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MODELLAZIONE NUMERICA
DI DISTRETTI VENOSI
A PARTIRE DA MODELLI
MATEMATICI
MONODIMENSIONALI
Anna COSTA
Matr. 632389
Aimer,
ce n'est pas
se regarder l'un l'autre:
c'est regarder ensemble
dans la même direction.
2 Modellazione matematica 32
2.1 Obbiettivi del Modello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
2.2 Formulazione del modello 1D per i vasi sanguigni . . . . . . . 34
2.2.1 Derivazione del modello base . . . . . . . . . . . . . . . 34
2.2.2 Legge di spostamento della parete . . . . . . . . . . . . 37
2.2.3 Curve caratteristiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
2.2.4 Condizioni al bordo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
2.3 Modellazione di una valvola unidirezionale e dell'azione mu-
scolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
2.3.1 Valvola come condizione di interfaccia . . . . . . . . . 44
2.3.2 Modellazione analitica dell'azione del muscolo . . . . . 46
2.3.3 Discretizzazione numerica del modello analitico consi-
derato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
INDICE 4
3 Simulazioni numeriche 54
3.1 Introduzione ai casi test . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
3.2 Valvola siologica: confronto al variare del Modulo di Young . 55
3.2.1 Caso test 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
3.2.2 Caso test 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
4 Ringraziamenti 63
Capitolo 1
Fisiologia del sistema venoso
1.1 Introduzione
Se già dagli ultimi anni Cinquanta sono stati fatti grossi progressi nel tratta-
mento di patologie arteriose, non altrettanto si può dire per quanto riguarda
le patologie venose. La siopatologia delle malattie venose, ebopatie, è, per
molti aspetti, più complessa di quella della sua controparte arteriosa. In-
fatti, le patologie arteriose sono riconducibili nella gran parte dei casi alle
conseguenze di occlusioni (stenosi). Nella circolazione venosa, oltre alle oc-
clusioni, che sono comunque di natura trombotica, molti problemi possono
nascere per insucienza valvolare. Inoltre, tra gli eetti legati alle patologie
venose, come per quelle arteriose, ci sono non solo problemi locali, o di un
distretto, ma anche quelli determinati dalla mobilizzazione di trombi verso
la circolazione polmonare. Inoltre la tta rete di circoli collaterali, la bassa
pressione caratteristica delle vene, la natura collassabile della parete venosa,
l'intermittenza del usso venoso sono caratteristiche che rendono complesso
l'approccio al problema e lo studio dei meccanismi siologici in atto. Nonos-
tante questa complessità, c'è un corpo crescente di valide informazioni che
riguardano la siologia venosa. Molto del progresso di questi ultimi anni
nel campo è dovuto allo sviluppo di duplex scanning, che permette la vi-
sualizzazione in continua dei pattern di usso, all'introduzione di ussimetri
magnetici e Doppler, che forniscono dati di usso dinamici, al perfezionamen-
to dei sensori di pressione con risposte alle alte frequenze ed a nuovi metodi
pletismograci. Intenso interesse e continui sforzi sono pertanto continua-
mente fatti dai chirurghi vascolari per svilppare i metodi di trattamento di
tali disturbi. Le tecniche, che ormai sono diventate abbastanza chiare, pos-
sono migliorare la diagnostica. E' in quest' ambito che si inserisce anche lo
studio tramite modellazione matematico-numerica.
1. Fisiologia del sistema venoso 6
In questo capitolo tratteremo delle principali caratteristiche del sistema
venoso e delle principali dierenze morfo-funzionali dei vari distretti. Ev-
idenzieremo, in particolare, le caratteristiche del sistema venoso degli arti
inferiori, che è l'oggetto della prima modellazione qui proposta.
Parete
Le pareti delle vene sono molto sottili e nell'ambito delle pressioni siologiche
assai distensibili. Per la loro struttura, più sottili delle corrispondenti arte-
riose e con poche bre elastiche muscolari, data la bassa pressione venosa,
esse tendono a collabire, cosicchè il loro prolo assume spesso forma ellittica;
diventa invece circolare se la pressione transmurale (Ptm ) aumenta (cenni in
[21], si veda [36] per dettagli).
Figura 1.1: Spessore e raggio venoso (da [3], si veda anche [5] e [11]).
Valvole
La maggior parte delle vene, e specialmente quelle nelle quali il sangue scorre
in senso antigravitario, presenta delle valvole a nido di rondine. Queste sono
pieghe membranose dell' intima foggiate a tasca, simili alle valvole semilu-
nari aortiche e polmonari, rivolte con la loro concavità in direzione del cuore.
Generalmente ad un medesimo livello si trovano due pieghe valvolari poste
a coppia una di fronte all'altra che, se distese da reussi di corrente, ven-
gono a contatto con i bordi liberi e realizzano la chiusura del dispositivo
valvolare. Esistono valvole costituite da un unico lembo e più raramente
da tre lembi (si veda [1]). Ciascuna di queste strutture bicuspidali, delicate
ma estremamente resistenti, si trova alla base di un tratto di vena che si al-
larga a formare un seno valvolare che appare all'esterno come una dilatazione
fusiforme o sacciforme del vaso. Questa disposizione permette alle valvole di
aprirsi ampiamente senza venire a contatto con la parete e di chiudersi rapi-
damente quando il usso comincia ad invertirsi (entro 0.5 sec. dall'apertura,
come citato in [33]).
La distribuzione delle valvole non è regolare ed uniforme, ma corrisponde
1. Fisiologia del sistema venoso 9
Anastomosi e plessi
Carattere peculiare del sistema venoso è la grande frequenza di anastomosi
(si veda [1] e, per maggiori dettagli [13]). Vi si riscontrano tutti i tipi e le
varietà di anastomosi (da quelle per inosculazione a quelle per convergenza,
dalle anastomosi trasversali alle longitudinali, alle reti anastomotiche). Co-
municazioni anastomotiche sono presenti a tutti i livelli dell'albero venoso:
esistono anastomosi tra i principali sistemi venosi, tra le vene principali di
uno stesso sistema e, specialmente abbondanti nella periferia, tra i rami
venosi minori, dove possono costituire disposizioni a rete particolarmente
ricche denominate plessi venosi. Anche le vene profonde sono unite a quelle
superciali mediante rami anastomotici che superano le fasce, detti rami per-
foranti. I vasi anastomotici sono spesso provvisti di apparati valvolari. La
grande ricchezza di anastomosi ed in particolare la presenza di estese reti
venose periferiche fanno sì che non possano esistere aree venose rimaste iso-
1. Fisiologia del sistema venoso 10
late. La presenza di numerose comunicazioni tra le vene corrisponde del resto
a precise esigenze funzionali, se si tiene conto che questi vasi hanno pareti
sottili, facilmente depressibili e che, per compressione, possono andare in-
contro a occlusione. Si realizza pertanto la necessità di disporre di circoli
collaterali attraverso i quali possa compiersi il regolare deusso del sangue.
Derivazioni collaterali si eettuano normalmente a livello delle reti venose
periferiche, ma in condizioni particolari, siologiche e patologiche, parteci-
pano alla formazione di circoli collaterali anche le anastomosi esistenti fra
i vasi di calibro maggiore, cosicché possono determinarsi vie anastomotiche
preferenziali attraverso le quali si attua il circolo reuo. Il dispositivo per-
iferico dei plessi venosi, poiché forma complessivamente un letto vascolare di
notevole capacità, nettamente superiore alla capacità del distretto arterio-
lare corrispondente, e poiché possiede numerose vie di drenaggio, costituisce
inoltre uno spazio di riserva del sangue, di grande importanza funzionale.
Figura 1.3: Andamento del volume in funzione della pressione (da [33]).
Velocità
La velocità di scorrimento del usso è inversamente proporzionale all'area
della sezione del vaso. Ne deriva che, per un vaso posto orizzontalmente, la
velocità aumenta in corrispondenza di una costrizione, la pressione laterale
si riduce nel punto di restringimento. Viceversa, in un punto dilatato la
pressione laterale è maggiore perché diminuisce la velocità di scorrimento,
perciò l'energia cinetica. Ciò è conforme al principio di Bernoulli nell'ipotesi
di vaso orizzontale: se la velocità di scorrimento aumenta, aumenta l'energia
cinetica a scapito dell'energia potenziale. La velocita media del usso ematico
tende ad aumentare dalla periferia al cuore. La supercie della cava è circa
il 50% più grande di quella dell' aorta e, in media, la supercie delle vene è
1. Fisiologia del sistema venoso 12
circa quattro volte superiore a quella delle arterie. Nella vena cava, la velocità
media del sangue è pertanto stimabile in circa 20 cm/s, cioè solo 1/3 più bassa
di quella del sangue nell'arco aortico. Questo dato serve anche a risolvere
l'incertezza che può nascere osservando il lento sanguinamento da una vena
recisa, rispetto al otto prodotto dal taglio di un'arteria. La fuoriuscita (lenta
o rapida) del sangue dal vaso dipende, infatti, più dal gradiente pressorio che
non dalla velocità di scorrimento del sangue (si veda [16], [27]).
In sintesi, la pressione laterale è maggiore dove la velocità di scorrimento
è minore (dilatazione); viceversa è minore dove la velocità di scorrimento è
maggiore (costrizione). Questi sono i ben noti fenomeni di vasodilatazione
e vasocostrizione che sono naturalmente determinati dal controllo da parte
delle cellule nervose che innervano la parete dei vasi. Un aumento del tono
simpatico, con produzione di amine (adrenalina e noradrenalina), per esempio
a seguito di una reazione da stress, stimola i recettori α (stimolazione α-
adrenergica) che determina vasocostrizione: aumenta il ritorno venoso e ciò
facilita l'attività cardiaca. Viceversa un aumento del tono vagale produce
acetilcolina, che determina vasodilatazione e bradicardia (caso estremo, lo
svenimento). Vasodilatazione o vasocostrizione possono essere indotte da
farmaci. Vedremo nei seguenti paragra come entrano in gioco dal punto di
vista siologico.
Inoltre la velocità del usso è più elevata nelle grosse vene che non nelle
venule in quanto la sezione totale del letto vascolare diminuisce progressiva-
mente approssimandosi al cuore.
Figura 1.4: Andamento del volume in funzione della pressione (da [33]).
La rete venosa degli arti inferiori è l'insieme di vasi interposti tra la micro-
circolazione, sistema di capillari e venule che essa drena, e il distretto ad-
dominale che essa va a riempire, costituita da condotti conuenti in numero
decrescente e di calibro crescente dalla periferia al cuore.
Dal punto di vista anatomico, siologico e patologico, il sistema venoso
degli arti inferiori può essere diviso in tre parti: rete profonda, complessiva-
mente arborescente, rete superciale, reticolata, e collegata alla rete profonda
che la drena, e sottosistema delle vene comunicanti. Un processo patologico
in corso in uno di questi sottosistemi ha inuenza sulla siopatologia degli
altri.
Le vene profonde (si veda [1] per questa descrizione) sono contornate da
muscoli scheletrici e si svuotano per compressione muscolare, mentre per le
vene superciali non è così. Le pareti di queste ultime tuttavia sono più
spesse e contengono una porzione maggiore di muscolo liscio, quindi han-
no un sistema di svuotamento intrinseco più sviluppato. Le vene superciali
sono costituite infatti da strutture muscolari larghe, con parete relativamente
spessa, e si trovano appena sotto la cute. Tra le vene superciali si annover-
ano la grande e piccola safena della gamba, le vene cefalica e basilica del
braccio e le giugulari esterne del collo.
Le vene profonde invece hanno pareti sottili con una minore componente
muscolare. Esse decorrono spesso parallele alle rispettive arterie (venae comi-
tantes -lat., da comitor- o vene satelliti) e spesso prendono lo stesso nome.
L'area della sezione trasversale di queste vene è quasi tre volte quella del-
l'arteria adiacente. All'interno dei muscoli scheletrici vi sono, in particolare,
vene larghe, con pareti molto sottili, che talvolta vengono chiamate sinusoidi.
Come parte del meccanismo della pompa muscolare esse svolgono una fun-
1. Fisiologia del sistema venoso 18
zione particolarmente importante durante l'esercizio. Le sinusoidi del soleo
sboccano nella vena tibiale e quelle del gastrocnemio generalmente drenano
la vena poplitea.
Le vene perforanti, da ultimo, collegano i sistemi superciale e profon-
do. Di particolare interesse chirurgico sono una serie di circa sei perforanti
mediali del polpaccio che collegano la vena tibiale posteriore al sistema della
grande safena attraverso una rete di vene supercali conosciute come arcata
venosa posteriore. Altre perforanti collegano la vena peronea con tributarie
superciali della vena safena. Posteriormente, una serie di piccole vene per-
foranti collega il sistema superciale con le vene intra-muscolari; queste, a
loro volta, sono unite, a vari livelli, con la vena tibiale posteriore. Pertanto,
grosse vene intramuscolari forniscono una connessione indiretta tra i sistemi
superciali e profondo. Quando la safena che risale la gamba o qualsiasi al-
tra vena superciale e le vene comunicanti hanno valvole continenti, essendo
queste ultime unidirezionali, svuotano il loro contenuto nel sistema venoso
profondo ed il sangue passa direttamente nella circolazione centrale e ritorna
al cuore. A causa di incontinenza valvolare si sviluppano vari gradi di stasi
venosa, come vedremo in breve alla ne del capitolo.
Nella seguente tabella (si veda [15], cap.8) è presentato un confronto tra il
modulo elastico incrementale al variare dei valori di pressione tra un segmento
di vena safena umana ed arteria carotide canina.
A livello del sistema circolatorio venoso degli arti inferiori, quattro sono i
meccanismi che, in modo diverso, agiscono come pompe (si veda [13], [33]).
Come più volte detto, in posizione ortostatica rispetto alla posizione di decu-
bito, la pressione transmurale negli arti inferiori è molto aumentata a causa
della componente idrostatica: ciò a dilatare la parete delle vene e a favorire
il ristagno di sangue. La contrazione dei muscoli scheletrici che circondano
i vasi venosi e la presenza delle valvole sono però in grado di contrastare
questo eetto. Un aumento della pressione muscolare riduce infatti il gradi-
ente transmurale, impedisce la dilatazione e spreme il sangue verso il cuore.
Le valvole, a loro volta, garantiscono l'unidirezionalità del usso.
Durante l'esercizio, la contrazione dei muscoli scheletrici comprime le vene
intramuscolari e circostanti, fa aumentare la pressione venosa e spinge il
sangue in direzione cefalica verso il cuore. La direzione del usso è assicura-
ta dalla unidirezionalità delle valvole. Le pompe sono costituite da camere a
doppia apertura e con volume variabile dovuto all'eetto delle contrazioni e
dei rilassamenti alterni dei muscoli circostanti, che imprimono delle pressioni
(sistole della pompa valvolo-muscolare) e delle depressioni (diastole) succes-
sive al volume sanguigno che esse contengono. La valvola a monte, cioè al
di sotto della sede di compressione si chiude durante la sistole ed impedisce
il usso retrogrado. Con il rilassamento, il gradiente pressorio si inverte:
le valvole al di sopra del punto di compressione di chiudono, impedendo
il reusso, e le vene rimangono parzialmente collassate nchè non vengono
riempite dall'inow proveniente dai capillari. Il sangue nelle vene parzial-
mente svuotate viene contenuto all'interno di piccoli compartimenti della
lunghezza di pochi centimetri, all'interno dei quali la pressione diminuisce
secondo la curva di compliance venosa pressione-volume. Questo sequestro
è raramente visibile ebogracamente in quanto le vene, anche all'estrem-
ità superiore di ciascun compartimento, rimangono parzialmente piene. Le
valvole all'estremità superiore di ciascun compartimento rimangono chiuse
sino a che la pressione venosa subito al di sotto della valvola aumenta no a
superare la pressione dell'estremità inferiore del compartimento immediata-
mente al di sopra. Le valvole svuotano verso l'alto e in modo intermittente
il contenuto venoso più velocemente di quanto non si possa riempire per ap-
porto arterioso a causa delle resistenza microcircolatorie, riducendo la massa
e dunque il carico a monte. Finchè il carico a valle rimane superiore del
carico a monte, la valvola rimane chiusa, con la conseguenza di frazionare la
colonna di pressione idrostatica e di ridurre h. Con il continuo riempimento
1. Fisiologia del sistema venoso 24
venoso la colonna idrostatica viene ristabilita lungo tutto il percorso sino al
cuore.
La disposizione di ogni segmento profondo valvolato nell'ambito dei mus-
coli determinerà il rendimento della pompa. Le pompe che sono extramusco-
lari, ma la cui posizione consente ai muscoli vicini di comprimere il comparto
contro un piano resistente (osseo o aponevrotico), hanno un'ecienza minore
ma in ogni caso soddisfacente. I comparti, invece, che, sebbene situati in una
loggia, non sono correttamente sistemati per subire compressione muscolare
possono essere inecienti. Inne la rete superciale sopra, sotto o intra
aponevrotica o fasciale non subisce eetti diretti della pompa valvolo mus-
colare che agisce sul suo usso per aspirazione soltanto nel momento della
diastole.
Il meccanismo della pompa muscolare è molto sviluppato nel polpaccio
dove le voluminose i sinusoidi del soleo e del gastrocnemio costituiscono la
maggior parte dei mantici. La contrazione dei muscoli del polpaccio genera
una pressione superiore ai 200 mmHg, un livello abbastanza alto da com-
primere le vene intramuscolari anche in ortostatismo. A causa del robusto
rivestimento fasciale di questi muscoli, le vene inter-muscolari (tibiale pos-
teriore, tibiale anteriore e peronea) sono soggette a pressioni simili. Molta
della forza viene trasmessa anche alle vene superciali circostanti attraverso
il tessuto connettivo. Così, tutte le vene della porzione inferiore della gamba,
sia superciali che profonde, partecipano, in maggiore o minore misura al-
l'azione di pompa. Tutte spingono il sangue centralmente ad ogni contrazione
muscolare
Sebbene la pressione all'interno delle vene profonde superi quella presente
nelle vene superciali durante la contrazione muscolare, le valvole nelle vene
perforanti impediscono il usso dal sistema profondo a quello superciale. Le
valvole impediscono anche lo spostamento distale del sangue verso il piede
nelle vene tibiali. Quando i muscoli si rilasciano i sinusoidi venosi vengono
riempiti dall'inow capillare e dal usso proveniente dalle vene profonde del-
la parte distale della gamba. Si verica anche un certo inow dalle vene
superciali a quelle profonde, ma l'importanza di questo usso è minore di
quanto si credeva in passato. Alcuni studi propongono che il usso del sangue
diretto verso la parte superiore della gamba potrebbe originare dalla com-
pressione del plesso venoso plantare situato tra i muscoli intrinseci del piede,
superciali e profondi. Questo sangue viene drenato nelle vene profonde del
polpaccio, innescando così la pompa muscolare. Gli eventi che si susseguono
durante una deambulazione normale sono sincronizzati nel seguente ordine:
la dorsi-essione del piede svuota le vene distali del polpaccio, il peso del
corpo svuota il piede, e la essione plantare svuota le vene prossimali del
polpaccio.
1. Fisiologia del sistema venoso 25
Le vene superciali non sono in serie con i gradienti delle pompe ma col-
laterali ovvero in parallelo. Pertanto i gradienti non si possono trasmettere
in sistole a causa delle valvole, ma solo in diastole. Così il drenaggio super-
ciale è assicurato essenzialmente durante la diastole della pompa valvolo
muscolare. Tuttavia eccezionalmente il drenaggio delle vene superciali può
essere discretamente assicurato in sistole per l'eetto Venturi quando la ge-
ometria delle vene perforanti rispetto alle vene profonde lo consente (si veda
[13], [12]), oppure ancora dalla pompa della suola di Lejars. Il drenaggio in
diastole avverrà naturalemtne attraverso le vene comunicanti valvolo mus-
colari, soprattutto tronculari ed extratronculari della gamba e delle logge
muscolari posteriori ed anteriori della coscia. Le cross delle safene e delle
1. Fisiologia del sistema venoso 26
Figura 1.7: Andamento della pressione venosa in funzione del tempo (da [3]).
Le principali patologie del sistema venoso degli arti inferiori sono rappre-
sentate dalla trombosi e dalle varici primitive. Entrambe determinano nel
tempo una medesima alterazione siopatologia: l'insucienza venosa cronica
(riferimenti in [33]).
1. Fisiologia del sistema venoso 28
Trombosi venosa acuta
La maggior parte dei trombi venosi sono di limitata estensione. Essendo il
circolo venoso sicuramente molto `adattabile', tali trombi non determinano
evidenti alterazioni siologiche, né sintomi o segni clinicamente riconoscibili;
molti divengono evidenti solo quando, distaccandosi dalla parete venosa, de-
terminano una embolia polmonare; altri determinano dolore nella zona col-
pita, come risultato di una reazione inammatoria locale (tromboebite).
Quando invece l'ostruzione diviene sucientemente estesa, l'aumento della
pressione venosa periferica determina congestione venosa ed edema. Rara-
mente si assiste ad uno shock causato dalla fuoriuscita di liquidi nello spazio
interstiziale. Nei casi gravi l'ostruzione può essere così completa da provocare
un'ischemia dell'arto.
Nella siologia del circolo venoso, un aumento di resistenza costituisce
il principale determinante di un aumento di pressione; esso dipende dalla
localizzazione dei tratti venosi ostruiti, dalla lunghezza dell'ostruzione e dal
numero di vene colpite, dall'adeguatezza dei pre-esistenti circoli collaterali.
Ad esempio un trombo che si sviluppa nella vena femorale comune, dove
blocca non solo la vena femorale superciale ma anche i rientri delle vene
femorale profonda e safena, sarà più devastante di un trombo isolato nella
vena femorale superciale. DeWeese e Rogo hanno visto che le pressioni
venose a livello del piede in pazienti in posizione supina variavano da 8 a 18
mmHg quando i trombi erano limitati alla vena poplitea od a quelle sotto
il ginocchio; le pressioni erano di 20-51 mmHg quando i trombi si trovavano
nella vena femorale superciale e di 32-83 mmHg negli arti aetti da trombosi
femoro-iliaca.
Negli arti con una trombosi venosa clinicamente `silente', non è certo che
vi sia un qualche percettibile aumento della pressione venosa. Misurata a
livello del piede da Husni e coll., la pressione venosa in pazienti aetti da
tromboebite acuta era, in posizione supina, 17 mmHg, circa 2,5 volte mag-
giore rispetto ai sani; non vi era però alcuna dierenza fra soggetti normali
e soggetti aetti da tromboebite acuta quando questi stavano in piedi a
riposo (la componente idrostatica è prevalente e maschera le lievi dierenze
di pressione causate dall'aumentata resistenza al usso); durante la deambu-
lazione, tuttavia, la pressione venosa in arti normali diminuiva a circa il 40%
del valore pre-esercizio, ma variava poco negli arti aetti da trombosi.
Tutte le vene sottoposte ad una maggiore pressione transmurale si di-
latano secondo la curva pressione-volume e riducono la loro compliance.
Le vene superciali divengono più evidenti, fornendo un eccellente segno
diagnostico; talvolta questa dilatazione può stirare a tal punto la parete
venosa che le valvole non riescono a chiudersi adeguatamente e divengono
1. Fisiologia del sistema venoso 29
incontinenti.
Un'ulteriore conseguenza clinicamente importante dell'aumentata pres-
sione venosa è il concomitante aumento della pressione capillare media; questo
sconvolge l'equilibrio di Starling, portando alla formazione di edema tissutale.
L'entità dell'edema è proporzionale all'aumento della pressione venosa. De-
Weese e Rogo hanno trovato un edema nel 70% degli arti aetti da trombosi
poplitea; tale edema era in quasi tutti i casi inferiore ad 1 cm alla caviglia .
L'edema era invece presente nell'86% dei pazienti con trombosi femoro-iliaca;
l'aumento della circonferenza era maggiore di 1 cm alla caviglia, di 2 cm al
polpaccio e di 3 cm alla coscia.
Varici primitive
Le varici dell'arto inferiore che si sviluppano spontaneamente in assenza di
trombosi venosa profonda sono chiamate `varici primitive'. La vena grande
safena e i suoi rami tributari sono colpiti più spesso. Solo circa il 12% delle
varici primitive interessa il sistema della piccola safena.
L'eziologia rimane dubbia: le teorie comprendono la pressione esercitata
dalle vene perforanti incontinenti, l'aumentata distensibilità venosa, l'aumen-
tato usso ematico attraverso le comunicanti artero-venose, le anomalie della
muscolatura liscia o dell'endotelio della parete venosa. La maggior parte
dei rilievi sembrano essere tuttavia a favore di una progressiva insucien-
za valvolare discendente in risposta alla congenita assenza o incontinenza
delle valvole della femorale comune e dell'iliaca; in tali circostanze, la valvola
safeno-femorale, non essendo protetta non solo dalla pressione idrostatica ma
anche dagli episodici incrementi della pressione causati dal torchio addom-
inale o dalla tosse, diventa incontinente; la pressione viene così trasmessa
alla successiva valvola posta più in basso nella vena safena e così via verso
la parte inferiore della gamba; alla ne anche le valvole tributarie perdono la
loro competenza; le vene sottocutanee si allungano, divengono tortuose e si
presentano come tipiche varici.
In posizione supina o durante la stazione eretta a riposo, il usso ematico
attraverso le vene varicose è abbastanza lento ma è diretto nella normale
direzione cefalica. Inoltre, a livello della caviglia la pressione non è diversa
da quella presente negli arti `sani'. Tuttavia, quando il soggetto in stazione
eretta aetto da varici comincia a camminare o contrae in qualche modo i
muscoli della gamba, il usso ematico si inverte, scorrendo distalmente e ab-
bastanza rapidamente verso il piede. In questa situazione, la riduzione della
pressione venosa superciale è molto inferiore rispetto a quanto normalmente
osservato. Infatti, in risposta alla contrazione dei muscoli del polpaccio, la
pressione venosa del sistema profondo diminuisce marcatamente; anche le
1. Fisiologia del sistema venoso 30
varici vengono parzialmente svuotate, ma, per la mancanza di protezione da
parte delle valvole, la pressione all'interno di queste vene superciali subisce
solo una moderata riduzione; pertanto, durante il rilasciamento muscolare, si
sviluppa un gradiente pressorio che genera un usso ematico diretto dal sis-
tema superciale a quello profondo attraverso le vene perforanti. Nell'arto in
esercizio, dunque, si crea un movimento circolare di sangue: il sangue pompa-
to dalle vene del polpaccio e della coscia raggiunge la vena femorale comune,
dove in parte reuisce verso il basso nella vena safena funzionalmente avalvu-
lata; raggiungendo la parte inferiore della gamba, questo sangue ritorna al
sistema profondo attraverso le vene perforanti, completando pertanto il circo-
lo vizioso. Comprimendo il punto di fuga (cioè la giunzione safeno-femorale)
si previene il reusso durante l'esercizio e si consente alla pompa muscolare
di far tornare la pressione venosa a livelli quasi normali: questo costituisce
la base siopatologica per la terapia chirurgica, vale a dire la legatura al-
ta e lo stripping delle varici. Le calze elastiche agiscono invece esercitando
una pressione esterna che può spingere le cuspidi valvolari a giustapporsi, in
modo tale da ripristinare la continenza venosa.
A.3 Asse del cilindro sso: questa ipotesi tiene in considerazione solo es-
pansioni e contrazioni del vaso attorno al proprio asse, precludendo
l'analisi degli eetti dello spostamento rigido dell'asse del condotto.
u = η̇er , su Γtw ,
ove η̇er è la velocità della parete del vaso e er è il versore in direzione radiale.
Siano Q Z
Q = uz dσ = Au (2.6)
S
e Z
1
P = p dσ. (2.7)
A S
Integrando le equazioni (2.5) sulla generica sezione S si ottiene il seguente
modello ridotto costituito dalle equazioni di continuità e di conservazione
della quantità di moto nelle incogniteA, Q e P :
∂A + ∂Q = 0
∂t ∂z
2 (2.8)
∂Q Q A ∂P + K Q = 0,
+α ∂ + ρ ∂z r
∂t ∂z A A
dove z ∈ (0, L) e t ∈ I e Kr = −2πνs0 (1) è il parametro di frizione che
dipende dal prolo di velocità scelto. In particolare per un prolo parabolico
si ha Kr = 8πν e per un prolo piatto Kr = 22πν .
2. Modellazione matematica 37
2.2.2 Legge di spostamento della parete
∂ψ
> 0 e ψ(A0 ; A0 , β) = 0.
∂A
Ad esempio, sviluppando la legge elastica lineare per un vaso cilindrico
ed essendo √ √
A − A0
η = √ ,
π
si può vericare che si ottiene la (2.9) con
√ √
A − A0
ψ(A(t, z) ; A0 (z) ; β(z)) = β̃0 , (2.10)
A0
√
πEh0
dove β = β̃0 = 1−ξ 2
, ξ è il coeciente di Poisson, E il modulo di Young
e h0 lo spessore della parete.
Un'altra possibile relazione area-parete è data da:
" β1 #
A
ψ(A; A0 , β) = β0 −1 (2.11)
A0
2. Modellazione matematica 38
con β = (β0 , β1 ), ove β0 > 0 è un coeciente elastico mentre β1 è ottenuto
interpolando la curva di risposta sforzo-deformazione ricavata sperimental-
√
πh0 E
mente. Si osservi come nel caso in cui β1 =
1
2
e β0 = √
(1−ξ 2 ) A0
= √β̃A0 0 , la
(2.11) e la (2.10) coincidano.
Esplicitando la legge (2.9) è possibile eliminare l'incognita P dall' equazione
(2.8). Si ponga
s
A ∂ψ
c1 = c1 (A; A0 ; β) = , (2.12)
ρ ∂A
che ha le dimensioni di una velocità ed è legato alla velocità di propagazione
2
di onde semplici lungo il tubo; sia poi C1 una primitiva di c1 rispetto all'area
A, data da Z A
C1 = C1 (A; A0 ; β) = c21 (τ, A0 , β)dτ. (2.13)
A0
∂U ∂U
+ H(U ) + S(U) = 0 (2.14a)
∂t ∂z
dove
A
U= (2.14b)
Q
0 1
H(U) = A ∂ψ (2.14c)
ρ ∂A
− α( Q
A
)2
2α Q
A
0
S(U) = Q
A ∂ψ dA0 A ∂ψ dβ (2.14d)
Kr A
+ ρ ∂A0 dz
+ ρ ∂β dz
dA0
Il termine nell'espressione (2.14d) è diverso da zero in caso di stenosi o
dz
in presenza di tapering
, cioè quando la sezione iniziale del vaso non è costante
dβ
per tutta la sua lunghezza. Il termine , invece, tiene in conto eventuali
dz
variazioni lungo l'asse delle proprietà meccaniche del vaso. Si noti come nel
caso in cui l'area A0 della sezione all'istante iniziale e β sono costanti, le
precedenti espressioni si semplichino notevolmente (si veda [10]).
Forma conservativa :
∂U ∂
+ [F(U)] + B(U) = 0 (2.15a)
∂t ∂z
2. Modellazione matematica 39
dove
Q
F(U) = Q2 (2.15b)
α( ) + C1
A
0
B(U) = S(U) − ∂C1 dA0 ∂C1 dβ (2.15c)
∂A0 dz
+ ∂β dz
cioè
0
B(U) = Q
A ∂ψ dA0 A ∂ψ dβ ∂C1 dA0 ∂C1 dβ
Kr A
+ ρ ∂A0 dz
+ ρ ∂β dz
− ∂A0 dz
+ ∂β dz
s 2
Q 2 Q
λ1,2 = α ± c1 + α(α − 1) . (2.16)
A A
con
l 1T
λ1 0
L = , R = [r 1 r2 ] , Λ = diag(λ1 , λ2 ) = .
l 2T 0 λ2
(2.18)
e L R = I . L, R sono rispettivamente
gli autovettori
sinistri
e destridella
cα − αū (−cα − αū)
matrice H. In particolare, l1 = e l2 = . In
1 1
questo modo il sistema (2.14a) può essere riscritto nella forma equivalente:
∂U ∂U
+ RΛL + S(U ) = 0 , z ∈ (0, L) , t ∈ I , (2.19)
∂t ∂z
e moltiplicando a sinistra l' equazione precedente per L si ha
∂U ∂U
L + ΛL + LS(U ) = 0 , z ∈ (0, L) , t ∈ I. (2.20)
∂t ∂z
2. Modellazione matematica 40
2.2.3 Curve caratteristiche
∂W1 ∂W2
= l1 , = l2 , (2.21)
∂U ∂U
vengono denite variabili caratteristiche del sistema iperbolico (trattazione
in [10] e [29] e, più approfondita, in [9] e in [31]) ed esso può essere trasformato
nel seguente sistema che ha come incognite le variabili caratteristiche:
∂W ∂W
+Λ + G(W ) = 0 , z ∈ (0, L) , t ∈ I, (2.22)
∂t ∂z
dove W = [W1 , W2 ]T e
∂W dA0 ∂W dβ
G = LS − − . (2.23)
∂A0 dz ∂β dz
In questo modo le due equazioni che costituiscono il sistema risultano dis-
accoppiate. In particolare, esplicitando l'equazione (2.22) per componenti si
ha:
∂Wi ∂Wi
+ λi + Gi = 0, i = 1, 2 , (2.24)
∂t ∂z
dove in generale Gi dipende sia da W1 che da W2 , attraverso la dipendenza
di S da U . Nel caso in cui Gi = 0 , i = 1, 2 , (cioè S = 0 e A0 e β sono
costanti) le relazioni (2.24) risultano ulteriormente semplicate:
∂Wi ∂Wi
+ λi = 0, i = 1, 2. (2.25)
∂t ∂z
Ciascuna di queste è un'equazione delle onde del primo ordine non lineare
(poichè λi possono dipendere da W1 e da W2 ). Se consideriamo le curve
caratteristiche y1 a e y2 (nel piano (y, t) ) descritte dalle equazioni dierenziali
ordinarie:
dy1 dy2
(t) = λ1 (t, y1 (t)), (t) = λ2 (t, y2 (t)) . (2.26)
dt dt
la (2.25) può essere riscritta come
dW1 dW2
(t, y1 (t)) = 0, (t, y2 (t)) = 0, (2.27)
dt dt
d
essendo la derivata totale lungo le curve y1 e y2 rispettivamente. Le
dt
precedenti relazioni mostrano che la Wi è costante lungo la i-esima curva
caratteristica. Nel caso più generale lungo le linee caratteristiche avremo
d
Wi (t, yi (t)) = − Gi (W1 , W2 ), i = 1, 2. (2.28)
dt
2. Modellazione matematica 41
Si fa notare come, nel caso in cui α=1 e si consideri una legge algebrica
con funzione ψ data dalla (2.10), si possano ottenere direttamente le variabili
caratteristiche: s
Q β̃0 1/4
W1,2 = ±4 A (2.29)
A 2ρA0
da cui si ottiene
2
(W1 − W2 )4
2ρA0 (W1 + W2 )
A= , Q=A . (2.30)
β̃0 84 2
Si puó dimostrare (si veda [10], [19]) che gli autovalori del sistema (2.14a)
sono sempre di segno opposto per le condizioni emodinamiche di nostro inter-
esse. Di conseguenza, tale sistema è di natura iperbolica e la sua soluzione
è data dalla somma di due onde semplici viaggianti con velocità opposta.
Quindi, il problema dierenziale (2.14a) richiede esattamente di prescrivere
una condizione di bordo in ingresso e una in uscita. Tuttavia, assegnando su
ogni sezione articiale un valore arbitrario di una delle due variabili siche, si
generano delle onde spurie di riessione, non siche, causate dal trattamento
scorretto del fenomeno di propagazione in corrispondenza del troncamento
2. Modellazione matematica 42
articiale del dominio. Una possibile soluzione è data dall' imposizione di
condizioni non riettenti, che ricorrono proprio alle variabili caratteristiche,
imponendo un valore corretto per la caratteristica entrante. Per semplicità
assumiamo che tale valore sia nullo. Ad esempio, se λ1 ≥ 0 e λ2 ≤ 0, in z = 0
la caratteristica entrante è W1 , mentre in z=L è W2 . Questo signica che
le condizioni non riettenti sono della forma:
W2 (t) = 0, in z = L, t > 0.
Le variabili siche possono poi essere ricavate a partire dalle relazioni (2.29).
Il problema matematico richiede di prescrivere solo una condizione al bor-
do in ciascuna estremità del tubo. Tuttavia, a livello numerico, la soluzione
del problema richiede di prescrivere entrambe le incognite area e usso su ogni
sezione articiale. Infatti, lo schema numerico utilizzato (si veda paragrafo
2.3.3) introduce una viscosità articiale, ottenendo un problema paraboli-
co. E' necessario perció prescrivere un'ulteriore condizione al bordo su og-
ni sezione. Un modo matematicamente corretto per ricavare quest'ultima è
quello di ricorrere alle cosiddette condizioni di compatibilità. Tali condizioni
sono estrapolate dall'interno del dominio, garantendo la continuità della vari-
abile caratteristica uscente. In particolare, esse possono essere determinate
proiettando le equazioni dierenziali lungo le direzioni della caratteristica
uscente:
∂U ∂F
lT1 + (U ) − B(U ) = 0, z = 0, t > 0, (2.32)
∂t ∂z
T ∂U ∂F
l2 + (U ) − B(U ) = 0, z = 0, t > 0.
∂t ∂z
s
β̃0 1/4 β̃0 3/2
c1 = A , C1 = A (2.33)
2ρA0 3ρA0
Q1 = Q2 in z = Γ, t > 0
(2.34)
pt,1 = pt,2 in z = Γ, t > 0
n+1
Q1 − Qn+1 2 =0
n+1 2 n+1 2
ρ Q1 ρ Q2
ψ(An+1 ; A ; β ) + − ψ(A n+1
; A ; β ) − =0
1 0,1 0,1 2 A1n+1 2 0,2 0,2 2 An+1
2
n+1 (2.35)
q
Q1 β0,1 n+1 1/4 n+1
n+1 + 4 (A 1 ) − W 1,1 = 0
q 2ρA0,1
A1
Qn+1
β0,2
(An+1 )1/4 − W n+1 = 0
2
An+1
+4 2ρA0,2 2 2,2
2
W ni,f t = li U nft
Dall'equazione (2.28) si ricava in modo esplicito il valore della variabile
caratteristica a tn+1 :
W imp = W n+1
i (Γ ) = −Gi (W1n , W2n )∆t + W ni,f t
Nel caso patologico, seguendo [39], poniamo
Qn+1 ∆P
= Qn+1
(
1 = ρK 2
qv (2.37)
Qn+1 β0,2
2
An+1
+4 2ρA0,2
(An+1
2 )1/4 n+1
− W2,2 =0
2
if (open_closed == 0)
if ( P_monte - P_valle > 0 )
{open_closed = 1
valvola aperta}
else {valvola chiusa}
if (open_closed == 1)
if ( Q <= 0 )
{open_closed = 0;
valvola chiusa}
else {valvola aperta}
ove open − closed è un boolean che indica lo stato della valvola al tempo
precedente, P − monte e P − valle sono rispettivamente le pressioni a monte
e a valle della valvola, Q il usso al bordo (si veda anche [8]).
In questa rappresentazione si escludono ritardi nella chiusura della valvola.
Una possibile estensione del lavoro prevede di introdurre possibili tempi non
innitesimi di chiusura.
P ∗ = ψ + g(z, t)
πz
g(z, t) = Amax A(t) sin (2.38)
L
ove (Amax A(t)) sia l'ampiezza della funzione sinusoidale che presenta due
componenti: Amax è una costante che stabilisce il valore del massimo del-
πz
la funzione sin a seconda del valore massimo della pressione muscolare
L
esercitata sulla vena, mentre A(t) è una funzione denita a tratti che de-
scrive l'andamento temporale della suddetta pressione, cercando, in prima
approssimazione, di simulare l'andamento quasi periodico della contrazione
muscolare durante la camminata, ovvero:
sin(2πf t + η) 2kπ ≤ t ≤ (2k + 1)π
A(t) = (2.39)
0 (2k + 1)π ≤ t ≤ (2k + 2)π
1−cos(2kπt)
In alternativa si può scegliere anche A(t) = sin2 ( 2kπt
2
)=2
. In questo
modo l'azione muscolare è descritta da una funzione regolare in spazio e nulla
agli estremi.
Seguendo il calcolo proposto sul [10] che integra sulla sezione l'equazione
2. Modellazione matematica 48
(2.5) e porta alla (2.8), si verica che la funzione g(z, t) rappresenta un
contributo in aggiunta al solo termine sorgente S(U ).
Ripercorrendo i passaggi, proposti appunto in [10], in dettaglio, calco-
liamo:
1 ∂P ∗
1 ∂P ∂g(z, t)
= +
ρ ∂z ρ ∂z ∂z
Si calcola l'integrale sul volumetto di vaso P, si divide per dz e si passa al
limite per dz → 0. Per la linearità dell'operatore di derivazione :
Z Z
∂ ∂P ∂g
(P + g(z, t))dP = + dP
P ∂z P ∂z ∂z
Z Z Z Z
∂P 1
dP = − P dσ + P dσ + P nz dσ =
P ∂z S− S+ ΓPw
dz dz dz dz
= A z̄ + P z̄ + − A z̄ − P z̄ − +
2 2 2 2
Z
+ P (z̄) nz dσ + o(dz) (2.40)
ΓPw
Z Z Z
nz dσ = O ⇒ nz dσ = − nz dσ
∂P ΓPw ∂P\ΓPw
Z
1 ∂P ∂AP ∂A ∂P
lim dP = (z̄) − P (z̄) (z̄) + o(1) = A (z̄) + o(1) (2.42)
dz→0 dz P ∂z ∂z ∂z ∂z
Analogamente procediamo per il termine g(z, t) :
Z Z Z Z
∂g
dP = − gdσ + gdσ + gnz dσ =
P ∂z S− S+ ΓPw
dz dz dz dz
= A z̄ + g z̄ + − A z̄ − g z̄ − +
2 2 2 2
dz dz
− g(z̄) A z̄ + − A z̄ − + o(dz)
2 2
2. Modellazione matematica 49
Z
1 ∂g ∂Ag ∂A ∂g
lim dP = (z̄) − g(z̄) (z̄) + o(1) = A (z̄) + o(1) (2.43)
dz→0 dz P ∂z ∂z ∂z ∂z
∂A + ∂Q = 0
∂t ∂z
2 (2.44)
∂Q ∂ Q A ∂P + A ∂g(z, t) + K Q = 0
∂t + α ∂z
A + ρ ∂z ρ ∂z r
A
" #
0
B(U
e ) = S(U
e )= Q
A ∂g(z, t) (2.45)
Kr A + ρ ∂z
Rideniremo di conseguenza i vettori e le matrici (2.15b), (2.14c), (2.15c),
dei sistemi (2.14a e 2.15a), come segue :
" #
Q
F(U) = 2 (2.46)
α QA + β̃
3ρA0
A3/2
" #
∂F 0 1
H(U) = = 2 (2.47)
∂U −α QA2
β̃
+ 2ρA 0
A1/2 2α Q A
B̃1 0
S̃(U) = B̃(U) = = = (2.48)
B̃2 Kr Q A
+ Aρ ∂g(z,t)
∂z
0
Kr Q
A
π
+ ρL AAmax sin (2πf t + η) cos ( πz L
)
n+1 n ∂U n ∆t2 ∂ 2 U n
U = U + ∆t + + o(∆t2 ) (2.49)
∂t 2! ∂t2
Riarrangiando i termini del sistema (2.15a) e derivando, si ottiene:
∂U ∂F
= −B
e −
∂t ∂z
2
∂ U ∂B
e ∂ ∂F
= − −
∂t2 ∂t ∂t ∂z
Essendo B
e come in (2.48), ne segue che la derivata è:
0
n
1 ∂A π πz ∂A
∂B
f k R Q − + A max sin(2πf + η) cos +
= A 2 ∂t ρL L ∂t =
∂t
KR ∂Q πA πz
+ Amax
+ 2πf cos(2πf t + η) cos
A ∂t Lρ L
∂A
0 0
Q
π πz K ∂t
= R ∂Q +
KR − 2 + Amax sin(2πf + η) cos
A ρL L A
∂t
0
+ π A πz
Amax
2πf cos(2πf t + η) cos
Lρ L
π πz ∂A ∂A
- il primo, Amax sin(2πf + η) cos , dipende da ,
ρL L ∂t ∂t
πA πz
- mentre il secondo, Amax 2πf cos(2πf t + η) cos , dipende da
Lρ L
A e dunque può essere trattato come una componente aggiuntiva al
termine sorgente.
Di conseguenza, deniamo:
2. Modellazione matematica 51
0 0
n
BU = Q π πz K
R =
−KR 2 + Amax sin(2πf t + φ) cos
A ρL L A
" #
0 πz 0
= B nU + π
Amax sin(2πf t + φ) cos 0
ρL L
dove " #
0 0
B nU = Q KR (2.50)
−KR
A2 A
come in [10]. Ne segue:
" #
∂2U n ∂U n
0
= −B n U n − 2 + (2.51)
∂t2 ∂t Amax 2πρLf A cos(2πf t + η) cos( πz
L
)
∂ ∂F n ∂U n
− · =
∂z ∂U n ∂t
" #
n
∂F 0
= −B n U n −B fn − − 2 +
∂z Amax 2πρLf A cos(2πf t + η) cos( πz
L
)
n
∂ n fn n ∂F
− −H B − H =
∂z ∂z
" #
n
∂F 0
= BnU n B
fn + B n U n − 2 +
∂z Amax 2πρLf A cos(2πf t + η) cos( πz
L
)
n
∂ n fn ∂ n ∂F
+ H B + H
∂z ∂z ∂z
Ne deriva che:
∂F n
n+1 n n
U = U + ∆t −B − f + (2.52)
∂z
n
∆t2
n n fn n n ∂F
+ B U B +B U +
2 ∂z
" #
∆t2 0
− 2 +
2 Amax 2πρLf A cos(2πf t + η) cos( πz
L
)
n
∆t2 ∂
n fn ∂ n ∂F
+ (H B ) + H
2 ∂z ∂z ∂z
2. Modellazione matematica 52
n+1 n ∂ n ∆t n fn
U = U − ∆t F − H B + (2.53)
∂z 2
∆t2 ∂F n n
∂ n ∂F
+ BU + H +
2 ∂z ∂z ∂z
" " ##
fn − ∆t ∆t 0
−∆t B (B n U B
fn ) − 2
2 2 Amax 2πρLf A cos(2πf t + η) cos( πz
L
)
n ∂φh
(U n+1 n
h , φh ) = (U h , φh ) + ∆t(F LW (U h ),
e )+ (2.54)
∂z
n
∆t2
n ∂F (U h )
+ B U (U h ) , φh +
2 ∂z
∆t2
n ∂F n ∂φh
− H(U h ) (U h ), +
2 ∂z ∂z
−∆t(B e LW (U n ), φh ) ∀φh ∈ Vh0
h
e LW (U ) = F (U ) − ∆t H(U )B(U
F e )
2 " #
2 0
fn − ∆t ∆t
Be LW = B (B nU B)
e − 2
2 2 Amax 2πρLf A cos(2πf t + η) cos( πz
L
)
√
3 hi
∆t ≤ min (2.55)
3 0≤i≤N max(λ1,i , λ2,i )
√
3
Questa condizione corrisponde ad un numero CFL di tipico di uno schema
3
di Taylor-Galerkin in una dimensione.
Capitolo 3
Simulazioni numeriche
- all' inow del tubo a monte si impone una condizione sull'area, quindi
indirettamente sulla pressione;
Parametri
Figura 3.3: Flusso al primo istante di chiusura della valvola (a) e riessioni
dovute alle condizioni di bordo (b)
Figura 3.4: Pressione nel primo vaso pochi istanti dopo l'apertura della
valvola
3. Simulazioni numeriche 58
secondo vaso, quando la valvola è chiusa il usso imposto è nullo, ma anche
la pressione si mantiene prossima allo zero. Subito dopo la chiusura della
valvola si osserva una depressione a valle (Fig. 3.5).
Figura 3.7: Propagazione del usso nel primo vaso pochi istanti dopo la
chiusura della valvola.
Figura 3.8: Pressione nel vaso 1 a t=0.025 s (sinistra) e nel vaso 2 a t=0.04 s
(destra).
Figura 3.9: Propagazione del usso nel primo vaso all'istante di chiusura
della valvola.
Viceversa, consideriamo il caso in cui il vaso a monte sia più rigido del
E1 = 2.5 · 106 ed E2 = 1 · 106 . Osserviamo che i tempi di
vaso a valle, ovvero
propagazione del usso nei due comparti, rimangono gli stessi (Fig. 3.11).
Di conseguenza, la valvola si chiude prima rispetto al caso trattato in
precedenza, poichè essendo il primo vaso piú rigido e il tempo di propagazione
minore, si arriva prima all'inversione di usso (Fig.3.12,(a)). Inoltre dopo la
chiusura, a monte, si nota che la pressione è minore rispetto al caso prece-
dente (Fig.3.12,(b)). Essendo il vaso a monte più rigido, l'onda propaga piú
velocemente anche in verso opposto.
3. Simulazioni numeriche 61
Figura 3.12: Flusso nel primo vaso dopo la chiusura della valvola (a).
Pressione negativa a seguito della chiusura della valvola (b).
3. Simulazioni numeriche 62
Anche l'apertura della valvola avviene ad una pressione minore rispetto
al caso precedente (Fig. 3.13): questo perchè la resistenza da vincere a valle
della valvola è molto minore.
Inoltre si osserva, subito dopo la chiusura della valvola, una pressione ne-
gativa nel vaso a valle: essendo esso più deformabile, si genera una depres-
sione determinata dall'istantanea chiusura.
Concludiamo che, trattando due comparti a modulo elastico diverso, os-
serviamo che i tempi di propagazione delle onde pressorie e di usso si man-
tengono gli stessi, sottolineando una forte dipendenza dal modulo elastico del
vaso. La dinamica di apertura e chiusura della valvola, invece, è inuenzata
dalla variazione di elasticità che ne denisce i tempi. Si può così studiare il
usso in casi di stasi venosa di sangue a valle o a monte di una certo com-
parto. In questi casi i vasi vengono riempiti e la loro distensibilità diventa
massima con conseguente crescita del modulo elastico. Tali casi possono sus-
sistere non solo in ambito patologico, ma anche in ambito siologico. Sono
quindi di interesse generale.
Capitolo 4
Ringraziamenti
Ringrazio i miei genitori e mio fratello Ezio che mi hanno SEMPRE sostenuto
in questi anni di studio.
I miei nonni per tutto quello che mi hanno dato.
Ringrazio in particolare il Prof. Alessandro Veneziani per la possibilità
che mi ha dato di lavorare con lui, per la sua grande umanità, che manifesta
con la sua persona, con la sua grande passione ed impegno nel lavoro.
Ringrazio il Dott. Christian Vergara per avermi chiesto insistentemente
di farcela da sola.
Inne, e qua la gratitudine è smisurata, ringrazio tutti i miei amici che
mi hanno accompagnato in questi anni, che mi hanno sostenuto, che mi
hanno insegnato ad essere più realista, a stare con i piedi per terra, e mi
hanno insegnato ad accettare un amore più grande di quello mai sperato e a
desiderare sempre di più che fosse anche da parte mia per loro.
Bibliograa
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