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Il collo
Claudio Martinelli
08/02/2010
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Il collo
SOMMARIO
Anatomia ............................................................................................................................................................................................ 4
Regione anteriore ...................................................................................................................................................................... 6
Regione laterale ......................................................................................................................................................................... 7
Regione posteriore o della nuca .......................................................................................................................................... 8
Esame obiettivo del collo ......................................................................................................................................................... 13
Cute, tessuto sottocutaneo, vasi .................................................................................................................................. 15
Linfonodi ............................................................................................................................................................................... 16
Tiroide .................................................................................................................................................................................... 16
Generalita’ sulle tumefazioni .................................................................................................................................................. 18
Masse cervicali ......................................................................................................................................................................... 18
Cisti laterali o branchiali .......................................................................................................................................................... 20
Cisti del dotto tireoglosso ........................................................................................................................................................ 23
Cisti dermoidi e teratomi ......................................................................................................................................................... 25
Laringocele ..................................................................................................................................................................................... 26
Tumefazioni tiroidee ................................................................................................................................................................. 26
Linfoadenopatia e Linfoadenite ............................................................................................................................................ 27
Adenoflemmoni ............................................................................................................................................................................ 29
Linfangioma o Igroma Cistico ................................................................................................................................................ 30
Neoplasie ........................................................................................................................................................................................ 31
Linfomi ........................................................................................................................................................................................ 31
Tumori delle ghiandole salivari ........................................................................................................................................ 32
Lipomi ......................................................................................................................................................................................... 32
Tumori neurogenici ............................................................................................................................................................... 32
Tumori tiroidei ........................................................................................................................................................................ 34
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Il collo
Note dell’autore
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Il collo
Claudio Martinelli
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Il collo
ANATOMIA
Il collo è una regione anatomica del corpo umano limitata in alto dalla linea cervicocraniofacciale
(dal margine della branca orizzontale della mandibola, dal margine posteriore della branca montante e
da una linea che, dall'articolazione mandibolare, termina alla protuberanza occipitale esterna). In
basso è limitata dalla linea cervicotoracica, che parte dall'apofisi spinosa della settima vertebra
cervicale, passa per l'articolazione acromio‐clavicolare ed arriva alla fossetta giugulare.
Nel collo vengono distinti, mediante un piano ideale frontale passante per le apofisi trasverse delle
vertebre cervicali, due settori, uno posteriore che contiene i muscoli della nuca, di scarsa importanza
chirurgica, ed uno anteriore che contiene le formazioni viscerali (regione del collo propriamente
detta), circondate e protette da un complesso muscolo‐fasciale.
Quest'ultima regione è delimitata essenzialmente dai mm. prevertebrali e laterali del collo
posteriormente, dai mm. sterno‐cleido‐mastoidei (S.C.M.) lateralmente e dai mm. sottojoidei
anteriormente. È rivestita ed attraversata da fasce connettivali che forniscono rivestimenti ai muscoli
ed ai visceri, permettendo loro ampie possibilità di scorrimento reciproco in rapporto ai movimenti
del collo.
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Il collo
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Il collo
Nella semiotica fisica del collo si distinguono tre regioni:
1. Anteriore
2. Posteriore
3. Laterale
REGIONE ANTERIORE
E’ divisa da una linea orizzontale passante per l’osso ioide in due sottoregioni:
1. Regione sopraioidea
2. Regione sottoioidea
Regione sopraioidea
Ha forma triangolare con base inferiore (osso ioide) ed apice superiore (sinfisi mentoniera). I due lati
corrispondono al ventre dei mm. digastrici..
Strati: Pelle con peli, ghiandole sebacee e sudoripare — Sottocutaneo con M. platisma e vene giugulari
anteriori — Aponeurosi cervicale superficiale — Piano muscolare profondo. Ghiandola e loggia
sottomascellare, situata nella fossetta sottomascellare dentro lo sdoppiamento dell'aponeurosi
cervicale superficiale. Dalla sottomascellare parte il dotto di Wharton — Vasi e nervi profondi.
Linfonodi sottomandibolari e sottomentonieri.
Regione sottoioidea
È delimitata: in basso dall’incisura giugulare dello sterno, in alto da una linea passante per l'osso ioide,
ai lati dal margine anteriore dello sterno‐cleido‐mastoideo. Ha forma triangolare con base in alto e
presenta nel maschio il cosiddetto pomo di Adamo.
Strati: Pelle — Sottocutaneo — Fascia cervicale superficiale — Muscoli sottoioidei — Fascia cervicale
media — Complesso viscerale (laringe, trachea, tiroide, paratiroidi, faringe, esofago) — Piano prever‐
tebrale con aponeurosi cervicale profonda e muscoli prevertebrali — Vasi e nervi profondi. Questa
regione in anatomia clinica è denominata anche laringotracheale per ricordarne le formazioni
importanti. Di esse è facilmente apprezzabile l'osso ioide fra le dita, immediatamente al di sopra della
cartilagine tiroide. Al di sotto si apprezza lo spazio tiro‐ioideo (gangli linfatici) e la loggia tiro‐
epiglottica (flemmoni profondi del collo).
Al di sotto dello spazio tiro‐ioideo si riscontra la cartilagine tiroide con la sua incisura del margine
superiore; al di sotto di essa si trova lo spazio crico‐ioideo. Proseguendo verso il basso s'incontra la
cartilagine cricoide e infine la trachea. L'osso ioide e il tubo laringotracheale durante il movimento di
deglutizione s'innalzano prima e quindi si riabbassano; è possibile spostarli passivamente
lateralmente, non in senso verticale; l'estensione della testa li rende più fissi.
La ghiandola tiroide è situata davanti e lateralmente al tubo laringotracheale col suo istmo sul
secondo, terzo e quarto anello tracheale: normalmente non è apprezzabile e segue i movimenti del
tubo laringotracheale, cui aderisce.
Linfatici: linfonodi prelaringei, pretracheali, catene ricorrenziali. L'arteria tiroidea infer. nasce dalla
succlavia, l'arteria tiroidea super, nasce dalla carotide esterna.
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Il collo
REGIONE LATERALE
Suddivisa a sua volta in:
1. Regione parotidea (o Superiore)
2. Regione sottomandibolare
3. Regione carotidea (o Sternocleidomastoidea)
4. Regione Sovraclaveare (Sopraclavicolare)
Regione parotidea
E’ delimitata: in avanti dal margine posteriore della branca della mandibola, in dietro dal processo
mastoideo, in alto dal meato acustico esterno e dalla parte esterna posteriore dell'arcata zigomatica, in
basso dalla linea orizzontale, che va dall'angolo della mandibola al margine anteriore del M. sterno‐
clavicolare.
Strati: Pelle — Sottocute — Fascia parotidea superficiale — Piani profondi con fascia profonda e loggia
parotidea contenente ghiandola parotide, arteria (carotide esterna), vene (giugulare esterna),
linfonodi parotidei superficiali e profondi, nervi (faciale, auricolo‐temporale).
La parotide comunica con la cavità orale a mezzo del dotto di Stenone, che sbocca a livello del secondo
dente molare superiore.
Nelle linfoghiandole superficiali della regione sboccano i linfatici della regione temporale e della faccia
(sopracciglio, palpebre, zigomi, padiglione auricolare e meato acustico est.); in quelle profonde i vasi
linfatici dell'orecchio medio, del velo palatino e della parte posteriore delle fosse nasali.
Regione sottomandibolare
Ha forma triangolare con lato superiore corrispondente al margine inferiore della mandibola e gli altri
due lati corrispondenti ai ventri del muscolo digastrico. La regione sottomandibolare comprende la
loggia sottomascellare, sdoppiamento della fascia sopraioidea, in cui è contenuta la ghiandola
salivare sottomandibolare, di forma prismatico‐triangolare. I linfonodi sottomandibolari e
sottomentonieri drenano la linfa proveniente da questa regione e dalle porzioni laterali del viso e
della lingua.
Regione sternomastoidea o carotidea
È delimitata in avanti e in dietro dai rispettivi margini del M. sterno‐cleido‐mastoideo, in alto da una
linea orizzontale passante per il processo mastoideo, in basso dall'inserzione sterno‐clavicolare del
muscolo.
Strati: Pelle — Sottocutaneo, che in basso inguaina la fascia del platisma e in cui decorre la V.
giugulare esterna — Aponeurosi cervicale superficiale — M. sterno‐cleido‐mastoideo — Foglietto
profondo della guaina del muscolo — Piano muscolo‐aponeurotico con stazione linfonodale sterno
cleidomastoidea (linfonodi cervicali superficiali e profondi) entro il tessuto cellulo‐adiposo (20‐30
linfonodi), a cui affluiscono i linfatici efferenti della testa, della faringe, della tonsilla, del palato, della
laringe e della trachea, e da cui partono a destra i linfatici verso la grande V. linfatica e a sinistra gli
efferenti verso il dotto toracico. Fascio vascolonervoso (V. giugulare interna indietro, carotide
comune in avanti, N. X medialmente). — Il triangolo di Farabeuf è costituito posteriormente dalla V.
giugulare interna, in avanti dal rame venoso tireolinguo‐facciale, in alto dal N. XII. Vi si biforca la
carotide comune. Glomo carotideo (corpuscolo come un grano di frumento alla biforcazione
dell'arteria) — Ansa dell'ipoglosso — Loggia carotidea contenente tessuto connettivo, il fascio
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Il collo
nerveovascolare e la catena linfonodale, comunicante in basso col mediastino, in avanti con la regione
sottojoidea, indietro con la loggia sopraclavicolare.
Al margine mediale del 1/3 medio del muscolo SCM, tra questo ed il complesso laringo‐tracheale, si
trova il solco carotideo (ove è possibile percepire la pulsazione cardiaca).
Regione sopraclavicolare
Corrisponde al triangolo posteriore del collo. Ha come base il terzo medio della clavicola, lato anteriore
il margine posteriore del M. sterno‐cleido‐mastoideo, lato posteriore il margine anteriore del M.
trapezio.
Strati: Pelle — Sottocutaneo — Aponeurosi cervicale superficiale — Piano muscolo aponeurotico con
triangolo sopraclavicolare — Loggia sopraclavicolare contenente l'apice del polmone con la cupola
pleurale. l'A. e la V. succlavia, vasi linfatici (afferenti dalla nuca, dal cavo ascellare, dall'esofago e dallo
stomaco; vi si riscontrano i linfonodi sopraclaveari, tra cui quello di Troisier a sinistra, sede di
metastasi di cancri gastrici, di altri visceri addominali e del testicolo). I linfonodi sopraclaveari
drenano la linfa proveniente dal collo, dalla mammella, e sono collegati con i linfonodi mediastinici e
paratracheali.
REGIONE POSTERIORE O DELLA NUCA
È delimitata in alto dal tratto intermastoideo della linea cervico‐cefalica, in basso dal tratto
interclavicolare della linea cervico‐toracica, ai lati dai margini antero‐esterni dei due MM. trapezi.
Strati: Cute — Sottocutaneo — Fascia del collo — Strato muscolare (mm. nucali) — Piano scheletrico
(porzione inferiore della squama dell'occipitale, colonna cervicale con articolazioni
occipitoatlantoidea, odontoatlantoidea, assoiodoatlantoidea). Ai Iati della fossetta sottoccipitale si
trovano i gangli omonimi, sottoaponeurotici, i cui vasi afferenti provengono dalla parte occipitale del
cuoio capelluto e i cui vasi efferenti si dirigono alle stazioni sopraclavicolari e ascellari.
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Linfonodi retroauricolari: naso‐faringe.
Linfonodi cervicali profondi: cavo orale, tonsille, lingua, faringe, laringe.
Linfonodi cervicali posteriori: naso‐faringe
Linfonodi sopraclaveari e dello scaleno anteriore: polmoni, mediastino, stomaco, ec...
Linfonodi sottomandibolari: viso e cavo orale (denti, gengive, ec..)
Linfonodi sottomentonieri: labbro inferiore, punta della lingua, pavimento della bocca
ESAME OBIETTIVO DEL COLLO
Nell'esame obiettivo del collo vengono valutate, nell'ordine, le seguenti strutture: tessuto cutaneo e
sottocutaneo, colonna cervicale, muscolatura, linfonodi, tiroide, laringe e trachea, vasi sanguigni
(arterie carotidi e vene giugulari).
Le principali metodiche impiegate per l'esame fisico diretto del collo sono l'ispezione e la palpazione.
Solo in condizioni particolari è utile l'ascoltazione mediante lo stetoscopio, che può permettere di
rilevare eventuali soffi e pulsazioni abnormi. Se il paziente è in grado di collaborare, l'esame obiettivo
del collo deve essere effettuato tenendo il soggetto da esaminare in posizione seduta. In tutti i casi ci
si deve assicurare il massimo rilassamento muscolare spostando passivamente il capo del paziente
nella posizione più idonea.
Con l'ispezione e la palpazione vengono esaminati, nell'ordine, le regioni degli angoli della
mandibola, le aree sottomandibolari, i triangoli anteriori e posteriori del collo (rispettivamente
davanti e dietro i muscoli sternocleidomastoidei), la base del collo, le fosse soprasternale e
sopraclaveari, la superficie posteriore del collo.
In condizioni normali la struttura e la conformazione del collo variano ampiamente in rapporto
soprattutto alla costituzione individuale: nei soggetti ipostenici e astenici il collo è sottile e lungo,
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Il collo
mentre negli iperstenici è corto e grosso (in questi ultimi la conformazione del collo può rendere
difficile eseguire un corretto esame palpatorio, specie se coesiste adiposità). Nei soggetti obesi è
frequente riscontrare una prominenza delle aree sopraclaveari. dovuta alla presenza di adipe. Tale
reperto fa anche parte del quadro da ipercortisonismo e dell'ipotiroidismo.
ISPEZIONE:
Porsi di fronte e di lato al paziente, che può stare in piedi oppure seduto, con le braccia lungo il
corpo e la testa leggermente eretta (l’iperestensione del collo serve a valutare meglio eventuali
tumefazioni).
Valutazione di eventuali asimmetrie, pulsazioni o tumefazioni a carico del collo
Per stabilire se una tumefazione è a carico del collo far deglutire il paziente: una tumefazione
tiroidea si muove verso l’alto con la deglutizione.
PALPAZIONE:
Con entrambe le mani, una per ciascun lato, appoggiando i pollici sulla nuca, posteriormente al
paziente.
Evitare che i muscoli siano in tensione, quindi fa flettere il capo in avanti, in dietro o lateralmente a
seconda della zona da esplorare. Per un obiettivo apprezzamento dei linfonodi bisogna provocare il
rilasciamento del muscolo SCM dal lato ove si porta l'esame; ciò si ottiene facendo ruotare il capo
semillesso verso il lato interessato.
Regione sottomentoniera: far scivolare i tessuti molli contro il margine inferiore della mandibola.
Regione laterocervicale: esaminare tutte le stazioni linfonodali dalla clavicola alla mandibola.
Regione sovraclaveare: far scivolare i tessuti molli contro il margine superiore della clavicola.
Regione cervicale posteriore: esaminare tutte le stazioni linfonodali, dalla clavicola al processo
mastoideo.
Individuare dall’alto verso il basso l’osso ioide e la cartilagine cricoide sotto la quale c’è la tiroide
(maggiormente apprezzabile se si fa deglutire il paziente).
Se è presente una tumefazione valutarne: dimensioni, consistenza, omogeneità della superficie,
mobilità sui piani superficiali e profondi, dolore, fremito parenchimale.
Aumento di volume (gozzo o struma):
Diffuso
Nodulare
La consistenza:
Parenchimatosa: M.bo di Basedow
Lignea: carcinoma, tiroidite lignea di Riedel
Dura, indolente, diffusa: tiroidite di Hashimoto, tiroidite subacuta granulomatosa
PERCUSSIONE:
Utilizzata solo in caso di massa tiroidea retrosternale (gozzo) per delimitare l’estensione
AUSCULTAZIONE:
Nel gozzo tossico è possibile reperire un soffio parenchimale (thrill) a livello della ghiandola dovuto
all’aumento della velocità del circolo ematico e all’ipervascolarizzazione tipici del gozzo
iperfunzionante.
Fonendoscopio a livello dei grossi vasi (carotidi e giugulari) per valutare rumori o soffi vascolari.
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CUTE, TESSUTO SOTTOCUTANEO, VASI
La cute del collo può presentare le alterazioni di colore per le quali si all'esame obiettivo generale.
Nelle malattie con compressione della vena cava superiore (neoplasie del mediastino) possono
insorgere edema e cianosi limitati al collo e al capo (edema a mantellina). Il collo può essere sede di
enfisema sottocutaneo (vedi esame obiettivo generale del tessuto sottocutaneo).
Adenoma pleomorfo della parotide Adenoma pleomorfo della sottomandibolare
Nella parotite epidemica e nel m. di Mikulicz sono spesso interessate anche le ghiandole salivari
sottomascellari e sublinguali. Un aumento di volume delle parotidi si osserva in una discreta
percentuale dei pazienti affetti da epatopatia cronica. Spiccata tumefazione del pavimento della
bocca e dei tessuti sottomandibolari, estesa al triangolo anteriore del collo, insorge in corso di
infezione suppurativa a partenza dal cavo orale (angina di Ludwig). Nell'actinomicosi vi è tumefazione
della mandibola e della regione sottomascellare, con cute soprastante arrossata e con tragitti fistolosi
secernenti. Una tumefazione della loggia sottomascellare può indicare una scialoadenite. Nella
scialoadenite la ghiandola è edematosa e tumefatta, la cute arrossata ed è presente dolore alla
palpazione e durante i pasti. Una tumefazione delle ghiandole salivari può essere anche in relazione a
calcolosi e ritenzione salivare (coliche salivari durante i pasti).
Tra le tumefazioni localizzate del collo, ricorrono con una certa frequenza le cisti (cisti branchiale e
cisti tireoglossa, quest'ultima talora con un piccolo foro sulla superficie cutanea), il lipoma e il
fibroma. L'esame ispettivo e palpatorio del collo può rivelare l'esistenza di un diverticolo esofageo,
che appare come una tumefazione molle, posta lateralmente alla base del collo, riducibile, ed il cui
aumento di volume è in rapporto all'introduzione del cibo.
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Il collo
All’ispezione si può notare un turgore delle giugulari (aumento della PVC). In caso di occupazione
mediastinica il turgore giugulare può manifestarsi con l’innalzamento degli arti superiori che si
toccano sopra la testa (segno di Pemberton). La pulsazione del giugulo è segno di ectasia dell’arco
aortico.
Segno di Pemberton
LINFONODI
Valutare la sede, il numero, le dimensioni, la forma, la consistenza, la dolorabilità, i rapporti e la
mobilità. In particolare:
Consistenza
Molle fluttuante (fluidificazione)
Molle elastica (flogosi)
Duro elastica (linfogranuloma, linfosarcoma)
Duro lignea (metastasi linfonodali)
Mobilità
Indenne (leucemie, linfomi, mononucleosi)
Ridotta (infiammazioni acute e croniche, aderenze, neoplasie)
Segno di Troisier: linfonodi sovraclaveari sinistri duri, isolati, aderenti (carcinoma gastrico, ma anche
di altre sedi come rene, ovaio, prostata, colecisti)
Linfonodo prescalenico: davanti allo scaleno anteriore (neoplasia del polmone).
TIROIDE
Nell'esaminare la tiroide, si deve tener presente la sede anatomica della ghiandola: l'istmo incrocia la
trachea proprio sotto la cartilagine cricoidea, i poli superiori dei lobi laterali si trovano sopra il livello
dell'istmo in prossimità della cartilagine tiroidea, mentre la porzione inferiore dei lobi è posta
lateralmente alle cartilagini tracheali superiori. In effetti gran parte dei due lobi laterali è ricoperta dai
muscoli sternocleidomastoidei. L'esame obiettivo della tiroide si esegue mediante l'ispezione, la
palpazione e, in condizioni particolari, l'ascoltazione. Una tiroide normale non si vede e non si
apprezza palpatoriamente.
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GENERALITA’ SULLE TUMEFAZIONI
MASSE CERVICALI
Il collo può essere sede di tumefazioni di diversa natura la cui diagnosi è strettamente correlata ad un
esame obiettivo il più scrupoloso possibile. Le masse cervicali si distinguono in laterali e mediane; a
loro volta le laterali devono essere divise in tumefazioni linfoghiandolari e tumefazioni di altra
origine.
Tumefazioni laterali linfoghiandolari
Nella linfoadenite acuta i linfonodi sono aumentati di volume, a superficie liscia, di consistenza
pastosa e dolente. Se l'infiammazione si diffonde ai tessuti circostanti, più linfonodi si fondono in una
massa rotondeggiante, ricoperta da cute arrossata e calda. Nella linfoadenite cronica aspecifica i
linfonodi perdono la loro forma caratteristica a fagiolo e diventano rotondeggianti, di consistenza
duro‐fibrosa, non dolenti. La linfoadenite cronica tubercolare colpisce, caratteristicamente, più
linfonodi che, aderendo fra loro, determinano la formazione del cosiddetto pacchetto linfoghiandolare.
Si tratta di una formazione aderente ai piani superficiali e profondi, in cui è possibile apprezzare i
singoli linfonodi. Bisogna considerare infine le linfoadenopatie neoplastiche primitive e metastatiche.
Nel morbo di Hodgkin i linfonodi, aumentati di volume e non dolenti alla palpazione, si repertano di
solito bilateralmente. Nei linfomi non Hodgkin, comprendenti i linfosarcomi e i reticolosarcomi, i
linfonodi, singoli o multipli, aumentano di volume in breve tempo e tendono a confluire determinando
la formazione di pacchetti di consistenza dura che aderiscono ai piani circostanti. Le linfosi leucemiche
sono caratterizzate da linfonodi aumentati di volume, non aderenti ai piani circostanti e non dolenti.
Infine i linfonodi sede di metastasi carcinomatose sono aumentati di volume, deformati, aderenti ai
piani circostanti. Essi vengono colonizzati dalle cellule neoplastiche in due modi: mediante embolia
neoplastica e per trombosi progressiva dei vasi linfatici. Quest'ultimo meccanismo è tuttavia piuttosto
raro.
Tumefazioni laterali non linfoghiandolari
Le cisti e le fistole sono dovute al mancato riassorbimento di strutture di origine branchiale. Le cisti si
manifestano come tumefazioni ovoidali, lisce talvolta fluttuanti, situate all'altezza dell'osso ioide.
Importante per la diagnosi è l'esecuzione di una ecografia ed eventualmente di una TC.
Le fistole laterali sono abbastanza rare e si distinguono in complete e incomplete; queste ultime sono
così definite in quanto hanno un solo sbocco che si può aprire nell'orofaringe (fistola interna) o sulla
cute (fistola esterna).
Altre tumefazioni non linfoghiandolari sono costituite dai tumori del glomo carotideo; situati alla
biforcazione della carotide essi si presentano come tumefazioni a maggior diametro verticale, ben
delimitate, di consistenza duro elastica e non spostabili con gli atti della deglutizione. Se tali masse
sono voluminose possono provocare disturbi da compressione.
Il laringocele esterno è dovuto ad una estroflessione del diverticolo di Morgagni e si localizza al di
sopra della cartilagine tiroidea, determinando la comparsa di una tumefazione di consistenza molle,
riducibile e che si modifica con gli atti del respiro. La diagnosi è laringoscopica.
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Il collo
Possibili localizzazioni delle cisti e delle fistole del collo
Tumefazioni Mediane
Si distinguono in cisti mediane e tumefazioni tiroidee.
Le cisti mediane hanno origine malformativa, originando dai residui del dotto tireoglosso; la loro
sede è mediana, a livello della membrana tiro‐ioidea. Spesso la tumefazione compare improvvisamente
ed aumenta rapidamente di volume in pochi giorni, è rotondeggiante, a limiti netti, fissa ai piani
profondi, in quanto aderente all'osso ioide, e spostabile con gli atti della deglutizione. E’ frequente
l'infezione della cisti che comporta la comparsa di febbre, dolore, arrossamento cutaneo e, spesso,
svuotamento all'esterno del contenuto della cisti.
Altre tumefazioni mediane del collo sono dovute a gozzi o a tumori tiroidei, capaci di determinare un
aumento di volume circoscritto o a carico dell'intera ghiandola.
Anatomicamente la tiroide si suddivide in tre porzioni: i lobi laterali, destro e sinistro, che si
continuano medialmente con l'istmo e la cui superficie anterolaterale è ricoperta dai muscoli anteriori
del collo e dagli sternocleidomastoidei; l'istmo rappresenta la porzione mediana della tiroide che
aderisce posteriormente alla cartilagine cricoide e ai primi due anelli tracheali. Gli stretti rapporti della
tiroide con le strutture anatomiche adiacenti spiegano la frequente presenza di disturbi funzionali
associati a patologia tiroidea: disfonia, deviazioni carotidee, disfagia, dispnea: di particolare
importanza sono i rapporti della ghiandola con il nervo laringeo inferiore (ricorrente), che deve essere
accuratamente risparmiato nel corso di intervento chirurgico per evitare la disfonia legata alla sua
lesione.
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Il collo
CISTI LATERALI O BRANCHIALI
Hanno origine malformativa, hanno sede superficiale (lungo il margine anteriore dello SCM) oppure
profonda (fra carotide interna ed esterna), volume variabile sino a raggiungere dimensioni di un
mandarino, sono coperte da cute normale, a superficie liscia, di consistenza molle‐elastica, talora
fluttuanti, indolenti, non riducibili, spostabili in senso laterale, mobili con la deglutizione; il loro
contenuto è un fluido vischioso giallo‐citrino nelle cisti profonde; hanno aspetto di cisti dermoidi
quelle superficiali.
L’apparato branchiale è costituito da una serie di ispessimenti mesodermici trasversali che appaiono
sulla regione cervico‐facciale dell’embrione a partire dalla fine della quarta settimana di vita
intrauterina: gli archi branchiali. Gli archi sono separati e delimitati l’uno dall’altro da invaginazioni
ectodermiche all’esterno, i solchi (o fessure) branchiali ai quali corrispondono all’interno evaginazioni
entodermiche dette tasche branchiali. Sia dagli archi, sia dalle tasche che dai solchi branchiali
originano organi, alcuni dei quali (lingua, tonsille, timo) migreranno successivamente nelle strutture
contigue.
La mancata o incompleta involuzione dell’apparato branchiale e i suoi difetti di sviluppo producono
una serie di anomalie che si manifestano alla nascita o nelle epoche successive della vita. Gli archi
branchiali (4 paia bilateralmente) nell'embrione di 4‐8 settimane sono predisposti alla formazione
dell'area cervicofaciale laterale; una loro incompleta chiusura genera formazioni cistiche o fistole che
si approfondiscono dalla cute della regione laterale del collo, a varia altezza a seconda della loro
origine, fino alla regione dell'orecchio interno, del faringe o della tiroide.
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Il collo
Sviluppo degli archi branchiali: A‐25 giorni ; B‐28 giorni; C‐5 settimane
I seni, le fistole ed i residui cartilaginei degli archi branchiali sono generalmente osservabili sin dalla
nascita o dalla prima infanzia, mentre le cisti branchiali compaiono in età più avanzata, poiché è
necessario un certo periodo di tempo affinché vengano distese dalle secrezioni che vi si accumulano
all'interno.
Primo arco (58%)
Massa (sovra, sotto, intra) parotidea
Secondo arco (90%)
Tipo I: superficialmente allo SCM, sotto al platisma.
Tipo II: lungo il margine anteriore dello SCM, lateralmente allo spazio
carotideo, posteriormente alla sottomandibolare
Tipo III: tra la biforcazione carotidea e parete faringea laterale
Tipo IV: nel contesto dello spazio mucoso faringeo
Terzo arco
Nello spazio cervicale posteriore, posteriore alla carotide comune o interna, tra
n. ipoglosso sotto e n. glossofaringeo sopra.
Quarto arco
fistole che originano dal seno piriforme e possono discendere fino al
mediastino.
Le lesioni che derivano dal primo arco branchiale si osservano nella regione sottomandibolare e
preauricolare. Si sviluppano a partire dal canale uditivo esterno, attraverso la ghiandola parotide fino
al triangolo sottomandibolare. Queste cisti rappresentano il 5‐8% di tutte le malformazioni del primo
arco e sono prevalentemente diagnosticate in donne di mezza età, ma ritrovano sia nei bambini che
negli adulti.
Generalmente le cisti del primo arco si manifestano con fenomeni infiammatori o ascessi ricorrenti
entrambi in prossimità dell’orecchio o dell’angolo della mandibola. Tipicamente il paziente presenta
una storia di ascessi parotidei ricorrenti che non migliorano né con la terapia antibiotica né con il
drenaggio. Si verifica otorrea se la cisti drena nel canale uditivo esterno. La cisti ha vario volume, da
una nocciola ad un mandarino, è molle, elastica, indolente, coperta da cute normale, è mobile in senso
laterale e si innalza ad ogni deglutizione per un peduncolo che la unisce all’osso joide. Queste
malformazioni spesso mimano le caratteristiche cliniche delle neoplasie parotidee e possono anche
associarsi a paralisi del nervo faciale.
I residui del secondo arco branchiale sono molto più frequenti di quelli del primo, rappresentando il
90% di tutte le anomalie branchiali e si osservano a livello del margine anteriore dello
sternocleidomastoideo. La persistenza di residui del sistema branchiale inferiore e molto più rara,
essendo <2% (III e IV arco branchiale). Poiché l'apparato branchiale è pari, situato cioè in entrambi i
lati del corpo dell'embrione, e' comprensibile come queste manifestazioni siano spesso bilaterali (10‐
15% dei casi). 11 10% dei pazienti ha una storia familiare positiva per la presenza di residui branchiali
in uno o più parenti.
21
Il collo
Bailey ha classificato le cisti del secondo arco in quattro tipi.
1. La cisti di I tipo sec. Bailey è la più superficiale e giace sul margine anteriore dello SCM,
appena sotto il platisma.
2. La cisti di II tipo sec. Bailey è la più comune ed è repertabile nella localizzazione “classica”:
lungo il margine anteriore dello sternocleidomastoideo, lateralmente allo spazio carotideo e
posteriormente alla ghiandola sottomandibolare.
3. La cisti di III tipo sec. Bailey si estende medialmente tra la biforcazione carotidea e la parete
laterale della faringe.
4. La cisti di IV tipo sec. Bailey giace nello spazio mucoso faringeo ed è rivestita da epitelio
colonnare.
Molte cisti del secondo arco sono localizzate nello spazio sottomandibolare. Comunque, dato il
rapporto anatomico tra l’apparato del secondo arco ed il seno cervicale, queste cisti possono
verificarsi ovunque lungo una linea che parte dalla regione sopraclaveare ed arriva alla mucosa
dell’orofaringe.
Appaiono come masse molli, indolenti, ricoperte da cute normale, mobili in senso laterale a sede nella
porzione laterale del collo sul bordo antero‐mediale dello SCM all’angolo mandibolare. Si innalzano ad
ogni deglutizione per un peduncolo che le unisce all’osso joide. Esse si accrescono lentamente nel
tempo e possono divenire doloranti e dolorabili secondariamente ad un’infezione. E’ altamente
probabile che le cisti si complichino con la suppurazione e la fistolizzazione.
Nel paziente giovane, una storia di infiammazioni ricorrenti nella regione angolo‐mandibolare è
fortemente suggestivo di una cisti del secondo arco. Spesso, se è presente una fistola, il suo ostio è
visibile già al momento della nascita e si apre in sede sopraclaveare, nella porzione anteriore del collo.
Le cisti del secondo arco branchiale hanno dimensioni variabili da 1 cm a 10 cm. Solitamente
contengono un liquido torbido, giallo‐citrino, vischioso con cristalli di colestrina nel sedimento. Le loro
pareti sono sottili e rivestite di epitelio squamoso stratificato non cornificato che ricopre del tessuto
linfoide. Occasionalmente si può ritrovare epitelio cilindrico vibratile respiratorio.
Le cisti che originano dal terzo e quarto arco branchiale sono estremamente rare. Queste lesioni
sono state descritte nei bambini e nei giovani adulti. Nonostante la loro rarità, le cisti del terzo arco
costituiscono la seconda più comune lesione congenita dello spazio cervicale posteriore dopo l’igroma
cistico. Di solito le anomalie del quarto arco si manifestano con un seno piuttosto che con una cisti od
una fistola e la localizzazione più frequente interessa il lato sinistro del collo.
Per definizione, una cisti del terzo arco branchiale si deve trovare posteriormente alla carotide
comune o alla carotide interna, sopra il nervo ipoglosso e sotto il glossofaringeo. Se la lesione è una
fistola completa, essa perforerà la membrana tirojoidea sulla sua rotta verso il seno piriforme. La
maggior parte di esse è localizzata nello spazio cervicale posteriore, al di dietro del muscolo
sternocleidomastoideo.
Un seno del quarto arco branchiale origina dal seno piriforme, perfora la membrana tirojoidea e
comincia a scendere nel mediastino seguendo il percorso del solco tracheoesofageo. Se il seno è
abbastanza lungo, una lesione sinistra potrebbe anche passare sotto l’arco aortico (o, nel caso raro di
lesione destra, sotto l’arteria succlavia) prima di salire nel collo lungo la superficie ventrale della
carotide comune.
22
Il collo
Distinguere le anomalie del terzo da quelle del quarto arco può risultare difficile visto che entrambe
sono in rapporto col seno piriforme. La differenza tra le due lesioni sta nei loro rapporti con il nervo
laringeo superiore: quelle che stanno al di sopra di questa struttura originano dal terzo mentre le
lesioni localizzate al di sotto del nervo originano dal quarto arco branchiale.
Nei bambini,come le altre, anche la cisti del terzo arco branchiale si manifesta come una massa mobile,
non dolente localizzata nel triangolo cervicale posteriore. Talvolta, però, possono causare anche
sindrome da di stress respiratorio. Non di rado, i bambini con tale sindrome sono caratterizzati da
infezioni ripetute delle vie respiratorie alte, faringiti dolorose e episodi di dolore e dolorabilità della
tiroide con o senza suppurazione della ghiandola. Similmente all’igroma cistico, in caso di infezione
virale alle alte vie respiratorie la massa spesso si ingrossa. Anche la raucedine è un sintomo frequente.
La deglutizione è risulta spesso dolorosa, e la testa viene tenuta preferibilmente in estensione.
L’obiettivo del trattamento di tutte le lesioni congenite del collo (seni, cisti o fistole) è l’escissione
completa in elezione. Seppur si preferisca eseguirlo in pazienti giovani, questo intervento è praticabile
con successo a qualsiasi età. Se la cisti è infetta, evenienza peraltro abbastanza frequente, l’operazione
deve essere rinviata ad altra data poiché intervenire su una zona infiammata o infetta aumenterebbe il
rischio di danno nervoso, di resezione incompleta e di recidiva. Salvo i casi particolari in cui sussistano
condizioni quali dolori locali o disturbi funzionali, tali da far ritenere ingiustificato ogni ulteriore
differimento dell’operazione radicale, l’infiammazione deve essere curata con terapia antibiotica ed
applicazioni caldo‐umide che facilitino il drenaggio del contenuto.
CISTI DEL DOTTO TIREOGLOSSO
Nella regione mediana del collo si riscontrano cisti che hanno origine dal dotto tireoglosso. In rari casi,
le cisti possono avere sede sulla lingua in prossimità del forame cieco. Nella regione mediana del collo
si possono trovare in qualunque zona sottomentoniera, fino alla fossetta soprasternale. Si tratta di
tumefazioni rotondeggianti, ricoperte da tessuti normali, a superficie liscia, limiti netti, di consistenza
molle‐elastica, fluttuanti, non aderenti ai piani superficiali, fisse solo in casi di infezioni pregresse,
aderenti all'osso ioide con un peduncolo più o meno evidente, non dolenti. Sono spostabili lievemente
in tutte le direzioni, soprattutto le piccole cisti. La puntura esplorativa dà esito ad un liquido mucoide,
limpido, che spesso dà la reazione colloide. Rare volte, spremendo la cisti, questo liquido fuoriesce
dalla bocca alla base della lingua.
Il dotto tireoglosso dal forame cieco, situato alla base della lingua, scende passando davanti all’osso
ioide dividendosi in due porzioni, una craniale o dotto linguale ed una caudale o dotto tiroideo. In
condizioni normali si oblitera completamente e le cellule presenti degenerano. Il dotto linguale se
persiste può dare sviluppo nella sua porzione più distale a piccole ghiandole salivari, il dotto tiroideo
nel 75% dei casi persiste sotto forma di lobo piramidale della tiroideo.
Le cisti del dotto tireoglosso non sono determinate da un difetto di obliterazione del dotto, ma
dall’esistenza di cellule che lungo tale dotto assumono la capacità secretoria di tipo siero‐mucoso.
23
Il collo
Le cisti del dotto tireoglosso rappresentano le tumefazioni più frequenti della regione mediana del
collo. Sede:
• 65% cisti sottoioidee
• 20% cisti sopraioidee
• 15% cisti infraioidee
Queste cisti si presentano di solito nei primi cinque anni di vita, ma possono essere riscontrate in
qualsiasi età con la stessa incidenza tra i due sessi. Nella maggior parte dei casi si osservano nei
bambini o negli adolescenti come masse asintomatiche a livello dell'osso ioide o inferiormente, della
grandezza variabile da 5 mm a 3 cm, ricoperte da cute di aspetto normale, di consistenza duro‐elastica,
fissa sui piani profondi. Un segno patognomonico è lo spostamento verticale della tumefazione che
accompagna il movimento legato alla deglutizione e alla protrusione della lingua. Contrariamente alle
cisti branchiali, quelle del dotto tireoglosso spesso compaiono dopo un'infezione del tratto superiore
delle vie respiratorie. Nel 30% dei casi possono infettarsi: la cute sovrastante si arrossa, la
tumefazione aumenta di volume e diviene dolente.
Diagnosi:
Ecografia del collo: contenuto della cisti solido o liquido?
Esame scintigrafico: evidenzia lo stato funzionale della tiroide
TC e RM nei casi di difficile diagnosi
Esame citologico su agoaspirato
Esame istologico su pezzo operatorio
Diagnosi differenziale
Cisti sopraioidee: adenopatie sottomentoniere, cisti dermoidi della linea mediana
Cisti sottoioidee: patologia nodulare o ectopica della tiroide
Complicanze:
Suppurazione e fistolizzazione: aumento volume cisti, dolore, febbre
Sviluppo di carcinoma papillare, follicolare o misto per la degenerazione maligna del tessuto
ectopico presente nella parete cistica (nel 75‐80% dei casi di sviluppo di carcinoma)
Sviluppo carcinoma squamoso per degenerazione maligna dell’epitelio cilindrico di
rivestimento (nel 20‐25% dei casi di sviluppo di carcinoma)
24
Il collo
Carcinoma del dotto tireoglosso:
<1% di tutti i carcinomi della tiroide
1% delle cisti del dotto tireoglosso degenerano negli adulti
La degenerazione maligna nel bambino sotto i dieci anni è rara, a meno che non esista storia di
irradiazione cervicale
Neoplasia primitiva oppure una neoplasia tiroidea potrebbe essere la sede primaria del
tumore?
Terapia:
Il solo drenaggio della cisti con agoaspirazione non è sufficiente, perché elevato rischio di
recidive ed infezioni
La flogosi associata deve essere risolta prima dell’intervento chirurgico con antibiotico o
drenaggio dell’ascesso con agoaspirazione
No alla chirurgia conservativa (asportazione della sola cisti) per elevato rischio di recidive e
possibilità di degenerazione maligna dei residui in situ del dotto
Intervento di Sistrunk dal 1920: Rimozione della cisti e della parte centrale dell’osso ioide.
Perché l’osso ioide? L’osso ioide si forma subito dopo la migrazione della tiroide ed interseca
inevitabilmente il dotto tireoglosso con cui contrae intimi rapporti.
CISTI DERMOIDI E TERATOMI
Le cisti dermoidi e teratoidi sono cause rare di tumefazioni cervicali e vengono classificate in base alla
loro composizione.
Le cisti dermoidi sono di facile riscontro nei bambini e sono dovute all'inclusione di tessuto
ectodermico sulla linea mediana. La loro incidenza è maggiore nei bambini al di sotto dei dieci anni di
età. Sono costituite da una capsula connettivale con rivestimento epiteliale pluristratificato che deli‐
mita una cavità cistica contenente sebo, prodotti di desquamazione e macerazione degli strati
epidermici superficiali, peli. Clinicamente si presentano come una formazione rotondeggiante, a
margini netti e superficie liscia, di consistenza elastica.
La diagnosi differenziale va posta con le cisti mediane (cisti del dotto tireoglosso) e laterali del collo. La
terapia consiste nell'asportazione che è agevole finché non si sono verificati fenomeni flogistici che
abbiano determinato una saldatura della capsula alla cute soprastante.
Possono subire complicanze infettive, spesso a causa di traumi locali ripetuti. In corso di un fenomeno
di suppurazione è opportuno astenersi dall'intervento radicale che sarà fatto solo a remissione
completa e limitarsi alla incisione ed al drenaggio.
I teratomi derivano da cellule germinali indifferenziate, capaci di differenziarsi in strutture
appartenenti ai tre foglietti embrionari. Sono lesioni rare, che unitamente alle cisti epidermoidi.
costituiscono circa 1‐1,5% dei tumori intracranici, pur essendo i più comuni tumori encefalici dei
neonati. La maggioranza dei teratomi si presenta nei bambini al di sotto dei nove anni, ma il 20%
compare trai 16 ei 18 anni. Sono comunque di più frequente riscontro nel primo anno di vita, a
localizzazione prevalentemente mediana e con dimensioni maggiori delle cisti dermoidi, e per tale
25
Il collo
motivo possono causare talvolta sintomi compressivi aereodigestivi. Le lesioni sono solitamente
dotate di capsula e scarsamente vascolarizzate.
LARINGOCELE
Si tratta di una malformazione di più frequente riscontro nell'adulto, rappresentando nell'età evolutiva
una rara causa di tumefazione laterale del collo. Deriva verosimilmente da un'anomalia di sviluppo del
sacco laringeo, che subisce uno slargamento cui contribuisce anche il successivo intrappolamcnto di
aria. Il laringocele si divide in interno, esterno e misto.
L'interno è confinato al laringe ed è dovuto ad una distensione del sacco, solitamente a livello delle
false corde vocali; si manifesta unicamente con raucedine e distress respiratorio e non dà origine a
tumefazioni.
Il laringocele esterno protrude attraverso il legamento tiro‐ioideo a livello dell'entrata del nervo
laringeo superiore. La lesione si presenta come una massa soffice e comprimibile nella regione laterale
del collo, che può espandersi in seguito ad un aumento di pressione intralaringea. La forma mista di
laringocele possiede caratteristiche proprie di quello interno ed esterno. L'identificazione di questa
lesione è agevole con la tomografia computerizzata. Nei bambini il laringocele asintomatico non
necessita di trattamento, mentre i casi sintomatici e il laringopiocele, una complicanza infettiva del
laringocele, richiedono l'escissione chirurgica.
TUMEFAZIONI TIROIDEE
La tiroide è patologicamente aumentata di volume, e quindi apprezzabile alla palpazione, in corso di
gozzo, di morbo di Basedow, di tiroiditi e di neoplasie sia benigne(adenoma) che maligne.
Gozzo multinodulare
La palpazione sistematica di una tumefazione tiroidea va effettuata ponendosi alle spalle del paziente
che deve stare seduto a testa eretta, ma col collo non rigido (basta dirgli di abbassare il mento).
Il medico deve porre i pollici di entrambe le mani sulla nuca e le dita semiflesse sulle rispettive metà
omologhe della regione tiroidea. Si palpa quindi sistematicamente l'intera ghiandola delimitandone
dapprima i bordi inferiori e laterali, facendo nel contempo deglutire ripetutamente il paziente, e
26
Il collo
palpando poi la superficie anteriore dei due lobi laterali; essi devono essere esaminati uno alla volta
inclinando la testa del paziente dal lato che si esamina, per tenere rilasciato lo sternocleidomastoideo
sovrastante. Talvolta è utile ripetere l'esame facendo iperestendere il collo: in questo modo, pur
aumentando la tensione degli sternocleidomastoidei, la ghiandola diviene più prominente.
In presenza di una tumefazione tiroidea gli obiettivi della palpazione sono di valutare:
estensione: può essere generalizzata come nel Basedow (Fig. 53c) o nelle tiroiditi, oppure
localizzata, come nell'adenoma e nei tumori in genere (Fig. 53b);
caratteristiche della superficie: può essere liscia, come nella tireotos‐sicosi o nel gozzo
colloidale, o bozzoluta come nel gozzo multinodu‐lare (Fig. 53d);
consistenza: può essere parenchimatosa elastica come nel Basedow o aumentata, "lignea"
come nella tiroidite di Riedel o nelle neoplasie;
dolorabilità: è tipicamente presente nelle tiroiditi, assente nelle altre condizioni.
LINFOADENOPATIA E LINFOADENITE
La definizione linfoadenopatia viene di norma attribuita al rilievo di una tumefazione linfonodale;
mentre col termine di linfoadenite si intende un'infiammazione vera e propria dei linfonodi, che
determina generalmente l'ingrossamento del linfonodo interessato.
La dilatazione di un linfonodo è dovuta ad un processo infiammatorio con proliferazione di elementi
linfoidi normali (es. post vaccinazione contro morbillo, rosolia e parotite), o con l'infiltrazione di
cellule fagocitane (es. nella tubercolosi) o maligne neoplastiche (es. leucemie e linfomi).
Adenite tubercolare Linfoma
Il processo infettivo dei linfonodi del collo e della testa può essere acuto o cronico, in base,
rispettivamente, ad uno sviluppo e ad un andamento tumultuoso (linfoadeniti acute) oppure ad uno
più subdolo e duraturo (linfoadeniti subacute e croniche).
27
Il collo
Tipicamente le linfadeniti cervicali acute bilaterali sono causate da un'infezione virale delle prime
vie aeree (es. mononucleosi infettiva, rosolia, citomegalovirus, etc.) oppure da faringite streptococcica.
Per contro le linfadeniti cervicali acute monolaterali, nel 40‐80% dei casi, sono secondarie ad una
infezione batterica da stafilococchi o da streptococchi. In tal senso risulta quanto mai importante
l’identificazione del sito primario d'infezione che drena il linfonodo affetto.
Le cause più comuni di linfadenite cervicale subacuta o cronica sono invece riconducibili alla
malattia da graffio di gatto, alla toxoplasmosi, alla tubercolosi linfoghiandolare e all'infezione da
micobatteri atipici.
Faringotonsillite streptococcica: linfoadenopatia cervicale
anteriore mono‐ o bilaterale, con linfonodi di consistenza
molle, dolorabili, mobili.
Mononucleosi: linfoadenopatia localizzata (laterocervicale anteriore e posteriore) o diffusa (ascellare,
inguinale, epitrocleare, profonda); linfonodi di dimensioni da pisello a noce, duro‐elastici, mobili,
lievemente dolenti, cute integra.
CMV: simile alla mononucleosi da EBV sebbene la linfoadenopatia sia meno frequente.
Malattia da graffio di gatto (da B. henselae): molto comune. Linfonodi sotto‐angolo‐mandibolari,
latero‐cervicali, epitrocleari, ascellari (dipende dalla sede del graffio o del morso) tumefatti, mobili,
28
Il collo
inizialmente non dolenti. Successivamente per i fenomeni infiammatori divengono dolenti e aderenti
ai piani sottostanti. La linfoadenite dura diverse settimane e può andare in contro ad evoluzione
colliquativa con la formazione di fistole e fuoriuscita di materiale purulento.
Toxoplasmosi: linfoadenopatia laterocervicale lieve‐media (linfonodi < 3 cm), non dolente, linfonodi
mobili.
ADENOFLEMMONI
Possiamo distinguere sedi cliniche elettive di questa lesione, che sono: l’adenoflemmone
sottomentoniero, l'adenoflemmone sottomascellare e l’adenoflemmone carotideo.
L’adenoflemmone sottomentoniero, legato a processi infiammatori a partenza dalla regione buccale o
dentaria, tende ad estendersi verso l'osso ioide e si manifesta con tutti i caratteri dell'infiammazione.
In alcuni casi può risultare complessa la diagnosi differenziale con le cisti del dotto tireoglosso.
L'adenoflemmone sottomascellare riconosce le stesse cause del sottomentoniero ed è caratterizzato
da una tumefazione della regione che sarà in una prima fase delimitata e mobile per poi contrarre
aderenze superiormente con i piani cutanei o con i piani muscolari profondi. In questa fase oltre al
dolore e alla febbre, possono comparire altri sintomi come la disfagia, ed eventualmente il trisma.
Il passaggio alla fase suppurativa è caratterizzato dall'iperemia e dall'edema della regione interessata.
La diagnosi oltre che clinica, può avvalersi della puntura diretta evacuativa, con la possibilità di
associare esame batteriologico e antibiogramma. L'ecografia consente di evidenziare un processo
colliquativo ben circoscritto con limiti netti.
29
Il collo
L’adenoflemmone carotideo fa generalmente seguito ad una adenite dei linfonodi laterocervicali.
È caratterizzato da una tumefazione che tende a diffondersi longitudinalmente lungo il margine
anteriore dello sternocleidomastoideo, con tendenza in alcuni casi ad estendersi lungo la loggia
sottoioidea. Il processo infiammatorio può indurre una contrattura riflessa dello SCM che può
determinare un torcicollo riflesso. L'estensione dell'infiammazione ai nervi cervicali è responsabile
della sintomatologia algica. Vi può essere un rapido interessamento della cute sovrastante, un edema
ed iperemia della regione. Rapidamente si può manifestare una compromissione dello stato generale
con iperpiressia sui 39 °C. L'evoluzione della lesione può vedere il coinvolgimento dei piani superficiali
(evenienza più frequente e prognosticamente migliore) con ulcerazione della cute e drenaggio
spontaneo del pus. Altra modalità di propagazione del processo infettivo è l'interessamento dei piani
più profondi con diffusione lungo gli spazi perivascolari e susseguente formazione di un flemmone del
collo. La diagnosi è prevalentemente clinica, anche se un esame ecografico della regione consente di
valutare l'estensione del processo sui piani profondi e di seguirne i vari passaggi sino alla
colliquazione. Tra le complicanze dell'adenoflemmone ricordiamo l'ulcerazione della parete della
carotide, con formazione di un ematoma pulsante, e conseguente rischio di emorragia, o il
coinvolgimento della vena giugulare con possibilità di tromboflebite del vaso ed eventuale possibilità
di embolizzazione di tipo settico.
La terapia è medica nelle fasi iniziali di semplice adenite e consiste in impacchi caldo‐umidi ed
antiinfiammatori con l'associazione di antibiotici ad ampio spettro. Nella fase colliquativa il drenaggio
e l'evacuazione mediante incisione, diventano scelte di ordine chirurgico. L'interessamento delle
strutture vascolari prevedere un trattamento in funzione del vaso interessato e del tipo di lesione.
LINFANGIOMA O IGROMA CISTICO
I linfangiomi od igromi cistici sono displasie che prendono origine dai vasi linfatici primitivi e spesso
conservano rapporti coi vasi linfatici maggiori. La primitiva formazione del sistema linfatico inizia in 2
grandi sacchi giugulari vicino all'unione della vena giugulare interna e succlavia; per una alterazione
dello sviluppo con difetto di unione con le vene, origina un nuovo gruppo linfatico ad accrescimento
autonomo. Ciò dà ragione del loro possibile riconoscimento a mezzo di una linfografia.
I linfangiomi sono masse molli, soffici, fluttuanti (per la presenza di linfa) multiloculari, ricoperte da
cute normale. Si presentano più spesso nel collo, ma possono interessare anche il mediastino, la parete
toracica e l'ascella. Possiedono digitazioni che si approfondano in ogni direzione, interessando i piani
fasciali, infiltrando i fasci muscolari e circondando le varie strutture del mediastino. Hanno sede nella
parte antero‐laterale del collo. L'exeresi chirurgica è indicata in caso di aumento rapido del loro
volume con interessamento delle strutture limitrofe o per ragioni estetiche.
Bisogna ricordare tuttavia che spesso la completa exeresi risulta molto difficile, se non addirittura
impossibile. Pertanto l'asportazione deve limitarsi ad asportare la maggiore quantità di tumore,
rinviando ad un secondo tempo l'escissione più completa. Ciò perché gli igromi cistici sono formazioni
istologicamente benigne e non è quindi giustificata una totale exeresi con demolizione di importanti
strutture cervicali.
30
Il collo
NEOPLASIE
LINFOMI
Rappresentano la sede più frequente di un tumore maligno della regione cervicale e possono essere
primitivi o secondari (metastasi). In quest’ultimo caso è più corretto parlare di
linfoadenopatie/linfoadeniti neoplastiche.
Tra i linfomi primitivi sono molto più frequenti i linfomi di Hodgkin. Il linfoma di Hodgkin che si
manifesta come un ingrossamento dei linfonodi laterocervicali e sovraclaveari. Questi si presentano
all'inizio isolati e tendono a conglomerarsi in pacchetti solo negli stadi più avanzati per un processo di
periadenite.
La sintomatologia è dominata dalla comparsa di una tumefazione laterocervicale o sovraclaveare che
aumenta progressivamente di volume. Palpatoriamente la massa è liscia, mobile, non dolente, non
aderente, di consistenza parenchimatosa nelle fasi iniziali. Aumentando le dimensioni diminuisce la
mobilità e la regolarità di superficie, aumenta la consistenza che diventa dura per la comparsa di fi‐
brosi. Compare anche un peggioramento delle condizioni generali e spesso compare febbre ed
epatosplenomegalia.
La diagnosi, oltre che sulla identificazione della natura linfoghiandolare delle tumefazioni palpabili con
l'ecografia, si fonda soprattutto sulla biopsia sia citologica che istologica. La biopsia è fondamentale
per la differenziazione con le linfoadeniti soprattutto croniche e con tutti i processi che possono dare
un interessamento secondario dei linfonodi. La terapia è combinata chirurgica, medica e radiante.
I linfomi nonHodgkin sono di più raro riscontro in sede cervicale; prediligono infatti sedi extra‐
linfonodali. I linfonodi sede di linfoma si presentano come delle tumefazioni indolenti, perché la le‐
sione neoplastica causa una distensione progressiva della capsula linfonodale, e mobili.
Il linfosarcoma è un tumore primitivo dei linfonodi laterocervicali e sovraclaveari a rapida evoluzio‐
ne. Si manifesta prevalentemente nei soggetti giovani. I linfonodi, interessati dal processo, formano
una massa rotondeggiante, localizzata che contrae rapporti di fissità con le formazioni contigue in
breve tempo. La consistenza è variabile, da molle‐elastica a dura‐fibrosa. Anche nelle fasi iniziali si
osserva una compromissione generale con febbricola, astenia, inappetenza. Può essere presente un
fastidioso prurito. L'evoluzione è estremamente rapida e la morte interviene nello spazio di pochi mesi
dall'inizio della sintomatologia. L'exeresi chirurgica è possibile solo allo stadio iniziale. La radioterapia
ha solo scopi palliativi.
Le stazioni linfoghiandolari cervicali sono frequentemente sede di metastasi. I linfonodi che com‐
paiono distalmente all'orecchio e lungo la catena cervicale sono più facilmente secondari a tumori del‐
la faringe. I linfonodi sottomascellari o sotto l'angolo della mandibola sono più facilmente secondari a
tumori della tonsilla e della mucosa orale. I linfonodi che compaiono nel terzo medio del collo sono più
facilmente secondari a tumori della tiroide, dell'ipofaringe, della laringe.
I linfonodi della fossa sovraclaveare possono essere sede più frequentemente di metastasi da tumori
polmonari, mediastinici, mammari. Anche carcinomi dello stomaco, del pancreas, dell'albero biliare e
del colon possono dare metastasi in tale sede.
La diagnosi differenziale va posta con tutte le ade‐nopatie ed anche con altri processi nodulari cervicali
che potrebbero simulare la presenza di una adenopa‐tia metastatica. A tale scopo risulta
particolarmente utile l'agobiopsia mirata sotto guida ecografìca.
31
Il collo
TUMORI DELLE GHIANDOLE SALIVARI
Le tumefazioni compaiono abitualmente nella regione sottoauricolare o anteriormente all'orecchio, in
regione sottomandibolare o all'angolo della mandibola. I tumori benigni sono solitamente
asintomatici, mentre quelli maligni hanno un rapido accrescimento e possono causare fissazione della
cute e sintomi legati al coinvolgimento dei nervi cranici faciale e ipoglosso.
LIPOMI
Sono, tra i tumori benigni del collo, i più frequenti. Si presentano in forma circoscritta ed in forma
diffusa. Il carattere essenziale del lipoma circoscritto è di essere incapsulato e, pertanto, a limiti netti.
Esso si sviluppa sia in superficie, nel tessuto sottocutaneo, sia in profondità, in sede sottofasciale. Per
la varietà superficiale si ritiene che il trauma cronico svolga una azione promuovente di grande
importanza; per quella profonda, frequente nei bambini, l'origine congenita è, attualmente, la più
accreditata. Topograficamente il lipoma si localizza alla nuca (varietà supeficiale) ed alla regione
antero‐laterale del collo (varietà profonda) dove si insinua tra gli elementi del fascio vascolo‐nervoso
carotideo senza, peraltro, contrarre rapporti di continuità con essi.
Clinicamente il lipoma della nuca si presenta come un tumore ben capsulato, rotondeggiante o
variamente lobulato, di consistenza molle ed a volte pseudo‐fluttuante. Quello della regione
anterolaterale, di volume ridotto rispetto alla varietà precedente, per la sua disposizione profonda e
per i suoi rapporti con le formazioni vascolari e nervose del collo, può a volte manifestarsi con segni di
compressione sulle strutture vicine.
Il lipoma diffuso è molto più frequente della forma circoscritta e si localizza indifferentemente nelle
varie logge del collo (sotto mascellare, carotidea, sovraclaveare).
Esso origina da strutture connettivali profonde e, sovente, presenta rapporti di continuità con il perio‐
stio delle vertebre cervicali. A causa della sua diffusione può determinare disturbi di tipo compressivo
a carico dei vari organi del collo.
La diagnosi si basa, oltre che sul reperto clinico palpatorio, abbastanza probante, sulla possibilità di
poter studiare la struttura, la morfologia ed i contorni della massa palpabile con l'ecografia che
evidenzia un processo capsulato, con contorni netti ed una ecogenicità di livello moto basso.
La terapia chirurgica risulta semplice nel caso del lipoma circoscritto, molto più complessa ed
indaginosa nel lipoma diffuso che, per la mancanza di una capsula che circoscriva e delimiti la massa
tumorale, si insinua nei vari spazi cervicali inglobando vasi e nervi.
TUMORI NEUROGENICI
Tra i tumori che derivano dalle creste neurali, i più frequenti in regione cervicale sono quelli che
originano dalle cellule di Schwann (schwannomi o neurilemmomi o neurinomi). L'incidenza è
aumentata nelle sindromi neurofibromatose (neurofibromi). Sia gli schwannomi che i neurofibromi
contengono cellule simili alle cellule di Schwann normali.
Lo schwannoma molto frequentemente colpisce gli individui tra i 20 e i 30 anni e rappresenta
all'incirca il 5% di tutti i tumori benigni dei tessuti molli. Gli uomini e le donne vengono colpiti in ugual
misura. I siti comunemente interessati includono la radice dei nervi spinali e simpatici della testa e del
collo, così come i nervi delle superfici flessorie sia superiori che inferiori. Possono essere interessati
anche il mediastino posteriore e il retroperitoneo. I neurilemmomi solitamente sono solitari, non
32
Il collo
aggressivi, con crescita lenta e di piccole dimensioni. La sintomatologia neurologica e il dolore non
sono comuni, a eccezione dei tumori più grandi. Lo schwannoma raramente si presenta multiplo;
neurilemmomi multipli, in associazione a neurofibromatosi di tipo 1 (NF1), compaiono solo nel 5% dei
casi. I neurilemmomi sono di solito trattali con escissione chirurgica. Il nervo colpito è normalmente
separabile dalla neoplasia dopo incisione dell'epinevrio, preservando così sia il nervo che la sua
funzione. La recidiva non è frequente.
I tumori a partenza dal nervo vago possono provocare raucedine e/o paralisi delle corde vocali,
mentre quelli della catena del simpatico possono associarsi alla sindrome di Horner.
I tipi più comuni sono: il glomo carotideo nella biforcazione carotidea, il glomo giugulare che origina
dai nervi del bulbo della vena giugulare, il glomo vagale che origina dal ganglio nodoso del nervo vago,
situato tra la biforcazione carotidea e il bulbo della giugulare, e il glomo timpanico che origina dal
plesso timpanico nel promontorio della coclea. La sintomatologia dipende dalla sede del tumore: i
glomi carotideo e vagale si presentano come masse a lenta crescita senza alcun corteo sin‐
tomatologico, mentre il glomo giugulare e quello timpanico possono associarsi a tinnito pulsatile,
ipoacusia e paralisi dei nervi cranici.
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Il collo
Nel 30% dei pazienti c'è un'anamnesi familiare positiva. L'incidenza è maggiore nelle donne e nei
pazienti che vivono in alta quota. Le lesioni sono multiple nel 30% dei pazienti con paraganglioma
ereditario, ma in meno del 5% delle forme non ereditarie. I paragangliomi possono insorgere in
associazione con altri pargangliomi o con tumori in altre parti del corpo. I paragangliomi del capo e del
collo sono ormono‐secernenti solo nell'1 % dei casi. Le lesioni possono essere maligne nel 10% dei
casi.
Tumore del glomo carotideo
La terapia dei glomi carotidei e vagali unici è chirurgica, mentre per i tumori glomici giugulari e
timpanici si adotta una strategia di attesa ("wait‐and‐see"). Un ulteriore studio preoperatorio prevede
l'angiografia per un'esatta delineazione della vascolarizzazione del tumore e delle arterie afferenti.
TUMORI TIROIDEI
Le neoplasie tiroidee, sia maligne che benigne, se pur rare nel bambino, rappresentano una causa di
tumefazione della regione anteriore del collo. Sono due volte più frequenti nelle femmine rispetto ai
maschi con il picco di massima incidenza che si manifesta tra 7 e 12 anni. Prevalgono i carcinomi ben
differenziati, che nel 50‐90% dei casi hanno caratteristiche istologiche papillari e nel 7‐20% follicolari.
Nella forma papillare al momento della diagnosi sono già presenti linfonodi metastatici nel 15% dei
casi, mentre oltre il 90% dei pazienti ha micrometastasi.
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