lo scivolamento telescopico della vite
offrendo minime resistenze (fig. 4.14).
Ovviamente tale movimento deve essere controllato altrimenti il paziente osteoporotico o
con frattura gravemente comminuta rischia il collasso del femore prossimale a causa di un
eccessivo scivolamento laterale della vite e protrusione nei tessuti molli. Per questo motivo
diversi impianti sono caratterizzati da sistemi di blocco che limitano lescursione della vite.
Ad esempio il tappo del chiodo Gamma 3 funge anche da vite di blocco (set-screw)
permettendo lo scivolamento preferenziale in direzione laterale impedendo eccessive
migrazioni (fig. 4.15). Altra funzione quella di prevenire la rotazione inserendosi in
scanalature parallele lasse della vite che in questo modo ha un singolo grado di libert: lo
scivolamento lungo il proprio asse.

Figura 4.14

39

Figura 4.15

Pu accadere che il meccanismo di scivolamento si impedito (jamming prossimale) da mezzi


di sintesi accessori (cerchiaggi, altre viti) oppure da un errore tecnico del chirurgo che
utilizza una vite cefalica troppo corta che viene spinta talmente tanto da posizionare la sua
estremit laterale medialmente rispetto la corticale laterale. Per questo motivo consigliabile
che la vite sporga dalla corticale di qualche millimetro. Altra causa lindentatura ovvero
una scanalatura della vite perpendicolare al suo asse: di solito presente solo a livello del
margine mediale-inferiore del tunnel di scorrimento (fig. 4.16). Il fenomeno dovuto
allelevato stress flessorio che deforma la superficie della vite. In questo caso la vite non
sar libera di muoversi perch si crea un gradino.

Figura 4.16

Per completezza necessario menzionare il jamming distale ovvero limpingement del


chiodo con la corticale diafisaria anteriore durante il suo inserimento. Tale situazione
impedisce lo scivolamento assiale del chiodo (annullando per esempio il blocco distale
dinamico). La causa principale leccessiva curvatura della corticale diafisaria del paziente
ma anche una tecnica operatoria errata pu condurre a tale complicanza. Le conseguenze
40

descritte in letteratura vanno da una ritardata consolidazione o addirittura una pseudoartrosi


seguita da rottura del mezzo di sintesi 22.
5
Controllo rotazionale della testa femorale
I sistemi a singolo componente cefalico sono caratterizzati da una intrinseca instabilit
rotazionale: la testa pu ruotale utilizzando come perno la stessa vite. Lapparato HIPS (Hip
Implant Performance Simulator) sviluppato da Larry Ehmke 23 un simulatore sperimentale
che permette di valutare la resistenza al cut-out di diversi impianti (fig. 4.17). La schiuma di
poliuretano simula losso spongioso mediamente osteoporotico, mentre il protocollo BRM
(biaxial rocking motion) simula i carichi dinamici multiplanari che si realizzano sul femore
prossimale durante la deambulazione.

Figura 4.17

Tale apparato fece luce sulla possibile dinamica del cut-out: gli esperimenti evidenziarono
una iniziale rotazione della testa femorale seguita dal collasso in varo, osteolisi della
spongiosa e della corticale e fuoriuscita della vite attraverso la superficie articolare.
In uno studio recente24 venne utilizzato il simulatore HIPS per mettere a confronto un
sistema a singola vite cervico-cefalica ( DHS della Synthes) ed un sistema a doppia vite
(Endovis della Citieffe). I risultati furono eloquenti: a parit di cicli di carico il sistema a
doppia vite era molto pi resistente alla rotazione (fig. 4.18), come anche al collasso in varo
(fig. 4.19). Inoltre valutando la sequenza temporale dei due fenomeni si conferma lipotesi
che linstabilit rotazionale sia il fattore determinate il collasso in varo e quindi del cut-out.
41

Figura 4.18

Figura 4.19

La prima soluzione proposta con due viti cefaliche fu il chiodo PFN (fig. 4.20) in cui la vite
prossimale pi piccola ha funzione antirotatoria, mentre quella distale ha funzione di sintesi.
Sullo stesso principio il chiodo Endovis (fig. 4.21) caratterizzato da due viti cefaliche di
uguale diametro.

Figura 4.20

Figura 4.21

Riguardo il posizionamento delle due viti bisogna comunque fare riferimento al TAD con la
seguente interpretazione: la vite distale quanto pi in vicina possibile la corticale inferiore
del collo o addirittura intersecare tangenzialmente questultima, mentre la vite prossimale in
posizione eccentrica. Inoltre la punta delle viti deve raggiungere una distanza di 5 mm dalla
superficie articolare In questo modo si certi di assicurate un TAD inferiore a 25 mm per
entrambe le viti. Per garantire lo scorrimento le viti devono essere assolutamente parallele.
Purtroppo nemmeno i sistemi a doppia vite cefalica sono esenti da complicanze correlate
alla osteolisi e mobilizzazione dei mezzi di sintesi: Il cut-out assume diversa denominazione

42

in quanto la mobilizzazione/scivolamento di una vite si accompagna quasi necessariamente


al movimento (per lo meno relativo) dalla seconda vite.
Il fenomeno Z venne definito da Strauss e coll.25 come la complicanza dei sistemi
endomidollari a doppia vite cefalica in cui queste migrano in direzioni opposte determinando
il fallimento dellimpianto: si parla di fenomeno Z classico quando la vite distale migra
lateralmente mentre quella prossimale medialmente con eventuale penetrazione in cavit
articolare; fenomeno Z inverso quando la vite distale migra medialmente e la prossimale
lateralmente.

Figura 4.22

Figura 4.23

Trattasi sempre di fenomeno Z la situazione in cui solo la vite distale a migrare: in questo
caso si assiste spesso al collasso in varo della frattura e quindi al cut-out della seconda vite
che sporge in cavit articolare.
Lo studio pi importante25 riguardo questa complicanza mette in evidenza il possibile
processo fisiopatologico attraverso un modello sperimentale in cui vennero utilizzate
Sawbones (mascherine sintetiche simulanti il tessuto osseo) con differenti caratteristiche
meccaniche per simulare la testa e il collo femorale. Alla base vi la teoria che la migrazione
si realizzi a causa di una importante differenza di densit ossea tra la testa femorale (pi
densa) e il collo (meno denso), densit che si correla a differenti carichi flettenti. Si tratta di
una situazione molto vicina alla realt di una frattura instabile con muro mediale
insufficiente e con tendenza alla scomposizione in varo. Le simulazioni riuscirono a ricreare
il fenomeno Z classico (fig. 4.24). Gli autori tentarono di ricreare anche il fenomeno Z
inverso ma senza risultati (creando la situazione opposta ovvero densit del collo maggiore
della testa, frattura scomposta in valgo con integrit del muro mediale).

43

Figura 4.24

Gli autori evidenziarono che probabilmente il fenomeno dovuto ad una ineguale


ripartizione del carico (forze in tensione e compressione) tra le due viti cefaliche; quella
superiore maggiormente stressata, si deforma e si crea unindentatura (fig. 4.25) che ne
impedisce lo scivolamento dentro in chiodo; losso spongioso attorno la vite cefalica distale
viene mal compattato dal carico, diminuisce la presa della vite e parallelamente si riducono
le resistenze allo scivolamento, quindi la vite distale migra facilmente in direzione laterale;
si realizza una scomposizione in varo con penetrazione della vite superiore nella cavit
articolare.

Figura 4.25

Da un punto di vista statistico il fenomeno Z una complicanza rara che interessa gli impianti
con angolazione cervico-diafisaria inferiore a 125, inoltre non si realizza nei sistemi con
scivolamento telescopico o codolo di scorrimento.
6
Qualit della riduzione
Unottima riduzione correla con una buona prognosi. Si tratta di un fattore certamente
dipendente dal tipo di frattura considerata e dalla bravura della equipe chirurgica. Sono
disponibili mezzi di sintesi che promettono ulteriori garanzie sulla riuscita ed il
44

mantenimento della riduzione. La compressione intraoperatoria della rima di frattura pu


essere realizzata con una vite di richiamo inserita nel codolo di scorrimento oppure con i
sistemi endomidollari (definiti da alcuni di quarta generazione) tipo InterTan (fig. 4.26).
Si tratta di un impianto distribuito dalla Smith & Nephew caratterizzato da doppia vite
cefalica: le due viti sono embricate e bloccate tra di loro a livello della filettatura (che nella
vite prossimale di lag presente solo distalmente e nella porzione allinterno del chiodo). Il
sistema InterTan promette grande stabilit rotazionale e resistenza al cut-out .

Figura 4.26

Altra soluzione al problema della riduzione lutilizzo del sistema polivalente chiodo-placca
(fig. 4.27) che offre la possibilit di ottenere la sintesi dei frammenti con il posizionamento
della vite che precede lintroduzione del chiodo (con relativa possibilit di scomporre la
frattura non ancora stabilizzata).

Figura 4.27

45

7
Qualit ossea e possibile PMMA augmentation dellosteosintesi
Altro parametro fondamentale la qualit dellosso. Uno studio tedesco

26

dimostra che il

valore soglia di densit ossea, al di sotto del quale le probabilit di cut-out del mezzo cefalico
aumentano esponenzialmente, 0,6 g/cm3 misurato a livello del collo femorale mediante
DEXA. La condizione osteoporotica pu condurre ad una sintesi poco valida, venendo a
mancare il substrato osseo stabile in grado di accogliere le viti cefaliche
In questi casi raccomandabile affidarsi a tecniche demolitive quali limpianto di una
endoprotesi

oppure

fare

affidamento

allaugmentation

osseo

con

PMMA

(polimetilmetacrilato) per migliorare le caratteristiche meccaniche dellosso e la tenuta della


vite (o delle viti) 27. Tale metodica non raccomandata nel caso di fratture stabili in pazienti
con basso grado di osteoporosi (Singh 3 e 5). Relativamente al tipo di impianto di cui si
vuole incrementare la tenuta sono a disposizione diverse tecniche: iniettare i 3-4 cc di
PMMA tramite una cannula posizionata allinterno della vite oppure prima iniettare il
cemento e poi a solidificazione ottenuta (7 minuti) si procede allintroduzione della vite. Il
tutto deve essere eseguito sotto controllo scopico per produrre una omogenea cementazione.
I risultati in pazienti selezionati sono ottimi: si parla di una resistenza al cut-out del 225%
superiore rispetto un impianto convenzionale correttamente posizionato. Negli ultimi anni il
PMMA stato sempre pi sostituito dal cemento di calcio-fosfato. Infatti il PMMA un
materiale permanente che non pu essere riassorbito, inoltre causa elevato rialzo termico e
pu indurre necrosi della testa del femore. Uno studio condotto nel 2010 da DArienzo e
coll. ha dimostrato lefficacia del Graftys (sostituto osseo a base di Sali di Fosfato di Ca e
polisaccaridi) in associazione allinchiodamento endomidollare nel trattamento delle fratture
laterali del collo femore in pazienti osteoporotici.
8
Utilizzo di lame al posto delle viti
Apparentemente contro tendenza la strategia della Synthes che pochi anni fa propone
levoluzione del sistema PFN: le novit riguardano esclusivamente il blocco prossimale.
Viene abbandonata la seconda vite cefalica a funzione antirotatoria e viene introdotta la lama
spirale al posto della vite cervico-cefalica di lag (fig. 4.28).

46

Figura 4.28

Il nuovo sistema denominato PFN-A molto valido: la stabilit rotatoria assicurata


dallampia superficie di contatto tra le lame e losso spongioso, un altro vantaggio il
risparmio di tessuto osseo poich linserimento ne determina una compattazione anzich una
asportazione

28

. Tutto ci si mette bene in evidenza in fig. 4.29 nella quale si valuta la

superficie di osso asportato dal posizionamento di una vite (A) e di una lama(B) nella sezione
di una testa femorale. Invece di avvitare una vite sottile dai bordi affilati che determina
osteolisi e predisposizione al cut-out, in questo caso viene inserita una lama dai margini
smussi e con ampia superficie di contatto con la spongiosa: in questo modo si determina un
addensamento della spongiosa circostante e quindi un miglioramento notevole della tenuta
del mezzo di sintesi.

Figura 4.29

47

5. SISTEMA ENDOVIS BIO ADVANCED

5.1 Caratteristiche
Il chiodo Endovis Bio Advanced, si caratterizza per la presenza di due viti cervicocefaliche di uguale diametro e una o due viti di bloccaggio distale (statico o dinamico). Il
chiodo disponibile in tre formati (fig. 5.1):

chiodo Standard per le fratture laterali del collo femore;

chiodo Medio per le fratture sottotrocanteriche o a rima lunga (persottotrocanteriche);

chiodo lungo per il trattamento di fratture laterali del collo femore associate a fratture
diafisarie (tre diverse misure di lunghezza, ciascuna con 2 curvature per il femore
destro e sinistro)

Gli impianti presi in considerazione dallo studio sono il chiodo Standard ed il chiodo Medio.
Il chiodo Standard non ha lateralit, realizzato in una sola misura con angolo cervicocefalico di 130, angolo metafisario di 5 (offset), lunghezza totale 195 mm compresi i 30
mm del diapason (a quattro raggi), diametro prossimale di 13 mm e distale di 10 mm, due
fori per le viti cefaliche e uno per la vite diafisaria (ortogonale allasse del chiodo), inoltre
presente un alloggiamento per il tappo di protezione e unasola per facilitare leventuale
rimozione del chiodo.
Il chiodo Medio si differenzia per dimensioni (lunghezza 240mm, diametro prossimale
13,5mm) e per la presenza di due fori distali per un blocco statico o dinamico (fig. 5.5).

Figura 5.2

Figura 5.3

Figura 5.4

48

Figura 5.5

La vite cefalica disponibile in 9 taglie (da 70 a 110 mm). Le viti non sono cannulate, la
parte introduttiva ha un diametro di 6,5 mm ed ha un profilo autoperforante ed autofilettante.
Il filetto a doppio passo e permette un avanzamento rapido. La testa ha diametro di 7,5 mm
(fig. 5.3).
La vite diafisaria disponibile in 11 taglie (da 30 a 80 mm), ha un diametro di 5 mm e come
le viti cefaliche il filetto presenta un profilo autoperforante e autofilettante (fig. 5.4 in alto).
Il tappo opzionale (fig. 5.5 in basso)
Il chiodo indicato nelle fratture laterali del collo femore, fratture 31-A1, 31-A2, 31-A3
secondo la classificazione AO. Il blocco distale raccomandato solamente nelle fratture
altamente instabili quali le 31-A3.
Le controindicazioni sono dovute alle sue minute dimensioni, di fatto non indicato nelle
fratture sottotrocanteriche o comunque fratture laterali del collo femore ad estensione
sottotrocanterica per le quali viene proposto dalla medesima azienda il chiodo medio.
Il prodotto biocompatibile in conformit alla norma ASTM F-136. Tutte le sue componenti
sono in lega di titanio. La composizione chimica percentuale nella tabella 5.6

Tabella 5.6

Le sue caratteristiche meccaniche:


49

Dallanalisi di queste caratteristiche si evidenzia una elevata resistenza (carico di rottura),


un modulo di elasticit molto vicino a quello dellosso, circa la met rispetto quello
dellacciaio. Inoltre molto rilevante la percentuale di allungamento a rottura ed il carico di
snervamento (il valore della tensione in corrispondenza della quale il materiale inizia a
deformarsi plasticamente, passando da un comportamento elastico reversibile ad un
comportamento plastico caratterizzato dallo sviluppo di deformazioni irreversibili che non
rientrano al venir meno della causa sollecitante).
Oltre le propriet puramente meccaniche, degne di nota sono le caratteristiche
biomeccaniche che distinguono il chiodo Endovis da altri impianti:

Lutilizzo del titanio e il sottodimensionamento riducono la rigidit dellimpianto in


modo tale da permetterne un migliore assestamento allinterno del canale e
adattamento alle deformazioni fisiologiche. Il ridotto diametro prossimale permette
un notevole risparmio del gran trocantere e quindi della superficie dinserzione del
muscolo medio gluteo.

Il braccio di leva estremamente ridotto diminuisce il carico in flessione,

Il diapason distale a quattro raggi permette un ulteriore adattamento del chiodo alle
caratteristiche anatomiche del paziente permettendo inoltre una graduale variazione
del modulo di elasticit tra osso armato e il resto della diafisi (il diapason quadri
raggiato, a differenza di un diapason a due raggi, permette lammortizzazione del
carico su tutta la circonferenza della punta del chiodo),

Lutilizzo delle due viti cefaliche parallele ha lo scopo di aumentare notevolmente la


stabilit rotazionale, il posizionamento equidistante dallasse neutro (asse
baricentrico della sezione resistente che non partecipa al carico) del collo femorale
permette di sfruttare a pieno il tessuto osseo a disposizione, distribuendo in maniera
migliore il carico su entrambi i chiodi e di conseguenza sul tessuto osseo spongioso
a stretto contatto (fig. 5.7).

50

Figura 5.7

I diametri molto ridotti delle viti permettono un notevole risparmio di tessuto osseo,
inoltre si tratta di viti autofilettanti ed auto-avvitanti che permettono una
compattazione del tessuto osseo durante il loro posizionamento effettuato
manualmente (non necessitano frese n tantomeno trapani).

Il blocco distale statico: importantissimo il suo utilizzo nelle fratture instabili,


mentre nelle fratture stabili da evitare poich un vincolo che limita le capacit del
chiodo di assestarsi (raggiungere la sua posizione di equilibrio).

In uno studio effettuato su Sawbones composito si messo in evidenza che nel chiodo
Endovis (come anche possibilmente in altri chiodi) vi una correlazione tra capacit di
scivolamento del chiodo e presenza del blocco distale. Entro certi limiti (si parla di
millimetri) il chiodo deve essere libero di ruotare e scivolare allinterno del canale midollare
altrimenti si genera un conflitto meccanico tra le parti mobili dellimpianto con mancato
scivolamento delle viti cefaliche che esita in complicanze quali cut-out, pseudoatrosi ecc.
Non appena si concretizza la concessione del carico normale assistere ad un assestamento
del chiodo: lo spostamento che si realizza durante le prime fasi di carico dellimpianto in un
modello sperimentale realizzato da Caiaffa 20 di circa 1.6 mm per i chiodi non bloccati, 0,6
mm per i chiodi bloccati.
Le pubblicazioni riguardo lutilizzo del chiodo Endovis sono numerose, quelle pi rilevanti
sono:

Lo studio prospettico multicentrico di Caiaffa e coll. 29 effettuato su 1091 pazienti


(et media 75 anni, 83% dei quali con una o pi comormilit, ASA score II-IV) con
follow-up a 6 mesi. Lo studio mette in evidenza un tempo operatorio medio di 35
51

minuti, in media 45 secondi di esposizione a radiazioni ionizzanti, nell 81,2% dei


pazienti il chiodo stato impiantato senza blocco distale, nel 99,1% non stato
necessario alesare il canale. Complicanze intraoperatorie nel 2,6% dei casi,
complicanze post operatorie nel 3,5% dei pazienti. Al termine dei 6 mesi il 12% dei
pazienti morto per cause non correlate alla chirurgia, il 65,6% dei pazienti ha
ripreso a camminare in maniera indipendente, il 25,9% deambula con necessit di
assistenza, l8,5% non in grado di camminare.

Lo studio di Geraci e Martorana

30

su 87 pazienti evidenzia una riduzione

intraoperatoria della frattura nell85% dei casi, le complicanze a lungo termine: il


3,5% cut-out, 1% consolidazione in valgo e 1% con accorciamento dellarto.

Uno studio comparativo tra impianto Endovis e IMHS

31

105 pazienti trattati con

Endovis ( 70% donne, et media 84 anni, il 60% in grado di deambulare prima della
lesione), fratture stabili nel 40% dei casi, tempo medio operatorio 25 minuti,
complicanze intraoperatorie nel 13,36% dei casi, complicanze post operatorie nel
20%. Nel postoperatorio il 26,7% dei pazienti ha ripreso a camminare in maniera
indipendente, il 45,7% deambula con necessit di assistenza, il 27,6% non in grado
di camminare.
I risultati dei precedenti studi non possono essere paragonati tra loro perch molte sono
le variabili che non vengono approfondite, non si tratta di popolazioni omogenee, inoltre
le procedure standard suggerite dal produttore non sempre vengono messe in pratica
(difatti il chirurgo libero di utilizzare tecniche chirurgiche differenti).
Gli svantaggi del chiodo Endovis Standard rispetto altri impianti endomidollari sono: la
mancata possibilit di una compressione intraoperatoria; langolo cervico-diafisario
fisso; la presenza di un foro distale utilizzabile solamente come blocco statico.

52

6. SPECIFICIT DEL TRATTAMENTO

Il paziente con frattura laterale del collo femore, spesso molto anziano, un paziente fragile,
complicato a causa di frequenti lesioni associate e per via di comorbilit varie presenti nel
70% dei casi (in particolare ipertensione, diabete mellito, cardiopatia).
Primo passo fondamentale stabilizzare il paziente e monitorarne i parametri vitali,
immobilizzare larto leso. Successivamente lesame obiettivo, la compilazione della cartella
clinica e lesecuzione di indagini strumentali permettono la diagnosi di certezza e
lesclusione di lesioni associate.
6.1 Planning preoperatorio
La valutazione preoperatoria consta in un RX torace, consulenza cardiologica,
anestesiologica ed in una serie di indagini di laboratorio. Quando tutti i criteri di operabilit
vengono soddisfatti possibile programmare lintervento.
La scelta di intervenire chirurgicamente deve essere validata dal consenso del paziente (o di
chi lo rappresenta) preventivamente informato riguardo vantaggi rischi e complicanze.
La terapia chirurgica deve essere intrapresa quanto pi precocemente possibile: recenti
indicazioni ministeriali raccomandano lintervento entro le prime 48 ore dal trauma. In
questo modo viene migliorata notevolmente la prognosi a lungo termine del paziente. La
contrattura, ledema, lemorragia sono meno pronunciate e questo rende la riduzione pi
semplice ed efficace.
Per quanto riguarda il chiodo Endovis Standard e Medio non necessario un planning
preoperatorio per selezionare la misura, langolo cervico-diafisario e il calibro del chiodo: il
chiodo disponibile in ununica misura e ha dimensioni tanto minute da adattarsi
perfettamente a qualunque femore.
6.2 Preparazione del paziente.
Viene eseguita una anestesia generale o loco-regionale.

53

Il posizionamento prevede la posizione supina con larto interessato in trazione e quello


controlaterale abdotto o flesso ed extraruotato per consentire lagevole utilizzo
dellamplificatore di brillanza (figg. 6.1 e 6.2).

Figura 6.1

Figura 6.2

Per migliorare laccesso al grande trocantere (soprattutto nei pazienti di grande taglia) utile
basculare il tronco (abdurre di 20 verso larto non interessato) e addurre larto.
6.3 Riduzione della frattura
Prima dellincisione necessario ridurre la frattura. Spesso sufficiente la semplice trazione
longitudinale per allineare i segmenti scheletrici ma talvolta sono necessarie manovre esterne
o strumentario opportuno. Da attenzionare il fatto che leccessiva trazione pu determinare
la rotazione della pelvi del paziente con abduzione relativa dellarto fratturato (fig. 6.3); se
tale posizione non viene prontamente corretta pu essere causa di difficolt ed errori durante
lintroduzione del chiodo.

Figura 6.3

La corretta riduzione va sempre verificata sotto controllo scopico in proiezione AP e assiale.


Per mantenere la riduzione utile intraruotare larto di 15-20.

54

Figura 6.7

6.4 Accesso chirurgico


Il campo operatorio sterile deve essere preparato dallala iliaca fino al ginocchio (fig. 6.8).

Figura 6.8

Lincisione inizia 2 cm cranialmente rispetto il reperto palpatorio del gran trocantere,


proseguendo in direzione prossimale per 6 cm (fig. 6.9).

Figura 6.9

55

Dopo aver inciso cute, sottocute e fascia, si giunge allapice del gran trocantere attraverso
un split delle fibre del muscolo medio gluteo (parallelamente la direzione delle sue fibre).
Individuato il gran trocantere tramite apposito perforatore cannulato si seleziona il punto di
ingresso (fig. 6.10): pu essere perfettamente sullapice del gran trocantere, leggermente
laterale o leggermente mediale. Ci dipende dalla conformazione del femore poich deve
essere quanto pi allineato possibile allasse del canale midollare. (Laccesso troppo laterale
estremamente pericoloso poich aumenta il braccio di leva dellimpianto predisponendone
il collasso in varo

32

mentre un accesso mediale pu danneggiare larteria circonflessa

causando necrosi della testa del femore). Anche la posizione in antero-posteriore


estremamente importante: un accesso posteriore porta inevitabilmente ad un impingement
della punta del chiodo sulla corticale anteriore della diafisi.

Figura 6.10

6.5 Posizionamento dellimpianto


Dopo aver creato una breccia, sempre tramite il perforatore si introduce il filo guida fino al
contatto con i condili (fig. 6.11).

Figura 6.11

56

Figura 6.12

Successivamente si mette da parte il perforatore e utilizzando come binario il filo guida viene
introdotta la fresa dopo aver posizionato la cannula paratessuti; occorre quindi fresare fin
quanto consentito dal blocco montato sulla fresa (in tal modo viene fresato solamente losso
spongioso del gran trocantere) (fig. 6.12).
Si monta il chiodo sullarco metallico della guida e si introduce seguendo il filo guida che
pu essere tolto non appena si supera la rima di frattura (fig. 6.13). Quando il chiodo
raggiunge la posizione ottimale (sotto controllo scopico) possibile montare la parte
radiotrasparente della guida). Le componenti della guida devono essere saldamente serrate
tra di loro e altrettanto stabilmente deve essere unito il chiodo al suo introduttore altrimenti
tutto il sistema diventa impreciso. Inoltre utile inserire preventivamente i fili guida negli
appositi fori per verificarne la corretta posizione e valutare la precisione dellintero sistema
33

poich dopo 20-30 interventi (e relativi cicli di sterilizzazione) lo strumentario diventa

impreciso e pu dar problemi nel blocco distale.


Immediatamente prima di fresare o introdurre a pressione il chiodo necessario da parte del
chirurgo avvisare lanestesista poich tale manovra pu determinare limmissione in circolo
di emboli adiposi.

Figura 6.13

Figura 6.14

57

Si introduce la cannula e il trocar nel foro cefalico pi distale della guida, si esegue
lincisione di cute e sottocute fino a toccare la corticale laterale della diafisi (fig. 6.14) .
Quindi il filo graduato bloccato nel mandrino viene inserito nel trocar. Si verifica la corretta
posizione del filo graduato in proiezione antero-posteriore: deve passare vicino alla corticale
inferiore del collo, mentre in proiezione assiale deve trovarsi al centro del collo e della testa
femorale (fig. 6.15). Successivamente si rileva sul filo graduato la lunghezza della vite
cefalica distale.

Figura 6.15

Si monta una vite cefalica (di lunghezza 5 mm inferiore rispetto quanto rilevato sul filo
graduato) sul giravite e viene introdotta con una cannula nel foro cefalico prossimale. Viene
avvitata manualmente fino a raggiungere il riferimento 0 in corrispondenza del bordo della
cannula (fig. 6.16).
Lasciando in situ vite, giravite e cannula prossimale si posiziona allo stesso modo la vite
distale (fig. 6.17). Ci si accerta sotto controllo scopico che il TAD non sia superiore a 25
mm per entrambe le viti.

58

Figura 6.16

Figura 6.17

Se ritenuto necessario dal chirurgo, viene posizionata la vite distale. Si introduce nel foro
orizzontale della guida la cannula e il trocar fino alla corticale. Quindi si inserisce il filo
graduato (precedentemente bloccato nel mandrino) e, dopo aver superato la corticale
mediale, si rileva la lunghezza della vite. Si rimuovono gli strumenti appena citati e si
introduce la fresa di diametro 7,5 mm e si perfora solo la corticale laterale.
Quindi la vite diafisaria montata sul giravite, viene introdotta nella cannula e avvitata fino
allindice di riferimento 0 in corrispondenza con il bordo della cannula (fig. 6.18).

Figura 6.18

Figura 6.19

59

Si rimuove la guida e inserire il tappo di protezione con lo stesso giravite usato per le viti
cefaliche (fig. 6.19). La funzione del tappo duplice: permette di rimuovere il chiodo
proteggendo lasola di estrazione e al tempo stesso riduce le perdite ematiche bloccando la
fuoriuscita di sangue dal canale midollare traumatizzato.
Le raccomandazioni del produttore ammettono la fresatura di tutto il canale midollare solo
quando strettamente necessario e consigliano lintroduzione manuale di tutte le componenti
senza lutilizzo del battitore.
6.6 Rimozione del chiodo
Leventuale rimozione del chiodo, in seguito ad esempio a fallimento dellimpianto,
possibile tramite opportuno strumentario: bisogna prima rimuovere il tappo di protezione, la
vite distale (se presente) e una vite cefalica. Tramite un uncino si aggancia il chiodo e,
mantenendo una opportuna tensione, si rimuove la seconda vite cefalica e successivamente
si estrae il chiodo. Il particolare trattamento superficiale del chiodo (Smooth surface) ne
permette una facile rimozione.

6.7 Post-intervento
In prima giornata post-operatoria si effettua un RX di controllo e viene avviato il trattamento
riabilitativo con consulenza fisiatrica e ortogeriatrica. Nei mesi successivi la frattura si
possono realizzare complicanze tardive non correlate al mezzo di sintesi come: emorragie,
osteomieliti, infezioni vescicali e polmonari, rigidit articolari, scompenso cardiaco, shock
ed embolia polmonare.
Si consigliano controlli radiografici a 1 mese, 3 mesi e 6 mesi. Inoltre alcuni Autori
consigliano la rimozione delleventuale blocco distale (dinamizzazione del chiodo) dopo 2
mesi.

60

7. RIABILITAZIONE

Branca della medicina che comprende tutte le manovre terapeutiche che mirano alla
prevenzione e alla riduzione degli esiti invalidanti delle malattie, con il fine di migliorare la
qualit della vita della persona.
La riabilitazione ha una funzione fondamentale nel trattamento delle fratture trocanteriche,
di fatti lintervento chirurgico da solo non in grado di assicurare un completo recupero
funzionale del paziente.
La sinergia tra chirurgia e riabilitazione tanto maggiore quanto pi precoce risulta
lintervento terapeutico. Fondamentale lapproccio globale al paziente e la collaborazione
di diversi specialisti quali il fisiatra, il chirurgo ortopedico, linfermiere, il fisioterapista e il
tecnico ortopedico che insieme costituiscono il team riabilitativo.
La riabilitazione del paziente giovane non si discosta molto da quella del paziente anziano
anche se differenti sono le finalit: di fatti nel paziente giovane si tenta un recupero
funzionale del 100% anche a costo di un programma riabilitativo molto pi gravoso.
Nella seguente trattazione verr preso in considerazione il percorso riabilitativo del paziente
anziano.
La riabilitazione comprende una fase preoperatoria che ha principalmente funzione di
prevenzione delle complicanze con:

Kinesiterapia respiratoria;

Kinesiterapia degli arti (ad esclusione di quello lesionato) per mantenere un adeguato
grado di trofismo muscolare, migliorare in ritorno venoso per evitare fenomeni
tromboembolici;

Corretto posizionamento del paziente: larto leso deve essere salvaguardato per
evitare scomposizioni della frattura. A questo scopo possono essere utili docce
gessate, cunei o cuscini.

Segue la fase postoperatoria suddivisa in fase acuta ospedaliera e post-ospedaliera. Ha la


funzione di ripristinare il grado di funzionalit ed autonomia precedenti la frattura, se non
addirittura migliorare tali parametri.
61

fondamentale conoscere il paziente: le patologie associate quali osteoporosi, disturbi


cardiocircolatori, polmonari, neurologici, gastrointestinali, ortopedici, lo stato psicoaffettivo
e sociale. Inoltre bisogna indagare la dinamica delleventuale trauma.
Compito del chirurgo dare un suo giudizio riguardo la stabilit della frattura, qualit della
riduzione e prognosi.
Tutto deve essere preso in considerazione prima di elaborare un programma riabilitativo.
Nella fase post-operatoria viene inclusa lesecuzione delle attivit di prevenzione gi
descritte riguardo la fase pre-operatoria: particolare attenzione deve essere posta sulla
continua ispezione e massaggio delle zone a rischio di pressione ischemica, assicurare la
frequente variazione della posizione del paziente, lutilizzo di materassi antidecubito, la
prevenzione della malattia tromboembolica con profilassi eparinica, calze elastiche,
massaggi e la concessione del carico quanto pi precoce possibile.
Se la frattura stabile possibile la concessione del carico sfiorante a partire dal secondo
giorno, mentre se non d garanzie di stabilit consigliato ritardare il carico.
In prima giornata dopo lintervento viene avviato il programma riabilitativo che consiste nel
mobilizzare attivamente lestremit dellarto leso con movimenti di flesso-estensione della
caviglia. Il programma segue con contrazioni isometriche, kinesi assistita, esercizi attivi di
flesso-estensione dellanca, recupero della posizione seduta, rinforzo muscolare. Bisogna
aumentare gradualmente lindipendenza del paziente concedendo man mano una maggiore
mobilit. Dal secondo giorno possibile la concessione del carico sfiorante, seguito dal
recupero dellortostatismo, deambulazione con girello e in seguito con bastoni canadesi.
Bisogna aumentare gradualmente la difficolt degli esercizi: criterio di valutazione
fondamentale la presenza o meno di dolore.
Dalla 4-5giornata possono essere avviati gli esercizi propriocettivi e stretching dei flessori
danca.
Lobiettivo lindipendenza del paziente durante lesecuzione degli esercizi e la correzione
di eventuali difetti della marcia.
Successivamente viene avviato il training per la corretta esecuzione di attivit complesse
come le ADL (activities of daily living) e vengono consigliati esercizi da eseguire a casa.
Un validissimo complemento rappresentato dalla idrokinesiterapia che sfrutta principi
quali la pressione idrostatica (riduzione del carico), leffetto idrodinamico (aumento delle
62

resistenze), leffetto termico (antidolorifico e miorilassante) e la stimolazione della afferenze


propriocettive e barocettive.
Passo finale la prevenzione mirata nei confronti di osteoporosi e cadute accidentali e la
riabilitazione psicologica del paziente.
Riguardo losteoporosi viene consigliata una dieta ricca di Calcio e Vit.D, esposizione al
sole, regolare attivit fisica, corretta igiene posturale e terapia farmacologica con
supplementi di Calcio e VitD, terapia sostitutiva ormonale, bisfosfonati, e Raloxifene (anche
se non ha mostrato effetti sulla riduzione delle fratture di femore).
Sono raccomandati esercizi di ginnastica propriocettiva e rieducazione posturale (figg. 7.1 e
7.2) .

Figura 7.1

Figura 7.2

Per garantire maggiore autonomia e per prevenire cadute accidentali sono raccomandati
ausili per la mobilit e protezione personale: bastoni, girelli, maniglioni (fig. 7.3), sedia per
doccia (fig. 7.4), alza WC (fig. 7.5), calzature antiscivolo ecc.

Figura 7.3

Figura 7.4

Figura 7.5

63

In pazienti deambulanti ad elevato rischio raccomandata una ortesi danca (hip protector)
valido mezzo di attenuazione di eventuali traumi.

Figura 7.6

64

Parte sperimentale (30 pag)


Conclusioni

Linchiodamento endomidollare rappresenta ad oggi la tecnica migliore per il trattamento


delle fratture laterali del collo femore; di fatti ritenuto il gold-standard terapeutico nella
maggior parte dei reparti di Ortopedia e Traumatologia.
Ci nonostante tale superiorit non ancora stata dimostrata in maniera esaustiva da metaanalisi o revisioni sistematiche di studi randomizzati e controllati (RCTs) di elevata qualit.
Da quanto esposto nei capitoli precedenti consegue un giudizio molto positivo nei riguardi
del sistema Endovis Bio Advanced. Il chiodo Standard si rivelato un ottimo mezzo di
sintesi nel trattamento delle fratture laterali del collo femore stabili, analogamente il chiodo
Medio nel contesto delle fratture laterali instabili.
Il sistema ha dimostrato grande affidabilit e versatilit adattandosi perfettamente alla
maggior parte dei pazienti e delle fratture. La tecnica chirurgica semplice, veloce e miniinvasiva, le caratteristiche biomeccaniche e lassenza di difetti specifici rendono questo
sistema uno dei migliori in commercio. Lo studio delle complicanze intraoperatorie e postoperatorie (a breve e lungo termine) ha messo in evidenza che eccellenti risultati derivano
dallattento studio e dal rispetto scrupoloso delle tecnica chirurgica e delle raccomandazioni
del produttore, derivanti da numerose sperimentazioni e dalla conoscenze di autorevoli
esperti nel settore.
In particolare il posizionamento della vite cervico-cefalica distale deve essere considerato
come cardine fondamentale in grado di influenzare in maniera considerevole la riuscita
dellosteosintesi nel lungo termine.
I dati a disposizione hanno permesso di ipotizzare una correlazione statisticamente
significativa tra insorgenza di complicanze e distanza tra lapice della vite cervico-cefalica
e centro della superficie articolare della testa femorale. Questo concetto traspone nel contesto
dei chiodi a doppia vite cefalica il significato del calcolo della TAD (tip-apex distance) come
fattore predittivo di complicanze. Ovviamente si tratta di una correlazione che necessita
ulteriori approfondimenti.
65

Per concludere: I pazienti con frattura di collo femore occupano pi del 30% dei posti letto
dei reparti di Ortopedia e Traumatologia di tutto il mondo. Si tratta di una percentuale in
continuo aumento. Per questo motivo parecchie energie devono essere spese in tale
direzione, avviando nuovi studi volti ad un ulteriore miglioramento dei risultati.

66

BIBLIOGRAFIA

1. Santini, S., A. Rebeccato, and N. Chiaramonte. "Fratture dellestremo prossimale di


femore nellanziano: analisi dei costi e impatto sociale." Giornale Italiano di
Ortopedia e Traumatologia 33 (2007): 160-5.
2. Maniscalco P. Le fratture della regione trocanterica Springer, 2002 pag. 1.
3. Rossini, M., et al. "Incidenza e costi delle fratture di femore in Italia." Reumatismo
57.2 (2005): 97-102.
4. Frandsen, Peter A., and Thorsten Kruse. "Hip fractures in the county of Funen,
Denmark: implications of demographic aging and changes in incidence rates." Acta
Orthopaedica 54.5 (1983): 681-686.
5. Cochrane Database
6. Roberts, Stephen E., and Michael J. Goldacre. "Time trends and demography of
mortality after fractured neck of femur in an English population, 196898: database
study." Bmj 327.7418 (2003): 771-775.
7. Cummings, Steven R., et al. "Risk factors for hip fracture in white women." New
England journal of medicine 332.12 (1995): 767-774.
8. Leonardi, M., et al. "Pertrochanteric fractures in elderly patients: minimally invasive
technique with lower risk of proximal cut-out." Giornale Italiano di Ortopedia e
Traumatologia 39 (2013): 11-15.
9. Pascarella, R., et al. "Come affrontare e prevenire le complicanze e gli insuccessi
nelle fratture laterali del collo del femore trattate con linchiodamento
endomidollare." LO SCALPELLO-OTODI Educational 27.2 (2013): 70-75.
10. Maniscalco P. Le fratture della regione trocanterica Springer, 2002 pag.43.
11. Mahomed, N., et al. "Biomechanical analysis of the Gamma nail and sliding hip
screw." Clinical Orthopaedics and related research 304 (1994): 280-288.
12. Parker, Martyn J., and H. H. Handoll. "Gamma and other cephalocondylic
intramedullary nails versus extramedullary implants for extracapsular hip fractures
in adults." Cochrane Database Syst Rev 4 (2005): 93.
13. Leonardi, M., et al. "Pertrochanteric fractures in elderly patients: minimally invasive
technique with lower risk of proximal cut-out." Giornale Italiano di Ortopedia e
Traumatologia 39 (2013): 11-15.
67

14. Baumgaertner, Michael R., Stephen L. Curtin, and Dieter M. Lindskog.


"Intramedullary versus extramedullary fixation for the treatment of intertrochanteric
hip fractures." Clinical orthopaedics and related research 348 (1998): 87-94.
15. Schipper, I. B., R. K. Marti, and Chr van der Werken. "Unstable trochanteric femoral
fractures: extramedullary or intramedullary fixation: review of literature." Injury
35.2 (2004): 142-151.
16. Vaienti, E., F. Pogliacomi, and L. Guardoli. "Le fratture prossimali extracapsulari
del femore: attuali orientamenti terapeutici." LO SCALPELLO-OTODI Educational
27.2 (2013): 64-69.
17. Cavenago, C., and C. Prestianni. "Criteri decisionali per la concessione del carico
precoce nelle fratture laterali dell'estremo superiore del femore| Decision-making for
early weight bearing in peritrochanteric fractures." Giornale Italiano di Ortopedia e
Traumatologia 36 (2010): 025-035.
18. Hardy, Dominique CR, et al. "Use of an Intramedullary Hip-Screw Compared with
a Compression Hip-Screw with a Plate for Intertrochanteric Femoral Fractures. A
Prospective, Randomized Study of One Hundred Patients*." The Journal of Bone &
Joint Surgery 80.5 (1998): 618-30.
19. Iwakura, Takashi, et al. "Breakage of a Third Generation Gamma Nail: A Case
Report and Review of the Literature." Case reports in orthopedics 2013 (2013).
20. Caiaffa V., Cagnazzo R., Freda V., Mori C. Biomeccanica della sintesi delle fratture
laterali del collo femore.
21. Baumgaertner, Michael R., et al. "The value of the tip-apex distance in predicting
failure of fixation of peritrochanteric fractures of the hip." The Journal of Bone &
Joint Surgery 77.7 (1995): 1058-1064.
22. Maniscalco, Pietro, et al. "Failure of intertrochanteric nailing due to distal nail
jamming." Journal of Orthopaedics and Traumatology 14.1 (2013): 71-74.
23. Sommers, Mark B., et al. "A laboratory model to evaluate cutout resistance of
implants for pertrochanteric fracture fixation." Journal of orthopaedic trauma 18.6
(2004): 361-368.
24. Kouvidis, George K., et al. "Comparison of migration behavior between single and
dual lag screw implants for intertrochanteric fracture fixation." Journal of
Orthopaedic Surgery and Research 4.1 (2009): 16.
25. Strauss, Eric J., et al. "The Zeffect phenomenon defined: A laboratory study."
Journal of Orthopaedic Research 25.12 (2007): 1568-1573.
68

26. Bonnaire, F., et al. "Cutting out bei pertrochantren Frakturenein Problem der
Osteoporose?." Der Unfallchirurg 110.5 (2007): 425-432.
27. DallOca, C., et al. "Augmentation nelle fratture per trocanteriche instabili nel grande
anziano osteoporotico: Tecnica operatoria per sistemi a 1 o 2 viti cervico-cefaliche."
Acta Biomed 83 (2012): 39-45.
28. Valente, M., M. Crucil, and V. Alecci. "Il trattamento delle fratture laterali del collo
femorale con il chiodo endomidollare PFN A." GIOT 35 (2009): 79-83.
29. Caiaffa, V., et al. "Treatment of peritrochanteric fractures with the Endovis BA
cephalomedullary nail: multicenter study of 1091 patients." Journal of Orthopaedics
and Traumatology 8.3 (2007): 111-116.
30. Geraci, Alessandro, and Umberto Martorana. "The Treatment of Intertrochanteric
Fractures of the Femur with Proximal Femoral Nail." (2011).
31. Makridis, Konstantinos G., et al. "Comparing two intramedullary devices for treating
trochanteric fractures: a prospective study." Journal of orthopaedic surgery and
research 5.1 (2010): 1-8.
32. Maniscalco, Pietro, et al. "Failure of intertrochanteric nailing due to distal nail
jamming." Journal of Orthopaedics and Traumatology 14.1 (2013): 71-74.
33. Pascarella, R., et al. "Come affrontare e prevenire le complicanze e gli insuccessi
nelle fratture laterali del collo del femore trattate con linchiodamento
endomidollare." LO SCALPELLO-OTODI Educational 27.2 (2013): 70-75.
34. Boriani, S., et al. "The results of a multicenter Italian study on the use of the Gamma
nail for the treatment of pertrochanteric and subtrochanteric fractures: a review of
1181 cases." La Chirurgia degli organi di movimento 79.2 (1993): 193-203.
35. Rebuzzi, E., et al. "IMHS clinical experience in the treatment of peritrochanteric
fractures: the results of a multicentric Italian study of 981 cases." Injury 33.5 (2002):
407-412.
36. Hesse, Beatrix, and Andr Gchter. "Complications following the treatment of
trochanteric fractures with the gamma nail." Archives of orthopaedic and trauma
surgery 124.10 (2004): 692-698.

69

70

Potrebbero piacerti anche